Camera dei deputati - XV Legislatura - Dossier di documentazione (Versione per stampa)
Autore: Servizio Studi - Dipartimento attività produttive
Altri Autori: Ufficio Rapporti con l'Unione Europea
Titolo: Promozione della concorrenza e tutela dei consumatori - D.L. 31 gennaio 2007, n. 7 - A.C. 2201
Riferimenti:
AC n. 2201/XV     
Serie: Progetti di legge    Numero: 96
Data: 06/02/2007
Descrittori:
CONCORRENZA   TUTELA DEI CONSUMATORI E DEGLI UTENTI
Organi della Camera: X-Attività produttive, commercio e turismo
Altri riferimenti:
L n. 40 del 02-APR-07     


Camera dei deputati

XV LEGISLATURA

SERVIZIO STUDI

Progetti di legge

Promozione della concorrenza
e tutela dei consumatori

D.L. 31 gennaio 2007, n. 7 - A.C. 2201

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

n. 96

 

 

6 febbraio 2007

 


 

Il dossier è stato redatto in collaborazione con l’Ufficio Rapporti con l’Unione Europea

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Coordinamento: Dipartimento Attività produttive

 

I dossier del Servizio studi sono destinati alle esigenze di documentazione interna per l'attività degli organi parlamentari e dei parlamentari. La Camera dei deputati declina ogni responsabilità per la loro eventuale utilizzazione o riproduzione per fini non consentiti dalla legge.

 

File: D07007.doc

 


INDICE

 

Scheda di sintesi per l’istruttoria legislativa

Dati identificativi3

Struttura e oggetto  4

§      Contenuto  4

§      Relazioni allegate  9

§      Precedenti decreti-legge sulla stessa materia  10

Elementi per l’istruttoria legislativa  11

§      Motivazioni della necessità ed urgenza  11

§      Rispetto delle competenze legislative costituzionalmente definite  11

§      Specificità ed omogeneità delle disposizioni12

§      Compatibilità comunitaria  12

§      Incidenza sull’ordinamento giuridico  13

§      Formulazione del testo  14

Schede di lettura

Capo I – Misure urgenti per la tutela dei consumatori

§      Art. 1 Ricarica nei servizi di telefonia mobile, trasparenza e libertà di recesso dai contratti con operatori telefonici, televisivi e di servizi internet19

§      Art. 2 Informazione sui prezzi dei carburanti e sul traffico lungo la rete autostradale e stradale  25

§      Art. 3 Trasparenza delle tariffe aeree  29

§      Art. 4 Data di scadenza dei prodotti alimentari33

§      Art. 5 Misure per la concorrenza e per la tutela del consumatore nei servizi assicurativi35

§      Art. 6 Semplificazione del procedimento di cancellazione dell'ipoteca nei mutui immobiliari45

§      Art. 7 Estinzione anticipata dei mutui immobiliari divieto di clausole penali49

§      Art. 8 Portabilità del mutuo; surrogazione  55

Capo II – Misure urgenti per lo sviluppo imprenditoriale e la promozione della concorrenza

§      Art. 9 Comunicazione unica per la nascita dell'impresa  59

§      Art. 10 Misure urgenti per la liberalizzazione di alcune attività economiche  67

§      Art. 11 Misure per il mercato del gas  83

§      Art. 12 Revoca delle concessioni per la progettazione e costruzione di linee ad alta velocità e nuova disciplina degli affidamenti  contrattuali nella revoca di atti amministrativi91

§      Art. 13, co. 1-2 Disposizioni urgenti in materia di istruzione tecnico-professionale e di valorizzazione dell'autonomia scolastica  97

§      Art. 13, co. 3-8 Agevolazioni fiscali per le donazioni a favore di istituti scolastici105

§      Art. 14 Misure in materia di autoveicoli113

§      Art. 15 Entrata in vigore  119

Progetto di legge

§      A.C. N. 2201, (Governo), Conversione in legge del decreto-legge 31 gennaio 2007, n. 7, recante misure urgenti per la tutela dei consumatori, la promozione della concorrenza, lo sviluppo di attività economiche e la nascita di nuove imprese  123

§     

Normativa di riferimento

Normativa nazionale

§      Costituzione della Repubblica (artt. 41, 77, 78, 117)192

§      Codice Civile (art. 1201-1205; 1226, 1341, 1372, 1418-1424; 1899; 2821, 2835, 2878, 2882-2888)195

§      L. 14 febbraio 1963, n. 161 Disciplina dell'attività di barbiere, parrucchiere ed affini203

§      L. 21 luglio 1967, n. 613 Ricerca e coltivazione degli idrocarburi liquidi e gassosi nel mare territoriale e nella piattaforma continentale e modificazioni alla L. 11 gennaio 1957, n. 6 , sulla ricerca e coltivazione degli idrocarburi liquidi e gassosi (art. 33)207

§      D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 642 Disciplina dell'imposta di bollo (art. 1 e Tab. A)209

§      L. 5 agosto 1978, n. 468  Riforma di alcune norme di contabilità generale dello Stato in materia di bilancio (artt. 7 e 11-ter)211

§      L. 11 gennaio 1979, n. 12 Norme per l'ordinamento della professione di consulente del lavoro (art. 1)215

§      D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917 Approvazione del testo unico delle imposte sui redditi (artt. 15, 100, 147)217

§      L. 4 gennaio 1990, n. 1 Disciplina dell'attività di estetista  227

§      L. 7 agosto 1990, n. 241 Nuove norme in materia di procedimento amministrativo e di diritto di accesso ai documenti amministrativi (artt. 19, 21-quinquies, 23)233

§      L. 30 dicembre 1991, n. 412 Disposizioni in materia di finanza pubblica (art. 14)235

§      D.Lgs. 27 gennaio 1992, n. 109 Attuazione della direttiva 89/395/CEE e della direttiva 89/396/CEE concernenti l'etichettatura, la presentazione e la pubblicità dei prodotti alimentari (artt. 3, 10, 10-bis, 18)237

§      D.Lgs. 30 aprile 1992, n. 285 Nuovo codice della strada (art. 123)241

§      L. 15 gennaio 1993, n. 6 Disposizioni urgenti per il recupero degli introiti contributivi in materia previdenziale (art. 1)245

§      L. 29 dicembre 1993, n. 580 Riordinamento delle camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura  (art. 8)247

§      L. 25 gennaio 1994, n. 82 Disciplina delle attività di pulizia, di disinfezione, di disinfestazione, di derattizzazione e di sanificazione  249

§      D.Lgs. 16 aprile 1994, n. 297 Approvazione del testo unico delle disposizioni legislative vigenti in materia di istruzione, relative alle scuole di ogni ordine e grado (artt. 8-10, 191  253

§      D.Lgs. 19 settembre 1994, n. 626 Attuazione delle direttive 89/391/CEE, 89/654/CEE, 89/655/CEE, 89/656/CEE, 90/269/CEE, 90/270/CEE, 90/394/CEE, 90/679/CEE, 93/88/CEE, 95/63/CE, 97/42/CE, 98/24/CE, 99/38/CE, 99/92/CE, 2001/45/CE, 2003/10/CE e 2003/18/CE riguardanti il miglioramento della sicurezza e della salute dei lavoratori durante il lavoro  259

§      D.M. 17 maggio 1995, n. 317 Regolamento recante la disciplina dell'attività delle autoscuole (art. 1)261

§      D.P.R. 7 dicembre 1995, n. 581 Regolamento di attuazione dell'art. 8 della L. 29 dicembre 1993, n. 580 , in materia di istituzione del registro delle imprese di cui all'art. 2188 del codice civile  263

§      D.Lgs. 25 novembre 1996, n. 625 Attuazione della direttiva 94/22/CEE relativa alle condizioni di rilascio e di esercizio delle autorizzazioni alla prospezione, ricerca e coltivazione di idrocarburi.265

§      D.M. 7 luglio 1997, n. 274 Regolamento di attuazione degli articoli 1 e 4 della L. 25 gennaio 1994, n. 82 , per la disciplina delle attività di pulizia, di disinfezione, di disinfestazione, di derattizzazione e di sanificazione  269

§      D.Lgs. 9 luglio 1997, n. 241 Norme di semplificazione degli adempimenti dei contribuenti in sede di dichiarazione dei redditi e dell'imposta sul valore aggiunto, nonché di modernizzazione del sistema di gestione delle dichiarazioni (art. 23)285

§      D.P.R. 8 marzo 1999, n. 275 Regolamento recante norme in materia di autonomia delle istituzioni scolastiche, ai sensi dell'art. 21 della L. 15 marzo 1997, n. 59 (art. 7)287

§      D.Lgs. 22 luglio 1999, n. 261 Attuazione della direttiva 97/67/CE concernente regole comuni per lo sviluppo del mercato interno dei servizi postali comunitari e per il miglioramento della qualità del servizio (art. 12)289

§      D.M. 30 settembre 1999 Disposizioni concernenti le modalità di pubblicità dei prezzi dei prodotti petroliferi per uso di autotrazione presso gli impianti automatici di distribuzione dei carburanti291

§      D.P.R. 14 dicembre 1999, n. 558 Regolamento recante norme per la semplificazione della disciplina in materia di registro delle imprese, nonché per la semplificazione dei procedimenti relativi alla denuncia di inizio di attività e per la domanda di iscrizione all'albo delle imprese artigiane o al registro delle imprese per particolari categorie di attività soggette alla verifica di determinati requisiti tecnici (numeri 94-97-98 dell'allegato 1 della L. 15 marzo 1997, n. 59.) (art. 7)293

§      D.Lgs. 23 maggio 2000, n. 164 Attuazione della direttiva 98/30/CE recante norme comuni per il mercato interno del gas naturale, a norma dell'articolo 41 della L. 17 maggio 1999, n. 144 (art. 3, 21)295

§      D.M. 31 ottobre 2000, n. 138T Rilascio alla "Ferrovie dello Stato - Societa' di Trasporti e Servizi per Azioni" della concessione per la gestione dell’infrastruttura ferroviaria nazionale (Art. 5)299

§      L. 23 dicembre 2000, n. 388 Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge finanziaria 2001) (art. 131)301

§      L. 29 marzo 2001, n. 135 Riforma della legislazione nazionale del turismo (art. 7)303

§      D.L. 28 dicembre 2001, n. 452¸ conv. con modif. dalla L. 27 febbraio 2002, n. 16 Disposizioni urgenti in tema di accise, di gasolio per autotrazione, di smaltimento di oli usati, di giochi e scommesse, nonché sui rimborsi IVA, sulla pubblicità effettuata con veicoli, sulle contabilità speciali, sui generi di monopolio, sul trasferimento di beni demaniali, sulla giustizia tributaria, sul funzionamento del servizio nazionale della riscossione dei tributi e su contributi ad enti ed associazioni (art. 5-ter)305

§      D.Lgs. 8 luglio 2003, n. 188 Attuazione della direttiva 2001/12/CE, della direttiva 2001/13/CE e della direttiva 2001/14/CE in materia ferroviaria (art. 15)307

§      D.M. 30 giugno 2003, n. 221 Regolamento recante disposizioni di attuazione dell'articolo 17 della L. 5 marzo 2001, n. 57, in materia di riqualificazione delle imprese di facchinaggio (2).309

§      D.L. 29 agosto 2003, n. 239, conv. con modif. dalla L. 27 ottobre 2003, n. 290 Disposizioni urgenti per la sicurezza e lo sviluppo del sistema elettrico nazionale e per il recupero di potenza di energia elettrica (art. 1-ter)329

§      D.Lgs. 1 agosto 2003, n. 259 Codice delle comunicazioni elettroniche (artt. 8, 70, 71)331

§      L. 18 aprile 2005, n. 62 Disposizioni per l'adempimento di obblighi derivanti dall'appartenenza dell'Italia alle Comunità europee. Legge comunitaria 2004 (art. 16)333

§      D.Lgs. 7 marzo 2005, n. 82 Codice dell'amministrazione digitale (art. 71)335

§      L. 17 agosto 2005, n. 174 Disciplina dell'attività di acconciatore  337

§      D.Lgs. 6 settembre 2005, n. 206 Codice del consumo, a norma dell'articolo 7 della L. 29 luglio 2003, n. 229 (artt. 26, 137)341

§      D.Lgs. 7 settembre 2005, n. 209 Codice delle assicurazioni private (artt. 131, 133-136)347

§      D.Lgs. 17 ottobre 2005, n. 226 Norme generali e livelli essenziali delle prestazioni relativi al secondo ciclo del sistema educativo di istruzione e formazione, a norma dell'articolo 2 della L. 28 marzo 2003, n. 53 (artt. 1-2, 27-28, 31)353

§      D.Lgs. 21 novembre 2005, n. 285 Riordino dei servizi automobilistici interregionali di competenza statale (art. 9)361

§      D.L. 4 luglio 2006, n. 223, conv. con modif. dalla L. 4 agosto 2006, n. 248 Disposizioni urgenti per il rilancio economico e sociale, per il contenimento e la razionalizzazione della spesa pubblica, nonchè interventi in materia di entrate e di contrasto all'evasione fiscale (art. 8)363

§      Reg. 9 agosto 2006, n. 4Obblighi informativi a carico delle imprese in occasione di ciascuna scadenza annuale dei contratti R.C. auto, di cui al Titolo XIV (Vigilanza sulle imprese e sugli intermediari) Capo I (Disposizioni generali), nonché la disciplina relativa all'attestazione sullo stato del rischio di cui al Titolo X (Assicurazione obbligatoria per i veicoli a motore e i natanti), Capo II (Esercizio dell'assicurazione) del D.Lgs. 7 settembre 2005, n. 209 - Codice delle assicurazioni. (Regolamento n. 4) (art. 8)365

§      L. 27 dicembre 2006, n. 296 Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge finanziaria 2007) (art. 1, co.224-225, 622, 631, 634, 875, 905-906)367

Normativa comunitaria

§      Trattato 25 marzo 1957 Trattato che istituisce la Comunità europea (n.d.r. Versione in vigore dal 1° febbraio 2003) (artt. 81, 82, 86)373

§      Dir. 2000/13/CE del 20 marzo 2000 Direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio relativa al ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri concernenti l'etichettatura e la presentazione dei prodotti alimentari, nonché la relativa pubblicità (art. 13)377

§      Dir. 2003/55/CE del 26 giugno 2003  Direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio  relativa a norme comuni per il mercato interno del gas naturale e che abroga la direttiva 98/30/CE   379

Autorità per l’energia elettrica e il gas

§      Deliberazione 17 luglio 2002, n. 137/02 Adozione di garanzie di libero accesso al servizio di trasporto del gas naturale e di norme per la predisposizione dei codici di rete. (Deliberazione n. 137/02) (art. 13)413

§      Deliberazione 26 febbraio 2004, n. 22/04 Disposizioni in materia di mercato regolamentato delle capacità e del gas di cui all'art. 13 della Del.Aut.en.el. e gas 17 luglio 2002, n. 137/02. (Deliberazione n. 22/04).419

Autorità garante della concorrenza e del mercato

§      Segnalazione 12 giugno 1997 Limitazione del numero degli operatori nel settore autoscuole: AS093 - Decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285 recante "Nuovo Codice della strada" (art. 123)”425

§      Segnalazione 24 ottobre 2001 Regolamentazione dell'attivita' degli agenti e rappresentanti del commercio: AS219 - Legge 3 maggio 1985, n. 204, recante "Disciplina dell'attività di agente e rappresentante di commercio"429

§      Parere 12 febbraio 2002 Attuazione di direttive comunitarie nel settore delle telecomunicazioni: AS253 - Schema di decreto recante “Modifiche all’articolo 6 del decreto del Presidente della Repubblica 19 settembre 1997 n. 318, recante attuazione di direttive comunitarie nel settore delle telecomunicazioni”431

§      Segnalazione 10 novembre 2004 Disciplina normativa dell'attività di distribuzione di carburanti AS283 - Decreto legislativo 11 febbraio 1998, n. 32, recante "Razionalizzazione del sistema di distribuzione dei carburanti, a norma dell'art. 4, comma 4, lettera c), della L. 15 marzo 1997, n. 59" Decreto legge 29 ottobre 1999, n. 383, recante "Disposizioni urgenti in materia di accise sui prodotti petroliferi e di accelerazione del processo di liberalizzazione del relativo settore",convertito, con modificazioni, in legge 28 dicembre 1999, n. 496 Decreto ministeriale 31 ottobre 2001, con il quale è stato adottato il "Piano nazionale contenente le linee guida per l'ammodernamento del sistema distributivo dei carburanti" Normative regionali di attuazione  433

§      Segnalazione 28 luglio 2006 Modifiche al Codice delle assicurazioni in materia di trasparenza sulle tariffe e sulle condizioni contrattuali:  AS352 - Decreto legislativo del 30 giugno 2006, correttivo ed integrativo del decreto legislativo 7 settembre 2005, n. 209, recante “codice delle assicurazioni private” ai sensi dell’art. 4 della legge 29 luglio 2003, n. 229  439

§      Segnalazione 16 gennaio 2007 Distribuzione assicurativa in tema di responsabilità civile auto: AS378 - Decreto-legge 4 luglio 2006, n.223, convertito in legge 4 agosto 2006, n. 248, recante “Disposizioni urgenti per il rilancio economico e sociale, per il contenimento e la razionalizzazione della spesa pubblica, nonché interventi in materia di entrate e di contrasto all’evasione fiscale441

§      Segnalazione 18 gennaio 2007 Normativa sulla distribuzione di carburanti: AS379 Vendita al dettaglio di carburanti per autotrazione”447

Giurisprudenza

§      Consiglio di Stato, Sezione V, Sentenza 4206/2006  457

 

 


SIWEB

Scheda di sintesi
per l’istruttoria legislativa



 

Dati identificativi

 

Numero del disegno di legge di conversione

A.C. 2201

Numero del decreto-legge

31 gennaio 2007, n. 7

Titolo del decreto-legge

Misure urgenti per la tutela dei consumatori, la promozione della concorrenza, lo sviluppo di attività economiche e la nascita di nuove imprese

Settore d’intervento

Vari

Iter al Senato

No

Numero di articoli

15

Date

 

§      emanazione

31 gennaio 2007

§      pubblicazione in Gazzetta Ufficiale

1° febbraio 2007

§      assegnazione

5 febbraio 2007

§      scadenza

2 aprile 2007

Commissioni competenti

X Commissione (Attività produttive)

Pareri previsti

I Commissione (Affari costituzionali);

II Commissione (Giustizia);

V Commissione (Bilancio);

VI Commissione (Finanze);

VII Commissione (Cultura);

VIII Commissione (Ambiente);

IX Commissione (Trasporti);

XI Commissione (Lavoro);

XIII Commissione (Agricoltura);

XIV Commissione (Politiche dell’Unione europea);

Commissione parlamentare per le questioni regionali

 

 

 


 

Struttura e oggetto

Contenuto

L’articolo 1, comma 1, del decreto legge interviene in materia di servizi telefonici mobili, con esplicito riferimento alla finalità di tutelare la concorrenza e la trasparenza delle tariffe, e di consentire ai consumatori la conoscenza del costo effettivo dei servizi stessi. Viene pertanto disposto, per gli operatori del settore, il divieto di applicare contributi aggiuntivi, rispetto al costo effettivo del traffico telefonico, per la ricarica di carte prepagate, nonchè di prevedere limiti temporali per l’utilizzo di tali carte. Le clausole difformi da tali disposizioni sono considerate nulle, ai sensi dell’art. 1418 del codice civile. Gli operatori dovranno adeguare le proprie offerte a tali disposizioni entro il termine di trenta giorni dall’entrata in vigore del decreto legge. 

Il comma 2 dell’art. 1 completa il disposto del comma 1, prevedendo che l’offerta delle tariffe da parte degli operatori di telefonia mobile deve evidenziare le voci che compongono il costo effettivo del traffico telefonico, per consentire agli utenti di confrontare le diverse ipotesi e quindi operare le proprie scelte sulla base di informazioni precise e attendibili.

Il comma 3 introduce misure in tema di contratti per adesione, stipulati con operatori di reti televisive, telefonia e comunicazione elettronica, prevedendo che la facoltà di recesso o di trasferimento ad altro operatore debba essere sempre indicata nel contratto stesso, senza che ad essa siano posti vincoli temporali o previste spese non giustificate. L’obbligo di preavviso per il recesso non deve comunque superare il termine di trenta giorni. E’ disposta la nullità delle clausole difformi, ed è previsto un termine di sessanta giorni dall’entrata in vigore del decreto legge per l’adeguamento delle disposizioni ai contratti già stipulati.

 

L’articolo 2, comma 1, stabilisce misure idonee ad assicurare agli automobilisti informazioni adeguate – anche in forma comparata - circa i prezzi del carburante praticati sulle tratte autostradali e sulle strade di primaria importanza, ponendole a carico del gestore della rete stradale e autostradale.

Il comma 2 stabilisce che il gestore deve inoltre fornire agli utenti avvertenze in tempo reale circa le condizioni di grave limitazione del traffico che potrebbero determinarsi accedendo alla tratta di competenza. A tali fini, il gestore deve utilizzare i dispositivi informativi di pubblica utilità già presenti

Il comma 3 prevede che il Ministero dei trasporti, previa proposta al CIPE, promuova programmi intesi all’installazione di ulteriori strumenti atti a diffondere le predette informazioni, e la definizione di convenzioni con emittenti e gestori di telefonia, per l’ulteriore e più ampia circolazione delle informazioni stesse. Tali convenzioni dovranno essere comunque stipulate senza oneri aggiuntivi per il bilancio pubblico.

 

L’articolo 3, comma 1, interviene in materia di tariffe praticate dalle compagnie aeree, disponendo il divieto di formulare offerte e messaggi pubblicitari:

§      recanti la sola indicazione del prezzo al netto di spese, tasse ed altri oneri;

§      riferite a singole tratte di andata o ritorno;

§      riferite ad un numero limitato di titoli di viaggio o a periodi delimitati o a modalità di prenotazione, salvo che tali elementi non siano espressamente indicati nell’offerta.

Il comma 2 stabilisce che, decorsi trenta giorni dalla data di entrata in vigore del decreto legge, le offerte soggette al divieto di cui al comma 1 verranno sanzionate secondo in quanto pubblicità ingannevole.

 

L’articolo 4 detta prescrizioni integrative della normativa vigente in ordine alle modalità con le quali devono essere riportate sui prodotti alimentari preconfezionati le indicazioni prescritte relativamente alla data di scadenza o al termine minimo di conservazione, allo scopo di garantire la leggibilità di tali indicazioni.

 

L’articolo 5 reca disposizioni per incrementare la concorrenza e la tutela dei consumatori nel settore assicurativo.

In particolare il comma 1 introduce il divieto, per le compagnie di assicurazione e i loro agenti di vendita, di stipulare clausole di distribuzione esclusiva di polizze relative a tutti i rami danni.

Il comma 2 detta disposizioni in merito all’attestato di rischio nell’assicurazione obbligatoria per la responsabilità civile auto, disponendo l’illimitata validità temporale dell’ultimo attestato conseguito; la valida dell’attestato ai fini della stipula di ulteriori polizze assicurative; la possibilità di variare la classe di merito esclusivamente a seguito dell’accertamento dell’effettiva responsabilità dei sinistri e il computo pro quota dei sinistri con più conducenti coinvolti; l’obbligo delle imprese di assicurazione di comunicare tempestivamente le variazioni della classe di merito.

Il comma 3 prevede la realizzazione, da parte del Ministero dello sviluppo economico, di un servizio informativo che consenta ai consumatori di comparare le tariffe, per l’assicurazione obbligatoria per la responsabilità civile auto, applicate dalle imprese di assicurazione, in relazione ai diversi profili individuali.

Il comma 4 stabilisce che nei contratti di assicurazione, diversi dal ramo vita, di durata poliennale, gli assicurati possono recedere annualmente dal contratto, senza oneri, con preavviso di sessanta giorni.

Il comma 5 determina la nullità delle clausole in contrasto con quanto stabilito dai commi precedenti, consentendo agli operatori di adeguarsi entro il 3 aprile 2007 (sessantesimo giorno successivo all’entrata in vigore del decreto-legge)

 

L’articolo 6 del decreto legge prevede che, una volta estinta l’obbligazione derivante da un contratto di mutuo, spetti all’istituto di credito – entro 30 giorni - darne comunicazione alla conservatoria dei registri immobiliari che procederà d’ufficio all’annotazione a margine dell’originaria iscrizione di ipoteca.

Senza che debba intervenire alcuna autentica notarile, l’ipoteca iscritta a garanzia dell’obbligazione si estinguerà così, automaticamente, entro 30 giorni dal completo adempimento dell’obbligo.

 

L’articolo 7 stabilisce per un verso, in relazione ai contratti di mutuo stipulati dopo l'entrata in vigore del provvedimento, la nullità di qualunque patto con cui si convenga che il mutuatario, che richieda l'estinzione anticipata o parziale di un mutuo per l'acquisto della prima casa, sia tenuto a una determinata prestazione a favore della banca mutuante; per altro verso, con riferimento ai contratti di mutuo in essere, prevede la definizione di regole generali di riconduzione a equità degli stessi.

 

L’articolo 8 prevede la cosiddetta portabilità del finanziamento bancario, facultizzando il debitore mutuatario della banca a surrogare un nuovo mutuante nei diritti del creditore originario, anche senza il consenso di questo. Si precisa che l’esercizio di tale facoltà non fa venire meno i benefici fiscali previsti per l’acquisto della prima casa.

 

L’articolo 9 prevede che gli adempimenti amministrativi a carico delle imprese per l’iscrizione nel Registro delle imprese, a fini previdenziali, assistenziali e fiscali, siano sostituiti da una comunicazione unica all’Ufficio del registro delle imprese delle Camere di commercio, il quale rilascia una ricevuta che costituisce titolo per l’immediato avvio dell’attività imprenditoriale.

 

L’articolo 10 introduce misure volte alla liberalizzazione di alcune attività economiche attualmente sottoposte a vincoli normativi di vario tipo. A tal fine, in particolare, per lo svolgimento di talune attività diventa sufficiente la sola dichiarazione di inizio attività (DIA).

In particolare per lo svolgimento dell’attività di acconciatore ed estetista si richiede la sola dichiarazione di inizio di attività e il possesso di requisiti di qualificazione professionale; scompaiono I criteri di distanza minima o i parametri numerici attualmente previsti e l’obbligo di chiusura settimanale (comma 2).

Per le imprese di pulizia si richiede la sola dichiarazione di inizio attività e l’obbligo del possesso dei requisiti di onorabilità e capacità economico-finanziaria (comma 3).

Per le guide turistiche scompare l’obbligo di autorizzazione preventiva allo svolgimento dell’attività e si riconferma l’obbligo del possesso dei requisiti di qualificazione professionale (comma 4).

Il comma 5 introduce misure di semplificazione e di liberalizzazione in materia di gestione delle autoscuole. In particolare, si prevede che l’avvio dell’attività economica connessa a tale gestione – attualmente soggetta al regime dell’autorizzazione da parte dell’ente provinciale - sia condizionata alla sola dichiarazione di inizio attività, da presentarsi all’amministrazione provinciale competente; è fatto salvo il possesso dei requisiti morali e professionali, della capacità finanziaria e degli standard tecnico-organizzativi richiesti dalla vigente normativa.

Il comma provvede inoltre alla eliminazione dei limiti attualmente previsti dall’art. 123 del d.lgs. n. 285/1992 (Codice della strada) per l’apertura di autoscuole, limiti che sono connessi a parametri quali la popolazione, l’indice di motorizzazione e l’estensione del territorio.

L’ultimo periodo del comma 5 prevede infine l’abrogazione di alcune norme – art. 1, commi 3, 4, 5, 6 e 7 - del Regolamento di attuazione della disciplina in materia di autoscuole (Decreto del Ministro dei trasporti e della navigazione 17 maggio 1995, n. 317). Tali commi, in particolare, recano la specificazione dei limiti applicabili alle autorizzazioni per le nuove autoscuole, sulla base dei criteri limitativi stabiliti dal citato art. 123 del Codice della strada. La loro abrogazione consegue pertanto alla soppressione dei predetti limiti.

Il comma 6 abroga le disposizioni statali non compatibili con le disposizioni dei commi precedenti e il comma 7 prevede l’adeguamento ai medesimi delle disposizioni regionali, proviciali e comunali.

Il comma 8 esclude che i cittadini comunitari che, in base all’ordinamento di appartenenza, sono abilitati a svolgere attività strumentali come quelle di calcolo, elaborazione e stampa di buste paga, siano obbligati all’iscrizione all’albo italiano dei consulenti del lavoro.

Il comma 9 interviene in tema di servizi automobilistici interregionali di competenza statale, modificando una norma transitoria contenuta nel d.lgs. 21 novembre 2005, n. 285, recante il riassetto della materia. In particolare, il comma in esame modifica l’art. 9, comma 4, nel senso di ampliare le possibilità di apertura di nuovi servizi di linea. Il comma 4 prevede infatti che, fino al 31 dicembre 2010 – data limite di validità delle concessioni rilasciate ai sensi della previgente normativa – possono essere autorizzati nuovi servizi di linea, ovvero modifiche intese a introdurre nuove relazioni di traffico nei servizi di linea già esistenti, a condizione che le relazioni di traffico proposte interessino località distanti più di trenta chilometri da quelle servite nell’ambito dei servizi di linea  esistenti. Il comma 9 in esame dispone l’abrogazione di quest’ultima parte della norma, sopprimendo quindi la limitazione ivi prevista all’autorizzazione di nuovi servizi di linea.

 

L’articolo 11, al fine di conseguire una maggiore liquidità dell'offerta di gas nel mercato interno, dispone che le quote di produzione nazionale di gas che le imprese produttrici versano allo Stato in controvalore (royalties) e una quota fissa di tutte le importazioni future debbano essere offerte sul mercato regolamentato delle capacità e del gas (c.d. borsa del gas), rinviando a successivi decreti ministeriali la definizione delle modalità applicative.

 

L’articolo 12 dispone, al comma 1, la revoca di alcune concessioni rilasciate dall’Ente ferrovie dello Stato alla società TAV Spa, allo scopo di garantire, nella realizzazione del sistema Alta velocità, che i criteri e gli affidamenti dei lavori risultino competitivi, secondo la normativa vigente, e che i tempi e le spese risultino compatibili con priorità e programmi di investimento delle infrastrutture ferroviarie, nel rispetto dei vincoli dettati al gestore delle infrastrutture ferroviarie dal decreto legislativo 8 luglio 2003, n. 188, e degli impegni assunti con l’Unione europea in tema di riduzione del disavanzo e del debito pubblico.

Il comma 2 precisa che la revoca si estende a tutti i rapporti convenzionali derivanti o collegati, stipulati da TAV Spa. con i general contractors nelle date del 15 ottobre 1991 e 16 marzo 1992.

Il comma 3 disciplina i criteri e la procedura per i rimborsi dovuti dalla Società Ferrovie dello Stato, prevedendo che questa, anche in deroga alla normativa vigente, provveda direttamente - ai sensi del successivo comma 4 - all’accertamento ed al rimborso degli oneri connessi alle attività progettuali e preliminari condotte per le opere oggetto della revoca di cui al comma 1; il rimborso è dovuto nei limiti dei costi effettivamente sostenuti e non ancora rimborsati alla data di entrata in vigore del decreto legge.

Il comma 4 integra l’art. 21-quinquies della L. 241/1990, che disciplina l’istituto della revoca del provvedimento amministrativo, definendo i criteri per la determinazione dell’indennizzo nell’ipotesi in cui la revoca incida su rapporti negoziali con privati.

 

L’articolo 13 reca disposizioni urgenti in materia di istruzione tecnico-professionale (commi 1 e 2) ed agevolazioni fiscali per le donazioni a favore di istituti scolastici, purchè finalizzate all’innovazione tecnologica,all'edilizia scolastica e all'ampliamento dell'offerta formativa[1] (commi 3-8).

In particolare ilcomma 3 introduce la possibilità per le persone fisiche di detrarre dall’imposta e per le imprese di dedurre dal reddito, le erogazioni liberali effettuate nei confronti delle scuole di ogni ordine e grado. In base al comma 8 tali disposizioni si applicano a decorrere dal periodo d’imposta 2007.

I commi 4-6 recano le norme di copertura.

Il comma 7 esclude dalla partecipazione ad alcuni organi di gestione delle istituzioni scolastiche i soggetti che hanno effettuato donazioni.

 

L’articolo 14 interviene sulla disciplina del contributo e degli incentivi per la rottamazione di veicoli, recentemente introdotti dall’articolo 1, commi 224 e 225, della legge finanziaria 2007. Da un lato si restringe il campo di applicazione, sia del contributo alla rottamazione degli autoveicoli per uso promiscuo euro 1 ed euro 0, che del beneficio consistente nel rimborso dell’abbonamento ai trasporti pubblici, alla sola ipotesi in cui non vi sia sostituzione del veicolo fino a tre anni successivi alla data di rottamazione. Dall’altro viene estesa la fruibilità degli incentivi, sia del contributo alla rottamazione che del rimborso dell’abbonamento ai mezzi pubblici, ad una platea più ampia di autoveicoli, cioè a tutte le autovetture euro 1 o euro 0, indipendentemente dalla condizione che siano per il trasporto promiscuo di persone o cose.

 

L’articolo 15 dispone in ordine all’entrata in vigore del decreto-legge..

Relazioni allegate

Al provvedimento sono allegate la relazione illustrativa, la relazione tecnica e il testo integrale delle norme espressamente modificate o abrogate dal decreto-legge[2].

Non risultano allegate, invece, la Analisi tecnico normativa (ATN) e l’Analisi di impatto della regolamentazione (AIR), come richiesto dalla Direttiva del Presidente del consiglio del 27 marzo 2000[3].

Precedenti decreti-legge sulla stessa materia

Nella presente legislatura in materia di tutela del consumatore e promozione della concorrenza è intervenuto il decreto-legge 4 luglio 2006, n.223, convertito, con modificazioni, dalla legge 4 agosto 2006, n.248 /c.d. decreto Bersani-Visco).


 

Elementi per l’istruttoria legislativa

Motivazioni della necessità ed urgenza

Nel preambolo del decreto-legge si afferma la “straordinaria necessità e urgenza di rimuovere ostacoli allo sviluppo economico e di adottare misure a garanzie dei diritti dei consumatori”, nonché “di intervenire per rendere più concorrenziali gli assetti del mercato e favorire la crescita della competitività del sistema produttivo nazionale, assicurando il rispetto dei principi comunitari”.

Rispetto delle competenze legislative costituzionalmente definite

Le disposizioni recate dal provvedimento possono essere ricondotte a una pluralità di materie contemplate dall’articolo 117 Cost.

In linea generale, considerate le finalità complessive del provvedimento, individuabili nella promozione della concorrenza e nello sviluppo dei mercati, appare possibile fare riferimento alla materia di competenza esclusiva statale “tutela della concorrenza (art.117, comma 2, lettera e), Cost.), con particolare riguardo alle norme di cui agli articoli 9-12.

E’ possibile fare riferimento, inoltre, alle seguenti ulteriori materie di competenza esclusiva statale:

·       tutela del risparmio e mercati finanziari” (art.117, comma 2, lettera e)), Cost.) per quanto concerne le norme in materia di servizi assicurativi (articolo 5) e mutui immobiliari (articoli 6, 7 e 8);

·       previdenza sociale” (art.117, comma 2, lettera o)) e “ordinamento e organizzazione amministrativa dello Stato e degli enti pubblici” (art.117, comma 2, lettera g)) per quanto concerne le norme per la nascita dell’impresa (articolo 9);

·       norme generali sull’istruzione” (art.117, comma 2, lettera n)) per quanto concerne le norme sull’istruzione tecnico-professionale e l’autonomia scolastica (articolo 13).

E’ inoltre possibile fare riferimento, ai sensi dell’articolo 117, comma 3, Cost.) alle materie di competenza concorrente Stato-regioni per quanto attiene alle norme relative:

·       al mercato del gas, di cui all’articolo 11 (materia “produzione, trasporto e distribuzione nazionale dell’energia”);

·       alla liberalizzazione di talune professioni, di cui all’articolo 10 (materia “professioni”);

·       alla telefonia, di cui all’articolo 1 (materia “ordinamento della comunicazione”);

·       all’indicazione della data di scadenza dei prodotti alimentari, di cui all’articolo 4 (materie “tutela della salute” e “alimentazione”).

Specificità ed omogeneità delle disposizioni

Il decreto-legge si compone di due capi. Il capo I contiene disposizioni riconducibili alla finalità di tutela del consumatore; il capo II reca diverse misure per lo sviluppo imprenditoriale e la promozione della concorrenza, cui non sembrano immediatamente riconducibili l’articolo 13, concernente l’istruzione tecnico-professionale e l’autonomia scolastica, e l’articolo 14, che esclude dai contributi per la rottamazione degli autoveicoli coloro che acquistano un altro veicolo.

Compatibilità comunitaria

Esame del provvedimento in relazione alla normativa comunitaria

Nella relazione illustrativa del decreto-legge si fa presente che gli interventi si rendono necessari “in relazione alla presenza di situazioni di grave anomalia rispetto ai principi comunitari e costituzionali, più volte segnalate anche dalle istituzioni comunitarie”.

Per un esame degli eventuali profili di compatibilità comunitaria in relazione alle norme contenute nel decreto-legge si rinvia alle schede di lettura dei singoli articoli.

Procedure di contenzioso in sede comunitaria
(a cura dell’Ufficio rapporti con l’Unione Europea)

Per un esame delle procedure di contenzioso in sede comunitaria in relazione alle norme contenute nel decreto-legge si rinvia alle schede di lettura dei singoli articoli.

Documenti all’esame delle Istituzioni dell’UE
(a cura dell'Ufficio rapporti con l'Unione Europea)

Per la valutazione dei documenti all’esame delle istituzioni europee in relazione alle norme contenute nel decreto-legge si rinvia alle schede di lettura dei singoli articoli.

Incidenza sull’ordinamento giuridico

Attribuzione di poteri normativi

L’articolo 9, comma 7, rinvia a due DPCM l’adozione delle norme tecniche e di attuazione della nuova procedura di comunicazione unica per la nascita dell’impresa.

 

L’articolo 11, commi 1 e 2, rimette a tre decreti ministeriale l’adozione delle disposizioni attuative delle nuove misure relative al mercato del gas.

 

Altri adempimenti normativi sono previsti all’articolo 1, comma 2, all’articolo 7, commi 5 e 6, nonché all’articolo 10, comma 7.

Coordinamento con la normativa vigente

In linea generale, si osserva che in vari casi le disposizioni del decreto intervengono soltanto parzialmente con modifiche ed abrogazioni esplicite della normativa vigente, talora richiamata in modo generico, procedendo contestualmente a modifiche non testuali ed abrogazioni generiche. Inoltre, in alcuni casi richiamano genericamente la normativa vigente o recano una deroga generica alla normativa vigente.

 

Con riferimento all’articolo 9, recante la comunicazione unica per la nascita dell’impresa, si ricorda che l’articolo 5, comma 1, della legge 28 novembre 2005, n. 246 (“Semplificazione e riassetto normativo per l'anno 2005) ha conferito al Governo una delega finalizzata all’adozione di uno o più decreti legislativi per la semplificazione delle disposizioni di competenza legislativa esclusiva dello Stato, di cui all’art. 117, secondo comma, Cost., vigenti in materia di adempimenti amministrativi delle imprese e per il rafforzamento dello sportello unico per le attività produttive (peraltro con esclusione degli adempimenti amministrativi fiscali, previdenziali e di quelli gravanti sulle imprese in qualità di datori di lavoro)[4].

 

All’articolo 10 si segnala l’opportunità di intervenire con la tecnica della novella sulle disposizioni che disciplinano l’esercizio di alcune professioni, indicando espressamente le norme oggetto di abrogazione. Inoltre, al comma 5, in particolare, si osserva che ulteriori riferimenti all’atto di autorizzazione sono contenuti anche ai commi 4 e seguenti del richiamato articolo 123 del decreto legislativo n.285 del 1992. Sarebbe quindi opportuno prevedere, anche in tali ipotesi, una sostituzione di tale termine, ove ricorra, con quello di dichiarazione, ai fini di un più adeguato coordinamento normativo. Si osserva, inoltre, che l’ultimo periodo del comma 5 dispone (con norma di rango legislativo) l’abrogazione di norme regolamentari, in deroga ai principi generali che presiedono ai rapporti fra le fonti normative.

 

All’articolo 13, comma 1, si segnala che la disposizione, pur modificando l’articolazione del secondo ciclo del sistema educativo di istruzione e formazione di cui all’articolo 1 del D.Lgs. 226/2005, dal momento che prevede il sistema dell’istruzione secondaria superiore in luogo del sistema dei licei, non risulta formulato in termini di novella alla disposizione richiamata.

Collegamento con lavori legislativi in corso

Con riferimento alle disposizioni recate all’articolo 9, recante la comunicazione unica per la nascita dell’impresa, si ricorda che il 25 gennaio 2007 la X Commissione (Attività produttive) della Camera ha licenziato per l’Assemblea il testo dell’AC 1428 (Capezzone e altri), recante “Modifica alla normativa sullo sportello unico delle imprese e in materia di dichiarazione di inizio attività”.

Formulazione del testo

 

All’articolo 1, il comma 2 impone in termini imperativi un ulteriore obbligo agli operatori della telefonia, relativo all’offerta delle tariffe, la cui effettività è condizionata, ai sensi del comma 4,  all’individuazione – per la quale non è stabilito un termine – delle modalità attuative da parte dell’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni, che “applica le relative sanzioni” (a quest’ultimo proposito andrebbe chiarito se si tratta di applicazione di sanzioni già previste nell’ordinamento o la cui entità debba essere stabilita dall’Autorità stessa, nel caso di specie senza nessun criterio previamente stabilito con atto legislativo).

 

All’articolo 5, comma 5, si osserva che l’articolo 1418 del codice civile disciplina le cause di nullità del contratto, disponendo fra l’altro che esso sia nullo quando è contrario a norme imperative, salvo che la legge disponga diversamente. La disposizione in esame riguarda invece la nullità di singole clausole contrattuali, che dovrebbero intendersi come non apposte, senza che ne risulti inficiata la validità del contratto cui accedono, come previsto dal successivo articolo 1419 del codice civile.

 

All’articolo 6, comma 1, si osserva come la formulazione della norma limita ai soli casi di estinzione dell’ipoteca di cui al n. 6) dell’articolo n.2878 del codice civile (ossia quando viene raggiunto l'eventuale termine a cui l'ipoteca è stata limitata o si verifica l'eventuale condizione risolutiva che prevedeva l'annullamento dell'ipoteca) anziché alla più generale ipotesi di estinzione dell’obbligazione di cui al n. 3) del medesimo articolo n.2878, il nuovo automatismo per la cancellazione dell’ipoteca medesima introdotto dalla norma in commento.

 

All’articolo 9, commi 7-9, al fine di evitare il rischio di temporanei vuoti normativi, pare opportuno meglio coordinare la data di abrogazione della normativa vigente (coincidente con il momento in cui verranno adottati i DPCM attuativi, ossia entro 45 giorni dalla data di entrata in vigore del decreto-legge) con il momento dal quale la nuova disciplina della comunicazione unica dovrà trovare applicazione (ossia dopo 60 giorni dalla data di entrata in vigore del decreto-legge).

 

All’articolo 10, comma 4, si evidenzia che il richiamo della legge n.135 del 2001 (c.d. Legge quadro sul turismo) per quanto concerne i requisiti di qualificazione professionale e gli esami abilitanti per l’esercizio dell’attività di guida turistica, appare incongruo, in quanto trattasi, in entrambi i casi, di materie non disciplinate dalla suddetta legge, bensì da leggi delle singole regioni.

 

All’articolo 11, comma 2, si evidenzia la necessità di individuare un termine, da coordinare con quello di tre mesi previsto al comma 1, per l’adozione del decreto del Ministro dello sviluppo a cui è rimessa la definizione della quota di gas importato oggetto dell’obbligo di offerta nel mercato regolamentato. Appare opportuno, inoltre, specificare che il decreto a cui si fa riferimento è quello di cui al primo periodo (e non già al secondo) del comma 1.

 

All’articolo 13, comma 2, non appare chiaro se possano entrare a far parte dei poli tecnico-professionali ivi previsti anche le strutture sedi di percorsi sperimentali di istruzione e formazione di cui all’articolo 28 del decreto legislativo 226/2005, in quanto la disposizione sembra richiamare solo le strutture formative di cui all’articolo 15 del citato decreto legislativo, deputate nella fase “a regime” alla realizzazione dei percorsi di istruzione e formazione professionale. Si segnala, inoltre, che la formulazione del primo periodo del comma 2 non appare del tutto corretta, in quanto non chiarisce (anche alla luce della relazione illustrativa) che la possibile costituzione ivi prevista concerne i poli tecnico professionali.

 

 


Schede di lettura

 


Art. 1
Ricarica nei servizi di telefonia mobile, trasparenza e libertà di recesso dai contratti con operatori telefonici, televisivi e di servizi internet

1. Al fine di favorire la concorrenza e la trasparenza delle tariffe, di garantire ai consumatori finali un adeguato livello di conoscenza sugli effettivi costi del servizio, nonche' di facilitare il confronto tra le offerte presenti sul mercato, e' vietata, da parte degli operatori della telefonia mobile, l'applicazione di costi fissi e di contributi per la ricarica di carte prepagate, anche via bancomat o in forma telematica, aggiuntivi rispetto al costo del traffico telefonico richiesto, nonche' la previsione di termini temporali massimi di utilizzo del traffico acquistato. Ogni eventuale clausola difforme e' nulla ai sensi dell'articolo 1418 del codice civile. Gli operatori adeguano la propria offerta commerciale alle predette disposizioni entro il termine di trenta giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto.

2. L'offerta delle tariffe dei differenti operatori della telefonia deve evidenziare tutte le voci che compongono l'effettivo costo del traffico telefonico, al fine di consentire ai singoli consumatori un adeguato confronto.

3. I contratti per adesione stipulati con operatori di telefonia e di reti televisive e di comunicazione elettronica, indipendentemente dalla tecnologia utilizzata, devono prevedere la facolta' del contraente di recedere dal contratto o di trasferirlo presso altro operatore senza vincoli temporali o ritardi non giustificati da esigenze tecniche e senza spese non giustificate da costi dell'operatore e non possono imporre un obbligo di preavviso superiore a trenta giorni. Le clausole difformi sono nulle, fatta salva la facolta' degli operatori di adeguare alle disposizioni del presente articolo i rapporti contrattuali gia' stipulati alla data di entrata in vigore del presente decreto entro i successivi sessanta giorni.

4. L'Autorita' per le garanzie nelle comunicazioni stabilisce le modalita' attuative delle disposizioni di cui al comma 2 e applica le relative sanzioni.

 

 

 

L’articolo 1, comma 1, del decreto legge interviene in materia di servizi telefonici mobili, con esplicito riferimento alla finalità di tutelare la concorrenza e la trasparenza delle tariffe, e di consentire ai consumatori la conoscenza del costo effettivo dei servizi stessi.

 

Il comma dispone quindi, per gli operatori del settore, il divieto di applicare contributi aggiuntivi, rispetto al costo effettivo del traffico telefonico, per la ricarica di carte prepagate, nonchè di prevedere limiti temporali per l’utilizzo di tali carte. Le clausole difformi da tali disposizioni sono considerate nulle, ai sensi dell’art. 1418 del codice civile. Gli operatori dovranno adeguare le proprie offerte a tali disposizioni entro il termine di trenta giorni dall’entrata in vigore del decreto legge. 

 

Va ricordato che il sistema prepagato di telefonia mobile – che viene utilizzato dalla larga maggioranza degli utenti, in luogo di quello che prevede il contratto di abbonamento – comporta il versamento di un contributo anticipato, che viene richiesto dalla generalità degli operatori, e che si aggiunge all’importo nominale della ricarica.

 

In materia di trasparenza delle tariffe, occorre rilevare che l’art. 71 del d.lgs. n. 259/2003, (Codice delle comunicazioni elettroniche) demanda all'Autorità per le Garanzie nelle comunicazioni il compito di assicurare che siano rese disponibili agli utenti finali e ai consumatori informazioni trasparenti e aggiornate in merito ai prezzi e alle tariffe, nonché alle condizioni generali vigenti in materia di accesso e di uso dei servizi telefonici accessibili al pubblico

L’art. 70, comma 1, dello stesso d.lgs. n. 259/2003 prevede che i contratti per l’abbonamento a servizi quali la connessione o l'accesso alla rete telefonica pubblica, nonché quelli che hanno ad oggetto servizi di comunicazione elettronica diversi, devono obbligatoriamente indicare, tra gli altri elementi: il dettaglio dei prezzi e delle tariffe; la durata del contratto, le condizioni di rinnovo e di cessazione dei servizi e del contratto

Nella materia interessata dal comma 1 in esame, l’Autorità Garante della concorrenza e del mercato (AGCM), congiuntamente  all’Autorità per le Garanzie nelle comunicazioni (AGCom), hannorecentemente condotto un’indagine conoscitiva. L’indagine è stata promossa anche a seguito di una lettera della Direzione generale della Concorrenza della Commissione europea, in data 15 maggio 2006, con la quale si esprimeva preoccupazione in merito alla problematica, segnalata da numerosi utenti italiani, concernente i costi di ricarica delle carte prepagate nel settore della telefonia mobile. La relazione conclusiva dell’indagine - approvata il 16 novembre scorso (Delibera n. 659/06/Cons) – sottolinea in primo luogo che il contributo di ricarica, richiesto da tutti gli operatori nazionali, rappresenta una specificità italiana, in quanto tale contributo non viene generalmente applicato negli altri paesi europei. Con il pagamento del contributo, il consumatore sostiene un prezzo per il servizio prima di averne usufruito. L’incidenza del contributo è particolarmente significativo nel mercato di telefonia mobile, giacchè la quasi totalità degli utenti si avvale del servizio ricaricabile (circa il 90%, a fronte di un 50% degli altri paesi europei).

Le Autorità configurano il contributo quale una “artificiosa scomposizione del prezzo”. In sostanza, la tariffa offerta al cliente per il traffico telefonico effettivamente sostenuto risulta più bassa di quella reale, che dovrebbe comprendere il costo della ricarica. Da questo punto di vista, la prassi in questione appare incompatibile con il principio della trasparenza dei prezzi.

Peraltro, la componente del prezzo costituita dal contributo di ricarica è rimasta da tempo inalterata, laddove nello stesso periodo le tariffe dei servizi telefonici mobili sono andate progressivamente riducendosi, per effetto dei meccanismi di mercato. Ne consegue che tale componente tariffaria risulta di fatto sottratta alle dinamiche della concorrenza, rappresentando anche per questo aspetto una sorta di anomalia nell’ambito di un sistema disciplinato appunto  da regole concorrenziali.

Inoltre, il sistema del servizio prepagato, a differenza di quello in abbonamento, non è gravato da una tassa di concessione governativa, e consentirebbe quindi di praticare tariffe più favorevoli all’utente. Ma tale effetto risulta in sostanza precluso proprio dalla presenza del contributo di ricarica, che si traduce pertanto in un rilevante beneficio per le imprese di telefonia mobile. Vantaggio che viene ulteriormente incrementato dalla previsione di un limite temporale – generalmente stabilito in 12 mesi – per l’utilizzo della ricarica: le quote di credito acquistato ma non utilizzato (e non più fruibile) dagli utenti, ammontano, secondo l’indagine, a circa 50 milioni di euro annui.

In conclusione, il documento delle Autorità rileva che l’attuale configurazione delle tariffe telefoniche con ricarica del credito non pone gli utenti in grado di ottenere un’informazione completa e veritiera circa l’effettiva entità del prezzo dei relativi servizi.

 

Si osserva che l’effetto esplicitamente perseguito dalla norma in commento è costituito dal ripristino di condizioni di trasparenza nella configurazione delle tariffe della telefonia mobile, con l’intento di garantire la massima conoscenza dei consumatori circa le offerte delle imprese operanti nel settore. In tal senso, il divieto di applicare il contributo di ricarica – atteso che questo è da ritenersi, anche secondo AGCM e AGCom, una componente del prezzo – non sembra limitare la discrezionalità degli operatori circa la definizione del prezzo stesso, comportando piuttosto l’onere di trasferire - in tutto o in parte - la quota corrispondente nell’importo della tariffa offerta agli utenti.

Sotto questo profilo, la norma non appare pertanto idonea ad incidere sugli ambiti riservati alla libera determinazione delle imprese, e quindi del mercato.

Si osserva peraltro che la disposizione in esame interviene in materia sulla quale coesiste una competenza affidata, dal citato art. 71 del d.lgs. n. 259/2003, all’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni, cui spetta, infatti, il compito di assicurare che siano rese disponibili agli utenti finali e ai consumatori informazioni trasparenti e aggiornate in merito ai prezzi e alle tariffe e che l’art. 1 dello stesso d.lgs. n. 259/2003 definisce ‘Autorità nazionale di regolamentazione’.

 

Il comma 2 dell’art. 1 completa il disposto del comma 1, prevedendo che l’offerta delle tariffe da parte degli operatori di telefonia mobile deve evidenziare le voci che compongono il costo effettivo del traffico telefonico, per consentire agli utenti di confrontare le diverse ipotesi e quindi operare le proprie scelte sulla base di informazioni precise e attendibili.

 

Il comma 3 introduce misure in tema di contratti per adesione, stipulati con operatori di reti televisive, telefonia e comunicazione elettronica, prevedendo che la facoltà di recesso o di trasferimento ad altro operatore debba essere sempre indicata nel contratto stesso, senza che ad essa siano posti vincoli temporali o previste spese non giustificate. L’obbligo di preavviso per il recesso non deve comunque superare il termine di trenta giorni. E’ disposta la nullità delle clausole difformi, ed è previsto un termine di sessanta giorni dall’entrata in vigore del decreto legge per l’adeguamento delle disposizioni ai contratti già stipulati.

Si ricorda che il contratto per adesione – utilizzato generalmente per la somministrazione di beni (acqua, luce, gas) o servizi (telefonici, televisivi, accesso alla rete Internet) - prevede che una delle parti - in genere un impresa o una società – predispone unilateralmente le condizioni e le porta a conoscenza dei potenziali contraenti. La parte che intende aderire alla proposta esprime il proprio consenso mediante sottoscrizione di un modulo o formulario già predisposto.

Il diritto di recesso è considerato dal codice civile una condizione derogatoria, della disciplina generale del contratto che, secondo l’art. 1372, può essere sciolto solo per mutuo consenso o nei casi espressamente previsti dalla legge. Tale facoltà può comunque essere inserita - e regolata - fra le condizioni del contratto. Se il diritto di recesso è previsto in favore di colui che ha predisposto la clausola, quest’ultima deve essere approvata per iscritto (art. 1341 c.c.). Nei  contratti a prestazione continuata o periodica il diritto di recesso, ove previsto, è esercitabile anche dopo che la somministrazione abbia avuto inizio, ma non ha effetto sulle prestazioni già eseguite. E’ comunque consentita la previsione di un corrispettivo per il recesso, nonché l’eventuale patto contrario.

Con riferimento alla materia dei servizi telefonici e televisivi, l’art. 70 del d.lgs. n. 259/2003, prevede al comma 4 il diritto degli abbonati a recedere dal contratto, senza penali, all'atto della notifica di proposte di modifiche delle condizioni contrattuali; gli abbonati devono essere  informati con adeguato preavviso, non inferiore a un mese, di tali eventuali modifiche e sono informati nel contempo del loro diritto di recedere dal contratto qualora non accettino le nuove condizioni.

 

Con la disposizione di cui al comma 3 in esame, si introduce pertanto un vincolo alla disciplina contrattuale in tema di accesso a reti televisive, telefoniche ed elettroniche, disponendo la previsione obbligatoria della clausola di recesso in favore del cliente ed escludendo che ad essa clausola possano accompagnarsi limiti temporali, salvo un termine di preavviso che non deve in ogni caso superare i trenta giorni.

La disposizione appare finalizzata ad apprestare una più sostanziale tutela del consumatore, che nei contratti per adesione e, in particolare, in quelli che formano oggetto della norma in esame, si configura quale ‘soggetto debole’.

In tal senso, la norma si collega al recente filone normativo con il quale si è inteso predisporre un adeguato quadro di garanzie per i consumatori, mediante l’adozione di specifiche misure di regolazione del mercato e delle dinamiche concorrenziali. In proposito, rilevano soprattutto le  attribuzioni delle Autorità competenti in materia (AGCM e AGCom), cui sono stati attribuiti poteri e competenze significativi in ordine a tali finalità regolatrici.

 

Il comma 4 demanda all’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni la predisposizione delle modalità attuative – se necessarie – e delle sanzioni connesse alla violazione delle norme previste dall’art. 1.

