Camera dei deputati - XV Legislatura - Dossier di documentazione (Versione per stampa)
Autore: Servizio Studi - Dipartimento affari sociali
Titolo: Norme in favore dei soggetti non autosufficienti - A.C. 11 e abb. - Schede di lettura - Seconda edizione
Riferimenti:
AC n. 11/XV   AC n. 422/XV
AC n. 1248/XV   AC n. 1228/XV
AC n. 1295/XV   AC n. 1355/XV
AC n. 557/XV   AC n. 1356/XV
Serie: Progetti di legge    Numero: 19
Data: 04/10/2006
Descrittori:
ASSISTENZA SOCIALE   HANDICAPPATI
INVALIDI CIVILI     
Organi della Camera: XII-Affari sociali


Camera dei deputati

XV LEGISLATURA

 

 

 

 

 

SERVIZIO STUDI

Progetti di legge

 

 

 

 

 

 

 

NORME IN FAVORE DEI SOGGETTI NON AUTOSUFFICIENTI

A.C. 11 e abb

Schede di lettura

 

 

 

 

 

 

 

 

 

n. 19

Seconda edizione

 

 

4 ottobre 2006


La nuova edizione del dossier è così articolata:

-            dossier n. 19: contiene la scheda di sintesi, le schede di lettura di analisi delle proposte di legge e del quadro di riferimento normativo; il testo delle proposte di legge assegnate alla XII Commissione alla data del 3.10.2006, nonché altra documentazione di interesse per il lavoro della Commissione.

-            dossier n. 19/1 riporta l’iter delle proposte di legge discusse alla Camera dei deputati nella scorsa legislatura;

-            dossier n. 19/2 contiene i riferimenti normativi a livello nazionale (parte prima) e regionale (parte seconda).

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Al presente dossier hanno collaborato i dipartimenti Finanze, Ambiente, Lavoro e la sezione Affari regionali dell’Osservatorio legislativo e parlamentare.

 

Dipartimento Affari sociali

 

SIWEB

 

I dossier dei servizi e degli uffici della Camera sono destinati alle esigenze di documentazione interna per l'attività degli organi parlamentari e dei parlamentari. La Camera dei deputati declina ogni responsabilità per la loro eventuale utilizzazione o riproduzione per fini non consentiti dalla legge.

 

 

File: AS0023

 


INDICE

Scheda di sintesi  per l’istruttoria legislativa

Dati identificativi3

Struttura e oggetto  13

§      Contenuto  13

§      Relazioni allegate  14

Elementi per l’istruttoria legislativa  15

§      Necessità dell’intervento con legge  15

§      Rispetto delle competenze legislative costituzionalmente definite  15

§      Rispetto degli altri princìpi costituzionali16

§      Compatibilità comunitaria  17

§      Incidenza sull’ordinamento giuridico  22

§      Formulazione del testo  23

Schede di lettura

Analisi delle singole proposte di legge  27

§      A.C. 1248 (Zanotti e Lucà) e A.C. 290 (Bindi)27

§      A.C. 11 (proposta di legge di iniziativa popolare), A.C. 422 (Zanotti e altri) e A.C. 1228 (Sgobio e altri)30

§      A.C. 557 (Volontè)35

§      A.C. 1295 (Di Virgilio ed altri)37

§      A.C. 1348 (Castellani e altri)40

§      A.C. 1355 (Garavaglia e altri)43

§      A.C. 1356 (Garavaglia e altri)45

Quadro di riferimento normativo  47

§      1. L’accertamento dell’handicap  47

§      2. L’assistenza socio-sanitaria  50

§      3. Disciplina sull’inserimento e l’integrazione delle persone disabili57

§      4. Ladisciplina del collocamento al lavoro per i disabili60

§      5. Le provvidenze a favore degli invalidi civili63

§      6. Politiche fiscali71

§      7. Politiche abitative e disabili71

Progetti di legge

§      A.C. 11, (d’iniziazitiva popolare), Piano per interventi integrati sulla non autosufficienza finanziato da un Fondo nazionale  75

§      A.C. 290, (on. Bindi), Istituzione del Fondo per il sostegno delle persone non autosufficienti93

§      A.C. 422, (on. Canotti ed altri), Istituzione di un sistema di protezione sociale e di cura per le persone non autosufficienti105

§      A.C. 557, (on. Volontè), Norme in favore dei soggetti non autosufficienti le cui potenzialità residue non consentano idonee forme di integrazione lavorativa  121

§      A.C. 1228, (on. Sgobio ed altri), Piano di interventi integrati per la non autosufficienza  129

§      A.C. 1248, (on. Zanotti ed altri), Istituzione del Fondo per il sostegno delle persone non autosufficienti145

§      A.C. 1295, (on. Di Virgilio ed altri), Disciplina delle tutele socio-sanitarie in favore delle persone non autosufficienti155

§      A.C. 1348, (on. Castellani ed altri), Disposizioni in favore delle persone anziane non autosufficienti163

§      A.C. 1355, (on. Garavaglia ed altri), Disposizioni per favorire la qualità della vita delle persone non autosufficienti171

§      A.C. 1356, (on. Garavaglia ed altri), Istituzione del Fondo per l'autonomia delle persone disabili179

Altra documentazione

§      ISTAT – Sistema di Informazione Statistica sulla Disabilità, Studio sulla tematica della “Non autosufficienza”185

§      Ministero del lavoro e delle politiche sociali – Commissione di studio sulla prevenzione e sul trattamento della non autosufficienza con particolare riferimento agli anziani209

 

 


SIWEB

Scheda di sintesi
per l’istruttoria legislativa


Dati identificativi

Numero del progetto di legge

11

Titolo

Piano per interventi integrati sulla non autosufficienza finanziato da un Fondo nazionale

Iniziativa

Popolare

Settore d’intervento

Assistenza

Iter al Senato

No

Numero di articoli

10

Date

 

§          presentazione alla Camera

28 aprile 2006

§          annuncio

28 aprile 2006

§          assegnazione

5 giugno 2006

Commissione competente

XII (Affari sociali)

Sede

Referente

Pareri previsti

I (Affari costituzionali)

III (Affari esteri)

V (Bilancio)

VI (Finanze)

XI (Lavoro)

XIV (Politiche dell’Unione europea)

Commissione parlamentare per le questioni regionali

 


Numero del progetto di legge

290

Titolo

Istituzione del Fondo per il sostegno delle persone non autosufficienti

Iniziativa

Parlamentare

Settore d’intervento

Assistenza

Iter al Senato

No

Numero di articoli

6

Date

 

§          presentazione alla Camera

28 aprile 2006

§          annuncio

28 aprile 2006

§          assegnazione

26 settembre 2006

Commissione competente

XII (Affari sociali)

Sede

Referente

Pareri previsti

I (Affari costituzionali)

V (Bilancio)

VI (Finanze)

XI (Lavoro)

Commissione parlamentare per le questioni regionali

 

 


Numero del progetto di legge

422

Titolo

Istituzione di un sistema di protezione sociale e di cura per le persone non autosufficienti

Iniziativa

Parlamentare

Settore d’intervento

Assistenza

Iter al Senato

No

Numero di articoli

10

Date

 

§          presentazione alla Camera

3 maggio 2006

§          annuncio

4 maggio 2006

§          assegnazione

19 settembre 2006

Commissione competente

XII (Affari sociali)

Sede

Referente

Pareri previsti

I (Affari costituzionali)

II (Giustizia)

V (Bilancio)

VI (Finanze)

XI (Lavoro)

XIV (Politiche dell’Unione europea)

Commissione parlamentare per le questioni regionali

 


 

Numero del progetto di legge

557

Titolo

Norme in favore dei soggetti non autosufficienti le cui potenzialità residue non consentano idonee forme di integrazione lavorativa

Iniziativa

Parlamentare

Settore d’intervento

Assistenza

Iter al Senato

No

Numero di articoli

9

Date

 

§          presentazione alla Camera

8 maggio 2006

§          annuncio

18 maggio 2006

§          assegnazione

29 giugno 2006

Commissione competente

XII (Affari sociali)

Sede

Referente

Pareri previsti

I (Affari costituzionali)

V (Bilancio)

VII (Cultura)

XI (Lavoro)

Commissione parlamentare per le questioni regionali

 


Numero del progetto di legge

1228

Titolo

Piano di interventi integrati per la non autosufficienza

Iniziativa

Parlamentare

Settore d’intervento

Assistenza

Iter al Senato

No

Numero di articoli

10

Date

 

§          presentazione alla Camera

28 giugno 2006

§          annuncio

29 giugno 2006

§          assegnazione

19 settembre 2006

Commissione competente

XII (Affari sociali)

Sede

Referente

Pareri previsti

I (Affari costituzionali)

II (Giustizia)

V (Bilancio)

VI (Finanze)

XI (Lavoro)

XIV (Politiche dell’Unione europea)

Commissione parlamentare per le questioni regionali

 

 


Numero del progetto di legge

1248

Titolo

Istituzione del Fondo per il sostegno delle persone non autosufficienti

Iniziativa

Parlamentare

Settore d’intervento

Assistenza

Iter al Senato

No

Numero di articoli

6

Date

 

§          presentazione alla Camera

29 giugno 2006

§          annuncio

3 luglio 2006

§          assegnazione

31 luglio 2006

Commissione competente

XII (Affari sociali)

Sede

Referente

Pareri previsti

I (Affari costituzionali)

V (Bilancio)

VI (Finanze)

Commissione parlamentare per le questioni regionali

 


Numero del progetto di legge

1295

Titolo

Disciplina delle tutele socio-sanitarie in favore delle persone non autosufficienti

Iniziativa

Parlamentare

Settore d’intervento

Assistenza

Iter al Senato

No

Numero di articoli

10

Date

 

§          presentazione alla Camera

5 luglio 2006

§          annuncio

6 luglio 2006

§          assegnazione

31 luglio 2006

Commissione competente

XII (Affari sociali)

Sede

Referente

Pareri previsti

I (Affari costituzionali)

V (Bilancio)

VI (Finanze)

XI (Lavoro)

Commissione parlamentare per le questioni regionali

 


Numero del progetto di legge

1348

Titolo

Disposizioni in favore delle persone anziane non autosufficienti

Iniziativa

Parlamentare

Settore d’intervento

Assistenza

Iter al Senato

No

Numero di articoli

8

Date

 

§          presentazione alla Camera

12 luglio 2006

§          annuncio

13 luglio 2006

§          assegnazione

3 ottobre 2006

Commissione competente

XII (Affari sociali)

Sede

Referente

Pareri previsti

I (Affari costituzionali)

V (Bilancio)

VI (Finanze)

Commissione parlamentare per le questioni regionali

 

 


Numero del progetto di legge

1355

Titolo

Disposizioni per favorire la qualità delle vita delle perone non autosufficienti

Iniziativa

Parlamentare

Settore d’intervento

Assistenza

Iter al Senato

No

Numero di articoli

6

Date

 

§          presentazione alla Camera

13 luglio 2006

§          annuncio

17 luglio 2006

§          assegnazione

31 luglio 2006

Commissione competente

XII (Affari sociali)

Sede

Referente

Pareri previsti

I (Affari costituzionali)

II (Giustizia)

V (Bilancio)

VII (Cultura)

XI (Lavoro)

Commissione parlamentare per le questioni regionali

 


Numero del progetto di legge

1356

Titolo

Istituzione del Fondo pr l’autonomia delle persone disabili

Iniziativa

Parlamentare

Settore d’intervento

Assistenza

Iter al Senato

No

Numero di articoli

2

Date

 

§          presentazione alla Camera

13 luglio 2006

§          annuncio

17 luglio 2006

§          assegnazione

1° agosto 2006

Commissione competente

XII (Affari sociali)

Sede

Referente

Pareri previsti

I (Affari costituzionali)

V (Bilancio)

VI (Finanze)

Commissione parlamentare per le questioni regionali

 


Struttura e oggetto

Contenuto

Le proposte di legge stanziano risorse finanziarie, nella gran parte dei casi attraverso l’istituzione di appositi Fondi, per migliorare il sistema di protezione  sociale a favore dei soggetti non autosufficienti, integrando i servizi e le prestazioni del Servizio sanitario nazionale nel campo della prevenzione, cura e riabilitazione.

Alcune delle proposte di legge sono volte anche a promuovere una disciplina dei livelli di assistenza per i soggetti non autosufficienti, la cui definizione puntuale è affidata: ad un successivo decreto del Presidente del Consiglio dei ministri (A.A.C.C. 1248 e 290); ad un Piano nazionale nel campo della non autosufficienza (A.A.C.C. 11, 422 e 1228); ad un decreto legislativo del Governo (A.A.C.C. 1295 e 1348).

Altre proposte sono indirizzate soprattutto a finanziare interventi per favorire l’inserimento sociale dei soggetti con disabilità (A.C. 557) ovvero a promuovere l’innovazione tecnologica nel campo del sostegno alle persone disabili (A.C. 1356).

Diverse sono le modalità di finanziamento dei Fondi per la non autosufficienza: si prevede infatti una nuova imposta addizionale e lo storno delle risorse destinate all'erogazione delle indennità di accompagnamento e di comunicazione (A.C. 1248 e A.C. 290); una pluralità di finanziamenti derivanti dal contributo di solidarietà ex lege n. 311 del 2004, da contributi della comunità europea e di privati e dalle somme attualmente stanziate per gli assegni di accompagnamento e disabilità  (A.A.C.C. 11, 422 e 1228); l’istituzione di una nuova assicurazione obbligatoria (A.C. 1295); l’introduzione di un contributo di solidarietà (A.C. 1348); la previsione di un contributo per la non autosufficienza a carico dei titolari della tessera sanitaria (A.C. 1355); utilizzo di una quota del gettito dell’8 per mille e di contributi privati (A.C. 1356); stanziamenti obbligatori a carico di Stato, province ed enti locali (A.C. 557).

 

(Per un’analisi dettagliata delle singole proposte di legge cfr. infra le schede di lettura).

Relazioni allegate

Trattandosi di proposte di legge di iniziativa parlamentare o popolare, non è disponibile al momento una relazione tecnica del Governo.


Elementi per l’istruttoria legislativa

Necessità dell’intervento con legge

Come già evidenziato, le proposte istituiscono nella maggior parte dei casi Fondi per l’erogazione di prestazioni a favore degli anziani non autosufficienti, che si affiancherebbero a quelle garantite dal Servizio sanitario nazionale e dal Fondo per le politiche sociali, con cui fino ad oggi si è fatto fronte anche agli interventi per tale categoria di soggetti (vedi infra, la scheda di lettura sul quadro di riferimento normativo, par. 2).

Alcune proposte intervengono altresi’ in altri ambiti (istituzione di un’assicurazione obbligatoria; misure fiscali compensative; disciplina delle erogazioni liberali al Fondo) rientranti nella sfera della legge ordinaria.

Rispetto delle competenze legislative costituzionalmente definite

Come già osservato, le proposte di legge intervengono in una pluralità di materie. Alcune disposizioni, in particolare, riguardano materie che in base alla Costituzione sono nella competenza esclusiva dello Stato (assicurazione obbligatoria; interventi sul sistema tributario statale).

In via più generale, alcune proposte di legge potrebbero essere ricondotte alla materia “determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni relative ai diritti civili e sociali da garantire su tutto il territorio nazionale”, che l’art. 117, comma 2, lett. m) della Costituzione attribuisce alla competenza esclusiva del legislatore nazionale. Le proposte di norma stabiliscono i requisiti generali dei nuovi livelli di assistenza, rinviando ad un successivo provvedimento la definizione puntuale degli stessi.

Per altro verso, molti degli interventi a carico dei nuovi Fondi rientrano nel campo dell’assistenza, materia attribuibile in via residuale alle Regioni. Al riguardo va tenuta in particolare attenzione la giurisprudenza della Corte costituzionale relativa a fondi settoriali in materie non rientranti nella competenza esclusiva dello Stato. Si ricorda che la Corte si è pronunciata più volte sulla illegittimità costituzionale di disposizioni di legge statale volte a vincolare l’impiego di risorse finanziarie non solo nelle materie rientranti nella competenza residuale delle regioni (come i servizi sociali)[1], ma anche in settori riconducibili alla competenza concorrente di Stato e regioni (come per i servizi per l’infanzia, nei quali sono prevalenti gli aspetti relativi all’istruzione e alla formazione prescolare dei bambini)[2]. (Per un approfondimento di tali tematiche vedi il dossier documentazione e ricerche n. 2/12, pagina 79 e ss.).

Vanno ricordati anche i provvedimenti approvati dalle regioni in questo campo al fine di potenziare i servizi e le prestazioni a favore degli anziani e dei soggetti non autosufficienti (vedi la scheda di lettura sul quadro di riferimento normativo, par. 2)

 

Per quanto riguarda infine l’art. 5 dell’A.C. 1295,concernente l’istituzione di una centrale operativa in ogni distretto sanitario, si segnala che la definizione dei profili organizzativi nell’ambito della tutela della salute potrebbe rientrare nella competenza delle Regioni.

Rispetto degli altri princìpi costituzionali

L’A.C. 1295 e l’A.C. 1348prevedonouna delega al Governo per la definizione, tra l’altro, di una nuova assicurazione obbligatoria destinata a finanziare il Fondo: il decreto legislativo dovrà stabilire in particolare l’onere contributivo a carico dei datori di lavoro e dei lavoratori e le misure fiscali compensative. Si rammenta in proposito che l’art. 23 della Costituzione stabilisce che “nessuna prestazione personale o patrimoniale può essere imposta se non in base alla legge”. La riserva di legge di cui al citato articolo 23, considerata “relativa” dalla dottrina maggioritaria e dalla giurisprudenza costituzionale, può essere soddisfatta – in relazione alla determinazione quantitativa della prestazione – indicando nella legge i criteri direttivi o i limiti per l’imposizione della prestazione stessa. Con riferimento alle due proposte di legge sopra citate potrebbe essere opportuna una maggiore specificazione su tali criteri e limiti.

Compatibilità comunitaria

Documenti all’esame delle istituzioni europee

(a cura dell'Ufficio rapporti con l'Unione Europea)

Disabili  e lavoro

La Commissione ha presentato, il 28 novembre 2005, la comunicazione “La situazione dei disabili nell’Unione europea allargata: il piano d’azione europeo 2006-2007” (COM(2005) 604), a conclusione dell’Anno europeo dei disabili.

 Obiettivo principale della comunicazione è migliorare l’integrazione attiva dei disabili grazie alla definizione di una serie di obiettivi e azioni prioritari. In particolare, il documento è inteso ad assicurare l’inclusione attiva, per il periodo 2006-2007,  nell’ambito di quattro priorità:

·         incoraggiare l’attività professionale;

·         promuovere l’accesso a servizi di sostegno e di assistenza di qualità;

·         promuovere l’accessibilità di beni e servizi;

·         accrescere la capacità di analisi dell’UE.

 

Nell’ambito delle priorità delineate, la Commissione intende incoraggiare le strategie che facilitano l’adattamento e la reintegrazione nella vita professionale delle persone che diventano disabili nel corso della loro vita attiva nonché promuovere i servizi di riabilitazione, l’assistenza personale individualizzata e l’attrattiva del lavoro.

Il piano d’azione, inoltre, mira a promuovere un’assistenza e servizi sociali accessibili, poco costosi e di qualità per le persone disabili, grazie ad un rafforzamento delle disposizioni sulla protezione sociale e l’inclusione nonché a sostenere la deistituzionalizzazione delle persone disabili ricoverate in grandi istituzioni e di voler promuovere servizi capaci di stabilire un appropriato equilibrio tra sicurezza, libertà ed autonomia.

Infine, la Commissione intende promuovere l’attività riguardante i servizi, i trasporti e il miglioramento dell’accessibilità delle TIC, che si aggiungerà all’azione in corso sull’accessibilità degli edifici pubblici; pone l’accento sull’accessibilità dei sistemi di trasporto, e sull’importanza di acquisire dati affidabili e comparabili per comprendere l’evoluzione della situazione delle persone disabili e le sue interazioni con altri campi di attività.

La Commissione intende monitorare il seguito dell’attuazione delle azioni proposte grazie a un dialogo continuo con tutte le parti in causa. La valutazione intermedia del piano d’azione sarà presentata nel 2008.

 

Nell’ambito degli orientamenti per l’occupazione 2005-2008[3], si afferma che le politiche degli Stati membri promuovono in modo equilibrato la piena occupazione, il miglioramento della qualità e della produttività sul posto di lavoro, il rafforzamento della coesione sociale e territoriale; in tale contesto particolare attenzione è rivolta alla riduzione significativa dei divari in termini occupazionali tra le persone svantaggiate, compresi i disabili. L’orientamento 19, in particolare, è diretto a “Creare mercati del lavoro inclusivi e rendere il lavoro più attraente e proficuo per quanti sono alla ricerca di impiego e per le persone meno favorite e inattive”: a tal fine si sottolinea la necessità di combattere la discriminazione e incentivare l’occupazione dei disabili.

Disabilità psichica

Il 14 ottobre 2005 la Commissione europea ha avviato una consultazione sul Libro verde “Migliorare la salute mentale dei cittadini. Verso una strategia sulla salute mentale per l’Unione europea” (COM (2005) 484). L’obiettivo del documento è avviare un dibattito tra le istituzioni europee, i governi, gli operatori sanitari, la società civile, le organizzazioni di pazienti e la comunità dei ricercatori. Entro la fine del 2006 la Commissione intende pubblicare i risultati del processo di consultazione – che si è concluso il 31 maggio 2006 - e, se del caso, una proposta di strategia a favore della salute mentale per l’UE.

Nel sottolineare la rilevanza della salute mentale per il raggiungimento di alcuni degli obiettivi strategici dell’Unione (quali prosperità, solidarietà, giustizia sociale e qualità della vita dei cittadini), la Commissione propone che la strategia dell’UE sia incentrata[4], fra l’altro, sul miglioramento della qualità della vita delle persone affette da malattie psichiche o handicap, promuovendo l’inclusione sociale e la tutela dei loro diritti e della loro dignità (deistituzionalizzazione dei servizi psichiatrici, sostituzione degli istituti con strutture alternative a livello locale, formazione dei pazienti, delle famiglie e del personale ai fini di una partecipazione attiva mediante strategie di responsabilizzazione).

Il 6 settembre 2006 il Parlamento europeo ha approvato una risoluzione sul Libro verde  nella quale, fra l’altro: ritiene che, per migliorare la salute mentale e le condizioni dei pazienti, debbano essere garantiti basilari diritti sociali e civili, quali il diritto all’abitazione e un sostegno economico per coloro che non possono lavorare; evidenzia la necessità di riformare i servizi della salute mentale affinché poggino su un’assistenza di qualità, all’interno della famiglia o in centri protetti; sottolinea a tal fine la necessità di sostenere le cooperative formate da pazienti psichiatrici, e tutte le attività finalizzate all’inclusione di utenti ed ex pazienti; riconosce che gli enti locali hanno un ruolo centrale nella promozione della salute mentale, fornendo assistenza a quanti soffrono di una cattiva salute mentale all’interno delle comunità locali.

Progress

Il 14 luglio 2004 la Commissione ha presentato, tra le proposte legislative connesse al quadro finanziario dell’Unione europea 2007-2013, una proposta di decisione relativa ad un programma comunitario per l’occupazione e la solidarietà sociale PROGRESS (COM(2004)488). Il programma, relativo al periodo 2007-2013, intende sostenere la realizzazione degli obiettivi dell’Unione europea nel campo dell’occupazione e degli affari sociali, contribuendo in tal modo alla realizzazione della strategia di Lisbona in tali settori.

Il programma si articola in cinque sezioni corrispondenti a cinque grandi settori di attività:

·         occupazione

·         protezione sociale e inclusione

·         condizioni di lavoro

·         lotta contro la discriminazione e la diversità

·         pari opportunità.

La sezione relativa alla lotta contro la discriminazione e la diversità è volta a sostenere l’applicazione efficace del principio della non discriminazione e a promuoverne l’integrazione nelle politiche dell’UE:

·         migliorando la comprensione della situazione relativa alla discriminazione;

·         sostenendo l’applicazione della legislazione dell’UE in tema di lotta contro la discriminazione;

·         sensibilizzando, diffondendo informazioni e promuovendo il dibattito sulle principali sfide e questioni politiche relative alla discriminazione e all’integrazione della lotta contro la discriminazione nelle politiche dell’UE;

·         sviluppando la capacità delle principali reti dell’UE di perseguire gli obiettivi politici dell’Unione.

La dotazione finanziaria prevista per la realizzazione delle attività comunitarie contemplate dalla proposta di decisione in oggetto, per il periodo dal 1° gennaio 2007 al 31 dicembre 2013, ammonta a 657,59 milioni di euro. Alla sezione 4, in particolare, è attribuito il 23% dei fondi.

Il Consiglio ha adottato, il 18 luglio 2006, la posizione comune sulla  proposta di decisione, sulla quale il Parlamento europeo si esprimerà in seconda lettura, in base alla procedura di codecisione.

Servizi sociali d’interesse generale

Il 26 aprile 2006 la Commissione ha presentato la comunicazione sui servizi sociali di interesse generale (COM(2006)177).

Con la comunicazione  - che presenta un elenco delle caratteristiche specifiche di questi servizi – la Commissione intende avviare un processo di consultazione rivolto a tutti i protagonisti dei settori interessati, Stati membri, parti sociali, ONG e operatori dei servizi sociali, per acquisire elementi che consentano di tener conto delle specificità di questi servizi in fase di attuazione della legislazione comunitaria. La comunicazione ricorda che la proposta modifica di direttiva sui servizi nel mercato interno (COM (2006)160), presentata dalla Commissione nel febbraio 2006, ha escluso dal suo campo di applicazione i servizi relativi alle cure sanitarie – cui dedicherà una iniziativa specifica – e i servizi sociali relativi all’edilizia popolare, alla custodia dei bambini e all’aiuto alle famiglie e persone bisognose.

La comunicazione sottolinea che i servizi sociali costituiscono un settore in piena espansione, sotto il profilo della crescita economica, della creazione di lavoro e di una ricerca intensa per qualità ed efficacia, e ricorda che gli Stati membri hanno avviato un processo di modernizzazione dei servizi sociali per contemperare le esigenze di universalità, qualità e sostenibilità finanziaria.

La comunicazione sottolinea inoltre che, escludendo i servizi sanitari - che non vengono da essa trattati – i servizi sociali possono essere compresi in due grandi gruppi:

·         i regimi legali e complementari di protezione sociale che coprono i rischi fondamentali di vita, quali, ad esempio, quelli legati alla salute, l’invecchiamento, incidenti sul lavoro;

·         gli altri servizi essenziali prestati direttamente alla persona, quali l’aiuto alle persone nei momenti di crisi (disoccupazione, tossicodipendenza, rottura familiare), l’edilizia popolare per le persone sfavorite o i gruppi svantaggiati.

 

Fondi strutturali 

L’11 luglio 2006 è stato  adottato il regolamento generale sui fondi strutturali per il periodo 2007-2013 (Reg. (CE)  n. 1083/2006, che definisce le regole, le norme e i principi comuni applicabili al Fondo europeo di sviluppo regionale (FEDER), al Fondo sociale europeo (FSE) e al Fondo di coesione.

Il regolamento stabilisce, la concentrazione degli interventi strutturali relativi alla politica di coesione sui seguenti tre nuovi obiettivi: “Convergenza”, “Competitività e occupazione regionale” e “Cooperazione territoriale”.

In base all’accordo interistituzionale del  17 maggio 2006 sul quadro finanziario dell’UE per il periodo 2007-2013, il massimale complessivo degli stanziamenti di impegno destinati alla politica di coesione in tale arco temporale è pari a 308,041 miliardi di euro così ripartiti:

- 251,163 miliardi di euro per l’obiettivo Convergenza;

- 49,127 miliardi di euro per l’obiettivo Competitività e occupazione regionale;

- 7,750 miliardi di euro per l’obiettivo Cooperazione territoriale).

Per quanto concerne l’Italia, secondo le indicazioni fornite dal Dipartimento per le politiche di sviluppo del Ministero per l’economia e le finanze, gli stanziamenti complessivi relativi alla politica di coesione ammonterebbero a 25,6 miliardi di euro. 

Il 5 luglio 2006 è stato adottato il regolamento (CE) n. 1081/2006 relativo al Fondo sociale europeo (FSE). Tale Fondo contribuisce a realizzare le priorità della Comunità riguardo al rafforzamento della coesione economica e sociale sostenendo varie politiche tra cui quella volta alla promozione dell’inclusione sociale e l’accesso all’occupazione delle persone svantaggiate.

In particolare, nell’ambito dell’obiettivo “convergenza” e “competitività regionale e occupazione”, il Fondo sostiene azioni finalizzate a potenziare l’inclusione sociale delle persone svantaggiare promuovendo percorsi di integrazione e reinserimento nel mondo del lavoro di “persone con disabilità e coloro che prestano assistenza a persone non autosufficienti attraverso misure di occupabilità anche nel settore dell’economica sociale, l’accesso all’istruzione e alla formazione professionale, nonché misure di accompagnamento e relativi servizi di sostegno, servizi collettivi e di assistenza che migliorino le possibilità di occupazione”.

Incidenza sull’ordinamento giuridico

Riflessi sulle autonomie e sulle altre potestà normative

L’A.C. 557 pone a carico di province ed enti locali l’obbligo di prevedere, nei rispettivi bilanci, stanziamenti destinati ad interventi per la costruzione e ristrutturazione di centri socio riabilitativi e educativi (artt. 6 e 7).

Attribuzione di poteri normativi

L’A.C. 1348 (art. 2) e l’A.C. 1295 (A.C. 6) prevedono una delega al Governo per definire le modalità di funzionamento del Fondo, i requisiti per l’accesso alle prestazioni e le forme di finanziamento. Anche l’A.C. 1248 e l’A.C. 290 (art. 5) rinviano rinvia ad uno o più decreti legislativi per la definizione dell’addizionale per il sostegno all’autosufficienza, mentre prevede un DPCM  (previa intesa con la Conferenza unificata) per i nuovi livelli di assistenza. In base all’A.C. 1355 (art. 7) con decreto ministeriale è stabilito l’ammontare del contributo speciale per il finanziamento degli interventi. L’A.C. 557 rinvia alla legge finanziaria la determinazione del contributo annuale a carico del bilancio dello Stato (art. 7, co. 4). Gli A.A.C.C. 11, 422 e 1228 affidano al nuovo Piano nazionale per la non autosufficienza l’identificazione dei nuovi livelli essenziali (artt. 3 e 5).

Coordinamento con la normativa vigente

Alcune proposte di legge, nel dettare alcuni principi di base che caratterizzano la “condizione di non autosufficiente”, rinviano ad un successivo provvedimento (decreto legislativo; Piano nazionale per la non autosufficienza; decreto del Presidente del Consiglio dei ministri)  la puntuale definizione dei criteri di determinazione e accertamento della non autosufficienza.

Si ricorda che la legge n. 104 del 1992 sui portatori di handicap disciplina la tipologia delle minorazioni che danno diritto alle prestazioni e i soggetti pubblici competenti all’accertamento.

Più in generale, appare opportuno approfondire il coordinamento delle proposte di legge in esame con la disciplina, introdotta con la legge finanziaria per il 2003, concernente il Fondo per le politiche sociali e, in particolare, la definizione dei livelli essenziali delle prestazioni assistenziali da parte di un regolamento del Governo, da emanare d’intesa con la Conferenza Unificata Stato e autonomie locali (su questo aspetto vedi più diffusamente infra, nella scheda sul quadro di riferimento normativo, par. 1 e 2).

 

Formulazione del testo

L’A.C. 1348 (art. 3) e l’A.C. 1295(art. 7) prevedono un contributo versato dai datori di lavoro e dai lavoratori per finanziare un Fondo, le cui prestazioni sono erogate a tutti i cittadini, indipendentemente dallo svolgimento o meno di attività lavorative. Le norme parlano a tale proposito di “assicurazione (pubblica) obbligatoria”. Si segnala che il termine “assicurazione”, sia nel diritto civile sia in relazione alla disciplina previdenziale, presuppone che le prestazioni erogate appunto dall’assicurazione vadano a beneficio esclusivamente dei soggetti tenuti al pagamento del premio e dei loro aventi causa.

 

 


Schede di lettura

 


Analisi delle singole proposte di legge

A.C. 1248 (Zanotti e Lucà) e A.C. 290 (Bindi)

Le due proposte di legge, composte di sei articoli, ripropongono sostanzialmente i contenuti del testo unificato approvato dalla XII commissione della Camera nella passata legislatura (A.C. 2166-A). A tal fine, le due proposte disciplinano:

a)      l’istituzione, presso il Ministero della solidarietà, di un Fondo per il sostegno delle persone non autosufficienti. Con DPCM saranno disciplinati i livelli essenziali di assistenza e le prestazioni del Fondo, che non sostituiscono quelle sanitarie (art. 1);

b)      le finalità del Fondo tra le quali le indennità di accompagnamento e di comunicazione, altri benefici economici, il potenziamento della rete dei servizi,  e la realizzazione di progetti individuali per le persone non autosufficienti (art. 2);

c)       le procedure per il riparto del Fondo, la gestione ed il controllo delle risorse, l’individuazione  dei soggetti che possono beneficiare del Fondo (art. 3);

d)      la dotazione del Fondo, costituita dal gettito di una nuova imposta addizionale e dalle risorse destinate all'erogazione delle indennità di accompagnamento e di comunicazione (artt. 4 e 5);

e)      la possibilità per le regioni di istituire una addizionale regionale aggiuntiva, nella misura massima dello 0,5 per cento, per le finalità del Fondo (art. 6).

 

Più in dettaglio, le proposte prevedono i seguenti interventi.

Fondo per il sostegno delle persone non autosufficienti (art. 1)

Le risorse del Fondo, istituito presso il Ministero della solidarietà  sociale, sono destinate a coloro che “hanno subito una riduzione dell'autonomia personale, correlata all'età, in modo da rendere necessario un intervento assistenziale permanente, continuativo e globale nella sfera individuale o in quella di relazione” (commi 1 e 2). Con decreto del Presidente del consiglio, d'intesa con la Conferenza unificata, sono definiti, entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della legge,  i livelli essenziali delle prestazioni socio-assistenziali per le persone non autosufficienti e i relativi parametri[5] (comma 3).

Le prestazioni del Fondo non sono sostitutive di quelle sanitarie e sono finalizzate ad interventi nel campo dell'assistenza integrata socio-sanitaria (comma 4).

il Ministro della salute promuove la ricerca sulle patologie croniche degenerative, nell'ambito delle risorse destinate alla ricerca biomedica, derivanti dall'1 per cento del Fondo sanitario nazionale dedicato alla ricerca di base e applicata dell'Istituto superiore di sanità, degli Istituti di ricovero e cura a carattere scientifico e delle regioni[6] (comma 5).

Le finalità del Fondo (art. 2)

La norma  indica le prestazioni e servizi a carico del Fondo (comma 1):

a)      indennità di accompagnamento e di comunicazione[7];

b)      potenziamento della rete dei servizi;

c)      progetti individuali per le prestazioni assistenziali[8];

d)      benefici economici per la fruizione di prestazioni sociali e di cura ed il pagamento della quota sociale a carico dell'utente in caso di ricovero in una residenza sanitaria assistita o in strutture similari;

e)      iniziative di solidarietà per favorire la vita dei disabili all’interno delle loro famiglie, da realizzare con la collaborazione del volontariato[9] e delle ONLUS.

Sono espressamente tutelate le funzioni in materia riconosciute alle regioni a statuto speciale e alle province autonome, ai sensi dei rispettivi statuti e delle relative norme di attuazione (comma 3). In particolare, le province autonome di Trento e di Bolzano hanno la facoltà di istituire contributi per le finalità del presente provvedimento (comma 4).

Ai sensi dell’articolo 1-bis del decreto del Presidente della Repubblica n. 469 del 1975, le province autonome possono istituire contributi (in materia di assicurazioni sociali e di assistenza sanitaria e di integrazione socio-sanitaria), avente anche carattere obbligatorio, a carico dei cittadini residenti nel territorio provinciale, destinati alla costituzione di fondi assicurativi con finalità assistenziale e volti a garantire ai cittadini l'erogazione di specifiche prestazioni sanitarie e socio-assistenziali previste dalla legge stessa.

 

Il funzionamento del Fondo (art. 3)

Un decreto del Ministro delle solidarietà sociale, di concerto con i Ministri della salute e dell'economia e delle finanze e d'intesa con la Conferenza unificata[10] determina:

a)      il riparto delle risorse tra le regioni entro il 31 dicembre di ogni anno, sulla base di indicatori (definiti dal medesimo decreto) sulla percentuale di persone non autosufficienti sulla popolazione di riferimento e di indicatori demografici e socio-economici (comma 1);

b)      i criteri per l'accertamento della non autosufficienza da parte delle commissioni mediche[11], sulla base della classificazione internazionale del funzionamento, della disabilità e della salute dell'Organizzazione mondiale della sanità (ICF);

c)      le modalità e i criteri di gestione del Fondo;

d)      le modalità e le procedure attraverso le quali, nell'ambito del distretto socio-sanitario[12], devono essere valutati il bisogno assistenziale e le prestazioni da erogare[13];

e)      le modalità di verifica della qualità  e congruità delle prestazioni erogate rispetto ai bisogni e alle spese sostenute dalle famiglie (comma 2).

La dotazione del Fondo (artt. 4 e 5)

La dotazione del Fondo è costituita:

a)      dalle risorse destinate all'erogazione delle indennità di accompagnamento e di comunicazione[14];

b)      da una nuova imposta addizionale, disciplinata con decreto legislativo, secondo i seguenti criteri e principi direttivi:

-          esenzione dei redditi medio-bassi;

-          applicazione al reddito delle persone fisiche[15] e delle società, limitatamente agli anni 2007 e 2008, di un incremento medio dello 0,75 per cento, differenziato in relazione ai diversi scaglioni di reddito;

-          a decorrere dall'anno 2009, la misura dell'addizionale e dell'esenzione è determinata annualmente dalla legge finanziaria.

L’addizionale regionale aggiuntiva (art. 6)

Per le finalità di cui alla presente legge le regioni possono prevedere addizionali regionali aggiuntive, nella misura massima dello 0,5 per cento.

 

A.C. 11 (proposta di legge di iniziativa popolare), A.C. 422 (Zanotti e altri) e A.C. 1228 (Sgobio e altri)

Gli A.A.C.C. 11, 422 e 1228, composti di dieci articoli, disciplinano una serie d’interventi a favore delle persone non autosufficienti, da inquadrare fondamentalmente nei seguenti ambiti:

a)              istituzione di un Fondo nazionale per la non autosufficienza, di cui beneficiano non solo i cittadini italiani, ma anche gli appartenenti agli Stati dell'Unione europea e gli stranieri residenti nel territorio nazionale (artt. 1 e 8);

b)              definizione dei requisiti per accedere al Fondo e delle forme di tutela dei diritti esigibili (artt. 2 e 7);

c)              previsione di un Piano nazionale per la non autosufficienza, all’interno del quale sono definiti tra l’altro i nuovi livelli di assistenza e le modalità di gestione del Fondo (artt. 3 e 5);

d)              individuazione delle strutture preposte all’erogazione delle prestazioni (art. 6);

e)              definizione delle forme di finanziamento del Fondo  e delle modalità di riparto delle risorse (art. 9);

f)                previsione di eventuali fondi integrativi regionali (art. 10).

 

Più in dettaglio, i due provvedimenti prevedono i seguenti interventi.

Finalità  del provvedimento (art. 1)

La norma individua le finalità del provvedimento: determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti socialida erogare nei casi di non autosufficienza; definizione dei principi per la loro garanzia attraverso il Piano nazionale per la non autosufficienza; istituzione di un Fondo nazionale per la non autosufficienza (comma 1).

Alle prestazioni previste hanno diritto i cittadini italiani, quelli appartenenti agli Stati dell'Unione europea e ai loro familiari[16], nonché gli stranieri residenti nel territorio nazionale[17] (comma 2).

Definizione dei soggetti beneficiari e Piano individualizzato per la non autosufficienza (art. 2)

E’ dettata la definizione di non autosufficienza, riguardante le persone con disabilità fisica, psichica, sensoriale, relazionale, accertata, attraverso l’adozione di criteri uniformi su tutto il territorio nazionale, secondo le indicazioni dell’Organizzazione mondiale della sanità (OMS), inserite nella Classificazione Internazionale del Funzionamento, della Disabilità e della Salute (ICF), ed attraverso la valutazione multidimensionale delle condizioni funzionali e sociali (comma 1), effettuata nel distretto sanitario, da apposite unità pluriprofessionali appartenenti ai servizi socio-sanitari (comma 2).

Sono previsti diversi livelli di disabilità (comma 4):

a)       incapacità di provvedere autonomamente al governo della casa, all’approvvigionamento e alla predisposizione dei pasti;

b)       incapacità di provvedere autonomamente alla cura di sè, ad alimentarsi ed al governo della casa;

c)       incapacità di provvedere autonomamente alle funzioni della vita quotidiana,

d)       alle relazioni esterne e presenza di problemi di mobilità e di instabilità clinica.

 

Un piano individualizzato di assistenza (PIA), predisposto dall’unità pluriprofessionale, stabilisce le prestazioni per il singolo soggetto non autosufficiente (cura, riabilitazione, assistenza personale, sostegno al reddito personale etc) (comma 5). I criteri e le modalità di redazione dei piani sono disciplinati dal Piano nazionale per la non autosufficienza (cfr. il successivo art. 5) (comma 6).

Nella redazione del PIA sono coinvolti i familiari e, qualora richiesto dall’interessato, un esperto indicato dalle organizzazioni sindacali o dagli organismi di tutela dei cittadini. La realizzazione del PIA è monitorata da un operatore del servizio con funzioni di responsabile del caso, che interagisce con la persona assistita, i suoi familiari e le risorse ambientali, al fine di valorizzare e di utilizzare tutte le risorse idonee a migliorare le condizioni delle persone non autosufficienti.

 

Livelli essenziali delle prestazioni e diritti esigibili (art. 3)

La normaprevede che i livelli essenziali delle prestazioni socio-assistenziali per le persone non autosufficienti (LESNA) siano stabiliti nel Piano nazionale per la non autosufficienza (comma 1), garantendo in particolare l’esigibilità dei diritti concernenti (comma 2):

a)      l’informazione e la consulenza sulla rete di prestazioni offerte;

b)      la valutazione multidimensionale individuale;

c)      il piano individualizzato di assistenza;

d)      le prestazioni di diversa natura (cura, assistenza, sostegno personale, familiare e sociale).

Tali diritti sono assicurati attraverso i seguenti livelli essenziali delle prestazioni (comma 3):

-          assistenza tutelare alla persona a carattere domiciliare;

-          aiuto domestico familiare, ivi compreso quello a sostegno delle cure prestate dai familiari;

-          assistenza economica;

-          adeguamento e miglioramento delle condizioni abitative;

-          sostegno alla mobilità.

Le prestazioni garantite dai LESNA si integrano con quelle sanitarie ed in particolare con quelle indicate nell’area relativa all’integrazione socio-sanitaria[18], e concorrono alla copertura dei costi di rilevanza sociale dell’assistenza integrata socio-sanitaria[19]. Resta fermo quanto disposto dalla disciplina vigente relativa ai soggetti tenuti alla prestazione degli alimenti[20] (comma 4).

