Camera dei deputati - XV Legislatura - Dossier di documentazione (Versione per stampa)
Autore: Servizio Studi - Dipartimento affari sociali
Titolo: Istituzione di una Commissione parlamentare d¿inchiesta sull'efficacia e l'efficienza del Servizio sanitario nazionale e sulla sicurezza delle cure prestate - AC 2814
Riferimenti:
AC n. 2814/XV     
Serie: Progetti di legge    Numero: 213
Data: 04/07/2007
Descrittori:
INCHIESTE PARLAMENTARI   SERVIZIO SANITARIO NAZIONALE
Organi della Camera: XII-Affari sociali


Camera dei deputati

XV LEGISLATURA

 

 

 

 

 

SERVIZIO STUDI

Progetti di legge

 

 

 

Istituzione di una Commissione parlamentare d’inchiesta sull'efficacia e l'efficienza del Servizio sanitario nazionale e sulla sicurezza delle cure prestate

AC 2814

 

 

 

 

 

 

 

 

n. 213

 

 

4 luglio 2007


 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Dipartimento Affari sociali

 

SIWEB

 

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File: AS0131.doc

 


INDICE

Scheda di sintesi per l’istruttoria legislativa

Dati identificativi3

Struttura e oggetto  4

§      Contenuto  4

§      Relazioni allegate  5

Elementi per l’istruttoria legislativa  6

§      Necessità dell’intervento con legge  6

§      Rispetto delle competenze legislative costituzionalmente definite  6

§      Compatibilità comunitaria  6

§      Incidenza sull’ordinamento giuridico  10

§      Impatto sui destinatari delle norme  11

§      Formulazione del testo  11

Schede di lettura

Le inchieste parlamentari15

§      1. Istituzione della Commissione  16

§      2. Nomina dei componenti16

§      3. L'organizzazione interna e dei lavori17

§      4. I poteri delle Commissioni d'inchiesta  17

§      5. Il segreto funzionale  18

Cenni normativi sulle tematiche dell’inchiesta  20

Il contenuto della proposta di legge  37

Progetto di legge

§      A.C. 2814, (on. Di Girolamo ed altri), Istituzione di una Commissione parlamentare di inchiesta sull'efficacia e l'efficienza del Servizio sanitario nazionale e sulla sicurezza delle cure prestate  49

Normativa nazionale

§      Costituzione della Repubblica italiana. (Art. 82)61

§      Codice Penale (Artt. 326, 366-384-bis, 416, 416-bis)62

§      Codice di Procedura Penale (Artt. 133, 329)79

§      L. 11 marzo 1988, n. 67 Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge finanziaria 1988) (Art. 20)81

§      Decreto del Ministro della salute 25 febbraio 2004  84

§      L. 23 dicembre 2005, n. 266. Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge finanziaria 2006) (Art. 1, co. 288)88

§      Delibera Senato 19 luglio 2006. Istituzione di una Commissione parlamentare di inchiesta sull'efficacia e l'efficienza del Servizio sanitario nazionale  89

Atti parlamentari

§      Doc. XXII n. 8, (on. Palumbo ed altri), Istituzione di una Commissione parlamentare di inchiesta sugli errori in campo sanitario  96

§      A.S 1598, (Governo), Disposizioni in materia di sicurezza delle strutture sanitarie e gestione del rischio clinico, nonché di attività libero-professionale intramuraria e di esclusività del rapporto di lavoro dei dirigenti del ruolo sanitario del Servizio sanitario nazionale  102

 

 


Scheda di sintesi
per l’istruttoria legislativa



Dati identificativi

Numero del progetto di legge

2814

Titolo

Istituzione di una Commissione parlamentare di inchiesta sull' efficacia e l'efficienza del Servizio sanitario nazionale e sulla sicurezza delle cure prestate

Iniziativa

Parlamentare

Settore d’intervento

Sanità

Iter al Senato

No

Numero di articoli

7

Date

 

§       presentazione o trasmissione alla Camera

20 giugno 2007

§       annuncio

21 giugno 2007

§       assegnazione

28 giugno 2007

Commissione competente

XII Affari sociali

Sede

Referente

Pareri previsti

I, II, V, VIII, XI e Commissione parlamentare per le questioni regionali

 


Struttura e oggetto

Contenuto

Il progetto di legge in esame (A.C. 2814), costituito da 7 articoli, è diretto ad istituire, per la durata della XV legislatura, una Commissione bicamerale di inchiesta sull'efficacia e l'efficienza del Servizio sanitario nazionale e sulla sicurezza delle cure prestate (articolo 1).

Come evidenziato nella relazione illustrativa, la necessità di costituire la citata Commissione di inchiesta nasce “dall'esigenza di acquisire tutti gli elementi conoscitivi sullo stato di «salute» della nostra sanità sia pubblica che privata”. In tal modo sarebbero accolte sia le istanze che stanno alla base della proposta di istituzione di una Commissione monocamerale di inchiesta sugli errori in campo sanitario (Palumbo e altri, Doc. XXII, n. 8) sia le esigenze che hanno determinato la costituzione presso il Senato di una Commissione monocamerale di inchiesta sull'efficacia e l'efficienza del Servizio sanitario nazionale (deliberata il 19 luglio 2006).

L’articolo 2 disciplina la composizione della Commissione, costituita da 20 deputati e 20 senatori, dettando specifiche norme per l’elezione del presidente e dell’ufficio di presidenza.

L’articolo 3 individua, altresì, i compiti della Commissione, tra i quali si segnala la verifica dello stato di attuazione delle politiche sanitarie e socio-sanitarie sul territorio nazionale, con particolare riferimento alla qualità dei servizi ai cittadini, alle condizioni di accesso, ai livelli essenziali di assistenza (LEA), alla gestione del rischio clinico e alla sicurezza delle cure. Altri ambiti di indagine riguardano l'appropriatezza delle prestazioni, lo stato delle reti di assistenza sanitaria territoriale e domiciliare, la qualificazione dell'assistenza ospedaliera, la spesa sostenuta dai cittadini, l'applicazione dei Diagnosis Related Groups (DRG), l'organizzazione di pronto soccorso e di rianimazione, l’organizzazione dei trapianti di organi, la classificazione dei farmaci, la qualità ed efficacia dei trattamenti, la medicina neonatale, le dinamiche delle liste di attesa, il programma straordinario di ristrutturazione edilizia e di ammodernamento tecnologico, il monitoraggio della spesa farmaceutica, la revisione dei livelli essenziali di assistenza, il contenimento dei tempi di attesa.

Sono definiti, inoltre, in conformità alla Costituzione, i poteri della Commissione e i relativi limiti (articolo 4).

Il provvedimento disciplina altresì l’obbligo del segreto sugli atti e i documenti nonché le sanzioni per le eventuali violazioni (articolo 5).

L’articolo 6 regolamenta, poi, l’organizzazione e il funzionamento della Commissione, prevedendo l’adozione di un regolamento interno e individuando le necessarie risorse finanziarie.

L’articolo 7, infine, disciplina l’entrata in vigore del provvedimento.

Relazioni allegate

La proposta in esame, d’iniziativa parlamentare, è corredata dalla sola relazione illustrativa.


Elementi per l’istruttoria legislativa

Necessità dell’intervento con legge

Secondo il dettato costituzionale, le inchieste parlamentari possono essere disposte da ciascuna Camera su materie di pubblico interesse (articolo 82). L’atto formale per la costituzione della Commissione d’inchiesta non viene quindi espressamente previsto dalla disposizione costituzionale. In via di prassi si sono affermati sia il modello della deliberazione monocamerale, sia quello del provvedimento legislativo. Fermo restando quindi che l’inchiesta può essere deliberata anche da una sola Camera, lo strumento legislativo è quello ordinariamente adoperato per l’istituzione di commissioni bicamerali.

Rispetto delle competenze legislative costituzionalmente definite

Come già ricordato, la proposta in esame trova il suo fondamento nell’articolo 82 della Costituzione, il quale prevede, tra l’altro, che la Commissione, formata in modo da rispecchiare la proporzione dei vari gruppi, procede alle indagini e agli esami con gli stessi poteri e le stesse limitazioni dell’Autorità giudiziaria.

La materia, attenendo all’esercizio di un potere costituzionale delle Assemblee parlamentari, può ricondursi alla disciplina degli organi dello Stato, riservata dall’articolo 117, secondo comma, lettera f), della Costituzione all’esclusiva competenza legislativa statale.

Compatibilità comunitaria

Esame del provvedimento in relazione alla normativa comunitaria

Procedure di contenzioso in sede comunitaria
(a cura dell'Ufficio rapporti con l'Unione Europea)

Il 13 ottobre 2006 la Commissioneha inviato all’Italia due lettere di messa in mora:

·         una prima, per la mancata attuazione della direttiva 2005/62, recante applicazione della direttiva 2002/98/CE (che stabilisce norme di qualità e di sicurezza per la raccolta, il controllo, la lavorazione, la conservazione e la distribuzione del sangue umanoe dei suoi componenti),  per quanto riguarda le norme e le specifiche  comunitarie relative ad un sistema di qualità per i servizi trasfusionali (procedura d’infrazione n. 2006/790); il termine di attuazione è scaduto il 31 agosto 2006;

·         una seconda, per la mancata attuazione della direttiva 2005/61/CE, recante applicazione della direttiva 2002/98/CE (che stabilisce norme di qualità e di sicurezza per la raccolta, il controllo, la lavorazione, la conservazione e la distribuzione del sangue umanoe dei suoi componenti), per quanto riguarda le prescrizioni in tema di rintracciabilità e la notifica di effetti indesiderati ed incidenti gravi (procedura d’infrazione n. 2006/0789). Il termine di attuazione di tale direttiva è scaduto il 31 agosto 2006.

 

Entrambe le direttive sono ricomprese nell’allegato B della legge 6 febbraio 2007 n. 13 (legge comunitaria 2006).

Documenti all’esame delle istituzioni europee
(a cura dell'Ufficio rapporti con l'Unione Europea)

Sicurezza dei pazienti

 

Il 31 gennaio 2007 si è conclusa una consultazione promossa dalla Commissione europea sui mezzi giuridici più idonei a garantire la sicurezza e certezza in materia di cure sanitarie transfrontaliere nel quadro del diritto comunitario nonché a favorire la cooperazione tra i vari sistemi sanitari degli Stati membri. Sulla base dei risultati della consultazione la Commissione dovrebbe formulare alcune proposte legislative entro il 2007.

 

Il 17 aprile 2007, nel corso della Conferenza sulla cooperazione europea in materia di servizi sanitari e servizi informatici, organizzata dalla Commissione europea e dagli Stati membri, è stata adottata una dichiarazione nella quale si sottolinea che la sicurezza dei pazienti deve essere fortemente incrementata, e che questo risultato può essere ottenuto soltanto attraverso una informazione sistematica degli interessati circa le cure mediche e i servizi di prevenzione. 

 

 

Programma comunitario per la salute 2007-2013

 

Il 6 aprile 2005 la Commissione europea ha presentato una comunicazione dal titolo “Migliorare la salute, la sicurezza e la fiducia dei cittadini: una strategia in materia di salute e di tutela dei consumatori” (COM(2005)115), in base alla quale sono state presentate, il 24 maggio 2006, due proposte di decisione .

La prima proposta (COM(2006)235) mira ad istituire un programma di azione comunitaria in materia di protezione dei consumatori per il periodo di programmazione 2007-2013, con una dotazione di 156,8 milioni di euro.

L’altra proposta (COM(2006)234) delinea un programma d’azione per la salute per il periodo di programmazione 2007-2013, con una dotazione finanziaria di 365,6 milioni di euro. Tale proposta contempla i seguenti tre grandi obiettivi:

·         migliorare la sicurezza sanitaria dei cittadini – Saranno compiuti interventi per proteggere i cittadini dalle minacce alla salute rafforzando la capacità a livello comunitario di far fronte a minacce di qualunque natura; in tale obiettivo rientreranno azioni relative alla sicurezza dei pazienti, agli infortuni ed incidenti nonché alla legislazione comunitaria relativa a sangue, tessuti e cellule;

·         promuovere la sanità al fine di favorire la prosperità e la solidarietà – Saranno compiuti interventi per favorire un invecchiamento sano e attivo e per il superamento delle disparità soprattutto nei nuovi Stati membri; saranno previsti interventi finalizzati alla promozione della cooperazione tra sistemi sanitari per questioni transfrontaliere come la mobilità dei pazienti e dei professionisti della salute; saranno comprese azioni sui fattori determinanti per la salute quali l’alimentazione, l’alcool, il fumo e il consumo di droga così come la qualità dell’ambiente sociale e fisico;

·         generare e diffondere conoscenze sulla sanità – Saranno compiuti interventi finalizzati allo scambio di conoscenze e pratiche ottimali, soprattutto sulle questioni sottolineate dal Parlamento europeo nel suo parere del 16 marzo 2006 come gli aspetti legati al genere e alla salute dei bambini. Saranno inoltre previsti interventi volti a estendere un sistema comunitario di vigilanza sanitaria e a mettere a punto indicatori, strumenti e sistemi di divulgazione delle informazioni ai cittadini.

 

Il 22 marzo 2007 il Consiglio ha adottato una posizione comune sulla proposta relativa al programma d’azione per la salute, che il Parlamento europeo esaminerà, in seconda lettura, l’11 luglio 2007, nell’ambito della procedura di codecisione.

 

 

Il 20 aprile 2007 la Commissione ha presentato i risultati della consultazione, conclusasi il 12 febbraio 2007[1], su un documento di riflessione dal titolo “La sanità in Europa: un approccio strategico[2], volto ad offrire alle parti interessate la possibilità di commentare i progetti concernenti una strategia globale in materia di sanità, che la Commissione intende presentare nell’estate del 2007. Tale strategia, che coprirà un periodo di dieci anni, definirà una serie di obiettivi attorno a tre assi d’intervento relativi al miglioramento dei servizi sanitari, alla risposta alle minacce sanitarie mondiali e all’integrazione dei problemi della salute in tutte le politiche.

 

In tema di accesso alla salute, il 21 maggio 2007 è stata pubblicata la “Relazione di sintesi delle risposte alla consultazione relativa ad un’azione comunitaria nel settore dei servizi sanitari”, conclusasi il 31 gennaio 2007. La consultazione aveva ad oggettoun documento relativo ai mezzi giuridici più idonei a garantire la sicurezza e certezza delle cure sanitarie transfrontaliere, nonché a favorire la cooperazione tra i vari sistemi sanitari degli Stati membri (SEC(2006)1995-4). Sulla base dei risultati della consultazione la Commissione intende presentare alcune proposte nel corso del 2007[3].

 

Donazioni di cellule e tessuti umani

 

Il 16 ottobre 2006 la Commissione ha presentato una relazione sulla promozione da parte degli Stati membri delle donazioni volontarie non retribuite di cellule e tessuti (COM(2006)593). La relazione, prevista dall’art.12 della direttiva 2004/23/CE sulla definizione di norme di qualità e di sicurezza per la donazione, l’approvvigionamento, il controllo, la lavorazione, la conservazione, lo stoccaggio e la distribuzione di tessuti e cellule umane, è relativa alla donazione di cellule e tessuti generalmente intesi come le cellule staminali ematopoietiche del sangue periferico, del sangue del cordone ombelicale e del midollo osseo. Nel documento si sottolinea che il principio della donazione volontaria non retribuita è riconosciuto dagli Stati membri ma che la sua interpretazione varia da Stato a Stato. La Commissione suggerisce alcune iniziative volte a raccogliere informazioni sulla necessità di pubblicare linee guida per l’attuazione di tale principio.

