Camera dei deputati - XV Legislatura - Dossier di documentazione (Versione per stampa)
Autore: Servizio Studi - Dipartimento attività produttive
Titolo: Misure per il cittadino consumatore e per agevolare le attività produttive e commerciali - A.C. 2272-bis-A - Schede di lettura - Esame in Assemblea - Tomo I
Riferimenti:
AC n. 2272-bis-A/XV     
Serie: Progetti di legge    Numero: 130    Progressivo: 1
Data: 29/05/2007
Descrittori:
COMMERCIO   PRIVATIZZAZIONI
SERVIZI E TERZIARIO   TUTELA DEI CONSUMATORI E DEGLI UTENTI
Organi della Camera: X-Attività produttive, commercio e turismo


Camera dei deputati

XV LEGISLATURA

SERVIZIO STUDI

Progetti di legge

Misure per il cittadino consumatore
e per agevolare le attività produttive
e commerciali

A.C. 2272-bis-A

Schede di lettura

Esame in Assemblea

 

 

 

 

 

 

 

n. 130/1

Tomo I

29 maggio 2007

 


La documentazione predisposta per l’esame del progetto di legge A.C. 2272 recante "Misure per il cittadino consumatore e per agevolare le attività produttive e commerciali, nonché interventi in settori di rilevanza nazionale" si articola nei seguenti fascicoli:

§         dossier n. 130 - Tomo I - A.C. 2272, Schede di lettura;

§         dossier n. 130 - Tomo II, Normativa di riferimento e documentazione;;

§         dossier n. 130/1 Tomo I-  A.C. 2272-bis-A, Schede di lettura per l’esame in Assemblea;

§         dossier n. 130/1 – Tomo II- Normativa di riferimento.

 

 

 

 

 

 

 

 

Alla redazione del dossier hanno collaborato i dipartimenti Affari sociali, Ambiente, Cultura, Esteri, Finanze, Giustizia, Istituzioni, Lavoro e Trasporti, nonché l’Ufficio Rapporti con l’unione europea (RUE).

 

Dipartimento Attività produttive

 

SIWEB

 

I dossier del Servizio studi sono destinati alle esigenze di documentazione interna per l'attività degli organi parlamentari e dei parlamentari. La Camera dei deputati declina ogni responsabilità per la loro eventuale utilizzazione o riproduzione per fini non consentiti dalla legge.

 

File: AP0124a1.doc

 


INDICE

Schede di lettura

Titolo I – Imprese e professioni più libere

§      Articolo 1 Eliminazione di ostacoli alle attività commerciali e alle prestazioni di servizi7

§      Articolo 2 Eliminazione di vincoli in materia di chiusura domenicale e festiva per le attività di panificazione  15

§      Articolo 3 Attività di intermediazione commerciale e di affari17

§      Articolo 4 Trasferimento dell'attività di farmacia  31

§      Articolo 5 Componentistica dei veicoli a motore  35

§      Articolo 6 Misure per la distribuzione del GPL  47

§      Articolo 7 Interpretazione autentica dell'articolo 22 del R.D. 23 agosto 1890 n. 7088, e adeguamenti normativi a tutela dei clienti finali direttamente connessi alle reti di trasporto di gas naturale  55

§      Articolo 8 Verifica della liberalizzazione dei servizi a terra negli aeroporti civili59

§      Articolo 9 Trasparenza delle tariffe nel settore trasporti65

§      Articolo 10 Misure in materia di trasporto ferroviario  67

§      Articolo 11 Misure in materia di trasporto innovativo  73

§      Articolo 12 Incentivi87

§      Articolo 13 Clausole anticoncorrenziali in tema di responsabilità civile auto  91

Titolo II – Impresa più facile

§      Articolo 14 Delega al Governo in materia di norme ed enti tecnici, certificazioni e dichiarazioni di conformità da parte di enti tecnici accreditati indipendenti95

§      Articolo 15 Delega al Governo per il riassetto normativo delle prescrizioni e degli adempimenti procedurali applicabili alle imprese  101

§      Articolo 16 Semplificazione della procedura per la verifica degli impianti a pressione e degli apparecchi di sollevamento  109

§      Articolo 17 Agevolazioni per i prodotti del commercio equo e solidale  115

§      Articolo 18 Modifiche all'articolo 3 del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380  119

§      Articolo 19 Delega al Governo per la semplificazione delle procedure per il rilascio del certificato di prevenzione incendi121

§      Articolo 20 Delega al Governo in materia di disposizioni fiscali per favorire la capitalizzazione delle imprese  127

§      Articolo 21 Delega al Governo in materia di agevolazioni relative all'acquisto di immobili alberghieri137

§      Articolo 22 Erogazione di incentivi pubblici143

§      Articolo 23 Misure di semplificazione in materia di cooperazione  145

§      Articolo 24 Disposizioni in materia di società cooperative  151

§      Articolo 25 Interventi a favore delle imprese di spettacolo e di cultura  159

§      Articolo 26 Pubblicazione informatica dell’albo pretorio  167

§      Articolo 27 Semplificazione e abolizione di alcune procedure e certificazioni dovute dalle imprese  171

§      Articolo 28 Esclusione delle piccole imprese da alcuni adempimenti in materia di trattamento di dati personali177

§      Articolo 29 Misure in materia di rappresentanza dell'imprenditore e di compimento di operazioni telematiche  179

§      Articolo 30 Posta elettronica certificata  185

§      Articolo 31 Conservazione ottica sostitutiva  193

§      Articolo 32 Tenuta dei libri obbligatori ed elenco dei soci nelle società a responsabilità limitata  197

§      Articolo 33 Interventi per lo sviluppo delle piccole imprese  201

Titolo III– Cittadino e consumatore

§      Articolo 34 Nullità della clausola di massimo scoperto  203

§      Articolo 35 Disposizioni a tutela degli utenti dei pubblici servizi209

§      Articolo 36 Disposizioni per ridurre le dichiarazioni IRPEF e agevolare la vita dei cittadini215

§      Articolo 37 Modifiche all'articolo 144-bis del codice di cui al decreto legislativo 6 settembre 2005, n. 206, recante disposizioni per la tutela dei consumatori219

§      Articolo 38 Disposizioni in materia di mutui e operazioni di finanziamento  231

§      Articolo 39 Interpretazione autentica in materia di durata delle operazioni di finanziamento  237

§      Articolo 40 Disposizioni sui prestiti vitalizi ipotecari241

§      Articolo 41 Delega al Governo in materia di modernizzazione degli strumenti di pagamento  247

§      Articolo 42 Diffusione dei dati ipotecari e catastali e semplificazioni nelle comunicazioni265

§      Articolo 43 Famiglie di invalidi civili minori265

§      Articolo 44 Tutela del consumatore nei servizi assicurativi265

§      Articolo 45 Modifica dell'articolo 45 del codice delle comunicazioni elettroniche  265

§      Articolo 46 Riqualificazione energetica degli edifici265

§      Articolo 47 Interventi finalizzati al risparmio energetico negli edifici265

§      Articolo 48 Certificato di chiusa inchiesta  265

§      Articolo 49 Stazioni sperimentali per l’industria  265

Titolo IV– Semplificazione del regime e della circolazione giuridica dei veicoli

§      Articolo 50 Portabilità della targa dei veicoli265

§      Articolo 51 Regime giuridico degli autoveicoli, dei motoveicoli e dei rimorchi265

§      Articolo 52 Personale del pubblico registro automobilistico  265

§      Articolo 53 Disposizioni in materia fiscale  265

§      Articolo 54 Regolamenti di attuazione  265

§      Articolo 55 Sanzioni265

§      Articolo 56 Modificazioni, abrogazioni e disposizioni transitorie  265

§      Articolo 57 Modifiche al codice della strada  265

§      Articolo 58 Legge annuale per la promozione della concorrenza  e della tutela dei consumatori265

Titolo V– Norme finali

§      Articolo 59 Collaborazione tra Stato, regioni e autonomie locali265

§      Articolo 60 Disposizioni particolari per le regioni a statuto speciale  e le province autonome  265

§      Articolo 61 Invarianza della spesa  265

Progetto di legge

§      A.C. N. 2272-bis-A, (Governo), Misure per il cittadino consumatore e per agevolare le attività produttive e commerciali, nonché interventi in settori di rilevanza nazionale  265

 


Schede di lettura

 


Articolo 1
Eliminazione di ostacoli alle attività commerciali
e alle prestazioni di servizi

 

TESTO
del disegno di legge

TESTO
della Commissione

Art. 1.

(Eliminazione di ostacoli alle attività commerciali).

Art. 1.

(Eliminazione di ostacoli alle attività commerciali e alle prestazioni di servizi).

      1. Al fine di garantire la libertà di concorrenza in condizioni di pari opportunità sul territorio nazionale e il corretto e uniforme funzionamento del mercato, nonché di assicurare ai consumatori finali migliori condizioni di accesso all'acquisto di prodotti e di servizi sul territorio nazionale e alle attività di distribuzione commerciale e di servizio, non possono essere poste limitazioni alla possibilità di abbinare nello stesso locale o nella stessa area la vendita di prodotti e di servizi complementari e accessori rispetto a quella principale o originaria, fatti salvi il rispetto delle norme urbanistiche, edilizie, igienico-sanitarie e di sicurezza nei luoghi di lavoro, nonché la distinzione fra settore merceologico alimentare e non alimentare. Tale principio si applica anche alla distribuzione dei carburanti.

      1. Al fine di garantire la libertà di concorrenza in condizioni di pari opportunità sul territorio nazionale e il corretto e uniforme funzionamento del mercato, nonché di assicurare ai consumatori finali migliori condizioni di accesso all'acquisto di prodotti e di servizi sul territorio nazionale e alle attività di distribuzione commerciale e di servizio, non possono essere poste limitazioni alla possibilità di abbinare nello stesso locale o nella stessa area la vendita di prodotti e di servizi complementari e accessori rispetto a quella principale o originaria, fatti salvi il rispetto delle norme urbanistiche, edilizie, tributarie in materia di accisa, igienico-sanitarie, di quelle a tutela della salute pubblica e della pubblica sicurezza e di sicurezza stradale, ambientale, di prevenzione incendi e nei luoghi di lavoro, nonché la distinzione fra settore merceologico alimentare e non alimentare Tale principio si applica anche alla distribuzione dei carburanti. Negli orari di apertura dell'esercizio è comunque sempre consentita la vendita di tutti i prodotti e servizi abbinati.

      2. Al fine di assicurare un corretto funzionamento del mercato secondo i princìpi della concorrenza, nonché una maggiore possibilità di accesso al servizio da parte del consumatore, l'installazione e l'attività di un impianto di distribuzione dei carburanti non possono essere subordinate al rispetto del criterio della distanza minima o di parametri numerici prestabiliti né alle limitazioni di cui al comma 1.

      2. Al fine di assicurare un corretto funzionamento del mercato secondo i princìpi della concorrenza, nonché una maggiore possibilità di accesso al servizio da parte del consumatore, l'installazione e l'attività di un impianto di distribuzione dei carburanti non possono essere subordinate al rispetto del criterio della distanza minima tra impianti ed a contingentamenti numerici.

