Camera dei deputati - XV Legislatura - Dossier di documentazione (Versione per stampa)
Autore: Servizio Studi - Dipartimento affari sociali
Titolo: Norme in materia di parto e salute del neonato - A.C. 589 e abb. - Terza edizione
Riferimenti:
AC n. 1447/XV   AC n. 1611/XV
AC n. 1632/XV   AC n. 1754/XV
AC n. 1923/XV   AC n. 589/XV
AC n. 1237/XV   AC n. 1447/XV
AC n. 1611/XV     
Serie: Progetti di legge    Numero: 69
Data: 12/01/2007
Descrittori:
GRAVIDANZA E PUERPERIO   PARTO
TUTELA DELLA SALUTE     
Organi della Camera: XII-Affari sociali


Camera dei deputati

XV LEGISLATURA

 

 

 

 

 

SERVIZIO STUDI

Progetti di legge

 

 

 

 

 

 

 

NORME IN MATERIA DI PARTO E SALUTE DEL NEONATO

A.C. 589 e abb.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

n. 69

(Terza edizione)

 

12 gennaio 2007


La terza edizione del presente dossier analizza, unitamente alle proposte di legge nn. 589, 1237, 1477, 1611 e al disegno di legge del Governo A.C. 1923, assegnato alla XII Commissione in data 27 novembre 2006, anche le proposte di legge nn. 1632 e 1754 abbinate rispettivamente in data 5 e 13 dicembre 2006.

Si ricorda che sono altresì disponibili:

-             il dossier n. 69/1, con l’iter completo delle proposte di legge e degli atti di indirizzo esaminati nel corso della passata legislatura;

-             il dossier n. 69/2, con i riferimenti normativi nazionali (parte prima) ed i provvedimenti adottati dalle Regioni (parte seconda);

-             il dossier n. 427/2 della XIV legislatura, che riporta l’iter parlamentare dei progetti di legge discussi nella XIII legislatura.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Dipartimento Affari sociali

 

SIWEB

 

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File: AS0006

 


INDICE

Scheda di sintesi per l’istruttoria legislativa

Dati identificativi3

Struttura e oggetto  10

§      Contenuto dei provvedimenti10

§      Relazioni allegate  10

Elementi per l’istruttoria legislativa  11

§      Necessità dell’intervento con legge  11

§      Rispetto delle competenze legislative costituzionalmente definite  11

§      Compatibilità comunitaria  12

§      Incidenza sull’ordinamento giuridico  14

Schede di lettura

Analisi dei progetti di legge  19

§      A.C. 589 Norme per l’assistenza alla nascita e la tutela della salute del neonato (Lucchese)19

§      A.C. 1237 Norme per la tutela dei diritti della partoriente, la promozione del parto fisiologico e la salvaguardia della salute del neonato (Palumbo ed altri)22

§      A.C. 1447 Norme per la promozione del parto indolore (Bianchi ed altri)26

§      A.C. 1611 Norme per la promozione del parto senza dolore (Poretti)26

§      A.C. 1632 Diritti della partoriente e del nuovo nato (Dioguardi e altri)27

§      A.C. 1754 Riordino delle norme riguardanti il sostegno alle gestanti e alle madri in condizione di disagio socio-economico e disposizioni volte a garantire il segreto del parto alle donne che non intendono riconoscere i loro nati (Zanotti ed altri).33

§      A.C. 1923 Norme per la tutela dei diritti della partoriente, la promozione del parto fisiologico e la salvaguardia della salute del neonato (Governo)34

Quadro di riferimento normativo nazionale  37

§      Il ruolo dei consultori37

§      Il progetto obiettivo materno infantile 1998-2000  39

§      Il piano sanitario nazionale 2003-2005  40

§      I livelli essenziali di assistenza  41

§      Il Piano sanitario nazionale 2006- 2008  42

§      Sindrome della morte improvvisa del lattante  43

§      Normativa previdenziale per chi svolge lavori usuranti43

§      Il diritto alla segretezza del parto  45

§      Gli interventi di carattere assistenziale  46

Progetti di legge

§      A.C. 589, (on. Lucchese), Norme per l'assistenza alla nascita e la tutela della salute del neonato  53

§      A.C. 1237, (on. Palumbo ed altri), Norme per la tutela dei diritti della partoriente, la promozione del parto fisiologico e la salvaguardia della salute del neonato  63

§      A.C. 1447, (on. Dorina Bianchi ed altri), Norme per la promozione del parto indolore  83

§      A.C. 1611, (on. Poretti), Norme per la promozione del parto senza dolore  89

§      A.C. 1632, (on. Dioguardi ed altri), Disposizioni in materia di diritti della partoriente e del nuovo nato  93

§      A.C. 1754, (on. Zanotti ed altri), Riordino delle norme riguardanti il sostegno alle gestanti e alle madri in condizioni di disagio socio-economico e disposizioni volte a garantire il segreto del parto alle donne che non intendono riconoscere i loro nati113

§      A.C. 1923, (Governo), Norme per la tutela dei diritti della partoriente, la promozione del parto fisiologico e la salvaguardia della salute del neonato  119

Documentazione

 

 


SIWEB

Scheda di sintesi
per l’istruttoria legislativa


Dati identificativi

Numero del progetto di legge

589

Titolo

Norme per l’assistenza alla nascita e la tutela della salute del neonato

Iniziativa

Parlamentare

Settore d’intervento

Sanità; famiglia

Iter al Senato

No

Numero di articoli

13

Date

 

§       presentazione alla Camera

10 maggio 2006

§       annuncio

18 maggio 2006

§       assegnazione

20 giugno 2006

Commissione competente

XII (Affari sociali)

Sede

Referente

Pareri previsti

I (Affari costituzionali)

V (Bilancio)

XI (Lavoro)

Commissione parlamentare per le questioni regionali

 


Numero del progetto di legge

1237

Titolo

Norme per la tutela dei diritti della partoriente, la promozione del parto fisiologico e la salvaguardia della salute del neonato

Iniziativa

Parlamentare

Settore d’intervento

Sanità; famiglia

Iter al Senato

No

Numero di articoli

22

Date

 

§       presentazione alla Camera

28 giugno 2006

§       annuncio

29 giugno 2006

§       assegnazione

31 luglio 2006

Commissione competente

XII (Affari sociali)

Sede

Referente

Pareri previsti

I (Affari costituzionali

V (Bilancio)

XI (Lavoro)

Commissione parlamentare per le questioni regionali

 


Numero del progetto di legge

1447

Titolo

Norme per la promozione del parto indolore

Iniziativa

Parlamentare

Settore d’intervento

Sanità; famiglia

Iter al Senato

No

Numero di articoli

5

Date

 

§       presentazione alla Camera

24 luglio 2006

§       annuncio

25 luglio 2006

§       assegnazione

19 settembre 2006

Commissione competente

XII (Affari sociali)

Sede

Referente

Pareri previsti

I (Affari costituzionali

V (Bilancio)

XI (Lavoro)

Commissione parlamentare per le questioni regionali

 


Numero del progetto di legge

1611

Titolo

Norme per la promozione del parto senza dolore

Iniziativa

Parlamentare

Settore d’intervento

Sanità; famiglia

Iter al Senato

No

Numero di articoli

1

Date

 

§       presentazione alla Camera

4 settembre 2006

§       annuncio

19 settembre 2006

§       assegnazione

24 ottobre 2006

Commissione competente

XII (Affari sociali)

Sede

Referente

Pareri previsti

I (Affari costituzionali

V (Bilancio)

Commissione parlamentare per le questioni regionali

 


Numero del progetto di legge

1632

Titolo

Disposizioni in materia di diritti della partoriente e del nuovo nato

Iniziativa

Parlamentare

Settore d’intervento

Sanità; famiglia

Iter al Senato

No

Numero di articoli

21

Date

 

§       presentazione alla Camera

13 settembre 2006

§       annuncio

19 settembre 2006

§       assegnazione

4 dicembre 2006

Commissione competente

XII (Affari sociali)

Sede

Referente

Pareri previsti

I (affari costituzionali)

V (Bilancio)

VII (Cultura)

XI (Lavoro)

Commissione parlamentare per le questioni regionali

 


Numero del progetto di legge

1754

Titolo

Riordino delle norme riguardanti il sostegno alle gestanti e alle madri in condizioni di disagio socio-economico e disposizioni volte a garantire il segreto del parto alle donne che non intendono riconoscere i loro nati

Iniziativa

Parlamentare

Settore d’intervento

Sanità; famiglia

Iter al Senato

No

Numero di articoli

2

Date

 

§       presentazione alla Camera

3 ottobre 2006

§       annuncio

4 ottobre 2006

§       assegnazione

27 novembre 2006

Commissione competente

XII (Affari sociali)

Sede

Referente

Pareri previsti

I (Affari costituzionali

V (Bilancio)

Commissione parlamentare per le questioni regionali

 

 


Numero del progetto di legge

1923

Titolo

Norme per la tutela dei diritti della partoriente, la promozione del parto fisiologico e la salvaguardia della salute del neonato

Iniziativa

Governativa

Settore d’intervento

Sanità; famiglia

Iter al Senato

No

Numero di articoli

3

Date

 

§       presentazione alla Camera

10 novembre 2006

§       annuncio

11 novembre 2006

§       assegnazione

27 novembre 2006

Commissione competente

XII (Affari sociali)

Sede

Referente

Pareri previsti

I (Affari costituzionali)

V (Bilancio)

Commissione parlamentare per le questioni regionali

 

 


Struttura e oggetto

Contenuto dei provvedimenti

Alla data di chiusura del presente dossier risultano all’esame della XII Commissione sei proposte di legge ed un disegno di legge del Governo, che affrontano i temi dell’assistenza alla nascita, della tutela dei diritti e della salute della gestante e del neonato, della salvaguardia della segretezza del parto, nonché della promozione del parto fisiologico e delle tecniche di analgesia nel travaglio-parto.

In particolare, gli AA.CC. 589, 1237 e 1632 disciplinano in modo organico i diversi aspetti della tutela dei diritti e della salute della partoriente e del neonato e della promozione del parto fisiologico, mentre l’A.C. 1447 detta i principi generali per il miglioramento dei servizi di assistenza socio sanitaria e della formazione del personale sanitario.

Il disegno di legge del Governo (A.C. 1923) delinea i principi generali per una complessiva ridefinizione dei livelli essenziali di assistenza, al fine di assicurare un innalzamento delle prestazioni garantite dal Servizio sanitario nazionale, con particolare riguardo al controllo e alla gestione del dolore nel travaglio-parto.

L’A.C. 1611, inoltre, dispone l’inclusione, tra i livelli essenziali di assistenza, delle prestazioni volte a garantire il controllo del dolore nella fase del travaglio e del parto.

L’A.C. 1754, infine, è diretto a tutelare, su tutto il territorio nazionale, i diritti della donna in materia di riconoscimento dei figli, di segretezza del parto, di informazione e di assistenza, assicurando altresì interventi di supporto ai neonati non riconosciuti nonché alle gestanti e alle madri che si trovino in condizioni di difficoltà socio-economiche.

Relazioni allegate

Al disegno di legge del Governo è allegata, unitamente alla relazione di accompagnamento, anche una relazione tecnica sugli effetti finanziari del provvedimento.

Le proposte di legge d’iniziativa parlamentare sono corredate dalla relazione illustrativa.

 


Elementi per l’istruttoria legislativa

Necessità dell’intervento con legge

Le proposte di legge in esame dettano disposizioni in materia di assistenza alla nascita, di tutela dei diritti e della salute della gestante e del neonato, di segretezza del parto, nonché di promozione del parto fisiologico e delle tecniche di controllo del dolore nel travaglio-parto. Esse intervengono, in molti casi, su materie già interessate da provvedimenti legislativi.

Rispetto delle competenze legislative costituzionalmente definite

I progetti di legge in materia investono una pluralità di profili.

L’aspetto prevalente concerne la tutela della salute del neonato e della madre (materia oggetto di legislazione concorrente tra Stato e Regioni, ai sensi dell’articolo 117, terzo comma, della Costituzione).

Diverse proposte (A.C. 1237, 1447, 1632) disciplinano anche la formazione professionale del personale sanitario: in proposito, va rilevato che l’articolo 117 della Costituzione riserva alla potestà legislativa esclusiva dello Stato soltanto le "norme generali sull’istruzione" (secondo comma, lett. n), assegnando alla potestà legislativa concorrente la materia dell’”istruzione, salva l’autonomia delle istituzioni scolastiche” (terzo comma). Vengono in ogni caso espressamente escluse dalla potestà legislativa concorrente le materie dell’istruzione e della formazione professionale, riservate pertanto alla potestà legislativa esclusiva delle regioni.

Si segnala, inoltre, che le proposte incidono sui livelli essenziali delle prestazioni (LEA) da garantire su tutto il territorio nazionale,di cui all’art. 117, secondo comma, lettera m), della Costituzione (cfr., in particolare, l’art. 4 della pdl 1447, l’art. 1 della pdl 1611, l’art. 2 della pdl 589, l’art. 16 della pdl 1237 e l’art. 1 della pdl 1754). Il disegno di legge del Governo risulta incentrato proprio sull’aspetto della ridefinizione dei LEA in materia di parto (cfr. l’art. 2).

Vanno altresì ricordate le disposizioni di cui all’A.C. 589 (art. 13), all’A.C. 1237 (art. 22) e all’A.C. 1632 (art. 21), che riguardano la previdenza sociale, materia rientrante nella competenza esclusiva dello Stato, ai sensi dell’art. 117, secondo comma, lettera o), della Costituzione.

Compatibilità comunitaria

Documenti all’esame delle istituzioni dell’UE (a cura del Servizio RUE)

Programma comunitario per la salute 2007-2013

 

In tema di tutela della salute si ricorda che, il 6 aprile 2005, la Commissione europea ha presentato una comunicazione dal titolo “Migliorare la salute, la sicurezza e la fiducia dei cittadini: una strategia in materia di salute e di tutela dei consumatori” ed una  proposta di decisione che istituisce il programma comunitario per la salute e la protezione dei consumatori per gli anni 2007-2013 (COM(2005)115). Rispetto al passato, l’iniziativa unifica i due settori di attività fino ad oggi separati e amplia i programmi attuali in materia di salute pubblica e tutela dei consumatori, individuando le azioni nei diversi settori di intervento previsti.

Il 16 marzo 2006 il Parlamento europeo ha esaminato la  proposta di decisione, nell’ambito della procedura di codecisione, approvando diversi emendamenti tra cui alcuni che non corrispondono all’impostazione della Commissione sulla unificazione dei due settori.

Il 24 maggio 2006 la Commissione ha presentato due nuove proposte di decisione modificate.

Una proposta di decisione modificata (COM(2006)235) istituisce un programma di azione comunitaria in materia di protezione dei consumatori per il periodo di programmazione 2007-2013, con una dotazione di 156,8 milioni di euro.

L’altra proposta di decisione modificata (COM(2006)234) è relativa ad un programma d’azione per la salute per il periodo di programmazione 2007-2013, con una dotazione finanziaria di 365,6 milioni di euro. Tale proposta di decisione modificata contempla i seguenti tre grandi obiettivi, che adeguano la futura azione a favore della sanità agli obiettivi comunitari globali di prosperità, solidarietà e sicurezza:

·         Migliorare la sicurezza sanitaria dei cittadini – Saranno compiuti interventi per proteggere i cittadini dalle minacce alla salute rafforzando la capacità a livello comunitario di far fronte a minacce di qualunque natura; in tale obiettivo rientreranno azioni relative alla sicurezza dei pazienti, agli infortuni ed incidenti nonché alla legislazione comunitaria relativa a sangue, tessuti e cellule;

·         Promuovere la sanità al fine di favorire la prosperità e la solidarietà – Saranno compiuti interventi per favorire un invecchiamento sano e attivo e per il superamento delle disparità soprattutto nei nuovi Stati membri; saranno previsti interventi finalizzati alla promozione della cooperazione tra sistemi sanitari per questione transfrontaliere come la mobilità dei pazienti e dei professionisti della salute; saranno comprese azioni sui fattori determinanti per la salute quali l’alimentazione, l’alcool, il fumo e il consumo di droga così come la qualità dell’ambiente sociale e fisico;

·         Generare e diffondere conoscenze sulla sanità – Saranno compiuti interventi finalizzati allo scambio di conoscenze e pratiche ottimali, soprattutto sulle questioni sottolineate dal Parlamento europeo nel suo parere del 16 marzo 2006 come gli aspetti legati al genere e alla salute dei bambini. Saranno inoltre previsti interventi volti a estendere un sistema comunitario di vigilanza sanitaria e a mettere a punto indicatori, strumenti e sistemi di divulgazione delle informazioni ai cittadini.

 

Il 30 novembre 2006, il Consiglio ha raggiunto all’unanimità un accordo politico sulla posizione comune, che è in attesa di  essere esaminata in seconda lettura dal Parlamento europeo. 

 

 

Donazioni di cellule e tessuti umani

 

Il 16 ottobre 2006 la Commissione ha presentato una relazione sulla promozione da parte degli Stati membri delle donazioni volontarie non retribuite di cellule e tessuti (COM(2006)593). La relazione, prevista dall’art.12 della direttiva 2004/23/CE sulla definizione di norme di qualità e di sicurezza per la donazione, l’approvvigionamento, il controllo, la lavorazione, la conservazione, lo stoccaggio e la distribuzione di tessuti e cellule umane, è relativa alla donazione di cellule e tessuti generalmente intesi come le cellule staminali ematopoietiche del sangue periferico, del sangue del cordone ombelicale e del midollo osseo; la donazione di cellule riproduttive è invece oggetto di una relazione specifica. Nel documento si sottolinea che il principio della donazione volontaria non retribuita è riconosciuto dagli Stati membri ma che la sua interpretazione varia da Stato a Stato. La Commissione suggerisce alcune iniziative volte a raccogliere informazioni sulla necessità di pubblicare linee guida per l’attuazione di tale principio.

 

Sempre in tema di cellule umane e tessuti, si ricorda che la Commissione, il 24 ottobre 2006, ha adottato la direttiva 2006/86/CE recante una serie di prescrizioni per l’implementazione della legislazione comunitaria in materia di rintracciabilità, notifica di reazioni ed eventi avversi gravi e determinate prescrizioni tecniche per la codifica, la lavorazione, la conservazione, lo stoccaggio e la distribuzione di tessuti e cellule umane. 

Incidenza sull’ordinamento giuridico

Attribuzione di poteri normativi e di alta amministrazione

Le proposte di legge 589, 1237, 1632 e 1754 prevedono il rinvio a norme o ad atti di indirizzo regionali per l’attuazione di diverse disposizioni della nuova disciplina.

Le proposte di legge A.C. 589 (art. 5) e A.C. 1237 (art. 19) devolvono al Ministro della salute l’adozione, mediante apposito decreto, di linee guida per la definizione, da parte delle regioni e delle province autonome, della cartella clinica neonatologica.

Gli articoli 2 e 3 dell’A.C. 1447 prevedono l’emanazione di due decreti del Ministro della salute al fine di individuare i contenuti delle attività di formazione del personale sanitario addetto alle pratiche di analgesia, nonché della campagna informativa sulla natura e sui benefici del parto in analgesia.

Il progetto di legge A.C. 1632 demanda al Ministero della salute, entro sei mesi dall’entrata in vigore della legge, l’adeguamento della legislazione statale al Codice internazionale dell’OMS sulla commercializzazione dei succedanei del latte materno (art. 3, comma 5). Lo stesso progetto di legge attribuisce al Ministero della salute, entro sei mesi dall’approvazione della legge, il compito di adottare linee guida per la definizione dei livelli di rischio (art. 3, comma 3), nonché di definire, entro nove mesi dall’entrata in vigore della legge, linee guida per l’assistenza al parto e al puerperio (art. 9). Inoltre, analogamente a quanto previsto dall’A.C. 1237 (art. 2), il progetto di legge 1632 sancisce in capo al Ministero della salute l’onere di presentare al Parlamento una relazione annuale sull’attuazione della legge (art. 15).

Come già ricordato, il progetto di legge A.C. 1754, nello stabilire che, a decorrere dall’anno 2007, una quota del Fondo nazionale per le politiche sociali (di cui alla legge 8 novembre 2000, n. 328) è destinata alle finalità previste nella proposta di legge, prevede che tale quota sia ripartita annualmente tra le regioni e le province autonome con decreto del Ministro della solidarietà sociale, sentita la Conferenza unificata.

Il disegno di legge A.C. 1923 rinvia ad un D.P.C.M. per la riformulazione dei livelli essenziali di assistenza (art. 2) e prevede un’intesa in sede di Conferenza Stato regioni per l’aggiornamento del Piano sanitario regionale e per l’individuazione delle risorse finanziarie necessarie all’attuazione della legge (art. 3).  

Coordinamento con la normativa vigente

Si segnala che il progetto di legge A.C. 1754 prevede che una quota del Fondo per le politiche sociali di cui alla legge 8 novembre 2000, n. 328, sia ripartita annualmente, per le finalità indicate dallo stesso progetto di legge, tra le regioni e le province autonome con decreto del Ministro per la solidarietà sociale, sentita la Conferenza unificata.

Sul piano del coordinamento con la normativa vigente, si ricorda che la citata legge n. 328 del 2000 (art. 20, comma 7) già prevede che la ripartizione delle risorse del predetto Fondo sia effettuata annualmente con decreto del Ministro per la solidarietà sociale, sentiti i Ministri interessati, d'intesa con la Conferenza unificata.

Sul punto, appare altresì opportuno segnalare la giurisprudenza della Corte costituzionale ed, in particolare, la sentenza 16 dicembre 2004, n. 423, che, con riferimento al finanziamento del Fondo per le politiche sociali, ha ribadito il principio per cui la legge statale non può effettuare “finanziamenti a destinazione vincolata, in materie e funzioni la cui disciplina spetti alla legge regionale, siano esse rientranti nella competenza esclusiva delle Regioni ovvero in quella concorrente” (per un’illustrazione più dettagliata di tale sentenza si rinvia alle schede di lettura).


Schede di lettura

 


Analisi dei progetti di legge

A.C. 589 Norme per l’assistenza alla nascita e la tutela della salute del neonato (Lucchese)

Il provvedimento in esame ripropone nella sostanza la proposta di legge 638 dell’on. Lucchese della passata legislatura.

L'art. 1 prevede per il neonato una prima tutela di carattere sanitario, attraverso l'obbligo di notifica del ricovero presso i presìdi ospedalieri, pubblici e privati, la compilazione della cartella clinica (vedi art. 5) e le misure che le Regioni adottano, nell’ambito dei programmi di attivazione ed attuazione del parto a domicilio o in casa di parto.

Ad ogni nato devono essere assicurate nell'ambito della struttura ospedaliera, ai sensi dell'art. 2, competenze mediche ed infermieristiche specifiche nonché l’aderenza ai requisiti organizzativi, strutturali e tecnologici stabiliti da progetti obiettivo materno infantili individuati dal Piano sanitario nazionale. Il medesimo art. 2 fissa, quindi, per legge i livelli di assistenza neonatale: l'assistenza ospedaliera al neonato deve essere organizzata su tre livelli di cura, con una disponibilità rispettivamente di 15 e 5 posti letto ogni mille nati vivi nei primi due livelli, e di un posto letto per 750 nati vivi nel caso di cure intensive di III livello. Le regioni e le province autonome definiscono, per le unità operative neonatologiche, bacini di utenza atti a garantire un livello tecnico-scientifico adeguato. Tutti gli ospedali pubblici e privati, dotati di punto nascita, devono inoltre disporre di posti letto per cure minime ed intermedie. Nelle aree ad alta densità di popolazione i vincoli quantitativi concernenti il numero delle unità di terapia intensiva neonatale possono essere derogati al fine di privilegiare il diritto alla scelta dei genitori e la competitività delle aziende sanitarie locali che insistono nel medesimo territorio[1].

L'art. 3 stabilisce che presso ciascun punto nascita debba essere garantita in sala parto la rianimazione primaria neonatale. Responsabile dell’assistenza neonatale, nell’isola annessa alla sala parto, è un medico neonatologo o pediatra. Per garantire le competenze in rianimazione neonatale nei centri nascita in cui non esista la figura del neonatologo o del pediatra con competenze neonatologiche, le Regioni sono tenute a istituire corsi di formazione e di aggiornamento in rianimazione primaria ed assistenza neonatale destinati al personale che deve prendersi cura del neonato. I corsi sono preferibilmente gestiti dai centri di terapia intensiva neonatale nel cui territorio siano ricompresi i centri nascita; è prevista, infine, l'istituzione nell'ambito della sala parto o di un locale comunicante direttamente con essa, di una zona, denominata "isola neonatale", adibita alle prime cure e all'eventuale rianimazione del neonato.

Per i nati apparentemente sani è prevista un'osservazione transizionale (se possibile anche in culla, presso il letto della madre) nelle prime ore dopo la nascita, con monitoraggio dei comuni parametri vitali (art. 4).

L'art. 5 dispone l'obbligo di predisporre per tutti i nati vivi una cartella clinica personale, anche ai fini della compilazione della scheda di dimissione ospedaliera. La cartella deve contenere, tra gli altri, anche i dati relativi ai rilievi sulla gravidanza, sul parto e sull’adattamento neonatale. Il Ministro della salute emana, entro quattro mesi dalla data di entrata in vigore della legge, le linee guida generali per la formulazione della cartella clinica[2].

Secondo il disposto dell'art. 6, deve essere consentita la possibilità di accesso e di permanenza in sala travaglio e in sala parto di un familiare, qualora la partoriente lo richieda. I presìdi ospedalieri devono altresì organizzarsi in modo tale da assicurare, nella massima misura, la vicinanza del neonato alla madre e la presenza del padre. Deve essere inoltre favorita la dimissione precoce della madre e del bambino, garantendo l'assistenza ambulatoriale e domiciliare alla madre e al neonato mediante équipes itineranti di ostetrici, infermieri specializzati ed assistenti sociali. Le Regioni attivano apposite iniziative per favorire la presa in carico più precoce possibile del neonato da parte del medico pediatra di base. Le predette équipes itineranti sono collegate ad un medico ginecologo-ostetrico e ad un neonatologo o pediatra, per le eventuali prestazioni specialistiche. L’azienda sanitaria promuove appositi corsi di formazione professionale finalizzati alla selezione delle figure professionali atte ad individuare le patologie ostetriche e neonatali ad esordio tardivo.

Tutti gli operatori addetti all’assistenza durante la gravidanza, il parto ed il puerperio sono tra loro funzionalmente collegati nell’ambito del dipartimento materno infantile.

L'art. 7 prevede norme di incoraggiamento per favorire l'allattamento al seno del neonato. A questo fine devono essere individuati idonei spazi atti ad ospitare, accanto alle puerpere, le culle dei neonati. Le camere delle puerpere devono essere dotate di adeguati servizi igienici. Le camere devono essere adiacenti e comunicanti con il nido, dove il neonato può essere assistito dal personale competente, in modo da non far gravare sulla madre compiti assistenziali. Nelle situazioni in cui è possibile, deve essere favorito l’accesso in ospedale del pediatra di base.

Se il neonato necessitasse di cure particolari che comportano il distacco dalla madre, deve essere assicurata alla madre stessa la possibilità di permanenza in spazi contigui adeguati per l'intero periodo di ospedalizzazione del figlio; durante questo periodo la madre deve poter usufruire dei servizi ospedalieri per il pernottamento e il vitto (art. 8).

Gli ospedali, ai sensi dell'art. 9, devono essere riorganizzati in modo da consentire la presenza contemporanea della madre e del neonato nello stesso ambiente o in ambiente attiguo. I progetti di ampliamento, di ristrutturazione o di costruzione dei reparti ospedalieri devono tener conto delle richiamate esigenze.

Ai sensi dell’art. 10, le gravidanze a rischio devono essere tempestivamente avviate ad un centro dotato di livello assistenziale adeguato. Le Regioni individuano, pertanto, appositi criteri di riconoscimento delle gravidanze a rischio al fine della loro precoce individuazione e dell’accesso ai livelli superiori delle cure.

Qualora non esista la possibilità di prestare al neonato le cure adeguate, i centri nascita devono attivarsi per il trasferimento del neonato al centro specializzato più vicino, che offra garanzie adeguate per il ricovero immediato e per l’erogazione del livello di cure necessarie.

In presenza di situazioni di rischio elevato, il trasporto neonatale deve essere effettuato da personale con competenze specifiche afferenti a strutture assistenziali di III livello, a mezzo di unità mobile attrezzata per le cure intensive. A tal fine, le Regioni devono provvedere all'omogenea organizzazione di un'adeguata rete di trasporto assistito con l'utilizzo di personale competente.

L'art. 11 assicura la continuità nella prestazione delle cure, dando la possibilità ai bambini che devono nuovamente essere ospedalizzati, dopo l'età neonatale, per patologie connesse alla nascita, di tornare nelle medesime divisioni di neonatologia o di patologia neonatale ovvero di terapia intensiva neonatale[3].

L'art. 12 indica come prioritario per le Regioni e le province autonome, nell'ambito delle relative competenze in materia sanitaria, la realizzazione di interventi e programmi di prevenzione, educazione ed informazione per la tutela della gestante e del neonato[4].

 

L'art. 13 estende al personale impiegato nelle unità di terapia intensiva neonatale le agevolazioni previste per coloro che sono impiegati in lavori particolarmente usuranti ai sensi del decreto legislativo 11 agosto 1993, n. 374 (anticipazione dell'età pensionabile di due mesi per ogni anno di occupazione, fino ad un massimo di 60 mesi e frazionabilità delle giornate del beneficio di cui sopra in giornate singole) (su tale normativa vedi infra la scheda di lettura)[5].

 


A.C. 1237 Norme per la tutela dei diritti della partoriente, la promozione del parto fisiologico e la salvaguardia della salute del neonato (Palumbo ed altri)

Il provvedimento in esame ripropone i contenuti del testo approvato dalla XII Commissione nel corso della XIV legislatura.

