Camera dei deputati - XV Legislatura - Dossier di documentazione
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Autore: | Servizio Studi - Dipartimento istituzioni | ||||
Titolo: | Riordino delle attribuzioni della Presidenza del Consiglio dei ministri e dei Ministeri - D.L. 181/2006 - A.C. 1287 - Schede di lettura | ||||
Riferimenti: |
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Serie: | Progetti di legge Numero: 17 | ||||
Data: | 05/07/2006 | ||||
Descrittori: |
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Organi della Camera: | I-Affari Costituzionali, della Presidenza del Consiglio e interni | ||||
Altri riferimenti: |
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Camera dei deputati
XV LEGISLATURA
SERVIZIO STUDI
Progetti di legge
Riordino delle attribuzioni della Presidenza del Consiglio dei ministri e dei Ministeri
D.L. 181/2006- A.C. 1287
Schede di lettura
n. 17
5 luglio 2006
SIWEB
Coordinamento: Dipartimento Istituzioni
I dossier del Servizio studi sono destinati alle esigenze di documentazione interna per l'attività degli organi parlamentari e dei parlamentari. La Camera dei deputati declina ogni responsabilità per la loro eventuale utilizzazione o riproduzione per fini non consentiti dalla legge.
File: D06181.doc
INDICE
Scheda di sintesi per l’istruttoria legislativa
§ Precedenti decreti-legge sulla stessa materia
Elementi per l’istruttoria legislativa
§ Motivazioni della necessità ed urgenza
§ Rispetto delle competenze legislative costituzionalmente definite
§ Rispetto degli altri princìpi costituzionali
§ Specificità ed omogeneità delle disposizioni
§ Incidenza sull’ordinamento giuridico
Il quadro normativo e la sua evoluzione
§ La riforma dell’organizzazione del Governo intervenuta nella XIII legislatura
§ Gli interventi nella XIV legislatura
Le modificazioni apportate dal decreto-legge all’organizzazione del Governo
§ Aspetti generali delle modifiche sull’organizzazione del Governo
§ Individuazione dei Ministeri e strutture di primo livello
§ La delega al Governo per il coordinamento normativo
§ Aspetti concernenti l’organizzazione e il personale
Il Ministero dello sviluppo economico
§ Il preesistente Ministero delle attività produttive
§ Le nuove funzioni acquisite dal Ministero dello sviluppo economico
§ Le funzioni assegnate ad altre amministrazioni
Il Ministero del commercio internazionale
Il Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali. La disciplina dei consorzi agrari
§ Marchi associati ai segni identificativi delle produzioni di origine nazionale
Il Ministero delle infrastrutture e il Ministero dei trasporti
§ L’istituzione del Ministero delle infrastrutture
§ L’istituzione del Ministero dei trasporti
§ Il precedente assetto del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti
Il Ministero della solidarietà sociale e il Ministero del lavoro e della previdenza sociale
§ Il preesistente Ministero del lavoro e delle politiche sociali
§ Gli ambiti di competenza del Ministero della solidarietà sociale
Il Ministero della pubblica istruzione e il Ministero dell’università e della ricerca
§ Funzioni attribuite alla Presidenza del Consiglio dei ministri
§ Le modifiche all’organizzazione del Ministero per i beni e le attività culturali
§ Funzioni sottratte alla Presidenza del Consiglio dei ministri
§ La Commissione per le adozioni internazionali
§ Organismi per la semplificazione normativa
§ Incarichi di diretta collaborazione con ministri senza portafoglio
I direttori generali delle ASL
Documentazione
§ Relazione tecnica sull’emendamento 1.2000, presentata dal Governo al Senato nella seduta del 28 giugno 2006
Numero del disegno di legge di conversione |
A.C. 1287 |
Numero del decreto-legge |
181/2006 |
Titolo del decreto-legge |
Disposizioni urgenti in materia di riordino delle attribuzioni della Presidenza del Consiglio dei Ministri e dei Ministeri |
Settore d’intervento |
Governo; Ministeri |
Iter al Senato |
Sì (A.S. 379) |
Numero di articoli |
|
§ testo originario |
2 |
§ testo approvato dal Senato |
2[1] |
Date |
|
§ emanazione |
18 maggio 2006 |
§ pubblicazione in Gazzetta ufficiale |
18 maggio 2006 |
§ approvazione del Senato |
4 luglio 2006 |
§ assegnazione |
5 luglio 2006 |
§ scadenza |
17 luglio 2006 |
Commissione competente |
I Commissione (Affari costituzionali) |
Pareri previsti |
Commissioni II (Giustizia), III (Affari esteri), V (Bilancio), VI (Finanze), VII (Cultura), VIII (Ambiente), IX (Trasporti), X (Attività produttive), XI (Lavoro), XII (Affari sociali) e XIII (Agricoltura) |
Il decreto-legge 18 maggio 2006, n. 181, nel testo ampiamente modificato e integrato nel corso dell’esame al Senato (A.S. 379) modifica per più aspetti l’organizzazione del Governo stabilita dal D.Lgs. 300/1999 (e successive modificazioni), innanzitutto incidendo sull’articolazione in Ministeri, il cui numero risulta innalzato, da 14 a 18 (il numero dei Ministri va ovviamente integrato con quello dei Ministri senza portafoglio, le cui strutture sono incardinate presso la Presidenza del Consiglio).
Le modifiche attengono altresì al riparto di competenze tra i Ministeri, e tra la Presidenza del Consiglio ed i Ministeri stessi (con un significativo passaggio di competenze in favore della Presidenza del Consiglio, pur accompagnato da alcune riattribuzioni di competenze da questa a singoli ministeri).
La redistribuzione delle competenze in parte è conseguenziale alla scelta stessa di creare nuovi ministeri, in parte appare innovativa anche per altri profili, rispetto al quadro delineato dalla riforma del 1999 (come modificata già all’inizio della XIV legislatura dal D.L. 217/2001).
In particolare:
§ vengono istituiti il Ministero dello sviluppo economico – che sostituisce il Ministero delle attività produttive – ed il Ministero del commercio internazionale, al quale sono assegnate le funzioni in materia di commercio con l’estero (in precedenza attribuite al Ministero delle attività produttive);
§ vengono nuovamente distinte le competenze in materia di infrastrutture e di trasporti, con la creazione di due distinti Ministeri (in sostituzione del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti);
§ al neoistituito Ministero della solidarietà sociale sono attribuite le funzioni intestate al Ministero del lavoro e delle politiche sociali in materia di politiche sociali, di lavoratori extracomunitari, nonché quelle concernenti le politiche antidroga e il Servizio civile nazionale, oggi attribuite alla Presidenza del Consiglio;
§ le funzioni in materia di istruzione, università e ricerca sono ripartite tra Ministero della pubblica istruzione e Ministero dell’università e della ricerca.
Ulteriori aspetti della redistribuzione di funzioni tra Ministeri o tra Ministeri e Presidenza del Consiglio non determinano la creazione di nuovi ministeri. Tra questi si ricordano in particolare:
§ l’attribuzione di nuove competenze al Ministero delle politiche agricole e forestali, tra cui quelle sui generi alimentari trasformati industrialmente (già del Ministero delle attività produttive); il Ministero è conseguentemente ridenominato Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali;
§ il trasferimento al Ministero dello sviluppo economico delle funzioni in materia di politiche di coesione (funzioni originariamente proprie del Ministero dell’economia, attribuite al Presidente del Consiglio dei ministri - o ad un ministro da lui delegato – dal D.L. 63/2005);
§ il trasferimento al Ministero degli affari esteri delle funzioni in materia di politiche per gli italiani nel mondo (già attribuite alla Presidenza del Consiglio);
§ l’attribuzione alla Presidenza del Consiglio dei Ministri delle competenze in materia di:
- sport;
- indirizzo e coordinamento in materia di politiche giovanili;
- indirizzo e coordinamento in materia di politiche per la famiglia, nonché interventi per il sostegno alla famiglia;
- vigilanza sull’Agenzia dei segretari comunali e provinciali (che si occupa del relativo albo), nonché sulla Scuola superiore per la formazione e la specializzazione dei dirigenti della pubblica amministrazione locale;
- iniziativa legislativa in materia di allocazione delle funzioni fondamentali di comuni, province e città metropolitane di cui all’articolo 117, secondo comma, lettera p), della Costituzione;
- promozione e coordinamento relativamente all’attuazione dell’art. 118, primo e secondo comma, Cost. (i quali definiscono i criteri per l’attribuzione delle competenze amministrative ai diversi livelli territoriali di governo, in particolare in base al principio di sussidiarietà).
Mentre le prime tre aree di competenza sono attualmente proprie del Ministero per i beni e le attività culturali e del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, le successive afferiscono ad un ambito di intervento (enti locali) prevalentemente riconducibile al Ministero dell’interno.
Con specifico riferimento alla materia del turismo, le relative funzioni, che nel testo originario del decreto-legge in esame venivano trasferite al Ministero per i beni e le attività culturali (dal Ministero delle attività produttive), risultano nel testo modificato dal Senato attribuite alla Presidenza del Consiglio dei ministri, mentre si dispone comunque il trasferimento al Ministero per i beni e le attività culturali delle dotazioni finanziarie, strumentali e di personale della attuale Direzione del Turismo; si prefigura contestualmente l’istituzione presso il Ministero per i beni e le attività culturali di una nuova struttura per il turismo, della quale si avvale il Presidente del Consiglio per lo svolgimento delle relative funzioni.
Alla Presidenza del Consiglio è altresì trasferita la segreteria del CIPE (Comitato interministeriale per la programmazione economica), nonché alcune funzioni relative alle pari opportunità in materia di lavoro nell’attività di impresa, attualmente del Ministero del lavoro e delle politiche sociali.
Ulteriori dettagliate disposizioni disciplinano l’adeguamento degli assetti organizzativi e del personale alle disposizioni recate dal decreto, mirando in particolare a garantire in tale processo l’invarianza dell’onere finanziario. Appare significativo, tra gli altri, il co. 25-ter, che prevede la sottoposizione a parere delle Commissioni parlamentari di tutti gli schemi di D.P.C.M. attuativi del riordino previsto dal decreto-legge.
Tra le ulteriori disposizioni recate dal provvedimento, si segnalano quelle che riguardano:
§ l’organizzazione ed il personale dei Ministeri e della Presidenza del Consiglio, in particolare con la revisione della disciplina del personale degli uffici di diretta collaborazione (commi 24-bis e 24-ter). Si prevede tra l’altro che tutte le assegnazioni di personale a tali uffici, “compresi gli incarichi anche di livello dirigenziale e le consulenze e i contratti, anche a termine”, cessano automaticamente se non confermati entro trenta giorni dal giuramento del nuovo Ministro; si ridisciplina inoltre l’assegnazione del personale destinato alle segreterie dei viceministri;
§
i consorzi
agrari, che il comma 9-bis
riconduce alla disciplina generale delle società cooperative, intervenendo
altresì sulle gestioni commissariali in corso. In particolare, si prevede la
riduzione del numero (da
§ la Commissione per le adozioni internazionali: il co. 19-quinquies prevede l’emanazione di un regolamento di delegificazione allo scopo di ridefinire, senza oneri per il bilancio dello Stato, i compiti della Commissione, la sua composizione e la permanenza in carica dei suoi componenti;
§ i direttori generali delle aziende sanitarie locali (ASL): il co. 24-novies esclude che l’espletamento del mandato di deputato, senatore o consigliere regionale possa essere equiparato agli altri titoli necessari per l’accesso alla carica di direttore generale delle ASL.
I commi 2, 3 e 4 inseriti nel corso dell’esame al Senato nell’art. 1 del disegno di legge di conversione recano, infine, una delega al Governo finalizzata all’adozione di uno o più decreti legislativi per il coordinamento delle disposizioni in materia di funzioni e organizzazione della Presidenza del Consiglio dei ministri e dei Ministeri con le disposizioni del decreto-legge in esame. Il termine per l’esercizio della delega è indicato in 24 mesi dall’entrata in vigore della legge di conversione.
Il disegno di legge di conversione presentato al Senato è accompagnato dalla relazione illustrativa e dalla relazione tecnica; non è corredato né della relazione sull’analisi tecnico-normativa (ATN), né della relazione sull’analisi di impatto della regolamentazione (AIR).
Nel corso dell’esame parlamentare il Governo ha presentato una relazione tecnica riferita al testo dell’emendamento 1.2000, interamente sostitutivo dell’articolo unico del disegno di legge di conversione.
Il D.L. 217/2001, adottato all’inizio della XIV legislatura, ha inciso sull’organizzazione del Governo come definita dal D.Lgs. 300/1999. Per effetto del decreto-legge, il numero dei ministeri viene elevato da 12 a 14, mediante la reistituzione del Ministero delle comunicazioni e del Ministero della sanità (rinominato Ministero della salute).
Con riguardo al trasferimento di specifiche funzioni da un dicastero a un altro, si ricordano in particolare l’art. 1 del D.L. 63/2005, che ha attribuito al Presidente del Consiglio o a un ministro delegato le competenze concernenti lo sviluppo e le politiche di coesione nel Mezzogiorno[2], e il D.L. 90/2005, che ha interamente attribuito al Presidente del Consiglio, che può delegarne l’esercizio, la titolarità delle funzioni in materia di protezione civile.
La premessa al decreto-legge rileva “la straordinaria necessità ed urgenza di procedere al riordino delle attribuzioni della Presidenza del Consiglio dei ministri e dei ministeri in relazione al nuovo assetto strutturale del Governo”.
Il contenuto del decreto-legge in esame appare in massima parte riconducibile alle materie organi dello Stato ed ordinamento e organizzazione amministrativa dello Stato e degli enti pubblici nazionali, rientranti nella potestà legislativa esclusiva dello Stato ai sensi dell’art. 117, secondo comma, Cost. (lett. f) e g)).
Per le disposizioni sui consorzi agrari di cui al co. 9-bis e sulla Commissione per le adozioni internazionali di cui al co. 19-quinquies dell’art. 1, può altresì rilevare la materia ordinamento civile di cui alla lett. l) del medesimo art. 117, secondo comma. Quanto al co. 5, secondo periodo (pianificazione nel settore dei trasporti e della logistica) e al co. 24-novies (concernente i direttori delle ASL), il relativo oggetto potrebbe essere riconducibile a materie di competenza legislativa concorrente (art. 117, terzo comma, Cost.) quali, rispettivamente, governo del territorio e grandi reti di trasporto, nonché tutela della salute.
Si ricorda che, ai sensi dell’art. 95, terzo comma, Cost., “la legge provvede all'ordinamento della Presidenza del Consiglio e determina il numero, le attribuzioni e l'organizzazione dei Ministeri”.
Il provvedimento appare in gran parte omogeneo; le materie trattate dal co. 9-bis (consorzi agrari), fatta eccezione per il primo periodo e dal co. 24-novies (direttori delle ASL) dell’art. 1 non sembrano tuttavia presentare elementi di stretta omogeneità con la restante parte del decreto-legge.
Al co. 5, andrebbe valutata la congruità della competenza dello Stato (nella veste del Ministero dei trasporti) a proporre i piani urbani di mobilità in rapporto all’obbligo di adozione degli stessi che, in base alla legislazione vigente, grava in capo ai comuni.
Il co. 24-octies reca una modifica testuale, con atto legislativo, di una disposizione di rango regolamentare (l’art. 3, co. 2, del regolamento D.P.R. 258/2001).
L’art. 1 del d.d.l. di conversione reca una delega legislativa al Governo, da esercitare entro 24 mesi dalla data di entrata in vigore della legge di conversione, per il coordinamento delle disposizioni in materia di funzioni e organizzazione della Presidenza del Consiglio dei ministri e dei Ministeri con le disposizioni di cui al decreto-legge in esame. Si osserva che la disposizione, nel richiedere il parere parlamentare sugli schemi di decreto legislativo, non dispone espressamente – come invece stabilito frequentemente in analoghe occasioni – che la trasmissione alle Camere avvenga solo dopo l’acquisizione degli altri pareri previsti.
In più parti del decreto-legge si prevede l’adozione di misure attuative delle disposizioni da esso recate con atti di normazione secondaria (in alcuni casi con D.P.C.M.), per l’adozione dei quali si richiede in ogni caso l’espressione del parere parlamentare (co. 25-ter).
Si ricorda in particolare il co. 23 dell’art. 1 ove si prevede che, limitatamente alle amministrazioni interessate dal riordino, intervengano regolamenti di organizzazione (ex art. 4, D.Lgs. 300/1999, che rinvia all’art. 17, co. 4-bis, L. 400/1988) per definire gli assetti organizzativi e il numero massimo delle strutture di primo livello. A tale comma fa rinvio uno tra i princìpi e criteri direttivi per l’esercizio della delega recata dall’art. 1 del d.d.l. di conversione (v. infra), che prevede la revisione del numero dei dipartimenti e delle direzioni generali, previste D.Lgs. 300/1999. Sembra dunque esservi una almeno parziale coincidenza di oggetto tra l’intervento con atto regolamentare e quello di rango legislativo.
Il testo in esame, solo in parte formulato in termini di novella, presenta in più parti esigenze di coordinamento con le disposizioni di rango legislativo vigenti in materia.
La delega legislativa recata dall’art. 1 del d.d.l. di conversione è peraltro espressamente finalizzata al coordinamento delle disposizioni in materia di funzioni e organizzazione della Presidenza del Consiglio dei ministri e dei Ministeri con le disposizioni di cui al decreto-legge in commento.
Per alcuni rilievi riferiti a parti specifiche del testo, si rinvia alle schede di lettura.
Nel biennio 1997-1999, è stata realizzata nel nostro ordinamento, per la prima volta nella storia repubblicana, un’ampia riforma dell’organizzazione del Governo, culminata con l’emanazione dei decreti legislativi n. 300[3] e n. 303[4] del 1999 che hanno, rispettivamente, inciso sul numero e sulle attribuzioni dei Ministeri, rivedendone l’assetto funzionale e organizzativo, e sulla Presidenza del Consiglio dei Ministri, ridefinendone ruolo e funzioni.
Tali provvedimenti hanno tratto la loro origine dalle norme di delega contenute nella L. 59/1997[5], così detta “legge Bassanini 1”[6], che ha innescato nel nostro ordinamento un vasto programma di riforme volte alla modernizzazione del sistema di governo, all’interno del quale il conferimento di funzioni e compiti al sistema delle autonomie e la riforma dell’amministrazione centrale e periferica dello Stato sono stati aspetti tra loro strettamente collegati.
La filosofia di fondo che ha caratterizzato il disegno riformatore – e che ne costituisce il tratto innovativo – è stata quella di realizzare un processo di ampio conferimento di funzioni e compiti amministrativi alle autonomie territoriali (ciò che è stato definito “federalismo amministrativo” o processo di “terza regionalizzazione”) procedendo contestualmente all’opera di riordino e snellimento dell’amministrazione centrale e periferica dello Stato, sulla base dell’assunto per cui il decentramento comporta una riduzione delle funzioni dello Stato, e il conseguente riassestamento dell’apparato statale sulla base dei compiti che ad esso rimangono affidati.
Si è tentato, in tal modo, di ovviare ai limiti emersi dalle precedenti fasi di completamento dell’ordinamento regionale e di conferimento di funzioni alle autonomie locali (così dette “prima” e “seconda regionalizzazione”, avvenute rispettivamente nel 1972 e nel 1977), in seguito alle quali l’attribuzione alle autonomie territoriali di funzioni in precedenza statali, non coniugata col conseguente ripensamento dell’amministrazione centrale, aveva comportato duplicazioni di funzioni e incertezze nella titolarità del loro esercizio, specie per la “riattrazione al centro” di numerose funzioni trasferite, con forte incremento del contenzioso costituzionale tra Stato e regioni.
Nel dettaglio, i principi essenziali cui si è ispirato il disegno riformatore del 1997 sono stati i seguenti:
§ un ampio e organico trasferimento alle regioni e agli enti locali di funzioni spettanti allo Stato, con l’esclusione di quelle espressamente riservate alla competenza statale, in attuazione dei princìpi di autonomia e decentramento sanciti nell’art. 5 della Costituzione;
§ una razionalizzazione e ridistribuzione delle competenze dei ministeri, anche mediante l’accorpamento o la soppressione di alcuni di essi, per eliminare duplicazioni organizzative;
§ la ridefinizione del ruolo della Presidenza del Consiglio quale struttura di indirizzo e coordinamento delle politiche del Governo, con contestuale sottrazione dei compiti di amministrazione attiva.
Con specifico riferimento a tali profili, l’attuazione della L. 59/1997 è stata operata principalmente con l’approvazione dei seguenti provvedimenti:
§ il D.Lgs. 112/1998[7], con il quale sono state conferite alle regioni e agli enti locali, in osservanza del principio di sussidiarietà, molteplici funzioni e si è provveduto alla soppressione o al trasferimento alle autonomie territoriali di alcuni uffici periferici e delle relative attribuzioni;
§ il D.Lgs. 300/1999, che ha proceduto al riordino dei ministeri, riducendone il numero e ridefinendone attribuzioni e assetto organizzativo;
§ il D.Lgs. 303/1999, sul ruolo e l’organizzazione della Presidenza del Consiglio dei Ministri;
§ la L. 81/2001[8], che ha istituito la figura del vice ministro.
Successivamente alla loro entrata in vigore, i decreti legislativi n. 300 e n. 303 del 1999 sono stati oggetto di alcuni interventi di integrazione e modifica (sui quali, si v. infra); essi costituiscono comunque la normativa primaria di riferimento per la composizione del Governo e sull’assetto funzionale e organizzativo dei Ministeri e della Presidenza del Consiglio dei Ministri.
Come anticipato, la L. 59/1997 all’art. 11, co. 1, lett. a), ha delegato il Governo a emanare uno o più decreti legislativi diretti a “razionalizzare l'ordinamento della Presidenza del Consiglio dei ministri e dei Ministeri, anche attraverso il riordino, la soppressione e la fusione di Ministeri, nonché di amministrazioni centrali anche ad ordinamento autonomo”.
Tra i principi e criteri direttivi recati dal successivo art. 12, al co. 1, lett. f) vi era quello del “procedere alla razionalizzazione e redistribuzione delle competenze tra i Ministeri, tenuto conto delle esigenze derivanti dall’appartenenza dello Stato all’Unione europea” e dei conferimenti di funzioni alle autonomie territoriali, “in ogni caso riducendone il numero, anche con decorrenza differita all’inizio della nuova legislatura”[9].
Su tal base normativa, il D.Lgs. 300/1999, come recita il suo art. 1, “detta norme per la razionalizzazione, il riordino, la soppressione e la fusione di ministeri, l’istituzione di agenzie, il riordino dell’amministrazione periferica dello Stato” operando la scelta di fondo di riorganizzare il governo centrale intorno a 12 ministeri, in luogo dei precedenti 18, elencati nell’art. 2 dello stesso decreto.
Occorre segnalare, in merito, che il provvedimento costituisce la prima normativa generale sui ministeri adottata nell’ordinamento repubblicano: fino ad allora, infatti, l’elenco dei ministeri doveva essere desunto dalle tante specifiche disposizioni istitutive, così come ogni ministero era disciplinato, funzionalmente e organizzativamente, dai singoli provvedimenti settoriali.
Si è inoltre stabilito che la riforma e la riduzione del numero dei ministeri da 18 a 12 avrebbe dispiegato pienamente i suoi effetti a partire dalla legislatura successiva, e più precisamente a decorrere dalla data del decreto di nomina del primo governo costituito a seguito delle prime elezioni politiche successive all’entrata in vigore del decreto legislativo.
Dei dodici ministeri previsti dalla riforma, sei corrispondono a ministeri già esistenti – seppur, in due casi[10], con mutamenti di denominazione -, mentre altri sei ministeri risultano da accorpamenti di precedenti ministeri:
I
ministeri |
I
ministeri previsti dall’art. 2 |
Ministero dell'interno |
Identico |
Ministero degli affari esteri |
Identico |
Ministero di grazia e giustizia |
Ministero della giustizia |
Ministero della difesa |
Identico |
Ministero per le politiche agricole |
Ministero delle politiche agricole e forestali |
Ministero per i beni e le attività culturali |
Identico |
Ministero dell’Industria, commercio e arti-gianato |
Ministero delle attività produttive |
Ministero del commercio con l’estero |
|
Ministero delle comunicazioni |
|
Ministero dell’ambiente |
Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio Ministero delle infrastrutture e trasporti |
Ministero dei lavori pubblici |
|
Ministero dei trasporti e della navigazione |
|
Ministero del lavoro e della previdenza sociale |
Ministero del lavoro, salute e politiche sociali |
Ministero della sanità |
|
Ministero del tesoro, bilancio e programmazione economica |
Ministero dell’economia e delle finanze |
Ministero delle finanze |
|
Ministero della pubblica istruzione |
Ministero dell’istruzione, università e ricerca |
Ministero dell’università e della ricerca scientifica e tecnologica |
Dall’elenco dei nuovi ministeri emerge con chiarezza l’intento di semplificazione della compagine di governo e dei relativi assetti organizzativi perseguito dalla riforma attraverso l’individuazione di alcune “macroaree” di intervento, affidate alla governance di nuove grandi organizzazioni ministeriali, le cui funzioni vengono accorpate in base a criteri di omogeneità e complementarietà per superare la precedente frammentazione tra diverse strutture operative:
Il decreto raggruppa infatti le diverse funzioni riguardanti l’area economica, latamente intesa, in due grandi organizzazioni ministeriali, il ministero dell’economia e delle finanze e quello delle attività produttive; le funzioni relative all’area del territorio e dell’ambiente, prima disperse tra più ministeri, vengono suddivise tra due grandi strutture, l’una deputata alla tutela dell’ambiente e del territorio, l’altra incaricata di determinare le politiche generali in materia di infrastrutture e assetto del territorio; l’area del welfare viene affidata a un’unica organizzazione che dovrà presiedere al governo di un sistema integrato di servizi essenziali per la persona; così come anche le politiche dell’istruzione e della ricerca vengono accorpate in una visione e gestione unitaria dei rapporti con le autonomie scolastiche, universitarie e dei centri di ricerca.
Come si osservava, i nuovi ministeri risultano o dall’accorpamento di due o più dei precedenti ministeri[11] o, comunque, dalla assunzione di funzioni già esercitate da altre amministrazioni. Inoltre, vi confluiscono alcune delle funzioni esercitate direttamente dalla organizzazione della Presidenza del Consiglio dei ministri; funzioni alle quali sovrintendevano, generalmente, Ministri senza portafoglio o sottosegretari delegati: il Dipartimento per il turismo (alle Attività produttive), quello per le aree urbane (alle Infrastrutture e trasporti), quello per le politiche sociali (al Lavoro e tutela della salute).
Nel dettaglio, e fatte sempre salve le funzioni conferite alle autonomie territoriali e funzionali, ai nuovi ministeri vengono trasferite le seguenti funzioni, con le inerenti risorse:
§ al ministero dell’economia e finanze, le funzioni dei ministeri del tesoro, bilancio e programmazione economica e delle finanze (art. 23, co. 3), nonché le funzioni inerenti ai rapporti con l'istituto per la vigilanza delle assicurazioni private e di interesse pubblico, prima esercitate dal Ministero dell'industria, del commercio e dell'artigianato (art. 30);
§ al ministero delle attività produttive, le funzioni del Ministero dell'industria, del commercio e dell'artigianato, del Ministero del commercio con l'estero, del Dipartimento del turismo istituito presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri; nonché le risorse e il personale del Ministero del tesoro, del bilancio e della programmazione economica, del Ministero della sanità, del Ministero del lavoro e della previdenza sociale, concernenti le funzioni assegnategli dal decreto legislativo (art. 27, commi 3 e 4);
§ al ministero dell’ambiente e della tutela del territorio le funzioni e i compiti dei ministeri dell'ambiente e dei lavori pubblici, nonché quelli attribuiti al ministero delle politiche agricole in materia di polizia forestale ambientale (art. 35, co. 3);
§ al ministero delle infrastrutture e dei trasporti, le funzioni e i compiti dei ministeri dei lavori pubblici e dei trasporti e della navigazione, nonché del dipartimento per le aree urbane della Presidenza del consiglio (art. 41, co. 3);
§ al ministero del lavoro, della salute e delle politiche sociali, le funzioni del Ministero del lavoro e della previdenza sociale e del Ministero della sanità, nonché le funzioni del Dipartimento per gli affari sociali della Presidenza del Consiglio dei Ministri, ivi comprese quelle in materia di immigrazione. Viene trasferita al nuovo ministero la vigilanza sull’agenzia per i servizi sanitari regionali (prima attribuita al Ministero della sanità); sull'Agenzia per il servizio civile[12], e sull'Agenzia per la formazione e istruzione professionale (prima spettanti al Ministero del lavoro e della previdenza sociale). Sono altresì trasferite, con le inerenti risorse, le funzioni esercitate: dal ministero degli affari esteri in materia di tutela previdenziale dei lavoratori emigrati; dal ministero dei trasporti e della navigazione, in materia di vigilanza sul trattamento giuridico, economico, previdenziale ed assistenziale del personale delle aziende autoferrotranviarie e delle gestioni governative, nonché in materia di organizzazione, assistenza e previdenza del lavoro marittimo, portuale e della pesca; dallo stesso ministero dei trasporti e della navigazione in materia di previdenza e assistenza dei lavoratori addetti ai servizi di trasporto aereo; dal ministero dell'industria, del commercio e dell'artigianato, in materia di servizio ispettivo per la sicurezza mineraria e di vigilanza sull'applicazione della legislazione attinente alla salute sui luoghi di lavoro; dal ministero dell'interno, iniziative di cooperazione internazionale e attività di prevenzione e studio sulle emergenze sociali (art. 45, commi 3 e 4);
§ al ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca, le funzioni dei ministeri della pubblica istruzione e della università e ricerca scientifica e tecnologica; le funzioni di vigilanza spettanti al ministero della pubblica istruzione sull'agenzia per la formazione e l'istruzione professionale. È fatta salva l'autonomia delle istituzioni scolastiche, delle istituzioni universitarie e degli enti di ricerca (art. 49, commi 2 e 3).
Si prevede infine il trasferimento al ministero per i beni e le attività culturali delle funzioni esercitate dal Dipartimento per l'informazione e l'editoria, istituito presso la Presidenza del consiglio dei ministri, in materia di diritto d'autore e disciplina della proprietà letteraria e promozione delle attività culturali (art. 52, co. 2).
Occorre a ogni modo segnalare che ciascuno dei 12 ministeri previsti dal decreto 300 si può considerare, in qualche modo, “nuovo”, poiché ognuno di essi risulta, a seguito della riforma, modificato per ciò che concerne le attribuzioni e il piano organizzativo, anche se la riforma non reca una ricognizione minuta dei compiti di ciascun ministero ma, piuttosto, l’indicazione generale della relativa “missione” e delle aree funzionali di riferimento. E’ tuttavia significativo evidenziare che nelle materie di rispettiva competenza ciascun ministero dovrà intrattenere i rapporti con l’Unione europea e con le organizzazioni e agenzie internazionali di settore (art. 2, co. 4), ciò che costituisce una innovazione significativa poiché in precedenza era unicamente il Ministero degli esteri a detenere le funzioni di rilevanza esterna rispetto all’ordinamento nazionale.
Si ricorda infine che la riforma prevista dal D.Lgs. 300/1999 coinvolge anche l’amministrazione periferica dello Stato dal momento che le prefetture vengono trasformate in Uffici territoriali del Governo (art. 11). Tali organismi sono destinati ad esercitare, oltre alle funzioni di competenza delle attuali prefetture, anche quelle di commissario del Governo e le altre funzioni dell’amministrazione periferica dello Stato non espressamente conferite ad altri uffici.
La norma di delega recata nell’art. 11, co. 1, lett. a), della L. 59/1997, volta a prefigurare la razionalizzazione dell'ordinamento della Presidenza del Consiglio dei ministri e dei Ministeri, viene specificata, per ciò che concerne più strettamente la Presidenza del Consiglio, dai principi e criteri direttivi recati nel successivo art. 12, ai sensi del quale il Governo nell’attuazione della delega dovrà assicuare:
§ il collegamento funzionale e operativo della Presidenza del Consiglio dei ministri con le amministrazioni interessate e potenziare, ai sensi dell'articolo 95 Cost., le autonome funzioni di impulso, indirizzo e coordinamento del Presidente del Consiglio dei ministri, con eliminazione, riallocazione e trasferimento delle funzioni e delle risorse concernenti compiti operativi o gestionali in determinati settori, anche in relazione al conferimento di funzioni al sistema delle autonomie (art. 12, co. 1, lett. a);
§ il trasferimento a Ministeri o ad enti ed organismi autonomi dei compiti non direttamente riconducibili alle predette funzioni di impulso, indirizzo e coordinamento del Presidente del Consiglio secondo criteri di omogeneità e di efficienza gestionale, anche ai fini della riduzione dei costi amministrativi (art. 12, co. 1, lett. b).
Nel disegno della riforma si delineava un nuovo modello di Presidenza del Consiglio, individuata quale struttura di impulso, indirizzo e coordinamento delle politiche del Governo nonché centro di mantenimento dell'unità di indirizzo politico ed amministrativo del Governo; da ciò conseguiva la necessità di sottrarre, trasferendoli ai Ministeri, i compiti di amministrazione attiva da essa esercitati, nell’obiettivo di dare piena attuazione alle disposizioni dell'articolo 95 della Costituzione e consentire una più efficiente formazione della politica generale del Governo.
Si intendeva in tal modo superare lo stato di debolezza della funzione di indirizzo e coordinamento del Presidente del Consiglio e la mancanza di un adeguato collegamento con le altre amministrazioni, dovuto anche alla notevole estensione degli apparati organizzativi della Presidenza, chiamati ad esercitare compiti gestionali non coerenti con le funzioni tipiche del Presidente.
Con questi obiettivi, il riordino della Presidenza del Consiglio dei ministri realizzato attraverso il D.Lgs. 303/1999, nelle sue linee essenziali ha previsto:
§ la ridefinizione del ruolo della Presidenza come struttura di supporto del Presidente del Consiglio per l’esercizio delle funzioni costituzionali di impulso, indirizzo e coordinamento dell’azione di governo, e l’individuazione delle funzioni proprie della Presidenza del Consiglio;
§ il trasferimento ad altre amministrazioni di settore dei compiti operativi e gestionali non riconducibili alle funzioni proprie della Presidenza;
§ lo snellimento e la riarticolazione delle strutture organizzative;
§ una nuova disciplina del funzionamento della Presidenza secondo i princìpi dell’autonomia organizzativa, regolamentare e finanziaria.
In particolare, ai sensi dell’art. 2 del decreto 303 le funzioni che rimangono in capo alla Presidenza del Consiglio sono individuate nelle seguenti:
§ direzione e rapporti con l’organo collegiale del Governo; rapporti con il Parlamento, con gli altri organi costituzionali, con le istituzioni europee e con il sistema delle autonomie;
§ rapporti con le confessioni religiose ai sensi degli articoli 7 e 8, ultimo comma, della Costituzione;
§ progettazione delle politiche generali e decisione dell’indirizzo politico;
§ coordinamento dell’attività normativa ed amministrativa del Governo;
§ coordinamento di particolari politiche settoriali, considerate strategiche dal programma di Governo (quali pari opportunità, comunicazione istituzionale, innovazione del settore pubblico);
§ monitoraggio sullo stato di attuazione del programma e di particolari politiche settoriali.
Gli articoli da 3 a 5 del decreto 303, si soffermano, meglio specificandole, su alcune delle funzioni proprie del Presidente:
§ partecipazione all'Unione europea: il Presidente promuove e coordina l'azione del Governo diretta ad assicurare la piena partecipazione dell'Italia all'Unione europea e lo sviluppo del processo di integrazione europea. Egli è responsabile per l'attuazione degli impegni assunti nell'ambito dell'Unione europea e, a tal fine, si avvale di un apposito Dipartimento della Presidenza del Consiglio[13].
§ rapporti con il sistema delle autonomie: il Presidente coordina l'azione del Governo in materia di rapporti con il sistema delle autonomie e promuove lo sviluppo della collaborazione tra Stato, regioni e autonomie locali. Promuove le iniziative necessarie per l'ordinato svolgimento dei rapporti tra Stato, regioni e autonomie locali ed assicura l'esercizio coerente e coordinato dei poteri e dei rimedi previsti per i casi di inerzia e di inadempienza. Per l'esercizio di tali compiti di cui al presente articolo, il Presidente si avvale di un apposito Dipartimento per gli affari regionali, e, delle segreterie della Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e Bolzano e della Conferenza Stato-Città e autonomie locali;
§ politiche di pari opportunità: il Presidente promuove e coordina le azioni di Governo volte ad assicurare pari opportunità, a prevenire e rimuovere le discriminazioni, nonché a consentire l'indirizzo, coordinamento e monitoraggio della utilizzazione dei relativi fondi europei[14].
Di particolare rilievo è l’art. 10 del decreto di riforma, che individua i contenuti e i tempi dei trasferimenti di funzioni e compiti gestionali e operativi dalla Presidenza del Consiglio ad altre amministrazioni settoriali.
La decorrenza della riforma è stata articolata in tempi successivi; pertanto, alcuni trasferimenti hanno avuto effetto fin dalla data di entrata in vigore del decreto (e i soggetti destinatari della funzione trasferita sono infatti individuati con riferimento alla precedente organizzazione ministeriale), mentre il trasferimento di altre materie è stato differito alla data di inizio della legislatura successiva (in connessione con la decorrenza della riforma dei Ministeri, prevista dal D.Lgs. n. 300).
E’ stata quindi disposta la dismissione dei compiti e delle strutture relativi alle seguenti aree funzionali:
§ turismo (al Ministero dell’industria);
§ italiani nel mondo (al Ministero degli esteri);
§ segreteria del comitato per la liquidazione delle pensioni privilegiate ordinarie (al Ministero del tesoro);
§ aree urbane, ufficio per l’attuazione degli interventi per Roma capitale, Commissione per gli interventi per il risanamento e lo sviluppo di Reggio Calabria, Commissione per il risanamento della Torre di Pisa (al Ministero dei lavori pubblici);
§ diritto d’autore e promozione delle attività culturali (al Ministero per i beni culturali);
§ Ufficio nazionale del servizio civile (all’Agenzia per il servizio civile).
§ Uffici dei commissari di Governo (al Ministero degli interni)[15];
§ Dipartimento affari sociali (al Ministero del lavoro, della salute e delle politiche sociali);
§ Dipartimento delle aree urbane e Uffici di Roma capitale e grandi eventi (al Ministero delle infrastrutture e dei trasporti);
§ Dipartimento della protezione civile e Servizio sismico nazionale (all’Agenzia per la protezione civile);
§ Dipartimento per i servizi tecnici nazionali, ad eccezione del Servizio sismico nazionale (all’Agenzia per la protezione dell’ambiente e per i servizi tecnici).
La L. 26 marzo 2001, n. 81, ha introdotto la figura dei vice ministri nell’organizzazione del Governo; attraverso la modifica dell’articolo 10 della L. 400/1988[16], relativo ai sottosegretari di Stato.
L’introduzione dei vice ministri è strettamente collegata alla riorganizzazione dei ministeri operata dal D.Lgs. 300 ed è volta a garantire un maggiore impegno dei sottosegretari nell’azione di governo, in modo da integrare l’opera dei membri del consiglio dei Ministri nella nuova e ridotta dimensione voluta dalla riforma che, si ricorda, prevedeva soltanto 12 dicasteri.
In particolare, viene stabilito che a non più di dieci sottosegretari di Stato può essere attribuito il titolo di vice ministro attraverso il conferimento di una delega relativa all’intera area di competenza di una o più strutte dipartimentali (per i ministeri organizzati in dipartimenti) o di un gruppo di direzioni generali (per quelli organizzati secondo il modello del segretariato generale).
La delega è conferita dal ministro competente ed è approvata dal Consiglio dei ministri, su proposta del Presidente del Consiglio,
Tali sottosegretari potranno essere chiamati dal Presidente del Consiglio dei ministri, d’intesa con il ministro competente, a partecipare alle sedute del Consiglio, senza diritto di voto, per riferire su argomenti e questioni attinenti alla materia delegata di loro competenza.
Nella XIV legislatura si sono avuti alcuni interventi legislativi che hanno inciso sull’assetto e l’organizzazione dei ministeri apportando puntuali modifiche, sotto forma di integrazioni e correzioni, all’impianto della riforma recata dai decreti 300 e 303.
Come si ricordava in precedenza, il D.Lgs. 300/1999 stabiliva che la riforma da esso recata e, segnatamente, la riduzione dei ministeri da 18 a 12, avrebbe avuto decorrenza dalla legislatura successiva, più precisamente a decorrere dalla data del decreto di nomina del primo governo costituito a seguito delle prime elezioni politiche successive all’entrata in vigore del decreto legislativo.
Si deve, a tal riguardo, segnalare che l’art. 2 del decreto 300, recante l’elenco dei ministeri, non ha mai trovato applicazione nella sua formulazione originaria: infatti, all’inizio della XIV legislatura è stato approvato il D.L. 217/2001[17], che ha inciso sulla normativa di riforma introducendo misure che essenzialmente “ritagliano” funzioni e strutture precedentemente accorpate.
Per effetto del decreto legge, il numero dei ministeri viene elevato da 12 a 14 mediante:
§ la ri-costituzione del Ministero delle comunicazioni, con conseguente modifica delle funzioni del Ministero delle attività produttive e dell’Agenzia per le normative e i controlli tecnici;
§ la ri-costituzione del Ministero della sanità (che viene denominato Ministero della salute), con conseguente modifica della denominazione e delle funzioni del Ministero del lavoro, della sanità e delle politiche sociali (divenuto Ministero del lavoro e delle politiche sociali).
Nel dettaglio, secondo le disposizioni introdotte dal decreto legge nel decreto 300:
§ al Ministero delle comunicazioni sono attribuite le funzioni e i compiti spettanti allo Stato in materia di poste, telecomunicazioni, reti multimediali, informatica, telematica, radiodiffusione sonora e televisiva, tecnologie innovative applicate al settore delle comunicazioni, ferme restando le competenze in materia di stampa ed editoria del Dipartimento per l'informazione e l'editoria della Presidenza del Consiglio dei Ministri. Vengono espressamente fatte salve le competenze dell'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni[18] (art. 32-bis);
§ al Ministero della salute sono attribuite, con finalità di salvaguardia e di gestione integrata dei servizi socio-sanitari e della tutela dei diritti alla dignità della persona umana e alla salute, le funzioni spettanti allo Stato in materia di tutela della salute umana, di coordinamento del sistema sanitario nazionale, di sanità veterinaria, di tutela della salute nei luoghi di lavoro, di igiene e sicurezza degli alimenti. Al Ministero sono trasferite, con le inerenti risorse, le funzioni del Ministero della sanità, compresa la vigilanza sull'Agenzia per i servizi sanitari regionali, da esercitarsi con modalità definite d'intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano (art. 47-bis).
Il decreto apporta inoltre modificazioni alla L. 400/1988, nella parte già modificata dalla L. 81/2001, relativamente al ruolo dei vice ministri e alle loro attribuzioni[19].
Si ricorda inoltre che con la successiva L. 137/2002[20] sono state conferite al Governo numerose deleghe legislative, la prima delle quali, di carattere generale, riguarda la riorganizzazione e l’articolazione delle competenze dei ministeri e della Presidenza del Consiglio dei ministri, da esercitarsi attraverso la modifica dei provvedimenti già emanati ai sensi dell’art. 11, co. 1, lett. a) della L. 59/1997.
La legge richiama i principi e criteri direttivi di delega contenuti nella stessa “legge Bassanini 1”: si tratta di principi molto numerosi, tra i quali si possono segnalare la revisione del riparto delle competenze dei ministeri, con una riduzione del numero complessivo, l’eliminazione di duplicazioni organizzative e funzionali sia all’interno di ciascuna amministrazione sia tra di esse, la riorganizzazione degli organi di rappresentanza periferica dello Stato con funzioni di raccordo con le regioni. In attuazione della delega, in Governo ha adottato numerosi decreti legislativi alcuni dei quali novellano il D.Lgs. 300/1999 introducendo disposizioni di riorganizzazione di taluni specifici Ministeri[21].
Anche l’ordinamento della Presidenza del Consiglio recato dal D.Lgs. 303/1999 è stato interessato da una pluralità di interventi che, nel corso della XIV legislatura, si sono caratterizzati per l’attribuzione alla Presidenza del Consiglio di nuovi compiti o per la sostanziale ricollocazione presso la Presidenza di funzioni dismesse secondo il disegno riformatore del 1999, illustrato in precedenza.
Innanzitutto, con il D.Lgs. 257/2002[22] è stato modificato l’art. 10 del decreto 303 nella parte in cui prevedeva (co. 1, lett. b) che le funzioni in materia di italiani nel mondo esercitate dalla Presidenza del Consiglio fossero da questa dismesse e riallocate presso il Ministero degli esteri. All’abrogazione di tale disposizione ha fatto poi seguito il D.P.C.M. 3 dicembre 2002[23] che ha istituito nell’ambito della Presidenza il Dipartimento per gli italiani nel mondo, governato dal relativo Ministro senza portafoglio.
