Camera dei deputati - XV Legislatura - Dossier di documentazione (Versione per stampa)
Autore: Servizio Studi - Dipartimento cultura
Titolo: Delega al Governo per la revisione della disciplina relativa alla titolarità ed al mercato de diritti radiotelevisivi dei campionati di calcio (A.C. 1496 e abb.)
Riferimenti:
AC n. 1496/XV   AC n. 587/XV
AC n. 1195/XV     
Serie: Progetti di legge    Numero: 39
Data: 09/08/2006
Descrittori:
CALCIO   GARE E MANIFESTAZIONI SPORTIVE
LEGGE DELEGA   SPORT PROFESSIONALE
TRASMISSIONI RADIOTELEVISIVE     
Organi della Camera: VII-Cultura, scienza e istruzione


Camera dei deputati

XV LEGISLATURA

 

 

 

SERVIZIO STUDI

Progetti di legge

 

 

 

 

Delega al Governo per la revisione della disciplina relativa alla titolarità ed al mercato dei diritti radiotelevisivi dei campionati di calcio

A.C. 1496 e abb.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

n. 39

 

 

9 agosto 2006


 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Dipartimento Cultura

 

SIWEB

 

I dossier del Servizio studi sono destinati alle esigenze di documentazione interna per l'attività degli organi parlamentari e dei parlamentari. La Camera dei deputati declina ogni responsabilità per la loro eventuale utilizzazione o riproduzione per fini non consentiti dalla legge.

 

File: CU0031.doc

 

 


INDICE

Scheda di sintesi per l’istruttoria legislativa

Dati identificativi3

Struttura e oggetto  6

Il disegno di legge del governo  6

Relazioni allegate  17

Le proposte di legge di iniziativa parlamentare  17

Elementi per l’istruttoria legislativa  19

Necessità dell’intervento con legge  19

Rispetto delle competenze legislative costituzionalmente definite  19

Rispetto degli altri princìpi costituzionali19

Compatibilità comunitaria  20

Incidenza sull’ordinamento giuridico  24

Impatto sui destinatari delle norme  25

Schede di lettura

Quadro della normativa vigente  29

L’autonomia dell’ordinamento sportivo  29

Il sistema di finanziamento dello sport30

Le società sportive professionistiche  32

La mutualità  34

I diritti televisivi35

La delibera dell’Autorità garante della concorrenza e del mercato del 1° luglio 1999  35

Recenti orientamenti in merito alla vendita dei diritti televisivi38

Progetti di legge

A.C. n. 1496, (Governo), Delega al Governo per la revisione della disciplina relativa alla titolarità ed al mercato dei diritti di trasmissione, comunicazione e messa a disposizione al pubblico, in sede radiotelevisiva e su altre reti di comunicazione elettronica, degli eventi sportivi dei campionati di calcio e delle altre competizioni calcistiche professionistiche organizzate a livello nazionale  57

A.C. n. 587, (on. Ciocchetti ed altri), Modifica all'articolo 2 del decreto-legge 30 gennaio 1999, n. 15, convertito, con modificazioni, dalla legge 29 marzo 1999, n. 78, in materia di titolarità dei diritti di trasmissione televisiva in forma codificata dei campionati di calcio  87

A.C. n. 1195, (on. Ronchi ed altri), Modifica all'articolo 2 del decreto-legge 30 gennaio 1999, n. 15, convertito, con modificazioni, dalla legge 29 marzo 1999, n. 78, in materia di titolarità dei diritti di trasmissione televisiva in forma codificata dei campionati di calcio  93

Normativa nazionale

Costituzione della Repubblica Italiana (artt. 41, 42, 87, 117)101

L. 22 aprile 1941, n. 633. Protezione del diritto d'autore e di altri diritti connessi al suo esercizio (artt. 16, 17)105

L. 23 marzo 1981, n. 91 Norme in materia di rapporti tra società e sportivi professionisti (art. 10)107

L. 10 ottobre 1990, n. 287. Norme per la tutela della concorrenza e del mercato (artt. 14, 15)109

L. 31 luglio 1997, n. 249. Istituzione dell'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni e norme sui sistemi delle telecomunicazioni e radiotelevisivo (art. 1, co.- 6, lett. c), n. 11)110

D.L. 30 gennaio 1999, n. 15, conv. con mod., L. 29 marzo 1999, n. 78. Disposizioni urgenti per lo sviluppo equilibrato dell'emittenza televisiva e per evitare la costituzione o il mantenimento di posizioni dominanti nel settore radiotelevisivo  110

D.L. 19 agosto 2003, n. 220  convertito in legge, con modificazioni, dall'art. 1, L. 17 ottobre 2003, n. 280  Disposizioni urgenti in materia di giustizia sportiva  110

Del.Aut.gar.com. 2 marzo 2005, n. 136/05/CONS.  Interventi a tutela del pluralismo ai sensi della L. 3 maggio 2004, n. 112. (Deliberazione n. 136/05/CONS)110

D.Lgs. 31 luglio 2005, n. 177. Testo unico della radiotelevisione (artt. 2, 5, 25 e 43)110

Del.Aut.gar.com. 22 marzo 2006, n. 163/06/CONS.  Approvazione di un programma di interventi volto a favorire l’utilizzazione razionale delle frequenze destinate ai servizi radiotelevisivi nella prospettiva della conversione alla tecnica digitale.  (Delibera n. 163/06/CONS)110

Normativa comunitaria

Trattato 25 marzo 1957 Trattato che istituisce la Comunità europea  (Versione in vigore dal 1° febbraio 2003).  (artt. 81 e 82)110

Conclusioni della Presidenza  Consiglio europeo di Nizza 7, 8 e 9 dicembre 2000 (All. IV)110

Decisione della Commissione del 23 luglio 2003 relativa ad un procedimento a norma dell'articolo 81 del trattato CE e dell'articolo 53 dell'accordo SEE (COMP/C.2-37.398 — Vendita congiunta dei diritti della UEFA Champions League) (Testo rilevante ai fini del SEE.)110

Giurisprudenza

Corte costituzionale

Sentenza 14 giugno 1962, n. 54  110

Documentazione

Autorita' Garante della Concorrenza e del Mercato,  Provvedimento n. 6869 (1362) del 10 febbraio 1999 (Vendita diritti televisivi)110

Autorita' Garante della Concorrenza e del Mercato,  Provvedimento n. 7340 (1362) del 1° luglio 1999 (Vendita diritti televisivi)110

Autorita' Garante della Concorrenza e del Mercato,  Provvedimento n. 10985 (1362B) del 18 luglio 2002 (Vendita diritti televisivi)110

F.I.G.C., Comunicato ufficiale n. 11/Cf  del 18 dicembre, 2003 concernente i criteri di ripartizione tra le società dei proventi derivanti dalla cessione dei diritti televisivi collettivi110

Autorità garante della Concorrenza e del Mercato,  Provvedimento n. 14156 del 31 marzo 2005 (Settore del calcio professionistico)110

Autorità garante della Concorrenza e del Mercato,  Prot. N. 33532/05, del 25 novembre 2005, Nota informativa presentata al Parlamento relativa all’attività istituzionale svolta nel settore radiotelevisivo  110

Autorità garante della Concorrenza e del Mercato,  Provvedimento n. 15108, del 25 gennaio 2006  (Reti televisive italiane/ramo di azienda di Europa TV)110

Autorità garante della Concorrenza e del Mercato,  Provvedimento n. 15632, del 28 giugno 2006  (Diritti calcistici)110

 


Scheda di sintesi
per l’istruttoria legislativa



Dati identificativi

Numero del progetto di legge

1496

Titolo

Delega al Governo per la revisione della disciplina relativa alla titolarità ed al mercato dei diritti di trasmissione, comunicazione e messa a disposizione al pubblico, in sede radiotelevisiva e su altre reti di comunicazione elettronica, degli eventi sportivi dei campionati di calcio  e delle altre competizioni calcistiche professionistiche organizzate a livello nazionale

Iniziativa

Governo

Settore d’intervento

Sport, radiotelevisione, concorrenza

Iter al Senato

no

Numero di articoli

1

Date

 

§       presentazione alla Camera

27 luglio 2006

§       annuncio

31 luglio 2006

§       assegnazione

1° agosto 2006

Commissione competente

VII (Cultura)

Sede

referente

Pareri previsti

I, II, V, IX, X e XIV

 

 


 

Numero del progetto di legge

587

Titolo

Modifica all’articolo 2 del decreto-legge 30 gennaio 1999, n. 15, convertito, con modificazioni, dalla legge 29 marzo 1999, n. 78, in materia di titolarità dei diritti di trasmissione televisiva in forma codificata dei campionati di calcio

Iniziativa

Parlamentare

Settore d’intervento

Sport, radiotelevisione, concorrenza

Iter al Senato

no

Numero di articoli

1

Date

 

§       presentazione alla Camera

10 maggio 2006

§       annuncio

18 maggio 2006

§       assegnazione

13 giugno 2006

Commissione competente

VII (Cultura)

Sede

referente

Pareri previsti

I, II, e IX

 


 

Numero del progetto di legge

1195

Titolo

Modifica all’articolo 2 del decreto-legge 30 gennaio 1999, n. 15, convertito, con modificazioni, dalla legge 29 marzo 1999, n. 78, in materia di titolarità dei diritti di trasmissione televisiva in forma codificata dei campionati di calcio

Iniziativa

Parlamentare

Settore d’intervento

Sport, radiotelevisione, concorrenza

Iter al Senato

no

Numero di articoli

1

Date

 

§       presentazione alla Camera

23 giugno 2006

§       annuncio

27 giugno 2006

§       assegnazione

17 luglio 2006

Commissione competente

VII (Cultura)

Sede

referente

Pareri previsti

I, II, e IX

 

 


Struttura e oggetto

Il disegno di legge del governo

Il disegno di legge in esame reca una delega al governo per la revisione della disciplina relativa alla titolarità ed al mercato dei diritti di trasmissione, comunicazione e messa a disposizione al pubblico, in sede radiotelevisiva e su altre reti di comunicazione elettronica, degli eventi sportivi dei campionati di calcio e delle altre competizioni calcistiche professionistiche organizzate a livello nazionale.

 

Secondo quanto emerge dalla relazione illustrativa, l'obiettivo della proposta è quello di riequilibrare la distribuzione delle risorse derivanti dal mercato dei diritti televisivi tra le società che partecipano ai campionati di calcio. Tale obiettivo viene raggiunto mediante l’introduzione di un nuovo sistema imperniato sulla vendita centralizzata dei diritti televisivi in grado di garantire una ripartizione tra tutte le squadre secondo criteri di mutualità che assicurino lo svolgimento di un campionato più equilibrato.

Inoltre, la proposta intende disciplinare alcuni aspetti connessi alle piattaforme distributive, in modo da evitare alterazioni del mercato e della concorrenza: a tal fine sono introdotti il divieto di acquisire diritti relativi a piattaforme per le quali non si possiede il titolo abilitativo e il divieto di sublicenziare i diritti acquisiti.

 

 

La proposta si compone di un unico articolo.

 

Il primo comma dell’articolo 1 delega il governo ad emanare entro sei mesi uno o più decreti legislativi volti a disciplinare la titolarità e l’esercizio dei diritti di trasmissione, comunicazione e messa a disposizione al pubblico, in sede radiotelevisiva e su altre reti di comunicazione elettronica, degli eventi sportivi dei campionati di calcio e delle altre competizioni calcistiche professionistiche organizzate a livello nazionalenonchéil mercato degli stessi.

 

Secondo la definizione data dal ddl, gli eventi sportivi interessati dal provvedimento sembrano quindi essere i campionati di calcio di serie A, serie B e serie C1 e C2 nonché la Coppa Italia e la SuperCoppa di Lega.

 

Quanto alle trasmissioni, sono incluse nella delega tutte le modalità di trasmissione e di comunicazione, gratuite o in forma codificata, delle partite di calcio: sono quindi comprese nell'ambito della delega le trasmissioni su tutte le piattaforme distributive attualmente esistenti - ossia sul digitale satellitare, sul digitale terrestre, via cavo, sul cosiddetto «mobile broadcasting», via UMTS, via INTERNET o banda larga, nonché sull'analogico terrestre in chiaro - e su quelle future[1].

 

Con riferimento, infine, ai prodotti audiovisivi, la relazione illustrativa precisa che la delega si riferisce a: diretta integrale, differita integrale, sintesi, moviola e highlights.

 

La procedura prevede che i decreti siano emanati su proposta del Ministro per le politiche giovanili e le attività sportive e del Ministro delle comunicazioni, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, il Ministro per le politiche europee ed il Ministro dello sviluppo economico, con il parere delle commissioni parlamentari competenti.

 

Eventuali decreti integrativi e correttivi possono essere emanati entro dodici mesi dalla data di entrata in vigore dei decreti legislativi.

 

Il comma esplicita inoltre le finalità del provvedimento:

-            garantire l’equilibrio competitivo dei soggetti partecipanti alle competizioni sportive;

-            realizzare un sistema efficace e coerente di misure idonee a garantire la trasparenza e l’efficienza del mercato dei diritti di trasmissione degli eventi sportivi.

 

La disciplina dei diritti di trasmissione televisiva delle partite di calcio è contenuta nel decreto legge 30 gennaio 1999, n. 15[2]che attribuisce la titolarità dei diritti di trasmissione televisiva in forma codificata alle singole squadre di calcio di serie A e B (comma 1 dell’articolo 2).

Il decreto-legge contiene inoltre la disciplina volta ad evitare la costituzione o il mantenimento di posizioni dominanti nel settore dell’emittenza televisiva in forma codificata, con riferimento alla trasmissione in diretta delle partite del campionato nazionale di calcio, in quanto segmento dell’offerta di programmi ritenuto cruciale ai fini dell’acquisto di quote di mercato (vedi oltre)[3].

 

Si ricorda che fino alla stagione 1998/1999 i diritti di trasmissione televisiva delle partite del campionato di Serie A, sia in chiaro sia in criptato, erano negoziati per il tramite della Lega Calcio[4], che provvedeva a distribuire i relativi proventi tra le società calcistiche professionistiche sostanzialmente su base paritetica.

Il 10 febbraio 1999, l’Autorità garante della concorrenza e del mercato (AGCM) avviò un’istruttoria nei confronti della Lega Calcio, per presunta violazione delle norme poste a tutela della concorrenza recate dalla legge 287/1990[5], rilevando che il regolamento organizzativo della Lega attribuiva in esclusiva a quest’ultima la gestione dei diritti televisivi relativi alle partite del Campionato di calcio e della Coppa Italia, e ravvisando in ciò una possibile intesa tra le società di calcio restrittiva della concorrenza nel mercato italiano dei diritti televisivi. Il 1° luglio 1999 l’AGCM concludeva il procedimento censurando l'intesa costituita dal precedente regolamento di Lega, nel frattempo modificato, e nello stesso tempo prendendo atto del venire meno dell’intesa in seguito alle intervenute modifiche regolamentari.

 

Quanto al mercato rilevante, merita ricordare che l’AGCM considera gli eventi calcistici in grado di attrarre significative quantità di contatti televisivi che, in ragione, tra l'altro, delle specifiche caratteristiche degli spettatori, risultano di particolare interesse per gli inserzionisti pubblicitari. Questi programmi, infatti, oltre ad avere come caratteristica elevati indici di ascolto, sono seguiti con continuità da un pubblico ben identificabile come target pubblicitario. I contenuti calcistici costituiscono tanto per gli operatori televisivi in chiaro, quanto per gli operatori televisivi a pagamento, un'importante fonte di ricavi pubblicitari e rappresentano, anche in prospettiva, fattori determinanti ai fini della definizione delle dinamiche concorrenziali nel settore televisivo, ed in particolare nel mercato della raccolta pubblicitaria sul mezzo televisivo (pertanto individuato dall’AGCM come mercato rilevante)[6]. Conseguentemente, tali eventi sono considerati altresì quale strumento di ingresso e di affermazione nel settore televisivo e, in particolare, quale mezzo insostituibile per lo sviluppo e l'affermazione di nuovi mezzi di trasmissione (piattaforme emergenti)[7].

 

 

 

Il comma 2 e il comma 3 dell’articolo 1 del ddl in esame contengono, rispettivamente, i principi e i criteri direttivi della delega, che vengono di seguito illustrati tenendo conto dei principali ambiti di intervento.

 

1. Carattere sociale e specificità del fenomeno sportivo

 

Sono innanzitutto riconosciuti il carattere sociale dell’attività sportiva e la specificità del fenomeno sportivo, secondo quanto affermato nella dichiarazione del Consiglio europeo di Nizza del 2000 (co. 2, lett. a) e b));

 

Con la dichiarazione di Nizza nel dicembre 2000[8], il Consiglio europeo ha preso atto delle caratteristiche specifiche dello sport e delle sue funzioni sociali in Europa di cui tener conto nell'attuazione delle politiche comuni. Lo sport viene definito “un'attività umana che si fonda su valori sociali, educativi e culturali essenziali” nonché “un fattore di inserimento, di partecipazione alla vita sociale, di tolleranza, di accettazione delle differenze e di rispetto delle regole”.

In tale circostanza, il Consiglio ha espresso l’intenzione di salvaguardare la coesione e i legami di solidarietà che uniscono le pratiche sportive a tutti i livelli, l'imparzialità delle competizioni, gli interessi morali e materiali, segnatamente quelli dei giovani sportivi minorenni, nonché l'integrità fisica degli sportivi.

 

Secondo quanto emerge dalla relazione illustrativa del ddl in esame, la specificità del fenomeno sportivo si traduce nei princìpi di solidarietà finanziaria, lealtà sportiva ed equilibrio economico e strutturale nell'ambito di ciascuna competizione sportiva - sinteticamente espressi dalla locuzione «equilibrio competitivo» utilizzata nel comma 1 - e costituisce una delle ragioni che giustificano l'introduzione del principio della commercializzazione in forma centralizzata dei diritti e del principio della equa ripartizione, tra tutti i soggetti partecipanti a ciascuna competizione sportiva, delle risorse derivanti dalla commercializzazione di tali diritti.

 

2. Contitolarità del diritto alla utilizzazione ai fini economici degli eventi sportivi

 

Il riconoscimento del diritto alla utilizzazione ai fini economici della competizione, limitatamente alla trasmissione, comunicazione e messa a disposizione al pubblico, in sede radiotelevisiva e su altre reti di comunicazione elettronica, degli eventi sportivi deve essere attribuito al soggetto organizzatore della competizione sportiva ed ai soggetti partecipanti (co. 2, lett. c)); a questi ultimi è comunque garantita la salvaguardia dell’autonomia commerciale (co. 3, lett. a)) nonché la titolarità esclusiva dei diritti di archivio (co. 2, lett. d)).

 

La norma in esame configura pertanto una situazione giuridica di “contitolarità” dei diritti di sfruttamento tra il soggetto organizzatore (Lega Calcio) e i soggetti partecipanti alle competizioni (società sportive).

Si segnala che già la Commissione europea ha utilizzato una formulazione analoga nella decisione del 23 luglio 2003 sulla vendita congiunta dei diritti della UEFA Champions League (vedi oltre); in particolare la Commissione ha ritenuto che sussiste “comproprietà” tra le società calcistiche e l’ente organizzatore, i cui sforzi intellettuali e capacità organizzative contribuiscono a creare una competizione calcistica con una propria immagine distinta da quella dei club calcistici partecipanti.

 

Si ricorda che la contitolarità di un diritto sussiste allorché un diritto soggettivo sia imputabile a più soggetti contestualmente. L’ordinamento non disciplina in maniera specifica la contitolarità delle situazioni giuridiche: il quadro normativo di riferimento è dato essenzialmente (vedi, tuttavia, anche i contratti plurilaterali) dalle disposizioni dettate dal codice civile in materia di comunione (per i diritti reali) e di obbligazioni plurisoggettive (per i diritti di credito). Per quanto concerne la comunione, l’articolo 1100 del codice civile stabilisce che essa si realizza “quando la proprietà o altro diritto reale spetta in comune a più persone”. In tale quadro, l’individuazione della disciplina applicabile alla contitolarità è strettamente connessa alla qualificazione ed alla natura dei diritti che ne sono oggetto.

 

Nel caso in esame, la contitolarità (tra il soggetto preposto all’organizzazione della competizione sportiva, nello specifico la Lega Calcio, ed i soggetti partecipanti alla competizione medesima) è riferita esclusivamente al diritto alla utilizzazione a fini economici della competizione sportiva, limitatamente alla trasmissione, comunicazione e messa a disposizione al pubblico, in sede radiotelevisiva e su altre reti di comunicazione elettronica, degli eventi sportivi. Dal concetto di contitolarità sembra, quindi, derivare una proprietà collettiva dei diritti di trasmissione caratterizzata da un vincolo di indisponibilità pro-quota del bene indiviso.

 

Si segnala peraltro che la disciplina proposta innova rispetto alla disciplina prevista dal DL n. 15 del 1999 nel senso che essa riguarda non solo i diritti di trasmissione in forma codificata, bensì tutti i diritti di utilizzazione a fini economici degli eventi sportivi, sia che riguardino prodotti televisivi in chiaro, sia che riguardino prodotti televisivi a pagamento, su qualunque piattaforma di trasmissione.

 

Quanto alla natura giuridica dei soggetti in questione, si segnala che la natura di impresa delle società calcistiche è stata riconosciuta dalla Commissione europea, la quale ha altresì ritenuto che la stessa FIGC (sotto l'egida della quale opera la Lega Calcio) costituisce a sua volta un’impresa[9]. Tale riconoscimento è stato condiviso nel tempo dalla giurisprudenza nazionale e, in particolare, dall’Autorità garante della concorrenza e del mercato, la quale ha stabilito che poiché l'articolo 1, comma 1, del Regolamento della Lega nazionale professionisti stabilisce che la Lega "associa in forma privatistica le società affiliate alla FIGC che partecipano ai Campionati di Serie A e B e che, a tal fine, si avvalgono delle prestazioni di calciatori professionisti", la Lega può essere qualificata quale associazione di imprese ai sensi e per gli effetti dell'articolo 2, comma 1, legge n. 287/1990[10].

 

Con riferimento alla salvaguardia dell’autonomia commerciale, si segnala che, secondo quanto emerge dalla relazione illustrativa, deve essere consentita al soggetto partecipante e organizzatore del singolo evento sportivo la possibilità di negoziare individualmente i diritti rimasti invenduti a seguito della commercializzazione in forma centralizzata.

 

Si ricorda inoltre che le società calcistiche, ai sensi del decreto-legge 20 settembre 1996, n. 485, possono perseguire lo scopo di lucro e sono quindi identificate con le altre società commerciali disciplinate dalle leggi comuni e, innanzitutto, dal codice civile; è stata infatti eliminata la disposizione che obbligava le società sportive a prevedere nel proprio statuto che gli utili fossero interamente reinvestiti nella società per il perseguimento esclusivo dell'attività sportiva; la norma novellata (articolo 10 della legge n. 91 del 1981) dispone invece che l'atto costitutivo debba prevedere, da un lato, che la società possa svolgere esclusivamente attività sportive e attività ad esse connesse e, dall'altro, che una quota degli utili, in misura non inferiore al 10 per cento, sia destinata alle scuole giovanili di addestramento e formazione tecnico-sportiva[11].

 

Secondo quanto emerge dalla relazione illustrativa, per diritto di library o diritto di archivio si intende il “diritto di svolgere quelle attività necessarie per riprodurre la partita di calcio in un momento successivo all'utilizzazione primaria delle partite (convenzionalmente il momento successivo decorre dopo che sono trascorse quarantotto ore dalla conclusione dell'evento agonistico)”.

Si segnala che l’Assemblea della Lega Calcio ha stabilito, nel dicembre 2005, che il diritto di archivio, ovvero il diritto sulle immagini delle competizioni trasmesse, cessa trentasei ore dopo la fine di ciascun incontro; alla fine di ogni stagione i diritti relativi sono ceduti dalla Lega ai singoli club.

 

Riguardo alle restrizioni concernenti l’iniziativa economica delle società sportive derivanti dall’applicazione della norma in esame, che – secondo quanto emerge dalla relazione illustrativa e dalle finalità espressamente individuate al comma 1 del ddl – vengono introdotte con l’obiettivo di garantire l’equilibrio competitivo del campionato di calcio, la valutazione da effettuare è se tali obiettivi si possono inquadrare tra le finalità sociali previste dall’articolo 41 Cost.

 

 

3. Commercializzazione in forma centralizzata dei diritti

 

E’ prevista la commercializzazione in forma centralizzata dei diritti mediante procedure che garantiscano la libera concorrenza tra gli operatori della comunicazione, la realizzazione di un sistema equilibrato di trasmissione gratuita e a pagamento, la salvaguardia delle esigenze delle emittenti locali (co. 2, lett. e)), secondo i seguenti criteri:

 

§      garanzia di accesso e parità di trattamento a tutti gli operatori della comunicazione in possesso del prescritto titolo abilitativi (co. 3, lett. b));

§      commercializzazione per singola piattaforma, con la presenza di più operatori della comunicazione nonché il divieto di acquisire diritti relativi a piattaforme per le quali non si possiede il titolo abilitativo e il divieto di sublicenziare i diritti acquisiti (co. 3, lett. c));

§      disciplina della commercializzazione sul mercato internazionale (co. 3, lett. d));

§      disciplina specifica della commercializzazione su piattaforme emergenti (co. 3, lett. e));

 

§      previsione di una durata ragionevole dei contratti, allo scopo di garantire l’ingresso nel mercato di nuovi operatori e di evitare la creazione di posizioni dominanti (co. 3, lett. f));

 

Attualmente la disciplina sulla costituzione o il mantenimento di posizioni dominanti nel settore dell’emittenza televisiva in forma codificata, con riferimento alla trasmissione in diretta delle partite del campionato nazionale di calcio, è contenuta nel citato decreto legge 30 gennaio 1999, n. 15. Il comma 1 dell’articolo 2 prevede che uno stesso soggetto attivo nel settore televisivo non possa detenere più del 60 per cento dei diritti televisivi criptati afferenti al Campionato italiano di Serie A o della manifestazione calcistica nazionale di maggior valore. Nel caso in cui le condizioni dei relativi mercati determinino la presenza di un solo acquirente il limite indicato può essere superato ma i contratti di acquisizione dei diritti in esclusiva hanno durata non superiore a tre anni. La norma affida all’AGCM, sentito il parere dell'Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni, il compito di vigilare sul rispetto di tale soglia, con la facoltà di derogare al predetto limite in considerazione delle condizioni generali del mercato, della titolarità di altri diritti sportivi e della loro durata, al fine di garantire che il gioco della concorrenza non venga falsato.

