Camera dei deputati - XV Legislatura - Dossier di documentazione
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Autore: | Servizio Studi - Dipartimento finanze | ||||
Titolo: | Recepimento delle direttive comunitarie 2006/48/CE e 2006/49/CE in materia creditizia e finanziaria e adeguamento a decisioni in ambito comunitario relative all'assistenza a terra negli aeroporti, all'Agenzia nazionale per i giovani e al prelievo venatorio D.L.297/2006 ¿ A.C. 2112 | ||||
Riferimenti: |
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Serie: | Progetti di legge Numero: 88 | ||||
Data: | 15/01/2007 | ||||
Descrittori: |
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Organi della Camera: | VI-Finanze | ||||
Altri riferimenti: |
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Camera dei deputati
XV LEGISLATURA
SERVIZIO STUDI
Progetti di legge
Recepimento delle direttive comunitarie 2006/48/CE e 2006/49/CE in materia creditizia e finanziaria e adeguamento a decisioni in ambito comunitario relative all'assistenza a terra negli aeroporti, all'Agenzia nazionale per i giovani e al prelievo venatorio
D.L.297/2006 – A.C. 2112
n. 88
15 gennaio 2007
Il Dossier è stato redatto con la collaborazione dei dipartimenti Trasporti, Agricoltura, Affari sociali e Regioni
Dipartimento Finanze
SIWEB
I dossier del Servizio studi sono destinati alle esigenze di documentazione interna per l'attività degli organi parlamentari e dei parlamentari. La Camera dei deputati declina ogni responsabilità per la loro eventuale utilizzazione o riproduzione per fini non consentiti dalla legge.
File: D06297
I N D I C E
Scheda di sintesi per l’istruttoria legislativa
§ Precedenti decreti-legge sulla stessa materia............................................... 5
§ Motivazioni della necessità ed urgenza.......................................................... 6
§ Rispetto delle competenze legislative costituzionalmente definite................ 6
§ Specificità ed omogeneità delle disposizioni.................................................. 7
§ Incidenza sull’ordinamento giuridico.............................................................. 7
§ Articolo 4 (Misure conseguenti a pronunce della Corte di giustizia delle Comunità europee) 47
§ Articolo 5 (Agenzia nazionale per i giovani).................................................. 54
Testo del disegno di legge (A.C. 2112)
Numero del disegno di legge di conversione |
A.C. 2112 |
Numero del decreto-legge |
297 |
Titolo del decreto-legge |
Conversione in legge del decreto-legge 27 dicembre 2006, n. 297, recante disposizioni urgenti per il recepimento delle direttive comunitarie 2006/48/CE e 2006/49/CE e per l'adeguamento a decisioni in ambito comunitario relative all'assistenza a terra negli aeroporti, all'Agenzia nazionale per i giovani e al prelievo venatorio |
Settore d’intervento |
Credito e mercati finanziari, infrastrutture aeree, lavoro, caccia, affari sociali |
Iter al Senato |
No |
Numero di articoli |
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§ testo originario |
7 |
Date |
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§ emanazione |
27 dicembre 2006 |
§ pubblicazione in Gazzetta ufficiale |
27 dicembre 2006 |
§ assegnazione |
27 dicembre 2006 |
§ scadenza |
25 febbraio 2007 |
Commissione competente |
VI Finanze |
Pareri previsti |
I, V, IX, XI, XII, XIII, XIV e Commissione parlamentare per le questioni regionali |
L’articolo 1 apporta modificazioni al testo unico delle leggi in materia bancaria e creditizia, allo scopo di dare attuazione alla direttiva 2006/48/CE, con particolare riguardo all’esercizio delle funzioni di vigilanza sulle banche, sugli istituti di moneta elettronica e sui gruppi bancari, nonché all’attuazione delle misure derivanti dall’accordo di Basilea sulla convergenza internazionale della misurazione del capitale e dei requisiti patrimoniali per la vigilanza bancaria (cosiddetto accordo di Basilea II).
Analogamente, l’articolo 2 apporta modificazioni al testo unico delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria, allo scopo di dare attuazione alla medesima direttiva 2006/48/CE nonché alla direttiva 2006/49/CE, con riferimento alla vigilanza sugli intermediari finanziari e all’individuazione dei gruppi agli effetti della vigilanza su base consolidata.
L’articolo 3 prevede che in caso di trasferimento delle attività concernenti una o più categorie di servizi di assistenza a terra non sia più l’ENAC ad assicurare l’applicazione delle misure di protezione sociale privilegiando il reimpiego del personale in attività analoghe, ma che il Ministero dei trasporti, di concerto con il Ministro del lavoro e della previdenza sociale, garantisca il coinvolgimento dei soggetti sociali, anche a mezzo di opportune forme di concertazione.
L’articolo 4 provvede all’esecuzione dell’ordinanza della Corte di Giustizia europea del 19 dicembre 2006 che chiede all’Italia di sospendere l’applicazione della legge della regione Liguria n. 36 del 2006, con la quale sono stabilite deroghe alle specie cacciabili per la stagione venatoria 2006/2007.
L’articolo 5 istituisce l'Agenzia nazionale per i giovani, con sede in Roma, in attuazione della decisione n. 1719/2006/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 15 novembre 2006, trasferendo alla suddetta Agenzia le dotazioni finanziarie, strumentali e di personale dell'Agenzia nazionale italiana gioventù, costituita presso il Ministero della solidarietà sociale, che viene conseguentemente soppressa.
L’articolo 6 reca la clausola di invarianza finanziaria relativa all'attuazione degli articoli 1, 2, 3 e 4 e la norma di copertura finanziaria per gli oneri derivanti dall’attuazione dell'articolo 5.
Al disegno di legge sono allegate la relazione illustrativa del Governo, la relazione tecnica sugli effetti finanziari e la scheda di analisi tecnico-normativa.
Con riguardo all’articolo 5, si ricorda che il decreto-legge 18 maggio 2006, n. 181[1], all’articolo 1, comma 19, lettera d), attribuisce al Presidente del Consiglio dei ministri le funzioni di indirizzo e coordinamento in materia di politiche giovanili. Il citato decreto-legge n. 181 del 2006 specifica che il trasferimento riguarda anche le funzioni di competenza statale in materia di coordinamento delle politiche per le giovani generazioni, ivi comprese le funzioni di indirizzo e vigilanza sull’Agenzia nazionale italiana del programma comunitario gioventù, esercitate congiuntamente con il Ministro della solidarietà sociale.
Nella premessa del decreto-legge è richiamata la straordinaria necessità ed urgenza di provvedere al recepimento entro il 31 dicembre 2006 delle direttive 2006/48/CE e 2006/49/CE, di dare esecuzione alla sentenza della Corte di giustizia delle Comunità europee resa il 9 dicembre 2004 nella causa C-460/02 in tema di accesso al mercato dei servizi di assistenza a terra negli aeroporti nonché all’ordinanza del Presidente della Corte di giustizia delle Comunità europee resa in data 19 dicembre 2006 in tema di prelievo venatorio, nonché di adeguarsi a indirizzi comunitari in tema di Agenzia nazionale per i giovani.
L’articolo 1 apporta modificazioni al testo unico delle leggi in materia bancaria e creditizia; l’articolo 2 apporta modificazioni al testo unico delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria. Le materie appartengono all’esclusiva competenza legislativa dello Stato a norma della lettera e) (tutela del risparmio e mercati finanziari) del secondo comma dell’articolo 117 della Costituzione.
L’articolo 3 prevede che in caso di trasferimento delle attività concernenti una o più categorie di servizi di assistenza a terra il Ministero dei trasporti, di concerto con il Ministro del lavoro e della previdenza sociale, garantisca il coinvolgimento dei soggetti sociali, anche a mezzo di opportune forme di concertazione. La materia rientra nel novero delle materie di legislazione concorrente (porti e aeroporti civili, tutela e sicurezza del lavoro), a norma del terzo comma dell’articolo 117 della Costituzione.
L’articolo 4 provvede all’esecuzione dell’ordinanza della Corte di Giustizia europea del 19 dicembre 2006 che chiede all’Italia di sospendere l’applicazione della legge della regione Liguria n. 36 del 2006, con la quale sono stabilite deroghe alle specie cacciabili per la stagione venatoria 2006/2007. La materia appartiene all’esclusiva competenza legislativa dello Stato a norma della lettera s) (tutela dell’ambiente, dell’ecosistema e dei beni culturali) del secondo comma dell’articolo 117 della Costituzione.
L’articolo 5 istituisce l'Agenzia nazionale per i giovani, con sede in Roma, in attuazione della decisione n. 1719/2006/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 15 novembre 2006, trasferendo alla suddetta Agenzia le dotazioni finanziarie, strumentali e di personale dell'Agenzia nazionale italiana gioventù, costituita presso il Ministero della solidarietà sociale, che viene conseguentemente soppressa. La materia appartiene all’esclusiva competenza legislativa dello Stato a norma della lettera g) (ordinamento e organizzazione amministrativa dello Stato) del secondo comma dell’articolo 117 della Costituzione.
Come risulta dal titolo del provvedimento, le disposizioni riguardano oggetti distinti e riferibili a materie diverse, concernendo il recepimento delle direttive comunitarie 2006/48/CE e 2006/49/CE in materia creditizia e l'adeguamento a decisioni in ambito comunitario relative all'assistenza a terra negli aeroporti, all'Agenzia nazionale per i giovani e al prelievo venatorio.
L’articolo 4 sospende l’applicazione della legge della regione Liguria 31 ottobre 2006, n. 36.
Gli articoli 1 e 2 provvedono fra l’altro all’attuazione delle misure derivanti dall’accordo di Basilea sulla convergenza internazionale della misurazione del capitale e dei requisiti patrimoniali per la vigilanza bancaria (cosiddetto accordo di Basilea II). Com’è segnalato nella relazione governativa al disegno di legge di conversione, gli interventi legislativi sono contenuti nei limiti minimi necessari per l’estensione dei poteri regolamentari e di vigilanza, coerentemente con il sistema del testo unico, che rimette le prescrizioni di carattere tecnico ad atti regolamentari delle autorità creditizie (in particolare, deliberazioni del Comitato interministeriale per il credito e il risparmio e disposizioni della Banca d’Italia).
La Banca d’Italia ha già provveduto ad emanare, con circolare n. 263 del 27 dicembre 2006, disposizioni attuative delle modifiche al TUB in esame, anche sulla base dei criteri contenuti nel decreto adottato in via d’urgenza dal Ministro dell’economia e delle finanze, presidente del CICR, su proposta della Banca d’Italia, in data 27 dicembre 2006.
Gli articoli 1 e 2 provvedono a modificare, rispettivamente, il testo unico bancario di cui al D.Lgs. n. 385 del 1993 e il testo unico della finanza di cui al D.Lgs. n. 58 del 1998. L’articolo 3 sostituisce l’articolo 14 del D.Lgs. n. 18 del 1999.
Si segnala che una disposizione di identico contenuto all’articolo 3 è contenuta all’articolo 23 del disegno di legge comunitaria per il 2006 (A.C. 1042-B) attualmente all’esame della Camera in seconda lettura.
Con riguardo all’articolo 2, comma 1,lettera d), che apporta modificazioni all’articolo 12 del testo unico della finanza, si osserva che, per omogeneità rispetto alla dizione adottata nell’articolo 4, comma 9, nell’articolo 11, comma 1, lettera b) (come modificato dalla lettera precedente), e nel nuovo comma 5-bis dell’articolo 12 del TUF, la dizione: “vigilanza su base consolidata” potrebbe essere opportunamente adottata sia nella rubrica del medesimo articolo 12, qui novellato, sia nel comma 2 di esso (sostituito dal numero 3 della presente lettera), ove rispettivamente è riferimento alla “vigilanza sul gruppo” e alla “vigilanza consolidata”.
1. Al testo unico delle leggi in materia bancaria e creditizia, di cui al decreto legislativo 1o settembre 1993, n. 385, sono apportate le seguenti modifiche:
a) all'articolo 7, il comma 10 è sostituito dal seguente:
«10. Nel rispetto delle condizioni previste dalle direttive comunitarie applicabili alle banche, la Banca d'Italia scambia informazioni con altre autorità e soggetti esteri indicati dalle direttive medesime.»;
b) l'articolo 53 è così modificato:
1) al comma 1 dopo la lettera d) è aggiunta, in fine, la seguente:
«d-bis) l'informativa da rendere al pubblico sulle materie di cui alle lettere da a) a d).»;
2) dopo il comma 2, è inserito il seguente:
«2-bis. Le disposizioni emanate ai sensi del comma 1, lettera a), prevedono che le banche possano utilizzare:
a) le valutazioni del rischio di credito rilasciate da società o enti esterni; le disposizioni disciplinano i requisiti che tali soggetti devono possedere e le relative modalità di accertamento;
b) sistemi interni di misurazione dei rischi per la determinazione dei requisiti patrimoniali, previa autorizzazione della Banca d'Italia. Per le banche sottoposte alla vigilanza consolidata di un'autorità di un altro Stato comunitario, la decisione è di competenza della medesima autorità, qualora, entro sei mesi dalla presentazione della domanda di autorizzazione, non venga adottata una decisione congiunta con la Banca d'Italia.»;
3) al comma 3, la lettera d) è sostituita dalla seguente:
«d) adottare per le materie indicate nel comma 1, ove la situazione lo richieda, provvedimenti specifici nei confronti di singole banche, riguardanti anche la restrizione delle attività o della struttura territoriale, nonché il divieto di effettuare determinate operazioni e di distribuire utili o altri elementi del patrimonio.»;
c) l'articolo 59 è così modificato:
1) la lettera b) del comma 1 è sostituita dalla seguente:
«b) per "società finanziarie" si intendono le società che esercitano, in via esclusiva o prevalente: l'attività di assunzione di partecipazioni aventi le caratteristiche indicate dalla Banca d'Italia in conformità alle delibere del CICR; una o più delle attività previste dall'articolo 1, comma 2, lettera f), numeri da 2 a 12; altre attività finanziarie previste ai sensi del numero 15 della medesima lettera; le attività di cui all'articolo 1, comma 1, lettera n), del decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58;»;
2) la lettera c) del comma 1 è sostituita dalla seguente:
«c) per "società strumentali" si intendono le società che esercitano, in via esclusiva o prevalente, attività che hanno carattere ausiliario dell'attività delle società del gruppo, comprese quelle consistenti nella proprietà e nell'amministrazione di immobili e nella gestione di servizi anche informatici.»;
3) dopo il comma 1, è aggiunto, in fine, il seguente:
«1-bis. Le disposizioni del presente capo relative alle banche si applicano anche agli istituti di moneta elettronica.»;
d) all'articolo 60, comma 1, la lettera b) è sostituita dalla seguente:
«b) dalla società finanziaria capogruppo italiana e dalle società bancarie, finanziarie e strumentali da questa controllate, quando nell'insieme delle società da essa controllate vi sia almeno una banca e abbiano rilevanza determinante, secondo quanto stabilito dalla Banca d'Italia in conformità alle deliberazioni del CICR, quelle bancarie e finanziarie.»;
e) l'articolo 61 è così modificato:
1) al comma 1, le parole: «ai sensi del comma 2» sono soppresse;
2) il comma 2 è abrogato;
f) l'articolo 65 è così modificato;
1) al comma 1, le lettere d), e), f) e g) sono soppresse;
2) al comma 1, le lettere h) ed i) sono sostituite dalle seguenti:
«h) società che, fermo restando quanto previsto dall'articolo 19, comma 6, controllano almeno una banca;
i) società diverse da quelle bancarie, finanziarie e strumentali quando siano controllate da una singola banca ovvero quando società appartenenti a un gruppo bancario ovvero soggetti indicati nella lettera h) detengano, anche congiuntamente, una partecipazione di controllo.»;
g) l'articolo 66 è così modificato:
1) il comma 1 è sostituito dal seguente:
«1. Al fine di realizzare la vigilanza su base consolidata, la Banca d'Italia richiede ai soggetti indicati nelle lettere da a) a c) del comma 1 dell'articolo 65 la trasmissione, anche periodica, di situazioni e dati, nonché ogni altra informazione utile. La Banca d'Italia può altresì richiedere ai soggetti indicati nelle lettere h) ed i) del comma 1 dell'articolo 65 le informazioni utili all'esercizio della vigilanza su base consolidata.»;
2) il comma 3 è sostituito dal seguente:
«3. La Banca d'Italia può disporre nei confronti dei soggetti indicati nelle lettere da a) a c) del comma 1 dell'articolo 65 l'applicazione delle disposizioni previste dalla parte IV, titolo III, capo II, sezione VI, del decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58.»;
3) al comma 4, le parole: «, aventi sede legale in Italia,» sono soppresse;
h) l'articolo 67 è così modificato:
1) il comma 1 è sostituito dal seguente:
«1. Al fine di realizzare la vigilanza consolidata, la Banca d'Italia, in conformità delle deliberazioni del CICR, impartisce alla capogruppo, con provvedimenti di carattere generale o particolare, disposizioni concernenti il gruppo bancario complessivamente considerato o suoi componenti, aventi ad oggetto:
a) l'adeguatezza patrimoniale;
b) il contenimento del rischio nelle sue diverse configurazioni;
c) le partecipazioni detenibili;
d) l'organizzazione amministrativa e contabile e i controlli interni;
e) l'informativa da rendere al pubblico sulle materie di cui al presente comma.»;
2) dopo il comma 2, sono inseriti i seguenti:
«2-bis. Le disposizioni emanate ai sensi del comma 1, lettera a), prevedono la possibilità di utilizzare:
a) le valutazioni del rischio di credito rilasciate da società o enti esterni; le disposizioni disciplinano i requisiti che tali soggetti devono possedere e le relative modalità di accertamento da parte della Banca d'Italia;
b) sistemi interni di misurazione dei rischi per la determinazione dei requisiti patrimoniali, previa autorizzazione della Banca d'Italia. Per i gruppi sottoposti a vigilanza consolidata di un'autorità di un altro Stato comunitario, la decisione è di competenza della medesima autorità qualora, entro sei mesi dalla presentazione della domanda di autorizzazione, non venga adottata una decisione congiunta con la Banca d'Italia.
