Camera dei deputati - XV Legislatura - Dossier di documentazione
(Versione per stampa)
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Autore: | Servizio Studi - Dipartimento istituzioni | ||
Altri Autori: | Servizio Studi - Dipartimento giustizia | ||
Titolo: | Allontanamento dal territorio nazionale per esigenze di pubblica sicurezza - D.L. 181/2007 - A.C. 3292 - Iter alla Camera | ||
Riferimenti: |
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Serie: | Progetti di legge Numero: 298 Progressivo: 1 | ||
Data: | 04/01/2008 | ||
Organi della Camera: |
I-Affari Costituzionali, della Presidenza del Consiglio e interni
II-Giustizia | ||
Altri riferimenti: |
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Camera dei deputati |
XV LEGISLATURA |
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SERVIZIO STUDI |
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Progetti di legge |
Allontanamento dal territorio nazionale D.L. 181/2007 - A.C. 3292 |
Iter alla Camera |
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n. 298/1 |
Parte seconda |
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4 gennaio 2008 |
DIPARTIMENTO istituzioni
SIWEB
Dipartimento giustizia
SIWEB
I dossier dei servizi e degli uffici della Camera sono destinati alle esigenze di documentazione interna per l'attività degli organi parlamentari e dei parlamentari. La Camera dei deputati declina ogni responsabilità per la loro eventuale utilizzazione o riproduzione per fini non consentiti dalla legge.
File: D07181b.doc
INDICE
Esame in sede referente presso le Commissioni riunite I Affari costituzionali e II Giustizia
Seduta del 12 dicembre 2007 (antimeridiana)
Seduta del 12 dicembre (pomeridiana)
§ Pareri resi alla I Commissione
- Comitato per la legislazione
- III Commissione (Affari esteri)
- V Commissione (Bilancio e Tesoro)
- XII Commissione Affari sociali)
- XIV Commissione (Politiche Unione Europea)
Relazione delle Commissioni riunite I Affari costituzionali e II Giustizia
Gazzetta Ufficiale 2 gennaio 2008, n. 1
N. 3292
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CAMERA DEI DEPUTATI ______________________________ |
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DISEGNO DI LEGGE |
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APPROVATO DAL SENATO DELLA REPUBBLICA il 6 dicembre 2007 (v. stampato Senato n. 1872) presentato dal presidente del consiglio dei ministri (PRODI) dal ministro dell'interno (AMATO) e dal ministro della giustizia (MASTELLA) ¾ |
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Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 10 novembre 2007, n. 181, recante disposizioni urgenti in materia di allontanamento dal territorio nazionale per esigenze di pubblica sicurezza |
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Trasmesso dal Presidente del Senato della Repubblica
il 7 dicembre 2007
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disegno di legge ¾¾¾
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Art. 1. 1. Il decreto-legge 1o novembre 2007, n. 181, recante disposizioni urgenti in materia di allontanamento dal territorio nazionale per esigenze di pubblica sicurezza, è convertito in legge con le modificazioni riportate in allegato alla presente legge. 2. La presente legge entra in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale. |
Allegato
MODIFICAZIONI APPORTATE IN SEDE DI CONVERSIONE
AL DECRETO-LEGGE 1o NOVEMBRE 2007, N. 181
All'articolo 1:
prima del comma 1, sono inseriti i seguenti:
«01. All'articolo 5 del decreto legislativo 6 febbraio 2007, n. 30, è aggiunto, in fine, il seguente comma:
"5-bis. In ragione della prevista durata del suo soggiorno, il cittadino dell'Unione o il suo familiare può presentarsi ad un ufficio di polizia per dichiarare la propria presenza nel territorio nazionale, secondo le modalità stabilite con decreto del Ministro dell'interno da pubblicare entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore della presente disposizione. Qualora non sia stata effettuata tale dichiarazione di presenza, si presume, salvo prova contraria, che il soggiorno si sia protratto da oltre tre mesi".
02. All'articolo 7, comma 1, lettera b), del decreto legislativo 6 febbraio 2007, n. 30, dopo le parole: "risorse economiche sufficienti," sono inserite le seguenti: "derivanti da fonti lecite e dimostrabili,".
03. All'articolo 9, comma 3, lettera b), del decreto legislativo 6 febbraio 2007, n. 30, dopo le parole: "risorse economiche sufficienti per sé e per i propri familiari," sono inserite le seguenti: "derivanti da fonti lecite e dimostrabili,".
04. All'articolo 18, comma 2, del decreto legislativo 6 febbraio 2007, n. 30, sono aggiunte, in fine, le seguenti parole: ", che costituisce causa di cancellazione anagrafica"»;
al comma 1:
dopo la lettera a), è inserita la seguente:
«a-bis) dopo il comma 1 è inserito il seguente:
"1-bis. I provvedimenti di allontanamento adottati nei confronti di cittadini dell'Unione o di loro familiari, per motivi di ordine pubblico o di sicurezza dello Stato, per motivi di pubblica sicurezza, per motivi imperativi di pubblica sicurezza, nonché per cessazione delle condizioni che determinano il diritto di soggiorno, come previsto dal presente articolo e dagli articoli 20-bis e 21, non possono essere motivati da ragioni estranee ai comportamenti individuali della persona di cui si dispone l'allontanamento"»;
la lettera d) è sostituita dalla seguente:
«d) il comma 7 è sostituito dal seguente:
"7. I provvedimenti di allontanamento dal territorio nazionale per motivi di ordine pubblico o di sicurezza dello Stato, nonché i provvedimenti di allontanamento dei cittadini dell'Unione di cui al comma 5, sono adottati dal Ministro dell'interno con atto motivato, salvo che vi ostino motivi attinenti alla sicurezza dello Stato, e tradotti in una lingua comprensibile al destinatario, ovvero in inglese. Il provvedimento di allontanamento è notificato all'interessato e riporta le modalità di impugnazione e la durata del divieto di reingresso sul territorio nazionale, che non può essere superiore a dieci anni. Salvo quanto previsto al comma 9, il provvedimento di allontanamento indica il termine stabilito per lasciare il territorio nazionale, che non può essere inferiore ad un mese dalla data della notifica e, nei casi di comprovata urgenza, può essere ridotto a dieci giorni"»;
la lettera e) è sostituita dalla seguente:
«e) dopo il comma 7, sono inseriti i seguenti:
"7-bis. Il provvedimento di allontanamento dal territorio nazionale per motivi di pubblica sicurezza è adottato con atto motivato dal prefetto territorialmente competente secondo la residenza o dimora del destinatario, e tradotto in una lingua comprensibile al destinatario, ovvero in inglese. Il provvedimento di allontanamento è notificato all'interessato e riporta le modalità di impugnazione e la durata del divieto di reingresso sul territorio nazionale, che non può essere superiore a cinque anni. Il provvedimento di allontanamento indica il termine stabilito per lasciare il territorio nazionale, che non può essere inferiore ad un mese dalla data della notifica e, nei casi di comprovata urgenza, può essere ridotto a dieci giorni. Per motivi imperativi di pubblica sicurezza il provvedimento di allontanamento è immediatamente eseguito dal questore e si applicano le disposizioni di cui all'articolo 13, comma 5-bis, del testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell'immigrazione e norme sulla condizione dello straniero, di cui al decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286.
7-ter. I motivi imperativi di pubblica sicurezza sussistono quando la persona da allontanare, sia essa cittadino dell'Unione europea o familiare di cittadino dell'Unione europea che non abbia la cittadinanza di uno Stato membro, abbia tenuto comportamenti che costituiscono una minaccia concreta, effettiva e grave alla dignità umana o ai diritti fondamentali della persona ovvero all'incolumità pubblica, rendendo urgente l'allontanamento perché la sua ulteriore permanenza sul territorio è incompatibile con la civile e sicura convivenza.
7-quater. Ai fini dell'adozione del provvedimento di allontanamento per motivi imperativi di pubblica sicurezza, si tiene conto anche di eventuali condanne, pronunciate da un giudice italiano o straniero, per uno o più delitti non colposi, anche tentati, contro la vita o l'incolumità della persona, o per uno o più delitti corrispondenti a quelli previsti dall'articolo 8 della legge 22 aprile 2005, n. 69, di eventuali ipotesi di applicazione della pena su richiesta a norma dell'articolo 444 del codice di procedura penale, per i medesimi delitti, ovvero dell'appartenenza a taluna delle categorie di cui all'articolo 1 della legge 27 dicembre 1956, n. 1423, e successive modificazioni, o di cui all'articolo 1 della legge 31 maggio 1965, n. 575, e successive modificazioni, nonché di misure di prevenzione disposte da autorità straniere o di provvedimenti di allontanamento disposti da autorità straniere.
7-quinquies. Il cittadino dell'Unione nei cui confronti sia stato adottato il provvedimento di allontanamento con divieto di reingresso, ai sensi dei commi 7, 7-bis e 7-ter, può presentare domanda di revoca del divieto dopo che, dall'esecuzione del provvedimento, sia decorsa almeno la metà della durata del divieto, e in ogni caso decorsi tre anni. Nella domanda devono essere addotti gli argomenti intesi a dimostrare l'avvenuto oggettivo mutamento delle circostanze che hanno motivato la decisione di vietarne il reingresso nel territorio nazionale. Sulla domanda, entro sei mesi dalla sua presentazione, decide con atto motivato l'autorità che ha emanato il provvedimento di allontanamento con divieto di reingresso. Durante l'esame della domanda l'interessato non ha diritto di ingresso nel territorio nazionale.
7-sexies. I provvedimenti di cui ai commi 7, 7-bis e 7-ter e all'articolo 21 sono adottati tenendo conto anche delle segnalazioni motivate del sindaco del luogo di soggiorno del cittadino dell'Unione o del suo familiare"»;
alla lettera f), sono aggiunte, in fine, le seguenti parole: «ed è aggiunto, in fine, il seguente periodo: "Si applicano le disposizioni di cui all'articolo 13, comma 5-bis, del testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell'immigrazione e norme sulla condizione dello straniero, di cui al decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286"»;
alla lettera g), sono aggiunte, in fine, le seguenti parole: «; è aggiunto, in fine, il seguente periodo: "Si applicano comunque, ai fini della convalida del provvedimento di allontanamento, le disposizioni di cui all'articolo 13, comma 5-bis, del testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell'immigrazione e norme sulla condizione dello straniero, di cui al decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286"»;
al comma 2, al capoverso «Art. 20-bis», dopo il comma 1 è inserito il seguente:
«1-bis. Nei casi di cui al comma 1, il questore può disporre il trattenimento in strutture già destinate per legge alla permanenza temporanea»;
dopo il comma 2, sono inseriti i seguenti:
«2-bis. All'articolo 2, comma 3, del decreto legislativo 9 luglio 2003, n. 215, le parole: "umiliante e offensivo" sono sostituite dalle seguenti: "umiliante o offensivo".
2-ter. All'articolo 4 del decreto legislativo 9 luglio 2003, n. 215, il comma 3 è sostituito dal seguente:
"3. Qualora il ricorrente, al fine di dimostrare la sussistenza di un comportamento discriminatorio a proprio danno, deduca in giudizio elementi di fatto in termini gravi, precisi e concordanti, incombe alla parte convenuta provare che non vi è stata violazione del principio della parità di trattamento".
2-quater. All'articolo 4 del decreto legislativo 9 luglio 2003, n. 215, al comma 5, le parole: "del soggetto leso" sono soppresse»;
al comma 3, prima della lettera a) è inserita la seguente:
«0a) al comma 1, dopo le parole: "quando vengono a mancare le condizioni che determinano il diritto di soggiorno dell'interessato" sono inserite le seguenti: "ai sensi degli articoli 6, 7 e 13"»;
alla lettera a), le parole: «presso il consolato italiano del Paese di cittadinanza dell'allontanato» sono sostituite dalle seguenti: «presso un consolato italiano»;
al comma 4, lettera d), capoverso 8, primo periodo, le parole: «alle fasi essenziali del» sono sostituite dalla seguente: «al».
Dopo l'articolo 1, sono inseriti i seguenti:
«Art. 1-bis. - 1. All'articolo 3 della legge 13 ottobre 1975, n. 654, e successive modificazioni, il comma 1 è sostituito dal seguente:
"1. Salvo che il fatto costituisca più grave reato, anche ai fini dell'attuazione dell'articolo 4 della convenzione, è punito:
a) con la reclusione fino a tre anni chiunque incita a commettere o commette atti di discriminazione di cui all'articolo 13, n. 1, del Trattato di Amsterdam;
b) con la reclusione da sei mesi a quattro anni chiunque, in qualsiasi modo, incita a commettere o commette violenza o atti di provocazione alla violenza per i motivi di cui alla lettera a)".
Art. 1-ter. - 1. Agli articoli 13, 13-bis e 14 del testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell'immigrazione e norme sulla condizione dello straniero, di cui al decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, le parole: "giudice di pace", ovunque ricorrano, sono sostituite dalle seguenti: "tribunale ordinario in composizione monocratica"».
Decreto-legge 1o novembre 2007, n. 18, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 255 del 2 novembre 2007
COMMISSIONI RIUNITE
I (Affari costituzionali, della Presidenza del Consiglio e interni)
e II (Giustizia)
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Resoconto di martedì 11 dicembre 2007
Martedì 11 dicembre 2007. - Presidenza del vicepresidente della I Commissione, Karl ZELLER. - Intervengono il sottosegretario di Stato per l'interno Marcella Lucidi e il sottosegretario di Stato per la giustizia Luigi Scotti.
La seduta comincia alle 12.05.
Decreto legge 181/2007: Disposizioni urgenti in materia di allontanamento dal territorio nazionale per esigenze di pubblica sicurezza.
C. 3292 Governo, approvato dal Senato.
(Esame e rinvio).
Le Commissioni iniziano l'esame del provvedimento.
Pino PISICCHIO (IdV), presidente della II Commissione e relatore per la medesima, rileva che la competenza della Commissione Giustizia attiene principalmente alle disposizioni di natura giurisdizionale inerenti al procedimento di allontanamento dal territorio nazionale per esigenze di pubblica sicurezza nonché a quelle di natura sostanziale penale. Queste ultime non sono necessariamente legate a tale procedimento. Mi riferisco, in particolare, all'articolo 1-bis inerente alle discriminazioni per determinati motivi, tra cui le tendenze sessuali.
Considerato l'acceso dibattito che questa disposizione ha suscitato nel Paese ed il confronto politico che ne è scaturito anche all'interno della stessa maggioranza, ritiene opportuno affrontare in primo luogo proprio tale norma.
L'articolo 1-bis, introdotto dal Senato, è diretto a modificare il comma 1 della legge 13 ottobre 1975, n. 654, con la quale è stata ratificata la convenzione internazionale sull'eliminazione di tutte le forme di discriminazione razziale.
L'intervento del Senato è finalizzato ad ampliare due fattispecie penali che attualmente sono volte a sanzionare condotte discriminatorie (reclusione fino a tre anni) o violente (reclusione da sei mesi a quattro anni) poste in essere per motivi razziali, etnici, nazionali o religiosi. Senza toccare l'entità delle pene, si è inteso ampliare la norma prevedendo ulteriori motivazioni individuandole attraverso il rinvio all'articolo 13, n. 1, del trattato di Amsterdam. Queste nuove motivazioni consisterebbero nelle convinzioni personali, nell'handicap, nell'età e nelle tendenze sessuali. Anziché descrivere direttamente i nuovi motivi illeciti che possono sorreggere la condotta, il testo approvato dal Senato rinvia quindi alle ragioni di cui all'articolo 13 comma 1 del trattato di Amsterdam.
Qui si pone il primo problema. Il riferimento normativo non pare essere corretto, in quanto quello giusto non sarebbe l'articolo 13 ma l'articolo 2, punto 7. L'articolo 13 richiamato, infatti, prevede che il Trattato è concluso per un periodo illimitato. A parte la questione di non poco conto dell'esattezza del riferimento normativo (in caso di errore sarebbe necessario correggerlo e rinviare il testo al Senato), l'intenzione del Senato è stata quella di richiamare la disposizione che prevede specificatamente che il Consiglio può prendere i provvedimenti opportuni per combattere le discriminazioni fondate sul sesso, la razza o l'origine etnica, la religione o le convinzioni personali, gli handicap, l'età o le tendenze sessuali. La novità più rilevante è data da quest'ultima motivazione: le tendenze sessuali.
A questo punto, quale relatore per la II Commissione e, ancora di più, quale Presidente della medesima Commissione, ritiene di dover fare alcune brevi considerazioni non tanto sul merito della disposizione quanto sulla scelta di inserire questa nel decreto-legge in esame nonostante la materia dell'omofobia fosse da circa un anno all'esame attento ed approfondito della II Commissione.
Sulla estraneità della materia rispetto al contenuto del decreto non rimane che fermarsi innanzi all'autonomia del Senato. Tuttavia, ciò non esime dal sottolineare che è oramai arrivato il momento di risolvere definitivamente la grave questione della diversità dei parametri di valutazione della estraneità di materia degli emendamenti tra i due rami del Parlamento. Non è rilevante la circostanza, richiamata al Senato, che la disposizione è stata inserita in un maxiemendamento sul quale è stata posta la fiducia e, quindi, come tale non soggetto a valutazioni di ammissibilità per l'omogeneità di materia. Tale disposizione, infatti, era stata già oggetto di un emendamento di iniziativa parlamentare dichiarato ammissibile.
È sin troppo evidente che la diversità dei parametri di valutazione sull'ammissibilità costituisce un grave vulnus al principio del bicameralismo perfetto, in quanto oramai si è creata una situazione in cui una Camera ha maggiori poteri rispetto l'altra. Tutto ciò è oggi ancora più imbarazzante in quanto il Senato si è sostanzialmente appropriato di una materia che era all'esame della Commissione giustizia della Camera dal febbraio scorso. Proprio oggi, dopo un approfondito e meditato iter legislativo, si sarebbero dovuti esaminare gli emendamenti presentati. Si è ripetuto nel giro di pochi giorni quanto già avvenuto per la class action in occasione dell'esame del disegno di legge finanziaria. Anche in questo caso una materia a lungo esaminata dalla Commissione è improvvisamente inserita dal Senato in un disegno di legge al suo esame.
Manifesta quindi il suo forte disagio di fronte al ripetersi di un fatto grave che vede mortificare il lavoro svolto da deputati di maggioranza ed opposizione della Commissione da lui presieduta. Da parte di tutti i gruppi si è cercato di trovare soluzioni equilibrate che tenessero conto delle giuste esigenze di tutela delle vittime di episodi gravi ma anche dei principi costituzionali su cui si fonda il nostro sistema penale. Mi riferisco in primo luogo al principio di legalità, tra i cui corollari vi è quello della determinatezza della fattispecie penale, la quale deve essere formulata in maniera tale da non lasciare dubbi interpretativi sull'esatto significato del precetto, cioè della condotta vietata. Altro principio da assicurarne il rispetto è quello della offensività. La condotta da punire deve essere lesiva di un bene giuridico la cui tutela penale viene considerata necessaria dal legislatore anche alla luce di bilanciamenti di interessi di valenza costituzionale.
Le Commissioni devono fare due valutazioni: la prima è sulla correttezza della scelta di rinviare ad un articolo (ovviamente a quello esatto) di un trattato internazionale, la seconda attiene alla questione dei cosiddetti reati di opinione, intendendo questi come quelli che puniscono non fatti lesivi di un bene giuridico bensì una manifestazione del pensiero. Per quanto riguarda il primo aspetto, si deve valutare se sia sufficiente il rinvio ad un trattato o se sia più opportuno - se non addirittura necessario - descrivere specificamente le motivazioni inerenti alle convinzioni personali, all'handicap, all'età o alle tendenze sessuali.
Il problema più delicato da risolvere riguarda l'altra questione. Nel corso dell'esame in Commissione giustizia, ad esempio, si è posto il problema se possa essere considerato reato il manifestare il proprio pensiero circa l'inapplicabilità di determinati istituti giuridici in ragione dell'orientamento sessuale. Se ciò è sicuramente inaccettabile per motivi razziali, etnici, nazionali o religiosi, si domanda se lo sia anche nel caso di tendenze sessuali. Nel dibattito in Commissione si è sostenuto che in questo caso è ragionevole - anche se può non essere condiviso - giustificare la discriminazione motivata dall'orientamento sessuale. Negli altri casi l'irragionevolezza della discriminazione è ben evidente. Da parte di altri si è invece sostenuto che la discriminazione in quanto tale è sempre e comunque da sanzionare penalmente. Invita, pertanto, le Commissioni a soffermarsi sulla compatibilità della norma approvata dal Senato con i principi di determinatezza e di offensività.
Per quanto attiene alle norme in materia di allontanamento rientranti nella sfera di competenza della Commissione Giustizia, la prima che si incontra (articolo 1, comma 1, lettera e) è il comma 7-quater, introdotto dal Senato all'articolo 20 del decreto legislativo 6 febbraio 2007, n. 30. Secondo tale norma, ai fini dell'adozione del provvedimento di allontanamento per motivi imperativi di pubblica sicurezza l'autorità amministrativa tiene conto anche di eventuali condanne, pronunciate da un giudice italiano o straniero, per uno o più delitti non colposi, anche tentati, contro la vita o l'incolumità della persona, o per uno o più delitti corrispondenti a quelli per i quali si prevede l'applicabilità del mandato di arresto europeo anche in caso di mancanza di doppia incriminazione (articolo 8 della legge 22 aprile 2005, n. 69), di eventuali ipotesi di applicazione della pena a seguito di patteggiamento per i medesimi delitti, ovvero dell'appartenenza a taluna delle categorie considerate pericolose (articolo 1 della legge 27 dicembre 1956, n. 1423 e articolo 1 della legge 31 maggio 1965, n. 575) nonché di misure di prevenzione disposte da autorità straniere o di provvedimenti di allontanamento disposti da autorità straniere. Si tratta di una norma che in realtà non limita la discrezionalità dell'autorità amministrativa, quanto piuttosto la orienta. Infatti, si precisa che nell'adottare il provvedimento di allontanamento si tiene conto «anche» di eventuali condanne per determinati delitti ovvero della sottoposizione a particolari misure. Ciò significa che il provvedimento si può basare anche su altre valutazioni.
All'articolo 1, comma 1, lettera f) si trasforma da contravvenzione in delitto, punito con la reclusione fino a tre anni, il rientro nel territorio nazionale in violazione del divieto di reingresso. Inoltre si prevede che si applicano le disposizioni sulla convalida del provvedimento di accompagnamento alla frontiera da parte del giudice di pace, di cui all'articolo 13, comma 5-bis, del testo unico sull'immigrazione. Il rinvio vale a garantire il rispetto dei princìpi costituzionali in materia di esecuzione dei rimpatri conformemente alla sentenza della Corte costituzionale n. 222 del 15 luglio 2004.
Con l'articolo 20-bis, introdotto dal comma 2 dell'articolo 1 del decreto-legge, si regolamentano i casi in cui il destinatario del provvedimento di allontanamento per motivi imperativi di pubblica sicurezza è sottoposto a procedimento penale. La disposizione rinvia alla disciplina dettata dal citato testo unico per i cittadini di Paesi non appartenenti all'Unione europea, che si basa sulla richiesta del nulla osta all'espulsione all'autorità giudiziaria, che deve essere rilasciato entro quindici giorni dalla richiesta. In questi casi il questore può disporre il trattenimento in strutture già destinate per legge alla permanenza temporanea. L'allontanamento non dà luogo alla sospensione del procedimento penale laddove si proceda per i reati di cui all'articolo 380 del codice di procedura penale e può essere effettuato solo in mancanza di misure cautelari detentive.
Il comma 2-ter, introdotto dal Senato, modifica il comma 3 dell'articolo 4 del decreto legislativo 9 luglio 2003, n. 215, diretto ad attuare la direttiva 2000/43/CE per la parità di trattamento tra le persone indipendentemente dalla razza e dall'origine etnica. In caso di tutela giurisdizionale dei diritti si prevede una inversione dell'onere della prova. La normativa vigente stabilisce che il ricorrente, al fine di dimostrare la sussistenza di un comportamento discriminatorio a proprio danno, può dedurre in giudizio, anche sulla base di dati statistici, elementi di fatto, in termini gravi, precisi e concordanti, che il giudice valuta ai sensi dell'articolo 2729, primo comma, del codice civile. Il testo approvato dal Senato, invece, stabilisce che il qualora il ricorrente, al fine di dimostrare la sussistenza di un comportamento discriminatorio a proprio danno, deduca in giudizio elementi di fatto in termini gravi, precisi e concordanti, incombe alla parte convenuta provare che non vi è stata violazione del principio della parità di trattamento.
Il comma 3 modifica l'articolo 21 del decreto legislativo n. 30 del 2007 per garantire l'ottemperanza all'allontanamento del cittadino dell'Unione europea quando vengono a mancare le condizioni che determinano il soggiorno. La normativa europea consente l'allontanamento in tale ipotesi ma esclude che possa essere applicato il divieto di reingresso. È da sottolineare inoltre che in tali casi l'esecuzione da parte del questore del provvedimento sarebbe un inutile dispendio di risorse umane e finanziarie, considerato che il soggetto allontanato potrebbe rientrare immediatamente sul territorio nazionale. Per garantire efficacia al provvedimento, attraverso la sua esecuzione volontaria, si è prevista l'attestazione di ottemperanza all'allontanamento che il destinatario del provvedimento deve consegnare presso un consolato italiano. L'inosservanza della consegna dell'attestazione di ottemperanza comporta la sanzione, a carico del cittadino dell'Unione europea individuato sul territorio nazionale, dell'arresto da uno a sei mesi e di una ammenda da 200 a 2.000 euro.
Il comma 4 modifica l'articolo 22 del predetto decreto relativo alla disciplina sui ricorsi al TAR per adeguarla alle novità introdotte in materia di allontanamento per motivi imperativi di pubblica sicurezza. In primo luogo si prevede un ulteriore caso in cui non rimane sospesa l'esecuzione del provvedimento fino all'esito dell'istanza di sospensione dell'efficacia del provvedimento. Oltre al caso in cui il provvedimento di allontanamento si basi su una precedente decisione giudiziale si prevede il caso in cui sussistano motivi imperativi di pubblica sicurezza. Si ampliano anche i casi in cui può non essere consentita la partecipazione al procedimento giurisdizionale ove sia stata già respinta la richiesta di sospensiva. L'esigenza relativa alla pubblica sicurezza non deve ricorrere necessariamente insieme a quella inerente all'ordine pubblico per negare l'ingresso in Italia, ma può essere da sola sufficiente per tale fine.
L'articolo 1-ter attribuisce competenze del giudice di pace al tribunale ordinario in composizione monocratica. Si tratta di quelle relative alla convalida del provvedimento del questore con il quale è disposto l'accompagnamento alla frontiera dello straniero espulso dal Ministro dell'interno per motivi di ordine pubblico o di sicurezza dello Stato o dal prefetto per altre ragioni nonché delle competenze relative al ricorso contro il decreto di espulsione (articolo 13 del testo unico sull'immigrazione). Si è così ritornati alla scelta effettuata nel 2002 e modificata nel 2004 attribuendo la competenza della convalida al giudice di pace. Si ricorda che la scelta del 2004 fu accolta con alcune perplessità in quanto per la prima volta si attribuivano competenze al giudice di pace in materia di libertà personale. Le sanzioni penali applicabile da tale giudice, infatti, non hanno mai natura detentiva. La ratio della norma deve essere vista nell'esigenza di sottolineare ancora di più la natura giurisdizionale del procedimento di convalida attraverso l'attribuzione della competenza al giudice togato anziché a quello onorario.
Roberto ZACCARIA (PD-U), relatore per la I Commissione, ricorda che il decreto-legge in esame risponde all'esigenza di introdurre nell'ordinamento giuridico strumenti per rendere più efficace l'allontanamento dei cittadini dell'Unione europea la cui presenza nel territorio nazionale contrasti con motivi di ordine pubblico, di pubblica sicurezza e di sicurezza dello Stato o per cessazione delle condizioni che determinano il diritto di soggiorno. L'esigenza deriva anche dal fatto che le misure previste nel decreto legislativo 6 febbraio 2007, n. 30 - recante attuazione della direttiva 2004/38/CE relativa al diritto dei cittadini dell'Unione e dei loro familiari di circolare e di soggiornare liberamente nel territorio degli Stati membri - sono state dal Governo ritenute insufficienti ad assicurare un'effettiva esecuzione delle misure di allontanamento dei cittadini comunitari nelle suddette circostanze.
Osserva che il decreto-legge in esame prevede l'adozione di provvedimenti riconducibili alla controversa categoria delle misure di prevenzione ante delictum. Al riguardo, fa presente che, sebbene la Corte costituzionale abbia dichiarato la legittimità costituzionale di tali misure, riconoscendo vigente nell'ordinamento un principio implicito di prevenzione e sicurezza sociale, occorre che il legislatore presti la massima cautela a che gli istituti non si pongano in conflitto con i principi costituzionale, in particolare con l'articolo 13 della Costituzione.
Quanto alle principali innovazioni introdotte con il decreto-legge in esame al citato decreto legislativo n. 30, ricorda che, accanto al potere riconosciuto in capo al Ministro dell'interno di adottare un provvedimento di allontanamento per motivi di ordine pubblico o di sicurezza dello Stato, previsto dall'articolo 20, comma 7, del decreto legislativo 6 febbraio 2007, n. 30, il decreto-legge in esame ha introdotto un'analoga competenza in capo al prefetto per motivi di pubblica sicurezza. Inoltre, nel decreto legislativo n. 30 è previsto che il provvedimento di allontanamento per motivi di ordine pubblico adottato dal Ministro dell'interno ed il provvedimento di allontanamento per motivi di pubblica sicurezza adottato dal prefetto indichino il termine stabilito perché l'interessato lasci il territorio nazionale, termine che non può essere inferiore ad un mese dalla data della notifica. Alla luce delle modifiche apportate con il decreto-legge in esame, qualora il cittadino dell'Unione si trattenga oltre il termine fissato dai suddetti provvedimenti ovvero quando il provvedimento è fondato su motivi di sicurezza dello Stato o su motivi imperativi di pubblica sicurezza, il questore dispone l'esecuzione immediata del provvedimento di allontanamento. I motivi di pubblica sicurezza, poi, sono imperativi quando il cittadino dell'Unione o un suo familiare, qualunque ne sia la cittadinanza, abbia tenuto comportamenti che compromettono la tutela della dignità umana o dei diritti fondamentali della persona umana ovvero l'incolumità pubblica, rendendo la sua permanenza sul territorio nazionale incompatibile con l'ordinaria convivenza. Nel caso in cui il provvedimento di allontanamento sia immediatamente eseguito per motivi imperativi di pubblica sicurezza ad opera del questore, si applicano le disposizioni di cui all'articolo 13, comma 5-bis, del testo unico sull'immigrazione, di cui al decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286: è cioè richiesta la comunicazione del provvedimento del questore al giudice di pace entro quarantotto ore ai fini dell'eventuale convalida. Viene introdotto uno strumento per rendere più efficace l'allontanamento per cessazione delle condizioni che determinano il diritto di soggiorno. Unitamente al provvedimento di allontanamento adottato dal prefetto nel caso in cui vengano a mancare le condizioni che determinano il diritto di soggiorno dell'interessato, si prevede che sia consegnata all'interessato una attestazione di obbligo di adempimento dell'allontanamento da presentare presso il consolato italiano del Paese di cittadinanza dell'allontanato. Qualora il cittadino allontanato sia individuato oltre il termine di allontanamento, senza aver provveduto alla presentazione dell'attestazione presso il consolato è punito con l'arresto da un mese a sei mesi e con l'ammenda da 200 a 2.000 euro. Avverso il provvedimenti di allontanamento adottato dal Ministro dell'interno è ammesso ricorso al Tribunale amministrativo regionale per il Lazio; avverso i provvedimenti di allontanamento adottati dal prefetto è ammesso ricorso al tribunale in composizione monocratica del luogo in cui ha sede l'autorità che lo ha disposto. Contestualmente al ricorso può essere presentata istanza di sospensione dell'esecutorietà del provvedimento: fino all'esito dell'istanza di sospensione, l'efficacia del provvedimento impugnato resta sospesa, salvo che il provvedimento di allontanamento si basi su una precedente decisione giudiziale ovvero su motivi imperativi di pubblica sicurezza.
Si sofferma quindi sulle modifiche relative alla disciplina delle espulsioni introdotte al decreto-legge al Senato in sede di conversione, che giudica rilevanti e funzionali a conferire al provvedimento una maggiore rispondenza al dettato costituzionale. Innanzitutto, viene espressamente affermato che i provvedimenti di allontanamento adottati nei confronti di cittadini dell'Unione o di loro familiari non possano essere motivati da ragioni estranee ai comportamenti individuali della persona di cui si dispone l'allontanamento, ribadendo in tal modo la centralità del principio di personalità della responsabilità penale, intesa in senso estensivo nel caso di specie, relativo all'applicazione di provvedimenti di allontanamento riconducibili alla categoria delle misure di prevenzione. Il Senato non ha invece modificato le tipologie di provvedimenti di allontanamento. Viene però aumentato da tre a dieci anni il termine massimo per il divieto di reingresso nel territorio nazionale nel caso del provvedimento di allontanamento adottato dal Ministro dell'interno e da tre a cinque anni il termine massimo per il divieto di reingresso nel territorio nazionale nel caso del provvedimento adottato dal prefetto. Viene inoltre specificato che il termine per l'allontanamento previsto dal provvedimento può, sì, essere inferiore ad un mese nei casi di comprovata urgenza, ma in tal caso non può essere comunque inferiore a dieci giorni. Viene introdotta la possibilità di presentare domanda di revoca del divieto di reingresso conseguente all'adozione di un provvedimento di allontanamento. Il cittadino dell'Unione può presentare domanda di revoca dopo che dall'esecuzione del provvedimento sia trascorsa almeno la metà della durata del divieto, e in ogni caso siano decorsi tre anni. Sulla domanda decide l'autorità che ha emanato il provvedimento di allontanamento. È previsto che i provvedimenti di allontanamento siano adottati anche tenendo conto delle segnalazioni motivate del sindaco del luogo di soggiorno del cittadino dell'Unione. La necessaria convalida, da parte del giudice, del provvedimento di allontanamento, già prevista conformemente alla giurisprudenza della Corte costituzionale - ed in particolare alla sentenza n. 222 del 2004 - dal decreto-legge con riferimento all'esecuzione immediata da parte del questore del provvedimento di espulsione in caso di motivi imperativi di pubblica sicurezza, viene estesa anche ai casi di esecuzione immediata del provvedimento di allontanamento nelle ipotesi in cui l'interessato si trattenga oltre il termine fissato nei provvedimenti di allontanamento, attraverso un rinvio all'articolo 13, comma 5-bis del testo unico sull'immigrazione. Attraverso una modifica dello stesso testo unico - modifica che, quindi, viene ad incidere anche sulla vigente disciplina relativa all'espulsione amministrativa dei cittadini extracomunitari - la legge di conversione toglie al giudice di pace la competenza alla convalida, attribuendola al tribunale ordinario in composizione monocratica.
Vengono poi introdotte due rilevanti modifiche alla disciplina dell'esecuzione immediata dell'allontanamento disposta dal questore. In primo luogo, è introdotta una più stringente determinazione dei presupposti in presenza dei quali i motivi di pubblica sicurezza possono qualificarsi come imperativi, così da delimitare i margini di valutazione discrezionale da parte del questore chiamato ad eseguire immediatamente il provvedimento di allontanamento. I motivi imperativi di pubblica sicurezza si intendono sussistenti non - come genericamente prevede il decretolegge nel testo del Governo - vi siano comportamenti che compromettono la tutela della dignità umana o dei diritti fondamentali della persona umana ovvero l'incolumità pubblica, rendendo la permanenza sul territorio nazionale incompatibile con l'ordinaria convivenza, bensì quando la persona da allontanare abbia tenuto «comportamenti che costituiscono una minaccia concreta, effettiva e grave alla dignità umana o ai diritti fondamentali della persona ovvero all'incolumità pubblica, rendendo urgente l'allontanamento perché la sua ulteriore permanenza sul territorio è incompatibile con la civile e sicura convivenza». In secondo luogo, è previsto che ai fini dell'adozione del provvedimento di allontanamento per motivi imperativi di pubblica sicurezza si tenga anche conto di eventuali condanne per una serie di delitti elencati dalla stessa legge di conversione.
Si sofferma, da ultimo, sulla norma, introdotta dal Senato in sede di conversione del decreto-legge, contenente un errato rinvio al Trattato di Amsterdam. Ricorda che il testo del disegno di legge di conversione approvato dal Senato contiene una modifica all'articolo 3, comma 1, della legge 10 ottobre 1975, n. 654, la cosiddetta «legge Napolitano», attraverso la quale si intendeva introdurre la previsione della reclusione fino a tre anni per chiunque incita a commettere o commette atti di discriminazione «di cui all'articolo 13, paragrafo 1, del trattato di Amsterdam» e della reclusione da sei mesi a quattro anni per chiunque inciti a commettere violenza o atti di provocazione alla violenza per i medesimi motivi.
Rileva, tuttavia, che la norma penale, così come risultante dal rinvio al trattato di Amsterdam, è inapplicabile, essendo il rinvio erroneo in quanto fatto ad un articolo del tutto estraneo: il riferimento corretto essendo infatti quello all'articolo 13, paragrafo 1, del Trattato che istituisce la Comunità europea, così come modificato dal Trattato di Amsterdam. La norma erronea, pur se positiva negli intenti, non appare d'altra parte essenziale all'interno di un decreto-legge che presenta comunque una sua omogeneità di contenuto, conformemente a quanto richiesto dalla Corte costituzionale, da ultimo con la sentenza n. 171 del 2007. Sarebbe pertanto irragionevole, a suo avviso, correre rischio che il decreto-legge in esame, che risponde all'esigenza necessaria ed urgente di introdurre misure di prevenzione in grado di dare effettive risposte a fenomeni di grave allarme sociale, non sia convertito in tempo a causa dell'ulteriore lettura da parte del Senato che si renderebbe necessaria a seguito di una modifica del testo fatta dalla Camera.
Per queste ragioni ritiene opportuno procedere comunque all'approvazione della legge di conversione così come approvata dal Senato, dato che le finalità costituzionali risultano tutelate ad una scrupolosa lettura del provvedimento, il perseguimento delle esigenze di sicurezza e prevenzione appare compatibile con il dettato costituzionale.
Pino PISICCHIO, presidente della II Commissione e relatore per la II Commissione, nel rilevare che la relazione dell'onorevole Zaccaria risulterà molto utile nel prosieguo dell'esame, sottolinea come, per quanto tutti sostanzialmente concordino sulla inapplicabilità dell'articolo 1-bis, tale intervento normativo apporti una modifica alla cosiddetta «legge Mancino», il che apre un ampio fronte di problemi, soprattutto relativi ai processi pendenti, che occorrerebbe risolvere.
Roberto ZACCARIA (PD-U) riterrebbe utile che il Governo fornisse chiarimenti riguardo all'impatto che il mantenimento della norma in questione determinerebbe sull'ordinamento e sullo svolgimento dei processi in corso, e si pronunciasse sull'opportunità di intervenire, per la correzione dell'errato riferimento normativo, mediante un distinto provvedimento.
Il sottosegretario Marcella LUCIDI si riserva di intervenire al termine dell'esame preliminare.
Jole SANTELLI (FI), intervenendo preliminarmente sull'ordine dei lavori, evidenzia la grave anomalia, peraltro verificatasi già in altre occasioni, derivante dalla circostanza che la Commissione si accinge ad esaminare un provvedimento che appare di fatto blindato sulla base delle recenti dichiarazioni congiunte dei rappresentanti di alcuni gruppi della maggioranza al Senato. Richiama inoltre le contrastanti dichiarazioni rese precedentemente dal Ministro per i rapporti con il Parlamento, che aveva assicurato che nel corso dell'esame alla Camera il testo del decreto-legge sarebbe stato modificato in relazione all'erroneo riferimento normativo riguardante l'articolo 1-bis, capoverso 1, lettera a), sul rinvio all'articolo 13 del Trattato di Amsterdam. Esorta pertanto il Governo a fornire chiarimenti univoci sulla posizione che al riguardo intende assumere. Trova incongruo che la Camera debba costituire un organo di mera ratifica delle intese tortuosamente concordate dai gruppi della maggioranza al Senato. Fa notare che molteplici sono le criticità di merito e gli errori tecnici che caratterizzano il provvedimento in esame. Deplora l'affermazione del relatore per la I Commissione secondo cui, poiché la predetta norma di cui all'articolo 1-bis non produce effetti in quanto inapplicabile, allora non sussisterebbero motivi tanto urgenti da dover inevitabilmente apportare modifiche al decreto-legge, non rendendosi necessaria la soppressione della suddetta norma. Sostiene peraltro che l'approvazione del testo, nella versione trasmessa dal Senato, rappresenti un vulnus nell'impianto del decreto in quanto è venuto meno il riferimento normativo alla disciplina penale di contrasto alle discriminazioni di genere. Ritiene paradossale che sia lo stesso relatore per laI Commissione a sostenere che non sia necessario correggere un errore tecnico tanto palese. Fa notare che i tempi tecnici per risolvere le criticità segnalate non manchino; il vero problema attiene al rapporto fiduciario tra maggioranza e Governo al Senato. Ma se il Governo non crede di disporre della maggioranza parlamentare al Senato che sia in grado di sostenerlo dovrebbe immediatamente dimettersi. Per quanto riguarda il merito del provvedimento, osserva che il relativo contenuto sanzionatorio risulta depotenziato ed annacquato. Preliminare ad ogni approfondimento dei temi in discussione è tuttavia comprendere quali margini di intervento ci siano sul contenuto dell'articolato; al riguardo si impone un chiarimento esplicito ad opera del Governo, che esorta a pronunciarsi in merito alla possibilità di modificare le parti più contraddittorie del testo medesimo.
Graziella MASCIA (RC-SE), nel condividere la relazione svolta dal deputato Zaccaria, fa notare che risulta evidente la volontà del Senato di sanzionare le condotte discriminatorie, nonostante l'errore tecnico verificatosi in fase di approvazione del provvedimento di conversione nell'altro ramo del Parlamento. Ritiene necessario ricostruire l'iter del decreto-legge per valutarne la portata e gli effetti, come peraltro si evince dall'articolata relazione svolta dal relatore. Ravvisa l'opportunità di individuare una soluzione tecnica tale da conformare il testo all'orientamento voluto dalla maggioranza al Senato ed al fine di evitare che inopportuni passi indietro contribuiscano ad inficiare la credibilità delle istituzioni. Osserva che il principio di prevenzione, cui si ispira sostanzialmente il decreto-legge in esame, da tempo risulta oggetto di discussione in quanto residuo di un contesto storico-politico risalente nel tempo e connesso all'insorgere di timori legittimi dell'opinione pubblica sul piano della sicurezza, che sovente determinano però reazioni istintive ed emotive collegate a tragici eventi. Sottolinea che in tali circostanze l'onda emotiva di sconcerto e rabbia che si manifesta dinanzi a singoli tragici episodi criminosi rischia di far divampare reazioni anche xenofobe in relazione alle quali l'intervento delle istituzioni deve risultare fermo e rigoroso. Apprezza quindi le modifiche al testo apportate dal Senato mediante l'introduzione di norme contro le discriminazioni. Nel merito del contenuto del provvedimento d'urgenza condivide le ulteriori modifiche introdotte dal Senato, tese a garantire una maggiore conformità delle disposizioni del testo ai principi costituzionali, anche mediante una maggiore tipizzazione delle fattispecie ivi contemplate. Segnala l'opportunità di disancorare i profili di reddito dai presupposti per l'espulsione dallo Stato dei soggetti che delinquono, in adesione alla direttiva comunitaria che regola la materia. In relazione alla previsione di cui all'articolo 1-bis del testo, su cui si è incorsi nell'errore della formulazione, evidenzia che i trattati dell'Unione europea e di Amsterdam risultano ovviamente già recepiti dall'Italia. Si delinea pertanto un'esigenza politica di chiarezza e rispetto degli impegni assunti in relazione al contenuto della predetta norma. In particolare preannuncia la presentazione di un emendamento correttivo della disposizione in oggetto, ma si dichiara tuttavia disponibile e percorrere anche altre soluzioni purché il dato politico sia definito con chiarezza e si delinei un'assunzione di responsabilità da parte di tutti i gruppi della maggioranza e dello stesso Governo su tale specifica questione.
Carlo GIOVANARDI (UDC) stigmatizza l'atipico ed ingiustificato silenzio dei rappresentanti del Governo presenti in Commissione sui temi oggetto del dibattito. Ricorda che il Ministro per i rapporti con il Parlamento si è esplicitamente impegnato a nome del Governo, con dichiarazione formale ancorché rilasciata ad organi di stampa, a presentare una proposta emendativa del testo volta a correggere l'articolo 1-bis, capoverso 1, lettera a), relativa al rinvio all'articolo 13 del Trattato di Amsterdam, che appare del tutto incongrua in quanto erroneamente formulata rispetto agli obiettivi dichiarati dai proponenti della medesima. Quanto al merito della predetta disposizione, ritiene che essa preveda una fattispecie penale insufficientemente definita e tipizzata quanto a presupposti e ambito di applicazione. Ricorda che negli anni '90 la dottrina giuridica aveva sollevato pesanti rilievi e mosso una serrata critica al sistema penale sovietico basato sulla indeterminatezza di talune fattispecie delittuose, quale in particolare la previsione quale reato di atti contro il socialismo, con cui si riservava al giudice una eccessivamente ampia discrezionalità, che debordava nell'arbitrio, in ordine alla valutazione delle condotte imputabili. Reputa non serio sostenere, come asserito dal relatore per la I Commissione, il deputato Zaccaria, che la previsione di cui all'articolo 1-bis del testo, non essendo applicabile in quanto contempla un erroneo riferimento normativo e non dispiegando pertanto effetti giuridici, non rechi conseguentemente alcun nocumento all'ordinamento giuridico nel suo complesso. Nel biasimare tale opinabile valutazione, fa notare che la previsione in esame incide sulla normativa penale, prevedendo pene limitative della libertà personale quali il carcere fino a tre anni. Dichiara quindi che occorre evitare atteggiamenti superficiali nell'approfondimento dei temi in discussione e che si debbono valutare con estremo rigore le disposizioni recate dal testo che attengono a profili particolarmente delicati e regolano fattispecie penali che richiedono una assoluta tipizzazione e definizione in ordine ai presupposti che le connotano. Sottolinea che la norma del decreto su cui si accentuano i rilievi critici mossi dagli stessi rappresentanti della maggioranza intende reprimere penalmente forme di discriminazione sull'orientamento sessuale che risultano peraltro tuttora praticate e tollerate in paesi con i quali il Governo intrattiene relazioni e forme di collaborazione particolarmente condivise da taluni gruppi della maggioranza. Valuta inoltre negativamente la suddetta disposizione, in quanto essa rischia di configurare come reato anche l'espressione di semplici giudizi di dissenso e biasimo rispetto a modelli di vita ... ai valori di quanti professano la dottrina della Chiesa o comunque ritengano sbagliate tali tendenze, in tal modo di fatto introducendo nell'ordinamento una fattispecie di reato di opinione. Su tali aspetti ritiene necessario un intervento del Governo affinché fornisca chiarimenti in ordine alla posizione che intende assumere nel prosieguo del dibattito. Ritiene che i tempi tecnici per risolvere i profili critici e le incongruenze testé evidenziate siano ampiamente disponibili prima della scadenza del termine ultimo per la conversione in legge del decreto in esame. Altro discorso è la sussistenza di problemi politici in seno alla maggioranza che ostacolano una lineare valutazione delle problematiche evidenziate. Lamenta in conclusione il degrado politico-istituzionale derivante dalla circostanza che, per evitare un dissolvimento della maggioranza parlamentare al Senato in caso di un'eventuale modifica del decreto-legge, si ritenga preferibile approvare un testo recante una disposizione visibilmente liberticida, indefinita sotto i profili della tipicità dei suoi presupposti e tecnicamente errata sotto il profilo della formulazione formale.
Pino PISICCHIO, presidente della II Commissione e relatore per la medesima, ricorda agli onorevoli Giovanardi e Santelli che la programmazione dei lavori delle Commissioni riunite è prerogativa delle medesime Commissioni, potendo quindi apparire superfluo chiedere al Governo quali siano i suoi intendimenti in ordine al decreto in esame.
Jole SANTELLI (FI) ribadisce che la dichiarazione ufficiale rilasciata dal ministro per i rapporti con il Parlamento, con cui lo stesso ha impegnato il Governo ad apportare le necessarie modifiche al decreto-legge, pone una questione di carattere politico che assume carattere dirimente rispetto al prosieguo del dibattito; non è pertanto ininfluente in tale sede apprendere dai rappresentanti del Governo presenti in Commissione se la posizione del Governo medesimo sia o meno mutata a seguito della divergente dichiarazione congiunta di alcuni dei capigruppo della maggioranza al Senato. Dichiara che il silenzio del Governo in Commissione pone quindi un problema politico che non può essere disconosciuto.
Franco GRILLINI (Misto-Socp.C) sottolinea come, nell'ambito di una discussione che assume profili sia tecnici che politici, non si può sottovalutare il dato fondamentale che il Senato ha approvato, con voto di fiducia, una norma che introduce non un reato di opinione, ma un inasprimento delle pene qualora si verifichino atti di violenza motivati dall'orientamento sessuale. Tali atti non possono e non debbono essere considerati meno gravi di quelli determinati da motivi razziali o religiosi, e la violenza contro gli omosessuali può essere in alcun modo tollerata.
Ricorda come il reato del quale si discute sia stato già introdotto sostanzialmente da tutti i Paesi europei, senza peraltro creare alcuno dei problemi paventati dai gruppi di opposizione. In particolare, non è stato mai intentato nessun processo nei confronti di un ministro del culto per le opinioni espresse da un pulpito. Sottolinea, anzi, come in genere siano stati proprio i governi di centro-destra ad introdurre le norme in questione. Ribadisce, quindi, come l'articolo 1-bis si incentri sugli atti di violenza e sull'istigazione alla violenza e non introduca affatto un reato di opinione.
Per quanto concerne l'errore materiale nella formulazione del predetto articolo, sottolinea come, in condizioni normali, dovrebbe essere sufficiente una mera correzione formale del testo, anche se gli attuali problemi della maggioranza sembrano rendere difficilmente praticabile questa soluzione. Ritiene, comunque, che la via percorribile per la correzione del testo sia quella indicata dall'onorevole Mascia.
Ritiene inaccettabile che solo in Italia non sia possibile introdurre delle fattispecie penali contro l'omofobia ricordando, a tale proposito, che l'Unione europea ha iniziato contro il nostro Paese una procedura di infrazione proprio per la sostanziale disapplicazione della direttiva del 2004 contro la discriminazione sui luoghi di lavoro. In tale contesto ricorda come tale direttiva sia stata paradossalmente applicata nel senso di consentire, anziché vietare, forme di discriminazione contro gli omosessuali e come lo stesso onorevole Giovanardi abbia ammesso tale circostanza. L'Italia quindi rimane l'unico Paese europeo dove è possibile licenziare o espellere dall'esercito una persona a causa del suo orientamento sessuale.
Sottolinea quindi come non sia assolutamente possibile pensare che una tutela giuridica, come quella che si intende introdurre con l'articolo 1-bis comporti, quasi in virtù di un automatismo, al estensione agli omosessuali di altri istituti giuridici, come appunto il matrimonio.
Ritiene che al provvedimento in esame debbano essere apportate le necessarie correzioni rispettando tuttavia la volontà politica espressa dal Senato, nel senso dell'introduzione nel nostro ordinamento di una norma contro l'omofobia. Precisa, infine, che in tale contesto non è corretto parlare di «tendenze sessuali», poiché «orientamento sessuale» è la dizione più corretta.
Giuseppe CONSOLO (AN) esprime, a nome di Alleanza nazionale, lo sconcerto per le modalità con le quali si sta procedendo all'esame del provvedimento, dal momento che lo stesso relatore Zaccaria ha affermato essere stato commesso un errore e che, tuttavia, tale errore non avrebbe alcuna rilevanza sostanziale. Al contrario il Presidente Pisicchio ha correttamente distinto le posizioni giuridiche da quelle politiche ed ha osservato come l'articolo 1-bis, per quanto sostanzialmente inapplicabile, venga a creare un grave vulnus nell'ordinamento, abrogando una parte della «Legge Mancino». Se non si vuole relegare questa assemblea ad una mera Camera di ratifica è necessario il provvedimento sia modificato e rinviato al Senato. Avverte quindi che, come segno di protesta, i deputati del suo gruppo abbandoneranno i lavori delle Commissioni.
Pierluigi MANTINI (PD-U) evidenzia come il provvedimento in esame ponga problemi di grande complessità. Condivide le preoccupazioni espresse dal Presidente Pisicchio, poiché, a prescindere dalle dichiarazioni del Governo, non possono essere trascurati gli effetti distorsivi dell'articolo 1-bis.
Dichiara di condividere la ratio complessiva del decreto, sia nella parte relativa all'immigrazione sia per quanto concerne l'esigenza di far fronte a situazioni di particolare allarme sociale. Condivide altresì la modifica, apportata dal Senato, relativa all'attribuzione al tribunale di competenze prima spettanti al giudice di pace.
Dichiara di non condividere tuttavia le modalità con le quali sono stati descritti i «motivi imperativi» che si pongono alla base del decreto di espulsione. In particolare, trattandosi di incidere sulla libertà personale, ritiene necessario stabilire dei parametri più oggettivi e determinati, facendo ad esempio riferimento a concetti quali l'attitudine a delinquere o le condizioni sociali e familiari. Ritiene che tali modifiche siano necessarie per rendere le fattispecie in questione compatibili con la Costituzione sotto il profilo della determinatezza.
Sottolinea quindi come, per introdurre una forma di tutela contro le discriminazioni, si vada ad abrogare una parte della «Legge Mancino», ovvero di quella legge che costituisce l'unico serio presidio contro la discriminazione, sostituendola con una sorta di promessa di intervento da parte del Governo che, seppure attuata, comunque ridurrebbe il livello di tutela.
In tale contesto ritiene che la soluzione più corretta sia quella di espungere l'articolo 1-bis dal decreto e di proseguire l'esame del tema dell'omofobia nella sede indebitamente espropriata dal Senato, ovvero la Commissione Giustizia della Camera. Respinge quindi con decisione le critiche che sono state mosse alla predetta Commissione, secondo le quali soprattutto la componente maschile dei deputati avrebbe perso tempo e ritardato l'approvazione del provvedimento concernente le molestie insistenti e l'omofobia. Ricorda infatti come in Commissione Giustizia si sia discusso fin troppo, con tutti i conseguenti ritardi, di problematiche di carattere sociologico, anziché dare una pronta risposta sul piano penalistico. Ritiene comunque che ora sussistano i presupposti per una rapida approvazione di una norma, adeguatamente formulata, da parte della Commissione Giustizia.
Sottolinea infine come la discriminazione consista nella negazione a taluno di diritti riconosciuti ed esistenti, a causa del suo orientamento sessuale e che con il testo in esame non si avvia certamente un processo di riconoscimento di diritti non esistenti.
Carlo LEONI (SDpSE) ritiene che sia un fatto positivo e rispettoso delle prerogative del Parlamento che il Governo, del quale peraltro la posizione non è ignota, intervenga al termine della discussione per fornire i chiarimenti richiesti. Dichiara quindi di condividere le considerazioni degli onorevoli Mascia, Grillini e del Presidente Pisicchio.
Invita i colleghi dell'opposizione ad essere coerenti e a non creare una polemica di carattere politico sulla disomogeneità del testo, ricordando, ad esempio, come la cosiddetta «legge Fini-Giovanardi» sia stata inserita nel contesto di un decreto-legge relativo alle olimpiadi invernali di Torino dagli stessi gruppi oggi all'opposizione.
Condividendo quanto affermato dall'onorevole Grillini, ribadisce che l'Italia non può più essere l'unico Paese europeo privo di una norma contro l'omofobia e sottolinea come tale vuoto normativo non possa essere certamente imputato alla Commissione Giustizia della Camera, bensì a ragioni politiche che riguardano la maggioranza. Il testo licenziato dal Senato, peraltro, contiene una norma viziata da un errore che la rende sostanzialmente vana. Sarà quindi necessario un intervento correttivo.
Per quanto concerne gli altri aspetti del decreto e alla reazione emotiva, conseguente al grave episodio di violenza che ha determinato l'emanazione di tale decreto, invita ad evitare ogni facile generalizzazione. Il problema che si intende risolvere non è rappresentato dai romeni o più in generale dagli stranieri in Italia, quanto dagli uomini che uccidono le donne.
Replicando all'onorevole Santelli, sottolinea come le modifiche apportate dal Senato abbiano reso il decreto più rigoroso. L'importante è che vi sia intesa sullo scopo che si intende perseguire. Se infatti si vogliono espellere quanti più romeni possibile, allora in effetti servirebbero delle fattispecie più generiche e meno determinate. Se invece lo scopo è quello di identificare ed allontanare i soggetti pericolosi, allora occorre apprezzare l'intervento del Senato nella definizione di fattispecie più chiare. Ricorda quindi che il decreto in esame non riguarda i romeni, ma tutti i cittadini dell'Unione europea.
Per quanto concerne il trasferimento di competenze dal giudice di pace al tribunale, ricorda come in passato l'attuale opposizione si mostrò molto critica nei confronti della decisione di attribuire ai giudici di pace competenze che potessero incidere sulla libertà personale. Oggi, al contrario, i medesimi gruppi di opposizione esprimono una opinione diametralmente opposta. La realtà è che, nel caso di specie, pur manifestando apprezzamento per il pregevole lavoro svolto dai magistrati onorari, appare più rigoroso affidare al giudice togato le competenze in questione.
Marco BOATO (Verdi) condivide l'intervento del vicepresidente Leoni in relazione alle problematiche evidenziate sull'articolo 1-bis del testo; si associa inoltre alle considerazioni espresse dai deputati Mascia e Grillini. Ravvisa l'opportunità di modificare il testo al fine di ripristinare la correttezza dei riferimenti normativi relativi alla disposizione contro le discriminazioni. Ritiene tuttavia necessario che i gruppi della maggioranza ed il Governo valutino con attenzione in quali termini condurre la prosecuzione del dibattito, atteso che dinanzi ad un corretto inizio dei lavori in Commissione si è registrato il pretestuoso ed immotivato abbandono dei lavori da parte dei gruppi dell'opposizione. Conclude richiamando quindi il caso del decreto-legge sulle olimpiadi di Torino.
Karl ZELLER, presidente, nessun altro chiedendo di intervenire, rinvia quindi il seguito dell'esame ad altra seduta.
La seduta termina alle 13.55.
COMMISSIONI RIUNITE
I (Affari costituzionali, della Presidenza del Consiglio e interni)
e II (Giustizia)
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Resoconto di mercoledì 12 dicembre 2007
Mercoledì 12 dicembre 2007. - Presidenza del presidente della II Commissione Pino PISICCHIO. - Intervengono il ministro per i rapporti con il Parlamento, Vannino Chiti, il sottosegretario di Stato per l'interno Marcella Lucidi ed il sottosegretario di Stato per la giustizia Luigi Scotti.
La seduta comincia alle 9.40.
DL 181/2007: Disposizioni urgenti in materia di allontanamento dal territorio nazionale per esigenze di pubblica sicurezza.
C. 3292 Governo, approvato dal Senato.
(Seguito dell'esame e rinvio).
Le Commissioni proseguono l'esame del provvedimento, rinviato nella seduta dell'11 dicembre 2007.
Pino PISICCHIO, presidente e relatore per la II Commissione, dopo avere ringraziato il Ministro Chiti per la sua presenza all'odierna seduta delle Commissioni, ricorda che il termine per la presentazione di emendamenti al provvedimento in esame scade oggi alle ore 12. Avverte quindi che il seguito dell'esame preliminare potrà proseguire all'incirca fino alle ore 10,30, per consentire alla Commissione Affari Costituzionali di rispettare il proprio ordine del giorno.
Ricorda quindi che nella seduta di ieri sono state svolte le relazioni sul disegno di legge in esame e sono stati evidenziati gli aspetti critici dell'articolo 1-bis, sia sotto il profilo degli errori di formulazione, con conseguente sostanziale inapplicabilità per quanto concerne l'introduzione di una norma contro l'omofobia, sia sotto quello dell'incidenza sulla legge Mancino, che comunque verrebbe in parte abrogata, suscitando forti preoccupazioni sulla sorte dei procedimenti penali in corso.
Il Ministro Vannino CHITI nel fornire i chiarimenti richiesti nella precedente seduta, precisa di avere già riconosciuto, a nome del Governo, che l'articolo 1-bis del disegno di legge è viziato da un errore materiale che lo rende inapplicabile. Anche la collocazione di tale articolo nel contesto di un provvedimento che riguarda la sicurezza appare improprio, anche se ciò dipende principalmente dalla diversità tra i regolamenti della Camera e del Senato, che certamente contribuisce a creare difficoltà nei rapporti tra i due rami del Parlamento e tra quest'ultimo ed il Presidente della Repubblica. Ritiene quindi che in futuro sarà necessario che i Presidenti delle Camere ed il Governo esercitino una più intensa attività di controllo al fine di evitare che in sede di conversione dei decreti-legge siano inserite disposizione volte a disciplinare materie disomogenee.
Sottolinea, peraltro, come non si possa correre il rischio di fare decadere un decreto-legge di tale rilevanza, che introduce importanti disposizioni per la sicurezza dei cittadini. L'assenza di margini per una eventuale modifica apportata dalla Camera non dipende solo da motivi politici, ma soprattutto da motivi tecnici e regolamentari. Il provvedimento modificato, infatti, sarebbe trasmesso al Senato quando presso quel ramo del Parlamento sarà in corso l'esame del disegno di legge finanziaria e il protocollo sul welfare e quindi non residuerebbero i tempi per una tempestiva conversione.
Il Governo si impegna quindi a percorrere una soluzione diversa. In particolare, il cosiddetto decreto «millepropoghe», che verrà emanato alla fine dell'anno, disporrà l'abrogazione dell'articolo 1-bis in questione. Il Governo si impegna altresì, per quanto di sua competenza, a favorire un celere iter legislativo al provvedimento, all'esame della Commissione Giustizia della Camera, relativo sia alle molestie insistenti sia alle discriminazioni fondate sull'orientamento sessuale. L'obiettivo è di fare in modo che tale provvedimento possa essere esaminato dall'Assemblea nel prossimo mese di gennaio.
Per quanto concerne, infine, le preoccupazioni espresse relativamente ai riflessi sui procedimenti penali in corso dell'abrogazione di talune disposizioni della legge Mancino da parte dell'articolo 1-bis, fa presente che, in base a ricerche effettuate dagli uffici del Ministero della giustizia, non vi sono processi penali in corso per i quali possa sussistere il rischio paventato.
Pino PISICCHIO, presidente e relatore per la II Commissione, ricorda che il provvedimento all'esame della Commissione Giustizia, relativo alle molestie insistenti e all'omofobia, si trova in una fase avanzata, essendo in corso l'esame degli emendamenti.
Roberto COTA (LNP) si sofferma preliminarmente sulla inopportunità, da lui ravvisata, di avere inserito nel provvedimento in esame una disposizione che per nulla attiene al suo contenuto e che, oltre tutto, era già oggetto di esame da parte della II Commissione giustizia della Camera, nell'ambito delle proposte di legge in materia di violenza sessuale e molestie insistenti (C. 950 e abbinati).
Osserva inoltre che la disposizione in questione reca profili di dubbia costituzionalità, che si presenteranno con particolare rilevanza al momento della promulgazione del provvedimento da parte del Capo dello Stato.
Al riguardo ritiene che l'unica strada perseguibile sia quella di approvare un emendamento che sopprima la disposizione contestata, anche perché questa soluzione costringerebbe la maggioranza a rendere evidente la propria posizione politica sulla questione.
Conclude invitando il ministro Chiti a modificare la propria posizione politica ambigua, facendosi promotore di una iniziativa volta a sopprimere la disposizione in questione.
Graziella MASCIA (RC-SE), preso atto delle dichiarazioni del ministro Chiti, sottolinea come sulla disposizione in materia di omofobia esista innegabilmente un problema politico all'interno della stessa maggioranza. Ciò premesso, dichiara che il suo gruppo è disponibile a che all'errore di natura tecnica commesso al Senato si ponga rimedio in un secondo momento, con le modalità proposte dallo stesso ministro, a condizione però che esista la volontà politica di adottare quelle misure di contrasto all'omofobia che ormai mancano soltanto in Italia, rispetto al resto dell'Europa.
Alla luce di tali considerazioni, il suo gruppo ritira, per il momento, l'emendamento volto a correggere l'errato riferimento normativo contenuto nel comma 1-bis del decreto-legge, riservandosi tuttavia di presentarlo la prossima settimana, quando il decreto-legge sarà in discussione in Assemblea, qualora la II Commissione non abbia, per allora, concluso l'esame del provvedimento in materia di violenza sessuale e molestie insistenti (C. 950 e abbinati), che sta portando avanti da un anno. Fa presente, al riguardo, che quando esiste la volontà politica di portare avanti un provvedimento, è possibile farlo anche in tempi ristretti.
Pino PISICCHIO, presidente e relatore per la II Commissione, con riferimento alle osservazioni dell'onorevole Mascia, assicura che, una volta sciolti i nodi politici che ne hanno condizionato l'esame, la II Commissione potrà concludere l'esame del provvedimento relativo allo stalking e all'omofobia in tempo molto rapidi.
Gabriele BOSCETTO (FI) fa preliminarmente presente che il proprio gruppo non era contrario, in linea di principio, ad esaminare un provvedimento in materia di sicurezza. Tuttavia, il decreto-legge in esame risulta del tutto inadeguato rispetto alle esigenze poste dal proprio gruppo.
In proposito osserva che il ministro Chiti, anziché impegnarsi a trovare soluzioni normative condivise tra la maggioranza e l'opposizione, ha contribuito ad inserire nel provvedimento in oggetto disposizioni del tutto estranee e disomogenee rispetto al testo originario. Si riferisce, oltre che al più volte ricordato articolo 1-bis, comma 1, lettera a), contenente il rinvio al Trattato di Amsterdam, all'articolo 1, commi 2-ter e 2-quater, che intervengono in materia di parità di trattamento tra le persone indipendentemente dalla razza e dall'origine etnica. Nel far presente come la Corte costituzionale, con la sentenza n. 171 del 2007, abbia rigorosamente circoscritto presupposti e limiti della decretazione d'urgenza, sostiene che appaiono pertanto del tutto pretestuosi i riferimenti alle differenti discipline dei regolamenti della Camera e del Senato, che, in quest'ultimo organo, consentono di inserire nel testo dei decreti-legge anche disposizioni estranee rispetto al testo originario. Per le stesse ragioni, anche la soluzione individuata dal ministro Chiti appare, a suo giudizio, inidonea, in quanto introdurre una disposizione abrogativa dell'articolo 1-bis, comma 1, lettera a), del provvedimento in esame all'interno del decreto-legge «mille proroghe» di fine anno non sarebbe rispettoso delle finalità tipiche di tale provvedimento. Più in generale, ritiene opportuno che entrambe le disposizioni richiamate siano oggetto di autonomi provvedimenti al fine di sviluppare su di essi un apposito esame.
Conclude sottolineando come il termine per la presentazione degli emendamenti, già fissato alle ore 12 di oggi, appare eccessivamente restrittivo anche in considerazione del fatto che non si ravvisano esigenze di concludere il relativo esame in tempi rigorosi.
Franco GRILLINI (Misto-SocpC) chiede al ministro Chiti di chiarire il motivo per il quale il testo dell'articolo 1-bis non è stato corretto al Senato, una volta risultato evidente l'errore materiale.
Il Ministro Vannino CHITI sottolinea come il Regolamento del Senato renda impossibile apportare modifiche su un testo sul quale è stata posta la questione di fiducia.
Franco GRILLINI (Misto-SocpC) dopo avere preso atto della volontà del Governo di favorire un rapido iter di approvazione del provvedimento sulle molestie insistenti e le discriminazioni fondate sull'orientamento sessuale, attualmente all'esame della Commissione Giustizia della Camera, sottolineando che il Governo deve mantenere l'impegno preso e che il provvedimento deve giungere giunga all'esame dell'Assemblea nel mese di gennaio. Sottolinea e ribadisce che i colleghi dell'opposizione dovrebbero cessare di insistere nelle reiterate richieste di stralcio o soppressione dell'articolo relativo all'omofobia, poiché questo è un problema superato, anche da punto di vista procedurale, essendo stato deliberato dall'Assemblea di stralciare da un contesto più ampio le disposizioni sullo stalking congiuntamente a quella sull'omofobia.
Ricorda quindi come ieri si sia avuta notizia di un nuovo procedimento di infrazione intentato dall'Unione europea contro l'Italia, per la sostanziale disapplicazione della direttiva relativa alla discriminazione degli omosessuali sul luogo di lavoro. Tale direttiva è stata applicata in modo volutamente erroneo dal precedente Governo e ritiene che l'attuale Governo debba impegnarsi a porre rimedio a anche questa inaccettabile carenza normativa.
Jole SANTELLI (FI) osserva preliminarmente che la presenza del Ministro Chiti davanti alle Commissioni riunite I e II è dovuta essenzialmente alle pressioni esercitate dall'opposizione nel corso della seduta di ieri.
L'esistenza di un problema causato dall'articolo 1-bis, che reca la norma in tema di omofobia, era stata segnalata dall'opposizione in quanto dopo che il Governo aveva presentato il relativo emendamento, il senatore Pera aveva svolto un intervento volto a sottolineare le incongruenze che ne sarebbero derivate sull'ordinamento giuridico complessivo.
Ritiene che l'atteggiamento del Governo, che potrebbe essere tacciato di incuria, nasconde invece le laceranti divisioni presenti all'interno della maggioranza. La ricerca continua di un punto di equilibrio sul provvedimento all'interno della maggioranza stessa ha impedito di dare efficacia al provvedimento, che appare una mera soluzione di compromesso, inadeguata a perseguire efficacemente le relative finalità. Il problema principale è quello di eseguire concretamente i provvedimenti di espulsione, atteso che i destinatari spesso si rendono in seguito irreperibili.
Osserva in proposito che, delle espulsioni preannunciate dal Ministro dell'interno, solo poche sono state concretamente eseguite in quanto gli altri soggetti interessati si sono appunto resi irreperibili.
Si sofferma quindi sulla disposizione che prevede il non chiaro riferimento alle «strutture già predisposte alla permanenza», anziché ai centri di permanenza temporanea. Al riguardo osserva che questo riferimento potrebbe essere anche inteso come riguardante le Camere di sicurezza; qualora una tale determinazione fosse stata predisposta dalla maggioranza di centro-destra nel corso della precedente legislatura, la reazione dell'attuale maggioranza sarebbe stata vigorosamente contraria.
Carlo LEONI (SDpSE), nel replicare all'onorevole Santelli, sottolinea come il Senato abbia reso il provvedimento in esame più efficace, senza indebolirlo in alcun modo. Dichiara quindi la propria disponibilità a ritirare il suo emendamento correttivo dell'articolo 1-bis, a fronte dell'impegno del Governo a favorire un rapido esame da parte della Camera del provvedimento C. 1249-ter e abbinati. Ritiene peraltro necessario che il Ministro sia consapevole del fatto che sono stati presentati emendamenti soppressivi sull'articolo 3 del predetto provvedimento, relativo all'omofobia, anche da parte di gruppi di maggioranza e, segnatamente, dell'Udeur. Quindi appare opportuno che l'Udeur ritiri i propri emendamenti all'articolo 3 del provvedimento C. 1249-ter. Altrimenti è necessario che l'esame del provvedimento C. 1249-ter sia concluso dalla Commissione giustizia entro questa settimana, per consentire ogni opportuna valutazione sulla effettiva necessità di apportare una correzione all'articolo 1-bis del provvedimento C. 3292.
Pino PISICCHIO, presidente e relatore per la II Commissione, precisa che gli emendamenti presentati dal gruppo dell'Udeur, cui si riferisce l'onorevole Leoni, sono modificativi e non soppressivi dell'articolo 3 del provvedimento C. 1249-ter.
Paola BALDUCCI (Verdi) concorda con le osservazioni dell'onorevole Leoni. Auspica quindi che il provvedimento provvedimento C. 1249-ter sia esaminato con la massima celerità dalla Commissione Giustizia e si concluda con la sua integrale approvazione. Chiede quindi chiarimenti al Ministro Chiti in merito all'incidenza dell'articolo 1-bis del provvedimento in esame sulla legge Mancino, con particolare riferimento ai problemi di successione delle leggi penali nel tempo.
Gianpiero D'ALIA (UDC) ritiene che il Governo non abbia commesso soltanto un mero errore tecnico, introducendo in una norma un riferimento normativo errato, ma anche un errore politico. Se si trattasse, infatti, soltanto di un errore tecnico, nulla impedirebbe, atteso che il decreto scade soltanto il 1o gennaio 2008, di modificarlo e di rinviarlo, per l'ulteriore lettura, al Senato. L'opposizione sarebbe addirittura disponibile, se si scegliesse questa via, a consentire che l'Assemblea della Camera inizi l'esame del provvedimento prima della prossima settimana, in modo da concluderlo in tempo utile perché l'ulteriore lettura da parte del Senato avvenga prima della pausa natalizia dei lavori. Quel che lo impedisce è la difficile situazione politica in cui si dibatte il Governo, il quale ha commesso l'ulteriore errore politico, come dimostra l'intervento testé svolto dalla deputata Mascia, di legare le sorti del decreto-legge in esame al provvedimento in materia di violenza sessuale e molestie insistenti, attualmente all'esame della II Commissione giustizia (C. 950 e abbinati), sul contenuto del quale la stessa maggioranza è divisa. Il decreto-legge in esame, invece, doveva avere il solo scopo di correggere un altro errore, quello commesso con il decreto legislativo n. 30 del 2007, il quale, nel dare attuazione alla direttiva 2004/38/CE relativa al diritto dei cittadini dell'Unione e dei loro familiari di circolare e di soggiornare liberamente nel territorio degli Stati membri, ha attribuito il potere di disporre l'allontanamento di cittadini comunitari per ragioni di sicurezza non ai prefetti, come sarebbe stato opportuno, ma al Ministro dell'interno.
Chiede, a questo punto, come la presidenza intenda organizzare i lavori delle Commissioni, atteso che, essendo fissato alle 15 di oggi il termine per la presentazione di emendamenti e dovendosi iniziare l'esame di questi nella giornata di domani, è di tutta evidenza che non sarà possibile esaurire la discussione di carattere generale: fa presente, al riguardo, che le iscrizioni a parlare sono ancora numerose e che il dibattito, fin qui concentratosi solo sull'errore tecnico contenuto all'articolo 1-bis, non è ancora entrato nel merito complessivo del provvedimento in esame, che, nelle dichiarazioni pubbliche del Governo, doveva servire a corrispondere a precise e sentite esigenze di sicurezza della cittadinanza e che alla fine reca invece misure blande e insufficienti.
Edmondo CIRIELLI (AN) ringrazia il Ministro Chiti per il suo intervento che, tuttavia, non sembra semplificare i lavori della Commissione, data la gravità delle sue affermazioni. Riservandosi di intervenire successivamente sul merito, ritiene che le argomentazioni del ministro siano, anche politicamente, inaccettabili ed ascrivibili ad un Governo disposto a qualunque forzatura delle norme che disciplinano il procedimento legislativo pur di rimanere in carica.
Pino PISICCHIO, presidente e relatore per la II Commissione, ricorda l'importanza di sviluppare un articolato dibattito sulle questioni di merito poste proprio dai gruppi di opposizione.
Edmondo CIRIELLI (AN) dichiara di volere utilizzare per il proprio intervento tutto il tempo stabilito dal regolamento o, altrimenti, invita il Presidente Pisicchio a predefinire tempi certi per gli interventi.
Pino PISICCHIO, presidente e relatore per la II Commissione, sottolinea come tale problema non si sia posto per gli altri interventi.
Edmondo CIRIELLI (AN) pur affermando la necessità di apprestare adeguate forme di tutela contro l'omofobia ribadisce il carattere irresponsabile, abnorme e scorretto del comportamento del Governo. Preannuncia quindi che se il Governo persisterà in un simile atteggiamento, il guppo di Alleanza nazionale farà valere le proprie ragioni con tutti i mezzi consentiti dal regolamento.
Pino PISICCHIO, presidente e relatore per la II Commissione, avverte che, in considerazione dell'imminenza delle votazioni in Assemblea, la seduta sarà sospesa alle 11. Il termine per la presentazione degli emendamenti è spostato dalle ore 12 alle ore 19 di oggi, in modo da consentire la prosecuzione dell'esame preliminare, che si svolgerà dalle 14 alle 15 di oggi.
Enrico COSTA (FI) ritiene che le considerazioni del Ministro siano estremamente discutibili sotto il profilo istituzionale. Era preciso dovere del Governo e del Senato procedere alla correzione dell'articolo 1-bis. Si è creata, invece, una situazione ancora più imbarazzante di quella verificatasi in occasione dell'esame della legge finanziaria per il 2007, con il cosiddetto «emendamento Fuda» e con la successiva correzione avvenuta con il decreto «millepropoghe». Tuttavia, in quel caso, la norma erroneamente formulata non entrò mai in vigore. Nel caso di specie, invece, si pongono dei problemi molto seri di successione nel tempo delle leggi penali, non solo per i procedimento in corso, ma anche per i procedimento futuri che si riferiscono a fatti commessi nel periodo di vigenza del provvedimento in esame, il cui articolo 1-bis, abrogando una parte della legge Mancino, determina una vera e propria abolitio criminis.
Si dichiara contrario a qualsiasi accelerazione dell'esame del provvedimento C. 1249-ter, che pone problematiche serie, delicate, che richiedono adeguati approfondimenti.
Il Ministro Vannino CHITI ribadisce che quando è emerso che l'articolo 1-bis era stato erroneamente formulato, non era più possibile apportare correzioni, e che non esistono margini perché la Camera modifichi il provvedimento in esame. L'articolo 1-bis sarà abrogato con apposita disposizione del decreto «milleproroghe». Ribadisce altresì l'impegno del Governo contro tutti gli atti concreti di discriminazione, senza che ciò possa comportare la introduzione di reati d'opinione, e ad attivarsi affinché il provvedimento C. 1249-ter sia esaminato rapidamente e inserito nel calendario del lavori dell'Assemblea a partire dal mese di gennaio.
Pino PISICCHIO, presidente e relatore per la II Commissione, in considerazione dell'imminenza delle votazioni in Assemblea, rinvia il seguito dell'esame alla seduta che sarà convocata per le ore 14 di oggi.
La seduta termina alle 11.
COMMISSIONI RIUNITE
I (Affari costituzionali, della Presidenza del Consiglio e interni)
e II (Giustizia)
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SEDE REFERENTE
Mercoledì 12 dicembre 2007. - Presidenza del presidente della I Commissione Luciano VIOLANTE. - Intervengono il sottosegretario di Stato per l'interno Marcella Lucidi e il sottosegretario di Stato per la giustizia Luigi Scotti.
La seduta comincia alle 14.05.
DL 181/2007: Disposizioni urgenti in materia di allontanamento dal territorio nazionale per esigenze di pubblica sicurezza.
C. 3292 Governo, approvato dal Senato.
(Seguito dell'esame e rinvio).
Le Commissioni proseguono l'esame del provvedimento, rinviato, da ultimo, nella seduta antimeridiana.
Luciano VIOLANTE, presidente, constatato che i deputati Palomba, Vitali, Boato e Frias, che si erano iscritti a parlare, sono assenti, avverte che si intende che abbiano rinunziato ad intervenire.
Marilena SAMPERI (PD-U) esprime soddisfazione per la soluzione proposta dal ministro Chiti nella seduta antimediana, la quale garantisce la conversione in tempo utile di un decreto-legge che presenta moltissimi aspetti positivi: tutela i cittadini e riporta l'emergenza sicurezza a termini di ragionevolezza giuridica, sanzionando i comportamenti individuali, e non intere collettività. Quanto all'omofobia, ricordato che la II Commissione giustizia sta lavorando al provvedimento in materia di violenza sessuale e molestie insistenti (C. 950 e abbinati) da oltre un anno, esprime l'avviso che il dibattito sia ormai maturo per giungere ad una conclusione e che la Commissione sia pertanto in grado di presentare un testo all'Assemblea nel più breve tempo possibile.
Sandro GOZI (PD-U), premesso di condividere il percorso delineato dal ministro Chiti nella seduta antimeridiana, si sofferma sull'articolo 1-bis del decreto-legge per osservare che anche un riferimento all'articolo 13, paragrafo 1, del Trattato istitutivo della Comunità europea, anziché del Trattato di Amsterdam, sarebbe inesatto, atteso che si tratta comunque di una norma meramente programmatica e di principio: meglio sarebbe, a suo avviso, far riferimento alla parte III, relativa all'uguaglianza, della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea. Ritiene comunque che si tratti di una norma non ben collocata all'interno di un decreto-legge che interviene in materia di sicurezza: un decreto-legge che, d'altra parte, è importante sotto il profilo sia interno che comunitario, in quanto chiarisce le modalità per l'allontanamento degli stranieri comunitari.
Luciano VIOLANTE, presidente, constatato che i deputati Mazzoni e Vacca, che si erano iscritti a parlare, sono assenti, avverte che si intende che abbiano rinunziato ad intervenire.
