Camera dei deputati - XV Legislatura - Dossier di documentazione (Versione per stampa)
Autore: Servizio Studi - Dipartimento istituzioni
Titolo: Decorrenza del termine di prescrizione per la responsabilità amministrativa - D.L. 299/2006 ¿ A.C. 2200
Riferimenti:
AC n. 2200/XV   DL n. 299 del 27-DIC-06
Serie: Progetti di legge    Numero: 98
Data: 05/02/2007
Descrittori:
PRESCRIZIONE E DECADENZA   PUBBLICA AMMINISTRAZIONE
RESPONSABILITA' AMMINISTRATIVA E CONTABILE   RISARCIMENTO DI DANNI
Organi della Camera: I-Affari Costituzionali, della Presidenza del Consiglio e interni
Altri riferimenti:
L n. 16 del 23-FEB-07   AS n. 1236/XV


Camera dei deputati

XV LEGISLATURA

 

 

 

 

 

SERVIZIO STUDI

Progetti di legge

 

 

 

 

 

Decorrenza del termine di prescrizione per la responsabilità amministrativa
D.L. 299/2006 – A.C. 2200

 

 

 

 

 

 

 

n. 98

 

 

5 Febbraio 2007


 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

DIPARTIMENTO istituzioni

SIWEB

 

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File: D06299.doc

 


INDICE

Scheda di sintesi per l'istruttoria legislativa

Dati identificativi3

Struttura e oggetto  4

§      Contenuto  4

§      Relazioni allegate  6

§      Precedenti decreti-legge sulla stessa materia  6

Elementi per l’istruttoria legislativa  8

§      Motivazioni della necessità ed urgenza  8

§      Rispetto delle competenze legislative costituzionalmente definite  8

§      Incidenza sull’ordinamento giuridico  8

Progetto di legge

§      A.C. 2200 (Governo), Conversione in legge del decreto-legge 27 dicembre 2006, n. 299, concernente abrogazione del comma 1343 dell'articolo  1 della legge 27 dicembre 2006, n. 296, recante disposizioni in materia di decorrenza del termine di prescrizione per la responsabilità amministrativa (Approvato dal Senato)11

Iter al Senato

Progetto di legge

§      A.S. 1236, (Governo), Conversione in legge del decreto-legge 27 dicembre 2006, n. 299, concernente abrogazione del comma 1343 dell’articolo 1 della legge 27 dicembre 2006, n. 296, recante disposizioni in materia di decorrenza del termine di prescrizione per la responsabilità amministrativa  19

Esame in sede referente

-       1a Commissione (Affari costituzionali)

Seduta del 23 gennaio 2007  27

Seduta del 24 gennaio 2007  29

Seduta del 30 gennaio 2007  31

Esame in sede consultiva

-       1a Commissione (Affari costituzionali)

Seduta del 17 gennaio 2007  41

Seduta del 23 gennaio 2007  43

-       5a Commissione (Bilancio)

Seduta del 24 gennaio 2007  47

Discussione in Assemblea

Seduta del 30 gennaio 2007  51

Seduta del 31 gennaio 2007 (antimeridiana)53

Seduta del 31 gennaio 2007 (pomeridiana)105

Normativa di riferimento

§      Costituzione (artt. 77, 87)143

§      R.D.L. 9 febbraio 1939, n. 273. Provvedimenti legislativi riguardanti l'ordinamento e le funzioni del Consiglio di Stato o della Corte dei conti144

§      Legge 14 gennaio 1994, n. 20. Disposizioni in materia di giurisdizione e controllo della Corte dei conti (art. 1)145

§      Legge 27 dicembre 2006, n. 296. Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge finanziaria 2007) (art. 1, co. 1343)148

 

 


Scheda di sintesi
per l'istruttoria legislativa


Dati identificativi

Numero del disegno di legge di conversione

A.C. 2200

Numero del decreto-legge

D.L. n. 299/2006

Titolo del decreto-legge

Abrogazione del comma 1343 dell’articolo 1 della legge 27 dicembre 2006, n. 296, recante disposizioni in materia di decorrenza del termine di prescrizione per la responsabilità amministrativa

Settore d’intervento

Giurisdizione contabile

Iter al Senato

Si (A.S. 1236)

Numero di articoli

 

§          testo originario

2

§          testo approvato dal Senato

2

Date

 

§          emanazione

27 dicembre 2006

§          pubblicazione in Gazzetta ufficiale

28 dicembre 2006

§          approvazione del Senato

31 gennaio 2007

§          assegnazione

1 febbraio 2007[1]

§          scadenza

26 febbraio 2007

Commissione competente

I Commissione (Affari costituzionali)

Pareri previsti

II Commissione (Giustizia)

 


Struttura e oggetto

Contenuto

Il disegno di legge in esame intende convertire in legge il decreto-legge 27 dicembre 2006, n. 299, che ha disposto l’abrogazione del co. 1343 dell'art. 1 della legge finanziaria 2007 (L. 296/2006)[2], recante disposizioni in materia di decorrenza del termine di prescrizione per la responsabilità amministrativa.

 

Il d.d.l. di conversione, presentato alla Camera come A.C. 2113, in seguito è stato restituito al Governo e ripresentato, il 10 gennaio 2007, al Senato come A.S. n. 1236.

Il d.l., pubblicato nella Gazzetta ufficiale n. 300 del 28 dicembre 2006, scadrà il 26 febbraio 2007.

 

La breve relazione illustrativa del d.d.l. di conversione chiarisce che l’intervento normativo d’urgenza si è reso necessario per incidere con assoluta tempestività sul testo della legge finanziaria 2007. Il D.L. in esame origina dunque dalla ritenuta straordinaria necessità ed urgenza di abrogare la disposizione di cui al comma 1343, che aveva modificato la normativa in materia di decorrenza del termine di prescrizione del diritto per la pubblica amministrazione al risarcimento del danno derivante da responsabilità amministrativa. L'inserimento di tale norma nell'ambito della legge finanziaria 2007 era stato frutto, secondo la relazione, di un mero errore redazionale, al quale non si era potuto rimediare con immediatezza stante la “necessità di evitare che una doverosa correzione incidesse sui tempi parlamentari di approvazione della manovra finanziaria”.

 

Il comma 1343, introdotto dal Senato, novellava l’art. 1, co. 2, della L. 20/1994[3], recante disposizioni in materia di giurisdizione e controllo della Corte dei conti. L’articolo 1 disciplina in particolare l’azione di responsabilità nei confronti dei soggetti sottoposti alla giurisdizione della Corte dei conti in materia di contabilità pubblica.

Il comma 2, quello appunto novellato, stabilisce che il diritto al risarcimento del danno erariale si prescrive in ogni caso in cinque anni, decorrenti dalla data in cui si è verificato il fatto dannoso, ovvero, in caso di occultamento doloso del danno, dalla data della sua scoperta.

La modifica introdotta dal comma 1343 stabiliva che il periodo di cinque anni non decorresse più dalla data in cui si è verificato il fatto, ma da quella in cui è stata realizzata la condotta produttiva di danno. Essendo quest’ultima data, nella generalità dei casi, antecedente alla prima, ne conseguiva una corrispondente anticipazione del termine finale di prescrizione.

 

Il Procuratore generale presso la Corte dei conti nel corso del suo intervento alla cerimonia di inaugurazione dell’anno giudiziario 2007, ha indicato la necessità di riattivare il parere preventivo della Corte dei conti a sezioni riunite sui provvedimenti legislativi che la concernono. A tale riguardo ha rinviato alla necessità di ripristinare l’applicazione dell’articolo 1 del R.D.L. 273/1939[4], in base al quale ogni provvedimento legislativo concernente la Corte dei conti deve essere sottoposto al vaglio preventivo della Corte stessa.

 

Al momento dell’entrata in vigore del D.L., ossia il 28 dicembre 2006, la legge finanziaria 2007 – pur approvata dal Parlamento, promulgata dal Capo dello Stato e pubblicata nella Gazzetta ufficiale[5] – non era ancora efficace in quanto, come noto, sarebbe entrata in vigore a decorrere dal 1° gennaio 2007.In sostanza il provvedimento in esame, entrato in vigore in base all’articolo 2 il giorno stesso della sua pubblicazione in Gazzetta ufficiale, ha inteso determinare un immediato effetto abrogativo, in maniera tale da evitare che la disposizione relativa all’anticipazione del termine finale di prescrizione, contenuta nel comma 1343, acquistasse efficacia nell’ordinamento giuridico.

 

Il provvedimento in esame fa riferimento alla responsabilità a contenuto patrimoniale di amministratori o dipendenti pubblici per i danni causati all’ente nell’ambito o in occasione del rapporto d’ufficio. L’accertamento della responsabilità comporta la condanna al risarcimento del danno a favore dell’amministrazione danneggiata[6].

 

La responsabilità amministrativa tutela la stessa pubblica amministrazione nei confronti dei danni che le arreca il funzionario o l’impiegato all’interno del rapporto d’ufficio, obbligando il funzionario a risarcire il danno arrecato all’ente a causa della sua condotta. La Corte dei conti, ovvero il pubblico ministero contabile, giudica sulla responsabilità di tutti gli amministratori, dipendenti pubblici e soggetti che siano legati alla p.a. da un rapporto d’impiego o di ufficio: non solo quindi gli impiegati pubblici, ma anche i titolari di incarichi elettivi (quali i Ministri) o onorari, e i c.d. funzionari di fatto, cioè quelli che svolgono funzioni pubbliche.

La giurisprudenza della Corte dei conti, confortata dalla Corte di cassazione, ha ritenuto sottoposti alla propria giurisdizione anche soggetti estranei alla p.a., ma inseriti in modo stabile nel proprio apparato organizzativo, come per esempio i direttori dei lavori. Anche le persone giuridiche possono essere sottoposte alla giurisdizione contabile. La Corte di Cassazione ha infatti riconosciuto la giurisdizione della Corte dei conti anche nei confronti degli amministratori degli enti pubblici economici[7]e delle s.p.a. partecipate in modo totalitario o prevalente da pubblici poteri[8].

Per ciò che concerne i presupposti della responsabilità amministrativa, affinché un soggetto possa essere chiamato a rispondere in tale sede occorre che lo stesso, con una condotta dolosa o gravemente colposa collegata o inerente al rapporto esistente con l’amministrazione, abbia causato un danno pubblico risarcibile che si ponga come conseguenza diretta e immediata di detta condotta. La responsabilità è personale e non si trasferisce agli eredi se non in casi eccezionali (dolo ed arricchimento illecito e conseguente indebito arricchimento degli eredi stessi).

Il danno pubblico risarcibile è un danno patrimoniale, nel senso che presuppone un pregiudizio economico inteso come perdita, distruzione, sottrazione di beni o valori della p.a., ovvero come mancato guadagno. Il concetto di danno, inoltre, va rapportato al concetto di bene pubblico tutelato. Anche il pregiudizio di un bene immateriale (ad esempio l’immagine e il prestigio dell’amministrazione) se comporta dei costi e delle spese per il suo ripristino è considerato un danno risarcibile. Secondo le regole generali, per essere risarcibile il danno deve essere certo, attuale ed effettivo. Nel quantificare il danno il giudice deve, comunque, tenere conto dei vantaggi conseguiti dalla collettività amministrata in relazione al comportamento degli amministratori o dipendenti sottoposti al giudizio di responsabilità (in altri termini, se dalla condotta illecita del funzionario è derivata anche un’utilità, di ciò bisogna tener conto per determinare l’ammontare del danno).

Relazioni allegate

Il disegno di legge di conversione presentato dal Governo al Senato non è corredato né della relazione sull’analisi tecnico-normativa (ATN), né della relazione sull’analisi di impatto della regolamentazione (AIR).

Precedenti decreti-legge sulla stessa materia

Si segnala, come immediato precedente di un decreto-legge volto ad abrogare una disposizione della legge finanziaria prima della sua entrata in vigore, il decreto-legge 29 dicembre 2003, n. 356, recante abrogazione del comma 78 dell’articolo 3 della legge 24 dicembre 2003, n. 350 (legge finanziaria 2004).. Il Comitato per la legislazione, nelle premesse del parere espresso su tale provvedimento il 14 gennaio 2004, aveva “rilevato che il decreto-legge ha abrogato una disposizione recata dalla legge finanziaria per il 2004 (legge n. 350 del 2003), antecedentemente all'entrata in vigore della stessa legge, al fine di evitare che la disposizione stessa producesse i suoi effetti”.

 


Elementi per l’istruttoria legislativa

Motivazioni della necessità ed urgenza

Il D.L. in esame, come si ricava dalla premessa, origina dalla ritenuta straordinaria necessità ed urgenza di abrogare la disposizione di cui al comma 1343 dell'articolo 1 della legge 27 dicembre 2006, n. 296 (legge finanziaria 2007).

Rispetto delle competenze legislative costituzionalmente definite

La materia rientra nella competenza esclusiva dello Stato ai sensi dell’art. 117, co. 2°, lettera l) (“giurisdizione e norme processuali; ordinamento civile e penale; giustizia amministrativa”).

Incidenza sull’ordinamento giuridico

Coordinamento con la normativa vigente

Il decreto-legge abroga una disposizione appena approvata dal Parlamento, antecedentemente alla sua entrata in vigore.

 


Progetto di legge

 


N. 2200

¾

CAMERA DEI DEPUTATI

¾¾¾¾¾¾¾¾

DISEGNO DI LEGGE

 

APPROVATO DAL SENATO DELLA REPUBBLICA

il 31 gennaio 2007 (v. stampato Senato n. 1236)

presentato dal presidente del consiglio dei ministri

(PRODI)

e dal ministro dell'economia e delle finanze

(PADOA SCHIOPPA)

¾

 

Conversione in legge del decreto-legge 27 dicembre 2006, n. 299, concernente abrogazione del comma 1343 dell'articolo  1 della legge 27 dicembre 2006, n. 296, recante disposizioni in materia di decorrenza del termine di prescrizione per la responsabilità amministrativa

 

¾¾¾¾¾¾¾¾

Trasmesso dal Presidente del Senato della Repubblica

il 1o febbraio 2007

¾¾¾¾¾¾¾¾

NOTA: Il presente disegno di legge è stato presentato alla Camera dei deputati il 28 dicembre 2006 (atto Camera n. 2113) e successivamente trasferito al Senato della Repubblica il 10 gennaio 2007.

 

DISEGNO DI LEGGE

 

Art. 1.

1. È convertito in legge il decreto-legge 27 dicembre 2006, n. 299, concernente abrogazione del comma 1343 dell'articolo 1 della legge 27 dicembre 2006, n. 296, recante disposizioni in materia di decorrenza del termine di prescrizione per la responsabilità amministrativa.

2. La presente legge entra in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale.

 

 

 


Decreto-legge 27 dicembre 2006, n. 299, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale

n. 300 del 28 dicembre 2006.

 

Abrogazione del comma 1343 dell'articolo 1 della legge 27 dicembre 2006, n. 296, recante disposizioni in materia di decorrenza del termine di prescrizione per la responsabilità amministrativa.

 

IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA

 

Visti gli articoli 77 e 87 della Costituzione;

Ritenuta la straordinaria necessità ed urgenza di abrogare la disposizione di cui al comma 1343 dell'articolo 1 della legge 27 dicembre 2006, n. 296, in materia di decorrenza del termine di prescrizione del diritto della pubblica amministrazione al risarcimento del danno per responsabilità amministrativa;

Vista la deliberazione del Consiglio dei Ministri, adottata nella riunione del 27 dicembre 2006;

Sulla proposta del Presidente del Consiglio dei Ministri e del Ministro dell'economia e delle finanze;

emana

 

il seguente decreto-legge:

 

Articolo 1.

1. È abrogato il comma 1343 dell'articolo 1 della legge 27 dicembre 2006, n. 296.

Articolo 2.

1. Il presente decreto entra in vigore il giorno stesso della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana e sarà presentato alle Camere per la conversione in legge.

Il presente decreto, munito del sigillo dello Stato, sarà inserito nella Raccolta ufficiale degli atti normativi della Repubblica italiana. È fatto obbligo a chiunque spetti di osservarlo e di farlo osservare.

Dato a Roma, addì 27 dicembre 2006.

NAPOLITANO

Prodi, Presidente del Consiglio dei Ministri.

Padoa Schioppa, Ministro dell'economia e delle finanze.

Visto, il Guardasigilli: Mastella.


 

Iter al Senato

 


Progetto di legge

 


 

SENATO DELLA REPUBBLICA

¾¾¾¾¾¾¾¾   XV LEGISLATURA   ¾¾¾¾¾¾¾¾

 

N. 1236

DISEGNO DI LEGGE

presentato dal Presidente del Consiglio dei ministri

(PRODI)

 

e dal Ministro dell’economia e delle finanze

(PADOA-SCHIOPPA)

 

COMUNICATO ALLA PRESIDENZA IL 10 GENNAIO 20071)

 

¾¾¾¾¾¾¾¾

Conversione in legge del decreto-legge 27 dicembre 2006, n. 299, concernente abrogazione del comma 1343 dell’articolo 1 della legge 27 dicembre 2006, n. 296, recante disposizioni in materia di decorrenza del termine di prescrizione per la responsabilità amministrativa

¾¾¾¾¾¾¾¾

 

1) Già presentato alla Camera dei deputati il 28 dicembre 2006 e successivamente trasferito al Senato della Repubblica.


 

 

Onorevoli Senatori. – La disposizione di cui all’unito decreto-legge sancisce l’abrogazione della modifica normativa in materia di decorrenza del termine di prescrizione del diritto per la pubblica amministrazione al risarcimento del danno derivante da responsabilità amministrativa.

L’inserimento di tale norma nell’ambito della legge 27 dicembre 2006, n.296 (legge finanziaria 2007) è risultato il frutto di un mero errore redazionale, al quale non si è tuttavia potuto rimediare con immediatezza stante la necessità di evitare che una doverosa correzione incidesse sui tempi parlamentari di approvazione della manovra finanziaria.

Ciò posto, e nel rispetto degli impegni assunti al riguardo, il Governo ha ritenuto necessario intervenire con assoluta tempestività sul testo della legge finanziaria 2007, per evitare che la predetta disposizione potesse iniziare a produrre effetti nel sistema normativo vigente.

Non è stata predisposta la relazione tecnica in quanto dall’abrogazione prevista non discendono nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.

 


 

Allegato

 

(Previsto dall’articolo 17, comma 30,
della legge 15 maggio 1997, n.127)

 

TESTO INTEGRALE DELLE NORME ESPRESSAMENTE
MODIFICATE O ABROGATE DAL DECRETO-LEGGE

Legge 27 dicembre 2006, n.296.

Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge finanziaria 2007)

 

Art. 1.

 

...Omissis...

1343. Al comma 2 dell’articolo 1 della legge 14 gennaio 1994, n. 20, le parole: «si è verificato il fatto dannoso» sono sostituite dalle seguenti: «è stata realizzata la condotta produttiva di danno».

 

...Omissis...

 


DISEGNO DI LEGGE

 

Art. 1.

 

1. È convertito in legge il decreto-legge 27 dicembre 2006, n.299, concernente abrogazione del comma 1343 dell’articolo 1 della legge 27 dicembre 2006, n.296, recante disposizioni in materia di decorrenza del termine di prescrizione per la responsabilità amministrativa.

2. La presente legge entra in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale.

 


Decreto-legge 27 dicembre 2006, n. 299, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n.300 del 28 dicembre 2006.

 

Abrogazione del comma 1343 dell’articolo1 della legge 27 dicembre 2006, n. 296, recante disposizioni in materia di decorrenza del termine di prescrizione per la responsabilità amministrativa.

 

IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA

Visti gli articoli 77 e 87 della Costituzione;
Ritenuta la straordinaria necessità ed urgenza di abrogare la disposizione di cui al comma 1343 dell’articolo 1 della legge 27 dicembre 2006, n. 296, in materia di decorrenza del termine di prescrizione del diritto della pubblica amministrazione al risarcimento del danno per responsabilità amministrativa;
Vista la deliberazione del Consiglio dei Ministri, adottata nella riunione del 27 dicembre 2006;
Sulla proposta del Presidente del Consiglio dei Ministri e del Ministro dell’economia e delle finanze;

 

emana

il seguente decreto-legge:

 

Articolo 1.

1. È abrogato il comma 1343 dell’articolo 1 della legge 27 dicembre 2006, n. 296.

 

Articolo 2.

1. Il presente decreto entra in vigore il giorno stesso della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana e sarà presentato alle Camere per la conversione in legge.

Il presente decreto, munito del sigillo dello Stato, sarà inserito nella Raccolta ufficiale degli atti normativi della Repubblica italiana. È fatto obbligo a chiunque spetti di osservarlo e di farlo osservare.

 

Dato a Roma, addì 27 dicembre 2006.

 

NAPOLITANO

 

Prodi – Padoa-Schioppa

Visto, il Guardasigilli: Mastella

 

 


Esame in sede referente

 


AFFARI COSTITUZIONALI (1a)

MARTEDÌ 23 GENNAIO 2007

67ª Seduta

 

Presidenza del Presidente

BIANCO

 Interviene il sottosegretario di Stato per l'economia e le finanze Lettieri.

 

La seduta inizia alle ore 15,35.

 

IN SEDE REFERENTE

 

(1236) Conversione in legge del decreto-legge 27 dicembre 2006, n. 299, concernente abrogazione del comma 1343 dell'articolo 1 della legge 27 dicembre 2006, n. 296, recante disposizioni in materia di decorrenza del termine di prescrizione per la responsabilità amministrativa

(Esame e rinvio)

 

 Il relatore VILLONE (Ulivo) richiama le considerazioni svolte in sede di esame dei presupposti costituzionali e si riserva di integrare la relazione durante il seguito dell’esame.

 

 Il PRESIDENTE propone di proseguire l’esame nella seduta pomeridiana di domani.

 Propone inoltre di fissare fin d’ora il termine per la presentazione di eventuali emendamenti alle ore 14 di domani.

 

 La Commissione consente.

 

 Il seguito dell’esame è quindi rinviato.

 

 


AFFARI COSTITUZIONALI (1a)

MERCOLEDÌ 24 GENNAIO 2007

68ª Seduta (antimeridiana)

 

Presidenza del Presidente

BIANCO

 

La seduta inizia alle ore 13,05.

 

SUI LAVORI DELLA COMMISSIONE

 

 Il PRESIDENTE riferisce l’esito della riunione dell’Ufficio di Presidenza integrato dai rappresentanti dei Gruppi parlamentari che si è appena conclusa.

Su richiesta del senatore Maffioli si è convenuto di integrare l’ordine del giorno con l’esame in sede referente del disegno di legge n. 587 (Riconoscimento in favore delle vittime del terrorismo e dell’eversione contro l’ordinamento costituzionale dello Stato).

Il senatore Saro ha preannunciato la proposta di svolgere un’indagine conoscitiva sull’impiego di consiglieri di Stato o consiglieri della Corte dei conti o anche di avvocati dello Stato negli uffici di diretta collaborazione dei Ministri o Sottosegretari di Stato, anche con riferimento all’esame di iniziative legislative dirette a ridurre i costi del sistema politico. Inoltre, ancora su richiesta del senatore Saro, si è convenuto di prorogare alle ore 18 di oggi il termine, già fissato alle ore 14, per la presentazione di eventuali emendamenti al disegno di legge n. 1236 (decreto-legge n. 299 del 27 dicembre 2006, in materia di prescrizione amministrativa). In proposito, avverte che la Presidenza valuterà con particolare rigore l’ammissibilità degli emendamenti, considerato l’operato assai circoscritto del provvedimento.

L’Ufficio di Presidenza integrato dai rappresentanti dei Gruppi parlamentari tornerà a riunirsi domani alle ore 12,45.

 

La Commissione prende atto.

 

 

 

 


AFFARI COSTITUZIONALI (1a)

MARTEDÌ 30 GENNAIO 2007

71ª Seduta

 

Presidenza del Presidente

BIANCO

 

 Intervengono i sottosegretari di Stato per l'economia e le finanze Lettieri e per l'interno Rosato.

La seduta inizia alle ore 15.

 

IN SEDE REFERENTE

 

(1236) Conversione in legge del decreto-legge 27 dicembre 2006, n. 299, concernente abrogazione del comma 1343 dell'articolo 1 della legge 27 dicembre 2006, n. 296, recante disposizioni in materia di decorrenza del termine di prescrizione per la responsabilità amministrativa

(Seguito e conclusione dell'esame)

 

 Prosegue l'esame, sospeso nella seduta del 23 gennaio.

 

 Il PRESIDENTE comunica che sono stati presentati alcuni emendamenti riferiti al testo del decreto-legge, pubblicati in allegato al resoconto.

 Dichiara inammissibile l’emendamento 1.1, in quanto privo di portata modificativa. Precisa, al riguardo, che l’emendamento potrebbe invece essere ritenuto ammissibile, qualora opportunamente riformulato. Dichiara improponibili anche i rimanenti emendamenti, tendenti ad inserire ulteriori disposizioni dopo l’articolo 1, in quanto estranei all’oggetto del provvedimento: invita i presentatori di tali emendamenti a riproporli, almeno in parte, in occasione dell’imminente esame del provvedimento del Governo che dispone proroghe di termini legislativi.

 

 Il senatore PALMA (FI) prende atto della dichiarazione di inammissibilità dell’emendamento 1.1; tuttavia, ritiene che la sostituzione di una parte del comma 1343 all’atto della sua entrata in vigore avrebbe un’efficacia maggiore rispetto all’abrogazione. Essa infatti, presuppone la vigenza del comma 1343, anche solo per un breve termine; il giudice, quindi, dovrebbe applicare la norma sanzionatoria più favorevole.

 

 Il relatore VILLONE (Ulivo) condivide l’opinione secondo cui sarebbe stato preferibile modificare il testo del disegno di legge finanziaria prima dell’approvazione finale, secondo il suggerimento del presidente di turno del Senato, senatore Calderoli, che tuttavia fu respinto da alcuni esponenti dell’opposizione.

 Tuttavia, egli ritiene che la soluzione prescelta dal Governo sia valida e giuridicamente efficace: infatti, si dovrebbe respingere la tesi che una norma successiva non può abrogare quella precedente se quest’ultima è esistente ma inerte, perché in attesa che si realizzi la condizione per la sua operatività.

 Inoltre, la proposta di cui all’emendamento 1.1, intervenendo successivamente all’entrata in vigore del comma 1343, non impedirebbe il realizzarsi della prescrizione dal nuovo termine indicato da quella disposizione.

 

 Il senatore PALMA (FI) sottolinea che l’emendamento 1.1 avrebbe il pregio di correggere la disposizione nel momento in cui essa entra in vigore, mentre l’abrogazione non può che riguardare una norma vigente. Invita comunque a riflettere sull’utilità della formula adottata dal decreto-legge, tenendo conto del rilevante danno economico che deriverebbe dall’entrata in vigore del comma 1343.

 

 Il senatore CALDEROLI (LNP) esprime perplessità sulla motivazione in base alla quale il Presidente ha dichiarato inammissibile l’emendamento 1.1. Esso, infatti, avrebbe una effettiva portata normativa se si condivide il presupposto che anche solo per un breve lasso di tempo il comma 1343 è entrato in vigore.

 

 Il senatore MARTINAT (AN) ritiene che l’emendamento 1.0.1 dovrebbe essere considerato ammissibile; una semplice modifica del titolo del disegno di legge consentirebbe di estendere l’ambito del provvedimento e di recepire la proposta da lui avanzata, volta a corrispondere a uno specifico ammonimento dell’Unione europea e a evitare l’annunciata procedura di infrazione.

 

 Il PRESIDENTE conferma la dichiarazione di inammissibilità dell’emendamento 1.0.1, sottolineando che il decreto-legge n. 299 è circoscritto a una specifica fattispecie, mentre il titolo del provvedimento evidentemente non può che esprimerne il contenuto. Quanto all’emendamento 1.1, ribadisce che la sua inammissibilità è dovuta esclusivamente al tenore della formulazione, che ne inficia ogni valore normativo.

 

 Il senatore SAPORITO (AN) osserva che l’inammissibilità di un emendamento che investa una materia estranea al decreto-legge, dovrebbe indurre ad analoga preclusione per le proposte di modifica che il Governo normalmente avanza in sede di esame dei disegni di legge di conversione, su argomenti del tutto diversi.

 

 Il sottosegretario LETTIERI, rispondendo ai quesiti posti nella seduta del 23 gennaio, informa che il Ministero dell’economia e delle finanze ha tempestivamente inoltrato alla Corte dei conti le richieste sulla previsione dei procedimenti che si interromperebbero e del danno erariale che si determinerebbe con l’entrata in vigore del comma 1343. Il Procuratore Generale della Corte dei conti ha confermato, anzitutto, che i dati sono necessariamente approssimativi; essi si basano su criteri oggettivi e prudenziali e fanno riferimento sia al numero dei procedimenti suscettibili di pronunce di prescrizione e conseguente estinzione dei processi, sia all’ammontare complessivo delle condanne già pronunciate in primo grado: sulla base dei dati relativi al periodo 2001-2006, il numero dei giudizi destinati all’estinzione sarebbero 3475, con un ammontare complessivo delle condanne pari a più di 814 milioni di euro, a cui si deve aggiungere la rivalutazione monetaria, gli interessi legali e le spese di giustizia per un’incidenza media del 20 per cento. Si dovrebbero considerare, inoltre, gli effetti a regime, cioè i giudizi non ancora definiti in primo grado, pari a circa 90.000 casi, nonché quelli che non si aprirebbero neppure per l’abbreviazione dei termini di prescrizione. La mancata conversione del decreto-legge n. 299, quindi, produrrebbe una riduzione dei risarcimenti di danno erariale di vari miliardi di euro, in ogni caso non inferiore a tre volte l’ammontare suindicato.

 Il Procuratore Generale della Corte dei conti sottolinea anche il rischio che l’entrata in vigore del comma 1343 vanifichi il recupero di ingenti importi, come i 32 milioni di euro versati dal comune di Roma in esecuzione di una condanna, e sottolinea che la funzione di garanzia della giustizia contabile va oltre il calcolo quantitativo dei recuperi finanziari e si connota di valori di tutela e di ripristino della legalità, con effetti monitori nei riguardi dei disonesti e degli incapaci e di giusto riconoscimento delle doti di onestà e capacità professionale che invece prevalgono negli appartenenti alla pubblica amministrazione.

 Il rappresentante del Governo ricostruisce quindi la vicenda che ha portato all’introduzione del comma 1343 nell’emendamento su cui il Governo ha posto la questione di fiducia. Ricorda che l’elaborazione del maxiemendamento è avvenuta in tempi ristrettissimi, il che ha impedito la puntuale revisione del testo. Intervenuta la determinazione di espungere dal testo già elaborato le norme sulla prescrizione della responsabilità amministrativa, si è proceduto a una ricerca informatica per parole chiave: il tentativo di ricerca in base al nome del primo presentatore dell’emendamento originario, si è rivelato infruttuoso; sono state usate, allora, le parole testuali "Corte dei conti", mediante le quali, però, è stata individuata solo la seconda parte delle disposizioni in questione e dunque non è stata cancellata la disposizione poi confluita nel comma 1343. Dell’errore materiale il Governo si è accorto solo dopo il deposito del maxiemendamento in Assemblea. La rettifica dell’errore prima dell’approvazione finale non è stata possibile per le obiezioni dell’opposizione, consultata in proposito, come d’uso in circostanze del genere.

 

 Il PRESIDENTE dà atto al sottosegretario Lettieri di aver risposto con puntualità ai quesiti posti dalla Commissione.

 

 Il senatore CALDEROLI (LNP) sollecita una verifica circa la congruenza dalle cifre esposte dal sottosegretario Lettieri rispetto alla valutazione degli effetti finanziari del maxiemendamento proposto dal Governo durante l’esame del disegno di legge finanziaria.

 

 Il senatore PALMA (FI) ringrazia il sottosegretario Lettieri per le informazioni fornite e rileva che il danno complessivo per l’erario ammonta a circa 2,7 miliardi di euro. Prende atto della ricostruzione dei fatti che hanno portato alla maldestra introduzione di una norma così grave nel disegno di legge finanziaria e domanda se sono state assunte misure nei confronti di chiunque sia responsabile di un errore che denota comunque una negligenza.

 

 Il PRESIDENTE osserva che dalla ricostruzione fornita dal rappresentante del Governo si desume un incidente non evitabile, date le circostanze, neppure con la massima diligenza.

 

 Il senatore CALVI (Ulivo) si dice convinto che l’effettiva soluzione della vicenda potrà esservi solo in sede giurisdizionale; a suo avviso, la soluzione scelta dal Governo è valida e potrà essere sostenuta in quella sede. Quanto all’entità del danno, ritiene che la valutazione prudenziale del Procuratore Generale della Corte dei conti è senz’altro solo teorica, poiché i giudici contabili faranno prevalere la tesi dell’inefficacia del comma 1343.

 

 Il senatore SAPORITO (AN) ringrazia il sottosegretario Lettieri per l’informativa esauriente e puntuale. Teme, peraltro, che la disposizione abrogativa non raggiunga l’effetto desiderato e invita il Governo a predisporsi per affrontare la questione in sede giurisdizionale.

 

 Il senatore SINISI (Ulivo) ritiene che le previsioni circa il danno che si determinerebbe con l’entrata in vigore del comma 1343 siano eccessive. Ricorda di aver sottoscritto la proposta di modifica che poi è stata introdotta parzialmente nel maxiemendamento su cui il Governo ha posto la questione di fiducia, ritenendo necessario limitare la responsabilità dell’amministratore pubblico al periodo in cui egli è investito della carica; sarebbe stato opportuno, tuttavia, escludere l’applicazione del comma 1343 per i procedimenti pendenti. Auspica che in futuro la Commissione affronti con maggiore serenità la materia, individuando una soluzione rispondente ai princìpi di giustizia.

 

 Il relatore VILLONE (Ulivo) esprime apprezzamento per i chiarimenti forniti dal rappresentante del Governo. Egli condivide alcune perplessità sull’idoneità della disposizione abrogativa, ma ritiene che altre soluzioni indicate siano anche più inadatte. Propone di rinviare la discussione sul tema della responsabilità dei pubblici amministratori a un’altra occasione, esprimendosi intanto con favore sul disegno di legge in esame.

 

 Si procede quindi alle dichiarazioni di voto sul mandato da conferire al relatore per proporre al Senato la conversione in legge del decreto-legge.

 

 Il senatore SARO (DC-PRI-IND-MPA) ritiene che le previsioni riferite dal rappresentante del Governo sul danno erariale siano eccessivamente pessimiste. Semmai si dovrebbero acquisire elementi informativi sul gettito assicurato all’erario dall’attività delle Procure della Corte dei conti, a suo parere molto esiguo. Si augura che in sede parlamentare si esamini la questione della responsabilità amministrativa, assumendo provvedimenti per accelerare i processi contabili.

 Preannuncia, quindi, un voto di astensione.

 

 Il senatore PASTORE (FI), a nome del suo Gruppo, preannuncia un voto di astensione, ritenendo che il decreto-legge sia inidoneo a ripristinare la situazione giuridica precedente.

 

 Il senatore SAPORITO (AN) dichiara il voto di astensione del suo Gruppo per le motivazioni già espresse durante la discussione.

 

 Anche il senatore MAFFIOLI (UDC), a nome del suo Gruppo, preannuncia un voto di astensione.

 

 Accertata la presenza del prescritto numero di senatori, la Commissione conferisce al relatore Villone il mandato a riferire favorevolmente all’Assemblea per l’approvazione del disegno di legge in titolo, con la richiesta di autorizzazione a svolgere la relazione orale.

 


EMENDAMENTI AL DISEGNO DI LEGGE (AL TESTO DEL DECRETO-LEGGE) N° 1236

 

Art. 1

 

1.1 CARRARA, PALMA, PASTORE

INAMMISSIBILE

Sostituire l'articolo con il seguente:

«Art. 1

 1. L'articolo 1 della legge 27 dicembre 2006, n. 296, entra in vigore previa sostituzione al comma 1343 delle parole: "è stata realizzata la condotta produttiva di danno" con le parole: "si è prodotto il fatto dannoso".»

 

1.0.1 MARTINAT, SAPORITO, PONTONE, BUTTI, COLLINO

IMPROPONIBILE

Dopo l'articolo, inserire il seguente:

«Art. 1-...

 1. All'articolo 2 del decreto-legge 3 ottobre 2006, n. 262, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 novembre 2006, n. 286, per come da ultimo modificato dalla legge 27 dicembre 2006, n. 296, articolo 1, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) al comma 85, di modifica dell'articolo 11, comma 5, della legge 23 dicembre 1992, n. 498, le lettere e) e d) ed il primo periodo della lettera f) sono abrogate;

b) i commi 87 e 88 sono abrogati;

c) al comma 89 di modifica dell'articolo 21, comma 5, del D.L. 24 dicembre 2003, n. 355, convertito, con modificazioni, dalla legge 27 febbraio 2004, n. 47, il capoverso 5 è abrogato.»

 

1.0.6 SAPORITO, MATTEOLI, COLLINO

IMPROPONIBILE

Dopo l'articolo, inserire il seguente:

«Art. 1-...

 1. All'articolo 2 del decreto legge 3 ottobre 2006, n. 262, convertito con modificazioni dalla legge 24 novembre 2006, n. 286, i commi da 159 a 162 sono abrogati.»

 

1.0.3 SAPORITO, MATTEOLI, COLLINO

IMPROPONIBILE

Dopo l'articolo, inserire il seguente:

«Art. 1-...

 1. All'articolo 1 della legge 27 dicembre 2006, n. 296, i commi da 404 a 407 sono abrogati.»

 

1.0.2 SAPORITO, MATTEOLI, COLLINO

IMPROPONIBILE

Dopo l'articolo, inserire il seguente:

«Art. 1-...

 1. All'articolo 1 della legge 27 dicembre 2006, n. 296, i commi da 430 a 433 sono abrogati.»

 

1.0.4 SAPORITO, MATTEOLI, COLLINO

IMPROPONIBILE

Dopo l'articolo, inserire il seguente:

«Art. 1-...

 1. All'articolo 1 della legge 27 dicembre 2006, n. 296, dopo il comma 522 è aggiunto il seguente:

"522-bis. Al fine di assicurare l'espletamento delle funzioni istituzionali, possono essere ulteriormente prorogati per l'intero anno 2007, a tutti gli effetti di legge, i contratti a tempo determinato stipulati dalla Croce Rossa Italiana e già prorogati ai sensi dell'articolo 5 del decreto-legge 10 gennaio 2006, n. 4, convertito, con modificazioni, dalla legge 9 marzo 2006, n. 80. Alla copertura del relativo onere si provvede con le ordinarie dotazioni finanziarie della CRI senza ulteriori aggravi per le finanze pubbliche".»

 

1.0.5 SAPORITO, MATTEOLI, COLLINO

IMPROPONIBILE

Dopo l'articolo, inserire il seguente:

«Art. 1-...

 1. All'articolo 1 della legge 27 dicembre 2006, n. 296, dopo il comma 777 è inserito il seguente:

"777-bis. Le disposizioni dell'articolo 1, comma 2, della legge 23 novembre 1998, n. 407, e successive modificazioni e integrazioni, sono estese agli orfani o, in alternativa, al coniuge superstite di coloro che siano morti per fatto di lavoro, ovvero siano deceduti a causa dell'aggravarsi delle mutilazioni o infermità che diedero luogo a trattamento di rendita di infortunio sul lavoro, nonché ai figli, o in alternativa, al coniuge di coloro che, per fatto di lavoro siano divenuti permanentemente inabili al 100 per cento".»

 


Esame in sede consultiva

 


 

AFFARI COSTITUZIONALI (1a)

MERCOLEDÌ 17 GENNAIO 2007

66ª Seduta (pomeridiana)

 

Presidenza del Vice Presidente

CALVI

indi del Presidente

BIANCO

 Interviene il sottosegretario di Stato per l'economia e le finanze Lettieri.

Intervengono, ai sensi dell'articolo 48 del Regolamento, per la Conferenza delle Regioni e delle Province autonome l’assessore Andrea Abbamonte, accompagnato da Paolo Alessandrini, Daniela Banchini, Michele Bove, Paolo Matina e Claudio Paolini, per l'Associazione Italiana per l'Information Technology il direttore generale Federico Barilli, accompagnato da Fabrizio Bianchi, Anna Borioni e Giuseppe Neri, per la Federazione italiana dei servizi pubblici di igiene ambientale il presidente Daniele Fortini, accompagnato da Filippo Brandolini e Gianluca Cencia, per la Federazione delle Imprese Energetiche e Idriche il presidente aggiunto Mauro D'Ascenzi, accompagnato da Renato Drusiani, Franco Perasso e Giorgio Soldadino, e per la Federazione Imprese di Servizi il presidente di FISE Assoambiente Pietro Colucci, accompagnato da Paolo Cesco e Giuseppe Gherardelli.

 

La seduta inizia alle ore 15,20.