2-ter. I provvedimenti particolari adottati ai sensi del comma 1 possono riguardare anche la restrizione delle attività o della struttura territoriale del gruppo, nonché il divieto di effettuare determinate operazioni e di distribuire utili o altri elementi del patrimonio.»;
3) il comma 3 è sostituito dal seguente:
«3. Le disposizioni emanate dalla Banca d'Italia per realizzare la vigilanza su base consolidata possono tenere conto, anche con riferimento alla singola banca, della situazione e delle attività dei soggetti indicati nelle lettere b) e c) del comma 1 dell'articolo 65.»;
4) dopo il comma 3, è aggiunto, in fine, il seguente:
«3-bis. La Banca d'Italia può impartire disposizioni, ai sensi del presente articolo, anche nei confronti dei componenti il gruppo bancario.»;
i) all'articolo 68, dopo il comma 3, è aggiunto, in fine, il seguente:
«3-bis. La Banca d'Italia può consentire che autorità competenti di altri Stati comunitari partecipino, per i profili di interesse, ad ispezioni presso le capogruppo ai sensi dell'articolo 61, qualora queste abbiano controllate sottoposte alla vigilanza di dette autorità.»;
l) l'articolo 69 è così modificato:
1) la rubrica è sostituita dalla seguente: «Collaborazione tra autorità e obblighi informativi»;
2) il comma 1 è sostituito dal seguente:
«1. La Banca d'Italia definisce, anche sulla base di accordi con le autorità di vigilanza di altri Stati comunitari, forme di collaborazione e di coordinamento, nonché la ripartizione dei compiti specifici di ciascuna autorità in ordine all'esercizio della vigilanza su base consolidata nei confronti di gruppi operanti in più Paesi.»;
3) dopo il comma 1, sono aggiunti, in fine, i seguenti:
«1-bis. Per effetto degli accordi di cui al comma 1, la Banca d'Italia può esercitare la vigilanza consolidata anche:
a) sulle società finanziarie, aventi sede legale in un altro Stato comunitario, che controllano una capogruppo o una singola banca italiana;
b) sulle società bancarie, finanziarie e strumentali controllate dai soggetti di cui alla lettera a);
c) sulle società bancarie, finanziarie e strumentali partecipate almeno per il venti per cento, anche congiuntamente, dai soggetti indicati nelle lettere a) e b).
1-ter. La Banca d'Italia, qualora nell'esercizio della vigilanza consolidata verifichi una situazione di emergenza potenzialmente lesiva della stabilità del sistema finanziario italiano o di un altro Stato comunitario in cui opera il gruppo bancario, informa tempestivamente il Ministero dell'economia e delle finanze, nonché, in caso di gruppi operanti anche in altri Stati comunitari, le competenti autorità monetarie.»;
m) l'articolo 107 è così modificato:
1) il comma 2 è sostituito dal seguente:
«2. La Banca d'Italia, in conformità alle deliberazioni del CICR, detta agli intermediari iscritti nell'elenco speciale disposizioni aventi ad oggetto l'adeguatezza patrimoniale e il contenimento del rischio nelle sue diverse configurazioni, l'organizzazione amministrativa e contabile e i controlli interni, nonché l'informativa da rendere al pubblico sulle predette materie. La Banca d'Italia può adottare, ove la situazione lo richieda, provvedimenti specifici nei confronti di singoli intermediari per le materie in precedenza indicate. Con riferimento a determinati tipi di attività la Banca d'Italia può inoltre dettare disposizioni volte ad assicurarne il regolare esercizio.»;
2) dopo il comma 2, è inserito il seguente:
«2-bis. Le disposizioni emanate ai sensi del comma 2 prevedono che gli intermediari finanziari iscritti nell'elenco speciale possano utilizzare:
a) le valutazioni del rischio di credito rilasciate da società o enti esterni previsti dall'articolo 53, comma 2-bis, lettera a);
b) sistemi interni di misurazione dei rischi per la determinazione dei requisiti patrimoniali, previa autorizzazione della Banca d'Italia.»;
3) il comma 4-bis è sostituito dal seguente:
«4-bis. La Banca d'Italia può imporre agli intermediari il divieto di intraprendere nuove operazioni e disporre la riduzione delle attività, nonché vietare la distribuzione di utili o di altri elementi del patrimonio per violazione di norme di legge o di disposizioni emanate ai sensi del presente decreto.»;
n) dopo l'articolo 116, è inserito il seguente:
«Art. 116-bis (Decisioni di rating). - 1. La Banca d'Italia può disporre che le banche e gli intermediari finanziari autorizzati a utilizzare sistemi interni di misurazione dei rischi per la determinazione dei requisiti patrimoniali illustrino alle imprese che ne facciano richiesta i principali fattori alla base dei rating interni che le riguardano. Gli oneri connessi alla comunicazione sono proporzionati all'entità del finanziamento.».
L’articolo 1 apporta modificazioni al testo unico delle leggi in materia bancaria e creditizia (TUB), emanato con decreto legislativo 1° settembre 1993, n. 385, allo scopo di dare attuazione alla direttiva 2006/48/CE, con particolare riguardo all’esercizio delle funzioni di vigilanza sulle banche, sugli istituti di moneta elettronica e sui gruppi bancari, nonché all’attuazione delle misure derivanti dall’accordo di Basilea sulla convergenza internazionale della misurazione del capitale e dei requisiti patrimoniali per la vigilanza bancaria (cosiddetto accordo di Basilea II).
Com’è segnalato nella relazione governativa al disegno di legge di conversione, gli interventi legislativi sono contenuti nei limiti minimi necessari per l’estensione dei poteri regolamentari e di vigilanza, coerentemente con il sistema del testo unico, che rimette le prescrizioni di carattere tecnico ad atti regolamentari delle autorità creditizie (in particolare, deliberazioni del Comitato interministeriale per il credito e il risparmio e disposizioni della Banca d’Italia).
La direttiva 2006/48/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 14 giugno 2006, concernente l’accesso all’attività degli enti creditizi e il suo esercizio,costituisce rifusione della direttiva 2000/12/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 20 marzo 2000, concernente la medesima materia, che era stata modificata e integrata da successivi interventi del legislatore comunitario (la direttiva 2000/28/CE, la direttiva 2002/28/CE, la direttiva 2004/39/CE e, da ultimo, la direttiva 2005/1/CE).
Nelle premesse della direttiva (considerando 37) è richiamato l’accordo quadro raggiunto dal Comitato di Basilea per la vigilanza bancaria il 26 giugno 2004 sulla convergenza internazionale della misurazione del capitale e dei requisiti patrimoniali. Si precisa, in proposito, che le disposizioni della direttiva riguardanti i requisiti patrimoniali minimi degli enti creditizi costituiscono l’equivalente delle disposizioni dell’accordo quadro del Comitato di Basilea.
Come si vedrà meglio di seguito, le principali innovazioni introdotte dalla direttiva, concernono proprio la materia della definizione dei fondi propri delle banche, in conseguenza del citato accordo di Basilea II.
Il Comitato di Basilea per la vigilanza bancaria[2] ha negli ultimi anni affrontato il tema della regolamentazione dell’adeguatezza patrimoniale degli enti creditizi, proseguendo i lavori sulla revisione dell’Accordo sul capitale delle banche che costituisce, per le autorità, la base per la modifica delle normative nazionali e, per gli intermediari, il riferimento per adeguare processi e strutture aziendali.
In quest’ambito, nel giugno 2004, è stato raggiunto il nuovo Accordo sul capitale. L’11 ottobre 2005 è stata approvata la corrispondente proposta di direttiva europea, la quale stabilisce che a partire dal 2007 le nuove regole si applicheranno alle banche e alle imprese di investimento che operano nei Paesi dell’Unione. Entro la fine del 2006, gli Stati membri sono tenuti a introdurre la regolamentazione nazionale necessaria per dare applicazione alla nuova normativa.
La nuova disciplina prevede modalità di calcolo dei requisiti patrimoniali a fronte del rischio di credito secondo il metodo fondato sui rating interni.
L’applicazione della disciplina presuppone un elevato grado di convergenza dei criteri operativi e di cooperazione tra autorità, posto che le regole sui requisiti minimi di capitale (primo pilastro) e sul processo di controllo prudenziale (secondo pilastro) dovranno essere applicate sia su base consolidata, sia alle filiazioni presenti in ciascun paese; sarà inoltre necessario un più stretto coordinamento riguardo all’informazione al pubblico da richiedere alle banche (terzo pilastro).
Per quanto concerne, in particolare, il primo pilastro, l’accordo interviene sul metodo standardizzato per il calcolo dei requisiti patrimoniali minimi a fronte del rischio di credito; sul metodo dei rating interni per il calcolo dei requisiti patrimoniali minimi a fronte del rischio di credito; sul trattamento prudenziale delle tecniche per la riduzione del rischio di credito e delle cartolarizzazioni; sul calcolo dei requisiti patrimoniali minimi a fronte del rischio operativo.
Viene richiamato inoltre (considerando 64 e 65) il ruolo che nella regolamentazione del settore spetta alla cosiddetta procedura Lamfalussy, e in particolare, al Comitato per i servizi finanziari istituito nel 2002.
Sulla base del mandato ricevuto dal Consiglio Ecofin nel maggio 2002, il Comitato economico e finanziario[3] ha redatto un rapporto che propone modifiche in materia di regolamentazione, vigilanza e stabilità finanziaria nell’Unione europea (cosiddetta procedura Lamfalussy); il rapporto è stato approvato dal Consiglio Ecofin del 3 dicembre 2002.
Lo schema di regolamentazione si articola in quattro diversi livelli.
Il primo livello riguarda l’elaborazione della legislazione primaria. Come previsto dal Trattato CE, la Commissione elabora le proposte di regolamento e di direttiva, che si limitano a stabilire i princìpi generali della regolamentazione.
Al secondo livello è demandata la predisposizione della normativa secondaria per l’attuazione delle disposizioni di primo livello. Al riguardo, è previsto un più ampio ricorso alla “procedura di comitatologia”, che trova il suo fondamento nell’articolo 202 del Trattato CE, secondo la quale la Commissione elabora la regolamentazione secondaria con l’assistenza di comitati distinti per i settori bancario, mobiliare e assicurativo, formati da rappresentanti dei Ministeri dell’economia e delle finanze.
Il terzo livello vede l’intervento di comitati tecnici, ai quali spetta, da un lato, una funzione di consulenza nei confronti della Commissione per l’elaborazione delle proposte legislative e regolamentari in materia di servizi finanziari; dall’altro, una funzione di coordinamento delle autorità nazionali ai fini del recepimento della disciplina comunitaria nei rispettivi ordinamenti e per l’esercizio della vigilanza.
L’attività di quarto livello è dedicata alla verifica dell’attuazione della regolamentazione comunitaria. Vengono rafforzati i poteri della Commissione, che controlla l’osservanza della normativa da parte degli Stati membri e promuove l’azione legale nei confronti di quelli inadempienti.
Il Consiglio Ecofin ha infine istituito il Comitato per i servizi finanziari, composto da rappresentanti dei Ministri dell’economia e delle finanze, con il compito di assistere il Consiglio nella definizione della strategia di lungo termine per il settore dei servizi finanziari in Europa, nell’analisi dei rischi immediati per i mercati finanziari (come il finanziamento del terrorismo) e nel controllo sull’attuazione della strategia stessa, senza tuttavia interferire con il processo legislativo.
La direttiva riproduce in gran parte la disciplina preesistente. Tra le principali innovazioni si segnalano:
§ all’articolo 4, l’inserimento della definizione di alcune fattispecie (tra queste: “ente creditizio impresa madre in uno Stato membro”; “società di partecipazione finanziaria madre in uno Stato membro”; “ente creditizio impresa madre nell’UE”; “società di partecipazione finanziaria madre nell’UE”; “enti del settore pubblico”; “banche centrali”; “rischio di diluizione”; “probabilità di inadempimento”; “cartolarizzazione”, “segmento”; “società veicolo di cartolarizzazione”);
§ all’articolo 22, la più precisa definizione dei requisiti di governo interno che le autorità nazionali competenti devono esigere per gli enti creditizi (chiara struttura organizzativa con linee di responsabilità ben definite, trasparenti e coerenti; processi efficaci per l’identificazione, la gestione, la sorveglianza e la segnalazione dei rischi; adeguati meccanismi di controllo interno);
§ all’articolo 25, paragrafo 3, la previsione della comunicazione all’autorità competente dello Stato membro ospitante, da parte dell’autorità competente dello Stato membro d’origine, dell’ammontare dei fondi propri dell’ente finanziario, filiazione di uno o più enti creditizi, che stabilisca una succursale od operi in regime di libera prestazione di servizi in altro Stato dell’Unione, nonché dell’importo dei fondi propri consolidati e dei requisiti patrimoniali consolidati dell’ente creditizio che ne costituisce l’impresa madre;
§ all’articolo 41, la previsione di un futuro ulteriore coordinamento in materia di vigilanza prudenziale sulla liquidità della succursale dell’ente creditizio;
§ all’articolo 57, un’ulteriore definizione degli elementi che costituiscono fondi propri non consolidati di un ente creditizio;
§ all’articolo 62, l’inserimento della previsione di una relazione da trasmettere alla Commissione sui progressi realizzati nella convergenza verso una definizione comune di fondi propri. Si prevede altresì che, entro il 1° gennaio 2009, la Commissione presenti, se del caso, al Parlamento europeo e al Consiglio una proposta di modifica della presente sezione;
§ all’articolo 63, paragrafo 3, l’esclusione di determinate tipologie di rettifiche di valore e di accantonamenti dai fondi propri;
§ all’articolo 64, paragrafo 4, l’esclusione dai fondi propri delle riserve di valore equo relative ai profitti e alle perdite generati dalla copertura dei flussi finanziari degli strumenti finanziari valutati al costo ammortizzato, nonché dei profitti e delle perdite sulle loro passività valutati al valore equo dovuti all’evoluzione del loro proprio merito di credito;
La direttiva 2001/65/CE ha introdotto nella disciplina dei bilanci societari la nozione di valore equo (fair value) per la valutazione degli strumenti finanziari, che comporta la loro iscrizione al “valore di mercato” invece che sulla base del costo storico, ritenuto più adatto a esprimere continuità ma meno efficace nel segnalare, esercizio per esercizio, la reale consistenza dell’impresa e i suoi risultati. La direttiva è stata recepita nell’ordinamento italiano con il decreto legislativo 30 dicembre 2003, n. 394.
§ all’articolo 74, la previsione della valutazione delle attività e delle voci fuori bilancio conformemente al regolamento CE n. 1606 del 2002;
§ all’articolo 75, la previsione dell’obbligo che i fondi propri siano in ogni momento pari o superiori alla somma di determinati requisiti patrimoniali;
§ all’articolo 78, la determinazione di un metodo standardizzato per la determinazione del valore dell’esposizione di una voce fuori bilancio;
§ la facoltà, concessa dall’articolo 84 alle autorità competenti di uno Stato membro, di autorizzare gli enti creditizi a calcolare gli importi delle esposizioni ponderati per il rischio utilizzando il metodo basato sui rating interni;
§ l’integrazione delle disposizioni in materia di grandi fidi bancari di cui agli articoli 106-118;
§ all’articolo 119, la previsione della presentazione di una relazione, da parte della Commissione al Parlamento europeo, sul funzionamento delle disposizioni in materia di grandi fidi.
Il termine per il recepimento della direttiva è fissato al 31 dicembre 2006; è previsto però che l’applicazione delle disposizioni di attuazione riferite a specifiche previsioni della direttiva in materia di possibilità concessa agli enti creditizi di utilizzare stime interne delle perdite (articolo 87, paragrafo 9) e metodi avanzati di misurazione basati su propri sistemi di misurazione (articolo 105) avvenga a partire dal 1° gennaio 2008.
La delega legislativa per il recepimento della predetta direttiva nell’ordinamento italiano è contenuta nell’allegato B all’articolo 1 del disegno di legge comunitaria 2006 (A.C. 1042-B, approvato dalla Camera e modificato dal Senato).
La lettera a) del comma 1 del presente articolo 1 sostituisce il comma 10 dell'articolo 7, che disciplina lo scambio d’informazioni fra la Banca d’Italia e le altre autorità e soggetti esteri indicati dalle direttive comunitarie. Rispetto alla precedente formulazione – che lo configurava come facoltà – il nuovo testo prescrive tale scambio d’informazioni, fermo restando il rispetto delle condizioni stabilite dalle pertinenti norme comunitarie.
La disposizione si riferisce ad autorità e soggetti diversi dalle autorità competenti degli Stati comunitari (con cui la Banca d’Italia e tenuta a collaborare anche mediante scambio d’informazioni a norma del comma 6 dello stesso articolo 7 del TUB) e degli altri Stati esteri (con cui la Banca d’Italia può scambiare informazioni nell’ambito di accordi di cooperazione e con equivalenti obblighi di riservatezza, a norma del comma 7 del medesimo articolo).
La lettera b) modifica l'articolo 53 del TUB, il quale disciplina i poteri di vigilanza regolamentare della Banca d’Italia.
In particolare, all’autorità di vigilanza è conferito il potere di disciplinare, in conformità alle deliberazioni del Comitato interministeriale per il credito e il risparmio (CICR), l'informativa che le banche debbono rendere al pubblico sugli altri aspetti rilevanti per la vigilanza di stabilità (adeguatezza patrimoniale, contenimento del rischio, partecipazioni detenute, organizzazione amministrativa e contabile e controlli interni) (numero 1).