 

Il 30 maggio 2007, la Commissione ha presentato una comunicazioneDonazione e trapianto di organi: azioni politiche a livello UE” (COM(2007)275) nella quale vengono illustrate le iniziative che la Commissione ha intenzione di assumere per rispondere alle principali sfide strategiche che si pongono nel settore: quelle di garantire la qualità e la sicurezza degli organi, di farne aumentare la disponibilità e di combatterne il traffico.

Incidenza sull’ordinamento giuridico

Attribuzione di poteri normativi

La proposta di legge in esame prevede che l’istituenda Commissione di inchiesta adotti un regolamento interno per disciplinare la propria attività.

Collegamento con lavori legislativi in corso

Si segnala che il Senato, con deliberazione del 19 luglio 2006, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 170 del 24 luglio 2006, ha istituito la Commissione parlamentare di inchiesta sull'efficacia e l'efficienza del Servizio sanitario nazionale.

Analoghe Commissioni di inchiesta sono state istituite sempre presso il Senato nella XIII e XIV legislatura.

Si ricorda, poi, che la XII Commissione affari sociali della Camera ha avviato, nella seduta del 16 maggio 2007, l’esame della proposta di istituzione di una Commissione parlamentare di inchiesta sugli errori in campo sanitario (Doc. XXII, n. 8, Palumbo e altri). Anche in questa ultima ipotesi, si tratta della proposta di istituire una Commissione monocamerale di inchiesta.

Infine, si segnala che la XII Commissione igiene e sanità del Senato ha avviato l’esame del disegno di legge governativo A.S. 1598 (Disposizioni in materia di sicurezza delle strutture sanitarie e gestione del rischio clinico, nonché di attività libero-professionale intramuraria e di esclusività del rapporto di lavoro dei dirigenti del ruolo sanitario del Servizio sanitario nazionale) che reca, tra l’altro, norme in materia di:

§         sicurezza delle cure, responsabilità civile delle strutture e del personale sanitario, definizione stragiudiziale delle controversie aventi ad oggetto danni derivanti da operatori del Servizio sanitario nazionale;

§         attività libero-professionale intramuraria;

§         disciplina del carattere esclusivo o meno del rapporto di lavoro dei dirigenti sanitari.

Impatto sui destinatari delle norme

Poiché il provvedimento prevede l’istituzione di una Commissione bicamerale di inchiesta sull'efficacia e l'efficienza del Servizio sanitario nazionale e sulla sicurezza delle cure prestate, con particolare riferimento alla qualità dei servizi ai cittadini, alle condizioni di accesso, ai livelli essenziali di assistenza (LEA), alla gestione del rischio clinico e alla sicurezza delle cure, la proposta in esame sembra interessare prevalentemente le strutture sanitarie e socio-sanitarie pubbliche e private, nonché  il personale medico e paramedico.

Formulazione del testo

Si osserva che la rubrica dell’articolo 2 fa riferimento oltre che alla composizione anche alla durata della Commissione: tuttavia, il testo del medesimo articolo 2 non contiene alcuna norma sulla durata della Commissione, essendo la stessa durata fissata dall’articolo 1 per l’intero arco della legislatura.

 


Schede di lettura

 


 

Le inchieste parlamentari

 

La Costituzione prevede che "ciascuna Camera può disporre inchieste su materie di pubblico interesse" (art. 82, primo comma).

Nel prospetto di seguito riportato sono indicati il numero e la tipologia delle inchieste parlamentari finora deliberate nelle legislature repubblicane.

 

Legislatura

Istituite con legge

Istituite con deliberazione monocamerale
dalla Camera

Istituite con deliberazione monocamerale
dal Senato

I

-

2

-

II

-

1(*)

1

III

3

1

-

IV

1

-

1

V

2

-

-

VI

1

-

-

VII

3

-

-

VIII

3(**)

-

-

IX

-

2

-

X

3

1

3

XI

3

-

1

XII

2

2

3

XIII

3

1

1

XIV

5

1

4

XV

2

--

3 (***)

totale

31

11

17

 

(*) La Commissione di inchiesta sulle condizioni dei lavoratori fu istituita con distinte deliberazioni della Camera e del Senato.

(**) Nella VIII Legislatura la Commissione di inchiesta sulle commesse d'armi e mezzi di uso militare, già costituita nella legislatura precedente, fu nuovamente istituita per due volte con leggi successive (L. 18 dicembre 1980, n. 865 e L. 29 aprile 1982, n. 186).

(***) Le tre Commissioni di inchiesta sull'efficacia e l'efficienza del Servizio sanitario nazionale, sul fenomeno degli infortuni sul lavoro e sull'uranio impoverito sono state già costituite nella precedente legislatura.


L'inchiesta parlamentare, nell'ambito degli strumenti volti a consentire lo svolgimento dell'attività di controllo del Parlamento, rappresenta quello più incisivo e penetrante del quale le Camere possono avvalersi per acquisire conoscenze; l'art. 82, secondo comma, della Costituzione, dispone infatti che la Commissione parlamentare d'inchiesta" procede alle indagini e agli esami con gli stessi poteri e le stesse limitazioni dell'autorità giudiziaria".

Appare quindi evidente la differenza con l'indagine conoscitiva, che, pur essendo anch'essa preordinata a finalità conoscitive, non attribuisce all'organo titolare dell'indagine poteri coercitivi per l'acquisizione delle informazioni.

1. Istituzione della Commissione

In base all'art. 82 della Costituzione, l'inchiesta può essere deliberata anche da una sola Camera (evidentemente con atto non legislativo).

Si è però andata affermando anche la prassi di deliberare le inchieste con legge, affidandole a Commissioni composte di deputati e senatori, o con atto bicamerale non legislativo.

In ogni caso, per quanto riguarda il procedimento di formazione, l'art. 140 del r.C. e l'art. 162 del r.S. stabiliscono che per l'esame delle proposte di inchiesta si segue il procedimento previsto per quelle legislative.

Si ricorda che, qualora le due Camere istituiscano Commissioni monocamerali sulla stessa materia, l'art. 162 del r.S. consente che le Commissioni possano deliberare di procedere in comune, rimanendo tuttavia distinte quanto ad imputazione giuridica dei rispettivi atti. Analoga disposizione è contenuta nell’art. 141, comma 3, del r.C.

2. Nomina dei componenti

Per quanto riguarda la nomina dei commissari, il secondo comma dell'art. 82 della Costituzione prevede che la composizione della Commissione deve rispecchiare la proporzione dei gruppi; tale nomina, quindi, deve essere improntata al rispetto del principio di proporzionalità.

Di conseguenza, si applicano gli art. 56, comma 3, del r.C. e l'art. 25, comma 3, r.S., i quali stabiliscono che per le nomine delle Commissioni che, per prescrizione di legge o regolamento debbano essere composte in modo da rispecchiare la proporzione dei Gruppi parlamentari, il Presidente comunica ai Gruppi il numero dei posti spettanti a ciascuno in base al suddetto criterio richiedendo la designazione di un eguale numero di nomi.

Qualora sia espressamente previsto dall'atto costituivo, il Presidente è nominato, al di fuori della Commissione, dal Presidente dell'Assemblea ovvero d'intesa tra i Presidenti delle due Camere in caso di Commissione bicamerale.

 

3. L'organizzazione interna e dei lavori

Poteri inerenti alla organizzazione dei lavori sono quelli riguardanti la fissazione del programma e l'istituzione di sottocommissioni nonché l'elaborazione e l'approvazione di un regolamento interno. Al riguardo si rammenta che, da circa un decennio, si è venuta formando la prassi secondo la quale le Commissioni d'inchiesta adottano un proprio regolamento, ferma restando l'applicabilità del regolamento della Camera di appartenenza del Presidente della Commissione per quanto non espressamente previsto dal predetto regolamento interno.

La durata dei lavori della Commissione è stabilita dal relativo atto istitutivo, che fissa la data di presentazione della relazione (che è atto conclusivo dell'attività, anche se il termine assegnato alla Commissione non è ancora scaduto) o assegna un termine finale ai lavori stessi, a partire dalla costituzione o dall'insediamento della Commissione ovvero dalla data di entrata in vigore della legge istitutiva.

Si ricorda che le Commissioni istituite con atto non legislativo cessano comunque la propria attività con la fine della legislatura mentre quelle istituite con legge possono essere prorogate con una nuova legge.

4. I poteri delle Commissioni d'inchiesta

L'art. 82, secondo comma, della Costituzione stabilisce che la Commissione d'inchiesta procede alle indagini ed agli esami con gli stessi poteri e le stesse limitazioni dell'autorità giudiziaria (c.d. principio del parallelismo).

I poteri coercitivi che la Commissione d'inchiesta può esercitare sono naturalmente quelli propri della fase " istruttoria" delle indagini giudiziarie, dato che la Commissione è priva di poteri giudicanti e non può quindi accertare reati ed irrogare sanzioni.

La Commissione può quindi disporre ispezioni e perquisizioni personali e domiciliari, sequestri, intercettazioni telefoniche, perizie, ricognizioni, esperimento di prove testimoniali ed accompagnamento coattivo dei testi renitenti.

In particolare, per le convocazioni di testimoni davanti alla Commissione si applicano gli articoli 366- rifiuto di uffici legalmente dovuti da parte dei periti, interpreti, custodi di cose sottoposte a sequestro e testimoni - e 372 - falsa testimonianza - del codice penale, ferme restando le competenze dell'autorità giudiziaria. Si ricorda che per tali reati, dopo la riforma del codice di procedura penale, non è più previsto l'arresto ma, rispettivamente, la reclusione fino a sei mesi o la multa da euro 30 a euro 516 (art. 366) e la reclusione da 2 anni a 6 anni (art. 372 come modificato dall'art. 11 del decreto-legge 8 giugno 1992, n. 306, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 1992, n. 356, che ha aumentato l'originaria pena consistente nella reclusione da sei mesi a tre anni).

La Commissione deve comunque assicurare il rispetto dei diritti fondamentali di difesa discendenti dal disposto dell'art. 24 Cost., riconoscendo, ad esempio, il diritto all'assistenza del difensore ogni volta che il suo mancato esercizio possa pregiudicare la posizione processuale della persona interrogata.

Il parallelismo con i poteri della magistratura disposto dal citato secondo comma dell'articolo 82 della Costituzione si estende anche agli aspetti relativi alle limitazioni dei poteri della Commissione stessa. In via generale si può affermare che lo svolgimento dell'inchiesta trova gli stessi limiti che la vigente legislazione pone alle indagini dell'autorità giudiziaria, fermo restando che l'atto istitutivo della Commissione può disporne di ulteriori ovvero prevedere l'inapplicabilità nei confronti della Commissione stessa di disposizioni limitative dell'attività d'indagine dell'autorità giudiziaria; al riguardo si rammenta, in via esemplificativa, che l'articolo 3, comma 2, della legge 30 giugno 1994, n. 430, istitutiva della Commissione antimafia nel corso della XII Legislatura, ha disposto la non opponibilità alla Commissione del segreto di Stato (legge 24 ottobre 1977, n. 801) con riferimento ai fatti di mafia, camorra ed altre associazioni criminali similari.

5. Il segreto funzionale

Particolarmente complesso è il problema dei rapporti tra l'attività delle Commissioni d'inchiesta e le concorrenti indagini della autorità giudiziaria, specie per quanto riguarda i profili di reciproca opponibilità del segreto: su questo tema è fondamentale la sentenza n. 231/75 della Corte costituzionale, che ha risolto il conflitto di attribuzioni tra Commissione parlamentare d'inchiesta sul fenomeno della mafia ed i tribunali di Torino e Milano. La Corte ha stabilito che la Commissione non ha l'obbligo di trasmettere ai Tribunali gli atti e documenti da essa formati o direttamente disposti, gli scritti e gli anonimi ad essa originariamente rivolti, che la Commissione abbia ritenuto di mantenere segreti (c.d. segreto funzionale), nonché gli atti già a disposizione del potere giudiziario.

La Corte ha stabilito invece l'obbligo per la Commissione di trasmettere ai Tribunali predetti gli altri atti e documenti in suo possesso che non siano coperti all'origine da segreto o siano coperti da segreto non opponibile all'autorità giudiziaria. Si sottolinea, peraltro, che alcune recenti leggi istitutive di Commissioni d'inchiesta non hanno confermato l'opponibilità del segreto funzionale all'autorità giudiziaria e ad altre Commissioni d'inchiesta.

Si segnala tuttavia che la più recente esperienza legislativa in materia (cfr. art. 4, comma 2, della citata legge n. 430 del 1994[4]) ha innovato tali principi, disponendo l'inopponibilità nei confronti dell'autorità giudiziaria (nonché alla Commissione d'inchiesta istituita con la predetta normativa, con evidente applicazione del principio del parallelismo sopra illustrato) del segreto funzionale cui siano stati assoggettati atti e documenti da parte delle competenti Commissioni d'inchiesta.

Si ricorda, inoltre, che alcune leggi istitutive di commissioni di inchiesta disciplinano specificamente l’opponibilità del segreto funzionale nei rapporti tra diverse Commissioni di inchiesta. L’art. 4 della legge 27 ottobre 2006, n. 277, relativa all’Istituzione di una Commissione parlamentare di inchiesta sul fenomeno della criminalità organizzata mafiosa o similare, prevede la non opponibilità del segreto funzionale cui siano stati assoggettati gli atti di altre Commissioni di inchiesta. L’art. 4 della legge 20 ottobre 2006, n. 271 (Istituzione di una Commissione parlamentare di inchiesta sul ciclo dei rifiuti e sulle attività illecite ad esso connesse) stabilisce, invece, che il segreto funzionale riguardante atti e documenti acquisiti dalla Commissione in riferimento ai reati di associazione a delinquere e associazione di stampo mafioso non può essere opposto ad altre Commissioni parlamentari di inchiesta.


 

Cenni normativi sulle tematiche dell’inchiesta

I livelli essenziali di assistenza

Ai sensi del D.Lgs. 502/1992 (art. 1, comma 6) i livelli essenziali di assistenza comprendono le tipologie di assistenza, i servizi e le prestazioni relativi alle aree di offerta individuate dal Piano sanitario nazionale. Tali livelli riguardano:

§         l’assistenza sanitaria collettiva in ambiente di vita e di lavoro;

§         l’assistenza distrettuale;

§         l’assistenza ospedaliera.

L’art. 6 del decreto legge 18 settembre 2001, n. 347[5], in applicazione dell’Accordo dell’8 agosto 2001 tra lo Stato e le Regioni e le Province autonome, ha disciplinato la procedura per la definizione dei livelli essenziali di assistenza, prevedendo l’adozione di un decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro della salute di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, d'intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano.

In attuazione di tale norma, il DPCM 29 novembre 2001 distingue tra prestazioni garantite, a carico del Servizio sanitario nazionale (allegato 1), individuate nell’assistenza sanitaria collettiva in ambiente di vita e di lavoro e nell’assistenza distrettuale (medicina di base e di emergenza, assistenza farmaceutica, assistenza integrativa e specialistica ambulatoriale) e prestazioni a carico del cittadino (allegato 2), quali gli interventi di chirurgia estetica, l’erogazione di medicine non convenzionali, delle vaccinazioni non obbligatorie. L’allegato 3 fornisce, infine, indicazioni sull’applicazione dei livelli essenziali in ambito ospedaliero e farmaceutico.