Le regioni possono stabilire ulteriori e più elevati LESNA, assumendone l’onere finanziario (comma 5).

Coordinamento delle misure economiche erogate dallo Stato nei LESNA (art. 4)

La norma disciplina:

a)      il coordinamentoall’interno dei LESNA di quelle misure di carattere economico erogate dallo Stato alle persone con invalidità, sordomutismo e cecità[21] (comma 1) (su tali benefici vedi la scheda di lettura sul quadro di riferimento normativo, par. 5);

b)      la tutela dei benefici in atto e dei diritti maturati fino all’entrata in vigore del citato Piano; per il futuro, la concessione delle suddette prestazioni economiche avverrà in seguito all’esito della valutazione delle condizioni psicofisiche del richiedente (comma 2);

Gli emolumenti in esame sono erogati anche se la persona è ospitata in strutture semiresidenziali e residenziali non riabilitative, quale concorso ai costi della tariffa alberghiera, ferma restando l’attribuzione alla persona non autosufficiente di una somma non inferiore al 25 per cento dell’assegno sociale[22] (comma 3).

Piano nazionale per la non autosufficienza (art. 5)

La norma disciplina la struttura e le procedure di approvazione del Piano nazionale per la non autosufficienza.

In particolare nel Piano sono indicate le caratteristiche delle prestazioni sociali, le priorità di intervento, le modalità di attuazione del sistema integrato di interventi e servizi, gli indicatori per la verifica della realizzazione dei livelli essenziali e della utilizzazione delle risorse del Fondo (comma 1); il primo Piano è approvato entro centottanta giorni[23] (comma 2).

Il sistema informativo dei servizi sociali[24], integrato con quello sanitario e della spesa sociale degli enti locali per la non autosufficienza, effettua il monitoraggio sullo stato dell’erogazione dei LESNA e dei risultati conseguiti anche rispetto al contenimento della spesa ospedaliera impropria (comma 3). 

I programmi nazionali e regionali prevedono iniziative collegate all’affermazione di nuovi stili di vita, volti a rallentare il decadimento psichico e fisico e a mantenere attivi interessi culturali e mobilità nelle persone non autosufficienti (comma 4).

Soggetti erogatori (art. 6)

La norma richiama la ripartizione delle competenze di cui dall’atto di indirizzo e coordinamento di cui al decreto del Presidente dei Consiglio dei ministri del 14 febbraio 2001, in materia di prestazioni socio-sanitarie. Per le prestazioni economiche[25] lo Stato è l’unico soggetto erogatore. Nelle forme accreditate è riservato un ruolo primario agli organismi non lucrativi di utilità sociale, degli organismi della cooperazione, delle associazioni e degli enti di promozione sociale, delle fondazioni e degli enti di patronato, delle organizzazioni di volontariato, degli enti riconosciuti e delle confessioni religiose[26] (comma 1).

Il Piano nazionale disciplina i casi in cui, in carenza nell’erogazione di determinati livelli essenziali[27], sono garantiti titoli per l’acquisto delle prestazioni necessarie[28]. L’erogazione di specificate prestazioni[29] può avvenire anche attraverso persone singole qualificate ovvero disponibili a partecipare a corsi di formazione (comma 2).

Esigibilità dei diritti (art. 7)

La norma tutela il diritto alle prestazioni incluse nei LESNAe, per quanto di competenza, delle rispettive famiglie, anche su richiesta della persona interessata o di chi la rappresenta.

In caso di inadempimento da parte del competente ente è ammesso ricorso in via giurisdizionale. Gli interessati possono essere assistiti in giudizio dagli istituti di patronato, dalle associazioni di promozione sociale e dalle organizzazioni di volontariato.

Fondo nazionale per la non autosufficienza (artt. 8 e 9)

L’art. 8 istituisce il Fondo nazionale per la non autosufficienza, presso il Ministero del lavoro e delle politiche sociali[30] (comma 1).

Il Fondo persegue, secondo i criteri previsti dal Piano nazionale per la non autosufficienza, le finalità indicate dalla legge con riferimento alle diverse prestazioni e benefici previsti (attuazione dei livelli essenziali; potenziamento dei servizi; misure di sostegno economico alla persona non autosufficiente e alla sua famiglia etc) (comma 2), ferme restando le competenze del Servizio sanitario nazionale (comma 4).

L’art. 9 prevedeche il finanziamento del Fondo sia principalmente a carico dello Stato, che assicura, comunque, la copertura dei LESNA (comma 1). Affluiscono altresì nel Fondo (comma 2):

-     le risorse destinate all’erogazione ai soggetti beneficiari degli assegni ed indennità di cui all’art. 4, comma 1;

-     dal contributo di solidarietà previsto dalla legge finanziaria per il 2005[31];

-     dall’importo dei premi non riscossi del gioco del lotto e delle lotterie nazionali;

-     dai finanziamenti derivanti da programmi europei;

-     da donazioni di soggetti privati, comprese le fondazioni ex-bancarie, cui applicare i benefici fiscali vigenti in favore delle ONLUS.

 

Le risorse del Fondo sono ripartite fra le regioni entro il 31 dicembre di ogni anno, con decreto del Ministro della solidarietà sociale, di concerto con i Ministri della salute e dell’economia e delle finanze, di intesa con la Conferenza unificata[32], acquisito il parere delle competenti Commissioni parlamentari. Ai fini del riparto si deve tener conto in particolare degli indicatori sulla percentuale di persone non autosufficienti sulla popolazione di riferimento e degli altri criteri adottati per la ripartizione del Fondo nazionale per le politiche sociali (comma 3).

Fondi integrativi (art. 10)

La norma attribuisce alle Regioni la facoltà di istituire fondi integrativi regionali ed interprovinciali per la non autosufficienza al fine di integrare le risorse finanziarie disponibili e di erogare prestazioni, interventi e servizi integrativi od ulteriori rispetto a quelli assicurati attraverso il Fondo.

A.C. 557 (Volontè)

L’A.C. 557, composto di nove articoli, intende ampliare la gamma di strumenti volti a favorire l’inserimento dei soggetti portatori di gravi deficit fisici, psichici e sensoriali in attività socio-educative ed occupazionali. In particolare si disciplina:

-          le categorie dei soggetti aventi diritto a nuove forme di sostegno (art. 2);

-          la realizzazione di centri socio-riabilitativi ed educativi diurni, organizzati e monitorati dagli enti locali (artt. 3, 4 e 8);

-          le procedure per la definizione da parte delle ASL di un piano di attività occupazionale individualizzato (art. 5);

-          l’obbligo degli enti locali e delle ASL di stanziare risorse finanziarie per le finalità della legge; il contributo annuale dello Stato è stabilito dalla legge  finanziaria (artt. 6 e 7).

 

Più in dettaglio, il provvedimento prevede i seguenti interventi.

Finalità del provvedimento (artt. 1 e 2)

L’art. 1 riconosce il diritto all’inserimento in attività socio-educative ed occupazionali per i disabili in situazione di gravità, riconosciuti in base agli accertamenti effettuati dalle aziende sanitarie locali, attraverso le commissioni mediche[33], e a quelli effettuati dall’Istituto nazionale per l’assicurazione contro gli infortuni sul lavoro[34].

L’art. 2 individua i beneficiari del provvedimento nei “soggetti portatori di deficit fisici, psichici e sensoriali le cui potenzialità residue non consentano idonee forme di integrazione lavorativa”.

Centri socio-riabilitativi ed educativi diurni (artt. 3, 4 e 8)

L’art. 3 stabilisce che il diritto all’inserimento in attività socio-educative ed occupazionali, riconosciuto dalla presente normativa alle persone disabili[35], sia assolto presso centri socio-riabilitativi ed educativi diurni.

Entro il 31 gennaio di ogni anno[36], i comuni, le loro unioni, le comunità montane e le aziende sanitarie locali inviano alla provincia territorialmente competente una relazionesui centri presenti nel territorio e l’attività da essi svolta (art. 4).

Piano occupazionale individualizzato (art. 5)

Presso ciascuna ASL una commissione di esperti ha il compito di redigere un piano che tiene conto delle potenzialità del singolo soggetto, indicando il centro di riferimento ed effettuando un monitoraggio periodico della sua attuazione (commi 1 e 4).

Tale commissione è composta da un medico fisiatra o un medico psichiatra; uno psicologo; un educatore; un esperto in formazione professionale (comma 2). Ad essa partecipa anche un componente della famiglia del disabile o un suo delegato rappresentato dal medico di base o dal medico specialista che cura il disabile (comma 3).

Finanziamento degli interventi (artt. 6 e 7)

L’art. 6  obbliga gli enti locali e le aziende sanitarie locali a realizzare il diritto ad attività occupazionali e educative dei soggetti disabili in situazione di gravità, residenti nel territorio di competenza[37] (comma 1).

In attuazione del principio della priorità dei programmi e degli interventi dei servizi pubblici, riconosciuto alle situazioni di gravità[38] gli enti sopra indicati devono prevedere nei rispettivi bilanci gli stanziamenti necessari alla ristrutturazione o costruzione dei centri socio-riabilitativi ed educativi ed all’assunzione del relativo personale (comma 2).

In base all’art. 7  nel bilancio di previsione di ogni provincia è istituito il Fondo per le attività occupazionali ed educative a favore dei soggetti disabili in situazione di gravità, volto a finanziare gli interventi degli enti locali (commi 1-3).

La legge finanziaria stabilisce ogni anno l’entità del contributo a carico del bilancio dello Stato (comma 4).

Regioni a statuto speciale (art. 9)

Le regioni a statuto speciale e le province autonome adeguano, ai sensi dei rispettivi statuti, la propria legislazione alle disposizioni della presente legge, che costituiscono princıpi fondamentali dell’ordinamento.

 

A.C. 1295 (Di Virgilio ed altri)

L’A.C. 1295, composto di dieci articoli, disciplina le tutele socio-sanitarie in favore delle persone non autosufficienti ed istituisce un Fondo nazionale di solidarietà.

In particolare, la proposta in esame prevede:

a)      l’istituzione di un Fondo nazionale di solidarietà, i cui beneficiarisono le persone non autosufficienti, indipendentemente dal reddito o dal versamento di contributi (artt. 1 e 2);

b)      l’indicazione delle prestazioni e dei servizi finanziati con le risorse del Fondo (art. 3);

c)      livelli aggiuntivi di assistenza che regioni, province autonome ed enti locali possono erogare anche al fine di favorire la permanenza di persone non autosufficienti nel proprio domicilio o presso il nucleo familiare (art. 4);

d)      l’istituzione in ogni distretto sanitario di una centrale operativa territoriale al fine di valutare e monitorare le esigenze delle persone non autosufficienti (art. 5);

e)      una delega al Governo per la definizione del funzionamento del Fondo, del suo finanziamento (attraverso un’assicurazione obbligatoria) e dei livelli essenziali di assistenza (artt. 6 e 7);

f)        la promozionedi attività di ricerca e di sperimentazione per contrastare le malattie e le condizioni patologiche relative alla condizione di non autosufficienza (art. 9).

 

Più in dettaglio, la proposta di legge prevede i seguenti interventi.

Sistema di protezione sociale e di cura (artt. 1 e 2)

L’art. 1 istituisce un Fondo nazionale di solidarietà[39], al fine di sviluppare un sistema di protezione e di assistenza globale per le persone non autosufficienti, che “per età o condizione di malattia hanno sviluppato disabilità tali da rendere permanentemente impossibili le attività della vita quotidiana senza una continua assistenza esterna”. I requisiti saranno stabiliti con il decreto legislativo di cui al successivo art. 6.

Alle prestazioni del Fondo accedono tutte le persone non autosufficienti, (identificate con le modalità previste dal decreto legislativo di cui all'articolo 6), indipendentemente dalla loro partecipazione agli oneri contributivi e dal reddito familiare.

Servizi e prestazioni (art. 3)

Ferme restando le competenze del Servizio sanitario nazionale in materia di assistenza, prevenzione, cura e riabilitazione, le risorse del Fondo dovranno essere rivolte alle seguenti finalità:

a)      favorire l'accesso alla rete dei servizi[40], con particolare riguardo agli interventi di assistenza alla persona, all'assistenza domiciliare diurna e notturna;

b)      erogare titoli[41] per l'acquisto di prestazioni sociali e sanitarie, parzialmente o totalmente escluse dai livelli essenziali di assistenza, necessarie al singolo soggetto;

c)      erogare risorse integrative per il pagamento della quota sociale a carico dell'utente nel caso di ricovero in una residenza sanitaria assistita o in centri diurni integrati o per altre prestazioni necessarie alla singola persona non autosufficiente;

d)      attivare servizi e favorire progetti di sostegno alle famiglie, anche con la partecipazione delle associazioni di volontariato, finalizzate ad agevolare il mantenimento dei disabili nell'ambito familiare.

Livelli aggiuntivi di assistenza (art. 4)

Regioni, province autonome ed enti locali possono prevedere livelli aggiuntivi di assistenza finanziati con risorse proprie.

In particolare gli enti citati promuovono iniziative volte a consentire alle persone prive di autonomia fisica o psichica, che non necessitano di ricovero in strutture di tipo ospedaliero e nei centri di riabilitazione, di vivere nel proprio domicilio o presso il nucleo familiare di appartenenza.

Centrale operativa territoriale (art. 5)

Per assicurare una più efficace valutazione delle esigenze delle persone non autosufficienti è istituita presso ogni distretto sanitario[42] una centrale operativa territoriale, che collabora con i medici di medicina generale del territorio, con l'ospedale e con i servizi allo scopo attivati dagli enti locali. Nelle grandi città la centrale può attivare “antenne di quartiere” per gli anziani e per i disabili.

Delega al governo e finanziamento del Fondo (artt. 6 e 7)

L’art. 6 delega il Governo ad adottare, entro il 31 dicembre 2006, su proposta del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con i Ministri della salute e dell'economia e delle finanze, previa intesa con la Conferenza unificata[43], un decreto legislativo che definisca in particolare:

a)    i criteri di determinazione e di accertamento della non autosufficienza;

b)    le modalità di gestione del Fondo e di erogazione degli interventi;

c)    nell'ambito della definizione dei livelli essenziali delle prestazioni sociali[44], la tipologia delle prestazioni e dei servizi a carico del Fondo;

d)    le procedure di valutazione del bisogno assistenziale e delle prestazioni da erogare;

e)    le modalità di controllo e di verifica della qualità delle prestazioni erogate e delle spese sostenute dalle famiglie;

f)     le modalità di attuazione della nuova assicurazione obbligatoria di cui all’art. 7. Il decreto legislativo dovrà stabilire in particolare le fasce di reddito esenti e i diversi scaglioni contributivi nonché le misure fiscali atte a compensare il maggiore onere a carico dei lavoratori e delle imprese.

Fase sperimentale (art. 8)

Si prevede una fase sperimentale del Fondo della durata di un anno, in attesa dell’istituzione dell'assicurazione obbligatoria di cui all'art. 7.

Promozione della ricerca (art. 9)

Sono inclusi tra gli obiettivi del programma nazionale di ricerca sanitaria[45], la promozione della ricerca e della sperimentazione per il miglioramento delle prestazioni di prevenzione, diagnosi, cura e riabilitazione delle malattie e di altre condizioni patologiche alla base di una condizione di non autosufficienza.

Copertura finanziaria (art. 10)

E’ previsto uno stanziamento di 50 milioni di euro annui.

 

A.C. 1348 (Castellani e altri)

L’A.C. 1348, composto di otto articoli, stabilisce una serie di interventi, a favore degli anziani non autosufficienti. In particolare, la proposta in esame prevede:

a)      l'istituzione di un Fondo di solidarietà e i criteri di identificazione dei beneficiari, indipendentemente dal loro reddito o dal versamento di contributi (artt. 1 e 5);

b)      una delega al Governo per definire le modalità di funzionamento e gestione del Fondo (artt. 2 e 4);

c)      l’istituzione di un contributo obbligatorio, graduato a seconda del reddito percepito (art. 3);

d)      le prestazioni ed i servizi a carico del Fondo (art. 6);

e)      la previsione di eventuali finanziamenti aggiuntivi da parte delle Regioni e province autonome (art. 7);

f)        il finanziamento nella fase sperimentale del Fondo (art. 8).

 

Più in dettaglio, la proposta di legge prevede i seguenti interventi.

Fondo nazionale di solidarietà (artt. 1 e 5)

L’art. 1 istituisce un Fondodestinato a finanziare iniziative a favore di anziani non autosufficienti, definiti come coloro che hanno “sviluppato disabilità fisiche o psichiche tali che non gli permettono di provvedere alla cura della propria persona e di svolgere le attività più elementari della vita quotidiana senza l'assistenza determinante e continua di terzi”.

In base all’art. 5, hanno diritto alle prestazioni del Fondo tutti i soggetti non autosufficienti, indipendentemente dal reddito percepito o dal versamento di contributi.

Funzionamento del Fondo (art. 2)

L’art. 2 delega il Governo ad adottare[46], un decreto legislativo, al fine di definire:

-          i criteri di accertamento della non autosufficienza;

-          le modalità di gestione del Fondo e di erogazione degli interventi economici;

-          la tipologia delle prestazioni e dei servizi a carico del Fondo nell'ambito della definizione dei livelli essenziali delle prestazioni sociali;

-          le modalità per valutare le prestazioni da erogare a favore delle persone non autosufficienti e per monitorare gli interventi realizzati;

-          la identificazione delle fasce di reddito cui far corrispondere i diversi scaglioni contributivi ed il livello minimo di reddito richiesto per il contributo di solidarietà di cui al successivo art. 3;

-          la quota del Fondo da destinare alla ricerca e alla sperimentazione degli interventi per la prevenzione, diagnosi, cura e riabilitazione delle malattie che sono causa di non autosufficienza[47].

-           

L’art. 4 istituisce una apposita contabilità separata per la gestionedelle risorse del Fondo, presso l'INPS.

 

Contributo di solidarietà (art. 3)

 

E’ istituito un contributo di solidarietà, la cui puntuale configurazione è rinviata al decreto legislativo di cui all’art. 2, che dovrà stabilire anche le misure fiscali per compensare il maggiore onere a carico dei lavoratori e delle imprese. Il contributo è graduato in relazione al reddito percepito, con esclusione delle persone con reddito inferiore al minimo stabilito con il citato decreto legislativo.

Finalità del Fondo (art. 6)

La norma stabilisce gli interventi a carico del Fondo[48]:

-          miglior accesso alla rete dei servizi, con particolare riguardo agli interventi di assistenza alla persona, all'assistenza domiciliare;

-          benefici economici per l'acquisto di prestazioni sociali e sanitarie;

-          iniziative di solidarietà e forme di sostegno economico per le famiglie con soggetti non autosufficienti, da realizzare anche con l'intervento delle organizzazioni di volontariato;

-          fornitura di ausili e di presìdi sanitari;

-          ricerca sulla prevenzione, diagnosi, cura e riabilitazione delle malattie che sono causa di non autosufficienza.

Interventi da parte delle regioni e province autonome (art. 7)

La norma prevede la concessione di benefici aggiuntivi da parte di regioni, province autonome ed enti locali, finanziate con risorse proprie (comma 1).

Tali enti promuovono altresì:

- iniziative per favorire la permanenza delle persone prive di autonomia fisica o psichica nel proprio domicilio o presso il nucleo familiare di appartenenza (comma 2);

- l’istituzione di appositi sportelli per le famigliefinalizzati ad agevolare la conoscenza delle norme dell’ordinamento in materia di politiche familiari e l’acceso ai servizi.

Fase sperimentale (art. 8)

Fino all'effettiva istituzione del contributo di solidarietà, è prevista una fase sperimentale del Fondo della durata di un anno (comma 1), per la quale è stanziata una somma di 5 milioni di euro (comma 2).

 

A.C. 1355 (Garavaglia e altri)

L’A.C. 1355, composto di sette articoli, intende ampliare i diritti di cittadinanza delle persone non autosufficienti. A tal fine, la proposta di legge disciplina:

a)      i requisiti generali e le procedure per il riconoscimento della non autosufficienza, necessario per accedere ai programmi di assistenza previsti. Tale riconoscimento può essere richiesto dal soggetto interessato o dal suo tutore, nonché dal medico di medicina generale (art. 1);

b)      un progetto di vita individualizzato per le persone non autosufficienti,quale prestazione aggiuntiva rispetto a quelle di tipo socio-sanitario già incluse nei LEA (art. 2), definito nei contenuti, nelle procedure di elaborazione e di attuazione, in cui sono comprese anche le relative prestazioni socio-sanitarie (art. 4);

c)      l’istituzione di unità operative semplici per la non autosufficienza, presso le aziende sanitarie locali, deputate alla elaborazione e attuazione degli interventi di sostegno (art. 3); tali unità operative predispongono anche una relazione annuale sull'attività svolta (art. 5);

d)      la facoltà di regioni, province autonome ed enti locali di definire livelli aggiuntivi di assistenza rispetto a quelli garantiti dalla legge (art. 6);

e)      un nuovo contributo per la non autosufficienza a carico di tutti i titolari di tessera sanitaria, il cui ammontare per il primo anno di attuazione della normativa è fissato in 30 euro pro capite (art. 7).

 

Più in dettaglio, il provvedimento prevede i seguenti interventi.

Riconoscimento della non autosufficienza (art. 1)

La normadefinisce le persone non autosufficienti quelle che “per età o per condizione di malattia, hanno sviluppato disabilità tali da rendere impossibili le attività della vita quotidiana senza un'assistenza esterna” (comma 1).

Il riconoscimento della non autosufficienza è effettuatodalle aziende sanitarie locali, attraverso le unità operative semplici istituite ai sensi del successivo art. 3 (comma 2). Esso può essere richiesto dal soggetto interessato, dal tutore, dall'amministratore di sostegno[49], o dal medico di medicina generale, che ha inoltre il dovere di informare l'interessato e la sua famiglia sui livelli di assistenza garantiti dall’ordinamento (comma 3).

Le prestazioni a favore delle persone non autosufficienti (artt. 2 e 4)

L’art. 2 stabilisce il diritto di accesso alle prestazioni incluse in un progetto di vita individualizzato[50], aggiuntive rispetto a quelle socio-sanitarie già previste dalla normativa vigente[51] che hanno specifico riferimento alle condizioni cliniche, sociali e psicologiche del soggetto non autosufficiente.

I singoli progetti (art. 4) sono elaborati dalle unità operative per la non autosufficienza, in stretta collaborazione sia con il soggetto interessato e con la sua famiglia, che lo sottoscrivono, sia con l'ente locale competente territorialmente.   Gli obiettivi del progetto riguardano:

a)      l'erogazione di interventi, di prestazioni e di servizi nell'ambito socio-sanitario, tra cui l’assistenza domiciliare e semi-residenziale, atti a migliorare le condizioni di vita della persona e della sua famiglia;

b)      le misure di integrazione dell'individuo nel suo ambiente di vita e di lavoro;

c)      i sostegni economici diretti a dare attuazione al progetto individualizzato con vincolo di destinazione.

E’ prevista una verifica semestrale della attuazione del progetto stesso.

 Unità operative semplici per la non autosufficienza (artt. 3 e 5)

L’art. 3 prevede entro sei mesi l’istituzione di nuove strutture, formate da personale sanitario già in servizio presso le aziende sanitarie locali, alla cui attività sono chiamate a collaborare, a titolo non oneroso, le altre strutture sanitarie, enti pubblici e privati con finalità sociali, sanitarie e assistenziali senza scopo di lucro.

 L’art. 5 prevede una relazione annuale sull'attività svolta, da inviare al Comitato paritetico permanente per la verifica dell'erogazione dei livelli essenziali di assistenza[52].

Livelli aggiuntivi di assistenza (art. 6)

Regioni, province autonome ed enti locali possono prevedere livelli aggiuntivi di assistenza finanziati con risorse proprie.

In particolare gli enti citati promuovono iniziative volte a consentire alle persone prive di autonomia fisica o psichica, che non necessitano di ricovero in strutture di tipo ospedaliero e nei centri di riabilitazione, di vivere nel proprio domicilio o presso il nucleo familiare di appartenenza.

Norma di copertura (art. 7)

E’ introdotto un contributo a favore della non autosufficienza, a carico di tutti i soggetti titolari di tessera sanitaria[53] (comma 1).

Per il primo anno di attuazione, il contributo è pari a 30 euro pro capite (comma 3). Con decreto interministeriale sarà definito l'ammontare di tale contributo per gli anni successivi e le modalità di pagamento e riscossione (comma 2).

Le risorse finanziarie sono attribuite direttamente alle regioni e alle province autonome in base alla residenza fiscale dei titolari della tessera sanitaria (comma 4).

 

A.C. 1356 (Garavaglia e altri)

L’A.C. 1356,composto di due articoli, istituisce il Fondo per l'autonomia delle persone disabili, al fine di potenziare la ricerca e la diffusione delle tecnologie compensative, per l’integrazione sociale delle persone disabili.

 

Più in particolare, la proposta di legge prevede i seguenti interventi.

Fondo per l'autonomia delle persone disabili (art. 1)

Presso il Ministero della solidarietà è istituito un nuovo Fondo per finanziare progetti di ricerca finalizzati all'innovazione tecnologica che accresca l'indipendenza delle persone disabili e fornire dispositivi tecnologici volti a favorirne l’inserimento sociale di tali soggetti (comma 1).

Il Fondo è finanziato attraverso le seguenti risorse (comma 2):

a)      una parte del gettito tributario dell'8 per mille[54], nella misura del 10 per cento della quota utilizzata dallo Stato per interventi straordinari;

b)      le erogazioni liberali di soggetti privati e di imprese.

Le donazioni sono deducibili dal reddito imponibile, per le persone fisiche ai sensi dell'articolo 10 del testo unico delle imposte sui redditi[55], in misura non superiore al 2 per cento del reddito complessivo dichiarato; per le persone giuridiche, ai sensi dell'articolo 65 del medesimo testo unico, in misura non superiore al 2 per cento del reddito d'impresa dichiarato.

Modalità di ripartizione del Fondo (art. 2)

Le risorse del Fondo sono ripartite tra le regioni e le province autonome, attraverso un decretodel Ministro della solidarietà, emanato entro il 28 febbraio di ogni anno, di concerto con i Ministri della salute e della previdenza sociale, previa intesa in sede di Conferenza Stato - regioni (comma 1).

Possono beneficiare dei finanziamenti le organizzazioni, pubbliche o private, che dispongono sul territorio regionale di sedi, di personale e di ogni altra struttura idonea

 


Quadro di riferimento normativo

Qui di seguito sono sintetizzati i principali interventi definiti a livello nazionale e regionale con riferimento ai soggetti portatori di handicap e alle diverse forme di sostegno previste dall’ordinamento, rinviando a due lavori dell’ISTAT e di una commissione istituita nel 2002 presso il ministero del lavoro e delle politiche sociali (pubblicati nel presente dossier) un’analisi più generale delle problematiche connesse alla non autosufficienza e ai dati disponibili sull’entità dei soggetti interessati).

 

1. L’accertamento dell’handicap

Le procedure per l’accertamento ed i controlli

Gli artt. 3 e 4 della legge n. 104 del 1992 (Legge-quadro per l'assistenza, l'integrazione sociale e i diritti delle persone handicappate) disciplinano, rispettivamente, i soggetti aventi diritto e l’accertamento dell'handicap.

Si definisce persona handicappata colui che presenta una minorazione fisica, psichica o sensoriale, stabilizzata o progressiva, che è causa di difficoltà di apprendimento, di relazione o di integrazione lavorativa e tale da determinare un processo di svantaggio sociale o di emarginazione.

In particolare, qualora la minorazione, singola o plurima, abbia ridotto l'autonomia personale, correlata all'età, in modo da rendere necessario un intervento assistenziale permanente, continuativo e globale nella sfera individuale o in quella di relazione, la situazione assume connotazione di gravità e definita come handicap grave. Le situazioni riconosciute di gravità determinano priorità nei programmi e negli interventi dei servizi pubblici.

Gli accertamenti relativi alla minorazione, alle difficoltà, alla necessità dell'intervento assistenziale permanente e alla capacità complessiva individuale residua sono effettuati dalle ASL mediante le commissioni mediche[56] di cui all'articolo 1 della legge 15 ottobre 1990, n. 295 [57], che sono integrate da un operatore sociale e da un esperto nei casi da esaminare, in servizio presso le unità sanitarie locali.

La materia è stata oggetto di ripetuti interventi legislativi.

Da ultimo, l’art. 10 del D.L. n. 203 del 2005[58] ha trasferito all’INPS le residue competenze in merito ai procedimenti giurisdizionali ed alla verifica dei requisiti medico-legali e di reddito, relative alle prestazioni economiche in materia di invalidità civile, cecità civile, sordomutismo, handicap e disabilità, svolte dalla commissione medica periferica per le pensioni di guerra e d'invalidità civile [59], precedentemente strutturata presso il Ministero dell'economia e delle finanze.

Si ricorda che i trattamenti economici sono concessi dalle regioni, che possono, tuttavia, stipulare accordi con l'INPS, ai fini del conferimento al medesimo di tali funzioni. All'INPS compete, in ogni caso, l'attività di erogazione [60].

Successivamente, l'articolo 6 del D.L. n. 4 del 2006[61] ha introdotto alcuni elementi di novità riguardo ai procedimenti di accertamento delle minorazioni civili e dell'handicap.

Il comma 1 consente alle regioni di adottare disposizioni per semplificare ed unificare  le procedure di accertamento delle minorazioni civili (invalidità civile, cecità, sordità), e dell'handicap (di cui agli articoli 3 e 4 della citata legge 5 febbraio 1992, n. 104, e successive modificazioni).

Il comma 3 dello stesso articolo esonera dalla ripetizione delle visite di accertamento della permanenza della minorazione civile o dell'handicap, i soggetti che hanno patologie o menomazioni stabilizzate e non reversibili, inclusi i soggetti affetti da sindrome da talidomide, che abbiano dato luogo al riconoscimento dell'indennità di accompagnamento o di comunicazione.

Con un decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, di concerto con il Ministro della salute, saranno individuate le patologie e le menomazioni rispetto alle quali sono esclusi gli accertamenti di controllo e di revisione. Lo stesso decreto indicherà la documentazione sanitaria, da richiedere agli interessati o alle commissioni mediche delle aziende sanitarie locali qualora non acquisita agli atti, idonea a comprovare la minorazione.

Il comma 3 bis riguarda i malati oncologici per i quali viene previsto un iter di accertamento accelerato. L'accertamento dell’invalidità civile ovvero dell’handicap deve essere effettuato dalle citate Commissioni mediche delle ASL,  entro quindici giorni dalla domanda dell'interessato. La norma afferma che gli esiti dell'accertamento hanno efficacia immediata per il godimento dei benefici da essi derivanti (lavorativi, esenzione ticket, erogazione delle eventuali provvidenze economiche e quanto altre previsto anche da norme regionali).

Resta la possibilità per la citata commissione medica periferica per le pensioni di guerra e d'invalidità civile di sospenderne gli effetti fino all'esito di ulteriori accertamenti.

I criteri dell’OMS per l’accertamento della disabilità

Alcune proposte di legge fanno riferimento ai criteri di classificazione elaborati dall’Organizzazione mondiale della sanità.

 

Nel 1980 l’OMS pubblicò un primo documento dal titolo International Classification of Impairments, Disabilities and Handicaps (ICIDH). Tale pubblicazione conteneva le seguenti distinzioni:

-            "menomazione" (impairment): "perdita o anormalità a carico di una struttura o di una funzione psico-logica, fisiologica o anatomica";

-             "disabilità" (disability): "qualsiasi limitazione o perdita (conseguente a menomazione) della capacità di compiere un’attività nel modo o nell’ampiezza considerati normali per un essere umano";

-            "handicap": "condizione di svantaggio conseguente a una menomazione o a una disabilità che in un certo soggetto limita o impedisce l’adempimento del ruolo normale per tale soggetto in relazione all’età, al sesso e ai fattori socioculturali".

Tali condizioni possono essere consequenziali ovvero l’handicap può derivare da una menomazione, senza la mediazione di uno stato di disabilità ed una menomazione può ad esempio dare origine ad ostacoli nei normali tentativi di instaurare dei rapporti sociali, per cui essa determina l’handicap ma non la disabilità. Infine, la sequenza può essere anche interrotta: una persona può essere menomata senza essere disabile e disabile senza essere handicappata. In particolare, il documento distingue, per le Menomazioni e le Disabilità 9 macro-categorie e per gli Handicaps 7 macro-categorie.

 

Il 21 maggio 2001, 191 Paesi partecipanti alla 54ma Assemblea Mondiale della Sanità hanno accettato la nuova Classificazione Internazionale del Funzionamento, della Disabilità e della Salute (International Classification of Functioning, Disability and Health - ICF) come “standard di valutazione e classificazione di salute e disabilità”.

Lo scopo generale dell’ICF è quello di fornire un linguaggio standard e unificato che serva da modello di riferimento per la descrizione delle componenti della salute e degli stati ad essa correlati.

Queste ultime sono descritte dal punto di vista corporeo, individuale e sociale in due elenchi principali: 1) Funzioni e Strutture Corporee, 2) Attività e Partecipazione.

La classificazione elenca anche i fattori ambientali che interagiscono a determinare una situazione di disabilità. Questa infatti viene definita come la conseguenza o il risultato di una complessa relazione tra la condizione di salute di un individuo, i fattori personali e i fattori ambientali che rappresentano le circostanze in cui vive l’individuo.

Nelle classificazioni internazionali dell’OMS le condizioni di salute in quanto tali (malattie, disturbi, lesioni, ecc) vengono classificate principalmente nella Classificazione Internazionale delle Malattie (International Statistical Classification of Diseases and Related Health Problems - ICD) che viene periodicamente rivista ed aggiornata. Attualmente è in uso l’ICD-10 (OMS, 1992-94), tradotta in italiano nel 2000. Alla classificazione Internazionale delle Malattie, vi sono altri sistemi classificatori che si concentrano su gruppi di patologie. Ad esempio per quanto riguarda le malattie mentali il principale riferimento, dopo l’ICD-10, è dato dal Manuale Diagnostico e Statistico dei Disturbi Mentali (DSM IV TR) realizzata dall’American Psychiatric Association.

 

La Classificazione Internazionale delle Malattie e la Classificazione Internazionale sul Funzionamento, sulla Disabilità e sulla Salute vanno considerate come complementari. L’ICD-10 si basa sulla sequenza Eziologia -> Patologia -> Manifestazione Clinica e fornisce una “diagnosi” delle malattie mentre l’ICF classifica il funzionamento e la disabilità associati alle condizioni di salute.

 

2. L’assistenza socio-sanitaria 

Gli interventi a livello nazionale

La legge n. 833 del 1978, con cui è stato istituito il Servizio Sanitario Nazionale ha previsto tra gli obiettivi da perseguire (art. 2), l'integrazione scolastica dei soggetti handicappati e la tutela della salute degli anziani.  In tale ambito, le ASL erogano direttamente le prestazioni sanitarie dirette al recupero funzionale e sociale dei soggetti affetti da minorazioni ovvero tramite convenzioni con istituti, esistenti nella regione in cui abita l'utente o anche in altre regioni, in conformità ad uno schema-tipo approvato dal Ministro della salute, sentito il Consiglio sanitario nazionale (a tale proposito vedi il D.M. del 23 novembre 1982 e successive modificazioni) (art. 26).

Con il D.Lgs. n. 229 del 1999 [62](art. 3, comma 3), recante norme per la razionalizzazione del Servizio sanitario nazionale, in attuazione della legge delega n. 419 del 1998,  il processo di regionalizzazione del SSN ha conosciuto un ulteriore sviluppo, determinando, tra l’altro, l’affidamento alle regioni delle attività rivolte ai disabili ed agli  anziani e quelle per i servizi di assistenza domiciliare integrata.  Inoltre, lo stesso intervento legislativo ha definito le prestazioni sociosanitarie [63], quali attività atte a soddisfare, mediante percorsi assistenziali integrati, bisogni di salute della persona che richiedono unitariamente prestazioni sanitarie e azioni di protezione sociale in grado di garantire, anche nel lungo periodo, la continuità tra le azioni di cura e quelle di riabilitazione.

Le prestazioni sociosanitarie sono state distinte in:

a)   prestazioni sanitarie a rilevanza sociale, cioè le attività finalizzate alla promozione della salute, alla prevenzione, individuazione, rimozione e contenimento di esiti degenerativi o invalidanti di patologie congenite e acquisite;

b)   prestazioni sociali a rilevanza sanitaria, cioè tutte le attività del sistema sociale che hanno l'obiettivo di supportare la persona in stato di bisogno, con problemi di disabilità o di emarginazione condizionanti lo stato di salute.

Il D.P.C.M. 14 febbraio 2001[64] ha stabilito la tipologia e le definizioni delle prestazioni sociosanitarie. In particolare, l'assistenza socio-sanitaria viene prestata alle persone che presentano bisogni di salute che richiedono prestazioni sanitarie ed azioni di protezione sociale, anche di lungo periodo, sulla base di progetti personalizzati redatti sulla scorta di valutazioni multidimensionali. Le regioni disciplinano le modalità ed i criteri di definizione dei progetti assistenziali personalizzati. Le prestazioni socio-sanitarie sono definite tenendo conto dei seguenti criteri: la natura del bisogno, la complessità e l'intensità dell'intervento assistenziale, nonché la sua durata.

La regione nell'àmbito della programmazione degli interventi socio-sanitari determina gli obiettivi, le funzioni, i criteri di erogazione delle prestazioni socio-sanitarie, ivi compresi i criteri di finanziamento, tenendo conto di quanto espresso nella tabella allegata al provvedimento, in cui sono descritte le prestazioni ed i criteri di finanziamento.

Per quanto concerne l’assistenza sanitaria, ai sensi del citato D.Lgs. 502 del 1992 (art. 1, comma 6) i livelli essenziali di assistenza comprendono le tipologie di assistenza, i servizi e le prestazioni  relativi alle aree di offerta individuate dal Piano sanitario nazionale. Tali livelli riguardano:

§         l’assistenza sanitaria collettiva in ambiente di vita e di lavoro;

§         l’assistenza distrettuale;

§         l’assistenza ospedaliera.

 

In attuazione di tale norma, il DPCM 29 novembre 2001 distingue tra prestazioni garantite, a carico del SSN (allegato 1), individuate nell’assistenza sanitaria collettiva in ambiente di vita e di lavoro, nell’assistenza distrettuale (medicina di base e di emergenza, assistenza farmaceutica, assistenza integrativa e specialistica ambulatoriale) e nell’assistenza ospedaliera e prestazioni a carico del cittadino (allegato 2), come gli interventi di chirurgia estetica, l’erogazione di medicine non convenzionali, delle vaccinazioni non obbligatorie ecc. L’allegato 3 fornisce indicazioni sull’applicazione dei livelli essenziali in ambito ospedaliero e farmaceutico.

In particolare, nell’assistenza distrettuale si evidenziano le prestazioni a favore di varie categorie di persone non autosufficienti:

-     Assistenza protesica  per i disabili (fornitura di protesi e ausili a favore di disabili fisici, psichici e sensoriali) [65];

-     Assistenza territoriale ambulatoriale e domiciliare (attività sanitaria e sociosanitaria rivolta alle persone con problemi psichiatrici e alle loro famiglie [66], attività riabilitativa sanitaria e sociosanitaria rivolta alle persone con disabilità fisica, psichica e sensoriale[67], attività sanitaria e sociosanitaria rivolta a pazienti nella fase terminale[68]);

-     Assistenza territoriale residenziale e semi-residenziale (attività sanitaria e sociosanitaria rivolta alle persone anziane non autosufficienti[69]), attività sanitaria e sociosanitaria rivolta alle persone con problemi psichiatrici (vedi supra), attività riabilitativa sanitaria e sociosanitaria rivolta alle persone con disabilità fisica, psichica e sensoriale (vedi supra e D.M. 21 maggio 2001, in cui sono elencati i requisiti minimi delle strutture alternative alla famiglia), attività sanitaria e sociosanitaria rivolta a pazienti nella fase terminale (vedi supra)).

In particolare, per gli invalidi, l’assistenza essenziale prestata in ciascuna macroarea ha caratteri specifici e comprende, tra l’altro, tutte le prestazioni sanitarie già previste dai relativi ordinamenti anteriormente alla legge n. 833 del 1978 (art. 57).

Il citato DPCM 29 novembre 2001 contiene, altresì, nell’allegato C1 una tabella riepilogativa (cfr i riferimenti normativi) riguardante all’area di integrazione socio-sanitaria, in cui sono evidenziate per le singole tipologie erogative di carattere socio sanitario, accanto al richiamo alle prestazioni sanitarie di cui sopra, anche quelle sanitarie di rilevanza sociale, ovvero le prestazioni nelle quali la componente sanitaria e quella sociale non risultano operativamente distinguibili, e per le quali si è convenuta una percentuale di costo non attribuibile alle risorse finanziarie destinate al Servizio Sanitario Nazionale.

In particolare, per ciascun livello sono individuate le prestazioni a favore di minori, donne, famiglia, anziani, disabili, pazienti psichiatrici, persone con dipendenza da alcool, droghe e farmaci, malati terminali, persone con patologie da HIV.

 

Per quanto riguarda la pratica territoriale delle attività sociosanitarie, i principali interventi sono portati avanti attraverso diversi strumenti operativi, tra i quali, il distretto sanitario, in cui l’ente ASL è articolata, serve a garantire specificatamente l’integrazione fra l’assistenza sanitaria e sociale.

Attraverso strutture organizzate in forma dipartimentale, in cui sono organicamente inseriti i medici di medicina generale e i pediatri di libera scelta, il distretto assume un ruolo di governo per l’integrazione dell’attività dei servizi e dei Dipartimenti della Azienda USL, inclusi i presidi ospedalieri, fra di loro e con l’assistenza sociale (di competenza comunale), in attuazione delle strategie aziendali, formalizzate nel Piano territoriale della salute che viene elaborato di intesa con le amministrazioni comunali.

Il Distretto deve perciò garantire, tra le altre prestazioni, le attività od i servizi rivolti a disabili e anziani e quelle di assistenza domiciliare integrata. In tale ambito, il distretto stesso rappresenta, pertanto, il promotore di progetti per la salute che interessano più strutture operative, incluse quelle dei Comuni che, per la parte di integrazione socio-sanitaria, convergono in tali progetti. In particolare, le strutture sanitarie non ospedaliere che intervengono, comprendono, specificatamente nel caso dell’anziano, le Residenze Sanitarie Assistenziali (RSA).

Un’altra attività che viene erogata riguarda l’Assistenza Domiciliare Integrata (ADI), che viene altresì esplicata nel caso in cui, per motivi di organizzazione sanitaria o per ragioni sociali, sia necessaria un’assistenza alternativa al ricovero. Tale intervento assicura al domicilio del paziente varie prestazioni socio sanitarie (medicina generale; medicina specialistica; infermieristica domiciliare e di riabilitazione; aiuto domestico da parte dei familiari o del competente servizio delle Aziende; assistenza sociale.

In generale, le ipotesi di attivazione dell’intervento si riferiscono a malati terminali, incidenti vascolari acuti, gravi fratture agli anziani, forme psicotiche acute gravi, riabilitazione di vasculopatici, malattie acute temporaneamente.