Wladimiro GUADAGNO detto Vladimir Luxuria (RC-SE) dichiara preliminarmente che non intende intervenire sull'errore tecnico contenuto nella disposizione introdotta dal Senato volta a modificare le disposizioni penali della cosiddetta legge Mancino, includendovi fatti discriminatori contrari al Trattato di Amsterdam, in quanto su tale punto si è soffermato il Ministro Chiti nella seduta antimeridiana. Ritiene tuttavia opportuno ricordare che il Ministro in tale occasione ha anche formalizzato l'impegno del Governo di utilizzare tutti gli strumenti a propria disposizione affinché i provvedimenti in materia di molestie insistenti e omofobia, che si trovano all'esame della Commissione giustizia, siano inseriti nel calendario dei lavori dell'Assemblea a partire dal mese di gennaio. Ritiene che sia grave che l'Italia non abbia dato ancora concreta attuazione alle disposizioni del Trattato di Amsterdam dirette ad impegnare gli stati firmatari affinché nei rispettivi ordinamenti siano introdotte disposizioni anche di natura penale volte a sanzionare una serie di discriminazioni legate alle condizioni personali, come sono quelle inerenti agli handicap, all'età o alle tendenze sessuali. A tale proposito sottolinea l'esigenza che l'ordinamento italiano preveda delle norme che assicurino serenità per tutti, compresi i gay, le lesbiche e i transessuali, per i quali la convivenza è spesso resa difficile da comportamenti discriminatori e violenti da parte di altre persone. Ritiene pertanto necessario che la Commissione giustizia approvi celermente le disposizioni in materia di omofobia che da circa un anno si trovano al suo esame, ponendo così i presupposti affinché nell'ordinamento sia inserita una disposizione che sanzioni penalmente sia gli atti discriminatori che quelli violenti posti in essere in ragione dell'orientamento sessuale o dell'identità di genere della vittima. Ritiene che sia del tutto contraddittorio che deputati appartenenti al medesimo gruppo del Ministro della giustizia abbiano presentato in Commissione giustizia degli emendamenti diretti a sopprimere dall'articolo 3, del testo unificato, le disposizioni inerenti all'identità di genere. Ricorda, infatti, che il predetto articolo riproduce fedelmente l'articolo 18 del disegno di legge del Governo C. 2169 che ha tra i propri firmatari anche il Ministro della giustizia. Osserva che troppo spesso l'orientamento sessuale viene confuso con l'identità di genere, trattandosi invece nozioni ben distinte che necessitano entrambi una adeguata tutela penale. Rileva che mentre l'orientamento sessuale si riferisce alla circostanza che un soggetto sia eterosessuale, omosessuale o bisessuale, l'identità di genere riguarda il rapporto che un soggetto ha tra il proprio corpo e la propria psiche. Non considerare l'identità di genere significa non voler tutelare penalmente i transessuali. Ricorda inoltre che il Governo ha già accolto taluni ordini del giorno relativi all'educazione nella scuola che hanno impegnato il Governo a promuovere e sostenere progetti culturali e formativi che contribuiscano la diffusione del rispetto e della cultura delle differenze, in particolare quelle di genere. Ciò significa che la nozione di identità di genere è stata già fatta propria dal Governo e dal Parlamento.
Luciano VIOLANTE, presidente, avverte che si intende così concluso l'esame preliminare del provvedimento. Ricorda che il termine per la presentazione di emendamenti è stabilito alle 19 di oggi. Rinvia quindi il seguito dell'esame ad altra seduta.
La seduta termina alle 14.15.
COMMISSIONI RIUNITE
I (Affari costituzionali, della Presidenza del Consiglio e interni)
e II (Giustizia)
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Resoconto di lunedì 17 dicembre 2007
Lunedì 17 dicembre 2007. - Presidenza del presidente della I Commissione Luciano VIOLANTE. - Intervengono il ministro dell'interno Giuliano Amato, il sottosegretario di Stato per l'interno Marcella Lucidi e il sottosegretario di Stato per la giustizia Luigi Scotti.
La seduta comincia alle 14.
DL 181/2007: Disposizioni urgenti in materia di allontanamento dal territorio nazionale per esigenze di pubblica sicurezza.
C. 3292 Governo, approvato dal Senato.
(Seguito dell'esame e conclusione).
La Commissione prosegue l'esame del provvedimento, rinviato, da ultimo, nella seduta del 12 dicembre 2007.
Luciano VIOLANTE, presidente, in ordine all'organizzazione dei lavori della Commissione, ricorda che il provvedimento in esame è iscritto all'ordine del giorno dell'Assemblea a partire da martedì 18 dicembre con inizio della seduta alle ore 9.30. Sottolinea che, secondo quanto convenuto nell'Ufficio di presidenza delle Commissioni riunite I e II, svoltosi lo scorso venerdì 14 novembre, si procederà nella seduta odierna all'esame degli emendamenti, fermo restando che il voto per il conferimento del mandato ai relatori a riferire in Assemblea avverrà non oltre le ore 18.30. Ricorda, altresì, che il termine per la presentazione degli emendamenti in Assemblea è fissato alle ore 10 di martedì 18 dicembre. Avverte inoltre che le Commissioni III, XII e XIV, nonché il Comitato per la legislazione, hanno trasmesso i pareri di loro competenza.
Comunica quindi che sono stati presentati emendamenti ed articoli aggiuntivi (vedi allegato). Avverte che sono da considerare inammissibili in quanto recano norme estranee per materia al contenuto del decreto-legge, e pertanto non saranno poste in votazione, le seguenti proposte emendative: gli emendamenti Cota 1.13 e Cota 1.14, in quanto volti a sospendere la disciplina prevista dalla convenzione di applicazione dell'Accordo di Schengen; gli identici articoli aggiuntivi Boscetto 1.01 e Cirielli 1.02, in quanto volti a modificare la disciplina del diritto di soggiorno permanente di cui agli articoli 14, 18 e 19 del decreto legislativo 6 febbraio 2007, n. 30; gli emendamenti Caparini 1-bis.8 e 1-bis.9, in quanto volti a prevedere la soppressione di numerose disposizioni eterogenee tra loro per contenuto ed in alcun modo riconducibili alle fattispecie disciplinate dal decreto-legge; gli emendamenti Cota 1-bis.6 e 1-bis.7, in quanto recanti norme in materia di matrimonio di cittadini stranieri; gli emendamenti Cota 1-ter.3 e 1-ter.2, in quanto volti a introdurre modificazioni agli articoli 29 e 12 del testo unico in materia di immigrazione, di cui al decreto legislativo n. 286 del 1998, concernenti rispettivamente norme sul ricongiungimento familiare e disposizioni contro l'immigrazione clandestina; l'articolo aggiuntivo Giuditta 1-ter.01, in quanto recante norme in materia di edilizia residenziale; l'articolo aggiuntivo Mario Pepe 1-ter.03., in quanto recante disposizioni in materia di determinazione del profilo del DNA su minori.
Roberto COTA (LNP) esprime riserve sugli esiti della declaratoria di inammissibilità delle proposte emendative al decreto-legge. Ritiene carenti di uniformità i parametri di valutazione adottati in relazione al decreto-legge in esame, in quanto, sostiene, alcuni emendamenti sarebbero stati vagliati in ragione di esigenze di opportunità politica e di convenienza. Fa notare che la disposizione di cui all'articolo 1-bis, avente ad oggetto il reato di omofobia, appare certamente estranea per materia rispetto al contenuto originario del decreto legge, ma è stata ritenuta ammissibile a differenza di altre proposte emendative, quale ad esempio quella relativa alla sospensione dell'applicazione della convenzione di Schengen. Ritiene grave che la presidenza si sia prestata a logiche penalizzanti e strumentali per i gruppi dell'opposizione nella fase di valutazione delle proposte emendative presentate al provvedimento d'urgenza in esame.
Luciano VIOLANTE, presidente, rileva che la norma del provvedimento relativa al reato di omofobia è stata introdotta nel corso dell'esame al Senato, ove vigono previsioni regolamentari meno stringenti sull'ammissibilità degli emendamenti presentati ai disegni di legge di conversione di decreti legge.
Roberto COTA (LNP) osserva che non si può utilizzare un diverso parametro di valutazione in relazione all'ammissibilità di emendamenti aventi ad oggetto materie non più estranee al contenuto del provvedimento alla luce delle modifiche apportate allo stesso presso l'altro ramo del Parlamento.
Gabriele BOSCETTO (FI) avanza rilievi sulla dichiarata inammissibilità dell'emendamento a sua firma 1.01, in quanto mira ad abrogare norme connesse a quelle contemplate nel testo medesimo.
Luciano VIOLANTE, presidente, ribadisce che sulla valutazione di ammissibilità degli emendamenti la presidenza si è attenuta scrupolosamente alle previsioni del regolamento.
Roberto ZACCARIA (PD-U) avanza la richiesta di sospendere la seduta per trenta minuti al fine di poter approfondire ulteriormente il contenuto di talune proposte emendative.
Luciano VIOLANTE, presidente, non essendovi obiezioni, sospende la seduta.
La seduta, sospesa alle 14.10, riprende alle 14.40.
Roberto ZACCARIA (PD-U), relatore per la I Commissione e Pino PISICCHIO, presidente della II Commissione e relatore per la medesima, invitano al ritiro di tutti gli emendamenti e gli articoli aggiuntivi presentati, avvertendo che, diversamente, il parere deve intendersi contrario.
Il sottosegretario Luigi SCOTTI esprime parere conforme a quello dei relatori.
Roberto COTA (LNP) chiede ai rappresentanti del Governo quale posizione intendano assumere in ordine all'articolo 1-bis, relativo all'erroneo rinvio all'articolo 13 del trattato di Amsterdam.
Jole SANTELLI (FI) ritiene indispensabile conoscere l'orientamento del Governo sulla questione sollevata dal deputato Cota, al fine di verificare se sussistano le condizioni per apportare eventuali modifiche ad altre parti del provvedimento che pure presentano profili critici in ordine alla formulazione ed al merito delle disposizioni. Dichiara di sottoscrivere tutti gli emendamenti presentati dai deputati Pecorella e Gelmini.
Il sottosegretario Luigi SCOTTI dichiara che il Governo intende rimettersi alle valutazioni delle Commissioni riunite ed esprimerà la sua posizione dinanzi ad un testo definito.
Jole SANTELLI (FI), nel ribadire l'esigenza che il Governo esprima sin da ora la sua posizione al riguardo, sollecita nuovamente i rappresentanti del Governo a pronunciarsi sulla dirimente questione se il testo in esame debba considerarsi «blindato», ovvero se possa essere modificato anche per correggere le discrasie presenti nell'articolato.
Luciano VIOLANTE, presidente, evidenzia che la dichiarazione del Governo in sede di parere sugli emendamenti presentati delinea chiaramente l'orientamento assunto dal Governo medesimo.
Carolina LUSSANA (LNP) rileva che dall'atteggiamento del Governo si trae la conferma che lo stesso considera il testo immodificabile.
Roberto COTA (LNP) si sofferma sulle ragioni dell'emendamento soppressivo 1.25 a sua firma, con il quale intende manifestare contrarietà piena sui contenuti dell'articolo 1 del provvedimento.
Jole SANTELLI (FI) fa notare ai rappresentanti del Governo che l'atteggiamento di ferma ma fisiologica contrapposizione che i gruppi della minoranza intendono mostrare sul contenuto del decreto legge nel suo complesso assumerà una valenza di contrasto assoluto sulla specifica disposizione di cui all'articolo 1-bis afferente al reato di omofobia. Preannuncia il voto favorevole del suo gruppo sull'emendamento soppressivo Cota 1.25, in quanto il testo dell'articolo 1 assume evidenti connotati di «grida manzoniane», risultando di fatto di difficile applicabilità e del tutto velleitario nelle finalità. A tal proposito evidenzia assoluta inefficacia delle previsioni sull'allontanamento dei cittadini comunitari che non potranno essere rese esecutive a causa della generica disciplina recata dal provvedimento d'urgenza.
Le Commissioni, con distinte votazioni, respingono gli emendamenti Cota 1.25 e 1.12.
Jole SANTELLI (FI), in relazione all'emendamento Pecorella 1.102, ne precisa il carattere di miglioramento formale del testo, mediante il recupero di una più corretta espressione tipica della legislazione a favore della famiglia.
Le Commissioni respingono l'emendamento Pecorella 1.102.
Maurizio GASPARRI (AN) illustra le finalità dell'emendamento Cirielli 1.126, volto a meglio precisare la portata della disposizione rendendo certa la fase della verifica delle attività di controllo cui si riferisce la norma richiamata. Ritiene che l'esigenza primaria cui avrebbe dovuto rispondere il provvedimento d'urgenza all'esame delle Commissioni consiste nel regolare l'afflusso incontrollato di quei cittadini comunitari che si dedicano ad attività criminose nel territorio dello Stato. Tale esigenza risulta tuttavia del tutto disattesa e mortificata a causa dei contenuti blandi e contraddittori del decreto in esame.
Jole SANTELLI (FI) in ordine all'emendamento Cirielli 1.126, evidenzia che appare incongruo prevedere una valutazione discrezionale del cittadino comunitario in ordine all'iscrizione nel registro ivi richiamato, cui si ricollega peraltro una sanzione per l'eventuale inadempimento.
Le Commissioni respingono l'emendamento Cirielli 1.126; risultano quindi preclusi gli identici emendamenti Cota 1.36 e Boscetto 1.82.
Roberto COTA (LNP), in relazione all'emendamento 1.37 a sua firma, ravvisa l'esigenza che la presentazione all'ufficio di Polizia sia disciplinata da un decreto ministeriale che possa emanarsi in tempi più ridotti rispetto a quelli contemplati dalla norma del testo.
Le Commissioni, con distinte votazioni, respingono gli emendamenti Cota 1.37 e 1.38.
Luciano VIOLANTE, presidente, ricorda che gli emendamenti Cota 1.13 e 1.14 sono stati dichiarati inammissibili.
Le Commissioni respingono l'emendamento Pecorella 1.103.
Carolina LUSSANA (LNP) rileva come il provvedimento in esame sia nel suo complesso formulato in modo approssimativo, anche perché rimette alla mera discrezionalità del cittadino comunitario di presentarsi ad un ufficio di polizia per dichiarare la propria presenza sul territorio nazionale. Valuta quindi positivamente l'emendamento Boscetto 1.1, che mira a rendere la disposizione in esame maggiormente determinata e coerente.
Maurizio GASPARRI (AN) in ordine agli identici emendamenti Boscetto 1.1 e Cirielli 1.124, sottolinea che gli stessi intendono rendere effettivamente applicabile il decreto in quanto occorre definire con maggiore precisione la disciplina delle procedure di registrazione, verifica e controllo dei cittadini comunitari che giungono in Italia. Osserva che i dati forniti dal ministero dell'Interno sull'impatto delle norme recate dal decreto legge evidenziano, al momento, risultati sconfortanti e disarmanti, tali da imporre opportune modifiche all'articolato.
Carlo LEONI (SDpSE) manifesta stupore per il contenuto di taluni emendamenti presentati dai gruppi di opposizione che impongono ai cittadini comunitari un obbligo di presentarsi agli uffici di pubblica sicurezza non appena giungono in Italia, anche solo per turismo.
Luisa CAPITANIO SANTOLINI (UDC) fa notare che il provvedimento risponde ad esigenze di maggiore sicurezza dei cittadini e dovrebbe fornire regole certe rispetto a quelle categorie di comunitari che giungono in Italia per motivazioni diverse dal turismo.
Jole SANTELLI (FI), replicando all'intervento del deputato Leoni, ricorda che è opportuno pretendere il rispetto della legalità affinché siano evitate situazioni di pregiudizio rispetto alla sicurezza dei cittadini. Osserva che anche in altri Stati, quale ad esempio l'Inghilterra, i flussi di soggetti che entrano nel territorio nazionale per un tempo non breve, sono tenuti a comunicare o registrare la loro presenza presso gli uffici pubblici.
Le Commissioni respingono, con distinte votazioni, gli identici emendamenti Boscetto 1.1 e Cirielli 1.124, nonché l'emendamento Pecorella 1.106.
Roberto COTA (LNP) illustra il contenuto degli identici emendamenti 1.15 a sua firma e Cirielli 1.123. Sottolinea che per evitare che gli stranieri che giungono in Italia siano inseriti nel circuito dell'illegalità è necessario che dispongano al momento dell'ingresso di un'attività lavorativa e di un domicilio dignitoso. Sostiene che la maggioranza si assume una grave responsabilità non solo in ordine alla carenza di sicurezza nelle strade ma anche in relazione all'assoluto degrado che patiscono gli stranieri che arrivano in Italia e sono costretti a coabitare in spazi limitati all'interno di «baraccopoli». Gli emendamenti richiamati impongono pertanto l'allontanamento dal territorio nazionale per quelli immigrati che non hanno una casa rispondente a requisiti igienico-sanitari minimi. Si chiede per quale motivo il Governo intenda esprimere parere contrario su tali proposte emendative.
Jole SANTELLI (FI) richiama i motivi politici che hanno indotto il Governo ad adottare il decreto in esame a seguito di un tragico episodio che ha scosso fortemente la coscienza dei cittadini. Registra tuttavia un atteggiamento contraddittorio dei gruppi della maggioranza, che sembra abbiano peraltro disconosciuto, con il contenuto del provvedimento in esame, le posizioni precedentemente manifestate in ordine alle politiche sull'immigrazione.
Maurizio GASPARRI (AN) evidenzia che risultano di difficile gestione le diverse problematiche relative alle aree metropolitane, per le quali occorre definire standards abitativi adeguati, requisiti igienico-sanitari idonei affinché si eviti il rischio del diffondersi di insediamenti abusivi in contesti di totale degrado urbano. Al riguardo ricorda l'incontro tenuto da una delegazione del suo gruppo con rappresentanti dell'ANCI.
Carolina LUSSANA (LNP) sottolinea come dal dibattito emergano la contraddittorietà e le responsabilità politiche dello sconsiderato allargamento dell'Unione europea a Paesi che non posseggono i requisiti per farne parte. Una delle conseguenze negative è stato, appunto, l'incremento di un fenomeno migratorio che crea al nostro Paese seri problemi di sicurezza.
Sandro GOZI (PD-U) richiama i principi che presiedono il diritto di libera circolazione nell'Unione europea; ricorda che il visto tra Italia e Romania è stato abolito nel 2002 quando il Governo non era quello attuale. Rileva che l'articolo 7 della direttiva comunitaria del 2004 in tema di immigrazione fissa i criteri per ottenere il soggiorno per oltre tre mesi: ulteriori requisiti prospettati negli emendamenti presentati dai gruppi di opposizione non rientrerebbero quindi nel quadro di applicazione della predetta direttiva. Aggiunge che il decreto in esame si applica a tutti i cittadini comunitari e non solo a quelli provenienti dalla Romania.
Giancarlo LAURINI (FI) ritiene necessario regolare la materia in modo tale da agevolare i flussi migratori in condizioni di assoluta sicurezza senza però discriminare i cittadini rumeni.
Le Commissioni respingono, con distinte votazioni, gli identici emendamenti Cota 1.15 e Cirielli 1.123.
Roberto COTA (LNP) fa notare che risulta indispensabile inserire tra i requisiti che giustificano l'espulsione dello straniero il non poter disporre di un alloggio con specifici standards igienico-sanitari. Ricorda quindi che la necessità di disporre di un alloggio dovrebbe essere un requisito valido per tutti gli immigrati, comunitari e non.
Isabella BERTOLINI (FI) precisa che le proposte emendative in oggetto intendono evitare situazioni di disparità e comunque il requisito dell'alloggio per il comunitario che soggiorna per oltre tre mesi nel territorio dello Stato non può essere considerato vessatorio o inopportuno. Fa notare che per i cittadini extracomunitari già esiste una analoga norma; il problema reale è quello dei controlli che spesso sono del tutto inefficaci.
Carolina LUSSANA (LNP) sottolinea come la stessa emanazione del decreto-legge in esame sia la dimostrazione del fatto che il Governo è perfettamente a conoscenza dell'emergenza determinata dal flusso migratorio dei cittadini romeni. Sottolinea, in particolare, come il provvedimento in esame sia volto a stabilire dei limiti alla libertà di circolazione di cittadini comunitari. Ricorda altresì che i fenomeni di immigrazione che creano problemi di sicurezza sono generalmente rivolti verso quei Paesi dove è noto che le sanzioni non sono applicate con sufficiente rigore.
Jole SANTELLI (FI) ritiene opportuno e ragionevole che la legge imponga a coloro che intendono soggiornare in Italia più di tre mesi una comunicazione in ordine al luogo di residenza, il che consentirebbe peraltro di fronteggiare più agevolmente il degrado che caratterizza molti campi nomadi e «baraccopoli» presenti in diverse città italiane.
Le Commissioni, con distinte votazioni, respingono gli identici emendamenti Cota 1.16 e Gasparri 1.122.
Roberto COTA (LNP) stigmatizza il comportamento del Ministro Amato che ha rilasciato alle agenzie di stampa dichiarazioni aventi oggetto l'esito dei lavori della Commissione in ordine all'approvazione senza modifiche del decreto in esame. Evidenzia che tale condotta esprima una mancanza di rispetto nei confronti delle istituzioni, della Commissione medesima e della sua presidenza.
Jole SANTELLI (FI), nel concordare con il deputato Cota, ricorda che nelle giornate precedenti si è assistito ad analoghe deplorevoli situazioni. Sostiene che su materie tanto delicate quali la sicurezza dei cittadini occorra maggiore prudenza e rispetto delle sedi istituzionali.
Roberto ZACCARIA (PD-U) rileva che l'orientamento del Governo era già emerso in precedenti interventi presso la Commissione.
Jole SANTELLI (FI) esprime rilievi critici in ordine al mancato intervento del Governo in Commissione in apertura di seduta, che è stato contraddetto dalle successive dichiarazioni del Ministro Amato rilasciate ad agenzie di stampa.
Luciano VIOLANTE, presidente, fa notare che le dichiarazioni rese dal Ministro dell'Interno sono coerenti con l'orientamento che il Governo ha manifestato in sede di espressione del parere sugli emendamenti presentati al testo.
Gianpiero D'ALIA (UDC) ritiene non convincente né rassicurante l'assenza di dati certi in ordine all'effettivo impatto delle disposizioni del decreto legge sui processi in corso e sul piano dell'ordinamento giuridico. Osserva al riguardo che le previsioni della «legge Mancino» che sono state sostituite con l'errato riferimento all'articolo 13 del trattato di Amsterdam non potranno essere inserite nel provvedimento «mille proroghe» con cui il Governo intende correggere la suddetta disposizione.
Carolina LUSSANA (LNP) sottolinea come il Governo ritenga preferibile rendere nota la propria posizione tramite notizie di stampa anziché di fronte alla Commissione. Sottolinea quindi come dalle predette notizie di stampa si sia appreso che il Governo ritiene il provvedimento immodificabile, mentre il sottosegretario Luigi Scotti sembra avere una posizione differente, facendo dipendere la posizione del Governo dal testo che sarà approvato dalle Commissioni. Concorda con il Presidente della II Commissione, onorevole Pino Pisicchio, quando questi afferma che la Camera dei deputati è ormai solo una camera di ratifica, perfino degli errori commessi dal Senato. Ritiene estremamente scorretto che il Governo intenda rimediare all'errore di formulazione dell'articolo 1-bis nell'ambito del decreto «milleproroghe», poiché tale correzione dovrebbe essere effettuata dalla Camera.
Le Commissioni respingono, con distinte votazioni, gli emendamenti Boscetto 1.2, Cota 1.26, Cota 1.38, Boscetto 1.3 e gli identici emendamenti Cota 1.20 e Pecorella 1.107.
Gabriele BOSCETTO (FI), in relazione all'emendamento 1.83 a sua firma, ravvisa l'assoluta incertezza di ordine concettuale sull'utilizzo nell'articolato dei termini ordine pubblico, pubblica sicurezza e motivi imperativi di pubblica sicurezza. Aggiunge che risulta incongruo assegnare ambiti di competenza al pubblico ministero, al prefetto o al Ministro dell'Interno a seconda della sussistenza delle situazioni richiamate dai termini menzionati, che non hanno un significato univoco e definito. In relazione al comma 7 ter dell'articolo 1, sostiene che il sistema di attribuzione delle competenze sembra prefigurare un segnale di sfiducia nei confronti del prefetto. Deplora quindi l'utilizzo di una terminologia non usuale che si presta ad errori di valutazione e di interpretazioni delle fattispecie.
Giancarlo LAURINI (FI), intervenendo sull'emendamento Boscetto 1.83, concorda sul fatto che il concetto di imperatività è utilizzato in modo improprio nel contesto dell'articolo 1, comma 1, lettera a-bis), capoverso 1-bis.
Gianpiero D'ALIA (UDC) si associa alle considerazioni del deputato Boscetto; sottolinea che le norme del decreto riservano al giudice una troppo ampia e discrezionale valutazione sui parametri di allontanamento dei comunitari che entrano nel territorio dello Stato. Contesta la formulazione di cui al comma 7 ter dell'articolo 1, che appare non soltanto generica ma anche incongrua in relazione alla previsione della punibilità di quei comportamenti che rendono la permanenza in Italia incompatibile con l'ordinaria convivenza.
Le Commissioni respingono, con distinte votazioni l'emendamento Boscetto 1.83, gli identici emendamenti Boscetto 1.84 e Pecorella 1.104, Boscetto 1.85, Boscetto 1.4, Boscetto 1.86, Pecorella 1.105, Cota 1.39, Pecorella 1.108, Cirielli 1.128, Cota 1.40 e 1.41, Pecorella 1.109 e Cota 1.18, 1.44, 1.43 e 1.42.
Jole SANTELLI (FI) illustra le finalità dell'emendamento Boscetto 1.5, sostenendo che sia grave la circostanza che il Ministro dell'Interno non possa intervenire, se necessario, nell'ambito dei processi cui potrebbe dar luogo l'applicazione della normativa a causa della incerta portata interpretativa delle relative disposizioni.
Gianpiero D'ALIA (UDC) sostiene che le proposte emendative presentate dai gruppi di opposizione intendono migliorare il testo in ordine alla sua formulazione ed in relazione alla applicabilità dello stesso. Ravvisa la necessità che si stabilisca un obbligo, e non una mera facoltà, rispetto alla iscrizione nel registro per i comunitari che decidono di soggiornare in Italia per oltre tre mesi. Contesta le previsioni del testo che rendono di fatto impossibili l'effettivo allontanamento degli stranieri che ricadono nelle fattispecie ivi previste; in particolare valuta negativamente la norma secondo cui la proposizione di un gravame avverso il provvedimento di espulsione determina la sospensione della esecuzione dell'allontanamento, il che preclude sostanzialmente l'applicazione del decreto-legge.
Le Commissioni, con distinte votazioni, respingono gli identici emendamenti Boscetto 1.5 e Gasparri 1.121.
Gabriele BOSCETTO (FI) richiama l'attenzione del relatore sulla necessità di chiarire la distinzione concettuale tra ordine pubblico e pubblica sicurezza che determina una diversa assegnazione di competenza rispetto al procedimento di espulsione.
Roberto ZACCARIA (PD-U) rileva che la sua relazione iniziale enuncia esplicitamente i diversi profili che attengono alla competenza ed ai presupposti delle fattispecie regolate nel provvedimento. Aggiunge che obiettivo primario cui si ispira l'intervento legislativo consiste nel bilanciare adeguatamente i diversi valori costituzionali in gioco ed in particolare nel tentativo di contemperare le esigenze della sicurezza e quelle della libertà e delle garanzie dei cittadini. Sottolinea che gli emendamenti presentati dai gruppi di opposizione appaiono contraddire l'esigenza di tipizzare le fattispecie criminose in esame, che assumendo il carattere di figure ante-delictum si prestano inevitabilmente a incertezze definitorie e interpretative.
Le Commissioni, con distinte votazioni, respingono gli emendamenti Boscetto 1.87 e Cota 1.48.
Jole SANTELLI (FI) ritiene incongruo il riferimento alla lingua inglese nel testo richiamato dall'emendamento Pecorella 1.110, in quanto diverse sono le lingue utilizzate in ambito di Unione europea e non appare pertanto opportuno citarne solo una.
Sandro GOZI (PD-U) osserva che il richiamo alla lingua inglese appare opportuno in quanto favorisce la comprensione della norma quando sono coinvolti nelle diverse fasi del procedimento di espulsione cittadini stranieri che non conoscono la lingua italiana.
Jole SANTELLI (FI) ribadisce che la finalità dell'emendamento Pecorella 1.110 risponde all'esigenza di rafforzare l'ufficialità della lingua italiana che è stata recentemente penalizzata rispetto alle lingue considerate ufficiali nei documenti e negli atti dell'Unione europea.
Le Commissioni, con distinte votazioni, respingono gli emendamenti Pecorella 1.110, Cota 1.49 e Boscetto 1.89 di identico contenuto, Cirielli 1.125, Cota 1.51, 1.50, 1.45, 1.46, 1.47, Boscetto 1.200, 1.88, 1.90, Cota 1.27, 1.17, 1.31, Cirielli 1.127, Cota 1.32, 1.30, 1.28, 1.29, 1.35, Cirielli 1.201, Cota 1.33, 1.34, 1.19, 1.52, 1.53, 1.54, Boscetto 1.92 e 1.91, Cota 1.21, Boscetto 1.94, Cota 1.55, Boscetto 1.93, Cota 1.56, Gasparri 1.111, Cota 1.57, Boscetto 1.95, Cota 1.59 e 1.58, Boscetto 1.6 e Cirielli 1.120 di identico contenuto, Cota 1.61, 1.60 e 1.62.
Jole SANTELLI (FI) si sofferma sugli emendamenti Boscetto 1.7 e Cirielli 1.117, di identico contenuto, in relazione ai quali avanza la richiesta di conoscere l'orientamento del Governo.
Gianpiero D'ALIA (UDC) sostiene che gli emendamenti cui si è riferito il deputato Santelli assumono particolare rilievo in quanto tesi a correggere taluni aspetti che rendono inapplicabile il decreto-legge in relazione alla sospensione del provvedimento di espulsione connessa al ricorso presentato dai soggetti interessati.
Roberto COTA (LNP) fa notare che occorre rendere effettivo l'allontanamento dei comunitari che ricadono nelle fattispecie contemplate dal decreto-legge, ed in tal senso sarebbe incongruo mantenere una previsione che consente la sospensione dell'esecuzione dell'espulsione. Ricorda quindi le sentenze della Corte costituzionale che hanno limitato gli effetti e l'applicabilità della legge Bossi-Fini.
Sandro GOZI (PD-U) ricorda che la normativa comunitaria stabilisce l'impossibilità di procedere ad una espulsione nei casi in cui vi sia la sospensione del procedimento in relazione alla proposizione di un ricorso giurisdizionale.
Le Commissioni respingono, con distinte votazioni, gli emendamenti Boscetto 1.7 e Cirielli 1.117 di identico contenuto, Boscetto 1.96 e Cota 1.63.
Gianpiero D'ALIA (UDC) replica al deputato Gozi che la normativa comunitaria può essere derogata dalla legislazione nazionale per ragioni di sicurezza e ordine pubblico. Deplora quindi la genericità delle fattispecie descritte dal decreto-legge e la eccessiva discrezionalità dell'interpretazione riconosciuta ai giudici. Osserva che la competenza assegnata al giudice monocratico non consente di disporre di tempi certi di valutazione delle previsioni. Ritiene che per riparare ad un errore commesso in sede di recepimento della direttiva comunitaria sull'immigrazione, relativo al mancato riferimento ai prefetti tra gli organi dello Stato con competenza di materia, si sia attribuita con il provvedimento d'urgenza in esame una competenza prefettizia in materia di espulsione che appare incongrua e non compiutamente definita.
Le Commissioni respingono, con distinte votazioni, gli emendamenti Boscetto 1.8 e Cirielli 1.116, di identico contenuto, nonché l'emendamento Boscetto 1.9.
Jole SANTELLI (FI) in relazione all'emendamento Cota 1.81, ravvisa l'esigenza di approfondire i profili relativi alla copertura finanziaria del decreto-legge. In particolare ritiene incongruo prevedere un fondo per l'inclusione sociale degli immigrati mentre appare carente il finanziamento delle disposizioni relative all'espulsione dei cittadini comunitari che commettono atti criminosi.
Gianpiero D'ALIA (UDC) aggiunge che non ha senso aver collocato presso il Ministero della solidarietà sociale e non invece presso il Ministero degli esteri il fondo per l'inclusione sociale degli immigrati. Considera contraddittorio che non vi siano risorse per le espulsioni dei cittadini extracomunitari né per l'allontanamento dei cittadini comunitari, il che evidenzia che si è di fronte ad un intervento normativo meramente propagandistico e velleitario.
Roberto COTA (LNP) richiama l'attenzione del Governo e della maggioranza sulla circostanza che le argomentazioni e le proposte emendative dei gruppi dell'opposizione non trovano alcuna risposta a causa della scelta ormai definita di non apportare alcuna modifica al decreto-legge.
Le Commissioni respingono, con distinte votazioni, gli emendamenti Cota 1.81, Boscetto 1.98 e 1.97.
Jole SANTELLI (FI), intervenendo in relazione all'emendamento Boscetto 1.82, evidenzia che il decreto sembra riferirsi alle camere di sicurezza che erano previste in passato presso le questure e i commissariati. Ricorda che nella precedente legislatura gli uffici del Ministero dell'interno fornirono una serie di dati relativi agli oneri finanziari, estremamente elevati, necessari per ripristinare l'operatività delle suddette strutture, attualmente non idonee. Sottolinea che la formulazione del decreto-legge al riguardo risponde all'unico intento di evitare di riferirsi ai centri di permanenza temporanea che trovano forti dissensi in alcuni gruppi della maggioranza.
Gianpiero D'ALIA (UDC) ritiene la norma in esame dannosa, in quanto intende ripristinare l'impiego delle camere di sicurezza, strutture appartenenti ad un contesto politico-sociale non certo favorevole ai diritti ed alle libertà dei cittadini. Osserva che risulta poco comprensibile la previsione che fa riferimento ai locali ed alle strutture già destinate per legge alla permanenza temporanea. Si tratta di previsioni volte a superare il riferimento ai centri di permanenza temporanea, ma tale intendimento crea evidente confusione sull'applicabilità della norma.
Roberto COTA (LNP), intervenendo sul proprio emendamento 1.64, si chiede se fino al momento dell'espulsione i soggetti interessati possano circolare liberamente o vadano collocati in determinate strutture. Ravvisa quindi l'esigenza di evitare una mera facoltà, e di stabilire invece un obbligo in relazione alla disposizione sul trattenimento nelle suddette strutture dei soggetti che dovranno essere espulsi.
Giuseppe CONSOLO (AN) preannuncia il voto favorevole del gruppo di Alleanza nazionale sull'emendamento Cota 1.64, volto a superare un equivoco in ordine al riferimento ai centri di permanenza temporanea. Si tratta in particolare di chiarire se i soggetti considerati pericolosi per la sicurezza dei nostri cittadini possano o meno circolare liberamente e, nel secondo caso, dove esattamente debbano essere trattenuti.
Jole SANTELLI (FI) lamenta la mancanza di risposte da parte dei gruppi della maggioranza e del Governo, che sembrano ignorare le sollecitazioni e le richieste di chiarimento avanzate dai rappresentanti dell'opposizione, che stanno peraltro concentrando i loro interventi su specifici profili dell'articolato senza alcun atteggiamento ostruzionistico.
Carolina LUSSANA (LNP) con riferimento all'emendamento Cota 1.64, ritiene necessario che il Governo e la maggioranza chiariscano il motivo per cui si è fatto ricorso ad espressioni ambigue e fuorvianti, pur di non fare esplicito riferimento ai centri di permanenza temporanea. Chiede in particolare se la disposizione in esame consenta di trattenere i soggetti in questione anche nelle camere di sicurezza. Ritiene inoltre che il questore non debba avere la facoltà bensì l'obbligo di disporre il trattenimento nelle apposite strutture.
Il sottosegretario Marcella LUCIDI rileva che la formulazione del comma 1-bis dell'articolo 20-bis, introdotto nel decreto legislativo n. 30 del 2007 dall'articolo 1, comma 2, del provvedimento in esame si coordina con il comma 1 del medesimo articolo 20-bis, il quale rinvia all'articolo 13, commi 3 e seguenti, del testo unico in materia di immigrazione. Fa presente che l'articolo 13, comma 3, nel testo introdotto dal centrodestra nella scorsa legislatura con la legge Bossi-Fini, prevede che il questore possa, e non debba, adottare la misura del trattenimento presso un centro di permanenza temporanea. In relazione poi alla problematica dell'impiego delle camere di sicurezza, osserva che il loro utilizzo non è da escludersi, ma sicuramente per un tempo limitato e compatibile con le garanzie costituzionali. Deve comunque trattarsi di strutture già qualificate come idonee alla temporanea permanenza.
Jole SANTELLI (FI) si chiede tuttavia quali possano essere le ulteriori strutture da utilizzare rispetto alle camere di sicurezza e ai centri di temporanea permanenza.
Le Commissioni respingono gli emendamenti Cota 1.64 e Boscetto 1.82.
Roberto COTA (LNP), in relazione all'emendamento a sua firma 1.65, evidenzia che viene riconosciuto un margine di intervento troppo ampio al questore in ordine alla decisione di allontanare o meno il soggetto. Occorre peraltro definire con certezza quali siano i centri in cui collocare temporaneamente i soggetti sottoposti a procedimento di allontanamento.
Gianpiero D'ALIA (UDC), pur apprezzando le precisazioni fornite dal sottosegretario Lucidi, ritiene inquietante la risposta ricevuta, in quanto sembra avallare una disciplina che introduce una sorta di fermo di polizia per i comunitari in casi in cui non si verifica una condotta illecita bensì una mera illegittimità connessa alla presenza del territorio dello Stato. In tal senso si rischia peraltro di aggravare le procedure indicate dalle direttive comunitarie in materia, prefigurando al riguardo il rischio di una violazione delle medesime.
Le Commissioni, con distinte votazioni, respingono l'emendamento Cota 1.65, nonché gli identici emendamenti Cota 1.22 e Boscetto 1.99.
Gabriele BOSCETTO (FI), intervenendo sul suo emendamento 1.100, identico agli emendamenti Cota 1.23 e Contento 1.129, rimarca come anche il comma 2-ter dell'articolo 1 debba ritenersi estraneo alla materia propria del decreto-legge, al pari dell'articolo 1-bis. Ritiene che la materia affrontata dal citato comma 2-ter debba essere più opportunamente rimessa alla valutazione della II Commissione giustizia, nell'ambito dell'esame del provvedimento recante misure contro le discriminazioni basate sull'orientamento sessuale e contro le molestie insistenti. Ricorda che la Corte costituzionale, da ultimo con la recente sentenza n. 171 del 2007, ha sancito precisi limiti alla decretazione d'urgenza ed al contenuto delle leggi di conversione dei decreti-legge: di tali limiti, tuttavia, il provvedimento in esame non appare rispettoso. Ritiene, inoltre, che la norma che il comma 2-ter tende ad inserire all'articolo 4 del decreto legislativo n. 215 del 2003 sia incostituzionale per violazione degli articoli 3, 24 e 111 della Costituzione.
Le Commissioni, con distinte votazioni, respingono gli identici emendamenti Cota 1.23, Boscetto 1.100 e Contento 1.129, nonché gli identici emendamenti Cota 1.24, Boscetto 1.101 e Contento 1.130.
Gianpiero D'ALIA (UDC), intervenendo sull'emendamento Boscetto 1.10, di cui è cofirmatario, identico all'emendamento Cirielli 1.115, fa presente che la mancata previsione di una sanzione in caso di mancato adempimento dell'obbligo di presentare una attestazione al consolato italiano presso il paese di cittadinanza del soggetto allontanato comporta di fatto l'inanità della previsione. Si tratta, a suo avviso, dell'ennesima riprova della inutilità del provvedimento in esame.
Le Commissioni, con distinte votazioni, respingono gli identici emendamenti Boscetto 1.10 e Cirielli 1.115, nonché gli emendamenti Contento 1.132, Cota 1.66, Contento 1.131, Cota 1.72, 1.71, 1.70, 1.69, 1.68, 1.67, 1.73, 1.74, 1.75, 1.76, 1.77, 1.78, 1.80 e 1.79.
Gianpiero D'ALIA (UDC), intervenendo sull'emendamento Santelli 1.11, di cui è cofirmatario, identico all'emendamento Cirielli 1.114, sottolinea come la proposta in esso contenuta sia perfettamente coerente con la direttiva comunitaria 2004/38/CE e tenda ad escludere la possibilità di ottenere la sospensione del decreto di allontanamento nel caso in cui il destinatario di esso sia un soggetto pregiudicato ovvero il provvedimento si basi su motivi imperativi di pubblica sicurezza.
Le Commissioni, con distinte votazioni, respingono gli identici emendamenti Santelli 1.11 e Cirielli 1.14, nonché gli emendamenti Cota 1.80 e Cirielli 1.112.
Luciano VIOLANTE, presidente, ricorda che gli identici articoli aggiuntivi Santelli 1.01 e Cirielli 1.02 sono stati dichiarati inammissibili. Invita quindi i relatori ed i Governo ad esprimere il parere di competenza sugli emendamenti riferiti all'articolo 1-bis.
Roberto ZACCARIA (PD-U), relatore per la I Commissione, nell'invitare al ritiro tutti gli emendamenti presentati all'articolo 1-bis, avvertendo che, diversamente, il parere deve intendersi contrario, precisa che, a suo avviso, come del resto già chiarito nella relazione da lui svolta all'inizio del riesame, la norma recata dall'articolo 1-bis è senza dubbio inapplicabile, ma non deve ritenersi idonea ad abrogare l'articolo 3 della legge n. 654 del 1975 (cosiddetta legge Mancino). L'abrogazione non può, infatti, ritenersi efficace in mancanza di una chiara volontà del legislatore in tal senso: volontà che in questo caso è del tutto mancante, atteso che, come risulta evidente dai lavori parlamentari, l'intendimento del legislatore è piuttosto quello di inasprire le sanzioni per i casi di discriminazione fondata su motivi razziali, religiosi e simili, che non di abolire la fattispecie di reato esistente. Ribadisce inoltre che si tratta di una norma non essenziale all'impianto del provvedimento, rispetto alla correzione della quale ritiene quindi prevalente l'esigenza di assicurare che il decreto-legge sia convertito in tempo utile.
Pino PISICCHIO (IdV), presidente della II Commissione e relatore per la medesima, esprime parere conforme a quello del relatore Zaccaria.
Il sottosegretario Marcella LUCIDI esprime parere conforme a quello dei relatori.
Jole SANTELLI (FI) ricorda che il ministro Chiti, nella seduta del 12 dicembre scorso ha dichiarato che, secondo i dati comunicati dal Ministero della Giustizia, non vi sarebbero né procedimenti pendenti per le fattispecie di reato di cui all'articolo 3 della legge Mancino, né pene in corso di esecuzione. Risulta tuttavia dagli organi di stampa che vi sarebbero invece oltre cento procedimenti in corso oltre a diverse condanne in fase di esecuzione. Chiede pertanto al rappresentante del Governo se corrisponda al vero quanto esposto dagli organi di stampa, sottolineando come tale punto rivesta la massima importanza ai fini della valutazione degli effetti concreti della norma in esame.
Gianpiero D'ALIA (UDC), rivolgendosi al relatore Zaccaria, fa presente che l'articolo 1-bis non abroga, ma sostituisce l'articolo 3 della legge Mancino con una disposizione che, per il fatto di contenere un riferimento normativo erroneo, è oggettivamente inapplicabile. A suo avviso, quindi, l'abrogazione dell'articolo 3 sopra richiamato è indubitabile. Occorre quindi che il Governo chiarisca al più presto quale sarebbe l'impatto di tale abrogazione sui procedimenti penali in corso per i reati di istigazione all'odio razziale o religioso ed altre forme di violenza, dal momento che questo punto sta giustamente suscitando il diffuso allarme del Paese.
Il sottosegretario Luigi SCOTTI fa presente che il Ministero della giustizia sta ricostruendo il quadro generale dei processi pendenti, ma che ancora non sono disponibili dati precisi. Allo stato risultano pendenti circa cento procedimenti penali, alcuni in fase di indagine, ed altri in fase dibattimentale, per distinte fattispecie relative alla legge Mancino.
Giuseppe CONSOLO (AN) richiama l'attenzione delle Commissioni sulla gravità di ciò che sta per accadere e, in particolare, sul fatto che le Commissioni si avviano ad approvare un testo viziato da un grave errore unanimemente riconosciuto. Ricorda altresì come il Presidente della Repubblica abbia dichiarato che potrebbe non promulgare un simile provvedimento. Lo stesso Presidente della I Commissione non dovrebbe consentire una così grave violazione delle regole sul procedimento legislativo, poiché vi sono alcune regole che la ragione politica non può calpestare.
Luciano VIOLANTE, presidente, ricorda che il testo è pervenuto alla Camera dal Senato e che questa non può esimersi dall'esaminarlo. Riguardo alla questione sollevata dal deputato Consolo, precisa di avere una propria opinione, che tuttavia non ritiene di esporre in questa fase. In ogni caso, ritiene che il problema si ponga indipendentemente dall'esatto numero di procedimenti penali in corso. Avverte quindi che si passa all'esame del merito degli emendamenti presentati all'articolo 1-bis. Avverte inoltre che è stato ritirato l'emendamento Zeller 1-bis.4, identico agli emendamenti Boscetto 1-bis.3, Bertolini 1-bis.11, Gasparri 1-bis.12 e Cota 1-bis.5.
Gianpiero D'ALIA (UDC), intervenendo sull'emendamento Boscetto 1-bis.3, di cui è cofirmatario, ribadisce che, sebbene il richiamo al Trattato di Amsterdam contenuto nell'articolo 1-bis sia errato, la norma senza dubbio ha l'effetto di abrogare l'articolo 3, comma 1, della legge Mancino. Prende atto che il Governo e la maggioranza stanno riconoscendo la gravità dell'errore commesso, ma ritiene che non basti, per correggerne gli effetti, ripristinare la disposizione della legge Mancino con il decreto-legge «mille proroghe», atteso che è sufficiente che l'abrogazione della suddetta disposizione resti in vigore per un tempo anche minimo perché cadano nel nulla i procedimenti pendenti, i quali, lo ricorda, riguardano soggetti che si sono macchiati di reati gravi come la devastazione di tombe in cimiteri ebraici, di percosse a cittadini stranieri, di incitazione alla violenza razziale o etnica e simili. Aggiunge che l'abrogazione dell'articolo 3 della legge Mancino comporta anche la violazione di obblighi internazionali, considerato che la predetta legge reca norme per la ratifica e l'esecuzione della Convenzione internazionale sull'eliminazione di tutte le forme di discriminazione razziale, aperta alla firma a New York il 7 marzo 1966.
Carlo LEONI (SDpSE) sottolinea come la situazione sia più semplice e trasparente di come i colleghi dell'opposizione la vogliono rappresentare. Nessuno nega che l'articolo 1-bis contenga un errore e che tale errore potrebbe comportare delle conseguenze. Sotto questo profilo, in ogni caso, condivide pienamente le considerazioni in ordine alla volontà del legislatore svolte dal relatore Zaccaria. In condizioni normali, la soluzione più semplice sarebbe rappresentata dalla correzione dell'errore da parte della Camera. Tuttavia è del tutto evidente che non si possa mettere a rischio la conversione di un decreto-legge sulla sicurezza dei cittadini e che tale circostanza induca ad approvare il testo senza modifiche. Il fatto che il Governo ritenga di intervenire, per correggere l'errore, in un secondo momento e con un ulteriore strumento di urgenza, costituisce un atto di responsabilità, volto appunto a scongiurare la decadenza del decreto-legge, di fronte alla quale vi sarebbe una profonda incomprensione da parte dell'opinione pubblica. In questo contesto si sta valutando l'opportunità di ritirare l'emendamento Mascia 1-bis.1.
Maurizio GASPARRI (AN) ritiene che l'inserimento nel testo del provvedimento in esame di un articolo 1-bis contenente un rinvio normativo errato rappresenti un grave errore da parte del Governo e invita la maggioranza a riflettere su quali sarebbero state le accuse rivolte dall'opposizione se un tale errore fosse stato commesso dal centrodestra. Ricorda che il Presidente della Repubblica, investito della questione da alcuni parlamentari dei gruppi di opposizione, ha risposto con una lettera nella quale, tra l'altro, si riserva di svolgere sul provvedimento di conversione un esame attento e rigoroso. Per tali ragioni ritiene che sarebbe più decoroso da parte della maggioranza modificare il provvedimento, accettando di sottoporlo ad una nuova lettura da parte del Senato, alla quale non ostano i tempi necessari per la conversione. Aggiunge che, anche al di là dell'articolo 1-bis, il provvedimento in esame contiene misure blande ed inefficaci che, ove anche decadessero, non determinerebbero alcun danno.
Gabriele BOSCETTO (FI), nel richiamarsi agli interventi svolti dai deputati dei gruppi di opposizione, che condivide, si limita ad aggiungere che il vulnus giuridico che la norma in esame provocherebbe nell'ordinamento è senza dubbio preoccupante. Si tratta d'altra parte di un provvedimento già per altro verso non rispondente ai requisiti individuati dalla Corte costituzionale per la decretazione d'urgenza. Ritiene d'altra parte che non dovrebbero sussistere per la maggioranza timori di divisioni interne al Senato, dal momento che il provvedimento recante misure contro la discriminazione fondata sull'orientamento sessuale e contro le molestie insistenti ha ripreso il suo iter in II Commissione giustizia e sta procedendo celermente.
Luisa CAPITANIO SANTOLINI (UDC) sottolinea come non sia assolutamente possibile introdurre nell'ordinamento norme caratterizzate da errori e da forte indeterminatezza, tanto meno con un decreto-legge che difetta dei presupposti costituzionali per la sua emanazione. Se vi è urgenza, infatti, questa ha una connotazione meramente politica e non oggettiva.
Jole SANTELLI (FI), intervenendo sull'emendamento Boscetto 1-bis.3, di cui è cofirmataria, ricorda che l'opposizione si era inizialmente dichiarata disponibile a sostenere il provvedimento d'urgenza, in quanto sembrava che questo dovesse dare un segnale in controtendenza rispetto all'orientamento imposto alla maggioranza in materia di immigrazione dalla sinistra radicale. Questo non è però accaduto, perché al Senato i gruppi della stessa sinistra radicale hanno posto il veto sul dialogo con l'opposizione. Per quanto riguarda la ipotesi di soluzione del problema relativo all'articolo 1-bis ventilata dal vicepresidente Leoni, osserva che essa rappresenterebbe una grave ed irresponsabile forzatura del meccanismo della successione delle leggi nel tempo. Occorre pertanto che il centrosinistra si assuma la responsabilità degli errori commessi, accettando di modificare il provvedimento che di riportarlo al Senato.
Roberto COTA (LNP), intervenendo sul suo emendamento 1-bis.5, esprime l'avviso che la maggioranza stia facendo un uso politico e strumentale delle istituzioni. È infatti evidente che il Governo ha inserito l'articolo 1-bis nel testo del provvedimento, sebbene esso sia estraneo alla materia propria del decreto-legge, unicamente allo scopo di porre rimedio ad una difficoltà di carattere puramente politico interno alla propria maggioranza. Ha tuttavia commesso un errore, chiudendosi in un vicolo cieco: quello di modificare il provvedimento rinviandolo al Senato, con il rischio che, a causa di difficoltà politiche, esso non sia convertito in tempo, oppure di approvarlo nel testo trasmesso dal Senato, ponendo però in questo modo in imbarazzo il Presidente della Repubblica chiamato a promulgare una legge di conversione contenente un errore giuridico dagli effetti gravi. A suo avviso, è da ritenersi più responsabile e rispettoso delle istituzioni il rinvio del testo al Senato.
Giuseppe CONSOLO (AN) ribadisce come il provvedimento non possa essere assolutamente approvato nella sua attuazione formulazione. Il gruppo di Alleanza nazionale, essendo da sempre a favore della legalità, non può che votare a favore degli emendamenti soppressivi dell'articolo 1-bis. Ritiene che sarebbe utile acquisire l'opinione di un giurista della levatura del Presidente Violante, già Presidente della Camera, in merito all'articolo 1-bis.
Carolina LUSSANA (LNP) stigmatizza il comportamento del Governo e della maggioranza che, a causa di un accordo politico, costringono la Camera a ratificare un errore commesso al Senato. Sottolinea quindi che un simile comportamento si ponga in contrasto con la necessaria ed auspicata correttezza nei rapporti tra maggioranza ed opposizione.
Roberto ZACCARIA (PD-U) chiarisce di aver soltanto evidenziato come, in un caso come quello in esame, l'abrogazione di una norma non possa ritenersi operante in mancanza della volontà del legislatore.
Luciano VIOLANTE, presidente, ricorda che gli emendamenti Santelli 1.101 e Cirielli 1.102 sono stati dichiarati inammissibili.
Le Commissioni, con distinte votazioni, respingono gli identici emendamenti Boscetto 1-bis.3, Bertolini 1-bis.11, Gasparri 1-bis.12 e Cota 1-bis.5.
Luciano VIOLANTE, presidente, ricorda che gli emendamenti Caparini 1-bis.8 e 1.bis.9, e Cota 1-bis.6 e 1-bis.7 sono stati dichiarati inammissibili. Constata inoltre l'assenza dei presentatori degli emendamenti Turco 1-bis.16, 1.bis.17, 1-bis.18 e 1-bis.15: si intende che vi abbiano rinunziato.
Luigi COGODI (RC-SE) accoglie, anche a nome degli altri presentatori, l'invito al ritiro dell'emendamento Mascia 1-bis.1. Ritiene per altro indispensabile che il Governo fornisca spiegazioni più dettagliate sul rimedio che intende utilizzare per evitare che l'articolo 1-bis incida negativamente anche su un solo processo penale pendente, per le fattispecie previste dall'articolo 3 della legge Mancino.
Franco GRILLINI (Misto-SocpC.) ritira il suo emendamento 1-bis.2.
Luciano VIOLANTE, presidente, constata l'assenza dei presentatori dell'emendamento Turco 1-bis.19: si intende che vi abbiano rinunziato. Invita quindi i relatori ed il Governo ad esprimere il parere di competenza sugli emendamenti presentati all'articolo 1-ter.
Roberto ZACCARIA (PD-U), relatore per la I Commissione, invita al ritiro di tutti gli emendamenti presentati all'articolo 1-ter, avvertendo che, diversamente, il parere deve intendersi contrario.
Pino PISICCHIO (IdV), presidente della II Commissione e relatore per la medesima, esprime parere conforme a quello del relatore Zaccaria.
Il sottosegretario Marcella LUCIDI esprime parere conforme a quello dei relatori.
Gabriele BOSCETTO (FI), intervenendo sul suo emendamento 1-ter.4, identico agli emendamenti Cota 1-ter.1, Pecorella 1-ter.5 e Germontani 1-ter.6, si dice convinto che anche il trasferimento al tribunale ordinario in composizione monocratica delle competenze in materia di convalida dei provvedimenti di allontanamento, già attribuite ai giudici di pace, costituisca un errore. Fa presente, infatti, che tale scelta comporta un pesante aggravamento del carico di lavoro dei tribunali.
Gianpiero D'ALIA (UDC) ritiene che il trasferimento delle competenze del giudice di pace al tribunale ordinario in composizione monocratica, per quanto possa avere un senso con riferimento ai provvedimenti di allontanamento di cittadini comunitari, per i quali si incide su diritti fondamentali come quello alla libera circolazione, è ingiustificato con riferimento ai decreti di espulsione dei cittadini non comunitari. Ritiene che la scelta di sovraccaricare i tribunali ordinari, già oberati di lavoro, rientri nel complesso delle strategie poste in essere dalla maggioranza per vanificare le disposizioni della legge Bossi-Fini in materia di immigrazione.
Maria Ida GERMONTANI (AN) preannuncia che il gruppo di Alleanza nazionale voterà per la soppressione dell'articolo 1-ter, che rallenta la speditezza del procedimento e satura ulteriormente la già difficile situazione della giustizia italiana.
Carolina LUSSANA (LNP) ritiene molto grave la modifica prevista dall'articolo 1-ter che conferma come il provvedimento in esame introduca procedimenti lenti e farraginosi.
Jole SANTELLI (FI) ritiene grave intervenire con decreto-legge sulla disciplina dell'immigrazione. Premesso che, a suo avviso, le espulsioni sono misure di sicurezza e non provvedimenti di restrizione della libertà personale, rileva che costituisce un errore scaricare sulla magistratura la responsabilità politica di decidere in quali casi i provvedimenti di espulsione debbano ritenersi consentiti. Fa presente che ciò rischia di acuire il contrasto tra la magistratura e l'opinione pubblica.
Giuseppe CONSOLO (AN) ritiene assolutamente inaccettabile la previsione dell'articolo 1-ter, poiché il giudice di pace rappresenta uno dei pochi aspetti positivi e funzionali della giustizia italiana.
Le Commissioni respingono gli identici emendamenti Boscetto 1-ter.4, Cota 1-ter.1, Pecorella 1-ter.5 e Germontani 1-ter.6.
Luciano VIOLANTE, presidente, ricorda che gli emendamenti Cota 1-ter.3 e 1-ter.2, nonché l'articolo aggiuntivo Giuditta 1-ter.01, sono stati dichiarati inammissibili.
Le Commissioni respingono l'articolo aggiuntivo Cirielli 1-ter.02.
Luciano VIOLANTE, presidente, ricorda che l'articolo aggiuntivo Mario Pepe 1-ter.03, è stato dichiarato inammissibile. Avverte che l'emendamento Zeller dis.1.1 è stato ritirato. Avverte quindi che si passa alle dichiarazioni di voto sulla proposta di conferire ai relatori il mandato a riferire all'Assemblea in senso favorevole sul provvedimento in esame.
Gianpiero D'ALIA (UDC) dichiara il voto contrario del suo gruppo, per le ragioni richiamate nel corso del dibattito.
Jole SANTELLI (FI) dichiara la totale contrarietà del suo gruppo al provvedimento in esame, per le ragioni tecniche e politiche già evidenziate. Aggiunge che si tratta della totale disfatta della maggioranza e del Governo, i quali, in materia di sicurezza, hanno dimostrato una assoluta incapacità.
Marco BOATO (Verdi) dichiara il voto favorevole del suo gruppo sul conferimento ai relatori del mandato a riferire in Assemblea in senso favorevole sul provvedimento, richiamandosi alle ragioni di merito illustrate nelle relazioni dei relatori, nonché negli interventi dei deputati di maggioranza, ed in particolare dei colleghi Leoni e Gozi, i quali hanno messo in luce i numerosi aspetti pienamente condivisibili del provvedimento. Quanto all'errore contenuto nell'articolo 1-bis, pur prendendone atto, ritiene nel complesso che la scelta che le Commissioni e l'Assemblea si accingono a compiere sia la più saggia.
Giuseppe CONSOLO (AN), preso atto della mancanza di volontà politica di correggere un provvedimento erroneo, preannuncia il voto contrario del gruppo di Alleanza nazionale alla proposta di conferire ai relatori mandato di favorire favorevolmente in Assemblea.
Roberto COTA (LNP) dichiara il voto contrario del suo gruppo, ritenendo che quello in esame sia un provvedimento inefficace e meramente propagandistico. Aggiunge che la Lega Nord Padania ritiene che il potere di espulsione degli stranieri debba essere attribuito ai sindaci, i quali conoscono i territori.
Luigi COGODI (RC-SE) e Carlo LEONI (SDpSE) preannunciano il voto favorevole dei rispettivi gruppi a conferire il mandato ai relatori a riferire favorevolmente.
Maria Fortuna INCOSTANTE (PD-U) dichiara il proprio voto favorevole, sottolineando come il provvedimento in esame sia ben lungi dall'essere una mera «legge manifesto», come sostiene l'opposizione, e reca invece interventi efficaci. Rivolgendosi poi al deputato Cota, che ha accusato la maggioranza di fare un uso strumentale e politico delle istituzioni, si dichiara orgogliosa di appartenere ad una coalizione che non si è mai resa responsabile di provvedimenti ad personam.
Le Commissioni deliberano di conferire il mandato ai relatori a riferire in senso favorevole all'Assemblea sul testo del provvedimento in esame. Deliberano altresì di chiedere l'autorizzazione a riferire oralmente.
Luciano VIOLANTE, presidente, avverte che le presidenze si riservano di designare i componenti del Comitato dei nove sulla base delle indicazioni dei gruppi.
La seduta termina alle 19.
D.L. 181/2007: Disposizioni urgenti in materia di allontanamento dal territorio nazionale per esigenze di pubblica sicurezza (C. 3292 Governo, approvato dal Senato).
EMENDAMENTI E ARTICOLI AGGIUNTIVI
ART. 1.
Sopprimerlo.
1. 25.Cota, Stucchi.
Sostituire il comma 01 con i seguenti:
01. All'articolo 9, del decreto legislativo 6 febbraio 2007, n. 30, dopo il comma 1 aggiungere il seguente:
«1-bis. Fermo quanto previsto dal comma 1, il cittadino dell'Unione che, ai sensi dell'articolo 7, intende soggiornare in Italia per un periodo superiore a tre mesi ha l'onere, per ragioni di tutela dell'ordine pubblico e della pubblica sicurezza, entro i dieci giorni successivi all'ingresso nel territorio dello Stato di dichiararlo alla Questura del luogo ove intenda fissare il suo domicilio. La Questura rilascia contestualmente l'attestazione di avvenuta dichiarazione, contenente l'indicazione del nome e della dimora, nonché la data di presentazione del medesimo cittadino».
02. All'articolo 9 del decreto legislativo 6 febbraio 2007, n. 30, al comma 2, le parole: «trascorsi tre mesi dall'ingresso» sono sostituite dalle seguenti: «entro i dieci giorni successivi alla scadenza del termine di tre mesi dall'ingresso».
03. All'articolo 9 del decreto legislativo 6 febbraio 2007, n. 30, dopo il comma 2 è inserito il seguente:
«2-bis. In assenza dell'attestazione di cui al comma 1-bis si presume che il cittadino dell'Unione abbia fatto ingresso nel territorio nazionale da più di 3 mesi. Resta salva la prova contraria a carico dell'interessato».
04. All'articolo 9 del decreto legislativo 6 febbraio 2007, n. 30, al comma 3 aggiungere la seguente lettera: d) copia della dichiarazione prevista dal comma 1-bis».
1. 12.Cota, Stucchi.
Al comma 01, capoverso comma 5-bis, primo periodo, sostituire le parole: il suo familiare con le seguenti: un suo familiare.
1. 102.Pecorella, Gelmini.
Al comma 01, capoverso comma 5-bis, primo periodo, sostituire la parola: può, con la seguente: deve.
Conseguentemente sopprimere l'ultimo periodo.
1. 126.Cirielli, Gasparri, Benedetti Valentini, Bocchino, Ascierto.
Al comma 01, capoverso comma 5-bis, primo periodo, sostituire la parola: può con la seguente: deve.
1. 36.Cota, Stucchi.
Al comma 01, capoverso comma 5-bis, primo periodo, sostituire la parola: può con la seguente: deve.
1. 82.Boscetto, Bertolini, Biancofiore, Bruno, Carfagna, Cicchitto, Fitto, La Loggia, Santelli, Verdini.
Al comma 01, capoverso comma 5-bis, primo periodo, sostituire la parola: trenta con la seguente: quindici.
1. 37.Cota, Stucchi.
Al comma 01, capoverso comma 5-bis, primo periodo, sostituire la parola: trenta con la seguente: venti.
1. 38.Cota, Stucchi.
Dopo il comma 01, aggiungere il seguente:
«01-bis. All'articolo 6 del decreto legislativo 6 febbraio 2007, n. 30 è aggiunto in fine il seguente comma:
3-bis. Ai sensi dell'articolo 2, comma 2 della Convenzione di applicazione dell'accordo di Schengen, è sospesa l'applicazione dell'articolo 2, comma 1 della medesima Convenzione fino a quando tutti gli Stati membri dell'Unione europea soddisferanno le condizioni per l'adesione all'Accordo di Schengen».
1. 13.Cota, Stucchi.
Dopo il comma 01, aggiungere il seguente:
«01-bis. All'articolo 6 del decreto legislativo 6 febbraio 2007, n. 30 è aggiunto in fine il seguente comma:
3-bis. Ai sensi dell'articolo 2, comma 2 della Convenzione di applicazione dell'accordo di Schengen, è sospesa l'applicazione dell'articolo 2, comma 1 della medesima Convenzione fino all'adozione di una procedura comune a tutti gli Stati membri dell'Unione europea idonea a determinare con certezza la data nella quale ciascun cittadino dell'Unione entra in un altro Stato membro, al fine dell'applicazione delle disposizioni relative al soggiorno di lungo periodo».
1. 14.Cota, Stucchi.
Al comma 02, sostituire le parole: e dimostrabili con le seguenti: e delle quali sia data piena prova.
1. 103.Pecorella, Gelmini.
Dopo il comma 02, aggiungere i seguenti:
02-bis. L'articolo 9, comma 2, del decreto legislativo 6 febbraio 2007 n. 30 è sostituito dal seguente:
«2. Fermo quanto previsto dal comma 1, il cittadino dell'Unione che, ai sensi dell'articolo 7, intende soggiornare in Italia per un periodo superiore a tre mesi ha l'obbligo, per ragioni di tutela della pubblica sicurezza, di richiedere l'iscrizione entro i dieci giorni successivi al decorso dei tre mesi dall'ingresso ed è rilasciata immediatamente una attestazione contenente l'indicazione del nome e della dimora del richiedente, nonché la data della richiesta».
02-ter. All'articolo 9 del decreto legislativo 6 febbraio 2007 n. 30, dopo il comma 2 è inserito il seguente:
«2-bis. In assenza dell'attestazione di cui al comma 2 si presume che il cittadino dell'Unione abbia fatto ingresso nel territorio nazionale da più di tre mesi. Resta salva la prova contraria a carico dell'interessato».
1. 1.Boscetto, Santelli, Bocchino, D'Alia, Cota, Pecorella, Consolo, Mazzoni, Lussana, Ronconi.
Dopo il comma 02, aggiungere i seguenti:
«02-bis. L'articolo 9 comma 2 del decreto legislativo 6 febbraio 2007 n. 30 è così sostituito:
2. Fermo quanto previsto dal comma 1, il cittadino dell'Unione che, ai sensi dell'articolo 7, intende soggiornare in Italia per un periodo superiore a tre mesi ha l'obbligo, per ragioni di tutela dell'ordine pubblico o della pubblica sicurezza, di richiedere l'iscrizione entro i dieci giorni successivi al decorso dei tre mesi dall'ingresso ed è rilasciata immediatamente una attestazione contenente l'indicazione del nome e della dimora dei richiedente, nonché la data della richiesta».
02-ter. All'articolo 9 del decreto legislativo 6 febbraio 2007 n. 30 dopo il comma 2 è inserito il seguente:
«2-bis. In assenza dell'attestazione di cui al comma 2 si presume che il cittadino dell'Unione abbia fatto ingresso nel territorio nazionale da più di tre mesi. Resta salva la prova contraria a carico dell'interessato».
1. 124.Cirielli, Gasparri, Benedetti Valentini, Ascierto.
Al comma 03, sostituire le parole: e dimostrabili, con le seguenti: e delle quali sia data piena prova.
1. 106.Pecorella, Gelmini.
Dopo il comma 03, aggiungere i seguenti:
«03-bis. All'articolo 9, comma 3, lettera b) del decreto legislativo 6 febbraio 2007, n. 30 dopo le parole: «i rischi nel territorio nazionale» sono inserite le seguenti: «e la disponibilità di un alloggio rispondente ai requisiti igienico-sanitari di cui all'articolo 1 della legge 24 dicembre 1954, n. 1228.
03-ter. All'articolo 1 della legge 24 dicembre 1954, n. 1228, dopo il secondo comma è aggiunto il seguente: «Condizione essenziale per la registrazione nell'anagrafe della popolazione residente la disponibilità di un alloggio rispondente ai requisiti igienico-sanitari previsti per il rilascio del certificato di abitabilità in ordine agli immobili destinati ad uso abitativo, ai requisiti fissati dai regolamenti locali di igiene, nonché agli ulteriori requisiti igienico-sanitari definiti con apposita direttiva emanata dal Ministro della salute».
1. 15.Cota, Stucchi.
Dopo il comma 03, aggiungere i seguenti:
«03-bis. All'articolo 9, comma 3, lettera b) del decreto legislativo 6 febbraio 2007, n. 30 dopo le parole: «i rischi nel territorio nazionale» sono inserite le seguenti: «e la disponibilità di un alloggio rispondente ai requisiti igienico-sanitari di cui all'articolo 1 della legge 24 dicembre 1954, n. 1228.
03-ter. All'articolo 1 della legge 24 dicembre 1954, n. 1228, dopo il secondo comma è aggiunto il seguente: «Condizione essenziale per la registrazione nell'anagrafe della popolazione residente la disponibilità di un alloggio rispondente ai requisiti igienico-sanitari previsti per il rilascio del certificato di abitabilità in ordine agli immobili destinati ad uso abitativo, ai requisiti fissati dai regolamenti locali di igiene, nonché agli ulteriori requisiti igienico-sanitari definiti con apposita direttiva emanata dal Ministro della salute».
1. 123.Cirielli, Gasparri, Benedetti Valentini, Bocchino, Ascierto.
Dopo il comma 03, aggiungere il seguente:
«03-bis. All'articolo 9, comma 3, lettera b) del decreto legislativo 6 febbraio 2007, n. 30 dopo le parole: «i rischi nel territorio nazionale» sono inserite le seguenti: «e la disponibilità di un alloggio rispondente ai requisiti igienico-sanitari previsti per il rilascio del certificato di abitabilità in ordine agli immobili destinati ad uso abitativo, ai requisiti fissati dai regolamenti locali di igiene, nonché agli ulteriori requisiti igienico-sanitari definiti con apposita direttiva emanata dal Ministro della salute».
1. 16.Cota, Stucchi.
Dopo il comma 03, aggiungere il seguente:
«03-bis. All'articolo 9, comma 3, lettera b) del decreto legislativo 6 febbraio 2007, n. 30 dopo le parole: «i rischi nel territorio nazionale» sono inserite le seguenti: «e la disponibilità di un alloggio rispondente ai requisiti igienico-sanitari previsti per il rilascio del certificato di abitabilità in ordine agli immobili destinati ad uso abitativo, ai requisiti fissati dai regolamenti locali di igiene, nonché agli ulteriori requisiti igienico-sanitari definiti con apposita direttiva emanata dal Ministro della salute».
1. 122.Gasparri, Cirielli, Benedetti Valentini, Bocchino, Ascierto.
Dopo il comma 03, aggiungere il seguente:
«03-bis. All'articolo 9, comma 6, del decreto legislativo 6 febbraio 2007 n. 30 dopo le parole: «cittadino italiano» sono aggiunte le parole: «, compresi i rilievi dattiloscopici di cui all'articolo 2 comma 7 del decreto legge 9 settembre 2002 n. 195».
1. 2.Boscetto, Santelli, Bocchino, D'Alia, Cota, Pecorella, Consolo, Mazzoni, Lussana, Ronconi.
Sopprimere il comma 1.
1. 26.Cota, Stucchi.
Al comma 1, sopprimere la lettera a).
1. 38.Cota, Stucchi.
Al comma 1, dopo la lettera a), inserire la seguente:
«a-bis) Al comma 2 l'ultimo capoverso è soppresso».
1. 3.Boscetto, Santelli, Bocchino, D'Alia, Cota, Pecorella, Consolo, Mazzoni, Lussana, Ronconi.
Al comma 1 sopprimere la lettera a-bis).
1. 20.Cota, Stucchi.
Al comma 1 sopprimere la lettera a-bis).
1. 107.Pecorella, Gelmini.
Al comma 1, lettera a-bis), capoverso comma 1-bis, sopprimere le parole: per motivi imperativi di pubblica sicurezza.
1. 83.Boscetto, Bertolini, Biancofiore, Bruno, Carfagna, Cicchitto, Fitto, La Loggia, Santelli, Verdini.
Al comma 1, lettera c), sopprimere la parola: imperativi.
1. 84.Boscetto, Bertolini, Biancofiore, Bruno, Carfagna, Cicchitto, Fitto, La Loggia, Santelli, Verdini.
Al comma 1, lettera c), sopprimere la parola: imperativi.
1. 104.Pecorella, Gelmini.
Al comma 1, lettera c), sostituire la parola: imperativi con la seguente: gravi.
1. 85.Boscetto, Bertolini, Biancofiore, Bruno, Carfagna, Cicchitto, Fitto, La Loggia, Santelli, Verdini.
Al comma 1, sostituire le lettere d) ed e) con la seguente:
«d) il comma 7 è sostituito dai seguenti:
7. I provvedimenti di allontanamento dal territorio nazionale sono eseguiti immediatamente dal questore, in applicazione delle disposizioni di cui all'articolo 13 comma 5-bis del decreto legislativo 25 luglio 1998 n. 286, se fondati su una precedente decisione giudiziale, ovvero su motivi imperativi di pubblica sicurezza. I motivi di pubblica sicurezza sono imperativi quando il cittadino dell'Unione o un suo familiare, qualunque sia la sua cittadinanza:
a) valutata ogni altra circostanza, sia destinatario di un provvedimento di allontanamento per motivi di ordine pubblico o di sicurezza pubblica emesso da altro Stato dell'Unione e non abbia dichiarato la propria presenza nel territorio nazionale all'atto dell'ingresso a un ufficio di pubblica sicurezza, né abbia dimostrato il venir meno delle ragioni poste a base del predetto provvedimento di allontanamento, ovvero che dette ragioni non sono rilevanti per lo Stato italiano;
b) se non ha adempiuto all'obbligo di richiesta di iscrizione previsto dall'articolo 9 comma 2 e non ha maturato i requisiti previsti per il diritto di soggiorno oltre i tre mesi;
c) sulla base di specifici elementi di fatto, abbia tenuto, anche fuori dal territorio nazionale, comportamenti gravemente rilevanti ai fini della tutela della dignità umana o dei diritti fondamentali della persona umana, ovvero dell'incolumità pubblica, rendendo la sua ulteriore presenza sul territorio nazionale incompatibile con la civile convivenza; a tal fine si tiene conto anche di eventuali condanne pronunciate da un giudice italiano o straniero per uno o più delitti non colposi, anche tentati, commessi mediante violenza o uso delle armi o contro la vita o l'incolumità della persona, ovvero per uno o più delitti corrispondenti a quelli previsti dall'articolo 8 della legge 22 aprile 2005 n. 69, o di eventuali ipotesi di applicazione della pena su richiesta a norma dell'articolo 444 del codice di procedura penale per i medesimi delitti;
d) abbia tenuto comportamenti rientranti tra i reati elencati dall'articolo 380 del codice di procedura penale o tra i delitti di cui agli articoli 633, 634 e 635 del codice penale.
Si applicano le disposizioni di cui all'articolo 3 del decreto legge 27 luglio 2005 n. 144 convertito in legge con legge 31 luglio 2005 n. 155.
7-bis. I provvedimenti di allontanamento dal territorio nazionale per motivi di sicurezza dello Stato, nonché i provvedimenti di allontanamento dei cittadini dell'Unione di cui al comma 5, sono adottati, anche su segnalazione del sindaco del luogo di soggiorno dell'interessato, dal Ministro dell'Interno con atto motivato, salvo che vi ostino motivi attinenti alla sicurezza dello Stato, e tradotti in una lingua comprensibile al destinatario, ovvero in inglese. Il provvedimento di allontanamento è notificato all'interessato e riporta le modalità di impugnazione e la durata del divieto di reingresso sul territorio nazionale, che non può essere superiore a dieci anni. Salvi i casi di immediato allontanamento di cui al comma 7 e i casi di comprovata urgenza, il provvedimento di allontanamento indica il termine stabilito per lasciare il territorio nazionale, che non può essere inferiore a un mese dalla data della notifica.
7-ter. I provvedimenti di allontanamento dal territorio nazionale per motivi di ordine pubblico e di pubblica sicurezza sono adottati, anche su segnalazione del sindaco del luogo di soggiorno dell'interessato, con atto motivato dal prefetto territorialmente competente, secondo la residenza o dimora del destinatario e tradotti in una lingua comprensibile al destinatario, ovvero in inglese. Il provvedimento di allontanamento è notificato all'interessato e riporta le modalità di impugnazione e la durata del divieto di reingresso sul territorio nazionale, che non può essere superiore a dieci anni. Salvi i casi di immediato allontanamento di cui al comma 7 e i casi di comprovata urgenza, il provvedimento di allontanamento indica il termine stabilito per lasciare il territorio nazionale, che non può essere inferiore a un mese dalla data della notifica.
7-quater. Il cittadino dell'Unione nei cui confronti sia stato adottato il provvedimento di divieto di reingresso nel territorio nazionale previsto dai commi 7-bis e 7-ter può presentare domanda di revoca del divieto dopo che, dall'esecuzione del provvedimento, sia trascorsa la metà del termine di vigenza del divieto, ovvero tre anni. Nella domanda devono essere addotti gli argomenti intesi a dimostrare l'avvenuto oggettivo mutamento delle circostanze che hanno motivato la decisione di vietarne il reingresso nel territorio nazionale. Sulla domanda, nel termine di sei mesi dalla sua presentazione, decide con atto motivato l'autorità che ha adottato il provvedimento di divieto di reingresso. Durante l'esame della domanda l'interessato non ha diritto d'ingresso nel territorio nazionale».
1. 4.Boscetto, Santelli, Bocchino, D'Alia, Cota, Pecorella, Consolo, Mazzoni, Lussana, Ronconi.
Al comma 1, lettera d), capoverso comma 7, primo periodo, sopprimere le parole: di ordine pubblico o.
1. 86. Boscetto, Bertolini, Biancofiore, Bruno, Carfagna, Cicchitto, Fitto, La Loggia, Santelli, Verdini.
Al comma 1, lettera d), capoverso comma 7, primo periodo, dopo le parole: sicurezza dello Stato, inserire le seguenti: di cui deve darsi atto,.
1. 105. Pecorella, Gelmini.
Al comma 1, lettera d), capoverso comma 7, primo periodo, sostituire le parole: con atto motivato con le seguenti: con proprio atto.
1. 39. Cota, Stucchi.
Al comma 1, lettera d), capoverso comma 7, primo periodo, sopprimere le parole: ovvero in inglese.
1. 108. Pecorella, Gelmini.
Al comma 1, lettera d), capoverso comma 7, secondo periodo, sostituire le parole: dieci anni con le seguenti: quindici anni.
1. 128. Cirielli, Gasparri, Benedetti Valentini, Bocchino, Ascierto.
Al comma 1, lettera d), capoverso comma 7, terzo periodo, sostituire le parole: ad un mese con le seguenti: a quindici giorni.
1. 40. Cota, Stucchi.
Al comma 1, lettera d), capoverso comma 7, sostituire le parole: ad un mese con le seguenti: a venti giorni.
1. 41. Cota, Stucchi.
Al comma 1, lettera d), capoverso comma 7, terzo periodo, sostituire le parole: e, nei casi di comprovata urgenza può essere ridotto a dieci giorni, con le seguenti: salvo i casi di comprovata urgenza.
1. 109. Pecorella, Gelmini.
Al comma 1, lettera d), capoverso 7, sostituire le parole: e, nei casi di comprovata urgenza, può essere ridotto a dieci giorni con le seguenti: fatti salvi i casi di comprovata urgenza per i quali il provvedimento viene eseguito immediatamente dal questore ai sensi dell'articolo 13, comma 5-bis, del testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell'immigrazione e norme sulla condizione dello straniero, di cui al decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286.
1. 18. Cota, Stucchi.
A1 comma 1, lettera d), capoverso comma 7, terzo periodo, sopprimere la parola: comprovata.
1. 44. Cota, Stucchi.
Al comma 1, lettera d), capoverso comma 7, terzo periodo, sostituire la parola: dieci con la seguente: tre.
1. 43. Cota, Stucchi.
Al comma 1, lettera d), capoverso comma 7, terzo periodo, sostituire la parola: dieci con la seguente: cinque.
1. 42. Cota, Stucchi.
Al comma 1, lettera e), sostituire il capoverso con il seguente:
«7-bis. I provvedimenti di allontanamento dal territorio nazionale per motivi di sicurezza dello Stato, nonché i provvedimenti di allontanamento dei cittadini dell'Unione di cui al comma 5, sono adottati, anche su segnalazione del sindaco del luogo di soggiorno dell'interessato, dal Ministro dell'interno con atto motivato, salvo che vi ostino motivi attinenti alla sicurezza dello Stato, e tradotti in una lingua comprensibile al destinatario, ovvero in inglese. Il provvedimento di allontanamento è notificato all'interessato e riporta le modalità di impugnazione e la durata del divieto di reingresso sul territorio nazionale, che non può essere superiore a dieci anni. Salvi i casi di immediato allontanamento cui al comma 7 e i casi di comprovata urgenza, il provvedimento di allontanamento indica il termine stabilito per lasciare il territorio nazionale, che non può essere inferiore a un mese dalla data della notifica.
7-ter. I provvedimenti di allontanamento dal territorio nazionale per motivi di ordine pubblico e di pubblica sicurezza sono adottati, anche su segnalazione del sindaco del luogo di soggiorno dell'interessato, con atto motivato dal prefetto territorialmente competente, secondo la residenza o dimora del destinatario e tradotti in una lingua comprensibile al destinatario, ovvero in inglese. Il provvedimento di allontanamento è notificato all'interessato e riporta le modalità di impugnazione e la durata del divieto di reingresso sul territorio nazionale, che non può essere superiore a dieci anni. Salvi i casi di immediato allontanamento di cui al comma 7 e i casi di comprovata urgenza, il provvedimento di allontanamento indica il termine stabilito per lasciare il territorio nazionale, che non può essere inferiore a un mese dalla data della notifica.