L’art. 54 della legge n. 289 del 2002 (legge finanziaria per il 2003) ha confermato la validità, a partire dal 1° gennaio 2001, dei livelli essenziali di assistenza di cui al DPCM 29 novembre 2001, indicandone la decorrenza dalla data di pubblicazione del decreto medesimo.

La stessa norma precisa le procedure per le future modifiche dei livelli essenziali di assistenza, ribadendo la necessità dell’Intesa in sede di Conferenza permanente Stato- regioni ai fini dell’adozione del citato decreto del Presidente del Consiglio dei ministri.

Successivamente, alcune disposizioni della legge finanziaria per il 2005 e per il 2006 recano ulteriori indicazioni sulla disciplina dei livelli essenziali di assistenza.

In particolare, la legge 30 dicembre 2004, n. 311 (art. 1, comma 169) demanda ad un regolamento governativo l’individuazione degli standard qualitativi (strutturali, tecnologici, di processo e possibilmente di esito) e quantitativi di cui ai livelli essenziali di assistenza. Il regolamento è emanato, “coerentemente con le risorse programmate per il Servizio sanitario nazionale”, con decreto del Ministro della salute[6] di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, sentita la Conferenza Stato-regioni. Lo stesso iter si applica per la definizione degli standard relativi alle tipologie di assistenza e servizi per le aree di offerta individuate dal Piano sanitario nazionale.

La disposizione appare volta a superare la disomogeneità esistente tra le diverse aree del territorio nell’erogazione dei servizi, con conseguenti disparità sia nei costi sostenuti dalle singole regioni nell’assistenza sanitaria sia nel trattamento riservato ai cittadini con differente residenza.

Alcune norme della legge 23 dicembre 2005, n. 266 (legge finanziaria per il 2006) fanno riferimento all’art. 1, comma 169, della legge n. 311 del 2004 (sopra descritto).

 

L’art. 1, comma 280, lett. b) richiama gli standard di cui alla disposizione sopra citata in caso di mancata definizione da parte delle regioni dei tempi di attesa per le singole prestazioni rientranti nei livelli essenziali di assistenza.

L’art. 1, comma 292, lettera a), stabilisce la rimodulazione delle prestazioni comprese nei livelli essenziali di assistenza, intesa ad incrementare, sotto il profilo sia qualitativo sia quantitativo, la relativa offerta in regime ambulatoriale con corrispondente decremento dell'offerta in regime di ricovero ospedaliero. A tal fine la norma richiama le procedure di cui all’art. 54 della legge n. 289 del 2002 e all’art. 1, comma 169, della legge n. 311 del 2004.

Il comma 293dispone altresì l’emanazione di un decreto del Presidente del Consiglio dei ministri (d’intesa con la Conferenza permanente Stato-regioni) che, per le finalità indicate dal comma 292, lett. a), individui le tipologie di assistenza ed i servizi relativi alle aree di offerta del Piano sanitario nazionale[7].

Si segnala, inoltre, che la lettera b) del comma 292prevede, attraverso la revisione della normativa vigente, l’inserimento, nella categoria dell'assistenza integrativa, della fornitura di prodotti monouso per stomizzati e incontinenti e per la prevenzione e cura delle lesioni da decubito.

 

Si ricorda infine che con l’articolo 1, comma 796, lett. q)della legge finanziaria per il 2007[8] è stata prevista la modifica con DPCM dei livelli essenziali di assistenza, al fine di ampliare sia le prestazioni da erogare in sede ambulatoriale anziché ospedaliera, sia le prestazioni erogabili in regime di ricovero ospedaliero diurno. In adempimento al disposto della legge finanziaria è stato, di recente, adottato il DPCM 13 febbraio 2007, n. 57.

Nell’accordo tra Governo e regioni dell’8 agosto 2001 è prevista, nella fase di prima applicazione dei livelli essenziali di assistenza, l’attivazione di un tavolo di monitoraggio e verifica presso la segreteria della Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome. Al tavolo partecipano rappresentanti dei Ministeri dell’economia e della salute, delle regioni e dell’Agenzia per i servizi sanitari regionali.

Il comma 172 dell’articolo 1 della citata legge n. 311 del 2004 ha esteso l'ambito del potere di accesso riconosciuto al Ministro della salute, nei confronti degli uffici delle aziende sanitarie locali ed ospedaliere e dei relativi presìdi e servizi. L'accesso è esercitabile "per le esigenze della programmazione sanitaria nazionale” nonché ai fini della vigilanza sulla gestione delle medesime aziende e sull'attuazione del piano sanitario nazionale. In particolare:

§      il potere può essere esercitato anche nei confronti degli Istituti di ricovero e cura a carattere scientifico, dei policlinici universitari e delle aziende ospedaliere universitarie;

§      il medesimo potere concerne anche la verifica dell'effettiva erogazione, secondo criteri di efficienza ed appropriatezza, dei livelli essenziali di assistenza, ivi compresi i profili attinenti ai cosiddetti tempi di attesa per le prestazioni sanitarie.

L’intesa del 23 marzo 2005, adottata ai sensi dell'articolo 8, comma 6, della legge 5 giugno 2003, n. 131, ha istituito, presso il Ministero della salute, un Comitato permanente per la verifica dell’erogazione dei livelli essenziali di assistenza in condizioni di appropriatezza e di efficienza nell’utilizzo delle risorse.

Sistema nazionale di verifica e controllo sull'assistenza sanitaria (SiVeAS)

La legge finanziaria per il 2006[9] istituisce, presso il Ministero della salute, il Sistema nazionale di verifica e controllo sull'assistenza sanitaria (SiVeAS), al fine di valutare l'efficienza e l'appropriatezza delle prestazioni del Servizio sanitario nazionale.

Le disposizioni in esame appaiono volte ad unificare i diversi strumenti previsti dalla legislazione vigente ai fini del controllo sull’andamento della spesa e della correttezza delle prestazioni erogate dalle strutture del Servizio sanitario nazionale.

In particolare, la nuova struttura si avvale delle funzioni svolte dal Nucleo di supporto per l’analisi delle disfunzioni e la revisione organizzativa (SAR). Tale organismo svolge funzioni ispettive nei confronti delle strutture sanitarie, esercitando i poteri di accesso previsti dalla legislazione vigente, ai fini della vigilanza sulla gestione delle aziende sanitarie e sull'attuazione del Piano sanitario nazionale.

Al Sistema nazionale di verifica e controllo sull'assistenza sanitaria sono ricondotte, in particolare, le seguenti attività ispettive:

§      la verifica sull'effettiva erogazione, secondo criteri di efficienza ed appropriatezza, dei livelli essenziali di assistenza, ivi compresi i profili attinenti ai tempi di attesa[10];

§      il monitoraggio del raggiungimento in ciascuna regione degli obiettivi di tutela della salute perseguiti dal Servizio sanitario nazionale;

§      il monitoraggio delle prescrizioni mediche, farmaceutiche, specialistiche e ospedaliere;

§      il controllo dell’attività dell’Agenzia dei servizi sanitari regionali;

§      il controllo dell’attività del Comitato permanente per la verifica dell'erogazione dei livelli essenziali di assistenza, istituito dall’Intesa del 23 marzo 2006 in sede di Conferenza Stato-regioni.

Le modalità di applicazione del Sistema sono definite con decreto del Ministro della salute, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, d'intesa con la Conferenza permanente Stato-regioni[11].

Si deve, da ultimo, segnalare che l’articolo 1, comma 798, della legge finanziaria per il 2007 ha disposto la riduzione da 10 a 7 milioni di euro dello stanziamento annuo previsto per il biennio 2007-2008 per le spese di funzionamento del citato Sistema nazionale di verifica e controllo sull'assistenza sanitaria.

Finanziamenti per l’edilizia sanitaria e per gli investimenti tecnologici

La disciplina relativa all'edilizia sanitaria è stata in origine dettata dall'art. 20 della legge 11 marzo 1988, n. 67 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato), che autorizza l'esecuzione di un programma pluriennale di interventi di ristrutturazione edilizia, di ammodernamento tecnologico del patrimonio sanitario pubblico e di realizzazione di residenze per anziani e soggetti non autosufficienti, indicando anche gli obiettivi di massimada perseguire (ristrutturazione della rete ospedaliera ed extraospedaliera, costituzione di nuove residenze assistenziali per anziani, adeguamento degli impianti).

Al finanziamento degli interventi si provvede mediante operazioni di mutuo che le regioni e le province autonome sono autorizzate ad effettuare, nel limite del 95 per cento della spesa ammissibile risultante dal progetto, con la BEI, con la Cassa depositi e prestiti e con gli istituti e aziende di credito all'uopo abilitati, secondo modalità e procedure da stabilirsi con decreto ministeriale.

In particolare, gli interventi previsti dalla legge n. 67 del 1988 sono i seguenti:

       a) riequilibrio territoriale delle strutture, al fine di garantire un’idonea capacità di posti letto anche in quelle regioni del Mezzogiorno dove le strutture non sono in grado di soddisfare le domande di ricovero;

       b) sostituzione del 20 per cento dei posti letto a più elevato degrado strutturale;

       c) ristrutturazione del 30 per cento dei posti letto che presentano carenze strutturali e funzionali suscettibili di integrale recupero con adeguate misure di riadattamento;

       d) conservazione in efficienza del restante 50 per cento dei posti letto, la cui funzionalità è ritenuta sufficiente;

       e) completamento della rete dei presìdi poliambulatoriali extraospedalieri ed ospedalieri diurni con contemporaneo intervento su quelli ubicati in sede ospedaliera secondo le specificazioni di cui alle lettere a), b), c);

       f) realizzazione di 140 mila posti in strutture residenziali, per anziani che non possono essere assistiti a domicilio e nelle strutture di cui alla lettera e) e che richiedono trattamenti continui. Tali strutture, di dimensioni adeguate all'ambiente secondo standard emanati a norma dell'articolo 5 della legge 23 dicembre 1978, n. 833, devono essere integrate con i servizi sanitari e sociali di distretto e con istituzioni di ricovero e cura in grado di provvedere al riequilibrio di condizioni deteriorate. Dette strutture, sulla base di standard dimensionali, possono essere ricavate anche presso aree e spazi resi disponibili dalla riduzione di posti-letto ospedalieri;

       g) adeguamento alle norme di sicurezza degli impianti delle strutture sanitarie;

       h) potenziamento delle strutture preposte alla prevenzione, con particolare riferimento ai laboratori di igiene e profilassi e ai presidi multizonali di prevenzione, agli istituti zooprofilattici sperimentali ed alle strutture di sanità pubblica veterinaria;

       i) conservazione all'uso pubblico dei beni dismessi, il cui utilizzo è stabilito da ciascuna regione o provincia autonoma con propria determinazione.

I soggetti beneficiari[12] del programma di investimenti sono i seguenti:

- regioni e province autonome;

- istituti di ricovero e cura a carattere scientifico;

- policlinici universitari;

- istituto superiore di sanità;

- gli ospedali classificati[13];

- istituti zooprofilattici sperimentali.

Il decreto legislativo 19 giugno 1999, n. 229[14], modificando l’articolo 5-bis del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502[15], ha successivamente contemplato la possibilità, per il Ministro della salute, di stipulare, nell’ambito dei programmi regionali per la realizzazione degli interventi previsti dall’art. 20 della legge n. 67 del 1988, accordi di programma con le regioni e con altri soggetti pubblici interessati, previo concerto con il Ministro del tesoro (ora economia e finanze) e d’intesa con la Conferenza Stato-regioni, nei limiti delle disponibilità finanziarie iscritte nel bilancio dello Stato e nei bilanci regionali[16].

Per ulteriori dettagli sul progetto di ristrutturazione edilizia e di ammodernamento tecnologico del patrimonio sanitario pubblico, si rinvia al Dossier n. 170 del Servizio Studi.

Le liste di attesa

L’abbattimento dei tempi di attesa per le prestazioni sanitarie è stato uno degli obiettivi prioritari del Piano sanitario nazionale 1998-2000. La legislazione più recente in materia dimostra una progressiva attenzione alla gestione tempestiva delle liste di attesa. Si segnalano, in particolare:

·         l’Accordo tra il Governo e le regioni sulle modalità di accesso alle prestazioni diagnostiche, terapeutiche e i relativi indirizzi applicativi sulle liste di attesa del 14 febbraio 2002;

·         il DPCM 16 aprile 2002 recante Linee guida sui criteri di priorità per l’accesso alle prestazioni diagnostiche e terapeutiche e sui tempi massimi di attesa;

·         l’Accordo tra il Governo e le Regioni sul documento di indicazioni per l’applicazione dell’Accordo del 14 febbraio 2002.

E’ utile ricordare che nella legge finanziaria per il 2006 la quota destinata al ripiano dei disavanzi pregressi del Servizio sanitario nazionale (anni 2000, 2003 e 2004) è vincolata alla stipula di nuovi accordi sul Piano nazionale sanitario e sul programma di riduzione delle liste di attesa[17].

Nel rispetto di tale indicazione, con provvedimento della Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato e le regioni del 28 marzo 2006, è stato adottato il Piano nazionale per il contenimento delle liste di attesa per il triennio 2006-2008. Il documento, evidenziando in premessa la complessità del problema della gestione delle liste di attesa sia per l’aspetto organizzativo sul sistema sanitario che per le conseguenze sul diritto dei cittadini all'erogazione delle prestazioni di cui ai livelli essenziali di assistenza, propone un impegno comune di Governo e regioni finalizzato a garantire un appropriato accesso dei cittadini ai servizi sanitari, mediante la definizione di rigorosi criteri di appropriatezza e di urgenza delle prestazioni ed attraverso misure volte ad assicurare la trasparenza del sistema a tutti i livelli.

Nel medesimo documento, viene fissato l’elenco delle prestazioni diagnostiche, terapeutiche e riabilitative di assistenza specialistica ambulatoriale e di assistenza ospedaliera di cui al DPCM 29 novembre 2001, per le quali devono essere fissati i tempi massimi di attesa da parte delle singole Regioni.

L’elenco comprende le seguenti prestazioni:

a) prestazioni individuate in specifiche aree critiche di bisogno assistenziale, per le quali è necessario garantire il diritto all'accesso in tempi adeguati (area delle urgenze differibili, area oncologica, area delle patologie cardiache e vascolari), in ambiti che presentano forti differenze di accessibilità nelle diverse realtà regionali;

b) prime visite specialistiche in branche caratterizzate da una forte domanda assistenziale;

c) prestazioni in settori ad alta complessità tecnologica, per le quali si rileva un frequente ricorso inappropriato, a fronte di un costo elevato delle stesse;

d) prestazioni in ambiti che presentano forti differenze di accessibilità nelle diverse realtà regionali.

Alle Regioni spetta il compito di adottare un Piano regionale attuativo in grado di assicurare i seguenti aspetti:

1) governare la domanda di prestazioni, in particolare garantendo un ricorso appropriato alle attività del Servizio sanitario nazionale, anche attraverso criteri di priorità nell'accesso;

2) razionalizzare e ottimizzare l'offerta delle prestazioni da parte delle aziende sanitarie, in considerazione sia delle effettive necessità assistenziali del territorio sia della domanda rilevata, ferma restando la necessità di perseguire l'obiettivo dell'appropriatezza degli accessi alle attività socio-sanitarie;

3) gestire razionalmente il sistema degli accessi, tramite una riorganizzazione del sistema delle prenotazioni (CUP), che consenta di interfacciare adeguatamente l'offerta con la domanda di prestazioni, di differenziare le prestazioni per tipologia e criticità, di individuare i percorsi diagnostico-terapeutici prioritari e di definirne le modalità di gestione;

4) garantire revisioni periodiche dell'attività prescrittiva;

5) velocizzare la refertazione e la messa a disposizione dei risultati degli esami e differenziare il ruolo degli ospedali e del territorio;

6) utilizzare le opportunità di un'adeguata organizzazione della libera professione.