 

Nell’ultimo Piano Sanitario Nazionale 2006–2008 [70] la questione dell’integrazione tra assistenza sanitaria e sociale (prestazioni sanitarie specialistiche ed ospedaliere e servizi sociali)  rappresenta una delle priorità da affrontare nel corso degli anni a venire. In particolare, tale questione è fortemente connessa al tema della non autosufficienza degli anziani e dei disabili. Le cure sanitarie e quelle sociali, che possiamo definire come l’insieme di interventi di assistenza sociosanitari, tenderanno ad assorbire crescenti risorse nell’ambito dei servizi sanitari e socio-sanitari. Pertanto, si ritiene fondamentale attuare sistematici interventi di prevenzione primaria, secondaria e terziaria, in grado di affrontare la molteplicità dei fattori che concorrono a determinare e ad aggravare la situazione di non autosufficienza, per cui risulta altrettanto basilare il rafforzamento delle reti assistenziali, con una forte integrazione dei servizi sanitari e sociali.

In considerazione degli scenari attuali e di quelli futuri, dall’esperienza di questi anni e dall’esperienza internazionale, per quanto riguarda gli anziani, l’obiettivo prioritario che il SSN vuole perseguire in tutto il territorio, è la garanzia per l’anziano non autosufficiente della permanenza al proprio domicilio, laddove le condizioni sanitarie, sociali, abitative e di solidarietà sociale lo rendano appropriato.

Parallelamente, occorre altresì:

-     riorganizzare la rete dei servizi sanitari, potenziando l’assistenza territoriale e

-     l’integrazione con il sociale, avvalendosi anche del privato;

-     garantire il livello di assistenza agli anziani non autosufficienti su tutto il territorio nazionale e gli standard uniformi di prestazioni, di processo e di esito, anche ai fini di una valutazione della sua effettiva erogazione;

-     promuovere la ricerca biomedica e clinica sull’invecchiamento;

-     provvedere al finanziamento adeguato dei bisogni connessi alla non autosufficienza.

Per quanto riguarda le persone diversamente abili, il fine dell’integrazione dei servizi sanitari e sociali non può prescindere dal contributo fortemente innovativo, apportato dalla riflessione internazionale in questo campo, concretizzatosi nella “Classificazione internazionale del funzionamento, disabilità e salute (ICF)”. Tale approccio pone in risalto la responsabilità delle varie istituzioni (istruzione, sanità, lavoro, enti locali, etc) che, attraverso un coordinamento delle attività multiprofessionali e multidisciplinari, operano per il miglior inserimento o reinserimento nel contesto familiare, lavorativo, relazionale e sociale di questi pazienti. In tal senso occorre:

-     sviluppare un programma individualizzato di riabilitazione, rieducazione e reinserimento sociale, alla cui definizione partecipa attivamente il paziente con disabilità e la sua famiglia;

-     sviluppare gli strumenti del governo clinico e della valutazione della qualità, tramite indicatori di struttura, di processo e di esito, implementando l’utilizzo di

-     linee guida cliniche e di percorsi assistenziali, fondati sui principi della medicina basata sulle evidenze;

-     procedere ad una rielaborazione delle linee guida ministeriali per le attività di riabilitazione, già approvate con un Accordo Stato-Regioni nell’anno 1998;

-     provvedere ad un aggiornamento del nomenclatore dei presidi protesici ed ortesici, al fine di adeguare la lista dei dispositivi erogabili e meglio ricollegare l’assistenza protesica alla più generale assistenza riabilitativa;

-     prevedere il coinvolgimento della rete assistenziale e di solidarietà sociale, attraverso il volontariato, il privato no profit, le associazioni di familiari e dei gruppi di auto-aiuto;

-     promuovere la realizzazione di condizioni vita quanto più indipendenti, ipotizzando soluzioni abitative in residenze di piccole dimensioni che, pur promuovendo l’autonomia, mantengano il paziente in un contesto relazionale favorevole.

I provvedimenti delle regioni e province autonome

Le Regioni hanno previsto diversi interventi in materia, tra cui il potenziamento dei servizi di assistenza domiciliare e di assistenza residenziale e l’erogazione di contribuiti economici alle famiglie.

Le Regioni hanno disciplinato, in particolare, diverse modalità di assistenza per i soggetti non autosufficienti:

•    contributi economici alle famiglie che hanno a carico anziani non autosufficienti (assegni o buoni sociali);

•    voucher socio-sanitari;

•    Fondo per la non autosufficienza.

 

Contributi economici alle famiglie

Diverse Regioni [71] e le Province autonome di Trento e di Bolzano hanno deciso di stanziare contributi per le famiglie che accudiscono a casa l’anziano non autosufficiente, secondo condizioni variabili da Regione a Regione, che si riconducono ad alcuni elementi essenziali: l’esistenza di un certo grado di non autosufficienza; la possibilità del nucleo familiare di accudire la persona anziana; l’accertamento di condizioni di reddito del nucleo familiare al di sotto di una determinata soglia (solo in alcuni casi non sono previsti limiti di reddito).

 

Voucher socio-sanitari

Si tratta di aiuti economici che possono essere spesi per l’acquisto di determinate prestazioni socio-sanitarie, nell’ambito di strutture pubbliche o private accreditate, anche cumulabili con interventi economico-assistenziali già spettanti al richiedente. Tali interventi sono previsti solo in alcune regioni, come la Lombardia, la Valle d’Aosta e la Sicilia.

 

Fondo per la non autosufficienza

Alcune regioni hanno di recente emanato provvedimenti in materia. 

In particolare, la Liguria [72] ha creato un apposito fondo, componente del Fondo Regionale per le Politiche sociosanitarie, che finanzia prioritariamente le prestazioni sanitarie e socio-sanitarie inserite nei Livelli Essenziali di Assistenza (LEA), l'assistenza territoriale domiciliare, l'assistenza residenziale e semiresidenziale di mantenimento, in particolare, relative agli anziani ed ai disabili.

Costituiscono fonti di finanziamento del Fondo:

a)       le risorse del Fondo Sanitario già destinate alle attività socio-sanitarie di tipo domiciliare e residenziale e le risorse derivate dagli obiettivi del Piano Sanitario Nazionale finalizzate alla non autosufficienza;

b)       una quota delle risorse del Fondo Regionale per le Politiche Sociali, trasferito dallo Stato ai sensi della citata legge n. 328 del 2000, da destinare alla non autosufficienza;

c)       entrate regionali anche provenienti dalla fiscalità;

d)       altre risorse provenienti da Fondazioni o donazioni;

e)       finanziamenti che i Comuni dedicano agli interventi di sostegno alla persona e alla famiglia e all'aiuto domestico familiare o altre prestazioni a favore dei non autosufficienti.

 

Anche il Lazio [73] ha provveduto all’istituzione del fondo socio-sanitario regionale per la non autosufficienza, al fine di incrementare e razionalizzare il sistema di protezione sociale e di cura per le persone anziane e disabili non autosufficienti.

3. Disciplina sull’inserimento e l’integrazione delle persone disabili

L’art. 8, comma 1 , lettera l) della legge n. 104 del 1992 prevede l’istituzione o l’adattamento di centri socio-riabilitativi ed educativi diurni, a valenza educativa, che perseguano lo scopo di rendere possibile una vita di relazione a persone temporaneamente o permanentemente handicappate, che abbiano assolto l'obbligo scolastico, e le cui verificate potenzialità residue non consentano idonee forme di integrazione lavorativa. Gli standard dei centri socio-riabilitativi sono definiti dal Ministro della salute, di concerto con il Ministro per gli affari sociali, sentita la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano.

 

La legge n. 328 del 2000 (Legge quadro per la realizzazione del sistema integrato di interventi e servizi sociali) disciplina le tipologie di assistenza, i rapporti tra Stato, Regioni ed autonomie locali e le modalità di erogazione delle prestazioni e prevede un rinnovato impulso al ruolo delle associazioni non profit.

Nel modello disegnato dalla legge-quadro, lo Stato definisce con il Piano nazionale le priorità nel campo della politica sociale, i livelli essenziali delle prestazioni e la ripartizione delle risorse finanziarie, nonché stabilisce i requisiti minimi strutturali e organizzativi degli operatori del settore; è previsto l'esercizio di poteri sostitutivi in caso di accertata inadempienza delle Regioni.

Le Regioni svolgono funzioni di programmazione, partecipando alla definizione del Piano nazionale ed elaborando - di concerto con i comuni- politiche integrate in materia di interventi sociali, ambiente, sanità, istituzioni scolastiche, avviamento/reinserimento nel lavoro, servizi del tempo libero, trasporti e comunicazioni. Le Regioni curano il coordinamento e la verifica dell'attività svolta dai soggetti operanti nel settore dei servizi sociali, con particolare riferimento all'integrazione degli interventi nell'area socio-sanitaria. Spetta altresì alle Regioni la definizione degli ambiti territoriali ottimali (tendenzialmente coincidenti con i distretti sanitari), favorendo l'esercizio associato delle funzioni sociali, e l'approvazione dei criteri per l'autorizzazione e l'accreditamento delle strutture.

La legge non attribuisce alla provincia compiti gestionali, bensì compiti di supporto, monitoraggio e coordinamento.

Ai Comuni spettano rilevanti competenze sia nella realizzazione della rete dei servizi che nella definizione dei parametri per l'accesso prioritario ai servizi stessi (attraverso il Piano di zona) nonché l'esercizio dei poteri di autorizzazione, accreditamento e vigilanza dei servizi sociali svolti dai soggetti pubblici e privati. Viene così posto in risalto il criterio di affidare all'ente più vicino alla popolazione la gestione amministrativa della cosa pubblica, attribuendo agli organi sovraordinati soltanto le funzioni che, per la loro natura, non possono essere esercitate localmente in quanto necessitano di un coordinamento in sede centrale.

Particolare attenzione è dedicata alla responsabilizzazione e al coinvolgimento delle organizzazioni del terzo settore, non solo nella fase di programmazione ma anche in quella di gestione dei servizi; il sistema di accreditamento disposto dalla legge è volto ad evitare forme di affidamento di servizi a soggetti poco competitivi  e non in grado di garantire un livello adeguato di prestazioni; sono previsti a favore delle organizzazioni non profit programmi di sostegno, da realizzare tramite politiche formative, accesso al credito agevolato e ai fondi della Comunità europea. Molta importanza riveste anche il riordino delle Istituzioni pubbliche di assistenza e beneficenza (IPAB), che completa il lungo processo di "depubblicizzazione" di tali enti, favorendone l'inserimento nella rete integrata dei servizi e la valorizzazione del loro patrimonio [74].

In conclusione, la legge prefigura un sistema di interventi e servizi sociali integrato, che consenta il coordinamento e l'integrazione tra gli interventi in campo sociale, sanitario, dell'istruzione e con le politiche attive nel mondo del lavoro al fine di promuovere per quanto possibile lo sviluppo della persona.

La legge indica alcune modalità per la realizzazione di particolari interventi di integrazione e sostegno sociale, come i disabili, gli anziani non autosufficienti, i minori, sottolineando il ruolo fondamentale delle misure a favore delle famiglie (interventi a sostegno della maternità, sevizi formativi, prestazioni di aiuto domiciliare) che consentano di recuperare il ruolo centrale della famiglia all'interno del corpo sociale.

 

Più in dettaglio, la legge prevede una serie d’interventi per i soggetti disabili, tra i quali, quelli previsti all’art. 14 (Progetti individuali per le persone disabili), al fine di realizzare la piena integrazione delle persone disabili di cui all'articolo 3 della citata legge n. 104 del 1992, nell'ambito della vita familiare e sociale, nonché nei percorsi dell'istruzione scolastica o professionale e del lavoro, per cui i comuni, d'intesa con le aziende unità sanitarie locali, predispongono, su richiesta dell'interessato, un progetto individuale nell'ambito delle risorse disponibili in base al Piano nazionale ed ai piani regionali degli interventi e dei servizi sociali ed ai pani di zona (di cui agli articoli 18 e 19), il progetto individuale comprende, oltre alla valutazione diagnostico-funzionale, le prestazioni di cura e di riabilitazione a carico del Servizio sanitario nazionale, i servizi alla persona a cui provvede il comune in forma diretta o accreditata, con particolare riferimento al recupero e all'integrazione sociale, nonché le misure economiche necessarie per il superamento di condizioni di povertà, emarginazione ed esclusione sociale. Nel progetto individuale sono definiti le potenzialità e gli eventuali sostegni per il nucleo familiare.

Tra le altre disposizioni della citata legge dettate, per la realizzazione di particolari interventi di integrazione e sostegno sociale, ricordiamo, il  sostegno domiciliare per le persone anziane non autosufficienti (art. 15), che rappresenta un aiuto economico per favorire l'autonomia delle persone anziane e sostenere il nucleo familiare nell'assistenza domiciliare, con una parte riservata ad investimenti e progetti integrati tra assistenza e sanità e per il potenziamento delle attività di assistenza domiciliare integrata; la valorizzazione ed il sostegno delle responsabilità familiari (art. 16), dove in particolare sono considerate prestazioni di aiuto, anche di carattere economico (sotto forma di prestiti d’onore, agevolazioni fiscali e tariffarie), e sostegno domiciliare per le famiglie che hanno responsabilità di cura di disabili e/o di anziani; i cosiddetti titoli per l'acquisto di servizi sociali (art. 17), concessi dai comuni, su richiesta dell'interessato, per l'acquisto di servizi sociali dai privati accreditati ovvero come sostitutivi delle prestazioni economiche diverse da quelle correlate al minimo vitale previste per legge, nonché dalle pensioni sociali e dagli assegni erogati. Da ultimo, si ricorda il Sistema informativo dei servizi sociali (art. 21), istituito per conoscere i  bisogni  sociali,  per disporre di informazioni necessarie alla programmazione,  alla gestione e  alla valutazione delle politiche sociali;  per il coordinamento con strutture sanitarie, formative, con le politiche del lavoro e dell’occupazione; per i progetti.

L’art. 22 della citata legge 328 del 2000 definisce il sistema integrato di interventi e servizi sociali che si realizza mediante politiche e prestazioni coordinate nei diversi settori della vita sociale, integrando servizi alla persona e al nucleo familiare con eventuali misure economiche, e con la definizione di percorsi attivi volti ad ottimizzare l'efficacia delle risorse, impedire sovrapposizioni di competenze e settorializzazione delle risposte.

Ferme restando le competenze del Servizio sanitario nazionale in materia di prevenzione, cura e riabilitazione, nonché le disposizioni previste in materia di integrazione socio-sanitaria (di cui al decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502, e successive modificazioni), gli interventi di seguito indicati costituiscono il livello essenziale delle prestazioni sociali erogabili sotto forma di beni e servizi secondo le caratteristiche ed i requisiti fissati dalla pianificazione nazionale, regionale e zonale, nei limiti delle risorse del Fondo nazionale per le politiche sociali, tenuto conto delle risorse ordinarie già destinate dagli enti locali alla spesa sociale.

In particolare, al comma 2, lettera f) del citato articolo si prevedono interventi per la piena integrazione delle persone disabili (ai sensi dell'articolo 14); la realizzazione, per i soggetti di cui all'articolo 3, comma 3, della legge 5 febbraio 1992, n. 104, dei centri socio-riabilitativi e delle comunità-alloggio di cui all'articolo 10 della citata legge n. 104 del 1992, e dei servizi di comunità e di accoglienza per quelli privi di sostegno familiare, nonché erogazione delle prestazioni di sostituzione temporanea delle famiglie.

 

Con riferimento al Fondo nazionale per le politiche sociali, va ricordato che la legge n. 289 del 2002, art. 46(legge finanziaria per il 2003) ha introdotto significative modifiche, anche al fine di adeguare la legislazione alle novità introdotte con la riforma del titolo V della Costituzione ed ai poteri attribuiti alle Regioni nel campo della assistenza sociale.

Innanzitutto è soppresso, almeno tendenzialmente, il “vincolo di destinazione” delle risorse progressivamente confluite nel Fondo nel corso degli anni. La stessa norma, peraltro, fa espressa eccezione per gli stanziamenti destinati a soddisfare diritti soggettivi, la cui gestione è affidata all’INPS (assegni ai nuclei familiari; assegni di maternità; agevolazioni per portatori di handicap etc)[75].

La legge n. 289 del 2002 ha inoltre previsto la determinazione con DPCM dei livelli essenziali delle prestazioni sociali, attraverso i quali garantire in modo uniforme su tutto il territorio nazionale le prestazioni nel campo sociale, con una procedura analoga al modello definito con i livelli essenziali di assistenza nel comparto sanitario (LEA). Tale disposizione, peraltro, non ha poi trovato attuazione.

 

Vanno infine ricordate le decisioni con le quali la Corte costituzionale la Corte costituzionale ha dichiarato illegittime, ai sensi del titolo V della Costituzione, alcune norme di legge volte a vincolare l’impiego di una quota delle risorse del Fondo per finalità stabilite a livello nazionale (per tale profilo e per un’analisi dell’utilizzo delle risorse del Fondo nazionale nel corso degli anni cfr il dossier quaderni e ricerche del Servizio Studi n. 2/12, pag. 79 e ss).

 

4. Ladisciplina del collocamento al lavoro per i disabili

Con la legge 12 marzo 1999 n. 68, ed i successivi provvedimenti attuativi emanati dal Ministero del lavoro, si è inteso il più possibile favorire l’inserimento o il reinserimento nel mondo produttivo delle persone portatrici di handicap[76].

Le principali innovazioni introdotte rispetto alla normativa precedente consistono:

-    nell'individuare nei soli portatori di handicap psico-fisici, negli invalidi di guerra, civili di guerra, per servizio, nonché nei ciechi e sordomuti i destinatari della normativa (articolo 1);

-    nel definire una disciplina ed una organizzazione amministrativa ispirate al concetto di ”collocamento mirato”, cioè individualizzato in rapporto alla concreta capacità lavorativa del singolo soggetto disabile (articolo 2);

-          nell'affiancare agli strumenti che impongono un obbligo (quote di riserva sulle assunzioni) la previsione di misure di incentivazione per le imprese (articolo 13).

In questo contesto si dispone, da un lato, per le imprese di maggiori dimensioni, una riduzione percentuale (dal 15% al 7%) della quota di riserva da assegnare ai disabili in relazione al totale dei posti di lavoro; dall’altro, una estensione della platea delle imprese destinatarie degli obblighi di assunzione, comprendendo sia i datori pubblici sia quelli privati, nonché le imprese aventi un numero di dipendenti compreso tra 15 e 35.

In particolare l’articolo 3 della legge impone a tutti i datori di lavoro pubblico e privati con più di 14 dipendenti di avere alle proprie dipendenze una certa percentuale di persone disabili e precisamente:

·         il 7%, se i dipendenti sono più di 50;

·         2 lavoratori, se i dipendenti sono compresi tra 36 e 50;

·         1 lavoratore, se i dipendenti sono compresi tra 15 e 35.

Sono previste alcune eccezioni, in particolare per i datori di lavoro che operano nel settore del trasporto aereo, marittimo e terrestre (articolo 5).

In caso di inadempimento agli obblighi di assunzione, il datore di lavoro è tenuto a versare al Fondo regionale per l'occupazione dei disabili una somma a titolo di sanzione amministrativa per ogni lavoratore disabile non occupato (articolo 15).

Si ricorda che per garantire il rispetto della normativa a tutela del lavoro dei portatori di handicap, la legge n. 68 prevede – tra l’altro - che le imprese che partecipano a bandi per appalti pubblici o che intrattengono rapporti convenzionali o di concessione con pubbliche amministrazioni devono presentare preventivamente alle stesse la dichiarazione del legale rappresentante che attesti il rispetto delle norme che disciplinano il collocamento obbligatorio, nonché apposita certificazione rilasciata dagli uffici competenti dalla quale risulti l’ottemperanza alle norme stesse (art. 17 della legge n. 68 del 1999; art. 8 del D.P.R. 333 del 2000).

La medesima legge n. 68 prevede poi, all’articolo 6, la costituzione di appositi organismi che si occupano, in raccordo con i servizi sociali, sanitari, educativi e formativi presenti sul territorio, di programmare, attuare, verificare gli interventi volti a favorire l’inserimento dei disabili, nonché “all’avviamento lavorativo, alla tenuta delle liste, al rilascio delle autorizzazioni, degli esoneri e delle compensazioni territoriali, alla stipula delle convenzioni e all’attuazione del collocamento mirato”.

Tra il datore di lavoro e i servizi per l'impiego, infatti, possono essere stipulate convenzioni (articolo 11) aventi ad oggetto la determinazione di un programma mirante al conseguimento degli obiettivi occupazionali della legge stessa. Tali convenzioni – come indicato nell’articolo 13 della Legge - possono prevedere, tra l'altro, la concessione di sgravi contributivi per l'assunzione di soggetti disabili (anche da parte di datori di lavoro non soggetti all'obbligo di assunzione) in proporzione alla riduzione della capacità lavorativa degli stessi.

Anche se la legge n. 68 non prevede espressamente la creazione di posti di lavoro per le persone handicappate, l’articolo 1, comma 3, del medesimo provvedimento richiama norme già in vigore atte a favorire l'assunzione di non vedenti[77] per determinati impieghi: centralinisti telefonici; massaggiatori e massofisioterapisti; terapisti della riabilitazione; insegnanti.

 

Si ricorda, infine, che tra le disposizioni transitorie, l’articolo 18, comma 3, della legge n. 68 ha disposto, fino al 31 dicembre 2004[78], che gli invalidi del lavoro ed i soggetti appartenenti alle forze di polizia, forze militari e della protezione civile invalidi per servizio, che alla medesima data risultino iscritti nelle liste delle assunzioni obbligatorie presso le pubbliche amministrazioni e le aziende private di cui alla legge 2 aprile 1968, n. 482, siano avviati al lavoro dagli uffici competenti senza necessità di inserimento nella graduatoria dei disabili disoccupati.

 

Si ricorda che un altro strumento per favorire l'impiego delle persone handicappate è rappresentato dalle cooperative sociali di cui alla legge 8 novembre 1991, n. 381. Tali cooperative sono finalizzate all'inserimento lavorativo delle persone svantaggiate (tra le quali rientrano gli invalidi fisici, psichici e sensoriali) e godono di agevolazioni nell'esercizio della loro attività.

 

L’articolo 2 del D.L. 236 del 2002, convertito dalla legge n. 284 del 2002, ha trasposto in una disposizione di rango legislativo l’intero contenuto (comprensivo dell’ulteriore proroga) dell’art. 11, comma 2, del DPR n. 333 del 2000, regolamento di attuazione della citata legge n. 68 del 1999, che contestualmente è stato abrogato. Il citato articolo 2 ha prorogato così fino al 31 dicembre 2003 il termine per il computo nelle quote obbligatorie di riserva previste dalla legge n. 68 delle persone che al momento dell’entrata in vigore di quella disciplina legislativa risultavano già occupate in applicazione della previgente normativa sul collocamento obbligatorio.

 

Si consideri, infine, che, in recepimento della direttiva 2000/78/CE e in base alla delega della legge n. 39 del 2002 (Legge comunitaria 2001), è stato emanato il Decreto Legislativo 9 luglio 2003, n. 216:l’art. 1 prevede - al fine di garantire la parità di trattamento in materia di occupazione e di condizioni di lavoro - pari condizioni tra persone, indipendentemente da religione, convinzioni personali, handicap, età e tendenze sessuali. A tale scopo, dopo aver fornito una precisa definizione di discriminazione diretta e indiretta, la normativa delimita il campo di applicazione, prevedendo tra l’altro l’accesso a idonee procedure giurisdizionali al fine di tutelare i diritti e porre rimedio alle discriminazioni.

 

5. Le provvidenze a favore degli invalidi civili

L’art. 4 degli A.A.C.C. 11, 422 e 1228 prevede il coordinamento nei nuovi LESNA dei benefici economici già previsti dalla vigente normativa a favore degli invalidi civili.

A tal proposito, sono richiamati espressamente i seguenti provvedimenti:

§         L. 10 febbraio 1962, n. 66, recante “Nuove disposizioni relative all'Opera nazionale per i ciechi civili”;

§         L. 26 maggio 1970, n. 381, recante “Aumento del contributo ordinario dello Stato a favore dell'Ente nazionale per la protezione e l'assistenza ai sordomuti e delle misure dell'assegno di assistenza ai sordomuti”;

§         L. 27 maggio 1970, n. 382, recante “Disposizioni in materia di assistenza ai ciechi civili”;

§         D.L. 30 gennaio 1971, n. 5, convertito dalla L. 30 marzo 1971, n. 118, recante “Provvidenze in favore dei mutilati ed invalidi civili”;

§         L. 11 febbraio 1980, n. 18, recante “Indennità di accompagnamento agli invalidi civili totalmente inabili”;

§         L. 21 novembre 1988, n. 508, recante “Norme integrative in materia di assistenza economica agli invalidi civili, ai ciechi civili ed ai sordomuti” (si segnala al riguardo che il testo in esame erroneamente attribuisce al provvedimento in questione la natura giuridica di decreto legislativo);

§         D.Lgs. 23 novembre 1988, n. 509, recante “Norme per la revisione delle categorie delle minorazioni e malattie invalidanti, nonché dei benefici previsti dalla legislazione vigente per le medesime categorie, ai sensi dell'articolo 2, comma 1, della legge 26 luglio 1988, numero 291”.

 

Si consideri che il settore delle indennità riconosciute alle persone non autosufficienti appare molto stratificato, con molteplici interventi del legislatore nel corso degli anni.

In particolare, vari sono i benefici economici assistenziali previsti, sotto diverse condizioni, in favore degli invalidi civili (pensione di inabilità o assegno di invalidità, indennità di frequenza, indennità di accompagnamento), dei ciechi civili assoluti e parziali (pensione, indennità speciali e di accompagnamento) e dei sordomuti (assegno mensile, indennità di comunicazione). Si ricorda, inoltre, che la legge n. 68 del 1999, nel sancire il diritto al lavoro delle persone disabili, ha dettato disposizioni per l'inserimento di tali persone nel mondo del lavoro.

I benefici sono oggi concessi dalle regioni[79] in esito a procedimenti avviati su istanza dell'interessato o dei familiari, finalizzati ad accertare che i richiedenti possiedano i requisiti sanitari (sussistenza e grado della disabilità) e gli altri requisiti di legge (anagrafici, reddituali).

Si ricorda, inoltre, che in seguito all'entrata in vigore del D.Lgs. 31 marzo 1998, n. 112, emanato in attuazione del capo I della legge n.  15 marzo 1997, n. 59 (cd. “Legge Bassanini”), e recante il conferimento di funzioni e compiti amministrativi dello Stato alle regioni ed agli enti locali, spetta all’INPS l’erogazione delle prestazioni di natura assistenziale (pensioni, assegni e indennità) previste a favore degli invalidi civili totali e parziali, ai ciechi e ai sordomuti (articolo 130, comma 1) [80].

 

Di seguito si riporta una breve analisi dei benefici di carattere economico previsti dai richiamati provvedimenti legislativi.

 

Pensione per i ciechi assoluti (articolo 8 della legge n.  66 del 1962).

E' concessa ai ciechi assoluti che abbiano compiuto la maggiore età e che si trovino in stato di bisogno economico. A tal fine vengono annualmente fissati dei limiti di reddito personale che non devono essere superati dal titolare della pensione.

Si ricorda che la richiamata provvidenza era stata estesa ai minorenni dall'articolo 14-septies della L. 29 febbraio 1980, n. 33. Successivamente, l'articolo 5 della L. 508 del 1988 ha precisato che ai ciechi civili assoluti minorenni non spetta la pensione ma l'indennità di accompagnamento.

 

In particolare la legge prevede i seguenti requisiti per usufruire della provvidenza in questione:

§         essere maggiorenne;

§         essere cittadino italiano residente in Italia, o essere straniero titolare di carta di soggiorno;

§         essere stato riconosciuto cieco assoluto;

§         possedere un reddito annuo personale non superiore a 13.973,26 euro.

 

Per il 2006, l’importo della pensione è pari a 257,47 euro, per 13 mensilità, se il disabile non è ricoverato in istituto. Nel caso in cui il disabile sia ricoverato in istituto con pagamento della retta a carico, anche in parte, dello Stato (o di Ente pubblico), l’importo è pari a 238,07 euro per 13 mensilità.

 

Ad integrazione della richiamata pensione, a favore dei ciechi civili assoluti è riconosciuta un'indennità di accompagnamento, istituita dall’articolo 1 della legge n.  28 marzo 1968, n. 406.

Tale provvidenza viene erogata ai ciechi civili assoluti al solo titolo della minorazione e cioè indipendentemente dal reddito personale e dall'età, a condizione che il soggetto sia cittadino italiano residente in Italia, o straniero titolare di carta di soggiorno, e sia stato riconosciuto cieco assoluto.

L’importo della provvidenza per il 2006 è pari a 689,56 euro mensili per 12 mensilità.

Tale indennità, che non preclude la possibilità di svolgere attività lavorativa, è' cumulabile con quella concessa agli invalidi civili totali oppure ai sordomuti, mentre è incompatibile con l'erogazione di altre indennità simili per cause di servizio, lavoro o guerra.

 

 

Pensione per i ciechi parziali (cd. ventesimisti).

La pensione è stata istituita dall'articolo 8 della legge n.  66 del 1962 a favore dei ciechi parziali con un residuo visivo non superiore ad un ventesimo in entrambi gli occhi, anche con eventuale correzione.

La provvidenza è stata estesa ai minorenni dall'articolo 14-septies della legge n. 29 febbraio 1980, n. 33.

Oltre a queste condizione è previsto, ai fini dell'erogazione della provvidenza, che i ciechi civili si trovino in stato di bisogno economico. Per questa seconda condizione vengono annualmente fissati dei limiti di reddito personale che non devono essere superati dal titolare della pensione.

 

La provvidenza, che per il 2006 è pari a 238,07 euro per 13 mensilità, è riconosciuta alle seguenti condizioni:

§         essere cittadino italiano residente in Italia, o essere straniero titolare di carta di soggiorno;

§         essere stato riconosciuto cieco parziale cioè con un residuo visivo non superiore al totale di un ventesimo in entrambi gli occhi anche con eventuale correzione;

§         possedere un reddito annuo personale non superiore a Euro 13.973,26.

 

 

Pensione per i sordomuti (legge n.  381 del 1970)[81].

E' concessa alla persona sordomuta e cioè il minorato sensoriale dell'udito affetto da sordità congenita o acquisita durante l'età evolutiva che gli abbia impedito il normale apprendimento del linguaggio parlato, purché la sordità non sia di natura esclusivamente psichica o dipendente da causa di guerra, di lavoro o di servizio.

Oltre a queste condizione è previsto, ai fini dell'erogazione della provvidenza, che l'interessato si trovi in stato di bisogno economico. Per questa seconda condizione vengono annualmente fissati dei limiti di reddito personale che non devono essere superati dal titolare della pensione.

 

La pensione, l’importo della quale per il 2006 è pari a 238,07 euro per 13 mensilità, è riconosciuta alle seguenti condizioni:

§         età compresa fra i 18 e i 65 anni di età;

§         essere cittadino italiano residente in Italia, o essere straniero titolare di carta di soggiorno;

§         reddito personale non superiore a 13.973,26 euro annui;

§         essere stato riconosciuto sordomuto.

 

La pensione è incompatibile con altre provvidenze concesse a seguito della stessa menomazione per causa di guerra, servizio e lavoro. Al compimento del sessantacinquesimo anno di età, la pensione viene trasformata in pensione sociale.

 

 

Pensione di inabilità per mutilati e invalidi civili (articolo 12 della legge n. 118 del 1971).

Spetta agli invalidi civili nei confronti dei quali sia stata accertata una totale inabilità al lavoro e che si trovino in stato di bisogno economico. Per questa seconda condizione vengono annualmente fissati dei limiti di reddito personale che non devono essere superati dal titolare della pensione di inabilità.

La pensione, l’importo della quale per il 2006 è pari a 238,07 euro per 13 mensilità, è riconosciuta alle seguenti condizioni:

§         età compresa fra i 18 e i 65 anni di età;

§         essere cittadino italiano residente in Italia, o essere straniero titolare di carta di soggiorno;

§         invalidità riconosciuta pari al 100%;

§         reddito annuo personale non superiore a euro 13.973,26.

La pensione di invalidità è compatibile con l'indennità di accompagnamento riconosciuta agli invalidi civili non deambulanti o non i grado di compiere gli atti quotidiani della vita. E' invece incompatibile con altre provvidenze concesse a seguito della stessa menomazione per causa di guerra, servizio e lavoro.

 

 

Assegno mensile di assistenza (articolo 13 della legge n. 118 del 1971). La provvidenza inizialmente spettava agli invalidi civili nei confronti dei quali fosse stata accertata una riduzione della capacità lavorativa a due terzi (67%). Successivamente l’articolo 9 del D.Lgs. 509 del 1988 ha elevato la percentuale di invalidità minima al 74%[82].

L’assegno, il cui importo è pari per il 2006 a 238,07 euro per 13 mensilità, è erogato alle seguenti condizioni:

§         età compresa fra i 18 e i 65 anni di età;

§         essere cittadino italiano residente in Italia, o essere straniero titolare di carta di soggiorno;

§         invalidità riconosciuta dal 74% al 99%;

§         reddito annuo personale non superiore ad euro 4.089,54;

§         essere incollocati o incollocabili al lavoro; se non si è iscritti alle liste di collocamento bisogna disporre di un certificato di incollocabilità; può percepire l'assegno anche chi è occupato part-time; in tal caso infatti si può non essere cancellati dalle liste di collocamento.

 

L'assegno è incompatibile con l'erogazione di altre pensioni di invalidità erogate da altri organismi (es.: INPS, INPDAP ecc.). E' inoltre incompatibile con pensioni di invalidità di guerra, lavoro e servizio. Dopo il sessantacinquesimo anno di età l'assegno viene trasformato in pensione sociale.

In sostituzione della pensione di inabilità per mutilati e invalidi civili o dell’assegno mensile di assistenza, in precedenza richiamati, i mutilati e invalidi civili, dal primo giorno del mese successivo al compimento dell'età di 65 anni, su comunicazione delle competenti Prefetture-Uffici Territoriali del Governo, sono ammessi al godimento della pensione sociale a carico del fondo per la pensione sociale, di cui all'articolo 26 della legge 30 aprile 1969, n. 153[83].

Si ricorda, inoltre, che l’articolo 3, comma 6, della legge 8 agosto 1995, n. 335, ha introdotto l’istituto dell’assegno sociale, prestazione di natura assistenziale che a decorrere dal 1° gennaio 1996 ha sostituito la pensione sociale, che continua comunque ad essere erogata a coloro che, avendone i requisiti, ne hanno fatto domanda entro il 31 dicembre 1995.

L’assegno sociale è riservato ai cittadini italiani che abbiano 65 anni di età, siano residenti in Italia ed abbiano un reddito pari a zero o di importo comunque inferiore ai limiti stabiliti annualmente dalla legge. Se il soggetto interessato è coniugato si tiene conto anche del reddito del coniuge.

L'importo dell'assegno viene stabilito anno per anno ed è esente da imposta.

Per l'anno 2006, l'importo mensile dell'assegno è di 381,72 euro, per un importo annuo pari a 4.962,36 euro (381,72 x 13).

I limiti di reddito sono quindi pari a 4.962,36 euro se il richiedente non è coniugato e di 9.924,72 euro annui (4.962,36 x 2) se il richiedente è coniugato.

 

L'assegno sociale non è reversibile e non viene corrisposto se l'interessato si trasferisce all'estero.

L’assegno sociale spetta anche ai mutilati ed invalidi civili, totali e parziali, ed ai sordomuti che compiano 65 anni di età, in sostituzione delle specifiche prestazioni loro corrisposte fino a tale età.

I ciechi civili, invece, continuano a percepire anche dopo il 65° anno di età il trattamento economico cui hanno diritto; tuttavia, poiché questo è d’importo inferiore al limite di reddito stabilito per il diritto all’assegno sociale, in assenza di altri redditi i ciechi civili possono ottenere una quota integrativa di assegno sociale.

 

 

Indennità di accompagnamento o assegno di accompagnamento (legge n.  18 del 1980).

L’indennità di accompagnamento è erogata alle persone che non possono compiere gli atti quotidiani della vita, non deambulanti, che hanno bisogno di assistenza continuativa e che non siano ricoverati gratuitamente presso strutture pubbliche per più di un mese. L'importo, aggiornato ogni anno dal Ministero dell'Interno, viene erogato per 12 mensilità ed è pari, per il 2006, a 443,83 euro mensili. L'indennità non è cumulabile con altre indennità simili (al riguardo il soggetto interessato può scegliere il sussidio più conveniente), non è subordinata a limiti di reddito o di età, non è reversibile, non è incompatibile con lo svolgimento di attività lavorativa e spetta anche in caso di ricovero a pagamento in strutture residenziali. L'indennità non spetta invece se l'assistenza non ha carattere continuo ma è finalizzata ad una emergenza temporanea.

 

L'indennità di accompagnamento spetta anche[84]:

§         ai ciechi assoluti. Per queste persone l'importo è maggiorato a 669,21 euro mensili;

§         alle persone che sono sottoposte a chemioterapia o a altre terapie in regime di day hospital e che non possono recarsi da sole all'ospedale (sentenza Corte di Cassazione n. 1705/99);

§         ai bambini minorenni, incapaci di camminare senza l'aiuto di una persona e bisognosi di assistenza continua (sentenza della Corte di Cassazione n. 1377/2003);

§         alle persone affette dal morbo di Alzheimer e dalla sindrome di Down;

§         alle persone affette da epilessia, sia a coloro che subiscono attacchi quotidiani, sia a coloro che abbiano solo di tanto in tanto le cosiddette "crisi di assenza".

 

 

Indennità speciale per i ciechi parziali (articolo 3 del D.Lgs. 508 del 1988).

 

L'indennità spetta ai ciechi parziali e viene erogata al solo titolo della minorazione cioè indipendentemente dall'età e dal reddito personale dell'interessato.

L’erogazione della provvidenza, il cui importo per il 2006 è pari a 164,96 euro per 12 mensilità, è riconosciuta alle seguenti condizioni:

§         essere cittadino italiano residente in Italia, o essere straniero titolare di carta di soggiorno;

§         essere stato riconosciuto cieco parziale cioè con un residuo visivo non superiore al totale di un ventesimo in entrambi gli occhi anche con eventuale correzione.

 

L'erogazione dell'indennità speciale per i ciechi parziali è incompatibile con l'indennità di frequenza o con altre indennità simili concesse per cause di servizio, lavoro o guerra. L'indennità è invece compatibile con la pensione spettante ai ciechi civili parziali.

 

 

Indennità di comunicazione per i sordomuti (articolo 4 del D.Lgs. 508 del 1988).

Ai fini dell’erogazione della provvidenza, il D.M. 5 febbraio 1992 ha stabilito diversi criteri di concessione a seconda se il richiedente è maggiorenne o minorenne dagli 12 anni in poi, oppure minore di 12 anni; inoltre la concessione è correlata al grado di ipoacusia accertata.

L’erogazione della provvidenza, il cui importo per il 2006 è pari a 226,53 euro per 12 mensilità, è riconosciuta alle seguenti condizioni:

§         essere cittadino italiano residente in Italia, o essere straniero titolare di carta di soggiorno;

§         essere stato riconosciuto sordomuto[85].

 

L'erogazione dell'indennità di comunicazione è incompatibile con l'indennità di frequenza (per i minori), non è invece incompatibile con la titolarità di una patente di guida e con lo svolgimento di attività lavorativa dipendente o autonoma.

L'indennità di comunicazione è cumulabile con l'indennità di accompagnamento concessa agli invalidi civili e ai ciechi civili. Spetta anche nel caso di ricovero in istituto.

 

Con la legge 11 ottobre 1990, n. 289, recante modifiche alla disciplina delle indennità di accompagnamento di cui alla legge 21 novembre 1988, n. 508, è stata istituita l'indennità di frequenza a favore degli invalidi minorenni[86].

Tale provvidenza è riconosciuta fino ai diciotto anni di età; a condizione che il minore:

§         sia cittadino italiano residente in Italia, o essere straniero titolare di carta di soggiorno;

§         sia stato riconosciuto "minore con difficoltà persistenti a svolgere le funzioni proprie dell'età" (L. 289/90) o "minore con perdita uditiva superiore a 60 decibel nell'orecchio migliore";

§         frequenti un centro di riabilitazione, a centri di formazione professionale, a centri occupazionali o a scuole di ogni grado e ordine;

§         non disponga di un reddito annuo personale superiore a 4.089,54 euro.

 

Per il 2006, l’importo mensile dell’erogazione è pari a 238,07 euro mensili.

L'indennità di frequenza viene erogata per tutta la durata della frequenza ai corsi, alla scuola o a cicli riabilitativi. L'indennità di frequenza è incompatibile con l'indennità di accompagnamento e con l'indennità di comunicazione concessa ai sordomuti.

6. Politiche fiscali

L’art. 1, comma 349, della legge n. 311 del 2004 (legge finanziaria per il 2005) interviene in particolare sulla trasformazione delle detrazioni per carichi delle famiglie in deduzioni.

Più in dettaglio, si segnala:

-          nelle nuove deduzioni per carichi di famiglia rientra anche quella  di 3.700 euro, per ogni figlio portatore di handicap, ai sensi dell’articolo 3 della legge 5 febbraio 1992, n. 104;

-          è introdotta una nuova forma di deduzionein relazione alle spese documentatesostenute dal contribuente per gli addetti alla propria assistenza personale, nell'ipotesi di non autosufficienza nel compimento degli atti della vita quotidiana. La deduzione spetta sino ad un massimo di 1.820 euro, e si applica anche in relazione a spese che siano state sostenute per le persone di cui all'articolo 433 del codice civile.

La circolare n. 2/2005 dell’Agenzia delle Entrate chiarisce che non è richiesto che il soggetto nell’interesse del quale sono affrontate le spese debba essere a carico del contribuente, né con questo convivente. Specifica inoltre che lo stato di non autosufficienza deve risultare da certificazione medica e deve essere ricollegato all’esistenza di patologie. Per quanto riguarda infine la documentazione attestante la spesa sostenuta, è sufficiente anche una ricevuta, debitamente firmata, rilasciata dal soggetto che ha prestato l’assistenza.

7. Politiche abitative e disabili

Il D.M. 27 dicembre 2001 ha attuato il programma sperimentale di edilizia residenziale denominato «Alloggi in affitto per gli anziani degli anni 2000», previsto dall’art. 3 della legge n. 21 del 2001, finalizzato, tra l'altro, a rispondere alle esigenze abitative di categorie sociali deboli, da realizzare con risorse attivate da comuni, Iacp comunque denominati, imprese e cooperative di abitazione e con il concorso finanziario dello Stato.

Si ricordano altresì i numerosi interventi legislativi d’urgenza con cui il Governo ha previsto il ricorso alla proroga di sospensione del termine degli sfratti per le famiglie che avessero nel nucleo familiare persone ultrasessantacinquenni, o handicappati gravi, senza disporre di altra abitazione o di redditi sufficienti per poter accedere alla locazione di una nuova casa. In un secondo tempo, con i decreti legge n. 240 del 2004 e n. 86 del 2005, sono state previste alcune risorse finanziarie al fine di favorire l'accesso agevolato alla locazione da parte dei soggetti citati.