 

IN SEDE CONSULTIVA

(1236) Conversione in legge del decreto-legge 27 dicembre 2006, n. 299, concernente abrogazione del comma 1343 dell'articolo 1 della legge 27 dicembre 2006, n. 296, recante disposizioni in materia di decorrenza del termine di prescrizione per la responsabilità amministrativa

(Parere ai sensi dell'articolo 78, comma 3, del Regolamento. Esame e rinvio)

 

 Il relatore VILLONE (Ulivo) illustra i motivi di necessità e urgenza del decreto-legge n. 299, intervenuto dopo la promulgazione e la pubblicazione della legge finanziaria per evitare che la norma del suo comma 1343, producesse effetti.

 Ricorda che in occasione di un caso analogo verificatosi nella scorsa legislatura fu posta la questione se la correzione di un errore costituisse un motivo sufficiente a fondare l’urgenza del provvedimento. In proposito, osserva che il requisito dell’urgenza è dimostrato non già dall’esigenza di correggere un errore materiale quanto piuttosto dall’esigenza di non consentire la produzione degli effetti giuridici della norma in questione. Rammenta infine il tentativo di espungere la norma dal testo della legge finanziaria che fu esperito prima della sua votazione finale, fallito il quale fu immediatamente esplicitata l’esigenza di intervenire mediante un provvedimento d’urgenza.

 Conclude, proponendo l’espressione di un parere favorevole sulla sussistenza dei presupposti costituzionali e rinviando all’esame in sede referente la valutazione di ulteriori profili attinenti alla costituzionalità del provvedimento.

 

 Il PRESIDENTE ringrazia il relatore, in particolare per l’attenzione a distinguere l’esame dei presupposti costituzionali da quello di altri profili di legittimità o di merito del disegno di legge.

 

 Il seguito dell’esame è quindi rinviato.

 

La seduta termina alle ore 17,40.

 

 

 


AFFARI COSTITUZIONALI (1a)

MARTEDÌ 23 GENNAIO 2007

67ª Seduta

 

Presidenza del Presidente

BIANCO

 

 Interviene il sottosegretario di Stato per l'economia e le finanze Lettieri.

La seduta inizia alle ore 15,35.

 

IN SEDE CONSULTIVA

 

(1236) Conversione in legge del decreto-legge 27 dicembre 2006, n. 299, concernente abrogazione del comma 1343 dell'articolo 1 della legge 27 dicembre 2006, n. 296, recante disposizioni in materia di decorrenza del termine di prescrizione per la responsabilità amministrativa

(Parere ai sensi dell'articolo 78, comma 3, del Regolamento. Seguito e conclusione dell'esame. Parere favorevole)

 

 Prosegue l'esame, sospeso nella seduta del 17 gennaio.

 

 Il senatore SARO (DC-PRI-IND-MPA) ritiene che la norma della legge finanziaria che il Governo ha inteso abrogare non avrebbe potuto determinare concreti effetti giuridici e che pertanto, a suo avviso, non sarebbe stato necessario intervenire con un provvedimento d’urgenza. L’iniziativa del Governo, invece, a suo giudizio deve ricondursi al conflitto in atto all’interno della maggioranza fra la componente giustizialista e quella che vorrebbe dare soluzione al problema dei tempi eccessivi dei processi amministrativi e contabili.

 

 Il senatore PASTORE (FI) osserva che l’eccezionale complessità della legge finanziaria per il 2007, composta da quasi 1400 commi è fra le cause principali che hanno determinato l’introduzione in quel provvedimento di una norma, il comma 1343, censurabile sia nella sostanza, sia per la sede in cui è stata disciplinata la materia. In proposito ribadisce l’esigenza di introdurre procedure parlamentari che consentano effettivamente di valutare le proposte emendative, soprattutto nel caso in cui il Governo proponga la questione di fiducia.

 Tuttavia, a suo avviso, sarebbe stato preferibile che la Camera dei deputati modificasse il disegno di legge di finanziaria sopprimendo il comma 1343, trasmettendo nuovamente il provvedimento al Senato per l’approvazione definitiva entro il 31 dicembre.

 Il decreto-legge, a suo avviso, è censurabile perché abroga una norma mai entrata in vigore, attraverso una tecnica legislativa disinvolta.

 

 Il senatore SAPORITO (AN) condivide l’obiettivo che si propone il Governo di sopprimere il comma 1343 dell’articolo 1 della legge finanziaria per il 2007. Ritiene tuttavia inappropriato il ricorso a un provvedimento d’urgenza, che potrebbe essere censurato sotto il profilo costituzionale per l’insussistenza dei requisiti di necessità e urgenza. In proposito invita il Governo a integrare la relazione che accompagna il disegno di legge in esame chiarendo più approfonditamente i presupposti costituzionali, che si fonderebbero - secondo la relazione stessa - sul grave danno che avrebbe provocato all’erario l’entrata in vigore del comma 1343.

 

 Il sottosegretario LETTIERI ricorda che la Corte dei conti ha più volte sottolineato che il termine della prescrizione della responsabilità amministrativa decorre dal momento in cui si verifica l’evento dannoso o dal momento in cui esso emerge, mentre l’ipotesi di una prescrizione che decorra dal momento in cui si realizza la condotta produttiva del danno contrasterebbe con l’articolo 2935 del codice civile, che disciplina la decorrenza della prescrizione, e con il principio della difesa di diritti in giudizio di cui all’articolo 24 della Costituzione. Osserva che, in particolare nel caso di responsabilità indiretta, il comma 1343 avrebbe potuto determinare la prescrizione ancor prima dell’avvio dell’azione per responsabilità amministrativa.

 Inoltre, l’entrata in vigore del comma 1343 avrebbe avuto gravi conseguenze, a causa del principio della norma sanzionatoria più favorevole.

 

 Il senatore MANTOVANO (AN) ricorda che la giurisprudenza prevalente concorda nell’escludere la validità del principio della legge più favorevole nel caso di norme sanzionatorie non penali.

 Piuttosto, occorre chiedersi se la disposizione che abroga una norma non ancora entrata in vigore abbia un effetto realmente abrogativo: la soluzione scelta dal Governo appare rischiosa perché nel caso di censura per insussistenza dei presupposti costituzionali l’obiettivo non sarebbe raggiunto.

 Infine, chiede che il Governo faccia completa chiarezza sulla responsabilità della vicenda, spiegando come sia potuto accadere che il comma 1343 sia stato inserito nell’emendamento sul quale è stata posta la questione di fiducia.

 

 Il senatore PALMA (FI) giudica incomprensibile il comportamento della maggioranza che irresponsabilmente, e contraddicendo le numerose proclamazioni di serietà del Governo, ha escluso l’ipotesi di una modifica del disegno di legge finanziaria attraverso un’ulteriore lettura parlamentare.

 A suo avviso, non è calzante il richiamo al precedente del 2004, quando il Governo intervenne per abrogare una norma inopinatamente inserita nel disegno di legge finanziaria. Nella sostanza, egli ritiene, che la vicenda potrà dirimersi solo in sede giurisprudenziale e che dunque il provvedimento d’urgenza emanato dal Governo abbia un valore solo enunciativo.

 Chiede infine al Governo di fornire informazioni sul numero dei processi contabili che si interromperebbero e sull’entità del danno erariale conseguente, in caso di vigenza del comma 1343.

 

 Il relatore VILLONE (Ulivo) ringrazia i senatori intervenuti per le questioni rilevanti che hanno posto. Un esame approfondito di quei temi potrà svolgersi nella discussione generale, in sede referente.

 

 Si passa quindi alla votazione del parere favorevole proposto dal relatore.

 

 Il senatore PASTORE (FI) preannuncia il voto contrario del suo Gruppo ritenendo che l’abrogazione della disposizione mediante un provvedimento d’urgenza sia non trasparente e inefficace. Si associa alla richiesta al Governo di argomentare nel dettaglio i requisiti di necessità e urgenza e di fornire informazioni sull’entità del danno che si determinerebbe con l’entrata in vigore del comma 1343.

 

Il senatore SARO (DC-PRI-IND-MPA) preannuncia un voto contrario. Egli giudica non necessaria l’abrogazione così disposta e anzi ritiene che si debba intervenire per evitare che gli amministratori pubblici restino per anni sub iudice a causa della eccezionale lunghezza dei processi civili e contabili.

 

Il senatore CALDEROLI (LNP) preannuncia il voto contrario del suo Gruppo. Ricorda che in qualità di Presidente di turno del Senato prima del voto sulla questione di fiducia posta dal Governo durante l’esame del disegno di legge finanziaria si era adoperato per verificare la possibilità di espungere il comma 1343 dal maxiemendamento; quel tentativo, tuttavia, non ebbe esito positivo.

L’abrogazione di una norma mai entrata in vigore, a suo giudizio, pone il rischio di un grave contenzioso, anche costituzionale che potrebbe pregiudicare il conseguimento dell’obiettivo che il Governo si propone.

 

Il sottosegretario LETTIERI, a nome del Governo, si riserva di fornire gli elementi informativi richiesti dal senatore Palma e di trasmettere alla Commissione la relazione chiesta dal Ministro dell’economia e delle finanze al Capo di gabinetto sulla vicenda che ha portato all’inserimento della norma di cui al comma 1343 nell’emendamento al disegno di legge finanziaria su cui il Governo ha posto la questione di fiducia.

 

Accertata la presenza del prescritto numero di senatori, la Commissione approva il parere favorevole sulla sussistenza dei presupposti costituzionali proposto dal relatore.

 


BILANCIO (5a)

Sottocommissione per i pareri

 

MERCOLEDÌ 24 GENNAIO 2007

29ª Seduta (antimeridiana)

 

Presidenza del Presidente

MORANDO

 Interviene il sottosegretario di Stato per l'economia e le finanze Cento.

 

La seduta inizia alle ore 9,05.

(1236) Conversione in legge del decreto-legge 27 dicembre 2006, n. 299, concernente abrogazione del comma 1343 dell' articolo 1 della legge 27 dicembre 2006, n. 296, recante disposizioni in materia di decorrenza del termine di prescrizione per la responsabilità amministrativa

(Parere alla 1a Commissione. Esame. Parere non ostativo)

 

 Il presidente MORANDO(Ulivo), in qualità di relatore, illustra il disegno di legge in titolo, segnalando, per quanto di competenza, che si tratta del disegno di legge di conversione del decreto-legge n. 299 del 2006, concernente l’abrogazione della disposizione in materia di decorrenza del termine di prescrizione per la responsabilità amministrativa.

 Rileva al riguardo che, per quanto di competenza, non vi sono osservazioni da formulare.

 

 Il senatore FERRARA (FI) richiama all’attenzione la questione relativa ai profili temporali dell’entrata in vigore della norma sulla responsabilità contabile contenuta nella Legge finanziaria e del relativo decreto-legge correttivo, attualmente in sede di conversione con il disegno di legge in esame. Rileva che il problema sollevato al momento della firma da parte del presidente della Repubblica potrebbe presentare una influenza seppur marginale sugli aspetti contabili, per cui risulterebbe auspicabile una dichiarazione sul punto da parte del rappresentante del Governo alla Commissione bilancio.

 

 Il presidente MORANDO, dopo aver evidenziato che i profili relativi alla contestualità dell’entrata in vigore della norma contenuta nella Legge finanziaria e del decreto-legge "correttivo" ora in sede di conversione risultano all’esame della 1a Commissione, propone di rendere un parere non ostativo sul disegno di legge in esame.

 

 La Commissione conviene.

 

 


Discussione in Assemblea

 


SENATO DELLA REPUBBLICA

¾¾¾¾¾¾¾¾¾  XIV LEGISLATURA  ¾¾¾¾¾¾¾¾¾

 

96a SEDUTA

PUBBLICA

RESOCONTO STENOGRAFICO

MARTEDI' 30 GENNAIO 2007

 

Presidenza del vice presidente ANGIUS

 

 

 

Calendario dei lavori dell'Assemblea

(omissis)

Gli emendamenti al disegno di legge n. 1236 (Decreto-legge abrogazione prescrizione reati contabili) dovranno essere presentati entro le ore 19 di martedì 30 gennaio.

(omissis)

 

 


 

 

 

 

Senato della Repubblica

XV LEGISLATURA

 

Assemblea

 

 

 

 

RESOCONTO SOMMARIO

RESOCONTO STENOGRAFICO

ALLEGATI

 

 

ASSEMBLEA

 

97a seduta pubblica (antimeridiana):

 

 

Martedì, 31 gennaio 2007

 

Presidenza del presidente MARINI,
indi del vice presidente CAPRILI

 

 

Discussione del disegno di legge:

(1236) Conversione in legge del decreto-legge 27 dicembre 2006, n. 299, concernente abrogazione del comma 1343 dell'articolo 1 della legge 27 dicembre 2006, n. 296, recante disposizioni in materia di decorrenza del termine di prescrizione per la responsabilità amministrativa (Relazione orale) (ore 9,48)

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione del disegno di legge n. 1236.

Il relatore, senatore Villone, ha chiesto l'autorizzazione a svolgere la relazione orale. Non facendosi osservazioni la richiesta si intende accolta.

Pertanto, ha facoltà di parlare il relatore.

*VILLONE, relatore. Signor Presidente, oggi discutiamo l'atto Senato n. 1236, il decreto-legge con il quale è stato abrogato il comma 1343 dell'articolo 1 della legge n. 296 del 2006.

In realtà si tratta di una storia che è cominciata anni addietro. Per l'esattezza nel 1994, anno nel quale fu adottata la legge n. 20 che ridefiniva nel suo complesso l'istituto della responsabilità contabile-amministrativa, e disciplinava in modo specifico l'istituto della prescrizione dell'azione per responsabilità del danno da parte del pubblico amministratore.

Bisogna ricordare il contesto di quel particolare momento. Ci trovavamo nel mezzo di una gravissima crisi di sistema, crisi che investiva le istituzioni, gli apparati pubblici e i partiti politici. Una delle risposte data in quegli anni fu un investimento politico-istituzionale sul sistema delle autonomie. Tutti ricordiamo che nel 1993 fu adottata la legge sull'elezione diretta dei Sindaci e Presidenti di Provincia. Ebbe inizio un'ampia opera di riforma legislativa tendente a ridefinire gli assetti generali di sistema, in particolare alleggerendo i profili della responsabilità formale, puntando maggiormente sulla capacità sostanziale degli apparati pubblici e delle istituzioni di rispondere ai cittadini, nel senso di amministrazioni più vicine ai cittadini stessi. Più responsabilità nella sostanza, e minori paletti formali e giuridici.

Nell'ambito di questa operazione fu, appunto, rivista anche la responsabilità davanti alla Corte dei conti. Non fu, quindi, un intervento occasionale. Fu ridefinita in maniera sostanziale perché nella legislazione precedente la prescrizione - come i colleghi ricordano - era decennale e la responsabilità era integrale, mentre con la legge n. 20 del 1994 si passò ad una prescrizione quinquennale e si espunse la colpa lieve dall'ambito della responsabilità.

La legge n. 20 del 1994 puntò quindi a un forte alleggerimento della responsabilità degli amministratori perché, in particolare dal mondo delle autonomie, veniva la domanda di avere un'amministrazione che non dovesse essere assoggettata ad una estrema lunghezza dei giudizi davanti alla Corte dei conti, con casi nei quali un amministratore, che magari ormai da 20 anni aveva lasciato il suo incarico, si vedeva assoggettato a giudizio e perseguito per il danno, con il passaggio, tra l'altro, agli eredi della relativa obbligazione. Tale era la regola in quel momento. L'alleggerimento della responsabilità fu quindi importante e rispose ad un intento di sistema. Il quadro normativo è poi rimasto sostanzialmente quello definito con la legge n. 20 (ci fu una leggina un paio di anni dopo, ma per profili minori che non toccano la discussione in quest'Aula).

In questo quadro normativo si inserisce il comma 1343 della legge finanziaria. Che cosa dispone? Stabilisce che nell'articolo 1 della legge n. 20 del 1994 (quella che ho appena citato) le parole: «si è verificato il fatto dannoso», sono sostituite dalle seguenti: «è stata realizzata la condotta produttiva di danno». Per chi non è del mestiere, una modifica apparentemente piccola, marginale, ininfluente: dal danno si passa alla condotta produttiva di danno.

Invece, anche se apparentemente cambia poco, in termini giuridici cambia moltissimo. Qual è la differenza? È importante cogliere che nella legge del 1994, pur con un alleggerimento del carico quantitativo della responsabilità, si manteneva intatto il modello generale. La responsabilità per danno dell'amministratore è pur sempre una responsabilità per danno, non ha una sua diversità ontologica, genetica: il danno veniva quindi riferito all'effettivo prodursi del fatto dannoso. Con il comma 1343 si rompe invece questo legame con il modello generale di responsabilità.

Faccio un esempio: supponiamo che io stia guidando un'automobile e che, per un mio errore di guida (velocità elevata, frenata tardiva, manovra sbagliata), provochi un incidente. Ovviamente la prescrizione per l'azione di danno verso di me decorre dal momento in cui l'incidente si verifica. Supponiamo, invece - secondo esempio -, che l'incidente si verifichi, non perché ho sbagliato nella manovra, non ho frenato o ho avuto una velocità eccessiva, ma perché anni addietro, nel corso di una normale operazione di manutenzione, ho sostituito un pezzo, comprandolo di seconda mano per risparmiare, non originale. Ho messo quindi un pezzo nella mia automobile che è strutturalmente debole e che, cedendo, ha causato l'incidente.

Quindi, non il mio errore di guida, ma il cedimento del pezzo meccanico da me acquistato anni fa ha causato l'incidente. Ora, secondo il modello generale della responsabilità, anche in questo secondo caso la prescrizione per il danno da me prodotto decorre dal momento dell'incidente. Diversamente, se si dicesse che quella prescrizione decorre dal momento in cui ho acquistato il pezzo sbagliato e difettoso, che è la condotta produttiva del danno, si potrebbe avere paradossalmente il risultato che il danno è già prescritto nel momento in cui si verifica, perché quel pezzo l'ho acquistato in un tempo antecedente e talmente risalente da aver fatto decorrere l'intero termine di prescrizione prima dell'incidente.

Ebbene, con il comma 1343 si fa esattamente questo tipo di operazione. In sostanza, il danno dell'amministratore si fa ricadere nella seconda ipotesi. Come se vedessi prescritto il danno da me prodotto guidando l'automobile non dal verificarsi dell'incidente, ma dall'acquisto del pezzo difettoso. Si fa riferimento non al danno che si è prodotto, ma alla condotta produttiva di danno, che può essere immediatamente antecedente, o anche molto risalente nel tempo. Determinandosi quindi la paradossale conseguenza che potrebbero esservi danni prodotti dall'amministratore già prescritti quanto all'azione di risarcimento nel momento in cui il danno si produce, perché la condotta è precedente di un tempo sufficientemente lungo da aver fatto decorrere il termine della prescrizione.

Sipotrebbero avere conseguenze paradossali. Si potrebbe persino avere un «ritardo assicurativo». Io amministratore tengo una condotta: ma temendo che possa venirne un danno, ritardo l'esecuzione fino a quando non mi avvicino talmente al termine di prescrizione da mettermi al riparo dalle possibili conseguenze.

Quindi, questa modifica introdotta dal comma 1343 va capita. E' sembrato che qualcuno l'argomentasse come un giusto riconoscimento, di esigenze del tutto ovvie. Tale non è, perché introduce un elemento di grave difformità rispetto al modello generale della responsabilità. Con due ordini di effetti. Il primo immediato, vale a dire l'effetto sui giudizi in corso con l'azzeramento di un numero che nel momento dell'approvazione della finanziaria non era quantificato e che adesso, invece, è stato possibile quantificare. Ieri in Commissione è pervenuta un'informativa da parte della Corte dei conti che ci ha chiarito che sarebbero molte migliaia i giudizi che verrebbero immediatamente azzerati, con una sicura perdita di gettito per l'Erario.

Dunque - ripeto - il primo effetto immediato consiste nell'azzeramento dei giudizi in corso e nella perdita di gettito per l'Erario. Il secondo effetto, generale, è sulla definizione della responsabilità degli amministratori. Dall'esempio che ho fatto si evince con chiarezza - che diventerebbe del tutto evanescente. Basti pensare che la condotta produttiva del danno normalmente potrebbe essere la delibera assunta da un organo amministrativo. Ovviamente, fino a quando il danno concretamente si produce non può partire nessuna azione di responsabilità. Magari, il danno si realizza quando si fa un pagamento alcuni anni più tardi, e a quel punto il termine di prescrizione è già in larga misura decorso.

Quindi, la responsabilità dell'amministratore diventerebbe una mera eventualità, con una ampia possibilità di condotte produttive di danno per le quali nessuno verrebbe chiamato tecnicamente a rispondere.

Quindi dal comma 1343 derivano due ordini di effetti. Ripeto: uno nell'immediato, sul transitorio, per intenderci, e uno in termini generali. Evidentemente si tratta di un errore, di uno sbaglio. È chiaro che possiamo porci il problema di velocizzare i giudizi davanti alla Corte dei conti. Ancora adesso sicuramente può capitare e capita che la richiesta di risarcimento venga posta al pubblico amministratore molti anni dopo il verificarsi del danno.

Io stesso ho avuto modo di verificare che i tempi sono spesso troppo lunghi. Questo è un problema che si può e si deve affrontare, ma non agendo sulla prescrizione - questo è il punto - che invece è stato lo strumento utilizzato nella specie. Quindi, non c'è dubbio che questo comma 1343 si dovesse cancellare essendo chiarissimo e indiscutibile l'errore legislativo, fatto con buona intenzione ma con pessimi effetti.

Come si poteva cancellare? Intanto voglio ricordare all'Assemblea che si è provato a cancellarlo nell'immediato, non appena ci si è resi conto che il problema esisteva. Ricordo gli interventi dei colleghi Salvi e Manzione già in apertura di discussione della finanziaria. Nel dibattito sulla fiducia io stesso ho sottolineato con molta durezza la necessità di porre riparo, e ho argomentato l'inammissibilità per l'evidente mancanza di copertura, trattandosi di un comma che in ipotesi determinava indiscutibilmente un minore gettito per l'Erario. Uno dei canoni fondamentali della finanziaria è che ogni norma deve prevedere una specifica copertura.

Voglio dare atto in questa Assemblea, che forse non ricorda quella fase della discussione, al collega Calderoli, che presiedeva l'Aula in quel momento, di avere colto subito l'argomento che io ponevo circa l'ammissibilità e di essersi dichiarato disponibile a rimettere in quel momento stesso la questione alla Commissione bilancio perché vi fosse una valutazione specifica, dal momento che nella pressione dei tempi della mattinata - eravamo nella seduta pomeridiana del 14 dicembre - la Commissione bilancio non aveva colto questo specifico punto.

Il presidente della Commissione bilancio Morando espresse la sua disponibilità a quel passaggio immediato per espungere hic et nunc il comma 1343. Le forze politiche di maggioranza, ed anche quelle di opposizione, si dichiararono tutte favorevoli. Ma conclusivamente i colleghi di Forza Italia e AN mutarono la posizione iniziale e non diedero il consenso all'apertura di questa «finestra» nella Commissione bilancio. Avendo correttamente il presidente Morando chiesto che vi fosse un consenso unanime dall'Aula, la contrarietà di Forza Italia e AN impedì che si procedesse immediatamente alla soppressione del comma 1343. Lo dico perché qualche critica venuta dopo si segnala per strumentalità. Non dovremmo essere qui a discutere di questo decreto-legge. (Commenti del senatore Storace).

Senatore Storace, voi ci avete portato oggi a discutere di questo decreto-legge. Voi avete impedito che quel comma fosse immediatamente espunto dal disegno di legge finanziaria in discussione. Non lo si deve dimenticare. Non voglio con ciò fare polemiche con il collega Storace o con altri ma sono fatti documentati che risultano dal Resoconto stenografico dell'Aula.

 

FERRARA (FI). Questo è falso.

 

STORACE (AN). Perde la causa, avvocato.

 

VILLONE, relatore. Quanto sto dicendo si può evincere dai Resoconti stenografici dell'Aula. Non sono mie opinioni personali. Sono fatti documentati e certificati.

 

FERRARA (FI). Le ripeto che quello che sta dicendo è falso.

 

VILLONE, relatore. Si legga i Resoconti stenografici dell'Aula. Altro che falso! Sono riportate le vostre dichiarazioni. Lei non può accusarmi di dire il falso. Lei non sa quello che sta dicendo.

PRESIDENTE. Senatore Villone, la prego di non dare inizio ad una discussione al riguardo.

VILLONE, relatore. Se sa leggere, legga i Resoconti stenografici.

PRESIDENTE. Senatore Villone, vada avanti.

FERRARA (FI). Dopo avrò modo di leggerlo io il Resoconto stenografico. (Commenti del senatore Storace).

 

PRESIDENTE. Avrete modo di intervenire in seguito. Fate finire al senatore Villone l'esposizione della relazione.

 

VILLONE, relatore. Signor Presidente, la reazione dei colleghi dimostra con chiarezza che quando si fa un errore, poi dopo quello stesso errore scotta. I colleghi dell'opposizione hanno sbagliato. Presidente, lo voglio dire, esistono perfino leggende metropolitane - le riferisco come tali, perché invece quello che ho detto fin qui è certificato dai verbali - secondo cui il collega senatore Fuda avrebbe anche avuto profferte dall'opposizione di sostegno, in cambio di un passaggio di casacca e colore.

 

PRESIDENTE. Senatore, se sono leggende metropolitane lasciamole stare.

 

VILLONE, relatore. La riferisco come leggenda metropolitana e dico che non ci voglio credere. Ma il resto è certificato dagli atti di questa Aula, è scritto nei Resoconti stenografici.

 

FERRARA (FI). Continuo a ripetere che quello che dice il presidente Villone è falso.

 

SALVI (Ulivo). Contesto che il senatore Villone possa dire il falso.

 

PRESIDENTE. Senatore Salvi, il senatore Villone è in grado di difendersi da solo con grandissima efficacia.

 

FERRARA (FI). Salvi, io so quello che dico. Questa causa la vinco.

 

VILLONE, relatore. Io dico che chi dice che io dico il falso o non ha letto i verbali o è un analfabeta, politico o in senso tecnico.

 

PRESIDENTE. Senatore Villone, vada avanti con la relazione.

 

VILLONE, relatore. Signor Presidente, basta leggere i Resoconti stenografici. Il popolo italiano ci ascolta, i verbali sono su Internet: i cittadini italiani li leggano e vedano chi sono i colleghi che qui, da questo microfono dove io parlo oggi, hanno detto no alla richiesta di tornare immediatamente in Commissione bilancio.

 

PALMA (FI). Era una forzatura.

 

VILLONE, relatore. Quindi, visto che non eravamo riusciti a eliminare subito il comma 1343, si poneva il problema di come fare. Certo, tecnicamente si poteva aprire una navetta, si poteva quindi modificare nella Camera dei deputati e poi ritornare. Ma io non ritengo di censurare la decisione che non fosse il caso di tornare in Parlamento tra Natale e Capodanno a discutere su un singolo comma. Quindi si è scelta la strada del decreto-legge, perché, a quel punto, se non vi era il decreto‑legge il risultato non si poteva conseguire.

La finanziaria produce effetti dal 1° gennaio. Una legge ordinaria sarebbe comunque entrata in vigore dopo e quindi, siccome la prescrizione è una fattispecie a effetto istantaneo, comunque si sarebbe avuto l'effetto estintivo e si sarebbe poi dovuto intervenire retroattivamente su una fattispecie estinta con una grave rottura dei principi. Invece era possibile, essendo la finanziaria promulgata e pubblicata ed essendo la finanziaria stessa una legge a effetto differito, perché gli effetti si producono dal primo gennaio, nell'intertempo tra la promulgazione e la pubblicazione e il prodursi degli effetti si poteva intervenire con un decreto che cancellasse la norma.

A questo punto è sorta una questione: si può o non si può intervenire dopo la promulgazione e pubblicazione e prima, nel caso della finanziaria, del primo gennaio? Esiste, cioè, la norma in quell'intertempo? Perché è questa la domanda dal punto di vista giuridico. Non vi è dubbio che esista. La promulgazione e la pubblicazione servono esattamente a far entrare la norma, secondo quello che dicono i manuali, nel sistema giuridico e, come tale, da quel momento la norma esiste. Che poi produca i suoi effetti o no è altra questione: può produrli dopo, molto dopo, poco dopo, subito, ma questa è una cosa che può essere diversamente disciplinata dalla stessa legge. Non vi è dubbio che, nel momento della promulgazione e della pubblicazione, viene in esistenza la norma giuridica, che quindi diventa oggetto di un possibile intervento da parte di successiva norma.

Voglio fare un esempio perché, per paradosso, i giuristi qualche volta riescono a farsi capire, e per dimostrare che con la promulgazione e la pubblicazione si fa tutto ciò che è necessario per il venire in essere della legge, e dunque la si rende possibile oggetto di successiva trattazione normativa. Supponiamo di avere una legge "A" che pone in essere una certa disciplina e condiziona il produrre dei propri effetti all'entrata in vigore di una legge "B".

Supponiamo che la legge "B" non venga mai adottata. Secondo la mia tesi posso avere una legge "C" che vada ad abrogare la legge "A", e la cancelli dal sistema giuridico. Secondo la tesi contrapposta, che oggi nega la possibilità che il decreto tocchi il comma 1343 della finanziaria, una legge "C" non potrebbe mai cancellare la legge "A", che rimarrebbe indefinitamente agli atti, pur non producendo mai alcun effetto.

Quindi, nonostante l'autorevole opinione anche di miei colleghi costituzionalisti - che va tenuta in debito conto, ben inteso, ma ritengo non debba essere condivisa - la legge finanziaria promulgata e pubblicata poteva essere toccata nel comma 1343 da una successiva legislazione, prima del 1° gennaio e, quindi, del prodursi dei suoi effetti.

Naturalmente, è vero che il decreto-legge poteva anche teoricamente avere un contenuto diverso: per esempio, si poteva pensare ad un provvedimento che, piuttosto che abrogare il comma 1343, ne spostasse in avanti il termine di applicazione, dando il tempo per un successivo intervento per decreto o per legge ordinaria. Questo è possibile. Infatti è una tesi che i colleghi hanno argomentato in Commissione. Però, se partiamo dalla premessa che il decreto poteva toccare il comma 1343 - infatti, affermare che se ne sposta il termine di efficacia e di applicazione significa toccarlo normativamente - mi domando per quali ragioni non abrogarlo. Noi, infatti, possiamo toccarlo o meno; o esiste o non esiste. Se esiste, possiamo scegliere se rinviarlo nel tempo o abrogarlo, allora decido di abrogarlo. Allora, decido di abrogarlo, posto che posso toccarlo con una normazione successiva, prima del 1° gennaio. Pertanto, è vero quanto i colleghi hanno argomentato: si poteva varare un decreto-legge di contenuto diverso. Ma a quel punto la scelta politica opportuna era quella di abrogare, e non già di operare in modo diverso sul comma 1343.

Dunque, il decreto era tecnicamente possibile, doveroso e politicamente opportuno, perché era stato fatto un errore, perché con il comma 1343 era stato preso un indirizzo sbagliato, soprattutto in un momento in cui - esprimo la mia personale opinione su questo - non si avverte l'utilità o il bisogno di ulteriori alleggerimenti della responsabilità degli amministratori. Anzi, forse bisogna pensare ad un rafforzamento delle tutele giuridiche della buona e corretta amministrazione, perché si sono indeboliti i meccanismi della responsabilità politica e istituzionale, soprattutto nel mondo delle autonomie (come ho detto già nel dibattito sulla fiducia), nel quale certamente occorre mettere ordine. E deve farlo lo stesso mondo delle autonomie, altrimenti si rischia che, da elemento di sicura forza del sistema democratico, diventi fattore di debolezza.

Signor Presidente, mi avvio a conclusione. Con le mie considerazioni non intendo affatto censurare i colleghi che hanno opinioni diverse dalle mie e che hanno presentato e sostenuto l'emendamento. Più volte nel corso degli anni è stato fatto il tentativo di alleggerire le forme giuridiche della responsabilità degli amministratori. Anche io ho ricevuto in più occasioni pressioni, che non ho mai accettato. Tuttavia credo che ogni parlamentare risponda alle sollecitazioni secondo la sua esperienza, i suoi mondi di riferimento, le sue personali convinzioni. È bene che sia così, perché un Parlamento funziona in questo modo, ed è giusto che in esso emergano tutte le istanze e le sollecitazioni. Quindi, ribadisco che non censuro in nessun modo i colleghi che si sono fatti portatori e sostenitori di questa istanza, anche se, come ho detto, non la condivido.

Mi dolgo, invece, di altro, come ho già detto nel dibattito sulla fiducia, e voglio ribadire in questa sede.

Mi dolgo che questo comma sia stato ripreso nel maxiemendamento governativo, nonostante che - come emendamento - fosse stato esplicitamente respinto dalle forze politiche della maggioranza. Perché anche questo va detto. Noi non dovremmo trovarci qui a discutere oggi di questo decreto. Si dice sia stato un errore. Forse. Ma rimane un punto politico rilevante, che attiene al corretto rapporto tra l'istituzione Parlamento e l'istituzione Governo, chiunque governi e chiunque sia opposizione. Il punto è che il Governo non deve mancare agli impegni assunti con la propria maggioranza.

Invece, questo è accaduto con il comma 1343 e con altri punti - non pochi - della legge finanziaria. Voglio dirlo pacatamente, ma con fermezza, perché dimostra innanzitutto che non si può rozzamente disegnare sulle istituzioni un copione in cui i cattivi sono in Parlamento e i buoni sono al Governo. Non è così. Bisognerà che ce ne ricordiamo se e quando disegneremo una nuova procedura per la legge finanziaria.

Signor Presidente,come sempre nelle cose umane, tutto dipende dalla qualità delle persone. E dalla qualità delle persone dipende la qualità delle scelte politiche. (Applausi dai Gruppi Ulivo e RC-SE e del senatore Calderoli).

 

SALVI (Ulivo). Bravo! Hai detto la verità.

PRESIDENTE. Onorevoli colleghi, al decreto-legge in discussione sono stati presentati diversi emendamenti, che la Presidenza ha valutato con estrema attenzione.

Il decreto-legge consiste nella pura e semplice abrogazione del comma 1343 dell'articolo 1 della legge finanziaria 2007, al fine di correggere quello che il Governo definisce nella relazione al disegno di legge di conversione un "mero errore redazionale".

Alla luce dei criteri particolarmente rigorosi cui la Presidenza deve attenersi sulla base della prassi conseguente alla pronuncia della Giunta per il Regolamento dell'8 novembre 1984, in relazione ad emendamenti presentati a decreti-legge, risultano proponibili gli emendamenti 1.0.107, 1.0.108 e 1.0.109, del senatore Castelli, nonché 1.101 e 1.102, del senatore Storace.

Sono invece improponibili, per estraneità all'oggetto, gli emendamenti 1.0.1, del senatore Martinat, 1.0.101, 1.0.102 e 1.0.103, del senatore Saporito, e 1.0.104, 1.0.105 e 1.0.106, del senatore Salvi, in quanto tendono a modificare commi diversi della legge finanziaria 2007 o del decreto-legge collegato.

Sono inammissibili, perché privi di portata normativa, gli emendamenti 1.1, del senatore Carrara, e 2.100 e 2.101, del senatore Castelli.

Sono inoltre improponibili gli emendamenti 1.103, avente il contenuto tipico di un atto di indirizzo al Governo, 1.104, perché incide sull'esercizio di diritti individuali non comprimibili con legge ordinaria, e 1.105, in quanto incide su attività della Corte costituzionale che potrebbero essere disciplinate solo con norme di rango costituzionale, tutti del senatore Storace.

SALVI (Ulivo). Domando di parlare.

 

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

 

SALVI (Ulivo). Signor Presidente, come sempre mi rimetto scrupolosamente alle decisioni della Presidenza. Lo faccio anche in questa occasione. Mi permetta di esprimere l'auspicio che un criterio così rigoroso sia applicato dalla Presidenza in tutta la prossima fase della legislatura.

Si discute molto di legge finanziaria e di una sua eventuale riforma. L'argomento oggi all'esame dell'Aula è legato certamente ad una vicenda che il Presidente della Repubblica ebbe a definire una mostruosità giuridica in occasione di un suo intervento. Ebbene, è mio convincimento, signor Presidente, che premesse tutte le possibili, opportune norme legislative e modifiche regolamentari che si ritenga di introdurre, vi sono già oggi alcune regole, come per esempio il divieto di introdurre in finanziaria (e presumo si debba ritenere anche negli emendamenti o nei maxiemendamenti alla legge finanziaria) norme ordinamentali e microsettoriali.

Essendo tale scrutinio affidato ai Presidenti delle Assemblee, ritengo che l'indirizzo intrapreso oggi sia di buon auspicio perché nelle prossime leggi finanziarie il potere di controllo dei Presidenti delle Assemblee sia usato con estremo scrupolo e rigore anche per i futuri provvedimenti che saranno al nostro esame, onde evitare - come ci è accaduto - di votare in blocco anche al di fuori della finanziaria provvedimenti legislativi. Mi riferisco in particolare a due decreti-legge, nei quali inopinatamente erano inserite norme o di spoils system o di analoghe caratteristiche come il tema di finanziamento dei partiti, del tutto estranee a questa materia e che pongono i parlamentari della maggioranza nella difficile condizione se dover dire sì o no in blocco ad un provvedimento che condividono in buona parte ma di cui non accettano singoli punti, introdotti senza che vi siano stati dibattito e confronto parlamentare.

Nell'accettare quindi questa sua decisione, esprimo l'auspicio che analogo rigore sia seguito in futuro nei confronti di emendamenti, siano essi presentati dai parlamentari sia dal Governo.

PRESIDENTE. Consapevolmente sottolineo il suo rilievo perché questo precedente resti come punto di orientamento anche per il futuro.

PALMA (FI). Domando di parlare.

 

PRESIDENTE. Brevemente ne ha facoltà.

 

PALMA (FI). Signor Presidente, siamo - credo come tutti in Aula - preoccupati degli effetti che possono derivare dall'attuazione del comma 1343 e riteniamo del tutto inidoneo lo strumento utilizzato dal Governo con il decreto-legge, per le ragioni che magari verranno rese in termini più chiari in dichiarazione di voto, ma che sostanzialmente si incentrano sulla possibilità o meno di abrogare una norma che ancora non è entrata in vigore.

Con il nostro emendamento, signor Presidente, intendevamo contribuire alla risoluzione del problema e, consapevoli che nel procedimento legislativo alla fase del varo in copia conforme da parte della seconda Camera del Parlamento, quindi alla fase della perfezione della legge, consegue quella della pubblicazione e della vigenza, riteniamo che il legislatore possa intervenire correttamente su una legge perfetta, ma non ancora vigente.

Ebbene, qual è il punto? Invece di abrogare una legge non entrata in vigore, invece di perseguire un'operazione che per essere legittima sotto il profilo del procedimento legislativo richiede la vigenza della legge abrogata sia pure per un secondo come l'applicazione, ove possibile, del principio del favor rei, di cui all'articolo 27 della Costituzione, si poteva tranquillamente operare sul testo del comma 1343 e quindi condizionare la sua entrata in vigore ad una previa modifica; il che evidentemente avrebbe impedito la vigenza, sia pure per un secondo, del comma 1343.

Presidente, se non ho capito male, l'inammissibilità deriverebbe dal fatto che tale comma sarebbe privo di portata normativa, raggiungerebbe cioè gli stessi effetti abrogativi di cui al decreto-legge. Mi permetto, signor Presidente, di rappresentare che a mio avviso ciò non è. Infatti, mentre il decreto‑legge, parlando di abrogazione, richiede, secondo dottrina, l'entrata in vigore della legge abrogata, sia pure per un secondo, questo comma impedisce l'entrata in vigore di quella legge sia pur per quel secondo, e quella vigenza di un secondo potrebbe essere foriera di conseguenze non piacevoli e gravemente dannose sotto il profilo economico del nostro Paese.

Vorrei fare un ultimo rilievo, signor Presidente, evidentemente prendendo atto della sua decisione. Nelle discussioni che si sono svolte in Commissione si era proposta una riformulazione dell'emendamento, nel senso che al primo comma si diceva che il comma 1343 della legge finanziaria sarebbe entrato in vigore, ad esempio, il 30 giugno 2007 e poi seguiva la modifica. Solo questo dimostra, essendosi ritenuto possibile intervenire su una legge perfetta ma non ancora vigente toccando la data di vigenza, la possibilità di intervenire su una legge perfetta, quindi di andare a modificare il testo.

Personalmente, Presidente, le segnalo che a mio modestissimo avviso tale soluzione sarebbe per certi versi più idonea e sicuramente più tranquillizzante rispetto a quella contenuta nel decreto-legge. Mi permetto di farle osservare, signor Presidente, che a mio avviso vi è portata normativa, perché l'emendamento comunque impedirebbe l'entrata in vigore del comma che si vuole abrogare, sia pur per quel secondo, ma un secondo estremamente significativo ai fini delle possibili conseguenze.

PRESIDENTE. La ringrazio, senatore Palma, ma avendo sfogliato anche il resoconto del dibattito in Commissione ritengo opportuno tenere ferma la nostra decisione; poi magari approfondiremo di più le sue motivazioni.