Successivamente, la L. 3/2003[24] ha abrogato gli artt. 7-9 del decreto 300 che disponevano il trasferimento all’Agenzia per il servizio civile istituita dal D.Lgs. 300/1999 dei compiti attribuiti all’Ufficio nazionale del servizio civile istituito presso la Presidenza del Consiglio. La legge, modificando contestualmente anche il decreto 300, ha del tutto soppresso l’Agenzia per il servizio civile, con l’effetto di riattribuire i compiti in materia all’Ufficio nazionale operante presso la Presidenza.
Con il D.Lgs. 343/2003[25] è stato inoltre modificato l’art. 2 del decreto 303 per introdurre, tra le funzioni della Presidenza del consiglio ivi elencate, anche quella di “coordinamento delle attività di (…) di informazione, nonché relative all'editoria ed ai prodotti editoriali”.
La L. 350/2003[26] ha introdotto nel D.Lgs. 303/1999 un nuovo articolo (6-bis) che prevede l’organizzazione presso la Presidenza del consiglio di un apposito Dipartimento per il coordinamento delle funzioni in materia di politiche antidroga già attribuite al Ministero del lavoro e delle politiche sociali.
il D.L. 63/2005[27] (art. 1) ha attribuito al Presidente del Consiglio o a un ministro delegato le competenze concernenti lo sviluppo e le politiche di coesione nel Mezzogiorno. Per l’esercizio di tali funzioni, tuttavia, il Presidente del Consiglio dei ministri o il ministro delegato era autorizzato ad utilizzare “anche” le strutture organizzative del Dipartimento delle politiche di sviluppo e coesione presso il Ministero dell’economia e delle finanze. Lo stesso D.L. (art. 2) ha affiancato la Presidenza del Consiglio al Ministero per i beni e le attività culturali nell’esercizio di alcune funzioni in materia di proprietà letteraria, diritto d'autore e vigilanza sulla Società italiana autori ed editori (SIAE).
Infine, con il D.L. 90/2005[28] è stata attribuita interamente al Presidente del Consiglio dei Ministri, che può delegarne l’esercizio, la titolarità delle funzioni in materia di protezione civile, con l’obiettivo di garantire l'uniforme determinazione delle politiche, delle attività di coordinamento e dei poteri di ordinanza in materia. Sono di conseguenza abrogate le disposizioni che prevedevano, nel settore, un significativo ruolo del Ministro dell’Interno.
Il decreto-legge in esame, nel testo ampiamente modificato e integrato nel corso dell’esame al Senato, modifica per più aspetti l’organizzazione del Governo stabilita dal D.Lgs. 300/1999 (e successive modificazioni), innanzitutto incidendo sull’articolazione in Ministeri, il cui numero risulta innalzato, da 14 a 18.
Le modifiche attengono altresì al riparto di competenze tra i Ministeri, e tra la Presidenza del Consiglio dei ministri e i Ministeri stessi (con un significativo passaggio di competenze in favore della Presidenza del Consiglio, pur accompagnato da alcune riattribuzioni di competenze da questa a singoli ministeri).
La redistribuzione delle competenze in parte è conseguenziale alla scelta stessa di creare nuovi ministeri, in parte appare innovativa anche per altri profili, rispetto al quadro delineato dalla riforma del 1999 (come modificata già all’inizio della XIV legislatura: v. supra la scheda relativa al quadro normativo).
Per quanto concerne la nuova articolazione dei dicasteri e delle relative competenze, si segnala fin d’ora che:
§ vengono istituiti il Ministero dello sviluppo economico (comma 2) – che sostituisce il Ministero delle attività produttive – ed il Ministero del commercio internazionale (comma 3), al quale sono assegnate le funzioni in materia di commercio con l’estero (in precedenza attribuite al Ministero delle attività produttive);
§ vengono nuovamente distinte le competenze in materia di infrastrutture (comma 4) e di trasporti (comma 5), con la creazione di due distinti Ministeri (in sostituzione del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti);
§ al neoistituito Ministero della solidarietà sociale (comma 6) sono attribuite le funzioni intestate al Ministero del lavoro e delle politiche sociali in materia di politiche sociali, di lavoratori extracomunitari, nonché quelle concernenti le politiche antidroga e il Servizio civile nazionale, oggi attribuite alla Presidenza del Consiglio;
§ le funzioni in materia di istruzione, università e ricerca sono ripartite tra Ministero della pubblica istruzione (comma 7) e Ministero dell’università e della ricerca (comma 8).
Ulteriori aspetti della redistribuzione di funzioni tra Ministeri o tra Ministeri e Presidenza del Consiglio non determinano la creazione di nuovi ministeri. Tra questi si ricordano in particolare:
§ l’attribuzione di nuove competenze al Ministero delle politiche agricole e forestali, tra cui quelle sui generi alimentari trasformati industrialmente (già del Ministero delle attività produttive); il Ministero è conseguentemente ridenominato Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali;
§ il trasferimento al Ministero dello sviluppo economico delle funzioni in materia di politiche di coesione (funzioni originariamente proprie del Ministero dell’economia[29], attribuite al Presidente del Consiglio – o ad un ministro da lui delegato – dal D.L. 63/2005[30]);
§ il trasferimento al Ministero degli affari esteri delle funzioni in materia di politiche per gli italiani nel mondo (già attribuite alla Presidenza del Consiglio);
§ la ridenominazione del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio, con l’aggiunta delle parole “e del mare”;
§ l’attribuzione alla Presidenza del Consiglio dei Ministri delle competenze in materia di:
- sport[31];
- indirizzo e coordinamento in materia di politiche giovanili[32];
- indirizzo e coordinamento in materia di politiche per la famiglia “nelle sue componenti e problematiche generazionali”, nonché interventi per il sostegno alla famiglia[33];
- vigilanza sull’Agenzia dei segretari comunali e provinciali (che si occupa del relativo albo), nonché sulla Scuola superiore per la formazione e la specializzazione dei dirigenti della pubblica amministrazione locale;
- iniziativa legislativa in materia di allocazione delle funzioni fondamentali di comuni, province e città metropolitane di cui all’articolo 117, secondo comma, lettera p), della Costituzione[34];
- promozione e coordinamento relativamente all’attuazione dell’art. 118, primo e secondo comma, Cost. (i quali definiscono i criteri per l’attribuzione delle competenze amministrative ai diversi livelli territoriali di governo, in particolare in base al principio di sussidiarietà).
Mentre le prime tre aree di competenza sono attualmente proprie del Ministero per i beni e le attività culturali e del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, le successive afferiscono ad un ambito di intervento (enti locali) prevalentemente riconducibile al Ministero dell’interno.
Con specifico riferimento alla materia del turismo le relative funzioni, che nel testo originario del decreto-legge in esame venivano trasferite al Ministero per i beni e le attività culturali (dal Ministero delle attività produttive), risultano nel testo modificato dal Senato attribuite alla Presidenza del Consiglio dei ministri, mentre si dispone comunque il trasferimento al Ministero per i beni e le attività culturali delle dotazioni finanziarie, strumentali e di personale della attuale Direzione del Turismo (v. art. 1, comma 19-quater); si prefigura contestualmente l’istituzione presso il Ministero per i beni e le attività culturali di una nuova struttura per il turismo, della quale si avvale il Presidente del Consiglio per lo svolgimento delle relative funzioni (v. commi 19-bis e19-ter).
Alla Presidenza del Consiglio è altresì trasferita la segreteria del CIPE (Comitato interministeriale per la programmazione economica), nonché alcune funzioni relative alle pari opportunità in materia di lavoro nell’attività di impresa, attualmente del Ministero del lavoro e delle politiche sociali.
Le disposizioni che specificano le ulteriori funzioni attribuite alla Presidenza del Consiglio appaiono tra loro alquanto variegate, e riguardano anche ambiti molto specifici di intervento. Appare poi inconsueta la precisazione relativa alla “iniziativa legislativa” in materia di allocazione delle funzioni fondamentali di comuni, province e città metropolitane, “ritagliata” da un ambito di competenza più vasto, tradizionalmente ricompreso nella sfera propria del Ministro dell’interno.
Complessivamente, si può poi osservare che alcune delle funzioni attribuite alla Presidenza del Consiglio (destinate ad essere assegnate a Ministri senza portafoglio[35]), potrebbero presentare elementi di discontinuità rispetto all’impostazione generale della riforma del 1999, in particolare con riferimento alla tendenza ad escludere, dall’ambito di competenza della Presidenza del Consiglio, funzioni di amministrazione attiva.
Si ricorda infatti che, con il d.lgs. n. 300/99, la Presidenza del Consiglio è stata ridefinita e riorganizzata quale struttura di indirizzo e coordinamento delle politiche del Governo, prevedendo contestualmente che i compiti di amministrazione attiva incardinati nella struttura della Presidenza fossero trasferiti ai ministeri secondo le rispettive attribuzioni.
Peraltro, già nel corso della XIV legislatura sono intervenuti provvedimenti che hanno attenuato tale impostazione generale, attribuendo alla Presidenza del Consiglio competenze settoriali di carattere operativo (si ricordano ad esempio quelle in materia di editoria o protezione civile – v. supra la scheda relativa al quadro normativo).
Venendo ad un esame più puntuale dell’articolato, il comma 1 dell’articolo 1, intervenendo con la tecnica della novella sull’art. 2, co. 1, del D.Lgs. 300/1999, introduce la nuova enumerazione dei ministeri (divenuti, appunto, 18):
1) Ministero degli affari esteri;
2) Ministero dell’interno;
3) Ministero della giustizia;
4) Ministero della difesa;
5) Ministero dell’economia e delle finanze;
6) Ministero dello sviluppo economico;
7) Ministero del commercio internazionale;
8) Ministero delle comunicazioni;
9) Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali;
10) Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare;
11) Ministero delle infrastrutture;
12) Ministero dei trasporti;
13) Ministero del lavoro e della previdenza sociale;
14) Ministero della salute;
15) Ministero della pubblica istruzione;
16) Ministero dell’università e della ricerca;
17) Ministero per i beni e le attività culturali;
18) Ministero della solidarietà sociale.
La stessa relazione tecnica allegata al d.d.l di conversione evidenzia che il provvedimento, oltre a operare una redistribuzione delle competenze ministeriali, eleva “da 14 a 18” il numero dei Ministeri[36].
Si ricorda che la delega conferita nel 1997[37] per la riforma dell’organizzazione dei Ministeri – che diede origine al d.lgs. 300/1999 – era espressamente intesa a razionalizzare l'ordinamento della Presidenza del Consiglio dei ministri e dei Ministeri, anche attraverso il riordino, la soppressione e la fusione di Ministeri, nonché di amministrazioni centrali anche ad ordinamento autonomo.
Tra i principi e i criteri della delega vi erano i seguenti:
§ procedere alla razionalizzazione e redistribuzione delle competenze tra i Ministeri, […] in ogni caso riducendone il numero, anche con decorrenza differita all'inizio della nuova legislatura;
§ eliminare le duplicazioni organizzative e funzionali, sia all'interno di ciascuna amministrazione, sia fra di esse, sia tra organi amministrativi e organi tecnici, con eventuale trasferimento, riallocazione o unificazione delle funzioni e degli uffici esistenti, e ridisegnare le strutture di primo livello, anche mediante istituzione di dipartimenti o di amministrazioni ad ordinamento autonomo o di agenzie e aziende, anche risultanti dalla aggregazione di uffici di diverse amministrazioni, sulla base di criteri di omogeneità, di complementarietà e di organicità (cfr art. 12, co. 1, lettere f) e g) della legge 59/1997).
La tabella che segue pone a raffronto il quadro dei Ministeri recato, rispettivamente, dal testo originario del d.lgs. 300/1999 (colonna di sinistra), dal testo previgente all’intervento in esame, come modificato all’inizio della scorsa legislatura (colonna centrale), e da quello modificato dal comma in esame (colonna di destra).
Art. 2, comma 1, del decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 300 |
||
Testo originario |
Testo modificato |
Testo modificato |
1. A decorrere dalla prossima legislatura, i ministeri sono i seguenti: |
1. I ministeri sono i seguenti: |
1. I ministeri sono i seguenti: |
1. Ministero degli affari esteri; |
1) Ministero degli affari esteri; |
1) Ministero degli affari esteri; |
2. Ministero dell'interno; |
2) Ministero dell'interno; |
2) Ministero dell'interno; |
3. Ministero della giustizia; |
3) Ministero della giustizia; |
3) Ministero della giustizia; |
4. Ministero della difesa; |
4) Ministero della difesa; |
4) Ministero della difesa; |
5. Ministero dell'economia e delle finanze; |
5) Ministero dell'economia e delle finanze; |
5) Ministero dell'economia e delle finanze; |
6. Ministero delle attività produttive; |
6) Ministero delle attività produttive; |
6) Ministero dello sviluppo economico; |
|
|
7) Ministero del commercio internazionale; |
|
7) Ministero delle comunicazioni; |
8) Ministero delle comunicazioni; |
7. Ministero delle politiche agricole e forestali; |
8) Ministero delle politiche agricole e forestali; |
9) Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali; |
8. Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio; |
9) Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio; |
10)Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare; |
9. Ministero delle infrastrutture e dei trasporti; |
10) Ministero delle infrastrutture e dei trasporti; |
11) Ministero delle infrastrutture; |
|
|
12) Ministero dei trasporti; |
10. Ministero del lavoro, della salute e delle politiche sociali; |
11) Ministero del lavoro e delle politiche sociali; |
13) Ministero del lavoro e della previdenza sociale; |
|
12) Ministero della salute; |
14) Ministero della salute; |
11. Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca; |
13) Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca; |
15) Ministero della pubblica istruzione; |
|
|
16) Ministero dell'università e della ricerca; |
12. Ministero per i beni e le attività culturali. |
14) Ministero per i beni e le attività culturali. |
17) Ministero per i beni e le attività culturali; |
|
|
18) Ministero della solidarietà sociale. |
Come si evince dal precedente raffronto, l’evoluzione legislativa ha portato il numero dei Ministeri ("con portafoglio"), dal 1999, ad un progressivo aumento: da 12, nel testo originario, a 14, nel testo intermedio, a 18, nel testo attualmente vigente.
Va peraltro ricordato che il D.Lgs. 300/1999, nella formulazione originaria (recante 12 ministeri), non ha mai avuto applicazione. Esso infatti avrebbe dovuto essere applicato a partire dalla legislatura successiva (la XIV), allorché però fu emanato il decreto-legge n. 217 del 2001 (che portò a 14, come s’è visto, il numero dei Ministeri, reistituendo il Ministero delle comunicazioni e scorporando dal Ministero del welfare il Ministero della salute).
La relazione illustrativa al ddl presentato al Senato afferma che l’intervento normativo è da porsi “in relazione al nuovo assetto del Governo”. Dal comunicato stampa del Governo del 17 maggio u.s.[38] si evince che il Consiglio dei Ministri ha deliberato l’emanazione del DL “per rafforzare l’azione di governo e renderla più funzionale alla realizzazione del Programma”.
I commi successivi al primo - da 2 al 9-ter (escluso l’8-bis, su cui v. infra) - riguardano le competenze dei singoli Ministeri su cui incide il provvedimento; per ragioni di omogeneità e per consentire una visione unitaria, si rinvia pertanto alle schede relative ai singoli Ministeri istituiti o modificati dal decreto legge la cui conversione è in esame.
Anche per il comma 10, concerne i procedimenti amministrativi conseguenti alle modifiche apportate, e per i commi 10-bis e 10-ter, concernenti la nuova disciplina degli incarichi dirigenziali, si rinvia ai successivi paragrafi.
I commi da 11 a 18[39] precisano le modificazioni alle denominazioni dei nuovi Dicasteri, secondo quanto già evidenziato nella tabella.
Ricorre in tutti i commi la medesima formula, secondo la quale la nuova denominazione “sostituisce, ad ogni effetto e ovunque presente”, la denominazione previgente.
A titolo esemplificativo, il comma 11 stabilisce che “la denominazione: ‘Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali sostituisce, ad ogni effetto e ovunque presente, la denominazione: ‘Ministero delle politiche agricole e forestali’”.
Peraltro, in numerosi casi si verifica che un nuovo Ministero è istituito in relazione a funzioni scorporate da quelle proprie di un Ministero preesistente, che continua a figurare – con nuova denominazione e funzioni – nel nuovo assetto, e pertanto alla formula appena citata si aggiunge la precisazione “in relazione alle funzioni di cui al comma…”, o anche precisazioni più articolate.
In tali casi, gli effetti prodotti dalle disposizioni in esame sulla normativa vigente non appaiono di immediata evidenza, richiedendo un’articolata operazione interpretativa.
A titolo esemplificativo, il comma 14 prevede che la denominazione “Ministero delle infrastrutture” sostituisce ad ogni effetto e ovunque presente, la denominazione “Ministero delle infrastrutture e dei trasporti” in relazione alle funzioni di cui al comma 4.
Correlativamente, secondo il comma 15 la denominazione “Ministero dei trasporti” sostituisce, ad ogni effetto e ovunque presente, la denominazione “Ministero delle infrastrutture e dei trasporti” in relazione alle funzioni di cui al comma 5.
Più articolata la formulazione che si ritrova al comma 12, il quale prevede che la denominazione “Ministero dello sviluppo economico” debba sostituire, ad ogni effetto e ovunque presente, la denominazione “Ministero delle attività produttive” in relazione alle funzioni già conferite a tale Dicastero, nonchè a quelle di cui al comma 2, fatto salvo quanto disposto dai commi 13, 19 e 19-bis(v. sul punto la scheda relativa al Ministero dello sviluppo economico).
A sua volta, il comma 13 stabilisce che la denominazione “Ministero del commercio internazionale” sostituisce, ad ogni effetto e ovunque presente, la denominazione “Ministero delle attività produttive” in relazione alle funzioni di cui al comma 3.
Il comma 8-bis stabilisce direttamente che la maggior parte dei ministeri interessati dalle modifiche recate dal provvedimento in esame si articolano in dipartimenti. La disposizione riguarda espressamente:
§ il Ministero dello sviluppo economico;
§ il Ministero delle infrastrutture;
§ il Ministero dei trasporti;
§ il Ministero della pubblica istruzione;
§ il Ministero dell’ambiente, della tutela del territorio e del mare;
§ il Ministero dell’università e della ricerca.
Diversamente, per i neoistituiti Ministeri della solidarietà sociale e del commercio internazionale le direzioni generali costituiscono le strutture di primo livello.
Con riguardo all’organizzazione interna dei ministeri, si ricorda che il d.lgs. n. 300/1999 conteneva un’elencazione dei ministeri organizzati per dipartimenti e di quelli articolati per direzioni generali (art. 3), evidenziando una preferenza per la “dipartimentalizzazione”; tale scelta era stata considerata funzionale ad un maggior coordinamento e ad una razionalizzazione di funzioni ed organizzazione.
Con il decreto legislativo 6 dicembre 2002, n. 287[40], che si fonda sulla legge 137/2002, e che ha apportato modifiche alla disciplina relativa alla struttura organizzativa dei ministeri[41], è stato stabilito in via generale che nei ministeri costituiscono strutture di primo livello, alternativamente, i dipartimenti e le direzioni generali.
Mentre nei ministeri in cui le strutture di primo livello sono costituite da direzioni generali può essere istituito l’ufficio del segretario generale, il quale, ove previsto, opera alle dirette dipendenze del ministro[42], tale possibilità è stata esclusa per i Ministeri in cui le strutture di primo livello sono costituite da dipartimenti[43].
Sostanzialmente, è stata quindi data alle singole amministrazioni l’opportunità di scegliere la propria struttura organizzativa, decidendo tra i dipartimenti e le direzioni generali e, in questo secondo caso, scegliendo tra l’avere o meno il Segretario generale.
In attuazione della L. 137/2002, che di fatto, realizzava una “riapertura dei termini” della L. 59/97, sono stati emanati nove decreti legislativi “correttivi” del d.lgs. 300/1999, relativi alle seguenti amministrazioni: ambiente, attività produttive, beni culturali, comunicazioni, economia, infrastrutture, interno e “welfare”[44].
Il termine previsto dalla L. 137 per l’adozione dei decreti legislativi di riforma dell’organizzazione di ministeri ed enti è scaduto il 23 gennaio 2004. Peraltro, con la legge 27 luglio 2004, n. 186[45], si è stabilita, tra l’altro, una nuova “riapertura del termine”, il quale è comunque scaduto il 31 dicembre 2005[46].
Ai decreti legislativi, che hanno ridefinito le funzioni dei dicasteri, individuando il modello organizzativo (con specificazione del numero massimo di dipartimenti o direzioni generali), sono poi seguiti i relativi regolamenti di organizzazione dei singoli Ministeri (adottati ai sensi dell’art. 17, comma 4-bis, della legge 400/88), cui è demandata l’individuazione analitica delle funzioni di dipartimenti e direzioni generali (mentre l’ulteriore specificazione dei compiti dei singoli uffici dirigenziali e l’assegnazione delle relative risorse è rimessa al successivo decreto ministeriale).
Nell’attuazione complessiva della disciplina avvenuta nella scorsa legislatura è emersa una preferenza per il modello di organizzazione per direzioni generali rispetto a quella per dipartimenti[47].
A seguito dell’approvazione del provvedimento in esame, risulterebbe nuovamente prevalente il modello di organizzazione per dipartimenti.
Il comma 23 prevede poi che, in attuazione di quanto previsto dal provvedimento in esame, limitatamente alle amministrazioni interessate dal riordino, intervengano regolamenti di organizzazione per definire gli assetti organizzativi e il numero massimo delle strutture di primo livello.
Tali regolamenti sono adottati ai sensi dell’art. 4 del D.Lgs. 300/1990, che rinvia a sua volta all’articolo 17, comma 4-bis della legge n. 400 del 1988, ai sensi del quale l’organizzazione e la disciplina degli uffici dei Ministeri sono determinate, con regolamenti di delegificazione[48], su proposta del Ministro competente d'intesa con il Presidente del Consiglio dei ministri e con il Ministro del tesoro.
A tale riguardo si segnala che tra i princìpi e criteri direttivi per l’esercizio della delega recata dall’art. 1 del d.d.l. di conversione (v. infra) si prevede la revisione del numero dei dipartimenti e delle direzioni generali, previste D.Lgs. 300/1999, sulla base di quanto disposto dal citato co. 23. Sembra dunque esservi una almeno parziale coincidenza di oggetto tra l’intervento con atto regolamentare e quello di rango legislativo (il contenuto del decreto legislativo parrebbe anzi doversi adeguare, sul punto, a quanto disposto con regolamento).
La disposizione individua un doppio vincolo finanziario: al termine del processo di riorganizzazione non devono essere superati, dalle nuove strutture, il limite di spesa previsto per i Ministeri di origine, nonchéil limite complessivo della spesa sostenuta, alla data di entrata in vigore del decreto-legge, per la totalità delle strutture in questione.
Sembrerebbe opportuno un chiarimento della formulazione, in particolare con riguardo alla effettiva portata del secondo limite di spesa, anche in rapporto al primo.
Il comma 23-bis rimette poi ad un decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, adottato di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, sentiti i Ministri interessati, previa consultazione delle organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative, la determinazione dei criteri e delle modalità per l’individuazione delle risorse umane relative alle funzioni trasferite ai sensi dei commi 2, 3, 4, 5, 6, 7, 8 e 9 e 19-quater (relativi appunto ai nuovi Ministeri individuati con il decreto-legge in esame, come modificato dal Senato)[49].
Il comma 25-bis, sempre al fine didelimitaregli effetti finanziari del provvedimento in esame, stabilisce che dal riordino delle competenze dei Ministeri e della Presidenza del Consiglio dei ministri, nonché dal loro accorpamento non deriva alcuna revisione dei trattamenti economici complessivi in atto corrisposti ai dipendenti trasferiti ovvero a quelli dell’amministrazione di destinazione che si riflettano in maggiori oneri per il bilancio dello Stato.
Per ulteriori aspetti organizzativi della nuova disciplina, si rinvia al successivo paragrafo Aspetti concernenti l’organizzazione e il personale.
A seguito dell’approvazione dell’emendamento del Governo 1.2000 da parte dell’assemblea del Senato[50], è stato introdotto nell’articolo 1 del disegno di legge di conversione del DL 181/2006 una delega al Governo, finalizzata all’adozione di uno o più decreti legislativi per il coordinamento delle disposizioni in materia di funzioni e organizzazione della Presidenza del Consiglio dei ministri e dei Ministeri con le disposizioni del medesimo decreto-legge n. 181 (come modificato dalla legge di conversione).
Il termine per l’esercizio della delega è indicato in ventiquattro mesi dall’entrata in vigore della legge di conversione.
L’ambito della delega, come si evince anche dalla formulazione dei principi e criteri direttivi, appare circoscritto ad aspetti di coordinamento legislativo (strettamente consequenziali rispetto a quanto già disposto dal decreto-legge, come modificato dalla legge di conversione), che implicano l’individuazione esplicita e completa delle norme abrogate e, correlativamente, della normativa vigente.
Si fa presente in proposito che il testo reca numerose modifiche della normativa vigente (in primo luogo dei d.lgs. nn. 300 e 303 del 1999, ma anche di vari altri atti normativi), ricorrendo solo in parte alla tecnica della “novella”.
Tra le ulteriori fonti oggetto di modifiche esplicite figurano il d.lgs. 165/2001, la legge 137/2002 e, per un aspetto specifico, la legge 400/1988 (v. oltre). Inoltre, le modifiche riguardano prevalentemente, ma non esclusivamente, norme di rango primario: infatti, il comma 24-octies modifica direttamente una disposizione di rango regolamentare (v. art. 3, comma 2, del regolamento organizzazione degli uffici di diretta collaborazione del Ministro delle comunicazioni di cui alDPR 14 maggio 2001, n. 258, relativo alla nomina dei vice capi di gabinetto).
La relazione illustrativa che accompagna il disegno di legge di conversione presentato al Senato accennava in proposito al fatto che “in considerazione dell’estrema urgenza del provvedimento, la tecnica adoperata è quella di non apportare novelle ai vigenti decreti legislativi 30 luglio 1999, n. 300, e 30 luglio 1999, n. 303, se non quelle strettamente necessarie; preannunciava quindi che “a ciò si provvederà mediante la previsione, da inserire in sede di conversione del decreto-legge, di un’apposita delega per il coordinamento delle disposizioni legislative in materia”.
I principi e criteri direttivi per l’esercizio della delega (essenzialmente attinenti ad aspetti “di metodo”) sono così indicati:
§ “puntuale individuazione del testo vigente delle norme”: tale formulazione alquanto inconsueta, appare da riconnettere al successivo principio che prevede l’”indicazione esplicita e analitica delle norme abrogate”.
§ coordinamento del testo delle disposizioni vigenti, apportando le modifiche necessarie per garantire la razionale applicazione nonché la coerenza logica e sistematica della normativa;
§ aggiornamento e semplificazione del linguaggio normativo;
§ revisione del numero dei dipartimenti e delle direzioni generali, previste dal decreto legislativo n. 300 del 1999; il d.lgs. di attuazione della delega interviene comunque “sulla base di quanto disposto dal comma 23, dell’articolo 1 del decreto-legge, come modificato dalla legge di conversione”, (si rinvia sul punto a quanto osservato supra, in relazione al co. 23), nonché nel rispetto del principio di invarianza della spesa di cui al comma 25 dell'articolo 1 (v. infra).
Quanto al procedimento per l’approvazione dei decreti legislativi, se ne prevede l’adozione su proposta del Presidente del Consiglio dei ministri, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, sentiti i Ministri interessati. Gli schemi di d.lgs. , predisposti sentite le organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative, sono sottoposti al parere del Consiglio di Stato e delle competenti Commissioni parlamentari, da rendersi ciascuno nel termine di quarantacinque giorni dalla trasmissione. Decorso tale termine, i decreti possono comunque essere adottati.
Si osserva che la disposizione non prevede un meccanismo volto ad assicurare – come invece stabilito frequentemente, per le deleghe legislative per le quali si richieda l’espressione del parere parlamentare – che la trasmissione alle Camere avvenga solo dopo l’acquisizione degli altri pareri previsti.
Si può ricordare in proposito, tra le varie recenti disposizioni di delega, il meccanismo di cui all’articolo 20 della L. 59/1997, come modificato dalle leggi di semplificazione e riassetto normativo per il 2001 e per il 2005. Ai sensi del comma 5, i decreti legislativi adottati sulla base del disegno di legge annuale per la semplificazione e il riassetto normativo sono emanati su proposta del Ministro competente, di concerto con il Presidente del Consiglio dei Ministri o il Ministro per la funzione pubblica, con i Ministri interessati e con il Ministro dell'economia e delle finanze, previa acquisizione del parere della Conferenza unificata (di cui all'articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281), e, successivamente, dei pareri delle Commissioni parlamentari competenti che sono resi entro il termine di sessanta giorni dal ricevimento della richiesta.
Può essere utile richiamare anche il comma 6, relativo ai regolamenti adottati sempre in base alla legge annuale per la semplificazione e il riassetto normativo, per i quali è previsto anche il parere del Consiglio di Stato: tali regolamenti devono essere emanati con decreto del Presidente della Repubblica, previa deliberazione del Consiglio dei Ministri, su proposta del Presidente del Consiglio dei Ministri o del Ministro per la funzione pubblica, di concerto con il Ministro competente, previa acquisizione del parere della Conferenza unificata (di cui all'articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281), quando siano coinvolti interessi delle regioni e delle autonomie locali, del parere del Consiglio di Stato nonché delle competenti Commissioni parlamentari. I pareri della Conferenza unificata e del Consiglio di Stato sono resi entro novanta giorni dalla richiesta; quello delle Commissioni parlamentari è reso, successivamente ai precedenti, entro sessanta giorni dalla richiesta[51].
La ragione istituzionale sottesa a tali meccanismi procedurali è stata da tempo esplicitata con le due lettere inviate dai Presidenti delle Camere al Presidente del Consiglio il 12 febbraio 1998 e il 3 novembre 1998, nelle quali si segnala l’esigenza che il testo trasmesso alle Camere per il parere abbia completato la fase procedimentale interna all’Esecutivo, tenendo conto anche del parere del Consiglio di Stato”[52]. “La posizione costituzionale delle Camere nei confronti del Governo e la funzione di controllo politico rivestita dal parere parlamentare esigono infatti che il Parlamento si pronunci sul testo al quale il Governo non intende apportare ulteriori modifiche, fatta eccezione per quelle conseguenti alle valutazioni formulate dagli Organi parlamentari. Per consentire alle Camere di disporre di fondamentali elementi di giudizio, sembra poi opportuno che il Governo corredi le proprie richieste con copia degli ulteriori pareri, primo fra tutti quello del Consiglio di Stato”.
A seguito dell’introduzione della norma di delega, viene conseguentemente modificato il titolo del disegno di legge di conversione, cui sono aggiunte, in fine, le seguenti parole: ". Delega al Governo per il coordinamento delle disposizioni in materia di funzioni e di organizzazione della Presidenza del Consiglio dei ministri e dei Ministeri".
Il comma 1 dell’articolo 1 reca la formula di conversione in legge del decreto-legge 18 maggio 2006, n. 181 (con le modificazioni apportate in allegato alla legge).
L’articolo prevede infine l’entrata in vigore della legge, il giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale.
Il comma 10, non modificato nel corso dell’esame al Senato, stabilisce che con decreto del Presidente del Consiglio si proceda alla ricognizione delle strutture trasferite in relazione alla modifica delle funzioni ministeriali, nonché alla individuazione provvisoria del contingente minimo degli uffici strumentali e di diretta collaborazione. I successivi commi 10-bis e 10-ter, introdotti con l’approvazione al Senato dell’emendamento 1.2000 del Governo, dispongono in ordine al mantenimento presso le singole amministrazioni, nell’ambito delle strutture trasferite, degli incarichi dirigenziali conferiti ad esterni, anche in deroga ai limiti numerici fissati dall’art. 19 del D.Lgs. 165/2001 (commi 5-bis e 6), al fine di garantire il funzionamento delle strutture trasferite.
Il comma 10 dispone appunto in ordine alla ricognizione delle strutture trasferite in relazione alla modifica delle funzioni ministeriali, nonché alla individuazione, in via provvisoria, del contingente minimo degli uffici strumentali e di diretta collaborazione, prevedendo che a detti adempimenti si provveda con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, adottato d’intesa con il Ministro dell’economia e delle finanze e sentiti i Ministri interessati[53].
Tale decreto ha carattere provvedimentale: ciò si evince sia dal testo che dalla relazione illustrativa, che si riferiscono entrambi ad un intervento “in via amministrativa”; inoltre il carattere non regolamentare del provvedimento sembra confermato dallo strumento e dalla procedura delineati dalla norma, che si differenziano da quelli previsti in generale per la emanazione di regolamenti.
Il carattere ricognitivo del provvedimento sembra sostanziare una semplice esplicitazione in concreto di un effetto già prodotto (il trasferimento) dal decreto-legge in esame. Va d’altronde considerato che il comma 23 dell’articolo dispone che gli assetti organizzativi delle Amministrazioni interessate dal riordino debbano essere disciplinati con regolamento (vedi oltre).
Il comma 25-ter, cui si rimanda, delinea il procedimento generale per l’emanazione dei decreti del Presidente del Consiglio con cui si darà attuazione al complessivo riordino dei Ministeri e della Presidenza del Consiglio dettato dal decreto-legge in esame.
Quanto agli aspetti relativi alla individuazione del contingente minimo degli uffici strumentali e di diretta collaborazione, che deve essere tale da assicurare in ogni caso l’invarianza della spesa, sembra che la norma sia da porre in relazione anche al comma 25 (vedi oltre), in base al quale dalla complessiva attuazione del presente decreto non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.
Si ricorda che la disciplina generale relativa agli uffici di diretta collaborazione dei Ministri è rinvenibile nell’art. 14 del D.Lgs. 29/1993 (ora art. 14 del D. Lgs. 165/2001) e nell’art. 7 del D.Lgs. 300/1999, in base ai quali per l'esercizio delle funzioni di indirizzo politico il Ministro si avvale di uffici di diretta collaborazione, aventi esclusive competenze di supporto e di raccordo con l'amministrazione, istituiti e disciplinati con regolamento adottato ai sensi del comma 4-bis dell'articolo 17 della legge 23 agosto 1988, n. 400 (regolamento di organizzazione delegificante). A tali uffici sono assegnati, nei limiti stabiliti dallo stesso regolamento: dipendenti pubblici anche in posizione di aspettativa, fuori ruolo o comando; collaboratori assunti con contratti a tempo determinato disciplinati dalle norme di diritto privato; esperti e consulenti per particolari professionalità e specializzazioni, con incarichi di collaborazione coordinata e continuativa[54].
In materia è successivamente intervenuto l’art. 13 del d.l. 217/2001, il quale ha stabilito che:
§ gli incarichi di diretta collaborazione con il Presidente del Consiglio dei Ministri o con i singoli Ministri, anche senza portafoglio, possono essere attribuiti anche a dipendenti di ogni ordine, grado e qualifica delle amministrazioni pubbliche, nel rispetto dell'autonomia statutaria degli enti territoriali e di quelli dotati di autonomia funzionale;
§ i dipendenti incaricati, su richiesta degli organi interessati, sono collocati, con il loro consenso, in posizione di fuori ruolo o di aspettativa retribuita, per l'intera durata dell'incarico, anche in deroga ai limiti di carattere temporale previsti dai rispettivi ordinamenti di appartenenza e in ogni caso non oltre il limite di cinque anni consecutivi, senza oneri a carico degli enti di appartenenza qualora non si tratti di amministrazioni dello Stato;
§ i contingenti numerici eventualmente previsti dai rispettivi ordinamenti di appartenenza dei soggetti interessati ed ostativi al loro collocamento fuori ruolo o in aspettativa retribuita sono aumentati fino al 30 per cento e, comunque, non oltre il massimo di trenta unità aggiuntive per ciascun ordinamento;
§ per i magistrati ordinari, amministrativi e contabili e per gli avvocati e procuratori dello Stato, nonché per il personale di livello dirigenziale o comunque apicale delle regioni, delle province, delle città metropolitane e dei comuni, gli organi competenti deliberano il collocamento fuori ruolo o in aspettativa retribuita, fatta salva per i medesimi la facoltà di valutare motivate ragioni ostative.
Un ulteriore intervento normativo in materia è stato posto in essere con la legge 137 del 2002, che all’articolo 3 ha dettato una disciplina di prima applicazione relativa agli uffici di diretta collaborazione dei vice Ministri, a seguito della introduzione di questa nuova figura.
Il comma 10 in esame stabilisce inoltre che:
§ alle variazioni di bilancio necessarie per l’adeguamento del bilancio di previsione dello Stato alla nuova struttura del Governo si provvede con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze, su proposta dei Ministri competenti;
§ le funzioni di controllo e monitoraggio attribuite alla Ragioneria generale dello Stato, nella fase di prima applicazione, continuano ad essere svolte dagli uffici competenti in base alla normativa previgente.
La previsione relativa allo svolgimento delle funzioni di controllo e monitoraggio nella fase di prima applicazione del decreto legge in esame sembra poter essere riferita al ruolo svolto dagli Uffici centrali del bilancio presso i singoli Ministeri.
Si ricorda che le Ragionerie Centrali costituite presso i Ministeri hanno assunto la denominazione di "Uffici centrali del bilancio" e operano alle dipendenze del Dipartimento della Ragioneria generale dello Stato. Detti Uffici provvedono alla tenuta delle scritture contabili e alla registrazione degli impegni di spesa risultanti dai provvedimenti assunti dagli uffici amministrativi sotto la responsabilità dei dirigenti competenti, secondo le modalità previste dall'art. 11, comma 1, del Decreto del Presidente della Repubblica 20 aprile 1994, n. 367[55]. Concorrono, altresì, alla valutazione degli oneri delle funzioni e dei servizi istituzionali delle amministrazioni dello Stato e dei programmi e progetti finanziati nell'ambito delle unità previsionali di bilancio, ai fini della predisposizione del progetto di bilancio di previsione, ai sensi dell'art. 4-bis della legge 5 agosto 1978, n. 468[56].
Il comma 10-bis, introdotto nel corso dell’esame del Senato, prevede che le singole amministrazioni possano mantenere, nell’ambito delle strutture trasferite, gli incarichi dirigenziali conferiti ad esterni, ciò anche in deroga ai limiti fissati dall’art. 19 del D.Lgs. 165/2001 (commi 5-bis e 6). L’obiettivo della disposizione, come dichiarato sia nel testo normativo, sia nella relazione tecnica che accompagna l’emendamento del Governo, è di garantire il funzionamento delle strutture trasferite.
Presumibilmente, la norma appare connessa alla ipotesi che, a seguito del trasferimento delle strutture previsto dal decreto nel suo complesso e dal conseguente trasferimento dei dirigenti ad esse preposte, si possano verificare casi di superamento dei limiti predetti nelle amministrazioni di nuova creazione.
La dirigenza pubblica è articolata in due fasce. In ogni amministrazione dello Stato, anche ad ordinamento autonomo, è istituito il ruolo dei dirigenti, che si articola nella prima e nella seconda fascia. I dirigenti della seconda fascia transitano nella prima qualora abbiano ricoperto incarichi di direzione di uffici dirigenziali generali per un periodo di almeno a cinque anni (art. 23 D.Lgs. 165/2001).
Dal punto di vista delle funzioni che i dirigenti sono chiamati a svolgere la legge distingue tre tipi di incarichi:
§ l’alta dirigenza (segretari generali dei ministeri e direttori di strutture articolate al loro interno in uffici dirigenziali generali, quali i capi dipartimento). Tali incarichi sono riservati ai dirigenti di prima fascia e sono conferiti con decreto del Presidente della Repubblica, previa deliberazione del Consiglio dei ministri su proposta del Ministro competente (art. 19, comma 3, D.Lgs. 165/2001;
§ gli incarichi di funzione dirigenziale di livello generale, conferiti con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, sono attribuiti in parte ai dirigenti di prima fascia e in parte, secondo una quota massima pari al 70 per cento della dotazione, a quelli di seconda fascia (art. 19, comma 4, D.Lgs. 165/2001);
§ gli incarichi di direzione degli uffici di livello dirigenziale conferiti dal dirigente generale ai dirigenti assegnati al suo ufficio (art. 19, comma 5, D.Lgs. 165/2001.
Destinatari degli incarichi di livello generale e non, possono essere anche soggetti esterni, quali:
§ persone di particolare comprovata qualificazione personale, in possesso di particolari requisiti (integrati di recente dal decreto legge n. 115 del 2005) che possono essere incaricate entro il limite del 10 per cento della dotazione organica dei dirigenti appartenenti alla prima fascia dei ruoli delle amministrazioni statali e dell’8 per cento della dotazione organica di quelli appartenenti alla seconda fascia (art. 19, comma 6 D.Lgs. 165/2001);
§ dirigenti non appartenenti ai ruoli delle amministrazioni statali, purché dipendenti delle amministrazione pubbliche, ovvero di organi costituzionali, previo collocamento fuori ruolo, comando o analogo provvedimento, secondo i rispettivi ordinamenti, entro il limite del 10 per cento della dotazione organica dei dirigenti appartenenti alla prima fascia e del 5 per cento della dotazione organica di quelli appartenenti alla seconda fascia (art. 19 comma 5-bis D.Lgs. 165/2001). Tali incarichi sono conferito a tempo determinato (da tre a cinque anni).
Un quadro della situazione degli incarichi dirigenziali nella pubblica amministrazione, compresi quelli conferiti ad esterni, è contenuto nella relazione su La gestione degli incarichi dirigenziali nello Stato dopo la legge n. 145 del 2002 della Sezione centrale di controllo sulla gestione delle amministrazioni dello Stato della Corte dei conti del giugno 2006[57].
Per quanto riguarda gli incarichi di livello dirigenziale, l’8% è attribuito ad esterni ai sensi dell’art. 19, comma 6 e poco più del 3% a dirigenti di altre amministrazioni pubbliche ai sensi dell’art. 19, comma 5-bis; per gli incarichi di livello non generale le quote risultano rispettivamente al 6 e a meno del 3%[58].
Gli incarichi ad esterni di cui sopra possono essere mantenuti fino alla scadenza prevista per ciascuno di essi, con la possibilità di proroga sino al 30 giugno 2008.
Infatti, l’ultimo periodo del comma 10-bis in esame consente alle amministrazioni che sono destinatarie delle strutture che utilizzano i contingenti in deroga di conferire, relativamente ai contratti in corso che scadono entro il 30 giugno 2007, nuovi incarichi dirigenziali di durata non superiore al 30 giugno 2008. La dizione non sembra escludere proroghe di contratti già esistenti e in scadenza al 30 giugno 2007.
La disposizione sopra descritta non dovrà comportare oneri aggiuntivi alla finanza pubblica: ciò può desumersi dal comma 23 dell’articolo 1 del decreto-legge in esame che, appunto, fissa il principio che le modificazioni apportate non devono consentire il superamento di limiti di spesa previsto per i Ministeri di origine (vedi oltre).
Inoltre, viene previsto uno specifico meccanismo di compensazione che garantisce l’invarianza della spesa.
“La disposizione”, si legge nella relazione tecnica, “non determina effetti finanziari in quanto al mantenimento dei contratti dirigenziali ex art. 19, commi 5-bis e 6, D.Lgs. n. 165/2001 in capo alle amministrazioni destinatarie di nuove funzioni si correla la temporanea indisponibilità, per una pari durata, di un numero corrispondente di incarichi dirigenziali immediatamente conferibili presso l’amministrazione cedente funzioni, trattandosi di quote che le amministrazioni utilizzano senza soluzione di continuità configurandosi come incarichi a tempo determinato”.
E’ quanto previsto dal comma 10-ter che appunto stabilisce che le amministrazioni cedenti rendono temporaneamente indisponibile un numero di incarichi corrispondente a quello ceduto alla nuova amministrazione ai sensi del comma 10-bis.
Lo stesso comma 10-ter stabilisce, inoltre, che l’individuazione degli incarichi dirigenziali di cui al comma 10-bis sia effettuata con lo stesso decreto del Presidente del Consiglio che dovrà procedere all’immediata ricognizione delle strutture trasferite ai sensi del presente decreto legge (vedi sopra comma 10).
Si ricorda per completezza che il comma 23-bis dell’art. 1, introdotto in seguito all’approvazione dell’emendamento (1.2000) del Governo nel corso dell’esame presso il Senato, prevede che i criteri e le modalità per l’individuazione delle risorse umane relative alle funzioni trasferite ai sensi dei commi 2, 3, 4, 5, 6, 7, 8, 9 e 19-quater a seguito del riordino delle competenze dei Ministeri (cfr. supra, il paragrafo sugli aspetti generali delle modifiche all’organizzazione del Governo) siano fissati con decreto del Presidente del Consiglio, di concerto con il Ministro dell’economia, sentiti i Ministri interessati, previa consultazione dei sindacati maggiormente rappresentativi.