 

La proposta di legge intende garantire le seguenti finalità (art. 1):

§         la promozione di un’adeguata assistenza alla nascita nel rispetto dei diritti e della libera scelta della gestante;

§         la tutela della salute materna, il benessere del nascituro e delle famiglie coinvolte;

§         l’individuazione di adeguati livelli di assistenza ospedaliera;

§         l’incentivazione del parto fisiologico e la riduzione della percentuale dei tagli cesarei.

Ulteriori finalità riguardano la diffusione delle conoscenze relative alle modalità di assistenza e alle pratiche sanitarie in uso, comprese le tecniche di controllo del dolore del parto, la riduzione del rischio di morbilità e mortalità materna e perinatale (anche valorizzando il ruolo dell’ostetrica) e l’adozione di tutte le misure atte garantire al neonato un corretto rapporto relazionale e psico-affettivo con la madre (art. 4).

 

Ai sensi dell’art. 2, il Ministro della salute presenta una relazione annuale al Parlamento sull’attuazione della legge[6].

 

Le Regioni definiscono, sulla base dei criteri stabiliti dai progetti obiettivo materno-infantile, i modelli organizzativi assistenziali (art. 3).

Le aziende sanitarie devono, in particolare, garantire (art. 5):

-          l’utilizzazione di un’idonea cartella ostetrica computerizzata, dove annotare tutti i dati relativi alla gravidanza;

-          i corsi di accompagnamento alla nascita rivolti alla donna ed alla coppia;

-          l’accertamento e la certificazione delle gravidanze a rischio;

-          la dimissione precoce, protetta ed appropriata, della madre e del figlio (favorendo la partecipazione dell’ostetrica nell’ambito della assistenza domiciliare integrata).

 

Ai sensi dell’art. 6, il parto fisiologico è definito come la spontanea evoluzione dei tempi e dei ritmi della nascita. Lo stesso articolo disciplina dettagliatamente le modalità assistenziali che devono essere garantite durante tale evento (quali, il rispetto delle esigenze biologiche della donna e del nascituro, l’assecondamento dei ritmi fisiologici del travaglio, la promozione di tecniche per il controllo del dolore, la predisposizione di un ambiente confortevole per il parto, la possibilità per la donna di essere assistita dal ginecologo di fiducia, dal padre del nascituro o da altra persona, la promozione del contatto madre-figlio e dell’allattamento al seno).

 

Al fine di garantire che l’evento travaglio-parto-nascita si svolga in un contesto umanizzato e sicuro, il parto fisiologico può svolgersi in strutture sanitarie pubbliche o private accreditate o autorizzate, in case di maternità e a domicilio.

Entro sei mesi dalla data di approvazione della legge, le strutture autorizzate individuano spazi adeguati per il parto fisiologico e per l’effettuazione di tecniche di parto-analgesia  (artt. 7 e 8).

 

Il parto a domicilio avviene per libera scelta della partoriente e a seguito di una valutazione del ginecologo e dell’ostetrica incaricati di seguire la partoriente. Le donne con gravidanze a rischio sono comunque indirizzate alle strutture sanitarie pubbliche o private accreditate. Disposizioni specifiche disciplinano il ruolo delle ostetriche per l’assistenza al parto, al puerperio e all’allattamento al seno (art. 9).

 

L’art. 10 disciplina il servizio di trasporto materno e neonatale destinato alle situazioni in cui si evidenzino condizioni di rischio[7].

 

Presso le divisioni di ostetricia deve essere diffusa un’adeguata cultura della donazione del sangue cordonale (art. 11)[8].

 

Al fine di favorire il parto fisiologico ed in considerazione dei maggiori costi derivanti dallo stesso per l’impiego di personale e di attrezzature, il rimborso alle strutture sanitarie relativo ai parti vaginali è equiparato a quello previsto per il parto cesareo. Per lo svolgimento del parto al proprio domicilio, le aziende sanitarie corrispondono alle famiglie una somma massima corrispondente al relativo DRG – raggruppamento omogeneo di diagnosi  (art. 12)[9].

 

La legge individua le attività svolte dalle Regioni in materia di parto fisiologico (si tratta, in particolare: dell’adozione di nuove linee guida per il parto fisiologico; della verifica annuale del livello qualitativo del percorso parto-nascita; della programmazione dei corsi di accompagnamento al parto; del monitoraggio dei dati relativi alle diverse modalità di parto; dell’aggiornamento e riqualificazione del personale attualmente impiegato nell’assistenza alla nascita; della promozione di campagne informative sui diritti della partoriente, del nascituro e del padre) (artt. 13 e 14).

 

I competenti organi regionali predispongono una relazione annuale per la rilevazione dei dati relativi alla morbilità ed alla mortalità materna e neonatale, alle modalità di assistenza al parto, alle complicanze in gravidanza, all’impiego dei farmaci ed alla frequenza e modalità dell’allattamento al seno. Tali relazioni, che devono contenere anche i dati statistici sulla popolazione assistita, sui livelli di assistenza neonatale, e sui nati pretermine, morti e malformati, devono essere trasmesse al Ministero della salute, il quale ne cura la pubblicazione e la diffusione (art. 15)[10].

 

Al fine di salvaguardare la salute del neonato, l’assistenza ospedaliera è articolata su tre livelli di cura, per ciascuno dei quali è stabilita la percentuale dei posti letto rispetto ai neonati (in misura identica a quella prevista dall’A.C. 589, art. 2). Tutte le strutture pubbliche o private dotate di punti nascita, anche in assenza di strutture operative complesse di neonatologia o di terapia intensiva neonatale,  devono disporre di posti letto per cure minime ed intermedie (art. 16).

 

Misure dettagliate riguardano le strutture e la dotazione di personale. Presso tutte le strutture sanitarie deve essere predisposta una zona per le prime cure e l’eventuale intervento intensivo sul neonato, denominata “isola neonatale”. Il responsabile dell’assistenza nell’isola deve essere un pediatra con competenze neonatologiche. E’ compito delle Regioni istituire corsi di formazione professionale per adeguare le competenze in assistenza intensiva neonatale nei punti nascita in cui non esista la figura del neonatologo o del pediatra con competenze in neonatologia (art. 17)[11]

 

Tutti i neonati, in attesa che si completino i processi fisiologici di adattamento postnatale, devono fruire dei comuni controlli dei parametri vitali durante l’osservazione transizionale. Nel caso di cure speciali che determinino  il distacco del neonato  dalla madre si deve poter garantire la presenza della stessa in spazi contigui (art. 18)[12].

 

Per ogni nato vivo deve essere compilata una cartella clinica personale: è demandata al Ministro della salute, sentita una commissione di esperti, l’emanazione di un decreto (entro centoventi giorni dall’entrata in vigore della legge), contenente le linee guida per la definizione da parte delle Regioni della suddetta cartella clinica (art. 19[13]). Al fine di garantire la continuità dell’indirizzo nelle cure anche in epoca postatale, ogni neonato che debba essere nuovamente ospedalizzato per patologie connesse alla nascita e per le quali è stato già in trattamento nelle unità operative neonatali, di patologia neonatale o di terapia intensiva neonatale, può fruire di cure presso la stessa unità operativa (art. 20[14]).

 

Le Regioni e le province autonome attuano, in via prioritaria, programmi di prevenzione, educazione, ed informazione per la tutela della gestante e del neonato (art. 21[15]).

 

Le agevolazioni previste dalla normativa sulle attività usuranti sono estese a tutto il personale del ruolo medico, compresi gli anestesisti, e dei profili professionali ostetrici ed infermieristici operanti in unità di terapia intensiva neonatale, in pronto soccorso ostetrico, in sala parto e in sala operatoria (art. 22[16]) (su tale normativa vedi infra la scheda di lettura).


A.C. 1447 Norme per la promozione del parto indolore (Bianchi ed altri)

Il provvedimento in esame intende garantire le seguenti finalità (art. 1):

§      la promozione del parto analgesia con la riduzione del ricorso al parto cesareo;

§      l’allattamento al seno;

§      la diffusione degli strumenti necessari per la tutela della salute della madre e del neonato.

 

L’art. 2 prevede l’emanazione di un decreto del Ministro della salute che, in accordo con la Conferenza Stato- Regioni, individui i contenuti delle attività di formazione del personale di anestesia e di quello addetto alle sale parto.

 

Sempre con decreto del Ministro della salute, d’intesa con la Conferenza Stato-Regioni, sono individuati i contenuti di una campagna informativa nazionale per la promozione del parto analgesia. A tali campagne partecipano i consultori familiari e i medici di medicina generale (art. 3).

 

Ai sensi dell’art. 4,i livelli essenziali di assistenza di cui al decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502 devono garantire:

§      l’assistenza integrata a favore della donna nella fase della gravidanza e del parto, nonché l’assistenza al neonato;

§      la libertà di scelta delle gestanti sulla modalità del parto;

§      la costante formazione del personale sanitario;

§      la costante informazione sulla salute della madre e del bambino (inclusa la tematica delle vaccinazioni).

 

L’art. 5 reca la copertura degli oneri derivanti dall’applicazione delle disposizioni in esame, quantificate in 600 mila euro per il 2007 e in 1 milione di euro annui dal 2008.

A.C. 1611 Norme per la promozione del parto senza dolore (Poretti)

La proposta di legge, composta da un unico articolo, dispone l’inclusione, tra i livelli essenziali di assistenza, delle prestazioni (tecniche avanzate di anestesia locale e di tipo epidurale) necessarie a garantire il controllo del dolore nella fase del travaglio e del parto.

 

Nella relazione illustrativa alla proposta di legge si precisa che l’obiettivo delle disposizioni in esame “non è quello di imporre tale modalità di parto, ma di fornire maggiori informazioni e poter permettere alla donna di scegliere come partorire” .

A.C. 1632 Diritti della partoriente e del nuovo nato (Dioguardi e altri)

La proposta di legge in esame affronta in modo organico le problematiche connesse al parto, riproponendo in parte i contenuti della proposta di legge elaborata dalla commissione affari sociali nella passata legislatura (e ripresi dall’A.C. 1237, sopra esaminato).

 

L’art. 1, nelprecisare le finalità della legge, individua, in particolare, i seguenti obiettivi:

-          la soddisfazione dei bisogni di benessere psico-fisico della donna e del bambino durante la gravidanza e il parto-nascita;

-          il miglioramento delle informazioni e della conoscenza delle strutture territoriali e ospedaliere, delle modalità di assistenza e delle pratiche sanitarie in uso presso ogni istituto ospedaliero, in modo da favorire la libertà di scelta del luogo dove partorire e delle modalità del parto;

-          la riduzione dei fattori di rischio ambientali, personali e iatrogeni per diminuire i tassi di morbilità e mortalità materna e perinatale, anche attraverso un’appropriata valorizzazione del ruolo dell’ostetrica;

-          la continuità del rapporto familiare-affettivo per il neonato, durante il periodo di ospedalizzazione, anche attraverso l’applicazione del protocollo OMS-UNICEF “Ospedale amico del Bambino”[17].

 

L'art. 2 attribuisce alle Regioni e alle Province autonome di Trento e Bolzano, nell’ambito dei rispettivi piani sanitari e dei progetti-obiettivo in materia materna e infantile, il compito di definire i modelli organizzativi assistenziali idonei al raggiungimento delle richiamate finalità, anche attraverso il potenziamento dei consultori e mediante l’introduzione di sistemi di monitoraggio, condivisi con le aziende sanitarie locali, in grado di verificare l’efficienza organizzativa.

    

Al fine di favorire l'unitarietà dell'assistenza alla donna durante la gravidanza, il parto e il puerperio, l’art. 3 prevede la realizzazione di un collegamento funzionale tra i consultori, le strutture ospedaliere e i servizi territoriali extra-ospedalieri presenti nel territorio, attraverso un’azione di coordinamento dei dipartimenti materno infantili. Le aziende sanitarie locali, anche implementando il numero di addetti in ragione delle necessità territoriali, devono attuare, nell'ambito delle prestazioni dei servizi consultoriali, un potenziamento degli interventi per l'assistenza della donna durante il periodo della gravidanza, assicurando in particolare:

-          l'istituzione di un'idonea cartella ostetrico-pediatrica, nella quale sono annotati tutti i dati relativi alla gravidanza[18];

-          la continuità dell’assistenza ostetrica per tutto il percorso nascita e l’allattamento;

-          la predisposizione di percorsi di accompagnamento alla maternità e alla nascita e di materiale documentario e bibliografico a beneficio delle utenti;

-          l'accertamento e la certificazione delle gravidanze a rischio e dei fattori di rischio per la gravidanza. L’assistenza sanitaria delle gravidanze a rischio è demandata alle strutture specialistiche intra ed extraospedaliere. Entro sei mesi dalla data di approvazione della legge, il Ministro della salute emana linee guida nazionali per la definizione dei livelli di rischio.

Dopo il parto va garantita l’assistenza domiciliare alla madre e al bambino e il sostegno all’allattamento, in modo da favorire la dimissione precoce protetta della madre e del figlio, anche con la partecipazione dell’ostetrica.

Spetta al Ministro della salute, entro sei mesi dall’entrata in vigore della legge, adeguare la legislazione statale al Codice internazionale dell’OMS sulla commercializzazione dei succedanei del latte materno del 1981.

 

Il personale addetto ai consultori, integrato da altri operatori del Servizio sanitario nazionale, coordina appositi incontri sia per la preparazione alla maternità e alla nascita, sia in seguito al parto, per favorire scambi di esperienze tra le madri e il personale che ha condotto gli incontri in gravidanza, in relazione alla nuova condizione di vita derivante dalla maternità. Negli incontri è obbligatoria la presenza dell’ostetrica. Le donne partorienti devono essere messe in grado di conoscere le tecniche, le metodologie e i protocolli ostetrici in uso presso le singole strutture ospedaliere, ambulatoriali, consultoriali, e le case di maternità (art. 4).

 

L'art. 5, nell’ottica di ungraduale superamento della ospedalizzazione generalizzata, prevede che il parto possa svolgersi, su libera scelta della donna, nei reparti ospedalieri, nelle case di maternità individuate dalle ASL o a domicilio.

 

L'art. 6 è dedicato al parto fisiologico ed è volto a consentire l'unicità dell'evento travaglio, parto e nascita, ed a favorire la partecipazione attiva alla donna nell'espletamento del parto, garantendo nei reparti ospedalieri la possibilità di usufruire di uno spazio riservato al quale possano avere libero accesso le persone con cui la donna desideri condividere l’evento. Per analoghe ragioni, la norma prescrive che sia evitata l'imposizione di procedure e tecniche non conformi alla volontà della donna. Le modalità assistenziali, anche sulla base delle indicazioni dell’OMS, devono in particolare  garantire:

-          il rispetto delle esigenze biologiche e fisiologiche della donna e del nascituro, che deve poter restare accanto alla madre immediatamente dopo il parto e durante tutto il periodo di degenza;

-          l’assecondamento dei ritmi fisiologici del travaglio e l’eliminazione di ogni pratica routinaria non supportata da precise indicazioni cliniche;

-          la diffusione delle conoscenze relative ai diversi metodi ed alle tecniche naturali e farmacologiche per la gestione del dolore. L’uso dei farmaci analgesici deve essere gratuito per le donne che consapevolmente lo scelgono;

-          un ambiente confortevole e rispettoso dell’intimità;

-          la possibilità di avere accanto il sanitario di fiducia;

-          la promozione dell’allattamento al seno secondo le indicazioni dell’OMS e dell’UNICEF.

Il personale sanitario già addetto ai nidi, opportunamente riqualificato e aggiornato, è decentrato nei reparti di ostetricia in relazione alle esigenze di assistenza dei neonati accanto alle madri, sulle quali, comunque, non devono gravare compiti assistenziali. Durante il periodo di degenza devono essere promossi incontri informativi con gli operatori di pediatria e di ostetricia e con il personale dei servizi territoriali, le associazioni di auto-aiuto e le altre risorse presenti nel territorio. I servizi territoriali offrono l’assistenza domiciliare al puerperio e all’allattamento sulla base delle modalità concordate con le donne.

 

In base all’art. 7, i servizi territoriali e ospedalieri delle aziende sanitarie locali assicurano la programmazione degli interventi necessari all'attuazione della legge. Tale programmazione deve prevedere, in particolare, la riorganizzazione logistico-strutturale necessaria per l'assistenza domiciliare al parto, per l’attuazione delle case di maternità, per l’allestimento degli spazi ospedalieri individuali dedicati all’evento travaglio-parto-nascita, per la realizzazione delle camere di degenza e dei reparti di patologia neonatale e per ogni altra opera richiesta dalle esigenze di tutela del bambino.

 

L’art. 8 disciplina, in particolare, la "casa di maternità", che si occupa dei parti fisiologici al di fuori degli ospedali, decongestionando i reparti ostetrici; pur mantenendo in primo piano la dimensione affettiva e psicorelazionale (come avviene nel parto a domicilio) tale struttura offre un ambiente intermedio, con la partecipazione dell'istituzione socio-sanitaria. Resta ferma la tempestiva ospedalizzazione in caso di eventi patologici sopravvenuti in una struttura della zona.

La casa di maternità, dotata di personale selezionato dall'azienda sanitaria locale, è definita un servizio pubblico, che opera in stretto collegamento con i consultori. Essa è gestita dalla azienda sanitaria locale competente per territorio, anche attraverso società miste, nelle quali la quota di partecipazione pubblica non sia inferiore al 51 per cento o in convenzione con organizzazioni del privato sociale.

Le Regioni, entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della legge, individuano le zone sanitarie nelle quali sperimentare la casa di maternità, disciplinandone l'assetto gestionale e strutturale.

 

L’art. 9 disciplina il parto a domicilio; le Regioni, entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della legge, individuano le zone sanitarie nelle quali sperimentare tale servizio, attraverso équipe, anche in regime di convenzione, di ostetriche itineranti per i giorni successivi al parto. Le équipe, selezionate dalla ASL competente, sono collegate ad un medico pediatra e ad un ginecologo reperibili per prestazioni  di competenza specialistica.

Le ostetriche inviano le donne con gravidanza a rischio, o che presentino stati patologici, alle strutture competenti intra od extra ospedaliere. All'insorgenza del travaglio, l'équipe si collega con l'ospedale più vicino, che deve garantire la tempestiva ospedalizzazione della donna e del bambino in caso di eventi patologici sopravvenuti, anche con il supporto di unità mobili. L’ostetrica assicura alla donna, per almeno dieci giorni dopo il parto, un’adeguata assistenza al puerperio e all’allattamento, fermo restando che iI controllo pediatrico va effettuato entro ventiquattro ore dalla nascita.

Entro nove mesi dalla data di entrata in vigore della legge il Ministero della salute emana linee guida per l’assistenza al parto ed al puerperio a domicilio.

 

L’art. 10 disciplina il servizio di trasporto materno e neonatale destinato alle situazioni in cui si evidenzino condizioni di rischio, prevedendo, in particolare, che il trasporto assistito sia effettuato da personale qualificato, utilizzando un’unità mobile attrezzata per le cure intensive da prestare in corso di trasferimento[19].

 

Il progetto di legge prevede che presso le divisioni di ostetricia sia diffusa un’adeguata cultura della donazione del sangue cordonale, fornendo alle puerpere adeguate informazioni sulle potenzialità, sugli usi e sui rischi di tale donazione (art. 11)[20].

 

In ragione dei costi derivanti dall’impiego del personale e delle attrezzature, il rimborso alle strutture sanitarie relativo al parto fisiologico è equiparato a quello per il parto cesareo. Le ASL corrispondono, su richiesta e presentazione di parcelle di onorari, una somma corrispondente al raggruppamento omogeneo di diagnosi (DRG) del parto a chi ha partorito a domicilio. Le unità operative, che agiscono in conformità a tali disposizioni, sono incentivate dalle ASL con iniziative di formazione e di aggiornamento, nonché con il finanziamento di appositi progetti. A tal fine, le unità operative sono valutate dalle ASL competenti con cadenza annuale (art. 12)[21].

 

L’art. 13 disciplina l’aggiornamento professionale e la riqualificazione del personale del Servizio sanitario nazionale, addetto all'assistenza socio-sanitaria della donna durante la gravidanza, il parto, il puerperio e l'allattamento.

Le Regioni, d’intesa con le ASL e i servizi socio-sanitari, promuovono corsi di aggiornamento in educazione continua in medicina (ECM) a cadenza annuale, articolati in due livelli, di cui il primo, generale, uguale per tutti gli operatori, il secondo, specialistico, adeguato alle rispettive competenze.

Si prevede, inoltre, la possibilità, per favorire gli scambi tra gli operatori, di disporre comandi temporanei dalle strutture territoriali a quelle ospedaliere e universitarie e viceversa.

I corsi di aggiornamento e di riqualificazione del personale perseguono i seguenti obiettivi:

a) riqualificazione del personale, in funzione dell’attuazione del parto a domicilio e nelle case di maternità;

b) aggiornamento specifico su tecniche e su metodologie ostetriche e sulle tecniche di parto-analgesia naturali e farmacologiche;

c) formazione pluridisciplinare degli operatori, comprensiva degli aspetti medico-sanitari, sociali, culturali e psicologici collegati alla maternità;

d) formazione all’assistenza domiciliare al puerperio.

 

L’art. 14 indica nel dettaglio i contenuti della relazione annuale, a cura dei competenti organi regionali, sui problemi relativi al parto, all’allattamento al seno e all’assistenza socio sanitaria, che vanno trasmessi al Ministero della salute. Il Ministero annualmente provvede alla pubblicazione e diffusione dei dati raccolti e allo svolgimento di indagini sulla mortalità perinatale e materna, sull’incidenza dei parti strumentali, sulla frequenza e tipologia di eventuali handicap dei neonati, sull’assistenza al parto a domicilio e nelle case di maternità[22].

 

Il Ministro della salute presenta una relazione annuale al Parlamento sull’attuazione della legge (art. 15)[23].

 

Ai sensi dell’art. 16, tutte le strutture pubbliche o private dotate di punti nascita, anche in assenza di strutture operative complesse di neonatologia o di terapia intensiva neonatale, devono disporre di posti letto per cure minime ed intermedie, nell’ambito di unità operative di pediatria o di neonatologia.

 

L’art. 17 dispone misure di dettaglio riguardanti le strutture e la dotazione di personale. Presso tutte le strutture sanitarie deve essere predisposta una zona per le prime cure e l’eventuale intervento intensivo sul neonato, denominata “isola neonatale”. Il responsabile dell’assistenza nell’isola deve essere un medico neonatologo o un pediatra con competenze neonatologiche. E’ compito delle Regioni e delle Province autonome di Trento e Bolzano istituire corsi di formazione professionale in rianimazione primaria e assistenza neonatale per tutto il personale interessato nei punti nascita in cui non esiste la figura del neonatologo o del pediatra con competenze in neonatologia[24].

 

Tutti i neonati, in attesa che si completino i processi fisiologici di adattamento post-natale, devono fruire dei comuni controlli dei parametri vitali durante l’osservazione transizionale. Nel caso di cure speciali che determinino  il distacco del neonato  dalla madre si deve poter garantire la presenza della stessa in spazi contigui (art. 18)[25].

 

Per ogni nato vivo deve essere compilata una cartella clinica personale contenente, oltre ai dati previsti dalla disciplina vigente, i rilievi sulla gravidanza, sul parto e sull’andamento neonatale, ai fini della valutazione dell’efficacia delle cure (art. 19)[26].

 

L’art. 20 assicura la continuità nella prestazione delle cure, dando la possibilità ai bambini che devono nuovamente essere ospedalizzati, dopo l'età neonatale, per patologie connesse alla nascita, di tornare nelle medesime divisioni di neonatologia o di patologia neonatale ovvero di terapia intensiva neonatale[27].

 

Le agevolazioni per i lavoratori che svolgono attività usuranti sono estese a tutto il personale del ruolo medico e dei profili professionali ostetrici ed infermieristici operanti in unità di terapia intensiva neonatale, in pronto soccorso ostetrico, in sala parto e in sala operatoria (art. 21)[28].

A.C. 1754 Riordino delle norme riguardanti il sostegno alle gestanti e alle madri in condizione di disagio socio-economico e disposizioni volte a garantire il segreto del parto alle donne che non intendono riconoscere i loro nati (Zanotti ed altri).

 

La proposta di legge in esame è diretta a tutelare, su tutto il territorio nazionale, i diritti delle donne in materia di riconoscimento dei figli e di segretezza del parto, assicurando altresì interventi di supporto alle gestanti ed alle donne che si trovino in condizioni di difficoltà socio-economiche nonché ai neonati non riconosciuti.

A tal fine, l’art. 1, nel richiamare espressamente il principio di determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali che devono essere garantiti a livello statale (art. 117, secondo comma, lettera m), della Costituzione), promuove l’attuazione uniforme su tutto il territorio nazionale delle prestazioni sociali che, ai sensi della disciplina  vigente[29], sono destinate all’assistenza e al sostegno delle gestanti, delle madri e dei bambini non riconosciuti o nati fuori dal matrimonio.

 E’ pertanto demandato alle Regioni e alle Province autonome di Trento e Bolzano, il compito di istituire uno o più servizi al fine di garantire l’informazione, la consulenza e le prestazioni socio-assistenziali, diurne e residenziali, alle gestanti e alle madri che necessitano di un supporto socio-economico, al fine di una più completa attuazione dei diritti in materia di riconoscimento dei nati e di segretezza del parto (comma 1).

I predetti servizi, affidati ai soggetti già gestori delle prestazioni socio-assistenziali ai sensi della legge 8 novembre 2000, n. 328, forniscono alle partorienti e ai loro nati, nei primi novanta giorni dopo il parto, le prestazioni necessarie al loro reinserimento sociale e, dopo tale periodo, devono garantire la continuità socio-assistenziale, secondo le modalità definite dalle Regioni ai sensi della predetta legge n. 328 del 2000 (commi 2 e 3).

Le prestazioni a favore dei neonati non riconosciuti devono essere garantite fino al momento dell’adozione definitiva (comma 4).

Gli interventi alle gestanti e alle madri devono essere erogati su semplice richiesta delle donne interessate, indipendentemente dalla loro residenza anagrafica (comma 5)[30].

 

Ai sensi dell’art. 2, a decorrere dall’anno 2007, una quota del Fondo per le politiche sociali[31], pari a 5 milioni di euro annui, è destinata al finanziamento degli interventi disposti con la legge in esame (comma 1).

La predetta quota è ripartita annualmente tra le Regioni e le Province autonome di Trento e Bolzano con decreto del Ministro della solidarietà sociale, sentita la Conferenza Unificata (comma 2).

A.C. 1923 Norme per la tutela dei diritti della partoriente, la promozione del parto fisiologico e la salvaguardia della salute del neonato (Governo)

Il disegno di legge in esame si compone di tre articoli:

-          l’art. 1 indica in dettaglio le finalità del provvedimento;

-          l’art. 2 prevede la rimodulazione delle prestazioni incluse nei livelli essenziali di assistenza a favore delle gestanti e dei neonati;

-          l’art. 3 rinvia ad un’intesa tra Stato e regioni l’attuazione concreta del provvedimento e l’individuazione delle risorse finanziarie.

 

Più in particolare, le finalità indicate dall’art. 1 sono le seguenti:

§      assicurare un’adeguata assistenza alla nascita, garantendo i diritti e la libera scelta della gestante nell’ambito dei modelli organizzativi delle regioni;

§      ridurre i fattori di rischio di malattia del nascituro attraverso un’adeguata prevenzione;

§      potenziare l’attività dei consultori familiari, con l’attivazione di programmi specifici per la salute preconcezionale e riproduttiva;

§      diffondere le conoscenze relative alle pratiche socio-sanitarie raccomandate (corsi di accompagnamento, tecniche di controllo del dolore, anestesie locali e di tipo epidurale);

§      favorire il parto fisiologico, la riduzione dei tagli cesarei e l’aumento dell’allattamento al seno;

§      garantire il ricorso alle tecniche avanzate di analgesia;

§      migliorare la qualità dell’assistenza ostetrica e pediatrico-neonatologica, anche attraverso l’adozione di strumenti atti a valutare i risultati delle pratiche raccomandate;

§      ridurre le diseguaglianze  territoriali e sociali di accesso ai servizi per la tutela materno infantile, con particolare riferimento alla popolazione più svantaggiata;

§      favorire la dimissione precoce, protetta ed appropriata, della partoriente e del neonato nell’ambito di percorsi assistenziali specifici;

§      potenziare la rete di emergenza per il neonato e per la gestante.

 

Ai sensi dell’art. 2, per la realizzazione delle predette finalità è prevista una rimodulazione dei livelli essenziali delle prestazioni (LEA) in favore della gestante, della partoriente e del neonato, da attuare secondo le procedure già previste dalla normativa vigente. A tale scopo sono precisate le priorità da perseguire. Nella rimodulazione dei LEA deve essere assicurata anche l’invarianza degli oneri a carico della finanza pubblica (vedi anche il successivo art. 3).

La definizione puntuale ed organica dei livelli essenziali di assistenza in campo sanitario, validi per tutto il territorio nazionale, si rinviene nel decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 29 novembre 2001, emanato in base alla procedura stabilita dal decreto-legge 18 settembre 2001, n. 347, convertito, con modificazioni, dalla legge 16 novembre 2001, n. 405, (decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro della salute di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, d'intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano). Anche la legge 27dicembre 2002, n. 289 (legge finanziaria 2003), richiamata dal testo in esame, conferma tale procedura per le future modifiche dei LEA.

 

Ai sensi dell’art. 3 è prevista una specifica intesa in sede di Conferenza Stato regioni che, ad integrazione del piano sanitario nazionale 2006-2008[32], favorisca la promozione delle attività previste dal disegno di legge (comma 1).