STORACE (AN). Domando di parlare.

 

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

 

STORACE (AN). Signor Presidente, la ringrazio di avermi risparmiato l'avverbio «brevemente» rivolto a Nitto Palma, perché vale per tutti il tempo concesso al senatore Salvi.

 

PRESIDENTE. Senatore Storace, lei ha proprio un'abitudine polemica. Non so quanto tempo abbiamo concesso al senatore Salvi: un tempo breve anche al senatore Salvi; mi scusi, comunque, non l'ho detto.

 

STORACE (AN). Vede, Presidente, la nota che lei ha letto in Aula fa, diciamo, un po' dispiacere, per non usare un linguaggio polemico, perché il presidente Salvi è libero di accettare ma c'è anche chi è libero di dissentire e di subire un atto che francamente, secondo me, è davvero sbagliato, perché si vuole impedire al Senato di misurare la portata di una norma proposta e credo ciò sia grave.

Anzitutto, contesto, Presidente (e la prego, per favore, di ascoltarmi brevemente perché lei ha la responsabilità di un atto su cui c'è una contestazione), la prassi: avrebbe potuto far svolgere tranquillamente la discussione generale, verificare gli orientamenti dei Gruppi sul tema oggetto della nostra discussione e poi determinare l'Assemblea, attraverso gli orientamenti che ella avesse voluto dare, alla discussione degli emendamenti. Lei ha preferito la strada inversa per strozzare il dibattito e ciò non va bene.

In secondo luogo, è abbastanza imbarazzante leggere questa nota, perché fa riferimento ad una pronuncia della Giunta per il Regolamento dell'8 novembre 1984. Ora, Presidente, abbia almeno la cortesia di fornire ora per il futuro questa benedetta delibera, perché è impensabile che il Senato, quando presenta gli emendamenti, debba svolgere un minuzioso lavoro di ricerca risalente addirittura all'8 novembre 1984, perché non si può parlare di queste norme. Non credo sia corretto agire così nei confronti del Senato, soprattutto quando siamo in presenza di un numero limitatissimo di emendamenti.

La terza questione che le propongo è la seguente. Lei fa bene a dare atto al presidente Salvi della necessità di affermare un precedente per il futuro, ma guardi, Presidente, la tesi per la quale sostanzialmente si ricorre a una sorta di estraneità di materia si evince da alcune delle affermazioni contenute in questa nota. Ma lei l'ha letta la legge finanziaria che ha fatto passare qui, il maxiemendamento del Governo?

Vogliamo capire se, in base a questa norma decisa dalla Giunta per il Regolamento nel novembre del 1984, quella finanziaria oggi sarebbe stata approvata. Vuole che le legga 1.500 commi, almeno 350 dei quali cadrebbero sotto la scure della Giunta per il Regolamento? Perché agisce così solo nei confronti dell'opposizione e di alcuni emendamenti assolutamente ininfluenti e marginali presentati da altri colleghi, non dell'opposizione? Questo tipo di decisione non lo ritengo giusto.

Per quanto riguarda le questioni che mi sono permesso di proporre all'Assemblea, francamente trovo assolutamente ingiustificata la dichiarazione di improponibilità dell'emendamento 1.103. Proprio la legge finanziaria, presidente Marini, è stata oggetto di numerosi commi del maxiemendamento che indirizzavano il Governo a fare questo o quell'altro intervento. È accaduto nei settori dell'ambiente e delle infrastrutture. In base a quale logica il Governo può inviarsi atti di autoindirizzo e il Parlamento, attraverso un emendamento, non può farlo?

Questo è un errore, mentre posso convenire sul dubbio interpretativo relativamente alla potestà di impegnare, attraverso legge ordinaria, la Corte costituzionale. È evidente il contenuto «provocatorio» dell'emendamento 1.105, che lei ha dichiarato inammissibile ma che comunque porrò al centro della discussione generale a motivo dei miei dubbi sulla portata costituzionale della norma che andiamo ad approvare.

Le chiedo di riconsiderare l'emendamento 1.103 sapendo che, comunque, avremo anche la possibilità (come lei mi dirà) di trasformarlo in ordine del giorno. E' diverso, però, dare un indirizzo al Governo attraverso un atto avente forza di legge. Vorrei che lei riconsiderasse questo punto.

Allo stesso modo, sull'emendamento 1.104, relativo ad una questione sulla quale c'è stato almeno qualche dubbio (e spiegherò in discussione generale la mia tesi), le chiedo di non comprimere il diritto all'informazione della libera stampa. È evidentemente una norma straordinaria, ma chiedere al Governo di non avvalersi del diritto di querela nei confronti del pandemonio scatenato dal Governo stesso con l'emendamento Fuda è un atto che lei può certamente consentire di fare votare. Il Senato della Repubblica è libero di approvarlo o respingerlo, ma non vieti, comunque, la discussione su questo emendamento.

PRESIDENTE. Per quanto riguarda lo strozzamento del dibattito, c'è tutta la discussione generale alla quale lei ha fatto riferimento a conclusione del suo intervento. Esiste una discussione nella quale si interviene e nessuno pone limiti alle questioni o alle motivazioni portate in questa discussione.

In particolare, debbo dire che il precedente del 1984 così invocato, e che si trova nelle carte e nel testo del Regolamento, mi è sembrato un precedente forte. Naturalmente, abbiamo discusso anche in Aula delle contraddizioni dello strumento di approvazione della finanziaria, (il senatore Pastore ha fatto l'esempio di vagoni che si agganciano). Abbiamo stabilito, non soltanto per decisione o proposta del Presidente della 5a Commissione ma con un consenso largo richiamato anche questa mattina, di dover modificare un quadro che non può essere ricondotto ad un solo riferimento. È un lavoro legislativo molto importante e abbiamo assunto l'impegno di compierlo.

Per quanto riguarda gli emendamenti 1.103 e 1.104, da lei citati e sui quali vi è stato un invito a trasformarli in ordini del giorno, debbo dire che l'emendamento 1.103 prevede che «il Governo sostiene, per il tramite dell'Avvocatura generale dello Stato, la segnalazione inoltrata dal Ministro delle infrastrutture alla procura della Repubblica di Roma sulle responsabilità esistenti in ordine all'inserimento del comma 1343 nella finanziaria 2007». Non è questo un impegno che debba assumere il Governo. E' già stata avviata una procedura.

Il Senato non interviene su fatti di questo genere, né vi è il rischio che il Governo accetti l'invito a non intervenire nei confronti della stampa da parte dei singoli. Come emendamento, come decisione legislativa mi pare assolutamente impropria. Naturalmente ci sono altri strumenti che possono essere utilizzati. Queste sono le motivazioni. Del resto, nel rispetto del rapporto corretto con l'Assemblea, debbo dire che vi è stato un dibattito in Commissione. La Commissione ha assunto delle decisioni. Mi sono preoccupato proprio di quanto da lei riferito, senatore Storace: riaprire alcuni punti e rendere alcuni emendamenti compatibili, anche per un atto di attenzione verso l'Assemblea, nei limiti che abbiamo ritenuto compatibili con la correttezza.

Non vi è, quindi, un atteggiamento volto a strozzare, ma, in materie di questa delicatezza, si cerca di tenere una linea di correttezza e - se permette - anche per il futuro (l'ho sottolineato rispondendo al senatore Salvi) di rigore in questa faccenda.

Dichiaro aperta la discussione generale.

È iscritto a parlare il senatore Fuda. Ne ha facoltà.

FUDA (Misto-PDM). Signor Presidente, rappresentanti del Governo, onorevoli senatori, nessuno si aspetti che intervenga per fatto personale. Chi dovesse pensarlo commetterebbe un grave errore, pur essendo vero che da più di un mese verso di me e contro di me sono state sprecate qualificazioni estremamente spiacevoli, ai limiti della diffamazione, che, partendo da una lettura estremamente superficiale di quanto sto per rappresentarvi, sono arrivate a valutazioni tanto ridicole quanto infondate. Poiché tali considerazioni sono il frutto di una totale disinformazione, spero colposa e non dolosa, formulata sulla base di dati fattuali inesistenti e tendenziosi, la ratio del mio intervento è quella di fare finalmente un po' di chiarezza sui punti fondamentali di un emendamento normativo, che è stato oggetto di tante critiche infondate ma di nessun approfondimento.

Il comma 1343 del maxiemendamento alla finanziaria, quel comma della discordia, che per lungo tempo molti hanno impropriamente battezzato con il mio nome, è stato estrapolato, con modalità alle quali sono del tutto estraneo, dal testo di un emendamento ben differente dall'interpretazione altrettanto impropriamente veicolata nelle ultime settimane.

L'emendamento originario, di cui rivendico - di quello sì - la più completa e totale paternità, era un testo ben diverso, completo ed articolato, che nel pieno rispetto del termine quinquennale di prescrizione, rimasto fermo ed immutato, rispondeva e risponde ad un'istanza di civiltà giuridica.

Nella sua formulazione, l'emendamento aveva due obiettivi fondamentali: da una parte, mirava a dare effettività al termine quinquennale, rendendolo non suscettibile di interpretazioni abnormi, che in concreto l'hanno fatto diventare ultradecennale; dall'altra, voleva ribadire il principio della personalità della responsabilità e conseguentemente dell'illecito dell'amministratore e del pubblico dipendente, affermato dall'articolo 1 della legge n. 20 del 1994, in attuazione dell'articolo 28 della Costituzione.

E ciò in aderenza a due principi fondamentali, il primo in materia di responsabilità, ove è incontroverso che il termine prescrizionale decorre di regola dalla commissione dell'illecito; il secondo di rilevanza non solo costituzionale ma anche comunitaria, della ragionevole durata del processo, in tutti i procedimenti in cui esso si articola, principio questo impostoci anche dall'articolo 6 del Trattato di Roma del 1950, che ha sancito la Convenzione europea dei diritti dell'uomo, e in materia la cosiddetta legge Pinto insegna.

Nelle ipotesi di danno indiretto, che costituiscono l'oggetto specifico dell'emendamento in argomento, non può considerarsi ragionevole che il termine prescrizionale si ampli a dismisura per decenni e decenni dal compimento della condotta ritenuta produttiva di danno erariale, esponendo l'indagato sine die anche all'incubo di un procedimento sanzionatorio la cui conclusione può portare alla rovina economica oltre che morale del soggetto stesso e della sua famiglia.

In tale contesto intendo evidenziare ancora una volta che il problema esiste, è reale e va affrontato con urgenza, per cui si sarebbe potuto discutere non dell'oggetto di intervento normativo, bensì semmai della formulazione, sempre perfettibile, e dell'organicità e della completezza della norma invece di continuare a disinformare e a cercare lo scandalo dove non c'è.

Basterebbe una domanda per comprendere l'abnormità della tesi portata avanti in quest'ultimo mese e di cui ancora oggi non riesco a comprendere le ragioni: come si può ammettere che, fermo restando il principio legale secondo cui la prescrizione è quinquennale, alcuni soggetti (dirigenti ed amministratori) in via di interpretazione possano essere perseguiti dopo decenni e decenni, in via indefinita o addirittura sine die; e come è accettabile, agendo dopo decenni, continuare a denominare quinquennale la prescrizione senza cogliere l'abnormità di una simile situazione? Tale abnormità, appunto, e solo questa, si voleva eliminare, imponendo che l'azione venga intrapresa comunque entro i cinque anni dal verificarsi della condotta imputata al pubblico amministratore e consentendo a quest'ultimo la possibilità concreta di difesa quale garanzia del giusto processo. E ciò, lo si sottolinea, senza alcun pregiudizio per l'azione dell'autorità inquirente, neppure sotto il profilo del carico di lavoro da svolgere nel termine di legge, posto che nei cinque anni è sufficiente per scongiurare la prescrizione la semplice immissione di un atto interruttivo e sempre considerando che per il danno indiretto il procedimento può essere sospeso fino alla definizione del giudizio, come peraltro espressamente previsto dal comma 2 dell'emendamento da me presentato.

La mia proposta, in particolare, era rilevante ed applicabile non a tutti i giudizi, ma essenzialmente alle tipologie per danno indiretto caratterizzato dalla responsabilità per danni causata a terzi liquidati a seguito di giudizio civile da essi proposto contro l'amministrazione. Solo per il danno indiretto, infatti, vi può essere una sensibile divergenza tra la data dell'illecito e quella di produzione del danno maturato a seguito di un giudizio autonomo.

Il caso più ricorrente, che rappresenta la quasi totalità dei processi già avviati o che potranno ancora essere avviati, è quello della convocazione in giudizio per responsabilità discendente dalla mancata definizione dei termini di procedura espropriativa, divenuta irregolare e perciò causa di azione di risarcimento da parte del proprietario. Il giudizio civile risarcitorio intentato dai proprietari lesi contro l'amministrazione espropriante si conclude al termine dei lunghissimi tre gradi previsti, con l'ovvia ed assurda conseguenza che le cause si perpetuano per decenni.

In tali ipotesi l'indagato, amministratore o pubblico dipendente, che sia chiamato a rispondere davanti alla Corte dei conti dopo tanti anni si trova nell'impossibilità concreta di difendersi, non avendo più la disponibilità o la reperibilità di atti, documenti o posizioni amministrative legittimanti. Infatti il pregiudizio irreparabile è accresciuto ulteriormente proprio dalla circostanza che egli non ha avuto la possibilità di intervenire nel giudizio dal cui esito discende il danno erariale che è chiamato a risarcire; e quando un cittadino è accusato e condotto in giudizio senza alcuna possibilità concreta ed attuale di difendersi, dopo essere stato depauperato degli elementi utili alle sue argomentazioni, visto il lungo tempo trascorso, si verifica quanto ottimamente evidenziato dal dottor Pelino Santoro, illustre giurista e presidente di sezione della Corte dei conti, che ha scritto (leggo testualmente): «Non c'è giudice che, se pur gli darà in definitiva ragione, possa cancellare il senso dell'ingiustizia subita e da lui avvertita come un sopruso, un affronto, un'ignominia, spesso irreparabile quanto meno per occasioni perdute e l'onore offuscato».

Signor Presidente, onorevoli colleghi, non credo si possa negare il macroscopico danno, che ha il sapore di una beffa, cui il mio emendamento voleva porre rimedio, anche per impedire la violazione del fondamentale diritto alla difesa garantito costituzionalmente. Ed invece si è parlato di «colpo di spugna» per «reati contabili», di pericolo di prescrizione per quasi 70.000 processi, di famigerato intervento atto ad agevolare dei delinquenti, tanto per ricordare alcune tra le affermazioni più ricorrenti; affermazioni, però, tanto immotivate quanto non rispondenti alla realtà né alla verità, come sarebbe stato agevolmente accertabile con una semplice verifica fattuale, al lume dei più elementari principi di diritto.

Basterà evidenziare al proposito che la proposta di emendamento da me presentata, al pari del comma 1343 (del maxiemendamento alla finanziaria), non prevede assolutamente - come invece falsamente affermato - una «prescrizione breve», né una riduzione del termine prescrizionale che era e resta quello di 5 anni stabilito dalla legge n. 20 del 1994 che, a sua volta, aveva ridotto il termine ritenuto decennale dalla giurisprudenza previgente. La mia proposta voleva invece rendere effettivo il termine stesso, non consentendo che, con l'applicazione di una semplice e tendenziosa interpretazione, si potesse continuare a portarlo oltre i 20 anni, se non sine die, spostando artificiosamente, per alcune tipologie, il termine iniziale, cosicché in tal modo il quinquennio non comincerebbe mai a decorrere.

Fermo restando l'istituto della prescrizione quinquennale, l'emendamento si riferisce ‑ e ciò si è volutamente ignorato - non a tutti i procedimenti davanti alla Corte dei conti ma solo ed esclusivamente a quelli concernenti i casi già richiamati di responsabilità per danni indiretti che - ripeto - non sono conseguenza immediata degli atti illegittimi, perché richiedono come presupposto l'espletamento di un altro giudizio alla fine del quale si produce il danno. L'emendamento non si riferisce nemmeno lontanamente ai danni diretti in cui il comportamento illegittimo provoca direttamente ed immediatamente l'evento dannoso, e dunque non vi può essere un rilevante stacco temporale tra la condotta illecita sanzionabile ed il danno prodotto dalla condotta medesima: in tali casi il danno è conseguenza diretta ed immediata dell'illecito, pertanto la prescrizione si prevede sempre a decorrere da tale data, che è comune alla conclusione dell'illecito ed alla produzione del danno.

Se si escludono - come devono essere esclusi - i danni diretti, l'oggetto di tanta discordia, anche dal punto di vista dei dati statistici, si riduce a ben poca cosa, come vedremo tra poco. Ma prima, ancora più incisivamente, è indispensabile negare nel modo più categorico ed assoluto il pericolo di prescrizione per effetto della norma in esame, poiché la normativa non potrebbe mai essere applicata ai casi ed ai processi pendenti e preesistenti. È infatti noto a tutti che, di regola, la legge opera solo per l'avvenire e che la retroattività deve essere espressamente disposta, salva la tutela dei diritti acquisiti.

Pertanto, in nessun caso - lo ripeto con forza - potrebbe ipotizzarsi l'applicazione retroattiva della norma concernente la prescrizionale. Per eliminare in radice anche solo la possibilità di una discussione in merito, il caso ha voluto che la questione di diritto sia stata già affrontata e risolta dalla dottrina e dalla giurisprudenza della stessa Corte dei conti. Tale precedente è stato fissato quando, a seguito della legge n. 20 del 1994, il termine prescrizionale, nei giudizi davanti alla Corte dei conti, è stato ridotto da 10 a 5 anni.

In tale occasione dottrina e giurisprudenza hanno ritenuto pacificamente che ai procedimenti pendenti si continuasse ad applicare il precedente termine decennale, come è agevole verificare dalla semplice lettura del classico manuale sui «Giudizi innanzi alla Corte dei conti» di Francesco Garri, già procuratore generale della stessa Corte, in cui è detto che il più breve termine prescrizionale «si applica ai fatti commessi successivamente all'entrata in vigore della norma che lo prevede», per cui ai fatti verificatisi prima della data di entrata in vigore del nuovo termine continua ad applicarsi la normativa pregressa, e ciò sulla scorta della ivi richiamata pacifica giurisprudenza anche delle sezioni riunite della Corte dei conti nonché della Corte costituzionale.

È infine appena il caso di specificare che, per argomentare sulla retroattività della legge civile ed amministrativa, non ha rilevanza (ed è del tutto fuori tema) il principio di diritto, applicabile solo alla legge penale (ed espresso dall'articolo 2, comma 2, del codice penale), secondo cui «se la legge del tempo in cui fu commesso il reato e la posteriore sono diverse, si applica quella le cui disposizioni sono più favorevoli al reo». Tale norma è propria, infatti, solo ed esclusivamente della legge penale (ed è correlata all'articolo 25, comma 2, della Costituzione) e si riferisce a «reato» e «reo», non ad altre figure giuridiche soggettive.

Deve essere chiara e indiscutibile, dunque, l'impossibilità assoluta di sostenere che la norma amministrativa successiva avrebbe potuto essere applicata retroattivamente in quanto più favorevole, poiché l'estensione della norma penale al procedimento amministrativo costituirebbe un plateale «errore di grammatica», smentito anche dalla giurisprudenza della Corte costituzionale e delle Sezioni riunite della Corte dei conti, che ha sancito l'irretroattività nell'identica fattispecie di successione di leggi relative alla prescrizione per la Corte dei conti, escludendo, ovviamente, la possibilità di ipotizzare l'applicabilità di altro principio.

Ancora più grave è stato il lasciar intendere surrettiziamente che si potrebbero prescrivere i processi già iniziati, il che non può essere affermato in buona fede: tutti sanno, infatti, che, mentre nel diritto penale per i reati sono previsti termini massimi entro cui il procedimento deve essere concluso per non incorrere nella prescrizione, nel giudizio dinnanzi alla Corte dei conti è sufficiente che nei 5 anni si dia inizio al procedimento, anche con un semplice atto interruttivo, che può essere l'invito a dedurre o una richiesta scritta.

Nella sostanza, poi, tutto l'allarme ed il clamore cui abbiamo assistito discendono da un dato di fatto iniziale, recepito dagli organi di stampa nella sua totalità, che è tanto suggestivo quanto falso: quello secondo cui l'emendamento opererebbe «un colpo di spugna» per quasi 70.000 processi, con effetti devastanti sull'erario, con specifico riferimento alle frodi comunitarie.

Niente di più falso, colleghi senatori, perché l'ammontare di circa 70.000 processi (per l'esattezza 68.760) concerne l'intero contenzioso e, cioè, tutti - e dico tutti - i processi pendenti davanti alla Corte dei conti ed in tutto il territorio nazionale, di cui i casi di illeciti contabili per danni indiretti rappresentano una porzione più che esigua. Per la maggior parte dei 70.000 processi, fondamentalmente relativi a danni diretti, l'emendamento non potrebbe avere, quindi, alcun effetto, anche indipendentemente dalla non retroattività.

Tanto meno potrebbe avere effetto per le tipologie specificamente indicate come le più rilevanti (consulenze illegittime, erogazioni illecite di fondi comunitari, trattamento del personale), per le quali, anche solo facendo uso del buon senso, chiunque è in grado di comprendere che il danno è contestuale al comportamento illegittimo che ha effettuato le spese illecite, per cui non ha alcuna conseguenza l'emendamento che fa decorrere la prescrizione dal verificarsi dell'atto illecito.

Per i medesimi motivi l'allarmistico e tendenzioso dato eccepito, secondo cui vi sarebbe stato il rischio di prescrizione, con una perdita di 310 milioni di euro solo per le frodi comunitarie, è completamente fuori della realtà, perché, sempre a prescindere dall'irretroattività della norma, si tratta comunque di danno diretto, immediatamente perseguibile. È poi incredibile che chi ha affermato di preoccuparsi di tale pericolo, completamente irreale, non abbia ricordato che, trattandosi di reati, è applicabile la normativa sulla prescrizione penale. E per i reati produttivi di danno il risarcimento viene comminato normalmente dal giudice penale, a seguito di costituzione di parte civile, doverosa per l'amministrazione.

Nessuna prescrizione, dunque. Nessun colpo di spugna nell'intento di premiare gli amministratori passibili di illegittimità.

Anzi, ritengo necessario puntualizzare che l'originario emendamento da me proposto, lungi dal giustificare un intento lassista, conteneva disposizioni che inasprivano l'attività di rilevamento e di sanzione degli illeciti contabili, come facilmente verificabile.

Onorevoli colleghi, in tale contesto ben si comprende che la norma non solo non provoca alcun danno, anche in relazione al suo ristretto ambito di applicazione ed alla sua irretroattività, ma è anzi espressione di civiltà giuridica ed applicazione di principi di rilevanza costituzionale e comunitaria. L'unico pericolo, semmai, potrebbe discendere dalla mancata regolamentazione, secondo giustizia, della materia.

Occorre procedere, senza perdere tempo, alla formazione di una legge giusta, non per proteggere chicchessia, ma per porre fine all'indeterminatezza della durata dei processi e per garantire l'inviolabile diritto alla difesa. Ricordando anche che, quando più di qualcuno si è accanito, inspiegabilmente, nel tentativo di affermare responsabilità amministrative dei politici, ha fatto opera retrospettiva e di retroguardia: ora, dopo la fondamentale riforma che ha sancito la scissione tra la competenza degli amministratori per gli atti politici e di indirizzo e quella dei dirigenti per gli atti di gestione, non è più ipotizzabile, per la generalità dei casi, una responsabilità contabile degli amministratori, poiché la responsabilità medesima consegue ad atti di gestione di competenza dei dirigenti.

Signor Presidente,rappresentanti del Governo, onorevoli senatori, concludo affermando che il legislatore ha forte l'obbligo di rivedere l'intero istituto dell'azione di responsabilità contabile dinanzi alla Corte dei conti, con specifico riferimento al problema dibattuto della durata e della data di decorrenza della prescrizione. Sono certo di aver portato all'ordine del giorno del legislatore un argomento ed una proposta sani ed opportuni, per tutte le ragioni che ho appena illustrato, e confido nel riconoscimento della fondatezza e giustezza di quanto ho esposto.

Oggi, il decreto di cui stiamo trattando viene definito come atto opportuno, in quanto si ritiene non conveniente che una legge finanziaria contenga disposizioni di carattere ordinamentale e perché, come si legge nella relazione che lo accompagna, l'inserimento di tale norma nell'ambito della legge finanziaria 2007 è risultato il frutto di un mero errore redazionale.

Mi permetterete, in chiusura, di ricordare e sottolineare, affinché sia chiaro e indiscutibile per tutti, che non ho nulla a che vedere con la stesura del maxiemendamento e che nello specifico, il fantomatico comma, di cui stiamo dibattendo la ratifica della cancellazione, è attinente ad un errore redazionale che non mi concerne e che nemmeno conosco.

 

STORACE (AN). Giuralo!

 

FUDA (Misto-PDM). Errore che, smembrando la mia proposta di emendamento e privandola dei suoi elementi caratterizzanti e rilevanti, ha dato il via ad una serie di fuorvianti interpretazioni ed ha leso non solo il testo da me presentato, ma soprattutto la possibilità di comprendere un argomento importante ed urgente come quello di cui stiamo discutendo.

Al Governo e a questo Senato, che sono sicuro condividono l'importanza e la serietà dell'istituto o dell'azione di responsabilità contabile, chiedo un impegno diretto a legiferare, e subito, rivisitando la materia e ristabilendo con chiarezza definitiva il dies a quo della decorrenza del termine quinquennale della prescrizione.

Fiducioso che ciò avvenga, voterò il decreto. (Applausi dal Gruppo Ulivo e del senatore Formisano).

 

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il senatore Saro. Ne ha facoltà.

SARO (DC-PRI-IND-MPA). Signor Presidente, signor rappresentante del Governo, onorevoli senatori, credo sia stato giusto non accogliere la richiesta del centro-sinistra di espungere dalla finanziaria questo emendamento e che sia giusto, attraverso il dibattito su questo decreto-legge, far luce, in qualche modo, fino in fondo, su una vicenda che è nata e morta all'interno dell'attuale maggioranza di centro-sinistra. Non c'entra assolutamente l'opposizione su questa vicenda. Avete fatto tutto voi. E credo sia giusto ricostruire, sia pure brevemente, cosa è successo e cercare di capire se quanto emerso rappresenta la verità oppure se vi è un'altra verità.

Voglio ricordare che è stato certamente il senatore Calderoli a scoprire che questa norma aveva una funzione molto delicata, probabilmente quella di chiudere con un numero consistente di procedimenti pendenti presso la Corte dei conti, però poi è stato il dibattito all'interno del centro-sinistra che ha provocato il caos nel dibattito politico italiano apparsosui giornali.Voglio poi ricordare che il ministro Di Pietro assunse un atteggiamento molto duro, minacciando le dimissioni se la norma non fosse stata abrogata. Inoltre, desidero ricordare che il Presidente del Consiglio in una dichiarazione, che spero tutti ricordino, ha dichiarato: «Noi non facciamo queste cose. Noi abbiamo una diversa moralità rispetto al precedente Governo di centro-sinistra. Cercheremo e colpiremo fino in fondo i responsabili dell'inserimento di questa norma nella legge finanziaria».

Ebbene, ieri innanzitutto il Governo è venuto spiegarci chi è stato il responsabile dell'inserimento di questa norma nella legge finanziaria. Sapete chi è stato? È stato il computer! Non è stato un uomo, un rappresentante del Governo o un alto funzionario dello Stato, bensì il computer che, avendo avuto disposizione di cancellare tutti i commi all'interno della finanziaria in cui risultavano le parole «Corte dei conti», non avendole trovate in questo emendamento non le ha cancellate. Avete trovato questa giustificazione che per conto mio non è onestamente sostenibile. Come si può attribuire la causa al computer? Quali provvedimenti si possono prendere ora contro il computer? Volete eliminarli da Palazzo Chigi? Questa è la dimostrazione di come stanno funzionando le cose e di come si cerca di coprire ipocritamente certe vicende nel Paese.

In secondo luogo, si è scatenata sui giornali una ricerca, sempre a seguito delle dichiarazioni di Prodi e di Di Pietro sul possibile capro espiatorio, sull'artefice di questa situazione. Si è arrivati ad indiziare l'amico e collega Fuda che, come ha già spiegato, aveva un altro obiettivo, cioè di affrontare una volta per tutte la vicenda del danno indiretto. Non è possibile che in Italia, a seguito di una causa civile che dura dieci anni, abbia inizio una causa da parte della Corte dei conti della durata di altri dieci anni,cinque per l'istruttoria e cinque per arrivare al giudizio definitivo, per cui un cittadino resta sub iudice, in una situazione di insicurezza ed incertezza, per vent'anni. Chiaramente siamo stati richiamati dall'Alta Corte europea per la durata dei processi che non ha pari nel genere in tutta Europa. Ritengo che sicuramente il responsabile non sia stato il senatore Fuda e passo a spiegarne il motivo.

Ieri ci è arrivata da parte del procuratore generale della Corte dei conti, dottor Claudio De Rose - quindi un'autorità in materia, per cui credo non possa essere messo in discussione quanto ci comunica - la seguente comunicazione. Con lettera inviata alla ministro Lanzillotta si dice che «l'impatto di questa norma era molto pesante. Il numero dei giudizi fatalmente destinati all'estinzione e l'ammontare del complessivo netto delle condanne», che sarebbero travolte dalla mancata conversione in legge del decreto-legge oggi in esame, «ammonterebbe a 3.475 provvedimenti e le condanne già espresse in primo grado sono pari a 814 milioni di euro, a cui si devono aggiungere le rivalutazioni monetarie, gli interessi legali e le spese di giustizia, con un'incidenza che, alla fine, porterebbe la cifra ad alcuni miliardi di euro». Dunque, dietro questo emendamento una valutazione estremamente consistente in termini economici. Inoltre, dice sempre il procuratore generale della Corte dei conti: «Vi è il rischio che la norma in questione vanifichi il recupero di ingenti importi, quali i 32 milioni di euro recentemente versati in esecuzione di un'unica condanna al Comune di Roma». L'unico caso che viene citato è una vicenda relativa al Comune di Roma.

Allora mi chiedo: è possibile che sia stato il computer ad inserire questa norma? Io sarei contento che il Governo, che può avere tutti questi nomi, ci presentasse l'elenco delle 3.475 persone o enti che sono coinvolti in questi procedimenti che rischiavano di essere estinti e credo che ne vedremmo delle belle. Io credo che vedremmo, all'interno di questo elenco, nomi molto noti della politica e dell'amministrazione italiana, e sarebbe una cosa importante che per ragioni di trasparenza questi nominativi venissero resi pubblici.

Ho voluto dire queste cose perché immagino che, a parti invertite, se fosse stato all'opposizione il centro-sinistra, voi, come avete fatto nella passata legislatura, avreste bloccato il Parlamento, organizzato girotondi, gridato ai colpi di spugna, avreste, in sostanza, mobilitato la piazza contro un provvedimento di questo genere. Se invece lo fate voi, viene ridotto a semplice errore materiale provocato da un computer. Io credo che questa spiegazione sia ridicola.

Nello stesso tempo, però, devo dire che le questioni poste dal senatore Fuda vanno affrontate con un disegno di legge, autonomo evidentemente, non all'interno di questo provvedimento. Si deve ragionare in modo equilibrato su come ridurre i tempi decennali per arrivare a un giudizio da parte della magistratura contabile. Non possiamo tenere migliaia di amministratori e di funzionari sub iudice e rovinargli la vita: le colpe vanno affrontate, i danni vanno definiti nei tempi più brevi possibili, non certo in vent'anni, e il senatore Fuda ha completamente ragione. Da parte nostra daremo tutta la collaborazione possibile per trovare un'intesa su un provvedimento che risolva le questioni sul danno indiretto poste dal senatore Fuda.

Concludendo, signor Presidente signor rappresentante del Governo, questa è una vicenda che non va trasformata, come cercate di fare voi, in mero errore tecnico, edulcorata, difesa e coperta ipocritamente. La mia convinzione è che talvolta a pensare male si pensa bene, come diceva e dice spesso il senatore Andreotti. Sono convinto che la manina che ha inserito questa norma aveva un ben chiaro disegno ed è quello che vi ho detto. Quando si conosceranno i 3.400 nomi che sono sottoposti a procedimento da parte della Corte dei conti già in primo grado ne vedremo delle belle e sarebbe bene, per finirla in questo Paese in cui tutti fanno i giustizialisti - io faccio parte di un'altra cultura e di un altro mondo -, che si rendessero pubbliche queste informazioni, così si farebbe chiarezza in questo Paese che talvolta veramente sposa solo posizioni populiste e giustizialiste che stanno facendo un male profondo a tutta l'intera nostra comunità. (Applausi dai Gruppi DC-PRI-IND-MPA, FI e LNP).

 

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il senatore Rossi Fernando. Ne ha facoltà.

ROSSI Fernando (IU-Verdi-Com). Signor Presidente, signori rappresentanti del Governo, colleghi senatori, la questione, come è stato già richiamato dal relatore e da alcuni interventi, è in discussione perché è stato commesso un errore. Vorrei citare il collega senatore a vita che dice che a pensare male si va vicino alla verità, ma non credo che la Corte dei conti potrà rifarsi su Bill Gates per eventuali danni.

Penso sia utile ragionare, al di là dei richiami che il senatore Villone faceva ad atteggiamenti assunti dalle varie rappresentanze politiche, sul da farsi, sulle opportunità: a questo punto della situazione, allo stato dell'arte, qual è l'atteggiamento da assumere, la scelta che consenta di mantenere ancoraggio alla giustizia, alla dignità delle persone e anche all'impressione che abbiamo lasciato, che non è stata certo bella.

La stampa si è sbizzarrita ad individuare possibili beneficiari di questo errore materiale. Penso che per tutti valga il principio della presunzione di innocenza, ritengo tuttavia che il provvedimento oggi al nostro esame sia la soluzione migliore che abbiamo di fronte, nonostante la discussione in punta di giurisprudenza o di competenza costituzionale che suggeriva l'adozione di un provvedimento che facesse slittare i tempi, dando così modo e tempo per l'adozione di un provvedimento legislativo. In quel modo si tratterebbe comunque di intervenire con una modifica di quanto disposto dalla legge finanziaria; quindi, ragionevolmente, con buon senso, ma anche sulla base degli esempi del passato che sono stati richiamati quanto ad applicazioni, credo sia opportuno adottare questo decreto.

Restano problemi aperti, come i tempi lunghi della giustizia ed anche di quella contabile. Tuttavia, a mio avviso resta aperta un'altra questione, ma sarà opportuno discuterla in una sede più appropriata. Con le modifiche al funzionamento degli enti locali e alla loro legge elettorale abbiamo determinato un alleggerimento di responsabilità da parte degli amministratori e un aumento di responsabilità da parte dei tecnici. In questo modo è stata data soluzione ad una questione probabilmente di efficienza, ma certamente è stata sottratta ai Consigli comunali, agli amministratori e, ancor più, all'opinione pubblica la possibilità di partecipare alle scelte fatte da un ente locale.

Ritengo pertanto che, nel momento in cui la prassi ha dimostrato che questo potere è stato dato ai sindaci e alle Giunte, in particolare alla persona del sindaco o del Presidente della Provincia (anche rispetto alla propria Giunta, poiché è lui che ne nomina i componenti e può cambiarli), sottraendolo ai Consigli comunali, a mio avviso bisogna ragionare sulle responsabilità.

Presidenza del vice presidente CAPRILI(ore 11,15)

 

(Segue ROSSI Fernando). Io non ho condiviso fino in fondo la grande campagna che sosteneva che con l'operazione «Mani pulite» tutto sarebbe stato risolto. Purtroppo, credo che tutt'oggi il Paese, la sua democrazia, le sue istituzioni si portino dietro questo cancro e quindi, quando si interviene in questa materia, occorre farlo assolutamente cum grano salis, sapendo cioè che l'occasione fa l'uomo ladro.

L'amministratore, infatti, deve sapere che potrà essere chiamato a rispondere dei suoi atteggiamenti, mentre oggi ogni amministratore, per stare in pace con il suo partito e con i poteri forti del proprio territorio, accontenta le spinte e rinvia i problemi all'amministratore successivo, che si dovrà arrangiare. Egli deve terminare bene il suo mandato, così è papabile per altri incarichi e tutto si risolverà in futuro. Quindi, è opportuno rilanciare l'idea di un amministratore responsabile che effettua le scelte in nome degli interessi della comunità: si tratta di un discorso da fare in altra sede, non in questa.

Prendo atto che l'intervento di oggi ci riconcilia con una scelta corretta rispetto al Paese, alle informazioni e disinformazioni che sono uscite sulla stampa appena è emerso il comma 1343 nella finanziaria. Si compie una scelta giusta, non si sta dalla parte dei cattivi, è bene che il Senato prenda questa decisione; restano tuttavia aperti altri problemi su cui è bene che cominciamo a lavorare.

 

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il senatore Albonetti. Ne ha facoltà.

ALBONETTI (RC-SE). Signor Presidente, onorevoli colleghi, l'abrogazione del comma 1343 della finanziaria 2007, lì inserito nelle ultime, convulse ore che hanno preceduto la sua redazione finale, è un atto doveroso da parte del Parlamento, che in questo senso si era già espresso durante la discussione in Aula sulla stessa finanziaria, ma che non aveva potuto procedere allora alla sua cassazione perché alcune forze di minoranza avevano fatto mancare quella unanimità necessaria ad intervenire in quella delicata sede.

Oggi quindi rimediamo ad un errore, ma non saremmo onesti con noi stessi se non riconoscessimo che il caso del comma 1343 ci rimanda ad almeno tre altre questioni rilevanti che qui, per brevità di tempo, semplicemente richiamiamo con i titoli, ma che il Parlamento dovrà affrontare e risolvere in modi e tempi certi. Esse sono, appunto, i tempi della giustizia, la certezza del diritto e la formazione della legge di bilancio.

Sui primi due aspetti condividiamo, nella parte analitica, la relazione del senatore Villone, la quale allude, ci sembra, alla necessità di una verifica proprio sui tempi e i modi che garantiscono l'erario, da una parte, e gli amministratori, dall'altra. Sulla legge di bilancio vi è un ampio consenso affinché si arrivi ad una sua riforma. Già nei prossimi giorni le Commissioni bilancio della Camera e del Senato inizieranno un percorso di studio, comprensivo di audizioni, per offrire al Parlamento una o più proposte su cui confrontarci.

È necessario, tra l'altro, in riferimento allo stesso comma 1343, restituire la massima trasparenza e capacità critica e decisionale al Parlamento, il quale - è questa la nostra sensazione - nell'ultima finanziaria si è trovato di fronte ad alcune decisioni e scelte che non hanno avuto a che fare con un confronto democratico corretto. Il collega Fuda ha ricordato come l'emendamento da lui firmato, ma sottoscritto da altri colleghi, nell'originale constava di tre commi, effettivamente più bilanciati nel loro insieme dell'unico sopravvissuto nel comma 1343.

Nessuno finora ha potuto stabilire una versione condivisa di come si sia giunti a questo risultato. Noi, per parte nostra, abbiamo raccontato la vicenda sul nostro quotidiano di Rifondazione, "Liberazione", per come l'abbiamo potuta ricostruire. Di certo, appare chiaro che la decisione finale è stata sottratta sia alla Commissione bilancio sia all'Aula. Quindi, anche per evitare che posizioni tecniche finiscano col prevalere sulla decisione politica, annunciamo fin da ora il nostro massimo impegno affinché si possa approvare, speriamo entro l'estate, quindi al più presto, una riforma della sessione di bilancio.

Con queste motivazioni, voteremo favorevolmente alla conversione del decreto-legge in esame. (Applausi dai Gruppi RC-SE e Ulivo).

 

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il senatore Viespoli. Ne ha facoltà.

VIESPOLI (AN). Signor Presidente, innanzitutto una considerazione preliminare. Credo si ponga una questione di rispetto della dignità del Parlamento, perché ritengo irrispettoso da parte del Governo venire nelle Aule parlamentari con un provvedimento che ha, come motivazione e giustificazione, un errore redazionale. Ripeto, credo si ponga una questione di dignità e di rispetto delle istituzioni, perché non è possibile immaginare che si possa affrontare un dibattito su un tema così delicato con una motivazione così indecorosa e così irrispettosa per la serietà delle istituzioni stesse.

In secondo luogo, Presidente, ho ascoltato l'intervento del senatore Fuda e, per la verità, ben prima della sua autodifesa avrei definito l'emendamento, proprio per evitare la personalizzazione, anche perché si sarebbe trattato in ogni caso di un approccio riduttivo rispetto all'importanza del problema e della questione, più che «emendamento Fuda», «emendamento fuga»: in realtà, si tratta di un tentativo per cercare di concretizzare una fuga dalla responsabilità contabile ed attraverso l'intervento del relatore - mi dispiace sottolinearlo per la stima che ho nei confronti del senatore Villone - si è concretizzato un ulteriore esercizio di fuga, cioè la fuga dalla responsabilità politica di quanto è accaduto.