La disposizione dà attuazione a quanto previsto negli articoli da 145 a 149 (con riferimento all’allegato XII, parte II) della direttiva 2006/48/CE, in materia di informativa da parte degli enti creditizi.
Per quanto attiene specificamente alla disciplina regolamentare in materia di adeguatezza patrimoniale, viene inserito un nuovo comma 2-bis (numero 2), a tenore del quale le disposizioni emanate dalla Banca d’Italia debbono prevedere che per la valutazione dei rischi, agli effetti del calcolo dei requisiti patrimoniali prescritti per l’esercizio dell’attività bancaria, le banche possano utilizzare:
a) le valutazioni del rischio di credito (rating) rilasciate da società o enti esterni, i quali siano in possesso dei requisiti stabiliti dalla stessa Banca d’Italia, che disciplina anche le modalità di accertamento di tali requisiti;
b) sistemi interni di misurazione dei rischi per la determinazione dei requisiti patrimoniali. Questi sistemi debbono essere previamente autorizzati dalla Banca d'Italia; per le banche sottoposte alla vigilanza consolidata di un'autorità di un altro Stato comunitario, l’autorizzazione è rilasciata da quest’ultima autorità, congiuntamente alla Banca d’Italia, entro sei mesi dalla presentazione della domanda; decorso questo termine, provvede la sola autorità estera competente.
La disciplina relativa ai metodi per il calcolo dei requisiti patrimoniali minimi a fronte del rischio di credito è contenuta nel titolo V, capo 2, sezione 3, della direttiva 2006/48/CE.
Viene altresì modificata (numero 3) la disposizione del comma 3 dello stesso articolo 53 del TUB, il quale determina le misure che la Banca d’Italia può adottare nell’esercizio delle funzioni di vigilanza regolamentare. È integrata a questo fine la formulazione della lettera d), riguardante i provvedimenti specifici che possono essere adottati nei confronti di singole banche per assicurare l’osservanza degli obblighi di adeguatezza patrimoniale, contenimento del rischio, detenzione di partecipazioni e organizzazione interna. Si precisa – in forma evidentemente non esaustiva – che i suddetti provvedimenti possono riguardare anche:
1) la restrizione delle attività o della struttura territoriale;
2) il divieto di effettuare determinate operazioni;
3) il divieto di distribuire utili o altri elementi del patrimonio.
Come avverte la relazione governativa, la restrizione dell’attività o della struttura territoriale è contemplata come misura di vigilanza dall’articolo 136, paragrafo 1, lettera d), della direttiva 2006/48/CE. Il divieto di distribuire utili o elementi del patrimonio netto è raccomandato al medesimo fine nel documento del Comitato di Basilea Supervisory Guidance on Dealing with Weak Banks (marzo 2002)[4].
La lettera c) modifica l'articolo 59 del TUB, il quale reca le definizioni rilevanti per la disciplina della vigilanza su base consolidata.
Il numero 1) modifica la definizione delle "società finanziarie", contenuta nella lettera b).
Secondo la definizione previgente, sono società finanziarie le società che esercitano, in via esclusiva o prevalente, le seguenti attività:
- assunzione di partecipazioni aventi le caratteristiche indicate dalla Banca d'Italia in conformità alle delibere del CICR;
- una o più delle attività previste dall'articolo 1, comma 2, lettera f), numeri da 2 a 12, del TUB (attività ammesse al mutuo riconoscimento);
- altre attività finanziarie previste ai sensi del numero 15 della medesima lettera.
Con la presente disposizione, la nozione viene estesa a comprendervi le società che esercitano, in via esclusiva o prevalente, le attività indicate all'articolo 1, comma 1, lettera n), del testo unico delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria, emanato con decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58, ossia il servizio di gestione collettiva del risparmio attraverso la promozione, istituzione e organizzazione di fondi comuni d’investimento e l’amministrazione dei rapporti con i partecipanti, ovvero la gestione del patrimonio di organismi d’investimento collettivo del risparmio (fondi comuni e società d’investimento a capitale variabile), di propria o altrui istituzione, mediante investimento in strumenti finanziari, crediti o altri beni mobili o immobili.
Il numero 2) integra invece la definizione delle “società strumentali”, contenuta nella lettera c).
Secondo la disposizione previgente, per "società strumentali" si intendono le società che esercitano, in via esclusiva o prevalente, attività che hanno carattere ausiliario dell'attività delle società del gruppo, comprese quelle di gestione di immobili e di servizi anche informatici.
Con la presente modifica viene precisato che la gestione di immobili può riferirsi all’esercizio della proprietà e dell'amministrazione degli stessi.
Il numero 3) aggiunge nel medesimo articolo un nuovo comma 1-bis, il quale stabilisce che le disposizioni relative alle banche, contenute nel capo II del titolo III del TUB, concernente la vigilanza su base consolidata, si applicano anche agli istituti di moneta elettronica.
A norma dell’articolo 114-bis del TUB, l'emissione di moneta elettronica è riservata alle banche e agli istituti di moneta elettronica (iscritti in apposito albo presso la Banca d’Italia). Questi ultimi possono svolgere esclusivamente l'attività di emissione di moneta elettronica, mediante trasformazione immediata dei fondi ricevuti, nonché attività connesse e strumentali, nei limiti stabiliti dalla Banca d'Italia, e prestazione di servizi di pagamento, restando esclusa comunque la concessione di crediti in qualunque forma.
L’emissione di moneta elettronica ha luogo sulla base di un contratto che dà al detentore di essa il diritto di richiedere all'emittente, secondo le modalità indicate nel contratto medesimo, il rimborso al valore nominale della moneta elettronica in moneta legale ovvero mediante versamento su un conto corrente, corrispondendo all'emittente le spese strettamente necessarie per l'effettuazione dell'operazione. Il contratto può prevedere un limite minimo di rimborso non superiore all'importo stabilito dalla Banca d'Italia in conformità alla disciplina comunitaria.
L’articolo 114-quater del TUB individua le disposizioni applicabili per la vigilanza sugli istituti di moneta elettronica. Sono richiamati a questo effetti, in quanto compatibili, il Titolo II, Capi III, fatta eccezione per l'articolo 19, commi 6 e 7, e IV; il Titolo III, fatta eccezione per l'articolo 56; il Titolo IV, Capo I, fatta eccezione per la Sezione IV; il Titolo VI, Capi I e III; il Titolo VIII, articoli 134, 139 e 140. Il comma 2 dello stesso articolo precisa che ai fini dell'applicazione del Titolo III, Capo II, gli istituti di moneta elettronica sono assimilati alle società finanziarie previste dall'articolo 59, comma 1, lettera b).
Sarebbe opportuno valutare a questo riguardo se la disposizione della presente lettera c), numero 3), comporti necessità di coordinamento, considerata la simile dizione letterale, con il comma 2 dell’articolo 114-quater del TUB, testé richiamato.
La lettera d) modifica l'articolo 60 del TUB, che stabilisce la composizione del gruppo bancario.
Secondo il testo previgente, il gruppo bancario è composto alternativamente:
a) dalla banca italiana capogruppo e dalle società bancarie, finanziarie e strumentali da questa controllate;
b) dalla società finanziaria capogruppo e dalle società bancarie, finanziarie e strumentali da questa controllate, quando nell'ambito del gruppo abbia rilevanza la componente bancaria, secondo quanto stabilito dalla Banca d'Italia, in conformità delle deliberazioni del CICR.
La presente disposizione sostituisce la lettera b) precisando – relativamente ai gruppi aventi come capogruppo una società finanziaria – che, agli effetti della vigilanza esercitabile dall’autorità nazionale, rileva il gruppo bancario composto dalla società finanziaria capogruppo italiana e dalle società bancarie, finanziarie e strumentali da questa controllate. Inoltre, il gruppo si qualifica come bancario quando nell'insieme delle società controllate dalla suddetta società finanziaria vi sia almeno una banca, e le società bancarie e finanziarie abbiano in esso rilevanza determinante, secondo quanto stabilito dalla Banca d'Italia in conformità alle deliberazioni del CICR.
La nuova formulazione illustrata integra quindi nella disposizione che definisce la composizione del gruppo bancario a capo del quale si trovi una società finanziaria il requisito della rilevanza determinante delle società bancarie, finanziarie e strumentali, precedentemente enunziato nel comma 2 dell’articolo 61 del medesimo testo unico bancario, che viene per conseguenza abrogato dalla successiva lettera e).
Il comma 2 dell'articolo 61 del TUB determinava infatti i casi in cui la società finanziaria poteva essere considerata capogruppo.
In generale, secondo il disposto del comma 1 del citato articolo 61 del TUB, è qualificata capogruppo la banca italiana o la società finanziaria con sede legale in Italia, cui fa capo il controllo delle società componenti il gruppo bancario e che non sia, a sua volta, controllata da un'altra banca italiana o da un'altra società finanziaria con sede legale in Italia, che possa essere considerata capogruppo.
Il comma 2 disponeva che la società finanziaria fosse considerata capogruppo quando nell'insieme delle società da essa controllate avessero rilevanza determinante, secondo quanto stabilito dalla Banca d'Italia in conformità alle deliberazioni del CICR, quelle bancarie, finanziarie e strumentali.
La lettera f) modifica il comma 1 dell’articolo 65 del TUB, il quale determina i soggetti inclusi nell’ambito della vigilanza consolidata.
Secondo la formulazione previgente, si trattava dei soggetti sottoindicati:
a) società appartenenti a un gruppo bancario;
b) società bancarie, finanziarie e strumentali partecipate almeno per il 20 per cento dalle società appartenenti a un gruppo bancario o da una singola banca;
c) società bancarie, finanziarie e strumentali non comprese in un gruppo bancario, ma controllate dalla persona fisica o giuridica che controlla un gruppo bancario ovvero una singola banca;
d) società finanziarie, aventi sede legale in un altro Stato comunitario, che controllano una capogruppo o una singola banca italiana, sempreché tali società siano incluse nella vigilanza consolidata di competenza della Banca d'Italia ai sensi dell'articolo 69 (ossia sulla base di accordi di collaborazione fra la Banca d’Italia e le autorità di vigilanza di altri Stati comunitari);
e) società bancarie, finanziarie e strumentali controllate dai soggetti indicati alla lettera d);
f) società bancarie, finanziarie e strumentali partecipate almeno per il 20 per cento, anche congiuntamente, dai soggetti indicati nelle lettere d) ed e);
g) società finanziarie, diverse dalla capogruppo e dalle società indicate nella lettera d), che controllano almeno una banca;
h) società, diverse da quelle bancarie e finanziarie, che controllano almeno una banca, fermi restando i limiti all’acquisizione di partecipazioni bancarie da parte di soggetti che esercitano attività d’impresa in settori non bancari né finanziari, previsti dall'articolo 19, comma 6, dello stesso TUB;
i) società diverse da quelle bancarie, finanziarie e strumentali quando siano controllate da una singola banca ovvero quando società appartenenti a un gruppo bancario ovvero soggetti indicati nelle lettere d), e), g) e h) detengano, anche congiuntamente, una partecipazione di controllo.
Con le modificazioni apportate con la disposizione qui illustrata:
1) vengono esclusi dal novero dei soggetti a questo titolo vigilati quelli indicati alle lettere d), e), f) e g), ossia:
- le società finanziarie, aventi sede legale in un altro Stato comunitario, che controllano una capogruppo o una singola banca italiana, le società bancarie, finanziarie e strumentali controllate da queste, nonché le società bancarie, finanziarie e strumentali partecipate almeno per il 20 per cento, anche congiuntamente, dalle predette società finanziarie ovvero, anche congiuntamente, dalle società bancarie, finanziarie e strumentali controllate;
- le altre società finanziarie, diverse dalla capogruppo e dalle società finanziarie sopra indicate, che controllano almeno una banca;
2) sono dichiarate per conseguenza soggette a vigilanza consolidata tutte le società che controllano almeno una banca, espungendo dalla lettera h) l’inciso che riferiva la disposizione alle sole società diverse da quelle bancarie e finanziarie;
3) è soppresso il riferimento alle abrogate lettere d), e) e g), già contenuto nella lettera i).
La lettera g) modifica l'articolo 66 del TUB, riguardante i poteri di vigilanza informativa esercitati dalla Banca d’Italia sui soggetti che fanno parte di gruppi bancari.
Il numero 1) apporta al comma 1 modificazioni di coordinamento derivanti dall’abrogazione delle lettere d), e), f) e g) del comma 1 dell’articolo 65.
Il numero 2) sostituisce il comma 3, il quale, nella previgente formulazione, consentiva alla Banca d’Italia di richiedere la certificazione del bilancio ai soggetti indicati nelle lettere da a) a g) del comma 1 dell’articolo 65 (si veda supra).
La nuova formulazione consente invece alla Banca d'Italia di disporre, nei confronti dei soggetti indicati nelle lettere da a) a c) del comma 1 dell'articolo 65, l'applicazione delle norme sulla revisione contabile previste, per le società con azioni quotate, dalla parte IV, titolo III, capo II, sezione VI, del testo unico delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria, emanato con decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58.
Pertanto, ai predetti soggetti – ancorché non quotati – potrà venire prescritta la revisione contabile da parte di una società di revisione iscritta nell’albo speciale tenuto dalla CONSOB, con l’espressione di apposito giudizio sui bilanci.
Sarebbe opportuno chiarire se il richiamo della predetta sezione del testo unico delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria comporti anche l’applicazione dell’articolo 165, che estende l’obbligo di revisione alle società controllate. In particolare, dovrebbe precisarsi se, qualora la Banca d’Italia prescriva la revisione contabile nei riguardi di alcuno dei soggetti indicati nelle lettere da a) a c) del comma 1 dell’articolo 65 del TUB, lo stesso obbligo debba intendersi automaticamente esteso anche alle società da esso eventualmente controllate.
Infine, il numero 3) modifica il comma 4, che impone alle società partecipate di fornire alla capogruppo o alla banca detentrice della partecipazione le informazioni necessarie per consentire l’esercizio della vigilanza consolidata.
Viene in particolare soppresso l’inciso che riferisce la disposizione alle società partecipate aventi sede legale in Italia.
La lettera h) modifica l'articolo 67, che disciplina i poteri di vigilanza regolamentare della Banca d’Italia relativamente ai gruppi bancari.
I numeri 1) e 2) introducono, rispettivamente, gli obblighi d'informativa nei riguardi del pubblico e la possibilità di utilizzare valutazioni del rischio di credito rilasciate da società o enti esterni ovvero sistemi interni di misurazione dei rischi per la determinazione dei requisiti patrimoniali, approvati dalla Banca d'Italia, e specificano la natura dei provvedimenti particolari adottabili dalla medesima autorità a fini di vigilanza consolidata (restrizione delle attività o della struttura territoriale del gruppo; divieto di effettuare determinate operazioni e di distribuire utili o altri elementi del patrimonio), in termini corrispondenti a quelli già esposti supra, nell’illustrazione della lettera b) del presente comma, con riferimento alla vigilanza sulle banche.
Il numero 3) apporta al comma 3 modificazioni di coordinamento, conseguenti all’abrogazione delle lettere da b) a g) del comma 1 dell'articolo 65, disposta dalla precedente lettera f) del presente comma.
Infine, il numero 4) aggiunge nello stesso articolo 67 del TUB un nuovo comma 3-bis, in forza del quale è attribuito alla Banca d'Italia il potere di impartire le disposizioni contemplate nei commi precedenti del medesimo articolo anche ai componenti del gruppo bancario, diversi dalla capogruppo.
Il comma 1 dell’articolo 67 individua infatti come destinataria delle disposizioni di vigilanza la sola capogruppo, benché i provvedimenti possano riguardare il gruppo nel suo complesso o anche singoli suoi componenti. L’articolo 61, comma 4, obbliga altresì la capogruppo, nell'esercizio dell'attività di direzione e di coordinamento, a dare disposizioni alle componenti del gruppo per l'esecuzione delle istruzioni impartite dalla Banca d'Italia nell'interesse della stabilità del gruppo.
La lettera i) interviene sull'articolo 68 del TUB, riguardante i poteri di vigilanza ispettiva della Banca d’Italia nei riguardi dei gruppi bancari.
A questo fine, la Banca d'Italia può effettuare ispezioni presso i soggetti indicati nell'articolo 65 e richiedere l'esibizione di documenti e gli atti che ritenga necessari. Le ispezioni nei confronti di società diverse da quelle bancarie, finanziarie e strumentali hanno il fine esclusivo di verificare l'esattezza dei dati e delle informazioni forniti per il consolidamento.
La Banca d'Italia può inoltre richiedere alle autorità competenti di uno Stato comunitario di effettuare accertamenti presso i medesimi soggetti, stabiliti nel territorio di detto Stato, ovvero concordare altre modalità delle verifiche.
Su richiesta delle autorità competenti di altri Stati comunitari o extracomunitari, la Banca d’Italia può effettuare ispezioni presso le società con sede legale in Italia ricomprese nella vigilanza su base consolidata di competenza delle autorità richiedenti. La Banca d'Italia può consentire che la verifica sia effettuata dalle autorità che hanno fatto la richiesta ovvero da un revisore o da un esperto. L'autorità competente richiedente, qualora non compia direttamente la verifica, può, se lo desidera, prendervi parte.
È aggiunto un nuovo comma 3-bis, a norma del quale la Banca d'Italia può consentire che autorità competenti di altri Stati comunitari partecipino, per i profili di loro interesse, alle ispezioni presso le capogruppo – come individuate dall'articolo 61 – nel caso in cui queste abbiano società controllate sottoposte alla vigilanza delle medesime autorità.
La lettera l) sostituisce interamente l'articolo 69 del TUB, riguardante la collaborazione della Banca d’Italia con le autorità di vigilanza degli altri Stati comunitari agli effetti della vigilanza consolidata sui gruppi transnazionali.