7-quater. Il cittadino dell'Unione nei cui confronti sia stato adottato il provvedimento di divieto di reingresso nel territorio nazionale previsto dai commi 7-bis e 7-ter può presentare domanda di revoca del divieto dopo che, dall'esecuzione del provvedimento, sia trascorsa la metà del termine di vigenza del divieto, ovvero tre anni. Nella domanda devono essere addotti gli argomenti intesi a dimostrare l'avvenuto oggettivo mutamento delle circostanze che hanno motivato la decisione di vietarne il reingresso nel territorio nazionale. Sulla domanda, nel termine di sei mesi dalla sua presentazione, decide con atto motivato l'autorità che ha adottato il provvedimento di divieto di reingresso. Durante l'esame della domanda l'interessato non ha diritto d'ingresso nel territorio nazionale».
1. 5. Boscetto, Santelli, Bocchino, D'Alia, Cota, Pecorella, Consolo, Mazzoni, Lussana.
Al comma 1, lettera e), sostituire il capoverso con il seguente:
«7-bis. I provvedimenti di allontanamento dal territorio nazionale per motivi di sicurezza dallo Stato, nonché i provvedimenti di allontanamento dei cittadini dell'Unione di cui al comma 5, sono adottati, anche su segnalazione del sindaco del luogo di soggiorno dell'interessato, dal Ministro dell'interno con atto motivato, salvo che vi ostino motivi attinenti alla sicurezza dello Stato, e tradotti in una lingua comprensibile al destinatario, ovvero in inglese. Il provvedimento di allontanamento è notificato all'interessato e riporta le modalità di impugnazione e la durata del divieto di reingresso sul territorio nazionale, che non può essere superiore a dieci anni. Salvi i casi di immediato allontanamento cui al comma 7 e i casi di comprovata urgenza, il provvedimento di allontanamento indica il termine stabilito per lasciare il territorio nazionale, che non può essere inferiore a un mese dalla data della notifica.
7-ter. I provvedimenti di allontanamento dal territorio nazionale per motivi di ordine pubblico e di pubblica sicurezza sono adottati, anche su segnalazione dei sindaco del luogo di soggiorno dell'interessato, con atto motivato dal prefetto territorialmente competente, secondo la residenza o dimora del destinatario e tradotti in una lingua comprensibile al destinatario, ovvero in inglese. Il provvedimento di allontanamento è notificato all'interessato e riporta le modalità di impugnazione e la durata del divieto di reingresso sul territorio nazionale, che non può essere superiore a dieci anni. Salvi i casi di immediato allontanamento di cui al comma 7 e i casi di comprovata urgenza, il provvedimento di allontanamento indica il termine stabilito per lasciare il territorio nazionale, che non può essere inferiore a un mese dalla data della notifica.
7-quater. Il cittadino dell'Unione nel cui confronti sia stato adottato il provvedimento di divieto di reingresso nel territorio nazionale previsto dai commi 7-bis e 7-ter può presentare domanda di revoca del divieto dopo che, dall'esecuzione del provvedimento, sia trascorsa la metà del termine di vigenza del divieto, ovvero tre anni. Nella domanda devono essere addotti gli argomenti intesi a dimostrare l'avvenuto oggettivo mutamento delle circostanze che hanno motivato la decisione di vietarne il reingresso nel territorio nazionale. Sulla domanda, nel termine di sei mesi dalla sua presentazione, decide con atto motivato l'autorità che ha adottato il provvedimento di divieto di reingresso. Durante l'esame della domanda l'interessato non ha diritto d'ingresso nel territorio nazionale».
1. 121. Gasparri, Cirielli, Benedetti Valentini, Ascierto.
Al comma 1, lettera e), capoverso comma 7-bis, primo periodo, dopo le parole: per motivi di aggiungere le seguenti: ordine pubblico o di.
1. 87. Boscetto, Bertolini, Biancofiore, Bruno, Carfagna, Cicchitto, Fitto, La Loggia, Santelli, Verdini.
Al comma 1, lettera e) capoverso comma 7-bis, primo periodo, sostituire le parole: con atto motivato con le seguenti: con proprio atto.
1. 48. Cota, Stucchi.
Al comma 1, lettera e), capoverso comma 7-bis, primo periodo, sopprimere le parole: ovvero in inglese.
1. 110. Pecorella, Gelmini.
Al comma 1, lettera e), capoverso comma 7-bis, sostituire la parola: cinque con la seguente: dieci.
1. 49. Cota, Stucchi.
Al comma 1, lettera e), capoverso comma 7-bis, secondo periodo, sostituire la parola: cinque con la seguente: dieci.
1. 89. Boscetto, Bertolini, Biancofiore, Bruno, Carfagna, Cicchitto, Fitto, La Loggia, Santelli, Verdini.
Al comma 1, lettera e), capoverso comma 7-bis, secondo periodo, sostituire la parola: cinque con la seguente: sette.
1. 125. Cirielli, Gasparri, Benedetti Valentini, Bocchino, Ascierto.
Al comma, lettera e), capoverso comma 7-bis, sostituire le parole: ad un mese con le seguenti: a venti giorni.
1. 51. Cota, Stucchi.
Al comma 1, lettera e), capoverso comma 7-bis, sostituire le parole: ad un mese con le seguenti: a quindici giorni.
1. 50. Cota, Stucchi.
Al comma 1, lettera e), capoverso comma 7-bis, terzo periodo, sopprimere la parola: comprovata.
1. 45. Cota, Stucchi.
Al comma 1, lettera e), capoverso comma 7-bis, terzo periodo, sostituire la parola: dieci con la seguente: tre.
1. 46. Cota, Stucchi.
Al comma 1, lettera e), capoverso comma 7-bis, terzo periodo, sostituire la parola: dieci con la seguente: cinque.
1. 47. Cota, Stucchi.
Al comma 1, lettera e), capoverso comma 7-bis, ultimo periodo, sostituire la parola: imperativi con le seguenti: gravi di ordine pubblico o.
1. 200. Boscetto, Bertolini, Biancofiore, Bruno, Carfagna, Cicchitto, Fitto, La Loggia, Santelli, Verdini.
Al comma 1, lettera e), comma 7-bis, ultimo periodo, sostituire la parola: imperativi con la seguente: gravi.
1. 88. Boscetto, Bertolini, Biancofiore, Bruno, Carfagna, Cicchitto, Fitto, La Loggia, Santelli, Verdini.
Al comma 1, lettera e), sopprimere il capoverso 7-ter.
1. 90. Boscetto, Bertolini, Biancofiore, Bruno, Carfagna, Cicchitto, Fitto, La Loggia, Santelli, Verdini.
Al comma 1, lettera e) sostituire il capoverso comma 7-ter con il seguente:
7-ter. I motivi di pubblica sicurezza sono imperativi quando il cittadino dell'Unione o un suo familiare, qualunque sia la sua cittadinanza, abbia tenuto comportamenti che compromettono la tutela della dignità umana o dei diritti fondamentali della persona umana ovvero l'incolumità pubblica, rendendo la sua permanenza sul territorio nazionale incompatibile con l'ordinaria convivenza.
1. 27. Cota, Stucchi.
Al comma 1, lettera e), capoverso, comma 7-ter, dopo le parole: che non abbia la cittadinanza di uno Stato membro aggiungere le seguenti: non soddisfi le condizioni di cui all'articolo 9, comma 3, lettera b), o.
1. 17. Cota, Stucchi.
Al comma 1, lettera e), capoverso comma 7-ter, sopprimere le parole: concreta, effettiva e grave.
1. 31. Cota, Stucchi.
Al comma 1, lettera e), capoverso comma 7-ter, sostituire le parole: concreta, effettiva e grave con le seguenti: grave, anche ipotetica,.
1. 127. Cirielli, Gasparri, Benedetti Valentini, Bocchino, Ascierto.
Al comma 1, lettera e), capoverso comma 7-ter, sostituire le parole: concreta, effettiva e grave, con le seguenti: concreta e grave.
1. 32. Cota, Stucchi.
Al comma 1, lettera e), capoverso comma 7-ter, sopprimere le parole: concreta, effettiva e.
1. 30. Cota, Stucchi.
Al comma 1, lettera e), capoverso comma 7-ter, sopprimere la parola: concreta,.
1. 28. Cota, Stucchi.
Al comma 1, lettera e), capoverso comma 7-ter, sopprimere la parola: , effettiva.
1. 29. Cota, Stucchi.
Al comma 1, lettera e), capoverso comma 7-ter, sopprimere le parole da: rendendo urgente fino alla fine del capoverso.
1. 35. Cota, Stucchi.
Al comma 1, lettera e), capoverso comma 7-ter, sostituire la parola: urgente con la seguente: immediato.
1. 201. Cirielli, Gasparri, Benedetti Valentini, Bocchino, Ascierto.
Al comma 1, lettera e), capoverso comma 7-ter, sostituire le parole: la civile e sicura convivenza, con le seguenti: l'ordinaria convivenza.
1. 33. Cota, Stucchi.
Al comma 1, lettera e), capoverso comma 7-ter, sopprimere le parole: e sicura.
1. 34. Cota, Stucchi.
Al comma 1, lettera e), capoverso 7-ter, aggiungere, in fine, le parole: ovvero quando non abbia adempiuto all'onere di dichiarazione previsto dall'articolo 9, comma 1-bis e non si sia registrato all'anagrafe entro dieci giorni dalla scadenza di tre mesi dal proprio ingresso.
1. 19. Cota, Stucchi.
Al comma 1, lettera e), sostituire il capoverso comma 7-quater con il seguente:
7-quater. Il provvedimento di allontanamento per motivi imperativi di pubblica sicurezza può essere adottato anche in considerazione di eventuali condanne pronunciate da un giudice italiano o straniero.
1. 52. Cota, Stucchi.
Al comma 1, lettera e), sostituire il capoverso comma 7-quater con il seguente:
7-quater. Il provvedimento di allontanamento per motivi imperativi di pubblica sicurezza può essere adottato anche in considerazione di eventuali precedenti penali del destinatario che denotino una particolare pericolosità sociale.
1. 53. Cota, Stucchi.
Al comma 1, lettera e), sostituire il capoverso comma 7-quater con il seguente:
7-quater. Il provvedimento di allontanamento per motivi imperativi di pubblica sicurezza può essere adottato anche in considerazione di eventuali precedenti penali del destinatario, ancorché in relazione a sentenze pronunciate da un giudice straniero, che denotino una particolare pericolosità sociale.
1. 54. Cota, Stucchi.
Al comma 1, lettera e), capoverso comma 7-quater, sostituire le parole: allontanamento per motivi imperativi con le seguenti: allontanamento immediato per motivi gravi.
1. 92. Boscetto, Bertolini, Biancofiore, Bruno, Carfagna, Cicchitto, Fitto, La Loggia, Santelli, Verdini.
Al comma 1, lettera e), capoverso comma 7-quater, sostituire la parola: impeativi con le seguenti: gravi di ordine pubblico o.
1. 91. Boscetto, Bertolini, Biancofiore, Bruno, Carfagna, Cicchitto, Fitto, La Loggia, Santelli, Verdini.
Al comma 1, lettera e), sopprimere il capoverso comma 7-quinquies.
1. 21. Cota, Stucchi.
Al comma 1, lettera e), capoverso comma 7-quinquies, primo periodo, sopprimere le parole: e 7-ter.
1. 94. Boscetto, Bertolini, Biancofiore, Bruno, Carfagna, Cicchitto, Fitto, La Loggia, Santelli, Verdini.
Al comma 1, lettera e), capoverso comma 7-quinquies, primo periodo, sostituire le parole: sia decorsa almeno la metà con le seguenti: siano decorsi almeno i due terzi.
1. 55. Cota, Stucchi.
Al comma 1, lettera e), capoverso comma 7-quinquies, primo periodo, sopprimere le parole: , e in ogni caso decorsi tre anni.
1. 93. Boscetto, Bertolini, Biancofiore, Bruno, Carfagna, Cicchitto, Fitto, La Loggia, Santelli, Verdini.
Al comma 1, lettera e), capoverso comma 7-quinquies, primo periodo, sostituire la parola: tre con la seguente: quattro.
1. 56. Cota, Stucchi.
Al comma 1, lettera e), capoverso comma 7-quinquies, sostituire la parola: tre con la seguente: cinque.
Conseguentemente, al medesimo articolo 1, comma 1, lettera e), capoverso 7-quinquies, terzo periodo, sostituire le parole: sei mesi con le seguenti: dodici mesi.
1. 111. Gasparri, Cirielli, Benedetti Valentini, Bocchino, Ascierto.
Al comma 1, lettera e), capoverso comma 7-quinquies, terzo periodo sostituire le parole: sei mesi con le seguenti: un anno.
1. 57. Cota, Stucchi.
Al comma 1, lettera e), capoverso comma 7-sexies, sopprimere le parole: e 7-ter.
1. 95. Boscetto, Bertolini, Biancofiore, Bruno, Carfagna, Cicchitto, Fitto, La Loggia, Santelli, Verdini.
Al comma 1, lettera e), capoverso comma 7-sexies, sostituire le parole: tenendo conto anche delle segnalazioni motivate con le seguenti: su richiesta.
1. 59. Cota, Stucchi.
Al comma 1, lettera e), capoverso comma 7-sexies, sostituire le parole: delle segnalazioni motivate con le seguenti: delle richieste.
1. 58. Cota, Stucchi.
Al comma 1, lettera f), sostituire le parole: fino a tre anni con le seguenti: da uno a cinque anni.
Conseguentemente, all'articolo 14, comma 5-quater, primo periodo del decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, le parole: da uno a cinque anni sono sostituite dalle seguenti: da due a sei anni e nel secondo periodo le parole: da uno a quattro anni sono sostituite dalle seguenti: da diciotto mesi a cinque anni.
1. 6. Boscetto, Santelli, Bocchino, D'Alia, Cota, Pecorella, Consolo, Mazzoni, Lussana, Ronconi.
Al comma 1, lettera f), sostituire le parole: fino a tre anni con le seguenti: da uno a cinque anni.
Conseguentemente, all'articolo 14, comma 5-quater, primo periodo del decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, le parole: da uno a cinque anni sono sostituite dalle seguenti: da due a sei anni e nel secondo periodo le parole: da uno a quattro anni sono sostituite dalle seguenti: da diciotto mesi a cinque anni.
1. 120. Cirielli, Gasparri, Benedetti Valentini, Ascierto.
Al comma 1, lettera f), sostituire le parole: tre anni con le seguenti: cinque anni.
1. 61. Cota, Stucchi.
Al comma 1, lettera f), sostituire le parole: tre anni con le seguenti: quattro anni.
1. 60. Cota, Stucchi.
Al comma 1, lettera f), sopprimere le parole da: ed è aggiunto fino alla fine della lettera.
1. 62. Cota, Stucchi.
Al comma 1, lettera f), aggiungere, in fine le parole: e le parole «ed è nuovamente allontanato con accompagnamento immediato» sono sostituite dalle seguenti: «Si procede con il rito direttissimo. Con la sentenza di condanna o di applicazione di pena su richiesta delle parti vengono disposte le misure di sicurezza, immediatamente esecutive, dell'espulsione con accompagnamento immediato e del divieto di reingresso per dieci anni. Al cittadino comunitario o al suo familiare, qualunque sia la sua cittadinanza, cui è stata negata la sospensione del provvedimento di allontanamento è consentito, a domanda, l'ingresso ed il soggiorno nel territorio nazionale per partecipare alle fasi essenziali del procedimento di ricorso, salvo che la sua presenza possa procurare gravi turbative o grave pericolo all'ordine pubblico o alla pubblica sicurezza. L'autorizzazione è rilasciata dal questore anche per il tramite di una rappresentanza diplomatica o consolare su documentata richiesta dell'interessato».
1. 7. Boscetto, Santelli, Bocchino, D'Alia, Cota, Pecorella, Consolo, Mazzoni, Lussana, Ronconi.
Al comma 1, lettera f), aggiungere, in fine le parole: e le parole «ed è nuovamente allontanato con accompagnamento immediato» sono sostituite dalle seguenti: «Si procede con il rito direttissimo. Con la sentenza di condanna o di applicazione di pena su richiesta delle parti vengono disposte le misure di sicurezza, immediatamente esecutive, dell'espulsione con accompagnamento immediato e del divieto di reingresso per dieci anni. Al cittadino comunitario o al suo familiare, qualunque sia la sua cittadinanza, cui è stata negata la sospensione del provvedimento di allontanamento è consentito, a domanda, l'ingresso ed il soggiorno nel territorio nazionale per partecipare alle fasi essenziali del procedimento di ricorso, salvo che la sua presenza possa procurare gravi turbative o grave pericolo all'ordine pubblico o alla pubblica sicurezza. L'autorizzazione è rilasciata dal questore anche per il tramite di una rappresentanza diplomatica o consolare su documentata richiesta dell'interessato».
1. 117. Cirielli, Gasparri, Benedetti Valentini, Ascierto.
Al comma 1, lettera g), sostituire la parola: imperativi con la seguente: gravi.
1. 96. Boscetto, Bertolini, Biancofiore, Bruno, Carfagna, Cicchitto, Fitto, La Loggia, Santelli, Verdini.
Al comma 1, lettera g), sopprimere le parole da: è aggiunto fino alla fine della lettera.
1. 63. Cota, Stucchi.
Dopo il comma 1, inserire il seguente:
1-bis. Dopo l'articolo 20 del decreto legislativo 6 febbraio 2007, n. 30 è inserito il seguente: «Art. 20-bis. (Violazione del divieto di reingresso). 1. Il cittadino comunitario che, in violazione del divieto di reingresso di cui ai commi 7-bis e 7-ter, rientra nel territorio nazionale è punito con la reclusione da sei mesi a quattro anni. Si procede con il rito direttissimo. Con la sentenza di condanna o di applicazione di pena su richiesta delle parti vengono disposte le misure di sicurezza, immediatamente esecutive, dell'espulsione con accompagnamento immediato e del divieto di reingresso per dieci anni».
1. 8. Boscetto, Santelli, Bocchino, D'Alia, Cota, Pecorella, Consolo, Mazzoni, Lussana, Ronconi.
Dopo il comma 1, inserire il seguente:
1-bis. Dopo l'articolo 20 del decreto legislativo 6 febbraio 2007, n. 30 è inserito il seguente: «Art. 20-bis. (Violazione del divieto di reingresso). 1. Il cittadino comunitario che, in violazione del divieto di reingresso di cui ai commi 7-bis e 7-ter, rientra nel territorio nazionale è punito con la reclusione da sei mesi a quattro anni. Si procede con il rito direttissimo. Con la sentenza di condanna o di applicazione di pena su richiesta delle parti vengono disposte le misure di sicurezza, immediatamente esecutive, dell'espulsione con accompagnamento immediato e del divieto di reingresso per dieci anni».
1. 116. Cirielli, Gasparri, Benedetti Valentini, Ascierto.
Dopo il comma 1, inserire il seguente:
1-bis. Dopo l'articolo 20 del decreto legislativo 6 febbraio 2007, n. 30, è aggiunto il seguente:
«Art. 20-bis. (Fondo speciale). 1. È istituito per le finalità di cui all'articolo 20, e in particolare per gli accertamenti disposti dal prefetto territorialmente competente ai fini dell'adozione dei provvedimenti di allontanamento di cui al comma 7-bis, un fondo di 500 milioni di euro annui. Per l'onere derivante, pari a 500 milioni di euro annui a decorrere dal 2008, si provvede mediante corrispondente riduzione dello stanziamento iscritto ai fini del bilancio triennale 2008-2010, nell'ambito dell'unità previsionale di base di parte corrente «Fondo speciale» dello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze per l'anno finanziario 2008, allo scopo parzialmente utilizzando l'accantonamento del medesimo dicastero. Il Ministro dell'economia e delle finanze è autorizzato ad apportare con proprio decreto le occorrenti variazioni di bilancio».
1. 9. Boscetto, Santelli, Bocchino, D'Alia, Cota, Pecorella, Consolo, Mazzoni, Lussana, Ronconi.
Dopo il comma 1, inserire il seguente:
1-bis. Dopo l'articolo 20 del decreto legislativo 6 febbraio 2007, n. 30, è aggiunto il seguente:
«Art. 20-bis. (Fondo speciale). 1. È istituito presso il Ministero dell'interno per le finalità di cui all'articolo 20, e in particolare per gli accertamenti disposti dal prefetto territorialmente competente ai fini dell'adozione dei provvedimenti di allontanamento di cui al comma 7-bis, un fondo al quale à assegnata la somma di 50 milioni di euro per ciascuno degli anni 2008, 2009, 2010.
2. È soppresso il Fondo per l'inclusione sociale degli immigrati di cui al comma 1267 della legge 27 dicembre 2006, n. 296. Le relative disponibilità confluiscono nel Fondo istituito ai sensi del comma 1.
1. 81. Cota, Stucchi.
Al comma 2, capoverso articolo 20 bis, comma 1, sostituire la parola: imperativi con la seguente: gravi di ordine pubblico o.
1. 98. Boscetto, Bertolini, Biancofiore, Bruno, Carfagna, Cicchitto, Fitto, La Loggia, Santelli, Verdini.
Al comma 2, capoverso articolo 20 bis, comma 1, sostituire la parola: imperativi con la seguente: gravi.
1. 97. Boscetto, Bertolini, Biancofiore, Bruno, Carfagna, Cicchitto, Fitto, La Loggia, Santelli, Verdini.
Al comma 2, capoverso Art. 20-bis, comma 1-bis sostituire le parole: può disporre il trattenimento fino alla fine del comma con le seguenti: dispone il trattenimento nei centri di permanenza temporanea.
1. 64. Cota, Stucchi.
Al comma 2, capoverso articolo 20-bis, al comma 1-bis sostituire le parole: in strutture già destinate per legge alla permanenza temporanea con le seguenti: presso i centri di permanenza temporanea.
1. 82. Boscetto, Santelli, Bocchino, D'Alia, Cota, Pecorella, Consolo, Mazzoni, Lussana, Ronconi.
Al comma 2, capoverso Art. 20-bis, comma 1-bis sostituire le parole: in strutture già destinate per legge alla permanenza temporanea con le seguenti: nei centri di permanenza temporanea.
1. 65. Cota, Stucchi.
Sopprimere il comma 2-bis.
1. 22. Cota, Stucchi.
Sopprimere il comma 2-bis.
1. 99. Boscetto, Bertolini, Biancofiore, Bruno, Carfagna, Cicchitto, Fitto, La Loggia, Santelli, Verdini.
Sopprimere il comma 2-ter.
1. 23. Cota, Stucchi.
Sopprimere il comma 2-ter.
1. 100. Boscetto, Bertolini, Biancofiore, Bruno, Carfagna, Cicchitto, Fitto, La Loggia, Santelli, Verdini.
Sopprimere il comma 2-ter.
1. 129. Contento.
Sopprimere il comma 2-quater.
1. 24. Cota, Stucchi.
Sopprimere il comma 2-quater.
1. 101. Boscetto, Bertolini, Biancofiore, Bruno, Carfagna, Cicchitto, Fitto, La Loggia, Santelli, Verdini.
Sopprimere il comma 2-quater.
1. 130. Contento.
Sostituire il comma 3 con il seguente:
3. Dopo l'articolo 21 del decreto legislativo 6 febbraio 2007, n. 30 é inserito il seguente:
«Art. 21-bis.
(Adempimenti a seguito di allontanamento).
1. Unitamente al provvedimento di allontanamento previsto dagli articoli 20 e 21, non eseguito immediatamente, è consegnata all'interessato una attestazione dell'obbligo di adempimento dell'allontanamento, secondo un modello stabilito con decreto del Ministro dell'interno e del Ministro degli affari esteri, da presentare al posto di polizia di frontiera o al Consolato italiano del Paese di cittadinanza dell'allontanato.
2. Il cittadino dell'Unione o il suo familiare allontanato che non provveda alla presentazione dell'attestazione di cui al comma precedente entro quarantacinque giorni dalla notifica del provvedimento di allontanamento è punito con la reclusione da sei mesi a tre anni, nonché con l'immediato allontanamento ai sensi dell'articolo 13, comma 5-bis del decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286».
1. 10. Boscetto, Santelli, Bocchino, D'Alia, Cota, Pecorella, Consolo, Mazzoni, Lussana, Ronconi.
Sostituire il comma 3 con il seguente:
3. Dopo l'articolo 21 del decreto legislativo 6 febbraio 2007, n. 30 é inserito il seguente:
«Art. 21-bis.
(Adempimenti a seguito di allontanamento).
1. Unitamente al provvedimento di allontanamento previsto dagli articoli 20 e 21, non eseguito immediatamente, è consegnata all'interessato una attestazione dell'obbligo di adempimento dell'allontanamento, secondo un modello stabilito con decreto del Ministro dell'interno e del Ministro degli affari esteri, da presentare al posto di polizia di frontiera o al Consolato italiano del Paese di cittadinanza dell'allontanato.
2. Il cittadino dell'Unione o il suo familiare allontanato che non provveda alla presentazione dell'attestazione di cui al comma precedente entro quarantacinque giorni dalla notifica del provvedimento di allontanamento è punito con la reclusione da sei mesi a tre anni, nonché con l'immediato allontanamento ai sensi dell'articolo 13, comma 5-bis del decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286».
1. 115. Cirielli, Gasparri, Benedetti Valentini, Ascierto.
Al comma 3, sopprimere la lettera a).
Conseguentemente al medesimo comma 3, lettera b), capoverso comma 2-bis, sopprimere le parole: senza aver provveduto alla presentazione dell'attestazione di cui al comma 2.
1. 132. Contento.
Al comma 3, lettera a) sostituire le parole: presso un consolato italiano con le seguenti: presso il consolato italiano del Paese di cittadinanza dell'allontanato.
1. 66. Cota, Stucchi.
Al comma 3, lettera b) capoverso comma 2-bis sostituire le parole: da un mese a sei mesi e con l'ammenda da 200 euro a 2000 euro con le seguenti: da tre mesi ad un anno.
1. 131. Contento.
Al comma 3, lettera b) capoverso comma 2-bis sostituire le parole: da un mese a sei mesi con le seguenti: da tre anni a cinque anni.
1. 72. Cota, Stucchi.
Al comma 3, lettera b) capoverso comma 2-bis sostituire le parole: da un mese a sei mesi con le seguenti: da due anni a quattro anni.
1. 71. Cota, Stucchi.
Al comma 3, lettera b) capoverso comma 2-bis sostituire le parole: da un mese a sei mesi con le seguenti: da due anni a tre anni.
1. 70. Cota, Stucchi.
Al comma 3, lettera b) capoverso comma «2-bis» sostituire le parole: da un mese a sei mesi con le seguenti: da un anno a tre anni.
1. 69. Cota, Stucchi.
Al comma 3, lettera b) capoverso comma «2-bis» sostituire le parole: da un mese a sei mesi con le seguenti: da un anno a due anni.
1. 68. Cota, Stucchi.
Al comma 3, lettera b) capoverso comma «2-bis» sostituire le parole: da un mese a sei mesi con le seguenti: da sei mesi ad un anno.
1. 67. Cota, Stucchi.
Al comma 3, lettera b) capoverso comma «2-bis» sostituire le parole: da 200 a 2000 euro con le seguenti: da 2000 a 5000 euro.
1. 73. Cota, Stucchi.
Al comma 3, lettera b) capoverso comma «2-bis» sostituire le parole: da 200 a 2000 euro con le seguenti: da 2000 a 4000 euro.
1. 74. Cota, Stucchi.
Al comma 3, lettera b) capoverso comma «2-bis» sostituire le parole: da 200 a 2000 euro con le seguenti: da 2000 a 3000 euro.
1. 75. Cota, Stucchi.
Al comma 3, lettera b) capoverso comma «2-bis» sostituire le parole: da 200 a 2000 euro con le seguenti: da 1000 a 3000 euro.
1. 76. Cota, Stucchi.
Al comma 3, lettera b) capoverso comma «2-bis» sostituire le parole: da 200 a 2000 euro con le seguenti: da 500 a 2500 euro.
1. 77. Cota, Stucchi.
Al comma 4, sopprimere la lettera d).
1. 78. Cota, Stucchi.
Al comma 4, lettera d), sopprimere il capoverso comma «7».
1. 80. Cota, Stucchi.
Al comma 4, lettera d), capoverso comma «7» sopprimere il secondo periodo.
1. 79. Cota, Stucchi.
Al comma 4, lettera d), capoverso comma 7, secondo periodo, sostituire le parole da: l'efficacia fino alla fine del comma, con le seguenti: che deve essere decisa entro sessanta giorni dalla sua presentazione, l'efficacia del provvedimento impugnato resta sospesa, salvo che il provvedimento di allontanamento si basi su una precedente decisione giudiziale ovvero su motivi imperativi di pubblica sicurezza, il provvedimento viene comunque eseguito se decorre il termine di sessanta giorni senza la decisione del giudice.
1. 11. Santelli, Bocchino, D'Alia, Cota, Pecorella, Consolo, Mazzoni, Lussana, Ronconi.
Al comma 4, lettera d), capoverso comma 7, secondo periodo, sostituire le parole da: l'efficacia fino alla fine del comma, con le seguenti: che deve essere decisa entro sessanta giorni dalla sua presentazione, l'efficacia del provvedimento impugnato resta sospesa, salvo che il provvedimento di allontanamento si basi su una precedente decisione giudiziale ovvero su motivi imperativi di pubblica sicurezza, il provvedimento viene comunque eseguito se decorre il termine di sessanta giorni senza la decisione del giudice.
1. 114. Cirielli, Gasparri, Benedetti Valentini, Ascierto.
Al comma 4, lettera d), sopprimere il capoverso comma 8.
1. 80. Cota, Stucchi.
Al comma 4, lettera d), capoverso comma 8, primo periodo sostituire le parole: gravi turbative o grave pericolo con le seguenti: turbative o pericolo.
1. 112. Cirielli, Gasparri, Benedetti Valentini, Bocchino, Ascierto.
Dopo l'articolo 1, inserire il seguente:
Art. 1-bis.
1. Al decreto legislativo 6 febbraio 2007 n. 30 sono apportate le seguenti modificazioni:
a) all'articolo 14 comma 1 sono soppresse le parole: non subordinato alle condizioni previste dagli articoli 7, 11, 12 e 13;
b) è abrogato l'articolo 18;
c) è abrogato l'articolo 19.
1. 01. Santelli, Bocchino, D'Alia, Cota, Pecorella, Consolo, Mazzoni, Lussana, Ronconi.
Dopo l'articolo 1, inserire il seguente:
Art. 1-bis.
1. Al decreto legislativo 6 febbraio 2007 n. 30 sono apportate le seguenti modificazioni:
a) all'articolo 14 comma 1 sono soppresse le parole: non subordinato alle condizioni previste dagli articoli 7, 11, 12 e 13;
b) è abrogato l'articolo 18;
c) è abrogato l'articolo 19.
1. 02. Cirielli, Gasparri, Benedetti Valentini, Ascierto.
ART. 1-bis.
Sopprimerlo.
1-bis. 3. Boscetto, Santelli, Bocchino, D'Alia, Pecorella, Consolo, Mazzoni, Lussana, Volontè, Capitanio Santolini, Ronconi.
Sopprimerlo.
1-bis. 11. Bertolini, Biancofiore, Bruno, Carfagna, Cicchitto, Fitto, La Loggia, Verdini.
Sopprimerlo.
1-bis. 12. Gasparri, Cirielli, Benedetti Valentini, Ascierto.
Sopprimerlo.
1-bis. 4. Zeller, Widmann, Bezzi.
Sopprimerlo.
1-bis. 5. Cota, Stucchi.
Sostituirlo con il seguente:
Art. 1-bis.
1. Ai fini del contenimento della spesa connessa al funzionamento delle amministrazioni periferiche dello Stato è disposta la soppressione dei prefetti ed il trasferimento delle funzioni ad altri organi secondo le disposizioni dei commi seguenti.
2. Sono abrogati:
a) l'articolo 289 del nuovo testo unico della legge comunale e provinciale, di cui al regio decreto 4 febbraio 1915, n. 148, recante proposta di decadenza dei consiglieri o assessori che non intervengono alle sedute;
b) l'articolo 1 della legge 23 giugno 1927, n. 1188, concernente l'autorizzazione alla denominazione di nuove strade e piazze;
c) gli articoli 214 e 215 del testo unico delle leggi di pubblica sicurezza, di cui al regio decreto 18 giugno 1931, n. 773, concernenti la proclamazione dello stato di pericolo pubblico nel caso di pericolo di disordini e l'adozione dei provvedimenti emanabili in tali circostanze;
d) l'articolo 222 del testo unico di cui al regio decreto 18 giugno 1931, n. 773, concernente l'autorizzazione alla rappresentazione di opere, drammi, rappresentazioni coreografiche o altre produzioni teatrali per ragioni di morale o di ordine pubblico;
e) l'articolo 6 del regio decreto-legge 18 gennaio 1937, n. 448, convertito dalla legge 17 giugno 1937, n. 1249, concernente la determinazione del numero massimo di guide, interpreti e corrieri per località;
f) l'articolo 4 del decreto legislativo del Capo provvisorio dello Stato 26 novembre 1947, n. 1510, ratificato, con modificazioni, dalla legge 8 novembre 1956, n. 1326, concernente l'autorizzazione ai reparti di polizia stradale di eseguire servizi di scorta a pagamento per conto di enti pubblici e di privati;
g) l'articolo 17 del decreto legislativo del Capo provvisorio dello Stato 14 dicembre 1947, n 1577, ratificato, con modificazioni, dalla legge 2 aprile 1951, n. 302, e successive modificazioni, concernente la ricostituzione delle commissioni provinciali di vigilanza;
h) la legge 30 novembre 1950, n. 996, concernente la definitività dei provvedimenti adottati dai prefetti, in base all'articolo 7 della legge 20 marzo 1865, n. 2248;
i) l'articolo 4, terzo comma, ultimo periodo, della legge 27 dicembre 1956, n. 1423, concernente il ricorso al prefetto avverso un provvedimento di prevenzione del questore;
l) l'articolo 82 del testo unico delle leggi per la composizione e la elezione degli organi delle Amministrazioni comunali, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 16 maggio 1960, n. 570, concernente l'impugnativa delle deliberazioni adottate dal consiglio comunale in materia di eleggibilità;
m) l'articolo 17 della legge 24 novembre 1981, n. 689, concernente il potere sanzionatorio degli illeciti amministrativi la cui competenza non sia attribuita ad una specifica amministrazione;
n) l'articolo 40 del regolamento di servizio dell'Amministrazione della pubblica sicurezza, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 28 ottobre 1985, n. 782, concernente l'autorizzazione ai servizi di rappresentanza presso le sedi degli organi costituzionali od altri uffici pubblici e alle cerimonie civili o religiose;
o) gli articoli 5, 6 e 8 della legge 15 maggio 1986, n. 194, concernenti l'istruttoria per il conferimento delle onorificenze;
p) l'articolo 2 del decreto-legge 29 ottobre 1986, n. 708, convertito, con modificazioni, dalla legge 23 dicembre 1986, n. 899, concernente la nomina, ovvero la presenza, dei rappresentanti dei proprietari e degli inquilini nelle commissioni provinciali per la graduazione degli sfratti;
q) l'articolo 52 del nuovo regolamento anagrafico della popolazione residente, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 1989, n. 223, concernente la vigilanza del prefetto sulle pubbliche amministrazioni ai fini del corretto espletamento del servizio anagrafico;
r) l'articolo 7 della legge 24 dicembre 1954, n. 1228, concernente l'istituzione di separate anagrafi autonome;
s) l'articolo 18 del decreto-legge 24 novembre 1990, n. 344, convertito, con modificazioni, dalla legge 23 gennaio 1991, n. 21, concernente la istituzione del comitato metropolitano per la provincia di Milano;
t) il regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 23 luglio 1991, n. 254, concernente il 13o censimento generale della popolazione, il censimento generale delle abitazioni e il 7o censimento generale dell'industria e dei servizi;
u) il decreto-legge 31 dicembre 1991, n. 419, convertito, con modificazioni, dalla legge 18 febbraio 1992, n. 172, e successive modificazioni, recante istituzione del Fondo di sostegno per le vittime di richieste estorsive;
v) il regolamento di cui al decreto del Ministro dell'interno 7 settembre 1994, n. 614, recante norme per l'iscrizione delle associazioni ed organizzazioni di assistenza e di solidarietà a soggetti danneggiati da attività estorsive in apposito elenco presso le prefetture.
3.All'articolo 70 del testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali, di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, sono apportate le seguenti modificazioni:
a) al comma 1, le parole: «elettore del comune, o da chiunque altro vi abbia interesse» sono soppresse;
b) il comma 2 è abrogato.
4. All'articolo 82/2, primo comma, del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 16 maggio 1960, n. 570, le parole: «elettore del comune, o da chiunque altro vi abbia diretto interesse, dal procuratore della Repubblica, e dal prefetto» sono soppresse.
5. All'articolo 7 della legge 20 marzo 1865, n. 2248, è aggiunto, infine, il seguente comma:
«I provvedimenti adottati ai sensi del primo comma sono definitivi unicamente se la motivazione dell'esproprio per grave necessità non è transitoria».
6. Sono trasferite al questore le seguenti competenze del prefetto:
a) la facoltà di vietare la detenzione delle armi, munizioni e materie esplodenti alle persone capaci di abusarne, prevista dall'articolo 39 del testo unico di cui al regio decreto 18 giugno 1931, n. 773;
b) la potestà di provvedere in casi di urgenza all'ordine di esecuzione delle ordinanze anche all'esterno della rispettiva circoscrizione, prevista dall'articolo 7 del testo unico della legge sugli ufficiali ed agenti di pubblica sicurezza, di cui al regio decreto 31 agosto 1907, n. 690;
c) i provvedimenti per incarichi a funzionari di pubblica sicurezza, previsti dall'articolo 4 del regolamento di cui al regio decreto 6 maggio 1940, n. 635;
d) l'esercizio delle attribuzioni di pubblica sicurezza della provincia, gli atti di convocazione, l'autorizzazione alle passeggiate militari, il potere di disporre la consegna per ragioni di ordine pubblico di armi, munizioni e materie esplodenti, il potere di annullamento dei provvedimenti del sindaco contrari alla sanità o alla sicurezza pubblica, previsti dagli articoli 1, 15, 29, 40 e 65 del testo unico di cui al regio decreto 18 giugno 1931, n. 773, e successive modificazioni;
e) la possibilità di requisizione in uso in casi di urgente necessità di immobili demaniali o appartenenti ad enti pubblici o a privati per assicurare l'accasermamento temporaneo dei reparti di Polizia, nonché la requisizione in uso o in proprietà in casi di urgente necessità di cose immobili occorrenti ad assicurare l'accasermamento e la determinazione delle indennità per le requisizioni, di cui agli articoli 5, 6 e 7 del decreto legislativo 20 gennaio 1948, n. 15;
f) la facoltà di vietare la detenzione di armi, prevista dall'articolo 7 del regolamento di cui al decreto del Ministro dell'interno 14 aprile 1982, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 153 del 5 giugno 1982;
g) il potere sanzionatorio di sospensione o revoca della patente di guida, di cui all'articolo 30 della legge 24 novembre 1981, n. 689;
h) l'attuazione da parte delle forze dell'ordine dei servizi straordinari di vigilanza, la richiesta di intervento delle Forze armate, l'adozione di provvedimenti per assicurare la disponibilità di mezzi di soccorso, gli adempimenti per l'addestramento e l'impiego di volontari per la protezione civile, il recepimento della domanda, dell'istruzione e l'addestramento di volontari per la protezione civile, l'autorizzazione all'impiego di volontari, l'attivazione delle predisposizioni di misure di protezione civile, previsti dagli articoli 14, 23, 25 e 34 del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 6 febbraio 1981, n. 66;
i) la possibilità di nomina ad Alto commissario per il coordinamento della lotta contro la delinquenza mafiosa, di cui all'articolo 1 del decreto-legge 6 settembre 1982, n. 629, convertito, con modificazioni, dalla legge 12 ottobre 1982, n. 726, e successive modificazioni;
l) la competenza concernente la richiesta al Ministero dell'interno di rinforzi di personale o di un loro invio, prevista dall'articolo 38 del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 28 ottobre 1985, n. 782;
m) il rilascio della certificazione della condizione di invalido civile a causa di atti di terrorismo, di cui all'articolo 9 della legge 20 ottobre 1990, n. 302, e successive modificazioni;
n) il rilascio di passaporto per le salme da estradare dal territorio nazionale a Stati aderenti alla Convenzione internazionale di Berlino, l'autorizzazione all'ingresso in Italia di salme provenienti da Stati non aderenti alla Convenzione, l'autorizzazione all'estradizione dall'Italia di salme provenienti da Stati non aderenti alla Convenzione, previsti dagli articoli 27, 28 e 29 del regolamento di polizia mortuaria, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 10 settembre 1990, n. 285;
o) l'avvio del procedimento per lo scioglimento dei consigli comunali e provinciali nei casi in cui emergano elementi su collegamenti di amministratori con la criminalità organizzata o su forme di condizionamento, il potere di sospensione degli organi dalla carica ricoperta per motivi di grave ed urgente necessità in attesa del decreto di scioglimento, la possibilità di assegnazione in via temporanea di personale amministrativo e tecnico nei comuni e province in cui sussiste la necessità di assicurare il regolare funzionamento dei servizi a seguito dello scioglimento del consiglio e il potere di richiesta di interventi di controllo e sostitutivi, previsti dagli articoli 143 e 145 del testo unico di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267;
p) la concessione degli alloggi di servizio in temporanea concessione, la revoca della concessione e il recupero coattivo in caso di mancato rilascio dell'alloggio in temporanea concessione, previsti dagli articoli 4, 10 e 12 del regolamento di cui al decreto del Ministro dell'interno 6 agosto 1992, n. 574;
q) il potere di nomina del collegio di ispettori per la verifica delle procedure di appalto, di cui all'articolo 14 del decreto-legge 13 maggio 1991, n. 152, convertito, con modificazioni, dalla legge 12 luglio 1991, n. 203;
r) l'istruttoria per l'acquisto o la concessione della cittadinanza, prevista dall'articolo 1 del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 18 aprile 1994, n. 362;
s) l'invio di funzionari di Polizia nei comuni in cui mancano i commissari di pubblica sicurezza per eccezionali esigenze di servizio, di cui all'articolo 15 della legge 1o aprile 1981, n. 121;
t) le funzioni in materia di sospensione e decadenza degli amministratori locali, previste dall'articolo 59 del testo unico di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, e successive modificazioni;
u) i poteri in materia di prevenzione dei tentativi di infiltrazione mafiosa nelle attività riguardanti appalti, concessioni, subappalti, previsti dall'articolo 135 del testo unico di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267;
v) i poteri in materia di irrogazione delle sanzioni amministrative, di chiusura degli esercizi pubblici, di espulsione degli stranieri, di segnalazione al servizio pubblico per le tossicodipendenze, previsti dagli articoli 75, 79, 86 e 121 del testo unico delle leggi in materia di disciplina degli stupefacenti e sostanze psicotrope, prevenzione, cura e riabilitazione dei relativi stati di tossicodipendenza, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309, e successive modificazioni;
z) i poteri in materia di divieto di soggiorno, di espulsione amministrativa, di assunzione di lavoratori stranieri, previsti dagli articoli 6, 13 e 22 del testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell'immigrazione e norme sulla condizione dello straniero, di cui al decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, e successive modificazioni;
aa) i poteri in materia di espulsione amministrativa dello straniero, di modalità di trattenimento nei centri di permanenza temporanea, di funzionamento degli stessi, di attività di prima assistenza e soccorso, di funzionamento dello sportello unico per l'immigrazione e dei Consigli territoriali per l'immigrazione, previsti dagli articoli 12, 21, 22, 23, 30 e 57 del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 31 agosto 1999, n. 394;
bb) i poteri in materia di regolamentazione della circolazione, di competizioni sportive su strada, di distanze di sicurezza dalle strade, di pubblicità sulle strade e sui veicoli, di autorizzazioni e concessioni sulle strade, di demolizione o consolidamento di fabbricati o di muri fronteggianti le strade, di condotta delle acque, di piani del traffico, di uniformità della segnaletica, dei mezzi di regolazione e controllo delle omologazioni, destinazione ed uso dei veicoli, di richiesta di accertamento dei requisiti fisici e psichici per il conseguimento della patente di guida, di revoca, revisione, sospensione, ritiro della patente, di ricorso avverso i verbali di contestazione di violazioni del codice della strada, di annotazioni sulla patente delle sentenze e dei decreti definitivi di condanna, previsti dagli articoli 6, 7, 9, 19, 23, 26, 30, 32, 36, 45, 82, 119, 120, 128, 129, 186, 187, 203, 204, 205, 206, 210, 211, 212, 213, 214, 215, 216, 217, 218, 219, 220, 223 e 224 del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285, e successive modificazioni.
7. Sono trasferite al sindaco le seguenti competenze del prefetto:
a) l'autorizzazione al trasferimento, al cambiamento di specie, ad ampliamenti o trasformazioni di locali di un esercizio pubblico addetto alla vendita di alcolici, nonché l'autorizzazione per l'anticipazione o la protrazione degli orari stabiliti per gli esercizi pubblici, previste dagli articoli 167 e 172 del regolamento di cui al regio decreto 6 maggio 1940, n. 635;
b) la preventiva autorizzazione delle pubbliche manifestazioni non a carattere nazionale di scienza, intellettualità, beneficenza, sport, commemorazioni ed onoranze, nonché il riconoscimento del carattere di tradizionalità per le manifestazioni non necessitanti autorizzazione, previsti dagli articoli 1 e 3 del regio decreto-legge 6 agosto 1926, n. 1486;
c) l'approvazione del progetto per la costruzione o rinnovazione di un teatro o locale di pubblico spettacolo, prevista dall'articolo 143 del regolamento di cui al regio decreto 6 maggio 1940, n. 635;
d) la determinazione dei criteri per l'impiego della polizia municipale nel procedimento di rilascio di immobili adibiti ad uso personale, di cui all'articolo 3 del decreto-legge 29 ottobre 1986, n. 708, convertito, con modificazioni, dalla legge 23 dicembre 1986, n. 899, e successive modificazioni;
e) la determinazione delle forze di pubblica sicurezza a disposizione del municipio per l'esecuzione dei provvedimenti straordinari relativi all'igiene, all'edilizia ed alla polizia locale, prevista dall'articolo 20 del testo unico di cui al regio decreto 31 agosto 1907, n. 690;
f) il conferimento e la revoca della qualità di agente di pubblica sicurezza, di cui all'articolo 5 della legge 7 marzo 1986, n. 65, e successive modificazioni;
g) l'istruttoria per la concessione del merito civile, prevista dall'articolo 5 del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 23 ottobre 1957, n. 1397;
h) l'istruttoria per la concessione di ricompense al valor civile, prevista dall'articolo 1 del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 6 novembre 1960, n. 1616;
i) il ricorso avverso il rifiuto opposto dall'ufficiale di anagrafe al rilascio dei certificati anagrafici e in caso di errori contenuti in essi, previsto dall'articolo 36 del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 1989, n. 223;
l) l'istruttoria per il ripristino del cognome nella forma originaria, di cui all'articolo 2 della legge 28 marzo 1991, n. 114;
m) la verifica metrica degli strumenti per pesare, prevista dall'articolo 33 del testo unico delle leggi sui pesi e sulle misure, di cui al regio decreto 23 agosto 1890, n. 7088.
8. Sono trasferite al presidente della provincia le seguenti competenze del prefetto:
a) l'emanazione di provvedimenti indispensabili per la tutela dell'ordine pubblico e della sicurezza pubblica nel caso di urgenza o per grave necessità pubblica, prevista dall'articolo 2 del testo unico delle leggi di pubblica sicurezza, di cui al regio decreto 18 giugno 1931, n. 773;
b) l'emanazione di decreti motivati di requisizione nei casi in cui per grave necessità pubblica l'autorità amministrativa debba, senza indugio, disporre della proprietà privata, di cui all'articolo 7 della legge 20 marzo 1865, n. 2248, come modificato dall'articolo 2 della presente legge;
c) l'approvazione delle guardie particolari di comuni, enti e privati, prevista dall'articolo 44 del testo unico di cui al regio decreto 31 agosto 1907, n. 690;
d) il rilascio dell'autorizzazione all'associazione di enti per la nomina delle guardie private, previsto dall'articolo 133 del testo unico di cui al regio decreto 18 giugno 1931, n. 773;
e) le competenze in materia di radiazioni ionizzanti di cui agli articoli 29, 44, 48, 53, 100, 115, 115-bis, 118, 119, 120, 122, 123 e 126 del decreto legislativo 17 marzo 1995, n. 230, e successive modificazioni;
f) l'emanazione dei provvedimenti intesi ad assicurare la disponibilità di alloggi, automezzi ed altri mezzi di soccorso e manodopera nei casi di pubbliche calamità, prevista dall'articolo 14 del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 6 febbraio 1981, n. 66;
g) la partecipazione al comitato provinciale per l'ordine e la sicurezza pubblica, di cui all'articolo 20 della legge 1o aprile 1981, n. 121, e successive modificazioni;
h) la partecipazione e le competenze nella commissione consultiva relativamente alla graduazione degli sfratti in tema di misure urgenti per fronteggiare l'eccezionale carenza di disponibilità abitative, di cui all'articolo 13 del decreto-legge 23 gennaio 1982, n. 9, convertito, con modificazioni, dalla legge 25 marzo 1982, n. 94;
i) la vigilanza sull'esecuzione degli accordi di programma, prevista dall'articolo 34 del testo unico di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267;
l) la vigilanza sull'attività del comitato provinciale della pubblica amministrazione, sentiti i sindaci interessati, di cui all'articolo 17 del decreto-legge 13 maggio 1991, n. 152, convertito, con modificazioni, dalla legge 12 luglio 1991, n. 203;
m) la partecipazione e le funzioni del comitato provinciale di censimento, previste dall'articolo 12 del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 23 luglio 1991, n. 254;
n) la fissazione della data delle elezioni, di cui all'articolo 9 della legge 8 marzo 1951, n. 122, e successive modificazioni;
o) i compiti sostitutivi in caso di ritardo da parte dei comuni nel compimento delle operazioni in materia di propaganda elettorale, di cui all'articolo 2 della legge 4 aprile 1956, n. 212, e successive modificazioni;
p) la fissazione della data della elezione per ciascun comune e il provvedimento di rinvio per sopravvenute cause di forza maggiore e contestuale fissazione della nuova data, previsti dall'articolo 18 del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 16 maggio 1960, n. 570, e successive modificazioni;
q) l'autorizzazione alla riunione di più sezioni elettorali in un unico fabbricato, prevista dall'articolo 38 del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 20 marzo 1967, n. 223;
r) l'emanazione del provvedimento di sospensione dei comizi elettorali in caso di modificazioni intervenute nelle circoscrizioni comunali che rendano necessaria la compilazione delle liste elettorali, prevista dall'articolo 48 del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 20 marzo 1967, n. 223;
s) la convocazione dei comizi elettorali e gli altri adempimenti di cui all'articolo 3 della legge 7 giugno 1991, n. 182, e successive modificazioni;
t) la predisposizione del piano di emergenza per gli incidenti derivanti da attività industriali, di cui agli articoli 20 e 24 del decreto legislativo 17 agosto 1999, n. 334, e successive modificazioni;
u) le sanzioni amministrative per la mancata o tardiva comunicazione di disponibilità ad uso abitativo di immobili di proprietà di enti pubblici, di cui all'articolo 17 del decreto-legge 23 gennaio 1982, n. 9, convertito, con modificazioni, dalla legge 25 marzo 1982, n. 94, e successive modificazioni;
v) l'istruttoria ed omologazione della domanda per la costituzione di consorzi per la costruzione o conservazione di ripari o argini, l'approvazione dei bilanci dei consorzi se lo Stato o la provincia concorrono alle spese, la compilazione dell'elenco generale dei soggetti che devono fare parte del consorzio e l'omologazione dello schema di statuto del consorzio stesso, l'omologazione dei progetti per la modificazione di argini e per la costruzione e modificazione di opere che possono direttamente o indirettamente influire sul regime dei corsi d'acqua, la decisione sulle questioni tecniche relative all'esecuzione di tali opere e la prescrizione delle condizioni per la conservazione di argini pubblici concessi a privati, opere eseguibili solamente con permesso speciale, previste dagli articoli 21, 29, 38, 57, 58, 59 e 97 del testo unico delle disposizioni di legge intorno alle opere idrauliche delle diverse categorie, di cui al regio decreto 25 luglio 1904, n. 523, e successive modificazioni;
z) il rilascio della licenza di attingimento dell'acqua, previsto dal regolamento di cui al regio decreto 14 agosto 1920, n. 1285;
aa) la decisione definitiva sul ricorso contro il diniego di autorizzazione all'apertura degli alberghi, la decisione definitiva sul ricorso contro l'ordinanza che prescrive la chiusura o i lavori di risanamento di alberghi, la vigilanza, di intesa con l'ente provinciale per il turismo, sull'osservanza del regolamento per le migliorie igieniche negli alberghi e la promozione delle ispezioni opportune, previste dagli articoli 2, 3 e 17 del regolamento di cui al regio decreto 24 maggio 1925, n. 1102;
bb) la vigilanza, di intesa con gli enti provinciali per il turismo, sull'osservanza della legge recante disciplina degli affittacamere, di cui agli articoli 11 e 12 della legge 16 giugno 1939, n. 1111, e successive modificazioni;
cc) l'autorizzazione all'apertura e alla chiusura dei complessi ricettivi, la vigilanza sui complessi ricettivi, il ritiro o la revoca temporanea dell'autorizzazione, di cui agli articoli 2, 7 e 10 della legge 21 marzo 1958, n. 326;
dd) la dipendenza del servizio di pubblica sicurezza, prevista dall'articolo 1 del testo unico di cui al regio decreto 31 agosto 1907, n. 690;
ee) le competenze generali in materia di pubblica sicurezza, di cui all'articolo 13 della legge 1o aprile 1981, n. 121, e successive modificazioni;
ff) il rilascio di porto d'armi per le rivoltelle, pistole o bastoni armati, il rilascio della licenza per l'arma lunga da fuoco per solo uso di caccia al minore che abbia compiuto il sedicesimo anno di età dietro presentazione di consenso scritto di chi esercita la patria potestà, la revoca delle licenze di porto d'armi per situazioni di condizioni anormali di pubblica sicurezza, l'autorizzazione alla fabbricazione, deposito, vendita e trasporto di polveri piriche od esplodenti, previsti dagli articoli 44, 45 e 47 del testo unico di cui al regio decreto 18 giugno 1931, n. 773;
gg) il rilascio della licenza di porto d'armi previsto dall'articolo 61 del regolamento di cui al regio decreto 6 maggio 1940, n. 635, e successive modificazioni;
hh) il rilascio della licenza per l'importazione definitiva di armi da sparo, il rilascio del nulla osta per la compravendita di armi comuni da sparo commissionate per corrispondenza, il rilascio della licenza per i direttori e gli istruttori delle sezioni dell'Unione di tiro a segno nazionale, di cui agli articoli 12, 17 e 31 della legge 18 aprile 1975, n. 110, e successive modificazioni;
ii) il rilascio della licenza per la prestazione di opere di vigilanza o custodia di proprietà mobiliari ed immobiliari, la determinazione della misura della cauzione per il rilascio della licenza di vigilanza o custodia, e l'approvazione della nomina delle guardie particolari, previsti dagli articoli 134, 137 e 138 del testo unico di cui al regio decreto 18 giugno 1931, n. 773, e successive modificazioni;
ll) le competenze generali in materia di protezione civile, l'esame delle domande dei volontari che intendono operare nella protezione civile, l'individuazione degli enti per l'istruzione e l'addestramento dei volontari, la costituzione di squadre operative a supporto dei centri assistenziali, l'autorizzazione all'impiego dei volontari, l'attivazione degli organismi di protezione civile, l'invio di squadre di soccorso sanitario, previsti dagli articoli 3, 14, 23, 25, 34 e 43 del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 6 febbraio 1981, n. 66;
mm) il ricorso contro il provvedimento della iscrizione d'ufficio delle mutazioni o delle istituzioni delle posizioni anagrafiche, di cui all'articolo 5 della legge 24 dicembre 1954, n. 1228;
nn) la risoluzione delle vertenze in materia di trasferimento di residenza dei comuni appartenenti alla stessa provincia che interessano uffici di anagrafe, prevista dall'articolo 18 del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 1989, n. 223;
oo) il procedimento conciliativo nel caso di fondato pericolo dei diritti della persona costituzionalmente garantiti a causa del mancato funzionamento dei servizi di preminente interesse generale conseguenti all'esercizio del diritto di sciopero, di cui all'articolo 8 della legge 12 giugno 1990, n. 146, e successive modificazioni;
pp) i poteri informativi alle pubbliche amministrazioni che intendono stipulare, approvare o autorizzare contratti, subcontratti, concessioni ed erogazioni, di cui all'articolo 4 del decreto legislativo 8 agosto 1994, n. 490, e successive modificazioni;
qq) la designazione di un componente effettivo e di un componente supplente della commissione elettorale circondariale per la tutela delle liste elettorali e la nomina per il compimento in caso di ritardo degli atti dovuti, previste dall'articolo 21 del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 20 marzo 1967, n. 223, e successive modificazioni;
rr) il potere sostitutivo anche a mezzo di commissario ad acta in caso di mancato espletamento dei compiti del sindaco in materia di controllo dell'esistenza dello stato delle urne, delle cabine e del materiale occorrente per l'arredamento delle varie sezioni, previsto dall'articolo 33 del testo unico delle leggi recanti norme per la elezione della Camera dei deputati, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 30 marzo 1957, n. 361, e successive modificazioni;
ss) la nomina del commissario ad acta in caso di ritardo nell'adempimento dei compiti in materia elettorale, prevista dall'articolo 53 del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 20 marzo 1967, n. 223;
tt) le competenze previste dal regolamento per la semplificazione dell'ordinamento dello stato civile, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 3 novembre 2000, n. 396, e successive modificazioni;
uu) il potere sostitutivo di convocazione dei consigli comunali e provinciali in caso di inosservanza degli obblighi di convocazione, il potere di ispezione per accertare il regolare funzionamento dei servizi svolti dal sindaco quale ufficiale di Governo, la nomina del commissario per l'adempimento delle funzioni di competenza del sindaco quale ufficiale di Governo in caso di inadempimento, il potere sostitutivo in caso di mancata adozione da parte del sindaco di provvedimenti contingibili ed urgenti in materia di polizia locale, sanità, edilizia e igiene, la procedura di scioglimento dei consigli comunali e provinciali, i poteri di sospensione dei consigli comunali e provinciali per i motivi di grave ed urgente necessità e contestuale nomina del commissario per la provvisoria amministrazione dell'ente, il potere di sospensione degli amministratori locali per motivi di grave ed urgente necessità, previsti dagli articoli 39, 54, 141, 142 e 247 del testo unico di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, e successive modificazioni;
vv) la predisposizione dei programmi per fronteggiare le situazioni di emergenza nella provincia, la direzione unitaria dei servizi di emergenza e l'adozione dei provvedimenti necessari ai primi soccorsi, di cui all'articolo 14 della legge 24 febbraio 1992, n. 225,
8. La tenuta dell'Albo nazionale degli enti cooperativi, di cui all'articolo 15 del decreto legislativo 2 agosto 2002, n. 220, è affidata alla competenza delle camere di commercio, industria artigianato e agricoltura.
9. Entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, il Governo provvede ad apportare le necessarie modifiche al regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 3 aprile 2006, n. 180, conseguenti ai trasferimenti di competenze disposti ai sensi della presente legge.
10. A seguito dei trasferimenti di competenze disposti dalla presente legge, il personale che intenda continuare ad essere impiegato nell'amministrazione statale invia, entro tre mesi dalla data della sua entrata in vigore, richiesta scritta al competente dipartimento del Ministero dell'interno con l'indicazione della sede presso la quale intende prestare servizio. Il trasferimento, a fronte della richiesta, deve avvenire non oltre dodici mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge.
11. Ove possibile, il dipartimento del Ministero dell'interno di cui al comma 1 provvede al trasferimento nella regione di residenza del personale statale che ha presentato la richiesta ai sensi del medesimo comma 1.
12. Con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze sono adottate le variazioni di bilancio per trasferire agli enti locali le risorse correlate alle spese per il personale statale assorbito dai medesimi enti.
1-bis. 8. Caparini, Cota, Stucchi, Gibelli.
Sostituirlo con il seguente:
Art. 1-bis.
1. Ai fini del contenimento della spesa connessa al funzionamento delle amministrazioni periferiche dello Stato è disposta la soppressione di tutte le prefetture le cui funzioni vengono attribuite alle questure, ai presidenti di provincia ed ai sindaci dei comuni capoluogo di provincia, nel rispetto delle disposizioni previste dal testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, dal testo unico delle leggi di pubblica sicurezza di cui al regio decreto 18 giugno 1931, n. 773, nonché dal nuovo ordinamento dell'amministrazione della pubblica sicurezza di cui alla legge 1o aprile 1981, n. 121.
Con decreto del Ministro dell'interno sono individuate le rispettive funzioni e le modalità del loro svolgimento.
1-bis. 9. Caparini, Cota, Stucchi, Gibelli.
Sostituirlo con il seguente:
Art. 1-bis.
All'articolo 51, comma 1 del decreto del Presidente della Repubblica 3 novembre 2000, n. 396 è aggiunto infine il seguente periodo: «Nel caso in cui uno degli sposi sia cittadino straniero è necessaria la presentazione del permesso di soggiorno o di altro documento attestante la legittimità del soggiorno nel territorio italiano».
1-bis. 6. Cota, Stucchi.
Sostituirlo con il seguente:
Art. 1-bis.
All'articolo 116, comma 1 del codice civile, sono aggiunte infine le parole: «nonché il permesso di soggiorno o altro documento attestante la legittimità del soggiorno nel territorio italiano».
1-bis. 7. Cota, Stucchi.
Al comma 1, capoverso comma 1, sostituire la lettera a), con la seguente:
a) con le sanzioni previste dal decreto legislativo 9 luglio 2003, n. 216, recante attuazione della direttiva 2000/78/CE per la parità di trattamento in materia di occupazione e di condizioni di lavoro e successive modificazioni, e negli altri casi e nei casi più gravi con la reclusione fino a tre anni, chiunque incita a commettere o commette atti di discriminazione di cui all'articolo 13, n. 1, del Trattato delle Comunità europee.
1-bis. 16. Turco, D'Elia, Beltrandi, Mellano, Poretti.
Al comma 1, capoverso comma 1, sostituire la lettera a), con la seguente:
a) con le sanzioni previste dal decreto legislativo 9 luglio 2003, n. 216, recante attuazione della direttiva 2000/78/CE per la parità di trattamento in materia di occupazione e di condizioni di lavoro e successive modificazioni, e negli altri casi e nei casi più gravi con la reclusione fino a tre anni, chiunque incita a commettere o commette atti di discriminazione fondati sul sesso, la razza o l'origine etnica, la religione o le convinzioni personali, gli handicap, l'età o l'orientamento sessuale e l'identità di genere;
1-bis. 17. Turco, D'Elia, Beltrandi, Mellano, Poretti.
Al comma 1, capoverso comma 1, lettera a), sostituire le parole: di cui all'articolo 13, n. 1, del Trattato di Amsterdam, con le seguenti: fondati sul sesso, la razza o l'origine etnica, la religione o le convinzioni personali, gli handicap, l'età o l'orientamento sessuale e l'identità di genere.
1-bis. 18. Turco, D'Elia, Beltrandi, Mellano, Poretti.
Al comma 1, capoverso comma 1, lettera a), sostituire le parole: di cui all'articolo 13, n. 1, del trattato di Amsterdam, con le seguenti: fondate sul sesso, la razza o l'origine etnica, la religione o le convinzioni personali, gli handicap, l'età o le tendenze sessuali.
1-bis. 15. Turco, D'Elia, Beltrandi, Mellano, Poretti.
Al comma 1, capoverso comma 1, lettera a), sostituire le parole: di cui all'articolo 13, n. 1, del trattato di Amsterdam, con le seguenti: di cui all'articolo 13, paragrafo 1, del trattato che istituisce la Comunità europea.
1-bis. 1. Mascia, Leoni, Boato, Crapolicchio, Cogodi, Balducci, Daniele Farina, Franco Russo, Nicchi, D'Antona, Frias.
Al comma 1, capoverso comma 1, lettera a), sostituire le parole: di cui all'articolo 13, n. 1, del trattato di Amsterdam, con le seguenti: di cui all'articolo 13, paragrafo 1, del trattato che istituisce la Comunità europea.
1-bis. 2. Grillini, Angelo Piazza, Dato.
Al comma 1, capoverso comma 1, lettera a), sostituire le parole: di Amsterdam, con le seguenti: delle Comunità europee.
1-bis. 19. Turco, D'Elia, Beltrandi, Mellano, Poretti.
ART. 1-ter.
Sopprimerlo.
1-ter. 1. Cota, Stucchi.
Sopprimerlo.
1-ter. 4. Boscetto, Bertolini, Biancofiore, Bruno, Carfagna, Cicchitto, Fitto, La Loggia, Santelli, Verdini.
Sopprimerlo.
1-ter. 5. Pecorella, Gelmini.
Sopprimerlo.
1-ter. 6. Germontani, Contento.
Sostituirlo con il seguente:
Art. 1-ter.
1. All'articolo 29 del testo unico di cui al decreto legislativo 286 del 25 luglio 1998 sono apportate le seguenti modifiche:
a) dopo il comma 1 sono aggiunti i seguenti:
1-bis. Al fine di consentire la sua integrazione nella società italiana, il cittadino straniero di età superiore ai sei anni e inferiore ai sessantacinque, per il quale è richiesto il ricongiungimento familiare beneficia, nel suo paese di residenza, di una valutazione del suo grado di conoscenza della lingua italiana e dei valori della Repubblica. Se questa valutazione ne stabilisce la necessità, l'autorità amministrativa organizza per lo straniero, nel suo paese di residenza, una formazione la cui durata non può superare i due mesi, al termine della quale è oggetto di una nuova valutazione della sua conoscenza della lingua e dei valori della Repubblica. Il beneficio del ricongiungimento familiare è subordinato alla produzione di un attestato dell'esito di questa formazione che deve essere consegnato entro il mese successivo alla fine della suddetta formazione, nelle condizioni stabilite con regolamento del Governo. Tale regolamento stabilisce in particolare il termine massimo entro il quale i risultati della valutazione devono essere comunicati, il termine massimo entro il quale la valutazione e la formazione devono essere proposte, il numero di ore minime di detta formazione, le ragioni legittime per le quali lo straniero può essere dispensato e le modalità secondo le quali una commissione designata dal ministro dell'interno determina il contenuto della valutazione che riguarda la conoscenza dei valori della Repubblica».
1-ter. Il richiedente di un visto per un soggiorno di durata superiore a tre mesi, o il suo rappresentante legale, cittadino di un paese nel quale lo stato civile presenta carenze può, in caso di inesistenza dell'atto di stato civile, o quando è stato informato dagli agenti diplomatici o consolari dell'esistenza di un dubbio serio sull'autenticità di quest'ultimo, sollecitare la sua identificazione con le sue impronte genetiche per portare un elemento di prova di una filiazione certa con almeno uno dei due genitori. Il consenso delle persone la cui identificazione è così ricercata deve essere formulato espressamente.
L'esame delle impronte genetiche previsto al capoverso precedente è realizzato a spese del richiedente. Se il visto è accordato, le spese sostenute per questo esame gli sono rimborsate dallo Stato.
Con regolamento del Governo sono definite le condizioni d'applicazione degli esami di impronte genetiche ed in particolare l'elenco dei paesi interessati e le condizioni alle quali sono abilitate le persone autorizzate a procedere a questi esami.
b) dopo il comma 10 è aggiunto il seguente:
10-bis. Lo straniero ammesso al soggiorno in Italia e, all'occorrenza, il suo coniuge curano, quando uno o più figli hanno beneficiato della procedura di ricongiungimento familiare, l'integrazione della famiglia nella società italiana. A tale scopo, sottoscrivono con lo Stato un contratto d'accoglienza e d'integrazione per la famiglia con il quale si obbligano a seguire una formazione sui diritti ed i doveri dei genitori in Italia. L'inosservanza di tale obbligo impedisce il rinnovo del titolo di soggiorno e determina la conseguente espulsione dal territorio dello Stato.
1-ter. 3. Cota, Stucchi.
Sostituirlo con il seguente:
Art. 1-ter.
1. All'articolo 12 del Testo Unico di cui al decreto legislativo 286 del 25 luglio 1998 dopo il comma 5 è aggiunto il seguente:
«5-bis. Integra il reato di cui al comma precedente la condotta di chi a qualsiasi titolo, dà alloggio ovvero ospita uno straniero clandestino, anche se parente o affine, ovvero cede allo stesso la proprietà o il godimento di beni immobili, rustici o urbani, posti nel territorio dello Stato. Nel caso di condanna è sempre ordinata la confisca dell'immobile».
1-ter. 2. Cota, Stucchi.
Dopo l'articolo 1-ter inserire il seguente:
Art. 1-quater.
1. Fino alla data del 30 giugno 2008, le risorse originariamente destinate ai programmi costruttivi di cui all'articolo 18 del decreto-legge 13 maggio 1991, n. 152, convertito, con modificazioni, dalla legge 12 luglio 1991, n. 203, e trasferite dall'articolo 21-bis, comma 1, del decreto-legge 1o ottobre 2007, n. 159, convertito, con modificazioni, dalla legge 29 novembre 2007, n. 222, al finanziamento delle proposte già ritenute idonee ma non risultate beneficiarie di finanziamenti concernenti il programma denominato «Contratti di quartiere II», restano a disposizione per la realizzazione di programmi costruttivi di cui all'articolo 18 del citato decreto-legge n. 152 del 1991.
2. Al fine di poter utilizzare i finanziamenti già accantonati per la realizzazione di programmi integrati di cui all'articolo 18 del citato decreto-legge n. 152 del 1991, i termini di cui all'articolo 4, comma 150, della legge 24 dicembre 2003, n. 350, già prorogati al 31 dicembre 2007 dall'articolo 13, comma 1, del decreto-legge 30 dicembre 2005, n. 273, convertito, con modificazioni, dalla legge 23 febbraio 2006, n. 51, sono ulteriormente prorogati al 30 giugno 2008.
3. I termini di centottanta giorni e di centoventi giorni previsti rispettivamente dagli articoli 11, comma 2, e 12, comma 2, della legge 30 aprile 1999, n. 136, già prorogati al 31 dicembre 2007 dall'articolo 13, comma 2, del decreto-legge 30 dicembre 2005, n. 273, convertito, con modificazioni, dalla legge 23 febbraio 2006, n. 51, sono ulteriormente prorogati al 30 giugno 2008.
4. La disposizione di cui all'articolo 11, comma 1, della legge 30 aprile 1999, n. 136, che prevede, al fine dell'utilizzo dei finanziamenti accantonati ai sensi dell' articolo 2, comma 72, della legge 23 dicembre 1996, n. 662, che il Segretario generale del Comitato per l'edilizia residenziale (CER) comunichi ai presidenti delle giunte regionali territorialmente competenti l'elenco delle proposte di attuazione dei programmi cui si riferiscono i procedimenti pendenti aventi ad oggetto la localizzazione ed i contenuti urbanistici dei programmi stessi, si interpreta nel senso che tra i procedimenti pendenti sono ricompresi anche i procedimenti aventi tale oggetto che pendevano dinanzi alla giurisdizione amministrativa alla data di entrata in vigore della legge 30 aprile 1999, n. 136, a nulla rilevando l'eventuale loro successiva cancellazione dal Ruolo Generale in conseguenza della inattività delle parti.
1-ter. 01. Giuditta, Cioffi, Affronti.
Dopo l'articolo 1-ter inserire il seguente:
Art. 1-quater.
1. In conformità a quanto stabilito dall'articolo 39 della direttiva 2004/58/CE del 24 aprile 2004, il Governo, entro il 29 febbraio 2008, trasmette ai competenti uffici della Commissione europea osservazioni e proposte in merito alla necessità di applicare il divieto di reingresso nel territorio italiano anche alle ipotesi in cui i cittadini dell'Unione e i loro familiari siano allontanati per motivi non attinenti all'ordine pubblico, alla pubblica sicurezza o alla sanità pubblica».
1-ter. 02. Cirielli, Gasparri, Benedetti Valentini, Bocchino, Ascierto.
Dopo l'articolo 1-ter inserire il seguente:
Art. 1-quater.
1. Il giudice con ordinanza motivata può disporre il prelievo di capelli, di peli o di mucosa del cavo orale ai fini della determinazione del profilo del DNA su minori per i quali sussistono elementi tali da far ritenere che siano stati sottratti ai propri genitori.
1-ter. 03. Mario Pepe.
Al disegno di legge di conversione, dopo il comma 1, inserire il seguente:
1-bis. Le disposizioni di cui all'articolo 1-bis del decreto-legge entrano in vigore il 1o marzo 2008.
DIS. 1. 1. Zeller, Widmann, Bezzi.
ESAME AI SENSI DELL'ARTICOLO 96-BIS, COMMA 1, DEL REGOLAMENTO
Mercoledì 12 dicembre 2007. - Presidenza del presidente Gaspare GIUDICE. - Interviene il sottosegretario di Stato per la Giustizia, Luigi Scotti.
La seduta comincia alle 14.05.
Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 1o novembre 2007, n. 181, recante disposizioni urgenti in materia di allontanamento dal territorio nazionale per esigenze di pubblica sicurezza.
C. 3292 Governo, approvato dal Senato.
(Parere alle Commissioni riunite I e II).
(Esame e conclusione. - Parere con condizione).
Il Comitato inizia l'esame del provvedimento in titolo.
Antonio Giuseppe Maria VERRO, relatore, sottolinea che, per i profili di competenza del Comitato, il disegno di legge in esame presenta un aspetto particolarmente delicato con riguardo all'articolo 1-bis, inserito dal Senato, ove compare un riferimento normativo errato. Consapevole dell'acceso dibattito che si è acceso intorno a questa disposizione, nella proposta di parere che sottopone al Comitato ha ritenuto comunque opportuno formulare il rilievo in termini di condizione, atteso che l'attuale testo della disposizione non consente di determinare la fattispecie penale e, pertanto, risulta assolutamente inapplicabile. Per tali ragioni, preannuncia la sua intenzione di presentare un emendamento interamente soppressivo del citato articolo 1-bis.
Illustra quindi la seguente proposta di parere:
«Il Comitato per la legislazione,
esaminato il disegno di legge n. 3292 e rilevato che:
esso reca un contenuto parzialmente omogeneo, in quanto alle norme concernenti l'allontanamento dal territorio nazionale di cittadini dell'Unione europea, si affianca una disposizione che concerne il regime delle competenze giurisdizionali sui provvedimenti destinati sia ai cittadini dell'Unione europea sia agli stranieri (articolo 1-ter); inoltre l'articolo 1, commi 2-bis, 2-ter e 2-quater, e l'articolo 1-bis, introdotti dal Senato, appaiono invece prevalentemente ispirati alla distinta finalità di rafforzare le garanzie in tema di parità di trattamento tra le persone;
interviene sulla previgente disciplina mediante la novellazione delle relative disposizioni ed, in particolare, del decreto legislativo n. 30 del 2007, emanato in attuazione della direttiva 2004/38/CE relativa al diritto dei cittadini dell'Unione e dei loro familiari di circolare e di soggiornare liberamente nel territorio degli Stati membri; al riguardo si segnala che è tuttora aperta la delega per l'adozione di interventi integrativi e correttivi al citato decreto legislativo n. 30, che scadrà il 10 ottobre 2008;
la tecnica della novellazione - all'articolo 1, commi 02, 03, 04, 1, lettere b), c), f) e g), 2-bis, 2-quater, 3, lettere 0a) e a), 4, lettere a), b) e c) ed all'articolo 1-ter - non è utilizzata conformemente a quanto previsto dalla circolare congiunta dei Presidenti di Camera e Senato e del Presidente del Consiglio del 20 aprile 2001, al punto 9), secondo cui l'unità minima di testo da sostituire con una novella dovrebbe essere il comma (o comunque un periodo o una lettera), anche nel caso in cui si modifichi una singola parola, per consentire una più agevole comprensione della modifica;
non è corredato della relazione sull'analisi tecnico-normativa (ATN);
non è corredato della relazione sull'analisi di impatto della regolamentazione (AIR);
ritiene che, per la conformità ai parametri stabiliti dagli articoli 16-bis e 96-bis del Regolamento, debba essere rispettata la seguente condizione:
sotto il profilo della chiarezza e della proprietà della formulazione:
all'articolo 1-bis, che novella la fattispecie penale dell'articolo 3, comma 1, della legge n. 654 del 1975 (che punisce chi propaganda idee fondate sulla superiorità o sull'odio razziale o etnico, ovvero istiga a commettere o commette atti di discriminazione per motivi razziali, etnici, nazionali o religiosi ovvero istiga a commettere o commette violenza o atti di provocazione alla violenza per motivi razziali, etnici, nazionali o religiosi) si corregga il richiamo all'articolo 13, n. 1 del Trattato di Amsterdam, atteso che quest'ultima disposizione si riferisce alla sola durata (illimitata) del medesimo trattato, sostituendolo con il riferimento all'articolo 13, paragrafo 1, del trattato che istituisce la Comunità europea, come modificato dal trattato di Nizza (secondo cui il Consiglio può adottare «provvedimenti opportuni per combattere le discriminazioni fondate sul sesso, la razza o l'origine etnica, la religione o le convinzioni personali, gli handicap, l'età o le tendenze sessuali»).»
Il Sottosegretario Luigi SCOTTI prende atto delle indicazioni fornite dal relatore.
Il Comitato approva la proposta di parere.
Mercoledì 12 dicembre 2007. - Presidenza del presidente Umberto RANIERI. - Interviene il viceministro degli affari esteri, Ugo Intini.
La seduta comincia alle 8.45.
DL 181/07: Disposizioni urgenti in materia di allontanamento dal territorio nazionale per esigenze di pubblica sicurezza.
C. 3292 Governo, approvato dal Senato.
(Parere alle Commissioni riunite I e II).
(Esame e conclusione - Parere favorevole).
Franco NARDUCCI, relatore, osserva che il provvedimento in parola reca disposizioni volte a fornire risposte adeguate al bisogno di sicurezza quotidiano dei cittadini, introducendo, tra l'altro, norme tese a consentire l'allontanamento dal territorio nazionale di soggetti la cui presenza contrasti con esigenze imperative di pubblica sicurezza. Il decreto-legge n. 181 del 2007, in scadenza il 1o gennaio 2008, a seguito delle modifiche introdotte dal Senato, consta di quattro articoli. Esso introduce una serie di modifiche testuali al decreto legislativo n. 30 del 2007 che ha recepito nell'ordinamento interno la direttiva europea 2004/38/CE, concernente il diritto dei cittadini dell'Unione e dei loro familiari di circolare e di soggiornare liberamente nel territorio degli Stati membri. Fanno eccezione i commi 2-bis, 2-ter e 2-quater, che novellano invece il decreto legislativo n. 215 del 2003, in tema di parità di trattamento tra le persone indipendentemente dalla razza e dall'origine etnica.
Evidenzia innanzitutto che il decreto da convertire - ferma restando la competenza del Ministro dell'interno di disporre l'allontanamento per motivi di ordine pubblico (comma 7) - attribuisce al prefetto la competenza ad adottare provvedimenti di allontanamento nei confronti di cittadini dell'Unione europea per imperativi motivi di pubblica sicurezza (comma 7-bis). Detti provvedimenti sono immediatamente eseguibili dal questore in applicazione dell'articolo 13, comma 5-bis, del testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell'immigrazione e norme sulla condizione dello straniero (decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286), estendendo pertanto ai cittadini dell'Unione europea la normativa relativa ai cittadini stranieri non appartenenti all'UE. Resta di competenza del Ministro dell'interno l'adozione del provvedimento quando esso si fondi su motivi relativi alla sicurezza dello Stato, nonché i provvedimenti di allontanamento relativi ai minori e comunitari soggiornanti nel territorio nazionale nei precedenti dieci anni (articolo 20, comma 5).
Ricorda che, nell'attuale contesto generale di riferimento, è stato sollecitato l'intervento dell'Unione Europea al fine di risolvere in maniera strutturale il problema oggetto del presente decreto- legge, chiedendo in particolare misure volte a conoscere meglio i movimenti delle persone nel territorio dell'Unione nonché la destinazione di fondi strutturali per assistere ai rimpatri dei Rom attraverso politiche di inclusione sociale.
In sintesi, rileva che le modifiche legislative appaiono funzionali a una riclassificazione dei presupposti definiti dal testo previgente (motivi di ordine e di sicurezza pubblica; motivi di pubblica sicurezza ridondanti in rischio per la sicurezza dello Stato) in più distinti e autonomi presupposti, ciascuno di per sé legittimante l'allontanamento: motivi di ordine pubblico; motivi di sicurezza dello Stato; motivi di pubblica sicurezza; motivi imperativi di pubblica sicurezza. La predetta riclassificazione incide sia sulla titolarità del potere di allontanamento sia sulle modalità di esercizio di tale potere, ampliando in particolare il potere prefettizio. Il principale elemento di innovazione in tema di competenza all'allontanamento risiede peraltro nella attribuzione della relativa titolarità al prefetto ove i motivi legittimanti attengano alla pubblica sicurezza (articolo 20, comma 7-bis). Il comma 7-ter introduce una definizione legislativa della nuova nozione di motivi imperativi di pubblica sicurezza: essi ricorrono quando il cittadino dell'Unione o un suo familiare che non abbia la cittadinanza di uno Stato membro, abbia tenuto «comportamenti che costituiscono una minaccia effettiva, concreta e grave alla dignità umana o ai diritti fondamentali della persona umana ovvero all'incolumità pubblica, rendendo urgente l'allontanamento perché la sua ulteriore permanenza sul territorio è incompatibile con la civile e sicura convivenza». Il comma 7-quater integra il comma precedente individuando una serie di elementi che devono essere presi in considerazione dal prefetto in sede di adozione del provvedimento di allontanamento dal territorio nazionale per motivi imperativi di pubblica sicurezza.