Signor Presidente, è veramente paradossale che all'interno di una finanziaria che contiene commi che si possono definire «griffati», addirittura firmati e sottoscritti a latere, non si riesca a venire a capo della responsabilità politica relativa all'introduzione di questo comma. Mi sembra francamente una questione che merita un approfondimento, sul quale non dico altro perché so che il collega Storace ha presentato emendamenti in tal senso, che peraltro vanno anche nella direzione indicata dal collega Saro per determinare chiarezza e trasparenza rispetto a questo dato e a questo elemento.

Aggiungo ulteriormente che non vi è solo il problema di una finanziaria con emendamenti chiaramente attribuibili, anche rispetto agli interessi oltre che alla fonte di scrittura della norma, ma vi è un problema più ampio di carattere politico. Questa vicenda si inserisce in un contesto che, soprattutto sul terreno locale ed amministrativo, disegna un quadro dove stiamo ritornando in una condizione di prevalenza della illegalità e della cultura delle impunità.

Questo emendamento non è un incidente di percorso. Si inserisce all'interno di una condizione che vede ritornare un meccanismo per il quale la cultura dell'impunità è tornata ad essere prevalente. Allora buonsenso, capacità di affrontare correttamente le questioni ed i problemi avrebbero suggerito e suggerirebbero la riflessione su questi temi all'interno di un ridisegno organico del sistema a partire dal sistema degli enti locali nel recupero di un diverso equilibrio tra poteri, responsabilità e controlli anche perché in questo meccanismo che si è instaurato nel corso degli anni, con il degrado della politica e dello spirito pubblico, quello della Corte dei conti è restato l'unico caposaldo in termini di controlli per evitare che si torni ad un meccanismo per cui siano le aule giudiziarie a risolvere i problemi che la politica ed il dibattito politico non riescono a fare.

Quindi, non è possibile affrontare questo tema con l'ipocrisia emersa di questi falsi moralisti, i quali non hanno il coraggio, quale primo elemento di moralità dell'assunzione della responsabilità politica. (Applausi dal Gruppo AN).

 

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il senatore Castelli. Ne ha facoltà.

CASTELLI (LNP). Signor Presidente, vorrei innanzitutto avanzare due argomenti preliminari.

Ho ammirato il senatore Villone nel suo tentativo di distogliere le responsabilità che il Governo ha avuto in tale questione. Però la verità, colleghi, credo sia evidente: qualcuno ha cercato di fare il furbo; non c'è riuscito, la frittata è stata fatta. Prendiamone atto, anche senza eccessivi drammi. Da parte nostra rinunciamo a strumentalizzare tale questione, che sicuramente la sinistra avrebbe ingigantito nel modo più assoluto a parti invertite. Però, per favore, non tentate di dare la responsabilità di tutto ciò a noi. Se è vero che ci siamo opposti allo stralcio di questa norma, ciò è avvenuto non certo perché eravamo d'accordo con la stessa, ma perché volevamo che il Governo si assumesse fino in fondo la responsabilità politica di quanto accaduto. C'è il furbetto del quartierino anche all'interno del Governo. È del tutto evidente che una norma così dirompente non possa non essere stata dettata da un Ministro. È assolutamente evidente, colleghi, dobbiamo prenderne atto; e bisognerà pure che ben salti fuori, prima o poi, il nome del furbetto, credo che sia interesse anche e soprattutto del Governo, altrimenti il sospetto continuerà a permanere su tutti i membri del Governo stesso.

La seconda questione che intendo assolutamente affrontare, perché su questo tema interverrò più volte, è la seguente: non c'è alcun interesse personale da parte mia. Vedete, colleghi, il Ministero della giustizia, sotto la mia guida, ha accumulato circa 100 procedimenti per danno erariale (non so se sia un record nella storia della Repubblica, probabilmente sì), di cui 75 in capo al sottoscritto. Bene, nessuno di essi riguarda l'emendamento Fuda. I procedimenti cui il sottoscritto e tutti gli altri miei collaboratori al Ministero della giustizia sono sottoposti non vengono salvati da tale emendamento, poi trasformato in articolo. Quindi, non parlo per interesse personale; credo che vada detto per chiarezza.

Detto ciò, mi sembra che un bene sia nato da tale vicenda, e lo hanno sottolineato molto oratori intervenuti prima di me: occorre focalizzare come lavora la Corte dei conti. Credo che il Parlamento debba in qualche modo intervenire per sanare quello che oggi è un vero e proprio malfunzionamento che, da un lato, fa crescere e aumentare enormemente il contenzioso pendente e, dall'altro, comporta soprattutto una vera e propria ingiustizia nei confronti degli amministratori.

Vedete, è del tutto logico che un amministratore debba essere sottoposto al controllo di un organo, che tra l'altro ha valenza costituzionale; su questo non ci piove, però bisogna vedere le modalità, e soprattutto un amministratore deve sapere, in maniera assolutamente chiara, quali sono i limiti entro i quali può operare. Per saperlo non c'è allora che un modo: ci devono essere procedimenti rapidi, in modo che vi sia una giurisprudenza che fa scuola, ma soprattutto in modo che l'amministratore possa sapere rapidamente se ha agito male o in maniera corretta.

Invece oggi cosa accade? Accade che la Corte dei conti, lo vediamo ogni anno, bacchetta tutti. C'è la relazione del Presidente, che parla ex cathedra, che dà il voto a tutti: agli organi di Governo, alla finanziaria, all'economia. Ma chi controlla la Corte dei conti? Ho visto l'unico controllo fatto fino ad ora, quello di una famosa trasmissione satirica, i cui collaboratori si sono appostati fuori del portone della Corte dei conti e hanno filmato i funzionari e gli impiegati della Corte che uscivano durante l'orario di lavoro, andavano al supermercato e poi tornavano con i sacchetti della spesa in mano. (Applausi dal Gruppo LNP). Questo è accaduto e nessuno ha mai detto nulla. Credo allora che forse sarebbe il caso di non accettare lezioni da un organo che lavora in questo modo o comunque di segnalare il caso. Nessuno lo ha mai detto, io ho il coraggio di dirlo. In quel caso non c'è stato danno erariale? Altro che danno erariale! Credo vi sia stata anche una serie di reati, però nessuno dice niente.

Il risultato qual è? I provvedimenti giacciono anni ed anni. Bene, questo non deve più accadere. È allora del tutto evidente che noi voteremo a favore della soppressione di quell'articolo, perché è una strada sbagliatissima. Si è cercato con un sotterfugio di risolvere un problema che invece è reale: quello, ripeto, da un lato, della possibilità degli amministratori di operare e, dall'altro, se hanno sbagliato, di poter vedere riconosciuta o la loro giusta condanna o la loro assoluzione in tempi assolutamente rapidi. Credo dobbiamo cogliere l'occasione di questo dibattito per affrontare tale questione. Vedete, anche nelle medaglie più negative c'è sempre il lato positivo: l'aspetto positivo è che oggi venga alla luce e venga dibattuto per la prima volta questo problema in Parlamento.

Poi, per favore, colleghi, smettiamola noi politici di avere la coda di paglia nei confronti degli altri organi dello Stato. Sembra quasi che persone che hanno sempre condotto una vita degna e una vita professionale ottima non appena entrano in Parlamento o assumono cariche di Governo diventino, nel migliore dei casi, degli incapaci e, nel peggiore dei casi, dei criminali. Essi sono sottoposti al giudizio impietoso di altri organi dello Stato che invece hanno code di paglia lunghe un chilometro. (Applausi del senatore Selva).

Io rivendico la mia capacità e la mia onestà, così come quella di tutti. Dobbiamo avere la forza di legiferare su questi temi senza aver paura di attacchi strumentali da parte di nessuno. Se il Parlamento non si libera da questo stato di sudditanza rispetto ad altri organi e poteri dello Stato non riusciremo mai a legiferare nell'interesse del Paese. Questo è il messaggio forte che dobbiamo lanciare da quest'Aula approfittando di tale problema. Questo è l'atteggiamento giusto da assumere nei confronti della questione. (Applausi dal Gruppo di AN).

In seguito illustrerò alcuni emendamenti da me presentati al decreto-legge. Immagino che il voto su questo decreto sarà di unanime approvazione e non si può fare altrimenti, perché esso è giusto e va a sanare un errore clamoroso, un vero e proprio sotterfugio anche abbastanza puerile e infantile. Infatti, è del tutto evidente che un comma della legge finanziaria non può passare inosservato. Dobbiamo uscire da quest'Aula con l'impegno ad affrontare seriamente questa materia, perché chi amministra e fa politica ha il diritto di sapere in tempi ragionevoli se ha operato per il bene del Paese o se in qualche caso ha sbagliato e, in questo caso, affrontare la giusta condanna.

Intervengo ancora per un minuto per dire una cosa importantissima. Con tutta la modestia possibile, io ritengo che la lettera del procuratore sia sbagliata. Colleghi, la prescrizione interviene esclusivamente prima che il procuratore abbia iniziato la procedura per danno erariale. Il punto fondamentale è che, ai sensi dell'articolo 2943 del codice civile, non c'è più prescrizione e si può andare avanti sine die. Non è vero che sono stati bloccati migliaia di procedimenti, come è stato affermato. In realtà, verrebbe bloccato soltanto il procedimento che interessava venisse bloccato perché questo è, evidentemente, un provvedimento ad personam. Non sono 3.500 i procedimenti bloccati. Sono pochi, solo quelli per i quali è in atto un'inchiesta e per i quali il procuratore non ha ancora formulato richiesta di rinvio a giudizio. Bisogna cercare tra questi, non tra i procedimenti di primo grado, per i quali, lo ripeto, non sussiste prescrizione. Bisogna intervenire assolutamente su questo punto.

Un'atra notazione riguarda il danno, che ammonterebbe a svariati miliardi di euro. Sapete a quanto ammonta il recupero delle somme rispetto alle condanne per l'inerzia della pubblica amministrazione? In base ai dati ufficiali della Corte dei conti, viene recuperato il 3 per cento delle somme al pagamento delle quali si era stati condannati. Anche su questo problema il nostro Governo ha cercato di intervenire con una norma che, infatti, non ha ricevuto alcuna critica. (Applausi dal Gruppo LNP e del senatore Valentino).

 

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il senatore D'Onofrio. Ne ha facoltà.

D'ONOFRIO (UDC). Signor Presidente, le chiedo una cortesia. Siamo in fase di discussione generale su questo decreto-legge. Poiché credo di essere iscritto a parlare anche in dichiarazione di voto e vorrei intervenire una sola volta, in dichiarazione di voto annuncerò solo il voto favorevole del Gruppo dell'UDC.

Non svolgerò alcuna considerazione ulteriore in quanto questa discussione per qualche aspetto è surreale. In essa, tutti i Gruppi parlamentari per vario motivo sono favorevoli all'abrogazione del famoso o famigerato comma 1343 della legge finanziaria. In un certo senso, stiamo discutendo di come si è giunti a questo comma. Vorrei, perciò, sgomberare il campo dal dubbio che abbiamo avuto in tanti.

Poiché si tratta del comma di una legge finanziaria, ovviamente la responsabilità è del Governo, che ha posto la questione di fiducia. Diamo per scontato che quando si fa una finanziaria così complicata come l'ultima che abbiamo esaminato in Aula al Senato (o che abbiamo finto di esaminare) può anche infilarsi qualche comma in modo imprevedibile, ma dubito che esso si infili senza sapere chi lo ha voluto.

Non vorrei che questo Governo cominciasse ad assumere come regola costante che ogni volta che emerge un fatto clamoroso si dica che non si sa chi è l'autore. Prima si è detto che era stato Rovati per conto suo, adesso non si sa chi abbia voluto il comma. Domani parleremo della base di Vicenza e non si saprà chi l'ha voluta, se il Governo o la maggioranza; non si sa. Vi sono fatti che avvengono e non si sa perché.

Intanto, questo è un comma in una finanziaria voluta dall'attuale Governo. Perché siamo preoccupati di questo comma? Credo occorra fare molto seriamente un'argomentazione. Il collega Viespoli ha svolto alcune considerazioni molto importanti. Questo comma tende di fatto a ridurre la possibilità di sottoporre a procedimento contabile gli amministratori pubblici. Questo è il senso. Riducendo la durata della possibile prescrizione, riduce la possibilità di sottoposizione al giudizio contabile.

Se avessimo discusso di questo comma dieci anni fa probabilmente ce ne saremmo occupati molto poco. Dieci o quindici anni fa era molto più evidente la giurisdizione penale in materia di responsabilità degli amministratori, pubblici e locali in particolare. La magistratura penale finiva con il rappresentare una sorta di ultima frontiera, dopo che erano venute meno le frontiere della selezione della classe dirigente amministrativa e politica locale da parte dei partiti politici e dopo che era venuta meno la rete di protezione dei controlli di legittimità, che molto tempo fa servivano a qualcosa e poi, progressivamente, sono andati perdendo di significato, fino, addirittura, ad essere aboliti del tutto.

Siamo, quindi, in presenza di un comma della finanziaria che colpisce la sola frontiera che ancora, in qualche misura, regge sulla responsabilità degli amministratori pubblici e locali in particolare. Questa è la gravità della questione. Questo è il punto sul quale il collega Viespoli ha voluto richiamare l'attenzione. Questo è il motivo per il quale, sebbene siamo tutti favorevoli ad abrogare questo comma come orrendo, siamo preoccupati per il fatto che esso esista. Non siamo preoccupati ovviamente di toglierlo, ma che ci fosse.

Le diverse frontiere sulla responsabilità amministrativa erano venute meno, una dopo l'altra. Tanti anni fa è venuta meno l'autorizzazione amministrativa da parte del prefetto, del Ministero dell'interno, caduta per mano della Corte costituzionale in nome dell'autonomia degli enti locali. Poi, in qualche misura, è caduta la responsabilità attraverso i partiti politici, compreso quello dal quale provengo; una responsabilità che si era andata attenuando in funzione del consenso elettorale: non si guardava più in faccia a nessuno che amministrasse, purché avesse il consenso. Poi si è andata attenuando la responsabilità penale. Rimaneva quella contabile, che per molti anni non ha fatto paura quasi a nessuno.

Questo comma invece ha visto l'insurrezione dei colleghi magistrati della Corte dei conti perché, come loro hanno dimostrato, si trattava di un comma che avrebbe di fatto ridotto drasticamente la possibilità della responsabilità contabile e/o amministrativa, da questo punto di vista, degli amministratori pubblici, i residui amministratori pubblici nazionali e la stragrande maggioranza di amministratori pubblici locali.

La domanda politica, allora, è la seguente: ma questi amministratori locali sono per caso di una qualche parte politica? Allo stesso modo, la magistratura penale aveva potuto operare alla luce anche di un'amnistia decisa nel 1989, prevalentemente a carico di amministratori pubblici dei partiti che governavano il Paese, i partiti del centro‑sinistra e in particolare quello della Democrazia Cristiana. In questa stagione gran parte degli enti locali è amministrata dal centro‑sinistra. Questa norma, allora, per qualche aspetto ha avuto anche le caratteristiche di un colpo di spugna della maggioranza di Governo sui propri amministratori locali. Vorrei che questo fosse il punto centrale sul quale la maggioranza politica desse risposta. (Applausi del senatore Storace).

Noi siamo favorevoli ad abrogare questo comma, ma vogliamo che la maggioranza politica si renda conto che con esso si è tentato di recare un vulnus gravissimo all'ultimo aspetto ancora esistente di responsabilità degli amministratori, che appartengono prevalentemente al centro‑sinistra. Dico prevalentemente: non tutti, ma la stragrande maggioranza degli amministratori pubblici, sia con mandato politico, sia i tecnici, sono del centro‑sinistra.

Possiamo ritenere che una maggioranza politica non sapesse nulla di questo comma? Possiamo ritenere che fosse solo il collega Fuda il responsabile, quando abbiamo emendamenti presentati da una larga quantità di colleghi del centro‑sinistra, compreso il collega Formisano (non so se abbia firmato qualche emendamento senza sapere cosa facesse), molti colleghi vicini a questo o a quell'ex sindaco, di questa o quella città, compresa la città di Roma? Intendo dire: non voglio avanzare sospetti, ma chiedo una valutazione politica da parte dei Gruppi politici del centro-sinistra a carico dei propri amministratori pubblici locali.

Questo è un fatto particolarmente grave, non perché io esoneri dalla responsabilità gli amministratori centrali, ovviamente il Governo di centro-sinistra determina ancora di più la possibilità dei propri dirigenti attraverso le forme più o meno varie di spoils system. Di questo si tratta, e questa è la ragione per la quale noi riteniamo di dare parere favorevole e quindi il Gruppo dell'UDC voterà, ritengo in modo compatto, a favore dell'abrogazione.

Ma la ragione per la quale siamo stati notevolmente preoccupati anche noi è che i colleghi della Commissione bilancio non hanno potuto neanche esaminare nel merito questo comma perché, come tutti sappiamo, il cosiddetto maxiemendamento è giunto per la fiducia senza che nessuno sapesse nulla in Commissione. Ecco perché consideriamo quello che abbiamo di fronte come un tentativo di colpo di mano; ecco perché non possiamo accettare la spiegazione non solo farisaica, ma vergognosa, che il Governo indica quando presenta il decreto-legge per la conversione, parlando di un mero errore redazionale, quasi si fosse trattato di un fatto tecnico dovuto non si sa a chi. Si è trattato invece di un tentativo politico molto grave da parte di questo Governo, di questa maggioranza, a tutela prevalentemente dei propri amministratori locali.

In conclusione, manteniamo la nostra opinione favorevole all'abrogazione, ma manteniamo anche la denuncia grave che abbiamo fatto e che continuiamo a fare ai colleghi del centro-sinistra. (Applausi dai Gruppi UDC e AN).

 

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il senatore Ferrara. Ne ha facoltà.

FERRARA (FI). Signor Presidente, sono sicuro che, essendo in credito con la sua persona, mi consentirà di sforare per qualche istante in più.

 

PRESIDENTE. Senatore Ferrara, il credito non è infinito, è già la seconda volta che vi si richiama; comunque, le do cinque minuti.

 

FERRARA (FI). Lei ha ragione, il credito non è infinito, ma non è riscosso. La ringrazio.

Volevo fare alcune precisazioni rispetto ad affermazioni venute da molti esponenti della maggioranza circa la necessità che oggi abbiamo di confermare l'espunzione della norma di cui stiamo parlando perché, affermano gli esponenti della maggioranza, questa reca un contenuto contrario alla Costituzione ex articolo 81 della stessa. Mi domando però, se ciò è vero, come è stato possibile che la finanziaria sia stata firmata, perché a questo punto è stata firmata con un contenuto contrario all'articolo 81 della Costituzione.

Il dilemma è stato risolto dalla stampa (ma giammai dal Governo o da altra comunicazione che sia stata fatta negli organismi parlamentari), nel senso cioè che la firma sarebbe avvenuta contemporaneamente: ma come contemporaneamente? È stata firmata prima la finanziaria? Ma allora questa era contraria alla Costituzione. È stato firmato prima il decreto? Ma se non c'è la finanziaria, non c'è la portata normativa e quindi non avrebbe potuto essere firmato il decreto. L'unico modo per risolvere la sciarada è che i due provvedimenti siano stati firmati contemporaneamente, uno con la mano destra e l'altro con la sinistra, della qual cosa ringraziamo il Capo dello Stato, anche se ci rimane il dubbio di sapere cosa sia stato firmato con la mano sinistra.

Altra questione: vorrei derubricare il giudizio di falsità rivolto al senatore Villone in quello di ignoranza. Egli dice che la Commissione bilancio non ha lavorato bene perché non si sarebbe accorta della contrarietà ex articolo 81. Ora, visto che non sono molto nuovo della Commissione, posso dire che non è possibile che in Commissione bilancio si esamini un emendamento o una parte di un maxiemendamento quando non sia stato visitato dagli Uffici.

Non solo, ma di ciò si trova traccia (come dicevo poc'anzi esprimendo il giudizio che adesso sto derubricando, quello di falsità) nel resoconto dei lavori della Commissione (mi dispiace non sia un resoconto stenografico, ma in quanto si trattava di un parere ed erano già finiti i lavori della Commissione sulla finanziaria è soltanto un resoconto sommario). Dice infatti il resoconto che il senatore Vegas (accanto al quale ero seduto nel momento in cui stavamo esaminando il maxiemendamento) «critica infine le modifiche al codice civile, in particolare la qualifica di imprenditore agricolo e altre, rilevando che su proposte emendative analoghe contenenti modifiche di tipo ordinamentale il Presidente si è pronunziato nel senso dell'inammissibilità».

Sugli emendamenti ordinamentali, del tipo giudiziale, abbiamo svolto un lungo dibattito in Commissione, e in primo luogo sull'emendamento che prevede la possibilità della confisca per alcune ipotesi di reato giudicate già in primo grado e - come per le ipotesi di corruzione era stato aggiunto l'abuso di ufficio - con un emendamento del senatore Castelli e mio questa parte è stata espunta.

Per quale motivo la Commissione bilancio del Senato ha continuato a giudicare ammissibili questi emendamenti? Perché in caso contrario avrebbe tenuto un comportamento diverso rispetto a quanto era stato fatto nel corso della finanziaria nell'altro ramo del Parlamento. Questo il senatore Morando ripete specificatamente, anche con riferimento al famoso e famigerato emendamento di cui stiamo discutendo questa mattina, e lo ripete chiaramente proprio alla fine del suo intervento sull'esame che la Commissione bilancio stava compiendo sul maxiemendamento. Egli dice infatti: «Da questo punto di vista la verifica è stata effettuata ed è positiva. Non ci sono, a nostra conoscenza, norme che trovino ospitalità all'interno del testo presentato dal Governo che non hanno un fondamento per materia negli emendamenti presentati»; era stata infatti rilevata l'impossibilità di dare un parere favorevole all'introduzione anche di questa parte.

Per carità, Presidente, si voglia dare atto che la nostra presenza, e quella di tutti i commissari in Commissione bilancio, è molto attiva e fattiva e non è dato a nessuno pensare che non ci si è accorti del problema e che su di esso non si sia dibattuto. Quindi, chi afferma che si tratta soltanto di un esame disattento e che solo in un successivo momento qualche parlamentare della maggioranza si è accorto del problema è ignorante. (Applausi dal Gruppo FI).

 

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il senatore Ripamonti. Ne ha facoltà.

RIPAMONTI (IU-Verdi-Com). Presidente, rinuncio ad intervenire ora e parlerò poi in fase di dichiarazione di voto. Voglio però rassicurare il senatore Ferrara in merito alla legittimità di emanare un decreto che interviene sulla finanziaria, che non è ancora entrata in vigore, ricordando che esiste un precedente nel 2003 relativo proprio alla finanziaria del Governo di centro-destra; in quella sede si adottò una procedura analoga a quella adottata nel caso specifico.

 

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il senatore Divina. Ne ha facoltà.

DIVINA (LNP). Signor Presidente, non sono proprio così convinto, come alcuni colleghi fra i quali da ultimo il senatore Ripamonti, in merito agli effetti che produrrà questa norma che entra in vigore.

Devo dire con tutta onestà che pensavamo che da parte del relatore Villone o della sinistra ci fosse una specie di pubblica ammenda: «Abbiamo commesso un grave errore, uno scivolone; non era il caso, ergo, ovviamo come possibile», anche se secondo il sottoscritto - e poi lo spiegherò - probabilmente non è possibile. Al contrario, abbiamo visto un relatore che si è quasi arrabbiato per il modo in cui è stato interpretato. Doveva scusarsi e assolutamente non arrabbiarsi.

Non credo che capiti tante volte di discutere un testo normativo che reca una premessa che poi nel corso della discussione generale un membro della stessa maggioranza demolisce, come è successo nel caso in esame. Le argomentazioni addotte per presentare questa legge di conversione sono che il famoso comma della finanziaria è stato il frutto di un mero errore redazionale. Poche volte abbiamo letto commi così ben scanditi, definiti e precisi; una virgola può scappare, qualcosa si può omettere qualcosa o dimenticare, ma una volta che si scrive un comma con questa puntualità, è difficile giustificarlo come un errore redazionale.

Mi pare che il senatore Fuda abbia scientificamente spiegato a che cosa finalisticamente era indirizzato viceversa l'emendamento. Era chiaro: si voleva modificare il tempo di partenza della prescrizione dei reati amministrativi contabili, sostituendo causa ed effetto, la condotta con il danno poi prodotto. Chiaramente i tempi sono diversi, si sposterebbe molto in avanti nel tempo il momento da cui parte la prescrizione e indubbiamente tanti, tanti pubblici amministratori se ne sarebbero potuti avvantaggiare.

Abbiamo capito anche che il responsabile della presentazione sembra essere il collega Fuda, però - chiedo scusa, noi non siamo molto abili perché, almeno il sottoscritto, non ha mai partecipato ai grandi tavoli di maggioranza - quando si confeziona una finanziaria probabilmente ci saranno al tavolo del Governo i responsabili, ci sarà forse anche un pretavolo, una riunione più ristretta fra referenti di partito: ognuno pone sul tavolo le proprie richieste e si dà poi inizio ad un taglia e cuci. Qualcosa si accetta, qualcosa lo si rifiuta, ma è impossibile che in quella sede emerga qualcosa che non ha a che fare con la discussione politica del momento. Ritengo quindi che lo si sia voluto introdurre.

Vengo adesso agli aspetti giuridici, perché parliamo di norme. Egregio Presidente, le nostre magistrature giudicanti applicano un principio quando si pone loro un qualsiasi di tipo di causa: la sanzione si dà sulla base della legge vigente (i giuristi dicono tempus regit actum). Non vi è dubbio che la legge vigente è la legge che in quel momento opera, che ha vigore. Cosa accade, però, se tra il momento della condotta criminosa, comunque illegittima, e il momento della sanzione, della sentenza, si accavallano più leggi, c'è una successione di leggi? Interviene un altro principio generale, generalmente accettato nell'ordinaria giurisprudenza, che è quello del favor rei. Tale principio sta a significare che l'imputato potrà avvalersi della norma che, succedutasi nel tempo, in quel momento è a lui più conveniente, favorevole.

Signor Presidente, non sono io a doverle spiegare cosa accade nell'iter normativo. Noi stiamo emanando una legge che converte un decreto che interviene, ma successivamente, abrogando quella norma fatidica contenuta nella legge finanziaria. Ciò sta a significare che non può entrare in vigore un minuto prima perché non si può abrogare ciò che non c'è, ciò che non è vigente, non è cogente. Ergo, la norma fatidica dovrà entrare in vigore per poter subire, poi, l'abrogazione successiva. Quindi, sia pure per un giorno, un'ora, un minuto, il famoso articolo 1 della legge n. 296, cioè la legge finanziaria per il 2007 dovrà aver vigore.

Tuttavia tale articolo, nel momento stesso in cui entra in vigore, ha vigenza ed esplica pertanto tutti i suoi effetti: ergo, tutti i giudizi, da quel momento in poi, consentiranno a chi è imputato di avvalersi della norma precedente, della norma intervenuta o della norma abrogata, in base all'opportunità e alla convenienza per l'imputato. La frittata è quindi fatta: qualsiasi cosa faremo in questo momento, per un secondo sarà intervenuta la norma che noi con il disegno di legge in itinere intendiamo abrogare e pertanto gli effetti di quest'ultimo saranno inutili. Diciamo pure che siamo d'accordo, però non modificheremo assolutamente nulla, non cambieremo assolutamente nulla. È anche difficile dare un giudizio «arrabbiato» perché, come opposizione, dovremmo esprimerci anche in toni molto più aspri e arrabbiati in quanto, così come si prende il classico bambino con le mani nella marmellata, abbiamo colto la maggioranza in un comportamento così infantile che è anche difficile esasperare a questo punto i toni nel riprendere tale condotta.

Il mio Capogruppo ha già spiegato le motivazioni politiche per cui noi saremo d'accordo; io continuo a rimarcare l'inutilità, purtroppo, di quello che in questo momento stiamo facendo. (Applausi dal Gruppo LNP. Congratulazioni).

 

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il senatore Storace. Ne ha facoltà.

STORACE (AN). Signor Presidente, onorevoli colleghi, rappresentanti del Governo, vorrei sapere, di fronte alla disponibilità dell'opposizione a sostenere l'abrogazione della norma contenuta nella legge finanziaria al comma 1343, se si registra altrettanta disponibilità da parte della maggioranza nel sancire a parole e non solamente con il pensiero che il Governo ha fatto una delle figure peggiori che potesse fare nell'approvazione della legge finanziaria. E dico anche - esporrò i motivi successivamente, nell'intervento che sto svolgendo - che mi dispiace che non sia presente il vice presidente del Consiglio, onorevole Rutelli, perché la sua sarebbe stata una presenza importante per chiarire alcuni dubbi che abbiamo.

Desidero partire dalla relazione del senatore Villone. Quest'ultimo è sembrato quasi imputare all'opposizione il pasticcio combinato dal Governo. Il senatore Villone dimentica che questo pasticcio è stato approvato grazie ad un voto di fiducia che ha blindato la legge finanziaria e che si è voluto impedire una quarta lettura del disegno di legge alla Camera. Sarebbero bastati cinque minuti per abrogare quella norma ed approvare definitivamente, con un passaggio al Senato di mera ratifica, la legge finanziaria. Invece a Palazzo Madama avevamo bisogno di cinquanta giorni di ferie e quindi non se ne è potuto parlare.

Credo che su tale questione la maggioranza dovrebbe offrire qualche spunto di autocritica al dibattito parlamentare, se non altro per dimostrare buona fede nell'adottare una norma che comunque apprezzo perché elimina il pasticcio che lo stesso Governo ha causato. Questa è una norma approvata in una legge finanziaria per il cui varo è stato determinante, ad esempio, il voto dei senatori a vita, che hanno consentito che passasse anche questa norma insieme all'obbrobrio caratterizzato dal complesso delle norme della legge finanziaria. Anticipo, signor Presidente, che quando oggi si voterà per le dimissioni del presidente Cossiga forse sarò uno dei pochi ad aderire al suo intendimento di lasciare l'Assemblea del Senato, perché vorrei che le leggi le approvassero i rappresentanti eletti dal popolo.

Detto questo, quello che contesto è che non si scriva, nella relazione che accompagna l'approvazione di una norma per abrogarne un'altra, che cosa - senatore Fuda - prevedeva la norma in questione. Credo che qui ci sia davvero un grave difetto di responsabilità da parte della maggioranza che governa - si dice per volontà popolare, anche se abbiamo qualche sensazione contrastante - nel non dire cosa prevedesse quella norma. Si tratta di una norma che ha spostato i termini della prescrizione: se prima dell'approvazione di quel comma la prescrizione decorreva dal momento in cui si verificava il danno, quella norma faceva risalire la prescrizione dal momento dell'approvazione dell'atto, anche se nel frattempo non fossero intervenuti altri eventi.

Ebbene, ho ascoltato con molta attenzione, e per la verità con tanta fatica, l'intervento del collega Fuda, che è colui che ha elaborato la norma originaria, almeno su questo possiamo essere d'accordo. Una norma più complicata del discorso che lei, senatore, ha fatto qui e mi dispiace che sia presidente della Commissione per la semplificazione della legislazione perché non abbiamo capito assolutamente nulla delle ragioni che lei ha addotto a sua difesa. Una sola cosa ho capito, senatore Fuda. Lei ha detto: non sono stato io.

Ed allora ha ragione o no il presidente D'Onofrio a chiedere chi è stato a fare questo pasticcio? Questo abbiamo il diritto di saperlo proprio per far conoscere al Paese che in quest'Aula non ci sono persone che hanno voluto favorire qualcun altro. Credo che sia un atto importante e per questo abbiamo anche presentato alcuni emendamenti specifici tra quelli che si sono salvati dalla tagliola del Presidente delle Senato (che ho accettato, pur contestandola e subendola), perché vogliamo sapere, almeno per quanto riguarda gli emendamenti, se ci sarà disponibilità da parte della maggioranza nel dare un segnale alla pubblica opinione di voler fare realmente trasparenza, nel senso di non mettere sotto il tappeto la spazzatura che si trova e dire che è stato Tizio o è stato Caio e che ne avrebbe beneficiato Sempronio. Se non si fa questo, il problema della responsabilità di chi ha ordito questa manovra ve lo porterete appresso ogni volta che parleremo di tali questioni.

Vede, Presidente, io mi sarei aspettato, nel momento in cui il Senato riceve il testo da parte del Governo, una segnalazione all'Esecutivo almeno sulla relazione che accompagna la norma. Già ne ha parlato eloquentemente il collega senatore Viespoli e lo ha ribadito anche il senatore Divina: non si può scrivere una bugia su un atto che viene sottoposto all'approvazione del Parlamento. Non è vero che c'è stato un mero errore redazionale, c'è un stato un gravissimo orrore politico, una manovra per favorire qualcuno. Io credo che ci voglia onestà da parte di tutti nell'ammettere questa considerazione nel dibattito.

Noi abbiamo alcune preoccupazioni, Presidente, che voglio rassegnare all'Aula: alcune di queste erano contenute negli emendamenti che avevo proposto e che sono stati cassati dalla Presidenza del Senato, in virtù di una interpretazione approvata dalla Giunta per il Regolamento nel 1984. Poiché non è caduta in prescrizione, secondo il Presidente. È quella vigente. Io ho qualche dubbio però che abbia ragione il senatore Divina quando chiede se siamo sicuri che la firma del decreto, successiva alla firma della finanziaria, non comporti effetti e qualche avvocato non possa avere ragione nel sostenere il principio del favor rei nella difesa del proprio assistito.

Siamo sicuri che gli stessi tempi di pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale, prima la finanziaria, poi ovviamente il decreto che abroga una norma, non possano aprire una finestra all'interno della quale agitare contenziosi e conflitti che vadano poi a cassare questa norma? Si tratta di una questione di assoluta importanza sulla quale sarebbe bene fare chiarezza da parte del legislatore.

Poi ci sono i problemi più eminentemente politici, non intervengo su quelli di carattere giuridico. Sono avvenute, a seguito dell'approvazione della finanziaria, alcune questioni, e per questo avrei voluto qui la presenza del Vice presidente del Consiglio, sulle quali il Senato ha il diritto di esigere chiarezza. Tali questioni fanno parte di altri due emendamenti cassati che ho trasformato in ordini del giorno, che riguardano segnatamente iniziative annunciate dal Ministro delle infrastrutture e dal Vice presidente del Consiglio con delega ai beni culturali. Il ministro di Pietro, e non oso dubitare che non abbia dato seguito alla propria azione, ha annunciato di aver segnalato alla procura della Repubblica di Roma il caso in questione, chiedendo che si aprisse un fascicolo.

Vorrei sapere se questo è stato fatto e se il Governo non intenda sostenere a propria difesa l'azione meritoria del ministro Di Pietro che chiede di fare chiarezza sulle riunioni che hanno determinato la stesura e l'approvazione successiva da parte del Governo della proposta al Consiglio dei ministri.

L'altra questione che vorrei si faccia capire al vice Presidente del Consiglio riguarda il fatto che i dubbi sollevati dalla stampa non possono essere demonizzati a colpi di querela. Lo dico perché si tratta di un argomento sul quale occorre mostrare molta sensibilità. Io non ho dubbi, in questo caso, sulla buona fede, almeno a leggere le dichiarazioni dell'onorevole Rutelli, che lui davvero non c'entri niente, dato che lo afferma, ma non è assolutamente giustificabile il livore nei confronti de «Il Giornale» che ha posto dubbi sulla condotta o di Rutelli o del suo partito in questa vicenda.

Il Vice presidente del Consiglio, anziché querelare «Il Giornale», anziché minacciare ghiotti risarcimenti pecuniari o la galera nei confronti dei giornalisti, avrebbe il dovere di venire in Senato e dirci chi è stato a fare questa manovra, perché altrimenti vuol dire che si può coprire tutto, approviamo il decreto, nessuno deve sapere nulla. Noi vogliamo saperlo perché alla fine, Presidente, sa cosa rischia di succedere? Che l'unico che paga in questa vicenda è un redattore de «Il Giornale» che si è permesso di avanzare dei dubbi, e questo non è giusto in una democrazia.

Vogliamo anche che il Vice presidente del Consiglio risponda ad alcune domande. Noi abbiamo presentato un'interrogazione al Presidente del Consiglio dei ministri, al vice Presidente del Consiglio, ai Ministri dell'economia, della giustizia e delle infrastrutture alla quale il Governo si è ben guardato dal rispondere. Vorrei sapere se verrà mai il momento in cui il Governo risponderà a domande impegnative.

Resto sul tema sollevato dal vice presidente del Consiglio Rutelli nei confronti del quotidiano «il Giornale» sulla questione del comma 1343 della finanziaria: ho chiesto se fosse a conoscenza di questo emendamento presentato da un collega del suo partito; se fosse a conoscenza del fatto che l'emendamento in questione era stato presentato anche alla Camera da un deputato del partito della Margherita; se fosse a conoscenza che l'emendamento è stato presentato qui al Senato l'8 dicembre scorso e non portava solo la firma del senatore Fuda ma anche del Vice presidente del Gruppo dell'Ulivo e da altri autorevoli esponenti della Margherita.

Vogliamo sapere se sono stati delegati dal vice presidente Rutelli esponenti del suo partito a condurre la trattativa in sede di stesura del maxiemendamento alla finanziaria; se il Presidente del Consiglio e gli altri Ministri siano stati messi a conoscenza delle conseguenze devastanti che l'approvazione di quell'emendamento avrebbe determinato. Vogliamo sapere se hanno notizia di chi è stato l'ispiratore di tale manovra e, infine, se non intenda sostenere l'azione del ministro Di Pietro nei confronti della procura della Repubblica di Roma. Di fronte a simili domande, si oppone un silenzio che preoccupa la pubblica opinione, la quale ha diritto di sapere chi si sarebbe avvantaggiato da questa norma.

Signor Presidente, non sono solamente io a parlare di manina che ha infilato, non per mero errore materiale, ma per precisa volontà politica, il cosiddetto emendamento Fuda all'interno della legge finanziaria; è stato il Presidente del Consiglio, quando nella riunione di Caserta, tanto strombazzata dai media, di fronte a domande dei giornalisti, ha detto testualmente: siamo alla ricerca del mandante. Come si fa a parlare di mero errore redazionale quando il Presidente del Consiglio afferma, nella riunione più importante che abbia tenuto il centro-sinistra da qualche tempo a questa parte, che si sta cercando il mandante? Mi domando inoltre se noi dovremmo approvare a scatola chiusa un decreto senza sapere qual è l'impegno reale del Governo a verificare chi è stato l'uomo, il soggetto, la combriccola che ha dato vita a questo autentico pasticcio.

Signor Presidente, mi appresto a concludere, non voglio abusare dei 15 minuti a mia disposizione perché voglio riservarmi di intervenire durante l'illustrazione degli emendamenti. Noi abbiamo presentato, lo dico all'Assemblea, due emendamenti che sono stati dichiarati ammissibili e che, proprio per la disponibilità manifestata dall'opposizione nella volontà di poter approvare questo testo, hanno grande sostanza. Con l'emendamento 1.101 si chiede al Governo di riferire al Parlamento nell'arco di 60 giorni - non domani - se ha scoperto chi è stato ad inserire, non per mero errore redazionale, la norma Fuda all'interno della legge finanziaria: credo sia un diritto del Parlamento sovrano individuare il responsabile.

In secondo luogo, attraverso l'emendamento 1.102 vorremmo sapere anche chi ne sarebbero stati i beneficiari; è una questione importante ed è esattamente la domanda politica che ha posto il presidente D'Onofrio e che faccio mia. Vogliamo sapere nomi e cognomi delle persone che si sarebbero avvantaggiate nel caso fosse entrata in vigore la cosiddetta norma Fuda. (Applausi dal Gruppo AN e dei senatori Amato e Ciccanti).

 

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il senatore Pastore. Ne ha facoltà.

PASTORE (FI). Signor Presidente, onorevoli colleghi, signori rappresentanti del Governo, credo che su questo tema siano necessarie alcune considerazioni più di metodo che di merito. I colleghi ne hanno già parlato, il lungo intervento introduttivo del collega Fuda ha tentato di spiegare come il comma 1343 introdotto nella finanziaria faceva in realtà parte di un contesto più ampio, sul cui merito si può discutere, ma che certamente è stato in qualche modo stravolto dall'estrapolazione di due righe che formano oggetto dell'abrogazione da parte del decreto-legge al nostro esame.

Tutto si può discutere. Il testo della finanziaria che questo decreto-legge vuole modificare è assolutamente inaccettabile; esso infatti, estrapolato dal suo contesto e preso così, rappresenterebbe un fatto stravolgente dell'intero sistema della giustizia contabile, in quanto sposterebbe i termini di prescrizione così indietro da rendere vana qualsiasi azione diretta a perseguire gli illeciti contabili non solo per i procedimenti pendenti, ma chissà per quanti anni per i procedimenti a venire.

Diciamo la verità: non abbiamo certo bisogno di una norma di amnistia generalizzata come questa, perché sappiamo, leggiamo, verifichiamo, sentiamo ogni giorno che vi è una degenerazione continua nell'attività di esercizio dei poteri pubblici nell'ambito della pubblica amministrazione a livello locale, regionale e, perché no, anche statale.