 

Al riguardo si segnala che l’AGCM, nella delibera n. 10716 del 13 maggio 2002 ha autorizzato l’operazione di concentrazione tra i due operatori della televisione satellitare a pagamento (Groupe Canal+ e Stream) subordinatamente ad alcune condizioni. In particolare, con riferimento ai campionati di calcio, è previsto un diritto unilaterale di recesso per le società sportive, con proporzionale riduzione dei corrispettivi previsti e senza applicazione di penali; la rinuncia dell’operatore a tutti i diritti di esclusiva ed esclusiva negativa in relazione allo sfruttamento dei diritti su altre piattaforme nonché la rinuncia esplicita al titolo abilitativo per il digitale terrestre; una durata massima del contratto di due stagioni.

Condizioni analoghe per permettere tale fusione sono contenute nella decisione della Commissione europea del 2 aprile 2003 (Caso COMP/M.2876).

 

La relazione illustrativa al ddl evidenzia che la prescrizione del possesso del titolo abilitativo consente di evitare “fenomeni di pura intermediazione” nella commercializzazione dei diritti; tale previsione è inoltre rafforzata dal divieto dal divieto di sublicenziare i diritti acquisiti.

 

Con riferimento specifico alla necessità di salvaguardare le esigenze dell’emittenza locale, la relazione illustrativa evidenzia la necessità di garantire, in particolare,  l'esercizio del diritto di cronaca.

 

§      tutela dei consumatori dei prodotti audiovisivi relativi agli eventi sportivi (co. 2, lett. h)).

 

In proposito si ricorda che la legge 3 maggio 2004 n. 112 (c.d. “legge Gasparri”)[12] ha stabilito alcune norme di carattere generale a tutela dell’utente, poi confluite nel Testo unico della radiotelevisione (d.lgs. 31 luglio 2005, n. 177)[13]. In particolare, con riferimento alla tutela dei minori, l’articolo 34, comma 4 del Testo unico prevede che nelle trasmissioni di commento degli avvenimenti sportivi, in particolare calcistici, siano osservate specifiche misure anche al fine di contribuire alla diffusione tra i giovani dei valori di una competizione sportiva leale e rispettosa dell'avversario, per prevenire fenomeni di violenza legati allo svolgimento di manifestazioni sportive.

 

Si ricorda inoltre che l’AGCM, nella delibera n. 10716 del 13 maggio 2002 –concernente concentrazione tra imprese indipendenti (Groupe Canal+/Stream) - ha indicato nell’AGCOM il soggetto idoneo a vigilare sulle modalità di tutela degli utenti.

 

Con riferimento alla formulazione del testo, occorrerebbe valutare l’opportunità di utilizzare il termine “utente” anziché il termine “consumatore di prodotto audiovisivo” in analogia alla terminologia utilizzata dalla legge n. 112 del 2004 e dalle delibere dell’Antitrust.

 

4. Ripartizione delle risorse e mutualità

 

La ripartizione delle risorse economiche deve avvenire in modo da assicurare l’equilibrio competitivo tra i soggetti partecipanti alle competizioni (co. 2, lett. f)), mentre una quota delle medesime deve essere destinata ai fini di mutualità generale del sistema sportivo (co. 2, lett. g)).

In particolare, una quota pari ad almeno la metà delle risorse deve essere ripartita in parti uguali a tutti i partecipanti alle competizioni, mentre le restanti risorse sono attribuite al soggetto organizzatore, che provvede a ridistribuirle tenendo conto anche del bacino d’utenza e dei risultati sportivi conseguiti; una quota residua – non quantificata dal ddl – è infine destinata alla mutualità generale del sistema sportivo (co. 3, lett. g));

 

Il sistema di mutualità ridistribuisce, sulla base di accordi interni alla Lega nazionale professionisti, una quota delle risorse prodotte dalla Serie A alla Serie B; esiste inoltre un meccanismo di ripartizione dei proventi tra le squadre di Serie A[14]. L’articolo 46 del Regolamento della Lega prevede che i criteri di ripartizione dei crediti derivanti dalla vendita dei diritti televisivi (approvati dall’assemblea del 19 marzo 1999) abbiano durata fino al 30 giugno 2005 e, qualora non si raggiunga una soluzione idonea a perseguire l’identico scopo mutualistico, si intendano prorogati per un triennio, sino al 30 giugno 2008. Con decisione del 18 dicembre 2003, la Corte federale ha dichiarato tale disposizione inefficace per eccessiva onerosità sopravvenuta ed ha stabilito la necessità di rinegoziare l’accordo. Tale decisione ha aperto un dibattito interno che ancora non ha trovato una soluzione definitiva[15].

 

Si ricorda poi che l’articolo 10 della legge n. 91 del 1981, come modificato dal DL 20 settembre 1996, n. 485) dispone che una quota degli utili delle società professionistiche, in misura non inferiore al 10 per cento, sia destinata alle scuole giovanili di addestramento e formazione tecnico-sportiva.

 

Occorrerebbe valutare se la definizione dettagliata dei criteri per la ripartizione delle risorse recata dal ddl sia un contenuto proprio della norma di rango primario ovvero se non debba essere rimessa all’autonomia contrattuale delle singole società (che l’hanno esercitata finora, anche per il tramite della Lega Calcio).

 

 

5. Vigilanza

 

All’Autorità garante della concorrenza e del mercato e all’Autorità per le garanzie elle comunicazioni sono attribuite le funzioni di vigilanza e controllo sulla corretta applicazione della disciplina attuativa della legge (co. 3, lett. h)).

 

6. Decorrenza e norme transitorie

 

E’ previsto che la nuova disciplina entri in vigore dal 1° luglio 2007; conseguentemente sarà abrogato l’articolo 2, comma 1 del decreto legge n. 15 del 1999 (co. 3, lett. i)).

 

La delega prevede, infine, la disciplina di un periodo transitorio al fine di regolare diritti e aspettative derivanti da contratti aventi ad oggetto lo sfruttamento dei diritti in esame per consentire una graduale applicazione commercializzazione in forma centralizzata e dell’equa ripartizione delle risorse relative (lettere e) ed f) del comma 2); a tal fine la norma prevede che si  distingua tra i contratti stipulati prima e dopo il 31 maggio 2006 (co. 3, lett. j)).

 

Tale norma sembra destinata ad incidere su accordi che hanno già fatto sorgere diritti e obblighi in capo a soggetti privati, per i quali appare possibile immaginare esclusivamente un intervento finalizzato ad una rinegoziazione consensuale tra le parti interessate. Si tratta, in particolare, dei diritti per la trasmissione attraverso il satellite, il digitale terreste, il cavo e via adsl che diverse società hanno già ceduto fino al 2009[16].

 

In relazione alla definizione di tale periodo transitorio, peraltro, non sono chiare le ragioni per cui si intende distinguere tra i contratti stipulati prima e dopo il 31 maggio 2006.

Relazioni allegate

La proposta è accompagnata dalla relazione illustrativa, dall’analisi tecnico-normativa e dall’analisi di impatto della regolamentazione.

 

Le proposte di legge di iniziativa parlamentare

 

Alla Commissione Cultura risultano attualmente assegnate due proposte di legge di iniziativa parlamentare in materia di titolarità dei diritti di trasmissione televisiva dei campionati di calcio, il cui esame non è ancora stato avviato.

 

Si tratta, in particolare della pdl n. 587 (Ciocchetti ed altri) recante "Modifica all'articolo 2 del decreto-legge 30 gennaio 1999, n. 15, convertito, con modificazioni, dalla legge 29 marzo 1999, n. 78, in materia di titolarità dei diritti di trasmissione televisiva in forma codificata dei campionati di calcio" e della pdl 1195 (Ronchi ed altri) di analogo titolo e contenuto.

 

Le proposte, in sostanza, attribuiscono – mediante la sostituzione del primo periodo del comma 1 dell'articolo 2 del DL 30 gennaio 1999, n. 15 – la titolarità dei diritti di trasmissione televisiva in forma codificata al soggetto organizzatore dei campionati nazionali di calcio di serie A e di serie B (vale a dire, la Lega Calcio). Quest’ultima provvede a definire annualmente i criteri di ripartizione degli utili della cessione di tali diritti tra le società di calcio partecipanti ai campionati, subordinatamente all’approvazione dei criteri stessi da parte del consiglio nazionale del Comitato olimpico nazionale italiano (CONI).

 

Al riguardo occorrerebbe valutare se l’attribuzione al CONI dell’approvazione dei criteri per la ripartizione degli utili sopra citati sia compatibile con l’autonomia della Lega e delle singole società e, comunque, se tale funzione non debba essere affidata, semmai, alla federazione competente (FIGC) piuttosto che al CONI.

 

In linea generale, si fa presente che le proposte non intervengono a differenza del ddl governativo, sulle questioni concernenti il mercato degli operatori della comunicazione. Si segnala peraltro che esse sono specificamente volte a regolare i diritti in forma codificata, mentre le disposizioni contenute nel ddl del governo si applicano a anche ai diritti “in chiaro”.

 

Si ricorda che nel corso della XIV legislatura la Commissione Cultura aveva avviato l’esame della proposta di legge Ronchi ed altri: "Modifica all'articolo 2 del decreto-legge 30 gennaio 1999, n. 15, convertito, con modificazioni, dalla legge 29 marzo 1999, n. 78, in materia di titolarità dei diritti di trasmissione televisiva in forma codificata dei campionati di calcio", di contenuto analogo a quello delle proposte descritte. Peraltro, un tentativo di accelerare l’iter della legge attraverso una sua discussione in sede legislativa non ha incontrato il favore di tutte le forze politiche.

 

Quanto alla pdl n. 711 (Giancarlo Giorgetti e Caparini) recante "Modifica all'articolo 2 del decreto-legge 30 gennaio 1999, n. 15, convertito, con modificazioni, dalla legge 29 marzo 1999, n. 78, in materia di titolarità dei diritti di trasmissione televisiva dei campionati di calcio e di destinazione dei relativi proventi", si segnala che la proposta, pur presentata, è in attesa di assegnazione e pertanto il testo non è al momento disponibile.

 

 

 


Elementi per l’istruttoria legislativa

Necessità dell’intervento con legge

L'utilizzazione dello strumento legislativo appare coerente, in quanto i provvedimenti in esame intervengono in una materia regolata da norme di rango primario.

 

Con riferimento al ddl del governo, si segnala che per quanto riguarda la scelta dello strumento della delega legislativa, la relazione tecnico normativa motiva tale scelta, oltre che con la natura tecnica di alcuni profili della riforma, con l’ampiezza dell’intervento in questione, che mira ad introdurre una disciplina organica in materia di titolarità e mercato dei diritti televisivi.

 

Si rileva peraltro che il ddl del governo contiene alcune norme di dettaglio che potrebbero essere rimesse all’autonomia contrattuale dei soggetti coinvolti.

Rispetto delle competenze legislative costituzionalmente definite

Occorre innanzitutto richiamare la materia “tutela della concorrenza”, attribuita alla potestà legislativa esclusiva dello Stato (art. 117, secondo comma, lett. e) Cost.). La pdl può essere inoltre riconducibile alle materia “ordinamento sportivo” e “ordinamento della comunicazione” che l’art. 117, terzo comma, Cost., annovera tra le materie di competenza legislativa concorrente. La pdl, tuttavia, sembrerebbe riguardare principi di carattere generale.

Rispetto degli altri princìpi costituzionali

Il ddl del governo deve essere analizzato alla luce delle disposizioni contenute negli articoli 41 e 42 della Costituzione in materia di iniziativa economica privata.

In tale ambito la riserva di legge prevista in materia di limiti della libertà di iniziativa economica e dell’autonomia negoziale è subordinata al perseguimento del fine sociale.

Sotto questo aspetto andrebbero approfondite in particolare le disposizioni concernenti alcuni criteri previsti dalla delega (comma 3):

§         la lettera a) del comma 3, nella parte in cui prevede che siano i provvedimenti delegati a disciplinare gli ambiti di autonomia dell’iniziativa commerciale delle società; al riguardo occorrerebbe peraltro valutare l’opportunità di precisare ulteriormente, ai sensi dell’art. 76 Cost., i criteri direttivi della delega;

§         la lettera g), nella parte in cui determina, con norme di dettaglio, le modalità di ripartizione delle risorse tra i soggetti partecipanti alle competizioni;

§         la lettera l), nella parte in cui prevede una disciplina del periodo transitorio per regolare i diritti derivanti dai contratti vigenti.

 

In proposito si ricorda che la Corte costituzionale (sentenza n. 54 del 1962) ha ritenuto che la finalità sociale non può escludersi, in via di principio, per il carattere particolare o localmente limitato della categoria di operatori economici; e nemmeno in considerazione della natura voluttaria del prodotto. Al contrario la Corte considera lesiva dell’iniziativa economica privata la non rispondenza al principio della riserva di legge, in particolare qualora le norme in questione non specifichino indirizzi e programmi, ovvero dati attraverso i quali si manifestino in qualche modo i fini di utilità sociale e i criteri ai quali la legge stessa si sarebbe ispirata.

Tali considerazioni sono da ultimo confermate nella sentenza n. 176 del 2004, in cui la Corte rileva che la presenza di limiti certi, nonché l'esistenza di strumenti di tutela azionabili in caso di inosservanza degli stessi da parte della pubblica amministrazione, forniscono una protezione adeguata alla libertà di iniziativa economica.

Compatibilità comunitaria

Esame del provvedimento in relazione alla normativa comunitaria

I provvedimenti in esame sono meritevoli di valutazione alla luce della disciplina comunitaria in materia di concorrenza.

Si ricorda che l’articolo 81 del trattato CE vieta, in quanto incompatibili con il mercato comune, gli accordi tra imprese, tutte le decisioni di associazioni di imprese e le pratiche concordate che possano pregiudicare il commercio tra Stati membri e che abbiano per oggetto e per effetto di impedire, restringere o falsare il gioco della concorrenza all'interno del mercato comune ed in particolare, per quanto qui interessa,  quelli consistenti nel fissare direttamente o indirettamente i prezzi d'acquisto o di vendita ovvero altre condizioni di transazione. Tali restrizioni possono essere dichiarate inapplicabili a qualsiasi accordo o pratica che contribuisca a migliorare la produzione o la distribuzione dei prodotti o a promuovere il progresso tecnico o economico.

L’articolo 82 prevede inoltre che sia incompatibile con il mercato comune e vietato, nella misura in cui possa essere pregiudizievole al commercio tra Stati membri, lo sfruttamento abusivo da parte di una o più imprese di una posizione dominante sul mercato comune o su una parte sostanziale di questo.

Tali pratiche abusive possono consistere in particolare:

a)   nell'imporre direttamente od indirettamente prezzi d'acquisto, di vendita od altre condizioni di transazione non eque;

b)   nel limitare la produzione, gli sbocchi o lo sviluppo tecnico, a danno dei consumatori;

c)   nell'applicare nei rapporti commerciali con gli altri contraenti condizioni dissimili per prestazioni equivalenti, determinando così per questi ultimi uno svantaggio per la concorrenza;

d)   nel subordinare la conclusione di contratti all'accettazione da parte degli altri contraenti di prestazioni supplementari, che, per loro natura o secondo gli usi commerciali, non abbiano alcun nesso con l'oggetto dei contratti stessi.

 

In attuazione di tali norme, il Regolamento CE n. 1/2003 del Consiglio del 16 dicembre 2002 consente alle imprese di evitare un accertamento di infrazione proponendo impegni adeguati.

In particolare, l’art. 7 del Regolamento stabilisce che la Commissione può obbligare, attraverso una decisione, le imprese o le associazioni di imprese interessate a porre fine alla infrazione constatata. La Commissione può a tal fine imporre a tali soggetti l’adozione di tutti i rimedi comportamentali o strutturali che siano proporzionati alla infrazione commessa e necessari a far cessare effettivamente l’infrazione posta in essere. L’art. 9 disciplina inoltre il caso in cui la Commissione intenda adottare una decisione volta a far cessare una infrazione e le imprese interessate propongano degli impegni per ovviare alle preoccupazioni della Commissione. E’ previsto al riguardo che la Commissione possa mediante decisione rendere gli impegni proposti dalle imprese interessate obbligatori.

 

Per quanto riguarda lo sport, si ricorda che, secondo quanto affermato dalla Corte di giustizia, esso costituisce un’attività economica ai sensi dell’articolo 2 del trattato[17]. La Commissione ha peraltro riconosciuto la specificità dello sport, come espresso ad esempio nella dichiarazione del Consiglio europeo a Nizza nel dicembre 2000[18]. In quella occasione il Consiglio ha assunto una posizione favorevole alla messa in comune di una parte degli introiti derivanti dalla vendita dei diritti TV, ai livelli appropriati, come vantaggiosa per il principio di solidarietà tra tutti i livelli e le discipline dello sport.

 

Si ricorda che il Trattato che adotta una Costituzione per l’Europa[19]  ha introdotto all’art. III-282, una norma di sostegno allo sport, i cui profili europei sono promossi dall’Unione tenendo conto della specificità del settore, delle sue strutture fondate sul volontariato e della sua funzione sociale e educativa. In tal senso l'azione dell'Unione promuove l'imparzialità e l'apertura nelle competizioni sportive e la cooperazione tra gli organismi responsabili dello sport e protegge l'integrità fisica e morale degli sportivi, in particolare dei giovani.

 

 

Nella recente decisione del 23 luglio 2003 sulla vendita congiunta dei diritti della UEFA Champions League[20], la Commissione ha concesso un’esenzione ai sensi del citato articolo 81 del trattato, fino al 31 luglio 2009.

In particolare, la Commissione ha riconosciuto che i club calcistici sono avvantaggiati dalla vendita dei diritti commerciali tramite un punto vendita unico o un’agenzia di vendita congiunta (punto 153 della decisione). La Commissione ha poi ritenuto che gli effetti negativi derivanti dall’accordo comune di vendita siano controbilanciati dalla maggiore quantità di contenuti resi disponibili per una più ampia distribuzione, promuovendo così il progresso tecnico o economico dei contenuti mediatici stessi e dei nuovi vettori mediatici che li distribuiscono (punto 161) e che la decisione dei club calcistici e della UEFA riguardo l’accordo comune di vendita migliora la produzione e la distribuzione della UEFA Champions League ai sensi dell’articolo 81, paragrafo 3, del trattato, consentendo la creazione di un prodotto di marca di qualità e costituendo un vantaggio per gli operatori dei media, i club calcistici e gli spettatori, in quanto porta alla creazione di un punto vendita unico per l’acquisizione di un pacchetto di prodotti “campionato”. Tuttavia, poiché nessuno di tali vantaggi deriva dalla limitazione della libertà dei singoli club di vendere i diritti della diretta TV a emittenti diverse dalle pay-TV/pay-per-view, la Commissione ha subordinato tale decisione alla condizione che venga consentito ai club calcistici di vendere i propri diritti di diretta TV ad emittenti non a pagamento, qualora non vi sia un’offerta ragionevole da parte di una emittente a pagamento (punto 168).

 

 

Da ultimo, si segnala il Rapporto indipendente sul calcio europeo 2006[21], realizzato con l’obiettivo di fornire alcune raccomandazioni alle autorità europee e nazionali affinché intervengano con norme trasparenti nell’ambito delle quali gli organi di autogoverno dello sport siano in grado di risolvere le questioni che interessano il settore.

 

Tra le misure volte garantire l’equilibrio tra le squadre partecipanti ad una stessa competizione, necessario per assicurare l’attrattiva del calcio; il Rapporto individua la redistribuzione delle risorse mediante la vendita collettiva dei diritti commerciali, che viene definita, nello stesso tempo, necessaria e compatibile con il diritto comunitario.

Il Rapporto propone poi l’adozione da parte della Commissione europea di linee guida relative all’applicazione allo sport delle regole sulla concorrenza, in cui si precisino, tra l’altro, le regole sportive che non rientrano nell’applicazione degli articoli 81 e 82 del Trattato, le misure che meritano deroghe al divieto di accordi tra imprese noché la disciplina giuridica di specifiche tematiche quali la vendita collettiva dei diritti, la valorizzazione dei vivai, la partecipazione degli atleti alle rappresentative nazionali, le limitazioni agli stipendi, la concessione delle licenze ai club.

 

Dall’analisi dei documenti sopra citati, emerge un orientamento favorevole al riconoscimento della specificità dello sport e della necessità di derogare ad alcune norme generali in materia di concorrenza, anche in considerazione delle finalità sociali dello sport recepite nella dichiarazione di Nizza.

 

Si segnala peraltro che le disposizioni concernenti la vendita collettiva dei diritti sportivi a livello comunitario hanno riguardato specifiche e circoscritte deroghe alla normativa antitrust, limitate nel tempo, su singoli casi. I provvedimenti in esame al contrario prevedono una disciplina di carattere generale disposta con norme di rango primario.

Incidenza sull’ordinamento giuridico

Riflessi sulle autonomie e sulle altre potestà normative

Si ricorda che l’articolo 1 del DL 19 agosto 2003, n. 220[22] ha riconosciuto l'autonomia dell'ordinamento sportivo nazionale, quale articolazione dell'ordinamento sportivo internazionale facente capo al Comitato Olimpico Internazionale.

 

Attribuzione di poteri normativi

L’articolo 1, comma 3, lettera h) del ddl del governo prevede l’attribuzione di attività di vigilanza e controllo all’Autorità garante della concorrenza e del mercato e all’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni.

Coordinamento con la normativa vigente

Il coordinamento con la normativa vigente risulta assicurato nel ddl come nelle pdl dall’abrogazione o sostituzione delle norme in contrasto con la disciplina che si vuole introdurre.

Collegamento con lavori legislativi in corso

Si segnala che la Commissione Cultura sta svolgendo un’indagine conoscitiva sulle violazioni al sistema delle regole e dei controlli nel settore del calcio professionistico riscontrate al termine del campionato di calcio di Serie A 2005/2006.

L’indagine, che trae origine dalle emergenze finanziarie e organizzative che hanno interessato il settore negli ultimi anni, intende approfondire in particolare i seguenti temi:

-    l’evoluzione degli eventi relativi alle violazioni al sistema delle regole e dei controlli nel settore del calcio professionistico riscontrate al termine del campionato di calcio di Serie A 2005/2006, con particolare riferimento alle cause che hanno determinato la loro realizzazione;

-    la riferibilità degli eventi indicati al sistema delle regole interne al mondo del calcio, con particolare riguardo al finanziamento delle società professionistiche e al sistema dei controlli;

-    le connessioni con le questioni relative all’utilizzo dei diritti televisivi, anche rispetto all’uso delle nuove tecnologie;

-    la necessità di prevedere meccanismi trasparenti nell’esercizio della professione degli agenti di calciatori;

-    l’indipendenza e l’autonomia degli operatori del settore arbitrale e la ridefinizione del sistema sanzionatorio per condotte illecite.

Impatto sui destinatari delle norme

I provvedimenti modificano la disciplina relativa alla titolarità dei diritti di trasmissione televisiva in tal modo incidendo sui criteri di distribuzione delle risorse finanziare delle società calcistiche interessate.

Inoltre, il ddl del governo intende disciplinare alcuni aspetti connessi alle piattaforme distributive, in modo da evitare alterazioni del mercato e della concorrenza.

 

In proposito occorre inoltre ricordare che l’AGCM ha più volte affermato che i contenuti calcistici costituiscono, tanto per gli operatori televisivi in chiaro, quanto per gli operatori televisivi a pagamento, un’importante fonte di ricavi pubblicitari, in quanto, oltre ad avere come caratteristica elevati indici di ascolto, sono seguiti con continuità da un pubblico ben identificabile come target pubblicitario. In virtù di tali elementi, i diritti televisivi sugli eventi calcistici appaiono rappresentare, anche in prospettiva, fattori determinanti ai fini della definizione delle dinamiche concorrenziali nel settore televisivo ed in particolare sul mercato della raccolta pubblicitaria sul mezzo televisivo, nonché un importante strumento di affermazione dei nuovi mezzi di trasmissione[23].

 

 

 


Schede di lettura

 


 

Quadro della normativa vigente

Ai fini di una migliore comprensione delle disposizioni introdotte dal disegno di legge in esame, la presente scheda di lettura fornisce un quadro della normativa vigente nel settore dello sport e del calcio professionistico, con particolare riferimento agli aspetticonnessi con la struttura giuridica dei soggetti coinvolti nelle competizioni sportive, le modalità di finanziamento del settore ed i rapporti economici tra le società professionistiche[24]. Particolare attenzione è inoltre rivolta alla normativa nazionale ed europea in materia di sfruttamento commerciale dei diritti televisivi e di politiche anticoncentrative nel settore delle trasmissioni radiotelevisive e su altre reti di comunicazione elettronica.

L’autonomia dell’ordinamento sportivo

Il decreto-legge 19 agosto 2003, n. 220, recante “Disposizioni urgenti in materia di giustizia sportiva”, convertito, con modificazioni, dalla legge 17 ottobre 2003, n. 280 (relativo al cosiddetto “caso Catania”) ha definito le relazioni tra giustizia sportiva e giustizia ordinaria, sancendo il principio dell’autonomia dell’ordinamento sportivo, quale articolazione dell’ordinamento sportivo internazionale facente capo al Comitato internazionale olimpico (CIO); tale autonomia trova un limite unicamente a fronte di situazioni giuridiche soggettive rilevanti per l’ordinamento giuridico statale.

E’ quindi riservata all'ordinamento sportivo la disciplina delle questioni aventi ad oggetto:

a) l'osservanza e l'applicazione delle norme regolamentari, organizzative e statutarie dell'ordinamento sportivo nazionale e delle sue articolazioni al fine di garantire il corretto svolgimento delle attività sportive;

b) i comportamenti rilevanti sul piano disciplinare e l'irrogazione ed applicazione delle relative sanzioni disciplinari sportive;

 

Per quanto concerne i rapporti tra giurisdizione sportiva e statale in materie non riservate alla giurisdizione esclusiva sportiva, viene previsto, in via generale, l’obbligo di previo esperimento dei relativi ricorsi presso gli organi di giustizia sportiva. Solo una volta esauriti i gradi della giustizia sportiva, le questioni potranno essere sollevate innanzi al giudice ordinario, per quanto concerne i rapporti patrimoniali tra società, associazioni e atleti, o al TAR del Lazio, competente in via esclusiva in primo grado e chiamato ad operare secondo modalità accelerate di definizione del giudizio, per ogni altra controversia che abbia ad oggetto atti del CONI o delle federazioni sportive.