 

 


Progetti di legge

 


 

N. 11

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CAMERA DEI DEPUTATI

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PROPOSTA DI LEGGE

D'INIZIATIVA POPOLARE

 

 

 

Piano per interventi integrati sulla non autosufficienza

finanziato da un Fondo nazionale

 

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Presentata alla Camera dei deputati nella XIV legislatura il 17 gennaio 2006 e mantenuta all'ordine del giorno ai sensi dell'articolo 107, comma 4, del Regolamento

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Onorevoli Deputati! - Il fenomeno della non autosufficienza è oggi posto all'attenzione dei governi europei, sia per la predisposizione di misure atte a prevenire, rallentare, contrastare e accompagnare il decadimento derivante dall'allungamento delle aspettative di vita, sia per le implicazioni economiche, sociali e culturali che tale assunzione di responsabilità collettiva determina.

      Gli ultimi dati dell'ISTAT disponibili ci segnalano che il fenomeno della non autosufficienza coinvolge, con diversi gradi di inabilità, ben 2.800.000 cittadini italiani di tutte le generazioni.

      Ovviamente questo dato in termini quantitativi e come fenomeno in crescita esponenziale riguarda prevalentemente le generazioni anziane.

      In Italia, l'invecchiamento è diversamente distribuito tra le regioni del nord, centro e sud, ma possiamo affermare che mediamente arriva a toccare circa il 20 per cento della popolazione (con punte del 25 per cento nelle regioni Liguria, Emilia-Romagna, Friuli-Venezia Giulia, Piemonte, Trentino-Alto Adige e Toscana).

      Le misure ad oggi adottate dallo Stato, se si fa eccezione per la legge n. 328 del 2000 e per i provvedimenti in materia di livelli di assistenza sanitaria e socio-sanitaria (decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 29 novembre 2001, pubblicato nel supplemento ordinario alla Gazzetta Ufficiale n. 33 dell'8 febbraio 2002), sono del tutto insufficienti e non organiche.

      Solo in una parte delle regioni italiane, per iniziative delle stesse, degli enti locali e degli attori sociali, esistono provvedimenti finalizzati ad una rete di servizi socio-sanitari che individuano modalità di accesso, risposte assistenziali domiciliari e residenziali e altre prestazioni di tipo economico per la non autosufficienza.

      Si tratta di interventi meritevoli della massima attenzione, che prospettano però un quadro della situazione italiana rispetto al problema della non autosufficienza del tutto diseguale in termini di diritti e opportunità per i cittadini.

      Nel corso della XIV legislatura sono stati presentati in Parlamento diversi progetti di legge per istituire, finanziare e regolamentare il fondo per la non autosufficienza previsto dalla legge n. 328 del 2000. Il raggiunto accordo fra maggioranza e opposizione su un testo unificato - che risale al 2004 - non ha sortito alcun effetto. Infatti il testo di legge in questione giace nelle Commissioni parlamentari e non ha trovato, per indisponibilità del Governo, la necessaria copertura finanziaria.

      L'aumento della vita media, ad oltre ottanta anni per donne e uomini, e quindi l'aumento dell'indice di dipendenza, con l'inevitabile incremento di popolazione disabile e bisognosa di prestazioni sanitarie, socio-sanitarie, abitative e di mobilità, nonché di tutela e accudimento, impongono che il fenomeno della non autosufficienza sia affrontato in maniera organica, con misure uniformi su tutto il territorio nazionale, per un principio di civiltà e di equità nei confronti di cittadini.

      Il progetto di legge di iniziativa popolare presentato dai sindacati nazionali SPI-CGIL, FNP-CISL, UILP UIL, e sottoscritto dai segretari nazionali di CGIL, CISL, UIL, assume sotto questo profilo un aspetto dirimente, riproponendo all'attenzione dello Stato (nell'accezione modificata dal titolo V della parte seconda della Costituzione rispetto a compiti e funzioni dello Stato, delle regioni e dei comuni) il problema di un sostegno stabile e certo alla non autosufficienza.

      Tale richiesta nel progetto di legge si basa su due scelte fondamentali: la disposizione di attuazione dei livelli essenziali per la non autosufficienza, come anticipazione dei livelli essenziali previsti in Costituzione - all'articolo 117, secondo comma, lettera m) - che stabilisce che allo Stato spetta la «determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale»; la previsione che a questi livelli corrispondano precisi diritti esigibili dai cittadini.

      Questa impostazione, se attuata, porterebbe l'Italia ad allinearsi ai maggiori Paesi europei.

      Va in tale senso sottolineato come la Francia abbia approvato un assegno per la dipendenza, mentre in Germania vige da almeno un triennio l'assicurazione per la non autosufficienza; il Belgio ha adottato anch'esso una misura assicurativa per la non autosufficienza, simile a quella tedesca, mentre in Gran Bretagna prestazioni domiciliari e residenziali sono a carico del Servizio sanitario nazionale. In Danimarca vige un sistema di long term care, assicurato da comuni e contee, così come in Austria uno stesso sistema di attenzione alla lungoassistenza è supportato da intervento pubblico.

 

 

Un «modello» completo di intervento per la non autosufficienza.

      La proposta di legge di iniziativa popolare assume le esigenze delle persone non autosufficienti indicando e delineando un «modello completo» di intervento.

      In esso, infatti, si prendono in considerazione contestualmente una molteplicità di aspetti.

      Fra questi devono senz'altro essere evidenziati:

          a) i diritti dei beneficiari e in particolare la loro concreta esigibilità, assicurata con l'attuazione dei livelli essenziali per la non autosufficienza in tutto il territorio nazionale;

          b) i compiti degli attori che devono offrire i servizi previsti dai livelli essenziali. Le responsabilità non attengono solo alle pure rilevanti modalità di regolazione, di verifica e di controllo pubblico del sistema dei servizi, ma sono altresì riferite: allo sviluppo della capacità produttiva nel campo dei servizi alla persona; all'avvio di processi per l'emersione del lavoro sommerso e allo sviluppo delle imprese sociali; alle misure per riconoscere il lavoro informale delle famiglie;

          c) le fonti di finanziamento per sostenere, nel tempo, l'intera gamma dei servizi previsti dalla legge.

      Il «modello» completo di intervento per la non autosufficienza delineato nella proposta di legge ha richiesto, insieme alla definizione degli aspetti cruciali nei vari articoli, l'adozione di un Piano nazionale per la non autosufficienza. Il Piano ha il compito di articolare, sulla base delle indicazioni sancite dalla proposta di legge, la definizione delle caratteristiche e dei requisiti delle prestazioni sociali per la non autosufficienza da garantire con i livelli essenziali in tutto il territorio nazionale, nonché i parametri e gli indicatori qualitativi e quantitativi per la verifica della loro attuazione in rapporto ai finanziamenti erogati.

      La scelta per l'istituzione di un Fondo nazionale, largamente condivisa da tutte le forze politiche in sede di discussione della proposta di legge, trova il suo fondamento proprio nell'articolo 117 della Costituzione che affida allo Stato il compito di garantire una parità di diritti tra tutti i cittadini di fronte ad alcuni diritti - quelli civili e sociali - e all'effettivo loro esercizio, e non può prescindere dalla predisposizione di strumenti che ne assicurino la copertura finanziaria. Spetterà poi alle regioni disciplinarne l'erogazione e agli enti locali curare l'attuazione nell'ambito delle proprie responsabilità e competenze, ferme restando le normative e le garanzie relative all'ambito sanitario e socio-sanitario.

 

Le caratteristiche dirimenti dell'intervento per la non autosufficienza.

      Anziché offrire prestazioni rigide e preconfezionate, la proposta di legge colloca al centro dell'attenzione le esigenze delle persone non autosufficienti, per offrire ad esse l'opportunità di vivere nel modo più consapevole, attivo e partecipe possibile.

      Tale impostazione deriva da consolidate acquisizioni scientifiche, secondo le quali per ottenere risultati preventivi, di contrasto e di riabilitazione nel trattamento della non autosufficienza, occorre necessariamente misurarsi con la storia, le motivazioni, la volontà e le scelte delle persone interessate.

      In ragione di ciò il trattamento della non autosufficienza deve necessariamente assumere un carattere multidimensionale e interdipendente: offrire cioè prestazioni integrate - sociali, sanitarie, abitative, di mobilità, monetarie - e riconoscere nel contempo una specifica funzione ai fattori relazionali, psicologici e ambientali.

      Al pari, la definizione della non autosufficienza prende in considerazione tutti i diversi fattori concomitanti che attengono al piano psichico, fisico, sensoriale, cognitivo, relazionale giacché la comorbilità gioca un ruolo essenziale.

      Esistono a tale fine - nella letteratura, nella legislazione e nelle buone prassi - consolidati riferimenti. Con la valutazione multidimensionale e la definizione del progetto personalizzato, le risorse individuali, familiari e di contesto ambientale sono considerate essenziali per rispondere alle esigenze delle persone e sono integrate alle prestazioni e ai servizi garantiti dal pubblico.

      Il progetto di legge afferma questo profilo e questa metodologia e su questa base propone il progetto personalizzato di intervento.

 

Sostenibilità economica degli interventi per la non autosufficienza.

      A prima vista l'assunzione di un progetto personalizzato di intervento può apparire troppo costosa.

      Viceversa, l'assunzione di servizi appropriati e flessibili consente di rafforzare gli aspetti di sostenibilità dei servizi per la non autosufficienza. Le dinamiche di crescita della non autosufficienza nei prossimi decenni impongono infatti di valutare l'assoluta rilevanza di un sistema di interventi in grado di prevenire, rallentare e contrastare i fenomeni di progressivo decadimento. Ogni risultato in questa direzione, oltre che affermare il valore della dignità umana, consente infatti di rallentare la crescita esponenziale dei costi e di imprimere una maggiore efficienza ed efficacia all'utilizzo delle risorse pubbliche.

      D'altra parte, sempre in ordine alla sostenibilità economica è utile ricordare la crescita esponenziale della spesa impropria (si pensi a quella ospedaliera o a quella volta all'istituzionalizzazione) cui le persone devono necessariamente fare ricorso perché, in assenza di interventi appropriati, risulta l'unica percorribile e agibile. Viceversa, interventi appropriati possono contenere la spesa impropria e nel contempo delineare concrete possibilità affinché essa sia riconvertita a favore di interventi appropriati.

      Né deve essere sottovalutata l'importanza - anche di notevole rilievo economico - della integrazione di «risorse umane» (in termini di tempo, energie, capacità delle persone in ambito familiare e sociale) che con interventi personalizzati e appropriati possono essere mobilitate insieme ai servizi che richiedono capacità professionali.

 

Disamina degli articoli.

      All'articolo 1, il provvedimento affronta la collocazione giuridico-istituzionale di un programma nazionale per la non autosufficienza, individuando il Piano nazionale per la non autosufficienza quale strumento «tecnico» di attuazione e la istituzione di un Fondo nazionale per garantirne l'attuazione.

      Vengono in proposito richiamati gli articoli 117 e 119 della Costituzione. L'articolo 119, in particolare, è richiamato in ragione del finanziamento solidale da esso previsto per il conseguimento di particolari obiettivi nazionali di carattere sociale.

      Va per altro anticipato che l'elaborazione del Piano (prevista all'articolo 5) è perseguita con la piena collaborazione da parte delle regioni e degli enti locali, nella sua procedura di approvazione, tramite un'intesa all'interno della Conferenza unificata e con il concorso degli attori sociali.

      Il comma 2 definisce gli aventi diritto alle prestazioni e ai servizi per la non autosufficienza. Accedono alle prestazioni previste dalla legge i cittadini italiani e, nel rispetto di accordi con i Paesi europei, anche i cittadini appartenenti agli Stati dell'Unione europea, nonché gli stranieri residenti nel territorio nazionale, che si trovano nelle condizioni previste nell'articolo 2. Sempre all'articolo 2, per l'individuazione degli aventi diritto, sono altresì indicati strumenti e metodologie che consentono una valutazione rigorosamente funzionale e non collegata alle sole patologie. Va precisato infatti che non si risponde, solo, alle persone non autosufficienti bisognose di assistenza continuativa, perché contestualmente a tale intervento si assume il rallentamento del decadimento fisico e psichico come uno degli obiettivi virtuosi della legge.

      È doveroso infine precisare che le disposizioni dell'articolo 1 assumono pienamente il rispetto delle autonomie regionali, lasciando ad esse la disciplina sulle modalità di erogazione degli interventi per la non autosufficienza.

      All'articolo 2 si definisce la non autosufficienza, attraverso l'applicazione di criteri uniformi su tutto il territorio nazionale, riconosciuti dall'OMS, tra cui l'ICF, che propone una classificazione complessiva delle abilità residue collegandole alle risorse ambientali.

      Si consolida poi il concetto della valutazione multidimensionale, per l'individuazione dei vari livelli di disabilità che devono essere accertati e l'adozione del piano individualizzato di assistenza. Tale metodologia consente di prendere in esame le capacità della persona a svolgere, o meno, le funzioni essenziali della vita quotidiana, articolate nei due gruppi standard definiti dalla letteratura scientifica internazionale:

          a) attività per la cura di sé (Activities of Daily Living - ADL), che consistono nel lavarsi, vestirsi, andare alla toilette, essere continenti, alimentarsi, muoversi nella casa;

          b) attività strumentali (Instrumental Activities of Daily Living - IADL), che consistono nel fare la spesa, usare il telefono, prepararsi il cibo, avere cura della casa, fare il bucato, usare i mezzi di trasporto, prendere farmaci, gestire il denaro.

      L'adozione di scale che misurano le capacità residue della persona è indispensabile per stabilire la quantità di aiuto necessaria affinché la stessa possa svolgere le funzioni determinanti della vita quotidiana.

      L'articolo 3 prevede i diritti esigibili da parte dei cittadini (informazione, valutazione multidimensionale individuale, piano individualizzato di assistenza e accompagnamento nel percorso assistenziale, accesso a prestazioni integrate).

      Indica nel merito i livelli essenziali di assistenza per le persone non autosufficienti (assistenza tutelare a carattere domiciliare, aiuto domestico familiare, assistenza economica, adeguamento delle condizioni abitative, sostegno alla mobilità), che devono integrarsi a quelli socio-sanitari già individuati dall'allegato C del citato decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 29 novembre 2001.

      L'esigibilità uniforme su tutto il territorio nazionale dei livelli essenziali rimanda necessariamente al Piano nazionale per la non autosufficienza, che dovrà definire con maggiore puntualità la definizione dei livelli, soprattutto per quanto riguarda la quantità, i tempi e la declinazione puntuale delle prestazioni. Importante è il richiamo al comma 4 dello stesso articolo sulla copertura finanziaria da parte del Fondo per la non autosufficienza, esclusivamente a favore delle prestazioni socio-assistenziali, per sottolineare che l'istituzione di un Fondo specifico nulla toglie alle competenze sanitarie che devono comunque rispondere a tutti i bisogni di tale natura, senza per altro nessuna restrizione per le persone non autosufficienti.

      Nell'ultimo periodo del comma 4 dell'articolo 3 sono richiamate le norme per la compartecipazione al costo degli utenti che accedono alle prestazioni previste dalla legge. Le prestazioni da acquisire con i benefìci della legge riguardano l'aiuto domestico e l'assistenza alla persona, compresa quella tutelare.

      Per tali prestazioni, in osservanza al principio della sussidiarietà, è previsto un concorso alla spesa da parte degli aventi diritto. Per valutare tale concorso si applicano i dispositivi riferiti alla situazione economica equivalente (ISEE).

      Sempre in tema di concorso ai costi, va anticipato che all'articolo 4 è previsto che, se la persona non autosufficiente è ricoverata in una struttura semiresidenziale o residenziale non riabilitativa gli emolumenti economici percepiti dallo Stato sono utilizzati come concorso ai costi della tariffa alberghiera, ferma restando l'attribuzione all'utente di una somma non inferiore al 25 per cento dell'assegno sociale.

      L'articolo 4 introduce a favore delle persone non autosufficienti il coordinamento di tutte le misure già previste per l'invalidità, unitamente alle misure di carattere economico, utilizzando a tale fine - fatti salvi i diritti acquisiti - la sede dell'accertamento e l'elaborazione del piano di assistenza individuale, come strumenti per valutare anche la concessione di tali emolumenti.

      Viene confermata l'attuale disciplina relativamente alle pensioni ed indennità in favore dei mutilati ed invalidi civili, dei ciechi civili e dei sordomuti, mantenendo le prestazioni in atto a garanzia non solo dei diritti acquisiti, ma anche di quelli maturandi per i quali si prevede una valutazione - secondo la normativa vigente - affidata alla stessa sede multidisciplinare competente a decidere sulle prestazioni del Fondo.

      Va da sé che questa semplificazione non potrà che portare benefìci al cittadino che non dovrà sottostare ad accertamenti duplici e paralleli, nonché a quanti, preposti a tali compiti, sono oberati dal lavoro richiesto dalle procedure vigenti.

      Va pure sottolineato che quanto proposto dall'articolo è stato più volte chiesto dalle regioni nell'ambito della concretizzazione dell'articolo 24 della legge n. 328 del 2000.

      L'articolo 5 disciplina in tempi definiti il Piano nazionale per la non autosufficienza, che trova il concorso degli attori sociali e una costruzione comune con le regioni e gli enti locali, attraverso l'intesa tra Stato e Conferenza unificata, per la sua approvazione.

      Il comma 3 dello stesso articolo affronta anche lo spinoso problema di flussi informativi certi e coerenti tra sistema informativo dei servizi sociali e servizio informativo sanitario, al fine di consentire verifiche di operatività e di efficacia del provvedimento, attraverso la valutazione dell'assistenza erogata.

      Al comma 4 è da segnalare la promozione di iniziative collegate all'affermazione di «nuovi stili di vita», che sulla base delle indicazioni e del sostegno di programmi dell'Unione europea e delle valutazioni su buone prassi sperimentate nel Paese, possono conseguire risultati rilevanti nel contrasto e nel rallentamento del decadimento psichico e fisico delle persone non autosufficienti. Al pari va segnalato che tali iniziative vengono disposte di intesa con le organizzazioni sociali e di tutela dei cittadini, giacché nelle esperienze in atto l'attiva presenza di tali organizzazioni è stata determinante per conseguire esiti positivi.

      L'articolo 6 individua i soggetti erogatori, pubblici e accreditati, e le modalità di concessione dei «titoli di acquisto» dei servizi previsti all'articolo 17 della legge n. 328 del 2000, nel rispetto dell'autonomia regionale, deputata a stabilire criteri e modalità di attuazione della rete dei servizi.

      L'erogazione di «titoli di acquisto» è prevista ove sia carente l'offerta di servizi da parte del pubblico o di soggetti accreditati/convenzionati. È nota la scarsa capacità produttiva nel campo dei servizi alla persona presente in vaste e molteplici aree del Paese.

      Per evitare che la sola risposta in campo sia l'erogazione monetaria, è perciò prevista la possibilità di ricorrere a tale strumento.

      L'articolo introduce anche la formazione del personale di assistenza per l'aiuto familiare per superare i problemi ad oggi riscontrabili nelle prestazioni offerte in rilevantissimo numero da persone singole, le cosiddette «badanti». Una rete formativa e di avvio al lavoro per tale personale potrebbe, così come testimoniano buone prassi in corso nel Paese, incidere notevolmente anche per l'emersione del lavoro sommerso e in nero.

      L'articolo 7 disciplina l'esigibilità del diritto alle prestazioni sulla non autosufficienza, supportando tale diritto anche con ricorsi in sede giurisdizionale.

      L'articolo 8 istituisce il Fondo nazionale per la non autosufficienza e ne disciplina l'impiego a favore dei livelli assistenziali che vengono puntualmente declinati.

      Al comma 2, lettera d), del medesimo articolo, è richiamato in termini espliciti il sostegno alle famiglie che si prendono cura delle persone non autosufficienti. È questo un dispositivo necessario al sostegno dello sviluppo della domiciliarità rispetto alla istituzionalizzazione. Sono noti infatti e già rilevati, da ricerche scientifiche, il peso e la consistenza notevolissima delle funzioni espresse da componenti la famiglia - e in particolare dalle donne - nel caso delle persone non autosufficienti che rimangono nella loro abitazione e nel loro ambiente di vita. Al pari sono conosciuti e rilevati i costi molto più onerosi per assistere una persona non autosufficiente in una struttura.

      In ragione di tutto ciò è indispensabile, quando non sia necessaria l'istituzionalizzazione della persona non autosufficiente, provvedere al riconoscimento del lavoro «informale» delle famiglie. In tale luce la lettera d) del comma 2 articola misure che comprendono la copertura previdenziale dei familiari addetti all'assistenza della persona non autosufficiente nonché sostegni economici, servizi di sollievo e agevolazioni tariffarie.

      È da sottolineare che il comma 4 dello stesso articolo fornisce indicazioni anche al sistema sanitario, sottolineando che prestazioni di prevenzione, cura e riabilitazione devono essere concesse alle persone non autosufficienti «senza restrizioni».

      L'articolo 9 individua le fonti di finanziamento della legge o meglio del Fondo, precisando le somme che afferiscono allo stesso.

      Il finanziamento è a carico dello Stato, che assicura, comunque, la copertura delle prestazioni previste dalla legge. Questa indicazione si rifà, senza entrare nel merito, al già citato articolo 117, secondo comma, lettera m), della Costituzione, che stabilisce che spetta allo Stato la «determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale».

      Vengono invece indicate puntualmente altre risorse che possono concorrere al finanziamento del Fondo derivanti dagli assegni e indennità indicati all'articolo 4, da diverse contribuzioni di carattere solidale, da fondi europei e da premi non riscossi di lotto e lotterie, dal recupero di entrate derivanti dall'emersione del lavoro irregolare, dal recupero dell'evasione fiscale.

      L'articolo individua anche le modalità di riparto del Fondo alle regioni effettuate di intesa con la Conferenza unificata, valorizzando i territori meno sviluppati e quelle realtà dove il monitoraggio delle attività svolte rivela maggiori risultati raggiunti.

      Infine, all'articolo 10, con i fondi integrativi regionali, si dà spazio alla previsione di ulteriori e più elevate prestazioni attuabili in sede regionale, dando anche giusta collocazione alle iniziative che alcune regioni stanno già affrontando in materia di non autosufficienza.


 


 


proposta di legge

d’iniziativa popolare

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Art. 1.

(Finalità).

      1. Nell'ambito del sistema integrato di interventi e servizi sociali di cui alla legge 8 novembre 2000, n. 328, e nel rispetto degli articoli 117 e 119 della Costituzione, la presente legge, al fine di incrementare il sistema di prevenzione, contrasto e riabilitazione dei processi di non autosufficienza e per il sostegno ed il benessere delle persone non autosufficienti e delle rispettive famiglie, determina i livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti sociali da erogare nei casi di non autosufficienza, definisce i princìpi per la loro garanzia attraverso il Piano nazionale per la non autosufficienza, istituisce il Fondo nazionale per la non autosufficienza.

      2. Hanno diritto di usufruire delle prestazioni e dei servizi di cui alla presente legge i cittadini italiani e, nel rispetto degli accordi internazionali e con le modalità e nei limiti definiti dalle leggi regionali, anche i cittadini di Stati appartenenti all'Unione europea ed i loro familiari, nonché gli stranieri individuati ai sensi dell'articolo 41 del testo unico di cui al decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286.

 

Art. 2.

(Definizione di non autosufficienza e piano individualizzato per la non autosufficienza).

      1. Sono definite non autosufficienti le persone con disabilità fisica, psichica, sensoriale, relazionale accertata attraverso l'adozione di criteri uniformi su tutto il territorio nazionale secondo le indicazioni dell'Organizzazione mondiale della sanità (OMS) e dell'ICF e attraverso la valutazione multidimensionale delle condizioni funzionali e sociali.

      2. La valutazione multidimensionale è effettuata nell'ambito del distretto da apposite unità pluriprofessionali appartenenti ai servizi socio-sanitari, composte da medici specialisti nelle discipline cliniche oggetto della disabilità, da personale sanitario dell'area infermieristica e della riabilitazione e da assistenti sociali designati dai comuni, nonché dal medico di medicina generale della persona da valutare.

      3. Per la valutazione della non autosufficienza le unità di cui al comma 2 si avvalgono di strumenti e metodologie validati e uniformi su tutto il territorio nazionale e idonei alla misurazione del grado di autonomia funzionale, quale risultante delle condizioni organiche delle patologie cronico-degenerative e di comorbilità e dei loro esiti, delle condizioni psichiche, sensoriali, cognitive e relazionali ai fini dello svolgimento delle funzioni della vita quotidiana, della cura di sé e dell'uso degli strumenti e mezzi di comunicazione.

      4. Le fasce della non autosufficienza e le corrispondenti misure assistenziali differenziate sono definite in rapporto ai seguenti livelli di disabilità:

          a) incapacità di provvedere autonomamente al governo della casa, all'approvvigionamento e alla predisposizione dei pasti;

          b) incapacità di provvedere autonomamente alla cura di sé, ad alimentarsi ed al governo della casa;

          c) incapacità di provvedere autonomamente alle funzioni della vita quotidiana, alle relazioni esterne e presenza di problemi di mobilità e di instabilità clinica.

      5. A favore della persona non autosufficiente viene predisposto dall'unità pluriprofessionale un piano individualizzato di assistenza (PIA) che stabilisce le prestazioni di cura, di riabilitazione, di assistenza personale, di aiuto nel governo della casa e, qualora necessarie, misure di sostegno al reddito personale. Nella redazione del PIA sono coinvolti i familiari e, qualora richiesto dall'interessato, un esperto indicato dalle organizzazioni sindacali  o dagli organismi di tutela dei cittadini. La realizzazione del PIA è monitorata da un operatore del servizio con funzioni di responsabile del caso, che interagisce con la persona assistita, i suoi familiari e le risorse ambientali, al fine di valorizzare e di utilizzare tutte le risorse idonee a migliorare le condizioni delle persone non autosufficienti.

      6. I criteri e le modalità di attuazione del presente articolo sono disciplinati e periodicamente aggiornati nell'ambito del Piano nazionale per la non autosufficienza di cui all'articolo 5.

 

Art. 3.

(Livelli essenziali delle prestazioni socio-assistenziali e diritti esigibili).

      1. I livelli essenziali delle prestazioni socio-assistenziali per le persone non autosufficienti (LESNA) che devono essere parte integrante dei livelli essenziali sociali da definire ai sensi degli articoli 18, comma 3, e 22 della legge 8 novembre 2000, n. 328, ed i relativi parametri sono definiti nel Piano nazionale per la non autosufficienza e sono a carico del Fondo nazionale per la non autosufficienza.

      2. I LESNA garantiscono su tutto il territorio nazionale l'esigibilità dei seguenti diritti:

          a) informazione e consulenza sulla rete di prestazioni offerte per la non autosufficienza e accesso unificato ai servizi socio-sanitari, nonché misure di pronto intervento;

          b) valutazione multidimensionale individuale;

          c) PIA e accompagnamento nel percorso assistenziale stabilito;

          d) prestazioni integrate, domiciliari, semiresidenziali, residenziali, ricovero di sollievo, nelle diverse componenti di cura, assistenza, sostegno personale, familiare e sociale.

      3. Per assicurare in ambito sociale gli interventi di cui al comma 2 sono definiti i seguenti livelli essenziali delle prestazioni:

          a) assistenza tutelare alla persona a carattere domiciliare;

          b) aiuto domestico familiare, ivi compreso quello a sostegno delle cure prestate dai familiari;

          c) assistenza economica;

          d) adeguamento e miglioramento delle condizioni abitative ai fini di una migliore fruizione dell'abitazione;

          e) sostegno alla mobilità.

      4. Le prestazioni garantite dai LESNA non sono sostitutive di quelle sanitarie, si integrano con le stesse ed in particolare con quelle indicate nell'allegato C del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 29 novembre 2001, pubblicato nel supplemento ordinario alla Gazzetta Ufficiale n. 33 dell'8 febbraio 2002, e successive modificazioni, e concorrono alla copertura dei costi di rilevanza sociale dell'assistenza integrata socio-sanitaria, ai sensi dell'atto di indirizzo e coordinamento di cui al decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 14 febbraio 2001, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 129 del 6 giugno 2001. I livelli essenziali sanitari e socio-sanitari, erogati con continuità temporale e senza restrizioni per le persone non autosufficienti, si integrano con le prestazioni garantite dai LESNA. Resta fermo quanto disposto dall'articolo 2, comma 6, del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 109, come sostituito dall'articolo 2 del decreto legislativo 3 maggio 2000, n. 130.

      5. Le regioni possono stabilire ulteriori e più elevati LESNA, assumendosene l'onere finanziario.

 

Art. 4.

(Coordinamento delle misure economiche erogate dallo Stato nei LESNA).

      1. Per le persone riconosciute non autosufficienti ai sensi della presente legge,  nei LESNA si affiancano e si coordinano anche le misure di carattere economico erogate dallo Stato alle persone con invalidità, sordomutismo e cecità, di cui alle leggi 10 febbraio 1962, n. 66, 26 maggio 1970, n. 381, 27 maggio 1970, n. 382, 30 marzo 1971, n. 118, 11 febbraio 1980, n. 18, ed ai decreti legislativi 21 novembre 1988, n. 508, e 23 novembre 1988, n. 509.

      2. Fatti salvi i benefìci in atto e i diritti maturati fino all'entrata in vigore del Piano di cui all'articolo 5, la concessione delle prestazioni economiche di cui al comma 1, a decorrere dalla data dallo stesso prevista, è effettuata all'interno della valutazione delle condizioni psico-fisiche del richiedente, con le modalità indicate all'articolo 2.

      3. Le prestazioni economiche di cui al presente articolo sono erogate anche nel caso in cui la persona non autosufficiente sia ospitata in strutture semiresidenziali e residenziali non riabilitative, prevedendo l'utilizzo degli emolumenti economici percepiti, come concorso ai costi della tariffa alberghiera, ferma restando l'attribuzione alla persona non autosufficiente di una somma non inferiore al 25 per cento dell'assegno sociale di cui all'articolo 3 della legge 8 agosto 1995, n. 335, e successive modificazioni.

 

Art. 5.

(Piano nazionale per la non autosufficienza).

      1. La definizione, le caratteristiche ed i requisiti delle prestazioni sociali comprese nei LESNA, le priorità di intervento, le modalità di attuazione del sistema integrato di interventi e servizi per la non autosufficienza, gli indicatori ed i parametri per la verifica della realizzazione dei livelli essenziali e della utilizzazione delle risorse del Fondo nazionale per la non autosufficienza sono definiti nel Piano nazionale per la non autosufficienza approvato con le procedure di cui all'articolo 18 della legge 8 novembre 2000, n. 328.

      2. Il primo Piano nazionale per la non autosuffienza è approvato entro centottanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge.

      3. Il sistema informativo dei servizi sociali di cui all'articolo 21 della legge 8 novembre 2000, n. 328, integrato con i dati del servizio informativo sanitario e della spesa sociale degli enti locali per la non autosufficienza, provvede al monitoraggio annuale dello stato dell'erogazione dei LESNA, del loro grado di efficienza ed efficacia, dei risultati conseguiti anche rispetto al contenimento della spesa ospedaliera impropria secondo le modalità ed i criteri del monitoraggio stabiliti con il Piano nazionale di cui al presente articolo.

      4. Le iniziative collegate all'affermazione di nuovi stili di vita, volti a rallentare il decadimento psichico e fisico e a mantenere attivi interessi culturali e mobilità nelle persone non autosufficienti, sono promossi sulla base di programmi nazionali e regionali di intesa con le organizzazioni sociali e di tutela dei cittadini.

 

Art. 6.

(Soggetti erogatori).

      1. All'erogazione dei LESNA provvedono i comuni e il Servizio sanitario nazionale, in forma diretta o accreditata, secondo le rispettive competenze, come disciplinate dall'atto di indirizzo e coordinamento di cui al decreto del Presidente dei Consiglio dei ministri 14 febbraio 2001, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 129 del 6 giugno 2001; alle prestazioni di cui all'articolo 3, comma 3, lettera c), provvede lo Stato. Nelle forme di accreditamento è riservato un ruolo primario alle organizzazioni di cui all'articolo 1, comma 4, della legge 8 novembre 2000, n. 328.

      2. I livelli essenziali di cui all'articolo 3, comma 2, lettera d), ove sia carente l'offerta dei servizi da parte dei soggetti di cui al comma 1 del presente articolo, possono essere erogati anche secondo le indicazioni previste dell'articolo 17 della legge 8 novembre 2000, n. 328. L'erogazione delle prestazioni di cui all'articolo 3, comma 3, lettere a), b) e d), può avvenire anche attraverso persone singole, in possesso di adeguata qualificazione, o comunque disponibili a percorsi formativi di base. I criteri e le modalità di attuazione del presente comma sono stabiliti, nel rispetto delle competenze delle regioni e delle province autonome di Trento e di Bolzano, dal Piano nazionale per la non autosufficienza di cui all'articolo 5.

 

Art. 7.

(Esigibilità dei diritti).

      1. Le persone non autosufficienti, definite ai sensi dell'articolo 2, e, per quanto di competenza, le rispettive famiglie, hanno diritto alle prestazioni incluse nei LESNA anche su richiesta della persona interessata o di chi la rappresenta. In caso di inadempimento da parte del competente ente è ammesso ricorso in via giurisdizionale. Gli interessati possono essere assistiti in giudizio dagli istituti di patronato, dalle associazioni di promozione sociale e dalle organizzazioni di volontariato.

 

Art. 8.

(Fondo nazionale per la non autosufficienza).

      1. Per l'attuazione della presente legge è istituito, presso il Ministero del lavoro e delle politiche sociali, il Fondo nazionale per la non autosufficienza, di seguito denominato «Fondo».

      2. Il Fondo persegue, con i criteri previsti dal Piano nazionale per la non autosufficienza, le seguenti finalità in favore delle persone non autosufficienti:

          a) attuazione dei livelli essenziali di cui agli articoli 3 e 4;

          b) potenziamento dei servizi, delle prestazioni e degli interventi socio-assistenziali;

          c) finanziamento dei titoli per la fruizione di prestazioni sociali;

          d) sostegno delle famiglie, ivi compresi quello economico e la copertura previdenziale dei familiari addetti all'assistenza della persona non autosufficiente, e riconoscimento del lavoro informale delle famiglie anche attraverso servizi di sollievo e agevolazioni tariffarie;

          e) erogazione delle risorse necessarie per il pagamento della quota sociale a carico dell'utente in caso di ricovero in strutture residenziali o di ricorso ad altre strutture anche a carattere diurno;

          f) assistenza economica, ivi compresa l'erogazione degli assegni e delle indennità di cui all'articolo 4, comma 1.

      3. Alla programmazione ed erogazione dei servizi, prestazioni ed interventi di cui al comma 2 provvedono i soggetti titolari in base alle leggi delle rispettive regioni e province autonome e alle indicazioni del Piano nazionale per la non autosufficienza e dei rispettivi piani regionali.

      4. Restano ferme le competenze del Servizio sanitario nazionale e le modalità di finanziamento in materia di prevenzione, di cura e di riabilitazione con continuità temporale e senza restrizioni per le persone individuate come non autosufficienti.

 

Art. 9.

(Finanziamento del Fondo).

      1. Il finanziamento del Fondo è a carico dello Stato, che assicura, comunque, la copertura delle prestazioni di cui all'articolo 3.

      2. Al Fondo affluiscono altresì le somme derivanti:

          a) dalle risorse destinate all'erogazione ai soggetti beneficiari degli assegni ed indennità di cui all'articolo 4, comma 1;

          b) dal contributo di solidarietà di cui all'articolo 1, comma 350, della legge 30 dicembre 2004, n. 311, calcolato ai fini dell'IRE sui redditi di importo superiore ad euro 100.000 annui;

          c) dall'importo dei premi non riscossi del gioco del lotto e delle lotterie nazionali;

          d) dai finanziamenti derivanti da programmi europei;

          e) da donazioni di soggetti privati, comprese le fondazioni ex-bancarie; su tali donazioni si applicano i benefìci fiscali vigenti in favore delle organizzazioni non lucrative di utilità sociale;

          f) dal recupero di entrate conseguenti all'emersione del lavoro irregolare derivante dall'applicazione dell'articolo 6, comma 2;

          g) dal recupero dell'evasione fiscale.

      3. La ripartizione fra le regioni delle risorse del Fondo è effettuata, entro il 31 dicembre di ogni anno, con decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con i Ministri della salute e dell'economia e delle finanze, di intesa con la Conferenza unificata di cui all'articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, acquisito il parere delle competenti Commissioni parlamentari. La ripartizione viene effettuata secondo i criteri contenuti nel medesimo decreto, sulla base di indicatori riferiti alla percentuale di persone non autosufficienti sulla popolazione di riferimento e degli altri indicatori e criteri previsti ai fini della ripartizione del Fondo nazionale per le politiche sociali e tenendo conto della realtà dei territori meno sviluppati e dei risultati del monitoraggio di cui all'articolo 5.

 

Art. 10.

(Fondi integrativi regionali).

      1. Le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano possono istituire fondi regionali ed interprovinciali integrativi per la non autosufficienza al fine di integrare le risorse finanziarie disponibili e di erogare prestazioni, interventi e servizi integrativi od ulteriori rispetto a quelli assicurati attraverso il Fondo.

 

 


 

N. 290

¾

CAMERA DEI DEPUTATI

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PROPOSTA DI LEGGE

 

d’iniziativa del deputato BINDI

¾

 

Istituzione del Fondo per il sostegno delle persone non autosufficienti

 

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Presentata il 28 aprile 2006

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Onorevoli Colleghi! - L'invecchiamento della popolazione è un fenomeno inevitabile, in considerazione dell'andamento demografico e dell'innalzamento dell'età media, e pertanto va valorizzato e salvaguardato. È questo, infatti, uno dei segnali della crescita del benessere e del miglioramento complessivo delle condizioni di vita. Gli anziani rappresentano quindi una risorsa della nostra comunità, e non un peso, una vera ricchezza per il tessuto delle relazioni familiari e tra generazioni ed è per questo doveroso garantire loro qualità della vita, dignità e autonomia.

      Nel nostro Paese, in base alle previsioni dell'Istituto nazionale di statistica (ISTAT), la quota di popolazione con più di 65 anni è stimata pari al 20,4 per cento nel 2010 e al 27,1 per cento nel 2030. In termini assoluti, quindi, si passa dai 9,6 milioni di ultrasessantacinquenni nel 1996 ai 14 milioni e mezzo nel 2030.

      Se si considera la classe degli ultrasettantacinquenni l'invecchiamento della società italiana appare ancora più accentuato: la quota di tale classe sul totale della popolazione sarà pari al 10 per cento nel 2010 e al 13,4 per cento nel 2030; in termini assoluti si passa dagli attuali circa 4 milioni ai 7,2 milioni di cittadini nel 2030.

      Per effetto di queste dinamiche, nel 2030 sono previste 307 persone con più di 65 anni per ogni 100 ragazzi al di sotto dei 15 anni di età. Il rapporto dell'Organizzazione mondiale della salute relativo all'anno 2002 (WHO 2002) indicava per l'Italia un'attesa di vita alla nascita con disabilità di 7 anni per gli uomini (attesa di vita 76,2 anni) e di 9,2 anni per le donne (attesa di vita 82,2 anni).

      Alla transizione demografica ha fatto riscontro la transizione epidemiologica per cui di fronte a un calo della mortalità per patologia acuta si osserva un progressivo aumento della patologia cronico-degenerativa.

       L'allungamento medio della vita presenta infatti due ordini di rischi. Il primo di non avere i mezzi economici sufficienti a soddisfare bisogni vitali per un periodo di tempo più lungo che in passato. Il secondo è connesso al progressivo decadimento fisico e/o mentale che rappresenta un fenomeno diffuso della condizione di non autosufficienza. Naturalmente esiste una relazione tra i due tipi di rischio, che però è bene tenere concettualmente distinti. Il primo rischio viene gestito dai sistemi previdenziali; il secondo, in parte coperto dal sistema sanitario, richiede strumenti nuovi per evitare che le sue conseguenze pesino in modo eccessivo sulle famiglie.

      Tuttavia, il problema della non autosufficienza non riguarda solo il fenomeno rilevantissimo e prevalente dell'invecchiamento, ma anche quello della disabilità in senso generale. L'assistenza agli anziani e più in generale alle persone non autosufficienti rappresenta pertanto uno dei capitoli strategici dell'intervento sociale e sanitario.

      Da questo punto di vista, occorre considerare non solo il livello assoluto della domanda di assistenza per le persone non autosufficienti, ma anche la quota delle prestazioni erogate informalmente dai nuclei familiari. La difficoltà per gli anziani di trovare all'interno della famiglia forme di assistenza adeguate alla complessità dei bisogni è destinata ad accentuarsi nei prossimi anni in considerazione del calo della natalità e dell'aumento del numero di anziani senza figli. Sarà necessario, inoltre, approfondire anche l'evoluzione degli assetti familiari, dall'incidenza dei divorzi all'aumento delle coppie di fatto, soprattutto nelle aree di maggiore benessere del Paese. Infine, andranno attentamente valutate le implicazioni della non autosufficienza nei contesti territoriali svantaggiati, come ad esempio nei comuni con meno di 5.000 abitanti dislocati nelle aree interne del Paese.

      In effetti, le importanti modificazioni economiche e sociali in corso evidenziano come la tradizionale rete familiare di sostegno alle persone non autosufficienti tenda a venire meno determinando una crescente quota di assistenza che deve essere erogata da strutture formali.

      A chi spetta dunque il compito di assicurare servizi in favore delle persone non autosufficienti? Su questo interrogativo si contrappongono due risposte tra loro alternative. Da una parte c'è chi, come il Governo Berlusconi, ha ipotizzato un sistema assicurativo privato che faccia perno sull'auto-organizzazione delle famiglie. Dall'altra, chi, come il centrosinistra, ritiene, invece, che sia fondamentale rafforzare la centralità del sistema di protezione pubblica, per assicurare il rispetto del dettato costituzionale e i diritti sociali della persona. Un sistema pubblico non chiuso, anzi, al contrario, aperto al mondo del volontariato e del terzo settore, alla rete delle associazioni no-profit, che attualmente svolgono un ruolo assolutamente rilevante e insostituibile in riferimento ai problemi connessi all'assistenza agli anziani e alle persone non autosufficienti.

      Sappiamo benissimo che l'efficienza delle gestioni private nel campo dell'assistenza si scontra con la difficoltà di calcolare la probabilità in cui il «caso di assicurazione» si verifica e con l'impossibilità di prevedere in modo oggettivo l'entità del danno e dei suoi costi. Il «caso di assicurazione», ovvero la perdita di autosufficienza, dipende in modo non del tutto noto dall'età dell'assicurato, dal suo stile di vita ed anche dal contesto sociale di ciascun individuo. A tutt'oggi, poi, sono scarse le conoscenze sulle interdipendenze tra i vari rischi individuali, che pure possono determinare un incremento notevole del rischio di non autosufficienza. Un assicuratore privato ha, invece, bisogno di fissare in anticipo l'entità del danno possibile ed i costi cui egli incorre nel caso in cui l'evento temuto si dovesse verificare e può fare questo solo stabilendo in anticipo la natura e la quantità delle prestazioni da erogare a fronte di livelli alternativi e, comunque, individuati di non autosufficienza. Un'assicurazione privata non può impegnarsi a coprire i costi futuri dell'assistenza prestata al migliore livello possibile, al di fuori di un tempo determinato.