Quel che mi preme riprendere nel mio breve intervento è la questione del metodo. Questa mattina, intervenendo in apertura di seduta, ho definito il comma 1343 come il frutto avvelenato della finanziaria, ma soprattutto di un modo di procedere dei lavori parlamentari che è degenerato sempre più, sino a toccare il vertice assoluto con la legge finanziaria licenziata a dicembre. Quando, lo ricordo ai colleghi, il presidente Marini, in occasione della presentazione del maxiemendamento, richiamò la decisione della Giunta sulla valenza del voto di fiducia e quindi affermò che, in base a quella deliberazione, qualsiasi esame preventivo del maxiemendamento fosse precluso, feci presente che quella deliberazione risaliva ad oltre 20 prima, in un sistema politico e parlamentare che non avrebbe minimamente immaginato che si potesse arrivare a questi esiti, nonché ad altri, pur meno gravi, che hanno preceduto la finanziaria del 2007.

Se si fosse fatta una cosa del genere, credo saremmo arrivati alla rivoluzione in piazza, alla guerra civile. Ricordiamo, infatti, che eravamo all'inizio degli anni '80. Quindi, in quel contesto l'interpretazione della Giunta fu senz'altro da condividere, ma di fronte a situazioni che certamente non potevano avere il peso, l'incidenza e l'invadenza di quella rappresentata in maniera esemplare dall'ultima finanziaria. Credo che su questo vada fatta una profonda riflessione.

Mi sembra che la risposta odierna del presidente Marini alle mie osservazioni sia del tutto insoddisfacente. Intanto, perché non è un problema solo di legge finanziaria, ma un problema più generale. In secondo luogo, è forse un problema di modifica, di aggiustamento dei Regolamenti, ma è soprattutto un problema di verifica dell'applicazione dei Regolamenti che ci sono, se certe formule presenti nel passato non siano più valide oggi, al punto di giustificare questi comportamenti abnormi.

Ricordo che il termine «abnorme» è stato utilizzato, non da chi vi parla, ma dal Presidente della Repubblica, che ha rappresentato pubblicamente, in maniera ferma, soprattutto per chi conosce a fondo simili problematiche, che il maxiemendamento, nel quale era contenuto questo frutto avvelenato che oggi cerchiamo di eliminare con il decreto-legge, rappresentava un aspetto non più tollerabile in futuro.

Spero che ciò non si ripeta, ma non sono solo questi i comportamenti anomali. Ve ne sono tanti altri. Per prevenirli è necessario, non solo un lavoro da parte della Commissione affari costituzionali, o della Commissione affari costituzionali e della Commissione bilancio riunite, per i profili relativi alla legge finanziaria, ma che la Giunta per il Regolamento si occupi di un problema fondamentale, ossia se nel momento in cui si presenta un maxiemendamento al Senato, per il fatto che sullo stesso vi sia la fiducia, qualsiasi tipo di verifica sia preclusa, perché questa è la conseguenza cui ha portato la delibera della Giunta.

Ricordiamoci che l'incarico affidato alla Commissione bilancio di una lettura del maxiemendamento è stato dato quasi extra ordinem, cioè al di fuori di canoni che si potevano invece rinvenire nella delibera di Giunta. È stata cioè affidata alla Commissione bilancio una concessione.

Chiedo allora, nell'interesse dell'istituzione Parlamento, che su questo problema si proceda ad una discussione chiara, ad un approfondimento sereno e forte per arrivare a stabilire il seguente principio: anche di fronte ad atti sui quali vi è la fiducia da parte del Governo, vi deve essere un minimo di controllo da parte della Presidenza del Senato e delle Commissioni - in questo caso, trattandosi di finanziaria, della Commissione bilancio - per verificare i presupposti fondamentali di ammissibilità dell'emendamento. In sede di votazione delle leggi, scavalchiamo le norme sulla copertura, sulle leggi-sistema, sulle competenze regionali, un domani anche sull'ammissibilità di deleghe in decreti-legge; vi è cioè una degenerazione assoluta di questa vicenda.

Cari colleghi, per arrivare alla vicenda in esame, mi corre l'obbligo di dire due parole su come si è arrivati all'inserimento di questo pezzo nella finanziaria, dovuto soprattutto a procedure che tutti quanti giudichiamo inammissibili ma che, se vogliamo essere creduti, dobbiamo cominciare a valutare per sminare il terreno da certi rischi.

Abbiamo apprezzato in Commissione anche il coraggio del sottosegretario Lettieri che ci ha illustrato una letterina sulle vicende del pezzo di finanziaria in questione. Come è stato detto anche da altri colleghi, è stata compiuta una ricerca in base ai programmi del computer, sulla voce Corte dei conti; si sono cancellati i commi, guardate, forse più significativi e più importanti dell'emendamento. Però, ahi noi, alla voce Corte dei conti non è stato messo in evidenza il primo pezzo dell'emendamento che contiene, invece, l'amnistia.

Allora, Presidente, è una giustificazione del tutto risibile sol che si considera che per essere cancellato un pezzo della finanziaria deve esserci qualcuno che ha inserito nel testo il corpo principale dell'emendamento, trasformandolo in un comma della finanziaria. Il problema è chi sia stato questo qualcuno che ha inserito nel corpo del maxiemendamento il testo originario dell'emendamento, oggetto poi di questa riduzione grazie ai meccanismi di ricerca del computer.

Dobbiamo ringraziare gli elaboratori, gli informatici, le diavolerie elettroniche se è stato possibile ridurre non il danno invero che si è accresciuto ma il corpo dell'emendamento così che il comma fosse ancor meno visibile rispetto al comma originario che in qualche maniera ha inserito nel testo della finanziaria. Questo è il punto fondamentale.

A me spiace che il Sottosegretario e il Governo, per bocca sua, abbia potuto sostenere una tesi del genere. Vorrei poi aggiungere che il comma unico della finanziaria che riguarda tale questione non è stato scritto in maniera criptica perché richiama espressamente, caro Presidente e cari colleghi, una legge che non è la solita leggina che può transitare in queste Aule, della quale magari si perde memoria, che non è rubricata magari pur nelle corpose librerie informatiche di leggi e documenti. No! La legge 14 gennaio 1994, n. 20 è la legge generale sulle competenze della Corte dei conti. Non è una leggina introdotta in una finanziaria di 15 o di 5 anni fa, per cui può essere sfuggita a questo zelante ricercatore di vizi di questo maxiemendamento, formatosi per virtù dello spirito santo! Vorremmo appunto sapere a quale nome e a quale cognome corrisponda questo spirito santo.

Quindi, dando atto di tali precedenti devo anche dare atto della correttezza della posizione in Aula delle forze di opposizione. Perché quando ci si danno delle regole - e le regole non sono state date da noi, perché da noi sono state contestate, ma sono state applicate in maniera critica dalla Presidenza - bisogna poi avere il coraggio di affrontare le conseguenze. Una di queste conseguenze era quella di avere il coraggio di approvare il maxiemendamento, di rispedirlo alla Camera, di espungere quel comma e di riportarlo al Senato. Questo è il coraggio delle proprie scelte.

Il Senato, la maggioranza e la Presidenza non hanno avuto tale coraggio e oggi ci troviamo con una modifica a una finanziaria fresca di stampa su un argomento estremamente grave e serio, i cui esiti non sappiamo ancora quali potranno essere. Potremmo anche trovarci di fronte a conseguenze estremamente gravi, che si sarebbero potute evitare con una corretta navetta tra Camera e Senato. Questo non è stato voluto e credo che la responsabilità politica e istituzionale sia tutta del centro-sinistra, di questo metodo di governare e di fare le leggi. (Applausi dal Gruppo FI).

 

PRESIDENTE. Dichiaro chiusa la discussione generale.

Ha facoltà di parlare il relatore.

*VILLONE, relatore. Signor Presidente, pochi minuti per dare anzitutto atto di quanto accaduto poco fa, quando con il senatore Ferrara ho avuto uno scontro verbale, nel quale egli ha accusato me di menzogna e di ignoranza e io, a mia volta, l'ho accusato di analfabetismo. Quindi, diciamo, c'è stato uno scambio di piacevolezze che però, voglio dirlo ora avendo ascoltato il suo intervento, in realtà si fondava su un equivoco.

Infatti, nel riferire l'andamento dei lavori in Aula non intendevo affatto richiamare la Commissione bilancio, alla quale invece il senatore Ferrara voleva far riferimento. Io ho dato atto, e in modo puntuale, come risulta dai resoconti, di quanto è accaduto in Aula. Non intendevo censurare la Commissione bilancio. Anzi, in un passaggio della mia relazione ho detto che la ristrettezza dei tempi con i quali la Commissione bilancio si è trovata a lavorare non aveva dato modo di approfondire. Quindi, volevo dare atto che lo scontro che c'è stato in realtà nasceva da un equivoco.

Poche parole poi nel merito, sul profilo tecnico e sul profilo politico. Abbiamo ampiamente argomentato già in Commissione, e poi qui in Aula i colleghi hanno ripreso gli argomenti esposti, per buona parte. Sulla possibilità tecnica di intervenire con decreto credo di avere già dato ampia motivazione nella relazione, e mi rifaccio a quanto detto. Nel merito, ho molto apprezzato gli interventi dei colleghi, mi riferisco in particolare agli interventi ampi e argomentati dei colleghi Fuda e Saro, ma confermo la mia lettura, cioè che si trattasse di un'innovazione non accettabile, in quanto tale da modificare profondamente il modello generale della responsabilità.

Condivido l'esigenza di dare rapidità ai procedimenti, di dare all'amministratore pubblico un ragionevole affidamento che le responsabilità siano fatte valere in tempi accettabili. Lo diceva anche il collega Castelli, ma certamente intervenire dall'ultimo segmento, quello della prescrizione, è il modo sbagliato per farlo. Non possiamo indebolire e rendere evanescente il quadro della responsabilità di chi amministra. È una questione di sistema, lo dicevano, tra gli altri, i colleghi D'Onofrio e Storace. Non possiamo quindi intervenire in modo privo di organicità e inconsapevole degli effetti sul complesso del sistema delle responsabilità.

Infine, sul profilo politico, concludo con questo. Mi è stato detto che ho cercato di occultare le responsabilità dell'inserimento di questo comma.

Il collega Viespoli ha fatto anche qualche battuta a questo proposito. Io non credo affatto di aver cercato di occultare alcunché. Ribadisco che rifiuto di colpevolizzare i colleghi che hanno preso l'iniziativa. Io censuro, come ho detto, che questo emendamento sia entrato nella finanziaria nonostante un'esplicita manifestazione di volontà in senso contrario della maggioranza.

Noi non dovremmo essere qui oggi a discutere, e ne ho dato atto. In questo consiste la responsabilità politica: discutendo oggi di questo decreto, noi facciamo valere una responsabilità politica indiscutibile. Se c'è un decreto, è perché Governo e centro sinistra riconoscono che il comma 1343 non doveva essere nella finanziaria.

Voglio dire in maniera esplicita che, ai fini della responsabilità politica, non ha nessun rilievo che l'errore sia stato doloso o colposo. La responsabilità politica c'è comunque: sia in caso di dolo che di colpa, sia nel caso che si sia sbagliato nel fare la ricerca sul computer, o che si sia fatto altro. Il conto arriva lo stesso, e noi oggi lo paghiamo. Con questo decreto, centro-sinistra e Governo accettano la responsabilità politica e se ne fanno carico. Per questo motivo, posso serenamente confermare la richiesta all'Assemblea di votare a favore del decreto-legge.

 

PRESIDENTE. Ha facoltà di parlare il rappresentante del Governo.

SCOTTI, sottosegretario di Stato per la giustizia. Presidente, voglio innanzitutto ringraziare i vari senatori che hanno offerto degli stimoli interessanti su tematiche a proposito di questo decreto-legge: come gli spunti sulla legge di bilancio, su un ripensamento ed un lavoro da fare per eliminare le difficoltà che spesso si incontrano e che sia il Governo che il Parlamento hanno incontrato nella legge di bilancio. I vari stimoli, le varie discussioni prospettate circa la disciplina della responsabilità contabile, così come problematiche quali quelle sollevate anche dal senatore Castelli al riguardo, meritavano e meritano ben altra meditazione ed analisi rispetto all'inserimento nella finanziaria.

Due sono i problemi affrontati. Il primo è se il decreto-legge, così formulato, può determinare difficoltà nella sua applicazione e un contenzioso. Il secondo problema riguarda la ricerca di responsabilità. Mi soffermo sul primo.

Una legge perfezionata non soltanto nella sua approvazione bicamerale ma anche nella sua promulgazione e pubblicazione ufficiale ha vita autonoma. L'efficacia appartiene alla legge come fatto distinto dalla sua formazione. È, dal punto di vista delle fonti normative, un'entità autonoma su cui il Parlamento può ritornare prima ancora che questa legge abbia efficacia, cioè nel termine di vacatio.

Non esiste molta letteratura al riguardo, ma da quel poco che ho trovato in una ricerca svolta ieri sera emerge che non soltanto non esiste nessun problema dal punto di vista normativo per questo intervento, ma che, ove si dovesse attendere necessariamente l'inizio di efficacia, questo produrrebbe due effetti, entrambi nefasti. In primo luogo le conseguenze negative avrebbero un inizio in questo caso estremamente preoccupante e pericoloso. In secondo luogo, il Parlamento sarebbe privato del potere di ritornare sui suoi passi immediatamente, e prima ancora della intervenuta efficacia della legge stessa. I pochi autori che si occupano dell'argomento sostengono che non si può privare il Parlamento della facoltà di rivedere un proprio deliberato né si può condizionare l'esercizio di tale potere in attesa dell'entrata in vigore.

A nome del Governo, quindi, e sulla base della mia esperienza, posso dire che non vedo alcuna preoccupazione, né forti implicazioni all'interpretazione che la stessa Corte dei conti dovrà dare circa l'operatività del decreto‑legge; un'operatività immediata, con cui il Governo ha dimostrato di essere ben consapevole degli effetti nefasti e pregiudizievoli, comunque estremamente preoccupanti, di questo famoso comma. D'altra parte, anche quanto è stato proposto circa un diverso intervento, che toccasse l'operatività, cioè allungasse nel tempo l'efficacia di questo decreto, per poi intervenire successivamente, ripropone negli stessi termini la possibilità di intervenire su una legge prima ancora della sua efficacia. Tanto vale, allora, adottare un decreto, come ha fatto il Governo, che elimini immediatamente qualunque preoccupazione.

Per quanto riguarda l'altro aspetto, più denso di significato politico, non posso che riportarmi a quanto ha riferito in Commissione il sottosegretario Lettieri. Posso aggiungere, sulla base della mia esperienza nel campo e presso l'ufficio legislativo, che è prassi costante che tutti gli emendamenti di maggioranza vengano riportati in un unico file, il quale subisce poi la lettura e la purgazione da quello che non deve passare. Quindi è estremamente verosimile quanto indicato nel suo accadimento dal sottosegretario Lettieri.

D'altra parte, questo ben può, per i sospetti sollevati dall'opposizione, costituire materia del potere ispettivo che il Parlamento esercita sul Governo, attraverso interrogazioni e interpellanze.

In questi termini, dunque, si ribadisce la necessità e l'urgenza, che tutti hanno condiviso, che il decreto‑legge venga immediatamente convertito; si pone non soltanto la necessità dell'emissione del decreto-legge nel suo contenuto, ma anche la necessità e l'urgenza che esso venga convertito immediatamente, per eliminare qualunque incertezza circa la non operatività di questo maledetto comma.

PRESIDENTE. Do lettura del parere espresso dalla 5a Commissione permanente sul disegno di legge in esame: «La Commissione programmazione economica, bilancio, esaminato il disegno di legge in titolo, esprime, per quanto di propria competenza, parere non ostativo».

Passiamo all'esame dell'articolo 1 del disegno di legge.

Avverto che gli emendamenti si intendono riferiti agli articoli del decreto-legge da convertire.

Procediamo all'esame degli emendamenti e degli ordini del giorno riferiti all'articolo 1 del decreto-legge, che invito i presentatori ad illustrare.

STORACE (AN). Signor Presidente, gli ordini del giorno sono estremamente sintetici e spero che l'Assemblea e il Governo vogliano apprezzarne le finalità. Mi riferisco prima agli ordini del giorno e per brevità esaurirò tutta l'illustrazione in un unico intervento.

L'ordine del giorno G1.100, derivante dalla trasformazione dell'emendamento 1.103, impegna il Governo a sostenere, per il tramite dell'Avvocatura generale dello Stato, la segnalazione inoltrata dal Ministro per le infrastrutture alla procura della Repubblica di Roma sulle responsabilità esistenti in ordine all'inserimento del comma 1343 nella legge finanziaria 2007. Questa, onorevoli colleghi, è una norma di autotutela del Governo. Da fonti autorevoli dell'Esecutivo, infatti, è venuta l'indicazione - cito il caso del ministro Di Pietro - di una manina che ha inserito questo comma. Il ministro Di Pietro ha annunciato la sua segnalazione alla procura della Repubblica di Roma. Proprio perché il Governo si dice irresponsabile di fronte a quanto accaduto o non responsabile e sicuramente non corresponsabile, noi lo invitiamo, con un atto di indirizzo, a sostenere l'azione del ministro Di Pietro, affinché si faccia chiarezza su questa vicenda.

L'ordine del giorno G1.101, derivante dalla trasformazione dell'emendamento 1.104, impegna l'Esecutivo, proprio per la vicenda in sé molto complicata, se non altro a risparmiare querele nei confronti dei giornali che hanno riferito su di essa. Credo che, se vi è stato un errore riconosciuto e se vi è stata una manovra che al Governo non era conosciuta, sia legittimo il dubbio che possono aver avuto alcuni quotidiani. Chiediamo al Governo di evitare di trascinare in tribunale giornalisti che hanno sollevato dubbi, anche se fossero i più duri. Si tratta, infatti, di una vicenda che ha costretto il Parlamento a legiferare di nuovo, quindi almeno il dubbio era ammesso. Chiediamo al Governo di farsi carico di una licenza del diritto di cronaca, che non penso possa essere messa in discussione dal comma che oggi ci accingiamo ad abrogare.

Infine, per quanto riguarda gli emendamenti, sono due quelli che sono stati ammessi dalla Presidenza; anch'essi si riferiscono alle responsabilità. L'emendamento 1.101 fa riferimento alla necessità che il Governo riferisca al Parlamento, entro 60 giorni dall'approvazione della presente legge, sulle responsabilità personali inerenti l'inserimento del comma 1343. Cosa vogliamo, signor Presidente? Non tutti i senatori sanno cosa ha detto il sottosegretario Lettieri in Commissione, ma sarebbe auspicabile, sottosegretario Scotti, che il Governo conducesse una propria inchiesta e riferisse sull'esito della stessa al Parlamento, proprio per sgombrare i dubbi sulla buona fede dell'Esecutivo.

Il successivo emendamento 1.102 invita il Governo, proprio perché si dice serio di fronte alla questione, a fornire i nomi di chi avrebbe beneficiato della norma, per capire anche se è vero il pandemonio che si è creato dopo l'introduzione del comma Fuda all'interno della finanziaria.

CASTELLI (LNP). Signor Presidente, in primo luogo vorrei ritirare gli emendamenti 1.201, 1.202 e 1.203 e i successivi 2.100 e 2.101, i quali ad una successiva rilettura appaiono tecnicamente sbagliati perché porterebbero ad un risultato esattamente opposto a quello che ci prefiguravamo, cioè manterrebbero in vigore l'emendamento, per cui li ritiro.

Vorrei poi illustrare gli emendamenti 1.0.107, 1.0.108, e 1.0.109, segnalandone la ratio. Si tratta di porre un limite ragionevole all'azione della Corte dei conti. Credo che molti dei colleghi pensino che esista una prescrizione di cinque anni, nel senso che la Corte dei conti deve portare a termine i propri procedimenti nell'arco di cinque anni, pena poi la prescrizione. Colleghi, non è così: i cinque anni riguardano esclusivamente il tempo a disposizione della procura per aprire il procedimento di responsabilità di danno erariale, ma una volta che esso è aperto non c'è più prescrizione, la causa può andare avanti eternamente. Ci sono cause che sono durate 25 anni, quindi per 25 anni un amministratore non ha potuto sapere se era colpevole o no, se dovesse risarcire oppure no. Ricordo che addirittura esiste una norma per la quale il danno erariale si trasmette agli eredi, per cui eredi assolutamente incolpevoli potrebbero essere chiamati a rispondere di un danno che ha compiuto il proprio padre o comunque colui il quale ha lasciato loro l'eredità. Credo che questo sia veramente un caso di inciviltà giuridica. Questi emendamenti, dunque, si propongono semplicemente di stabilire un termine ragionevole di prescrizione entro il quale la Corte dei conti debba portare a termine la sentenza.

Signor Presidente, so che normalmente quando si pongono termini diversi la Presidenza ne fa votare uno solo; siccome però in questo caso sono solo tre ed i termini proposti sono di sostanza e non meramente ostruzionistici, perché è chiaro che diventa diverso se l'Aula accogliesse una prescrizione di 15 anni piuttosto che respingerne una di 10, la pregherei di metterli in votazione tutti e tre.

 

PRESIDENTE. D'accordo, senatore Castelli.

Invito il relatore ed il rappresentante del Governo a pronunziarsi sugli emendamenti e sugli ordini del giorno in esame.

VILLONE, relatore. Mi rimetto al Governo per quanto riguarda l'ordine del giorno G1.100 perché il collega Storace chiede che il Governo dia mandato all'Avvocatura di sostenere la segnalazione inoltrata dal ministro Di Pietro, cosa che il Governo se ritiene può tecnicamente di certo fare. Quindi, su questo mi rimetto alla valutazione del Governo.

Ritengo invece di esprimere parere contrario sull'ordine del giorno G1.101 e non perché non ne condivido il senso - anzi sono assolutamente d'accordo che non si debba in qualche modo intervenire contro "il Giornale" che riferisce della vicenda - ma semplicemente perché non credo che l'istituzione Governo possa presentare denunce o querele. La denuncia o la querela può essere presentata dal singolo componente del Governo a titolo individuale, ed il Governo non può né impedire questo né chiedere al singolo componente di fare una denuncia o una querela. Non è pensabile, per intenderci - lo dico come esempio - che il Presidente del Consiglio dei ministri faccia una denuncia o una querela previa delibera del Consiglio dei ministri; se fa ciò, interviene a titolo personale ed individuale. Quindi, credo che sia improprio l'ordine del giorno G1.101 e in questo senso e per tali motivazioni debbo esprimere, pur condividendone il senso, parere contrario.

Per quanto riguarda gli emendamenti, chiedo ai colleghi di ritirarli e, nel caso ciò non venga fatto, esprimo parere negativo.

In merito all'emendamento 1.101 del senatore Storace, proprio perché è in atto una vicenda di accertamento giudiziale, non mi sembra sia il caso di intervenire con una norma che si sovrappone a tale accertamento. Per lo stesso motivo, chiedo di ritirare, e in caso contrario il mio parere è negativo, l'emendamento 1.102.

Per quanto concerne gli emendamenti del senatore Castelli, il collega avanza due proposte: togliere le cause della interruzione della prescrizione e allungare il termine di prescrizione al fine di dare certezza. Come ho già detto in precedenza, condivido l'esigenza di dare rapidità al giudizio della Corte dei conti, ma personalmente sono contrario ad interventi che rompano con il modello generale della responsabilità e dell'azione di risarcimento del danno; fatto che questi emendamenti sicuramente creano, in quanto le cause di interruzione della prescrizione sono elemento costitutivo del modello generale dell'azione di responsabilità. Non possiamo - credo - in questa sede, in maniera così parcellizzata, fare un intervento di sicuro rilievo sistematico che potrà meritare - e certamente meriterà - un'attenzione adeguata ed un approfondimento nell'ambito di una riflessione complessiva. Non credo però che questo decreto sia la sede opportuna e, quindi, anche in tale caso avanzo una richiesta di ritiro o esprimo parere contrario.

SCOTTI, sottosegretario di Stato per la giustizia. Presidente, per quanto riguarda gli ordini del giorno del senatore Storace, se con il primo presentato si intende dire che l'Avvocatura dello Stato nella sua autonomia istituzionale e obiettività debba dare il suo contributo professionale alla procura della Repubblica per l'accertamento di eventuali reati (ove ci fossero, ove ci siano e ci saranno), lo si può accogliere senz'altro come raccomandazione.

Per quanto concerne il secondo ordine del giorno, presentare una denunzia e soprattutto proporre una querela sono diritti personalissimi per cui non si può imporre al Governo, affinché lo imponga a sua volta ai propri componenti, di rinunziare a priori a tale diritto. Non è quindi possibile raccogliere come raccomandazione questo ordine del giorno. Personalmente auspico che ciò non avvenga, nel senso cioè che è preferibile lasciare che anche la stampa esprima la propria opinione senza poi doversi sentire la spada di Damocle di una eventuale denuncia. Tuttavia, non è possibile che il Governo si possa impegnare a tanto.

Quanto agli emendamenti, si tratta di tre gruppi. Qualcuno non riguarda la materia oggetto del decreto‑legge: sono, diciamo così, emendamenti spuri rispetto all'oggetto del decreto-legge e su questi esprimo parere negativo. Altri ancora possono essere trasformati in richieste di esercizio del potere ispettivo del Parlamento attraverso interrogazioni e interpellanze.

Per quanto riguarda gli emendamenti proposti dal senatore Castelli, il fatto che si allunghi la prescrizione per uno o dieci anni oppure la si interrompa in determinati casi può provocare una duplice conseguenza: per un verso, un contrasto con l'articolo 111 della Costituzione proprio in un tempo in cui il Dicastero della giustizia, comunque l'intero Governo, si propone di ridurre i tempi della giustizia e, quindi, anche di quella contabile; per altro verso, una difformità rispetto al termine di prescrizione. La legge, non recente (ma le motivazioni sono ancora valide), l'ha ridotta a 5 anni e quindi, come diceva il relatore, ci sarebbe un'anomalia, una discrasia tra il termine ordinario prescrizionale in questi casi e l'altro termine che verrebbe introdotto. Esprimo quindi parere contrario anche su questi emendamenti.

 

PRESIDENTE. Sottosegretario Scotti, la ringrazio per le sue valutazioni, ma occorre che il Governo esprima il proprio parere su ciascun emendamento.

 

SCOTTI, sottosegretario di Stato per la giustizia. Il parere è contrario su tutti gli emendamenti.

MATTEOLI (AN). Domando di parlare.

 

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

 

MATTEOLI (AN). Signor Presidente, a prescindere dagli ordini del giorno (che, anche alla luce dell'intervento del rappresentante del Governo, chiederemo che siano votati), è inaccettabile il modo in cui il rappresentante del Governo ha detto di no agli emendamenti. Li ha infatti considerati spuri, ma ricordo che la Presidenza del Senato li ha dichiarati ammissibili.

 

PRESIDENTE. Non c'è dubbio.

 

MATTEOLI (AN). Vorrei che la Presidenza chiarisse che gli argomenti non sono spuri al provvedimento. Il rappresentante del Governo è poi libero di formulare il parere che vuole, ma occorre che rettifichi questo passaggio perché può trarre in inganno i colleghi che sono chiamati tra poco a votare.

 

PRESIDENTE. Non c'è dubbio che gli emendamenti, essendo stati ammessi, non sono ritenuti spuri dalla Presidenza.

SCOTTI, sottosegretario di Stato per la giustizia. Quando ho detto che gli emendamenti sono spuri, non intendevo ovviamente dire che si traducono in inammissibilità (è infatti già il Presidente che ha deciso sulla loro ammissibilità). Quello che volevo dire è che, trattandosi di un decreto-legge il quale abroga una disposizione, inserire altre norme preoccupa ai fini dell'approvazione rapida del decreto stesso e ai fini di quella incisività che il decreto‑legge vuole avere dicendo: quella norma, così com'è, è abrogata. Punto e basta.

STORACE (AN). Domando di parlare.

 

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

 

STORACE (AN). Vorrei esprimere una precisazione a beneficio del relatore perché, in particolare sull'ordine del giorno G1.101, egli ha detto che ne condivide il senso ma è generico in quanto «impegna il Governo». Se legge il testo dell'ordine del giorno esattamente come l'avevo scritto - c'è infatti una cancellatura -, il senatore Villone osserverà che originariamente recava la formula: «impegna i membri del Governo». È la Presidenza del Senato che ha chiesto di modificare la formula in: «impegna il Governo».

Io sono disponibile a tutto, però occorre che la Presidenza del Senato si metta d'accordo con il relatore per capire qual è il testo; visto che c'è la possibilità di condivisione dello stesso, si può tornare tranquillamente...

 

PRESIDENTE. Stiamo parlando dell'ordine del giorno G1.100?

 

STORACE (AN). No, dell'ordine del giorno G1.101.

VILLONE, relatore. Domando di parlare.

 

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

 

VILLONE, relatore. Comprendo benissimo il senso degli argomenti del collega Storace, ma il punto è il seguente: il nostro interlocutore è il Governo, quindi correttamente la Presidenza dell'Assemblea ha fatto scrivere «il Governo». Infatti, l'istituzione Governo non può imporre questo specifico comportamento ai suoi componenti, cioè non può impedire né pretendere che i suoi membri facciano o non facciano alcunché nell'esercizio del potere di denuncia e di querela, perché questa è una facoltà che ciascuno dei componenti del Governo eserciterà nella sua individuale scelta.

Per questo è comunque inappropriato il contenuto dell'ordine del giorno G1.101, non perché non sia giusta la cosa che dice - che io condivido - ma perché non c'è la tecnica adeguata per sostenerlo e tradurlo in un ordine del giorno.

FORMISANO (Misto-IdV). Domando di parlare.

 

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

 

FORMISANO (Misto-IdV). Signor Presidente, intervengo sui due emendamenti residui del senatore Storace per dichiarare che l'Italia dei Valori li appoggerà e ne spiegherò brevemente le reagioni.

Ho ascoltato in questa Aula, su una vicenda che ha interessato le pagine dei giornali per lungo tempo, l'intervento del presidente Fuda che ha posto all'attenzione una questione, ripresa da interventi successivi, che ha una sua nobiltà culturale, accademica e scientifica. Egli ha posto all'attenzione dell'Aula una questione sulla quale è del tutto evidente la necessità di intervenire e legiferare. Soprattutto ha detto all'Aula - mi sono appuntato i termini che ha usato il presidente Fuda, nei confronti del quale nutro il massimo rispetto - che «le modalità con le quali si è giunti alla stesura di quel comma sono modalità alle quali sono estraneo» e noi abbiamo il dovere di credere in ciò che ci ha detto.

Egli è arrivato persino a dire: «il comma Fuda non mi appartiene» e dal testo del suo intervento, dal contesto e da tutto ciò che ci ha spiegato si capisce che intendeva, intende e intenderà porre all'attenzione delle forze politiche e del legislatore una questione che ha validità scientifica e culturale. Ma, proprio per quel che è avvenuto, è necessario che il Senato faccia un passo avanti. Abbiamo il dovere di tutelare un senatore che dice: «quelle modalità, non mi appartengono, io sono estraneo a quelle modalità, il comma Fuda non mi appartiene».

Ebbene, in alcuni degli emendamenti presentati dal senatore Storace c'è un sincero tentativo di scoprire cosa sia avvenuto al di fuori di quest'Aula. Lo dico con chiarezza. Rispetto a tale tentativo noi dell'Italia dei Valori riteniamo che l'Aula debba consentire, nel modo corretto con cui il senatore Storace ha presentato i suoi emendamenti, di fare chiarezza, per il presente ma soprattutto per il futuro.

Dobbiamo essere certi di sapere, dopo aver individuato quale è stata la procedura attraverso la quale è potuto capitare che un senatore che è stato sui giornali per dieci giorni abbia potuto dire in quest'Aula «il comma Fuda non mi appartiene e le modalità mi sono estranee», che per il futuro ciò non possa più accadere. Ciò può avvenire solo richiamando ogni senatore alla propria responsabilità e individuando, con precisione e puntualità, l'autore di quanto è avvenuto.

Mi sembra che gli emendamenti dal senatore Storace vadano in questa direzione. Non mi sembrano di parte e credo contribuiscono a fare chiarezza su una vicenda alquanto torbida, che non è avvenuta qui in Senato. Di conseguenza, ritengo che l'Aula dovrebbe sostenerli perché non ledono la libertà individuale di qualcuno e mettono invece nelle condizioni il Senato di legiferare serenamente in futuro.

Per questo motivo, preannuncio il voto favorevole, previa sottoscrizione, se il senatore Storace acconsente, sugli emendamenti 1.101 e 1.102. (Applausi dai Gruppi Misto-IdV, FI e AN).

SALVI (Ulivo). Domando di parlare.

 

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

 

SALVI (Ulivo). Per quanto riguarda i due ordini del giorno, se ho ben capito, il primo è stato accolto dal Governo come raccomandazione.

 

PRESIDENTE. Sì, ma con un'interpretazione.

 

SALVI (Ulivo). Non si può accogliere con un'interpretazione. O accoglie o non accoglie, almeno ai tempi miei era così.

 

PRESIDENTE. Allora, è accolto come raccomandazione.

 

SALVI (Ulivo). Per quanto riguarda gli emendamenti 1.101 e 1.102 presentati del senatore Storace, nel fare una distinzione tra i due emendamenti, rivolgo anche un invito al presentatore.

L'emendamento 1.101, per le sue caratteristiche, è in realtà più consono ad un ordine del giorno. Se egli volesse trasformarlo in tal senso, con il voto dell'intera Assemblea, non avrei difficoltà a votarlo. Con questo emendamento viene posta una questione molto delicata. Rimane l'incertezza sulle origini di tale norma. Il senatore Fuda, al quale ho fatto anche le mie congratulazioni questa mattina per il suo intervento, ha sempre detto e chiarito - e per quanto ho potuto seguire personalmente la vicenda le cose sono andate esattamente nei termini che egli ha indicato - di aver presentato un altro testo e di non avere più avuto alcun ruolo nella fase successiva.

Oggi il Governo è stato silente su questo tema, ancorché interpellato dai parlamentari dell'opposizione. Ieri nella competente Commissione del Senato, come si evince dal bollettino delle Commissioni pubblicato oggi, è stata resa questa dichiarazione dal vice ministro Lettieri. Alla richiesta di chiarimenti egli ha risposto: «Intervenuta la determinazione di espungere dal testo già elaborato le norme sulla prescrizione della responsabilità amministrativa, si è proceduto ad una ricerca informatica». Quindi, è intervenuta ad un certo momento la determinazione di espungere dal testo già elaborato dal Governo quella normativa. Quindi, il testo elaborato dal Governo conteneva quella norma. Successivamente, è intervenuta la determinazione di espungerla e pare che non sia stato possibile.

Credo che il Parlamento abbia il sacrosanto diritto di sapere di più su questa vicenda. Piuttosto che attraverso le vie giudiziarie forse il ministro Di Pietro avrebbe fatto bene a porre la questione all'interno dell'Esecutivo di cui fa parte, ma credo che sia doveroso che il Senato, in una vicenda che lo ha visto impegnato e sotto gli occhi dell'opinione pubblica, chieda al Governo di sapere qualcosa di più entro 60 giorni, dunque entro un termine preciso, magari anche solo per dire di non sapere cosa sia successo. In quel caso, ciò ci consentirebbe di capire meglio come si fanno le leggi in questo Paese. Chiedo dunque al senatore Storace, ritenendo più congrua la formulazione, di trasformare l'emendamento 1.101 in un ordine del giorno.

Per quanto riguarda l'emendamento 1.102, anche se capisco la questione politica, invito il senatore Storace a ritirarlo. Il Senato non si deve fare portatore della cultura del sospetto chiedendo chiarimenti su persone o motivazioni. Magari sono in corso - se vogliamo fare dietrologia - procedimenti contabili sui quali questa norma inciderebbe, relativi a persone alle quali non è passata neanche per l'anticamera del cervello l'idea che potesse essere presentato questo emendamento e viceversa.

In conclusione, chiedo al senatore Storace di trasformare l'emendamento 1.101 in un ordine del giorno che sono pronto a votare, credo insieme all'Aula intera, e di ritirare l'emendamento 1.102 per la ragione anzidetta.

PRESIDENTE. Prima di dare la parola al senatore Castelli, che la chiede, faccio osservare all'Aula che sono le ore 13. Come è noto, la Conferenza dei Capigruppo aveva deciso all'unanimità che la seduta si sarebbe conclusa in tale orario.

Pertanto, se vi fosse un accordo in tal senso - se invece si aprisse un dibattito al riguardo, la mia proposta non sarebbe neanche da considerare - si potrebbe proseguire sino a votare gli emendamenti e gli ordini del giorno per poi riservare ad una seduta successiva le dichiarazioni di voto e il voto finale. (Commenti).

Mi sembra che vi siano dissensi sulla mia proposta. Pertanto, prima di concludere i lavori secondo quanto previsto, do la parola al senatore Castelli.

CASTELLI (LNP). Signor Presidente, anche se sono già intervenuto al riguardo, vorrei sapere se posso intervenire sull'ordine del giorno G1.100 del senatore Storace, dal momento che mi è sembrato di capire che sia stato accolto dal Governo. In tal caso, infatti, non avrei la possibilità di intervenire in sede di dichiarazione di voto.

PRESIDENTE. Senatore Castelli, data l'ora, la questione sarà trattata in altra seduta.

Rinvio pertanto il seguito della discussione del disegno di legge in titolo ad altra seduta.

 


Allegato A

 

DISEGNO DI LEGGE

Conversione in legge del decreto-legge 27 dicembre 2006, n. 299, concernente abrogazione del comma 1343 dell'articolo 1 della legge 27 dicembre 2006, n. 296, recante disposizioni in materia di decorrenza del termine di prescrizione per la responsabilità amministrativa (1236)

 

ARTICOLO 1 DEL DISEGNO DI LEGGE DI CONVERSIONE

 

ART. 1.

1. È CONVERTITO IN LEGGE IL DECRETO-LEGGE 27 DICEMBRE 2006, N.299, CONCERNENTE ABROGAZIONE DEL COMMA 1343 DELL’ARTICOLO 1 DELLA LEGGE 27 DICEMBRE 2006, N.296, RECANTE DISPOSIZIONI IN MATERIA DI DECORRENZA DEL TERMINE DI PRESCRIZIONE PER LA RESPONSABILITÀ AMMINISTRATIVA.

2. La presente legge entra in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale.

 

ARTICOLO 1 DEL DECRETO-LEGGE

 

ARTICOLO 1.

1. È ABROGATO IL COMMA 1343 DELL’ARTICOLO 1 DELLA LEGGE 27 DICEMBRE 2006, N. 296.

 

EMENDAMENTI

 

1.1 CARRARA, PALMA, PASTORE

Inammissibile

Sostituire l’articolo 1 con il seguente:

«Art. 1. – L’articolo 1 della legge 27 dicembre 2006, n.296 entra in vigore previa sostituzione al comma 1343 delle parole: "è stata realizzata la condotta produttiva di danno" con le parole: "si è prodotto il fatto dannoso"».

 

1.201 CASTELLI

Ritirato

Al comma 1 premettere le seguenti parole: «A decorrere dal 15 gennaio 2007».

 

1.202 CASTELLI

Ritirato

Al comma 1, premettere le seguenti parole: «A decorrere dal 5 gennaio 2007».

 

1.203 CASTELLI

Ritirato

Al comma 1 premettere le seguenti parole: «A decorrere dal 1º gennaio 2007».

 

1.101 STORACE

Dopo il comma 1 aggiungere il seguente:

«1-bis. Entro sessanta giorni dall’approvazione della presente legge, il Governo riferisce al Parlamento sulle responsabilità personali inerenti l’inserimento del comma 1343 nella legge finanziaria 2007».

 

1.102 STORACE

Dopo il comma 1 aggiungere il seguente:

«1-bis. Il Governo rende noti, entro 60 giorni dall’entrata in vigore della presente legge, i nomi dei cittadini italiani che avrebbero beneficiato della norma contenuta nel comma 1343 nella legge finanziaria 2007».

 

1.103 STORACE

Ritirato e trasformato nell'odg G1.100

Dopo il comma 1 aggiungere il seguente:

«1-bis. Il Governo sostiene, per il tramite dell’avvocatura generale dello Stato, la segnalazione inoltrata dal ministro per le infrastrutture alla procura della Repubblica di Roma sulle responsabilità esistenti in ordine all’inserimento del comma 1343 nella finanziaria 2007».

 

1.104 STORACE

Ritirato e trasformato nell'odg G1.101

Dopo il comma 1 aggiungere il seguente:

«1-bis. I membri del Governo rinunciano a presentare denunce querele o richieste di risarcimento civile nei confronti dei mezzi di informazione che hanno riferito sull’inserimento del comma 1343 nella legge finanziaria 2007».

 

1.105 STORACE

Improponibile

Dopo il comma 1 aggiungere il seguente:

«1-bis. La Corte Costituzionale si esprime, in via straordinaria e nei tempi più brevi, sulla costituzionalità della presente legge, al fine di procedere ad ulteriori interventi normativi, ove necessario».