I commi da 24-bis a 24-octiesdell’art. 1, introdotti in seguito all’approvazione dell’emendamento (1.2000) del Governo nel corso dell’esame presso il Senato, recano modifiche alla disciplina degli uffici di diretta collaborazione del Ministro.
In primo luogo viene novellatol’articolo 14, comma 2, del D.Lgs. 165/2001, recante Norme generali sull'ordinamento del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche (cd. “Testo Unico del pubblico impiego”).
Si ricorda che l’art. 14 del citato D.Lgs. 165/2001 dispone in merito all’attività di indirizzo politico-amministrativo attribuita ai Ministri, nel quadro della netta distinzione tra politica e amministrazione già introdotta dalla riforma della disciplina del rapporto di pubblico impiego realizzata dal D.Lgs. n. 29/1993 in attuazione dei principi e criteri direttivi della legge delega n. 421/1992. Nell’ambito di tale riforma e quindi nello stesso D.Lgs. 165/2001, uno dei punti caratterizzanti è costituito appunto dalla netta distinzione tra compiti di indirizzo e controllo, attribuiti ai Ministri, e gestione burocratico-amministrativa attribuita alla dirigenza, che quindi si vede riconosciuto, rispetto al passato, una sostanziale autonomia sul piano gestionale. Il potere del soggetto politico di indirizzare l’attività dell’amministrazione, fissando i programmi e gli obiettivi che i dirigenti devono raggiungere, garantisce il rispetto del principio costituzionale della responsabilità politica dei Ministri; contestualmente l’attribuzione alla dirigenza di una sostanziale autonomia sul piano gestionale (garantita dal divieto per il Ministro di “revocare, riformare, riservare o avocare a sé o altrimenti adottare provvedimenti o atti di competenza dei dirigenti”: art. 14, comma 3) e quindi della responsabilità delle concrete scelte gestionali e amministrative, nel quadro degli obiettivi e dei programmi indicati dal soggetto politico, è volta a dare attuazione non solo al principio costituzionale della neutralità e imparzialità dell’amministrazione ma anche a quello del buon andamento amministrativo.
L’art. 14, comma 1, prevede quindi che il Ministro, nell’esercitare la funzione di indirizzo politico amministrativo, ogni anno, anche sulla base delle proposte dei dirigenti: definisce gli obiettivi, le priorità e i programmi da attuare, emanando le direttive generali per l’attività amministrativa e per la gestione; a tal fine assegna ai dirigenti preposti ai centri di responsabilità le risorse umane, materiali e finanziarie da destinare alle diverse finalità.
L’art. 14, comma 2, prevede quindi che per l’esercizio delle funzioni di indirizzo politico-amministrativo il Ministro si avvale di uffici di diretta collaborazione, con competenze di supporto e di raccordo con l’amministrazione, istituiti e disciplinati con apposito regolamento di organizzazione, con cui si provvede inoltre al riordino delle segreterie particolari dei sottosegretari di Stato[59]. I regolamenti di organizzazione relativi agli uffici di diretta collaborazione, tra l’altro, devono attenersi ai criteri e principi direttivi dettati dall’art. 7 del D.Lgs. 300/1999.
Agli uffici di diretta collaborazione, secondo l’art, 14, comma 2, possono essere assegnati, nei limiti previsti dal regolamento di organizzazione:
§ dipendenti pubblici anche in posizione di aspettativa[60], comando[61] o fuori ruolo[62] (le amministrazioni di appartenenza sono tenute ad adottare il provvedimento di fuori ruolo o di comando entro quindici giorni dalla richiesta);
§ collaboratori assunti con contratti a tempo determinato di diritto privato;
§ esperti e consulenti con incarichi di collaborazione coordinata e continuativa.
Inoltre si prevede che con decreto adottato dal Ministro competente, di concerto con il Ministro dell’economia, è determinato senza aggravi di spesa e, per il personale disciplinato dai contratti collettivi nazionali di lavoro, fino ad una specifica disciplina contrattuale, il trattamento economico accessorio, da corrispondere mensilmente, a fronte delle responsabilità, degli obblighi di reperibilità e di disponibilità ad orari disagevoli, ai dipendenti assegnati agli uffici dei Ministri e dei Sottosegretari di Stato. Tale trattamento, consiste in un unico emolumento, è sostitutivo dei compensi per il lavoro straordinario, per la produttività collettiva e per la qualità della prestazione individuale.
Si consideri che i regolamenti relativi agli uffici di diretta collaborazione dei vari Ministeri presentano una impostazione sostanzialmente similare (pur con le inevitabili differenze di dettaglio dovute anche alle diverse caratteristiche dei Ministeri). Essi dispongono relativamente all’articolazione degli uffici di diretta collaborazione, alle funzioni di tali uffici, ai responsabili e al personale di tali uffici (di cui viene fissato un contingente massimo), al trattamento economico di tale personale, alle modalità di gestione. Alcune specifiche disposizioni disciplinano il personale delle segreterie dei sottosegretari di Stato e dell’ufficio e delle segreterie dei vice Ministri (ove presenti). Generalmente si prevede un limite percentuale (rispetto al contingente complessivo di personale) entro cui è possibile avvalersi di collaboratori assunti con contratto a tempo determinato, esperti e consulenti per specifiche aree di attività e per particolari professionalità e specializzazioni, anche con incarichi di collaborazione coordinata e continuativa.
In particolare il comma 24-bis, aggiungendo un periodo all’art. 14, comma 2, del D.Lgs. 165/2001, sembrerebbe disporre una sorta di “spoils system” per il personale degli uffici di diretta collaborazione, prevedendosi che tutte le assegnazioni di personale a tali uffici, “compresi gli incarichi anche di livello dirigenziale e le consulenze e i contratti, anche a termine”, cessano automaticamente se non confermati entro trenta giorni dal giuramento del nuovo Ministro.
Sembrerebbe quindi che la norma, nel caso di formazione di un nuovo Governo, intenda prevedere la cessazione di tutte le forme di utilizzazione del personale previste dall’art. 14, comma 2 – dipendenti pubblici anche in posizione di aspettativa, fuori ruolo o comando; collaboratori assunti con contratti di lavoro a tempo determinato; collaborazioni coordinate e continuative di esperti e consulenti – disposte dal precedente Governo, ove non intervenga un provvedimento di espressa conferma da parte del nuovo Ministro.
Ai fini di una più chiara riformulazione della norma e per evitare dubbi interpretativi, potrebbe risultare opportuno individuare le forme di utilizzazione di personale di cui si dispone espressamente la decadenza utilizzando la stessa terminologia dell’art. 14, comma 2, citato.
Dal punto di vista formale, poiché la norma intende prevedere il venir meno ex nunc delle assegnazioni e degli incarichi ove non confermati, sarebbe preferibile far riferimento all’istituto della revoca piuttosto che a quello della decadenza (che dovrebbe invece valere ex tunc).
Il comma 24-ter prevede che, in sede di prima applicazione dell’art. 14, comma 2, così come modificato dal decreto-legge in esame, con riferimento al giuramento dei Ministri attualmente in carica, il termine di trenta giorni decorre dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del medesimo decreto-legge, facendo salvi espressamente le assegnazioni e gli incarichi conferiti successivamente al 17 maggio 2006 - quindi a partire dal 18 maggio 2006, data di entrata in vigore del decreto legge in esame[63] e di “perfezionamento” della formazione del nuovo Governo con la nomina dei Ministri titolari dei nuovi Dicasteri previsti dallo stesso decreto-legge.
Norme sulla revocabilità degli incarichi di vertice delle amministrazioni statali da parte di ogni nuovo Governo (comunemente indicate con l’espressione “spoils system”) sono oggi previste dal D.Lgs. 165/2001[64] nel testo modificato dalla L. 145/2002[65], e da altre disposizioni recate da quest’ultima legge.
L’art. 19, co. 8, del D.Lgs. 165/2001prevede che i più elevati incarichi dirigenziali (incarico di Segretario generale di ministeri, di direzione di strutture articolate al loro interno in uffici dirigenziali generali e di incarichi di livello equivalente) cessino automaticamente decorsi 90 giorni dal voto sulla fiducia. Tale previsione è destinata a rendere, quindi, sempre necessario l’intervento di ogni nuovo Governo sull’assetto della dirigenza di vertice esistente all’atto del suo insediamento, poiché gli incarichi dovranno comunque essere oggetto di un nuovo conferimento[66].
L’art. 6 della L. 145/2002 ha introdotto un analogo meccanismo che consente al Governo, all’inizio di una nuova legislatura, di sottoporre a revisione (conferma, revoca, modifica o rinnovo) le nomine di competenza governativa in strutture esterne ai Ministeri operate precedentemente. Si tratta delle nomine degli organi di vertice e dei membri dei consigli di amministrazione o degli organi equiparati degli enti pubblici, delle società controllate o partecipate dallo Stato, delle agenzie o altri organismi comunque denominati. Per rafforzare ulteriormente la generale rinnovabilità di tutte le nomine di spettanza del Governo o dei ministri, vengono inserite nell’ambito di applicazione della norma anche i rappresentanti del Governo e dei ministri in ogni organismo e a qualsiasi livello ed i componenti di comitati, commissioni e organismi ministeriali e interministeriali.
I commi da 24-quater a 24-quinquies, modificano la disciplina del personale riservato ai vice Ministri, in modo da razionalizzare e rendere più efficiente l’utilizzazione di tale personale con presumibili risparmi di spesa; in tal modo si incide anche sulle risorse complessive previste per gli uffici di diretta collaborazione del Ministro.
Si ricorda che la figura dei vice Ministri è stata introdotta dalla legge n. 81/2001. L’articolo unico di tale legge, novellando l’art. 10, comma 3, della legge n.400/1988, prevede che, fermi restando la responsabilità politica e i poteri di indirizzo politico dei Ministri, a non più di dieci sottosegretari di Stato nell’ambito del Governo può essere attribuito il titolo di vice ministro, se ad essi sono conferite deleghe relative ad aree o progetti di competenza di una o più strutture dipartimentali ovvero di più direzioni generali. La delega, conferita dal Ministro competente, deve essere approvata dal Consiglio dei Ministri, su proposta del Presidente del Consiglio dei Ministri.
Il comma 24-quater, in particolare, con una disposizione dettata da evidenti ragioni di contenimento della spesa e che richiederà un adeguamento dei vigenti regolamenti di organizzazione, prevede che ai vice Ministri è riservato in ogni caso un contingente di personale pari a quello previsto per le segreterie dei sottosegretari di Stato e che tale contingente di personale si intende in ogni caso compreso nel contingente complessivo del personale di diretta collaborazione stabilito per ciascun Ministro, con corrispondente riduzione delle risorse complessive a tal fine destinate. A tal proposito si ricorda che invece generalmente i regolamenti di organizzazione prevedono che al vice Ministro (oltre che ai sottosegretari di Stato) sia attribuito un contingente di personale aggiuntivo, al di fuori del contingente massimo del personale di diretta collaborazione del Ministro[67]. Pertanto tale genere di previsione, poiché prevede che una parte del personale riservato ai vice Ministri non sia conteggiato nel contingente complessivo del personale degli uffici di diretta collaborazione, sembrerebbe non compatibile con le nuove disposizioni introdotte dal comma in esame.
Si evidenzia inoltre che il comma in esame intende introdurre direttamente un vincolo legislativo relativo al contingente di personale dei vice Ministri, a cui dovranno attenersi i regolamenti di organizzazione relativi agli uffici di diretta collaborazione. Al contrario la disciplina vigente attribuisce una maggiore discrezionalità agli stessi regolamenti per quanto riguarda l’individuazione del contingente di personale attribuito ai vice Ministri (sempre però nell’ambito del contingente massimo del personale di diretta collaborazione del Ministro), salvo il limite fissato dall’art. 3, comma 1, della legge n. 137/2002 e valido nelle more dell’adeguamento degli stessi regolamenti all’introduzione della figura dei vice Ministri (cfr. infra).
Il comma 24-quinquies tuttavia prevede che il Ministro, con una valutazione discrezionale di carattere politico, in ragione della complessità della delega attribuita, in deroga al limite di cui al comma 3 e comunque entro il limite complessivo di spesa (e di personale) stabilito per gli uffici di diretta collaborazione, possa autorizzare il vice Ministro a nominare un consigliere giuridico o un altro soggetto esperto nelle materie delegate, un capo della segreteria che coordina l’attività del personale di supporto, un segretario particolare, un responsabile della segreteria tecnica ovvero un altro esperto, un addetto stampa o un portavoce; solamente se necessario a seconda delle specifiche funzioni delegate, può inoltre autorizzarsi la nomina di un responsabile per gli affari internazionali. Inoltre il vice Ministro, per le funzioni delegate, può avvalersi dell’ufficio di gabinetto e dell’ufficio legislativo del Ministero.
Conseguentemente il comma 24-septies prevede l’abrogazione dell’art. 3 della legge n. 137/2002, che precedentemente disciplinava il contingente di personale riservato ai vice Ministri.
Si ricorda che il citato art. 3 della legge n. 137/2002 disponeva che, sino all’adeguamento dei regolamenti di organizzazione dei Ministeri all’art. 1 della legge n. 81/2001, che hanno introdotto la figura dei vice Ministri, a questi ultimi era riservato un contingente di personale fino al triplo di quello previsto per le segreterie dei sottosegretari di Stato. Tale contingente, solamente per la parte eccedente quella spettante ai sottosegretari di Stato, si intendeva compreso nel contingente complessivo del personale degli uffici di diretta collaborazione stabilito per ciascun Ministro (comma 2). Si prevedeva inoltre che, nell’ambito del contingente di personale a loro riservato, i vice Ministri potessero nominare un capo della segreteria, un segretario particolare, un responsabile della segreteria tecnica, un addetto stampa nonché, ove necessario in ragione delle peculiari funzioni delegate, un responsabile per gli affari internazionali. Nell'àmbito del medesimo contingente il vice Ministro, d'intesa con il Ministro, poteva nominare un responsabile del coordinamento delle attività di supporto degli uffici di diretta collaborazione inerenti le funzioni delegate e un responsabile del coordinamento legislativo nelle materie inerenti le funzioni delegate.
Il comma 24-sexies prevede che i regolamenti di organizzazione degli uffici di diretta collaborazione del Ministro si adeguino alle nuove disposizioni sul personale riservato ai vice Ministri di cui ai precedenti commi 24-quater e 24-quinquies. Si dispone inoltre che, sino all’adeguamento dei menzionati regolamenti, gli incarichi e le assegnazioni di personale incompatibili con le nuove disposizioni “sono revocati di diritto ove non siano utilizzati per gli uffici di diretta collaborazione del Ministro, nei limiti delle dotazioni ordinarie di questi ultimi”. La disposizione sembrerebbe voler disporre un’immediata cessazione ex lege degli incarichi esorbitanti dalle nuove norme, a meno che lo spesso personale non sia utilizzato presso altri uffici di diretta collaborazione del Ministro.
Si segnala in primo luogo che non è espressamente indicato un termine entro cui i regolamenti di organizzazione devono essere adeguati.
Si osserva inoltre che il comma in esame non precisa i criteri tramite i quali individuare gli incarichi e le assegnazioni che, in quanto incompatibili con le nuove disposizioni di cui ai commi 3 e 4, dovrebbero considerarsi revocati di diritto. Al riguardo si ricorda che varie sono le forme di utilizzazione del personale degli uffici di diretta collaborazione previste dalla relativa disciplina: dipendenti pubblici anche in posizione di aspettativa, fuori ruolo o comando; collaboratori assunti con contratti di lavoro a tempo determinato; utilizzazione di esperti e consulenti anche tramite collaborazioni coordinate e continuative. Pertanto, poiché le nuove disposizioni introducono un limite generale per il contingente di personale riservato al vice Ministro, per evitare dubbi interpretativi e difficoltà applicative della norma, potrebbe risultare necessario indicare direttamente nel decreto-legge i criteri (per esempio quello temporale, o quello della tipologia di assegnazione o di incarico) per individuare quali incarichi e quali assegnazioni siano destinati in concreto a cessare.
Nell’eventualità di tale scelta, e per evitare difficoltà applicative della norma, andrebbe conseguentemente valutata l’opportunità di modificare la previsione secondo cui gli incarichi sono “revocati di diritto” (sembrerebbe immediatamente dall’entrata in vigore della disposizione), prevedendo in alternativa un apposito provvedimento da adottare sulla base dei criteri di cui sopra.
Il comma 24-octies, modificando l’art. 3, comma 2, del D.P.R. n. 258/2001, recante Regolamento di organizzazione degli uffici di diretta collaborazione all'opera del Ministro delle comunicazioni, è volto ad eliminare la previsione secondo cui uno dei vice capo di Gabinetto debba essere scelto tra i dirigenti preposti a uffici di livello dirigenziale generale dello stesso Ministero.
Si ricorda infatti che in citato art. 3, comma 2, prevede che il Ministro delle comunicazioni, su proposta del Capo di Gabinetto, può nominare Vice Capi di Gabinetto in numero non superiore a due, di cui uno scelto tra i dirigenti preposti a uffici di livello dirigenziale generale del medesimo Ministero.
Si segnala che il comma citato apporta, con atto legislativo, una modifica testuale ad un atto di natura regolamentare.
I commi da 25 a 25-sexies dell’art. 1, introdotti in seguito all’approvazione dell’emendamento 1.2000 del Governo nel corso dell’esame presso il Senato, eccetto il comma 25, che è stato comunque integrato dal medesimo emendamento, recano le disposizioni di carattere finanziario con riferimento sia alla clausola di invarianza della spesa, sia alla copertura degli oneri derivanti dall’aumento del numero dei componenti del Governo e, in particolare, di quelli non parlamentari; il comma 25-ter disciplina la procedura per l’emanazione dei D.P.C.M. attuativi previsti dal decreto-legge in esame.
Il comma 25 detta una clausola generale di invarianza di spesa - in base alla quale le modalità attuative del decreto legge in esame devono essere tali da garantire che non vi siano nuovi o maggiori oneri a carico delle finanze pubbliche – che sembra ricollegarsi alla clausola specifica prevista dal comma 10 in relazione agli uffici di strumentali e di diretta collaborazione dei Ministri (vedi sopra).
Secondo quanto si evince dalla relazione tecnica allegata al disegno di legge di conversione, la neutralità finanziaria del provvedimento dovrà essere assicurata dal rispetto dei seguenti principi: la revisione della ripartizione degli organici tra le varie amministrazioni avviene, nel limite delle attuali dotazioni e della spesa corrispondente, mediante una razionale redistribuzione del personale a seguito dello spostamento delle competenze, che dovrà anche tenere conto della necessità di assicurare le funzioni di supporto in relazione alle nuove strutture ministeriali; la limitazione dei contingenti di personale di diretta collaborazione, nonché la rideterminazione dei compensi e dei trattamenti economici dei responsabili degli uffici di staff (Capo di gabinetto, Capo ufficio legislativo e così via) in relazione anche ai mutati assetti organizzativi; il contenimento delle risorse strumentali utilizzate nell’ambito di quelle attualmente in dotazione ai dicasteri esistenti, garantendo il livello di spesa negli attuali parametri (in particolare le sedi destinate alle nuove strutture dovranno essere quelle già utilizzate per lo svolgimento delle competenze nella pregressa organizzazione); la necessaria contestualità della presentazione delle proposte attuative corredate dai preliminari atti di intesa tra le amministrazioni interessate, per la verifica della effettività delle compensazioni nel quadro generale degli interventi.
Il rispetto del principio dell’invarianza sarà garantito – sempre stando alla relazione tecnica - anche dal coinvolgimento, con poteri interdittivi, del Ministero dell’economia e delle finanze con la previsione dell’intesa del Ministro sui provvedimenti adottati, che dovranno essere corredati dalle relative relazioni tecniche intese a dimostrare analiticamente la neutralità finanziaria degli interventi posti in essere.
L’emendamento approvato al Senato ha precisato che l’invarianza della spesa si riferisce al trasferimento delle risorse umane in servizio, strumentali e finanziarie già previste dalla legislazione vigente e stanziate in bilancio.
Per quanto riguarda il personale viene fatta salva la rideterminazione degli organici operata dall’art. 1, comma 93, della legge 311/2004[68].
Tale disposizione stabilisce la rideterminazione dell’organico della pubblica amministrazione, in modo tale da conseguire una riduzione non inferiore al 5% della spesa complessiva riferita all’organico di ciascuna amministrazione, tenuto conto dei processi di innovazione tecnologica.
La disposizione ha per destinatari le amministrazioni dello Stato, anche ad ordinamento autonomo, le agenzie, gli enti pubblici non economici, gli enti di ricerca e altri enti, ad esclusione di alcune categorie, quali Forze armate, Vigili del fuoco, Forze di polizia ecc. indicate nel comma 94.
Veniva indicato il termine del 30 aprile 2005 entro il quale le amministrazioni avrebbero dovuto procedere alla rideterminazione dell’organico, dopo aver adottato le misure più opportune di razionalizzazione e riorganizzazione degli uffici.Nel caso in cui le amministrazioni non avessero provveduto entro il citato termine del 30 aprile 2005, la dotazione organica resta fissata in base al personale in servizio alla data del 31 dicembre 2004 con riferimento a ciascuna qualifica.
Nel 2008 le amministrazioni sono tenute a procedere ad un’ulteriore rideterminazione dell’organico per tener conto degli effetti di riduzione del personale derivanti dall’attuazione delle disposizioni in materia di blocco delle assunzioni.
Il citato comma 93 fa salve una serie di disposizioni tra cui alcune richiamate esplicitamente dalla relazione tecnica dell’emendamento 1.2000. Si tratta di:
§ procedure concorsuali in atto alla data del 30 novembre 2004;
§ procedure di mobilità avviate da parte dell’amministrazione di destinazione il 1° gennaio 2005.
La relazione tecnica fa riferimento, inoltre, anche alle procedure di riqualificazione in corso sulla base della programmazione dei fabbisogni di personale già effettuata.
Il comma 25-bis sembra volto a disporre una “clausola di salvaguardia” finanziaria, specificando che dal riordino delle competenze dei Ministeri e della Presidenza del Consiglio dei ministri non consegue alcuna revisione dei trattamenti economici corrisposti ai dipendenti trasferiti, che comporti maggiori oneri per la finanza statale.
La disposizione, la cui formulazione tuttavia si presta a dubbi interpretativi, sembrerebbe voler fissare il principio secondo cui il trasferimento ad altra amministrazione, a causa del riordino delle competenze, non comporta per il personale coinvolto il diritto ad un adeguamento del trattamento economico, che quindi rimarrebbe invariato.
Il comma 25-ter delinea la procedura per l’emanazione dei decreti del Presidente del Consiglio con cui si darà attuazione al complessivo riordino dei Ministeri e della Presidenza del Consiglio dettato dal decreto-legge in esame.
In particolare si stabilisce che gli schemi dei D.P.C.M. in questione:
debbano essere accompagnati dalla relazione tecnica, predisposta dalle amministrazioni competenti, sulla quantificazione degli oneri recati da ciascuna disposizione, nonché delle relative coperture finanziarie;
che su di essi si esprimano, nel merito, le Commissioni parlamentari competenti per materia e, per quanto riguarda gli aspetti finanziari, le Commissioni bilancio. Qualora il parere non venga reso entro 30 giorni dalla richiesta, il Governo può emanare i decreti anche in assenza dello stesso.
L’utilizzo di tale strumento normativo è previsto per provvedere a:
§ la ricognizione delle “strutture” trasferite in relazione alla modifica delle funzioni ministeriali e l’individuazione, in via provvisoria, del contingente minimo degli uffici strumentali e di diretta collaborazione (art. 1, comma 10); i D.P.C.M. relativi sono adottati d’intesa con il Ministro dell’economia e delle finanze e sentiti i Ministri interessati;
§ l’individuazione, con riferimento alle strutture trasferite, degli incarichi dirigenziali conferiti a soggetti esterni alle amministrazioni (art. 1, comma 10-ter; a tale scopo si procede con i medesimi D.P.C.M. di cui al punto precedente);
§ la costituzione, presso la Presidenza del Consiglio, dell’Unità per la semplificazione e la qualità della regolazione (art. 1, comma 22-bis);
§ il riordino delle funzioni e delle strutture della Presidenza in materia di semplificazione e qualità della regolazione e la riallocazione delle risorse relative (art. 1, comma 22-bis);
§ la determinazione dei criteri e delle modalità per l’individuazione delle risorse umane relative alle funzioni trasferite ai Ministeri dello sviluppo economico, del commercio internazionale, delle infrastrutture, dei trasporti, della solidarietà sociale, della pubblica istruzione, dell’università e della ricerca, delle politiche agricole, alimentari e forestali, per i beni e le attività culturali (art. 1, comma 23-bis); per l’adozione dei D.P.C.M. in questione è richiesta la previa consultazione dei sindacati maggiormente rappresentativi.
Il comma 25-quater prevede una “clausola di salvaguardia” finanziaria, stabilendo in sostanza che l’onere complessivo relativo al personale assegnato agli uffici di diretta collaborazione non può comunque superare il limite di spesa complessivo relativo alla precedente disciplina degli stessi uffici.
Il comma 25-quinquies dispone in merito alla copertura finanziaria degli oneri derivanti dalla corresponsione del trattamento economico ai Ministri, vice Ministri e Sottosegretari di Stato dei Ministeri in attuazione dei commi da 1 a 8 dell’art. 1 (con cui è stato modificato l’assetto delle competenze dei Ministeri fissato dal D.Lgs. 300/1999 ed è stato elevato da 14 a 18 il numero degli stessi) e in attuazione dell’art. 1, comma 19 del decreto-legge in esame (che ha trasferito alla Presidenza del Consiglio alcune competenze attribuite a strutture ministeriali).
Come evidenziato nella relazione tecnica che accompagna l’emendamento del Governo 1.2000, nell’attuale compagine governativa sono presenti cinque unità in più (un Ministro, due vice Ministri e due Sottosegretari) rispetto al precedente Governo.
Tale incremento della composizione del Governo comporta un maggiore onere, stimato complessivamente in 375.000 euro annui, coperto mediante la corrispondente riduzione dello stanziamento, previsto dall’art. 3, comma 6 quaterdecies, del decreto-legge 35/2005[69], destinato alla copertura delle spese per il funzionamento della Commissione istituita presso il Dipartimento della funzione pubblica quale struttura di supporto al Ministro con funzioni di coordinamento in materia di interventi di semplificazione, riassetto e qualità della regolazione.
La disposizione in esame è da porre in collegamento con quanto previsto dal comma 22-bis dell’art. 1 del decreto-legge in esame (al quale si rinvia per una più approfondita trattazione), con cui si dispone la soppressione della Commissione ivi indicata e della relativa segreteria tecnica e si istituisce, in suo luogo, una Unità per la semplificazione e la qualità della regolazione. Il comma 22-bis inoltre, stabilisce che per il funzionamento del nuovo organismo si utilizza lo stanziamento di cui all’art. 3, comma 6 quaterdecies, del decreto-legge 35/2005, ridotto del 25% (con una conseguente minore spesa di 375.000 euro). Tale minore spesa viene destinata dall’art. 1, comma 25-sexies, in esame alla copertura dei maggiori oneri derivanti dall’aumento dei componenti del Governo attualmente in carica.
Il comma 25-sexies provvede alla copertura finanziaria delle maggiori spese derivanti dalla corresponsione ai Ministri e i Sottosegretari di Stato non parlamentari dell’indennità ad essi attribuita dalla legge 418/1999[70].
Con lo scopo di evitare un trattamento economico deteriore dei membri del Governo non parlamentari rispetto a quelli ricoprenti, al tempo stesso, la carica di deputato o di senatore, la legge 418/1999 ha attribuito in via permanente ai membri del Governo non parlamentari un’indennità pari a quella spettante ai ministri e sottosegretari che sono anche eletti in una delle due Camere. L'indennità in questione si cumula con il trattamento stipendiale che viene corrisposto ai ministri e sottosegretari.
Nel caso in cui i sottosegretari siano dipendenti dello Stato o di altre pubbliche amministrazioni, essi possono optare tra l’indennità così introdotta o il regime previsto dall'art. 47, secondo comma, della legge 24 aprile 1980 n. 146, il quale prevede il collocamento in aspettativa per il periodo di esercizio delle funzioni e la conservazione per intero del trattamento economico spettante in misura comunque non superiore a quella della indennità percepita dai membri del Parlamento.
La legge 418/1999 è stata approvata dopo un primo intervento analogo, a carattere temporaneo, destinato ad esaurirsi il 31 dicembre 1997 (art. 1 della legge n. 334 del 1997), e successivamente prorogato fino al 31 dicembre 1998 (art. 45, comma 19, del decreto legislativo n. 80 del 1998).
Nella relazione tecnica si rileva che nel Governo attualmente in carica sono presenti 63 componenti non parlamentari (tra Ministri, vice Ministri e Sottosegretari), rispetto alle 23 unità che facevano parte del Governo precedente. La relazione evidenzia che il comma in esame fornisce ex lege la copertura finanziaria per il maggiore onere derivante dalla corresponsione dell’indennità prevista dalla legge 418/1999 ad un più elevato numero di soggetti, piuttosto che regolare, secondo la prassi vigente, in sede amministrativa mediante integrazioni di bilancio gli effetti finanziari derivanti da una diversa composizione della compagine di governo. Tale scelta discende dalla volontà di rispettare parametri di trasparenza e correttezza della spesa.
Il Ministero dello sviluppo economico, previsto dall’articolo 1, comma 1, n. 6 del decreto-legge in esame, assorbe gran parte delle competenze del Ministero delle attività produttive, nell’ambito delle quali il decreto-legge introduce rilevanti innovazioni.
L’istituzione del Ministero delle attività produttive è stata disposta dal D.Lgs. 30 luglio 1999, n. 300 (artt. 27-32), emanato in attuazione della L. 59/1997, nell’ambito di un generale riassetto delle amministrazioni statali.
In particolare, nel quadro della riforma dell’organizzazione del Governo destinata a trovare attuazione con l’avvio della XIV legislatura, il D.Lgs. 300/1999 nel testo originario ha previsto che nel nuovo Ministero confluissero quattro strutture governative:
§ il Ministero dell’industria, del commercio e dell’artigianato[71];
§ il Ministero del commercio con l’estero;
§ il Ministero delle comunicazioni;
§ il Dipartimento del turismo, già istituito presso la Presidenza del Consiglio[72].
Alle strutture governative è stata, inoltre, aggiunta anche la “Direzione generale cooperazione”, il cui trasferimento dal Ministero del lavoro al Ministero delle attività produttive è stato poi disposto, a decorrere dal 1° giugno 2001, dal D.P.C.M. 10 aprile 2001.
Al nuovo Ministero sono state, inoltre trasferite, con le inerenti risorse, le funzioni del Ministero delle politiche agricole e forestali, limitatamente alla trasformazione e conseguente commercializzazione dei prodotti agricoli (art. 27, co. 2), nonché le risorse materiali e umane corrispondenti ad alcune funzioni esercitate dai Ministeri del tesoro, del bilancio e della programmazione economica, della sanità e del lavoro e della previdenza sociale, concernenti le funzioni assegnate al Ministro delle attività produttive in virtù del citato decreto legislativo n.300 (art. 27 comma 4), mentre sono rimastedi competenza del Ministero della difesa le funzioni da esso esercitate al momento dell’istituzione del Map, anche nelle materie attinenti a quelle attribuite al nuovo Ministero (art. 27, comma 5).
L’operatività delle disposizioni concernenti la costituzione del nuovo Ministero delle attività produttive è stata differita all’avvio della XIV legislatura, ai sensi dell’art.55, comma 1 del D.Lgs.300/99[73] mentre a partire dal 1° gennaio 2000 è stato, fissato il trasferimento delle funzioni relative al settore agroindustriale (con le inerenti risorse) in precedenza esercitate dal Ministero per le politiche agricole (art.55, comma 8).
In attuazione degli articoli 27-32 del D.Lgs. n. 300/99 è stato emanato il D.P.R. 26 marzo 2001, n. 175, recante organizzazione del nuovo Ministero delle attività produttive, che ha previsto un’articolazione del dicastero in 4 dipartimenti (Dipartimento per le imprese; Dipartimento per l'internazionalizzazione; Dipartimento per le reti; Dipartimento per il mercato) e in 15 direzioni generali.
La nuova organizzazione del Governo prevista dal decreto legislativo del 1999 ha subito, successivamente, alcune modifiche a seguito della conversione in legge (L. 3 agosto 2001, n. 317) del D.L. 12 giugno 2001, n. 217, che ha ricostituito il Ministero delle comunicazioni con le precedenti funzioni ed attribuzioni. Lo stesso decreto ha, inoltre riassegnato la competenza su trasformazione e conseguente commercializzazione dei prodotti agricoli al Ministero delle politiche agricole e forestali, lasciando al Ministero delle attività produttive la competenza in materia di prodotti agroindustriali.
Infine anche le competenze sull'editoria, inizialmente assegnate al Ministero delle attività produttive dall'art. 27, co. 2, del D.Lgs. 300/1999, a seguito dell’adozione del D.L. citato sono state trasferite alla Presidenza del Consiglio dei ministri.
Più recentemente il D.Lgs. 300/99 è stato modificato ed integrato dal D.Lgs 22 gennaio 2004, n. 34 cheha ridefinendo le funzioni e la struttura organizzativa del Ministero delle attività produttive secondo obiettivi, attraverso la modifica degli articoli 27, 28 e 29, e la soppressione degli articoli 31 e 32 del medesimo D.Lgs. 300.
Nello specifico, le funzioni assegnate al Ministero delle attività produttive, ai sensi del comma 2 dell’articolo 27, così come novellato dal citato D.Lgs 34/04, sono le seguenti:
§ promozione delle politiche per la competitività internazionale, coerentemente con le linee generali di politica estera e con lo sviluppo economico del sistema produttivo nazionale, e relativa attuazione a livello settoriale e territoriale, anche mediante la partecipazione alle attività delle competenti istituzioni internazionali, per il tramite dei rappresentanti italiani presso di esse. Sono fatte salve le competenze in materia del Ministero dell’economia e delle finanze;
§ sostegno ed integrazione dell’attività degli enti territoriali per assicurare l’unità economica del Paese;
§ promozione della concorrenza;
§ coordinamento delle istituzioni pubbliche e private interessate allo sviluppo della competitività;
§ monitoraggio dell’impatto delle misure di politica economica, industriale, infrastrutturale, sociale e ambientale sulla competitività del sistema produttivo.
Per realizzare tali obiettivi, il Ministero, nel rispetto del principio di sussidiarietà e di leale collaborazione con gli enti territoriali interessati, è stato incaricato di provvedere a:
§ definire, anche in concorso con le altre Amministrazioni interessate, le strategie per il miglioramento della competitività del Paese e per la promozione della trasparenza e dell’efficacia della concorrenza nei settori produttivi;
§ promuovere, in coordinamento con il Dipartimento delle politiche comunitarie, gli interessi del sistema produttivo del Paese presso le pertinenti istituzioni internazionali e comunitarie di settore e facendo salve le competenze del Ministero dell’economia e delle finanze e del Ministero degli esteri e per il tramite dei rappresentanti italiani presso tali organismi;
§ definire le politiche per lo sviluppo economico e per favorire l’assunzione, da parte delle imprese, di responsabilità relative alle modalità produttive, alla qualità e alla sicurezza dei prodotti e dei servizi, alle relazioni con il consumatore;
§ studiare la struttura e l’andamento dell’economia industriale e aziendale;
§ definire le strategie e gli interventi della politica commerciale e promozionale con l’estero ferme restando le competenze del Ministero degli affari esteri, del Ministero dell’economia e finanze e del Ministro per gli italiani nel mondo (comma 2-bis).
Da parte del Ministero è stata, inoltre, prevista l’elaborazione, con cadenza triennale, sentite le Amministrazioni interessate, di un piano degli obiettivi, delle azioni e delle risorse necessarie per il loro raggiungimento, delle modalità di attuazione, delle procedure di verifica e di monitoraggio (comma 2-ter), aggiornato annualmente.
L’articolo tiene ferme le attribuzioni degli altri ministeri e della Presidenza del Consiglio dei ministri (comma 2-quater).
L’art. 28 del D.Lgs. n. 300, così come modificato dal D.Lgs 34 cit., ha individuato le tre aree funzionali in cui opera il Ministero: competitività, internazionalizzazione; sviluppo economico.
Il comma 2 dell’art. 28 ha attribuito al Ministero anche compiti in materia di studio e di ricerca sulle problematiche di interesse, quali, ad esempio la redazione del piano triennale degli obiettivi, di cui al nuovo comma 2 ter dell’articolo 27.
L’art. 29, superando la precedente struttura dipartimentale nella quale era organizzato il Ministero (tre Dipartimenti), ne ha fissato il nuovo ordinamento, prevedendo un numero di Direzioni generali non superiore a 11.
E’ stato, inoltre, previsto che il Ministero possa avvalersi degli uffici territoriali del Governo e delle camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura.
L’art. 30 del D.Lgs 300/1999 ha trasferito le funzioni inerenti ai rapporti con l’Istituto per la vigilanza delle assicurazioni (ISVAP), in precedenza esercitate dal Ministero dell’industria, al Ministero del tesoro, al quale sono assegnate, altresì le relative risorse e il personale.
Ai sensi dell’art. 1, comma 2, primo periodo del presente provvedimento, il Ministero dello sviluppo economico acquisisce, con le inerenti risorse finanziarie, strumentali e di personale, le funzioni in materia di politiche di sviluppo e di coesione attribuite dal decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 300 (articolo 24, comma 1, lettera c)) al Ministero dell’economia e delle finanze e successivamente trasferite dal decreto-legge n. 63/2005 (art. 1) al Presidente del Consiglio dei ministri o ad un ministro da lui delegato[74]. Restano di competenza del Ministero dell’economia e delle finanze le funzioni generali di programmazione economica e finanziaria, mentre le funzioni relative alla segreteria del CIPE (Comitato interministeriale per la programmazione economica) sono trasferite alla Presidenza del Consiglio dei ministri(v. sul punto la scheda concernente la Presidenza del Consiglio dei ministri).
Sono dunque trasferite al Ministero dello sviluppo economico le competenza in materia di coordinamento e verifica degli interventi per lo sviluppo economico territoriale e settoriale e delle politiche di coesione, con particolare riferimento alle aree depresse, incluse le funzioni in materia di strumenti di programmazione negoziata e di programmazione dell'utilizzo dei fondi strutturali comunitari.
In base alle modifiche approvate dal Senato, si intende trasferita al Ministero dello sviluppo economico anche la gestione del Fondo per le aree sottoutilizzate.
Si ricorda che il Fondo per le aree sottoutilizzate, istituito dall’articolo 61, comma 1, della legge n. 289 del 2002 (legge finanziaria per il 2003) è iscritto nello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze (U.P.B. 4.2.3.27, capitolo 7576).
Le risorse del Fondo sono ripartite dal CIPE tra le amministrazioni competenti in base alle previsioni legislative.
Conseguentemente, gli interventi a favore delle aree sottoutilizzate sono inseriti tra le finalità del Ministero dello sviluppo economico, attraverso la novella dell’art. 27, comma 2, alinea, del D.Lgs 300/99 prevista dal nuovo comma 2-ter.
Il comma 2-bisprovvede infine a modificare l’articolo 23, comma 2, del D.Lgs. n. 300/1999, che reca l’individuazione delle competenze del Ministero dell’economia e delle finanze, eliminando le competenze nelle materie trasferite al Ministero dello sviluppo economico, vale a dire, la programmazione, il coordinamento e la verifica degli interventi per lo sviluppo economico, territoriale e settoriale e politiche di coesione.
Le suddette funzioni di sviluppo e coesione sono state finora svolte dal Dipartimento per le politiche di sviluppo e coesione[75] del Ministero dell'economia e delle finanze.
Il Dipartimento per le politiche di sviluppo e coesione[76] ha competenza nel settore della programmazione economica e finanziaria degli interventi per lo sviluppo economico territoriale e settoriale, con particolare riferimento alle aree sottoutilizzate del Paese, e delle politiche di coesione[77]. In particolare, esso:
§ coordina l’attuazione in Italia del Quadro Comunitario di Sostegno (QCS) 2000-2006, strumento attraverso il quale vengono utilizzate le risorse comunitarie dei fondi strutturali;
§ promuove la programmazione degli investimenti pubblici e degli incentivi finanziati con i Fondi per le aree sottoutilizzate e la loro attuazione attraverso le Intese Istituzionali di programma sottoscritte tra stato e regioni e gli Accordi di Programma Quadro in cui queste si articolano;
§ istruisce gli aspetti tecnici e organizzativi preparatori alle riunioni del CIPE;
§ svolge analisi e valutazioni degli investimenti di Amministrazioni e soggetti che operano con finanziamenti pubblici e ne verifica l’attuazione;
§ disegna e promuove progetti di modernizzazione e di rafforzamento della capacità istituzionale delle amministrazioni che gestiscono la spesa in conto capitale;
§ produce analisi delle tendenze economiche territoriali e dei flussi finanziari per lo sviluppo, contribuendo all’elaborazione dei documenti economici e programmatici del Governo;
§ gestisce gemellaggi istituzionali e progetti di assistenza tecnica ai Paesi candidati all’adesione all’Unione europea.
Come già ricordato l’articolo 1 del D.L. 63/2005[78] aveva attribuito al Presidente del Consiglio dei ministri o ad un ministro da lui delegato le competenze concernenti lo sviluppo e le politiche di coesione nel Mezzogiorno.
In particolare, il D.L. n. 63/2005 assegnava al Presidente del Consiglio dei ministri, ovvero ad un ministro da lui delegato, i seguenti compiti:
§ il coordinamento e la verifica degli interventi per lo sviluppo economico, territoriale e settoriale, nonché delle politiche di coesione, con riferimento alle aree del Mezzogiorno;
§ l’esercizio delle funzioni previste dalla legge in materia di strumenti di programmazione negoziata e di programmazione dell’utilizzo di fondi strutturali per tali aree.
Per l’esercizio delle suddette funzioni, tuttavia, il Presidente del Consiglio dei ministri o il ministro delegato era autorizzato ad utilizzare “anche” le strutture organizzative del Dipartimento delle politiche di sviluppo e coesione presso il Ministero dell’economia e delle finanze (strutture poi effettivamente utilizzate).
Tali disposizioni vengono abrogate dal comma 2-quinquies del provvedimento in esame.
Per quanto concerne l'organizzazione del Ministero, il comma 8-bisaggiunto in corso d’esame presso il Senato, e riguardante vari dicasteri, prevede l’articolazione del Ministero dello sviluppo economico in dipartimenti.
Come accennato nel paragrafo relativo al Ministero delle attività produttive, il D.P.R. 175/2001, attuativo del D.Lgs 300/99, aveva previsto una struttura del dicastero articolata in quattro dipartimenti, ridotti a tre a seguito della ricostituzione del Ministero delle comunicazioni. Tale struttura è stata successivamente superata con l’adozione del citato D.Lgs. 34/04.
Si segnala, da ultimo che il comma 12, art. 1,del decreto-legge stabilisce che la denominazione "Ministero dello sviluppo economico" sostituisca ad ogni effetto e ovunque presente, la denominazione "Ministero delle attività produttive", in relazione sia alle funzioni già conferite a tale dicastero, sia a quelle previste dal precedente comma 2, ad eccezione di quanto stabilito dai commi 13, 19 e 19-bis in riferimento, rispettivamente, al Ministero del commercio internazionale e alle competenze della Presidenza del Consiglio dei ministri in materia di imprenditoria femminile e di turismo (cfr. le relative schede).
La denominazione "Ministero dello sviluppo economico" si applica anche per le nuove funzioni (di sviluppo e di coesione) acquisite dal nuovo dicastero in base al citato comma 2.
Al nuovo Ministero dello sviluppo economico, come accennato, sono sottratte le seguenti competenze (già attribuite al Ministero delle attività produttive), per un approfondimento delle quali si rinvia alle relative schede:
§ competenze in materia di commercio internazionale - assegnate al Ministero del commercio internazionale (art. 1, comma 3);
§ competenza in materia di imprenditoria femminile di cui alla legge 215/9 che passa alla Presidenza del Consiglio;
§ competenza in materia di turismo di cui agli artt. 27 e 28 del D.Lgs 300/99, attribuita alla Presidenza del Consiglio dei ministri ai sensi del comma aggiunto 19-bis), mentre al Ministero per i beni e le attività culturali sono trasferite le dotazioni finanziarie, strumentali e di personale della Direzione del Turismo (art. 19-quater);
§ competenza sui generi alimentari trasformati industrialmente (di cui all’art. 1, L. 199/1958), in precedenza spettante al Ministero dell'industria d'intesa col Ministero delle politiche agricole e forestali, che viene attribuita esclusivamente al Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali (art. 1, co. 9).