 La medesima intesa definisce l’entità delle risorse per la realizzazione delle disposizioni in esame, nell’ambito dell’1,3 per cento degli stanziamenti posti nella disponibilità del Servizio sanitario nazionale e vincolati ai sensi della normativa vigente[33] (comma 2).

 

Si ricorda che, ai sensi della disposizione citata, il CIPE (su proposta del Ministro della sanità, d'intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato e le regioni) può vincolare quote del Fondo sanitario nazionale per  realizzazione di specifici obiettivi del Piano sanitario nazionale, con priorità per i progetti sulla tutela della salute materno-infantile, della salute mentale, della salute degli anziani nonché per quelli finalizzati alla prevenzione, e in particolare alla prevenzione delle malattie ereditarie.

Il Comitato permanente per la verifica dell’erogazione dei livelli essenziali di assistenza[34] definisce le modalità di monitoraggio sull’applicazione della legge in esame (comma 3).

Ai sensi del comma 4, il Ministro della salute riferisce al Parlamento sui risultati conseguiti, in occasione della relazione annuale sullo stato di attuazione del Piano sanitario nazionale.

Con il comma 5 si precisa, infine, che dall’applicazione della legge non derivano ulteriori oneri per la finanza pubblica.

 

La relazione tecnica si sofferma sui profili inerenti i maggiori costi per alcune misure previste dal provvedimento, con particolare riguardo alla diffusione delle tecniche avanzate di anestesia locale e di tipo epidurale, che andranno compensati con una corrispondente riduzione della spesa di altre prestazioni. Proprio sulla base di tali conclusioni, la relazione illustrativa sottolinea l’impossibilità di accogliere una delle richieste avanzate dalle Regioni, volta a modificare il comma 5 dell’art. 3 sulla mancanza di oneri a carico della finanza pubblica (l’iter del provvedimento presso la Conferenza Unificata è riportato nel presente dossier).


Quadro di riferimento normativo nazionale

Il ruolo dei consultori

I consultori familiari sono stati istituiti con la legge 29 luglio 1975, n. 405, al fine di garantire l’assistenza psicologica e sociale alle famiglie, con particolare riferimento alle problematiche dei minori, alla tutela della salute della donna e alla massima informazione in tema di procreazione responsabile.

I consultori possono essere realizzati direttamente da enti locali ovvero da altre istituzioni, enti pubblici e privati che abbiano finalità sociali, sanitarie e assistenziali senza scopo di lucro. Per le strutture promosse dai comuni, i consultori sono organismi operativi delle ASL e si avvalgono del personale pubblico sanitario; nel secondo caso, gli stessi operano attraverso convenzioni con le ASL.

Il personale di consulenza e di assistenza deve essere in possesso di titoli specifici in una delle seguenti discipline: medicina, psicologia, pedagogia, assistenza sociale; ove prescritto, il personale deve avere l’abilitazione all'esercizio professionale.

Le prestazioni dei consultori sono gratuite per tutti i cittadini italiani e per gli stranieri residenti o che soggiornino, anche temporaneamente, sul territorio italiano, con eccezione delle prescrizioni di prodotti farmaceutici a carico dell'ente o del servizio cui compete l'assistenza sanitaria.

 

Le leggi regionali hanno disciplinato le modalità di funzionamento dei consultori, ponendo una particolare attenzioni ai seguenti profili:

-            assistenza socio-sanitaria nei confronti della donna, dei genitori e dei neonati;

-            programmazione degli interventi, con particolare riferimento all’individuazione del fabbisogno di tali strutture rispetto alla popolazione;

-            definizione delle figure professionali presenti negli organici ovvero con rapporto di tipo convenzionale;

-            le forme di partecipazione sociale degli utenti e delle associazioni operanti nel territorio alla programmazione e controllo dei consultori;

-            le modalità di autorizzazione e requisiti richiesti per l’apertura di consultori privati;

-            la formazione e l’aggiornamento del personale;

-            la vigilanza ed il controllo sulle strutture;

-            le forme di finanziamento integrativo.

 

 

La legge 22 maggio 1978, n. 194, nell’ambito delle procedure volte ad assicurare la massima assistenza alla donna sin dall’inizio della gravidanza, ha potenziato ulteriormente il ruolo dei consultori, prevedendo in particolare:

-       la massima informazione alle donne in gravidanza in ordine ai diritti loro spettanti, ai servizi sociali, sanitari e assistenziali forniti dalle strutture operanti sul territorio e alle norme riguardanti la tutela delle gestanti in ambito lavorativo;

-       l’adozione di tutte le misure utili per il superamento delle cause che potrebbero indurre la donna all’interruzione volontaria della gravidanza.

I consultori possono avvalersi della collaborazione volontaria di formazioni sociali di base e di associazioni del volontariato, anche al fine di aiutare la donna nelle fasi successive alla nascita dei figli.

 

Nel corso degli anni numerosi provvedimenti, sia a livello nazionale che regionale, hanno arricchito le competenze dei consultori, soprattutto nel campo delle politiche di sostegno della famiglia e dell’infanzia [35].

Nei Piani sanitari nazionali e regionali si riscontra un’attenzione specifica per la tutela della salute nell’ambito materno infantile, che si è concretizzata, da ultimo, nell’adozione del progetto obiettivo di cui al decreto del Ministro della sanità del 24 aprile 2000 (vedi il paragrafo seguente).

 

La legge 19 febbraio 2004, n. 40 (Norme in materia di procreazione medicalmente assistita) ha attribuito, inoltre, ai consultori anche le competenze inerenti all'informazione e all'assistenza riguardo ai problemi della sterilità e della infertilità umana, alle tecniche di procreazione medicalmente assistita e alle procedure per l'adozione e l'affidamento familiare.

 

Con riguardo al tema dei finanziamenti, va ricordato che la legge n. 405 del 1975 aveva previsto un primo stanziamento a carico del bilancio statale di 10 miliardi di lire annui, fatti salvi gli ulteriori finanziamenti disposti da regioni ed enti locali, nell’ambito di un programma annuale, concordato con gli enti locali interessati. I criteri di riparto delle risorse nazionali fanno riferimento sia alla popolazione residente in ciascuna regione che al tasso di natalità e di mortalità infantile.

Nel corso del tempo sono state stanziate ulteriori risorse. In particolare:

-               la legge n. 194 del 1978 ha destinato 50 miliardi di lire annui, in relazione ai nuovi compiti attribuiti dalla medesima legge ai consultori;

-               la legge 31 gennaio 1996, n. 34[36], nell’ambito dei finanziamenti previsti per le strutture socio sanitarie, ha destinato una quota di 200 miliardi di lire alla costruzione, ristrutturazione e attivazione di consultori familiari, al fine di conseguire l’obiettivo di un consultorio ogni 20.000 abitanti.

Il progetto obiettivo materno infantile 1998-2000

Come già ricordato, i Piani sanitari nazionali evidenziano una particolare attenzione per la tutela della salute nell’ambito materno infantile. In attuazione del piano sanitario nazionale 1998-2000[37] (riportato nel presente dossier all’interno dei riferimenti normativi) è stato adottato uno specifico progetto obiettivo.

Il progetto sottolinea il carattere strategico degli interventi di promozione della salute, di cura e riabilitazione in questo settore (in linea con le indicazioni dell’Organizzazione mondiale della sanità, a partire dagli interventi a favore del neonato che hanno un riflesso innegabile sulla qualità del benessere psico-fisico della popolazione presente e futura). Il progetto delinea le forme di collaborazione tra i diversi livelli istituzionali per l’estensione su tutto il territorio nazionale degli interventi, evidenziando l’importanza del contributo delle aziende sanitarie locali al fine di garantire l’efficacia delle misure adottate dalle diverse strutture pubbliche per contrastare i fenomeni del maltrattamento, degli abusi, del disagio, della dispersione scolastica, della marginalità dei minori (specie quelli immigrati); nella stessa ottica di coordinamento tra le strutture pubbliche è sottolineato il ruolo delle ASL sia nell’ambito delle procedure per l’adozione di cui alle leggi 4 maggio 1983, n. 184[38] e 31 dicembre 1998, n. 476[39], sia in relazione agli interventi psico-diagnostici connessi a provvedimenti penali riguardanti minori (D.P.R. 22 settembre 1988, n. 448).

Il progetto indica puntualmente le azioni da attuare (e i relativi indicatori) per la realizzazione degli obiettivi previsti. Con riferimento alle finalità di carattere generale si ricordano:

-          il miglioramento delle condizioni in cui avviene il parto e la promozione dell’allattamento al seno;

-          la riduzione dei tempi di ricovero ospedaliero del bambino e più in generale del suo stato di disagio, con l’aumento delle aree di degenza destinate ai minori e con la realizzazione delle opere di ristrutturazione necessarie a garantire una maggiore presenza dei genitori;

-          il miglioramento dei servizi di emergenza pediatrica con l’identificazione di aree ospedaliere di pronto soccorso per i minori e la riduzione, in caso di urgenza, del ricorso alla guardia medica generale.

 

 Occorre segnalare che, nell’ambito delle diverse indicazioni relative al percorso nascita previste dal progetto obiettivo, figurano obiettivi concernenti specificamente il miglioramento delle condizioni del parto e della tutela del neonato, tra i quali si segnalano:

-          l’umanizzazione dell’evento, per la realizzazione del quale si prevedono: corsi pre-parto, qualificazione del personale, presenza di una persona scelta dalla donna durante il travaglio ed il parto, sperimentazione dei percorsi di demedicalizzazione del parto, attivazione dei percorsi facilitanti il contatto madre-bambino, assistenza al puerperio, rooming-in e assistenza al puerperio;

-          la salvaguardia della gravida e del neonato;

-          l’assistenza di III livello per almeno l’80% delle gravide e dei neonati;

-          la riduzione dei tagli cesarei in particolare nelle strutture di I e II livello;

-          la promozione dell’allattamento al seno;

-          l’avvicinamento del contatto tra puerpera e neonato.

Il piano sanitario nazionale 2003-2005

La salute del neonato, del bambino e dell’adolescente costituisce uno degli obiettivi di carattere generale indicati nello schema di piano sanitario 2003-2005[40] (riportato anch’esso all’interno dei riferimenti normativi).

Il documento evidenzia i seguenti aspetti:

-          il tasso di mortalità infantile e neonatale;

-          il tasso di basso peso alla nascita;

-          l’organizzazione delle strutture sanitarie pediatriche e il tasso di ospedalizzazione;

-          valorizzazione del ruolo del pediatra e del medico di base nella definizione di percorsi diagnostico terapeutici e nella funzione di educazione sanitaria individuale.

Relativamente alla mortalità infantile, il Piano sottolinea una considerevole riduzione di tale fenomeno, che dal 1975 ad oggi risulta diminuito di oltre il 76%[41]. Tuttavia questi dati sono caratterizzati da disomogeneità territoriale, in quanto in alcune Regioni meridionali (Sicilia, Basilicata, Campania) il tasso di mortalità infantile nel 1999 era più elevato rispetto alle Regioni con il tasso di mortalità più basso (Veneto, Lombardia)[42]. La mortalità neonatale (entro le prime quattro settimane di vita), più elevata nelle Regioni del Centro Sud, è responsabile della maggior parte della mortalità infantile.

Il peso alla nascita del neonato costituisce un importante indicatore dello stato di salute della popolazione infantile (che nel 1995 era pari al 4,7%). L’incidenza del basso peso alla nascita non è cambiata in maniera significativa nel corso degli ultimi 15 anni.

I dati relativi alla organizzazione delle strutture evidenziano, da un lato, una rete ospedaliera pediatrica eccessivamente sviluppata e, dall’altro, una carenza di pediatri e di servizi di pronto soccorso pediatrico negli ospedali.

Carente risulta anche il servizio di guardia medico-ostetrica nelle strutture ove avviene il parto. Tale modello organizzativo, unitamente alla mancanza di una continuità assistenziale sul territorio, ha contribuito a determinare per il 1999 un tasso di ospedalizzazione più elevato rispetto a quello dei Paesi europei.

Si sottolinea infine che ancora più del 30% dei pazienti in età evolutiva viene ricoverato in reparti per adulti e non in area pediatrica.

In considerazione degli aspetti descritti il Piano indica i seguenti obiettivi:

-          attivazione di specifici programmi per la protezione della maternità e potenziamento dell’assistenza ostetrica e pediatrico/neonatologica nel periodo perinatale;

-          attivazione in ogni regione del servizio di trasporto di emergenza neonatale;

-          riduzione del tasso di ospedalizzazione ;

-          elaborazione di linee guida e percorsi diagnostico-terapeutici, con particolare riguardo alle patologie che comportano il maggior numero di ricoveri in età pediatrica;

-          diminuzione della frequenza dei parti per taglio cesareo [43];

-          riqualificazione del ruolo dei consultori ambulatoriali;

-          ottimizzazione dei punti nascita.

I livelli essenziali di assistenza

Il D.P.C.M. 29 novembre 2001 (Definizione dei livelli essenziali di assistenza), include tra le prestazioni di assistenza sanitaria a carattere distrettuale garantite dal S.S.N. anche l’attività sanitaria e sociosanitaria rivolta alle donne, alle coppie e alle famiglie a tutela della maternità e per la procreazione responsabile e l’interruzione di gravidanza. Si tratta dell’attività istituzionale prevista dalle leggi n. 405/1975 [44], n. 194/1978 [45] e n. 34/1996 [46]. Le prestazioni in questione sono in primo luogo quelle sanitarie individuate nel citato decreto ministeriale 24 aprile 2000, Progetto obiettivo materno-infantile, e nel decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 14 febbraio 2001, Atto di indirizzo e coordinamento in materia di prestazioni socio-sanitarie; in secondo luogo, rientrano in tale ambito le prestazioni socio-sanitarie (consultoriali, sociali, psicologiche) strettamente collegate con le precedenti; infine, si fa riferimento alle prestazioni specialistiche e di diagnostica strumentale erogate in regime ambulatoriale, elencate dal decreto ministeriale 10 settembre 1988 (allegati 1/A e 1/C).

Non costituisce, invece, livello essenziale di assistenza, in quanto non finalizzata alla tutela della salute collettiva, e dunque a carico del cittadino, la certificazione relativa alla gravidanza prevista dal decreto legislativo 26 marzo 2001, n. 151, Testo unico delle disposizioni legislative in materia di tutela e sostegno della maternità e della paternità, a norma dell'articolo 15 della legge 8 marzo 2000, n. 53 (allegato 1/B).

 

Si deve infine segnalare che nel recente Patto per la salute del 5 ottobre 2006[47], adottato in sede di Conferenza Stato regioni, si precisa che nell’ambito dell’aggiornamento delle prestazioni ricomprese nei livelli essenziali di assistenza, devono essere garantite, tra le altre, prestazioni finalizzate al parto indolore. 

Il Piano sanitario nazionale 2006- 2008

Nel Piano sanitario nazionale 2006-2008, la salute del neonato, del bambino e dell’adolescente continua a costituire uno degli obiettivi di carattere generale. Il documento[48] evidenzia, in particolare, la trasformazione del comportamento riproduttivo delle coppie che ha determinato la riduzione delle nascite e l’innalzamento dell’età media al parto. Sono presi in considerazione i dati riguardanti il tasso di natalità, di mortalità infantile e l’incidenza dei neonati di basso peso. E’ sottolineata la necessità di migliorare le cure perinatali al fine di ridurre le disuguaglianze relative ai tassi di mortalità perinatale nelle regioni del sud del Paese, legate oltre che a fattori socio-economici, anche a fattori organizzativi e gestionali (carenza delle strutture consultoriali, mancata attivazione o incompletezza del sistema di trasporto del neonato).

Tra i numerosi obiettivi da raggiungere indicati nel piano si segnalano, in particolare:

§      il miglioramento dell'assistenza ostetrica e pediatrico/neonatologica nel periodo perinatale, anche nel quadro di una umanizzazione dell'evento nascita che deve prevedere il parto indolore, l'allattamento materno precoce ed il rooming-in;

§      la riduzione del ricorso al taglio cesareo (in modo da raggiungere il valore del 20%), in linea con i valori medi europei, attraverso la definizione di Linee guida nazionali per una corretta pratica del parto per taglio cesareo e l'attivazione di idonee politiche tariffarie per scoraggiarne il ricorso improprio;

§      la promozione di  campagne di informazione rivolte alle gestanti e alle puerpere, anche attraverso i corsi di preparazione al parto ed i servizi consultoriali, per la promozione dell'allattamento al seno, il corretto trasporto in auto del bambino, la prevenzione delle morti in culla del lattante, la promozione delle vaccinazioni e della lettura ad alta voce. Deve inoltre essere prevenuto il disagio psicologico dopo la gravidanza ed il parto.

Sindrome della morte improvvisa del lattante

La legge 2 febbraio 2006, n. 31 (Disciplina del riscontro diagnostico sulle vittime della sindrome della morte improvvisa del lattante (SIDS) e di morte inaspettata del feto)regolamenta l’attività diagnostica sui bambini vittime della Sudden Infant Death Syndrome - SIDS, entro un anno di vita, e sui feti deceduti senza causa apparente dopo la venticinquesima settimana di gestazione. La legge prevede che tale riscontro avvenga, previo consenso dei genitori, in centri autorizzati individuati dalle regioni, secondo protocolli definiti dal Ministero della salute. I risultati di tale attività sono comunicati alla prima cattedra dell’Istituto di anatomia patologica dell’Università di Milano, che provvede ad istituire una banca dati nazionale.

Nell’ambito di specifiche campagne di sensibilizzazione e di prevenzione di tale patologia sono previsti programmi di ricerca multidisciplinari e l’emanazione di linee guida. Le regioni hanno la possibilità di sviluppare progetti per il sostegno psicologico dei familiari delle vittime.

Normativa previdenziale per chi svolge lavori usuranti

Le proposte di legge 589 e 1237 richiamano la normativa sui benefici previdenziali per i lavoratori che svolgono attività usuranti di cui al decreto legislativo 11 agosto 1993, n. 374[49].

Secondo l'articolo 1 del decreto legislativo 11 agosto 1993, n. 374[50] sono considerati particolarmenteusuranti i lavori "per il cui svolgimento è richiesto un impegno psicofisico particolarmente intenso e continuativo, condizionato da fattori che non possono essere prevenuti con misure idonee". Le attività particolarmente usuranti sono individuate dalla tabella A allegata al medesimo decreto.

E’ necessario, peraltro, evidenziare che la normativa vigente (articolo 2, comma 1, del decreto legislativo n. 374 del 1993) distingue due tipi di attività usuranti: da un lato, fa riferimento a quelle particolarmente usuranti elencate nella tabella A; dall’altro, individua (sempre nell’ambito delle attività particolarmente usuranti) un sottoinsieme più ristretto di attività considerate (ancora) più usuranti "anche sotto il profilo delle aspettative di vita e dell'esposizione al rischio professionale di particolare intensità", prevedendo per esse benefici ancora maggiori. Tale ultimo gruppo di attività è stato individuato espressamente con il decreto del Ministro del lavoro del 19 maggio 1999, emanato di concerto con i Ministri del tesoro, della sanità e per la funzione pubblica.

Ai lavoratori prevalentemente occupati, a decorrere dall'entrata in vigore del decreto legislativo n. 374 del 1993 (8 ottobre 1993), in attività particolarmente usuranti è consentito di anticipare il pensionamento, mediante abbassamento del limite di età pensionabile nella misura di due mesi per ogni anno di attività; la riduzione non può comunque superare un totale di 60 mesi (art. 2, comma 1, primo periodo, D.Lgs. 374/93).

Fermo restando il requisito minimo di un anno di attività usurante continuata, il beneficio è frazionabile in giornate, purché, in ciascun anno, il periodo di attività lavorativa svolta abbia avuto una durata di almeno centoventi giorni (art. 2, comma 2, D.Lgs. 374/93)[51].

E’ poi prevista, esclusivamente per i lavoratori impegnati in attività caratterizzate da una maggiore gravità dell'usura (come detto, individuate dall’art. 2 del D.M. 19 maggio 1999), la riduzione del limite di anzianità contributiva, ai fini del pensionamento di anzianità, di un anno ogni dieci di occupazione nelle medesime attività, fino ad un massimo di 24 mesi complessivamente considerati (art. 2, comma 1, secondo periodo, del D.Lgs. 374/93, introdotto dall’art. 1, comma 35, della l. 335/95)[52] .

Sono comunque fatti salvi i trattamenti di miglior favore garantiti dai singoli ordinamenti pensionistici, ove questi prevedano anticipazioni dei limiti di età pensionabile in relazione alle attività particolarmente usuranti[53] (art. 2, comma 3, D.Lgs. 374/93).

Il riconoscimento dei benefici previdenziali presuppone peraltro l’individuazione, ai sensi dell’articolo 3 del medesimo decreto legislativo n. 374, come modificato dall’articolo 1, comma 34, della legge di riforma del sistema pensionistico (legge 335/95), delle mansioni particolarmente usuranti all’interno delle categorie di lavori usuranti di cui alla Tabella A, nonché delle modalità di copertura dei relativi oneri.

Tale individuazione è rimessa a successivi decreti ministeriali - distinti per i lavoratori del settore privato, per i lavoratori autonomi assicurati presso l'INPS e per i lavoratori del settore pubblico - da emanarsi su proposta delle organizzazioni sindacali. La copertura degli oneri deve avvenire attraverso una aliquota contributiva definita secondo criteri attuariali riferiti all'anticipo dell'età pensionabile; per i lavoratori pubblici deve inoltre essere rispettato il limite delle risorse finanziarie preordinate ai rinnovi dei contratti di lavoro.

L’articolo 3, comma 4, del decreto legislativo 374/1993 prevede inoltre una disciplina particolare per la copertura degli oneri relativi a “determinate mansioni in ragione delle caratteristiche di maggiore gravità dell'usura che esse presentano anche sotto il profilo dell'incidenza della stessa sulle aspettative di vita, dell'esposizione al rischio professionale di particolare intensità, delle peculiari caratteristiche dei rispettivi ambiti di attività con riferimento particolare alle componenti socio-economiche che le connotano”: si tratta sostanzialmente del sottoinsieme più ristretto di attività considerate (ancora) più usuranti di cui al secondo periodo dell’articolo 2, comma 1, del medesimo decreto. Per tali oneri è rimesso ad un decreto del Ministro del lavoro, di concerto con il Ministro del tesoro, sentita una commissione tecnico scientifica, il riconoscimento di un concorso dello Stato, in misura non superiore al 20 per cento.

Il diritto alla segretezza del parto

Tra i diritti riconosciuti alle gestanti particolare rilievo assume il diritto alla segretezza del parto per chi sceglie di non riconoscere il proprio nato. In tali ipotesi, la normativa vigente prevede l’invio di una segnalazione alla Procura della Repubblica presso il Tribunale per i minorenni e, in base alla legge 4 maggio 1983, n. 184 (Diritto del minore ad una famiglia), la formulazione della dichiarazione di adottabilità (articolo 11).

In tale ambito, va segnalato anche l’articolo 30 del D.P.R. 3 novembre 2000, n. 396 (Regolamento per la revisione e la semplificazione dell'ordinamento dello stato civile, a norma dell'articolo 2, comma 12, della legge 15 maggio 1997, n. 127), il quale stabilisce che la dichiarazione di nascita è resa da uno dei genitori, da un procuratore speciale, dal medico, dall’ostetrica o da altra persona che ha assistito al parto, rispettando l'eventuale volontà della madre di non essere nominata. Analoghe cautele sono previste dall’articolo 93 del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196 (Codice in materia di protezione dei dati personali), in base al quale il certificato di assistenza al parto o la cartella clinica, ove comprensivi dei dati identificativi della madre che abbia dichiarato di non voler essere nominata, possono essere rilasciati in copia integrale a chi vi abbia interesse decorsi cento anni dalla formazione del documento. Durante tale periodo la richiesta di accesso al certificato o alla cartella può essere accolta, relativamente ai dati della madre, assicurando che quest'ultima non sia identificabile[54].

Il regio decreto-legge 8 maggio 1927, n. 798 (Norme sull'assistenza degli illegittimi, abbandonati o esposti all'abbandono)[55] stabilisce, altresì, il divieto (art. 9) di rivelare l’esito delle indagini compiute per accertare la maternità, pena l’applicazione delle disposizioni di cui agli articoli 622 e 326 del codice penale.

L’ordinamento riconosce, peraltro, il diritto della madre di scegliere se riconoscere o meno come figlio il bambino procreato. Tali principi trovano riscontro anche nella giurisprudenza della Corte costituzionale: in proposito, si segnala la sentenza 5 maggio 1994, n. 171, con la qualela Corte, nel dichiarare inammissibile la questione di legittimità costituzionale sollevata dal Tribunale per i minorenni di Trento, in ordine all'articolo 10 della legge 4 maggio 1983, n. 184, ha affermato che “qualunque donna partoriente, ancorché da elementi informali risulti trattarsi di coniugata, può dichiarare di non volere essere nominata nell'atto di nascita”.

Gli interventi di carattere assistenziale

Gli interventi assistenziali destinati alle gestanti, alle madri e ai neonati vanno inseriti nell’ambito della riforma organica della materia dei servizi sociali, attuata con la legge 8 novembre 2000, n. 328 (Legge quadro per la realizzazione del sistema integrato di interventi e servizi sociali), la quale disciplina le tipologie di assistenza, i rapporti tra Stato, regioni ed autonomie locali e le modalità di erogazione delle prestazioni.

 

Nel modello disegnato dalla legge-quadro, lo Stato definisce, con il Piano nazionale, le priorità nel campo della politica sociale, i livelli essenziali delle prestazioni e la ripartizione delle risorse finanziarie, stabilendo altresì i requisiti minimi strutturali e organizzativi degli operatori del settore.

Le Regioni svolgono, invece, funzioni di programmazione e coordinamento, partecipando alla definizione del Piano nazionale ed elaborando - di concerto con i comuni - politiche integrate in materia di interventi sociali, ambiente, sanità, istituzioni scolastiche, avviamento/reinserimento nel lavoro, servizi del tempo libero, trasporti e comunicazioni. La legge attribuisce, altresì, alla provincia compiti di supporto, monitoraggio, formazione e  coordinamento.

Ai comuni spettano rilevanti competenze sia nella realizzazione della rete dei servizi che nella definizione dei parametri per l'accesso prioritario ai servizi stessi (attraverso il Piano di zona), nonché l'esercizio dei poteri di autorizzazione, accreditamento e vigilanza dei servizi sociali svolti dai soggetti pubblici e privati.

La legge prefigura, quindi, un sistema integrato di interventi e servizi sociali, che consenta il coordinamento e l'integrazione tra gli interventi in campo sociale, sanitario e dell'istruzione con le politiche attive nel mondo del lavoro, al fine di promuovere per quanto possibile lo sviluppo della persona. La legge indica anche le modalità per la realizzazione di particolari interventi di integrazione e sostegno sociale, tra i quali misure a favore dei minori, a sostegno della maternità e delle donne in difficoltà, servizi formativi e prestazioni di aiuto domiciliare, che consentano di recuperare il ruolo centrale della famiglia all'interno del corpo sociale.

 

L'articolo 8, comma 5, della citata legge n. 328 del 2000 prevede che le Regioni possono affidare ai comuni o ad altri enti locali le funzioni assistenziali di cui al citato regio decreto-legge 8 maggio 1927, n. 798e al decreto-legge 18 gennaio 1993, n. 9, convertito, con modificazioni, dalla legge 18 marzo 1993, n. 67 (Disposizioni urgenti in materia sanitaria e socio-assistenziale)[56].

 

Il decreto-legge n. 798 del 1927 affida il servizio di assistenza dei fanciulli illegittimi, abbandonati o esposti all’abbandono, sotto le direttive e il controllo dell’Opera nazionale per la protezione della maternità e dell’infanzia (ONMI), alle province, le quali vi provvedono mediante sussidi alle madri che allattino o allevino i propri figli, con il ricovero e il mantenimento dei fanciulli nei brefotrofi o altri idonei istituti, o mediante il collocamento dei fanciulli stessi a baliatico e in allevamento esterno.

Il decreto prevede, in particolare, che l’assistenza deve avere inizio, ove possibile, sin dall’epoca della gestazione e per tutti i fanciulli che ne abbiano titolo, senza riguardo al luogo di nascita o di domicilio, allo stato civile, al numero dei parti, alle condizioni morali ed economiche della madre (art. 5).

 

L’Opera nazionale per la protezione della maternità e dell'infanzia, istituita con legge 10 dicembre 1925, n. 2277 (assorbita poi nel regio decreto 24 dicembre 1934, n. 2316, Testo unico delle leggi sulla protezione ed assistenza della maternità ed infanzia), è stata soppressa dalla legge 23 dicembre 1975, n. 698. Contestualmente, sono state trasferite alle regioni alcune funzioni amministrative esercitate dall'ONMI, che in tutto o in parte riguardavano le materie di competenza regionale, previste dall'art. 4, punto 4), del regio decreto n. 2316 del 1934, nonché le funzioni di programmazione e d'indirizzo e i poteri di vigilanza e di controllo su tutte le istituzioni pubbliche e private per l'assistenza e protezione della maternità e dell'infanzia. Restano attribuite allo Stato le funzioni di carattere internazionale già esercitate dall'ONMI. Le funzioni amministrative relative agli asili nido e ai consultori comunali sono attribuite, invece, ai comuni, che le esercitano in forma singola o associata. Sono infine attribuite alle province tutte le funzioni amministrative di fatto esercitate dai comitati provinciali dell'ONMI, nonché quelle degli organi centrali dell'ente. Tra le attribuzioni dell’ONMI (articolo 4 del regio decreto n. 2316 del 1934) rientravano, in particolare: l'assistenza delle gestanti e delle madri bisognose o abbandonate, dei bambini appartenenti a famiglie bisognose e dei minorenni abbandonati o con handicap; la diffusione dei metodi scientifici di igiene prenatale e infantile nelle famiglie e negli istituti; la lotta contro le malattie infantili; la vigilanza sull'applicazione delle disposizioni per la protezione della maternità e dell'infanzia.