      3. A decorrere dalla data di entrata in vigore della presente legge sono abrogate tutte le disposizioni legislative e regolamentari statali incompatibili con le disposizioni di cui ai commi 1 e 2.

      3. Le regioni, nell'ambito dei propri poteri di programmazione, individuano i criteri finalizzati a garantire la promozione della concorrenza, nonché a favorire la riqualificazione e l'ammodernamento della rete di distribuzione dei carburanti e una maggiore possibilità di accesso a prodotti e servizi da parte del consumatore, nel rispetto di quanto previsto dai commi 1 e 2.

      4. Le regioni e gli enti locali adeguano le proprie disposizioni legislative e regolamentari ai princìpi di cui ai commi 1 e 2 entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge.

      4. Le regioni e gli enti locali adeguano le proprie disposizioni legislative e regolamentari ai princìpi di cui ai commi 1, 2 e 3, entro dodici mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge.

 

      5. Al fine di agevolare l'utilizzo del gas metano per autotrazione, l'Autorità per l'energia elettrica e il gas, con delibera da adottare entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, determina i criteri di vettoriamento attraverso le reti di trasporto e distribuzione del gas naturale utilizzato come carburante tenendo conto della sua specificità.

 

 

L’articolo 1 reca disposizioni volte alla rimozione di ostacoli nell’ambito di attività commerciali tra loro complementari - tra le quali rientra anche l’attività di distribuzione dei carburanti - al fine di assicurare la libertà di concorrenza in condizioni di pari opportunità sull’intero territorio nazionale, il funzionamento corretto e uniforme del mercato e un accesso facilitato ai servizi da parte dei consumatori finali. Una integrazione introdotta dalla X Commissione ha esteso la rimozione di ostacoli anche alle prestazioni di servizi. Di conseguenza si è provveduto alla correzione in tal senso della rubrica dell’articolo stesso.

Il comma 1 vieta qualsiasi limitazione ad un possibile abbinamento nello stesso locale o nella medesima area della vendita di prodotti o di servizi complementari e accessori rispetto a quelli principali.

 

E’ fatto salvo il rispetto delle norme in materia urbanistica, edilizia, igienico-sanitaria e di sicurezza in ambito lavorativo, come pure la distinzione tra settore merceologico alimentare e non alimentare.

A seguito di una integrazione apportata in sede d’esame presso la X Commissione, alle citate norme si sono aggiunte quelle tributarie in materia di accisa, quelle a tutela della salute pubblica della pubblica sicurezza e di sicurezza stradale, ambientale e di prevenzione incendi.

Un’ulteriore integrazione al comma 1 consente comunque sempre la vendita di tutti i prodotti e dei servizi abbinati durante gli orari di apertura dell'esercizio.

Si ricorda che la distinzione tra settore alimentare e non  è stata introdotta dal D.Lgs. 31 marzo 1998, n. 114(Riforma della disciplina relativa al settore del commercio, a norma dell'articolo 4, comma 4, della L. 15 marzo 1997, n. 59), con il quale si è provveduto alla liberalizzazione del settore. Tra le novità del decreto va, indubbiamente, annoverata la semplificazione del sistema delle tabelle merceologiche introdotta dall’articolo 5 (che regolamenta l'accesso all'attività commerciale) che al comma 1 consente l’esercizio dell’attività commerciale con riferimento a due soli settori merceologici, alimentare e non alimentare, in luogo delle 14 tabelle merceologiche previste in precedenza dal DM 375/1988. Si ricorda in proposito che per l’esercizio, in qualsiasi forma, di un’attività di commercio relativa al settore merceologico alimentare, l'articolo 5 prevede l'obbligo di un corso professionale, al quale può essere equiparata l'acquisizione della pratica commerciale in proprio o quale dipendente o familiare coadiutore.

Il comma 2 riguarda in particolare l’installazione e l’attività degli impianti di distribuzione dei carburanti, in riferimento alle quali è vietata la subordinazione al criterio di distanza minima tra impianti e a contingentamenti numerici (in luogo di parametri numerici come previsto dal testo originario del Governo). Con la modifica introdotta dalla X Commissione viene meno il divieto di subordinazione alle limitazioni di cui al precedente comma 1, previsto nel testo originario del DDL.

La necessità di una riforma del settore in senso favorevole alla liberalizzazione è stata espressa (come ricorda la stessa relazione governativa) anche dall’Autorità garante della concorrenza e del mercato con la segnalazione AS283 del 10 novembre 2004, nella quale l’Antitrust ha evidenziato come gli obiettivi di razionalizzazione e liberalizzazione del settore perseguiti dalla normativa nazionale di riforma (decreto legislativo 11 febbraio 1998, n. 32; legge 28 dicembre 1999, n. 496; decreto ministeriale 31 ottobre 2001) non siano stati conseguiti “nella misura necessaria a garantire l’effettivo raggiungimento degli attesi guadagni di efficienza e a rendere possibile il loro trasferimento ai consumatori, attraverso una riduzione dei prezzi al consumo”.

L’Autorità ha indicato una serie di vincoli normativi nazionali che regionali che per il loro effetto cumulativo si traducono sostanzialmente in un ostacolo alla capacità competitiva degli operatori non integrati verticalmente, sia per quelli già attivi nel settore petrolifero (grossisti o retisti), sia per i potenziali entranti (imprese della grande distribuzione commerciale. A livello nazionale ha segnalato:

§         l’uniformazione per via normativa degli orari di servizio di impianti con caratteristiche dimensionali e qualitative molto diverse, livellati alle esigenze delle gestioni minori, che penalizza le imprese che investono per realizzare nuovi e più moderni punti vendita. Al proposito l’Autorità auspica la previsione di un regime più flessibile in termini di orario massimo di servizio e modulazione dei periodi di servizio e riposo, svincolata dall’obbligo di chiusura di almeno settemila impianti (di cui all’articolo 7 del D.Lgs. 11 febbraio 1998, n. 32);

§         le prescrizioni che definiscono per via normativa bacini di utenza, distanze minime obbligatorie tra impianti e superfici minime di riferimento per le attività commerciali (misure regolamentari presenti nelle loro linee essenziali nel Piano nazionale approvato con DM 31 ottobre 2001) che si traducono nella predeterminazione di un numero massimo di operatori, e di fatto ostacolano l’apertura di nuovi punti vendita costituiti da strutture moderne;

§         l’indicazione normativa della tipologia di nuovi impianti autorizzabili, delineata nei suoi caratteri essenziali dall’articolo 2, comma 2-bis del DL n. 383/99 e demandata dal citato DM 31 ottobre 2001 alla programmazione regionale per la specificazione degli standards qualitativi in relazione alle esigenze di ciascun territorio. Secondo l’Antitrust l’imposizione a livello normativo per i nuovi impianti di self service post payment, quelli più convenienti per il consumatore, di dotarsi di servizi e attività commerciali integrativi per l’automobilista e per l’automobile, comporta, in termini economici, solo un aumento dei costi e scoraggia l’accesso di operatori che seguono una strategia commerciale di decisa riduzione dei prezzi attraverso il contenimento dei costi e l’incremento dei volumi di vendita.

Con riferimento alle norme regionali di attuazione della disciplina nazionale, l’Autorità ha affermato che il quadro giuridico vigente si caratterizza per un irrigidimento delle prescrizioni fissate dalle norme nazionali a seguito dell’entrata in vigore del DM 31 ottobre 2001, e presenta notevoli differenze tra le singole regioni con conseguente disomogeneità nelle condizioni richieste per operare nel settore. I vincoli più significativi presenti nel le normative regionali sono generalmente riferibili a: definizione di bacini di utenza caratterizzati da ridotte dimensioni; classificazione degli stessi come eccedentari o deficitari in base a criteri quantitativi predeterminati, con conseguente fissazione di un limite numerico di nuovi impianti realizzabili;  specificazione degli standards qualitativi che devono caratterizzare i nuovi impianti; fissazione della superficie minima di riferimento per ciascuna tipologia di impianto; introduzione di vincoli negli orari e nei turni. Sempre secondo l’Autorità le disposizioni attuative delle norme nazionali adottate da alcune regioni si sono rivelate particolarmente stringenti, come nel caso della determinazione delle distanze minime obbligatorie per l’istallazione di nuovi impianti, fissata in talune realtà locali in quindici-venti chilometri. Inoltre, in alcune normative regionali un ulteriore ostacolo all’ingresso nel mercato da parte dei potenziali entranti sprovvisti di rete distributiva è costituito dalla previsione dell’obbligo di chiusura di un determinato numero di impianti quale condizione per l’apertura di nuovi punti vendita. Tale obbligo, previsto dal D.Lgs. n. 32/98 solo in via transitoria, viene mantenuto e in alcune regioni sia nel caso di nuove autorizzazioni sia nel caso di trasferimento di autorizzazioni esistenti.

 

Si ricorda che l’Autorità è intervenuta nuovamente sull’argomento con la recente segnalazione AS379 del 18 gennaio 2007, nella qualesottolinea come agli auspici espressi nel precedente intervento non siano seguite modifiche legislative adeguate, sia a livello nazionale che regionale. Al contrario, dall’analisi delle normative adottate nel corso degli ultimi due anni dalle amministrazioni regionali e locali, è emerso in modo evidente come gli ampimargini di discrezionalità ad esse riconosciuti dalla legislazione nazionale siano stati utilizzati in genere in modo difforme rispetto ai suggerimenti formulati nel precedente intervento.

Secondo l’Autorità nell’attuazione delle previsioni contenute nella normativa nazionale che affida loro, nella determinazione dei criteri per l’installazione dei nuovi impianti, la definizione dei bacini di utenza; delle superfici minime in funzione della localizzazione dell’impianto; nonché delle distanze minime obbligatorie (decreto ministeriale 31 ottobre 2001 recante Approvazione del Piano nazionale contenente le linee guida per l’ammodernamento del sistema distributivo dei carburanti), le regioni “hanno adottato misure di pianificazione dell'offerta volte a cristallizzare gli assetti distributivi esistenti, favorendo di fatto gli interessi degli operatori già presenti sul mercato”.

L’Autorità segnala, inoltre, alcune normative regionali che continuano a prevedere l’obbligo di chiusura di un determinato numero di impianti quale condizione per l’apertura o per il trasferimento di nuovi punti vendita, rendendo di fatto definitiva una previsione transitoria contenuta nel D.Lgs. 32/98 (fino al 30 giugno 2000, ex articolo 3, co. 1, D.Lgs. n. 32/98) per agevolare la razionalizzazione e l’ammodernamento della rete distributiva.

Il comma 3, riformulato, demanda alle regioni l’individuazione - nell’ambito dei relativi poteri di programmazione e nel rispetto di quanto previsto dai commi 1 e 2 - dei criteri per:

§         garantire la promozione della concorrenza;

§         favorire la riqualificazione e l'ammodernamento della rete di distribuzione dei carburanti;

§         favorire una maggiore possibilità di accesso a prodotti e ai servizi da parte del consumatore.