Il comma 3 dell’articolo 1 del decreto-legge in commento istituisce il Ministero del commercio internazionale che acquisisce dal Ministero delle attività produttive (ridenominato con il provvedimento in esame Ministero dello sviluppo economico), le funzioni, con le inerenti risorse finanziarie, strumentali e di personale relative a:
§ promozione delle politiche per la competitività internazionale, nonché loro realizzazione o attuazione a livello settoriale e territoriale, anche mediante la partecipazione alle attività delle competenti istituzioni internazionali (D.Lgs. 300/1999, art. 27, co. 2, lett. a));
§ promozione degli interessi del sistema produttivo del Paese presso le istituzioni internazionali e comunitarie di settore (art. 27, co. 2-bis, lett. b));
§ definizione delle strategie e degli interventi della politica commerciale e promozionale con l'estero (art. 27, co. 2-bis, lett. e));
§ definizione delle strategie per il miglioramento della competitività del Paese e per la promozione della trasparenza e dell'efficacia della concorrenza nei settori produttivi, limitatamente al livello internazionale (art. 27, co. 2-bis, lett. a)).
Al riguardo, si ricorda, che l’art. 117, terzo comma, della Costituzione – nel testo risultante dalla novella costituzionale approvata nel 2001 – prevede il "commercio con l'estero" quale materia di competenza concorrente, per la quale spetta allo Stato la sola determinazione dei principi fondamentali.
Da un punto di vista organizzativo il comma 8-bis, aggiunto durante l’esame presso il Senato, prevede che le strutture di primo livello del Ministero siano costituite da direzioni generali.
Il successivo comma 13 dell’art. 1 stabilisce che la denominazione "Ministero del commercio internazionale" sostituisca, ad ogni effetto e ovunque presente, la denominazione "Ministero delle attività produttive" in relazione alle funzioni ad esso trasferite ai sensi del precedente comma 3[79].
Nel 1937 per sovrintendere agli enti e ai servizi operanti con l'estero è stato istituito il Ministero degli scambi e delle valute (RD 20 novembre 1937, n. 1928), successivamente soppresso con il RD 2 giugno 1944, n. 150. Le funzioni del Dicastero sono state conseguentemente ripartite, per breve tempo, tra il Ministero del tesoro (valute), dell'industria e del commercio (importazioni ed esportazioni) e delle finanze (questioni doganali), per poi confluire nuovamente nel Ministero del commercio con l'estero, istituito dal D.Lgt. 22 dicembre 1945, n. 809, e le cui attribuzioni sono state definite dal successivo D.Lgt. 16 gennaio 1946, n. 12, nella regolazione, secondo una valutazione di convenienza economica e valutaria, dell'afflusso verso l'Italia e del deflusso dal nostro paese verso i mercati esteri di beni economici e servizi. Successivamente e soprattutto in funzione del processo di globalizzazione dell'economia mondiale, il Ministero ha assunto compiti sempre più complessi non limitati alla dell'import-export, ma estesi alla promozione dell'internazionalizzazione del sistema Italia.
Più di recente, l'organizzazionedel Ministero è stata riformata dal D.P.R. 20 ottobre 1998, n. 397 recante modificazioni al D.P.R. 18 aprile 1994, n. 302 (Regolamento concernente l'individuazione degli uffici di livello dirigenziale del Ministero del commercio con l'estero) e dal decreto del Ministro del commercio con l'estero 23 febbraio 1999 (Individuazione delle unità dirigenziali di livello non generale del Ministero del commercio con l'estero e delle relative competenze).
La riforma si è resa necessaria per dare attuazione al disposto dell’art. 24 del D.Lgs. 143/98 (Disposizioni in materia di commercio con l’estero, a norma dell’articolo 4, comma 4, lettera c), e dell’articolo 11 della legge 15 marzo 1997, n. 59) che ha previsto la costituzione presso il Ministero del commercio con l'estero, senza oneri per il bilancio dello Stato, di una apposita struttura di supporto tecnico-istruttorio nelle materie di competenza della "Commissione per il coordinamento permanente e l'indirizzo strategico della politica commerciale con l'estero" (la cosiddetta "cabina di regia" per l'export) alla cui presidenza è stato chiamato il ministro del commercio con l'estero e la cui istituzione è stata prevista dallo stesso articolo 24 del D.Lgs. 143/98.
Infine, il decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 300 all’articolo 27 ha trasferito al Ministero delle attività produttive (ora Ministero dello sviluppo economico) con le inerenti risorse, le funzioni del Ministero del commercio con l’estero. A seguito di tale trasferimento all’interno del MAP sono state costituite (D.P.R. 26 marzo 2001, n. 175) tre direzioni generali corrispondenti alle competenze del precedente Ministero del commercio con l'estero. Si tratta di:
§ Direzione generale per la politica commerciale;
§ Direzione generale per la promozione degli scambi;
§ Direzione generale per le politiche di internazionalizzazione.
Il decreto-legge in esame, come modificato dal Senato, reca disposizioni nel settore dell’agricoltura all’articolo 1, commi 9, 9-bis, 9-ter e 11.
Il comma 9 attribuisce al Dicastero agricolo (conseguentemente ridenominato Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali ai sensi del comma 11) le competenze sui generi alimentari trasformati industrialmente (per l’innanzi assegnate al Ministero delle attività produttive (ridenominato “Ministero per lo sviluppo economico”), previste dall’art. 1 della L. 199/1958.
La legge 6 marzo 1958, n. 199 (Devoluzione al Ministero dell’agricoltura e delle foreste dell’esercizio delle attribuzioni statali in materia alimentare) ha devoluto all'allora Ministero dell'agricoltura e delle foreste l'esercizio delle attribuzioni statali in materia alimentare. In particolare, l’articolo 1, comma 1, dispone che sono demandati al Ministero dell’agricoltura e delle foreste:
a) l'esercizio delle attribuzioni statali concernenti l'alimentazione del Paese in relazione ai bisogni ed alle disponibilità dei generi alimentari;
b) le iniziative intese a promuovere e coordinare studi e ricerche volti al miglioramento dell'alimentazione;
c) la ricerca ed il controllo dei dati e dei mezzi per provvedere alla copertura del bilancio alimentare del Paese e per la migliore organizzazione dei mercati di vendita dei generi alimentari;
d) gli studi e le provvidenze economiche, sociali, assistenziali, scientifiche ed educative nel campo della alimentazione, con particolare riguardo ai fabbisogni alimentari delle classi lavoratrici vulnerabili e meno abbienti avvalendosi dell'Istituto nazionale della nutrizione al quale è conferita personalità giuridica di diritto pubblico sotto la vigilanza del Ministero dell'agricoltura e delle foreste;
e) i rapporti con gli organi internazionali della alimentazione;
f) la trattazione degli affari in corso presso l'Alto Commissariato dell'alimentazione che, con l'abrogazione delle norme relative, è soppresso in virtù della presente legge.
Tuttavia, l'ultimo periodo dell'articolo 1 disponeva che le attribuzioni statali concernenti l'alimentazione del Paese in relazione ai bisogni ed alle disponibilità dei generi alimentari che riguardano i generi alimentari trasformati industrialmente, venissero esercitate dal Ministero dell'agricoltura e delle foreste d'intesa con il Ministero dell'industria e del commercio.
Il decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 300, di riforma dell’organizzazione del Governo, rimetteva al Ministero delle attività produttive la competenza in materia di "trasformazione e conseguente commercializzazione dei prodotti agricoli” (art. 27, comma 2), sottraendola al Ministero dell’agricoltura e delle foreste.
Successivamente, l’articolo 6-bis del decreto-legge n. 217 del 2001, è intervenuto a modificare il decreto legislativo n. 300 del 1999, al fine riassegnare la competenza su “trasformazione e commercializzazione dei prodotti agricoli e agroalimentari” (come definiti – precisava la norma – dall’articolo 32, paragrafo 1, del Trattato istitutivo della Comunità europea, come modificato dal Trattato di Amsterdam) al Ministero per le politiche agricole e forestali.
La "restituzione” di questa competenza al Ministero delle politiche agricole e forestali avvenne in considerazione dell'opportunità di individuare nel Ministero stesso un interlocutore unico all'interno del Consiglio europeo delle politiche agricole, il quale, in base al Trattato di Amsterdam (1998), ha competenza anche in materia di prima trasformazione dei prodotti agricoli. L’obiettivo del legislatore nazionale era quindi quello di scindere tale competenza da quella concernente la seconda trasformazione dei prodotti agricoli (che restava al Ministero delle Attività produttive) in simmetria con il riparto di competenza tra il Consiglio europeo delle politiche agricole ed il Consiglio del mercato interno europeo.
In base al decreto legislativo n. 300 del 1999, come modificato dal decreto-legge n. 217 del 2001, la ripartizione di competenze nel settore alimentare, prima dell’adozione del decreto-legge in esame, era pertanto la seguente:
§ al Ministero delle politiche agricole e forestali spettavano le competenze in materia di “trasformazione e commercializzazione dei prodotti agricoli e agroalimentari” (prima trasformazione), ai sensi dell’articolo 33, comma 2, lett. a)[80];
§ al Ministero delle attività produttive spettavano le competenze sul “settore agroindustriale” (seconda trasformazione), ai sensi degli articoli 28, comma 1, lettera a), e 55, comma 8[81].
Si evidenzia che l’esatta portata innovativa della disposizione in esame appare incerta.
Non risulta chiaro, infatti, se la norma, che richiama unicamente la nozione di "generi alimentari trasformati industrialmente" di cui all’articolo 1 della legge n. 199 del 1958, si limiti a trasferire tale competenza, in via esclusiva, al Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali (competenza che, come evidenziato sopra, la legge del 1958 affidava congiuntamente anche al Ministero delle attività produttive), oppure anche (come sembrerebbe peraltro da escludersi) la competenza sul "settore agroindustriale", che ai sensi dell'art. 28 comma 1, lettera a), del d.lgs. n. 300 del 1999, non richiamato dal testo in esame, spetta al Ministero per lo sviluppo economico.
Il comma 9-bis reca la nuova disciplina dei consorzi agrari, abrogando in gran parte le disposizioni recate dalla legge 28 ottobre 1999, n, 410, di disciplina della materia.
La disposizione, in particolare, riconduce i
consorzi agrari alla disciplina generale
delle società cooperative e interviene sulle gestioni commissariali in
corso, prevedendo la riduzione del numero (da
Attualmente 29 consorzi opererebbero in gestione ordinaria, 6 sarebbero sottoposti e gestione commissariale, 22 sarebbero sottoposti a liquidazione coatta amministrativa con esercizio provvisorio e a 15 sarebbe stato ritirato l’esercizio provvisorio[82].
Il primo periodo del comma in commento stabilisce che la vigilanza sui consorzi agrari, definiti nel secondo periodo “società cooperative a responsabilità limitata”, è esercitata congiuntamente dal ministro dello sviluppo e da quello delle politiche agricole. La concertazione dei due Ministri, si precisa, è limitata ai provvedimenti descritti nell’articolo 12 del D.lgs. n. 220/2002[83].
Il decreto legislativo n. 220/2002, elaborato in base alla delega di cui all’articolo 7 della legge 3 aprile 2001, n. 142, ridisegna l’attività di vigilanza sulle società cooperative in relazione a tre profili: i soggetti sottoposti a vigilanza, la finalità perseguita, le modalità di svolgimento.
In relazione al primo profilo, va detto che il potere di vigilanza attribuito al Ministero delle attività produttive si esercita indistintamente su tutte le società cooperative e loro consorzi, poiché nel primo comma dell’art. 1 vengono enumerati i seguenti soggetti:
§ le società cooperative ed i loro consorzi;
§ i gruppi cooperativi[84];
§ le società di mutuo soccorso e gli enti mutualistici di cui all’articolo 2512 del codice civile[85];
§ i consorzi agrari[86];
§ le piccole società cooperative[87].
Riguardo alla finalità perseguita dall’attività di vigilanza, questa si incentra sull’accertamento dei requisiti mutualistici: il controllo sulla mutualità rappresenta di fatto il presupposto per godere delle agevolazioni di qualsiasi natura di cui le cooperative possono usufruire; e tale “certificazione” da parte del Ministero delle attività produttive di fatto non può poi essere disconosciuta dalle altre Amministrazioni.
In ordine alle modalità di svolgimento, si prevede, in luogo delle ispezioni ordinarie e straordinarie precedentemente previste dall’articolo 2 del D.lgs. C.P.S. n. 1577/1947 (quasi interamente abrogato dal D.lgs. n. 220/02), che l’attività di vigilanza si basi sulle revisioni cooperative che debbono avvenire con cadenza almeno biennale, e sulle ispezioni straordinarie disposte sulla base di programmati accertamenti a campione.
La vigilanza esercitata da altri organi competenti resta comunque salvaguardata (si pensi a titolo esemplificativo ai poteri attribuiti alla Banca d’Italia relativamente alle banche popolari e quelle di credito cooperativo, o all’Amministrazione finanziaria per le questioni di carattere fiscale), e sono ugualmente fatte salve le funzioni di vigilanza riservate alle regioni a statuto speciale ed alle province autonome di Trento e Bolzano.
Lo specifico articolo 12 individua poi i provvedimenti che possono essere adottati dal dicastero delle attività produttive sulla base di quanto emerso in sede di espletamento delle operazioni di vigilanza, valutate le circostanze del caso. Essi sono (comma 1):
§ cancellazione dall’albo nazionale degli enti cooperativi,
§ gestione commissariale (disciplinata dall’art. 2543 del cod. civ. in caso di irregolare funzionamento della società cooperativa);
§ scioglimento per atto dell’autorità (disciplinato dall’art. 2544 cod. civ.);
§ sostituzione dei liquidatori (prevista dall’art. 2545 cod. civ., in caso d'irregolarità o di eccessivo ritardo nello svolgimento della liquidazione ordinaria);
§ liquidazione coatta amministrativa (prevista dall’art. 2540 cod. civ. per i casi di insolvenza).
I sopraelencati provvedimenti sanzionatori sono adottati previa consultazione della Commissione centrale per le cooperative (comma 2)
Gli enti cooperativi che si sottraggono all’attività di vigilanza o non rispettano le finalità mutualistiche sono cancellati dall’albo nazionale degli enti cooperativi con conseguente perdita dei benefici connessi all’iscrizione (comma 3).
La gestione commissariale di cui all’art. 2543 del cod. civ. si applica anche agli enti cooperativi che commettono gravi e reiterate violazioni del proprio regolamento interno di cui all’art. 6 della Legge n. 142/2001 (comma 4).
Con il comma 5 si precisa che relativamente ai consorzi agrari i provvedimenti di cui al primo comma, relativi alle operazioni di liquidazione e gestione commissariale, di scioglimento o sostituzione dei liquidatori, debbono essere adottati dal dicastero delle attività produttive con il concerto del ministero dell’agricoltura.
In proposito vale rammentare che la legge 410/1999, recante Nuovo ordinamento dei consorzi agrari, che viene abrogata nel prosieguo del comma 9-bis, già richiedeva che i provvedimenti di cui agli artt. 2540, 2543, 2544 e 2545 c.c. fossero adottati con il concerto del Ministro delle politiche agricole (art. 4, co. 1 e 2 legge 410/99).
Il secondo periodo qualifica giuridicamente i consorzi agrari, che sono “società cooperative a responsabilità limitata”, sottoposte pertanto alla disciplina codicistica sulle cooperative. Tali disposizioni sono recate dal titolo VI, artt. 2511 e ss. cod. civ. che si applicano pertanto anche a tali figure consortili.
Quanto alla riconduzione dei consorzi agrari nella categoria delle società cooperative a responsabilità limitata va rammentato che essa era già stata disposta dalla legge n. 410/99 (art. 1, co. 1) che, tuttavia, dichiarava applicabili ai CA gli artt. 2514 e ss. del codice. I menzionati articoli sono stati rivisti dal D.lgs. n. 6/2003, ponendo tuttavia a confronto le nuove norme del comma 9-bis in esame con le disposizioni del codice in vigore fino al 1° gennaio 2004, si può solo rilevare che i consorzi agrari debbono ora corrispondere a quanto stabilito con l’art. 2512 c.c. (ora art. 2518 c.c.) e debbono pertanto costituirsi per atto pubblico, cui deve essere allegato lo statuto contenete le norme relative al funzionamento societario.
In merito alla illustrazione della disciplina delle società cooperative contenuta nel codice civile va per primo fatto rimando all’articolo 2511 del codice civile, in base al quale le società cooperative sono società a capitale variabile con scopo mutualistico. All’interno di tale categoria sono state individuate le cooperative a mutualità prevalente, dotate del carattere della cooperazione costituzionalmente riconosciuta, in relazione alla prevalenza quantitativa dell’attività mutualistica con i soci, fermo restando il requisito della non lucratività. È previsto un apposito albo nel quale devono essere iscritte le cooperative a mutualità prevalente; si è enucleata la clausola generale della parità di trattamento nello svolgimento dell’attività mutualistica ed è stabilito che l’atto costitutivo determini se la cooperativa intende agire con terzi. L’emissione di strumenti finanziari è consentita a tutte le cooperative (ma quando abbiano la forma di società a responsabilità limitata, il collocamento può avvenire solo presso investitori qualificati), con la previsione di un limite al totale dei voti attribuibili ai soci finanziatori; per le cooperative a mutualità prevalente è altresì fissato un limite alla remunerazione degli strumenti finanziari offerti ai soci cooperatori. Ne consegue l’organizzazione delle assemblee speciali dei possessori di tali strumenti.
Il numero minimo di soci per la costituzione di una cooperativa è fissato in nove ed è rimessa all’atto costitutivo la disciplina dei requisiti personali, salvo il divieto di partecipazione per chi eserciti imprese concorrenti. È previsto l’obbligo di motivare il rigetto di domande di ammissione a socio o di trasferimento della partecipazione. Per favorire le esigenze finanziarie della società, la regola tradizionale della variabilità del capitale è integrata con la possibilità di aumenti di capitale a pagamento. Sono previste limitate eccezioni al voto capitario (riferite ai titolari di strumenti finanziari e ai soci imprenditori, oltre a quella in favore dei soci persone giuridiche), mentre per l’elezione dell’organo di controllo è conferita all’atto costitutivo la facoltà di attribuire il diritto di voto in relazione al capitale o agli scambi mutualistici. Circa l’amministrazione, il codice civile disciplina le ipotesi di adozione dei modelli dualistico e monistico[88], prevede limiti alle deleghe che possono essere conferite agli amministratori e definisce i diritti di controllo dei soci sulla gestione. È previsto un meccanismo di garanzia circa l’utilizzazione delle riserve indivisibili per il ripiano di perdite, ed è fissata al 30 per cento la quota annua degli utili da accantonare a riserva legale; sono previsti limiti alla distribuzioni degli utili e alla divisione delle riserve in relazione a particolari condizioni di indebitamento della società. È disciplinata la nozione di gruppo cooperativo paritetico; sono inoltre regolate le ipotesi di perdita della qualifica di cooperativa a mutualità prevalente e di volontaria trasformazione in società lucrativa o consorzio (con previsione di adeguate maggioranze deliberative e disciplina della devoluzione del patrimonio ai fondi mutualistici), nonché di insolvenza, con possibilità di fallimento o di liquidazione coatta amministrativa. Infine, è disciplinata la vigilanza sulle cooperative, introducendosi, accanto alla vigilanza amministrativa di cui al D.lgs. n. 220/2002, che rimane preminente, la possibilità di controllo giudiziario mediante denunzia dei soci al tribunale.
Con il terzo periodo viene posta l’interdizione all’uso della denominazione “consorzio agrario” da parte di qualunque soggetto che non corrisponda alla società cooperativa delineata dallo stesso comma 9-bis.
Anche le precedenti disposizioni della legge n. 410/99 riservavano l’uso della denominazione consortile alle sole forme societarie rispondenti ai requisiti posti dalla medesima legge. Ai consorzi era tuttavia imposto di avere una estensione territoriale almeno provinciale, con conseguente inserimento della specificazione territoriale anche nella denominazione.
Il quarto periodo dispone l’abrogazione della legge 28 ottobre 1999, n. 410, fatta eccezione per le seguenti disposizioni:
§ l’articolo 2 che definisce gli scopi che debbono istituzionalmente essere perseguiti dai consorzi agrari, scopi che peraltro, data la loro rilevanza, conservano ai CA finalità generali e funzioni di interesse pubblico.
Il primo comma individua tali scopi in tutte le attività dirette a contribuire alla innovazione o al miglioramento dei processi produttivi agricoli, nonché nella predisposizione e gestione di servizi utili al settore primario.
Il secondo comma conserva ai consorzi la possibilità di compiere operazioni di credito agrario di esercizio in natura, di concedere anticipazioni ai produttori a fronte del conferimento di prodotti all’ammasso volontario, di promuovere la costituzione o di partecipare a società i cui scopi interessino l’attività consortile;
§ l’articolo 5, comma 2 che, in conseguenza della definizione di un concordato preventivo, ha disposto lo scioglimento delle Federconsorzi secondo quanto stabilito dall’art. 2544 c.c.;
§ l’articolo 5, comma 3 che richiamando il decreto del ministro del lavoro del 2 marzo 1987 ribadisce che ai fini previdenziali i consorzi agrari restano inquadrati nella categoria dell’industria;
§ l’articolo 5, comma 5 che si occupa più strettamente dei profili attinenti ai risvolti di carattere occupazionale, disciplinando nel dettaglio la possibilità, nei casi di cessione o concordato, di far ricorso alla cassa integrazione guadagni straordinaria. È disposta la non applicazione delle norme in base alle quali un precedente ricorso a tale misura funge da elemento ostativo all’adozione di tale misura da parte del medesimo consorzio che se ne sia servito;
§ l’articolo 6 che nel suo insieme regola le fattispecie e le modalità perché possa essere esercitato il diritto di prelazione.
La messa in liquidazione di un consorzio, che comporti la vendita o cessione di beni, determina la possibilità dell’esercizio del diritto di prelazione da parte di quei consorzi che si trovino in amministrazione ordinaria e siano geograficamente più vicini a quello in liquidazione. Possono infatti nascere anche consorzi interprovinciali, con un bacino di utenza di grandi dimensioni. Più precisamente, la legge attribuisce ai consorzi agrari in amministrazione ordinaria, costituiti nella regione - o in quella confinante - in cui ha sede il consorzio sottoposto a liquidazione coatta amministrativa[89], la facoltà di esercitare diritto di prelazione sulla vendita dei beni immobili o di vendita in blocco dei beni mobili ovvero nella cessione della relativa azienda o ramo di azienda. Solo in seconda battuta, dopo che tale diritto non sia stato esercitato dai consorzi, un medesimo diritto di prelazione è riservato alle società cooperative agricole che abbiano sede nella provincia, oppure, da ultimo, nella regione.
Tutte le restanti disposizioni della legge n. 410/1999 sono conseguentemente abrogate, ma è altresì esplicitamente abrogato anche il comma 227, dell’art. 1 della legge n. 311 del 2004 (legge finanziaria 2005).
Tra le norme della legge n. 410 del 1999 oggetto di abrogazione va evidenziato, in particolare, l’art. 5, comma 4, volto all’introduzione di una normativa particolare che consentisse di porre fine alla situazione in cui si trovava la maggioranza dei consorzi agrari, posti in liquidazione coatta amministrativa e autorizzati esclusivamente all’esercizio provvisorio delle attività di impresa.
Le disposizioni approvate consentivano di adottare una procedura concorsuale finalizzata ad una delle seguenti soluzioni:
§ ritorno all’amministrazione ordinaria mediante concordato ex articolo 214 della legge fallimentare;
§ cessione dell’azienda o di ramo di azienda a favore di altro consorzio o di altra società cooperativa agricola operante nella stessa regione o in regione confinante, purché i medesimi siano in amministrazione ordinaria. In tal caso è prevista la successione nella titolarità di tutte le attività e dei contratti di locazione immobiliare, nonché nelle licenze di produzione e commercio[90].
In assenza di tali procedure si doveva procedere, da parte dell’autorità amministrativa vigilante, alla revoca dell’autorizzazione all’esercizio provvisorio entro la data del 31 dicembre 2005[91].
In merito a tale revoca, con disposizione inserita dall’art. 12, co. 1-bis del D.L. 266/2004 di proroga termini[92], è stato consentito, allo scadere del menzionato termine del 31/12/05, di concedere nuovamente una autorizzazione all’esercizio provvisorio in presenza di “situazioni oggettive ostative all’attivazione della soluzione concordataria”. L’apprezzamento della situazione era demandato ai due dicasteri delle attività produttive e dell’agricoltura che dovevano procedere di concerto, acquisito il preventivo parere della “Commissione di valutazione delle attività dei consorzi”, istituita dai medesimi dicasteri e costituita da cinque membri appartenenti alla pubblica amministrazione.
Infine, ancora il comma 4 dell’art. 5 dalla legge 410/99 concedeva, a seguito della modifica approvata con il D.L. n. 273/2005, la facoltà di procedere ad una sostituzione generalizzata dei commissari liquidatori dei consorzi agrari, decorso il termine del 31 dicembre 2005. Il Ministro delle attività produttive, con il concerto del Ministro delle politiche agricole e forestali, poteva infatti procedere, entro il 30 gennaio 2006, alla rideterminazione della composizione degli organi incaricati della liquidazione dei consorzi, sia sottoposti a procedura di liquidazione o anche solo in amministrazione straordinaria.
Viene altresì abrogato il comma 7-bis dell’art. 5 della legge 410/99 che in merito alla procedura concordataria prevedeva che, nell’ipotesi in cui fosse stata disposta la nomina di un commissario ad acta in sostituzione degli organi statutari, per la presentazione del concordato preventivo, il Ministero delle attività produttive, di concerto con il Ministero delle politiche agricole e forestali, potesse disporre la sua sostituzione con un commissario governativo[93].
Per la durata in carica di tale commissario, il termine inizialmente stabilito di dodici mesi è stato soppresso con l’articolo 1, comma 227, della legge 30 dicembre 2004, n. 311 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge finanziaria 2005), che ha nel contempo disposto la proroga dell’incarico attribuito ai commissari liquidatori dei CAP (nominati ai sensi dell'articolo 5 della legge 410), che deve durare fino al momento in cui non sia garantita la ricostituzione degli organi statutari degli enti in questione. Tuttavia è anche stabilito che le gestioni commissariali non potranno protrarsi per più di due anni dalla conclusione della procedura di concordato preventivo, ovvero, nel caso in cui risultino pendenti contenziosi, fino alla definitiva conclusione dei relativi procedimenti.
Sono ancora abrogate le disposizioni di cui all’art. 7 della legge 410/1999, che avevano infine previsto una possibilità di salvezza anche per quei consorzi in liquidazione che avessero già sofferto la revoca dell’esercizio provvisorio d’impresa; in tal caso era necessario che i commissari liquidatori presentassero un adeguato programma per la sistemazione della situazione debitoria pregressa, evidenziando nel contempo quali fossero le disponibilità finanziarie residue, tali da prefigurare la ripresa dell’attività. Perché l’attività del consorzio proseguisse era richiesto che i commissari liquidatori ottenessero una specifica autorizzazione, sentito il comitato di sorveglianza che l’art. 198 del R.D. n. 267/1942[94]).
Il quinto periodo stabilisce termini precisi per la definitiva conclusione della fase di commissariamento cui sono sottoposti numerosi consorzi agrari[95].
Per i consorzi posti in liquidazione coatta amministrativa è disposta la sostituzione dei commissari, in carica alla data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto legge in esame, con un commissario unico. L’autorità preposta alla sostituzione è l’autorità vigilante, ovvero il dicastero dello sviluppo economico. Per tale sostituzione non è previsto alcun termine, tuttavia un termine è previsto per la chiusura delle operazioni di liquidazione, cui deve provvedere il commissario unico con il deposito degli atti di cui all’art. 213 del R.D. n. 267/1942 di disciplina del fallimento[96], entro il termine del 31 dicembre 2007.
Non si procede alla liquidazione nella ipotesi che entro il medesimo termine l’autorità vigilante abbia autorizzato l'impresa in liquidazione a proporre al tribunale un concordato in base alla procedura di cui all’art. 214 del medesimo regio decreto.
Infine, per tutti gli altri consorzi commissariati è disposto il ritorno in bonis e la fine del commissariamento con la cessazione dall’incarico entro il 31 dicembre 2006 degli attuali commissari e la ricostituzione degli organi statutari.
Con il sesto periodo è concesso un periodo per l’adeguamento statutario da parte dei consorzi agrari alle disposizioni del codice civile, periodo che spira il 30 giugno 2007.
La materia trattata dal comma in esame, fatta eccezione per il primo periodo, non sembra presentare elementi di stretta omogeneità con la restante parte del decreto-legge.
Il comma 9-ter rimette al Ministero delle politiche agricole, alimentali e forestali le competenze in materia di “registrazione a livello internazionale di marchi associati ai segni identificativi delle produzioni di origine nazionale e la loro tutela giuridica internazionale”, che l’articolo 17 del decreto legislativo n. 99 del 2004 assegnava alla società per azioni Buonitalia.
La società per azioni Buonitalia[97], con sede
legale a Roma, ha per oggetto la promozione
e la valorizzazione della produzione agroalimentare italiana. Creata nel
luglio
Le finalità di Buonitalia sono state individuate dall’articolo 17 del decreto legislativo n. 99 del 29 marzo 2004 (assumendo a modello la società francese Sopexa “Société pour l’expansion des vendes des produits agricoles et alimentaires”, istituita nel 1961 con capitale misto pubblico e privato, alla quale sono stati attribuiti compiti nella promozione dei prodotti agroalimentari e nella realizzazione di azioni di comunicazione commerciale):
§ promuovere, valorizzare e diffondere nel mondo la conoscenza del patrimonio agricolo ed agroalimentare italiano, attraverso la creazione di un sistema che permetta di coordinare le diverse attività promozionali;
§ erogare servizi alle imprese del settore agroalimentare per favorire l'internazionalizzazione dei prodotti italiani;
§ tutelare le produzioni italiane attraverso la registrazione e la difesa giuridica internazionale dei marchi associati alle produzioni nazionali di origine (tali competenze sono oggetto del trasferimento disposto dal comma 9-ter del decreto-legge in commento).
Al dicastero agricolo è riservata la valutazione e approvazione delle iniziative e dei programmi della società Buonitalia, nell’ambito delle competenze che allo stesso sono riconosciute dal decreto legislativo n. 165/2001. Sulla base di tali disposizioni (artt. 4 e 14), infatti, gli organi di governo esercitano le funzioni di indirizzo politico-amministrativo definendo gli “obiettivi ed i programmi” da attuare.
Da ultimo, il decreto legislativo n. 99/2004 è stato novellato dal D.L. 2/2006[98], che ha rimesso al Ministro delle politiche agricole il compito di trasferire a Buonitalia Spa, con proprio decreto, le risorse strumentali e finanziarie necessarie all’espletamento delle attività di valorizzazione economica, tutela e controllo dei prodotti a denominazione tutelata ad essa assegnate.
Coerentemente con il nuovo elenco dei Ministeri di cui al comma 1, il comma 4 dell’articolo 1 del decreto-legge istituisce il Ministero delle infrastrutture. La stessa disposizione prevede il trasferimento – con le relative risorse finanziarie, strumentali e di personale – delle funzioni attribuite al Ministero delle infrastrutture e dei trasporti dalle seguenti lettere dell’articolo 42, comma 1, del decreto legislativo n. 300 del 1999:
§ lett. a), concernente la programmazione, il finanziamento, la realizzazione e la gestione delle reti infrastrutturali di interesse nazionale, ivi comprese le reti elettriche, idrauliche e acquedottistiche, e delle altre opere pubbliche di competenza dello Stato, ad eccezione di quelle in materia di difesa; la qualificazione degli esecutori di lavori pubblici; le costruzioni nelle zone sismiche.
Il testo originario del decreto-legge prevedeva inoltre l’attribuzione al Ministero delle infrastrutture delle funzioni connesse con l’integrazione modale fra i sistemi di trasporto, contemplate dalla medesima lettera a). A seguito dell’ approvazione presso l’altro ramo del Parlamento dell’emendamento del Governo 1.2000, il comma 5 dell’articolo 1 del decreto-legge provvede ad espungere tali funzioni dal testo dell’articolo 42, comma 1, lett. a) (sul punto si rinvia al paragrafo successivo);
§ lett. b), concernente l’edilizia residenziale nelle aree urbane;
§ lett. d-ter), relativa alla pianificazione delle reti, della logistica e dei nodi infrastrutturali di interesse nazionale, nonché la realizzazione delle opere corrispondenti e la valutazione dei relativi interventi;
§ lett. d-quater), relativa alle politiche dell'edilizia concernenti anche il sistema delle città e delle aree metropolitane;
§ per quanto di competenza, lettera d-bis), ovvero le funzioni relative alla sicurezza e alla regolazione tecnica, salvo quanto disposto da leggi e regolamenti, concernenti le competenze generali in materia di infrastrutture già attribuite al Ministero delle infrastrutture e dei trasporti dall'articolo 41 e dallo stesso comma 1 dell'articolo 42 del decreto legislativo n. 300, ivi comprese le espropriazioni.
Le ulteriori funzioni afferenti alla lettera d-bis), che esulano dalla competenza del Ministero delle infrastrutture sono attribuite dal successivo comma 5 al Ministero dei trasporti.
Rispetto al testo originario del decreto, il testo trasmesso dal Senato, al comma 5, prevede inoltre il concerto del Ministero delle infrastrutture in relazione alla proposta da parte del Ministero dei trasporti del piano generale dei trasporti e della logistica e dei piani di settore per i trasporti, compresi i piani urbani di mobilità (sul punto si rinvia al paragrafo successivo).
Per contro, la stessa disposizione prevede, per quanto di competenza, l’espressione del concerto da parte del Ministero dei trasporti sugli atti di programmazione degli interventi di competenza del Ministero delle infrastrutture.
In relazione alle funzioni indicate, in base al comma 14, la denominazione “Ministero delle infrastrutture” sostituisce, ovunque ricorra, la denominazione “Ministero delle infrastrutture e dei trasporti”.
Il comma 5 reca l’istituzione – in coerenza con quanto previsto al comma 1 – del Ministero dei trasporti. Al nuovo Ministero vengono trasferite – con le inerenti risorse finanziarie, strumentali e di personale – alcune delle funzioni attribuite – secondo il precedente assetto organizzativo dei Ministeri – al Ministero delle infrastrutture e dei trasporti.
Si tratta delle seguenti funzioni individuate dall’art. 42, co. 1, lett. c), d) e – per quanto di competenza – d-bis) del d.lgs. 300/1999:
§ navigazione e trasporto marittimo; vigilanza sui porti; demanio marittimo; sicurezza della navigazione e trasporto nelle acque interne; programmazione, previa intesa con le regioni interessate, del sistema idroviario padano-veneto; aviazione civile e trasporto aereo (lett. c));
§ trasporto terrestre, circolazione dei veicoli e sicurezza dei trasporti terrestri (lett. d));
§ sicurezza e regolazione tecnica - salvo quanto disposto da leggi e regolamenti - concernenti le competenze disciplinate dall'articolo 41 (dello stesso d.lgs. 300/1999) e quelle previste dal comma 1 dell’articolo 42 (lett. d-bis).
Si segnala che i commi 4 e 5 del decreto-legge in esame – provvedendo alla ripartizione tra il Ministero delle infrastrutture e il Ministero dei trasporti delle competenze già affidate al Ministero delle infrastrutture e dei trasporti – richiamano espressamente solo la disposizione dell’articolo 42 – che non risulta peraltro oggetto di novella – del D.Lgs. 300/1999 relativo alle aree funzionali di competenza del precedente Ministero delle infrastrutture e dei trasporti. Non risulta alcun coordinamento con la disposizione di cui all’art. 41 del D.Lgs. 300/1999 che reca l’istituzione del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti e individua le funzioni generali dello stesso incidenti sulle aree funzionali di cui all’art. 42, ora affidate ai due dicasteri sopra citati.
A seguito delle modifiche introdotte in sede di esame al Senato[99], al Ministero dei trasporti sono attribuite ulteriori funzioni. In particolare, il Ministero:
§ propone – di concerto con il Ministero delle infrastrutture – il piano generale dei trasporti e della logistica e i piani di settore, compresi i piani urbani di mobilità.
La L. 245/1984[100] prevedeva che il Governo della Repubblica, nel termine di un anno dall'entrata in vigore della legge, approvasse il piano generale dei trasporti, allo scopo di assicurare un indirizzo unitario alla politica dei trasporti, nonché di coordinare e armonizzare l’esercizio delle competenze e l’attuazione degli interventi amministrativi dello Stato, delle regioni e delle province autonome[101]. Il piano generale dei trasporti è stato approvato con D.P.C.M. 10 aprile 1986 ed è stato aggiornato con D.P.R. 29 agosto 1991.
Nel marzo 1999 il Ministero dei trasporti e della navigazione, in collaborazione con il Ministero dell’ambiente e il Ministero dei lavori pubblici, ha elaborato il documento “Nuovo Piano Generale dei Trasporti – indirizzi e linee guida”, in vista della predisposizione del nuovo piano.
Il Nuovo Piano Generale dei trasporti e della Logistica è stato adottato con D.P.R. 14 marzo 2001: esso nasceva come strumento di programmazione della politica dei trasporti per i successivi dieci anni. Le principali linee di intervento del nuovo piano generale dei trasporti e della logistica risultavano finalizzate ad un riequilibrio tra le varie modalità di trasporto e ad una maggiore integrazione del sistema dei trasporti nei processi produttivi, nonché al perseguimento di politiche di miglioramento delle condizioni di vita nelle aree urbane e metropolitane.
Con riferimento ai piani di settore per i trasporti, si ricorda che nella delibera 1° febbraio 2001 con la quale il CIPE ha approvato il Nuovo piano dei trasporti e della logistica, il Comitato ha impegnato il Ministro dei trasporti a predisporre, in coerenza con i princìpi dello «sviluppo sostenibile» e nel rispetto delle procedure e delle competenze previste dalla normativa vigente, piani settoriali o documenti attuativi di pari livello, da sottoporre all'approvazione del Comitato, conferendo, in sede di realizzazione, carattere prioritario agli interventi intesi al superamento di situazioni di criticità funzionali e di sicurezza e, per il settore stradale, alla riqualificazione e completamento della rete di primo livello, al decongestionamento delle grandi aree urbane, al miglioramento dei collegamenti tra la rete di livello nazionale e le reti di livello regionale[102].
Il Piano Urbano della Mobilità (PUM) è stato introdotto quale nuovo strumento di programmazione della mobilità in ambito urbano nel documento “Nuovo piano generale dei trasporti - Indirizzi e linee guida” del marzo 1999. Gli obiettivi del PUM del piano risultavano enunciati nel primo capitolo del citato documento, ove si precisava che “per le aree urbane e metropolitane, l’attenzione sarà rivolta alla promozione di sistemi integrati di mobilità costruiti in direzione di obiettivi fondamentali quali il risanamento ambientale, la sicurezza del trasporto e la qualità del servizio”.
A livello normativo, i piani urbani della mobilità sono stati istituiti dall’articolo 22, comma 1, della legge n. 340 del 2000[103], al fine di soddisfare i fabbisogni di mobilità della popolazione, di assicurare l'abbattimento dei livelli di inquinamento atmosferico ed acustico, la riduzione dei consumi energetici, l'aumento dei livelli di sicurezza del trasporto e della circolazione stradale, la minimizzazione dell'uso individuale dell'automobile privata e la moderazione del traffico, l'incremento della capacità di trasporto, l'aumento della percentuale di cittadini trasportati dai sistemi collettivi anche con soluzioni di car pooling e car sharing e la riduzione dei fenomeni di congestione nelle aree urbane. I PUM sono intesi come progetti del sistema della mobilità comprendenti l'insieme organico degli interventi sulle infrastrutture di trasporto pubblico e stradali, sui parcheggi di interscambio, sulle tecnologie, sul parco veicoli, sul governo della domanda di trasporto attraverso la struttura dei mobility manager, i sistemi di controllo e regolazione del traffico, l'informazione all'utenza, la logistica e le tecnologie destinate alla riorganizzazione della distribuzione delle merci nelle città.
L’art. 22, comma 2, della L. 340/2000 ha previsto il cofinanziamento statale. I soggetti beneficiari del cofinanziamento per l’attuazione degli interventi previsti dal PUM, e quindi tenuti alla redazione del PUM stesso vengono individuati in: singoli comuni o aggregazioni di comuni limitrofi con popolazione superiore a 100.000 abitanti; province aggreganti i comuni limitrofi con popolazione complessiva superiore a 100.000 abitanti, d’intesa con i comuni interessati; regioni, nel caso di aree metropolitane di tipo policentrico e diffuso, d’intesa con i comuni interessati.
Il comma 4 dell’articolo 22 della l. 340/2000 prevedeva l’emanazione di un regolamento – da adottare ai sensi dell'articolo 17, comma 2, della legge 400/1988, su proposta del Ministro dei trasporti, di concerto con i Ministri dell’economia e delle finanze e dell'ambiente, d'intesa con la Conferenza unificata, e sentito il parere delle competenti Commissioni parlamentari - che definisse l'elenco delle autorizzazioni legislative di spesa per il finanziamento dei piani, il procedimento di formazione e di approvazione degli stessi PUM, i requisiti minimi dei relativi contenuti, i criteri di priorità nell'assegnazione delle somme, nonché le modalità di erogazione del finanziamento statale, di controllo dei risultati e delle relative procedure.
L'art. 15, co. 2, della legge 166/2002 (cosiddetto “collegato infrastrutture”) ha quindi previsto, a fini di accrescimento della sicurezza stradale, l’adozione da parte del Governo, entro dodici mesi dalla data di entrata in vigore della legge (18 agosto 2002), del regolamento previsto dal citato comma 4 dell’art. 22, ai fini dell'attuazione dei Piani urbani di mobilità[104]. Allo stato, il prescritto regolamento non risulta ancora emanato.
Il piano urbano di mobilità è stato riproposto nel Nuovo piano generale dei trasporti del 2001 come strumento attraverso il quale, da un lato, le Amministrazioni locali definiscono l’insieme degli interventi più appropriato alla propria realtà territoriale e, dall’altro, lo Stato valuta l’opportunità e l’entità del proprio intervento finanziario.
Andrebbe valutata la congruità della competenza dello Stato (nella veste del Ministero dei trasporti) a proporre i piani urbani di mobilità, in rapporto all’obbligo di adozione degli stessi che, in base alla legislazione vigente, grava in capo ai comuni sopra indicati;
§ esprime, per quanto di propria competenza, il concerto sugli atti di programmazione degli interventi di competenza del Ministero delle infrastrutture (vedi supra).
A seguito della modifica introdotta al Senato, il comma 5 in esame reca, poi come già precisato, la soppressione - alla lett. a) dell’articolo 42, comma 1, del D.Lgs. 300/1999 che individua alcune delle funzioni ora attribuite al Ministero delle infrastrutture (vedi supra) – del riferimento alle funzioni connesse con l’integrazione modale fra i sistemi di trasporto.
A tale proposito, si segnala che – a seguito della soppressione – non appare chiaro a chi spetti la titolarità della competenza in materia di integrazione modale fra i sistemi di trasporto, non essendo previsto alcun trasferimento della stessa in capo al Ministero dei trasporti o ad altro dicastero.
In relazione alle funzioni testé indicate, in base al comma 15, la denominazione “Ministero dei trasporti” sostituisce, ovunque ricorra, la denominazione “Ministero delle infrastrutture e dei trasporti”.
Il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti è stato istituito dal D.Lgs. 300/1999, di riforma dell’organizzazione del Governo, che – su delega della legge 59/1997 – ha previsto il trasferimento in capo a tale Ministero delle funzioni e dei compiti dei precedenti Ministeri dei lavori pubblici e dei trasporti e della navigazione, nonché del Dipartimento per le aree urbane istituito presso la Presidenza del Consiglio dei ministri (fatte salve quelle attribuite ad altri ministeri o agenzie, e fatte in ogni caso salve le funzioni conferite alle regioni e agli enti locali).
Il Ministero dei lavori pubblici era stato istituito con R.D. 22 agosto 1848, n. 795, con il compito di provvedere alle opere edilizie, stradali, idrauliche, marittime, d'interesse dello Stato sia direttamente sia mediante la erogazione di mutui e di contributi (ad enti pubblici o a privati).
In assenza di un regolamento di organizzazione unico, l'organizzazione della struttura del Ministero era rintracciabile in una serie di norme che nel tempo hanno codificato ed adeguato alle innovazioni legislative la struttura medesima[105]. Con il trasferimento alle Regioni delle competenze in materia di urbanistica, edilizia, viabilità, acquedotti ed opere pubbliche d'interesse regionale, tale Ministero ha subito numerose ed incisive modificazioni, sia dal punto di vista delle funzioni, sia da quello dell'organizzazione[106]
Al Ministero delle infrastrutture e dei trasporti sono state attribuite le funzioni e i compiti spettanti allo Stato in materia di:
§ identificazione delle linee fondamentali dell'assetto del territorio con riferimento alle reti infrastrutturali e al sistema delle città e delle aree metropolitane;
§ reti infrastrutturali e opere di competenza statale;
§ politiche urbane e dell'edilizia abitativa
§ opere marittime e infrastrutture idrauliche;
§ trasporti e viabilità.