Va in proposito rilevato che tale disposizione si inserisce in un quadro normativo che già assegna – come più sopra ricordato – all’AGCom specifiche competenze in materia. Peraltro, nell’affidare all’Autorità la valutazione circa la tipologia e l’entità delle sanzioni da introdurre per tutelare l’osservanza delle disposizioni di cui ai commi precedenti, si evidenzia l’intento di consolidare il raccordo istituzionale fra Governo e Autorità nella gestione delle questioni disciplinate dal più volte citato codice delle comunicazioni elettroniche (si veda, in particolare, l’art. 8 del d.lgs. n. 259/2003).

 

Si ricorda infine che, con delibera n. 136/06 (pubblicata in GU del 31 marzo 2006), l’AGCom ha approvato il nuovo Regolamento per le procedure sanzionatorie di propria competenza.

Documentazione predisposta dall’Ufficio RUE

Documenti all’esame delle istituzioni dell’UE

Il 12 luglio 2006, la Commissione ha presentato una proposta di regolamento relativo al roaming sulle reti mobili pubbliche all'interno della Comunità, che modifica la direttiva 2002/21/CE sulle reti ed i servizi di comunicazione elettronica (COM(2006)382).

L'obiettivo della proposta è quello di modificare l'attuale quadro normativo per le comunicazioni elettroniche, in modo da conseguire forti riduzioni nelle tariffe di roaming nella Comunità in modo armonizzato, attraverso un'azione efficace e tempestiva. Secondo la Commissione occorre fare in modo che il prezzo pagato dagli utenti delle reti mobili pubbliche per i servizi di roaming, quando viaggiano all'interno della Comunità, non sia ingiustificatamente più elevato del prezzo loro addebitato per le chiamate all'interno del loro paese d'origine (il "meccanismo del mercato domestico europeo"). Il meccanismo scelto per conseguire tale obiettivo in modo proporzionato consiste nell'applicazione agli operatori mobili terrestri all'interno della Comunità di limiti tariffari massimi per la fornitura di servizi di roaming per le chiamate vocali tra gli Stati membri.

La proposta, che segue la procedura di codecisione, è stata discussa l’11 dicembre 2006 dal Consiglio, che avviato un primo dibattito.

In particolare, è stato sottolineata la necessità di un intervento legislativo per far scendere i costi del roaming ad un livello contenuto. Si è, inoltre, osservato che la trasparenza tariffaria può aiutare a risolvere il problema, ma è altresì necessaria una regolamentazione delle tariffe, che devono essere tali da consentire benefici a tutti i consumatori. Per salvaguardare la competitività del mercato, le tariffe devono essere regolamentate in modo chiaro e semplice ed agli operatori deve essere lasciata la possibilità di una tariffazione flessibile.

L’esame in prima lettura da parte del Parlamento europeo è previsto per la primavera del 2007.

 

 

 


Art. 2
Informazione sui prezzi dei carburanti e sul traffico lungo la rete autostradale e stradale

1. Al fine di favorire la concorrenza e la trasparenza dei prezzi nel settore della distribuzione dei carburanti, di garantire ai consumatori un adeguato livello di conoscenza sugli effettivi costi del servizio, nonche' di facilitare il confronto tra le offerte presenti sul mercato, il gestore della rete stradale e autostradale deve utilizzare i dispositivi di informazione di pubblica utilita' esistenti lungo la rete e le convenzioni con emittenti radiofoniche, nonche' gli strumenti di informazione di cui al comma 3 per informare gli utenti, anche in forma comparata, dei prezzi di vendita dei carburanti praticati negli impianti di distribuzione dei carburanti presenti lungo le singole tratte della rete autostradale e delle strade statali di primaria importanza, con conseguente onere informativo dei gestori degli impianti ai concessionari circa i prezzi praticati.

2. Il gestore della rete stradale e autostradale deve utilizzare i medesimi strumenti di informazione per avvertire, in tempo reale, delle condizioni di grave limitazione del traffico che gli utenti potrebbero subire accedendo alla rete di competenza.

3. Il Ministero dei trasporti sottopone al Comitato interministeriale per la programmazione economica (CIPE) una proposta intesa a disciplinare, senza oneri aggiuntivi per il bilancio pubblico, nell'ambito delle concessioni autostradali e stradali, l'installazione di strumenti di informazione di pubblica utilita' e la sottoscrizione di convenzioni con emittenti e gestori di telefonia per facilitare la diffusione delle informazioni di cui ai commi 1 e 2.

 

 

L’articolo 2, comma 1, richiamando espressamente le medesime finalità indicate all’articolo 1, di tutela della concorrenza e di trasparenza dei prezzi, nonché di garanzia dei consumatori circa la conoscenza effettiva delle offerte, stabilisce misure idonee ad assicurare agli automobilisti informazioni adeguate – anche in forma comparata - circa i prezzi del carburante praticati sulle tratte autostradali e sulle strade di primaria importanza, ponendole a carico del gestore della rete stradale e autostradale.

 

Il comma 2 stabilisce che il gestore deve inoltre fornire agli utenti avvertenze in tempo reale circa le condizioni di grave limitazione del traffico che potrebbero determinarsi accedendo alla tratta di competenza. Ai fini sopra indicati, il gestore deve utilizzare i dispositivi informativi di pubblica utilità già presenti.

 

Il Ministero dei trasporti, ai sensi del comma 3, deve infine promuovere, previa proposta al CIPE, programmi intesi all’installazione di ulteriori strumenti atti a diffondere le predette informazioni, e la definizione di convenzioni con emittenti e gestori di telefonia, per l’ulteriore e più ampia circolazione delle informazioni stesse. Tali convenzioni dovranno essere comunque stipulate senza oneri aggiuntivi per il bilancio pubblico.

E’ da rilevare che l’intervento del CIPE, previsto dal comma 3 in esame, si rende necessario in quanto tale organo ha competenza consultiva nei confronti del Ministero dei trasporti, al quale sono affidati poteri di vigilanza e di indirizzo sull’attività dei concessionari della rete stradale e autostradale

 

In materia, va ricordato che il decreto del Ministero dell’industria 30 settembre 1999 (Disposizioni concernenti le modalità di pubblicità dei prezzi dei prodotti petroliferi per uso di autotrazione presso gli impianti automatici di distribuzione dei carburanti), prevede, all’art. 1, comma 2, che al fine di garantire la trasparenza dei prezzi di ogni singolo prodotto nei confronti dei consumatori finali, è fatto obbligo di esporre in modo visibile dalla carreggiata i prezzi praticati.

Tale obbligo - che peraltro è riferito ai titolari degli impianti di erogazione di carburante - non appare comunque idonea secondo la relazione di accompagnamento al decreto legge - allo scopo di consentire agli utenti una valutazione comparata delle diverse opzioni. Effetto che viene invece perseguito con la disposizione di cui al comma 1 dell’art. 2 in esame, che pone l’obbligo di adeguata informazione a carico del gestore della rete stradale e autostradale.

Secondo le indicazioni contenute nella relazione allegata al decreto legge, finalità della norma è quella di prevedere – analogamente a quanto avviene in altri paesi europei - l’installazione di appositi tabelloni nella fase iniziale di ciascuna tratta stradale, sui quali riportare il listino completo dei prezzi dei carburanti in vendita nella tratta stessa.

Documentazione predisposta dall’Ufficio RUE

Procedure di contenzioso (art. 2, comma 1)

Il 12 ottobre 2004 la Commissione ha inviato all’Italia una lettera di messa in mora[5]per esser venuta meno, in relazione alla normativa che fissa le condizioni per l’apertura e la gestione di impianti di distribuzione di carburante, agli obblighi imposti dall’articolo 43 del trattato CE relativo alla libertà di stabilimento[6].

In particolare, i rilievi mossi dalla Commissione riguardano alcune disposizioni adottate a livello nazionale[7] e regionale[8], che definiscono i criteri per la razionalizzazione della rete distributiva specificando, ad esempio, il numero massimo di impianti che possono essere installati in una data zona e le loro tipologie; la superficie minima e le distanze minime fra impianti; gli orari di apertura. Tali disposizioni, secondo la Commissione configurerebbero restrizioni alla libertà di stabilimento, ostacolerebbero l’ingresso di nuovi operatori sul mercato italiano, favorendo gli operatori esistenti. In base alla giurisprudenza consolidata della Corte di giustizia[9], inoltre, alcuni criteri definiti dalle norme possono essere considerati restrittivi, in quanto in grado di ostacolare o scoraggiare l’esercizio delle libertà fondamentali, garantite dal trattato CE rendendo, ad esempio, meno attraente l’esercizio delle medesime libertà.

Si ricorda, altresì, che secondo la consolidata giurisprudenza della Corte di Giustizia, gli articoli 43 e 49 TCE prescriverebbero non solo l'eliminazione di qualsiasi discriminazione nei confronti del prestatore di servizi stabilito in un altro Stato membro in base alla sua cittadinanza, ma anche la soppressione di qualsiasi restrizione tale da vietare, ostacolare o rendere meno attraenti le attività del prestatore stabilito in un altro Stato membro ove fornisca legittimamente servizi analoghi[10].

 

 


Casella di testo: 19Art. 3
Trasparenza delle tariffe aeree

1. Al fine di favorire la concorrenza e la trasparenza delle tariffe aeree, di garantire ai consumatori un adeguato livello di conoscenza sugli effettivi costi del servizio, nonche' di facilitare il confronto tra le offerte presenti sul mercato, sono vietati le offerte e i messaggi pubblicitari di voli aerei recanti l'indicazione del prezzo al netto di spese, tasse e altri oneri aggiuntivi, ovvero riferiti a una singola tratta di andata e ritorno, a un numero limitato di titoli di viaggio o a periodi di tempo delimitati o a modalita' di prenotazione, se non chiaramente indicati nell'offerta.

2. A decorrere dal trentesimo giorno successivo alla data di entrata in vigore del presente decreto, le offerte e i messaggi pubblicitari di cui al comma 1 sono sanzionati quali pubblicita' ingannevole.

 

 

 

L’articolo 3, comma 1, nel richiamare le finalità già indicate nei precedenti articoli del decreto - di tutela della concorrenza e della trasparenza delle tariffe, nonché di garanzia dei consumatori circa la conoscenza effettiva delle offerte ed il confronto fra le varie tipologie di offerte – interviene in materia di tariffe delle compagnie aeree, disponendo il divieto di formulare offerte e messaggi pubblicitari:

1. recanti la sola indicazione del prezzo al netto di spese, tasse ed altri oneri;

2. riferite a singole tratte di andata o ritorno;

3. riferite ad un numero limitato di titoli di viaggio o a periodi delimitati o a modalità di prenotazione, salvo che tali elementi non siano espressamente indicati nell’offerta.

 

Va ricordato che le modalità di definizione delle tariffe sono regolate dal regolamento comunitario n. 2409/92[11], emanato nell’ambito di un pacchetto di liberalizzazione del traffico aereo[12], che ha consacrato il principio della doppia disapprovazione: le tariffe saranno liberamente fissate dalle compagnie aeree, ma non potranno entrare in vigore se le autorità dei due Stati membri serviti dal collegamento in questione vi si oppongono. Detto regime è entrato in vigore a decorrere dal 1. gennaio 1993 e prevede talune clausole di salvaguardia destinate ad evitare tariffe eccessivamente elevate o troppo basse (dumping). E' in questo modo che gli Stati membri hanno il diritto di richiedere la sospensione di una tariffa di base. Tale sospensione sarà considerata approvata se nei 14 giorni successivi alla data di notifica non sarà stata presentata una disapprovazione motivata da parte di uno degli Stati membri interessati o della Commissione. In caso di reclamo, la decisione definitiva spetta alla Commissione.

In particolare l’articolo 4 del regolamento prevede che i vettori aerei che operano all'interno della Comunità informino il pubblico, a richiesta, di tutte le tariffe aeree passeggeri e delle tariffe merci normali.

Si ricorda inoltre che in relazione alla problematica delle tariffe aeree passeggeri l’AGCM (Autorità Garante della concorrenza ed il mercato) ha concluso nel mese di aprile 2005 un’indagine conoscitiva nella quale ha analizzato, tra l’altro, le dinamiche di comunicazione pubblicitaria delle tariffe aeree. In particolare, l’Autorità ha evidenziato che nei propri messaggi pubblicitari le compagnie aeree hanno avviato la pratica di scomposizione delle voci del biglietto, ponendo una maggiore enfasi sulla voce che corrisponde all’effettivo introito per il vettore.

Si rammenta infatti che nella somma versata dal passeggero per il biglietto sono comprese anche altre voci, quali le tasse aeroportuali ed altre poste determinate in via autoritativa, quali la security surcharge (sovratassa per la sicurezza), che non dipendono dalle politiche commerciali del vettore, ma devono essere applicate in quanto tali ai passeggeri e versate ad un diverso soggetto, ossia al gestore aeroportuale.

L’Autorità ha evidenziato inoltre come questo processo di scomposizione del prezzo abbia iniziato ad incidere in maniera sostanziale sulla trasparenza tariffaria nel momento in cui le principali compagnie aeree operanti nel trasporto nazionale hanno introdotto, nel giugno 2000, un sovrapprezzo carburante, che – malgrado costituisse un importo determinato autonomamente dai vettori e da questi interamente percepito – veniva associato alle tasse aeroportuali ed estratto dalla tariffa “netta”. Secondo quanto scrive l’Autorità, negli anni successivi, le componenti aggiuntive sono proliferate, essendosi imposti anche altri supplementi – alcuni connessi alle misure post-11 settembre - quali crisis surcharge, spese amministrative (tipicamente per acquisto on line con carta di credito) e più di recente i costi del canale distributivo, una fee differenziata in caso di acquisto via Internet, o tramite ‘call center’, ovvero in agenzia e la comunicazione pubblicitaria ha continuato a sottrarre tali importi alla tariffa “netta” e ad aggiungerli alla componente di prezzo genericamente riconducibile a “tasse e supplementi”.

L’autorità ha quindi rilevato che un’indicazione parziale e incompleta degli importi che devono essere versati per l’acquisto di un servizio appare suscettibile di fuorviare il consumatore in merito alle condizioni economiche di fornitura, quando non si accompagni a modalità di presentazione del messaggio pubblicitario che consentano una precisa e immediata percezione del prezzo finale.

Con più specifico riferimento al trasporto aereo, secondo il proprio consolidato orientamento e alla luce della giurisprudenza amministrativa, l’Autorità ha stabilito che l’indicazione della tariffa deve includere ogni onere economico gravante sul consumatore, il cui ammontare sia determinabile ex ante, o presentare, contestualmente e con adeguata evidenza grafica e/o sonora, tutte le componenti che concorrono al computo del prezzo, al fine di rendere chiara e compiuta l’informazione fornita al consumatore.

Più in particolare, quando il prezzo è indicato scorporando una parte dell’effettiva tariffa da corrispondere, deve essere in ogni caso garantita ai potenziali destinatari del messaggio la possibilità di percepire in maniera precisa e immediata l’esborso complessivo da sostenere. A tal fine, occorre che la presentazione delle condizioni tariffarie sia chiaramente ed immediatamente intellegibile dal consumatore, mediante prospettazione contestuale e con pari evidenza grafica di tutte le componenti del prezzo finale.

 

Dalla ricostruzione che precede, appare chiaro come l’Autorità Garante della concorrenza ed il mercato abbia rilevato e segnalato le anomalie che caratterizzano la comunicazione pubblicitaria di molte compagnie aeree e la loro idoneità a fuorviare il consumatore in ordine alle effettive condizioni tariffarie offerte, indicando peraltro anche i criteri che dovrebbero essere adottati al fine di garantire la trasparenza e la correttezza delle informazioni in materia.

L’art. 3 in esame si ricollega sostanzialmente alle medesime esigenze ed appare finalizzato a realizzare, per via legislativa, gli effetti prospettati dall’Autorità nel suo documento. 

 

Il comma 2 stabilisce che, decorsi trenta giorni dalla data di entrata in vigore del decreto legge, le offerte soggette al divieto di cui al comma 1 verranno sanzionate in quanto pubblicità ingannevole.

Si ricorda, in proposito, che la competenza sui casi di pubblicità ingannevole è attribuita all’Autorità Garante delle Comunicazioni, che ha in tale materia poteri di accertamento e sanzione, ai sensi dell’art. 26del  decreto legislativo 6 settembre 2005, n. 206. L’art. 20di tale decreto definisce pubblicità ingannevole qualsiasi pubblicità che sia idonea ad indurre in errore le persone fisiche o giuridiche alle quali è rivolta e che a causa del suo carattere ingannevole, possa pregiudicare il loro comportamento economico o che, per tale motivo, possa ledere un concorrente.

Documentazione predisposta dall’Ufficio RUE

Documenti all’esame delle istituzioni dell’UE

Il 24 gennaio 2007la Commissione europea ha presentato una proposta di direttiva relativa agli oneri aeroportuali,allo scopo di istituire unquadro comune per la riscossione degli oneri negli aeroporti comunitari. La proposta fa parte del cosiddetto “pacchetto aeroportuale[13], che comprende una serie di misure volte a rafforzare il ruolo degli aeroporti per favorire lo sviluppo e la competitività del mercato interno europeo dell’aviazione, istituendo al contempo un unico quadro normativo da applicare in tutta l’Unione europea.

Nella relazione illustrata della proposta si ricorda che allo stato attuale la tariffazione per l’uso delle infrastrutture aeroportuali è disciplinata a livello nazionale. Considerata l’importanza degli oneri aeroportuali nel sistema di fornitura dei servizi aerei e la loro incidenza sulle spese di gestione dei principali vettori aerei dell’UE, la Commissione propone di adottare regole comuni per la riscossione degli oneri, tenendo in debito conto le raccomandazioni elaborate dall’ICAO (Organizzazione civile per l’aviazione internazionale) e riguardanti la non discriminazione nell’applicazione degli oneri, l’esistenza di garanzie di trasparenza e l’individuazione di norme di qualità.

I principali aspetti della proposta riguardano:

§       la necessità che i sistemi relativi agli oneri aeroportuali non generino discriminazioni fra i vettori o i passeggeri e che le eventuali differenze di trattamento siano giustificate in funzione dei costi reali degli impianti e dei servizi proposti;

§       l’obbligo per i gestori aeroportuali ed i vettori aerei di avviare un dialogo sui sistemi di oneri applicabili nell’aeroporto che essi utilizzano, non soltanto nel momento in cui viene fissato l’importo dei diversi oneri, ma anche in occasione di successive modifiche;

§       la conclusione di un accordo tra gestori aeroportuali e vettori aerei per garantire la qualità del servizio negli aeroporti;

§       l’obbligo per gli Stati membri di adottare misure che consentano al gestore aeroportuale di variare la qualità e le possibilità di utilizzo di determinati servizi o terminal al fine di fornire servizi personalizzati o di riservare un terminal o una parte di esso ad un uso specifico. L’importo degli oneri aeroportuali potrà essere differenziato in funzione della qualità e della possibilità di utilizzo di questi servizi;

§       la necessità che gli oneri relativi alla sicurezza vengano presi in considerazione esclusivamente per coprire i costi connessi alla sicurezza;

§       l’istituzione di un’autorità di regolazione per garantire l’applicazione corretta ed uniforme su scala europea delle disposizioni della direttiva.

La proposta, che segue la procedura di codecisione, sarà trasmessa prossimamente al Parlamento europeo e al Consiglio.

 

 

 


Art. 4
Data di scadenza dei prodotti alimentari

1. All'articolo 3 del decreto legislativo 27 gennaio 1992, n. 109, e successive modificazioni, dopo il comma 2 e' inserito il seguente:

«2-bis. L'indicazione del termine minimo di conservazione o della data di scadenza deve figurare in modo facilmente visibile, chiaramente leggibile e indelebile secondo modalita' non meno visibili di quelle indicanti la quantita' del prodotto ed in un campo visivo di facile individuazione da parte del consumatore.».

2. I soggetti tenuti all'apposizione dell'indicazione di cui al comma 1 si adeguano alle prescrizioni del medesimo comma entro centottanta giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto.

 

 

L’articolo 4 detta prescrizioni integrative della normativa vigente in ordine alle modalità con le quali devono essere riportate, sui prodotti alimentari preconfezionati, le indicazioni prescritte relativamente alla data di scadenza o al termine minimo di conservazione.

L’articolo 3 del D.Lgs. 27 gennaio 1992, n. 109, “Attuazione della direttiva 89/395/CEE e della direttiva 89/396/CEE concernenti l’etichettatura, la presentazione e la pubblicità dei prodotti alimentari”, reca l’elenco delle indicazioni che debbono essere riportate sui prodotti alimentari preconfezionati destinati al consumatore.

Tra queste figurano (lettera d): “il termine minimo di conservazione o, nel caso di prodotti molto deperibili dal punto di vista microbiologico, la data di scadenza”.

Il successivo articolo 10 del medesimo D.Lgs.n. 109/1992 definisce poi il “Termine minimo di conservazione” come la “la data sino alla quale il prodotto alimentare conserva le sue proprietà specifiche in adeguate condizioni di conservazione”; detto termine va indicato con la dicitura: “da consumarsi preferibilmente entro.....”;

L’art. 10-bis del D.lgs. n. 109/1992, aggiunto dal D.Lgs. 23 giugno 2003, n. 181[14], dispone che per i prodotti preconfezionati rapidamente deperibili dal punto di vista microbiologico e che possano costituire, dopo breve tempo, un pericolo per la salute umana, il termine minimo di conservazione sia sostituito dalla “data di scadenza”, indicata con la dicitura: “da consumarsi entro……..”.

Gli articoli 10 e 10-bis del D.Lgs. n. 109/1992 contengono poi ulteriori prescrizioni in ordine alle modalità con le quali debbono essere indicati termine minimo di conservazione o data di scadenza, in particolare per quanto riguarda i riferimenti temporali necessari, che variano (giorno e mese; mese ed anno; solo l’anno) a seconda del periodo più o meno lungo per il quale il prodotto preconfezionato può essere conservato.

 

L’articolo in esame, tenuto conto, come afferma la relazione illustrativa, dell’attuale difficoltà per il consumatore di individuare la data di scadenza, spesso collocata in modo pressoché invisibile sulle confezioni di molti prodotti alimentari, precisa le modalità con le quali dovranno essere riportate le relative indicazioni.

La data di scadenza o il termine minimo di conservazione (comma 1, che aggiunge il comma 2-bis all’art. 3 del D.Lgs. n. 109/1992) dovranno quindi figurare ”in modo facilmente visibile, chiaramente leggibile ed indelebile”; in un campo visivo facilmente individuabile e con modalità non meno visibili di quelle indicanti la quantità del prodotto.

Al riguardo si ricorda che sul punto la normativa previgente in materia di etichettatura dei prodotti alimentari preconfezionati si limita a prevedere che le indicazioni di cui sopra siano riportate sulla confezione “in chiaro” (art. 10 del D.Lgs. n. 109/1992 per il termine minimo di conservazione) ovvero “in forma chiara” (art. 10-bis del D.Lgs. n. 109/1992 per la data di scadenza).

Indicazioni più ampie nel senso indicato nell’articolo in commento sono tuttavia rinvenibili nel c.d. Codice del consumo (D.Lgs. 6 settembre 2005, n. 206).

L’art. 5 del Codice prevede infatti, al comma 3, che le informazioni al consumatore[15] devono essere adeguate alla tecnica di comunicazione impiegata ed espresse “in modo chiaro e comprensibile” e tali “da assicurare la consapevolezza del consumatore”.

 

Il comma 2 assegna ai soggetti tenuti ad apporre le indicazioni di cui al comma 1 un termine di 180 giorni dalla data di entrata in vigore del decreto per adeguarsi alle nuove disposizioni.

Al riguardo si ricorda che, ai sensi dell’art. 3, comma 3, del D.Lgs. n. 109/1992, le indicazioni in questione devono figurare sulle confezioni dei prodotti alimentari “nel momento in cui questi sono posti in vendita al consumatore”; l’inosservanza di tale obbligo è punita (art. 18, comma 2, del medesimo D.Lgs.) con la sanzione amministrativa pecuniaria da euro 1.600 a euro 9.500.

Occorrerebbe quindi valutare se la formulazione del comma 2 non sia suscettibile, per i prodotti confezionati a lunga conservazione già immessi nella catena distributiva, di innescare un contenzioso tra produttori-confezionatori e distributori in ordine all’onere di adeguamento alle nuove prescrizioni.

 


Art. 5
Misure per la concorrenza e per la tutela del consumatore nei servizi assicurativi

1. I divieti di cui all'articolo 8 del decreto-legge 4 luglio 2006, n. 223, convertito, con modificazioni, dalla legge 4 agosto 2006, n.

248, si applicano alle clausole contrattuali di distribuzione esclusiva di polizze relative a tutti i rami danni, a decorrere dal termine previsto dal medesimo articolo.

2. All'articolo 134 del codice delle assicurazioni private di cui al decreto legislativo 7 settembre 2005, n. 209, sono aggiunti, in fine, i seguenti commi:

«4-bis. L'impresa di assicurazione in tutti i casi di stipulazione di un nuovo contratto, anche aggiuntivo al precedente, con le formule di cui all'articolo 133, a prescindere dalla contestuale vigenza di un'altra polizza, non puo' assegnare al contraente una classe di merito piu' sfavorevole rispetto a quella risultante dall'ultimo attestato di rischio conseguito.

4-ter. Conseguentemente al verificarsi di un sinistro, le imprese di assicurazione non possono applicare alcuna variazione di classe di merito prima di aver accertato l'effettiva responsabilita' del contraente, che e' individuata nel responsabile principale del sinistro, secondo la liquidazione effettuata in relazione al danno e fatto salvo un diverso accertamento in sede giudiziale. Ove non sia possibile accertare la responsabilita' principale, la stessa si computa pro quota in relazione al numero dei conducenti coinvolti, ai fini della eventuale variazione di classe a seguito di piu' sinistri.

4-quater. E' fatto comunque obbligo alle imprese di assicurazione di comunicare tempestivamente al contraente le variazioni peggiorative apportate alla classe di merito.».

3. All'articolo 136 del codice delle assicurazioni private di cui al decreto legislativo 7 settembre 2005, n. 209, e' aggiunto, in fine, il seguente comma:

«3-bis. Il Ministero dello sviluppo economico utilizza il sistema tariffario completo in tutte le sue estensioni organizzato dall'ISVAP, sulla base dei dati forniti dalle imprese di assicurazione, per realizzare un servizio informativo, anche tramite il proprio sito internet, che consente al consumatore di comparare le tariffe applicate dalle diverse imprese di assicurazione relativamente al proprio profilo individuale.».

4. Al primo comma dell'articolo 1899 del codice civile, il secondo periodo e' sostituito dal seguente: «In caso di durata poliennale, l'assicurato ha facolta' di recedere annualmente dal contratto senza oneri e con preavviso di sessanta giorni».

5. Le clausole in contrasto con le prescrizioni del presente articolo sono nulle ai sensi dell'articolo 1418 del codice civile, fatta salva la facolta' degli operatori di adeguare le clausole vigenti alla data di entrata in vigore del presente decreto entro i successivi sessanta giorni.

 

 

L’articolo 5 reca disposizioni per incrementare la concorrenza e la tutela dei consumatorinel settore assicurativo, con particolare attenzione all’assicurazione obbligatoria per la responsabilità civile auto.

 

Il comma 1 dell’articolo 5, rinviando all’articolo 8 del D.L. 4 luglio 2006, n. 223, convertito, con modificazioni, dalla legge 4 agosto 2006, n. 248, vieta alle compagnie di assicurazione e ai loro agenti di vendita di stipulare clausole di distribuzione esclusiva di polizze relative a tutti i rami danni. Il divieto di stipulare le suddette clausole si applica a decorrere dal 4 luglio 2006 (data di entrata in vigore del decreto-legge n. 223 del 2006).

Il citato articolo 8, al comma 1, vieta alle compagnie di assicurazione e ai loro agenti di vendita operanti nel settore dell'assicurazione obbligatoria per la responsabilità civile auto di stipulare nuove clausole contrattuali:

-        di distribuzione esclusiva;

-        di imposizione di prezzi minimi ovvero di sconti massimi praticabili nei riguardi dei consumatori contraenti.

Il divieto è efficace dal 4 luglio 2006 (data di entrata in vigore del decreto-legge).

La misura è stata introdotta per dare attuazione ai princìpi comunitari sulla concorrenza, di cui agli articoli 81, 82 e 86 del trattato istitutivo della Comunità europea (TCE)[16].

Il comma 2 dell’articolo 8 dichiara nulle per contrarietà a norme imperative, ai sensi dell'articolo 1418 del codice civile, le clausole contrattuali vietate dal comma 1. Le clausole sottoscritte prima del 4 luglio 2006 sono fatte salve fino alla loro naturale scadenza, comunque non oltre il 1° gennaio 2008.

Il comma 3 stabilisce che l'imposizione di un mandato di distribuzione esclusiva o del rispetto di prezzi minimi o di sconti massimi al consumatore finale, nell’ambito dell’assicurazione obbligatoria per responsabilità civile auto, costituiscono intesa restrittiva della concorrenza, ai sensi dell’articolo 2 della legge 10 ottobre 1990, n. 287[17].

Il comma 3-bis, sempre nell’ambito dell’assicurazione obbligatoria per responsabilità civile auto, impone agli intermediari di informare i consumatori e di evidenziare nei preventivi e nelle polizze le provvigioni riconosciutegli dall’impresa assicurativa.

 

Nell’ambito dei divieti di cui al sopra illustrato articolo 8 del D.L. n. 223 del 2006, il comma 1 in esame si riferisce solamente al divieto di stipulare clausole contrattuali di distribuzione esclusiva di polizze.

Il ramo danni, al quale il divieto viene esteso, comprende le assicurazioni contro i seguenti rischi (articolo 2, comma 3, del D.Lgs. 7 settembre 2005, n. 209, recante Codice delle assicurazioni private):

1)      infortuni (compresi gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali); persone trasportate;

2)      malattia;

3)      danni subiti da veicoli terrestri (esclusi quelli ferroviari);

4)      danni subiti da veicoli ferroviari;

5)      danni subiti da veicoli aerei;

6)      danni subiti da veicoli marittimi, lacustri e fluviali;

7)      danni subiti dalle merci trasportate (compresi bagagli e ogni altro bene), indipendentemente dalla natura del mezzo di trasporto;

8)      danni subiti dai beni diversi da quelli di cui ai nn. 3-7 causati da: incendio; esplosione; tempesta; elementi naturali diversi dalla tempesta; energia nucleare; cedimento del terreno;

9)      danni subiti dai beni diversi da quelli di cui ai nn. 3-7 causati dalla grandine o dal gelo, nonché da qualsiasi altro evento, quale il furto, diverso da quelli compresi al n. 8;

10)  responsabilità civile autoveicoli terrestri (compresa la responsabilità del vettore);

11)  responsabilità civile aeromobili (compresa la responsabilità del vettore);

12)  responsabilità civile veicoli marittimi, lacustri e fluviali (compresa la responsabilità del vettore);

13)  responsabilità civile generale, diversa da quelle menzionate ai nn. 10-12;

14)  credito: perdite patrimoniali derivanti da insolvenze; credito all'esportazione; vendita a rate; credito ipotecario; credito agricolo;

15)  cauzione diretta e indiretta;

16)  perdite pecuniarie di vario genere: rischi relativi all'occupazione; insufficienza di entrate (generale); intemperie; perdite di utili; persistenza di spese generali; spese commerciali impreviste; perdita di valore venale; perdita di fitti o di redditi; perdite commerciali indirette diverse da quelle menzionate precedentemente; perdite pecuniarie non commerciali; altre perdite pecuniarie;

17)  tutela legale;

18)  assistenza alle persone in situazione di difficoltà.

Per meglio comprendere le problematiche connesse alla distribuzione esclusiva delle polizze assicurative, si ritiene interessante riportare il parere dell’Autorità garante della concorrenza e del mercato (AS 378 del 16 gennaio 2007) in merito al citato articolo 8 del D.L. n. 223 del 2006, citato anche nella relazione illustrativa al disegno di legge di conversione in esame:

“… l’articolo 8 del Decreto Bersani prevede il divieto di distribuzione esclusiva per gli agenti e per le altre tipologie di distributori, con l’intento di aprire alla concorrenza i punti vendita esistenti attraverso lo sviluppo della distribuzione multimarca.

A tale riguardo, l’Autorità osserva che la limitazione del divieto in oggetto alle sole polizze RC auto ne diminuisce grandemente l’efficacia per il raggiungimento dell’obiettivo concorrenziale.

Innanzitutto, si deve considerare che gli acquirenti di una polizza RC auto frequentemente necessitano anche di altre coperture auto, quali quelle furto e incendio, kasko, infortuni conducente, tutela legale, assistenza stradale, ecc. e di regola tali coperture vengono acquistate presso la stessa impresa con cui si è sottoscritta la polizza obbligatoria. Pertanto, in presenza di un divieto per la sola RC auto, laddove un utente richieda una copertura globale per i rischi associati alla guida di un autoveicolo, è probabile che gli venga offerta una polizza dell’impresa con cui l’agenzia ha un rapporto di esclusiva per i rami diversi dalla RC auto. Più in generale, data la prassi seguita dai consumatori di acquistare tutte le coperture assicurative di cui necessitano, anche quelle non auto (ad esempio per i rischi dell’abitazione) presso lo stesso rivenditore, è verosimile ritenere che, in presenza di un divieto di esclusiva per la sola RC auto e in assenza di stringenti obblighi di miglior esecuzione per gli agenti, questi continueranno comunque a proporre soprattutto la polizza RC auto dell’impresa mandante per le altre coperture.

Inoltre, la coesistenza di rapporti di mono e multimandato presso la stessa agenzia, oltre che costosa, potrebbe rivelarsi dannosa per il consumatore e per l’intero sistema assicurativo, poiché l’agente potrebbe essere indotto ad un’allocazione inefficiente dei rischi assicurati. L’impresa mandante per le coperture diverse dalla RC auto potrebbe infatti esercitare sull’agente un potere contrattuale tale da indurlo a riservarle i “rischi migliori” RC auto, lasciando gli assicurati a cui sono associati i “rischi peggiori” alle altre imprese mandanti per la sola RC auto.

La presenza di tale potere contrattuale potrebbe, inoltre, rendere difficilmente accessibili i punti vendita delle grandi imprese, con un marchio affermato, da parte delle piccole imprese o dei nuovi entranti, mentre le grandi imprese incontrerebbero difficoltà minori ad entrare nei punti vendita di concorrenti più piccoli. Tale possibile asimmetria potrebbe ridurre ulteriormente il grado di concorrenza in un mercato, quale quello dell’assicurazione RC auto, già caratterizzato da un elevato livello di concentrazione.

Nel complesso, l’Autorità ritiene che una previsione del divieto di esclusiva limitata alla sola RC auto potrebbe rivelarsi una misura inefficace nel perseguire l’obiettivo di stimolare la concorrenza, in quanto non sufficiente a rimuovere esclusive di fatto e in ogni caso, laddove riuscisse ad incidere anche su queste ultime, potrebbe aumentare i costi di distribuzione e indurre ad un’allocazione distorta dei rischi“.

 

Si segnala inoltre che l’ANIA (Associazione nazionale fra le imprese assicuratrici) ha comunicato, in data 17 gennaio 2007, di aver presentato un esposto alla Commissione europea, ritenendo che il divieto di conferire mandati di agenzia in esclusiva per la distribuzione di polizze rc auto, inesistente negli altri Paesi comunitari, sia “incompatibile con la normativa comunitaria e, in particolare, con il Regolamento 1/2003. Quest’ultimo, per garantire una uniforme applicazione del diritto antitrust nel mercato unico, non consente agli Stati Membri di adottare norme diverse o in contrasto con quelle europee.

Nel diritto comunitario, è pacifico che ai rapporti di agenzia non si applicano le norme antitrust. Ciò perché l’agenzia, per definizione, altro non è che uno sportello dell’impresa e parte integrante del suo valore. In altre parole, è poco rilevante per la concorrenza che l’impresa venda attraverso propri dipendenti, come fanno, ad esempio, tipicamente le banche, oppure attraverso propri fiduciari cui conferire un mandato di agenzia.

Inoltre, in tema di accordi verticali esiste uno specifico Regolamento europeo di esenzione (2790/1999) e tale circostanza impedisce di per sé agli Stati membri di legiferare unilateralmente in materia.

Sul piano economico poi il divieto imposto dal decreto Bersani tende a provocare un conflitto di interessi in capo all’agente, come più volte sottolineato anche dalla nostra Autorità antitrust. Il plurimandatario infatti avrebbe oggettivamente l’incentivo a proporre la polizza con la provvigione più elevata, non quella più conveniente per il consumatore. Per questo stesso motivo, la concorrenza fra assicurazioni si sposterebbe sul terreno improprio di chi offre le provvigioni più alte agli agenti, con ovvie ricadute negative sui costi. 

È proprio per questi motivi che nel campo della finanza, dove, data la complessità dei prodotti, sussistono necessità di tutela del consumatore non dissimili da quelle del settore assicurativo, la legge impone ai promotori finanziari l’obbligo del monomandato.

Quanto alla raccomandazione formulata ieri dall’AGCM (parere sopra riportato), essa auspica un sistema di distribuzione basato su consulenti indipendenti, remunerati dal cliente e non dalle imprese: “…un sistema in cui il distributore riceve una remunerazione dal cliente…permetterebbe, tra l’altro, di risolvere il problema degli incentivi per il rivenditore, in quanto la retribuzione di questi sarebbe indipendente dall’ammontare del premio sottoscritto”.

Ad avviso dell’ANIA, il tema dei consulenti indipendenti, nell’assicurazione così come nella finanza, è meritevole di considerazione e la logica del mercato potrà anche favorirne col tempo la progressiva diffusione.

Non si vede però come si possa creare per decreto un mercato di consulenti indipendenti. In ogni caso, questo ruolo non potrebbe essere ricoperto da agenti, siano essi operanti in regime di esclusiva o di plurimandato. L’agente infatti resta comunque un mandatario dell’impresa e, come tale, non si potrà mai trovare in una posizione di indipendenza.

A meno che non si voglia sostenere che la figura dell’agente debba essere soppressa, il che, a parte l’enormità dell’idea, ci porrebbe nuovamente fuori del contesto europeo.”

 

Per quanto riguarda la decorrenza del divieto in esame, il comma 1 dell’articolo 5 rinvia espressamente a quella prevista dal citato articolo 8, comma 1 (4 luglio 2006); non è invece presente un analogo rinvio alla salvezza transitoria delle clausole contrastanti con il divieto, prevista dal comma 2 dell’articolo 8 (le clausole sono fatte salve fino alla loro naturale scadenza e comunque non oltre il 1° gennaio 2008). Pertanto, in applicazione del comma 5 dell’articolo 5 in commento, gli operatori hanno facoltà di adeguare le clausole, vigenti alla data del 2 febbraio 2007 (data di entrata in vigore del presente decreto-legge), entro il 3 aprile 2007 (sessantesimo giorno successivo all’entrata in vigore del decreto-legge); decorso tale termine, le clausole in contrasto sono nulle di diritto.

Si ritiene che l’entrata in vigore dell’articolo 5 in esame non influisca sul perdurare della validità (al massimo sino al 1° dicembre 2008) delle clausole di esclusiva relative all’assicurazione obbligatoria sulla responsabilità civile auto, in quanto il citato articolo 8 del D.L. n. 223 del 2006, costituisce una disciplina particolare rispetto a quella generale per il ramo danni, dettata dall’articolo in commento.

 

Il comma 2 dell’articolo 5 novella l’articolo 134 del citato D.Lgs. n. 209 del 2005 (Codice delle assicurazioni) relativo all’attestazione sullo stato di rischio, mediante l’introduzione di tre commi finali (4-bis, 4-ter e 4-quater).

Il citato articolo 134 prevede che in occasione di ciascuna scadenza annuale dei contratti di assicurazione obbligatoria per i veicoli a motore, l’impresa di assicurazione deve consegnare al contraente o, se diverso, al proprietario, all’usufruttuario, all’acquirente con patto di riservato dominio o al locatario in caso di locazione finanziaria, un'attestazione sullo stato del rischio, il cui contenuto è stato disciplinato dal regolamento ISVAP n. 4 del 9 agosto 2006[18]. La classe di merito[19] indicata sull'attestato di rischio si riferisce al proprietario del veicolo. In caso di stipulazione del contratto con altra impresa, l’attestazione deve essere consegnata dal contraente a tale impresa.

 

Il nuovo comma 4-bis dell’articolo 134 stabilisce che, in tutti i casi di stipulazione di un nuovo contratto, l’impresa di assicurazione non può assegnare al contraente una classe di merito più sfavorevole rispetto a quella risultante dall’ultimo attestato di rischio conseguito, indipendentemente dalla data di scadenza del contratto di assicurazione al qual tale attestato è relativo. Tale previsione si riferisce in particolare alle ipotesi di stipulazione di un contratto di assicurazione aggiuntivo al precedente per un veicolo ulteriore rispetto a quello o quelli già assicurati e di interruzione della copertura assicurativa, per un periodo superiore a quello di validità dell’attestazione sullo stato di rischio.

La validità dell’attestazione sullo stato di rischio è disciplinata dall’articolo 8 del citato regolamento ISVAP n. 4 del 2006, nei seguenti termini:

-        l’attestazione ha validità di dodici mesi a decorrere dalla scadenza del contratto di assicurazione (comma 2);

-        in caso di furto, demolizione o cessazione definitiva della circolazione del veicolo, l’attestazione ha validità di un anno a decorrere dal verificarsi dei suddetti eventi (comma 2);

-        l’attestazione ha validità di diciotto mesi dalla scadenza del contratto di assicurazione quando il contraente dichiara, ai sensi degli articoli 1892 e 1893 del codice civile, di non aver circolato nel periodo successivo alla scadenza del suddetto contratto (comma 4).

In caso di acquisto di un veicolo di nuova proprietà è possibile mantenere la classe di merito risultante dall’attestato relativo a un veicolo precedentemente assicurato, nei limiti di validità temporale sopra ricordati, a condizione che il contraente possa documentare che la vendita, la consegna in conto vendita, il furto, la demolizione, la cessazione definitiva della circolazione o la definitiva esportazione all’estero del veicolo precedentemente assicurato (comma 5).

 

Il nuovo comma 4-bis delimita il proprio ambito di applicazione ai contratti di assicurazione stipulati con le formule di cui all’articolo 133 del citato D.Lgs. n. 209 del 2005.

Tale articolo 133, al comma 1, stabilisce che i contratti di assicurazione per i ciclomotori, i motocicli, le autovetture e le altre categorie di veicoli a motore individuate dall'ISVAP devono essere stipulati in base a condizioni di polizza che prevedano ad ogni scadenza annuale la variazione in aumento od in diminuzione del premio, in relazione al verificarsi o meno di sinistri nel corso di un certo periodo di tempo, oppure in base a clausole di franchigia che prevedano un contributo dell'assicurato al risarcimento del danno o in base a formule miste fra le due tipologie.

Si osserva infine che, anche in assenza della disposizione in commento, non era precluso alle imprese di assicurazione di assegnare ai contraenti una classe di rischio corrispondente a quella risultante dall’ultimo attestato di rischio conseguito.

 

Il nuovo comma 4-ter dell’articolo 134 del D.Lgs. n. 209 del 2005 disciplina le conseguenze dei sinistri stradali ai fini della variazione della classe di merito. Si prevede innanzitutto che qualsiasi variazione della classe di merito è subordinata all’accertamento dell’effettiva responsabilità del contraente in quanto responsabile principale del sinistro, come risulta dalla liquidazione del danno, e fatto comunque salvo un diverso accertamento in sede giudiziale, al quale l’impresa di assicurazione dovrà conformarsi. Nel caso in cui non sia possibile individuare un responsabile principale del sinistro, la responsabilità si computa pro quota per il numero di conducenti coinvolti, dando luogo alla variazione peggiorativa di classe in seguito a più sinistri.

 

Il nuovo comma 4-quater dell’articolo 134 del D.Lgs. n. 209 del 2005 pone a carico delle imprese di assicurazione l’obbligo di comunicare tempestivamente al contraente le variazioni peggiorative apportate alla sua classe di merito, a fini di maggior trasparenza e pubblicità.

 

Il comma 3 dell’articolo 5 prevede la realizzazione, da parte del Ministero dello sviluppo economico, anche tramite il proprio sito internet, di un servizio informativo che consenta ai consumatori di comparare le tariffe applicate dalle imprese di assicurazione, in relazione al proprio profilo individuale. Per la realizzazione del sistema informativo, per la quale non è previsto alcun termine, sarà utilizzato il sistema tariffario organizzato dall’ISVAP, completo in tutte le sue estensioni.

Il comma 3 in esame inserisce un comma aggiuntivo (il 3-bis) all’articolo 136 del D.Lgs. n. 209 del 2005, relativo alle funzioni del Ministero delle attività produttive (oggi Ministero dello sviluppo economico) nel settore dell’assicurazione obbligatoria della responsabilità civile derivante dalla circolazione dei veicoli a motore e dei natanti.

Il citato articolo 136 stabilisce che l'ISVAP è tenuto a comunicare al Ministero dati, informazioni e notizie relativi alle tariffe dell'assicurazione obbligatoria sopra indicata. E’ inoltre previsto che presso il Ministero è istituito un comitato di esperti in materia, con il compito di osservare l'andamento degli incrementi tariffari, valutando in particolare le differenze tariffarie applicate nelle diverse zone del Paese e in quale misura si sia tenuto conto del comportamento degli assicurati che nel corso dell'anno non abbiano denunciato incidenti.

Infine, per diffondere un'adeguata informazione agli utenti e per realizzare un sistema di monitoraggio permanente sui premi della suddetta assicurazione obbligatoria, il Consiglio nazionale dei consumatori e degli utenti è autorizzato a stipulare apposita convenzione con l'ISTAT e a co-finanziare programmi di informazione e orientamento rivolti agli utenti dei servizi assicurativi, promossi dalle associazioni dei consumatori e degli utenti.

 

Si ricorda infine che, ai sensi dell’articolo 131, comma 2, del D.Lgs. n. 209 del 2005, le imprese di assicurazione sono obbligate a rendere pubblici i premi dei contratti dell’assicurazione obbligatoria per i veicoli a motore e i natanti, mediante il rilascio di preventivi personalizzati, sia presso i punti vendita che sui siti internet.

 

Il comma 4 dell’articolo 5 in esame stabilisce che nei contratti di assicurazione, diversi dal ramo vita, di durata poliennale, gli assicurati possono recedere annualmente dal contratto, senza oneri, con preavviso di sessanta giorni.

L’articolo 1899, primo comma, del codice civile, nella versione vigente prima della novella apportata dal comma in esame, prevedeva che, per i contratti di assicurazione di durata superiore a dieci anni, trascorso il decennio, le parti hanno facoltà di recedere dal contratto, anche in presenza di eventuale patto contrario, con preavviso di sei mesi, che può darsi anche mediante raccomandata.

Il secondo comma dell’articolo 1899 del codice civile, tuttora vigente, dispone che il contratto può essere tacitamente prorogato una o più volte, ma ciascuna proroga tacita non può avere una durata superiore a due anni, ferma restando, anche in questa ipotesi, la facoltà dell’assicurato di recedere annualmente.

La relazione illustrativa al disegno di legge in esame afferma che la presenza della disposizione sostituita dal decreto-legge ha portato alla diffusione in Italia di polizze di durata decennale per il ramo danni, con effetti pregiudizievoli sulla concorrenza e sui consumatori, i quali, nella maggior parte dei casi, non hanno possibilità di stipulare un contratto più breve, né di ottenere sconti in considerazione della lunga durata del contratto stesso.

 

Il comma 5 dell’articolo 5 prevede infine la nullità, ai sensi dell’articolo 1418 del codice civile, delle clausole contrastanti con le prescrizioni dell’articolo in esame, con facoltà per gli operatori di adeguare le clausole vigenti alla data del 2 febbraio 2007 (data di entrata in vigore del presente decreto-legge) entro il 3 aprile 2007 (sessantesimo giorno successivo all’entrata in vigore del decreto-legge).

Si ricorda che in base alle norme del codice civile, la nullità può essere fatta valere da chiunque vi ha interesse e può essere rilevata d'ufficio dal giudice (articolo 1421); la relativa azione è imprescrittibile (articolo 1422).

 

Si osserva che l’articolo 1418 del codice civile disciplina le cause di nullità del contratto, disponendo fra l’altro che esso sia nullo quando è contrario a norme imperative, salvo che la legge disponga diversamente. La disposizione qui illustrata riguarda invece la nullità di singole clausole contrattuali, che dovrebbero intendersi come non apposte, senza che ne risulti inficiata la validità del contratto cui accedono, come previsto dal successivo articolo 1419 del codice civile.

Documentazione predisposta dall’Ufficio RUE

Documenti all’esame delle istituzioni dell’UE

Il 12 settembre 2006la Commissione europea ha presentato una proposta di direttiva (COM(2006)507) che mira a rendere più rigorose le procedure e i criteri che le autorità di vigilanza degli Stati membri debbono seguire per valutare e autorizzare i progetti di acquisizione o di incremento di partecipazioni qualificate nei settoribancario, assicurativo emobiliare[20].

La proposta dovrebbe essere esaminata dal Parlamento europeo in prima lettura, secondo la procedura di codecisione, il 13 marzo 2007.

Procedure di contenzioso

Il 12 ottobre 2006la Commissione ha deciso il deferimento dell’Italia alla Corte di giustizia delle Comunità europee in merito alla legislazione italiana che impone, a tutte le imprese di assicurazione abilitate a fornire l’assicurazione di responsabilità civile auto (RC auto) in Italia, l’obbligo di offrire l'assicurazione per tutte le categorie di assicurati in tutte le regioni italiane (procedura d’infrazione 2004/4252).

La Commissione aveva avviato la procedura d'infrazione dopo aver ricevuto una serie di denunce di diverse compagnie assicurative.

Nel ricorso alla Corte, la Commissione contesta, in primo luogo, la previsione nella legislazione italiana dell’obbligo per le imprese di assicurazione di calcolare le proprie tariffe per l’assicurazione RC auto conformemente alle basi tecniche utilizzate per la fissazione dei premi nel corso degli ultimi cinque esercizi.

A parere della Commissione, tale meccanismo è contrario al principio della libertà tariffaria di cui alla terza direttiva assicurazione non vita (92/49/CEE).

Inoltre, dal momento che la norma sul controllo delle tariffe si applica anche ad imprese aventi la propria sede principale in altri Stati membri, la Commissione ritiene che il regime sia anche contrario al principio fondamentale del Mercato interno del controllo dello Stato d’origine.

In secondo luogo, la Commissione ritiene che l’obbligo a contrarre sia in quanto tale una limitazione immotivata del principio della libertà di stabilimento di cui all’articolo 43 CE e del principio della libera prestazione di servizi di cui all'articolo 49 CE.

La Commissione ricorda che, nella risposta al parere motivato da essa formulato nell'ottobre 2005, le autorità italiane avevano essenzialmente ribadito che le norme contestate sono necessarie affinché tutti i guidatori possano ottenere l’assicurazione in tutte le parti d'Italia. Pur riconoscendo che i motivi di tutela dei consumatori e di ordine pubblico possono giustificare restrizioni alle libertà fondamentali, la Commissione considera le restrizioni previste dalla normativa italiana non proporzionate, in quanto esisterebbero mezzi meno restrittivi per raggiungere tale obiettivo.

 

 


Art. 6
Semplificazione del procedimento di cancellazione
dell'ipoteca nei mutui immobiliari

1. Ai fini di cui all'articolo 2878, n. 6), del codice civile, se il creditore e' soggetto esercente attività bancaria, l'ipoteca iscritta a garanzia di obbligazioni derivanti da contratto di mutuo si estingue automaticamente decorsi trenta giorni dall'avvenuta estinzione dell'obbligazione garantita, che viene comunicata dal creditore alla conservatoria e al debitore, salvo che, ricorrendo giustificato motivo ostativo, nella medesima comunicazione il creditore non abbia presentato alla conservatoria apposita dichiarazione di permanenza dell'ipoteca. Ricevuta quest'ultima dichiarazione, il conservatore procede d'ufficio entro il giorno successivo alla sua annotazione a margine dell'iscrizione dell'ipoteca. Ai fini del presente comma non e' necessaria l'autentica notarile.

2. A decorrere dal sessantesimo giorno successivo alla data di entrata in vigore del presente decreto sono abrogate le disposizioni legislative e regolamentari statali incompatibili con le disposizioni di cui al comma 1 e le clausole in contrasto con le prescrizioni del presente articolo sono nulle ai sensi dell'articolo 1418 del codice civile.

 

 

L’articolo 6 prevede che, una volta estinta l’obbligazione derivante da un contratto di mutuo, spetti all’istituto di credito – entro 30 giorni - darne comunicazione alla conservatoria dei registri immobiliari che procederà d’ufficio all’annotazione a margine dell’originaria iscrizione di ipoteca.

Senza che debba intervenire alcuna autentica notarile, l’ipoteca iscritta a garanzia dell’obbligazione si estinguerà così, automaticamente, entro 30 giorni dal completo adempimento dell’obbligo.

Si ricorda che, attualmente, per erogare un mutuo l’istituto di credito richiede, a garanzia del prestito, di iscrivere ipoteca su un immobile; tale ipoteca consentirà – laddove il debitore non sia in grado di adempiere all’obbligazione – di porre in vendita il bene immobile e, con il ricavato, soddisfare il credito residuo.

Materialmente, la registrazione delle iscrizioni ipotecarie relative agli immobili viene tenuta dalla Conservatoria dei Registri Immobiliari competente territorialmente in relazione all’ubicazione dell’immobile.

L’art. 2878 del codice civile dispone che l'ipoteca si estingue:

1)    con la cancellazione dell'iscrizione;

2)    se decorrono venti anni dall'iscrizione dell'ipoteca senza che ne sia stato richiesto il rinnovo;

3)    se il debito a cui l'ipoteca è collegata viene estinto;

4)    se il bene ipotecato perisce;

5)    se il creditore dichiara di rinunciare all'ipoteca;

6)    se viene raggiunto l'eventuale termine a cui l'ipoteca è stata limitata o si verifica l'eventuale condizione risolutiva che prevedeva l'annullamento dell'ipoteca;

7)    se il tribunale pronuncia un provvedimento di esproprio e ordina la cancellazione delle ipoteche.

L’adempimento completo dell’obbligazione – e dunque l’integrale rimborso del debito – comporta l’estinzione dell’ipoteca: in sostanza l’ipoteca non potrà più essere adoperata perché sarà venuta meno l’obbligazione rispetto alla quale costituiva garanzia (principio di accessorietà).

L’estinzione dell’ipoteca non va però confusa con la cancellazione della stessa: pur estinta l’ipoteca non è automaticamente cancellata, ma continua a figurare, anche se con una presenza puramente apparente. Ciò comporta che a colui che esegue una visura ipotecaria su un determinato immobile il bene apparirà ancora gravato da ipoteca. Per eliminare ogni dubbio in ordine ai vincoli che gravano sull’immobile il proprietario è dunque indotto a chiedere che l'immobile venga liberato anche dalle annotazioni, pur se ormai prive di contenuto. Ciò avviene con la cancellazione di ipoteca.

L'estinzione del debito consente di cancellare l’ipoteca prima del termine di scadenza, ma per poterlo fare è necessario l’assenso del creditore, reso ufficiale da un atto notarile unilaterale, chiamato "atto di assenso alla cancellazione di ipoteca": sottoscrivendolo il creditore dichiarerà di essere favorevole all'annullamento dell'iscrizione a proprio favore[21]. Le spese relative resteranno a carico del debitore (parte richiedente la cancellazione dell’ipoteca). L’atto notarile è richiesto dal combinato disposto degli artt. 2882, 2821 e 2835 del codice civile[22].

Inoltre, purtroppo, si devono ricordare i ritardi con cui viene fisicamente annotata in molte Conservatorie la cancellazione dell’ipoteca: la materiale indicazione viene talvolta inserita con mesi o perfino anni di ritardo. Durante tale periodo l'insussistenza dell'ipoteca può essere dimostrata, a pieno titolo, esibendo l'atto di assenso alla cancellazione del creditore.

 

Analiticamente, il comma 1 della disposizione in commento prevede che l’ipoteca iscritta a garanzia di obbligazioni derivanti da contratto di mutuo si estingue trascorsi 30 giorni dall’estinzione dell’obbligazione in presenza delle seguenti condizioni:

-          il creditore è soggetto esercente attività bancaria;

-          viene raggiunto l'eventuale termine a cui l'ipoteca è stata limitata o si verifica l'eventuale condizione risolutiva che prevedeva l'annullamento dell'ipoteca (art. 2878, n. 6, c.c.);

-          il creditore non dichiara alla conservatoria – in presenza di un giustificato motivo – che l’ipoteca permane.