Il comma 4 prevede l’adeguamento da parte delle regioni e degli enti locali delle rispettive disposizioni, sia legislative che regolamentari, ai principi riportati nei precedenti commi 1 e 2, entro il termine di 12 mesi dall’entrata in vigore del presente provvedimento non previsto nel testo originario del provvedimento.

Il comma 5, aggiunto durante l’esame presso la X Commissione, rinvia ad una delibera della l'Autorità per l'energia elettrica e il gas la determinazione dei criteri di vettoriamento, attraverso le reti di trasporto e di distribuzione, del gas naturale utilizzato come carburante, tenendo conto della sua specificità. Il termine ultimo per l’adozione della delibera è fissato in sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge.

 

 

Quadro normativo

Si ricorda che nel corso della XIII legislatura il sistema di distribuzione dei carburanti è stato oggetto di una profonda riforma operata, in attuazione della legge 59 del 1997 (c.d. legge Bassanini), con il D.Lgs. 11 febbraio 1998, n. 32, successivamente modificato in più punti dal D.Lgs. 8 settembre 1999, n. 346 e dal DL 383/99 ai quali ha fatto seguito l’art. 19 della legge 57/2001 che ha prescritto l’adozione di un Piano nazionale emanato con DM 31 ottobre 2001, con il quale alle regioni è stata  riconosciuta una importante funzione programmatoria.

Il D.Lgs. 11 febbraio 1998, n. 32, che ha ridisciplinato interamente la materia del sistema di distribuzione dei carburanti sulla rete di viabilità ordinaria[1], rappresenta il punto di partenza e la base normativa essenziale del processo di riforma del settore.

I principi ispiratori del decreto possono essere così riassunti :

a)         liberalizzazione dell’attività di distribuzione, tramite l’abolizione del previgente regime concessorio, sostituito da un’autorizzazione comunale, e la liberalizzazione degli orari e della vendita nelle stazioni di servizio di prodotti non petroliferi (c.d. settore non oil);

b)         ristrutturazione della rete distributiva, in direzione di una riduzione del numero di impianti e della riqualificazione di quelli restanti, per aumentarne la reddittività e la sicurezza e migliorare il servizio all’utenza.

Con riferimento alle competenze regionali e comunali in materia il D.Lgs. n. 32 ha previsto che ai comuni fosse attribuito il compito di rideterminare, entro un breve termine, i criteri, i requisiti e le caratteristiche delle aree per l'installazione dei nuovi impianti, disponendo contestualmente l'adeguamento degli strumenti urbanistici, così da non creare contrasti fra le due discipline. Tuttavia tale obiettivo, che presupponeva un'azione incisiva da parte dei comuni, è stato conseguito parzialmente e prevalentemente sulla base delle iniziative volontarie di chiusura da parte delle aziende.

L'articolo 3 del D.Lgs. n. 32/98 che ha provveduto a disciplinare il passaggio dal vecchio al nuovo regime ha definito un programma di chiusure graduali, in modo da omologare la rete italiana a quella europea e di riqualificazione degli impianti di distribuzione (commi 1, 2, 3 e 7), con alcune deroghe parziali (commi 4 e 8). Ha infatti previsto, al comma 1 un periodo transitoriodurante il qualel’apertura di nuovi impianti veniva subordinata alla chiusura di impianti già esistenti (fino al 30 giugno 2000).

L'articolo 7intervenendo in materia diorarie di turnazioni degli impianti di distribuzione dei carburanti, ha previsto che al termine del periodo transitorio di cui all’art. 3, e a fronte della chiusura di almeno 7000 impianti, il gestore potesse aumentare l’orario massimo di servizio fino al 50% dell’orario minimo stabilito e definire autonomamente la modulazione dell’orario e dei periodi di riposo previa comunicazione al comune.

Il successivo D.Lgs 346/99 di modifica del decreto 32 ha rivisto la tempistica precedentemente stabilita fissando termini più stretti per i comuni, con poteri sostitutivi da parte delle regioni in caso di inadempienza. Ulteriori elementi di liberalizzazione sono stati, poi, introdotti dal DL 383/99, conv. con modif. dalla legge 496/99. Infine, l’articolo 19 della legge n. 57/01 "Disposizioni in materia di apertura e regolazione dei mercati"ha previsto l’adozione da parte del Ministro dell’industria, d’intesa con la Conferenza unificata, di un Piano nazionale contenente le linee guida per l’ammodernamento del sistema di distribuzione dei carburanti in coerenza con il quale le regioni sono state chiamate a provvederanno alla redazione di piani regionali sulla base di precisi indirizzi. Il Piano è stato approvato con il DM 31 ottobre 2001.

Documentazione predisposta dall’Ufficio RUE

Procedure di contenzioso

Il 12 ottobre 2005la Commissione ha inviato all’Italia una lettera di messa in mora[2]per esser venuta meno, in relazione alla normativa che fissa le condizioni per l’apertura e la gestione di impianti di distribuzione di carburante, agli obblighi imposti dall’articolo 43 del trattato CE relativo alla libertà di stabilimento[3].

L’articolo 226 del Trattato che istituisce la Comunità europea (TCE) prevede che la Commissione, quando reputi che uno Stato membro abbia mancato a uno degli obblighi a lui incombenti in virtù di detto Trattato, possa porlo, attraverso l’invio di una lettera di messa in mora, in condizione di presentare le sue osservazioni. La procedura d’infrazione può proseguire con l’invio di un parere motivato, che rappresenta la seconda e ultima fase della procedura d’infrazione, prima che la Commissione europea proceda al deferimento formale dello Stato membro davanti alla Corte di giustizia, affinché accerti la sussistenza di una violazione del diritto comunitario.

In particolare, i rilievi mossi dalla Commissione riguardano alcune disposizioni adottate a livello nazionale[4] e regionale[5], che definiscono i criteri per la razionalizzazione della rete distributiva specificando, ad esempio, il numero massimo di impianti che possono essere installati in una data zona e le loro tipologie; la superficie minima e le distanze minime fra impianti; gli orari di apertura. Tali disposizioni, secondo la Commissione configurerebbero restrizioni alla libertà di stabilimento, ostacolerebbero l’ingresso di nuovi operatori sul mercato italiano, favorendo gli operatori esistenti. In base alla giurisprudenza consolidata della Corte di giustizia[6], inoltre, alcuni criteri definiti dalle norme possono essere considerati restrittivi, in quanto in grado di ostacolare o scoraggiare l’esercizio delle libertà fondamentali, garantite dal trattato CE.

Si ricorda, infatti, che secondo la consolidata giurisprudenza della Corte di Giustizia, gli articoli 43 e 49 TCE prescriverebbero non solo l'eliminazione di qualsiasi discriminazione nei confronti del prestatore di servizi stabilito in un altro Stato membro in base alla sua cittadinanza, ma anche la soppressione di qualsiasi restrizione tale da vietare, ostacolare o rendere meno attraenti le attività del prestatore stabilito in un altro Stato membro ove fornisca legittimamente servizi analoghi[7].

 

 


Articolo 2
Eliminazione di vincoli in materia di chiusura domenicale e festiva per le attività di panificazione

TESTO
del disegno di legge

TESTO
della Commissione

 

Art. 2

(Eliminazione di vincoli in materia di chiusura domenicale e festiva per le attività di panificazione).

 

      1. Al fine di favorire la promozione di condizioni di pari opportunità ed un assetto maggiormente concorrenziale nel settore della panificazione, nonché di assicurare ai consumatori una più ampia accessibilità ai relativi prodotti, all'attività di panificazione si applicano gli articoli 11, commi 4 e 5, 12 e 13 del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 114. Il secondo periodo dell'articolo 11, comma 13, della legge 3 agosto 1999, n. 265, è soppresso.

 

 

L’articolo 2, introdotto in corso d’esame presso la X Commissione, estende alle attività di panificazione le disposizioni in materia di orari di vendita contenute nel D.Lgs. 114/98 che prevedono deroghe all’obbligo di chiusura settimanale e festiva degli esercizi.

Scopo della norma è quella di favorire condizioni di pari opportunità e una maggiore concorrenza del settore della panificazione e, al contempo, di assicurare una maggiore accessibilità ai prodotti da parte dei consumatori.

In particolare, la norma in commento prevede l’applicazione al settore degli articoli 11, comma 4 e 5, 12 e 13 del citato decreto legislativo di liberalizzazione del settore commerciale e la contestuale soppressione dell’articolo 11, comma 13, della legge 265/99[8] nel quale già è prevista l’applicazione all’attività di panificazione delle citate disposizioni del D.Lgs. 114, ad eccezione del comma 5 dell’art. 11.

 

Il titolo IV (art. 11-13) del D.Lgs 31 marzo 1998, n. 114Riforma della disciplina relativa al settore del commercio, a norma dell'articolo 4, comma 4, della L. 15 marzo 1997, n. 59", reca la disciplina degli orari degli esercizi di vendita al dettaglio, nonché le eventuali deroghe agli obblighi imposti in materia, individuando, altresì, le tipologie di esercizi commerciali esclusi dalla predetta disciplina.

In generale prevede che gli esercizi commerciali al dettaglio possano restare aperti al pubblico per un massimo di 13 ore, nella fascia compresa tra le 7 e le 22. La domenica e i giorni festivi sono giornate di chiusura, tranne che in dicembre e per 8 settimane l’anno. Sono previste deroghe per i comuni turistici e per le città d’arte. Le regioni stabiliscono un'eventuale mezza giornata di chiusura infrasettimanale. Il comune può, a sua volta, autorizzare la vendita notturna per un limitato numero di negozi di vicinato. Il comma 4, in particolare prevede  l'obbligo di chiusura domenicale e festiva degli esercizi di vendita al dettaglio, nonché di mezza giornata infrasettimanale nei casi stabiliti dal comune, al quale spetta, altresì, ai sensi del comma 5, il compito di individuare giorni e zone del territorio nei quali è consentita la deroga all'obbligo di chiusura domenicale e festiva. Detti giorni comprendono anche quelli del mese di dicembre e ulteriori otto domeniche o festività nel corso degli altri mesi dell'anno.

L’’art. 12 contempla la facoltà di derogare all'obbligo di chiusura domenicale e festiva e di determinare liberamente gli orari di apertura agli operatori commerciali, limitatamente alle zone del territorio comunale ad economia prevalentemente turistica ealle città d'arte. Nelle predette località - alla cui individuazione dovranno provvedere le regioni e le province autonome di Trento e Bolzano - le organizzazioni locali dei consumatori, delle imprese commerciali e turistiche e dei lavoratori indipendenti potranno stipulare accordi da sottoporre al sindaco per l'esercizio delle funzioni di coordinamento degli orari di esercizi commerciali, servizi pubblici e uffici periferici dell'amministrazione, al fine di armonizzare l’esplicazione dei servizi con le esigenze complessive e generali degli utenti. Lo scopo è quello di garantire livelli adeguati di servizi e di informazioni, specie nei periodi caratterizzati da intenso afflusso turistico.