In attuazione della legge 137/2002[107], che di fatto realizzava una “riapertura dei termini” della legge 59/97, è stato emanato, tra l’altro, il d.lgs. 12 giugno 2003 n. 152[108],che ha modificato il d.lgs. 300/1999 relativamente alla struttura organizzativa del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti. A seguito delle modifiche introdotte, le aree funzionali in cui il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti era chiamato a svolgere le funzioni e i compiti di spettanza statale risultavano:
§ programmazione, finanziamento, realizzazione e gestione delle reti infrastrutturali di interesse nazionale;
§ edilizia residenziale; aree urbane;
§ navigazione e trasporto marittimo; vigilanza sui porti; demanio marittimo; sicurezza della navigazione e trasporto nelle acque interne; programmazione, previa intesa con le regioni interessate, del sistema idroviario padano-veneto; aviazione civile e trasporto aereo;
§ trasporto terrestre, circolazione dei veicoli e sicurezza dei trasporti terrestri;
§ sicurezza e regolazione tecnica concernenti le competenze attribuite al Ministero;
§ pianificazione delle reti, della logistica e dei nodi infrastrutturali di interesse nazionale, realizzazione delle opere e valutazione dei relativi interventi;
§ politiche dell’edilizia concernenti anche il sistema delle città e delle aree metropolitane;
Al Ministero erano altresì attribuiti funzioni e compiti di monitoraggio, controllo e vigilanza sia nelle predette aree funzionali sia sui gestori del trasporto, derivanti dalla legge, dalla concessione e dai contratti di programma o di servizio.
Quanto all’articolazione in dipartimenti, il d.lgs 300/1999, come modificato dal d.lgs. 152/2003, ha stabilito che questi non possano essere superiori a quattro, articolati in sedici direzioni generali. Inoltre esso disponeva l’istituzione a livello sovraregionale di non più di dieci Servizi Integrati Infrastrutture e Trasporti, denominati S.I.I.T., quali organi dell’amministrazione decentrata del Ministero. Il d.lgs. 152/2003 aveva inoltre disposto che il Governo provvedesse alla riorganizzazione del Ministero con regolamento governativo.
Il DPR 2 luglio 2004, n. 184,ha recato la riorganizzazione del Ministero, prevedendone l’articolazione nei seguenti quattro dipartimenti:
§ Dipartimento per il coordinamento dello sviluppo del territorio, per il personale ed i servizi generali;
§ Dipartimento per le infrastrutture stradali, l'edilizia e la regolazione dei lavori pubblici;
§ Dipartimento per la navigazione e il trasporto marittimo ed aereo;
§ Dipartimento per i trasporti terrestri.
Il regolamento riconosce come organi decentrati del Ministero nove Servizi integrati infrastrutture e trasporti, ciascuno dei quali articolato in due settori rispettivamente relativi all'area infrastrutture e all'area trasporti e pone il Comando generale del Corpo delle Capitanerie di Porto alle dipendenze del Ministero per l'espletamento delle funzioni rientranti nelle attribuzioni del Ministero (vedi supra).
Il regolamento provvede, quindi, ad esplicitare l’articolazione interna e le attribuzioni di ciascun dipartimento, che è tenuto anche a curare i rapporti con gli organismi nazionali e internazionali e con l’Unione europea, nelle materie di rispettiva competenza e a svolgere attività di indirizzo, coordinamento e monitoraggio dei SIIT per le materia di rispettiva competenza.
Alla luce di quanto esposto, e sulla base delle competenze attribuite dal DPR n. 184/2004, la nuova organizzazione comporterà la scomposizione e la riorganizzazione di alcune delle attuali strutture: in particolare i SIIT e il Dipartimento per il coordinamento dello sviluppo del territorio, il personale ed i servizi generali.
Si ricorda, infatti, che il Dipartimento per il coordinamento dello sviluppo del territorio, per il personale ed i servizi generali, è – nell’attuale struttura unificata – l’unico organo di gestione del personale e delle altre risorse (p.es. informatiche) dell’intero apparato amministrativo centrale. Tale struttura svolge, tra l’altro, funzioni comprese in quelle indicate alle lettere a) e d-ter) del richiamato articolo 42, comma 1, del decreto legislativo n. 300 del 1999 (si vedano in proposito le attribuzioni delle direzioni generali per le politiche di sviluppo del territorio e per le reti – art. 4, commi 4-5 del DPR n. 184).
Le altre funzioni richiamate dal comma in esame (lett. b), d-quater) e d-bis) del comma 1, dell’art. 42, per quanto riguarda le infrastrutture) sono, invece, attualmente svolte dal Dipartimento per le infrastrutture stradali, l'edilizia e la regolazione dei lavori pubblici (art. 5 del citato DPR n. 184), che svolge altresì parte delle funzioni indicate alle lettere a) e d-ter), come ad esempio l’attività “tecnico-amministrativa per l'espletamento delle funzioni statali di competenza del Ministero funzionali alla definizione dei criteri per l'individuazione delle zone sismiche e delle relative norme tecniche per le costruzioni, su proposta del Consiglio superiore dei lavori pubblici” (art. 5, comma 3, lett. b) del DPR n. 184 e gli “interventi sulla rete stradale di interesse locale previsti da norme di legge” (art. 5, comma 2, lett. h), dello stesso DPR n. 184).
Anche i Servizi integrati infrastrutture e trasporti (SIIT) svolgono attualmente funzioni riconducibili alle due nuove organizzazioni ministeriali. In tale caso, tuttavia, la loro articolazione in “due settori organici di attività rispettivamente denominati Settore infrastrutture e Settore trasporti” (art. 9, comma 2, del DPR n. 184) sembrerebbe consentire con una certa facilità la separazione strutturale e la ricomposizione delle competenze.
Il decreto-legge in esame, nel testo modificato dal Senato, istituisce il Ministero della solidarietà sociale, al quale vengono attribuite – ai sensi del comma 6 dell'articolo 1 – le seguenti competenze:
§ politiche sociali e di assistenza;
§ vigilanza dei flussi di entratae coordinamento delle politiche per l’integrazionedei lavoratori immigrati;
competenze finora spettanti al Ministero del lavoro e delle politiche sociali (la cui denominazione è conseguentemente sostituita da quella di Ministero del lavoro e della previdenza sociale (commi 11 e 18 dell'articolo 1)[109], nonché:
§ coordinamento delle politiche contro le tossicodipendenze e alcooldipendenze;
§ organizzazione, indirizzo e controllo del Servizio civile nazionale,
competenze fino ad oggi esercitate dalla Presidenza del Consiglio dei ministri.
Ai fini di una più facile lettura del riordino delle competenze attuato con il presente decreto-legge può essere utile riassumere gli aspetti più significativi della disciplina del Ministero del lavoro e delle politiche sociali.
Il D.Lgs. 300/1999, nella sua originaria versione, aveva previsto, con decorrenza dalla nomina del primo Governo della XIV legislatura, l'accorpamento del Ministero del lavoro e della previdenza sociale e del Ministero della sanità in un unico Dicastero (Ministero del lavoro, della salute e delle politiche sociali). Tuttavia, la novella di cui al D.L. 12 giugno 2001, n. 217, convertito, con modificazioni, dalla L. 3 agosto 2001, n. 317, ha soppresso l'ipotesi di un unico Ministero – che, quindi, non è stato mai costituito – confermando la distinzione dei due Dicasteri, ridenominati, rispettivamente, "Ministero del lavoro e delle politiche sociali" e "Ministero della salute".
Ad introdurre una disciplina dell’organizzazione del Ministero del lavoro e delle politiche sociali aveva provveduto il D.P.R. 26 marzo 2001, n. 176, che aveva previsto due Dipartimenti come strutture di primo livello (Dipartimento per le politiche del lavoro e dell’occupazione e tutela dei lavoratori e Dipartimento per le politiche sociali e previdenziali).
Con il D.Lgs. 11 agosto 2003, n. 241, che ha novellato in proposito l’art. 47 del D.Lgs. n. 300/1999, è stata adeguata la struttura organizzativa del Ministero stesso sul modello di quanto già previsto per altri Ministeri dalle modifiche introdotte dal D.Lgs. 6 dicembre 2002, n. 287, identificando le direzioni generali come strutture di primo livello in luogo dei due dipartimenti nei quali si articolava il Ministero. Lo stesso provvedimento ha altresì confermato – in via generale – che nei Ministeri in cui le strutture di primo livello sono costituite da direzioni generali possa essere istituito l’ufficio di segretario generale, mentre nei Ministeri organizzati in dipartimenti l’ufficio di segretario generale venga soppresso, attribuendo i compiti di tale ufficio tra i capi dipartimento.
Successivamente, il D.P.R. 29 luglio 2004, n. 244[110] ha definito l’articolazione del Ministero stesso individuando 13 direzioni generali, tra cui la nuova direzione generale per il coordinamento dell’attività ispettiva[111]:
§ direzione generale degli ammortizzatori sociali e incentivi all'occupazione: svolge le funzioni relative agli incentivi all'occupazione, con gestione dei fondi per l'occupazione, per lo sviluppo e per gli interventi a sostegno dell'occupazione, ed agli ammortizzatori sociali (trattamenti di integrazione salariale, mobilità, disoccupazione, contratti di solidarietà);
§ direzione generale per l'attività ispettiva: esercita, oltre alle funzioni di direzione e coordinamento delle attività ispettive, funzioni di indirizzo, programmazione e controllo dell’attività di vigilanza degli organi periferici del Ministero e dell’attività di vigilanza sulla sicurezza dei luoghi di lavoro, per quanto di competenza del Ministero del lavoro.
§ direzione generale della comunicazione: svolge le funzioni relative alla informazione e comunicazione istituzionale, di supporto alle attività di informazione attraverso i mezzi di comunicazione e di organizzazione dell’attività dell’Ufficio Relazioni con il Pubblico e servizi all’utenza.
§ direzione generale per la famiglia, i diritti sociali e la responsabilità sociale delle imprese (CSR): a questa Direzione spettano svariati compiti in materia di politiche per la famiglia (quali, a titolo esemplificativo, la conciliazione dei tempi di lavoro e dei tempi di cura della famiglia, misura di sostegno alla famiglia, la genitorialità e natalità, osservatorio sulla famiglia, servizi socio-educativi della prima infanzia); oltre a ciò svolge funzioni in materia di tutela dei minori e delle politiche giovanili (indirizzo, coordinamento e gestione degli interventi a favore dell’infanzia, dell’adolescenza e tutela dei minori; definizione delle politiche per gli adolescenti ed i giovani; coordinamento delle politiche delle giovani generazioni, anche per quanto concerne gli scambi internazionali giovanili; supporto all’Agenzia nazionale italiana del programma comunitario gioventù, contrasto al lavoro minorile, gestione del piano di dismissione dei minori dagli istituti e promozione di azioni alternative all’istituzionalizzazione). Ad essa spettano inoltre le competenze in merito al sostegno delle persone anziane, nonché le funzioni inerenti al contrasto alla povertà, all’esclusione sociale e alla grave emarginazione (in questo contesto rientrano le funzioni concernenti la gestione ed il monitoraggio della sperimentazione del reddito di ultima istanza e l’attività di Commissione nazionale contro l’esclusione sociale), nonché nuove competenze in relazione alle politiche di sostegno alla diffusione della responsabilità sociale di impresa (CSR- Corporate Social Responsibility), e funzioni relative allo sviluppo e coordinamento delle iniziative in materia di CSR e rapporti con le organizzazioni internazionali e l’Unione europea;
§ direzione generale per la gestione del fondo nazionale per le politiche sociali e monitoraggio della spesa sociale: svolge i compiti relativi alla gestione del Fondo nazionale delle politiche sociali, con particolare riguardo ai criteri ed alle modalità di riparto delle relative risorse, nonché quelli concernenti il coordinamento ai fini della determinazione “degli standard dei servizi sociali secondo la normativa vigente”, il monitoraggio della spesa sociale e – in via più generale – la valutazione dell’efficacia e l’efficienza delle politiche sociali;
§ direzione generale dell'immigrazione: oltre alle funzioni di carattere generale in materia di immigrazione si occupa di iniziative relative ai flussi migratori per ragioni di lavoro, di sviluppo e gestione del sistema AILE (Anagrafe Informatizzata Lavoratori Extracomunitari), di promozione delle convenzioni in materia di sicurezza sociale con i Paesi extra-UE e di sviluppo della cooperazione internazionale per le attività di prevenzione e di studio sulle emergenze sociale ed occupazionali ed alle iniziative.
§ direzione generale del mercato del lavoro che esercita le seguenti funzioni:
- indirizzo, promozione e coordinamento delle politiche per l’impiego, con particolare riferimento al piano nazionale dell’impiego, al contrasto al lavoro sommerso all’inserimento nel lavoro dei soggetti disabili e dei soggetti svantaggiati;
- prevenzione e studio sulle esigenze sociali e occupazionali;
- sviluppo e gestione coordinata del Sistema informativo lavoro (S.I.L.) (di cui all'articolo 11 del decreto legislativo 23 dicembre 1997, n. 469) in raccordo con le regioni e gli enti locali;
- valutazione dell’efficacia e dell’efficienza delle politiche occupazionali;
§ direzione generale per le politiche per l'orientamento e la formazione: le competenze esercitate sono quelle di attuazione delle disposizioni in materia di formazione introdotte dal D.Lgs. 276 del 2003; la Direzione dovrebbe esercitare tali funzioni indicate fino alla costituzione dell’Agenzia per la formazione e l’istruzione professionale prevista dall’art. 88 del D.Lgs. 300 del 1999;
§ direzione generale per le politiche previdenziali, che svolge le funzioni inerenti la materia della previdenza, degli infortuni sul lavoro e delle malattie professionali;
§ direzione generale per l'innovazione tecnologica, cui sono affidati i compiti in materia di progettazione, sviluppo e gestione dei sistemi informativi, compreso il sito web del Ministero;
§ direzione generale delle risorse umane e affari generali: tra le competenze di questa Direzione è prevista esplicitamente la competenza al recupero del danno erariale, mentre la formulazione “affari generali” comprende tutte le attività residuali non affidate ad altre direzioni generali;
§ direzione generale della tutela delle condizioni di lavoro: tale Direzione ha, oltre alle competenze di carattere generale in materia di condizioni di lavoro, competenza per la promozione delle pari opportunità sul lavoro ed il finanziamento di azioni positive finalizzate alla realizzazione delle pari opportunità;
§ direzione generale per il volontariato, l'associazionismo e le formazioni sociali, le cui funzioni sono rivolte alla promozione delle attività del volontariato e del “terzo settore”, supporto all’attività della Consulta nazionale sull’alcol e sui problemi correlati all’alcol.
Qui di seguito sono analizzate le attribuzioni del nuovo Ministero della solidarietà sociale, ponendole in relazione con le competenze fino ad ora esercitate dal Ministero del lavoro e delle politiche sociali e dalla Presidenza del Consiglio dei ministri.
Sono trasferite, con le corrispondenti risorse finanziarie, strumentali e di personale, le funzioni in materia di politiche sociali e di assistenza finora di competenza – ai sensi dell'art. 46, co. 1, lett. c), del D.Lgs. 300/1999 – del Ministero del lavoro e delle politiche sociali.
Le funzioni di cui alla lettera c) dell'articolo 46 sopra citato riguardano:
§ i princìpi e gli obiettivi della politica sociale, nonché i criteri generali per la programmazione della rete degli interventi di integrazione sociale;
§ gli standard organizzativi delle strutture interessate;
§ gli standard dei servizi sociali essenziali;
§ i criteri di ripartizione delle risorse del Fondo nazionale per le politiche sociali;
§ la politica di tutela abitativa in favore delle fasce sociali deboli ed emarginate;
§ l'assistenza tecnica, a richiesta degli enti locali e territoriali;
§ i rapporti con gli organismi internazionali ed il coordinamento dei rapporti con gli organismi comunitari;
§ i requisiti per la determinazione dei profili professionali degli operatori sociali e per la relativa formazione;
§ il controllo e la vigilanza amministrativa e tecnico-finanziaria sugli enti di previdenza e assistenza obbligatoria, sulle organizzazioni non lucrative di utilità sociale e sui patronati.
Nel testo approvato dal Senato, viene precisata l’attribuzione al Ministero del lavoro e della previdenzasociale della competenza in materia di politiche previdenziali.
Si ricorda che il testo iniziale del decreto-legge sembrava attribuire al nuovo Ministero della solidarietà sociale, almeno letteralmente, l’intera area funzionale relativa alle politiche sociali e previdenziali di cui alla lettera c) dell’art. 46, co. 1, del D. Lgs. n. 300/1999. Tale previsione appariva però non coordinata con la denominazione dell’altro Dicastero (“Ministero del lavoro e della previdenza sociale)[112].
Le competenze relative al controllo e alla vigilanza su soggetti che operano in ambito previdenziale o in ambito assistenziale, in considerazione della conferma dell’attribuzione delle politiche previdenziali al Ministero del lavoro e della previdenza sociale, spettano congiuntamente allo stesso Ministero del lavoro e al Ministero della solidarietà sociale.
Pertanto il comma 6 in esame prevede che con il D.P.C.M. di cui al successivo comma 10 siano individuate “le forme di esercizio coordinato delle funzioni aventi natura assistenziale o previdenziale, nonché delle funzioni di indirizzo e vigilanza sugli enti di settore”. Si dispone inoltre, al fine di una più razionale ed efficiente utilizzazione del rispettivo personale, che “possono essere individuate forme di avvalimento per l’esercizio delle rispettive funzioni”. In sostanza la disposizione sembrerebbe attribuire ad un successivo decreto di attuazione la disciplina delle modalità di esercizio coordinato delle funzioni che attengono congiuntamente ai profili previdenziali e assistenziali.
Si osserva che andrebbe chiarito il riferimento alle “funzioni di indirizzo e vigilanza sugli enti di settore”, in modo da individuare con più esattezza tali enti. In particolare, con riguardo a quanto previsto dalla lett. c) dell’art. 46, co. 1, del D.Lgs. 300/1999, andrebbe precisato se l’esercizio congiunto dell’attività di controllo e di vigilanza da parte dei due Dicasteri debba riguardare esclusivamente gli “enti di previdenza e assistenza obbligatoria” o invece anche gli altri soggetti elencati dalla citata lett. c) (quindi anche le ONLUS e i patronati).
Occorre inoltre segnalare che, nel testo approvato dal Senato, le funzioni di indirizzo e coordinamento in materia sia di politiche giovanili sia di politiche per la famiglia sono attribuite alla Presidenza del Consiglio(co. 19, lett. d)ed e))[113]. La lett. f) dello stesso co. 19 trasferisce alla Presidenza del Consiglio alcune funzioni precedentemente attribuite al Ministero del lavoro da alcune disposizioni del codice delle pari opportunità tra uomo e donna(cfr. la scheda relativa alla Presidenza del Consiglio dei ministri).
Il comma 8-bis dell’art. 1 dispone infine che le direzioni generali costituiscono le strutture di primo livello del Ministero della solidarietà sociale.
Tale competenza risulta fino ad oggi compresa nell’area funzionale relativa alle politiche del lavoro e dell'occupazione e la tutela dei lavoratori (definita dalla lett. d) dell'art. 46, co. 1, del D.Lgs. 300/1999).
La funzione di vigilanza sui flussi migratori, prima di competenza del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, viene ora trasferita al Ministero della solidarietà sociale. Conseguentemente si attribuisce al nuovo Dicastero anche la vigilanza sui flussi dei neocomunitari e “i compiti di coordinamento delle politiche per l’integrazione degli stranieri immigrati”[114].
Anche in questo caso sono trasferite al nuovo Ministero le corrispondenti risorse finanziarie, strumentali e di personale.
Per quanto riguarda le altre competenze rientranti nell’area funzionale politiche del lavoro e dell'occupazione e tutela dei lavoratori, di cui alla citata lettera d) dell'articolo 46, comma 1, del D.Lgs. n. 300, già attribuita al Ministero del lavoro e delle politiche sociali, esse rimangono di competenza del Ministero del lavoro e della previdenza sociale (eccetto, come sopra visto, per quanto riguarda la vigilanza dei flussi dei lavoratori esteri).
Si tratta più in dettaglio delle seguenti funzioni:
§ l'indirizzo, la programmazione, lo sviluppo, il coordinamento e la valutazione delle politiche del lavoro e dell'occupazione;
§ la gestione degli incentivi alle persone a sostegno dell'occupabilità e della nuova occupazione;
§ le politiche della formazione professionale come strumento delle politiche attive del lavoro;
§ l'indirizzo, la promozione ed il coordinamento in materia di collocamento e politiche attive del lavoro; il raccordo con organismi internazionali;
§ la conciliazione delle controversie di lavoro individuali e plurime e la risoluzione delle controversie collettive di rilevanza pluriregionale;
§ la conduzione del sistema informativo del lavoro; le condizioni di sicurezza nei posti di lavoro;
§ i profili di sicurezza dell'impiego sul lavoro di macchine, impianti e prodotti industriali, con esclusione di quelli destinati ad attività sanitarie ed ospedaliere e dei mezzi di circolazione stradale;
§ le ispezioni sul lavoro ed il controllo sulla disciplina del rapporto di lavoro subordinato ed autonomo; l'assistenza e l'accertamento delle condizioni di lavoro degli italiani all'estero.
Sono trasferiti al Ministero della solidarietà sociale i compiti in materia di politiche antidroga, attualmente assegnati alla Presidenza del Consiglio, unitamente alle relative risorse finanziarie. Al Ministero è trasferito anche l’Osservatorio per il disagio giovanile legato alle tossicodipendenze.
Tale Osservatorio è stato istituito con la legge finanziaria per il 2006[115] presso il Dipartimento nazionale per le politiche antidroga, unitamente al “Fondo nazionale per le politiche giovanili”. Il Fondo, pari a 5 milioni di euro per il 2006, è destinato a favorire le attività dei giovani in materia di sensibilizzazione e prevenzione del fenomeno delle tossicodipendenze. Il riparto delle risorse è effettuato con D.P.C.M.[116].
Il comma dispone quindi l’abrogazione dell’art. 6-bis del D.Lgs. 303/1999[117]in base al quale è stato costituito, presso la Presidenza del consiglio, un apposito Dipartimento cui spettava il coordinamento delle politiche per prevenire, monitorare e contrastare il diffondersi delle tossicodipendenze, e delle alcooldipendenze correlate, di cui al testo unico delle leggi in materia di disciplina degli stupefacenti e sostanze psicotrope, prevenzione, cura e riabilitazione dei relativi stati di tossicodipendenza[118].
A tale Dipartimento erano state trasferite le risorse finanziarie, strumentali ed umane connesse allo svolgimento delle competenze in precedenza attribuite al Dipartimento per le politiche sociali e previdenziali del Ministero del lavoro e delle politiche sociali. Con la legge finanziaria per il 2005[119] è stata autorizzata una spesa di 6 milioni di euro annui dal 2005 per l’operatività del Dipartimento.
Il personale in servizio presso il soppresso dipartimento nazionale per le politiche antidroga è assegnato presso le altre strutture della Presidenza del Consiglio. A detto personale è comunque garantito il diritto di opzione[120] tra il permanere nei ruoli della Presidenza del Consiglio dei ministri e il transitare nei ruoli dell'amministrazione cui saranno trasferite le competenze.
Il citato Dipartimento era chiamato in particolare a:
§ collaborare con le associazioni, le cooperative sociali di cui alla legge 8 novembre 1991, n. 381[121], le comunità terapeutiche e i centri di accoglienza operanti nel campo della prevenzione, recupero e reinserimento sociale dei tossicodipendenti; raccogliere informazioni e documentazione sulle tossicodipendenze, definendo e aggiornando le metodologie per la rilevazione, l'elaborazione, la valutazione e il trasferimento all'esterno delle informazioni sulle tossicodipendenze. Esso operava secondo gli indirizzi del Comitato nazionale di coordinamento per l'azione antidroga di cui all'articolo 1 del testo unico in materia di disciplina degli stupefacenti e sostanze psicotrope, ferme restando le competenze attribuite ad altre amministrazioni pubbliche in materia di prevenzione e contrasto alla droga e recupero delle persone dedite all'uso di sostanze stupefacenti e psicotrope. Si ricorda che, ai sensi del Decreto del Presidente del consiglio dei Ministri 5 aprile 2002, Il Comitato nazionale di coordinamento per l’azione antidroga ha il compito di promuovere la politica generale di intervento contro la illecita diffusione e produzione di sostanze stupefacenti. Il Comitato è composto dal Presidente del Consiglio dei ministri, dai ministri degli affari esteri, dell’interno, della giustizia, dell’economia, della difesa dell’istruzione, dell’università e della ricerca, della salute, del lavoro e delle politiche sociali;
§ trasmettere annualmente al Parlamento una relazione dettagliata sugli interventi effettuati, con particolare riferimento alle azioni di contrasto e prevenzione della droga e di recupero, cura e riabilitazione dei relativi stati di tossicodipendenza, contenente altresì l'elenco delle associazioni, comunità terapeutiche e centri di accoglienza, ritenuti validamente idonei alle loro funzioni statutarie da una apposita Commissione istituita dal Dipartimento, che collaborano a tal fine con il Dipartimento stesso[122].
Anche tali funzioni sono state attribuite fino ad oggi alla Presidenza del consiglio dei ministri.
In particolare, è stato istituito presso la Presidenza del Consiglio dei ministri l’Ufficio nazionale per il servizio civile con competenze relative all’organizzazione, attuazione e svolgimento del servizio civile nazionale, nonché alla programmazione, indirizzo, coordinamento e controllo, anche attraverso elaborazione delle direttive ed individuazione gli obiettivi degli interventi per il servizio civile su scala nazionale (cfr. l’art. 2 del D.Lgs. 77/2002 e l’art. 8 della L. 230/1998).
Il D.Lgs. 77/2002[123], dando attuazionealla delega recata dalla L. 64/2001[124], ha disciplinato il Servizio civile nazionale, definendo in particolare:
§ gli organi competenti in materia,
§ i requisiti e le modalità di accesso e di svolgimento del servizio,
§ la programmazione e gestione delle risorse finanziarie,
§ la natura del rapporto di servizio civile ed il relativo trattamento economico e giuridico,
§ la formazione dei giovani assegnati al servizio civile,
§ la valorizzazione del servizio prestato ai fini dello sviluppo formativo e dell’inserimento nel mondo del lavoro,
§ la disciplina del periodo transitorio.
In correlazione con tale disciplina, l’art. 3 della L. 3/2003[125], di poco successiva, ha soppresso l’Agenzia per il servizio civile (prevista dall’art. 10, co. 7-9, del D.Lgs. 303/1999[126], ma di fatto mai istituita), con ciò confermando il mantenimento dei compiti di organizzazione, attuazione e svolgimento del Servizio civile in capo all’Ufficio nazionale per il servizio civile, istituito dall’art. 8 della L. 230/1998[127] presso la Presidenza del Consiglio. I D.P.R. 31 luglio 2003 e 12 dicembre 2003 hanno provveduto in seguito alla riorganizzazione di tale ufficio.
Fatte salve alcune disposizioni, il complesso delle norme recate dal D.Lgs. 77/2002 era destinato ad entrare in vigore dal 1° giugno 2004, ma il termine è stato prorogato, da ultimo, al 1° gennaio 2006 dal D.L. 266/2004[128]; fanno eccezione – secondo quanto disposto dal medesimo D.L. – le norme relative all’ammissione e alla durata del servizio civile, destinate ad entrare in vigore il 1° gennaio 2005.
Il decreto-legge in esame ha ripartito le funzioni in materia di istruzione, università e ricerca, attribuite al Ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca, tra il Ministero della pubblica istruzione e il Ministero dell'università e della ricerca.
Si ricorda che nel corso della XIV legislatura il D.P.R. 11 agosto 2003, n. 319, ha portato a compimento il processo di riordino avviato nella XIII legislatura dal d.lgs. 30 luglio 1999, n. 300, che agli articoli 49-51 ha previsto l’unificazione in un’unica struttura ministeriale (Ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca) delle funzioni facenti capo ai preesistenti dicasteri della pubblica istruzione, da un lato, e dell’università e delle ricerca scientifica e tecnologica, dall’altro.
Per quanto concerne l’amministrazione centrale, il DPR n. 319/2003 ha individuato 3 dipartimenti con le seguenti denominazioni:
§ Dipartimento per la programmazione ministeriale e per la gestione ministeriale del bilancio, delle risorse umane e dell'informazione;
§ Dipartimento per l'istruzione;
§ Dipartimento per l'università, l'alta formazione artistica, musicale e coreutica e per la ricerca.
Riguardo all’amministrazione periferica dell’istruzione, il provvedimento ha confermato l’organizzazione fondata sugli uffici scolastici regionali, che si articolano per funzioni e sul territorio in centri servizi amministrativi.
Al Ministero della pubblica istruzione (art. 1, comma 7) sono trasferite, con le inerenti risorse finanziarie, strumentali e di personale, le funzioni in materia di istruzione non universitaria attribuite al Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca dall'articolo 50, comma 1, lettera a), d.lgs. n. 300 del 1999[129] ad eccezione di quelle riguardanti le istituzioni di alta formazione artistica, musicale e coreutica di cui alla legge 508/1999[130], i cui poteri di programmazione, indirizzo e coordinamento spettano, come si vedrà in seguito, al Ministero dell’università e della ricerca (ai sensi dell’articolo 2, comma 3, della citata legge n. 508/1999).
Si tratta, in particolare, secondo quanto previsto dal citato articolo 50, comma 1, lettera a), del d.lgs. n. 300 del 1999, delle seguenti funzioni:
§ organizzazione generale dell'istruzione scolastica, ivi inclusi gli ordinamenti e programmi scolastici, lo stato giuridico del personale, la definizione dei criteri e dei parametri per l'organizzazione della rete scolastica, i criteri e parametri per l'attuazione delle politiche sociali nella scuola;
§ determinazione e assegnazione delle risorse finanziarie a carico del bilancio dello Stato e del personale alle istituzioni scolastiche autonome;
§ valutazione del sistema scolastico; ricerca e sperimentazione delle innovazioni funzionali alle esigenze formative;
§ riconoscimento dei titoli di studio e delle certificazioni in ambito europeo e internazionale e attivazione di politiche dell'educazione comuni ai paesi dell'Unione europea;
§ assetto complessivo dell'intero sistema formativo, individuazione degli obiettivi e degli standard formativi e percorsi formativi in materia di istruzione superiore e di formazione tecnica superiore.
Al Ministero dell'università e della ricerca (art. 1, comma 8) sono trasferite, con le inerenti risorse finanziarie, strumentali e di personale, le funzioni in materia di istruzione universitaria, ricerca scientifica e tecnologica attribuite al Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca dalla lettera b) del medesimo articolo 50, comma 1, del decreto legislativo n. 300/1999 nonché quelle riguardanti le istituzioni di alta formazione artistica, musicale e coreutica (in questo caso espressamente menzionate senza riferimento alla legge n. 508/1999).
Si tratta, in particolare, secondo quanto previsto dal citato articolo 50, comma 1, lettera b), del d.lgs. n. 300 del 1999, delle seguenti funzioni:
§ compiti di indirizzo, programmazione e coordinamento della ricerca scientifica e tecnologica nazionale di cui al decreto legislativo 5 giugno 1998, n. 204;
§ programmazione degli interventi sul sistema universitario e degli enti di ricerca non strumentali; indirizzo e coordinamento, normazione generale e finanziamento delle università e degli enti di ricerca non strumentali;
§ monitoraggio e valutazione, anche mediante specifico Osservatorio, in materia universitaria;
§ completamento dell'autonomia universitaria;
§ formazione di grado universitario; razionalizzazione delle condizioni d'accesso all'istruzione universitaria; partecipazione alle attività relative all'accesso alle amministrazioni e alle professioni, al raccordo tra istruzione universitaria, istruzione scolastica e formazione;
§ promozione e sostegno della ricerca delle imprese ivi compresa la gestione di apposito fondo per le agevolazioni anche con riferimento alle aree depresse e all'integrazione con la ricerca pubblica.
Per quanto riguarda le istituzioni dell'alta formazione artistica, musicale e coreutica, si ricorda che la legge 21 dicembre 1999, n. 508; ha riordinato il settoreattribuendo un'autonomia paragonabile a quella delle università (e parimenti fondata sull'art. 33 della Costituzione) agli istituti che ne fanno parte, e cioè: le Accademie di belle arti; l'Accademia nazionale di arte drammatica; gli Istituti superiori per le industrie artistiche; Conservatori di musica, gli Istituti musicali pareggiati (non statali) e l'Accademia nazionale di danza. Punto cardine del provvedimento è il riconoscimento di un livello equiparato a quello universitario (benché da esso distinto) agli studi condotti nelle accademie e nei conservatori attraverso la creazione di un “sistema di alta formazione e specializzazione artistica e musicale”, la cui strutture hanno il diritto di darsi ordinamenti autonomi, nei limiti fissati da leggi, conformemente a quanto disposto per le università.
Conseguentemente, la legge 508/1999 (articolo 2, comma 3) ha trasferito i poteri di programmazione ed indirizzo su tali istituzioni dall’allora Ministero della pubblica istruzione al Ministero dell’università e della ricerca scientifica e tecnologica (MURST).
L'autonomia degli studi artistici e musicali rispetto al sistema universitario è mantenuta tramite la costituzione presso il MURST di un apposito organismo, il Consiglio nazionale per l'alta formazione artistica e musicale – CNAM.
Infine, i commi 16 e 17 dell’articolo 1 dispongono in ordine ai mutamenti di denominazione in conseguenza dell'istituzione dei due nuovi dicasteri.
Il decreto-legge modifica ampiamente l’ambito delle funzioni attribuite alla Presidenza del Consiglio dei ministri, trasferendo ad essa competenze in precedenza proprie di altri dicasteri e, al contempo, disponendo il passaggio di altre competenze a dicasteri diversi.
Varie parti dell’articolo 1, e in particolar modo i commi 2, 19 e 19-bis, attribuiscono una serie di nuove funzioni al Presidente del Consiglio dei ministri.
Si segnala in premessa che il testo approvato dal Senato non reca la precisazione “o al Ministro da lui delegato”, presente nel testo originario del decreto-legge: la precisazione appare tuttavia superflua anche per l’introduzione di un nuovo comma (il 22-ter) che, novellando l’art. 9, co. 2, della L. 400/1988, ne amplia la portata.
Nel testo vigente, il citato art. 9, co. 2, stabilisce in via generale che “ogni qualvolta la legge assegni compiti specifici ad un ministro senza portafoglio e questi non venga nominato […], tali compiti si intendono attribuiti al Presidente del Consiglio dei ministri che può delegarli ad altro ministro”. La riformulazione del comma dispone l’applicazione di tale principio anche agli atti normativi non legislativi e all’assegnazione di compiti anche in via delegata, ovvero a specifici Uffici o Dipartimenti della Presidenza del Consiglio.
Tra le norme attributive di nuove funzioni alla Presidenza del Consiglio, va rammentato il disposto del comma 2 (sul quale v. anche la scheda relativa al Ministero dello sviluppo economico). Tale comma ha, tra l’altro, trasferito alla Presidenza del Consiglio la segreteria del Comitato interministeriale per la programmazione economica (CIPE), già istituita presso il Dipartimento per le politiche di sviluppo e coesione del Ministero dell’economia e delle finanze; sono altresì trasferite le connesse risorse finanziarie, strumentali e di personale.
Ai sensi del D.P.R. 28 aprile 1998, n. 154, al Servizio centrale di segreteria del CIPE sono attribuite le seguenti competenze istituzionali:
§ fornire il supporto operativo e le attività di amministrazione necessari al funzionamento del CIPE;
§ provvedere alle esigenze di coordinamento e di ausilio tecnico-istruttorio per l’esercizio delle funzioni del CIPE e per l’adozione delle deliberazioni collegiali.
Il Servizio ha, altresì, funzioni nelle seguenti materie non direttamente collegate all’attività del Comitato: regolamentazione dei servizi di pubblica utilità e del relativo sistema di tariffazione, sorveglianza e negoziazione (procedura europea) del prezzo dei farmaci, attivazione del Sistema di monitoraggio degli investimenti pubblici - MIP (legge 144/1999, art. 1), collegamento con l’Unità tecnica finanza di progetto per lo sviluppo delle tecniche di project financing presso le Amministrazioni Pubbliche (legge 144/1999, art. 7), coordinamento degli interventi per le zone montane (legge n. 97/1994).
Ai sensi del comma 2, ultimo periodo, sono altresì trasferite alla Presidenza del Consiglio dei ministri due ulteriori competenze del Dipartimento per le politiche di sviluppo e coesione del Ministero dell’economia e delle finanze, con le inerenti risorse finanziarie, strumentali e di personale:
§ il Nucleo di consulenza per l’attuazione delle linee guida per la regolazione dei servizi di pubblica utilità (NARS);
Il NARS (Nucleo di Attuazione e Regolazione dei Servizi di Pubblica Utilità) istituito nel 1996 presso l'allora Ministero del Bilancio e della programmazione economia (ora MEF), è un organismo tecnico di supporto alle decisioni collegiali del CIPE e ai provvedimenti di competenza dei Ministri componenti del Comitato in materia tariffaria e di regolazione dei servizi di pubblica utilità non regolamentati da una specifica autorità di settore. Il Nucleo, composto da un Coordinatore, coadiuvato da Esperti, e da rappresentanti di Amministrazioni ed Enti, esplica la propria attività attraverso pareri e raccomandazioni per il CIPE e per le Amministrazioni che ne facciano richiesta. Le funzioni e l’organizzazione sono disciplinate da una specifica regolamentazione di riferimento;
§ l’Unità tecnica - finanza di progetto (UTPF) di cui all’articolo 7 della legge 17 maggio 1999, n. 144.
L’Unità tecnica Finanza di Progetto (UFP) è stata istituita, nell’ambito del CIPE dall’art. 7 della legge 17 maggio 1999, n.144, con il compito di:
§ promuovere, all’interno delle pubbliche amministrazioni, l’utilizzo di tecniche di finanziamento di infrastrutture con ricorso a capitali privati;
§ fornire supporto alle amministrazioni nell’attività di individuazione delle necessità infrastrutturali idonee ad essere soddisfatte tramite la realizzazione di lavori finanziati con ricorso al capitale privato, in quanto suscettibili di gestione economica;
§ fornire supporto alle commissioni costituite nell’ambito del CIPE su materie inerenti al finanziamento di infrastrutture;
§ assistere le amministrazioni:
- nello svolgimento delle attività di valutazione tecnico-economica delle proposte presentate dai soggetti promotori ai sensi dell’art.37 bis della legge 11 febbraio 1994, n. 109;
- nell’attività di predisposizione della documentazione relativa ad operazioni di finanziamento di infrastrutture tramite capitale privato;
- nell’attività di indizione delle gare e dell’aggiudicazione delle offerte da essa risultanti.
Le attività istituzionali dell’UTFP sono state definite dall’articolo 3 della delibera CIPE 9 giugno 1999, n. 80, recante il “Regolamento istitutivo dell’Unità tecnica Finanza di Progetto”.
Con riferimento alla composizione del Comitato interministeriale per la programmazione economica (CIPE), il comma 2-quater dell’articolo 1 in esame novella l’articolo 16 della L. 48/1967[131], relativo alla istituzione del Comitato, prevedendo che alle riunioni del CIPE partecipi, con le funzioni di segretario, un Sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio, anziché del Ministero dell’economia. La norma prevede inoltre che tale sottosegretario sia nominato con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri.
Il CIPE (Comitato Interministeriale per la programmazione economica), sulla base degli indirizzi fissati dal Governo:
§ stabilisce le linee generali di politica economico-finanziaria per la predisposizione dei documenti programmatici;
§ elabora gli indirizzi delle diverse politiche settoriali, assicurandone da un lato il coordinamento con gli obiettivi occupazionali e di sviluppo, in particolare delle aree depresse, e verificandone, dall’altro, la coerenza con le politiche comunitarie;
§ approva piani e programmi di investimento ed assegna i relativi finanziamenti ai soggetti responsabili dell’attuazione;
§ tiene conto, nelle proprie deliberazioni, dei risultati conseguiti rispetto agli obiettivi precedentemente programmati.
Il CIPE è presieduto dal Presidente del Consiglio ed è composto dal Ministro dell’economia e delle finanze (vicepresidente con delega permanente di presidente in caso di assenza del Presidente del Consiglio) e dai ministri degli affari esteri, per le politiche agricole, per le politiche comunitarie, per i beni e le attività culturali, dell’ambiente e della tutela del territorio, delle attività produttive, delle infrastrutture e dei trasporti, degli affari regionali, del lavoro e delle politiche sociali e dal Presidente della Conferenza dei presidenti delle regioni. Partecipano alle singole riunioni del CIPE, con diritto di voto, anche i Ministri, non appartenenti al CIPE, nelle cui competenze sono comprese le materie oggetto delle deliberazioni.
Alla luce del riordino delle attribuzioni dei Ministeri operata dal provvedimento in esame, sarebbe opportuno un chiarimento in ordine alla nuova composizione del CIPE.
La lettera a) del comma 19 attribuisce al Presidente del Consiglio dei ministri le funzioni di competenza statale in materia di sport già attribuite al Ministero per i beni e le attività culturali dagli artt. 52, co. 1, e 53 del D.Lgs. 300/1999[132].
Il combinato disposto degli articoli richiamati attribuiva al Ministero per i beni e le attività culturali le competenze spettanti allo Stato in materia di sport, fatta eccezione per quelle spettanti ad altre amministrazioni statali ai sensi dello stesso D.Lgs. 300/1999 e per quelle spettanti alle regioni e agli enti locali[133].
In particolare, l’art. 52 citato rinvia a sua volta alle norme del D.Lgs. 368/1998[134], che, in materia di sport, attribuiva al Ministero per i beni e le attività culturali le competenze in materia di spettacolo, di sport e di impiantistica sportiva, già in precedenza spettanti alla stessa Presidenza del Consiglio, la vigilanza sul CONI e sull'Istituto per il credito sportivo. L’art. 53, in materia di sport, prevede anch’esso un potere-dovere di vigilanza sul CONI e sull'Istituto del credito sportivo.
Va inoltre ricordato che la materia dell'ordinamento sportivo è attribuita dal vigente art. 117, terzo comma, della Costituzione alla competenza legislativa concorrente, per cui spetta allo Stato la sola determinazione dei principi fondamentali.
Il testo integrato nel corso dell’esame al Senato prevede (indirettamente, attraverso la fissazione del termine per la modifica dello statuto) che l’Istituto per il credito sportivo sia sottoposto alla vigilanza sia del Presidente del Consiglio dei ministri sia del ministro per i beni e le attività culturali.
L'Istituto per il credito sportivo (ICS), fondato con la legge 24 dicembre 1957, n. 1295[135], è un ente pubblico con personalità giuridica, gestione autonoma e sede legale in Roma, ed esercita il credito sotto forma di mutui a medio e lungo termine concessi per la costruzione, l'ampliamento, l'attrezzatura e il miglioramento di impianti sportivi, ivi compresa l'acquisizione delle relative aree, nonché per l'acquisto di immobili da destinare ad attività sportive.
L’art. 4, co. 14, della legge finanziaria 2004 (L. 350/2003) ha ampliato i compiti dell'Istituto, prevedendo che esso non si limiti al finanziamento dell’impiantistica sportiva ma operi nel settore del credito per lo sport e le attività culturali, ai sensi dell'art. 151 del testo unico di cui al D.Lgs. 1° settembre 1993, n. 385[136]. Questa previsione sembrerebbe poter motivare la previsione di una vigilanza congiunta sull’Istituto.
Ai sensi del successivo comma 22, lettera a), per l'esercizio delle suddette funzioni sono trasferite alla Presidenza del Consiglio dei ministri le inerenti strutture organizzative e risorse del Ministero per i beni e le attività culturali.
Tali strutture sembrano poter essere individuate all’interno del Dipartimento per lo spettacolo e lo sport[137], che svolge funzioni e compiti in materia di attività teatrali, musicali, cinematografiche, di danza, circensi, di altre espressioni della cultura e dell'arte aventi carattere di spettacolo, nonché in materia di sport (il Dipartimento si articola in due direzioni generali: per il cinema e per lo spettacolo dal vivo e lo sport).
Le lettere b) e c) del comma 19 trasferiscono al Presidente del Consiglio dei ministri:
§ le funzioni di vigilanza sull’Agenzia dei segretari comunali e provinciali nonché sulla Scuola superiore per la formazione e la specializzazione dei dirigenti della pubblica amministrazione locale.