 

Con riferimento al Fondo nazionale per le politiche sociali[57] (art. 20 della legge n. 328 del 2000), va ricordato che l’articolo 46della legge 27 dicembre 2002, n. 289 (legge finanziaria per il 2003) ha introdotto significative modifiche, anche al fine di adeguare la legislazione alle novità introdotte con la riforma del titolo V della Costituzione, sopprimendo, almeno tendenzialmente, il “vincolo di destinazione” delle risorse confluite nel Fondo. La stessa norma, peraltro, fa espressa eccezione per gli stanziamenti destinati a soddisfare diritti soggettivi, la cui gestione è affidata all’INPS (assegni ai nuclei familiari; assegni di maternità; agevolazioni per portatori di handicap)[58].

 

La legge n. 289 del 2002, inoltre, ha previsto che siano definiti con D.P.C.M. i livelli essenziali delle prestazioni sociali, attraverso i quali garantire in modo uniforme su tutto il territorio nazionale le prestazioni nel campo sociale, con una procedura analoga al modello definito con i livelli essenziali di assistenza nel comparto sanitario (LEA). Tale disposizione, peraltro, non ha trovato attuazione.

 

In proposito, vanno ricordate anche le decisioni con le quali la Corte costituzionale ha dichiarato illegittime alcune norme volte a vincolare l’impiego di una quota delle risorse del Fondo a finalità stabilite a livello nazionale.

In questo contesto, appare particolarmente rilevante la sentenza 16 dicembre 2004, n. 423 della Corte costituzionale, che affronta, in modo organico, le questioni poste dal sistema di disciplina e finanziamento del Fondo per le politiche sociali, nella fase di transizione al nuovo modello di federalismo fiscale delineato dalla riforma del titolo V della Costituzione.

 

La sentenza interviene sulla questioni di legittimità costituzionale, sollevate dalle regioni Umbria ed Emilia-Romagna, in ordine a numerose disposizioni della legge 27 dicembre 2002, n. 289 (legge finanziaria 2003), del decreto-legge 30 settembre 2003, n. 269 (Disposizioni urgenti per favorire lo sviluppo e per la correzione dell'andamento dei conti pubblici), convertito, con modificazioni, nella legge 24 novembre 2003, n. 326 e della legge 24 dicembre 2003, n. 350 (legge finanziaria 2004).

Tutti gli atti di impugnazione, sia pure sotto diversi angoli prospettici, censurano l'attuale sistema di disciplina e finanziamento della spesa sociale e, in particolare, le modalità di “gestione” delle risorse finanziarie del Fondo nazionale delle politiche sociali, in quanto ritenute lesive dell'autonomia finanziaria delle Regioni.

 

Al riguardo, la Corte sottolinea che l’articolo 119 della Costituzione pone precisi limiti al legislatore statale in ordine alla disciplina delle modalità di finanziamento delle funzioni spettanti al sistema delle autonomie, tra cui rientrano anche quelle riferite all’assistenza sociale.

In particolare, secondo la Corte, “non sono consentiti finanziamenti a destinazione vincolata, in materie e funzioni la cui disciplina spetti alla legge regionale, siano esse rientranti nella competenza esclusiva delle Regioni ovvero in quella concorrente, pur nel rispetto, per quest'ultima, dei principi fondamentali fissati con legge statale (sentenze numeri 16 del 2004 e 370 del 2003)”.

La Consulta, pur riconoscendo la competenza dello Stato nella determinazione delle risorse complessive del predetto Fondo (ferma restando la copertura degli oneri relativi a diritti soggettivi garantiti da singole leggi), evidenzia la piena autonomia delle Regioni in ordine alla finalizzazione delle risorse del Fondo stesso, ritenendo illegittime le disposizioni della legislazione nazionale che destinano le predette risorse per finalità non riconducibili a funzioni di spettanza statale.

Sulla base di tali premesse, la Corte ha dichiarato, tra l’altro, l’illegittimità dell’articolo 46, comma 2, della legge n. 289 del 2002, ove, nell’ambito della ripartizione delle risorse del Fondo per le politiche sociali, prevedeva la destinazione di “almeno il 10 per cento di tali risorse a sostegno delle politiche in favore delle famiglie di nuova costituzione, in particolare per l’acquisto della prima casa di abitazione e per il sostegno alla natalità”, proprio in quanto tale disposizione poneva un vincolo di destinazione nell’utilizzo delle risorse da assegnare alle Regioni[59].


Progetti di legge

 


 

N. 589

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CAMERA DEI DEPUTATI

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PROPOSTA DI LEGGE

 

d’iniziativa del deputato LUCCHESE

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Norme per l'assistenza alla nascita e la tutela della salute del neonato

 

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Presentata il 10 maggio 2006

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Onorevoli Colleghi! - La presente proposta di legge mira a garantire al neo cittadino appena nato il rispetto della dignità sociale che gli compete e il rispetto delle aspettative di vita e di salute compatibili con il suo potenziale genetico nonché ad assicurare un indirizzo unitario nella garanzia dell'uguaglianza dei diritti fondamentali del cittadino: diritto alla salute, diritto alla famiglia. Infatti il neonato italiano, in tema di assistenza ospedaliera, è discriminato rispetto ad ogni altro cittadino, pagando ancora, in parte, il retaggio di una cultura arcaica che lo considera alla stessa stregua di una appendice della madre, dandogli la stessa dignità di una placenta.

      Di fatto il neonato, pur essendo al momento della nascita - con l'inizio della prima funzione vitale autonoma, la respirazione - divenuto soggetto di diritto, destinatario cioè delle norme elaborate dall'ordinamento giuridico in funzione protettiva, e pur avendo, appena nato, acquisito la capacità giuridica, ai sensi del primo comma dell'articolo 1 del codice civile, non viene allo stato attuale debitamente tutelato.

      Per il neonato «sano» sono previsti interventi di prevenzione, di diagnosi e di cura (decreto del Presidente della Repubblica 27 marzo 1969, n. 128, e decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502, e successive modificazioni), che si realizzano con l'assistenza pediatrica-neonatologica in sala parto, la visita medica giornaliera, i ripetuti controlli clinici, strumentali e di laboratorio subito dopo la nascita e durante la permanenza in ospedale. Vengono, altresì, erogate prestazioni medico-infermieristiche (pulizia periodica, alimentazione, cura del moncone ombelicale, profilassi oculare, somministrazione di vitamina K, verifica regolare del peso, monitoraggio della bilirubinemia, vaccinazione anti-HBV, screening di legge, eccetera), le quali, ove indicato, vengono integrate da procedure diagnostico-assistenziali più complesse.

      Nonostante l'erogazione delle prestazioni citate, permane una situazione ambigua, che vede il neonato «sano» da una parte considerato alla stregua di ogni altro paziente o utente del Servizio sanitario nazionale e, dall'altra parte, ignorato nella sua individualità e specificità. Infatti, permane il paradosso per cui il neonato «sano», pur avendo assegnato un codice di raggruppamento omogeneo di diagnosi (ROD) (decreto del Ministro della sanità 15 aprile 1994, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 107 del 10 maggio 1994), è stato, successivamente, escluso dal rimborso della tariffa di permanenza nel presidio del Servizio sanitario nazionale (decreto del Ministro della sanità 14 dicembre 1994, recante «Tariffe delle prestazioni di assistenza ospedaliera», pubblicato nel supplemento ordinario alla Gazzetta Ufficiale n. 300 del 24 dicembre 1994).

      Corre obbligo, inoltre, evidenziare che i parametri di cui all'articolo 2 della presente proposta di legge sono in linea con quanto contenuto nella pubblicazione «Requisiti e raccomandazioni per l'assistenza perinatale in Italia» edita a cura della Società italiana di medicina perinatale, seconda edizione 1990.

      L'esigenza dell'elaborazione di un testo legislativo unitario nasce anche dalla necessità di porre chiarezza in materia di assistenza al neonato, raccordando in un testo completo ed organico tutte le disposizioni legislative, relative alla materia, vigenti e contenenti norme che a volte sono in stridente contrasto con la realtà operativa dei singoli presìdi ospedalieri e con le esigenze di una assistenza corretta ed in linea con le moderne acquisizioni scientifiche.

      Fatte queste premesse, essenziali alla lettura della presente proposta di legge, che ha come obiettivo primario di perseguire il mantenimento dello stato di salute del nuovo nato e la prevenzione delle complicanze connesse alla nascita, ci auguriamo che essa possa trovare nella presente legislatura la massima attenzione, essendo il presupposto per una univoca razionalizzazione ed uniformazione di indirizzo nell'assistenza al neonato, e per la garanzia, ovunque egli nasca, della tutela dei suoi diritti.



 


proposta di legge

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Art. 1.

 

      1. Il neonato è tutelato attraverso la notifica del ricovero presso i presìdi ospedalieri, pubblici e privati, e la compilazione della cartella clinica e attraverso le modalità che le singole regioni e province autonome di Trento e di Bolzano adottano nell'ambito di programmi di attivazione ed attuazione del parto a domicilio o in casa di parto.

 

Art. 2.

 

      1. Ad ogni nato, nell'ambito della struttura ospedaliera, devono essere assicurate competenze specifiche mediche ed infermieristiche nonché l'aderenza ai requisiti organizzativi, strutturali e tecnologici stabiliti dai progetti obiettivo in materia materno-infantile individuati dal Piano sanitario nazionale ai sensi dell'articolo 1, comma 11, del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502, e successive modificazioni, e nel rispetto delle disposizioni della presente legge.

      2. L'assistenza ospedaliera al neonato deve essere articolata su tre livelli di cura:

          a) cure di I livello per neonati sani, con una disponibilità di quindici posti letto per mille nati vivi;

          b) cure di II livello, con una disponibilità di 4, 5 posti letto per mille nati vivi, oltre alle culle destinate ai neonati sani;

          c) cure di III livello, definite cure intensive, con una disponibilità di un posto letto per settecentocinquanta nati vivi, e cure subintensive con una disponibilità di due posti letto per ogni posto letto di terapia intensiva neonatale, oltre alla disponibilità di posti letto adeguati all'utenza bisognosa di cure del I e II livello di cure, e di posti letto supplementari per i neonati bisognosi di chirurgia neonatale rapportati all'utenza.

      3. Le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano anche in base alla valutazione della situazione orogeografica, della rete viaria, della consistenza e della localizzazione delle strutture esistenti, definiscono per le unità operative neonatologiche adibite ai compiti di cui al presente articolo, bacini di utenza atti ad assicurare l'acquisizione di competenze specifiche e di un livello tecnico adeguato alle cure prestate, che non può prescindere dal numero dei pazienti trattati.

      4. Tutti gli ospedali pubblici e privati accreditati dotati di punto nascita, anche se privi di unità operative autonome di neonatologia e di terapia intensiva neonatale, devono disporre di posti letto per cure minime ed intermedie, nell'ambito delle unità operative di pediatria o neonatologia. Di norma le unità operative di ostetricia e le unità operative di neonatologia-patologia neonatale e di pediatria con assistenza neonatale devono operare a livello corrispondente, e un livello superiore deve erogare, oltre alla prestazioni che lo caratterizzano, anche quelle di livello inferiore.

      5. Nelle aree ad alta densità di popolazione o metropolitane i vincoli quantitativi, riferiti ai bacini di utenza determinanti ai fini della programmazione regionale del numero delle unità di terapia intensiva neonatale, possono essere derogati, allo scopo di privilegiare il diritto alla scelta dei genitori e la competitività delle aziende sanitarie locali che insistono nel medesimo territorio.

 

Art. 3.

 

      1. Requisito organizzativo e funzionale essenziale di ogni punto nascita è assicurare l'assistenza in sala parto garantendo la rianimazione primaria neonatale. Responsabile dell'assistenza neonatale nell'isola annessa alla sala parto, di cui al comma 4, è un medico neonatologo o pediatra. Nelle strutture in cui è prevista la guardia attiva ventiquattro ore su ventiquattro del medico neonatologo o del medico pediatra con competenze neonatologiche, quest'ultimo deve garantire l'assistenza al neonato in sala parto.

      2. Al fine di adeguare le competenze in rianimazione neonatale nei punti nascita in cui non è prevista la figura del medico neonatologo o del medico pediatra con competenze neonatologiche, è fatto obbligo alle regioni e alle province autonome di Trento e di Bolzano di istituire corsi di formazione e di aggiornamento professionale in rianimazione primaria ed assistenza neonatale destinati al personale che deve prendersi cura del neonato.

      3. La gestione dei corsi di cui al comma 2 deve essere affidata, di preferenza, ai centri di terapia intensiva neonatale nel cui territorio ricadono i punti nascita, al fine di consentire una adeguata collaborazione ed integrazione tra il centro di riferimento e la rete ospedaliera periferica.

      4. Nell'ambito della sala parto, o in un locale direttamente comunicante con essa, deve essere predisposta una zona per le prime cure e l'eventuale intervento rianimatorio sul neonato, denominata «isola neonatale», provvista di spazio ed attrezzature adeguati alle esigenze rianimatorie.

 

Art. 4.

 

      1. Tutti i nati apparentemente sani, in attesa che si completino i processi fisiologici di adattamento postnatale, nelle ore successive alla nascita, devono usufruire dei comuni controlli dei parametri vitali durante l'osservazione transizionale. Tale osservazione, compatibilmente con le capacità organizzative e strutturali del reparto ospedaliero, deve essere attuata in culla presso il letto della madre.

 

Art. 5.

 

      1. Per ogni nato vivo deve essere compilata una cartella clinica personale, anche ai fini della compilazione della scheda di dimissione ospedaliera, contenente, oltre ai dati previsti dalle vigenti disposizioni in materia, i rilievi sulla gravidanza, sul parto e sull'adattamento neonatale utili per la valutazione dell'efficienza dei servizi perinatali e dell'efficacia delle cure prestate all'atto della nascita.

      2. Il Ministro della salute, sentito il parere di una apposita commissione di esperti, con proprio decreto da emanare entro quattro mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, predispone le linee di guida generali per la formulazione da parte delle regioni e delle province autonome di Trento e di Bolzano della cartella clinica di cui al comma 1.

 

Art. 6.

 

      1. Al fine di consentire un costante processo di umanizzazione della nascita, l'assistenza ospedaliera deve garantire la possibilità di accessi e di permanenza in sala travaglio e in sala parto di un familiare o di altra persona gradita dalla partoriente, qualora la medesima ne faccia esplicita richiesta.

      2. Al fine di facilitare l'instaurarsi di un corretto rapporto relazionale con i genitori ed assicurare la continuità del rapporto psico-affettivo, i presìdi ospedalieri pubblici e privati devono prevedere modelli organizzativi che consentano la vicinanza del neonato alla madre e la presenza del padre.

      3. Deve essere, altresì, favorita, compatibilmente con le condizioni fisiche della puerpera e del neonato e su espresso consenso della stessa, la dimissione precoce, protetta ed appropriata della madre e del figlio dall'ospedale e devono essere garantite la possibilità di controlli ambulatoriali ripetuti nonché, se necessarie, l'assistenza domiciliare integrata alla madre e al neonato nei giorni successivi al rientro al domicilio, realizzata mediante équipe itineranti di ostetriche, di infermieri specializzati nell'assistenza al neonato ed assistenti sociali.

 Le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano attivano apposite iniziative e percorsi mirati a favorire la presa in carico più precoce possibile del neonato da parte del medico pediatra di base del Servizio sanitario nazionale.

      4. Le équipe di cui al comma 3 sono collegate, per le rispettive competenze, ad un medico ginecologo-ostetrico e ad un medico neonatologo o pediatra con formazione specifica, per eventuali prestazioni di competenza specialistica, in attesa che il neonato possa accedere al medico pediatra di base. L'azienda sanitaria locale competente per territorio promuove appositi corsi di formazione professionale di tipo teorico-pratico, finalizzati alla selezione di figure professionali idonee alla individuazione delle patologie ostetriche e neonatali ad esordio tardivo.

      5. Tutti gli operatori addetti all'assistenza durante la gravidanza, il parto ed il puerperio, nonché nel periodo immediatamente postnatale, sia quelli appartenenti a strutture territoriali che ospedaliere, anche se autonome, sono tra loro funzionalmente collegati nell'ambito del dipartimento materno-infantile.

 

Art. 7.

 

      1. Considerato il ruolo preminente dell'allattamento materno nel contribuire al soddisfacimento del desiderio naturale della nutrice, ai miglioramento del rapporto tra madre e bambino e alla salute psico-fisica del neonato, esso deve essere incoraggiato con ogni mezzo, favorendo la vicinanza della madre al neonato nell'ambito delle strutture ospedaliere.

      2. Al fine di cui al comma 1, le aziende sanitarie locali, anche in corso di ristrutturazione dei reparti, devono individuare spazi e soluzioni logistiche atti ad ospitare accanto alle puerpere le culle dei neonati. Le camere di puerperio devono essere dotate di adeguati servizi igienidi. Esse devono, altresì, essere adiacenti al nido al fine di favorire un facile accesso al neonato, accudito da personale competente.

 Sulle madri non devono gravare compiti assistenziali, ma le medesime devono poter usufruire di sostegno nell'accudimento del proprio figlio. Nelle situazioni in cui è possibile garantire subito dopo la nascita la possibilità di scelta da parte dei genitori del medico pediatra di base e la sua immediata presa in carico del bambino, deve essere favorito l'accesso del medesimo in ospedale.

      3. Durante la degenza devono essere promossi incontri formativi ed educazionali con gli operatori sanitari sui temi dell'allattamento, della cura del neonato e dell'igiene del puerperio.

 

Art. 8.

 

      1. Qualora il neonato necessiti di cure speciali che determinano il temporaneo distacco dalla madre, per quanto possibile, deve essere assicurata la permanenza della stessa in spazi contigui e adeguati, anche in caso di degenza in terapia intensiva neonatale.

      2. Per tutto il periodo di ospedalizzazione del figlio ai sensi del comma 1 la madre, o un altro familiare in sua vece, deve poter usufruire dei servizi ospedalieri, per quanto concerne il pernottamento ed il vitto.

 

Art. 9.

 

      1. In conformità a quanto disposto dagli articoli 6, 7 e 8, nelle more dell'attuazione di quanto previsto al comma 2 del presente articolo, deve essere attuata una riorganizzazione funzionale dei reparti ostetrici, pediatrici e neonatologici, tale da consentire la presenza contemporanea nello stesso ambiente o in un ambiente attiguo della madre e del neonato che necessita di cure minime.

      2. I progetti di ampliamento, di ristrutturazione o di costruzione di reparti di cui al comma 1 del presente articolo, devono essere redatti in conformità alle disposizione di cui agli articoli 6, 7 e 8.

 

Art. 10.

 

      1. Le gravidanze a rischio individuate ai sensi del comma 2 devono essere tempestivamente avviate ad un centro dotato di livello assistenziale adeguato ai bisogni della madre, del feto e del neonato.

      2. Le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano individuano appositi criteri di riconoscimento delle gravidanze a rischio al fine della loro precoce identificazione e dell'accesso ai livelli superiori delle cure.

      3. I punti nascita, nei casi nei quali non sia possibile prestare cure adeguate ai bisogni assistenziali del neonato, devono prontamente attivarsi per il trasferimento del neonato stesso al centro specializzato più vicino, in grado di offrire garanzie adeguate per l'immediato ricovero e per l'erogazione del livello di cure necessarie.

      4. Di fronte a situazioni di elevato rischio identificate all'atto della nascita, il trasporto neonatale deve essere effettuato da personale con competenze specifiche, afferente a strutture assistenziali di IIIo livello, a mezzo di unità mobile attrezzata per le cure intensive da prestare durante il trasferimento alla unità operativa di patologia neonatale o di terapia intensiva neonatale.

      5. Le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano provvedono, tenuto conto delle condizioni ambientali e del razionale utilizzo delle strutture esistenti, all'omogenea organizzazione di una adeguata rete di trasporto assistito ai sensi di quanto stabilito dal comma 4.

 

Art. 11.

 

      1. Al fine di assicurare la dovuta continuità di indirizzo nelle cure prestate, ogni bambino, il quale in epoca post-natale debba essere nuovamente ospedalizzato per patologie connesse alla nascita e per cui è stato già in trattamento nelle unità operative di neonatologia o di patologia neonatale ovvero di terapia intensiva neonatale, può fruire di cure, sia in regime di day-hospital, sia di ricovero ordinario, presso la stessa unità operativa, indipendentemente dal superamento dell'età strettamente neonatale.

 

 

Art. 12.

 

      1. Le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, nell'ambito delle relative competenze in materia sanitaria, considerano prioritaria l'attuazione di interventi e programmi di prevenzione, educazione ed informazione per la tutela della gestante e del neonato.

 

Art. 13.

 

      1. Al personale del ruolo medico e dei profili professionali infermieristici operante in unità di terapia intensiva neonatale si applicano le agevolazioni ed i benefìci previsti dal decreto legislativo 11 agosto 1993, n. 374, e successive modificazioni, e dal decreto del Ministro del lavoro e della previdenza sociale 17 aprile 2001, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 114 del 18 maggio 2001.

 

 


 

N. 1237

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CAMERA DEI DEPUTATI

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PROPOSTA DI LEGGE

 

d’iniziativa dei deputati

PALUMBO, PRESTIGIACOMO, BAIAMONTE, BERTOLINI, BOCCIARDO, CASTELLANI, CECCACCI RUBINO, DI CEN- TA, DI VIRGILIO, FILIPPONIO TATARELLA, GARDINI, LICASTRO SCARDINO, LUCCHESE, MAZZARACCHIO, MISURACA, MORONI, PAOLETTI TANGHERONI, SANTELLI

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Norme per la tutela dei diritti della partoriente, la promozione del parto fisiologico e la salvaguardia della salute del neonato

 

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Presentata il 28 giugno 2006

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Onorevoli Colleghi! - La tutela della famiglia deve costituire una priorità nella consapevolezza del ruolo fondamentale che la stessa riveste quale nucleo primario e fondante della società civile. Nella famiglia gli eventi della maternità e della procreazione e, quindi, l'esperienza della gravidanza e del parto, assumono un ruolo determinante, unitamente all'attento monitoraggio delle metodiche di parto attualmente in essere in Italia.

      Solo quarant'anni fa l'incidenza della morbilità e della mortalità fetale e, alle volte, anche materna, era notevole e legata prevalentemente alla esasperazione di metodiche che privilegiavano il parto vaginale, con un frequente ricorso ad interventi ostetrici quali l'applicazione di forcipe o di ventosa ostetrica o il rivolgimento e l'estrazione podalica. Ciò comportava sovente postumi severi per la salute della madre e del neonato. Il ricorso al taglio cesareo, per contro, era percentualmente scarso sia per la mentalità dei vecchi ostetrici, sia per la scarsa affidabilità delle tecniche chirurgiche ed anestesiologiche di allora.

      Dal 1975 il tasso di mortalità infantile (morti entro il primo anno di vita per 1.000 nati vivi) in Italia è sceso del 76 per cento (dal 20,5 del 1975 al 4,9 per mille del 1999). Tuttavia vi sono ancora differenze tra le regioni del nord e del sud: in alcune regioni meridionali (Puglia, Sicilia, Basilicata), infatti, il tasso di mortalità infantile nel 1999 era del 7,33 per mille rispetto al 3,0 delle regioni (Friuli-Venezia Giulia, Liguria, Lombardia) con il tasso di mortalità più basso. Obiettivo fondamentale è quindi innanzitutto ridurre le disparità regionali nei tassi di mortalità neonatale, avvicinando la media nazionale a quella della regione con indice di mortalità più basso. Per quanto riguarda la mortalità nel primo anno di vita, le malformazioni congenite rappresentano, insieme alla prematurità, l'83 per cento di tutte le cause.

      Negli anni successivi la reazione è stata quella di ricorrere ad una ospedalizzazione massiva e ad un eccesso di medicalizzazione del parto. Pensiamo che non si possa e non si debba tornare indietro, innanzitutto perché non esistono quasi più le manualità ostetriche in grado di eseguire quegli interventi vaginali complessi che ormai fanno parte della storia dell'ostetricia, e d'altra parte, la denatalità via via crescente ha condotto ad una standardizzazione delle famiglie con un numero di figli solo raramente superiore a due. Ciò ha indotto sempre più a pretendere di avere una prole sana riducendo al minimo i rischi comunque sempre presenti nel parto vaginale.

      Oggi il 90 per cento ed oltre delle gravidanze si conclude con la nascita di un neonato sano; tra i meno fortunati vanno compresi non soltanto i soggetti nati da gravidanze a rischio elevato, affetti da malformazione o prematuri, ma anche coloro che hanno subito sofferenza prenatale insorta prima del travaglio o durante il parto per cause imprevedibili o impreviste. Ciò significa che anche l'evidenza di condizioni gravidiche e feto-neonatali ragionevolmente ritenute normali, correttamente documentata, non esclude la possibilità di una improvvisa evoluzione verso l'emergenza. Pertanto, tipo e modalità del parto, scelte della gestante, strategie assistenziali adottate al momento dell'avvio del travaglio, nascere o far nascere in un determinato modo piuttosto che in un altro, tipologia ed entità delle risorse umane e strumentali disponibili al momento del parto, insieme ad altri fattori, rappresentano il terreno in cui competenze professionali e mezzi tecnologici concorrono nel conseguimento dell'obiettivo primario, anche se non unico, di far venire alla luce un neonato in condizioni di benessere il più possibile ottimali.

      Il benessere psico-fisico della madre e il soddisfacimento dei suoi desideri non può dunque essere ricercato disgiuntamente dal conseguimento della massima salvaguardia dell'integrità fisica della gravida e del neonato.

      La promozione della salute riproduttiva consiste nel dare corrette informazioni sul possibile rischio genetico, sulla contraccezione, sulla necessità di abolire il fumo, l'alcool e le droghe, sulle problematiche della nutrizione, sulla necessità della profilassi con acido folico e di un supporto sociale ed emozionale tempestivo. Inoltre, devono essere fornite precise informazioni sull'esistenza nel territorio di reparti e centri ostetrici-neonatologici specificatamente indirizzati all'assistenza delle gravidanze normali e ad alto rischio.

      Se è vero che in molti piccoli punti nascita la donna riceve più attenzione, tuttavia neanche questo aspetto può essere generalizzato; il grado di attenzione non è sempre garanzia del benessere fisico della madre e del figlio; una migliore offerta di tipo alberghiero o una maggiore accondiscendenza a richieste dell'utente non sempre sono compatibili con quanto necessario alla prevenzione del rischio.

      L'orientamento delle donne verso un tipo di parto "alternativo" è molto probabilmente una espressione di insoddisfazione del parto e può rappresentare una reazione all'eccesso di medicalizzazione e di ospedalizzazione che si è realizzato fino agli anni ottanta. Tale insoddisfazione rappresenta un terreno fertile per l'attecchimento di messaggi che tendono a distogliere l'attenzione dalla valutazione del rischio perinatale che interessa una quota non indifferente di parti e che non può essere identificato con tanta tempestività da rinunciare a priori all'impiego di tecnologie. Ogni messaggio e offerta rivolti a soddisfare il bisogno di "naturalità" e a ridurre l'insoddisfazione connessa alla medicalizzazione possono essere ingannevoli se non accompagnati da una chiara esplicitazione degli eventuali rischi aggiuntivi connessi all'espletamento dell'evento nascita nelle condizioni desiderate dalla gestante.

      L'esperienza quotidiana in sale parto di differente livello assistenziale giustifica ampiamente le cause di insoddisfazione sul parto. Tuttavia, il Sistema sanitario nazionale, nelle varie sedi di competenza, non può dare risposte corrispondenti esclusivamente alle attese dell'adulto e, in particolare, ai suoi bisogni di privacy o di accoglienza logistica, ma deve soddisfare in ogni momento i requisiti di salvaguardia della salute della madre e del feto, tenendo conto della compatibilità della domanda nell'allocazione delle risorse a disposizione, dei benefici attesi e dei risultati conseguiti ed obiettivamente valutati.

      Se è vero che la medicalizzazione spinta, a parità di condizioni socio-economiche della popolazione e di risorse ospedaliere di personale e di strutture, ha determinato all'inizio degli anni settanta una riduzione dei tassi di mortalità perinatale superiore al 50 per cento in pochissimi anni, occorre fornire un'equa soluzione per porre in modo corretto al servizio della popolazione più debole e bisognosa mezzi di trattamento e di assistenza proporzionati ai bisogni. Un intervento ostetrico, mirato razionalmente alla tutela globale della salute materno-infantile e caratterizzato dal massimo impegno nel rispetto della proporzionalità dell'utilizzo di tecnologie, non può essere barattato con scelte alternative finalizzate al recupero di quella naturalità che, in anni non ancora dimenticati, ha prodotto tanti esiti infausti e disabilità.

      L'attuale organizzazione ospedaliera, insieme alla mancanza di una continuità assistenziale sul territorio, ha determinato nel 1999 un tasso di ospedalizzazione significativamente più elevato rispetto a quello di paesi europei quali, ad esempio, il Regno Unito (51 per cento) e la Spagna (60 per cento). Oggi umanizzare deve voler dire offrire attitudini nel controllare eventi naturali per mezzo di una nuova cultura del partorire e del nascere che raccolga ed elabori le conoscenze scientifiche, coniugandole con comportamenti assistenziali rispettosi degli stati emotivi e mirati al mantenimento del massimo benessere della partoriente e del nascituro.