Le "Disposizioni speciali" recate dall'art. 13 del decreto, elencano gli esercizi commerciali esclusi dalla disciplina degli orari, qualora le attività di vendita siano svolte in maniera esclusiva e prevalente[9]. Limitatamente agli esercizi del settore alimentare, in caso di più di due festività consecutive è previsto l'obbligo di garantire l'apertura al pubblico, secondo modalità definite dal sindaco. I comuni possono autorizzare le vendite in orario notturnoper un numero limitato di esercizi di vicinato, tenendo conto delle esigenze degli utenti e delle caratteristiche del territorio.

 

 


Articolo 3
Attività di intermediazione commerciale e di affari

 

TESTO
del disegno di legge

TESTO
della Commissione

Art. 2.

(Attività di intermediazione commerciale e di affari).

Art. 3.

(Attività di intermediazione commerciale e di affari).

 

      1. Sono considerate attività di intermediazione commerciale e di affari le seguenti:

      1. Identico.

 

          a) agente di affari in mediazione;

 

 

          b) agente immobiliare;

 

 

          c) agente d'affari;

 

 

          d) agente e rappresentante di commercio;

 

 

          e) mediatore marittimo;

 

 

          f) spedizioniere;

 

 

          g) raccomandatario marittimo.

 

 

      2. Le attività di cui al comma 1, salvo quanto previsto dal comma 5, possono essere svolte previa presentazione della dichiarazione di inizio di attività, ai sensi della normativa vigente, alla camera di commercio, industria, artigianato e agricoltura competente per territorio, corredata delle autocertificazioni e delle certificazioni attestanti il possesso dei requisiti soggettivi, morali, professionali, tecnici e finanziari, ove prescritti dalla legislazione vigente.

      2. Identico.

 

      3. Le camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura verificano il possesso dei requisiti di legge da parte degli esercenti le attività di cui al comma 1 e iscrivono i relativi dati nel registro delle imprese, se l'attività è svolta in forma di impresa, oppure nel repertorio delle notizie economiche e amministrative (REA) previsto dall'articolo 8, comma 8, lettera d), della legge 29 dicembre 1993, n. 580, e dal relativo regolamento di attuazione, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 7 dicembre 1995, n. 581, e successive modificazioni, assegnando ad essi la qualifica di intermediario distintamente per tipologia di attività.

      3. Identico.

 

      4. Per l'attività di agente di affari in mediazione e di agente immobiliare è soppresso il ruolo di cui all'articolo 2 della legge 3 febbraio 1989, n. 39, e successive modificazioni.

      4. Identico.

 

      5. Le disposizioni del presente articolo si applicano alle attività di agente d'affari di cui al comma 1, lettera c), con esclusione di quelle relative al recupero di crediti e ai pubblici incanti, per le quali resta ferma l'applicazione dell'articolo 115 del testo unico delle leggi di pubblica sicurezza, di cui al regio decreto 18 giugno 1931, n. 773.

      5. Identico.

 

      6. Per l'attività di agente o rappresentante di commercio, in attuazione della direttiva 86/653/CEE del Consiglio, del 18 dicembre 1986, è soppresso il ruolo di cui all'articolo 2 della legge 3 maggio 1985, n. 204.

      6. Identico.

 

      7. Per l'attività di mediatore marittimo è soppresso il ruolo di cui agli articoli 1 e 4 della legge 12 marzo 1968, n. 478.

      7. Identico.

 

      8. Per l'attività di spedizioniere è soppresso l'elenco autorizzato di cui all'articolo 2 della legge 14 novembre 1941, n. 1442.

      8. Identico.

 

      9. Per l'attività di raccomandatario marittimo è soppresso l'elenco interprovinciale di cui all'articolo 6 della legge 4 aprile 1977, n. 135.

      9. Identico.

 

      10. A decorrere dalla data di entrata in vigore della presente legge, sono abrogate le disposizioni di legge e di regolamento statali incompatibili con le disposizioni del presente articolo. Con decreto del Ministro dello sviluppo economico, da emanare entro i due mesi successivi alla suddetta data di entrata in vigore, sono disciplinate le modalità di iscrizione nel registro delle imprese e nel REA dei soggetti iscritti negli elenchi, albi e ruoli di cui al presente articolo, nonché le nuove procedure di iscrizione, in modo da garantire l'invarianza degli oneri complessivi per la finanza pubblica.

      10. A decorrere dalla data di entrata in vigore della presente legge, sono abrogate le disposizioni di legge e di regolamento statali incompatibili con le disposizioni del presente articolo. Con decreto del Ministro dello sviluppo economico, da emanare entro i due mesi successivi alla suddetta data di entrata in vigore, sono disciplinate le modalità di trascrizionenel registro delle imprese e nel REA dei soggetti iscritti negli elenchi, albi e ruoli di cui al presente articolo, nonché le nuove procedure di iscrizione per i nuovi operatori, in modo da garantire l'invarianza degli oneri complessivi per la finanza pubblica.

 

 

      11. Resta fermo per coloro che svolgono, o intendono svolgere, le attività di cui al comma 1, l'obbligo di iscriversi all'ente di cui all'articolo 5 della legge 2 febbraio 1973, n. 12.

 

 

 

L’articolo 3 disciplina, unificandole e provvedendo alla soppressione dei relativi ruoli ed elenchi, alla cui iscrizione è attualmente subordinato il loro esercizio, le attività di intermediazione commerciale e di affari tra le quali rientrano, ai sensi del comma 1:

a)      l’agente di affari in mediazione;

b)      l’agente immobiliare;

c)      l’agente di affari;

d)      l’agente e rappresentante di commercio;

e)      il mediatore marittimo;

f)        lo spedizioniere;

g)      il raccomandatario marittimo.

 

Secondo la relazione governativa che accompagna il disegno di legge in esame le disposizioni dell’articolo in commento sono volte al superamento delle restrizioni attualmente imposte all’esercizio delle suindicate attività professionali dalla normativa nazionale, in contrasto con la normativa comunitaria che esclude la necessità di iscrizione in ruoli ai fini dell’esercizio di dette professioni (si cita la direttiva 86/653/CE e la sentenza della Corte di giustizia delle Comunità europee del 6 marzo 2003 per le quali si rinvia alla scheda di commento al comma 6 del presente articolo )

Sia l’unificazione dei profili professionali individuati dal comma 1 nell’unica categoria degli “intermediari commerciali e di affari”, sia la soppressione di ruoli ed elenchi, di cui ai successivi commi, sostituiti unicamente dalla DIA rispondono, pertanto, ad esigenze di liberalizzazione e di promozione della concorrenza.

La stessa relazione ricorda come la necessità di rimuovere le attuali restrizioni sia stata espressa anche dall’Autorità garante della concorrenza e del mercato in una segnalazione del 18 ottobre 2001 (AS 219) con riferimento all’attività di agente o rappresentante di commercio disciplinata dalla legge 204/85, ritenendo che le disposizioni della legge (cfr.scheda relativa al comma 6) possano determinare ingiustificate restrizioni della concorrenza, in quanto subordinano l'esercizio dell'attività di agente commerciale alla condizione dell'iscrizione al ruolo.

 

Ai sensi del comma 2 dell’articolo in esame per lo svolgimento delle attività unificate nella nuova categoria dell’intermediazione commerciale e di affari è sufficiente la previa presentazione alla camera di commercio competente per territorio della dichiarazione di inizio attività (DIA). Tale dichiarazione dovrà essere accompagnata da autocertificazioni e certificazioni che attestano il possesso dei requisiti eventualmente prescritti dalle norme in vigoreper lo svolgimento dell’attività.

Sono fatte salve le disposizioni del successivo comma 5 relative alle attività di agente d’affari.

La dichiarazione di inizio attività (DIA) è stata rivisitata, da ultimo, dell’articolo 3, comma 1, deldecreto-legge 35/05 (c.d. decreto “competitività”), il quale (sostituendo l’articolo 19, comma 1 della legge 7 agosto 1990, n. 241), ha introdotto modifiche volte, in particolare, ad ampliare le ipotesi nelle quali può essere svolta una attività senza richiedere alle pubbliche amministrazioni provvedimenti di licenza, autorizzazione, permesso ovvero l’iscrizione in albi o ruoli. La dichiarazione di inizio di attività (DIA) può surrogare una serie di atti amministrativi ampliativi (autorizzazioni, licenze, concessioni “non costitutive”, permessi o nulla-osta comunque denominati), fra i quali le “domande” per le iscrizioni in albi o ruoli richieste per l’esercizio di attività imprenditoriale, commerciale o artigianale.

Presupposti della dichiarazione di inizio attività sono:

§       la natura vincolata dell’atto amministrativo surrogato (il rilascio del provvedimento deve dipendere solo dalla verifica della esistenza dei presupposti richiesti dalla legge o da atti amministrativi generali);

§       l’assenza di alcun limite o contingente complessivo o specifici strumenti di programmazione settoriale per il rilascio dell’atto[10].

 

Il comma 3 assegna alle camere di commercio il compito di verificare il possesso dei requisiti di legge da parte degli esercenti le suindicate attività, e di provvedere all’iscrizione dei relativi dati nel registro delle imprese, qualora l’attività sia svolta in forma imprenditoriale, oppure nel Repertorio delle notizie economiche e amministrative (REA). Alle camere di commercio compete anche la contestuale attribuizione della qualifica di intermediario distinta per tipologia di attività.

Si ricorda che il Registro delle imprese, tenuto da un apposito Ufficio presso le camere di commercio è stato istituito dall’articolo 8 della legge n. 580 del 1993[11]. Al Registro sono tenuti ad iscriversi tutti coloro che esercitano un’attività imprenditoriale, previa denuncia alla camera di commercio. La registrazione garantisce la pubblicità legale delle imprese e di tutti gli atti che le riguardano e ne testimonia l’esistenza, l’attività esercitata e gli eventi aventi rilievo giuridico durante la sua attività. Contestualmente all’iscrizione, l’Ufficio preposto della camera di commercio, in collegamento con il Ministero dell’economia e delle finanze, assegna il numero di iscrizione al Registro che coincide con il Codice fiscale.

Con il Registro delle imprese (che ha avviato l'attuazione degli articoli 2188 del codice civile) sono stati gradualmente unificati i registri e gli elenchi in precedenza esistenti per le varie attività imprenditoriali. Attualmente il registro si articola in due sezioni, una ordinaria e una speciale, (alle quali il D.Lgs. 96/2001 ne ha affiancata una ulteriore per le Società tra avvocati)[12].