L'art. 102 del testo unico sugli enti locali (D.Lgs. 18 agosto 2000 n. 267) ha istituito l'Agenzia autonoma per la gestione dell'albo dei segretari comunali e provinciali, sottoponendola alla vigilanza del Ministero dell'Interno.
L'iscrizione all'albo (art. 98) è subordinata al possesso dell'abilitazione concessa dalla Scuola superiore per la formazione e la specializzazione dei dirigenti della pubblica amministrazione locale ovvero dalla sezione autonoma della Scuola superiore dell'amministrazione dell'interno (al relativo corso si accede mediante concorso nazionale).
Il successivo art. 104 rimette a un regolamento la disciplina dell’organizzazione, del funzionamento e dell'ordinamento contabile della Scuola superiore e delle scuole regionali ed interregionali da essa istituite per la formazione e la specializzazione dei segretari comunali e provinciali e dei dirigenti della pubblica amministrazione locale;
§ l’iniziativa legislativa in materia di individuazione e allocazione delle funzioni fondamentali di Comuni, Province e Città metropolitane di cui all’art. 117, secondo comma, lett. p), Cost..
L’art. 117, secondo comma, lett. p), Cost. assegna alla competenza legislativa statale (la legislazione elettorale, gli organi di governo e) le “funzioni fondamentali” di comuni, province e città metropolitane. L’individuazione di tali funzioni (nonché l’adeguamento al nuovo Titolo V delle disposizioni vigenti in materia di enti locali) ha formato oggetto di una delega legislativa introdotta dall'art. 2 della L. 131/2003 (c.d. “legge La Loggia”), che tuttavia non ha trovato attuazione entro il termine per l’esercizio, fissato da ultimo al 31 dicembre 2005;
§ le competenze in materia di promozione e coordinamento relativamente all’attuazione dell’art. 118, primo e secondo comma, Cost.. Si ricorda che i primi due commi dell’art. 118 Cost. definiscono i criteri per l’attribuzione delle competenze amministrative ai diversi livelli territoriali di governo.
Ai sensi del primo comma le funzioni amministrative sono attribuite ai Comuni salvo che, per assicurarne l'esercizio unitario, siano conferite a Province, Città metropolitane, Regioni e Stato, sulla base dei principi di sussidiarietà, differenziazione ed adeguatezza. Ai sensi del secondo comma i Comuni, le Province e le Città metropolitane sono titolari di funzioni amministrative proprie e di quelle conferite con legge statale o regionale, secondo le rispettive competenze.
Le funzioni sin qui elencate, ad eccezione dell’ultima, che appare di nuova formulazione, afferiscono ad un ambito di intervento prevalentemente riconducibile al Ministero dell’interno.
L’art. 14 del D.Lgs. 300/1999 attribuisce al Ministero dell’interno, tra le altre, le funzioni e i compiti spettanti allo Stato in materia di “garanzia della regolare costituzione e del funzionamento degli organi degli enti locali e funzioni statali esercitate dagli enti locali”. In particolare, le funzioni sono svolte all’interno della seguente area funzionale: “garanzia della regolare costituzione degli organi elettivi degli enti locali e del loro funzionamento, finanza locale, servizi elettorali, vigilanza sullo stato civile e sull’anagrafe e attività di collaborazione con gli enti locali”. In tale area sono dunque comprese le funzioni inerenti:
§ al procedimento elettorale di costituzione degli organi degli enti locali e al funzionamento dei medesimi (attività che si traducono, ad esempio, nei procedimenti di controllo sugli atti; nelle azioni di contrasto alle infiltrazioni della criminalità organizzata negli enti locali; nei poteri di proposta di scioglimento e sospensione degli organi degli enti locali; nel controllo della corretta gestione finanziaria degli enti locali, attraverso l’Osservatorio sulla finanza e contabilità locale; il Ministero cura inoltre la raccolta ufficiale degli statuti comunali e provinciali);
§ alla vigilanza sui servizi statali dell’anagrafe, dello stato civile e dei servizi elettorali (servizi dei quali sono responsabili i Sindaci nella loro qualità di “ufficiali di governo”), oltre alle funzioni in materia di statistica e censimenti;
§ alle “attività di collaborazione con gli enti locali”, ambito nel quale rientra la vasta area dei rapporti e raccordi tra Stato ed enti locali nei settori più diversi.
Si può dunque rilevare che, ferma restando la competenza del ministro dell’interno sulle autonomie locali in via generale, sono state trasferite alla Presidenza del Consiglio specifiche e rilevanti funzioni “ritagliate” all’interno di tale competenza[138]: alcune (lett. b)) specificamente definite, altre più genericamente individuabili negli adempimenti relativi all’attuazione del nuovo Titolo V in materia di funzioni degli enti locali[139].
Il comma 22, lettera b) dispone che per l'esercizio delle suddette funzioni il Presidente del Consiglio dei ministri utilizza le strutture organizzative del Ministero dell'interno, avvalendosi del relativo personale o ricorrendo alle forme di cui agli artt. 9, co. 2, e 9-bis, co. 3, del D.Lgs. 303/1999.
Le disposizioni citate individuano le modalità generali di utilizzazione del personale (rispettivamente, non dirigenziale e dirigenziale) da parte della Presidenza del Consiglio. Oltre che di personale di ruolo, essa si avvale:
§ di personale “di prestito”, proveniente da altre amministrazioni pubbliche, in posizione di comando, fuori ruolo, o altra analoga posizione;
§ di personale proveniente dal settore privato, utilizzabile con contratti a tempo determinato per le esigenze delle strutture e delle funzioni individuate come di diretta collaborazione;
§ di consulenti o esperti, anche estranei alla pubblica amministrazione, nominati per speciali esigenze secondo criteri e limiti fissati dal Presidente;
§ quanto ai dirigenti, di personale dirigente di altre amministrazioni pubbliche, in posizione di comando, fuori ruolo, o altra analoga posizione nonché di personale esterno incaricato ai sensi dell'art. 19, co. 6, del D.Lgs. 165/2001, n. 165, nei limiti fissati con decreto presidenziale.
Il comma 21, modificando l'art. 8, co. 2, del D.Lgs. 281/1997[140], conferma la previsione per cui la Conferenza Stato-città ed autonomie locali è presieduta dal Presidente del Consiglio dei ministri o, per sua delega, dal ministro dell'interno o dal ministro per gli affari regionali, ma specificando che la Presidenza delegata avviene “nella materia di rispettiva competenza”. La conseguenza della novella sembrerebbe consistere nella necessità che a presiedere la riunione sia il ministro che ha competenza sui temi all'ordine del giorno.
Ciò potrebbe comportare talune complessità procedurali in caso di ordine del giorno dai punti plurimi ed eterogenei, in ipotesi attribuibili ad entrambe le competenze dei due diversi dicasteri.
La lettera d) del comma 19 attribuisce al Presidente del Consiglio dei ministri le funzioni di indirizzo e coordinamento in materia di politiche giovanili.
Il testo approvato dal Senato specifica che il trasferimento riguarda anche le funzioni di competenza statale in materia di coordinamento dellepolitiche per le giovani generazioni, ivi comprese le funzioni di indirizzo e vigilanza sull’Agenzia nazionale italiana del programma comunitario gioventù: queste ultime sono esercitate congiuntamente con il ministro della solidarietà sociale (vedi anche il comma 6 dell’articolo 1).
La Presidenza del Consiglio dei ministri presiede infine il Forum nazionale dei giovani[141], del quale (recita il successivo comma 22, lettera c)) può avvalersi per l'esercizio delle funzioni trasferite.
Le competenze in materia di politiche giovanili sono state finora esercitate, ai sensi dell’art. 46, co. 1, lett. c), del D.Lgs. 300/1999, dal Ministero del lavoro e delle politiche sociali, attraverso la Direzione generale per la famiglia, i diritti sociali e la responsabilità sociale delle imprese (CSR) (sulle attribuzioni di tale Direzione cfr. più diffusamente la scheda su Ministero della solidarietà e Ministero del lavoro e della previdenza sociale).
Si ricorda che l’Agenzia nazionale italiana del programma comunitario gioventù ha il compito di realizzare il programma d’azione comunitaria Gioventù, di cui alla decisione n. 1031 del 2000 del Parlamento europeo e del Consiglio.
Il programma è articolato in diverse azioni, i cui obiettivi sono finanziati dalla Comunità europea, al fine di favorire, tra le altre iniziative, gli scambi culturali tra gruppi di giovani provenienti da due o più nazioni, il volontariato transnazionale e le azioni congiunte che si rivolgono ad organizzazioni che operano nei settori dell'istruzione, della formazione e della gioventù e offrono sostegno ad iniziative che favoriscono la complementarità e l'interazione tra i programmi comunitari Socrates, Leonardo da Vinci e Gioventù.
Per quanto riguarda il Forum nazionale dei giovanisi tratta di una associazione costituita a Roma nel 2004 e finanziata con la legge n. 311 del 2004[142], che rappresenta 44 associazioni, anche a carattere regionale e locale.
L’obiettivo principale di tale associazione è fornire alle Istituzioni nazionali pareri e proposte che contribuiscano a migliorare gli interventi riguardanti le politiche giovanili.
Il Forum nazionale dei giovani ha rapporti con il Forum europeo della gioventù (Youth Forum) e con il CNEL.
La lettera e) del comma 19 attribuisce al Presidente del Consiglio dei ministri le funzioni di indirizzo e coordinamento in materia di politiche per la famiglia “nelle sue componenti e problematiche generazionali”[143], nonché competenze concernenti gli interventi a sostegno della famiglia.
In particolare, nel testo approvato dal Senato[144], sono trasferite le funzioni in passato esercitate dal Ministero del lavoro e delle politiche sociali ai sensi dell’art. 46, comma 1, lett. c) del D.lgs. 300/1999 per quanto concerne:
§ il coordinamento delle politiche a favore della famiglia;
§ gli interventi a sostegno della maternità e della paternità e di conciliazione dei tempi di lavoro e di cura della famiglia;
§ le misure di sostegno alla famiglia, alla genitorialità e alla natalità;
§ il supporto all’Osservatorio nazionale sulla famiglia (tenendo informato il Ministero della solidarietà sociale dell’attività relativa);
§ il supporto – unitamente al Ministero della solidarietà sociale – all’Osservatorio nazionale per l’infanzia e al Centro nazionale di documentazione e analisi dell’infanzia.
Come già ricordato, le competenze in materia di famiglia sono state finora esercitate dal Ministero del lavoro e delle politiche sociali, attraverso la Direzione generale per la famiglia, i diritti sociali e la responsabilità sociale delle imprese (CSR) (sulle attribuzioni di tale Direzione, cfr. più diffusamente la scheda su Ministero della solidarietà e Ministero del lavoro e della previdenza sociale).
Per quanto riguarda specificamente l’Osservatorio nazionale sulla famiglia, costituito nel 2004, ne fanno parte – accanto ad esperti e rappresentanti delle amministrazioni centrali – esponenti delle istituzioni regionali, locali e dell’associazionismo.
L’Osservatorio svolge attività di analisi sulle politiche familiari nelle diverse aree territoriali del Paese e sui mutamenti socio demografici delle famiglie.
L’Osservatorio nazionale per l’infanzia e il Centro nazionale di documentazione e di analisi per l'infanzia sono previsti dalla L. 451/1997[145].
Il primo ha il compito di predisporre:
§ ogni due anni il Piano nazionale di azione e di interventi per la tutela dei diritti e lo sviluppo dei soggetti in età evolutiva e rafforzare la cooperazione per lo sviluppo dell’infanzia nel mondo[146];
§ la Relazione sulla condizione dell'infanzia in Italia e sull'attuazione dei relativi diritti;
§ ogni cinque anni lo schema del Rapporto del Governo all’ONU sull’applicazione della Convenzione Internazionale sui Diritti del Fanciullo del 1989, previsto dall'art.44 della Convenzione medesima.
La legge prevede che l’Osservatorio si avvalga del Centro nazionale di documentazione e di analisi per l’infanzia, che ha tra i suoi compiti la raccolta di documenti, normative, dati statistici, pubblicazioni scientifiche; la realizzazione di una mappa, aggiornata annualmente, dei servizi e delle risorse destinate all’infanzia; l’analisi delle condizioni relative all’infanzia; la formulazione di proposte per l’elaborazione di progetti-pilota intesi a migliorare le condizioni di vita dei soggetti in età evolutiva. Per lo svolgimento delle funzioni del Centro, è stata stipulata una convenzione con l’istituto degli Innocenti di Firenze[147].
Il successivo comma 22, lettera d) aggiunge che, per l'esercizio delle funzioni trasferite in materia, il Presidente del Consiglio si avvale, tra l’altro, dell’Osservatorio per il contrasto della pedofilia e della pornografia minorile di cui all’art. 17, comma 1-bis, della L. 269/1998[148].
Il co. 1-bis citato, introdotto dall’art. 20 della L. 38/2006[149], ha istituzionalizzato l'Osservatorio per il contrasto della pedofilia e della pornografia minorile, già attivo presso il Dipartimento per le Pari opportunità della Presidenza del Consiglio, con compiti di monitoraggio in merito all’attività svolta da tutte le pubbliche amministrazioni per la prevenzione e repressione dei fenomeni di pedofilia. La disposizione prevede anche la messa a punto di una banca dati e demanda a un decreto ministeriale la definizione ed organizzazione di quest’ultima e dell’Osservatorio.
La lettera f) del comma 19 trasferisce al Presidente del Consiglio dei ministri “le funzioni di espressione del concerto in sede di esercizio delle funzioni di competenza statale attribuite al Ministero del lavoro e delle politiche sociali” da alcuni articoli del D.Lgs. 198/2006, recante il Codice delle pari opportunità tra uomo e donna.
La successiva lettera g) trasferisce al Presidente del Consiglio le funzioni di competenza statale attribuite al Ministero delle attività produttive dalla L. 215/1992[150] (Azioni positive per l'imprenditoria femminile) e da ulteriori articoli del testé citato Codice.
Il D.Lgs. 198/2006, in attuazione della delega di cui all’art. 6 della L. 246/2005 (legge di semplificazione 2006), provvede al riassetto delle disposizioni vigenti in materia di pari opportunità. Nell’ambito delle disposizioni relative alle pari opportunità tra uomo e donna nei rapporti economici, il decreto legislativo tra l’altro provvede al riassetto della disciplina relativa alle pari opportunità nel lavoro (con riferimento anche alla relativa tutela giurisdizionale) e alle azioni positive per la realizzazione della parità uomo-donna nei rapporti di lavoro e nell’esercizio dell’attività di impresa.
La lettera f) menziona gli articoli da 8 a 11, da 18 a 20 e da 43 a 48 del Codice.
Gli artt 8-11 recano la disciplina in merito alla costituzione del Comitato nazionale per l’attuazione dei principi di parità di trattamento ed uguaglianza di opportunità tra lavoratori e lavoratrici, istituito dall’art. 5 della L. 125/1991 al fine di rimuovere i comportamenti discriminatori per sesso e gli ostacoli che limitino di fatto l’uguaglianza delle donne nell’accesso e nello svolgimento del rapporto di lavoro.
In particolare, l’art. 8 è volto a disciplinare la composizione del Comitato, presieduto dal ministro del lavoro: tra l’altro si prevede che i componenti del Comitato durano in carica tre anni e sono nominati dal ministro del lavoro. L’art. 9 dispone in merito all’autonomia decisionale del Comitato per quanto riguarda il suo funzionamento, quello del collegio istruttorio e della segreteria tecnica, nonché le relative spese. L’art. 10 prevede che il Comitato pertanto adotta – nell’ambito delle competenze statali – “ogni iniziativa utile” ai fini del perseguimento dei principi di parità di trattamento ed uguaglianza di opportunità tra lavoratori e lavoratrici. Di particolare rilevanza l’attività volta a:
§ proporre azioni positive sulle questioni generali relative alla parità ed alle pari opportunità, nonché per il perfezionamento della legislazione sulle condizioni di lavoro delle donne;
§ formulare, entro il 31 maggio di ogni anno, un Programma obiettivo nel quale vengono indicate le tipologie di progetti di azioni positive che intende promuovere, i soggetti ammessi per le singole tipologie ed i criteri di valutazione;
§ esprimere pareri sul finanziamento dei progetti di azioni positive, verificandone la effettiva realizzazione.
L’art. 11 dispone in merito al Collegio istruttorio ed alla Segreteria tecnica. Il primo è un organismo a carattere eminentemente tecnico istituito per l'istruzione degli atti relativi all'individuazione e alla rimozione delle discriminazioni, e per la redazione dei pareri al Comitato e ai Consiglieri di parità. Alla Segreteria tecnica, composta da personale proveniente dal Ministero del lavoro, spettano la gestione amministrativa ed il supporto tecnico al Comitato.
Gli artt. 12-20, riproducendo sostanzialmente quanto già previsto dal D.Lgs. 196/2000, sono dedicati alla disciplina delle consigliere e dei consiglieri di parità, istituiti originariamente dall’art. 8 della L. 125/1991, a cui spetta una posizione di rilievo tra i soggetti pubblici volti alla tutela delle pari opportunità nel settore del lavoro[151].
In particolare l’art. 18 dispone in merito al funzionamento del Fondo per l’attività delle consigliere e dei consiglieri di parità, destinato a finanziare non solamente le spese relative all’attività delle consigliere o dei consiglieri di parità, comprese le indennità spettanti, ma anche i compensi per gli esperti e le spese relative alle azioni in giudizio[152]. L’art. 19 disciplina la rete nazionale delle consigliere e dei consiglieri di parità (coordinata dalla consigliera o dal consigliere di parità), che è istituita al fine “di rafforzare le funzioni delle consigliere e dei consiglieri di parità, di accrescere l'efficacia della loro azione, dei consentire lo scambio di informazioni, esperienze e buone prassi”[153]. L’art. 20 prevede che il ministro del lavoro d’intesa con il ministro per le pari opportunità presenta, almeno ogni due anni, una relazione al Parlamento relativa all’applicazione della legislazione sulle pari opportunità nel settore del lavoro.
Gli artt. 42-50 disciplinano le azioni positive per la realizzazione della parità uomo-donna nel lavoro, ovvero le misure aventi lo scopo di rimuovere le diseguaglianze che impediscono la realizzazione della parità di trattamento tra gli uomini e le donne in ambito lavorativo. Tali azioni, prevedendo situazioni di favore per le donne, incoraggiano queste ultime alla partecipazione alle varie attività presenti in ogni settore e livello del posto di lavoro.
In particolare, l’art. 42 definisce le finalità delle azioni positive, che sono volte a: eliminare le disparità per le donne nell'accesso al lavoro, nello sviluppo della carriera e nelle situazioni di mobilità; incentivare la diversificazione nelle scelte di lavoro attraverso l'orientamento scolastico e la formazione professionale; superare i fattori che nell'organizzazione del lavoro hanno un diverso impatto sui sessi e creano discriminazioni; promuovere l'inserimento delle donne nei settori professionali in cui sono sottorappresentate; favorire, anche mediante una diversa organizzazione del lavoro, l'equilibrio tra responsabilità familiari e professionali.
L’art. 43 individua i soggetti legittimati a promuovere le azioni positive (datori di lavoro pubblici e privati, centri di formazione professionale, organizzazioni sindacali nazionali e territoriali). L’art. 44 prevede che, a partire dal 1° ottobre ed entro il 30 novembre di ogni anno, i medesimi soggetti indicati dall’art. 43 possono richiedere al Ministero del lavoro di essere ammessi al rimborso totale o parziale di oneri finanziari connessi all'attuazione di progetti di azioni positive presentati in base al Programma-obiettivo approvato dal Comitato[154].
L’art. 45 dispone in materia di finanziamento delle azioni positive mediante la formazione professionale, prevedendo che tali progetti formativi dopo l’approvazione da parte del Fondo sociale europeo, possono accedere ai finanziamenti erogati dal Fondo di rotazione istituito a tale scopo presso il Ministero del lavoro dall’art. 25 della L. 845/1978.
L’art. 46 prevede l’obbligo, per le aziende con più di 100 dipendenti, di redigere un rapporto biennale sulla situazione del personale maschile e femminile e di trasmettere tale rapporto alle rappresentanze sindacali ed alla consigliera ed al consigliere di parità. L’art. 47, in merito alle modalità di presentazione delle domande di finanziamento, prevede che con decreto del ministro del lavoro, emanato di concerto con il ministro dell’economia e al ministro delle pari opportunità, in base alle indicazioni del Comitato per l'attuazione del principio di parità di trattamento tra lavoratori e lavoratrici, sono stabilite eventuali modifiche alle modalità di presentazione delle richieste di finanziamento dei progetti di azioni positive e le procedure di valutazione e di verifica e quelle di erogazione. In caso di mancata attuazione – totale o parziale – del progetto verranno a mancare, in tutto o in parte, i benefici economici con restituzione delle somme eventualmente riscosse.
L’art. 48 riguarda la realizzazione di azioni positive nella pubblica amministrazione, prevedendo predisposizione di appositi piani, di durata triennale, volti a favorire il riequilibrio della presenza femminile nelle attività e nelle posizioni gerarchiche ove sussiste un divario fra generi non inferiore a due terzi.
Non sono menzionati dalla lett. f) in commento l’art. 49, che disciplina le azioni positive nel settore radiotelevisivo prevedendo che la concessionaria pubblica e i concessionari privati per la radiodiffusione sonora o televisiva in ambito nazionale sono tenuti a promuovere azioni positive volte ad eliminare condizioni di disparità tra i due sessi in sede di assunzioni, organizzazione e distribuzione del lavoro, nonché di assegnazione di posti di responsabilità[155]; né l’art. 50, concernente le misure a sostegno della flessibilità dell’orario di lavoro, che rinvia a quanto già previsto dall’art. 9 della L. 53/2000.
Si osserva, per quanto riguarda la lettera f) in esame con particolare riferimento alle “funzioni di espressione del concerto”, che andrebbe indicato con maggiore esattezza quali siano le funzioni attualmente attribuite al Ministero del lavoro che si intende trasferire al Presidente del Consiglio, dal momento che solamente alcuni degli articoli richiamati del Codice delle pari opportunità – art. 8, co. 2, relativo all’emanazione di un decreto per la ripartizione delle risorse del Fondo per l'attività delle consigliere e dei consiglieri di parità; art. 20, relativo alla presentazione di una relazione al Parlamento; art. 47, co. 1, relativo all’emanazione di apposito decreto per l’eventuale modifica delle modalità di presentazione delle richieste di rimborso – prevedono una competenza del Ministero del lavoro che implica “l’espressione del concerto” con altre pubbliche amministrazioni.
Si consideri inoltre che alcuni degli articoli richiamati (art. 43, relativo alla promozione delle azioni positive; art. 45, relativo al finanziamento delle azioni positive; art. 48, relativo alle azioni positive nelle pubbliche amministrazioni) non disciplinano espressamente alcuna competenza del Ministero del lavoro: per tali disposizioni non appare facile individuare quali siano le funzioni che si intendono trasferire al Presidente del Consiglio.
La lettera g) menziona gli articoli 21, 22 e da 52 a 55 del Codice.
Con riguardo alla lettera g) si osserva preliminarmente che la richiamata L. 215/1992, già ampiamente modificata e integrata dal D.P.R. 314/2000[156], recante disposizioni di semplificazione, è stata abrogata, ad eccezione degli artt. 10, co. 6, 12 e 13, dall’art. 57 del citato Codice delle pari opportunità, nel quale sono confluite varie disposizioni della legge stessa.
La L. 215/1992 è stata adottata al fine di favorire la creazione e lo sviluppo dell’imprenditoria femminilein tutti i settori produttivi (artigianato, commercio, industria, agricoltura e servizi), attraverso l’incentivazione, la crescita e la qualificazione delle donne imprenditrici. L’incentivazione consiste in agevolazioni che ai sensi dell’art. 72 della legge finanziaria 2003 sono concesse per il 50% sotto forma di contributo in conto capitale e per il restante 50% sotto forma di finanziamento agevolato. Beneficiarie delle agevolazioni sono le piccole imprese (individuali, cooperative, società di persone e di capitali) gestite in misura prevalente da donne, per iniziative relative all'avvio di nuove attività, all'acquisizione di attività preesistenti, alla realizzazione di progetti innovativi e all'acquisizione di servizi reali. Le imprese possono optare per il regime “de minimis”
Il citato D.Lgs 314/2000, attuativo della legge – come accennato – ha sottoposto ad una revisione sostanziale la disciplina degli interventi in favore dell’imprenditoria femminile, attraverso disposizioni semplificative e innovative. Dal punto di vista procedurale, oltre all’introduzione di un termine certo entro cui deve concludersi la procedura, l’innovazione più significativa introdotta dal D.P.R. è rappresentata dal coinvolgimento delle regioni nel finanziamento e nella gestione degli interventi in favore delle imprese femminili, tramite l’integrazione facoltativa delle risorse nazionali, e, in tal caso, l’affidamento ad esse di tutto l’iter procedurale della concessione delle agevolazioni. Un simile potenziamento del ruolo delle regioni si realizza anche negli interventi per le iniziative formative e di assistenza. Il regolamento ha previsto l’integrazione di tali interventi all’interno di programmi regionali di portata generale, al cui cofinanziamento è destinato il contributo statale.
Come anticipato, nei richiamati articoli del Codice delle pari opportunità sono confluiti alcuni articoli della L. 215/1992. In particolare, gli artt. 21-22 disciplinano, rispettivamente, la composizione e l’attività del Comitato per l’imprenditoria femminile istituito, con compiti di indirizzo e di programmazione generale, presso il Ministero delle attività produttive, ai sensi dell’art. 10 della L. 215/1992, che i suddetti articoli riproducono pressoché integralmente. L’art. 52 fissa i princìpi generali cui si ispirano le disposizioni del capo II del Codice per promuovere l’uguaglianza e le pari opportunità tra uomini e donne nell’ambito dell’attività economica, riproducendo le disposizioni dell’art. 1, co. 1 e 2 della L. 215/1992. L’art. 53 individua i soggetti cui si rivolgono i principi in materia di azioni a favore dell’imprenditoria femminile, come previsto dall’art. 2, comma 1, della L. 215/1992: società, imprese, consorzi, associazioni, enti, centri di formazione etc. costituiti da donne o a cui le donne partecipano in varia misura. L’art. 54 riproduce le disposizioni della legge sull’imprenditoria femminile che prevedono l’istituzione di un Fondo nazionale per lo sviluppo dell’imprenditoria (art. 3, co. 1, L. 215/1992). Infine, l’art. 55 prevede l’invio da parte del Ministero delle attività produttive di una relazione annuale al Parlamento per la verifica dello stato di attuazione dei principi del Capo II del codice.
Il decreto-legge in esame attribuisce alla Presidenza del Consiglio dei ministri (comma 19-bis) le funzioni di competenza statale in materia di turismo – precedentemente attribuite al Ministero delle attività produttive (nuovo Ministero dello sviluppo economico di cui ai co. 1 e 12, art. 1 del presente provvedimento) dagli artt. 27 e 28 del D.Lgs. 300/1999.
Lo stesso comma prevede, inoltre, che Ministro per lo sviluppo economico e il Presidente del Consiglio concertino l’individuazione e l’utilizzazione delle risorse finanziarie – anche residuali – da destinare al turismo, comprese quelle incluse nel Fondo per le aree sottoutilizzate.
Il comma 19-bis stabilisce, altresì, che ai fini dell’esercizio delle suddette funzioni il Presidente del Consiglio si avvalga della struttura costituita ai sensi del comma 19-ter.
Al riguardo si segnala che la lettera c) del comma 19-ter (sul quale v. in dettaglio infra) prefigura l’istituzione presso il Ministero per i beni e le attività culturali di un nuovo dipartimento per il turismo, conseguente al trasferimento a tale Ministero delle dotazioni finanziarie, strumentali e di personale della direzione generale del turismo già del Ministero delle attività produttive, disposta dal successivo comma 19-quater che ne dispone la conseguente soppressione.
Il secondo periodo del comma 19-quater stabilisce che in attesa dell’emanazione del regolamento di definizione degli assetti organizzativi dei ministeri interessati dal riordino, previsto dal comma 23 del presente provvedimento – cui si rinvia per un approfondimento del relativo contenuto – l’esercizio delle funzioni in materia di turismo venga assicurato con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, adottato d’intesa (rectius: di concerto) con i Ministri per i beni e le attività culturali e dell’economia e delle finanze.
Per quanto riguarda le competenze statali in materia di turismo si ricorda che a seguito della soppressione del Ministero del turismo – in conseguenza dell'esito positivo del referendum abrogativo svoltosi il 18 e 19 aprile 1993[157] – il decreto-legge 29 marzo 1995 n. 97 recante Riordino delle funzioni in materia di turismo, spettacolo e sport (convertito con modificazioni dalla L. 203/1995) ha provveduto alla definizione, anche se in via transitoria, dell'assetto istituzionale del settore prevedendo il trasferimento alle regioni di tutte le competenze e le funzioni amministrative in materia di turismo precedentemente esercitate dal Ministero del turismo, con esclusione di quelle espressamente attribuite dal D.L. stesso all'amministrazione centrale dello Stato ed esercitate dalla Presidenza del Consiglio attraverso il Dipartimento del turismo, istituito con Decreto del Presidente del Consiglio 12 marzo 1994. Successivamente il decreto legislativo 303/1999, all’art. 10, commi 1 e 2, ha disposto il trasferimento al Ministero dell'industria dei compiti della Presidenza del Consiglio relativi all’area funzionale del turismo, nonché delle corrispondenti strutture e relative risorse finanziarie materiali ed umane. Occorre, peraltro, tenere presente che il Dipartimento del turismo era già stato affidato al Ministro dell’industria mediante delega del Presidente del Consiglio con D.P.C.M. 10 novembre 1998.
Nel quadro della riforma dell’organizzazione del Governo il D.Lgs. 300/1999, al co. 3 dell’art. 27, ha trasferito al Ministero delle attività produttive le funzioni, con le inerenti risorse, del Dipartimento del turismo, fatte salve le risorse e il personale che fossero attribuiti con il citato decreto legislativo ad altri Ministeri, agenzie o autorità, perché concernenti funzioni specificamente assegnate ad essi, e fatte in ogni caso salve, ai sensi e per gli effetti degli artt. 1, co. 2, e 3, co. 1, lett. a) e b), della L. 59/1997, le funzioni conferite dalla vigente legislazione alle regioni e agli enti locali e alle autonomie funzionali. Ai sensi dell'art. 28 del medesimo D.Lgs. 300/1999, al Ministero delle attività produttive sono state assegnate le funzioni e i compiti di spettanza statale in relazione alla promozione delle iniziative nazionali e internazionali in materia di turismo, allo sviluppo e alla valorizzazione del sistema turistico per la promozione unitaria dell'immagine dell'Italia all'estero, all'attività di tutela dei consumatori nel settore turistico a livello nazionale. Il Ministero è stato incaricato, altresì, di svolgere compiti di studio, consistenti tra l'altro in ricerche, raccolta ed elaborazione di dati e rilevazioni economiche riguardanti il sistema turistico.
Il comma 19-ter dell’articolo 1 interviene sulla struttura del Ministero per i beni e le attività culturali, modificando l’attuale testo dell’art. 54 del D.Lgs. 300/1999, così come sostituito dal D.Lgs. 3/2004.
La L. 137/2002[158] (c.d. legge Frattini)ha delegato il Governo ad adottare decreti legislativi correttivi o modificativi di decreti legislativi già emanati ai sensi dell’art. 11, co. 1, lett. a), della L. 59/1997[159] (c.d. legge Bassanini 1).
In attuazione di tale disposizione, nel corso della XIV legislatura il Ministero per i beni e le attività culturaliè stato sottoposto a un intervento di riorganizzazione (D.lgs. 3/2004[160]) che ha modificato la struttura del Ministero, precedentemente definita dal D.lgs. 368/1998[161] e dal D.lgs. 300/1999[162], introducendo la struttura dipartimentale, ritenuta più idonea ad assicurare il coordinamento delle competenze del Ministero, rispetto all’assetto organizzativo precedente basato su un’unica figura di coordinamento (Segretario generale), che è stata soppressa.
La lettera a), riformulando il primo comma dell’articolo 54, elimina il riferimento ad un numero fisso di dipartimenti (attualmente quattro) e contemporaneamente elimina la previsione dell’articolazione del ministero in dieci uffici dirigenziali generali, costituiti dalle dieci unità in cui si articolano i dipartimenti, nonché in due uffici dirigenziali generali presso il Gabinetto del Ministro ed il conferimento di due incarichi di funzione dirigenziale di livello generale presso il servizio di controllo interno del Ministero.
Secondo le previsioni del Regolamento di organizzazione del Ministero per i beni e le attività culturali (D.P.R. 10 giugno 2004, n. 173), attuativo delle modifiche introdotte dal D.Lgs. 3/2004, l’articolazione dei dipartimenti in direzioni generali è la seguente:
§ Dipartimento per i beni culturali e paesaggistici:
- Direzione generale per i beni archeologici;
- Direzione generale per i beni architettonici e paesaggistici;
- Direzione generale per il patrimonio storico, artistico ed etnoantropologico;
- Direzione generale per l'architettura e l'arte contemporanee.
§ Dipartimento per i beni archivistici e librari:
- Direzione generale per gli archivi;
- Direzione generale per i beni librari e gli istituti culturali;
§ Dipartimento per la ricerca l'innovazione e l'organizzazione:
- Direzione generale per gli affari generali, il bilancio, le risorse umane e la formazione;
- Direzione generale per l'innovazione tecnologica e la promozione.
§ Dipartimento per lo spettacolo e lo sport:
- Direzione generale per il cinema;
- Direzione generale per lo spettacolo dal vivo e lo sport.
Si segnala che la formulazione della novella – sostitutiva dell’intero comma 1 dell’art. 54 – fa venir meno non solo il numero fisso di dipartimenti, ma anche i riferimenti all’articolazione interna del ministero di cui alla seconda parte del comma; di conseguenza, l’organizzazione del ministero prevista dal D.P.R. 173/2004 troverebbe solo un generico fondamento nel D.Lgs. 300/1999.
Si ricorda che non sono previste modifiche in relazione all’istituzione (disposta dal D.lgs. 3/2004) degli uffici dirigenziali generali territoriali (Direzioni regionali per i beni culturali e paesaggistici), gerarchicamente sovraordinati alle esistenti Soprintendenze di settore, con l’obiettivo di ottimizzare il rapporto tra le varie strutture e di creare un efficiente punto di riferimento per i rapporti con le istituzioni regionali, anche in considerazione della revisione del titolo V della Costituzione.
La lettera b) intervenendo sul co. 2 dell’art. 54, elimina il riferimento all’art. 53 dello stesso D.Lgs. per ciò che concerne l’attività dei dipartimenti.
L’attuale testo del comma 2 prevede infatti che “i dipartimenti esercitano le proprie funzioni nell'àmbito delle seguenti aree funzionali di cui all'articolo 53:
a) beni culturali e paesaggistici;
b) beni archivistici e librari;
c) ricerca, innovazione e organizzazione;
d) spettacolo e sport”
A sua volta il citato art. 53 prevede che il ministero svolga le funzioni di spettanza statale in materia di tutela, gestione e valorizzazione dei beni culturali e ambientali; promozione delle attività culturali; promozione dello spettacolo; promozione del libro e sviluppo dei servizi bibliografici e bibliotecari nazionali; promozione della cultura urbanistica e architettonica, ricerca ed alta formazione nelle materie di competenza, vigilanza sul CONI e sull'Istituto del credito sportivo.
L’eliminazione del riferimento all’articolo 53 del D.Lgs. 300/1999 può essere correlata alla possibile istituzione di un nuovo dipartimento per il turismo senza affidamento di tale materia al ministero (v. lettera successiva).
La lettera c) – aggiungendo una lettera presumibilmente al medesimo comma 2 ma senza nominarlo esplicitamente – prevede una nuova area funzionale denominata “turismo” ai fini dell’esercizio delle funzioni dei dipartimenti, il che sostanzialmente appare comportare l’istituzione presso il ministero di un nuovo Dipartimento per il turismo, conseguente al trasferimento al Ministero per i beni e le attività culturali delle dotazioni finanziarie, strumentali e di personale della direzione generale del turismo già del Ministero delle attività produttive, disposta dal successivo comma 19-quater.
Si ricorda peraltro che il precedente comma 19-bis ha attribuito le competenze statali in materia di turismo al Presidente del Consiglio dei ministri.
Riguardo alla formulazione di quest’ultima norma (oltre al già citato mancato riferimento al comma modificato) si segnala che avrebbe potuto essere presa in considerazione una diversa denominazione per l’area funzionale spettacolo e sport, dato il passaggio di competenza su quest’ultimo settore dal Ministero per i beni e le attività culturali alla Presidenza del Consiglio.
Alcune disposizioni recate dal D.L. in esame prevedono il trasferimento di altrettante competenze dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri ad altri Dicasteri.
In particolare, il comma 20 dell’articolo 1, modificando l’art. 10, co. 1, del D.Lgs. 303/1999, attribuisce al Ministero degli affari esteri le funzioni in materia di italiani nel mondo, contestualmente trasferendo le corrispondenti strutture e le relative risorse finanziarie, materiali ed umane.
Il testo originario del D.Lgs. 300/1999 (art. 10, co. 1, lett. b)) già poneva tali attribuzioni in capo al Ministero degli affari esteri, fatta eccezione per quelle riconducibili alle autonome funzioni di impulso indirizzo e coordinamento del Presidente del Consiglio; in seguito, una modifica testuale recata dal D.Lgs. 257/2002[163] aveva riportato tutte le competenze in materia alla Presidenza del Consiglio dei ministri.
Con successivo D.P.C.M. 3 dicembre 2002 è stato dunque istituito presso la Presidenza del Consiglio il Dipartimento per gli italiani nel mondo, che si articola nei seguenti Uffici:
§ I Ufficio: “Per la promozione culturale e per l’informazione delle comunità italiane all’estero”;
§ II Ufficio: “Per la promozione e per la tutela dei diritti politici e civili degli Italiani residenti all’estero”;
§ III Ufficio: “Per l’intervento coordinato dello Stato e delle Regioni a favore delle comunità italiane all’estero”;
§ IV Ufficio: “Politiche generali concernenti le comunità italiane all’estero, con particolare riferimento alla valorizzazione del ruolo degli imprenditori italiani”.
Come già ricordato, il comma 2-quinquies abroga l’articolo 1 del D.L. 26 aprile 2005, n. 63 (convertito, con modificazioni, dalla legge 25 giugno 2005, n. 109), recante l’attribuzione al Presidente del Consiglio dei ministri o ad un ministro da lui delegato delle competenze concernenti lo sviluppo e le politiche di coesione nel Mezzogiorno (v. scheda Il Ministero dello sviluppo economico).
Si ricorda inoltre che il comma 6 attribuisce al Ministero della solidarietà sociale il coordinamento delle politiche per prevenire, monitorare e contrastare il diffondersi delle tossicodipendenze, e delle alcooldipendenze correlate; è di conseguenza soppresso, con l’abrogazione dell’art. 6-bis del D.Lgs. 303/1999, il Dipartimento nazionale per le politiche antidroga istituito presso la Presidenza del Consiglio, mentre l’Osservatorio per il disagio giovanile legato alle tossicodipendenze, istituito dalla legge finanziaria 2006 (art. 1, co. 556, L. 266/2005).
Il medesimo comma 6 attribuisce al Ministero della solidarietà sociale anche le funzioni già poste in capo alla Presidenza del Consiglio in materia di Servizio civile nazionale.
Si fa in proposito rinvio alla scheda relativa al Ministero della solidarietà sociale.
Il comma 19-quinquies prevede l’emanazione di un regolamento di delegificazione (art. 17, co. 2, L. 400/1988)[164] avente ad oggetto la Commissione per le adozioni internazionali allo scopo di ridefinire, senza oneri per il bilancio dello Stato:
§ i compiti della Commissione;
§ la sua composizione;
§ la permanenza in carica dei suoi componenti.
La Commissione per le adozioni internazionali è un organismo istituito presso la Presidenza del Consiglio dei ministri, col compito di garantire che le adozioni di minori stranieri avvengano nel rispetto dei principi stabiliti dalla Convenzione de L'Aja del 29 maggio 1993 sulla tutela dei minori e la cooperazione in materia di adozione internazionale.
Essa è, per l’Italia, l’Autorità centrale prevista dall'art. 6 della Convenzione all'espresso scopo di svolgere i compiti che le sono attribuiti dalla Convenzione medesima (in particolare: capitoli III, IV e V) e dalla suddetta legge di ratifica (in particolare, art. 39 della cd. legge sull’adozione (L. 4 maggio 1983, n. 184, Diritto del minore ad una famiglia), come modificata dalla legge n. 476 del 1998[165] sull’adozione internazionale.
La Commissione è competente a svolgere i compiti espressamente previsti dalla legge 476, nonché quelli attribuiti dalla Convenzione all'Autorità centrale e non espressamente attribuiti ad altra autorità dello Stato.
La Commissione, in particolare, svolge le seguenti principali funzioni: collabora con le autorità centrali degli altri Stati anche raccogliendo le informazioni necessarie ai fini dell'attuazione delle convenzioni internazionali in materia di adozione; propone al Governo la stipulazione di accordi bilaterali in materia di adozione; autorizza gli enti allo svolgimento della loro attività in Italia e all'estero nel campo dell'adozione internazionale accertando che possiedano i requisiti di legge richiesti; cura la pubblicazione e la tenuta dell'albo degli enti autorizzati; vigila sull'operato degli enti autorizzati e li sottopone a controlli e verifiche che possono sfociare anche nel ritiro dell'autorizzazione nei casi di grave inadempimento; organizza degli incontri periodici con i rappresentanti degli enti autorizzati e si preoccupa che questi siano omogeneamente diffusi sul territorio nazionale; valuta nei singoli casi le conclusioni sull'abbinamento coppia adottante-bambino cui l’ente autorizzato ha consentito e dichiara che l'adozione risponde al superiore interesse del minore; autorizza l'ingresso in Italia dei minori adottati o affidati a scopo di adozione; promuove la cooperazione fra quanti operano nel settore dell’adozione e in quello della protezione dei minori; invia, ogni due anni, una relazione al Presidente del Consiglio dei ministri, che a sua volta la trasmette al Parlamento, sull'andamento delle adozioni internazionali, sullo stato di attuazione delle Convenzione de L'Aya e sulla stipulazione di eventuali accordi bilaterali con paesi non aderenti; raccoglie in forma anonima, per esigenze statistiche e di studio, i dati dei minori adottati o affidati a scopo di adozione ed ogni altro dato utile per la conoscenza del fenomeno delle adozioni internazionali; conserva gli atti e le informazioni relativi alla procedura, comprese quelle sull'origine del bambino, sull’anamnesi sanitaria e sull'identità dei suoi genitori naturali.
Ai sensi dell’articolo 38 della citata legge 184/83 la Commissione è composta da:
§ un presidente nominato dal Presidente del Consiglio dei Ministri nella persona di un magistrato avente esperienza nel settore minorile ovvero di un dirigente dello Stato avente analoga specifica esperienza;
§ due rappresentanti della Presidenza del Consiglio dei Ministri;
§ un rappresentante del Ministero del lavoro e delle politiche sociali;
§ un rappresentante del Ministero degli affari esteri;
§ un rappresentante del Ministero dell'interno;
§ due rappresentanti del Ministero della giustizia;
§ un rappresentante del Ministero della salute;
§ un rappresentante del Ministero dell'economia e delle finanze;
§ un rappresentante del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca;
§ tre rappresentanti della Conferenza unificata di cui all'articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281;
§ tre rappresentanti designati, sulla base di apposito decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, da associazioni familiari a carattere nazionale, almeno uno dei quali designato dal Forum delle associazioni familiari.
La permanenza in carica dei componenti della Commissione è stabilita in quattro anni. L’art. 39-duodetrecies del D.L. 273/2005[166] ha portato a quattro anni anche il termine di permanenza in carica del presidente della Commissione, inizialmente fissato in due anni (l'incarico è rinnovabile una sola volta).
La Commissione si avvale di personale dei ruoli della Presidenza del Consiglio dei ministri e di altre amministrazioni pubbliche.
Il comma in esame sancisce inoltre – con finalità di coordinamento con la nuova normativa da emanare – l’abrogazione delle disposizioni di cui all’art. 38 della L. 184/1983 (relative alla composizione, durata in carica dei membri e funzioni della Commissione) a decorrere dalla data di entrata in vigore del regolamento stesso.
Si osserva come l’adozione del regolamento di delegificazione non sia soggetta ad alcun termine.
Il comma 22-bis dell’articolo 1 sopprime la Commissione istituita presso il Dipartimento della funzione pubblica dall’art. 3, co. 6-duodecies-6-quaterdecies, del D.L. 35/2005, e la relativa segreteria tecnica.