Infine, il succitato comma 7-quater fa riferimento all'eventuale applicazione di misure di prevenzione o di allontanamento disposte da autorità straniere.
Illustra poi i commi 2-bis, 2-ter e 2-quater dell'articolo 1 - introdotti nel corso dell'esame del disegno di legge di conversione del decreto presso il Senato - novellano il decreto legislativo n. 215 del 2003, in tema di parità di trattamento tra le persone indipendentemente dalla razza e dall'origine etnica. Viene modificato il comma 3 dell'articolo 2 sostituendo fra le parole «umiliante» e «offensivo» la particella «e» con la particella «o». Ciò comporta che costituiscono discriminazione anche le molestie o i comportamenti indesiderati che hanno come scopo o effetto di violare la dignità di una persona così da creare un clima intimidatorio, ostile, degradante umiliante o offensivo.
Infine, rispetto all'attuale formulazione dell'articolo 3 della legge n. 654 del 1975 rileva, oltre ad un ampliamento delle ipotesi discriminatorie sanzionate (attraverso il rinvio alla formulazione del trattato europeo), le seguenti differenze: inasprimento della sanzione penale; sostituzione del termine «istigazione» con il diverso termine «incitamento, eliminazione della condotta penalmente rilevante della propaganda di idee fondate sulla superiorità o sull'odio razziale o etnico. Al riguardo, osserva che tale eliminazione contrasta evidentemente con il dettato della Convenzione di New York, che come si ricorderà prevede una sanzione penale per le condotte finalizzate a propagandare l'odio razziale o etnico.
Precisa che il provvedimento, a detta della relazione del Governo che lo accompagna, non comporta nuovi o maggiori oneri per il bilancio dello Stato, in quanto le modifiche apportate al citato decreto legislativo n. 30 del 2007 trovano copertura negli ordinari stanziamenti previsti per le espulsioni degli stranieri irregolarmente soggiornanti. Sottolinea, quindi, che il testo licenziato dal Senato reca alcuni punti che necessitano di precisazioni e forse di successive modifiche, peraltro preannunciate, riguardanti ad esempio la citazione dell'articolo 13, n. 1, del Trattato di Amsterdam, che in effetti riguarda il Trattato della Comunità Europea, modificato dal Trattato di Amsterdam. Conclude osservando che il provvedimento in esame contiene aspetti di carattere generale che richiedono il parere della III Commissione, che tuttavia è toccata marginalmente dalle questioni specifiche sulle quali si soffermeranno le Commissioni di merito. Preannuncia, infine, un parere favorevole che si riserva di formulare tenendo conto degli eventuali interventi dei colleghi.
Il viceministro Ugo INTINI si rimette alle considerazioni svolte dal relatore.
Marco ZACCHERA (AN) sottolinea il grande rilievo del provvedimento in esame per la III Commissione, in considerazione delle conseguenze particolarmente significative sul piano delle relazioni tra Stati. Manifesta poi vive perplessità sulla mancanza di oneri aggiuntivi che lascia, peraltro, sospettare circa la reale portata applicativa del decreto-legge. Invita la Commissione a dedicare pertanto all'esame, sia pure in sede consultiva del provvedimento tutto il tempo necessario.
Tana DE ZULUETA (Verdi) evidenzia le criticità che sono derivate dal ricorso su una materia così delicata alla decretazione d'urgenza, per di più stralciando alcune norme da un più ampio intervento legislativo che era in corso. Ne lamenta peraltro la pessima divulgazione avvenuta sui mezzi di comunicazione, che ha ingiustamente colpito il popolo rumeno in generale ed in particolare le comunità Rom e Sinti. Rammenta, al riguardo, il vero e proprio rimprovero che l'Italia ha ricevuto dal Presidente della Commissione europea, Barroso, facendo altresì riferimento ai giudizi negativi che sia l'Unione europea che il Consiglio d'Europa hanno espresso sulla situazione dei Rom e dei Sinti in Italia. Ritenendo comunque intollerabile ogni criminalizzazione xenofoba, osserva che il Senato ha in parte riequilibrato il testo, ma non ha potuto certo recuperare il danno di immagine subito dal Paese. Pur preannunciando il suo voto favorevole, esprime un profondo disagio per un provvedimento ispirato dalla propaganda, senza alcuna considerazione della posizione internazionale dell'Italia.
Alessandro FORLANI (UDC) concorda con l'opportunità di una riflessione approfondita, pur rinviando ovviamente alle Commissioni di merito l'esame analitico delle norme. Sottolinea la gravità del fatto che l'immigrazione comunitaria si stia rilevando talora più problematica di quella extra-comunitaria e richiama le precedenti preoccupazioni per un forse troppo frettoloso allargamento dell'Unione europea. Giudica però odiosa l'identificazione criminalizzante che è stata operata nei confronti dei rumeni e dei Rom, osservando come spesso si parli senza una reale conoscenza delle questioni. Pur rendendosi conto che la concentrazione temporale di alcuni delitti possa aver provocato una generalizzazione emotiva della percezione dell'emergenza, ricorda come avrebbe potuto essere adottata una moratoria, stante il fondato timore di un abuso dei benefici comunitari. Condivide, quindi, l'esigenza di un atto normativo, non solo sulla base della contingenza, ma anche in previsione di ulteriori ampliamenti dell'Unione. Quanto alla tendenza evocata dalla collega De Zulueta a chiamare in causa l'Europa per una sorta di scarico di responsabilità, pur evidenziando come il riferimento critico debba essere indirizzato al Presidente del Consiglio, non se ne dichiara scandalizzato dal momento che, il problema è europeo, tenendo conto della fortissima pressione cui l'Italia è esposta ed essendo gli Stati membri colpiti in modo diverso.
Segnala, comunque, i limiti che ad avviso del suo gruppo il decreto-legge contiene circa l'accompagnamento alla frontiera, la ripartizione delle competenze procedurali, la sostituzione del giudice di pace con il giudice monocratico, la presunzione della permanenza per tre mesi. Tali limiti dipendono, a suo avviso, da una voluta genericità imposta dall'esigenza di tenere insieme la maggioranza. Ne viene fuori un provvedimento zoppicante, la cui applicabilità risulta alquanto minata. Preannunciando quindi il suo voto contrario, tiene a ribadire il grande valore che ha per l'Italia l'immigrazione e la necessità di limitare il ricorso alle nuove misure alle situazioni accertate di pericolo sociale, senza alcun intento discriminatorio.
Giorgio CARTA (Misto), associandosi alle considerazioni svolte dalla collega De Zulueta, osserva che il fenomeno migratorio rappresenta un problema che l'Europa deve affrontare nel suo complesso. Manifesta forti dubbi sulla possibilità di imporre barriere e ricorda come ormai per molti lavori non vi siano italiani disponibili. Lamenta al riguardo l'insufficiente impegno nella predisposizione delle capacità di accoglienza. Invita, quindi, il relatore alla formulazione di un parere da cui emergano le criticità insite nel provvedimento, che giudica peraltro farraginoso. Conclude sottolineando l'inefficacia della legislazione emergenziale che resta però preferibile al vuoto normativo.
Sabina SINISCALCHI (RC-SE) concorda sul giudizio negativo circa la legislazione d'emergenza e critica il ricorso alla decretazione d'urgenza sull'onda dell'emotività. Fa presente che anche i sindacati delle forze di polizia hanno espresso al riguardo osservazioni critiche. Manifesta quindi profondo disagio per l'impatto del provvedimento sul piano internazionale, che ha addirittura condotto ad un paragone tra l'Italia e lo Zimbabwe sul Wall Street Journal! Apprezza che successivamente sia entrata in azione la diplomazia e conclude condividendo le osservazioni della collega De Zulueta.
Gianni FARINA (PD-U) preannuncia il suo voto favorevole, sulla base del fatto che si tratti di un primo provvedimento da migliorare, dopo l'esaurimento della fase emotiva. Contesta il ricorso a distinzioni di natura etnica, riaffermando il valore della nazione che deriva dalla tradizione francese e che si fonda su solidarietà, convivenza, memoria e conoscenza. Contesta, altresì, che i delitti comuni siano considerati alla stregua di attentati alla sicurezza dello Stato, mentre invece si pone un grande problema di integrazione per cui occorre una battaglia europea.
Claudio AZZOLINI (FI), nell'apprezzare la qualità ed il respiro degli interventi svolti, lamenta l'inadeguatezza dell'intervento legislativo a fronte della difficile situazione in cui i cittadini hanno il diritto di essere tutelati da chi li governa.
Franco NARDUCCI (PD-U), relatore, precisa di non aver voluto in alcun modo restringere la competenza consultiva della Commissione e condivide le considerazioni svolte dai colleghi. Lamenta però il fatto che sul piano internazionale molto spesso quello che avviene in Italia è oggetto di clamorosa denuncia, mettendo a raffronto il fatto che nessuno si è mai scandalizzato per le espulsioni subite dagli italiani per reati minori in alcuni länder tedeschi. Invita a fare di più, anche per l'integrazione dei Rom , ma nel concreto. Aderisce peraltro all'esigenza di un approccio europeo al problema, come richiesto dal Presidente del Consiglio nel suo incontro con l'omologo rumeno. Illustra infine una proposta di parere favorevole (vedi allegato).
Il viceministro Ugo INTINI rileva la situazione paradossale che si è sperimentata per cui sembrerebbe più difficile l'integrazione di cittadini comunitari rispetto a quelli extra-comunitari. Condivide la riflessione sulle conseguenze dell'impatto mediatico che ha fatto assumere un atteggiamento non sempre equilibrato. Lamenta che l'Italia non è del tutto in regola con i parametri internazionali dei diritti umani, pur volendo spesso dare lezioni in materia. Rileva come sia stato facile dichiararsi anti-razzisti prima che gli immigrati divenissero numerosi, ma ricorda le discriminazioni subite al Nord dai meridionali e chiama a testimone in proposito il deputato Carta, che è stato assessore all'emigrazione della regione sarda. Cita il pesante giudizio espresso dall'Economist, per cui la risposta italiana sarebbe stata un misto di cinismo, ipocrisia ed isteria, ma evidenzia come il problema non sia il decreto-legge in sé ma l'esigenza di un'armonizzazione europea dell'ordinamento italiano. Rileva, però, che nel nostro Paese le leggi che altrove funzionano sarebbero difficilmente applicabili con successo, sia per il cattivo funzionamento del sistema giudiziario sia per i difetti dei mezzi di comunicazione che privilegiano la cronaca nera. Conclude apprezzando il fatto che la Commissione abbia ancora una volta dato prova di un'elevata capacità di approfondimento.
Umberto RANIERI, presidente, osserva come, di fronte ad una materia delicata e complessa, la Commissione abbia assunto le sue responsabilità, all'interno della sua sfera di competenza. Con riferimento alle spinte emotive che avrebbero ispirato il decreto-legge, rileva che si tratta comunque di sentimenti dell'opinione pubblica che chi governa deve gestire fornendo adeguate rassicurazioni, ferma restando l'esigenza di incidere sulle cause dei fenomeni e di evitare le strumentalizzazioni. Lamenta l'ancora inadeguata dimensione sovranazionale del problema migratorio, non per rivalersi su Bruxelles, ma per denunciare un ritardo non solo italiano, senza tuttavia ridurre le responsabilità nazionali o trascurare certi vizi come quello dell'anti-razzismo di maniera evocato dal rappresentante del Governo. Ritiene, quindi, che il dibattito svoltosi abbia arricchito il confronto politico, ricollegandosi alla discussione avutasi in Senato, e che il parere illustrato dal relatore ne tenga compiutamente conto. Chiede, infine, al collega Zacchera, che aveva inizialmente richiesto che la Commissione svolgesse il suo esame con tutto il tempo necessario, se il suo gruppo propone o meno di rinviare il seguito dell'esame stesso.
Marco ZACCHERA (AN) ritiene che la Commissione possa votare il parere nella seduta odierna, alla luce del dibattito svoltosi che ha confermato il suo richiamo iniziale all'importanza del ruolo della stessa Commissione nella materia. Nel preannunciare il suo voto contrario, critica la redazione del provvedimento che non affronta i veri problemi. Bando all'ipocrisia, afferma che il decreto-legge in esame non è altro che il frutto di un diktat imposto dal sindaco di Roma e segretario del primo partito di governo, dopo che lo stesso Ministro dell'interno aveva dichiarato che non ce n'era bisogno. Osserva che l'ipocrisia si è riproposta in Senato, dove sono state inserite norme contraddittorie al solo scopo di tenere unita la maggioranza. Nel denunciare il ritardo della revisione della legge Bossi-Fini che pure era stato clamorosamente annunciato, ne imputa la responsabilità al Governo che ha saputo emanare un decreto-legge assolutamente inapplicabile. Apprezza comunque che il relatore abbia voluto inserire nelle premesse della proposta di parere alcuni dei rilievi critici emersi.
Umberto RANIERI, presidente, nessun altro chiedendo di intervenire, osserva che la discussione odierna è la conferma dell'attenzione prestata alla materia dalla Commissione, che non si è sottratta dal confronto anche critico.
La Commissione approva la proposta di parere favorevole formulata dal relatore.
La seduta termina alle 10.15.
ALLEGATO
Decreto-legge 181/07: Disposizioni urgenti in materia di allontanamento dal territorio nazionale per esigenze di pubblica sicurezza (C. 3292 Governo, approvato dal Senato).
PARERE APPROVATO DALLA COMMISSIONE
La III Commissione (Affari esteri e comunitari),
esaminato, per le parti di sua stretta competenza, il disegno di legge n. 3292 di conversione in legge del decreto-legge n. 181 del 2007 recante disposizioni urgenti in materia di allontanamento dal territorio nazionale per esigenze di pubblica sicurezza, nel testo modificato dal Senato;
manifestata viva preoccupazione per le conseguenze che la decretazione d'urgenza ha comportato sul piano delle relazioni internazionali dell'Italia;
sottolineato che il diritto di libera circolazione costituisce uno dei principi-cardine del processo di integrazione europea;
rammentato lo spirito di apertura del nostro Paese nel rispetto dell'ordinamento europeo ed internazionale;
evidenziata la necessità di politiche tese a favorire l'integrazione sociale e professionale dei cittadini immigrati in Italia, nonché volte a favorire migliori condizioni abitative;
rilevato, all'articolo 1-bis, l'impreciso riferimento relativo al Trattato di Amsterdam, da ricollegarsi piuttosto al Trattato che istituisce la Comunità europea, come da quest'ultimo modificato;
segnalata l'esigenza che sia mantenuta la sanzione penale della propaganda di idee fondate sulla superiorità o sull'odio razziale o etnico, prevista all'articolo 4 dalla Convenzione di New York del 1966 contro il razzismo, ratificata dalla legge n. 654 del 1975,
esprime
PARERE FAVOREVOLE
Martedì 18 dicembre 2007. - Presidenza del presidente Lino DUILIO. - Interviene il sottosegretario di Stato per l'economia e le finanze Mario Lettieri.
La seduta comincia alle 14.10.
DL 181/07: Disposizioni urgenti in materia di allontanamento dal territorio nazionale per esigenze di pubblica sicurezza.
C. 3292-A Governo, approvato dal Senato, ed emendamenti.
(Parere all'Assemblea).
(Esame e conclusione - Nulla osta - Parere su emendamenti).
La Commissione inizia l'esame del provvedimento.
Michele BORDO (PD-U), relatore, nell'illustrare il contenuto del provvedimento con particolare riferimento ai suoi profili finanziari, si sofferma in primo luogo sull'articolo 1, il quale modifica la disciplina dell'allontanamento dei cittadini comunitari, per esigenze di pubblica sicurezza di cui al decreto legislativo n. 30 del 2007, ed in particolare dispone l'introduzione di un nuovo comma 7-bis all'articolo 20 che prevede, tra l'altro, l'esecuzione immediata da parte del questore del provvedimento di allontanamento per «motivi imperativi di pubblica sicurezza» adottato dal prefetto competente territorialmente e la convalida dell'esecuzione da parte del giudice di pace con eventuale trattenimento del destinatario - nelle more della decisione - in un centro di permanenza temporanea ed assistenza (CPTA), secondo il procedimento di cui all'articolo 13, comma 5-bis del decreto legislativo n. 286 del 1998. La novella attribuisce al prefetto l'adozione dei provvedimenti di allontanamento «per motivi di pubblica sicurezza» confermando la competenza del Ministro dell'interno (articolo 20, comma 7) per l'adozione dell'allontanamento «per motivi di ordine pubblico o di sicurezza dello Stato», nonché per quello relativo ai soggetti di cui al comma 5 dell'articolo 20, ovvero i minori e i comunitari soggiornanti nel territorio nazionale nei precedenti dieci anni. Viene inoltre introdotto l'articolo 20-bis che prevede che qualora il destinatario del provvedimento d'allontanamento per «motivi imperativi di pubblica sicurezza» sia sottoposto a procedimento penale, trovino applicazione le disposizioni di cui all'articolo 13, commi 3, 3-bis, 3-ter, 3-quater e 3-quinquies del decreto legislativo n. 286 del 1998 che prevedono l'acquisizione - entro 15 giorni - del nulla osta all'espulsione dell'autorità giudiziaria e che il questore possa, nelle more del rilascio dello stesso, disporre il trattenimento in strutture già destinate per legge alla permanenza temporanea (comma 2). La relazione tecnica, afferma che le modifiche apportate al decreto legislativo n. 30 del 2007, trovano già copertura negli stanziamenti dell'Amministrazione dell'interno per le espulsioni degli stranieri irregolarmente soggiornanti; stanziamenti quantificati anche con riferimento alle espulsioni di cittadini di Stati che sono recentemente entrati a far parte dell'Unione europea. A tale riguardo segnala che le risorse destinate ai rimpatri e al trattenimento ammontano per il 2007, rispettivamente, ad euro 10.439.009 e a euro 122.226.553. Lo stanziamento relativo alla gestione dei centri di permanenza ha avuto uguale dotazione anche nell'anno 2006 ed identico importo è previsto per il 2008. Per i rimpatri, invece, lo stanziamento nel 2007 è stato ridotto del 16,19 per cento rispetto al 2006, a fronte di una parallela flessione delle espulsioni ed è confermato nello stesso ammontare per il 2008. Le fattispecie suscettibili di produrre degli oneri sono dalla relazione tecnica ricondotte a quelle determinabili dalle norme di nuova introduzione di cui al comma 7-bis dell'articolo 20 e all'articolo 20-bis. A tale riguardo, la relazione tecnica afferma che il numero degli allontanamenti dei cittadini dell'Unione è da stimarsi in misura notevolmente inferiore rispetto al numero di espulsioni di cittadini rumeni e bulgari effettuate prima dell'ingresso dei relativi paesi nell'Unione europea, essendo diverse le condizioni che giustificano le stesse. I cittadini rumeni espulsi nel 2004 sono stati 11.628, nel 2005 10.702 e nel 2006 7.926; quelli transitati nei CPTA sono stati 3.554 nel 2004, 4.980 nel 2005 e 4.175 nel 2006. Parimenti i cittadini bulgari espulsi nel 2004 sono stati 11.628, nel 2005 10.702 e nel 2006 7.926; quelli transitati nei CPTA sono stati 343 nel 2004, 273 nel 2005 e 223 nel 2006. Gli allontanamenti dei cittadini comunitari, infatti, sono immediatamente esecutivi solo quando sono basati su «motivi imperativi di pubblica sicurezza» o su «motivi di sicurezza dello Stato», laddove le espulsioni di cittadini extracomunitari sono di regola eseguite con accompagnamento coattivo alla frontiera solo nei casi di irregolarità del soggiorno. Conseguentemente, anche le convalide da parte dei giudici di pace, collegate all'esecuzione immediata, si possono stimare, secondo la relazione tecnica, in un numero notevolmente inferiore rispetto a quelle che negli anni precedenti hanno riguardato i cittadini degli Stati neo-comunitari. Pertanto, sarebbero decisamente inferiori gli oneri derivanti dall'eventuale trattenimento, per un periodo massimo di quattro giorni nei Centri di permanenza temporanea e assistenza in attesa della convalida dell'esecuzione dell'allontanamento in base a quanto previsto dal nuovo comma 7-bis all'articolo 20. Il periodo massimo di trattenimento di un cittadino extracomunitario, ai sensi dell'articolo 14, comma 5 del decreto legislativo n. 286 del 1998, è stabilito in 30 giorni-quando l'accertamento dell'identità e della nazionalità ovvero l'acquisizione dei documenti per il viaggio presenti gravi difficoltà - laddove il periodo massimo di trattenimento per i cittadini comunitari non può superare i 19 giorni, quindici per l'ottenimento del nulla osta nel caso di straniero sottoposto a procedimento penale (in base a quanto previsto dal nuovo articolo 20-bis) più quattro per la convalida dell'esecuzione, ed atteso che l'allontanamento ai sensi del decreto in esame non può che presupporre la certezza dell'identità e della nazionalità comunitaria della persona da allontanare.
In proposito, rileva che il provvedimento non appare presentare profili problematici di carattere finanziario nel presupposto che agli oneri derivanti dalle fattispecie previste dal nuovo comma 7-bis dell'articolo 20 e dal nuovo articolo 20-bis del decreto legislativo n. 30 del 2007 si possa far fronte con le risorse già previste a legislazione vigente.
Con riferimento alle proposte emendative trasmesse dall'Assemblea, segnala che alcune di queste presentano evidenti profili problematici per quel che attiene alla quantificazione degli oneri ovvero alla relativa copertura. Ricorda gli emendamenti 1.9 e 1.210, i quali istituiscono un fondo per gli accertamenti finalizzati all'adozione di provvedimenti di allontanamento con una dotazione di 500 milioni di euro annui a decorrere dall'anno 2008 prevedendo che alla relativa copertura si provveda mediante corrispondente riduzione dell'accantonamento del fondo speciale di parte corrente relativo al Ministero dell'economia, il quale tuttavia non reca le necessarie disponibilità e l'emendamento 1.81, che istituisce un fondo per gli accertamenti finalizzati all'adozione di provvedimenti di allontanamento di 50 milioni di euro annui per ciascuno degli anni 2008, 2009 e 2010, prevedendo che a tale fondo affluiscano le risorse del fondo per l'inclusione sociale degli immigrati di cui all'articolo 1, comma 1267, della legge n. 296 del 2006 che, mentre presenta uno stanziamento di 50 milioni di euro per ciascuno degli anni 2008 e 2009, non reca una specifica autorizzazione di spesa per l'anno 2010.
Chiede quindi chiarimenti in ordine alle eventuali conseguenze finanziarie di ulteriori proposte emendative. Segnala in primo luogo l'emendamento 1-ter.3, che prevede, tra le altre cose, la definizione, da parte di una Commissione designata dal Ministro dell'interno, del contenuto di una prova da far effettuare nel paese di residenza ai cittadini stranieri che richiedano il ricongiungimento familiare per verificare la conoscenza della lingua italiana e dei valori della Repubblica. Si prevede inoltre che in caso di necessità, l'autorità amministrativa organizzi per lo straniero nel suo paese di residenza una formazione la cui durata non può superare i due mesi e che, se il visto è accordato, le spese sostenute per l'esame di impronte genetiche sono rimborsate dallo Stato. Segnala ancora l'articolo aggiuntivo 1-ter.03, il quale prevede che il giudice possa disporre con ordinanza motivata il prelievo di capelli, di peli o di mucosa del cavo orale ai fini della determinazione del profilo del DNA su minori per i quali sussiste il sospetto che siano stati sottratti ai propri genitori.
Il sottosegretario Mario LETTIERI conferma che il provvedimento non appare presentare profili problematici di carattere finanziario. Segnala infatti che, nello stato di previsione del Ministero dell'interno, il capitolo 2351, concernente le spese di accoglienza in favore di stranieri, prevede per il 2008 uno stanziamento di competenza di euro 129,3 milioni di euro, identico allo stanziamento definitivo previsto per il medesimo capitolo. Le spese per il rimpatrio di stranieri gravano, invece, sullo stanziamento complessivo dei capitoli 2624, 2535, 2536, il cui ammontare di competenza per il 2008, pari ad euro 643,9 milioni di euro per il 2008, risulta maggiore rispetto allo stanziamento sul corrispondente capitolo 2424 per il 2007, pari a 638,9 milioni di euro. Fa peraltro presente che eventuali maggiori occorrenze per l'accoglienza e i rimpatri potranno comunque essere fronteggiate mediante variazioni compensative da effettuarsi all'interno di ciascuno dei capitoli sopra richiamati. Rileva infine che tutte le proposte emendative richiamate dal relatore appaiono suscettibili di determinare nuovi o maggiori oneri privi di quantificazione e di copertura.
Michele BORDO (PD-U), relatore, formula quindi la seguente proposta di parere:
«La V Commissione Bilancio, tesoro e programmazione,
sul testo del provvedimento,
esprime
NULLA OSTA
sugli emendamenti trasmessi dall'Assemblea;
esprime
PARERE CONTRARIO
sugli emendamenti, 1.9, 1.81, 1.210, 1-ter.3 e sull'articolo aggiuntivo 1-ter.03, in quanto suscettibili di determinare nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica privi di idonea quantificazione e copertura;
NULLA OSTA
sui restanti emendamenti contenuti nel fascicolo n. 1».
La Commissione approva la proposta di parere.
La seduta termina alle 14.20.
Mercoledì 12 dicembre 2007. - Presidenza del presidente Mimmo LUCÀ.
La seduta comincia alle 9.50.
DL 181/2007: Disposizioni urgenti in materia di allontanamento dal territorio nazionale per esigenze di pubblica sicurezza.
C. 3292 Governo, approvato dal Senato.
(Parere alle Commissioni riunite I e II).
(Esame e rinvio).
La Commissione inizia l'esame del provvedimento in oggetto.
Giuseppe LUMIA (PD-U), relatore, ricorda che la Commissione è chiamata ad esprimere il parere di competenza alle Commissioni riunite I e II sul disegno di legge di conversione del decreto-legge 1o novembre 2007, n. 181. In proposito, fa presente, con riferimento allo specifico ambito di competenza della Commissione, che l'articolo 1, lettera c), del citato decreto-legge modifica la disciplina dettata dall'articolo 20, comma 5, del decreto legislativo 6 febbraio 2007, n. 30, relativa ai provvedimenti di allontanamento dei cittadini dell'Unione europea che hanno soggiornato nel territorio nazionale nei precedenti dieci anni o che siano minorenni.
Il testo previgente del citato comma 5 dell'articolo 20 condizionava il provvedimento di allontanamento dal territorio nazionale alla sussistenza di «motivi di pubblica sicurezza che mettano a repentaglio la sicurezza dello Stato».
Il decreto-legge in esame, nel riformulare il testo di tale disposizione, individua il presupposto dell'allontanamento nella sussistenza di «motivi di sicurezza dello Stato» ovvero di «motivi imperativi di pubblica sicurezza».
Va ricordato che, in base all'articolo 28 della direttiva 2004/38/CE, le sopraccitate categorie di cittadini non possono essere oggetto di una decisione di allontanamento, salvo che la stessa decisione sia adottata per «motivi imperativi di pubblica sicurezza definiti dallo Stato». Resta comunque salva la possibilità di allontanamento del minore disposta nel suo stesso interesse, secondo quanto previsto dalla Convenzione sui diritti del fanciullo del 20 novembre 1989, ratificata con legge 27 maggio 1991, n. 176.
Il medesimo decreto-legge n. 181 del 2007 (come riformulato nel corso dell'esame presso il Senato del relativo disegno di legge di conversione) introduce, altresì, un comma 7-ter nell'articolo 20 del decreto legislativo n. 30 del 2007, che reca una specifica definizione della nozione di motivi imperativi di pubblica sicurezza.
Tali motivi ricorrono, in particolare, quando il cittadino dell'Unione o un suo familiare che non abbia la cittadinanza di uno Stato membro, abbia tenuto «comportamenti che costituiscono una minaccia effettiva, concreta e grave alla dignità umana o ai diritti fondamentali della persona umana ovvero all'incolumità pubblica, rendendo urgente l'allontanamento perché la sua ulteriore permanenza sul territorio è incompatibile con la civile e sicura convivenza».
Per quanto concerne l'individuazione dell'autorità competente all'adozione del provvedimento di allontanamento nei confronti dei suddetti soggetti, il comma 7 dell'articolo 20 del decreto legislativo n. 30 del 2007, come riformulato dal decreto-legge n. 181 del 2007, prevede che tale misura sia assunta dal Ministro dell'interno con atto motivato, salvo che vi ostino motivi attinenti alla sicurezza dello Stato, e che sia tradotta in lingua comprensibile al destinatario, o in inglese.
Alla luce di quanto sopra esposto, la disposizione di cui al nuovo articolo 20, comma 5, del decreto legislativo n. 30 del 2007, sembrerebbe intesa ad un ampliamento dei presupposti della misura di allontanamento nei riguardi dei cittadini dell'Unione europea minori di età. La norma, infatti, facendo riferimento ai «motivi di sicurezza dello Stato» e «ai motivi imperativi di pubblica sicurezza» (in luogo dei più circoscritti «motivi di pubblica sicurezza che mettano a repentaglio la sicurezza dello Stato»), parrebbe attuare un sostanziale rafforzamento dei poteri di allontanamento.
In termini più generali, osserva che il provvedimento in esame solleva il problema della definizione di un diritto alla sicurezza «di nuova generazione», concepito in modo da assicurare il contemperamento tra tale diritto e i diritti soggettivi della persona. Rileva altresì che la modifica delle disposizioni in materia di allontanamento dei minori, su cui si è testé soffermato, rende necessaria una riflessione sulle tutele dei minori interessati, anche mediante l'eventuale introduzione di forme di tutoraggio.
Mimmo LUCÀ, presidente, nessuno chiedendo di intervenire, rinvia il seguito dell'esame ad altra seduta.
SEDE CONSULTIVA
Giovedì 13 dicembre 2007. - Presidenza del presidente Mimmo LUCÀ.
La seduta comincia alle 10.
DL 181/2007: Disposizioni urgenti in materia di allontanamento dal territorio nazionale per esigenze di pubblica sicurezza.
C. 3292 Governo, approvato dal Senato.
(Parere alle Commissioni riunite I e II).
(Seguito dell'esame e conclusione - Parere favorevole con osservazione).
La Commissione prosegue l'esame del provvedimento in oggetto, rinviato nella seduta del 12 dicembre 2007.
Giuseppe LUMIA (PD-U), relatore, formula una proposta di parere favorevole con osservazione (vedi allegato), volta a recepire le valutazioni espresse dai colleghi nel corso della discussione. In particolare, fa presente di aver inserito nell'osservazione, anche su richiesta di alcuni deputati appartenenti ai gruppi di opposizione, un riferimento alla Convenzione ONU sui diritti del fanciullo del 20 novembre 1989, ratificata dallo Stato italiano con la legge 27 maggio 1991, n. 176.
Lalla TRUPIA (SDpSE) dichiara di condividere il riferimento alla Convenzione sui diritti del fanciullo, che pure considera, per certi versi, abbastanza datata, e invita il relatore a verificare che il progetto individualizzato nei confronti del minore, citato nella proposta di parere, sia previsto anche nel caso di allontanamento del minore ai sensi della predetta Convenzione.
Francesco Paolo LUCCHESE (UDC) invita il relatore a valutare l'opportunità di aggiungere, nella sua proposta di parere, un riferimento esplicito all'interesse del minore come motivo dell'allontanamento.
Giuseppe LUMIA (PD-U), relatore, ritiene che l'attuale formulazione dell'osservazione contenuta nella sua proposta di parere risponda adeguatamente alle preoccupazioni espresse dai colleghi Trupia e Lucchese.
Nessun altro chiedendo di intervenire, la Commissione approva la proposta di parere del relatore.
La seduta termina alle 10.15.
Disposizioni urgenti in materia
di allontanamento dal territorio nazionale
per esigenze di pubblica sicurezza (C. 3292 Governo).
PARERE APPROVATO DALLA COMMISSIONE
La XII Commissione,
esaminato, per le parti competenza, il disegno di legge C. 3292 Governo, approvato dal Senato, recante conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge n. 181 del 2007: «Disposizioni urgenti in materia di allontanamento dal territorio nazionale per esigenze di pubblica sicurezza»,
esprime
PARERE FAVOREVOLE
con la seguente osservazione:
valutino le Commissioni di merito l'opportunità di inserire, all'articolo 1, lettera c), una disposizione al fine di prevedere che il Ministero dell'interno, tenuto conto della Convenzione ONU sui diritti del fanciullo del 20 novembre 1989, ratificata dallo Stato italiano con la legge 27 maggio 1991, n. 176, al momento dell'allontanamento del minore concordi con il Paese destinatario del decreto di allontanamento un progetto individualizzato nei confronti del minore medesimo, in grado di intervenire socialmente sulle cause di disagio o di emarginazione che caratterizzano il suo stato anche familiare.
XIV COMMISSIONE PERMANENTE
(Politiche
Unione Europea)
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Resoconto di giovedì 13 dicembre 2007
SEDE CONSULTIVA
Giovedì 13 dicembre 2007. - Presidenza del presidente Franca Bimbi.
La seduta comincia alle 10.05.
DL 181/07 recante disposizioni urgenti in materia di allontanamento dal territorio nazionale per esigenze di pubblica sicurezza.
C. 3292 Governo, approvato dal Senato.
(Parere alle Commissioni riunite I e II).
(Esame e conclusione - Parere favorevole con osservazione).
La Commissione inizia l'esame.
Franca BIMBI, presidente, sospende la seduta, che riprenderà non appena i lavori dell'Assemblea saranno sospesi.
La seduta, sospesa alle 10.10, è ripresa alle 10.35.
Franca BIMBI, presidente, in sostituzione del relatore Frigato, illustra il disegno di legge in esame che dispone la conversione del decreto-legge 1o novembre 2007, n. 181, recante «Disposizioni urgenti in materia di allontanamento dal territorio nazionale per esigenze di pubblica sicurezza» volto a modificare il decreto legislativo 6 febbraio 2007, n. 30, di attuazione della direttiva 2004/38/CE relativa al diritto dei cittadini dell'Unione e dei loro familiari di circolare e di soggiornare liberamente nel territorio degli Stati membri. A seguito delle modifiche introdotte dal Senato, il testo originario del decreto-legge, composto di 2 articoli, è stato integrato con ulteriori 2 articoli. Il testo del decreto, come modificato dal Senato in sede di esame del disegno di legge di conversione, consta pertanto di quattro articoli.
L'articolo 1 reca diverse modifiche testuali al decreto legislativo n. 30/2007, principalmente volte a ridefinire i presupposti e le modalità di esecuzione degli allontanamenti dal territorio nazionale dei cittadini dell'Unione europea e dei loro familiari, quando tali provvedimenti sono adottati per motivi di pubblica sicurezza. I commi 2-bis, 2-ter e 2-quater dell'articolo, peraltro, recano materia diversa, novellando il decreto legislativo n. 215/2003 in tema di parità di trattamento indipendentemente dalla razza e dall'origine etnica.
L'articolo 1-bis interviene sull'articolo 3 della legge n. 654/1975 con l'intento di sanzionare penalmente chiunque incita a commettere o commette atti di violenza, di provocazione alla violenza o di discriminazione, di cui all'articolo 13 di Amsterdam. Attraverso questa disposizione - introdotta nel corso dell'esame del disegno di legge presso il Senato - il legislatore intende sanzionare penalmente chiunque incita a commettere o commette atti di violenza, di provocazione alla violenza o di discriminazione che siano fondati sul sesso, la razza o l'origine etnica, la religione o le convinzioni personali, gli handicap, l'età o le tendenze sessuali. Analiticamente, la disposizione interviene sull'articolo 3 della legge n. 654 del 1975, di ratifica ed esecuzione della Convenzione contro il razzismo adottata dalle Nazioni Unite a New York nel 1966. Ricorda sinteticamente, poiché si tratta della norma sul quale si è concentrato maggiormente il dibattito politico e pubblico di questi giorni, che la formulazione vigente dell'articolo 3 della legge n. 654/1975 è oggi diversa da quella originariamente approvata nel 1975; sono, infatti, intervenute due importanti novelle: la cosiddetta legge Mancino (decreto-legge 26 aprile 1993, n. 122, nel testo modificato dalla relativa legge di conversione 25 giugno 1993, n. 205) e la recente riforma dei reati di opinione (legge 24 febbraio 2006, n. 85). L'articolo 3 prevede oggi le seguenti sanzioni penali: reclusione fino a 1 anno e 6 mesi o multa fino a 6.000 euro per chi «propaganda idee fondate sulla superiorità o sull'odio razziale o etnico, ovvero istiga a commettere o commette atti di discriminazione per motivi razziali, etnici, nazionali o religiosi» (lettera a)); la reclusione da 6 mesi a 4 anni per chi «istiga a commettere o commette violenza o atti di provocazione alla violenza per motivi razziali, etnici, nazionali o religiosi» (lettera b)). Il comma 3 vieta ogni organizzazione, associazione, movimento o gruppo che abbia tra i propri scopi l'incitamento alla discriminazione o alla violenza per motivi razziali, etnici, nazionali o religiosi e sanziona con la reclusione da 6 mesi a 4 anni chi partecipa a tali organizzazioni; con la reclusione da 1 a 6 anni chi promuove o dirige tali organizzazioni. In particolare, il disegno di legge sostituisce il comma 1 dell'articolo 3 della legge n. 654 del 1975, prevedendo le seguenti fattispecie penali: incitamento alla commissione o commissione di atti di discriminazione di cui all'articolo 13, n. 1, del Trattato di Amsterdam: reclusione fino a 3 anni; incitamento alla commissione o commissione di violenza o di atti di provocazione alla violenza per i motivi di cui alla lettera precedente: reclusione da 6 mesi a 4 anni.
Evidenzia che, per quanto riguarda la formulazione della lettera a), come sottolineato anche nel corso dell'esame presso il Senato, la disposizione richiama erroneamente gli atti di discriminazione di cui all'articolo 13, n. 1, del Trattato di Amsterdam che reca esclusivamente la seguente previsione: «Il presente trattato è concluso per un periodo illimitato». Il legislatore intendeva invece riferirsi all'articolo 13, n. 1, della versione consolidata del Trattato 25 marzo 1957, che istituisce la Comunità europea, cioè al trattato CE come modificato a seguito dei successivi trattati. Tale disposizione - frutto di una modifica introdotta dal Trattato di Amsterdam - prevede che il Consiglio, deliberando all'unanimità su proposta della Commissione e previa consultazione del Parlamento europeo, possa prendere i provvedimenti opportuni per combattere le discriminazioni fondate sul sesso, la razza o l'origine etnica, la religione o le convinzioni personali, gli handicap, l'età o le tendenze sessuali. L'articolo 1-ter trasferisce al tribunale ordinario in composizione monocratica le competenze in materia di espulsioni degli stranieri non appartenenti all'Unione europea, attualmente riconosciute al giudice di pace dal testo unico sull'immigrazione.
L'articolo 2, infine, dispone l'immediata entrata in vigore del decreto.
Intende offrire una lettura difforme da quella prevalsa in questi giorni del provvedimento in esame, a suo avviso viziata da eccessivi ideologismi, partendo dal complesso delle competenze della XIV Commissione. Il decreto-legge, prima di configurarsi come dispositivo di controllo penale è, infatti, uno strumento di attuazione di una direttiva comunitaria 2004/38/CE, originariamente attuata con il decreto legislativo n. 30/2007, il cui schema è stato esaminato dalla Commissione nel dicembre 2006. Rileva che gli obiettivi della direttiva, e quindi della fonte nazionale di recepimento, sono i principi cardine della cittadinanza europea, la libertà di movimento dei cittadini comunitari e dei loro familiari e le regole per la loro integrazione nel mercato unico europeo. Si tratta di obiettivi largamente sottoscritti dagli Stati della Comunità, che ritroviamo oggi all'articolo 2 del Trattato di Lisbona, che verrà firmato in queste ore dagli attuali 27 componenti che, non a caso, trovano nella direttiva una sistemazione normativa equilibrata e condivisibile, connotata dalla presenza di una serie di vincoli alla presenza del lavoratore comunitario (in particolare, con riferimento alla disciplina del diritto di soggiorno fino a tre mesi), che non può risultare eccessivamente onerosa per la comunità chiamata ad accoglierlo ed una ragionata serie di limitazioni al suo allontanamento. Tali misure debbono essere inquadrate in un più ampio contesto di dispositivi a sostegno all'integrazione, in coerenza con gli obiettivi fondamentali dell'Unione europea.
Sottolinea che l'efficacia di queste misure e di questi programmi deve essere valutata anche nel caso dell'integrazione della minoranza transnazionale più grande d'Europa (7 milioni di persone), i Rom, sui quali il Consiglio si dispone a dare indicazioni di intervento alla Commissione europea.
Ritiene quindi necessario anche un mutamento di prospettiva per cogliere pienamente le finalità e la ratio stessa della direttiva comunitaria e per disincagliare il dibattito politico sorto in queste settimane attorno ai temi dell'immigrazione.
Le misure di integrazione e, per converso, gli stessi meccanismi di espulsione, non sono, nel quadro della legislazione europea, semplici leve funzionali ad una visione facilmente irenica delle politiche migratorie o, alternativamente, ad una visione dell'Europa come di una «fortezza assediata», ma strumenti per realizzare i grandi obiettivi di una comune cittadinanza europea e di un mercato unico di livello continentale. Osserva che la XIV Commissione con questa consapevolezza ha affrontato il dibattito sull'adozione del decreto legislativo n. 30 del 2007. La stessa previsione di misure sanzionatorie contro condotte di tipo discriminatorio, quali quelle contemplate dall'articolo 1-bis del provvedimento, al di là della soluzione tecnico-normativa che potrà essere individuata per un suo migliore coordinamento con la normativa vigente (in particolare, al raccordo con le norme introdotte dalla cosiddetta legge Mancino) si collega a tale visione e si colloca in una traiettoria giuridico-internazionale di grande rilievo.
Questo percorso, che nasce per garantire, nell'età postbellica, una più adeguata tutela internazionale dei diritti umani attraverso la Carta di San Francisco del 1945, la Convenzione di Roma e la Convenzione di New York del 1966, si è poi intrecciato saldamente con il processo di integrazione europea fino a divenire uno dei tratti caratterizzanti del modello europeo. Sottolinea che attualmente questi tratti concorrono a definire indelebilmente il profilo di un'Europa potenza civile che nella giornata di ieri, a Strasburgo, ha proclamato la sua Carta dei diritti, vietando espressamente, all'articolo 21 qualsiasi forma di discriminazione fondata, in particolare, sul sesso, la razza, il colore della pelle o l'origine etnica o sociale, le caratteristiche genetiche, la lingua, la religione o le convinzioni personali, le opinioni politiche o di qualsiasi altra natura, l'appartenenza ad una minoranza nazionale, il patrimonio, la nascita, gli handicap, l'età o l'orientamento sessuale.
Sandro GOZI (PD-U) sottolinea che è necessario introdurre nel testo un richiamo esplicito alla Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea che è già applicabile agli ordinamenti nazionali nei termini specificati dalla giurisprudenza. Infatti, l'articolo 51 della Carta dei diritti fondamentali stabilisce che le disposizioni ivi previste si applicano alle istituzioni e agli organi dell'Unione europea come pure agli Stati membri esclusivamente nell'attuazione del diritto dell'Unione; pertanto, i suddetti soggetti rispettano i diritti, osservano i principi e ne promuovo l'applicazione secondo le rispettive competenze. L'articolo 6, paragrafo 2, del Trattato sull'Unione europea prevede che l'Unione rispetta i diritti fondamentali quali sono garantiti dalla Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali e quali risultano dalle tradizioni costituzionali comuni degli Stati membri, in quanto principi generali del diritto comunitario. Si sta consolidando una giurisprudenza in materia di diritti fondamentali che si basa sull'articolo 51 della Carta dei diritti e sull'articolo 6 del Trattato sull'Unione europea. Dal combinato disposto delle due disposizioni consegue l'applicabilità della Carta agli ordinamenti nazionali. In particolare, l'articolo 21 della Carta dei diritti fondamentali ha un contenuto molto più forte e sostanziale rispetto all'articolo 13 del Trattato che istituisce la Comunità europea perché vieta qualsiasi discriminazione tra cui quelle fondate sull'orientamento sessuale. Sottolinea, altresì, che l'articolo 13 del Trattato ha solo un carattere di chiusura e programmatico: non può essere quindi invocato direttamente in un procedimento penale, ma offre una semplice possibilità al Consiglio dell'Unione europea di assumere provvedimenti opportuni per combattere anche le discriminazioni derivanti dall'orientamento sessuale. Propone quindi che, nella formulazione del parere, si richieda di richiamare preliminarmente gli articoli 6 del Trattato sull'Unione europea, gli articoli 21 e 51 della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea e dopo, ad adiuvandum, anche l'articolo 13 del Trattato che istituisce la Comunità europea, in modo da inserire in un quadro normativo più coerente la modifica della norma penale.
Franca BIMBI, presidente, alla luce delle considerazioni svolte, preannuncia una proposta di parere favorevole integrato dalla condizione che all'articolo 1-bis, comma 1, lettera a), il riferimento al Trattato di Amsterdam sia sostituito dal richiamo all'articolo 13 del Trattato istitutivo della CE, e dall'osservazione che richiami l'esigenza di prevedere che il divieto di atti di discriminazione discende, oltre che dall'articolo 13, n. 1, del Trattato istitutivo della Comunità europea, anche dall'articolo 21 della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea.
Sandro GOZI (PD-U) concorda con l'impostazione della proposta di parere preannunciata dal presidente.
Franca BIMBI, presidente, nessun altro chiedendo di intervenire, sospende la seduta, che riprenderà alle 13.30.
La seduta, sospesa alle 11.10, è ripresa alle 13.35.
Franca BIMBI, presidente, come preannunciato nella seduta antimeridiana, presenta una proposta di parere favorevole con una condizione e un'osservazione (vedi allegato 1).
Antonello FALOMI (RC-SE), nel condividere il contenuto del parere proposto, richiama l'attenzione sull'opportunità di prevedere una condizione cui dovrebbe conseguire la modifica del testo in esame. Ricorda, infatti, che il termine di scadenza del decreto-legge è fissato al 1o gennaio 2008 e che, come sottolineato dal rappresentante del Governo, nella seduta di ieri presso le Commissioni riunite I e II della Camera, le necessarie modifiche al testo in esame dovrebbero essere apportate in altro provvedimento legislativo. Auspica pertanto che il parere della XIV Commissione non venga inteso quale richiesta di modifica del provvedimento in esame. Ritiene altresì che, nelle premesse del parere, dovrebbero essere richiamati taluni contenuti significativi della direttiva 2004/38/CE, nella quale i provvedimenti di allontanamento sono giustificati unicamente da specifici motivi ivi indicati.
Rosella OTTONE (PD-U), nel condividere la formulazione del parere proposto, suggerisce di inserire piuttosto nelle premesse il contenuto della condizione prevista, considerato che essa è volta a porre rimedio ad un errore tecnico.
Angelo PICANO (Pop-Udeur) riterrebbe opportuno esprimere un parere favorevole senza condizioni né osservazioni, considerato che i termini per la conversione del decreto-legge non consentono una immediata modifica del testo. Osserva altresì che le questioni relative alla materia della pubblica sicurezza dovrebbero essere ulteriormente approfondite in un altro provvedimento legislativo.
Antonello FALOMI (RC-SE) propone trasformare la condizione in osservazione e di formulare pertanto una proposta di parere con due osservazioni.
Franca BIMBI, presidente, concorda sull'opportunità di richiamare nelle premesse del parere il riferimento tecnicamente errato al Trattato di Amsterdam. Non condivide le osservazioni sulle tematiche della discriminazione formulate dai deputati Falomi e Picano. Osserva che la discussione del provvedimento presso il Senato si è incentrata erroneamente sul tema dell'omofobia, in quanto la direttiva 2004/38/CE fa riferimento a principi di non discriminazione. Aggiunge che il richiamo a tali principi, contenuto nel decreto-legge, deve avvenire nel rispetto al diritto vigente, nel quadro di riferimento della citata direttiva. Ritiene pertanto che, se nel provvedimento in esame si mantiene il riferimento alla cosiddetta «legge Mancino», sia necessario richiamare anche il principio di non discriminazione in base al diritto vigente. Ricorda, infine, i principi della direttiva 2004/38/CE, quali la libertà di soggiornare e circolare liberamente nel territorio degli Stati membri, la cittadinanza dell'Unione, che dovrebbe costituire lo status fondamentale dei cittadini degli Stati membri, la tutela dell'unità della famiglia, sottolineando anche che, per periodi superiori a tre mesi, gli Stati membri, in base alla direttiva, dovrebbero avere la possibilità di tenere conto di alcuni parametri economici dei beneficiari del diritto di soggiorno. Tutti questi principi orientano la stessa normativa sull'allontanamento.
Antonello FALOMI (RC-SE) sottolinea che questo requisito non è previsto tra i motivi di allontanamento.
Franca BIMBI, presidente, ricorda che l'articolo 16 della direttiva 2004/38/CE prevede la possibilità di allontanamento nel caso in cui il beneficiario del diritto di soggiorno diventi un onere eccessivo per il sistema di assistenza sociale dello Stato membro. Ribadisce che la mera correzione della cosiddetta «legge Mancino» comporta anche il richiamo ai principi di non discriminazione, tra i quali è ricompreso anche quello dell'orientamento sessuale che, tuttavia, non riguarda esclusivamente l'omofobia. Ritiene che, trattandosi di un errore tecnico, il contenuto della condizione potrebbe essere citato nelle premesse del parere, unitamente al richiamo ai suddetti principi della direttiva.
Antonello FALOMI (RC-SE) non concorda con la proposta del presidente di richiamare in premessa, tra i principi della direttiva 2004/38/CE, il concetto di unità della famiglia che, a suo avviso, deve essere inteso nell'accezione più ampia dell'articolo 2 del decreto legislativo n. 30 del 2007, recante attuazione della direttiva 2004/38/CE. Sottolinea che, in base a questo articolo, per familiare si intende anche il partner che abbia contratto con il cittadino dell'Unione un'unione registrata sulla base della legislazione di uno Stato membro, qualora la legislazione dello Stato membro ospitante equipari l'unione registrata al matrimonio e nel rispetto delle condizioni previste dalla pertinente legislazione dello Stato membro ospitante.
Franca BIMBI, presidente, alla luce delle considerazioni svolte, riformula la sua proposta di parere favorevole con osservazione (vedi allegato 2).
La Commissione approva la proposta di parere, come riformulata.
La seduta termina alle 14.20.
DL 181/07 recante disposizioni urgenti in materia di allontanamento dal territorio nazionale per esigenze di pubblica sicurezza (C. 3292 Governo, approvato dal Senato).
PARERE PRESENTATO DAL RELATORE
La XIV Commissione (Politiche dell'Unione europea),
esaminato il disegno di legge C. 3292 Governo, approvato dal Senato: DL 181/07 recante disposizioni urgenti in materia di allontanamento dal territorio nazionale per esigenze di pubblica sicurezza;
considerato che l'articolo 1-bis del decreto-legge, nel testo approvato dal Senato, è volto a sostituire il comma 1 dell'articolo 3 della legge 13 ottobre 1975, n. 654, e successive modificazioni, concernente ratifica ed esecuzione della Convenzione contro il razzismo adottata dalle Nazioni unite a New York nel 1966;
considerato altresì che l'articolo 1-bis, alla lettera a), presenta un riferimento errato, laddove richiama «atti di discriminazione di cui all'articolo 13, n. 1, del Trattato di Amsterdam», dal momento che tale articolo 13 reca esclusivamente una previsione in base a cui il Trattato «è concluso per un periodo illimitato»;
rilevato che la disposizione dovrebbe piuttosto riferirsi all'articolo 13, n. 1, della versione consolidata del Trattato che istituisce la Comunità europea, in base a cui il Consiglio, deliberando all'unanimità su proposta della Commissione e previa consultazione del Parlamento europeo, può prendere i provvedimenti opportuni per combattere le discriminazioni fondate sul sesso, la razza o l'origine etnica, la religione o le convinzioni personali, gli handicap, l'età o le tendenze sessuali;
rilevato poi che l'articolo 13, n. 1, del Trattato che istituisce la Comunità europea, costituisce in realtà una norma di carattere meramente procedurale e programmatico che consente, a certe condizioni, al Consiglio di prendere i provvedimenti opportuni per combattere le discriminazioni indicate;
rilevato altresì che l'articolo 6, paragrafo 2, del Trattato sull'Unione europea prevede che l'Unione rispetta i diritti fondamentali quali sono garantiti dalla Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali e quali risultano dalle tradizioni costituzionali comuni degli Stati membri, in quanto principi generali del diritto comunitario;
rilevato inoltre che, in base all'articolo 21 della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea, proclamata nuovamente a Strasburgo il 12 dicembre 2007, dalle istituzioni comunitarie, è vietata qualsiasi forma di discriminazione fondata, in particolare, sul sesso, la razza, il colore della pelle o l'origine etnica o sociale, le caratteristiche genetiche, la lingua, la religione o le convinzioni personali, le opinioni politiche o di qualsiasi altra natura, l'appartenenza ad una minoranza nazionale, il patrimonio, la nascita, gli handicap, l'età o l'orientamento sessuale;
sottolineato che, in base all'articolo 51 della medesima Carta: le disposizioni ivi previste si applicano alle istituzioni e agli organi dell'Unione europea come pure agli Stati membri esclusivamente nell'attuazione del diritto dell'Unione; pertanto, i suddetti soggetti rispettano i diritti, osservano i principi e ne promuovo l'applicazione secondo le rispettive competenze;
sottolineato dunque che dalla lettura coordinata delle predette disposizioni del Trattato e della Carta dei diritti consegue, come sostenuto anche dalla giurisprudenza, che i principi della Carta dei diritti possono essere applicati negli ordinamenti nazionali; tali principi possono quindi essere richiamati dalle stesse disposizioni legislative nazionali;
evidenziata quindi l'opportunità che il richiamo all'articolo 13, n. 1, del Trattato che istituisce la Comunità europea sia accompagnato anche dal richiamo all'articolo 21 della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea che costituisce una vera e propria disposizione di carattere sostanziale e non meramente procedurale e programmatica;
esprime,
PARERE FAVOREVOLE
con la seguente condizione:
all'articolo 1-bis, comma 1, lettera a), le parole «del Trattato di Amsterdam» siano sostituite con le seguenti: «del Trattato che istituisce la Comunità europea»;
e con la seguente osservazione:
valutino le Commissioni di merito l'opportunità di precisare, alla lettera a) del capoverso dell'articolo 1-bis, che il divieto di atti di discriminazione discende, oltre che dall'articolo 13, n. 1, del Trattato istitutivo della Comunità europea, dall'articolo 21 della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea.
ALLEGATO 2
DL 181/07 recante disposizioni urgenti in materia di allontanamento dal territorio nazionale per esigenze di pubblica sicurezza (C. 3292 Governo, approvato dal Senato).
PARERE APPROVATO DALLA COMMISSIONE
La XIV Commissione (Politiche dell'Unione europea),
esaminato il disegno di legge C. 3292 Governo, approvato dal Senato: DL 181/07 recante disposizioni urgenti in materia di allontanamento dal territorio nazionale per esigenze di pubblica sicurezza;
ricordato che tale provvedimento è volto a modificare il decreto legislativo 6 febbraio 2007, n. 30, di attuazione della direttiva 2004/38/CE relativa al diritto dei cittadini dell'Unione e dei loro familiari di circolare e di soggiornare liberamente nel territorio degli Stati membri;
considerato che l'articolo 1-bis del decreto-legge, nel testo approvato dal Senato, è volto a sostituire il comma 1 dell'articolo 3 della legge 13 ottobre 1975, n. 654, e successive modificazioni, concernente ratifica ed esecuzione della Convenzione contro il razzismo adottata dalle Nazioni unite a New York nel 1966;
considerato altresì che l'articolo 1-bis, alla lettera a), presenta un riferimento tecnicamente errato, laddove richiama «atti di discriminazione di cui all'articolo 13, n. 1, del Trattato di Amsterdam», dal momento che tale articolo 13 reca esclusivamente una previsione in base a cui il Trattato «è concluso per un periodo illimitato»;
rilevato che la disposizione contenuta nella lettera a) deve di fatto intendersi come riferita all'articolo 13, n. 1, della versione consolidata del Trattato che istituisce la Comunità europea;
rilevato poi che l'articolo 13, n. 1, del Trattato che istituisce la Comunità europea, costituisce in realtà una norma di carattere meramente procedurale e programmatico che consente, a certe condizioni, al Consiglio di prendere i provvedimenti opportuni per combattere le discriminazioni indicate;
rilevato altresì che l'articolo 6, paragrafo 2, del Trattato sull'Unione europea prevede che l'Unione rispetta i diritti fondamentali quali sono garantiti dalla Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali e quali risultano dalle tradizioni costituzionali comuni degli Stati membri, in quanto principi generali del diritto comunitario;
rilevato inoltre che, in base all'articolo 21 della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea, proclamata nuovamente a Strasburgo il 12 dicembre 2007 dalle istituzioni comunitarie, è vietata qualsiasi forma di discriminazione;
sottolineato che, in base all'articolo 51 della medesima Carta: le disposizioni ivi previste si applicano alle istituzioni e agli organi dell'Unione europea come pure agli Stati membri esclusivamente nell'attuazione del diritto dell'Unione; pertanto, i suddetti soggetti rispettano i diritti, osservano i principi e ne promuovo l'applicazione secondo le rispettive competenze;
sottolineato dunque che dalla lettura coordinata delle predette disposizioni del Trattato e della Carta dei diritti consegue, come sostenuto anche dalla giurisprudenza, che i principi della Carta dei diritti possono essere applicati negli ordinamenti nazionali; tali principi possono quindi essere richiamati dalle stesse disposizioni legislative nazionali;
evidenziata quindi l'opportunità che il richiamo all'articolo 13, n. 1, del Trattato che istituisce la Comunità europea sia accompagnato anche dal richiamo all'articolo 21 della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea che costituisce una vera e propria disposizione di carattere sostanziale e non meramente procedurale e programmatica,
esprime
PARERE FAVOREVOLE
con la seguente osservazione:
valutino le Commissioni di merito l'opportunità di precisare, alla lettera a) del capoverso dell'articolo 1-bis, che il divieto di atti di discriminazione discende, oltre che dall'articolo 13, n. 1, del Trattato istitutivo della Comunità europea, dall'articolo 21 della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea.
N. 3292-A
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CAMERA DEI DEPUTATI ______________________________ |
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DISEGNO DI LEGGE |
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APPROVATO DAL SENATO DELLA REPUBBLICA
il 6 dicembre 2007 (v. stampato Senato n. 1872)
presentato dal presidente del consiglio dei ministri (PRODI)
dal ministro dell'interno (AMATO)
e dal ministro della giustizia (MASTELLA) ¾ |
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Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 1o novembre 2007, n. 181, recante disposizioni urgenti in materia di allontanamento dal territorio nazionale per esigenze di pubblica sicurezza |
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Trasmesso dal Presidente del Senato della Repubblica
il 7 dicembre 2007
(Relatori: ZACCARIA per la I Commissione;
PISICCHIO per la II Commissione)
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PARERE DEL COMITATO PER LA LEGISLAZIONE
Il Comitato per la legislazione,
esaminato il disegno di legge n. 3292 e rilevato che:
esso reca un contenuto parzialmente omogeneo, in quanto alle norme concernenti l'allontanamento dal territorio nazionale di cittadini dell'Unione europea, si affianca una disposizione che concerne il regime delle competenze giurisdizionali sui provvedimenti destinati sia ai cittadini dell'Unione europea sia agli stranieri (articolo 1-ter); inoltre l'articolo 1, commi 2-bis, 2-ter e 2-quater, e l'articolo 1-bis, introdotti dal Senato, appaiono invece prevalentemente ispirati alla distinta finalità di rafforzare le garanzie in tema di parità di trattamento tra le persone;
interviene sulla previgente disciplina mediante la novellazione delle relative disposizioni ed, in particolare, del decreto legislativo n. 30 del 2007, emanato in attuazione della direttiva 2004/38/CE relativa al diritto dei cittadini dell'Unione e dei loro familiari di circolare e di soggiornare liberamente nel territorio degli Stati membri; al riguardo si segnala che è tuttora aperta la delega per l'adozione di interventi integrativi e correttivi al citato decreto legislativo n. 30, che scadrà il 10 ottobre 2008;
la tecnica della novellazione - all'articolo 1, commi 02, 03, 04, 1, lettere b), c), f) e g), 2-bis, 2-quater, 3, lettere 0a) e a), 4, lettere a), b) e c) ed all'articolo 1-ter - non è utilizzata conformemente a quanto previsto dalla circolare congiunta dei Presidenti di Camera e Senato e del Presidente del Consiglio del 20 aprile 2001, al punto 9), secondo cui l'unità minima di testo da sostituire con una novella dovrebbe essere il comma (o comunque un periodo o una lettera), anche nel caso in cui si modifichi una singola parola, per consentire una più agevole comprensione della modifica;
non è corredato della relazione sull'analisi tecnico-normativa (ATN);
non è corredato della relazione sull'analisi di impatto della regolamentazione (AIR);
ritiene che, per la conformità ai parametri stabiliti dagli articoli 16-bis e 96-bis del Regolamento, debba essere rispettata la seguente condizione:
sotto il profilo della chiarezza e della proprietà della formulazione:
all'articolo 1-bis, che novella la fattispecie penale dell'articolo 3, comma 1, della legge n. 654 del 1975 (che punisce chi propaganda idee fondate sulla superiorità o sull'odio razziale o etnico, ovvero istiga a commettere o commette atti di discriminazione per motivi razziali, etnici, nazionali o religiosi ovvero istiga a commettere o commette violenza o atti di provocazione alla violenza per motivi razziali, etnici, nazionali o religiosi) si corregga il richiamo all'articolo 13, n. 1 del Trattato di Amsterdam, atteso che quest'ultima disposizione si riferisce alla sola durata (illimitata) del medesimo trattato, sostituendolo con il riferimento all'articolo 13, paragrafo 1, del trattato che istituisce la Comunità europea, come modificato dal trattato di Nizza (secondo cui il Consiglio può adottare «provvedimenti opportuni per combattere le discriminazioni fondate sul sesso, la razza o l'origine etnica, la religione o le convinzioni personali, gli handicap, l'età o le tendenze sessuali»).
PARERE DELLA III COMMISSIONE PERMANENTE
(Affari esteri e comunitari)
La III Commissione,
esaminato, per le parti di sua stretta competenza, il disegno di legge n. 3292 di conversione in legge del decreto-legge n. 181 del 2007 recante disposizioni urgenti in materia di allontanamento dal territorio nazionale per esigenze di pubblica sicurezza, nel testo modificato dal Senato;
manifestata viva preoccupazione per le conseguenze che la decretazione d'urgenza ha comportato sul piano delle relazioni internazionali dell'Italia;
sottolineato che il diritto di libera circolazione costituisce uno dei principi-cardine del processo di integrazione europea;
rammentato lo spirito di apertura del nostro Paese nel rispetto dell'ordinamento europeo ed internazionale;
evidenziata la necessità di politiche tese a favorire l'integrazione sociale e professionale dei cittadini immigrati in Italia, nonché volte a favorire migliori condizioni abitative;
rilevato, all'articolo 1-bis, l'impreciso riferimento relativo al Trattato di Amsterdam, da ricollegarsi piuttosto al Trattato che istituisce la Comunità europea, come da quest'ultimo modificato;
segnalata l'esigenza che sia mantenuta la sanzione penale della propaganda di idee fondate sulla superiorità o sull'odio razziale o etnico, prevista all'articolo 4 dalla Convenzione di New York del 1966 contro il razzismo, ratificata dalla legge n. 654 del 1975,
esprime
PARERE FAVOREVOLE
PARERE DELLA XII COMMISSIONE PERMANENTE
(Affari sociali)
La XII Commissione,
esaminato, per le parti di competenza, il disegno di legge n. 3292 Governo, approvato dal Senato, recante conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge n. 181 del 2007: «Disposizioni urgenti in materia di allontanamento dal territorio nazionale per esigenze di pubblica sicurezza»,
esprime:
PARERE FAVOREVOLE
con la seguente osservazione:
valutino le Commissioni di merito l'opportunità di inserire, all'articolo 1, lettera c), una disposizione al fine di prevedere che il Ministero dell'interno, tenuto conto della Convenzione ONU sui diritti del fanciullo del 20 novembre 1989, ratificata dallo Stato italiano con la legge 27 maggio 1991, n. 176, al momento dell'allontanamento del minore concordi con il Paese destinatario del decreto di allontanamento un progetto individualizzato nei confronti del minore medesimo, in grado di intervenire socialmente sulle cause di disagio o di emarginazione che caratterizzano il suo stato anche familiare.
PARERE DELLA XIV COMMISSIONE PERMANENTE
(Politiche dell'Unione europea)
La XIV Commissione,
esaminato il disegno di legge n. 3292 Governo, approvato dal Senato: decreto-legge n. 181 del 2007 recante disposizioni urgenti in materia di allontanamento dal territorio nazionale per esigenze di pubblica sicurezza;
ricordato che tale provvedimento è volto a modificare il decreto legislativo 6 febbraio 2007, n. 30, di attuazione della direttiva 2004/38/CE relativa al diritto dei cittadini dell'Unione e dei loro familiari di circolare e di soggiornare liberamente nel territorio degli Stati membri;
considerato che l'articolo 1-bis del decreto-legge, nel testo approvato dal Senato, è volto a sostituire il comma 1 dell'articolo 3 della legge 13 ottobre 1975, n. 654, e successive modificazioni, concernente ratifica ed esecuzione della Convenzione contro il razzismo adottata dalle Nazioni unite a New York nel 1966;
considerato altresì che l'articolo 1-bis, alla lettera a), presenta un riferimento tecnicamente errato, laddove richiama «atti di discriminazione di cui all'articolo 13, n. 1, del Trattato di Amsterdam», dal momento che tale articolo 13 reca esclusivamente una previsione in base a cui il Trattato «è concluso per un periodo illimitato»;
rilevato che la disposizione contenuta nella lettera a) deve di fatto intendersi come riferita all'articolo 13, n. 1, della versione consolidata del Trattato che istituisce la Comunità europea;
rilevato poi che l'articolo 13, n. 1, del Trattato che istituisce la Comunità europea, costituisce in realtà una norma di carattere meramente procedurale e programmatico che consente, a certe condizioni, al Consiglio di prendere i provvedimenti opportuni per combattere le discriminazioni indicate;
rilevato altresì che l'articolo 6, paragrafo 2, del Trattato sull'Unione europea prevede che l'Unione rispetta i diritti fondamentali quali sono garantiti dalla Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali e quali risultano dalle tradizioni costituzionali comuni degli Stati membri, in quanto principi generali del diritto comunitario;
rilevato inoltre che, in base all'articolo 21 della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea, proclamata nuovamente a Strasburgo il 12 dicembre 2007 dalle istituzioni comunitarie, è vietata qualsiasi forma di discriminazione;
sottolineato che, in base all'articolo 51 della medesima Carta, le disposizioni ivi previste si applicano alle istituzioni e agli organi dell'Unione europea come pure agli Stati membri esclusivamente nell'attuazione del diritto dell'Unione; pertanto, i suddetti soggetti rispettano i diritti, osservano i princìpi e ne promuovono l'applicazione secondo le rispettive competenze;
sottolineato dunque che dalla lettura coordinata delle predette disposizioni del Trattato e della Carta dei diritti consegue, come sostenuto anche dalla giurisprudenza, che i princìpi della Carta dei diritti possono essere applicati negli ordinamenti nazionali; tali princìpi possono quindi essere richiamati dalle stesse disposizioni legislative nazionali;
evidenziata quindi l'opportunità che il richiamo all'articolo 13, n. 1, del Trattato che istituisce la Comunità europea sia accompagnato anche dal richiamo all'articolo 21 della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea che costituisce una vera e propria disposizione di carattere sostanziale e non meramente procedurale e programmatica;
esprime
PARERE FAVOREVOLE
con la seguente osservazione:
valutino le Commissioni di merito l'opportunità di precisare, alla lettera a) del capoverso dell'articolo 1-bis, che il divieto di atti di discriminazione discende, oltre che dall'articolo 13, n. 1, del Trattato istitutivo della Comunità europea, dall'articolo 21 della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea.
RESOCONTO
SOMMARIO e STENOGRAFICO
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260.
Seduta di MARTedì18 DICEMBRE 2007
PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE GIORGIA MELONI
(omissis)
Discussione del disegno di legge: S. 1872 - Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 1o novembre 2007, n. 181, recante disposizioni urgenti in materia di allontanamento dal territorio nazionale per esigenze di pubblica sicurezza (Approvato dal Senato) (A.C. 3292) (ore 9,50).
PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione del disegno, già approvato dal Senato: Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 1o novembre 2007, n. 181, recante disposizioni urgenti in materia di allontanamento dal territorio nazionale per esigenze di pubblica sicurezza.
(Discussione sulle linee generali - A.C. 3292)
PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione sulle linee generali.
Avverto che i presidenti dei gruppi parlamentari Forza Italia e Partito Democratico-L'Ulivo ne hanno chiesto l'ampliamento senza limitazioni nelle iscrizioni a parlare, ai sensi dell'articolo 83, comma 2, del Regolamento.
Avverto, altresì, che le Commissioni I (Affari costituzionali) e II (Giustizia) si intendono autorizzate a riferire oralmente.
Il relatore per la I Commissione, onorevole Zaccaria, ha facoltà di svolgere la relazione.
ROBERTO ZACCARIA, Relatore per la I Commissione. Signor Presidente, domando che parli per primo il presidente Pisicchio, come avevamo concordato.
PRESIDENTE. Sta bene, onorevole Zaccaria.
Il relatore per la II Commissione (Giustizia), onorevole Pisicchio, ha facoltà di svolgere la relazione.
PINO PISICCHIO, Relatore per la II Commissione. Signor Presidente, ringrazio il collega relatore per la I Commissione, onorevole Zaccaria.
Onorevole rappresentante del Governo, onorevoli colleghi, il concitato dibattito che ha tenuto campo nella politica in questi ultimi giorni attorno al cosiddetto decreto sicurezza suggerisce al relatore per la II Commissione - per la I Commissione, com'è noto, riferirà l'autorevole collega, onorevole Zaccaria -, prima ancora di affrontare il merito del provvedimento, per il riverbero della competenza della Commissione giustizia relativamente alle disposizioni di natura giurisdizionale, sostanziale e penale, in esso contenute, di non eludere le questioni legate all'articolo 1-bis, inerente alle discriminazioni per specifici motivi, fra cui le tendenze sessuali.
Come ricordavamo già nella relazione svolta di fronte alle Commissioni riunite, l'articolo 1-bis introdotto dal Senato è diretto a modificare il comma 1 della legge 13 ottobre 1975, n. 654, con la quale è stata ratificata la Convenzione internazionale sull'eliminazione di tutte le forme di discriminazione razziale.
L'intervento del Senato ha inteso ampliare due fattispecie penali che attualmente sanzionano le condotte discriminatorie o violente poste in essere per motivi razziali, etnici, nazionali o religiosi. Senza incidere sull'entità delle pene, si è inteso così ampliare la norma prevedendo ulteriori motivazioni attraverso il rinvio all'articolo 13, numero 1, del Trattato di Amsterdam. Queste nuove motivazioni ineriscono alle convinzioni personali, all'handicap, all'età e alle tendenze sessuali.
Anziché descrivere direttamente i nuovi motivi illeciti che possono sorreggere la condotta, il testo approvato al Senato ha rinviato alle ragioni di cui al citato articolo 13 del Trattato. Qui si pone primo problema.
Il riferimento normativo non è corretto, in quanto quello giusto non è l'articolo 13, ma l'articolo 2, punto 7. Il richiamo testuale all'articolo 13, infatti, è riferito alla circostanza che - cito testualmente - il Trattato è concluso per un periodo illimitato. Se il riferimento testuale è sbagliato, l'intenzione del Senato è chiara: combattere le discriminazioni fondate sul sesso, la razza o l'origine etnica, la religione o le convinzioni personali, gli handicap, l'età o le tendenze sessuali.
La novità più rilevante è offerta da quest'ultima motivazione: le tendenze sessuali. Al riguardo, occorre che il relatore della II Commissione - che peraltro è il presidente della medesima - ricordi a se stesso e all'Aula che, proprio sulla materia dell'omofobia, la Commissione giustizia era impegnata da lungo tempo per un esame attento e approfondito ed era giunta - come in effetti è giunta - a definire un testo.
Il dibattito nelle due Commissioni si è a lungo incentrato sulla questione della estraneità della materia rispetto al contenuto del decreto-legge. Non credo possano esservi obiezioni rilevanti a tale osservazione: occorre solo registrare che il Senato ha esercitato la sua autonomia e di fronte a quell'autonomia questo ramo del Parlamento ha dovuto fermarsi.
Il necessario rispetto dell'autonomia del Senato, però, non ci esime dal sottolineare che è arrivato il momento di risolvere definitivamente la grave questione della diversità dei parametri di valutazione dell'estraneità della materia nei due rami del Parlamento.
Non è rilevante la circostanza richiamata al Senato che la disposizione sia stata inserita in un maxiemendamento sul quale è stata posta la questione di fiducia, come tale, non soggetta a valutazioni di ammissibilità per omogeneità di materia: tale disposizione, infatti, era stata già oggetto di un emendamento di iniziativa parlamentare dichiarato ammissibile da quel ramo del Parlamento.
È sin troppo evidente che la diversità dei parametri della valutazione sull'ammissibilità costituisce un grave vulnus al principio del bicameralismo perfetto, in quanto si è creata ormai una situazione in cui una Camera ha maggiori poteri rispetto all'altra.
È accaduto che il Senato, sostanzialmente, si appropriasse di una materia all'esame della Commissione giustizia della Camera. Si è ripetuto, dunque, ciò che è già avvenuto altre volte e, da ultimo, anche in riferimento alla class action, in occasione dell'esame del disegno di legge finanziaria.
È accaduto ancora pertanto che, attraverso una dinamica che non trova soccorso nell'autonomia dei Regolamenti (perché sia quello del Senato sia quello della Camera sono ispirati agli stessi principi fondamentali, tra i quali certamente trova spazio quello che sancisce l'impossibilità di procedere nella delibazione della materia su cui l'altro ramo sta discutendo), fosse messo a rischio il principio su cui si regge la simmetria del nostro bicameralismo, che rende pari i due rami.
Lo diciamo non per una rivendicazione gelosa o tralatizia delle nostre prerogative, né per un'astratta emulazione nei confronti dell'altro ramo, ma solo per ricordare che le nostre regole, che discendono dai principi costituzionali, sono poste a tutela della funzionalità del potere legislativo per consentire il pieno rispetto del mandato conferito dagli elettori.
Possiamo cambiare queste regole, anzi, dobbiamo farlo - le riforme istituzionali sono avviate per questo -, ma finché ci sono è necessario che vengano rispettate.
Abbiamo superato, alla fine, il disagio causato dalla mortificazione del lavoro svolto in Commissione dai colleghi di maggioranza e di opposizione e lo abbiamo fatto continuando a lavorare, ricercando soluzioni equilibrate che tenessero nel conto le giuste esigenze delle persone vittime di episodi di grave discriminazione, ma anche dei principi costituzionali su cui si fonda il nostro sistema penale, che vede tra i suoi punti di riferimento il principio di legalità, da cui discende la determinatezza della fattispecie penale, e il principio di offensività, che punisce la condotta lesiva di un bene giuridico.
Questo lavoro è sfociato in un dispositivo, esito di un confronto serrato in Commissione giustizia cui non è mancato il contributo dell'opposizione. Tale dispositivo, che ampia la protezione antidiscriminatoria a favore dei soggetti indicati nel trattato di Amsterdam, recependo il riferimento dell'articolo 3 della Costituzione italiana alle condizioni personali e sociali, è dunque il frutto politico e tecnico-legislativo della Commissione competente offerto alla valutazione dell'Assemblea, anche con riferimento al dibattito che ci prepariamo ad affrontare in ordine al «decreto sicurezza», poiché il nostro argomentare su tale provvedimento non potrà prescindere dalla soluzione che il Governo si è impegnato a dare alle distonie di cui il provvedimento si è caricato nel passaggio al Senato.
Il decreto-legge, dunque, si presenta con un duplice profilo: da un lato, il quadro degli interventi urgenti di espulsione congegnati con coerenza, necessari e indifferibili, di cui dirò in breve dettaglio in seguito; dall'altro lato, la norma antidiscriminatoria errata, che minaccia l'efficacia delle disposizioni contenute nella legge Mancino. Abbiamo apprezzato e condiviso la pronta volontà del Ministro Chiti di intervenire a correggere l'errore, con un intervento governativo d'urgenza destinato ad entrare in vigore contestualmente al momento in cui questa parte del decreto-legge dispiegherà la sua efficacia.
Ci domandiamo se non possa essere opportuno, al fine di evitare complicazioni di tecnica legislativa e al tempo stesso affermare una scelta rispettosa del lavoro della Camera e coerente con la sostanza della scelta che si voleva compiere con il noto gesto imperfetto compiuto al Senato, emanare un provvedimento che prende a base il lavoro compiuto dalla Commissione giustizia della Camera in ordine alle norme antidiscriminatorie.
Per quel che concerne le norme più coerentemente collegate alla ragione del decreto-legge, la condivisione da parte del relatore della II Commissione in ordine ai motivi di urgenza e di necessità e al merito attraverso il quale il decreto-legge viene a dispiegarsi, è piena.
Concludo il mio intervento con due inviti. Il primo invito è rivolto al Governo affinché, coerentemente all'impegno assunto con le Commissioni riunite, intervenga tempestivamente per correggere la parte imperfetta inserita per errore dal Senato nel decreto-legge. In questo caso, il concetto di tempestività deve significare che, contestualmente all'entrata in vigore del decreto-legge, l'Esecutivo dovrà varare un provvedimento urgente che riequilibri le sconnessioni create con l'articolo 1-bis, così come ci è pervenuto dal Senato.
Solo così potrà apparire accettabile l'altro invito che rivolgo all'Assemblea, questa volta, di procedere alla conferma di un provvedimento che non avrebbe il tempo necessario per un nuovo passaggio al Senato.
Qualora ciò avvenisse, risulterebbe messa nel nulla anche la parte positiva del decreto legge in esame, che colma un vuoto normativo avvertito grandemente dal Paese.
Per portare un contributo all'economia dei lavori dell'Assemblea, chiedo che la Presidenza autorizzi la pubblicazione in calce al resoconto della seduta odierna il testo integrale del mio intervento.
PRESIDENTE. Onorevole Pisicchio, la Presidenza lo consente, sulla base dei criteri costantemente seguiti.
Il relatore per la I Commissione, onorevole Zaccaria, ha facoltà di svolgere la relazione.
ROBERTO ZACCARIA, Relatore per la I Commissione. Signor Presidente, il decreto legge oggetto del disegno di legge di conversione al nostro esame, risponde all'esigenza di introdurre nell'ordinamento giuridico italiano strumenti per rendere più efficace l'allontanamento dei cittadini dell'Unione, la cui presenza nel territorio nazionale possa contrastare con motivi di ordine pubblico, di pubblica sicurezza o anche per effetto della cessazione delle condizioni che determinano il diritto di soggiorno. Si tratta di una clausola contenuta nella direttiva 2004/38/CE e che aveva già trovato attuazione nel decreto legislativo 6 febbraio 2007, n. 30.
Le misure contenute in tale decreto legislativo, anche alla luce di una serie di fatti sopravvenuti, sono state ritenute insufficienti dal Governo, per assicurare un'effettiva esecuzione delle misure di allontanamento dei cittadini comunitari nelle suddette circostanze.
L'obiettivo di fondo dell'intervento normativo d'urgenza al nostro esame è garantire maggiore sicurezza nel nostro Paese, ma nel costante rispetto delle regole che fondano diritti e garanzie per i cittadini e anche per gli stranieri, così come ha avuto modo di affermare la Corte costituzionale in importanti sentenze.
Il decreto-legge al nostro esame introduce provvedimenti riconducibili alla controversa categoria delle misure di prevenzione cosiddette ante delictum. La compatibilità delle misure di prevenzione con i principi costituzionali in materia di libertà personale è uno dei dubbi di fondo che ha accompagnato l'elaborazione sia della dottrina, che della giurisprudenza, per lunghissimi anni nel nostro Paese. Infatti, l'introduzione di simili misure sembrava in dottrina (tra i molti autori che si sono occupati di tale argomento cito, per tutti, Leopoldo Elia e Paolo Barile) in contrasto con un sistema costituzionale che espressamente circoscrive le limitazioni alla libertà personale all'accertamento di una responsabilità penale (pena) oppure alla pericolosità sociale accertata sulla base della commissione di un reato (misure di sicurezza post delictum).
Tuttavia, nella sentenza n. 68 del 1964, la Corte costituzionale ha riconosciuto la legittimità del sistema di prevenzione previsto nell'ordinamento giuridico italiano, riconoscendo vigente un «principio di prevenzione e di sicurezza sociale che affianca la repressione in ogni ordinamento, come esigenza e regola fondamentale» e, come tale, pervade l'intera Costituzione. Tutto ciò, come già aveva affermato la Corte nella sentenza n. 27 del 1959, è dovuto al fatto che «l'ordinato e pacifico svolgimento dei rapporti tra i cittadini» deve essere garantito «oltre che dal sistema di norme repressive dei fatti illeciti, anche da un parallelo sistema di adeguate misure preventive contro il pericolo del loro verificarsi in avvenire». Questo per dare una risposta a quei colleghi che durante il dibattito in Commissione spesso si sono interrogati sul significato di alcune formule di carattere generale, come l'ordine pubblico, la sicurezza pubblica e dello Stato.