Alla concreta istituzione del registro delle imprese si è provveduto con il DPR 7 dicembre 1995, n. 581 ai sensi del quale (art. 7, comma 2, lett. a)), sono tenuti all'iscrizione nel registro delle imprese:

1) gli imprenditori che esercitano le attività indicate nell'art. 2195 c.c., e cioè gli imprenditori che esercitano un'attività industriale, diretta alla produzione di beni e servizi, o un'attività intermediaria nella circolazione dei beni o un'attività di trasporto per terra, per acqua o per aria, un'attività bancaria o assicurativa o attività ausiliarie di ciascuna di queste;

2) le società di cui all'art. 2200 c.c, e cioè le società in nome collettivo, le società in accomandita semplice, le società a responsabilità limitata, le società per azioni e le società cooperative anche quando non esercitino un'attività commerciale;

3) i consorzi di cui all'art. 2612 c.c. e le società consortili di cui all'art. 2615-ter c.c.;

4) i gruppi europei di interesse economico (GEIE) di cui al D.Lgs. 23 luglio 1991, n. 240 (si tratta di quegli organismi senza fini di lucro previsti dalla CEE con regolamento 2137/85 come strumenti di cooperazione transnazionale tra le imprese);

5) gli enti pubblici che hanno per oggetto esclusivo o principale un'attività commerciale;

6) le società assoggettate alla legge italiana secondo le nuove norme di diritto internazionale privato (art. 25 della legge n. 218/95)

7) gli imprenditori agricoli (art. 2135 c.c);

8) i piccoli imprenditori (art. 2083 c.c.);

9) le società semplici (art. 2251 c.c.).

 

Si ricorda, altresì, che ai sensi dell'art. 9 del DPR n. 581 del 1995 è stato istituito, a scopi esclusivamente documentali e statistici, il Repertorio delle notizie economiche e amministrative (REA), nel quale sono iscrivibili i soggetti non qualificabili come imprenditori ma che, tuttavia, esercitano attività economiche e professionali denunciabili alle camere di commercio.

 

I commi da 4 a 9 del presente articolo recano disposizioni riguardanti i singoli profili professionali individuati nel comma 1 e unificati nella nuova categoria  delle attività di intermediazione commerciale e di affari.

 

Agente di affari in mediazione e  agente immobiliare (comma 4)

 

Il comma 4 dispone il ruolo di cui all’articolo 2 della legge n. 39/89 con riferimento all’attività di mediatore e agente immobiliare.

 

Gli articoli 1742-1753 del codice civile disciplinano il contratto di agenzia. In particolare l’art.1742 contiene la nozione del contratto in base al quale una parte (agente) assume stabilmente l'incarico di promuovere per conto dell'altra, in cambio di una retribuizione, la conclusione di contratti in una zona determinata. Il contratto di agenzia deve essere approvato per iscritto e ciascuna delle parti ha diritto (irrinunciabile) ad ottenere dall'altra un documento sottoscritto che riproduca il contenuto del contratto e delle clausole aggiuntive. Agenzie di affari sono pertanto quelle che svogono attività di intermediazione tra più soggetti.

L'articolo 1765 c.c. fa salve le disposizioni delle leggi speciali, la principale delle quali è la legge 3 febbraio 1989, n. 39 ("Modifiche ed integrazioni alla legge 21 marzo 1958, concernente la disciplina della professione di mediatore") che regola tutte le attività di mediazione, così come definita dal codice civile, con la sola esclusione degli agenti di cambio, dei mediatori pubblici, dei mediatori marittimi e di altre attività particolari e prima della quale non era obbligatorio svolgere l'attività di mediazione in modo professionale.

Ai sensi dell’articolo 1754 c.c. è agente d'affari in mediazione (mediatore) colui che mette in relazione due o più soggetti per la conclusione di un affare, senza essere legato ad alcuno di essi da rapporti di collaborazione, di dipendenza o di rappresentanza. Questa funzione intermediaria può essere svolta dal mediatore sia spontaneamente sia su incarico di uno o entrambi i soggetti, come più frequentemente accade. In un caso o nell’altro, il mediatore si contraddistingue per il rapporto di indipendenza rispetto alle parti in favore delle quali svolge l’attività intermediaria

Con la legge n. 39/89 è stato istituito, presso le camere di commercio, il ruolo degli agenti di affari in mediazione,al quale devono iscriversi tutti coloro che svolgono attività di mediazione, anche in modo discontinuo o occasionale (articolo 2). Pertanto anche il mediatore occasionale soggiace all'obbligo di iscrizione al ruolo, pena, tra l'altro, la perdita del diritto alla provvigione (articolo 6).

Il ruolo è distinto in quattro sezioni:

§         Agenti immobiliari per l'attività di mediazione relativa alla compravendita o locazione di immobili ed aziende

§         Agenti merceologici per l'attività di mediazione relativa a merci, derrate e bestiame

§         Agenti con mandato a titolo oneroso (solo per il settore immobiliare)

§         Agenti in servizi vari si riferisce ad operazioni non altrimenti precisate nel settore dei servizi.

Esclusi dall'iscrizione nel ruolo degli agenti di affari in mediazione, in quanto soggetti ad altre normative, sono:

§         mediatori marittimi

§         mediatori assicurativi (brokers)

§         soggetti che esercitano attività di intermediazione nei servizi turistici

§         mediatori creditizi.

I requisiti necessari per poter ottenere l'iscrizione al ruolo e, pertanto, l'accesso alla professione, sono i seguenti (artt.2, co. 3): 1) maggiore età; 2) cittadinanza italiana o di un Paese membro dell'Unione europea; 3) residenza nella circoscrizione della camera di commercio cui si intende iscriversi nel ruolo; 4) avere assolto agli obblighi scolastici; 5) non aver commesso una serie di reati, specificamente elencati; 6) essere in possesso di alcuni requisiti professionali.

Sono previste due modalità alternative per l'accesso al ruolo: il possesso del diploma di secondo grado di indirizzo commerciale[13] o della laurea in materie economiche o giuridiche, che consentono l'iscrizione automatica al ruolo, oppure il superamento di un esame diretto ad accertare l'attitudine del candidato. Le modalità dell'esame sono stabilite dal Ministero dell'industria (ora dello sviluppo economico)[14]. Per poter sostenere l'esame è necessario un periodo di almeno due anni di apprendistato presso agenzie di mediazione, oppure la frequenza di un corso preparatorio.

Alcune disposizioni relative al ruolo dei mediatori dettate dall’art. 3 della legge 39/89 interessano direttamente gli agenti immobiliari iscritti nell'apposito ruolo. In particolare, il comma 3, prevede che ad essi possano essere affidati incarichi di perizie e consulenza tecnica in materia immobiliare da parte di enti pubblici.

L'esercizio dell'attività di mediazione (art.5, comma 3) è incompatibile:

1) con qualunque altro impiego pubblico o privato, tranne, ovviamente, l'impiego presso una impresa o società di intermediazione;

2) con l'iscrizione in un altro albo o ordine e assimilati. Fa eccezione, anche se la legge non ne fa esplicita menzione, l'iscrizione degli agenti immobiliari nel ruolo dei periti e degli esperti tenuto dalle camere di commercio, ai sensi dell'articolo 3, comma 4, della stessa legge n. 39/89;

3) con l'esercizio in proprio del commercio nello stesso settore in cui si intende esercitare la mediazione.

 

Agente d’affari (comma 5)

Il comma 5 estende le disposizioni dell’articolo in commento all’attività di agente d’affari (di cui al comma 1, lett. c), eccetto quelle relative al recupero di crediti e ai pubblici incanti, alle quali continuano ad applicarsi le disposizioni dell’art. 115 del TULPS (RD n.773/1931).

Le agenzie di affari si possono distinguere in tre tipologie:

§         agenzie d’affari per le quali esiste una specifica regolamentazione (cfr. supra);

§         agenzie d’affari per le quali deve essere richiesta l’autorizzazione alla questura;

§         agenzie di affari per le quali è prevista la denuncia di inizio attività al comune.

Fino all’entrata in vigore del D.Lgs. 31 marzo 1998, n. 112 recante “Conferimento di funzioni e compiti amministrativi dello Stato alle regioni ed agli enti locali, in attuazione del capo I della L. 15 marzo 1997, n. 59” , l’apertura di agenzie di affari in genere era regolata dall’art. 115 del Testo Unico delle leggi di pubblica sicurezza (TULPS), in base al quale l’agenzia era assoggettata alla licenza di polizia rilasciata dalla questura.

L’art. 163, comma 2, lettera d) del D.Lgs 112/98 ha disposto il trasferimento della competenza amministrativa in materia ai comuni, con esclusione di alcuni tipi di agenzie d'affari per le quali la competenza amministrativa è rimasta alle questure. Si tratta in particolare  di

- agenzie di affari di recupero crediti;

- agenzie di pubblici incanti (aste);

- agenzie matrimoniali;

- agenzie di pubbliche relazioni.

Tra le attività di agenzia d'affari per il cui svolgimento è sufficiente la denuncia di inizio attività al comune nel quale si intende svolgere questa attività rientrano: agenzia di pubblicità, agenzia di organizzazione eventi, agenzia di organizzazione spettacoli.

 

Agente o rappresentante di commercio (comma 6)

Il comma 6 prevede la soppressione del ruolo di agente o rappresentante di commercio  di cui all’articolo 2 della legge 204/85.

La norma precisa che la soppressione del ruolo viene disposta in attuazione della direttiva 86/653/CEE.

La legge 3 maggio 1985, n. 204, recante “Disciplina dell'attività di agente e rappresentante di commercio”, abrogando la precedente normativa prevista dalla legge n. 316/1968 ha stabilito una nuova disciplina dell'attività degli agenti e rappresentanti di commercio.

La legge distingue l'attività dell'agente di commercio da quella del rappresentante: la prima si intende esercitata da chiunque venga stabilmente incaricato da una o più imprese di promuovere la conclusione di contratti in una o più zone determinate; l'attività del rappresentante di commercio è, invece, esercitata da colui che venga stabilmente incaricato da una o più imprese di concludere contratti in un una o più zone determinate.

L’articolo 2della legge ha istituito presso ciascuna camera di commercio un ruolo per gli agenti e rappresentanti di commercio, soggetto a revisione quinquennale, prevedendo l’obbligo di iscrizione per tutti coloro che intendono svolgere l’attività e che risultino in possesso dei requisiti previsti dalla legge stessa, mentre l’articolo 9, ha introdotto il divieto di esercizio dell’attività per chi non risulta iscritto al ruolo e una sanzione amministrativa a carico sia dell’agente che del mandante per il mancato rispetto delle disposizioni della legge.

Puntuali disposizioni della legge stabiliscono, inoltre, i requisiti necessari per ottenere l'iscrizione al ruolo, la composizione della commissione che provvede alle iscrizioni ed alla tenuta del ruolo stesso, le modalità di decisione e di presentazione di eventuali ricorsi alla commissione centrale presso il Ministero delle attività produttive.

In particolare, tra i requisiti stabiliti dall’articolo 5 della legge per accedere all’attività (cittadinanza italiana, godimento dei diritti civili, l’assenza di interdizione, fallimento, condanne, frequenza alla scuola dell’obbligo ecc) rientra la frequenza, con esito positivo, a specifici corsi professionali riconosciuti o istituiti dalle regioni, oppure la prestazione d’opera per almeno due anni presso una impresa, oppure, infine, il conseguimento del  diploma di scuola secondaria di secondo grado di indirizzo commerciale  o la laurea in materie commerciali o giuridiche.

 

Quanto alla direttiva 86/653/CEE(coordinamento dei diritti degli Stati membri concernenti gli agenti commerciali indipendenti) si ricorda che prescrive l'adozione di misure legislative, regolamentari ed amministrative, volte all'armonizzazione delle discipline relative ai rapporti tra gli agenti commerciali ed i loro committenti.