 

Si ricorda che ai sensi dell’articolo 2 del d.lgs. 23 luglio 1999, n. 242[25], il CONI è la Confederazione delle federazioni sportive nazionali e delle discipline sportive associate e si conforma ai princìpi dell'ordinamento sportivo internazionale, in armonia con le deliberazioni e gli indirizzi emanati dal Comitato olimpico internazionale, di seguito denominato CIO. L'ente cura, per quanto qui interessa, l'organizzazione ed il potenziamento dello sport nazionale, ed in particolare la preparazione degli atleti e l'approntamento dei mezzi idonei per tutte le manifestazioni sportive nazionali o internazionali.

 

In tale ambito, per quanto riguarda il calcio, si ricorda che la Lega Calcio (Lega nazionale professionisti) costituisce l'associazione a carattere privatistico delle società calcistiche iscritte ai Campionati di Serie A e B. La sua funzione istituzionale è rappresentata dall'organizzazione e gestione amministrativa dei Campionati nazionali di calcio di Serie A e di Serie B, del torneo di Coppa Italia, della gara di SuperCoppa di Lega, nonché di alcuni campionati a carattere giovanile.

 

La Lega Calcio è affiliata alla Federazione Italiana Giuoco Calcio (FIGC); quest’ultima è l’associazione, con personalità giuridica di diritto privato, delle società e delle associazioni che perseguono il fine di praticare il giuoco del calcio in Italia e degli altri organismi ad essa affiliati che svolgono attività strumentali al perseguimento di tale fine. Ai sensi del proprio statuto, la FIGC svolge le proprie funzioni in armonia con le deliberazioni e gli indirizzi della F.I.F.A., dell’U.E.F.A., del C.I.O. e del C.O.N.I., in piena autonomia tecnica, organizzativa e di gestione. In particolare, sono affidate alla FIGC - oltre alla disciplina sportiva e alla gestione tecnico-organizzativa ed economica delle squadre nazionali, alla determinazione dei criteri di ripartizione delle risorse attribuite alla F.I.G.C. e alla tutela del principio di solidarietà finanziaria tra calcio professionistico e dilettantistico -  tutte le funzioni che, a motivato giudizio del Consiglio federale, le Leghe non possono svolgere autonomamente a causa degli effetti generali delle decisioni da adottare (art. 3 dello Statuto).

Il sistema di finanziamento dello sport

Il sistema di finanziamento dello sport italiano è stato modificato in primo luogo dall’articolo 4 del DL 8 luglio 2002, n. 138 (convertito dalla legge 8 agosto 2002, n. 178) che ha unificato le competenze in materia di giochi, con il trasferimento dell’organizzazione di tutti i giochi, scommesse e concorsi pronostici connessi con manifestazioni sportive (in regime di concessione) all’Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato. Il CONI mantiene i rapporti con le federazioni e acquista la rappresentanza nel Comitato generale per i giochi, che coadiuva il Ministro nella formulazione degli indirizzi strategici per il settore dei giochi, delle scommesse e dei concorsi pronostici.

 

Il DL ha inoltre ha provveduto alla creazione di una società per azioni, denominata CONI Servizi spa, a totale partecipazione pubblica (le azioni sono attribuite al Ministero dell’economia e delle finanze), chiamata a supportare l’insieme delle attività del Comitato olimpico. In particolare, si è previsto che i rapporti tra il CONI (ente pubblico) e la CONI Servizi vengano disciplinati da un contratto di servizio annuale e che il personale alle dipendenze del CONI venga trasferito alle dipendenze della CONI Servizi, la quale succede in tutti i rapporti attivi e passivi, compresi i rapporti di finanziamento con le banche, nonché nella titolarità dei beni facenti capo all’ente pubblico.

 

Nel corso della XIV legislatura il CONI è stato in un primo momento beneficiario di interventi straordinari di finanziamento, determinati dalla drastica riduzione delle entrate derivanti dai concorsi pronostici; si ricorda in particolare il contributo di 103,2 milioni di euro per il 2002 per lo svolgimento dei propri compiti istituzionali e il potenziamento dell’attività sportiva (art.16-sexies del DL n. 452 del 2001[26]) nonché il contributo di 130 milioni di euro per il 2004, a titolo di apporto al capitale sociale della CONI servizi spa  (legge finanziaria per il 2004, art. 4, co. 232).

In seguito la legge finanziaria per il 2005 (art.1 co. 281-282) ha modificato le modalità di finanziamento destinando al CONI, a partire dal 1° gennaio 2005, una quota parte (da stabilire) delle entrate erariali ed extraerariali derivanti dai concorsi pronostici su base sportiva, da scommesse, lotto ed enalotto, bingo, apparecchi da divertimento ed intrattenimento, lotterie. In via transitoria, per il quadriennio 2005-2008, è attribuito al CONI un contributo di 450 milioni di euro annui, comprensivi del contributo straordinario previsto per i Giochi Olimpici Invernali di Torino 2006 e per i Giochi di Pechino 2008. E’ rimasta invariata la previsione di un contributo all’Istituto per il credito sportivo[27]pari al 2,45% delle entrate derivanti dai concorsi pronostici su base sportiva previsto dal D.M. 19 giugno 2003, n. 179[28].

Si ricorda che un parziale riordino di tale Istituto è stato introdotto dalla legge finanziaria per il 2004 (articolo 4, co. 14, L 350/2003). In particolare la norma ne ha ampliato i compiti, non più limitati al finanziamento dell’impiantistica sportiva, ma estesi al credito a favore delle attività sportive e culturali. Compiti da attuarsi come banca di diritto pubblico, ai sensi dell'articolo 151 del testo unico di cui al decreto legislativo 1° settembre 1993, n. 385[29]. L’approvazione dello nuovo statuto, che tiene conto dei  nuovi compiti ed assicura la rappresentanza delle regioni e delle autonomie locali negli organi dell’Istituto è avvenuta con DM 4 agosto 2005. La legge finanziaria per il 2004 prevede inoltre la concessione di contributi per interessi sui mutui e prestiti per le finalità istituzionali, attraverso le disponibilità di un fondo speciale costituito presso l'Istituto, alimentato principalmente con il versamento da parte dell’Amministrazione autonoma dei Monopoli di Stato del contributo del 2,45% della posta dei concorsi pronostici.

Si segnala, peraltro, che la legge finanziaria per il 2006 (legge 23 dicembre 2005, n. 266, art. 1, co. 41) ha rideterminato in 450 milioni di euro la quota del fondo patrimoniale dell’Istituto del credito sportivo da restituirsi allo Stato, stabilita in una cifra sensibilmente più contenuta da un precedente decreto del ministero dell’economia, riducendo quindi in maniera considerevole i fondi necessari ad assicurare la prosecuzione delle attività dell’istituto.

 

Si ricorda infine che, recentemente, il DL n. 181 del 18 Maggio 2006[30] ha attribuito (comma 19 lettera a) al Presidente del Consiglio dei ministri le funzioni di competenza statale in materia di sport già attribuite al Ministero per i beni e le attività culturali dagli artt. 52, co. 1, e 53 del D.Lgs. 300/1999, inclusa quindi la vigilanza sul CONI. Il testo integrato nel corso dell’esame del disegno di legge di conversione ha previsto (indirettamente, attraverso la fissazione del termine per la modifica dello statuto) che l’Istituto per il credito sportivo sia sottoposto alla vigilanza congiunta del Presidente del Consiglio dei ministri e del ministro per i beni e le attività culturali.

Le società sportive professionistiche

In materia di sport professionistico, la disciplina generale è contenuta nella legge 23 marzo 1981, n. 91, recante “Norme in materia di rapporti tra società e sportivi professionisti”, cui è sotteso il principio fondamentale per il quale l’attività sportiva è libera, sia che venga svolta in forma individuale o collettiva, a livello dilettantistico o professionistico.

Il rapporto di lavoro professionistico, con il conseguente tesseramento, si costituisce con la stipulazione di un contratto in forma scritta tra l’atleta e la società destinataria della prestazione sportiva. La durata dei contratti viene stabilita con libera trattativa tra l’atleta e la società e non può essere superiore a cinque anni.

È ammessa la cessione del contratto prima della scadenza da una società sportiva ad un’altra, purché vi consenta l’altra parte e siano osservate le modalità fissate dalle federazioni sportive. Le federazioni sportive devono prevedere un premio di addestramento e formazione tecnica dovuto dalla società con la quale un atleta stipula il primo contratto da professionista alla società con la quale l’atleta ha svolto la sua ultima attività dilettantistica.

La legge contiene anche disposizioni sulla tutela assicurativa, sanitaria e previdenziale degli sportivi professionisti, nonché sul trattamento tributario dei redditi derivanti dalle prestazioni sportive e dagli altri contratti tipici del settore dello sport professionistico.

Nel settore professionistico possono operare solamente le società costituite nelle forme della società per azioni o società a responsabilità limitata.

Con il decreto-legge 20 settembre 1996, n. 485, recante “Disposizioni urgenti per le società sportive professionistiche”, convertito, con modificazioni, dalla legge 18 novembre 1996, n. 586, si è consentito alle società professionistiche il perseguimento dello scopo di lucro e quindi l'identificazione con le altre società commerciali disciplinate dalle leggi comuni e, innanzitutto, dal codice civile; è stata infatti eliminata la disposizione che obbligava le società sportive a prevedere nel proprio statuto che gli utili fossero interamente reinvestiti nella società per il perseguimento esclusivo dell'attività sportiva; la norma novellata (articolo 10 della legge n. 91 del 1981) dispone invece che l'atto costitutivo debba prevedere, da un lato, che la società possa svolgere esclusivamente attività sportive e attività ad esse connesse e, dall'altro, che una quota degli utili, in misura non inferiore al 10 per cento, sia destinata alle scuole giovanili di addestramento e formazione tecnico-sportiva.

 

In proposito, l’AGCM, nella delibera del 1° luglio 1999 sulla vendita collettiva dei diritti TV, ha sottolineato che “la riforma del settore dello sport professionistico, determinata dalle modifiche alla disciplina delle società sportive apportate dalla legge n. 586/1996, ha reso coerente la struttura formale-giuridica delle società sportive con l'attività imprenditoriale svolta, eliminando il vincolo relativo alla distribuzione dei dividendi. L'eliminazione di tale vincolo risulta, in particolare, funzionale all'esigenza delle principali società sportive - quelle calcistiche in particolare - di vedere quotate in mercati ufficiali le proprie azioni. Lo stesso legislatore ha con ciò confermato la natura intrinsecamente imprenditoriale dell'attività esercitata dalle società calcistiche”.

 

Lo stesso decreto-legge – sempre attraverso una modifica della legge n. 91 del 1981 - ha introdotto, al solo fine di garantire il regolare svolgimento dei campionati sportivi, verifiche sull'equilibrio finanziario delle società sportive da parte delle federazioni sportive, su delega del CONI e secondo le modalità e i princìpi da questo stabiliti.

La mutualità

Il sistema di mutualità ridistribuisce, sulla base di accordi interni alla Lega nazionale professionisti, una quota delle risorse prodotte dalla Serie A alla Serie B; esiste inoltre un meccanismo di ripartizione dei proventi tra le squadre di Serie A. Si tratta, in particolare, dell’assegnazione di una quota pari al 18 per cento dei diritti TV e degli incassi da biglietti alla squadra ospite (tendenzialmente a favore dei club minori di Serie A), nonché del 20 per cento dei ricavi da diritti televisivi, in chiaro e criptati, da giochi e scommesse e da sponsorizzazioni dei campionati a favore della Serie B, con un importo garantito pari a 103 milioni di euro.

 

L’articolo 46 del Regolamento della Lega nazionale professionisti prevede che i criteri di ripartizione dei crediti derivanti dalla vendita dei diritti televisivi, approvati dall’assemblea del 19 marzo 1999 (riguardanti la mutualità verso la Serie B), abbiano durata fino al 30 giugno 2005 e, qualora non si raggiunga una soluzione idonea a perseguire l’identico scopo mutualistico, si intendano prorogati per un triennio, sino al 30 giugno 2008.

 

Con decisione del 18 dicembre 2003, la Corte federale ha dichiarato tale disposizione inefficace - a decorrere dal 1° luglio 2004 - per eccessiva onerosità sopravvenuta, in quanto impegna le società di Serie A al pagamento di contribuzioni superiori a quanto dalle stesse percepito in base ai diritti televisivi in questione ed ha stabilito che, fermo restando il principio mutualistico, l’accordo fra le società appartenenti alla Lega debba essere rinegoziato al fine di ricondurlo ad equità.

Per la nuova negoziazione la Corte ha stabilito che i criteri di mutualità siano utilizzati in favore di tutte le società economicamente più deboli (prestando attenzione non solo alla collocazione all’interno del campionati di serie A o di serie B, ma anche ad altri criteri, quali quelli del bacino di utenza e della potenzialità di diffusione televisiva delle singole società e della partecipazione alle Coppe europee) nonché il criterio della ragionevolezza, al fine di non imporre oneri eccessivi ai soggetti chiamati unilateralmente ad operare esborsi di denaro in favore di altri soggetti.

Tale decisione ha aperto un dibattito che ancora non ha trovato una soluzione definitiva, anche se occorre segnalare che nel corso dell’Assemblea della Lega del 7 luglio 2005, è stato raggiunto un accordo di ripartizione che prevede il mantenimento della percentuale delle risorse ripartite (18 per cento) ma amplia la base di calcolo includendo, oltre ai diritti per l’estero e la Tv digitale satellitare e terrestre, anche quelli relativi ad Internet ed alla telefonia mobile. L’accordo è valido fino al giugno 2007.

 

La Serie C ha già da tempo attuato forme di ripartizione dei contributi federali sulla base dell’effettivo ricorso delle società a calciatori provenienti dai vivai. In particolare, nella stagione 2005/2006 hanno beneficiato del contributo le squadre che schierano in partite di campionato calciatori nati dal 1° gennaio 1982 in poi, e che abbiano, comunque, compiuto anagraficamente il 15° anno di età, e siano di cittadinanza italiana[31].

I diritti televisivi

La delibera dell’Autorità garante della concorrenza e del mercato del 1° luglio 1999

Fino alla stagione 1998/1999 i diritti di trasmissione televisiva delle partite del campionato di Serie A, sia in chiaro[32] sia in criptato, erano negoziati per il tramite della Lega Calcio, che provvedeva a distribuire i relativi proventi tra le società calcistiche professionistiche sostanzialmente su base paritetica.

Dall'inizio del 1998, alcune società calcistiche iniziarono trattative con una emittente televisiva a pagamento per la vendita individuale dei diritti televisivi di propria pertinenza. Per il Milan, la Juventus, l'Inter, il Napoli, l'Empoli, il Bologna, il Cagliari, il Torino e il Bari tali trattative portarono, tra il maggio del 1998 e il marzo del 1999, alla conclusione di contratti definitivi aventi ad oggetto la cessione dei diritti televisivi criptati relativi al Campionato di Serie A e B nonché dei diritti televisivi esteri.

 

Il 10 febbraio 1999, l’Autorità garante della concorrenza e del mercato (AGCM) avviò un’istruttoria nei confronti della Lega Calcio, per presunta violazione delle norme poste a tutela della concorrenza recate dalla legge 287/1990[33], rilevando che il regolamento organizzativo della Lega attribuiva in esclusiva a quest’ultima la gestione dei diritti televisivi relativi alle partite del Campionato di calcio e della Coppa Italia, e ravvisando in ciò una possibile intesa tra le società di calcio restrittiva della concorrenza nel mercato italiano dei diritti televisivi.

 

Nel frattempo, il 30 gennaio 1999 era stato emanato il decreto legge n. 15[34] che, al comma 1 dell’articolo 2,conteneva disposizioni volte a fissare la disciplina di base utilizzabile dalle competenti Autorità per evitare la costituzione o il mantenimento di posizioni dominanti nel particolare settore dell’emittenza televisiva in forma codificata, intervenendo su un segmento dell’offerta di programmi ritenuto cruciale ai fini dell’acquisto di quote di mercato: la trasmissione in diretta delle partite del campionato nazionale di calcio; il decreto prevede quindi che uno stesso soggetto attivo nel settore televisivo non possa detenere più del 60 per cento dei diritti televisivi criptati afferenti al Campionato italiano di Serie A o della manifestazione calcistica nazionale di maggior valore. Nel caso in cui le condizioni dei relativi mercati determinino la presenza di un solo acquirente il limite indicato può essere superato ma i contratti di acquisizione dei diritti in esclusiva hanno durata non superiore a tre anni. La norma affida all’Antitrust, sentito il parere dell'Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni, il compito di vigilare sul rispetto di tale soglia, con la facoltà di derogare al predetto limite in considerazione delle condizioni generali del mercato, della titolarità di altri diritti sportivi e della loro durata, al fine di garantire che il gioco della concorrenza non venga falsato.

In sede di conversione in legge del decreto - tramite un emendamento introdotto al Senato - fu definita a livello legislativo la questione preliminare della titolarità dei diritti di trasmissione televisiva delle partite di calcio, precisando che i diritti di trasmissione televisiva in forma codificata spettano alle singole squadre di calcio di serie A e B.

 

Intanto Il 19 marzo 1999, l'assemblea delle società aderenti alla Lega Calcio modificava gli articoli 1 e 25 del regolamento della Lega, limitando la possibile rappresentanza della Lega – in ogni caso su delega specifica rilasciata per ogni singolo contratto e da ogni singola società – in ordine alla vendita dei diritti  relativi alla diffusione:

·         televisiva, sul solo territorio italiano, degli highlights in chiaro e in differita dei campionati di Serie A e di Serie B;

·         radiofonica, con esclusione dell'ambito locale, dei campionati di Serie A e di Serie B;

·         televisiva e radiofonica - senza limitazioni territoriali - sia in chiaro che in criptato, della Coppa Italia per le sole fasi a eliminazione diretta.

Tali modifiche furono in seguito approvate in via definitiva nella riunione del 9 aprile 1999 del Consiglio Federale della FIGC.

 

Il 1° luglio 1999 l’AGCM concludeva il procedimento di infrazione aperto nei confronti della Lega Calcio per violazione dell’articolo della legge 287/90 non riconoscendo alla Lega Calcio, quale responsabile organizzativo del funzionamento dei campionati sotto l'egida e il controllo della FIGC, un ruolo tale da giustificare l'attribuzione originaria della titolarità o contitolarità del diritto di sfruttamento economico dell'evento sportivo. Veniva quindi censurata l'intesa costituita dal precedente regolamento di Lega[35], avente ad oggetto la vendita collettiva dei diritti televisivi del Campionato di calcio di Serie A e B e della Coppa Italia, relativamente ai periodi 1993/96, 1996/99 sino al gennaio 1999 - in quanto diretta alla fissazione dei prezzi e quindi in violazione dell'articolo 2, comma 2, lettera a), della legge n. 287/90, - e nello stesso tempo prendendo atto del venire meno dell’intesa in seguito alle intervenute modifiche regolamentari.

Per quanto riguarda gli highlightsl’AGCM ha ritenuto che la vendita collettiva non presentasse carattere restrittivo in quanto tale prodotto non avrebbe potuto essere commercializzato su base individuale da parte delle singole società.

Quanto all'intesa avente ad oggetto la vendita collettiva da parte della Lega dei diritti della Coppa Italia limitatamente ai turni a eliminazione diretta, l’AGCM concedeva un’autorizzazione in deroga, ai sensi e per gli effetti dell'articolo 4, comma 1, legge n. 287/90, sino al 30 giugno 2002; tale deroga è stata successivamente estesa dall’Autorità (con provvedimento del 19 luglio 2002) fino al 30 giugno 2005. Per i diritti 2005-2006 è stato concordato con l’AGCM di effettuare un’asta pubblica per un solo anno.

Recenti orientamenti in merito alla vendita dei diritti televisivi

Sulla vendita dei diritti televisivi la Commissione europea ha modificato negli ultimi anni il proprio orientamento in senso più favorevole alla vendita collettiva.

Ferma restando la configurazione come attività economica ai sensi dell’articolo 2 del trattato[36], la Commissione ha riconosciuto la specificità dello sport nella dichiarazione del Consiglio europeo a Nizza nel dicembre 2000[37]. In quella occasione il Consiglio ha assunto una posizione favorevole alla messa in comune di una parte degli introiti derivanti dalla vendita dei diritti TV, ai livelli appropriati, come vantaggiosa per il principio di solidarietà tra tutti i livelli e le discipline dello sport.

 

Nella decisione del 23 luglio 2003 sulla vendita congiunta dei diritti della UEFA Champions League[38], la Commissione ha concesso un’esenzione ai sensi dell’articolo 81 del trattato, fino al 31 luglio 2009.

 

In particolare, la Commissione ha riconosciuto che i club calcistici sono avvantaggiati dalla vendita dei diritti commerciali tramite un punto vendita unico o un’agenzia di vendita congiunta (punto 153 della decisione). La Commissione ha poi ritenuto che gli effetti negativi derivanti dall’accordo comune di vendita siano controbilanciati dalla maggiore quantità di contenuti resi disponibili per una più ampia distribuzione, promuovendo così il progresso tecnico o economico dei contenuti mediatici stessi e dei nuovi vettori mediatici che li distribuiscono (punto 161) e che la decisione dei club calcistici e della UEFA riguardo l’accordo comune di vendita migliora la produzione e la distribuzione della UEFA Champions League ai sensi dell’articolo 81, paragrafo 3, del trattato, consentendo la creazione di un prodotto di marca di qualità e costituendo un vantaggio per gli operatori dei media, i club calcistici e gli spettatori, in quanto porta alla creazione di un punto vendita unico per l’acquisizione di un pacchetto di prodotti “campionato”. Tuttavia, poiché nessuno di tali vantaggi deriva dalla limitazione della libertà dei singoli club di vendere i diritti della diretta TV a emittenti diverse dalle pay-TV/pay-per-view, la Commissione ha subordinato tale decisione alla condizione che venga consentito ai club calcistici di vendere i propri diritti di diretta TV ad emittenti non a pagamento, qualora non vi sia un’offerta ragionevole da parte di una emittente a pagamento (punto 168).

 

In tema di vendita collettiva dei diritti televisivi la Commissione è intervenuta in altri due casi a livello nazionale. In tali circostanze la Commissione ha autorizzato la vendita dei diritti relativi al campionato di calcio utilizzando la nuova procedura che consente alle imprese di evitare un accertamento di infrazione proponendo impegni adeguati (Regolamento CE n. 1/2003 del Consiglio del 16 dicembre 2002 concernente l’applicazione delle regole di concorrenza di cui agli articoli 81 e 82 del Trattato)[39].

 

Il 23 giugno 2001 la Commissione ha avviato di propria iniziativa un'inchiesta sugli accordi di vendita congiunta connessi alle partite della Football Association Premier League Limited (FAPL), vale a dire ilcampionato di calcio di serie A nel Regno Unito. A seguito dell’inchiesta, la FAPL ha modificato le proprie modalità di vendita: a partire dai diritti per la stagione del 2007, nessun acquirente potrà acquistare in esclusiva tutti i pacchetti di diritti per la diretta commercializzati a livello centrale; i pacchetti continueranno ad essere costituiti in modo da riflettere le condizioni di mercato e da tener conto delle esigenze delle emittenti nonché dell'obiettivo di rappresentare adeguatamente il campionato di Premier League[40];

 

il 25 agosto 1998, la Deutsche Fußballbund (DFB) ha presentato una richiesta di attestazione negativa o, in subordine, di esenzione ai sensi dell'articolo 81, paragrafo 3, del trattato CE per la vendita congiunta dei diritti radiotelevisivi e di altre forme tecniche di sfruttamento delle partite di campionato di calcio tedesco della prima e della seconda divisione maschile (Bundesliga e 2 Bundesliga, rispettivamente).

A seguito dell’istruttoria intercorsa, il 10 giugno 2003 la DFB ha presentato alla Commissione un piano che modifica significativamente l'originaria disciplina notificata prevedendo la commercializzazione in modo centrale di una parte dei diritti di diffusione in base a disposizioni precise e trasparenti. Inoltre, i club potranno commercializzare in modo individuale determinati diritti. In proposito, la Commissione ha concluso che i vantaggi per i consumatori che la disciplina modificata è idonea a raggiungere sono superiori rispetto ai problemi che essa pone in materia di concorrenza ed ha quindi giudicato positivamente la nuova disciplina[41].

 

Da ultimo, si segnala il Rapporto indipendente sul calcio europeo 2006[42], realizzato con l’obiettivo di fornire alcune raccomandazioni alle autorità europee e nazionali affinché intervengano con norme trasparenti nell’ambito delle quali gli organi di autogoverno dello sport siano in grado di risolvere le questioni che interessano il settore.

 

Il Rapporto, che si compone di 7 capitoli e 3 allegati, mette in evidenza due esigenze: da una parte, la necessità di conciliare l’aspetto “sociale” del calcio con le problematiche di carattere commerciale; dall’altra, l’urgenza di fornire certezza e stabilità legale al sistema sportivo.

Tali esigenze possono trovare risposta in primo luogo attraverso la completa applicazione dei principi sanciti nella dichiarazione di Nizza, adottata dal Consiglio europeo nel dicembre 2000, che ha sottolineato l'importanza della funzione sociale dello sport e la necessità di tener conto delle sue caratteristiche al momento dell'attuazione di tutte le politiche comunitarie.