Il previgente articolo 69 facoltizzava la Banca d'Italia a concordare con le autorità di vigilanza di altri Stati comunitari forme di collaborazione nonché la ripartizione dei compiti specifici di ciascuna autorità per l'esercizio della vigilanza su base consolidata nei confronti di gruppi operanti in più Paesi.
La nuova formulazione dell’articolo, ora rubricato: «Collaborazione tra autorità e obblighi informativi», prescrive alla Banca d'Italia di definire, anche sulla base di accordi con le autorità di vigilanza di altri Stati comunitari, forme di collaborazione e di coordinamento, nonché la ripartizione dei compiti specifici di ciascuna autorità in ordine all'esercizio della vigilanza su base consolidata nei confronti di gruppi operanti in più Paesi.
Il nuovo comma 1-bis consente alla Banca d’Italia, sulla base dei predetti accordi, di esercitare la vigilanza consolidata anche:
a) sulle società finanziarie, aventi sede legale in un altro Stato comunitario, che controllano una capogruppo o una singola banca italiana;
b) sulle società bancarie, finanziarie e strumentali controllate dai soggetti indicati alla lettera a);
c) sulle società bancarie, finanziarie e strumentali partecipate almeno per il 20 per cento, anche congiuntamente, dai soggetti indicati nelle lettere a) e b).
Il nuovo comma 1-ter disciplina, limitatamente all’esercizio della vigilanza consolidata, le informazioni da rendersi qualora venga riscontrata una situazione suscettibile di ledere la stabilità del sistema finanziario. Viene infatti stabilito che, qualora la Banca d’Italia, nell'esercizio della vigilanza consolidata, verifichi l’esistenza di una situazione di emergenza potenzialmente lesiva della stabilità del sistema finanziario italiano o di un altro Stato comunitario in cui opera il gruppo bancario, è tenuta ad informarne tempestivamente il Ministero dell'economia e delle finanze, nonché – ove trattisi di gruppi operanti anche in altri Stati comunitari – le competenti autorità monetarie.
La disposizione si configura come deroga all’articolo 7, comma 1, del TUB, secondo cui tutte le notizie, le informazioni e i dati in possesso della Banca d'Italia in ragione della sua attività di vigilanza sono coperti da segreto d'ufficio anche nei confronti delle pubbliche amministrazioni, ad eccezione del Ministro dell'economia e delle finanze, Presidente del CICR. La presente disposizione prescrive una comunicazione al “Ministero dell’economia e delle finanze”, non già al Ministro nella predetta qualità di Presidente del CICR.
Il presupposto per l’applicazione della norma è individuato in una “situazione di emergenza potenzialmente lesiva della stabilità del sistema finanziario italiano o di un altro Stato comunitario in cui opera il gruppo bancario”. Il riferimento alla stabilità del sistema finanziario è contenuto anche nell’articolo 5 del TUB, in forza del quale le autorità creditizie, nell’esercitare i poteri di vigilanza, hanno riguardo fra l’altro alla stabilità complessiva del sistema finanziario. Tuttavia, nessuna indicazione è fornita – né appare agevole enuclearla – circa la misura della potenziale lesività, il cui riscontro imporrebbe la segnalazione all’autorità di Governo.
L’àmbito di efficacia della disposizione è limitato alla sola vigilanza consolidata. Il pericolo di una crisi sistemica può verisimilmente prospettarsi in situazioni che coinvolgano gruppi estesi e articolati – ancor più se di carattere polifunzionale –, mentre potrà difficilmente provenire da eventi che interessino singolarmente un solo soggetto che esercita l’attività bancaria.
Lo specifico obbligo informativo imposto – al di là dell’adozione dei provvedimenti di vigilanza propri dell’autorità – consiste nella tempestiva comunicazione al Ministero dell’economia e delle finanze e – in caso di gruppi con operatività in altri Stati dell’Unione europea, all’autorità monetaria competente. La disposizione sembra presentare una qualche dissimmetria, in quanto prevede che, per l’interno, venga informata l’autorità di Governo, laddove per gli Stati comunitari è fatto riferimento all’autorità monetaria, ossia in genere all’istituto di emissione (il quale – per gli Stati che hanno adottato l’euro – non è più un’autorità nazionale, bensì la Banca centrale europea). Inoltre, l’informazione nei riguardi delle autorità estere, secondo il letterale tenore della disposizione, non è subordinata a una preventiva valutazione circa la pericolosità della situazione riscontrata nei riguardi dei rispettivi sistemi finanziari nazionali, talché l’obbligo dovrebbe essere comunque adempiuto anche nel caso di limitata operatività del gruppo all’estero.
La disposizione trova fondamento nell’articolo 130, paragrafo 1, della direttiva 2006/48/CE, il quale stabilisce che, ove all'interno di un gruppo bancario si verifichi una situazione di emergenza che possa compromettere la stabilità del sistema finanziario, in uno qualsiasi degli Stati membri in cui sono state autorizzate imprese del gruppo bancario, l'autorità competente preposta all'esercizio della vigilanza su base consolidata, fatto salvo il capo 1, sezione 2 (che disciplina lo scambio d’informazioni e il segreto d’ufficio), avvertono non appena possibile le autorità di cui all'articolo 49, lettera a) (ossia la competente banca centrale o il diverso organismo con responsabilità analoghe in quanto autorità monetaria) e all'articolo 50 (amministrazioni centrali responsabili per la legislazione di vigilanza sugli enti creditizi, sugli enti finanziari, sui servizi di investimento e sulle compagnie di assicurazioni).
La lettera m) modifica l'articolo 107 del TUB, riguardante gli intermediari finanziari iscritti nell’elenco speciale tenuto dalla Banca d’Italia.
Tra gli aspetti disciplinati in via regolamentare dalla Banca d’Italia vengono introdotti gli obblighi d'informativa nei riguardi del pubblico e la possibilità di utilizzare valutazioni del rischio di credito rilasciate da società o enti esterni ovvero sistemi interni di misurazione dei rischi per la determinazione dei requisiti patrimoniali, approvati dalla Banca d'Italia, ed è specificata la natura dei provvedimenti particolari adottabili dalla medesima autorità a fini di vigilanza sugli intermediari (riduzione delle attività; divieto di intraprendere nuove operazioni e di distribuire utili o altri elementi del patrimonio), in termini simili a quelli già esposti supra, nell’illustrazione delle lettere b) e h) del presente comma, con riferimento alla vigilanza sulle banche e alla vigilanza consolidata sui gruppi bancari.
La lettera n) inserisce nel testo unico bancario un nuovo articolo 116-bis, il quale disciplina l’illustrazione dei fattori considerati per la valutazione del merito di credito (rating) delle imprese che richiedono finanziamenti.
A questo fine, è conferita alla Banca d'Italia la facoltà di disporre che le banche e gli intermediari finanziari da essa autorizzati a utilizzare sistemi interni di misurazione dei rischi per la determinazione dei requisiti patrimoniali illustrino alle imprese che domandano finanziamenti i principali fattori posti a base dei rating interni che le riguardano.
La comunicazione è resa su richiesta dell’impresa interessata. Gli oneri connessi, a carico dell’impresa medesima, sono commisurati all'entità del finanziamento richiesto.
La disposizione dà attuazione all’articolo 145, paragrafo 4, della direttiva 2006/48/CE, secondo cui gli enti creditizi, se richiesti, dovrebbero illustrare le loro decisioni di rating alle piccole e medie imprese e ad altre società che chiedano prestiti, fornendo, su richiesta, una spiegazione scritta. I costi amministrativi della spiegazione devono mantenersi entro un livello adeguato all'entità del prestito. La direttiva stabilisce che, qualora un impegno volontario del settore risulti a tal fine inadeguato, debbono essere adottati provvedimenti normativi nazionali.
Si ricorda che la Banca d’Italia ha già provveduto ad emanare, con circolare n. 263 del 27 dicembre 2006, disposizioni attuative delle modifiche al TUB in esame, anche sulla base dei criteri contenuti nel decreto adottato in via d’urgenza dal Ministro dell’economia e delle finanze, presidente del CICR, su proposta della Banca d’Italia, in data 27 dicembre 2006.
Documenti all’esame delle istituzioni dell’UE
(a cura dell’Ufficio rapporti con l’Unione europea)
Il 12 settembre 2006 la Commissione europea ha presentato una proposta di direttiva (COM(2006)507) che mira a rendere più rigorose le procedure e i criteri che le autorità di vigilanza degli Stati membri debbono seguire per valutare e autorizzare i progetti di acquisizione o di incremento di partecipazioni qualificate nei settori bancario, assicurativo e mobiliare[5].
La proposta dovrebbe essere esaminata dal Parlamento europeo in prima lettura, secondo la procedura di codecisione, il 13 marzo 2007.
La Commissione ha sottoposto al Comitato europeo dei controllori bancari (CEBS), sulla base del c.d. metodo Lamfalussy[6], sei richieste di parere su progetti di modifica delle direttive 2006/48/CE e 2006/49/CE per quanto riguarda i grandi rischi, i fondi propri, i prodotti di base e il processo di approvazione, da parte delle autorità di sorveglianza, delle partecipazioni qualificate in aziende di credito.
Si tratta, più in dettaglio, dei seguenti progetti:
- due progetti, del 28 novembre 2005 e del 3 gennaio 2007, in vista della modifica delle direttive 2006/48/CE e 2006/49/CE al fine di rivedere le norme relative ai grandi rischi;
- due progetti, del 9 marzo 2005 e del 3 agosto 2006, in vista della modifica delle direttive 2006/48/CE e 2006/49/CE al fine di una ridefinizione del concetto di “fondi propri”;
- un progetto, del 16 agosto 2006, in vista della modifica della direttiva 2006/49/CEal fine di definire un regime prudenziale in relazione a determinati prodotti di base;
- un progetto, del 18 gennaio 2005, in vista della modifica della direttiva 2006/48/CEal fine di definire i criteri da applicare nel processo di approvazione, da parte delle autorità di sorveglianza, delle partecipazioni qualificate in aziende di credito.
I progetti saranno esaminate prossimamente dal Comitato bancario europeo, secondo la procedura di regolamentazione (cfr. nota 2).
Procedure di contenzioso in sede comunitaria
(a cura dell’Ufficio rapporti con l’Unione europea)
Il 13 dicembre 2005 la Commissione europea ha inviato all’Italia una lettera di messa in mora[7] in relazione alle disposizioni della normativa italiana che disciplinano le decisioni delle autorità di vigilanza relative all'acquisizione di partecipazioni in banche italiane da parte di banche di altri Stati membri dell'Unione europea.
La Commissione ha chiesto, in particolare, all’Italia di fornire osservazioni in merito ad alcune disposizioni del Testo unico bancario, di cui al D.Lgs. n. 385/93, e alle istruzioni di vigilanza per le banche, adottate dalla Banca d’Italia in attuazione dell’articolo 19 del medesimo Testo unico.
L’articolo in questione detta i criteri e le condizioni generali ai fini dell’autorizzazione da parte della Banca d’Italia dell'acquisizione di partecipazioni in una banca, demandando alla Banca d'Italia stessa l’adozione, in conformità delle deliberazioni del CICR, di disposizioni attuative del medesimo articolo. Tali disposizioni attuative sono contenute nelle Istruzioni di vigilanza per le banche, adottate con circolare della Banca d’Italia n. 229 del 2001 e più volte modificate.
Tale normativa, secondo la Commissione, risulterebbe essere carente poiché “la sua attuale formulazione consente l’esercizio dell’azione di vigilanza mediante una prassi amministrativa che manca di trasparenza sia sul piano della procedura che per quanto riguarda i criteri utilizzati per la valutazione del carattere prudenziale ed, in particolare, i criteri utilizzati per applicare la nozione di “controllo”, il che crea incertezza giuridica per gli operatori”.
1. Al testo unico delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria, di cui al decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58, sono apportate le seguenti modificazioni:
a) l'articolo 6 è così modificato:
1) al comma 1, lettera a), dopo le parole: «controlli interni» sono aggiunte, in fine, le seguenti: «, nonché l'informativa da rendere al pubblico sulle stesse materie»;
2) dopo il comma 1, è inserito il seguente:
«1-bis. Le disposizioni di cui al comma 1, lettera a), prevedono la possibilità di adottare sistemi interni di misurazione dei rischi per la determinazione dei requisiti patrimoniali, previa autorizzazione della Banca d'Italia, nonché di utilizzare valutazioni del rischio di credito rilasciate da società o enti esterni.»;
b) l'articolo 7 è così modificato:
1) al comma 2, dopo le parole: «lettera a)» sono aggiunte, in fine, le seguenti: «, e adottare, ove la situazione lo richieda, provvedimenti restrittivi o limitativi concernenti i servizi, le attività, le operazioni e la struttura territoriale, nonché vietare la distribuzione di utili o di altri elementi del patrimonio»;
c) l'articolo 11 è così modificato:
1) il comma 1 è sostituito dal seguente:
«1. La Banca d'Italia, sentita la Consob:
a) determina la nozione di gruppo rilevante ai fini della verifica dei requisiti previsti dagli articoli 19, comma 1, lettera h), e 34, comma 1, lettera f);
b) emana disposizioni volte a individuare l'insieme dei soggetti da sottoporre a vigilanza su base consolidata tra quelli esercenti attività bancaria e servizi di investimento o di gestione collettiva del risparmio, nonché attività connesse e strumentali o altre attività finanziarie, come individuate ai sensi dell'articolo 59, comma 1, lettera b), del T.U. bancario. Tali soggetti sono individuati tra quelli che, non sottoposti a vigilanza consolidata ai sensi del medesimo testo unico:
1) sono controllati, direttamente o indirettamente, da una SIM o da una società di gestione del risparmio;
2) controllano, direttamente o indirettamente, una SIM o una società di gestione del risparmio.»;
2) dopo il comma 1, è aggiunto, in fine, il seguente:
«1-bis. Il gruppo individuato ai sensi del comma 1, lettera b), è iscritto in un apposito albo tenuto dalla Banca d'Italia. La capogruppo comunica alla Banca d'Italia l'esistenza del gruppo e la sua composizione aggiornata. Copia della predetta comunicazione è trasmessa dalla Banca d'Italia alla Consob.»;
d) l'articolo 12 è così modificato:
1) il comma 1 è sostituito dal seguente:
«1. La Banca d'Italia impartisce alla società posta al vertice del gruppo individuato ai sensi dell'articolo 11, comma 1, lettera b), disposizioni riferite al complesso dei soggetti individuati ai sensi del medesimo articolo, aventi ad oggetto le materie dell'articolo 6, commi 1, lettera a), e 1-bis. Ove lo richiedano esigenze di stabilità, la Banca d'Italia può emanare nelle stesse materie disposizioni di carattere particolare.»;
2) dopo il comma 1, è inserito il seguente:
«1-bis. In armonia con la disciplina comunitaria, la Banca d'Italia individua le ipotesi di esenzione dall'applicazione delle disposizioni adottate ai sensi del comma 1.»;
3) il comma 2 è sostituito dal seguente:
«2. La società capogruppo, nell'esercizio dell'attività di direzione e coordinamento, emana disposizioni alle componenti del gruppo individuato ai sensi dell'articolo 11, comma 1, lettera b), per l'esecuzione delle istruzioni impartite dalla Banca d'Italia. Gli organi amministrativi delle società del gruppo sono tenuti a fornire ogni dato e informazione per l'emanazione delle disposizioni e la necessaria collaborazione per il rispetto delle norme sulla vigilanza consolidata.»;
4) il comma 3 è sostituito dal seguente:
«3. La Banca d'Italia e la Consob possono chiedere, per le materie di rispettiva competenza, ai soggetti individuati ai sensi dell'articolo 11, comma 1, lettera b), al soggetto che controlla la società capogruppo di cui all'articolo 11, comma 1-bis, la SIM o la società di gestione del risparmio, nonché a quelli che sono controllati, direttamente o indirettamente, ovvero partecipati almeno per il venti per cento da uno dei soggetti individuati ai sensi dell'articolo 11, comma 1, lettera b), la trasmissione, anche periodica, di dati e informazioni.»;
5) dopo il comma 3, è inserito il seguente:
«3-bis. Nell'esercizio della vigilanza su base consolidata, la Banca d'Italia può impartire disposizioni, ai sensi del presente articolo, nei confronti di tutti i soggetti inclusi nel gruppo individuato ai sensi dell'articolo 11, comma 1, lettera b).»;
6) il comma 5 è sostituito dal seguente:
«5. La Banca d'Italia e la Consob possono, per le materie di rispettiva competenza:
a) effettuare ispezioni presso i soggetti individuati ai sensi dell'articolo 11, comma 1, lettera b);
b) al fine esclusivo di verificare l'esattezza dei dati e delle informazioni forniti, effettuare ispezioni presso i soggetti controllati, direttamente o indirettamente, ovvero partecipati almeno per il venti per cento da uno dei soggetti individuati ai sensi dell'articolo 11, comma 1, lettera b).»;
7) dopo il comma 5, è aggiunto il seguente:
«5-bis. Nell'esercizio della vigilanza su base consolidata, la Banca d'Italia può adottare i provvedimenti previsti dall'articolo 7, comma 2, nei confronti dei soggetti di cui all'articolo 11, comma 1, lettera b).».
L’articolo 2 apporta modificazioni al testo unico delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria (TUF), emanato con decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58, allo scopo di dare attuazione alla direttiva 2006/48/CE (sulla quale si veda, supra, la scheda relativa all’articolo 1) nonché alla direttiva 2006/49/CE.
Con la direttiva 2006/49/CE si è inteso disciplinare aspetti rilevanti della vigilanza regolamentare sulle imprese d’investimento[8], integrando sotto questo riguardo le misure della direttiva 2004/39/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 21 aprile 2004, relativa ai mercati degli strumenti finanziari[9], la quale agevola l’esercizio dei diritti di stabilimento e di libera prestazione di servizi nell’àmbito dell’Unione europea da parte delle suddette imprese, autorizzate e vigilate dallo Stato membro d’origine.