      Ormai l'ostetricia è radicalmente cambiata: il parto deve avvenire fisiologicamente e spontaneamente e sarà sempre più rara l'esecuzione di indaginosi parti operativi vaginali. È ovvio però che la loro drastica riduzione ha causato un aumento significativo dell'incidenza dei tagli cesarei: ben il 33 per cento nel 1999, più frequenti nelle strutture del centro-sud con un basso numero di nati, fino a raggiungere in Campania il 51 per cento, mentre le regioni Trentino-Alto Adige e Friuli-Venezia Giulia registrano una percentuale di parti con taglio cesareo pari al 20 per cento, valori di poco superiori a quelli riportati dalla maggior parte dei Paesi dell'Unione europea.

      Ma non è solo questa la causa che ha fatto innalzare la percentuale di tagli cesarei ad una media di oltre il 30 per cento di tutti i parti, con alcune punte superiori al 50 per cento. La convinzione di un abbattimento dei rischi e l'esigenza di evitare la sofferenza del travaglio sono un altro elemento soggettivo che ha contribuito alla riduzione dei parti fisiologici.

      Altre condizioni, legate alle mutate esigenze della donna moderna, sempre più impegnata nel mondo del lavoro, hanno elevato oltre i 30 anni l'età media della prima maternità. Considerando infatti che l'età fisiologicamente più idonea per un primo parto va dai 20 ai 30 anni, tale condizione di «primiparità attempata» di per sé rappresenta una condizione di maggior rischio fetale nel parto e quindi una ulteriore causa di maggiore incidenza di tagli cesarei. In Italia si riscontra, invero, una bassa percentuale di gravidanze in età adolescenziale (2,25 per cento), paragonabile ai tassi osservati in altri Paesi europei quali Germania, Danimarca, Finlandia, Svezia e Francia.

      La rivalutazione dei consultori familiari, creati anche per far crescere tra la gente una cultura della sessualità e della riproduzione e per diffondere la tecnica della preparazione psico-fisica al parto, ormai spesso snaturati e ridotti al rango di semplici ambulatori di ginecologia, potrebbe contribuire alla realizzazione di quel transfert che deve crearsi tra il ginecologo e la donna per stabilire rapporti fiduciari e di sicurezza.

      L'analgesia ostetrica in travaglio di parto, tra le esigenze primarie della donna, risulta pochissimo praticata sul territorio nazionale soprattutto per la carenza di medici anestesisti. Anche in ciò è stato disatteso il progetto obiettivo materno-infantile 1998-2000, che prevedeva la presenza in sala parto del medico anestesista, insieme al ginecologo, al pediatra ed alla ostetrica.

      Il Piano sanitario nazionale 2003-2005 focalizzava l'attenzione sulla salute del neonato e poneva come obiettivo fondamentale quello di ridurre le disparità regionali nei tassi di mortalità e morbilità neonatali, intervenendo sia con la promozione della salute, intesa nel dare corrette informazioni sul rischio genetico e sulla necessità di instaurare corrette abitudini di vita e alimentari, sia con la realizzazione di centri ostetrici e neonatologici specificatamente indirizzati all'assistenza delle gravidanze normali e ad alto rischio.

      Tutti i sondaggi e le indagini statistiche effettuati nell'ambito del parto concordano nell'indicare una sorta di insicurezza e di malessere nella gestante, la quale vorrebbe coniugare sempre sicurezza, umanità e serenità in quel momento magico rappresentato dalla maternità e dalla nascita.

      Gli obiettivi strategici della protezione della maternità e del miglioramento dell'assistenza ostetrica e neonatologica del periodo perinatale non possono esulare dall'educazione alla salute e all'igiene dei giovani e delle famiglie, dalla riduzione del tasso di ospedalizzazione, dalla diminuzione della percentuale dei tagli cesarei, dalla ottimizzazione del numero dei punti nascita, dalla riqualificazione dei consultori familiari, dalla promozione di campagne informative rivolte alle gestanti sulle norme comportamentali di prevenzione, dalla diffusione della pratica del parto indolore, ancora non garantita in Italia dal Servizio sanitario nazionale, e dalla elaborazione di linee guida e percorsi diagnostici-terapeutici condivisi anche in ambito locale.

      Da ultimo, appare non sufficientemente considerato l'aspetto della rivalutazione del profilo professionale dell'ostetrica: al riguardo, questo ruolo, negli ultimi anni messo un po' da parte per via dell'eccessivo ricorso alla medicalizzazione, rappresenta classicamente un filtro tra il parto naturale e quello medicalizzato e può sicuramente contribuire ad una maggiore umanizzazione del parto, una delle esigenze primarie della donna.

      Queste le finalità della presente proposta di legge, che riprende il testo elaborato dalla XII Commissione (Affari sociali) della Camera dei deputati, nella precedente legislatura.



 


proposta di legge

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Art. 1.

(Finalità).

 

      1. La presente legge persegue le seguenti finalità:

          a) promuovere un'appropriata assistenza alla nascita, tutelando i diritti e la libera scelta della gestante;

          b) perseguire la tutela della salute materna, il benessere del nascituro e quello delle famiglie nell'esperienza della genitorialità;

          c) rafforzare gli strumenti per la salvaguardia della salute materna e della salute del neonato, individuando i livelli dell'assistenza ospedaliera che ad essi devono essere garantiti;

          d) favorire il parto fisiologico e promuovere le modalità per l'appropriatezza degli interventi al fine di ridurre la percentuale dei tagli cesarei.

 

Art. 2.

(Relazione al Parlamento).

 

      1. Il Ministro della salute presenta annualmente al Parlamento una relazione sullo stato di attuazione della presente legge, tenuto conto dei dati rilevati dalle regioni.

 

Art. 3.

(Compiti delle Regioni).

 

      1. Le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, attraverso il piano sanitario regionale e sulla base dei criteri definiti dai progetti obiettivo in materia materna e infantile (POMI), individuati dal piano sanitario nazionale ai sensi dell'articolo 1, comma 11, del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502, e successive modificazioni, definiscono modelli organizzativi assistenziali per il percorso nascita e per il rafforzamento della tutela della salute e del benessere della madre e del neonato, nel rispetto delle finalità e dei requisiti individuati dalla presente legge, anche attraverso il potenziamento dei consultori di cui alla legge 29 luglio 1975, n. 405, e successive modificazioni.

 

Capo II

DIRITTI DELLA PARTORIENTE E PROMOZIONE DEL PARTO FISIOLOGICO

 

Art. 4.

(Finalità).

 

      1. Il presente capo ha le seguenti finalità:

          a) soddisfare i bisogni di benessere psicofisico materno-infantile durante la gravidanza, il parto, il puerperio, l'allattamento e il periodo neonatale;

          b) favorire la libertà di scelta informata dei luoghi nei quali il parto può avvenire, in condizioni di adeguata salvaguardia del benessere fisico e psichico;

          c) promuovere la più ampia conoscenza delle modalità di assistenza e delle pratiche sanitarie in uso, comprese le tecniche del controllo del dolore del parto, la verifica dei livelli di assistenza assicurati, la continuità e l'integrazione territorio-ospedale e l'armonizzazione delle modalità di assistenza di tutto il percorso nascita, tenuto conto delle raccomandazioni dell'Organizzazione mondiale della sanità (OMS) in materia di tecnologie e metodologie appropriate alla nascita;

          d) favorire l'informazione e la conoscenza delle strutture territoriali e ospedaliere presenti a cui potersi rivolgere prima, durante e dopo il parto, e consentire così una consapevole conoscenza e scelta del luogo e delle modalità del parto;

          e) ridurre i fattori di rischio ambientali, personali e iatrogeni per ridurre i tassi di morbilità e mortalità materna e perinatale mediante un corretto utilizzo dei professionisti sanitari addetti alla assistenza della gravidanza e del parto fisiologici, valorizzando il ruolo dell'ostetrica, secondo il profilo professionale definito dal comma 1 dell'articolo 1 del decreto del Ministro della sanità 14 settembre 1994, n. 740, che individua in questa figura professionale l'operatore sanitario che assiste e consiglia la donna nel periodo della gravidanza, durante il parto e nel puerperio, conduce e porta a termine parti eutocici con propria responsabilità e presta assistenza al neonato;

          f) assicurare al neonato, durante la degenza, l'instaurarsi di un corretto rapporto relazionale e la continuità del rapporto psico-affettivo con la madre, attraverso modelli organizzativi che consentano la maggiore vicinanza del neonato alla madre, con particolare riferimento alla promozione e al sostegno dell'allattamento al seno, la presenza del padre e di fornire ai genitori l'informazione necessaria sullo stato di salute del neonato e sui modi di garantirla.

 

Art. 5.

(Assistenza alla nascita).

 

      1. Le aziende sanitarie locali predispongono modelli organizzativi e risorse di personale e materiali atti a garantire:

          a) l'utilizzazione di un'idonea cartella ostetrica computerizzata, nella quale sono annotati tutti i dati relativi alla gravidanza; tali dati, su richiesta, devono essere messi a disposizione della donna e degli operatori che l'assistono durante e dopo il parto;

           b) i corsi di accompagnamento alla nascita rivolti, fin dall'inizio della gravidanza, alla donna ed alla coppia, onde fornire le conoscenze relative alla sequenza di eventi gravidanza-parto-nascita-puerperio-allattamento ed alle metodiche per l'espletamento del parto, comprese le tecniche per il controllo del dolore da parto;

          c) l'accertamento e la certificazione delle gravidanze a rischio e dei fattori di rischio per la gravidanza.

      2. In ogni caso, l'assistenza sanitaria delle gravidanze a rischio è demandata, a partire dal momento dell'accertamento, alle strutture specialistiche pubbliche o private accreditate.

      3. Le strutture specialistiche pubbliche o private accreditate favoriscono, compatibilmente con le condizioni fisiche della puerpera e del neonato, su espresso consenso della madre, la dimissione precoce, protetta ed appropriata della madre e del figlio, garantendo la partecipazione dell'ostetrica nell'ambito dell'assistenza domiciliare integrata per il controllo del puerperio e del neonato e per il sostegno dell'allattamento al seno.

      4. La durata e le modalità dell'assistenza al puerperio devono essere adeguate allo stato fisico, psicologico e sociale della donna e del bambino. È favorita la presa in carico più precoce possibile del neonato da parte del pediatra di libera scelta.

 

Art. 6.

(Parto fisiologico).

 

      1. Si definisce parto fisiologico la spontanea modalità di evoluzione dei tempi e dei ritmi della nascita. Le modalità assistenziali da assicurare durante il travaglio devono garantire, in base alle indicazioni dell'OMS:

          a) il pieno rispetto delle esigenze biologiche e fisiologiche della donna e del nascituro;

           b) l'assecondamento dei ritmi fisiologici del travaglio e l'eliminazione di ogni pratica routinaria non supportata da precise indicazioni cliniche, per ognuna delle quali deve essere fornita una corretta informazione al fine di favorire decisioni consapevoli da parte della partoriente;

          c) la promozione e la diffusione di tecniche naturali e farmacologiche per il controllo del dolore del parto;

          d) l'organizzazione del luogo di assistenza al travaglio di parto che assicuri un ambiente confortevole e rispettoso dell'intimità della donna;

          e) la possibilità di avere accanto il ginecologo o l'ostetrica di fiducia nel rispetto della continuità dell'assistenza e per il potenziamento dell'integrazione assistenziale;

          f) la possibilità per il padre che lo desideri o di altra persona indicata dalla donna, tranne in presenza di gravi ragioni, di essere sempre presente all'evento;

          g) la possibilità di immediato e continuo contatto madre-figlio;

          h) la promozione dell'allattamento al seno nel periodo immediatamente successivo alla nascita e nei primi sei mesi di vita del bambino, secondo le indicazioni dell'OMS e del Fondo delle Nazioni Unite per l'infanzia (UNICEF).

 

Art. 7.

(Luoghi per il parto fisiologico).

 

      1. Per garantire alla donna il diritto a vivere l'evento travaglio-parto-nascita in un contesto umanizzato e sicuro, il parto può svolgersi:

          a) in strutture sanitarie pubbliche o private accreditate o autorizzate;

          b) in case di maternità individuate in eventuali progetti di ristrutturazione o costruzione da parte delle aziende sanitarie locali;

          c) a domicilio.

 

Art. 8.

(Strutture ospedaliere per il parto fisiologico).

 

      1. Entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, le aziende sanitarie locali, le aziende ospedaliere e le strutture pubbliche o private accreditate o autorizzate attrezzano spazi adeguati per il parto fisiologico nonché per l'effettuazione di tecniche di parto-analgesia. Questi spazi devono consentire, successivamente al parto, in collaborazione con le unità operative neonatologiche, il contatto tra la madre e il bambino mediante la pratica di tenere il neonato in camera con la madre, nonché la presenza del padre senza vincoli di orari.

      2. Gli spazi di cui al comma 1 sono realizzati dalle aziende sanitarie nell'ambito dei propri progetti di ampliamento, di ristrutturazione e di costruzione di reparti ostetrici, pediatrici, neonatologici ed anestesiologici ovvero, in attesa della realizzazione delle nuove strutture, tramite una riorganizzazione funzionale degli esistenti reparti ostetrici, pediatrici, neonatologici ed anestesiologici.

 

Art. 9.

(Parto a domicilio).

 

      1. Il parto a domicilio avviene per libera scelta della partoriente.

      2. Il ginecologo e l'ostetrica che hanno seguito la donna valutano se le condizioni di fisiologicità della gravidanza, di salute della partoriente e del nascituro nonché la situazione logistica ed igienico-sanitaria del suo domicilio siano adeguate alla richiesta di parto a domicilio. Le donne con gravidanze a rischio o nelle quali si manifestino segni iniziali di patologia sono indirizzate alle strutture sanitarie pubbliche o private accreditate, garantendo la continuità dell'assistenza.

      3. L'ostetrica deve assicurare alla madre, per almeno dieci giorni a decorrere dal momento del parto, un'adeguata assistenza al puerperio ed all'allattamento al seno. Il controllo pediatrico del neonato deve essere effettuato entro ventiquattro ore dalla nascita e nel rispetto degli articoli 18 e 19 della presente legge.

      4. In ogni caso in cui si evidenziano impreviste condizioni di rischio per la donna in gravidanza, per il feto o per il neonato, deve essere allertato e attivato il servizio di trasporto materno e neonatale di cui all'articolo 10.

 

Art. 10.

(Servizio di trasporto materno e neonatale).

 

      1. I criteri di riconoscimento delle gravidanze, dei parti e delle condizioni neonatali a rischio, al fine del tempestivo ricovero nei punti nascita, sono quelli individuati dall'OMS.

      2. In casi di particolare gravità, il trasporto assistito deve essere effettuato da personale con competenze specifiche, mediante il servizio di trasporto d'emergenza, e deve afferire a strutture assistenziali di II o III livello, utilizzando un'unità mobile attrezzata per le cure intensive da prestare in corso di trasferimento.

 

Art. 11.

(Donazione del sangue cordonale).

 

      1. Le divisioni di ostetricia diffondono la cultura della donazione del sangue cordonale informando le puerpere delle potenzialità della donazione, delle possibili utilizzazioni, dell'assoluta mancanza di ogni rischio per sé e per il neonato.

 

Art. 12.

(Incentivi).

 

      1. In considerazione dei maggiori costi derivanti dall'assistenza al travaglio e al parto per via vaginale, sia in termini di impegno di personale medico e ostetrico, che di tecnologie, il rimborso alle strutture sanitarie relativo ai parti vaginali, sia spontanei che operativi, è equiparato a quello previsto per i tagli cesarei.

      2. Per compensare gli oneri economici che derivano alle famiglie dallo svolgimento del parto al proprio domicilio, le aziende sanitarie corrispondono ad esse, su richiesta e dietro presentazione di parcelle di onorari, una somma massima corrispondente al relativo diagnosis related group (DRG).

      3. Le aziende sanitarie che intendono attivare e diffondere le tecniche di analgesia per il parto possono assumere, a tal fine, medici anestesisti anche in soprannumero rispetto alle dotazioni organiche.

      4. Le unità operative che abbiano dimostrato, di anno in anno, di lavorare in conformità alle disposizioni della presente legge devono essere incentivate dalle aziende sanitarie locali con iniziative di formazione e di aggiornamento, nonché con il finanziamento di progetti finalizzati al raggiungimento degli obiettivi fissati dalla presente legge.

 

Art. 13.

(Compiti delle regioni).

 

      1. Ai fini dell'espletamento delle attività connesse all'attuazione del parto fisiologico previste dalla presente legge, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, d'intesa con le aziende sanitarie locali, provvedono a:

          a) adottare le nuove linee guida del parto fisiologico, secondo i princìpi stabiliti dalla presente legge;

          b) verificare annualmente il livello qualitativo del percorso parto-nascita, secondo le modalità stabilite dalla presente legge;

          c) programmare corsi di accompagnamento alla nascita all'interno delle strutture pubbliche e accreditate o in altra sede idonea individuata dalla competente azienda sanitaria locale;

          d) raccogliere e monitorare annualmente i dati statistici relativi alle diverse modalità di parto verificati nelle proprie strutture e nel proprio territorio;

          e) pianificare, per il personale, corsi di aggiornamento di livello generale e specialistico;

          f) favorire il confronto e i collegamenti tra gli operatori dei vari dipartimenti, anche per garantire livelli uniformi di assistenza nell'ambito del percorso nascita;

          g) organizzare e promuovere campagne informative sui diritti della partoriente, del nascituro e del padre.

 

Art. 14.

(Riqualificazione del personale).

 

      1. Le disposizioni di cui alle lettere e), f) e g) dell'articolo 13, comma 1, perseguono i seguenti obiettivi:

          a) aggiornare professionalmente e riqualificare tutto il personale attualmente impiegato nei vari servizi, nonché del personale convenzionato, in funzione delle modalità di nascita previste dalla presente legge;

          b) aggiornare sulle tecniche e metodologie ostetriche e sulle tecniche di parto-analgesia al fine di assicurare la continua verifica della validità scientifica e dell'efficacia delle procedure mediche e chirurgiche in uso e comunemente accettate;

          c) valorizzare il confronto clinico come momento di aggiornamento e confronto e di garanzia della qualità della conduzione clinica;

          d) attivare la collaborazione continua pluridisciplinare, sia clinica che di aggiornamento, tra i reparti e i servizi di ostetricia, di neonatologia e di anestesia al fine di ottimizzare gli interventi e le comunicazioni tra i reparti;

          e) promuovere la formazione all'assistenza domiciliare al puerperio;

          f) promuovere la formazione di équipe multidisciplinari che partecipino ordinariamente alle diverse fasi dell'assistenza alla nascita.

 

Art. 15.

(Relazioni ed indagini).

 

      1. I competenti organi regionali predispongono una relazione annuale per la rilevazione dei dati relativi a:

          a) morbilità e mortalità perinatale e neonatale;

          b) morbilità e mortalità materna;

          c) modalità di assistenza al parto, compreso quello a domicilio;

          d) complicanze in gravidanza;

          e) uso di ossitociti, antispastici, analgesici, anestetici e specificazione delle relative caratteristiche;

          f) frequenza e modalità dell'allattamento al seno.

      2. Le relazioni di cui al comma 1 contengono altresì dati statistici relativi a:

          a) la popolazione assistita, quali età, classe sociale di appartenenza, rischio sanitario, e altri criteri ritenuti utili per la valutazione della qualità delle cure;

          b) i livelli di assistenza neonatale;

          c) nati pretermine, nati morti e malformati.

      3. Le relazioni di cui al presente articolo sono trasmesse al Ministero della salute, che cura la pubblicazione e la diffusione dei dati raccolti.

 

Capo III

SALVAGUARDIA DELLA SALUTE DEL NEONATO

 

Art. 16.

(Livelli di cura e bacini di utenza).

 

      1. Ad ogni nato, nell'ambito delle strutture ospedaliere, devono essere assicurate competenze specifiche sia mediche sia infermieristiche e l'aderenza ai requisiti organizzativi, strutturali e tecnologici definiti dai progetti obiettivo in materia materno-infantile, individuati dal piano sanitario nazionale ai sensi dell'articolo 1, comma 11, del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502, e successive modificazioni, e nel rispetto delle disposizioni del presente capo.

      2. L'assistenza ospedaliera al neonato è articolata su tre livelli di cura:

          a) cure di I livello per neonati sani, con una disponibilità di quindici posti letto per mille nati vivi;

          b) cure di II livello, con una disponibilità di 4,5 posti letto per mille nati vivi, oltre a quelli destinati ai neonati sani;

          c) cure di III livello, con una disponibilità di un posto letto per settecentocinquanta nati vivi, per le cure intensive, e di due posti letto per ogni posto letto di terapia intensiva, per le cure subintensive, oltre alla disponibilità di posti letto adeguati all'utenza bisognosa di cure di I e II livello e di posti letto supplementari per i neonati bisognosi di chirurgia neonatale rapportati all'utenza.

      3. Tutti gli ospedali pubblici e privati accreditati dotati di punto nascita, anche se privi di strutture operative complesse di neonatologia e di terapia intensiva neonatale, devono disporre di posti letto per cure minime ed intermedie, nell'ambito di unità operative di pediatria o neonatologia.

      4. Di norma le unità operative di ostetricia e le unità operative di neonatologia-patologia neonatale e di pediatria con assistenza neonatale devono operare a livello corrispondente, e un livello superiore deve erogare, oltre alle prestazioni che lo caratterizzano, anche quelle di livello inferiore.

      5. Le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, anche in base alla valutazione della situazione orogeografica, della rete viaria, della consistenza e della localizzazione delle strutture esistenti, definiscono per le unità operative neonatologiche adibite ai compiti di cui al presente articolo, bacini di utenza atti ad assicurare l'acquisizione di competenze specifiche e di un livello tecnico adeguato alle cure prestate, anche in relazione al numero dei pazienti trattati.

      6. Nelle aree ad alta densità di popolazione o metropolitane i vincoli quantitativi, riferiti ai bacini di utenza che orientano la programmazione regionale del numero delle unità di terapia intensiva neonatale, possono non tradursi in una precisa delimitazione dei bacini, al fine di privilegiare il diritto di scelta dei genitori e la competitività delle aziende che insistono nel medesimo territorio.

 

Art. 17.

(Requisiti organizzativi e di personale).

 

      1. Presso ogni presidio sanitario pubblico o privato accreditato sono garantiti i servizi di rianimazione primaria neonatale. A tal fine, nell'ambito della sala parto, o in un locale direttamente comunicante con essa, deve essere predisposta una zona per le prime cure e l'eventuale intervento intensivo sul neonato, denominata «isola neonatale», provvista di spazio ed attrezzature adeguate allo scopo.

      2. Responsabile dell'assistenza nell'isola neonatale è un neonatologo o un pediatra con competenze neonatologiche. Nelle strutture di cui è prevista la guardia attiva ventiquattro ore su ventiquattro del neonatologo o del pediatra con competenze neonatologiche, essi devono garantire l'assistenza al neonato in sala parto. Per garantire l'attuazione del parto indolore nonché la salvaguardia delle funzioni vitali della partoriente e del nascituro si provvede in conformità a quanto previsto dall'articolo 12, comma 3, della presente legge.

      3. Per adeguare le competenze in assistenza intensiva neonatale nei punti nascita in cui non esista la figura del neonatologo o del pediatra con competenze neonatologiche, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano istituiscono corsi di formazione e di aggiornamento professionale in rianimazione primaria ed assistenza neonatale dedicati a tutto il personale che deve prendersi cura del neonato.

      4. La gestione dei corsi di cui al comma 3 è affidata, di norma, ai centri di terapia intensiva neonatale e ai servizi di anestesia nel cui territorio ricadono i punti nascita, al fine di favorire una corretta collaborazione e integrazione tra centro di riferimento e rete ospedaliera periferica.

 

Art. 18.

(Controlli post-natali).

 

      1. Tutti i neonati apparentemente sani, in attesa che si completino i processi fisiologici di adattamento postnatale, nelle ore successive alla nascita, devono usufruire dei comuni controlli dei parametri vitali durante l'osservazione transizionale.

      2. Qualora il neonato necessiti di cure speciali che determinano il temporaneo distacco dalla madre, deve essere assicurata, per quanto possibile, la permanenza della stessa in spazi contigui e adeguati, anche in caso di degenza in terapia intensiva neonatale.

Art. 19.

(Cartella clinica neonatologica).

 

      1. Per ogni nato vivo deve essere compilata una cartella clinica personale, anche ai fini della compilazione della scheda di dimissione ospedaliera (SDO), contenente, oltre ai dati previsti dalle vigenti disposizioni in materia, i rilievi sulla gravidanza, sul parto e sull'andamento neonatale utili per la valutazione dell'efficienza dei servizi perinatali e dell'efficacia delle cure di nascita.

      2. Il Ministro della salute, sentito il parere di una apposita commissione di esperti, con proprio decreto da emanare entro centoventi giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, predispone linee guida per la definizione, da parte delle regioni e delle province autonome di Trento e di Bolzano, delle caratteristiche della cartella clinica di cui al comma 1.

 

Art. 20.

(Continuità delle cure al neonato).

 

      1. Al fine di assicurare la dovuta continuità di indirizzo nelle cure prestate, ogni bambino, il quale in epoca post-natale debba essere nuovamente ospedalizzato per patologie connesse alla nascita e per cui è stato già in trattamento nelle unità operative di neonatologia o patologia neonatale ovvero di terapia intensiva neonatale, può fruire di cure, sia in regime di day hospital sia di ricovero ordinario, presso la stessa unità operativa, indipendente dal superamento dell'età strettamente neonatale.

 

Art. 21.

(Programmi di prevenzione, educazione e informazione).

 

      1. Le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano attuano in via prioritaria interventi e programmi di prevenzione, educazione ed informazione per la tutela della gestante e del neonato.

 

Art. 22.

(Applicazione della disciplina in materia di attività usuranti).

 

      1. A tutto il personale del ruolo medico, compresi gli anestesisti, e dei profili professionali ostetrici ed infermieristici operanti in unità di terapia intensiva neonatale, in pronto soccorso ostetrico, in sala parto e in sala operatoria si applicano i benefìci previsti dal decreto legislativo 11 agosto 1993, n. 374, e successive modificazioni, e i provvedimenti attuativi di quanto previsto dall'articolo 12 della legge 23 dicembre 1994, n. 724.

 

 


 

N. 1447

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CAMERA DEI DEPUTATI

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PROPOSTA DI LEGGE

 

d’iniziativa dei deputati

BIANCHI, PORETTI

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Norme per la promozione del parto indolore

 

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Presentata il 24 luglio 2006

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Onorevoli Colleghi! - Il parto è l'esperienza più alta della vita della donna. Momenti in cui alle emozioni forti di chi vive l'evento in prima persona si associa la preoccupazione per l'evolversi dello stesso. Istanti in cui i sentimenti di gioia per la nuova vita sono velati dal dolore da travaglio; in queste fasi la donna soffre senza che nessun sanitario, nella maggior parte dei casi, le somministri un analgesico o, peggio ancora, le offra una parola di conforto perché è ormai inveterata la convinzione che la madre che vuole alleviare il dolore del parto è una madre «inadeguata».

      Da quest'ultima considerazione nasce il proposito di una normativa generale per promuovere la pratica e i benefìci del parto analgesia, posto che il travaglio è un elemento di stress psicologico e fisiologico tanto per la partoriente quanto per il feto. La scienza classifica tale dolore come uno degli spasimi di maggiore intensità che l'organismo possa percepire. Storicamente l'uomo ha sempre cercato di alleviare le doglie ricorrendo alle soluzioni disponibili a seconda delle epoche (sostanze alcoliche, morfina, estratti di piante).

      La proposta di legge intende restituire al parto il solo momento della felicità per il lieto evento superando la convinzione che partorire senza dolore equivale a partorire senza percepire alcuna sensazione. L'analgesia epidurale, infatti, elimina solo il momento doloroso della contrazione uterina che, invece, viene percepita appieno dalla partoriente lasciando inalterate le sensazioni e le sensibilità tipiche del parto. L'assenza della fase dolorosa oltre a favorire la serenità della mamma durante il travaglio, le consente di affrontare nelle condizioni psicofisiche migliori gli sforzi espulsivi del parto. È di tutta evidenza, pertanto, che l'utilizzo appropriato dell'analgesia svolge un'azione favorevole sul benessere materno-fetale: la paziente rimane sveglia, rilassata e senza dolore per tutta la durata del travaglio, assistita anche dal marito, quindi in grado di vivere il momento del parto nella sua completezza e nella pienezza delle sensazioni.

      Tale tecnica è oggi poco diffusa nel nostro Paese - dati aggiornati parlano di una media del 10 per cento - a differenza di quanto accade nei Paesi anglosassoni, dove il 60 per cento delle donne ne fa richiesta. La domanda di parto analgesia è in costante crescita in Italia e non è tollerabile che la prestazione sia eseguibile solo in alcune strutture.

      L'iniziativa legislativa nasce dal convincimento che la salute della madre e del neonato sono un obiettivo prioritario da perseguire per le ricadute positive che ne derivano sul benessere delle donne e dei bambini, quindi, in prospettiva, sulla salute della popolazione in generale. Il nuovo corso delle politiche sulla sanità deve procedere nel senso di individuare il soddisfacimento dei bisogni del paziente come meta da raggiungere già a partire dal momento della nascita, convalidando l'idea che la tutela della salute è forma di investimento nel capitale umano, non un peso.

      Alla base della proposta vi è, poi, un fondamentale aspetto di libertà, nel senso che è la donna a dover scegliere la modalità del parto, con una valutazione assolutamente soggettiva ed intima. Ed è dovere del sistema sanitario dare la possibilità di avvalersi della prestazione prescelta in qualsiasi struttura del territorio nazionale.

      Investire nella promozione della pratica del parto indolore, oltre agli aspetti specifici, significa investire a più ampio raggio sul tema della salute materno-fetale superando la condizione di ospedalizzazione che accompagna il momento del parto; a partire dal miglioramento delle strutture e degli ambienti che, lungi dalla fredda atmosfera e dalla carenza di intimità che spesso li caratterizza, devono essere in linea con il liberarsi dell'intimità e delle emozioni forti della maternità.