Quanto al rapporto tra il mondo dello sport e la giurisprudenza comunitaria, si sottolinea la specificità dello sport e l’importanza dell’autonomia delle autorità sportive (internazionali e nazionali), accompagnata dalla partecipazione alle decisioni di tutti i soggetti coinvolti. Le autorità sportive (anche in quanto soggetti portatori di notevoli esperienze) devono avere chiari ambiti in cui esercitare la propria discrezionalità, ed è importante quindi fornire una interpretazione certa delle decisioni della giurisprudenza comunitaria in ambito sportivo. Il Rapporto individua tre aree:

§         per la prima, relativa al funzionamento e alla regolarità dei campionati, si ritiene che l’autonomia sportiva non debba essere limitata dal diritto comunitario;

§         per la seconda – integrità ed autenticità delle competizioni – si riconosce l’importanza di regole autonome relative al controllo finanziario sui club (per evitare dissesti che possano falsare la regolarità di una competizione) e limiti al possesso di più club;

§         la terza area è quella relativa alle equilibrio tra le squadre partecipanti ad una stessa competizione, equilibrio necessario per garantire l’attrattiva del calcio; si sta invece assistendo ad una concentrazione delle risorse economiche, e conseguentemente di successi sportivi, all’interno delle singole leghe e tra le diverse leghe. Le possibili risposte a questo fenomeno possono essere:

·  di carattere non finanziario: ad esempio, limitazione delle “rose” (numero di calciatori presenti in una squadra) e valorizzazione dei vivai (da preferire - dal punto di vista della compatibilità comunitaria - ai meccanismi che si basano sulla nazionalità dei giocatori schierati);

·  redistribuzione delle risorse (la vendita collettiva dei diritti commerciali viene definita, nello stesso tempo,  necessaria e compatibile con il diritto comunitario);

·  controllo dei costi (cd. salary cap), non con riferimento al singolo calciatore ma rispetto alla percentuale dei costi destinata alle spese per stipendi, che si ritiene possa essere oggetto di una autonoma regolamentazione da parte delle autorità sportive.

 

Nel complesso si giudica necessaria un’ampia autonomia dello sport, e comunque, anche nei casi in cui le decisioni sportive hanno rilevanza economica, si deve tenere presente la specificità dello sport e riconoscere la terzietà delle autorità sportive, che devono in ogni caso agire con ragionevolezza, proporzionalità e senza decisioni arbitrarie nonché essere democratiche e rappresentative. Nello stesso tempo è opportuno che l’Unione europea adotti un approccio complessivo per garantire certezza giuridica alle relazioni sportive.

 

Il Rapporto illustra poi alcune proposte di iniziative per riconoscere la specificità dello sport nel diritto comunitario. Una prima proposta riguarda la possibile applicazione delle deroghe, previste dall’art. 81.3 del Trattato UE, al divieto di accordi tra imprese per specifiche materie; tra le deroghe, potrebbero rientrare la vendita dei diritti di trasmissione degli eventi sportivi e le regole sul trasferimento dei giocatori.

Accanto a ciò - e in parte in alternativa - si propone poi l’adozione da parte della Commissione europea di linee guida relative all’applicazione allo sport delle regole sulla concorrenza, in cui si precisi:

§         quali siano le regole sportive che non rientrano nell’applicazione degli articoli 81 e 82 del Trattato UE (accordi tra imprese ed abuso di posizione dominante);

§         quali siano le misure che meritano deroghe al divieto di accordi tra imprese;

§         Il riconoscimento delle organizzazioni sportive quali imprese per la gestione di servizi di interesse economico generale (art 86.2);

§         la specificità dello sport nel contesto degli aiuti di stato e la conseguente applicazione delle lettere c) e d) (sviluppo di attività o regioni, promozione della cultura) dell’articolo 87.3 del Trattato UE;

§         la disciplina giuridica di specifiche tematiche quali la vendita collettiva dei diritti, la valorizzazione dei vivai, la partecipazione degli atleti alle rappresentative nazionali, le limitazioni agli stipendi, la concessione delle licenze ai club.

 

Infine, i governi dei 25 paesi membri dei paesi dell’Unione europea vengono invitati ad attuare le seguenti proposte:

§         adozione del Rapporto da parte dei Consiglio dei ministri UE o del Consiglio UE;

§         approvazione di un memorandum di intesa contenete l’impegno all’adozione delle misure suggerite entro una data prefissata;

§         attuazione di quanto previsto nel Rapporto attraverso le politiche e la legislazione dei singoli stati membri.

 

Per ciò che concerne gli orientamenti a livello nazionale, merita segnalare che l’Autorità garante della concorrenza e del mercato ha avviato, il 31 marzo 2005, un'indagine conoscitiva di natura generale nel settore del calcio professionistico (IC27, provv. n. 14156), con particolare riferimento alle previsioni normative e regolamentari di settore, all'individuazione dei mercati rilevanti, alla rilevanza concorrenziale dei comportamenti tenuti dagli operatori attivi nel settore.

Con il provvedimento di apertura dell’indagine l’Autorità ha riconosciuto le peculiarità proprie del mondo dello sport e, in particolare, del calcio professionistico, che includono la definizione di regole non solo tecniche necessarie al corretto funzionamento delle competizioni sportive; l’Autorità ha inoltre riconosciuto che tali regole, qualora incidano sull'attività economica degli operatori coinvolti, potrebbero comunque giustificare delle restrizioni della concorrenza, quando siano finalizzate al raggiungimento del legittimo obiettivo di garantire un equilibrato svolgimento delle competizioni sportive, nonché parità di condizioni nello sviluppo dell'attività sportiva medesima. Tuttavia, l'Autorità ritiene che le eventuali restrizioni di natura concorrenziale debbano rispondere al criterio di proporzionalità, dovendo quindi risultare strettamente necessarie e indispensabili per raggiungere i suddetti obiettivi, costituendo, al tempo stesso, la soluzione meno restrittiva della concorrenza.

Nel provvedimento non è contenuta alcuna specifica menzione della problematica della vendita dei diritti televisivi[43].

 

L’AGCM ha inoltre avviato il 22 marzo 2005 una istruttoria (A362-Diritti Calcistici, provv. 14137) ai sensi dell'articolo 14 della legge n. 287/90, nei confronti di Mediaset per presunta violazione dell’articolo 82 del Trattato CE sull’abuso di posizione dominante, con riferimento alla stipula, avvenuta nel corso dell’estate 2004, con numerose società sportive (tra le quali Milan, Inter, Juventus e Roma), di contratti di licenza triennale dei diritti di trasmissione attraverso il digitale terreste, il cavo e la trasmissione via adsl delle partite casalinghe del campionato nazionale di calcio; inoltre, Mediaset ha acquisito, attraverso scritture private, un diritto di prima negoziazione e di prelazione per nove stagioni sportive consecutive, dal 2007/2008 al 2015/2016 su tutti i mezzi di diffusione televisiva, inclusa la televisione satellitare.

 

Con la delibera 28 giugno 2006 di chiusura dell’istruttoria (provv. 15632), l’AGCM ha ritenuto che la stipulazione dei contratti di licenza e delle scritture private, sottoscritte dal Gruppo Mediaset, configuri una violazione del divieto di abuso di posizione dominante, in quanto tali pattuizioni contengono esclusive di lunga durata, estese a tutte le piattaforme trasmissive esistenti e future, comprese quelle diverse dalla piattaforma utilizzata dal Gruppo Mediaset, e clausole di prima negoziazione e di prelazione.

Tuttavia l’Autorità ha considerato che l’impegno preso dal Gruppo Mediaset, nel corso dell'istruttoria, di mantenere per tutte le squadre contrattualizzate - a partire dal 2007 - l'esclusiva solo per la trasmissione sulla piattaforma digitale terrestre, cedendoa terzi i diritti relativi ad altre modalità trasmissive secondo modalità eque, trasparenti e non discriminatorie e l’avere stipulato, esercitando il diritto di prima negoziazione, accordi di durata biennale più un diritto di opzione per un'ulteriore stagione sportiva, per i diritti acquisiti a partire dal 2007, risultano idonei ad impedire il prodursi degli effetti distorsivi della concorrenza che si sarebbero determinati nel mercato rilevante.

 

Si segnala inoltre, con riferimento alle nuove piattaforme tecnologiche, che il 27 gennaio 2006, l’AGCM ha avviato un’istruttoria (provv. 15108) sulla concentrazione delle frequenze televisive terrestri con riferimento all’acquisizione da parte di Mediaset di un ramo d’azienda di proprietà di Europa TV, destinando le frequenze alla televisione mobile con standard DVB-H (Digital video broadcasting – handheld)

Con delibera del 10 aprile 2006 (provv. 15333) l’AGCM ha deciso di chiudere l’istruttoria, autorizzando, ai sensi dell'articolo 6 della legge n. 287/90, l'operazione di concentrazione tra le società RTI S.p.A. ed Europa TV S.p.A., considerando i seguenti elementi essenziali:

- la rete sarà dedicata esclusivamente alla fornitura di contenuti televisivi su terminali mobili in tecnica DVB-H;

- la rete sarà aperta agli operatori di telecomunicazioni che ne faranno richiesta e la capacità trasmissiva sarà concessa a condizioni eque, ragionevoli e non discriminatorie;

- sulla rete stessa potranno essere trasportati anche contenuti di fornitori terzi,

- il modello di business previsto dalla società nella fornitura di servizi di trasmissione televisiva digitale su terminali mobili in tecnologia DVB-H implica la piena responsabilità degli operatori telefonici in relazione all'offerta e alla gestione dei contenuti;

- la raccolta pubblicitaria sarà di esclusiva competenza e profitto degli operatori mobili;

 

L’AGCM non ha comunque ritenuto - allo stato attuale - di individuare compiutamente un mercato della trasmissione in standard DVB-H, separato da quello della trasmissione in DVB-T. (digitale terrestre), non escludendo che l'evoluzione tecnologica e commerciale possa in futuro indirizzare il mercato del DVB-H verso una sua autonoma individuazione.

 

 

Disciplina anticoncentrazione

 

La legge n. 112 del 2004 (c.d. “legge Gasparri”) – recante disposizioni per il riassetto del sistema radiotelevisivo e della RAI (concessionaria del servizio pubblico radiotelevisivo), nonché una delega al Governo per l’emanazione del testo unico della radiotelevisione – è stata adottata al fine di definire una normativa “di sistema” che tenesse conto dell’evoluzione tecnologica e dei mercati, nonché del nuovo quadro regolamentare europeo  dettato dalle direttive sulle “comunicazioni elettroniche”, favorendo il processo di convergenza tecnologica e la conversione dalla trasmissione in tecnica analogica a quella in tecnica digitale, il pluralismo e la concorrenza nel settore, ed altresì ridefinendo il ruolo del servizio pubblico in tale contesto.

Alla disciplina a tutela della concorrenza e del mercato, anche per gli aspetti che involgono il pluralismo dell’informazione, è dedicato il Capo II della legge n. 112 del 2004, sostanzialmente confluito nel Titolo VI del testo unico della radiotelevisione (d.lgs. 177/2005).

L’articolo 14 della legge assegna all’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni compiti di verifica[44] relativi alla individuazione del mercato rilevante, conformemente ai principi previsti dalla direttiva 2002/21/CE in materia di comunicazioni elettroniche , nonché alla formazione di posizioni dominanti[45]  nel sistema integrato delle comunicazioni e nei mercati che lo compongono, tenendo conto di un complesso di parametri[46]; nel caso in cui dall’accertamento emergano casi di violazione dei limiti imposti dalla legge, l’Autorità può operare con i poteri conferiti dalla legge 249/97, adottando anche provvedimenti “deconcentrativi”[47].

L’articolo 15 reca una nuova disciplina antitrust, con la individuazione dei limiti al cumulo dei programmi e dei limiti al cumulo delle risorse, questi ultimi calcolati in rapporto ai ricavi relativi ai settori che compongono il “sistema integrato delle comunicazioni(c.d. “SIC”) , definito dall’articolo 2 della legge n. 112 del 2004 come “il settore economico che comprende le seguenti attività: stampa quotidiana e periodica; editoria annuaristica ed elettronica anche per il tramite di INTERNET; radio e televisione; cinema; pubblicità esterna; iniziative di comunicazione di prodotti e servizi; sponsorizzazioni[48]. Si ricorda che l’AGCOM con delibera n. 341/06/CONS ha valutato le dimensioni economiche del Sistema Integrato delle Comunicazioni, definendolo in 21.567 milioni di euro per il 2004 e in 22.144 milioni di euro per il 2005. L’articolo contempla inoltre alcune disposizioni puntuali relative ai limiti di affollamento pubblicitario previsti dalla L. 223/1990[49].

Per quanto concerne la disciplina dei nuovi limiti antitrust, si ricorda in particolare che:

§      un medesimo fornitore di contenuti non può essere titolare di autorizzazioni che consentano di diffondere più del 20% del totale dei programmi (rispettivamente, televisivi o radiofonici), irradiabili su frequenze terrestri in ambito nazionale, mediante le reti previste dal piano nazionale di assegnazione delle frequenze in tecnica digitale[50].

Quanto al “fornitore di contenuti”, la lettera d) dell’articolo 2, comma 1, del testo unico della radiotelevisione – in cui risulta confluita l’identica lettera d)  dell’articolo 2, comma 1, della legge n. 112 del 2004 (vedi infra) – identifica il fornitore di contenuti nel soggetto che ha la responsabilità editoriale nella predisposizione dei programmi televisivi o radiofonici e dei relativi programmi-dati destinati alla diffusione anche ad accesso condizionato su frequenze terrestri in tecnica digitale, via cavo o via satellite o con ogni altro mezzo di comunicazione elettronica e che è legittimato a svolgere le attività commerciali ed editoriali connesse alla diffusione delle immagini o dei suoni e dei relativi dati. La successiva lettera h) dello stesso comma 1 dell’articolo 2 del testo unico definisce “fornitore di servizi interattivi associati o di servizi di accesso condizionato[51] il soggetto che “fornisce, attraverso l'operatore di rete, servizi al pubblico di accesso condizionato, compresa la pay per view, mediante distribuzione agli utenti di chiavi numeriche per l'abilitazione alla visione dei programmi, alla fatturazione dei servizi ed eventualmente alla fornitura di apparati, ovvero che fornisce servizi della società dell'informazione ovvero fornisce una guida elettronica ai programmi”;

§         il limite alla raccolta delle risorse del sistema integrato delle comunicazioni è individuato nel 20% dei ricavi complessivi del “sistema integrato delle comunicazioni”: pertanto, un soggetto iscritto nel registro degli operatori di comunicazione non può conseguire ricavi superiori a tale percentuale.

Il comma 3 dell’art. 15 individua le tipologie di ricavi da considerare ai fini del calcolo della percentuale: si tratta di“quelli derivanti dal finanziamento del servizio pubblico radiotelevisivo al netto dei diritti dell’erario, da pubblicità nazionale e locale anche in forma diretta, da televendite, da sponsorizzazioni, da attività di diffusione del prodotto realizzata al punto vendita con esclusione di azioni sui prezzi,  da convenzioni con soggetti pubblici a carattere continuativo e da provvidenze pubbliche erogate direttamente ai soggetti indicati dall’art. 2, comma 1, lettera g), da offerte televisive a pagamento, dagli abbonamenti e dalla vendita di quotidiani e periodici inclusi i prodotti librari e fonografici commercializzati in allegato, nonché dalle agenzie di stampa a carattere nazionale, dall’editoria elettronica e annuaristica  anche per il tramite di INTERNET e dalla utilizzazione delle opere cinematografiche nelle diverse forme di fruizione del pubblico”;

§         gli organismi di telecomunicazioni i cui ricavi nel mercato dei servizi di telecomunicazioni siano superiori al 40% dei ricavi complessivi di quel mercato non possono conseguire ricavi superiori al 10% dei ricavi del settore integrato delle comunicazioni;

§      è fatto divieto ai soggetti esercenti attività televisiva nazionale attraverso più di una rete di acquisire partecipazioni in imprese editrici di giornali quotidiani[52], nonché di partecipare alla costituzione di nuove imprese editrici di giornali quotidiani, fino al 31 dicembre 2010.

In materia di posizioni dominanti e di sviluppo del digitale terrestre sono intervenute diverse delibere dell’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni, anche al fine della attuazione della nuova disciplina introdotta dalla legge n. 112 del 2004.[53].

 

La legge 112/2004 individua un’articolata disciplina transitoria relativa alla fase del passaggio dalla tecnica analogica a quella digitale terrestre, sino alla definitiva cessazione delle trasmissioni analogiche (c.d. switch off)[54].

La disciplina transitoria prevede, in primo luogo, che, fino all’attuazione del piano nazionale di assegnazione delle frequenze in tecnica digitale, i soggetti esercenti a qualunque titolo attività di radiodiffusione televisiva in ambito nazionale e locale, in possesso dei requisiti previsti dalla disciplina vigente per ottenere l’autorizzazione alla sperimentazione, possono effettuare tale sperimentazione – anche attraverso la ripetizione simultanea dei programmi già diffusi in tecnica analogica – fino alla completa conversione delle reti; la sperimentazione può essere effettuata sugli impianti legittimamente operanti in tecnica analogica e i medesimi soggetti possono altresì richiedere le licenze e le autorizzazioni per avviare le trasmissioni in tecnica digitale terrestre.

L’articolo 25 della legge - i cui effetti sono stati in parte anticipati dal DL 352 del 2003[55] – ha disciplinato le modalità per accelerare ed agevolare la conversione alla trasmissione in tecnica digitale. In particolare, la disposizione ha previsto:

§         l’attivazione, a decorrere dal 31 dicembre 2003, di reti televisive digitali terrestri, con un’offerta di programmi in chiaro accessibili mediante decoder o ricevitori digitali;

§         in capo alla società concessionaria del servizio pubblico generale radiotelevisivo, l’obbligo di realizzare almeno due blocchi di diffusione su frequenze terrestri con una copertura del territorio nazionale che raggiunga il 50% della popolazione dal 1º gennaio 2004, ed il 70%entro il 1º gennaio 2005, nonché di individuare uno o più bacini di diffusione, di norma coincidenti con uno o più comuni situati in aree con difficoltà di ricezione del segnale analogico, nei quali avviare entro il 1º gennaio 2005 la completa conversione alla tecnica digitale;

§         in capo all’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni il compito di verificare – entro il 30 aprile 2004 – l’effettivo sviluppo del digitale terrestre e la rispondenza di tale sviluppo ai tempi e alle modalità previste dalla legge, nonché il compito di adottare provvedimenti deconcentrativi nel caso di verifica dell’assenza delle condizioni previste per l’ampliamento del pluralismo.

L’Autorità ha provveduto a tali adempimenti, presentando la relazione prevista entro i termini stabiliti (DOC XXVII, n. 14). Con tale relazione si è dato contodell’accertamento positivo relativo alle condizioni poste dalla legge, segnalando, al contempo, le azioni positive ancora necessarie affinché “l’avvio promettente della televisione digitale terrestre si tramuti in un reale cambiamento del grado di concorrenzialità del mercato televisivo ed in un effettivo ampliamento del pluralismo culturale, politico ed informativo”.

 

Titoli abilitativi

 

Il titolo III del testo unico della radiotelevisione (d. lgs. 177/2005) contiene, agli articoli da 15 a 22 (Capi I, II e III), la disciplina delle attività dei vari soggetti che operano nel settore radiotelevisivo: attività di operatore di rete radiotelevisiva; attività di fornitore di contenuti televisivi su frequenze terrestri, via satellite e via cavo, e radiofonici su frequenze terrestri, in ambito nazionale e locale; attività di fornitore di servizi.

Nell’ambito della vasta disciplina in questione, si segnala in particolare che l’articolo 15 del testo unico in esame, il quale riprende in larga parte contenuti già presenti negli artt. 5, 23 e 25 della legge n. 112 del 2004, specifica che l’attività di operatore di rete su frequenze terrestri in tecnica digitale è soggetta al regime dell’autorizzazione generale, ricollegando così tale disciplina a quella di cui all’articolo 25 del d.lgs. 259/2003, recante il codice delle comunicazioni elettroniche.

Si ricorda che l’articolo 5, comma 1, lett. b), c) e d) della legge n. 112  ha previsto il passaggio dal regime concessorio al regime autorizzatorio sia per gli operatori di rete che per i fornitori di contenuti e servizi, senza tuttavia introdurre direttamente il titolo dell’”autorizzazione generale”, disciplinato dal codice delle comunicazioni elettroniche, sulla base delle direttive comunitarie[56]; tale titolo è destinato a sostituire anche la licenza di operatore di rete, e consegue ad una procedura ulteriormente semplificata, rispetto a quella della autorizzazione. Peraltro, alcune disposizioni della legge n. 112 fanno salvi, in via transitoria, oltre ai titoli concessori e autorizzatori in base ai quali operano i soggetti presenti sul mercato, la licenza di operatore di rete, fino alla scadenza del termine previsto dalla legge per la conversione definitiva delle trasmissioni in tecnica digitale[57]

L’articolo 25 del citato d.lgs. n. 259, che reca la disciplina dell’autorizzazione generale per le reti e i servizi di comunicazione elettronica, oltre a richiamare principi presenti nella direttiva 2002/20/CE[58], stabilisce in particolare al comma 3 che la fornitura di reti o di servizi di comunicazione elettronica[59], è assoggettata ad un'autorizzazione generale, che consegue alla presentazione di una dichiarazione, secondo le modalità di cui al comma 4[60]; tale comma precisa tra l’altro che tale dichiarazione costituisce denuncia di inizio attività.

Ai sensi del comma 6, le autorizzazioni generali hanno durata non superiore a venti anni e sono rinnovabili. L'impresa interessata può indicare nella dichiarazione di cui al comma 4 un periodo inferiore. Per il rinnovo si applica la procedura di cui al medesimo comma 4 e la presentazione della dichiarazione deve avvenire con sessanta giorni di anticipo rispetto alla scadenza.

 

L’articolo 15, comma 1, nel prevedere che “l’attività di operatore di rete su frequenze terrestri in tecnica digitale è soggetta al regime dell’autorizzazione generale, ai sensi dell’articolo 25 del decreto legislativo 1° agosto 2003, n. 259”  precisa che sono “fatti salvi i criteri e le procedure specifici per la concessione dei diritti di uso delle radiofrequenze per la diffusione sonora e televisiva, previsti dal presente testo unico in considerazione degli obiettivi di tutela del pluralismo e degli altri obiettivi di interesse generale”.

Viene inoltre precisato, nei commi 2 e 3, sulla base di disposizioni già presenti nella legge n. 112/2004 (v. in particolare art. 5, comma 1, lett. b)), che il diritto di uso delle radiofrequenze, comprese quelle di collegamento, sia per la diffusione televisiva che per quella sonora, è conseguito con distinto provvedimento[61].

L’articolo prevede poi, al comma 5, una disposizione ad hoc in relazione alla durata del titolo abilitativo, prevedendo che l’autorizzazione generale, per i soggetti cui si è fatto poc’anzi riferimento, ha durata non superiore a 20 anni e non inferiore a 12 anni, ed è rinnovabile per uguali periodi. Tale disposizione si discosta parzialmente da quella di cui all’articolo 25 del richiamato d.lgs. 259/2003, che  non prevede la durata “non inferiore a 12 anni”, né precisa  che il rinnovo avvenga “per uguali periodi”.

Peraltro, per l’attività di operatore di rete via cavo o via satellite, la disciplina, recata comma 7, nel prevedere il regime dell’autorizzazione generale, presentaun mero rinvio all’articolo 25 del d.lgs. n. 259; pertanto, non si applica tale ultima disposizione, relativa alla durata del titolo.

Si ricorda infine che il comma 6 specifica che l’operatore di rete televisiva su frequenze terrestri in tecnica digitale è tenuto al rispetto delle norme a garanzia dell’accesso dei fornitori di contenuti di particolare valore alle reti per la televisione digitale terrestre di cui alla delibera dell’Autorità n. 253/04/CONS e successive modificazioni.

Il medesimo articolo precisa, al comma 4, che sono comunque fatte salve, nella fase di avvio delle trasmissioni televisive in tecnica digitale, le disposizioni di cui agli articoli 23 e 25 della legge n. 112 del 2004 che hanno previsto un’articolata disciplina, relativa anche alla validità dei titoli abilitativi già rilasciati, per accelerare ed agevolare il passaggio alla trasmissione televisiva in tecnica digitale terrestre .Tali disposizioni sono peraltro in parte riprodotte nell’ambito del testo unico. In particolare, con riguardo alla disciplina dei titoli abilitativi nella “fase transitoria”, va ricordato che l’articolo 23 consente, secondo quanto già sostanzialmente stabilito dalla legge n. 112/2004 (art. 25, commi 11 e 8 e 23, comma 1) il prolungamento del periodo di validità delle concessioni e delle autorizzazioni per le trasmissioni televisive in tecnica analogica in ambito nazionale, in presenza di determinate condizioni, fino alla scadenza del termine previsto dalla legge per la conversione definitiva delle trasmissioni in tecnica digitale (attualmente fissato al 2008); la prosecuzione dell’attività è altresì prevista per i soggetti non titolari di concessione, sempre in presenza di alcuni requisiti[62].

 

Per quanto attiene agli articoli da 16 a 19 (Capo II), relativi alla disciplina del fornitore di contenuti radiotelevisivi su frequenze terrestri, essi – che contengono vari rinvii alla normativa vigente, e in particolare a delibere dell’Autorità - attengono rispettivamente ai seguenti aspetti:

 

§         autorizzazione per fornitore di contenuti televisivi su frequenze terrestri (art. 16), che rinvia in larga parte a quanto stabilito dalla delibera dell’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni n. 435/01/CONS; i soggetti  titolari dell’autorizzazione sono tenuti al rispetto degli obblighi previsti per i fornitori di contenuti televisivi da tale delibera, e si precisa che i fornitori di contenuti in tecnica digitale su frequenze terrestri devono assicurare il rispetto dei medesimi obblighi a tutela degli utenti, compresi quelli relativi alla pubblicità ed ai limiti di affollamento, previsti per la radiodiffusione dei programmi televisivi su frequenze terrestri in tecnica analogica.

§         contributi dovuti per le autorizzazioni per la fornitura di contenuti su frequenze terrestri in tecnica digitale(art. 17); la determinazione dei relativi criteri è rimessa all’Autorità, ai sensi dell’articolo 1, comma 6, lett. c), n. 5 della legge 31 luglio 1997, n. 249; anche in tal caso, si rinvia alla deliberazione dell’Autorità 435/01/CONS,  per quanto concerne la fase di prima applicazione della disciplina[63].