       Appaiono evidenti, allora, i limiti e i rischi di un approccio che lega le garanzie e le tutele al reddito e alla condizione di vita della persona non autosufficiente. Un approccio che non può soddisfare, se non in modo parziale e fortemente discriminatorio, l'esigenza di offrire anche alle persone meno abbienti l'assistenza e le cure migliori alla luce delle più avanzate conoscenze della scienza medica.

      Senza contare che il confine tra prestazioni sanitarie e prestazioni puramente assistenziali è molto labile: le cure di cui necessita una persona non autosufficiente variano da medicine e trattamenti strettamente medicali ad aiuto personale ed aiuto nel disbrigo di mansioni domestiche, come ad esempio la pulizia della persona e della casa.

      L'erogazione dei servizi sanitari nonché di quelli di assistenza sociale prestati alle persone non autosufficienti può essere garantita nella sua globalità e complessità se viene ricondotta alla disciplina complessiva dei livelli essenziali di assistenza (LEA). Se cioè questo tipo di prestazioni rientra a pieno titolo nelle garanzie offerte dal sistema di solidarietà pubblico, complessivamente inteso.

      Sarebbe improprio considerare la spesa in favore della non autosufficienza come un costo netto per la collettività. Non si devono, infatti, trascurare gli enormi costi che l'assistenza informale comunque comporta, soprattutto a carico delle famiglie. Se si considerano infatti nella loro complessità i costi espliciti che la tendenza in atto farà emergere nonché i costi impliciti oggi sopportati, è possibile che la prestazione di servizi di assistenza da parte di strutture specializzate (pubbliche, private accreditate e private no-profit) e professionalità qualificate, come nel caso dell'assistenza domiciliare, determini un uso complessivamente più efficiente delle risorse ed un aumento del benessere collettivo.

      Il decreto legislativo n. 229 del 1999 e la legge quadro sull'assistenza n. 328 del 2000 hanno innovato profondamente il contesto delle politiche di assistenza, rafforzando il profilo universalistico e solidaristico del nostro sistema di welfare. D'altra parte è anche vero che, per gli specifici bisogni delle persone non autosufficienti e la crescente domanda di servizi socio-sanitari, l'attuale sistema risulta, in maniera evidente, ancora incompleto.

      La presente proposta di legge si inserisce dunque in questo quadro normativo con l'obiettivo di rafforzare complessivamente il sistema dei servizi alla persona e di offrire risposte efficaci ed appropriate all'evoluzione demografica recente e alle tendenze che si stanno delineando per i prossimi decenni. Sotto il profilo istituzionale, è al tempo stesso coerente e pienamente rispettosa delle norme costituzionali.

      In particolare, si conferma la competenza statale relativa alla determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale (articolo 117, secondo comma, lettera m), della Costituzione). Si tratta di un aspetto decisivo, che permette di fare chiarezza tra le prestazioni sanitarie e quelle socio-assistenziali, finalizzando queste ultime ai concreti bisogni delle persone non autosufficienti. È del tutto rispettata la previsione che vede rientrare nella competenza residuale regionale (quarto comma del citato articolo 117) quanto attiene all'organizzazione della rete dei servizi socio-assistenziali. Da questo punto di vista, la proposta di legge valorizza l'autonomia delle regioni che in accordo con gli enti locali hanno la responsabilità di garantire effettivamente i servizi previsti dai livelli essenziali attraverso la costituzione di una rete che realizzi l'integrazione pubblico-privato.

      La persona non autosufficiente viene messa nelle condizioni di scegliere la tipologia di servizi di cui ha bisogno, non in funzione delle proprie disponibilità economiche, ma in relazione alle necessità derivanti dalla particolare condizione in cui si trova.

      Fatti salvi i diritti acquisiti rispetto alle indennità di invalidità erogate, si procede quindi a un riordino complessivo della materia, superando la molteplicità e la frammentarietà delle opzioni oggi esistenti per offrire alla persona non autosufficiente la possibilità di una reale presa in carico e di interventi coerenti e organici.

      A questo scopo viene istituito il Fondo per il sostegno delle persone non autosufficienti (sinora ricompreso come semplice quota all'interno del Fondo nazionale per le politiche sociali). Si costituisce così un terzo distinto pilastro di protezione universalistica, accanto al Fondo sanitario nazionale e al Fondo nazionale per le politiche sociali, in grado di completare e di integrare gli strumenti di finanziamento dell'attuale sistema di solidarietà pubblica. Le prestazioni erogate dal Fondo non vanno infatti considerate come prestazioni sostitutive di quelle sanitarie, ma vanno ad affiancarsi ad esse per garantire quei servizi di natura socio-assistenziale indispensabili per il miglioramento della qualità della vita della persona non autosufficiente e della sua famiglia.

      La gestione del Fondo è garantita dalle regioni e dai comuni sulla base di parametri fissati a livello nazionale in sede di Conferenza unificata di cui all'articolo 8 del decreto legislativo n. 281 del 1997.

      I destinatari potenziali del Fondo sono rappresentati dai soggetti non autosufficienti, disabili totali e con disabilità severa, stimati pari a circa il 2 per cento della popolazione complessiva, in buona parte ultra sessantacinquenni.

      Il complesso di prestazioni per persone non autosufficienti include tre macro-tipologie di interventi economici:

          a) le prestazioni di invalidità;

          b) le varie forme di indennità (tra cui l'indennità di accompagnamento);

          c) le pensioni di invalidità civile.

      Nell'anno 2000 l'importo medio annuo delle prestazioni di invalidità era di circa 11 milioni di vecchie lire; quello delle prestazioni indennitarie era di circa 6 milioni di vecchie lire e quello delle pensioni di invalidità civile e categorie assimilate era di circa 9 milioni di vecchie lire (ISTAT, 2000).

      Va inoltre tenuto presente che il numero di persone che godono dell'assegno di accompagnamento è stimato pari a circa 600.000.

      Questa proposta di legge si pone in sostanza l'obiettivo di:

          a) aumentare in misura consistente il numero delle persone non autosufficienti che possano beneficiare delle prestazioni assistenziali fino a pervenire a un universalismo vero;

          b) potenziare e variare tanto le opportunità di assistenza a domicilio e sul territorio, superando la frammentarietà e i forti squilibri territoriali che sinora hanno contraddistinto la rete dei servizi esistenti, quanto l'offerta di sostegno economico;

          c) rafforzare i diritti soggettivi delle persone non autosufficienti rendendo esigibile il diritto alla prestazione.

      In questa prospettiva il tema delle risorse finanziarie a disposizione diventa tema dirimente per chiunque si accinga alla predisposizione di un efficace e non propagandistico intervento legislativo che si proponga di rendere davvero praticabili tutele e sostegni.

      In altri Paesi europei la discussione dura da anni e i modelli di intervento adottati sono già in corso di correzione alla luce delle esperienze effettuate.

      In alcuni Paesi si è deciso di socializzare il rischio o ricorrendo a un sistema di tipo assicurativo pubblico obbligatorio a base contributiva, o ad uno di tipo universale coperto da specifiche entrate fiscali; in altri Paesi si è prevista una compartecipazione alla spesa degli utenti; in altri si è proceduto alla privatizzazione dell'assistenza.

      Da tempo operano quindi schemi di intervento di cui si può misurare l'efficacia e il livello di gradimento dei cittadini.

      Il tema della redistribuzione di risorse pubbliche esistenti secondo nuove priorità, nonché il nodo delle risorse aggiuntive rispetto a quelle oggi disponibili, è apparso urgente e di non facile soluzione per tutte le forze politiche che hanno presentato in Parlamento progetti di legge sul tema del sostegno alla non autosufficienza, evidenziando come questa questione richieda soluzioni inedite e coraggiose in ordine all'innovazione del welfare e alla messa a disposizione di risorse, tali da rendere esigibile per i cittadini non autosufficienti e per le loro famiglie, su tutto il territorio nazionale, un diritto all'assistenza sancito già dalla legge n. 328 del 2000, ma che deve prendere corpo attraverso una adeguata strumentazione organizzativa e finanziaria.

      Il testo, che riprende le norme contenute nel testo unificato (atto Camera n. 2166 e abb., XIV legislatura), licenziato a larghissima maggioranza dalla Commissione Affari sociali della Camera dei deputati, prevede l'istituzione di un Fondo per il sostegno delle persone non autosufficienti, finanziato da una imposta addizionale sui redditi delle persone fisiche e delle società, graduata in relazione ai diversi scaglioni di reddito e con la previsione dell'esenzione dall'imposizione per i redditi medio-bassi.

      Il provvedimento prevede, all'articolo 3, che le risorse del Fondo vengano ripartite annualmente tra le regioni sulla base di indicatori riferiti alla percentuale di persone non autosufficienti sulla popolazione di riferimento e di indicatori demografici e socio-economici, mentre l'articolo 4 ne regola la dotazione. In base a tale norma, la dotazione del Fondo è costituita innanzitutto dal gettito di un'imposta addizionale appositamente istituita. Al Fondo, inoltre, affluiscono le risorse destinate all'erogazione ai soggetti beneficiari dell'indennità di accompagnamento e di comunicazione.

      Per quanto riguarda l'imposta addizionale sui redditi delle persone fisiche e delle società, l'articolo 5 stabilisce che essa verrà introdotta con uno o più decreti legislativi e che dalla medesima saranno esenti i redditi medio-bassi. Tale imposta sarà determinata applicando all'imposta un incremento medio dello 0,75 per cento, graduato in modo differenziato, in relazione ai diversi scaglioni di reddito.

      Infine, l'articolo 6 stabilisce che le regioni possono prevedere addizionali regionali aggiuntive all'addizionale di cui all'articolo 5, nella misura massima dello 0,5 per cento, per le finalità di cui all'articolo 2.



 


proposta di legge

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Art. 1.

(Fondo per il sostegno delle persone non autosufficienti).

 

      1. Nel rispetto degli articoli 3, 38, 117, secondo comma, lettera m), e 119 della Costituzione e in attuazione dei princìpi di cui alla legge 8 novembre 2000, n. 328, e alla legge 5 febbraio 1992, n. 104, e successive modificazioni, al fine di incrementare il sistema di protezione sociale e di cura per le persone non autosufficienti è istituito, presso il Ministero del lavoro e delle politiche sociali, il Fondo per il sostegno delle persone non autosufficienti, di seguito denominato «Fondo».

      2. Ai fini della presente legge sono considerate non autosufficienti le persone che, per una minorazione singola o plurima, hanno subìto una riduzione dell'autonomia personale, correlata all'età, in modo da rendere necessario un intervento assistenziale permanente, continuativo e globale nella sfera individuale o in quella di relazione.

      3. I livelli essenziali delle prestazioni socio-assistenziali per le persone non autosufficienti e i relativi parametri sono definiti, entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, di intesa con la Conferenza unificata di cui all'articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, acquisito il parere delle Commissioni parlamentari competenti, sulla base dei princìpi e criteri di cui agli articoli 14, 15 e 16 della legge 8 novembre 2000, n. 328.

      4. Le prestazioni garantite dai livelli essenziali di assistenza sociale per le persone non autosufficienti non sono sostitutive di quelle sanitarie e sono finalizzate alla copertura dei costi di rilevanza sociale dell'assistenza integrata socio-sanitaria, ai sensi dell'atto di indirizzo e coordinamento di cui al decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 14 febbraio 2001, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 129 del 6 giugno 2001. Resta fermo quanto disposto dall'articolo 2, comma 6, del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 109, come sostituito dall'articolo 2 del decreto legislativo 3 maggio 2000, n. 130.

      5. Ai fini della presente legge, il Ministro della salute provvede, nell'ambito delle risorse destinate alla ricerca biomedica derivanti dall'1 per cento del Fondo sanitario nazionale dedicato alla ricerca di base e applicata dell'Istituto superiore di sanità, degli Istituti di ricovero e cura a carattere scientifico e delle regioni, ai sensi dell'articolo 12 del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502, e successive modificazioni, ad individuare prioritari ambiti di ricerca dedicati soprattutto alle patologie croniche degenerative.

 

Art. 2.

(Finalità del Fondo).

 

      1. Ferme restando le competenze del Servizio sanitario nazionale in materia di prevenzione, di cura e di riabilitazione delle patologie acute e croniche da cui può derivare una condizione di non autosufficienza permanente, il Fondo è destinato alle seguenti finalità:

          a) erogare l'indennità di accompagnamento e di comunicazione di cui alle leggi 11 febbraio 1980, n. 18, 26 maggio 1970, n. 381, 27 maggio 1970, n. 382, e successive modificazioni, e al decreto legislativo 23 novembre 1988, n. 509, come diritto soggettivo a titolo della minorazione;

          b) potenziare la rete dei servizi ed erogare le prestazioni assistenziali attraverso la realizzazione di progetti individuali per le persone non autosufficienti, di cui agli articoli 14 e 15 della legge 8 novembre 2000, n. 328;

          c) erogare titoli per la fruizione di prestazioni sociali ed assegni di cura commisurati alla gravità del bisogno, nell'ambito di quanto stabilito nel programma di assistenza definito in sede distrettuale, allo scopo di garantire assistenza e sostegno ai soggetti non autosufficienti e migliorare la vita di relazione e la comunicazione;

          d) erogare le risorse necessarie al pagamento della quota sociale a carico dell'utente in caso di ricovero in una residenza sanitaria assistita o in strutture similari anche a carattere diurno;

          e) sviluppare iniziative di solidarietà, anche con l'intervento delle organizzazioni di volontariato di cui alla legge 11 agosto 1991, n. 266, e successive modificazioni, e delle organizzazioni non lucrative di utilità sociale, a favore delle famiglie nel cui ambito sono presenti disabili, finalizzate ad agevolare il loro mantenimento nell'ambito familiare.

      2. Restano salve le funzioni in materia riconosciute alle regioni a statuto speciale e alle province autonome di Trento e di Bolzano, ai sensi dei rispettivi statuti e delle relative norme di attuazione.

      3. Le province autonome di Trento e di Bolzano provvedono alle finalità della presente legge ai sensi dell'articolo 1-bis del decreto del Presidente della Repubblica 28 marzo 1975, n. 469.

 

Art. 3.

(Funzionamento del Fondo).

 

      1. Entro il 31 dicembre di ogni anno, il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, con proprio decreto, emanato di concerto con i Ministri della salute e dell'economia e delle finanze e di intesa con la Conferenza unificata di cui all'articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, acquisito il parere delle Commissioni parlamentari competenti, provvede alla ripartizione tra le regioni delle risorse del Fondo sulla base di indicatori, stabiliti con il medesimo decreto, riferiti alla percentuale di persone non autosufficienti sulla popolazione di riferimento, e di indicatori demografici e socio-economici.

      2. Nel pieno rispetto della potestà regolamentare delle regioni, delle province, dei comuni e delle città metropolitane in ordine alla disciplina dell'organizzazione e dello svolgimento delle funzioni loro attribuite in materia di solidarietà sociale e al fine di tutelare le posizioni soggettive e rendere immediatamente esigibili i diritti soggettivi riconosciuti, con il medesimo decreto di cui al comma 1 sono determinati:

          a) i criteri per l'individuazione e l'accertamento della non autosufficienza da parte delle commissioni mediche di cui all'articolo 4 della legge 5 febbraio 1992, n, 104, sulla base dei criteri previsti dalla classificazione internazionale del funzionamento, della disabilità e della salute dell' Organizzazione mondiale della sanità;

          b) le modalità di gestione del Fondo nonché la tipologia e le modalità di erogazione delle prestazioni economiche e di natura assistenziale;

          c) le modalità e le procedure attraverso le quali, nell'ambito del distretto socio-sanitario, di cui all'articolo 3-quater del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502, introdotto dall'articolo 3, comma 3, del decreto legislativo 19 giugno 1999, n. 229, devono essere valutati il bisogno assistenziale e le prestazioni da erogare a favore della persona non autosufficiente, assicurando in ogni caso il pieno rispetto e l'attuazione dell'articolo 3-septies del citato decreto legislativo n. 502 del 1992, introdotto dall'articolo 3, comma 3, del decreto legislativo n. 229 del 1999;

          d) le modalità di controllo e di verifica della qualità delle prestazioni erogate, della loro congruità rispetto ai bisogni e delle spese sostenute dalle famiglie, nel rispetto dei livelli essenziali delle prestazioni socio-assistenziali di cui al comma 3 dell'articolo 1.

 

Art. 4.

(Dotazione del Fondo).

 

      1. Il Fondo ha una dotazione annuale costituita:

          a) dal gettito dell'addizionale istituita ai sensi dell'articolo 5;

          b) dalle risorse destinate all'erogazione ai soggetti beneficiari dell'indennità di accompagnamento e di comunicazione di cui alle leggi 11 febbraio 1980, n. 18, 26 maggio 1970, n. 381, 27 maggio 1970, n. 382, e successive modificazioni, e al decreto legislativo 23 novembre 1988, n. 509.

 

Art. 5.

(Addizionale per il sostegno alla non autosufficienza).

 

      1. Il Governo è delegato ad adottare, entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, uno o più decreti legislativi recanti disposizioni dirette ad introdurre un'imposta addizionale sui redditi delle persone fisiche e delle società per il sostegno alla non autosufficienza, secondo i seguenti princìpi e criteri direttivi:

          a) previsione dell'esenzione dall'imposizione per i redditi medio-bassi;

          b) determinazione della misura dell'addizionale, limitatamente agli anni 2006 e 2007, applicando all'imposta sul reddito delle persone fisiche, prevista dall'articolo 12 del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, e successive modificazioni, e all'imposta sul reddito delle società prevista dall'articolo 77 del medesimo testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica n. 917 del 1986, e successive modificazioni, un incremento medio dello 0,75 per cento. Tale incremento deve essere graduato in modo differenziato, in relazione ai diversi scaglioni di reddito di cui al citato articolo 12 del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica n. 917 del 1986, e successive modificazioni;

          c) la misura dell'addizionale e dell'esenzione di cui alla lettera a) del presente comma, a decorrere dall'anno 2008, è determinata annualmente dalla legge finanziaria, con le modalità stabilite dall'articolo 11, comma 3, della legge 5 agosto 1978, n. 468, e successive modificazioni.

 

 

Art. 6.

(Addizionali regionali).

 

      1. Le regioni possono prevedere addizionali regionali aggiuntive all'addizionale di cui all'articolo 5, nella misura massima dello 0,5 per cento, per le finalità di cui all'articolo 2.

 

 


N. 422

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CAMERA DEI DEPUTATI

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PROPOSTA DI LEGGE

 

d’iniziativa dei deputati

ZANOTTI, LUCÀ, BAFILE, BIANCHI, BUCCHINO, BURTONE, DI GIROLAMO, GRASSI, LAGANÀ FORTUGNO, LUMIA, MOSELLA, RAMPI, SANNA, SQUEGLIA, TRUPIA, AMENDOLA, AMICI, ASTORE, ATTILI, BANDOLI, BELLANOVA, BOATO, CARBONELLA, CARTA, CASSOLA, CHIAROMONTE, CODURELLI, CORDONI, CRISCI, D'ANTONA, DATO, DE BRASI, DEIANA, GIANNI FARINA, FASCIANI, FEDI, FILIPPESCHI, FLUVI, CINZIA MARIA FONTANA, FORLANI, FRANCI, FUMAGALLI, GALEAZZI, GENTILI, GRILLINI, LONGHI, LOVELLI, MARAN, RICARDO ANTONIO MERLO, MIGLIOLI, MOTTA, NARDI, NARDUCCI, NICCHI, OTTONE, PEDULLI, PELLEGRINO, PINOTTI, PIRO, POLETTI, SCHIRRU, SERVODIO, SGOBIO, SPINI, TOMASELLI, TREPICCIONE, TUCCI, VELO, ZANELLA, ZUNINO

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Istituzione di un sistema di protezione sociale

e di cura per le persone non autosufficienti

 

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Presentata il 3 maggio 2006

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Onorevoli Colleghe! Onorevoli Colleghi! - Con questa proposta di legge abbiamo inteso assumere la proposta di iniziativa popolare n. 6351, depositata in Parlamento al termine della scorsa legislatura, da tre sindacati (SPI-CGIL, FNP-CISL, UILP-UIL), per rafforzare il suo iter parlamentare in ragione della sua rilevanza e della condivisione nel merito degli interventi indicati.

      In Italia, la cura e l'assistenza delle persone non autosufficienti sono, da sempre, affidate prevalentemente alle pratiche familiari e tutti sanno che una diminuzione anche piccola nella disponibilità delle famiglie può causare una forte crescita della domanda di assistenza e di servizi. La rete familiare, va sottolineato, presenta una crescente fragilità per la difficoltà, da un lato, delle famiglie più giovani di conciliare lavoro e accudimento dei congiunti e, dall'altro, per i problemi di «tenuta fisica» dei nuclei più anziani, a causa della fatica nella cura dei disabili e dei «grandi anziani» e dell'impegno totalizzante che ciò comporta.

      L'approvazione di questo provvedimento costituirebbe un investimento sul presente e sul futuro, poiché guarda anche a quei 14 milioni di italiani che avranno più di 65 anni di età nel 2030, vale a dire il 27 per cento della popolazione, contro l'attuale 16,8 per cento.

      Saremo anche allora il Paese più vecchio d'Europa, con il rischio di divenire un Paese solo da assistere, se non si fa leva contemporaneamente su tutti gli interventi che mirano alla prevenzione della non autosufficienza, siano essi di carattere medico-scientifico, siano essi di carattere culturale e sociale.

      Se il fenomeno dell'invecchiamento pone problemi seri, soprattutto in ordine ai trasferimenti monetari per la cura dei grandi anziani, non vi è dubbio comunque che oggi poter diventare vecchi e vivere da vecchi è espressione di un'alta qualità della vita. Significa soprattutto recuperare, nella biografia individuale, quando permanga lo stato di autosufficienza, un tempo nuovo ed importante che può essere ancora ricco di progettualità individuali e di relazione.

      Una considerazione nuova del tema della non autosufficienza impone la necessità di contrastare l'«istituzionalizzazione» delle attività di cura e di accudimento non solo a parole, bensì concretamente, con interventi di supporto e sostegno di straordinaria intensità e veramente flessibili, tali da rendere davvero possibile alle famiglie il prendersi cura dei propri anziani.

      Nella generale carenza di risposte pubbliche, sappiamo che un forte sostegno alle famiglie viene oggi dalle lavoratrici e dai lavoratori domestici extracomunitari.

      Nel complesso, dunque, la famiglia costituisce ancora oggi la principale risorsa a disposizione delle persone disabili e anziane per fronteggiare la non autosufficienza, e i costi della cura sono sostenuti principalmente dalle famiglie stesse, attraverso il ricorso alla rete parentale oppure al lavoro privato di cura (in gran parte sommerso), cosicché, al momento, le indennità di accompagnamento sono assai poco efficaci.

      Secondo una recente indagine multiscopo, i disabili in Italia sono oltre 2,6 milioni e gli anziani costituiscono il 73,2 per cento di essi: 1,9 milioni di persone.

      Secondo i dati dell'ISTAT, gli anziani gravemente non autosufficienti sono circa 600 mila; ad essi si aggiungono i disabili non anziani (87 mila minori, 127 mila persone tra 18 e 34 anni di età e 500 mila tra 35 e 64 anni di età). Complessivamente, possono essere considerati disabili gravi 1,5 milioni di persone e le famiglie con un disabile grave sono almeno 1,4 milioni (il 6,6 per cento delle famiglie italiane).

      Di fronte a questi dati, chi ha responsabilità di governo della cosa pubblica non può più sottrarsi al compito di promuovere politiche in grado di estendere significativamente la rete dei servizi per fornire risposte ai bisogni quotidiani di ogni singola persona non autosufficiente, potenziando e aggiornando un sistema di servizi che deve essere qualitativamente diverso dal passato, basato su un forte coordinamento e su un'integrazione delle politiche socio-sanitarie, in grado di offrire una maggiore possibilità di scelta agli utenti e di intervenire sulla base di progetti individuali personalizzati.

      Questa proposta di legge si pone l'obiettivo di aumentare in misura consistente il numero delle persone non autosufficienti che possono beneficiare delle prestazioni assistenziali, così da pervenire a un universalismo vero, e potenziare tanto l'opportunità di assistenza a domicilio e sul territorio, superando la frammentarietà e i forti squilibri territoriali che sino ad ora hanno contraddistinto la rete dei servizi esistenti, quanto l'offerta e il sostegno economico in termini di potenziamento; di rafforzare i diritti soggettivi delle persone non autosufficienti, rendendo esigibile il diritto alla prestazione; di ridurre l'impatto finanziario sulle famiglie. In questa prospettiva, il tema delle risorse finanziarie a disposizione diventa dirimente per chiunque si accinga alla predisposizione di un efficace e non propagandistico intervento legislativo che si proponga di rendere davvero praticabili tutele e sostegni.

      In altri Paesi europei la discussione dura da anni e i modelli di intervento adottati sono già in corso di correzione alla luce delle esperienze effettuate. In alcuni Paesi si è deciso di socializzare il rischio o ricorrendo a un sistema di tipo assicurativo pubblico, obbligatorio o contributivo, o a uno di tipo universale, coperto da specifiche entrate fiscali. In altri Paesi si è prevista una compartecipazione alla spesa degli utenti e in altri ancora si è proceduto alla privatizzazione dell'assistenza. Da tempo, quindi, in Europa operano schemi di intervento di cui si possono misurare l'efficacia e il livello di gradimento da parte dei cittadini. In Italia siamo ancora indietro. Il tema della redistribuzione delle risorse pubbliche esistenti secondo nuove priorità e della individuazione delle risorse aggiuntive rispetto a quelle oggi disponibili appare urgente e di non facile soluzione per tutte le forze politiche che hanno presentato in Parlamento, nel corso delle diverse legislature, progetti di legge sul tema del sostegno alla non autosufficienza; appare chiaro, quindi, che questa questione richiede soluzioni inedite, in grado di condurre a un'innovazione del sistema di welfare e alla messa a disposizione di risorse tali da rendere esigibili per i cittadini, in concreto, e per le loro famiglie, su tutto il territorio nazionale, il diritto all'assistenza, già sancito dalla legge n. 328 del 2000, ma che ora deve prendere corpo attraverso un'adeguata strumentazione organizzativa e finanziaria.

      L'istituzione del Fondo nazionale per la non autosufficienza (previsto dall'articolo 8 della proposta di legge), alimentato in parte attraverso la fiscalità generale, è motivata dalla convinzione che questo strumento, fin dalla prima fase di applicazione, sia in grado di garantire un aumento significativamente consistente della quantità di risorse complessivamente destinate alle persone non autosufficienti, rafforzando i loro diritti attraverso un'azione pubblica collocata in un sistema di protezione sociale complessivamente più robusto, che preveda come tasselli - l'uno imprescindibile dall'altro - la definizione dei livelli essenziali di assistenza, il potenziamento della rete dei servizi e l'intervento assistenziale sulla base di progetti individuali.

      È del tutto evidente che le risorse messe a disposizione dal Fondo devono necessariamente combinarsi con le risorse che già esistono e che vanno tuttavia consistentemente aumentate per arrivare a una vera risposta universalistica. Da questo punto di vista, è necessario un incremento delle risorse stanziate nell'ambito del Fondo sanitario nazionale a sostegno del costo di cura continuativo in età anziana, oltre che, naturalmente, un adeguamento delle risorse locali.

      I princìpi e gli obiettivi sui quali si basa il Fondo di cui si propone l'istituzione riguardano: l'universalità nei benefìci (le prestazioni del Fondo costituiscono un diritto soggettivo esigibile); l'unitarietà e l'omogeneità del sistema di welfare su tutto il territorio nazionale, che il Fondo contribuisce a garantire; il potenziamento delle prestazioni (in particolare, tramite la garanzia della loro disponibilità); la prevalente domiciliarietà nella fruizione delle stesse; la progressività nella contribuzione.

      Per la costituzione del Fondo si avanza una proposta che fa appello a un patto di solidarietà tra tutti i cittadini di fronte a un rischio che non è più accidentale o straordinario, ma assai prevedibile, quello della non autosufficienza, specie, ovviamente, in età anziana. Quanto alla modalità di gestione del Fondo, è imprescindibile la connessione con le regioni, considerato il rafforzamento del loro ruolo e delle loro funzioni a seguito della modifica del titolo V della parte seconda della Costituzione: allo Stato spetta pertanto la determinazione dei livelli essenziali di assistenza sociale, alle regioni la potestà di regolamentare e di organizzare i servizi.

      Le prestazioni previste dal Fondo, prevalentemente di carattere domiciliare, non sono sostitutive di quelle sanitarie e sono finalizzate alla copertura dei costi di rilevanza sociale dell'assistenza integrata socio-sanitaria.

      I livelli essenziali delle prestazioni e i parametri di valutazione del grado di non autosufficienza sono definiti con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, di intesa con la Conferenza unificata. Il Fondo è destinato a potenziare la rete dei servizi, a erogare le prestazioni assistenziali attraverso la realizzazione dei progetti individuali, a erogare titoli per la fruizione di prestazioni sociali e assegni di cura commisurati alla gravità del bisogno, nell'ambito di quanto stabilito nel programma di assistenza definito in sede distrettuale, a erogare le risorse necessarie al pagamento della quota sociale a carico dell'utente in caso di ricovero in strutture residenziali, nonché a sviluppare iniziative di solidarietà a favore delle famiglie, anche in concorso con il volontariato e con le organizzazioni non governative.

      Già nei diversi mesi di lavoro dedicati a questo tema dalla Commissione Affari sociali della Camera dei deputati nella XIV legislatura è emersa la consapevolezza condivisa dalla necessità di raccogliere una grande sfida, provando a immaginare un nuovo modello organizzativo dei servizi, che esca dalla rigidità centralistica e standardizzata e che si fondi sui criteri dell'universalità della tutela, della solidarietà e della responsabilità sociale, nella comune convinzione che il sistema dell'offerta di servizi non può rimanere così com'è, ma deve essere potenziato e reso sempre più efficiente ed economico.

      La presente proposta di legge ha tutte le caratteristiche per dare risposte adeguate a questa sfida.

      Le associazioni dei disabili, i sindacati (che hanno raccolto più di un milione di firme per l'istituzione di un Fondo per la non autosufficienza), le regioni, le associazioni delle famiglie, hanno tutti sollecitato il Parlamento, nella XIV legislatura, ad approvare una legge in materia.

      Si tratta, ora, di produrre un formidabile investimento politico in questa legislatura, perché il sostegno alle persone non autosufficienti chiama in causa cultura, sensibilità, saperi e diritti, aggiornamenti di politiche nella cornice rinnovata di un welfare basato sui cicli di vita e chiama, altresì, in causa le aspettative di tante centinaia di migliaia di persone che non possono essere deluse da una politica che rimane priva di futuro se non è in grado di occuparsi del quotidiano, spesso difficile, di ciascun individuo.

 



 


proposta di legge

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Art. 1.

(Finalità).

 

      1. Nell'ambito del sistema integrato di interventi e servizi sociali di cui alla legge 8 novembre 2000, n. 328, e nel rispetto degli articoli 117 e 119 della Costituzione, la presente legge, al fine di incrementare il sistema di prevenzione, contrasto e riabilitazione dei processi di non autosufficienza e per il sostegno e il benessere delle persone non autosufficienti e delle rispettive famiglie, determina i livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti sociali da erogare nei casi di non autosufficienza, definisce i princìpi per la loro garanzia attraverso il piano nazionale per la non autosufficienza, di cui all'articolo 5, e istituisce il Fondo nazionale per la non autosufficienza ai sensi dell'articolo 8.

      2. Hanno diritto di usufruire delle prestazioni e dei servizi previsti dalla presente legge i cittadini italiani e, nel rispetto degli accordi internazionali e con le modalità e nei limiti definiti dalle leggi regionali, i cittadini di Stati appartenenti all'Unione europea e i loro familiari, nonché gli stranieri equiparati ai cittadini italiani ai sensi dell'articolo 41 del testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell'immigrazione e norme sulla condizione dello straniero, di cui al decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286.

 

Art. 2.

(Definizione di non autosufficienza

e piano individualizzato di assistenza).

 

      1. Sono definite non autosufficienti le persone con disabilità fisica, psichica, sensoriale o relazionale accertata attraverso l'adozione di criteri uniformi su tutto il territorio nazionale secondo le indicazioni dell'International Classification of Functioning Disability and Health-ICF, dell'Organizzazione mondiale della sanità e attraverso la valutazione multidimensionale delle condizioni funzionali e sociali.

      2. La valutazione multidimensionale di cui al comma 1 è effettuata nell'ambito del distretto di cui all'articolo 3-quater del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502, da apposite unità pluriprofessionali appartenenti ai servizi socio-sanitari, composte da medici specialisti nelle discipline cliniche oggetto della disabilità, da personale sanitario dell'area infermieristica e della riabilitazione e da assistenti sociali designati dai comuni, nonché dal medico di medicina generale della persona da valutare.

      3. Per la valutazione della non autosufficienza le unità pluriprofessionali di cui al comma 2 si avvalgono di strumenti e di metodologie validati e uniformi su tutto il territorio nazionale e idonei alla misurazione del grado di autonomia funzionale, quale risultante delle condizioni organiche delle patologie cronico-degenerative e di comorbilità e dei loro esiti, delle condizioni psichiche, sensoriali, cognitive e relazionali ai fini dello svolgimento, delle funzioni della vita quotidiana, della cura di sé e dell'uso degli strumenti e dei mezzi di comunicazione.

      4. Le categorie della non autosufficienza e le corrispondenti misure assistenziali differenziate sono definite in rapporto ai seguenti livelli di disabilità:

          a) incapacità di provvedere autonomamente al governo della casa, all'approvvigionamento e alla predisposizione dei pasti;

          b) incapacità di provvedere autonomamente alla cura di sé, ad alimentarsi e al governo della casa;

          c) incapacità di provvedere autonomamente alle funzioni della vita quotidiana e alle relazioni esterne e presenza di problemi di mobilità e di instabilità clinica.

      5. L'unità pluriprofessionale di cui al comma 1 predispone, a favore della persona non autosufficiente, un piano individualizzato di assistenza (PIA), che stabilisce le prestazioni di cura, di riabilitazione, di assistenza personale e di aiuto nel governo della casa e, qualora necessarie, le misure di sostegno al reddito personale. Nella predisposizione del PIA sono coinvolti i familiari e, qualora richiesto dall'interessato, un esperto indicato dalle organizzazioni sindacali o dagli organismi di tutela dei cittadini. L'attuazione del PIA è monitorata da un operatore del servizio socio-sanitario con funzioni di responsabile del caso, che interagisce con la persona assistita, i suoi familiari e le risorse ambientali, al fine di valorizzare e utilizzare tutte le risorse idonee a migliorare le condizioni della persona non autosufficiente.

      6. I criteri e le modalità di attuazione delle disposizioni del presente articolo sono disciplinati e periodicamente aggiornati nell'ambito del Piano nazionale per la non autosufficienza di cui all'articolo 5.

 

Art. 3.

(Livelli essenziali delle prestazioni

socio-assistenziali e diritti esigibili).

 

      1. I livelli essenziali delle prestazioni socio-assistenziali per le persone non autosufficienti (LESNA) sono parte integrante dei livelli essenziali delle prestazioni sociali definiti ai sensi degli articoli 18, comma 3, e 22 della legge 8 novembre 2000, n. 328, e i relativi parametri sono definiti nel Piano nazionale per la non autosufficienza di cui all'articolo 5 della presente legge. Gli oneri relativi alle prestazioni garantite dai LESNA sono posti a carico del Fondo nazionale per la non autosufficienza istituito ai sensi dell'articolo 8.

      2. I LESNA garantiscono su tutto il territorio nazionale l'esigibilità dei seguenti diritti:

          a) informazione e consulenza sulla rete di prestazioni offerte per la non autosufficienza e accesso unificato ai servizi socio-sanitari, nonché misure di pronto intervento;

          b) valutazione multidimensionale individuale;

          c) predisposizione del PIA e accompagnamento nel percorso assistenziale da esso definito;

          d) prestazioni integrate, domiciliari, semiresidenziali, residenziali e di ricovero di sollievo, in relazione alle diverge componenti di cura, assistenza, sostegno personale, familiare e sociale.

      3. Al fine di assicurare l'attuazione degli interventi di cui al comma 2, i LESNA sono suddivisi in base alle seguenti prestazioni:

          a) assistenza tutelare alla persona a carattere domiciliare;

          b) aiuto domestico-familiare, ivi compreso quello a sostegno delle cure prestate dai familiari;

          c) assistenza economica;

          d) adeguamento e miglioramento delle condizioni abitative ai fini di una migliore fruizione dell'abitazione;

          e) sostegno alla mobilità.

      4. Le prestazioni garantite dai LESNA non sostituiscono quelle erogate del Servizio sanitario nazionale, ma si integrano con le stesse, in particolare con quelle indicate nell'allegato C annesso al decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 29 novembre 2001, pubblicato nel supplemento ordinario alla Gazzetta Ufficiale n. 33 dell'8 febbraio 2002, e successive modificazioni, e concorrono alla copertura dei costi di rilevanza sociale dell'assistenza integrata socio-sanitaria, ai sensi dell'atto di indirizzo e coordinamento di cui al decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 14 febbraio 2001, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 129 del 6 giugno 2001, e successive modificazioni. I livelli essenziali delle prestazioni sanitarie e socio-sanitarie, erogate con continuità temporale e senza restrizioni per le persone non autosufficienti, si integrano con le prestazioni garantite dai LESNA. Resta fermo quanto disposto dall'articolo 2, comma 6, del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 109, come sostituito dall'articolo 2 del decreto legislativo 3 maggio 2000, n. 130.

      5. Le regioni possono stabilire ulteriori e più elevati livelli essenziali, con oneri finanziari a carico dei rispettivi bilanci.

 

Art. 4.

(Coordinamento delle misure economiche erogate dello Stato nell'ambito dei LESNA).

 

      1. Per le persone riconosciute non autosufficienti ai sensi della presente legge, che beneficiano delle misure di carattere economico erogate dallo Stato alle persone con invalidità, sordomutismo e cecità, di cui alle leggi 10 febbraio 1962, n. 66, 26 maggio 1970, n. 381, 27 maggio 1970, n. 382, 30 marzo 1971, n. 118, 11 febbraio 1980, n. 18, e ai decreti legislativi 21 novembre 1988, n. 508, e 23 novembre 1988, n. 509, e successive modificazioni, fatti salvi i benefìci in atto e i diritti maturati fino all'entrata in vigore del Piano di cui all'articolo 5 della presente legge, la concessione delle prestazioni economiche previste dalle normative citate al presente comma, a decorrere dalla data stabilita dal citato Piano, è effettuata all'interno della valutazione delle condizioni psico-fisiche del richiedente, con le modalità indicate all'articolo 2.

      2. Le prestazioni economiche previste dalle normative di cui al comma 1 sono erogate anche nel caso in cui la persona non autosufficiente sia ospitata in strutture semiresidenziali e residenziali non riabilitative, prevedendo l'utilizzo degli emolumenti economici percepiti, come concorso ai costi della tariffa alberghiera, ferma restando l'attribuzione alla persona non autosufficiente di una somma non inferiore al 25 per cento dell'assegno sociale di cui all'articolo 3, comma 6, della legge 8 agosto 1995, n. 335.

 

Art. 5.

(Piano nazionale per la non

autosufficienza).

 

      1. La definizione, le caratteristiche e i requisiti delle prestazioni sociali comprese nei LESNA, le priorità di intervento, le modalità di attuazione del sistema integrato di interventi e servizi per la non autosufficienza, gli indicatori e i parametri per la verifica della realizzazione dei livelli essenziali e della utilizzazione delle risorse del Fondo nazionale per la non autosufficienza, istituito ai sensi dell'articolo 8 della presente legge, sono definiti nel Piano nazionale per la non autosufficienza, di seguito denominato «Piano nazionale», approvato con le procedure di cui all'articolo 18 della legge 8 novembre 2000, n. 328.

      2. Il primo Piano nazionale è approvato entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge.

      3. Il sistema informativo dei servizi sociali di cui all'articolo 21 della legge 8 novembre 2000, n. 328, integrato con i dati del Servizio informativo sanitario e della spesa sociale degli enti locali per la non autosufficienza, provvede al monitoraggio annuale dello stato di erogazione dei LESNA, del loro grado di efficienza ed efficacia, dei risultati conseguiti anche rispetto al contenimento della spesa ospedaliera impropria secondo modalità e criteri stabiliti dal Piano nazionale.

      4. Le iniziative collegate all'affermazione di nuovi stili di vita, volti a rallentare il decadimento psichico e fisico, a mantenere attivi gli interessi culturali e relazionali, nonché a facilitare la mobilità delle persone non autosufficienti, sono promosse sulla base di specifici programmi nazionali e regionali predisposti di intesa con le organizzazioni sociali e di tutela dei cittadini.

 

Art. 6.

(Soggetti erogatori).

 

      1. All'erogazione dei LESNA provvedono i comuni e il Servizio sanitario nazionale, in forma diretta o accreditata, secondo le rispettive competenze disciplinate dall'atto di indirizzo e coordinamento di cui al decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 14 febbraio 2001, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 129 del 6 giugno 2001, e successive modificazioni; all'erogazione delle prestazioni di cui all'articolo 3, comma 3, lettera c), della presente legge, provvede lo Stato. Nelle forme di accreditamento previste ai sensi del presente articolo, è riservato un ruolo primario alle organizzazioni di cui all'articolo 1, comma 4, della legge 8 novembre 2000, n. 328.

      2. Le prestazioni dei LESNA garantite ai sensi dell'articolo 3, comma 2, lettera d), qualora i soggetti di cui al comma 1 del presente articolo non siano in grado di provvedervi, possono essere erogate con le modalità di cui all'articolo 17 della legge 8 novembre 2000, n. 328. L'erogazione delle prestazioni di cui all'articolo 3, comma 3, lettere a), b) e d), può avvenire anche attraverso persone singole, in possesso di adeguata qualificazione o comunque disponibili ad effettuare percorsi formativi di base. I criteri e le modalità di attuazione del presente comma sono stabiliti dal Piano nazionale, nel rispetto delle competenze delle regioni e delle province autonome di Trento e di Bolzano.

 

Art. 7.

(Esigibilità dei diritti).

 

      1. Le persone non autosufficienti e, per quanto di competenza, le loro famiglie, hanno diritto alle prestazioni incluse nei LESNA, anche su richiesta della persona interessata o di chi la rappresenta. In caso di inadempimento da parte dell'ente competente è ammesso ricorso in via giurisdizionale. Gli interessati possono essere assistiti in giudizio dagli istituti di patronato, dalle associazioni di promozione sociale e dalle organizzazioni di volontariato.

 

Art. 8.

(Fondo nazionale per la non

autosufficienza).

 

      1. Per l'attuazione della presente legge è istituito presso il Ministero del lavoro e delle politiche sociali il Fondo nazionale per la non autosufficienza, di seguito denominato «Fondo».