 

ORDINI DEL GIORNO

 

G1.100 (già em. 1.103) STORACE

(*)

Il Senato,

impegna il Governo a sostenere, per il tramite dell’avvocatura generale dello Stato, la segnalazione inoltrata dal ministro per le infrastrutture alla procura della Repubblica di Roma sulle responsabilità esistenti in ordine all’inserimento del comma 1343 nella legge finanziaria 2007.

________________

(*) Accolto dal Governo come raccomandazione

 

G1.101 (già em. 1.104) STORACE

Il Senato,

impegna il Governo a non avvalersi del diritto di presentazione di denuncia-querela nei confronti dei mezzi di informazione che hanno riferito sull’inserimento del comma 1343 nella legge finanziaria 2007.

 

EMENDAMENTI TENDENTI AD INSERIRE ARTICOLI AGGIUNTIVI DOPO L'ARTICOLO 1

 

1.0.107 CASTELLI

Dopo l’articolo 1, inserire il seguente:

«Art. 1-bis.

Nei giudizi dinanzi alla Corte dei Conti, esclusivamente in materia di responsabilità contabile e amministrativa, non si applica l’articolo 2943 del codice civile in tema di interruzione di prescrizione. In questi casi il diritto al risarcimento del danno si prescrive in dieci anni».

 

1.0.108 CASTELLI

Dopo l’articolo 1, inserire il seguente:

«Art. 1-bis.

Nei giudizi dinanzi alla Corte dei Conti, esclusivamente in materia di responsabilità contabile e amministrativa, non si applica l’articolo 2943 del codice civile in tema di interruzione di prescrizione. In questi casi il diritto al risarcimento del danno si prescrive in dodici anni».

 

1.0.109 CASTELLI

Dopo l’articolo 1, inserire il seguente:

«Art. 1-bis.

Nei giudizi dinanzi alla Corte dei Conti, esclusivamente in materia di responsabilità contabile e amministrativa, non si applica l’articolo 2943 del codice civile in tema di interruzione di prescrizione. In questi casi il diritto al risarcimento del danno si prescrive in quindici anni».

 

1.0.1 MARTINAT, SAPORITO, PONTONE, BUTTI, COLLINO

Improponibile

Dopo l’articolo 1, inserire il seguente:

«Art. 1-bis.

1. All’articolo 2 del decreto-legge 3 ottobre 2006, n.262, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 novembre 2006, n.286, per come da ultimo modificato dalla legge 27 dicembre 2006, n.296, articolo 1, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) al comma 85, di modifica dell’articolo 11, comma 5, della legge 23 dicembre 1992, n.498, le lettere e) e d) ed il primo periodo della lettera f) sono soppresse;

b) i commi 87 e 88 sono soppressi;

c) al comma 89 di modifica dell’articolo 21, comma 5, del decreto-legge 24 dicembre 2003, n.355, convertito con modificazioni dalla legge 27 febbraio 2004, n.47, il capoverso 5 è soppresso».

 

1.0.101 SAPORITO, MATTEOLI, COLLINO

Improponibile

Dopo l’articolo 1, inserire il seguente:

«Art. 1-bis.

1. Il comma 582 dell’articolo 1 della legge 27 dicembre 2006, n.296 è abrogato».

 

1.0.102 SAPORITO, MATTEOLI, COLLINO

Improponibile

Dopo l’articolo 1, inserire il seguente:

«Art. 1-bis.

1. Al comma 584 dell’articolo 1 della legge 27 dicembre 2006, n.296 le parole: "sentite le organizzazioni sindacali più rappresentative nel settore pubblico" sono soppresse».

 

1.0.103 SAPORITO, MATTEOLI, COLLINO

Improponibile

Dopo l’articolo 1, inserire il seguente:

«Art. 1-bis.

1. Il comma 585 dell’articolo 1 della legge 27 dicembre 2006, n.296 è abrogato».

 

1.0.104 SALVI, CAPRILI, MACCANICO, COLOMBO FURIO, D’AMICO, BATTAGLIA GIOVANNI, BELLINI, BRUTTI PAOLO, CASSON, D’AMBROSIO, DI SIENA, GALARDI, IOVENE, MELE, PISA, RAME, ROSSA

Improponibile

Dopo l’articolo 1, inserire il seguente:

«Art. 1-bis.

1. Al comma 466 dell’articolo 1 della legge 27 dicembre 2006, n.296, il secondo e il terzo periodo sono soppressi».

 

1.0.105 SALVI, CAPRILI, MACCANICO, COLOMBO FURIO, D’AMICO, BATTAGLIA GIOVANNI, BELLINI, BRUTTI PAOLO, CASSON, D’AMBROSIO, DI SIENA, GALARDI, IOVENE, MELE, PISA, RAME, ROSSA

Improponibile

Dopo l’articolo 1, inserire il seguente:

«Art. 1-bis.

1. Al comma 593 dell’articolo 1 della legge 27 dicembre 2006, n.296, al primo periodo sono soppresse le seguenti parole: "di cui all’articolo 19, comma 6 del decreto legislativo n.165 del 2001"».

 

1.0.106 SALVI, CAPRILI, MACCANICO, BORDON, COLOMBO FURIO, D’AMICO, BATTAGLIA GIOVANNI, BELLINI, BRUTTI PAOLO, CASSON, D’AMBROSIO, DI SIENA, GALARDI, IOVENE, MELE, PISA, RAME, ROSSA

Improponibile

Dopo l’articolo 1, inserire il seguente:

«Art. 1-bis.

1. È nullo l’atto con il quale un Ente pubblico assume gli oneri per l’assicurazione dei propri amministratori per i rischi derivanti dall’espletamento dei compiti istituzionali connessi con la carica e riguardanti la responsabilità per danni cagionati allo Stato o altri Enti pubblici e la responsabilità contabile».

 


 

 

 

 

 

Senato della Repubblica

XV LEGISLATURA

 

Assemblea

 

 

 

 

RESOCONTO SOMMARIO

RESOCONTO STENOGRAFICO

ALLEGATI

 

 

ASSEMBLEA

 

98a seduta pubblica (pomeridiana):

 

 

Mecoledì, 31 gennaio 2007

 

Presidenza del presidente MARINI,

indi del vice presidente CALDEROLI

 

 


 

Seguito della discussione e approvazione del disegno di legge:

(1236) Conversione in legge del decreto-legge 27 dicembre 2006, n. 299, concernente abrogazione del comma 1343 dell'articolo 1 della legge 27 dicembre 2006, n. 296, recante disposizioni in materia di decorrenza del termine di prescrizione per la responsabilità amministrativa (Relazione orale) (ore 18)

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca il seguito della discussione del disegno di legge n. 1236.

Riprendiamo l'esame dell'articolo 1 del disegno di legge.

Avverto che gli emendamenti si intendono riferiti agli articoli del decreto-legge da convertire.

Ricordo che nella seduta antimeridiana ha avuto luogo l'illustrazione degli emendamenti e degli ordini del giorno riferiti all'articolo 1 del decreto-legge, sui quali il relatore ed il rappresentante del Governo hanno espresso parere contrario.

Ricordo che l'emendamento 1.1 è inammissibile e che gli emendamenti 1.201, 1.202 e 1.203 sono stati ritirati.

Passiamo all'emendamento 1.101, presentato dal senatore Storace. Il senatore Salvi aveva chiesto la trasformazione dell'emendamento in ordine del giorno; il relatore aveva invitato al ritiro dell'emendamento ed il Governo aveva espresso parere negativo.

Senatore Storace, cosa intende fare?

STORACE (AN). Signor Presidente, per comodità dell'Assemblea, vorrei riassumere un attimo qual era lo stato dell'arte.

Ci siamo trovati di fronte ad una dichiarazione di inammissibilità da parte della Presidenza riferita a tre emendamenti su cinque da me presentati. Ho trasformato alcuni di questi emendamenti in ordini del giorno e siamo venuti in Aula per poter discutere, approvare o respingere altri emendamenti, tra cui l'1.101, che prevede, con una norma la cui formulazione è analoga a quella contenuta in numerosi articoli della finanziaria che abbiamo approvato, che il Governo riferisca al Parlamento entro sessanta giorni dall'approvazione della legge sulle eventuali responsabilità personali ove individuate.

A seguito della discussione, poi, il senatore Salvi ha espresso la sua disponibilità rispetto alla formulazione della disposizione (poi vedremo se come emendamento o ordine del giorno), chiedendo il ritiro del successivo emendamento 1.102 - se ricostruisco bene - relativo alla possibilità di conoscere gli eventuali beneficiari, perché, sosteneva, sembrerebbe una Commissione d'inchiesta del Senato.

Personalmente, potrei accedere alla tesi del senatore Salvi, tuttavia, dal momento che tale emendamento reca anche la firma del collega Formisano, come è stato annunciato in Aula, non basta soltanto la mia disponibilità per il suo ritiro. Anche se capisco le ragioni dell'invito al ritiro dell'emendamento 1.102, faccio presente, in particolare al collega Salvi, che insisto per la votazione dell'emendamento 1.101, mentre sarei disponibile a ritirare l'emendamento 1.102.

Con una norma di legge stabiliamo un obbligo per il Governo che, attraverso un ordine del giorno, rischierebbe di essere vanificato. Credo che, proprio a tutela del Governo, che ha detto che non c'entra niente in questa vicenda, si possa sapere, di qui a due mesi, che cosa è accaduto veramente.

SALVI (Ulivo). Domando di parlare per dichiarazione di voto.

 

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

 

SALVI (Ulivo). Ho detto che avrei preferito la formula dell'ordine del giorno; tuttavia, è vero quello che dice il senatore Storace: ci sono precedenti di norme formulate in questi termini.

Dal momento che credo che sia interesse di tutto il Senato e del Governo medesimo avere un chiarimento su questo punto, voterò a favore dell'emendamento 1.101. Credo che tutta la maggioranza possa tranquillamente farlo e credo a questo punto che il Governo possa anche riconsiderare la propria posizione rispetto alla richiesta di ritiro. Naturalmente, ribadisco la contrarietà all'emendamento 1.102.

SCOTTI, sottosegretario di Stato per la giustizia. Domando di parlare.

 

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

 

SCOTTI, sottosegretario di Stato per la giustizia. Chiedo che il proponente trasformi l'emendamento 1.101 in un ordine del giorno, con la dizione «sulle eventuali responsabilità». Si prevedono categoricamente responsabilità personali, ma non sappiamo se ce ne saranno e quali saranno; lo stesso senatore Storace ha poi presentato l'emendamento 1.103, che prevede la segnalazione alla procura della Repubblica di Roma. Quindi, se si aggiunge la parola «eventuali», a nome del Governo, accoglierei come raccomandazione l'ordine del giorno.

PRESIDENTE. Credo di aver capito che il Governo, che aveva espresso parere negativo, dice oggi: «lo accogliamo come raccomandazione, se diventa ordine del giorno». Altra cosa ha sostenuto il senatore Salvi.

Passerei dunque al voto dell'emendamento.

STORACE (AN). Sono disponibile a ritirare il secondo emendamento.

 

PRESIDENTE. Non c'entra ora il secondo emendamento. Ora siamo al momento del voto.

 

STORACE (AN). Ho avuto la sensazione che il Sottosegretario... Presidente, non abbia fretta.

 

PRESIDENTE. Non ho fretta, vorrei fare una cosa ordinata.

 

STORACE (AN). Se mi fa spiegare, magari la aiuto nella comprensione.

Ho avuto l'impressione che il Sottosegretario volesse ripercorrere la strada propostaci degli ordini del giorno. È un'altra cosa. Stiamo parlando dell'emendamento. C'è una disponibilità; ho sentito un senatore di maggioranza, ho sentito un Gruppo di maggioranza, credo che l'1.101 emendamento non faccia male a nessuno. Se lei vuole aggiungere la parola «eventuali», non c'è nulla di male; però, non si può chiedere la trasformazione in un ordine del giorno.

PRESIDENTE. Sottosegretario Scotti, le è stato chiesto un chiarimento, ma ho capito bene prima: lei ha detto lo possiamo accogliere come raccomandazione.

SCOTTI, sottosegretario di Stato per la giustizia. Lei ha capito bene. Io chiedo che si trasformi l'emendamento 1.101, che a me sembra anomalo in un decreto‑legge, in un ordine del giorno che io posso senz'altro accogliere come raccomandazione a nome del Governo, affinché entro sessanta giorni lo stesso risponda in quest'Aula per indicare se ci sono eventuali responsabilità e quali.

PRESIDENTE. È chiara la posizione? Ora, senatore Storace, sta a lei decidere. Accoglie l'invito del Governo?

STORACE (AN). Insisto per la votazione.

CASTELLI (LNP). Domando di parlare.

 

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

 

CASTELLI (LNP). Intervengo solo per fare chiarezza, Presidente, anche perchè metà dell'intervento del senatore Storace qui non si è udito. L'emendamento 1.101 resta nella formulazione originaria?

PRESIDENTE. Votiamo l'emendamento così com'è, perché il senatore Storace ha rifiutato.

VEGAS (FI). Domando di parlare per dichiarazione di voto.

 

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

 

VEGAS (FI). Signor Presidente, io voterò contro questo emendamento, che mira a significare che la responsabilità di aver scritto il maxiemendamento alla finanziaria non è politica, di colui che ha firmato l'emendamento, ma di un oscuro funzionario che avrebbe agito per interessi propri; il che è assolutamente aberrante e sarebbe un precedente non condivisibile, volto a coprire la responsabilità politica di chi ha firmato, il quale potrà anche non aver letto il testo - è già successo - ma, ai sensi dell'articolo 28 della Costituzione, se ne deve assumere tutta la responsabilità politica. Non ci si può nascondere dietro una foglia di fico. (Applausi dai Gruppi FI e UDC).

CASTELLI (LNP). Domando di parlare.

 

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

 

CASTELLI (LNP). Chiediamo la votazione nominale con scrutinio simultaneo, mediante procedimento elettronico.

PRESIDENTE. Invito il senatore segretario a verificare se la richiesta di votazione con scrutinio simultaneo, avanzata dal senatore Castelli, risulta appoggiata dal prescritto numero di senatori, mediante procedimento elettronico.

(La richiesta risulta appoggiata).

 

Votazione nominale con scrutinio simultaneo

 

PRESIDENTE. Indìco pertanto la votazione nominale con scrutinio simultaneo, mediante procedimento elettronico, dell'emendamento 1.101, presentato dai senatori Storace e Formisano.

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

 

Proclamo il risultato della votazione nominale con scrutinio simultaneo, mediante procedimento elettronico:

Senatori presenti

291

Senatori votanti

290

Maggioranza

146

Favorevoli

69

Contrari

216

Astenuti

5

Il Senato non approva.

 

Ripresa della discussione del disegno di legge n. 1236

 

PRESIDENTE. Passiamo alla votazione dell'emendamento 1.102.

CASTELLI (LNP). Domando di parlare per dichiarazione di voto.

 

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

 

CASTELLI (LNP). Signor Presidente, onorevoli colleghi, voteremo convintamente a favore dell'emendamento 1.102 perché serve comunque a scoperchiare gli altarini.

Sono estremamente stupito del voto espresso dal Gruppo Forza Italia in questo momento. Forse, colleghi, non vi siete resi conto esattamente di cosa sarebbe accaduto se l'emendamento fosse stato approvato, come spero accada invece per questo: il Governo sarebbe stato obbligato ad individuare le responsabilità non eventuali - perché non vi è dubbio che queste esistano - del comma 1343. Quest'ultimo, infatti, non può essersi autocostruito; non esiste un programma informatico che autocostruisca emendamenti.

È chiaro che questo emendamento è stato pensato da qualcuno del Governo che ha ordinato a qualche funzionario di introdurlo nel testo e quindi esisteva una responsabilità precisa. È del tutto ovvio, senatore Vegas, che la responsabilità politica è del firmatario del maxiemendamento, ma così facendo sarebbero emerse anche delle responsabilità personali (Brusìo) che poi avrebbero innescato da parte del colpevole, funzionario o meno, la necessità di fare il nome dell'uomo di Governo che ha scritto l'emendamento.

Forza Italia in questo modo ha impedito che emergesse la verità. È un atteggiamento davvero sconcertante, che non riesco a capire. Tuttavia, errare humanum est e spero che almeno sull'emendamento in votazione si riesca a votare compattamente e convintamente a favore. (Applausi dal Gruppo LNP).

CENTARO (FI). Domando di parlare per dichiarazione di voto.

 

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

 

CENTARO (FI). Signor Presidente, onorevoli colleghi, Forza Italia voterà a favore dell'emendamento 1.102. In Parlamento si è fatto un bel parlare di tante leggi ad personam, ma la mia impressione è che qui ci troviamo di fronte ad una norma ad personas.

Visto che le indicazioni nella scorsa e nell'attuale legislatura sono state fin troppo palesi, probabilmente sarebbe utile e opportuno che il Parlamento e quindi i cittadini italiani - attraverso un'indicazione chiara e precisa dell'elenco di tanti cittadini, molti dei quali saranno anche sconosciuti ma sono certo che ve ne sono tanti conosciuti come amministratori locali e funzionari legati a questo o a quello schieramento politico - sapessero a favore di chi è stata pensata, ipotizzata, bocciata, ma poi riproposta, una norma che certamente avrebbe sancito la loro assoluta impunità attraverso un meccanismo di prescrizione che poneva concretamente nel nulla tutte le procedure a loro carico.

Mi pare che ciò sia necessario se si vuole fare veramente trasparenza, se non si vogliono applicare due pesi e due misure, per quanto possa essere difficile. Sono però sicuro che i potenti mezzi del Governo, che hanno la capacità anche di raccordare le varie procedure e di raccogliere i relativi dati, possono consentire questo screening. Così si potrà finalmente, attraverso l'elencazione, chiudere ogni polemica, perché può darsi vi siano ricompresi appartenenti a tutti gli schieramenti, così come di uno solo.

Pensiamo dunque che questo emendamento possa fare chiarezza, possa far cadere tanti dubbi e possa consentire al Governo di chiarire le ragioni di questi inserimenti inopinati, delle scomparse e delle riscritture. Non c'è nulla di casuale quando si elencano dei dati o quando si scrivono delle norme: c'è sempre una volontà dietro. Non credo alla teoria della pura necessità di fare in modo che vi siano procedure e tempi di prescrizione più rapidi, affinché il cittadino non sia sottoposto per lungo tempo a tali procedure.

Dunque, sarebbe cosa buona e giusta l'approvazione dell'emendamento in esame, facendo così maggiore trasparenza ed evitando le polemiche. Diversamente, cominceremmo anche noi, finalmente, a parlare di leggi ad personas che, d'altra parte, sono state approvate anche nella XIII legislatura: il declassamento del reato di abuso di ufficio fa scuola in questo senso e sarebbe interessante chiedersi, in latino, a chi ha giovato. (Applausi dal Gruppo FI).

BUTTIGLIONE (UDC). Domando di parlare per dichiarazione di voto.

 

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

 

BUTTIGLIONE (UDC). Signor Presidente, noi del Gruppo dell'UDC non abbiamo votato a favore del precedente emendamento del senatore Storace perché non andiamo in cerca di capri espiatori e non pensiamo che un oscuro funzionario debba portare la pena di un atto politico che è responsabilità complessiva di tutto il Governo. (Applausi del senatore Eufemi).

Nessuno mi convincerà di ciò, nel momento in cui si è proposto un maxiemendamento che ha fatto piazza pulita del lavoro delle Commissioni. Posso attestare che la 7a Commissione ha compiuto un bel lavoro: abbiamo lavorato bene - maggioranza ed opposizione insieme - e abbiamo approvato importanti emendamenti con il consenso dei Ministri.

Tutto però è saltato, perché il maxiemendamento non ha tenuto affatto conto di quel lavoro. Invece un emendamento presentato da un collega, pure prestigioso, come il senatore Fuda ha trovato stranamente e misteriosamente il cammino per essere inserito all' interno del maxiemendamento. Questa è una cosa a cui nessuno può credere.

Voteremo invece a favore dell'emendamento 1.102 del senatore Storace, anche se devo dire che la mia curiosità non è quella di sapere chi fosse titolare delle posizioni giuridiche che sarebbero state favorite dalla norma contenuta nel maxiemendamento, perché non so essa sia stata predisposta per coprire malefatte passate. Non so quanto noi, amici dell' opposizione e della maggioranza, siamo consapevoli di un modo di agire di questo Governo che genera posizioni giuridiche future, che avrebbero assai bisogno della copertura offerta dall'emendamento Fuda.

Siamo consapevoli del fatto che questo Governo si pone in Europa in condizioni che rendono prossima una condanna sulla vicenda Autostrade-Abertis e premetto che ho la massima stima personale per l'onestà del ministro Di Pietro. Tuttavia, quando arriveranno - e arriveranno - posizioni di condanna per il comportamento tenuto in quell'occasione, in cui siamo riusciti a metterci dalla parte torto pur avendo originariamente ragione, nasceranno responsabilità patrimoniali di enorme portata a carico dell'intero Consiglio dei ministri che ha approvato a suo tempo quel provvedimento.

Cosa dire dei tanti provvedimenti annullati o definanziati, nei confronti dei quali era già nato un interesse legittimo che può essere fatto valere in giudizio? Cosa dire di tante promozioni arbitrarie che hanno scavalcato personale della pubblica amministrazione? Cosa dire di tante sostituzioni arbitrarie all'interno di consigli di amministrazione dipendenti dalla pubblica amministrazione?

Badate, l'emendamento Fuda sembra essere coerente con un progetto che mira a liberarsi dai limiti che la legge impone al potere politico. Non so quanti di voi hanno visto di recente il documento messo in circolazione sul tema della pubblica amministrazione, dei suoi diritti e dello scempio che ne viene fatto in questa fase, attaccandone l'autonomia. Questo è il contesto all'interno del quale va letto l'emendamento Fuda.

Senatore Storace, più che conoscere le posizioni, già precostituite davanti a un giudice, che ne avrebbero beneficiato, mi interesserebbe sapere quali sono le situazioni di rischio e di pericolo in cui questo Governo si va cacciando, le quali avrebbero avuto da giovarsi da tale emendamento molto più di quelle passate.

STORACE (AN). Domando di parlare per dichiarazione di voto.

 

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

 

STORACE (AN). Signor Presidente, annuncio il voto favorevole del mio Gruppo sull'emendamento 1.102, di cui sono primo firmatario, e vorrei raccomandare l'Aula di fare particolare attenzione a non incorrere in infortuni, com'è accaduto nel precedente emendamento. Infatti, lì non c'erano scritte le parole "un oscuro funzionario", si parlava di responsabilità; però, collega Castelli, bisogna apprezzare la libertà che c'è all'interno di una coalizione. Ne faremo tesoro per il futuro, quando esamineremo altri provvedimenti e ciascuno di noi potrà comportarsi con la stessa libertà con cui ci si è espressi in questa particolare discussione.

Credo che si tratta di fare passi in avanti in materia di trasparenza delle norme, per consentire ai cittadini che nessuno possa ritenersi salvo rispetto ad autentici pasticci che erano stati combinati dal Governo. La maggioranza, del resto, ha la garanzia che l'opposizione è capace di fare capriole anche su queste questioni. Resta in me grande amarezza. Spero che almeno quest'emendamento possa essere approvato. (Applausi del senatore Pontone).

SALVI (Ulivo). Domando di parlare per dichiarazione di voto.

 

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

 

SALVI (Ulivo). Signor Presidente, voterò contro l'emendamento 1.102 per la ragione che ho esposto stamattina. Qui, davvero, non si tratta di fare la caccia alle streghe su chi fosse o non fosse sotto procedimento contabile. Si rischia di commettere errori molto seri.

Intervengo soprattutto per precisare un punto rispetto a quanto detto dal senatore Vegas: certamente, non penso che si debba far cadere la responsabilità su qualche oscuro funzionario; ci mancherebbe altro. Ho l'impressione che ciò accadrebbe, se la posizione del Governo restasse quella esposta ieri alla Commissione affari costituzionali. Credo che sia interesse di tutto il Parlamento capire come sia stato possibile che una certa norma sia stata inserita e poi espunta per metà nel maxiemendamento che è stato preannunciato. La norma giuridica non c'è.

Il rappresentante del Governo ha detto, tuttavia, che sarebbe stato disposto ad accogliere un ordine del giorno. Insisto nella richiesta proprio per evitare che su oscuri o meno oscuri funzionari facciano ricadere responsabilità non proprie e perché credo che il Parlamento abbia il diritto di sapere con esattezza chi ha introdotto ‑ certamente non un parlamentare, perché il maxiemendamento è del Governo ‑ quella norma.

STRACQUADANIO (DC-PRI-IND-MPA). Domando di parlare per dichiarazione di voto.

 

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

 

STRACQUADANIO (DC-PRI-IND-MPA). Signor Presidente, annuncio il mio voto contrario sull'emendamento 1.102 per una ragione molto semplice. Ho sempre avuto in avversione l'idea di giustizia che si basa sul tipo di autore e che fa liste di proscrizione precedenti o anticipate.

Nella scorsa legislatura, l'attuale maggioranza ha inscenato per anni un'insopportabile gazzarra contro la legge e il diritto, accusando la nostra parte politica di produrre leggi ad personam, quando le leggi erano a favore del diritto, del ristabilimento della civiltà giuridica e del ripristino di uno stato di diritto che in Italia manca.

Una lista di proscrizione anticipata su chi avrebbe potuto beneficiare di una norma che in questo ramo del Parlamento ci si appresta ad abrogare mi pare violi questi princìpi che nella scorsa legislatura tutto questo schieramento che oggi sembra voler introdurre tale norma aveva difeso. E mi stupisco che il senatore Castelli, che è stato esemplare nel suo ruolo di Ministro della giustizia, oggi cada in questa trappola antiliberale e antigarantista che gli emendamenti al nostro esame hanno teso. (Applausi del senatore Salvi).

Quanto all'emendamento precedente, in merito al quale non sono intervenuto ma su cui ho espresso il mio voto contrario, noi non abbiamo fatto nulla per non far emergere la verità perché la verità era chiara di fronte al Paese: la responsabilità di quella norma ricade in primo luogo sul presidente del Consiglio Romano Prodi ed è su di lui che devono appuntarsi tutti gli strali, compreso il suo, di questo decreto con cui si è smentito. Non si possono recitare due parti in commedia e consentire a nessuno l'alibi dell'errore materiale che è la vera vergogna del decreto in esame con cui si giustifica un atto che era politicamente cosciente ma che, con grande codardia politica, non si è avuta la forza, se se ne era convinti, di rivendicare.

A mio avviso, quindi, questo è stato l'errore dell'emendamento presentato dal senatore Storace: offrire alla menzogna contenuta nella relazione che accompagna il provvedimento, cioè quella dell'errore materiale, una via di fuga, così come voleva offrirla il collega Salvi. (Applausi dal Gruppo FI e del senatore Eufemi).

PALMA (FI). Domando di parlare per dichiarazione di voto in dissenso dal mio Gruppo.

 

PRESIDENTE. Ne prendo atto e le do la parola.

 

PALMA (FI). Signor Presidente, ho ascoltato l'intervento del senatore Centaro che ha preannunciato il voto favorevole del Gruppo Forza Italia sull'emendamento in esame.

Senatore Storace, io esprimerò un voto contrario all'emendamento così come formulato e per questo motivo le rappresento l'opportunità di una riformulazione del testo. L'emendamento 1.102 recita: «Il Governo rende noti (...) i nomi dei cittadini italiani che avrebbero beneficiato della norma contenuta nel comma 1343 della legge finanziaria 2007», con riferimento all'entrata in vigore. Per avere questa risposta, però, il procedimento contabile dovrebbe arrivare a definizione, essendo possibile la sentenza e anche l'assoluzione.

Nell'eventualità in cui il senatore Storace dovesse accogliere il mio invito a riformulare l'emendamento 1.102 nei seguenti termini: «Il Governo rende noti (...) i nomi dei cittadini italiani sottoposti a procedimento a cui sarebbe stata astrattamente applicabile la norma di cui al comma 1343 della legge finanziaria 2007», per disciplina di partito voterò a favore. Se non l'accogliesse, voterò contro.

PRESIDENTE. Senatore Storace, accetta la riformulazione dell'emendamento 1.102 proposta dal senatore Palma?

 

STORACE (AN). Sì, signor Presidente, la accetto.

 

PRESIDENTE. Metto ai voti, mediante procedimento elettronico senza registrazione dei nomi, l'emendamento 1.102 (testo 2), presentato dai senatori Storace e Formisano.

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

 

Proclamo il risultato della votazione mediante procedimento elettronico:

Senatori presenti

293

Senatori votanti

292

Maggioranza

147

Favorevoli

138

Contrari

150

Astenuti

4

Il Senato non approva.

 

PRESIDENTE. Passiamo ora all'ordine del giorno G1.100, derivante dalla trasformazione dell'emendamento 1.103, che il Governo ha dichiarato di accogliere come raccomandazione. Senatore Storace, insiste per la votazione?

 

STORACE (AN). Sì, signor Presidente.

 

PRESIDENTE. Passiamo dunque alla votazione dell'ordine del giorno G1.100.

CENTARO (FI). Domando di parlare per dichiarazione di voto.

 

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

 

CENTARO (FI). Signor Presidente, Forza Italia voterà contro questo ordine del giorno e non per il merito, ma per la procedura che sottende. Sarebbe estremamente pericoloso pensare che una responsabilità politica - perché tale è la responsabilità da parte dell'organo proponente, il Governo, o da parte di componente del Parlamento su una norma, qualunque essa sia - potesse comportare un'attività di indagine di un ufficio giudiziario.

Guardate: sarebbe un vulnus gravissimo. E qual è reato? E l'Avvocatura dello Stato cosa dovrebbe fare, costituirsi parte civile? E il reato quale sarebbe? Di favoreggiamento? E se domani il Parlamento o il Governo decidessero di depenalizzare un reato, ci sarebbe forse favoreggiamento di coloro che in quel momento sono indagati? Qui si rischia di mettersi sotto tutela dell'ordine giudiziario, dimenticando la libertà di opinione e di indirizzare il percorso legislativo, come meglio ritiene il Parlamento, espressione in una democrazia della sovranità popolare.

Al di là delle eventuali responsabilità di carattere politico - perché non ci sono certamente responsabilità da parte del funzionario di turno - non è assolutamente pensabile che una segnalazione - certamente dispiace che la segnalazione venga da un ex magistrato, ma certamente l'ex qui è veramente più pesante del solito significato, e d'altra parte la discutibilità di tanti comportamenti in una certa stagione della nostra Repubblica danno conto della caratura anche tecnica e della voglia di giustizialismo e di controllo della libertà di opinione e della libertà di regolare legislativamente, che non può assolutamente essere negata né al Governo come espressione di una maggioranza parlamentare e come indirizzo politico e legislativo neppure al Parlamento.

Allora, è fin troppo evidente e addirittura credo neppure ammissibile un emendamento, ma addirittura un ordine del giorno, ai fini della sua trasformazione in raccomandazione. Comunque, ammesso che lo si ritenesse ammissibile, non possiamo che votare contro perché metteremmo sotto tutela giurisdizionale ad ogni piè sospinto la massima espressione di una democrazia. (Applausi dal Gruppo FI).

CASTELLI (LNP). Domando di parlare per dichiarazione di voto.

 

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

 

CASTELLI (LNP). Pregherei caldamente il senatore Storace di ritirare questo ordine del giorno perché mi sembra che il senatore Centaro abbia espresso in maniera cristallina anche il mio pensiero. Credo che questo tra l'altro sia un ordine del giorno che presenti un fumus di incostituzionalità. Vi è un problema tra Parlamento e Governo e noi investiamo di questo problema un terzo potere dello Stato, qual è la magistratura, violando, secondo me in maniera patente, il principio di separazione dei poteri. Esiste uno strumento previsto dalle leggi, dai Regolamenti, dalla Costituzione, che è il potere ispettivo del Parlamento sul Governo. È il Parlamento che, caso mai, deve vedere e sindacare qual è l'operato del Governo. Questa è la prima considerazione.

La seconda è che in questo momento, in cui la politica è particolarmente debole e si assiste ormai da anni ad un tentativo di invasione di campo da parte di altri poteri, sostanzialmente della magistratura di ogni tipo, per quel che riguarda l'attività politica ed amministrativa del Paese credo non sia possibile da parte nostra accettare che motu proprio il Parlamento o il Governo vadano in questa direzione. Credo si debba andare nella direzione esattamente opposta.

Pregherei pertanto caldamente il senatore Storace di ritirare l'ordine del giorno, fatto sicuramente per fini virtuosi, ma che porterebbe esattamente al contrario, alla creazione dell'eterogenesi dei fini. Altrimenti saremo costretti a votare contro.

STORACE (AN). Domando di parlare.

 

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

 

STORACE (AN). Signor Presidente, le argomentazioni del senatore Castelli hanno un'indubbia validità per quanto mi riguarda e quindi non ho alcuna difficoltà a procedere nel senso da lui auspicato.

Voglio semplicemente far notare una cosa. Se le cose che qui sono state dette hanno una coerenza, a me meraviglia la posizione che il Governo aveva assunto rispetto ad un ordine del giorno che è di natura politica, non certo giuridica, che lei si era detto disponibile ad accogliere come raccomandazione. Già questo fa capire a che livello di assurdità siamo arrivati, perché vorrei che il Governo rispondesse ai colleghi dicendo: "Ma che cosa state dicendo? Questa cosa si poteva fare". Di più, qual è il tema che ho voluto sollevare con questo ordine del giorno? Ha infatti ragione Castelli, la politica è debole, non possiamo andare ancora una volta sotto altri poteri.

Ma qui è un Ministro del Governo che ha detto di rivolgersi alla procura della Repubblica di Roma contro il suo Governo. Questa è il fatto ridicolo che questo ordine del giorno denuncia. Vorrei che il Governo ci dicesse se ha ragione o ha torto il ministro Di Pietro a rivolgersi alla procura della Repubblica, quando ci scodellate un maxiemendamento su cui mettete la fiducia dicendo che non vi siete accorti della norma chiamata «comma Fuda». Credo che questa sia la valutazione politica, altro che sofismi di carattere giuridico.

Lo dico anche ai colleghi che si sono intrattenuti con particolare dovizia di argomentazioni giuridiche e sono gli stessi che quando il ministro Di Pietro si rivolse alla procura della Repubblica applaudirono al suo gesto dicendo "finalmente un Ministro libero" e stanno tutti quanti nei Gruppi che adesso fanno sofismi giuridici su questo ordine del giorno.

Pertanto, Presidente, ritiro l'ordine del giorno, ma vorrei che il Governo rispondesse a tale questione. (Applausi dal Gruppo AN).

PRESIDENTE. Passiamo all'ordine del giorno G1.101, di cui è sempre primo firmatario il senatore Storace, che sostituisce l'emendamento 1.104, e su cui il relatore e il Governo hanno espresso parere negativo. Senatore Storace insiste per il voto?

STORACE (AN). Poiché questo ordine del giorno riguarda la querela annunciata dal Vice presidente del Consiglio nei confronti del quotidiano «il Giornale», non vorrei mettere in imbarazzo un Gruppo parlamentare e pertanto lo ritiro.

PRESIDENTE. Ricordo che l'emendamento 1.105 è improponibile.

Passiamo alla votazione dell'emendamento 1.0.107.

CASTELLI (LNP). Domando di parlare.

 

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

 

CASTELLI (LNP). Signor Presidente, penso che questa sia una questione cruciale, cioè entriamo nel problema fondamentale che è stato sollevato da tantissimi colleghi, questa mattina, direi unanimemente, in discussione generale e anche in altri momenti della discussione. Cioè, è possibile che la Corte dei conti possa portare avanti procedimenti sine die?

È possibile che una volta che il procuratore ha attivato il procedimento per responsabilità contabile per danno erariale non vi sia più alcuna prescrizione e un amministratore che cade sotto questa mannaia non sa per anni e anni se è colpevole o innocente? È possibile che tutto ciò addirittura possa ricadere sugli eredi? Credo che dobbiamo mettere un termine. Dobbiamo introdurre una prescrizione su questo tema.

Ora, posso capire che entrare così, ex abrupto, su articoli del codice civile possa portare una qualche difficoltà e posso immaginare che la contrarietà espressa su questo emendamento e sui due successivi, sia da parte del relatore che del Governo, sia legata proprio a questo fatto, e cioè che non si può intervenire su un materia così delicata a colpi di emendamenti approvati a tambur battente, perché effettivamente qui si tratta non tanto di andare a toccare una norma che riguarda esclusivamente la Corte dei conti ma che riguarda il codice civile. È un'obiezione che mi sento di accettare.

A questo proposito, ho già presentato all'Assemblea e alla Presidenza un ordine del giorno che andrebbe a sostituire e farebbe cadere questi emendamenti. Vorrei, però, signor Presidente, che il relatore ed il Governo mi ascoltassero attentamente, non vorrei che quest'ordine del giorno fosse della serie «un ordine del giorno non si nega a nessuno», gradirei un impegno solenne, e che resti agli atti, da parte del Governo e del relatore, che questa materia venga affrontata quanto prima, perché questa, colleghi, è l'unica strada maestra che abbiamo di fronte: legiferare alla luce del sole, legiferare in quest'Aula su un tema che sta facendo troppe vittime, sul quale la Corte dei conti, approfittando del fatto che non c'è nessuna norma, porta avanti i procedimenti sine die.

Infine, desidero dire una cosa al collega Buttiglione: non s'illuda, collega, che la sinistra si sia costruita una norma a futura memoria, perché vede, l'esperienza ce lo ha già dimostrato, e cito due casi: il primo è il caso Bassolino, in cui la Corte dei Conti non è mai intervenuta sulla vicenda dei rifiuti, eppure ci sarebbe materia di danno erariale sotto ogni punto di vista, questo per dire che la sinistra non teme l'intervento della magistratura, né contabile, né ordinaria. Cito poi un altro caso che credo i colleghi debbano conoscere: lo Stato italiano paga ormai circa 250 milioni all'anno per risarcire i cittadini colpiti da sentenze troppo lunghe, interviene la legge Pinto. Quando ci sono queste sentenze, alcune volte vengono emesse tardi per questioni oggettive, altre volte vengono emesse tardi (è un caso che c'è anche oggi sui giornali) perché il magistrato competente ha, per esempio, pronunciato la motivazione con due anni di ritardo.

C'è una prassi al Ministero della giustizia, in base alla quale questo trasmette alla Corte dei conti tutte queste fattispecie, perché ci può essere danno erariale. Sapete quanti procedimenti per danno erariale la Corte dei conti ha elevato nei confronti di questi magistrati negli ultimi cinque anni? Neanche uno. E allora chi controlla la Corte dei conti per mancato intervento in caso di danno erariale?

Credo ci sia tanta materia perché il Parlamento debba meritoriamente e virtuosamente intervenire su questo tema.

Trasformo quindi volentieri i miei emendamenti in ordine del giorno, a patto che il Governo si impegni seriamente; qui c'è il sottosegretario Scotti, per cui nutro una personale amicizia, e ritengo che possa impegnarsi anche a nome di tutto il Governo. (Applausi dal Gruppo LNP).

PRESIDENTE. Senatore Castelli, dunque lei ritira i tre emendamenti che toccavano il problema della disciplina della prescrizione con un allungamento dei tempi e presenta un ordine del giorno, di cui ha sottolineato il significato. Lo leggo, perché non credo sia stato distribuito.

«Il Senato, preso atto che la Corte dei conti svolge un importantissimo compito nel controllo della legalità dell'azione amministrativa; altresì i pubblici amministratori, negli eventuali giudizi a loro carico, hanno il diritto inalienabile ad un pronunciamento in tempi ragionevolmente brevi, inoltre la giurisprudenza della Corte è di fondamentale importanza per un corretto svolgimento dell'azione amministrativa, impegna il Governo: a predisporre, in tempi brevi, nuove norme per l'accertamento del danno erariale anche tenendo conto dei termini di prescrizione dei procedimenti innanzi alla Corte dei conti».

Invito il relatore e il rappresentante del Governo a pronunciarsi sull'ordine del giorno G1.102.

VILLONE, relatore. Signor Presidente, apprezzo intanto l'iniziativa del collega Castelli perché mi ero espresso, come risulta agli atti, contro i suoi emendamenti in quanto consideravo sbagliato affrontare il problema dalla coda, cioè guardando al punto della prescrizione senza considerare più complessivamente il tema e soprattutto toccando istituti delicatissimi come è quello della interruzione della prescrizione.

Certamente non potremmo ora, in sede di emendamento ad un decreto-legge, affrontare compiutamente il tema. Vorrei chiedere al collega Castelli - e mi sentirei, nel caso di risposta positiva, di esprimermi favorevolmente per l'accoglimento dell'ordine del giorno - se volesse, dopo la premessa che considero del tutto condivisibile, integrare il dispositivo come segue: «impegna il Governo a predisporre nuove norme che tendano a tempi più brevi per l'accertamento delle responsabilità degli amministratori e il giudizio davanti alla Corte dei conti, riconsiderando in questo quadro anche i profili concernenti la prescrizione dei procedimenti». In questo modo, si guarderebbe al complesso del problema e non soltanto al punto della prescrizione. Se il collega Castelli volesse accettare questa riformulazione, esprimo senz'altro parere positivo.