§         autorizzazione per fornitore di contenuti televisivi su frequenze terrestri in ambito regionale e provinciale (art. 18)[64], cheè rilasciata dai competenti organi della Regione o della Provincia[65], nel rispetto dei principi fondamentali contenuti nel Titolo I e sulla base dei principi di cui all’articolo 12 del Testo unico[66]. Fino alla fissazione dei criteri di rilascio di tali autorizzazioni da parte della regione o della Provincia, esse sono rilasciate secondo i criteri di cui alla deliberazione dell’Autorità n. 435/01/CONS.

§         autorizzazione per fornitore di contenuti radiofonici su frequenze terrestri (art. 19), per la cui disciplina si rinvia al regolamento dell’Autorità di cui all’articolo 15, comma 3, la cui adozione è già prevista dall’art. 24, comma 1, della legge n. 112.

 

La disciplina del fornitore di contenuti radiotelevisivi via satellite e via cavo  è recata dai successivi articoli 20-21 (Capo III), che riprendono in larga parte disposizioni della legge n. 249/97, nonché del DL n. 5/2001).  In particolare:

§         con riguardo all’autorizzazione alla diffusione di contenuti radiotelevisivi via satellite (art. 20), essa è rilasciata dall’Autorità sulla base della deliberazione n. 127/00/CONS, con la quale è stato approvato il regolamento concernente la diffusione via satellite di programmi televisivi (v. art. 3, comma 10, legge n. 249);

§         con riguardo all’autorizzazione alla diffusione di contenuti radiotelevisivi via cavo, essa è rilasciata dal Ministero delle comunicazioni sulla base della deliberazione dell’Autorità n. 289/01/CONS, recante modifica e integrazione della delibera n. 127/00/CONS (v. art. 2-bis, co 1 del DL 5/2001)

 

L’articolo 22 riguarda infine le trasmissioni simultanee, e riprende l’articolo 2, comma 13, nonché l’art. 2-bis, comma 10 del DL n. 5/2001, con alcune modifiche volte tra l’altro ad adeguare la terminologia a quella delle “comunicazioni elettroniche”, nonché a richiamare le delibere dell’Autorità intervenute in materia.

L’articolo dispone che, al fine di favorire la progressiva affermazione delle nuove tecnologie trasmissive, ai fornitori di contenuti in chiaro su frequenze terrestri è consentita, previa autorizzazione del Ministero, la trasmissione simultanea di programmi per mezzo di ogni rete di comunicazione elettronica, sulla base delle deliberazioni dell’Autorità n. 127/00/CONS e n. 289/01/CONS.

 

 

 

 

 


Progetti di legge


CAMERA DEI DEPUTATI

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N. 1496

¾

 

DISEGNO DI LEGGE

presentato dal ministro per le politiche giovanili e le attività sportive

(MELANDRI)

e dal ministro delle comunicazioni

(GENTILONI SILVERI)

di concerto con il ministro dell'economia e delle finanze

(PADOA SCHIOPPA)

e con il ministro per le politiche europee

(BONINO)

    

 

Delega al Governo per la revisione della disciplina relativa alla titolarità ed al mercato dei diritti di trasmissione, comunicazione e messa a disposizione al pubblico, in sede radiotelevisiva e su altre reti di comunicazione elettronica, degli eventi sportivi dei campionati di calcio e delle altre competizioni calcistiche professionistiche organizzate a livello nazionale

             

Presentato il 27 luglio 2006

             

 

 


Onorevoli Deputati! - Da più parti viene evidenziata la necessità di riequilibrare la distribuzione delle risorse derivanti dal mercato dei diritti televisivi tra le società che partecipano ai campionati di calcio che si svolgono o vengono organizzati in Italia, rivedendo la disciplina che attualmente attribuisce in via esclusiva ai singoli club la titolarità del diritto di trasmissione televisiva in forma codificata dell'evento sportivo.

      Tale sistema ha infatti avuto evidenti ripercussioni sulla capacità competitiva delle diverse squadre di calcio. Infatti la vendita individuale dei diritti televisivi ha finora assicurato solo alle società di calcio più importanti introiti molto elevati, permettendo loro di sostenere costi di gestione molto onerosi, mentre i club cosiddetti «minori», non potendo contare su tali risorse, hanno visto diminuire sempre più la loro competitività. Tale situazione ha recato un grave pregiudizio all'equilibrio competitivo del campionato.

      Con il presente provvedimento di delega si intende quindi introdurre un nuovo sistema imperniato sulla vendita centralizzata dei diritti televisivi che anche a livello europeo trova oggi significativi riconoscimenti. Infatti anche la Commissione europea recentemente ha rivisto i propri precedenti orientamenti in merito alla vendita dei diritti di trasmissione, con riferimento alla Champions League, alla Premier League e alla Bundesliga, autorizzandone la vendita centralizzata. Anche il rapporto dell'Independent European Sport Review, redatto su impulso del Primo ministro britannico durante il semestre di presidenza dell'Unione europea e su iniziativa dei ministri competenti in materia di sport di Francia, Germania, Italia, Spagna e Regno Unito, fra le numerose raccomandazioni rivolte ai governi nazionali e alle autorità calcistiche europee per migliorare il sistema della governance e raggiungere l'equilibrio competitivo nelle competizioni calcistiche, ha evidenziato la necessità di dare nuove regole al mercato dei diritti televisivi.

      Attraverso la vendita dei diritti con modalità centralizzata il soggetto preposto all'organizzazione delle competizioni sportive avrà a disposizione risorse che potranno essere ripartite tra tutte le squadre secondo criteri di mutualità, in modo da assicurare lo svolgimento di un campionato più equilibrato.

      Per quanto riguarda poi più specificatamente il settore delle comunicazioni, sono stati disciplinati alcuni aspetti connessi alle piattaforme distributive, in modo da evitare che soggetti operanti in posizione dominante sul mercato acquisiscano diritti per i quali non sono in possesso delle necessarie abilitazioni e possano così alterare il mercato e la concorrenza.

      Tra i criteri che dovranno essere rispettati nell'esercizio della delega sono stati quindi previsti due divieti: il divieto di acquistare diritti relativi a piattaforme per le quali non si possiede il titolo abilitativo e il divieto di sublicenziare i diritti acquisiti.

      I contratti relativi allo sfruttamento dei diritti in questione dovranno inoltre avere una durata tale da evitare la creazione di posizioni dominanti; in tale senso, il testo tiene conto delle indicazioni espresse dalla Commissione europea (decisione del 23 luglio 2003, relativa al caso UEFA Champions League) e di quanto indicato dall'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni (AGCOM), con delibera n. 415/06 CONS, riguardante il parere reso all'Autorità garante della concorrenza e del mercato (AGCM) in merito al procedimento A362 «Diritti calcistici».

      Particolare attenzione sarà poi riservata alle piattaforme emergenti, per le quali sarà predisposta una disciplina che tenga conto delle loro specifiche peculiarità.

      L'AGCOM e l'AGCM sono le Autorità che vigileranno sulla corretta applicazione della disciplina attuativa della legge.

      Infine, per quanto riguarda le posizioni contrattuali dei soggetti che hanno già sottoscritto contratti di acquisto in esclusiva dei diritti relativi ad eventi sportivi dei campionati di calcio che si svolgono o che vengono organizzati in Italia, è prevista una apposita disciplina transitoria che regoli tali posizioni.

*    *    *

      In particolare, il provvedimento è composto da un articolo unico suddiviso in tre commi.

 

Comma 1. Scopo e ambito di applicazione del disegno di legge; conferimento della delega.

      «Allo scopo di garantire l'equilibrio competitivo dei soggetti partecipanti alle competizioni sportive e di realizzare un sistema efficace e coerente di misure idonee a stabilire e a garantire la trasparenza e l'efficienza del mercato dei diritti di trasmissione, comunicazione e messa disposizione al pubblico, in sede radiotelevisiva e su altre reti di comunicazione elettronica, degli eventi sportivi dei campionati di calcio e delle altre competizioni calcistiche professionistiche organizzate a livello nazionale, il Governo è delegato ad adottare, su proposta del Ministro per le politiche giovanili e le attività sportive e del Ministro delle comunicazioni, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, con il Ministro per le politiche europee e con il Ministro dello sviluppo economico, sentite le competenti Commissioni parlamentari, entro il termine di sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge e in conformità ai princìpi e criteri direttivi di cui ai commi 2 e 3, uno o più decreti legislativi diretti a disciplinare la titolarità e l'esercizio di tali diritti e il mercato degli stessi, nonché, entro dodici mesi dalla data di entrata in vigore di ciascuno dei decreti legislativi, eventuali decreti legislativi integrativi e correttivi dei medesimi».

 

      1. Gli scopi dichiarati del disegno di legge sono costituiti dall'equilibrio competitivo dei soggetti partecipanti alle competizioni calcistiche di rilevanza nazionale e dalla trasparenza ed efficienza del mercato dei diritti sui prodotti audiovisivi relativi agli eventi sportivi dei campionati di calcio e delle altre competizioni calcistiche professionistiche organizzate a livello nazionale, valori primari per il mondo del calcio che sono stati fortemente compromessi, come noto, dalla vendita individuale di tali diritti, attualmente consentita dal decreto-legge 30 gennaio 1999, n. 15, convertito, con modificazioni, dalla legge 29 marzo 1999, n. 78.

      Infatti, il riconoscimento del sistema incentrato sulla vendita individuale dei diritti, operato dalla legislazione vigente, non ha tenuto conto del limitato potere negoziale delle società calcistiche cosiddette «minori», per bacino di utenza o per risultati sportivi conseguiti, né delle peculiari condizioni di mercato caratterizzate dall'esistenza di una sola piattaforma televisiva di trasmissione sul digitale satellitare, acquirente in via esclusiva dei diritti in questione, a fronte di una pluralità di soggetti offerenti. Tale sistema ha quindi indebolito la posizione della maggior parte delle società calcistiche, costrette a concludere contratti a condizioni economiche svantaggiose e sperequate pur di scongiurare il rischio di rinunciare agli introiti derivanti dalla vendita dei diritti in questione, così determinando una situazione di evidente disparità economica e quindi anche tecnica tra le predette società.

      Le ulteriori ricadute di tale situazione sono note. Da un lato è stato pregiudicato l'interesse del pubblico nei confronti degli eventi sportivi calcistici, a causa del venir meno dell'incertezza del risultato finale degli eventi sportivi e, quindi, della competizione nella quale sono inseriti; dall'altro, sul piano sociale, si è assistito alla scomparsa dal mondo del calcio di società aventi grandi tradizioni e un forte radicamento sul territorio, nonché ad un progressivo allontanamento dalla pratica sportiva, che talvolta rappresenta, purtroppo, l'unica «valvola di sfogo» in contesti sociali caratterizzati da diffuso disagio materiale e relazionale.

      Si avverte quindi una diffusa esigenza di procedere, nell'ambito di una complessiva riscrittura delle regole che governano il mondo del calcio, ad una radicale riforma della disciplina della titolarità e del mercato dei diritti di trasmissione, comunicazione e messa a disposizione al pubblico degli eventi sportivi calcistici di rilevanza nazionale.

      2. In particolare, il disegno di legge riguarda solo gli eventi sportivi (ossia le partite) dei campionati di calcio e delle altre competizioni calcistiche professionistiche organizzate a livello nazionale (ad esempio la Coppa Italia).

      3. Il disegno di legge riguarda poi tutti i diritti di «trasmissione, comunicazione e messa a disposizione al pubblico, in sede radiotelevisiva e su altre reti di comunicazione elettronica», in modo da includere nella delega tutte le modalità di trasmissione e di comunicazione, gratuite o in forma codificata, delle partite di calcio, così come specificate dagli articoli 16 e 17 della legge 22 aprile 1941, n. 633, e successive modificazioni (legge sul diritto d'autore).

      Sono quindi comprese nell'ambito della delega le trasmissioni su tutte le piattaforme distributive attualmente esistenti - ossia sul digitale satellitare, sul digitale terrestre, via cavo, sul cosiddetto «mobile broadcasting», via UMTS, via INTERNET o banda larga, nonché sull'analogico terrestre in chiaro - e su quelle future.

      4. Inoltre la delega riguarda i seguenti prodotti audiovisivi: diretta integrale, differita integrale, sintesi, moviola e highlights.

      Invece per la cosidetta «library» o diritto di archivio - ossia il diritto di svolgere quelle attività necessarie per riprodurre la partita di calcio in un momento successivo all'utilizzazione primaria delle partite (convenzionalmente il momento successivo decorre dopo che sono trascorse quarantotto ore dalla conclusione dell'evento agonistico) - è prevista la titolarità esclusiva in capo a ciascun soggetto partecipante alla competizione sportiva [si veda a tale riguardo il comma 2, lettera d)], per le ragioni che saranno in seguito specificate.

      5. Infine la delega riguarda sia il mercato nazionale dei suddetti diritti (attualmente oggetto di disciplina nel decreto-legge n. 15 del 1999, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 78 del 1999), sia il mercato internazionale degli stessi [per il quale si prevede, al comma 3, lettera d), l'introduzione di una disciplina ad hoc, che tenga comunque conto dei princìpi enunciati al comma 2].

      6. Il decreto legislativo delegato è adottato su proposta del Ministro per le politiche giovanili e le attività sportive e del Ministro delle comunicazioni, di concerto con i Ministri dell'economia e delle finanze, per le politiche europee e dello sviluppo economico, sentite le competenti Commissioni parlamentari, entro il termine di sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge e in conformità ai princìpi e ai criteri direttivi stabiliti dai commi 2 e 3. È prevista altresì la possibilità di adottare decreti integrativi e correttivi entro dodici mesi dalla data di entrata in vigore del decreto legislativo.

Comma 2, lettera a). Principio del carattere sociale dell'attività sportiva.

          «Riconoscimento del carattere sociale dell'attività sportiva, quale strumento di miglioramento della qualità della vita e quale mezzo di educazione e sviluppo sociale».

      1. Il presente principio sta ad indicare che, nonostante la dimensione economica assunta dal mercato dei diritti di cui al comma 1, si deve tenere conto della particolare natura dell'attività (lo sport e, in particolare, il gioco del calcio) da cui nascono i prodotti audiovisivi oggetto di tali diritti e della rilevanza sociale dell'attività stessa.

      2. Tra le particolari ricadute della «dimensione sociale dell'attività sportiva» sulla disciplina dei diritti in questione, spicca l'espressa previsione del principio della destinazione di una quota delle risorse derivanti dalla commercializzazione in forma centralizzata di tali diritti a fini di mutualità generale del sistema sportivo [comma 2, lettera g)].

 

Comma 2, lettera b). Principio della specificità del fenomeno sportivo.

          «Riconoscimento della specificità del fenomeno sportivo, espressa nella dichiarazione del Consiglio europeo di Nizza del 2000, in quanto caratterizzato da solidarietà finanziaria, lealtà sportiva ed equilibrio economico e strutturale nell'ambito di ciascuna competizione sportiva».

 

      1. Il presente principio costituisce, a ben vedere, un corollario di quello indicato alla lettera a). Infatti i princìpi espressi dal Consiglio europeo di Nizza del 2000 (sempre richiamati dai provvedimenti della Commissione europea in materia di diritti sportivi, come ad esempio la decisione del 23 luglio 2003, relativa al caso UEFA Champions League) stanno ad indicare che le società calcistiche non possono essere considerate alla stregua dei normali operatori presenti sul mercato.

      A differenza delle normali imprese, tali società dipendono l'una dall'altra per la loro stessa sopravvivenza, perché da sole non possono produrre nulla. Infatti l'organizzazione di una partita di calcio richiede la presenza di due soggetti. Inoltre la specificità del fenomeno sportivo è accentuata dal fatto che l'interesse economico di una partita di calcio dipende anche dal suo inserimento nell'ambito di una competizione sportiva tra più società, organizzata da un soggetto terzo (attualmente, nel caso dell'Italia, la Lega nazionale professionisti su incarico della Federazione italiana giuoco calcio), che fornisce un proprio contributo alla realizzazione del prodotto. Pertanto ogni società calcistica ha interesse non solo alla sopravvivenza delle altre, ma anche alla stabilità economica delle stesse (che costituisce condizione essenziale per l'incertezza del risultato finale), allo scopo di massimizzare l'interesse degli spettatori e di incrementare i proventi derivanti dalla commercializzazione dei diritti di cui al comma 1.

      2. La specificità del fenomeno sportivo si traduce quindi nei princìpi di solidarietà finanziaria, lealtà sportiva ed equilibrio economico e strutturale nell'ambito di ciascuna competizione sportiva - sinteticamente espressi dalla locuzione «equilibrio competitivo» utilizzata nel comma 1 - e costituisce una delle ragioni che giustificano l'introduzione del principio della commercializzazione in forma centralizzata dei diritti di cui al comma 1 e del principio della equa ripartizione, tra tutti i soggetti partecipanti a ciascuna competizione sportiva, delle risorse derivanti dalla commercializzazione di tali diritti.

Comma 2, lettera c). Principio del riconoscimento della contitolarità del diritto alla utilizzazione a fini economici della competizione sportiva.

 

          «Riconoscimento, in capo al soggetto preposto all'organizzazione della competizione sportiva e ai soggetti partecipanti alla competizione medesima, della contitolarità del diritto alla utilizzazione a fini economici della competizione sportiva, limitatamente alla trasmissione, comunicazione e messa a disposizione al pubblico, in sede radiotelevisiva e su altre reti di comunicazione elettronica, degli eventi sportivi».

 

      1. L'affermazione della contitolarità del diritto alla utilizzazione a fini economici della competizione sportiva in capo al soggetto preposto all'organizzazione della competizione medesima e ai soggetti alla stessa partecipanti è limitata alla trasmissione, comunicazione e messa a disposizione al pubblico, in sede radiotelevisiva e su altre reti di comunicazione elettronica, degli eventi sportivi e costituisce un'importante innovazione rispetto alla disciplina prevista dall'articolo 2, comma 1, primo periodo, del decreto-legge n. 15 del 1999, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 78 del 1999 (secondo il quale «Ciascuna società di calcio di Serie A e di Serie B è titolare dei diritti di trasmissione televisiva in forma codificata»). Infatti la nuova disciplina, oltre a superare il vigente sistema incentrato sulla titolarità individuale dei diritti, riguarderà non solo i diritti di trasmissione in forma codificata, bensì tutti i diritti di utilizzazione a fini economici degli eventi sportivi, sia che riguardino prodotti televisivi in chiaro, sia che riguardino prodotti televisivi a pagamento, su qualunque piattaforma di trasmissione.

      2. Dall'affermazione della contitolarità dei diritti discende l'esigenza di un'apposita disciplina legislativa degli atti di disposizione degli stessi. Emerge così una ulteriore ragione che giustifica la commercializzazione in forma centralizzata.

      3. Dal punto di vista procedurale, il principio in esame comporta non solo l'affidamento al soggetto preposto all'organizzazione della competizione sportiva del compito di gestire la commercializzazione in forma centralizzata dei diritti di cui al comma 1, ma anche l'attribuzione a tale soggetto di una quota delle risorse derivanti dalla commercializzazione di tali diritti, fermo restando che tale soggetto deve comunque provvedere a redistribuire le risorse in questione tra i partecipanti alla competizione tenendo conto anche del bacino di utenza e dei risultati sportivi conseguiti da ciascuno di essi [si veda a tale riguardo il comma 3, lettera g)].

      4. Attraverso l'affermazione di tale principio si precludono altresì indebiti utilizzi, da parte di terzi, dei prodotti audiovisivi. Resta ferma peraltro la necessità di garantire l'esercizio del diritto di cronaca, anche con riferimento all'emittenza locale, le cui esigenze trovano un espresso riconoscimento nel comma 2, lettera e).

 

Comma 2, lettera d). Principio del riconoscimento della titolarità esclusiva dei diritti di archivio.

          «Riconoscimento della titolarità esclusiva dei diritti di archivio in capo a ciascun soggetto partecipante alla competizione sportiva».

 

      1. La contitolarità del diritto alla utilizzazione a fini economici della competizione sportiva si giustifica laddove il prodotto audiovisivo sia realmente frutto tanto del contributo apportato dalla società che organizza l'evento sportivo, quanto del soggetto che organizza la competizione in cui tale evento si inserisce, come accade nel caso dei seguenti prodotti: diretta integrale, differita integrale, sintesi, moviola e highlights. Tali considerazioni non valgono invece per la cosiddetta «library», posto che a distanza di tempo dal verificarsi dell'evento sportivo, questo rileva in sé e per sé, a prescindere dal suo inserimento in una determinata competizione sportiva.

 

Comma 2, lettera e). Principio della commercializzazione in forma centralizzata dei diritti di cui al comma 1.

          «Conseguente commercializzazione in forma centralizzata dei diritti di cui al comma 1, mediante procedure finalizzate a garantire la libera concorrenza tra gli operatori della comunicazione e la realizzazione di un sistema equilibrato di trasmissione, comunicazione e messa a disposizione al pubblico degli eventi sportivi, gratuita e a pagamento, salvaguardando le esigenze dell'emittenza locale».

 

      1. La commercializzazione in forma centralizzata dei diritti di cui al comma 1 costituisce, come già evidenziato in precedenza, il perno della riforma. Si passa infatti dal sistema attuale, caratterizzato dalla negoziazione individuale di tali diritti da parte di ciascuna società calcistica, alla commercializzazione degli stessi da parte di un solo operatore: il soggetto preposto all'organizzazione della competizione sportiva.

      2. Si prevede altresì che la commercializzazione in forma centralizzata avvenga mediante procedure finalizzate a garantire la libera concorrenza tra gli operatori della comunicazione. A tale fine è specificamente previsto [al comma 3, lettera b)] che le procedure di commercializzazione siano disciplinate in modo da garantire l'accesso e la parità di trattamento di tutti gli operatori della comunicazione interessati, fermo restando il divieto di partecipare alle procedure riguardanti piattaforme per le quali l'operatore della comunicazione non è in possesso del prescritto titolo abilitativo e il conseguente divieto di acquistare i relativi diritti [espressamente previsto al comma 3, lettera c)].

      3. La commercializzazione in forma centralizzata deve inoltre essere disciplinata in modo tale da consentire la realizzazione di un sistema equilibrato di trasmissione, comunicazione e messa a disposizione al pubblico degli eventi sportivi a pagamento, dovendosi intendere come tale un sistema di distribuzione in cui operano più operatori di mercato [si veda al riguardo il comma 3, lettera c)]. In altri termini, pur dovendosi consentire la partecipazione di ciascun operatore abilitato a tutte le procedure, non è consentito che all'esito di tale procedure si creino situazioni di monopolio.

      4. Si prevede, infine, che la commercializzazione in forma centralizzata sia disciplinata in modo da salvaguardare le esigenze dell'emittenza locale, fermo restando il divieto di sublicenziare tali diritti, ossia il divieto di consentire a terzi lo sfruttamento dei diritti in questione, rimanendo titolari degli stessi [sancito al comma 3, lettera c)].

 

Comma 2, lettera f). Principio della equa ripartizione delle risorse economiche e finanziarie derivanti dalla commercializzazione in forma centralizzata dei diritti di cui al comma 1.

      «Equa ripartizione, tra i soggetti partecipanti alle competizioni sportive, delle risorse economiche e finanziarie derivanti dalla commercializzazione dei diritti di cui al comma 1, in modo da assicurare l'equilibrio competitivo di tali soggetti».

 

      1. Si è già evidenziato che un'equa ripartizione delle risorse derivanti dalla commercializzazione dei diritti di cui al comma 1 costituisce una condizione essenziale per assicurare l'equilibrio competitivo tra tutti i soggetti partecipanti a ciascuna competizione sportiva. Pertanto l'affermazione del principio in esame è accompagnata da una puntuale indicazione dei criteri di ripartizione delle risorse assicurate dal mercato dei diritti in esame [si veda al riguardo il comma 3, lettera g)], che tiene conto delle esigenze delle società calcistiche grandi e piccole.

 

Comma 2, lettera g). Principio della mutualità generale del sistema sportivo.

          «Destinazione di una quota delle risorse economiche e finanziarie derivanti dalla commercializzazione in forma centralizzata dei diritti di cui di cui al comma 1 a fini di mutualità generale del sistema sportivo».

 

      1. Si è già detto che la principale ricaduta della «dimensione sociale dell'attività sportiva» sulla disciplina dei diritti di cui al comma 1 è costituita dall'introduzione del principio della mutualità generale del sistema sportivo. Si prevede pertanto che una quota delle risorse derivanti dalla commercializzazione in forma centralizzata di tali diritti sia destinata a fini di mutualità generale del sistema sportivo [si veda al riguardo anche il comma 3, lettera g)].

 

Comma 2, lettera h). Principio della tutela dei consumatori.

          «Tutela dei consumatori dei prodotti audiovisivi relativi agli eventi sportivi di cui al comma 1».

 

      1. Tra i princìpi di delega non poteva mancare ovviamente l'affermazione della necessità di tutelare i consumatori, che sono i destinatari finali dei prodotti audiovisivi oggetto del disegno di legge.

 

Comma 3, lettera a). Autonome iniziative commerciali dei soggetti partecipanti alle competizioni sportive.

          «Disciplina della commercializzazione in forma centralizzata dei diritti di cui al comma 1 in modo da consentire ai soggetti partecipanti alle competizioni sportive autonome iniziative commerciali».

 

      1. Tenuto conto delle indicazioni provenienti dalla Commissione europea (decisione del 23 luglio 2003, relativa al caso UEFA Champions League), viene espressamente previsto che la commercializzazione in forma centralizzata venga disciplinata in modo da consentire ai soggetti partecipanti alle competizioni sportive autonome iniziative commerciali. Ne consegue, in particolare, che deve essere consentita al soggetto partecipante e organizzatore del singolo evento sportivo la possibilità di negoziare individualmente i diritti rimasti invenduti a seguito della commercializzazione in forma centralizzata.

 

Comma 3, lettera b). Procedure di commercializzazione in forma centralizzata dei diritti di cui al comma 1 sul mercato nazionale.

          «Disciplina della commercializzazione in forma centralizzata dei diritti di cui al comma 1 sul mercato nazionale in modo da garantire l'accesso e la parità di trattamento di tutti gli operatori della comunicazione in possesso del prescritto titolo abilitativo per procedere direttamente alla diffusione degli eventi sportivi».

 

      1. Questa norma si articola in due distinte disposizioni. Nella prima parte si prevede che le procedure di commercializzazione in forma centralizzata dei diritti di cui al comma 1 sul mercato nazionale vengano disciplinate in modo da garantire l'accesso e la parità di trattamento di tutti i soggetti interessati all'aggiudicazione di un determinato contratto.