      2. Le risorse del Fondo sono destinate, secondo i criteri previsti dal Piano nazionale, al perseguimento delle seguenti finalità in favore delle persone non autosufficienti:

          a) attuazione dei LESNA;

          b) potenziamento dei servizi, delle prestazioni e degli interventi socio-assistenziali;

          c) finanziamento dei titoli per la fruizione di prestazioni sociali;

          d) sostegno delle famiglie, ivi compresi quello economico e la copertura previdenziale dei familiari addetti all'assistenza della persona non autosufficiente, e riconoscimento del lavoro informale delle famiglie anche attraverso servizi di sollievo ed agevolazioni tariffarie;

          e) erogazione delle risorse necessarie per il pagamento della quota sociale a carico dell'utente in caso di ricovero in strutture residenziali o di ricorso ad altre strutture anche a carattere diurno;

          f) assistenza economica, ivi compresa l'erogazione degli assegni e delle indennità previsti dalle normative citate all'articolo 4 comma 1.

      3. Alla programmazione e all'erogazione dei servizi, delle prestazioni e degli interventi di cui al comma 1 provvedono i soggetti competenti in base alle leggi delle rispettive regioni e province autonome nonché alle indicazioni del Piano nazionale e dei rispettivi piani regionali e provinciali.

      4. Restano ferme le competenze del Servizio sanitario nazionale e le modalità di finanziamento in materia di prevenzione, di cura e di riabilitazione con continuità temporale e senza restrizioni per le persone non autosufficienti.

 

Art. 9.

(Finanziamento del Fondo).

 

      1. Il finanziamento del Fondo è a carico dello Stato, che assicura, comunque, la copertura delle prestazioni erogate dai LESNA.

      2. Al Fondo affluiscono altresì le somme derivanti:

          a) dalle risorse destinate all'erogazione ai soggetti beneficiari degli assegni e delle indennità previste dalle normative citate all'articolo 4, comma 1;

          b) dal contributo di solidarietà di cui all'articolo 1, comma 350, della legge 30 dicembre 2004, n. 311;

          c) dall'importo dei premi non riscossi del gioco del lotto e delle lotterie nazionali;

          d) dai finanziamenti derivanti da programmi dell'Unione europea;

          e) da donazioni di soggetti privati, comprese le fondazioni ex bancarie; su tali donazioni si applicano i benefìci fiscali vigenti in favore delle organizzazioni non lucrative di utilità sociale;

          f) dal recupero di entrate conseguenti all'emersione del lavoro irregolare derivante dall'applicazione dell'articolo 6, comma 2;

          g) dal recupero dell'evasione fiscale.

      3. La ripartizione fra le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano delle risorse del Fondo è effettuata, entro il 31 dicembre di ogni anno, con decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con i Ministri della salute e dell'economia e delle finanze; di intesa con la Conferenza unificata di cui all'articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, acquisito il parere delle competenti Commissioni parlamentari. La ripartizione viene effettuata, secondo i criteri contenuti nel medesimo decreto, sulla base di indicatori riferiti alla percentuale di persone non autosufficienti sulla popolazione di riferimento e degli altri indicatori e criteri previsti ai fini della ripartizione del Fondo nazionale per le politiche sociali e tenendo conto della realtà dei territori meno sviluppati e dei risultati del monitoraggio di cui all'articolo 5, comma 3.

 

Art. 10.

(Fondi integrativi regionali).

 

      1. Le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano possono istituire fondi regionali e interregionali per la non autosufficienza al fine di integrare le risorse finanziarie del Fondo loro assegnate ai sensi dell'articolo 9, comma 3, nonché di erogare prestazioni, interventi e servizi integrativi o ulteriori rispetto a quelli assicurati attraverso il Fondo nazionale.

 

 


 

N. 557

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CAMERA DEI DEPUTATI

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PROPOSTA DI LEGGE

 

d’iniziativa del deputato VOLONTÈ

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Norme in favore dei soggetti non autosufficienti le cui potenzialità residue non consentano idonee forme di integrazione lavorativa

 

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Presentata l’8 maggio 2006

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Onorevoli Colleghi! - La presente proposta di legge intende ampliare la gamma di strumenti a tutela del diritto al lavoro dei soggetti disabili nel loro insieme, tenendo conto delle esigenze diversificate che emergono da uno studio accurato delle molteplici caratteristiche che li contraddistinguono.

      Quando parliamo, infatti, di disciplina del collocamento dei disabili, riformata con la legge n. 68 del 1999, sappiamo di poter incidere sulla qualità della vita di tutti quei soggetti che possono contribuire fattivamente alla produttività del nostro Paese, e sono tanti, la gran parte. Esiste, però, una percentuale che poco o nulla può avvantaggiarsi della legge n. 68. Si tratta, cioè, di quei soggetti gravi o gravissimi che rappresentano per i propri congiunti una profonda incertezza sia nel presente che nel futuro. Il loro benessere, il loro processo d'integrazione sociale accusano i primi segni di difficoltà già nella scuola, per poi aprire un divario che, con il passare degli anni, si trasforma sempre di più in un baratro, come nel caso di un adulto non autosufficiente.

      Le potenzialità residue di questi soggetti non permettono di inserirli nelle liste per il collocamento obbligatorio poiché essi sono affetti da deficit tali sul piano fisico o psichico che non appare ipotizzabile, per la logica d'impresa e per le loro stesse esigenze, un assorbimento lavorativo soddisfacente e positivo.

      Ci teniamo, comunque, a sottolineare che le frontiere di ciò che noi reputiamo «normale» e «possibile» vengono spesso stravolte: a supporto di ciò si sottolinea l'esempio del giovane fisico siciliano colpito da tetraplegia, che rappresenta uno dei nostri attuali maggiori ricercatori nel campo delle problematiche attinenti l'«energia pulita», che ha trovato sue modalità di studio e di lavoro mediante l'approccio informatico.

      Esiste una parte di soggetti disabili che godono come ciascuno di noi della titolarità dei diritti costituzionali, ma che sembrano non potersene avvalere. A riguardo si cita l'articolo 1 della legge 5 febbraio 1992, n. 104, recante «Legge quadro per l'assistenza, l'integrazione sociale e i diritti della persona handicappata»: «La Repubblica garantisce il pieno rispetto della dignità umana e i diritti di libertà e di autonomia della persona handicappata e ne promuove la piena integrazione nella famiglia, nella scuola, nel lavoro e nella società»; l'articolo 3, comma 3, della stessa legge, recita: «Qualora la minorazione, singola o plurima, abbia ridotto l'autonomia personale, correlata all'età, in modo da rendere necessario un intervento assistenziale permanente, continuativo o globale nella sfera individuale o in quella di relazione, la situazione assume connotazione di gravità. Le situazioni di gravità determinano priorità nei programmi e negli interventi dei servizi pubblici (...)».

      L'articolo 8 (Inserimento ed integrazione sociale), al comma 1, lettera l), recita: «L'inserimento e l'integrazione sociale della persona handicappata si realizzano mediante (...) istituzione o adattamento di centri socio-riabilitativi ed educativi diurni, a valenza educativa, che perseguano lo scopo di rendere possibile una vita di relazione a persone temporaneamente o permanentemente handicappate, che abbiano assolto l'obbligo scolastico, e le cui verificate potenzialità residue non consentano idonee forme di integrazione lavorativa (...)».

      Chiaramente, la legge n. 104 del 1992 è una legge quadro, perciò di indirizzo, tanto che, infatti, l'articolo 10 (Interventi a favore di persone con handicap in situazione di gravità), utilizza più volte una formula che mal si coniuga con i bisogni pressanti dei portatori di deficit. Così dispone, ad esempio, il comma 1: «I comuni (...) e le unità sanitarie locali (...) possono realizzare con le proprie ordinarie risorse di bilancio, assicurando comunque il diritto all'integrazione sociale e scolastica secondo le modalità stabilite dalla presente legge e nel rispetto delle priorità degli interventi di cui alla legge 4 maggio 1983, n. 184, comunità alloggio e centri socio-riabilitativi per persone con handicap in situazione di gravità».

      Nel concreto, però, non sempre gli enti locali sono in grado di predisporre stanziamenti per una valida offerta di centri diurni socio-riabilitativi ed educativi, ove i soggetti «gravi» vivano momenti di integrazione, di attività occupazionale qualificante ed abilitante sia sul piano fisico che su quello psicologico.

      Quando, infatti, si parla di possibilità e non di certezze, quando cioè i progetti devono fare i conti con le risorse di bilancio, anche i diritti di principio si vedono schiacciati dai conti pubblici. Proprio per impedire questa incostituzionale prevaricazione abbiamo reputato opportuna la stesura di una proposta di legge che istituisse il diritto ad un piano di attività occupazionale individualizzato che determini il diritto all'accesso ad un centro diurno di tipo socio-occupazionale o ad un laboratorio, assistito da personale specializzato, che faccia sentire «vive» ed «utili» a se stesse ed alla società tutte quelle persone affette da handicap psichico o fisico in situazione di gravità tale da non consentire un'attività redditizia entro certi standard produttivi richiesti.

      La presente proposta di legge equipara, quindi, la dignità dei cittadini italiani ed è un atto dovuto del nostro Parlamento, poiché allinea in modo uniforme i comuni, anche consorziati tra loro e con le province, le comunità montane e le aziende sanitarie locali, rispetto al dovere di provvedere all'istituzione e al mantenimento dei centri diurni a favore dei portatori di grave deficit, in relazione alle peculiari necessità espresse dal territorio e rendendo effettivi quei diritti sanciti dalla legge n. 104 del 1992, una legge fra le più avanzate, che tante volte i disabili, le loro famiglie e gli operatori del sociale hanno visto disattendere.


 


 


proposta di legge

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Art. 1.

(Finalità).

      1. Finalità della presente legge è il riconoscimento del diritto all'inserimento in attività socio-educative ed occupazionali per i disabili in situazione di gravità, riconosciuti dalle aziende sanitarie locali in base agli accertamenti effettuati dalle commissioni mediche ai sensi dell'articolo 1 della legge 15 ottobre 1990, n. 295, e a quelli effettuati dall'Istituto nazionale per l'assicurazione contro gli infortuni sul lavoro, ai sensi del testo unico delle disposizioni per l'assicurazione obbligatoria contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 30 giugno 1965, n. 1124.

 

Art. 2.

(Soggetti aventi diritto).

      1. La presente legge si applica ai soggetti portatori di deficit fisici, psichici e sensoriali le cui potenzialità residue non consentano idonee forme di integrazione lavorativa.

 

Art. 3.

(Obiettivi).

      1. La presente legge disciplina il diritto all'inserimento dei soggetti disabili di cui all'articolo 2 in centri socio-riabilitativi ed educativi diurni che perseguano lo scopo di rendere possibile la vita di relazione a persone temporaneamente o permanentemente handicappate, che abbiano assolto il diritto-dovere all'istruzione e alla formazione con le modalità di cui alla legge 5 febbraio 1992, n. 104.

 

Art. 4.

(Monitoraggio delle esigenze territoriali).

      1. Entro il 31 gennaio di ogni anno, i comuni, anche consorziati tra loro, le loro unioni, le comunità montane e le aziende sanitarie locali inviano alla provincia territorialmente competente una relazione recante:

          a) l'indicazione del numero dei centri di cui all'articolo 3, presenti nel territorio di competenza;

          b) le caratteristiche di ciascun centro e la programmazione degli interventi adottati per l'anno in corso;

          c) il numero dei posti occupati e dei posti disponibili per ogni centro;

          d) l'indicazione nominativa del personale addetto, distinto per qualifica e per livello;

          e) il numero delle domande pervenute nell'anno precedente con relativa definizione delle assegnazioni.

 

Art. 5.

(Commissione di esperti).

      1. Presso ciascuna azienda sanitaria locale è istituita una commissione di esperti con il compito di redigere un piano di attività occupazionale individualizzato per i soggetti di cui all'articolo 2.

      2. La commissione è nominata con decreto del presidente della giunta provinciale competente ed è composta da:

          a) un medico fisiatra o un medico psichiatra;

          b) uno psicologo;

          c) un educatore;

          d) un esperto in formazione professionale.

      3. Ai lavori della commissione partecipa anche un componente della famiglia del disabile o un suo delegato rappresentato dal medico di base o dal medico specialista che cura il disabile.

      4. La commissione espleta le seguenti funzioni:

          a) esamina la documentazione clinica relativa al disabile;

          b) effettua tutte le prove e gli accertamenti necessari alla valutazione delle potenzialità del disabile;

          c) redige un piano di attività occupazionale individualizzato, che tiene conto delle potenzialità, delle aspettative e delle inclinazioni del soggetto e che si articola in quaranta ore settimanali di attività;

          d) indica la struttura o il centro socio-riabilitativo ed educativo diurno di cui all'articolo 3, presente nel territorio di competenza, ritenuto idoneo, per caratteristiche ed attività proposte, alla realizzazione del piano di attività occupazionale individualizzato;

          e) effettua, di propria iniziativa o su richiesta degli operatori o dei familiari, verifiche sull'effettivo espletamento dell'intervento indicato nel piano di attività occupazionale individualizzato ed esplica una eventuale ulteriore attività di consulenza per la sua attuazione;

          f) apporta modifiche, di propria iniziativa, nel corso dello svolgimento del piano di attività occupazionale individualizzato ovvero definisce proposte alternative a quella iniziale, su richiesta del soggetto disabile interessato.

 

Art. 6.

(Interventi a favore delle persone disabili in situazione di gravità).

      1. I comuni, anche consorziati tra loro o con le province, le loro unioni, le comunità montane e le aziende sanitarie locali, nell'ambito delle competenze in materia di servizi sociali loro attribuite dal testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, sono tenuti a realizzare il diritto ad attività occupazionali e educative dei soggetti disabili in situazione di gravità, residenti nel territorio di competenza.

      2. In attuazione del principio della priorità dei programmi e degli interventi dei servizi pubblici, riconosciuto alle situazioni di gravità, ai sensi della legge 5 febbraio 1992, n. 104, gli enti di cui al comma 1 del presente articolo sono tenuti ad inserire, nei rispettivi bilanci, gli stanziamenti necessari alla ristrutturazione, riqualificazione o costruzione dei centri socio-riabilitativi ed educativi diurni per soggetti disabili in situazione di gravità ed all'assunzione del relativo personale.

 

Art. 7.

(Fondo per le attività occupazionali e educative a favore dei soggetti disabili in situazione di gravità).

      1. Nel bilancio di previsione di ogni provincia è istituito il fondo per le attività occupazionali ed educative a favore dei soggetti disabili in situazione di gravità, di seguito denominato «fondo».

      2. Il fondo è amministrato da un comitato composto da: l'assessore provinciale competente per i servizi sociali o da un suo delegato, un membro, designato dalle aziende sanitarie locali competenti per territorio, facente parte del servizio sociale, due membri delle associazioni di categoria rappresentanti i disabili ed iscritte all'albo regionale. Il comitato è presieduto dal presidente della giunta provinciale e resta in carica due anni.

      3. Il fondo eroga contributi ai comuni per la ristrutturazione, la riqualificazione e la costruzione dei centri socio-riabilitativi ed educativi diurni a favore dei soggetti disabili in situazione di gravità nella misura del 50 per cento degli interventi previsti.

      4. Al fondo sono destinate le risorse derivanti dal contributo a carico del bilancio dello Stato determinato annualmente con la legge finanziaria.

 

 

 

Art. 8.

(Disposizioni transitorie).

      1. Decorsi sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge i comuni, anche consorziati tra loro, le loro unioni, le comunità montane e le aziende sanitarie locali sono tenuti ad inviare la relazione di cui all'articolo 4.

 

Art. 9.

(Regioni a statuto speciale).

      1. Le regioni a statuto speciale e le province autonome di Trento e di Bolzano adeguano, ai sensi dei rispettivi statuti, la propria legislazione alle disposizioni della presente legge, che costituiscono princìpi fondamentali dell'ordinamento.

 

 

 


 

N. 1228

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CAMERA DEI DEPUTATI

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PROPOSTA DI LEGGE

 

d’iniziativa dei deputati

SGOBIO, DILIBERTO, PAGLIARINI, BELLILLO, CANCRINI, CESINI, CRAPOLICCHIO, DE ANGELIS, GALANTE, LICANDRO, NAPOLETANO, FERDINANDO BENITO PIGNATARO, SOFFRITTI, TRANFAGLIA, VACCA, VENIER

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Piano di interventi integrati per la non autosufficienza

 

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Presentata il 28 giugno 2006

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Onorevoli Colleghi! - La presente proposta di legge è stata molto attesa. II problema della non autosufficienza nel compimento degli atti della vita quotidiana è un problema diffusissimo che riguarda quasi tutte le famiglie italiane, che ne sconvolge le dinamiche interne e per il quale spesso sono le donne ad essere costrette a lasciare il lavoro per prestare l'assistenza quotidiana e concreta agli anziani e alle persone non autosufficienti del nucleo familiare.

      Tale problema, oltre a sconvolgere la vita interna delle famiglie, determina un costo finanziario insopportabile: i dati statistici indicano che le famiglie che si trovano al di sotto della soglia di povertà sono, nella maggior parte dei casi, proprio quelle che devono sopportare il peso del costo e di un problema che non può essere considerato un fatto privato e che, inoltre, riguarda 1,5 milioni di anziani e 1,3 milioni di persone disabili al di sotto dei 65 anni di età e che comporta una stima dei costi assistenziali che si aggira attorno ai 12-13 miliardi di euro.

      Il nostro è un Paese che invecchia, e che invecchia male, anche perché la mentalità della prevenzione, nonostante l'istituzione del Servizio sanitario nazionale risalga al 1978, tarda a radicarsi non solo negli operatori sanitari e nell'organizzazione sanitaria, ma soprattutto tra noi cittadini: oggi, per ogni bambino, ci sono cinque nonni e una famiglia su cinque, in casa propria, ha il problema della non autosufficienza. Inoltre, l'Italia su questo versante sconta un grave ritardo, continua a non stare al passo con gli altri Paesi europei, Francia e Germania in primo luogo, che da anni hanno adottato misure efficaci per sostenere le persone con diversi gradi di disabilità. Nonostante le diverse mobilitazioni delle associazioni, delle organizzazioni sindacali dei pensionati, e nonostante diverse iniziative parlamentari, non esiste oggi nel nostro Paese alcuno strumento in grado di affrontare un tema così ampio e complesso.

      È un problema che non può essere affrontato soltanto con «prestazioni monetarie», bensì con una integrazione tra interventi economici e prestazioni professionali. Proprio la complessità delle domande e delle risposte sconsiglia il ricorso a un modello assicurativo. Tale modello, infatti, renderebbe praticamente impossibile l'integrazione tra prestazioni economiche, prestazioni sanitarie e prestazioni sociali.

      È questa la ragione per la quale molte associazioni, organizzazioni sindacali, rappresentanti di forze politiche, affermano che solo un servizio pubblico, articolato su più livelli istituzionali, aperto alla collaborazione con le organizzazioni dei cittadini, può rispondere al problema della non autosufficienza.

      La presente proposta di legge si prefigge di promuovere e di incrementare il sistema di prevenzione, contrasto e riabilitazione degli stati di non autosufficienza. In particolare, essa prevede l'istituzione di un Piano nazionale per la non autosufficienza, programma che dovrà accompagnare le famiglie dei disabili nel loro percorso garantendo la specificità e i requisiti delle prestazioni sociali, le priorità di intervento e le modalità di azione, nonché la definizione dei livelli essenziali di assistenza. La proposta di legge, inoltre, cerca di dare delle risposte concrete al problema ponendosi come obiettivo anche la mobilitazione del mondo politico al fine di fare riprendere l'iter legislativo avviato nella scorsa legislatura dalla Commissione Affari sociali della Camera dei deputati.

      Nel nostro Paese, a differenza degli altri Paesi europei che da tempo si sono dotati di una legge strutturale sulla non autosufficienza, viene erogato, in assenza di appositi servizi, solo un assegno di accompagnamento per i disabili al 100 per cento. Una mancanza di strutture di supporto, tutta italiana, che viene supplita dal lavoro delle assistenti familiari. Una soluzione, quest'ultima, che carica di costi altissimi le famiglie e favorisce l'espandersi del lavoro irregolare.

      Il precedente Governo di centrosinistra aveva varato riforme molto importanti, come il decreto legislativo n. 229 del 1999 («Norme per la razionalizzazione del Servizio sanitario nazionale, a norma dell'articolo 1 della legge 30 novembre 1998, n. 419») e la legge n. 328 del 2000 («Legge quadro per la realizzazione del sistema integrato di interventi e servizi sociali»), con le quali ha garantito adeguate risorse finanziarie, assicurato il reddito minimo di inserimento e posto al centro dell'idea dei servizi alla persona proprio il tema dell'assistenza agli anziani e alle persone non autosufficienti. In tale ambito era stato stabilito che le risorse finanziarie dovessero essere reperite contestualmente all'analisi dei bisogni.

      Il Governo Berlusconi, invece, è andato in tutt'altra direzione, scegliendo una linea di contrapposizione rispetto alle esigenze del Paese, decidendo di far pagare il conto di una crisi economica, cui non è riuscito a contrapporre politiche efficaci di risanamento e di sviluppo, ai cittadini più in difficoltà e alle famiglie che già fronteggiano gravosi carichi assistenziali.

      Il Governo Berlusconi ha inoltre ostacolato la definizione e l'approvazione di una legge sulla non autosufficienza, da una parte non prevedendo alcun finanziamento nelle varie leggi finanziarie che ha predisposto e, dall'altra, contrastando lo sforzo compiuto dalla Commissione Affari sociali della Camera dei deputati, che nella XIV legislatura ha elaborato e discusso con le parti sociali confederali una proposta di testo unificato per la istituzione di un Fondo nazionale per la non autosufficienza, recependo i princìpi base delle proposte sostenute dai sindacati dei pensionati e dalle organizzazioni confederali (atto Camera n. 2166 e abbinati). Infatti, con successivi strumenti legislativi economico-finanziari, il Governo Berlusconi ha di fatto accantonato l'ipotesi della istituzione di un Fondo nazionale per la non autosufficienza, sulla quale si era realizzata un'inattesa convergenza tra maggioranza e opposizione in Commissione.

      Con le leggi finanziarie che si sono susseguite negli ultimi anni, il Governo Berlusconi ha decurtato sia il Fondo sanitario nazionale che il Fondo nazionale per le politiche sociali, trascinando inevitabilmente le famiglie italiane, i lavoratori e perfino il ceto medio verso nuove forme di povertà, indotte anche dall'aumento del costo dei ticket sanitari, dei servizi sociali e dei servizi sanitari.

      La legge finanziaria per il 2005, legge n. 311 del 2004, all'articolo 1, comma 349, introducendo il comma 4-bis dell'articolo 12 del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica n. 917 del 1986, in materia di deduzioni per oneri di famiglia, si è limitata infatti a prevedere soltanto una deduzione dal reddito complessivo, fino ad un massimo di 1.820 euro, delle spese sostenute per gli addetti all'assistenza personale, le cosiddette «badanti», figure la cui attività è rivolta al sostegno e all'aiuto prestato a domicilio di persone anziane o disabili in situazione di non autosufficienza. La spesa totale prevista era di 80 milioni di euro per 215.000 destinatari a fronte dei circa 2.800.000 non autosufficienti. L'inadeguatezza economica del provvedimento è fin troppo evidente se si pensa ai costi annui necessari a garantire una assistenza e al numero attuale e crescente di persone non autosufficienti. Ma la citata legge finanziaria per il 2005 ha altri due importanti difetti: non prevede alcuna graduazione delle prestazioni rispetto alla gravità del bisogno e comporta significative difformità su base territoriale nell'applicazione dei criteri di accesso alle prestazioni.

      Il Governo Berlusconi, dunque, non ha impegnato neanche un euro per affrontare un problema che interessa oggi 2.800.000 nostri concittadini, numero destinato a crescere in misura proporzionale all'allungamento della vita media, accantonando di fatto l'ipotesi della istituzione di un Fondo nazionale per la non autosufficienza.

 

      In effetti, il ricorso a uno specifico Fondo per la non autosufficienza appare di gran lunga preferibile per una serie di ragioni, prima fra tutte quella che il semplice accorpamento sotto un'unica posta di bilancio di tutte le risorse oggi destinate all'assistenza delle persone non autosufficienti garantirebbe una maggiore trasparenza complessiva nell'uso delle risorse pubbliche. Nell'ambito del Fondo si potrebbe poi effettuare una graduazione delle prestazioni rispetto alla gravità del bisogno. II Fondo dovrebbe adottare un orizzonte temporale di programmazione più lungo di quello associato a politiche finanziate anno per anno sotto i vincoli dell'andamento congiunturale: infatti, poiché il progressivo aggravamento dei bisogni è in larga misura riconducibile all'invecchiamento della popolazione, è necessario che i problemi di equilibrio finanziario dei diversi programmi siano affrontati con un orizzonte temporale medio-lungo dedicando anche attenzione al problema della sostenibilità e dell'equità tra le diverse generazioni.

      Tornando allo sfortunato iter parlamentare della scorsa legislatura del citato testo unificato, la Commissione Affari sociali lo ha approvato, su proposta dei deputati del centrosinistra; il testo si è però arenato presso la Commissione Bilancio.

      L'intenzione del Governo era quella, come hanno più volte annunciato i Ministri dell'economia e delle finanze e della salute, di introdurre il modello assicurativo, cosa che significherebbe escludere dalla cura e dall'assistenza le fasce sociali più deboli. La non autosufficienza, d'altra parte, richiederebbe l'integrazione tra diverse competenze professionali, tecnologiche e finanziarie che nessuna assicurazione o mutua privata può garantire. Ciò che è accaduto dunque è assai chiaro: si sono ridotti drasticamente i fondi per le politiche sociali trasferendo peso e responsabilità delle scelte sugli enti locali e producendo così una crisi irreversibile dei bilanci delle regioni e dei comuni, determinando così profonde disuguaglianze territoriali e creando le condizioni di una rottura del patto di coesione sociale. Tutto ciò con un obiettivo predeterminato: accelerare la crisi del welfare pubblico per sostituirlo con nuove forme assicurative e di privatizzazione dei servizi.

      La parola d'ordine del Governo Berlusconi è dunque stata quella di dare seguito al progressivo ritiro dello Stato dai servizi di carattere sociale, intenzione peraltro espressa già nel Libro bianco del welfare, per privatizzare il mercato delle prestazioni e dei servizi sociali e creare un welfare a due velocità: uno per i poveri; l'altro per chi ha le possibilità economiche di rivolgersi ai privati attraverso forme assicurative o direttamente con i propri mezzi. Non a caso il privato con fini di lucro rivolge sempre più attenzione al mercato dei servizi sociali.

      La dinamica demografica, invece, e la crescita positiva delle prospettive di vita degli anziani segnalano la necessità di una iniziativa diffusa e coerente del Parlamento per il consolidamento e lo sviluppo del welfare e della rete dei servizi pubblici in favore della non autosufficienza.

      La CGIL, la CISL e la UIL, all'epoca dell'approvazione del testo unificato sul Fondo nazionale per la non autosufficienza, sia in occasione delle audizioni promosse dalla Commissione sia nel corso di iniziative pubbliche, hanno già avuto modo di esprimere l'apprezzamento per lo sforzo congiunto delle forze di opposizione e di maggioranza nell'elaborazione del testo bipartisan, nonché le loro osservazioni di merito al testo unificato.

      Con la presente proposta di legge si vuole ribadire che la istituzione di un Fondo nazionale per la non autosufficienza è l'unica efficace risposta ai bisogni di 2.800.000 (1.970.000 ultrasessantacinquenni) persone totalmente o parzialmente inabili e delle loro famiglie che, nella maggior parte dei casi, affrontano da sole situazioni pesanti dal punto di vista economico, dello sforzo fisico e psicologico.

      Tra i princìpi che ispirano la proposta di legge vi è quello che il Fondo deve avere un carattere universalistico e che il finanziamento va coperto dalla fiscalità generale, escludendo forme assicurative selettive e costose non in grado, quindi, di coprire le esigenze delle persone inabili e di un crescente numero di persone che fortunatamente vedono crescere le aspettative di allungamento della vita.

      L'approvazione della presente proposta di legge sarebbe inoltre auspicabile poiché darebbe impulso alla programmazione e alla gestione dell'integrazione dei servizi socio-sanitari nei territori in applicazione di uno dei cardini della citata legge n. 328 del 2000, in quanto la valutazione del grado di non autosufficienza, la definizione, la gestione e la responsabilità dell'intervento personalizzato richiederebbero necessariamente una forte interazione di professionalità sanitarie con quelle del settore sociale e dei servizi.

      Inoltre, consideriamo importante che vi sia un Fondo nazionale che assicuri un servizio base in tutto il Paese al fine di contenere le differenze dei servizi forniti tra diversi territori, in particolare tra nord e sud, ma che lasci contemporaneamente alle singole realtà regionali la possibilità di decidere interventi aggiuntivi.



 


proposta di legge

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Art. 1.

(Finalità).

 

      1. Nell'ambito del sistema integrato di interventi e servizi sociali di cui alla legge 8 novembre 2000, n. 328, e nel rispetto degli articoli 117 e 119 della Costituzione, la presente legge, al fine di incrementare il sistema di prevenzione, contrasto e riabilitazione dei processi di non autosufficienza e di garantire il sostegno e il benessere delle persone non autosufficienti e delle rispettive famiglie, determina i livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti sociali da erogare nei casi di non autosufficienza, definisce i princìpi per la loro garanzia attraverso il Piano nazionale per la non autosufficienza e istituisce il Fondo nazionale per la non autosufficienza.

      2. Hanno diritto di usufruire delle prestazioni e dei servizi di cui alla presente legge i cittadini italiani e, nel rispetto degli accordi internazionali e con le modalità e nei limiti definiti dalle leggi regionali, anche i cittadini di Stati appartenenti all'Unione europea e i loro familiari, nonché gli stranieri di cui all'articolo 41 del testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell'immigrazione e norme sulle condizioni dello straniero di cui al decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286.

 

Art. 2.

(Definizione di non autosufficienza e piano individualizzato di assistenza).

 

      1. Ai fini della presente legge, sono definite non autosufficienti le persone con disabilità fisica, psichica, sensoriale, relazionale accertata attraverso l'adozione di criteri uniformi su tutto il territorio nazionale secondo le indicazioni dell'Organizzazione mondiale della sanità e della International Classification of Functioning, Disability and Health-ICF nonché attraverso la valutazione multidimensionale delle condizioni funzionali e sociali.

      2. La valutazione multidimensionale delle condizioni funzionali e sociali di cui al comma 1 è effettuata nell'ambito del distretto socio-sanitario da apposite unità pluriprofessionali appartenenti ai servizi socio-sanitari, composte da medici specialisti nelle discipline cliniche oggetto della disabilità, da personale sanitario dell'area infermieristica e della riabilitazione e da assistenti sociali designati dai comuni, nonché dal medico di medicina generale della persona da valutare.

      3. Per la valutazione della non autosufficienza le unità di cui al comma 2 si avvalgono di strumenti e di metodologie validati e uniformi su tutto il territorio nazionale e idonei alla misurazione del grado di autonomia funzionale, quale risultante delle condizioni organiche delle patologie cronico-degenerative e di comorbilità e dei loro esiti, delle condizioni psichiche, sensoriali, cognitive e relazionali ai fini dello svolgimento delle funzioni della vita quotidiana, della cura di sé e dell'uso degli strumenti e mezzi di comunicazione.

      4. Le fasce della non autosufficienza e le corrispondenti misure assistenziali differenziate sono definite in rapporto ai seguenti livelli di disabilità:

          a) incapacità di provvedere autonomamente al governo della casa, all'approvvigionamento e alla predisposizione dei pasti;

          b) incapacità di provvedere autonomamente alla cura di sé, ad alimentarsi ed al governo della casa;

          c) incapacità di provvedere autonomamente alle funzioni della vita quotidiana, alle relazioni esterne e presenza di problemi di mobilità e di instabilità clinica.

      5. A favore della persona non autosufficiente viene predisposto dall'unità pluriprofessionale un piano individualizzato di assistenza (PIA) che stabilisce le prestazioni di cura, di riabilitazione, di assistenza personale, di aiuto nel governo della casa e, qualora necessarie, misure di sostegno al reddito personale. Nella redazione del PIA sono coinvolti i familiari e, qualora richiesto dall'interessato, un esperto indicato dalle organizzazioni sindacali o dagli organismi di tutela dei cittadini. La realizzazione del PIA è monitorata da un operatore del servizio socio-sanitario con funzioni di responsabile del caso, che interagisce con la persona assistita, i suoi familiari e le risorse ambientali, al fine di valorizzare e utilizzare tutte le risorse idonee a migliorare le condizioni della persona non autosufficiente.

      6. I criteri e le modalità di attuazione del presente articolo sono disciplinati e periodicamente aggiornati, nell'ambito del Piano nazionale per la non autosufficienza di cui all'articolo 5.

 

Art. 3.

(Livelli essenziali delle prestazioni socio-assistenziali e diritti esigibili).

 

      1. I livelli essenziali delle prestazioni socio-assistenziali per le persone non autosufficienti (LESNA) che devono essere parte integrante dei livelli essenziali sociali da definire ai sensi degli articoli 18, comma 3, e 22 della legge 8 novembre 2000, n. 328, e i relativi parametri sono definiti nel Piano nazionale per la non autosufficienza e sono posti a carico del Fondo nazionale per la non autosufficienza di cui, rispettivamente, agli articoli 5 e 8 della presente legge.

      2. I LESNA garantiscono su tutto il territorio nazionale l'esigibilità dei seguenti diritti:

          a) informazione e consulenza sulla rete di prestazioni offerte per la non autosufficienza e accesso unificato ai servizi socio-sanitari, nonché misure di pronto intervento;

          b) valutazione multidimensionale individuale delle condizioni funzionali e sociali;

          c) predisposizione di un PIA e accompagnamento nel percorso assistenziale ivi stabilito;

          d) prestazioni integrate domiciliari, semiresidenziali, residenziali o di ricovero di sollievo nelle diverse componenti di cura, assistenza, sostegno personale, familiare e sociale.

      3. Per assicurare in ambito sociale gli interventi di cui al comma 2, sono definiti i seguenti livelli essenziali delle prestazioni:

          a) assistenza tutelare alla persona a carattere domiciliare;

          b) aiuto domestico familiare, ivi compreso quello a sostegno delle cure prestate dai familiari;

          c) assistenza economica;

          d) adeguamento e miglioramento delle condizioni abitative al fine di una migliore fruizione dell'abitazione;

          e) sostegno alla mobilità.

      4. Le prestazioni garantite dai LESNA non sono sostitutive di quelle sanitarie, sono integrative delle stesse e in particolare di quelle indicate nell'allegato C annesso al decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 29 novembre 2001, pubblicato nel supplemento ordinario alla Gazzetta Ufficiale n. 33 dell'8 febbraio 2002, e successive modificazioni, e concorrono alla copertura dei costi di rilevanza sociale dell'assistenza integrata socio-sanitaria, ai sensi dell'atto di indirizzo e coordinamento di cui al decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 14 febbraio 2001, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 129 del 6 giugno 2001. I livelli essenziali delle prestazioni sanitarie e socio-sanitarie, erogate con continuità temporale e senza restrizioni per le persone non autosufficienti, sono integrativi delle prestazioni garantite dai LESNA. Resta fermo quanto disposto dall'articolo 2, comma 6, del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 109, come sostituito dall'articolo 2 del decreto legislativo 3 maggio 2000, n. 130.

      5. Le regioni possono stabilire ulteriori e più elevati LESNA, assumendosene l'onere finanziario.

 

 

 

 

Art. 4.

(Coordinamento delle misure economiche erogate dello Stato nei LESNA).

 

      1. Per le persone riconosciute non autosufficienti ai sensi della presente legge, i LESNA sono integrati e coordinati con le misure di carattere economico erogate dallo Stato alle persone con invalidità, sordomutismo e cecità, di cui alle leggi 10 febbraio 1962, n. 66, 26 maggio 1970, n. 381, 27 maggio 1970, n. 382, 30 marzo 1971, n. 118, 11 febbraio 1980, n. 18, ed ai decreti legislativi 21 novembre 1988, n. 508, e 23 novembre 1988, n. 509.

      2. Fatti salvi i benefìci in atto e i diritti maturati fino all'entrata in vigore del Piano nazionale di cui all'articolo 5, la concessione delle prestazioni economiche di cui al comma 1 del presente articolo, a decorrere dalla data prevista dallo stesso Piano, è effettuata all'interno della valutazione delle condizioni psico-fisiche del richiedente, con le modalità indicate all'articolo 2.

      3. Le prestazioni economiche di cui al presente articolo sono erogate anche nel caso in cui la persona non autosufficiente sia ospitata in strutture semiresidenziali e residenziali non riabilitative, prevedendo l'utilizzo degli emolumenti economici percepiti, come concorso ai costi della tariffa alberghiera, ferma restando l'attribuzione alla persona non autosufficiente di una somma non inferiore al 25 per cento dell'assegno sociale di cui all'articolo 3, commi 6 e seguenti, della legge 8 agosto 1995, n. 335, e successive modificazioni.

 

Art. 5.

(Piano nazionale per la non autosufficienza).

 

      1. La definizione, le caratteristiche i requisiti delle prestazioni sociali comprese nei LESNA, le priorità di intervento, le modalità di attuazione del sistema integrato di interventi e di servizi per la non autosufficienza, gli indicatori e i parametri per la verifica della realizzazione dei livelli essenziali e della utilizzazione delle risorse del Fondo nazionale per la non autosufficienza di cui all'articolo 8 della presente legge, sono definiti nel Piano nazionale per la non autosufficienza approvato con le procedure di cui all'articolo 18 della legge 8 novembre 2000, n. 328.

      2. Il primo Piano nazionale per la non autosufficienza è approvato entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge.

      3. Il sistema informativo dei servizi sociali di cui all'articolo 21 della legge 8 novembre 2000, n. 328, integrato con i dati del Servizio informativo sanitario e della spesa sociale degli enti locali per la non autosufficienza, provvede al monitoraggio annuale sull'erogazione dei LESNA, sul loro grado di efficienza e di efficacia, sui risultati conseguiti anche rispetto al contenimento della spesa ospedaliera impropria secondo modalità e criteri stabiliti con il Piano nazionale.

      4. Sulla base di programmi nazionali e regionali, di intesa con le organizzazioni sociali e di tutela dei cittadini, sono promosse le iniziative collegate all'affermazione di nuovi stili di vita, volti a rallentare il decadimento psichico e fisico e a mantenere attivi interessi culturali e mobilità nelle persone non autosufficienti.

 

Art. 6.

(Soggetti erogatori).

 

      1. All'erogazione dei LESNA provvedono i comuni e il servizio sanitario, in forma diretta o accreditata, secondo le rispettive competenze, come disciplinate dall'atto di indirizzo e coordinamento di cui al decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 14 febbraio 2001, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 129 del 6 giugno 2001; alle prestazioni di cui all'articolo 3, comma 3, lettera c), della presente legge, provvede lo Stato. Nelle forme di accreditamento è riservato un ruolo primario alle organizzazioni di cui all'articolo 1, comma 4, della legge 8 novembre 2000, n. 328.

      2. I LESNA di cui all'articolo 3, comma 2, lettera d), ove sia carente l'offerta dei servizi da parte dei soggetti di cui al comma 1 del presente articolo, possono essere erogati anche secondo le indicazioni previste dell'articolo 17 della legge 8 novembre 2000, n. 328. L'erogazione delle prestazioni di cui al citato articolo 3, comma 3, lettere a), b) e d), può avvenire anche attraverso persone singole, in possesso di adeguata qualificazione, o comunque disponibili a percorsi formativi di base. I criteri e le modalità di attuazione del presente comma sono stabiliti, nel rispetto delle competenze delle regioni e delle province autonome di Trento e di Bolzano, dal Piano nazionale per la non autosufficienza.

 

Art. 7.

(Esigibilità dei diritti).

 

      1. Le persone non autosufficienti, come definite ai sensi dell'articolo 2, e, per quanto di competenza, le rispettive famiglie, hanno diritto alle prestazioni incluse nei LESNA anche su richiesta della persona interessata o di chi la rappresenta. In caso di inadempienza del competente ente è ammesso ricorso in via giurisdizionale. Gli interessati possono essere assistiti in giudizio dagli istituti di patronato, dalle associazioni di promozione sociale e dalle organizzazioni di volontariato.

 

Art. 8.

(Fondo nazionale per la non autosufficienza).

 

      1. Per l'attuazione della presente legge è istituito, presso il Ministero della solidarietà sociale, il Fondo nazionale per la non autosufficienza, di seguito denominato «Fondo».

      2. Il Fondo persegue, con i criteri previsti dal Piano nazionale per la non  autosufficienza, le seguenti finalità in favore delle persone non autosufficienti:

          a) attuazione dei LESNA e delle misure economiche di cui, rispettivamente, agli articoli 3 e 4;

          b) potenziamento dei servizi, delle prestazioni e degli interventi socio-assistenziali;

          c) finanziamento dei titoli per la fruizione di prestazioni sociali;

          d) sostegno alle famiglie, ivi compresi quello economico e la copertura previdenziale dei familiari addetti all'assistenza della persona non autosufficiente, e riconoscimento del lavoro informale delle famiglie anche attraverso servizi di sollievo e agevolazioni tariffarie;

          e) erogazione delle risorse necessarie per il pagamento della quota sociale a carico dell'utente in caso di ricovero in strutture residenziali o di ricorso ad altre strutture anche a carattere diurno;

          f) assistenza economica, ivi compresa l'erogazione degli assegni e delle indennità di cui all'articolo 4, comma 1.

      3. Alla programmazione e all'erogazione dei servizi, delle prestazioni e degli interventi di cui al comma 2 provvedono i soggetti titolari in base alle leggi delle rispettive regioni e province autonome, nonché alle indicazioni del Piano nazionale per la non autosufficienza e dei rispettivi piani regionali.

      4. Restano ferme le competenze del Servizio sanitario nazionale e le vigenti modalità di finanziamento delle prestazioni in materia di prevenzione, di cura e di riabilitazione con continuità temporale e senza restrizioni per le persone definite non autosufficienti ai sensi dell'articolo 2.

 

Art. 9.

(Finanziamento del Fondo).

 

      1. II finanziamento del Fondo è a carico dello Stato, che assicura, comunque, la copertura delle prestazioni di cui all'articolo 3.

      2. Al Fondo affluiscono altresì le somme derivanti:

          a) dalle risorse destinate all'erogazione ai soggetti beneficiari degli assegni e delle indennità di cui all'articolo 4, comma 1;

          b) dal contributo di solidarietà di cui all'articolo 1, comma 350, della legge 30 dicembre 2004, n. 311, calcolato ai fini dell'imposta sul reddito sui redditi di importo superiore a 100.000 euro annui;

          c) dall'importo dei premi non riscossi del gioco del lotto e delle lotterie nazionali;

          d) dai finanziamenti derivanti da programmi europei;

          e) da donazioni di soggetti privati, comprese le fondazioni ex-bancarie; su tali donazioni di applicano i benefìci fiscali vigenti in favore delle organizzazioni non lucrative di utilità sociale;

          f) dal recupero di entrate conseguenti all'emersione del lavoro irregolare eventualmente derivante dall'applicazione dell'articolo 6, comma 2;

          g) dal recupero dell'evasione fiscale.