 

PRESIDENTE. Senatore Castelli, accetta la riformulazione?

 

CASTELLI (LNP). Sì, signor Presidente.

SCOTTI, sottosegretario di Stato per la giustizia. Signor Presidente, quanto si legge in questo ordine del giorno è senz'altro condivisibile perché effettivamente i ritardi nei giudizi della Corte dei conti ricadono come pregiudizio grave nei confronti di coloro i quali subiscono l'accertamento.

Non avendo potuto però approfondire la materia in tempi così brevi, posso dire senz'altro, a nome del Governo, di accogliere l'ordine del giorno G1.102 (testo 2) come raccomandazione. (Commenti dal Gruppo LNP).

CASTELLI (LNP). Domando di parlare.

 

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

 

CASTELLI (LNP). Mi spiace, Presidente, ma non posso accettare che l'ordine del giorno venga accolto come raccomandazione e, a questo punto, ne chiedo la votazione mediante procedimento elettronico.

PRESIDENTE. Invito il senatore segretario a verificare se la richiesta di votazione con scrutinio simultaneo, avanzata dal senatore Castelli, risulta appoggiata dal prescritto numero di senatori, mediante procedimento elettronico.

(La richiesta risulta appoggiata).

 

Votazione nominale con scrutinio simultaneo

 

PRESIDENTE. Indìco pertanto la votazione nominale con scrutinio simultaneo, mediante procedimento elettronico, dell'ordine del giorno G1.102 (testo 2), presentato dal senatore Castelli.

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

 

Proclamo il risultato della votazione nominale con scrutinio simultaneo, mediante procedimento elettronico:

Senatori presenti

287

Senatori votanti

286

Maggioranza

144

Favorevoli

284

Contrari

1

Astenuti

1

Il Senato approva (v. Allegato B).

 

Ripresa della discussione del disegno di legge n. 1236

 

PRESIDENTE. Ricordo che gli emendamenti da 1.0.1 a 1.0.106 sono improponibili e che gli emendamenti 2.100 e 2.101 sono stati ritirati.

 

Ripresa della discussione del disegno di legge n.1236 (ore 18,49)

PRESIDENTE. Passiamo alla votazione finale.

FORMISANO (Misto-IdV). Domando di parlare per dichiarazione di voto.

 

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

 

FORMISANO (Misto-IdV). Signor Presidente, intervengo solo per annunciare il voto favorevole del Gruppo Italia dei Valori. Abbiamo fortemente voluto questo provvedimento; il voto dei senatori del Gruppo Italia dei Valori sarà pertanto favorevole, ma con un rammarico, signor Presidente e signori dell'Aula. Avremmo anche potuto dare un contributo maggiore, magari approvando alcuni degli emendamenti che pensavamo fossero maggiormente sostenuti. Abbiamo dato il nostro contributo per tentare un'opera di chiarificazione. Comunque sia, un aborto giuridico non fa parte del nostro patrimonio giuridico grazie a un intervento tempestivo del Governo.

Restano dei punti da chiarire. Speriamo che in seguito capiremo bene, a tutela soprattutto dei senatori che devono essere messi in condizione di svolgere sempre e comunque con serenità la loro attività, quale è stata la forza, l'energia o l'istituto che successivamente a quanto deciso in quest'Aula e in Commissione bilancio ha modificato una decisione adottata nelle sedi competenti.

Concludo confermando il voto favorevole dei senatori dell'Italia dei Valori.

BARBATO (Misto-Pop-Udeur). Domando di parlare per dichiarazione di voto.

 

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

 

BARBATO (Misto-Pop-Udeur). Signor Presidente, colleghi senatori, con la votazione odierna convertiamo questo decreto integrativo della finanziaria per evitare che la norma contenuta al comma 1343 produca i suoi effetti. Già il Quirinale, subito dopo la controfirma del decreto, precisava che "La norma abrogata non sarebbe entrata in vigore con la legge finanziaria, evitando in tal modo qualsiasi ipotesi di danno per l'erario."

Si è provveduto, dunque, a correggere con tempestività quello che è stato definito un mero errore redazionale, per sedare la bagarre di quei confusi giorni all'indomani del voto di fiducia sulla legge finanziaria. Purtroppo la discussione in Parlamento si riapre ancora per cercare un capro espiatorio, in un clima non troppo mutato rispetto a qualche mese fa che già qualcuno ha provveduto a definire di strano giustizialismo. Viceversa, penso si debba procedere con cautela non trascurando il fatto che alla base della confusione legislativa vi è un errore di interpretazione.

Ritengo di non poter essere critico quindi e di condannare fermamente escamotage o vie di fuga non è un gioco di parole, dico di fuga, non di Fuda, che non c'entra, e che permetterebbero di incrementare l'evasione a danno dell'erario, ma al contempo flessibile nel giudicare il comma 1343.

Tale posizione deriva dalla convinzione che, se l'emendamento non fosse stato estrapolato dal suo contesto originario, forse diversa sarebbe stata l'interpretazione, tant'è che lo stesso senatore ha tenuto a relazionarci, chiarendo la duplice motivazione della norma che sanciva l'effettività del termine di prescrizione e rafforzava la personalità della responsabilità nell'ambito degli illeciti legislativi. A questo punto, date le molteplici questioni politiche e tecniche che si sono innestate sul caso, questo è il momento della chiarezza, e Fuda ha cominciato a fare chiarezza.

Da un lato, è assolutamente corretta la denuncia della Corte dei conti, laddove si evidenzia come una prescrizione breve della responsabilità per gli illeciti contabili, avrebbe fatto sfumare una lunga serie di cause per il risarcimento danni all'erario, con grave nocumento per il recupero di risorse finanziarie.

Dall'altro lato - in una logica di efficienza della pubblica amministrazione e di certezza delle responsabilità di pubblici amministratori - altrettanto corretto è il ragionamento per cui il comma in questione altro non fa se non modificare il dies a quo della prescrizione, anticipandolo al momento in cui si realizza la condotta produttiva del danno.

Alla luce di tali valutazioni, mi chiedo se - al di là delle improduttive strumentalizzazioni politiche di cui il Paese è saturo - si sarebbe potuto aprire, nella giusta sede, un dibattito approfondito sui contenuti del comma, anche se la ristrettezza dei tempi e la paventata possibilità di finire ad una gestione provvisoria del bilancio erano certamente incombenti.

Da qui vorrei prendere spunto per una brevissima riflessione circa la necessità di rivedere, il prima possibile, le regole che disciplinano la sessione di bilancio. È fondamentale intervenire, così come la mia proposta di legge si prefigge, puntando ad una ridefinizione della struttura e nei contenuti e nelle procedure della manovra finanziaria di fine anno. Occorre superare, una volta per tutte, i limiti e le criticità della legge finanziaria, che si traduce oggi in un complesso di disposizioni di portata sempre più ampia ed eterogenea, coacervo di norme della più varia natura, che risulta difficile, per non dire impossibile, analizzare e approfondire come si dovrebbe: forse, in tal modo, inconvenienti come quello creato dal cosiddetto emendamento Fuda difficilmente potrebbero sorgere.

In conclusione, a nome del Gruppo Popolari-Udeur, annuncio il voto favorevole al disegno di legge di conversione. (Applausi dai Gruppi Misto-Pop-Udeur e Ulivo).

CUTRUFO (DC-PRI-IND-MPA). Domando di parlare per dichiarazione di voto.

 

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

 

CUTRUFO (DC-PRI-IND-MPA). Signor Presidente, onorevoli colleghi, oggi ci troviamo qui a discutere su un ennesimo tentativo del Governo in carica di porre rimedio ad un proprio vistoso errore: questo, perlomeno, è conclamato.

Certo, questa volta Prodi si è venuto a trovare - come si suol dire - tra l'incudine e il martello: pressato dalla propria traballante maggioranza; smascherato da un'opposizione consapevole del proprio ruolo; in evidente difficoltà per dover trovare una giustificazione plausibile a quello che si è voluto far passare come un mero errore tecnico, cerca ora, in quest'Aula, con questo disegno di legge, di mettere a tacere la polemica sorta intorno al comma 1343 dell'articolo 1 della legge 27 dicembre 2006, n. 296.

Un comma fantasma, oserei dire, senza genitori o con doti di prestigiatore: comparso dal nulla dopo essere stato bloccato dal Governo stesso e dalla sua maggioranza, riscompare oggi o, forse, è questo che vogliono farci credere; un comma nascosto, occultato nell'ambito di una caotica e disordinata manovra, comunque sconosciuta ai suoi stessi sostenitori, che, per non rischiare le proprie poltrone, hanno approvato un provvedimento finanziario alla cieca. Il gioco, però, evidentemente non è ben riuscito e i cosiddetti indipendenti presenti nel Governo non hanno esitato a lavare i panni sporchi in pubblico.

Di certo, non posso dire di avere invidiato la posizione di Prodi, ma non sarebbe la prima volta: si può forse pensare che ormai vi abbia fatto l'abitudine. Tutti in quest'Aula, però, sappiamo bene che, in realtà, di un errore non può essersi trattato: la verità è anche mal simulata. Non era necessario il biasimo della Corte dei conti, che denuncia, nel caso in cui non si intervenga, l'estinzione di almeno il 60 per cento dei procedimenti in corso, grazie all'applicazione del principio del favor rei; sarebbe, forse, interessante poter verificare in concreto, invece, i nomi di molti degli amministratori coinvolti da tale sanatoria (dico che sarebbe interessante, ma uso il condizionale perché mi associo al giudizio espresso in merito dal collega Stracquadanio).

Ma assecondiamo il gioco. Sorge, allora, un'ulteriore domanda: chi ha combinato questo pasticcio? Non vogliamo buttarci in una forsennata caccia alle streghe: a questo ci ha già pensato un Ministro di prestigio (anche dal punto di vista giuridico); senza esito, tuttavia, visto che il senatore Fuda ha rigettato - e credo a favore - qualsiasi colpa.

Venendo, però, al punto e abbandonando il sano sarcasmo che ci contraddistingue, la questione - annosa e complessa - merita sicuramente un intervento più attento nell'ambito di una globale rivisitazione del sistema giustizia (recupero, pertanto, gli interventi del senatore Castelli e di altri colleghi in questo senso). Ovviamente, parlando di giustizia (compresa quella contabile), noi del Gruppo Democrazia Cristiana-Partito repubblicano italiano-Indipendenti-Movimento per l'Autonomia voteremo in senso contrario al provvedimento in esame, in segno di protesta all'agire complessivo di questo Governo e soprattutto per ribadire la nostra posizione fortemente contraria all'intera manovra finanziaria.

Voteremo in senso contrario, perché non è possibile per un Governo degno di questo nome agire in questo modo, ledendo la credibilità dell'intero sistema.

Una norma come quella oggi in discussione, produttiva di effetti così palesemente ad personam, il tentativo di farla passare per un errore, ci sembra un maldestro espediente per offuscare l'opinione pubblica. Il gioco non è riuscito e si arriva oggi qui, tentando di coinvolgere anche il Parlamento in questa semifarsa. Noi allora ne approfittiamo anche per chiedere, anzi per pretendere, che finalmente questo Governo si impegni in qualcosa di realmente serio e pensiamo ad una riforma della giustizia. Infatti, se le parole del ministro Mastella dell'altro giorno fossero applicate e i tempi della giustizia fossero davvero dimezzati, potremmo anche non chiedere provvedimenti come quelli di Fuda, perché sarebbero inutili, visto che le lungaggini dei tribunali dovrebbero essere un'esperienza del passato.

Chiediamo una riforma del procedimento di formazione della legge finanziaria, come del resto anche la maggioranza stessa e il ministro Chiti hanno chiesto più volte, che impedisca di renderla una legge omnibus, in cui inserire a tradimento tutto ciò che si ha interesse a far approvare. Pretendiamo un Governo all'altezza del suo compito, ma forse, per questa legislatura, pretendiamo un po' troppo.

*RUBINATO (Aut). Domando di parlare per dichiarazione di voto.

 

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

 

RUBINATO (Aut). Signor Presidente, onorevoli colleghi, rappresentanti del Governo, per effetto dell'inserimento nel maxiemendamento al disegno di legge finanziaria per il 2007 di una modifica alla legge n. 20 del 1994, i termini di prescrizione per la perseguibilità dell'illecito contabile sarebbero stati collegati alla realizzazione della condotta produttrice del danno erariale e non al momento della verifica della lesione stessa, come invece previsto dalla disciplina attualmente in vigore.

Presidenza del vice presidente CALDEROLI(ore 19)

 

(Segue RUBINATO). La retrodatazione del giorno dal quale iniziare a far decorrere i termini della prescrizione contabile, avrebbe avuto come probabile effetto, da una parte, una generale amnistia per la pratica difficoltà di individuare il momento in cui la condotta è posta in essere e per il raggiungimento dei cinque anni di tempo a disposizione della Procura contabile in maniera molto più facile dell'attuale e, dall'altro, la conduzione in giudizio di casi destinati al proscioglimento per assenza del danno erariale.

Sostanzialmente, negli illeciti contabili perseguibili per danno erariale, la prescrizione sarebbe scattata prima ancora che il danno si fosse compiuto: una prescrizione super anticipata, è stata definita, un colpo di spugna, come denunciato dal Procuratore generale della Corte dei conti, che rischiava di vanificare il recupero di 310 milioni di euro per illeciti contributi agricoli dell'Unione Europea e così per le consulenze d'oro, per la responsabilità di amministratori di società a capitale misto o partecipato, dall'Alitalia, all'ENEL, alle aziende comunali.

Con l'ulteriore risultato collaterale di creare probabilmente un mostro costituzionale. Nel nostro ordinamento giuridico, infatti, non si può far decorrere la prescrizione di un'azione che non si può ancora esercitare perché non è verificato il danno erariale. Ricordo che un ulteriore duro allarme era arrivato anche dall'Alto Commissario anticorruzione che, in una nota, aveva denunciato il rischio di chiusura dell'organismo che presiede, in caso di entrata in vigore di questo emendamento.

Dalla maggioranza sono arrivati segnali immediati della volontà di cambiare la norma, ma al Senato, vista la ristrettezza dei tempi a disposizione prima del voto di fiducia e l'assenza, va ricordato, di un unanime consenso verificato dal presidente Marini, tre le forze politiche dell'opposizione, non è stato possibile. Allo stesso modo, impraticabile è stata la possibilità di un intervento della Camera che avrebbe obbligato l'intero provvedimento ad un ritorno a Palazzo Madama, con il rischio dell'esercizio provvisorio. Pertanto, nel rispetto degli impegni assunti al riguardo, con la sua maggioranza, il Governo ha ritenuto necessario intervenire con assoluta tempestività sul testo della legge finanziaria per il 2007, per evitare che la predetta disposizione potesse cominciare a produrre effetti nel sistema normativo vigente, e lo ha fatto con il decreto-legge che è sottoposto alla conversione da parte di questa Camera.

Nella relazione al disegno di legge del Governo è stato affermato che l'inserimento di questa norma è risultato il frutto di un mero errore redazionale. Qualcuno su questo ha sorriso, qualcuno ha ironizzato, qualcuno ha cercato i colpevoli.

Tuttavia va detto - ed è un dato di fatto - che l'eccezionale complessità della legge finanziaria, in particolare quella per il 2007, composta da quasi 1.400 commi, se non è la causa che ha determinato l'introduzione in quel provvedimento di una norma, appunto il comma 1.343, censurabile sia nella sostanza sia nella sede in cui è stata disciplinata la materia, sicuramente però ha favorito il fatto che quest'Aula abbia approvato con la fiducia un maxiemendamento che conteneva anche questa norma.

Poiché le regole spetta a questo Parlamento farle, credo che in questo caso vada ribadita l'esigenza di introdurre regole nuove e procedure parlamentari che consentano effettivamente a tutti noi di valutare con piena consapevolezza e trasparenza quali sono le proposte che sono sottoposte al voto. È nostra responsabilità, infatti, non tanto e solo cercare la manina - com'è stata definita - che ha inserito questo comma, ma mettere in condizione l'Aula che questo non si ripeta. Se le regole sono chiare e trasparenti, il rischio che questo accada di nuovo e la necessità di cercare fantomatici colpevoli sicuramente saranno minori.

Il problema della prescrizione degli illeciti contabili è problema annoso. Ricordo che tali illeciti erano considerati imprescrittibili. La prescrizione fu poi stabilita in dieci anni. Nel 1996 è stata ulteriormente ridotta a cinque anni, con esplicita esclusione degli eredi, salvo che in caso di ingiusto arricchimento. Fu quella una decisione ineccepibile, perché non è ragionevole sottoporre gli amministratori pubblici al rischio di richieste contabili eccessivamente protratto nel tempo e destinato addirittura a trasmettersi agli eredi in caso di morte. Ciononostante, in un Paese in cui i malanni della giustizia sono noti, gli amministratori continuano a vivere con angoscia l'incombenza della giustizia contabile che opera, giustamente, con grande severità sulla base di prassi rigoristiche, subordinando la condanna non al dolo, ma alla semplice colpa dell'amministratore, determinando sovente obblighi di pagamento all'erario molto elevati.

Bisogna anche dire che mentre taluno rischia di essere perseguitato, sempre per i famosi malanni della giustizia nel nostro Paese, altri ingiustamente non sono affatto incriminati e perseguitati. Non di meno, indebolire indiscriminatamente la giustizia contabile sarebbe pericoloso, poiché in assenza di un controllo giurisdizionale adeguato si rischierebbe di incentivare una gestione del denaro pubblico caratterizzata da sprechi senza freno in un Paese, come il nostro, dove lo spreco del pubblico denaro costituisce purtroppo una piaga diffusa. Per questo motivo la difesa d'ufficio delle ragioni degli amministratori pubblici scialacquoni, da chiunque provenga, non è condivisibile.

Certo, nessuno può essere considerato reo a vita. Tuttavia, già oggi in Italia, nessuno rischia in realtà condanne per illeciti imprescrittibili. Occorre, dunque, evitare - e lo facciamo con il voto di oggi - che attraverso una modifica surrettizia delle regole della prescrizione degli illeciti contabili centinaia di procedimenti rischino - come ha denunciato la Corte dei conti - di estinguersi con danni incalcolabili per l'erario. In questo senso il Governo, su forte e pressante indicazione di questa maggioranza, ha operato giustamente con tempestività per rimediare all'indebito inserimento dell'emendamento in questione in finanziaria, perché l'interesse ad una gestione irreprensibile della cosa pubblica deve comunque prevalere su tutto.

L'attenuazione dell'incisività dei controlli, anche soltanto attraverso la modificazione delle regole della prescrizione, rischia invece di aprire la via ad un'illegalità ancora più devastante di quella che ha già sufficientemente colpito fino ad oggi il nostro Paese.

Le istituzioni più alte del Paese, tra cui quest'Aula, hanno il dovere d'affermare che se ogni illegalità è inaccettabile, tanto più inaccettabile è se si tratta di illegalità commessa da chi è investito di pubbliche funzioni. Per questo annuncio il voto favorevole del Gruppo Per le Autonomie. (Applausi dal Gruppo Aut. Congratulazioni).

RIPAMONTI (IU-Verdi-Com). Domando di parlare per dichiarazione di voto.

 

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

 

RIPAMONTI (IU-Verdi-Com). Signor Presidente, intervengo per annunciare il voto favorevole del Gruppo Insieme con l'Unione Verdi ‑ Comunisti italiani.

La questione ha suscitato molto scalpore e io non ho difficoltà ad affermare che il Governo è scivolato sulla classica buccia di banana. È una questione che ha avuto un effetto importante sui mass media che, con enfasi, hanno riportato la notizia di una legge ad personam, che prescrive tutti gli illeciti contabili, inclusi quelli conseguenti ad accertati fatti di corruzione, di indulto contabile, di colpo di spugna degli illeciti commessi dalla classe politica e dagli amministratori locali, con conseguente impedimento da parte dello Stato di recuperare le somme delle quali funzionari e dipendenti corrotti si sono appropriati. C'erano e ci sono stati ovviamente tutti gli ingredienti dello scoop giornalistico: l'impunità della classe, la sottrazione delle risorse all'erario, l'indignazione della magistratura contabile, la classica sanatoria.

All'opinione pubblica è arrivato un messaggio non equivoco. Noi della maggioranza, l'Unione, dopo aver avversato nella passata legislatura e combattuto tutte le iniziative che andavano in una direzione come quella che stiamo esaminando, una volta arrivati al Governo facciamo le stesse cose contro le quali abbiamo combattuto, con l'aggravante del sotterfugio, di un'iniziativa poco trasparente, tradendo la fiducia degli elettori.

Non abbiamo alcuna difficoltà ad affermare che fondamentalmente il Governo è caduto sulla classica buccia di banana. Tuttavia, nel merito, credo vi siano alcuni aspetti che vanno tenuti in considerazione.

Il tema della giustizia contabile dev'essere affrontato e va posto all'attenzione del Parlamento in modo corretto, nella sede appropriata, con un esame approfondito da parte delle Aule parlamentari e non attraverso un emendamento, tra l'altro pasticciato (prima quattro commi, poi tre, poi due ed infine uno), della finanziaria. Il tema dev'essere affrontato in modo comprensibile, chiaro e trasparente per poter risolvere in modo definitivo e con tempi certi la questione al fine di punire, in tempi certi, chi commette illeciti e far incassare all'erario le somme derivanti dal risarcimento del danno.

La questione dei tempi è dirimente. Si porta sempre l'esempio dei giudizi di materia espropriativa, che hanno una durata ultradecennale. Da ciò consegue che la Corte dei conti inizia l'azione di responsabilità ben oltre il termine di cinque anni. Il problema è infatti particolarmente sentito dagli amministratori e dai funzionari degli enti locali, che in base all'interpretazione e alla prassi della Corte dei conti si ritrovano ad avere a che fare con una prescrizione che supera i dieci anni, talvolta i venti e talvolta addirittura un tempo indeterminato.

Ciò che è accaduto con la finanziaria è da ritenere un atto sconsiderato, che ha avuto come unico effetto quello di minare la credibilità della nostra maggioranza e del Governo. I problemi del Paese vanno risolti senza scorciatoie, in modo trasparente, alla luce del sole e con un esame approfondito da parte delle Aule parlamentari.

Noi ovviamente votiamo a favore di questo decreto. Alcuni senatori dell'opposizione - l'ho già affermato questa mattina - hanno detto che la procedura è impropria, perché si opera con un decreto quando la finanziaria non è ancora entrata in vigore. È una soluzione già sperimentata con successo nel 2003 dal centro-destra, che abrogò per decreto una norma della finanziaria sui compensi per i dirigenti (mi ricordo che ci fu anche un richiamo da parte dell'allora presidente Ciampi) prima che la finanziaria entrasse in vigore.

Per concludere, signor Presidente, vorrei richiamare il Governo sul fatto che la finanziaria produce altre code, alcune delle quali sono in via di definizione altre non ancora decise. Mi riferisco, per esempio, all'errore - questo sì errore di trascrizione - relativo alla norma sulle rottamazioni senza obbligo di acquisto di una nuova autovettura, perché la norma contenuta nel maxiemendamento prevedeva la possibilità di rottamare solo per gli autoveicoli ad uso promiscuo: fondamentalmente si potevano rottamare solo i «Fiorino» o veicoli di quel tipo.

Tale questione mi sembra sia in via di risoluzione, poiché questa norma è stata inserita nel decreto sulle liberalizzazioni. Rimane però aperto - mi rivolgo espressamente al Governo e voglio che la questione sia ancora riportata nei nostri resoconti e rimanga agli atti - lo scandalo del CIP6. A tale vicenda non è stata ancora data una definizione. Voi sapete bene che cosa si intende per CIP6: si tratta degli incentivi che vengono offerti per la produzione di energia elettrica attraverso l'utilizzo di fonti assimilabili a quelle rinnovabili.

Questo è uno scandalo che deve finire perché, in pratica, si bruciano negli inceneritori schifezze che producono danni all'ambiente e alla salute dei cittadini e poi si prendono degli incentivi pagati dai contribuenti, che pesano sulla bolletta elettrica e producono danni al mercato.

Tale questione non riguarda solo gli ecologisti, ma tutti coloro che sono attenti al normale funzionamento del mercato, perché vi sono aziende che agiscono sulla base delle regole virtuose della concorrenza e altre che invece partono avvantaggiate, perché godono degli incentivi e dei contributi pagati, lo ripeto, dalla comunità. Ritengo che questa vicenda debba essere risolta: mi rivolgo espressamente al Governo per farlo nel più breve tempo possibile.

Concludo dicendo che - e voi lo sapete - c'è stato un richiamo da parte dell'Unione Europea e noi siamo passibili di un'iniziativa di infrazione nei confronti delle norme comunitarie. Quindi, la questione - ripeto - dev'essere risolta nel più breve tempo possibile. (Applausi dalla senatrice Rubinato).

BONADONNA (RC-SE). Domando di parlare per dichiarazione di voto.

 

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

 

BONADONNA (RC-SE). Signor Presidente, quello al nostro esame è un argomento che ci ha visti impegnati in una discussione molto serrata. D'altra parte, era ovvio che - essendo in presenza di un errore grave dal punto di vista politico, come quello di aver inserito nel maxiemendamento il comma 1343 - un errore di quel tipo potesse e dovesse essere stigmatizzato aspramente dall'opposizione e dalla stessa maggioranza.

Bisogna ricordare il fatto che, già nella discussione generale sul maxiemendamento, da parte di alcuni di noi della maggioranza fu chiesto di stralciare il comma 1343, proprio perché non era accettabile che un comma di quel tipo figurasse nel maxiemendamento dopo che l'argomento, trattato in sede di Commissione bilancio, era stato considerato inaccettabile.

È abbastanza comprensibile che, da parte dell'opposizione e in particolare da parte di un collega come il senatore Storace, si cogliesse la palla al balzo per costruire attorno a questo infortunio grave una manovra politica che, in qualche modo, ha visto lo stesso senatore Storace, anche nella giornata di oggi, protagonista del dibattito.

Non c'è dubbio che la questione della responsabilità amministrativa dei pubblici dipendenti e dei pubblici ufficiali sia rilevante.

Noi voteremo a favore del decreto-legge, rispetto alcuni elementi - lo ricordava il relatore Villone stamattina - che bisogna tenere ben presenti. Il primo di questi è che siamo in presenza di una norma che non è voluta dalla maggioranza: l'attuale maggioranza non ha mai voluto che una norma di questo genere fosse inserita nella legge finanziaria. L'aveva escluso in sede di Commissione bilancio e aveva chiesto l'eliminazione del comma anche in sede di discussione generale.

L'interrogativo è legittimo se il comma in questione risulti figlio di una preterintenzionalità. In verità, non mi appassiona tale tema. Fatto è che quel comma alla fine c'era nel maxiemendamento e ciò non torna certamente a merito del Governo. Si è trattato di disattenzione? Se così è, credo che la disattenzione in una materia come questa non sia un peccato veniale, ma una cosa seria e grave. Quindi, se di disattenzione si è trattato, l'invito a che il Governo sia più attento nel definire norme di questa portata è pressante.

D'altra parte, il fatto che si sia parlato nella relazione di presentazione del decreto‑legge di un mero errore materiale, mi pare che dimostri con tutta evidenza come ci sia un disconoscimento totale da parte del Governo, del quale voglio prendere atto e dare atto al Governo, insieme all'invito, appunto, a lavorare attorno alla prevenzione degli errori e non alla riparazione postuma degli errori compiuti.

Detto ciò, voglio anche far riferimento ad alcune delle considerazioni che il senatore Villone ha svolto stamattina nel commentare il dato e anche pochi minuti fa, interloquendo con il presidente Castelli, su un tema che a me pare di enorme rilevanza: il fatto che anche i pubblici amministratori o i pubblici dipendenti, che si siano resi responsabili di atti illeciti o che, comunque, siano sotto indagine o sotto inchiesta, come qualsiasi altro cittadino, abbiano diritto a ottenere in tempi rapidi un pronunciamento della magistratura e, in particolare, della magistratura della Corte dei conti.

Questo tema è presente e mi pare che il convergere di opinioni attorno all'ordine del giorno in cui è stato trasformato l'insieme dei tre emendamenti del presidente Castelli sia un fatto importante. Io mi spingerei leggermente più in là.

Dobbiamo chiederci perché ormai si è accumulata una quantità di contenzioso così elevata attorno alle responsabilità degli amministratori pubblici e dei pubblici dipendenti. Dobbiamo chiederci se c'è - ed io penso che ci sia - una connessione diretta tra il venir meno dei meccanismi democratici di controllo sull'amministrazione pubblica e la scelta di assegnare sostanzialmente al TAR e alla Corte dei conti funzioni che più propriamente dovrebbero rimanere di competenza dei Consigli comunali, provinciali e regionali.

Questo è uno degli aspetti su cui è bene che il Senato rifletta in quanto in merito ad esso esistono responsabilità trasversali dalle quali forse noi di Rifondazione comunista possiamo davvero chiamarci fuori e dire che l'avevamo detto. A partire però dalla legge n. 81 del 1993, cioè dall'elezione diretta dei Presidenti anche delle Regioni, a partire dalla spoliazione delle funzioni di controllo da parte dei Consigli, noi abbiamo come unici riferimenti il TAR e la Corte dei conti. Vediamo quanto sia cresciuto in termini abnormi il potere del tribunale amministrativo e come ormai non ci siano più tempi certi e garantiti per i pronunciamenti. Per la Corte dei conti vale lo stesso principio.

Nel ragionare come dovremmo fare e come si è impegnato a fare anche il Governo, dobbiamo essere lungimiranti e capire che dobbiamo ripristinare meccanismi e modalità di controllo interno e strumenti di controllo che attengono alla responsabilità politica e democratica degli organismi propri del nostro sistema di Governo.

A fianco a questo, signor Presidente, rimane da affrontare rapidamente e risolvere il problema del meccanismo con cui si forma la legge finanziaria e stabilire che questa non può essere il contenitore di tutti i provvedimenti e non può essere formulata con modalità tali che inducono poi a quelle scivolate che prendono il nome di "comma 1343". (Applausi dal Gruppo RC-SE e del senatore Villone).

PRESIDENTE. Colleghi, ricordo a tutti che i tempi della discussione del disegno di legge n. 1236 sono contingentati. Prego pertanto di limitare i propri interventi, anche perché l'ordine del giorno prevede l'incardinamento di un provvedimento di estrema importanza. Credo quindi sia interesse di tutti attenersi a quanto ho appena detto.

DIVINA (LNP). Domando di parlare per dichiarazione di voto.

 

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

 

DIVINA (LNP). Signor Presidente, amiamo fare contrapposizioni accese, lotte politiche, dialettica anche aspra, ma con degli avversari leali, che si confrontano.

Le affermazioni che sono state portate per giustificare questa norma che vogliamo abrogare sono infantili, puerili, nascondono la mancanza di coraggio nel dire quello che si vuol fare. Possiamo anche capire che, dopo la figuraccia che questa maggioranza ha incamerato con l'indulto, viga la regola che è meglio usare un po' di ipocrisia piuttosto che dire veramente dove si vuole andare a parare.

L'obiettivo era chiarissimo e lo ha smascherato un senatore della maggioranza: accorciare i tempi della prescrizione. Punto. Basta. Non è stato un errore. Uno dei nostri colleghi, che è stato presidente di un'importante festa del cinema a Roma, potrebbe d'ora in poi organizzare il festival dell'ipocrisia perché in questa sede si è consumata una delle migliori rappresentazioni italiane. Abbiamo sentito dire che quella da abrogare è una norma non voluta dalla maggioranza, che è stata una disattenzione, sono stati pronunciati inviti al Governo affinché sia più attento pro futuro, qualcuno ha perfino detto che si è trattato di un errore materiale. Ma una norma scritta in termini così puntuali e precisi non può nascondere un errore materiale che scatta sulle virgole, sui numeri, sul più, sul meno, sul «non» e non con norme così definite. Qualcuno ha affermato che il Governo l'ha disconosciuta. Se vogliamo giocare...

Il senatore Ripamonti prova perfino ad aggiustare il tiro dicendo che anche la maggioranza di centro-destra ha commesso qualche piccolo pasticcio. Vivaddio! Mettiamo pure in piazza tutti questi pudori. Non si sa più come aggiustare giustificare una piccola nefandezza.

Si pensa che questa norma abrogativa serva a lavarsi un po' la coscienza. Ma ormai non serve più a niente, nel senso che il nostro voto, qualsiasi esso sia, sarà irrilevante. Lo ripeto perché almeno a verbale, a futura memoria, resterà: sarà irrilevante. Per legge potremo anche scrivere che da domani il cancro si cura con l'aspirina, però, nelle facoltà di medicina, negli ospedali, i chirurghi continueranno ad asportare tessuti, i radiologi a bombardarli e se ne «fregheranno» delle sciocchezze scritte, che non hanno attinenza con la pratica, in questo caso medica.

Nelle università si continuerà ad insegnare che una norma può, sì, abrogare, ma un'altra norma vigente, non una norma non ancora entrata in vigore. E dal momento in cui una norma vige, nessuno potrà scardinare il principio del favor rei, richiesto da chiunque sia sottoposto a giudizio, che si veda applicare la norma più favorevole, anche quella entrata in vigore per un solo minuto e poi abrogata.

Ebbene, voteremo anche noi questa norma abrogativa, come Lega, ma è un voto inutile, irrilevante. A me fa specie che tanti buoni giuristi della sinistra anche seduti in Aula abbiano fatto finta di nulla, lavandosi la coscienza dicendo di cancellare quello che è stato un errore di percorso. Non lo si cancella più!

SAPORITO (AN). Domando di parlare per dichiarazione di voto.

 

PRESIDENTE. Ne ha facoltà, ricordando il richiamo ai tempi che ho fatto poco fa.

 

SAPORITO (AN). Signor Presidente, sarò molto breve.

La preoccupazione costante di Alleanza Nazionale, prima in Commissione affari costituzionali, come lei ricorderà, poi in Aula stamani con gli interventi dei senatori Viespoli e Storace, è stata che mancassero i presupposti di urgenza e di necessità, perché tali non possono ravvisarsi nella relazione in cui si dice che per errore si è inserito il comma 1343. Penso che qualunque giudice cui ricorrerà qualunque cittadino dirà che l'urgenza e la necessità non c'era.

L'altra preoccupazione è che il provvedimento non è idoneo a raggiungere gli obiettivi che noi tutti vogliamo. Lo abbiamo detto in Commissione; abbiamo chiesto di rafforzare le motivazioni dell'urgenza e della necessità, chiedendo al Governo di presentare documentazione sul dramma e sui problemi conseguenti all'applicazione di quel comma e il Governo correttamente ci ha presentato una relazione del procuratore generale della Corte dei conti, che ci ha indicato una situazione devastante, qualora questo provvedimento non dovesse passare.

L'altra preoccupazione riguarda l'idoneità, come abbiamo detto anche questa mattina. Sarebbe stato preferibile approvare qualche emendamento presentato dalla maggioranza, per esempio quello che avevano predisposto gli amici di Forza Italia, teso a porre una proroga dell'entrata in vigore del comma 1343 per avere il tempo di poter poi intervenire ed eliminare completamente la norma per essere tranquilli.

Tuttavia, nonostante tutte queste considerazioni, nonostante la linearità di posizione di Alleanza Nazionale, si è andati avanti senza muovere niente, salvo l'approvazione di alcuni ordini del giorno, che rappresentano un contributo, un atto di buona volontà che l'opposizione ha fatto rispetto al provvedimento.

Si è detto che abbiamo cercato di fare lo scandalo, ma noi non l'abbiamo fatto; in realtà, lo hanno fatto tutti i giornali di sinistra, la reazione di Rutelli, e - mi dispiace dirlo - l'arringa del presidente Fuda sull'origine dei quattro emendamenti e dell'altro. Non solo non abbiamo provocato lo scandalo, ma non vogliamo farlo e crediamo che sia scandalosa la posizione del procuratore generale che ha mandato un documento nel quale si dice che va sottolineato il rischio che l'entrata in vigore del comma 1343 vanifichi il recupero di ingenti importi, come i 32 milioni di euro versati dal Comune di Roma in esecuzione di una condanna.

Ma ci rendiamo conto? Noi andiamo alla ricerca delle responsabilità e il procuratore generale già ci ha indicato una grave responsabilità e quindi un eventuale teorico interesse a quell'emendamento. Questo va detto, questo è lo scandalo.

Voteremo allora sicuramente a favore di tale provvedimento, perché - lo abbiamo detto in Commissione e lo abbiamo motivato bene - riteniamo che comunque, nei suoi limiti, esso debba andare avanti. Chiediamo però un impegno del Governo rispetto a queste nostre preoccupazioni: sia il Governo pronto a intervenire con provvedimenti d'urgenza, perché il parametro cronologico dell'entrata in vigore del decreto-legge rispetto alla legge finanziaria, quindi al comma 1343 della stessa, ci fa preoccupare. È preoccupante, perché sicuramente ci saranno ricorsi, ci sarà la giurisprudenza che dovrà dirimere questi casi e questa incertezza, che, ahimè, la disposizione determina.

Con queste riserve e con questo invito al Governo di essere pronto ad intervenire, confermo il voto favorevole di Alleanza Nazionale. (Applausi dal Gruppo AN).

CICCANTI (UDC). Domando di parlare per dichiarazione di voto.

 

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

 

CICCANTI (UDC). Signor Presidente, a nome del Gruppo UDC, come è stato anticipato in discussione generale questa mattina dal capogruppo D'Onofrio, preannunzio che voteremo a favore dell'abrogazione del comma 1343, che già abbiamo avuto modo di denunciare in sede di dichiarazione di voto alla fiducia sulla finanziaria 2007. Avevamo già in quella sede sottolineato la gravità di quanto è accaduto.

Questa mattina, al di là della responsabilità di carattere individuale, il presidente D'Onofrio ha voluto insistere, e torniamo a insistere, sulla responsabilità politica. Certamente ci siamo trovati già nel passato a registrare casi analoghi, ricordo la finanziaria 2003. Ciò accade quando la finanziaria non ha un trasparente sviluppo in seno alla Commissione e attraverso un dibattito in Aula, ma in stanze abbastanza riservate, a margine di quella trasparenza del dibattito politico di cui l'opinione pubblica in generale dovrebbe godere.

Questo dovrebbe certamente far riflettere la maggioranza sulla necessità di riformare le procedure della legge di bilancio, ma dovrebbe anche consigliare di tenere un atteggiamento diverso per favorire una maggiore trasparenza nelle sedi istituzionali in cui si forma la volontà di questo Senato e, direi, dell'intero Parlamento.

Vorrei sottolineare sul punto che il merito di questa denuncia è sicuramente della maggioranza, e ricordo l'intervento molto deciso della presidente Finocchiaro in quella occasione. Diamo atto, quindi, ad una parte della maggioranza di aver posto tale questione, però non si può sottacere in questa fase che esponenti illustri, in quanto rappresentanti dei Gruppi, come ha ricordato il presidente D'Onofrio questa mattina, avevano presentato essi stessi degli emendamenti in tal senso. Quegli emendamenti, è vero, come ha ricordato il senatore Fuda questa mattina, avevano un'articolazione molto più compensativa rispetto alle responsabilità di carattere patrimoniale da parte dei pubblici dipendenti o degli incaricati di pubblici uffici.

Di quei due emendamenti presentati da autorevoli rappresentanti di questa maggioranza, però, nella finanziaria è andata a finire soltanto una parte: le prime due righe, quelle due righe che hanno scardinato il buon intento, da parte di questi autorevoli rappresentanti della maggioranza, e hanno dato un risultato tutt'altro che positivo.

Quindi, collega Fuda, sicuramente lei aveva dei buoni intenti, insieme ad altri autorevoli colleghi dell'Italia dei Valori, della Margherita, dei DS e quanti altri hanno sottoscritto quegli emendamenti, però certamente poi lo spirito che ne è stato portato all'attenzione del voto dell'Aula è stato tutto diverso.

Quindi sapevate bene - non è stato un errore materiale - quello che volevate fare, perché siete partiti da lontano con degli emendamenti e di questi emendamenti soltanto la parte più favorevole - come io ho dichiarato - di autorevoli Ministri di questo Governo.

Sottolineo ancora che i beneficiari di quella norma, così come estrapolata dagli emendamenti che erano stati sul punto presentati, avrebbero beneficiato di questo accorciamento della prescrizione.

Mi lego, per concludere, alle riflessioni che faceva il collega Saporito. Vedete, al di là della giurisprudenza, che mi sembra abbastanza univoca e orientata in senso favorevole agli intenti di chi vuole l'abrogazione di questa norma, c'è però una corrente dottrinaria, che si è espressa anche attraverso il dibattito sulla stampa, che ritiene invece possa applicarsi il principio del favor rei su questa normativa.

Io spero che, in sede di applicazione della norma, il principio delfavor rei, che non è da escludere completamente dal punto di vista del dibattito giuridico in atto, non possa rivivere, perché in questo caso tale norma avrebbe nome e cognome dei destinatari, che noi abbiamo paventato, ma che diventerebbero, a quel punto, palesi. (Applausi dal Gruppo UDC).