I commi da 6-duodecies a 6-quaterdecies dell’art. 3 del D.L. 35/2005[167], recante Disposizioni urgenti nell’àmbito del Piano di azione per lo sviluppo economico, sociale e territoriale (c.d. “decreto-legge sulla competitività”), hanno istituito una Commissione presso il Dipartimento della funzione pubblica quale struttura di supporto al ministro nello svolgimento delle attività di propria competenza. Il testo non specifica la natura delle funzioni attribuite alla Commissione: tuttavia, nella relazione illustrativa del disegno di legge governativo A.C. 5736, la Commissione era definita “struttura di supporto al ministro” con funzioni di coordinamento volte a ricondurre ad unità i singoli interventi di semplificazione, riassetto e qualità della regolazione.
Presieduta dal Ministro o da un suo delegato, la Commissione è composta dal Capo del Dipartimento degli affari giuridici e legislativi (DAGL) della Presidenza del Consiglio, con funzioni di vice presidente, e da un numero massimo di venti componenti scelti fra professori universitari, magistrati amministrativi, contabili ed ordinari, avvocati dello Stato, funzionari parlamentari, avvocati del libero foro con almeno quindici anni di iscrizione all'albo professionale, dirigenti delle amministrazioni pubbliche ed esperti di elevata professionalità. La Commissione è assistita da una segreteria tecnica.
In luogo della Commissione soppressa, il medesimo comma prevede la costituzione con D.P.C.M., presso la Presidenza del Consiglio dei ministri, di una Unità per la semplificazione e la qualità della regolazione, anch’essa dotata di segreteria tecnica. Diversamente dalla Commissione soppressa, non è previsto un termine finale per l’operatività della nuova struttura.
Dell’Unità fa parte il capo del DAGL. Gli altri componenti (il cui numero non è precisato) sono scelti tra “professori universitari, magistrati amministrativi, contabili ed ordinari, avvocati dello Stato, funzionari parlamentari, avvocati del libero foro con almeno quindici anni di iscrizione all'albo professionale, dirigenti delle amministrazioni pubbliche ed esperti di elevata professionalità”.
Agli oneri di funzionamento si fa fronte con lo stanziamento disposto per la soppressa Commissione dall’art. 3, co. 6-quaterdecies, del D.L. 35/2005 (pari nel massimo a 750.000 euro per l'anno 2005, a 1.500.000 euro per l'anno 2006 ed a 1.500.000 euro per l'anno 2007), che viene ridotto del 25 per cento. Si ricorda che per gli anni successivi al 2007 lo stanziamento è annualmente disposto dalle leggi finanziarie.
Gli ultimi due periodi del comma 22-bis prevedono che, con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, si provveda a riordinare le funzioni e le strutture della Presidenza del Consiglio dei ministri in materia di semplificazione e qualità della regolazione, ed a riallocare le relative risorse, e dispongono l’abrogazione dell’art. 11, co. 2, della L. 137/2002[168] a decorrere dalla data di entrata in vigore del suddetto D.P.C.M..
L’art. 11 della L. 137/2002 ha previsto (co. 1 e 2) l’istituzione presso il Dipartimento della funzione pubblica (in luogo del preesistente e soppresso Nucleo per la semplificazione delle norme e delle procedure) di un ufficio dirigenziale di livello generale (Ufficio per l’attività normativa ed amministrativa di semplificazione delle norme e delle procedure), stabilendo altresì che, presso il medesimo Dipartimento, siano istituiti non più di due servizi, con il compito di provvedere all'applicazione dell'analisi dell'impatto della regolamentazione (AIR). I compiti dell’Ufficio sono stati recentemente definiti dall’art. 13 del decreto del 5 novembre 2004 di organizzazione del Dipartimento della funzione pubblica. Ai sensi di tale disposizione, l’Ufficio tra l’altro coadiuva il ministro per la funzione pubblica nell’attività nell’ambito del Comitato di indirizzo per la guida strategica della sperimentazione dell’analisi dell’impatto della regolamentazione; presta supporto agli altri uffici del Dipartimento in ordine al corretto uso delle fonti, alla qualità della regolazione e degli atti normativi ed alla relativa istruttoria, nonché all’analisi dell’impatto della regolamentazione. L’Ufficio è articolato nel Servizio per la semplificazione normativa e amministrativa, per il riassetto normativo e per la qualità della regolazione.
Svolge un rilevante ruolo in materia anche il Dipartimento affari giuridici e legislativi (DAGL), istituito con l’art. 16 del D.P.C.M. 4 agosto 2000 ed attualmente disciplinato dall’art. 17 del D.P.C.M. 23 luglio 2002, che lo configura come struttura di supporto dell’attività di coordinamento del Presidente del Consiglio e di assistenza del Sottosegretario e del Segretario generale della Presidenza in riferimento all’attività normativa.
Si segnala che la disposizione in esame effettua una sorta di delegificazione ricorrendo a uno strumento – un D.P.C.M., del quale non è espressamente precisata la natura regolamentare – diverso da quello previsto in via generale dall’ordinamento (il regolamento governativo ex art. 17, co. 2, L. 400/1988).
Il comma 24 reca infine una modifica testuale all’art. 13, co. 1 del D.L. 217/2001. Tale comma prevede che gli incarichi di diretta collaborazione con il Presidente del Consiglio o con singoli ministri possono essere attribuiti anche a dipendenti di ogni ordine, grado e qualifica delle amministrazioni pubbliche nel rispetto dell'autonomia statutaria degli enti territoriali e di quelli dotati di autonomia funzionale. Il comma in esame specifica che la possibilità di attribuzione di incarichi nei termini testé indicati è riconosciuta anche ai ministri senza portafoglio.
In considerazione del fatto che la previgente formulazione faceva riferimento a (tutti) i ministri senz’altra specificazione, non appare evidente quale contenuto innovativo presenti la disposizione in esame.
Il comma 24-novies dell’articolo 1, introdotto nel corso dell’esame al Senato, interviene sui titoli necessari per l’accesso alla carica di direttore generale delle aziende sanitarie locali (ASL), ripristinando la disciplina antecedente alla L. 43/2006[169].
La disciplina originaria stabiliva che gli aspiranti alle cariche di direttore generale, direttore amministrativo e direttore sanitario nelle ASL dovessero possedere i seguenti requisiti:
a) diploma di laurea;
b) esperienza almeno quinquennale di direzione tecnica o amministrativa in enti, aziende, strutture pubbliche o private, in posizione dirigenziale con autonomia gestionale e diretta responsabilità delle risorse umane, tecniche o finanziarie, svolta nei dieci anni precedenti la pubblicazione dell'avviso.
La L. 43/2006 (all’art. 2, co. 5, che novella l'art. 3-bis, co. 3, lett. b), del D.Lgs. 502/1992[170]), in alternativa ai titoli di cui alla lettera b) ha previsto l’espletamento del mandato di deputato, senatore o consigliere regionale.
La norma in esame, modificando nuovamente il D.Lgs. 502/1992, esclude tale equiparazione.
La materia trattata dalla disposizione in esame non sembra presentare carattere di omogeneità con la restante parte del decreto-legge.
N. 1287
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CAMERA DEI DEPUTATI ¾¾¾¾¾¾¾¾ |
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DISEGNO DI LEGGE |
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APPROVATO DAL SENATO DELLA REPUBBLICA
il 4 luglio 2006 (v. stampato Senato n. 379)
presentato dal presidente del consiglio dei ministri (PRODI)
di concerto con il ministro dell'economia e delle finanze (PADOA SCHIOPPA)
¾ |
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Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 18 maggio 2006, n. 181, recante disposizioni urgenti in materia di riordino delle attribuzioni della Presidenza del Consiglio dei ministri e dei Ministeri. Delega al Governo per il coordinamento delle disposizioni in materia di funzioni e organizzazione della Presidenza del Consiglio dei ministri e dei Ministeri |
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Trasmesso dal Presidente del Senato della Repubblica
il 4 luglio 2006
¾¾¾¾¾¾¾¾
DISEGNO DI LEGGE
Art. 1.
1. Il decreto-legge 18 maggio 2006, n. 181, recante disposizioni urgenti in materia di riordino delle attribuzioni della Presidenza del Consiglio dei ministri e dei Ministeri, è convertito in legge con le modificazioni riportate in allegato alla presente legge.
2. Il Governo è delegato ad adottare, entro ventiquattro mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, uno o più decreti legislativi per il coordinamento delle disposizioni in materia di funzioni e organizzazione della Presidenza del Consiglio dei ministri e dei Ministeri con le disposizioni di cui al decreto-legge 18 maggio 2006, n. 181, come modificato dalla presente legge.
3. Nell'attuazione della delega di cui al comma 2, il Governo si attiene ai seguenti princìpi e criteri direttivi:
a) puntuale individuazione del testo vigente delle norme;
b) coordinamento del testo delle disposizioni vigenti, apportando le modifiche necessarie per garantire la razionale applicazione nonché la coerenza logica e sistematica della normativa;
c) esplicita e analitica indicazione delle norme abrogate;
d) aggiornamento e semplificazione del linguaggio normativo;
e) revisione del numero dei dipartimenti e delle direzioni generali, previste dal decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 300, sulla base di quanto disposto dal comma 23 dell'articolo 1 del decreto-legge 18 maggio 2006, n. 181, come modificato dalla presente legge, nel rispetto del principio di invarianza della spesa di cui al comma 25 dell'articolo 1 del medesimo decreto-legge.
4. I decreti legislativi sono adottati su proposta del Presidente del Consiglio dei ministri, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, sentiti i Ministri interessati. Sugli schemi dei decreti legislativi, predisposti sentite le organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative, sono acquisiti i pareri del Consiglio di Stato e delle competenti Commissioni parlamentari, da rendere ciascuno nel termine di quarantacinque giorni dalla trasmissione. Decorso tale termine, i decreti possono comunque essere adottati.
5. La presente legge entra in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale.
Allegato
MODIFICAZIONI APPORTATE IN SEDE DI CONVERSIONE
AL DECRETO-LEGGE 18 MAGGIO 2006, N. 181
All'articolo 1:
al comma 1, capoverso 1, le parole: «Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali» sono sostituite dalle seguenti: «Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali»; le parole: «Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio» sono sostituite dalle seguenti: «Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare»; le parole: «Ministero dell'istruzione» sono sostituite dalle seguenti: «Ministero della pubblica istruzione»; le parole: «Ministero dei beni e delle attività culturali» sono sostituite dalle seguenti: «Ministero per i beni e le attività culturali»;
il comma 2 è sostituito dai seguenti:
«2. Al Ministero dello sviluppo economico sono trasferite, con le inerenti risorse finanziarie, strumentali e di personale, le funzioni di cui all'articolo 24, comma 1, lettera c), del decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 300, ivi inclusa la gestione del Fondo per le aree sottoutilizzate, fatta eccezione per le funzioni di programmazione economica e finanziaria non ricomprese nelle politiche di sviluppo e di coesione, fatto salvo quanto previsto dal comma 19-bis del presente articolo, e per le funzioni della segreteria del Comitato interministeriale per la programmazione economica (CIPE), la quale è trasferita alla Presidenza del Consiglio dei Ministri, con le inerenti risorse finanziarie, strumentali e di personale. Sono trasferiti altresì alla Presidenza del Consiglio dei Ministri, con le inerenti risorse finanziarie, strumentali e di personale, il Nucleo di consulenza per l'attuazione delle linee guida per la regolazione dei servizi di pubblica utilità (NARS) e l'Unità tecnica - finanza di progetto (UTPF) di cui all'articolo 7 della legge 17 maggio 1999, n. 144.
2-bis. All'articolo 23, comma 2, del decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 300, sono soppresse le parole: ", programmazione, coordinamento e verifica degli interventi per lo sviluppo economico, territoriale e settoriale e politiche di coesione".
2-ter. All'articolo 27, comma 2, alinea, del decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 300, le parole da: "secondo il principio di" fino a: "politica industriale" sono sostituite dalle seguenti: ", ivi inclusi gli interventi in favore delle aree sottoutilizzate, secondo il principio di sussidiarietà e di leale collaborazione con gli enti territoriali interessati e in coerenza con gli obiettivi generali di politica industriale".
2-quater. All'articolo 16 della legge 27 febbraio 1967, n. 48, il decimo comma è sostituito dal seguente:
"Partecipa alle riunioni del Comitato, con funzioni di segretario, un Sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei ministri, nominato con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri".
2-quinquies. L'articolo 1 del decreto-legge 26 aprile 2005, n. 63, convertito, con modificazioni, dalla legge 25 giugno 2005, n. 109, è abrogato»;
al comma 3, le parole: «Ministero dello sviluppo economico» sono sostituite dalle seguenti: «Ministero delle attività produttive»;
al comma 5, sono aggiunti, in fine, i seguenti periodi: «Il Ministero dei trasporti propone, di concerto con il Ministero delle infrastrutture, il piano generale dei trasporti e della logistica e i piani di settore per i trasporti, compresi i piani urbani di mobilità, ed esprime, per quanto di competenza, il concerto sugli atti di programmazione degli interventi di competenza del Ministero delle infrastrutture. All'articolo 42, comma 1, lettera a), del decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 300, le parole: "; integrazione modale fra i sistemi di trasporto" sono soppresse»;
il comma 6 è sostituito dal seguente:
«6. È istituito il Ministero della solidarietà sociale. A detto Ministero sono trasferiti, con le inerenti risorse finanziarie, strumentali e di personale: le funzioni attribuite al Ministero del lavoro e delle politiche sociali dall'articolo 46, comma 1, lettera c), del decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 300, in materia di politiche sociali e di assistenza, fatto salvo quanto disposto dal comma 19 del presente articolo; i compiti di vigilanza dei flussi di entrata dei lavoratori esteri non comunitari, di cui alla lettera d) del comma 1 dell'articolo 46 del citato decreto legislativo n. 300 del 1999, e neo comunitari, nonché i compiti di coordinamento delle politiche per l'integrazione degli stranieri immigrati. Restano ferme le attribuzioni del Ministero del lavoro e della previdenza sociale in materia di politiche previdenziali. Con il decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri di cui al comma 10 del presente articolo, sono individuate le forme di esercizio coordinato delle funzioni aventi natura assistenziale o previdenziale, nonché delle funzioni di indirizzo e vigilanza sugli enti di settore; possono essere, altresì, individuate forme di avvalimento per l'esercizio delle rispettive funzioni. Sono altresì trasferiti al Ministero della solidarietà sociale, con le inerenti risorse finanziarie e con l'Osservatorio per il disagio giovanile legato alle tossicodipendenze di cui al comma 556 dell'articolo 1 della legge 23 dicembre 2005, n. 266, i compiti in materia di politiche antidroga attribuiti alla Presidenza del Consiglio dei Ministri. L'articolo 6-bis del decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 303, è abrogato. Il personale in servizio presso il soppresso dipartimento nazionale per le politiche antidroga è assegnato alle altre strutture della Presidenza del Consiglio dei Ministri, fatto comunque salvo quanto previsto dall'articolo 12, comma 1, lettera c), della legge 15 marzo 1997, n. 59, e successive modificazioni. Sono, infine, trasferite al Ministero della solidarietà sociale le funzioni in materia di Servizio civile nazionale di cui alla legge 8 luglio 1998, n. 230, alla legge 6 marzo 2001, n. 64, e al decreto legislativo 5 aprile 2002, n. 77, per l'esercizio delle quali il Ministero si avvale delle relative risorse finanziarie, umane e strumentali. Il Ministro esercita, congiuntamente con il Presidente del Consiglio dei Ministri, le funzioni di indirizzo e vigilanza sull'Agenzia nazionale italiana del programma comunitario gioventù»;
al comma 7, nel primo periodo, le parole: «Ministero dell'istruzione» sono sostituite dalle seguenti: «Ministero della pubblica istruzione» e, nel secondo periodo, dopo le parole: «decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 300» sono aggiunte le seguenti: «, ad eccezione di quelle riguardanti le istituzioni di cui alla legge 21 dicembre 1999, n. 508»;
al comma 8, dopo le parole: «decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 300» sono aggiunte le seguenti: «, nonché quelle in materia di alta formazione artistica, musicale e coreutica»;
dopo il comma 8 è inserito il seguente:
«8-bis. Il Ministero dello sviluppo economico, il Ministero delle infrastrutture, il Ministero dei trasporti, il Ministero della pubblica istruzione, il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, il Ministero dell'università e della ricerca si articolano in dipartimenti. Le direzioni generali costituiscono le strutture di primo livello del Ministero della solidarietà sociale e del Ministero del commercio internazionale»;
al comma 9, il primo periodo è soppresso e, nel secondo periodo, le parole: «Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali» sono sostituite dalle seguenti: «Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali»
dopo il comma 9 sono inseriti i seguenti:
«9-bis.
Il Ministro dello sviluppo economico esercita la vigilanza sui consorzi agrari
di concerto con il Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, ai
sensi dell'articolo 12 del decreto legislativo 2 agosto 2002, n. 220. I
consorzi agrari sono società cooperative a responsabilità limitata,
disciplinate a tutti gli effetti dagli articoli 2511 e seguenti del codice
civile; l'uso della denominazione di consorzio agrario è riservato
esclusivamente alle società cooperative di cui al presente comma. Le
disposizioni della legge 28 ottobre 1999, n. 410, e successive modificazioni,
sono abrogate ad eccezione dell'articolo 2, dell'articolo 5, commi 2, 3 e 5, e
dell'articolo 6. È abrogato, altresì, il comma 227 dell'articolo 1 della legge
30 dicembre 2004, n. 311. Per i consorzi agrari attualmente in stato di
liquidazione coatta amministrativa, l'autorità di vigilanza provvede alla
nomina di un commissario unico, ai sensi dell'articolo 198, primo comma, del
regio decreto 16 marzo 1942, n. 267, in sostituzione dei commissari in carica
alla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto,
con il compito di chiudere la liquidazione entro il 31 dicembre 2007,
depositando gli atti di cui all'articolo 213 del regio decreto 16 marzo 1942, n.
267, salvo che entro detto termine sia stata autorizzata una proposta di
concordato ai sensi dell'articolo 214 del citato regio decreto. Per tutti gli
altri consorzi, i commissari in carica provvedono, entro il 31 dicembre 2006,
alla ricostituzione degli organi statutari e cessano, in pari data,
dall'incarico. I consorzi agrari adeguano gli statuti alle disposizioni del
codice civile entro il 30 giugno 2007.
9-ter. All'articolo 17,
comma 1, del decreto legislativo 29 marzo 2004, n. 99, e successive
modificazioni, le parole da: ", ivi compresi la registrazione a livello
internazionale" fino a: "specialità tradizionali garantite" sono
soppresse»;
dopo il comma 10 sono inseriti i seguenti:
«10-bis.
In sede di prima applicazione del presente decreto e al fine di assicurare il
funzionamento delle strutture trasferite, gli incarichi dirigenziali conferiti
nell'ambito delle predette strutture ai sensi dei commi 5-bis e 6
dell'articolo 19 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, e successive
modificazioni, salvo quanto previsto dal comma 23 del presente articolo,
possono essere mantenuti fino alla scadenza attualmente prevista per ciascuno
di essi, anche in deroga ai contingenti indicati dai citati commi 5-bis
e 6 dell'articolo 19 del decreto legislativo n. 165 del 2001. Le
amministrazioni che utilizzano i predetti contingenti in deroga e limitatamente
agli stessi, possono conferire, relativamente ai contratti in corso che abbiano
termine entro il 30 giugno 2007, alla rispettiva scadenza, nuovi incarichi
dirigenziali, di durata non superiore al 30 giugno 2008.
10-ter. Al fine di
assicurare l'invarianza della spesa, le amministrazioni cedenti rendono
temporaneamente indisponibili un numero di incarichi corrispondente a quello di
cui al comma 10-bis del presente articolo, fino alla scadenza dei
relativi termini. Con il provvedimento di cui al comma 10 del presente
articolo, e in relazione alle strutture trasferite, si procede
all'individuazione degli incarichi dirigenziali conferiti ai sensi
dell'articolo 19, commi 5-bis e 6, del decreto legislativo n. 165 del
2001, da parte delle amministrazioni di cui al predetto comma 10-bis»;
il comma 11 è sostituito dal seguente:
«11. La denominazione: "Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali" sostituisce, ad ogni effetto e ovunque presente, la denominazione: "Ministero delle politiche agricole e forestali"»;
al comma 12, le parole: «dal comma 13» sono sostituite dalle seguenti: «dai commi 13, 19 e 19-bis»;
dopo il comma 13, è inserito il seguente:
«13-bis. La denominazione: "Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare" sostituisce, ad ogni effetto e ovunque presente, la denominazione: "Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio"»;
al comma 16, le parole: «Ministero dell'istruzione» sono sostituite dalle seguenti: «Ministero della pubblica istruzione»;
il comma 19 è sostituito dai seguenti:
«19. Sono attribuite al Presidente del Consiglio dei Ministri:
a) le funzioni di competenza statale attribuite al Ministero per i beni e le attività culturali dagli articoli 52, comma 1, e 53 del decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 300, in materia di sport. Entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto, lo statuto dell'Istituto per il credito sportivo è modificato al fine di prevedere la vigilanza da parte del Presidente del Consiglio dei Ministri e del Ministro per i beni e le attività culturali;
b) le funzioni di vigilanza sull'Agenzia dei segretari comunali e provinciali nonché sulla Scuola superiore per la formazione e la specializzazione dei dirigenti della pubblica amministrazione locale;
c) l'iniziativa legislativa in materia di individuazione e allocazione delle funzioni fondamentali di comuni, province e città metropolitane di cui all'articolo 117, secondo comma, lettera p), della Costituzione, nonché le competenze in materia di promozione e coordinamento relativamente all'attuazione dell'articolo 118, primo e secondo comma, della Costituzione;
d) le funzioni di indirizzo e coordinamento in materia di politiche giovanili, nonché le funzioni di competenza statale attribuite al Ministero del lavoro e delle politiche sociali dall'articolo 46, comma 1, lettera c), del decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 300, in materia di coordinamento delle politiche delle giovani generazioni, ivi comprese le funzioni di indirizzo e vigilanza sull'Agenzia nazionale italiana del programma comunitario gioventù, esercitate congiuntamente con il Ministro della solidarietà sociale. La Presidenza del Consiglio dei Ministri può prendere parte alle attività del Forum nazionale dei giovani;
e) le funzioni di indirizzo e coordinamento in materia di politiche per la famiglia nelle sue componenti e problematiche generazionali nonché le funzioni di competenza statale attribuite al Ministero del lavoro e delle politiche sociali dall'articolo 46, comma 1, lettera c), del decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 300, in materia di coordinamento delle politiche a favore della famiglia, di interventi per il sostegno della maternità e della paternità, di conciliazione dei tempi di lavoro e dei tempi di cura della famiglia, di misure di sostegno alla famiglia, alla genitorialità e alla natalità, di supporto all'Osservatorio nazionale sulla famiglia. La Presidenza del Consiglio dei Ministri subentra al Ministero del lavoro e delle politiche sociali in tutti i suoi rapporti con l'Osservatorio nazionale sulla famiglia e tiene informato il Ministero della solidarietà sociale della relativa attività. La Presidenza del Consiglio dei Ministri, unitamente al Ministero della solidarietà sociale, fornisce il supporto all'attività dell'Osservatorio nazionale per l'infanzia e del Centro nazionale di documentazione e di analisi per l'infanzia di cui agli articoli 2 e 3 della legge 23 dicembre 1997, n. 451, ed esercita altresì le funzioni di espressione del concerto in sede di esercizio delle funzioni di competenza statale attribuite al Ministero del lavoro e della previdenza sociale in materia di "Fondo di previdenza per le persone che svolgono lavori di cura non retribuiti derivanti da responsabilità familiari", di cui al decreto legislativo 16 settembre 1996, n. 565;
f) le funzioni di espressione del concerto in sede di esercizio delle funzioni di competenza statale attribuite al Ministero del lavoro e delle politiche sociali dagli articoli 8, 9, 10, 11, 18, 19, 20, 43, 44, 45, 46, 47 e 48 del codice delle pari opportunità tra uomo e donna, di cui al decreto legislativo 11 aprile 2006, n. 198;
g) le funzioni di competenza statale attribuite al Ministero delle attività produttive dalla legge 25 febbraio 1992, n. 215, e dagli articoli 21, 22, 52, 53, 54 e 55 del citato codice di cui al decreto legislativo 11 aprile 2006, n. 198.
19-bis. Le funzioni di competenza statale assegnate al Ministero delle attività produttive dagli articoli 27 e 28 del decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 300, e successive modificazioni, in materia di turismo, sono attribuite al Presidente del Consiglio dei Ministri; il Ministro dello sviluppo economico concerta con il Presidente del Consiglio dei Ministri l'individuazione e l'utilizzazione, anche residuale, delle risorse finanziarie da destinare al turismo, ivi comprese quelle incluse nel Fondo per le aree sottoutilizzate. Per l'esercizio di tali funzioni, il Presidente del Consiglio dei Ministri si avvale della struttura costituita ai sensi del comma 19-ter del presente articolo e delle relative risorse.
19-ter. All'articolo 54 del decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 300, sono apportate le seguenti modifiche:
a) il comma 1 è sostituito dal seguente:
"1. Il Ministero si articola in dipartimenti";
b) al comma 2, alinea, sono soppresse le seguenti parole: "di cui all'articolo 53";
c) al comma 2, dopo la lettera d), è aggiunta la seguente:
"d-bis) turismo".
19-quater. Al Ministero per i beni e le attività culturali sono trasferite le dotazioni finanziarie, strumentali e di personale della direzione generale del turismo già del Ministero delle attività produttive, che viene conseguentemente soppressa. In attesa dell'emanazione del regolamento previsto dal comma 23, l'esercizio delle funzioni è assicurato con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, d'intesa con il Ministro per i beni e le attività culturali e il Ministro dell'economia e delle finanze.
19-quinquies. Con regolamento adottato ai sensi dell'articolo 17, comma 2, della legge 23 agosto 1988, n. 400, sono ridefiniti, senza nuovi o maggiori oneri per il bilancio dello Stato, la composizione e i compiti della Commissione di cui all'articolo 38 della legge 4 maggio 1983, n. 184, e successive modificazioni, nonché la durata in carica dei suoi componenti sulla base delle norme generali contenute nella medesima legge. A decorrere dalla data di entrata in vigore del regolamento sono abrogati l'articolo 38, commi 2, 3 e 4, e l'articolo 39 della citata legge n. 184 del 1983»;
il comma 22 è sostituito dai seguenti:
«22. Per l'esercizio delle funzioni trasferite ai sensi del comma 19:
a) quanto alla lettera a), sono trasferite alla Presidenza del Consiglio dei Ministri le inerenti strutture organizzative del Ministero per i beni e le attività culturali, con le relative risorse finanziarie, umane e strumentali;
b) quanto alle lettere b) e c), il Presidente del Consiglio dei Ministri utilizza le inerenti strutture organizzative del Ministero dell'interno. L'utilizzazione del personale può avvenire mediante avvalimento ovvero nelle forme di cui agli articoli 9, comma 2, e 9-bis, comma 3, del decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 303;
c) quanto alla lettera d), la Presidenza del Consiglio dei Ministri può avvalersi del Forum nazionale dei giovani;
d) quanto alla lettera e), il Presidente del Consiglio dei Ministri si avvale, tra l'altro, dell'Osservatorio per il contrasto della pedofilia e della pornografia minorile di cui all'articolo 17, comma 1-bis, della legge 3 agosto 1998, n. 269.
22-bis. La Commissione e la segreteria tecnica di cui all'articolo 3, commi da 6-duodecies a 6-quaterdecies, del decreto-legge 14 marzo 2005, n. 35, convertito, con modificazioni, dalla legge 14 maggio 2005, n. 80, e successive modificazioni, sono soppresse. Presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri è costituita, con decreto del Presidente del Consiglio, una Unità per la semplificazione e la qualità della regolazione, con relativa segreteria tecnica. Della Unità per la semplificazione e la qualità della regolazione fa parte il capo del dipartimento per gli affari giuridici e legislativi della Presidenza del Consiglio dei Ministri e i componenti sono scelti tra professori universitari, magistrati amministrativi, contabili ed ordinari, avvocati dello Stato, funzionari parlamentari, avvocati del libero foro con almeno quindici anni di iscrizione all'albo professionale, dirigenti delle amministrazioni pubbliche ed esperti di elevata professionalità. Se appartenenti ai ruoli delle pubbliche amministrazioni, gli esperti e i componenti della segreteria tecnica possono essere collocati in aspettativa o fuori ruolo, secondo le norme e i criteri dei rispettivi ordinamenti. Per il funzionamento dell'Unità si utilizza lo stanziamento di cui all'articolo 3, comma 6-quaterdecies, del decreto-legge 14 marzo 2005, n. 35, convertito, con modificazioni, dalla legge 14 maggio 2005, n. 80, ridotto del venticinque per cento. Con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri si provvede, altresì, al riordino delle funzioni e delle strutture della Presidenza del Consiglio dei Ministri relative all'esercizio delle funzioni di cui al presente comma e alla riallocazione delle relative risorse. A decorrere dalla data di entrata in vigore del suddetto decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, è abrogato l'articolo 11, comma 2, della legge 6 luglio 2002, n. 137.
22-ter. Il comma 2 dell'articolo 9 della legge 23 agosto 1988, n. 400, è sostituito dal seguente:
"2. Ogni qualvolta la legge o altra fonte normativa assegni, anche in via delegata, compiti specifici ad un Ministro senza portafoglio ovvero a specifici uffici o dipartimenti della Presidenza del Consiglio dei ministri, gli stessi si intendono comunque attribuiti, rispettivamente, al Presidente del Consiglio dei ministri, che può delegarli a un Ministro o a un Sottosegretario di Stato, e alla Presidenza del Consiglio dei ministri"»;
il comma 23 è sostituito dai seguenti:
«23. In attuazione delle disposizioni previste dal presente decreto e limitatamente alle amministrazioni interessate dal riordino, con regolamenti adottati ai sensi dell'articolo 4 del decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 300, sono definiti gli assetti organizzativi e il numero massimo delle strutture di primo livello, in modo da assicurare che al termine del processo di riorganizzazione non sia superato, dalle nuove strutture, il limite di spesa previsto per i Ministeri di origine e si resti altresì entro il limite complessivo della spesa sostenuta, alla data di entrata in vigore del presente decreto, per la totalità delle strutture di cui al presente comma.
23-bis. Con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, sentiti i Ministri interessati, previa consultazione delle organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative, sono determinati i criteri e le modalità per l'individuazione delle risorse umane relative alle funzioni trasferite ai sensi dei commi 2, 3, 4, 5, 6, 7, 8, 9 e 19-quater»;
dopo il comma 24 sono inseriti i seguenti:
«24-bis. All'articolo 14, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, dopo il secondo periodo, è inserito il seguente: "All'atto del giuramento del Ministro, tutte le assegnazioni di personale, ivi compresi gli incarichi anche di livello dirigenziale e le consulenze e i contratti, anche a termine, conferiti nell'ambito degli uffici di cui al presente comma, decadono automaticamente ove non confermati entro trenta giorni dal giuramento del nuovo Ministro".
24-ter. Il termine di cui all'articolo 14, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, come modificato dal comma 24-bis del presente articolo, decorre, rispetto al giuramento dei Ministri in carica alla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto, da tale ultima data. Sono fatti salvi, comunque, le assegnazioni e gli incarichi conferiti successivamente al 17 maggio 2006.
24-quater. Ai vice Ministri è riservato un contingente di personale pari a quello previsto per le segreterie dei Sottosegretari di Stato. Tale contingente si intende compreso nel contingente complessivo del personale degli uffici di diretta collaborazione stabilito per ciascun Ministro, con relativa riduzione delle risorse complessive a tal fine previste.
24-quinquies. Il Ministro, in ragione della particolare complessità della delega attribuita, può autorizzare il vice Ministro, in deroga al limite di cui al primo periodo del comma 24-quater e comunque entro il limite complessivo della spesa per il personale degli uffici di diretta collaborazione del Ministro, come rideterminato ai sensi dello stesso comma, a nominare un consigliere giuridico, che è responsabile dei rapporti con gli uffici di diretta collaborazione del Ministro, o un altro soggetto esperto nelle materie delegate, un capo della segreteria, il quale coordina l'attività del personale di supporto, un segretario particolare, un responsabile della segreteria tecnica ovvero un altro esperto, un addetto stampa o un portavoce nonché, ove necessario in ragione delle peculiari funzioni delegate, un responsabile per gli affari internazionali. Il vice Ministro, per le materie inerenti alle funzioni delegate, si avvale dell'ufficio di gabinetto e dell'ufficio legislativo del Ministero.
24-sexies. Alle disposizioni di cui ai commi 24-quater e 24-quinquies si adeguano i regolamenti emanati ai sensi dell'articolo 7 del decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 300, e dell'articolo 14, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165. Fino a tale adeguamento, gli incarichi, le nomine o le assegnazioni di personale incompatibili con i commi 24-quater e 24-quinquies, a qualsiasi titolo effettuati, sono revocati di diritto ove non siano utilizzati per gli uffici di diretta collaborazione del Ministro, nei limiti delle dotazioni ordinarie di questi ultimi.
24-septies. È abrogato l'articolo 3 della legge 6 luglio 2002, n. 137.
24-octies. All'articolo 3, comma 2, del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 14 maggio 2001, n. 258, e successive modificazioni, sono soppresse le seguenti parole: ", di cui uno scelto tra i dirigenti preposti a uffici di livello dirigenziale generale del Ministero".
24-novies. All'articolo 3-bis, comma 3, lettera b), del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502, e successive modificazioni, le parole: ",ovvero espletamento del mandato parlamentare di senatore o deputato della Repubblica, nonché di consigliere regionale" sono soppresse»;
al comma 25, sono aggiunte, in fine, le seguenti parole: «con specifico riferimento al trasferimento di risorse umane in servizio, strumentali e finanziarie già previste dalla legislazione vigente e stanziate in bilancio, fatta salva la rideterminazione degli organici quale risultante dall'attuazione dell'articolo 1, comma 93, della legge 30 dicembre 2004, n. 311»;
dopo il comma 25 sono aggiunti i seguenti:
«25-bis. Dal riordino delle competenze dei Ministeri e della Presidenza del Consiglio dei Ministri e dal loro accorpamento non deriva alcuna revisione dei trattamenti economici complessivi in atto corrisposti ai dipendenti trasferiti ovvero a quelli dell'amministrazione di destinazione che si rifletta in maggiori oneri per il bilancio dello Stato.
25-ter. Gli schemi dei decreti del Presidente del Consiglio dei Ministri, attuativi del riordino dei Ministeri e della Presidenza del Consiglio dei Ministri previsti dal presente decreto, sono corredati da relazione tecnica e sottoposti per il parere alle Commissioni parlamentari competenti per materia e alle Commissioni bilancio del Senato della Repubblica e della Camera dei deputati per i profili di carattere finanziario. Decorsi trenta giorni dalla trasmissione della richiesta, i decreti possono essere comunque adottati.
25-quater. L'onere relativo ai contingenti assegnati agli uffici di diretta collaborazione dei Ministri, dei vice Ministri e dei Sottosegretari di Stato non deve essere, comunque, superiore al limite di spesa complessivo riferito all'assetto vigente alla data di entrata in vigore del presente decreto.
25-quinquies. All'onere relativo alla corresponsione del trattamento economico ai Ministri, vice Ministri e Sottosegretari di Stato in attuazione dei commi da 1 a 8 e 19 del presente articolo, pari ad euro 250.000 per l'anno 2006 e ad euro 375.000 a decorrere dall'anno 2007, si provvede, quanto ad euro 250.000 per l'anno 2006 e ad euro 375.000 per l'anno 2007, mediante riduzione, nella corrispondente misura, dell'autorizzazione di spesa recata dall'articolo 3, comma 6-quaterdecies, del decreto-legge 14 marzo 2005, n. 35, convertito, con modificazioni, dalla legge 14 maggio 2005, n. 80, e, quanto ad euro 375.000 a decorrere dall'anno 2008, mediante corrispondente riduzione dello stanziamento iscritto, ai fini del bilancio triennale 2006-2008, nell'ambito dell'unità previsionale di base di parte corrente "Fondo speciale" dello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze per l'anno 2006, allo scopo parzialmente utilizzando l'accantonamento relativo al Ministero degli affari esteri.
25-sexies. Al maggiore onere derivante dalla corresponsione dell'indennità prevista dalla legge 9 novembre 1999, n. 418, pari ad euro 4.576.000 per l'anno 2006 e ad euro 6.864.000 a decorrere dall'anno 2007, si provvede mediante corrispondente riduzione dello stanziamento iscritto, ai fini del bilancio triennale 2006-2008, nell'ambito dell'unità previsionale di base di parte corrente "Fondo speciale" dello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze per l'anno 2006, allo scopo parzialmente utilizzando l'accantonamento relativo al Ministero degli affari esteri».
[1] Nel corso dell’esame al Senato sono stati aggiunti 30 commi all’art. 1 del D.L. (composto in origine da 25 commi) e 3 commi all’art. 1 del d.d.l. di conversione.
[2] Lo stesso D.L. (art. 2) ha affiancato la Presidenza del Consiglio al Ministero per i beni e le attività culturali nell’esercizio di alcune funzioni in materia di proprietà letteraria, diritto d'autore e vigilanza sulla Società italiana autori ed editori (SIAE).
[3] Decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 300, Riforma dell'organizzazione del Governo.
[4] D.Lgs. 30 luglio 1999, n. 303, Ordinamento della Presidenza del Consiglio dei ministri.
[5] L. 15 marzo 1997, n. 59, Delega al governo per il conferimento di funzioni e compiti alle regioni ed enti locali, per la riforma della Pubblica amministrazione e per la semplificazione amministrativa.
[6] Dal nome del Ministro per la Funzione pubblica proponente.
[7] Decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112, Conferimento di funzioni e compiti amministrativi dello Stato alle regioni ed agli enti locali.
[8] L. 26 marzo 2001, n. 81, Norme in materia di disciplina dell’attività di Governo.
[9] Si ricorda per inciso che l’art. 95, terzo comma, della Costituzione riserva alla legge la determinazione del numero, delle attribuzioni e dell’organizzazione dei ministeri.
[10] Si tratta del Ministero della giustizia e del Ministero delle politiche agricole e forestali.
[11] Che vengono, conseguentemente, soppressi, in base all’art. 55, co. 1, lett. b) del D.Lgs. 300.
[12] Si ricorda che l’Agenzia per il servizio civile è stata successivamente soppressa dalla L. 16 gennaio 2003, n. 3, Disposizioni ordinamentali in materia di pubblica amministrazione, e che le relative funzioni sono state trasferite all’Ufficio nazionale per il servizio civile istituito presso la Presidenza del Consiglio dei ministri (artt. 8 e 10 della L. 8 luglio 1998, n. 230, Nuove norme in materia di obiezione di coscienza).
§ [13] Di tale struttura si avvale, altresì, per il coordinamento, nella fase di predisposizione della normativa comunitaria, delle amministrazioni dello Stato competenti per settore, delle regioni, degli operatori privati e delle parti sociali interessate, ai fini della definizione della posizione italiana da sostenere, di intesa con il Ministero degli affari esteri, in sede di Unione europea.
[14] Tale articolo è stato abrogato e trasfuso nell’art. 2 del D.Lgs. 11 aprile 2006, n. 198, recante il Codice delle pari opportunità tra uomo e donna, a norma dell'articolo 6 della L. 28 novembre 2005, n. 246.
[15] Si ricorda che l’art. 11 del D. Lgs. 300 del 1999 ha disposto la trasformazione delle prefetture in uffici territoriali di Governo ai quali sono attribuite, tra l’altro, le funzioni dei commissari di Governo.
[16] Legge 23 agosto 1988, n. 400, Disciplina dell’attività di Governo e ordinamento della Presidenza del Consiglio dei Ministri.
[17] Decreto legge 12 giugno 2001, n. 217, Modificazioni al decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 300, nonché alla legge 23 agosto 1988, n. 400, in materia di organizzazione del Governo, convertito con modificazioni dalla legge dall’art. 1, L. 3 agosto 2001, n. 317
[18] Cui la legislazione in materia (a partire dalla L. 249/1997) attribuisce competenze molto ampie, in primo luogo in termini di regolamentazione e regolazione del sistema delle comunicazioni, ma anche in termini di controllo e vigilanza (in ambiti anche piuttosto differenziati, che vanno – a titolo esemplificativo – dalla disciplina delle posizioni dominanti, al controllo in materia di “par condicio” , alla tutela dei minori).
[19] Il decreto-legge incide in particolare sull’ampiezza della delega statuendo che essa riguardi “aree o progetti di competenza di una o più strutture dipartimentali ovvero di più direzioni generali”. L’attribuzione di competenze organiche relative ad un intero o più dipartimenti o direzioni generali (ovvero le strutture di primo livello nei due modelli di organizzazione ministeriale previsti dall’art. 3 del D.Lgs. 300/1999) non costituisce più il presupposto necessario per l’attribuzione del titolo di vice ministro, così come stabilito dalla L. 81/2001. Risultano, pertanto, attenuati i profili distintivi della delega conferita ai vice ministri rispetto alle deleghe attribuibili agli altri sottosegretari.
[20] Legge 6 luglio 2002, n. 137, Delega per la riforma dell'organizzazione del Governo e della Presidenza del Consiglio dei Ministri, nonché di enti pubblici.
[21] Si vedano i D.Lgs. 3 luglio 2003, n. 173, Riorganizzazione del Ministero dell'economia e delle finanze e delle agenzie fiscali, a norma dell'articolo 1 della L. 6 luglio 2002, n. 137; D. Lgs. 8 gennaio 2004, n. 3, Riorganizzazione del Ministero per i beni e le attività culturali, ai sensi dell'articolo 1, della L. 6 luglio 2002, n. 137; D.Lgs. 22 gennaio 2004 n. 34, Modifiche ed integrazioni al D.Lgs. 30 luglio 1999, n. 300, concernenti le funzioni e la struttura organizzativa del Ministero delle attività produttive, a norma dell'articolo 1 della L. 6 luglio 2002, n. 137.
[22]D. Lgs. 31 ottobre 2002, n. 257, Modifiche all'articolo 10 del D.Lgs. 30 luglio 1999, n. 303, concernenti gli italiani nel Mondo.
[23] Recante Istituzione e organizzazione interna del Dipartimento per gli italiani nel mondo, nell'ambito della Presidenza del Consiglio dei Ministri.
[24]L. 16 gennaio 2003, n. 3, Disposizioni ordinamentali in materia di pubblica amministrazione.
[25]Decreto legislativo 5 dicembre 2003, n. 343, Modifiche ed integrazioni al D.Lgs. 30 luglio 1999, n. 303, sull'ordinamento della Presidenza del Consiglio dei Ministri, a norma dell'articolo 1 della L. 6 luglio 2002, n. 137.
[26] Legge 24 dicembre 2003, n. 350, Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge finanziaria 2004).
[27] D.L. 26 aprile 2005, n. 63, Disposizioni urgenti per lo sviluppo e la coesione territoriale, nonché per la tutela del diritto d'autore, e altre misure urgenti, convertito in legge, con modificazioni, dalla L. 25 giugno 2005, n. 109.
[28] D.L. 31 maggio 2005, n. 5, Disposizioni urgenti in materia di protezione civile, convertito in legge con modificazioni, dall'art. 1 della L. 26 luglio 2005, n. 152.
[29] Le competenze relative agli strumenti di “programmazione negoziata” risultavano già attribuite dal d.lgs. 300/99 al Ministero delle attività produttive (con l'eccezione di due strumenti). Il DL n. 63/2005 ha poi trasferito le competenze in materia di programmazione negoziata nel mezzogiorno al Presidente del Consiglio o ad un ministro da lui delegato.
[30] Tale DL non ha peraltro novellato il d.lgs. 300/99 sul punto. Per l’esercizio delle suddette funzioni il Presidente del Consiglio dei ministri o il ministro delegato era autorizzato dal medesimo DL ad utilizzare “anche” le strutture organizzative del Dipartimento delle politiche di sviluppo e coesione presso il Ministero dell’economia e delle finanze.
[31] La delega di funzioni in materia di politiche giovanili e attività sportive, conferita al Ministro senza portafoglio on. Giovanna Melandri, risulta dal DPCM 15 giugno 2006 (pubbl. in GU del 29 giugno 2006).
[32] V. la delega citata alla nota precedente.
[33] La delega di funzioni in materia di politiche per la famiglia, conferita al Ministro senza portafoglio on. Rosaria Bindi (detta Rosy), risulta dal DPCM 15 giugno 2006 (pubbl. in GU del 29 giugno 2006).
[34] Si ricorda che l’articolo 117, secondo comma, lettera p), della Costituzione, richiamato dalla disposizione in esame, riserva allo Stato la potestà legislativa esclusiva in materia di “legislazione elettorale, organi di governo e funzioni fondamentali di Comuni, Province e Città metropolitane”.