      3. La ripartizione fra le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano delle risorse del Fondo è effettuata, entro il 31 dicembre di ogni anno, con decreto del Ministro della solidarietà sociale, di concerto con i Ministri della salute e dell'economia e delle finanze, di intesa con la Conferenza unificata di cui all'articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, acquisito il parere delle competenti Commissioni parlamentari. La ripartizione viene effettuata, secondo i criteri contenuti nel medesimo decreto, sulla base di indicatori riferiti alla percentuale di persone non autosufficienti sulla popolazione di riferimento e degli altri indicatori e criteri previsti ai fini della ripartizione del Fondo nazionale per le politiche sociali e tenendo conto della realtà dei territori meno sviluppati e dei risultati del monitoraggio previsto dall'articolo 5, comma 3.

 

Art. 10.

(Fondi integrativi regionali).

 

     1. Le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano possono istituire fondi regionali e interprovinciali integrativi per la non autosufficienza al fine di integrare le risorse finanziarie disponibili e di erogare prestazioni, interventi e servizi integrativi o ulteriori rispetto a quelli assicurati mediante i finanziamenti del Fondo.

 

 


 

N. 1248

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CAMERA DEI DEPUTATI

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PROPOSTA DI LEGGE

 

d’iniziativa dei deputati

ZANOTTI, BURTONE, BAFILE, BIANCHI, BUCCHINO, DI GIROLAMO, GRASSI, LAGANÀ FORTUGNO, LUCÀ, LUMIA, MOSELLA, RAMPI, SANNA, SQUEGLIA, TRUPIA

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Istituzione del Fondo per il sostegno delle persone non autosufficienti

 

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Presentata il 29 giugno 2006

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Onorevoli Colleghi! - In Italia la cura e l'assistenza delle persone non autosufficienti sono, da sempre, affidate prevalentemente alle pratiche familiari. Una diminuzione, anche piccola, nella disponibilità delle famiglie può causare una forte crescita della domanda di assistenza e di servizi. La rete parentale, infatti, presenta una gravissima fragilità per la difficoltà, delle famiglie più giovani, da un lato, di conciliare lavoro e accudimento dei congiunti e, dall'altro, per i problemi di «tenuta fisica» dei nuclei più anziani a causa dell'impegno totalizzante che ciò comporta.

      L'invecchiamento della popolazione ha fatto emergere due problemi principali a cui il sistema assistenziale italiano è chiamato con urgenza a fare fronte: da un lato è cresciuto il numero degli anziani che vivono soli o per i quali la rete dei sostegni familiari si è indebolita; dall'altro aumenta il numero di anziani esposti al rischio di perdere la loro autosufficienza fisica o psichica.

      Non vi è dubbio che poter diventare anziani significa soprattutto, nella biografia individuale, recuperare, quando permanga uno stato di autosufficienza, un tempo nuovo che può ancora essere ricco di progettualità individuale e relazionale.

      Certo, ci si riferisce in particolare alle prime età anziane, età che sono ancora risorse nella consapevolezza, appunto, che un'altra fase della vita, l'ultima, può diventare soprattutto vincolo.

      È qui che si pone l'esigenza di una considerazione nuova del tema della non autosufficienza che contrasti l'istituzionalizzazione non a parole, bensì con supporti e sostegni di straordinaria intensità e vera flessibilità, tali da rendere possibile davvero il prendersi cura dei propri anziani.

      Nel complesso, la famiglia costituisce ancora oggi la principale risorsa a disposizione delle persone disabili e anziane per fronteggiare la non autosufficienza. I costi della cura sono sostenuti principalmente dalle stesse famiglie attraverso il ricorso a familiari oppure a lavoro privato di cura in gran parte sommerso. Peraltro, non esistono stime attendibili sulla spesa complessiva delle famiglie.

      Secondo i dati dell'ultimo censimento dell'Istituto nazionale di statistica (ISTAT) relativo all'anno 2001, i disabili sono oltre 2,6 milioni di persone, mentre gli anziani sono oltre 4 milioni di persone.

      Complessivamente possono essere considerati disabili gravi circa 1,5 milioni di persone.

      Le famiglie con almeno un disabile grave sono circa un milione e mezzo, pari a quasi il 7 per cento delle famiglie italiane.

      Chi ha responsabilità di governo della cosa pubblica non può più sottrarsi, perciò, al compito di promuovere politiche che mirano ad estendere significativamente la rete dei servizi, per fornire risposte ai bisogni quotidiani di ogni singola persona non autosufficiente, potenziando e aggiornando un sistema di servizi che deve essere qualitativamente diverso dal passato, basato su un più forte coordinamento e un'integrazione delle politiche socio-sanitarie, in grado di offrire una maggiore possibilità di scelta agli utenti, e di intervenire sulla base di progetti individuali e personalizzati.

      La presente proposta di legge si pone l'obiettivo di:

          a) aumentare in misura consistente il numero delle persone non autosufficienti che possano beneficiare delle prestazioni assistenziali fino a pervenire a un universalismo vero;

          b) potenziare e variare tanto le opportunità di assistenza a domicilio e sul territorio, superando la frammentarietà e i forti squilibri territoriali che sinora hanno contraddistinto la rete dei servizi esistenti, quanto l'offerta di sostegno economico;

          c) rafforzare i diritti soggettivi delle persone non autosufficienti rendendo esigibile il diritto alla prestazione.

      In questa prospettiva il tema delle risorse finanziarie a disposizione diventa tema dirimente per chiunque si accinga alla predisposizione di un efficace e non propagandistico intervento legislativo che si proponga di rendere davvero praticabili tutele e sostegni.

      In altri Paesi europei la discussione dura da anni e i modelli di intervento adottati sono già in corso di correzione alla luce delle esperienze effettuate.

      In alcuni Paesi si è deciso di socializzare il rischio o ricorrendo a un sistema di tipo assicurativo pubblico obbligatorio a base contributiva, o ad uno di tipo universale coperto da specifiche entrate fiscali. In altri Paesi si è prevista una compartecipazione alla spesa degli utenti, in altri si è proceduto alla privatizzazione dell'assistenza.

      Da tempo operano, quindi, schemi di intervento di cui si possono misurare l'efficacia e il livello di gradimento dei cittadini.

      Il tema della redistribuzione di risorse pubbliche esistenti secondo nuove priorità, nonché il nodo delle risorse aggiuntive rispetto a quelle oggi disponibili, è apparso urgente e di non facile soluzione per tutte le forze politiche che, nel corso delle ultime legislature e in quella appena iniziata, hanno presentato al Parlamento progetti di legge sul tema del sostegno alla non autosufficienza, evidenziando come questa questione richieda soluzioni inedite e coraggiose in ordine all'innovazione del welfare e alla messa a disposizione di risorse, tali da rendere esigibile per i cittadini non autosufficienti e per le loro famiglie, su tutto il territorio nazionale, un diritto all'assistenza sancito già dalla legge n. 328 del 2000, ma che deve prendere corpo attraverso una adeguata strumentazione organizzativa e finanziaria.

      Il testo unificato licenziato a larghissima maggioranza dalla Commissione Affari sociali della Camera dei deputati nella precedente legislatura (atto Camera n. 2166 e abb., XIV legislatura), ripreso interamente nella presente proposta di legge, prevede l'istituzione di un Fondo nazionale per il sostegno delle persone non autosufficienti, finanziato da una imposta addizionale sui redditi delle persone fisiche e delle società, graduata in relazione ai diversi scaglioni di reddito e con la previsione dell'esenzione all'imposizione per i redditi medio-bassi.

      Con questo progetto di legge si propone, in sostanza, un patto di solidarietà che coinvolga tutti i cittadini a fronte di un rischio non più accidentale o straordinario, ma assai prevedibile che è quello della non autosufficienza.

      Una indagine realizzata dall'Associazione nuovo Welfare, negli anni scorsi, ha messo in evidenza non solo che l'80 per cento degli italiani esprime la convinzione che la tutela dei bisogni fondamentali debba venire dal sistema pubblico, ma anche che il 64 per cento è disposto a pagare qualcosa in più in cambio di maggiori e migliori servizi.

      In conclusione, la presente proposta di legge delinea un nuovo modello di intervento rivolto alle persone non autosufficienti, che non solo deve incrociare risorse che già esistono e che vanno assolutamente implementate, Fondo sanitario nazionale e Fondo nazionale per le politiche sociali innanzitutto, oltre che risorse locali, ma un nuovo modello che abbia alla sua base i criteri della universalità della tutela, della solidarietà, della responsabilità sociale.

 

Ambito di intervento normativo e rapporto con la legislazione vigente.

 

      Il testo in esame, volto ad accrescere le risorse finanziarie necessarie al potenziamento del sistema di protezione sociale a favore dei soggetti bisognosi di un'assistenza continuativa, in ragione delle proprie condizioni fisiche, psichiche e sensoriali, tiene comunque conto di quanto stabilito dalla legge n. 104 del 1992 (legge quadro per l'assistenza, l'integrazione sociale e i diritti delle persone handicappate).

      I servizi e le prestazioni per i soggetti non autosufficienti, previsti dalla normativa vigente, sono garantiti innanzitutto dal Servizio sanitario nazionale, con riferimento agli interventi di prevenzione, riabilitazione e cura. A carico delle risorse del Fondo nazionale per le politiche sociali sono poste importanti misure di sostegno sia di natura previdenziale (indennità di accompagnamento e di comunicazione) che assistenziale (secondo i princìpi stabiliti dalla legge n. 328 del 2000 di riforma del sistema dei servizi e interventi sociali). Più in generale, vanno ricordate le disposizioni di natura fiscale (detrazioni sul reddito e deduzioni per l'abitazione principale) nonché gli interventi per favorire l'accesso ad immobili di proprietà comunale alle categorie dei portatori di handicap e dei soggetti più svantaggiati.

      Il testo si compone di sei articoli ed è volto a incrementare il sistema di protezione sociale e di cura per le persone non autosufficienti. A tale fine, l'articolo 1 istituisce, presso il Ministero della solidarietà sociale, il Fondo per il sostegno delle persone non autosufficienti, cioè di coloro che hanno subìto una riduzione dell'autonomia personale, correlata all'età, in modo da rendere necessario un intervento assistenziale permanente, continuativo e globale nella sfera individuale o in quella relazionale. È importante precisare che il testo si riferisce a tutte le persone non autosufficienti indipendentemente da età e causa (persone che non riescono a svolgere le funzioni essenziali nell'ambito della vita quotidiana). Inoltre le prestazioni previste dal Fondo, prevalentemente di carattere domiciliare, non sono sostitutive di quelle sanitarie e sono finalizzate alla copertura dei costi di rilevanza sociale dell'assistenza integrata socio-sanitaria.

      Ai sensi dell'articolo 2, il Fondo è destinato ad erogare l'indennità di accompagnamento e di comunicazione, a potenziare la rete dei servizi ed erogare le prestazioni assistenziali attraverso la realizzazione di progetti individuali per le persone non autosufficienti; ad erogare titoli per la fruizione di prestazioni sociali e di assegni di cura commisurati alla gravità del bisogno; ad erogare le risorse necessarie al pagamento della quota sociale a carico dell'utente in caso di ricovero in una residenza sanitaria assistita o in strutture similari nonché a sviluppare iniziative di solidarietà, anche in collaborazione con il volontariato e con le organizzazioni non lucrative di utilità sociale, a favore delle famiglie con disabili, volte ad agevolare il loro mantenimento nell'ambito familiare. Per quanto riguarda l'indennità di accompagnamento e di comunicazione, occorre ribadire che essa continuerà ad essere erogata autonomamente a tutti i soggetti beneficiari, come diritto soggettivo a titolo della minorazione ai sensi delle leggi n. 18 del 1980, n. 381 del 1970 e n. 382 del 1970 e del decreto legislativo n. 509 del 1988.

      Nell'articolo 3 si disciplina il funzionamento del Fondo, le cui risorse sono ripartite annualmente tra le regioni sulla base di indicatori riferiti alla percentuale di persone non autosufficienti sulla popolazione di riferimento e di indicatori demografici e socio-economici, mentre l'articolo 4 ne regola la dotazione. In base a tale norma, la dotazione del Fondo è costituita innanzitutto dal gettito di un'imposta addizionale appositamente istituita dal testo in esame. Al Fondo, inoltre, affluiscono le risorse destinate all'erogazione ai soggetti beneficiari dell'indennità di accompagnamento e di comunicazione.

      Per quanto riguarda l'imposta addizionale sui redditi delle persone fisiche e delle società, l'articolo 5 stabilisce che essa verrà introdotta con uno o più decreti legislativi e che dalla medesima saranno esenti i redditi medio-bassi. Tale imposta sarà determinata applicando al reddito un incremento medio dello 0,75 per cento, graduato in modo differenziato, in relazione ai diversi scaglioni di reddito.

      Infine, l'articolo 6 stabilisce che le regioni possono prevedere addizionali regionali aggiuntive all'addizionale di cui all'articolo 5, nella misura massima dello 0,5 per cento, per le finalità di cui all'articolo 2.


 


 


proposta di legge

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Art. 1.

(Fondo per il sostegno delle persone non autosufficienti).

 

      1. Nel rispetto degli articoli 3, 38, 117, secondo comma, lettera m), e 119 della Costituzione e in attuazione dei princìpi di cui alla legge 8 novembre 2000, n. 328, e alla legge 5 febbraio 1992, n. 104, e successive modificazioni, al fine di incrementare il sistema di protezione sociale e di cura per le persone non autosufficienti è istituito, presso il Ministero della solidarietà sociale, il Fondo per il sostegno delle persone non autosufficienti, di seguito denominato «Fondo».

 

      2. Ai fini della presente legge sono considerate non autosufficienti le persone che, per una minorazione singola o plurima, hanno subìto una riduzione dell'autonomia personale, correlata all'età, in modo da rendere necessario un intervento assistenziale permanente, continuativo e globale nella sfera individuale o in quella di relazione.

 

      3. I livelli essenziali delle prestazioni socio-assistenziali per le persone non autosufficienti e i relativi parametri sono definiti, entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, di intesa con la Conferenza unificata di cui all'articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, acquisito il parere delle Commissioni parlamentari competenti, sulla base dei princìpi e criteri di cui agli articoli 14, 15 e 16 della legge 8 novembre 2000, n. 328.

 

      4. Le prestazioni garantite dai livelli essenziali di assistenza sociale per le persone non autosufficienti non sono sostitutive di quelle sanitarie e sono finalizzate alla copertura dei costi di rilevanza sociale dell'assistenza integrata socio-sanitaria, ai sensi dell'atto di indirizzo e coordinamento di cui al decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 14 febbraio 2001, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 129 del 6 giugno 2001. Resta fermo quanto disposto dall'articolo 2, comma 6, del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 109, come sostituito dall'articolo 2 del decreto legislativo 3 maggio 2000, n. 130.

 

      5. Ai fini della presente legge, il Ministro della salute provvede, nell'ambito delle risorse destinate alla ricerca biomedica derivanti dall'1 per cento del Fondo sanitario nazionale dedicato alla ricerca di base e applicata dell'Istituto superiore di sanità, degli istituti di ricovero e cura a carattere scientifico e delle regioni, ai sensi dell'articolo 12 del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502, e successive modificazioni, ad individuare prioritari ambiti di ricerca dedicati in particolare alle patologie croniche degenerative.

 

Art. 2.

(Finalità del Fondo).

 

      1. Ferme restando le competenze del Servizio sanitario nazionale in materia di prevenzione, di cura e di riabilitazione delle patologie acute e croniche da cui può derivare una condizione di non autosufficienza permanente, il Fondo è destinato alle seguenti finalità:

          a) erogare l'indennità di accompagnamento e di comunicazione di cui alle leggi 11 febbraio 1980, n. 18, 26 maggio 1970, n. 381, 27 maggio 1970, n. 382, e successive modificazioni, e al decreto legislativo 23 novembre 1988, n. 509, come diritto soggettivo a titolo della minorazione;

          b) potenziare la rete dei servizi ed erogare le prestazioni assistenziali attraverso la realizzazione di progetti individuali per le persone non autosufficienti, di cui agli articoli 14 e 15 della legge 8 novembre 2000, n. 328;

          c) erogare titoli per la fruizione di prestazioni sociali ed assegni di cura commisurati alla gravità del bisogno, nell'ambito di quanto stabilito nel programma di assistenza definito in sede distrettuale, allo scopo di garantire assistenza e sostegno ai soggetti non autosufficienti e di migliorare la vita di relazione e la comunicazione;

          d) erogare le risorse necessarie al pagamento della quota sociale a carico dell'utente in caso di ricovero in una residenza sanitaria assistita o in strutture similari anche a carattere diurno;

          e) sviluppare iniziative di solidarietà, anche con l'intervento delle organizzazioni di volontariato di cui alla legge 11 agosto 1991, n. 266, e delle organizzazioni non lucrative di utilità sociale, a favore delle famiglie nel cui ambito sono presenti disabili, finalizzate ad agevolare il loro mantenimento nell'ambito familiare.

      2. Restano salve le funzioni in materia riconosciute alle regioni a statuto speciale e alle province autonome di Trento e di Bolzano, ai sensi dei rispettivi statuti e delle relative norme di attuazione.

 

      3. Le province autonome di Trento e di Bolzano provvedono alle finalità della presente legge ai sensi dell'articolo 1-bis del decreto del Presidente della Repubblica 28 marzo 1975, n. 469.

 

Art. 3.

(Funzionamento del Fondo).

 

      1. Entro il 31 dicembre di ogni anno, il Ministro della solidarietà sociale, con proprio decreto, emanato di concerto con i Ministri della salute e dell'economia e delle finanze e di intesa con la Conferenza unificata di cui all'articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, acquisito il parere delle Commissioni parlamentari competenti, provvede alla ripartizione tra le regioni delle risorse del Fondo sulla base di indicatori, stabiliti con il medesimo decreto, riferiti alla percentuale di persone non autosufficienti sulla popolazione di riferimento, e di indicatori demografici e socio-economici.

 

      2. Nel pieno rispetto della potestà regolamentare delle regioni, delle province, dei comuni e delle città metropolitane in ordine alla disciplina dell'organizzazione e dello svolgimento delle funzioni loro attribuite in materia di solidarietà sociale e al fine di tutelare le posizioni soggettive e di rendere immediatamente esigibili i diritti soggettivi riconosciuti, con il medesimo decreto di cui al comma 1 sono determinati:

          a) i criteri per l'individuazione e l'accertamento della non autosufficienza da parte delle commissioni mediche di cui all'articolo 4 della legge 5 febbraio 1992, n. 104, sulla base dei criteri previsti dalla classificazione internazionale del funzionamento, della disabilità e della salute dell' Organizzazione mondiale della sanità;

          b) le modalità di gestione del Fondo e la tipologia e le modalità di erogazione delle prestazioni economiche e di natura assistenziale;

          c) le modalità e le procedure attraverso le quali, nell'ambito del distretto socio-sanitario, di cui all'articolo 3-quater del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502, devono essere valutati il bisogno assistenziale e le prestazioni da erogare a favore della persona non autosufficiente, assicurando in ogni caso il pieno rispetto e l'attuazione dell'articolo 3-septies del citato decreto legislativo n. 502 del 1992;

          d) le modalità di controllo e di verifica della qualità delle prestazioni erogate, della loro congruità rispetto ai bisogni e delle spese sostenute dalle famiglie, nel rispetto dei livelli essenziali delle prestazioni socio-assistenziali di cui al comma 3 dell'articolo 1.

 

Art. 4.

(Dotazione del Fondo).

 

      1. Il Fondo ha una dotazione annuale costituita:

          a) dal gettito dell'addizionale istituita ai sensi dell'articolo 5;

          b) dalle risorse destinate all'erogazione ai soggetti beneficiari dell'indennità di accompagnamento e di comunicazione di cui alle leggi 11 febbraio 1980, n. 18, 26 maggio 1970, n. 381, 27 maggio 1970, n. 382, e successive modificazioni, e al decreto legislativo 23 novembre 1988, n. 509.

 

Art. 5.

(Addizionale per il sostegno alla non autosufficienza).

 

      1. Il Governo è delegato ad adottare, entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, uno o più decreti legislativi recanti disposizioni dirette a introdurre un'imposta addizionale sui redditi delle persone fisiche e delle società per il sostegno alla non autosufficienza, secondo i seguenti princìpi e criteri direttivi:

          a) previsione dell'esenzione dall'imposizione per i redditi medio-bassi;

          b) determinazione della misura dell'addizionale, limitatamente agli anni 2007 e 2008, applicando all'imposta sul reddito delle persone fisiche, prevista dall'articolo 13 del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, e successive modificazioni, e all'imposta sul reddito delle società, prevista dall'articolo 77 del medesimo testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica n. 917 del 1986, e successive modificazioni, un incremento medio dello 0,75 per cento. Tale incremento deve essere graduato in modo differenziato, in relazione ai diversi scaglioni di reddito previsti dal citato articolo 13 del medesimo testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica n. 917 del 1986, e successive modificazioni;

          c) la misura dell'addizionale e dell'esenzione di cui alla lettera a) del presente comma, a decorrere dall'anno 2009, è determinata annualmente dalla legge finanziaria, con le modalità di cui all'articolo 11, comma 3, della legge 5 agosto 1978, n. 468, e successive modificazioni.

 

Art. 6.

(Addizionali regionali).

 

      1. Le regioni possono prevedere addizionali regionali aggiuntive all'addizionale di cui all'articolo 5, nella misura massima dello 0,5 per cento, per le finalità di cui all'articolo 2.    

 

 


 

N. 1295

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CAMERA DEI DEPUTATI

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PROPOSTA DI LEGGE

 

d’iniziativa dei deputati

DI VIRGILIO, AMORUSO, ANGELI, BARBIERI, BENEDETTI VALENTINI, BERNARDO, BERTOLINI, BIANCOFIORE, BOCCIARDO, BRUSCO, BUONTEMPO, CAMPA, CAPITANIO SANTOLINI, CARFAGNA, CASTELLANI, CATONE, CECCACCI RUBINO, CERONI, CICCIOLI, CIOCCHETTI, COLUCCI, CRIMI, D'AGRÒ, FABBRI, FALLICA, FERRIGNO, FORLANI, FRANZOSO, FRATTA PASINI, GARDINI, GIOVANARDI, GIRO, LA LOGGIA, LENNA, LICASTRO SCARDINO, LO MONTE, MARINELLO, MAZZARACCHIO, MAZZOCCHI, MAZZONI, MEREU, MILANATO, MISURACA, MONDELLO, MORONI, OSVALDO NAPOLI, PALMIERI, PALUMBO, PANIZ, PEDRIZZI, PELINO, MARIO PEPE, PONZO, ROMAGNOLI, ROSSO, SANZA, SIMEONI, STAGNO D'ALCONTRES, STRADELLA, TASSONE, TORTOLI, TUCCI, ULIVI, ALFREDO VITO, ZINZI

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Disciplina delle tutele socio-sanitarie in favore delle persone non autosufficienti

 

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Presentata il 5 luglio 2006

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Onorevoli Colleghi! - In tutti i Paesi sviluppati si è assistito a un progressivo invecchiamento della popolazione che ha comportato inevitabilmente alcune trasformazioni della società e della famiglia e nuovi approcci alla programmazione socio-sanitaria con rilevanti ripercussioni sul versante dei costi. In Italia, secondo i dati relativi al 2005, il 19,5 per cento della popolazione ha più di sessantacinque anni e si stima che nel 2030 si giungerà addirittura al 27 per cento e nel 2050 al 33,4 per cento: infatti, se nel 1996 vivevano 9,6 milioni di persone anziane, nel 2030 si stima che saranno 14,4 milioni, con un costante incremento del tasso percentuale di persone non autosufficienti.

      Questo incremento deve quindi fare riflettere sul fatto che l'età che avanza comporta, oltre al peggioramento delle condizioni di salute, tutta una serie di patologie invalidanti, disabilitanti e degenerative (ad esempio il morbo di Parkinson o quello di Alzheimer) che portano alla non autosufficienza, anche se si deve tenere presente che tali patologie a volte affiorano anche in età adulta e perfino giovanile.

      Si è verificato un incremento notevole delle patologie degenerative croniche e delle condizioni di dipendenza parziali o totali e tale incremento è in fase di costante evoluzione. Per contro le famiglie, sempre più fragili numericamente e anche psicologicamente, non sono spesso in grado di sostenere il carico fisico, psichico ed economico che comporta il prestare un'assistenza adeguata a questo tipo di malati. In tale prospettiva devono essere considerate a buon diritto, accanto alle strutture formali di assistenza, quali l'ospedale e i presìdi territoriali, spesso insufficienti e inadeguati, anche le strutture informali quali quelle assicurate dal volontariato e le stesse famiglie dei malati, opportunamente sostenute.

      Se la nostra società e la cultura dominante pongono a fondamento dell'esistere, e quindi del senso del vivere, l'avere, il potere, il piacere o, in altri termini, il trinomio «produzione, consumo, profitto» che domina in un'epoca post-moderna come l'attuale, si è inevitabilmente condotti a valutare le persone non più per quello che sono, ma per quello che hanno, che fanno o producono. In una simile società e cultura la condizione di anziano non può allora che considerarsi come una condizione di emarginazione.

      Se non riusciremo a spezzare o a invertire questa spirale di emarginazione delle persone anziane, così come dei più deboli e indifesi, favorendo quindi la crescita e la diffusione dell'accoglienza e della solidarietà, base di una nuova cultura della vita, non potremo che assistere passivamente alla crescita di domande senza risposte, al rifugio in gesti di disperazione, al dominio dell'indifferenza e all'affermazione dell'egoismo in un mondo arido e senza valori.

      Inoltre, è stato considerato che oltre il 5 per cento della popolazione italiana è colpito da almeno una disabilità. La fascia di popolazione affetta da disabilità necessita di particolari attenzioni sia perché costituita da persone destinate a convivere con una limitazione spesso rilevante della propria autonomia funzionale sia perché le medesime persone sono esposte al rischio di possibili ulteriori involuzioni. È evidente che i bisogni complessi di tali soggetti necessitano di risposte assistenziali articolate e composite che devono di logica scaturire da una revisione e da una riorganizzazione dei servizi offerti, tesi non solo a gestire la «menomazione» o la «minorazione funzionale del soggetto» ma orientati verso un processo sanitario, sociale ed educativo diretto a potenziare le funzionalità residue e a valorizzare le cosiddette «abilità diverse».

      La lotta alla disabilità deve essere un problema prioritario nella moderna società post-industriale, dato che la caratteristica saliente, specialmente dell'anziano, dal punto di vista sociale, è esattamente il rischio della non-autosufficienza. L'obiettivo della politica socio-sanitaria per l'anziano deve essere allora quello di potenziare le strutture e le risorse non solo e non tanto per il trattamento della patologia acuta, ma specialmente per la prevenzione della disabilità.

      È pertanto pressante l'esigenza di individuare nuovi strumenti affinché la società possa fare fronte ai costi, crescenti in misura iperbolica, collegati alla disabilità, in particolare nella sua componente anziana. Da qui la proposta della istituzione di un Fondo nazionale di solidarietà (articolo 1 della proposta di legge).

      Si tratta di un problema di grandissima e crescente rilevanza economica, per i numeri in progressivo aumento della popolazione cui si rivolge; in più, si tratta, come è noto, di bisogni su cui è assai arduo operare una valutazione statistica preliminare. Oltre ad adeguate risorse (molto superiori a quelle attualmente disponibili) è altrettanto indispensabile una adeguata organizzazione sia sul versante della assistenza sanitaria che su quella sociale, prevalentemente tese a mantenere il paziente al suo domicilio.

      Appare urgente allora una riorganizzazione delle strutture territoriali del Servizio sanitario nazionale e, soprattutto, la effettiva realizzazione di quella rete di servizi aperti sul territorio che dovrebbe costituire la più efficace modalità di assistenza globale, facilitando e stimolando tutte le iniziative necessarie per consentire la permanenza delle persone non autosufficienti nel proprio domicilio o presso il proprio nucleo familiare (articolo 4).



 


proposta di legge

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Art. 1.

(Sistema di protezione sociale e di cura).

 

      1. Sono considerati non autosufficienti tutti coloro che per età o per condizione di malattia hanno sviluppato disabilità tali da rendere permanentemente impossibili le attività della vita quotidiana senza una continua assistenza esterna.

      2. In attuazione della legge 8 novembre 2000, n. 328, al fine di sviluppare un sistema di protezione e di assistenza globale per le persone non autosufficienti, anche allo scopo di prevenire e rimuovere le cause che possono concorrere alla loro emarginazione, è istituito un Fondo nazionale di solidarietà, di seguito denominato «Fondo».

 

Art. 2.

(Beneficiari).

 

      1. Alle prestazioni del Fondo hanno accesso, indipendentemente dalla loro partecipazione agli oneri contributivi e dal reddito familiare, tutte le persone non autosufficienti identificate con le modalità previste dal decreto legislativo adottato in attuazione della delega di cui all'articolo 6.

 

Art. 3.

(Servizi e prestazioni).

 

      1. Ferme restando le competenze del Servizio sanitario nazionale in materia di assistenza, prevenzione, cura e riabilitazione per le patologie acute e croniche delle persone anziane e particolarmente per i soggetti non autosufficienti, il Fondo è destinato alle seguenti finalità:

          a) favorire l'accesso alla rete dei servizi, con particolare riguardo agli interventi  di assistenza alla persona e all'assistenza domiciliare diurna e notturna, di cui agli articoli 14 e 15 della legge 8 novembre 2000, n. 328;

          b) erogare titoli per l'acquisto di prestazioni sociali e sanitarie, parzialmente o totalmente escluse dai livelli essenziali di assistenza, secondo specifiche indicazioni cliniche e modalità;

          c) erogare risorse integrative necessarie al pagamento della quota sociale a carico dell'utente nel caso di ricovero in una residenza sanitaria assistita o in centri diurni integrati;

          d) sviluppare iniziative di solidarietà, anche con l'intervento delle organizzazioni di volontariato legalmente riconosciute, alle famiglie nel cui nucleo sono presenti disabili, finalizzate ad agevolare la loro permanenza e la loro assistenza nell'ambito familiare;

          e) attivare servizi che facilitino la permanenza dell'anziano e del disabile all'interno del nucleo familiare, quali, tra gli altri, l'assistenza domiciliare e il telesoccorso;

          f) sostenere il reddito delle famiglie al fine di metterle in grado di risolvere autonomamente i bisogni delle persone non autosufficienti appartenenti al nucleo familiare, come definiti nei livelli essenziali delle prestazioni sociali, integrandone il reddito con l'equivalente delle prestazioni riconosciute necessarie alla singola persona non autosufficiente.

 

Art. 4.

(Iniziative per consentire la permanenza di persone non autosufficienti nel proprio domicilio o presso il nucleo familiare).

 

      1. Le regioni, le province autonome di Trento e di Bolzano e gli enti locali possono provvedere con risorse proprie alla eventuale concessione di benefìci aggiuntivi rispetto a quelli determinati dalla presente legge. In particolare, nell'ambito dell'erogazione delle prestazioni rientranti nel sistema di assistenza domiciliare, le regioni, le province autonome di Trento e di Bolzano e gli enti locali promuovono e incentivano iniziative volte a consentire alle persone prive di autonomia fisica o psichica, che non necessitano di ricovero in strutture di tipo ospedaliero e negli istituti di riabilitazione di cui all'articolo 26 della legge 23 dicembre 1978, n. 833, di continuare a vivere nel proprio domicilio o presso il nucleo familiare di appartenenza.

 

Art. 5.

(Centrale operativa territoriale).

 

      1. In ogni distretto sanitario le aziende sanitarie locali attivano una centrale operativa territoriale al fine di identificare, di valutare e di monitorare il bisogno globale delle persone non autosufficienti di cui al comma 1 dell'articolo 1.

      2. La centrale opera in stretta connessione con i medici di medicina generale del territorio, con le strutture ospedaliere e con i servizi allo scopo attivati dagli enti locali.

      3. Nelle grandi città la centrale può attivare antenne di quartiere per gli anziani e per i disabili.

 

Art. 6.

(Delega al Governo).

 

      1. Entro il 31 dicembre 2006, il Governo è delegato ad adottare, su proposta del Ministro della solidarietà sociale, di concerto con i Ministri della salute, dell'economia e delle finanze, del lavoro e della previdenza sociale e delle politiche per la famiglia, previa intesa con la Conferenza unificata di cui all'articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, un decreto legislativo per definire, sulla base dei princìpi e criteri direttivi di cui alla presente legge:

          a) i criteri di determinazione e di accertamento della condizione di non autosufficienza;

          b) le modalità di gestione del Fondo e di erogazione degli interventi economici;

          c) nell'ambito della definizione dei livelli essenziali delle prestazioni sociali di cui all'articolo 22, comma 2, della legge 8 novembre 2000, n. 328, la tipologia delle prestazioni e dei servizi posti a carico del Fondo;

          d) le modalità e le procedure per la valutazione, nell'ambito del distretto socio-sanitario di cui all'articolo 3-quater del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502, del bisogno assistenziale e delle prestazioni da erogare a favore della persona non autosufficiente;

          e) le modalità di controllo e di verifica della qualità delle prestazioni erogate e delle spese sostenute dalle famiglie;

          f) la identificazione delle fasce di reddito cui fare corrispondere i diversi scaglioni contributivi e il livello minimo di reddito richiesto per l'obbligo contributivo di cui all'articolo 7.

 

Art. 7.

(Istituzione dell'assicurazione obbligatoria).

 

      1. Con il decreto legislativo adottato in attuazione della delega di cui all'articolo 6 sono definiti le modalità, i criteri ed i termini per l'istituzione di una assicurazione obbligatoria, le cui risorse sono destinate al finanziamento del Fondo gestito dall'Istituto nazionale della previdenza sociale, a decorrere dal 1o giugno 2007, nonché le misure fiscali atte a compensare il maggiore onere a carico dei lavoratori e delle imprese.

      2. L'assicurazione è obbligatoria per tutti i produttori di reddito, con contribuzioni graduate secondo le fasce di reddito identificate dal decreto legislativo adottato in attuazione della delega di cui all'articolo 6. Dal pagamento dei contributi assicurativi sono escluse le persone il cui reddito familiare risulta inferiore al livello minimo stabilito dal medesimo decreto legislativo.

 

Art. 8.

(Fase sperimentale).

 

      1. Nelle more dell'istituzione dell'assicurazione obbligatoria di cui all'articolo 7, è avviata una fase sperimentale del Fondo della durata di un anno.

 

Art. 9.

(Promozione della ricerca).

 

      1. Il programma nazionale di ricerca sanitaria di cui all'articolo 12-bis del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502, e successive modificazioni, promuove, in particolare, la ricerca e la sperimentazione di appositi interventi finalizzati a garantire il miglioramento delle prestazioni relative alla prevenzione, diagnosi, cura e riabilitazione delle malattie e delle altre condizioni patologiche che sono causa di non-autosufficienza.

 

Art. 10.

(Copertura finanziaria).

 

      1. Agli oneri derivanti dall'attuazione della presente legge, pari a 50 milioni di euro a decorrere dall'anno 2006, si provvede mediante corrispondente riduzione dello stanziamento iscritto, ai fini del bilancio triennale 2006-2008, nell'ambito dell'unità previsionale di base di parte corrente «Fondo speciale» dello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze per l'anno 2006, allo scopo parzialmente utilizzando l'accantonamento relativo al medesimo Ministero.

      2. Il Ministro dell'economia e delle finanze è autorizzato ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio.

 

 


 

N. 1348

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CAMERA DEI DEPUTATI

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PROPOSTA DI LEGGE

 

d’iniziativa dei deputati

CASTELLANI, BUONTEMPO, GIULIO CONTI, LISI, MANCUSO, ANGELA NAPOLI, ULIVI

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Disposizioni in favore delle persone anziane non autosufficienti

 

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Presentata il 12 luglio 2006

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Onorevoli Colleghi! - L'invecchiamento della popolazione costituisce una straordinaria trasformazione demografica che da diversi decenni investe i Paesi occidentali e in modo particolare l'Italia, sconvolgendo equilibri millenari.

      Alla situazione odierna, si è giunti certamente grazie ad una migliore qualità della vita ed ai progressi della medicina ma, ancor di più, per effetto della diminuzione, differenziata nel tempo, della mortalità e della fecondità che, storicamente, hanno concorso in maniera diversa nel delineare la dinamica demografica. Se, fino al secolo scorso, le variazioni erano legate soprattutto ad eventi eccezionali e la variabile «regolatrice» era la mortalità - con i suoi ricorrenti e fortissimi picchi dovuti ad epidemie, carestie e guerra - attualmente il «fulcro» delle trasformazioni demografiche è costituito dalla fecondità, il cui trend si sta omologando nei Paesi europei e i cui bassissimi livelli sono da considerare di «allarme» demografico se dovessero ancora prolungarsi nel lungo periodo. Il livello di fecondità ha una importanza cruciale: nel caso del perdurare ai livelli attuali, la percentuale di ultra sessantenni sulla popolazione totale potrebbe passare da un valore del 24,2 per cento nel 2000 ad uno del 46,2 per cento nel 2050.

       Questo incremento deve però fare riflettere sul fatto che l'età che avanza può comportare, oltre al peggioramento delle condizioni di salute, tutta una serie di patologie invalidanti, disabilitanti e degenerative che portano alla non autosufficienza e la dimensione dei bisogni delle persone anziane non autosufficienti ha assunto ormai, all'interno delle società più sviluppate, una valenza tale che rende ogni giorno sempre più indispensabile una risposta; questa, infatti, è una delle grandi sfide con cui si dovranno misurare ormai tutte le società economicamente sviluppate.

      La non autosufficienza in terza età, infatti, non può essere considerata un evento straordinario; al contrario, sempre più diventa un rischio prevedibile con l'età che avanza, perché le condizioni di salute tendono inevitabilmente a peggiorare: malattie invalidanti e degenerative, quali il morbo di Parkinson o di Alzheimer, ed altre patologie similari, debilitano e rendono dipendente un numero crescente di persone. Sempre più l'ultima fase della vita, allora, richiederà con molta probabilità le cure di un assistente domiciliare o di un infermiere, oppure un ricovero, o comunque qualcuno che presti assistenza continua e qualificata.

      Non è pensabile, allora, che questa situazione venga lasciata prevalentemente a carico di quel milione di famiglie italiane che quotidianamente affrontano i complessi e spesso economicamente insostenibili problemi legati alla presenza di una persona anziana non autosufficiente.

      Di fronte, quindi, a bisogni crescenti della popolazione anziana che richiedono un aumento consistente delle risorse da mettere a disposizione, è necessario prevedere una entrata autonoma e straordinaria che finanzi questa necessità e che coinvolga tutti i cittadini che producono reddito nel condividere il rischio della non autosufficienza in età anziana.

      Da qui la necessità di una proposta di legge che preveda l'istituzione di un Fondo nazionale di solidarietà (articoli 1, 2, 4 e 5) finanziato con l'istituzione di un contributo di solidarietà (articolo 3) obbligatorio per tutti i produttori di reddito.

      Come pure appare urgente una riorganizzazione delle strutture territoriali del Servizio sanitario nazionale e, soprattutto, la effettiva realizzazione di quella rete di servizi aperti sul territorio che dovrebbe costituire la più efficace modalità di assistenza globale, facilitando e stimolando tutte le iniziative per consentire la permanenza delle persone non autosufficienti nel proprio domicilio o presso il proprio nucleo familiare (articoli 6 e 7).



 


proposta di legge

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Art.  1.

(Sistema integrato di protezione sociale, di cura e di assistenza).

 

      1. In attuazione della legge 8 novembre 2000, n. 328, al fine di sviluppare un sistema integrato di protezione sociale, di cura e di assistenza per le persone anziane non autosufficienti e per facilitare la loro permanenza all'interno del nucleo familiare o del tessuto sociale, prevenendo o rimovendo le cause che possono concorrere alla loro emarginazione, è istituito un Fondo nazionale di solidarietà, di seguito denominato «Fondo».

      2. È considerato non autosufficiente l'anziano che ha sviluppato disabilità fisiche o psichiche tali che non gli permettono di provvedere alla cura della propria persona e di svolgere le attività più elementari della vita quotidiana senza l'assistenza determinante e continua di terzi.

 

Art. 2.

(Funzionamento del Fondo).

 

      1. Il Governo è delegato ad adottare, entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, su proposta del Ministro della solidarietà sociale, di concerto con i Ministri della salute e dell'economia e delle finanze, di intesa con la Conferenza unificata di cui all'articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, un decreto legislativo in cui sono definiti, in base ai princìpi e criteri di cui alla presente legge:

          a) i criteri di determinazione e di accertamento della non autosufficienza;

          b) le modalità di gestione del Fondo e di erogazione degli interventi economici di cui all'articolo 6;

           c) la tipologia delle prestazioni e dei servizi a carico del Fondo nell'ambito della definizione dei livelli essenziali delle prestazioni sociali, di cui all'articolo 22, comma 2, della legge 8 novembre 2000, n. 328;

          d) le modalità e le procedure attraverso le quali, nell'ambito del distretto socio-sanitario, di cui all'articolo 3-quater del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502, introdotto dall'articolo 3, comma 3, del decreto legislativo 19 giugno 1999, n. 229, sono valutati il bisogno assistenziale e le prestazioni da erogare a favore delle persone non autosufficienti;

          e) le modalità di controllo e di verifica della qualità delle prestazioni erogate e delle spese sostenute dalle famiglie;

          f) la identificazione delle fasce di reddito cui far corrispondere i diversi scaglioni contributivi e il livello minimo di reddito richiesto per l'obbligo contributivo previsto dall'articolo 3;

          g) la quota del Fondo da destinare alla ricerca e alla sperimentazione degli interventi per il miglioramento delle prestazioni relative alla prevenzione, diagnosi, cura e riabilitazione delle malattie che sono causa di non autosufficienza, ai sensi di quanto previsto dall'articolo 12-bis del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502, e successive modificazioni.

 

Art. 3.

(Istituzione del contributo di solidarietà).

 

      1. Con il decreto legislativo di cui all'articolo 2 sono definiti le modalità, i criteri ed i termini per l'istituzione di un contributo di solidarietà le cui risorse sono destinate al finanziamento del Fondo gestito dall'Istituto nazionale della previdenza sociale (INPS), ai sensi dell'articolo 4, a decorrere dal 1o gennaio 2007, nonché le misure fiscali atte a compensare il maggiore onere a carico dei lavoratori e delle imprese.

       2. Il contributo di solidarietà è obbligatorio per tutti i produttori di reddito, con contribuzioni graduate secondo le fasce di reddito identificate dal decreto legislativo di cui all'articolo 2. Dal pagamento del contributo di solidarietà sono escluse le persone il cui reddito familiare risulta inferiore al livello minimo previsto dal citato decreto legislativo.

 

Art. 4.

(Gestione contabile del Fondo).

 

      1. Presso l'INPS è istituita una apposita contabilità separata per la gestione delle risorse del Fondo. Con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze sono determinati i compensi ed il rimborso spettanti all'INPS per la gestione del Fondo.

 

Art. 5.

(Destinatari).

 

      1. Alle prestazioni del Fondo hanno diritto, indipendentemente dalla loro partecipazione agli oneri contributivi e dal reddito familiare, tutte le persone non autosufficienti identificate con le modalità previste dal decreto legislativo di cui all'articolo 2.

 

Art. 6.

(Finalità del Fondo).