In particolare l’articolo 1 della direttiva (campo di applicazione), definisce sia in positivo sia in negativo la figura dell’agente di commercio, individuato come un intermediario indipendente incaricato in maniera permanente di trattare per un’altra persona – il preponente – la vendita o l’acquisto di merci, o di trattare e di concludere dette operazioni in nome del preponente. La definizione in negativo dell’agente commerciale, così individuato, prevede che esso non possa essere: a) una persona che in qualità di organo, ha poteri di rappresentanza (il potere di impegnare…) di una società o una associazione; b) un socio legalmente abilitato ad impegnare gli altri soci; c) un amministratore giudiziario, un liquidatore o un curatore fallimentare.

La direttiva, inoltre, stabilisce diritti ed obblighi dell'agente, disciplinando i criteri di remunerazione. In relazione alla conclusione del contratto d’agenzia la direttiva prevede, inoltre, il diritto di ogni parte a ricevere un documento scritto e firmato dall’altra parte che menzioni il contenuto del contratto d’agenzia, nonché il diritto delle parti di recedere dallo stesso, mediante preavviso, quando si tratti di contratto a tempo indeterminato.

L'Italia, si è adeguata a tale nuova disciplina con il D.Lgs. 10 settembre 1991, n. 303, che ha integrato la normativa già contenuta nel codice civile in materia dicontratto d'agenzia agli artt. 1742 ss. e quella contenuta negli AEC (Accordi economici collettivi)[15].

Le novelle al regime codicistico apportate dal D.Lgs. si sono limitate ad attuare le misure di armonizzazione stabilite dalla direttiva, lasciando inattuata la previsione dell’articolo 1 della direttiva medesima in relazione all’attribuzione all’agente commerciale anche di poteri rappresentativi in ordine alla conclusione dei contratti promossi. Ne è derivato un contenzioso con la Commissione europea e l’apertura di un procedimento di infrazione a carico dell’Italia. Successivamente, con il D.Lgs. 65/99[16]che ha dato integrale recepimento alla suddetta direttiva sulla base della legge comunitaria 1995-97, sono stati apportati i necessari aggiustamenti alla precedente disciplina introdotta dal D.Lgs. 303/91, abrogando le disposizioni oggetto di censura comunitaria.

 


Si ricorda, infine, che la Corte di giustizia delle Comunità europee si è trovata a dare chiarimenti in merito ad una giusta interpretazione della direttiva 86/653/CEE. Chiamata a pronunciarsi in via pregiudiziale dal giudice del Tribunale di Trento, la Corte, con sentenza del 6 marzo 2003,ha riconosciuto laconformità al diritto europeo (e in particolare alla direttiva 86/653/CEE) di una normativa nazionale che subordini l’iscrizione dell’agente commerciale al registro delle imprese al fatto che egli si debba anche iscrivere preventivamente al ruolo degli agenti e rappresentanti di commercio. Nel caso di specie la Corte di giustizia rileva, quindi, che in linea di principio, la direttiva n. 86/653/CEE non vieta agli Stati membri di mantenere i registri, compreso il registro delle imprese, dove gli agenti hanno il dovere o la facoltà (a seconda della scelta del singolo Stato membro) di iscriversi. Una normativa nazionale che, come nel caso in oggetto, subordina l’iscrizione dell’agente al registro delle imprese ad una preventiva iscrizione dello stesso all’albo, non è in contrasto con la direttiva a condizione che la mancata iscrizione dell’agente al registro delle imprese non pregiudichi la validità dei contratti di agenzia posti in essere dall’agente e non indebolisca la protezione giuridica che le disposizioni della stessa direttiva intendono garantire. La Corte precisa che la sussistenza o meno di questa condizione deve essere verificata dal giudice del rinvio.

 

Mediatore marittimo (comma 7)

Il comma 7 sopprime ilruolo di mediatore marittimo di cui agli articoli 1 e 4 della legge 12 marzo 1968, n. 478.

Si ricorda che l’articolo 1 della legge 12 marzo 1968, n. 478 recante “Ordinamento della professione di mediatore marittimo” prevede che per l'esercizio professionale della mediazione nei contratti di costruzione, di compravendita, di locazione, di noleggio di navi e nei contratti di trasporto marittimo di cose è richiesta l'iscrizione nel ruolo dei mediatori marittimi. L’articolo 4 prevede inoltre che presso ciascuna delle camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura, indicate con decreto del Ministro per l'industria e il commercio, di concerto con quello per la marina mercantile, è istituito un ruolo dei mediatori marittimi. Nel caso di ruoli interprovinciali, con lo stesso decreto è indicata la camera di commercio, industria, artigianato e agricoltura presso la quale deve istituirsi il ruolo.

 

Spedizioniere (comma 8)

Il comma 8, sopprime l’elenco degli spedizionieri, previsto dall’articolo 2 della legge 14 novembre 1941, n. 1442.

Per quanto riguarda l’attività di spedizioniere, essa è regolata dalla legge 14 novembre 1941, n. 1442, “Istituzione di elenchi autorizzati degli spedizionieri”; tali sono, ai sensi dell’art. 1, gli esercenti di imprese che svolgono abitualmente attività di spedizione per terra, per mare e per aria, obbligandosi di provvedere in proprio nome o in nome del committente ed in ogni caso per conto del committente, alla stipulazione del contratto di trasporto col vettore, al compimento della spedizione od alle operazioni accessorie, o che, in base all'inquadramento in vigore, sono considerati spedizionieri. L’art. 2 istituisce, presso le Camere di commercio, l’elenco autorizzato degli esercenti l'attività di spedizione, nel quale sono iscritte tutte le persone fisiche, ditte o società, che esercitano tale professione, secondo le indicazioni recate dal citato articolo 1.

 

Raccomandatario marittimo (comma 9)

Il comma 9 sopprime l'elenco interprovinciale dei raccomandatari marittimi, di cui all'articolo 6 della legge 4 aprile 1977, n. 135.

Quanto ai raccomandatari marittimi, si ricorda che l’articolo 6 della legge 4 aprile 1977, n. 135 recante “Disciplina della professione di raccomandatario marittimo” prevede l’istituzione - presso le camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura delle località ove abbia sede una direzione marittima - dell’elenco dei raccomandatari, nel quale sono iscritti coloro che sono abilitati a svolgere le attività di cui all'articolo 2 della medesima legge (attività di raccomandazione di navi, quali assistenza al comandante nei confronti delle autorità locali o dei terzi, ricezione o consegna delle merci, operazioni di imbarco e sbarco dei passeggeri, acquisizione di noli, conclusione di contratti di trasporto per merci e passeggeri con rilascio dei relativi documenti, nonché qualsiasi altra analoga attività per la tutela degli interessi a lui affidati), in una località compresa nella circoscrizione della rispettiva direzione marittima. E’ prevista la possibile istituzione, ove se ne ravvisi l'utilità, con decreto del Ministro per la marina mercantile, di ulteriori elenchi presso camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura nel cui ambito territoriale abbia sede un compartimento marittimo. L’articolo prevede infine, qualora il raccomandatario sia legale rappresentante, amministratore o institore di una impresa, che deve essere indicato nell'elenco oltre al suo nome quello dell'impresa stessa.

 

Il comma 10 dispone l’abrogazione - a far data dall’entrata in vigore del presente provvedimento - delle disposizioni legislative e regolamentari in contrasto con quelle del presente articolo. Ad un successivo decreto del Ministro dello sviluppo economico viene rimessa la disciplina delle modalità di trascrizione (in luogo di iscrizione come previsto nel testo orginario) nel registro delle imprese e nel REA[17] dei soggetti iscritti negli elenchi, albi e ruoli di cui all’articolo in commento. Lo stesso decreto provvederà alla definizione delle nuove procedure di iscrizione per i nuovi operatori (precisazione aggiunta dalla X Commissione) a garanzia della invarianza degli oneri complessivi posti a carico della finanza pubblica. Il termine ultimo per l’adozione del decreto è fissato in due mesi dall’entrata in vigore della presente legge.

 

Il comma 11, aggiunto nel corso dell’esame presso la X Commissione  Attività produttive, infine, ribadisce l’obbligo, per i soggetti che svolgono, o intendono svolgere, le attività di cui al precedente comma 1, di iscrizione all'Ente nazionale assistenza agenti e rappresentanti di commercio (ENASARCO), ai sensi dell'articolo 5 della legge 2 febbraio 1973, n. 12[18].

 

Il richiamato articolo 5 dispone che sono obbligatoriamente iscritti al Fondo di previdenza dell'ENASARCO tutti gli agenti ed i rappresentanti di commercio che operano sul territorio nazionale in nome e per conto di preponenti italiani o di preponenti stranieri che abbiano la sede o una qualsiasi dipendenza in Italia; sono inoltre obbligatoriamente iscritti all'ENASARCO gli agenti ed i rappresentanti di commercio italiani che operano all'estero nell'interesse di preponenti italiani.

Si ricorda peraltro che il D.Lgs. 30 giugno 1994, n. 509, recante l’attuazione della delega conferita dall'articolo 1, comma 32, della L. 24 dicembre 1993, n. 537, in materia di trasformazione in persone giuridiche private di enti gestori di forme obbligatorie di previdenza e assistenza, ha stabilito che a decorrere dal 1° gennaio 1995 fosse disposta la trasformazione delle casse ed enti previdenziali indicati nell’allegato A dello stesso provvedimento - si tratta prevalentemente delle gestioni previdenziali per i liberi professionisti iscritti ad albi - in associazioni o fondazioni di diritto privato (articolo 1).

La Fondazione ENASARCO, costituita con Delibera del Consiglio di Amministrazione del 27 novembre 1996 in attuazione del richiamato D.Lgs. 509 del 1994, è un organismo di diritto privato che persegue finalità di pubblico interesse nel settore della previdenza obbligatoria, dell'assistenza, della formazione e qualificazione professionale degli Agenti e Rappresentanti di commercio.

Più specificamente, l’articolo 1 del Regolamento stabilisce che l’Ente, ai sensi dell’articolo 1 del citato D.Lgs. 509 del 1994, eroga ai soggetti riconducibili alle fattispecie di cui agli artt. 1742 e 1752 del codice civile - denominati agenti - la pensione di vecchiaia, inabilità, invalidità e superstiti integrativa di quella prevista dalla L. 22 luglio1966, n. 613. L’Ente persegue altresì fini di formazione e qualificazione professionale in favore della categoria, nonché di solidarietà in favore degli iscritti e provvede alla gestione di altre provvidenze individuate dalla contrattazione collettiva.

Ai sensi del successivo articolo 2 del Regolamento, sono obbligatoriamente iscritti al Fondo di previdenza della Fondazione tutti i soggetti richiamati in precedenza che operino sul territorio nazionale in nome e per conto di preponenti italiani o di preponenti stranieri che abbiano la sede o una qualsiasi dipendenza in Italia.