A questo fine, la direttiva 2006/49/CE rifonde in un testo coordinato la direttiva 93/6/CEE, relativa all'adeguatezza patrimoniale delle imprese di investimento e degli enti creditizi, e le sue successive modificazioni. Pertanto, essa direttiva contiene disposizioni nuove insieme con le norme precedentemente comprese nella direttiva 93/6/CEE e già vigenti.
In particolare, vengono adottate misure di coordinamento per quanto riguarda la definizione e il livello minimo dei fondi propri delle imprese di investimento, la fissazione dell'entità del loro capitale iniziale e la determinazione di un quadro comune per l'osservazione dei rischi di mercato cui sono soggette. La direttiva regola altresì i controlli sul patrimonio di negoziazione e stabilisce norme comuni per la vigilanza sui rischi di mercato.
Relativamente ai negoziatori di derivati su merci per conto proprio, attualmente esenti dall’applicazione della direttiva sui mercati degli strumenti finanziari, è disposto il riesame dei requisiti patrimoniali nell’ambito della revisione di tale esenzione. Contestualmente dovrà essere valutata la possibilità di stabilire apposita disciplina per le imprese d'investimento la cui attività principale sia esclusivamente la fornitura di servizi d'investimento od operazioni collegate agli strumenti finanziari relativi a forniture energetiche (inclusi elettricità, carbone, gas naturale e petrolio).
A garanzia della solvibilità degli enti creditizi e delle imprese d’investimento facenti parte di un gruppo, è prevista l’applicazione dei requisiti patrimoniali minimi ai singoli enti sulla base della situazione finanziaria consolidata del gruppo. In tale contesto, sono anche determinate le deroghe che le competenti autorità di vigilanza possono autorizzare. Viene inoltre disciplinata la vigilanza su base consolidata delle imprese d’investimento appartenenti a gruppi che non comprendono enti creditizi.
Agli enti creditizi e alle imprese d’investimento è prescritto di adottare strategie e processi per valutare e mantenere l'adeguatezza del capitale interno e di rendere appropriata informativa al pubblico circa il controllo dei rischi e l’organizzazione interna.
Relativamente ai fondi propri di enti creditizi e imprese d’investimento, la valutazione dell’adeguatezza dev’essere eseguita dalle autorità competenti avendo riguardo ai rischi cui tali enti sono esposti.
In generale, si richiede il rafforzamento della cooperazione fra le autorità di vigilanza e del ruolo dell’autorità responsabile della vigilanza consolidata.
Il procedimento per l’adozione di misure di attuazione da parte della Commissione dell’Unione europea è disciplinato con la previsione dell’esame da parte del Parlamento europeo, che può richiedere la pronunzia del Consiglio; è inoltre integrato dell’elenco delle materie rimesse alla competenza attuativa della Commissione, assistita dal Comitato bancario europeo.
La direttiva è integrata con un complesso di disposizioni transitorie per il passaggio al nuovo regime di vigilanza e di calcolo dei requisiti di adeguatezza patrimoniale.
Gli allegati tecnici sono integrati con disposizioni ulteriori relative, in particolare, al trattamento dei derivati su crediti e delle quote di organismi d’investimento collettivo. Un nuovo allegato VII contiene le regole in materia di negoziazione, i relativi controlli e la determinazione e gestione del portafoglio di negoziazione.
Il termine per l’adozione delle norme di recepimento delle nuove disposizioni (secondo quanto indicato nell’articolo 49 della direttiva)da parte degli Stati membri è stabilito nel 31 dicembre 2006; dette norme sono comunicate alla Commissione ed entrano in vigore dal 1° gennaio 2007.
La delega legislativa per il recepimento della predetta direttiva nell’ordinamento italiano è contenuta nell’allegato B all’articolo 1 del disegno di legge comunitaria 2006 (A.C. 1042-B, approvato dalla Camera e modificato dal Senato).
La lettera a) del comma 1 del presente articolo 2 modifica l'articolo 6 del TUF, riguardante la vigilanza regolamentare sui soggetti abilitati (imprese d’investimento, società di gestione del risparmio, società di gestione armonizzate, società d’investimento a capitale variabile, intermediari finanziari iscritti nell’elenco speciale tenuto dalla Banca d’Italia e banche autorizzate all’esercizio dei servizi d’investimento).
Fra le materie soggette alla disciplina regolamentare emanata dalla Banca d’Italia, d’intesa con la Commissione nazionale per le società e la borsa (CONSOB), viene aggiunta l'informativa da rendere al pubblico sull’adeguatezza patrimoniale dell’intermediario, sul contenimento del rischio, sulle partecipazioni da esso detenute e sulla sua organizzazione interna.
La disposizione dà attuazione a quanto previsto nell’articolo 39 della direttiva 2006/49/CE, che dichiara applicabili alle imprese di investimento i requisiti stabiliti in materia di informativa da parte degli enti creditizi dal titolo V, capo 5 della direttiva 2006/48/CE.
Viene altresì inserito un nuovo comma 1-bis, in forza del quale con le stesse disposizioni regolamentari dovrà essere prevista per i soggetti abilitati la possibilità di adottare sistemi interni di misurazione dei rischi per la determinazione dei requisiti patrimoniali, subordinati alla previa autorizzazione della Banca d'Italia, nonché di utilizzare valutazioni del rischio di credito rilasciate da società o enti esterni.
La lettera b) modifica il comma 2 dell'articolo 7 del TUF, il quale disciplina i poteri d’intervento delle autorità di vigilanza sui soggetti abilitati.
Il testo previgente conferiva alla Banca d'Italia il potere di emanare, a fini di stabilità, disposizioni di carattere particolare in materia di adeguatezza patrimoniale, contenimento del rischio, partecipazioni detenibili, organizzazione amministrativa e contabile e controlli interni, nonché (a seguito della modificazione all’articolo 6 testé illustrata) l’informativa al pubblico su queste materie.
Viene aggiunta a questo riguardo la previsione secondo cui la Banca d’Italia può adottare, ove la situazione lo richieda, provvedimenti restrittivi o limitativi concernenti i servizi, le attività, le operazioni e la struttura territoriale, nonché vietare la distribuzione di utili o di altri elementi del patrimonio.
Le modificazioni apportate dalle lettere a) e b), relativamente alla vigilanza regolamentare sui soggetti abilitati all’intermediazione finanziaria, corrispondono sostanzialmente a quelle recate alle disposizioni del testo unico bancario, in materia di vigilanza sulle banche, sui gruppi bancari e sugli intermediari iscritti nell’elenco speciale, dalle lettere b), h) e m) del comma 1 dell’articolo 1 (per le quali si veda la scheda ad esso relativa).
Si osserva a questo proposito che non è espressamente riprodotta nella presente disposizione la condizione, inserita invece nel novellato articolo 53 del TUB, secondo cui l’autorità di vigilanza disciplina i requisiti che debbono possedere le società o enti che rilasciano valutazioni del rischio di credito utilizzabili dagli intermediari.
La lettera c) modifica l'articolo 11 del TUF, il quale enunzia i criteri per la daterminazione della nozione di gruppo, rilevante agli effetti della vigilanza sulle attività di intermediazione finanziaria.
Secondo l’articolo 11, nella previgente formulazione, la Banca d'Italia, sentita la CONSOB:
a) determina la nozione di gruppo rilevante per la verifica dei requisiti previsti dagli articoli 19, comma 1, lettera h), e 34, comma 1, lettera f), relativamente alla struttura dei gruppi cui appartengono le società di intermediazione mobiliare (SIM) e le società di gestione del risparmio (SGR);
b) può emanare disposizioni volte a individuare l'insieme dei soggetti da sottoporre a vigilanza sul gruppo tra quelli esercenti servizi di investimento o di gestione collettiva del risparmio nonché attività connesse e strumentali o altre attività finanziarie, come individuate ai sensi dell'articolo 59, comma 1, lettera b), del testo unico bancario [per cui si veda, supra, la scheda relativa all’articolo 1, comma 1, lettera c)]. Tali soggetti sono individuati tra quelli che, non essendo sottoposti a vigilanza consolidata ai sensi del testo unico bancario:
1) sono controllati, direttamente o indirettamente, da una SIM o da una società di gestione del risparmio;
2) controllano, direttamente o indirettamente, una SIM o una società di gestione del risparmio;
3) sono controllati, direttamente o indirettamente, dagli stessi soggetti che controllano la SIM o la società di gestione del risparmio;
4) sono partecipati almeno per il 20 per cento da uno dei soggetti indicati nei numeri 1), 2) e 3), dalla SIM o dalla società di gestione del risparmio.
La presente lettera modifica le disposizioni sopra riferite, rendendo obbligatorio l’esercizio della potestà regolamentare per l’individuazione dei soggetti da sottoporre a vigilanza (ora definita “vigilanza su base consolidata”, invece che “vigilanza sul gruppo”); estende il novero dei soggetti che possono essere a tal fine considerati anche a quelli esercenti attività bancaria; sopprime i numeri 3) e 4), escludendo la possibilità di comprendere nell’àmbito dei soggetti da sottoporre a vigilanza quelli sottoposti a comune controllo o partecipati per almeno il 20 per cento, indicati nei predetti numeri.
Nei riguardi di questi ultimi soggetti, in base alla nuova formulazione dei commi 3 e 5 dell’articolo 12 [si veda infra l’illustrazione della lettera d)], potranno comunque venire esercitati i seguenti poteri:
1) richiesta di trasmissione, anche periodica, di dati e informazioni;
2) compimento di ispezioni al fine esclusivo di verificare l’esattezza di tali dati e informazioni.
Viene aggiunto, inoltre, un nuovo comma 1-bis, secondo cui il gruppo così individuato è iscritto in un apposito albo tenuto dalla Banca d'Italia.
Alla società capogruppo è imposto l’obbligo di comunicare alla Banca d'Italia l'esistenza del gruppo e la sua composizione, provvedendo ai necessari aggiornamenti. La Banca d’Italia trasmette copia della comunicazione alla CONSOB.
La relazione governativa osserva che “il ruolo della vigilanza consolidata viene ampliato e rafforzato dalle nuove disposizioni comunitarie, anche in un'ottica sopranazionale. Al fine di attuare tale rafforzamento, è necessario coordinare la nozione di gruppo bancario e di gruppo di imprese di investimento con le corrispondenti nozioni delle direttive comunitarie e attribuire all'autorità di vigilanza il potere di dettare disposizioni vincolanti nei confronti di tutte le componenti del gruppo così individuato. Pertanto, con riferimento al TUIF viene introdotta una vigilanza consolidata sul gruppo di imprese di investimento, fino ad oggi prevista solo come facoltà dell'autorità di vigilanza, del tutto analoga a quella bancaria”.
La lettera d) apporta numerose modificazioni all'articolo 12 del TUF, che disciplina i poteri relativi alla vigilanza sul gruppo.
A questo riguardo, si osserva che, per omogeneità rispetto alla dizione adottata nell’articolo 4, comma 9, nell’articolo 11, comma 1, lettera b) (come modificato dalla lettera precedente), e nel nuovo comma 5-bis dell’articolo 12 del TUF, la dizione: “vigilanza su base consolidata” potrebbe essere opportunamente adottata sia nella rubrica del medesimo articolo 12, qui novellato, sia nel comma 2 di esso (sostituito dal numero 3 della presente lettera), ove rispettivamente è riferimento alla “vigilanza sul gruppo” e alla “vigilanza consolidata”.
Relativamente al comma 1, viene trasformata in obbligo la facoltà, attribuita alla Banca d’Italia dalla norma previgente, di impartire al soggetto posto al vertice del gruppo disposizioni, riferite al complesso dei soggetti vigilati, in materia di stabilità e organizzazione interna. La determinazione dell’oggetto di queste disposizioni è integrata per comprendervi l’impiego dei sistemi interni di misurazione dei rischi e delle valutazioni del rischio di credito (rating) espresse da società ed enti esterni, previste dal nuovo comma 1-bis dell’articolo 6 (si veda supra). Il soggetto destinatario delle disposizioni è individuato genericamente nella società posta al vertice del gruppo (invece che mediante il riferimento ai diversi tipi di intermediario finanziario – SIM, SGR e società finanziaria – come nella precedente formulazione).
Il nuovo comma 1-bis attribuisce alla Banca d'Italia il compito di individuare, in armonia con la disciplina comunitaria, le ipotesi di esenzione dall'applicazione delle suddette disposizioni.
Anche nella nuova formulazione del comma 2, il soggetto tenuto a curare l’esecuzione delle istruzioni impartite dalla Banca d’Italia da parte delle componenti del gruppo è individuato genericamente nella società capogruppo. L’obbligo di fornire informazioni e di prestare la necessaria collaborazione per l'emanazione delle disposizioni e la necessaria collaborazione per il rispetto delle norme sulla vigilanza consolidata è riferito agli organi amministrativi delle società del gruppo (invece che agli “amministratori”).
La disciplina contenuta nel comma 3, relativamente alla richiesta di trasmissione, anche periodica, di dati e informazioni a fini di vigilanza, è integrata comprendendovi i soggetti che controllano le società capogruppo, le SIM o le società di gestione del risparmio, nonché i soggetti controllati, direttamente o indirettamente, ovvero partecipati almeno per il 20 per cento da uno dei componenti del gruppo individuati, per essere sottoposti a vigilanza, ai sensi dell'articolo 11, comma 1, lettera b).
Il nuovo comma 3-bis consente alla Banca d’Italia di impartire disposizioni, nell'esercizio della vigilanza su base consolidata, a tutti i soggetti inclusi nel gruppo individuato ai sensi dell'articolo 11, comma 1, lettera b).
Viene pertanto esteso nei confronti delle singole componenti del gruppo sottoposte a vigilanza il potere conferito all’autorità vigilante dal comma 1 nei riguardi della sola società capogruppo.
La riformulazione del comma 5 mantiene il potere d’ispezione della Banca d'Italia e della CONSOB, per le materie di rispettiva competenza, nei riguardi dei componenti del gruppo individuati, per essere sottoposti a vigilanza, ai sensi dell'articolo 11, comma 1, lettera b). Viene inoltre previsto che, al fine esclusivo di verificare l'esattezza dei dati e delle informazioni forniti sulla base del precetto impartito a norma del precedente comma 3, le stesse autorità possano effettuare ispezioni presso i soggetti controllati, direttamente o indirettamente, ovvero partecipati almeno per il 20 per cento da uno dei predetti componenti del gruppo.
Per quanto riguarda i poteri di vigilanza ispettiva esercitabili nei riguardi dei componenti del gruppo (soggetti controllati da una SIM o SGR e soggetti che la controllano), la nuova formulazione del comma 5 appare restrittiva rispetto alle disposizioni previgenti, in quanto consente l’esercizio di tali poteri soltanto nei riguardi dei soggetti individuati a norma dell’articolo 11, comma 1, lettera b), del TUF, ossia dei soggetti che esercitano attività bancaria e servizi d’investimento o di gestione collettiva del risparmio nonché attività connesse o strumentali, laddove la precedente formulazione contemplava i soggetti che, pur non svolgendo servizi di investimento, servizi di gestione collettiva del risparmio nonché attività connesse e strumentali o altre attività finanziarie, fossero legati alla SIM o alla società di gestione del risparmio dai rapporti partecipativi indicati nell'articolo 11, comma 1, lettera b).
Infine, il nuovo comma 5-bis facoltizza la Banca d'Italia, nell'esercizio della vigilanza su base consolidata, all’adozione dei provvedimenti previsti dall'articolo 7, comma 2 [come modificato dalla precedente lettera b)], nei confronti dei componenti del gruppo individuati, per essere sottoposti a vigilanza, a norme dell'articolo 11, comma 1, lettera b).
Tali provvedimenti consistono in disposizioni di carattere particolare aventi fini di stabilità e riguardanti l’adeguatezza patrimoniale, il contenimento del rischio, le partecipazioni detenibili, l’organizzazione amministrativa e contabile e i controlli interni nonché l’informativa al pubblico su queste materie; inoltre, ove necessario, possono venire adottati provvedimenti restrittivi o limitativi concernenti i servizi, le attività, le operazioni e la struttura territoriale, nonché il divieto di distribuire utili o altri elementi del patrimonio.
Documenti all’esame delle istituzioni dell’UE
(a cura dell’Ufficio rapporti con l’Unione europea
Si rinvia alla scheda dell’articolo 1.
Procedure di contenzioso in sede comunitaria
(a cura dell’Ufficio rapporti con l’Unione europea)
Si rinvia alla scheda dell’articolo 1.
1. L'articolo 14 del decreto legislativo 13 gennaio 1999, n. 18, è sostituito dal seguente:
«Art. 14 (Protezione sociale). - 1. Fatte salve le disposizioni normative e contrattuali di tutela, senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica, nel caso di trasferimento delle attività concernenti una o più categorie di servizi di assistenza a terra di cui agli allegati A e B, al fine di individuare gli strumenti utili a governare gli effetti sociali derivanti dal processo di liberalizzazione, il Ministro dei trasporti, di concerto con il Ministro del lavoro e della previdenza sociale, garantisce il coinvolgimento dei soggetti sociali, anche a mezzo di opportune forme di concertazione.».
L’articolo in esame interviene a modificare l’articolo 14 del D.Lgs. 13 gennaio 1999, n. 18 - emanato in attuazione della direttiva 96/67/CE relativa al libero accesso al mercato dei servizi di assistenza a terra negli aeroporti - relativo a misure di protezione sociale nei confronti dei lavoratori nel caso di trasferimento delle attività concernenti uno o più servizi di assistenza a terra.