Nel disciplinare le misure di prevenzione, il legislatore deve prestare comunque estrema cautela a che gli istituti, nel caso concreto, non si pongano in conflitto con i principi costituzionali e deve ricondurre la disciplina legislativa delle stesse, per quanto possibile, ai principi che la Costituzione pone con riferimento alle altre misure restrittive della libertà personale, in particolare a quelle desumibili dall'articolo 13 della Costituzione, che diventa ed è norma nevralgica per valutare tutto l'impianto di interventi in tale materia.
In particolare, il rispetto della riserva di giurisdizione, cioè la «giurisdizionalizzazione» del procedimento, attraverso il quale si giunge all'applicazione di una misura di sicurezza (anche nella forma della convalida del giudice ex articolo 13, comma 3, della Costituzione), appare un momento decisivo in tale direzione.
Concludo questa parte di inquadramento che, a mio modo di vedere, è importante, perché tutto il dibattito che si è svolto durante i lavori della Commissione ha denotato proprio la tendenza delle varie parti politiche a porre, di volta in volta, l'accento su uno o sull'altro aspetto: chi, da un lato, punta sulla sicurezza in maniera esclusiva e chi, dall'altro, punta alla garanzia dei cittadini e degli stranieri. Sono due esigenze che non possono andare disgiunte, devono essere combinate. Lo aveva ricordato recentemente la Corte costituzionale, riconoscendo costituzionalmente illegittimo il procedimento regolato dall'articolo 13, comma 5, del testo unico sull'immigrazione, disposizione che prevedeva l'esecuzione del provvedimento di accompagnamento alla frontiera di cittadini extracomunitari prima della convalida da parte dell'autorità giudiziaria. Qui è calata la scure della Corte costituzionale che ha reso illegittime quelle norme. Così come nella sentenza n. 222 del 2004, la Corte ha ribadito il riconoscimento delle garanzie di cui agli articoli 13 (libertà personale) e 24 (diritto di difesa) della Costituzione, anche nei confronti di cittadini stranieri.
Si tratta di principi che nel decreto-legge in discussione avevano trovato applicazione solo parzialmente e che hanno trovato, invece, integrale accoglimento con le modifiche apportate al Senato in sede di conversione. Ribadisco, quindi, che la nostra bussola per muoverci in questa complessa materia è rappresentata dal ragionevole equilibrio che dobbiamo sempre osservare (su questo aspetto il Senato ha dato, come dicevo, un contributo positivo) tra l'esigenza della prevenzione, da un lato, e l'esigenza di introdurre misure che siano conformi al dettato costituzionale nei principi che ho richiamato, dall'altro.
Richiamo rapidamente le principali innovazioni introdotte con il decreto-legge in esame. Esse riguardano: la nuova competenza, distribuita tra Ministro dell'interno e prefetto, in ordine ai diversi interventi di ordine pubblico e di sicurezza dello Stato, da un lato, e motivi di pubblica sicurezza, dall'altro; la necessità che il provvedimento di allontanamento indichi un termine prestabilito perché l'interessato lasci il territorio nazionale; la possibilità che il questore, nel caso vengano disattese tali prescrizioni, disponga l'esecuzione immediata del provvedimento di allontanamento; la definizione dei motivi di pubblica sicurezza imperativi (come vedremo, al Senato sono stati più approfonditi); una norma importante che concerne l'introduzione del richiamo all'articolo 13, comma 5-bis, del testo unico sull'immigrazione, per conferire a questi interventi e a queste misure un carattere giurisdizionale, come garanzia per i cittadini.
Già nel decreto-legge è stato introdotto un vincolo che rende più efficace l'allontanamento per cessazione delle condizioni che determinano il diritto di soggiorno per i cittadini comunitari, quindi un'attestazione di obbligo di adempimento dell'allontanamento. È prevista anche la possibilità, con una serie di tutele a favore del soggetto, del ricorso in via giurisdizionale.
Questo è l'impianto del decreto-legge che al Senato ha avuto un sensibile miglioramento su una serie di punti certamente nevralgici. Da un lato, questi provvedimenti non possono essere motivati con ragioni estranee ai comportamenti individuali della persona; in tal modo, a queste misure di prevenzione si applica il principio della personalità della pena, pertanto con un'estensione della garanzia. Al Senato è stato aumentato il termine per le tipologie di allontanamento: da tre a dieci anni il termine per il divieto di reingresso; da tre a cinque anni quando lo stesso provvedimento è adottato, anziché dal Ministro dell'interno, dal prefetto.
Vi sono, inoltre, una serie di altre misure che cito rapidamente, che sono riportate anche nella mia relazione in Commissione.
È stata introdotta la possibilità di presentare domanda di revoca del divieto di reingresso, che rappresenta anch'essa un elemento importante, così come è stata accolta l'esigenza, da più parti manifestata, di coinvolgere il sindaco del luogo di soggiorno del cittadino dell'Unione europea nella possibilità di provvedere alla segnalazione ai fini dell'adozione dei provvedimenti contenuti nel testo in esame. Peraltro, una cosa è la segnalazione, altra cosa è senza dubbio il provvedimento, che spetta all'autorità di pubblica sicurezza. Come è stato affermato, si è prevista la necessaria convalida da parte del giudice del provvedimento di allontanamento che era già contemplata nel decreto-legge, ma che è stata ulteriormente estesa, e ciò rappresenta un altro elemento che suona in termini positivi.
Inoltre, sono state introdotte due rilevanti modifiche alla disciplina dell'esecuzione immediata dell'allontanamento disposto dal questore. Una di queste attiene al fatto che si è introdotta una più stringente determinazione dei presupposti in presenza dei quali i motivi di pubblica sicurezza possono qualificarsi come imperativi. Con riferimento a tale aspetto, l'opposizione ha presentato in Commissione una serie di emendamenti che da questo punto di vista erano diretti, in generale, a stringere le maglie dell'intervento. In realtà, la norma che essi miravano a emendare è complessa ma estremamente equilibrata, laddove cerca di definire i motivi imperativi di pubblica sicurezza che sussistono, non genericamente quando vi siano comportamenti che compromettono la tutela della dignità umana o i diritti fondamentali della persona, ma quando la persona da allontanare - vorrei sottolinearlo - abbia tenuto comportamenti che costituiscono una minaccia concreta, effettiva e grave alla dignità umana o ai diritti fondamentali della persona ovvero all'incolumità pubblica, tali da rendere urgente l'allontanamento, in quanto la sua ulteriore permanenza sul territorio è incompatibile con la civile e sicura convivenza. In tale disposizione si avverte il tentativo chiaro di dare alle nozioni di ordine pubblico e di sicurezza, che sono spesso difficili da definire, una più concreta determinazione, trovando da questo punto di vista termini di equilibrio.
Da ultimo è previsto che, ai fini dell'adozione del provvedimento di allontanamento per motivi imperativi di pubblica sicurezza, si tenga anche conto di eventuali condanne per una serie di delitti elencati nello stesso disegno di legge di conversione.
Su queste linee e su questa impalcatura complessa che costituisce la parte rilevante dell'intervento normativo in esame che - è bene non dimenticarlo - aveva la finalità descritta, si è svolto il dibattito in Commissione. Tuttavia, gran parte degli emendamenti presentati in quella sede erano diretti a inasprire le norme limitative dei diritti delle persone nonostante, a mio modo di vedere, il nostro ordinamento costituzionale non lo consenta, e questa è stata una delle ragioni per le quali tali emendamenti sono stati respinti.
Vi è, infine, la questione alla quale ha fatto riferimento ampiamente il collega Pisicchio nella parte iniziale del suo intervento, relativa al problema dell'introduzione della norma (è inutile che mi soffermi a descriverla ulteriormente, poiché ormai è molto più conosciuta di tante altre norme del nostro ordinamento!) che si propone di introdurre la reclusione, quindi, di aumentare le sanzioni penali per chiunque incita a commettere o commette atti di discriminazione, e che contiene, però, un riferimento errato a un articolo del Trattato di Amsterdam. Non è certamente questo l'aspetto che viene messo in discussione perché ormai è un dato acclarato, così come lo è la genesi di questa norma avvenuta durante lo svolgimento del dibattito al Senato, ma è chiaro che per questa complessa serie di ragioni la norma che ha operato un rinvio improprio ad un'altra norma dell'ordinamento comunitario, risulta inapplicabile o quanto meno di difficilissima applicazione. Come è già stato sottolineato dal presidente Pisicchio, la fattispecie penale, infatti, viene a completarsi attraverso un rinvio erroneo in quanto operato con riferimento a un articolo del tutto estraneo.
Ciò detto in ordine a un fatto non controvertibile, è certamente il caso che l'interprete, anche in questa sede parlamentare, distingua tra la parte costruttiva della norma, diretta all'inasprimento della sanzione relativa a una fattispecie male identificata, e la parte distruttiva della stessa.
Nel dibattito di questi giorni - svoltosi anche ieri in Commissione affari costituzionali - si è registrata una certa approssimazione nel considerare tale disposizione come unica. In realtà, è come se, idealmente, ve ne fossero due: una che vuole «costruire» - e costruisce male - e una che vorrebbe «distruggere» la norma precedente. Non credo si possa affermare che questa norma imperfetta possa automaticamente determinare l'abrogazione della precedente disposizione in materia, contenuta nella cosiddetta legge Mancino: di tutto si può discutere, ma è certa e chiarissima la volontà del legislatore di non depenalizzare la fattispecie. Tale obiettivo non è emerso in alcun intervento. Il fine che il legislatore persegue è quello di inasprire le sanzioni in ordine a determinate fattispecie; questa volontà emerge certamente sia nel dibattito al Senato, sia in quello alla Camera: il fine è chiaro.
Si potrebbe parlare, dunque, di successione di leggi nel tempo (ho sentito molte persone misurarsi sull'argomento), ma solo dopo aver risolto il problema precedente. Credo che la soluzione non sia né semplice né automatica; certo, essa è affidata all'interprete: il primo interprete sarà il giudice, che deve regolare le fattispecie concrete al suo esame.
Ricollegandomi al dibattito principale, comprendo che ci si preoccupi che una diversa valutazione del giudice possa determinare situazioni ineguali tra i cittadini: in omaggio al principio della certezza del diritto, quindi, può essere opportuno - mi ricollego alle osservazioni del presidente Pisicchio - un intervento del Governo che permetta di eliminare i margini di dubbio che possono residuare e, quindi, di evitare diverse interpretazioni giurisprudenziali che in un ordinamento, naturalmente, sono possibili. Un giudice potrebbe accedere all'interpretazione che ho illustrato (e non ritenere caducata, sostanzialmente, la norma incriminatrice) e un altro potrebbe pensarla diversamente: si potrebbe ricorrere alla Corte di cassazione per raggiungere una certa uniformità. Di fronte a tale situazione, però, ritengo che il Governo, responsabilmente, rispettando la strada che l'onorevole Pisicchio ha già indicato, possa intervenire anche in via d'urgenza per rendere uniforme tale elemento, in omaggio al principio della certezza del diritto.
Non voglio soffermarmi più a lungo su un problema che potrebbe ancora essere esaminato, quello riguardante l'omogeneità del provvedimento: il collega Pisicchio è intervenuto anche a tal proposito. Da questo punto di vista, l'eterogeneità è un dato, ma qualcuno potrebbe contestarlo, perché, ad esempio, le norme sulla discriminazione potrebbero anche rientrare nella materia in esame. Vorrei adottare, in proposito, la formula della «non essenzialità», secondo la quale, rispetto all'impianto complessivo del testo, tali norme possono considerarsi non essenziali.
Naturalmente, altro giudizio riguarda il fatto che una norma non essenziale, ma ispirata a una positiva finalità, sia stata poi attuata in termini inappropriati. In un provvedimento, però, che ha un impianto complessivo di grande respiro e di grande portata (il 95 per cento di esso persegue lo scopo della maggiore sicurezza nel nostro Paese nelle situazioni che ben conosciamo) e di fronte a tale finalità - rilevantissima costituzionalmente -, vi è il gravissimo rischio della caducazione del provvedimento, al quale andiamo incontro. Qualunque soggetto istituzionale che dovrà valutare tali situazioni (oggi la Camera) non potrà non porsi il problema. Di fronte al ragionevole dubbio che una norma possa determinare effetti abrogativi eventualmente nei confronti della norma precedente, ritengo che il dubbio più grave sia quello relativo alla persistenza del provvedimento, a tutela della sicurezza e delle garanzie dei cittadini.
Per tali ragioni, ritengo opportuno procedere comunque all'approvazione del disegno di legge di conversione del decreto-legge in discussione, così come approvato dal Senato. Poiché, a mio avviso, l'obiettivo fondamentale della tutela della sicurezza è stato conseguito, e considerato che, ad una scrupolosa lettura del provvedimento, le finalità costituzionali risultano tutelate e che il Senato ha complessivamente migliorato tale impianto, il perseguimento delle esigenze di sicurezza e prevenzione appare, nel complesso, compatibile con il dettato costituzionale.
PRESIDENTE. Ha facoltà di parlare il rappresentante del Governo.
MARCELLA LUCIDI, Sottosegretario di Stato per l'interno. Il Governo si riserva di intervenire nel prosieguo del dibattito.
PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Boscetto. Ne ha facoltà.
GABRIELE BOSCETTO. Signor Presidente, onorevoli colleghi, signor sottosegretario, ritengo che si stiano vivendo da parte del nostro Parlamento e, nello specifico, della Camera dei deputati, giorni nerissimi. Affermo ciò non per polemica, ma rendendomi conto di quanto sta accadendo. Avrei avuto il desiderio che, in termini legislativi, non si fossero realizzate le condizioni negative delle quali stiamo parlando. Una volta che tali condizioni si sono verificate, la Camera dei deputati, avendone preso cognizione nell'ambito del procedimento bicamerale, dovrebbe - lo spero ancora - restituire il testo al Senato per espungere quella norma. Si tratta di una norma che, come tutti riconosciamo, andando a sostituire un articolo della legge Mancino con un richiamo al Trattato di Amsterdam (articolo 13, n. 1), è tecnicamente del tutto sbagliata. È un richiamo del tutto incongruo e sbagliato, perché l'articolo 13, n. 1 afferma soltanto che il presente Trattato ha durata illimitata.
Pur cercando, allora, di capire lo sforzo del relatore Zaccaria allorché tenta di sostenere che l'interpretazione giudiziale potrebbe «tenere in piedi» la norma, ritengo, tuttavia, molto più oggettivamente corretto il comportamento del presidente Pisicchio, relatore per la II Commissione, che denuncia nella sua interezza il vulnus. L'errore al Senato è stato denunciato già dal Presidente Pera. Si è affermato che, poiché l'errore è contenuto in un emendamento sul quale è stata posta la questione di fiducia, non si sarebbe potuti tornare indietro. La Camera dei deputati nell'ambito della navetta potrebbe comunque correggere questo errore in due modi: sopprimendolo o sostituendolo nel modo corretto. Si afferma altresì che non vi sono i tempi per questa correzione. A questa considerazione, io e tutta l'opposizione, rispondiamo che i tempi vi sono, perché, da oggi al 31 dicembre, la navetta può operare ed il Senato può ritornare sulla materia e correggere l'errore.
Altre volte sia il Senato sia la Camera si sono riuniti fra il 25 e il 31 dicembre. In questo caso, forse, non vi sarebbe nemmeno bisogno di questi esercizi estremi; tuttavia, se è necessario, è giusto che i rami del Parlamento svolgano il loro lavoro. Purtroppo, da quanto abbiamo compreso, il problema non è di tipo temporale, ma di tipo politico, e si è rivelato tale anche nel momento in cui si è inserito l'articolo 1-bis in un contesto del tutto diverso. Infatti, un provvedimento in materia di pubblica sicurezza, che inizialmente riguardava l'allontanamento o meno di cittadini comunitari, è diventato luogo ove inserire due disposizioni, una sulle discriminazioni razziali, l'altra (mi riferisco al comma 2-ter) su materia omologa, che in alcun modo potevano essere inserite nel decreto-legge in discussione o nella sua legge di conversione. È in tale operazione che si riscontra il primo vulnus.
È inutile precisare che i Regolamenti della Camera e del Senato hanno disposizioni difformi in materia. Certamente nei Regolamenti, almeno in quello del Senato, non vi è scritto nulla in merito, e si può dire che vi è una prassi, ma quest'ultima non può andare contro logiche forti di carattere costituzionale, da ultimo espresse in modo analitico dalla sentenza n. 171 del 2007 della Corte costituzionale. Infatti, se l'articolo 77 della Costituzione dispone che soltanto condizioni di urgenza e necessità consentono il ricorso allo strumento del decreto-legge, qualcuno mi deve chiarire quale urgenza e quale necessità vi fossero per mutare la legge Mancino in materia di discriminazioni.
Si poteva provvedere tramite una legge ordinaria, come stava facendo la Commissione giustizia della Camera, che è stata spogliata del suo lavoro per consentire l'inserimento di tali misure in questo decreto per ragioni puramente politiche. Inoltre, la sentenza della Corte costituzionale ha stabilito che nei decreti-legge non possono essere inserite materie estranee al contenuto specifico proprio. La stessa sentenza ha altresì precisato che tali materie non possono essere inserite neppure nelle relative leggi di conversione, e che la stessa Corte può intervenire con dichiarazione di incostituzionalità, sia sotto il profilo della valutazione dell'urgenza e necessità, sia sotto il profilo di valutazione della congruità oggettiva dei provvedimenti.
È facilissimo pensare che questa normativa in materia di discriminazione finirà davanti alla Corte, la quale dovrà porsi anche i problemi che ho illustrato. La Corte - ripeto - valuterà tali questioni, alla luce di una così analitica sentenza, frutto di un dibattito svolto negli anni e che ha tenuto conto di un lontano precedente del 1995 (allora non così articolato e specifico); quindi, la stessa Corte non potrà certamente non fare il proprio dovere, basandosi su quanto da essa stessa puntualizzato.
Pertanto, si può affermare che ci troviamo di fronte ad una situazione nella quale bisogna approvare il provvedimento così com'è, per poi eventualmente intervenire in un secondo momento, e non capiamo bene in quale modo.
Un provvedimento dichiaratamente sbagliato, una volta che si sia appurato l'errore, non può essere impunemente approvato, senza andare a violare tutti i cardini del nostro procedimento legislativo e contestualmente della nostra Carta costituzionale. Da questo punto di vista, non vi sono spazi di alcun tipo e di alcun genere.
Non possiamo pretendere dai cittadini il rispetto della legge, mentre poi noi stessi, il Parlamento non rispetta la legge e la Costituzione, approvando una norma che sappiamo sbagliata. Se questa logica verrà perseguita sino in fondo, i cittadini avranno la possibilità di dire: «Voi non rispettate le leggi, perché chiedete a noi di rispettarle?» Grande punto interrogativo! Dunque, non possiamo permetterci di approvare il provvedimento in esame e poi dire che qualcosa succederà.
Questo caso è diverso anche rispetto al recente errore riguardante il cosiddetto emendamento Fuda. In quel caso, si trattava di un emendamento che determinava alcune conseguenze, senza abrogare norme esistenti. Quindi, entrando nel merito e ritenendolo sbagliato, si è potuto provvedere con un provvedimento separato. È diversissima la situazione: non era emerso un dato tecnico irregolare nella redazione della norma. Fu una rimeditazione sul merito.
Non vedo per quali ragioni non si debba procedere rapidamente alla Camera e ritornare al Senato per concludere in modo corretto il procedimento legislativo in corso. A meno che non vi siano ragioni che, dico la verità, io, che non sono un complottardo, mi rifiuto di accogliere. Sono ragioni, però, espresse oggi, ad esempio, su Il Corriere della sera, il più importante giornale italiano. L'articolo di Francesco Verderami parla di quanto accaduto e afferma: «Il titolare dell'Interno avrebbe riminacciato le dimissioni di ieri. Sicuramente la minaccia sarebbe stata più efficace se avesse bloccato le mosse di due suoi colleghi, Ferrero e Pollastrini, che venti giorni fa si riunirono nella stanza del ministro della solidarietà sociale per discutere insieme ad alcuni rappresentanti del mondo gay, tra cui Benedini e il socialista Grillini. Ferrero - raccontano i partecipanti - aveva il problema di inserire nel decreto norme che impedissero al centrodestra di votarlo». Lo ripeto: inserire norme che impedissero al centrodestra di votare il decreto. «La Pollastrini aveva il problema di togliere l'omofobia dalla legge sullo stalking per ottenere un via libero spedito dalla Camera. Il risultato è sotto gli occhi di tutti, anche se Grillini ipotizza sia stata una «manina» a redigere il testo in modo «volutamente sbagliato». È Corriere della Sera, a firma Francesco Verderami.
Ma se si inseriscono relazioni su fatti ed illazioni qualificate, perché proprie di parlamentari, cosa sta diventando questo provvedimento? Come potremo spiegare agli italiani che quanto accaduto è soltanto frutto di un errore tecnico, quando addirittura giornali di tale importanza affermano che vi è stato dietro tutto un gioco per far sì che fosse contento chi non voleva la nuova norma e, quindi, da una norma inutile avrebbe tratto soddisfazione, e far contento chi, volendo la nuova Pag. 12norma, la ritrovava nel testo, ma in modo amputato, cosicché era fatto salvo il principio, ma non la sostanza.
Ma di fronte a tutto ciò, amico stimatissimo Zaccaria, come si fa a pensare di mantenere in piedi il provvedimento al nostro esame?
Questo provvedimento va cambiato, perché già nasce in questa temperie politica, che viene evidenziata anche dalla stessa formazione della norma. Le norme devono essere scritte per i cittadini e quella in discussione già presentava limiti di comprensione e di comprensibilità, anche ove fosse stato corretto il riferimento.
Perché non si è recuperato il testo della cosiddetta legge Mancino, elencando compiutamente le offese ed i beni tutelati? Vorrei ricordarne il portato giuridico: «salvo che il fatto costituisca più grave reato, anche ai fini dell'attuazione della disposizione dell'articolo 4 della Convenzione, è punito con la reclusione fino a un anno e sei mesi o con la multa fino a seimila euro chi propaganda idee fondate sulla superiorità o sull'odio razziale o etnico ovvero istiga a commettere o commette atti di discriminazione, per motivi razziali etnici, nazionali o religiosi».
Tale previsione viene sostituita con le seguenti parole ai sensi dell'articolo 1-bis del provvedimento in esame: «(...) Salvo che il fatto costituisca più grave reato, anche ai fini dell'attuazione dell'articolo 4 della convenzione, è punito: a) con la reclusione fino a tre anni chiunque incita a commettere o commette atti di discriminazione di cui all'articolo 13, n. 1, del Trattato di Amsterdam. (...)».
Ma si fosse anche colto - come dicevo - con esattezza il riferimento, questa norma veniva scritta in modo palliato per cercare di non far capire bene di cosa si parlasse, mettendo il cittadino di fronte al Trattato di Amsterdam, che non è di immediata comprensione. Ciò, soprattutto, passando da una previsione - quella precedente contenuta nella cosiddetta legge Mancino, ancora attuale - che specificava le situazioni e i comportamenti, al riferimento ad un Trattato, che lascia gran parte della popolazione - direi il 99,9 per cento di essa - di fronte ad una norma non immediatamente comprensibile. Quanta callidità vi era già in questo modo di procedere!
D'altro canto, dagli emendamenti presentati posso rilevare che neppure i parlamentari, né coloro che hanno presentato il testo in discussione, hanno pensato in modo univoco a quale fosse la norma da applicare in sostituzione. Tra gli emendamenti presentati dal gruppo di Rifondazione Comunista, infatti, si prevede di sostituire l'espressione: all'articolo 13, n. 1, del Trattato di Amsterdam, con le parole: di cui all'articolo 13, paragrafo 1, del Trattato che istituisce la Commissione europea. Altri hanno affermato - a mio parere molto più correttamente - che il riferimento dovesse essere sempre al Trattato di Amsterdam, ma non all'articolo 13, n. 1, bensì all'articolo 2, Parte I, n. 7, che introduce un articolo 6 A che riporta: «Fatte salve le altre disposizioni del presente Trattato e nell'ambito delle competenze da esso conferite alla Comunità europea, il Consiglio, deliberando all'unanimità su proposta della Commissione e previa consultazione del Parlamento europeo, può prendere i provvedimenti opportuni per combattere le discriminazioni fondate sul sesso, la razza, l'origine etica, la religione, le convinzioni personali, gli handicap, l'età o le tendenze sessuali».
Questa poteva essere la norma più puntuale, rispetto alla citazione dell'articolo 13, n. 1. Tuttavia, in questo caso, la Comunità europea non pone in essere un provvedimento per il quale si possa dire «dobbiamo applicarlo», ma un procedimento nel quale occorre la deliberazione unanime del Consiglio su proposta della Commissione, previa consultazione del Parlamento europeo, e rimane la discrezionalità conseguente all'espressione: «Può prendere i provvedimenti opportuni».
Non si venga a dire che, alla stregua di questa norma, vi è l'obbligo, o comunque la forte opportunità, di inserire questi concetti, come sono stati inseriti, o meglio, come si è tentato di inserire, sbagliando. Siamo completamente fuori registro!
Il perché lo troviamo nell'emendamento del relatore in Commissione giustizia, dove - mandando avanti quel provvedimento che, già da tempo, pendeva davanti a quella Commissione - si stabilisce la seguente norma: «È punito: con la reclusione fino a un anno e sei mesi o con la multa fino a 6 mila euro, chi propaganda idee fondate sulla superiorità o sull'odio razziale o etnico; a-bis) con la reclusione fino a un anno e sei mesi o con la multa fino a 6 mila euro, chi istiga a commettere, o commette» - si parla, quindi, di istigazione o commissione - «atti di discriminazione per motivi razziali, etnici, nazionali, religiosi o fondati su opinioni politiche, sulle condizioni personali o sociali, ovvero sull'orientamento sessuale, o sull'identità di genere».
Basta mettere a raffronto questo emendamento (che è stato approvato e, per l'intero provvedimento, stava per essere conferito mandato al relatore), per vedere come esso sia già diverso anche dall'articolo 2 del Trattato di Amsterdam, ma inserisca, soprattutto, quello che è il nodo del problema secondo la visione dei deputati e dei senatori di Rifondazione Comunista - con tutto il rispetto per loro e per il loro partito - i quali vogliono introdurre l'identità di genere!
L'identità di genere è un concetto che, ad oggi, non esiste in alcun testo legislativo; è un concetto di difficilissima comprensione per tutti ma, soprattutto, di impossibile comprensione per il cittadino, il quale deve adeguarsi alle leggi e per il quale - come dicevo - noi dobbiamo scrivere le leggi. Identità di genere significa che due persone - maschi omosessuali - possono sposarsi o chiedere di essere sposati, perché uno dei due, pur essendo di sesso maschile, dentro la propria concettualità - rispettabile - si sente femmina. Il rispetto dell'identità di genere comporterebbe che questo non si potrebbe dire nelle chiese, nelle riunioni pubbliche e nelle riunioni politiche, perché si andrebbe a violare il concetto di identità di genere. Non solo, ma essendo un reato non soltanto di istigazione, ma anche di commissione, noi metteremmo in difficoltà gli ufficiali di Stato civile, i sindaci e i funzionari, per il fatto di non accettare né trascrivere i matrimoni di questo genere.
Questo è il vulnus fortissimo che ha portato la senatrice Binetti e il senatore Mastella ad assumere posizione e che, proprio per la sua delicatezza, è stato camuffato, mascherato, palliato da questo iter legislativo del quale ho parlato e, come tutte le volte in cui si tenta di truccare le carte, ha ricevuto la sanzione, non voglio dire divina, ma quella esterna dell'errore giuridico.
Si è tentato in tutti i modi di nascondere il cuore della verità. Tuttavia, il diavolo fa le pentole ma non i coperchi ed è accaduto che si sia fatto riferimento all'articolo 13, n. 1, del Trattato di Amsterdam, anziché a qualche altra norma maggiormente appropriata (Rifondazione Comunista considera il Trattato sull'Unione europea, qualcuno parla dell'articolo 2, n. 7, del Trattato di Amsterdam).
Cosa possiamo dire? Non reggono neanche le pur intelligenti osservazioni dell'onorevole Zaccaria, secondo le quali la norma non sarebbe abrogativa, per quanto riguarda l'aggravamento delle sanzioni, ma bisognerebbe tenere conto della volontà del legislatore, considerare che si sono volute inasprire le pene e che in ordine al riferimento contenuto si potrà trovare qualche norma utile e, quindi, si dovrebbe mantenere in piedi non solo il provvedimento in materia di sicurezza e allontanamento dei cittadini comunitari ma anche questa parte.
Tuttavia, ciò non è possibile. Ci troviamo in sede di diritto penale - lei, professor Zaccaria, queste cose ce le insegna - nell'ambito del quale è necessaria la determinatezza della norma e bisogna applicare in maniera esatta il principio di offensività. Pertanto, l'interpretazione della norma non può essere lasciata al giudice, altrimenti sarebbe antigiuridica. Infatti, il giudice non può compiere l'interpretazione della norma penale, quando il riferimento normativo è errato e non vi è certezza neppure - anche se non servirebbe a nulla - sulla norma di riferimento, perché su di essa, addirittura, si discute fra coloro che la stanno scrivendo.
Se bisogna intervenire, occorre farlo nel modo più serio possibile. Innanzitutto è necessario che la politica scelga come risolvere tali problemi, soprattutto quello dell'identità di genere, mandi avanti il provvedimento relativo che, ormai, è in discussione da quasi un anno in Commissione giustizia alla Camera ed il cui esame si è velocizzato negli ultimi giorni, sopprima questa norma inutile e faccia tornare nuovamente il provvedimento all'esame del Senato, senza preoccuparsi delle conseguenze politiche.
Infatti, a questo punto, se Rifondazione Comunista verrà garantita attraverso l'approvazione di un testo che potrà ancora essere modificato e definito, mediante l'esame della Commissione giustizia, se i cosiddetti teodem non troveranno inserita tale norma all'interno del provvedimento in discussione, a mio avviso, anche a livello politico si sarà trovata una pace intelligente.
Invece, ritengo che costringere il Presidente della Repubblica a togliere le «castagne dal fuoco» al Parlamento, attraverso una valutazione di quanto è accaduto ed eventualmente la non apposizione della firma e il rinvio del provvedimento di nuovo alle Camere, sia non degno di un Parlamento serio, soprattutto quando i termini della questione sono talmente semplici.
Infatti, vi è la certezza di approvare il provvedimento in discussione nei termini di correttezza imposti dalla situazione. I giornali hanno fortemente fermato la propria attenzione sul provvedimento in discussione e certamente vi si soffermeranno anche i giornali esteri.
Saremo un Parlamento che, conscio di una situazione di grave errore, approverà comunque una norma. Oggi Panebianco, mi sembra, ha scritto, di nuovo sul Corriere della Sera, che l'attuale maggioranza, almeno sul piano della tecnicità e delle professionalità...
PRESIDENTE. Onorevole Boscetto, la invito a concludere.
GABRIELE BOSCETTO. ...sembrava migliore di quella precedente e invece, sia con le vicende «Speciale» e «Petroni», sia con questa vicenda dell'errore in termini di redazione del provvedimento sulla sicurezza - soprattutto della parte della quale stiamo parlando - dimostra di non avere quella supremazia...
PRESIDENTE. Onorevole Boscetto, concluda.
GABRIELE BOSCETTO. ...intellettuale della quale centrosinistra si è sempre gloriato.
Quindi, anche a fronte di pesanti valutazioni di questo genere, mi domando...
PRESIDENTE. Onorevole Boscetto, deve concludere.
GABRIELE BOSCETTO. Concludo, Presidente. Mi domando come sia possibile perseverare ulteriormente nella volontà di arrivare a votare una norma sbagliata. È facile richiamare quel detto - chiamiamolo così - errare humanum est, perseverare autem diabolicum.
PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Cota. Ne ha facoltà.
ROBERTO COTA. Signor Presidente, signor sottosegretario, onorevoli colleghi, siamo di fronte ad un decreto-legge concernente le procedure di espulsione di cittadini comunitari che si inquadra nell'ambito di una direttiva europea (come tutti sappiamo, la 2004/38/CE sul diritto di circolazione e di soggiorno) e che è stato adottato dopo il decreto legislativo 6 febbraio 2007, n. 30, che ha recepito la direttiva medesima.
Dico ciò per sottolineare che il problema dei rumeni non è nuovo e se il Governo interviene oggi - o meglio ieri - con un decreto-legge, per occuparsi di una materia già disciplinata precedentemente con un decreto legislativo, dimostra - già solo questo - come lo stesso Governo non sia stato oggettivamente capace di affrontare la questione. Esso è dunque intervenuto in ritardo, con un decreto-legge, perché non è stato in grado di affrontare il problema con gli strumenti ordinari.
Per la verità la questione dell'immigrazione è stata affrontata in modo sbagliato da questo Governo, nel suo complesso. Infatti, tanto per cominciare, il Governo ha accreditato la linea dell'immigrazione libera attraverso dichiarazioni, provvedimenti, proposte, prassi disapplicative della legge cosiddetta Bossi-Fini considerata, in ogni circostanza, come una normativa da abrogare, senza contare, poi, gli errori commessi con l'indulto. Si tratta di errori che abbiamo cercato di segnalare in quest'Aula attraverso interventi puntuali con i quali, non soltanto facevamo riferimento all'esigenza di impedire l'approvazione dell'indulto come segnale, ma anche a reati specifici per i quali chiedevamo di escludere l'applicazione di questo strumento.
Tutti i nostri discorsi, però, come molti dei nostri discorsi sull'immigrazione, sono caduti nel vuoto e voi siete andati avanti per la vostra strada che ha portato a raggiungere i risultati che - ahimè - abbiamo visto.
Nell'ambito di questa politica sull'immigrazione completamente sbagliata si inserisce, poi, la politica che riguarda i rumeni, sull'immigrazione comunitaria: su ciò occorre far qualche riflessione.
Il problema, signor Presidente e signor sottosegretario, è quello di un'Europa che si è allargata a Stati che hanno caratteristiche completamente diverse e disomogenee rispetto a quelle degli altri Stati membri.
Abbiamo sempre segnalato che un'Europa dai confini troppo estesi, che avesse inglobato dei Paesi con caratteristiche troppo dissimili, non sarebbe stata forte, ma sarebbe stata un'Europa sempre più debole e, come tutti i grandi imperi che si allargano (in questo caso non è neanche un impero, se non della burocrazia e dell'antidemocrazia), come tutti i grandi sistemi che si espandono senza avere fondamenta forti, sarebbe andata incontro alla degenerazione e alla disgregazione.
Infatti, la degenerazione puntualmente c'è stata: l'allargamento alla Romania, alla Bulgaria, a Paesi completamente diversi ha causato, attraverso l'ingresso in libera circolazione delle persone, grossi problemi dal punto di vista dell'ordine pubblico e della sicurezza, che sono i problemi che stiamo vivendo tutti i giorni.
Lo avevamo segnalato in sede di Unione europea. Ricordate quando dicevate che la Lega era antieuropeista, antistorica e così via? Mi ricordo perfettamente questi discorsi e le posizioni del Presidente Prodi, che è colpevole due volte: è colpevole in quanto è stato Presidente della Commissione europea proprio quando si pianificava questo allargamento (è stato, quindi, lo stratega dell'allargamento a Paesi che con noi non c'entravano niente) ed è colpevole una seconda volta perché è stato lo stratega della gestione dell'ingresso della Romania e di questi nuovi Paesi nell'Unione europea, anche con riferimento alla politica di apertura dei nostri confini.
Oggi discutiamo dei rumeni, però non ricordiamo, voi non ricordate - ovviamente non volete farlo perché vi vergognate - che altri Paesi europei, altri Governi di sinistra, per esempio in Spagna, hanno adottato una moratoria sugli ingressi dalla Romania. Non hanno fatto entrare tutti, come avete fatto voi colpevolmente (anche in questo caso, a capo del Governo c'era sempre il Presidente Prodi).
Il problema è stato assolutamente sottovalutato: quando, nei primi mesi di quest'anno, dopo che avevamo chiesto a più riprese l'applicazione di una moratoria, cominciava il flusso dei rumeni, dei rom e c'erano problemi evidenti nelle nostre città e sul nostro territorio (le baraccopoli cominciavano a formarsi, veniva segnalato un aumento esponenziale non solo dei piccoli reati, ma anche di quelli più gravi, contro la persona), quando segnalavamo tutto ciò, voi dicevate sistematicamente che eravamo dei razzisti, che volevamo creare un allarme sociale e che la situazione era sotto controllo.
Abbiamo visto come la situazione è risultata sotto controllo e abbiamo anche visto il vostro atteggiamento, che, come sempre, ha due pesi e due misure: finché i fatti di grande allarme sociale, finché Pag. 16reati gravissimi si sono verificati al nord, avete fatto sistematicamente finta di niente; quando si è verificato un fatto gravissimo e deprecabile nella città di Roma, gestita dal vostro leader del Partito Democratico, Walter Veltroni, allora avete deciso di intervenire e di far approvare un decreto-legge (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania)!
Come sempre, due pesi e due misure. Lo voglio ricordare in questa sede: non possono esistere morti di serie A e morti di serie B.
Abbiamo, infatti, ancora scolpito nelle nostre menti il resoconto degli ignobili fatti di Treviso, che non potremo cancellare: fatti di una inaudita gravità! Voi non avete speso le stesse parole nei confronti di quelle due povere persone. Lo dico perché, quando si governa, bisogna saper affrontare i problemi con una visione prospettica e bisogna considerare tutti i territori, non soltanto quelli che vi interessano dal punto di vista elettorale.
Almeno, se aveste proposto un provvedimento efficace, avremmo potuto dire e avremmo detto: meglio tardi che mai. Invece, il decreto la cui conversione in legge è in esame, signor sottosegretario, colleghi, è assolutamente inefficace, è una norma «manifesto» o neanche questo, dopo tutto quello che è successo.
Il motivo per cui è inefficace lo vedremo analiticamente, in sede di discussione dei nostri emendamenti. Oggi dobbiamo dire anche un'altra cosa: esso non solo è inefficace, ma è anche dannoso, perché tutti gli errori che avete commesso nella gestione del fenomeno dell'immigrazione evidentemente non vi hanno insegnato niente e oggi, con il decreto in esame, perseverate negli stessi errori. Potremmo dire che errare è umano - avete sbagliato tante volte -, ma perseverare è diabolico.
Allora, che cosa è successo? È successo che avete avuto paura di affrontare i problemi concreti, perché non riuscivate a gestire la vostra maggioranza e tra poco analizzerò tale questione quando affronterò la norma sull'omofobia.
Consideriamo alcuni punti. Il primo punto dimostra come non siete stati in grado di affrontare concretamente i problemi: il cittadino comunitario - in questo caso è romeno, ma potrebbe avere un'altra cittadinanza - può rimanere per tre mesi sul nostro territorio. Quando scatta il termine dei tre mesi, subentrano tutta una serie di obblighi e, da parte del nostro Stato, la possibilità di intervenire emanando un provvedimento di espulsione laddove non si rispettino determinate condizioni, che sono previste dal decreto e che erano già previste dal precedente decreto legislativo.
Il problema è come misuriamo la presenza del soggetto da tre mesi nel territorio italiano: ci vuole una data certa affinché qualsiasi tipo di strumento legislativo non sia una barzelletta, ma abbia un minimo di efficacia. Il fatto che voi non siate in grado di mettere in campo delle norme dotate di un minimo di efficacia si vede dal testo: si stabilisce che il cittadino comunitario, quando entra nel nostro territorio, per registrare la data certa «può» andare presso il commissariato di Polizia. Che cosa vuol dire «può»? O «deve» andare oppure no! Voi avete scritto «può» perché sapete perfettamente che non avete alcuna intenzione di controllare gli ingressi, perché avete adottato una norma che è una barzelletta (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania)! Infatti, avete sistematicamente cestinato i nostri emendamenti in Commissione. Non diciamo niente di rivoluzionario: affermiamo soltanto che chi entra deve recarsi presso la Polizia a registrarsi per far decorrere il termine di tre mesi.
Seconda considerazione: voi avete posto il potere di espulsione in capo ai prefetti. Noi non siamo d'accordo su tale previsione, perché quando si deve agire dopo che un soggetto è già entrato nel territorio (noi diciamo che, nei limiti del possibile, bisogna impedire che entri chi non deve entrare nel nostro territorio, infatti abbiamo anche iniziato un ragionamento, che svilupperemo, sull'applicazione o meno dell'accordo di Schengen in questa situazione), la figura che deve essere in grado e che è più in grado di individuare se questo soggetto è pericoloso o meno è quella che più di tutti conosce il territorio. Dunque, devono essere i sindaci a potere individuare i soggetti da espellere, perché sono gli unici che conoscono il loro territorio, che sanno se una persona è venuta per lavorare o per delinquere, se una persona ha un reddito o invece presenta dei certificati falsi.
Invece, voi avete dato questo potere ai prefetti. Questo, dal nostro punto di vista, è assolutamente e sostanzialmente sbagliato.
Inoltre, le modalità di espulsione che avete previsto non sono effettive: lo denunciamo da sempre, anche con riferimento ad una prassi disapplicativa della legge Bossi-Fini, anche per effetto di talune sentenze della Corte costituzionale, che è stata adottata e che ha in parte vanificato quella legge, che era una legge straordinaria e la migliore in Europa dal punto di vista dell'impianto complessivo.
Quella che voi avete previsto nel decreto-legge non è un'espulsione effettiva. Il cittadino comunitario, infatti, può essere espulso immediatamente soltanto per «motivi imperativi di pubblica sicurezza»: è un'ipotesi marginale e residuale, che noi abbiamo chiesto di ampliare perché, se un soggetto è pericoloso, è giusto che ritorni a casa propria. È inutile giocare con le norme, le considerazioni, le posizioni e le valutazioni.
Del resto, il risultato del provvedimento è oggettivo: vi sono state circa cento espulsioni. Mi sembra che questa sia assolutamente la certificazione di un fallimento. Perché vi sono state soltanto cento espulsioni? Perché questo decreto-legge non è effettivo e non prevede meccanismi effettivi di espulsione. Questa mancanza di effettività si rinviene anche nella norma che prevede il passaggio della competenza a giudicare sulla legittimità del provvedimento di espulsione dal giudice di pace - organismo che decide in maniera rapida - al giudice ordinario, con tutto ciò che comporta per via della burocrazia che esiste nei nostri tribunali (oggi più che mai dopo l'introduzione di queste norme).
Non solo: con questo decreto-legge avete anche modificato la disciplina riguardante gli extracomunitari, che invece prevedeva la competenza del giudice di pace. È per questo che dico che questo provvedimento per larga parte è addirittura dannoso.
Per non parlare poi della norma, assolutamente generica - da noi segnalata in Commissione -, che stabilisce che se il soggetto è allontanato per motivi imperativi di pubblica sicurezza ed è anche sottoposto a procedimento penale, laddove non sia oggetto di restrizione della libertà personale con un provvedimento del giudice, il questore «può» disporre che egli sia ospitato in «strutture già destinate per legge alla permanenza temporanea».
Anzitutto, vorrei chiedere al sottosegretario, ai colleghi e al relatore che cosa vuol dire «può». Se si è deciso di espellere un soggetto per gravissimi e impellenti motivi di pubblica sicurezza e, per giunta, questo soggetto è sottoposto ad un procedimento penale, che cosa volete fare: lasciarlo libero di girare sul territorio? Non vi è forse un'esigenza di restrizione temporanea della libertà personale? È evidente che vi è questo tipo di esigenza. Allora, non scrivete barzellette: scrivete norme un minimo credibili! Il soggetto «deve» essere ospitato presso questi centri!
Inoltre, che cosa vuol dire «strutture già destinate per legge alla permanenza temporanea»? Nessuno vuole assolutamente criminalizzare i rumeni (anzi, noi non abbiamo nulla contro di loro, e lo abbiamo detto in tutte le occasioni possibili e immaginabili); ma se un soggetto è pericoloso, va trattato come tale. Non avete utilizzato il termine «centri di permanenza temporanea» perché in sostituzione di tali centri volete costruire alberghi? Questa, infatti, è la riflessione che ci viene in mente. Se scrivete «strutture già destinate», vuol dire che volete trasformarle in alberghi! Mi sembra che questo non sia il modo corretto di affrontare il problema.
Inoltre - e mi avvio verso la conclusione, perché vi sarà poi tempo di sviluppare gli argomenti durante l'esame dei singoli emendamenti -, qualche considerazione va fatta anche con riferimento alle condizioni per rimanere sul nostro territorio nazionale e per potere poi ottenere la residenza. Mi riferisco, dunque, all'aspetto del decreto-legge al nostro esame che riguarda la concessione della residenza da parte dei nostri sindaci.
Noi abbiamo chiesto a più riprese di prevedere, oltre al requisito di disporre di un reddito (che è poi il reddito misurato, anche attraverso le previsioni delle direttive europee, in 5 mila euro l'anno), anche quello di avere una casa.
Chi arriva sul nostro territorio e vi rimane, dopo tre mesi di permanenza deve avere una casa: non può vivere nelle baracche o nei campi nomadi abusivi!
Proprio nell'episodio accaduto a Roma, di fronte al quale voi avete reagito, il soggetto che ha commesso quell'atroce delitto viveva in una baraccopoli. Mi chiedo, allora, perché non avete avuto il coraggio di stabilire nella norma che il requisito per poter rimanere sul nostro territorio debba essere anche quello di avere una casa che rispetti le prescrizioni igieniche, sanitarie o, semplicemente, le norme che valgono anche per i nostri cittadini. Ad esempio, il cittadino che ottiene la casa popolare - ma purtroppo, non è soltanto il cittadino a poterla ottenere - beneficia comunque di un'abitazione a delle condizioni, nel senso che in una stanza non vi possono abitare cento persone, ma, al limite - se si tratta di una casa con due stanze -, ve ne possono stare quattro.
Voi non avete introdotto tali disposizioni e non avete neanche dato ai sindaci uno strumento chiaro per verificare la residenza sul nostro territorio. Abbiamo di fronte a noi due realtà: da un lato, vi è la realtà del territorio, nella quale i sindaci usano tutti gli strumenti a loro disposizione per tutelare gli interessi dei cittadini e per fare in modo che le loro città ed i loro paesi siano il più possibile sicuri; dall'altro lato, c'è la realtà vostra del «palazzo», nella quale voi, invece di aiutarli, fate di tutto per porgli ostacoli.
È quanto abbiamo visto a proposito della norma sulla residenza. È evidente, infatti, che molti amministratori locali hanno cercato di regolamentare tale materia, applicando, peraltro, le leggi già esistenti ed in maniera assolutamente legittima, ma sia gli amministratori locali sia la gente si aspettavano una parola chiara pronunciata dal Parlamento. Ma su questo, come sempre, avete fatto finta di niente!
L'ultima «perla», colleghi - e concludo - è la disposizione sull'omofobia. A tale riguardo, poiché non riuscivate a gestire dal punto di vista politico il decreto-legge al nostro esame - come dimostrano le modifiche apportate alle disposizioni relative alla competenza del giudice, con un trasferimento di attribuzioni dal giudice di pace al giudice ordinario, sotto la spinta della sinistra radicale -, avete pensato bene di introdurre all'interno del provvedimento una norma che non c'entrava nulla, in spregio a tutte le regole sulla decretazione d'urgenza e al Regolamento parlamentare della Camera (non a caso lo avete fatto al Senato, il cui Regolamento è più flessibile e consente una interpretazione più estensiva). Avete così introdotto una norma, la cosiddetta norma sull'omofobia, che non ha nulla a che fare con l'oggetto del decreto-legge e che è assolutamente sbagliata nel merito, perché si presta ovviamente ad un'interpretazione repressiva e sostanzialmente configura un reato di opinione: qualcuno può essere processato per le proprie opinioni e non per oggettivi comportamenti violenti o lesivi dei diritti e della libertà altrui.
Vi è una differenza: si discute di un reato di opinione, mentre si affronta una materia molto delicata quale è la sicurezza dei cittadini. Mentre assistiamo a morti e a persone che vengono rapinate ed uccise in casa loro, voi mettete l'ideologia in mezzo a questioni molto più importanti e delicate.
Comunque, voi lo avete fatto e vi siete infilati in un vicolo cieco, perché inserendo una norma ingiusta, avete scritto una norma sbagliata. Il risultato di tale errore è che sostanzialmente avete indicato nel decreto-legge una norma sbagliata, incostituzionale, perché la norma di cui all'articolo 1-bis del decreto-legge è una norma penale e risulta indeterminata, poiché prevede una fattispecie di reato senza definirne i contorni, in quanto si riferisce all'articolo di un Trattato che è del tutto estraneo.
Non sapete in che modo uscire da tale situazione - lo ripeto - perché l'unico modo sarebbe eliminare la norma dal decreto-legge e rimandare tale testo al Senato. Non potete farlo perché al Senato non avete la maggioranza e non siete in grado di riportare i senatori al Senato durante le vacanze di natale, perché i senatori eletti all'estero devono ritornare in Argentina a spendere le prebende che gli avete concesso con la legge finanziaria...
MARCO BOATO. Sei anche contrario alla celebrazione del natale!
ROBERTO COTA. ...e perché tutte le volte in cui è necessario convocare una seduta dovete portare persone di 90, 95 o 98 anni con la barella per poter votare. Tale tipo di organizzazione è complessa e, inoltre, avete una maggioranza che ad ogni votazione va in frantumi.
Per tutti questi motivi, non modificate il decreto-legge (almeno questo sembra essere l'ultimo orientamento) e costringete la Camera e i vostri colleghi ad approvare un provvedimento sbagliato e incostituzionale. Il Presidente della Repubblica ha già fatto intendere chiaramente, ieri, che ha delle difficoltà a promulgare una legge di conversione costruita in questo modo.
Oggi ho anche sentito (da voci di corridoio) che addirittura ne state studiando un'altra! Non vi è limite al peggio, ma ne abbiamo viste di tutti i colori! Qualche scienziato del diritto sta pensando addirittura di emanare un decreto-legge preventivo, cioè un decreto che dovrebbe entrare in vigore prima di una legge che il Parlamento deve ancora approvare. Si tratterebbe di un fatto gravissimo e senza precedenti per la democrazia, perché si bloccherebbe, con un decreto-legge, una legge prima della sua entrata in vigore. Non sta né in cielo né in terra e non so come il Presidente della Repubblica possa prestarsi ad una manovra di tale tipo.
In conclusione, il decreto-legge in esame ha evidenziato in maniera chiara la vostra incapacità di affrontare i problemi, sia da un punto di vista politico, sia tecnico. La materia della sicurezza dei cittadini è molto delicata e tale vostra incapacità si riverbera su tutta l'azione del Governo.
Pertanto, l'unico auspicio che possiamo rivolgere nella discussione in atto è che succeda veramente qualcosa - non so cosa, ma qualcosa - per cui il Governo vada a casa già durante l'iter di questo decreto-legge, il più presto possibile, e che si svolgano nuove elezioni (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania).
PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Leoni. Ne ha facoltà.
CARLO LEONI. Signor Presidente, colleghe e colleghi, mi accingo ad esprimere l'opinione del mio gruppo sul decreto-legge al nostro esame. Si tratta dell'opinione di uno dei gruppi parlamentari di quella sinistra italiana che sta percorrendo la strada dell'unità e della condivisione di valori e programmi. Lo affermo perché voglio innanzitutto smentire il ritornello propagandistico secondo il quale la sinistra, per sua natura, dimostrerebbe indifferenza rispetto alla preoccupazione che attanaglia molti nostri concittadini dinanzi ad episodi di criminalità. È una falsità. Noi sentiamo come nostre quelle preoccupazioni, anche perché provengono, in massima parte, dalla componente più povera e indifesa della popolazione: gli abitanti delle periferie urbane, gli anziani e le persone sole.
Si tratta di quella parte della società alla quale la sinistra ha sempre guardato con attenzione, cercando di rappresentarne i diritti, le istanze e, quindi, anche le preoccupazioni. Pertanto, prendiamo estremamente sul serio il diffondersi di un certo allarme proprio perché sappiamo che in molti casi si tratta di percezione di Pag. 20insicurezza e, cioè, della condizione drammatica di chi si sente solo, non tutelato e vede dinanzi a sé un futuro quanto mai incerto.
Tutti sappiamo in quest'Aula, anche coloro che non intendono riconoscerlo, che questa sensazione di insicurezza non nasce soltanto dagli episodi di criminalità, ma dall'insieme di una condizione sociale incerta, dall'assenza di garanzie sul proprio futuro, da un senso di solitudine crescente. Non è cattiva sociologia, ma la realtà dell'esistenza di milioni di persone. Tuttavia, affermare ciò non significa certamente sfuggire dalla più concreta esigenza di dotare la magistratura e le forze dell'ordine degli strumenti, anche legislativi, maggiormente adatti a contrastare la criminalità più grande e diffusa nel territorio. Ho citato la magistratura e le forze dell'ordine, perché sono questi - non altri, ad esempio non i sindaci - i detentori del potere di combattere la criminalità e di fare giustizia.
I sindaci possono fare molto al fine di diffondere presso i propri concittadini sentimenti di sicurezza, serenità e civile convivenza. Possono e debbono non sostituirsi a prefetti e questori, ma risanare le periferie, curare e proteggere i parchi pubblici, illuminare le strade, rimuovere il disagio sociale, favorire l'integrazione e diffondere cultura. Una città più vivibile è anche una città più sicura.
Il barbaro omicidio della signora Reggiani scosse l'opinione pubblica e squarciò il velo su un mondo di degrado, di disagio e di condizioni di vita spesso inumane. L'omicida era un rumeno. Lo si è saputo immediatamente solo perché una donna, rumena anch'essa, aveva collaborato sin da subito alla cattura. La reazione a tale drammatico episodio fu molto forte e ciò era prevedibile ed anche giusto; tuttavia, venne indirizzata in una direzione fuorviante. Visto che l'assassino era un rumeno, la presenza di rumeni e di rom in Italia veniva indicata come la causa fondamentale o prevalente del diffondersi di gravi episodi criminali.
Lo scorso sabato 24 novembre migliaia di donne hanno sfilato a Roma per dire che gli uomini in generale, non i rumeni in particolare, si rendono sempre più spesso responsabili di violenze efferate ai danni delle donne. Sono piene le cronache, purtroppo, di fatti di questo tipo ed io vorrei citare, ai colleghi che volessero ascoltarle, alcune notizie ed alcuni nomi: Angelo Grassano ha ucciso a martellate Mariangela Navone di 54 anni e sua figlia Antonella di 21; Giovanni Prescimone ha accoltellato la convivente e il bambino di quattro mesi; a Cosenza un uomo di 35 anni ha ucciso la moglie e la figlia di quattro anni; la signora Simona Capacci è scomparsa, molto probabilmente rapita, dopo essere stata più volte molestata dall'ex convivente, un uomo ritenuto violento, Enrico Merendino.
Questi sono episodi soltanto dell'ultima settimana. Quindi, la penso come il collega Cota: non esistono morti di «serie A» e morti di «serie B» e, cioè, non ci sono donne uccise che meritano l'attenzione dell'opinione pubblica e delle istituzioni, se ad ucciderle è un rumeno, e donne uccise che vanno dimenticate perché l'assassino è un italiano. Questi fatti di cronaca, che non raggiungono le prime pagine dei giornali, né le prime notizie dei telegiornali, tuttavia ci raccontano una vicenda inquietante, ovvero il crescere delle violenze da parte degli uomini dentro le mura domestiche, ai danni delle proprie mogli, delle proprie conviventi e dei figli.
Nei giorni dell'omicidio della signora Reggiani è stato affisso da un gruppo di estrema destra sui muri di Roma un manifesto che più o meno recitava: «Vengono gli stranieri a uccidere le nostre donne». Non vorrei che si lanciasse il messaggio secondo il quale le nostre donne, giacché sono nostre, le possiamo uccidere soltanto noi.
Questa è la verità su quanto sta accadendo, anche nel nostro Paese.
Comunque sia, venne assunto come prioritario il tema degli strumenti più incisivi per allontanare i cittadini comunitari - tali sono i rumeni - ritenuti pericolosi. Si è subito visto come si entrava, anche dal punto di vista giuridico, in un campo difficile e vischioso, innanzitutto per due ragioni. Si chiedeva un provvedimento d'urgenza rivolto ai cittadini di Stati membri dell'Unione europea ai quali è garantita la libera circolazione nel territorio dell'Unione e a persone ritenute pericolose, ma non in conseguenza di un reato commesso, nel qual caso scattano come ovvio le procedure giurisdizionali ordinarie. In quei giorni, da destra prese il via una campagna propagandistica scriteriata; ricordo un intervento dell'onorevole Fini che diceva «scrivete quello che vi pare nel decreto, ma dovete garantire l'espulsione di almeno duecentomila rumeni»; altro che spirito di collaborazione in quelle ore, come è stato evocato ieri da parte di esponenti dell'opposizione! Vi era una sfida quantitativa, come se la sicurezza si potesse garantire un tanto al chilo.
Il Governo varò un decreto-legge non privo di lacune ed indeterminatezza: troppo vaga, ad esempio, la definizione delle fattispecie di pericolosità sociale capaci di far scattare la misura dell'allontanamento. Al Senato, in sede di conversione del decreto-legge, sono stato introdotte modifiche che hanno reso questo provvedimento maggiormente coerente con la Costituzione e con la normativa europea.
Ritengo che il Senato abbia migliorato il decreto-legge rendendolo più rigoroso. L'opposizione sostiene, invece, che il testo esce annacquato dall'esame di Palazzo Madama. Dobbiamo intenderci: se l'obiettivo fosse quello di mandare via più rumeni possibile, allora ha ragione l'opposizione: bisogna lasciare il massimo di discrezionalità nelle mani dei prefetti e del Ministro dell'interno. Se, invece, si deve essere certi che vengano allontanate persone effettivamente pericolose, allora si debbono indicare, con il massimo di precisione possibile, quegli atti e quei comportamenti che possono configurare un certo grado di pericolosità sociale. Pertanto, affidare al tribunale in composizione monocratica, invece che al giudice di pace, i provvedimenti di convalida, rappresenta un'altra di quelle correzioni che rende il decreto-legge più rigoroso e più stringente - non meno - giacché sono in gioco la sicurezza e le garanzie dei cittadini.
Le modifiche introdotte al Senato rendono più agevole la condivisione di questo atto del Governo, e il fatto che qui alla Camera, in Commissione giustizia, si sia pressoché completato l'esame delle misure contro lo stalking e l'omofobia ci permette di approvare il provvedimento nel testo pervenuto dal Senato, anche se come sappiamo in quel testo la norma contro l'omofobia contiene un errore tecnico molto serio.
Ritengo che sia interesse di tutti, maggioranza e opposizione, sapendo che il Senato è impegnato nell'approvazione del disegno di legge finanziaria, non rischiare la decadenza del decreto-legge. Pertanto è ragionevole, quando il Governo ci invita a ciò, approvare in quest'Aula il testo così com'è; anche perché, se dovessimo modificarlo, giacché vi è un errore, si dovrebbe correggere l'errore, non abolire la norma. Naturalmente, è nella valutazione del Governo l'opportunità di adottare misure che possano ovviare agli eventuali danni collaterali causati dall'approvazione del testo in questa forma.
Nel momento in cui esprimo, quindi, il consenso del mio gruppo della Sinistra Democratica al decreto-legge in esame, vorrei concludere con un doppio appello. Il primo è alla razionalità. Tutti, semplici cittadini e membri del Parlamento, rimangono scossi da certi efferati episodi di criminalità. Ma noi che abbiamo la responsabilità di legiferare, abbiamo anche il dovere di far funzionare il cervello: non possiamo elaborare o proporre norme sulla base dell'emotività, senza preoccuparci delle conseguenze di quello che facciamo. Ci sono, ad esempio, alcuni emendamenti dell'opposizione che propongono che i cittadini degli altri Paesi europei, una volta entrati in Italia, si vadano a registrare negli uffici della Polizia di Stato; si chiede, cioè, che tutti i turisti - spagnoli, francesi, tedeschi e così via - non possano circolare liberamente in Italia senza passare per il commissariato: saremmo l'unico Paese europeo a far questo e susciteremo ovunque stupore e ilarità. Ce lo dobbiamo e ce lo possiamo risparmiare. Per questo dico: testa sulle spalle quando si legifera in materia di sicurezza!
Vorrei rivolgere un secondo appello a tutte le forze politiche, soprattutto a chi mi è politicamente più vicino, ossia ai colleghi della maggioranza: bisogna lanciare una grande campagna contro la xenofobia e contro ogni forma di discriminazione. Nel nostro Paese che - non possiamo dimenticarlo - è culla del diritto ed è uno Stato libero, democratico e di emigranti, si stanno diffondendo veleni illiberali, odiosi pregiudizi e condanne senza appello verso chi è considerato diverso da sé per ragioni etniche, religiose o perfino per l'orientamento sessuale. Occorre reagire! Ci hanno insegnato fin da piccoli che per combattere i totalitarismi, la violenza o la criminalità tutto si può fare tranne che diventare totalitari, violenti e criminali. Ci si dimentica troppo spesso - e a volte pare che ci si vergogni di questo - che siamo il Paese di Cesare Beccaria, di don Milani e di Mario Gozzini, oppure si citano queste illustri personalità solo nei giorni di festa. Se vogliamo rimuovere l'allarme che vi è nel Paese, non si può cavalcare la tigre magari per un pugno di voti, perché poi certe tossine finiranno per avvelenare tutto e tutti. Si devono dare risposte mirate e concrete e si deve continuare a far leva sui valori della nostra Costituzione, che sono valori di libertà, di solidarietà e di accoglienza (Applausi dei deputati dei gruppi Sinistra Democratica. Per il Socialismo europeo, Partito Democratico-L'Ulivo e Rifondazione Comunista-Sinistra Europea).
PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Boato. Ne ha facoltà.
MARCO BOATO. Signor Presidente, signor rappresentante del Governo, colleghe e colleghi, anche se siamo ancora nella fase della discussione sulle linee generali, preannuncio che i Verdi si accingono a votare a favore della conversione in legge del decreto-legge in esame, nella versione modificata e integrata da parte dell'altro ramo del Parlamento. Faccio questa dichiarazione a nome del mio gruppo ma, in particolare, anche a nome della collega Paola Balducci, che ha seguito con me l'esame in sede referente per la parte che riguarda la Commissione giustizia.
PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE CARLO LEONI (ore 11,35)
MARCO BOATO. Credo sia opportuno che in questa discussione sulle linee generali che si sta svolgendo in Aula, si valuti con equilibrio, serenità e pacatezza, ma anche con rigore, tutta la complessa vicenda che viene in rilievo.
Parlando subito dopo il collega Carlo Leoni (che nel frattempo ha assunto la Presidenza), posso anche semplificare il mio intervento dicendo che ho ascoltato con attenzione le sue riflessioni e che le condivido pienamente. Questa condivisione mi permette di non tornare dettagliatamente su tutti gli aspetti che il collega Leoni ha affrontato poco fa con grande equilibrio.
Ritengo che in questa sede vada ripetuto - personalmente lo faccio da anni, forse da decenni! - ciò che abbiamo affermato in quest'Aula in occasione del dibattito svoltosi alla presenza del rappresentante del Governo, subito dopo la tragica vicenda di fine ottobre, che si è conclusa con la morte della signora Reggiani il 1o novembre, ossia che non è mai saggio reagire agli eventi, anche i più tragici (tragico e terribile è stato, infatti, l'omicidio della signora Reggiani), con una logica istituzionale di carattere emergenziale. Ogni volta che si provvede con questa logica emergenziale si rischia di cavalcare la comprensibile, e anche condivisibile, emotività dell'opinione pubblica di fronte a tragici eventi ma, al tempo stesso, si rischia sul piano giuridico, istituzionale e legislativo di introdurre norme che poi non reggono alla prova della compatibilità costituzionale e alla logica dello Stato di diritto.
È ciò che, purtroppo, è accaduto molte volte nel passato. Ricordo incidentalmente (perché è persona che stimo) che nel 1979 si introdusse il cosiddetto decreto-legge antiterrorismo Cossiga, e lo stesso Presidente del Consiglio, Cossiga, negli anni successivi affermò che si trattava di norme emergenziali che avrebbero dovuto avere durata limitata nel tempo; ciononostante, a distanza di quasi trent'anni, credo che quel provvedimento sia tuttora in vigore!
Il collega Leoni ha ricordato - lo faccio anch'io, ma non cito neppure il nome dell'autore, che è noto - che, proprio nei primissimi giorni di novembre, un autorevole esponente del centrodestra ha pronunciato dichiarazioni irresponsabili: «Bisogna espellere almeno duecentomila rumeni». Credo che anche chi, quasi due mesi fa, ha pronunciato questa frase (essendo una persona intelligente, pur avendo pronunciato affermazioni folli), oggi, riflettendo e riascoltando le sue parole, non possa che rabbrividire: questa, infatti, sarebbe una logica neanche emergenziale, ma da Stato totalitario e di polizia, indegno di appartenere non solo all'Unione europea, ma a qualunque consesso democratico a livello mondiale. Queste, però, sono le dichiarazioni che abbiamo ascoltato nell'immediatezza della tragedia causata dall'omicidio della signora Reggiani!
Bene ha fatto il collega Leoni - io l'avevo già fatto in altre circostanze e l'aveva fatto anche il Governo - a ricordare che, se si è potuto catturare immediatamente il responsabile di quell'omicidio, è stato per merito di una signora di etnia rom e di nazionalità rumena, che ha consentito alle forze di polizia la cattura del responsabile.
Ricordo anche in quest'Aula, sebbene ciò esuli dal contenuto normativo del provvedimento in discussione (ma è bene che ne resti traccia), il comportamento, invece, straordinario e straordinariamente responsabile che, in occasione di quel tragico omicidio, è stato mantenuto dai familiari della signora Reggiani. In particolare, mi riferisco al marito - che, se non ricordo male, è un ufficiale della marina - e agli altri familiari; una famiglia che, dal punto di vista religioso, credo sia in parte cattolica e in parte valdese: la signora Reggiani era di confessione cristiana valdese. Le dichiarazioni di quei familiari fanno onore a loro stessi, al nostro Paese, alla civiltà democratica e a quel senso di umanità che, comunque, non può mai essere posto in secondo piano, anche di fronte alle tragedie più spietate (e quella è stata veramente una vicenda spietata).
Ricordo anche - forse qualcuno se ne dimentica - che, sotto il profilo della responsabilità italiana sul piano europeo e internazionale e del prestigio e della credibilità del nostro Paese, le dichiarazioni ricordate (non quelle dei familiari, ma quelle di esponenti del centrodestra) hanno provocato, nei rapporti tra l'Italia e la Romania, ripercussioni immediatamente e spaventosamente negative. In quei giorni, per una visita programmata in precedenza - che ovviamente non aveva nulla a che vedere con l'omicidio - il Ministro dello sviluppo economico Bersani si trovava, se non ricordo male, a Bucarest, ma comunque in Romania: egli si è trovato di fronte non solo alle reazioni negative e preoccupate - per dir poco - degli esponenti di Governo della Romania, ma anche alle reazioni ancora peggiori dei numerosissimi esponenti dell'imprenditoria italiana che operano in quel Paese. Quando si pronunciano dichiarazioni di quel tipo - e a proferirle non è stato l'ultimo sciagurato, ma un esponente politico importante - e si alimenta un'ondata xenofoba addirittura nei confronti di un intero Paese, ci si dovrebbe anche render conto, oltre che dell'infondatezza di quelle dichiarazioni, anche delle ripercussioni spaventosamente negative che esse possono produrre sul piano dei rapporti internazionali, in questo caso dei rapporti interni all'Unione europea.
Da questo punto di vista, ritengo giusto ribadire che l'originario decreto-legge (varato - come ho già affermato - in una logica emergenziale, nell'immediatezza della tragedia) è stato giustamente e positivamente sottoposto, da parte dell'altro ramo del Parlamento, a un vaglio di compatibilità con la normativa comunitaria e con le norme costituzionali, attraverso un puntuale lavoro di riformulazione di una parte del testo pienamente condivisibile (non per tutti gli aspetti, ma per la gran parte di essi).
In un contesto di corresponsabilità di maggioranza e di sostegno al Governo, che da parte nostra è sempre stato leale e continuerà ad esserlo, restano alcune perplessità complessive - è bene dirlo - rispetto alla logica di questo decreto-legge, nonché alla direttiva comunitaria 2004/38/CE recepita all'inizio di quest'anno con il decreto legislativo 6 febbraio del 2007, n. 30. Restano inoltre altre perplessità anche rispetto alla compatibilità costituzionale; per alcuni aspetti, infatti, siamo al limite della compatibilità costituzionale. Non bisogna mai violare la logica dello stato di diritto; non bisogna mai violare il principio della responsabilità personale sotto il profilo penale e in relazione alle misure di prevenzione.
I relatori, i colleghi Pisicchio e Zaccaria, hanno affrontato da parte loro questa materia sia in sede di esame del provvedimento in Commissione in sede referente sia questa mattina, con le loro pregevoli relazioni svolte in Aula. Opportunamente, proprio per la parte di specifica competenza della Commissione Affari costituzionali, il collega Zaccaria ha richiamato, sia pure in modo sintetico, l'ampia dottrina - preoccupata e critica - della compatibilità costituzionale delle cosiddette misure di prevenzione ante delictum. A tale proposito il collega Zaccaria ha anche citato Elia, Barile e altri e il dossier del Servizio studi del Senato ha riportato un'ampia documentazione della dottrina e della giurisprudenza costituzionale. Lo stesso collega Zaccaria ha citato inoltre antiche sentenze della Corte costituzionale che fanno riferimento al principio di prevenzione e di sicurezza sociale e, al riguardo, ha opportunamente riaffermato la necessità di una estrema cautela per non entrare in conflitto con gli stessi principi della nostra Carta costituzionale e in specie con la riserva di giurisdizione contenuta all'articolo 13 della Costituzione. Si tratta di preoccupazioni, di riflessioni, di richiami sia alla dottrina, sia alla giurisprudenza costituzionale con riferimento al rapporto con la Carta costituzionale e con l'ordinamento comunitario che faccio mie e che non ripeto dettagliatamente per ragioni di tempo. Sono preoccupazioni che credo dovremmo tutti porre alla nostra attenzione e che trattandosi di materia costituzionale, dovrebbero essere anche all'attenzione dei gruppi dell'opposizione, perché in questa materia vi dovrebbe essere un richiamo condiviso alle regole. Tutto ciò in questo caso non è accaduto e spesso anche in altri casi. Malgrado ciò, insisto ad affermare che quando ci si trova di fronte a materie di rilevanza costituzionale vi dovrebbe essere attenzione da parte di tutte le forze politiche presenti in Parlamento che si riconoscono nei principi e nei valori costituzionali.
Resta aperta la questione dell'articolo 1-bis, introdotto al Senato, che è stata più volte dibattuta in Commissione, in Aula questa mattina e sui giornali (il collega Boscetto ha citato un articolo del giornalista Francesco Verderami su Il Corriere della Sera di oggi). È giusto che vengano riportate le espressioni dell'opinione pubblica perché il Parlamento e il Governo non agiscono nel vuoto di un rapporto con l'opinione pubblica e più in generale con i cittadini. Voglio riaffermare in quest'Aula, a nome del gruppo che rappresento, che condividiamo pienamente le finalità, le intenzioni, le ragioni, anche sotto il profilo della tutela della sicurezza (quindi, pienamente in materia), per cui l'articolo 1-bis è stato introdotto al Senato.
Vorrei dire, con altrettanta lealtà politica e intellettuale, che siamo rimasti un po' sconcertati dalla forma di approssimazione, ovvero di dilettantismo giuridico-costituzionale, in base alla quale una finalità pienamente condivisibile, che va riaffermata con forza, si è tradotta nella formulazione tecnico-giuridica della disposizione. In questo caso, non vi è dubbio che sussista una responsabilità sia da parte del Governo sia da parte della maggioranza. Tuttavia, credo che abbia avuto poco senso il richiamo ad un intervento - che ho ascoltato attraverso la radio - svolto al Senato, durante le dichiarazioni di voto sulla questione di fiducia, dell'ex Presidente del Senato Pera, il quale ha citato la norma del trattato di Amsterdam, letteralmente ricondotta all'interno dell'articolo 1-bis del provvedimento in esame, e che ha un contenuto completamente diverso da quello a cui ci si voleva riferire.
Infatti, il richiamo del senatore Pera, anche se letteralmente e testualmente corretto, è avvenuto troppo tardi, dopo l'apposizione della questione di fiducia, quando ormai quel testo non poteva essere più modificato. Sappiamo quali reazioni vi siano, legittimamente, da parte dell'opposizione quando addirittura sono operate soltanto delle correzioni formali in occasione della posizione della questione di fiducia, per esempio, sul disegno di legge finanziaria.
Quindi, era corretto il richiamo diretto a rilevare l'errore del riferimento all'articolo 13, n. 1 del Trattato di Amsterdam, anziché all'articolo 13, n. 1 del Trattato istitutivo della Comunità europea nella sua versione consolidata, ma, a quel punto, non era più possibile correggere tale errore, che - ripeto - non ha carattere politico, bensì tecnico-giuridico. Inoltre, intendo precisare che la numerazione degli articoli è esatta, in quanto si tratta proprio dell'articolo 13, n. 1, ma è l'articolo 13, n. 1 della versione consolidata del Trattato istitutivo della Comunità europea, che è stato certamente introdotto in forza del Trattato di Amsterdam, ma attraverso l'articolo 2, n. 7 di quest'ultimo trattato.
Riguardo alla materia contenuta nell'articolo 1-bis, introdotto al Senato, credo che francamente sia pretestuosa l'obiezione della cosiddetta estraneità di materia, tanto più se avanzata da qualche esponente del centrodestra. Mi riferisco per esempio al collega Giovanardi che ha avanzato tale obiezione in Commissione, quando lo stesso collega Giovanardi, all'epoca in cui era un Ministro nel precedente Governo Berlusconi, è stato corresponsabile addirittura dell'introduzione di un intero corpus normativo in materia di tossicodipendenze - ripeto un intero corpus normativo -, composto addirittura da una quarantina di articoli, nel decreto sulle olimpiadi invernali di Torino (Commenti del deputato Gasparri).
Questo intero corpus normativo - tuttora in vigore anche se ho presentato un'organica proposta di legge di riforma al riguardo, il cui esame è soltanto iniziato presso le Commissioni giustizia e affari sociali - è stato, tra l'altro, introdotto con due voti di fiducia, uno al Senato, l'altro alla Camera, in modo da impedire al Parlamento nella scorsa legislatura qualsiasi modifica sull'argomento. Ripeto che in quel caso l'estraneità di materia era evidente ictu oculi ed era grande come un grattacielo composto da 40 articoli; tuttavia, quell'operazione è stata compiuta, imposta tramite due voti di fiducia, e quel provvedimento è tuttora vigente nel nostro ordinamento, quindi mi verrebbe da chiedere, pacatamente, da quale pulpito viene la predica.
In questo caso, siamo di fronte ad un singolo articolo, inserito in un decreto-legge proprio, che riguarda misure finalizzate alla sicurezza e alla prevenzione, e che quindi concerne un altro profilo della sicurezza nel nostro Paese.
Ho già detto ciò che penso per quanto riguarda le obiezioni sull'erroneità della formulazione tecnico-giuridica del riferimento comunitario. Debbo aggiungere che sono condivisibili: tutte quelle questioni riguarderanno il futuro quando ci si accingerà meglio a definire tali norme; non è la prima volta che succede. Sono condivisibili, inoltre, le esigenze prospettate non a caso dal relatore per la II Commissione giustizia, il collega Pisicchio, nonché presidente della Commissione. Sono altresì condivisibili le esigenze di una maggiore determinatezza della fattispecie penale e il richiamo al principio di offensività, che anche altri colleghi questa mattina hanno richiamato in quest'Assemblea.
Ciò che mi e ci sconcerta - credo di avere lealmente dato atto dei problemi che esistono al riguardo - è, tuttavia, il fatto che il contrasto all'articolo 1-bis non sia avvenuto da parte di chi lo ha portato avanti sul terreno della formulazione tecnico-giuridica, ma è stato un contrasto motivato quasi esclusivamente - per non dire esclusivamente - da ragioni di carattere ideologico.
Mi dispiace che questa mattina il collega Boscetto, che ho ascoltato, come sempre, con grande attenzione, dopo aver svolto valutazioni di carattere tecnico-giuridico fondate - le stesse che ho fatto anch'io - abbia poi estrapolato la portata di quella norma, portandola su terreni che non hanno alcun fondamento né giuridico né politico. Detto da un collega che ha una cultura - lo dico in senso positivo - liberale, mi ha preoccupato, perché il germe della contrapposizione ideologica anche sotto il profilo del contrasto a qualunque forma di discriminazione si è insinuato profondamente nel dibattito politico nel nostro Paese.
Ancor più grave, a mio parere, è stato il fatto che la contrapposizione all'articolo 1-bis provenisse non da ragioni di formulazione tecnico-giuridica, che pure hanno un fondamento, ma da una forma di integralismo religioso.
Non sono abituato a fare professioni di fede religiosa nel dibattito parlamentare. Quindi, soltanto incidentalmente - anche perché fa parte della mia identità personale - affermo di essere da sempre una persona che fa riferimento alla fede cristiana e alla fede cattolica. Tuttavia, non evoco mai tale riferimento religioso personale nel dibattito politico, perché in esso devono valere le ragioni della laicità, del riferimento allo Stato di diritto, della necessità di introdurre norme che riguardino la totalità dei cittadini e che non siano improntate a una forma di integralismo religioso.
Per questo motivo - lo affermo con pacatezza ma con assoluta fermezza - contesto alla senatrice Binetti il diritto di ergersi a portavoce del mondo cattolico o addirittura della Chiesa cattolica. Ricordo che, comunque, quando si fa riferimento in politica all'etica della convinzione anziché all'etica della responsabilità si introduce in politica, come ha insegnato Max Weber per primo e, dopo di lui, molti altri, una forma di integralismo e di fondamentalismo che, purtroppo, confligge totalmente con la logica della politica laica, della laicità della politica e con quella della cultura di Governo e del riferimento allo Stato costituzionale di diritto.
Aggiungo, per esser esplicito al riguardo, che avrei capito - non condiviso - un voto contrario in sede di votazione finale del disegno di legge di conversione del decreto-legge, ma trovo inammissibile dal punto vista politico un voto contrario sulla questione di fiducia da parte di un'esponente di maggioranza.
Forse, la collega Binetti non se ne è accorta o non se ne è resa conto, ma sino alla prossima questione di fiducia, che probabilmente sarà posta tra un paio di giorni sul disegno di legge finanziaria rispetto al quale immagino si pronuncerà favorevolmente, dopo il voto contrario sulla questione di fiducia posta sul decreto-legge in esame, la collega Binetti è passata ufficialmente all'opposizione, perché la delimitazione tra maggioranza e opposizione in Parlamento avviene proprio sulla base del comportamento di ciascuno di noi parlamentari nel voto di fiducia.
Se, in occasione di un voto di fiducia al Governo un parlamentare vota contro, si identifica con l'opposizione al Governo. Forse, la collega Binetti non si è nemmeno resa conto che, in questo momento, fino alla prossima fiducia, su cui voterà a favore (sarà posta sul disegno di legge finanziaria), con il suo voto è passata all'opposizione. Tutto ciò in a base quell'etica della convinzione, che è la madre di tutti i fondamentalismi e gli integralismi, proprio in contrapposizione all'etica della responsabilità, di weberiana memoria.
Di fronte a comportamenti irresponsabili di questo tipo, ritengo sia opportuno - uso questo termine, perché si tratta di una valutazione politica - scegliere la strada che i due relatori ci hanno indicato in piena sintonia con il Governo, cioè quella di non rinviare il decreto-legge al Senato per ragioni temporali e politiche. Ho sentito la Lega Nord affermare che si possono abolire le vacanze di Natale e che sia i senatori italiani eletti in Italia che quelli eletti all'estero possono trascorrerle al Senato. È un paradosso, da parte di chi rivendica un giorno il rispetto delle origini celtiche ed un altro giorno il rispetto dei fondamenti religiosi della cultura del nostro popolo (lo affermo con un po' di ironia).
Condivido, invece - lo ripeto - le valutazioni conclusive del collega, il relatore Pisicchio, presidente della Commissione giustizia, riguardo al fatto che, prima dell'entrata in vigore del disegno di legge di conversione del decreto-legge in discussione (nel quale sono contenute le modificazioni al decreto-legge originario), sia necessario che il Governo provveda con un altro provvedimento d'urgenza a sanare l'errore che, obiettivamente, è stato rilevato da tutti.
Ritengo, altresì, importante il richiamo svolto dallo stesso relatore Zaccaria, riguardo l'evidente finalità - che è fuori discussione - per la quale è stato introdotto l'articolo 1-bis, che rappresenta la volontà non di abrogare una norma precedente - cioè quella contenuta nella cosiddetta legge Mancino del 1975 - ma, semmai, di accentuarne la finalità punitiva.
Credo sia utile, anche per il futuro - lo suggerisco al Governo - tener conto di quanto contenuto nel parere della XIV Commissione (Politiche dell'Unione europea): mi rivolgo al Governo, perché tenga presente di ciò, qualora dovrà predisporre un ulteriore intervento normativo in una sede diversa da questa. In tale parere, infatti, la Commissione ha sottolineato l'opportunità che il richiamo all'articolo 13, numero 1, del Trattato che istituisce la Comunità europea sia accompagnato anche dal richiamo all'articolo 21 della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea, che costituisce una vera e propria disposizione di carattere sostanziale e non meramente procedurale né programmatica. Richiamo questo parere - lo ripeto - perché è ben formulato e di esso il Governo potrebbe - o potrà, se lo riterrà - tener conto.