      In Italia lo sviluppo del parto analgesia richiede interventi strutturali, ma soprattutto un consolidamento culturale, perché l'evento della nascita è da sempre legato al concetto di semplice ricovero ospedaliero; una medicalizzazione dell'evento che induceva, e induce ancora oggi, a colpevolizzare le donne che non riescono a sopportare il dolore.

      Tale crescita deve muovere, innanzitutto, da una corretta informazione sulla natura e sui benefìci materno-fetali della pratica. Nella certezza che solo da una corretta informazione può derivare la scelta consapevole da parte della donna di avvalersi - gratuitamente, in qualsiasi momento e in qualsiasi struttura sanitaria - del parto analgesia.

      La fase di informazione deve procedere dal livello istituzionale, a partire dal Ministero della salute, per finire con le regioni che hanno competenza, anche legislativa, in materia di salute. Ma un ruolo determinate per la maturazione della nuova cultura del parto deve averlo la medicina di base, che va formata allo scopo, costituendo essa il primo punto di contatto tra il paziente e il sistema di garanzie a presidio della salute dei cittadini. Altro ambito di azione deve essere quello della formazione del personale anestesiologico e ostetrico di sala che procederà nella pratica epidurale.

      Il secondo quadro di norme introdotto dal progetto di legge riguarda la fase del parto in senso stretto. Affinché esso avvenga nel modo più consono alla sua natura, sarà necessario creare nelle strutture sanitarie condizioni strutturali e ambientali di accoglienza tali da consentire alla partoriente, ma anche ai suoi cari, a partire dal padre, di vivere in modo pieno le sensazioni e le emozioni del parto.

      In ossequio alla legislazione vigente occorrerà poi specificare, e successivamente monitorare, i livelli essenziali di assistenza per tale forma di intervento sanitario, garantendo, al tempo stesso, uniformità di standard della prestazione e gratuità di accesso su tutto il territorio nazionale.

      L'articolato del progetto di legge si apre con l'indicazione delle sue finalità, che sono quelle di promuovere la parto analgesia e l'allattamento al seno (articolo 1).

      Seguono le norme sulla formazione del personale sanitario (articolo 2) e sulla campagna di informazione nazionale sulla natura e sui benefici del parto analgesia (articolo 3).

      L'articolo 4 è di fondamentale importanza perché dispone in materia di livelli essenziali di assistenza con il prevedere la necessità di garantire la libertà di scelta delle donne e l'assistenza integrata delle stesse e del neonato.

      L'articolo 5 prevede, infine, la copertura finanziaria del provvedimento per gli anni 2007-2008.



 


proposta di legge

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Art. 1.

(Finalità).

      1. La presente legge ha lo scopo di promuovere:

          a) il parto analgesia e la riduzione del ricorso al parto cesareo;

          b) l'allattamento al seno;

          c) gli strumenti per la tutela della salute della madre e del neonato.

 

Art. 2.

(Formazione del personale).

 

      1. Il Ministro della salute, di intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, individua con decreto i contenuti delle attività di formazione del personale di anestesia e di quello addetto alle sale parto per una corretta pratica della parto analgesia.

 

Art. 3.

(Campagna di informazione).

 

      1. Il Ministro della salute, di intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, individua con decreto i contenuti della campagna informativa nazionale per promuovere la libera e consapevole scelta da parte delle donne del parto analgesia, con particolare riguardo alla natura e ai benefìci di tale intervento sanitario.

      2. Le regioni e le aziende sanitarie locali determinano le modalità di partecipazione alla campagna di cui al comma 1 da parte dei consultori familiari previsti dalla legge 29 luglio 1975, n. 405, e successive modificazioni, e dei medici di medicina generale.

Art. 4.

(Livelli essenziali di assistenza).

 

      1. Nell'ambito del Servizio sanitario nazionale sono individuati i livelli essenziali di assistenza, di cui al decreto legislativo 30 dicembre 1992, n,  502, e successive modificazioni, in modo da garantire:

          a) l'assistenza integrata della donna nella fase della gravidanza;

          b) l'assistenza, nella fase del parto, alla madre e al neonato;

          c) che la libertà di scelta della donna sulle modalità del parto possa essere esercitata, compatibilmente con le condizioni medico-cliniche, in ogni momento e in qualsiasi struttura sanitaria del territorio nazionale;

          d) una costante formazione del personale sanitario competente ad eseguire interventi di parto analgesia;

          e) una costante informazione sulla salute della madre e del neonato, ivi comprese le tematiche relative alle vaccinazioni.

 

Art. 5.

(Copertura finanziaria).

 

      1. All'onere derivante dall'attuazione della presente legge, valutato in 600.000 euro per l'anno 2007 e in 1.000.000 euro a decorrere dall'anno 2008, si provvede mediante corrispondente riduzione dello stanziamento iscritto, ai fini del bilancio triennale 2006-2008, nell'ambito dell'unità previsionale di base di parte corrente «Fondo speciale» dello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze per l'anno 2006, allo scopo parzialmente utilizzando l'accantonamento relativo al Ministero della salute.

      2. Il Ministro dell'economia e delle finanze è autorizzato ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio.

 

 


 

N. 1611

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CAMERA DEI DEPUTATI

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PROPOSTA DI LEGGE

 

d’iniziativa del deputato PORETTI

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Norme per la promozione del parto senza dolore

 

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Presentata il 4 settembre 2006

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Onorevoli Colleghi! - La presente proposta di legge, realizzata in collaborazione con l'Associazione per i diritti degli utenti e consumatori (ADUC), intende, con il suo unico articolo, promuovere il parto senza dolore, ossia con analgesia epidurale, garantendo, tra i livelli essenziali di assistenza del Servizio sanitario nazionale, le prestazioni di controllo del dolore nel travaglio-parto, effettuate tramite ricorso a tecniche avanzate di anestesia locale e di tipo epidurale. Obiettivo non è quello di imporre tale modalità di parto, ma di fornire maggiori informazioni e poter permettere alla donna di scegliere come partorire. Un buon parto è senza dubbio un buon inizio per un rapporto fondamentale tra madre e figlio: viverlo nel dolore non è per tutte una bella esperienza e spesso da non rifare!

      In un documento del Comitato nazionale di bioetica del 2001 si dedicava un intero capitolo al «dolore nel parto». Vi si sosteneva che la decisione se praticare o meno l'anestesia «deve essere riservata ad ogni singola donna sulla base di un'informazione corretta sui vantaggi, i rischi e le possibilità delle due soluzioni». E ancora si evidenziava come «il diritto della partoriente di scegliere un'anestesia efficace dovrebbe essere incluso tra quelli garantiti a titolo gratuito nei livelli essenziali di assistenza». A distanza di cinque anni il documento e le sue raccomandazioni, sollecitate dall'allora Presidente del Consiglio dei ministri, Giuliano Amato, non si sono tradotte in realtà.

      Nel corso della XIV legislatura, presso la Camera dei deputati, il 3 marzo 2004, il Governo, tramite l'allora sottosegretario per la salute Antonio Guidi, ha inoltre accettato due mozioni per favorire le tecniche analgesiche durante il travaglio (Magnolfi ed altri n. 1-00316 e Castellani ed altri n. 1-00332). Volontà espressa anche con un voto pressoché unanime dei parlamentari  (solo tre contrari e undici astenuti a fronte di 421 sì). Rendere più facile l'accesso alle tecniche analgesiche aveva fatto concludere così l'intervento del sottosegretario Guidi: «Da neuropsichiatria infantile so quanto sia importante la partecipazione attiva della donna, ma senza il vincolo del dolore, al momento del parto e il vivere in diretta questo momento, non dico meraviglioso, ma certo straordinario. Questo non può che essere l'obiettivo prioritario di qualsiasi Governo e vi assicuro che il Ministero della salute lo ha posto come una delle sue priorità fondamentali».

      Se in Gran Bretagna e Francia questa anestesia viene utilizzata dal 70 per cento delle partorienti, e dal 90 per cento negli USA, in Italia esistono pochissimi dati. Gli unici dati ISTAT risalgono all'aprile 2001, in cui viene fornito anche un interessante profilo sociologico delle donne che fanno ricorso al parto senza dolore: «Complessivamente il 63,3 per cento delle partorienti non è stato sottoposto a nessun tipo di anestesia. [...] Soltanto per l'11,2 per cento dei parti spontanei è stata fatta l'anestesia; il 7,2 per cento locale, il 3,7 per cento epidurale».

      La diffusione in Italia del parto senza dolore è ancora affidata alla buona volontà delle strutture e dei piani sanitari regionali. In merito a questi ci permettiamo di segnalare una situazione particolarmente sconfortante quale quella della Toscana, dove nonostante il piano regionale 2005-2007 faccia un esplicito richiamo alla possibilità per la donna di scegliere questo tipo di parto, nella pratica si verifica una estrema difficoltà.

      L'ADUC ha realizzato un'indagine telefonica regionale, lo scorso 21 febbraio 2006, per verificare l'esercizio effettivo di questo diritto da parte della paziente. In dodici dei trentatre (36 per cento) punti nascita è possibile partorire con l'epidurale su richiesta della paziente e in maniera gratuita, almeno in teoria (se lo permettono i turni degli anestesisti, gli ostracismi del personale che non vuole oberarsi di lavoro in più, la contrarietà ideologica eccetera). In altri due solo a pagamento. Per accedere al servizio, in alcuni casi basta un incontro che l'anestesista tiene in giorni prefissati, in tre centri occorre invece munirsi di richiesta del medico curante e fissare appuntamento, tramite il centro unificato di prenotazione, con l'anestesista. Nei restanti diciannove punti nascita (57 per cento) non è assolutamente previsto, neppure in teoria.

      Il dato del basso ricorso al parto in analgesia epidurale è ancora più incomprensibile da un punto di vista di costi e di ospedalizzazione se paragonato all'elevato ricorso al parto cesareo (siamo primi in Europa con oltre il 33 per cento, contro un 10-15 per cento suggerito dall'Organizzazione mondiale della sanità). Basti solo pensare alla durata della degenza che da due-tre giorni del parto naturale - anche se con analgesia epidurale - passa ai cinque-sette del cesareo.

      Ecco perché con la presente proposta di legge, inserendo il parto senza dolore tra i diritti della donna e tra i livelli essenziali di assistenza, si intende far venire meno gli ostacoli che più o meno esplicitamente, più o meno volontariamente, più o meno oggettivamente vengono posti alla effettiva possibilità e garanzia della presenza di un anestesista in sala parto. Il ritardo dell'Italia ad adottare terapie contro il dolore in generale risulta sempre più difficile da comprendere, visto che le tecniche e i farmaci sono in continuo aggiornamento e sempre più a disposizione di medici e pazienti.


 

 

 


proposta di legge

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Art. 1.

 

      1. Le prestazioni di controllo del dolore nel travaglio-parto, effettuate tramite ricorso a tecniche avanzate di anestesia locoregionale, sono inserite fra i livelli essenziali di assistenza garantiti dal Servizio sanitario nazionale, secondo quanto previsto dal decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502, e successive modificazioni, e determinati secondo le procedure vigenti.

 

 


 

N. 1632

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CAMERA DEI DEPUTATI

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PROPOSTA DI LEGGE

 

d’iniziativa dei deputati

DIOGUARDI, CARUSO, SMERIGLIO

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Disposizioni in materia di diritti della partoriente e del nuovo nato

 

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Presentata il 13 settembre 2006

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Onorevoli Colleghi! - Il mutamento degli ambiti tradizionalmente scenario del parto (la casa, la contrada, il vicinato) e delle modalità di assistenza alla nascita, in poco più di trenta anni, hanno di fatto assimilato tutti i parti, tutte le nascite (anche se la maggioranza di essi sono eventi del tutto fisiologici) a quella percentuale largamente minoritaria che presenta caratteristiche patologiche.

      A decorrere dalla fine degli anni cinquanta, abbiamo assistito alla progressiva confluenza dell'evento nascita verso le strutture ospedaliere.

      La nascita, per secoli, per millenni, presenza quotidiana nella vita sociale, momento impegnativo, ma vissuto convivialmente all'interno della famiglia, sostenuto dalla solidarietà delle altre donne e della comunità, di cui donna e bambino erano i protagonisti, si è progressivamente trasformata in un evento avulso dalla quotidianità, confinato in una «istituzione» la cui gestione è stata progressivamente sempre più delegata ad operatori e tecnici, che si sono resi protagonisti sulla scena del parto, relegando la donna a un ruolo passivo, spesso dimenticando le sensibilità del neonato e i suoi bisogni, escludendo del tutto gli altri membri della famiglia, privando di ogni ruolo la comunità.

      Le motivazioni sanitarie alla base di questa scelta, inizialmente comprensibili per le precarie condizioni di vita, igieniche, sanitarie, abitative, sociali ed economiche, hanno poi finito per prevalere sugli altri aspetti del parto-nascita, quali l'emotività, l'affettività, l'amore, la realizzazione delle scelte personali.

      Per il raggiungimento degli obbiettivi di sicurezza si è dovuto pagare un prezzo: i servizi di maternità sono stati centralizzati negli ospedali, i tassi degli interventi sono sempre più aumentati (fino a portare l'Italia ad essere il Paese con il più elevato e inaccettabile tasso di parti cesarei), le tecnologie sono usate di routine, l'assistenza è divenuta molto frammentata. La nascita è diventata un evento medico, trascurando la natura complessa della gravidanza e del parto. È stato privilegiato l'aspetto tecnico-sanitario e questo non sempre ha consentito di rispettare i fondamentali diritti dei protagonisti della nascita: diritto al rispetto delle scelte personali, dei ritmi naturali del corpo della donna, della gravidanza e del parto; diritto alla vicinanza e alla conoscenza tra madre e figlio nell'immediato dopo-parto; diritto alla presenza di persone amiche; diritto alla scelta della donna circa i luoghi dove partorire.

      Questa situazione, protraendosi per decenni, ha determinato profonde trasformazioni nel vissuto, individuale e collettivo, dei momenti centrali della vita di ciascuno di noi. E la sommatoria di questi vissuti personali ha determinato cambiamenti culturali di vasta portata, incidendo sull'affettività e sull'aggressività, sulla capacità relazionale e sul senso di fiducia reciproco, sull'interpretazione stessa della nascita e della morte, sull'accettazione dei limiti insiti nella nostra natura umana, sul nostro stesso sentirci parte di questa natura.

      Negli ultimi decenni, però, le condizioni socio-economiche della popolazione sono profondamente mutate e, nella generale riflessione sulla «qualità della vita», è emersa una sensazione di malessere legata a questo senso di «espropriazione»; un movimento culturale e di opinione che richiede qualità anche nell'evento della nascita.

      In gran parte dei Paesi industrializzati occidentali giuste voci si levano a richiedere attenzione e cittadinanza anche per gli aspetti relazionali, affettivi e culturali del «mettere al mondo»; a chiedere una nascita senza violenza.

      L'idea che i servizi di maternità dovrebbero essere basati sulla donna, impegnandosi a soddisfare i suoi bisogni, è un'idea semplice ma difficile da mettere in pratica, richiedendo un cambiamento di cultura dell'assistenza e di strutture.

      I servizi di maternità devono dare sicurezza, ma anche guardare al benessere futuro della madre, del suo bambino, della sua famiglia.

      Alcuni ospedali già negli anni ottanta (per esempio Zevio (Verona); Poggibonsi (Siena); Gavardo (Brescia); Villaggio della madre e del fanciullo (Milano) hanno cercato di agire in modo da restituire maggiore attenzione e umanità alla nascita, modificando le loro pratiche routinarie di assistenza, restituendo centralità ai soggetti della nascita e limitando allo stretto necessario gli interventi sanitari, farmacologici e tecnici, considerato anche che costituiscono un ulteriore fattore di rischio per la salute della donna e del nascituro. Consultori, associazioni culturali, movimenti di opinione, gruppi di volontariato e associazioni di intervento nel sociale (il coordinamento nazionale «Il Melograno - Centri di informazione maternità e nascita», il Movimento internazionale parto attivo, la Scuola elementare di arte ostetrica di Firenze e tante altre iniziative a carattere locale) ormai da diversi anni lavorano e si impegnano su questo terreno, diffondendo un po' dovunque una nuova cultura della nascita che si è tradotta in alcuni reparti nascite in una diversa attenzione e in tentativi di umanizzazione della gestione dell'evento.

      Ma questo rinnovamento va generalizzato, offrendo a tutte le donne, a tutti i nuovi nati, a tutti gli operatori socio-sanitari pari opportunità nell'intervenire coscientemente in questo grande mistero che è la nascita.

      D'altra parte, anche la ricerca scientifica ha ormai dimostrato come il più delle volte il rispetto dei ritmi, dei legami naturali e dei bisogni personali, vada di pari passo con un migliore e più fisiologico espletamento del parto. L'Organizzazione mondiale della sanità (OMS), già nel 1985, approvava le raccomandazioni «Tecnologie

appropriate per la nascita» e, nel 1986, le «Tecnologie appropriate per il dopo-parto», fino alle più recenti raccomandazioni OMS 2006 «Standards for Maternal and Neonatal Care», che rimettono in discussione la maggior parte delle pratiche ostetriche e pediatriche oggi comunemente accettate in ostetricia, proponendo migliori livelli di assistenza con minor utilizzo di tecnologie, il recupero delle modalità di assistenza tradizionali appropriate di ogni popolazione, la riconversione delle risorse attualmente disponibili.

      In questo senso si era già avviato il decreto-legge 1o dicembre 1995, n. 509, convertito, con modificazioni, dalla legge 31 gennaio 1996, n. 34, che, nell'ambito delle disposizioni in materia di strutture e di spese del Servizio sanitario nazionale, aveva riservato una quota di 200 miliardi di lire per i consultori e per l'attivazione e il sostegno delle strutture che applicano le tecnologie appropriate previste dall'OMS alla preparazione e all'assistenza al parto, come primo riconoscimento e sostegno ai luoghi del parto che riservano attenzione sia agli aspetti scientifici, sia relazionali nella preparazione e nell'assistenza al parto, e ai primi giorni di vita del nuovo nato.

      Nel quadro degli obiettivi salute individuati dal Piano sanitario nazionale per il triennio 1998-2000, fu adottato dal Ministro della sanità il Progetto obiettivo materno-infantile in cui era sviluppato un piano di azioni dirette alla tutela della salute della donna, in tutte le fasi della vita e negli ambienti di vita (decreto del Ministro della sanità 24 aprile 2000, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 131 del 7 giugno 2000).

      Il Progetto indicava, tra gli altri obiettivi da perseguire allo scopo di salvaguardare le fasce più deboli e di garantire maggiore uniformità dei livelli di assistenza, quello di «assicurare processi assistenziali tendenti alla sempre maggiore umanizzazione dell'evento nascita, coniugando la possibilità di far coesistere la sicurezza per la partoriente e il nascituro e il rispetto di quanto desiderato dalla donna in una fase delicata per il ciclo vitale».

      Più recentemente, l'attuale Piano sanitario nazionale 2006-2008 riepiloga: «Malgrado i progressi realizzati negli ultimi anni, non sono ancora stati raggiunti gli obiettivi indicati dal precedente Piano sanitario nazionale 2003-2005, che faceva proprie molte delle indicazioni del Progetto obiettivo materno-infantile del Piano sanitario nazionale 1998-2000, i cui standard relativi al numero minimo di parti anno per struttura, al bacino di utenza per unità operativa di pediatria risultano ancora validi e del quale andrebbe monitorata l'attuazione».

      È necessario ormai approvare una legge organica sulla materia, che, nel rispetto della sicurezza e delle acquisizioni scientifiche (tutte le evidenze scientifiche dimostrano che la sicurezza risiede prima di tutto nel rispetto della fisiologia), promuova una cultura ostetrica che tuteli l'innata capacità e competenza delle donne e dei bambini nel processo parto-nascita.

      È fondamentale promuovere alcuni cambiamenti nell'organizzazione del processo nascita, non costosi a livello economico ma molto importanti in termini di salute e soprattutto di benessere futuro: un'assistenza personalizzata alla donna (come già è stata avviata in Gran Bretagna con il programma «Changing Childbirth»), un'informazione puntuale e oggettiva sui meccanismi fisiologici che intervengono durante la gravidanza, il parto e l'allattamento, un'assistenza adeguata da parte del personale sanitario con l'offerta di metodiche non invasive (uso dell'acqua, massaggi, possibilità di muoversi durante il travaglio, di adottare le posizioni più consone), un ambiente idoneo (il più possibile tranquillo, intimo, familiare, non disturbante). Inoltre, è necessario prevedere nel dopo-parto quel supporto sociale che una volta era garantito dalla famiglia allargata e dal vicinato e che oggi non esiste più e che potrebbe prevenire difficoltà nell'allattamento, depressione post-parto e altre problematiche. Una nuova figura di assistente alla nascita, anello di congiunzione tra la donna e gli operatori sanitari, dovrebbe tornare ad essere presente nel nostro Paese (un tempo c'erano l'ostetrica condotta e la puericultrice), non solo a livello di sperimentazione in alcune regioni o zone (vedi, per esempio, il progetto di assistenza domiciliare nel primo anno di vita «Raggiungere gli irraggiungibili» gestito dal centro «Il Melograno» di Roma su iniziativa del comune).

      La presente proposta di legge nata dall'esperienza dei centri «Il Melograno», che dal 1981 portano avanti nelle diverse sedi in Italia progetti e servizi per una nuova cultura della nascita, e da quella di tanti altri gruppi di auto-aiuto e di tanti operatori sanitari, medici, ostetriche e ricercatori, che hanno messo in discussione e rivisto secondo il metodo Evidence Based Medicine (EBM) e basandosi sulle raccomandazioni dell'OMS, le pratiche ostetriche comunemente accettate e l'organizzazione conseguente, intende, perciò, promuovere la conoscenza e la diffusione di una nuova cultura della nascita e delle conseguenti pratiche ostetriche rispettose di ciascun nuovo nato e del suo divenire persona, e di ciascuna donna che ha scelto di divenire madre. Inoltre, si vogliono rendere concrete e universali scelte e modalità pratiche che oggi sono frutto solo dell'impegno personale e volontario di alcuni operatori del settore, promuovendo un'ostetricia che «opera con scienza ed intelletto d'amore» (Maria Montessori).

      La pratica del parto non violento è già una realtà in molti Paesi del mondo, così come il graduale superamento della ospedalizzazione generalizzata della donna. Ricordiamo l'esperienza americana, dove i parti che avvengono nelle case di maternità rappresentano ormai la maggioranza rispetto ai parti ospedalizzati, e quella olandese dove oltre il 60 per cento dei parti avviene a domicilio.

      Anche in alcune regioni italiane si sono fatte scelte concrete verso un graduale superamento della ospedalizzazione generalizzata della donna: nelle regioni Lombardia, Lazio, Piemonte, Toscana, Emilia-Romagna, Marche, Abruzzo e nelle province autonome di Trento e di Bolzano si è già legiferato in questo senso.


 


 


proposta di legge

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Art. 1.

(Finalità).

 

      1. La presente legge persegue le seguenti finalità:

          a) soddisfare il bisogno di benessere psico-fisico della donna e del bambino durante la gravidanza e il parto-nascita, promuovendo i processi fisiologici;

          b) favorire l'informazione e la conoscenza delle strutture territoriali e ospedaliere in modo da consentire una consapevole scelta da parte della donna e della coppia circa il luogo dove partorire e le modalità del parto, la scelta dell'operatore che l'accompagnerà in tutto il percorso nascita e le modalità con cui tale percorso deve svolgersi affinché la maternità possa essere vissuta, fin dall'inizio, come un evento naturale;

          c) promuovere la conoscenza delle modalità di assistenza e delle pratiche sanitarie in uso presso ogni punto nascita e la possibilità di verifica dei livelli di assistenza ivi prestati, tenuto conto delle raccomandazioni dell'Organizzazione mondiale della sanità (OMS) in materia di tecnologie appropriate alla nascita;

          d) ridurre i fattori di rischio ambientali, personali e iatrogeni al fine di abbassare i tassi di morbilità e di mortalità materna e perinatale, valorizzando il ruolo dell'ostetrica, secondo il profilo professionale definito dal comma 1 dell'articolo 1 del regolamento di cui al decreto del Ministro della sanità 14 settembre 1994, n. 740, che individua in questa figura professionale l'operatore sanitario che assiste e consiglia la donna nel periodo della gravidanza, durante il parto e nel puerperio, che conduce e porta a termine parti eutocici sotto la propria responsabilità e presta assistenza al neonato;

          e) assicurare al neonato, durante il periodo di ospedalizzazione, la continuità del rapporto familiare-affettivo applicando il protocollo OMS-UNICEF «Ospedale amico del bambino» e fornire ai genitori ogni informazione sullo stato di salute del neonato e sui comportamenti atti a garantire lo stato di benessere del neonato medesimo.

 

Art. 2.

(Compiti delle regioni).

 

      1. Le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, attraverso i rispettivi piani sanitari e sulla base dei criteri definiti dai progetti-obiettivo in materia materna e infantile, individuati dal Piano sanitario nazionale, definiscono modelli organizzativi assistenziali idonei al raggiungimento delle finalità della presente legge, anche attraverso il potenziamento dei consultori di cui alla legge 29 luglio 1975, n. 405, e successive modificazioni, e ne verificano lo stato di attuazione attraverso un opportuno sistema di monitoraggio condiviso con le aziende sanitare locali (ASL) che promuovono gli interventi.

 

Art. 3.

(Assistenza alla nascita).

 

      1. Al fine di favorire l'unitarietà dell'assistenza durante la gravidanza, il parto e il puerperio, deve essere realizzato il collegamento funzionale tra i consultori, le strutture ospedaliere e i servizi territoriali extra-ospedalieri presenti nel territorio attraverso un'azione di coordinamento attuata dai dipartimenti materno-infantili.

      2. Le ASL provvedono, anche tramite dotazione del personale necessario, a garantire, nell'ambito delle prestazioni dei servizi consultoriali, il potenziamento degli interventi per l'assistenza della donna durante tutto il periodo della gravidanza e, in particolare:

          a) l'istituzione di un'idonea cartella ostetrico-pediatrica, nella quale sono annotati tutti i dati relativi alla gravidanza; tali dati devono essere messi a disposizione della donna e degli operatori che l'assistono durante e dopo il parto, su semplice richiesta degli interessati;

          b) l'assistenza ostetrica alle gravidanze fisiologiche con previsione della continuità dell'assistenza ostetrica per tutto il percorso nascita e l'allattamento;

          c) i percorsi di accompagnamento alla maternità e alla nascita, di cui all'articolo 4, e il relativo materiale documentario e bibliografico da mettere a disposizione delle utenti;

          d) l'accertamento e la certificazione delle gravidanze a rischio e dei fattori di rischio per la gravidanza.

      3. In ogni caso, l'assistenza sanitaria delle gravidanze a rischio è demandata, a decorrere dal momento dell'accertamento, alle strutture specialistiche intra ed extra- ospedaliere. Entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, il Ministro della salute provvede all'adozione di linee guida nazionali per la definizione dei livelli di rischio.

      4. Dopo il parto devono essere garantiti l'assistenza domiciliare alla madre e al bambino e il sostegno competente all'allattamento, in modo da favorire la dimissione precoce protetta e appropriata della madre e del figlio, garantendo la partecipazione dell'ostetrica nell'ambito dell'assistenza domiciliare integrata per il controllo del puerperio e del neonato.

      5. Entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, il Ministero della salute adegua la legislazione statale vigente al Codice internazionale dell'OMS sulla commercializzazione dei succedanei del latte materno, di cui alla raccomandazione della 34a Assemblea dell'OMS del maggio 1981 e alle successive risoluzioni dell'Assemblea dell'OMS.

 

Art. 4.

(Accompagnamento alla maternità e alla nascita).

 

      1. Il personale addetto ai consultori, integrato da altri operatori del Servizio sanitario nazionale (SSN), coordina appositi incontri di accompagnamento alla maternità e alla nascita. Gli incontri, nei quali deve essere prevista la figura dell'ostetrica, sono rivolti, fin dall'inizio della gravidanza, alla donna, alla coppia e alla famiglia.

      2. Gli incontri di cui al comma 1 sono finalizzati al potenziamento delle competenze della donna e del neonato e forniscono informazioni sul percorso nascita, sui luoghi dove partorire, sulle metodiche per l'espletamento del parto, compresi le tecniche e gli strumenti a disposizione nella gestione del dolore, e sull'allattamento al seno.

      3. Le partorienti devono essere messe in grado di conoscere le tecniche, le metodologie e i protocolli ostetrici in uso presso le singole strutture ospedaliere, ambulatoriali, consultoriali e le case di maternità istituite ai sensi dell'articolo 8 nelle ASL. Tali informazioni devono essere rese accessibili al grande pubblico tramite la pubblicazione obbligatoria dei dati di misura definiti e verificati dalle regioni.

      4. Nel corso degli incontri di accompagnamento di cui al comma 1 sono previsti momenti, dopo il parto, tra madri o coppie e il personale che ha condotto gli incontri in gravidanza, per gli opportuni scambi di esperienze legate alla nuova condizione di vita derivante dalla maternità.

 

Art. 5.

(Luoghi del parto).

 

      1. Al fine del graduale superamento della ospedalizzazione generalizzata, su richiesta della donna, debitamente informata sull'evento e sulle tecniche da adottare per il suo migliore svolgimento, il parto può svolgersi:

          a) nei reparti ospedalieri, di terzo, secondo o primo livello;

          b) nelle case di maternità di cui all'articolo 8, individuate delle ASL mediante appositi progetti di ristrutturazione o di costruzione;

          c) a domicilio.

 

Art. 6.

(Parto fisiologico).