A seguito delle modifiche introdotte dal DL in esame la disposizione prevede che - in caso di trasferimento delle attività concernenti una o più categorie di servizi di assistenza a terra - non sia più l’ENAC ad assicurare l’applicazione delle misure di protezione sociale “privilegiando il reimpiego del personale in attività analoghe”, ma che il Ministero dei trasporti di concerto con il Ministro del lavoro e della previdenza sociale, garantisca il coinvolgimento dei soggetti sociali, anche a mezzo di opportune forme di concertazione. La disposizione precisa che tale misura è disposta al fine di individuare gli strumenti utili a governare gli effetti sociali derivanti dal processo di liberalizzazione.
La modifica è volta a dare attuazione alla sentenza della Corte di giustizia del 9 dicembre 2004, nella causa C-460/02, per la mancata attuazione della quale è stato anche inviato all’Italia un parere motivato da parte della Commissione.
Si segnala che una disposizione di identico contenuto è contenuta all’articolo 23 del disegno di legge comunitaria per il 2006 (AC 1042-B) attualmente all’esame della Camera in seconda lettura.
Nella relazione illustrativa del DL in esame si afferma che la disposizione viene riproposta nel DL “in modo da consentirne l'immediata entrata in vigore e scongiurare il deferimento dello Stato italiano alla Corte di giustizia delle Comunità europee”. Nella relazione illustrativa viene al riguardo chiarito che “la Commissione europea ha, infatti, diffidato il Governo italiano a predisporre le misure di adeguamento alla sentenza di condanna sopra citata entro il termine del 15 gennaio 2007, scaduto il quale provvederà inderogabilmente ad adire la Corte di giustizia, ai sensi dell'articolo 228 del Trattato istitutivo della Comunità europea, con richiesta di pesanti sanzioni pecuniarie.”
Con sentenza della Corte di Giustizia europea del 9 dicembre 2004 in relazione alla causa C-460/02 (Commissione delle Comunità europee contro la Repubblica italiana), sono state ritenute in contrasto con la direttiva 96/67/CE le disposizioni di cui agli articoli 14 e 20 del richiamato D.Lgs. n. 18/1999.
Il D.Lgs. 13 gennaio 1999, n. 18, ha dato attuazione alla direttiva 96/67/CE del Consiglio del 15 ottobre 1996, relativa all’accesso al mercato dell’assistenza a terra negli aeroporti della Comunità.
Il decreto legislativo si applica - ai sensi dell’articolo 1 - ai seguenti servizi, elencati in apposito allegato:
- assistenza amministrativa a terra;
- assistenza passeggeri;
- assistenza bagagli;
- assistenza merci e posta;
- assistenza operazioni in pista;
- assistenza pulizia dell’aereo e servizi di scalo;
- assistenza carburante e olio;
- assistenza manutenzione dell’aereo;
- assistenza operazioni aeree e gestione equipaggi;
- assistenza trasporto a terra;
- assistenza catering.
L’ente di gestione assicura agli utenti la presenza in aeroporto dei necessari servizi di assistenza a terra fornendoli direttamente o coordinando l’attività dei prestatori che forniscono i servizi a favore di terzi o in autoproduzione (art. 3).
Ai prestatori di servizi a terzi è riconosciuto, negli aeroporti che abbiano fatto registrare determinati volumi di traffico, il libero accesso al mercato, salva la facoltà dell’ENAC di limitare l’accesso, comunque a non meno di due prestatori per ciascuna categoria di servizio, per motivate ragioni di sicurezza, capacità dello scalo o spazio disponibile (art. 4, commi 1 e 2). Il principio del libero accesso si applica a condizione che l’aeroporto abbia un traffico annuale pari o superiore a 3 milioni di passeggeri o a 75 mila tonnellate di merci o abbia fatto registrare nei sei mesi antecedenti il 1° aprile e il 1° ottobre di ciascun anno un traffico pari o superiore a 2 milioni di passeggeri o a 50 mila tonnellate di merci. I prestatori devono possedere un capitale sociale pari a un quarto del giro d’affari presumibilmente derivante dall’attività da svolgere e risorse strumentali e capacità organizzative idonee e devono assicurare il rispetto della normativa sul lavoro e un’adeguata copertura assicurativa. A decorrere dal 1° gennaio 2001, almeno uno dei prestatori non deve essere controllato direttamente o indirettamente né dall’ente di gestione né da un vettore che abbia trasportato nell’anno precedente più del 25% dei passeggeri o delle merci registrati nell’aeroporto (art. 4, comma 3).
I servizi di assistenza a terra possono essere altresì effettuati, ai sensi dell’articolo 5 e in attuazione di quanto previsto dall’articolo 7 della direttiva, dagli stessi vettori (cd. autoassistenza). Il comma 2, analogamente a quanto previsto per i prestatori dei servizi a terzi, attribuisce all’ENAC, qualora ricorrano i medesimi motivi di sicurezza, capacità dello scalo o spazio disponibile, la facoltà di limitare l’effettuazione dell’autoassistenza, comunque a non meno di due vettori, mentre il comma 3 prevede la possibilità da parte dell’ENAC di escludere l’autoassistenza per determinati servizi negli aeroporti con un traffico annuale inferiore a un milione di passeggeri o a 25 mila tonnellate di merci.
L’articolo 9 del decreto, sulla base dell’articolo 8 della direttiva, prevede che la gestione delle infrastrutture centralizzate (ad es. smistamento e riconsegna bagagli, sghiacciamento aeromobili, gestione sistemi informatici e impianti di distribuzione carburanti) possa essere riservata dall’ENAC in via esclusiva al gestore aeroportuale, qualora lo richieda la complessità, il costo o l’impatto ambientale.
Il provvedimento pone inoltre a carico dell’ente di gestione, dei vettori e dei prestatori che forniscono l’assistenza a terra l’obbligo della separazione contabile tra tale attività e le altre che essi esercitano (art. 7), prevede la costituzione presso ciascun aeroporto del Comitato degli utenti con funzioni consultive (art. 8) e attribuisce all’ENAC un generale potere di vigilanza (art. 10).
Si ricorda che l’articolo 18 della Direttiva 96/67/CE ha previsto la facoltà, per gli Stati membri, di adottare, nella nuova disciplina dei servizi di assistenza a terra negli aeroporti, le misure necessarie per garantire, tra l’altro, la tutela dei diritti dei lavoratori.
In relazione a ciò, il testo originario dell’articolo 14 del citato D.Lgs. 18/1999 prevedeva che, nel garantire il libero accesso al mercato dei servizi di assistenza a terra, nei 30 mesi successivi alla data di entrata in vigore del decreto stesso, si dovesse salvaguardare il mantenimento dei livelli di occupazione e della continuità del rapporto di lavoro del personale dipendente dal precedente gestore. Lo stesso articolo stabiliva altresì che, salva restando l'ipotesi di trasferimento di ramo d'azienda, ogni trasferimento di attività concernente una o più categorie di servizi di assistenza a terra (indicati agli allegati A e B) comportasse il passaggio del personale, individuato dai soggetti interessati d'intesa con le organizzazioni sindacali dei lavoratori, dal precedente gestore del servizio stesso al soggetto subentrante, in misura proporzionale alla quota di traffico o di attività acquisita da quest'ultimo.
In seguito ad un esposto circostanziato dell’Associazione per i diritti degli utenti e consumatori del 29 marzo 1999, la Commissione verificò l’esistenza di diverse infrazioni al diritto comunitario nelle disposizioni di cui al più volte richiamato D.Lgs. 18 del 1999. In relazione a ciò, la Commissione, in data 3 maggio 2000, ha inviato al Governo italiano una lettera di messa in mora seguita, non essendo stata ritenuta la risposta dal Governo italiano soddisfacente, da un parere motivato, datato 24 luglio 2001. In seguito, il Governo italiano, tramite la propria Rappresentanza permanente, ha inviato alla Commissione diverse note, illustrando alcune proposte di modifica delle disposizioni del D.Lgs. 18 del 1999.
Nella nota della Rappresentanza permanente datata 10 maggio 2002 si affermava che le autorità italiane si facevano riserva di comunicare gli ulteriori sviluppi della questione e attestavano la loro volontà di porre fine alle infrazioni sussistenti. In data 19 dicembre 2002 la Commissione, in base all’art. 226 CE, ha proposto ricorso, nel cui atto introduttivo la Commissione formulava tre censure a carico dello Stato membro. In particolare, le tre censure riguardano le seguenti situazioni:
- il mancato recepimento, nel D.Lgs. 18 del 1999 della durata massima di sette anni per la selezione dei prestatori di servizi di assistenza a terra, come previsto dall’articolo 11, n. 1, lett. d), della direttiva;
- l’introduzione, con l’articolo 14 del D.Lgs. 18 di una misura sociale incompatibile con l’articolo 18 della direttiva;
- la previsione, nel successivo articolo 20, di alcune disposizioni transitorie non autorizzate dalla direttiva.
Con lettera datata 19 gennaio 2004, il Governo italiano comunicò alla Corte che la legge 31 ottobre 2003, n. 306, recante modifica del D.Lgs. n. 18 del 1999, aveva introdotto il riferimento espresso alla durata massima di sette anni per la selezione dei prestatori. In relazione a ciò, con lettera depositata presso la cancelleria della Corte il 24 marzo 2004, la Commissione ha deciso di rinunciare parzialmente al proprio ricorso limitatamente alla prima censura, esaminando le altre due.
Relativamente alle disposizioni di protezione sociale, la Commissione ha ritenuto che la misura italiana eccedesse le misure che avrebbero potuto essere considerate necessarie per la tutela dei diritti dei lavoratori, conformemente all’articolo 18 della direttiva, in quanto tale misura prevedeva la riassunzione sistematica del personale da parte del nuovo gestore, indubbiamente in proporzione all’attività acquisita, ma in modo incondizionato.
Successivamente, l’articolo 3, comma 8, del D.Lgs. 9 maggio 2005, n. 96, concernente la revisione della parte aeronautica del Codice della navigazione, a norma dell'articolo 2 della L. 9 novembre 2004, n. 265, ha modificato il testo del richiamato articolo 14.
Il nuovo testo ha previsto che, salva restando l'applicazione di specifiche norme contrattuali di tutela, l'ENAC, in esecuzione delle direttive delle Amministrazioni competenti e nell'ambito delle vigenti disposizioni in materia, assicurasse, senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica, nel caso di trasferimento delle attività concernenti una o più categorie di servizi di assistenza a terra (di cui agli allegati A e B del D.Lgs. 18/1999 stesso), l'applicazione delle misure di protezione sociale previste dalla normativa vigente, privilegiando il reimpiego del personale in attività analoghe che richiedono il possesso di particolari requisiti di sicurezza da parte del personale addetto.
In data 4 aprile 2006, tuttavia, la Commissione ha emesso un parere motivato, ritenendo che l’articolo 14 del D.Lgs. 18/1999, anche nella formulazione come modificata dal D.Lgs. 96/2005, non garantisse il libero accesso del mercato dei servizi di assistenza a terra, in quanto prevedere l’obbligo per l’Enac di privilegiare il reimpiego del personale equivale di fatto ad obbligare il nuovo gestore a riassumere il personale operante al servizio del precedente, anche in virtù delle molteplici funzioni e poteri conferiti all’ENAC dal D.Lgs. n. 18/1999, che pongono l’ente in una posizione che gli consente di imporre ai nuovi prestatori di servizi il reimpiego del personale del precedente prestatore.
Art. 14. Protezione sociale. Formulazione originaria |
Art. 14. Protezione sociale. Formulazione previgente |
Art. 14. Protezione sociale. Formulazione vigente |
1. Nel garantire il libero accesso al mercato dei servizi di assistenza a terra, nei trenta mesi successivi alla data di entrata in vigore del presente decreto si deve salvaguardare il mantenimento dei livelli di occupazione e della continuità del rapporto di lavoro del personale dipendente dal precedente gestore.
2. Salva restando l'ipotesi di trasferimento di ramo d'azienda, ogni trasferimento di attività concernente una o più categorie di servizi di assistenza a terra di cui agli allegati A e B comporta il passaggio del personale, individuato dai soggetti interessati d'intesa con le organizzazioni sindacali dei lavoratori, dal precedente gestore del servizio stesso al soggetto subentrante, in misura proporzionale alla quota di traffico o di attività acquisita da quest'ultimo. |
1. Salva restando l'applicazione di specifiche norme contrattuali di tutela, l'ENAC, in esecuzione delle direttive delle Amministrazioni competenti e nell'àmbito delle vigenti disposizioni in materia, assicura, senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica, nel caso di trasferimento delle attività concernenti una o più categorie di servizi di assistenza a terra di cui agli allegati A e B, l'applicazione delle misure di protezione sociale previste dalla normativa vigente, privilegiando il reimpiego del personale in attività analoghe che richiedono il possesso di particolari requisiti professionali e di sicurezza da parte del personale addetto. |
1.Fatte salve le disposizioni normative e contrattuali di tutela, senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica, nel caso di trasferimento delle attività concernenti una o più categorie di servizi di assistenza a terra di cui agli allegati A e B, al fine di individuare gli strumenti utili a governare gli effetti sociali derivanti dal processo di liberalizzazione, il Ministro dei trasporti, di concerto con il Ministro del lavoro e della previdenza sociale, garantisce il coinvolgimento dei soggetti sociali, anche a mezzo di opportune forme di concertazione. |
Documenti all’esame delle istituzioni dell’UE
(a cura dell’Ufficio rapporti con l’Unione europea
La Commissione ha preannunciato la presentazione, il 24 gennaio 2006, di un pacchetto di misure nel settore aeroportuale che comprenderà, fra l’altro, una relazione sull’applicazione della direttiva 96/67/CE relativa all’accesso al mercato dei servizi di assistenza a terra negli aeroporti comunitari.
Procedure di contenzioso in sede comunitaria
(a cura dell’Ufficio rapporti con l’Unione europea
Il 4 aprile 2006 la Commissione europea ha inviato all’Italia un parere motivato[10], in base all’articolo 228 del Trattato CE[11], per non aver adottato le misure volte a dare esecuzione alla sentenza (causa C-460/02)della Corte di giustiziadel 9 dicembre 2004. Tale sentenza ha accertato la non conformità alla citata direttiva 96/67/CE degli articoli 14 e 20 del decreto legislativo 13 gennaio 1999, n. 18, attuativo della direttiva medesima.
Con lettere del 18 luglio 2005, del 27 dicembre 2005 e del 17 febbraio 2006 il Governo italiano ha informato la Commissione delle misure adottate per dare esecuzione alla sentenza della Corte, mediante la modifica dell’articolo 14 e l’abrogazione dell’articolo 20 del citato decreto legislativo n. 18 del 1999 (cfr. sopra).
La Commissione ha riconosciuto che l’abrogazione dell’articolo 20 operato dalla legge comunitaria per il 2005 (legge 25 gennaio 2006, n. 29) ottempera al dettato della sentenza. Secondo la Commissione, invece, la modifica dell’articolo 14 non assicurerebbe un’esecuzione completa e conforme della sentenza della Corte.
Nel parere motivato la Commissione osserva che in base alla nuova formulazione dell’articolo 14 “….l’ENAC …assicura…., nel caso di trasferimento delle attività concernenti una o più categorie di servizi di assistenza a terra…., l’applicazione delle misure di protezione sociale previste dalla normativa vigente, privilegiando il reimpiego del personale in attività analoghe che richiedono il possesso di particolari requisiti di sicurezza”.
La Commissione ricorda che, nella lettera del 27 dicembre 2005, il governo italiano sostiene che la nuova formulazione dell’articolo 14 tiene debito conto delle disposizioni comunitarie vigenti in quanto è stato eliminato l’obbligo per il nuovo gestore di assumere il personale in servizio presso il precedente gestore. La Commissione ritiene tuttavia che, nel momento in cui il nuovo articolo 14 dà mandato all’ENAC di privilegiare il reimpiego del personale del precedente gestore qualora il nuovo gestore intenda fornire servizi di assistenza a terra che richiedono speciali requisiti di sicurezza da un punto di vista tecnico e delle persone, esso è incompatibile con l’articolo 18 della direttiva 96/67/CE.
Al riguardo, la Commissione ricorda che, ai sensi dell’articolo 11, paragrafo 1, lettera c), della direttiva 96/67/CE l’ENAC è responsabile della selezione dei fornitori di servizi di assistenza a terra laddove, come è il caso in Italia, l’ente di gestione dell’aeroporto fornisce esso stesso servizi di assistenza a terra. In conformità con tale disposizione, l’articolo 10 del decreto n. 18 del 1999 conferisce all’ENAC il diritto di accesso agli impianti aeroportuali e l’articolo 11 fa riferimento alla valutazione dell’ENAC dei requisiti di ammissibilità.
Il parere motivato rileva che le molteplici funzioni e i poteri conferiti all’ENAC dal decreto n. 18 pongono tale ente in una posizione che gli consente di imporre ai nuovi prestatori di servizi di assistenza a terra il reimpiego del personale del precedente prestatore. La Commissione conclude che se l’ENAC non provvedesse in tal senso, violerebbe l’obbligo previsto dal nuovo articolo 14 di privilegiare il reimpiego del personale.
Pertanto la disposizione in questione rimarrebbe incompatibile con l’ordinamento comunitario.
Articolo
4
(Misure conseguenti a pronunce della
Corte di giustizia
delle Comunità europee)
1. In esecuzione dell'ordinanza del Presidente della Corte di giustizia delle Comunità europee 19 dicembre 2006, in causa C-503/06, è sospesa l'applicazione della legge della regione Liguria 31 ottobre 2006, n. 36.
L’articolo 4 provvede all’esecuzione dell’ordinanza della Corte di Giustizia europea del 19 dicembre 2006 che chiede all’Italia di sospendere l’applicazione della legge della regione Liguria n. 36/2006, con la quale sono stabilite deroghe alle specie cacciabili per la stagione venatoria 2006/2007.