Vorrei concludere con un'ultima riflessione svolta con il massimo di attenzione e di rispetto. Ho ascoltato in quest'Assemblea e letto sui giornali ripetuti richiami a quelle che potranno essere le decisioni future, per quanto riguarda le proprie competenze istituzionali e costituzionali, del Presidente della Repubblica. Ritengo che sia un modo assolutamente sbagliato di intervenire su questa materia. Il Presidente della Repubblica ha le proprie competenze costituzionali; le eserciterà, come sempre, alla luce della propria coscienza ed in riferimento alla Carta costituzionale ma, per usare un linguaggio giornalistico, chiunque di noi, in un senso o nell'altro, deve evitare di «tirare per la giacca», lo dico tra virgolette, il Presidente della Repubblica. Egli, ovviamente - ed è bene che sia così - non ha alcun potere di intervento nel corso del procedimento legislativo, ma ha le proprie prerogative costituzionali al termine del medesimo, quando si arriva alla soglia della promulgazione.
Non ho dubbi che il Presidente della Repubblica, quali che siano le sue decisioni (sulle quali neanche faccio delle ipotesi), come sempre si comporterà con uno scrupoloso rispetto delle proprie competenze e prerogative costituzionali. Queste ultime, ovviamente, dovranno essere esercitate nei confronti non soltanto di questo decreto-legge, ma anche di eventuali provvedimenti contestuali (eventuali e auspicabili, come ha detto il collega Pisicchio) che il Governo intenda o intendesse assumere proprio per sanare questo problema - obiettivamente esistente - che si è manifestato nella giusta finalità introdotta dal Senato, ma nella formulazione - tecnicamente inesatta - con cui questa finalità, da parte dell'altro ramo del Parlamento e da parte del Governo, è stata, in quella sede, esercitata.
Pertanto, da parte nostra vi è la massima serenità e il massimo rispetto per le prerogative del Presidente della Repubblica (in qualunque modo ritenga, nella sua responsabilità, di esercitarle) ma si tratta di prerogative che riguardano una fase successiva del procedimento costituzionale. Adesso ci troviamo nella fase parlamentare del procedimento legislativo e solo a questa dobbiamo necessariamente attenerci.
Signor Presidente, ringrazio lei, i rappresentanti del Governo e i colleghi per l'attenzione (Applausi dei deputati dei gruppi Verdi, Rifondazione Comunista-Sinistra Europea e Misto-Socialisti per la Costituente).
PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Gasparri. Ne ha facoltà.
MAURIZIO GASPARRI. Signor Presidente, credo che la vicenda che stiamo esaminando sia molto negativa per le istituzioni, non solo per il contenuto del provvedimento, ma anche per le modalità con le quali si sta giungendo all'esame di questo testo presso la Camera dei deputati.
Tuttavia, prima di entrare nel merito, vorrei fare una precisazione all'onorevole Boato, che ha fatto un riferimento al collega Giovanardi (in questo momento, non presente in aula) in relazione al modo di legiferare. Noi contestiamo (e a breve entrerò nel merito) il modo di agire del Governo Prodi e il collega Boato ha detto: «Come? Parlate voi!», sostenendo che a criticare questo testo e questo modo di legiferare sia il collega - l'onorevole Giovanardi - il quale, da Ministro, è stato autore (non da solo, perché in tanti abbiamo sostenuto quell'azione) di una legislazione sulla droga, inserita in un provvedimento sulle olimpiadi.
Ebbene, quel provvedimento non riguardava soltanto le olimpiadi, ma anche il doping, tema - come dovrebbe sapere persino l'onorevole Boato - strettamente connesso alle questioni della droga. Inoltre, quella norma fu inserita in quel testo dopo due o tre anni di discussione della legge sulle tossicodipendenze, presso il Senato della Repubblica, nelle Commissioni giustizia, igiene e sanità e quant'altro.
Pertanto, non si trattò di un blitz «asinino», come quello compiuto da questo schieramento di presunta maggioranza al Senato, inserendo in un decreto-legge qualcosa che non c'entra niente, errando nel riferimento. In quel caso fu compiuta una scelta - opinabile, che può essere criticata, ci mancherebbe altro e l'onorevole Boato l'ha criticata ancora oggi - di attuare norme che, da due o tre anni (come egli dovrebbe sapere) erano in discussione presso un ramo dal Parlamento, con un ostruzionismo accanito del centrosinistra e con una serie di audizioni infinite. Pertanto, non si è trattato assolutamente di un blitz, ma di un modo - ripeto - opinabile, ma formalmente corretto e sostanzialmente successivo ad ogni discussione.
Per quanto concerne il provvedimento al nostro esame, si tratta di un decreto-legge inutile, in quanto dettato dall'emergenza e, a tal proposito, condivido alcune affermazioni dei colleghi della Lega Nord. Siamo, infatti, rimasti tutti scossi dall'omicidio della signora Reggiani a Roma, ma eravamo rimasti altrettanto scossi dalle violenze, dagli omicidi e dalle efferatezze compiute da stranieri o italiani. Non operiamo distinzioni, ovviamente, tra responsabilità criminali al nord, al centro e al sud: vi sono omicidi camorristici in serie, in città del Mezzogiorno, e vi sono state aggressioni e omicidi attuati nelle case, nel nord-est (mi riferisco ad un fatto di cronaca che ha molto colpito la pubblica opinione) da parte di immigrati, uno dei quali addirittura scarcerato grazie all'indulto voluto da questo Governo e a nulla sono valse le giustificazioni del Ministro della giustizia per scrollarsi di dosso la colpa di quelle scarcerazioni, in particolare di quell'omicida.
Dopo il crimine in cui è rimasta vittima la signora Reggiani a Roma, abbiamo certamente condiviso la volontà di una reazione, che poteva esserci anche prima ma che, comunque, vi è stata. In quel momento, si è detto che la destra e il centrodestra devono collaborare. Sono tutte le fesserie che dite voi, ossia che la sicurezza non è di destra, né di sinistra. Sono sciocchezze, perché la sinistra è contro la sicurezza.
Questa sinistra, infatti, ha tagliato i bilanci del Viminale, per un miliardo di euro per quest'anno e li sta tagliando per altre centinaia di milioni di euro per il prossimo anno. Invece di avere i poliziotti e i carabinieri di quartiere, che noi stessi abbiamo cominciato a introdurre quando eravamo al Governo, sebbene siano ancora pochi, mediante l'indulto avete compiuto la distribuzione dei delinquenti di quartiere: 25 mila criminali al posto dei poliziotti e dei carabinieri di quartiere negli angoli e nelle strade!
Questa è la politica della sicurezza! Voi affermate che la sicurezza non è né di destra né di sinistra, ma rappresentate il Governo della politica criminale dell'Italia: l'indulto, il taglio alle risorse per le forze dell'ordine, le forza di polizia costrette a manifestare in corteo, come è successo a Roma e a Milano nelle settimane scorse. Io stesso, l'onorevole Ascierto, l'onorevole La Russa e altri esponenti, siamo intervenuti a tali manifestazioni, dove vi erano perfino le bandiere della CGIL insieme a quelle del SAP, del Consap, del COISP, dell'USB, dell'Ugl, del COCER, rappresentanti le varie forze dell'ordine. Vi erano tanti delegati COCER tranne quelli che, in ossequio ai vertici di alcune strutture, sono rimasti al comando generale dei carabinieri, in viale Romania, anziché venire a manifestare come i colleghi di altri COCER, come sarebbe stato loro diritto democratico, contro il Governo che affama le forze dell'ordine.
Allora, dovremmo collaborare perché la politica della sicurezza non è di destra né di sinistra? Abbiamo approvato la legge cosiddetta Fini-Bossi contro l'immigrazione clandestina, le leggi per recuperare i tossicodipendenti e punire più severamente gli spacciatori, abbiamo approvato contratti migliori per le forze dell'ordine, stanziato fondi che avete dirottato ad altre spese, per ciò che riguardava il riordino delle carriere (una specificità dei ruoli delle forze dell'ordine), abbiamo iniziato ad istituire i poliziotti e carabinieri di quartiere.
Invece, voi avete fatto quello che ho elencato e avete tentato di istituire persino una Commissione di inchiesta sul G8. Per fortuna la magistratura, con una prima sentenza, ha stabilito che a mettere a ferro e fuoco Genova erano stati gli estremisti della sinistra, i black block, gli appartenenti ai centri sociali e tutti coloro in nome dei quali vorreste istituire, in Parlamento - non ci siete riusciti e non ci riuscirete -, una Commissione parlamentare di inchiesta per mettere alla gogna le forze dell'ordine.
Con chi dovremmo collaborare? Anche ammettendo che avessimo voluto collaborare - perché di fronte ai delitti la reazione deve essere unanime -, consideriamo quanto avvenuto. È stato emanato il decreto-legge in discussione. Sembrava che dovessimo manifestare il consenso la sera stessa! Nemmeno Prodi sapeva che sarebbe stato emanato un decreto-legge, perché è stato fatto per opera di Veltroni, il sindaco di Roma, diventato segretario del Partito Democratico, il quale come noto, si è recato da Amato e in giro, per far vedere che reagiva. Allora, il Governo si è riunito con emergenza ed ha approvato un decreto-legge.
Ricordo i giornalisti che ci inseguivano per farci affermare che tale provvedimento andava bene. Abbiamo chiesto di leggerlo perchè se fosse andato bene, avremmo condiviso una politica più severa. Lo abbiamo letto e ci siamo resi conto che era un provvedimento assolutamente inadeguato, insufficiente e inutile.
Non è vero? Un decreto-legge, come ovviamente sanno tutti i colleghi e i cittadini, è un provvedimento con forza di legge che entra in vigore immediatamente, pertanto questo decreto-legge è in vigore da diverse settimane. Grazie a tale provvedimento sono state espulse duecento persone in più (così sembra, perché non ho compreso se siano state raggiunte da avvisi, inviti cortesi ad andarsene o se da duecento si sia passati a duecentootto). Consideriamo però che duecento persone divise per ottomila comuni d'Italia, non significano nulla!
Pertanto, se i dati sono questi, il provvedimento in discussione non serve a niente! La legge di conversione è successiva all'entrata in vigore del provvedimento e si può già saggiarne l'efficacia. Per questo motivo siamo contrari e contestiamo il provvedimento in discussione, per la sua inutilità. Ho svolto una lunga premessa per far capire con chi dovremmo collaborare. Con coloro che hanno approvato la legge sull'indulto, che vorrebbero istituire a Commissione d'inchiesta sul G8, che prendono per fame (solo cinque euro di aumenti lordi mensili) i lavoratori e le lavoratrici delle forze dell'ordine, e che, mediante l'indulto, hanno voluto 25 mila delinquenti di quartiere in più?
Non potremmo, non vogliamo e non collaboreremo con questo Governo, su queste politiche assurde! Tralascio, inoltre, il disegno di legge Amato-Ferrero e tutte le altre cose assurde che non diventeranno mai legge e che sono state aggiunte.
Pertanto, abbiamo cercato di migliorare al Senato il provvedimento in discussione, inutile, nella migliore delle ipotesi e che quindi, non merita la nostra attenzione e il nostro consenso, con emendamenti del centrodestra in maniera unanime. Voglio sottolineare ciò, rivolgendomi principalmente alla mia parte politica, in quanto su questo tema il centrodestra si è riunito, con la partecipazione di tutti i leader, e ha svolto e sta svolgendo un'azione di pieno intento, condotta in questi giorni con l'onorevole Santelli, l'onorevole Cota, l'onorevole D'Alia e altri colleghi, anche appartenenti al mio gruppo.
Quindi c'è stata anche sintonia (e lo interpreto come un fatto positivo) sotto il profilo della discussione politica ma, come si suol dire, questa è un'altra storia.
I nostri emendamenti, che abbiamo riproposto all'esame dell'Assemblea e che invitavamo il Governo ad accogliere, sono stati bocciati al Senato. È scoppiata, però, la crisi a sinistra e quindi è stato necessario convincere non so quali settori della sinistra radicale, comunista, rivoluzionaria (dove vi sono anche quelli di ultra sinistra come Turigliatto ed «i trafugatori delle salme di Lenin»), insomma tutto lo schieramento variegato della sinistra, che hanno preteso una norma che possiamo definire una specie di «zuccherino». È stata pertanto inserita questa norma omofobica.
Preciso che il mio gruppo non condivide nessuna forma di discriminazione, di vessazione, di violenza, di sopraffazione e di denigrazione. Riteniamo e difendiamo una concezione della famiglia come quella contenuta nella Costituzione repubblicana. Non devo neanche invocare le «sacre scritture» e non perché non sia credente (sono cattolico e ne sono fiero), ma perché credo che anche la Costituzione repubblicana dia una definizione della famiglia come unione tra l'uomo e la donna. L'ha votata anche Togliatti quella Costituzione!
FRANCO GRILLINI. No! Non c'è scritto!
MAURIZIO GASPARRI. Grillini so che hai idee diverse, però non ci hai ancora convinto tutti! Insisti, pure: è tuo diritto! Comunque la Costituzione repubblicana che ha votato Togliatti...
FRANCO GRILLINI. Dimmi dov'è scritto!
MAURIZIO GASPARRI. Fammi parlare bene di Togliatti! È la prima volta che lo faccio! La Costituzione, che votò anche Togliatti, alla Camera, nel 1947, dà una definizione della famiglia alla quale io mi rifaccio in funzione costituzionale, laica e repubblicana.
Questa è la famiglia, dopo di che le discriminazioni sono odiose nei confronti di chiunque, anche nei confronti dell'uomo e della donna, oltre che di persone che possano avere diverse - come dire - inclinazioni sessuali. Non si capisce, però, che attinenza abbia questa norma con il decreto-legge sulla sicurezza, a meno che la si consideri uno «zuccherino» volto a far votare questa «roba» che non va bene. Potete votarla, signori della sinistra, in quanto non è un decreto-legge per la sicurezza: non serve a niente!
Chi aborre l'idea della sicurezza voti tranquillamente questo decreto-legge perchè non è neanche un «pannicello caldo»: non è nulla! Duecento espulsioni in un mese non sono nulla!
Pertanto potete votarlo non c'era bisogno - come dire - del «dolcificante» qual è stata la norma antiomofobica. È stata introdotta una norma che non c'entra niente e che non serve a niente e si stanno discutendo altri provvedimenti. Per quanto mi riguarda sono contrario anche agli altri provvedimenti perché sono già sufficienti le leggi vigenti in Italia che sono di ampia garanzia e, a maggior ragione se poi si aggiunge il tentativo surrettizio di stravolgere la Costituzione, il diritto naturale, la natura umana.
Anche se uno fosse (ed io non lo sono) ateo, dovrebbe riconoscere che la vita nasce dall'incontro tra l'uomo e la donna, caro Grillini: per quanti sforzi tu possa fare in altre direzioni finora non è stata trovata una soluzione diversa, è un fatto scientifico questo, non teologico nel quale ognuno può credere o meno, ma è un fatto naturale che riguarda il tema di come nasca la vita.
Insomma, avete inserito questa norma e, poiché siete degli incapaci, aggiungete il riferimento sbagliato. Come altri colleghi hanno spiegato nel dettaglio, invece di richiamare una norma europea, se ne richiama un'altra ed il provvedimento giunge con un errore materiale al suo interno a causa del quale fate decadere la legge cosiddetta Mancino! Penso cosa sarebbe successo in questo Paese se il Governo guidato da Berlusconi, con Fini Vicepresidente del Consiglio e con il sottoscritto ed altri membri del Governo avesse varato un provvedimento che avesse determinato - anche per un solo decimo di secondo - la sospensione della «legge Mancino», il provvedimento - lo ricordo - che punisce con particolare severità l'odio razziale e reati turpi, intollerabili, perpetrati in molte situazioni: oggi alcuni giornali ricordano la profanazione dei cimiteri, perfino l'accanimento e l'insulto alle memorie, oltre che l'apologia di reati di genocidio.
Pensate cosa sarebbe successo se noi avessimo fatto una cosa del genere: fuori dal Parlamento ci sarebbe stata, giustamente, la sfilata di organizzazioni e associazioni dei combattenti, dei reduci e delle persone che hanno subito persecuzioni. E voi fate questo «schifo» di norma che sospende la legge cosiddetta Mancino e cancella i processi?
Ieri, il sottosegretario per la giustizia - che è anche un magistrato di grande esperienza e quindi conosce le vicende molto meglio del sottoscritto (anch'io, comunque, mi sono fatto un'idea) - ci ha detto che vengono sospesi numerosi processi, specificando poi che si tratta di cento, duecento, insomma parecchi processi.
Ma il presidente della Commissione affari costituzionali, Luciano Violante, ha detto che se anche ne fosse stato sospeso uno solo, sarebbe stato grave. Parliamo di processi e di reati come quelli che ho ricordato, che avevano per oggetto fatti che giustamente sono stati condannati. Pensate se lo avessimo fatto noi! È una vergogna! Siete anche degli apologeti del nazismo e dello sterminio perché, con questo decreto-legge, di fatto, lasciate impunite le persone che hanno compiuto reati di tale natura.
Questa è la realtà e le persone all'esterno di questo palazzo la devono conoscere: si tratta di un errore materiale, perché il riferimento ai trattati europei è improprio, e di un errore politico orribile, perché modifica una legge.
Poi si cerca di trovare le soluzioni accelerando la discussione sul disegno di legge sui reati sessuali, perché così si recupera la norma da un'altra parte, e pensando di abolire quella sbagliata con il cosiddetto decreto mille proroghe. Sembrate gli equilibristi o i giocolieri, che con un bastoncino in una mano reggono un piatto, e con l'altra mano fate un decreto di un'altra natura, poi il mille proroghe, poi con il piede si regge un'altra cosa.
Siete dei pagliacci da circo! Questo state facendo di fronte al Paese: sembrate il circo Orfei. Il Natale evoca il circo e voi siete dei pagliacci da circo (Applausi dei deputati del gruppo Alleanza Nazionale)! In Parlamento, in un'Aula che ha visto la presenza per molto tempo, anche nel più importante degli scranni...
FRANCO GRILLINI. Signor Presidente, sta offendendo!
PRESIDENTE. Onorevole Gasparri, la invito ad avere un linguaggio più rispettoso.
MAURIZIO GASPARRI. Questo decreto è una pagliacciata!
PRESIDENTE. Un conto è il giudizio di merito su un testo, un conto sono le affermazioni offensive verso altri colleghi.
MAURIZIO GASPARRI. Non sto offendendo i colleghi, perché ho offeso il Governo, che sta facendo un esercizio da pagliacci del circo, e lo ripeto. Se lei mi vuole togliere la parola, lo faccia: ne ha la facoltà. Questa è una pagliacciata e se vuole le cito dei precedenti in cui nel Parlamento si è detto ben più che «pagliacciata», che non mi pare sia una cosa che possa essere impedita.
Detto questo, mi stavo rivolgendo metaforicamente, ma sostanzialmente, al Presidente della Repubblica, che è stato a lungo in quest'Assemblea, che la ha persino presieduta nella legislatura dal 1992 al 1994, che conosce leggi, Costituzione e norme non solo il per ruolo supremo, che svolge in questa fase, di Presidente della Repubblica e di massimo garante delle istituzioni, ma per la lunghissima e importante esperienza che ha svolto in tutte le Assemblee nazionali, della Camera, del Senato, e del Parlamento europeo, con ruoli anche insigni.
Al Presidente della Repubblica, cari colleghi, si sono rivolti nei giorni scorsi i colleghi del centrodestra al Senato con una lettera e il Presidente della Repubblica non solo ha risposto con una lettera, ma ha autorizzato i colleghi destinatari della risposta a divulgarne il contenuto, perché non lo avrebbero divulgato se non avessero avuto l'autorizzazione del Capo dello Stato, per una ragione di ovvio rispetto nei confronti della massima istituzione.
Notate ciò, perché il Presidente Ciampi sosteneva che, quando il Parlamento lavora, il Quirinale tace e poi fa le valutazioni del caso. Le ha fatte: ne abbiamo preso atto, anche per quanto mi riguarda personalmente, e abbiamo seguito le prassi costituzionali, perché il Quirinale ha la possibilità di rinviare le leggi e ha anche un potere di moral suasion, se non ne abbiamo soltanto una visione «decorativa».
Il Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, rispondendo ai senatori del centrodestra che si erano rivolti a lui, ha detto che la questione è un po' complicata: «Gentile senatore, ho letto, appena rientrato dagli Stati Uniti, la lettera, peraltro aperta, indirizzatami da lei e da altri capigruppo e senatori dell'opposizione e recapitatami ieri, 13 dicembre 2007. La ringrazio per gli argomenti che ha voluto sottoporre alla mia attenzione. La questione relativa alla norma inserita nella legge di conversione del decreto n. 181 e votata dal Senato, in una dizione che contiene oltre tutto» - oltre tutto, scrive il Presidente della Repubblica - «riferimenti erronei, merita da parte mia, per la prerogativa attribuitami dalla Costituzione di promulgazione delle leggi, un esame attento e rigoroso, che certamente non mancherà. Cordiali saluti, Giorgio Napolitano».
Qualcuno potrebbe dire che la lettera, di per sé, non dice nulla. Ora, rispondere alla lettera, farlo in maniera formale, autorizzarne la divulgazione mi pare che sia una forma importante di esercizio della moral suasion nei confronti delle istituzioni, un richiamo, un «cartellino giallo», giallo pallido, non so di che colore, però tenetene conto.
Allora come si fa? Si può anche approvare il decreto, lo abbiamo detto e lo ribadisco. Se si elimina quella norma, non ostacoleremo un iter rapido, perché ci rendiamo conto che oggi è il 18 dicembre, che tra qualche giorno è Natale per tutti, per noi credenti e anche per quelli che non lo sono, e che il Senato si deve occupare del welfare, del disegno di legge finanziaria (ho letto che a Dini non piace e poi la voterà come al solito: vi fa solo preoccupare e magari non la votasse).
Mi rendo conto del calendario, anche se esistono il 27 dicembre, il 28 dicembre. Comunque, si può fare tutto perché, lo sappiamo bene (io sono in quest'Aula da quindici anni), che generalmente il 31 luglio, il 2 agosto, il 22 dicembre accadono cose che non si vedono mai durante l'anno. Tutti vogliono andare via e c'è sempre un'accelerazione, come dire, fisiologica, chiunque governi.
C'è sempre, in certi momenti dell'anno, il desiderio di accelerare. Accadrebbe, se il provvedimento in esame tornasse al Senato, quanto è accaduto in tante altre circostanze e potremmo licenziarlo. Noi voteremmo contro - sia chiaro - perché il decreto «200 espulsioni» non serve a nulla, ma alla fine, se eliminate quella norma e andate al Senato, si può gestire la questione. Oppure, volete fare il gioco dell'acrobata: posso comprendere che il Governo faccia l'esercizio del giocoliere cinese, con un piatto in una mano, un piatto in un'altra e uno sul piede: arriva un altro decreto e non ho nemmeno capito, però, perché è stato studiato e sappiamo che poi si trovano sempre degli escamotage. Si approva il decreto-legge con l'errore, se ne fa un altro tre secondi dopo per ripristinare la norma della legge Mancino, che era stata soppressa, infine si elimina la norma antiomofobia: insomma, non capisco come funziona.
Soprattutto per quanto riguarda la legge Mancino, richiamo l'attenzione sul fatto che nel Paese degli avvocati - l'onorevole La Russa, che è avvocato, lo sa benissimo - anche un solo secondo di vacatio legis dovuta all'abrogazione della legge Mancino consentirà agli avvocati - non ne mancano in Italia e in Aula ce ne sono di bravissimi in tutti i gruppi parlamentari e non posso certo suggerire loro cosa dovrebbero fare - di appigliarsi a questo cavillo, ossia a un vuoto legislativo anche di un solo attimo.
Il Presidente della Repubblica cosa fa? Firma la legge di conversione del decreto-legge, contemporaneamente o subito prima si emana un decreto-legge che ripristini la legge o se ne fa uno ancora più grave: ho letto di tutto! Qui vengono ad assistere ai nostri lavori le scolaresche: invitiamo piuttosto una classe di studenti della facoltà di giurisprudenza, che studiano gli argomenti del diritto, e spieghiamo loro che stiamo approvando una legge sbagliata, con un errore materiale.
Leggetevi, colleghi, l'articolo che ha scritto oggi il Vicepresidente della Camera, Pierluigi Castagnetti, il quale su il Riformista ha pubblicato un articolo pacato e assennato, che contiene dei riferimenti molto chiari. Tale articolo si occupa non tanto di una questione di merito, che pure il presidente Castagnetti affronta (esprimendo sulla norma antiomofobica delle critiche che condividiamo), ma svolge anche delle osservazioni su questo modo astruso di legiferare; sottolineo che egli è un esponente qualificatissimo del Partito Democratico ed è un esponente elevatissimo della Camera dei deputati, perché ne è Vicepresidente.
Quindi, non volete ascoltare noi, perché forse siamo un po' irriverenti e antipatici? Credo, allora, che dovreste ascoltare la moral suasion del Presidente Napolitano e le sagge considerazioni del presidente Castagnetti. Credo che tutte queste considerazioni vi dovrebbero indurre ad evitare questo orrore!
Sì, è vero che ci sono tanti precedenti nella vita repubblicana; anche con le leggi finanziarie, con la «storia» della sistemazione finale del testo, spesso si apportano dei veri e propri emendamenti. Ricordo che l'anno scorso, anche nella legge finanziaria, ci fu un errore che bene o male fu sanato. Ma in questo caso siamo al di là di qualsiasi precedente, per l'errore materiale del richiamo, per l'inopportunità dell'inserimento della materia nel decreto sicurezza, per l'orrore di strafalcioni giuridici che si profilano nei prossimi giorni a colpi di decreti «tampone»; poi c'è il decreto provvisorio, che viene lasciato decadere.
Ma si può fare tutto questo? L'appello che rivolgiamo, in particolare, alle massime istituzioni della Repubblica è il seguente: quale esempio si dà ai cittadini? Quale esempio si dà alla pubblica opinione? Quale esempio viene dato alla gente che segue le istituzioni e che ci ascolta? Credo che da questo punto di vista la stessa Camera dei deputati dovrebbe vigilare su sé stessa e che quanto ha detto il Presidente della Repubblica debba essere motivo di riflessione per tutti, perché stiamo compiendo uno scempio!
Torno, allora, all'inizio del mio intervento: perché la destra e la sinistra non collaborano in materia di sicurezza? Ho elencato una serie di ragioni per le quali è impossibile collaborare a una politica di destrutturazione della sicurezza; inoltre, perché dovremmo unirci a questo modo di procedere, che nemmeno conosciamo?
Ieri, quando siamo arrivati nelle Commissioni riunite I e II, è stato tenuto un vertice della maggioranza - o presunta tale - è venuto il Ministro dell'interno, poi se n'è andato e ci è stato detto che il decreto resta così, perché c'erano delle pressioni politiche, mentre altri dicevano cose diverse.
A cosa dovremmo collaborare? Alla lotteria, al mistero, a questi riti strani e irresponsabili che il Governo sta celebrando?
Questo è il Governo dell'indulto, il Governo della mortificazione delle forze dell'ordine, il Governo che - con provvedimenti di questo tipo - vuole abbassare la guardia nei confronti dell'immigrazione clandestina. Pensa davvero questo Governo di recuperare la credibilità di fronte alla pubblica opinione? I cittadini sanno che la vostra politica sull'immigrazione è quella della legge Amato-Ferrero: sponsor, auto-sponsor, misure che favorirebbero l'ingresso in massa dei clandestini (già oggi moltiplicatosi, poiché il messaggio che proviene dall'Italia è che le leggi non contano). Io credo, anzi, che la legge Fini-Bossi andrebbe corretta, ma per renderla ancora più severa, ancora più stringente, ancora più puntuale.
Insieme all'Unione europea, dovremmo definire norme ancora più concrete per arrivare all'espulsione dei clandestini. Non voglio eludere nemmeno la questione della Romania. Noi siamo contenti che la Romania sia entrata nell'Unione europea, poiché alla Romania abbiamo dato la nostra solidarietà quando, fino al 1989, era dominata dal comunismo di Ceausescu (quello stesso comunismo che qualcuno vuole rifondare e riproporre in Italia: mi pare che vi siano ancora partiti che hanno quella denominazione e, dunque, ritengono l'esperienza del comunismo tutt'altro che esaurita e non negativa, in quanto la ripropongono al popolo italiano, riuscendo addirittura ad introdurla nelle fila del Governo). Però, una volta che ha avviato un percorso verso la democrazia, che noi salutiamo con grande gioia, e una volta che è entrata nell'Unione europea, la Romania deve collaborare all'applicazione delle norme e al controllo delle sue frontiere: non si possono scaricare sull'Italia i problemi di legalità e di condotta che vi sono all'interno di quel Paese.
Dopo l'omicidio di Roma, abbiamo visto in televisione le interviste a molti rom. Sappiamo che non tutti i rom sono rumeni e sappiamo che non tutti i rumeni sono rom: vi sono però rom che arrivano dalla Romania, purtroppo con una forte propensione a commettere reati e con una concezione bizzarra della proprietà, per cui ci si può appropriare di qualsiasi cosa. Vi saranno anche brave persone, ma purtroppo abbondano fra i rom quelli che hanno un'idea di comportamento non compatibile con il nostro sistema di vita.
Dal momento, dunque, che la Romania è membro dell'Unione europea (e noi ne siamo lieti ancor più di altri), essa deve rispettare le regole ed essere richiamata al rispetto del legge. I politici rumeni avevano contestato questo decreto (poi, avendolo letto, hanno capito che era acqua calda e non hanno più protestato); ora, noi non vogliamo un conflitto politico etnico - o peggio ancora - con la Romania: vogliamo, però, che l'allargamento dell'Unione europea proceda di pari passo con una maggiore gestione delle politiche della sicurezza. Riteniamo pertanto che l'Unione europea debba adeguare di conseguenza trattati e regole.
Il trattato di Schengen, la libera circolazione delle persone e delle idee sono grandi conquiste della democrazia e della civiltà (per inciso, se fosse stato per il comunismo di Ceausescu, quello che ancora qualcuno ripropone in Italia, questa libera circolazione non vi sarebbe): tuttavia, se si aderisce ad una organizzazione come l'Unione europea, bisogna anche garantire determinati standard e determinate pratiche.
Dobbiamo dunque richiamare la Romania e coinvolgere in questo i tantissimi rumeni che onestamente vivono e lavorano nel nostro Paese ad un diverso modo di concepire vivere l'appartenenza all'Unione europea.
Noi crediamo che dovrebbero essere introdotte norme per cui coloro che non sono in grado di dimostrare di possedere mezzi legali di vita possano essere allontanati, anche se venissero, non dalla Romania o da Paesi extracomunitari, ma da Parigi o da Londra. Del resto, lo stesso dovrebbe accadere anche se qualcuno andasse dall'Italia in un altro Paese e, non avendo mezzi legali di sussistenza, ostentasse ricchezze inusitate.
In proposito, il Ministro dell'interno Amato ha dichiarato che vi sono talora nomadi che posseggono ricchissime Mercedes: Amato, che cito, si domanda come fanno costoro a mettere la benzina. Ma ad Amato chiederei, piuttosto: come fanno a mettere la benzina i Carabinieri e la Polizia? Perché a Carabinieri e Polizia, con le ultime leggi finanziarie, avete tolto perfino i soldi per la benzina? E così rapinatori e scippatori, con mezzi opulenti, con macchine assai potenti e con benzina che scorre a litri, possono compiere reati ed essere inseguiti dalla polizia, che non ha più un soldo.
In proposito, qualche settimana fa, il comando provinciale dei Carabinieri di Reggio Calabria ha inviato una circolare alle stazioni dei Carabinieri della provincia (purtroppo, ad alta densità criminale) richiedendo di non far percorrere alle vetture oltre 30 chilometri al giorno. Fra qualche sgomento, la lettera è giunta anche alla compagnia dei Carabinieri di Locri: ebbene, cosa faranno i Carabinieri se vi saranno nuovi episodi di violenza? Al trentesimo chilometro si fermeranno e si metteranno d'accordo con il delinquente? Non siamo come in quel film in cui Totò e Aldo Fabrizi si inseguivano e il poliziotto un po' grasso pregava il ladruncolo di fermarsi: siamo ad una tragedia quotidiana della realtà italiana!
Allora con chi, su che cosa o su quale politica dovremmo collaborare? Al massimo, possiamo consentirvi di licenziare rapidamente alla Camera questo pessimo decreto, se cancellerete quella norma che anche il Capo dello Stato avrebbe difficoltà a firmare.
Noi diciamo al Capo dello Stato che, se dovesse andare avanti questo testo e dovesse essere portato al Quirinale, con gli errori in esso contenuti, seguito dal «giochino» degli altri provvedimenti, dal «taglia e cuci» e dal «cancella e rimetti», la questione non finirebbe qui: noi non siamo disposti a farla finire qui!
In questi giorni, come qualcuno ha ricordato, si intrecciano vicende diverse: le violenze del Governo sul servizio pubblico radiotelevisivo, con le illegalità compiute cacciando il consigliere Petroni, reintegrato dal TAR; le violenze alle forze dell'ordine, con l'allontanamento improprio, abusivo ed illegale del generale Speciale, bocciato anch'esso dal TAR; i decreti adottati in questo modo. Siamo al banditismo legislativo e governativo! Questa è la realtà e non trovo altri termini per definire le condotte di coloro che erano bravi, informati e saggi e contestavano il nostro Governo perché composto da persone che non conoscevano le leggi ma che, invece, le hanno rispettate in tutte le fasi, anche quando dal Quirinale venivano sollevati osservazioni e rilievi che potevamo non condividere nel merito, ma che non abbiamo contestato, né in pubblico né in privato, accettando le procedure che la Costituzione prevede e rispettando le cariche e le istituzioni anche nei passaggi più delicati.
PRESIDENTE. Deputato Gasparri, la invito a concludere.
MAURIZIO GASPARRI. Signor Presidente - e concludo - vi invitiamo ad evitare un simile, aberrante modo di procedere, che contesteremo in tutte le sedi, certi che il Quirinale non si unirà a tale gioco di equilibrismo e a questo modo di legiferare, per la responsabilità di quella istituzione e per la qualità e l'esperienza di chi la rappresenta. Infatti, un coinvolgimento di tutti in un vero e proprio attentato alla Costituzione ci metterebbe proprio in una condizione di mortificazione. Il New York Times ha detto che l'Italia è un Paese triste e in declino: questa vicenda, forse, rappresenta il declino causato da questo Governo e da questa presunta maggioranza molto meglio delle indagini del Censis. Il Censis parlava di mucillagine, ma ora siamo al fango gettato sulle istituzioni: il Quirinale impedisca questo scempio sulla Repubblica italiana (Applausi dei deputati del gruppo Alleanza Nazionale - Congratulazioni)!
PRESIDENTE. È iscritta a parlare la deputata Mascia. Ne ha facoltà.
GRAZIELLA MASCIA. Signor Presidente, come è stato sottolineato da altri colleghi, il decreto-legge alla nostra attenzione nasce sull'onda dell'emotività per la morte di una donna, Giovanna Reggiani, per la quale, grazie alla testimonianza di una donna romena, è stato incriminato un rom rumeno. Il caso ha voluto che discutessimo in Aula il decreto proprio alla luce di una giornata in cui - lo ricordava il collega Leoni - le donne uccise dai mariti o rapite sono quattro. Verrebbe, allora, da chiedersi quale altro decreto dovremmo assumere in una giornata come questa, in cui è evidente a tutti che le donne uccise in famiglia ormai, dal punto di vista numerico, sono superiori a quelle uccise dalla mafia e alle vittime della mafia.
Se dunque questa fosse la logica, bisognerebbe decidere con quale urgenza e con quale strumento legislativo costringere i maschi italiani a farsi educare. Questo dato richiede di interrogarsi sull'opportunità di decreti come quello al nostro esame e, soprattutto, su un assunto che dovrebbe essere ormai compreso ed affermato da tutti dal punto di vista dell'esperienza storica: come diceva il collega Boato, occorre assumere il fatto che è sempre sbagliato rispondere a problemi, anche reali, sull'onda di una logica emergenziale. Simili provvedimenti, infatti, nella migliore delle ipotesi, sul lungo periodo si rivelano inefficaci, mentre, nella maggior parte dei casi, sono anche controproducenti.
Penso che sarebbe opportuna una riflessione volta a verificare gli effetti ed i risultati del decreto in discussione (considerato che sono ormai trascorsi due mesi). Sottolineo anche che, proprio sull'onda di questa scelta, vi sono state nel nostro Paese molte testimonianze di giuristi, intellettuali o semplicemente democratici impegnati nel sociale, ma anche una straordinaria, grandissima manifestazione di donne, che hanno sottolineato che non si possono adottare decreti relativi alle espulsioni - in questo caso di cittadini comunitari - sull'onda di tali emozioni, considerato che le violenze nel nostro Paese avvengono soprattutto nelle famiglie.
Si tratta dell'unico reato in aumento negli ultimi anni e le morti e violenze in famiglia rappresentano almeno il 70 per cento delle violenze sulle donne.
Pertanto, questa è la prima questione che ci viene proposta e che ci suggerisce che non si possono risolvere tali problemi con misure straordinarie e di discutibile efficacia, ma occorre, nel nostro Paese, un grandissimo investimento culturale.
Vi è un secondo aspetto. Si afferma che si è comunque iniziato un dibattito - ora in corso - in ordine ad un bisogno di sicurezza, vera o presunta, ma certamente vi è un problema relativo alla percezione di insicurezza, di cui siamo tutti coscienti e a cui non vogliamo sottrarci. Tuttavia, penso che sia bene sostenere che dinanzi a tale percepita o reale insicurezza non sia opportuno rispondere con interventi che accompagnano o alimentano l'emotività, ma con il ragionamento, con la verità, con i dati concreti, proponendo delle risposte in diversi ambiti. Penso che la «tolleranza zero», ormai sperimentata in diversi Paesi, sia utile per dirsi la verità e ritengo che le istituzioni e la politica abbiano il dovere di cominciare da tale circostanza anche quando i relativi percorsi siano molto complicati e difficili e possano apparire contro corrente in determinati contesti. Tuttavia, questa rappresenta l'unica strada che può portare, nel lungo periodo, a dei veri risultati all'interno di un contesto sociale in cui si salvaguardino i principi fondamentali dei diritti, della civiltà e della convivenza civile.
Non penso però che si possano indicare, anche involontariamente (ma questo è avvenuto nel corso del nostro dibattito di stamattina da parte di alcuni colleghi e nelle manifestazioni della scorsa domenica della Lega) alcune comunità o accreditare e accompagnare delle campagne xenofobe e razziste. Penso che siamo di fronte ad una vera emergenza culturale nel nostro Paese: il razzismo.
In determinate aree del Paese vi sono delle iniziative ad opera di sindaci. Il mio collega, Paolo Cacciari, mi raccontava oggi di esperienze concrete di conducenti di autobus che, in alcune città del Veneto, lasciano per strada i cittadini stranieri, magari sprovvisti di biglietto. Tutto ciò avviene in un clima ormai insopportabile e di cui noi tutti dovremmo farci carico e non è un caso se l'Europa ci guarda con grande preoccupazione. Infatti, siamo stati noi stessi, purtroppo, a sottolineare l'esistenza di tali campagne e vi è l'esigenza, semmai, di rispondere tempestivamente a tale declino culturale. Anche le sporadiche esperienze di ronde apparse subito dopo le vicende di cui parliamo, come a Roma, ma che si è tentato di affermare prima e dopo e che proprio in questi giorni in alcune città si moltiplicano, sono il sintomo più evidente di un clima che in qualche modo si ritiene legittimato da quanto avvenuto dopo la morte della signora Reggiani e dal decreto-legge in esame, preso a pretesto da qualche sindaco per emanare ordinanze che ritengo illegittime, ma che naturalmente occorre impugnare per dimostrarne l'illegittimità.
Penso, al contrario, che le nostre istituzioni e il Parlamento debbano essere impegnati a rompere la tesi secondo cui immigrazione vuol dire criminalità, che circola da anni, perché il Governo precedente ne ha fatto il suo punto fondamentale. Penso che si debba ristabilire la verità, cioè il rapporto che esiste tra i fenomeni di illegalità e la condizione di clandestinità.
Dunque, la sicurezza dei nostri cittadini è legata alla possibilità, per gli stranieri che vengono nel nostro Paese, di poter liberamente lavorare alla luce del sole, in condizioni di legalità, senza diventare vittime delle organizzazioni criminali o di sfruttatori di manodopera in nero.
Penso che la legge Bossi-Fini sia criminogena. I dati concreti di cui si dispone, forniti anche dal Viminale, confermano che il tasso di criminalità tra gli stranieri è esattamente lo stesso dei cittadini italiani, quando si tratta di cittadini che possono lavorare normalmente come tutti noi, e aumenta naturalmente per i cittadini costretti, invece, al lavoro nero e alla clandestinità.
Tale dato da solo dovrebbe insegnarci che non si risponde con quelle misure alle opinioni o allo sbagliato senso comune dei cittadini. È necessario rispondere con la verità, anche andando apparentemente contro corrente, ma per offrire dei risultati concreti. Per tale ragione il superamento della legge Bossi-Fini, mediante l'approvazione, quindi, del disegno di legge Amato-Ferrero, deve essere tra le priorità del mese di gennaio; e pensiamo che tale provvedimento debba essere approvato in fretta.
Credo anche che le istituzioni abbiano il compito, quasi pedagogico, di affermare che ci troviamo innanzi a questioni illusorie, sbagliate, non vere. Una di tali questioni è il sostenere, come molte forze politiche fanno, che l'immigrazione vada fermata. L'immigrazione è un fatto inevitabile, irreversibile, strutturale, con cui tutti i Paesi dell'Europa debbono fare i conti, e penso che dobbiamo anche sostenere che non sia un male.
In questi giorni è stato emanato un decreto flussi contestato dalle organizzazioni che tutelano e organizzano gli immigrati e anche dagli imprenditori e dagli artigiani. Infatti, tutti ritengono che tale decreto flussi sia insufficiente non solo per rispondere alle 50 mila domande di cittadini stranieri (a fronte di 5 mila posti, il rapporto è questo), ma anche per rispondere alla domanda di forza lavoro proveniente dagli imprenditori.
Pensiamo al diritto degli stranieri e di tutti noi di poter circolare per il mondo non solo in nome di una necessità economica (questa logica mercantile naturalmente non ci appartiene), ma riconosciamo che in questo caso ciò parte da un bisogno. Allo stesso tempo, riteniamo che l'immigrazione non sia un male. Infatti, noi stessi ne abbiamo bisogno e la nostra economia domani mattina crollerebbe in assenza di questi cittadini. Le nostre famiglie crollerebbero in assenza degli aiuti di queste persone che sono nelle case di ognuno di noi. Riteniamo, inoltre, che tale libertà di circolazione comporta e può comportare - questa è la risorsa di cui tutti ci potremmo avvantaggiare - la conoscenza di altre storie e di altre culture, che potrebbe arricchire ognuno di noi. Questa è l'unica vera ricchezza di cui vale la pena disporre.
Dunque, è necessario affermare anche che la percezione di insicurezza è probabilmente frutto di tante questioni, di tanti fattori economici, sociali e forse anche del fatto che la nostra immigrazione è recente. Solo nel corso di questi ultimi anni, soprattutto degli ultimi mesi, abbiamo raggiunto il tasso percentuale di immigrazione di altri Paesi europei. Il tasso della Spagna rimane superiore al nostro, ma ci siamo avvicinati e ci siamo arrivati molto velocemente. Forse, per questo motivo vi è la percezione di un'invasione. Negli ultimi 35 anni l'immigrazione nel nostro Paese è aumentata di 25 volte. Quindi, probabilmente vi è questa sensazione con cui dobbiamo fare i conti.
Allora, è necessario nominare questa ragione; bisogna dire che non siamo di fronte a dei nemici che assaltano le nostre città, ma che semplicemente vi sono dei fenomeni arrivati un po' in ritardo e, quindi, forse ci siamo trovati anche impreparati dal punto di vista dell'accoglienza e del sociale. Sicuramente, tali problemi, determinati da questi fenomeni, si aggiungono a situazioni e città in cui vi sono quartieri disagiati nei quali i cittadini italiani già soffrivano. Potrei solo citare alcune situazioni che conosco nella grande metropoli italiana, nella città moderna italiana: i quartieri nel centro di Milano, che da anni chiedono ristrutturazioni e interventi, e naturalmente adesso si aggiungono i cittadini stranieri. Tuttavia, i problemi vi erano già da prima.
Allora, forse, questi sindaci dovrebbero rispondere non con le manifestazioni, non chiedendo il «pugno di ferro», non chiedendo l'esercito, ma semplicemente investendo risorse in quell'ambito e cercando di costituire una condizione sociale, un'inclusione sociale per tutte e per tutti, anche dal punto di vista di un clima di civiltà e di coesione sociale, che rappresenta il grande problema che abbiamo di fronte su tutto il territorio nazionale.
Tuttavia, questo decreto-legge non riguarda l'immigrazione in generale, ma i cittadini comunitari; pertanto, bisogna fare riferimento alla direttiva europea che questo Governo già aveva recepito correttamente - desidero sottolinearlo: recepito correttamente - perché tale problema ci è stato proposto dal Parlamento europeo e da tutti i giornali stranieri che hanno guardato un po' allibiti a quello che avveniva in Italia. A questa direttiva, in particolare, noi abbiamo fatto riferimento tentando di correggere gli errori più macroscopici, le incompatibilità più evidenti dal punto di vista costituzionale e anche della normativa europea.
Noi non siamo fanatici dell'Europa, perché essa nasce su dei presupposti sbagliati, in una logica mercantile di profitto, con tutte le conseguenze del caso: non sono considerati in primo luogo i diritti, i cittadini e le cittadine, ma il mercato e le imprese. Noi vogliamo cambiare questa Europa, ne vogliamo un'altra, e tuttavia vogliamo prendere per buone quelle poche e piccole regole di civiltà. Sulla base di esse possiamo affermare che andavano cambiate alcune cose, e in parte ciò è stato fatto al Senato: la fattispecie è stata corretta in modo importante, a mio avviso non del tutto soddisfacente, ma certamente importante. Come dicevano i colleghi, il collega Zaccaria in particolare, sono stati corretti degli elementi fondamentali, come il ricorso al giudice ordinario, o il fatto che l'espulsione eventuale possa riguardare solo il singolo comportamento, e non i familiari.
Vorrei anche sottolineare (non mi riferisco a questo decreto-legge che non lo contempla, ma a quanto sta avvenendo in molte parti del Paese ad iniziativa dei sindaci e dei prefetti, ma spero che tali iniziative vengano smentite) che questa direttiva prescrive che nessuno possa essere espulso per ragioni di reddito. Mi rivolgo al Governo perché bisogna vigilare attentamente almeno sul rispetto delle norme che abbiamo recepito e condiviso. Dunque, il Senato ha corretto gli aspetti più eclatanti e ha sostanzialmente riportato questo decreto-legge in un ambito di compatibilità costituzionale e di rispetto della direttiva europea.
Tuttavia, io ritengo che queste correzioni non abbiano cancellato e non possano cancellare il danno che è stato fatto sul piano culturale. Evidentemente in questa maggioranza abbiamo opinioni diverse sulle iniziative da assumere anche in situazioni di emergenza, ma certamente penso che un danno culturale sia stato prodotto.
Sottolineo positivamente invece, da un punto di vista giuridico e legislativo, le osservazioni svolte dal relatore Zaccaria il quale ha evidenziato, circa le misure che attengono alla prevenzione e alla sicurezza sociale, un tema importante: come la Corte costituzionale ne abbia dichiarato la legittimità costituzionale, ma esprimendo la necessità che il legislatore presti la massima cautela e che gli istituti non si pongano in conflitto con diversi principi costituzionali, a partire dall'articolo 13 della Costituzione.
Possiamo dire che all'interno di questo decreto-legge non ci sono tali rischi evidenti, ma tuttavia essi vanno realisticamente tenuti presenti: quando si ragiona di prevenzione è facile varcare questo confine. Non a caso anche alcuni emendamenti che avevamo proposto al Senato e che abbiamo ripresentato in quest'Aula sottolineano ancora questo aspetto. Penso che dobbiamo avere a cuore questi elementi per noi stessi, ma anche per l'immagine che il nostro Paese ha dato in Europa.
Sottolineo che il 15 novembre 2007 è stata votata dal Parlamento europeo una risoluzione che ribadisce il valore della libertà di circolazione di tutti i cittadini europei (che fa parte dei principi fondativi dell'Unione europea), e stabilisce che le espulsioni non possono mai essere collettive richiamando, a tal fine, i diritti fondamentali e la Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo.
Inoltre, a giugno 2008, il Parlamento europeo effettuerà un esame volto a verificare il modo in cui i Parlamenti nazionali hanno tradotto concretamente tali norme, dal momento che tutti i Paesi hanno assunto un impegno di inclusione sociale nei confronti dei cittadini europei che intendono spostarsi, a partire dalla popolazione che ha più sofferto in quanto è stata perseguitata nella storia; vale a dire le comunità rom. Allora, dovremo fare i conti anche considerando la necessità di rispondere a questi richiami e alle verifiche che verranno svolte.
A tal proposito, aggiungo soltanto che nell'Aula del Parlamento europeo non sono mancate le critiche al vicepresidente della Commissione europea Frattini, che in quelle ore non solo ha tentato di piegare e di forzare il significato della direttiva europea in materia, ma addirittura ha preteso di sollecitare il nostro Governo e il nostro Parlamento a legiferare per espellere i cittadini comunitari sprovvisti di reddito. Più di un importante personaggio delle istituzioni europee ha sottolineato come quelle dichiarazioni rese alla stampa fossero assolutamente contrarie allo spirito e alla lettera della direttiva; ritengo, perciò, che dovremmo essere molto più rigorosi.
Mi soffermo ora sulla questione oggetto del dibattito che si sta svolgendo in Aula e sui giornali di oggi (che fanno riferimento ad eventuali richiami ad essa connessi), che riguarda la norma sbagliata contenuta nell'articolo 1-bis. Le ragioni che hanno determinato il Senato a introdurre tale modifica al testo originario sono ormai note. A proposito dei richiami e delle preoccupazioni espresse dal collega Boscetto, sottolineo che l'emendamento che abbiamo presentato unitariamente come sinistra, sia in Commissione sia in Aula, volto a correggere tale errore - ossia a modificare il richiamo all'articolo 13, non del Trattato di Amsterdam, ma del Trattato istitutivo della Comunità europea - fa riferimento esattamente alla stessa norma che egli ha letto questa mattina in Aula e che è stata proposta anche da altri colleghi de La Rosa nel Pugno. Quindi, da questo punto di vista non vi sono diversificazioni, poiché la norma proposta attraverso l'emendamento è la medesima.
Considerato che il dibattito odierno verte sulla possibilità di correggere tale norma o di eliminarla dal testo, molto francamente dico soltanto - successivamente sulla questione torneranno i colleghi Cogodi e Daniele Farina che hanno seguito direttamente l'esame in Commissione giustizia del provvedimento e della norma, nella formulazione con cui poi è stata votata (si tratta, sostanzialmente, dell'allargamento della cosiddetta legge Mancino ai reati di omofobia) - che sono d'accordo con il presidente della Commissione giustizia, il quale ha affermato che vanno salvaguardati i ruoli delle due Camere, perché non possiamo dipendere sempre da una Camera (il Senato) che si trova in difficoltà. Benissimo, noi siamo d'accordo presidente. Se il disegno di legge in esame può tornare al Senato, siamo favorevoli a che ciò avvenga perché in questo caso si potrebbero correggere l'articolo 1-bis, nonché anche altri aspetti del disegno di legge.
Abbiamo accettato lealmente di portare a termine l'esame di questo provvedimento perché, in una situazione difficile come quella del Senato, siamo riusciti comunque a trovare un compromesso (quello possibile in quel momento perché lo ripeto: noi non avremmo voluto tale decreto-legge, tuttavia esso è stato varato), che rendeva le norme del decreto-legge sostanzialmente compatibili con la Costituzione e con la direttiva europea. Per questa ragione, abbiamo accettato un provvedimento che non ci piace, che persino dal punto di vista tecnico-giuridico, potrebbe essere ulteriormente migliorato, ma nel quale, però, è presente anche un elemento di mediazione costituito dal famoso richiamo all'articolo 13 del Trattato istitutivo della Comunità europea. Se ci viene detto che il disegno di legge in esame può tornare al Senato, noi siamo felici; abbiamo presentato alcuni emendamenti (quelli più significativi) e, dunque, siamo nelle condizioni di migliorare ulteriormente il provvedimento. A quel punto, però, nessuno venga a sostenere che vi è un'estraneità di materia rispetto alla questione che abbiamo avanzato.
La questione proposta è un'emergenza - una delle tante - che riguarda non le discriminazioni, ma le violenze compiute non solo sulle donne, ma anche sugli omosessuali. Le cronache, ormai, sono piene anche di questi avvenimenti. Nelle scuole i ragazzi compiono atti di bullismo: nel nostro Paese, quindi, vi è un problema, posto da anni, che in questi ultimi mesi è diventato davvero un'emergenza. È evidente, infatti, che, quando vi è un degrado sul piano culturale, emergono tutte le problematiche culturali che in precedenza erano gestite diversamente.
Se, pertanto, il provvedimento in discussione nasce sull'onda dell'emotività per l'assassinio di una donna, voglio capire in cosa consista l'estraneità: essa riguardava il testo originario, perché l'elemento della discriminazione era estraneo alla normativa europea, che, invece, atteneva alla circolazione dei cittadini comunitari (ivi compresa la possibilità, in casi eccezionali, di procedere all'espulsione). Questo era il testo originario della direttiva europea che abbiamo recepito: si è partiti da lì per «piegarla» in un'altra direzione. Quindi, o vi era estraneità prima o essa non può esservi, se a tale emergenza ne è stata aggiunta un'altra, ugualmente riguardante i diritti fondamentali dei cittadini.
Abbiamo scelto, pertanto, un tema che da tempo viene proposto: in Commissione giustizia si è lavorato per tale ragione. Siamo disponibili, perciò, a qualsiasi soluzione: se ci viene detto che il testo del provvedimento rimarrà invariato, vogliamo proseguire nell'iter di esame del disegno di legge in discussione, per rivedere le questioni attinenti alla cosiddetta legge Mancino e a tutto ciò che ne consegue in merito ai reati di omofobia; altrimenti, se il testo si può cambiare, chiedo che esso sia migliorato, su questo e su molti altri aspetti.
Signor Presidente, ho concluso. Sottolineo che l'Europa è costituita da molte realtà. Il problema proposto nel nostro Paese - riguardante anche la libera circolazione o la possibilità, in determinati casi, di espellere i cittadini europei - trae le sue origini dal modo in cui è stata costruita l'Europa, dal suo allargamento e dal fatto che questa logica di mercato implica che ventimila imprese italiane, oggi, sono presenti in Romania (considerato che si parla in particolare di quel Paese): quei cittadini sono in Romania semplicemente perché i salari, per quanto bassissimi, si attestano attorno agli ottocento euro al mese, mentre in Romania attorno ai duecento e, quando i datori di lavoro sono generosi, raggiungono i trecento euro. Questa è la ragione che spinge molti cittadini a spostarsi. Non si capisce, pertanto, per quali ragioni le imprese italiane possano andare a produrre i propri profitti in Romania e i cittadini rumeni non possano venire nel nostro Paese per tentare di guadagnare un po' di più per far studiare i figli: chi vive nelle baracche, infatti, lo fa semplicemente perché, pur lavorando in nero e guadagnando cinquecento o seicento euro, può mandarne a casa trecento o quattrocento per far studiare i propri figli. Parliamo esattamente di questo.
Bisogna, pertanto, ricostruire la società che, nel complesso, vorremmo che si sviluppasse nel nostro Paese e in Europa: dobbiamo dirci qual è l'Europa che vogliamo costruire e modificare.
Anche in merito a vicende difficili e delicate come quella che ha generato il decreto-legge in esame, quindi, dovremmo riflettere affinché le istituzioni e la politica - anziché sollecitare le paure e assecondare la necessità di individuare i nemici e il moltiplicarsi di egoismi - possano invece offrire soluzioni, dichiarando anche il senso del limite di noi tutti e delle istituzioni: c'è bisogno, infatti, di più tempo, quello necessario per dare risposta a fenomeni epocali (che ci chiedono di interrogarci persino sulle grandi crisi e sugli sconvolgimenti di questi anni), che devono essere accompagnati da un grande investimento culturale. Ritengo che, nel nostro Paese e nella nostra società, vi siano anche gli anticorpi giusti: è, quindi, necessario preservare la nostra storia migliore e ricostruire un tessuto democratico e una coesione sociale e di civiltà di cui possiamo ben disporre (Applausi dei deputati dei gruppi Rifondazione Comunista-Sinistra Europea, Partito Democratico-L'Ulivo, Comunisti Italiani, Verdi e Misto-Socialisti per la Costituente).
PRESIDENTE. Informo i colleghi che procederemo agli interventi di altri due deputati, il deputato Grillini e il deputato Tassone, prima di sospendere la seduta fino alle 15.
È iscritto a parlare il deputato Grillini. Ne ha facoltà.
FRANCO GRILLINI. Signor Presidente, come molti colleghi hanno ricordato, questo provvedimento ha avuto origine sull'onda emotiva di un fatto di cronaca: il brutale assassinio di una donna, della signora Reggiani. Sulla base di questa vicenda si è svolto un dibattito politico; al riguardo vi è stato chi ha affermato che si era in presenza di un ritardo del Governo. Il sindaco di Roma, essendo avvenuta la vicenda nel territorio romano, nella doppia veste di sindaco e di capo del Partito Democratico ha sollecitato il Governo al varo di un provvedimento di urgenza. Personalmente sono tra coloro che non condividono le legislazioni emergenziali. In genere, quando le legislazioni emergenziali vengono realizzate o non colgono l'obiettivo o rischiano di seguire onde emotive, a seguito delle quali, per la famosa eterogenesi dei fini, si rischia di porre in essere dei provvedimenti che contengono tutt'altro. Tale rischio è stato corso anche da questo provvedimento che contiene, in relazione all'omofobia, il notissimo errore dell'articolo 1-bis. Al Senato non solo è stato commesso un errore, ma vi è stato anche il rischio che, a causa dello stesso e di questo inserimento, considerato da alcuni senatori della maggioranza improprio, non vi fosse numericamente la maggioranza per votare la fiducia al Governo. Qualcuno - come ricordava la collega Mascia - ha affermato che l'omofobia è una materia estranea al provvedimento. Sono d'accordo con la collega Mascia quando sostiene invece che è sbagliato parlare di estraneità di materia, perché la sicurezza non si può declinare soltanto in riferimento all'immigrazione. Esiste un problema sicurezza a tutto campo. Esiste, ad esempio, un problema di sicurezza in ambito familiare. Abbiamo sentito prima il solito «comizietto» dell'esponente di Alleanza Nazionale, onorevole Gasparri, che ci ripeteva il solito discorsetto. Uso il termine discorsetto, perché sembra di trovarsi di fronte ad un refrain, ad un disco rotto, allorché parla della famiglia naturale fondata sul matrimonio così come prevista nella Costituzione: l'unione solo tra un uomo e una donna.
LUCA VOLONTÈ. Lo dice la Costituzione!
FRANCO GRILLINI. Sono intervenuto più volte in quest'Aula, anche nella scorsa legislatura, per citare l'articolo 29 della Costituzione che viene sempre utilizzato come una «clava» contro chiunque proponga una riforma del diritto di famiglia volta a riconoscere tutti i nuclei familiari esistenti in questo Paese che rappresentano una trasformazione della società tipica della modernità in tutto il mondo occidentale. Non esiste più solo la famiglia tradizionale, ma tanti altri nuclei familiari e tante altre modalità relazionali che vanno riconosciute dalla legge. Non a caso in questo Parlamento nella Commissione giustizia della Camera e in quella del Senato si svolge da tempo una discussione. Il Comitato ristretto della Commissione giustizia del Senato ha infatti appena predisposto un testo base sui contratti di unione solidali che dovrebbe essere discusso e votato entro gennaio per poi essere esaminato dall'Assemblea del Senato entro febbraio.
Avremo modo in quella circostanza di vedere se, su un testo così moderato come quello sui contratti di unione solidale, che in parte ha superato la proposta del Governo sui Dico e, a mio parere, ancora insoddisfacente sotto il punto di vista della tutela del diritti, vi sarà una maggioranza, e se l'attuale maggioranza ottempererà all'impegno, assunto a suo tempo con l'elettorato e presente nel programma dell'Unione, di varare una legge che garantisca anche i diritti delle coppie di fatto, comprese quelle tra persone dello stesso sesso.
Ricordo ai colleghi per l'ennesima volta - l'ho già fatto tante volte ma repetita iuvant - che la Costituzione italiana non contiene la dicitura del rapporto uomo-donna per quanto riguarda la famiglia. Leggo l'articolo 29 della Costituzione: «La Repubblica riconosce i diritti della famiglia come società naturale fondata sul matrimonio. Il matrimonio è ordinato sull'eguaglianza morale e giuridica dei coniugi con i limiti stabiliti dalla legge a garanzia dell'unità familiare». Si parla dunque di coniugi, onorevole Gasparri, esattamente come nella legge spagnola voluta da Zapatero, che è la legge più radicale approvata nel mondo in materia di diritto di famiglia, che non prevede semplicemente il matrimonio tra gay ma stabilisce altresì l'uguaglianza di qualunque relazione di fronte alla legge; quindi, da questo punto di vista, non vi è più distinzione. È questa la legge spagnola: parla di coniugi, esattamente come la Costituzione italiana.
Non discuto se nel 1948 i costituenti si siano posti il problema delle coppie di fatto, ma pare che lo abbiano fatto. Alcune testimonianze, per esempio, riferiscono che addirittura Moro abbia sollevato il problema.
MARIO TASSONE. Quando?
FRANCO GRILLINI. Inoltre, dal dibattito presso l'Assemblea costituente - ho già avuto modo di citare questo fatto - emerge che addirittura un esponente democristiano del Centro italiano femminile parlò del problema del concubinato. Quindi, già da allora qualcuno sollevò questo problema; d'altra parte la stessa Costituzione, all'articolo 30, terzo comma, dispone che la legge assicura ai figli nati fuori dal matrimonio ogni tutela giuridica e sociale, quindi già da allora risultava chiaro che potevano sussistere famiglie con figli nati fuori dal matrimonio. Tali questioni erano già evidenti fin da quel tempo e il tema famiglia costituiva un argomento rilevante nella discussione fin da tempi della Costituente.
La questione famiglia, come ricordato da numerosi interventi, implica in questo momento un problema di violenza: ogni tre giorni in ambito familiare una donna viene uccisa. La collega Mascia ricordava una ricerca, secondo la quale la famiglia tradizionale uccide più della mafia.
Ho affermato in un intervento che, quando ascolto soprattutto gli esponenti del centrodestra parlare in modo ossessivo di difesa della famiglia tradizionale, seguendo i dati statistici penso che occorrerebbe più correttamente parlare di difesa dalla famiglia, considerato il livello di violenza che esiste all'interno dei nuclei familiari e che dovrebbe interessare chiunque.
Tornando all'argomento oggetto dell'attuale discussione, siamo di fronte ad un provvedimento varato in base ad un'emergenza. Vorrei sollevare l'attenzione su un tema poco trattato, ovverosia sull'ondata antirumena, provocata - a mio parere - anche da un'informazione poco attenta, soprattutto per quanto riguarda l'emotività.
È per questo che, in qualità di membri del gruppo misto Socialisti per la Costituente, abbiamo deciso di proporre la costituzione di un'associazione parlamentare intitolata «Amici della Romania».
Infatti, le conseguenze di questa ondata antirumena si sono riscontrate subito non solo per quanto riguarda l'atteggiamento della grande stampa ma anche per ciò che è accaduto in Romania, in cui vi è stata un'ondata emotiva di uguale portata ed in senso contrario. Abbiamo letto addirittura che la Romania sconsiglia di recarsi in Italia in questa fase: siamo a tal punto!
Ovviamente sull'immigrazione è stato detto e scritto moltissimo, ma mi sembra assai doveroso combattere l'idea della sovrapposizione tra criminalità e immigrazione e non soltanto perché sappiamo tutti che, senza l'apporto dell'immigrazione nella nostra società e nella sua economia, l'Italia si fermerebbe e il nostro Paese non potrebbe funzionare.
Dovremmo, dunque, essere grati all'immigrazione per il benessere, per il lavoro, per il contributo al funzionamento della nostra società. Certamente è giusto combattere i fenomeni criminali e malavitosi, ma non possiamo dimenticare che anche l'Italia e molti italiani sono stati e sono tuttora immigrati. Non possiamo dimenticare che, ad esempio, negli anni Cinquanta in alcuni bar della Svizzera e della Germania era scritto «Vietato ai cani e agli italiani».
Penso che la memoria corta, da questo punto di vista, sia un dramma: lo studio del passato o la lettura di libri come L'orda di Gian Antonio Stella aiuterebbe moltissimo a capire come certi fenomeni si ripetano ciclicamente. Dunque, era possibile studiare forme diverse dal decreto in esame? La mia opinione è che certamente era possibile.
È possibile tuttora correggere questa situazione, gli errori e l'impasse in cui ci troviamo. È stato detto ormai da tutti i colleghi ed è scritto oggi sui giornali: il Presidente della Repubblica probabilmente non ha intenzione di firmare il decreto-legge in esame; il presidente del Senato vede con terrore il ritorno del decreto-legge al Senato e, quindi, bisognerebbe trovare un modo per uscire da tale impasse.
Il modo migliore sarebbe correggere il decreto-legge stesso, coerentemente con la volontà politica espressa in Senato con quel voto, perché non dimentichiamoci che in quella sede è stata espressa una volontà politica, quella di introdurre nel decreto-legge sulla sicurezza anche la lotta all'omofobia. Tale volontà politica è stata espressa con il voto di fiducia sia pure con un voto risicato, ma inequivocabile. Dunque, se volontà politica c'è stata, la soluzione più coerente sarebbe correggere l'errore alla Camera: riportiamo l'articolo 1-bis al suo significato originario. Si deve solo correggere un numero: sostituire al 13 l'articolo 2, punto 7, che era la citazione corretta dell'articolo che conteneva le norme antidiscriminatorie. Questa è una soluzione.
Perché non si può fare? Perché il Ministro Amato oggi ci propone di approvare il decreto-legge, così com'è? Perché vi è un problema politico all'interno di questa maggioranza difficile da sottacere. Il problema politico è che al Senato vi è una pattuglia di senatori teodem del Partito Democratico. Il problema politico infatti è tutto interno al Partito Democratico. La stabilità del Governo e della maggioranza vengono messe in discussione da un problema tutto interno al Partito Democratico.
Sarebbe bene che il Partito Democratico si riunisse e sciogliesse questo problema, se ne è in grado. La mia opinione è che non è in grado di risolverlo: lo si è visto da ciò che è accaduto ieri in consiglio comunale a Roma, dove non è stato possibile approvare la delibera del registro delle unioni civili.
Prima che vi fosse il Partito Democratico - non me ne vogliano i colleghi che appartengono ad esso, non intendo fare per forza una polemica, mi sto semplicemente riferendo a dati di fatto - i registri delle unioni civili si approvavano. Si sono approvati a Pisa, in molte città toscane, delle Marche, dell'Emilia, di molte amministrazioni, a volte anche con l'apporto di qualche esponente della Margherita laico o persino cattolico.
Da quando si è formato il Partito Democratico non è più stato possibile approvare i registri delle unioni civili a livello locale e, soprattutto non è stato possibile farlo ieri a Roma. Quel voto in consiglio comunale a Roma, a mio parere, è esemplificativo di quanto potrebbe avvenire a livello nazionale. Sono state bocciate, infatti, tutte le proposte presentate in consiglio. Il giorno prima, abbiamo potuto leggere sull'Avvenire Roma-sette un editoriale probabilmente ispirato dal vicario di Roma, il cardinale Camillo Ruini, che spiegava e consigliava ai consiglieri comunali di Roma come votare, cioè come non votare quegli ordini del giorno. Pertanto, siamo di fronte, addirittura, ad un'eterodirezione da parte della gerarchia vaticana, ormai, delle istituzioni elettive. Abbiamo avuto la stessa pressione da parte della gerarchia vaticana sul tema in discussione: essa non vuole l'approvazione di una norma contro l'omofobia.
Le norme contro l'omofobia esistono nella grande maggioranza dei Paesi europei. In seguito, se avrò il tempo, leggerò anche alcune parti del Matthew Shepard Act, approvato dal Congresso americano. Il Partito Democratico americano ha approvato, quindi, con una grande maggioranza e anche con l'apporto di un terzo dei repubblicani, una norma contro l'omofobia, su cui Bush ha posto, non a caso, il veto. In quel contesto, in cui i religiosi hanno un ruolo decisivo anche a livello elettorale per l'elezione del Presidente della Repubblica, vi è la possibilità di approvare norme di questo tipo. In Francia, la norma antiomofobia è stata voluta dal Governo conservatore de Villepine, con interventi e pene assai più pesanti di quelle previste dalla norma che avrebbe dovuto essere contenuta nel cosiddetto decreto sicurezza. In Spagna, è stata approvata addirittura nel 1995. In Inghilterra, Gordon Brown ha proposto di aggravare la legislazione antidiscriminatoria già esistente, elevando a sette anni di carcere le pene per coloro che commettono reati motivati dall'orientamento sessuale.
Pertanto, negli altri Paesi è data per scontata l'esistenza di una norma di questo tipo; in Italia la Chiesa cattolica non vuole, perché si sostiene che qualsiasi legittimazione della questione omosessuale come normalità, addirittura da proteggere attraverso una norma legislativa, introdurrebbe il piano inclinato attraverso cui si arriverebbe inevitabilmente al matrimonio e alle adozioni per i gay. Oggi, in un'intervista a radio Vaticana, Vannino Chiti ha affermato di essere contrario a ciò e, ovviamente, ognuno è libero di essere a favore o contrario a ciò che crede. Cari colleghi, se un Parlamento, anche quello italiano - al momento sembra fantascienza - approvasse il matrimonio e l'adozione per i gay sarebbe la libera espressione della volontà democratica della maggioranza dei parlamentari. Francamente, quindi, non vedo che senso abbia questa teoria del «piano inclinato». Pertanto, il punto - ed è di nuovo un problema interno alla maggioranza - consiste nel fatto che, in questa legislatura, il rischio concreto è che non solo non si possa approvare una norma antidiscriminatoria per quanto riguarda l'omofobia, ma che non si possa approvare nulla, assolutamente nulla che oltre Tevere non voglia. Nulla!
Infatti, non oso pensare alla Camera, ma al Senato esiste una sorta di pattuglia che impedisce ciò, con la forza dei numeri.
Se così è, francamente non so come se ne possa uscire. Di sicuro, per quanto riguarda questo provvedimento sulla sicurezza - qualora venisse approvato - vi è il rischio di un'abrogazione della legge Mancino e, quindi, della decadenza dei suoi effetti sui processi in corso e sulle condanne già in via definitiva, anche nel caso vi siano correzioni. Il relatore per la I Commissione, Zaccaria, propone di adottare un decreto-legge a correzione e, quindi, recuperare, da questo punto di vista, i danni. Tuttavia, non è sicuro che ciò sia efficace.
Pertanto, onestamente - sempre a nome del gruppo Misto-Socialisti per la Costituente - vi dirò che, dal nostro punto di vista, è molto meno dannoso che questo decreto-legge decada; oltretutto, onestamente, un decreto-legge che ha prodotto centottanta espulsioni, non ha prodotto un granché; è come dire «la montagna che ha prodotto il topolino». Il danno provocato dalla decadenza del decreto-legge sarebbe minore di quello provocato dall'abrogazione della legge Mancino. Sfido chiunque, onestamente, a dire che non è così.
Esiste una terza soluzione, quella - non so se vi accennava la collega Mascia - dell'applicazione del decreto legislativo 6 febbraio 2007, n. 30, concernente il diritto dei cittadini dell'Unione e dei loro familiari di circolare e di soggiornare liberamente nel territorio degli Stati membri. Qualora il decreto-legge in esame decada, il Governo potrebbe utilizzare la delega già conferita per applicare questo provvedimento. Questa potrebbe essere una soluzione; finora non l'ha indicata nessuno e provo a suggerirla io.
Di sicuro non si può lasciar decadere la questione (al centro della discussione) sull'articolo 1-bis, ossia la questione della lotta all'omofobia. Ritorniamo, così, al tema «violenza e sicurezza» che si deve declinare non solo per quanto riguarda l'immigrazione, ma anche per quanto riguarda il diritto alla sicurezza dei cittadini in ambito familiare, extra-familiare, scolastico e via discorrendo.
Da questo punto di vista, vorrei contestare ciò che affermano alcuni colleghi del centrodestra quando sostengono che in Italia non esiste un'emergenza omofobia. Abbiamo già avuto modo di contestare, anche in Assemblea, questa teoria sbagliata e interessata. Vorrei ricordare alcuni casi eclatanti accaduti in questo Paese poiché, dato che qualcuno ha la memoria corta, è meglio rinfrescarla.
Tali casi ci dicono che, al contrario, è assolutamente urgente e necessario intervenire in questa materia e non con una legislazione speciale, ma con una legislazione in linea con le norme europee. Ricordo ai colleghi che è entrata in vigore, in modo vincolante per tutti, la Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea, di Nizza, con la sottoscrizione solenne - avvenuta a Lisbona nella giornata (oggi è martedì) di venerdì scorso - del nuovo Trattato dell'Unione europea, a cui è associata la Carta dei diritti che, nel 2009, diventerà vincolante.
Nel 2009, pertanto, un cittadino - anche italiano - potrà ricorrere alla Corte europea di giustizia, utilizzando la Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea.
In tale Carta, all'articolo 21 vi sono scritte le stesse cose dell'articolo 13 del Trattato istitutivo della Comunità europea e dell'articolo 2, punto 7, del Trattato di Amsterdam - che avrebbe dovuto essere citato correttamente nel provvedimento in discussione - e, quindi, tali norme, tale articolo che rappresenta un riferimento antidiscriminatorio, diventeranno comunque vincolanti anche per gli italiani.
La situazione bizzarra è che noi, oggi, stiamo discutendo del tema della lotta all'omofobia, che ha visto il Parlamento pronunciarsi, sia pure indirettamente attraverso l'approvazione della Costituzione europea, che è stata approvata solennemente sia dalla Camera sia dal Senato, anche dai gruppi dell'UDC (Unione dei Democratici Cristiani e dei Democratici di Centro), di Alleanza Nazionale e di Forza Italia. La Lega Nord Padania si è astenuta, proprio in quanto contraria alla Carta dei diritti, ma gli altri hanno votato a favore. Pertanto, da un lato si vota a favore, dall'altro si grida «al lupo al lupo» e «al piano inclinato».
Vorrei ricordare alcuni episodi: da maggio 2006 a maggio 2007, sette omosessuali sono stati uccisi e trenta atti di violenza, tra pestaggi e stupri, sono stati perpetrati a danno di gay e lesbiche; il 4 dicembre 2006, a Brescia, è stato picchiato duramente un uomo gay, da alcuni che gli si sono avvicinati all'improvviso mentre si trovava in una zona del ponte sul Mella, vicino ad un locale frequentato per lo più da uomini e donne omosessuali; il 6 marzo 2007, a Cagliari, un giovane gay ha tentato il suicidio, incitato dai compagni di scuola; il 9 maggio 2007, a Montebelluno, in una scuola media un ragazzo grida «sei gay» a un compagno di classe e gli rompe la testa; il 16 maggio 2007, il presidente del comitato provinciale dell'Arcigay di Milano, Paolo Ferigo, viene aggredito e malmenato in una pizzeria da un dipendente dell'ATM; il 19 maggio 2007, a Rovigo, un ragazzo ventunenne aggredito da undici ragazzi di estrema destra, è stato malmenato perché lo credevano gay, non possedendo i loro stessi modi.
È appena il caso di ricordare il ragazzo di Torino di 16 anni, suicida e - episodio su cui sono intervenuto in Assemblea per chiedere un intervento del Ministro della giustizia - il ragazzo di Monza, ucciso dal padre perché omosessuale. Si è appena svolto il funerale e il GIP lo ha liberato, dopo due giorni di arresto, ritenendolo non pericoloso!
È il caso di ricordare il ragazzino di Finale Ligure, cui è stata incisa una svastica con la scritta «sei gay», dopo essere stato denudato. Inoltre, è il caso di ricordare non soltanto qualche bullo o disgraziato, ma anche personaggi delle istituzioni quale, ad esempio, Pier Gianni Prosperini, assessore regionale lombardo di Alleanza Nazionale, che in un'intervista ad un quotidiano, usando parole come devianza e suggerendo di usare contro gli omosessuali vari strumenti, ha proposto la garrota, quella indiana, strumento ancora più crudele. E che dire di Giancarlo Gentilini.
GIANPAOLO DOZZO. Lascialo stare!
FRANCO GRILLINI. ...sindaco abusivo di Treviso, che addirittura ha proposto la pulizia etnica per gli omosessuali!
GIANPAOLO DOZZO. Lascialo stare!
FRANCO GRILLINI. Gentilini andrebbe rimosso!
GIANPAOLO DOZZO. Ma non dire cazzate!
FRANCO GRILLINI. Cari colleghi della Lega Nord Padania, provo una certa pena per quel Gobbo che fa il sindaco prestanome a Treviso.
GIANPAOLO DOZZO. Noi abbiamo pena di te!
FRANCO GRILLINI. ...per tenere in caldo la seggiola a questo personaggio che...
GIANPAOLO DOZZO. Ma vai avanti, vai!
FRANCO GRILLINI. Sì, vado avanti ma vedo che anche voi siete d'accordo con le frasi di Gentilini. Almeno Calderoli aveva affermato di non essere d'accordo. Invece, vedo che anche la Lega Nord Padania lo è. Se vogliamo avere un esempio di omofobia, lo troviamo direttamente nelle Aule parlamentari!
ROBERTO COTA. Sta provocando. Basta! Svolga il suo intervento e non rompa le scatole!
PRESIDENTE. Onorevole Grillini, deve rivolgersi alla Presidenza.
FRANCO GRILLINI. I provvedimenti antiomofobia sono stati approvati un po' in tutto il mondo.
Voglio citare quello approvato dal Parlamento americano perché mi pare particolarmente rilevante: il 20 marzo 2007 il Matthew Shepard Act è stato presentato al Congresso dai democratici. Il 3 maggio 2007...
PRESIDENTE. Onorevole Grillini, deve concludere.
FRANCO GRILLINI. È già finito il tempo?
PRESIDENTE. Sì, è finito il tempo.
FRANCO GRILLINI. Il tempo vola!
PRESIDENTE. Sono passati trenta minuti.
FRANCO GRILLINI. Quando si parla di argomenti interessanti, il tempo vola! Se mi concede trenta secondi illustrerò semplicemente i contenuti di questo provvedimento (che vorremmo veder introdotti anche in Italia) ricordando che la Commissione giustizia ha concluso l'esame degli emendamenti sul provvedimento contro l'omofobia che dovrebbe arrivare in Assemblea a gennaio.
In breve...
PRESIDENTE. Sono passati anche i trenta secondi, mi dispiace.
FRANCO GRILLINI. Signor Presidente, concludo e chiedo che la Presidenza autorizzi la pubblicazione in calce al resoconto della seduta odierna di considerazioni integrative del mio intervento nelle quali sono inclusi i contenuti del Matthew Shepard Act (Applausi dei deputati del gruppo Misto-Socialisti per la Costituente).
PRESIDENTE. Onorevole Grillini, la Presidenza lo consente, sulla base dei criteri costantemente seguiti.
È iscritto a parlare l'onorevole Tassone. Ne ha facoltà.
MARIO TASSONE. Signor Presidente cercherò di fare qualche valutazione - mi auguro rapida - su questo disegno di legge di conversione del decreto-legge. Per dire la verità, signor Presidente, stiamo perdendo un'occasione importante, almeno in questa fase di discussione sulle linee generali.
Sembra che il provvedimento - che, così com'è stato ricordato, è stato determinato da una vicenda di sangue - abbia cambiato titolo ed anche motivazioni divenendo il decreto-legge sull'omofobia. Sembra che una certa parte abbia parlato soltanto di questo creando ovviamente qualche perplessità, ma soprattutto qualche rammarico, perché il provvedimento nasceva e nasce da un'esigenza di sicurezza che dobbiamo sempre tenere presente.
Ci sono poi una serie di valutazioni da considerare sul fatto se il provvedimento sia esaustivo, se riesca a raggiungere gli obiettivi ed i traguardi che si era prefissato, ma credo che questa debba essere l'occasione per un approfondimento e per dare un contributo evitando, ovviamente, una deviazione.
Capisco, però, che il riferimento all'articolo 1-bis e l'errore commesso da parte del Senato su un emendamento presentato dal gruppo di Rifondazione Comunista ha, di fatto, dato vita a qualche situazione procedurale e quindi di iter legislativo certamente non adeguato. Si tratta, quindi, di un tema che certamente, anche sul piano dell'iter legislativo, ha posto una serie di questioni, soprattutto per il riferimento anomalo ad un Trattato come quello di Amsterdam, con conseguenze devastanti.
È stato ricordato che l'approvazione di questo provvedimento così com'è causerebbe un colpo di spugna per almeno un centinaio di processi in corso riguardanti ultras razzisti e persone che hanno istigato all'odio razziale e religioso anche con gesti come la profanazione di tombe ebraiche e le percosse e le lesioni ai danni di cittadini extracomunitari.
Tale approvazione renderebbe irrilevante penalmente la condotta di chi propaganda idee fondate sulla superiorità o sull'odio razziale ed etnico ovvero istiga a commettere o commette atti di discriminazione per motivi razziali, etnici, nazionali o religiosi ovvero istiga a commettere o commette violenza o atti di provocazione alla violenza per motivi razziali, etnici, reazionari o religiosi.