 

Si osserva come la formulazione del comma 1 limita ai soli casi di estinzione dell’ipoteca di cui al n. 6) – anziché alla più generale ipotesi di estinzione dell’obbligazione di cui al n. 3) - l’automatismo per la cancellazione della stessa introdotto dalla norma in commento.

 

La procedura delineata dal decreto legge prevede che spetti al creditore comunicare alla conservatoria che l’obbligazione è estinta; la conservatoria dei registri immobiliari procederà entro un giorno all’annotazione a margine dell’iscrizione di ipoteca, eliminando ogni autentica notarile.

 

Il comma 2 prevede che le clausole contrattuali incompatibili con le previsioni del decreto legge siano nulle ai sensi dell’art. 1418 (per violazione di norme di legge) ma a decorrere dal sessantesimo giorno successivo all’entrata in vigore del decreto. A decorrere dal medesimo termine sono abrogate le disposizioni legislative e regolamentari in contrasto con il comma 1.

 

Si rileva che, come sopra ricordato, l’attuale disciplina del codice civile prevede che la cancellazione d’ipoteca da parte della Conservatoria sia eseguita dietro presentazione di atto notarile contenente il consenso del creditore.

Tale disciplina, ai sensi del comma 2 dell’articolo in commento, rimane in vigore per i sessanta giorni successivi alla vigenza del decreto-legge.

Dalla disposizione recata dal comma 2 sembrerebbe pertanto desumersi che il comma 1 acquisti efficacia a decorrere dal sessantesimo giorno successivo all’entrata in vigore del provvedimento, cioè dal momento in cui acquista efficacia l’abrogazione delle disposizioni con esso incompatibili.

Documentazione predisposta dall’Ufficio RUE

Documenti all’esame delle istituzioni dell’UE (artt. 6, 7 e 8)

Il 19 luglio 2005la Commissione europea ha presentato il Libro verde sul credito ipotecario (COM(2005)327).

Il 14 novembre 2006 il Parlamento europeo ha esaminato il Libro verde, approvando una risoluzione.

La Commissione intende pubblicare un Libro Bianco nel corso del 2007, al fine di formulare proposte in materia, tenendo anche conto degli esiti della consultazione operata sul Libro verde.

Nel Libro verde la Commissione rileva che il credito ipotecario ha raggiunto livelli considerevoli nel bilancio complessivo delle attività economiche in ambito UE: alla fine del 2004, il totale dei mutui ipotecari ammontava al 40% del PIL comunitario. In linea generale, il mercato dei crediti ipotecari ha avuto un ampio sviluppo su scala europea, ma permangono numerosi elementi di diversità tra gli Stati membri con riguardo alla natura del mutuatario, alla durata dei prestiti, ai meccanismi di finanziamento. Risulta, inoltre, particolarmente limitata l’attività di credito ipotecario transfrontaliero (circa l’1% del totale), per lo più limitata all’acquisto di seconde case.

La Commissione rileva altresì che il sistema del credito ipotecario si sta progressivamente sviluppando in nuove forme (attraverso, ad esempio, la possibilità di ottenere crediti ipotecando la casa di proprietà, equity release), che richiedono un elevato livello di protezione dei consumatori.

Nel formulare le proprie valutazioni la Commissione europea ha tenuto presente le 48 raccomandazioni del Forum sul credito ipotecario, costituito nel marzo 2003 allo scopo di esaminare le barriere esistenti nel mercato del credito ipotecario3 e composto da rappresentanti degli istituti di credito e delle associazioni di consumatori. La Commissione, in particolare, concorda sull’opportunità di affrontare la questione sotto cinque profili: la protezione dei consumatori; le questioni giuridiche; le garanzie reali; le banche dati; il sistema di finanziamento.

 

 

 

 


Art. 7
Estinzione anticipata dei mutui immobiliari divieto di clausole penali

1. E' nullo qualunque patto, anche posteriore alla conclusione del contratto, ivi incluse le clausole penali, con cui si convenga che il mutuatario, che richieda l'estinzione anticipata o parziale di un contratto di mutuo per l'acquisto della prima casa, sia tenuto ad una determinata prestazione a favore della banca mutuante.

2. Le clausole apposte in violazione del divieto di cui al comma 1 sono nulle di diritto e non comportano la nullita' del contratto.

3. Le disposizioni di cui ai commi 1 e 2 si applicano ai contratti di mutuo stipulati a decorrere dalla data di entrata in vigore del presente decreto.

4. Ai fini dell'applicazione delle disposizioni di cui al presente articolo, per acquisto della prima casa si intende l'acquisto effettuato da una persona fisica della casa dove intende stabilire la propria residenza.

5. L'Associazione bancaria italiana e le associazioni dei consumatori rappresentative a livello nazionale, ai sensi dell'articolo 137 del codice del consumo di cui al decreto legislativo 6 settembre 2005, n. 206, definiscono, entro tre mesi dalla data di entrata in vigore del presente decreto, le regole generali di riconduzione ad equita' dei contratti di mutuo in essere mediante, in particolare, la determinazione della misura massima dell'importo della penale dovuta per il caso di estinzione anticipata o parziale del mutuo.

6. In caso di mancato raggiungimento dell'accordo di cui al comma 5, la misura della penale idonea alla riconduzione ad equita' e' stabilita dalla Banca d'Italia e costituisce norma imperativa ai sensi dell'articolo 1419, secondo comma, del codice civile ai fini della rinegoziazione dei contratti di mutuo in essere.

7. In ogni caso le banche non possono rifiutare la rinegoziazione dei contratti di mutuo stipulati prima della data di entrata in vigore del presente decreto, nei casi in cui il debitore proponga la riduzione dell'importo della penale entro i limiti stabiliti ai sensi dei commi 5 e 6.

 

 

L’articolo 7 stabilisce per un verso, in relazione ai contratti di mutuo stipulati dopo l'entrata in vigore del provvedimento, la nullità di qualunque patto con cui si convenga che il mutuatario, che richieda l'estinzione anticipata o parziale di un mutuo per l'acquisto della prima casa, sia tenuto a una determinata prestazione a favore della banca mutuante; per altro verso, con riferimento ai contratti di mutuo in essere, prevede la definizione di regole generali di riconduzione a equità degli stessi, mediante, in particolare, la determinazione della misura massima dell'importo della penale dovuta per il caso di estinzione anticipata o parziale del mutuo.

 

Nel dettaglio, il comma 1 dell’articolo 7 in esame, in particolare, stabilisce che sia nullo qualunque patto, con cui si convenga che il mutuatario, che richieda l'estinzione anticipata o parziale di un contratto di mutuo per l'acquisto della prima casa, sia tenuto a una determinata prestazione a favore della banca mutuante.

La disposizione precisa che il patto può essere anche posteriore alla conclusione del contratto, essendo incluse nella nozione di patto rilevante le clausole penali.

Secondo quanto disposto dalla disciplina recata dal codice civile, l’articolo 1382, riguardante gli effetti della clausola penale, stabilisce che la clausola, con cui si conviene che, in caso d'inadempimento o di ritardo nell'adempimento, uno dei contraenti è tenuto a una determinata prestazione, ha l'effetto di limitare il risarcimento alla prestazione promessa, se non è stata convenuta la risarcibilità del danno ulteriore. La penale è dovuta indipendentemente dalla prova del danno. L’articolo 1383 stabilisce che il creditore non può domandare insieme la prestazione principale e la penale, se questa non è stata stipulata per il semplice ritardo. L’articolo 1384 stabilisce che la penale può essere diminuita equamente dal giudice, se l'obbligazione principale è stata eseguita in parte ovvero se l'ammontare della penale è manifestamente eccessivo, avuto sempre riguardo all'interesse che il creditore aveva all'adempimento.

 

Il rinvio operato dalla disposizione in commento alle “clausole penali” non sembra far riferimento all’omonimo istituto disciplinato dal codice civile (secondo cui la clausola penale rientra, come strumento convenzionale di autotutela, consentita dall’ordinamento all’autonomia privata, nel novero di quelli volti a garantire al creditore il conseguimento della prestazione che gli è dovuta[23]), bensì alle clausole che nella prassi bancaria vengono apposte a titolo di “penale” nel caso di estinzione del contratto.

 

Ai sensi del comma 2, le clausole apposte in violazione del divieto previsto dal comma 1 sono nulle di diritto, pur non comportando la nullità dell’intero contratto.

Ai sensi dell’articolo 1419 del codice civile, la nullità parziale di un contratto o la nullità di singole clausole importa la nullità dell'intero contratto, se risulta che i contraenti non lo avrebbero concluso senza quella parte del suo contenuto che è colpita dalla nullità. La nullità di singole clausole non importa la nullità del contratto, quando le clausole nulle sono sostituite di diritto da norme imperative.

 

Il comma 3 precisa che le disposizioni di cui ai commi 1 e 2 si applicano ai contratti di mutuo stipulati dopo l'entrata in vigore del provvedimento, e non hanno pertanto effetto retroattivo.

 

Il comma 4 offre la definizione della nozione di «acquisto della prima casa» rilevante ai fini del presente provvedimento, disponendo che si intende l'acquisto effettuato da una persona fisica della casa dove intende stabilire la propria residenza.

 

Si ricorda che nel caso di acquisto della "prima casa" è prevista una serie di agevolazioni di carattere fiscale:

-        l'imposta di registro, o in alternativa l'Iva, si paga con aliquota ridotta (3% per l’imposta di registro invece del 7%, ovvero IVA al 4%);

-        le imposte ipotecarie e catastali sono dovute in misura fissa anziché in percentuale (168 euro per ciascuna imposta, in luogo dell’aliquota dell’1% per l’imposta ipotecaria e del 2% per l’imposta catastale) .

Per fruire delle agevolazioni prima casa non è necessario che l'immobile acquistato sia destinato ad abitazione propria e/o dei familiari.

Lo sconto fiscale vale anche per l'acquisto di pertinenze, sia pure effettuato con atto separato, ma con il limite di una sola pertinenza per ciascuna delle seguenti categorie catastali: C/2, cantina o soffitta; C/6, box o posto auto; C/7, tettoia.

I requisiti necessari per fruire delle agevolazioni prima casa sono i seguenti:

-        l’abitazione non deve avere le caratteristiche di abitazione di lusso indicate dal decreto ministeriale 2 agosto 1969, in "Gazzetta Ufficiale" 218 del 27/08/1969;

-        deve essere ubicata nel Comune dove l'acquirente ha la propria residenza o in cui intende stabilirla entro 18 mesi dall' acquisto ( il termine è stato elevato da 12 a 18 mesi dal 1° gennaio 2001), oppure nel Comune in cui l'acquirente svolge la propria attività principale;

-        se l'acquirente si è trasferito all'estero per lavoro, l' immobile deve essere situato nel Comune ove ha sede o esercita l'attività l'azienda da cui dipende;

-        l'immobile può essere ubicato in qualsiasi Comune del territorio italiano se l'acquirente è cittadino italiano residente all'estero (iscritto all'Aire);

-        per fruire delle agevolazioni prima casa non è necessario che l'immobile acquistato sia destinato ad abitazione propria e/o dei familiari, tant'è che può essere acquistata con le agevolazioni "prima casa" anche un'abitazione affittata o da affittare dopo l'acquisto (circolari n. 19/E del 1° marzo 2001 e n 1/E del 2 marzo 1994);

-        l’acquirente non deve essere titolare, esclusivo o in comunione col coniuge, di diritti di proprietà, usufrutto, uso e abitazione di altra casa di abitazione nel territorio del Comune dove si trova l’immobile da acquistare;

-        infine, per fruire delle agevolazioni, non bisogna essere titolari, neppure per quote o in comunione legale, su tutto il territorio nazionale, di diritti di proprietà, uso, usufrutto, abitazione o nuda proprietà, su altra casa di abitazione, acquistata, anche dal coniuge, usufruendo delle agevolazioni per l’acquisto della prima casa.

 

La disposizione di cui al comma 4 in esame precisa che rileva l'acquisto effettuato da una persona fisica della casa dove “intende stabilire la propria residenza”. Si ritiene che siano esclusi i mutui accesi per la ristrutturazione della prima casa.

 

Al riguardo, potrebbe essere meglio specificata la portata dell’espressione “intende stabilire la propria residenza”, al fine di individuare con certezza le fattispecie che ricadono nella nuova previsione normativa e chiarire se il riconoscimenti dei benefici sia subordinato solamente ad un atto di volontà del soggetto richiedente ovvero ad un suo preciso comportamento.

 

Sul punto si può ricordare come l’ordinamento tributario subordina il riconoscimento dei benefici fiscali sopra menzionati a puntuali requisiti in ordine all’individuazione della casa di prima abitazione.

In generale, le agevolazioni fiscali per l’acquisto della prima casa spettano solo in presenza di determinate condizioni[24]:

a)      l’immobile deve essere ubicato nel Comune in cui l’acquirente ha la residenza o in cui intende stabilirla entro 18 mesi dalla stipula, o nel Comune dove l’acquirente svolge la propria attività principale;

b)      l’acquirente non deve essere titolare, esclusivo o in comunione col coniuge, di diritti di proprietà, usufrutto, uso e abitazione di altra casa di abitazione nel territorio del Comune dove si trova l’immobile da acquistare;

c)      non bisogna essere titolari, neppure per quote o in comunione legale, su tutto il territorio nazionale, di diritti di proprietà, uso, usufrutto, abitazione o nuda proprietà, su altra casa di abitazione, acquistata, anche dal coniuge, usufruendo delle agevolazioni per l’acquisto della prima casa.

L’acquirente decade dai benefici fiscali usufruiti in sede di acquisto dell’immobile se le dichiarazioni rese nell’atto di acquisto sono false; non trasferisce la residenza nel Comune ove è situato l’immobile entro 18 mesi dall’acquisto; vende o dona l’abitazione prima che sia decorso il termine di cinque anni dalla data di acquisto, a meno che entro un anno non riacquista un altro immobile da adibire a propria abitazione principale.

 

Per quanto concerne i contratti di mutuo in essere, i commi da 5 a 7 recano meccanismi volti ad una loro sostanziale riconduzione a equità mediante, in particolare, la determinazione della misura massima dell'importo della penale dovuta per il caso di estinzione anticipata o parziale del mutuo.

 

In particolare, il comma 5 demanda all'Associazione bancaria italiana (ABI) e alle associazioni dei consumatori rappresentative a livello nazionale, ai sensi dell'articolo 137 del Codice del consumo, la definizione, entro tre mesi dalla entrata in vigore del presente provvedimento, delle regole generali di riconduzione a equità dei contratti di mutuo in essere.

 

Il richiamato articolo 137 del Codice del consumo, di cui al decreto legislativo 6 settembre 2005, n. 206, istituisce, al comma 1, presso il Ministero delle attività produttive l'elenco delle associazioni dei consumatori e degli utenti rappresentative a livello nazionale.

Il comma 2 subordina l'iscrizione nell'elenco al possesso, da comprovare con la presentazione di documentazione conforme alle prescrizioni e alle procedure stabilite con decreto del Ministro delle attività produttive, dei seguenti requisiti:

a)    avvenuta costituzione, per atto pubblico o per scrittura privata autenticata, da almeno tre anni e possesso di uno statuto che sancisca un ordinamento a base democratica e preveda come scopo esclusivo la tutela dei consumatori e degli utenti, senza fine di lucro;

b)    tenuta di un elenco degli iscritti, aggiornato annualmente con l'indicazione delle quote versate direttamente all'associazione per gli scopi statutari;

c)    numero di iscritti non inferiore allo 0,5 per mille della popolazione nazionale e presenza sul territorio di almeno cinque regioni o province autonome, con un numero di iscritti non inferiore allo 0,2 per mille degli abitanti di ciascuna di esse, da certificare con dichiarazione sostitutiva dell'atto di notorietà resa dal legale rappresentante dell'associazione con le modalità di cui agli articoli 46 e seguenti del testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di documentazione amministrativa, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445;

d)    elaborazione di un bilancio annuale delle entrate e delle uscite con indicazione delle quote versate dagli associati e tenuta dei libri contabili, conformemente alle norme vigenti in materia di contabilità delle associazioni non riconosciute;

e)    svolgimento di un'attività continuativa nei tre anni precedenti;

f)      non avere i suoi rappresentanti legali subito alcuna condanna, passata in giudicato, in relazione all'attività dell'associazione medesima, e non rivestire i medesimi rappresentanti la qualifica di imprenditori o di amministratori di imprese di produzione e servizi in qualsiasi forma costituite, per gli stessi settori in cui opera l'associazione.

Secondo il comma 3, alle associazioni dei consumatori e degli utenti e' preclusa ogni attività di promozione o pubblicità commerciale avente per oggetto beni o servizi prodotti da terzi ed ogni connessione di interessi con imprese di produzione o di distribuzione.

Il comma 4 demanda al Ministero delle attività produttive l'aggiornamento annuale dell'elenco. Secondo il comma 5, all'elenco possono iscriversi anche le associazioni dei consumatori e degli utenti operanti esclusivamente nei territori ove risiedono minoranze linguistiche costituzionalmente riconosciute, in possesso dei requisiti di cui al comma 2, lettere a), b), d), e) e f), nonche' con un numero di iscritti non inferiore allo 0,5 per mille degli abitanti della regione o provincia autonoma di riferimento, da certificare con dichiarazione sostitutiva dell'atto di notorietà resa dal legale rappresentante dell'associazione con le modalità di cui agli articoli 46 e seguenti del citato testo unico, di cui al decreto del Presidente della Repubblica n. 445 del 2000.

Il Ministero delle attività produttive, ai sensi del comma 6, comunica alla Commissione europea l'elenco di cui al comma 1, comprensivo anche degli enti di cui all'articolo 139, comma 2, nonche' i relativi aggiornamenti al fine dell'iscrizione nell'elenco degli enti legittimati a proporre azioni inibitorie a tutela degli interessi collettivi dei consumatori istituito presso la stessa Commissione europea.

 

La riconduzione ad equità dovrà avvenire in particolare mediante la determinazione della misura massima dell'importo della penale dovuta per il caso di estinzione anticipata o parziale del mutuo.

Ove non venga raggiunto l'accordo tra l'Associazione bancaria italiana (ABI) e le associazioni dei consumatori previsto dal comma 5, il comma 6 demanda alla Banca d’Italia il compito di stabilire la misura della penale idonea alla riconduzione a equità.

Al riguardo si rileva che non viene indicato alcun parametro per l’esercizio del potere amministrativo della Banca d’Italia di stabilire la misura della penale idonea alla riconduzione ad equità.

Sempre secondo il comma 6, la misura della penale come stabilita dalla Banca d'Italia costituisce norma imperativa ai sensi dell'articolo 1419, comma 2, del codice civile ai fini della rinegoziazione dei contratti di mutuo in essere.

Il richiamato articolo 1419, comma 2, c.c. stabilisce che la nullità di singole clausole non importa la nullità del contratto, quando le clausole nulle sono sostituite di diritto da norme imperative.

A chiusura del sistema, qualora il debitore proponga la riduzione dell'importo della penale entro i limiti stabiliti ai sensi dei precedenti commi 5 e 6, il comma 7 fa comunque divieto alle banche di rifiutare la rinegoziazione dei contratti di mutuo stipulati prima della entrata in vigore del presente provvedimento.

Al riguardo, si rileva che la disposizione in esame, pure priva di oneri fiscali, pone a carico del mutuatario l’onere di chiedere la rinegoziazione prima di procedere all’estinzione anticipata con la penale ridotta. Non fissa un termine per procedere alla rinegoziazione, che quindi può essere richiesta in qualsiasi momento.

Documentazione predisposta dall’Ufficio RUE

Si rinvia alla scheda relativa all’articolo 6.

 


Art. 8
Portabilità del mutuo; surrogazione

1. In caso di mutuo bancario, apertura di credito od altri contratti di finanziamento bancario, la non esigibilita' del credito o la pattuizione di un termine a favore del creditore non preclude al debitore l'esercizio della facolta' di cui all'articolo 1202 del codice civile.

2. Nell'ipotesi di surrogazione ai sensi del comma 1, il mutuante surrogato subentra nelle garanzie accessorie, personali e reali, al credito surrogato. L'annotamento di surrogazione puo' essere richiesto al conservatore senza formalita', allegando copia autentica dell'atto di surrogazione stipulato per atto pubblico o scrittura privata.

3. E' nullo ogni patto, anche posteriore alla stipulazione del contratto, con il quale si impedisca o si renda oneroso per il debitore l'esercizio della facolta' di surrogazione di cui al comma 1.

4. La surrogazione per volonta' del debitore di cui al presente articolo non comporta il venir meno dei benefici fiscali previsti per l'acquisto della prima casa.

 

 

L’articolo 8 prevede in generale la cosiddetta portabilità del finanziamento bancario, facultizzando il debitore mutuatario della banca a surrogare un nuovo mutuante nei diritti del creditore originario, anche senza il consenso di questo. Si precisa che l’esercizio di tale facoltà non fa venire meno i benefici fiscali previsti per l’acquisto della prima casa.

Si individua in particolare nell'istituto della surrogazione per volontà del debitore di cui all'articolo 1202 del codice civile lo strumento attraverso il quale il mutuatario estingue il primo mutuo trasferendo a favore del nuovo mutuante le garanzie accessorie al credito.

Nel dettaglio, il comma 1 stabilisce che, in caso di mutuo bancario, apertura di credito od altri contratti di finanziamento bancario, l’esercizio della facoltà di cui all’articolo 1202 del codice civile non è preclusa al debitore dalla non esigibilità del credito o dalla pattuizione di un termine a favore del creditore.

Il pagamento con surrogazione è disciplinato dagli articoli da 1201 a 1205 del codice civile.

L’articolo 1202, in particolare, prevede la surrogazione per volontà del debitore, stabilendo che il debitore, che prende a mutuo una somma di danaro o altra cosa fungibile al fine di pagare il debito, può surrogare il mutuante nei diritti del creditore, anche senza il consenso di questo.

La surrogazione ha effetto quando concorrono le seguenti condizioni:

a) che il mutuo e la quietanza risultino da atto avente data certa;

b) che nell'atto di mutuo sia indicata espressamente la specifica destinazione della somma mutuata;

c) che nella quietanza si menzioni la dichiarazione del debitore circa la provenienza della somma impiegata nel pagamento. A seguito della richiesta del debitore, il creditore non può rifiutarsi di inserire nella quietanza tale dichiarazione.

Secondo l’articolo 1204 c.c. la surrogazione ha effetto anche contro i terzi che hanno prestato garanzia per il debitore. Se il pagamento è parziale, ai sensi dell’articolo 1205 c.c., il terzo surrogato e il creditore concorrono nei confronti del debitore in proporzione di quanto è loro dovuto, salvo patto contrario.

 

Il comma 2 prevede che nell’ipotesi di surrogazione il mutuante surrogato subentra nelle garanzie accessorie, personali e reali, al credito surrogato.

Si precisa che l’annotazione della surrogazione può essere richiesta al conservatore senza formalità, allegando copia autentica dell’atto di surrogazione stipulato per atto pubblico o scrittura privata.

Il comma 3 stabilisce la nullità di ogni patto con il quale si impedisca o si renda oneroso per il debitore l’esercizio della prevista facoltà di surrogazione. Il patto è nullo anche se risulta posteriore alla stipulazione del contratto.

Ai sensi del comma 4 la surrogazione per volontà del debitore non comporta il venir meno dei benefici fiscali previsti dall’ordinamento tributario per l’acquisto della prima casa.

 

Si ricorda che nel caso di acquisto della "prima casa" è prevista una serie di agevolazioni di carattere fiscale:

-        l'imposta di registro, o in alternativa l'Iva, si paga con aliquota ridotta (3% per l’imposta di registro invece del 7%, ovvero IVA al 4%);

-        le imposte ipotecarie e catastali sono dovute in misura fissa anziché in percentuale (168 euro per ciascuna imposta, in luogo dell’aliquota dell’1% per l’imposta ipotecaria e del 2% per l’imposta catastale) .

Per fruire delle agevolazioni prima casa non è necessario che l'immobile acquistato sia destinato ad abitazione propria e/o dei familiari.

Lo sconto fiscale vale anche per l'acquisto di pertinenze, sia pure effettuato con atto separato, ma con il limite di una sola pertinenza per ciascuna delle seguenti categorie catastali: C/2, cantina o soffitta; C/6, box o posto auto; C/7, tettoia.

I requisiti necessari per fruire delle agevolazioni prima casa sono i seguenti:

-        l’abitazione non deve avere le caratteristiche di abitazione di lusso indicate dal decreto ministeriale 2 agosto 1969, in "Gazzetta Ufficiale" 218 del 27/08/1969;

-        deve essere ubicata nel Comune dove l'acquirente ha la propria residenza o in cui intende stabilirla entro 18 mesi dall' acquisto ( il termine è stato elevato da 12 a 18 mesi dal 1° gennaio 2001), oppure nel Comune in cui l'acquirente svolge la propria attività principale;

-        se l'acquirente si è trasferito all'estero per lavoro, l' immobile deve essere situato nel Comune ove ha sede o esercita l'attività l'azienda da cui dipende;

-        l'immobile può essere ubicato in qualsiasi Comune del territorio italiano se l'acquirente è cittadino italiano residente all'estero (iscritto all'Aire);

-        per fruire delle agevolazioni prima casa non è necessario che l'immobile acquistato sia destinato ad abitazione propria e/o dei familiari, tant'è che può essere acquistata con le agevolazioni "prima casa" anche un'abitazione affittata o da affittare dopo l'acquisto (circolari n. 19/E del 1° marzo 2001 e n 1/E del 2 marzo 1994);

-        l’acquirente non deve essere titolare, esclusivo o in comunione col coniuge, di diritti di proprietà, usufrutto, uso e abitazione di altra casa di abitazione nel territorio del Comune dove si trova l’immobile da acquistare;

-        infine, per fruire delle agevolazioni, non bisogna essere titolari, neppure per quote o in comunione legale, su tutto il territorio nazionale, di diritti di proprietà, uso, usufrutto, abitazione o nuda proprietà, su altra casa di abitazione, acquistata, anche dal coniuge, usufruendo delle agevolazioni per l’acquisto della prima casa.

Documentazione predisposta dall’Ufficio RUE

Si rinvia alla scheda relativa all’articolo 6.

 


Art. 9
Comunicazione unica per la nascita dell'impresa

1. Ai fini dell'avvio dell'attivita' d'impresa, l'interessato presenta all'ufficio del registro delle imprese, di norma per via telematica, la comunicazione unica per gli adempimenti di cui al presente articolo.

2. La comunicazione unica vale quale assolvimento di tutti gli adempimenti amministrativi previsti per l'iscrizione al registro delle imprese ed ai fini previdenziali, assistenziali, fiscali, nonche' per l'ottenimento del codice fiscale e della partita IVA.

3. L'ufficio del registro delle imprese contestualmente rilascia la ricevuta, che costituisce titolo per l'immediato avvio dell'attivita' imprenditoriale, e da' notizia alle Amministrazioni competenti dell'avvenuta presentazione della comunicazione unica.

4. Le Amministrazioni competenti comunicano all'interessato e all'ufficio del registro delle imprese, anche per via telematica, immediatamente il codice fiscale e la partita IVA ed entro i successivi sette giorni gli ulteriori dati definitivi relativi alle posizioni registrate.

5. La procedura di cui al presente articolo si applica anche in caso di modifiche o cessazione dell'attivita' d'impresa.

6. La comunicazione, la ricevuta e gli atti amministrativi di cui al presente articolo sono di norma adottati in formato elettronico e trasmessi per via telematica. A tale fine le Camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura assicurano, gratuitamente, previa intesa con le associazioni imprenditoriali, il necessario supporto tecnico ai soggetti privati interessati.

7. Con decreto adottato dal Ministro dello sviluppo economico, entro quarantacinque giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto, di concerto con i Ministri per le riforme e le innovazioni nella pubblica amministrazione, dell'economia e delle finanze, e del lavoro e della previdenza sociale, e' individuato il modello di comunicazione unica di cui al presente articolo. Con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri o del Ministro per le riforme e le innovazioni nella pubblica amministrazione, di concerto con i Ministri dello sviluppo economico, dell'economia e delle finanze, e del lavoro e della previdenza sociale, ai sensi dell'articolo 71 del codice dell'amministrazione digitale di cui al decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82, e successive modificazioni, entro quarantacinque giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto, sono individuate le regole tecniche per l'attuazione delle disposizioni di cui al presente articolo, le modalita' di presentazione da parte degli interessati e quelle per l'immediato trasferimento telematico dei dati tra le Amministrazioni interessate, anche ai fini dei necessari controlli.

8. La disciplina di cui al presente articolo trova applicazione a decorrere dal sessantesimo giorno successivo dalla data di entrata in vigore del presente decreto.

9. A decorrere dalla data di cui al comma 7, sono abrogati l'articolo 14, comma 4, della legge 30 dicembre 1991, n. 412, e successive modificazioni, e l'articolo 1 del decreto-legge 15 gennaio 1993, n. 6, convertito, con modificazioni, dalla legge 17 marzo 1993, n. 63, ferma restando la facolta' degli interessati, per i primi sei mesi di applicazione della nuova disciplina, di presentare alle Amministrazioni competenti le comunicazioni di cui al presente articolo secondo la normativa previgente.

10. Al fine di incentivare l'utilizzo del mezzo telematico da parte delle imprese individuali, relativamente agli atti di cui al presente articolo, la misura dell'imposta di bollo di cui all'articolo 1, comma 1-ter, della tariffa annessa al decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 642, come sostituita dal decreto del Ministro delle finanze 20 agosto 1992, e successive modificazioni, e' rideterminata, garantendo comunque l'invarianza del gettito, con decreto del Ministero dell'economia e delle finanze, di concerto con il Ministero dello sviluppo economico, da adottarsi entro quarantacinque giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto.

 

 

L’articolo 9 prevede che gli adempimenti amministrativi a carico delle imprese per l’iscrizione nel Registro delle imprese, a fini previdenziali (iscrizione all’Inps), assistenziali (iscrizione all’Inail) e per l’ottenimento del Codice fiscale e della partita IVA, siano sostituiti da una comunicazione unica all’Ufficio del registro delle imprese delle Camere di commercio, il quale rilascia una ricevuta che costituisce titolo per l’immediato avvio dell’attività imprenditoriale (commi1-4).

La disposizione prevede, inoltre, che:

·       la procedura si applichi anche in caso di modifiche o cessazioni dell’attività d’impresa (comma 5);

·       le trasmissioni avvengano, di norma, per via telematica; a questo fine, in particolare, le Camere di commercio, previa intesa con le associazioni imprenditoriali, assicurano gratuitamente ai privati l’assistenza e il supporto tecnico di cui necessitano (comma 6);

·       con due DPCM, da adottare entro 45 giorni dalla data di entrata in vigore del decreto-legge, siano adottate le norme necessarie per l’attuazione delle nuove procedure[25] (comma 7);

·       le nuove procedure siano adottate dopo 60 giorni dalla data di entrata in vigore del decreto-legge (comma 8), con la conseguente abrogazione della normativa vigente in materia di comunicazioni a carattere previdenziale e assistenziale, nonché per il rilascio del Codice fiscale e della partita IVA[26] (comma 9);

·       l’importo dell’imposta di bollo per le domande presentate per via telematica all’Ufficio del registro delle imprese sia rideterminato con successivo decreto del Ministero dell’economia e delle finanze, di concerto  con il Ministero dello sviluppo economico, da adottare entro quarantacinque giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto (2 febbraio 2007). La rideterminazione dovrà essere effettuata garantendo l’invarianza del gettito ed essere finalizzata ad incentivare l’utilizzo del mezzo telematico da parte delle imprese individuali (comma 10)[27].

Iscrizione al Registro delle imprese

Il Registro delle imprese, tenuto da un apposito Ufficio presso le Camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura, è stato istituito dall’articolo 8 della legge n. 580 del 1993[28].

Al Registro delle imprese sono tenuti ad iscriversi tutti coloro che esercitano un’attività imprenditoriale, previa denuncia alla Camera di commercio. La registrazione garantisce la pubblicità legale delle imprese e di tutti gli atti che le riguardano e ne testimonia l’esistenza, l’attività esercitata e gli eventi aventi rilievo giuridico durante la sua attività. Contestualmente all’iscrizione, l’Ufficio preposto della camera di commercio, in collegamento con il Ministero dell’economia e delle finanze, assegna il numero di iscrizione al Registro che coincide con il Codice fiscale.

Si ricorda, in proposito, che coloro che intraprendono un’attività economica di tipo imprenditoriale sono tenuti a comunicare l’avvio dell’attività all´Agenzia delle entrate - Ufficio Iva, per l´attribuzione della partita Iva, ossia il codice fiscale dell´impresa. A coloro che si iscrivono al Registro delle imprese l’apertura di una Posizione Iva è consentita direttamente presso la Camera di commercio che, attraverso l’ufficio del Registro delle imprese provvede a trasmettere i dati all’Agenzia delle entrate, rilasciando apposita certificazione dell’avvenuta operazione al contribuente interessato.

 

Con il Registro delle imprese (che ha avviato l'attuazione degli articoli 2188 del codice civile) sono stati gradualmente unificati i registri e gli elenchi in precedenza esistenti per le varie attività imprenditoriali.

Attualmente il registro si articola in due sezioni, una ordinaria e una speciale, (alle quali il DLgs 96/2001 ne ha affiancata una ulteriore per le Società tra avvocati).

Il comma 4dell'articolo 8 della legge n.580 del 1993 prevedeva in origine l'istituzione di apposite sezioni speciali del Registro delle imprese per le iscrizioni degli imprenditori agricoli, dei piccoli imprenditori, delle società semplici e delle imprese artigiane. Tale assetto del Registro è stato successivamente rivisto dal DPR 14 dicembre 1999, n. 558, che ha introdotto varie semplificazioni procedimentali (secondo i principi dell’art. 20, co. 8, della legge Bassanini), disponendo, in particolare, all'articolo 2, l'iscrizione in un’unica sezione speciale delle categorie imprenditoriali e delle società in precedenza comprese nelle quattro sezioni speciali.

Alla concreta istituzione del registro delle imprese si è provveduto con il DPR 7 dicembre 1995, n. 581.

Ai sensi dell'art. 7, comma 2, lett. a), del DPR n.581 del 1995, sono tenuti all'iscrizione nel registro delle imprese:

1) gli imprenditori che esercitano le attività indicate nell'art. 2195 c.c., e cioè gli imprenditori che esercitano un'attività industriale, diretta alla produzione di beni e servizi, o un'attività intermediaria nella circolazione dei beni o un'attività di trasporto per terra, per acqua o per aria, un'attività bancaria o assicurativa o attività ausiliarie di ciascuna di queste;

2) le società di cui all'art. 2200 c.c, e cioè le società in nome collettivo, le società in accomandita semplice, le società a responsabilità limitata, le società per azioni e le società cooperative anche quando non esercitino un'attività commerciale;

3) i consorzi di cui all'art. 2612 c.c. e le società consortili di cui all'art. 2615-ter c.c.;

4) i gruppi europei di interesse economico (GEIE) di cui al D.Lgs. 23 luglio 1991, n. 240 (si tratta di quegli organismi senza fini di lucro previsti dalla CEE con regolamento 2137/85 come strumenti di cooperazione transnazionale tra le imprese);

5) gli enti pubblici che hanno per oggetto esclusivo o principale un'attività commerciale;

6) le società assoggettate alla legge italiana secondo le nuove norme di diritto internazionale privato (art. 25 della legge n. 218/95)

7) gli imprenditori agricoli (art. 2135 c.c);

8) i piccoli imprenditori (art. 2083 c.c.);

9) le società semplici (art. 2251 c.c.).

Per quanto concerne, specificamente, le imprese artigiane, l’articolo 5 della legge n.443 del 1985 prevede che queste siano tenute ad iscriversi all’Albo delle imprese artigiane. L’iscrizione all’Albo comporta automaticamente l’annotazione nella sezione speciale del Registro delle imprese tenuto dalle Camere di commercio. A questo fine, infatti, l’articolo 19 del DPR n.581 del 1995 prevede che la domanda di iscrizione all’Albo delle imprese artigiane sia comunicata entro 15 giorni dalla Commissione provinciale per l’artigianato all’Ufficio del Registro delle imprese.

Si ricorda, altresì, che ai sensi dell'art. 9 del DPR n. 581 del 1995 è stato istituito, a scopi esclusivamente documentali e statistici, il "Repertorio delle notizie economiche e amministrative" (REA), nel quale sono iscrivibili i soggetti non qualificabili come imprenditori ma che, tuttavia, esercitano attività economiche e professionali denunciabili alle Camere di commercio.

 

Merita segnalare, infine, che dal 1° novembre 2003 è entrato in vigore l'obbligo (secondo quanto previsto dall’articolo 31, comma 2, della legge 340 del 2000) di presentazione per via telematica o su supporto informatico con firma digitale di domande, denunce ed atti al Registro delle imprese.

Documentazione predisposta dall’Ufficio RUE

Documenti all’esame delle istituzioni dell’Ue

Le istituzioni dell’Unione europea hanno adottato o stanno esaminando numerose iniziative volte a semplificare la costituzione di nuove imprese e ridurre gli oneri regolamentari gravanti sulle stesse.

Il 10 novembre 2005la Commissione ha presentato la comunicazione “Attuare il programma comunitario di Lisbona: una politica moderna a favore delle PMI per la crescita e l’occupazione (COM(2005) 551)”.

La Commissione intende istituire, con tale iniziativa, un quadro politico per le iniziative riferite alle PMI; rilevando le enormi potenzialità non sfruttate che le PMI hanno di creare crescita e occupazione, propone di semplificare norme e regolamenti, di promuovere una cultura imprenditoriale e di assistere le PMI nell’accesso all’innovazione, al credito, alla formazione e ai mercati europei e internazionali.

Il Consiglio, nelle conclusioni del 13 marzo 2006 sulla comunicazione, ha approvato l’approccio proposto per una politica a favore delle PMI, contenuto nella comunicazione, e ha invitato gli Stati membri, fra l’altro, a migliorare il contesto normativo per le PMI in modo da permettere la creazione di maggiore occupazione.

 

A complemento della comunicazione sopra richiamata, la Commissione ha presentato, il 29 giugno 2006, la comunicazione “Attuare il programma comunitario di Lisbona: Finanziare la crescita delle piccole e medie imprese – promuovere il valore aggiunto europeo” (COM(2006)349), nella quale propone una serie di azioni relative al finanziamento delle piccole e medie imprese.

 

Il programmalegislativo e di lavoro della Commissione per il 2007 considera fra le sue priorità una revisione intermedia della nuova politica a favore delle piccole e medie imprese.

Nell’ambito delle iniziative di semplificazione, il programma legislativo e di lavoro della Commissione annuncia – per l’ultimo trimestre del 2007 – la revisione della direttiva 2001/23/CE sui trasferimenti di imprese. Principale obiettivo è chiarire e semplificare l’applicazione della direttiva 2001/23/CE, per le operazioni transfrontaliere, ed introdurre le modifiche che emergeranno dalla consultazione con gli Stati membri e le parti sociali.

 

La Commissione ha presentato, l’8 febbraio 2005, la quinta[29] relazione annuale sull’attuazione della Carta europea per le piccole imprese (COM(2005)30), basata sulle relazioni nazionali dei paesi partecipanti.

La relazione presenta un quadro dei principali sviluppi occorsi dall’autunno 2003 all’autunno 2004, individua i punti di forza e le carenze nell’UE e nei paesi limitrofi, sottolinea le misure nazionali promettenti e contiene una serie di raccomandazioni per le azioni future; esamina i progressi realizzati in tre dei settori principali della Carta: formazione all’imprenditorialità, migliore regolamentazione e mancanza di personale qualificato.

Il 19 gennaio 2006 il Parlamento europeo ha approvato una risoluzione sull’attuazione della Carta europea per le piccole imprese, nella quale deplora il fatto che in futuro non saranno più elaborate relazioni annuali, essendone l’oggetto considerato assorbito nell’ambito delle relazioni sulla strategia di Lisbona. Il Parlamento europeo si compiace dell’intenzione della Commissione di valutare l’attuazione della Carta nel contesto del processo di Lisbona, ma richiede che le relazioni nazionali continuino ad essere basate sull’introduzione delle migliori prassi, la sperimentazione, la presentazione di misure legislative concrete e impegni politici precisi, destinati alle piccole e microimprese. Il Parlamento europeo invita la Commissione, il Consiglio e gli Stati membri ad avviare il processo di ammodernamento della Carta e prende atto del suggerimento di associare le relazioni sullo stato d’avanzamento del piano d’azione sullo spirito imprenditoriale[30] ai meccanismi di seguito della Carta.

 

Il 30 novembre 2006 il Parlamento europeo ha approvato una risoluzione sul tema “E’ ora di cambiare marcia – Creare un’Europa dell’imprenditorialità e della crescita”, nella quale, in particolare, sollecita maggiori investimenti nell’istruzione e nella ricerca per sviluppare l’innovazione e la crescita economica; invita gli Stati membri ad incoraggiare lo spirito imprenditoriale a partire dalle prime fasi della carriera scolastica e ad aumentare il loro sostegno alla formazione per tutto l’arco della vita; chiede una maggiore apertura dei mercati, più aiuti alle imprese innovative (“start ups”), la creazione di un brevetto europeo; il potenziamento degli Eurosportelli e la riduzione degli oneri burocratici.

 

Piano d’azione per la riduzione degli oneri amministrativi

La Commissione europea ha adottato il 14 novembre 2006 una comunicazione sulla revisione strategica delle iniziative sulla qualità della legislazione (COM(2006) 689), accompagnata da due documenti di lavoro dedicati, rispettivamente, allo stato di avanzamento della strategia per la semplificazione legislativa (COM(2006) 690) e alla riduzione dei costi amministrativi nell’Unione europea (COM(2006)691).

In tali documenti la Commissione propone una serie di iniziative, tra le quali, in particolare, una strategia volta a ridurre gli oneri amministrativi derivanti dalle normative esistenti. La Commissione propone che il Consiglio europeo di marzo 2007 stabilisca un traguardo del 25% per tale riduzione, che l’UE e gli Stati membri dovranno raggiungere congiuntamente entro il 2012.

La Commissione europea ha poi adottato il 24 gennaio 2007 una comunicazione relativa al programma d’azione per la riduzione degli oneri amministrativi nell’Unione europea (COM (2007) 23). Nella comunicazione la Commissione si propone, da una parte, di operare, con l'aiuto degli Stati membri, una misurazione degli oneri amministrativi legati alla legislazione comunitaria, e di elaborare iniziative per la riduzione dei medesimi; dall'altra, che gli Stati membri misurino e riducano gli oneri amministrativi imposti dalle legislazioni nazionali e regionali. Il programma dovrebbe essere varato nel maggio 2007 e avere l’obiettivo di fornire, entro il novembre 2008, la valutazione dei costi amministrativi imposti dalla legislazione comunitaria.

Nella comunicazione la Commissione europea chiede, in particolare, al Consiglio europeo di primavera (8 e 9 marzo 2007) di:

-        approvare il piano d'azione per la riduzione degli oneri amministrativi;

-        invitare gli Stati membri ad appoggiare la Commissione nel suo esercizio di misurazione degli oneri amministrativi associati alla legislazione comunitaria e di recepimento;

-        fissare un obiettivo comune del 25% di riduzione degli oneri amministrativi previsti dalla legislazione europea e nazionale, da raggiungere al più tardi nel 2012;

-        invitare gli Stati membri a fissare obiettivi di riduzione degli oneri amministrativi a livello nazionale entro, al più tardi, l'ottobre 2008 e a presentare, a partire dal 2007 e a cadenza annuale, una relazione sull'esercizio di misurazione e sulla riduzione degli oneri amministrativi.


Art. 10
Misure urgenti per la liberalizzazione di alcune attività economiche

1. Le disposizioni del presente articolo sono volte a garantire la liberta' di concorrenza secondo condizioni di pari opportunita' sul territorio nazionale e il corretto ed uniforme funzionamento del mercato, nonche' ad assicurare ai consumatori finali migliori condizioni di accessibilita' all'acquisto di prodotti e servizi sul territorio nazionale, in conformita' al principio comunitario della concorrenza e alle regole sancite dagli articoli 81, 82 e 86 del Trattato istitutivo della Comunita' europea.

2. Le attivita' di acconciatore di cui alle leggi 14 febbraio 1963, n. 161, e successive modificazioni, e 17 agosto 2005, n. 174, e l'attivita' di estetista di cui alla legge 4 gennaio 1990, n. 1, sono soggette alla sola dichiarazione di inizio attivita', da presentare al comune territorialmente competente ai sensi della normativa vigente, e non possono essere subordinate al rispetto del criterio della distanza minima o di parametri numerici prestabiliti, riferiti alla presenza di altri soggetti svolgenti la medesima attivita', e al rispetto dell'obbligo di chiusura infrasettimanale. Sono fatti salvi il possesso dei requisiti di qualificazione professionale, ove prescritti, e la conformita' dei locali ai requisiti urbanistici ed igienico-sanitari.

3. Le attivita' di pulizia e disinfezione, di cui al decreto del Ministro dell'industria, del commercio e dell'artigianato 7 luglio 1997, n. 274, e successive modificazioni, e di facchinaggio di cui al decreto del Ministro delle attivita' produttive 30 giugno 2003, n. 221, sono soggette alla sola dichiarazione di inizio attivita' ai sensi della normativa vigente, da presentare alla Camera di commercio, industria, artigianato e agricoltura competente, e non possono essere subordinate a particolari requisiti professionali, culturali e di esperienza professionale. Sono fatti salvi, ove richiesti dalla normativa vigente, i requisiti di onorabilita' e capacita' economico-finanziaria. Resta salva la disciplina vigente per le attivita' di disinfestazione, derattizzazione e sanificazione ed in ogni caso le attivita' professionali di cui al presente comma possono essere esercitate solo nel pieno rispetto della normativa vigente in materia di tutela del lavoro e della salute ed in particolare del decreto legislativo 19 settembre 1994, n. 626, e successive modificazioni, e della normativa in materia di smaltimento dei rifiuti speciali o tossici.

4. Le attivita' di guida turistica e accompagnatore turistico, come disciplinate dall'articolo 7 della legge 29 marzo 2001, n. 135, e successive modificazioni, non possono essere subordinate all'obbligo di autorizzazioni preventive, al rispetto di parametri numerici e a requisiti di residenza, fermo restando il possesso dei requisiti di qualificazione professionale secondo la normativa di cui alla citata legge n. 135 del 2001. Ai soggetti titolari di laurea in lettere con indirizzo in storia dell'arte o in archeologia o titolo equipollente, l'esercizio dell'attivita' di guida turistica o accompagnatore turistico non puo' essere negato, ne' subordinato allo svolgimento dell'esame abilitante di cui alla citata legge n. 135 del 2001 o di altre prove selettive, restando consentita la verifica delle conoscenze linguistiche soltanto quando le stesse non siano state oggetto del corso di studi.

5. L'attivita' di autoscuola e' soggetta alla sola dichiarazione di inizio attivita' da presentare all'amministrazione provinciale territorialmente competente ai sensi della normativa vigente, fatto salvo il rispetto dei requisiti morali e professionali, della capacita' finanziaria e degli standard tecnico-organizzativi previsti dalla stessa normativa. All'articolo 123 del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285, il comma 2 e' sostituito dal seguente: «2. Le autoscuole sono soggette a vigilanza amministrativa da parte delle province ed alla vigilanza tecnica da parte degli uffici provinciali della Direzione generale per la Motorizzazione.». Al comma 3 dell'articolo 123 del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285, la parola: «autorizzazione» e' sostituita dalla seguente: «dichiarazione» e le parole da: «e per la limitazione» a: «del territorio» sono soppresse. I commi 3, 4, 5, 6 e 7 dell'articolo 1 del decreto del Ministro dei trasporti e della navigazione 17 maggio 1995, n. 317, sono abrogati.

6. A decorrere dalla data di entrata in vigore del presente decreto sono abrogate le disposizioni legislative e regolamentari statali incompatibili con le disposizioni di cui ai commi da 2 a 5.

7. Entro tre mesi dalla data di entrata in vigore del presente decreto le regioni, le province ed i comuni adeguano le disposizioni normative e regolamentari ai principi di cui ai commi da 2 a 5.

8. Dopo il quinto comma dell'articolo 1 della legge 11 gennaio 1979, n. 12, e' inserito il seguente: «L'iscrizione all'albo dei consulenti del lavoro non e' richiesta per i soggetti abilitati allo svolgimento delle predette attivita' dall'ordinamento giuridico comunitario di appartenenza, che operino in Italia in regime di libera prestazione di servizi.».

9. All'articolo 9, comma 4, del decreto legislativo 21 novembre 2005, n. 285, sono soppresse le seguenti parole: «, a condizione che le relazioni di traffico proposte nei programmi di esercizio interessino localita' distanti piu' di 30 km da quelle servite da relazioni di traffico comprese nei programmi di esercizio dei servizi di linea oggetto di concessione statale. La distanza di 30 km deve essere calcolata sul percorso stradale che collega le case municipali dei comuni in cui sono ricomprese le localita' oggetto della relazione di traffico».

 

 

L’articolo 10 introduce misure volte alla liberalizzazione di alcune attività economiche  attualmente sottoposte a vincoli normativi di vario tipo. A tal fine, in particolare, per lo svolgimento di talune attività diventa sufficiente la sola dichiarazione di inizio attività (DIA).

La dichiarazione di inizio attività (DIA) è stata rivisitata, da ultimo, dell’articolo 3, comma 1, deldecreto-legge 35/05 (c.d. decreto “competitività”), il quale (sostituendo l’articolo 19, comma 1 della legge 7 agosto 1990, n. 241), ha introdotto modifiche volte, in particolare, ad ampliare le ipotesi nelle quali può essere svolta una attività senza richiedere alle pubbliche amministrazioni provvedimenti di licenza, autorizzazione, permesso ovvero l’iscrizione in albi o ruoli. La dichiarazione di inizio di attività (DIA) può surrogare una serie di atti amministrativi ampliativi (autorizzazioni, licenze, concessioni “non costitutive”, permessi o nulla-osta comunque denominati), fra i quali le “domande” per le iscrizioni in albi o ruoli richieste per l’esercizio di attività imprenditoriale, commerciale o artigianale.

Presupposti della dichiarazione di inizio attività sono:

§       la natura vincolata dell’atto amministrativo surrogato (il rilascio del provvedimento deve dipendere solo dalla verifica della esistenza dei presupposti richiesti dalla legge o da atti amministrativi generali);

§       l’assenza di alcun limite o contingente complessivo o specifici strumenti di programmazione settoriale per il rilascio dell’atto[31].

Il comma 1 individua obiettivi e finalità degli interventi, volti a garantire la libertà di concorrenza sull’intero territorio nazionale a condizioni di pari opportunità e il corretto e uniforme funzionamento del mercato, nonchè ad assicurare ai consumatori finali condizioni di accesso all’acquisto e ai servizi migliori di quelle attuali, conformemente a quanto previsto dagli artt. 81, 82 e 86 del Trattato istitutivo della Comunità europea.

I commi da 2 a 7 disciplinano le attività di acconciatore ed estetista (comma 2), le attività di pulizia, disinfezione e facchinaggio (comma 3), le attività di guida ed accompagnatore turistico (comma 4) e le autoscuole (comma 5).

 

Attività di acconciatore ed estetista (comma 2)

Il comma 2 interviene sulle attività di acconciatore ed estetista prevedendo, in particolare:

§         l’assoggettamento dell’attività alla sola dichiarazione d’inizio attività (cfr. supra), da presentarsi al comune competente per territorio;

§         la rimozione di criteri di distanza minima o di parametri numerici prestabiliti;

§         il venir meno dell’obbligo di chiusura settimanale;

§         la conferma della necessità di possesso di requisiti di qualificazione professionali, se prescritti dalla vigente disciplina, nonché della conformità dei locali nei quali si svolge l’attività ai previsti requisiti urbanistici e igienico - sanitari

 

Con riferimento all’attività di acconciatore ed estetista, la relazione governativa segnala la sentenza del Consiglio di Stato del 20 gennaio 2006, secondo la quale il vincolo della distanza minima previsto dai vigenti regolamenti comunali riguardanti tali attività viola sia il principio sulla libertà di iniziativa economica di cui all’art. 41 della Costituzione, sia i principi di sviluppo concorrenziale dell’economia stessa.

 

La normativa vigente delle attività di acconciatore ed estetista è recata dalle leggi n. 161 del 1963, n.174 del 2005 e n.1 del 1990.

Ai sensi della legge 14 dicembre 1963 n. 161 e delle successive modificazioni contenute nella L. 23/12/1970 n. 1142, per l’esercizio dell’attività di barbiere e parrucchiere uomo-donna è richiesto il possesso della qualificazione professionale riconosciuta dalla Commissione provinciale artigianato (CPA) e dell’apposita autorizzazione amministrativa rilasciata dal sindaco del comune nel quale si intende svolgere l’attività. Questa che viene disciplinata da un apposito regolamento comunale che stabilisce, all'interno del territorio comunale, distanze tra gli esercizi ed altre caratteristiche relative ai locali.

Successivamente, la legge 17 agosto 2005, n.174, ha introdotto la qualifica di “acconciatore” in sostituzione delle precedenti figure professionali di “parrucchiere” e “barbiere”. L’esercizio dell’attività di acconciatore[32] è soggetto ad autorizzazione, concessa con provvedimento del comune previo accertamento del possesso dell’abilitazione professionale che viene conseguita dai soggetti che abbiano superato un esame tecnico-pratico preceduto, in alternativa, da:

a)  lo svolgimento di un corso di qualificazione della durata di due anni, seguito da un corso di specializzazione di contenuto prevalentemente pratico ovvero da un periodo di inserimento della durata di un anno presso un'impresa di acconciatura, da effettuare nell'arco di due anni;

b)  un periodo di inserimento della durata di tre anni presso un'impresa di acconciatura, da effettuare nell'arco di cinque anni e dallo svolgimento di un apposito corso di formazione teorica; il periodo è ridotto ad un anno, da effettuare nell'arco di due anni, qualora sia preceduto da un rapporto di apprendistato della durata prevista dal contratto nazionale di categoria.

L’attività professionale di acconciatore è altresì disciplinata da leggi regionali cui spetta definire principi per l’esercizio  delle funzioni amministrative di competenza dei comuni.

La legge 4 gennaio 1990, n.1 disciplinal’attività di estetista[33]fissandouna serie di appositi requisiti tecnico-professionali al cui possesso è subordinato lo svolgimento dell’attività  che, peraltro,  deve essere autorizzata dal comune. La qualificazione professionale si intende conseguita mediante superamento di un apposito esame preceduto da:

-        corsi di qualificazione regionale (2 anni e minimo 900 ore annue) seguiti da un corso di specializzazione o da un anno di inserimento in un'impresa di estetista, con lo svolgimento di un esame teorico pratico finale;

-        un anno di attività lavorativa qualificata in qualità di dipendente, a tempo pieno presso uno studio medico specializzato oppure una impresa di estetista, successiva allo svolgimento di un rapporto di  apprendistato presso una impresa di estetista della durata prevista dala contrattazione collettiva di categoria e seguita da appositi corsi regionali di almeno 300 ore;

-        svolgimento di un periodo, non inferiore a tre anni, di attività lavorativa qualificata, a tempo pieno, in qualità di dipendente o collaboratore familiare presso una impresa di estetista, accertata attraverso l'esibizione del libretto di lavoro, o di documentazione equipollente, seguita dai corsi regionali di formazione teorica. Il periodo di attività deve essere svolto nel corso del quinquennio antecedente l'iscrizione ai corsi.

L’attività di estetista è disciplinata da norme regionali di programmazione. Le stesse norme provvedono a dettare disposizioni ai Comuni per l’adozione di regolamenti che si uniformino alle disposizioni della legge.