Come esplicitamente indicato nella relazione che accompagna il disegno di legge, la disposizione in esame applica l’articolo 120, secondo comma della Costituzione e l’articolo 8, comma 4, della legge n. 131/2003. Si tratta quindi di un intervento sostitutivo del Governo adottato in un caso di assoluta urgenza nei confronti di un atto di una regione, in questo caso per il mancato rispetto della normativa comunitaria.
L’intervento sostitutivo si concretizza nella sospensione degli effetti di una legge regionale. A tale proposito si ricorda che a partire dalla legge finanziaria per il 2003[12] (legge n. 289/2002, articolo) è stata già disposta, a più riprese, la sospensione degli effetti di leggi regionali, in relazione agli aumenti delle addizionali regionali e comunali all’IRPEF, nonché alla maggiorazione dell’aliquota dell’IRAP.
In tema di deroghe alle specie cacciabili, si ricorda inoltre che il Governo ha emanato il Decreto-Legge 16 agosto 2006, n. 251, con cui tra l’altro ha disposto la sospensione degli effetti delle deroghe adottate dalle regioni in difformità dall’ordinamento comunitario e statale, nonché l’abrogazione e l’annullamento delle leggi e degli atti regionali difformi, una volta trascorso il termine di novanta giorni dall’entrata in vigore del decreto-legge senza che le Regioni abbiano provveduto ad adeguarvisi. Il Decreto–legge è poi decaduto per mancata conversione in legge.
L’Ordinanza del Presidente della Corte di Giustizia delle Comunità europee risponde ad una richiesta della Commissione delle Comunità europee nell’ambito di un ricorso per inadempimento (procedimento C-503/06 R) che ha ad oggetto la citata legge della regione Liguria, in quanto non conforme alla direttiva 79/409/CEE concernente la conservazione degli uccelli selvatici, in particolare all’articolo 9 che stabilisce le condizioni per autorizzare la caccia anche di specie protette.
La legge regionale n. 36/2006 autorizza per la stagione venatoria 2006/6007 il prelievo in deroga di esemplari della specie storno, al fine di prevenire gravi danni alle colture olivicole della regione. Il prelievo è autorizzato su tutto il territorio regionale dal giorno dell’entrata in vigore della legge (31 ottobre 2006) fino al 31 gennaio 2007, ai cacciatori in possesso del tesserino venatorio regionale. La legge stabilisce inoltre i mezzi e le modalità di prelievo, i limiti massimi di prelievo giornaliero e stagionale per cacciatore, le modalità per i necessari controlli.
Secondo le motivazioni addotte dalla Commissione europea ai fini del ricorso – e riportate nella citata ordinanza della Corte di Giustizia – la legge regionale n. 36/2006, autorizza la continuazione di una pratica regolare della caccia ad uccelli protetti dalla direttiva 79/409, senza rispettare tutte le condizioni poste dall’articolo 9 della direttiva per il prelievo in deroga. In particolare:
§ non sarebbe stata verificata l’inesistenza di altre soluzioni accettabili;
§ le condizioni per il prelievo venatorio sono stabilite in modo piuttosto ampio;
§ non sono indicate le ragioni per le quali è ritenuto necessario proteggere in tal modo l’olivicoltura della regione.
La Commissione sostiene che si ripropone la normativa regionale dettata dalla legge 5 ottobre 2001, n. 34, per cui era stata avviata la procedura d’infrazione (n. 2006/4043). Il Governo italiano, riconosciuta la non conformità alla normativa europea, ha emanato il già citato Decreto-Legge 16 agosto 2006, n. 251 (poi decaduto).
La regione Liguria ha successivamente abrogato la legge n. 34/2001 ed ha disciplinato, in via generale, il regime di deroga con la legge regionale 31 ottobre 2006, n. 35. La Commissione ritiene che la disciplina generale sia ora conforme alla normativa comunitaria dettata dall’articolo 9 della direttiva 79/409/CEE, mentre al contrario, la specifica deroga autorizzata con la legge regionale 31 ottobre 2006, n. 36 è in contrasto con i limiti disposti dalla normativa comunitaria.
La richiesta della Commissione europea – accolta dalla Corte di Giustizia – di provvedimenti temporanei in corso di giudizio, ovvero fino alla pronuncia con sentenza di merito, è giustificata dall’urgenza. Di fatto eventuali provvedimenti cautelari, terminata la stagione venatoria, non avrebbero più motivo di essere adottati ed il pregiudizio della specie protetta sarebbe irreparabile.
Documenti all’esame delle istituzioni dell’UE
(a cura dell’Ufficio rapporti con l’Unione europea
Conservazione uccelli selvatici
A seguito delle numerose controversie sorte negli ultimi anni a proposito della compatibilità della caccia con alcune disposizione della direttiva 79/409/CEE sulla conservazione degli uccelli selvatici, e in occasione del 25° anniversario della sua adozione, la Commissione ha presentato nell’agosto 2004 una Guida volta a chiarire le disposizioni della direttiva stessa con indicazioni più complete ed esaurienti.
Il 12 aprile 2006 la Commissione ha presentato una relazione sull’attuazione della direttiva 79/409/CEE (COM(2006)164). La relazione, sulla base delle informazioni trasmesse dagli Stati membri, offre una valutazione dei progressi compiuti a livello comunitario sull’attuazione della direttiva in questione. Inoltre, a seguito dell’esame dei dati riguardanti sia lo stato delle popolazioni di uccelli e dei loro habitat sia del loro impatto socio-economico, il documento procede ad una valutazione della direttiva stessa.
Procedure di contenzioso in sede comunitaria
(a cura dell’Ufficio rapporti con l’Unione europea
Ordinanza della Corte di giustizia
Il 19 dicembre 2006 la Corte di giustizia ha emesso un’ordinanza con la quale si ingiunge al governo italiano di sospendere l’applicazione della legge della regione Liguria 31 ottobre 2006, n. 36 (“Attivazione della deroga per la stagione venatoria 2006/2007 ai sensi dell’articolo 9, comma 1, lettera a, terza alinea, della direttiva 79/409/CEE sulla conservazione degli uccelli selvatici”) fino alla ordinanza definitiva del procedimento relativo alla causa C-503/06.
La causa è stata avviata a seguito del ricorso presentato dalla Commissione europea il 13 dicembre 2006, volto a far constatare il non rispetto da parte dell’Italia degli obblighi derivanti dall’art. 9 della direttiva 79/409/CEE citata, a seguito dell’approvazione da parte della Regione Liguria della normativa in questione, che consente l’attività venatoria nei confronti di determinate specie protette al fine di proteggere l’oleicoltura della regione.
Secondo la Commissione, tale normativa ha in sostanza l’effetto di ripristinare i contenuti di una regolamentazione anteriore (la legge regionale n. 34/2001, già oggetto della procedura d’infrazione n. 2006/4043) abrogata dalla legge della Regione Liguria del 31 ottobre 2006, n. 35, approvata peraltro contemporaneamente alla legge ora contestata. E ciò in assenza di una verifica dell’impossibilità di adottare soluzioni alternative
Nell’ordinanza la Corte precisa quindi come, pur in mancanza delle osservazioni da parte italiana sul ricorso della Commissione e anche considerando la più precisa formulazione della legge regionale n. 36/2006 rispetto alla legge regionale n. 34/2001, sia tuttavia indubbio che la Regione Liguria autorizzi un’attività venatoria a specie protette in “maniera assai ampia e senza specificare in maniera adeguata le ragioni per le quali è considerato necessario proteggere in questo modo l’oleicoltura ligure”; tale attività venatoria pertanto non ha quindi carattere eccezionale e la deroga nel suo insieme non è sufficientemente giustificata.
Procedura d’infrazione n. 2006/4043
Il 5 luglio 2006 la Commissione ha inviato all’Italia un parere motivato[13] riguardante la violazione dell’articolo 9 della direttiva 79/409/CEE da parte del sistema di deroghe al regime di protezione degli uccelli selvatici adottato dalla Regione Liguria.
La Regione Liguria ha adottato la legge n. 34 del 5 ottobre 2001 “Attuazione dell’articolo 9 della direttiva comunitaria 79/409/CEE”, che ha come scopo la regolamentazione delle modalità di adozione delle deroghe al regime di protezione degli uccelli selvatici ai sensi dell’articolo 9 della direttiva. Tale legge è stata poi modificata dalla legge regionale 1 agosto 2002, n. 31. Il parere motivato faceva riferimento al testo all’epoca vigente della legge.
La Commissione rileva che la legge n. 34 del 2001 non è conforme all’articolo 9 della direttiva 79/409/CEE, in quanto non contiene l’indicazione esplicita delle specie che potranno essere oggetto di deroga ai sensi dell’articolo 9. Tale disposizione è contraria all’articolo 9 della direttiva, in quanto identifica in maniera generale ed astratta e senza limiti temporali le specie oggetto della deroga.
Inoltre, non è in linea con l’articolo 9 della citata direttiva, in una legge che costituisce il quadro normativo per l’esercizio delle deroghe, la mancata previsione dell’obbligo di indicare la motivazione per cui si ritiene opportuna una determinata deroga.
Infine, la legge non prevede il rispetto:
- della condizione relativa alla verifica della mancanza di altre soluzioni soddisfacenti;
- dell’indicazione dell’autorità abilitata a dichiarare se le condizioni stabilite siano realizzate e a decidere quali mezzi, impianti e metodi possano essere utilizzati nonché entro quali limiti e da quali persone.
La non conformità alla direttiva della suindicata normativa è altresì confermata dalle violazioni che sono riscontrabili nella fase applicativa. Infatti, nell’ambito della delibera 1085 del 23 settembre 2005 della Giunta regionale della Regione Liguria non risulta l’esame di altre soluzioni soddisfacenti, non viene data motivazione del perché sia necessario l’abbattimento degli storni, ai sensi della lettera a), paragrafo 1, né è data motivazione del perché sia necessario abbattere una piccola quantità di fringuelli, ai sensi della lettera c), paragrafo 1, dell’articolo 9 della direttiva. Inoltre, il fatto che la deroga si richiami al contingente abbattibile di una determinata specie, come definito annualmente dall’INFS (Istituto nazionale per la fauna selvatica), non costituisce motivazione sufficiente in ordine alla necessità di abbattere un certo numero di esemplari di quella specie. I motivi per cui viene deliberato l’abbattimento devono essere spiegati nelle singole deroghe.
Al riguardo, si ricorda che l’art. 9 della direttiva 79/409/CEE (relativo alle deroghe che gli Stati membri hanno il potere di introdurre, solo in via eccezionale, per consentire l’abbattimento di esemplari di specie protette, in vista della tutela di fini di interesse generale e per una serie specifica di motivi tra cui quello relativo alla prevenzione di danni alle colture) è stato recepito dalla legge n. 221 del 2002, che ha introdotto l’articolo 19-bis nella legge n. 157 del 1992; la legge statale funge da legge-quadro, in quanto le regioni sono responsabili dell’applicazione delle deroghe mediante normative regionali che individuano le regole in base alle quali tali deroghe possono essere autorizzate. In particolare, per le deroghe volte a consentire in condizioni rigidamente controllate e in modo selettivo la cattura, la detenzione o altri impieghi misurati di determinati uccelli in piccole quantità esiste un protocollo di intesa nell’ambito della Conferenza Stato-Regioni del 29 aprile 2004. E’ proprio in base a tale protocollo che, su indicazione dell’INFS, viene definita annualmente la piccola quantità massima prelevabile di singole specie a livello nazionale e regionale.
La violazione delle regole stabilite nel suddetto protocollo per il rispetto su base nazionale del requisito della piccola quantità sono da considerare violazione dell’articolo 9 della direttiva medesima, in quanto i riferimenti normativi per individuare la piccola quantità su scala nazionale sono il considerando 11 della direttiva, la giurisprudenza della Corte di giustizia e la “Guida della disciplina della caccia nell’ambito della direttiva 79/409/CEE” della Commissione europea. Secondo la Commissione, mentre la legge-quadro 221 del 2002 recepisce correttamente l’articolo 9, le normative regionali che disciplinano l’adozione delle deroghe e i singoli atti di deroga adottati dalle regioni non sono spesso conformi all’articolo 9 per i seguenti motivi: l’assenza di alcuni requisiti di cui all’articolo 9; la mancata indicazione di una delle ragioni di cui all’articolo 9 come motivo per cui si ritiene necessaria una determinata deroga. La Commissione rileva inoltre che, ad eccezione delle leggi provvedimento valide solo per una stagione venatoria, per le quali vale l’obbligo di motivazione, sono contrarie alla direttiva le leggi regionali che contengono già l’indicazione delle specie che potranno essere oggetto della deroga ai sensi dell’articolo 9 in quanto identificano in maniera generale ed astratta e senza limiti di tempo le specie oggetto della deroga mentre, nel sistema della direttiva, la deroga è un provvedimento eccezionale di carattere provvedimentale che viene adottato in base ad una precisa e puntuale analisi dei presupposti e delle condizioni stabilite dall’articolo 9. A volte le specie cacciabili in deroga sono indicate in un allegato alla legge regionale; ciò può essere considerato non contrario alla direttiva solo se la legge ne prevede una revisione annuale in base ai requisiti dell’articolo 9.
Procedura d’infrazione n. 2006/2131
Più in generale, in materia di recepimento della direttiva 79/409/CEE sulla conservazione degli uccelli selvatici, la Commissione europea ha inviato all’Italia, il 4 luglio 2006, un parere motivato[14] per non conformità della normativa italiana alla direttiva medesima e per la non corretta applicazione della stessa. La Commissione rileva la non conformità alla medesima direttiva della normativa statale e di quella di tredici regioni (Abruzzo, Emilia-Romagna, Toscana, Friuli-Venezia Giulia, Lazio, Marche, Puglia, Umbria, Calabria, Lombardia, Veneto, Sardegna e Liguria[15]).
Nei rilievi mossi, la Commissione constata che il sistema di recepimento della direttiva 79/409/CEE nell’ordinamento italiano non è completamente conforme alla direttiva e non ne garantisce la corretta applicazione, anche per quanto riguarda la costante e prolungata cattiva applicazione dell’articolo 9 della direttiva medesima. Un’ulteriore violazione è costituita dal sistema molto lento di controllo di legittimità delle deroghe previsto dalla legge 221 del 2002 per il quale, nel caso in cui le deroghe siano dichiarate illegittime, l’annullamento interviene quando la deroga ha esaurito i suoi effetti. Tale sistema perde quindi la sua natura deterrente, tanto che regioni e province hanno adottato deroghe non conformi alla direttiva unicamente per permettere la caccia fra la data dell’adozione e la data di annullamento dell’atto di deroga.
Si ricorda, infine, che l’articolo 1, comma 1226, della legge n. 296/2006 (legge finanziaria 2007) prescrive alle regioni ed alle province autonome di attuare quanto previsto dagli articoli 4 e 6 del decreto del Presidente della Repubblica 8 settembre 1997, n. 357 entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, per evitare l’insorgere di ulteriori procedure d’infrazione in sede comunitaria. Il citato D.P.R., infatti, dà attuazione alla direttiva 92/43/CEE, relativa alla conservazione degli habitat naturali e seminaturali, nonché della flora e della fauna selvatiche, e in parte alla direttiva 79/409/CEE.
Articolo 5
(Agenzia nazionale per i giovani)
1. In attuazione della decisione n. 1719/2006/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 15 novembre 2006, è costituita, ai sensi dell'articolo 8 del decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 300, l'Agenzia nazionale per i giovani, con sede in Roma. Le funzioni di indirizzo e vigilanza sull'Agenzia sono esercitate congiuntamente dal Presidente del Consiglio dei Ministri o dal Ministro delegato per le politiche giovanili e dal Ministro della solidarietà sociale.
2. A decorrere dalla data di entrata in vigore del presente decreto sono trasferite all'Agenzia nazionale per i giovani le dotazioni finanziarie, strumentali e di personale dell'Agenzia nazionale italiana gioventù, costituita presso il Ministero della solidarietà sociale, che viene conseguentemente soppressa.
La norma in esame istituisce, ai sensi dell'articolo 8 del decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 300[16], l'Agenzia nazionale per i giovani, con sede in Roma, in attuazione della decisione n. 1719/2006/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 15 novembre 2006. Il Presidente del Consiglio dei Ministri o il Ministro delegato per le politiche giovanili e il Ministro della solidarietà sociale esercitano congiuntamente le funzioni di indirizzo e vigilanza sulla suddetta Agenzia (comma 1).
Dalla data di entrata in vigore del decreto-legge (27 dicembre 2006) sono trasferite alla suddetta Agenzia nazionale per i giovani le dotazioni finanziarie, strumentali e di personale dell'Agenzia nazionale italiana gioventù, costituita presso il Ministero della solidarietà sociale, che viene conseguentemente soppressa (comma 2).
La decisione n. 1719/2006/CE[17] del Parlamento europeo e del Consiglio, del 15 novembre 2006, istituisce il programma “Gioventù in azione” per il periodo 2007-2013, che sostituisce il precedente programma “Gioventù”, al fine di sviluppare la cooperazione nel settore della gioventù nell'Unione europea. In particolare, gli obiettivi generali del programma sono i seguenti:
a) promuovere la cittadinanza attiva dei giovani, in generale, e la loro cittadinanza europea in particolare;
b) sviluppare la solidarietà e promuovere la tolleranza fra i giovani, in particolare per rafforzare la coesione sociale dell’Unione europea;
c) favorire la comprensione reciproca tra i giovani di paesi diversi;
d) contribuire allo sviluppo della qualità dei sistemi in sostegno alle attività dei giovani ed allo sviluppo della capacità delle organizzazioni della società civile nel settore della gioventù;
e) favorire la cooperazione europea nel settore della gioventù.
Il suddetto programma è attuato attraverso le seguenti cinque azioni, dettagliatamente elencate nell’allegato alla decisione stessa:
- gioventù per l'Europa;
- il servizio volontario europeo;
- gioventù nel mondo;
- sistemi di sostegno per i giovani;
- sostegno alla cooperazione europea nel settore della gioventù.