 

      1. Per consentire l'unicità dell'evento travaglio-parto-nascita e per favorire la partecipazione attiva della donna all'evento del parto, nei reparti ospedalieri è garantita la possibilità di usufruire di uno spazio riservato al quale possano avere libero accesso le persone con cui essa desideri condividere l'evento. Compatibilmente alle indicazioni mediche, deve essere, altresì, evitata l'imposizione di procedure e di tecniche che risultino non rispondenti alla volontà della partoriente. La donna deve essere messa in condizione di scegliere le posizioni da assumere durante il travaglio e il parto, limitando l'uso di interventi medici, tra cui la cardiotocografia in continua, ai soli casi di reale necessità.

      2. In base alle indicazioni dell'OMS, le modalità assistenziali garantiscono:

          a) il pieno rispetto delle esigenze biologiche e fisiologiche della donna e del nascituro;

          b) l'assecondamento dei ritmi fisiologici del travaglio e l'eliminazione di ogni pratica routinaria non supportata da precise indicazioni cliniche, per ognuna delle quali deve essere fornita una corretta informazione al fine di favorire decisioni consapevoli da parte della partoriente;

          c) la promozione e la diffusione di diversi metodi e tecniche naturali e farmacologiche per la gestione del dolore in travaglio, parto e post partum operativo.

L'uso di farmaci analgesici deve essere limitato e garantito in forma gratuita alle donne che lo scelgono come metodo di gestione del dolore, essendo state informate delle possibili conseguenze;

          d) modalità di assistenza che assicurino un ambiente confortevole e rispettoso dell'intimità;

          e) la possibilità di avere accanto il sanitario di fiducia, nel rispetto della continuità dell'assistenza e per il potenziamento dell'integrazione assistenziale;

          f) la promozione dell'allattamento al seno immediatamente dopo la nascita e nei primi sei mesi di vita del bambino, secondo le indicazioni dell'OMS e dell'UNICEF.

      3. Durante la permanenza della donna nella sala parto al fine del controllo post partum, il neonato sano rimane accanto alla madre, assistito dal competente personale sanitario.

      4. Durante tutto il periodo di degenza, la madre e il figlio sano devono avere la possibilità di restare l'una accanto all'altro. Su richiesta della donna, la permanenza del neonato con la madre può essere limitata; deve, inoltre, essere consentita, senza limite di orario, la permanenza del padre o di altra persona.

      5. Il personale sanitario medico e non medico già addetto ai nidi, opportunamente riqualificato e aggiornato, è assegnato nei reparti di ostetricia in relazione alle esigenze di assistenza dei neonati accanto alle madri, sulle quali, comunque, non devono gravare compiti assistenziali.

      6. Durante il periodo di degenza devono essere promossi incontri informativi con gli operatori di pediatria e di ostetricia sui temi dell'allattamento, della puericultura e dell'igiene del puerperio, nonchè incontri con il personale dei servizi territoriali, le associazioni di auto-aiuto e altre risorse presenti nel territorio.

      7. I servizi territoriali offrono attivamente l'assistenza domiciliare al puerperio e all'allattamento, nelle modalità concordate con le donne e attraverso l'individuazione di percorsi ad hoc.

 

Art. 7.

(Programmazione degli interventi).

 

      1. I servizi territoriali e ospedalieri delle ASL predispongono i programmi degli interventi necessari all'attuazione della presente legge.

      2. I programmi di cui al comma 1 devono prevedere, altresì, le ristrutturazioni relative:

          a) alla riorganizzazione necessaria per istituire l'assistenza domiciliare al travaglio, al parto e al puerperio;

          b) alle opere necessarie per attuare le case di maternità di cui all'articolo 8;

          c) all'allestimento negli istituti ospedalieri di idonei spazi individuali per l'evento travaglio-parto-nascita;

          d) alla disponibilità di camere di degenza, provviste di culle e di servizi igienici indipendenti per ogni camera;

          e) ai reparti di patologia neonatale attigui ai reparti di ostetricia;

          f) alla disponibilità di spazi comuni per le attività previste all'articolo 6;

          g) alle opere necessarie ad adeguare i reparti ospedalieri di pediatria alle esigenze di tutela del bambino.

 

Art. 8.

(Casa di maternità).

 

      1. La casa di maternità è un servizio pubblico gestito dalla ASL competente per territorio anche attraverso società miste nelle quali la quota di partecipazione pubblica non deve essere inferiore al 51 per cento, o in convenzione con organizzazioni private con finalità sociali, che opera in stretto collegamento con i consultori al fine di consentire che il parto fisiologico possa svolgersi con la necessaria assistenza ostetrica e garantendo la presenza delle persone con le quali la donna desidera condividere l'evento. La casa di maternità è una struttura che, mantenendo in primo piano la dimensione affettiva e psico-relazionale tipica del parto a domicilio, offre un ambiente intermedio e protetto, proprio dell'istituzione socio-sanitaria.

      2. Entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, le regioni individuano le zone sanitarie nelle quali sperimentare la casa di maternità, disciplinandone l'assetto gestionale e strutturale in attuazione delle disposizioni del presente articolo. La casa di maternità assiste i parti fisiologici al di fuori degli ospedali, contribuendo a diminuire il carico di lavoro dei reparti ostetrici, ed è costituita da spazi individuali ove possono essere ospitate la partoriente e altre persone di sua scelta, collegati fra loro da locali comuni debitamente attrezzati per le esigenze di assistenza al parto o per le attività culturali continuative per le donne. La casa di maternità è dotata di proprio personale sanitario, ausiliario e amministrativo selezionato dalla ASL competente per territorio.

      3. L'assistenza sanitaria e la tempestiva ospedalizzazione in caso di eventi patologici sopravvenuti sono garantite da una struttura ospedaliera della zona, che lavora in stretto contatto con la casa di maternità.

 

Art. 9.

(Parto a domicilio).

 

      1. Il parto a domicilio avviene per libera scelta della partoriente.

      2. Entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, le regioni individuano le zone sanitarie nelle quali sperimentare servizi di parto a domicilio in attuazione delle disposizioni del presente articolo. La ASL competente per territorio deve garantire tale servizio attraverso équipe, anche in regime di convenzione, di ostetriche itineranti per i giorni successivi al parto. Le équipe sono collegate a un medico pediatra e a un medico ginecologo reperibili per prestazioni di competenza specialistica.

      3. La ASL competente per territorio seleziona le figure professionali di cui al comma 2 sulla base di un concorso successivo all'espletamento di appositi corsi di formazione professionale. Le ostetriche domiciliari inviano le donne con gravidanza a rischio o affette da patologie rilevanti ai fini dello stato di gravidanza alle strutture competenti intra ed extra-ospedaliere. All'insorgenza del travaglio l'équipe ostetrica avverte in ogni caso l'ospedale più vicino, che deve garantire la tempestiva ospedalizzazione della donna e del bambino in caso di eventi patologici sopravvenuti, anche mediante il supporto di unità mobili.

      4. L'ostetrica assicura alla donna, per almeno dieci giorni a decorrere dal momento del parto, un'adeguata assistenza al puerperio e all'allattamento al seno. II controllo pediatrico dei neonato deve essere effettuato entro ventiquattro ore dalla nascita.

      5. Entro nove mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, il Ministero della salute provvede all'adozione di linee-guida per l'assistenza al parto e al puerperio a domicilio.

 

Art. 10.

(Servizio di trasporto materno e neonatale).

 

      1. Al fine del tempestivo ricovero nei punti nascita, si applicano i criteri di riconoscimento delle gravidanze, dei parti e delle condizioni neonatali a rischio individuati dall'OMS.

      2. In casi di particolare gravità, il trasporto assistito deve essere effettuato da personale con competenze specifiche, mediante il servizio di trasporto d'emergenza, e deve afferire a strutture assistenziali di secondo o di terzo livello, utilizzando un'unità mobile attrezzata per le cure intensive da prestare in corso di trasferimento.

 

Art. 11.

(Donazione del sangue cordonale).

 

      1. Le divisioni di ostetricia diffondono la cultura della donazione del sangue cordonale informando le puerpere delle potenzialità della donazione, delle possibili utilizzazioni, nonché della mancanza di rischi per la donatrice e per il neonato.

 

Art. 12.

(Incentivi).

 

      1. In considerazione dei maggiori costi derivanti dall'assistenza al travaglio e al parto per via vaginale, sia in termini di impegno di personale medico e ostetrico, sia di tecnologie, il rimborso alle strutture sanitarie relativo ai parti vaginali, sia spontanei che operativi, è equiparato a quello previsto dalle normativa vigente per i tagli cesarei.

      2. Le ASL corrispondono, su richiesta e presentazione di parcelle di onorari, una somma corrispondente al raggruppamento omogeneo di diagnosi (DRG) del parto a chi ha partorito a domicilio.

      3. Le unità operative che attuano la propria attività in conformità alle disposizioni della presente legge sono incentivate dalle ASL con iniziative di formazione e di aggiornamento, nonché con il finanziamento di progetti finalizzati al raggiungimento degli obiettivi fissati dalla legge. Ai fini del presente comma, le unità operative sono valutate dalle ASL competenti per territorio con cadenza annuale.

 

Art. 13.

(Formazione e aggiornamento del personale).

 

      1. II personale sanitario medico e non medico del SSN addetto all'assistenza socio-sanitaria della donna durante la gravidanza, il parto, il puerperio e l'allattamento deve essere aggiornato e riqualificato ai sensi della presente legge. Gli operatori devono essere tra loro funzionalmente collegati in senso dipartimentale.

      2. Per favorire gli scambi tra gli operatori di cui al comma 1 possono essere previsti comandi temporanei del personale dalle strutture territoriali alle strutture ospedaliere e alle strutture universitarie, e viceversa.

      3. Le regioni, d'intesa con le ASL e con i servizi socio-sanitari operanti nel territorio, promuovono corsi di aggiornamento in educazione continua in medicina (ECM) per il personale, a cadenza annuale, articolati su due livelli, di cui il primo, generale, uguale per tutti gli operatori, e il secondo, specialistico, adeguato alle rispettive competenze, programmati secondo le modalità di cui al presente articolo.

      4. La formazione ECM degli operatori del percorso nascita prevede l'acquisizione obbligatoria di almeno il 50 per cento dei crediti formativi su temi specifici, includendo in forma prioritaria la formazione sulle pratiche appropriate di assistenza alla nascita e le tecniche di gestione del dolore in travaglio per gli operatori dei punti nascita, e la formazione sulla gestione dei percorsi di accompagnamento alla maternità e alla nascita nonché sulla promozione, sulla protezione e sul sostegno dell'allattamento al seno per tutti gli operatori del percorso nascita, ospedalieri e territoriali.

      5. I corsi di aggiornamento e di riqualificazione del personale perseguono i seguenti obiettivi:

          a) riqualificazione del personale impiegato nei vari servizi e del personale convenzionato, in funzione dell'attuazione del parto a domicilio e nelle case di maternità;

          b) aggiornamento specifico su tecniche e su metodologie ostetriche e sulle tecniche di parto-analgesia naturali e farmacologiche, che tengono conto della revisione critica in atto a livello internazionale sulla reale validità scientifica e sull'efficacia delle procedure mediche e chirurgiche in uso e comunemente utilizzate in ostetricia;

          c) formazione pluridisciplinare degli operatori, comprensiva sia degli aspetti medico-sanitari sia delle problematiche sociali, culturali e psicologiche collegate all'evento nascita e alle esperienze della maternità;

          d) formazione all'assistenza domiciliare al puerperio.

 

Art. 14.

(Relazioni e indagini).

 

      1. I competenti organi regionali approvano una relazione annuale nella quale sono contenuti i dati relativi a:

          a) morbilità e mortalità perinatali e neonatali tardive;

          b) morbilità e mortalità materne;

          c) modalità di espletamento dei parti e, in particolare, dei parti strumentali;

          d) complicanze in gravidanza;

          e) uso di ossitocici, antispastici, analgesici, anestetici, altri farmaci e altri metodi non farmacologici di contenimento del dolore durante il travaglio e specificazione delle relative caratteristiche;

          f) frequenza e modalità dell'allattamento al seno alla dimissione, e successive dopo 3, 6, 9 e 12 mesi;

          g) gravidanze fisiologiche seguite dall'ostetrica;

          h) percorsi nascita seguiti in regime di continuità assistenziale;

          i) frequenza ai percorsi di accompagnamento alla maternità e alla nascita;

          l) frequenza agli incontri in puerperio.

      2. Le relazioni di cui al comma 1 contengono altresì dati statistici relativi a:

          a) popolazione assistita, distinta per età, classe sociale di appartenenza, rischio sanitario e in base ad altri eventuali criteri ritenuti utili per la valutazione della qualità delle cure;

          b) livelli di assistenza neonatale;

          c) nati pretermine, nati morti e malformati.

      3. I dati di cui ai commi 1 e 2 sono trasmessi al Ministro della salute che annualmente promuove:

          a) la pubblicazione e la diffusione dei dati raccolti;

          b) lo svolgimento di indagini su:

              1) la mortalità perinatale;

              2) la mortalità materna;

              3) l'incidenza e le motivazioni dei parti strumentali;

              4) la frequenza e la tipologia di eventuali malformazioni e handicap dei nascituri e dei neonati;

              5) i dati relativi all'assistenza al parto a domicilio e nelle case di maternità di cui all'articolo 8.

 

 

 

Art. 15.

(Relazione al Parlamento).

 

      1. Il Ministro della salute presenta annualmente al Parlamento una relazione sullo stato di attuazione della presente legge, tenuto conto dei dati rilevati dalle regioni.

 

Art. 16.

(Livelli di cura e bacini di utenza).

 

      1. Tutti gli ospedali pubblici e privati accreditati dotati di punto nascita, anche se privi di strutture operative complesse di neonatologia e di terapia intensiva neonatale, devono disporre di posti letto per cure minime e intermedie, nell'ambito di unità operative di pediatria o di neonatologia.

 

Art. 17.

(Requisiti organizzativi e di personale).

 

      1. Presso ogni presidio sanitario pubblico o privato accreditato sono garantiti i servizi di rianimazione primaria neonatale. A tale fine, nell'ambito della sala parto, o in un locale direttamente comunicante con essa, deve essere predisposta una zona per le prime cure e per l'eventuale intervento intensivo sul neonato, denominata «isola neonatale», provvista di spazio e di attrezzature adeguati allo scopo.

      2. Responsabile dell'assistenza nell'isola neonatale di cui al comma 1 è un medico neonatologo o un medico pediatra con competenze neonatologiche. Nelle strutture in cui è prevista la guardia attiva ventiquattro ore su ventiquattro del medico neonatologo o del medico pediatra con competenze neonatologiche, questi deve garantire l'assistenza al neonato in sala parto.

      3. Al fine di adeguare le competenze in assistenza intensiva neonatale nei punti nascita in cui non esiste la figura del medico neonatologo o del medico pediatra con competenze neonatologiche, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano istituiscono corsi di formazione e di aggiornamento professionale in rianimazione primaria e assistenza neonatale dedicati a tutto il personale che deve prendersi cura del neonato.

 

Art. 18.

(Controlli post-natali).

 

      1. Tutti i neonati, nelle ore successive alla nascita, devono usufruire dei comuni controlli dei parametri vitali durante l'osservazione transizionale.

      2. Qualora il neonato necessiti di cure speciali che determinano il temporaneo distacco dalla madre viene assicurata, per quanto possibile, la permanenza della stessa in spazi contigui e adeguati, anche in caso di degenza in terapia intensiva neonatale.

 

Art. 19.

(Cartella clinica neonatologica).

 

      1. Per ogni nato vivo viene compilata una cartella clinica personale, contenente, oltre ai dati previsti dalle disposizioni vigenti in materia, i rilievi sulla gravidanza, sul parto e sull'andamento neonatale utili per la valutazione dell'efficacia delle cure.

 

Art. 20.

(Continuità delle cure al neonato).

 

      1. Al fine di assicurare la dovuta continuità di indirizzo nelle cure prestate, ogni bambino che in epoca post-natale deve essere nuovamente ospedalizzato per patologie connesse alla nascita per cui è stato già in trattamento nelle unità operative di neonatologia, di patologia neonatale o di terapia intensiva neonatale, può fruire di cure, sia in regime di day hospital sia di ricovero ordinario, presso la stessa unità operativa, indipendentemente dal superamento dell'età strettamente neonatale.

 

 

 

Art. 21.

(Applicazione della disciplina in materia di attività usuranti).

 

      1. Al personale del ruolo medico e dei profili professionali ostetrici e infermieristici operante nelle unità di terapia intensiva neonatale, in pronto soccorso ostetrico, in sala parto e in sala operatoria si applicano le agevolazioni previste dal decreto legislativo 11 agosto 1993, n. 374, e successive modificazioni, e il medesimo personale è inserito nell'elenco delle attività usuranti definito ai sensi dell'articolo 12 della legge 23 dicembre 1994, n. 724.

 

 


 

N. 1754

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CAMERA DEI DEPUTATI

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PROPOSTA DI LEGGE

 

d’iniziativa dei deputati

ZANOTTI, NICCHI

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Riordino delle norme riguardanti il sostegno alle gestanti e alle madri in condizioni di disagio socio-economico e disposizioni volte a garantire il segreto del parto alle donne che non intendono riconoscere i loro nati

 

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Presentata il 3 ottobre 2006

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Onorevoli Colleghi! - Le leggi vigenti riconoscono alle donne tre importanti diritti: il diritto alla scelta se riconoscere come figlio il bambino procreato, il diritto alla segretezza del parto per chi non riconosce il proprio nato, il diritto all'informazione, compresa quella relativa alla possibilità di un periodo di riflessione successivo al parto per decidere in merito al riconoscimento.

      Per quanto riguarda il diritto alla scelta, la sentenza n. 171 del 5 maggio 1994 della Corte costituzionale recita «Qualunque donna partoriente, ancorché da elementi informali risulta trattarsi di coniugata, può dichiarare di non volere essere nominata nell'atto di nascita». È da sottolineare che la gravidanza può innestarsi in una condizione di disagio della donna, ed essere quindi vissuta con estrema difficoltà e fatica. Laddove la gravidanza si colloca in un percorso di grave problematicità sono necessari interventi di sostegno mirati, per consentire alla donna stessa una maggiore serenità, per valutare la possibilità del riconoscimento o del non riconoscimento del proprio nato. Il diritto alla segretezza del parto, che deve essere garantito da tutti i servizi sanitari e sociali coinvolti, è assicurato dalla redazione dell'atto di nascita da parte dell'ufficiale dello stato civile. I passaggi istituzionali successivi (dichiarazione dello stato di adottabilità, sua eventuale sospensione per un periodo massimo di due mesi, nonché particolari casistiche relative alle partorienti minorenni) sono disciplinati dalla legge n. 183 del 1984 e disposte dal tribunale per i minorenni. Il diritto all'informazione va inteso come il diritto di ogni donna a ricevere una corretta e tempestiva conoscenza della disciplina legislativa e degli aiuti sociali, per poter decidere liberamente nei riguardi del riconoscimento. L'esercizio dei diritti di cui sopra può essere adeguatamente garantito soltanto in un'ottica globale d'intervento, che prenda in esame e tenda al superamento della complessiva situazione di difficoltà della gestante, fin dal manifestarsi dei primi sintomi di tale situazione.

      La presente proposta di legge nasce dalla considerazione che i predetti diritti delle gestanti e delle madri possano essere efficacemente ed efficientemente tutelati da parte di soggetti istituzionali di ampia dimensione territoriale, in grado di garantire l'intervento di operatori con specifica preparazione professionale in una materia così delicata.

      Giova ricordare che l'obbligo di assistere le gestanti e le madri risale al regio decreto-legge 8 maggio 1927, n. 798, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 dicembre 1928, n. 2838, in base alla quale le Amministrazioni provinciali dovevano (e devono tuttora salvo diversa normativa regionale) assistere le gestanti e le madri, nonché i fanciulli figli di ignoti ed i bambini nati fuori del matrimonio. Era ed è, altresì, previsto che «nelle Province, nelle quali lo consiglino le condizioni locali, l'assistenza del fanciullo deve, ove sia possibile, avere inizio all'epoca della gestazione della madre».

      Il citato regio decreto-legge n. 798 del 1927 è richiamato dal comma 5 dell'articolo 8 della legge n. 328 del 2000 (Legge quadro per la realizzazione del sistema integrato di interventi e servizi sociali), in cui viene attribuito alle regioni il compito di disciplinare il trasferimento ai comuni ed agli altri enti locali delle funzioni relative al sostegno alle gestanti e alle madri e ai bambini non riconosciuti o nati fuori del matrimonio.

      Ricordiamo che, ai sensi dell'articolo 93 del codice in materia di protezione dei dati personali, di cui al decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196, il certificato di assistenza al parto e la cartella clinica in cui siano contenuti dati personali che rendono identificabile la donna che non ha riconosciuto il proprio nato possono essere rilasciati in copia integrale a chi vi ha interesse in conformità della legge solamente decorsi cento anni dalla formazione del documento.

      Purtroppo vi sono regioni che hanno approvato leggi senza tener conto dell'esigenza delle donne, qualora si trovino in gravi difficoltà psico-sociali, di essere adeguatamente supportate per quanto riguarda la delicatissima decisione di riconoscere o non riconoscere i loro nati e di poter partorire in modo assolutamente anonimo.

      È vero che le strutture sanitarie sono tenute ad assicurare il segreto del parto, ma è altrettanto vero che le delicate e impegnative decisioni in merito non possono essere assunte durante la brevissima degenza delle partorienti presso ospedali e case di cura private.

      Gli aiuti psico-sociali sono indispensabili sia per evitare riconoscimenti forzati, che in molti casi sono la causa di abbandoni tardivi, sia per prevenire le situazioni più drammatiche fino all'infanticidio. Tutto ciò nel rispetto della scelta delle donne che non intendono abortire e non vogliono riconoscere i loro nati.

      Infine, i comuni attualmente sono tenuti, in base alle leggi regionali emanate, ad assistere esclusivamente i cittadini residenti nei loro ambiti territoriali, mentre con questa proposta di legge si intende estendere il diritto a tutte le donne interessate, indipendentemente dalla loro residenza anagrafica.


 


 


proposta di legge

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Art. 1.

 

      1. In attuazione della lettera m) del secondo comma dell'articolo 117 della Costituzione e al fine di garantire una uniforme attuazione in tutto il territorio nazionale delle norme di cui al comma 5 dell'articolo 8 della legge 8 novembre 2000, n. 328, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano istituiscono uno o più servizi con il compito di assicurare l'informazione, la consulenza e le prestazioni socio-assistenziali diurne e residenziali occorrenti alle gestanti e alle madri che necessitano di specifici sostegni socio-economici in ordine al riconoscimento o non riconoscimento dei loro nati e alla garanzia della segretezza del parto alle donne che non intendono riconoscere i loro nati.

      2. I servizi di cui al comma 1 sono assegnati a soggetti già gestori delle prestazioni socio-assistenziali di cui alla legge 8 novembre 2000, n. 328.

      3. Nei primi novanta giorni dopo il parto i soggetti di cui al comma 2 garantiscono alle partorienti e ai loro nati i necessari interventi socio-assistenziali al fine di sostenere il loro reinserimento sociale. Dopo tale periodo, ai medesimi soggetti è assicurata la continuità socio-assistenziale secondo i criteri e le modalità previste dalle regioni in attuazione della legge 8 novembre 2000, n. 328.

      4. Gli interventi socio-assistenziali a favore dei neonati non riconosciuti sono garantiti dai medesimi soggetti di cui al comma 2 fino all'adozione definitiva.

      5. Gli interventi alle gestanti e alle madri sono erogati su semplice richiesta delle donne interessate senza ulteriori formalità, indipendentemente dalla loro residenza anagrafica.

 

Art. 2.

 

      1. A decorrere dall'anno 2007, una quota del Fondo nazionale per le politiche sociali di cui all'articolo 20 della legge 8 novembre 2000, n. 328, pari a 5 milioni di euro annui, è destinata al finanziamento degli interventi previsti dalla presente legge.

      2. La quota del Fondo nazionale per le politiche sociali di cui al comma 1 è ripartita annualmente tra le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano con decreto del Ministro della solidarietà sociale, sentita la Conferenza unificata di cui all'articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281.

 

 


N. 1923

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CAMERA DEI DEPUTATI

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DISEGNO DI LEGGE

 

presentato dal ministro della salute

(TURCO)

di concerto con il ministro per gli affari regionali

e le autonomie locali

(LANZILLOTTA)

con il ministro per i diritti e le pari opportunità

(POLLASTRINI)

con il ministro delle politiche per la famiglia

(BINDI)

e con il ministro dell'economia e delle finanze

(PADOA SCHIOPPA)

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Norme per la tutela dei diritti della partoriente, la promozione del parto fisiologico e la salvaguardia della salute del neonato

 

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Presentata il 10 novembre 2006

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Onorevoli Deputati! - L'esigenza di un disegno di legge che promuova la tutela dei diritti della partoriente, il parto fisiologico e la salvaguardia della salute del neonato nasce dalla convinzione che la promozione della salute materno-infantile sia un obiettivo prioritario da perseguire a livello nazionale, in ragione dei riflessi positivi che è in grado di generare sulla qualità della vita della madre, del bambino e, di conseguenza, della popolazione complessiva.

      Nel nostro Paese negli ultimi quaranta anni si sono verificati rilevanti cambiamenti nella dinamica demografica, cambiamenti che richiedono al legislatore statale e regionale una rinnovata attenzione verso l'area della salute riproduttiva. Le indagini condotte a livello nazionale mostrano numerosi progressi rispetto al passato - il rischio di nati-mortalità si è quasi dimezzato rispetto ai valori dei primi anni '80, la maggior parte delle donne entra in contatto con un operatore sanitario nei tempi raccomandati e riceve assistenza prenatale, la totalità dei parti è assistita da un operatore sanitario, la percentuale di nati pre-termine e sottopeso è stabile intorno al 6 per cento - ma esistono ancora nodi critici da affrontare per realizzare una piena tutela della salute materno-infantile.

      La natalità è diminuita drasticamente, passando da circa un milione di nati nel 1960 a 569.000 nel 2005, ed è aumentata l'età media delle donne alla nascita del primo figlio, da 25,2 anni nel 1981 a 28,1 nel 1997. Parimenti sono aumentate le gravidanze di donne di trentacinque anni e più di età: da 65.000 (l'11,5 per cento del totale) nel 1990 a 93.000 (il 17,5 per cento del totale) nel 1997. L'aumento di età delle donne alla nascita dei figli incide sul loro comportamento nel corso della gravidanza. Tra le donne che decidono di avere un figlio in una fase avanzata della vita si registrano un più elevato livello di informazione e una maggiore capacità di autodeterminazione sulle scelte da compiere durante la gravidanza e al momento del parto. Nondimeno gli stessi fattori sono alla base di un'eccessiva medicalizzazione e di un sovrautilizzo delle prestazioni diagnostiche, che rischiano di trasformare gravidanza e parto da eventi naturali in eventi patologici. A questo proposito basti pensare che nel biennio 2004-2005 il numero medio di ecografie effettuate dalle donne in gravidanza è stato 5,5 e il 29 per cento delle donne ha fatto sette o più ecografie, mentre il protocollo del Ministero della salute ne raccomanda tre. La percentuale di donne che nello stesso periodo ha svolto sette o più visite è stata del 56,4 per cento. Anche i parti effettuati mediante taglio cesareo sono in costante aumento: 11,2 per cento nel 1980, 27,9 per cento nel 1996, 29,9 per cento nel biennio 1999-2000, 35,2 per cento nel periodo 2004-2005 (con un picco del 45,4 per cento nelle regioni meridionali). Quest'ultimo, oltre ad essere il dato più alto tra i Paesi dell'Unione europea, è di due volte superiore a quello raccomandato dall'Organizzazione mondiale della sanità (OMS) nel 1985 (pari al 15 per cento) ed è in contrasto con le stime che indicano il rischio di mortalità materna per cesareo da 2 a 4 volte superiore rispetto al parto vaginale.

      Nel contempo si registra ancora un limitato livello di diffusione delle informazioni necessarie alla donna per vivere con piena consapevolezza la gravidanza, il parto e il puerperio. È ormai acclarata l'importanza della preparazione al parto per la salute della donna e del bambino. La percentuale di donne che ha frequentato un corso pre-parto si aggira intorno al 30 per cento, con forti differenze per area geografica (40 per cento nell'Italia centrale e settentrionale e 12,7 per cento e 14,9 per cento, rispettivamente, nell'Italia meridionale e nelle isole) e livello di istruzione (le donne laureate sono il 65,6 per cento, quelle con la licenza media il 34,2 per cento e quelle con la sola licenza elementare il 20,2 per cento), ma colpisce che a livello nazionale le donne a maggior rischio di non frequentare i corsi siano quelle meno istruite, in fasce di età estreme, che risiedono nelle regioni meridionali, le pluripare e le casalinghe.

      Vi sono alcune differenze territoriali che non possono essere ignorate. Le regioni meridionali e insulari del Paese presentano dati peggiori di quelle centrali e settentrionali per quanto concerne il ricorso al parto cesareo e all'anestesia generale, il tasso di mortalità neonatale e infantile, il basso peso alla nascita, il ricorso all'allattamento al seno. Nelle stesse regioni per le donne vi sono più ridotte possibilità di frequentare corsi pre-parto e di scegliere le modalità del parto. Nel biennio 2004-2005 il 23,4 per cento delle donne nell'Italia meridionale e il 21,8 per cento nell'Italia insulare ha dichiarato di non aver partecipato a un corso di preparazione al parto, perché non organizzato dalle strutture di riferimento o non accessibile. Il 45,9 per cento delle donne nell'Italia meridionale e il 42,8 per cento in quella insulare ha dichiarato di essere stata sola al momento del parto, perché la struttura non permetteva la presenza di altre persone.