      2. Nella seconda parte viene previsto che per partecipare alle procedure in questione il soggetto interessato deve essere in possesso del prescritto titolo abilitativo per procedere direttamente alla diffusione degli eventi sportivi. Si evitano in tal modo, sul mercato nazionale, fenomeni di «pura intermediazione» nella commercializzazione dei diritti di cui al comma 1, ossia la presenza sul mercato di soggetti che acquistano i diritti al solo scopo di rivenderli a terzi. Tale previsione è rafforzata dal divieto generalizzato di acquistare diritti relativi a piattaforme per le quali l'operatore della comunicazione non è in possesso del prescritto titolo abilitativo e dal divieto di sublicenziare i diritti acquisiti [divieti previsti dal successivo comma 3, lettera c)].

 

Comma 3, lettera c). Modalità di commercializzazione in forma centralizzata dei diritti di cui al comma 1 sul mercato nazionale.

          «Commercializzazione in forma centralizzata dei diritti di cui al comma 1 sul mercato nazionale per singola piattaforma, prevedendo modalità che assicurino, ove possibile, la presenza di più operatori della comunicazione nella distribuzione dei prodotti audiovisivi relativi agli eventi sportivi, nonché il divieto di acquistare diritti relativi a piattaforme per le quali l'operatore della comunicazione non è in possesso del prescritto titolo abilitativo e il divieto di sublicenziare i diritti acquisiti».

 

      1. Tra i criteri ai quali si deve ispirare la disciplina della commercializzazione in forma centralizzata viene previsto innanzi tutto che a ciascuna piattaforma corrisponda una diversa procedura.

      2. Deve inoltre essere garantita la presenza di più operatori della comunicazione nella distribuzione di prodotti audiovisivi calcistici. Nel decreto-legge n. 15 del 1999, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 78 del 1999, tale obiettivo è perseguito fissando un limite alla quota massima di mercato acquistabile da parte di un singolo operatore. Vi sono però modalità alternative per impedire la formazione di situazioni di monopolio, come ad esempio, quella basata sulla formazione di distinti «pacchetti di diritti» e sulla fissazione di limiti all'acquisto di tali pacchetti. Pertanto la legge affida al legislatore delegato il compito di individuare le forme che consentano di perseguire al meglio l'obiettivo in esame.

      3. Quanto al divieto di acquistare diritti relativi a piattaforme per le quali l'operatore della comunicazione non è in possesso del prescritto titolo abilitativo e al divieto di sublicenziare i diritti acquisiti (ossia il divieto di stipulare subcontratti che consentano a terzi lo sfruttamento dei diritti in questione, rimanendo esclusivi titolari degli stessi), si rinvia a quanto si è detto sulla necessità di evitare fenomeni di pura intermediazione nella commercializzazione dei diritti di cui al comma 1.

 

Comma 3, lettera d). Commercializzazione dei diritti di cui al comma 1 sul mercato internazionale.

          «Disciplina della commercializzazione dei diritti di cui al comma 1 sul mercato internazionale nel rispetto dei princìpi di cui al comma 2».

 

      1. La norma in esame prevede una speciale disciplina per la commercializzazione sul mercato internazionale dei diritti di cui al comma 1, che tenga conto delle peculiari condizioni di tale mercato. Resta fermo che anche tale disciplina deve tenere conto dei princìpi di cui al comma 2, ivi compreso quello della commercializzazione in forma centralizzata.

 

Comma 3, lettera e). Commercializzazione in forma centralizzata dei diritti di cui al comma 1 su piattaforme emergenti.

          «Previsione di una speciale disciplina per la commercializzazione in forma centralizzata dei diritti di cui al comma 1 su piattaforme emergenti».

 

      1. Anche per la commercializzazione dei diritti di trasmissione e di comunicazione su piattaforme emergenti è prevista una disciplina speciale che tenga conto, nella commercializzazione in forma centralizzata, delle peculiari esigenze di tali nuovi settori.

Comma 3, lettera f). Durata dei contratti aventi ad oggetto lo sfruttamento dei prodotti audiovisivi relativi agli eventi sportivi.

          «Previsione di una durata ragionevole dei contratti aventi ad oggetto lo sfruttamento dei prodotti audiovisivi relativi agli eventi sportivi, allo scopo di garantire l'ingresso nel mercato di nuovi operatori e di evitare la creazione di posizioni dominanti».

 

      1. Tra le condizioni necessarie per assicurare la concorrenza sul mercato dei diritti di cui al comma 1 spicca l'esigenza di limitare la durata dei contratti aventi ad oggetto lo sfruttamento dei prodotti audiovisivi. Si è quindi previsto che tali contratti abbiano una durata ragionevole, affidando al legislatore delegato il compito di specificare tale durata in relazione alle diverse caratteristiche del prodotto e del mercato, fermo restando l'obiettivo di garantire l'ingresso nel mercato di nuovi operatori e di evitare la creazione di posizioni dominanti.

 

Comma 3, lettera g). Criteri di ripartizione delle risorse economiche e finanziarie assicurate dal mercato dei diritti di cui al comma 1.

          «Ripartizione delle risorse economiche e finanziarie assicurate dal mercato dei diritti di cui al comma 1 in modo da garantire l'attribuzione, in parti uguali, a tutti i partecipanti a ciascuna competizione di una quota pari ad almeno la metà di tali risorse, nonché l'attribuzione delle restanti risorse al soggetto preposto all'organizzazione della competizione sportiva, il quale provvede a redistribuirle tra i partecipanti alla competizione stessa, tenendo conto anche del bacino di utenza e dei risultati sportivi conseguiti da ciascuno di essi, ferma restando la destinazione di una quota residua delle restanti risorse a fini di mutualità generale del sistema sportivo».

 

      1. La norma in esame costituisce il «secondo perno» del presente disegno di legge, perché una equa ripartizione delle risorse assicurate dal mercato dei diritti costituisce una condizione essenziale per assicurare l'equilibrio competitivo tra i soggetti partecipanti a ciascuna competizione sportiva, mentre la destinazione a fini di mutualità generale del sistema sportivo di una quota di tali risorse mira a favorire lo sviluppo del sistema sportivo nel suo complesso.

      2. Le disposizioni contenute in tale norma hanno quindi un contenuto dettagliato. In particolare, ferma restando la destinazione di una quota delle risorse a fini di mutualità generale, al fine di realizzare un equo contemperamento tra le esigenze delle società grandi e piccole si è previsto, da un lato, che una quota pari ad almeno la metà delle risorse venga ripartita in parti uguali tra tutti i partecipanti a ciascuna competizione sportiva, mentre la restante quota è attribuita al soggetto preposto all'organizzazione della competizione sportiva, il quale provvede a sua volta a redistribuirla tra i partecipanti alla competizione stessa tenendo conto anche del bacino di utenza e dei risultati sportivi conseguiti da ciascuno di essi. In questo modo si garantisce anche l'autonomia decisionale del soggetto preposto all'organizzazione della competizione sportiva, cui viene affidato il compito di stabilire la rilevanza da attribuire al parametro del bacino di utenza e a quello dei risultati sportivi conseguiti da ciascun partecipante alla competizione sportiva.

 

Comma 3, lettera h). Vigilanza e controllo.

          «Vigilanza e controllo sulla corretta applicazione della disciplina attuativa della presente legge da parte dell'Autorità garante della concorrenza e del mercato e dell'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni, nell'ambito delle rispettive competenze».

 

      1. La norma in esame prevede un sistema di vigilanza e controllo sulla corretta applicazione della disciplina attuativa della legge da parte dell'Autorità garante della concorrenza e del mercato e dell'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni, nell'ambito delle rispettive competenze.

 

Comma 3, lettera i). Decorrenza dell'applicazione della nuova disciplina.

          «Applicazione della nuova disciplina del mercato dei diritti a tutte le competizioni sportive aventi inizio dopo il 1o luglio 2007, con conseguente abrogazione dall'articolo 2, comma 1, del decreto-legge n. 15 del 1999, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 78 del 1999».

 

      1. La norma in esame prevede l'applicazione della nuova disciplina del mercato dei diritti a tutte le competizioni sportive aventi inizio dopo il 1o luglio 2007, facendo quindi salva l'applicazione della disciplina vigente (decreto-legge n. 15 del 1999, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 78 del 1999), alla stagione calcistica 2006/2007.

 

Comma 3, lettera l). Disciplina transitoria.

          «Disciplina di un periodo transitorio al fine di regolare diritti ed aspettative derivanti da contratti aventi ad oggetto lo sfruttamento di prodotti audiovisivi relativi agli eventi sportivi e di consentire una graduale applicazione dei princìpi di cui al comma 2, lettere e) e f), distinguendo tra i contratti stipulati prima del 31 maggio 2006 e quelli stipulati dopo tale data».

 

      1. La norma in esame tiene conto dei contratti già stipulati individualmente tra le società calcistiche e gli operatori della comunicazione e aventi ad oggetto i diritti di cui al comma 1, relativi a competizioni sportive rientranti nell'ambito di applicazione della legge.

      Viene infatti prevista l'introduzione di una disciplina transitoria, al fine di regolare diritti e aspettative derivanti da contratti aventi ad oggetto lo sfruttamento di prodotti audiovisivi relativi agli eventi sportivi e di consentire una graduale applicazione dei princìpi di cui al comma 2, lettere e) e f). Tuttavia tale disciplina transitoria sarà differenziata in base alla data di stipula del contratto, al fine di garantire maggiore tutela ai contratti stipulati prima del 31 maggio 2006.

      Non viene redatta relazione tecnica in quanto il provvedimento non comporta oneri per la finanza pubblica.


ANALISI TECNICO-NORMATIVA

 

 

1. Aspetti tecnico-normativi in senso stretto.

 

A. Necessità dell'intervento normativo.

        Le ragioni del presente intervento legislativo devono essere individuate nella volontà politica del Governo di procedere a una radicale riforma della disciplina della titolarità e del mercato dei diritti di trasmissione, comunicazione e messa a disposizione al pubblico degli eventi sportivi calcistici, al fine di favorire l'equilibrio competitivo dei soggetti partecipanti alle competizioni di rilevanza nazionale, garantire la trasparenza ed efficienza di tale mercato e valorizzare la dimensione sociale dell'attività sportiva, destinando una quota delle risorse derivanti dalla commercializzazione di tali diritti a fini di mutualità generale del sistema sportivo.

        La scelta dello strumento della delega legislativa dipende, oltre che dalla natura tecnica di taluni profili della riforma, dall'ampiezza dell'intervento in questione, che non si propone solo il limitato scopo di evitare posizioni dominanti nel mercato televisivo, al pari del decreto-legge 30 gennaio 1999, n. 15, convertito, con modificazioni, dalla legge 29 marzo 1999, n. 78, ma mira altresì ad introdurre una disciplina organica della materia della titolarità e del mercato dei diritti in questione.

 

B. Analisi del quadro normativo.

        La materia dei diritti televisivi calcistici è attualmente disciplinata dall'articolo 2, comma 1, del citato decreto-legge n. 15 del 1999, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 78 del 1999.

        La predetta disposizione, rubricata «Disciplina per evitare posizioni dominanti nel mercato televisivo», dispone come segue: «Ciascuna società di calcio di serie A e di serie B è titolare dei diritti di trasmissione televisiva in forma codificata. È fatto divieto a chiunque di acquisire, sotto qualsiasi forma e titolo, direttamente o indirettamente, anche attraverso soggetti controllati e collegati, più di sessanta per cento dei diritti di trasmissione in esclusiva in forma codificata di eventi sportivi del campionato di calcio di serie A o, comunque, del torneo o campionato di maggior valore che si svolge o viene organizzato in Italia. Nel caso in cui le condizioni dei relativi mercati determinano la presenza di un solo acquirente il limite indicato può essere superato ma i contratti di acquisizione dei diritti in esclusiva hanno durata non superiore a tre anni. L'Autorità garante della concorrenza e del mercato, sentita l'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni, può derogare al limite del 60 per cento di cui al secondo periodo del presente comma o stabilirne altri, tenuto conto delle condizioni generali del mercato, della complessiva titolarità degli altri diritti sportivi, della durata dei relativi contratti, della necessità di assicurare l'effettiva concorrenzialità dello stesso mercato, evitando distorsioni con effetti pregiudizievoli per la contrattazione dei predetti diritti di trasmissione relativi a eventi considerati di minor valore commerciale. L'Autorità deve comunque pronunciarsi entro sessanta giorni in caso di superamento del predetto limite. Si applicano gli articoli 14 e 15 della legge 10 ottobre 1990, n. 287, e l'articolo 1, comma 6, lettera c), numero 11), della legge 31 luglio 1997, n. 249».

 

C. Incidenza delle norme proposte sulle leggi e i regolamenti vigenti.

        Per effetto del presente disegno di legge si passa dal sistema attuale, disciplinato dal citato decreto-legge n. 15 del 1999, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 78 del 1999, e caratterizzato dalla titolarità in capo a ciascuna società calcistica dei diritti di trasmissione televisiva in forma codificata e dalla negoziazione individuale di tali diritti, a un nuovo sistema incentrato sulla contitolarità del diritto sul singolo prodotto audiovisivo calcistico e sulla commercializzazione in forma centralizzata dei diritti stessi. È quindi espressamente prevista l'applicazione della nuova disciplina a tutte le competizioni sportive aventi inizio dopo il 1o luglio 2007, con conseguente abrogazione espressa dell'articolo 2, comma 1, del decreto-legge n. 15 del 1999, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 78 del 1999.

 

D. Analisi della compatibilità dell'intervento con le norme costituzionali.

        Innanzi tutto, il presente disegno di legge è conforme alle disposizioni di cui agli articoli 41 e 42 della Costituzione.

        Quanto alla riserva di legge contenuta nell'articolo 42 della Costituzione, si evidenzia che, attraverso l'affermazione della contitolarità del diritto alla utilizzazione a fini economici della competizione sportiva, in capo al soggetto preposto all'organizzazione della competizione medesima ed ai soggetti alla stessa partecipanti, limitatamente alla trasmissione, comunicazione e messa a disposizione al pubblico, in sede radiotelevisiva e su altre reti di comunicazione elettronica, degli eventi sportivi, si introducono importanti innovazioni rispetto alla disciplina prevista dall'articolo 2, comma 1, primo periodo, del decreto-legge n. 15 del 1999, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 78 del 1999, secondo il quale «Ciascuna società di calcio di serie A e di serie B è titolare dei diritti di trasmissione televisiva in forma codificata». Infatti la nuova disciplina, oltre a superare il vigente sistema incentrato sulla titolarità individuale dei diritti, riguarderà non solo i diritti di trasmissione in forma codificata, bensì tutti i diritti di utilizzazione a fini economici degli eventi sportivi, sia che riguardino prodotti televisivi in chiaro, sia che riguardino prodotti televisivi a pagamento, su qualunque piattaforma di trasmissione. Si perviene così ad affermare la contitolarità del diritto sul singolo prodotto audiovisivo calcistico, laddove tale prodotto sia realmente frutto tanto del contributo apportato dalla singola società calcistica, quanto del soggetto che organizza la competizione in cui la partita di calcio si inserisce, come accade nel caso dei seguenti prodotti audiovisivi: diretta integrale, differita integrale, sintesi, moviola e highlights.

        Tale contitolarità dei diritti determina l'esigenza di un'apposita disciplina legislativa degli atti di disposizione degli stessi. Il disegno di legge delega prevede, quindi, l'introduzione dell'obbligo della commercializzazione in forma centralizzata dei diritti e pone il problema di stabilire la compatibilità di tale obbligo con i princìpi costituzionali in materia di iniziativa economica privata.

        Dalla lettura della Costituzione si desume che né il contratto, né più in generale l'autonomia negoziale sono oggetto di espressa previsione. Tuttavia, secondo l'opinione dominante, il riconoscimento costituzionale dell'autonomia negoziale deve essere indirettamente desunto dagli articoli 41 e 42 della Costituzione, costituendo l'autonomia negoziale uno strumento dell'iniziativa economica privata, sicché ogni limite posto dal legislatore alla prima si risolve in un limite della seconda e, quindi, è legittimo soltanto se in linea con quanto previsto dall'articolo 41 della Costituzione

        I limiti della libertà di iniziativa economica e dell'autonomia negoziale devono quindi essere posti dalla legge e rispondere a ben precise e individuate esigenze di carattere non contingente e non arbitrario, preordinate al perseguimento di scopi di utilità sociale.

        Quanto precede trova conferma nella giurisprudenza della Corte costituzionale e, in particolare, nella sentenza n. 54 del 1962 con la quale la Corte, nel dichiarare incostituzionale le norme istitutive dell'«ammasso obbligatorio» dell'essenza di bergamotto, ha osservato che in linea di principio l'obbligo di conferimento del prodotto non è incostituzionale se giustificato da ragioni di utilità sociale.

        Con particolare riferimento ai diritti di trasmissione, comunicazione e messa a disposizione al pubblico degli eventi sportivi, si ritiene che l'introduzione di una disciplina legislativa che ne sancisca la commercializzazione in forma centralizzata non si ponga in contrasto con l'articolo 41 della Costituzione, qualora vengano chiaramente evidenziati i fini di utilità sociale ai quali si ispira tale disciplina. A tale proposito nel disegno di legge delega, tra i princìpi cui si deve ispirare l'esercizio della funzione normativa del Governo, sono stati enunciati quello del riconoscimento della specificità del fenomeno sportivo, espressa nella dichiarazione del Consiglio europeo di Nizza del 2000, in quanto caratterizzato da solidarietà finanziaria, lealtà sportiva ed equilibrio economico e strutturale nell'ambito di ciascuna competizione sportiva, e quello della equa ripartizione, tra l'organizzatore della competizione sportiva ed i soggetti ad essa partecipanti, delle risorse economiche e finanziarie assicurate dal mercato dei diritti.

        Ebbene, da tali princìpi e dalla ben nota rilevanza assunta dal settore calcistico nell'economia nazionale emergono chiaramente le ragioni di utilità sociale che giustificano la commercializzazione in forma centralizzata dei diritti. Infatti, tale modalità di commercializzazione, da un lato, discende da una corretta percezione della specificità del fenomeno sportivo, costituita dal fatto che le squadre partecipanti a un campionato di calcio non possono essere considerate alla stregua di normali competitori presenti sul mercato sia perché, diversamente dalle normali imprese, tali soggetti dipendono l'uno dall'altro per la loro stessa sopravvivenza, sia perché una partita di calcio suscita un reale interesse per il pubblico (e di conseguenza per gli operatori della comunicazione) solo quando abbia luogo nell'ambito di una determinata competizione sportiva. Dall'altro lato, la commercializzazione in forma centralizzata consente un'equa ripartizione, tra l'organizzatore della competizione sportiva ed i soggetti ad essa partecipanti, delle risorse del mercato, in modo da garantire non solo l'equilibrio economico, ma anche l'equilibrio competitivo di tali soggetti.

 

E. Analisi della compatibilità dell'intervento con l'ordinamento comunitario.

        La vendita in forma centralizzata, pur costituendo una limitazione della concorrenza, non si pone in contrasto con il diritto comunitario.

        Infatti, come evidenziato dalla Commissione europea nella decisione del 23 luglio 2003, relativa al caso UEFA Champions League, la vendita collettiva dei diritti porta al miglioramento della produzione e della distribuzione attraverso la creazione di un prodotto focalizzato sulla qualità del marchio della competizione, venduto attraverso un unico punto vendita, e gli stessi consumatori ricevono una reale ed equa quota dei benefìci derivanti da essa. Pertanto la Commissione ha dichiarato inapplicabili (dal 13 maggio 2002 al 31 luglio 2009) le previsioni dell'articolo 81 del Trattato istitutivo della Comunità europea e dell'articolo 53 dell'Accordo sullo Spazio economico europeo alla versione modificata dell'accordo di vendita collettiva dei diritti mediatici dell'UEFA Champions League, ponendo come unica condizione che la limitazione per i singoli club di vendere individualmente i diritti televisivi per la diretta alle emittenti televisive in chiaro non si applichi qualora non vi sia un'offerta ragionevole da parte di un'emittente televisiva a pagamento.

 

F. Analisi della compatibilità dell'intervento con le competenze delle regioni ordinarie e a statuto speciale.

        Il presente disegno di legge non pone problemi di compatibilità con le competenze delle regioni, perché la disciplina della titolarità e del mercato dei diritti oggetto del medesimo disegno di legge rientra nella materia dell'ordinamento civile, che l'articolo 117, secondo comma, lettera l), della Costituzione, attribuisce alla legislazione esclusiva dello Stato.

 

G. Verifica dell'assenza di rilegificazioni e della piena utilizzazione delle possibilità di delegificazione.

        La riforma in esame non si presta ad essere attuata attraverso un intervento di delegificazione, in ragione della sua incidenza sulla materia della proprietà, coperta dalla riserva di legge di cui all'articolo 42, secondo comma, della Costituzione.

 

 

2. Elementi di drafting e linguaggio normativo.

 

A. Nuove definizioni introdotte dal testo.

        Il testo del disegno di legge in questione contiene le seguenti nuove definizioni, che si rendono necessarie in ragione dei profili tecnici della materia e che saranno comunque esplicitate in sede di emanazione del decreto delegato:

            - diritti di trasmissione, comunicazione e messa a disposizione al pubblico, in sede radiotelevisiva e su altre reti di comunicazione elettronica, degli eventi sportivi;

            - competizione sportiva;

            - evento sportivo;

            - commercializzazione in forma centralizzata;

            - piattaforma.

 

B. Effetti abrogativi.

        L'attuazione della presente delega comporta, per espressa previsione normativa, l'applicazione della nuova disciplina del mercato dei diritti a tutte le competizioni sportive aventi inizio dopo il 1o luglio 2007, con conseguente abrogazione dell'articolo 2, comma 1, del decreto-legge n. 15 del 1999, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 78 del 1999.

 

 

3. Ulteriori elementi.

 

A. Indicazione delle linee prevalenti della giurisprudenza ovvero della pendenza di giudizi di costituzionalità sul medesimo o analogo oggetto.

        Non risultano procedimenti pendenti innanzi alla Corte costituzionale aventi ad oggetto il decreto-legge n. 15 del 1999, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 78 del 1999.

 

B. Verifica dell'esistenza di progetti di legge vertenti su materia analoga all'esame del Parlamento e relativo stato dell'iter.

        Allo stato, risultano presentati alle Camere alcuni progetti di legge (atti Camera nn. 587, 711 e 1195; atto Senato n. 239) che intervengono sulla materia apportando modifiche testuali all'articolo 2 del decreto-legge n. 15 del 1999, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 78 del 1999. Tali progetti di legge prevedono la vendita centralizzata dei diritti e la equa ripartizione delle risorse fra le società calcistiche. L'esame di tali progetti di legge non risulta ancora avviato dalle competenti Commissioni parlamentari.


ANALISI DI IMPATTO DELLA REGOLAMENTAZIONE (AIR)

 

 

A) Ambito dell'intervento con particolare riguardo all'individuazione delle amministrazioni, dei soggetti destinatari e dei soggetti coinvolti.

        Trattasi di un intervento legislativo che incide essenzialmente su materie civilistiche, non coinvolge amministrazioni statali attive e prevede solo specifiche attività di controllo da parte delle autorità di vigilanza (AGCM e AGCOM).

        La normativa è essenzialmente diretta a soggetti di diritto privato, quali le società sportive e gli operatori della comunicazione, e coinvolge il soggetto preposto all'organizzazione delle competizioni sportive.

 

B) Esigenze sociali, economiche e giuridiche prospettate dalle amministrazioni e dai destinatari ai fini di un intervento normativo.

        Considerata la notevole rilevanza economico-sociale del fenomeno calcistico, si è resa necessaria una normativa che introduca elementi di equilibrio del sistema.

 

C) Obiettivi generali e specifici immediati e di medio/lungo periodo.

        L'obiettivo di fondo è quello di rendere equilibrato e trasparente il mercato dei diritti radiotelevisivi degli eventi sportivi calcistici, con la previsione peraltro di un regime transitorio per la regolamentazione dei contratti in essere. La disciplina a regime è infatti prevista con decorrenza dal campionato di calcio 2007/2008.

 

D) Presupposti attinenti alla sfera organizzativa, finanziaria, economica e sociale.

        La normativa incide essenzialmente su diritti patrimoniali di soggetti di diritto privato, salva una limitata incidenza nella sfera di soggetti preposti a gestire gli elementi di mutualità del sistema. Non vi è peraltro alcuna incidenza sulla finanza pubblica.

E) Aree di criticità.

        Potranno attenere eventualmente a forme diverse di redistribuzione delle risorse derivanti dalla vendita centralizzata dei diritti.

 

 

 

F) Opzioni alternative alla regolazione.

        Non vi sono opzioni alternative alla regolazione, se si vogliono raggiungere gli obiettivi sopra indicati di equilibrio e trasparenza del mercato dei diritti in esame.

 

G) Strumento tecnico-normativo più appropriato.

        È apparso quello della legge di delega, considerati i profili tecnici e l'ampiezza della materia da disciplinare.

 

 


DISEGNO DI LEGGE

       

 

Art. 1.

      1. Allo scopo di garantire l'equilibrio competitivo dei soggetti partecipanti alle competizioni sportive e di realizzare un sistema efficace e coerente di misure idonee a stabilire e a garantire la trasparenza e l'efficienza del mercato dei diritti di trasmissione, comunicazione e messa a disposizione al pubblico, in sede radiotelevisiva e su altre reti di comunicazione elettronica, degli eventi sportivi dei campionati di calcio e delle altre competizioni calcistiche professionistiche organizzate a livello nazionale, il Governo è delegato ad adottare, su proposta del Ministro per le politiche giovanili e le attività sportive e del Ministro delle comunicazioni, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, con il Ministro per le politiche europee e con il Ministro dello sviluppo economico, sentite le competenti Commissioni parlamentari, entro il termine di sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge e in conformità ai princìpi e criteri direttivi di cui ai commi 2 e 3, uno o più decreti legislativi diretti a disciplinare la titolarità e l'esercizio di tali diritti e il mercato degli stessi, nonché, entro dodici mesi dalla data di entrata in vigore di ciascuno dei decreti legislativi, eventuali decreti legislativi integrativi e correttivi dei medesimi.