 

Attività di  pulizia, disinfezione e facchinaggio (comma 3)

Il comma 3 interviene sulle attività di pulizia, disinfezione e facchinaggio prevedendo, in particolare:

§         l’assoggettamento dell’attività alla sola dichiarazione d’inizio attività (cfr. supra), da presentarsi al comune competente per territorio;

§         l’esclusione di particolari requisiti professionali, culturali e di esperienza professionale (che secondo la relazione illustrativa appaiono realisticamente eccessivi, come ad esempio la conoscenza della chimica per le pulizie e la fisica per il facchinaggio; i requisiti professionali previsti dalla normativa vigente rimangono invece fermi per le sole attività di disinfestazione, derattizzazione e sanificazione in quanto - come si precisa nella richiamata relazione governativa -  trattasi di attività comportanti maggior rischi);

§         la conferma dell’obbligo del possesso dei requisiti di onorabilità e capacità economico-finanziaria, qualora siano previsti dalla normativa vigente;

§         la conferma della necessità di rispettare della normativa vigente in materia di tutela del lavoro e della salute (con particolare riferimento al D.Lgs 626 del 1994), nonché in materia di smaltimento dei rifiuti speciali o tossici[34];

 

Le attività di pulizia, disinfezione, disinfestazione e deratizzazione sono disciplinate dalla legge 25 gennaio 1994, n. 82 e dal relativo regolamento di attuazione approvato con il decreto del Ministro dell’industria 7 luglio 1997, n. 274[35]. Ai sensi della legge 82/94, per lo svolgimento dell’attività le imprese di pulizia sono tenute ad iscriversi nell’albo delle imprese artigiane o nel registro delle imprese. L'iscrizione è subordinata al possesso dei seguenti requisiti (definiti dagli art.2 della Legge 82 e art.2 del Decreto 274 del 1997): requisiti di onorabilità (non essere stati dichiarati falliti; assenza di condanne per determinati reati), tecnico-organizzativi (titolo di studio attinente l'attività specifica, oppure un'adeguata esperienza professionale) ed economico-finanziari (assenza di protesti, affidamenti bancari, osservanza delle norme sui contributi sociali) e tecnico-professionali. A seguito dell'entrata in vigore il 17 marzo 2005 del decreto legge 14 marzo 2005 n. 35 ("Disposizioni urgenti nell'ambito del Piano di azione per lo sviluppo economico, sociale e territoriale"), le imprese che intendono svolgere l'attività di pulizia, disinfezione, disinfestazione, derattizzazione e sanificazione presentano la dichiarazione dichiarazione di inizio attività. L'attività può essere iniziata decorsi trenta giorni dalla data di presentazione della dichiarazione citata. Contestualmente all'inizio dell'attività, deve essere presentata la domanda/denuncia al Registro delle imprese (se attività svolta in forma non artigiana) o all'Albo delle imprese artigiane (se attività svolta in forma artigiana).

Le attività di facchinaggio, disciplinate dal decreto del Ministro delle attività produttive 30 giugno 2003, n. 221[36], sono quelle individuate dalla tabella allegata al decreto del Ministro del lavoro 3 dicembre 1999 nella quale sono elencate e descritte le attività lavorative esercitate dagli organismi associativi, cui si applicano le disposizioni del DPR 30 aprile 1970, n. 602 ". Si tratta delle attività di:

a)  portabagagli, facchini e pesatori dei mercati agro-alimentari, facchini degli scali ferroviari, compresa la presa e consegna dei carri, facchini doganali, facchini generici, accompagnatori di bestiame, ed attivita' preliminari e complementari; facchinaggio svolto nelle aree portuali da cooperative derivanti dalla trasformazione delle compagnie e gruppi portuali in base all'articolo 21 della legge 28 gennaio 1994, n. 84, e successive modificazioni ed integrazioni;

b)  insacco, pesatura, legatura, accatastamento e disaccatastamento, pressatura, imballaggio, gestione del ciclo logistico (magazzini ovvero ordini in arrivo e partenza), pulizia magazzini e piazzali, depositi colli e bagagli, presa e consegna, recapiti in loco, selezione e cernita con o senza incestamento, insaccamento od imballaggio di prodotti ortofrutticoli, carta da macero, piume e materiali vari, mattazione, scuoiatura, toelettatura e macellazione, abbattimento di piante destinate alla trasformazione in cellulosa o carta e simili, ed attivita' preliminari e complementari.

Le attività di facchinaggio possono essere esercitate solo da imprese iscritte nel registro delle imprese o nell'albo imprese artigiane che sono in possesso dei requisiti previsti dall’art. 5 del DPR “requisiti di capacità economico-finanaziaria”, dall’art.6 “requisiti di capacità tecnico-oeganizzativa”, dall’art.7 “requisiti di onorabilità.

Non sono soggetti all'iscrizione nel registro delle imprese:

§       I facchini non imprenditori, che presentano denuncia di inizio attività ai sensi del decreto del Presidente della Repubblica 18 aprile 1994, n.342;

§       Le imprese di facchinaggio stabilite in uno Stato membro dell'Unione europea non aventi alcuna sede o unità locale sul territorio nazionale.

 

Attività di guida turistica e accompagnatore turistico (comma 4)

Il comma 4 interviene sulle attività di guida e accompagnatore turistico, prevedendo, in particolare:

§      il venir meno dell’obbligo di autorizzazione preventiva allo svolgimento dell’attività, di rispetto dei parametri numerici e di requisiti di residenza;

§      la riconferma dell’obbligo del possesso di requisiti di qualificazione professionale;

§      che l’esercizio dell’attività è consentito ai laureati in lettere con indirizzo in storia dell’arte o archeologia o titolo equipollente e non è subordinato allo svolgimento di un esame abilitante o di altre prove selettive. Con riferimento a detti soggetti è tuttavia consentita la verifica delle relative conoscenze linguistiche qualora non siano state oggetto del corso di studi.

 

Si evidenzia che il richiamo della legge n.135 del 2001 (c.d. Legge quadro sul turismo) per quanto concerne i requisiti di qualificazione professionale e gli esami abilitanti, appare incongruo, in quanto trattasi, in entrambi i casi, di materie non disciplinate dalla suddetta legge bensì da leggi delle singole regioni.

L’articolo 7 della legge 29 marzo 2001, n. 135(Riforma della legislazione nazionale del turismo", c.d. Legge quadro del turismo) con riguardo alle professioni turistiche (ossia relative all’organizzazione e alla fornitura di servizi di promozione dell’attività turistica, nonché ai servizi di assistenza, accoglienza, accompagnamento e guida dei turisti) stabilisce che il relativo esercizio è subordinato ad un’apposita autorizzazione valida sull’intero territorio nazionale (fatta eccezione per le guide turistiche), che viene rilasciata dalla regione. L'esercizio dell'attività da parte di imprese o di esercenti professioni turistiche non appartenenti alla UE è consentita, nel nostro Paese, previa iscrizione al registro delle imprese e previo accertamento, limitatamente agli esercenti professioni turistiche, del possesso dei requisiti richiesti dalle leggi regionali e dal DPCM di cui all'art. 44 del D.Lgs 112/98[37].

Secondo la relazione illustrativa l’obiettivo delle disposizioni contenute nel comma 4 è quello di ottenere come unico requisito richiesto per l’esercizio dell’attività di guida turistica la competenza professionale basata sulla conoscenza del territorio e delle lingue straniere. Nella stessa relazione si sottolinea inoltre l’esiguità del numero delle guide turistiche se rapportato alle esigenze del settore. Tra i diversi fattori che determinano tale esiguità  vi è,  in particolare, la tempistica degli esami di abilitazione organizzati a livello regionale o provinciale che, diversamente da quanto prescritto dalle normative settoriali, non vengono banditi con cadenza annuale.

 

Gestione delle autoscuole (comma 5)

Il comma 5 introduce misure di semplificazione e di liberalizzazione in materia di gestione delle autoscuole. In particolare, si prevede che l’avvio dell’attività economica connessa a tale gestione – attualmente soggetta al regime dell’autorizzazione da parte dell’ente provinciale - sia condizionata alla sola dichiarazione di inizio attività, Oltre alla semplificazione della procedura di avvio dell’attività, la norma mira peraltro ad una sostanziale liberalizzazione di tale esercizio economico: a tal fine, si provvede alla eliminazione dei limiti attualmente previsti dall’art. 123 del d.lgs. n. 285/1992 (Codice della strada), che sono connessi a parametri quali la popolazione, l’indice di motorizzazione e l’estensione del territorio.

Il primo periodo del comma stabilisce quindi che per l’attività di gestione di autoscuola è sufficiente la dichiarazione di inizio attività da presentarsi all’amministrazione provinciale competente; è fatto salvo il possesso dei requisiti morali e professionali, della capacità finanziaria e degli standard tecnico-organizzativi richiesti dalla vigente normativa.

Il secondo e terzo periodo provvedono alle modifiche da apportarsi alla disciplina dettata dall’art. 123 del d.lgs. n. 285/1992. In particolare:

-    al comma 2 dell’art. 123 viene soppresso il riferimento alla autorizzazione: la nuova formulazione prevede quindi che l’attività in questione sia soggetta alla sola vigilanza amministrativa della provincia ed alla vigilanza tecnica da parte degli uffici del Ministero dei trasporti;

-    al comma 3 dello stesso art. 123 - il quale che stabilisce che i compiti delle province in materia di autorizzazione e di vigilanza sono svolti secondo le direttive emanate dal Ministero dei trasporti - la parola “autorizzazione” viene sostituita da “dichiarazione”;

-    al medesimo comma 3 dell’art. 123, vengono soppressi i riferimenti alla limitazione del numero delle autoscuole in relazione ai criteri sopra citati: popolazione, indice di motorizzazione ed estensione del territorio.

 

L’ultimo periodo del comma 5 prevede infine l’abrogazione di alcune norme – art. 1, commi 3, 4, 5, 6 e 7 - del Regolamento di attuazione della disciplina in materia di autoscuole (Decreto del Ministro dei trasporti e della navigazione 17 maggio 1995, n. 317). Tali commi, in particolare, recano la specificazione dei limiti applicabili alle autorizzazioni per le nuove autoscuole, sulla base dei criteri limitativi stabiliti dal citato art. 123 del Codice della strada. La loro abrogazione consegue pertanto alla soppressione dei predetti limiti.

 

L’intervento adottato con il comma 5 in esame si rende necessario, secondo la relazione governativa di accompagnamento al decreto, anche per armonizzare la normativa in tale settore con i principi comunitari di libero mercato.

Occorre rilevare che il comma 5 - come del resto le altre disposizioni recate dall’art. 10 – nel sostituire il meccanismo di autorizzazione con quello della mera dichiarazione di inizio attività, si avvale di uno strumento - la dichiarazione di inizio attività - disciplinato dall’art. 19 della legge 7 agosto 1990, n. 241 (come modificato, da ultimo, dal D.L. 14 marzo 2005, n. 35, convertito dalla legge 14 maggio 2005, n. 80).

Tale norma ha previsto, a fini di semplificazione, di sostituire con la predetta dichiarazione la prevista autorizzazione, necessaria per l’esercizio delle attività imprenditoriali, commerciali e artigianali, quando il rilascio dell’atto autorizzativo dipenda esclusivamente da dall’accertamento dei requisiti e presupposti di legge e non siano previsti limiti o contingenti ovvero strumenti di programmazione settoriale.

L’art. 19 ha anche stabilito che siano esclusi dall’applicazione di tale disciplina semplificata gli atti rilasciati dalle amministrazioni preposte alla difesa, alla sicurezza, all’immigrazione, alla giustizia, alle finanze, alla tutela della salute e della pubblica incolumità, del patrimonio culturale e paesaggistico e dell’ambiente. 

 

Per quanto riguarda i requisiti e i presupposti fatti salvi dal comma 5 in esame, e che devono quindi essere rispettati da coloro che trasmettono la dichiarazione di inizio attività, essi sono indicati dall’art. 123, commi 5 e seguenti, del d.lgs. n. 285/1992.

In particolare, il comma 5 prevede che l’autorizzazione venga rilasciata a chi abbia compiuto 21 anni, risulti di buona condotta e sia in possesso di adeguata capacità finanziaria, di diploma si istruzione di secondo grado e di abilitazione di insegnante di teoria o istruttore di guida; il comma 6 preclude il rilascio dell’autorizzazione ai delinquenti abituali, professionale o per tendenza e a coloro che sono sottoposti a misure di sicurezza personale o alle misure di prevenzione; il comma 7 stabilisce che l’autoscuola deve possedere un’attrezzatura tecnica e didattica adeguata. Il comma 10 demanda a decreti del Ministero dei trasporti l’individuazione dei requisiti minimi di capacità finanziaria e dei requisiti di idoneità degli istruttori; le prescrizioni sui locali e sugli arredamenti didattici; la durata dei corsi; i programmi di esame. I commi 11 e 12 stabiliscono infine le sanzioni per coloro che esercitano l’attività senza autorizzazione e per coloro che insegnano in tali strutture senza essere in possesso dei requisiti professionali richiesti.

 

Disposizioni comuni alle attività di cui ai commi 2, 3, 4 e 5 (commi 6 e 7)

l commi 6 e 7 dettano disposizioni comuni valevoli per tutte le attività oggetto dei commi da 2 a 5.

Il comma 6 dispone che a decorrere dalla data di entrata in vigore del decreto-legge sono abrogate le disposizioni statali, sia legislative che regolamentari, non compatibili con le disposizioini introdotte dai precedenti commi 2-5. L’abrogazione decorre dalla data di entrata in vigore della presente legge.

Il comma 7prevedel’adeguamento delle disposizioni regionali, provinciali e comunali ai principi enunciati dai citati commi 2-5 entro il termine di 3 mesi dall’entrata in vigore del presente provvedimento.

 

Consulenti del lavoro (comma 8)

Il comma 8 in commento, inserendo un’ulteriore disposizione dopo il comma 5 dell’art. 1 della legge n. 12 del 1979, stabilisce, in particolare, che ai cittadini comunitari che operano in Italia in regime di libera prestazione di servizi e che sono abilitati dal loro ordinamento nazionale a svolgere attività strumentali come quelle di calcolo, elaborazione e stampa di buste paga non è richiesta l’iscrizione all’albo italiano dei consulenti del lavoro.

L’articolo 1 della legge 11 gennaio 1979, n. 12 (Norme per l'ordinamento della professione di consulente del lavoro) prevede che tutti gli adempimenti in materia di lavoro, previdenza ed assistenza sociale dei lavoratori dipendenti, quando non sono curati in prima persona dal datore di lavoro o dai suoi dipendenti, non possono essere assunti se non da coloro che – muniti dell’apposita abilitazione professionale - siano iscritti nell'albo dei consulenti del lavoro[38] (comma 1); il titolo di consulente del lavoro spetta, quindi, ai soli soggetti in possesso dell’abilitazione e dell’iscrizione all’albo (comma 3).

Il successivo comma 4 dell’art. 1 prevede che le imprese artigiane, nonché le altre piccole imprese, anche in forma cooperativa, possono affidare l'esecuzione degli adempimenti in materia di lavoro, servizi e previdenza a centri di assistenza fiscale istituiti dalle rispettive associazioni di categoria. Tali servizi possono essere organizzati a mezzo dei consulenti del lavoro (anche se dipendenti dalle predette associazioni.

In particolare, il comma 5 stabilisce che per l'esecuzione delle attività strumentali ed accessorie, dette imprese comma possono avvalersi anche di centri di elaborazione dati (CED) costituiti e composti esclusivamente da soggetti iscritti agli albi dei consulenti del lavoro. Le imprese con oltre 250 addetti che non si avvalgono, per le operazioni suddette, di proprie strutture interne possono demandarle a centri di elaborazione dati, di diretta costituzione od esterni, i quali devono essere in ogni caso assistiti da uno o più consulenti del lavoro.

In riferimento all’attività dei consulenti del lavoro, la Commissione europea ha avviato una procedura d’infrazione contro l’Italia deferendo il nostro Paese alla Corte di giustizia delle Comunità europee per la normativa sulle attività di elaborazione e stampa di cedolini paga, in base a cui solo i "consulenti del lavoro" o equiparati possono offrire tali servizi in Italia (IP/05/1663 del 21 dicembre 2005).

Conformemente alla sentenza Payroll C-79/01 della Corte di giustizia delle Comunità europee, la Commissione ritiene ingiustificata la riserva dell’attività ai soli consulenti dellavoro o equiparati, poiché tali servizi di elaborazione e stampa dei cedolini paga implicano essenzialmente compiti esecutivi e non di natura professionale-intellettuale.

La Commissione contesta in particolare il fatto che i CED (i soli autorizzati a fornire tali servizi alle imprese con meno di 250 dipendenti) debbano essere composti esclusivamente di "consulenti del lavoro". Infatti, tale disposizione esclude i cittadini comunitari in possesso di altri requisiti nel paese di provenienza dall’esercizio di tali attività. La prescrizione di un certificato di residenza ai fini dell’iscrizione all’albo professionale italiano dei consulenti del lavoro (richiesto dall’art. 9 della legge 12/1979) impone inoltre al fornitore di servizi l’obbligo di stabilirsi in Italia o di disporre di un altro indirizzo e rappresenta quindi una violazione del principio della libera prestazione di servizi.

 

In particolare, la Commissione ha ritenuto che l’obbligo di un’iscrizione all’albo italiano per poter fornire servizi in qualità di consulenti del lavoro in Italia costituisce una restrizione supplementare alla libera circolazione dei servizi.

 

L’art. 49 del Trattato istitutivo della Comunità europea stabilisce il divieto di restrizioni alla libera prestazione dei servizi all'interno della Comunità nei confronti dei cittadini degli Stati membri stabiliti in un paese della Comunità che non sia quello del destinatario della prestazione.

Ai sensi del successivo art. 50 del Trattato, sono considerate come servizi le prestazioni fornite normalmente dietro retribuzione, in quanto non siano regolate dalle disposizioni relative alla libera circolazione delle merci, dei capitali e delle persone.

I servizi comprendono in particolare:a) attività di carattere industriale;b) attività di carattere commerciale;c) attività artigiane; d) attività delle libere professioni.

 

Servizi automobilistici interregionali (comma 9)

Il comma 9, sempre operando nella prospettiva di ulteriore liberalizzazione di alcune attività economiche, interviene in tema di servizi automobilistici interregionali di competenza statale, modificando una norma transitoria contenuta nel d.lgs. 21 novembre 2005, n. 285, recante il riassetto di tale materia. In particolare, il comma in esame modifica l’art. 9, comma 4, nel senso di ampliare le possibilità di apertura di nuovi servizi di linea. Il comma 4 prevede infatti che, fino al 31 dicembre 2010 – data limite di validità delle concessioni rilasciate ai sensi della previgente normativa – possono essere autorizzati nuovi servizi di linea, ovvero modifiche intese a introdurre nuove relazioni di traffico nei servizi di linea già esistenti, a condizione che le relazioni di traffico proposte interessino località distanti più di trenta chilometri da quelle servite nell’ambito dei servizi di linea  esistenti.

Il comma 9 in esame dispone l’abrogazione di quest’ultima parte della norma, sopprimendo quindi la limitazione ivi prevista all’autorizzazione di nuovi servizi di linea.

Va ricordato che il decreto legislativo n. 285/2005, (Riordino dei servizi automobilistici interregionali di competenza statale), ha dato attuazione alla legge 32/2005, recante delega al Governo per la revisione normativa del settore dell’autotrasporto, per la parte relativa al riassetto delle disposizioni vigenti in materia di servizi automobilistici interregionali di competenza statale. Tali sono definiti “i servizi di trasporto di persone effettuati su strada mediante autobus, ad offerta indifferenziata, che si svolgono in modo continuativo o periodico su un percorso che interessa il territorio di almeno tre regioni”.

La previgente disciplina - dettata dal 28 settembre 1939, 1822 – prevedeva per l’affidamento di tali servizi il sistema della concessione governativa. Con il d.lgs. n. 285/2005 è stato introdotto il regime della autorizzazione.

Le finalità del decreto legislativo, indicate all’art. 1, consistono nel migliore soddisfacimento della domanda di mobilità delle persone; nella sicurezza dei viaggiatori, nella qualità dei servizi offerti e nel rispetto della normativa posta a base della sicurezza sociale; nella tutela della concorrenza tra le imprese; nella tutela della trasparenza del mercato.

L’articolo 3 del d.lgs. prevede che i servizi automobilistici interregionali di competenza statale sono soggetti ad autorizzazione avente una validità massima di cinque anni, e rilasciata dal Ministero delle infrastrutture e dei trasporti.

Per ottenere l’autorizzazione, l’impresa richiedente - che deve essere iscritta  nel registro delle imprese di cui all’art. 2188 del codice civile – deve soddisfare specifiche condizioni relative a:

§       i requisiti di accesso alla professione di trasportatore su strada di persone di cui al d. lgs. n. 395 del 2000;

§       la qualità aziendale;

§       l’applicazione nei confronti degli addetti, in materia di rapporto di lavoro, delle norme di diritto comune;

§       la separazione contabile nel caso in cui l’impresa gestisca anche servizi soggetti ad obblighi di servizio pubblico;

§       la idoneità del personale e delle strutture, al fine di assicurare il regolare esercizio del servizio di linea;

§       la qualità e quantità degli autobus utilizzati; in particolare si richiede che l’impresa disponga:

-        fino al 30 dicembre 2010, di autobus – in misura idonea ad assicurare il regolare svolgimento del servizio di linea - classificati come classe “B” o classe “III”, e non acquistati con sovvenzioni pubbliche di cui non possano beneficiare la totalità delle imprese;

-        dal 1° gennaio 2011, di autobus immatricolati per la prima volta da non più di sette anni;

§       la idoneità del percorso e delle aree di fermata del servizio di linea proposto, determinata previo nulla osta rilasciata dai competenti organi del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, ai sensi della vigente normativa in materia di sicurezza;

§       la regolarità del servizio.

L’articolo 9 del d.lgs. reca disposizioni relative al periodo transitorio. In particolare, si prevede che fino al 31 dicembre 2010 continuano ad esse valide le concessioni dei servizi di linea rilasciate ai sensi della legge n. 1822 del 1939. Entro tale data, possono essere autorizzati nuovi servizi di linea  o modifiche dirette a produrre nuove relazioni di traffico nei servizi di linea già esistenti alla data di entrata in vigore del decreto legislativo, a condizione che le relazioni di traffico proposte interessino località distanti più di 30 Km da quelle servite da relazioni di traffico comprese nei programmi di esercizio dei servizi di linea oggetto di concessione statale.

E’ su tale ultima disposizione che interviene il comma 9 in esame, sopprimendo le limitazioni relative alle distanze chilometriche fra le località interessate ed ampliando quindi le possibilità di accedere all’autorizzazione per l’apertura di nuove linee.

Documentazione predisposta dall’Ufficio RUE

Documenti all’esame delle istituzioni dell’UE

Il 26 settembre 2006 il Parlamento europeo ha approvato una risoluzione di iniziativa[39] (2006/2002/INI) sulla creazione di un quadro europeo delle qualifiche.

Il PE, in particolare, sottolinea la necessità di istituire un sistema europeo di riconoscimento delle qualifiche e delle competenze al fine di favorirne la trasparenza, la trasferibilità e l’impiego da parte dei vari Stati membri nel pieno rispetto delle ricchezze e delle specificità territoriali. Uno dei compiti principali del quadro europeo, secondo il Parlamento europeo, deve consistere nell’agevolare e nel promuovere il trasferimento delle qualifiche tra i vari sistemi di istruzione e formazione, per rendere possibile la mobilità professionale da uno Stato all’altro e rispondere più efficacemente alle caratteristiche della domanda/offerta del mercato del lavoro europeo. Pertanto, tenuto conto delle nuove sfide poste dalla società dell’informazione e dai cambiamenti demografici, lo sviluppo di un quadro per le qualifiche riveste un’importanza cruciale per facilitare la mobilità professionale all’interno dell’UE e per promuovere la competitività e la coesione sociale come previsto dalla strategia di Lisbona. Il PE ricorda, altresì, che il quadro europeo delle qualifiche non è destinato a sostituire, bensì ad integrare i quadri nazionali per le qualifiche.

 

Il 5 settembre 2006la Commissione ha presentato una proposta di raccomandazione relativa all’istituzione di un Quadro europeo delle qualifiche per l’apprendimento permanente (QEQ) (COM(2006) 479).

Obiettivo della proposta è fornire una lingua comune per descrivere le qualifiche e aiutare gli Stati membri, i datori di lavoro e gli individui a confrontare le qualifiche dei diversi sistemi di istruzione e di formazione nell’UE. Elemento chiave della proposta è l’insieme di otto livelli di riferimento che descrivono le conoscenze e le capacità di chi apprende spostando l’attenzione dagli input dell’apprendimento (durata, tipo di istituzione) ai risultati dell’apprendimento.

La proposta, che segue la procedura di codecisione, dovrebbe essere esaminata dal Parlamento europeo in prima lettura nella sessione plenaria del 22 maggio 2007.

Procedure di contenzioso

La Commissione europea ha inviato all’Italia una lettera di messa in mora il 24 luglio 2000[40]. La Commissione ritiene che l’articolo 1 della legge n. 12 dell’11 gennaio 1979[41] e l’articolo 58, comma 16, della legge n. 144 del 17 maggio 1999[42] non siano compatibili con le disposizioni degli articoli 43 e 49 (principi di libertà di stabilimento e libera prestazione dei servizi) del Trattato CE, poiché riservano in misura sproporzionata le attività di elaborazione e di stampa dei fogli paga ai consulenti del lavoro o a professionisti assimilati iscritti negli albi italiani.

A complemento della costituzione in mora del luglio 2000, che resta impregiudicata, con lettera del 16 dicembre 2003,la Commissione ha rilevato altresì che gli articoli 1 e 9 della legge n. 12 dell’11 gennaio 1979 e l’articolo 58, sedicesimo comma, della legge n. 144 del 17 maggio 1999 sono incompatibili con gli articoli 43 e 49 del Trattato CE nella misura in cui impongano a chiunque voglia esercitare l’attività di consulente del lavoro in Italia di iscriversi all’albo professionale italiano e di possedere a tal fine un certificato di residenza nonché di rispettare le disposizioni correlate in merito ai centri di elaborazione dati, che devono essere esclusivamente composti da consulenti del lavoro.

 

Il 7 luglio 2004la Commissione ha inviato all’Italia il parere motivato.

 

Il 7 settembre 2006la Commissione ha presentato il ricorso alla Corte di giustizia delle Comunità europee (Causa C-365/06).

 

 


Art. 11
Misure per il mercato del gas

1. Al fine di accrescere gli scambi sul mercato nazionale del gas naturale, fino al completo recepimento della direttiva 2003/55/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 giugno 2003, con decreto del Ministro dello sviluppo economico, sentita l'Autorita' per l'energia elettrica e il gas, da emanare entro tre mesi dalla data di entrata in vigore del presente decreto, sono determinate le modalita' con cui le aliquote del prodotto della coltivazione di giacimenti di gas dovute allo Stato, a decorrere da quelle dovute per l'anno 2006, sono cedute dai titolari delle concessioni di coltivazione presso il mercato regolamentato delle capacita' di cui all'articolo 13 della deliberazione n. 137/02 del 17 luglio 2002, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 190 del 14 agosto 2002, e secondo le modalita' di cui all'articolo 1 della deliberazione n. 22/04 del 26 febbraio 2004, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 66 del 19 marzo 2004, adottate dall'Autorita' per l'energia elettrica e il gas. Con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, di concerto con il Ministro dello sviluppo economico, sono disciplinate le modalita' di versamento delle relative entrate al bilancio dello Stato.

2. A decorrere dalla data di entrata in vigore del decreto di cui al comma 1, le autorizzazioni all'importazione di gas rilasciate dal Ministero dello sviluppo economico ai sensi dell'articolo 3 del decreto legislativo 23 maggio 2000, n. 164, sono subordinate all'obbligo di offerta presso il mercato regolamentato di cui al comma 1 di una quota del gas importato, definita con decreto dello stesso Ministero in misura rapportata ai volumi complessivamente importati. Le modalita' di offerta, secondo principi trasparenti e non discriminatori, sono determinate dall'Autorita' per l'energia elettrica e il gas.

 

 

L’articolo 11, al fine di conseguire una maggiore liquidità dell'offerta di gas nel mercato interno, dispone che le quote di produzione nazionale di gas che le imprese produttrici versano allo Stato in controvalore (royalties) e una quota fissa di tutte le importazioni future debbano essere offerte sul mercato regolamentato delle capacità e del gas (c.d. borsa del gas).

Il comma 1 demanda ad un decreto del ministro dello Sviluppo economico, da emanare, sentita l'Autorità per l'energia elettrica e il gas (AEEG), entro tre mesi dall'entrata in vigore del decreto-legge, la determinazione delle modalità con cui il valore delle aliquote del prodotto della coltivazione di giacimenti di gas dovute allo Stato (royalties), a decorrere da quelle dovute per l'anno 2006, sono cedute dai titolari delle concessioni di coltivazione presso il mercato regolamentato della capacità e del gas.

Si ricorda che l’articolo 19 del D.Lgs. n. 625/1996[43] ha ridefinito il valore delle aliquote del prodotto della coltivazione (royalties) che, ai sensi dell'art. 33 della legge n. 613/67[44], istitutiva dell’ENI, il titolare della concessione ha l'obbligo di corrispondere allo Stato, nonché le produzioni esenti. La legge n.239 del 2004, di riordino del settore energetico[45], ha introdotto modifiche nel citato articolo 19 sulle modalità di determinazione delle royalties, per semplificarne la disciplina e migliorare l’attuazione della normativa[46].

Il mercato regolamentato delle capacità e del gas (c.d. borsa del gas), di cui all'articolo 13 della deliberazione n. 137/2002 dell’AEEG, è inteso come l’insieme delle procedure per la gestione centralizzata delle cessioni e degli scambi di capacità di entrata o di uscita assegnate agli utenti, nonché delle cessioni e degli scambi del gas immesso nella rete nazionale di gasdotti. La norma rinvia a un ulteriore provvedimento dell’Autorità il compito di definire la disciplina di tale mercato. In attuazione di tale disposizione l’Autorità ha pertanto adottato la deliberazione n. 22 del 2004. L’articolo 1, in particolare, elenca gli interventi da parte dell’Autorità per la disciplina del mercato regolamentato delle capacità e del gas, i quali devono prevedere:

§       l’organizzazione di procedure per la cessione e lo scambio di capacità e di gas naturale attraverso una piattaforma informatica;

§       la definizione di uno o più contratti standard aventi ad oggetto tali scambi e cessioni;

§       la riforma dell’attuale regime di bilanciamento, mediante la previsione di un mercato giornaliero di bilanciamento, e la determinazione di corrispettivi di bilanciamento calcolati sulla base del prezzo con il quale il gas naturale viene scambiato sul mercato giornaliero di bilanciamento;

§       l’introduzione di un mercato centralizzato del gas naturale, gestito in modo indipendente, basato su un sistema automatico di incrocio fra domanda ed offerta, il quale consenta la determinazione di un prezzo ufficiale come prezzo di riferimento per la conclusione delle transazioni.

Secondo il comunicato stampa del Ministero dello Sviluppo Economico[47], con tale disposizione le quote di gas naturale prodotto dai giacimenti italiani che oggi le imprese produttrici versano allo Stato in controvalore (royalties), dovranno essere cedute dai titolari delle concessioni ad altri operatori presso l’esistente mercato regolamentato già funzionante sul sito web di Snam Rete Gas[48], un mercato virtuale on line cui possono accedere le imprese che hanno contratti di trasporto di gas in Italia o con chi lo produce in Italia o con chi lo importa dall’estero. In tal modo risulteranno accresciuti gli scambi sul mercato nazionale del gas naturale, e sarà più facile ai piccoli e medi operatori trovare gas da comprare, visto che importarlo dall’estero richiede una forza contrattuale idonea a poter stipulare contratti con i fornitori esteri e a trovare la necessaria capacità di trasporto attraverso i gasdotti dall’estero.

La disposizione in commento precisa che l’obiettivo è quello di aumentare gli scambi sul mercato nazionale del gas fino al completo recepimento della direttiva 2003/55/CE[49]

Si ricorda che l’articolo 16 della legge n. 62 del 2005 (legge comunitaria 2004) ha delegato il Governo ad adottare, entro un anno dalla sua entrata in vigore (ossia entro il 12 maggio 2006) uno o più decreti legislativi per dare attuazione alla direttiva 2003/55/CE, al fine di completare il processo di liberalizzazione del mercato del gas naturale. Talune disposizioni della suddetta direttiva sono già state attuate dal D.Lgs. 164/2000, dalla legge n. 239/2004 e da altre leggi di disciplina del settore energetico. Per quanto concerne l’apertura alla concorrenza del mercato, il punto saliente della direttiva 2003/55/CE è la separazione organizzativa e decisionale, oltre che societaria[50], tra le imprese operanti nelle attività di trasporto, distribuzione e stoccaggio e le imprese operanti nelle attività di produzione, approvvigionamento, misura e commercializzazione, nonché la promozione della gestione delle reti di trasporto del gas naturale da parte di imprese indipendenti.

A tale proposito si ricorda che l’articolo 1-ter, comma 4, del D.L. 239/03 ha disposto che ciascuna società operante nel settore della produzione, importazione, distribuzione e vendita dell'energia elettrica e del gas naturale, anche attraverso le società controllate, controllanti, o controllate dalla medesima controllante, e comunque ciascuna società a controllo pubblico, a decorrere dal 1° luglio 2007, non possa detenere, direttamente o indirettamente, quote superiori al 20 per cento del capitale delle società che sono proprietarie e che gestiscono reti nazionali di trasporto di energia elettrica e di gas naturale. Successivamente, il comma 24 dell’articolo 1 della legge di riordino del settore energetico n.239/04 ha novellato il citato decreto legge, stabilendo che il divieto di detenere quote superiori al 20% nel capitale di società, che sono proprietarie e che gestiscono reti nazionali di trasporto dell’energia, opererebbe nei confronti delle società a controllo pubblico, anche indiretto, solo qualora queste operino direttamente nei medesimi settori (della produzione, importazione, distribuzione e vendita dell’energia elettrica e del gas naturale).

Successivamente l’articolo 1, comma 373, della legge n.266 del 2005 (legge finanziaria per il 2006) ha prorogato, relativamente alla rete nazionale di trasporto del gas naturale, la scadenza suddetta al 31 dicembre 2008.

Da ultimo, l’articolo 1, commi 905 e 906 della legge n.296 del 2006 (legge finanziaria per il 2007) ha previsto che con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri siano attuato l'obbligo di cessione delle quote superiori al 20 per cento del capitale delle società che sono proprietarie e che gestiscono reti nazionali di trasporto del gas naturale[51] controllate direttamente o indirettamente dallo Stato. Tuttavia, il termine entro il quale Eni SpA è tenuta a dismettere, sino al limite del 20 per cento, la propria partecipazione nel capitale di Snam Rete Gas, viene ulteriormente differito di due anni a decorrere dalla data di entrata in vigore del suddetto D.P.C.M.

 

Per quanto concerne la definizione delle modalità di versamento delle relative entrate al bilancio dello Stato, la disposizione in commento rinvia a un decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, emanato di concerto con il Ministro dello sviluppo economico.

Si ricorda che, ai sensi dell’articolo 19 del D.Lgs. n. 625/1996 (commi 8-13), ciascun titolare di concessioni di coltivazione effettua il calcolo del valore delle aliquote dovute e redige un prospetto complessivo[52] e, entro il 30 giugno dell'anno successivo a quello cui si riferiscono le aliquote, effettua i relativi versamenti da esso dovuti allo Stato, alle regioni a statuto ordinario e ai comuni interessati. I versamenti dovuti allo Stato sono effettuati, in forma cumulativa per tutte le concessioni delle quali è titolare, presso la Tesoreria centrale dello Stato. Analogo versamento è effettuato in forma cumulata, per le quote spettanti ad ogni regione a statuto ordinario. I versamenti dovuti ai comuni affluiscono direttamente ai bilanci dei comuni interessati. Ciascun titolare, entro il 15 luglio di ogni anno, trasmette al Ministero delle finanze (ora Ministero dell’economia e delle finanze), all'UNMIG[53] e alle sue Sezioni, copia di tale prospetto, corredato di copia delle ricevute dei versamenti effettuati. L'UNMIG comunica alle regioni interessate il valore complessivo delle quote ad esse spettanti. Il Ministero delle finanze e l'UNMIG, sulla base del prospetto presentato, possono disporre accertamenti.

In pratica, come si legge nella relazione illustrativa, le royalties derivanti dalla coltivazione dei giacimenti di idrocarburi non sarebbero più versate in valore secondo un parametro[54] determinato e aggiornato dall'Autorità per l'energia elettrica e il gas, ma direttamente immesse nel mercato ed offerte ad imprese e consumatori per il loro approvvigionamento. Le entrate derivanti dalla vendita affluirebbero all'erario, mantenendo (secondo quanto chiarito anche nella relazione tecnica) la previsione di gettito, non comportando quindi oneri aggiuntivi a carico della finanza pubblica.

 

Il comma 2 prevede che a decorrere dall’adozione del decreto previsto dal comma 1 per la definizione delle modalità di offerta nella c.d. borsa del gas delle quote di produzione nazionale di gas, al medesimo obbligo di offerta sia subordinato anche il rilascio delle nuove autorizzazioni all'importazione di gas da parte del ministero dello Sviluppo economico.

La definizione della quota del gas importato da offrire sulla borsa del gas è definita con decreto dello stesso Ministero dello sviluppo economico, in misura rapportata ai volumi complessivamente importati. Le modalità di offerta sono determinate dall'Autorità per l'energia elettrica e il gas, sulla base di principi di trasparenza e di non discriminazione.

 

Ai sensi dell’articolo 3 del D.Lgs. 23 maggio 2000 n.164, di attuazione della direttiva 98/30/CE (Norme comuni per il mercato interno del gas naturale, a norma dell'articolo 41 della L. 17 maggio 1999, n. 144) l'attività di importazione di gas naturale prodotto in Paesi non appartenenti all'Unione europea è soggetta ad autorizzazione del Ministero dell'industria, del commercio e dell'artigianato (ora Ministero dello sviluppo economico), rilasciata in base a criteri obiettivi e non discriminatori.

 

Si evidenzia l’opportunità di individuare un termine, da coordinare con quello di tre mesi recato al comma 1, per l’adozione del decreto del Ministro dello sviluppo a cui è rimessa la definizione della quota di gas importato oggetto dell’obbligo di offerta nel mercato regolamentato. Appare opportuno, inoltre, specificare che il decreto a cui si fa riferimento è quello di cui al primo periodo (e non già al secondo) del comma 1.

 

Documentazione predisposta dall’Ufficio RUE

Documenti all’esame delle istituzioni dell’UE

Con la comunicazioneUna politica energetica per l’Europa” (COM(2007)1)[55], la Commissione ha presentato il “pacchetto energia”, con il quale intende definire la strategia dell’UE nel settore[56].

Le misure sono presentate in forma di piano d’azione energetico in dieci punti, volti a contribuire a trasformare l’Europa in un’economia dal profilo energetico altamente efficiente ed a basse emissioni di CO2.

La realizzazione di un mercato interno dell’energia pienamente funzionante è ritenuto dalla Commissione uno degli elementi necessari per il completo raggiungimento dell’obiettivo strategico della politica energetica europea.

La Commissione sostiene che una piena concorrenza europea nel settore sia funzionale al contenimento dei prezzi ed all’efficacia del sistema di scambio di emissioni; essa può, inoltre, aprire la strada agli investimenti nelle nuove infrastrutture e nella capacità di generazione ed interconnessione.

Il piano d’azione opera un esame del livello di attuazione, da parte degli Stati membri, degli strumenti di regolamentazione del mercato dell’energia elettrica e del gas; a tal fine, richiama la comunicazione sulle prospettive per il mercato interno del gas e dell’elettricità (COM(2006)841), con cui la Commissione propone nuove misure che tengono in gran parte conto dei risultati dell’inchiesta sullo stato della concorrenza in questi due settori (COM(2006)851)[57].

Tra i problemi specifici che rendono tali mercati ancora poco efficienti la Commissione individua gli elevati livelli di concentrazione, l’integrazione verticale tra imprese operanti nel campo della fornitura e della produzione e delle infrastrutture, che determina condizioni non paritarie di accesso, gli investimenti insufficienti nelle infrastrutture, la collusione tra operatori storici, finalizzata alla ripartizione dei mercati.

L’obiettivo principale della Commissione è realizzare, entro il 2009, un mercato interno dell’energia aperto ed efficacemente regolato. A tal fine, il piano d’azione prospetta, tra l’altro: una netta separazione tra la produzione e la distribuzione di energia, tramite la disaggregazione della proprietà (unbundling) o la creazione di operatori indipendenti di sistema; il rafforzamento delle autorità nazionali di regolamentazione o, in alternativa, la creazione di un nuovo organismo unico europeo o una rete europea delle autorità di regolamentazione indipendenti; l’introduzione di requisiti minimi, per quanto riguarda la trasparenza, e di norme minime comuni per la sicurezza della rete; il varo di una Carta degli utenti dell’energia.

La Commissione ha presentato, inoltre, un piano per le interconnessioni prioritarie nelle reti dell'elettricità e del gas degli Stati membri (COM(2006)846), che propone interventi per risolvere le “strozzature” nella rete di trasporto. Il piano individua, tra le sue priorità, la nomina di quattro coordinatori europei per seguire quattro dei più importanti progetti, considerati prioritari[58], nonché il rafforzamento della collaborazione tra gli operatori di reti di trasporto (TSO) e l’agevolazione dell’integrazione delle energie rinnovabili nella rete.

Procedure di contenzioso

Il 18 dicembre 2006 la Commissione europea ha inviato all’Italia due pareri motivati, nei quali si contesta l’inadeguato recepimento delle direttive comunitarie nel settore dell'energia.

Il primo parere motivato riguarda l’inadeguato recepimento della direttiva 2003/54/CE sulla liberalizzazione del mercato dell'energia elettrica (procedura n. 2006/2057).

In particolare, i rilievi mossi dalla Commissione riguardano il mancato corretto recepimento:

-        dell’articolo 3, paragrafo 6, della direttiva, che contiene disposizioni sul diritto dei consumatori di essere informati circa l’origine dell’elettricità che consumano;

-        degli articoli 20, paragrafo 1, e 9, lettera e), che impongono l’obbligo di rendere accessibile al mercato, su base non discriminatoria, l’intera capacità di interconnessione della rete di trasmissione;

-        dell’articolo 15, paragrafo 2, che detta specifiche disposizioni in tema di indipendenza del gestore del sistema nazionale in relazione alla gestione, alla manutenzione ed allo sviluppo della rete;

-        dell’articolo 3, paragrafo 9, che riguarda l’obbligo per gli Stati membri di trasmettere alla Commissione informazioni relative a tutte la misure adottate per adempiere gli obblighi di servizio pubblico;

-        dell’articolo 3, paragrafo 1,  in quanto le disposizioni attualmente vigenti in Italia[59] impongono ai distributori locali l’obbligo di fornire elettricità a prezzo regolato ai clienti che già dal luglio 2004 potevano scegliere liberamente il loro fornitore (clienti non domestici).

 

Il secondo parere motivato contesta l’inadeguato recepimento della direttiva 2003/55/CE riguardante la liberalizzazione del mercato del gas (procedura n. 2006/2068);

In particolare, la Commissione contesta il mancato recepimento degli articoli 9, paragrafo 2, e 13, paragrafo 2, della direttiva in questione, contenenti disposizioni per la separazione dei sistemi di trasporto e distribuzione: specificamente si contestano le norme sull’indipendenza del gestore della rete rispetto alla gestione, alla manutenzione ed allo sviluppo della rete. Si rileva, inoltre, che l’Italia ha omesso di notificare alla Commissione gli obblighi relativi al servizio pubblico, come prescritto dall’articolo 3, paragrafo 6, della stessa direttiva.

 

 


Art. 12
Revoca delle concessioni per la progettazione e costruzione
di linee ad alta velocità e nuova disciplina degli affidamenti
 contrattuali nella revoca di atti amministrativi

1. Al fine di consentire che la realizzazione del Sistema alta velocita' avvenga tramite affidamenti e modalita' competitivi conformi alla normativa vigente a livello nazionale e comunitario, nonche' in tempi e con limiti di spesa compatibili con le priorita' ed i programmi di investimento delle infrastrutture ferroviarie, nel rispetto dei vincoli economici e finanziari imposti dal decreto legislativo 8 luglio 2003, n. 188, al gestore dell'infrastruttura ferroviaria nazionale e degli impegni assunti dallo Stato nei confronti dell'Unione europea in merito alla riduzione del disavanzo e del debito pubblico:

a) sono revocate le concessioni rilasciate alla TAV S.p.A. dall'Ente Ferrovie dello Stato S.p.A. il 7 agosto 1991 limitatamente alla tratta Milano-Verona e alla sub-tratta Verona-Padova, comprensive delle relative interconnessioni, e il 16 marzo 1992 relativa alla linea Milano-Genova, comprensiva delle relative interconnessioni, e successive loro integrazioni e modificazioni;

b) e' altresi' revocata l'autorizzazione rilasciata al Concessionario della Rete Ferroviaria Italiana S.p.A. all'articolo 5 del decreto del Ministro dei trasporti e della navigazione 31 ottobre 2000, n. 138 T, e successive modificazioni ed integrazioni, nella parte in cui consente di proseguire nel rapporto convenzionale con la societa' TAV S.p.A. relativo alla progettazione e costruzione della linea Terzo valico dei Giovi/Milano-Genova, della tratta Milano-Verona e della sub-tratta Verona-Padova.

2. Gli effetti delle revoche di cui al comma 1 si estendono a tutti i rapporti convenzionali da esse derivanti o collegati stipulati da TAV S.p.A. con i general contractors in data 15 ottobre 1991 e in data 16 marzo 1992, incluse le successive modificazioni ed integrazioni.

3. La Ferrovie dello Stato S.p.A. provvede direttamente o tramite societa' del gruppo all'accertamento e al rimborso, anche in deroga alla normativa vigente, secondo la disciplina di cui al comma 4, degli oneri delle attivita' progettuali e preliminari ai lavori di costruzione oggetto di revoca nei limiti dei soli costi effettivamente sostenuti, adeguatamente documentati e non ancora rimborsati alla data di entrata in vigore del presente decreto.

4. All'articolo 21-quinquies della legge 7 agosto 1990, n. 241, dopo il comma 1 e' aggiunto il seguente: «1-bis. Ove la revoca di un atto amministrativo ad efficacia durevole o istantanea di cui al comma 1 incida su rapporti negoziali, l'indennizzo liquidato dall'amministrazione agli interessati e' parametrato al solo danno emergente e tiene conto sia dell'eventuale conoscenza o conoscibilita' da parte dei contraenti della contrarieta' dell'atto amministrativo oggetto di revoca all'interesse pubblico, sia dell'eventuale concorso dei contraenti o di altri soggetti all'erronea valutazione della compatibilita' di tale atto con l'interesse pubblico.».

 

 

L’articolo 12 dispone, al comma 1, la revoca di alcune concessioni rilasciate dall’Ente ferrovie dello Stato alla società TAV Spa, allo scopo di garantire, nella realizzazione del sistema Alta velocità, che i criteri e gli affidamenti dei lavori risultino competitivi, secondo la normativa vigente, e che i tempi e le spese risultino compatibili con priorità e programmi di investimento delle infrastrutture ferroviarie, nel rispetto dei vincoli dettati al gestore delle infrastrutture ferroviarie dal decreto legislativo 8 luglio 2003, n. 188, e degli impegni assunti con l’Unione europea in tema di riduzione del disavanzo e del debito pubblico.

 

La norma - secondo quanto indicato dalla relazione di accompagnamento al decreto legge – si propone specificamente di reintrodurre criteri di competitività nell’affidamento delle concessioni per le opere ferroviarie in questione, criteri che sarebbero stati sostanzialmente non osservati dalla decisione di adottare il sistema del general contractor in luogo delle procedure di gara pubblica.

Si ricorda che il d.lgs. n. 188/2003 (Attuazione della direttiva 2001/12/CE, della direttiva 2001/13/CE e della direttiva 2001/14/CE in materia ferroviaria),ha disciplinato in modo organico: l'utilizzo e la gestione dell'infrastruttura ferroviaria adibita a servizi di trasporto ferroviario nazionali e internazionali; i princìpi e le procedure da applicare nella determinazione e nella imposizione dei diritti dovuti per il suo utilizzo; l'attività di trasporto per ferrovia effettuata da imprese ferroviarie operanti in Italia e i criteri relativi al rilascio, alla proroga ed alla modifica delle licenze per la prestazione di servizi di trasporto ferroviario da parte delle imprese ferroviarie e delle associazioni internazionali di imprese ferroviarie; il diritto di accesso all'infrastruttura ferroviaria per le associazioni internazionali di imprese ferroviarie e per le imprese ferroviarie; i princìpi e le procedure da seguire nella ripartizione della capacità di infrastruttura ferroviaria e nella riscossione dei diritti dovuti per l'utilizzo della infrastruttura.

Il medesimo comma 1 dell’art. 12 in esame specifica che le concessioni per le quali si dispone la revoca sono:

 

-    la concessione dell’Ente Ferrovie alla TAV Spa del 7 agosto 1991 limitatamente alle tratte Milano-Verona e Verona-Padova, comprese le relative interconnessioni;

-    la concessione dell’Ente Ferrovie alla TAV s.p.a. del 16 marzo 1992 relativo alla linea Milano-Genova, comprese le relative interconnessioni;

-    l’autorizzazione rilasciata al Concessionario Rete Ferroviaria Italiana Spa (art. 5 del d.m. 31 ottobre 2000, n. 138 T), nella parte in cui consente di proseguire il rapporto convenzionale con la TAV Spa relativamente alla progettazione e costruzione della linea Terzo Valico dei Giovi/Milano-Genova, della tratta Milano-Verona e della tratta Verona-Padova.

 

Il comma 2 precisa che la revoca si estende a tutti i rapporti convenzionali derivanti o collegati, stipulati da TAV Spa. con i general contractors nelle date del 15 ottobre 1991 e 16 marzo 1992.

 

Si ricorda che l’affidamento della progettazione esecutiva e la costruzione delle infrastrutture ferroviarie relative alla realizzazione del progetto Alta Velocità sono stati inizialmente affidati, mediante atto di concessione, da Ferrovie dello Stato Spa alla società Treno Alta Velocità - TAV Spa ed è stato previsto - a carico della società concessionaria - di avvalersi, nell’adempimento delle relative prestazioni, di general contractors scelti da (o garantiti da) “uno dei principali gruppi industriali italiani”. In seguito, le convenzioni attuative avevano individuato i soggetti ai quali affidare la realizzazione secondo adeguati standard qualitativi e nel rispetto dei termini prefissati.

Successivamente, l’articolo 131, comma 2 della legge n. 388/2000 (legge finanziaria per il 2001), ha disposto che, per la progettazione esecutiva e i lavori di costruzione delle infrastrutture ferroviarie per il sistema dell’Alta Velocità, non ancora iniziati alla data di entrata in vigore della stessa legge[60], dovesse provvedersi a un nuovo affidamento tramite gara, in conformità con la vigente normativa comunitaria e nazionale in tema di lavori pubblici e di appalti[61]. L’articolo 131 della legge n. 388/00 aveva, altresì, revocato le concessioni rilasciate alla TAV dall’Ente Ferrovie dello Stato per la parte concernente i lavori di costruzione.[62].

Il comma 2 di tale articolo 131 è stato poi abrogato dall’articolo 11 del D.Lgs. 166/2002 (cosiddetto “collegato infrastrutture”), il quale ha stabilito che le concessioni rilasciate a TAV da Ferrovie dello Stato, e i sottostanti rapporti instaurati da TAV Spa con i general contractors concernenti le opere di progettazione esecutiva e di costruzione delle infrastrutture ferroviarie per il sistema dell’Alta Velocità, dovessero proseguire senza soluzione di continuità.

La disposizione ha esplicitato quindi la prosecuzione delle concessioni rilasciate alla TAV Spa dall'ente Ferrovie dello Stato il 7 agosto 1991 e il 16 marzo 1992 (ivi comprese le successive modificazioni ed integrazioni) ed i sottostanti rapporti di general contracting instaurati dalla TAV Spa, riguardanti le opere di cui all'articolo 2, lettera h), della legge 17 maggio 1985, n. 210. (Tale norma costituisce il fondamento della partecipazione dell’ente Ferrovie dello Stato, anche in posizione minoritaria, a società o ad enti operanti in Italia o all'estero, aventi per fini la progettazione esecutiva e la costruzione delle linee e delle infrastrutture ferroviarie per il sistema alla velocità, per le quali il recupero e la remunerazione del capitale investito avviene attraverso lo sfruttamento economico effettuato da parte della società stessa. La norma in questione ha escluso inoltre che a tale società possano partecipare fornitori e costruttori interessati alla realizzazione degli investimenti effettuati dalla stessa e riservando la gestione delle infrastrutture così realizzate alla gestione unitaria dell'ente “Ferrovie dello Stato”).

 

Va inoltre segnalato che nel febbraio 2002 l’Autorità Garante della concorrenza e del mercato è intervenuta con un parere trasmesso ai Presidenti di Camera e Senato, al Presidente del Consiglio, al Ministro dell’Economia e Finanze e al Ministro delle Infrastrutture e Trasporti, ai sensi dell’articolo 22 della legge n. 287/90, al fine di segnalare i potenziali effetti distorsivi della concorrenza derivanti dalla prevista abrogazione dell’articolo 131, comma 2 della legge 388/2000.

L’Autorità, pur condividendo l’obiettivo di realizzare in Italia infrastrutture ferroviarie comparabili con quelle presenti in altri paesi europei, ha rilevato che la predetta disposizione non appariva coerente con le direttive comunitarie dettate in materia di appalti pubblici, attuate in Italia con il decreto legislativo 17 marzo 1995, n. 158, poiché l’abrogazione dell’articolo 131, comma 2 della legge n. 388/00, comportando una reviviscenza dell’affidamento diretto delle opere la cui realizzazione non è ancora iniziata, avrebbe eluso l’obbligo di gara sancito dalla normativa comunitaria e nazionale di riferimento.

 

Il comma 3 dell’articolo in esame disciplina i criteri e la procedura per i rimborsi dovuti dalla Società Ferrovie dello Stato, prevedendo che questa, anche in deroga alla normativa vigente, provveda direttamente - ai sensi del successivo comma 4 - all’accertamento ed al rimborso degli oneri connessi alle attività progettuali e preliminari condotte per le opere oggetto della revoca di cui al comma 1; il rimborso è dovuto nei limiti dei costi effettivamente sostenuti e non ancora rimborsati alla data di entrata in vigore del decreto legge.

 

Il comma 4 aggiunge un nuovo comma (1-bis) all’art. 21-quinquies della L. 241/1990[63], che detta norme generali in materia di azione amministrativa.

L’art. 21-quinquies, introdotto dall’art. 14 della L. 15/2005[64], disciplina in via generale l’istituto della revoca del provvedimento amministrativo e i suoi effetti.

 

La disposizione prevede la possibilità di revocare un provvedimento amministrativo ad efficacia durevole, da parte dell’organo che lo ha emanato o di altro organo previsto dalla legge, per sopravvenuti motivi di interesse pubblico, mutamento della situazione di fatto o nuova valutazione dell’interesse pubblico originario.

La revoca determina l’inidoneità del provvedimento revocato a produrre ulteriori effetti: ha pertanto efficacia ex nunc. Qualora da essa derivi pregiudizio in danno dei soggetti direttamente interessati, la pubblica amministrazione ha l’obbligo di provvedere a un indennizzo. Le controversie in materia di determinazione e corresponsione dell’indennizzo sono attribuite alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo.

 

Il nuovo comma 1-bis introdotto dal testo in esame fissa i criteri per la determinazione dell’indennizzo nell’ipotesi in cui la revoca dell’atto amministrativo incida su preesistenti rapporti negoziali con privati.

In tale ipotesi, l’indennizzo:

§         è parametrato al solo danno emergente (e non al “lucro cessante”);

§         tiene conto dell’eventuale conoscenza o conoscibilità da parte dei contraenti della contrarietà all’interesse pubblico dell’atto amministrativo;

§         tiene conto altresì dell’eventuale concorso dei contraenti o di altri soggetti all’erronea valutazione della compatibilità di tale atto con l’interesse pubblico.

 

La relazione illustrativa, ricordando che la revoca consegue ad una diversa valutazione ovvero ad una sopravvenienza che impongono una rivisitazione dell’interesse pubblico come inizialmente apprezzato, sottolinea l’opportunità di condizionarne il potere all’obbligo di indennizzare il privato, che per effetto della revoca abbia subìto un pregiudizio, e ciò anche nei casi di attività negoziale dell’amministrazione. Versandosi in una ipotesi di responsabilità da atto lecito, motivata in ragione dell’interesse pubblico, non si tratta – prosegue la relazione – di un risarcimento del danno ma di indennizzo, in relazione al quale la norma detta le modalità per la quantificazione riferita, sotto il profilo quantitativo, al solo danno emergente, con esclusione dei vantaggi futuri venuti meno e nel rispetto dei princìpi civilistici della valutazione del concorso e dell’attività svolta dall’interessato (secondo l’art. 1226 del codice civile[65]).