Il Piano suggerisce altresì una precisa tempistica:

§         tempo massimo di attesa per le visite specialistiche: trenta giorni;

§         tempo massimo di attesa per le prestazioni diagnostiche: sessanta giorni.

 Raggruppamenti omogenei di diagnosi (DRG)

Il sistema dei DRG/ROD (Raggruppamenti Omogenei di Diagnosi) è stato introdotto in Italia nel corso degli anni ’90, sulla base dell’esperienza statunitense, dove tale sistema è stato applicato a partire dal 1983.

L’obiettivo di tale sistema è quello di superare il meccanismo di finanziamento “a consuntivo” della spesa sostenuta dalle singole regioni, aldilà delle prestazioni realmente erogate dalle singole strutture ospedaliere e da una effettiva eguaglianza delle prestazioni erogate sull’intero territorio nazionale. Tale obiettivo è perseguito riducendo il fenomeno della continua crescita dei costi per l’assistenza sanitaria, attraverso la descrizione dei pazienti ospedalizzati in termini di diagnosi, procedure eseguite, degenza e costi sostenuti.

Da questa analisi si è giunti all’individuazione dei singoli DRG, che possono essere definiti come categorie di ricoveri omogenei per quantità di risorse assorbite nel processo assistenziale. Tale sistema si basa su alcune informazioni contenute nella scheda di dimissione ospedaliera (SDO) ed individua classi di casistiche, tendenzialmente omogenee per quanto riguarda il consumo di risorse, la durata della degenza e, in parte, il profilo clinico.

I principi di finanziamento delle strutture che erogano assistenza ospedaliera ed ambulatoriale sono fissati al comma 5 dell’articolo 8-sexies del 30 dicembre 1992, n. 502, che attribuisce al Ministero della salute la determinazione con proprio decreto dei nuovi sistemi di classificazione.

In particolare, tale norma stabilisce che il Ministero della salute, sentita l’Agenzia per i servizi sanitari regionali, d’intesa con la Conferenza permanente Stato-regioni, con apposito decreto individua i sistemi di classificazione che definiscono l’unità di prestazione o di servizio da remunerare e determina le tariffe massime da corrispondere alle strutture accreditate, in base ai costi standard di produzione e a quote standard di costi generali, calcolati su un campione rappresentativo di strutture accreditate, preventivamente selezionate secondo criteri di efficienza, appropriatezza e qualità dell’assistenza.

Lo stesso decreto stabilisce i criteri generali (verificati in sede di accreditamento delle strutture) in base ai quali le regioni, adottano il proprio sistema tariffario, articolando le tariffe per classi di strutture, secondo le loro caratteristiche organizzative e di attività.

Un’indicazione normativa a livello nazionale sulle tariffe relative alle prestazioni di assistenza ospedaliera  risale al decreto ministeriale 30 giugno 1997. Le tariffe nazionali, di cui al decreto citato, rappresentano di fatto i valori di riferimento per le regioni che non hanno adottato una propria normativa per la remunerazione delle strutture di ricovero.

Tre sono, infatti, le modalità di applicazione di tale norma.

·         Usare le tariffe nazionali: in questo caso per ogni DRG si utilizzerà il valore pubblicato nel decreto ministeriale.

·         Fissare le tariffe regionali secondo specifiche modalità.

·         Calcolare i propri costi di produzione per ogni DRG su un campione di ospedali rappresentativo della realtà locale.

Le regioni hanno applicato, in concreto, tariffari anche molto diversi rispetto ai valori nazionali, graduando le prestazioni per classi di erogatori (ad esempio differenziando le strutture private da quelle pubbliche, oppure tenendo conto della presenza del Dipartimento di emergenza ed accettazione - DEA). Alcune regioni hanno previsto un abbattimento della tariffa in caso di ricovero ripetuto entro un certo arco temporale.

Al riguardo, assumono importanza le disposizioni della già citata legge finanziaria per il 2005 (art. 1, commi 170 e 171) e successive modificazioni, che prevedono una ricognizione ed aggiornamento, con cadenza biennale, delle tariffe massime per la remunerazione delle prestazioni e delle funzioni assistenziali[18], sempre in coerenza con le risorse programmate per il Servizio sanitario nazionale; tali tariffe sono assunte come riferimento per la valutazione della congruità delle risorse necessarie per il soddisfacimento dei livelli essenziali di assistenza.

Le norme stabiliscono, in particolare, che il Ministero della salute, di concerto con il Ministero dell’economia e finanze, sentita la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato e le regioni, provveda con proprio decreto[19] alla determinazione delle tariffe massime per la remunerazione delle prestazioni e delle funzioni assistenziali, assunte come riferimento per la valutazione della congruità delle risorse a disposizione del Servizio sanitario nazionale. Gli importi tariffari, fissati dalle singole regioni, superiori alle tariffe massime restano a carico dei bilanci regionali.

Con i medesimi criteri si procede all’aggiornamento biennale delle tariffe massime.

Ferma restando la facoltà delle regioni di procedere, per il governo dei volumi di attività e dei tetti di spesa, alla modulazione entro i valori massimi nazionali, degli importi tariffari praticati per la remunerazione dei soggetti erogatori pubblici e privati, è vietata, nella remunerazione del singolo erogatore, l'applicazione alle singole prestazioni di importi tariffari diversi a seconda della residenza del paziente[20].

In materia di tariffe delle prestazioni ospedaliere per lungodegenti, va segnalato l’Accordo del 23 marzo 2005 raggiunto in sede di Conferenza Stato-regioni, in attuazione di quanto previsto dall’art. 1, comma 173, della sopra citata legge finanziaria per il 2005. L’art. 4, comma 1, lett. d) di tale Accordo, prevede l’impegno delle regioni a stabilire, nella definizione delle tariffe delle prestazioni di assistenza ospedaliera, un valore soglia di durata della degenza per i ricoveri ordinari nei reparti di lungodegenza, oltre il quale si applica una significativa riduzione della tariffa giornaliera, fatta salva la garanzia della continuità dell’assistenza.

In fase di prima applicazione fino all’adozione del relativo provvedimento regionale, il valore soglia è fissato in un massimo di 60 giorni di degenza, con una riduzione tariffaria pari ad almeno il 30 per cento della tariffa giornaliera.

Il rapporto di lavoro dei medici

La XII Commissione della Camera ha realizzato un’approfondita indagine conoscitiva sull’attività libero professionale all’interno delle strutture pubbliche (c.d. intramoenia), che ha consentito di riscontrare forti differenze territoriali nell’attuazione di tale istituto. Il documento conclusivo, approvato a maggioranza[21], contiene alcune indicazioni che hanno dato luogo a significativi interventi legislativi.

In primo luogo, veniva evidenziato il mancato adeguamento delle strutture edilizie, indispensabile per garantire su tutto il territorio nazionale lo svolgimento del servizio di intramoenia in regime ambulatoriale all’interno delle strutture pubbliche. Il ritardo nella realizzazione degli investimenti previsti ha reso opportuno lo slittamento al 31 luglio 2006 della cosiddetta attività libero professionale “allargata”, svolta cioè presso studi professionali privati autorizzati[22], per effetto delle disposizioni introdotte dall’articolo 22-bis del decreto-legge 4 luglio 2006, n. 223[23].

Rilevanti modifiche sono state apportate al regime contrattuale dei medici, con particolare riferimento alla differenziazione tra i dirigenti con rapporto di lavoro esclusivo e quelli che optano per il rapporto non esclusivo di cui al d.Lgs. 19 giugno 1999, n. 229.

Con il decreto-legge 29 marzo 2004, n. 81 si afferma, infatti, il principio della reversibilità della scelta in ordine alla esclusività[24]. In particolare, i dirigenti hanno la facoltà di optare, entro il 30 novembre di ciascun anno, per il rapporto non esclusivo, con effetto dal 1° gennaio dell’anno successivo (salvo termini più brevi stabiliti dalle regioni); il rapporto esclusivo può essere ripristinato con le stesse modalità.

Coloro che mantengono l’esclusività del rapporto conservanoil trattamento economico aggiuntivo stabilito dai contratti collettivi di lavoro, che viene ora configurato come indennità di esclusività, in luogo della precedente indennità di irreversibilità.

La legge dispone, infine, che la scelta della non esclusività non preclude più la direzione di strutture semplici e complesse. Gli effetti di quest’ultima disposizione sono stati ridimensionati dalla sentenza n. 181 del 2006 della Corte costituzionale,che ha affermato la legittimità di alcuni provvedimenti legislativi regionali in base ai quali, invece, il rapporto esclusivo rappresenta un requisito necessario per il conferimento di tali incarichi[25] oppure costituisce un titolo preferenziale per l’accesso ai medesimi incarichi[26]. La Corte rileva che il decreto legge n. 81 non stabilisce sul punto un nuovo principio generale e, pertanto, resta ferma la potestà delle regioni di disciplinare tale aspetto specifico, nell’ambito delle prerogative ad esse attribuite sulla “determinazione dei principi sull’organizzazione dei servizi e sull’attività destinata alla tutela della salute” (ex art. 2, comma 2, del d.lgs. n. 502 del 1992).

E’ infine utile ricordare le disposizioni introdotte con il già citato decreto-legge n. 223/2006[27] con le quali si precisa che l’esercizio dell’attività libero professionale intramuraria in studi professionali deve uniformarsi ai principi organizzativi stabiliti da ogni singola azienda secondo le modalità stabilite dalle regioni e sulla base dell’atto di indirizzo e coordinamento adottato con il decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri del 27 marzo 2000.

 

Si ricorda che il DPCM del 27 marzo 2000 fissa i criteri direttivi per le specifiche iniziative che i direttori generali devono adottare per il reperimento delle strutture non accreditate e per garantire la progressiva riduzione delle liste di attesa.

Con tale decreto è stato inoltre precisatoche per attività libero-professionale del personale medico e delle altre professioni della dirigenza del ruolo sanitario si intende l’attività che detto personale, individualmente o in équipe, esercita fuori dall’orario di lavoro, in regime ambulatoriale e di ricovero a favore e su libera scelta dell’assistito e con oneri a carico dello stesso o di assicurazioni o fondi sanitari integrativi. I direttori delle aziende sanitarie devono adottare un apposito atto aziendale per la definizione delle modalità organizzative dell’attività libero-professionale intramuraria.

 

Il medesimo decreto-legge n. 223 del 2006 introduce, inoltre, alcune disposizioni atte a garantire il corretto equilibrio tra attività istituzionale e attività libero professionale intramuraria, anche al fine di ridurre le liste di attesa.

A tal fine, sono affidati alle regioni i controlli sulle modalità di svolgimento dell’attività libero professionale e l’adozione di misure, nei confronti delle aziende risultate inadempienti, dirette ad attivare interventi sostitutivi anche attraverso la nomina di un commissario ad acta.

Viene infine precisato che l’attività libero professionale non può superare, sul piano quantitativo nell’arco dell’anno, l’attività istituzionale dell’anno precedente.

 

Nella seduta del 18 aprile 2007, la Commissione igiene e sanità del Senato ha approvato il documento conclusivo dell’indagine conoscitiva sull'esercizio della libera professione medica intramuraria, con particolare riferimento alle implicazioni sulle liste di attesa e alle disparità nell'accesso ai servizi sanitari pubblici.

 

L’indagine, che si è realizzata attraverso lo svolgimento di audizioni e l'invio di questionari a tutte le regioni e a 43 strutture sanitarie, selezionate a campione, si è resa necessaria principalmente in considerazione dell'inadeguatezza di molte strutture rispetto all'attuazione pratica delle norme sull’attività libero professionale intramuraria.

Il documento conclusivo dell’indagine sottolinea la necessità di assicurare la piena attuazione della normativa vigente, evidenziando persistenti inadempienze da parte delle regioni e delle aziende sanitarie.

Al fine di garantire la trasparenza e l’equità nell’accesso su tutto il territorio nazionale, nonché il controllo sulle tariffe, sulle attività e sul rispetto della normativa fiscale, il documento conclusivo precisa, altresì, che è indispensabile assicurare:

·         che l’esercizio della libera professione intramuraria sia esercitato mediante prenotazione e pagamento in un unico Ufficio dedicato e facilmente accessibile dell’azienda sanitaria;

·         che gli spazi dedicati all'attività istituzionale ed intramuraria siano misti, anche se gli ambienti di ricovero possono essere dedicati;

·         che in situazioni straordinarie di necessità e di urgenza (ad esempio carenze temporanee di organico) tali da impedire l'accesso alle prestazioni istituzionali nei tempi massimi stabiliti dalle regioni, si possa ricorrere all'attività intramuraria con oneri a carico della ASL;

·         che siano chiaramente comunicate all’utenza le condizioni di esercizio dell'attività istituzionale e intramuraria, nonché i criteri di appropriatezza che regolano l'erogazione delle prestazioni e le priorità di accesso alle liste di attesa nel sistema pubblico;

·         che siano individuate modalità organizzative dell’attività istituzionale idonee a favorire l’esercizio della facoltà di scelta del medico nonché siano istituiti i comitati di partecipazione e di controllo composti da utenti e da operatori.

Il documento ribadisce, infine, l'importanza dell'istituzione di un Osservatorio nazionale sullo stato di attuazione dei programma di adeguamento degli ospedali e sul funzionamento dei meccanismi di controllo a livello regionale e aziendale, così come previsto dal decreto legislativo n. 502 del 1992.

 

Si ricorda, da ultimo, che la XII Commissione igiene e sanità del Senato ha avviato l’esame del disegno di legge governativo A.S. 1598 (Disposizioni in materia di sicurezza delle strutture sanitarie e gestione del rischio clinico, nonché di attività libero-professionale intramuraria e di esclusività del rapporto di lavoro dei dirigenti del ruolo sanitario del Servizio sanitario nazionale), che interviene sulla disciplina di diversi profili del settore sanitario, inclusa la disciplina dell'attività libero-professionale intramuraria.

Iniziative parlamentari sulla salute mentale

La Commissione affari sociali della Camera ha avviato, all’inizio della XIV legislatura, l’esame delle proposte di legge di riforma dell’assistenza psichiatrica, svolgendo in tale ambito anche alcune audizione di esperti in materia. L’iter non si è tuttavia concluso.

Successivamente la XII Commissione del Senato ha promosso una indagine conoscitiva sullo stato dell’assistenza psichiatrica in Italia e sull’attuazione dei progetti obiettivo per la tutela della salute mentale[28], con audizioni di istituzioni centrali e regionali, associazioni, società scientifiche ed esperti.

Il documento conclusivo, approvato nella seduta del 14 febbraio 2006 (Doc. XVII n. 30), individua le seguenti criticità del sistema di assistenza psichiatrica e gli eventuali interventi correttivi:

§      la polarizzazione dell’assistenza psichiatrica sulle patologie più gravi, con conseguente riduzione dell’attenzione su patologie come ansia e depressione che, se ben curate, possono prevenire l’insorgenza delle malattie gravi;

§      il carattere tendenzialmente episodico e discontinuo di programmi e trattamenti assistenziali che riescono a coprire solo una frazione della domanda dei pazienti;

§      l’assenza di protocolli unitari per l’attuazione de trattamento sanitario obbligatorio (TSO);

§      i problemi connessi alla chiusura degli ospedali psichiatrici;

§      la gestione dei pazienti psichiatrici residenti negli ospedali psichiatrici giudiziari;

§      la carenza di percorsi formativi specifici per gli operatori in ambito psichiatrico.