Comporterebbe la violazione, ancora, degli obblighi internazionali assunti dall'Italia con la sottoscrizione e il deposito dello strumento di ratifica della Convenzione internazionale sull'eliminazione di tutte le forme di discriminazione razziale, aperta alla firma a New York il 7 marzo 1966 e in vigore dal 4 febbraio 1976.
C'è una proposta, signor Presidente, che viene dall'onorevole Mascia, che afferma che, se vi fosse il tempo, potremmo approvare un emendamento che recuperi quell'errore per inviare nuovamente il provvedimento al Senato. Ma non sta a noi dirlo! Il Governo, che in questo momento, per la verità, non è presente (per ragioni di tempo non chiedo neanche l'interruzione della seduta)...
LUCA VOLONTÈ. Vergogna!
MARIO TASSONE. Non lo so se si tratta di vergogna o meno, ma, ovviamente, caro Presidente e caro onorevole Volontè, sono talmente abituati a sentirsi gridare «vergogna» che non la sentono più. Dobbiamo trovare un'altra battuta. Comunque, signor Presidente, parlare io e lei con i colleghi su un decreto-legge mi sembra un po' troppo. Andiamo avanti lo stesso! Non c'è dubbio che il Governo dovrebbe rispondere. C'è il tempo, ma ci devono anche dire se sono in animo di porre la questione di fiducia, perché se è così...
PRESIDENTE. Mi scusi, onorevole. È presente il sottosegretario Li Gotti, che sarebbe bene si accomodasse ai banchi del Governo.
LUCA VOLONTÈ. Almeno si sieda al banco del Governo! È mezz'ora che sta lì a parlare!
PRESIDENTE. Lo ha già chiesto la Presidenza, onorevole Volontè. Prego onorevole Tassone, vada avanti.
MARIO TASSONE. Al sottosegretario Li Gotti perdono tutto, è un mio corregionale, anche se, ovviamente, ognuno è un libero cittadino e Li Gotti lo merita. Non era un insulto, ma un commento amicale, per carità di Dio!
Bisogna che il Governo lo dica. Non so se il sottosegretario Li Gotti è in condizione di dirci se il Governo ha intenzione di porre la questione di fiducia sul provvedimento. Altrimenti, perché è stata avanzata questa proposta dall'onorevole Mascia. Perché? L'ha detto in una sede istituzionale, nell'Aula della Camera dei deputati.
Ma c'è un altro problema e mi vorrei rivolgere all'onorevole Grillini. Onorevole Grillini, quando lei fa tutto il decalogo sul riferimento alla chiesa cattolica e poi fa riferimento ad Aldo Moro (se lei mi porta i documenti, sarebbe più credibile e rispettoso anche nei confronti dell'Assemblea), le sfugge un dato importante: non so se c'è una maggioranza, quella che attualmente sostiene il Governo, che segue queste sue problematiche!
Perché se la prende con la chiesa cattolica e non rivolge qualche domanda anche all'onorevole Veltroni per i rapporti intercorsi, anche in questi giorni, con l'«oltretevere», anche per i problemi che riguardano il tema che le sta tanto a cuore, che la ossessiona da una vita e che riguarda, certamente, questa nostra società?
Esso, però, non può essere il dato prorompente che fa passare sotto silenzio un provvedimento che riguarda la sicurezza, l'immigrazione e anche gli strumenti per contrastare la piccola criminalità e, soprattutto, le presenze indesiderate all'interno del nostro Paese.
Non ci sarà mai da parte nostra, signor Presidente, una qualche attenzione rispetto al tentativo di inserire in questi provvedimenti elementi di un ideologismo, che certamente non accettiamo, che ha la tendenza a sovvertire i principi naturali, le credenze religiose: debbo confermare il rispetto e la tutela che si deve a ciascuno, senza ovviamente nessun tipo di discriminazione, ma senza nemmeno la discriminazione di altre situazioni che consideriamo meritevoli di protezione e di tutela.
Non c'è dubbio che esiste il tema della sicurezza e della criminalità diffusa sul nostro territorio; forse bisogna domandarsi in questo momento se il provvedimento in esame riesce a raggiungere, come mi chiedevo all'inizio, gli obiettivi che ci eravamo prefissati e che lo stesso si era prefissati.
Affermo con estrema chiarezza, e mi riporto anche a qualche intervento svolto prima di me, che non credo nella legislazione di emergenza. Questo Paese è molto strano: ci sono morti negli stadi, allora non deve entrare più nessuno negli stadi; ci sono poi i problemi legati alla tragica vicenda della signora Reggiani, allora, viene presentato questo provvedimento, che sovverte il meccanismo dei poteri, attribuendoli ai prefetti, ai questori, e del ruolo attribuito ai sindaci: bisognava perciò discutere se si tratta di uno strumento particolare di emergenza e se risponde all'organizzazione dello Stato, ma soprattutto alla distribuzione dei poteri all'interno delle istituzioni statali per fronteggiare questo fenomeno, molte volte dirompente, che ha creato e crea allarme e un disagio sociale enorme.
Ritengo che forse bisognava discutere molto di più, che un provvedimento di emergenza, svincolato da tutto il contesto della problematica della sicurezza, è un provvedimento sui generis, sulla cui applicabilità ho qualche dubbio, perché esso non chiarisce quali strumenti hanno i prefetti e i questori affinché gli interventi siano rapidi e tempestivi, e quali sono le risorse, anche se il decreto fa riferimento a quelle esistenti. Ritengo che questo chiarimento doveva esser dato, anche per i problemi che riguardano la giustizia, che interessano la II Commissione e che sono importanti e fondamentali.
Ma c'è un altro dato. Trattiamo in questo decreto - ecco perché la sua parzialità non mi esalta e mi preoccupa -, partendo dalla vicenda di un rumeno, di cittadini comunitari: perché? Gli immigrati che creano alterazione sociale non sono anche extracomunitari? I disperati che partono dall'est europeo o dalle coste del Mediterraneo verso le coste del sud del nostro Paese, della Calabria, della Sicilia, sono portatori di fenomeni che devono essere, a mio avviso, sempre più non soltanto monitorati, ma su cui occorre intervenire in modo efficace, con una legislazione più appropriata. Perché questo dato? Perché forse sarebbe stato più importante riconoscere che abbiamo sbagliato su Schengen (e possiamo cominciarne a parlare), che forse si è sbagliato su questo ampliamento dell'Unione europea a ventisette membri, che non ha determinato un'integrazione politica, ma non ha neppure garantito un'area giuridica europea, con tutti i problemi che si aprono.
Signor Presidente, è di questa mattina un'operazione della Polizia per quanto riguarda i presunti protagonisti della vicenda di Duisburg. C'è stato un collegamento, si è lavorato tra Polizia italiana e Polizia tedesca? L'interrogativo che ci poniamo in queste ore è questo: perché non c'è stata un'azione preventiva, quando sappiamo quali sono gli arricchimenti, quali sono gli affari che partono dalla Calabria e vanno in Germania, ma non soltanto in Germania?
Perché questo tipo di mobilitazione vi è semplicemente quando accadono fatti di sangue? Perché in quei casi si provvede subito e poi si dimentica tutto dopo qualche mese?
Noi diamo atto certamente alle nostre forze di Polizia dei risultati raggiunti: vi è stata una collaborazione fra Germania e Italia che ha funzionato; qualche giorno fa è stato sottoscritto un protocollo fra il capo della Polizia e il responsabile della polizia tedesca in tema di lotta alla criminalità organizzata. Ma non c'è dubbio che vi è oggi un problema che riguarda la sicurezza in termini complessivi: non un problema che riguarda specificamente gli europei o gli extraeuropei, ma, signor Presidente, signor rappresentante del Governo, un problema che riguarda in generale il rapporto fra le immigrazioni e la criminalità organizzata (piccola o grande).
Forse, invece di parlare di omofobia e di fare un errore grossolano e propagandistico con l'ammissione del noto emendamento, si sarebbe dovuto fare uno sforzo e una riflessione in più sul tema della manovalanza della criminalità organizzata, cioè di quegli immigrati che molte volte non agiscono da soli.
Certo vi è anche il problema della mafia e della camorra: ma vi è stata anche una disattenzione generale da parte degli amministratori, poiché vi sono aree interdette del nostro Paese, dove le forze di polizia non possono entrare. Questi sono fatti che meriterebbero attenzione. Dovevamo aspettare la vicenda del rom di Roma e l'assassinio della povera signora Reggiani per sapere che vi sono «sacche» di questo tipo?
Forse sarebbe stato più opportuno che, nell'esaminare questo disegno di legge di conversione, si facesse una valutazione più complessiva. In nessun Paese del mondo, signor Presidente, si baratta la sicurezza dei cittadini; mai si è visto introdurre il reato di opinione sui gay e contemporaneamente abolire la legge contro il razzismo.
Se fossi sufficientemente cattivo, direi che per difenderci da questa ossessione dell'omofobia (una patologia che non esiste), abbiamo fatto una sorta di indulto per chi predica o istiga all'odio e alla violenza dell'uomo sull'uomo, per i razzisti, per chi commette e coltiva i reati più nefasti e soprattutto più eclatanti in questo nostro Paese.
Sono perplesso e al contempo preoccupato. Dicemmo subito che questo era un provvedimento fatto per l'opinione pubblica, per l'allarmismo che era diffuso nel nostro Paese e per la stampa, anche perché esso fu estrapolato dal «pacchetto sicurezza» ed elevato al rango di decreto-legge.
Tutto questo però, signor Presidente, ci impone una grande riflessione, tornando alle considerazioni iniziali. Vi è - si badi che questa non è una mia ossessione o fissazione - un problema di tenuta della maggioranza.
Non so se il riferimento o se l'errore eclatante sul Trattato di Amsterdam siano stati voluti da parte di settori del Governo, perché si tratta di un errore che gli uffici del Senato non avrebbero mai fatto, così come i nostri uffici non lo hanno mai fatto (vedo presente il dottor Guido Letta). Ho molta stima per i funzionari per capire che non vi può essere stato un errore così eclatante.
A coloro che hanno parlato - Grillini e Mascia, che ci ha tenuto una buona lezione sul bullismo e sulle violenze esistenti all'interno delle famiglie - voglio dire che è un clima di violenza quello che esiste all'interno del nostro Paese. Quando si superano i limiti, si rompono i paletti, non vi sono più i valori o il senso della famiglia, perché bisogna scandalizzarsi se esistono violenze all'interno della famiglia, quando la famiglia è una «poltiglia» ed è ridotta a un fatto marginale rispetto alle sfide di carattere sociale, civile e politico che vogliamo condurre? Perché questa ipocrisia?
La violenza non si combatte con l'ipocrisia, l'ordine pubblico non si assicura con l'ipocrisia, il contrasto alla criminalità e all'immigrazione clandestina, che coltiva la violenza e la criminalità, non si combattono con l'ipocrisia! Ciò che viene meno - e che sta venendo meno in questo dibattito - è il senso di un comune sentire, di una visione moderata della società e della storia, di una visione di dignità che bisogna assicurare al cittadino e all'uomo, di una visione moderata del fluire delle nostre vicende e degli avvenimenti anche sul piano sociale, in modo da ricondurli alla grande storia e ad una grande cultura, non alle piccole miserie e alle culture d'accatto di ogni giorno che tentano di difendere alcune situazioni e alcuni privilegi che non sono tali in termini assoluti, ma rimangono privilegi di una parte, che vuole essere «parte» per poter gridare, potersi lamentare e poter contare di più in questo nostro Paese!
Signor Presidente - concludo, evitando così lo scampanellio al termine della mezz'ora -, vi è da parte nostra, da parte del gruppo dell'UDC, una grande perplessità e una grande amarezza per il fatto che un episodio di sangue è stato strumentalizzato. Tra qualche giorno della signora Reggiani non si ricorderà più nessuno: vi sarà, forse, un decreto-legge che doveva essere il «decreto Reggiani», della signora Reggiani, ma è diventato invece il decreto-legge dell'omofobia e di Grillini. Ovviamente non possiamo accettare tutto ciò, perché significa scadere sul piano delle istituzioni e sul piano della politica generale del nostro Paese [Applausi dei deputati dei gruppi UDC (Unione dei Democratici Cristiani e dei Democratici di Centro) e Forza Italia)].
PRESIDENTE. Come preannunciato, sospendo la seduta, che riprenderà alle 15 con il prosieguo degli interventi per la discussione sulle linee generali.
La seduta, sospesa alle 13,55, è ripresa alle 15,05.
Si riprende la discussione.
PRESIDENTE. Ricordo che nella parte antimeridiana della seduta è iniziata la discussione sulle linee generali e si sono svolti alcuni interventi.
(Ripresa discussione sulle linee generali - A.C. 3292)
PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Adenti. Ne ha facoltà.
FRANCESCO ADENTI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, signor rappresentante del Governo, alcuni tragici fatti di cronaca hanno riportato nelle settimane scorse alla nostra attenzione, in modo dirompente, un tema di fondamentale importanza, ovvero quello della sicurezza reale e percepita da parte dei cittadini italiani, tema che noi Popolari-Udeur consideriamo una vera e propria priorità per il nostro Paese. In particolare, gli avvenimenti più recenti hanno messo in stretta relazione il tema della sicurezza con quello della presenza di cittadini stranieri nel nostro Paese. Si tratta di un rapporto molto delicato ed estremamente complesso, un rapporto che deve spingerci a riflettere con grande serietà su tale tema per le implicazioni che le nostre scelte possono assumere su un altro importante aspetto della vita sociale del nostro Paese, ovvero quello dell'integrazione, dell'accoglienza dei cittadini stranieri e della nascita di una società plurale da un punto di vista etnico e culturale.
Il rischio - credo che sia doveroso denunciarlo in questa sede - è quello di trasformare alcuni gravissimi avvenimenti di cronaca in pretesti per intervenire ideologicamente su alcune problematicità della convivenza sociale del nostro Paese. Il rischio è quello di voler trasformare il dibattito e le scelte politiche in merito alla sicurezza in un dibattito finalizzato esclusivamente a ricercare consenso politico sull'onda delle reazioni emotive del momento, seppur legittime e comprensibili, e allo stesso tempo di spingere alcune forze politiche ad aprire trattative politiche su tale tema, volte ad ottenere provvedimenti che ideologicamente - solo ideologicamente - rispondono ad istanze proprie di alcune aree politiche, sebbene siano incoerenti con il tema e i contenuti del provvedimento in esame.
In particolare, mi riferisco all'introduzione in un provvedimento originariamente omogeneo di una disposizione del tutto estranea al contenuto del decreto-legge, ovvero la norma antiomofobia, introdotta dal Senato con l'articolo 1-bis, che investe problematiche di indubbia rilevanza politica e sociale, ma che nulla ha a che vedere con la materia dell'allontanamento dal territorio nazionale di cittadini comunitari per esigenze di pubblica sicurezza. Tra l'altro, come è stato giustamente rilevato durante l'esame in sede referente, la materia delle discriminazioni, delle violenze legate alla sfera sessuale è attualmente all'esame della Commissione giustizia della Camera, per cui l'articolo 1-bis del decreto-legge sulla sicurezza è non solo giuridicamente estraneo alla materia del decreto stesso, ma altresì politicamente inopportuno, in quanto interferisce con un tema su cui da circa un anno la Commissione giustizia della Camera sta svolgendo un esame attento ed approfondito.
Per non parlare poi del fatto che, come è stato da tutti unanimemente rilevato, l'articolo 1-bis nella sua attuale formulazione contiene un riferimento normativo errato, in quanto rinvia all'articolo 13 del Trattato di Amsterdam, che si limita a prevedere che il Trattato stesso è concluso per un periodo illimitato, mentre il riferimento normativo corretto dovrebbe essere all'articolo 13 (ex articolo 6A) del Trattato istitutivo della Comunità europea, introdotto dall'articolo 2, punto 7 del Trattato di Amsterdam.
Non intendo soffermarmi sulle conseguenze di un simile errore, che sono state ben evidenziate durante il dibattito, tra cui non ultimo la sostanziale inapplicabilità della norma così formulata. Vorrei, invece, segnalare che l'emendamento con il quale il Senato ha introdotto questa norma non avrebbe mai superato il vaglio di ammissibilità alla Camera, per cui tengo a ribadire quanto già denunciato in altre occasioni. Occorre mettere mano al più presto ad una riforma dei Regolamenti parlamentari al fine di avvicinarne le disposizioni in tema di ammissibilità degli emendamenti, perché non è più accettabile e possibile, in un sistema di bicameralismo perfetto, che la diversità dei criteri di ammissibilità determini una situazione in cui una Camera ha maggiori poteri rispetto all'altra.
Ciò premesso, debbo comunque dire che noi del gruppo Popolari-Udeur siamo pienamente soddisfatti delle dichiarazioni rese dal Governo, che si è impegnato a porre rimedio a tale situazione attraverso un successivo atto correttivo. Per tali ragioni, abbiamo convenuto di ritirare il nostro emendamento soppressivo dell'articolo 1-bis, a dimostrazione del nostro senso di responsabilità, nonché della nostra fiducia e lealtà nei confronti del Governo, evitando così che il provvedimento al nostro esame, che giudichiamo - lo ripeto - di estrema importanza per il Paese, venga modificato e pertanto debba tornare all'esame del Senato, con il forte rischio di una sua mancata conversione. Infatti, il Senato è attualmente impegnato nell'esame del disegno di legge finanziaria e del Protocollo sul welfare.
Credo che altrettanta serietà debba essere rivolta all'esame dei contenuti più propri del provvedimento, ovvero la materia della sicurezza. Se da una parte, noi del gruppo Popolari-Udeur non possiamo che apprezzare l'impegno profuso dal Governo nel tentativo di dare risposte concrete alla domanda di sicurezza proveniente dai cittadini, nel pieno rispetto della normativa comunitaria e senza mai sconfinare nella xenofobia e razzismo, dall'altra parte ci sentiamo in dovere di avanzare un forte richiamo, affinché il provvedimento al nostro esame risulti di oggettiva efficacia e non rischi di essere una risposta adottata sull'onda emotiva di fatti gravissimi, che generano un clima di paura tra i cittadini. Sotto tale profilo, anche le modifiche apportate dal Senato sono condivisibili e non suscitano perplessità, se non forse sotto qualche profilo di carattere costituzionale, nonostante i tentativi delle opposizioni di confondere l'opinione pubblica con strumentalizzazioni ed allarmismi del tutto ingiustificati.
A tal proposito, vorrei segnalare come dato oggettivo, non certamente per ridimensionare la preoccupazione circa la gravità dei fatti accaduti, che, secondo recentissimi dati ISTAT, non più del 10 per cento degli stupri commessi in Italia è attribuibile a stranieri, mentre la criminalità degli immigrati regolari ha la stessa incidenza di quella della popolazione italiana. Su cento stranieri immigrati denunciati, il 2 per cento è costituito da immigrati regolari e il 98 per cento da clandestini che costituiscono il vero problema da affrontare. Intendo dire che, se vogliamo davvero impegnarci seriamente per garantire la sicurezza dei nostri cittadini, dobbiamo smettere di fare dello straniero il capro espiatorio di tutti i mali e sfatare il luogo comune che associa l'immigrazione, con un automatismo inaccettabile, ad una diminuzione della sicurezza nelle città italiane. Tale luogo comune contribuisce solo a generare paura e nuova violenza.
Pertanto, siamo nettamente contrari alle espulsioni di massa alimentate e propugnate da alcune forze politiche del centrodestra e siamo, invece, convinti che la direzione giusta da percorrere sia quella di una maggiore integrazione sociale dello straniero, ma anche e soprattutto di una maggiore presenza delle forze dell'ordine sul territorio, dando loro più risorse, più uomini e più mezzi. In tal senso, ci siamo attivati anche recentemente durante l'approvazione del disegno di legge finanziaria per il 2008.
La feroce uccisione di Giovanna Reggiani e i successivi atti di xenofobia nei confronti dei cittadini rumeni sono due orrori di un'escalation di fatti a lungo sottovalutati, in cui si intrecciano violenze ed illegalità diffusa, cui le istituzioni pubbliche debbono rispondere con assoluto rigore. Per fare ciò, occorre perseguire due strade: la tutela della legalità, perseguendo i responsabili dei crimini con gli strumenti di polizia e di giustizia e conservando la certezza della pena comminata ed irrogata.
La seconda strada è di natura preventiva attraverso il monitoraggio dei flussi migratori, programmandone gli insediamenti territoriali ed urbanistici, regolandone l'avviamento al lavoro, disincentivandone le occasioni di reddito illecito. Detto questo, non vi è dubbio che l'allargamento dell'Unione europea ai Paesi dell'est abbia comportato una serie di effetti collaterali non del tutto prevedibili, cui è necessario porre rimedio quanto prima.
In particolare, l'apertura delle frontiere, con la difficile realtà economico-sociale di alcuni di questi Paesi, ha comportato, inevitabilmente, un incremento dei flussi migratori verso i Paesi più ricchi (tra cui il nostro) che però si sono trovati impreparati ad accogliere e gestire una massa tale di persone, con tutte le conseguenze negative che ciò comporta in termini di emarginazione e, quindi, di maggiore propensione a delinquere.
Il disegno di legge al nostro esame risponde proprio all'esigenza di individuare misure idonee ad arginare questo fenomeno, introducendo nel nostro ordinamento alcuni strumenti in grado di rendere più efficace e più celere l'allontanamento dei cittadini comunitari, la cui presenza sul territorio italiano contrasti con motivi di ordine pubblico, di pubblica sicurezza e di sicurezza dello Stato. In particolare, è opinione condivisa che, in simili circostanze, le misure previste dal decreto legislativo n. 30 del 2007, recante l'attuazione della direttiva della Comunità europea del 2004 relativamente al diritto dei cittadini dell'Unione e dei loro familiari di circolare e soggiornare liberamente nel territorio degli Stati membri, si siano rivelate insufficienti ad assicurare un'effettiva esecuzione dei provvedimenti di allontanamento.
Mi soffermerò solo su alcuni aspetti del disegno di legge in esame che noi consideriamo più significativi. Una delle principali innovazioni introdotte consiste nell'attribuzione al prefetto, in luogo del Ministro dell'interno, della competenza ad adottare provvedimenti di allontanamento per motivi di pubblica sicurezza, mentre permane la competenza del Ministro per l'adozione di provvedimenti di allontanamento fondati su motivi di ordine pubblico e di sicurezza dello Stato. Inoltre, il disegno di legge stabilisce, in modo opportuno, che per motivi imperativi di pubblica sicurezza, il provvedimento di allontanamento sia immediatamente eseguito dal questore, precisando che tali motivi sussistono quando la persona da allontanare abbia tenuto comportamenti che costituiscono una minaccia concreta, effettiva e grave alla dignità umana, ai diritti fondamentali della persona ovvero all'incolumità pubblica.
Ne risulta, a nostro avviso, un equo bilanciamento tra le esigenze di sicurezza e il rispetto dei diritti della persona, tra la celerità del procedimento e le garanzie dell'individuo. La prima, infatti, è assicurata dalle nuove competenze di prefetti e questori, che meglio di chiunque altro conoscono le problematiche del territorio sul quale operano; le seconde, invece, trovano un forte sostegno sia nella compiuta definizione dei motivi imperativi di pubblica sicurezza, in modo da delimitare i margini di valutazione discrezionale e da impedire ogni possibile abuso insito nelle definizioni generiche, sia nella precisazione, introdotta al Senato, per cui i provvedimenti di allontanamento adottati nei confronti dei cittadini dell'Unione e dei loro familiari non possono essere motivati da ragioni estranee ai comportamenti individuali della persona di cui si dispone l'allontanamento. In questo modo, si è voluta ribadire la centralità del principio costituzionale di personalità della responsabilità penale intesa in senso estensivo, in quanto riferibile anche alla categoria delle misure di prevenzione cui sono riconducibili i provvedimenti di allontanamento.
Vorrei, infine, segnalare la funzione garantista della norma introdotta al Senato nella quale si attribuisce al tribunale in composizione monocratica la competenza in materia di convalida del provvedimento di allontanamento che, invece, nel 2004 era stata assegnata al giudice di pace, suscitando molte perplessità quanto alla costituzionalità dell'attribuzione ad un giudice onorario di competenze in materia di libertà personale. Con il ritorno alla competenza del tribunale, invece, si intende proprio sottolineare la natura giurisdizionale del procedimento di convalida, con tutte le garanzie processuali che a questo conseguono.
Tutto ciò, come è evidente, contribuisce a rafforzare la rispondenza di queste misure al dettato costituzionale, oltre che alla normativa comunitaria. Ne consegue - l'ho già affermato all'inizio del mio intervento, ma ci tengo a ribadirlo - che la posizione dei Popolari-Udeur sul provvedimento in esame è senz'altro positiva per ciò che concerne il contenuto proprio del decreto-legge, ossia sulle norme in materia di allontanamento dal territorio nazionale per esigenze di pubblica sicurezza, che rappresentano un complesso di disposizioni in grado di fornire una risposta all'emergenza di ordine pubblico non sulla base di una turbolenza emotiva (come qualcuno ha detto), ma parlando la lingua della ragione e della responsabilità.
Non bisogna dimenticare, inoltre, che il diritto alla sicurezza, alla serenità, alla difesa della vita di cui oggi si parla tanto, si tutela non solo con provvedimenti normativi punitivi, ma soprattutto anche attraverso il recupero di valori importanti e condivisi, su cui si basa la nostra convivenza civile, che vanno diffusi e consolidati.
Per queste considerazioni, prendendo atto delle rassicurazioni fornite dal Governo sull'articolo 1-bis, annuncio fin d'ora il nostro voto favorevole all'intero provvedimento.
PRESIDENTE. È iscritta a parlare la deputata Santelli. Ne ha facoltà.
JOLE SANTELLI. Signor Presidente, come è emerso già da tutti gli interventi succedutisi stamattina in Aula, quasi nessun gruppo parlamentare (chi per un motivo, chi per un altro) arriva a condividere il decreto-legge in esame, dato che nessuno ha avuto sinora il coraggio di difenderlo nella sua totalità, in maniera completa, decisa e coerente.
Sicuramente la «storia» del decreto-legge finisce per rappresentare l'ennesimo pasticcio del Governo e della maggioranza. Si tratta di un pasticcio aggravato da una norma di cui parlerò in seguito, ovvero la «norma fantasma» di cui oggi stiamo discutendo e che è rappresentata dal famoso articolo 1-bis. Tuttavia, credo che la polemica su quella norma non debba finire per distrarre l'attenzione dal resto del provvedimento.
Il decreto-legge in esame nasce male, in quanto è «figlio» della disattenzione politica e dell'incapacità della maggioranza e del Governo di tenere una linea coerente in materia di politiche di sicurezza e di giustizia. Il provvedimento, infatti, nasce da un errore fondante, ossia da un errore di valutazione compiuto dagli esponenti della maggioranza e del Governo sin dall'inizio dell'anno in corso, quando si è realizzato l'allargamento dell'Unione europea a Bulgaria e Romania.
Ricordo, innanzitutto, che molte forze politiche (per non dire tutte) erano d'accordo sull'allargamento dell'Europa alla Bulgaria e alla Romania. L'Unione europea, consapevole dei problemi che si sarebbero verificati e del possibile enorme flusso di persone che avrebbero lasciato soprattutto la Romania verso altri Paesi dell'Europa - e ciò era facilmente comprensibile, in quanto era sufficiente osservare lo squilibrio del reddito pro capite tra un cittadino della Romania e un cittadino italiano, francese o tedesco -, ha concesso una deroga. Molto Paesi, quindi, hanno accettato la via della deroga offerta dall'Unione europea, ovvero di non sospendere il Trattato di Schengen ma di porre delle limitazioni. L'opposizione ha chiesto a gran voce al Governo di fare proprio ciò; ovviamente il Governo, signor Presidente e signori del Governo, non ha scelto di agire in questo modo o per ideologia (e questa rappresenterebbe la scusa più corretta e più buona) o per totale incapacità.
Siamo partiti quest'anno con un allarme pesantissimo, che è giunto il 3 gennaio 2007 dalla Caritas, la quale affermava che per l'Italia vi era un pericolo di invasione da parte della Romania. Ciò non lo sosteneva Forza Italia, Alleanza Nazionale, la Lega Nord o l'UDC, bensì la Caritas.
Vi è, inoltre, un aspetto ancora più drammatico, in quanto non noi, ma un importante dipartimento del Governo (ovvero il dipartimento dell'amministrazione penitenziaria) lanciava un altro allarme. Il dipartimento, infatti, sottolineava come, stando così le regole di ingresso e trasformando il soggiorno dei cittadini rumeni nel nostro Paese direttamente in un soggiorno legittimo, era necessario porre attenzione, in quanto sarebbero arrivati in Italia mille detenuti rumeni, immediatamente liberi, e non si sarebbe stati in condizione di procedere all'espulsione. Ribadisco che ciò non lo sosteneva l'opposizione (quella «cattiva» o estremamente rigida nei confronti degli immigrati), bensì il dipartimento dell'amministrazione penitenziaria che, fino a prova contraria, risponde al Governo in carica.
Nonostante tutti questi avvisi, in maniera molto candida, il Ministro dell'interno spiegava che vi era un'estrema esagerazione da parte del centrodestra sull'allarme rumeni e, in generale, sull'allarme sicurezza: la sicurezza non era un problema avvertito dai cittadini, ma una sorta di drappo rosso agitato dall'opposizione per creare il panico fra la gente.
Il 15 gennaio 2007, il Ministro Amato sosteneva, sulle colonne del Corriere della sera, che l'allargamento non avrebbe provocato alcun peggioramento in tema di criminalità e che, anzi, l'arrivo dei rumeni sarebbe stato un grande e decisivo passo avanti per il controllo degli irregolari ed avrebbe quindi generato un effetto sicurezza nel nostro Paese. Essendo state smentite, così, le previsioni del Ministero dell'interno, forse è il Ministro stesso che dovrebbe assumere le decisioni conseguenti. Il Ministro Amato sosteneva di non credere alle invasioni e che non vi sarebbe stata alcuna invasione nel nostro Paese: lo ricordo alla sottosegretaria Lucidi, che è appena arrivata e conosce bene la materia.
Il Presidente del Consiglio, a giugno, ha sostenuto che la colpa non era sua, ma del Presidente Berlusconi che, quando era Presidente del Consiglio, aveva fatto entrare in Europa la Romania e la Bulgaria; il 18 gennaio 2007, il Presidente Prodi ha affermato che l'allargamento e la possibilità dell'entrata libera di questi ulteriori Paesi nell'Unione europea era un suo grande successo storico e politico. Lo affermo per ricordare almeno a ciascuno le proprie responsabilità.
Siamo giunti al 4 aprile 2007: in questo frangente il Ministro Amato - molti colleghi lo ricorderanno - era stato chiamato in questa sede a rispondere su come il Governo intendesse agire rispetto alla possibile invasione dei rumeni. Come ricordavo prima, il Ministro ha affermato che non vi era alcun problema, ma che probabilmente si sarebbero verificati problemi di sicurezza: per fronteggiarli e risolverli, presso il Ministero dell'interno sarebbe stato costituito un gruppo di studio e di lavoro. Il Governo era stato avvisato e avrebbe agito di conseguenza: peccato che anche questa volta abbia clamorosamente sbagliato!
A proposito dei vari attori che si muovono su tale scenario, abbiamo incontrato sinora il Presidente del Consiglio e il Ministro dell'interno, che ovviamente erano quelli maggiormente interessati alla vicenda. Non facevano meglio, però, altri protagonisti della vita politica.
Signor Presidente, forse è opportuno ricordare alcuni dati, perché molto spesso questo Paese è a corto di memoria: si ritiene che si possa affermare qualsiasi cosa, perché l'indomani il giornale viene buttato. Grazie a Dio, almeno in alcuni archivi, rimangono le affermazioni testuali e quindi la responsabilità politica.
Il 18 maggio 2007, il sindaco di Roma Walter Veltroni ha avuto l'ardire - considerate le vicende successive - di annunciare che il problema immigrazione non fosse un problema di sicurezza, ma un problema politico e sociale: bisognava capire chi avesse la ricetta giusta e chi no. Egli rimproverava aspramente il sindaco di Milano, Moratti, perché a Milano vi erano problemi. Al contrario, a Roma tutto andava nella maniera migliore: il 13 aprile 2007, infatti, Veltroni ha lanciato il «modello Roma» (ossia il modello aperto di città, basato sulle politiche dell'inclusione), spiegando che questa è la città dell'Eden, quella meglio amministrata d'Italia, dove non esiste alcun problema di sicurezza.
Il 18 maggio 2007, il sindaco ha scritto una lettera ad alcuni ministri, lanciando il «modello Roma» come modello ufficiale per l'Italia: «Trasformeremo l'Italia in Roma». Grazie tante, sindaco Veltroni, ma forse è meglio che ci teniamo le nostre città: vi sono meno pericoli rispetto a Roma!
Proseguendo, è successo dell'altro: specialmente dalle amministrazioni del nord è cominciata a partire la protesta.
Uno dei primi a sferrare l'attacco è il presidente della provincia di Milano che, come amministratore locale, vive il dramma della situazione. Il presidente della provincia di Milano, Penati, chiede ufficialmente al Governo di attivarsi per il problema Romania e Bulgaria e di iniziare, eventualmente, a discutere di moratorie al tavolo europeo.
Perentoriamente, il Viceministro Minniti risponde che non vi è alcun problema e che è assolutamente folle parlare di moratorie. Nel mese di giugno, invece, si verifica un cambiamento della situazione.
Come abbiamo visto, questo Governo e questa maggioranza, per sei mesi, su tutte le tematiche della sicurezza, hanno fatto «spallucce», ogni volta che si ricordava loro l'esistenza di alcuni problemi. Diciamo la verità: dalla nostra parte dell'emiciclo abbiamo avuto troppo spesso l'impressione che i temi della sicurezza e della immigrazione fossero stati, per una sorta di accordo interno alla maggioranza, sostanzialmente appaltati alle forze della sinistra radicale, sicuramente allergiche a un certo concetto di sicurezza.
Giungiamo al 27 giugno 2007 e comincia a montare la polemica. Tutti ricorderanno che già dai mezzi d'informazione comincia a diffondersi il messaggio che gli italiani hanno paura. Vi sono alcuni problemi:Pag. 57 si intensificano i furti e gli omicidi e cresce l'allarme. So che qualcuno mi dirà che questo non è il dato reale, ma percezione e che quest'ultima è un concetto evanescente. Tuttavia, la percezione non è un principio evanescente, ma il concetto principe delle politiche di sicurezza in questo Paese, almeno da venti anni.
Come accennavo in precedenza, il 27 giugno 2007, sempre il sindaco di Roma, tra gli esponenti politicamente più avveduti, comincia ad avvertire che il clima è cambiato e, quindi, corregge il tiro, affermando che occorre essere più ruvidi sulle politiche dell'immigrazione. Occorre iniziare a contrastare i flussi migratori. Si è trattato di una sorta di anatema e di eresia nell'attuale maggioranza politica che sostiene il Governo.
Dall'altra parte dello schieramento politico, invece, evidentemente il problema non era particolarmente sentito, perché il Ministro Ferrero continuava a insistere che il problema era rappresentato dall'integrazione dei 140 mila rom presenti nel nostro Paese, che bisognava puntare sulle politiche di integrazione e sociali e che, per cortesia, nessuno si azzardasse a parlare di sicurezza.
Dopo l'estate, dal punto di vista dall'opposizione, si è affermato un particolare atteggiamento da parte del Ministro dell'interno, che, dalle pagine di un noto giornale, ritornando in cattedra da professore universitario, lancia una «predica» in grande stile alla sinistra radicale, dicendo ai compagni di stare attenti, che si sbagliano e che bisogna cambiare tutto, perché le politiche della sicurezza non sono adeguate e la sicurezza è un diritto dei cittadini.
Probabilmente, molti di loro tentavano di copiare in maniera piuttosto maldestra la politica vincente di Nicolas Sarkozy in Francia. L'eco Sarkozy si era sentito e il suo modello era imperante in quel periodo.
Come dicevo, il 21 settembre 2007, Veltroni insiste che occorre affrontare il problema rumeni. A questo punto, anche il Ministro Ferrero si sveglia e afferma che bisogna limitare l'ingresso dei rumeni in Italia, non per esigenze di sicurezza, ma per meglio integrare i rom. Quindi, anche il Ministro Amato corregge le proprie errate previsioni e ammette che è in atto una vera e propria invasione di rom dalla Romania.
Collega Boato, non sono parole dell'opposizione, ma del Ministro dell'interno di questa maggioranza. Il termine «invasione» è stato usato e abusato da esponenti illustri di questa maggioranza e di questo Governo.
Proseguendo su questa linea, il momento culminante, come i colleghi ben sanno, è rappresentato dal famoso discorso del lingotto, in cui vi è il cambio di strategia di questo Governo e il nuovo leader del Partito Democratico tenta di riacciuffare il dato politico, di riemergere e di imporre, dal Partito Democratico, il timone a una maggioranza decisamente sbandata verso sinistra.
Purtroppo - dico purtroppo per l'Italia - anche questo suo tentativo si è dimostrato totalmente fallimentare. L'8 ottobre, Veltroni continua ad affermare che il flusso dei rumeni deve essere disciplinato da regole e che, da quando la Romania è entrata in Europa, l'affluenza massiccia dei rumeni è stata tale che effettivamente sussiste un allarme sicurezza.
Il 30 ottobre 2007, il Governo, esattamente dopo cinque Consigli dei ministri con esito negativo perché non si riusciva a trovare la «quadra» su un pacchetto di misure in materia di sicurezza, riesce finalmente a varare cinque disegni di legge in materia di sicurezza, provvedimenti di un pacchetto assolutamente osannato sugli organi di stampa come rivoluzionario in Italia.
Nel frattempo, purtroppo per noi, accade un evento, l'omicidio della signora Reggiani, particolarmente drammatico perché l'aggressione subita dalla signora Reggiani avviene per strada, al centro di Roma, in una via che sicuramente non è degna di trovarsi né nel centro né nella periferia di una città civile. Colleghi, è questo il «modello Roma». Le televisioni, le parate televisive e giornalistiche, nonché i lustrini ed altro, solo fino a un certo punto, possono coprire la realtà, ma alla fine la realtà trionfa, e il trionfo di quella realtà è drammatico, perché forse risveglia l'opposizione e soprattutto una maggioranza che si era illusa, con il mostrare che moltissime cose non andavano per il verso giusto.
Il 1o novembre, dopo un incontro piuttosto drammatico al Viminale, il Consiglio dei ministri si riunisce ed approva un decreto-legge in materia di espulsione sui rumeni.
Avete un bel dire, colleghi della maggioranza, che si tratta di un provvedimento di natura generale, che non bisogna essere allarmisti e che voi agite in termini generali e non in base all'allarme sociale! Voi, il 1o novembre, avete adottato un decreto-legge per apparire sulla prima pagina dei telegiornali (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia)! È questa la realtà, altrimenti è inspiegabile il fatto che, il 1o novembre, sia stato approvato all'unanimità il detto decreto e che successivamente, già il 3 novembre, quattro importanti Ministri del Governo abbiano affermato di non essere d'accordo con lo stesso provvedimento.
Per responsabilità politica avrebbero dovuto dichiararlo in sede di Consiglio dei ministri, ma forse hanno accettato che Prodi e Veltroni facessero una «comparsata» televisiva, lasciando poi agli italiani la possibilità di smaltire la notizia.
Finalmente - lo dico per tutti, a conclusione di questa ricostruzione - il 7 novembre 2007, non sui giornali italiani, perché il Presidente del Consiglio italiano ama concedersi soprattutto alle note testate internazionale, il Premier italiano rilascia dichiarazioni al Financial Times e afferma che «effettivamente non vi è un problema italiano, perché l'affluenza dei rumeni ha colto di sorpresa l'intera Unione europea. Noi non sappiamo quanti rumeni siano entrati in Italia dopo il 2007, ma forse nessuno si poteva aspettare un flusso simile».
Forse loro non si aspettavano tale flusso, perché mi sembra di aver ricordato in questa sede una serie di campanelli di allarme, anche estremamente autorevoli, che erano arrivati al Governo.
Ho fatto questo excursus anzitutto per ricordare i dati, colleghi, perché altrimenti falsifichiamo la realtà e non facciamo un buon servizio alla verità. Questo decreto-legge, considerato tutto quello che ho detto, rappresenta il frutto di un compromesso al ribasso per un'esigenza solo politica, di guerra interna a questa maggioranza. L'iter del provvedimento è iniziato in questo modo e purtroppo nello stesso modo, ovvero con questo braccio di ferro, sta continuando il suo esame nelle Commissioni Parlamentari, e ugualmente forse - non so come - terminerà anche in Assemblea.
Intendo però affrontare anche la questione del merito. Che cosa sono queste norme? Sono valide a rispondere in modo esaustivo alle esigenze dei cittadini?
La risposta è «no». Questa volta - lo ribadisco - non sono io a dirlo, ma mi affido alle autorevoli - a mio avviso - parole del Ministro Amato, il quale si presenta in Aula e afferma che il decreto-legge è efficace e di aver firmato 200 espulsioni, sebbene 160 espulsi siano scappati. Tale è l'efficacia del decreto-legge in esame! Per non ripetere l'excursus tecnico che spero potremmo esporre di fronte a quest'Assemblea, se questa maggioranza e questo Governo non avranno anche l'ardire di porre la questione di fiducia, onestamente penso che non si possa esagerare con gli atti di prepotenza, anche se in quest'ultimo periodo ci siamo abituati.
Cercherò di focalizzare l'attenzione su alcuni punti specifici. Chiedo ai colleghi della cosiddetta sinistra radicale, o arcobaleno, non lo so, che della difesa degli immigrati hanno fatto un vanto - rispetto le posizioni politiche di ciascuno -: colleghi, ve la sentite di votare un decreto-legge che prevede che i cittadini comunitari che saranno fermati, non andranno negli odiati centri di permanenza temporanea, ma finiranno direttamente nelle camere di sicurezza dei commissariati e delle tenenze dei carabinieri? È una domanda a cui dovete dare una risposta: su questo aspetto non c'è infingimento. Forse potrete raccontare ad alcuni dei vostri iscritti che per voi, in fondo, la battaglia sui centri di permanenza temporanea era simbolica ma in questo caso si tratta di sostanza. Le camere di sicurezza non sono utilizzate da almeno trent'anni nel nostro Paese. Voi ritenete possibile che, mentre gli extracomunitari vengono inviati nei CPT, gli immigrati comunitari vengano mandati nelle camere di sicurezza? Nella scorsa legislatura riguardo alle camere di sicurezza avevamo elaborato uno studio secondo cui è necessaria almeno la metà delle risorse previste nella legge finanziaria per metterle in condizioni igienico-sanitarie non dico dignitose ma praticabili. Se continuerete ad andare in giro nelle carceri, mostrando lo schifo - diciamolo pure in questi termini - presente in alcuni penitenziari, vi promettiamo ora che se approverete il decreto-legge in esame, faremo il giro delle camere di sicurezza per mostrare dove le forze di sinistra hanno deciso di mandare le persone. Dico persone, non cittadini comunitari. Questo è il segno della differenza tra le parole...
MARCELLA LUCIDI, Sottosegretario di Stato per l'interno. C'erano CPT indegni!
JOLE SANTELLI. Le camere di sicurezza negli ultimi trent'anni non sono state utilizzate: sono sotto terra, umide, scrostate e non c'è possibilità di risollevarle. In ogni caso, queste sono le distanze tra le parole e i fatti, tra l'ideologia e la realtà, la pratica. Affido queste riflessioni alla vostra attenzione, perché posso immaginare che al Senato vi sia stato uno svarione tale che qualcuno non si è accorto di ciò che stava scrivendo e a questo punto mi aspetto un atto di resipiscenza da questa Camera, da parte di chi veramente crede in alcuni diritti della persona. Oppure, voi sapete che il decreto-legge al nostro esame è una presa in giro e ritenete che nessuno sarà mai messo in condizione di essere inserito, di essere accompagnato in una camera di sicurezza perché nessuno sarà mai fermato e, allora, la presa in giro non è nei confronti di comunitari immigrati in Italia ma nei confronti dei cittadini italiani: tertium non datur.
Ritengo inoltre che, a parte tutta la stranezza di cui ho detto, la difficoltà di questo decreto-legge vada al di là delle diverse parti politiche, se si cerca di mantenere un certo senso di obiettività (infatti, di ciò che fa il Governo italiano finiamo per essere responsabili tutti). Questo decreto-legge, infatti, per come è stato scritto, soprattutto per le modifiche che ha subito al Senato, ha finito per essere illeggibile. State esponendo i prefetti della Repubblica e il Ministro dell'interno ad una serie di procedure che, con molta probabilità, non riusciranno a sostenere il giudizio di convalida da parte del tribunale ordinario.
Le ipotesi, infatti, sono così compromissorie e vaghe che è anche difficile comprendere realmente la differenza fra i provvedimenti che può adottare il prefetto e quelli che sono, invece, di specifica competenza del Ministro dell'interno. Si tratta, pertanto, di un tema di estrema importanza.
Vorrei, altresì, menzionare uno dei temi più delicati, che non coinvolge soltanto il problema relativo alla Romania, ma per il quale si interviene su tutta la disciplina in relazione all'immigrazione. Se il decreto-legge in discussione malauguratamente dovesse essere convertito in legge, d'ora in poi, per vostra volontà, le convalide dell'espulsione saranno di competenza del giudice ordinario. Premetto che rispetto quanto afferma la Corte costituzionale, ma resto convinta che il provvedimento di espulsione sia una misura di sicurezza che spetta al Ministero dell'interno, a chi è responsabile della sicurezza del Paese.
Comprendo che vi è una sentenza della Corte costituzionale, a cui noi stessi in precedenza ci siamo dovuti inchinare, ma fate attenzione, perché dare la competenza alla magistratura ordinaria, e non al giudice di pace, significa, ancora una volta, abdicare politicamente e consegnare alla magistratura ordinaria la politica di sicurezza e di immigrazione del nostro Paese. Capisco che alcuni ritengono ancora che vi sia una parte della magistratura oggettivamente connessa ad una parte di questa maggioranza, ma i più svegli sanno che quel tempo è finito! Colleghi svegliamoci, perché alcune questioni sono residui bellici degli anni Settanta! I tempi sono cambiati: vi state assumendo una grande «responsabilità» di irresponsabilità politica e tutti noi, poi, dovremo spiegare alla gente che le scelte del Governo non sono colpa nostra né dipendono dal Parlamento, ma dalla decisione di un singolo giudice ordinario. Saremo chiamati a rispondere a quel processo e non vi sarà un'irresponsabilità. Questa scelta se la assumerà la maggioranza che voterà a favore di questo decreto-legge.
Vorrei passare - concludo, perché non so quanto tempo ho a disposizione - alla questione più politica. Quando il leader del Partito democratico e il Ministro dell'interno, nell'emanare questo decreto-legge, dissero che per senso dello Stato avrebbero voluto discuterne insieme, ci avevo creduto. Ammetto - auspico di non sbagliare! - che una parte di questa maggioranza effettivamente ha fatto tale tentativo. Ha cercato di discutere di questi temi, perché si è accorta che costituiscono una priorità nell'agenda delle persone (e non di quella del Parlamento) e ha cercato di discuterne con l'opposizione. È stato, tuttavia, un atto vergognoso far ritirare al relatore Sinisi gli emendamenti dallo stesso presentati, perché una parte della maggioranza rifiuta quello che chiama «inciucio» sulle politiche di sicurezza! Una parte di questa maggioranza continua ad essere allergica a questo tipo di polemica ed, anzi, si è innestato, ancora una volta, un braccio di ferro, di cui siamo oggi vittime. Siamo giunti alla questione essenziale. Si è creato un pasticcio difficile da spiegare addirittura ai giornalisti, figuriamoci alla gente. Come spiegare questo strano «triangolo delle Bermuda», in cui da un lato vi è il decreto-legge in discussione, dall'altro un disegno di legge all'esame della Commissione giustizia e ora si aggiungerà, forse, un provvedimento correttivo? È quasi impossibile darne una spiegazione. Cosa è accaduto? La sinistra radicale, ad un certo punto, ha affermato - lo abbiamo constatato tutti - di non voler approvare questo decreto-legge, non essendo importante che fosse «annacquato», perché non si sarebbe potuta presentare davanti al proprio elettorato dopo aver votato un decreto-legge sulla sicurezza, a meno che, anche in questo caso, non avesse portato una prova di passaggio, la testimonianza di esserci. Qual è la testimonianza di esserci in un decreto-legge che riguarda la sicurezza e l'espulsione dei rumeni e dei cittadini comunitari? È una norma sull'omofobia. Ritengo che ciò dica tutto. Ma non solo. Poiché una parte di questa maggioranza non aveva intenzione, in alcun modo, di votare questa norma al Senato, qualche genio ha ritenuto che fosse opportuno mascherarla un po', fargli un po' di maquillage, in modo che nessuno si accorgesse di cosa vi fosse scritto.
Effettivamente siete stati bravi: talmente bravi che non vi siete accorti che la norma è sbagliata, vuota. Non se n'è accorta la senatrice Binetti, non se n'è accorto nessuno! È una norma fantasma e oggi ci troviamo con un pasticcio di un decreto-legge che contiene una norma finta...
PRESIDENTE. La prego di concludere.
JOLE SANTELLI. Concludo, signor Presidente. Come dicevo, questo decreto-legge sostituisce e abroga una norma importante come la legge Mancino. Recentemente il Governo - desidero ricordarlo in questa sede, per sottolineare la correttezza del sottosegretario Scotti - con un monitoraggio molto parziale, ha parlato di oltre cento processi che «scappano». Finale delle meraviglie: si arriva a dire che forse si farà un decreto-legge correttivo. In questo modo, chi deve risolvere il problema si espone a due momenti: firma di un decreto-legge sbagliato e firma di quello correttivo. Vorrei concludere, signor Presidente, se mi concede soltanto un minuto...
PRESIDENTE. No, un minuto è un po' troppo.
JOLE SANTELLI. Un minuto solo.
PRESIDENTE. No, è troppo. Le posso concedere mezzo minuto.
JOLE SANTELLI. Farò il più presto possibile. Per concludere, vorrei soltanto leggere un articolo che mi è piaciuto particolarmente. Nell'edizione odierna di un importante quotidiano, è scritto: questo «errore trasmette un segnale assai poco lusinghiero per l'Unione. In fondo, nella primavera del 2006 il centrosinistra aveva vinto le elezioni anche per il pregiudizio positivo di cui godeva (...) fosse vero o no, dava una sensazione di maggiore competenza e professionalità. In questi mesi, invece, le riserve di credito (...) si sono (...) completamente esaurite. (...) È materia da manuale non sulla soluzione dei problemi, ma sul modo migliore per trasformarli in boomerang». Penso che ciò sia esaustivo anche del nostro pensiero (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia).
PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Crapolicchio. Ne ha facoltà.
SILVIO CRAPOLICCHIO. Signor Presidente, onorevoli deputati, signori membri del Governo, intervenendo nel dibattito parlamentare finalizzato alla conversione in legge del cosiddetto decreto-legge sicurezza, nella versione licenziata dal Senato della Repubblica, non si può che prendere atto, anzitutto, di come il decreto-legge oggetto di conversione abbia preso le mosse e, per certi versi, la propria ispirazione di fondo, della situazione di grave malessere ed allarme sociale, generata, da ultimo, dal brutale episodio di violenza purtroppo verificatosi qualche mese fa, a Roma. La particolare circostanza alla base della decretazione d'urgenza in questione, tuttavia, se da un lato ha posto il Governo nella condizione - quasi forzata - di dare un'emotiva e immediata risposta al Paese, dall'altro lato ha recato con sé tutti i limiti di un intervento legislativo sostanzialmente emergenziale e destinato ad avere una portata purtroppo soltanto marginale rispetto alla ben più complessa, ampia e delicata questione della sicurezza nel nostro Paese.
Se tuttavia restano, a tutt'oggi, le forti perplessità derivanti dalla circostanza di essere intervenuti in un settore - come si è detto, così cruciale e complesso - con una decretazione d'urgenza per sua natura (come è ovvio) inidonea a dare luogo a una disciplina organica e ragionata della materia, si deve però osservare come la revisione del testo di legge di conversione, operata dal Senato della Repubblica, abbia di fatto consentito il superamento di alcuni punti di criticità, fino ad oggi denunziati, rendendo più «digeribile» il testo medesimo. A tale proposito, infatti, non si può che valutare positivamente anzitutto il tentativo di definire - in modo più possibile compiuto e circoscritto - le ragioni giustificanti la restrizione, nei confronti dei cittadini comunitari, di fondamentali libertà sancite dagli atti fondanti della Comunità europea e successivamente dall'Unione europea, ossia la libertà di circolazione e soggiorno dei cittadini comunitari nei Paesi dell'Unione Europea. Appare infatti chiaro che la mancata rivisitazione degli assai ampi parametri di riferimento contenuti nel decreto-legge avrebbe esposto la norma in questione a seri dubbi di costituzionalità, in particolare per ciò che attiene alla necessaria tipicità delle disposizioni restrittive della libertà personale, nonché avrebbe lasciato residuare un eccessivo ed illegittimo margine interpretativo in sede applicativa della stessa. Inoltre, valutiamo assai positivamente che sia stata differenziata - rispetto al decreto-legge originario - la competenza rispetto all'emissione dei provvedimenti restrittivi e che, in ogni caso, sia stata prevista la possibilità, per i soggetti interessati da detti provvedimenti, di ricorrere ad autorità giurisdizionali togate, perfettamente in grado di garantire la piena tutela dei diritti dei destinatari di tali provvedimenti e, tramite il pieno rispetto della normativa in questione, il perseguimento del fondamentale interesse pubblico sotteso alla normativa stessa.
In altre parole, in una materia così delicata era ed è di fondamentale importanza, ridurre al minimo il margine interpretativo delle norme da parte dell'autorità preposta alla relativa applicazione, ponendo l'allontanamento coattivo quale misura restrittiva di carattere eccezionale, da utilizzare soltanto per fattispecie di reato assai rilevanti ed in modo comunque non discriminatorio contro questa o quella etnia, il tutto, ovviamente, sulla base di un serio e attento vaglio dell'autorità giurisdizionale. Nonostante l'errore tecnico del rinvio legislativo operato, ugualmente positivi ed accoglibili appaiono le ragioni sostanziali alla base dell'inserimento, nel testo licenziato dal Senato della Repubblica, di disposizioni anti discriminatorie, compatibili con il presente provvedimento.
Ciò premesso, desta comunque fortissima preoccupazione il fatto che tale disposizione possa comportare l'estinzione, per il principio dell'applicazione della normativa penale più favorevole all'imputato, in ossequio al principio del favor rei, di tutti i procedimenti penali, relativi ai reati previsti dalla Convenzione ONU contro la discriminazione razziale ratificata con legge del 1975, successivamente modificati dalla cosiddetta legge Mancino. Non vorrei che la cura fosse peggiore del male. Tuttavia, tali positivi aspetti non eliminano del tutto la preoccupazione che con il provvedimento restrittivo in questione si sia tentato di porre rimedio solamente ad una piccola parte del problema rischiando però, nel contempo, di creare ulteriori forti tensioni e di dare luogo ad un ingiustificato inasprimento delle sanzioni penali. Si è cioè adottato un provvedimento che sembrava, e sembra tutt'oggi, a rischio di assumere i contorni di un provvedimento generalizzato e discriminatorio contro i rumeni, la stragrande maggioranza dei quali in Italia vive una vita completamente dignitosa e laboriosa. Certo, molti di loro, vivono in baraccopoli come quella di Tor di Quinto, ma anche in tal caso il problema non si risolve né con una espulsione generalizzata, né lasciando le famiglie e i bambini senza un tetto, sia pure quello di una baracca fatiscente, perché così si rischia di ottenere l'effetto esattamente contrario a quello auspicato. Vorremmo immaginarli con il brivido della fantasia e poi pensare che non esistano. Invece, esistono e le loro baraccopoli si impongono alla nostra vista e se proprio non riusciamo a superare la compassione per loro, come per ogni derelitto ed accettare di convincerci, dobbiamo quanto meno impegnarci, affinché i predetti abbiano condizioni di vita accettabili e dignitose.
Quanto accaduto a Tor di Quinto ci ha indignato e ci indigna, ma la politica ha il compito di non generalizzare ipocritamente. Il problema sicuramente esiste, ma va affrontato in maniera organica, non soltanto sul piano della repressione che sembra dettato per lo più dall'onda emotiva, ma anche e soprattutto su quello della prevenzione, della certezza della pena, della solidarietà e dell'integrazione sociale, nonché del rispetto pieno e incondizionato dei valori universali di ogni essere umano. Pertanto, è soltanto tenendo conto dei fondamentali valori ed elementi suddetti, nel contesto di una auspicabile riforma di carattere generale ed organico della normativa, afferente alla sfaccettata materia della sicurezza, che si potranno porre i principi di diritto idonei a garantire adeguate risposte al Paese in tema di sicurezza e dell'ordine pubblico e, nel contempo, a rafforzare una cultura dell'integrazione e della solidarietà degna di un Paese civile e indenne da censure di incostituzionalità, evitando misure populistiche e demagogiche, come quelle che la destra vorrebbe imporre (Applausi dei deputati dei gruppi Comunisti Italiani e Rifondazione Comunista-Sinistra Europea).
PRESIDENTE. È iscritta a parlare la deputata Germontani. Ne ha facoltà.
MARIA IDA GERMONTANI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, il decreto-legge 1o novembre 2007, n. 181 del quale stiamo discutendo la conversione in legge, prevede disposizioni urgenti che riguardano esigenze di pubblica sicurezza sul territorio nazionale. Esso, tuttavia, comporta anche un ampliamento del dibattito parlamentare, che indubbiamente non può essere limitato al puro e semplice allontanamento di immigrati indesiderati. La discussione fin qui svolta, in quest'aula, ma anche gli interventi istituzionali di grande valenza giuridica, uno per tutti quello del Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, non consentono di focalizzare l'argomento alle semplici tecniche sul rimpatrio degli stranieri, ma hanno messo in risalto valori e concetti politici che si sviluppano in una ampia gamma di opzioni: dalla libertà di circolazione nei Paesi aderenti all'Unione europea, alla fondamentale espressione ordine e legge, che è tipica di una cultura della nostra destra.
Accanto alle implicazioni di natura giuridica (l'obbligo della residenza) ve ne sono altre di natura socio-economica (il lavoro e il reddito certo) che arricchiscono il nostro dibattito e lo complicano più del previsto.
Una cosa, però, bisogna dire subito: il richiamo del Capo dello Stato costituisce un autentico ammonimento per il Governo e per il suo modo farraginoso di legiferare, ma rappresenta anche un valore aggiunto per l'intera comunità nazionale e per tutte le forze politiche, nessuna esclusa. Come esponente di Alleanza Nazionale, sono lieta di constatare l'imparzialità di una serenità di giudizio di un Presidente che, a differenza di alcuni suoi predecessori, interpreta la volontà del popolo italiano e rappresenta l'unità della nostra patria.
Basterebbe, a mio giudizio, questa premessa per indurre il Governo a rivedere la sua posizione e a pensare subito ad opportune modificazioni o integrazioni al decreto-legge in discussione. Ma veniamo ai suoi contenuti. Il decreto-legge reca una serie di modifiche al decreto legislativo n. 30 del 2007, che ha recepito la direttiva 2004/38/CE, relativa al diritto dei cittadini dell'Unione e dei loro familiari di circolare e soggiornare liberamente nel territorio degli Stati membri. La discussione al Senato si era avviata con un concreto spirito di collaborazione da parte dell'opposizione e di Alleanza Nazionale, che si era resa disponibile ad approvare un testo che desse risposte immediate e concrete ai cittadini che chiedevano più sicurezza.
Stamattina l'onorevole Mascia, nel corso del suo intervento, parlava di un bisogno di sicurezza vero o presunto. Pochi giorni fa, un quotidiano come Il Sole 24 ore ha pubblicato un articolo intitolato: «Allarme sicurezza. Tre milioni di denunce: è il record che potrebbe essere raggiunto nel 2007. Sono le grandi città le più colpite». Non credo, quindi, che si tratti di un bisogno di sicurezza presunto.
La tolleranza estrema di un certo modo di pensare ha prodotto gravi conseguenze, non solo dal punto di vista della sicurezza, ma anche da quel punto vista culturale che ha sottolineato l'onorevole Mascia, come, ad esempio, l'eccessiva accondiscendenza nei confronti di comunità di nomadi, che ha portato ad un'indifferenza per le violazioni dei diritti umani che si perpetuano nell'ambito dei loro stessi gruppi familiari. Minori e donne costrette a forza a chiedere l'elemosina per portare i soldi a casa. La tolleranza, dunque, è diventata noncuranza delle leggi. Abbiamo più volte in quest'Aula e fuori di qui sostenuto chiaramente che è giusto e sacrosanto tenere le porte del nostro Paese aperte per chi viene a lavorare, ma non per chi viene qui senza un lavoro, senza una casa e, soprattutto, cercando un Paese dove le leggi siano più accondiscendenti di quelle in vigore nel proprio Paese. Chi entra in Italia deve rispettare la nostra identità e la nostra cultura e, soprattutto, deve rispettare le nostre regole. La questione della sicurezza è uno dei temi su cui da tempo si batte Alleanza Nazionale e prova ne è stata la grande manifestazione dello scorso 13 ottobre a Roma, che ha portato in piazza centinaia di migliaia di persone. È stata la chiara dimostrazione che i cittadini chiedono sicurezza, più sicurezza vera.
Tornando al testo del decreto-legge, dobbiamo preliminarmente ricordare che la direttiva 2004/38/CE sul diritto di circolazione e soggiorno negli Stati membri dei cittadini dell'Unione europea e dei loro familiari disciplina: le modalità di esercizio del diritto di libera circolazione e di soggiorno dei cittadini dell'Unione e dei loro familiari; il diritto di soggiorno permanente; le restrizioni ai diritti di libera circolazione e soggiorno per motivi di ordine pubblico, di pubblica sicurezza e di sanità pubblica.
Il Governo sostiene che si possano prevedere espulsioni soltanto per motivi di pubblica sicurezza, nel rispetto della citata direttiva europea. In realtà, la Commissione europea ha chiarito che ad un cittadino dell'Unione può essere negato il diritto di soggiorno se non soddisfa uno dei requisiti previsti dalla direttiva, per esempio anche quello di disporre di risorse economiche sufficienti, così come decretato dall'articolo 7 della direttiva 2004/38/CE, che recita: «Ciascun cittadino dell'Unione ha il diritto di soggiornare per un periodo superiore a tre mesi nel territorio di un altro Stato membro a condizione di essere lavoratore subordinato o autonomo nello Stato membro ospitante e di disporre per esso stesso e per i propri familiari di risorse economiche sufficienti, affinché non divenga un onere a carico dell'assistenza sociale dello Stato membro ospitante durante il periodo di soggiorno».
Non si può infatti non tener conto del fatto che spesso, troppo spesso, l'assenza di una fonte di reddito adeguata può predisporre ad un comportamento illegale.
Secondo quanto previsto dal decreto-legge, inoltre, il cittadino comunitario che viene in Italia e supera i tre mesi di permanenza ha la facoltà - non l'obbligo - di comunicare alla questura la propria presenza sul territorio nazionale: nel caso in cui ciò non venga fatto, non sono previste contromisure. Possiamo immaginare quanti saranno coloro che, decidendo di trasferirsi nel nostro Paese perché è più permissivo del loro, con obiettivi probabilmente diversi da quello (che, lo ripeto, è sacrosanto) di cercare un lavoro, sceglieranno di dare comunicazione della loro presenza alle autorità competenti: non credo saranno molti!
Ricordo in proposito che l'articolo 5, comma 5, della direttiva europea n. 2004/38/CE già sancisce che lo Stato membro può prescrivere all'interessato di dichiarare la propria presenza nel territorio nazionale entro un termine ragionevole e non discriminatorio, e che l'inosservanza di tale obbligo può comportare sanzioni proporzionate e non discriminatorie. Ricordo, inoltre, che l'articolo 8, comma 1, della stessa direttiva ammette la richiesta di iscrizione presso le autorità competenti per un soggiorno di durata superiore ai tre mesi e che l'articolo 9 del decreto legislativo n. 30 del 2007, di recepimento della direttiva in questione, stabilisce che al cittadino comunitario che intende soggiornare in Italia per un periodo superiore a tre mesi si applicano le disposizioni in materia di anagrafe dei residenti. Ciò detto, ritengo che la violazione dell'obbligo di iscrizione anagrafica - insieme all'assenza dei requisiti per soggiornare sul territorio nazionale per un periodo superiore ai tre mesi - dovrebbe essere considerata un motivo imperativo di pubblica sicurezza.
Credo inoltre che sarebbe opportuno che, come richiesto anche da un emendamento presentato dal gruppo di Alleanza Nazionale, fra le formalità amministrative per i cittadini dell'Unione e i loro familiari vi fosse anche quella di dimostrare di possedere un alloggio rispondente ai requisiti igienico-sanitari previsti per il rilascio del certificato di abitabilità. È infatti facilmente immaginabile, se non ci copriamo gli occhi davanti all'evidenza, che chi vive in situazioni abitative precarie e non dignitose (da un punto di vista sia formale sia sostanziale) rischia più facilmente di entrare in contatto o di essere vittima di ambienti malavitosi ed è quindi più facilmente disposto a delinquere.
Vorrei a questo punto soffermarmi sul famoso articolo 1-bis introdotto con un emendamento del Governo durante la discussione in Senato. È evidente che si tratta di una norma-manifesto che ha fini non giuridici ma solo ideologici e che è stata introdotta per soddisfare le richieste della sinistra estrema. L'articolo 1-bis inserisce infatti nel testo un tema che a nostro avviso è ad esso del tutto estraneo, checché si sia detto nei precedenti interventi: ovvero il reato di omofobia. D'altra parte lo stesso relatore, onorevole Zaccaria, ha ammesso la non essenzialità di questa norma. L'articolo 1-bis, alla lettera a), stabilisce che sia punito «con la reclusione fino a tre anni chiunque incita a commettere o commette atti di discriminazione di cui all'articolo 13, n. 1, del Trattato di Amsterdam». Come da più parti si è più volte ricordato, il riferimento al Trattato di Amsterdam è completamente errato, e si tratta di un grave errore che evidenza il pressappochismo con cui il Governo ha legiferato e legifera. Sarebbe bene ricordare infatti che il Trattato di Amsterdam, cioè il trattato firmato il 2 ottobre 1997 per l'appunto nella città di Amsterdam, all'articolo 13 reca testualmente: «Il presente Trattato è concluso per un periodo illimitato». Il Governo intendeva invece presumibilmente riferirsi all'articolo 13, n. 1, della versione consolidata del Trattato che istituisce la Comunità Europea (siglato il 25 marzo 1957), modificato dall'articolo 2, Parte I, n. 7, del Trattato di Amsterdam.
Questa disposizione prevede che il Consiglio, deliberando all'unanimità su proposta della Commissione e previa consultazione del Parlamento europeo, possa prendere i provvedimenti opportuni per combattere le discriminazioni fondate sul sesso, la razza o l'origine etnica, la religione, le convinzioni personali, gli handicap, l'età e le tendenze sessuali.
L'articolo 1-bis così come formulato, per quanto sostanzialmente inapplicabile in quanto errato, creerà comunque un grave vulnus nell'ordinamento, abrogando una parte della cosiddetta «legge Mancino», cioè quella legge che costituisce l'unica seria difesa contro la discriminazione, sostituendola con una sorta di promessa di intervento da parte del Governo che, se pure attuata, comunque ridurrebbe il livello di tutela. La «legge Mancino», infatti, punisce con la reclusione fino a quattro anni chi diffonda idee fondate sulla superiorità e sull'odio razziale o etnico, e chiunque commetta o inciti a commettere atti di discriminazione. La legge vieta anche l'organizzazione e l'associazione di gruppi che incitano alla violenza sempre per motivi razziali, etnici, religiosi e nazionali.
L'errore inserito nel decreto-legge al nostro esame rischia, inoltre, di essere un autentico colpo di spugna per tutti i processi in corso - circa cento - per razzismo, e di cancellare con un solo colpo di spugna anche le sentenze già passate in giudicato. Il riferimento sbagliato rende inapplicabile la norma che nel contempo, per il fatto di aver modificato la fattispecie penale originaria innalzando le sanzioni, l'ha anche abrogata. L'effetto è quello di una vera e propria abolitio criminis: viene cioè meno il reato e così, per il favor rei, vengono meno le incriminazioni in atto.
Il Ministro per i diritti e le pari opportunità, Barbara Pollastrini, ha accolto con entusiasmo la norma contro l'omofobia, definendola un atto di civiltà e definendo una grave decisione quella della senatrice Binetti che ha deciso, propria a causa di tale norma, di non dare fiducia al Governo. Vorrei ricordare al Ministro Pollastrini, che tanto si è spesa per i diritti degli omosessuali e tanto poco si spende per quelli delle donne, che se non si provvederà a stralciare l'articolo 1-bis si correrà il serio pericolo, in attesa di un decreto che corregga l'errore tecnico, di un reale rischio di amnistia per tutti i processi in corso riguardanti le discriminazioni razziali ed etniche, e ciò si aggiungerà ai danni che questo Governo e questa maggioranza hanno già prodotto e continuano a produrre con l'indulto che Alleanza Nazionale - lo voglio ripetere - non ha votato.
Vorrei ancora ricordare, per esempio, al Ministro Pollastrini che, se non si provvederà a stralciare l'articolo 1-bis, saranno a rischio circa cento processi tra cui quello contro i vertici dell'UCOII, accusati di aver istigato via Internet e a mezzo stampa a commettere violenze per motivi religiosi.
Approvare il provvedimento in discussione rappresenterebbe allora una grave decisione, e mi riferisco anche ai rilievi che lo stesso relatore e presidente della Commissione giustizia, onorevole Pisicchio, ha espresso con molta chiarezza Pag. 66riguardo all'inserimento dell'omofobia nel testo del decreto. L'onorevole Pisicchio ha svolto alcune considerazioni non sul merito della disposizione, quanto sulla scelta di inserirla nel decreto-legge in esame, nonostante la materia dell'omofobia fosse da circa un anno all'esame attento ed approfondito della II Commissione.
«Sull'estraneità della materia rispetto al contenuto del decreto-legge - afferma l'onorevole Pisicchio nella sua relazione - non mi rimane che fermarmi innanzi all'autonomia del Senato; tuttavia ciò non mi esime dal sottolineare che ormai è arrivato il momento di risolvere definitivamente la grave questione della diversità dei parametri di valutazione dell'estraneità di materia degli emendamenti tra i due rami del Parlamento. Non è rilevante la circostanza richiamata al Senato che la disposizione sia stata inserita in un maxiemendamento sul quale è stata posta la questione di fiducia, perché è sin troppo evidente - aggiunge sempre l'onorevole Pisicchio nella sua relazione - che la diversità dei parametri di valutazione sull'ammissibilità costituisce un grave vulnus al principio del bicameralismo perfetto, in quanto ormai si è creata una situazione in cui una Camera ha maggiori poteri rispetto all'altra».
Passiamo all'esame dell'articolo 1-ter che attribuisce le competenze del giudice di pace al tribunale ordinario in composizione monocratica. Si tratta di competenze relative alla convalida del provvedimento del questore con il quale è disposto l'accompagnamento alla frontiera dello straniero espulso dal Ministro dell'interno per motivi di ordine pubblico o di sicurezza dello Stato o dal prefetto per altre ragioni, nonché delle competenze relative al ricorso contro il decreto di espulsione.
PRESIDENTE. Prego i colleghi di fare silenzio e consentire alla deputata di continuare il suo intervento. Prosegua pure, deputata Germontani.
MARIA IDA GERMONTANI. Si sostiene che la ratio della norma debba essere vista nell'esigenza di sottolineare, ancora di più, la natura giurisdizionale del procedimento di convalida attraverso l'attribuzione della competenza al giudice togato anziché a quello ordinario.
Riteniamo che si tratti di una scelta quanto mai inopportuna. Innanzitutto perché se c'è qualche cosa e qualcuno che ancora funziona in Italia è l'ufficio del giudice di pace (non so ancora per quanto). La norma, inoltre, riguarderà non solo i cittadini comunitari ma anche, come è stato detto nel corso degli interventi che hanno preceduto il mio, le centinaia di migliaia di cittadini extracomunitari presenti sul territorio nazionale. Si pensi a qualche dato, che citavo ieri in Commissione presentando un emendamento a mia firma e degli onorevoli Consolo e Contento. La durata media di un processo in Italia è di 337 giorni, per quanto riguarda il giudice di pace, ed è del triplo per quanto riguarda i giudizi di primo grado che si svolgono dinanzi al tribunale. Per il secondo grado dei processi la durata media è di 1.338 giorni. Infine, se guardiamo la Cassazione la mole dei ricorsi che vengono annualmente iscritti è di gran lunga superiore a quelli che la Corte riesce a definire e tale eccedenza si accumula a quella degli anni precedenti. I ricorsi pendenti sono aumentati, quest'anno, del 23 per cento e la durata media del ricorso per Cassazione è passata a circa 33 mesi.
Pertanto, lo spirito di tale articolo è all'insegna del rallentamento e va in senso completamente opposto rispetto all'immediatezza che dovrebbe contraddistinguere l'azione giudiziaria e, più in generale, contrasta con l'essenza stessa del provvedimento in esame, che sta nell'urgenza. Rallentando l'attività del giudice il decreto-legge in esame attenua l'efficacia delle norme in materia di sicurezza. In effetti, la politica del Governo in tale materia, nonostante i proclami, è apparsa del tutto inadeguata alla gravità del problema. Lo dimostra la disattenzione al comparto sicurezza che si è registrata nella legge finanziaria e che è stata stigmatizzata nella recente manifestazione del personale delle forze dell'ordine.
Un altro nodo, al quale accenno velocemente, riguarda i centri di permanenza temporanea, dei quali la sinistra radicale chiede da tempo la chiusura. Nonostante le proteste dell'opposizione il nodo è stato superato mantenendo invariato l'emendamento di iniziativa del Governo che, aderendo alle richieste di Rifondazione Comunista, non nomina i centri di permanenza temporanea. L'emendamento recita che «Il questore può disporre il trattenimento in strutture già destinate per legge alla permanenza temporanea». Si tratta di una definizione ambigua, aspramente contestata dal centrodestra. Alla richiesta di spiegazioni, da noi sollevata, il sottosegretario Lucidi ha detto che si tratta di strutture previste dalla legge, comprese le camere di sicurezza. Per non citare i centri di permanenza temporanea si parla addirittura di camere di sicurezza, sicuramente inaccettabili per Rifondazione Comunista.
In conclusione, voglio sottolineare il valore normativo di un emendamento presentato da Alleanza Nazionale, che riguarda il divieto di reintegro sul territorio italiano degli stranieri espulsi. Con tale emendamento si intende stabilire che il Governo, in attuazione della direttiva comunitaria, trasmette ai competenti uffici della Commissione europea suggerimenti e proposte tali da modificare la direttiva stessa in senso più restrittivo. Infatti, non si tratta di individuare soltanto i motivi di ordine pubblico, ma anche le ragioni di degrado sociale che costituiscono terreno fertile per la malavita organizzata e, più in generale, per compiere atti criminosi.
Occorre ricordare che la direttiva comunitaria 2004/38/CE in realtà si ascrive, nella sostanza, alla tipologia delle direttive comunitarie cosiddette particolareggiate, il che significa che i margini di discrezionalità che il legislatore di ogni Stato membro ha nella fase discendente di recepimento non sono particolarmente ampi. Tuttavia, non si può non osservare come il punto dolente della questione consista nel fatto che mentre in aggiunta ai provvedimenti di allontanamento dei cittadini dell'Unione europea e dei loro familiari dal territorio dello Stato ospitante per motivi connessi all'ordine pubblico, alla pubblica sicurezza e alla sanità pubblica, si applica nei loro confronti anche il divieto di reingresso nel territorio italiano, per le ipotesi relative all'allontanamento per motivi diversi da quelli citati quali, ad esempio, la carenza di risorse economiche per il mantenimento conseguenti alla mancanza di lavoro, l'articolo 15, paragrafo 3 della direttiva comunitaria in questione non impone il divieto di reingresso nel territorio nazionale.
Di conseguenza, è vero che siamo in presenza di un limite oggettivo; a nostro giudizio, dunque, l'impegno primario del Governo italiano dovrebbe consistere - e in tal senso è orientata una proposta emendativa presentata dal gruppo di Alleanza Nazionale - nel tentativo di ottenere una modifica in senso più restrittivo della normativa comunitaria di cui si tratta. Una normativa che, allo stato attuale, è tutta sbilanciata a favore del pur sacrosanto riconoscimento del supremo diritto di libertà di circolazione delle persone nei territori degli Stati membri. Tuttavia, chiediamo che una maggiore attenzione su tale aspetto debba essere chiesta in sede di Commissione europea.
Quindi, per concludere, se il testo rimarrà quello all'esame, il Governo non espellerà nessuno e gli sforzi fatti per cercare di dotare l'Italia di una normativa che possa garantire una reale sicurezza secondo quanto chiedono i cittadini cadranno nel vuoto. Capisco l'imbarazzo e la preoccupazione della maggioranza, che, se dovesse modificare il testo, dovrebbe confrontarsi con un nuovo passaggio al Senato (anche se si è dichiarato, in questa sede, che non vi sarebbe alcun problema) e spiegare a Rifondazione Comunista per quale motivo si sia stralciato un articolo fortemente voluto proprio dalla sinistra estrema. Credo che questa volta non ci sarebbe più voto di fiducia che tenga per far sopravvivere il Governo Prodi (Applausi dei deputati del gruppo Alleanza Nazionale-Congratulazioni).
PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Gozi. Ne ha facoltà.
SANDRO GOZI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, nel ribadire il sostegno del nostro gruppo al percorso delineato dal Governo e dal relatore per garantire la conversione del decreto legge in esame, ritengo sia utile collocare la discussione di merito sulle disposizioni in esame all'interno dell'orizzonte europeo nel quale si applicano. Tale orizzonte non è certo quello di una società italiana chiusa, rispetto all'Europa unificata su scala continentale. Attraverso la discussione di questo provvedimento, stiamo ragionando delle modalità con cui garantiamo, in una nuova dimensione composta da ventisette Paesi e destinata a crescere, che il diritto di libera circolazione delle persone continui ad essere un principio fondamentale dell'Unione, parte costruttiva della cittadinanza europea ed elemento fondamentale, non solo del mercato interno, ma di quello spazio di libertà, sicurezza e giustizia, che costituisce uno degli obiettivi fondamentali dell'Unione europea.
Una libertà di circolazione, cari colleghi, di cui noi italiani siamo stati i primi beneficiari in mezzo secolo di integrazione europea e che continua a costituire il risultato più importante della nostra costruzione comune. È altrettanto evidente che la nuova dimensione assunta dall'Unione ha inciso anche sui movimenti al suo interno, soprattutto in questa fase di transizione. Mentre nell'Europa a 15 gli spostamenti tra Paesi di persone comportanti cambio di dimora o residenza erano assai ridotti, in ragione dell'omogeneità della situazione economica e sociale, così non può dirsi con l'arrivo dei nuovi Paesi con livello medio di reddito pro capite ancora molto diverso, anche se i divari attuali verranno rapidamente colmati, come è successo in passato nei casi della Spagna, del Portogallo e dell'Irlanda.
A tal proposito, vorrei rispondere immediatamente a vari interventi dei colleghi dell'opposizione, sia sulla questione dei rumeni, che sulla questione dei CPT. L'onorevole Santelli, che non vedo, ci invitava a svolgere un esercizio di memoria. Mi presto volentieri a fare tale esercizio e la memoria mi riporta al 2002, perché è in quell'anno che sono stati eliminati - giustamente, a mio parere - i visti tra Italia e Romania. Tuttavia, cari colleghi, nel 2002 non eravamo noi al Governo.
Si è fatta molta confusione in questi interventi sulla cosiddetta moratoria sui rumeni. Vorrei precisare quanto dal Governo è stato fatto e per quale motivo, in materia di moratoria. Il Governo ha deciso, nel gennaio scorso, di non disporre la proroga biennale verso alcune categorie di lavoratori rumeni: colf, badanti, edili, stagionali. Il motivo è che si trattava di categorie richieste dai datori di lavoro italiani, orientati proprio verso lavoratori rumeni. Da parte dell'opposizione invece, ancora oggi, si vuole far credere che la proroga potesse impedire ai rumeni di entrare in Italia. Cari colleghi, non è così, perché in quanto comunitari i rumeni dal primo gennaio 2007 hanno pieno diritto di ingresso e di soggiorno. La mancata proroga, che non è assolutamente un'eccezione italiana, essendo anzi una situazione che l'Italia condivide con almeno altri quindici Governi, consente ai rumeni di poter lavorare; questo fatto ha sanato taluni rapporti di lavoro e impedito molte situazioni di lavoro nero.
Un'altra questione, sempre sollevata dall'onorevole Santelli - e che, tra l'altro, è solo in parte compresa nella discussione di oggi -, è quella dei CPT. Sono veramente molto sorpreso dall'ascoltare alcune parole proprio dall'opposizione in materia di CPT. All'inizio di questa legislatura noi abbiamo trovato dei centri in condizioni ben al di sotto dei minimi necessari per garantire la dignità personale. Sotto il precedente Governo i centri erano delle zone senza diritti, in cui era vietato l'ingresso agli enti locali, alle associazioni, alle ONG, in cui non c'era alcuna trasparenza. Grazie ai lavori della commissione De Mistura e all'impegno del Governo noi oggi stiamo rimediando agli errori e alle negligenze dell'attuale opposizione.