[35] Si ricorda che la figura del Ministro senza portafoglio è prevista dall’art. 9 della L. 400/1988, in base al quale, all'atto della costituzione del Governo, il Presidente della Repubblica, su proposta del Presidente del Consiglio dei ministri, può nominare presso la Presidenza del Consiglio dei ministri senza portafoglio, i quali svolgono le funzioni loro delegate dal Presidente del Consiglio dei ministri sentito il Consiglio dei ministri, con provvedimento da pubblicarsi nella Gazzetta ufficiale. L’articolo è stato modificato dal co. 22-ter del testo in esame (v. infra).
[36] Nel comunicato emesso dal Governo all’esito del Consiglio dei Ministri del 17 maggio u.s., che ha deliberato il d.l. in esame, è riportato che l’intervento normativo lascia “sostanzialmente invariato il numero dei Ministeri, che ora sono 25”. Il comunicato è relativo al complesso del decreto-legge che interviene anche sui ministri “senza portafoglio”.
[37] Articolo 11, co. 1, lettera a) della legge 59/1997.
[38] Già citato in nota.
[39] Nel corso dell’esame al Senato è stato inserito il comma 13-bis, secondo il quale la denominazione: "Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare" sostituisce ad ogni effetto e ovunque presente, la denominazione: "Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio".
[40] Modifiche al decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 300, concernente le strutture organizzative dei Ministeri, nonché i compiti e le funzioni del Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio. Tale D.Lgs. è stato adottato sulla base di una delega contenuta nella legge n. 137 del 2002 (art. 1 in particolare).
[41] In particolare con l’art. 1, che modifica l’art. 3 del D.Lgs. n. 300 del 1999. Si ricorda che con il d.lgs. 300/99 sono state definite le “mission” delle diverse Amministrazioni e stabiliti i principi cardine dell’organizzazione (articolazione per dipartimenti o per direzioni generali e numero massimo dei tali strutture di primo livello), per il resto demandata ai regolamenti ex art. 17, comma 4 bis l. 400. La dottrina ha evidenziato in proposito come il modello ministeriale di cui al D.Lgs. 300 si configuri come un modello a geometria variabile, con un nucleo comune ed essenziale ed alcune parti che possono variare, ma nel rispetto di tipologie determinate.
[42] Art. 2, che modifica l’art. 6 del D.Lgs. n. 300 del 1999.
[43] Nei Ministeri organizzati in dipartimenti l’ufficio del segretario generale, ove previsto da precedenti disposizioni di legge o regolamento, e’ soppresso. I compiti attribuiti a tale ufficio sono distribuiti tra i capi dipartimento.
[44] Il nono riguarda gli Uffici territoriali del Governo.
[45] Recante Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 28 maggio 2004, n. 136, recante disposizioni urgenti per garantire la funzionalita’ di taluni settori della pubblica amministrazione. Disposizioni per la rideterminazione di deleghe legislative e altre disposizioni connesse.
[46] V. in part. art. 2, co.1, che ha delegato il Governo ad adottare, entro il termine su indicato uno o più D.Lgs. integrativi e correttivi di svariati D.Lgs.: in primo luogo del D.Lgs. 30 luglio 1999, n. 300 (riforma dell’organizzazione del Governo), ma anche di D.Lgs. relativi all’ordinamento del Ministero per i beni culturali, alla fondazione “La Biennale di Venezia”, alla fondazione “La Triennale di Milano”, al Ministero della difesa ed al D.Lgs. di riforma strutturale delle Forze armate.
[47] In tal senso si possono indicare le riforme del Ministero dell’ambiente, del Ministero del lavoro e del Ministero delle attività produttive, che vanno ad aggiungersi al Ministero degli affari esteri, a quello della difesa ed a quello delle comunicazioni. Come eccezione a tale “trend” si può indicare il Ministero dei beni culturali, per il quale, con il D.Lgs. 3/2004, sono stati istituiti quattro dipartimenti.
[48] Da emanare nel rispetto dei seguenti criteri:
a) riordino degli uffici di diretta collaborazione con i Ministri ed i Sottosegretari di Stato, stabilendo che tali uffici hanno esclusive competenze di supporto dell'organo di direzione politica e di raccordo tra questo e l'amministrazione;
b) individuazione degli uffici di livello dirigenziale generale, centrali e periferici, mediante diversificazione tra strutture con funzioni finali e con funzioni strumentali e loro organizzazione per funzioni omogenee e secondo criteri di flessibilità eliminando le duplicazioni funzionali;
c) previsione di strumenti di verifica periodica dell'organizzazione e dei risultati;
d) indicazione e revisione periodica della consistenza delle piante organiche;
e) previsione di decreti ministeriali di natura non regolamentare per la definizione dei compiti delle unità dirigenziali nell'ambito degli uffici dirigenziali generali.
[49] sulle modalità di approvazione dei decreti del Presidente del Consiglio dei ministri, attuativi del riordino dei Ministeri e della Presidenza del Consiglio dei ministri previsti dal decreto-legge in esame, interviene il comma 25-ter, il quale prevede che siano corredati da relazione tecnica e sottoposti per il parere alle Commissioni parlamentari competenti per materia e alle Commissioni bilancio del Senato della Repubblica e della Camera dei deputati per i profili di carattere finanziario. Decorsi trenta giorni dalla trasmissione della richiesta, i decreti possono essere comunque adottati.
[50] Seduta pomeridiana del 4 luglio 2006.
[51] Per la predisposizione degli schemi di regolamento la Presidenza del Consiglio dei Ministri, ove necessario, promuove, anche su richiesta del Ministro competente, riunioni tra le amministrazioni interessate. Decorsi sessanta giorni dalla richiesta di parere alle Commissioni parlamentari, i regolamenti possono essere comunque emanati.
[52] La sequenza che vede le Camere intervenire per ultime nel processo di adozione dei decreti legislativi risponde infatti all’esigenza, avanzata dai Presidenti delle Camere, che «per il corretto e proficuo esercizio della prerogativa parlamentare il testo deliberato in via definitiva dal Consiglio dei ministri non possa configurare un atto diverso, per profili formali e sostanziali, da quello sottoposto all’esame del Parlamento, fatte salve le modificazioni che il Governo, nell’ambito della sua competenza e responsabilità, ritenga di introdurre per effetto del parere espresso».
[53] Il decreto provvederà anche alla individuazione, in relazione alle strutture trasferite, degli incarichi dirigenziali conferiti ai sensi dell’art. 19, commi 5-bis e 6 del D.Lgs. 165/2001 (vedi oltre i commi 10-bis e 10-ter del provvedimento in esame).
[54] I regolamenti citati nel testo devono rispettare i seguenti principi e criteri direttivi:
a) attribuzione dei compiti di diretta collaborazione secondo criteri che consentano l'efficace e funzionale svolgimento dei compiti di definizione degli obiettivi, di elaborazione delle politiche pubbliche e di valutazione della relativa attuazione e delle connesse attività di comunicazione, nel rispetto del principio di distinzione tra funzioni di indirizzo e compiti di gestione;
b) assolvimento dei compiti di supporto per l'assegnazione e la ripartizione delle risorse ai dirigenti preposti ai centri di responsabilità, ai sensi dell'articolo 3 del decreto legislativo 7 agosto 1997, n. 279, anche in funzione della verifica della gestione effettuata dagli appositi uffici, nonché del compito di promozione e sviluppo dei sistemi informativi;
c) organizzazione degli uffici preposti al controllo interno di diretta collaborazione con il ministro, secondo le disposizioni del decreto legislativo di riordino e potenziamento dei meccanismi e strumenti di monitoraggio e valutazione dei costi, dei rendimenti e dei risultati dell'attività svolta dalle amministrazioni pubbliche, in modo da assicurare il corretto ed efficace svolgimento dei compiti ad essi assegnati dalla legge, anche attraverso la provvista di adeguati mezzi finanziari, organizzativi e personali;
d) organizzazione del settore giuridico-legislativo in modo da assicurare: il raccordo permanente con l'attività normativa del Parlamento, l'elaborazione di testi normativi del Governo garantendo la valutazione dei costi della regolazione, la qualità del linguaggio normativo, l'applicabilità delle norme introdotte, lo snellimento e la semplificazione della normativa, la cura dei rapporti con gli altri organi costituzionali, con le autorità indipendenti e con il Consiglio di Stato;
e) attribuzione dell'incarico di Capo degli uffici ad esperti, anche estranei all'amministrazione, dotati di elevata professionalità.
[55] “Regolamento recante semplificazione e accelerazione delle procedure di spesa e contabili”. L’art. 11 citato disciplina in particolare il procedimento del controllo preventivo di ragioneria.
[56] “Riforma di alcune norme di contabilità generale dello Stato in materia di bilancio”. L’art. 4-bis stabilisce che in sede di formulazione degli schemi degli stati di previsione i Ministri indicano, anche sulla base delle proposte dei dirigenti responsabili della gestione delle singole unità previsionali, gli obiettivi e i programmi di ciascun Dicastero. Successivamente il Ministro del tesoro (ora dell’economia e delle finanze) valuta gli oneri delle funzioni e dei servizi istituzionali, nonché quelli dei programmi e dei progetti presentati dall'amministrazione interessata, con riferimento alle singole unità previsionali. Nella stessa sede, esamina altresì lo stato di attuazione dei programmi in corso, ai fini della proposta di conservazione in bilancio come residui delle somme già stanziate per spese in conto capitale e non impegnate. Infine, il Ministro del tesoro predispone il progetto di bilancio di previsione
[57] La relazione, i cui dati sono aggiornati al 30 giugno 2005, è disponibile in www.corteconti.it.
[58] Per l’elenco analitico degli incarichi suddivisi per amministrazione si vedano le due tabelle a pag. 51 e 54 della relazione.
[59] Da ultimo sono stati adottati: Il D.P.R. 208/2003, per gli uffici di diretta collaborazione del Ministro della salute; il D.P.R. 227/2003 per gli per gli uffici di diretta collaborazione del Ministro dell'economia e delle finanze; D.P.R. 316/2003, per gli uffici di diretta collaborazione del vice Ministro delle attività produttive, che modifica il D.P.R. 445/2000, in modo da tener conto della nuova figura del vice Ministro (cfr. infra); il D.P.R. 162/2006, per gli uffici di diretta collaborazione del Ministro della difesa.
[60] L’aspettativa implica una sospensione temporanea del rapporto di lavoro per ragioni particolari e contingenti, in sostanza è la condizione giuridica in cui viene a trovarsi il dipendente pubblico quando sia temporaneamente esonerato dal servizio. L’aspettativa, quindi, si configura come una situazione giuridicamente tutelata dei pubblici impiegati, la quale in particolari casi può assumere la consistenza di un diritto soggettivo perfetto. L’articolo 66 del D.P.R. 10 gennaio 1957, n. 3, T.U. delle disposizioni concernenti lo statuto degli impiegati civili dello Stato, stabilisce che l’impiegato può essere collocato in aspettativa per: sevizio militare, infermità, motivi di famiglia. Si consideri però che nel rapporto di lavoro “privatizzato” (ai sensi dell’art. 2, comma 2, D.Lgs. 165/2001, recante norme generali sull'ordinamento del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche), la determinazione concreta e la disciplina di tale situazione soggettiva, è ormai rimessa alla contrattazione collettiva. In materia è intervenuto anche il citato D.Lgs. 30 marzo 2001, n.165, prevedendo che l’aspettativa si può avere anche per mandato parlamentare e per permesso sindacale.
[61] Nel pubblico impiego l’istituto del comando è disciplinato dall’articolo 56 del DPR 10 gennaio 1957, n. 3 (“TU delle disposizioni concernenti lo statuto degli impiegati civili dello Stato”), il quale stabilisce che – per riconosciute esigenze di servizio, o quando sia richiesta una speciale competenza, purché per un periodo di tempo determinato ed in via eccezionale – l’impiegato di ruolo può essere comandato a prestare servizio presso altra amministrazione statale o presso altri enti pubblici. La riforma del pubblico impiego, attuata con il D. Lgs 29 del 1993, poi trasfuso nel D.Lgs, 165 del 2001, non ha disciplinato l’istituto del comando, che va pertanto ricostruito all’interno di un quadro più generale, costituito dalla disciplina civilistica e dalla contrattazione collettiva, ferma restando l’applicabilità del T.U. del pubblico impiego nell’ambito dei settori del lavoro pubblico non contrattualizzato. Si può quindi interpretare il silenzio del legislatore come un rinvio in via immediata alle regole privatistiche ed alla contrattazione collettiva, che sono destinate ormai a disciplinare il rapporto del personale “contrattualizzato” delle amministrazioni pubbliche (art. 2, comma 2, D.Lgs. 165/2001). Difatti l’art. 4 del CCNL siglato il 15.5.2001, integrativo del CCNL del personale del comparto Ministeri sottoscritto in data 16.2.1999, ha disciplinato ex novo l’istituto del comando, determinandosi conseguentemente, sulla base dell’articolo 34 dello stesso CCNL, la disapplicazione dell’articolo 56 del DPR 10 gennaio 1957, n. 3. Analoge disposizioni sono contenute rispettivamente negli articoli 3 e 37 del CCNL siglato il 24 aprile 2002, integrativo del CCNL del comparto aziende ed amministrazioni dello Stato ad ordinamento autonomo del 24 maggio 2000.
[62] Si ricorda che il collocamento fuori ruolo è uno degli istituti propri del pubblico impiego che comportano una modificazione oggettiva del rapporto di lavoro. In particolare, il collocamento fuori ruolo, a differenza del comando, pone l’impiegato fuori dai quadri organici dell’amministrazione di appartenenza. Nel collocamento fuori ruolo si ha l’utilizzazione dell’impiegato presso altra amministrazione, con conseguente interruzione del preesistente rapporto d’impiego, così che il posto rimasto vacante può essere ricoperto da un altro titolare. La retribuzione è a carico dell’amministrazione presso la quale si presta il servizio. Nel nostro ordinamento l’istituto è regolamentato dagli articoli 58 e 59 della L. 3 del 1957, recante lo statuto degli impiegati civili dello Stato. Il collocamento fuori ruolo può essere disposto per il disimpegno di funzioni dello Stato o di altri enti pubblici attinenti agli interessi dell'amministrazione che lo dispone e che non rientrino nei compiti istituzionali dell'amministrazione stessa.
[63] Pubblicato nella Gazzetta Ufficiale del 17 maggio 2006.
[64] D.Lgs. 30 marzo 2001, n. 165, Norme generali sull’ordinamento del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche.
[65] L.15 luglio 2002, n. 145, Disposizioni per il riordino della dirigenza statale e per favorire lo scambio di esperienze e l’interazione tra pubblico e privato.
[66] La disciplina antecedente alla L. 145/2002 prevedeva invece che entro lo stesso termine tali incarichi potessero essere confermati, modificati, revocati o rinnovati e che in assenza di determinazioni a riguardo essi dovessero ritenersi confermati sino alla loro naturale scadenza.
[67] Cfr. per esempio gli artt. 9 e 10 del citato D.P.R. 227/2003. Si consideri inoltre che l’art. 3 della legge n. 137/2002 (di cui, come detto, il decreto-legge in esame prevede l’abrogazione) dispone che si intende compresa nel contingente complessivo del personale di diretta collaborazione del Ministro solamente la parte del contingente di personale riservata ai vice Ministri eccedente il contingente attribuito ai sottosegretari di Stato: cfr. infra, comma 6.
[68] Legge 30 dicembre 2004 n. 311, Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge finanziaria 2005).
[69] D.L. 14 marzo 2005 n. 35, (conv., con modificazioni, dalla L. 14 maggio 2005, n. 80), Disposizioni urgenti nell'àmbito del Piano di azione per lo sviluppo economico, sociale e territoriale (c.d. decreto-legge sulla competitività).
[70] L. 9 novembre 1999, n. 418, Disposizioni in materia di indennità dei Ministri e dei Sottosegretari di Stato non parlamentari.
[71] L'istituzione del Ministero dell'industria risale al R.D. 22 giugno 1916, n. 775. Nel 1923 fu assorbito, assieme a quelli del lavoro e dell'agricoltura, nel Ministero dell'economia nazionale, successivamente sostituito dal Ministero delle corporazioni. Nel 1943 fu ricostituito, assumendo i compiti del Ministero delle corporazioni, eccettuati quelli dell'agricoltura, con la denominazione di Ministero dell'industria, del commercio e del lavoro (R.D. 9 agosto 1943, n. 718). Nel 1945 venne scisso in Ministero del lavoro e della previdenza sociale e Ministero dell'industria, del commercio e dell'artigianato (D.Lgt. 21 giugno 1945, n. 377). Con la legge 26 settembre 1966, n. 792, ha assunto la denominazione di Ministero dell'industria, del commercio e dell'artigianato.
[72] Il Dipartimento del turismo era già stato affidato al Ministro dell'industria mediante delega del Presidente del Consiglio con il D.P.C.M. 10 novembre 1998 seguito dal D.Lgs. 30 luglio 1999, n. 303 che aveva disposto il trasferimento al Ministero dell'industria dei compiti della Presidenza del Consiglio relativi all’area funzionale del turismo, nonché delle corrispondenti strutture e relative risorse finanziarie materiali ed umane.
[73] il D.P.C.M. 10 aprile 2001, recante “Operatività delle disposizioni di cui all'art.55, comma 6, del D.Lgs. 30 luglio 1999, n. 300, concernenti gli adempimenti necessari per il completamento della riforma dell'organizzazione del Governo”, all’articolo 4, ha fissato al 1° giugno 2001 la data di decorrenza dell'operatività di alcune delle disposizioni recate dal D.Lgs.300/99, concernenti il Ministero delle attività produttive.
[74] Peraltro, il D.L. n. 63/2005 aveva trasferito le citate funzioni al Presidente del Consiglio o ad un ministro da lui delegato senza novellare l’articolo 24, comma 1, lettera c) del decreto legislativo n. 300/99.
[75] Il Dipartimento è stato istituito nel 1998 (D.P.R. 20 febbraio 1998, n. 38) in seguito all'accorpamento del Ministero del tesoro e del Ministero del bilancio e della programmazione economica disposto dalla legge 3 aprile 1997, n. 94. A seguito della riforma dell’organizzazione del Governo, disciplinata dal D.Lgs. n. 300/1999, è stato istituito (articolo 23) il Ministero dell’economia e delle finanze, con contestuale soppressione del Ministero del tesoro, del bilancio e della programmazione economica e del Ministero delle finanze. Le attribuzioni del Ministero sono state individuate con riferimento a cinque aree funzionali (articolo 24), che corrispondono ai cinque dipartimenti in cui si struttura l’organizzazione: Dipartimento del tesoro; Dipartimento della Ragioneria generale dello Stato; Dipartimento per le politiche di sviluppo e di coesione; Dipartimento dell’amministrazione generale, del personale e dei servizi del tesoro; Dipartimento per le politiche fiscali.
[76] Le norme sull’articolazione organizzativa del Dipartimento per le politiche di sviluppo e di coesione del Ministero dell’economia e delle finanze sono state, da ultimo, modificate con il regolamento di cui al D.P.R. 1° agosto 2002, n. 202, dal D.M. Economia 31 ottobre 2002 e di recente dal D.M. 19 gennaio 2006.
[77] Il Dipartimento è articolato in 6 Servizi centrali, corrispondenti ad Uffici di livello dirigenziale generale: Servizio per le politiche di sviluppo territoriale e le intese; Servizio progetti, studi e statistiche; Servizio per le politiche dei Fondi strutturali comunitari; Servizio centrale di segreteria del CIPE; Servizio dipartimentale per gli affari generali e contabili, il personale e la qualità dei processi e dell’organizzazione; Servizio relazioni con i Paesi terzi in materia di politiche di sviluppo territoriale. Inoltre il Dipartimento è composto da quattro Uffici di diretta collaborazione con il Capo Dipartimento (per la comunicazione e le relazioni esterne, per la consulenza legale, per il rapporto con le Regioni, per il controllo di gestione), dal Nucleo di Valutazione e Verifica degli Investimenti Pubblici (articolato i due unità).
[78] D.L. 26 aprile 2005, n. 63, Disposizioni urgenti per lo sviluppo e la coesione territoriale, nonché per la tutela del diritto d'autore, e altre misure urgenti, convertito in legge, con modificazioni, dalla L. 25 giugno 2005, n. 109.
[79] Si segnala che, con decreto del Presidente della Repubblica del 18 maggio 2006, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 116 del 20 maggio 2006, l'onorevole Emma Bonino è stata nominata Ministro del commercio internazionale. Con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 18 maggio 2006, pubblicato nella Gazzetta ufficiale n. 119 del 24 maggio 2006, al ministro Bonino è stato altresì conferito l'incarico per le politiche europee.
[80] L’articolo
33, comma 2, lettera b), dispone che al Ministero delle politiche agricole e
forestali spettano le competenze in materia di “trasformazione e commercializzazione dei
prodotti agricoli e agroalimentari come definiti dal paragrafo 1 dell'articolo
32 del trattato che istituisce
[81] L’articolo 28, comma 1, lettera a), dispone che al Ministero delle attività produttive spetta il "monitoraggio sullo stato dei settori merceologici, ivi compreso, per quanto di competenza, il settore agroindustriale, ed elaborazione di politiche per lo sviluppo degli stessi". L'articolo 55, comma 8,. dispone che "a far data dal 1° gennaio 2000, le funzioni relative al settore agroindustriale esercitate dal Ministero per le politiche agricole sono trasferite, con le inerenti risorse, al Ministero delle attività produttive”
[82] Fonte ASSOCAP (2/2006) (dati riportati in “L’informatore agrario” 17/23 febbraio 2006).
[83] Decreto legislativo 2 agosto 2002, n. 220, Norme in materia di riordino della vigilanza sugli enti cooperativi, ai sensi dell'articolo 7, comma 1, della L. 3 aprile 2001, n. 142, recante: “Revisione della legislazione in materia cooperativistica, con particolare riferimento alla posizione del socio lavoratore”.
[84] L’art. 5, comma 1, lettera f) della legge 366 del 2001, recante la delega al Governo per la riforma del diritto societario, definisce il “gruppo cooperativo quale insieme formato da più società cooperative, anche appartenenti a differenti categorie, con la previsione che lo stesso, esercitando poteri ed emanando disposizioni vincolanti per le cooperative che ne fanno parte, configuri una gestione unitaria”.
[85] Le società di mutuo soccorso e gli enti mutualistici di cui all’articolo 2512 del codice civile (il quale si limita a disporre che gli enti mutualistici diversi dalle società sono regolati dalle leggi speciali) sono attualmente compresi in una apposita sezione dell’Albo delle società cooperative tenuto a cura del Ministero delle attività produttive, ove si iscrivono le cooperative a mutualità prevalente. In una diversa sezione del medesimo albo sono tenute ad iscriversi anche le cooperative diverse da quelle a mutualità prevalente. L’istituzione dell’albo è stata disposta con il D.M. 23/6/2004, e le modalità per l’iscrizione all’albo (che ha sostituito i precedente Registro Prefettizi e lo schedario generale della Cooperazione) è stata definita con il decreto del 20/4/2006 (G.U. n. 98/2006) in attuazione del D.lgs. n. 6/2003 recante Riforma organica della disciplina delle società di capitali e società cooperative, in attuazione della L. 3 ottobre 2001, n. 366.
[86] Ai sensi della legge 28 ottobre 1999, n. 410, recante nuovo ordinamento dei consorzi agrari, che viene abrogata dalle norme in commento, i consorzi agrari erano definiti “società cooperative a responsabilità limitata (…) regolati dagli articoli 2514 e seguenti del codice civile, nonché dalle leggi speciali in materia di società cooperative e dalle disposizioni della presente legge”.
[87] E’ con la legge 7 agosto 1997 n. 266, recante Disposizioni per interventi urgenti per l'economia (nota anche come legge Bersani) che è stato introdotto nel nostro ordinamento un nuovo istituto societario, denominato “piccola società cooperativa”. Per tale forma societaria , che può costituirsi nella sola forma della società a responsabilità limitata, i soci devono essere persone fisiche in un numero comprese fra tre e otto, in deroga a quanto previsto dall’articolo 2532 del codice civile. Inoltre, l’attività amministrativa non necessita dell’istituzione di un CDA poiché può essere attribuita direttamente all'assemblea, previa nomina del Presidente al quale spetta la rappresentanza legale della società.
[88] Si ricorda che il modello dualistico (articoli 2409-octies e seguenti del codice civile) prevede un consiglio di gestione e consiglio di sorveglianza eletto dall'assemblea, mentre il modello monistico (articoli 2409-sexiesdecies e seguenti del codice civile) prevede un consiglio di amministrazione avente al proprio interno un comitato per il controllo sulla gestione, composto in maggioranza da amministratori indipendenti non esecutivi.
[89] A norma dell'articolo 2540 del codice civile, la liquidazione coatta amministrativa è una misura che l'autorità governativa può disporre nel caso in cui le attività della società (anche se già posta in liquidazione) non risultino sufficienti al pagamento dei debiti.
[90] In
merito a quest’ultima disposizione è bene ricordare che la fusione delle società
cooperative è regolata dagli artt. da
[91] Il termine che la legge n. 410/1999 aveva inizialmente posto per la revoca era di trentasei mesi dalla data di entrata in vigore della stessa. Tale termine originario è stato procrastinato con l'articolo 52, comma 33, della legge 28 dicembre 2001, n. 448 (legge finanziaria per il 2002); con l'articolo 10 del decreto-legge 24 giugno 2003, n. 147 (convertito, con modificazioni, dalla legge n. 200/2003); e infine con l’art. 12 del decreto legge n. 266/2004 (convertito, con modificazioni, dalla legge n. 306/2004).
[92] Decreto legge 9 novembre 2004, n. 266, Proroga o differimento di termini previsti da disposizioni legislative, convertito con modificazioni dalla legge n. 306/2004, e successivamente modificato dall'art. 27, D.L. n. 273/2005, come modificato dalla relativa legge di conversione.
[93] Per tale sostituzione è fatto richiamo all'art. 2543 del codice civile, che la prevede nel caso di irregolare funzionamento delle società cooperative. La nomina del commissario governativo deve essere finalizzata ad assicurare la efficiente gestione del consorzio e la ricostituzione ordinaria degli organi sociali anche modificando le norme statutarie, conformemente agli scopi, anche pubblicistici, assegnati ai Consorzi agrari.
[94] Regio decreto 16 marzo 1942, n. 267 Disciplina del fallimento, del concordato preventivo, dell'amministrazione controllata e della liquidazione coatta amministrativa.
[95] Attualmente 29 consorzi opererebbero in gestione ordinaria, 6 sarebbero sottoposti e gestione commissariale, 22 sarebbero sottoposti a liquidazione coatta amministrativa con esercizio provvisorio e a 15 sarebbe stato ritirato l’esercizio provvisorio.
[96] Il regio decreto 16 marzo 1942, Disciplina del fallimento, del concordato preventivo, dell'amministrazione controllata e della liquidazione coatta amministrativa, regola con l’articolo 213 la chiusura della procedura di liquidazione richiedendo che, prima dell'ultimo reparto ai creditori, il bilancio finale della liquidazione con il conto della gestione e il piano di reparto tra i creditori, accompagnati da una relazione del comitato di sorveglianza, vengano sottoposti all'autorità di vigilanza che ne autorizza il deposito presso la cancelleria del tribunale e liquida il compenso al commissario. Dell'avvenuto deposito è data notizia mediante inserzione nella Gazzetta Ufficiale e nei giornali che siano designati dall'autorità che vigila sulla liquidazione.
[97] Società proveniente dalla "Naturalmenteitaliano Unipersonale S.r.l.", costituita in data 24 luglio 2002, che successivamente ha mutato la propria denominazione e ragione sociale in quella attuale il 4 luglio 2003.
[98] Il periodo è stato aggiunto dal comma 4 dell'art. 1-bis, del D.L. 10 gennaio 2006, n. 2, convertito con modificazioni nelle legge n. 81, Interventi urgenti per i settori dell’agricoltura, dell’agroindustria, della pesca, nonché in materia di fiscalità d’impresa.
[99] Cfr. emendamento 1.2000, interamente sostitutivo dell’articolo 1 del disegno di legge di conversione del decreto legge, su cui il Governo ha posto la questione di fiducia.
[100]Legge 15 giugno 1984, n. 245 recante Elaborazione del piano generale dei trasporti
[101]La legge definisce la procedura per l’adozione del piano e degli aggiornamenti dello stesso (trasmissione al Parlamento, previo esame del CIPE, dello schema predisposto dal Ministro dei trasporti, ai fini dell’acquisizione del parere delle competenti commissioni parlamentari, e successiva approvazione del piano da parte del Consiglio dei Ministri e adozione dello stesso con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri).
Con delibera 44/06 del 22 marzo 2006 il CIPE ha approvato il piano generale della logistica elaborato dalla Consulta generale dell’autotrasporto e della logistica, al fine di efficientare il settore dei trasporti e della logistica per la competitività del sistema-paese. Nelle premesse il CIPE precisa che il piano si può ricondurre alla categoria dei piani settoriali, da predisporsi a cura del Ministro dei trasporti, ai sensi della citata delibera 1/2001.
[103]Legge 24 novembre 2000, n. 340 recante Disposizioni per la delegificazione di norme e per la semplificazione di procedimenti amministrativi - Legge di semplificazione 1999.
[104]Si ricorda che nel corso del 2002 è stata predisposta, d'intesa con la Conferenza Unificata Stato-Regioni , la bozza di regolamento di cui all’art. 22 della legge 340/2000.
[105] Si ricordano, in particolare: il regio decreto 16 settembre 1940, n. 1438, sull'ordinamento dei servizi dell'amministrazione centrale dei lavori pubblici, la legge 18 ottobre 1942, n. 1460, relativa all'organizzazione degli organi consultivi in materia di opere pubbliche; il decreto legislativo luogotenenziale 18 gennaio 1945, n. 16, istitutiva dei Provveditorati regionali alle opere pubbliche, il D.P.C.M. 10 novembre 1987, istitutivo del Dipartimento per i problemi delle aree urbane presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri, il decreto ministeriale 6 ottobre 1990, n. 460, relativo all'organizzazione della direzione generale della difesa del suolo; il decreto ministeriale 26 marzo 1997, n. 217, istitutivo del servizio di controllo interno del Ministero dei lavori pubblici.
[106] Si richiamano a questo proposito il decreto del presidente della repubblica 15 gennaio 1972, n. 8, che ha operato il trasferimento alle regioni di funzioni amministrative statali nelle materie sopra indicate, trasferimento che è stato recentemente completato dal decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112.
[107]L. 6 luglio 2002 n. 137 recante Delega per la riforma dell'organizzazione del Governo e della Presidenza del Consiglio dei Ministri, nonché di enti pubblici
[108]Recante Modifiche al D.Lgs. 30 luglio 1999, n. 300, concernente la struttura organizzativa del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti a norma dell'articolo 1 della L. 6 luglio 2002, n. 137.
[109]Conseguentemente viene modificata l’elencazione dei Ministeri di cui all’art. 2, comma 1, del D.Lgs. 300/1999, inserendo anche il nuovo Ministero della solidarietà sociale.
[110]Oltre a istituire la figura del segretario generale, delineando l’assetto organizzativo-funzionale del relativo ufficio.
[111]La cui istituzione è prevista dall’art. 2 del D.Lgs. 23 aprile 2004, n. 124, nell’ambito della riforma dei servizi di vigilanza e ispettivi.
[112]Vedi in tal senso anche il parere espresso dalla XI Commissione del Senato in data 14 giugno 2006.
[113]Si segnala che la XI Commissione del Senato aveva evidenziato l’opportunità di un chiarimento in ordine alle modalità di coordinamento tra tali attribuzioni e quelle fino ad oggi esercitate dal Ministero del lavoro attraverso la Direzione generale per la famiglia, i diritti sociali e la responsabilità sociale delle imprese (cfr. la seduta del 14 giugno 2006).
[114]Tali funzioni, in base all’articolo 1-noniesdelD.P.R. 26 marzo 2001, n. 176, erano esercitate dalla Direzione generale dell’immigrazione presso il Ministero del lavoro e delle politiche sociali.
[115]Cfr. l’art. 1, comma 556, della legge 2 dicembre 2005, n. 266.
[116]La norma in esame non prevede espressamente il trasferimento delle risorse del Fondo né modifica la competenza in ordine al riparto di tali risorse.
[117]Ordinamento della Presidenza del Consiglio dei Ministri, a norma dell'articolo 11 della L. 15 marzo 1997, n. 59, come modificato dall’articolo 3, commi 83-86 della legge 24 dicembre 2003 (legge finanziaria per il 2004).
[118]decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990 (e successive modificazioni).
[119]articolo 1, comma 106, della legge 30 dicembre 2004, n. 311
[120]Cfr. l’art. 12, comma 1, lett. c) della legge 15 marzo 1997, n. 59.
[121]Disciplina delle cooperative sociali.
[122]L’ultima relazione annuale presentata (Doc. XXX, n. 5) è relativa all’anno 2004 ed è stata trasmessa alla Presidenza il 28 giugno 2005.
[123] D.Lgs. 5 aprile 2002, n. 77, Disciplina del Servizio civile nazionale a norma dell’articolo 2 della legge 6 marzo 2001, n. 64.
[124] La L. 6 marzo 2001, n. 64 ha delegato il Governo alla istituzione del Servizio civile nazionale, da prestarsi esclusivamente su base volontaria a decorrere dalla data di sospensione del servizio militare di leva disposta dalla L. 331/2000 (originariamente fissata al 2007, poi anticipata al 2005 – v. infra), nella prospettiva della realizzazione di una riforma parallela a quella istitutiva del servizio militare professionale e volontario prevista dalla legge ora menzionata. Si ricorda che anteriormente – sempre nella XIII legislatura – era intervenuta la legge di riforma dell’istituto dell’obiezione di coscienza (L. 230/1998) che ha organicamente disciplinato tale istituto, abrogando contestualmente la normativa risalente al 1972.
[125] L. 16 gennaio 2003, n. 3, Disposizioni ordinamentali in materia di pubblica amministrazione.
[126]D.Lgs. 30 luglio 1999, n. 303, Ordinamento della Presidenza del Consiglio dei Ministri, a norma dell’articolo 11 della L. 15 marzo 1997, n. 59.
[127] L. 8 luglio 1998, n. 230, Nuove norme in materia di obiezione di coscienza.
[128] D.L. 9 novembre 2004, n. 266, Proroga o differimento di termini previsti da disposizioni legislative, convertito, con modificazioni, in legge 27 dicembre 2004, n. 306 (v. art. 2).
[129]Riforma dell'organizzazione del Governo, a norma dell'articolo 11 della L. 15 marzo 1997, n. 59
[130]Legge 21 dicembre 1999, n. 508, Riforma delle Accademie di belle arti, dell'Accademia nazionale di danza, dell'Accademia nazionale di arte drammatica, degli Istituti superiori per le industrie artistiche, dei Conservatori di musica e degli Istituti musicali pareggiati.
[131] L. 27 febbraio 1967, n. 48, Attribuzioni e ordinamento del Ministero del bilancio e della programmazione economica e istituzione del Comitato dei Ministri per la programmazione economica.
[132] A seguito dell’attribuzione delle succitate funzioni alla Presidenza del Consiglio dei ministri, è stata conferita la delega per le attività sportive all’on. dott.ssa Giovanna Melandri.
[133] L’art. 157 del D.Lgs. 112/1998 (“Conferimento di funzioni e compiti amministrativi dello Stato alle regioni ed agli enti locali, in attuazione del capo I della L. 15 marzo 1997, n. 59”) ha, in materia di sport, trasferito alle regioni l’elaborazione dei programmi volti a a soddisfare, con strutture polifunzionali, le esigenze delle attività agonistiche riferite a campionati delle diverse discipline sportive aventi carattere di programmaticità e competitività organizzata secondo criteri di ufficialità; esso, inoltre, ha ribadito che resta riservata allo Stato la vigilanza sul CONI e sull'Istituto per il credito sportivo.
[134]D.Lgs. 20 ottobre 1998, n. 368, Istituzione del Ministero per i beni e le attività culturali, a norma dell'articolo 11 della legge 15 marzo 1997, n. 59.
[135] Le disposizioni della L. 1295/1957 sono state, successivamente, modificate e integrate dalla legge 18 febbraio 1983, n. 50.
[136] Testo unico delle leggi in materia bancaria e creditizia. L'art. 151 stabilisce che l'operatività, l'organizzazione e il funzionamento delle banche pubbliche residue sono disciplinati dal medesimo testo unico, dagli statuti e dalle altre norme in questi richiamate.
[137]Si veda l’art. 6 del D.M. 2 agosto 2004. Gli altri dipartimenti in cui, ai sensi del D.P.R. 173/2004, si articola il Ministero dei beni culturali sono: a) Dipartimento per i beni culturali e paesaggistici; b) Dipartimento per i beni archivistici e librari;c) Dipartimento per la ricerca, l'innovazione e l'organizzazione.
[138] Appare inconsueto, in particolare, lo specifico riferimento all’“iniziativa legislativa”, di norma non esplicitato in quanto tale iniziativa è ordinariamente ricompresa tra le funzioni proprie del Governo nei vari ambiti materiali di competenza.
[139] A seguito dell’attribuzione delle succitate funzioni alla Presidenza del Consiglio è stata conferita la delega – oltreché per gli affari regionali – per le autonomie locali all'on. prof.ssa Linda Lanzillotta.
[140] D.Lgs. 28 agosto 1997, n. 281, Definizione ed ampliamento delle attribuzioni della Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e Bolzano ed unificazione, per le materie ed i compiti di interesse comune delle regioni, delle province e dei comuni, con la Conferenza Stato-città ed autonomie locali.
[141] A seguito dell’attribuzione delle citate funzioni alla Presidenza del Consiglio è stata conferita la delega per le politiche giovanili alla on. dott.ssa Giovanna Melandri.
[142]Art. 1, comma 154 (legge finanziaria per il 2005). Il finanziamento, da ripartire tra il Forum nazionale e i Forum regionali e locali, era posto a carico del Fondo nazionale per le politiche sociali.La Corte costituzionale (sentenza n. 118 del 2006), ha dichiarato l'illegittimità della norma in quanto lesiva dell'autonomia finanziaria delle Regioni, in quanto poneva vincoli per risorse in materia non riservata alla competenza legislativa esclusiva dello Stato.
[143] Le funzioni di indirizzo e coordinamento in materia sono state delegate dal Presidente del Consiglio dei ministri all’on. Rosaria Bindi, detta Rosy.
[144]Il testo originario del decreto-legge si limitava a trasferire al Presidente del Consiglio “le funzioni di indirizzo e coordinamento in materia di politiche per la famiglia”.
[145] Con i D.P.R. 369/1998 e 284/2004 sono stati adottati i regolamenti per l’organizzazione dell’Osservatorio e del Centro nazionale.
[146] Il Piano nazionale di azione per la tutela dei diritti e lo sviluppo dei soggetti in età evolutiva, per il biennio 2000-2001, è stato approvato con D.P.R. 13 giugno 2000, mentre il piano per il 2002-2004 con D.P.R. 2 luglio 2003.
[147] Per un’analisi dettagliata delle politiche per la famiglia nella XIII e XIV legislatura cfr. il dossier documentazione e ricerche del Servizio studi n. 11 del 2006.
[148] L. 3 agosto 1998, n. 269, Norme contro lo sfruttamento della prostituzione, della pornografia, del turismo sessuale in danno di minori, quali nuove forme di riduzione in schiavitù.
[149] L. 6 febbraio 2006, n. 38, Disposizioni in materia di lotta contro lo sfruttamento sessuale dei bambini e la pedopornografia anche a mezzo Internet.
[150] L. 25 febbraio 1992, n. 215, Azioni positive per l'imprenditoria femminile.
[151] Il D.Lgs. 196/2000 ha introdotto importanti modifiche alla disciplina delle consigliere e dei consiglieri di parità, ridefinendone le funzioni, il regime giuridico e le dotazioni strumentali. Il provvedimento ha ridefinito la figura dei consiglieri di parità nelle attribuzioni e nelle modalità di nomina. Vengono, in particolare, meglio individuate le funzioni in materia di garanzia contro le discriminazioni e le attribuzioni nell'ambito delle politiche attive del lavoro. Inoltre viene ridisciplinata la materia dei permessi e delle indennità di cui possono beneficiare i consiglieri e le consigliere e vengono rafforzate le loro funzioni in sede di tutela giurisdizionale, soprattutto nei casi di atti discriminatori non individuali. Al fine di coordinare e rafforzare la loro azione si prevede, altresì, l'istituzione di una Rete nazionale. Il provvedimento, inoltre, ha modificato il regime di finanziamento, prevedendo l'istituzione di un apposito Fondo per l'attività delle consigliere e dei consiglieri di parità.
[152] Le risorse del Fondo vengono annualmente ripartite con decreto del ministro del lavoro, di concerto con il ministro per le pari opportunità, sentita la Conferenza unificata, tra le diverse destinazioni.
[153] Si dispone tra l’altro un obbligo, sanzionato a pena di decadenza dall’incarico, di presentare annualmente, da parte della consigliera o del consigliere nazionale di parità, un rapporto al Ministero del lavoro e al Ministero per le pari opportunità sull’attività svolta.
[154] Nella concessione del finanziamento hanno priorità i progetti concordati dai datori di lavoro con le organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative.
[155] I concessionari sono inoltre tenuti, ogni due anni, a redigere un rapporto sulla situazione del personale maschile e femminile in relazione all’attuazione del principio di pari opportunità, da trasmettere alla Commissione nazionale per le pari opportunità tra uomo e donna.
[156]DPR 28 luglio 2000, n. 314 Regolamento per la semplificazione del procedimento recante la disciplina del procedimento relativo agli interventi a favore dell'imprenditoria femminile (n. 54, allegato 1 della legge 59/1997.
[157]Il referendum abrogativo - che ha sancito l'abrogazione delle norme che prevedevano l'istituzione del Ministero stesso (legge 31 luglio 1959, n. 617) - era stato promosso dai Consigli regionali delle regioni Trentino-Alto Adige, Umbria, Piemonte, Valle d'Aosta, Lombardia, Marche, Basilicata, Toscana, Emilia-Romagna e Veneto ed era stato dichiarato ammissibile dalla Corte costituzionale con la sentenza n. 35 del 16 gennaio 1993.
[158]L. 6 luglio 2002, n. 137, Delega per la riforma dell'organizzazione del Governo e della Presidenza del Consiglio dei Ministri, nonché di enti pubblici.
[159]Delega al Governo per il conferimento di funzioni e compiti alle regioni ed enti locali, per la riforma della Pubblica Amministrazione e per la semplificazione amministrativa.
[160] D.lgs. 8 gennaio 2004, n. 3, Riorganizzazione del Ministero per i beni e le attività culturali, ai sensi dell'articolo 1, della legge 6 luglio 2002, n. 137.
[161]Istituzione del Ministero per i beni e le attività culturali, a norma dell'articolo 11 della L. 15 marzo 1997, n. 59.
[162]Riforma dell'organizzazione del Governo, a norma dell'articolo 11 della L. 15 marzo 1997, n. 59. L'originario testo dell'art. 54 del D.Lgs. 300/1999 prevedeva che il Ministero fosse articolato in non più di dieci direzioni generali, coordinate da un segretario generale.
[163] D.Lgs. 31 ottobre 2002, n. 257, Modifiche all'articolo 10 del D.Lgs. 30 luglio 1999, n. 303, concernenti gli italiani nel Mondo.
[164] Legge 23 agosto 1988 n. 400, Disciplina dell'attività di Governo e ordinamento della Presidenza del Consiglio dei Ministri.
[165] L. 31 dicembre 1998, n. 476, Ratifica ed esecuzione della Convenzione per la tutela dei minori e la cooperazione in materia di adozione internazionale, fatta a L'Aja il 29 maggio 1993. Modifiche alla L. 4 maggio 1983, n. 184, in tema di adozione di minori stranieri.
[166] D.L. 31 dicembre 2005, n. 273, Definizione e proroga di termini, nonché conseguenti disposizioni urgenti, conv. con mod. dalla L. 23 febbraio 2006, n. 51.
[167] D.L. 14 marzo 2005, n. 35, Disposizioni urgenti nell’àmbito del Piano di azione per lo sviluppo economico, sociale e territoriale, conv. con mod. dalla L. 14 maggio 2005, n. 80.
[168] L. 6 luglio 2002, n. 137, Delega per la riforma dell'organizzazione del Governo e della Presidenza del Consiglio dei Ministri, nonché di enti pubblici.
[169] L. 1 febbraio 2006, n. 43, Disposizioni in materia di professioni sanitarie infermieristiche, ostetrica, riabilitative, tecnico-sanitarie e della prevenzione e delega al Governo per l'istituzione dei relativi ordini professionali. Cfr. al riguardo il dossier progetti di legge n. 856 (XIV legislatura) del Servizio Studi.
[170] D.Lgs. 30 dicembre 1992, n. 502, Riordino della disciplina in materia sanitaria, a norma dell'articolo 1 della L. 23 ottobre 1992, n. 421.