Nelle sue conclusioni la Commissione ha quindi rilevato che una riforma dell’assistenza psichiatrica dovrebbe poter superare l’accezione di “psichiatria” per arrivare ad una nuova nozione di “salute mentale”, con conseguente estensione dell’assistenza alle diverse fasce di popolazione a rischio: infanzia, adolescenza, anziani, tossicodipendenti e alcolisti.

Per il raggiungimento di tali obiettivi è stata rilevata la necessità di una integrazione in rete di tutti i servizi che attualmente operano in maniera disaggregata. E’ stata evidenziata, inoltre, l’esigenza di garantire il coinvolgimento dell’università come ente formativo, in sinergia con le amministrazioni regionali ed i dipartimenti territoriali, e di responsabilizzare le regioni nella riorganizzazione dell’assistenza psichiatrica, attraverso il proseguimento e l’implementazione dei progetti obiettivo già in atto.

Nella XV legislatura la Commissione affari sociali della Camera ha iniziato l’esame, nella seduta del 16 maggio 2007, di alcune proposte di legge (A.C. 439 e abb.), dirette ad affermare il diritto di accesso alle prestazioni di assistenza psicoterapeutica erogate dal Servizio sanitario nazionale per tutti i cittadini che possono trarne beneficio.

Il Progetto CRONOS

Nell’ambito delle attività della Direzione generale della valutazione dei medicinali e della farmacovigilanza, il Ministero della salute ha promosso un programma, denominato Progetto Cronos, che prevede una serie di iniziative tra cui la rimborsabilità di due farmaci utili al trattamento del “morbo di Alzheimer” ed uno studio osservazionale per il monitoraggio dell’uso dei farmaci anticolinesterasici, utilizzando una rete di centri, denominati UVA (Unità di Valutazione Alzheimer), in collaborazione con i medici di medicina generale e i farmacisti.

Le finalità del Progetto sono quelle di sensibilizzare gli operatori sanitari e le famiglie dei pazienti, al fine di accrescere la consapevolezza sociale della malattia e quindi migliorare gli interventi terapeutici ed esistenziali.

La tutela della salute materno-infantile

Nel 2000, in attuazione del piano sanitario nazionale 1998-2000, è stato adottato uno specifico progetto obiettivo materno-infantile[29], al fine di sviluppare un piano di azioni, diretto alla tutela della salute della donna e del bambino nelle diverse fasi della loro vita, attraverso il coinvolgimento dei vari livelli istituzionali presenti sul territorio. In particolare, per la salvaguardia della salute materno-infantile,sono state evidenziati nel suddetto progetto alcuni principali requisiti e standard di fabbisogno assistenziale, per le unità operative di ostetricia e di neonatologia ospedaliere, per il trasporto materno e neonatale, per le unità operative ospedaliere pediatriche, per le unità operative ospedaliere pediatriche di altissima specializzazione (malattie croniche e disabilitanti), per l'urgenza e l'emergenza pediatrica di III livello, per le unità operative territoriali, ospedaliere, semiresidenziali e residenziali di neuropsichiatria dell'infanzia e dell'adolescenza, per i consultori familiari.

Nei due recenti piani sanitari nazionali 2003-2005 e 2006-2008 il tema della salute del neonato, del bambino e dell’adolescente è stato esaminato, sottolineando le criticità riscontrate e gli obiettivi da perseguire, al fine di migliorare gli interventi di settore.

Nel Piano sanitario nazionale 2006-2008[30], la salute del neonato, del bambino e dell’adolescente ha rappresentato un rilevante settore di intervento. L’analisi effettuata ha evidenziato, in particolare, le questioni concernenti la riduzione delle nascite, l’innalzamento dell’età media per il parto, i profili di criticità relativi alle cure perinatali (sottolineando la carenza delle strutture consultoriali e la mancata attivazione o incompletezza del sistema di trasporto del neonato). Tuttavia, ai fini di una migliore performance degli strumenti impiegati sul territorio, il citato Piano sanitario nazionale ha individuato i seguenti obiettivi:

-          il miglioramento dell'assistenza ostetrica e pediatrico/neonatologica nel periodo perinatale, anche nel quadro di una umanizzazione dell'evento nascita che deve prevedere il parto indolore, l'allattamento materno precoce ed il rooming-in[31];

-          la riduzione del ricorso al taglio cesareo;

-          la promozione di campagne di informazione rivolte alle gestanti e alle puerpere, riguardanti, l'allattamento al seno, il trasporto in auto del bambino, la prevenzione delle morti in culla del lattante, la diffusione delle vaccinazioni e della lettura ad alta voce e la prevenzione del disagio psicologico post partum.

Le attività sanitarie e sociosanitarie a favore delle donne, delle coppie e delle famiglie, a tutela della maternità, della procreazione responsabile, dell’interruzione di gravidanza e della fecondazione assistita[32] sono incluse tra le prestazioni di assistenza sanitaria a carattere distrettuale previste dai livelli essenziali di assistenza del Servizio sanitario nazionale. Tali interventi si distinguono in prestazioni sanitarie - già individuate nel citato decreto ministeriale 24 aprile 2000 (Progetto obiettivo materno-infantile)- ed in prestazioni socio-sanitarie (consultoriali, sociali e psicologiche) previste nel decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 14 febbraio 2001 (Atto di indirizzo e coordinamento in materia di prestazioni socio-sanitarie)[33].

Si segnala, altresì, che nel recente Patto per la salute del 5 ottobre 2006[34], adottato in sede di Conferenza Stato-regioni, si è precisato che, al fine dell’aggiornamento delle prestazioni incluse nei livelli essenziali di assistenza, devono essere garantite, tra le altre, le prestazioni finalizzate al parto indolore.

Da ultimo, nel Piano di azioni per la promozione e la tutela della salute delle donne e dei bambini del Ministero della salute, presentato a Napoli il 7 marzo 2007 in occasione del convegno Alla salute delle donne, sono riportate, tra l’altro, alcune rilevazioni (effettuate mediante l’utilizzo del certificato di assistenza al parto (CedAp)[35]) sui punti nascita, la dotazione delle incubatrici, le visite di controllo, le ecografie, la medicalizzazione, l’amniocentesi, i parti, il numero dei nati morti, le malformazioni, il taglio cesareo e i luoghi del parto.

Il suddetto Piano evidenzia, inoltre, l’importanza delle iniziative di cui ai commi 805-808 della legge 27 dicembre 2006, n. 296 (legge finanziaria 2007) relative all’istituzione di un Fondo di 65,5 milioni di euro per il cofinanziamento di progetti attuativi del piano sanitario nazionale. Tra le finalità dei citati progetti sono comprese anche le iniziative per la salute della donna e a favore delle gestanti, della partoriente e del neonato.

Il Piano sottolinea, altresì, i seguenti interventi: lo screening neonatale obbligatorio per le sordità congenite, le linee di indirizzo nazionale sull’allattamento materno, i due progetti del Ministero della salute, in collaborazione con il Centro nazionale per la prevenzione e il Controllo delle Malattie (CCM) e l’Istituto Superiore di Sanità (ISS), sulle strategie utili a favorire una assunzione ottimale di acido folico, e sulla promozione e la valutazione di qualità di modelli operativi del percorso nascita. Infine, per quanto riguarda le iniziative in corso, si ricordano: la prossima istituzione di un gruppo di lavoro per la stesura delle linee guida per il taglio cesareo, il riconoscimento per la professione ostetrica di competenze riguardanti la gravidanza fisiologica[36] e l’avvio di un sistema di sorveglianza della mortalità materna.

Si ricorda che all’esame della XII Commissione della Camera dei deputati è sottoposto un testo unificato[37], riguardante le norme per la tutela dei diritti della partoriente, la promozione del parto fisiologico e la salvaguardia della salute del neonato (vedi il dossier del Servizio studi n. 69 della XV legislatura).


 

Il contenuto della proposta di legge

 

Il progetto di legge A.C. 2814 (Di Girolamo e altri) si compone di sette articoli ed è finalizzato all’istituzione, per la durata della XV legislatura, di una Commissione parlamentare di inchiesta sull'efficacia e l'efficienza del Servizio sanitario nazionale e sulla sicurezza delle cure prestate, ai sensi dell'articolo 82 della Costituzione (articolo 1).

Secondo la relazione illustrativa, la necessità di costituire la citata Commissione parlamentare di inchiesta nasce “dall'esigenza di acquisire tutti gli elementi conoscitivi sullo stato di «salute» della nostra sanità sia pubblica che privata”. La proposta recepisce, da un lato, le istanze che stanno alla base della proposta di istituzione di una Commissione monocamerale di inchiesta sugli errori in campo sanitario (Palumbo e altri, Doc. XXII, n. 8) e, dall'altro, le esigenze che hanno determinato la costituzione presso il Senato di una Commissione monocamerale di inchiesta sull'efficacia e l'efficienza del Servizio sanitario nazionale (deliberazione del 19 luglio 2006). Come sottolineato nella stessa relazione, la proposta di istituzione di una Commissione bicamerale muove pertanto “dall'esigenza di mettere il Parlamento nella sua globalità nelle migliori condizioni per poter valutare tutti gli aspetti, le funzioni, le criticità e i punti di eccellenza del settore sanitario al fine di poter poi adottare i provvedimenti legislativi più idonei”.

 

L’articolo 82 della Costituzione stabilisce, al primo comma, che ciascuna Camera può disporre inchieste su materie di pubblico interesse.

Il secondo comma precisa, altresì, che le commissioni di inchiesta sono costituite da membri nominati tra i componenti della Camera stessa in modo da rispecchiare la proporzione tra i gruppi parlamentari. La Commissione di inchiesta, così costituita, svolge le indagini e gli esami con gli stessi poteri e le stesse limitazioni dell’autorità giudiziaria.

 

L’articolo 2, che si compone di cinque commi, concerne la composizione e la durata della Commissione.

Ai sensi del comma 1, la Commissione è composta da 20 senatori e 20 deputati, nominati rispettivamente dal Presidente del Senato della Repubblica e dal Presidente della Camera dei deputati, in proporzione al numero dei componenti i gruppi parlamentari, in modo da garantire la presenza di un rappresentante per ciascun gruppo esistente in almeno un ramo del Parlamento. Nella designazione dei componenti, si tiene conto della specificità delle attività assegnate alla Commissione.

I Presidenti delle Camere, entro dieci giorni dalla nomina dei componenti, convocano la Commissione per la costituzione dell'ufficio di presidenza (comma 2).

Nella prima seduta, la Commissione elegge quindi il proprio ufficio di presidenza, costituito dal presidente, da due vicepresidenti e da due segretari (comma 3).

Per quanto concerne l'elezione del presidente, il comma 4 prescrive la maggioranza assoluta dei componenti la Commissione; ove nessuno riporti tale maggioranza, si procede al ballottaggio tra i due candidati che hanno ottenuto il maggiore numero di voti. A seguito del ballottaggio, è proclamato eletto il candidato che ottiene il maggiore numero di voti ovvero, in caso di parità, il più anziano di età.

Il comma 5 stabilisce che la Commissione, al termine dei lavori, presenta una o più relazioni sulle risultanze emerse nel corso della sua attività.

Si osserva che la rubrica dell’articolo in esame fa riferimento oltre che alla composizione anche alla durata della Commissione: tuttavia, il testo del medesimo articolo non contiene alcuna norma sulla durata della Commissione, essendo la stessa durata fissata per l’intero arco della legislatura dall’articolo 1.

 

L’articolo 3 definisce in cinque commi i compiti della Commissione.

La relazione illustrativa sottolinea che la Commissione di inchiesta non è chiamata a svolgere una mera indagine sugli errori in sanità, in quanto “l'analisi dell'errore senza un'adeguata conoscenza della complessità tecnico-organizzativa delle attività, delle interazioni professionali che si stabiliscono, dei processi decisionali che intervengono, rischia di ricondurre le responsabilità in gran parte al cosiddetto «errore umano»”. Tra l’altro, secondo i presentatori, un'analisi che non tenga conto del più generale contesto relativo al funzionamento del sistema sanitario italiano “rischia di offuscare gravemente le figure dei medici e dei professionisti sanitari nella considerazione dei cittadini”.

Il comma 1 dell’articolo in commento demanda alla Commissione la verifica dello stato di attuazione delle politiche sanitarie e socio-sanitarie sul territorio nazionale, con particolare riferimento alla qualità dei servizi ai cittadini, allo standard delle condizioni di accesso, ai livelli essenziali di assistenza (LEA), alla gestione del rischio clinico e alla sicurezza delle cure.

Più nel dettaglio, la Commissione è incaricata di verificare:

§         l'appropriatezza delle prestazioni, l'esistenza di eventuali sprechi e gli effetti delle modalità di pagamento delle prestazioni ospedaliere;

§         lo stato delle reti di assistenza sanitaria territoriale e domiciliare, anche sotto il profilo della garanzia della continuità assistenziale e della riduzione dei ricoveri impropri;

§         la qualificazione dell'assistenza ospedaliera in direzione dell'alta specialità;

§         la spesa privata sostenuta dai cittadini nelle strutture sanitarie e socio-sanitarie pubbliche e private accreditate;

§         l'applicazione dei Raggruppamenti omogenei di diagnosi (DRG);

§         la qualità delle prestazioni socio-sanitarie nella fase acuta delle patologie (comma 2).

La Commissione esercita altresì i propri poteri di indagine nei seguenti ambiti di intervento:

§         attuazione, per l'intero territorio nazionale, del numero per l'emergenza-urgenza 118 e dell'organizzazione ospedaliera di pronto soccorso e di rianimazione;

§         organizzazione dei prelievi e dei trapianti di organi;

§         criteri adottati per la classificazione dei farmaci, con particolare attenzione alle statine utilizzate nella prevenzione e nella cura delle malattie cardiovascolari;

§         qualità ed efficacia dei trattamenti e valutazione degli esiti, anche in relazione alle differenze registrabili tra diverse regioni, aziende sanitarie locali, ospedali e servizi e in relazione al livello socio-economico dei cittadini (comma 3).

Il comma 4 prevede, inoltre, che la Commissione di inchiesta acquisisce, elementi conoscitivi relativamente:

Øallo stato di attuazione dei dipartimenti di prevenzione e il loro coordinamento con l'attività delle Agenzie regionali per la protezione dell'ambiente (ARPA);

Øallo stato di attuazione, all'organizzazione e al funzionamento dei distretti socio-sanitari delle aziende sanitarie locali;

Øall'attività dei reparti di medicina neonatale e alle esperienze in campo materno-infantile dei distretti socio-sanitari;

Øall'organizzazione e alla verifica del «Progetto Alzheimer» e del protocollo per il trattamento farmacologico «Cronos» nonché allo stato di attuazione del progetto obiettivo «Tutela salute mentale» e della normativa vigente in materia;

Øall’attivazione delle Agenzie sanitarie regionali;

Øalla diffusione delle metodiche di verifica e revisione della qualità (VQR), inclusi gli effetti sulla programmazione e sulla gestione dei servizi sanitari;

Øal programma straordinario di ristrutturazione edilizia e di ammodernamento tecnologico di cui alla legge 11 marzo 1988, n. 67[38];

Øalla realizzazione del Sistema nazionale di verifica e controllo sull'assistenza sanitaria (SiVeAS) di cui alla legge 23 dicembre 2005, n. 266[39];

Øal monitoraggio della spesa farmaceutica;

Øallo stato di attuazione della revisione dei livelli essenziali di assistenza da parte della Commissione nazionale di cui al decreto del Ministro della salute 25 febbraio 2004[40];

Øall'organizzazione delle strutture per le cure odontoiatriche sul territorio nazionale;

Øal contrasto del dolore nelle sue diverse tipologie, sia croniche sia oncologiche, negli ospedali;

Øalle dinamiche delle liste di attesa per l'accesso alle prestazioni diagnostiche e terapeutiche di cui al Piano nazionale di contenimento dei tempi di attesa per il triennio 2006-2008[41], con particolare riferimento all'organizzazione delle attività libero professionali extramoenia o intramoenia, nell’ambito del nuovo modello di organizzazione ospedaliera e delle aziende.