PALMA (FI). Domando di parlare per dichiarazione di voto.

 

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

 

PALMA (FI). Signor Presidente, ho letto con attenzione il suo emendamento, senatore Fuda, e ho ascoltato con attenzione il suo intervento. Le voglio dare atto che, con la sua proposta, lei poneva un problema effettivamente esistente e del quale forse sarebbe opportuno che il Senato si interessi. Le voglio, altresì, dare atto che il comma 1343 della finanziaria non ha nulla a che vedere con il suo emendamento, essendo sostanzialmente lo stralcio esclusivamente di una piccola parte, con l'omissione di tutta l'articolazione del suo progetto.

A nome del Gruppo di Forza Italia, le voglio poi manifestare solidarietà per l'aggressione personale e politica di cui ella è rimasto vittima, quella solidarietà che a ben vedere non le è stata mai rappresentata dai componenti della sua maggioranza, se è vero, com'è vero, che lei è rimasto purtroppo l'unico pubblico capro espiatorio di un atto irresponsabile, esattamente quel comma 1343. Un comma che, per essere chiari, a detta del procuratore generale della Corte dei conti, avrebbe comportato l'estinzione di 3.861 procedimenti contabili con condanna in primo grado, nonché il venir meno del recupero di un importo pari a circa 4 miliardi di euro, e cioè sostanzialmente più di un decimo della finanziaria.

Ebbene, senatore Fuda, forse abbiamo scoperto chi è il responsabile di questa operazione, nel senso che il Governo ci è venuto a comunicare che tutto si addebita ad un oscuro funzionario che, incaricato - immagino in sede politica - di espungere il suo emendamento dalla finanziaria, attraverso dei giochetti informatici per parole chiave, aveva eliminato tutto quanto il suo emendamento ad eccezione del primo comma.

Un'operazione, quindi, gravemente negligente da parte di un funzionario, sicuramente sciatta e questo - devo dire la verità - atteso l'omesso controllo da parte di chi, in sede politica, quella espunzione aveva chiesto, denota quantomeno quanto siano prive di fondamento quelle mielose affermazioni autoreferenziali del presidente Prodi, per cui finalmente la serietà è arrivata al Governo.

Vedete, signor Presidente, signori senatori, noi riteniamo di non poter credere a quello che ci dice il Governo, non solo e non tanto per la ridicolaggine della giustificazione addotta, perché ci troviamo di fronte ad un Governo che ha come abitudine quella di modulare la verità secondo i suoi gradimenti.

Un esempio per tutti: in quest'Aula, il Governo, rispondendo a un ordine del giorno presentato da un senatore dell'opposizione, ha affermato, in termini chiari, che non vi era alcun impegno da parte del Governo di centro-destra in merito all'allargamento della base di Vicenza eppure, subito dopo, per sanare le contraddizioni politiche tutte interne alle sua maggioranza, il presidente Prodi ha detto che praticamente quell'allargamento altro non era che mantenere un impegno preso dal precedente Governo. (Applausi dal Gruppo FI). Cosa che, alla luce di quanto detto dal Governo stesso, è falsa.

Sarebbe interessante, a dire il vero, anche conoscere i nomi dei soggetti che in qualche modo avrebbero potuto beneficiare del comma 1343, ma per questo vi sarà tempo con il sindacato ispettivo. Certo è che se quella lista di nomi dovesse - come dire - presentare qualche anomalia o qualche dato di interesse, avrebbe ragione il senatore Centaro quando prima, in un suo intervento, ricordando la modifica del reato di abuso in atti d'ufficio - che tanto bene fece al presidente Prodi - ovvero quella stessa norma che si trovava nella finanziaria e che era puntata contro un illustre oncologo, sostanzialmente diceva che voi siete abituati a predicare bene, ma a razzolare molto, molto male.

Avete ritenuto con un decreto-legge di dover risolvere il problema, un problema enorme, più di un decimo della finanziaria. No, senatore Bonadonna, non si è trattato di un disconoscimento (mi consenta, lo dico con molto garbo); credo si sia trattato semplicemente di una pezza a chi è stato scoperto in un tentativo molto interessato. Ebbene, nel decreto-legge voi stabilite che il comma 1343 è abrogato. Ora qui non voglio fare discorsi di tipo giuridico; il sottosegretario Scotti prima vi diceva come in dottrina vi è poca materia sul punto e che sostanzialmente da parte di taluno si afferma che è possibile l'abrogazione, da parte di talaltro si afferma esattamente il contrario.

Non a caso noi avevamo proposto di percorrere una strada diversa perché, nell'eventualità in cui si dovesse ritenere che l'abrogazione è possibile solo con riferimento ad una norma vigente, si avrebbe evidentemente la vita del comma 1343, sia pure per un secondo, quello utile, con buona pace del presidente Finocchiaro, per muovere tutti i meccanismi che sono propri degli istituti di diritto sostanziale.

Voi continuate, avete insistito e avete dichiarato ripetutamente inammissibile il nostro emendamento e quindi si arriva alla formulazione a cui oggi si arriva. Voi stessi ritenete che forse vi è una retroattività della prescrizione: in tal senso forse lo stesso decreto-legge, in tal senso l'intervento della senatrice Rubinato; ma in tal senso, principalmente, la lettera del procuratore generale della Corte dei conti, il quale, nell'affermare ciò che ha affermato, evidentemente non ha tenuto in gran conto la giurisprudenza in base alla quale non vi è possibilità di retroattività per la prescrizione. Questo è tutto.

Io credo che in questa vicenda il Governo e la maggioranza abbiano una grossa, enorme responsabilità politica. Senza fare il gioco delle tre carte, la responsabilità politica risiede nel fatto di avere inserito nella legge finanziaria un atto di grave irresponsabilità e poco importa, senatore Storace, sapere chi è il funzionario. Ciò che rileva è che il Governo, nella legge finanziaria, ha prodotto il comma 1343; ciò è ancora più grave se si pensa che quel funzionario era stato incaricato di espungerlo dal testo.

Inoltre, è inutile che ci venite a dire che noi non abbiamo voluto fare lo stralcio. Voi non avete voluto procedere a una nuova lettura al Senato, che era possibile. Tecnicamente era possibile modificare il comma 1343 entro il 23 dicembre, data di approvazione della finanziaria, e ritornare al Senato per la definitiva approvazione; ma tant'è.

Probabilmente il presidente Prodi e i leader della maggioranza sono talmente sicuri della stabilità della loro coalizione da ritenere che in qualche modo il periodo delle festività natalizie poteva incidere sul mantenimento della maggioranza. Ma quale esercizio finanziario! La realtà è che voi avete avuto paura che quella modifica non fosse passata al Senato per l'assenza di vacanzieri del centro-sinistra.

Sto terminando, signor Presidente. Vi auguro che la norma del decreto in esame possa raggiungere l'effetto. Noi riteniamo che sia inidonea, ma ve lo auguro, non come coalizione politica, poiché avete dimostrato, ancora una volta, in questa vicenda la vostra superficialità e - se mi consentite - la vostra arroganza, ma per il Paese che davvero non merita il mancato recupero di oltre 4 miliardi, ossia più di un decimo della vostra legge finanziaria. (Applausi dal Gruppo FI).

 

PRESIDENTE. E quindi, senatore Palma, quale sarà il voto?

 

PALMA (FI). Signor Presidente, in ragione di quanto fin qui esposto, il voto di Forza Italia sarà comunque favorevole.

 

LUSI (Ulivo). Coerente!

 

PALMA (FI). Sei contento?

 

PRESIDENTE. Colleghi, vediamo di non commentare. Ci si lamenta anche quando si vota a favore della maggioranza.

 

PALMA (FI). Il voto di Forza Italia sarà favorevole, e vorrei rispondere al senatore che mi ha interrotto. Vede, Presidente, nel dubbio dottrinario in ordine alla capacità abrogativa di una norma vigente o non vigente, Forza Italia non si vuole assumere la responsabilità, in qualsivoglia modo, di essere coinvolta in una vicenda che è nata, è vissuta e continua a vivere per mera ed esclusiva responsabilità del centro‑sinistra, di questa maggioranza e di questo Governo. (Applausi dai Gruppi FI, AN e del senatore Castelli).

SALVI (Ulivo). Domando di parlare per dichiarazione di voto.

 

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

 

SALVI (Ulivo). Signor Presidente, signori del Governo, onorevoli colleghi, il voto favorevole che ci apprestiamo a esprimere sul decreto‑legge in esame rappresenta una vittoria della maggioranza del Senato e una vittoria del nostro Gruppo. Vorrei ricordare infatti che la questione è stata posta da alcuni di noi ed immediatamente raccolta in quest'Aula dalla presidente Finocchiaro e dagli altri Gruppi della maggioranza.

I senatori Ferrara e Villone si sono chiariti, ma un punto è certissimo: la possibilità che in altri casi era stata trovata per modificare subito questa norma non venne per decisione dei Capigruppo dell'attuale opposizione. Questo è un dato di fatto che ognuno può giudicare.

Certo, rimane aperta la questione del chiarimento politico con il Governo. Trovo singolare che anche qui il senatore Saporito faccia allusioni ad alte responsabilità all'interno del Governo e Forza Italia continui a parlare - non capisco il perché - di oscuri funzionari, mentre il punto è molto semplice.

Il Governo spieghi come è potuto accadere che in questo caso, ma non solo in questo, come dirò fra un momento, in quel mostruoso maxiemendamento - per citare le parole del Capo dello Stato - siano finite norme che nessuno aveva voluto o dichiarava di volere.

L'ho sostenuto questa mattina e lo ripeto: possiamo modificare tutte le regole della legge finanziaria e delle procedure parlamentari, ma intanto vi è un problema di serietà e di rigore necessari nei comportamenti politici istituzionali.

Si è parlato oggi della Corte dei conti. È stato approvato anche un ordine del giorno. È giusto che il Governo si dia l'obiettivo di cinque anni per la durata di tutti i processi, ma non si vede perché non debba prefiggerselo anche per i processi contabili.

Il problema, però, è molto più rilevante (e sono preoccupato quando i politici se lo pongono soltanto sul versante che li può riguardare) perché è di un Paese che ha smantellato responsabilità e controlli nell'agire politico. È dovere di tutti noi valutare con attenzione non se dare ulteriori picconate a questo sistema, ma come intervenire per riformarlo e migliorarlo. Tutta la maggioranza unita, in occasione dell'esame della legge finanziaria, ha presentato una serie di emendamenti al riguardo: alcuni sono stati accolti; su altri si è sbagliato e ora si rimedia; su altri sono stati commessi errori.

Con altri autorevoli esponenti di tutti i Gruppi della maggioranza, abbiamo presentato oggi emendamenti per rimediare ad altri due errori che vi sono in finanziaria - chiamiamoli così - che riguardano i tetti retributivi per i manager e per i dirigenti pubblici; il Presidente del Senato li ha dichiarati inammissibili. Rispetto sempre le scelte dei Presidenti del Senato, però vorrei invitare i colleghi dell'opposizione a partecipare anch'essi, come facciamo noi della maggioranza, a quest'impegno per la riforma della politica e per la riduzione dei suoi costi impropri.

Per quanto riguarda la Corte dei conti, vi è un fatto scandaloso (abbiamo proposto un emendamento in materia, che non è stato accolto): l'assicurazione che fanno gli enti pubblici dei propri amministrati per responsabilità contabile (il caso più clamoroso è quello della RAI, sulla quale sta indagando la procura della Repubblica di Roma). È giusto che un ente faccia pagare ai propri cittadini l'assicurazione per il danno subìto dai medesimi?

Poniamo tali questioni perché vediamo accrescersi il rischio di sfiducia e di distacco dei cittadini nei confronti del sistema politico e delle istituzioni: anche su questo punto il Presidente della Repubblica ha proferito parole che devono essere accolte. E allora, almeno su questi temi, rifuggiamo dallo scontro, dal pretesto, dalla volontà di fare polemiche su tutto.

In ogni caso, questa battaglia della maggioranza del Senato, iniziata con la legge finanziaria e che intendiamo portare avanti, ad oggi - grazie al concorso del Governo, che ha immediatamente accolto la nostra richiesta di un decreto‑legge per eliminare questo vulnus presente nella legge finanziaria - è un tema più importante delle meschine polemiche su questo o su quel punto, su questa o su quell'altra questione.

Per tali ragioni, esprimiamo un voto convinto a favore della conversione del decreto‑legge in esame. (Applausi dai Gruppi Ulivo e Misto-IdV).

PRESIDENTE. Dopo tutta questa discussione, sta nascendo in me la convinzione che il colpevole, come nei migliori gialli, sia il maggiordomo, perché altri non ne ho individuati. (Applausi dal Gruppo LNP).

Metto ai voti il disegno di legge, composto del solo articolo 1.

E' approvato.

CUTRUFO (DC-PRI-IND-MPA). Domando di parlare.

 

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

 

CUTRUFO (DC-PRI-IND-MPA). Signor Presidente, per quanto riguarda la votazione, desidero segnalare che mi sono astenuto. Dal momento che lei non ha chiesto se vi fossero contrari o astenuti, le segnalo che vorrei essere annoverato fra gli astenuti.

PRESIDENTE. La ringrazio, senatore Cutrufo, la sua dichiarazione resterà agli atti.


ALLEGATO A

 

DISEGNO DI LEGGE

Conversione in legge del decreto-legge 27 dicembre 2006, n. 299, concernente abrogazione del comma 1343 dell'articolo 1 della legge 27 dicembre 2006, n. 296, recante disposizioni in materia di decorrenza del termine di prescrizione per la responsabilità amministrativa (1236)

 

ARTICOLO 1 DEL DISEGNO DI LEGGE DI CONVERSIONE (*)

 

ART. 1.

1. È convertito in legge il decreto-legge 27 dicembre 2006, n.299, concernente abrogazione del comma 1343 dell’articolo 1 della legge 27 dicembre 2006, n.296, recante disposizioni in materia di decorrenza del termine di prescrizione per la responsabilità amministrativa.

2. La presente legge entra in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale.

________________

(*) Approvato il disegno di legge composto del solo articolo 1.

 

ARTICOLO 1 DEL DECRETO-LEGGE

 

ARTICOLO 1.

1. È ABROGATO IL COMMA 1343 DELL’ARTICOLO 1 DELLA LEGGE 27 DICEMBRE 2006, N. 296.

 

EMENDAMENTO 1.101 E SEGUENTI

1.101

STORACE, FORMISANO

Respinto

Dopo il comma 1 aggiungere il seguente:

«1-bis. Entro sessanta giorni dall’approvazione della presente legge, il Governo riferisce al Parlamento sulle responsabilità personali inerenti l’inserimento del comma 1343 nella legge finanziaria 2007».

1.102

STORACE, FORMISANO

V. testo 2

Dopo il comma 1 aggiungere il seguente:

«1-bis. Il Governo rende noti, entro 60 giorni dall’entrata in vigore della presente legge, i nomi dei cittadini italiani che avrebbero beneficiato della norma contenuta nel comma 1343 nella legge finanziaria 2007».

1.102 (testo 2)

STORACE, FORMISANO

Respinto

Dopo il comma 1 aggiungere il seguente:

«1-bis. Il Governo rende noti, entro 60 giorni dall’entrata in vigore della presente legge, i nomi dei cittadini italiani sottoposti a procedimento a cui sarebbe stata astrattamente applicabile la norma contenuta nel comma 1343 nella legge finanziaria 2007».

1.103

STORACE

Ritirato e trasformato nell'odg G1.100

Dopo il comma 1 aggiungere il seguente:

«1-bis. Il Governo sostiene, per il tramite dell’avvocatura generale dello Stato, la segnalazione inoltrata dal ministro per le infrastrutture alla procura della Repubblica di Roma sulle responsabilità esistenti in ordine all’inserimento del comma 1343 nella finanziaria 2007».

1.104

STORACE

Ritirato e trasformato nell'odg G1.101

Dopo il comma 1 aggiungere il seguente:

«1-bis. I membri del Governo rinunciano a presentare denunce querele o richieste di risarcimento civile nei confronti dei mezzi di informazione che hanno riferito sull’inserimento del comma 1343 nella legge finanziaria 2007».

1.105

STORACE

Improponibile

Dopo il comma 1 aggiungere il seguente:

«1-bis. La Corte Costituzionale si esprime, in via straordinaria e nei tempi più brevi, sulla costituzionalità della presente legge, al fine di procedere ad ulteriori interventi normativi, ove necessario».

 

ORDINI DEL GIORNO

G1.100 (già em. 1.103)

STORACE

Ritirato

Il Senato,

impegna il Governo a sostenere, per il tramite dell’avvocatura generale dello Stato, la segnalazione inoltrata dal ministro per le infrastrutture alla procura della Repubblica di Roma sulle responsabilità esistenti in ordine all’inserimento del comma 1343 nella legge finanziaria 2007.

G1.101 (già em. 1.104)

STORACE

Ritirato

Il Senato,

impegna il Governo a non avvalersi del diritto di presentazione di denunce-querele nei confronti dei mezzi di informazione che hanno riferito sull’inserimento del comma 1343 nella legge finanziaria 2007.

 

 

EMENDAMENTI TENDENTI AD INSERIRE ARTICOLI AGGIUNTIVI DOPO L'ARTICOLO 1

 

1.0.107

CASTELLI

Ritirato e trasformato, congiuntamente agli emm. 1.0.108 e 1.0.109, nell'odg G1.102

Dopo l’articolo 1, inserire il seguente:

«Art. 1-bis.

Nei giudizi dinanzi alla Corte dei Conti, esclusivamente in materia di responsabilità contabile e amministrativa, non si applica l’articolo 2943 del codice civile in tema di interruzione di prescrizione. In questi casi il diritto al risarcimento del danno si prescrive in dieci anni».

1.0.108

CASTELLI

Ritirato e trasformato, congiuntamente agli emm. 1.0.107 e 1.0.109, nell'odg G1.102

Dopo l’articolo 1, inserire il seguente:

«Art. 1-bis.

Nei giudizi dinanzi alla Corte dei Conti, esclusivamente in materia di responsabilità contabile e amministrativa, non si applica l’articolo 2943 del codice civile in tema di interruzione di prescrizione. In questi casi il diritto al risarcimento del danno si prescrive in dodici anni».

1.0.109

CASTELLI

Ritirato e trasformato, congiuntamente agli emm. 1.0.107 e 1.0.108, nell'odg G1.102

Dopo l’articolo 1, inserire il seguente:

«Art. 1-bis.

Nei giudizi dinanzi alla Corte dei Conti, esclusivamente in materia di responsabilità contabile e amministrativa, non si applica l’articolo 2943 del codice civile in tema di interruzione di prescrizione. In questi casi il diritto al risarcimento del danno si prescrive in quindici anni».

1.0.1

MARTINAT, SAPORITO, PONTONE, BUTTI, COLLINO

Improponibile

Dopo l’articolo 1, inserire il seguente:

«Art. 1-bis.

1. All’articolo 2 del decreto-legge 3 ottobre 2006, n.262, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 novembre 2006, n.286, per come da ultimo modificato dalla legge 27 dicembre 2006, n.296, articolo 1, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) al comma 85, di modifica dell’articolo 11, comma 5, della legge 23 dicembre 1992, n.498, le lettere e) e d) ed il primo periodo della lettera f) sono soppresse;

b) i commi 87 e 88 sono soppressi;

c) al comma 89 di modifica dell’articolo 21, comma 5, del decreto-legge 24 dicembre 2003, n.355, convertito con modificazioni dalla legge 27 febbraio 2004, n.47, il capoverso 5 è soppresso».

1.0.101

SAPORITO, MATTEOLI, COLLINO

Improponibile

Dopo l’articolo 1, inserire il seguente:

«Art. 1-bis.

1. Il comma 582 dell’articolo 1 della legge 27 dicembre 2006, n.296 è abrogato».

1.0.102

SAPORITO, MATTEOLI, COLLINO

Improponibile

Dopo l’articolo 1, inserire il seguente:

«Art. 1-bis.

1. Al comma 584 dell’articolo 1 della legge 27 dicembre 2006, n.296 le parole: "sentite le organizzazioni sindacali più rappresentative nel settore pubblico" sono soppresse».

1.0.103

SAPORITO, MATTEOLI, COLLINO

Improponibile

Dopo l’articolo 1, inserire il seguente:

«Art. 1-bis.

1. Il comma 585 dell’articolo 1 della legge 27 dicembre 2006, n.296 è abrogato».

1.0.104

SALVI, CAPRILI, MACCANICO, COLOMBO FURIO, D’AMICO, BATTAGLIA GIOVANNI, BELLINI, BRUTTI PAOLO, CASSON, D’AMBROSIO, DI SIENA, GALARDI, IOVENE, MELE, PISA, RAME, ROSSA

Improponibile

Dopo l’articolo 1, inserire il seguente:

«Art. 1-bis.

1. Al comma 466 dell’articolo 1 della legge 27 dicembre 2006, n.296, il secondo e il terzo periodo sono soppressi».

1.0.105

SALVI, CAPRILI, MACCANICO, COLOMBO FURIO, D’AMICO, BATTAGLIA GIOVANNI, BELLINI, BRUTTI PAOLO, CASSON, D’AMBROSIO, DI SIENA, GALARDI, IOVENE, MELE, PISA, RAME, ROSSA

Improponibile

Dopo l’articolo 1, inserire il seguente:

«Art. 1-bis.

1. Al comma 593 dell’articolo 1 della legge 27 dicembre 2006, n.296, al primo periodo sono soppresse le seguenti parole: "di cui all’articolo 19, comma 6 del decreto legislativo n.165 del 2001"».

1.0.106

SALVI, CAPRILI, MACCANICO, BORDON, COLOMBO FURIO, D’AMICO, BATTAGLIA GIOVANNI, BELLINI, BRUTTI PAOLO, CASSON, D’AMBROSIO, DI SIENA, GALARDI, IOVENE, MELE, PISA, RAME, ROSSA

Improponibile

Dopo l’articolo 1, inserire il seguente:

«Art. 1-bis.

1.            È nullo l’atto con il quale un Ente pubblico assume gli oneri per l’assicurazione dei propri amministratori per i rischi derivanti dall’espletamento dei compiti istituzionali connessi con la carica e riguardanti la responsabilità per danni cagionati allo Stato o altri Enti pubblici e la responsabilità contabile».

 

 

ORDINE DEL GIORNO

 

G1.102 (già emm. 1.0.107, 1.0.108 e 1.0.109) (TESTO 2)

CASTELLI

Approvato (*)

Il Senato,

preso atto che

la Corte dei Conti svolge un importantissimo compito nel controllo della legalità dell'azione amministrativa;

altresì i pubblici amministratori, negli eventuali giudizi a loro carico, hanno il diritto inalienabile ad un pronunciamento in tempi ragionevolmente brevi, inoltre la giurisprudenza della Corte è di fondamentale importanza per un corretto svolgimento dell'azione amministrativa,

impegna il Governo a predisporre nuove norme che tendano a tempi più brevi per l'accertamento delle responsabilità degli amministratori e il giudizio davanti alla Corte dei Conti, riconsiderando in questo quadro anche i profili concernenti la prescrizione dei procedimenti.

________________

(*) Approvato con le parole evidenziate che sostituiscono le altre: «in tempi brevi, nuove norme per l'accertamento del danno erariale anche tenendo conto dei tempi di prescrizione dei procedimenti innanzi alla Corte dei Conti».

ARTICOLO 2 DEL DECRETO-LEGGE

ARTICOLO 2.

1. Il presente decreto entra in vigore il giorno stesso della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana e sarà presentato alle Camere per la conversione in legge.

EMENDAMENTI

2.100

CASTELLI

Ritirato

Al comma 1, sostituire le parole: «il giorno stesso della sua pubblicazione» con le seguenti: «il settimo giorno successivo alla sua pubblicazione».

2.101

CASTELLI

Ritirato

Al comma 1, sostituire le parole: «il giorno stesso della sua pubblicazione» con le seguenti: «il terzo giorno successivo alla sua pubblicazione» .

 

 


Normativa di riferimento

 


 

Costituzione
(artt. 77, 87)

 

 

Art. 77

 

Il Governo non può, senza delegazione delle Camere, emanare decreti che abbiano valore di legge ordinaria.

Quando, in casi straordinari di necessità e d'urgenza, il Governo adotta, sotto la sua responsabilità, provvedimenti provvisori con forza di legge, deve il giorno stesso presentarli per la conversione alle Camere che, anche se sciolte, sono appositamente convocate e si riuniscono entro cinque giorni .

I decreti perdono efficacia sin dall'inizio, se non sono convertiti in legge entro sessanta giorni dalla loro pubblicazione. Le Camere possono tuttavia regolare con legge i rapporti giuridici sorti sulla base dei decreti non convertiti.

 

 

 

Art. 87

 

Il Presidente della Repubblica è il capo dello Stato e rappresenta l'unità nazionale.

Può inviare messaggi alle Camere.

Indice le elezioni delle nuove Camere e ne fissa la prima riunione.

Autorizza la presentazione alle Camere dei disegni di legge di iniziativa del Governo.

Promulga le leggi ed emana i decreti aventi valore di legge e i regolamenti.

Indice il referendum popolare nei casi previsti dalla Costituzione.

Nomina, nei casi indicati dalla legge, i funzionari dello Stato.

Accredita e riceve i rappresentanti diplomatici, ratifica i trattati internazionali, previa, quando occorra, l'autorizzazione delle Camere.

Ha il comando delle Forze armate, presiede il Consiglio supremo di difesa costituito secondo la legge, dichiara lo stato di guerra deliberato dalle Camere.

Presiede il Consiglio superiore della magistratura.

Può concedere grazia e commutare le pene.

Conferisce le onorificenze della Repubblica.

 

 

 


 

R.D.L. 9 febbraio 1939, n. 273.
Provvedimenti legislativi riguardanti l'ordinamento e le funzioni del Consiglio di Stato o della Corte dei conti

 

(1)

-------------------------------

 

(1) Pubblicato nella Gazz. Uff. 25 febbraio 1939, n. 47 e convertito in legge dalla L. 2 giugno 1939, n. 739.

 

 

Art. 1

I provvedimenti legislativi che importino il conferimento di nuove attribuzioni al Consiglio di Stato oppure alla Corte dei conti, nonché la soppressione o la modificazione di quelle esistenti o che comunque riguardino l'ordinamento e le funzioni dei predetti Consessi in sede consultiva o di controllo, ovvero giurisdizionale, sono adottati previo parere rispettivamente del Consiglio di Stato in adunanza generale o della Corte dei conti a Sezioni riunite.

 

 

 

Art. 2

Il presente decreto entrerà in vigore il giorno della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale del Regno e sarà presentato al Parlamento per la conversione in legge.

 

 


 

Legge 14 gennaio 1994, n. 20.
Disposizioni in materia di giurisdizione e controllo della Corte dei conti
(art. 1)

 

 

(1) (2)

--------------------------------------

 

(1) Pubblicata nella Gazz. Uff. 14 gennaio 1994, n. 10.

(2)  Con riferimento al presente provvedimento sono state emanate le seguenti circolari:

- I.N.P.S. (Istituto nazionale previdenza sociale): Circ. 15 aprile 1996, n. 89; Circ. 23 gennaio 1997, n. 13;

- Ministero del lavoro e della previdenza sociale: Circ. 21 novembre 1996, n. 5/27319/70/OR; Circ. 9 aprile 1998, n. 49/98; Circ. 28 settembre 1998, n. 113/98; Circ. 21 gennaio 2000, n. 6/2000;

- Ministero del tesoro, del bilancio e della programmazione economica: Circ. 20 dicembre 2000, n. 40;

- Ministero del tesoro: Circ. 4 gennaio 1996, n. 661;

- Ministero dell'interno: Circ. 18 giugno 1998, n. 1070/M/22(1)/GAB;

- Ministero della pubblica istruzione: Circ. 19 gennaio 1996, n. 28; Circ. 1 febbraio 1996, n. 43; Circ. 14 febbraio 1996, n. 73; Circ. 15 febbraio 1996, n. 76; Circ. 22 febbraio 1996, n. 85; Circ. 6 marzo 1996, n. 101; Circ. 21 marzo 1996, n. 114; Circ. 17 aprile 1996, n. 147; Circ. 19 aprile 1996, n. 156; Circ. 13 maggio 1996, n. 186; Circ. 15 maggio 1996, n. 187; Circ. 15 maggio 1996, n. 187; Circ. 11 giugno 1996, n. 225; Circ. 25 giugno 1996, n. 294; Circ. 1 luglio 1996, n. 306; Circ. 15 luglio 1996, n. 348; Circ. 3 ottobre 1996, n. 627; Circ. 7 ottobre 1996, n. 638; Circ. 5 novembre 1996, n. 683; Circ. 16 dicembre 1996, n. 750; Circ. 24 dicembre 1996, n. 766; Circ. 13 marzo 1997, n. 169; Circ. 27 maggio 1997, n. 328; Circ. 28 maggio 1997, n. 331; Circ. 9 giugno 1997, n. 358; Circ. 2 luglio 1997, n. 410; Circ. 10 luglio 1997, n. 429; Circ. 24 luglio 1997, n. 450; Circ. 30 luglio 1997, n. 457; Circ. 16 ottobre 1997, n. 646; Circ. 28 ottobre 1997, n. 662; Circ. 11 dicembre 1997, n. 790; Circ. 19 febbraio 1998, n. 60; Circ. 27 febbraio 1998, n. 78; Circ. 12 maggio 1998, n. 224; Circ. 13 maggio 1998, n. 226; Circ. 14 maggio 1998, n. 227; Circ. 25 maggio 1998, n. 244; Circ. 10 luglio 1998, n. 305; Circ. 1 settembre 1998, n. 367; Circ. 18 settembre 1998, n. 387; Circ. 29 ottobre 1998, n. 435; Circ. 2 dicembre 1998, n. 468; Circ. 16 gennaio 2001, n. 9;

- Ministero per i beni culturali e ambientali: Circ. 29 novembre 1996, n. 142; Circ. 9 gennaio 1997, n. 7; Circ. 5 marzo 1997, n. 81; Circ. 29 aprile 1997, n. 7; Circ. 18 gennaio 1999, n. 1/99;

- Presidenza del Consiglio dei Ministri: Circ. 16 febbraio 1998, n. DIE/ARE/1/687; Circ. 5 marzo 1998, n. DIE/ARE/1/995;

- Presidenza del Consiglio dei Ministri: Dipartimento per la funzione pubblica e gli affari regionali: Circ. 28 marzo 1996, n. 132;

- Ragioneria generale dello Stato: Circ. 1 luglio 1997, n. 50.

 

 

Art. 1

Azione di responsabilità.

1. La responsabilità dei soggetti sottoposti alla giurisdizione della Corte dei conti in materia di contabilità pubblica è personale e limitata ai fatti ed alle omissioni commessi con dolo o con colpa grave, ferma restando l'insindacabilità nel merito delle scelte discrezionali. Il relativo debito si trasmette agli eredi secondo le leggi vigenti nei casi di illecito arricchimento del dante causa e di conseguente indebito arricchimento degli eredi stessi (3) (4).

 

1-bis. Nel giudizio di responsabilità, fermo restando il potere di riduzione, deve tenersi conto dei vantaggi comunque conseguiti dall'amministrazione o dalla comunità amministrata in relazione al comportamento degli amministratori o dei dipendenti pubblici soggetti al giudizio di responsabilità (5).

 

1-ter. Nel caso di deliberazioni di organi collegiali la responsabilità si imputa esclusivamente a coloro che hanno espresso voto favorevole. Nel caso di atti che rientrano nella competenza propria degli uffici tecnici o amministrativi la responsabilità non si estende ai titolari degli organi politici che in buona fede li abbiano approvati ovvero ne abbiano autorizzato o consentito l'esecuzione (6).

 

1-quater. Se il fatto dannoso è causato da più persone, la Corte dei conti, valutate le singole responsabilità, condanna ciascuno per la parte che vi ha preso (7).

 

1-quinquies. Nel caso di cui al comma 1-quater i soli concorrenti che abbiano conseguito un illecito arricchimento o abbiano agito con dolo sono responsabili solidalmente. La disposizione di cui al presente comma si applica anche per i fatti accertati con sentenza passata in giudicato pronunciata in giudizio pendente alla data di entrata in vigore del decreto-legge 28 giugno 1995, n. 248. In tali casi l'individuazione dei soggetti ai quali non si estende la responsabilità solidale è effettuata in sede di ricorso per revocazione (8) (9).

 

2. Il diritto al risarcimento del danno si prescrive in ogni caso in cinque anni, decorrenti dalla data in cui si è verificato il fatto dannoso, ovvero, in caso di occultamento doloso del danno, dalla data della sua scoperta (10).

 

2-bis. Per i fatti che rientrano nell'ambito di applicazione dell'art. 1, comma 7, del decreto-legge 27 agosto 1993, n. 324, convertito, con modificazioni, dalla legge 27 ottobre 1993, n. 423, la prescrizione si compie entro cinque anni ai sensi del comma 2 e comunque non prima del 31 dicembre 1996 (11).

 

2-ter. Per i fatti verificatisi anteriormente alla data del 15 novembre 1993 e per i quali stia decorrendo un termine di prescrizione decennale, la prescrizione si compie entro il 31 dicembre 1998, ovvero nel più breve termine dato dal compiersi del decennio (12).

 

3. Qualora la prescrizione del diritto al risarcimento sia maturata a causa di omissione o ritardo della denuncia del fatto, rispondono del danno erariale i soggetti che hanno omesso o ritardato la denuncia. In tali casi, l'azione è proponibile entro cinque anni dalla data in cui la prescrizione è maturata.

 

4. La Corte dei conti giudica sulla responsabilità amministrativa degli amministratori e dipendenti pubblici anche quando il danno sia stato cagionato ad amministrazioni o enti pubblici diversi da quelli di appartenenza, per i fatti commessi successivamente alla data di entrata in vigore della presente legge (13) (14).

 

 

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(3)  L'art. 3, D.L. 23 ottobre 1996, n. 543, nel testo integrato dalla relativa legge di conversione, ha così sostituito il comma 1 ed ha aggiunto i commi 1-bis, 1-ter, 1-quater e 1-quinquies. Lo stesso art. 3 ha poi così sostituito il comma 2 ed ha aggiunto i commi 2-bis e 2-ter. Infine ha così sostituito il comma 4. Vedi, anche, il comma 2 del citato art. 3.

(4)  La Corte costituzionale con sentenza 11-20 novembre 1998, n. 371 (Gazz. Uff. 25 novembre 1998, n. 47, Serie speciale), ha dichiarato non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 3, comma 1, lettera a), del D.L. 23 ottobre 1996, n. 543 sostitutivo dell'art. 1, comma 1, L. 14 gennaio 1994, n. 20, sollevata in riferimento agli artt. 3, 11, 24, 81, 97 e 103, secondo comma, della Costituzione.

(5)  L'art. 3, D.L. 23 ottobre 1996, n. 543, nel testo integrato dalla relativa legge di conversione, ha così sostituito il comma 1 ed ha aggiunto i commi 1-bis, 1-ter, 1-quater e 1-quinquies. Lo stesso art. 3 ha poi così sostituito il comma 2 ed ha aggiunto i commi 2-bis e 2-ter. Infine ha così sostituito il comma 4. Vedi, anche, il comma 2 del citato art. 3.

(6)  L'art. 3, D.L. 23 ottobre 1996, n. 543, nel testo integrato dalla relativa legge di conversione, ha così sostituito il comma 1 ed ha aggiunto i commi 1-bis, 1-ter, 1-quater e 1-quinquies. Lo stesso art. 3 ha poi così sostituito il comma 2 ed ha aggiunto i commi 2-bis e 2-ter. Infine ha così sostituito il comma 4. Vedi, anche, il comma 2 del citato art. 3.

(7)  L'art. 3, D.L. 23 ottobre 1996, n. 543, nel testo integrato dalla relativa legge di conversione, ha così sostituito il comma 1 ed ha aggiunto i commi 1-bis, 1-ter, 1-quater e 1-quinquies. Lo stesso art. 3 ha poi così sostituito il comma 2 ed ha aggiunto i commi 2-bis e 2-ter. Infine ha così sostituito il comma 4. Vedi, anche, il comma 2 del citato art. 3.

(8)  L'art. 3, D.L. 23 ottobre 1996, n. 543, nel testo integrato dalla relativa legge di conversione, ha così sostituito il comma 1 ed ha aggiunto i commi 1-bis, 1-ter, 1-quater e 1-quinquies. Lo stesso art. 3 ha poi così sostituito il comma 2 ed ha aggiunto i commi 2-bis e 2-ter. Infine ha così sostituito il comma 4. Vedi, anche, il comma 2 del citato art. 3.

(9)  La Corte costituzionale, con sentenza 16-30 dicembre 1998, n. 453 (Gazz. Uff. 13 gennaio 1999, n. 2, Serie speciale), ha dichiarato non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 1, comma 1-quinquies, sollevata in riferimento agli artt. 3, 23 e 24, primo comma, 28 nonché 97, primo e secondo comma, della Costituzione.

(10)  L'art. 3, D.L. 23 ottobre 1996, n. 543, nel testo integrato dalla relativa legge di conversione, ha così sostituito il comma 1 ed ha aggiunto i commi 1-bis, 1-ter, 1-quater e 1-quinquies. Lo stesso art. 3 ha poi così sostituito il comma 2 ed ha aggiunto i commi 2-bis e 2-ter. Infine ha così sostituito il comma 4. Vedi, anche, il comma 2 del citato art. 3.

(11)  L'art. 3, D.L. 23 ottobre 1996, n. 543, nel testo integrato dalla relativa legge di conversione, ha così sostituito il comma 1 ed ha aggiunto i commi 1-bis, 1-ter, 1-quater e 1-quinquies. Lo stesso art. 3 ha poi così sostituito il comma 2 ed ha aggiunto i commi 2-bis e 2-ter. Infine ha così sostituito il comma 4. Vedi, anche, il comma 2 del citato art. 3.

(12)  L'art. 3, D.L. 23 ottobre 1996, n. 543, nel testo integrato dalla relativa legge di conversione, ha così sostituito il comma 1 ed ha aggiunto i commi 1-bis, 1-ter, 1-quater e 1-quinquies. Lo stesso art. 3 ha poi così sostituito il comma 2 ed ha aggiunto i commi 2-bis e 2-ter. Infine ha così sostituito il comma 4. Vedi, anche, il comma 2 del citato art. 3.

(13)  L'art. 3, D.L. 23 ottobre 1996, n. 543, nel testo integrato dalla relativa legge di conversione, ha così sostituito il comma 1 ed ha aggiunto i commi 1-bis, 1-ter, 1-quater e 1-quinquies. Lo stesso art. 3 ha poi così sostituito il comma 2 ed ha aggiunto i commi 2-bis e 2-ter. Infine ha così sostituito il comma 4. Vedi, anche, il comma 2 del citato art. 3.

(14)  La Corte costituzionale con ordinanza 29-31 maggio 1995, n. 212 (Gazz. Uff. 7 giugno 1995, n. 24, Serie speciale), ha dichiarato manifestamente inammissibile la questione di legittimità costituzionale dell'art. 1, sollevata in riferimento agli artt. 3, 24 e 97 della Costituzione.

(omissis)

 


 

Legge 27 dicembre 2006, n. 296.
Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge finanziaria 2007)
(art. 1, co. 1343)

 

 

(1)

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(1) Pubblicato nella Gazz. Uff. 27 dicembre 2006, n. 299, S.O.

 

 

Art. 1

(omissis)

1343. Al comma 2 dell’articolo 1 della legge 14 gennaio 1994, n. 20, le parole: “si è verificato il fatto dannoso” sono sostituite dalle seguenti: “è stata realizzata la condotta produttiva di danno”.

(omissis)

 

 

 


 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 


 

 

 



[1]     Già presentato alla Camera dei deputati il 28 dicembre 2006 e successivamente trasferito al Senato della Repubblica.

[2]     L. 27 dicembre 2006, n. 296, Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge finanziaria 2007).

[3]     L. 14 gennaio 1994, n. 20, Disposizioni in materia di giurisdizione e controllo della Corte dei conti.

[4]     R.D.L. 9 febbraio 1939, n. 273 , Provvedimenti legislativi riguardanti l'ordinamento e le funzioni del Consiglio di Stato o della Corte dei conti.

[5]     La legge finanziaria per il 2007 è stata pubblicata nella Gazzetta ufficiale n. 299 del 27 dicembre 2006, supplemento ordinario n. 244. Nella seduta del 21 dicembre 2006 la Camera dei deputati aveva votato la fiducia posta dal Governo sull'approvazione in via definitiva, senza  emendamenti ed articoli aggiuntivi, dell'articolo unico del relativo disegno di legge, già  approvato dalla Camera e modificato dal Senato.

[6]     Si veda al riguardo il sito della Corte dei Conti http://www.corteconti.it/.

[7]     Corte di Cassazione,ordinanza  a SS.UU., n. 19667 del 22 dicembre 2003.

[8]     Corte di Cassazione, sentenza a SS.UU., n. 3899 del 26 febbraio 2004.