Documentazione predisposta dall’Ufficio RUE

Documenti all’esame delle istituzioni dell’UE

Il 24 maggio 2006la Commissione ha presentato una proposta modificata di regolamento, che stabilisce i princìpi generali per la concessione di un contributo finanziario della Comunità nel settore delle reti transeuropee dei trasporti e dell’energia e che modifica il regolamento (CE) n. 2236/95 (COM(2006)245).

La proposta, che modifica la proposta iniziale della Commissione del luglio 2004, fissa gli stanziamenti ed i massimali per la concessione di aiuti ai progetti di interesse comune nel settore delle reti transeuropee dei trasporti e dell’energia per il periodo 2007-2013, tenendo conto del quadro finanziario per tale periodo, come definito dall’accordo interistituzionale del 17 maggio 2006.

Le risorse previste dalla proposta per il settore dei trasporti ammontano complessivamente a 8.013 milioni di euro (contro i 20.350 della proposta iniziale)[66]per il periodo 2007-2013.

In base alla proposta il contributo finanziario della Comunità non dovrebbe superare le percentuali di seguito indicate:

a) per quanto riguarda gli studi, il 50% del costo ammissibile, a prescindere dal tipo di progetto d’interesse comune di cui si tratta;

b) per quanto riguarda i lavori:

per i progetti prioritari nel settore dei trasporti:

-        al massimo il 20% del costo ammissibile;

-        al massimo il 30% del costo ammissibile per le sezioni transfrontaliere di questi progetti e per i progetti prioritari riguardanti le vie navigabili, a condizione che siano avviati entro il 2010 e che gli Stati membri interessati abbiano presentato alla Commissione tutte le garanzie necessarie sulla solidità finanziaria e sul calendario per la realizzazione del progetto.

La proposta modificata, che segue la procedura di codecisione, tiene conto in gran parte degli emendamenti approvati in prima lettura dal Parlamento europeo, il 26 ottobre 2005. Su tale proposta modificata il Consiglio trasporti dell’11 dicembre 2006 ha raggiunto un accordo politico in vista della posizione comune che sarà adottata in una delle prossime sessioni.

Il 30 novembre 2006la Commissione ha presentato una proposta di direttiva che abroga la direttiva 71/304/CEE, concernente la soppressione delle restrizioni alla libera prestazione dei servizi in materia di appalti di lavori pubblici ed all’aggiudicazione degli appalti di lavori pubblici tramite agenzie o succursali (COM(2006)748).

La proposta di direttiva intende abrogare la direttiva 71/304/CEE, considerata obsoleta a seguito dell’evoluzione della giurisprudenza e della legislazione in materia di appalti pubblici. La direttiva da abrogare comporta due aspetti: il primo riguardante le procedure di appalto pubblico, attualmente disciplinate dalle direttive 2004/17/CE[67] e 2004/18/CE[68]; il secondo, relativo all’accesso non discriminatorio ai lavori in generale, che riguarda direttamente l’applicazione degli articoli 43 e 49 del trattato CE e che si situa a monte o a valle dello svolgimento della procedura di appalto.

La proposta di direttiva, che segue la procedura di codecisione, verrà esaminata dal Parlamento europeo in prima lettura il 13 febbraio 2007.

 

 


Art. 13, co. 1-2
Disposizioni urgenti in materia di istruzione tecnico-professionale
e di valorizzazione dell'autonomia scolastica

1. Il secondo ciclo di cui al decreto legislativo 17 ottobre 2005, n. 226, e successive modificazioni, e' costituito dal sistema dell'istruzione secondaria superiore e dal sistema dell'istruzione e della formazione professionale. Fanno parte del sistema dell'istruzione secondaria superiore i licei, gli istituti tecnici e gli istituti professionali di cui all'articolo 191, comma 2, del testo unico di cui al decreto legislativo 16 aprile 1994, n. 297, tutti finalizzati al conseguimento di un diploma di istruzione secondaria superiore. Nell'articolo 2 del decreto legislativo n. 226 del 2005, al primo periodo del comma 6 sono soppresse le parole: «economico,» e «tecnologico», e il comma 8 e' sostituito dal seguente: «8. I percorsi del liceo artistico si articolano in indirizzi per corrispondere ai diversi fabbisogni formativi». Nel medesimo decreto legislativo n. 226 del 2005 sono abrogati il comma 7 dell'articolo 2 e gli articoli 6 e 10.

2. Fatta salva l'autonomia delle istituzioni scolastiche e nel rispetto delle competenze delle regioni e degli enti locali in materia di programmazione dell'offerta formativa, possono essere costituite, in ambito provinciale o sub-provinciale, tra gli istituti tecnici e gli istituti professionali, le strutture formative rispondenti ai livelli essenziali delle prestazioni di cui al capo III del decreto legislativo n. 226 del 2005 e le strutture che operano nell'ambito del sistema dell'istruzione e formazione tecnica superiore denominate: «istituti tecnici superiori» nel quadro della riorganizzazione di cui all'articolo 1, comma 631, della legge 27 dicembre 2006, n. 296, nonche' «poli tecnico professionali», di natura consortile e con le forme di cui all'articolo 7, comma 10, del decreto del Presidente della Repubblica 8 marzo 1999, n. 275. I «poli» sono costituiti al fine di promuovere in modo stabile e organico la diffusione della cultura scientifica e tecnica e le misure per lo sviluppo economico e produttivo del Paese e sono dotati di propri organi da prevedersi nelle relative convenzioni. All'attuazione del presente comma si provvede nell'ambito delle risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica. Sono fatte salve le competenze delle regioni a statuto speciale e delle province autonome di Trento e di Bolzano, in conformita' ai loro statuti e alle relative norme di attuazione.

 

 

L’articolo 13 reca disposizioni urgenti in materia di istruzione tecnico-professionale (commi 1 e 2) ed agevolazioni fiscali per le donazioni a favore di istituti scolastici, purchè finalizzate all’innovazione tecnologica, all'edilizia scolastica e all'ampliamento dell'offerta formativa[69] (commi 3-8).

 

Il comma 1 interviene sulla disciplina recata dal D.Lgs 226/2005[70], sostituendo il sistema dei licei, quale articolazione, insieme al sistema dell'istruzione e della formazione professionale, del secondo ciclo del sistema educativo di istruzione e formazione, con il sistema dell'istruzione secondaria superiore del quale fanno parte i licei, gli istituti tecnici e gli istituti professionali.

Il comma in esame richiama - per tale profilo - l’elenco delle scuole secondarie di secondo grado di cui all’art. 191 del D.Lgs 297/1994 (vedi infra) e procede contestualmente alla modifica o abrogazione di alcune disposizioni del d.lgs. 226/2005 relative ai licei economici e tecnologici (art. 2 commi 6, 7, 8; artt. 6 e 10).

La relazione al ddl di conversione del D.L. specifica che il ripristino degli istituti tecnici e professionali è dovuto all’ incertezza determinatasi nella popolazione scolastica in ordine alla formazione assicurata dai costituendi licei economico e tecnologico, con prevedibile calo delle iscrizioni e contestuale depotenziamento dell'istruzione tecnico-professionale nonché dell’offerta di personale tecnico alle imprese.

 

Si ricorda innanzitutto che l’art. 191 del D.Lgs. 297/1994[71] reca l’elenco delle articolazioni dell’istruzione secondaria superiore: ginnasio-liceo classico; liceo scientifico; istituti tecnici; liceo artistico; istituto magistrale e scuola magistrale (attualmente non più attivi) [72]; istituti professionali; istituti d'arte.

In particolare (ai sensi del medesimo articolo) il corso di studio degli istituti tecnici come quello del ginnasio-liceo classico e del liceo scientifico ha la durata di cinque anni; la durata degli istituti professionali è invece stabilita con decreto del Ministro della pubblica istruzione[73]. Istituti tecnici, istituti professionali, licei artistici sono articolati in indirizzi e sezioni.

Con riguardo all’istruzione professionale merita infine segnalare che l’art. 1, comma 605,lettera f). della legge finanziaria 2007 (legge 296/2006) ha affidato ad un decreto ministeriale la revisione degli ordinamenti di tale percorso anche attraverso riduzione del carico orario delle lezioni a partire dall’anno scolastico 2007-2008.

Il citato D.Lgs. 226/2005,recante riordino del secondo ciclo del sistema di istruzione e formazione (ai sensi degli articoli 1, 2 e 7 della legge 28 marzo 2003, n. 53[74], cd “legge Moratti”) ha poi ridefinito il percorso distinguendo il sistema dei licei ed il sistema dell'istruzione e della formazione professionale, la cui competenza è regionale ed in esito al quale si conseguono titoli e qualifiche professionali di differente livello, valevoli su tutto il territorio nazionale se rispondenti ai livelli essenziali di prestazione.

In particolare, il sistema dei licei (ai sensi dell’art. 2, co. 6 del D.Lgs.) comprende otto percorsi: artistico, classico, economico, linguistico, musicale e coreutico, scientifico, tecnologico, delle scienze umane. I corsi hanno durata quinquennale; l'attività didattica si sviluppa in due periodi biennali e in un quinto anno che completa il percorso disciplinare. I licei economico e tecnologico sono contraddistinti da discipline ed attività tecnico professionali (art. 2, comma7) e se ne prevede l’articolazione in indirizzi (art. 2 comma 8) per meglio corrispondere ai bisogni formativi. Gli articoli 6 e 10 del D.Lgs. specificano il numero e le caratteristiche degli indirizzi sopra citati (2 indirizzi per il liceo economico e 8 indirizzi per il liceo tecnologico)

L’art 27 del medesimo D.Lgs.fissava l’avvio del passaggio al nuovo ordinamento dall’anno scolastico 2007-2008, a partire dalle prime classi dei percorsi liceali e dal primo anno di quelli di istruzione e formazione[75]. L’art.1, comma 8, della legge 12luglio 2006 n. 228[76] ha poi rinviato l’avvio della riforma all’anno scolastico 2008–2009.

Si ricorda inoltre che il citato art. 27 del D. Lgs. 226/2005, con riferimento all’istruzione e formazione professionale (disciplinata dal capo III del provvedimento) nel ribadire la competenza regionale in materia, ha previsto che, fino all’attuazione della disciplina degli adempimenti connessi alla competenza esclusiva regionale, l'offerta formativa nel settore fosse assicurata dagli istituti professionali di Stato (art. 27, comma 7).

Si segnala infine che, a decorrere dalla piena attuazione della riforma (e precisamente dall’anno successivo all’esaurimento delle classi funzionanti con il vecchio ordinamento), l’art. 31 del D. Lgs.226/2005 dispone l’abrogazione di vari articoli del citato Testo unico, compreso il citato art. 191 recante l’attuale ordinamento dei percorsi di istruzione secondaria di secondo grado[77].

 

Si segnala che il comma in esame, pur modificando l’articolazione del secondo ciclo del sistema educativo di istruzione e formazione di cui all’articolo 1 del D.lgs. 226/2005, dal momento che prevede il sistema dell’istruzione secondaria superiore in luogo del sistema dei licei, non risulta formulato in termini di novella alla disposizione richiamata.

 

Il comma 2 prevede l’eventuale costituzione– a livello provinciale e subprovinciale - di “Poli tecnico professionali”, comprensivi di:

§      istituti tecnici;

§      istituti professionali;

§      strutture formative preposte alla realizzazione dei percorsi di istruzione e formazione professionale rispondenti ai livelli essenziali delle prestazioni specificati dal Capo III del decreto legislativo n. 226 del 2005;

§      istituti tecnici superiori, risultanti dalla trasformazione degli attuali Istituti di Istruzione e Formazione Tecnica Superiore (istituiti dall’art.69 della legge 144/1999[78]) dei quali la legge finanziaria 2007 ha previsto il riordino sulla base di linee guida emanate con DPCM (L. 296/2006, art.1, commi 631 e 875, vedi infra). Al riguardo, si sottolinea che il comma 2, nel prevedere quali articolazioni dei Poli tecnico-professionali le strutture operanti nell’ambito del sistema dell’istruzione e formazione tecnica superiore, individua la denominazione che tali strutture assumeranno (“istituti tecnici superiori”) a seguito della riorganizzazione ai sensi dell’art. 1, co. 631, della legge finanziaria per il 2007.

 

Con riguardo alle componenti dei costituendi “poli”, in particolare alle strutture formative di cui al capo III del D.Lgs.226/2005 ed agli istituti di formazione tecnica superiore si ricorda quanto segue.

Il Capo III (articolo 15-22) del D.Lgs. citato detta i livelli essenziali (L.E.P) per i percorsi di istruzione e formazione professionale che le Regioni devono assicurare nell’esercizio delle loro competenze legislative. I livelli essenziali (riguardanti offerta formativa, orario annuale, requisiti dei docenti, valutazione e certificazione delle competenze, adeguatezza delle strutture) costituiscono i requisiti per l'accreditamento e l'attribuzione dell'autonomia alle istituzioni formative delle Regioni e delle Province autonome di Trento e Bolzano.Le modalità di accertamento del rispetto dei livelli essanziali sono demandate ad apposito regolamento. Merita segnalare che già l’articolo 6, comma 5, del D.lgs. 15 aprile 2005, n. 76 (recante norme generali sul diritto-dovere all'istruzione e alla formazione, a norma dell'articolo 2, comma 1, lettera c), della legge 28 marzo 2003, n. 53) aveva previsto che, in attesa della definizione dei L.E.P., le strutture sedi dei percorsi di istruzione e formazione professionale fossero accreditate dalle regioni in base alle indicazioni del Decreto del Ministro del lavoro 25 maggio 2001 recante Accreditamento delle sedi formative e delle sedi orientative. L’accordo del 19 giugno 2003, sancito in sede di Conferenza unificata, ha poi previsto, dall’anno scolastico 2003-2004, un’offerta formativa sperimentale di istruzione e formazione professionale (anticipando in tal senso l’alternanza scuola lavoro prevista dalla legge 53/2003). Dall’anno scolastico 2006-2007, ai sensi dell’art. 28 del D.Lgs 226/2005, tali percorsi - in alternativa al primo triennio delle scuole secondarie superiori- avrebbero costituito attuazione graduale del diritto dovere all’istruzione.

La legge 296/2006 (legge finanziaria 2007) ha poi ridefinito l’obbligo di istruzione elevandolo a dieci anni (art. 1, comma 622) e, fino alla messa a regime della nuova disciplina, ha autorizzato la prosecuzione dei percorsi sperimentali di istruzione e formazione professionale di cui all'articolo 28 del decreto legislativo 17 ottobre 2005, n. 226, prescrivendo l’accreditamento delle strutture formative da parte delle regioni sulla base dei criteri generali definiti con decreto adottato dal Ministro della pubblica istruzione di concerto con il Ministro del lavoro e della previdenza sociale, previa intesa con la Conferenza unificata

 

Il sistema di formazione tecnico-professionale superiore integrata (FIS), di livello non universitario, denominato sistema di istruzione e formazione tecnica superiore (IFTS), al quale si accede di norma con il possesso del diploma di scuola secondaria superiore è stato istituito dall’art. 69 della L. 144/1999. L’articolo disponeva che le regioni programmassero l'istituzione dei corsi dell'IFTS, sulla base di linee guida definite d'intesa tra i Ministri della pubblica istruzione, del lavoro e della previdenza sociale e dell'università e della ricerca scientifica e tecnologica, la Conferenza unificata[79] e le parti sociali. Con Decreto 31 ottobre 2000, n. 436, il Ministro della Pubblica Istruzione (di concerto con il Ministro del Lavoro e della Previdenza sociale e il Ministro dell'Università e della ricerca scientifica e tecnologica ) ha emanato un regolamento di attuazione[80]. Ai sensi di quest’ultimo, i nuovi percorsi sono gestiti da scuola, università, impresa, formazione professionale;in sede di Conferenza unificata (ai sensi dell’articolo 9, comma 2, lett. c) del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281) sono stati successivamente adottati vari accordi (tra il Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca, il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, le Regioni e le Province Autonome di Trento e di Bolzano, l’ANCI, l’UPI e l’UNCEM ) per la realizzazione della nuova modalità di formazione superiore.

Da ultimo l’art. 1 comma 631 della legge finanziaria 2007 (legge 296/2006) ha disposto - a decorrere dal 2007 - la riorganizzazione del sistema dell'istruzione e della formazione tecnica superiore (IFTS), secondo le linee guida da adottare con Decreto della Presidenza del Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro della pubblica istruzione di concerto con il Ministro del lavoro e della previdenza sociale e con il Ministro dello sviluppo economico, previa intesa in sede di Conferenza unificata[81].

 

Il comma in esame specifica inoltre che i “Poli” citati sono preposti alla diffusione della cultura tecnico scientifica e costituiti in forma di consorzio come già previsto per le scuole dall’ 7, comma 10, del DPR 275/1999[82]. Le nuove strutture si doteranno di organi di gestione che saranno indicati nelle convenzioni stipulate tra le parti.

 

Il citato art. 7 del DPR 275/1999 prevede la possibilità di accordi e convenzioni tra istituzioni scolastiche per il coordinamento di attività di comune interesse che coinvolgono, su progetti determinati, più scuole, enti, associazioni del volontariato e del privato.

Merita poi segnalare che il D.Lgs. 226/2005 ha previsto (art.1, comma15) la costituzione di "Campus" o poli formativi per lo svolgimento in un'unica sede di entrambi i percorsi (e cioè il percorso del sistema dei licei e quello del sistema di istruzione e formazione professionale), anche in questo caso sulla base di apposite convenzioni, caratterizzate dalla presenza di associazioni imprenditoriali del settore di riferimento e degli enti locali. In particolare, la norma dispone che i percorsi dei licei, ed in particolare dei licei artistico, economico e tecnologico articolati in indirizzi, possono raccordarsi con i percorsi di istruzione e formazione professionale costituendo, insieme, un centro polivalente denominato “Campus” o “Polo formativo”.

 

Il comma precisa infine che i poli tecnico professionali in commento saranno realizzati con le risorse umane e finanziarie già disponibili e che sono fatte salve le competenze delle regioni a statuto speciale e delle province autonome.

 

Si segnala che la formulazione del primo periodo del comma 2 non chiarisce (anche alla luce della relazione illustrativa) che la possibile costituzione ivi prevista concerne i poli tecnico professionali. Non appare altresì chiaro se possano entrare a far parte dei costituendi poli tecnico-professionali anche le strutture sedi di percorsi sperimentali di istruzione e formazione di cui all’articolo 28 del D.Lgs. 226/2005, stante che il comma 2 sembra richiamare solo le strutture formative di cui all’articolo 15 del citato D.Lgs., deputate nella fase “a regime” alla realizzazione dei percorsi di istruzione e formazione professionale.

Documentazione predisposta dall’Ufficio RUE

Documenti all’esame delle istituzioni dell’UE

Istruzione tecnico-professionale

Sulla base di un documento presentato il 31 ottobre 2006 e oggetto di consultazione pubblica fino a marzo 2007 (SEC(2006)1431), la Commissionesi è impegnata a sviluppare un sistema europeo di crediti accademici nel campo dell’istruzione e formazione professionale (ECVET)[83], che aiuti a trasferire, cumulare e rendere riconoscibili tra paesi e sistemi educativi diversi le conoscenze professionali acquisite individualmente lungo tutto l’arco della vita. Sulla base dei risultati della consultazione, delle risultanze di una conferenza organizzata sul tema dalla Presidenza tedesca dell’Unione europea e di eventuali contribuiti specifici, quali quelli forniti dal programma Leonardo da Vinci sull’istruzione professionale, la Commissione potrebbe decidere, entro dicembre 2007, ulteriori iniziative per perfezionare l’introduzione dell’ECVET.

 

Il Consiglio Istruzione nella riunione del 14 novembre 2006 ha approvato conclusioni sulle priorità future di una maggiore cooperazione europea in materia di istruzione e formazione professionale.

Il Consiglio, ribadendo il ruolo chiave dell’istruzione e formazione professionale nel fornire un’ampia base di capacità e conoscenze, nel miglioramento della coesione sociale e nel sostegno alla competitività del mercato del lavoro europeo, sottolinea, tra l’altro, la necessità di sviluppare strumenti europei comuni per creare uno spazio europeo in materia di istruzione e formazione professionale (IFP) che includono, ad esempio, l’ECVET, il sistema EUROPASS, quadro comunitario unico per la trasparenza delle qualifiche e delle competenze, ed il quadro europeo delle qualifiche.

Sulla base delle conclusioni del Consiglio, il 4 – 5 dicembre 2006 i ministri europei dell’istruzione hanno elaborato il “comunicato di Helsinki”, documento che ha aggiornato le strategie e le priorità del processo di Copenhagen per lo sviluppo della cooperazione europea nel settore dell’istruzione e formazione professionale[84].

 

Autonomia

L’8 settembre 2006la Commissione ha presentato la comunicazione: “Efficienza ed equità nei sistemi europei di istruzione e formazione” (COM(2006)481), con la quale individua nell’efficienza e nell’equità i temi chiave per promuovere il processo di modernizzazione dei sistemi d’istruzione e di formazione negli Stati, come previsto dal quadro della Strategia di Lisbona[85]. La Commissione ritiene, infatti, che solo aumentando il livello medio di capacità della popolazione e migliorando le opportunità per i più bisognosi e per le persone diversamente qualificate è possibile creare maggiore crescita, occupazione e coesione sociale.

La Commissione riconosce, tra l’altro, che la soluzione, adottata da molti Stati membri, di attribuire ai singoli istituti maggiore autonomia nel decidere il contenuto dei corsi, la destinazione dei fondi o nell’assumere decisioni sul personale, in combinazione con sistemi di responsabilizzazione centralizzati, ha offerto, sul piano pratico, la possibilità di un miglioramento nel rendimento degli studenti. La Commissione ha sottolineato, tuttavia, la necessità di progettare i sistemi di responsabilizzazione in modo tale da evitare che decisioni decentrate possano avere conseguenze locali potenzialmente inique come, ad esempio, nel caso della delimitazione delle zone di utenza scolastica.

 

 

 


Art. 13, co. 3-8
Agevolazioni fiscali per le donazioni a favore di istituti scolastici

3. Al testo unico delle imposte sui redditi di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, e successive modificazioni, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) all'articolo 15, comma 1, dopo la lettera i-septies) e' aggiunta la seguente: «i-septies-bis) le erogazioni liberali a favore degli istituti scolastici di ogni ordine e grado, finalizzate all'innovazione tecnologica, all'edilizia scolastica e all'ampliamento dell'offerta formativa; la detrazione spetta a condizione che il versamento di tali erogazioni sia eseguito tramite banca o ufficio postale ovvero mediante gli altri sistemi di pagamento previsti dall'articolo 23 del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241.»;

b) all'articolo 100, comma 2, dopo la lettera o) e' aggiunta la seguente: «o-bis) le erogazioni liberali a favore degli istituti scolastici di ogni ordine e grado, finalizzate all'innovazione tecnologica, all'edilizia scolastica e all'ampliamento dell'offerta formativa, nel limite del 2 per cento del reddito d'impresa dichiarato e comunque nella misura massima di 70.000 euro annui; la deduzione spetta a condizione che il versamento di tali erogazioni sia eseguito tramite banca o ufficio postale ovvero mediante gli altri sistemi di pagamento previsti dall'articolo 23 del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241.»;

c) all'articolo 147, comma 1, le parole: «e i-quater)» sono sostituite dalle seguenti: «, i-quater) e i-septies-bis)».

4. All'onere derivante dal comma 3, valutato in 54 milioni di euro per l'anno 2008 e in 31 milioni di euro a decorrere dall'anno 2009, si provvede:

a) per l'anno 2008, mediante utilizzo delle disponibilita' esistenti sulle contabilita' speciali di cui all'articolo 5-ter del decreto-legge 28 dicembre 2001, n. 452, convertito, con modificazioni, dalla legge 27 febbraio 2002, n. 16, che a tale fine sono vincolate per essere versate all'entrata del bilancio dello Stato nel predetto anno. Con decreto del Ministro della pubblica istruzione, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, da emanare entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto, sono stabiliti i criteri e le modalita' per la determinazione delle somme da vincolare su ciascuna delle predette contabilita' speciali ai fini del relativo versamento;

b) a decorrere dal 2009 mediante corrispondente riduzione dell'autorizzazione di spesa di cui all'articolo 1, comma 634, della legge 27 dicembre 2006, n. 296.

5. Il Ministro dell'economia e delle finanze e' autorizzato ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio.

6. Il Ministro dell'economia e delle finanze provvede al monitoraggio degli oneri di cui al comma 3, anche ai fini dell'adozione dei provvedimenti correttivi di cui all'articolo 11-ter, comma 7, della legge 5 agosto 1978, n. 468, e successive modificazioni. Gli eventuali decreti emanati ai sensi dell'articolo 7, secondo comma, n. 2, della legge 5 agosto 1978, n. 468, prima della data di entrata in vigore dei provvedimenti o delle misure di cui al presente comma, sono tempestivamente trasmessi alle Camere, corredati da apposite relazioni illustrative.

7. I soggetti che hanno effettuato le donazioni di cui al comma 3 non possono far parte del consiglio di istituto e della giunta esecutiva delle istituzioni scolastiche.

8. Le disposizioni di cui al comma 3 hanno effetto a decorrere dal periodo di imposta in corso dal 1° gennaio 2007.

 

 

L’articolo 13, comma 3 introduce, con le disposizioni contenute nelle lettere a) e b),la possibilità per le persone fisiche di detrarre dall’imposta e per le imprese di dedurre dal reddito, le erogazioni liberali effettuate nei confronti delle scuole di ogni ordine e grado.

 

Per quanto riguarda le persone fisiche, l’articolo 13, comma 3, lett. a) provvede infatti a modificare l’articolo 15 del TUIR, che elenca le detrazioni per oneri concesse al contribuente, inserendo tra le voci per le quali è consentita una detrazione dall’imposta lorda, una nuova voce i-septies-bis) che consente la detraibilità delle erogazioni liberali a favore degli istituti scolastici di ogni ordine e grado, finalizzate all'innovazione tecnologica, all'edilizia scolastica e all'ampliamento dell'offerta formativa.

Si ricorda che la detrazione d’imposta  concessa al contribuente, in base alla disposizione generale dell’articolo 15 del TUIR, è applicabile a tutte le tipologie di onere in esso elencati, nella misura del 19% dell’onere sostenuto.

 

Per quanto riguarda le modalità e le condizioni per poter fruire dell’agevolazione, la nuova disposizione del comma 3 in esame chiarisce che la detrazione spetta a condizione che il versamento di tali erogazioni sia eseguito tramite banca o ufficio postale ovvero mediante gli altri sistemi di pagamento previsti dall'articolo 23 del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241.

 

Si tratta della disposizione che consente ai contribuenti di mettere a disposizione delle banche convenzionate (con convenzione approvata con decreto del Ministro delle finanze, di concerto con il Ministro del tesoro), le somme oggetto della delega anche mediante carte di debito, di credito e prepagate, assegni bancari e circolari ovvero mediante altri sistemi di pagamento. Se gli assegni risultano scoperti o comunque non pagabili, il conferimento della delega si considera non effettuato e il versamento omesso.

 

Per quanto riguarda le persone giuridiche viene analogamente modificato l’articolo 100, comma 2, del TUIR, che consente ai soggetti passivi dell’IRES di dedurre dal proprio reddito una serie di erogazioni liberali e di spese espressamente elencate nel comma stesso.

L’articolo 13, comma 3 lettera b) aggiunge infatti al comma 2 dell’articolo 100, una nuova voce  o-bis) che consente la deducibilità delle erogazioni liberali a favore degli istituti scolastici di ogni ordine e grado, anche in questo caso finalizzate all'innovazione tecnologica, all'edilizia scolastica e all'ampliamento dell'offerta formativa.

Per quanto riguarda l’entità dell’agevolazione, viene fissato un limite pari al  2 per cento del reddito d'impresa dichiarato, comunque nel limite massimo di 70.000 euro annui.

Anche in questo caso, come per le persone fisiche, la detrazione spetta a condizione che il versamento di tali erogazioni sia eseguito tramite banca o ufficio postale, ovvero mediante gli altri sistemi di pagamento previsti dall'articolo 23 del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241.

 

Per quanto riguarda la platea di soggetti che potranno usufruire dell’agevolazione, si ricorda che le disposizionidell’articolo 100 del TUIR, sono applicabili ai seguenti soggetti:

§       persone fisiche titolari di reddito di impresa (art. 56 del TUIR);

§       società per azioni e in accomandita per azioni, società a responsabilità limitata, società cooperative e di mutua assicurazione residenti nel territorio dello Stato [art. 73, co. 1, lett. a), del TUIR];

§       enti pubblici e privati diversi dalle società, residenti nel territorio dello Stato, che hanno per oggetto esclusivo o principale l'esercizio di attività commerciali [art. 73, co. 1, lett. b), del TUIR];

§       enti pubblici e privati diversi dalle società, residenti nel territorio dello Stato, che non hanno per oggetto esclusivo o principale l'esercizio di attività commerciali, limitatamente alla determinazione del reddito di impresa eventualmente posseduto [art. 73, co. 1, lett. c), del TUIR][86];

§       società ed enti commerciali, non residenti nel territorio dello Stato, ma con stabile organizzazione nel suddetto territorio [art. 73, co. 1, lett. d), e art. 152, co. 1, del TUIR];

§       società ed enti commerciali, non residenti nel territorio dello Stato e senza stabile organizzazione nel suddetto territorio, limitatamente alla determinazione del reddito di impresa posseduto [art. 73, co. 1, lett. d), e art. 152, co. 2, del TUIR];

§       società ed enti non commerciali, non residenti nel territorio dello Stato, limitatamente alla determinazione del reddito di impresa eventualmente posseduto [art. 73, co. 1, lett. d), e art. 154, co. 1, del TUIR].

 

Una terza modifica alle disposizioni in materia di detrazioni per oneri viene apportata dalla lettera c) del comma 3 in commento, all’articolo 147, comma 1 del TUIR.

Si tratta della norma che, per gli enti non commerciali residenti, dispone la detraibilità dall'imposta lorda e fino alla concorrenza del suo ammontare, dei soli oneri indicati alle lettere a), g), h), h-bis), i), i-bis) e i-quater) del comma 1 dell'articolo 15, sempre nella misura del 19% dell’onere sostenuto.

In base alla modifica apportata dalla lettera c) in esame viene consentita la detraibilità dall’imposta lordaanche della voce di cui alla lettera i-septies-bis) dell’articolo 15 del TUIR, introdotta dalla lettera a) del comma 3 in commento.

Si tratta pertanto sempre delle erogazioni liberali a favore degli istituti scolastici di ogni ordine e grado, finalizzate all'innovazione tecnologica, all'edilizia scolastica e all'ampliamento dell'offerta formativa.

 

Il comma 4 dell’articolo 13 reca la norma di copertura finanziaria degli oneri derivanti dalla attuazione delle misure di agevolazione fiscale introdotte dal comma 3 per le erogazioni liberali a favore degli istituti scolastici.

A tali oneri, valutati in 54 milioni di euro per il 2008 e in 31 milioni di euro a decorrere dal 2009, si provvede:

a)       per l’anno 2008, mediante utilizzo delle disponibilità esistenti sulle contabilità speciali istituite, presso le sezioni di tesoreria provinciale dello Stato, dall'articolo 5-ter del D.L. 28 dicembre 2001, n. 452 (convertito, con modificazioni, dalla legge n. 16/2002). Si tratta di contabilità speciali[87], su cui possono affluire le risorse finanziarie del Ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca (ora Ministero della pubblica istruzione), destinate alle istituzioni scolastiche e agli uffici costituenti articolazioni territoriali degli uffici scolastici regionali.

Il comma in esame dispone, a finalità di copertura, che una quota, pari a 54 milioni di euro, delle disponibilità attualmente giacenti sulle citate contabilità speciali, ammontanti nel complesso, secondo quanto riportato nella relazione tecnica, in circa 100 milioni di euro, sia vincolata, nel corrente esercizio finanziario, per essere versata all'entrata del bilancio dello Stato nell’anno 2008.

Con decreto del Ministro della pubblica istruzione, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, da emanare entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore del decreto in esame, saranno stabiliti i criteri e le modalità per la determinazione delle somme da vincolare su ciascuna delle predette contabilità speciali ai fini del relativo versamento.

b)      a decorrere dal 2009, mediante corrispondente riduzione dell'autorizzazione di spesa di cui all'articolo 1, comma 634, della legge finanziaria per il 2007 (legge 27 dicembre 2006, n. 296).

Il comma 634 autorizza la spesa di 220 milioni di euro a decorrere dal 2007 per la realizzazione degli interventi in favore del sistema dell’istruzione, previsti ai commi da 622 a 633 della legge finanziaria 2007, ad eccezione delle misure per l’edilizia scolastica (tra cui rientrano anche le attività di messa in sicurezza degli edifici scolastici) disposte e finanziate dal comma 625.

 

Gli interventi in favore del sistema dell’istruzione di cui ai commi 622-633 della legge finanziaria 2007 sono, in particolare, i seguenti:

§       ridefinizione dell’obbligo scolastico e innalzamento dell’età minima per l’accesso al lavoro; autorizzazione di accordi tra Ministero della pubblica istruzione e regioni per l’effettuazione di progetti finalizzati alla riduzione della dispersione e al successo nell'assolvimento dell'obbligo (commi 622-623);

§       autorizzazione alla prosecuzione dei percorsi sperimentali di istruzione e formazione professionale di cui all'art. 28 del D.Lgs. 226/2005 (comma 624);

§       definizione di indirizzi programmatici per la promozione e il finanziamento di progetti degli istituti di istruzione secondaria per l’abbattimento delle barriere architettoniche o l’adeguamento delle strutture alle vigenti disposizioni in tema di sicurezza e igiene del lavoro (comma 626);

§       misure per l’ampliamento dell’offerta formativa delle istituzioni scolastiche anche al di fuori dell’orario di lezione (comma 627);

§       estensione agli studenti del primo e del secondo anno dell'istruzione secondaria superiore della gratuità parziale dei libri di testo; applicazione anche ai primi due anni dell'istruzione secondaria superiore delle norme sulla compilazione del libro di testo e a tutto il corso di studi di quelle relative all'individuazione dei criteri per la determinazione del prezzo massimo complessivo della dotazione libraria, autorizzazione al noleggio di libri scolastici per le istituzioni scolastiche, per le reti di scuole e per le associazioni dei genitori (comma 628);

§       riconoscimento ai comuni della facoltà di fornire in comodato i libri di testo agli alunni in possesso di particolari requisiti (comma 629);

§       attivazione di progetti sperimentali di formazione rivolti a bambini dai 24 ai 36 mesi di età (comma 630);

§       riorganizzazione del sistema dell'istruzione e della formazione tecnica superiore (IFTS) (comma 631)

§       potenziamento dell’istruzione degli adulti, con particolare riferimento alla conoscenza della lingua italiana da parte degli immigrati (comma 632).

 

Nel bilancio per il 2007 (legge n. 298/2006), l’importo complessivo di 220 milioni di euro risulta iscritto, nello stato di previsione del Ministero della pubblica istruzione, nell’ambito della U.P.B. 2.1.5.6, ripartito in due appositi capitoli: cap. 1286 dotato di 30 milioni di euro (finalizzato specificamente al miglioramento delle attrezzature tecnologiche di supporto alla didattica) e cap. 1287 dotato di 190 milioni di euro (Fondo da ripartire per interventi in favore del sistema dell’istruzione).

 

Il comma 5 autorizza il Ministro dell'economia e delle finanze ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio.

 

Il comma 6 introduce una clausola di salvaguardia finanziaria, prevedendo il monitoraggio degli oneri derivanti dall’attuazione del comma 3 dell’articolo 13 in esame, da parte del Ministro dell’economia e finanze, ai fini dell’adozione dei provvedimenti correttivi di cui all’articolo 11-ter, comma 7, della legge n. 468/1978.

 

L’articolo 11-ter, comma 7, della legge n. 468/1978, come modificato dal D.L. n. 194/2002 (cd. decreto-legge “tagliaspese”), impegna i Ministri di settore ad informare tempestivamente il Ministro dell’economia e delle finanze degli eventuali scostamenti rispetto alle previsioni di spesa che si verifichino nel corso dell’attuazione di provvedimenti legislativi. Il Ministro dell’economia è quindi tenuto a riferire al Parlamento con una propria relazione, che individui le cause che hanno determinato gli scostamenti, anche ai fini di eventuali conseguenti iniziative legislative. Il Ministro dell'economia e delle finanze può promuovere la procedura suddetta allorché riscontri che l'attuazione di leggi rechi pregiudizio al conseguimento degli obiettivi di finanza pubblica indicati dal Documento di programmazione economico-finanziaria e da eventuali aggiornamenti, come approvati dalle relative risoluzioni parlamentari.

 

E’ prevista, inoltre, sempre a fini di salvaguardia, la trasmissione alle Camere degli eventuali decreti adottati dal Ministro dell’economia e delle finanze, ai sensi dell’articolo 7, secondo comma, punto 2), della legge n. 468 del 1978.

Si tratta dei decreti mediante i quali il Ministro dell’economia e finanze provvede ad aumentare gli stanziamenti di capitoli di spesa aventi carattere obbligatorio, con risorse prelevate a valere sul Fondo di riserva per le spese obbligatorie e d'ordine[88].

 

Il comma 7 dispone l’esclusione dei soggetti che hanno effettuato donazioni (a prescindere dall’importo di queste ultime) dalla partecipazione ad alcuni organi di gestione delle istituzioni scolastiche (consiglio di circolo o di istituto, giunta esecutiva).

 

Il consiglio di circolo o di istituto (art. 8 del D.Lgs. 297/1994[89]) è composto da rappresentanti del personale docente, del personale amministrativo, tecnico ed ausiliario, dei genitori degli studenti e - nella scuola secondaria superiore - degli studenti stessi, nonché dal dirigente scolastico. Il consiglio è presieduto da uno dei membri -eletto tra i rappresentanti dei genitori degli alunni -ed elegge nel suo seno una giunta esecutiva, composta di un docente, un impiegato amministrativo, tecnico o ausiliario, due genitori (un genitore ed un rappresentante degli studenti nella scuola secondaria superiore); sono membri di diritto della giunta esecutiva il dirigente scolastico, che la presiede, ed il capo dei servizi di segreteria dell'istituto, che svolge funzioni di segretario (art. 9 del T.U.).

Le attribuzioni del consiglio di istituto e della giunta esecutiva sono poi definite nell'art. 10 del T.U. ed integrate dai regolamenti attuativi dell’art. 21 della legge 59/1997[90] (così detta “Bassanini 1”) che ha disposto l'attribuzione della personalità giuridica e dell'autonomia didattica, di ricerca, organizzativa e finanziaria alle singole istituzioni scolastiche. I due organismi hanno, tra le altre, competenze relative all’impiego dei mezzi finanziari dell’istituzione scolastica con particolare riferimento alla predisposizione del documento contabile annuale; all’approvazione del conto consuntivo ed alla gestione dell’attività negoziale(DM 44/2001)[91] .

Si segnala inoltre che l’art.1, comma 601, della legge finanziaria 2007 (legge 296/2006[92]) ha rafforzato l’autonomia finanziaria delle scuole disponendo la riaggregazione degli stanziamenti di alcune unità previsionali di base dello stato di previsione del Ministero della pubblica istruzione e la diretta assegnazione delle risorse ivi allocate alle istituzioni scolastiche, secondo criteri stabiliti con decreto del Ministro della pubblica istruzione, che curerà altresì il monitoraggio delle spese da queste ultime effettuate. In particolare nello stato di previsione del ministero vengono la costituiti di due fondi, destinati rispettivamente alle competenze dovute al personale, con esclusione degli stipendi del personale a tempo indeterminato e determinato, e al funzionamento delle istituzioni scolastiche.

 

Il comma 8 dell’articolo 13 stabilisce che le disposizioni del comma 3 abbiano effetto a decorrere dal periodo d’imposta 2007.

Documentazione predisposta dall’Ufficio RUE

Documenti all’esame delle istituzioni dell’UE

Agevolazioni fiscali

La Commissione europea – nell’ambito delle azioni previste dalla Strategia di Lisbona – ha adottato il 13 settembre 2006 la comunicazione "Mettere in pratica la conoscenza: un’ampia strategia dell'innovazione per l'UE" (COM(2006) 502), nella quale delinea una strategia politica in materia di innovazione concentrata su dieci azioni fondamentali, tra cui si ricorda in particolare quella volta a promuovere sistemi di istruzione favorevoli all'innovazione.

Si ricorda che le ulteriori azioni consistono in: creare un Istituto europeo di tecnologia; stimolare la creazione di un mercato unico del lavoro che susciti l’interesse dei ricercatori; rafforzare i collegamenti ricerca-industria; promuovere l'innovazione regionale mediante i nuovi programmi di politica di coesione; riformare le norme applicabili agli aiuti di Stato nel settore della ricerca e dello sviluppo tecnologico e fornire migliori orientamenti per gli incentivi fiscali in tale settore; potenziare la protezione dei diritti di proprietà intellettuale; promuovere prodotti e servizi digitali; sviluppare una strategia a favore di mercati guida propizi all'innovazione; stimolare l'innovazione attraverso gli appalti.

La comunicazione, fra l’altro, pone l’accento sulle agevolazioni fiscali, che considera uno strumento politico potenzialmente importante, cui possono ricorrere gli Stati membri per stimolare la ricerca e l’innovazione nelle imprese e gli investimenti privati, nel pieno rispetto del diritto comunitario. La Commissione, inoltre, ritiene che gli Stati membri dovranno prendere in considerazione le buone pratiche per migliorare l’efficacia delle agevolazioni fiscali di portata generale a favore della ricerca e sviluppo tecnologico e ottimizzarne l’applicazione.

 

 

 

 


Art. 14
Misure in materia di autoveicoliCasella di testo: 26

1. Il contributo concesso dall'articolo 1, comma 224, della legge 27 dicembre 2006, n. 296, e il beneficio previsto dal comma 225 del medesimo articolo, al fine di favorire il contenimento delle emissioni inquinanti ed il risparmio energetico nell'ambito del riordino del regime giuridico dei veicoli, si applicano limitatamente alla rottamazione senza sostituzione e non spettano in caso di acquisto di un altro veicolo nuovo o usato entro tre anni dalla data della rottamazione medesima. Il medesimo contributo e il beneficio predetti sono estesialle stesse condizioni e modalita' indicate nelle citate disposizioni anche alle autovetture immatricolate come euro 0 o euro 1 consegnate ad un demolitore a decorrere dalla data di entrata in vigore del presente decreto e sino al 31 dicembre 2007.

 

 

 

L’articolo 14 interviene sulla disciplina dei contributi e degli incentivi per la rottamazione di veicoli, recentemente introdotti dall’articolo 1, commi 224 e 225, della legge finanziaria 2007 (legge n. 296 del 2006).

 

Innanzitutto, la correzione riguarda la disposizione del comma 224, che ha concesso, a chi demolisce nel 2007 autoveicoli per il trasporto promiscuo di persone e cose, immatricolati come euro 0 o euro 1, un contributo pari al costo di demolizione, entro il limite massimo di 80 euro per veicolo.

Ai sensi del comma 225, coloro che effettuano tale rottamazione senza sostituzione di veicolo possono richiedere – se non risultino intestatari di altri veicoli registrati – quale ulteriore beneficio, il totale rimborso dell’abbonamento al trasporto pubblico locale relativo al comune di residenza e di domicilio.

 

Si ricorda che per ottenere l'omologazione negli Stati dell’Unione europea, i veicoli di nuova costruzione devono rispettare le direttive antinquinamento. L'Italia, quale Paese membro dell'Unione Europea, si è uniformata a tali norme ed omologai veicoli da immatricolare sul proprio territorio in conformità alle direttive antinquinamento europee che si sono succedute nel tempo. La classificazione degli autoveicoli in euro 0, euro 1, euro 2, euro 3, euro 4 ed euro 5 indica pertanto il rispetto, da parte degli autoveicoli, delle diverse direttive della Comunità europea, successivamente emanate, sull’emissione di inquinanti.

 

Nel prospetto che segue sono riassunte, sinteticamente, le caratteristiche delle diverse categorie:

 

Euro 0 (pre-Euro 1) indica i veicoli "non catalizzati" a benzina e i veicoli "non ecodiesel";

Euro 1: indica le autovetture conformi alla direttiva 91/441/CEE o i "veicoli commerciali leggeri" conformi alla direttiva 93/59/CEE. Ha introdotto l’obbligo per la casa costruttrice di montare la marmitta catalitica e di usare l’alimentazione a iniezione. E' entrata in vigore nel 1993.

Euro 2: indica le autovetture conformi alla direttiva 94/12/CEE o i "veicoli commerciali leggeri" conformi alla direttiva 96/69/CE. Normativa. E’ in vigore dal 1996.

Euro 3: indica i veicoli conformi alla direttiva 98/69/CE. In vigore dal 2000, relativa all'ulteriore diminuzione delle emissioni, è obbligatoria per gli autoveicoli fabbricati dopo il 1 gennaio 2001. Alcune auto potrebbero essere state immatricolate nel 2001 ma fabbricate nel 2000 e quindi prive di EURO 3; alcune case costruttrici hanno anticipato l'obbligo per cui ci sono dei veicoli immatricolati prima del 2001 che rispettano l'EURO 3.

Euro 4: indica i veicoli conformi con la direttiva 98/69/CE B. Obbligatoria dal 1 gennaio 2006. Alcune case costruttrici hanno anticipato l'obbligo per cui ci sono molti veicoli immatricolati prima del 2006 che rispettano l'EURO 4

 

 

L'articolo 14, comma 1, del decreto in commento interviene in due modi.

Con il primo periodo del comma 1 si restringe il campo di applicazione sia del contributo alla rottamazione che del beneficio suddetti, di cui rispettivamente ai commi 224 e 225, chiarendo che:

-       entrambi tali incentivi si applicano limitatamente all’ipotesi di rottamazione degli autoveicoli senza sostituzione degli stessi (tale condizione è prevista invece, nella norma della finanziaria 2007, per il solo rimborso dell’abbonamento gratuito ai mezzi pubblici e non anche per fruire del contributo alla rottamazione);

-       gli incentivi non spettano qualora venga acquistato un altro veicolo nuovo o usato entro tre anni dalla data della rottamazione.

 

Il secondo intervento, operato dall’articolo 14 sugli incentivi alla rottamazione dei veicoli, è disposto dal secondo periodo del comma 1, il quale provvede viceversa ad estendere i suddetti incentivi, alle stesse condizioni, anche alle autovetture immatricolatecome euro 0 o euro 1, indipendentemente dal tipo di trasporto effettuato, che siano demolite a decorrere dalla data di entrata in vigore del decreto ed entro la fine del 2007.

Viene pertanto estesa la fruibilità degli incentivi, sia del contributo alla rottamazione che del rimborso dell’abbonamento ai mezzi pubblici, ad una platea più ampia di autoveicoli, cioè a tutte le autovetture euro 1 o euro 0 - non più quindi a quelle per il solo trasporto promiscuo di persone o cose, il cui numero è abbastanza limitato - che vengano rottamate entro la fine del 2007, con la condizione che non vi sia sostituzione con un altro veicolo per i successivi tre anni dalla data di rottamazione.

 

Si ricorda che i commi da 224 a 241 (articolo 1), della legge finanziaria 2007 hanno previsto cinque tipi di incentivi per la rottamazione di autoveicoli, autocarri e motocicli, disciplinandone le modalità di fruizione.

Il primo incentivo è quello concesso dai commi 224 e 225, sopra commentati.

Il secondo incentivo, previsto dal comma 226, dispone la concessione di un contributo di 800 euro per l’acquisto di autovetture nuove immatricolate come “euro 4” o “euro 5”, che emettano non più di 140 grammi di anidride carbonica al chilometro, nonché l’esenzione dal pagamento di due annualità di tasse automobilistiche nel caso di sostituzione di autovetture ed autoveicoli per il trasporto promiscuo immatricolati come “euro 0” o “euro 1”. L’esenzione è portata a tre annualità di tasse automobilistiche nei seguenti casi:

§       qualora l’autoveicolo acquistato abbia una cilindrata inferiore a 1300 cc;

§       qualora, a prescindere dalla cilindrata, i veicoli siano acquistati da persone fisiche la cui famiglia sia formata da almeno sei persone, nessuna delle quali risulti intestataria di altra autovettura o autoveicolo.

Il terzo tipo di incentivo, di cui al comma 227, si propone di favorire il rinnovo del parco autocarri in circolazione, attraverso la sostituzione – da realizzarsi secondo le modalità stabilite dal comma 233 – di veicoli immatricolati come “euro 0” o “euro 1” con veicoli nuovi a minore impatto ambientale. A tal fine, è concesso un contributo pari a 2000 euro per ogni autocarro di peso complessivo non superiore a 3,5 tonnellate, immatricolato come “euro 4” o “euro 5”.

In base al comma 229, le disposizioni di cui ai commi 226 e 227 si applicano relativamente ai veicoli nuovi acquistati sulla base di un contratto stipulato dal venditore e dall’acquirente nel periodo compreso tra il 3 ottobre 2006 ed il 31 dicembre 2007. Tali veicoli non possono essere immatricolati dopo il 31 marzo 2008.

Il quarto tipo di incentivo, disciplinato dal comma 228 concede un contributo di 1.500 euro per l’acquisto di autovetture e di autocarri nuovi, immatricolati come euro 4 o euro 5, ed omologati dal costruttore per la circolazione, mediante alimentazione, esclusiva o doppia,  del motore con gas metano o GPL, nonché mediante alimentazione elettrica ovvero ad idrogeno.

Il contributo di 1.500 euro è incrementato di ulteriori 500 euro nel caso in cui il veicolo acquistato, nell’alimentazione ivi considerata, abbia emissioni di anidride carbonica inferiori a 120 grammi per chilometro. Il contributo di cui al comma 228 è erogabile con riguardo ai veicoli nuovi per i quali il contratto di acquisto sia stipulato a partire dal 3 ottobre 2006 e fino al 31 dicembre 2009, con possibilità di immatricolazione dei veicoli fino al 31 marzo 2010.

I criteriper beneficiare dei contributi sono definiti nel comma 230

Il comma 231 stabilisce i criteri per il recupero come credito d’imposta del contributo – di cui ai commi 224, 226, 227 e 228 - che i centri autorizzati che hanno effettuato la rottamazione, ovvero le imprese costruttrici o importatrici del veicolo nuovo, hanno rimborsato al venditore.

Il comma 232 dispone a carico delle imprese costruttrici o importatrici l’obbligo di conservare la documentazione della vendita, fino al 31 dicembre del quinto anno successivo a quello in cui è stata emessa la fattura di vendita.

Il quinto tipo di incentivo è previsto dal comma 236, che concede l’esenzione dal pagamento delle tasse automobilistiche per cinque annualità in caso di acquisto di un motociclo nuovo di categoria “euro 3”, con contestuale sostituzione di un motociclo appartenente alla categoria “euro 0”, effettuata a decorrere dal 1° dicembre 2006 e fino al 31 dicembre 2007. Per usufruire dell’esenzione è necessario che l’acquisto del motociclo risulti da un contratto e l’immatricolazione deve avvenire entro il 31 marzo 2008.

Il comma 238 ha poi modificato le disposizioni relative al rifinanziamento degli interventi di promozione dell’utilizzo del metano o del gas di petrolio liquefatto (GPL) per autotrazione, che viene limitato a 50 milioni di euro per ciascuno degli anni 2007, 2008 e 2009.

Il comma 239 esclude le misure della tassa automobilistica di cui al comma 231 per i veicoli omologati dal costruttore per la circolazione mediante alimentazione, esclusiva o doppia, elettrica, a gas metano, a GPL, a idrogeno.

I commi 240 e 241 modificano infine il criterio di commisurazione della tassa automobilistica.

Documentazione predisposta dall’Ufficio RUE

Documenti all’esame delle istituzioni dell’UE

Secondo fonti informali, la Commissione avrebbe intenzione di presentare il 7 febbraio 2007 una proposta mirata a fissare dei limiti di emissione di CO2 per le auto di nuova produzione.

Nel 1999, la Commissione europea e l’industria automobilistica avevano concordato, con un accordo concluso su base volontaria, il raggiungimento di un limite di 120 grammi di emissione di CO2 al km, entro il 2012, per le nuove auto. Tuttavia, secondo la Commissione, l’obiettivo è oggi ben lungi dall’essere raggiunto e sarebbe, pertanto, necessario adottare specifiche previsioni normative.

Il 31 gennaio 2007la Commissione ha presentato una proposta di direttiva concernente la qualità dei carburanti e recante modifica alla direttiva 98/70/CE (COM(2007)18).

La proposta mira a modificare, aggiornandola, la direttiva 98/70/CE sulla qualità di benzina e gasolio, con l'obiettivo di rendere i carburanti più puliti e incoraggiare lo sviluppodi carburanti a bassa emissione di CO2 e di altri gas a effetto serra, con ridotta presenza percentuale di zolfo nonché dei biocarburanti di seconda generazione.

La proposta prevede, dal 1 gennaio 2009, limiti vincolanti in relazione al tenore di zolfo (limite massimo di 10 ppm[93] contro 50 ppm attuali) e alla percentuale di idrocarburi aromatici policiclici (HAP) (riduzione del 30% rispetto ai valori attuali).

I produttori di carburante dovranno, inoltre, ridurre al 10% tra il 2011 ed il 2020 (1% per unità di energia per ogni anno dal 2011 rispetto al livello del 2010) le emissioni di gas a effetto serra, generate dai carburante nel ciclo di vita (raffinazione, trasporto e impiego). L'obiettivo è finalizzato ad un risparmio nell’emissioni di CO2 pari a 500 milioni di t nel 2020.

La proposta prevede che, per aumentare la quota di biocarburanti componenti la benzina, potrà essere autorizzata una specifica miscela con maggiori additivi ossigenati, che potrà arrivare al 10% di etanolo. Le miscele saranno identificate e tenderanno ad evitare l'uso di carburanti non compatibili con i motori.

 

 


Art. 15
Entrata in vigore

1. Il presente decreto entra in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana e sara' presentato alle Camere per la conversione in legge.

Il presente decreto, munito del sigillo dello Stato, sara' inserito nella Raccolta ufficiale degli atti normativi della Repubblica italiana. E' fatto obbligo a chiunque spetti di osservarlo e di farlo osservare.

 

L’articolo 15 stabilisce che il decreto in esame entra in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale.

 

 


Progetto di legge

 


CAMERA DEI DEPUTATI

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N. 2201

¾

 

DISEGNO DI LEGGE

presentato dal presidente del consiglio dei ministri

(PRODI)

dal ministro dello sviluppo economico

(BERSANI)

dal vicepresidente del consiglio dei ministri

(RUTELLI)

dal ministro della pubblica istruzione

(FIORONI)

e dal ministro per le politiche europee

(BONINO)

di concerto con il ministro per gli affari regionali e le autonomie locali

(LANZILLOTTA)

con il ministro dei trasporti

(BIANCHI)

con il ministro per le riforme e le innovazioni nella pubblica amministrazione

(NICOLAIS)

con il ministro delle comunicazioni

(GENTILONISILVERI)

con il ministro delle infrastrutture

(DIPIETRO)

con il ministro dell'economia e delle finanze

(PADOASCHIOPPA)

e con il ministro delle politiche agricole alimentari e forestali

(DECASTRO)

                

Conversione in legge del decreto-legge 31 gennaio 2007, n. 7, recante misure urgenti per la tutela dei consumatori, la promozione della concor-
renza, lo sviluppo di attività economiche e la nascita di nuove imprese

                                                   

Presentato il 1o febbraio 2007

                                                   


Onorevoli Deputati! - Il decreto-legge 31 gennaio 2007, n. 7, reca talune misure urgenti, necessarie a rimediare ad ostacoli che limitano lo sviluppo economico del Paese, i diritti dei consumatori e la concorrenza e che, in relazione all'attuale contingenza economica, nonché in relazione alla presenza di situazioni di grave anomalia rispetto ai princìpi comunitari e costituzionali, più volte segnalate anche dalle istituzioni comunitarie e dall'Autorità garante della concorrenza e del mercato, impongono un immediato intervento.

      In particolare, le misure in esame intervengono su due ambiti tra loro connessi: la tutela dei consumatori, in particolare nelle condizioni di mercato asimmetriche e di fronte ai poteri economici forti, e la riduzione e semplificazione degli adempimenti amministrativi a carico delle imprese, al fine di accrescere la competitività del sistema produttivo nazionale e contribuire alla crescita economica.

      Tali interventi erano già previsti nel programma di Governo e il Documento di programmazione economico-finanziaria (DPEF) 2007-2011 ha dedicato, per la prima volta, un intero capitolo a questi aspetti, indicando le motivazioni politiche ed economiche, i settori, i metodi e le priorità d'intervento per promuovere la concorrenza e migliorare la condizione dei consumatori.