Inoltre, i preponenti stranieri che non abbiano alcuna sede o dipendenza in Italia devono iscrivere alla Fondazione i propri agenti operanti in Italia impegnandosi al rispetto delle norme contenute nel presente Regolamento, mediante atto d’obbligo, redatto in lingua italiana, sul modello della Fondazione e con firma autenticata.

E’ comunque fatta salva l’applicazione delle convenzioni internazionali contro la doppia contribuzione.

Infine, l’obbligo di iscrizione al Fondo di previdenza riguarda gli agenti che operino individualmente e quelli che operino in società o comunque in associazione, qualunque sia la forma giuridica assunta, che siano illimitatamente responsabili per le obbligazioni sociali e non si trovino in condizioni di incompatibilità per immedesimazione organica.

 

 


Articolo 4
Trasferimento dell'attività di farmacia

 

TESTO
del disegno di legge

TESTO
della Commissione

 

Art. 4.

(Trasferimento dell'attività di farmacia).

 

      1. I commi secondo, ottavo, nono e decimo dell'articolo 12 della legge 2 aprile 1968, n. 475, e successive modificazioni, sono abrogati.

 

 

L’articolo 4, introdotto nel corso dell’esame presso la X Commissione attività produttive, abroga alcune norme volte a disciplinare il trasferimento dell'attività di farmacia e lo svolgimento della pratica professionale, semplificando le procedure e i requisiti previsti dalla normativa vigente.

In particolare, l’articolo in esame abroga i commi secondo, ottavo, nono e decimo dell'articolo 12 della legge 2 aprile 1968, n. 475, e successive modificazioni, recante Norme concernenti il servizio farmaceutico.

Il secondo comma del predetto articolo 12 prevede che il trasferimento della titolarità della farmacia può aver luogo esclusivamente a favore di farmacista che abbia conseguito la titolarità o che sia risultato idoneo in un precedente concorso.

L’ottavo comma dello stesso articolo stabilisce che il trasferimento di farmacia può aver luogo a favore di farmacista, iscritto all'albo professionale, che abbia conseguito l'idoneità o che abbia almeno due anni di pratica professionale, certificata dall'autorità sanitaria competente.

Con riferimento alla pratica professionale, il nono comma sancisce l’obbligo per il titolare di farmacia di comunicare all'autorità sanitaria competente le generalità del farmacista praticante, la data di effettivo inizio e di effettiva cessazione del tirocinio.

Ai sensi del decimo comma, infine, le suddette comunicazioni devono essere trascritte in apposito registro tenuto dall'autorità competente, la quale è tenuta ad effettuare periodiche verifiche sull'effettivo svolgimento della pratica professionale.

 

Si ricorda che la materia della titolarità delle farmacie è stata interessata recentemente dalle disposizioni dettate dall’articolo 5 del decreto-legge 4 luglio 2006, n. 223[19] (Disposizioni urgenti per il rilancio economico e sociale, per il contenimento e la razionalizzazione della spesa pubblica, nonché interventi in materia di entrate e di contrasto all'evasione fiscale).

Il comma 5 del citato articolo 5, novellando l'articolo 7, comma 1, della legge 8 novembre 1991, n. 362 (Norme di riordino del settore farmaceutico) consente che le società di persone e le società cooperative a responsabilità limitata (oltre alle persone fisiche) gestiscano farmacie private. Esso, inoltre, riformulando il comma 2 del citato articolo 7 della legge n. 362 del 1991, interviene sui requisiti dei soci di tali società. In particolare, si sopprime l’obbligo di iscrizione all'albo della provincia in cui ha sede la società, fermo restando che i soci debbano essere farmacisti iscritti all'albo ed in possesso dell'idoneità di cui all'articolo 12 della legge 2 aprile 1968, n. 475. Il medesimo comma 5, novellando l'articolo 8, comma 1, lettera a), della legge n. 362 del 1991, sopprime l'incompatibilità della posizione di socio (di società di gestione delle farmacie) con l'esercizio di attività di distribuzione dei medicinali.

Il comma 6 abroga i commi 5, 6 e 7 dell'articolo 7 della già ricordata legge n. 362 del 1991. Sono stati, di conseguenza, soppressi:

·         il divieto, per le società di gestione di farmacie private, di titolarità dell'esercizio di più farmacie ed il vincolo in base al quale la farmacia, ai fini della medesima titolarità, deve essere ubicata nella provincia ove si trova la sede legale della società;

·         il divieto di partecipare a più di una società di gestione di farmacie private;

·         la norma che limita la possibilità di gestione delle farmacie private ai farmacisti iscritti all'albo della provincia in cui ha sede la farmacia.

Con il comma 6-ter del citato articolo 5 del decreto-legge n. 223 del 2006 si prevede che ciascuna società può essere titolare dell’esercizio di non più di quattro farmacie nella provincia in cui ha sede legale.

Il comma 6-bis, modificando i commi 9 e 10 dell'articolo 7 della legge  n. 362 del 1991, prevede, infine, una nuova disciplina per la fattispecie di successione mortis causa in una partecipazione di società di gestione di farmacie private (e di eventuale insussistenza, da parte degli aventi causa, dei requisiti stabiliti per i soci delle società in oggetto) nonché per l’ipotesi di successione mortis causa nella titolarità di una farmacia privata (individuale e non gestita in forma societaria) da parte di aventi causa non in possesso dei requisiti per la stessa titolarità[20].

Al riguardo, si prevede che gli eredi che acquisiscano partecipazioni nelle società di gestione della farmacia, in assenza dei prescritti requisiti professionali, possano mantenere tale partecipazione per un periodo massimo di due anni, dovendola entro tale termine comunque dismettere. Il medesimo termine di due anni viene indicato per la vendita della farmacia da parte degli eredi del titolare privi dei prescritti requisiti professionali, ai sensi dell’articolo 12 della legge n. 475 del 1968.

Documentazione predisposta dall’Ufficio RUE

Procedure di contenzioso

Il 22 dicembre 2006la Commissione ha deferito l’Italia alla Corte di giustizia,ai sensi dell’articolo 226 del TCE,per le restrizioni imposte dalla legislazione nazionale in tema di assunzione di partecipazione e di proprietà delle farmacie che vendono al dettaglio (causa C/531/06; procedura d’infrazione n. 2004/4928; parere motivato del 13.12.2005)  Secondo la Commissione, l’Italia verrebbe meno agli obblighi imposti dagli artt. 43 (libertà di stabilimento) e 56 (libera circolazione dei capitali) del TCE. In particolare, la Commissione contesta:

·   il divieto d’acquisizione di partecipazione in società farmaceutiche private o in farmacie comunali da parte di imprese aventi un’attività di distribuzione di medicinali (o legate a società aventi tale attività. La regolamentazione italiana, come interpretata dalla Corte costituzionale e come recentemente modificata dal decreto legislativo 24 aprile 2006 n. 219 (art. 100, comma 2) prevede l’incompatibilità tra l’attività di distribuzione all’ingrosso e l’attività di vendita al dettaglio di prodotti farmaceutici. Ciò comporta il divieto per le imprese attive (o legate a imprese attive) nella distribuzione farmaceutica di assumere partecipazioni in società che gestiscono farmacie comunali;

·   la riserva di titolarità di farmacie private ai soli farmacisti o alle sole persone giuridiche composte da farmacisti. La legge italiana vieta ai soggetti  che non possiedono un diploma di laurea in farmacia o alle persone giuridiche non composte da farmacisti la titolarità di farmacie private che vendono al pubblico. Tale esclusiva impedisce l’acquisto di partecipazioni o lo stabilimento di farmacie che vendono al pubblico a tutti gli operatori (in particolare quelli di altri Stati membri che non sono in possesso del diploma di farmacista).

 

Tali limitazioni hanno l’effetto di impedire o rendere più difficoltosa l’assunzione di partecipazioni da parte di operatori di altri Stati membri e, pertanto, possono essere considerate compatibili con il TCE solo se giustificate da obiettivi di interesse generale, necessarie e proporzionate al raggiungimento di tali obiettivi.

Le autorità italiane hanno giustificato le limitazioni in questione con la necessità di tutelare la salute pubblica: in special modo, riguardo alla prima contestazione si intenderebbero evitare conflitti di interesse; riguardo alla seconda contestazione si intenderebbe realizzare un miglior controllo delle persone che  rilasciano i medicinali.

La Commissione ritiene però che le limitazioni contestate vadano oltre ciò che è necessario per raggiungere l’obiettivo di tutela della salute.

Da un lato, gli eventuali rischi di conflitti d’interesse potrebbero essere evitati adottando misure diverse dal divieto puro e semplice  (per le imprese legate a imprese attive nel settore della distribuzione farmaceutica) di assumere partecipazioni in farmacie che vendono al pubblico. La Commissione risulta essere a conoscenza del fatto che in Italia si verificano numerosi casi di esercizio dell’attività di distribuzione o di partecipazioni in società di distribuzione farmaceutica da parte di farmacisti titolari di farmacie private.

Dall’altro lato, anche il divieto di essere titolari di una farmacia per chi non ha la laurea in farmacia o per persone giuridiche non composte da farmacisti va al di là, secondo la Commissione, di ciò che è necessario per tutelare la sanità pubblica, in quanto sarebbe sufficiente esigere la presenza di un farmacista per la consegna dei medicinali ai pazienti o per la gestione degli stock di prodotti farmaceutici. La Commissione osserva, infine, che è la legislazione italiana stessa a riconoscere, d’altra parte, che il requisito della qualificazione professionale non è assolutamente indispensabile e prioritario ai fini della proprietà di una farmacia, quando prevede che membri della famiglia di un farmacista deceduto possano essere titolari della sua farmacia per periodi non superiori ai dieci anni, pur non essendo farmacisti.

 

 

 

 


Articolo 5
Componentistica dei veicoli a motore

 

TESTO
del disegno di legge

TESTO
della Commissione

Art. 3.

(Componentistica dei veicoli a motore).

Art. 5.

(Componentistica dei veicoli a motore).

      1. In conformità al principio comunitario di libera concorrenza delle attività economiche secondo condizioni di pari opportunità e al principio di libera circolazione delle merci e dei servizi, al fine di assicurare ai consumatori finali un'effettiva facoltà di scelta e di comparazione dei prodotti offerti sul mercato, le modifiche alle caratteristiche costruttive e funzionali dei veicoli a motore sono consentite senza un preventivo nulla osta della casa costruttrice del veicolo e senza una visita e una prova presso i competenti uffici della Direzione generale per la motorizzazione del Dipartimento per i trasporti terrestri del Ministero dei trasporti, qualora vengano rispettate le seguenti condizioni:

 

          a) ciascun componente deve essere certificato da una relazione tecnica di un ente a ciò abilitato che attesti, per singolo modello di veicolo, la possibilità di esecuzione della sostituzione;

 

          b) la relazione tecnica di cui alla lettera a) deve essere redatta sulla base di collaudi e di prove effettuati in conformità alle disposizioni tecniche previste dai regolamenti internazionali ECE-ONU e dalle direttive comunitarie e deve certificare che le caratteristiche tecniche e funzionali dei componenti sono equivalenti o superiori a quelle originarie in dotazione al veicolo nel rispetto della sicurezza attiva e passiva del veicolo stesso.