      Da ultimo, è necessario ricordare che la popolazione residente in Italia cresce in buona misura grazie all'afflusso di nuovi immigrati. Il saldo naturale positivo dei cittadini stranieri già residenti in Italia compensa il saldo naturale negativo della popolazione di cittadinanza italiana, contribuendo così all'incremento della popolazione residente nel Paese: nel 2004 il saldo tra le nascite e i decessi della popolazione complessiva è stato positivo per 15.941 unità proprio grazie all'apporto dei nati stranieri. I cittadini stranieri residenti in Italia al 1o gennaio 2005 erano 2.402.157, di cui 1.175.445 donne (pari al 48,9 per cento), per la maggior parte in età fertile. Le indagini finora condotte sulla popolazione immigrata mostrano un maggiore tasso di nati-mortalità e di mortalità neonatale, un maggior numero di parti pre-termine e di bambini a basso peso alla nascita. Emerge altresì una maggiore difficoltà per le donne straniere di accedere ai circuiti di informazione e ai servizi socio-sanitari.

      Alla luce di questo quadro, e in coerenza con gli obiettivi fissati dal Progetto- obiettivo materno infantile (decreto del Ministro della sanità 24 aprile 2000, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 131 del 7 giugno 2000) e con il Piano sanitario nazionale 2006-2008 (decreto del Presidente della Repubblica 7 aprile 2006, pubblicato nel supplemento ordinario alla Gazzetta Ufficiale n. 139 del 17 giugno 2006), il presente disegno di legge si propone di promuovere una maggiore tutela dei diritti della gestante e del neonato e un'appropriata assistenza all'intero percorso-nascita da parte del Servizio sanitario nazionale nell'ambito dei livelli essenziali di assistenza definiti dal decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 29 novembre 2001, pubblicato nel supplemento ordinario alla Gazzetta Ufficiale n. 33 dell'8 febbraio 2002, e successive modificazioni.

      L'articolo 1 individua le finalità del disegno di legge, quale strumento normativo inteso a:

          a) promuovere un'appropriata assistenza alla nascita, tutelando i diritti e la libera scelta della gestante, in modo coerente con i modelli organizzativi delle regioni;

          b) assicurare la tutela della salute materna, il benessere del nascituro e quello delle famiglie nell'esperienza della genitorialità;

          c) ridurre i fattori di rischio di malattia, pre e post-concezionali del nascituro attraverso appropriati interventi preventivi;

          d) potenziare l'attività dei consultori familiari, con l'attivazione di programmi specifici per la salute pre-concezionale e riproduttiva, per la tutela della maternità e per la promozione dell'allattamento al seno;

          e) promuovere la più ampia conoscenza delle modalità di assistenza e delle pratiche socio-sanitarie raccomandate, con particolare riferimento ai corsi di accompagnamento alla nascita, anche al fine dell'apprendimento e dell'uso delle modalità per il controllo del dolore nel travaglio-parto, ivi comprese le tecniche che prevedono il ricorso ad anestesie locali e di tipo epidurale;

          f) rafforzare gli strumenti per la salvaguardia della salute materna e della salute del neonato; favorire il parto fisiologico e promuovere le modalità per l'appropriatezza degli interventi, al fine di ridurre l'incidenza dei tagli cesarei e aumentare la prevalenza dell'allattamento al seno, secondo le raccomandazioni dell'OMS e dell'UNICEF;

          g) promuovere un'assistenza ostetrica appropriata alla gravidanza a basso rischio, al parto fisiologico e al puerperio;

          h) assicurare la qualità dell'assistenza ostetrica e pediatrico-neonatologica nel periodo perinatale, da valutare con indicatori adeguati sull'impiego e sui risultati delle pratiche raccomandate in base alle prove scientifiche;

          i) contrastare le disequità territoriali e sociali di accesso ai servizi per la tutela materno-infantile anche per la popolazione immigrata, anche attraverso l'adozione del modello basato sull'offerta attiva, migliorando la fruibilità dei servizi da parte della popolazione più svantaggiata e prevedendo l'attuazione di programmi di assistenza socio-sanitaria e di mediazione culturale per le donne immigrate;

          l) promuovere l'offerta attiva di informazione e di consulenza alle donne pre-gravidanza, alle gestanti e alle puerpere, anche mediante i corsi di accompagnamento alla nascita, stimolando l'impegno in tale senso dei servizi consultoriali e ospedalieri, anche al fine di una consapevole scelta del tipo di assistenza, del luogo e delle modalità del parto;

          m) promuovere l'informazione, l'assistenza e la consulenza alle donne e alle famiglie per interventi efficaci nell'ambito del puerperio e della salute psico-fisica relazionale al post-partum;

          n) promuovere la continuità assistenziale per tutta la durata della gravidanza, nel periodo della nascita e dopo la nascita, garantendo l'integrazione tra territorio e strutture ospedaliere.

      Per meglio perseguire in concreto tali finalità, l'articolo 2 prevede, al comma 1, una specifica rimodulazione dei livelli essenziali delle prestazioni assistenziali a favore della gestante, della partoriente e del neonato, con le consolidate procedure di cui all'articolo 54 della legge 27 dicembre 2002, n. 289, in tale senso individuando alcune specifiche priorità, quali, in particolare:

          a) l'aggiornamento e la verifica delle prestazioni inerenti all'assistenza preventiva per la salute preconcezionale e in gravidanza;

          b) il controllo e la gestione del dolore nel travaglio-parto, nel quadro di una maggiore e migliore umanizzazione dell'evento nascita, anche attraverso il ricorso a tecniche avanzate di anestesia locale e di tipo epidurale, in condizioni di appropriatezza e nell'ambito dei modelli organizzativi locali;

          c) l'allattamento materno precoce e il rooming-in;

          d) la dimissione precoce ed appropriata della partoriente e del neonato nell'ambito di percorsi assistenziali specifici, che comprendano risposte multidisciplinari, rivolte sia alla madre sia al bambino, nell'ambito dell'integrazione ospedale-territorio;

          e) la garanzia di un'adeguata rete di emergenza per il neonato e per la gestante favorendo, ove possibile, il trasferimento preventivo della gestante presso un centro appropriato.

      Al comma 2 dello stesso articolo, peraltro, si prevede che, per garantire la copertura dei maggiori oneri conseguenti all'applicazione delle disposizioni del comma 1, con le stesse procedure ivi previste, per converso, siano contestualmente rimodulati i livelli essenziali delle prestazioni assistenziali diverse da quelle considerate nel medesimo comma 1.

       L'articolo 3, infine, prevede in particolare una specifica intesa con le regioni, in coerenza con il Piano sanitario nazionale 2006-2008, adottato con il citato decreto del Presidente della Repubblica 7 aprile 2006, da stipulare ai sensi dell'articolo 8, comma 6, della legge 5 giugno 2003, n. 131, espressamente diretta a promuovere in modo concertato le attività volte a realizzare le finalità della legge; e, coerentemente, si demanda alla medesima intesa, in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, il compito di definire in modo condiviso l'entità delle risorse poste nella disponibilità del Servizio sanitario nazionale e vincolate  ai sensi dell'articolo 1, comma 34, della legge n. 662 del 1996 (legge finanziaria 1997), da destinare alle finalità in esame, tenendo conto degli interventi con esse già attivati.

      Nello stesso tempo, il compito di definire le modalità di monitoraggio dell'attuazione del testo legislativo è affidato allo speciale Comitato permanente per la verifica dell'erogazione dei livelli essenziali di assistenza, di cui all'articolo 9 dell'intesa tra Stato, regioni e province autonome di Trento e di Bolzano 23 marzo 2005, pubblicata nel supplemento ordinario alla Gazzetta Ufficiale n. 105 del 7 maggio 2005, mentre sarà il Ministro della salute, nell'ambito della sua relazione annuale sullo stato di attuazione del Piano sanitario nazionale, a riferire al Parlamento sugli esiti di detta intesa agli specifici fini della legge, sulla base dei dati rilevati in materia a livello regionale.

      È peraltro doveroso precisare che uno specifico rilievo formulato dalla Ragioneria generale dello Stato del Ministero dell'economia e finanze - formalmente ostativo, ove non fosse stato accolto, all'ulteriore seguito del disegno di legge - ha reso indispensabile, al comma 2 dell'articolo 3, il parziale ripristino del testo originario come preliminarmente approvato dal Consiglio dei ministri, con il limite, collegato all'1,3 per cento delle disponibilità complessive per il Servizio sanitario nazionale e vincolate ai sensi del citato articolo 1, comma 34, della legge 23 dicembre 1996, n. 662, dell'entità della quota di risorse da destinare alle finalità della legge. Per tale motivo, diviene così impossibile recepire integralmente nel testo del disegno di legge la richiesta espressa dalle regioni concernente il medesimo articolo 3, comma 2, che era stata già accolta nella seduta della Conferenza unificata del 5 ottobre scorso.


 


 

RELAZIONE TECNICA

(Articolo 11-ter, comma 2, della legge 5 agosto 1978, n. 468, e successive modificazioni).

 

 

        L'articolo 1 del disegno di legge indica le finalità generali da realizzare attraverso gli interventi previsti dagli articoli 2 e 3.

        La valutazione del suo impatto economico, quindi, viene effettuata con riferimento ai suddetti articoli 2 e 3.

        L'articolo 2 definisce le linee prioritarie per la prevista rimodulazione dei livelli essenziali di assistenza. Fermo restando che una puntuale quantificazione dei maggiori o minori oneri conseguenti all'approvazione del disegno di legge e quindi una valutazione dell'eventuale necessità di operare una corrispondente rideterminazione compensativa di altre linee prestazionali attualmente previste dal relativo decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 29 novembre 2001 potrà essere fatta in sede di definizione del provvedimento di modifica dello stesso decreto presidenziale, si osserva quanto segue:

            comma 1, lettera a): l'assistenza preventiva per la salute preconcezionale è già oggi garantita attraverso l'esecuzione in regime di gratuità delle prestazioni diagnostiche e specialistiche «necessarie per accertare eventuali difetti genetici se l'anamnesi riproduttiva o familiare della coppia evidenzia condizioni di rischio per il feto» (decreto del Ministro della sanità 10 settembre 1998, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 245 del 20 ottobre 1998);

            comma 1, lettera b): la maggiore diffusione delle tecniche avanzate di anestesia locale e di tipo epidurale renderà necessari interventi, quali l'aumento dell'impegno degli anestesisti, ma anche una concentrazione dei luoghi di parto e la diminuzione dei tempi di degenza delle partorienti e dei neonati, con conseguente riduzione della spesa ospedaliera;

            comma 1, lettera d): la dimissione precoce e appropriata della partoriente e del neonato nell'ambito di percorsi assistenziali specifici, comprensivi per entrambi di risposte multidisciplinari, nell'ambito di una diversa integrazione ospedale-territorio implicherà necessariamente una significativa riduzione della spesa ospedaliera;

            comma 1, lettera e): l'attivazione del trasporto neonatale di emergenza costituisce un obiettivo già individuato dagli atti di programmazione nazionale e un'attività già inclusa nei livelli essenziali di assistenza; tale previsione, quindi, di fatto si traduce in un richiamo di carattere sollecitativo alle regioni per la realizzazione di un intervento cui sono state destinate risorse fin dagli anni '80.

        Sulla base di quanto sopra osservato, l'impatto economico degli interventi indicati dall'articolo 2 appare contenuto e da attribuire prevalentemente a quanto previsto dalla lettera b) al comma 1 del medesimo articolo. Per quantificare tale impatto si assume che la diffusione delle tecniche di analgesia comporti la riconduzione del numero dei parti cesarei, in tutte le regioni italiane, almeno sui valori medi nazionali (circa 25.000 parti cesarei potrebbero svolgersi con modalità naturali).

        Contemporaneamente, si assume che il 25 per cento del totale dei parti naturali (inclusa la quota di parti attualmente eseguita con parto cesareo riconducibile a modalità naturali) venga effettuata con analgesia epidurale e che la diffusione di tale tecnica sia incentivata con l'applicazione di una tariffa pari a quella attualmente corrisposta per il parto cesareo senza complicazioni.

        Sulla base dei dati disponibili, gli oneri possono quantificarsi come segue:

            1. numero dei parti cesarei eseguibili con modalità naturali: 25.223;

            2. riduzione della spesa associata: euro 22.476.376;

            3. numero complessivo dei parti naturali: 366.829;

            4. numero dei parti naturali, pari a circa il 25 per cento del totale, eseguibili con analgesia epidurale: 91.207;

            5. spesa per parti naturali con analgesia epidurale (tariffa parto cesareo): euro 216.400.960;

            6. incremento di spesa per l'applicazione della tariffa per parto cesareo ai parti con analgesia epidurale: euro 79.806.503;

            7. incremento effettivo di spesa (pari alla differenza tra l'ammontare della voce di cui al punto 6 e la voce di cui al punto 2): euro 57.330.128.

        Ipotizzando che anche la realizzazione di altri interventi previsti dall'articolo 2 possa indurre un incremento della spesa, si stima che l'importo complessivo della manovra sui livelli essenziali di assistenza sia quantificabile in 100 milioni di euro.

        L'articolo 3, comma 2, precisa che per la realizzazione degli interventi indicati dalla legge, con la stessa intesa prevista al comma 1, saranno le regioni a definire, nell'ambito dell'1,3 per cento delle risorse complessive disponibili per il Servizio sanitario nazionale e vincolate ai sensi dell'articolo 1, comma 34, della legge n. 662 del 1996, l'entità della quota da destinare alle finalità della legge tenuto conto degli interventi già attivati con le stesse risorse.

        Relativamente all'anno 2006, tale quota complessiva ammonta a 1.254 milioni di euro e, di questi, risultano già impegnati, per precedenti intese con le regioni, 440 milioni di euro, così suddivisi:

            240 milioni, per il Piano nazionale della prevenzione;

            50 milioni, per il Piano nazionale di aggiornamento;

            150 milioni, per il Piano di contenimento dei tempi di attesa.

        Restano disponibili, quindi, 840 milioni di euro, che garantiscono adeguata «capienza» per l'attuazione degli interventi previsti dal provvedimento, soprattutto se si considera la riduzione della spesa conseguente agli interventi strutturali sui «punti nascita».


 

 



 


 


disegno di legge

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Art. 1.

 

      1. La presente legge persegue le seguenti finalità:

          a) promuovere un'appropriata assistenza alla nascita, tutelando i diritti e la libera scelta della gestante in coerenza con i modelli organizzativi delle regioni;

          b) assicurare la tutela della salute materna, il benessere del nascituro e quello delle famiglie nell'esperienza della genitorialità;

          c) ridurre i fattori di rischio di malattia pre e post-concezionali del nascituro attraverso specifici interventi preventivi;

          d) potenziare l'attività dei consultori familiari con l'attivazione di programmi specifici per la salute preconcezionale e riproduttiva, per la tutela della maternità e per la promozione dell'allattamento al seno;

          e) promuovere la più ampia conoscenza delle modalità di assistenza e delle pratiche socio-sanitarie raccomandate, con particolare riferimento ai corsi di accompagnamento alla nascita, anche al fine dell'apprendimento e dell'uso delle modalità, farmacologiche e non, per il controllo del dolore nel travaglio-parto, ivi comprese le tecniche che prevedono il ricorso ad anestesie locali e di tipo epidurale;

          f) favorire il parto fisiologico e promuovere le modalità per l'appropriatezza degli interventi, al fine di ridurre la percentuale dei tagli cesarei e aumentare la prevalenza dell'allattamento al seno, secondo le raccomandazioni dell'Organizzazione mondiale della sanità (OMS) e del Fondo delle Nazioni Unite per l'infanzia (UNICEF);

          g) rafforzare gli strumenti per la salvaguardia della salute materna e della salute del neonato;

          h) promuovere un'assistenza ostetrica appropriata alla gravidanza a basso rischio, al parto fisiologico e al puerperio;

          i) assicurare la qualità dell'assistenza ostetrica e pediatrico-neonatologica nel periodo perinatale da valutare con indicatori adeguati sull'impiego e sui risultati delle pratiche raccomandate sulla base delle prove scientifiche;

          l) contrastare le disequità territoriali e sociali nell'accesso ai servizi per la tutela materno-infantile, anche mediante l'adozione del modello operativo basato sull'offerta attiva e migliorando la fruibilità dei servizi da parte della popolazione più svantaggiata nonché prevedendo l'attuazione di programmi di assistenza socio-sanitaria e di mediazione culturale per le donne immigrate, favorendone l'integrazione;

          m) promuovere l'informazione e la consulenza alle donne che decidono di avere una gravidanza e alle gestanti, anche mediante i corsi di accompagnamento alla nascita e stimolando l'impegno in tale senso dei servizi territoriali e ospedalieri, anche al fine di una consapevole scelta del tipo di assistenza, del luogo e delle modalità del parto;

          n) promuovere l'informazione, l'assistenza e la consulenza alle donne e alle famiglie per gli interventi efficaci nell'ambito del puerperio e della salute psico-fisica relazionale nel post-partum;

          o) promuovere la continuità assistenziale per tutta la durata della gravidanza, nel periodo della nascita e dopo la nascita, garantendo l'integrazione tra territorio e strutture ospedaliere.

 

Art. 2.

(Livelli essenziali delle prestazioni assistenziali in favore della gestante, della partoriente e del neonato).

 

      1. Con le procedure previste dall'articolo 54 della legge 27 dicembre 2002, n. 289, si provvede alla rimodulazione dei livelli essenziali delle prestazioni assistenziali in favore della gestante, della partoriente e del neonato, tenendo presenti le seguenti priorità:

          a) l'aggiornamento e la verifica delle prestazioni previste per l'assistenza preventiva per la salute preconcezionale e in gravidanza;

          b) nel quadro di una maggiore e migliore umanizzazione dell'evento nascita, il controllo e la gestione del dolore nel travaglio-parto, anche mediante ricorso a tecniche avanzate di anestesia locale e di tipo epidurale, in condizioni di appropriatezza e nell'ambito dei modelli organizzativi locali;

          c) l'allattamento materno precoce e il rooming-in;

          d) la dimissione precoce e appropriata della partoriente e del neonato nell'ambito di percorsi assistenziali specifici che comprendano risposte multidisciplinari, rivolte sia alla madre che al bambino nell'ambito dell'integrazione ospedale-territorio;

          e) la garanzia di un'adeguata rete di emergenza per il neonato e per la gestante, favorendo, ove possibile, il preventivo trasferimento della gestante presso un centro appropriato.

      2. Con le medesime procedure indicate al comma 1 sono contestualmente rimodulati i livelli essenziali delle prestazioni assistenziali diverse da quelle di cui al medesimo comma 1, al fine di garantire la copertura dei maggiori oneri derivanti da quanto disposto al comma 1 stesso.

 

Art. 3.

(Integrazione al Piano sanitario nazionale 2006-2008).

 

      1. Su proposta del Ministro della salute, il Governo e le regioni, in coerenza con il Piano sanitario nazionale 2006-2008, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 7 aprile 2006, pubblicato nel supplemento ordinario alla Gazzetta Ufficiale n. 139 del 17 giugno 2006, stipulano, a integrazione del Piano sanitario nazionale, una intesa ai sensi dell'articolo 8, comma 6, della legge 5 giugno 2003, n. 131, finalizzata alla promozione delle attività volte a realizzare le finalità di cui alla presente legge.

      2. Con la medesima intesa di cui al comma 1 le regioni convengono, nell'ambito dell'1,3 per cento delle risorse complessive poste in disponibilità per il Servizio sanitario nazionale e vincolate ai sensi dell'articolo 1, comma 34, della legge 23 dicembre 1996, n. 662, l'entità della quota da destinare per le finalità della presente legge, tenuto conto degli interventi già attivati con tali risorse.

      3. Il Comitato permanente per la verifica dell'erogazione dei livelli essenziali di assistenza, di cui all'articolo 9 dell'intesa tra Stato, regioni e province autonome di Trento e di Bolzano 23 marzo 2005, pubblicata nel supplemento ordinario alla Gazzetta Ufficiale n. 105 del 7 maggio 2005, individua le modalità di monitoraggio della presente legge.

      4. Nell'ambito della relazione annuale al Parlamento sullo stato di attuazione del Piano sanitario nazionale, il Ministro della salute riferisce sui risultati conseguiti dall'intesa di cui al comma 1, tenendo conto dei dati rilevati a livello regionale.

      5. Dalle disposizioni della presente legge non derivano ulteriori oneri per la finanza pubblica.    

 




[1]    Vedi al riguardo l’art. 16 dell’A.C. 1237.

[2]    Vedi al riguardo l’art. 19 dell’A.C. 1237 e l’art. 3 dell’A.C. 1632.

[3]    Vedi al riguardo l’art. 20 dell’A.C. 1237 e l’art. 20 dell’A.C. 1632.

[4]    Vedi l’art. 21 dell’A.C. 1237.

[5]    Vedi al riguardo l’art. 22 dell’A.C. 1237 e l’art. 21 dell’A.C. 1632.

[6]    Cfr. l’art. 15 dell’A.C. 1632.

[7]    Cfr. l’art. 10 dell’A.C. 1632.

[8]    Cfr. l’art. 11 dell’A.C. 1632.

[9]    Cfr. l’art. 12 dell’A.C. 1632.

[10]   Cfr. l’art. 14 dell’A.C. 1632.

[11]   Vedi l’art. 17 dell’A.C. 1632.

[12]   Vedi l’art. 18 dell’A.C. 1632.

[13]   Vedi l’art. 19 dell’A.C. 1632.

[14]   Vedi, al riguardo, l’art. 5 dell’A.C. 589 e l’art. 20 dell’A.C. 1632.

[15]   Vedi l’art. 12 dell’A.C. 589.

[16]   Vedi, al riguardo, l’art. 13 dell’A.C. 589 e l’art. 21 dell’A.C. 1632.

[17]  Nel 1992 l’UNICEF e l’OMS hanno lanciato l’iniziativa “Ospedale Amico del Bambino” con l’obiettivo di assicurare che tutti gli ospedali accolgano nel miglior modo possibile i nuovi nati e diano sostegno all’allattamento al seno. Un ospedale è dichiarato “amico dei bambini” quando si impegna a non accettare campioni gratuiti o a buon mercato di surrogati del latte materno, biberon o tettarelle, e ad applicare  i “Dieci passi per la promozione, la protezione ed il sostegno dell'allattamento materno”.  

[18]   Cfr. art. 19 dell’A.C. 1237 e l’art. 5 dell’A.C. 587.

[19]   Cfr. art. 10 dell’A.C. 1237.

[20]   Cfr. art. 11 dell’A.C. 1237.

[21]   Cfr.  art. 12 dell’A.C. 1237.

[22]    Cfr.  art. 15 dell’A.C. 1237.

[23]    Cfr.  art. 2 dell’A.C. 1237.

[24]  Cfr.  art. 17 dell’A.C. 1237.

[25]  Cfr.  art. 18 dell’A.C. 1237.

[26]  Cfr.  art. 19 dell’A.C. 1237.

[27]  Cfr.  art. 20 dell’A.C. 1237.

[28]  Cfr.  art. 22 dell’A.C. 1237.

[29]   Ai sensi dell’articolo 8, comma 5, della legge 8 novembre 2000, n. 328 (Legge quadro per la realizzazione del sistema integrato di interventi e servizi sociali), la legge regionale disciplina il trasferimento ai comuni o agli enti locali delle funzioni indicate dal regio decreto-legge 8 maggio 1927, n. 798, concernente la disciplina dell’assistenza degli illegittimi, abbandonati o esposti all’abbandono.

[30]   La relazione illustrativa precisa che “i comuni attualmente sono tenuti, in base alle leggi regionali emanate, ad assistere esclusivamente i cittadini residenti nei loro ambiti territoriali, mentre con questa proposta di legge si intende estendere il diritto a tutte le donne interessate, indipendentemente dalla loro residenza anagrafica”.

[31]   L’articolo 20 della citata legge n. 328 del 2000 prevede che la ripartizione delle risorse del Fondo nazionale per le politiche sociali, destinato alla promozione e al raggiungimento degli obiettivi di politica sociale, sia effettuata annualmente con decreto del Ministro per la solidarietà sociale, sentiti i Ministri interessati, d'intesa con la Conferenza unificata.

[32]   Ai sensi dell’articolo 8, comma 6 della legge 5 giugno 2003, n. 131, Il Governo può promuovere la stipula di intese in sede di Conferenza Stato-Regioni o di Conferenza unificata, dirette a favorire l'armonizzazione delle rispettive legislazioni o il raggiungimento di posizioni unitarie o il conseguimento di obiettivi comuni.

[33]   Articolo 1, comma 34, della legge del 23 dicembre 1996, n. 662.

[34]   Cfr. l’articolo 9 dell’Intesa Stato Regioni del 23 marzo 2005.

[35]   Vedi a tale riguardo la legge 28 agosto 1997, n. 285 (Disposizioni per la promozione di diritti e di opportunità per l'infanzia e l'adolescenza).

[36]   Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 1° dicembre 1995, n. 509, recante disposizioni urgenti in materia di strutture e di spese del Servizio sanitario nazionale.

[37]    Decreto ministero della sanità 24.4.2000, in S.O. della G.U. n.131 del 7.6.2000.

[38]   Diritto del minore ad una famiglia.

[39]   Ratifica ed esecuzione della Convenzione per la tutela dei minori e la cooperazione in materia di adozione internazionale, fatta a L'Aja il 29 maggio 1993. Modifiche alla legge 4 maggio 1983, n. 184, in tema di adozione di minori stranieri.

[40]   Cfr. supplemento ordinario n. 95 alla G.U. del 18 giugno 2003.

[41]    Su base nazionale i bambini deceduti entro il primo anno di vita per 1000 abitanti erano pari al 20,5 nel 1975 e sono invece pari al 4,9 nel 1999.

[42]    7,33/1000 nati vivi a fronte del 3,0/ 1000.

[43]   Sul punto vedi anche le indicazioni contenute nei piani sanitari della Regione Emilia Romagna e Campania.

[44]   Istituzione dei consultori familiari.

[45]   Norme per la tutela sociale della maternità e sull'interruzione volontaria della gravidanza.

[46]   Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 1 dicembre 1995, n. 509, recante disposizioni urgenti in materia di strutture e di spese del Servizio sanitario nazionale (in particolare, art. 3 del D.L.).

[47]   Pubblicato nella Gazz. Uff. 3 novembre 2006, n. 256, S.O. (Repertorio atti n. 2648).

[48]   Cfr. il paragrafo 5.1.

[49]   In attuazione di una delega prevista dall'art. 3, comma 1, lett. f), della legge 23 ottobre 1992, n. 421.

[50]   Attuazione dell'art. 3, comma 1, lettera f), della legge 23 ottobre 1992, n. 421, recante benefici per le attività usuranti.

[51]   Per tali lavoratori, inoltre, i limiti di età introdotti dalla legge di riforma del sistema pensionistico per l'accesso alla pensione di anzianità nel regime retributivo sono ridotti fino al massimo di un anno (art. 1, comma 36, della l. 335/95).

[52]   Per quanto riguarda invece le pensioni che saranno liquidate esclusivamente con il nuovo sistema contributivo, i lavoratori impegnati in lavori particolarmente usuranti  hanno facoltà di optare tra una più elevata pensione (mediante applicazione di un coefficiente di trasformazione del montante contributivo maggiorato, rispetto all'età anagrafica all'atto del pensionamento, di un anno per ogni sei anni di occupazione nelle attività usuranti) o un anticipo, in proporzione corrispondente e fino al massimo di un anno, del diritto al conseguimento della pensione di vecchiaia (art. 1, comma 37, della l. 335/95).

[53]    A tale riguardo, si segnala che la legge 3 gennaio 1960, n. 5, prevede, all'art. 1, che i lavoratori delle miniere, cave e torbiere possano andare in pensione a 55 anni, purché siano stati addetti complessivamente, anche se con discontinuità, per almeno 15 anni a lavori di sotterraneo. L'art. 25 del D.P.R. 29 dicembre 1973, n. 1092, dispone invece che il servizio prestato dagli operai dello Stato addetti ai lavori insalubri (come definiti da ultimo dal decreto del Ministro della Sanità del 19 novembre 1981) o ai polverifici, sia maggiorato di un quarto.

[54]   Particolari disposizioni sono dettate anche dall’articolo 9 del decreto-legge n. 798 del 1927, il quale prevede il divieto di rivelare l’esito delle indagini compiute per accertare la maternità.

[55]   Convertito nella legge 6 dicembre 1928, n. 2838 (v. infra per ulteriori dettagli sui contenuti del regio decreto).

[56]   L’articolo 5 del decreto-legge n. 9 del 1993 prevede, invece, che le funzioni assistenziali, già di competenza delle province alla data di entrata in vigore della legge 8 giugno 1990, n. 142, sono restituite alla competenza delle province che le esercitano, direttamente o in regime di convenzione con i comuni, secondo quanto previsto dalle leggi regionali di settore.

[57]   Il Fondo è stato istituito dalla legge 27 dicembre 1997, n. 449.

[58]   La ripartizione per le diverse finalità avviene con decreto annuale del Ministro della solidarietà sociale, di concerto con il Ministero dell’economia, d’intesa con la Conferenza unificata Stato regioni ed autonomie locali.

[59]   Sul punto, appare rilevante anche la sentenza della Corte costituzionale 20 marzo 2006, n. 118, che ha dichiarato l'illegittimità dell’articolo 1, comma 153, della legge n. 311 del 2004, in quanto lesivo dell'autonomia finanziaria delle Regioni. Tale articolo, infatti, destina risorse del Fondo nazionale per le politiche sociali alla costituzione di un Fondo speciale finalizzato a promuovere politiche giovanili. In tal modo, secondo la Corte, il legislatore nazionale vincola risorse in una materia non riservata alla competenza legislativa esclusiva dello Stato.