      Le disposizioni proposte fanno idealmente seguito a quelle approvate dal Consiglio dei ministri nella riunione del 30 giugno 2006 e, in particolare, al decreto-legge 4 luglio 2006, n. 223, convertito, con modificazioni, dalla legge 4 agosto 2006, n. 248.

      Il Governo, con tale decreto, ha dato un primo parziale, ma deciso, segnale di apertura del mercato e di abbattimento dei vincoli amministrativi, eliminando 14 restrizioni alla concorrenza segnalate dall'Autorità garante della concorrenza e del mercato. Le misure di luglio hanno rappresentato una rilevante discontinuità politico-culturale, molto apprezzata dalla maggioranza degli italiani, toccando settori che nel loro insieme assumono rilevanza strategica, per la complessiva incidenza sul versante della competitività e sulla vita quotidiana dei cittadini: le libere professioni e la distribuzione commerciale, i panifici e i conti correnti bancari, i tassisti e la vendita dei farmaci, i notai e le polizze assicurative responsabilità civile (RC) auto, i trasporti locali e i prezzi dei prodotti agroalimentari, gli apparati pubblici locali e i poteri dell'Autorità garante della concorrenza e del mercato.

      Il «pacchetto per il cittadino consumatore» di luglio, a sei mesi di distanza, ha superato con immediata evidenza la verifica di efficacia, cui è stato sottoposto mediante un monitoraggio condotto dagli uffici del Ministero dello sviluppo economico: basti pensare alle circa 600 parafarmacie aperte in tutta Italia e alla conseguente riduzione del prezzo dei farmaci, all'avvenuto adeguamento dei codici deontologici della generalità degli ordini professionali entro il previsto termine del 1o gennaio, agli accordi intervenuti in molte città per il potenziamento del servizio taxi, alla progressiva riduzione dei costi di gestione dei conti correnti grazie alla maggiore mobilità dei clienti messa in atto con la definitiva soppressione delle spese di chiusura dei conti stessi e al successo popolare ottenuto dalle norme che consentono di fare a meno del notaio per il passaggio di proprietà dei veicoli.

      In questo contesto, occorre introdurre misure urgenti di tutela dei consumatori, di liberalizzazione delle attività economiche e di riduzione degli adempimenti amministrativi a carico delle imprese legando tutti questi interventi ad una duplice e unitaria finalità.

      Da una parte, combattere le pratiche anticoncorrenziali diffuse nell'economia e nella società italiana, che sono determinate dalla difesa di interessi particolaristici, corporativi e localistici, ed eliminare gli oneri amministrativi non giustificati dalla tutela di alcun interesse pubblico primario, di cui sono emblematici gli attuali obblighi di rispetto di contingenti numerici e di distanze tra esercizi, volti in realtà a chiudere il mercato ai nuovi operatori.

      Dall'altra, arricchire l'economia italiana di nuovi operatori, accelerare la nascita e lo svolgimento di nuove attività e favorire la realizzazione di insediamenti che concretizzino nuove occasioni di lavoro nel pieno rispetto dell'ambiente rafforzando, dove necessario, la tutela degli utenti di beni e servizi di grande rilevanza collettiva.

      Per perseguire questi ambiziosi obiettivi di ordine economico e sociale, il decreto si ispira all'idea di una democrazia efficiente, che collega la trasparenza e la partecipazione alla certezza delle decisioni, abbandonando la logica statalistica e burocratica dell'imposizione, a favore di una logica della responsabilità tanto per gli operatori economici quanto per i pubblici poteri, che sono chiamati a ridurre all'essenziale l'attività di intermediazione amministrativa e a concentrare la loro attività nelle funzioni strategiche di programmazione e di costante e severo controllo della veridicità delle attestazioni fornite dagli operatori di mercato.

      Si illustrano, di seguito, brevemente, i singoli articoli.

      Il capo I prevede talune misure immediate di tutela dei consumatori.

      L'articolo 1 reca una norma in materia di ricarica nei servizi di telefonia mobile e trasparenza dei servizi offerti dagli operatori telefonici

      La disposizione pone fine ad un'anomalia, quella dei costi di ricarica dei telefoni cellulari che i consumatori pagano in più di quanto effettivamente viene loro accreditato per l'esercizio del servizio (10 euro per ottenere 8 euro di effettivo utilizzo e dove i 2 euro rappresentano i costi di ricarica). Il contributo di ricarica non ha un rapporto diretto e trasparente con i costi sostenuti dagli operatori per la gestione dei servizi, ma il suo effetto è quello di elevare il prezzo al minuto delle telefonate rendendo più difficile la percezione del prezzo effettivo finale del servizio. Inoltre, esso costituisce l'unico caso esistente nel mercato europeo.

      Il disagio dei consumatori si è tradotto in una petizione che ha superato le 800.000 firme e che ha comportato l'esperimento di una recente indagine conoscitiva congiunta condotta dall'Autorità garante della concorrenza e del mercato e dall'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni (indagine conoscitiva n. 33, conclusa il 15 novembre 2006).

      Le indicazioni risultanti dall'indagine, sollecitata anche dalla Commissione europea, concludevano per la necessità di un intervento per la revisione anche totale del contributo fisso; l'intervento deve essere tale da restituire alla concorrenza tutte le componenti di prezzo della telefonia mobile e ottenere in prospettiva rilevanti riduzioni delle tariffe.

      Il comma 2 completa la disciplina, in materia di trasparenza delle tariffe di telefonia mobile, stabilendo il principio dell'individuazione di modalità che rendano possibile la comparazione tra i costi del traffico telefonico offerto dai diversi operatori, affidando all'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni l'attuazione della disposizione.

      Il comma 3, infine, riguarda i contratti nei settori della telefonia, delle televisioni e delle comunicazioni elettroniche (compreso internet) e tutela la possibilità degli utenti di recedere dal contratto e passare ad altro operatore senza ritardi e oneri non giustificati da esigenze tecniche, prevedendo la nullità delle clausole difformi.

      L'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni sarà competente per l'irrogazione delle sanzioni in caso di inosservanza.

      L'articolo 2 riguarda l'informazione sui prezzi dei carburanti e sul traffico lungo la rete autostradale e stradale.

      La disposizione in esame si pone sulla scia di altri interventi normativi volti alla tutela del consumatore in materia di pubblicità dei prezzi dei prodotti petroliferi lungo la rete autostradale e stradale nazionale.

      Con decreto del Ministro dell'industria, del commercio e dell'artigianato 30 settembre 1999, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 236 del 7 ottobre 1999, all'articolo 1, comma 2, veniva infatti già previsto che, per garantire la trasparenza dei prezzi del carburante nei confronti del consumatore finale, bisognasse esporre in modo visibile nella direzione di senso lungo la carreggiata stradale i prezzi praticati al consumo. Ciò, peraltro, non consentiva ancora una valutazione comparata né una effettiva possibilità di scelta del consumatore.

      Oggi la rete stradale e autostradale nazionale è data in concessione da parte del Ministero delle infrastrutture, che esercita poteri di vigilanza e di indirizzo sull'attività del concessionario, sentito il parere del Comitato interministeriale per la programmazione economica (CIPE).

      In questo quadro ordinamentale, dunque, la norma in esame, volendo favorire la concorrenza e la trasparenza dei prezzi nel settore della distribuzione del carburante, prevede che il Ministero dei trasporti sottoponga al CIPE una proposta per disciplinare, nell'ambito delle concessioni autostradali e stradali nazionali, l'installazione di strumenti di informazione di pubblica utilità e la stipula di convenzioni con emittenti radiofoniche e gestori di telefonia mobile, per pubblicizzare i prezzi di vendita del carburante, anche in forma comparata lungo le strade e autostrade di primaria importanza nazionale.

      Parimenti a quanto avviene in altri Paesi europei, si tratta di prevedere, anche mediante tabelloni all'inizio di ogni tratta stradale, un listino dei prezzi dei carburanti erogati da tutti gli impianti presenti lungo quel tratto.

      Gli stessi strumenti informativi dovranno essere utilizzati, così come gli strumenti esistenti, dal gestore dell'infrastruttura stradale o autostradale per comunicare le eventuali condizioni di grave impedimento del traffico, in tempo reale, agli utenti che potranno, in tal modo, decidere se accedere o meno alla rete stradale o autostradale.

      Viene esplicitamente previsto che l'iniziativa non comporti oneri per la finanza pubblica.

      L'articolo 3 concerne la trasparenza delle tariffe aeree.

      La norma in esame fa seguito ai numerosi interventi in materia da parte dell'Autorità garante della concorrenza e del mercato.

      Infatti, già a partire dal 2003, l'Autorità garante aveva avviato una indagine conoscitiva (provvedimento n. 12703 dell'11 dicembre 2003) riguardante il settore del trasporto aereo passeggeri, con particolare riguardo alle dinamiche tariffarie.

      All'esito di tale indagine conoscitiva (provvedimento n. 14260 del 27 aprile 2005) l'Autorità ha individuato una risposta non corretta delle compagnie tradizionali rispetto all'ampliamento dell'offerta connessa al processo di liberalizzazione del trasporto aereo, mediante l'adozione, in determinati casi, di pratiche volte a rendere più difficile e confusa la ricerca delle opzioni migliori per il consumatore, che riducono in tal modo l'impatto della concorrenza sulla redditività per l'impresa (cosiddetta obfuscation).

      La più significativa forma di obfuscation ravvisabile nel settore del trasporto aereo è l'utilizzo di supplementi per limitare la significatività della cosiddetta «tariffa netta» quale indicatore dell'effettivo prezzo del servizio proposto.

      Questo meccanismo è stato introdotto in Italia mediante l'applicazione di una fuel surcharge, con modalità e importi concordati da alcuni operatori nazionali, avvenuta a seguito di un repentino aumento del prezzo del carburante. L'effetto è stato quello della sottrazione di una parte dei costi di produzione del servizio dalle dinamiche competitive e della cristallizzazione delle tariffe, così come erano antecedentemente all'aggravio del prezzo del carburante.

      Nel consumatore si è quindi creata la percezione che il supplemento costituisca una mera posta addizionale della tariffa, indipendente dalle scelte commerciali dei vettori (come le tasse aeroportuali).

      Si sono così introdotti altri supplementi quali, ad esempio, il crisis surcharge, ossia il supplemento per la gestione e sicurezza bagagli, spese amministrative o di esecuzione degli acquisti on line.

      La norma in esame, dunque, volta a promuovere la concorrenza e la tutela dei consumatori, vieta, in quanto considerati ingannevoli, le offerte e i messaggi pubblicitari relativi a voli aerei che indicano il prezzo al netto delle spese, delle tasse e di tutti gli altri oneri aggiuntivi, ovvero riferite a contingenti di utenti limitati o a modalità di prenotazione non indicate.

      L'articolo 4 disciplina la data di scadenza dei prodotti alimentari.

      La norma in esame, ai fini della tutela del consumatore e del corretto e leale svolgimento del commercio, prevede che l'informazione sulla data di scadenza o sul termine minimo di conservazione del prodotto alimentare debba essere apposta in un punto evidente della confezione o dell'etichetta, in modo da essere facilmente visibile, chiaramente leggibile e indelebile.

      Le modalità di presentazione sono necessariamente rimesse alla libertà del produttore, dando la normativa statale solo l'obbligo di immediata percezione di tale dato basilare per l'acquirente.

      L'intervento tiene conto dell'attuale difficoltà per il consumatore di individuare la data di scadenza per molti prodotti alimentari, vista la forte differenziazione esistente nella collocazione della data, talvolta in modo pressoché invisibile, sulle confezioni presenti sul mercato.

      La disposizione, che è conforme all'articolo 13 della direttiva 2000/13/CE della Commissione, del 20 marzo 2000, pone maggiormente in evidenza la data di scadenza per l'utilizzo o il consumo del prodotto, anche in relazione ad un suo possibile utilizzo nella vendita sottocosto, ed è volta a consentire all'acquirente un'informazione chiara e univoca sulla freschezza della derrata alimentare; altro effetto della norma è di porre fine a sistemi di etichettatura difformi posti in essere dagli operatori, con modalità non sempre coerenti con l'obiettivo di informazione perseguito dalla normativa comunitaria e nazionale.

      Il comma 2, infine, pone un termine di adeguamento di centottanta giorni.

      L'articolo 5 disciplina, al comma 1, il divieto di esclusiva nella distribuzione dei prodotti assicurativi, estendendo a tutto il ramo danni la riforma introdotta dall'articolo 8 del citato decreto-legge n. 223 del 2006, al fine di massimizzare la concorrenza, a favore dei consumatori e degli stessi agenti assicurativi.

      In tal senso si è espressa anche l'Autorità garante della concorrenza e del mercato che con segnalazione del 16 gennaio 2007 ha inteso soffermarsi sulle disposizioni contenute nell'articolo 8 del citato decreto-legge n. 223 del 2006. Pertanto, la norma rappresenta il correttivo per il raggiungimento dell'obiettivo concorrenziale nel settore.

      Il comma 2 pone misure urgenti di tutela del consumatore contraente di polizze RC auto, relativamente all'applicazione della clausola bonus-malus.

      Bisogna premettere che la clausola bonus-malus è una formula contrattuale che regolamenta la stragrande maggioranza delle polizze RC auto e prevede, a ogni scadenza, progressivi rincari o riduzioni percentuali del premio, rispettivamente se l'assicurato ha causato o meno sinistri nel cosiddetto «periodo di osservazione» (che dura un anno e termina tre mesi prima della data di scadenza della polizza).

      Il sistema, che è presente, da lunga data, in tutti i Paesi europei (Svizzera: 1963; Germania: 1968; Austria, Belgio e Francia: 1971; Paesi Bassi: 1982), costituisce senz'altro un elemento di prevenzione, tanto è vero che la sua introduzione ha portato ad una drastica riduzione delle denunce di sinistro.

      Il meccanismo evolutivo delle classi di merito è stato, originariamente, previsto nel provvedimento del Comitato interministeriale prezzi (CIP) del 5 maggio 1993 quale scala di riferimento comune per le imprese di assicurazioni esercenti il ramo RC auto.

      Sono state stabilite diciotto classi di merito, con la quattordicesima, quella d'ingresso, che corrisponde alla tariffa base.

      Attualmente, considerata anche la libertà tariffaria delle imprese di assicurazione, le classi di merito di provenienza e di assegnazione sono stabilite sulla base di regole autonomamente scelte da ciascuna compagnia; regole che premiano o penalizzano in modo diverso la situazione relativa alla sinistrosità pregressa.

      Inoltre, da una breve indagine compiuta sul campo risulta che, nei casi del concorso di colpa, molto spesso le compagnie non procedono a verifiche effettive sul grado di responsabilità, ma tendono a corrispondere il risarcimento all'altro soggetto intervenuto nell'incidente (o ad andare a transazione), con conseguenti variazioni in senso sfavorevole delle classi di merito assegnate ai contraenti.

      La norma proposta va ad integrare l'articolo 134 del codice delle assicurazioni private, di cui al decreto legislativo 7 settembre 2005, n. 209.

      In particolare, si vuole introdurre, a tutela del consumatore contraente, il principio della conservazione della classe di merito, che risulta dall'ultimo attestato di rischio, che vale in tutti i casi di stipulazione di un nuovo contratto (anche a seguito di furto del veicolo o di sua consegna in conto vendita).

      Con il nuovo comma 4-ter dell'articolo 134 del citato codice si vuole rigorosamente disciplinare la variazione di classe di merito nei casi di sinistro stradale.

      In dettaglio: 1) in primo luogo, questa è condizionata all'accertamento dell'effettiva responsabilità del contraente; 2) nei casi in cui questo non sia possibile, si prevede il computo pro quota in relazione al numero dei conducenti coinvolti nel sinistro, ai fini della eventuale variazione di classe.

      Il nuovo comma 4-quater dell'articolo 134, infine, sancisce, in ossequio ai princìpi di trasparenza e di pubblicità, l'obbligo per le imprese di assicurazione di comunicare al contraente le variazioni peggiorative apportate alle classi di merito.

      Il comma 3 dell'articolo 5 del decreto favorisce l'informazione a vantaggio dei contraenti.

      Si ricorda al riguardo che, pur nel rispetto dei princìpi comunitari, in base ai quali gli Stati membri in cui operano le compagnie possono chiedere la comunicazione delle tariffe e dei criteri di fissazione solo «sporadicamente», nel sistema attuale si rinvengono alcune disposizioni in base alle quali le medesime imprese di assicurazione sono tenute a osservare determinati obblighi di trasparenza e pubblicità.

      L'articolo 22 della legge 12 dicembre 2002, n. 273, recante «Misure per favorire l'iniziativa privata e lo sviluppo della concorrenza», ha previsto, per le imprese di assicurazione, obblighi di pubblicità dei premi e delle condizioni di polizza presso ogni punto vendita dell'impresa e mediante siti internet che permettono agli utenti di calcolare i premi e prendere visione della nota informativa e delle condizioni di polizza.

      Successivamente, l'articolo 131 del codice delle assicurazioni, di cui al decreto legislativo n. 209 del 2005 ha, sostanzialmente, recepito la previsione del citato articolo 22. In sostanza, oggi il consumatore ha diritto ad avere un preventivo personalizzato per il proprio profilo e può prendere visione della nota informativa e del contratto.

      Peraltro, di fronte a un'offerta articolata di prodotti è necessario e auspicabile che i clienti ricerchino le coperture e le soluzioni più convenienti nell'ampia gamma di prezzi e contratti proposti.

      Anche l'Autorità garante della concorrenza e del mercato (a pagina 79 dell'indagine conoscitiva sul settore dell'assicurazione autoveicoli del 17 luglio 2003) ha ritenuto essenziale che vi sia una competizione effettiva tra le imprese: secondo l'Autorità, perché ciò accada «è necessario che si sviluppino strumenti ad esempio operatori specializzati o intermediari in grado di agevolare il confronto tra le polizze offerte atti a ridurre il gap informativo del consumatore consentendo a quest'ultimo di scegliere l'offerta maggiormente corrispondente alle proprie preferenze».

      La scarsa mobilità del consumatore, nonostante la notevole dispersione dei premi, mostra l'esistenza di costi di ricerca del preventivo migliore che risultano talmente elevati da superare i benefìci attesi. Sul punto l'Autorità garante della concorrenza e del mercato conclude che «in merito al consumatore, l'analisi condotta ha evidenziato che i rilevanti problemi informativi esistenti dal lato della domanda, riconducibili alla complessità del prodotto assicurativo ed alla presenza stessa di personalizzazione, richiedono lo sviluppo di strumenti idonei a coadiuvare il consumatore nel suo processo di ricerca e di scelta».

      In base a tali esigenze, il comma in esame si propone di perseguire le finalità indicate dall'Autorità garante della concorrenza e del mercato ampliando le possibilità di reperire informazioni sulle tariffe presenti sul mercato da parte dei singoli consumatori.

      Esso va ad integrare le disposizioni dell'articolo 136 del codice delle assicurazioni, riguardante le funzioni del Ministero dello sviluppo economico, assegnando al Ministero medesimo il compito di realizzare, sulla base della banca dati organizzata dall'Istituto per la vigilanza sulle assicurazioni private (ISVAP), un servizio informativo, principalmente sul proprio sito internet, per consentire ai singoli consumatori di ottenere direttamente una comparazione fra i prezzi finali delle diverse compagnie applicabili al proprio profili individuale.

      La disciplina appare rispettosa anche di quanto affermato dall'Autorità garante della concorrenza e del mercato che, con parere del 28 luglio 2006 in merito ad una analoga iniziativa legislativa del Governo (schema di decreto legislativo approvato in via preliminare il 30 giugno 2006, che così verrebbe superato), ha segnalato «la necessità di distinguere tra strumenti che facilitano la comparazione tra prodotti che premiano le imprese che decidono di abbassare i prezzi e strumenti che, viceversa, aumentano solo la trasparenza "reciproca" tra le imprese, il che, oltre a non generare benefìci per i consumatori, è potenzialmente restrittivo della concorrenza».

      Pertanto, con l'attuazione della disposizione proposta si dovrebbe mettere a disposizione dei consumatori un ulteriore strumento di comparazione dei preventivi di polizza, per permettere un reale confronto delle condizioni, delle tariffe e del servizio offerto dalle imprese di assicurazione.

      Il comma 4 pone in capo al contraente la facoltà di recedere dai contratti di assicurazione di durata pluriennale senza oneri e con preavviso di sessanta giorni.

      L'articolo 1899 del codice civile fissa disposizioni sulla durata delle polizze assicurative diverse da quelle del ramo vita.

      In particolare, l'ultimo periodo del primo comma prevede nella vigente formulazione che le parti «se l'assicurazione supera i dieci anni, trascorso il decennio e nonostante patto contrario, hanno facoltà di recedere dal contratto, con preavviso di sei mesi, che può darsi anche mediante raccomandata».

      La previsione codicistica, risalente ad un'epoca in cui le imprese assicurative non operavano in regime concorrenziale, ha portato alla diffusione sul mercato di polizze di durata decennale per il ramo danni, che costituisce attualmente un'anomalia italiana nel mercato europeo, con effetti pregiudizievoli sulla concorrenza e sui consumatori.

      L'offerta da parte delle imprese assicurative si è quindi orientata verso questo profilo di prodotto per la copertura di diverse tipologie di rischi.

      Da questa situazione deriva che, nella maggior parte dei casi, la durata decennale delle polizze di assicurazione danni non è oggetto di trattativa, che il contraente non ha il vantaggio economico dello «sconto per durata» e che ai consumatori che sottoscrivono polizze pluriennali non è consentito scegliere un'altra compagnia, con condizioni e premi più vantaggiosi, visto che il contratto non può essere disdetto prima della scadenza finale prevista.

      La ratio dell'articolo proposto si rinviene nella correzione di tale meccanismo e dei conseguenti effetti pregiudizievoli sulla concorrenza, anche favorendo la mobilità dei consumatori e la loro scelta tra una varietà più ampia di proposte commerciali.

      La norma, infatti, sostituisce la citata disposizione civilistica, con l'inserimento della nozione più generica di «durata poliennale del contratto» e la previsione di rescindibilità annuale e senza spese del contratto.

      Il comma 5 stabilisce che sono nulle le clausole contrattuali in contrasto con le disposizioni del presente articolo.

      L'articolo 6 semplifica il procedimento di cancellazione dell'ipoteca nei mutui immobiliari, prevedendo che il creditore, ove sia un soggetto autorizzato ad esercitare attività bancaria, entro trenta giorni dall'estinzione del mutuo, a seguito del pagamento delle rate da parte del cliente, deve darne comunicazione direttamente alla conservatoria, che deve procedere d'ufficio all'immediata cancellazione dell'ipoteca.

      Viene, così, cancellato un aggravio procedimentale e finanziario, del tutto inutile rispetto alle esigenze di pubblica fede e di certezza giuridica, che oggi incombe sul cittadino, che, pur dopo aver saldato il proprio debito, deve sottoporsi a gravose spese di intermediazione bancaria e notarili, laddove voglia subito estinguere l'ipoteca per poter liberamente disporre del proprio immobile.

      L'articolo 7 è finalizzato ad impedire, per i nuovi contratti di mutuo, la pattuizione di clausole che impongano al debitore una prestazione patrimoniale in favore della banca nel caso di estinzione anticipata o parziale dei mutui e a consentire, per i contratti vigenti, la riconduzione delle penali ad equità.

      Viene, in particolare, vietata la pattuizione di clausole che prevedano una penale a carico del mutuatario in caso di estinzione anticipata o parziale, contenute nei contratti di mutuo per l'acquisto della prima casa.

      Viene, inoltre, precisato che l'invalidità delle clausole penali apposte in violazione del predetto divieto opera solo per i contratti futuri, con la conseguenza che la relativa sanzione resta priva di efficacia retroattiva.

      In merito ai contratti di mutuo in essere alla data di entrata in vigore del presente provvedimento, si prevede un meccanismo di rinegoziazione degli stessi mediante la definizione (in prima battuta in via pattizia tra le associazioni di categoria e, in seconda battuta, da parte della Banca d'Italia) di un importo massimo delle penali che permetta la riconduzione ad equità delle relative clausole e che attribuisca al debitore un vero e proprio diritto alla riduzione delle penali già pattuite.

      L'articolo 8 assolve la funzione di agevolare e di semplificare il trasferimento del rapporto bancario per volontà del mutuatario al fine di consentire la rinegoziazione con una nuova banca delle condizioni di tasso, durata o altri termini contrattuali del contratto originario.

      Sino ad oggi, infatti, una serie di ostacoli di carattere giuridico e di prassi bancaria ha reso particolarmente gravosa, per il mutuatario, la possibilità di sfruttare i benefìci della concorrenza tra banche per rinegoziare i termini e le condizioni del contratto di mutuo.

      Il presente articolo individua nell'istituto della surrogazione per volontà del debitore, di cui all'articolo 1202 del codice civile, lo strumento attraverso il quale il mutuatario estingue il primo mutuo trasferendo a favore del nuovo mutuante le garanzie accessorie al credito.

      Il capo II prevede misure urgenti per lo sviluppo imprenditoriale e la promozione della concorrenza.

      In tale ambito, assume un rilievo strategico l'articolo 9, il quale consente che la nascita delle nuove imprese possa avvenire in un solo giorno.

      Sono note, al riguardo, le richieste provenienti dal mondo imprenditoriale (cui si è già accennato), ma anche da autorevoli organismi internazionali (in primo luogo l'Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico - OCSE), sulla necessità di ridurre a quanto realmente necessario le formalità da espletare per l'avvio di attività imprenditoriali, fermo restando il potere di verifica e controllo in capo agli uffici pubblici.

      Con le disposizioni in esame si mira a consentire l'inizio immediato delle attività imprenditoriali in questione.

      La norma stabilisce che tutti gli adempimenti amministrativi previsti per l'iscrizione al registro delle imprese e ai fini previdenziali, assistenziali, fiscali e per l'ottenimento del codice fiscale e della partita IVA siano sostituiti da una comunicazione unica, da presentare in via telematica o mediante le camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura, al registro delle imprese.

      Viene contestualmente rilasciata una ricevuta, che costituisce titolo idoneo per l'immediato avvio dell'attività. Le amministrazioni competenti comunicano all'interessato e alla camera di commercio, anche in via telematica, immediatamente il codice fiscale e la partita IVA, ed entro i successivi sette giorni i dati definitivi relativi alle posizioni registrate.

      Le modalità tecniche di attuazione sono demandate a successivi decreti, da adottare entro quarantacinque giorni, nei quali saranno stabiliti il modello di comunicazione unica, le forme per la sua pubblicità, anche via internet, le modalità tecniche di presentazione e quelle per l'immediato trasferimento telematico dei dati da un'amministrazione alle altre (in primo luogo, Ministero del lavoro e della previdenza sociale, INPS, INAIL, Agenzia delle entrate, registro delle imprese).

      Viene stabilito un periodo transitorio di sei mesi dalla data di entrata in vigore del suddetto decreto, durante il quale le comunicazioni possono essere inoltrate anche secondo la normativa previgente.

      L'intento di perseguire l'obiettivo di semplificare e incentivare al massimo l'utilizzo dello strumento telematico da parte delle imprese individuali implica, altresì, una revisione della tariffa dell'imposta di bollo, attualmente disciplinata dall'articolo 1, comma 1-ter, della tariffa, parte prima, annessa al decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 642, relativamente alle domande, le denunce e gli atti presentati all'ufficio del registro delle imprese tramite strumenti telematici.

      A tale riguardo, il comma 10 rinvia ad un apposito decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, da adottare, entro quarantacinque giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto, di concerto con il Ministero dello sviluppo economico, con il quale la misura dell'imposta in questione è rideterminata, garantendo comunque l'invarianza del gettito.

      L'articolo 10 reca misure urgenti per la liberalizzazione di alcune attività economiche oggi sottoposte a vincoli, che oramai non trovano più alcuna giustificazione.

      La norma è volta a garantire la libertà di concorrenza secondo condizioni di pari opportunità sul territorio nazionale e il corretto e uniforme funzionamento del mercato, nonché ad assicurare ai consumatori finali migliori condizioni di accessibilità all'acquisto di prodotti e servizi sul territorio nazionale, in conformità al principio comunitario della concorrenza e alle regole sancite dagli articoli 81, 82 e 86 del Trattato istitutivo della Comunità europea.

      In particolare, il comma 2 assoggetta l'esercizio delle attività di acconciatore ed estetista alla sola dichiarazione di inizio attività ed elimina ogni limitazione relativa sia alla chiusura infrasettimanale che alla distanza minima degli esercizi o a parametri numerici, mantenendo i requisiti di qualificazione professionale previsti dalle leggi di settore.

      Di recente anche il Consiglio di Stato (sentenza 20 gennaio 2006) si è espresso nel senso che i regolamenti comunali attualmente in vigore attinenti alle attività di acconciatore ed estetista, che prevedono il vincolo della distanza minima, violino sia il principio costituzionale dell'articolo 41 sulla libertà di iniziativa economica, sia i princìpi dello sviluppo concorrenziale dell'economia stessa.

      Il comma 3, concernente l'attività di pulizia, disinfezione e facchinaggio, intende eliminare i requisiti professionali prescritti dalla normativa vigente per alcune attività di carattere elementare, quali la pulizia e il facchinaggio, che appaiono realisticamente eccessivi; ad esempio la conoscenza della chimica per le pulizie e della fisica per il facchinaggio.

      Restano ferme le previsioni dei requisiti professionali per le attività di disinfestazione, derattizzazione e sanificazione, regolate anch'esse dal decreto del Ministro dell'industria, del commercio e dell'artigianato 7 luglio 1997, n. 274, poiché essendo attività che comportano maggiori rischi non si è ritenuto di poter prescindere da requisiti professionali e culturali.

      Pertanto la previsione della dichiarazione di inizio attività e l'apertura del mercato appaiono una soluzione di semplificazione reale.

      Il comma 4 dispone in materia di guide turistiche e accompagnatori turistici.

      In Italia la normativa regionale delle guide turistiche è stata sottoposta a svariate procedure di infrazione a livello comunitario, giacché ha sempre vietato alle guide comunitarie di esercitare la professione sul territorio italiano.

      Peraltro, il numero delle guide turistiche è esiguo, in proporzione al fabbisogno del settore turistico, e ciò è causa di numerosi disservizi nel campo dei livelli minimi di assistenza al turista. L'esiguità del numero di coloro che esercitano detta professione è dovuto a numerosi fattori, primo tra i quali la tempistica degli esami abilitanti, organizzati a livello regionale o provinciale, che non vengono banditi una volta l'anno, come prescrive la maggior parte delle normative settoriali.

      L'attuale previsione normativa richiama, anche per questo settore professionale, il principio di tutela della concorrenza, per ricondurre l'attività di guida turistica all'eccellenza che merita in quanto professione dedicata ad illustrare l'enorme patrimonio storico-artistico dell'Italia, in osservanza dei princìpi comunitari, facendo salva la ripartizione di competenze dell'articolo 117 della Costituzione.

      Obiettivo di tale disposizione è di ottenere che il solo requisito prescritto per chi intende esercitare la professione di guida turistica sia la competenza professionale, basata sulla conoscenza del territorio nel quale intende esercitare la professione e sulle conoscenze linguistiche.

      Il comma 5, riguardante le autoscuole, è una norma che si pone a rimedio dei gravi effetti distorsivi della concorrenza che la limitazione numerica dell'attività di autoscuola, basata sul rapporto con la densità della popolazione, ha comportato a far data dal regolamento di cui al decreto del Ministro dei trasporti e della navigazione 17 maggio 1995, n. 317.

      La proposta è volta, inoltre, a sopprimere la disposizione che impone l'autorizzazione per lo svolgimento dell'attività e a sanare il contrasto che l'articolo 123 del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285 (Nuovo codice della strada) ha creato con i princìpi di libero mercato, sanciti dal trattato istitutivo della Comunità europea (in particolare dagli articoli 81, 82 e 86), con i princìpi di libertà di impresa e di diritto al lavoro.

      La regolamentazione del settore attraverso un processo decisionale ha creato posizioni di rendita a beneficio degli operatori già presenti sul mercato e la limitazione, poi operata a livello di regolamentazione provinciale, ha precluso ulteriormente l'entrata di nuovi operatori nel settore.

      In tale senso si era già espressa con decisione del 29 maggio 1997 l'Autorità garante della concorrenza e del mercato in una segnalazione al Parlamento e al Governo.

      Il comma 8, previsto per porre rimedio ad una infrazione comunitaria, abolisce l'obbligo di iscrizione all'albo dei consulenti del lavoro per i soggetti abilitati allo svolgimento della predetta attività nell'ordinamento giuridico comunitario di appartenenza.

      Il comma 9, infine, pone una misura di anticipazione del percorso di liberalizzazione che già interessa il mondo dei trasporti pubblici di linea, estendendo l'apertura del mercato anche a talune tratte di lunghezza inferiore a quella prevista dalla vigente normativa.

      L'articolo 11 prevede le misure per il mercato del gas naturale.

      Le disposizioni hanno la finalità di creare una maggiore liquidità dell'offerta di gas nel mercato italiano, in attesa dell'avvio di una borsa del gas, a vantaggio delle imprese e dei consumatori.

      Con il comma 1 si dispone che le royalties derivanti allo Stato dalla coltivazione dei giacimenti di idrocarburi non vengano più versate in valore secondo un parametro determinato e aggiornato dall'Autorità per l'energia elettrica e il gas, ma direttamente immesse nel mercato e offerte ad imprese e consumatori per il loro approvvigionamento. Le entrate derivanti dalla vendita affluirebbero all'erario, mantenendo la previsione di gettito.

      Con il comma 2 si introduce la possibilità di avviare a tale mercato regolamentato di scambio anche una parte dei volumi di gas importati a seguito dei potenziamenti dei gasdotti esistenti e delle nuove infrastrutture di approvvigionamento dall'estero.

      L'articolo 12 si occupa della riapertura alle gare nel settore ferroviario.

      La storia del treno ad alta velocità (TAV) prende il via agli inizi degli anni '90, quando, per realizzare le nuove, costosissime linee ferroviarie ad alta velocità non si fecero le gare pubbliche (che avrebbero consentito di scegliere le migliori imprese secondo il principio di concorrenza), come era invece previsto dal diritto italiano e della Comunità europea, e nemmeno si stipularono contratti di appalto, che avrebbero garantito il controllo pubblico sulla progettazione e sulla realizzazione dei lavori. Si inventò, invece, il sistema del «general contractor».

      In particolare, il 19 luglio 1991 le Ferrovie dello Stato (FS) costituirono TAV S.p.A., una nuova società per azioni, alla quale affidarono la concessione per la realizzazione delle infrastrutture per il treno ad alta velocità. La società TAV, a sua volta, per ciascuna delle tratte ferroviarie da realizzare, affidò ad un solo consorzio d'imprese, scelto a trattativa privata, sia la progettazione, sia la realizzazione dell'opera.

      Come evidenziato anche dall'Autorità garante della concorrenza e del mercato (con parere n. 3526 del 10 gennaio 1996), veniva in tal modo cancellato ogni rischio imprenditoriale del general contractor, prescelto a trattativa privata (in violazione della regola comunitaria della gara pubblica) e lasciato libero di progettare e realizzare l'opera, senza alcun effettivo controllo pubblico: TAV non aveva neppure le necessarie competenze tecniche, che avrebbe invece avuto FS, e per fare i controlli doveva addirittura stipulare un contratto con un'altra società di FS (Italferr-SISTAV). Il general contractor non aveva, quindi, alcun incentivo a scegliere soluzioni progettuali economiche e a fare presto e bene, ma, al contrario, aveva acquistato un interesse a progettare opere costose, approvare varianti, subappaltare e prolungare il più possibile i lavori, per fare aumentare il proprio guadagno.

      L'articolo 131 della legge 23 dicembre 2000, n. 388 (legge finanziaria 2001), sancì la liberalizzazione del trasporto ferroviario nazionale e revocò le concessioni rilasciate da Ferrovie dello Stato a TAV S.p.A. relativamente ai lavori non ancora iniziati. Inoltre, vennero applicate espressamente alla materia sia la legge quadro sui lavori pubblici, sia i decreti legislativi (di recepimento delle direttive comunitarie) che prevedono la gara pubblica europea per l'affidamento degli appalti. Il successivo Governo, però, con la legge 28 dicembre 2001, n. 448 (legge finanziaria 2002), sancì che «proseguono pertanto, senza soluzione di continuità, le concessioni rilasciate a TAV S.p.A. (...) ed i sottostanti rapporti di general-contracting instaurati dalla TAV».

      L'Autorità garante della concorrenza e del mercato segnalò espressamente al Governo il «contrasto con le norme comunitarie in materia di appalti pubblici, che impongono l'obbligo della gara, nonché con i principi a tutela della concorrenza», ma ciò nonostante la norma venne approvata dal Parlamento, come articolo 11 della legge 1o agosto 2002, n. 166. Per questa stessa norma, nel 2004 la Commissione europea condannò l'Italia per violazione degli articoli 43 e 49 del Trattato in materia di appalti e concessioni, ma il Governo allora in carica ignorò la condanna.

      Con la successiva «legge obiettivo», il sistema dei «general contractors» della TAV venne, anzi, esteso dal Governo pro tempore a tutte le altre «grandi opere». Inoltre, la legge 27 dicembre 2002, n. 289 (legge finanziaria 2003) istituì la nuova società «Infrastrutture S.p.A.» per finanziare prioritariamente gli investimenti per l'alta velocità.

      Riguardo ai costi del descritto sistema, si evidenzia che, secondo i dati relativi alla linea Torino-Napoli, la spesa, fissata dai contratti del 1991 in poco meno di 5.700 milioni di euro, è aumentata, fino al 2003, fino a poco più di 23.200 milioni di euro, con un aumento percentuale del 410 per cento, con gravissimi ritardi nella consegna dei lavori. Il prolungarsi dei lavori ha amplificato inoltre l'obbligo dello Stato di compensare gli interessi chiesti ai consorzi per il ricorso al credito, che già nel 2003 ha comportato un esborso di pubblico denaro, in legge finanziaria, pari a circa 350 milioni di euro annui.

      L'aumento dei costi rispetto a quanto preventivato è reso emblematico dal divario fra i costi della prima tratta realizzata (Napoli-Roma e Firenze-Bologna), e i 7 chilometri della linea ad alta velocità presso Bologna andati, per varie ragioni, a gara europea nel 1998, e aggiudicati ad un'impresa spagnola che aveva offerto un ribasso del 47 per cento (circa la metà!). Il costo finale per chilometro fu di circa 38 miliardi di lire, contro i circa 82 miliardi della rimanente tratta.

      Il Governo confida ora che, risolvendo l'anomalia descritta, sarà possibile concludere in modo trasparente, rapido ed efficace le opere per l'alta velocità ancora da ultimare, affidando i lavori mediante gara pubblica europea e ristabilendo, così, i princìpi di trasparenza, imparzialità ed efficacia economica dell'azione amministrativa, in modo da evitare inutili sprechi di denaro pubblico.

      In particolare, la disposizione in esame revoca le concessioni rilasciate a TAV Spa dall'Ente Ferrovie dello Stato e a RFI Spa per la realizzazione di talune tratte ferroviarie (Milano-Verona; Verona-Padova; Milano-Genova; Terzo valico dei Giovi). Gli effetti delle revoche si estendono a tutti i connessi rapporti convenzionali stipulati con i general contractors tra il 1991 e il 1992. Sarà così possibile riaprire la realizzazione delle opere in esame al mercato e alla libera concorrenza, mediante l'espletamento di gare pubbliche europee, che consentiranno - finalmente - la scelta dell'offerta economica più conveniente, nonché la tutela dell'interesse pubblico mediante un'adeguata vigilanza sul rispetto dei tempi e degli oneri finanziari pattuiti.

      Quanto ai profili finanziari della disposizione in esame, è appena il caso di sottolineare come la sua applicazione si concreti in un rilevantissimo risparmio di spesa per l'amministrazione, paragonando gli oneri dovuti ai general contractor in relazione alla revoca con l'importo che avrebbe con ogni probabilità caratterizzato la realizzazione dell'opera da parte degli stessi, alla luce dell'univoca serie storica, secondo cui tutte le opere realizzate secondo tali modalità sono costate al pubblico erario non meno di tre volte l'importo preventivato, con una durata molte volte più alta rispetto a quella concordata.

      In questo modo, al contrario, sarà possibile affidare le opere a gara pubblica europea, scegliendo di volta in volta la migliore offerta sotto il profilo tecnico-finanziario e vigilando attentamente sui modi e i tempi di realizzazione.

      Inoltre, la norma disciplina le modalità di indennizzo degli interessati, limitandolo alle spese effettivamente sostenute e documentate per le fasi del tutto preliminari che hanno fino ad ora riguardato le tratte in questione, rinviando alla nuova disciplina prevista dall'ultimo comma dell'articolo.

      Infatti, il comma 4 disciplina in via generale l'obbligo di corresponsione di un indennizzo nei casi di revoca di atti amministrativi che incida su precedenti rapporti negoziali con i privati.

      In sostanza, si estende anche all'attività privatistica la previsione di cui all'articolo 21-quinquies della legge 7 agosto 1990, n. 241, che prevede, in termini più generici, l'ipotesi di «revoca che comporta pregiudizi in danno di soggetti direttamente interessati». Poiché la revoca consegue ad una diversa valutazione ovvero ad una sopravvenienza che impongono una rivisitazione dell'interesse pubblico come inizialmente apprezzato, è opportuno che il potere di revocare il provvedimento sia condizionato all'obbligo di indennizzare il privato, che per effetto della revoca abbia subìto un pregiudizio, anche nei casi - sempre più frequenti - di attività negoziale dell'amministrazione. Versandosi in una ipotesi di responsabilità da atto lecito, motivata in ragione dell'interesse pubblico, non si tratta di un risarcimento del danno ma di indennizzo, in relazione al quale sono dettate anche le modalità per la quantificazione riferita, sotto il profilo quantitativo, al solo danno emergente, con esclusione dei vantaggi futuri venuti meno e nel rispetto dei princìpi civilistici della valutazione del concorso e dell'attività svolta dall'interessato (articolo 1226 del codice civile).

      L'articolo 13 reca disposizioni urgenti in materia di istruzione tecnico-professionale e di valorizzazione dell'autonomia scolastica.

      La riforma degli ordinamenti scolastici introdotta dalla legge 28 marzo 2003, n. 53, ha determinato profondi mutamenti e innovazioni nell'ordinamento scolastico, e in particolare, per quanto riguarda l'istruzione secondaria superiore, nel settore dell'istruzione tecnica e professionale. Il decreto legislativo 17 ottobre 2005, n. 226, emanato in attuazione della delega prevista dalla citata legge n. 53 del 2003, nel disciplinare il sistema dei licei, ha infatti previsto l'istituzione dei licei economico e tecnologico e la soppressione degli istituti tecnici e professionali fino al completo esaurimento delle classi del precedente ordinamento, ancora funzionanti. Nella presente legislatura si è provveduto a rinviare l'avvio della riforma del secondo ciclo al fine di avere un arco temporale più congruo per iniziative legislative di revisione, consentendo ancora la possibilità di iscrizione ai predetti istituti. In conseguenza di tale radicale mutamento dell'assetto ordinamentale esistente si è venuta, pertanto, a determinare una notevole incertezza sulle finalità e funzioni degli istituti tecnici e professionali, soprattutto in relazione al fondamentale ruolo da essi finora svolto per la preparazione dei giovani all'accesso diretto al mondo del lavoro.

      La riforma della scuola prevista dalla citata legge n. 53 del 2003 e il conseguente decreto legislativo hanno, in sostanza, creato una notevole incertezza in ordine alla congruità della formazione assicurata dai futuri licei tecnologici ed economici rispetto a quella assicurata dagli attuali istituti tecnici e professionali, con riferimento alla preparazione specifica richiesta ai giovani per l'accesso al mercato dell'occupazione. In conseguenza di tale stato di incertezza si è determinata una consistente diminuzione delle iscrizioni degli alunni a tali istituti, che fa quindi presagire un tendenziale regresso dell'istruzione tecnico-professionale, facendo venire meno il fondamentale ruolo che tali istituti hanno svolto in passato e continuano a svolgere per la preparazione dei giovani all'ingresso nel mondo del lavoro.

      Non vanno inoltre sottovalutati i negativi riflessi che tale situazione determina anche per le aspettative e la funzionalità delle imprese, che vedono in tale modo diminuire le possibilità di reclutamento di giovani già formati per l'impiego lavorativo in quanto dotati delle necessarie competenze tecnico-professionali richieste dal mondo produttivo e dei servizi. In considerazione del ruolo strategico di tale settore di istruzione si potrebbe, quindi, determinare un effetto negativo sulla stessa competitività delle imprese, sulla valutazione della convenienza ad investire in Italia e sulla programmazione a breve e medio periodo dell'attività del mondo imprenditoriale, con particolare riferimento al settore delle piccole e medie imprese.

      Si è pertanto ritenuto urgente e necessario intervenire in tale materia, al fine di rilanciare in maniera chiara e decisa il settore dell'istruzione tecnica e professionale e di valorizzare quindi il ruolo svolto dagli istituti tecnici e professionali, in stretto raccordo con le effettive necessità ed esigenze del mondo produttivo.

      Le norme che si propongono rispondono quindi a tale finalità nell'ordinamento scolastico di istruzione tecnico-professionale, finalizzata a rilasciare titoli di studio attestanti una formazione spendibile sul mercato del lavoro e creare, quindi, un raccordo diretto tra l'istruzione scolastica e il mondo imprenditoriale.

      Il comma 1 dell'articolo 13 prevede che il secondo ciclo dell'istruzione, di cui al citato decreto legislativo n. 226 del 2005, è composto dal sistema dell'istruzione secondaria superiore e dal sistema dell'istruzione e della formazione professionale e che del sistema dell'istruzione secondaria superiore fanno parte i licei, gli istituti tecnici e gli istituti professionali indicati all'articolo 191 del testo unico di cui al decreto legislativo 16 aprile 1994, n. 297, tutti finalizzati al conseguimento di un diploma di istruzione secondaria superiore. A tale fine sono in parte abrogate e in parte modificate le norme contenute nel citato decreto legislativo n. 226 del 2005, che fanno riferimento ai licei tecnologici ed economici.

      Al comma 2 si prevede la creazione di appositi «poli tecnico professionali» tra gli istituti tecnici e professionali, le strutture formative che rispondono ai livelli essenziali delle prestazioni previsti dal capo III del decreto legislativo n. 226 del 2005, e le strutture che operano nell'ambito della formazione tecnica superiore, denominate «istituti tecnici superiori», nel quadro della riorganizzazione di cui all'articolo 1, comma 631, della legge 27 dicembre 2006, n. 296 (legge finanziaria 2007), al fine di favorire l'interazione tra le diverse strutture e i percorsi dell'istruzione e della formazione tecnico-professionale e promuovere in modo stabile e organico la diffusione della cultura scientifica. I poli sono costituiti a livello provinciale o sub-provinciale, hanno natura consortile e sono dotati di propri organi di gestione, da definirsi con apposite convenzioni tra le istituzioni che costituiscono il polo.

      Gli istituendi poli sono finalizzati a realizzare una efficace sinergia fra i sistemi di formazione coinvolti.

      I commi 3, 4 e 5 dettano disposizioni volte ad agevolare le donazioni in favore delle istituzioni scolastiche, destinate al sostegno dell'innovazione tecnologica, ovvero a finalità connesse all'edilizia scolastica e all'ampliamento dell'offerta formativa. Il comma 7 prevede inoltre che i soggetti donanti non possono far parte degli organi di gestione degli istituti scolastici.

      L'articolo 14, infine, prevede che il beneficio della rottamazione senza pagamento di alcuna somma al demolitore e l'eventuale rimborso dell'abbonamento al trasporto pubblico locale, previsti dai commi 224 e 225 della legge 27 dicembre 2006, n. 296 (legge finanziaria 2007), sono concessi, per favorire il risparmio energetico e nell'ambito del riordino del regime giuridico dei veicoli, purché non venga acquistato un veicolo nuovo o usato entro il periodo di tre anni dalla data della rottamazione stessa. Inoltre, viene estesa la possibilità di usufruire dei suddetti benefìci anche alle autovetture, a partire dalla data di entrata in vigore del presente provvedimento e fino al 31 dicembre 2007.

 


RELAZIONE TECNICA

(Articolo 11-ter, comma 2, della legge 5 agosto 1978, n. 468,
e successive modificazioni).

 

      Il provvedimento reca un complesso di misure immediate in materia di regolazione dei rapporti privati, volte ad aumentare la tutela dei consumatori, ampliando l'informazione, la pubblicità e la correttezza nello svolgimento delle pratiche commerciali, in materia di regolazione dei rapporti amministrativi tra pubblica amministrazione e soggetto che intende esercitare o esercita un'attività imprenditoriale, in materia di concorrenza e in materia di istruzione.

      Si rimanda alla relazione illustrativa per una informazione in dettaglio sulle singole norme, mentre per quel che attiene ai riflessi finanziari si specifica quanto segue.

 

Articolo 1 - Ricarica nei servizi di telefonia mobile, trasparenza e libertà di recesso dai contratti con operatori telefonici, televisivi e di servizi internet.

 

      Il presente articolo prevede l'abolizione dell'applicazione di costi fissi e di contributi per le ricariche telefoniche nonché la possibilità, per i consumatori, di poter comparare il costo del traffico telefonico tra i differenti operatori. Prevede altresì che, nei contratti per adesione stipulati con operatori di telefonia, di reti televisive e di comunicazione elettronica, ci debba essere la facoltà, per il consumatore, di recedere dal contratto senza vincoli temporali o ritardi non giustificati, con obbligo di preavviso non superiore a trenta giorni. L'articolo, ponendosi nella scia di una scelta netta a favore dei consumatori e della liberalizzazione di importanti servizi allo scopo di approntare una maggiore tutela, non comporta alcun effetto diretto sulla finanza pubblica in quanto le agevolazioni previste non comportano oneri a carico della finanza pubblica, ma si sostanziano in uno strumento normativo a tutela dei diritti dei cittadini; peraltro, le concrete modalità di attuazione sono rimesse alle determinazioni dell'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni.

 

Articolo 2 - Informazione sui prezzi dei carburanti e sul traffico lungo la rete autostradale e stradale.

 

      L'articolo in esame rientra nel complesso degli interventi normativi volti alla tutela del consumatore, sotto il profilo dell'informazione sui prezzi dei prodotti petroliferi lungo la rete autostradale e stradale nazionale. Il disposto normativo, al comma 3, prevede esplicitamente che l'iniziativa non comporterà alcun onere aggiuntivo per il pubblico bilancio, in quanto l'obbligo di informativa sui prezzi praticati dei carburanti e sulla situazione di grave limitazione del traffico rientra nell'ambito della disciplina delle concessioni delle reti autostradali e stradali e delle convenzioni con i gestori delle reti di telefonia.

 

Articolo 3 - Trasparenza delle tariffe aeree.

 

      La previsione normativa in questione vieta le offerte e i messaggi pubblicitari di voli aerei recanti l'indicazione del prezzo al netto delle spese, tasse e altri oneri aggiuntivi, ovvero riferite a contingenti di utenti limitati o a modalità di prenotazione non indicate, specificando esplicitamente, al comma 2, che sono da ritenersi pubblicità ingannevole, e perciò come tale sanzionati. L'articolo non prevede alcun onere aggiuntivo a carico della finanza pubblica, ma, al contrario, comportando possibili sanzioni pecuniarie per pubblicità ingannevole, consentirebbe un presumibile introito per l'erario, seppure non predeterminabile.

 

Articolo 4 - Data di scadenza dei prodotti alimentari.

 

      L'articolo, in conformità all'articolo 13 della direttiva 2000/13/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 20 marzo 2000, pone in maggiore evidenza la data di scadenza per l'utilizzo od il consumo del prodotto, mettendo il consumatore nella posizione di conoscere in modo chiaro ed univoco la freschezza della derrata alimentare. Le norme in esame non pongono alcun onere aggiuntivo a carico del bilancio pubblico.

 

Articolo 5 - Misure per la concorrenza e per la tutela del consumatore nei servizi assicurativi.

 

      L'articolo in esame è finalizzato ad aprire alla concorrenza i punti vendita di polizze assicurative, senza limitazione della tipologia di offerte (prevista precedentemente per le sole polizze RC auto), nonché ad aumentare la tutela per i titolari di polizza RC auto, sia con una diversa disciplina dei termini di recesso, delle clausole contrattuali attinenti alla classe di merito e della loro graduazione in caso di sinistro, sia con l'aumentata trasparenza e pubblicità dell'informazione sulle tariffe assicurative. Le norme regolano rapporti di diritto privato, senza alcun riflesso sulla finanza pubblica e non comporta alcun onere aggiuntivo a carico della finanza pubblica.

 

Articolo 6 - Semplificazione nel procedimento di cancellazione dell'ipoteca nei mutui immobiliari.

 

      L'articolo in esame, prevedendo la possibilità per il mutuatario di estinguere l'ipoteca di un mutuo immobiliare senza rivolgersi ad un notaio, non comporta alcun onere aggiuntivo a carico della finanza pubblica.

 

Articolo 7 - Estinzione anticipata dei mutui immobiliari; divieto di clausole penali.

 

Articolo 8 - Portabilità del mutuo; surrogazione.

 

      Le disposizioni in commento, in quanto incidono su rapporti obbligatori correnti tra soggetti privati, non comportano oneri aggiuntivi per il bilancio dello Stato.

 

Articolo 9 - Comunicazione unica per la nascita dell'impresa.

 

      L'articolo in esame prevede modalità amministrative semplificate e telematiche per l'avvio dell'impresa, che si può compiere con una dichiarazione unica comprensiva dell'assolvimento degli adempimenti camerali, fiscali, previdenziali e assistenziali.

      Tale articolo non comporta alcun onere aggiuntivo a carico della finanza pubblica, anzi consegue una razionalizzazione e un risparmio non solo per i privati, ma anche per le amministrazioni.

      L'intento di perseguire l'obiettivo di semplificare ed incentivare al massimo l'utilizzo dello strumento telematico da parte delle imprese individuali ha portato a prevedere, al comma 10, una revisione della tariffa dell'imposta di bollo, attualmente disciplinata dall'articolo 1, comma 1-ter, della tariffa, parte I, annessa al decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 642, come sostituita dal decreto del Ministro delle finanze 20 agosto 1992, relativamente alle domande, alle denunce e agli atti presentati all'ufficio del registro delle imprese tramite strumenti telematici.

      A tale riguardo, il predetto comma rinvia ad un apposito decreto del Ministero dell'economia e delle finanze, da adottare - entro quarantacinque giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto - di concerto con il Ministero dello sviluppo economico, con il quale la misura dell'imposta in questione è rideterminata, garantendo comunque l'invarianza del gettito.

      La disposizione di cui al comma 10 non determina né oneri né minori entrare per il bilancio dello Stato, in quanto la rideterminazione della misura dell'imposta di bollo ivi prevista verrà effettuata, come già precisato, con il vincolo di assicurare l'invarianza del gettito.

 

Articolo 10 - Misure urgenti per la liberalizzazione di alcune attività economiche.

 

      Le disposizioni in esame prevedono, in conformità anche ai princìpi comunitari, l'eliminazione di ostacoli ad attività economiche e commerciali e all'esercizio di attività professionali e artigianali, ampliando le possibilità per il consumatore di accedere a beni, prodotti e servizi. La norma non comporta la possibilità di aumentare gli introiti.

 

Articolo 11 - Misure per il mercato del gas.

 

      L'articolo in esame, avendo la finalità di creare una maggiore liquidità dell'offerta di gas nel mercato italiano, in attesa dell'avvio di una borsa del gas, a vantaggio delle imprese e dei consumatori, non comporta alcun onere aggiuntivo a carico della finanza pubblica.

 

Articolo 12 - Revoca delle concessioni per la progettazione e costruzione di linee ad alta velocità e nuova disciplina degli affidamenti contrattuali nella revoca di atti amministrativi.

 

      L'articolo in esame, nella prima parte, regolamenta la disciplina applicabile alle gare nel settore ferroviario, revocando le concessioni rilasciate alla TAV Spa (anni 1991-1992), e non comporta alcun onere aggiuntivo a carico della finanza pubblica.

      Nella seconda parte, prevede la corresponsione, da parte delle Ferrovie dello Stato Spa, del rimborso, nei casi di revoca, dei costi effettivamente sostenuti per gli oneri delle attività progettuali e preliminari ai lavori di costruzione. La disposizione, quindi, si configura come razionalizzazione della spesa.

      Sotto il profilo finanziario, la disposizione in esame si concreta in un rilevantissimo risparmio di spesa per l'amministrazione, paragonando gli oneri dovuti ai general contractor in relazione alla revoca con l'importo che avrebbe con ogni probabilità caratterizzato la realizzazione dell'opera da parte degli stessi, alla luce dell'univoca serie storica.