Vorrei tornare al contesto generale nel quale si colloca il decreto in esame. È Pag. 69chiaro che, per i motivi che ho elencato prima, è comunque doveroso oggi, in Europa e in Italia, limitare tutte le situazioni in cui i nostri concittadini possano considerare situazioni di insicurezza personale come frutto del processo di allargamento e di libera circolazione in Europa, anche perché - come tenterò di dimostrare - è vero l'esatto contrario. Un'applicazione piena e completa del principio di libera circolazione richiede, quindi, anche una puntuale disciplina delle norme volte a reprimere gli abusi e l'illegalità, nell'interesse non solo dell'Italia ma di tutti cittadini comunitari rispettosi delle nostre leggi e dei nostri principi fondamentali.
In tale contesto il Governo ha inteso agire, come ha ricordato il relatore per la I Commissione Zaccaria, adottando le norme contenute nel decreto che si pongono l'obiettivo, assolutamente condivisibile, di assicurare celerità ed effettività all'esecuzione degli allontanamenti dei cittadini dell'Unione europea e dei loro familiari, quando non abbiano più diritto di permanenza. Si tratta di una nuova disciplina che ha già mostrato una sua reale efficacia posto che a partire dal 2 novembre è stato allontanato un numero rilevante di cittadini comunitari, in buona parte rumeni. Certo, non sono duecentomila, cari colleghi dell'opposizione, perché i tempi delle espulsioni di massa, grazie a Dio, in Europa sono ormai lontani. Anzi, l'Europa è nata proprio affinché non si verifichino mai più nel nostro continente delle espulsioni di massa.
Condivido anche la considerazione che alcune delle misure introdotte al Senato nel testo del decreto-legge, in sede di conversione siano funzionali a conferire al provvedimento una maggiore rispondenza al dettato costituzionale. Il riferimento va soprattutto all'affermazione che i provvedimenti di allontanamento adottati nei confronti di cittadini comunitari o di loro familiari non possano essere motivati da ragioni estranee ai comportamenti individuali della persona di cui si dispone l'allontanamento; si ribadisce in tal modo la centralità del principio di personalità della responsabilità penale. Principio inteso in senso estensivo, nel caso di specie, e relativo a provvedimenti di allontanamento riconducibili alla categoria delle misure di prevenzione. È evidente che, oltre alla rigorosa tutela delle garanzie giurisdizionali previste nel testo del decreto, nell'emanazione dei provvedimenti si dovrà sempre tenere in considerazione l'elemento dirimente dell'attualità della minaccia per la pubblica sicurezza.
Non è un caso che le disposizioni della direttiva che stiamo attuando, concernenti la possibilità di espellere cittadini di altri Paesi UE, trovino la loro ragione d'essere in una sentenza della Corte di Lussemburgo che aveva considerato illegittimi i provvedimenti di espulsione dalla Germania di cittadini italiani che pure erano stati condannati come appartenenti alla mafia. Anche in presenza di sentenze di condanna per reati così gravi, la Corte aveva preteso, dunque, che si effettuasse una valutazione obiettiva dell'elemento dell'attualità della minaccia. Per questo motivo, diventano fondamentali, nell'applicazione di queste norme, una comprensione e una collaborazione reciproche tra gli Stati, che devono essere rafforzate.
Senza alcun dubbio, in questo continuo dialogo tra normative di Stati che recepiscono direttive comunitarie, giova l'esistenza di un impianto sostanzialmente simile, e le norme del disegno di legge al nostro esame, che migliorano la disciplina sulla sicurezza, riprendono l'impostazione adottata in tale materia dai principali Paesi europei, in particolare dalla Francia e dalla Spagna.
È innegabile che nel nostro Paese esistano problemi complessi di criminalità organizzata (che si avvale di cittadini comunitari e di stranieri), da contrastare con azioni congiunte di prevenzione e repressione. È altrettanto innegabile, però, come sostenevo, che le uniche risposte credibili al problema della sicurezza dei cittadini, si traducano nel bisogno di più Europa attraverso il rafforzamento dello spazio di libertà, sicurezza e giustizia, della cooperazione giudiziaria e di polizia. Va in questa direzione l'imminente allargamento (il 21 dicembre) dell'area Schengen a nove Paesi, che certamente comporterà l'applicazione, anche in tali Stati, di tutta una serie di misure atte a migliorare la cooperazione di polizia e di sicurezza; penso alla protezione e allo scambio dei dati, al rafforzamento dei controlli alle frontiere aeree e terrestri, alla maggiore cooperazione di polizia, al sistema di informazione Schengen e ai visti. Dovremo certamente pretendere una preparazione rigorosa e completa a tali disposizioni anche da parte della Romania e della Bulgaria.
Da queste considerazioni si comprendono le ragioni che mi spingono ad affermare che esiste una corrispondenza tra l'allargamento e il rafforzamento dell'Europa e un miglioramento della cooperazione tra gli Stati per garantire maggiore sicurezza e protezione a tutti i cittadini europei. Solo attraverso il rafforzamento degli strumenti legislativi nazionali e, ancor di più, della cooperazione europea, si garantiscono risposte credibili al problema della sicurezza; a nulla servono, invece, demagogici ritorni a cittadelle chiuse di tipo medievale, interventi che ci fanno incorrere, anzitutto nella frammentazione contraria a quell'esigenza di uniformità che la rinnovata disciplina del diritto di circolazione e di soggiorno vorrebbe garantire in Europa, e, in secondo luogo, nel rischio di nuove discriminazioni proprio all'interno del nostro ordinamento.
Come ha scritto il Presidente emerito della Corte costituzionale Onida, la politica della sicurezza e la politica criminale dell'ordine pubblico si fanno con gli strumenti della ragione sulla base dell'analisi fredda degli obiettivi, dei mezzi impiegabili e della reale efficacia, nonché applicandoli correttamente, con rigore e ovunque. Utilizzare surrettiziamente strumenti impropri, come quello delle ordinanze, per invadere campi di competenza esclusiva dello Stato, serve solo a strumentalizzare, in maniera inaccettabile, le legittime paure dei cittadini e non a offrire vere soluzioni ai problemi reali.
ELIO VITO. Chiedo di parlare sull'ordine dei lavori.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
ELIO VITO. Signor Presidente, mentre l'Assemblea sta disciplinatamente seguendo l'ordine degli iscritti a parlare nella discussione sulle linee generali, fuori dall'Aula si susseguono riunioni e incontri dei quali, a nostro avviso, sarebbe opportuno che il Governo riferisse anche all'Assemblea. In un incontro che si sta svolgendo adesso, sembrerebbe che il Governo abbia assunto la decisione di ritirare il provvedimento in esame, preso atto dell'impossibilità - a suo giudizio - di rinviarlo al Senato per correggere il noto, grave errore che è intervenuto, e dell'impossibilità, d'altro canto, di convertirlo in un testo che chiaramente è errato.
Signor Presidente, credo che anche per la dignità della discussione non possiamo proseguire in attesa che il Governo venga ad annunciarci la morte del provvedimento in esame. Sarebbe, infatti, corretto sospendere la discussione ora e che il Governo ci comunicasse immediatamente quale decisione ha assunto: se ha deciso di consentire il proseguimento dell'iter del provvedimento, sta bene; se invece ha deciso di ritirarlo, noi ne prendiamo atto e non proseguiamo una discussione surreale.
Per questo motivo, signor Presidente, le chiedo di sospendere la seduta e di fare in modo che il Governo venga immediatamente a riferire in Aula le decisioni che ha assunto (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia).
ROBERTO COTA. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
ROBERTO COTA. Signor Presidente, colleghi, come ha affermato il collega Elio Vito stiamo assistendo, da questa mattina in Aula e ieri in sede di Commissioni riunite, ad una sceneggiata. Il Governo, infatti, non sa come uscire dal vicolo cieco in cui si è infilato e ciò è di tutta evidenza. Il Governo si è infilato in un vicolo cieco, in quanto al Senato ha introdotto una norma che non aveva nulla a che vedere con il decreto-legge sulla sicurezza, ma l'ha introdotta soltanto per pagare una marchetta ideologica ad una parte della sua maggioranza. Il risultato è che la marchetta ideologica ha coinciso anche con una norma sbagliata e incostituzionale.
Quindi le alternative sono due: o modificate il decreto-legge e, quindi, lo trasmettete di nuovo al Senato (ma non siete in grado di farlo perché non avete la possibilità di gestire l'iter di conversione del provvedimento in esame); oppure sottoponete al Presidente della Repubblica il dilemma se dover promulgare un provvedimento sbagliato e incostituzionale. Non sapete, quindi, come uscire da tale situazione.
Dite la verità e dite, soprattutto a noi, qual è la vostra posizione, in quanto da stamattina in Aula (e per tutta la giornata di ieri in sede di Commissioni riunite) siamo presi in giro da un Esecutivo che gioca sulla pelle dei cittadini in ordine ad una materia molto delicata, quale la sicurezza.
Altro che decreto-legge sulla sicurezza! Voi siete qui a prendere in giro tutti perché non riuscite a governare, a gestire il Governo, a guidare la nave, a condurre la macchina: è una vergogna!
Anche lei, signor Presidente, come Presidente di turno della Camera dovrebbe intervenire per far cessare tale sceneggiata. Vogliamo sapere, infatti, cosa il Governo intende fare e quale sia la sua posizione.
NICOLA BONO. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
NICOLA BONO. Signor Presidente, ormai mi sembra chiaro che l'unica sicurezza che hanno la Camera e il Paese è costituita dal fatto che il Governo non sa più cosa fare. Ciò è grave se si considera l'argomento di cui stiamo discutendo.
È grave, inoltre, il fatto di utilizzare la discussione sulle linee generali come una sorta di «tappa buchi» rispetto al momento in cui si dovrà finalmente esprimere un orientamento. Si è già avuto un brutto precedente. La settimana scorsa, infatti, durante il dibattito sul disegno di legge finanziaria si sono utilizzate ben due informative del Governo per cercare di coprire pietosamente il fatto che il Governo stesso non riusciva ad elaborare il testo dei tre maxiemendamenti su cui chiedere la fiducia.
Non vorrei che si volesse ripetere la stessa procedura. La Presidenza della Camera ha il dovere di tutelare le istituzioni, signor Presidente. La nostra non è una richiesta finalizzata soltanto a evidenziare la contraddizione in cui versa il Governo, ma è anche finalizzata a che la Presidenza della Camera si attivi per tutelare il Parlamento.
Signor Presidente, non so se la mattina, quando si alzano, la Presidenza e i componenti del Governo leggono i giornali. Era sufficiente, infatti, leggere i giornali per apprendere che il Presidente della Repubblica ha palesemente, chiaramente e formalmente dichiarato che non firmerà mai un provvedimento che contiene un errore. Il provvedimento, infatti, in maniera kafkiana da due settimane è all'esame del Parlamento attraverso i passaggi al Senato e alla Camera pur contenendo tale errore e con chi sta al Governo e riveste cariche importanti che sostiene la sua intangibilità e immodificabilità.
Credo che questa situazione non abbia precedenti. Sfido la Presidenza e chiunque a svolgere un accertamento al fine di individuare un precedente di questo tipo presso un qualunque altro Parlamento del mondo; un precedente nel quale si assista ad un dibattito confuso tra chi sostiene, davanti ad un errore ammesso da tutti, l'intangibilità della norma e chi, invece, pretende che la norma sia cambiata.
Solo in Italia può accadere una situazione del genere, e solo con un Governo che ci dà la sicurezza di non avere un'idea su come procedere sul tema della sicurezza!
Signor Presidente, il fatto grave, però, è che, davanti alla più alta carica dello Stato che dichiara la sua indisponibilità ad apporre il suo sigillo alla norma, si continui a discutere: ciò non è più accettabile. È da stamattina che il Parlamento discute su un provvedimento che sostanzialmente non esiste. È molto discutibile - anche a tal proposito, signor Presidente, chiedo che la Presidenza della Camera si attivi per tutelare la dignità del Parlamento - ipotizzare fino a tre, quattro o cinque ipotesi alternative sulla possibilità di far decadere il decreto-legge in discussione ed elaborarne contemporaneamente un altro; nel frattempo, si dovrebbe provvedere a evitare che venga meno la disposizione della legge Mancino e a recuperarne in parte il contenuto, senza dimenticare la norma antiomofobica. Siamo, cioè, all'happening, come si affermava negli anni Settanta: quando si voleva descrivere una situazione confusa, caotica e assolutamente priva di senso, si parlava di happening. Questo happening ha da finire!
Anche il gruppo di Alleanza Nazionale chiede formalmente - sottolineando, quindi, la validità della richiesta già avanzata dai colleghi di Forza Italia e della Lega Nord - che il Governo venga in Aula a riferire come intende procedere: una discussione generale su un provvedimento che non potrà essere firmato dal Presidente della Repubblica e che abbiamo già chiarito essere, nel merito, privo di contenuti e di portata giuridica seria, non può essere ancora oggetto di interesse e di impegno da parte del Parlamento (Applausi dei deputati del gruppo Alleanza Nazionale).
MAURIZIO RONCONI. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
MAURIZIO RONCONI. Signor Presidente, intervengo anch'io sull'ordine dei lavori, almeno per il momento. Non vi è dubbio che quello in corso si è trasformato in un dibattito surreale: da questa mattina assistiamo a una discussione su un decreto-legge che non si sa se sarà convertito in legge o se decadrà. Già nelle Commissioni riunite I e II abbiamo assistito a un duetto fra relatori: uno difendeva l'ortodossia del provvedimento, l'altro manifestava tutte le proprie preoccupazioni.
Signor Presidente, siamo assai preoccupati - non da oggi - per l'andamento dei lavori: già da tempo questo ramo del Parlamento si è trasformato in una specie di eco nei confronti dell'altro. È un momento a nostro avviso assai delicato, e già in sede di esame della manovra finanziaria abbiamo sottolineato questa grave anomalia nell'andamento dei lavori della Camera dei deputati; siamo preoccupati.
Signor Presidente, faccio affidamento sulla sua cortesia: ci attendiamo che entro pochi minuti il Governo venga a riferire come intenda procedere rispetto al provvedimento in discussione.
LUCIO BARANI. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
LUCIO BARANI. Signor Presidente, anche il mio gruppo si associa a quanto affermato dai colleghi che mi hanno preceduto, in particolare dal presidente Vito, il primo ad aver sottoposto il problema all'Aula.
Il Governo, per il pasticcio sull'omofobia contenuto nel decreto-legge, rendendosi conto che il Presidente della Repubblica non può, per la lapalissiana erroneità e incostituzionalità del provvedimento, firmarlo, ha preso in seria considerazione l'ipotesi di lasciarlo decadere.
Quindi, è inutile lasciare che questo ramo del Parlamento continui a rianimare un decreto-legge morto. Facendo un paragone, anche un defibrillatore impiantato in una cavità cardiaca, dopo otto scosse, si ferma: il paziente è morto ed è, quindi, inutile tentare di rianimarlo. Questo è un decreto-legge ormai finito, ormai morto, ed è inutile continuare a rianimarlo, perché ciò vorrebbe dire cercare di rianimare un morto, e non c'è nessuna pratica medica che è in grado di farlo, quando la diagnosi è ormai certa.
Questo è un decreto che non verrà convertito in legge nè firmato; quindi, signor Presidente, come gruppo ci appelliamo a lei, affinché faccia cessare questa inutile farsa su un problema serio come quello della sicurezza, ritenuto dagli italianiPag. 73 uno dei problemi più importanti ed emergenti. Non è possibile giocare sulla pelle «vera» dei nostri connazionali. Per questo motivo, la invitiamo a intervenire sul Governo.
Signor Presidente, visto che ho la facoltà di parlare, svolgo un'ulteriore considerazione: questo Governo non solo sta navigando a vista, ma sta producendo danni. Nell'XI Commissione, in sede legislativa, eravamo pronti ad approvare la disposizione sull'assegno sostitutivo dell'accompagnatore militare. Eravamo pronti ad alzare la mano, quando il rappresentante del Governo è intervenuto per comunicarci che, nel predisporre il maxiemendamento al disegno di legge finanziaria, era stata eliminata la copertura per i grandi invalidi.
Dunque, mi sembra che, quando un Governo si comporta in questo modo, non meriti proprio più di governare il Paese.
GIANCARLO LAURINI. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
GIANCARLO LAURINI. Signor Presidente, intervengo sull'ordine dei lavori per aggiungere le mie argomentazioni a quelle fin qui svolte in ordine alla necessità che il Governo, nel più breve tempo possibile, venga a riferire alla Camera sulla sua decisione, che mi auguro sia nel senso, come si sussurra, del ritiro del decreto-legge.
Infatti, va tenuto conto, tra l'altro, della sentenza della Corte costituzionale n. 171 del 23 maggio scorso, nella quale la Consulta, per la prima volta, è intervenuta sulla nullità di un decreto-legge per mancanza dei presupposti di necessità ed urgenza previsti dall'articolo 77 della Costituzione, affermando, con una decisione storica, che l'eventuale conversione in legge di un decreto-legge affetto da questo vulnus procedimentale iniziale non valga a sanare tale vizio.
Quindi, anche se il decreto-legge, con quel grave errore iniziale in esso contenuto, che giustamente il Presidente della Repubblica ha affermato che valuterà con grande attenzione, fosse convertito, sarebbe immediatamente censurabile sotto il profilo costituzionale.
Pertanto, sottolineo la necessità che il Governo faccia molta attenzione nel proseguire su questo terreno gravissimo per la saldezza delle nostre istituzioni e per il rispetto del Parlamento e delle procedure previste dalla Costituzione.
ANTONELLO SORO. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
ANTONELLO SORO. Signor Presidente, ho ascoltato l'intervento dell'onorevole Vito e degli altri colleghi e può darsi che non ne abbia colto bene il senso, perché quella in corso è una discussione assolutamente positiva, in cui intervengono la maggioranza e l'opposizione, su un tema assai delicato, e nella quale emergono, come era prevedibile, diverse valutazioni e giudizi, con accenti anche interessanti, dal punto di vista della maggioranza, che non ha ignorato alcuni rilievi mossi, ma ha saputo controdedurre.
Quindi, direi che ci troviamo nella piena fisiologia del dibattito parlamentare, rispetto al quale si sono iscritti a parlare moltissimi deputati. Intendo dunque capire se l'onorevole Vito ha annunciato, per così dire, il suo orientamento alla conclusione della discussione sulle linee generali, per proseguire nell'esame dell'ordine del giorno, oppure se vi è da parte dell'onorevole Vito e dei colleghi la volontà di un'ulteriore interlocuzione con il Governo, non so se in sede di Conferenza dei presidenti di gruppo o in altra.
Tutto ciò non mi è chiaro. Se l'opposizione ritiene di dover considerare conclusa la discussione sulle linee generali per la parte che riguarda gli interventi dei propri membri, la maggioranza valuterà se anche i propri deputati iscritti a parlare intendano rinunciare al loro intervento. Se non è così, mi sembra irrituale l'interruzione della discussione sulle linee generali su un argomento così importante, che non rappresenta certo un momento inutile nella vita del Parlamento.Pag. 74
Abbiamo deciso di svolgere oggi tale discussione, anziché lunedì come inizialmente previsto, proprio per accogliere una richiesta dell'opposizione. Allora vorrei che fosse chiarito - non so se al Presidente sono chiari i termini della proposta dell'onorevole Vito - se vi è una richiesta di conclusione della discussione sulle linee generali, per passare all'esame delle questioni pregiudiziali. Tale proposta forse dovrebbe essere formulata in modo più chiaro.
PRESIDENTE. Ricordo all'onorevole Vito - al quale tra breve darò la parola - e agli altri colleghi che sono intervenuti che naturalmente alla Presidenza non sfugge il carattere complesso dell'iter del provvedimento che stiamo discutendo, perché tutti - anche in risposta ad un deputato che ha rivolto questa domanda - ovviamente leggiamo i giornali. Tuttavia, al di là delle voci e dei rumor delle ultime ore, non vi è alcun atto formale che possa far decidere alla Presidenza, di sua iniziativa, di sospendere i lavori.
Quindi, chiedo all'onorevole Vito se intende formalizzare una richiesta di sospensione dei lavori e di rinvio dell'esame di questo provvedimento, ricorrendo, a quel punto, alla disposizione regolamentare che prevede - come lei sa - l'intervento di un oratore a favore e di uno contro, e successivamente la deliberazione dell'Assemblea, oppure se intenda proporre qualche altra ipotesi.
Prego, onorevole Vito, ha facoltà di parlare.
ELIO VITO. Signor Presidente - ringrazio della cortesia anche il presidente Soro - noi non vogliamo che la discussione generale si concluda prematuramente, vogliamo semplicemente che la discussione generale non sia una finzione.
Onorevole Soro, per me è sufficiente che il sottosegretario Lucidi intervenga e confermi che il Governo è interessato alla conversione del decreto. In tal caso, proseguiremo la discussione sulle linee generali, concludendola entro stasera, per poi passare al voto sulla questione pregiudiziale.
Non possiamo accettare, signor Presidente, il fatto di svolgere la discussione generale mentre il Governo sta decidendo di non essere più interessato alla conversione del decreto-legge per ragioni politiche ed istituzionali. Dunque, per evitare che la discussione generale diventi una farsa e che sia anche poco rispettosa per la dignità del Parlamento, propongo di sospenderla adesso, per consentire al Governo di maturare queste decisioni e di comunicarle all'Assemblea quando saranno mature.
Non possiamo, collega Soro, discutere mentre il Governo decide che la nostra discussione è inutile. Se la discussione è inutile, il Governo lo dichiari subito. Se invece il Governo ritiene che tale discussione debba proseguire è perché ha deciso che l'iter del provvedimento debba proseguire, e in tal caso noi siamo disponibili a concluderlo nei tempi dovuti.
È questa la mia proposta, Presidente: il Governo dichiari se intende fare in modo che la Camera possa esaminare il provvedimento. Se invece il Governo intende riservarsi questa decisione, si sospenda l'esame del provvedimento, per poi convocare la Conferenza dei presidenti di gruppo.
Se il Governo non dovesse intervenire - è un po' strano un Governo che non conferma di essere interessato alla conversione del provvedimento d'urgenza! - saremmo costretti, per difendere la dignità del Parlamento e della stessa discussione generale, a mettere ai voti la richiesta di sospensione, solo affinché il Governo, alla ripresa, comunichi quale siano le sue decisioni.
Quello che non possiamo fare è proseguire in una farsa: noi parliamo, mentre fuori si sta decidendo di far decadere il decreto (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia).
PRESIDENTE. Onorevole Elio Vito, ovviamente, come lei sa, la Presidenza non ha il potere di chiedere al Governo di intervenire: il Governo è libero di intervenire quando crede.Pag. 75
Debbo chiederle, comunque, di precisare la sua proposta di sospensione specificando se intenda proporre un rinvio dell'esame del provvedimento alla seduta di domani oppure un'interruzione più breve.
Se, infatti, dobbiamo mettere ai voti la sua proposta, è bene che la Presidenza e i colleghi sappiano esattamente di cosa si tratta.
ELIO VITO. Signor Presidente, da quanto mi risulta la decisione del Governo è stata già assunta o sta per essere assunta nelle prossime ore. Credo che sarebbe utile, quindi, una sospensione a breve. Voglio solo che venga presa e comunicata in questa Assemblea la decisione che il Governo ha già preso o sta per prendere di abbandonare l'esame del decreto-legge.
Credo che anche una sospensione di un'ora potrebbe essere sufficiente; ciò, lo ripeto, per la dignità del nostro Parlamento e della nostra stessa discussione sulle linee generali. A meno che il Governo non intenda rendere subito questa dichiarazione (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia).
PRESIDENTE. Poiché, come è apparso dal primo giro di interventi, non vi è consenso unanime sulla proposta, dovremo metterla in votazione.
Avverto, dunque, che sulla proposta formulata dall'onorevole Elio Vito darò la parola, ove ne facciano richiesta, ad un oratore a favore e ad un oratore contro.
Ha chiesto di parlare a favore l'onorevole Cota. Ne ha facoltà.
ROBERTO COTA. Signor Presidente, siamo a favore e riteniamo che questo voto sia l'unico strumento che abbiamo in questo momento per capire che cosa vuole fare il Governo. Il sottosegretario Lucidi non ha parlato, non ha preso posizione.
MARCELLA LUCIDI, Sottosegretario di Stato per l'interno. Ascolto però!
ROBERTO COTA. In compenso, signor sottosegretario, ha parlato il Ministro Mastella che, sino a prova contraria, quale Ministro della giustizia penso che abbia competenza sulla materia, anche perché ha firmato il decreto-legge.
Il Ministro Mastella, qualche minuto fa, ha dichiarato: il decreto decade; Napolitano non lo firma. Vorrei capire, signor sottosegretario e signor Presidente, che cosa stiamo qui a fare (Applausi dei deputati dei gruppi Lega Nord Padania, Forza Italia e Alleanza Nazionale)!
Ci state prendendo in giro e vorremmo finalmente conoscere, non attraverso le agenzie ma in questa sede, nell'Assemblea della Camera, la posizione del Governo. Che cosa intende fare il Governo di fronte ad un provvedimento illegittimo, incostituzionale, che il Presidente della Repubblica ha fatto capire di non voler firmare (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania e Forza Italia)? Se il Ministro Mastella autorevolmente ha affermato che il Presidente della Repubblica non lo promulgherà, è evidente che lo avrà detto dopo aver fatto i passi istituzionali dovuti. È una dichiarazione che ha un peso e che deve esser resa in quest'Assemblea.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare contro l'onorevole Giachetti. Ne ha facoltà.
ROBERTO GIACHETTI. Signor Presidente, vorrei semplicemente segnalare ai colleghi dell'opposizione che si susseguono momenti in cui a fasi alterne rivendichiamo il ruolo del Parlamento e quasi vorremmo che il ruolo del Parlamento non esistesse.
Abbiamo un provvedimento all'esame; il Governo è presente in Aula e notoriamente può intervenire in qualunque momento. Spesso e volentieri avete voi stessi creato il problema se vi sono dichiarazioni esterne che si riflettono nell'Aula. Questa è la nostra sede; ovviamente anche noi, nel momento in cui il Governo avesse qualunque comunicazione... (Commenti del deputato Elio Vito)... Vito, stai tranquillo, rilassati, sei sempre agitato!
PRESIDENTE. Onorevole Giachetti, si rivolga alla Presidenza.
ROBERTO GIACHETTI. Nel momento in cui il Governo, nel pieno rispetto del Parlamento, dovrà rendere comunicazioni formali al Parlamento, nella fattispecie alla Camera, riguardo al provvedimento in esame, credo che, potendo intervenire in qualunque momento, prenderà la parola e svolgerà le proprie comunicazioni.
Nel frattempo, a mio avviso, esattamente come stiamo facendo da ieri in sede di Commissioni riunite e da questa mattina in Assemblea, è assolutamente normale proseguire il dibattito. Se effettivamente vi saranno da parte del Governo delle comunicazioni, attendiamo anche noi che queste arrivino.
Se il Governo ha qualcosa da dire può farlo ora, tra dieci minuti, tra un'ora, quando avrà maturato una decisione diversa da quella che al momento abbiamo di fronte a noi, ossia di esaminare questo provvedimento. Per cui, signor Presidente, non vedo per quale motivo disporre una sospensione di un'ora. Il Governo può intervenire in qualunque momento del dibattito: quando riterrà di farlo, lo farà.
PRESIDENTE. Passiamo alla votazione per alzata di mano.
ELIO VITO. Presidente, con il procedimento elettronico.
PRESIDENTE. Sta bene. Dispongo che la votazione abbia luogo mediante procedimento elettronico senza registrazione di nomi.
Preavviso di votazioni elettroniche (ore 17).
PRESIDENTE. Poiché nel corso della seduta avranno luogo votazioni mediante procedimento elettronico, senza registrazione di nomi, decorre da questo momento il termine di preavviso di cinque minuti previsto dall'articolo 49, comma 5, del Regolamento.
Per consentire il decorso del termine regolamentare di preavviso, sospendo la seduta, che riprenderà alle ore 17,05.
La seduta, sospesa alle 17, è ripresa alle 17,10.
Si riprende la discussione.
PRESIDENTE. Saluto gli studenti della scuola media Antonio Deci di Vasanello, in provincia di Viterbo, e della scuola media Giordani di Manfredonia, in provincia di Foggia, che stanno assistendo ai nostri lavori dalle tribune (Applausi).
La Presidenza informa l'Assemblea che il Ministro per i rapporti con il Parlamento e le riforme istituzionali, Vannino Chiti, ha chiesto al Presidente della Camera di poter svolgere una Conferenza dei presidenti di gruppo per comunicazioni del Governo. Essendo il Presidente della Camera fuori sede, la riunione della Conferenza dei presidenti di gruppo si potrà svolgere domani mattina alle ore 9,30. Pertanto, l'Assemblea potrà essere riconvocata domani mattina alle ore 10,30.
Vi sarebbe un altro punto all'ordine del giorno, ossia la discussione di una mozione. Se i colleghi sono d'accordo, anche questo punto può essere rinviato alla seduta di domani. Prendo atto che non vi sono obiezioni (Applausi ironici dei deputati dei gruppi Forza Italia, Alleanza Nazionale e Lega Nord Padania). Colleghi, per cortesia...
GIUSEPPE FRANCESCO MARIA MARINELLO. Vergogna!
ROBERTO COTA. Vergogna!
PRESIDENTE. Colleghi, per cortesia...
ROBERTO COTA. Buffoni, buffoni!
DAVIDE CAPARINI. Buffoni, buffoni!
PRESIDENTE. Il seguito della discussione sulle linee generali è rinviato alla seduta di domani.
La seduta termina alle 17,15.
TESTO INTEGRALE DELLA RELAZIONE PER LA II COMMISSIONE DEL DEPUTATO PINO PISICCHIO IN SEDE DI DISCUSSIONE SULLE LINEE GENERALI DEL DISEGNO DI LEGGE DI CONVERSIONE N. 3292
PINO PISICCHIO, Relatore per la II Commissione. Il concitato dibattito che ha tenuto il campo della politica in questi ultimi giorni intorno al cosiddetto decreto sicurezza suggerisce al relatore della II Commissione, prima ancora di affrontare il merito del provvedimento per il riverbero della competenza della Commissione giustizia relativamente alle disposizioni di natura giurisdizionale e sostanziale penale in esso contenute, di non eludere le questioni legate all'articolo 1-bis, inerente alle discriminazioni per specifici motivi, tra cui le tendenze sessuali.
Come ricordavamo già nella relazione svolta di fronte alle Commissioni congiunte, l'articolo 1-bis, introdotto dal Senato è diretto a modificare il comma 1 della legge 13 ottobre 1975, n. 654, con la quale è stata ratificata la convenzione internazionale sull'eliminazione di tutte le forme di discriminazione razziale. L'intervento del Senato ha inteso ampliare due fattispecie penali che attualmente sanzionano le condotte discriminatorie o violente poste in essere per motivi razziali, etnici, nazionali o religiosi. Senza toccare l'entità delle pene, si è inteso così ampliare la norma prevedendo ulteriori motivazioni attraverso il rinvio all'articolo 13, n. 1, del trattato di Amsterdam. Queste nuove motivazioni ineriscono le convinzioni personali, l'handicap, l'età e le tendenze sessuali. Anziché descrivere direttamente i nuovi motivi illeciti che possono sorreggere la condotta, il testo approvato dal Senato ha rinviato alle ragioni di cui al citato articolo 13 del trattato. Qui si pone il primo problema. Il riferimento normativo però non è corretto in quanto quello giusto non è l'articolo 13 ma l'articolo 2, punto 7. Il richiamo testuale all'articolo 13, infatti, è riferito alla circostanza che «Il trattato è concluso per un periodo illimitato».
Se il riferimento testuale è sbagliato, l'intenzione del Senato è chiara: combattere le discriminazioni fondate sul sesso, la razza o l'origine etnica, la religione o le convinzioni personali, gli handicap, l'età o le tendenze sessuali. La novità più rilevante è offerta da questa ultima motivazione: le tendenze sessuali. E qui occorre che il relatore della II Commissione, che è peraltro presidente della medesima, ricordi a se stesso e all'Aula che proprio sulla materia dell'omofobia la Commissione Giustizia era impegnata per un esame attento e approfondito da lungo tempo ed era giunta, come in effetti è giunta, a definire un testo.
Il dibattito nelle due Commissioni si è a lungo incentrato sulla questione della estraneità della materia rispetto al contenuto del decreto.
Non vi sono obiezioni rilevanti a questa osservazione: occorre solo registrare che il Senato ha esercitato la sua autonomia. E di fronte a quella autonomia questo ramo del Parlamento ha dovuto fermarsi.
Questo necessario rispetto dell'autonomia del Senato non ci esime, però, dal sottolineare che è arrivato il momento di risolvere definitivamente la grave questione della diversità dei parametri di valutazione della estraneità di materia nei Regolamenti dei due rami del Parlamento. Non è rilevante la circostanza, richiamata al Senato, che la disposizione sia stata inserita in un maxiemendamento sul quale è stata posta la fiducia e, quindi, come tale non soggetto a valutazioni di ammissibilità per l'omogeneità di materia. Tale disposizione, infatti, era stata già oggetto di un emendamento di iniziativa parlamentare dichiarato ammissibile.
È sin troppo evidente che la diversità dei parametri di valutazione sull'ammissibilità costituisce un grave vulnus al principio del bicameralismo perfetto, in quanto oramai si è creata una situazione in cui una Camera ha maggiori poteri rispetto all'altra.
È accaduto che il Senato sostanzialmente si appropriasse di una materia all'esame della Commissione Giustizia della Camera.
Si è ripetuto dunque ciò che è già avvenuto altre volte e, da ultimo, anche per la class action, in occasione dell'esame del disegno di legge finanziaria.
È accaduto ancora che attraverso una dinamica che non trova il soccorso nella autonomia dei regolamenti parlamentari, perché sia quello del Senato che quello della Camera sono ispirati dagli stessi principi fondamentali, e fra questi certamente trova spazio quello che sancisce l'impossibilità di procedere nella delibazione della materia su cui l'altro ramo sta discutendo, è accaduto ancora, pertanto, che fosse messo a rischio il principio su cui si regge la simmetria del nostro bicameralismo, che fa pari i due rami.
E diciamo queste cose non per una rivendicazione gelosa o tralatizia delle nostre prerogative, né per una astratta emulazione nei confronti dell'altro ramo.
Lo diciamo solo per ricordare che le nostre regole che discendono dai principi costituzionali, sono state poste a tutela della funzionalità del legislativo, per consentire il pieno rispetto del mandato conferito dagli elettori.
Possiamo cambiare queste regole ed anzi dobbiamo farlo: ma finché ci sono è necessario che vengano rispettate.
Abbiamo, alla fine, superato il disagio causato dalla mortificazione del lavoro svolto in Commissione dai colleghi di maggioranza e di opposizione e l'abbiamo fatto continuando a lavorare, ricercando soluzioni equilibrate che tenessero nel conto le giuste esigenze delle persone vittime di episodi di grave discriminazione ma anche dei principi costituzionali su cui si fonda il nostro sistema penale, che vede tra i suoi punti di riferimento il principio di legalità, da cui discende la determinatezza della fattispecie penale, e il principio di offensività, che punisce la condotta lesiva di un bene giuridico.
Questo lavoro è sfociato in un dispositivo, esito di un confronto serrato in Commissione Giustizia, cui non è mancato il contributo dell'opposizione.
Questo dispositivo che amplia la protezione antidiscriminatoria a favore dei soggetti indicati nel trattato di Amsterdam recependo il riferimento dell'articolo 3 della Costituzione italiana alle condizioni personali e sociali, è dunque il frutto politico e tecnico-legislativo della Commissione competente offerto alla valutazione dell'Assemblea anche con riferimento al dibattito che ci prepariamo ad affrontare sul decreto sicurezza. Poiché il nostro argomentare sul decreto non potrà prescindere dalla soluzione che il Governo si è impegnato a dare alle distonie di cui il provvedimento si è caricato nel passaggio al Senato.
Il decreto, dunque, si presenta a noi con un duplice profilo: da un lato il quadro degli interventi urgenti di espulsione, congegnati con coerenza, necessari e indifferibili, interventi di cui dirò in breve dettaglio più avanti.
Dall'altro la norma antidiscriminatoria, errata, che minaccia l'efficacia delle disposizioni contenute nella Mancino.
Abbiamo apprezzato e condiviso la pronta volontà del Ministro Chiti di intervenire a correggere l'errore con un intervento governativo d'urgenza destinato ad entrare in vigore prima che questa parte del decreto dispieghi la sua efficacia.
Ci domandiamo se non possa essere a questo punto opportuno, al fine di evitare inutili semplificazioni di tecnica legislativa e, al tempo stesso, affermare una scelta rispettosa del lavoro della Camera e coerente con la sostanza della scelta che si voleva compiere con il noto gesto imperfetto compiuto al Senato, emanare un provvedimento che prenda a base il lavoro compiuto dalla Commissione giustizia della Camera sulle norme antidiscriminatorie.
Per quel che concerne, poi, le norme più coerentemente collegate alla ragione del decreto, la cui condivisione da parte del relatore circa i motivi di urgenza e necessità è piena, mi permetterò, per portare un contributo all'economia dei lavori d'Aula, di consegnare un testo scritto con il permesso della Presidenza.
Concluderò così il mio intervento con due inviti.
L'uno al Governo, affinché adempia coerentemente all'impegno assunto con le Commissioni riunite ad intervenire tempestivamente per correggere la parte imperfetta inserita per errore dal Senato nel decreto. E, in questo caso, il concetto di tempestività deve significare che contestualmente all'entrata in vigore del decreto l'Esecutivo dovrà varare un provvedimento urgente che riequilibri le sconnessioni create con l'articolo 1-bis così come ci è pervenuto dal Senato.
Solo così potrà apparire accettabile l'altro invito che io vado a fare, questa volta all'Aula, di procedere alla conferma di un provvedimento che non avrebbe il tempo necessario per un nuovo passaggio al Senato. E se ciò avvenisse risulterebbe messa nel nulla anche la parte positiva del decreto che colma un vuoto normativo avvertito grandemente dal Paese.
Per quanto attiene alle norme in materia di allontanamento rientranti nella sfera di competenza della Commissione giustizia, la prima che si incontra (articolo 1, comma 1, lettera e) è il comma 7-quater, introdotto dal Senato all'articolo 20 del decreto legislativo 6 febbraio 2007, n. 30. Secondo tale norma, ai fini dell'adozione del provvedimento di allontanamento per motivi imperativi di pubblica sicurezza l'autorità amministrativa tiene conto anche di eventuali condanne, pronunciate da un giudice italiano o straniero, per uno o più delitti non colposi, anche tentati, contro la vita o l'incolumità della persona, o per uno o più delitti corrispondenti a quelli per i quali si prevede l'applicabilità del mandato di arresto europeo anche in caso di mancanza di doppia incriminazione (articolo 8 della legge 22 aprile 2005, n. 69), di eventuali ipotesi di applicazione della pena a seguito di patteggiamento per i medesimi delitti, ovvero dell'appartenenza a taluna delle categorie considerate pericolose (articolo 1 della legge 27 dicembre 1956, n. 1423, e articolo 1 della legge 31 maggio 1965, n. 575) nonché di misure di prevenzione disposte da autorità straniere o di provvedimenti di allontanamento disposti da autorità straniere. Si tratta di una norma che in realtà non limita la discrezionalità dell'autorità amministrativa, quanto piuttosto la orienta. Infatti, si precisa che nell'adottare il provvedimento di allontanamento si tiene conto «anche» di eventuali condanne per determinati delitti ovvero della sottoposizione a particolari misure. Ciò significa che il provvedimento si può basare anche su altre valutazioni.
All'articolo 1, comma 1, lettera f) si trasforma da contravvenzione in delitto, punito con la reclusione fino a tre anni, il rientro nel territorio nazionale in violazione del divieto di reingresso. Inoltre si prevede che si applicano le disposizioni sulla convalida del provvedimento di accompagnamento alla frontiera da parte del giudice di pace, di cui all'articolo 13, comma 5-bis, del testo unico sull'immigrazione. Il rinvio vale a garantire il rispetto dei principi costituzionali in materia di esecuzione dei rimpatri conformemente alla sentenza della Corte costituzionale n. 222 del 15 luglio 2004.
Con l'articolo 20-bis, introdotto dal comma 2 dell'articolo 1 del decreto-legge, si regolamentano i casi in cui il destinatario del provvedimento di allontanamento per motivi imperativi di pubblica sicurezza è sottoposto a procedimento penale. La disposizione rinvia alla disciplina dettata dal citato testo unico per i cittadini di Paesi non appartenenti all'Unione europea, che si basa sulla richiesta del nulla osta all'espulsione all'autorità giudiziaria, che deve essere rilasciato entro quindici giorni dalla richiesta. In questi casi il questore può disporre il trattenimento in strutture già destinate per legge alla permanenza temporanea. L'allontanamento non dà luogo alla sospensione del procedimento penate laddove si proceda per i reati di cui all'articolo 380 del codice di procedura penale e può essere effettuato solo in mancanza di misure cautelari detentive.
Il comma 2-ter, introdotto dal Senato, modifica il comma 3 dell'articolo 4 del decreto legislativo 9 luglio 2003, n. 215, diretto ad attuare la direttiva 2000/43/CE per la parità di trattamento tra le persone indipendentemente dalla razza e dall'origine etnica. In caso di tutela giurisdizionale dei diritti si prevede una inversione dell'onere della prova. La normativa vigente stabilisce che il ricorrente, al fine di dimostrare la sussistenza di un comportamento discriminatorio a proprio danno, può dedurre in giudizio, anche sulla base di dati statistici, elementi di fatto, in termini gravi, precisi e concordanti, che il giudice valuta ai sensi dell'articolo 2729, primo comma, del codice civile. Il testo approvato dal Senato, invece, stabilisce che qualora il ricorrente, al fine di dimostrare la sussistenza di un comportamento discriminatorio a proprio danno, deduca in giudizio elementi di fatto in termini gravi, precisi e concordanti, incombe alla parte convenuta provare che non vi è stata violazione del principio della parità di trattamento.
Il comma 3 modifica l'articolo 21 del decreto legislativo n. 30 del 2007 per garantire l'ottemperanza all'allontanamento del cittadino dell'Unione europea quando vengono a mancare le condizioni che determinano il soggiorno. La normativa europea consente l'allontanamento in tale ipotesi ma esclude che possa essere applicato il divieto di reingresso. E da sottolineare inoltre che in tali casi l'esecuzione da parte del questore del provvedimento sarebbe un inutile dispendio di risorse umane e finanziarie, considerato che il soggetto allontanato potrebbe rientrare immediatamente sul territorio nazionale. Per garantire efficacia al provvedimento, attraverso la sua esecuzione volontaria, si è prevista l'attestazione di ottemperanza all'allontanamento che il destinatario del provvedimento deve consegnare presso un consolato italiano. L'inosservanza della consegna dell'attestazione di ottemperanza comporta la sanzione, a carico del cittadino dell'Unione europea individuato sul territorio nazionale, dell'arresto da uno a sei mesi e di una ammenda da 200 a 2.000 euro.
Il comma 4 modifica l'articolo 22 del predetto decreto relativo alla disciplina sui ricorsi al TAR per adeguarla alle novità introdotte in materia di allontanamento per motivi imperativi di pubblica sicurezza. In primo luogo si prevede un ulteriore caso in cui non rimane sospesa l'esecuzione del provvedimento fino all'esito dell'istanza di sospensione dell'efficacia del provvedimento. Oltre al caso in cui il provvedimento di allontanamento si basi su una precedente decisione giudiziale si prevede il caso in cui sussistano motivi imperativi di pubblica sicurezza. Si ampliano anche i casi in cui può non essere consentita la partecipazione al procedimento giurisdizionale ove sia stata già respinta la richiesta di sospensiva. L'esigenza relativa alla pubblica sicurezza non deve ricorrere necessariamente insieme a quella inerente all'ordine pubblico per negare l'ingresso in Italia, ma può essere da sola sufficiente per tale fine.
L'articolo 1-ter attribuisce competenze del giudice di pace ai tribunale ordinario in composizione monocratica. Si tratta di quelle relative alla convalida del provvedimento del questore con il quale è disposto l'accompagnamento alla frontiera dello straniero espulso dal Ministro dell'interno per motivi di ordine pubblico o di sicurezza dello Stato o dal prefetto per altre ragioni nonché delle competenze relative al ricorso contro il decreto di espulsione (articolo 13 del testo unico sull'immigrazione). Si è così ritornati alla scelta effettuata nel 2002 e modificata nel 2004 attribuendo la competenza della convalida al giudice di pace. Si ricorda che la scelta del 2004 fu accolta con alcune perplessità in quanto per la prima volta si attribuivano competenze al giudice di pace in materia di libertà personale. Le sanzioni penali applicabili da tale giudice, infatti, non hanno mai natura detentiva. La ratio della norma deve essere vista nell'esigenza di sottolineare ancora di più la natura giurisdizionale del procedimento di convalida attraverso l'attribuzione della competenza al giudice togato anziché a quello onorario.
CONSIDERAZIONI INTEGRATIVE DELL'INTERVENTO DEL DEPUTATO FRANCO GRILLINI IN SEDE DI DISCUSSIONE SULLE LINEE GENERALI DEL DISEGNO DI LEGGE DI CONVERSIONE N. 3292
FRANCO GRILLINI. Il 20 marzo 2007 il Matthew Shepard Act è stato presentato al Congresso, sponsorizzato dai democratici. Il 3 maggio 2007 è passato alla Camera dei rappresentanti mentre il 7 settembre al Senato, ma il Presidente Bush ha dichiarato che metterà il veto perché ha definito «non necessaria» la legge sui crimini di odio contro la comunità lgbt.
Una dichiarazione dall'ufficio di Bush afferma che «le legislazioni locali prevedono già pene per i crimini mossi dalle caratteristiche personali come la razza, il colore, la religione e non si vede il bisogno di rendere federale la legge».
Le statistiche dell'FBI rivelano che un crimine su sei è motivato dall'orientamento sessuale.
Un sondaggio condotto negli Stati Uniti nel maggio scorso ha evidenziato che il 70 per cento degli americani sono a favore di una nuova legge che tuteli maggiormente le persone lgbt dalla violenza.
La legge Shepard, chiamata anche Local Law Enforcement Hate Crimes Prevention Act, prevede l'inserimento dell'orientamento sessuale e le cause dei crimini d'odio che già contemplano la razza e la religione. «I legislatori - ha scritto il presidente di Human Rights Campaign Joe Solmonese - sono dalla parte del 73 per cento degli americani che sostiene l'estensione della legge all'orientamento sessuale».
Il Matthew Shepard Act (ufficialmente Local Law Enforcement Hate Crimes Prevention Act of 2007 or LLEHCPA) vorrebbe estendere la legge federale contro i crimini d'odio ed includere i crimini motivati dal genere attuale o percepito della vittima, dall'orientamento sessuale, dall'identità di genere o da disabilità delle vittime.
La legge prevede inoltre: che ognuno che commette un crimine dovuto a religione, origini nazionali, genere, orientamento sessuale, identità di genere o disabilità possa essere condannato a pene fino a dieci anni di carcere. Pene superiori sono previste per chi causa danni a persona con armi da fuoco, esplosivi, e ordigni incendiari; definisce «crimine d'odio» un atto violento che causi la morte o il ferimento dovuto ad, attuale o percepita, religione, origini nazionali, genere, orientamento sessuale, identità di genere o disabilità della vittima; offre un sostegno alle vittime dell'odio di concerto con i servizi sociali; autorizza programmi di prevenzione e premi degli Stati o premi locali per progetti per combattere i crimini d'odio nelle giovani generazioni; 10 milioni di dollari per aiutare gli Stati e le agenzie locali ad investigare e perseguire i crimini d'odio; chiede all'FBI statistiche sui crimini d'odio contro i transessuali (quelle per gli altri crimini sono già un dovere dell'agenzia).
RESOCONTO
SOMMARIO e STENOGRAFICO
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261.
Seduta di mercoledì19 dicembre 2007
PRESIDENZA DEL PRESIDENTE FAUSTO BERTINOTTI
La seduta comincia alle 10,35.
GIUSEPPE MORRONE, Segretario, legge il processo verbale della seduta di ieri.
(È approvato).
(omissis)
Sull'ordine dei lavori.
PRESIDENTE. Comunico che il Governo ha testé annunciato in sede di Conferenza dei presidenti di gruppo - che ne ha preso atto - di non insistere per la conversione in legge del disegno di legge n. 3292 - Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 1o novembre 2007, n. 181, recante disposizioni urgenti in materia di allontanamento dal territorio nazionale per esigenze di pubblica sicurezza (Approvato dal Senato - scadenza: 1o gennaio 2008).
Non si darà pertanto luogo al seguito dell'esame del provvedimento (Applausi ironici dei deputati dei gruppi Forza Italia, Alleanza Nazionale e Lega Nord Padania).
(omissis)
Sull'ordine dei lavori (ore 10,40).
ANTONIO LEONE. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
ANTONIO LEONE. Signor Presidente, faccio riferimento a quanto da lei annunziato all'Assemblea in seguito alle comunicazioni del Governo in sede di Conferenza dei presidenti di gruppo. Siamo ormai di fronte all'ennesima brutta figura di questo Governo, ma era nell'aria ed è questo l'aspetto più grave, signor Presidente, che dovrebbe portarla ad una riflessione forse un po' più approfondita sui nostri lavori, considerato l'atteggiamento e il comportamento del Governo e di questa maggioranza. Dico ciò perché le difficoltà, in ordine al prosieguo dei lavori, insorte in merito alla possibilità di convertire il cosiddetto decreto sicurezza, erano sotto gli occhi di tutti e principalmente del Governo e della maggioranza e non si doveva, pertanto, impostare il calendario dei lavori fino a fine anno come è stato fatto. Questo ramo del Parlamento è stato praticamente costretto a non discutere la legge finanziaria per il fatto che successivamente a quest'ultima era stato calendarizzato proprio il disegno di legge di conversione del decreto-legge in materia di sicurezza che, con tutte le fibrillazioni interne alla maggioranza, avrebbe portato via tempo e attenzione, quando i tempi potevano essere, invece, utilizzati per l'esame della legge finanziaria.
Ci troviamo, pertanto, di fronte ad una beffa enorme nei confronti di questo ramo del Parlamento che è stato costretto a non interessarsi della legge finanziaria, ad approvarla praticamente in un solo giorno, nonostante le numerosissime votazioni che hanno visto, poi, scomparire l'opposizione, come ha affermato il Presidente del Consiglio, non sapendo neanche che si riferiva agli ordini del giorno! La soddisfazione del Presidente del Consiglio per aver assistito a tutta una serie di votazioni ed alla progressiva scomparsa dell'opposizione, dopo una serie di votazioni sulla finanziaria, è una dichiarazione allucinante, ma principalmente è ancora di più uno schiaffo al Parlamento, che ha visto quest'ultimo protagonista solo su una serie di ordini del giorno riguardanti una legge finanziaria disastrosa come quella approvata da questo ramo del Parlamento e che sarà approvata anche - credo, ma non me lo auguro - dal Senato. Signor Presidente va fatta una riflessione: sono praticamente quindici giorni che non lavoriamo, non abbiamo fatto nulla, abbiamo votato su tre questioni di fiducia, ma non abbiamo potuto approfondire alcun articolo della legge più importante che il Parlamento possa approvare (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia).
Siamo arrivati ad un punto vergognoso in ordine al cosiddetto decreto sicurezza, che ha visto il Governo sconfitto su tutti i fronti e, per evitare brutte sorprese al proprio interno, è giunto al punto di ritirare il decreto-legge, in modo tale che il Ministro dell'interno sarà costretto a dimettersi.
Nessuno deve omettere di ricordare che questo atteggiamento del Governo è praticamente contro il Ministro dell'interno, perché purtroppo quest'ultimo sarà costretto a dimettersi. Sono sicuro che si dimetterà, lo ha detto! Il Ministro dell'interno aveva infatti affermato di essere pronto a dimettersi se non fosse stato approvato questo decreto-legge e noi aspettiamo le sue dimissioni, che sicuramente saranno presentate di qui a qualche minuto: ne siamo certi! Questo è stato l'atteggiamento del Governo anche nei confronti di un suo Ministro.
Allora, signor Presidente cosa stiamo facendo in quest'Aula? Ci trastulliamo oggi ancora su una mozione, e domani su sei ratifiche perché i cittadini italiani devono sapere che, a fine anno, questo ramo del Parlamento lavora! Sta lavorando! È come quando il venerdì lei inserisce all'ordine del giorno una sola interrogazione o interpellanza per tenere aperta l'Aula: i costi della politica sono questi! Noi teniamo aperta l'Aula con una serie di costi per approvare, oggi, una sola mozione e domani sei ratifiche che si potevano discutere in qualsiasi momento. Se questo è il modo di lavorare del Parlamento, per quanto riguarda la nota riforma costituzionale facciamo all'inverso: sopprimiamo la Camera e manteniamo solo il Senato (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia).
PRESIDENTE. Saluto gli studenti del liceo scientifico Benedetto Croce di Roma, che stanno assistendo ai nostri lavori dalle tribune (Applausi).
ROBERTO COTA. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
ROBERTO COTA. Signor Presidente vorrei richiamare la sua attenzione, e quella del Governo che per la vergogna è presente a ranghi ridottissimi, sul fatto che far decadere il decreto-legge in materia di sicurezza è molto grave.
Avete compiuto una scelta, di fatto avete anteposto le vostre beghe (l'abbiamo constatato con l'introduzione, al Senato, di una norma che non c'entrava niente) agli interessi dei cittadini, interessi legittimi che voi avete tanto sbandierato di voler tutelare quando si sono verificati i fatti di Roma. Avete giocato con le istituzioni, e giocando senza essere capaci - c'è, infatti, anche un altro aspetto da considerare, ossia la vostra totale incapacità - avete combinato questo pasticcio. Penso che, di fronte a ciò che è successo oggi, voi dovreste semplicemente vergognarvi, nei confronti dei cittadini e soprattutto nei confronti dei familiari delle vittime (Applausi dei deputati dei gruppi Lega Nord Padania, Forza Italia e Alleanza Nazionale) dei fatti così gravi che hanno portato alla scelta di emanare un decreto-legge; dovreste vergognarvi nei confronti di tali persone cui avete promesso, in pompa magna, giustizia! Questa è la giustizia: avete anteposto le vostre beghe e avete fatto decadere il decreto-legge. Vergogna (Applausi dei deputati dei gruppi Lega Nord Padania e Forza Italia)!
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il deputato Gasparri. Ne ha facoltà.
MAURIZIO GASPARRI. Signor Presidente, prendiamo atto con soddisfazione che il Governo si è reso conto dell'errore nel quale si è «ficcato». Siamo però dispiaciuti che anche in Commissione i relatori e tutti coloro che hanno gestito questo confuso processo legislativo non abbiano convenuto prima di mercoledì mattina, come ci ha comunicato il Ministro Chiti in sede di Conferenza dei presidenti di gruppo poco fa, che non si poteva procedere in una certa direzione. Del resto, cari colleghi del centrosinistra, voglio sottolineare la correttezza del Capo dello Stato, la sua capacità di richiamare l'attenzione di tutti senza debordare dal proprio ruolo. La lettera che ha inviato ai colleghi del Senato, e che ieri mi sono permesso di citare nel corso del mio intervento, segnalava una certa attenzione: nulla di più poteva dichiarare il Capo dello Stato, mentre era in corso un iter legislativo; però era chiaro che scrivere una lettera e autorizzare i parlamentari che l'avevano ricevuta a divulgarne il contenuto era già un segnale che andava accolto.
Non entro nel merito della vicenda, perché stiamo intervenendo sull'ordine dei lavori, su come era stato presentato il decreto-legge, come era stato modificato e alterato; mi pare però che ci troviamo oggi in una condizione di difficoltà per il Paese, perché l'emergenza sicurezza non si è dissolta ma il decreto-legge predisposto, che era già insufficiente, non è più vigente per le utilizzazioni anomale di tale strumento che si erano verificate al Senato con le incongruenze, gli inserimenti impropri, i richiami errati, il rischio di far decadere processi e normative quali la cosiddetta legge Mancino. Oggi non vi è alcun provvedimento sulla sicurezza, vi è una confusione giuridica in meno; però i colleghi della maggioranza riflettano, perché oltre alle colpe del Governo ci sono anche valutazioni di ordine politico-parlamentare che non possono essere ignorate da chi aveva negato la situazione che noi abbiamo sottolineato anche lunedì, nel corso di una lunga riunione congiunta della Commissione affari costituzionali e della Commissione giustizia, che ieri abbiamo ulteriormente evidenziato, forse ascoltati tardivamente dal Governo.
Ora - concludo - poiché l'esigenza della sicurezza c'è, ci auguriamo che il provvedimento che il ministro Chiti ha preannunziato - che non potrà reiterare alcuni aspetti presenti nel decreto-legge che decadrà, perché è noto che non si possono reiterare i decreti-legge - tenga conto dell'inefficacia del testo precedente, perché, al di là delle alterazioni del contenuto, vi sono state poche centinaia di espulsioni in queste settimane. Ciò vuol dire che il decreto-legge in questione era inadeguato, insufficiente, errato, lo ripeto al di là degli orrori giuridici che hanno consigliato di optare per la sua decadenza. Non si chieda all'opposizione di collaborare vagamente sui principi di sicurezza se non ci sono testi che consentano di collaborare. Il Governo rifletta anche sugli emendamenti che le opposizioni hanno presentato sia al Senato sia in questo ramo del Parlamento, che forse contengono procedure, metodologie e contenuti migliori per fronteggiare l'immigrazione clandestina, e la condizione di anomalia di cittadini comunitari privi di mezzi che vengono in Italia.
Utilizzate questa sconfitta, che avete ricercato in maniera determinata davanti al Paese, per correggere i vostri errori. Noi, se si tratterà di dare sicurezza agli italiani, collaboreremo, ma trattandosi di cancellare errori e orrori giuridici, siamo lieti di aver vinto una battaglia di verità, e diamo atto al Capo dello Stato di aver dato un contributo essenziale per conseguire tale risultato (Applausi dei deputati del gruppo Alleanza Nazionale).
LUCIANO VIOLANTE, Presidente della I Commissione. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
LUCIANO VIOLANTE, Presidente della I Commissione. Signor Presidente, credo sia anzitutto necessario chiarire che il decreto-legge continuerà ad avere valore sino al 1o gennaio 2008, che mi pare sia la data di scadenza: da oggi a quel momento, dunque, il Governo avrà il tempo per disciplinare in modo diverso la materia. Ho però chiesto la parola solo per dire che, per lealtà costituzionale e parlamentare, vi erano davanti a noi soltanto due vie: o sopprimere la norma che abrogava una parte della legge Mancino e quindi causava danni assai gravi al centinaio e oltre di processi in corso per discriminazioni di tipo ideologico, religioso, razziale ed altro; oppure lasciar decadere il decreto-legge in questione. È infatti evidente che la responsabilità parlamentare ci imponeva di non approvare una norma errata e dichiarata tale, come è stato detto in precedenza, anche dal Presidente della Repubblica: ciò avrebbe infatti anche chiamato in causa il principio di leale collaborazione fra Camera dei deputati e Presidenza della Repubblica su questioni di tale tipo. Non vi erano dunque altre vie oltre quelle di modificare l'articolo o di far decadere il decreto-legge. È stata scelta la seconda strada: però ritengo francamente - lo dico ai colleghi dell'opposizione - che il Governo abbia in ciò una responsabilità limitata.
In realtà, dobbiamo porci il problema di come sia possibile che in un ramo del Parlamento venga considerato ammissibile un emendamento del genere di quello introdotto nel corso dell'esame al Senato del provvedimento sulla sicurezza: è questa la questione. Certamente, anche noi dobbiamo attrezzarci meglio di quanto si possa fare (anche se mi pare che fatti di questo genere in questa Camera finora non sono accaduti): ma il Senato ci ha posto il problema del rapporto fra politica e amministrazione.
Lo dico, signor Presidente, anche con riferimento ad un'altra questione. Questo è un problema politico che credo che il Governo dovrebbe affrontare: tanto il provvedimento con il quale il dottor Petroni è stato sostituito al consiglio di amministrazione della RAI, quanto il provvedimento relativo al generale Speciale, presentavano motivazioni che sono state dichiarate non sufficientemente valide dal TAR del Lazio. Ora: fermo restando che sarà poi un altro organo, il Consiglio di Stato, a pronunciarsi definitivamente su tali questioni, anche in merito a ciò si pone un problema. La domanda che segnalo - mi avvio così alla conclusione - è dunque: qual è, in questa fase, il rapporto fra politica e amministrazione? Perché se l'amministrazione non serve con piena competenza e piena lealtà il Governo e le autorità politiche, allora si pone un problema che certamente non può non essere affrontato anche in questa sede (Applausi dei deputati dei gruppi Partito Democratico-L'Ulivo e Socialisti e Radicali-RNP).
MAURIZIO RONCONI. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
MAURIZIO RONCONI. Signor Presidente, noi comprendiamo l'imbarazzo del presidente Violante; non possiamo tuttavia non sottolineare che l'esame del decreto-legge in materia di sicurezza presso la Camera dei deputati è stato caratterizzato da una sorta di rito degli inganni: già nel corso dei lavori in Commissione, infatti, avevamo in più occasioni rappresentato alla maggioranza e ai due relatori che vi era, in realtà, un problema sull'articolo 1-bis che rendeva il provvedimento inaccettabile. Si trattava di un provvedimento che peraltro - lo dobbiamo sottolineare - aveva una storia politica che non può essere disconosciuta: esso è stato infatti sollecitato politicamente dal segretario del Partito Democratico, onorevole Veltroni, ed è stato fortemente voluto dal Ministro dell'interno, Amato. In proposito, ha ragione chi, prima di me, affermava che Amato, nel sollecitare il Consiglio dei Ministri su tale decreto-legge, manifestò la sua indisponibilità a continuare a fare il Ministro se il suddetto provvedimento non fosse stato successivamente convertito in legge. Esso - come dicevo - ha una storia politica che oggi non può essere disconosciuta.
Noi abbiamo ascoltato soltanto ieri l'intervento del presidente del gruppo del Partito Democratico che sollecitava l'Assemblea e i suoi colleghi - pochi minuti prima della sospensione e della decisione del Governo di far decadere addirittura il decreto - a continuare in una vuota discussione su un provvedimento che non esisteva più.
Signor Presidente, in realtà è mancato, in fondo, il rispetto nei confronti dei parlamentari e dell'Assemblea. Certo non è un buon fine anno per i lavori parlamentari: è sicuramente una Caporetto, e noi speriamo finalmente che sia la definitiva Caporetto di un Governo assolutamente incapace [Applausi dei deputati dei gruppi UDC (Unione dei Democratici Cristiani e dei Democratici di Centro) e Alleanza Nazionale].
MARCO BOATO. Chiedo di parlare (Commenti).
PRESIDENTE. Ne ha facoltà. Per favore, non è consentito rumoreggiare nei confronti di nessun collega.
MARCO BOATO. Signor Presidente, prendiamo atto della decisione del Governo che - come lei ha correttamente ricordato poco fa - è stata annunciata nella Conferenza dei presidenti di gruppo, anche se voglio precisare, per lealtà politica, che da parte nostra vi era la disponibilità, che ho manifestato ieri nel corso della discussione sulle linee generali, di concludere l'esame e la conversione in legge del decreto-legge.
Signor Presidente, avendo ascoltato gli interventi in sede di discussione sulle linee generali e quelli precedenti in Commissione, credo che sia francamente ipocrita lo sdegno dei gruppi di opposizione (Commenti dei deputati del gruppo Forza Italia), perché essi avevano espresso al Senato un voto contrario sul decreto-legge, avevano votato contro alla Camera in Commissione in sede referente e, come avevano già preannunciato in sede di discussione sulle linee generali, si accingevano a votare contro anche in Assemblea: mi pare, quindi, che tutto questo sdegno per la decisione del Governo sia, lo ripeto, francamente ipocrita.
Credo anche, signor Presidente, che sia sbagliato da parte dei gruppi dell'opposizione chiamare ripetutamente in causa - è stato fatto ieri ed anche poco fa - il Presidente della Repubblica: è sbagliato sul piano politico ed istituzionale, ma soprattutto è completamente sbagliato sul piano costituzionale.
Il ruolo del Presidente della Repubblica non può mai entrare in campo nella fase dell'esame parlamentare di qualunque provvedimento legislativo, poiché si tratta di un ruolo di garanzia che subentra nel momento della promulgazione di una proposta o di un disegno di legge, ed è il Presidente della Repubblica, nella sua totale autonomia, ad assumere le proprie determinazioni al riguardo.
Credo, dunque, che sia una gravissima scorrettezza sul piano costituzionale continuare ad inserire nel dibattito politico il ruolo del Presidente della Repubblica, e ritengo che chi pensa di fargli un piacere gli procuri in realtà il massimo danno dal punto di vista dell'immagine, della credibilità e della legittimazione del suo ruolo costituzionale.
Ritengo anche sbagliato l'attacco che il collega Leone ha mosso poco fa al Ministro Amato, perché il Governo aveva già preannunciato la sua intenzione di continuare ad affrontare la materia, sia pure ovviamente in termini diversi, non essendo possibile una meccanica reiterazione dell'originario decreto-legge. Il Governo dovrà quindi valutare quale strumento utilizzare. Aggiungo che da parte nostra riteniamo necessario - come è stato detto anche nel corso della Conferenza dei presidenti di gruppo - che venga al più presto calendarizzato in Assemblea il disegno di legge in materia di stalking ed omofobia attualmente all'esame della Commissione giustizia, in quanto si tratta di un tema sul quale la Commissione giustizia ha praticamente concluso i propri lavori, mancando solo il mandato al relatore dopo l'acquisizione dei pareri delle Commissioni in sede consultiva.
Per concludere, credo sia opportuno che il Governo, nell'adottare i successivi provvedimenti - e il presidente Violante ha fatto bene a ricordare che, comunque, il decreto-legge è tuttora in vigore fino al 1o gennaio -, tenga conto delle osservazioni critiche che da parte della maggioranza sono state prospettate con grande lealtà e grande spirito di collaborazione in sede di esame in Commissione e di discussione sulle linee generali in Assemblea.
ROBERTO SALERNO. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
ROBERTO SALERNO. Signor Presidente, intervengo per rilevare come gli interventi dei colleghi dell'opposizione, pur tentando - come si suol dire - di arrampicarsi sugli specchi, purtroppo non riescono minimamente a nascondere il fallimento totale di questo Governo. Si tratta di un fallimento non solo tecnico, dal momento che il provvedimento comportava addirittura richiami errati a normative europee rispetto ad altri tipi di normative.
È anche un fallimento politico, perché sappiamo come il decreto-legge sulla sicurezza è stato fondamentalmente reso vano e inutile per effetto dei vari ricatti della sinistra radicale ed estrema e siamo coscienti che essa governa, effettivamente, al posto di altre parti politiche.
Siamo di fronte al degrado totale dell'immigrazione, signor Presidente, e non si trattava soltanto di un provvedimento adottato sull'onda emotiva dell'ultimo episodio criminale avvenuto a Roma ai danni della signora Reggiani. Siamo dinanzi al degrado totale dell'immigrazione straniera in Italia che dura da mesi, se non da anni e per questo anche i cortei della polizia e delle forze dell'ordine chiedevano, in qualche maniera, al Governo un intervento diretto, preciso ed efficace, ma in realtà, dinanzi a tutte queste emergenze, è stato partorito un «topolino» di incapacità e di ingovernabilità rappresentato dal decreto che ora viene ritirato.
La Destra, in qualche maniera, si associa agli interventi dei colleghi dell'opposizione, di Alleanza Nazionale, di Forza Italia e dell'UDC e rappresenta anch'essa la totale indignazione per tale situazione che da qualsiasi punto di vista è scandalosa e dovrebbe portare la maggioranza all'unico atto di vera responsabilità. Non so a quali responsabilità si richiamava il collega Violante poco fa, ma l'unica vera responsabilità alla quale la maggioranza dovrebbe richiamarsi è quella di dimettersi in toto e riportare di nuovo agli elettori la decisione su chi deve governare la nazione.
GRAZIELLA MASCIA. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
GRAZIELLA MASCIA. Signor Presidente, anch'io ritengo che il Governo aveva più di una opportunità e di una possibilità per correggere l'errore materiale e abbia fatto bene a scegliere questa modalità, che è trasparente, che riconosce l'errore ma al tempo stesso lo risolve all'interno del Parlamento.
Si tratta ora di vedere cosa succederà nel prossimo futuro. Qualcuno giustamente ha affermato che si deve disciplinare in maniera diversa la stessa materia. Ritengo opportuno innanzitutto definire la materia perché la questione sicurezza, in generale, non può avere una risposta ma ne ha necessariamente diverse. Pertanto, sulla base di tale assunto si tratta di verificare quali siano gli atti parlamentari e anche del Governo adatti ad impedire l'ondata razzista e xenofoba che si sta manifestando in diverse aree del Paese. Anche tale aspetto attiene alla sicurezza e soprattutto alle garanzie dei diritti fondamentali delle persone.
In particolare, in ordine alla sicurezza, o comunque ai contenuti del decreto-legge, credo che quanto è avvenuto ci consenta di riflettere e offra degli elementi di bilancio, perché si devono definire quali siano queste materie. Se si tratta dell'attuazione di una direttiva comunitaria abbiamo ormai molti elementi di riflessione concreti e anche diversi rapporti con il Parlamento e con la Comunità europea maturati nel corso degli ultimi due mesi e penso che si debba fare tesoro di tale esperienza.
Ritengo, come il collega Boato, che sia urgente calendarizzare in l'Assemblea i provvedimenti, ormai in via definitiva di votazione e di approvazione in Commissione giustizia, relativi allo stalking e all'omofobia e, allo stesso tempo, penso che bisognerebbe evitare (a questo punto credo sia possibile) la decretazione d'urgenza. Quando si varano provvedimenti sull'onda dell'emotività di un'urgenza, che trattano invece questioni che meriterebbero riflessioni e ragionamenti, è più facile incorrere in errori. Penso che questa esperienza, pur nella consapevolezza delle difficoltà e degli errori materiali che si sono determinati, offra a tutti noi spunti di riflessione dei quali possiamo fare tesoro.
GIACOMO BEZZI. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
GIACOMO BEZZI. Signor Presidente, senza partecipare al coro di proteste del centrodestra, come Partito autonomista trentino vogliamo esprimere la nostra insoddisfazione per il comportamento che la maggioranza e il Governo hanno tenuto sull'iter del decreto legge al nostro esame. Credo che il popolo italiano abbia diritto ad un impegno diverso da parte dell'Esecutivo che, tra l'altro, oggi non vediamo rappresentato al massimo livello in aula in un momento brutto per la politica italiana, in cui il Governo è costretto a ritirare un provvedimento che - a mio parere - molte persone si aspettavano.
Colgo l'occasione, signor Presidente, sulla base della poca esperienza che ho acquisito anch'io nel presiedere il consiglio della provincia autonoma di Trento, per invitarla dal prossimo anno - augurandole buon Natale in anticipo - a valutare la possibilità di adottare un metodo un po' diverso nell'organizzazione dei lavori dell'Assemblea. Infatti, se vogliamo dare dignità al ruolo dei parlamentari, possiamo migliorare sugli orari e sul modo di lavorare in Assemblea. Le riunioni e i tempi sono sempre dilatati, non abbiamo garanzie, perdiamo molto tempo come singoli parlamentari, in quanto non vi è un migliore metodo nell'organizzazione del lavoro dell'Assemblea. Quindi, la inviterei dal prossimo anno a darci la possibilità di lavorare meglio, rendendo migliore il lavoro dei parlamentari.
FEDERICO PALOMBA. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
FEDERICO PALOMBA. Signor Presidente, è naturale che le opposizioni cerchino di strumentalizzare un errore tecnico intervenuto nel procedimento legislativo: è il loro mestiere. Da parte nostra, avremmo preferito confrontarci con loro sul terreno del merito e della sostanza: da una parte sul decreto-legge sulla sicurezza e dall'altra, separatamente, sulle norme concernenti la lotta all'omofobia.
Difatti, il decreto-legge sulla sicurezza aveva intrapreso un cammino virtuoso. Sull'onda di una giusta preoccupazione dell'opinione pubblica, era stato adottato un decreto-legge, che - desidero ricordarlo - riguardava le modifiche al decreto legislativo del 2007 sull'ingresso dei cittadini comunitari di altri Paesi e sulle possibilità di allontanamento. Quindi, aveva un contenuto estremamente limitato. Tale decreto-legge aveva poi trovato al Senato un miglioramento, sia nel senso di un maggior rigore, sia nel senso di una maggiore rispondenza a principi di costituzionalità.
Fino a quel momento, il percorso legislativo era stato esemplare e, a giudizio del gruppo Italia dei Valori, aveva raggiunto un iter soddisfacente. Nel prosieguo, incresciosamente ed inopinatamente, è intervenuto l'inserimento di una norma per noi estranea all'oggetto e al contenuto del decreto-legge, così come l'ho delineato prima, che ha sostanzialmente rappresentato - possiamo ammetterlo - tre mortificazioni. La prima riguarda la materia, nel senso che si trattava di una norma non coerente; la seconda consiste nel fatto che in Commissione giustizia era ormai in fase avanzata l'esame di una norma concernente il contrasto all'omofobia, all'interno di un provvedimento sulle molestie insistenti. A ciò, con la fretta con la quale il Governo ha predisposto tale normativa, si è aggiunto un errore tecnico effettivamente molto grave.
Quindi, c'è da domandarsi per quale ragione, in un percorso virtuoso, che per noi rappresentava un punto importante a favore del Governo, sia intervenuta una modificazione così vistosa, come quella che ho illustrato. Evidentemente, qualcuno ha, diciamo così, tirato per la giacca il Governo. Da parte nostra, non siamo propensi a gettare la croce addosso esclusivamente al Governo. Riteniamo che, quando si intraprende una strada, tra l'altro approvata dal Consiglio dei ministri, questa debba essere percorsa con tutte le modificazioni migliorative che nel percorso legislativo possono essere apportate.
Quindi, lo dico come coalizione, dobbiamo fare tesoro di tale episodio ed evitare per il prosieguo di scaricare sul Governo tensioni che, invece, possono riguardare i rapporti interni alla maggioranza. Il gruppo Italia dei Valori, comunque, spera ed auspica che i due percorsi continuino separatamente e che su di essi ci possa essere all'interno della Camera e del Senato un confronto vero sui contenuti.
In questo senso apprezziamo profondamente il fatto che il Governo abbia assunto questa decisione, che non significa tornare indietro rispetto a decisioni già assunte, per noi positive, ma soltanto allocare nuovamente, in maniera corretta e perfetta all'interno del procedimento legislativo, due temi che sono importanti, ma che devono essere tenuti separati (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori).
PRESIDENTE. Saluto gli studenti della scuola media «Quirino Visconti» di Roma, che stanno assistendo ai nostri lavori dalle tribune (Applausi).
LUCIO BARANI. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
LUCIO BARANI. Signor Presidente, anche il mio gruppo si vuole associare al coro di protesta nei confronti del Governo e dell'attuale maggioranza e vuole invitare i colleghi della maggioranza che sono intervenuti ad ammettere almeno l'evidenza, ossia l'incapacità e il dilettantismo di questo Governo! Non si può dire alla minoranza: «siete i soliti strumentalizzatori», perché il decreto-legge sulla sicurezza l'avete portato voi all'esame dell'Assemblea e gli errori li avete fatti voi! Se siete incapaci, se non siete in grado di «intendere e di volere» in politica, né di fornire delle risposte ai cittadini, non incolpate la strumentalizzazione da parte della minoranza; ammettete che siete dei dilettanti (al tavolo del Governo certamente vi sono dei dilettanti, ampiamente riconosciuti come tali anche dai cittadini) e che non siete proprio in grado di governare, perché la richiesta di sicurezza proveniva dai cittadini!
Colleghi della maggioranza, l'attuale Governo diventerà famoso per essere il Governo della pillola del giorno dopo! L'Esecutivo vara i decreti-legge il giorno dopo: il giorno dopo l'omicidio a Roma della signora Giovanna Reggiani, ha approvato il provvedimento sulla sicurezza per cercare di appannare l'incapacità del vostro sindaco, Walter Veltroni, che ne ha fatte una peggio dell'altra; il giorno dopo le morti sul lavoro ha predisposto le norme sulla sicurezza sul lavoro; il giorno dopo lo sciopero dei TIR, che ci è costato 3 miliardi di euro, è intervenuto per riuscire a risolvere le proteste degli autotrasportatori e, infine, è intervenuto il giorno dopo il guasto dell'Eurostar, che ha bloccato quattrocentocinquanta persone su un treno! Insomma: interviene il giorno dopo, come la pillola del giorno dopo! Producete dei guasti che poi cercate di correggere, ma non in maniera corretta e scientifica e senza fornire delle risposte sul terreno della vera prevenzione, rappresentata dalla capacità di governare.
Il decreto-legge sulla sicurezza sarebbe stato di per sé già inficiato dal ritardo cronico con cui si può misurare la sensibilità che questo Governo dimostra agli italiani, se non fosse stato per la classica «ciliegina rossa» che lo ha reso anche ridicolo! È per tale ragione che ci dissociamo completamente, pur sapendo che il provvedimento del quale stiamo discutendo rimarrà in vigore fino alla fine dell'anno, ma - vivaddio - è stato varato da un Governo composto da Ministri incapaci che non si sono accorti di aver previsto norme non solo ridicole ma anche anticostituzionali, sulle quali è intervenuto il Presidente della Repubblica, che citiamo perché è la massima autorità e la garanzia costituzionale del Paese e vogliamo che intervenga così come ha fatto!
Successivamente il decreto-legge è passato all'esame del Senato, dove non si è voluto modificare alcunché, né far altro che dire: non siamo capaci di governare, quindi, ci rimettiamo alla clemenza del Paese quando vi saranno le elezioni! Ciò che noi chiediamo è proprio che non vi sia clemenza perché, a differenza di quanto è stato fatto ieri all'ONU, dove è stata approvata la moratoria della pena di morte - che noi applaudiamo - nei vostri confronti il popolo italiano ripristinerà la «pena di morte politica» poiché vi caccerà dal Paese!
ANTONELLO SORO. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
ANTONELLO SORO. Signor Presidente, credo che i colleghi della maggioranza abbiano già espresso le valutazioni di merito. Svolgo solo due brevi considerazioni sollecitate dall'euforia dei colleghi dell'opposizione, euforia sostanzialmente contraddittoria, alla luce di tutti gli argomenti che essi hanno portato in questi giorni sul merito del provvedimento.
Ricordo all'onorevole Leone, e agli altri colleghi dell'opposizione, che al Senato essi hanno votato contro il decreto-legge e che hanno argomentato fino a ieri sera con molta determinazione tutte le ragioni della loro contrarietà al provvedimento, che il Governo proponeva per assicurare ai cittadini un forte contrasto nei confronti della criminalità, con un'attenzione ai diritti delle persone.
L'opposizione ha detto no a questo provvedimento, ora è contenta che il provvedimento decada e ci rimprovera di non affrontare con il decreto-legge i problemi della sicurezza. Ritengo che vi sia una qualche contraddizione, e vorrei invitare il collega Leone a ripensare alla propria euforia. Vorrei invitarlo a pensare anche che, se la Camera non lavora - come alcuni colleghi hanno ricordato - in questi due giorni, ciò è la conseguenza di una decisione presa stamattina dalla Conferenza dei presidenti di gruppo, nel corso della quale ho proposto, insieme ad altri colleghi, di iscrivere all'ordine del giorno i provvedimenti definiti dalle Commissioni e pronti per l'Aula sui quali vi fosse sostanzialmente convergenza, anche nel merito, da parte della maggioranza e dell'opposizione. Tuttavia, l'opposizione ha ritenuto di voler escludere dalla discussione e dall'attività dell'Assemblea questi provvedimenti, per venire in Aula subito dopo a lamentare il fatto che l'Assemblea non lavora. Ritengo, dunque, che vi sia una qualche contraddizione.
Inoltre, ricordo ai colleghi dell'opposizione che quando un decreto-legge decade non si ha mai una situazione positiva, quindi noi non siamo euforici. Tuttavia, ricordo anche ai colleghi dell'opposizione che nella scorsa legislatura su 214 decreti-legge varati dal Governo, ben venti sono decaduti e solo cinque sono stati riassorbiti in altre leggi.
Quindi, non si tratta di un caso che si verifica per la prima volta nel nostro ordinamento, e ciò non è mai positivo. Se il Governo, infatti, adotta un provvedimento legislativo d'urgenza, che poi decade, non è mai un bene. Tuttavia, come ricordava il presidente Violante, la norma è vigente e il Governo si è impegnato a trovare soluzioni legislative capaci di confermare la sostanza delle misure di contrasto nei confronti della criminalità e di trovare tutte le misure necessarie a garantire la sicurezza dei cittadini.
Ciò avverrà al di là della discussione svoltasi in questi giorni, che ha riguardato prevalentemente le procedure piuttosto che il merito. Nel merito la maggioranza conferma la volontà di portare avanti fino in fondo l'orientamento politico contenuto nel decreto-legge che decadrà (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico-L'Ulivo).
PRESIDENTE. Dopo l'annuncio del Governo e la comunicazione dell'esito della Conferenza dei presidenti di gruppo, si è svolto il dibattito, nel corso del quale ho dato la parola ad un rappresentante per ogni gruppo.
Passiamo ora all'esame del successivo punto all'ordine del giorno.
(omissis)
La seduta termina alle 16,25.
MINISTERO DELLA GIUSTIZIA
COMUNICATO
Mancata conversione del decreto-legge 1° novembre 2007, n. 181,
recante: «Disposizioni urgenti in materia di allontanamento dal
territorio nazionale per esigenze di pubblica sicurezza».
Il decreto-legge 1° novembre 2007, n. 181, recante: «Disposizioni urgenti in materia di allontanamento dal territorio nazionale per esigenze di pubblica sicurezza», non e' stato convertito in legge nel termine di sessanta giorni dalla sua pubblicazione, avvenuta nella Gazzetta Ufficiale - serie generale - n. 255 del 2 novembre 2007.