      2. La delega è esercitata nel rispetto dei seguenti princìpi:

          a) riconoscimento del carattere sociale dell'attività sportiva, quale strumento di miglioramento della qualità della vita e quale mezzo di educazione e sviluppo sociale;

          b) riconoscimento della specificità del fenomeno sportivo, espressa nella dichiarazione del Consiglio europeo di Nizza del 2000, in quanto caratterizzato da solidarietà finanziaria, lealtà sportiva ed equilibrio economico e strutturale nell'ambito di ciascuna competizione sportiva;

          c) riconoscimento, in capo al soggetto preposto all'organizzazione della competizione sportiva e ai soggetti partecipanti alla competizione medesima, della contitolarità del diritto alla utilizzazione a fini economici della competizione sportiva, limitatamente alla trasmissione, comunicazione e messa a disposizione al pubblico, in sede radiotelevisiva e su altre reti di comunicazione elettronica, degli eventi sportivi;

          d) riconoscimento della titolarità esclusiva dei diritti di archivio in capo a ciascun soggetto partecipante alla competizione sportiva;

          e) conseguente commercializzazione in forma centralizzata dei diritti di cui al comma 1, mediante procedure finalizzate a garantire la libera concorrenza tra gli operatori della comunicazione e la realizzazione di un sistema equilibrato di trasmissione, comunicazione e messa a disposizione al pubblico degli eventi sportivi, gratuita e a pagamento, salvaguardando le esigenze dell'emittenza locale;

          f) equa ripartizione, tra i soggetti partecipanti alle competizioni sportive, delle risorse economiche e finanziarie derivanti dalla commercializzazione dei diritti di cui al comma 1, in modo da assicurare l'equilibrio competitivo di tali soggetti;

          g) destinazione di una quota delle risorse economiche e finanziarie derivanti dalla commercializzazione in forma centralizzata dei diritti di cui al comma 1 a fini di mutualità generale del sistema sportivo;

          h) tutela dei consumatori dei prodotti audiovisivi relativi agli eventi sportivi di cui al comma 1.

      3. La delega è esercitata nel rispetto dei seguenti criteri:

          a) disciplina della commercializzazione in forma centralizzata dei diritti di cui al comma 1 in modo da consentire ai soggetti partecipanti alle competizioni sportive autonome iniziative commerciali;

          b) disciplina della commercializzazione in forma centralizzata dei diritti di cui al comma 1 sul mercato nazionale in modo da garantire l'accesso e la parità di trattamento di tutti gli operatori della comunicazione in possesso del prescritto titolo abilitativo per procedere direttamente alla diffusione degli eventi sportivi;

          c) disciplina della commercializzazione in forma centralizzata dei diritti di cui al comma 1 sul mercato nazionale per singola piattaforma, prevedendo modalità che assicurino, ove possibile, la presenza di più operatori della comunicazione nella distribuzione dei prodotti audiovisivi relativi agli eventi sportivi, nonché il divieto di acquistare diritti relativi a piattaforme per le quali l'operatore della comunicazione non è in possesso del prescritto titolo abilitativo e il divieto di sublicenziare i diritti acquisiti;

          d) disciplina della commercializzazione dei diritti di cui al comma 1 sul mercato internazionale nel rispetto dei princìpi di cui al comma 2;

          e) previsione di una speciale disciplina per la commercializzazione in forma centralizzata dei diritti di cui al comma 1 su piattaforme emergenti;

          f) previsione di una durata ragionevole dei contratti aventi ad oggetto lo sfruttamento dei prodotti audiovisivi relativi agli eventi sportivi, allo scopo di garantire l'ingresso nel mercato di nuovi operatori e di evitare la creazione di posizioni dominanti;

          g) ripartizione delle risorse economiche e finanziarie assicurate dal mercato dei diritti di cui al comma 1 in modo da garantire l'attribuzione, in parti uguali, a tutti i partecipanti a ciascuna competizione di una quota pari ad almeno la metà di tali risorse, nonché l'attribuzione delle restanti risorse al soggetto preposto all'organizzazione della competizione sportiva, il quale provvede a redistribuirle tra i partecipanti alla competizione stessa tenendo conto anche del bacino di utenza e dei risultati sportivi conseguiti da ciascuno di essi, ferma restando la destinazione di una quota residua delle risorse a fini di mutualità generale del sistema sportivo;

          h) vigilanza e controllo sulla corretta applicazione della disciplina attuativa delle presente legge da parte dell'Autorità garante della concorrenza e del mercato e dell'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni, nell'ambito delle rispettive competenze;

          i) applicazione della nuova disciplina del mercato dei diritti a tutte le competizioni sportive aventi inizio dopo il 1o luglio 2007, con conseguente abrogazione dall'articolo 2, comma 1, del decreto-legge 30 gennaio 1999, n. 15, convertito, con modificazioni, dalla legge 29 marzo 1999, n. 78;

          l) disciplina di un periodo transitorio al fine di regolare diritti e aspettative derivanti da contratti aventi ad oggetto lo sfruttamento di prodotti audiovisivi relativi agli eventi sportivi e di consentire una graduale applicazione dei princìpi di cui al comma 2, lettere e) e f), distinguendo tra i contratti stipulati prima del 31 maggio 2006 e quelli stipulati dopo tale data.

 

 


CAMERA DEI DEPUTATI

 ¾¾¾¾¾¾¾¾

N. 587

¾

 

PROPOSTA DI LEGGE

d'iniziativa dei deputati

CIOCCHETTI, CIRO ALFANO, BARBIERI, COMPAGNON, DE LAURENTIIS, DIONISI, FORLANI, FORMISANO, GRECO, LUCCHESE, MARTINELLO, PERETTI

 

 

 

Modifica all'articolo 2 del decreto-legge 30 gennaio 1999, n. 15, convertito, con modificazioni, dalla legge 29 marzo 1999, n. 78, in materia di titolarità dei diritti di trasmissione televisiva in forma codificata dei campionati di calcio

         

 

 

                  

Presentata il 10 maggio 2006

                  

 

 

 


Onorevoli Colleghi! - Le recenti vicende del calcio italiano, che hanno visto coinvolti dirigenti della Federazione italiana gioco calcio, esponenti e vertici della classe arbitrale, procuratori, nonché dirigenti della più importante squadra italiana, per numero di tifosi e trofei nazionali vinti, la Juventus, possono essere l'occasione giusta per ridare al mondo del calcio quel fascino di una volta, che sembra avere smarrito, e per fornire una spinta al rinnovamento e a ripristinare una vera cultura sportiva. Sicuramente tale situazione è anche figlia della difficile situazione economica in cui versano le società calcistiche professionistiche (ad esclusione ovviamente delle tre, quattro «sorelle»), che ha determinato evidenti differenze strutturali e gestionali, escludendo a priori tentativi di indipendenza e affrancamento dalle sfere di influenza delle società più forti finanziariamente.

      Questo gap strutturale e finanziario si è approfondito con il passare degli anni anche in virtù della trasformazione della mission delle società di calcio professionistiche in base ai dettami della legge n. 91 del 1981. Si poteva fare qualcosa? Evidentemente sì, se solo si fosse realizzato quel riequilibrio di risorse economiche tra le società di calcio (da molti invocato) attraverso una equa divisione dei diritti televisivi in forma codificata. Il decreto-legge n. 15 del 1999, convertito,  con modificazioni, dalla legge n. 78 del 1999, ha mutato (peggiorando) i termini della questione, in quanto si è passati da un sistema basato sulla figura giuridica dei diritti collettivi di trasmissione radio-televisiva, peraltro recepita nel previgente regolamento della Lega nazionale professionisti, alla soggettivizzazione dei diritti medesimi.

      Il risultato è sotto gli occhi di tutti, con un mercato caratterizzato dalla posizione dominante di pochissime società calcistiche che, per bacino di utenza e per risultati conseguiti, fanno la parte del leone nella spartizione della golosa torta dei diritti televisivi.

      Stadi vuoti e disaffezione a un campionato di calcio di serie A sempre più monotono (negli ultimi 10 anni 8 scudetti sono andati a due sole squadre) sono le naturali conseguenze.

      Sarebbe pertanto opportuno, in un quadro di ripensamento generale delle regole del sistema calcio, procedere anche a una riforma della disciplina relativa alla titolarità dei diritti di trasmissione televisiva in forma codificata delle manifestazioni ufficiali obbligatorie previste dai regolamenti federali del calcio.

      Con la presente proposta di legge si intende, pertanto, sostituire il primo periodo del comma 1 dell'articolo 2 del decreto-legge 30 gennaio 1999, n. 15, convertito, con modificazioni, dalla legge 29 marzo 1999, n. 78, che attribuisce la titolarità dei diritti di trasmissione televisiva in forma codificata a ciascuna società di serie A e di serie B, introducendo una disciplina che riconosce la titolarità dei diritti di trasmissione in forma codificata ai soggetti organizzatori dei campionati nazionali di calcio di serie A e B e delle altre competizioni agonistiche ufficiali obbligatorie previste dai regolamenti federali.

      Si ritiene opportuno prevedere, inoltre, che i criteri di ripartizione degli introiti siano stabiliti dal soggetto stesso, nell'ambito della autonomia regolamentare derivante dalla sua natura associativa, con delibere da adottare annualmente dagli organi statutari competenti, la cui congruità, per tutelare le cosiddette società minori, sarà in seguito sottoposta alla approvazione del Comitato olimpico nazionale italiano, che provvederà a conferire efficacia ai criteri in parola. Tale soluzione, peraltro, risulta in linea con le disposizioni UEFA relative alla commercializzazione centralizzata dei diritti commerciali e di diffusione radiotelevisiva della Champions League e si inserisce nel collaudato solco dell'esperienza statunitense dei maggiori sport professionistici e di numerosi Paesi europei.

      Solo in questo modo, a nostro avviso, è possibile conseguire quel riequilibrio delle risorse finanziarie e tecniche tra le varie società calcistiche che potrà salvare, oltre che realtà storiche del calcio professionistico italiano, l'interesse per i campionati di calcio e fornire un nuovo slancio per la diffusione della cultura sportiva.

 

 

 


PROPOSTA DI LEGGE

   

 

 

Art. 1.

 

      1. Il primo periodo del comma 1 dell'articolo 2 del decreto-legge 30 gennaio 1999, n. 15, convertito, con modificazioni, dalla legge 29 marzo 1999, n. 78, è sostituito dai seguenti: «Il soggetto organizzatore dei campionati nazionali di calcio di serie A e di serie B è titolare dei diritti di trasmissione televisiva in forma codificata dei medesimi campionati. Gli utili della cessione di tali diritti sono divisi tra le società di calcio partecipanti a tali campionati secondo criteri annualmente definiti dal soggetto organizzatore e approvati dal consiglio nazionale del Comitato olimpico nazionale italiano (CONI)».

 


CAMERA DEI DEPUTATI

 ¾¾¾¾¾¾¾¾

N. 1195

¾

 

PROPOSTA DI LEGGE

d'iniziativa dei deputati

RONCHI, LA RUSSA, LANDOLFI, GASPARRI

 

 

 

Modifica all'articolo 2 del decreto-legge 30 gennaio 1999, n. 15, convertito, con modificazioni, dalla legge 29 marzo 1999, n. 78, in materia di titolarità dei diritti di trasmissione televisiva in forma codificata dei campionati di calcio

    

 

             

Presentata il 23 giugno 2006

             

 

 


Onorevoli Colleghi! - La difficile situazione economica in cui versano gran parte delle società calcistiche professionistiche rischia ultimamente di apparire come una crisi endemica del «sistema calcio». Se è vero che una patologia interna al mondo calcistico è rintracciabile in evidenti carenze strutturali e gestionali, non possono essere trascurati i fattori esogeni che hanno in vario modo contribuito al diffondersi e all'aggravarsi dello stato di crisi del calcio italiano.

      La disomogeneità di risorse finanziarie e patrimoniali tra società appartenenti alla stessa Lega e, addirittura, allo stesso campionato, si manifesta come elemento caratterizzante il momento di difficoltà della maggiore parte delle società calcistiche e finisce per agire come fattore di squilibrio delle competizioni e dell'intero sistema.

      Gli accordi di mutualità sino a oggi adottati nell'ambito delle strutture associative si sono rivelati inadeguati a colmare un divario di capacità economica e tecnica tra le società che, al contrario, è andato nel tempo ad ampliarsi anche in ragione della vocazione commerciale assunta dalle società di calcio professionistiche con la riforma della legge n. 91 del 1981. Al riguardo, appare evidente come l'attuale quadro normativo relativo alla commercializzazione dei diritti di trasmissione televisiva in forma codificata si ponga in relazione di stretta causalità con la disparità di risorse tra le varie società  e il conseguente disagio economico finanziario che attraversa il mondo calcio.

      Con l'articolo 2, comma 1, del decreto-legge 30 gennaio 1999, n. 15, convertito, con modificazioni, dalla legge 29 marzo 1999, n. 78, infatti, si è provveduto a conferire la titolarità dei diritti di trasmissione televisiva in forma codificata a ciascuna società di serie A e di serie B.

      Tale disposizione, in sostanza, ha segnato il passaggio per via legislativa, da un sistema basato sulla figura giuridica dei diritti collettivi di trasmissione radio-televisiva, peraltro recepita nel previgente regolamento della Lega nazionale professionisti, alla soggettivizzazione dei diritti medesimi.

      L'esperienza seguita all'entrata in vigore del citato decreto-legge n. 15 del 1999 ha dimostrato tutta la sua inadeguatezza a garantire condizioni di mercato paritarie e a scongiurare un abuso di posizioni dominanti. Gli effetti perniciosi della norma introdotta sono stati frutto di una visione prospettica del mercato in termini ideali e non affatto ancorata alla realtà.

      La differenza di potere negoziale delle società calcistiche cosiddette minori, per bacino di utenza o per risultati conseguiti, è stata amplificata in termini negativi da condizioni di mercato caratterizzate, a un giudizio benevolo, da scarsa concorrenza.

      L'esistenza, da un lato, di un'unica piattaforma televisiva di trasmissione codificata quale acquirente in via esclusiva dei diritti in parola e, dall'altra, di una pluralità di soggetti offerenti diritti di diffusione radio-televisiva di singola appartenenza ha, senza dubbio, reso ancora più debole la posizione negoziale della maggiore parte delle società calcistiche, costrette a concludere contratti a condizioni economiche svantaggiose e, comunque, sperequate sotto l'incombente minaccia di dovere rinunciare agli introiti derivanti dalla vendita dei diritti in questione, che non trovano utile collocazione sul mercato.

      Sul piano fenomenico, le ricadute negative del sistema attuale hanno determinato una complessiva svalutazione del «prodotto calcio» e un suo conseguente impoverimento, ma soprattutto una evidente disparità economica e tecnica tra i soggetti competitori nelle varie manifestazioni sportive.

      Tale situazione riverbera le conseguenze dannose sull'interesse del pubblico nei confronti degli eventi sportivi, agendo così con un effetto moltiplicatore del depauperamento del «prodotto calcio». Sul piano sociale si assiste, poi, alla progressiva scomparsa della realtà calcistica professionistica di società con forte radicamento a livello locale sul territorio e ad un allontanamento dalla pratica sportiva, talvolta unico sfogo in contesti caratterizzati da diffuso disagio materiale e relazionale, o all'aumento delle tensioni sociali.

      Alla luce di quanto evidenziato, si avverte la necessità di procedere, nell'ambito di un complessivo ripensamento delle regole che governano il fenomeno sportivo, a una radicale riforma della disciplina sulla titolarità dei diritti di trasmissione televisiva in forma codificata delle manifestazioni ufficiali obbligatorie previste dai regolamenti federali del calcio.

      Tale riforma è perseguibile con la seguente proposta di legge che sostituendo il primo periodo del comma 1 dell'articolo 2 del decreto-legge 30 gennaio 1999, n. 15, convertito, con modificazioni, dalla legge 29 marzo 1999, n. 78, che attribuisce la titolarità dei diritti di trasmissione televisiva in forma codificata a ciascuna società di serie A e di serie B, introduce una disciplina che riconosce la titolarità dei diritti di trasmissione in forma codificata ai soggetti organizzatori dei campionati nazionali di calcio di serie A e di serie B, e delle altre competizioni agonistiche ufficiali obbligatorie previste dai regolamenti federali.

      Si ritiene opportuno prevedere, inoltre, che i criteri di ripartizione degli introiti siano stabiliti dal soggetto stesso, nell'ambito della autonomia regolamentare derivante dalla sua natura associativa, con delibere da adottare annualmente dagli organi statutari competenti, la cui congruità, per tutelare le cosiddette società minori, sarà in seguito sottoposta alla approvazione di un soggetto terzo, nello specifico il Comitato olimpico nazionale  italiano, che provvederà a conferire efficacia ai criteri in parola.

      Tale disciplina appare maggiormente conforme ai princìpi giuridici ispiratori della materia, in quanto i diritti oggetto di compravendita sono quelli afferenti alla manifestazione sportiva nel suo complesso, cui le singole squadre prendono parte e assumono funzione economica giuridica nella loro considerazione collettiva, sicché il loro sfruttamento negoziale appare di competenza del soggetto organizzatore della manifestazione, ferma restando la logica redistributiva, in funzione compensativa, tra le società partecipanti in base a criteri equitativi e mutualistici lasciati alla libera determinazione delle parti.

      Del resto la soluzione prospettata si dimostra in linea, a livello europeo, con le disposizioni UEFA relative alla commercializzazione centralizzata dei diritti commerciali e di diffusione radiotelevisiva della Champions League, e si inserisce nel collaudato solco dell'esperienza statunitense dei maggiori sport professionistici e di numerosi Paesi europei.

      L'obiettivo chiaro della presente proposta di legge è, in sintesi, quello di rivalutare economicamente la diffusione televisiva degli eventi calcistici, in un quadro di accresciuto potere contrattuale dei soggetti titolari dei diritti, attraverso la negoziazione collettiva degli stessi. Del pari, è possibile, in questo modo, conseguire un riequilibrio delle risorse finanziarie e tecniche tra le varie società calcistiche, che possa salvaguardare non solo l'interesse per le competizioni, ma porre un freno al diffuso stato di crisi del settore, anche attraverso un rinnovato slancio solidaristico, con evidenti benefìci per la diffusione della cultura sportiva e la prevenzione di fenomeni sociali devianti.

 


PROPOSTA DI LEGGE

    

 

 

Art. 1.

 

      1. Il primo periodo del comma 1 dell'articolo 2 del decreto-legge 30 gennaio 1999, n. 15, convertito, con modificazioni, dalla legge 29 marzo 1999, n. 78, è sostituito dai seguenti: «Il soggetto organizzatore dei campionati nazionali di calcio di serie A e di serie B è titolare dei diritti di trasmissione televisiva in forma codificata dei medesimi campionati. Gli utili della cessione di tali diritti sono divisi tra le società di calcio partecipanti a tali campionati secondo criteri annualmente definiti dal soggetto organizzatore e approvati dalla giunta nazionale del Comitato olimpico nazionale italiano (CONI)».

 

 

 

 

 




[1]    In proposito la relazione illustrativa richiama gli articoli 16 e 17 della legge 22 aprile 1941, n. 633, e successive modificazioni (legge sul diritto d'autore)

[2]    Disposizioni urgenti per lo sviluppo equilibrato dell'emittenza televisiva e per evitare la costituzione o il mantenimento di posizioni dominanti nel settore radiotelevisivo, convertito, con modificazioni, dalla legge 29 marzo 1999, n. 78

[3]    Per un quadro generale sulla normativa concernente le questioni esaminate nel corso della presente scheda, si rinvia alla scheda di lettura sulla normativa vigente.

[4]    La Lega Calcio (Lega nazionale professionisti) costituisce l'associazione a carattere privatistico delle società calcistiche iscritte ai Campionati di Serie A e B. La sua funzione istituzionale è rappresentata dall'organizzazione e gestione amministrativa dei Campionati nazionali di calcio di Serie A e di Serie B, del torneo di Coppa Italia, della gara di SuperCoppa di Lega, nonché di alcuni campionati a carattere giovanile e della squadra di calcio rappresentativa della stessa Lega Calcio.

[5]    Legge 10 ottobre 1990, n. 287 Norme per la tutela della concorrenza e del mercato. Con tale leggeè stata introdotta nell'ordinamento italiano una disciplina organica della concorrenza, nel solco dei principi stabiliti dagli artt. 85 e 86 del Trattato CEE (ora artt. 81 e 82 a seguito dell'entrata in vigore del Trattato di Amsterdam il 1° maggio 1999). La legge individua le tre fattispecie anticoncorrenziali vietate, ossia intese restrittive della libertà di concorrenza, abusi di posizione dominante e concentrazioni aventi determinate caratteristiche, e provvede all'istituzione di un organo di tutela e di promozione dei meccanismi concorrenziali, l'Autorità garante della concorrenza e del mercato.

[6]    Il settore televisivo è composto da una serie di mercati collegati da relazioni di tipo orizzontale e verticale. In particolare, a valle operano emittenti che vendono direttamente i propri servizi televisivi ai consumatori finali ("mercato della televisione a pagamento") ed emittenti che offrono contenuti televisivi gratuiti (c.d. televisione in chiaro), finanziando tale attività attraverso la vendita di inserzioni pubblicitarie all'interno della propria programmazione ("mercato della raccolta pubblicitaria sul mezzo televisivo"). Nella fase finale della filiera televisiva sono quindi presenti due mercati distinti ma collegati. Un primo mercato – quello della raccolta pubblicitaria sul mezzo televisivo – è caratterizzato da una struttura "a due versanti" (c.d. two sided market). In un versante (c.d. "versante del consumo dei contenuti televisivi"), le imprese televisive contattano i consumatori offrendo contenuti televisivi, quali informazioni, intrattenimento, sport, etc.. Sull'altro versante (c.d. "versante della compravendita di inserzioni televisive"), misurata la quantità (c.d. contatti) e la tipologia (c.d. target) di consumatori raggiunti, le imprese televisive, direttamente o attraverso concessionarie, vendono spazi pubblicitari agli inserzionisti, che mirano a promuovere i propri beni e servizi presso i consumatori utilizzando i contatti raggiunti dalle emittenti. Il mercato della raccolta pubblicitaria sul mezzo televisivo è quindi caratterizzato dalla circostanza che le transazioni economiche avvengono sul versante pubblicitario sulla base dei risultati di audience del versante dei telespettatori. La domanda è quindi esercitata dagli inserzionisti di pubblicità. Il secondo mercato – quello della televisione a pagamento – si esaurisce invece nella relazione economica diretta, quindi a un solo versante, tra l'emittente televisiva e i consumatori finali, che esercitano una domanda di prodotti televisivi a pagamento. In considerazione del fatto che la raccolta pubblicitaria televisiva e la televisione a pagamento soddisfano diversi ambiti di mercato, essi si configurano come mercati distinti. Infine, anche gli operatori di televisione in chiaro possono operare nel mercato della televisione a pagamento (usualmente con prodotti di pay per view), e rappresentano quindi una minaccia potenziale e/o effettiva alle posizioni acquisite dagli operatori di pay tv.

[7]    Vedi, tra gli altri, il provv. AGCM 15632 del 28 giugno 2006 in materia di abuso di posizione dominante.

[8]    Allegato IV alle Conclusioni della Presidenza, Consiglio europeo di Nizza – 7, 8 e 9 dicembre 2000 “Dichiarazione relativa alle caratteristiche specifiche dello sport e alle sue funzioni sociali in Europa che devono essere prese in considerazione nelle politiche comuni”.

[9]    Da ultimo, vedi la decisione del 23 luglio 2003 sulla vendita congiunta dei diritti della UEFA Champions League. La giurisprudenza amministrativa nazionale ritiene che la FIGC, così come le altre federazioni sportive, rivesta la duplice natura di soggetto privato (in quanto associazione di diritto privato alla quale aderiscono le società calcistiche e le leghe) e di soggetto pubblico (in quanto organo del Comitato Olimpico Nazionale Italiano), da valutarsi nel caso concreto con riferimento alla natura dell'attività svolta da parte della stessa federazione e degli interessi dalla stessa di volta in volta perseguiti con la sua azione. Cons. di Stato, sez. VI, sent. n. 1050, 30 settembre 1995; Cons. Giust. Amm. Sic., sez. giurisdiz., sent. n. 536, 9 ottobre 1993 TAR Lazio, sez. III, sent. n. 1361, 23 giugno 1994

[10]   vedi, per tutti, il provvedimento n. 14878 dell’Autorità garante della concorrenza e del mercato del 23 novembre 2005

[11]   Disposizioni urgenti per le società sportive professionistiche, convertito, con modificazioni, dalla legge 18 novembre 1996, n. 586. In proposito l’AGCM, nella delibera del 1° luglio 1999, ha sottolineato che tale riforma “ha reso coerente la struttura formale-giuridica delle società sportive con l'attività imprenditoriale svolta, eliminando il vincolo relativo alla distribuzione dei dividendi. L'eliminazione di tale vincolo risulta, in particolare, funzionale all'esigenza delle principali società sportive - quelle calcistiche in particolare - di vedere quotate in mercati ufficiali le proprie azioni. Lo stesso legislatore ha con ciò confermato la natura intrinsecamente imprenditoriale dell'attività esercitata dalle società calcistiche”.

[12]   Norme di principio in materia di assetto del sistema radiotelevisivo e della RAI-Radiotelevisione italiana S.p.a., nonché delega al Governo per l'emanazione del testo unico della radiotelevisione

[13]   In linea generale vengono garantiti: l’accesso ad un’ampia varietà di informazioni e programmi; la trasmissione di programmi nonché di messaggi pubblicitari e televendite che rispettino i diritti fondamentali della persona, ed in particolare dei minori; la diffusione di messaggi sponsorizzati che siano riconosciuti come tali dagli utenti e rispettino l’autonomia editoriale del fornitore di contenuti; la trasmissione di rettifica nei casi previsti dalla normativa comunitaria; la diffusione in chiaro di un congruo numero di programmi radiotelevisivi nazionali nonché degli eventi di particolare rilevanza per la società (articolo 4).