 

      1. Ferme restando le competenze del Servizio sanitario nazionale in materia di prevenzione, di cura e di riabilitazione per le patologie acute e croniche dei soggetti non autosufficienti, il Fondo è destinato alle seguenti finalità:

          a) favorire l'accesso alla rete dei servizi, con particolare riguardo agli interventi di assistenza alla persona, nonché all'assistenza domiciliare diurna e notturna, di cui agli articoli 14 e 15 della legge 8 novembre 2000, n. 328;

           b) erogare titoli per l'acquisto di prestazioni sociali e sanitarie, parzialmente o totalmente escluse dai livelli essenziali di assistenza, secondo specifiche indicazioni cliniche e modalità;

          c) erogare risorse aggiuntive necessarie al pagamento della quota sociale a carico dell'utente nel caso di ricovero in una residenza sanitaria assistita o di un centro diurno integrato;

          d) sviluppare iniziative di solidarietà, anche con l'intervento delle organizzazioni di volontariato legalmente riconosciute, alle famiglie nel cui nucleo sono presenti soggetti anziani non autosufficienti, finalizzate ad agevolare il loro mantenimento nell'ambito familiare;

          e) favorire la fornitura di ausili e di presìdi sanitari, nonché l'adozione di interventi volti a rendere compatibile l'ambiente abitativo con la disabilità dell'anziano;

          f) sostenere il reddito delle famiglie in grado di risolvere in modo autonomo i bisogni delle persone non autosufficienti, come definiti nei livelli essenziali delle prestazioni sociali, integrandone il reddito con l'equivalenza delle prestazioni riconosciute necessarie alla singola persona non autosufficiente;

          g) finanziare la ricerca sulla prevenzione, diagnosi, cura e riabilitazione delle malattie che sono causa di non autosufficienza.

 

Art. 7.

(Iniziative per consentire la permanenza di persone non autosufficienti nel proprio domicilio o presso il nucleo familiare).

 

      1. Le regioni, le province autonome di Trento e di Bolzano e gli enti locali possono provvedere con risorse proprie alla eventuale concessione di benefìci aggiuntivi rispetto a quelli determinati dalla presente legge.

      2. Nell'ambito dell'erogazione delle prestazioni rientranti nei sistemi di assistenza domiciliare, le regioni, le province autonome di Trento e di Bolzano e gli enti locali promuovono e incentivano iniziative volte a consentire alle persone prive di autonomia fisica o psichica, che non necessitano di ricovero in strutture di tipo ospedaliero e nei servizi di riabilitazione di cui all'articolo 26 della legge 23 dicembre 1978, n. 833, di continuare a vivere nel proprio domicilio o presso il nucleo familiare di appartenenza.

      3. Le regioni, le province autonome di Trento e di Bolzano, anche in forma coordinata con gli enti locali, nell'ambito delle risorse destinate dal rispettivo piano socio-assistenziale, promuovono l'istituzione di appositi sportelli per le famiglie, finalizzati ad agevolare la conoscenza delle norme e dei provvedimenti nazionali, regionali e locali in materia di politiche familiari e a svolgere un'attività di supporto per l'accesso ai servizi rivolti ai nuclei familiari.

 

Art. 8.

(Fase sperimentale).

 

      1. Fino all'effettiva istituzione del contributo di solidarietà di cui all'articolo 3, è avviata una fase sperimentale del Fondo della durata di un anno.

      2. Agli oneri derivanti dall'attuazione del comma 1, pari a 5 milioni di euro, si provvede mediante corrispondente riduzione dello stanziamento iscritto, ai fini del bilancio triennale 2006-2007, nell'ambito dell'unità previsionale di base di parte corrente «Fondo speciale» dello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze per l'anno 2006, allo scopo parzialmente utilizzando l'accantonamento relativo al medesimo Ministero.

      3. Il Ministro dell'economia e delle finanze è autorizzato ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio.

 

 


 

N. 1355

¾

CAMERA DEI DEPUTATI

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PROPOSTA DI LEGGE

 

d’iniziativa dei deputati

GARAVAGLIA, ALESSANDRI, ALLASIA, BODEGA, BRICOLO, BRIGANDÌ, CAPARINI, COTA, DOZZO, DUSSIN, FAVA, FILIPPI, FUGATTI, GOISIS, GRIMOLDI, LUSSANA, MONTANI, PINI, POTTINO, STUCCHI

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Disposizioni per favorire la qualità della vita

delle persone non autosufficienti

 

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Presentata il 13 luglio 2006

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Onorevoli Colleghi! - Il problema della non autosufficienza sta assumendo nel nostro Paese toni sempre più allarmanti sotto il profilo sociale ed economico, a causa del progressivo invecchiamento della popolazione, dell'elevato numero di incidenti sulle strade e sui luoghi di lavoro, del processo di disaggregazione del contesto familiare tradizionale, e dell'incremento delle patologie degenerative legate all'inquinamento ambientale. L'urgenza di tali questioni impone una presa di posizione netta da parto del legislatore affinché tutti i cittadini si sentano partecipi di un progetto globale e solidaristico volto ad affrontare un problema che coinvolge l'intera società.

      In risposta a tali esigenze, è doveroso ricordare che è già stata adottata la legge n. 104 del 1992 (legge quadro per l'assistenza, l'integrazione sociale e i diritti delle persone handicappate), che rappresenta una delle più avanzate normative a livello internazionale in ambito di tutela dei diritti delle persone disabili. Nonostante ciò, non si può al giorno d'oggi negare che la persona non autosufficiente è ancora un soggetto di estrema fragilità sociale; risultano infatti alcuni nodi critici non ancora concretamente affrontati: presenza di barriere architettoniche, non adeguata risposta assistenziale e ricreativa, assenza di servizi finalizzati a una piena presa in carico delle famiglie, insufficienza di servizi domiciliari e così via. È evidente come troppo spesso i diritti delle persone non autosufficienti corrano il rischio di rimanere inattuati.

      Il primo problema della non autosufficienza è quello dell'assenza di dati certi che consentano di valutare l'incidenza del fenomeno: l'unica valutazione disponibile è, infatti, ricavabile dal computo delle situazioni riconosciute di gravità di cui all'articolo 3, comma 3, della legge n. 104 del 1992, peraltro non codificate in modo omogeneo su tutto il territorio nazionale, o dal numero delle indennità di accompagnamento erogate, ma i dati non sono sovrapponibili. Anche nel processo di elaborazione della legge finanziaria 2005, ai fini del computo dei soggetti che avrebbero potuto accedere alle deduzioni fiscali per le spese sostenute per l'assistenza personale a un familiare non autosufficiente, si è dovuto procedere per stime presuntive, elaborate dal Ministero dell'economia e delle finanze.

      Da queste constatazioni emerge in maniera inequivocabile un concetto che si deve tenere inevitabilmente presente quando si strutturano interventi legislativi a tutela di questa fascia di popolazione: non possiamo parlare di persone non autosufficienti senza parlare contemporaneamente di famiglie con persone non autosufficienti. Dobbiamo sempre valutare come sostenere e motivare il nucleo familiare di questi soggetti per metterlo nelle condizioni di espletare al meglio il suo difficile compito educativo di cura e di socializzazione. In particolare, vanno differenziati progettualità e sostegni, soprattutto nei confronti dei soggetti giovani disabili in condizione di non autosufficienza, con l'obiettivo prioritario di migliorare il più possibile la loro qualità di vita e quella delle loro famiglie.

      Per fare ciò, prima di tutto, bisogna lavorare affinché muti il modo di affrontare le problematiche legate al mondo della non autosufficienza. È necessario infatti pensare alle persone non autosufficienti in termini di centralità dei bisogni ai quali si devono fornire delle risposte efficaci tese alla valorizzazione dei potenziali della persona, e non soltanto incentrate nella misurazione dei deficit. Il bisogno di salute deve essere quantificato in relazione a quanto una persona potrebbe fare se venissero posti in essere quegli interventi capaci di contrastare o di ridurre un deficit e di abbattere quelle barriere che costituiscono un handicap apparentemente insormontabile per la persona con disabilità.

      Un progetto di riforma del sistema deve partire dalla centralità della persona, al fine di valutare e di rilevare quelli che sono le capacità residue e i bisogni del singolo, seguendo un procedimento inverso rispetto alla tradizionale tendenza di partire dalle risorse collettive per poi arrivare agli stanziamenti a favore del singolo.

      I diritti di cittadinanza delle persone non autosufficienti non possono limitarsi all'accesso ai servizi sanitari, all'istruzione nelle scuole e nelle università, alla predisposizione di forme di sostegno socio-assistenziale, alla realizzazione di inserimenti mirati nel contesto lavorativo. Devono essere più ampi, ed è questo il lavoro che noi legislatori siamo chiamati a fare, liberandoci dal preconcetto legato alla funzione assistenziale.

      La vera pari dignità per tutti si potrà, infatti, raggiungere soltanto quando diverranno di primaria importanza anche il diritto al tempo libero, il diritto di viaggiare, il diritto di esprimersi, il diritto all'attività fisica e il diritto di divertirsi.

      La possibilità di fruire di luoghi per il tempo libero, per la comunicazione e per la socializzazione non può e non deve essere garantita soltanto ad alcuni. La cultura è patrimonio di tutti.

      Negli ultimi anni in Italia molto è stato fatto anche sotto il profilo normativo, ma purtroppo nel nostro Paese troppo spesso le leggi restano sulla carta, non vengono attuate e applicate.

      Con questo metodo di lavoro e al fine di raggiungere questi obiettivi, la presente proposta di legge, all'articolo 1, prevede che i soggetti non autosufficienti, ossia coloro che per età o per condizione di malattia hanno sviluppato disabilità tali da rendere impossibili le attività della vita quotidiana senza un'assistenza esterna, possono conseguire un riconoscimento individualizzato della non autosufficienza per accedere ai programmi di assistenza previsti dalla legge. Tale riconoscimento può essere richiesto dal soggetto interessato o dal suo tutore, nonché dal medico di medicina generale.

      L'articolo 2 istituisce, nell'ambito dei livelli essenziali di assistenza (LEA), il diritto delle persone non autosufficienti ad accedere a un progetto di vita individualizzato, aggiuntivo rispetto alle prestazioni socio-sanitarie già incluse nel LEA.

      L'articolo 3 individua nelle unità operative semplici per la non autosufficienza, istituite presso le aziende sanitarie locali, le strutture deputate alla elaborazione e all'attuazione dei progetti di vita individualizzati.

      L'articolo 4 definisce i contenuti, le procedure di elaborazione e di attuazione dei progetti di vita individualizzati: tali progetti, elaborati sulla base delle specifiche condizioni sanitarie, sociali e psicologiche del soggetto non autosufficiente, contengono una serie di proposte, di iniziative e di servizi volti a migliorare la qualità della vita della persona non autosufficiente. Rientrano nei progetti individualizzati sia le prestazioni socio-sanitarie che tutte le ulteriori attività volte alla più ampia integrazione del singolo nell'ambiente scolastico, sociale e lavorativo. I progetti sono elaborati in stretta collaborazione con la famiglia del soggetto non autosufficiente, a cui spetta l'approvazione finale del progetto, nell'ottica del massimo rispetto del principio di autodeterminazione e di libera gestione delle attività familiari.

      L'articolo 5 pone a capo delle unità operative per la non autosufficienza un obbligo di relazione annuale sull'attività svolta.

      L'articolo 6 riconosce alle regioni e agli enti locali la possibilità di erogare livelli aggiuntivi di assistenza rispetto a quelli garantiti dalla legge.

      L'articolo 7, a copertura degli oneri derivanti dall'attuazione della legge, istituisce un nuovo contributo per la non autosufficienza a carico di tutti i titolari di tessera sanitaria. Per il primo anno, l'ammontare del contributo è fissato in 30 euro pro capite; si tratta infatti di un intervento a garanzia della qualità della vita dell'intera comunità e con una proiezione ai possibili bisogni del presente, ma anche a quelli futuri.

      Auspicando una rapida approvazione del provvedimento, intendiamo sottolineare l'esigenza di aprire un dibattito sull'opportunità di destinare finanziamenti diretti a favore delle persone non autosufficienti, anziché operare seguendo logiche assistenzialistiche che non tengono adeguatamente in considerazione le esigenze del singolo individuo.



 


proposta di legge

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Art. 1.

(Riconoscimento individualizzato

della non autosufficienza).

 

      1. Sono considerati non autosufficienti tutti coloro che, per età o per condizione di malattia, hanno sviluppato disabilità tali da rendere impossibili le attività della vita quotidiana senza un'assistenza esterna.

      2. Ai fini di cui alla presente legge, le persone di cui al comma 1 ottengono dalle unità operative semplici delle aziende sanitarie locali, istituite ai sensi dell'articolo 3, il riconoscimento della non autosufficienza quale condizione per l'accesso al programma individualizzato di cui alla presente legge.

      3. Il riconoscimento di cui al comma 2 può essere richiesto dal soggetto interessato, dal tutore, dall'amministratore di sostegno di cui al libro I, titolo XII, capo I, del codice civile o dal medico di medicina generale. Il medico di medicina generale ha il dovere di informare l'interessato e la sua famiglia sui livelli essenziali di assistenza garantiti dalla presente legge.

 

Art. 2.

(Livelli essenziali di assistenza

per le persone non autosufficienti).

 

      1. In attuazione della legge 8 novembre 2000, n. 328, nell'ambito dei livelli essenziali di assistenza, le persone non autosufficienti hanno diritto di accedere a un progetto di vita individualizzato, come definito dall'articolo 4 della presente legge.

      2. Le prestazioni garantite ai sensi del comma 1 non sono sostitutive di quelle socio-sanitarie già previste dalla normativa vigente.

 

Art. 3.

(Unità operative semplici

per la non autosufficienza).

 

      1. Entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, le aziende sanitarie locali istituiscono unità operative semplici per la non autosufficienza, formate da personale già in servizio presso la medesima azienda.

      2. Le unità operative semplici di cui al comma 1 si avvalgono del supporto esterno, a titolo non oneroso, delle aziende ospedaliere, del policlinici, degli istituti di ricovero e cura a carattere scientifico e, ove presenti, delle istituzioni e degli enti pubblici e privati che hanno finalità sociali, sanitarie e assistenziali senza scopo di lucro.

 

Art. 4.

(Progetto di vita individualizzato).

 

      1. Le unità operative semplici per la non autosufficienza di cui all'articolo 3, nell'ambito del riconoscimento della non autosufficienza, sono tenute a elaborare un progetto di vita individualizzato per la persona non autosufficiente, al fine di sviluppare un sistema di protezione e di assistenza globale per le persone non autosufficienti e allo scopo di prevenire e di rimuovere le cause che possono concorrere alla loro emarginazione.

      2. Il progetto di vita individualizzato è elaborato dalle unità operative semplici sulla base delle specifiche condizioni cliniche, sociali e psicologiche del soggetto non autosufficiente, prevede l'erogazione di interventi, di prestazioni e di servizi nell'ambito socio-sanitario, promuove misure di integrazione dell'individuo nel suo ambiente di vita e di lavoro e destina appositi sostegni economici diretti a dare attuazione al progetto individualizzato con vincolo di destinazione.

      3. L'assistenza socio-sanitaria prevista dal progetto di vita individualizzato include interventi di assistenza domiciliare e  semi-residenziale atti a migliorare le condizioni di vita della persona non autosufficiente e della sua famiglia.

      4. Il progetto di vita individualizzato è elaborato dall'unità operativa semplice in stretta collaborazione con il soggetto interessato e con la sua famiglia e deve essere sottoscritto da questi ultimi.

      5. Nell'elaborazione del progetto di vita individualizzato, le unità operative semplici si avvalgono del supporto operativo, della consulenza e della collaborazione dell'ente locale competente territorialmente.

      6. L'unità operativa semplice sottopone a verifica semestrale il progetto di vita individualizzato per valutare la sua attuazione e per disporre eventuali aggiornamenti o integrazioni.

 

Art. 5.

(Relazione annuale).

 

      1. Le unità operative semplici di cui all'articolo 3 sono tenute a inviare annualmente una relazione sull'attività svolta al Comitato paritetico permanente per la verifica dell'erogazione dei livelli essenziali di assistenza di cui all'articolo 9 dell'intesa 23 marzo 2005 tra il governo, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano sancita dalla Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano e pubblicata nel supplemento ordinario n. 83 alla Gazzetta Ufficiale n. 105 del 7 maggio 2005.

 

Art. 6.

(Livelli aggiuntivi di assistenza).

 

      1. Le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano e gli enti locali possono provvedere con risorse proprie all'eventuale concessione di benefici aggiuntivi rispetto a quelli determinati in attuazione della presente legge. In particolare, nell'ambito dell'erogazione delle prestazioni rientranti nel sistema di assistenza domiciliare, le regioni, le province autonome di Trento e di Bolzano e gli enti locali promuovono e incentivano iniziative volte a consentire alle persone prive di autonomia fisica o psichica, che non necessitano di ricovero in strutture di tipo ospedaliero e nei centri di riabilitazione di cui all'articolo 26 della legge 23 dicembre 1978, n. 833, di continuare a vivere nel proprio domicilio o presso il nucleo familiare di appartenenza.

 

Art. 7.

(Contributo per la non autosufficienza).

 

      1. Tutti i soggetti titolari di tessera sanitaria di cui all'articolo 50 del decreto-legge 30 settembre 2003, n. 269, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 novembre 2003, n. 326, e successive modificazioni, sono tenuti al pagamento, entro il 28 febbraio di ciascun anno, di un contributo per la non autosufficienza.

      2. L'ammontare del contributo di cui al comma 1 e le modalità del relativo pagamento e riscossione sono stabilite con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, di concerto con i Ministri del lavoro, della solidarietà sociale e della salute, da adottare entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge.

      3. Per il primo anno di attuazione della presente legge, il contributo per la non autosufficienza e fissato in 30 euro pro capite.

      4. Le risorse derivanti dalla riscossione del contributo previsto dal presente articolo sono destinate all'attuazione degli interventi previsti dalla presente legge e sono attribuite direttamente alle regioni e alle province autonome di Trento e di Bolzano nel cui territorio il soggetto tenuto al pagamento ha la propria residenza fiscale.

 

 


 

N. 1356

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CAMERA DEI DEPUTATI

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PROPOSTA DI LEGGE

 

d’iniziativa dei deputati

GARAVAGLIA, ALESSANDRI, ALLASIA, BODEGA, BRICOLO, BRIGANDÌ, CAPARINI, COTA, DOZZO, DUSSIN, FAVA, FILIPPI, FUGATTI, GOISIS, GRIMOLDI, LUSSANA, MONTANI, PINI, POTTINO, STUCCHI

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Istituzione del Fondo per l'autonomia delle persone disabili

 

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Presentata il 13 luglio 2006

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Onorevoli Colleghi! - Finalmente, oggi, grazie agli enormi passi in avanti compiuti del progresso tecnologico, le persone disabili hanno la possibilità di disporre di strumenti per lo svolgimento delle attività quotidiane, della vita scolastica e per un produttivo inserimento nel mondo del lavoro.

      Le normative attualmente in vigore - si pensi alla legge 23 dicembre 1978, n. 833 (Istituzione del Servizio sanitario nazionale), alla legge 5 febbraio 1992, n. 104 (Legge-quadro per l'assistenza, l'integrazione sociale e i diritti delle persone handicappate), alla legge 12 marzo 1999, n. 68 (Norme per il diritto al lavoro dei disabili), alla legge 8 novembre 2000, n. 328 (Legge-quadro per la realizzazione del sistema integrato di interventi e servizi sociali), non garantiscono però alle persone disabili di disporre, in tempi veloci e con certezza, delle tecnologie adeguate.

      Questo, molto spesso, penalizza la persona disabile rendendola incapace di fare e di essere produttiva come un qualsiasi normodotato, rinforzando l'atteggiamento della società che vede le persone portatrici di handicap più come un peso che come una risorsa.

      Bisogna comprendere che nell'epoca in cui viviamo non solo la sanità in senso stretto, ovvero la medicina, realizza condizioni di salute, ma anche e sempre più - soprattutto per quelle persone che la medicina non può più curare - la qualità della vita, lo star bene, il poter essere autonomi, tutti fattori che dipendono da altri fattori tra cui, al primo posto, la tecnologia.

      Nel nostro Paese, inoltre, non esiste un comparto industriale degli ausili tecnologici (dato che questo settore produttivo continua ad essere considerato come un mercato di nicchia), la gran parte delle risorse (oltre l'87 per cento della spesa pubblica), è destinata a pensioni e indennità e neppure gli indennizzi assicurativi per gli incidenti, sia automobilistici sia sul lavoro, sono orientati alla ricostruzione di una vita attiva.

      Accade, quindi, che oltre il 90 per cento delle persone disabili non sia educato a beneficiare dell'apporto tecnologico per essere indipendente e per rappresentare, quindi, sempre meno, un costo assistenziale. In questo modo, se non sarà operata un'inversione di tendenza, in considerazione del fatto che la condizione di disabilità è in aumento a causa degli incidenti e dell'aumento dell'età media della popolazione, ben presto la spesa assistenziale nel nostro Paese sarà insostenibile.

      L'altro grande ostacolo a una migliore qualità della vita delle persone disabili è l'educazione scolastica. La scuola italiana non ha ancora trovato un orientamento chiaro per sviluppare efficacemente il potenziale dei giovani disabili, né utilizza diffusamente le tecnologie compensative dei deficit.

      Inoltre, i disabili sono discriminati poiché per le aziende rappresentano, comunque e sempre, un maggiore costo. Bisogna quindi dare alle aziende la possibilità di effettuare l'adattamento del posto di lavoro, ovvero di affrontare le spese relative all'acquisto delle tecnologie compensative per ottenere pari opportunità tra lavoratori disabili e altri lavoratori, interamente a carico di un fondo pubblico. In questo modo le imprese non avranno più l'alibi dei maggiori costi, giacché essi saranno a carico della collettività.

      Quindi, la presente proposta di legge, della quale si auspica una rapida approvazione, istituisce il «Fondo per l'autonomia delle persone disabili» al fine di potenziare la ricerca e la diffusione delle tecnologie compensative, in modo tale da avvicinare lo stile di vita delle persone disabili italiane a quello degli abitanti del Nord Europa, dove ormai, già da tempo, si preferisce impiegare le risorse economiche in modo da permettere una reale integrazione delle persone disabili nella vita attiva della società invece di pensare unicamente a politiche assistenziali ormai superate dai tempi.



 


proposta di legge

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Art. 1.

(Fondo per l'autonomia delle persone disabili).

 

      1. Presso il Ministero della solidarietà sociale è istituito il «Fondo per l'autonomia delle persone disabili», di seguito denominato «Fondo», allo scopo di finanziare progetti di ricerca finalizzati all'innovazione tecnologica destinata ad aumentare l'indipendenza delle persone disabili e di fornire dispositivi tecnologici compensativi per la realizzazione delle pari opportunità nello svolgimento di attività scolastiche e lavorative delle persone disabili.

      2. Al Fondo sono destinate le risorse derivanti dall'utilizzo di una quota del gettito tributario dell'otto per mille dell'imposta sul reddito delle persone fisiche di cui agli articoli 47 e 48 della legge 20 maggio 1985, n. 222, nella misura del 10 per cento della quota a diretta gestione statale.

      3. Il Fondo è altresì alimentato da erogazioni liberali di soggetti privati e di imprese. Le donazioni sono deducibili dal reddito imponibile, per le persone fisiche ai sensi dell'articolo 10 del testo unico delle imposte sui redditi di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, e successive modificazioni, in misura non superiore al 2 per cento del reddito complessivo dichiarato; per le società ai sensi dell'articolo 100 del medesimo testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica n. 917 del 1986, in misura non superiore al 2 per cento del reddito d'impresa dichiarato.

 

Art. 2.

(Modalità di ripartizione del Fondo).

 

      1. Il Fondo di cui all'articolo 1 è ripartito tra le regioni e le province autonome  di Trento e di Bolzano. Alla ripartizione del Fondo si provvede, entro il 28 febbraio di ogni anno, con decreto del Ministro della solidarietà sociale, emanato di concerto con il Ministro del lavoro e della previdenza sociale e il Ministro della salute, previa intesa in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonomie di Trento e di Bolzano.

      2. Sono ammesse al finanziamento dei progetti di ricerca di cui all'articolo 1, comma 1, le organizzazioni, pubbliche o private, che dispongono sul territorio regionale di sedi, di personale e di ogni altra struttura idonea congruente con gli obiettivi della ricerca stessa.

 




[1]    Cfr. la sentenza n. 423 del 2004.

[2]    Cfr. sentenza n. 370 del 2003.

[3]   Nell’ambito della strategia di Lisbona riveduta, il Consiglio europeo di giugno 2005 ha approvato gli orientamenti integrati per la crescita e l’occupazione che comprendono:

·       una raccomandazione recante i grandi orientamenti di politica economica (GOPE), applicabili a tutti gli Stati membri e alla Comunità;

·       una decisione (2005/600/CE) del Consiglio, adottata il 12 luglio 2005, recante le linee direttrici per l’occupazione che enunciano gli obiettivi generali e le azioni prioritarie in materia di occupazione nell’Unione europea e negli Stati membri.

Sulla base delle linee direttrici, gli Stati membri hanno presentato, a ottobre 2005, programmi nazionali di riforma.

[4]  La Commissione europea suggerisce che la strategia sulla salute mentale per l’UE sia incentrata sulle seguenti priorità: promozione della salute mentale di tutti,lotta alle patologie mentali attraverso interventi preventivi, miglioramento della qualità della vita delle persone affette da malattie psichiche o handicap mediante l’inclusione sociale e la tutela dei loro diritti e della loro dignità,miglioramento delle informazioni e delle conoscenze sulla salute mentale.

 

[5]    Sulla base dei principi e criteri previsti agli articoli 14 (Progetti individuali per le persone disabili), 15 (Sostegno domiciliare per le persone anziane non autosufficienti) e 16 (Valorizzazione e sostegno delle responsabilità familiari) della legge n. 328 del 2000 (Legge quadro per la realizzazione del sistema integrato di interventi e servizi sociali).

[6]    Ai sensi dell'articolo 12 (Fondo sanitario nazionale) del decreto legislativo n. 502 del 1992, e successive modificazioni sul riordino della disciplina in materia sanitaria.

[7]    Previste alle leggi n. 18 del 1980, n. 381 del  1970 e n. 382 del 1970, e successive modificazioni, relative, rispettivamente, all’indennità di accompagnamento agli invalidi civili totalmente inabili, alle misure dell'assegno di assistenza ai sordomuti ed a quelle  per i ciechi civili  e al decreto legislativo n. 509 del 1988 sulle norme per la revisione delle categorie delle minorazioni e malattie invalidanti, nonché dei benefici previsti dalla legislazione vigente per le medesime categorie.

[8]    Cfr. i citati articoli 14 e 15 della legge n. 328 del 2000.

[9]    Cfr. la legge-quadro sul volontariato n. 266 del 1991.

[10]   Di cui all'articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281.

[11]   Cfr. l’art. 4 (Accertamento dell'handicap) della legge-quadro per l'assistenza, l'integrazione sociale e i diritti delle persone handicappate n. 104 del 1992. Vedi, anche, l'art. 6 (Semplificazione degli adempimenti amministrativi per le persone con disabilità) del D.L. n. 4 del 2006.

[12]   Previsto all'articolo 3-quater (Distretto) del decreto legislativo n. 502 del 1992 sul riordino della disciplina in materia sanitaria, introdotto dall'articolo 3, comma 3, del decreto legislativo n. 229 del 1999 sulla razionalizzazione del Servizio sanitario nazionale.

[13]   Assicurando il rispetto dell'art. 3-septies del decreto legislativo n. 502 del 1992, che definisce la prestazione sociosanitaria, la tipologia degli interventi previsti e i soggetti erogatori di tali servizi.

[14]   Vedi supra art. 2.

[15]   Tali imposte sono determinate rispettivamente dall’art. 13 e dall’ art. 77 del  D.P.R. n. 917 del 1986 (Testo unico delle imposte sui redditi).

[16]   Nel rispetto degli accordi internazionali e con le modalità e nei limiti definiti dalle leggi regionali.

[17]   Individuati ai sensi dell’articolo 41 del testo unico di cui al decreto legislativo n. 286 del 1998, recante disposizioni concernenti la disciplina dell'immigrazione e norme sulla condizione dello straniero.

[18]   Cfr. l’allegato 1-C del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 29 novembre 2001, e successive modificazioni, recante la definizione dei livelli essenziali di assistenza.

[19]   Ai sensi dell’atto di indirizzo e coordinamento di cui al decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 14 febbraio 2001 relativo alle prestazioni socio-sanitarie.

[20]   Ai sensi dell’articolo 2, comma 6, del decreto legislativo n. 109 del 1998, e successive modificazioni, riguardante le definizioni di criteri unificati di valutazione della situazione economica dei soggetti che richiedono prestazioni sociali agevolate.

[21]   Previste alle leggi 10 febbraio 1962, n. 66, 26 maggio 1970, n. 381, 27 maggio 1970, n. 382, 30 marzo 1971, n. 118, 11 febbraio 1980, n. 18, ed ai decreti legislativi 21 novembre 1988, n. 508, e 23 novembre 1988, n. 509.

[22]   Ai sensi dell’articolo 3 della legge n. 335 del 1995, e successive modificazioni, sulla riforma del sistema pensionistico obbligatorio e complementare. In particolare, l’A.C. 422 cita anche il comma 6 dell’articolo nominato.

[23]   Approvato con le procedure di cui all’articolo 18 della legge n. 328 del 2000.

[24]   Cfr. l’articolo 21 della citata legge n. 328 del 2000.

[25]   Previste all’articolo 3, comma 3, lettera c) del presente provvedimento.

[26]   Cfr. l’articolo 1, comma 4, della citata legge n. 328 del 2000.

[27]   Vedi l’articolo 3, comma 2, lettera d) del presente provvedimento.

[28]   Secondo le indicazioni previste dell’articolo 17 della citata legge n. 328 del 2000.

[29]   Cfr. l’articolo 3, comma 3, lettere a), b) e d), del presente provvedimento.

[30]   Il testo fa riferimento all’ordinamento ministeriale precedente all’approvazione del decreto legge n. 181 del 2006.

[31]   Cfr. l’articolo 1, comma 350, della legge n. 311 del 2004, con cui è stato istituito il contributo di solidarietà, pari al 4% ed applicato sulla parte di reddito imponibile di cui all’articolo 13 del TUIR, eccedente l’importo di 100.000 euro.

[32]   Di cui all’articolo 8 del decreto legislativo n. 281 del 1997.

[33]   Ai sensi dell’art. 1 della legge n. 295 del 1990, in materia di revisione delle categorie delle minorazioni e malattie invalidanti, con cui si individuano nelle ASL e nelle commissioni mediche interne i responsabili degli accertamenti sanitari citati.

[34]   Ai sensi del testo unico delle disposizioni per l’assicurazione obbligatoria contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali, di cui al D.P.R. n. 1124 del 1965.

[35]   In particolare, tali  soggetti devono aver adempiuto al loro diritto-dovere all’istruzione e alla formazione con le modalità di cui agli artt. 12 e succ. della legge n. 104 del 1992.

[36]   Nella prima fase, la relazione deve essere presentata entro sei mesi dall’entrata in vigore della legge (art. 8).

[37]   L’applicazione di tale obbligo deve configurarsi nell’ambito delle competenze in materia di servizi sociali attribuiti ai citati soggetti dal  testo unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali di cui al decreto legislativo n. 267 del 2000. In particolare,  l’art. 31 del citato D.lgs.  prevede che gli enti locali per la gestione associata di uno o più servizi e l'esercizio associato di funzioni possono costituire un consorzio; mentre  l’art. 32 stabilisce che le unioni di comuni sono enti locali costituiti da due o più comuni di norma contermini, allo scopo di esercitare congiuntamente una pluralità di funzioni di loro competenza.

[38]   Ai sensi della citata legge n. 104 del 1992; in particolare, cfr. l’art. 3.

[39]   In attuazione delle legge n. 328 del 2000 (Legge quadro per la realizzazione del sistema integrato di interventi e servizi sociali).

[40]   Di cui agli articoli 14 (Progetti individuali per le persone disabili) e  15 (Sostegno domiciliare per le persone anziane non autosufficienti) della citata legge n. 328 del 2000.

[41]   I titoli per l'acquisto di servizi sociali sono strumenti già previsti all’art. 17 della citata legge n. 328 del 2000. 

[42]   Previsto all'art. 3-quater del decreto legislativo n. 502 del 1992 sul riordino della disciplina in materia sanitaria (introdotto dall'art. 3, comma 3, del decreto legislativo n. 229 del 1999).

[43]   Di cui all'articolo 8 (Conferenza unificata) del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281.

[44]   Di cui all'articolo 22, comma 2, della citata legge n. 328 del 2000.

[45]   Di cui all'articolo 12-bis (Ricerca sanitaria) del citato decreto legislativo n. 502 del 1992, e successive modificazioni.

[46]   su proposta del Ministro solidarietà sociale, di concerto con i Ministri della salute e dell'economia e delle finanze, di intesa con la Conferenza unificata Stato e autonomie locali.

[47]   Cfr. l'articolo 12-bis (Ricerca sanitaria)del citato decreto legislativo n. 502 del 1992.

[48]   Restano ferme le competenze del Servizio sanitario nazionale in materia di prevenzione, di cura e di riabilitazione per le patologie acute e croniche dei soggetti non autosufficienti.

[49]   In particolare, l’amministratore di sostegno (art. 404 del c.c.), nominato dal giudice tutelare del luogo in cui la persona ha la residenza o il domicilio, assiste la persona che, per effetto di una infermità ovvero di una menomazione fisica o psichica, si trova nella impossibilità, anche parziale o temporanea, di provvedere ai propri interessi.

[50]   in attuazione della legge n. 328 del 2000 (Legge quadro per la realizzazione del sistema integrato di interventi e servizi sociali) ed in particolare l’art. 22 sui livelli essenziali di assistenza (cfr. al riguardo la scheda di lettura sul quadro di riferimento normativo).

[51]   Cfr. l’allegato C del D.P.C.M. del 29 novembre 2001 sulla definizione dei livelli essenziali di assistenza e il D.P.C.M. 14 febbraio 2001 recante l’atto d’indirizzo e di coordinamento in materia di prestazioni socio-sanitarie.

[52]   Previsto all'articolo 9 dell'Intesa del 23 marzo 2005, che istituisce il comitato permanente per la verifica dell’erogazione dei LEA.

[53]   Di cui all'articolo 50 del D.L. n. 269 del 2003.

[54]   Di cui all'articolo 47 della legge n. 222 del 1985. In particolare, il comma 2 dell’articolo citato stabilisce che una quota pari all'otto per mille dell'imposta sul reddito delle persone fisiche è destinata, in parte, a scopi di interesse sociale o di carattere umanitario a diretta gestione statale e, in parte, a scopi di carattere religioso a diretta gestione della Chiesa cattolica. Si ricorda che l’art. 2 comma 69 della legge n. 350 del 2003 stabilisce che l'autorizzazione di spesa di cui all'articolo 47, secondo comma, della citata legge n. 222 del 1985, relativamente alla quota destinata allo Stato dell'otto per mille dell'imposta sul reddito delle persone fisiche (IRPEF), è ridotta di 80 milioni di euro annui a decorrere dal 2004.

[55]   Di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, e successive modificazioni.

[56]   Esse sono composte da un medico specialista in medicina legale che assume le funzioni di presidente e da due medici di cui uno scelto prioritariamente tra gli specialisti in medicina del lavoro. Le stesse commissioni sono di volta in volta integrate con un sanitario in rappresentanza, rispettivamente, dell'Associazione nazionale dei mutilati ed invalidi civili, dell'Unione italiana ciechi, dell'Ente nazionale per la protezione e l'assistenza ai sordomuti e dell'Associazione nazionale delle famiglie dei fanciulli ed adulti subnormali, ogni qualvolta devono pronunciarsi su invalidi appartenenti alle rispettive categorie. In sede di accertamento sanitario, la persona interessata può farsi assistere dal proprio medico di fiducia.

[57]   In materia di revisione delle categorie delle minorazioni e malattie invalidanti.

[58]   Recante norme per il contrasto all’evasione fiscale e disposizioni in materia tributaria e finanziaria

[59]   di cui all'articolo 1, comma 7, della legge 15 ottobre 1990, n. 295, in materia di revisione delle categorie delle minorazioni e malattie invalidanti..

[60]   Cfr. l’art. 130 del decreto legislativo n. 112 del 1998. Ai sensi dell’art. 80, comma 8, della legge n. 388 del 2000, le regioni possono prevedere che la potestà concessiva dei trattamenti di invalidità civile di cui all'articolo 130, comma 2, del medesimo decreto legislativo, può essere esercitata dall'INPS a seguito della stipula di specifici accordi con le regioni interessate.

[61]   Misure urgenti in materia di organizzazione e funzionamento della pubblica amministrazione.

[62]   Con cui è stato modificato il citato D.Lgs. n. 502 del 1992 recante il riordino della disciplina in materia sanitaria, a norma dell'articolo 1 della Legge delega n. 421 del 1992.

[63]   Cfr. l'art. 3-septies del citato decreto legislativo n. 502 del 1992, e successive modifiche e integrazioni.

[64]   Atto di indirizzo e coordinamento in materia di prestazioni socio-sanitarie, da emanarsi ai sensi dell’art. 2, comma 1, lettera n), della citata legge delega n. 419 del 1998.

[65]   Ai sensi delle seguenti norme, legge n. 833 del 1978, artt. 26 e 57; legge n. 407 del 1990, art. 5; legge n. 104 del 1992, artt. 7 e 34; D.Lgs. n. 124 del 1998, art. 2; D.Lgs. 30 dicembre 1992, n. 502, art. 8-sexies; legge 21 maggio 1998, n. 162; D.M. n. 332 del 1999, in cui si elencano le protesi, le ortesi e gli ausili tecnologici concedibili; D.M. n. 321 del 2001, legge n. 320 del 2000, art. 14 .

[66]   D.P.R. 10 novembre 1999, Progetto Obiettivo  Tutela della salute mentale, D.P.C.M. 14 febbraio 2001.

[67]   legge n. 833 del 1978, art. 26; D.Lgs. n. 124 del 1998, art. 3, Linee guida 7 maggio 1998 per le attività di riabilitazione, D.P.C.M. 1° dicembre 2000, D.P.C.M. 14 febbraio 2001.

[68]   D.L. n. 450 del 1998, D.M. 28 settembre 1999, D.P.C.M. 14 febbraio 2001.

[69]   legge n. 67 del 1988; Progetto Obiettivo  anziani -1991; Linee guida sulle RSA 31 marzo 1994; D.P.C.M. 14 febbraio 2001; D.M. 21 maggio 2001, in cui sono elencati i requisiti minimi delle strutture alternative alla famiglia.

[70]   Dpr 7 aprile 2006.

[71]   Piemonte, Valle d’Aosta, Lombardia, Friuli Venezia Giulia, Veneto, Liguria, Emilia Romagna,Toscana, Umbria, Marche, Calabria, Sicilia, Sardegna.

[72]   Art. 47 e 57, comma 3, della la legge n. 12 del 2006 (Promozione del sistema integrato di servizi sociali e socio-sanitari).

[73]   Art. 55 della legge n. 11 del 2004 (Assestamento del bilancio  - 2004).

[74]   Il regolamento sulle IPAB, D.P.R 207 del 4 maggio 2001, è stato pubblicato nella G.U del 1 giugno 2001.

[75]   La ripartizione per le diverse finalità avviene con decreto annuale del Ministro della solidarietà sociale, di concerto con il Ministero dell’economia, d’intesa con la Conferenza unificata Stato regioni ed autonomie locali.

[76]   Un quadro aggiornato in ordine all’applicazione delle disposizioni recate dalla Legge 68 è nella relazione sullo stato di attuazione della legge stessa riferita all’anno 2002, presentata al Parlamento dal Ministro del lavoro il 28 giugno 2002 (Doc. CLXXVIII, n. 1).

[77]    Sono considerati non vedenti i ciechi assoluti e coloro che hanno un residuo visivo non superiore ad un decimo ad entrambi gli occhi.

[78]   L’iniziale termine di 24 mesi a decorrere dal 24 marzo 1999,  previsto dal citato comma, è stato differito di 18 mesi a partire dalla sua scadenza ai sensi del comma 1 dell'articolo 19 della L. 28 dicembre 2001, n. 448 (legge finanziaria per il 2002). Successivamente il suddetto termine è stato prorogato di ulteriori 12 mesi dall'articolo 34, comma 24, della L. 27 dicembre 2002, n. 289 (legge finanziaria per il 2003) e, appunto, al 31 dicembre 2004 dall'art. 23-quinquies del D.L. 24 dicembre 2003, n. 355, convertito dalla L. 27 febbraio 2004, n. 47.

[79]   Ai sensi del D.Lgs. 112 del 1998, articolo 129, comma 1, lett. n), sono però conservate allo Stato sia la revisione delle pensioni, assegni e indennità spettanti agli invalidi civili, sia la verifica dei requisiti sanitari che hanno dato luogo a benefìci economici di invalidità civile

[80]   Si ricorda, in proposito, che l'INPS ha il solo compito di provvedere al pagamento mensile delle prestazioni, in quanto il riconoscimento dell'invalidità civile spetta alle regioni, che verificano i requisiti sanitari richiesti tramite le commissioni mediche appositamente istituite presso le aziende sanitarie locali (ASL), salvo specifici accordi che possono demandare il riconoscimento dell’invalidità al medesimo istituto previdenziale.

[81]   Si segnala, in proposito, che la L. 381 del 1970 aveva istituito, in favore dei sordomuti, l'assegno mensile di assistenza, provvidenza economica che ha assunto la denominazione di "pensione" con l'articolo 14-septies della L. 33 del 1980.

[82]   L'innalzamento è decorso dall'entrata in vigore delle tabelle percentuali di invalidità di cui al D.M. 5 febbraio 1992.

[83]   “Revisione degli ordinamenti pensionistici e norme in materia di sicurezza sociale”.

[84]   Con sentenza n. 1268/2005, la Corte di Cassazione ha ulteriormente disposto che "l'indennità di accompagnamento, prevista quale misura assistenziale diretta anche a sostenere il nucleo familiare, va riconosciuta a coloro che, pur capaci di compiere materialmente gli atti elementari della vita quotidiana (mangiare, vestirsi, pulirsi), necessitano di accompagnatore perché sono incapaci (in ragione di gravi disturbi della sfera intellettiva e cognitiva, addebitabili a forme avanzate di stati patologici) di rendersi conto della portata dei singoli atti che vanno a compiere e dei modi e dei tempi in cui gli stessi devono essere compiuti".

[85]   Il riconoscimento avviene attraverso l’accertamento dei seguenti parametri:

§          minore di 12 anni: l'ipoacusia deve essere pari o superiore a 60 decibel HTL di media fra le frequenze 500, 1000, 2000 hertz nell'orecchio migliore;

§          maggiore di 12 anni: l'ipoacusia deve essere pari o superiore a 75 decibel. Viene inoltre richiesto di dimostrare che l'insorgenza dell'ipoacusia è precedente ai 12 anni.

[86]   Con sentenza 20 - 22 novembre 2002, n. 467, la Corte Costituzionale ha dichiarato l'illegittimità costituzionale dell'articolo 1 comma 3 della L. 289 nella parte in cui non prevede che l'indennità mensile di frequenza sia concessa anche ai minori che frequentano l'asilo nido.