Il comma 5 definisce le competenze della Commissione con riferimento al rischio clinico e agli errori in campo sanitario (per l’approfondimento degli aspetti connessi al rischio clinico cfr. il dossier del Servizio Studi n. 161 del maggio 2007). In particolare, spettano alla Commissione le seguenti attività:

-           verificare l'appropriatezza del risk management;

-           monitorare la casistica sulle infezioni registrate negli ospedali;

-           indagare sulla quantità e sulla gravità degli errori sanitari compiuti nelle strutture sanitarie pubbliche e private;

-           valutare l'incidenza degli errori in termini di perdite di vite umane e altri danni alla salute dei pazienti,

-           individuare le tipologie di errore più frequenti, distinguendo la loro imputabilità all'inefficienza e alla scarsa igiene delle strutture sanitarie oppure alla responsabilità del personale medico o paramedico;

-           indagare sulle cause degli errori, individuando, in particolare, le carenze di formazione del personale sanitario;

-           individuare gli eventuali interventi correttivi da apportare ai percorsi formativi del personale medico e paramedico;

-           valutare l’eventuale esigenza di rafforzare le funzioni e le responsabilità dei direttori sanitari e individuare altre misure utili per migliorare l'efficienza e l'affidabilità delle strutture sanitarie e amministrative pubbliche e private;

-           individuare soluzioni per il miglioramento dei controlli di qualità sulle strutture sanitarie pubbliche e private e ogni altro intervento correttivo utile a migliorare la qualità del sistema sanitario nazionale.

 

L’articolo 4, costituito da sette commi,detta disposizioni in ordine ai poteri e limiti della Commissione.

Ai sensi del comma 1, la Commissione, in conformità a quanto previsto all’articolo 82 della Costituzione, procede alle indagini e agli esami con gli stessi poteri e le stesse limitazioni dell'autorità giudiziaria. Essa, tuttavia, non può adottare provvedimenti attinenti alla libertà e alla segretezza della corrispondenza e di ogni altra forma di comunicazione nonché alla libertà personale, fatto salvo l'accompagnamento coattivo di cui all'articolo 133 del codice di procedura penale.

 

L’articolo 133 del codice di procedura penale reca norme concernenti l’accompagnamento coattivo di persone (diverse dall’imputato).

In particolare, se il testimone, il perito, il consulente tecnico, l'interprete o il custode di cose sequestrate, regolarmente citati o convocati, omettono senza un legittimo impedimento di comparire nel luogo, giorno e ora stabiliti, il giudice può ordinarne l'accompagnamento coattivo e può altresì condannarli, con ordinanza, a pagamento di una somma da euro 51 a euro 516 a favore della cassa delle ammende nonché alle spese alle quali la mancata comparizione ha dato causa (comma 1).

Il comma 2 prevede che, in tali casi, si applicano le disposizioni dettate dall'articolo 132 dello stesso codice di procedura penale, in base al quale l'accompagnamento coattivo è disposto, nei casi previsti dalla legge, con decreto motivato. Con tale decreto il giudice ordina di condurre l'imputato alla sua presenza, se occorre anche con la forza (comma 1). Il comma 2 del medesimo articolo 132 garantisce che la persona sottoposta ad accompagnamento coattivo non sia tenuta a disposizione oltre il compimento dell'atto previsto e di quelli conseguenziali per i quali perduri la necessità della sua presenza. In ogni caso la persona non può essere trattenuta oltre le ventiquattro ore.

 

Ai sensi del comma 2, alla Commissione è riconosciuto il potere di acquisire copia di atti e documenti relativi a procedimenti e inchieste in corso presso l'autorità giudiziaria o altri organismi inquirenti; analoga facoltà è data alla Commissione con riferimento ad atti e documenti relativi ad indagini e inchieste parlamentari.

Il comma 3 disciplina l’ipotesi in cui gli atti trasmessi dall’autorità giudiziaria siano coperti dal segreto. In tali casi, ove l’Autorità giudiziaria richieda il mantenimento del segreto, la Commissione dispone la segretazione degli atti. Se l'autorità giudiziaria, per ragioni di natura istruttoria, ritiene di non poter derogare al segreto di cui all'articolo 329 del codice di procedura penale, emette decreto motivato di rigetto. Quando tali ragioni vengono meno, l'autorità giudiziaria provvede senza ritardo a trasmettere quanto richiesto.

 

L’articolo 329 del codice di procedura penale sancisce l’obbligo del segreto.

In particolare, ai sensi del comma 1, gli atti d'indagine compiuti dal pubblico ministero e dalla polizia giudiziaria sono coperti dal segreto fino a quando l'imputato non ne possa avere conoscenza e, comunque, non oltre la chiusura delle indagini preliminari.

Ove necessario per la prosecuzione delle indagini, il pubblico ministero può, in deroga a quanto previsto dall'articolo 114 (Divieto di pubblicazione di atti e di immagini)[42], consentire, con decreto motivato, la pubblicazione di singoli atti o di parti di essi. In tal caso, gli atti pubblicati sono depositati presso la segreteria del pubblico ministero (comma 2).

Il comma 3 individua ipotesi in cui l’obbligo del segreto può essere disposto dal pubblico ministero anche quando gli atti, ai sensi del comma 1, non sono più coperti dal segreto. In particolare, in caso di necessità per la prosecuzione delle indagini, il pubblico ministero può disporre con decreto motivato:

§         l'obbligo del segreto per singoli atti, previo consenso dell'imputato o quando la conoscenza dell'atto può ostacolare le indagini riguardanti altre persone;

§         il divieto di pubblicare il contenuto di singoli atti o notizie specifiche relative a determinate operazioni.

 

Il comma 4 fa salva la facoltà di opporre il segreto tra difensore e parte processuale nell'ambito del mandato (cosiddetto segreto professionale).

Il comma 5 specifica che alle testimonianze rese davanti alla Commissione d’inchiesta si applicano le disposizioni degli articoli da 366 a 384-bis del codice penale.

 

Si tratta di un’ampia serie di delitti, inseriti nel Titolo III del libro II, relativo ai Delitti contro l’amministrazione della giustizia e, in particolare, nel capo I dedicato ai delitti contro l’attività giudiziaria.

In particolare, vengono richiamate le fattispecie di:

-      rifiuto di uffici legalmente dovuti (art. 366 c.p.);

-      simulazione di reato (art. 367 c.p.);

-      calunnia (art. 368 c.p.);

-      autocalunnia (art. 369 c.p.);

-      simulazione o calunnia per un fatto costituente contravvenzione (art. 370 c.p.);

-      falso giuramento della parte (art. 371 c.p.);

-      false informazioni al pubblico ministero (art. 371-bis c.p.);

-      false dichiarazioni al difensore (art. 371-ter c.p.);

-      falsa testimonianza (art. 372 c.p.);

-      falsa perizia o interpretazione (art. 373 c.p.);

-      frode processuale (art. 374 c.p.);

-      subornazione (art. 377 c.p.);

-      induzione a non rendere dichiarazioni o a rendere dichiarazioni mendaci all’autorità giudiziaria (art. 377-bis);

-      favoreggiamento personale (art. 378 c.p.);

-      favoreggiamento reale (art. 379 c.p.);

-      rivelazione di segreti inerenti a un procedimento penale (art. 379-bis);

-      patrocinio o consulenza infedele (art. 380 c.p.);

-      altre infedeltà del patrocinatore o del consulente tecnico (art. 381 c.p.)

-      millantato credito del patrocinatore (art. 382 c.p.).

Questa serie di figure criminose sono caratterizzate dal dato comune di offendere un complesso di interessi facenti capo all’amministrazione della giustizia; in particolare si tratta di delitti posti a tutela di interessi di natura processuale, emergenti in vari momenti della catena procedimentale, che vanno dal promuovimento dell’azione penale fino all’emanazione della decisione.

 

In base al comma 6, la Commissione individua gli atti e i documenti dei quali è vietata la divulgazione, anche in relazione ad esigenze attinenti ad altre istruttorie o inchieste in corso. Sono comunque coperti dal segreto gli atti, i documenti e le assunzioni di testimoni, attinenti a procedimenti giudiziari, nella fase delle indagini preliminari e fino al termine delle stesse.

Il segreto funzionale riguardante atti e documenti acquisiti dalla Commissione, in riferimento ai reati di cui agli articoli 416 e 416-bis del codice penale, non può essere opposto ad altre Commissioni parlamentari di inchiesta (comma 7).

 

L’articolo 416 del codice penale prevede il delitto di associazione per delinquere.

Il reato, si realizza allorquando tre o più persone si associano allo scopo di commettere più delitti. In tali casi, coloro che promuovono, costituiscono od organizzano l'associazione sono puniti, per ciò solo, con la reclusione da tre a sette anni (primo comma), mentre coloro che partecipano all'associazione, sono puniti con la reclusione da uno a cinque anni (secondo comma).

Il terzo comma contempla per i capi dell’associazione la stessa pena stabilita per i promotori. E’ previsto, inoltre, un incremento di pena, ove gli associati scorrano in armi le campagne o le pubbliche vie: in questi casi trova applicazione la reclusione da cinque a quindici anni (quarto comma). La pena è altresì aumentata se il numero degli associati è di dieci o più (quinto comma). Aggravanti specifiche sono stabilite anche nel caso in cui l'associazione sia diretta a commettere i delitti di cui agli articoli 600 (Riduzione o mantenimento in schiavitù o in servitù), 601 (Tratta di persone) e 602 (Acquisto e alienazione di schiavi). Per tali fattispecie è prevista la reclusione da cinque a quindici anni nei casi contemplati al primo comma e da quattro a nove anni nei casi di cui al secondo comma.

L’articolo 416-bis contempla il reato di associazione di tipo mafioso. In particolare, si prevede che chiunque fa parte di un'associazione di tipo mafioso formata da tre o più persone, è punito con la reclusione da cinque a dieci anni (primo comma).

Il codice penale, nel delineare i caratteri distintivi dell'associazione di tipo mafioso, qualifica come tali le associazioni in cui coloro che ne fanno parte si avvalgono della forza di intimidazione del vincolo associativo e della condizione di assoggettamento e di omertà che ne deriva per commettere delitti, per acquisire in modo diretto o indiretto la gestione o comunque il controllo di attività economiche, di concessioni, di autorizzazioni, appalti e servizi pubblici o per realizzare profitti o vantaggi ingiusti per sé o per altri, ovvero al fine di impedire od ostacolare il libero esercizio del voto o di procurare voti a sé o ad altri in occasione di consultazioni elettorali (terzo comma). Le disposizioni concernenti le associazioni di tipo mafioso si applicano anche alla camorra e alle altre associazioni, comunque localmente denominate, che valendosi della forza intimidatrice del vincolo associativo perseguono scopi corrispondenti a quelli delle associazioni di tipo mafioso (ottavo comma).

Specifiche circostanze aggravanti sono previste:

§         per coloro che promuovono, dirigono o organizzano l'associazione (secondo comma);

§         se l'associazione è armata (quarto comma), ovvero quando i partecipanti hanno la disponibilità, per il conseguimento della finalità dell'associazione, di armi o materie esplodenti, anche se occultate o tenute in luogo di deposito;

§         se le attività economiche di cui gli associati intendono assumere o mantenere il controllo sono finanziate in tutto o in parte con il prezzo, il prodotto, o il profitto di delitti (sesto comma).

Nei confronti del condannato è sempre obbligatoria la confisca delle cose che servirono o furono destinate a commettere il reato e delle cose che ne sono il prezzo, il prodotto, il profitto o che ne costituiscono l'impiego (settimo comma).

 

L’articolo 5 è suddiviso in due commi,che recano disposizioni relative all’obbligo del segreto.

Il comma 1 prevede l’obbligo del segreto per tutto quanto riguarda gli atti e i documenti di cui all'articolo 4, commi 3 (atti sui quali l’autorità giudiziaria abbia richiesto il mantenimento del segreto) e 6 (atti e documenti di cui è previsto il divieto di divulgazione o che attengono a procedimenti giudiziari nella fase delle indagini preliminari) in capo ai seguenti soggetti:

Ø      componenti la Commissione;

Ø      personale addetto;

Ø      ogni altra persona che collabora con la Commissione o compie o concorre a compiere atti di inchiesta, oppure ne viene a conoscenza per ragioni d'ufficio o di servizio.

Salvo che il fatto costituisca più grave reato, la violazione dell'obbligo del segreto di cui al comma 1, nonché la diffusione, in tutto o in parte, di atti o documenti funzionali all’inchiesta dei quali è stata vietata la divulgazione, sono punite ai sensi dell'articolo 326 del codice penale (comma 2).

 

L’articolo 326 del codice penale, collocato nel Capo I (Dei delitti dei pubblici ufficiali contro la pubblica amministrazione) del Titolo II (Dei delitti contro la pubblica amministrazione) del Libro II (Dei delitti in particolare), prevede il reato di rivelazione ed utilizzazione di segreti di ufficio.

La rivelazione di segreti di ufficio si realizza allorquando il pubblico ufficiale o l’incaricato di un pubblico servizio, violando i doveri inerenti alle funzioni o al servizio, o comunque abusando della sua qualità, rivela notizie di ufficio che debbano  rimanere  segrete, o ne agevola in qualsiasi modo la conoscenza. La fattispecie criminosa, che configura un “reato proprio” (in quanto l’autore è un pubblico ufficiale o l’incaricato di un pubblico servizio), è punita con la reclusione da sei mesi a tre anni (primo comma).

Ove l’agevolazione sia soltanto colposa, è prevista una riduzione di pena, applicandosi la reclusione fino a un anno (secondo comma).

Il terzo comma disciplina l’utilizzazione di segreti di ufficio, che ricorre ove il  pubblico ufficiale o la persona incaricata di un pubblico servizio, per procurare a sé o ad altri un indebito profitto patrimoniale, si avvale illegittimamente di notizie di ufficio, che debbano rimanere segrete. Per questa fattispecie delittuosa è prevista la reclusione da due a cinque anni. La reclusione è fino a due anni nell’ipotesi in cui il fatto è commesso al fine di procurare a sé o ad altri un ingiusto profitto non patrimoniale o di cagionare ad altri un danno ingiusto.

 

L’articolo 6 è composto da sei commi che regolamentano l’organizzazione interna della Commissione.

Ai sensi del comma 1, l'attività e il funzionamento della Commissione sono disciplinati da un regolamento interno approvato dalla Commissione stessa prima dell'inizio dei lavori. Ciascun componente può proporre la modifica delle norme regolamentari.

Per quanto concerne le modalità organizzative, il comma 2 prevede che la Commissione possa organizzare i lavori anche attraverso uno o più comitati, costituiti a norma del sopraccitato regolamento.

E’ altresì prevista la possibilità che la Commissione si riunisca in seduta segreta tutte le volte che lo ritenga opportuno (comma 3).