[14]   Si tratta, in particolare, dell’assegnazione di una quota pari al 18 per cento dei diritti TV e degli incassi da biglietti alla squadra ospite (tendenzialmente a favore dei club minori di Serie A), nonché del 20 per cento dei ricavi da diritti televisivi, in chiaro e criptati, da giochi e scommesse e da sponsorizzazioni dei campionati a favore della Serie B, con un importo garantito pari a 103 milioni di euro.

[15]   Si ricorda inoltre che la revisione dei criteri di mutualità, insieme con il ritorno alla vendita collettiva dei diritti televisivi erano stati sollecitati anche dal documento conclusivo dell’indagine conoscitiva sul calcio professionistico deliberata il 4 marzo 2004 dalla VII Commissione (Cultura, scienza e istruzione) della Camera dei deputati nell’intento di acquisire una visione d'insieme delle dinamiche evolutive del fenomeno calcistico. In tal modo si intendeva introdurre una nuova logica mutualistica, che mettesse in moto un circolo virtuoso di riequilibrio del sistema, in grado di aumentarne la competitività e, quindi, la spettacolarità complessiva, nonché di favorire la formazione e la promozione dei vivai.

[16]   Su tale cessione peraltro, l’AGCM si è già espressa con il più volte citato provv. N. 15632 concernete abuso di posizione dominante, a seguito del quale è stata accertata la violazione dell’articolo 82 TCE e sono state conseguentemente rinegoziate le condizioni dei contratti sottoscritti. (Secondo quanto riportato al punto 142 del provvedimento, il Gruppo MEDIASET, esercitando anticipatamente il diritto di prima negoziazione, ha concluso nuovi accordi con Juventus, Inter, Milan, Lazio, Roma e Livorno, nei quali la durata per i diritti acquisiti a partire dal 2007 è stata significativamente ridotta per un massimo di due anni più la previsione di un diritto di opzione per un'ulteriore stagione sportiva e pertanto, i futuri contratti di licenza, destinati originariamente a durare fino al 2016, andrebbero a scadenza nel 2009, salvo l'esercizio del diritto di opzione. Inoltre, gli accordi stipulati non hanno previsto l'inserimento di ulteriori diritti di prenegoziazione e prelazione e hanno confermato la volontà delle squadre di cedere i propri diritti in un pacchetto unitario, che comprende diverse piattaforme trasmissive, incluso il satellite, seppure il Gruppo MEDIASET abbia manifestato un intendimento diverso).

[17]   Tra le numerose sentenze in tal senso, si ricorda quella relativa alla causa C-415/93, URBSF contro Bosman, 1995, racc. I-4921, punto 73.

[18]   Allegato IV alle Conclusioni della Presidenza, Consiglio europeo di Nizza – 7, 8 e 9 dicembre 2000 “Dichiarazione relativa alle caratteristiche specifiche dello sport e alle sue funzioni sociali in Europa che devono essere prese in considerazione nelle politiche comuni”. In particolare, per quanto qui interessa, nella dichiarazione si afferma che la vendita dei diritti di ritrasmissione televisiva costituisce oggi una delle più importanti fonti di entrate per talune discipline sportive. Il Consiglio europeo ritiene quindi che le iniziative prese per favorire la messa in comune, ai livelli appropriati e tenuto conto delle prassi nazionali, di una parte degli introiti provenienti da tale vendita, siano positive per attuare il principio della solidarietà tra tutti i livelli di pratica sportiva e tutte le discipline.

[19]   Firmato a Roma il 29 ottobre 2004 e in attesa di ratifica da parte degli Stati membri (per ora il Trattato è stato ratificato da 14 Stati membri tra cui l’Italia, con legge n. 57 del 7 aprile 2005, recante Ratifica ed esecuzione del Trattato che adotta una Costituzione per l' Europa e alcuni atti connessi, con atto finale, protocolli e dichiarazioni, fatto a Roma il 29 ottobre 2004).

[20]   La UEFA (Union des Associations Européennes de Football) è l’associazione delle associazioni calcistiche nazionali dei paesi europei. L’UEFA organizza diversi tornei calcistici europei ed in particolare la UEFA Champions League.

[21]   The Independent European sport review 2006; l’indagine trae origine da un incontro - svoltosi a Lipsia l’8 dicembre 2005, su iniziativa della presidenza di turno britannica dell’Unione europea, tra i ministri dello sport di Austria (in quel momento presidente di turno) Francia, Germania, Italia, Regno Unito, Spagna, la Commissione europea e le autorità indipendenti del calcio (UEFA e FIFA) – durante il quale è emersa la necessità di approfondire in particolare i seguenti temi: governo del calcio e ruolo delle autorità indipendenti; controllo sulle società calcistiche; fissazione di un limite alla spese; disciplina dell’attività degli  agenti dei calciatori e dei trasferimenti; distribuzione dei ricavi e sviluppo del movimento di base; investimenti per stadi sicuri.  Su queste basi si è sviluppato il lavoro di 12 esperti coordinati dall’ex ministro portoghese José Luìs Arnaut, anche attraverso numerosi incontri ed audizioni nonché l’apertura di un dibattito pubblico con la realizzazione di un apposito sito internet. Per una sintesi più dettagliata del rapporto, vedi il dossier Documentazione e ricerche del Servizio Studi n. 9.

[22]   Disposizioni urgenti in materia di giustizia sportiva,convertito, con modificazioni, dalla legge 17 ottobre 2003, n. 280

[23]   Vedi, da ultimo, la nota informativa approvata dall’Autorità relativa all’attività istituzionale svolta nel settore radiotelevisivo (prot. 33532/05 del 25 novembre 2005).

[24]   Per un quadro generale sulle questioni concernenti il calcio professionistico si rinvia al dossier del Servizio Studi Documentazione e ricerche n. 135 della XIV legislatura.

[25]   Riordino del Comitato olimpico nazionale italiano - C.O.N.I., a norma dell'articolo 11 della L. 15 marzo 1997, n. 59

[26]    Decreto legge 28 dicembre 2001, n. 452 “Disposizioni urgenti in tema di accise, di gasolio per autotrazione, di smaltimento di oli usati, di giochi e scommesse, nonché sui rimborsi IVA, sulla pubblicità effettuata con veicoli, sulle contabilità speciali, sui generi di monopolio, sul trasferimento di beni demaniali, sulla giustizia tributaria, sul funzionamento del servizio nazionale della riscossione dei tributi e su contributi ad enti ed associazioni”, convertito in legge, con modificazioni, dall'art. 1 della legge 27 febbraio 2002, n. 16.

[27]   L'Istituto per il credito sportivo (ICS), fondato con la legge 24 dicembre 1957, n. 1295, è un ente pubblico con personalità giuridica, gestione autonoma e sede legale in Roma, ed esercita il credito sotto forma di mutui a medio e lungo termine concessi per la costruzione, l'ampliamento, l'attrezzatura e il miglioramento di impianti sportivi, ivi compresa l'acquisizione delle relative aree, nonché per l'acquisto di immobili da destinare ad attività sportive.

[28]   Regolamento recante la disciplina dei concorsi pronostici su base sportiva.

[29]    Testo unico delle leggi in materia bancaria e creditizia. L'articolo 151 stabilisce che l'operatività, l'organizzazione e il funzionamento delle banche pubbliche residue sono disciplinati dal medesimo testo unico, dagli statuti e dalle altre norme in questi richiamate.

[30]   Disposizioni urgenti in materia di riordino delle attribuzioni della Presidenza del Consiglio dei Ministri e dei Ministeri, convertito, con modificazioni, dalla leggen. 233 del 17 Luglio 2006.

[31]   Il calcolo delle quote viene realizzato attraverso la rilevazione dei minuti complessivamente giocati dai “giovani” in alcune giornate. Si divide il contributo federale inerente il periodo preso in considerazione per il totale dei minuti giocati in C1 e C2 e si ottiene la quota minuto rispettivamente per le due categorie. La quota minuto viene quindi moltiplicata per la somma dei minuti giocati dai “giovani” di ciascuna squadra e si determina la cifra da liquidare alle varie società.

[32]   Si segnala in proposito che un elenco di eventi sportivi ritenuti “di particolare rilevanza per la società”, e pertanto esclusi dalle trasmissioni televisive criptate, è contenuto nella delibera dell’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni n. 8 del 9 marzo 1999. Il provvedimento cita, in particolare:

a) le Olimpiadi estive ed invernali;

b) la finale e tutte le partite della nazionale italiana nel Campionato del mondo di calcio;

c) la finale e tutte le partite della nazionale italiana nel Campionato europeo di calcio;

d) tutte le partite della nazionale italiana di calcio, in casa e fuori casa, in competizioni ufficiali;

e) la finale e le semifinali della Coppa dei campioni e della Coppa UEFA qualora vi siano coinvolte squadre italiane;

f) il Giro d'Italia;

g) il Gran premio d'Italia automobilistico di formula 1.

[33]   Legge 10 ottobre 1990, n. 287 Norme per la tutela della concorrenza e del mercato. Con tale leggeè stata introdotta nell'ordinamento italiano una disciplina organica della concorrenza, nel solco dei principi stabiliti dagli artt. 85 e 86 del Trattato CEE (ora artt. 81 e 82 a seguito dell'entrata in vigore del Trattato di Amsterdam il 1° maggio 1999). La legge individua le tre fattispecie anticoncorrenziali vietate, ossia intese restrittive della libertà di concorrenza, abusi di posizione dominante e concentrazioni aventi determinate caratteristiche, e provvede all'istituzione di un organo di tutela e di promozione dei meccanismi concorrenziali, l'Autorità garante della concorrenza e del mercato.

Per ciò che rileva in questa sede, sono vietate (articolo 2) le intese, definite come gli accordi oppure le pratiche concordate tra imprese nonché le deliberazioni di consorzi, associazioni di impresa ed organismi similari, che abbiano per oggetto o per effetto la limitazione della concorrenza all'interno del mercato nazionale o in una sua parte rilevante. E' prevista tuttavia la possibilità di autorizzare, per un periodo limitato, anche intese vietate ai sensi dell'articolo 2, qualora diano luogo a miglioramenti nelle condizioni di offerta e comportino un sostanziale beneficio per i consumatori o assicurino alle imprese la necessaria concorrenzialità sul piano internazionale, o siano connesse in particolare all'aumento o al miglioramento qualitativo della produzione (articolo 4).

L'Autorità esercita poteri ispettivi e di indagine per verificare l'esistenza di infrazioni ai divieti di intese restrittive della libertà di concorrenza, di abuso di posizione dominante e di operazioni di concentrazione. Con particolare riferimento alle intese restrittive della libertà di concorrenza e all'abuso di posizione dominante, si ricorda che l'Autorità può procedere d'ufficio all'esercizio del potere di indagine.

Nei casi di presunta infrazione ai divieti di cui sopra, l'Autorità notifica alle imprese interessate l'apertura dell'istruttoria. Nella fase dell'istruttoria essa può disporre ispezioni, perizie e analisi economiche; essa può altresì richiedere ad imprese, enti e a qualsiasi altro soggetto che ne sia in possesso informazioni e documenti utili ai fini dell'istruttoria. Nel caso di accertamento di un’infrazione l’Autorità fissa alle imprese e agli enti interessati un termine per l’eliminazione delle infrazioni. Nel caso in cui queste siano gravi, tenuto conto anche della durata delle stesse, oltre alla diffida può essere comminata una sanzione amministrativa pecuniaria fino al 10 percento del fatturato realizzato nell’ultimo esercizio anteriore alla notificazione della diffida.

[34]   Disposizioni urgenti per lo sviluppo equilibrato dell'emittenza televisiva e per evitare la costituzione o il mantenimento di posizioni dominanti nel settore radiotelevisivo, convertito, con modificazioni, dalla legge 29 marzo 1999, n. 78

[35]   Nella delibera dell’AGCM, tra l’altro, si afferma che:”la giurisprudenza di legittimità e di merito italiana appare univoca (…) nell'individuare nella società organizzatrice il soggetto titolare del diritto di sfruttamento economico dell'evento sportivo. Non appare, infatti, possibile attribuire la titolarità dei diritti economici connessi alle manifestazioni sportive a soggetti diversi dalla società che giuridicamente ha la disponibilità del luogo chiuso ove viene svolta la partita e che economicamente sopporta il rischio imprenditoriale dell'attività sportiva dalla stessa intrapresa, ovvero l'organizzatore dell'evento. Tale soggetto, nell'ambito del settore del calcio, viene tradizionalmente identificato con la squadra ospitante”; e più avanti: “il ruolo della Lega Calcio, quale responsabile organizzativo del funzionamento dei campionati sotto l'egida e il controllo della FIGC, non è tale da giustificare l'attribuzione originaria della titolarità o contitolarità del diritto di utilizzazione economica e commerciale di cui trattasi. La Lega Cacio non assume alcun rischio imprenditoriale diretto in connessione alle manifestazioni calcistiche, limitandosi alla gestione dei campionati di calcio esclusivamente con riferimento all'organizzazione tecnico-sportiva e amministrativa di questi. I fini istituzionali, a cui appare preposta la Lega Cacio, non appaiono pertanto sufficienti a spiegare un eventuale riconoscimento in capo alla stessa della titolarità o contitolarità dei diritti televisivi calcistici”.

[36]   Tra le numerose sentenze  della Corte di giustizia in tal senso, si ricorda quella relativa alla causa C-415/93, URBSF contro Bosman, 1995, racc. I-4921, punto 73.

[37]   Allegato IV alle Conclusioni della Presidenza, Consiglio europeo di Nizza – 7, 8 e 9 dicembre 2000 “Dichiarazione relativa alle caratteristiche specifiche dello sport e alle sue funzioni sociali in Europa che devono essere prese in considerazione nelle politiche comuni”. In particolare, per quanto qui interessa, nella dichiarazione si afferma che la vendita dei diritti di ritrasmissione televisiva costituisce oggi una delle più importanti fonti di entrate per talune discipline sportive. Il Consiglio europeo ritiene quindi che le iniziative prese per favorire la messa in comune, ai livelli appropriati e tenuto conto delle prassi nazionali, di una parte degli introiti provenienti da tale vendita, siano positive per attuare il principio della solidarietà tra tutti i livelli di pratica sportiva e tutte le discipline.

[38]   La UEFA (Union des Associations Européennes de Football) è l’associazione delle associazioni calcistiche nazionali dei paesi europei. L’UEFA organizza diversi tornei calcistici europei ed in particolare la UEFA Champions League.

[39]   In particolare, l’art. 7 del Regolamento stabilisce che la Commissione può obbligare, attraverso una decisione, le imprese o le associazioni di imprese interessate a porre fine alla infrazione constatata. La Commissione può a tal fine imporre a tali soggetti l’adozione di tutti i rimedi comportamentali o strutturali che siano proporzionati alla infrazione commessa e necessari a far cessare effettivamente l’infrazione posta in essere. L’art. 9 disciplina inoltre il caso in cui la Commissione intenda adottare una decisione volta a far cessare una infrazione e le imprese interessate propongano degli impegni per ovviare alle preoccupazioni della Commissione. E’ previsto al riguardo che la Commissione può mediante decisione rendere gli impegni proposti dalle imprese interessate obbligatori.

[40]   Comunicazione ai sensi dell'articolo 19, paragrafo 3, del regolamento n. 17 del Consiglio — Caso COMP/C.2/38.173 e 38.453 — Vendita congiunta su base esclusiva dei diritti di trasmissione relativi alla FA Premier League (campionato di calcio di serie A nel Regno Unito) Gazzetta ufficiale dell’Unione europea n. 115 del 30/04/2004 (2004/C 115/2)

[41]   Comunicazione a norma dell'articolo 19, paragrafo 3, del regolamento n. 17 del Consiglio Caso COMP/C.2/37.214 - Vendita congiunta dei diritti mediatici relativi al campionato di calcio tedesco (Bundesliga) Gazzetta ufficiale dell’Unione europea n. 261 del 30.10.2003 (2003/C 261/07) e Comunicazione a norma dell'articolo 27, paragrafo 4, del regolamento (CE) n. 1/2003 del Consiglio Caso COMP/C.2/37.214 — Vendita congiunta dei diritti mediatici relativi al campionato di calcio tedesco (Bundesliga) Gazzetta ufficiale dell’Unione europea n. 229 del 14.9.04  (2004/C 229/04)

[42]   The Independent European sport review 2006; l’indagine trae origine da un incontro - svoltosi a Lipsia l’8 dicembre 2005, su iniziativa della presidenza di turno britannica dell’Unione europea, tra i ministri dello sport di Austria (in quel momento presidente di turno) Francia, Germania, Italia, Regno Unito, Spagna, la Commissione europea e le autorità indipendenti del calcio (UEFA e FIFA) – durante il quale è emersa la necessità di approfondire in particolare i seguenti temi: governo del calcio e ruolo delle autorità indipendenti; controllo sulle società calcistiche; fissazione di un limite alla spese; disciplina dell’attività degli  agenti dei calciatori e dei trasferimenti; distribuzione dei ricavi e sviluppo del movimento di base; investimenti per stadi sicuri.  Su queste basi si è sviluppato il lavoro di 12 esperti coordinati dall’ex ministro portoghese José Luìs Arnaut, anche attraverso numerosi incontri ed audizioni nonché l’apertura di un dibattito pubblico con la realizzazione di un apposito sito internet. Per una sintesi più dettagliata del rapporto, vedi il dossier Documentazione e ricerche del Servizio Studi n. 9.

[43]   Con delibera del 24 maggio 2006 (provv. 15477) l’AGCM ha deciso di procedere alla chiusura dell'indagine conoscitiva limitatamente all'analisi della vigente regolamentazione dell'attività di agente di calciatori, ritenendo opportuno dare conto degli accertamenti sinora svolti in ragione dell'esigenza di procedere con urgenza alla modifica della regolamentazione medesima, considerata la contingente situazione di criticità che sta interessando il settore.

[44]    La disposizione fa obbligo ai soggetti che effettuano intese o operazioni di concentrazioni di notificarle all’Autorità, al fine di consentire la verifica del rispetto dei limiti imposti dalla legge.

[45]   Nel quadro dei principi della concorrenza, la nozione di mercato rilevante, ai fini dell’eventuale individuazione di una posizione dominante, secondo la giurisprudenza comunitaria  comprende quei prodotti o servizi tra loro intercambiabili sia sotto il profilo delle caratteristiche tecnologiche, sia per la loro idoneità a soddisfare egualmente le esigenze dei consumatori.

[46]    Oltre che dei ricavi, la disposizione prevede che si tenga conto del livello di concorrenza all’interno del sistema, delle barriere all’ingresso, delle dimensioni di efficienza economica dell’impresa, degli indici quantitativi di diffusione dei programmi radiotelevisivi e degli altri prodotti dei mercati che compongono il sistema (prodotti editoriali, opere fonografiche e cinematografiche).

[47]    Il testo rinvia espressamente all’art. 2, co. 7, della legge 31 luglio 1997, n. 249, il quale prevede il potere dell’Autorità di adottare provvedimenti necessari per eliminare o impedire il formarsi di posizioni dominanti o lesive del pluralismo, e prevede altresì procedure specifiche, che possono portare anche all’adozione di un provvedimento di dismissione di rami d’azienda.

[48]   Si ricorda che la definizione sopra riportata di “sistema integrato delle comunicazioni” esclude – a differenza di formulazioni precedenti - l’editoria libraria e le imprese fonografiche.

[49]    Le modifiche sono dirette ad escludere le “telepromozioni” dall’applicazione di tali limiti di affollamento pubblicitario (con la sostituzione della parola “spot” pubblicitari alla parola “messaggi” pubblicitari).

[50]    L’operatività del limite è testualmente riferita all’“atto della completa attuazione del piano nazionale di assegnazione delle frequenze radiofoniche e televisive in tecnica digitale”.  Nella fase transitoria il limite del 20% é calcolato sul numero complessivo dei programmi televisivi concessi o irradiati in ambito nazionale su frequenze terrestri indifferentemente in tecnica analogica o in tecnica digitale.

[51]   Ai sensi dello stesso testo unico (art. 2, co. 1, lett. i), è da intendere “accesso condizionato” ogni misura e sistema tecnico in base ai quali l’accesso in forma intelligibile al servizio protetto sia subordinato a preventiva e individuale autorizzazione da parte del fornitore del servizio di accesso condizionato.

[52]    Anche tramite imprese controllate, controllanti o collegate ex art. 2359 del codice civile.

[53]    Vedi in particolare Delibera n. 136/05/CONS recante Interventi a tutela del pluralismo ai sensi della legge 3 maggio 2004, n. 112 e la Delibera n. 163/06/CONS recante Atto di indirizzo - Approvazione di un programma di interventi volto a favorire l’utilizzazione razionale delle frequenze destinate ai servizi radiotelevisivi nella prospettiva della conversione alla tecnica digitale.

[54]   La scadenza, originariamente fissata al 31 dicembre 2006, è stata successivamente prorogata al 31 dicembre 2008 dal D.L. 30 dicembre 2005, n. 273, convertito, con modificazioni, dalla Legge 23 febbraio 2006, n. 51. Peraltro il ministro delle comunicazioni on. Paolo Gentiloni, nell’audizione sulle linee programmatiche del suo dicastero tenutasi presso la IX commissione Trasporti in data 29 giugno 2006, ha precisato che tale scadenza presumibilmente si allineerà con quella prevista dalla Commissione europea fissata tra il 2010 e il 2012.

[55]   In relazione allo sviluppo del sistema digitalein ambito televisivo il decreto-legge 24 dicembre 2003, n. 352, convertito con modificazioni dalla legge 24 febbraio 2004, n. 43, è intervenuto a disciplinare modalità e tempi di cessazione definitiva del regime transitorio previsto dalla legge n. 249 del 1997, autorizzando, tra l’altro, le reti cosiddette “eccedentarie” (rispetto ai limiti previsti dalla legge n. 249), a proseguire nell’esercizio dell’attività, nonché consentendo alla RAI di avvalersi di risorse pubblicitarie su tutte le proprie reti televisive (analogiche e digitali).

[56]   Cfr. in particolare la direttiva 2002/21/CE, art. 2, lett. a), e art. 3

[57]   V. in particolare art. 25, comma 12, nonché art. 23, commi 1 e 5 e 25, commi 8 e 11 della legge n. 112.

[58]   Ai sensi dei commi 1 e 2, “l'attività di fornitura di reti o servizi di comunicazione elettronica è libera ai sensi dell'articolo 3, fatte salve le condizioni stabilite nel presente Capo e le eventuali limitazioni introdotte da disposizioni legislative regolamentari e amministrative che prevedano un regime particolare per i cittadini o le imprese di Paesi non appartenenti all'Unione europea o allo Spazio economico europeo, o che siano giustificate da esigenze della difesa e della sicurezza dello Stato e della sanità pubblica, compatibilmente con le esigenze della tutela dell'ambiente e della protezione civile, poste da specifiche disposizioni, ivi comprese quelle vigenti alla data di entrata in vigore del Codice.Le disposizioni del presente Capo si applicano anche ai cittadini o imprese di Paesi non appartenenti all'Unione europea, nel caso in cui lo Stato di appartenenza applichi, nelle materie disciplinate dal presente Titolo, condizioni di piena reciprocità. Rimane salvo quanto previsto da trattati internazionali cui l'Italia aderisce o da specifiche convenzioni”.

[59]   Fatti salvi gli obblighi specifici di cui all'articolo 28, comma 2, o i diritti di uso di cui all'articolo 27 del medesimo d.lgs.

[60]   Ai sensi di tale comma, l'impresa interessata presenta al Ministero una dichiarazione resa dalla persona fisica titolare ovvero dal legale rappresentante della persona giuridica, o da soggetti da loro delegati, contenente l'intenzione di iniziare la fornitura di reti o servizi di comunicazione elettronica, unitamente alle informazioni strettamente necessarie per consentire al Ministero di tenere un elenco aggiornato dei fornitori di reti e di servizi di comunicazione elettronica, da pubblicare sul proprio Bollettino ufficiale e sul sito Internet. Tale dichiarazione costituisce denuncia di inizio attività e deve essere conforme al modello di cui all'allegato n. 9. L'impresa è abilitata ad iniziare la propria attività a decorrere dall'avvenuta presentazione della dichiarazione e nel rispetto delle disposizioni sui diritti di uso stabilite negli articoli 27, 28 e 29. Ai sensi dell'articolo 19 della legge 7 agosto 1990, n. 241 e successive modificazioni, il Ministero, entro e non oltre sessanta giorni dalla presentazione della dichiarazione, verifica d'ufficio la sussistenza dei presupposti e dei requisiti richiesti e dispone, se del caso, con provvedimento motivato da notificare agli interessati entro il medesimo termine, il divieto di prosecuzione dell'attività. Le imprese titolari di autorizzazione sono tenute all'iscrizione nel registro degli operatori di comunicazione di cui all'articolo 1 della legge 31 luglio 1997, n. 249

[61]   Secondo quanto stabilito dalla delibera dell’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni 15 novembre 2001, n. 435/01/CONS (e successive modificazioni).

[62]   In tal caso, si tratta dei requisiti di cui all’articolo 6, commi 1, 3, 4, 6, 8 e 9 della deliberazione dell’Autorità n. 78 del 1° dicembre 1998, ed il termine è dato dalla “attuazione del Piano nazionale di assegnazione delle frequenze televisive in tecnica digitale”; tali soggetti possono proseguire l’esercizio della radiodiffusione televisiva in tecnica analogica, con i diritti e gli obblighi del concessionario.

[63]   Si applicano i contributi nella misura prevista dall’articolo 5 di tale delibera

[64]   Testualmente l’autorizzazione riguarda “la fornitura di contenuti televisivi e dati destinati alla diffusione in tecnica digitale su frequenze terrestri in ambito regionale e provinciale”

[65]   La disposizione si basa sull’articolo 16, comma 2, lett. c) e d) della legge n. 112/2004.

[66]   L’articolo rinvia, ai fini della definizione dell’ambito “regionale” o “provinciale” , a quanto previsto dall’articolo 2, comma 1, lettera p), del presente Testo unico. Inoltre, l’autorizzazione deve essere rilasciata secondo i criteri oggettivi di cui all’articolo 12, comma 1, lettera d). Qualora l’operatore di rete televisiva in tecnica digitale in ambito locale abbia richiesto una o più autorizzazioni per lo svolgimento di attività di cui al comma 1, ha diritto a ottenere almeno una autorizzazione che consenta di irradiare nel proprio blocco di programmi televisivi numerici.