      Riguardo ai costi del descritto sistema, si evidenzia, infatti, che, secondo i dati relativi alla linea Torino-Napoli, la spesa, fissata dai contratti del 1991 in poco meno di 5.700 milioni di euro, è aumentata, fino al 2003, sino a poco più di 23.200 milioni di euro, con un aumento percentuale del 410 per cento, e inoltre con gravissimi ritardi nella consegna dei lavori. Il prolungarsi dei lavori ha amplificato inoltre l'obbligo dello Stato di compensare gli interessi chiesti ai consorzi per il ricorso al credito, che nel 2003 ha comportato, ad esempio, un esborso di pubblico denaro, disposto con la legge finanziaria, pari a circa 350 milioni di euro annui.

      L'aumento dei costi connaturato al sistema del general contractor è reso emblematico dal divario fra i costi della prima tratta realizzata (Napoli-Roma e Firenze-Bologna), ed i 7 chilometri della linea ad alta velocità presso Bologna andati, per varie ragioni, a gara europea nel 1998, e aggiudicati ad un'impresa spagnola che aveva offerto un ribasso del 47 per cento (circa la metà). Il costo finale per chilometro fu di circa 38 miliardi di lire, contro i circa 82 della rimanente tratta.

      Come evidenziato anche dall'Autorità garante della concorrenza e del mercato (con parere n. 3526 del 10 gennaio 1996) il sistema in esame, infatti, cancella ogni rischio imprenditoriale del general contractor, prescelto a trattativa privata (in violazione della regola comunitaria della gara pubblica) e lasciato libero di progettare e realizzare l'opera senza nessun effettivo controllo pubblico (storicamente, TAV SpA non aveva neppure le necessarie competenze tecniche, che avrebbe invece avuto Ferrovie dello Stato SpA, e per fare i controlli doveva addirittura stipulare un contratto con un'altra società di Ferrovie dello Stato SpA - Italferr-SISTAV). Il general contractor non ha, quindi, alcun incentivo a scegliere soluzioni progettuali economiche ed a fare presto e bene, ma, al contrario, ha un oggettivo interesse a progettare opere costose, approvare varianti, subappaltare e prolungare il più possibile i lavori, per far aumentare il proprio guadagno.

      Il Governo confida ora che, risolvendo l'anomalia descritta, sarà possibile concludere in modo economico, rapido e trasparente le opere per l'alta velocità ancora da ultimare, affidando i lavori mediante gara pubblica europea e ristabilendo, così, i princìpi di trasparenza, imparzialità ed efficacia economica dell'azione amministrativa, in modo da evitare inutili sprechi di denaro pubblico.

      Anche il secondo versante descritto, quello relativo all'indennizzo dei general contractor, concorre ad un ingentissimo risparmio di spesa.

      Infatti, l'articolo in esame disciplina le modalità di indennizzo degli interessati, limitandolo alle spese effettivamente sostenute e documentate per le fasi del tutto preliminari che hanno fino ad ora riguardato le tratte in questione, rinviando alla nuova disciplina prevista dal comma 4 dell'articolo, che introduce il comma 1-bis nell'articolo 21-quinquies della legge 7 agosto 1990, n. 241.

      Il citato comma 4 disciplina in via generale, e quindi anche per il futuro, l'obbligo di corresponsione di un indennizzo nei casi di revoca di atti amministrativi che incida su precedenti rapporti negoziali con i privati.

      In sostanza, si estende, anche all'attività privatistica la previsione di cui all'articolo 21-quinquies della legge 7 agosto 1990, n. 241, che prevede, in termini più generici, l'ipotesi di «revoca che comporta pregiudizi in danno di soggetti direttamente interessati». Poiché la revoca consegue ad una diversa valutazione ovvero ad una sopravvenienza che impongono una rivisitazione dell'interesse pubblico, come inizialmente apprezzato, è opportuno che il potere di revocare il provvedimento sia condizionato all'obbligo di indennizzare il privato, che per effetto della revoca abbia subìto un pregiudizio, anche nei casi - sempre più frequenti - di attività negoziale dell'amministrazione. Versandosi in una ipotesi di responsabilità da atto lecito, motivata in ragione dell'interesse pubblico, non si tratta di un risarcimento del danno ma di un indennizzo, in relazione al quale sono dettate anche le modalità per la quantificazione riferita, sotto il profilo quantitativo, al solo danno emergente, con esclusione dei vantaggi futuri venuti meno e nel rispetto dei princìpi civilistici della valutazione del concorso e dell'attività svolta dall'interessato (articolo 1226 del codice civile).

      Oltre a minimizzare gli oneri per il caso in esame, le norme consentiranno quindi futuri ingentissimi risparmi di spesa, adesso neppure quantificabili, favorendo l'intervento in autotutela dell'amministrazione ogni qualvolta si evidenzi il contrasto di precedenti atti e rapporti negoziali rivelatisi contrastanti con l'interesse pubblico che, viceversa, l'amministrazione deve in ogni caso perseguire.

 

Articolo 13 - Disposizioni urgenti in materia di istruzione tecnico-professionale e di valorizzazione dell'autonomia scolastica.

 

      L'articolo interviene in materia di cicli di istruzione e di studi, ampliando l'offerta formativa (e di successivo lavoro) a favore degli studenti e riorganizzando gli istituti tecnici e professionali, raggruppando e razionalizzando le strutture, comportando quindi un risparmio per l'erario pubblico.

      In particolare, il comma 3, aggiungendo la lettera i-septies-bis) al comma 1 dell'articolo 15 del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, prevede una detrazione dall'IRPEF del 19 per cento delle erogazioni liberali in denaro o in natura erogate a favore degli istituti scolastici di ogni ordine e grado, pubblici e paritari, finalizzate all'innovazione tecnologica, all'edilizia scolastica e all'ampliamento dell'offerta formativa; la detrazione è consentita a condizione che il versamento di tali erogazioni sia eseguito tramite banca o ufficio postale ovvero mediante gli altri sistemi di pagamento previsti dall'articolo 23 del decreto legislativo n. 241 del 1997.

      Poiché la norma in esame introduce una nuova categoria di erogazioni liberali, per la quale ad oggi non si dispone di dati, ai fini della quantificazione si considera il totale delle erogazioni liberali detraibili che risulta pari, in base ai dati provvisori delle dichiarazioni dei redditi delle persone fisiche presentate nel 2005, a circa 360 milioni di euro. In considerazione del rilevante interesse delle famiglie nei riguardi del settore scolastico e, di conseguenza, dell'ampia platea di soggetti potenzialmente interessati all'effettuazione delle erogazioni in esame, si stima, in via prudenziale, che le erogazioni liberali effettuate a favore degli istituti scolastici siano pari ad un terzo del totale delle somme attualmente erogate, per un ammontare pari a 120 milioni di euro.

      In base a tali ipotesi si stima una perdita di gettito IRPEF, competenza 2007, pari a circa -23 milioni di euro (120 x 19 per cento).

      L'andamento del gettito di cassa, ipotizzando che la norma entri in vigore nel 2007, sarà il seguente (milioni di euro):

 

2007

2008

2009

IRPEF

-

-40,5

-23

 

      L'articolo in esame intende inoltre introdurre un trattamento fiscale di favore per le imprese che effettuano erogazioni liberali a favore degli istituti scolastici di ogni ordine e grado, finalizzate all'innovazione tecnologica, all'edilizia scolastica e all'ampliamento dell'offerta formativa.

      In particolare, la norma stabilisce che sono deducibili dal reddito complessivo del soggetto le erogazioni effettuate nel limite del 2 per cento del reddito complessivo dichiarato e comunque nella misura massima di 70.000 euro l'anno.

      Dalle dichiarazioni dei redditi relative all'anno d'imposta 2004 sono stati desunti i dati relativi alle erogazioni liberali effettuate a norma dell'articolo 100 del citato testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica n. 917 del 1986.

      Da tali dati risulta pari a 190 milioni di euro l'importo delle deduzioni dal reddito per tutte le erogazioni effettuate da circa 11.000 società di capitali, mentre circa 3,7 milioni di euro sarebbero le deduzioni per erogazioni fatte da società di persone ed enti non commerciali.

      Relativamente alle società di capitali, è stata effettuata una distribuzione per classi di rapporto rispetto al reddito di impresa, al fine di individuare l'importo delle erogazioni prossime al limite del 2 per cento previsto dall'articolo 100, comma 2, del citato testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica n. 917 del 1986. In via generale risulta che circa 2.300 soggetti hanno effettuato erogazioni di importo prossimo al limite di deducibilità, per un ammontare totale di circa 60 milioni di euro.

      Considerato il limite di deducibilità di cui sopra, si indica nella misura del 10 per cento delle erogazioni liberali attualmente sotto il limite del 2 per cento il possibile importo di maggiori deduzioni per erogazioni, con conseguente perdita di gettito stimata pari a circa 4,4 milioni di euro [(193,7-60) x 10 per cento x 33 per cento].

      In via prudenziale, si ritiene opportuno considerare un'ulteriore perdita di circa 0,6 milioni di euro per tenere conto degli altri soggetti in reddito di impresa e dell'effetto più generale di incentivo alle erogazioni liberali per le imprese di piccola e media entità. La perdita di gettito totale di competenza è pari quindi a circa 5 milioni di euro annui.

      L'articolo stabilisce, inoltre, la detraibilità da parte degli enti non commerciali delle erogazioni liberali in oggetto: in base ai dati del modello di dichiarazione UNICO 2005 enti non commerciali, le erogazioni liberali detratte al 19 per cento effettuate dagli enti non commerciali ai sensi dell'articolo 15, comma 1, lettera h) e h-bis), del citato testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica n. 917 del 1986 sono state pari a circa 43 milioni di euro.

      Si tratta di erogazioni liberali a favore di istituzioni pubbliche o private che svolgono attività di studio, ricerca e documentazione di rilevante valore culturale e artistico o che comunque pongono in essere iniziative di rilevante interesse scientifico-culturale: in via prudenziale ai fini della presente stima si ipotizza che l'estensione agli istituti scolastici possa generare erogazioni liberali aggiuntive in misura pari ad un terzo di tale importo.

      La perdita di gettito di competenza è pertanto pari a circa 43 / 3 x 19 per cento = 2,7 milioni di euro.

      Di cassa la perdita di gettito complessiva - tenuto conto dell'acconto - è pari a circa (in milioni di euro):

2007

2008

2009

-

-13,5

-7,7

 

      Pertanto la disposizione comporta nel complesso i seguenti effetti in termini di gettito erariale (in milioni di euro):

 

 

2007

2008

2009

  Articolo 15, comma 1, lettera i-septies-bis)

0

-40,5

-23

  Articolo 100, comma 2 lettera o-bis)

0

-13,5

-7,7

  TOTALE

0

-54,0

-30,7

 

      Alle predette minori entrate si provvede:

 

          per il 2008 mediante utilizzo di parte delle disponibilità giacenti sulle contabilità speciali (ammontanti a circa 100 milioni di euro) di cui all'articolo 5-ter del decreto-legge 28 dicembre 2001, n. 452, convertito, con modificazioni, dalla legge 27 febbraio 2002, n. 16, che a tale fine sono vincolate nel corrente esercizio, per l'importo di 54 milioni di euro, per essere versate all'entrata del bilancio dello Stato nell'anno 2008;

 

          dal 2009 mediante riduzione del fondo di cui al comma 634 dell'articolo 1 della legge n. 296 del 2006, recante autorizzazione di spesa permanente.

 

Articolo 14 - Misure in materia di autoveicoli.

 

      L'articolo in esame, da una parte, estende alle autovetture le agevolazioni previste dai commi 224 e 225 dell'articolo 1 della legge n. 296 del 2006 (legge finanziaria 2007), dall'altra parte, condiziona tali agevolazioni al vincolo di non procedere alla loro sostituzione.

      Con riferimento all'incidenza della norma sul citato comma 224, si stima che gli autoveicoli destinati alla demolizione, cui non segue l'acquisto di una nuova autovettura, siano pari a 975.000 unità; si ipotizza, inoltre, che a fronte di tali demolizioni al massimo un 10 per cento dei proprietari non sostituirà l'autovettura con una usata.

      La perdita di gettito su base annua, considerando un bonus rottamazione pari a 60 euro, si stima pertanto pari a 5,85 milioni di euro (975.000 x 10 per cento x 60 euro).

      Con riferimento al citato comma 225, le autovetture avviate alla demolizione senza che a questo evento faccia seguito l'acquisto di una nuova autovettura vengono stimate, nell'anno 2007, in circa 975.000 unità; applicando la sopra indicata percentuale di non sostituzione del 10 per cento e ipotizzando, come nella stessa legge finanziaria 2007, un coefficiente pari al 4 per cento, relativo ai soggetti che acquisteranno un abbonamento ai mezzi pubblici, si perviene ad un numero di soggetti interessati all'agevolazione pari a 3.900.

      Applicando un importo medio per abbonamento di 300 euro ai sopraindicati 3.900 soggetti, si giunge ad una perdita annua pari 1,17 milioni di euro.

      Il riferimento complessivo ai citati commi 224 e 225 comporta una perdita di gettito annua di 7,02 milioni a fronte di 7,1 milioni indicati nella relazione tecnica della stessa legge finanziaria 2007; il saldo tra i due importi produce, quindi, un maggior gettito annuo di 80 mila euro.

      Considerando il momento di entrata in vigore del decreto-legge (fine gennaio), il maggior gettito per l'anno 2007 si stima pari a 73 mila euro (80 x 11/12).

 


Allegato

(Previsto dall'articolo 17, comma 30,

della legge 15 maggio 1997, n. 127)

 

TESTO INTEGRALE DELLE NORME ESPRESSAMENTE
MODIFICATE O ABROGATE DAL DECRETO-LEGGE

 

Decreto legislativo 27 gennaio 1992, n. 109.

 

Art. 3.

(Elenco delle indicazioni dei prodotti preconfezionati).

 

      1. Salvo quanto disposto dagli articoli successivi, i prodotti alimentari preconfezionati destinati al consumatore devono riportare le seguenti indicazioni:

 

          a) la denominazione di vendita;

          b) l'elenco degli ingredienti;

          c) la quantità netta o nel caso di prodotti preconfezionati in quantità unitarie costanti, la quantità nominale;

          d) il termine minimo di conservazione o, nel caso di prodotti molto deperibili dal punto di vista microbiologico, la data di scadenza;

          e) il nome o la ragione sociale o il marchio depositato e la sede o del fabbricante o dei confezionatore o di un venditore stabilito nella Comunità economica europea;

          f) la sede dello stabilimento di produzione o di confezionamento;

          g) il titolo alcolometrico volumico effettivo per le bevande aventi un contenuto alcolico superiore a 1,2 per cento in volume;

          h) una dicitura che consenta di identificare il lotto di appartenenza del prodotto;

          i) le modalità di conservazione e di utilizzazione qualora sia necessaria l'adozione di particolari accorgimenti in funzione della natura del prodotto;

          l) le istruzioni per l'uso, ove necessario;

 

          m) il luogo di origine o di provenienza, nel caso in cui l'omissione possa indurre in errore l'acquirente circa l'origine o la provenienza del prodotto;

          m-bis) la quantità di taluni ingredienti o categorie di ingredienti come previsto dall'articolo 8.       2. Le indicazioni di cui al comma 1 devono essere riportate in lingua italiana; è consentito riportarle anche in più lingue. Nel caso di menzioni che non abbiano corrispondenti termini italiani, è consentito riportare le menzioni originarie.

      3. Salvo quanto prescritto da norme specifiche, le indicazioni di cui al comma 1 devono figurare sulle confezioni o sulle etichette dei prodotti alimentari nel momento in cui questi sono posti in vendita al consumatore.

      4. Il presente decreto non pregiudica l'applicazione delle norme metrologiche, fiscali e ambientali che impongono ulteriori obblighi di etichettatura.

      5. Per sede si intende la località ove è ubicata l'azienda o lo stabilimento.

      5-bis. Con decreto del Ministro delle attività produttive e del Ministro delle politiche agricole e forestali sono definite le modalità ed i requisiti per l'indicazione obbligatoria della dicitura di cui al comma 1, lettera m).

 

Decreto legislativo 7 settembre 2005, n. 209.

Codice delle assicurazioni private.

 

Art. 134.

(Attestazione sullo stato del rischio).

 

      1. L'ISVAP, con regolamento, determina le indicazioni relative all'attestazione sullo stato del rischio che, in occasione di ciascuna scadenza annuale dei contratti di assicurazione obbligatoria relativi ai veicoli a motore, l'impresa deve consegnare al contraente o, se persona diversa, al proprietario ovvero all'usufruttuario, all'acquirente con patto di riservato dominio o al locatario in caso di locazione finanziaria.

      2. Il regolamento può prevedere l'obbligo, a carico delle imprese di assicurazione, di inserimento delle informazioni riportate sull'attestato di rischio in una banca dati elettronica detenuta da enti pubblici ovvero, qualora già esistente, da enti privati, al fine di consentire adeguati controlli nell'assunzione dei contratti di assicurazione di cui all'articolo 122, comma 1. In ogni caso l'ISVAP ha accesso gratuito alla banca dati contenente le informazioni sull'attestazione.

      3. La classe di merito indicata sull'attestato di rischio si riferisce al proprietario del veicolo. Il regolamento stabilisce la validità, comunque non inferiore a dodici mesi, ed individua i termini relativi alla decorrenza ed alla durata del periodo di osservazione.

      4. L'attestazione è consegnata dal contraente all'impresa di assicurazione, nel caso in cui sia stipulato un contratto per il medesimo veicolo al quale si riferisce l'attestato.

 

(omissis)

Art. 136.

(Funzioni del Ministero delle attività produttive).

      1. Al fine di consentire lo svolgimento delle funzioni del Ministero delle attività produttive, l'ISVAP è tenuto a comunicare al Ministero dati, informazioni e notizie relativi alle tariffe dell'assicurazione obbligatoria della responsabilità civile derivante dalla circolazione dei veicoli a motore e dei natanti.

      2. Per le finalità di cui al comma 1, è istituito presso il Ministero delle attività produttive un comitato di esperti in materia di assicurazione obbligatoria della responsabilità civile derivante dalla circolazione dei veicoli a motore e dei natanti, con il compito di osservare l'andamento degli incrementi tariffari praticati alle imprese di assicurazione operanti nel territorio della Repubblica, valutando in particolare le differenze tariffarie applicate sul territorio della Repubblica italiana e anche in quale misura si sia tenuto conto del comportamento degli assicurati che nel corso dell'anno non abbiano denunciato incidenti. Con decreto dei Ministro delle attività produttive, è disciplinata la costituzione e il funzionamento del comitato di esperti, fermo restando che ai predetti esperti non può essere attribuita alcuna indennità o emolumento comunque denominato.

      3. Al fine della diffusione di un'adeguata informazione agli utenti e della realizzazione di un sistema di monitoraggio permanente sui premi relativi all'assicurazione obbligatoria della responsabilità civile derivante dalla circolazione dei veicoli a motore, il Consiglio nazionale dei consumatori e degli utenti è autorizzato a stipulare apposita convenzione con l'Istituto nazionale di statistica e a co-finanziare, secondo modalità e criteri stabiliti con decreto del Ministro delle attività produttive, programmi di informazione e orientamento rivolti agli utenti dei servizi assicurativi promossi dalle associazioni dei consumatori e degli utenti, a valere sulle disponibilità finanziarie assegnate al Consiglio stesso dalla legge istitutiva.

 

Legge 30 dicembre 1991, n. 412.

 

Art. 14.

(Recupero base contributiva).

(omissis)

      4. A decorrere dal 1o gennaio 1992 le iscrizioni, variazioni e cancellazioni all'INPS, all'INAIL, al Servizio per i contributi agricoli unificati (SCAU) e alle Camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura nonché alle commissioni provinciali per l'artigianato, e le operazioni ché interessino la competenza dell'Amministrazione finanziaria poste in essere da parte delle aziende che svolgono attività economica con lavoratori dipendenti, nonché da parte dei lavoratori autonomi, artigiani, commercianti, coltivatori diretti, mezzadri e coloni, e loro familiari, coadiuvanti, sono effettuate esclusivamente presso sportelli polifunzionali istituiti nelle sedi di ciascuno degli anzidetti organismi. La denuncia di iscrizione, variazione e cancèllazione presentata dal datore di lavoro ovvero dal lavoratore autonomo allo sportello di uno dei predetti organismi ai sensi e per gli effetti previsti dalle vigenti disposizioni ha efficacia anche nei confronti degli altri soggetti interessati nei limiti delle rispettive competenze di legge.

 

Decreto-legge 15 gennaio 1993, n. 6, convertito, con modificazioni, dalla legge 17 marzo 1993, n. 63.

 

Art. 1.

(Iscrizione unica ai fini previdenziali ed assistenziali).

      1....

      2. Le iscrizioni variazioni e cancellazioni e le operazioni di cui al comma 4 dell'articolo 14 della citata legge n. 412 del 1991, come modificato dal comma 1 del presente articolo, sono effettuate su moduli unificati e con le procedure integrate secondo le modalità che saranno definite con decreto del Presidente dei Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro del lavoro e della previdenza sociale, di concerto con i Ministri dell'industria, del commercio e dell'artigianato e delle finanze, entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto.

      3. Le iscrizioni effettuate presso gli sportelli polifunzionali di cui al comma 4 dell'articolo 14 della citata legge n. 142 del 1991, come modificato dal comma 1 del presente articolo, da parte delle aziende che svolgono attività economica con lavoratori dipendenti, nonché da artigiani e commercianti senza dipendenti, si perfezionano ai fini previdenziali, assistenziali e fiscali attraverso gli atti istruttori posti in essere dagli sportelli stessi ed hanno effetto immediato ai fini dell'obbligo del versamento dei contributi previdenziali e assistenziali e della riscossione di ogni altra somma ad essi connessa. Le ditte devono altresì comunicare agli sportelli polifunzionali la sospensione, la ripresa e la cessazione dell'attività. Le commissioni provinciali per l'artigianato, nell'esercizio delle loro funzioni esclusive attinenti alla tenuta dell'albo delle imprese artigiane, di cui alla legge 8 agosto 1985, n. 443, e degli elenchi nominativi degli assistibili, di cui alla legge 29 dicembre 1956, n. 1533, e successive modificazioni ed integrazioni, entro sessanta giorni dalla comunicazione dell'avvenuta iscrizione presso lo sportello polifunzionale, provvedono d'ufficio, ovvero su richiesta del soggetto iscritto o della pubblica amministrazione interessata, alla verifica della sussistenza dei requisiti di qualifica artigiana del titolare e dell'impresa con dipendenti, adottando provvedimento vincolante ai fini previdenziali ed assistenziali, impugnabile ai sensi delle procedure previste dall'articolo 7 della citata legge n. 443 del 1985.

      4. Lo sportello polifunzionale è coadiuvato da un collegamento telematico tra gli archivi automatizzati dei vari enti, opportunamente integrati attraverso una base comune, che consente l'accesso alle informazioni necessarie a ciascun ente per definire l'atto di iscrizione. Le modalità tecniche per la realizzazione e la gestione di tale collegamento telematico sono definite con il decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri di cui al comma 2.

      5. Fino alla data di attivazione del collegamento telematico di cui al comma 4, l'attribuzione del codice fiscale e le relative variazioni dei dati sono effettuate presso gli uffici periferici dell'Amministrazione finanziaria.

      5-bis. Il deposito degli atti relativi alla tenuta del registro delle imprese, con effetto anche per l'iscrizione nel registro delle ditte, nonché degli atti da pubblicare nel bollettino ufficiale delle società per azioni e a responsabilità limitata avviene per il tramite delle camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura.

 

Decreto-legislativo 30 aprile 1992, n. 285.

 

Art. 123.

(Autoscuole).

(omissis)

      2. Le autoscuole sono soggette ad autorizzazione e vigilanza amministrativa da parte delle province ed a vigilanza tecnica da parte degli uffici competenti del Dipartimento per i trasporti terrestri.

      3. I compiti delle province in materia di autorizzazione e di vigilanza amministrativa sulle autoscuole sono svolti sulla base di apposite direttive emanate dal Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, nel rispetto dei princìpi legislativi ed in modo uniforme per la vigilanza tecnica sull'insegnamento e per la limitazione numerica delle autoscuole in relazione alla popolazione, all'indice della motorizzazione e alla estensione del territorio.

 

(omissis)

 

Decreto del Ministro dei trasporti e della navigazione 17 maggio 1995, n. 317.

 

Art. 1.

(Attività e limitazione numerica delle autoscuole).

      1. Le autoscuole possono svolgere, oltre all'attività di insegnamento alla guida, così come previsto all'articolo 335 del regolamento di esecuzione del codice della strada, anche tutte quelle pratiche necessarie per il conseguimento dell'idoneità alla guida e per il rilascio delle patenti, comprese le relative certificazioni e nonché tutte le altre pratiche relative alle patenti di guida, come previsto agli articoli 6, 7 e 8 della legge 8 agosto 1991, n. 264.

      2. ...

      3. Le nuove autorizzazioni all'esercizio dell'attività di autoscuola possono essere rilasciate a condizione di rispettare il rapporto di un'autoscuola ogni 15.000 abitanti residenti nel comune.

      4. Le nuove autorizzazioni possono essere rilasciate anche in comuni che abbiano almeno 8.000 abitanti, purché la più vicina autoscuola disti non meno di 10 chilometri.

      5. Nelle province in cui l'indice della motorizzazione (abitanti/veicoli) è superiore del 10% all'indice nazionale desunto dai dati Istat, le autorizzazioni per l'attività di autoscuola sono consentite in comuni che abbiano almeno 12.000 abitanti.

      6. Le province stabiliscono i criteri per disciplinare in modo uniforme il rilascio di nuove autorizzazioni nonché per conseguire una redistribuzione territoriale ottimale delle autoscuole esistenti. Le province vigilano e verificano la regolarità degli atti amministrativi indicati nel presente articolo e nell'articolo 8, comma 5, del presente regolamento.

      7. È consentito alle province, in caso di significativa presenza nella loro circoscrizione di comuni al di sotto delle soglie indicate ai commi precedenti, di procedere, per le finalità del presente articolo, e comunque nel rispetto dei limiti fissati dai commi 3 e 4, ad aggregazioni di comuni limitrofi per bacini territoriali omogenei.

 

Legge 11 gennaio 1979, n. 12.

 

Art. 1.

(Esercizio della professione di consulente del lavoro).

      Tutti gli adempimenti in materia di lavoro, previdenza ed assistenza sociale dei lavoratori dipendenti, quando non sono curati dal datore di lavoro, direttamente od a mezzo di propri dipendenti, non possono essere assunti se non da coloro che siano iscritti nell'albo dei consulenti del lavoro a norma dell'articolo 9 della presente legge, salvo il disposto del successivo articolo 40, nonché da coloro che siano iscritti negli albi degli avvocati e procuratori legali, dei dottori commercialisti, dei ragionieri e periti commerciali, i quali in tal caso sono tenuti a darne comunicazione agli ispettorati del lavoro delle province nel cui ambito territoriale intendono svolgere gli adempimenti di cui sopra.

      I dipendenti del Ministero del lavoro e della previdenza sociale che abbiano prestato servizio, almeno per 15 anni, con mansioni di ispettori del lavoro presso gli ispettorati del lavoro, sono esonerati dagli esami per l'iscrizione all'albo dei consulenti del lavoro e dal tirocinio per esercitare tale attività. Il personale di cui al presente comma non potrà essere iscritto all'albo della provincia dove ha prestato servizio se non dopo 4 anni dalla cessazione del servizio stesso.

      Il titolo di consulente del lavoro spetta alle persone che, munite dell'apposita abilitazione professionale, sono iscritte nell'albo di cui all'articolo 8 della presente legge.

      Le imprese considerate artigiane ai sensi della legge 25 luglio 1956, n. 860, nonché le altre piccole imprese, anche in forma cooperativa, possono affidare l'esecuzione degli adempimenti di cui al primo comma a servizi o a centri di assistenza fiscale istituiti dalle rispettive associazioni di categoria. Tali servizi possono essere organizzati a mezzo dei consulenti del lavoro, anche se dipendenti dalle predette associazioni.

      Per lo svolgimento delle operazioni di calcolo e stampa relative agli adempimenti di cui al primo comma, nonché per l'esecuzione delle attività strumentali ed accessorie, le imprese di cui al quarto comma possono avvalersi anche di centri di elaborazione dati costituiti e composti esclusivamente da soggetti iscritti agli albi di cui alla presente legge con versamento, da parte degli stessi, della contribuzione integrativa alle casse di previdenza sul volume di affari ai fini IVA, ovvero costituiti o promossi dalle rispettive associazioni di categoria alle condizioni definite al citato quarto comma. I criteri di attuazione della presente disposizione sono stabiliti dal Ministero del lavoro e della previdenza sociale sentiti i rappresentanti delle associazioni di categoria e degli ordini e collegi professionali interessati. Le imprese con oltre 250 addetti che non si avvalgono, per le operazioni suddette, di proprie strutture interne possono demandarle a centri di elaborazione dati, di diretta costituzione od esterni, i quali devono essere in ogni caso assistiti da uno o più soggetti di cui al primo comma.

      Presso il Ministero del lavoro e della previdenza sociale è istituito un comitato di monitoraggio, composto dalle associazioni di categoria, dai rappresentanti degli ordini e collegi di cui alla presente legge e delle organizzazioni sindacali comparativamente più rappresentative a livello nazionale, allo scopo di esaminare i problemi connessi all'evoluzione professionale ed occupazionale del settore.

 

Decreto legislativo 21 novembre 2005, n. 285.

 

Art. 9.

(Norme transitorie)

(omissis)

      4. Fino al 31 dicembre 2010, possono essere autorizzati nuovi servizi di linea, o autorizzate modifiche intese ad introdurre nuove relazioni di traffico nei servizi di linea già esistenti alla data di entrata in vigore del presente decreto legislativo, a condizione che le relazioni di traffico proposte nei programmi di esercizio interessino località distanti più di 30 km da quelle servite da relazioni di traffico comprese nei programmi di esercizio dei servizi di linea oggetto di concessione statale. La distanza di 30 km deve essere calcolata sul percorso stradale che collega le case municipali dei comuni in cui sono ricomprese le località oggetto della relazione di traffico.

 

(omissis)

 

Legge 7 agosto 1990, n. 241.

 

Art. 21-quinquies.

(Revoca del provvedimento).

      1. Per sopravvenuti motivi di pubblico interesse ovvero nel caso di mutamento della situazione di fatto o di nuova valutazione dell'interesse pubblico originario, il provvedimento amministrativo ad efficacia durevole può essere revocato da parte dell'organo che lo ha emanato ovvero da altro organo previsto dalla legge. La revoca determina la inidoneità del provvedimento revocato a produrre ulteriori effetti. Se la revoca comporta pregiudizi in danno dei soggetti direttamente interessati, l'amministrazione ha l'obbligo di provvedere al loro indennizzo. Le controversie in materia di determinazione e corresponsione dell'indennizzo sono attribuite alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo.

 

Decreto legislativo 17 ottobre 2005, n. 226.

 

Art. 2.

(Finalità e durata).

(omissis)

      6. Il sistema dei licei comprende i licei artistico, classico, economico, linguistico, musicale e coreutico, scientifico, tecnologico e delle scienze umane. Ciascuno di essi approfondisce la cultura liceale, definita al comma 1, come previsto nei successivi articoli.

      7. Nel liceo economico e nel liceo tecnologico è garantita la presenza di una consistente area di discipline e attività tecnico-professionali tale da assicurare il perseguimento delle finalità e degli obiettivi inerenti alla specificità dei licei medesimi.

      8. I percorsi liceali artistico, economico e tecnologico si articolano in indirizzi per corrispondere ai diversi fabbisogni formativi.

 

(omissis)

 

Art. 6.

(Liceo economico).

      1. Il percorso del liceo economico approfondisce la cultura liceale dal punto di vista delle categorie interpretative dell'azione personale e sociale messe a disposizione dagli studi economici e giuridici. Fornisce allo studente le conoscenze, le competenze, le abilità e le capacità necessarie per conoscere forme e regole economiche, sociali, istituzionali e giuridiche, individuando la interdipendenza tra i diversi fenomeni e cogliendo i rapporti tra le dimensioni globale e locale. Assicura la padronanza di competenze sistematiche nel campo dell'economia e della cultura dell'imprenditorialità.

      2. Il percorso del liceo economico si articola, a partire dal secondo biennio, nei seguenti indirizzi:

          a) economico-aziendale;

          b) economico-istituzionale.

      3. Nell'indirizzo economico-aziendale lo studente acquisisce in particolare, attraverso le attività e gli insegnamenti obbligatori rimessi alla sua scelta, competenze organizzative, amministrative e gestionali. Tali competenze possono essere orientate sui settori dei servizi, del credito, del turismo, delle produzioni agro-alimentari e della moda, rimessi alla libera scelta dello studente e in relazione al tessuto economico, sociale e produttivo del territorio.

      4. Nell'indirizzo economico-istituzionale lo studente acquisisce in particolare, attraverso le attività e gli insegnamenti obbligatori rimessi alla sua scelta, competenze economico-giuridico-istituzionali nelle dimensioni locale, nazionale, europea e internazionale. Tali competenze possono essere orientate sui settori della ricerca e dell'innovazione, internazionale, della finanza pubblica e della pubblica amministrazione, rimessi alla libera scelta dello studente.

      5. L'orario annuale delle attività e insegnamenti obbligatori per tutti gli studenti è di 1.056 ore nel primo biennio e 858 ore nel secondo biennio e nel quinto anno. L'orario annuale delle attività e insegnamenti obbligatori di indirizzo è di 198 ore nel secondo biennio e nel quinto anno. L'orario annuale delle attività e insegnamenti facoltativi è di 66 ore per ciascuno dei cinque anni di corso, elevate, nel secondo biennio e nel quinto anno, a 99 ore per gli studenti che si avvalgono dei settori di cui al comma 3.

 

(omissis)

 

Art. 10.

(Liceo tecnologico).

      1. Il percorso del liceo tecnologico approfondisce la cultura liceale attraverso il punto di vista della tecnologia. Esso, per le caratteristiche vocazionali e operative, sviluppa la padronanza degli strumenti per comprendere le problematiche scientifiche e storico-sociali collegate alla tecnologia e alle sue espressioni. Assicura lo sviluppo della creatività e della inventiva progettuale e applicativa, nonché la padronanza delle tecniche, dei processi tecnologici e delle metodologie di gestione relative.

      2. Il liceo tecnologico assicura, inoltre, l'acquisizione di una perizia applicativa e pratica attraverso esercitazioni svolte nei laboratori dotati delle apposite attrezzature.

      3. Il percorso del liceo tecnologico si articola, a partire dal secondo biennio, nei seguenti indirizzi:

          a) meccanico-meccatronico;

          b) elettrico ed elettronico;

          c) informatico, grafico e comunicazione;

          d) chimico e materiali;

          e) produzioni biologiche e biotecnologie alimentari;

          f) costruzioni, ambiente e territorio;

          g) logistica e trasporti;

          h) tecnologie tessili, dell'abbigliamento e della moda.

      4. Nei primi due anni dei liceo tecnologico sono attivati l'insegnamento obbligatorio di una delle discipline caratterizzanti gli indirizzi, finalizzata all'orientamento per la scelta di indirizzo, ovvero esperienze laboratoriali connesse ad insegnamenti caratterizzanti il triennio.

      5. Gli indirizzi si caratterizzano per la presenza di laboratori finalizzati al raggiungimento degli esiti di cui ai commi 1 e 2, e per lo stretto raccordo con le imprese del settore di riferimento sul territorio.

      6. L'orario annuale delle attività e insegnamenti obbligatori per tutti gli studenti è di 1.023 ore nel primo biennio, 594 ore nel secondo biennio e 561 ore nel quinto anno. L'orario annuale delle attività e insegnamenti obbligatori di indirizzo, ivi compresi i laboratori, è di 561 ore nel secondo biennio e 594 ore nel quinto anno. L'orario annuale delle attività e insegnamenti facoltativi, per tutti gli indirizzi, è di 66 ore per ciascuno dei cinque anni di corso.

 

Decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917. - Testo unico delle imposte sui redditi.

 

Art. 15.

(Detrazioni per oneri).

      1. Dall'imposta lorda si detrae un importo pari al 19 per cento dei seguenti oneri sostenuti dal contribuente, se non deducibili nella determinazione dei singoli redditi che concorrono a formare il reddito complessivo:

 

(omissis)

       i-septies) le spese, per un importo non superiore a 2.100 euro, sostenute per gli addetti all'assistenza personale nei casi di non autosufficienza nel compimento degli atti della vita quotidiana, se il reddito complessivo non supera 40.000 euro.

 

(omissis)

 

Art. 100.

(Oneri di utilità sociale).

(omissis)

      2. Sono inoltre deducibili:

(omissis)

          o) le erogazioni liberali in denaro a favore dello Stato, delle regioni, degli enti territoriali, di enti o istituzioni pubbliche, di fondazioni e di associazioni legalmente riconosciute, per la realizzazione di programmi di ricerca scientifica nel settore della sanità autorizzate dal Ministro della salute con apposito decreto che individua annualmente, sulla base di criteri che saranno definiti sentita la Conferenza unificata di cui all'articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, i soggetti che possono beneficiare delle predette erogazioni liberali. Il predetto decreto determina altresì, fino a concorrenza delle somme allo scopo indicate, l'ammontare delle erogazioni deducibili per ciascun soggetto erogatore, nonché definisce gli obblighi di informazione da parte dei soggetti erogatori e dei soggetti beneficiari. Il Ministero della salute vigila sull'impiego delle erogazioni e comunica, entro il 31 marzo dell'anno successivo a quello di riferimento, all'Agenzia delle entrate, l'elenco dei soggetti erogatori e l'ammontare delle erogazioni liberali deducibili da essi effettuate.

 

(omissis)

 

 

 

Art. 147.

(Detrazione d'imposta per oneri).

      1. Dall'imposta lorda si detrae, fino alla concorrenza del suo ammontare, un importo pari al 19 per cento degli oneri indicati alle lettere a), g), h), h-bis), i), i-bis) e i-quater) del comma 1 dell'articolo 15. La detrazione spetta a condizione che i predetti oneri non siano deducibili nella determinazione dei singoli redditi che concorrono a formare il reddito complessivo. In caso di rimborso degli oneri per i quali si è fruito della detrazione l'imposta dovuta per il periodo nel quale l'ente ha conseguito il rimborso è aumentata di un importo pari al 22 per cento dell'onere rimborsato.

 

 


DISEGNO DI LEGGE

 

Art. 1.

 

      1. È convertito in legge il decreto-legge 31 gennaio 2007, n. 7, recante misure urgenti per la tutela dei consumatori, la promozione della concorrenza, lo sviluppo di attività economiche e la nascita di nuove imprese.

      2. La presente legge entra in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale.

 


Decreto-legge 31 gennaio 2007, n. 7, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 26 del 1o febbraio 2007

                                            

 

Misure urgenti per la tutela dei consumatori, la promozione della concorrenza, lo sviluppo di attività economiche e la nascita di nuove imprese

 

IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA

 

      visti gli articoli 77 e 87 della Costituzione;

      visto l'articolo 117 della Costituzione ed in particolare il comma secondo, lettere e), l) e m);

      ritenuta la straordinaria necessità ed urgenza di rimuovere ostacoli allo sviluppo economico e di adottare misure a garanzia dei diritti dei consumatori;

      ritenuta, altresì, la straordinaria necessità ed urgenza di intervenire per rendere più concorrenziali gli assetti del mercato e favorire la crescita della competitività del sistema produttivo nazionale, assicurando il rispetto dei principi comunitari;

      vista la deliberazione del Consiglio dei Ministri, adottata nella riunione del 25 gennaio 2007;

      sulla proposta del Presidente del Consiglio dei Ministri, del Ministro dello sviluppo economico, del Vicepresidente del Consiglio dei Ministri, del Ministro della pubblica istruzione e del Ministro per le politiche europee, di concerto con i Ministri per gli affari regionali e le autonomie locali, dei trasporti, per le riforme e le innovazioni nella pubblica amministrazione, delle comunicazioni, delle infrastrutture, dell'economia e delle finanze e delle politiche agricole alimentari e forestali;

 

emana

il seguente decreto-legge:

Capo I

MISURE URGENTI PER LA TUTELA DEI CONSUMATORI

 

 

Articolo 1.

(Ricarica nei servizi di telefonia mobile, trasparenza e libertà di recesso dai contratti con operatori telefonici, televisivi e di servizi internet).

 

      1. Al fine di favorire la concorrenza e la trasparenza delle tariffe, di garantire ai consumatori finali un adeguato livello di conoscenza sugli effettivi costi del servizio, nonché di facilitare il confronto tra le offerte presenti sul mercato, è vietata, da parte degli operatori della telefonia mobile, l'applicazione di costi fissi e di contributi per la ricarica di carte prepagate, anche via bancomat o in forma telematica, aggiuntivi rispetto al costo del traffico telefonico richiesto, nonché la previsione di termini temporali massimi di utilizzo del traffico acquistato. Ogni eventuale clausola difforme è nulla ai sensi dell'articolo 1418 del codice civile. Gli operatori adeguano la propria offerta commerciale alle predette disposizioni entro il termine di trenta giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto.

      2. L'offerta delle tariffe dei differenti operatori della telefonia deve evidenziare tutte le voci che compongono l'effettivo costo del traffico telefonico, al fine di consentire ai singoli consumatori un adeguato confronto.

      3. I contratti per adesione stipulati con operatori di telefonia e di reti televisive e di comunicazione elettronica, indipendentemente dalla tecnologia utilizzata, devono prevedere la facoltà del contraente di recedere dal contratto o di trasferirlo presso altro operatore senza vincoli temporali o ritardi non giustificati da esigenze tecniche e senza spese non giustificate da costi dell'operatore e non possono imporre un obbligo di preavviso superiore a trenta giorni. Le clausole difformi sono nulle, fatta salva la facoltà degli operatori di adeguare alle disposizioni del presente articolo i rapporti contrattuali già stipulati alla data di entrata in vigore del presente decreto entro i successivi sessanta giorni.

      4. L'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni stabilisce le modalità attuative delle disposizioni di cui al comma 2 e applica le relative sanzioni.

 

 

 

Articolo 2.

(Informazione sui prezzi dei carburanti e sul traffico
lungo la rete autostradale e stradale)
.

 

      1. Al fine di favorire la concorrenza e la trasparenza dei prezzi nel settore della distribuzione dei carburanti, di garantire ai consumatori un adeguato livello di conoscenza sugli effettivi costi del servizio, nonché di facilitare il confronto tra le offerte presenti sul mercato, il gestore della rete stradale e autostradale deve utilizzare i dispositivi di informazione di pubblica utilità esistenti lungo la rete e le convenzioni con emittenti radiofoniche, nonché gli strumenti di informazione di cui al comma 3 per informare gli utenti, anche in forma comparata, dei prezzi di vendita dei carburanti praticati negli impianti di distribuzione dei carburanti presenti lungo le singole tratte della rete autostradale e delle strade statali di primaria importanza, con conseguente onere informativo dei gestori degli impianti ai concessionari circa i prezzi praticati.

      2. Il gestore della rete stradale e autostradale deve utilizzare i medesimi strumenti di informazione per avvertire, in tempo reale, delle condizioni di grave limitazione del traffico che gli utenti potrebbero subire accedendo alla rete di competenza.

      3. Il Ministero dei trasporti sottopone al Comitato interministeriale per la programmazione economica (CIPE) una proposta intesa a disciplinare, senza oneri aggiuntivi per il bilancio pubblico, nell'ambito delle concessioni autostradali e stradali, l'installazione di strumenti di informazione di pubblica utilità e la sottoscrizione di convenzioni con emittenti e gestori di telefonia per facilitare la diffusione delle informazioni di cui ai commi 1 e 2.

 

Articolo 3.

(Trasparenza delle tariffe aeree).

      1. Al fine di favorire la concorrenza e la trasparenza delle tariffe aeree, di garantire ai consumatori un adeguato livello di conoscenza sugli effettivi costi del servizio, nonché di facilitare il confronto tra le offerte presenti sul mercato, sono vietati le offerte e i messaggi pubblicitari di voli aerei recanti l'indicazione del prezzo al netto di spese, tasse e altri oneri aggiuntivi, ovvero riferiti a una singola tratta di andata e ritorno, a un numero limitato di titoli di viaggio o a periodi di tempo delimitati o a modalità di prenotazione, se non chiaramente indicati nell'offerta.

      2. A decorrere dal trentesimo giorno successivo alla data di entrata in vigore del presente decreto, le offerte e i messaggi pubblicitari di cui al comma 1 sono sanzionati quali pubblicità ingannevole.

 

Articolo 4.

(Data di scadenza dei prodotti alimentari).

      1. All'articolo 3 del decreto legislativo 27 gennaio 1992, n. 109, e successive modificazioni, dopo il comma 2 è inserito il seguente:

      «2-bis. L'indicazione del termine minimo di conservazione o della data di scadenza deve figurare in modo facilmente visibile, chiaramente leggibile e indelebile secondo modalità non meno visibili di quelle indicanti la quantità del prodotto ed in un campo visivo di facile individuazione da parte del consumatore.».

      2. I soggetti tenuti all'apposizione dell'indicazione di cui al comma 1 si adeguano alle prescrizioni del medesimo comma entro centottanta giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto.

 

Articolo 5.

(Misure per la concorrenza e per la tutela del consumatore
nei servizi assicurativi).

      1. I divieti di cui all'articolo 8 del decreto-legge 4 luglio 2006, n. 223, convertito, con modificazioni, dalla legge 4 agosto 2006, n. 248, si applicano alle clausole contrattuali di distribuzione esclusiva di polizze relative a tutti i rami danni, a decorrere dal termine previsto dal medesimo articolo.

      2. All'articolo 134 del codice delle assicurazioni private di cui al decreto legislativo 7 settembre 2005, n. 209, sono aggiunti, in fine, i seguenti commi:

      «4-bis. L'impresa di assicurazione in tutti i casi di stipulazione di un nuovo contratto, anche aggiuntivo al precedente, con le formule di cui all'articolo 133, a prescindere dalla contestuale vigenza di un'altra polizza, non può assegnare al contraente una classe di merito più sfavorevole rispetto a quella risultante dall'ultimo attestato di rischio conseguito.

 

      4-ter. Conseguentemente al verificarsi di un sinistro, le imprese di assicurazione non possono applicare alcuna variazione di classe di merito prima di aver accertato l'effettiva responsabilità del contraente, che è individuata nel responsabile principale del sinistro, secondo la liquidazione effettuata in relazione al danno e fatto salvo un diverso accertamento in sede giudiziale. Ove non sia possibile accertare la responsabilità principale, la stessa si computa pro quota in relazione al numero dei conducenti coinvolti, ai fini della eventuale variazione di classe a seguito di più sinistri.

      4-quater. È fatto comunque obbligo alle imprese di assicurazione di comunicare tempestivamente al contraente le variazioni peggiorative apportate alla classe di merito.».

      3. All'articolo 136 del codice delle assicurazioni private di cui al decreto legislativo 7 settembre 2005, n. 209, è aggiunto, in fine, il seguente comma:

      «3-bis. Il Ministero dello sviluppo economico utilizza il sistema tariffario completo in tutte le sue estensioni organizzato dall'ISVAP, sulla base dei dati forniti dalle imprese di assicurazione, per realizzare un servizio informativo, anche tramite il proprio sito internet, che consente al consumatore di comparare le tariffe applicate dalle diverse imprese di assicurazione relativamente al proprio profilo individuale.».

      4. Al primo comma dell'articolo 1899 del codice civile, il secondo periodo è sostituito dal seguente: «In caso di durata poliennale, l'assicurato ha facoltà di recedere annualmente dal contratto senza oneri e con preavviso di sessanta giorni».

      5. Le clausole in contrasto con le prescrizioni del presente articolo sono nulle ai sensi dell'articolo 1418 del codice civile, fatta salva la facoltà degli operatori di adeguare le clausole vigenti alla data di entrata in vigore del presente decreto entro i successivi sessanta giorni.

 

Articolo 6.

(Semplificazione nel procedimento di cancellazione
dell'ipoteca nei mutui immobiliari).

      1. Ai fini di cui all'articolo 2878, n. 6), del codice civile, se il creditore è soggetto esercente attività bancaria, l'ipoteca iscritta a garanzia di obbligazioni derivanti da contratto di mutuo si estingue automaticamente decorsi trenta giorni dall'avvenuta estinzione dell'obbligazione garantita, che viene comunicata dal creditore alla conservatoria e al debitore, salvo che, ricorrendo giustificato motivo ostativo, nella medesima comunicazione il creditore non abbia presentato alla conservatoria apposita dichiarazione di permanenza dell'ipoteca. Ricevuta quest'ultima dichiarazione, il conservatore procede d'ufficio entro il giorno successivo alla sua annotazione a margine dell'iscrizione dell'ipoteca. Ai fini del presente comma non è necessaria l'autentica notarile.

      2. A decorrere dal sessantesimo giorno successivo alla data di entrata in vigore del presente decreto sono abrogate le disposizioni legislative e regolamentari statali incompatibili con le disposizioni di cui al comma 1 e le clausole in contrasto con le prescrizioni del presente articolo sono nulle ai sensi dell'articolo 1418 del codice civile.

 

Articolo 7.

(Estinzione anticipata dei mutui immobiliari
divieto di clausole penali)
.

      1. È nullo qualunque patto, anche posteriore alla conclusione del contratto, ivi incluse le clausole penali, con cui si convenga che il mutuatario, che richieda l'estinzione anticipata o parziale di un contratto di mutuo per l'acquisto della prima casa, sia tenuto ad una determinata prestazione a favore della banca mutuante.

      2. Le clausole apposte in violazione del divieto di cui al comma 1 sono nulle di diritto e non comportano la nullità del contratto.

      3. Le disposizioni di cui ai commi 1 e 2 si applicano ai contratti di mutuo stipulati a decorrere dalla data di entrata in vigore del presente decreto.

      4. Ai fini dell'applicazione delle disposizioni di cui al presente articolo, per acquisto della prima casa si intende l'acquisto effettuato da una persona fisica della casa dove intende stabilire la propria residenza.

      5. L'Associazione bancaria italiana e le associazioni dei consumatori rappresentative a livello nazionale, ai sensi dell'articolo 137 del codice del consumo di cui al decreto legislativo 6 settembre 2005, n. 206, definiscono, entro tre mesi dalla data di entrata in vigore del presente decreto, le regole generali di riconduzione ad equità dei contratti di mutuo in essere mediante, in particolare, la determinazione della misura massima dell'importo della penale dovuta per il caso di estinzione anticipata o parziale del mutuo.

      6. In caso di mancato raggiungimento dell'accordo di cui al comma 5, la misura della penale idonea alla riconduzione ad equità è stabilita dalla Banca d'Italia e costituisce norma imperativa ai sensi dell'articolo 1419, secondo comma, del codice civile ai fini della rinegoziazione dei contratti di mutuo in essere.

      7. In ogni caso le banche non possono rifiutare la rinegoziazione dei contratti di mutuo stipulati prima della data di entrata in vigore del presente decreto, nei casi in cui il debitore proponga la riduzione dell'importo della penale entro i limiti stabiliti ai sensi dei commi 5 e 6.

 

Articolo 8.

(Portabilità del mutuo; surrogazione).

      1. In caso di mutuo bancario, apertura di credito od altri contratti di finanziamento bancario, la non esigibilità del credito o la pattuizione di un termine a favore del creditore non preclude al debitore l'esercizio della facoltà di cui all'articolo 1202 del codice civile.

      2. Nell'ipotesi di surrogazione ai sensi del comma 1, il mutuante surrogato subentra nelle garanzie accessorie, personali e reali, al credito surrogato. L'annotamento di surrogazione può essere richiesto al conservatore senza formalità, allegando copia autentica dell'atto di surrogazione stipulato per atto pubblico o scrittura privata.

      3. È nullo ogni patto, anche posteriore alla stipulazione del contratto, con il quale si impedisca o si renda oneroso per il debitore l'esercizio della facoltà di surrogazione di cui al comma 1.

      4. La surrogazione per volontà del debitore di cui al presente articolo non comporta il venir meno dei benefici fiscali previsti per l'acquisto della prima casa.

 

Capo II

MISURE URGENTI PER LO SVILUPPO IMPRENDITORIALE
E LA PROMOZIONE DELLA CONCORRENZA

 

 

Articolo 9.

(Comunicazione unica per la nascita dell'impresa).

      1. Ai fini dell'avvio dell'attività d'impresa, l'interessato presenta all'ufficio del registro delle imprese, di norma per via telematica, la comunicazione unica per gli adempimenti di cui al presente articolo.

      2. La comunicazione unica vale quale assolvimento di tutti gli adempimenti amministrativi previsti per l'iscrizione al registro delle imprese ed ai fini previdenziali, assistenziali, fiscali, nonché per l'ottenimento del codice fiscale e della partita IVA.

      3. L'ufficio del registro delle imprese contestualmente rilascia la ricevuta, che costituisce titolo per l'immediato avvio dell'attività imprenditoriale, e dà notizia alle Amministrazioni competenti dell'avvenuta presentazione della comunicazione unica.

      4. Le Amministrazioni competenti comunicano all'interessato e all'ufficio del registro delle imprese, anche per via telematica, immediatamente il codice fiscale e la partita IVA ed entro i successivi sette giorni gli ulteriori dati definitivi relativi alle posizioni registrate.

      5. La procedura di cui al presente articolo si applica anche in caso di modifiche o cessazione dell'attività d'impresa.

      6. La comunicazione, la ricevuta e gli atti amministrativi di cui al presente articolo sono di norma adottati in formato elettronico e trasmessi per via telematica. A tale fine le Camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura assicurano, gratuitamente, previa intesa con le associazioni imprenditoriali, il necessario supporto tecnico ai soggetti privati interessati.

      7. Con decreto adottato dal Ministro dello sviluppo economico, entro quarantacinque giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto, di concerto con i Ministri per le riforme e le innovazioni nella pubblica amministrazione, dell'economia e delle finanze, e del lavoro e della previdenza sociale, è individuato il modello di comunicazione unica di cui al presente articolo. Con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri o del Ministro per le riforme e le innovazioni nella pubblica amministrazione, di concerto con i Ministri dello sviluppo economico, dell'economia e delle finanze, e del lavoro e della previdenza sociale, ai sensi dell'articolo 71 del codice dell'amministrazione digitale di cui al decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82, e successive modificazioni, entro quarantacinque giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto, sono individuate le regole tecniche per l'attuazione delle disposizioni di cui al presente articolo, le modalità di presentazione da parte degli interessati e quelle per l'immediato trasferimento telematico dei dati tra le Amministrazioni interessate, anche ai fini dei necessari controlli.

      8. La disciplina di cui al presente articolo trova applicazione a decorrere dal sessantesimo giorno successivo dalla data di entrata in vigore del presente decreto.

      9. A decorrere dalla data di cui al comma 7, sono abrogati l'articolo 14, comma 4, della legge 30 dicembre 1991, n. 412, e successive modificazioni, e l'articolo 1 del decreto-legge 15 gennaio 1993, n. 6, convertito, con modificazioni, dalla legge 17 marzo 1993, n. 63, ferma restando la facoltà degli interessati, per i primi sei mesi di applicazione della nuova disciplina, di presentare alle Amministrazioni competenti le comunicazioni di cui al presente articolo secondo la normativa previgente.

      10. Al fine di incentivare l'utilizzo del mezzo telematico da parte delle imprese individuali, relativamente agli atti di cui al presente articolo, la misura dell'imposta di bollo di cui all'articolo 1, comma 1-ter, della tariffa annessa al decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 642, come sostituita dal decreto del Ministro delle finanze 20 agosto 1992, e successive modificazioni, è rideterminata, garantendo comunque l'invarianza del gettito, con decreto del Ministero dell'economia e delle finanze, di concerto con il Ministero dello sviluppo economico, da adottarsi entro quarantacinque giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto.

 

Articolo 10.

(Misure urgenti per la liberalizzazione di alcune attività economiche).

      1. Le disposizioni del presente articolo sono volte a garantire la libertà di concorrenza secondo condizioni di pari opportunità sul territorio nazionale e il corretto ed uniforme funzionamento del mercato, nonché ad assicurare ai consumatori finali migliori condizioni di accessibilità all'acquisto di prodotti e servizi sul territorio nazionale, in conformità al principio comunitario della concorrenza e alle regole sancite dagli articoli 81, 82 e 86 del Trattato istitutivo della Comunità europea.