Ai sensi del comma 4, la Commissione può avvalersi dell'opera di agenti e di ufficiali di polizia giudiziaria e di tutte le collaborazioni che ritenga necessarie; inoltre, per l'espletamento delle sue funzioni, la Commissione fruisce di personale, locali e strumenti operativi messi a disposizione dai Presidenti delle Camere, di intesa tra loro (comma 5).

Infine, per quanto concerne le spese di funzionamento, il comma 6 stabilisce un limite massimo di 75.000 euro per l'anno 2007 e di 150.000 euro per ciascuno degli anni successivi. Tale onere grava per metà sul bilancio interno del Senato della Repubblica e per metà sul bilancio interno della Camera dei deputati. Una particolare clausola di garanzia prevede, tra l’altro, che i Presidenti delle Camere, con determinazione adottata di intesa tra loro, possono autorizzare annualmente un incremento delle spese, comunque in misura non superiore al 30 per cento, a seguito di richiesta formulata dal presidente della Commissione per motivate esigenze connesse allo svolgimento dell'inchiesta.

 

L’articolo 7 fissa l’entrata in vigore del provvedimento a decorrere dal giorno successivo a quello della pubblicazione nella Gazzetta ufficiale.

 

 

 


Progetto di legge

 


N. 2814

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CAMERA DEI DEPUTATI

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PROPOSTA DI LEGGE

 

d’iniziativa dei deputati

DI GIROLAMO, ASTORE, CANCRINI, DIOGUARDI, PELLEGRINO, ROCCO PIGNATARO, PORETTI, ZANOTTI

¾

 

Istituzione di una Commissione parlamentare di inchiesta sull'efficacia e l'efficienza del Servizio sanitario nazionale e sulla sicurezza delle cure prestate

 

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Presentata il20 giugno 2007

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Onorevoli Colleghi! - La necessità di richiedere la costituzione di una Commissione parlamentare di inchiesta, a norma dell'articolo 82 della Costituzione, sull'efficacia e sull'efficienza del Servizio sanitario nazionale nonché sugli errori avvenuti in campo sanitario nasce dall'esigenza di acquisire tutti gli elementi conoscitivi sullo stato di «salute» della nostra sanità sia pubblica che privata.

      Nell'ambito degli strumenti volti a consentire lo svolgimento dell'attività di controllo del Parlamento, dei quali le Camere possono avvalersi per acquisire conoscenze, l'inchiesta rappresenta quello più incisivo e penetrante: l'articolo 82, secondo comma, della Costituzione, dispone infatti che la Commissione parlamentare di inchiesta «procede alle indagini e agli esami con gli stessi poteri e le stesse limitazioni della autorità giudiziaria». I poteri coercitivi che la Commissione di inchiesta può esercitare sono naturalmente quelli propri della fase istruttoria delle indagini giudiziarie, dato che la Commissione è priva di poteri giudicanti e non può quindi accertare reati e irrogare sanzioni.

      Per il Parlamento l'attività di controllo nasce dall'esigenza di monitorare continuamente l'applicazione delle nuove leggi, il loro aggiornamento nonché la tenuta delle politiche e delle normative di riferimento. D'altra parte la modifica del titolo V della parte seconda della Costituzione, le nuove politiche di federalismo e di trasferimento della spesa sanitaria alla responsabilità delle regioni necessitano di pratiche di monitoraggio al fine di stabilire un rapporto di condivisione degli obiettivi tra Parlamento e autonomie regionali, consentendo l'esercizio di quel ruolo di controllo che è esplicato normalmente con l'attività di sindacato ispettivo e che in ultima analisi proviene da quei poteri che l'articolo 82 della Costituzione attribuisce al Parlamento.

      I compiti che la presente proposta di legge attribuisce alla Commissione di inchiesta parlamentare non si limitano, come del resto già il titolo evidenzia, a una mera indagine sugli errori in sanità; questo perché l'analisi dell'errore senza un'adeguata conoscenza della complessità tecnico-organizzativa delle attività, delle interazioni professionali che si stabiliscono, dei processi decisionali che intervengono, rischia di ricondurre le responsabilità in gran parte al cosiddetto «errore umano». Per questo si ritiene che una Commissione che abbia un terreno di lavoro più ampio rispetto a quello prefigurato dalla proposta presentata dall'onorevole Palumbo ed altri limitatamente all'istituzione di una Commissione monocamerale di inchiesta solo sugli errori in campo sanitario (Doc. XXII, n. 8) sia in grado di inquadrare meglio la problematica, valutare meglio le dinamiche che la supportano e suggerire soluzioni più idonee di tipo strutturale. Inoltre, la necessità di occuparsi di questo delicato problema in un contesto generale nasce anche dal fatto che vi è la tendenza, da parte dei mezzi d'informazione, a «caricare» emozionalmente questa materia e a dare un'ampia rappresentazione delle vicende inerenti alla cosiddetta «malasanità», senza peraltro ricorrere nel contempo a un approfondimento che consenta di valutare meglio le cause, gli errori nonché i possibili rimedi. Ciò comporta che un'analisi limitata, al di fuori di un contesto generale che riguardi il funzionamento di tutto il sistema sanitario italiano, rischia di offuscare gravemente le figure dei medici e dei professionisti sanitari nella considerazione dei cittadini. E tutti sanno quanto conti, nei risultati, la fiducia dei cittadini verso questi operatori.

      Questa proposta in definitiva riassume in sé da una parte le istanze avanzate dalla già citata proposta dell'onorevole Palumbo ed altri, riguardanti la necessità di un'indagine sugli errori in campo sanitario, e dall'altra le istanze, peraltro già avviate al Senato attraverso la costituzione di una apposita Commissione monocamerale di inchiesta, relative all'efficacia e all'efficienza del Servizio sanitario nazionale (deliberazione del 19 luglio 2006). La richiesta che qui viene fatta di una Commissione bicamerale muove dall'esigenza di mettere il Parlamento nella sua globalità nelle migliori condizioni per poter valutare tutti gli aspetti, le funzioni, le criticità e i punti di eccellenza del settore sanitario al fine di poter poi adottare i provvedimenti legislativi più idonei.

      Infine, non bisogna dimenticare che su questa strada di un'analisi generale del sistema sanitario si sono mossi sia il Governo precedente che quello attuale cercando di dare risposte a una giusta domanda di sicurezza delle cure. In particolare, nel 2003 fu istituita la Commissione tecnica sul rischio clinico che ha elaborato in un documento, titolato «Risk management in Sanità. Il problema degli errori», che costituisce una raccolta di riflessioni e di raccomandazioni utili agli operatori sanitari. È stata anche attivata una rilevazione nazionale sulle iniziative per la sicurezza del paziente nelle strutture del Servizio sanitario nazionale. Anche il Piano sanitario nazionale 2006-2008 indica strategie da adottare per la gestione del rischio clinico. Nel 2005, è stato avviato il progetto di ricerca «La promozione dell'innovazione e la gestione del rischio», finanziato dal Ministero della salute con la partecipazione di nove regioni, due aziende ospedaliere, un ateneo e un soggetto privato, che ne è anche cofinanziatore. Infine, l'11 maggio 2007, il Consiglio dei ministri ha approvato, su proposta del Ministro della salute, un disegno di legge che introduce nell'ordinamento disposizioni in materia di sicurezza delle strutture sanitarie e gestione del rischio clinico (atto Senato n. 1958), la cui discussione e approvazione consentirà di dare un contributo fattivo nell'interesse dei cittadini e degli operatori.


 


 


proposta di legge

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Art. 1.

(Istituzione della Commissione).

      1. È istituita, per la durata della XV legislatura, ai sensi dell'articolo 82 della Costituzione, una Commissione parlamentare di inchiesta sull'efficacia e l'efficienza del Servizio sanitario nazionale e sulla sicurezza delle cure prestate, di seguito denominata «Commissione».

 

Art. 2.

(Composizione e durata della Commissione).

      1. La Commissione è composta da venti senatori e da venti deputati, nominati rispettivamente dal Presidente del Senato della Repubblica e dal Presidente della Camera dei deputati, in proporzione al numero dei componenti i gruppi parlamentari, comunque assicurando la presenza di un rappresentante per ciascun gruppo esistente in almeno un ramo del Parlamento. La nomina dei componenti la Commissione tiene conto della specificità dei compiti a essa assegnati.

      2. Il Presidente del Senato della Repubblica e il Presidente della Camera dei deputati, entro dieci giorni dalla nomina dei suoi componenti, convocano la Commissione per la costituzione dell'ufficio di presidenza.

      3. La Commissione, nella prima seduta, elegge il proprio ufficio di presidenza, costituito dal presidente, da due vicepresidenti e da due segretari.

      4. Per l'elezione del presidente è necessaria la maggioranza assoluta dei componenti la Commissione; se nessuno riporta tale maggioranza si procede al ballottaggio tra i due candidati che hanno ottenuto il maggiore numero di voti. Nel ballottaggio è proclamato eletto colui che ottiene il maggiore numero di voti; in caso di parità di voti è proclamato eletto il più anziano di età.

      5. La Commissione presenta una o più relazioni sulle risultanze emerse, al termine dei suoi lavori.

 

Art. 3.

(Compiti della Commissione).

      1. La Commissione verifica lo stato di attuazione delle politiche sanitarie e socio-sanitarie sull'intero territorio nazionale, controllando la qualità dell'offerta di servizi ai cittadini utenti, lo standard delle condizioni di accesso, con particolare riferimento ai livelli essenziali di assistenza (LEA), nonché la gestione del rischio clinico e la sicurezza delle cure.

      2. La Commissione verifica, in particolare:

          a) l'appropriatezza delle prestazioni, l'esistenza di eventuali sprechi e gli effetti delle modalità di pagamento delle prestazioni ospedaliere;

          b) lo stato di realizzazione delle reti di assistenza sanitaria territoriale e domiciliare, anche sotto il profilo della garanzia della continuità assistenziale e della riduzione dei ricoveri impropri;

          c) la qualificazione dell'assistenza ospedaliera in direzione dell'alta specialità;

          d) la spesa privata sostenuta dai cittadini nelle aziende sanitarie locali, nelle aziende ospedaliere, nelle strutture socio-sanitarie e nelle strutture sanitarie accreditate presso il Servizio sanitario nazionale;

          e) l'applicazione dei Diagnosis Related Groups (DRG), effettuando un'analisi comparativa dei ricoveri;

          f) la qualità delle prestazioni socio-sanitarie nella fase acuta delle patologie.

      3. La Commissione indaga altresì:

          a) sullo stato di attuazione e di funzionamento, per l'intero territorio nazionale, del numero per l'emergenza-urgenza 118 e di tutta l'organizzazione ospedaliera di pronto soccorso e di rianimazione;

          b) in merito all'organizzazione dei prelievi e dei trapianti di organi;

          c) sui meccanismi e sui criteri adottati in relazione alla classificazione dei farmaci prescritti per determinate patologie, con particolare attenzione alle statine utilizzate nella prevenzione e nella cura delle malattie cardiovascolari;

          d) sulla qualità e sull'efficacia dei trattamenti e sulla valutazione degli esiti, anche in relazione alle differenze di esito dei trattamenti sanitari in base alla regione o all'azienda sanitaria locale di appartenenza, all'ospedale o servizio e al livello socio-economico dei cittadini.

      4. La Commissione acquisisce, inoltre, elementi conoscitivi su:

          a) lo stato di attuazione dei dipartimenti di prevenzione e il loro coordinamento con l'attività delle Agenzie regionali per la protezione dell'ambiente (ARPA);

          b) lo stato di attuazione, l'organizzazione e il reale funzionamento, nell'ambito della azienda sanitaria locale, del distretto socio-sanitario, con riferimento anche all'integrazione socio-sanitaria nella gestione delle fasi post-acute;

          c) l'attività e l'organizzazione delle unità di terapia nei reparti di medicina neonatale, nonché le esperienze in campo materno-infantile presso i distretti socio-sanitari;

          d) l'organizzazione e la verifica del «Progetto Alzheimer» e del protocollo per il trattamento farmacologico «Cronos»;

          e) lo stato di attuazione del progetto obiettivo «Tutela salute mentale» e della normativa vigente in materia;

          f) lo stato di attivazione delle Agenzie sanitarie regionali;

          g) la diffusione delle metodiche di verifica e revisione della qualità (VQR) e la conseguente ricaduta sulla programmazione e sulla gestione dei servizi sanitari;

          h) il programma straordinario di ristrutturazione edilizia e di ammodernamento tecnologico, a livello regionale, di cui all'articolo 20 della legge 11 marzo 1988, n. 67, e successive modificazioni;

          i) la realizzazione del Sistema nazionale di verifica e controllo sull'assistenza sanitaria di cui all'articolo 1, comma 288, della legge 23 dicembre 2005, n. 266;

          l) la verifica dell'andamento della spesa farmaceutica e del rispetto dei tetti stabiliti dalla legislazione vigente in materia;

          m) lo stato di attuazione della revisione delle liste di prestazioni ricomprese nei LEA da parte della Commissione nazionale per la definizione e l'aggiornamento dei livelli essenziali di assistenza, di cui al decreto del Ministro della salute 25 febbraio 2004, e successive modificazioni;

          n) l'organizzazione delle strutture per le cure odontoiatriche sul territorio nazionale;

          o) il contrasto del dolore nelle sue diverse tipologie, sia croniche sia oncologiche, negli ospedali e i disagi derivanti da carenze organizzative;

          p) le dinamiche delle liste di attesa per l'accesso alle prestazioni diagnostiche e terapeutiche di cui all'intesa tra il Governo, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano sul Piano nazionale di contenimento dei tempi di attesa per il triennio 2006-2008, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 92 del 20 aprile 2006, in relazione all'organizzazione delle attività professionali extramoenia o intramoenia, nel contesto del nuovo modello di organizzazione ospedaliera e delle aziende.

      5. La Commissione ha altresì il compito di:

          a) verificare l'appropriatezza del risk management, esaminando la gestione scientifica del rischio in medicina;

          b) monitorare i dati e la casistica sulle infezioni registrate negli ospedali italiani;

          c) indagare sulla quantità e sulla gravità degli errori sanitari compiuti da personale medico e paramedico nelle strutture sanitarie pubbliche e private;

          d) valutare l'incidenza degli errori di cui alla lettera c) in termini di perdite di vite umane e altri danni alla salute dei pazienti;

          e) individuare le categorie cui sono riconducibili gli errori più frequenti, in particolare con riferimento alla loro imputabilità all'inefficienza e alla scarsa igiene delle strutture sanitarie oppure al personale medico o paramedico;

          f) indagare sulle cause degli errori di cui alla lettera c) e su quanti di essi derivino da carenze di formazione del personale medico e paramedico;

          g) individuare gli eventuali interventi correttivi da apportare ai percorsi formativi del personale medico e paramedico;

          h) verificare se vi sia la necessità di rafforzare il ruolo, le funzioni e le responsabilità dei direttori sanitari e individuare altre misure utili per migliorare l'efficienza e l'affidabilità delle strutture sanitarie e amministrative pubbliche e private;

          i) individuare soluzioni per il miglioramento dei controlli di qualità sulle strutture sanitarie pubbliche e private e ogni altro intervento correttivo utile a migliorare la qualità del sistema sanitario nazionale.

 

Art. 4.

(Poteri e limiti della Commissione).

      1. La Commissione procede alle indagini e agli esami con gli stessi poteri e le stesse limitazioni dell'autorità giudiziaria. La Commissione non può adottare provvedimenti attinenti alla libertà e alla segretezza della corrispondenza e di ogni altra forma di comunicazione nonché alla libertà personale, fatto salvo l'accompagnamento coattivo di cui all'articolo 133 del codice di procedura penale.