A tale programma possono partecipare principalmente: gli Stati membri; gli Stati dell’EFTA (Associazione europea di libero scambio)[18]; i paesi candidati[19]; i paesi dei Balcani occidentali[20]; la Svizzera, sotto riserva della conclusione di un apposito accordo bilaterale.
Le attività previste si rivolgono ai giovani dai 15 ai 28 anni, benché determinate azioni siano aperte ai giovani di età compresa tra i 13 e i 30 anni. Il programma stesso è inteso a sostenere progetti senza scopo di lucro a favore dei giovani, delle organizzazioni giovanili, delle organizzazioni e associazioni senza scopo di lucro nonché, in alcuni casi debitamente giustificati, degli altri partner attivi nel settore della gioventù.
Per l’attuazione del citato programma è stabilito, per il periodo considerato, un finanziamento di 885 milioni di euro.
La suddetta decisione si applica con decorrenza 1° gennaio 2007.
L'articolo 8 del citato decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 300 stabilisce l'ordinamento delle agenzie ed, in particolare, prevede, al comma 1, che tali agenzie sono strutture che svolgono attività a carattere tecnico-operativo di interesse nazionale, in atto esercitate da ministeri ed enti pubblici. Tali agenzie operano al servizio delle amministrazioni pubbliche, comprese quelle regionali e locali. Il comma 2 del citato articolo precisa altresì che tali agenzie hanno piena autonomia nei limiti stabiliti dalla legge e sono sottoposte al controllo della Corte dei conti e ai poteri di indirizzo e di vigilanza di un ministro, secondo le disposizioni previste dalla suddetta norma e da quelle generali[21].
Si ricorda che il decreto-legge 18 maggio 2006, n. 181[22], all’articolo 1, comma 19, lettera d), attribuisce al Presidente del Consiglio dei ministri le funzioni di indirizzo e coordinamento in materia di politiche giovanili. In precedenza le competenze in materia di politiche giovanili erano esercitate, ai sensi dell’articolo 46, comma 1, lettera c), del predetto decreto legislativo n. 300 del 1999, dal Ministero del lavoro e delle politiche sociali, attraverso la Direzione generale per la famiglia, i diritti sociali e la responsabilità sociale delle imprese (CSR). Il citato decreto-legge n. 181 del 2006 specifica che il trasferimento di competenze riguarda anche le funzioni statali in materia di coordinamento delle politiche per le giovani generazioni, ivi comprese le funzioni di indirizzo e vigilanza sull’Agenzia nazionale italiana del programma comunitario gioventù, esercitate congiuntamente con il Ministro della solidarietà sociale (vedi anche il comma 6 dell’articolo 1).
In particolare, l’Agenzia nazionale italiana del programma comunitario gioventù ha il compito di realizzare il programma d’azione comunitaria Gioventù per il periodo 2000-2006, di cui alla decisione n. 1031/2000/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 13 aprile 2000.
Con il decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 15 giugno 2006[23] è stata conferita la delega relativa alle funzioni di indirizzo e coordinamento di tutte le iniziative in materia, anche di carattere normativo, al Ministro senza portafoglio per le politiche giovanili e le attività sportive. In particolare, salve le competenze attribuite dalla legge ai singoli Ministri, il Ministro per le politiche giovanili e le attività sportive è delegato:
a) a coordinare le azioni di Governo volte ad assicurare l'attuazione delle politiche in favore dei giovani in ogni ambito, ivi compresi gli ambiti economico, fiscale, del lavoro, dell'istruzione e della cultura, anche mediante il coordinamento dei programmi finanziati dall'Unione europea;
b) a coordinare le azioni di Governo in materia di scambi internazionali giovanili;
c) ad esercitare, congiuntamente con il Ministro della solidarietà sociale, le funzioni di indirizzo e vigilanza dell'Agenzia nazionale italiana del programma comunitario gioventù, nonché a presiedere il Forum nazionale dei giovani[24].
Articolo
6
(Disposizione finanziaria)
1. Dall'attuazione degli articoli 1, 2, 3 e 4 non devono derivare nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica o minori entrate.
2. Per l'attuazione dell'articolo 5 è autorizzata la spesa di euro 600.000 annui per ciascuno degli anni 2007, 2008 e 2009. Al relativo onere si provvede, per ciascuno degli anni 2007, 2008 e 2009, quanto ad euro 300.000, mediante riduzione dell'autorizzazione di spesa di cui all'articolo 19, comma 2, del decreto-legge 4 luglio 2006, n. 223, convertito, con modificazioni, dalla legge 4 agosto 2006, n. 248, e, quanto ad euro 300.000, mediante riduzione dell'autorizzazione di spesa di cui all'articolo 20, comma 8, della legge 8 novembre 2000, n. 328, e successive modificazioni, come determinata dalla tabella C della legge 23 dicembre 2005, n. 266. Per gli anni successivi all'anno 2009 si provvede ai sensi dell'articolo 11, comma 3, lettera d), della legge 5 agosto 1978, n. 468, e successive modificazioni. Il Ministro dell'economia e delle finanze è autorizzato ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio.
Il comma 1 dispone che l’attuazione degli articoli da 1 a 4 del provvedimento in esame non deve comportare nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica, ovvero minori entrate.
Il comma 2 reca la norme di copertura finanziaria degli oneri derivanti dall’attuazione dell’articolo 5, istitutivo dell’Agenzia nazionale per i giovani. A tal fine, la norma autorizza la spesa di 600.000 euro annui, disponendo che tale onere sia coperto per il triennio 2007-2009 nel modo seguente:
§ quanto a 300.000 euro, mediante corrispondente riduzione dell’autorizzazione di spesa relativa al Fondo per le politiche giovanili, istituito dall’articolo 19, comma 2, del D.L. n. 223 del 2006, con una dotazione di 3 milioni di euro per l’anno 2006 e di 10 milioni di euro a decorrere dal 2007. La legge finanziaria per il 2007 (legge n. 296/2006) ha peraltro disposto all’articolo 1, comma 1290, un’integrazione delle risorse del suddetto Fondo, per un importo di 120 milioni di euro per ciascuno degli anni 2007, 2008 e 2009;
§ quanto a ulteriori 300.000 euro, mediante corrispondente riduzione dello stanziamento relativo al Fondo per le politiche sociali, di cui all'articolo 20, comma 8, della legge n. 328/20002, come determinato dalla Tabella C della legge finanziaria.
Si segnala a tale proposito che il comma in esame fa riferimento alla legge finanziaria per il 2006 (legge 23 dicembre 2005, n. 266) che definisce lo stanziamento del Fondo per le politiche sociali per il triennio 2006, 2007 e 2008 (in particolare, 1.157 milioni di euro per il 2006 e 1.161 milioni di euro per il 2007 e il 2008) e non reca alcuna quantificazione per l’anno 2009.
Sarebbe pertanto opportuno che la norma facesse riferimento alla legge finanziaria per il 2007 (legge 27 dicembre 2006, n. 296) che reca in Tabella C la quantificazione del Fondo per le politiche sociali per gli anni 2007, 2008 e 2009: è sugli stanziamenti autorizzati per tali anni che viene, infatti, effettuata la copertura finanziaria degli oneri in esame.
In particolare, la Tabella C della legge finanziaria 2007 quantifica il Fondo in 1.635 milioni di euro per il 2007, in 1.646 milioni per il 2008 e in 1.379 milioni per 2009.
Nel bilancio di previsione per l’anno finanziario 2007 (legge n. 298/2006), il Fondo per le politiche sociali, iscritto nell’ambito del nuovo Ministero della solidarietà sociale (U.P.B. 4.1.5.2/cap. 3671), risulta dotato, per l’anno 2007, di 1.637,1 milioni di euro.
Infatti, in aggiunta a quanto determinato dalla Tabella C, la stessa legge finanziaria, all’articolo 1, comma 1269, destina al suddetto Fondo risorse per ulteriori 2,25 milioni di euro per gli anni 2007 e 2008, riducendo in modo corrispondente per il suddetto biennio le risorse destinate alla Fondazione per la responsabilità sociale d’impresa.
Ilsuccessivo comma 1277 dispone invece una riduzione di 250.000 euro annui per il periodo 2007-2009 del Fondo per le politiche sociali, a copertura del corrispondente incremento, per il sopra citato periodo, del cosiddetto Fondo Bacchelli istituito dalla legge 440/1985.
Per gli anni successivi al 2009, il comma dispone che il finanziamento annuale dell’Agenzia nazionale per i giovani istituita dall’articolo 5, sia iscritto nella Tabella C della legge finanziaria.
Il comma autorizza altresì il Ministro dell’economia ad apportare, con decreto, le occorrenti variazioni di bilancio.
[1] Convertito in legge, con modificazioni, dalla legge 17 luglio 2006, n. 233, (Disposizioni urgenti in materia di riordino delle attribuzioni della Presidenza del Consiglio dei Ministri e dei Ministeri).
[2] Il Comitato di Basilea, costituito nel 1974, è formato dai rappresentanti delle banche centrali e delle autorità di vigilanza bancaria di numerosi Stati (Belgio, Canada, Francia, Germania, Italia, Giappone, Lussemburgo, Paesi Bassi, Spagna, Svezia, Confederazione elvetica, Gran Bretagna e Stati Uniti), e costituisce una sede di cooperazione internazionale per le materie attinenti alla vigilanza sull’attività delle banche. Le funzioni di segreteria sono svolte dalla Banca per i regolamenti internazionali con sede in Basilea. Il Comitato non adotta provvedimenti aventi valore giuridico, ma formula criteri generali, regole di condotta e princìpi volti a realizzare le più efficaci prassi di vigilanza, che le singole autorità nazionali sono invitate ad adottare, con gli adattamenti necessari, secondo i rispettivi ordinamenti. In tal modo il Comitato promuove la convergenza nelle pratiche di vigilanza attraverso l’utilizzazione di princìpi comuni.
Il primo Accordo di Basilea, elaborato nel 1988, consiste in un sistema comune di valutazione del capitale e del rischio di credito, adottato a fini di vigilanza bancaria non solo dagli Stati partecipanti al Comitato, ma sostanzialmente in quasi tutti gli Stati in cui esistono banche operanti sui mercati internazionali. Il testo della formulazione riveduta dell’Accordo (detta Basilea II), adottata nel 2004, si può rinvenire, anche in traduzione italiana, nel sito internet della Banca dei regolamenti internazionali (www.bis.org).
[3] Il Comitato economico e finanziario è l’organismo comunitario chiamato a seguire la situazione economica e finanziaria degli Stati membri della Comunità e a riferirne regolarmente all’Ecofin e alla Commissione. Il Comitato deve inoltre contribuire alla formulazione delle decisioni richieste dalla procedura di deficit eccessivo.
[4] Testo rinvenibile nel sito internet della Banca dei regolamenti internazionali (www.bis.org/publ/bcbs88.pdf).
[5] Cfr. anche il Bollettino tematico n.3, a cura dell’Ufficio RUE, del 5 ottobre 2006.
[6] Il cosiddetto metodo Lamfalussy è un modello decisionale che trova applicazione per l’adozione e l’attuazione degli atti legislativi comunitari nel settore dei servizi finanziari (valori mobiliari, banche e assicurazioni). In particolare, il modello prevede l’articolazione del processo decisionale in quattro livelli:
- al primo livello si colloca l’attività legislativa in senso stretto (adozione di regolamenti o direttive secondo la procedura di codecisione). In questa fase, in relazione alla materia bancaria, la Commissione consulta, prima di presentare le relative proposte legislative, il Comitato bancario europeo (EBS);
- al secondo livello intervengono le disposizioni di attuazione poste in essere dalla Commissione, sulla base della delega contenuta nell’atto legislativo, in conformità alla procedura di regolamentazione (una delle procedure di comitatologia di cui alla decisione 1999/468/CE). A tal fine la Commissione, in relazione alla materia bancaria, è assistita dal Comitato bancario europeo (EBS), che opera quale comitato di regolamentazione, e consulta il Comitato europeo dei controllori bancari(CEBS);
- il terzo livello decisionale consiste, in relazione al settore bancario, nel coordinamento, in via informale in seno al CEBS, delle attività delle autorità nazionali di regolazione e vigilanza sulle banche, al fine di garantire un recepimento uniforme e coerente delle disposizioni adottate ai primi due livelli;
- al quarto livello decisionale si colloca, infine, l’attività di attuazione, in via legislativa e amministrativa, delle norme comunitarie da parte degli Stati membri e il relativo controllo della Commissione europea.
[7] Procedura n. 2005/2422.
[8] Sono imprese d’investimento le imprese la cui occupazione o attività abituale consiste nel prestare servizi d’investimento a terzi o nell'effettuare una o più attività d’investimento a titolo professionale.
[9] Per il cui recepimento è stata conferita delega legislativa al Governo dalla legge 18 aprile 2005, n. 62 (modificata dall’articolo 16 della legge 25 gennaio 2006, n. 29).
[10] Procedura di infrazione n. 1999/4472.
- “1. Quando la Corte di giustizia riconosca che uno Stato membro ha mancato ad uno degli obblighi ad esso incombenti in virtù del presente trattato, tale Stato è tenuto a prendere i provvedimenti che l'esecuzione della sentenza della Corte di giustizia comporta.
- 2. Se ritiene che lo Stato membro in questione non abbia preso detti provvedimenti, la Commissione, dopo aver dato a tale Stato la possibilità di presentare le sue osservazioni, formula un parere motivato che precisa i punti sui quali lo Stato membro in questione non si è conformato alla sentenza della Corte di giustizia.
Qualora lo Stato membro in questione non abbia preso entro il termine fissato dalla Commissione i provvedimenti che l'esecuzione della sentenza della Corte comporta, la Commissione può adire la Corte di giustizia. In questa azione essa precisa l'importo della somma forfetaria o della penalità, da versare da parte dello Stato membro in questione, che consideri adeguato alle circostanze.
La Corte di giustizia, qualora riconosca che lo Stato membro in questione non si è conformato alla sentenza da essa pronunciata, può comminargli il pagamento di una somma forfettaria o di una penalità. Questa procedura lascia impregiudicate le disposizioni dell'articolo 227.”
[12] La sospensione è stata disposta una prima volta dall’articolo 3, comma 1, lettera a) della legge n. 289/2002 (legge finanziaria per il 2003) e confermata per gli anni successivi.
[13] Il parere motivato fa seguito ad una lettera di messa in mora del 10 aprile 2006, con cui la Commissione chiedeva all’Italia di inviare le proprie osservazioni entro il termine di due mesi, come previsto dall’articolo 226 del Trattato CE. L’Italia non ha risposto alla lettera di messa in mora e con una lettera del 12 giugno 2006 ha chiesto una proroga di due mesi al termine fissato nella lettera di messa in mora, al fine di potere completare l’esame delle risposte fornite dalle amministrazioni locali interessate. La Commissione ha deciso di non concedere la proroga sia perché la richiesta in tal senso le è pervenuta dopo la scadenza del termine di due mesi fissato nella lettera di messa in mora sia per la necessità di adeguare tempestivamente la legislazione italiana alla direttiva 79/409/CEE in considerazione dell’imminente apertura della stagione venatoria.
[14] Il parere motivato fa seguito ad una lettera di messa in mora del 10 aprile 2006 con cui la Commissione chiedeva all’Italia di inviare le proprie osservazioni entro il termine di due mesi, come previsto dall’articolo 226 del Trattato CE. L’Italia non ha risposto alla lettera di messa in mora e, con una lettera del 12 giugno 2006, ha chiesto una proroga di due mesi al termine fissato nella lettera di messa in mora, al fine di potere completare l’esame delle risposte fornite dalle amministrazioni locali interessate. La Commissione ha deciso di non concedere la proroga sia perché la richiesta in tal senso le è pervenuta dopo la scadenza del termine di due mesi già fissato nella lettera di messa in mora sia per la necessità di adeguare tempestivamente la legislazione italiana alla direttiva 79/409/CEE in considerazione dell’imminente apertura della stagione venatoria.
[15] Tali regioni sono oggetto di specifiche procedure d’infrazione.
[16] Riforma dell'organizzazione del Governo, a norma dell'articolo 11 della Legge 15 marzo 1997, n. 59.
[17] Gazzetta Ufficiale dell'Unione europea, serie L 327 del 24 novembre 2006.
[18] Membri del SEE, conformemente alle disposizioni dell’accordo SEE.
[19] Sono quei paesi che beneficiano di una strategia di preadesione, conformemente ai principi generali ed alle condizioni e modalità generali fissati negli accordi quadro conclusi con tali paesi per la loro partecipazione ai programmi comunitari.
[20] Tale partecipazione è connessa alla conclusione di accordi quadro riguardanti l’adesione di tali Paesi ai programmi comunitari.
[21] Cfr. gli articoli 4, comma 1, e 14 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165 (Norme generali sull'ordinamento del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche).
[22] Convertito in legge, con modificazioni, dalla legge 17 luglio 2006, n. 233 (Disposizioni urgenti in materia di riordino delle attribuzioni della Presidenza del Consiglio dei Ministri e dei Ministeri).
[23] Pubblicato nella Gazzetta Ufficiale 29 giugno 2006, n. 149.
[24] Ai sensi dell’articolo 1, comma 22, lettera c), del citato decreto-legge n. 181 del 2006, la Presidenza del Consiglio dei ministri presiede il Forum nazionale dei giovani, del quale può avvalersi per l'esercizio delle funzioni trasferite. Il Forum è una associazione costituita a Roma nel 2004 e finanziata con la legge 30 dicembre 2004, n. 311 (Legge finanziaria per il 2005), che rappresenta 44 associazioni, anche a carattere regionale e locale. L’obiettivo principale di tale associazione è fornire alle Istituzioni nazionali pareri e proposte che contribuiscano a migliorare gli interventi riguardanti le politiche giovanili.