      2. Le attività di acconciatore di cui alle leggi 14 febbraio 1963, n. 161, e successive modificazioni, e 17 agosto 2005, n. 174, e l'attività di estetista di cui alla legge 4 gennaio 1990, n. 1, sono soggette alla sola dichiarazione di inizio attività, da presentare al comune territorialmente competente ai sensi della normativa vigente, e non possono essere subordinate al rispetto del criterio della distanza minima o di parametri numerici prestabiliti, riferiti alla presenza di altri soggetti svolgenti la medesima attività, e al rispetto dell'obbligo di chiusura infrasettimanale. Sono fatti salvi il possesso dei requisiti di qualificazione professionale, ove prescritti, e la conformità dei locali ai requisiti urbanistici ed igienico-sanitari.

      3. Le attività di pulizia e disinfezione, di cui al decreto del Ministro dell'industria, del commercio e dell'artigianato 7 luglio 1997, n. 274, e successive modificazioni, e di facchinaggio di cui al decreto del Ministro delle attività produttive 30 giugno 2003, n. 221, sono soggette alla sola dichiarazione di inizio attività ai sensi della normativa vigente, da presentare alla Camera di commercio, industria, artigianato e agricoltura competente, e non possono essere subordinate a particolari requisiti professionali, culturali e di esperienza professionale. Sono fatti salvi, ove richiesti dalla normativa vigente, i requisiti di onorabilità e capacità economico-finanziaria. Resta salva la disciplina vigente per le attività di disinfestazione, derattizzazione e sanificazione ed in ogni caso le attività professionali di cui al presente comma possono essere esercitate solo nel pieno rispetto della normativa vigente in materia di tutela del lavoro e della salute ed in particolare del decreto legislativo 19 settembre 1994, n. 626, e successive modificazioni, e della normativa in materia di smaltimento dei rifiuti speciali o tossici.

      4. Le attività di guida turistica e accompagnatore turistico, come disciplinate dall'articolo 7 della legge 29 marzo 2001, n. 135, e successive modificazioni, non possono essere subordinate all'obbligo di autorizzazioni preventive, al rispetto di parametri numerici e a requisiti di residenza, fermo restando il possesso dei requisiti di qualificazione professionale secondo la normativa di cui alla citata legge n. 135 del 2001. Ai soggetti titolari di laurea in lettere con indirizzo in storia dell'arte o in archeologia o titolo equipollente, l'esercizio dell'attività di guida turistica o accompagnatore turistico non può essere negato, né subordinato allo svolgimento dell'esame abilitante di cui alla citata legge n. 135 del 2001 o di altre prove selettive, restando consentita la verifica delle conoscenze linguistiche soltanto quando le stesse non siano state oggetto del corso di studi.

      5. L'attività di autoscuola è soggetta alla sola dichiarazione di inizio attività da presentare all'amministrazione provinciale territorialmente competente ai sensi della normativa vigente, fatto salvo il rispetto dei requisiti morali e professionali, della capacità finanziaria e degli standard tecnico-organizzativi previsti dalla stessa normativa. All'articolo 123 del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285, il comma 2 è sostituito dal seguente: «2. Le autoscuole sono soggette a vigilanza amministrativa da parte delle province ed alla vigilanza tecnica da parte degli uffici provinciali della Direzione generale per la Motorizzazione.». Al comma 3 dell'articolo 123 del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285, la parola: «autorizzazione» è sostituita dalla seguente: «dichiarazione» e le parole da: «e per la limitazione» a: « del territorio» sono soppresse. I commi 3, 4, 5, 6 e 7 dell'articolo 1 del decreto del Ministro dei trasporti e della navigazione 17 maggio 1995, n. 317, sono abrogati.

      6. A decorrere dalla data di entrata in vigore del presente decreto sono abrogate le disposizioni legislative e regolamentari statali incompatibili con le disposizioni di cui ai commi da 2 a 5.

      7. Entro tre mesi dalla data di entrata in vigore del presente decreto le regioni, le province ed i comuni adeguano le disposizioni normative e regolamentari ai principi di cui ai commi da 2 a 5.

      8. Dopo il quinto comma dell'articolo 1 della legge 11 gennaio 1979, n. 12, è inserito il seguente:

      «L'iscrizione all'albo dei consulenti del lavoro non è richiesta per i soggetti abilitati allo svolgimento delle predette attività dall'ordinamento giuridico comunitario di appartenenza, che operino in Italia in regime di libera prestazione di servizi.».

      9. All'articolo 9, comma 4, del decreto legislativo 21 novembre 2005, n. 285, sono soppresse le seguenti parole: «, a condizione che le relazioni di traffico proposte nei programmi di esercizio interessino località distanti più di 30 km da quelle servite da relazioni di traffico comprese nei programmi di esercizio dei servizi di linea oggetto di concessione statale. La distanza di 30 km deve essere calcolata sul percorso stradale che collega le case municipali dei comuni in cui sono ricomprese le località oggetto della relazione di traffico».

 

Articolo 11.

(Misure per il mercato del gas).

      1. Al fine di accrescere gli scambi sul mercato nazionale del gas naturale, fino al completo recepimento della direttiva 2003/55/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 giugno 2003, con decreto del Ministro dello sviluppo economico, sentita l'Autorità per l'energia elettrica e il gas, da emanare entro tre mesi dalla data di entrata in vigore del presente decreto, sono determinate le modalità con cui le aliquote del prodotto della coltivazione di giacimenti di gas dovute allo Stato, a decorrere da quelle dovute per l'anno 2006, sono cedute dai titolari delle concessioni di coltivazione presso il mercato regolamentato delle capacità di cui all'articolo 13 della deliberazione n. 137/02 del 17 luglio 2002, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 190 del 14 agosto 2002, e secondo le modalità di cui all'articolo 1 della deliberazione n. 22/04 del 26 febbraio 2004, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 66 del 19 marzo 2004, adottate dall'Autorità per l'energia elettrica e il gas. Con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, di concerto con il Ministro dello sviluppo economico, sono disciplinate le modalità di versamento delle relative entrate al bilancio dello Stato.

      2. A decorrere dalla data di entrata in vigore del decreto di cui al comma 1, le autorizzazioni all'importazione di gas rilasciate dal Ministero dello sviluppo economico ai sensi dell'articolo 3 del decreto legislativo 23 maggio 2000, n. 164, sono subordinate all'obbligo di offerta presso il mercato regolamentato di cui al comma 1 di una quota del gas importato, definita con decreto dello stesso Ministero in misura rapportata ai volumi complessivamente importati. Le modalità di offerta, secondo principi trasparenti e non discriminatori, sono determinate dall'Autorità per l'energia elettrica e il gas.

 

Articolo 12.

(Revoca delle concessioni per la progettazione e costruzione di linee ad alta velocità e nuova disciplina degli affidamenti contrattuali nella revoca di atti amministrativi).

      1. Al fine di consentire che la realizzazione del Sistema alta velocità avvenga tramite affidamenti e modalità competitivi conformi alla normativa vigente a livello nazionale e comunitario, nonché in tempi e con limiti di spesa compatibili con le priorità ed i programmi di investimento delle infrastrutture ferroviarie, nel rispetto dei vincoli economici e finanziari imposti dal decreto legislativo 8 luglio 2003, n. 188, al gestore dell'infrastruttura ferroviaria nazionale e degli impegni assunti dallo Stato nei confronti dell'Unione europea in merito alla riduzione del disavanzo e del debito pubblico:

          a) sono revocate le concessioni rilasciate alla TAV S.p.A. dall'Ente Ferrovie dello Stato S.p.A. il 7 agosto 1991 limitatamente alla tratta Milano-Verona e alla sub-tratta Verona-Padova, comprensive delle relative interconnessioni, e il 16 marzo 1992 relativa alla linea Milano-Genova, comprensiva delle relative interconnessioni, e successive loro integrazioni e modificazioni;

          b) è altresì revocata l'autorizzazione rilasciata al Concessionario della Rete Ferroviaria Italiana S.p.A. all'articolo 5 del decreto del Ministro dei trasporti e della navigazione 31 ottobre 2000, n. 138 T, e successive modificazioni ed integrazioni, nella parte in cui consente di proseguire nel rapporto convenzionale con la società TAV S.p.A. relativo alla progettazione e costruzione della linea Terzo valico dei Giovi/Milano-Genova, della tratta Milano-Verona e della sub-tratta Verona-Padova.       2. Gli effetti delle revoche di cui al comma 1 si estendono a tutti i rapporti convenzionali da esse derivanti o collegati stipulati da TAV S.p.A. con i general contractors in data 15 ottobre 1991 e in data 16 marzo 1992, incluse le successive modificazioni ed integrazioni.

      3. La Ferrovie dello Stato S.p.A. provvede direttamente o tramite società del gruppo all'accertamento e al rimborso, anche in deroga alla normativa vigente, secondo la disciplina di cui al comma 4, degli oneri delle attività progettuali e preliminari ai lavori di costruzione oggetto di revoca nei limiti dei soli costi effettivamente sostenuti, adeguatamente documentati e non ancora rimborsati alla data di entrata in vigore del presente decreto.

      4. All'articolo 21-quinquies della legge 7 agosto 1990, n. 241, dopo il comma 1 è aggiunto il seguente:

          «1-bis. Ove la revoca di un atto amministrativo ad efficacia durevole o istantanea di cui al comma 1 incida su rapporti negoziali, l'indennizzo liquidato dall'amministrazione agli interessati è parametrato al solo danno emergente e tiene conto sia dell'eventuale conoscenza o conoscibilità da parte dei contraenti della contrarietà dell'atto amministrativo oggetto di revoca all'interesse pubblico, sia dell'eventuale concorso dei contraenti o di altri soggetti all'erronea valutazione della compatibilità di tale atto con l'interesse pubblico.».

 

Articolo 13.

 

(Disposizioni urgenti in materia di istruzione tecnico-professionale e di valorizzazione dell'autonomia scolastica).

      1. Il secondo ciclo di cui al decreto legislativo 17 ottobre 2005, n. 226, e successive modificazioni, è costituito dal sistema dell'istruzione secondaria superiore e dal sistema dell'istruzione e della formazione professionale. Fanno parte del sistema dell'istruzione secondaria superiore i licei, gli istituti tecnici e gli istituti professionali di cui all'articolo 191, comma 2, del testo unico di cui al decreto legislativo 16 aprile 1994, n. 297, tutti finalizzati al conseguimento di un diploma di istruzione secondaria superiore. Nell'articolo 2 del decreto legislativo n. 226 del 2005, al primo periodo del comma 6 sono soppresse le parole: «economico,» e «tecnologico», e il comma 8 è sostituito dal seguente: «8. I percorsi del liceo artistico si articolano in indirizzi per corrispondere ai diversi fabbisogni formativi». Nel medesimo decreto legislativo n. 226 del 2005 sono abrogati il comma 7 dell'articolo 2 e gli articoli 6 e 10.

      2. Fatta salva l'autonomia delle istituzioni scolastiche e nel rispetto delle competenze delle regioni e degli enti locali in materia di programmazione dell'offerta formativa, possono essere costituite, in ambito provinciale o sub-provinciale, tra gli istituti tecnici e gli istituti professionali, le strutture formative rispondenti ai livelli essenziali delle prestazioni di cui al capo III del decreto legislativo n. 226 del 2005 e le strutture che operano nell'ambito del sistema dell'istruzione e formazione tecnica superiore denominate: «istituti tecnici superiori» nel quadro della riorganizzazione di cui all'articolo 1, comma 631, della legge 27 dicembre 2006, n. 296, nonché «poli tecnico professionali», di natura consortile e con le forme di cui all'articolo 7, comma 10, del decreto del Presidente della Repubblica 8 marzo 1999, n. 275. I «poli» sono costituiti al fine di promuovere in modo stabile e organico la diffusione della cultura scientifica e tecnica e le misure per lo sviluppo economico e produttivo del Paese e sono dotati di propri organi da prevedersi nelle relative convenzioni. All'attuazione del presente comma si provvede nell'ambito delle risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica. Sono fatte salve le competenze delle regioni a statuto speciale e delle province autonome di Trento e di Bolzano, in conformità ai loro statuti e alle relative norme di attuazione.

      3. Al testo unico delle imposte sui redditi di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, e successive modificazioni, sono apportate le seguenti modificazioni:

          a) all'articolo 15, comma 1, dopo la lettera i-septies) è aggiunta la seguente: «i-septies-bis) le erogazioni liberali a favore degli istituti scolastici di ogni ordine e grado, finalizzate all'innovazione tecnologica, all'edilizia scolastica e all'ampliamento dell'offerta formativa; la detrazione spetta a condizione che il versamento di tali erogazioni sia eseguito tramite banca o ufficio postale ovvero mediante gli altri sistemi di pagamento previsti dall'articolo 23 del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241.»;

          b) all'articolo 100, comma 2, dopo la lettera o) è aggiunta la seguente: «o-bis) le erogazioni liberali a favore degli istituti scolastici di ogni ordine e grado, finalizzate all'innovazione tecnologica, all'edilizia scolastica e all'ampliamento dell'offerta formativa, nel limite del 2 per cento del reddito d'impresa dichiarato e comunque nella misura massima di 70.000 euro annui; la deduzione spetta a condizione che il versamento di tali erogazioni sia eseguito tramite banca o ufficio postale ovvero mediante gli altri sistemi di pagamento previsti dall'articolo 23 del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241.»;

          c) all'articolo 147, comma 1, le parole: «e i-quater)» sono sostituite dalle seguenti: «, i-quater) e i-septies-bis)».

      4. All'onere derivante dal comma 3, valutato in 54 milioni di euro per l'anno 2008 e in 31 milioni di euro a decorrere dall'anno 2009, si provvede:

          a) per l'anno 2008, mediante utilizzo delle disponibilità esistenti sulle contabilità speciali di cui all'articolo 5-ter del decreto-legge 28 dicembre 2001, n. 452, convertito, con modificazioni, dalla legge 27 febbraio 2002, n. 16, che a tale fine sono vincolate per essere versate all'entrata del bilancio dello Stato nel predetto anno. Con decreto del Ministro della pubblica istruzione, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, da emanare entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto, sono stabiliti i criteri e le modalità per la determinazione delle somme da vincolare su ciascuna delle predette contabilità speciali ai fini del relativo versamento;

          b) a decorrere dal 2009 mediante corrispondente riduzione dell'autorizzazione di spesa di cui all'articolo 1, comma 634, della legge 27 dicembre 2006, n. 296.

      5. Il Ministro dell'economia e delle finanze è autorizzato ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio.

      6. Il Ministro dell'economia e delle finanze provvede al monitoraggio degli oneri di cui al comma 3, anche ai fini dell'adozione dei provvedimenti correttivi di cui all'articolo 11-ter, comma 7, della legge 5 agosto 1978, n. 468, e successive modificazioni. Gli eventuali decreti emanati ai sensi dell'articolo 7, secondo comma, n. 2, della legge 5 agosto 1978, n. 468, prima della data di entrata in vigore dei provvedimenti o delle misure di cui al presente comma, sono tempestivamente trasmessi alle Camere, corredati da apposite relazioni illustrative.

      7. I soggetti che hanno effettuato le donazioni di cui al comma 3 non possono far parte del consiglio di istituto e della giunta esecutiva delle istituzioni scolastiche.

      8. Le disposizioni di cui al comma 3 hanno effetto a decorrere dal periodo di imposta in corso dal 1o gennaio 2007.

 

Articolo 14.

(Misure in materia di autoveicoli).

      1. Il contributo concesso dall'articolo 1, comma 224, della legge 27 dicembre 2006, n. 296, e il beneficio previsto dal comma 225 del medesimo articolo, al fine di favorire il contenimento delle emissioni inquinanti ed il risparmio energetico nell'ambito del riordino del regime giuridico dei veicoli, si applicano limitatamente alla rottamazione senza sostituzione e non spettano in caso di acquisto di un altro veicolo nuovo o usato entro tre anni dalla data della rottamazione medesima. Il medesimo contributo e il beneficio predetti sono estesi alle stesse condizioni e modalità indicate nelle citate disposizioni anche alle autovetture immatricolate come euro 0 o euro 1 consegnate ad un demolitore a decorrere dalla data di entrata in vigore del presente decreto e sino al 31 dicembre 2007.

 

 

Articolo 15.

(Entrata in vigore).

      1. Il presente decreto entra in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana e sarà presentato alle Camere per la conversione in legge.

      Il presente decreto, munito del sigillo dello Stato, sarà inserito nella Raccolta ufficiale degli atti normativi della Repubblica italiana. È fatto obbligo a chiunque spetti di osservarlo e di farlo osservare.

 

        Dato a Roma, addì 31 gennaio 2007.

 

NAPOLITANO

Prodi, Presidente del Consiglio dei Ministri.

Bersani, Ministro dello sviluppo economico.

Rutelli, Vicepresidente del Consiglio dei Ministri.

Fioroni, Ministro della pubblica istruzione.

Bonino, Ministro per le politiche europee.

Lanzillotta, Ministro per gli affari regionali e le autonomie locali.

Bianchi, Ministro dei trasporti.

Nicolais, Ministro per le riforme e le innovazioni nella pubblica amministrazione.

Gentiloni Silveri, Ministro delle comunicazioni.

Di Pietro, Ministro delle infrastrutture.

Padoa Schioppa, Ministro dell'economia e delle finanze.

De Castro, Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali.

Visto, il Guardasigilli: Mastella.

 




[1]    Si ricorda che la legge finanziaria per il 2007 (legge 27 dicembre 2006, n.296) reca autorizzazioni di spesa di spesa per l’edilizia scolastica (art.1, comma 625), per l’ampliamento dell’offerta formativa(art.1, comma 627) eper l’incremento delle attrezzature tecnologiche in dotazione alle scuole(art. 1, comma 633).

[2]     L’obbligo di indicare le norme espressamente modificate o abrogate dal provvedimento è previsto dall’art.17, co.30, della legge 15 maggio 1997, n.127.

[3]     Dir.P.C.M. 27 marzo 2000 “Analisi tecnico-normativa e analisi dell'impatto e della regolamentazione” (Pubblicata nella Gazz. Uff. 23 maggio 2000, n. 118). L’art.2, concernente l’ATN, prevede che l'ATN verifica l'incidenza della normativa proposta sull'ordinamento giuridico vigente, dà conto della sua conformità alla Costituzione e alla disciplina comunitaria nonché dei profili attinenti al rispetto delle competenze delle regioni e delle autonomie locali e ai precedenti interventi di delegificazione. L'ATN, inoltre, dà conto della correttezza delle definizioni e dei riferimenti normativi contenuti nel testo della normativa proposta, nonché delle tecniche di modificazione e abrogazione delle disposizioni vigenti, riportando eventuali soluzioni alternative prese in considerazione ed escluse. L'analisi è condotta anche alla luce della giurisprudenza esistente e di eventuali progetti di modifica della stessa materia già in corso di esame. L’art.3, concernente l’AIR, prevede che l'AIR è uno strumento per stabilire la necessità di un intervento di regolamentazione e per scegliere quello più efficace. L'AIR consiste nella valutazione dell'impatto della regolamentazione sull'organizzazione delle amministrazioni pubbliche e nella valutazione dell'impatto della regolamentazione sui cittadini e sulle imprese. L'AIR contiene la descrizione degli obiettivi del provvedimento di regolamentazione la cui eventuale adozione è in discussione e delle opzioni alternative, nonché la valutazione dei benefìci e dei costi derivanti dalla misura regolatoria.

[4]     Da ultimo l’art. 1, comma 10, della legge 228/06 (di conversione, con modificazioni, del DL 173/06, recante “Proroga di termini per l' emanazione di atti di natura regolamentare. Ulteriori proroghe per l' esercizio di deleghe legislative e in materia di istruzione”) ha differito al 31 dicembre 2007 il termine ultimo per l’esercizio della suddetta delega al Governo, in scadenza il 16 giugno 2007.

[5]     Procedura 2004/4365

[6]     Sul piano generale l’articolo 43 stabilisce il principio fondamentale che vieta le restrizioni alla libertà di stabilimento dei cittadini di uno Stato membro nel territorio di un altro Stato membro nel quadro del mercato interno.

[7]     Decreto legislativo 11 febbraio 1998, n. 32 in materia di razionalizzazione del sistema di distribuzione dei carburanti come modificato dal decreto legislativo 8 settembre 1999, n. 346, legge 28 dicembre 1999, n. 496, in materia di accise sui prodotti petroliferi e di accelerazione del processo di liberalizzazione del relativo settore, legge 5 marzo 2001, n. 57, relativa all’apertura e alla regolazione dei mercati che prevede, tra l’altro, l’adozione di un piano nazionale contenente le linee guida per l’ammodernamento del sistema distributivo dei carburanti, piano approvato con decreto ministeriale del 31 ottobre 2001.

[8]     Il piano nazionale contenente le linee guida per l'ammodernamento del sistema distributivo dei carburanti richiede alle regioni l’elaborazione di documenti di programmazione, da concordarsi tra gli operatori, i comuni, le province e la regione stessa, che contengano, tra l’altro, la definizione di criteri autorizzativi per l’installazione di nuovi impianti.

[9]     Sentenza 15 gennaio 2002, Commissione contro l’Italia, causa C-439/99, punto 22.

[10]    Cfr. sentenza 13 febbraio 2003, in causa C-131/01.

[11]    Regolamento 23 luglio 1992, n. 2409/1992 sulle tariffe aeree per il trasporto di passeggeri e di merci.

[12]    Il pacchetto emanato nel 1992, che costituisce il terzo pacchetto volto alla liberalizzazione del settore dopo quelli del 1987 e del 1990) include tre regolamenti relativi:

-     alla concessione, da parte degli Stati membri, delle licenze di esercizio relative ai vettori aerei stabiliti nella Comunità;

-     all'accesso dei vettori aerei comunitari alle rotte intracomunitarie;

-     alla fissazione delle tariffe aeree sulle rotte intracomunitarie.

[13]    Il “pacchetto aeroportuale” comprende, oltre alla proposta di direttiva in esame, anche una comunicazione sulla capacità, l’efficienza e la sicurezza degli aeroporti in Europa e una relazione relativa all’applicazione della direttiva 96/57/CE sull’assistenza a terra negli aeroporti comunitari.

[14]   Recante “Attuazione della direttiva 200/13/CE concernente l’etichettatura e la presentazione dei prodotti alimentari, nonché la relativa pubblicità”.

[15]    Tra le informazioni che debbono essere obbligatoriamente riportate sulle confezioni dei prodotti destinati al consumatore l’art. 6 del D.Lgs. n. 206/2005 indica tra l’altro:

-          l’eventuale presenza di materiali o sostanze che possono arrecare danno all’uomo, alle cose o all’ambiente (comma 1, lettera d);

-          le istruzioni, le eventuali precauzioni e la destinazione d’uso, ove utili ai fini di fruizione e sicurezza del prodotto (comma 1, lettera f).

[16]    L'articolo 81 del Trattato riguarda il divieto di accordi tra imprese che possano pregiudicare il commercio tra Stati membri e che abbiano per oggetto e per effetto di impedire, restringere o falsare il gioco della concorrenza all'interno del mercato comune; l'articolo 82 il divieto di sfruttamento abusivo da parte di una o più imprese di una posizione dominante sul mercato comune; l'articolo 86 il divieto - per gli Stati membri - di mantenere, nei confronti delle imprese pubbliche, qualunque misura contraria alle norme del Trattato, specialmente a quelle relative alla concorrenza.

[17]    L'articolo 2 della legge n. 287 del 1990 riprende i princìpi dell'articolo 81 TCE. In particolare sono definite come intese "gli accordi e/o le pratiche concordati tra imprese nonché le deliberazioni, anche se adottate ai sensi di disposizioni statutarie o regolamentari, di consorzi, associazioni di imprese ed altri organismi similari". L'articolo 2 vieta e dichiara nulle le intese che abbiano per oggetto o per effetto di impedire, restringere o falsare in maniera consistente il gioco della concorrenza all'interno del mercato nazionale o in una sua parte rilevante.

      L'inclusione nella fattispecie definita dall'articolo 2 della legge n. 287 del 1990 determina l'applicabilità delle norme previste dal capo II (articoli da 12 a 15) della stessa legge. Pertanto, l'Autorità garante della concorrenza e del mercato può procedere a indagini conoscitive di natura generale e ad istruttorie per verificare l'esistenza di infrazioni. Nei casi di presunta infrazione, l'apertura dell'istruttoria è notificata alle imprese e enti interessati, i cui rappresentanti legali hanno diritto di essere sentiti e di presentare deduzioni. L'Autorità può chiedere alle imprese o enti di fornire informazioni e di esibire documenti; disporre ispezioni, perizie e analisi economiche e statistiche; avvalersi di esperti. Se a seguito dell'istruttoria l'Autorità ravvisa infrazioni, fissa un termine per la cessazione delle infrazioni. Nel caso di infrazioni gravi può disporre l'applicazione di una sanzione amministrativa pecuniaria sino al 10 per cento del fatturato.

[18]    Pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 224 del 26 settembre 2006.

[19]    La classe di merito è la categoria alla quale il contratto è assegnato, sulla base di una scala di valutazione elaborata dall'impresa e correlata alla sinistrosità pregressa, per individuare il presumibile livello di rischiosità della garanzia prestata.

[20]    Cfr. anche il Bollettino tematico n.3, a cura dell’Ufficio RUE, del 5 ottobre 2006.

[21]    L’atto di assenso a cancellazione di ipoteca è un atto unilaterale. In pratica il notaio autentica il consenso alla cancellazione di ipoteca da parte della banca erogatrice di un mutuo ipotecario, una volta che il mutuo risulti estinto. Nella parte iniziale dell’atto, il notaio identifica il responsabile della Banca delegato a rappresentarla. Di seguito il rappresentante della Banca da atto dell’ avvenuta estinzione del mutuo erogato dalla Banca medesima (in atto vengono riportati gli estremi della pratica di mutuo ed il suo importo) e da il consenso alla cancellazione dell’ipoteca iscritta (in atto vengono riportati gli estremi di iscrizione dell’ipoteca facendo riferimento all’originario contratto di mutuo stipulato).

[22]    L’art. 2882 prevede che la cancellazione debba essere eseguita dal conservatore in seguito a presentazione dell’atto contenente il consenso del creditore e che per questo atto debbano essere osservate le forme prescritte dagli articoli 2821, 2835 e 2837. L’articolo 2821 richiede per la concessione d’ipoteca a pena di nullità l’atto pubblico o la scrittura privata; in caso di scrittura privata l’art. 2835 richiede che la sottoscrizione sia autenticata o accertata giudizialmente.

[23]    V. ad esempio, da ultimo, A. L. Bitetto, Riduzione «ex officio» della penale: equità a tutti i costi?, in Foro it., 2006, I, col. 432 ss.

[24]   A titolo di esempio v. l’articolo 1, comma 1, della Parte prima (Atti soggetti a registrazione in termine fisso) del D.P.R. 26 aprile 1986, n. 131, recante l’approvazione del disposizioni concernenti l'imposta di registro.

[25]    Per quanto concerne le modalità di adozione del DPCM relativo alle regole tecniche, la norma rinvia all’articolo 71 del decreto legislativo n.82 del 2005 (“Codice dell’amministrazione digitale”), ove si prevede che le tale tipo di regole siano adottate con decreto del Presidente del consiglio dei Ministri o del Ministro delegato per l’innovazione e le tecnologie, di concerto con il Ministro per la funzione pubblica, sentiti la Conferenza unificata ed il Garante per la protezione dei dati personali nelle materie di competenza, previo parere tecnico del CNIPA, al fine di garantire la coerenza tecnica con le regole tecniche del sistema pubblico di connettività.

[26]    Si tratta dell’articolo 14, comma 4, della legge 30 dicembre 1991, n.412 e dell’articolo 1 del decreto-legge 15 gennaio 1993, n.6, convertito, con modificazioni, dalla legge 17 marzo 1993, n.63,. Tali norme hanno disposto che a decorrere dal 1° gennaio 1992 le iscrizioni, le variazioni e cancellazioni all’INPS, all’INAIL, alle Camere di commercio e alle Commissioni provinciali per l’artigianato, nonché le operazioni che interessino la competenza dell’Amministrazione finanziaria poste in essere da aziende e lavoratori autonomi, artigiani e commercianti, sono effettuate esclusivamente presso sportelli polifunzionali istituiti nelle sedi di ciascuno dei suddetti organismi (i cui archivi, opportunamente automatizzati, sono telematicamente collegati tra loro). La denuncia fatta ad uno di tali sportelli, effettuata su moduli unificati e con procedure integrate, ha efficacia anche nei confronti degli altri soggetti interessati, nei limiti delle rispettive competenze di legge.

[27]    Si ricorda che in base all’articolo 1, comma 1-ter, della Tariffa, parte I, allegata al D.P.R. n. 642 del 1972 (recante “Disciplina dell’imposta di bollo”, la cui tariffa è stata modificata con D.M. 20/8/1992), sono soggette ad imposta di bollo fin dall’origine, le domande, le denunce e gli atti che le accompagnano, presentate all'ufficio del registro delle imprese ed inviate per via telematica, ovvero presentate su supporto informatico ai sensi dell'articolo 15, comma 2, della legge 15 marzo 1997, n. 59. L’importo dell’imposta di bollo[27] è, per ciascuna domanda, denuncia od atto, il seguente:

§            se presentate da ditte individuali: € 42,00;

§            se presentate da società di persone: € 59,00;

§            se presentate da società di capitali: € 65,00.

      L'imposta è dovuta, anche in misura cumulativa, all'atto della trasmissione per via telematica o della consegna del supporto informatico.

[28]    Legge 29 dicembre 1993, n.580 (“Riordinamento delle camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura”).

[29]    Le relazioni precedenti sono state presentate il 7 marzo 2001 (COM(2001)122); il 6 febbraio 2002 (COM(2002) 68); il 21 gennaio 2003 (COM(2003) 21) e l’11 febbraio 2004 (COM(2004) 64).

[30]    Comunicazione della Commissione dell’11 febbraio 2004 “Piano d’azione:un’agenda europea per l’imprenditorialità (COM(2004) 70).

[31]   Presupposti della DIA sono la natura vincolata dell’atto amministrativo surrogato e l’assenza di alcun limite o contingente complessivo o specifici strumenti di programmazione settoriale per il rilascio dell’atto. Non possono essere surrogati dalla dichiarazione di inizio attività i solo atti autorizzativi rilasciati dalle amministrazioni preposte: alla difesa nazionale;alla pubblica sicurezza; all’immigrazione; all’amministrazione della giustizia; alla amministrazione delle finanze (ivi compresi gli atti concernenti le reti di acquisizione del gettito, anche derivante dal gioco); alla tutela della salute e della pubblica incolumità; alla tutela del patrimonio culturale e paesaggistico e dell’ambiente. Sono inoltre non surrogabili dalla DIA gli atti amministrativi imposti dalla normativa comunitaria. Sul piano procedurale, la nuova disciplina della DIA prevede: la presentazione, anche per mezzo di autocertificazioni, delle certificazioni e delle attestazioni normativamente richieste; il divieto alla PA competente di richiedere informazioni o certificazioni relative a fatti, stati o qualità attestate in documenti già in possesso dell’amministrazione stessa; l’inizio dell’attività con contestuale comunicazione alla pubblica amministrazione decorsi trenta giorni dalla presentazione della DIA; il potere della PA - nei trenta giorni successivi alla suddetta comunicazione - di adottare motivati provvedimenti di divieto di prosecuzione dell’attività e di rimozione dei suoi effetti, ove si accerti la carenza di condizioni, modalità e fatti legittimanti; la sospensione del termine per l’adozione, da parte della PA competente, dei provvedimenti di divieto di prosecuzione dell’attività e di rimozione degli effetti, fino a trenta giorni nei casi in cui la legge richiede pareri di organi o enti appositi. Resta comunque salva la possibilità per l’amministrazione competente di assumere determinazioni in via di “autotutela”, in particolare la revoca del provvedimento e l’ annullamento d’ufficio del provvedimento.

[32]   L’attività di acconciatore comprende (art. 2 L. 174/2005) “tutti i trattamenti e i servizi volti a modificare, migliorare, mantenere e proteggere l’aspetto estetico dei capelli, ivi compresi i trattamenti tricologici complementari che non implicano prestazioni di carattere medico, curativo o sanitario nonché il taglio e il trattamento estetico della barba e ogni altro servizio inerente e complementare”.

[33]   L’attività di estetista come definita dalla legge 1/90 comprende tutte le prestazioni ed i trattamenti eseguiti sulla superficie del corpo umano allo scopo esclusivo o prevalente di mantenerlo in perfette condizioni, di migliorare e proteggerne l'aspetto estetico.

[34]    Per quanto riguarda la normativa sullo smaltimento dei rifiuti, si ricorda che la relativa disciplina è contenuta nella parte quarta del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152 (cd. codice ambientale). In particolare, l’art. 184 classifica i rifiuti, secondo l’origine, in rifiuti urbani e speciali e, secondo le caratteristiche di pericolosità, in rifiuti pericolosi e rifiuti non pericolosi. Relativamente, invece, agli obblighi imposti ai soggetti coinvolti nella gestione dei rifiuti, uno dei principali è l’iscrizione nell’Albo nazionale gestori ambientali (art. 212). Ai fini dell’iscrizione all’albo, il comma 8 di tale ultima disposizione reca una norma di semplificazione, per le “le imprese che esercitano la raccolta e il trasporto dei propri rifiuti non pericolosi come attività ordinaria e regolare nonché le imprese che trasportano i propri rifiuti pericolosi in quantità che non eccedano trenta chilogrammi al giorno o trenta litri al giorno”. Sempre che ne ricorrano le condizioni, tale ultima disposizione sembra poter trovare applicazione rispetto alle imprese considerate dalla norma in esame.

[35]   Secondo l’art. 1 del richiamato DM 274 sono definite: a) attività di pulizia quelle che riguardano il complesso di procedimenti e operazioni atti a rimuovere polveri, materiale non desiderato o sporcizia da superfici, oggetti, ambienti confinati ed aree di pertinenza; b) attività di disinfezionequelle che riguardano il complesso dei procedimenti e operazioni atti a rendere sani determinati ambienti confinati e aree di pertinenza mediante la distruzione o inattivazione di microrganismi patogeni; c) attività di disinfestazione quelle che riguardano il complesso di procedimenti e operazioni atti a distruggere piccoli animali parassiti, vettori o riserve di agenti infettivi, molesti e specie vegetali non desiderate.; d) attività di derattizzazione quelle che riguardano il complesso di procedimenti e operazioni di disinfestazione atti a determinare o la distruzione completa oppure la riduzione del numero della popolazione dei ratti o dei topi al di sotto di una certa soglia; e) attività di sanificazione quelle che riguardano il complesso di procedimenti e operazioni atti a rendere sani determinati ambienti mediante l'attività di pulizia e/o di disinfezione e/o di disinfestazione ovvero mediante il controllo e il miglioramento delle condizioni del microclima per quanto riguarda la temperatura, l'umidità e la ventilazione ovvero per quanto riguarda l'illuminazione e il rumore.

[36] Il ministero del Lavoro e delle politiche sociali con lettera del 08/03/2004 prot. 25899/70 ha specificato che le attività di: spedizione, trasloco, logistica, trasporto espresso non rientrano nellasfera applicativa del DM 221.Le attività di: imballaggio, presa e consegna, recapiti in loco, e le altre attività spurie non rientrano nel DM 221.Lo sgombero neve non rientra nel DM 221. Questo regolamento non si applica ai pesatori pubblici (di cui all’art. 32 RD 20/09/34 e DM11/7/83). Il facchino non imprenditore ai sensi del DPR 342/94 non rientra nel campo di applicazione del DM 221.

[37]   Si ricorda che ai sensi dell’art. 44 è stato adottato in attuazione dell’art. 2, co. comma 4, della L. 135/01, d'intesa con la Conferenza Stato-regioni”, il DPCM 13 settembre 2002, volto alla definizione dei principi e degli obiettivi per la valorizzazione e lo sviluppo del sistema turistico.

[38]    Gli stessi adempimenti possono essere svolti da coloro che siano iscritti negli albi degli avvocati, dei dottori commercialisti, dei ragionieri e periti commerciali, purché gli stessi ne abbiano dato comunicazione agli ispettorati del lavoro delle province nel cui ambito territoriale intendono operare.

[39]    Si tratta di un atto di indirizzo su cui il Parlamento europeo si è attivato autonomamente.

[40]    Procedura 1999/4856 - L’Italia ha risposto alla lettera di messa in mora del luglio 2000, con lettera del 27 settembre 2000, invocando la tutela dei diritti dei lavoratori per giustificare le restrizioni alle libertà di stabilimento ed alla libera prestazione dei servizi: un livello minimo di competenze per l’esercizio delle attività in oggetto consentirebbe pertanto di proteggere i lavoratori dipendenti da eventuali irregolarità che potrebbero dar luogo a gravi violazioni dei diritti dei lavoratori.

[41]    “Norme per l’ordinamento della professione di consulente del lavoro”.

[42]    “Misure in materia di investimenti, delega al Governo per il riordino degli incentivi all’occupazione e della normativa che disciplina l’INAIL, nonché disposizioni per il riordino degli enti previdenziali”.

[43]   D.Lgs. 25 novembre 1996, n. 625, recante attuazione della direttiva 94/22/CEE relativa alle condizioni di rilascio e di esercizio delle autorizzazioni alla prospezione, ricerca e coltivazione di idrocarburi, pubblicato nella G.U. 14 dicembre 1996, n. 293, S.O.

[44]   La legge 21 luglio 1967, n. 613, recante “Ricerca e coltivazione degli idrocarburi liquidi e gassosi nel mare territoriale e nella piattaforma continentale e modificazioni alla legge 11 gennaio 1957, n. 6, sulla ricerca e coltivazione degli idrocarburi liquidi e gassosi”, è stata pubblicata nella G.U. 3 agosto 1967, n. 194.

[45]   Legge 23 agosto 2004, n. 239, recante riordino del settore energetico, nonché delega al Governo per il riassetto delle disposizioni vigenti in materia di energia, pubblicata nella G.U. 13 settembre 2004, n. 215. I commi da 93 a 97 hanno modificato la disciplina sulle royalties.

[46]   Infatti, a causa dell'obbligo di separazione societaria dei soggetti operanti nelle diverse attività del mercato del gas previsto dal decreto legislativo n. 164 del 2000, ed a seguito dello sviluppo dei sistemi di trasporto del gas a rete, era venuta a mancare la possibilità di stabilire una corrispondenza biunivoca tra la produzione realizzata in una singola concessione di coltivazione e la vendita del gas prodotto in quella concessione. L'attività di vendita riguarda infatti complessivamente sia il gas di produzione nazionale (soggetto al versamento delle royalties), sia quello acquistato sul mercato italiano o all'estero. In tal modo non risultava più possibile per il gas effettuare il versamento delle royalties calcolando il valore dell'aliquota dovuta allo Stato come media dei prezzi fatturati per il gas prodotto in una determinata concessione. Pertanto, per le sole produzioni di gas si è stabilito (articolo 19, comma 5-bis, lettera b)) che il valore unitario dell'aliquota per tutte le concessioni di coltivazione sia calcolato in base al valore medio annuale dell'indice QE (quota energetica) del costo della materia prima gas, determinato dall'Autorità per l'energia elettrica e il gas.

[47]   Il comunicato stampa del Ministero dello sviluppo economico sul pacchetto di misure per favorire la concorrenza adottate dal Consiglio dei ministri il 25 gennaio 2007 è consultabile al link http://www.sviluppoeconomico.gov.it/pdf_upload/documenti/php4UAuiY.pdf

[48]   Snam Rete Gas, infatti, rende disponibile ai propri utenti e ad altri soggetti la possibilità di effettuare scambi/cessioni di gas, immesso nella Rete nazionale di gasdotti, presso il "Punto di Scambio Virtuale". Come si legge sul sito (http://psv.snamretegas.it), obiettivo primario del Punto di Scambio Virtuale è quello di fornire un punto di incontro tra domanda ed offerta ove effettuare transazioni bilaterali di gas naturale su base giornaliera, garantendone la contabilizzazione. Al fine di una gestione ordinata, efficiente ed automatizzata degli scambi/cessioni di gas in oggetto, Snam Rete Gas ha sviluppato uno strumento informativo accessibile ai soggetti abilitati per la pubblicazione e la registrazione delle proprie transazioni. Tale strumento è costituito dai moduli: "Bacheca Offerte di Vendita e Richieste d'Acquisto di Gas" (per la gestione e la visualizzazione di offerte di vendita/richieste d'acquisto di gas), e "PSV" (Punto di Scambio Virtuale, per la gestione e la visualizzazione delle transazioni di gas concluse).

[49]   Direttiva 2003/55/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 26 giugno 2003 relativa a norme comuni per il mercato interno del gas naturale e che abroga la direttiva 98/30/CE.

[50]   Si ricorda che la separazione contabile e societaria per le imprese del gas naturale è sancita dall'art. 21 del D.Lgs. 164/2000. In adempimento al suddetto obbligo di separazione societaria delle attività nel settore del gas, il gruppo ENI ha provveduto alla costituzione di una società operativa solo nel trasporto nazionale del gas (Snam Rete Gas) e di una divisione della società capogruppo cui sono state affidate le attività di importazione e vendita di gas naturale (Eni Gas & Power), mentre la produzione dei giacimenti italiani è affidata a una divisione dell’Eni (Agip) e le attività di stoccaggio sono state affidate alla società Stogit, anch’essa di proprietà dell’ENI.

[51]   La società nazionale che ha la proprietà e la gestione delle reti nazionali di trasporto del gas naturale è Snam rete gas, le cui azioni sono possedute in maggioranza dall’Eni.

[52]   Tale prospetto contiene anche le ripartizioni tra Stato, regioni e comuni, in base al disposto degli articoli 20 e 22.

[53]   Ufficio nazionale minerario per gli idrocarburi e la geotermia, presso la Direzione generale dell'energia e delle risorse minerarie del Ministero dello sviluppo economico.

[54]   Si tratta, ai sensi del comma 5 bis, punto b), del citato articolo 19, D. Lgs. 625/1996, del valore medio annuale dell'indice QE (quota energetica) del costo della materia prima gas, determinato appunto dall'Autorità per l'energia elettrica e il gas.

[55]    Vedi Bollettino Attività dell’Unione europea “Una nuova politica energetica per l’Europa”, n. 6- gennaio 2007, a cura dell’Ufficio rapporti con l’Unione europea.

[56]    In particolare, si persegue il nuovo obiettivo strategico della politica energetica europea - ridurre almeno del 20 %, entro il 2020, le emissioni di gas serra derivanti dal consumo di energia nell’UE rispetto ai livelli del 1990 -,  ed un insieme di misure concrete finalizzate al raggiungimento dello stesso.

[57]    L’indagine settoriale è stata avviata nel giugno 2005. Alla presentazione dei primi risultati, nel novembre 2005, è seguita una relazione preliminare del febbraio 2006 che ha lanciato una consultazione pubblica a cui hanno partecipato operatori del settore, autorità nazionali, associazioni di categoria ed enti governativi.

[58]    Il collegamento della rete elettrica tra Germania, Polonia e Lituania; i collegamenti con i parchi eolici off-shore in Europa settentrionale; le interconnessioni elettriche tra Francia e Spagna; il gasdotto Nabucco, che trasporta gas dal Mar Caspio all'Europa centrale

[59]    Articolo 1, paragrafo 30, della legge n. 239 del 23 agosto 2004.

[60]    Gli effetti della norma riguardavano le tratte Milano-Genova, Milano-Verona e Verona-Venezia.

[61]    Si tratta delle leggi n. 109 del 1994, e successive modificazioni, e n. 415 del 1998, e del decreto legislativo n. 158 del 1995, e successive modificazioni.

[62]    Si tratta di concessioni rilasciate nel 1991 e nel 1992, e quindi anteriori all’entrata in vigore della legge quadro in materia di appalti pubblici (n. 109 del 1994).

[63]    L. 7 agosto 1990, n. 241, Nuove norme in materia di procedimento amministrativo e di diritto di accesso ai documenti amministrativi.

[64]    L. 11 febbraio 2005, n. 15, Modifiche ed integrazioni alla legge 7 agosto 1990, n. 241, concernenti norme generali sull’azione amministrativa.

[65]    Ai sensi dell’art. 1226 c.c., concernente la valutazione equitativa del danno conseguente ad inadempimento delle obbligazioni, “se il danno non può essere provato nel suo preciso ammontare, è liquidato dal giudice con valutazione equitativa”.

[66]  Tali risorse rappresentano appena il 40% dell’importo inizialmente proposto per i trasporti. Quanto al settore dell’energia l’importo assegnato è di  155 milioni di euro (contro 340 iniziali) e rappresenta il 45 % di quello proposto. L’importo totale per l’attuazione del presente regolamento è di 8.168 milioni di euro contro i 20.690 proposti inizialmente.

[67]    Direttiva 2004/17/CE, del 31 marzo 2004, che coordina le procedure di appalto degli enti erogatori di acqua e di energia, degli enti che forniscono servizi di trasporto e servizi postali.

[68]    Direttiva 2004/18/CE, del 31 marzo 2004, relativa al coordinamento delle procedure di aggiudicazione degli appalti pubblici di lavori, di forniture e di servizi.

[69]   Si ricorda che la legge finanziaria per il 2007 (legge 27 dicembre 2006, n.296) reca autorizzazioni di spesa di spesa per l’edilizia scolastica (art. 1, comma 625), per l’ampliamento dell’offerta formativa (art.1, comma 627) eper l’incremento delle attrezzature tecnologiche in dotazione alle scuole (art. 1, comma 633).

[70]   D.Lgs. 17 ottobre 2005, n. 226 Decreto legislativo concernente le norme generali ed i livelli essenziali delle prestazioni sul secondo ciclo del sistema educativo di istruzione e formazione ai sensi della legge 28 marzo 2003, n.53. Il Dlgs è stato predisposto ai sensi degli art 1, 2 e7 della Legge 53/2003 (cosidetta legge Moratti).

[71]   Decreto legislativo 16 aprile 1994, n. 297, “Approvazione del testo unico delle disposizioni legislative vigenti in materia di istruzione, relative alle scuole di ogni ordine e grado” (nel prosieguo: “TU”). Si ricorda che il TU ha compiuto una complessa opera di sistemazione delle fonti (legislative ma anche, in alcuni casi, di natura originariamente regolamentare) che sono andate man mano disciplinando i vari tipi di istituti e scuole ivi menzionati.

[72]   Scuole ed istituti magistrali (della durata di tre e di quattro anni) erano preposti alla formazione dei docenti della scuola materna ed elementare; l’art. 3 della legge 341/1990 (recante riforma degli ordinamenti didattici) ha previsto invece il conseguimento di un titolo di laurea a seguito di appositi corsi per l’insegnamento in tali ordini di scuole ed ha demandato ad un DM la definizione del graduale passaggio al nuovo regime. Contestualmente all’effettiva attivazione dei nuovi corsi di laurea il Decreto del Ministro dell’istruzione 10 marzo 1997 ha disposto la graduale soppressione (a partire dall’anno scolastico 1998-1999) dei corsi ordinamentali delle scuole e degli istituti magistrali.

[73]   Gli istituti professionali sono stati originariamente istituiti ai sensi dell’art. 9 del R.D.L. 21 settembre 1938 n. 2030 che autorizzava il Governo alla costituzione o alla trasformazione di scuole tecniche ad ordinamento speciale. Tali strutture, le cui caratteristiche (compresi orari e programmi) erano definite nei decreti istitutivi, sono finalizzate ad una formazione di carattere pratico in settori quali agricoltura, nautica, artigianato, commercio, turismo, industria alberghiera. I diplomi rilasciati a conclusione dei corsi (solitamente di durata triennale) hanno carattere di qualifica professionale; tuttavia in tale settore dell’istruzione sono state avviate numerose sperimentazioni, confermate dall’art. 191 comma 6 del D.Lgs.297/1994, consistenti in un biennio post qualifica (facoltativo) che completa la formazione professionale e consente l’accesso all’università.

[74]   L. 28 marzo 2003, n 53 recante Delega al Governo per la definizione delle norme generali sull'istruzione e dei livelli essenziali delle prestazioni in materia di istruzione e formazione professionale.

[75]   Con riguardo a tale riforma si ricorda che il ministero dell’Istruzione università e ricerca, dopo avere definito le Tabelle di confluenza dei percorsi e dei titoli relativi al secondo ciclo con quelli dell’ordinamento previgente (Decreto 28 dicembre 2005,adottato ai sensi dell’art.27 co.1 lettere a) e b) del D.Lgs. 226/05) ed incrementato fino al 20% la quota dei piani di studio rimessa alle istituzioni scolastiche (DM 28 dicembre 2005), ha autorizzato con DM 31 gennaio 2006, n. 775 un progetto di innovazione in ambito nazionale concernente l’introduzione di innovazioni riguardanti gli ordinamenti liceali e l’articolazione dei relativi percorsi di studio, come previsti dal d.lgs. 226/2005. Le innovazioni, da attuarsi nell’anno scolastico 2006-2007 limitatamente alle prime classi, avrebbero dovuto essere adottate liberamente dagli istituti di istruzione secondaria superiore interessati.

Nella XV legislatura, con DM 31 maggio 2006 tale disposizione è stata poi sospesa, anche in relazione al contenzioso in atto promosso da numerose Regioni davanti al TAR del Lazio ed al ricorso elevato dalla Regione Toscana davanti alla Corte Costituzionale per conflitto di attribuzioni (ricorso pubblicato sulla G.U. prima serie speciale n. 19del 10.05.2006). Con due decreti emessi in pari data (13 giugno 2006, n. 46 e 47) il ministero ha poi precisato l’inapplicabilità del DM relativo alle tabelle di confluenza e viceversa ha confermato la quota oraria dei curricoli riservata alle istituzioni scolastiche (20 %).

[76]   Conversione in legge, con modificazioni, del D.L. 12 maggio 2006, n. 173, recante proroga di termini per l'emanazione di atti di natura regolamentare. Ulteriori proroghe per l'esercizio di deleghe legislative e in materia di istruzione.

[77]   L’abrogazione disposta non concerne il comma 7 che prevede la presenza nelle scuole di laboratori, officine, reparti di lavorazione.

[78]   L. 17 maggio 1999, n. 144, "Misure in materia di investimenti, delega al Governo per il riordino degli incentivi all'occupazione e della normativa che disciplina l'INAIL, nonché disposizioni per il riordino degli enti previdenziali”, articolo 69 (Istruzione e formazione tecnica superiore).

[79]   La Conferenza Unificata, sede congiunta della Conferenza Stato-Regioni e della Conferenza Stato-Città ed autonomie locali, è stata istituita dal d.lgs. 28 agosto 1997, n. 281, che ne ha definito anche la composizione, i compiti e le modalità organizzative ed operative (articoli 8 e 9).

Essa opera in tutti casi in cui Regioni, Province, Comuni e Comunità montane sono chiamate ad esprimersi su un medesimo oggetto.

[80]   Ai sensi di quest’ultimo i percorsi:

§          hanno durata variabile dai due ai quattro semestri ed afferiscono ai seguenti settori: agricoltura; servizi pubblici e servizi privati di interesse sociale; industria e artigianato (manifatture, i.c.t., edilizia); commercio, turismo e trasporti;servizi assicurativi e finanziari;

§          sono fondati su curricula riferiti a competenze di base, trasversali e tecnico-professionali;

§          sono strutturati in moduli e unità autonomamente significative;

§       sono affidati a docenti provenienti per non meno del 50% dal mondo del lavoro con una specifica esperienza professionale maturata nel settore per almeno cinque anni;

§       possono non coincidere con le scansioni temporali dell'anno scolastico;

§       sono riferiti alla classificazione delle professioni relative ai tecnici intermedi adottata dall'Istituto nazionale di statistica nonché al quarto livello della classificazione comunitaria delle certificazioni.

[81]   L’art.1, comma 875, della medesima legge ha poi istituito nello stato di previsione del ministero della pubblica istruzione il Fondo per l’istruzione e formazione tecnica superiore. Nel Fondo, che non ha un importo determinato, confluiranno le risorse annualmente stanziate a valere sull'autorizzazione di spesa di cui all’art.1 comma 634 della medesima legge finanziaria, sul Fondo per l'arricchimento e l'ampliamento dell'offerta formativa (istituito dalla legge 440/1997) e le risorse assegnate dal CIPE, con riferimento alle aree sottoutilizzate, per progetti finalizzati alla realizzazione dell’IFTS.

[82]   Decreto del Presidente della Repubblica 8 marzo 1999, n. 275, Regolamento recante norme in materia di autonomia delle istituzioni scolastiche, ai sensi dell'art. 21 della L. 15 marzo 1997, n. 59.

[83]    ECVET: European Credit System for Vocational Education and Training.

[84]    Avviato con la Dichiarazione di Copenhagen del 30 novembre 2002, il processo di Copenhagen intende sviluppare un clima di fiducia reciproca e promuovere maggiore trasparenza nel riconoscimento delle competenze e delle qualifiche professionali, con l’intento di aumentare la mobilità e le possibilità di accesso all’apprendimento permanente. Vi aderiscono i 27 Stati membri dell’Unione europea, due dei Paesi candidati (Croazia e Turchia), tre Paesi dell’EFTA (Islanda, Liechtenstein e Norvegia), le parti sociali e la Commissione europea. Il processo è aggiornato da una conferenza ministeriale che si tiene ogni due anni.

[85]  Il Consiglio europeo di primavera 2006, nelle sue conclusioni, dopo avere ricordato che l'istruzione e la formazione sono elementi cruciali per lo sviluppo delle potenzialità dell'UE a lungo termine, sotto il profilo della competitività nonché della coesione sociale, ha sottolineato la necessità di accelerare riforme che pongano in essere sistemi scolastici di elevata qualità che siano tanto efficaci quanto equi.

[86]    Per la deducibilità degli oneri sostenuti da tali enti al di fuori dell’attività produttiva di reddito di impresa si applica l’articolo 146 del TUIR.

[87]   Le contabilità speciali sono conti particolari accesi, a favore di Amministrazioni, enti o funzionari, presso le Sezioni di tesoreria provinciale, alimentati dalle somme versate a favore degli intestatari e da questi utilizzati per i propri pagamenti, mediante l’emissione di appositi titoli di spesa (ordini di pagamento).

Nessuna contabilità speciale può essere istituita senza la preventiva autorizzazione della Direzione generale del Tesoro (attuale Ministero dell’economia e delle finanze). Non possono essere costituite, né alimentate contabilità speciali con fondi provenienti dal bilancio dello Stato, salvo che ciò non sia autorizzato da specifiche disposizioni legislative (come nel caso in questione, ai sensi dell’art. 5-ter del D.L. n. 452/2001).

La normativa di carattere generale sulle contabilità speciali è contenuta agli articoli 585-591 del R.D. 23 maggio 1924, n. 827 (Regolamento per l’amministrazione del patrimonio e per la contabilità generale dello Stato), con alcune deroghe in materia previste dall’articolo 10 del D.P.R. 20 aprile 1994, n. 367 (Regolamento recante semplificazione e accelerazione delle procedure di spesa e contabili).

I pagamenti sono eseguiti dalle sezioni di tesoreria su ordini emessi dai responsabili delle amministrazioni alle quali sono intestate le contabilità speciali e sempre entro i limiti dei fondi medesimi.

Le contabilità speciali (come i conti correnti) costituiscono operazioni estranee al bilancio, effettuate mediante le Sezioni di tesoreria provinciale (mediante la tesoreria centrale nel caso dei conti correnti). Le operazioni di riscossione e pagamento sono contabilizzate in sede separata, rispetto a quelle concernenti la gestione del bilancio dello Stato e non incidono, ovviamente, sui risultati finanziari dell’esercizio.

La situazione contabile delle contabilità speciali, relative al servizio di cassa effettuato dalle tesorerie per conto dei titolari, è esposto nel Conto riassuntivo del tesoro, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale.

[88]   Si ricorda che allo stato di previsione della spesa del Ministero dell’economia e finanze è allegato l'elenco dei capitoli relativi a spese obbligatorie, per i quali è possibile l’utilizzo del Fondo di riserva delle spese obbligatorie e d’ordine.

[89]   Decreto legislativo 16 aprile 1994, n. 297, “Approvazione del testo unico delle disposizioni legislative vigenti in materia di istruzione, relative alle scuole di ogni ordine e grado” (nel prosieguo: “TU”).

[90]   Legge 15 marzo 1997, n. 59, “Delega al Governo per il conferimento di funzioni e compiti alle regioni ed enti locali, per la riforma della Pubblica Amministrazione e per la semplificazione amministrativa”.

[91]   D.M. 1 febbraio 2001, n. 44, “Regolamento recante le <<Istruzioni generali sulla gestione amministrativo-contabile delle istituzioni scolastiche>>”.

[92]   Legge 27 dicembre 2006, n. 296.

[93]    Parti per milione.