      2. La Commissione può acquisire copie di atti e documenti relativi a procedimenti e inchieste in corso presso l'autorità giudiziaria o altri organismi inquirenti, nonché copie di atti e documenti relativi a indagini e inchieste parlamentari.

      3. Qualora l'autorità giudiziaria abbia inviato alla Commissione atti coperti dal segreto, richiedendone il mantenimento, la Commissione dispone la segretazione degli atti. Se l'autorità giudiziaria, per ragioni di natura istruttoria, ritiene di non poter derogare al segreto di cui all'articolo 329 del codice di procedura penale, emette decreto motivato di rigetto. Quando tali ragioni vengono meno, l'autorità giudiziaria provvede senza ritardo a trasmettere quanto richiesto.

      4. È sempre opponibile il segreto tra difensore e parte processuale nell'ambito del mandato.

      5. Per le testimonianze rese davanti alla Commissione si applicano le disposizioni degli articoli da 366 a 384-bis del codice penale.

      6. La Commissione stabilisce quali atti e documenti non devono essere divulgati, anche in relazione a esigenze attinenti ad altre istruttorie o inchieste in corso. Devono in ogni caso essere coperti dal segreto gli atti, le assunzioni testimoniali e i documenti attinenti a procedimenti giudiziari nella fase delle indagini preliminari fino al termine delle stesse.

      7. Il segreto funzionale riguardante atti e documenti acquisiti dalla Commissione in riferimento ai reati di cui agli articoli 416 e 416-bis del codice penale non può essere opposto ad altre Commissioni parlamentari di inchiesta.

 

Art. 5.

(Obbligo del segreto).

1. I componenti la Commissione, il personale addetto alla stessa e ogni altra persona che collabora con la Commissione o compie o concorre a compiere atti di inchiesta, oppure ne viene a conoscenza per ragioni d'ufficio o di servizio, sono obbligati al segreto per tutto quanto riguarda gli atti e i documenti di cui all'articolo 4, commi 3 e 6.

      2. Salvo che il fatto costituisca più grave reato, la violazione dell'obbligo di cui al comma 1, nonché la diffusione, in tutto o in parte, di atti o documenti funzionali al procedimento di inchiesta dei quali è stata vietata la divulgazione, sono punite ai sensi dell'articolo 326 del codice penale.

 

Art. 6.

(Organizzazione interna).

      1. L'attività e il funzionamento della Commissione sono disciplinati da un regolamento interno approvato dalla Commissione stessa prima dell'inizio dei lavori. Ciascun componente può proporre la modifica delle norme regolamentari.

      2. La Commissione può organizzare i propri lavori anche attraverso uno o più comitati, costituiti secondo il regolamento di cui al comma 1.

      3. Tutte le volte che lo ritenga opportuno la Commissione può riunirsi in seduta segreta.

      4. La Commissione può avvalersi dell'opera di agenti e di ufficiali di polizia giudiziaria e di tutte le collaborazioni che ritenga necessarie.

      5. Per l'espletamento delle sue funzioni la Commissione fruisce di personale, locali e strumenti operativi messi a disposizione dai Presidenti del Senato della Repubblica e della Camera dei deputati, di intesa tra loro.

      6. Le spese per il funzionamento della Commissione sono stabilite nel limite massimo di 75.000 euro per l'anno 2007 e di 150.000 euro per ciascuno degli anni successivi e sono poste per metà a carico del bilancio interno del Senato della Repubblica e per metà a carico del bilancio interno della Camera dei deputati. I Presidenti del Senato della Repubblica e della Camera dei deputati, con determinazione adottata di intesa tra loro, possono autorizzare annualmente un incremento delle spese di cui al precedente periodo, comunque in misura non superiore al 30 per cento, a seguito di richiesta formulata dal presidente della Commissione per motivate esigenze connesse allo svolgimento dell'inchiesta.

 

Art. 7.

(Entrata in vigore).

      1. La presente legge entra in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale.

 




[1] SEC(2006)1195/4

[2] Vedi Bollettino Consultazioni “La sanità in Europa. Un approccio strategico”, n. 14, del 24 gennaio 2007, a cura dell’Ufficio Rapporti con l’Unione europea.

[3] Vedi Bollettino Consultazioni “Prestazioni sanitarie transfrontaliere”, n.12, 8 gennaio 2007, a cura dell’Ufficio Rapporti con l’Unione europea.

[4]    Cfr anche l’articolo 4, comma 5, della legge 19 ottobre 2001, n. 386 (Istituzione di una Commissione parlamentare di inchiesta sul fenomeno della criminalità organizzata mafiosa o similare).

[5]     Convertito nella legge 16 novembre 2001, n. 405.

[6]     Il Ministro si avvale della Commissione nazionale sui LEA, istituita con decreto del Ministro della salute 25 febbraio 2004; in base al D.L. 63/2002 essa ha il compito di valutare, in relazione alle risorse definite, i fattori scientifici, tecnologici ed economici relativi alla definizione e all’aggiornamento dei LEA.

[7]     Tale procedura si sovrappone in parte con quella di cui all’art. 1, comma 169, della legge n. 311 del 2004.

[8]    Legge 27 dicembre 1996, n. 296

[9]     Art. 1, commi 288-289 della citata legge n. 266 del 2005.

[10]   Con l’art. 1, comma 172, della legge n. 311/2004 il potere di accesso del Ministero nei confronti della documentazione delle strutture sanitarie è stato esteso a tali attività.

[11]   Vedi seduta della Conferenza del 28 marzo 2006.

[12]   L’articolo 4, comma 15, della legge n. 412 del 1991 prevede che gli istituti di ricovero e cura a carattere scientifico, i policlinici universitari a diretta gestione, gli ospedali classificati, gli istituti zoo-profilattici sperimentali e l'Istituto superiore di sanità possono essere ammessi direttamente a beneficiare degli interventi di cui all'articolo 20 della legge 11 marzo 1988, n. 67, su una apposita quota di riserva determinata dal CIPE.

[13]   Cfr. l’articolo 63 della legge 28 dicembre 2001, n. 448 (legge finanziaria 2002).

[14]   Norme per la razionalizzazione del Servizio sanitario nazionale, a norma dell'articolo 1 della legge 30 novembre 1998, n. 419.

[15]   Riordino della disciplina in materia sanitaria, a norma dell'articolo 1 della legge  23 ottobre 1992, n. 421.

[16]   Cfr. l’articolo 55 della legge 27 dicembre 2002, n. 289 (legge finanziaria 2003).

[17]    Vedi la  legge n. 266 del 2005 (art. 1, commi 279 ss.).

[18]    Rispetto a quanto previsto dall’art. 8-sexies del D.Lgs. 502/1992, è previsto il concerto del Ministero dell’economia sul decreto ministeriale che fissa le nuove tariffe ed una nuova tempistica.

[19]   Cfr. il Decreto del Ministero della salute 12 settembre 2006, recante Ricognizione e primo aggiornamento delle tariffe massime per la remunerazione delle prestazioni sanitarie.

[20]    La norma sembra volta a contrastare attività “promozionali” nei confronti di cittadini residenti in altre regioni, realizzate attraverso trattamenti tariffari più bassi. La norma in esame non incide invece sui meccanismi di rimborso tra regione e regione, in relazione ai casi di mobilità interregionale, disciplinati dalla TUC (tariffa unica convenzionale).

[21]    Cfr il resoconto stenografico della seduta del 2 aprile 2003, nel quale è riportato anche il documento alternativo proposto da gruppi dell’opposizione.

[22]    Cfr. l’art. 1, comma 1, del D.L. n. 89/2003, e l’art. 1 quinquies, comma 1, del D.L. n. 87/2005.

[23]   Disposizioni urgenti per il rilancio economico e sociale, per il contenimento e la razionalizzazione della spesa pubblica, nonché interventi in materia di entrate e di contrasto all’evasione fiscale, convertito, con modificazioni, dalla legge 4 agosto 2006, n. 248.

[24]    Cfr. l’art. 2-septies del D.L. n. 81/2004, convertito nella legge n. 138/2004, che ha modificato il comma 4 dell’articolo 15-quater del D.Lgs. n. 502/1992.

[25]    Legge della regione Toscana n. 40 del 2005 (art. 59) e legge della regione Umbria n. 15 del 2005 (art. 1).

[26]    Legge della regione Emilia Romagna n. 29 del 2004 (art. 8, comma 4).

[27]   Cfr. l’articolo 22-bis, cc. 3 e 4.

[28]   Il Progetto obiettivo salute mentale 1998-2000  prevede i seguenti ambiti di intervento:

•  indicazione degli obiettivi di salute e degli interventi prioritari da compiere, nell’ottica di tutelare la salute mentale nell’intero ciclo di vita, con particolare attenzione all’età evolutiva;

•  modelli organizzativi e gestionali del dipartimento di salute mentale (D.M.S);

•  ruolo degli enti locali;

•  ruolo dell’università;

•  area organizzativa dei servizi di salute mentale e di riabilitazione dell’età evolutiva;

•  realizzazione del progetto: valutazioni, verifiche ricerca.

Il piano definisce due obiettivi, il miglioramento della qualità della vita e dell’integrazione dei malati di mente e la riduzione dell’incidenza dei suicidi. Per il raggiungimento di tali obiettivi sono previste le seguenti azioni:

•     realizzazione su tutto il territorio nazionale del modello dipartimentale;

•     integrazione delle strutture coinvolte in modo tale che siano evidenziate le risorse impegnate da ciascuna per la presa in carico del paziente;

•     destinazione delle risorse derivate dalla chiusura dei residui psichiatrici alla realizzazione di condizioni abitative adeguate (residenziali e diurne) e alle attività dei dipartimenti di salute mentale;

•     formazione del personale sanitario, con particolare riferimento a quello già operante negli ex ospedali psichiatrici;

•     interventi per la tutela della salute mentale in età evolutiva;

•     programmi di aiuto alle famiglie con malati mentali.

[29]    Decreto del Ministero della salute 24 aprile 2000, in S.O. della Gazzetta Ufficiale n. 131 del 7 giugno 2000.

[30]   Decreto del Presidente della Repubblica 7 aprile 2006.

[31] Per rooming in si intende la permanenza di madre e bambino nella stessa stanza.

[32]   Cfr. la legge 29 luglio 1975, n. 405 (Istituzione dei consultori familiari), la legge 22 maggio 1978, n. 194, (Norme per la tutela sociale della maternità e sull'interruzione volontaria della gravidanza), l’articolo 4 del decreto-legge 1 dicembre 1995, n. 509, (Disposizioni urgenti in materia di strutture e di spese del Servizio sanitario nazionale), convertito, con modificazioni, dalla legge 31 gennaio 1996, n. 34, la legge 28 agosto 1997, n. 285 (Disposizioni per la promozione di diritti e di opportunità per l'infanzia e l'adolescenza) e la legge 19 febbraio 2004, n. 40 (Norme in materia di procreazione medicalmente assistita).

[33]   Sono da considerare prestazioni socio-sanitarie ad elevata integrazione sanitaria ai sensi dell’articolo 3-septies, comma 4, del decreto legislativo n. 502 del 1992, e successive modifiche e integrazioni, tutte le prestazioni caratterizzate da particolare rilevanza terapeutica e intensità della componente sanitaria, le quali attengono, tra l’altro, prevalentemente, alle aree materno-infantile.

[34]   Pubblicato nella supplemento ordinario della Gazzetta Ufficiale 3 novembre 2006, n. 256.

[35]   Il Ministero della Salute, con il decreto 16 luglio 2001, n. 349, ha dettato i criteri generali del nuovo certificato di assistenza al parto (CedAP) per la rilevazione degli eventi di nascita, di nati-mortalità e di nati affetti da malformazioni. L’obiettivo del citato decreto era colmare la lacuna di informazioni a carattere statistico e a fini di sanità pubblica verificatasi in seguito agli sviluppi della normativa in tema di dichiarazione di nascita.

[36]   L’articolo 42 della direttiva comunitaria 7 settembre 2005, n. 2005/36/CE, relativa al riconoscimento delle qualifiche professionali, il cui recepimento è previsto per il 20 ottobre 2007, impegna gli Stati membri a riconoscere all’ostetrica, fra l’altro, anche la competenza ad accertare la gravidanza e in seguito sorvegliare la gravidanza normale, ed effettuare gli esami necessari al controllo dell'evoluzione della gravidanza normale.

[37]   Cfr. i progetti di legge nn. 589-1237-1447-1611-1632-1754-1923-2230.

[38]   Articolo 20.

[39]   Finanziaria per il 2006, articolo 1, comma 288.

[40]   Il Ministro della salute ha istituito, con decreto del 25 febbraio 2004, la Commissione nazionale per la definizione e l’aggiornamento dei livelli essenziali di assistenza e delle prestazioni in essi contenute. La Commissione ha il compito di valutare, in relazione alle risorse definite, i fattori scientifici, tecnologici ed economici relativi alla definizione e all’aggiornamento dei LEA. La Commissione, nominata e presieduta dal Ministro della salute, è composta da 14 esperti, di cui 7 designati dalle regioni ed 1 dal Ministro dell’economia e delle finanze. La composizione della Commissione è stata modificata con il decreto ministeriale del 3 agosto 2005 che ha sostituito due componenti.

[41]   Intesa del 28 marzo 2006, ai sensi dell'articolo 8, comma 6, della legge 5 giugno 2003, n. 131, tra il Governo, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano sul Piano nazionale di contenimento dei tempi di attesa per il triennio 2006-2008, di cui all'articolo 1, comma 280, della legge 23 dicembre 2005, n. 266 (Rep. n. 2555), pubblicata nella Gazzetta Ufficiale 20 aprile 2006, n. 92.

[42]   Ai sensi del citato articolo 114, è vietata la pubblicazione, anche parziale o per riassunto, con il mezzo della stampa o con altro mezzo di diffusione, degli atti coperti dal segreto o anche solo del loro contenuto (comma 1). E' altresì vietata la pubblicazione, anche parziale, degli atti non più coperti dal segreto fino a che non siano concluse le indagini preliminari ovvero fino al termine dell'udienza preliminare (comma 2). Se si procede al dibattimento, non è consentita la pubblicazione degli atti del fascicolo per il dibattimento, se non dopo la pronuncia della sentenza di primo grado, e di quelli del fascicolo del pubblico ministero, se non dopo la pronuncia della sentenza in grado di appello (comma 3). Il comma 4 vieta la pubblicazione, anche parziale, degli atti del dibattimento celebrato a porte chiuse (articolo 472, commi 1 e 2). Nei casi in cui non si procede al dibattimento, il giudice, sentite le parti, può disporre il divieto di pubblicazione di atti o di parte di atti quando la pubblicazione può offendere il buon costume o comportare la diffusione di notizie sulle quali la legge sancisce il segreto nell'interesse dello Stato ovvero causare pregiudizio alla riservatezza di testimoni o parti private (comma 5). Il comma 6 vieta la pubblicazione delle generalità e dell'immagine dei minorenni testimoni, persone offese o danneggiati dal reato fino a quando non sono divenuti maggiorenni. È altresì vietata la pubblicazione di elementi che possano portare alla identificazione dei suddetti minorenni, salvo che il tribunale per i minorenni o il minorenne che ha compiuto i sedici anni acconsentano alla pubblicazione. Il comma 6-bis vieta, infine, la pubblicazione dell'immagine di persona sottoposta all'uso di manette ai polsi ovvero ad altro mezzo di coercizione fisica, salvo che la persona vi consenta.