 

      2. Le disposizioni di cui al presente articolo trovano applicazione a decorrere dalla data di entrata in vigore del decreto del Ministro dei trasporti, da emanare entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, che individua i casi nei quali la sostituzione, fermo restando il pieno rispetto degli adempimenti di cui al comma 1, lettere a) e b), necessita di una verifica da effettuare a cura degli uffici provinciali dalla citata Direzione generale per la motorizzazione, che devono certificare la corretta installazione, aggiornare la carta di circolazione e darne comunicazione agli uffici dell'archivio nazionale dei veicoli soltanto ai fini di eventuali conseguenti adempimenti fiscali.

 

      1. In conformità al principio comunitario di libera concorrenza delle attività economiche secondo condizioni di pari opportunità e al principio di libera circolazione delle merci e dei servizi, al fine di assicurare ai consumatori finali un'effettiva facoltà di scelta e di comparazione dei prodotti offerti sul mercato, l'articolo 78 del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285, e successive modificazioni, è sostituito dal seguente:

 

      «Art. 78. - (Modifiche delle caratteristiche costruttive dei veicoli in circolazione e aggiornamento della carta di circolazione). - 1. Le modifiche delle caratteristiche costruttive, limitatamente ai veicoli in circolazione delle categorie internazionali L, M1 ed N1, sono consentite senza preventivo nulla osta della casa costruttrice del veicolo e senza visita e prova presso i competenti uffici della Direzione generale per la motorizzazione qualora vengano rispettate le seguenti condizioni:

 

          a) il componente o insieme di componenti modificato è certificato da apposita relazione che attesta le caratteristiche tecniche del componente o insieme di componenti e la possibilità di installazione per ciascun modello di veicolo senza pregiudicare le sue caratteristiche relative alla sicurezza stradale e all'inquinamento ambientale;

 

          b) la certificazione di cui alla lettera a) è redatta in conformità a disposizioni tecniche previste da eventuali direttive comunitarie ovvero, ove esistenti, da equivalenti regolamenti ECE/ONU ed è trasmessa al Ministero dei trasporti;

 

          c) la certificazione di cui alla lettera a) è rilasciata da un ente che ha preventivamente comunicato l'avvio della propria attività al Ministero dei trasporti. A tal fine, l'ente autocertifica la propria indipendenza organizzativa, economica e funzionale dai produttori, commercializzatori e installatori di componenti, nonché il possesso di strutture tecniche e di competenze professionali idonee all'effettuazione delle prove e di procedure adeguate di controllo della qualità in merito ai servizi forniti, dimostrando inoltre il possesso di idonea copertura assicurativa.

 

      3. Con il decreto di cui al comma 2 sono individuati gli enti di cui al comma 1, lettera a). Con decreto del Presidente della Repubblica si provvede ad apportare all'articolo 236 del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 16 dicembre 1992, n. 495, e successive modificazioni, le modificazioni necessarie per adeguarlo alle disposizioni del presente articolo.

      4. Chiunque circola con un veicolo al quale sono state apportate modifiche alle caratteristiche indicate nel certificato di omologazione e nella carta di circolazione, oppure con il telaio modificato, senza che tali modifiche siano state realizzate nel pieno rispetto delle disposizioni dei commi 1 e 2, è soggetto alla sanzione amministrativa del pagamento di una somma da euro 357 a euro 1.433. Le suddette violazioni comportano la sanzione amministrativa accessoria del ritiro della carta di circolazione secondo le norme del titolo VI, capo I, sezione II, del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285, e successive modificazioni.

      5. A decorrere dalla data di entrata in vigore della presente legge è abrogato l'articolo 78 del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285, nonché ogni altra disposizione legislativa o regolamentare statale di disciplina del settore dei veicoli a motore e loro rimorchi incompatibile con le disposizioni di cui al comma 1 del presente articolo.

      2. Le modifiche delle caratteristiche costruttive dei veicoli in circolazione, di categorie diverse da quelle indicate al comma 1, sono consentite con modalità stabilite con decreto del Ministro dei trasporti, da emanare, di concerto con il Ministro dello sviluppo economico, entro tre mesi dalla data di entrata in vigore del presente articolo.

 

      3. Il Ministero dei trasporti effettua i controlli anche al fine di disporre la sospensione o l'interdizione degli enti di cui al comma 1, lettera c), dallo svolgimento dell'attività di certificazione di cui al medesimo comma, nonché l'eventuale ritiro dal mercato dei componenti indebitamente certificati o risultati pericolosi, a cura e spese del produttore o dell'installatore nell'Unione europea.

 

      4. Chiunque circola con un veicolo al quale siano state apportate modifiche alle caratteristiche indicate nel certificato di omologazione o nella carta di circolazione, oppure con il telaio modificato, senza che tali modifiche siano state realizzate nel pieno rispetto dei commi 1 e 2, è soggetto alla sanzione amministrativa del pagamento di una somma da euro 370 a euro 1.485. Le suddette violazioni comportano la sanzione amministrativa accessoria del ritiro della carta di circolazione secondo le norme del titolo VI, capo I, sezione II».

 

      2. All'articolo 180, comma 1, del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285, è aggiunta la seguente lettera:

 

          «d-bis) la relazione tecnica di cui all'articolo 78, comma 1, lettera a), nei casi previsti».

 

      3. Le disposizioni dell'articolo 78, comma 1, del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285, come sostituito dal comma 1 del presente articolo, acquistano efficacia a decorrere dalla data di entrata in vigore del decreto previsto al comma 2 del medesimo articolo 78. Alla medesima data entra in vigore il comma 2 del presente articolo ed è abrogato l'articolo 236 del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 16 dicembre 1992, n. 495.

 

 

L’articolo in esame interviene sulle procedure necessarie per modificare le caratteristiche funzionali e costruttive dei veicoli, successivamente all'omologazione del primo equipaggiamento. L’articolo è volto a semplificare le procedure volte ad installare sui veicoli a motore componenti o sistemi di componenti, che non sono stati previsti in sede di omologazione, intese a migliorare le prestazioni, il comfort e la sicurezza dei mezzi.

A seguito delle modifiche approvate durate l’esame presso la X Commissione della Camera, l’articolo è stato riformulato in forma di novella all’articolo 78 del codice della strada ed è stata limitata la platea di veicoli oggetto della semplificazione prevista dall’articolo in esame. Per i veicoli esclusi da questo procedimento di semplificazione l’articolo demanda ad un successivo decreto le modalità con le quali modificare le caratteristiche costruttive.

 

A tal fine il comma 1 sostituisce l’articolo 78 del codice della strada.

Il nuovo comma 1 dell’articolo 78 prevede che le modifiche alle caratteristiche costruttive e funzionali dei veicoli in circolazione, delle sole categorie internazionali L, M1 ed N1[21], possano essere consentite senza un preventivo nulla osta della casa costruttrice del veicolo e senza una visita e una prova presso i competenti uffici della Direzione generale per la motorizzazione del Dipartimento per i trasporti terrestri del Ministero dei trasporti, qualora vengano rispettate le seguenti condizioni:

a) ciascun componente o insieme di componenti deve essere certificato da una relazione che ne attesti le caratteristiche tecniche e la possibilità di installazione per ciascun modello di veicolo senza pregiudicare le sue caratteristiche relative alla sicurezza stradale e all'inquinamento ambientale; nella formulazione originaria la relazione doveva attestare, per singolo modello di veicolo, la possibilità di esecuzione della sostituzione;

b) tale certificazione deve essere redatta in conformità a disposizioni tecniche previste da eventuali direttive comunitarie ovvero, ove esistenti, da equivalenti regolamenti ECE/ONU ed è trasmessa al Ministero dei trasporti; nella formulazione originaria la relazione tecnica doveva certificare che le caratteristiche tecniche e funzionali dei componenti fossero equivalenti o superiori a quelle originarie in dotazione al veicolo nel rispetto della sicurezza attiva e passiva del veicolo stesso.

Si rileva che la IX Commissione trasporti, nel parere reso in data 16 maggio 2007 sul disegno di legge, ha espresso la necessità di limitare l'ambito applicativo della disposizione in esame ai soli interventi di ordine estetico o sportivo su mezzi da diporto e non da lavoro, di massa e dimensione non particolarmente elevate, al fine di evitare che lavori incidenti sulla struttura e sulle caratteristiche di omologazione di mezzi circolanti, che rilevano sempre ai fini della sicurezza, siano effettuati senza preventivi controlli della pubblica amministrazione competente.

Come previsto anche in precedenza, la certificazione è rilasciata da un ente; nella formulazione originaria l’ente doveva essere individuato con decreto del Ministero dei trasporti; a seguito delle modifiche introdotte dalla X Commissione l’ente deve preventivamente comunicare al Ministero dei trasporti l'avvio della propria attività. A tal fine, l'ente autocertifica la propria indipendenza organizzativa, economica e funzionale dai produttori, commercializzatori e installatori di componenti, nonché il possesso di strutture tecniche e di competenze professionali idonee all'effettuazione delle prove e di procedure adeguate di controllo della qualità in merito ai servizi forniti, dimostrando inoltre il possesso di idonea copertura assicurativa.

Il comma interviene, come già esplicitato nel testo originario, in conformità al principio comunitario di libera concorrenza delle attività economiche secondo condizioni di pari opportunità e al principio di libera circolazione delle merci e dei servizi, al fine di assicurare ai consumatori finali un'effettiva facoltà di scelta e di comparazione dei prodotti offerti sul mercato.

 

Il comma 2dell’articolo 78, come modificato dal comma 1 in esame, demanda ad un successivo decreto le modalità attraverso le quali apportare modifiche alle caratteristiche costruttive dei veicoli in circolazione, di categorie diverse da L, M1 e M2; il decreto deve essere emanato dal Ministro dei trasporti, di concerto con il Ministro dello sviluppo economico, entro tre mesi dalla data di entrata in vigore dell’articolo.

Il comma 3 dell’articolo 78, come modificato dal comma 1 in esame, prevede un’attività di controllo da parte del Ministero dei trasporti, volta anche a disporre la sospensione o l'interdizione degli enti deputati allo svolgimento dell'attività di certificazione, nonché l'eventuale ritiro dal mercato dei componenti indebitamente certificati o risultati pericolosi, a cura e spese del produttore o dell'installatore nell'Unione europea.

Il comma 4 dell’articolo 78, come modificato dal comma 1 in esame, reca la sanzioni applicabili a quanticircolino con un veicolo al quale sono state apportate modifiche alle caratteristiche indicate nel certificato di omologazione e nella carta di circolazione, oppure con il telaio modificato, senza che tali modifiche siano state realizzate nel pieno rispetto della disposizioni dei commi 1 e 2. In particolare, si prevede la sanzione amministrativa del pagamento di una somma da euro 357 a euro 1.485, nonché la sanzione accessoria del ritiro della carta di circolazione, secondo quanto disposto dal codice della strada.

 

Il comma 2 dell’articolo 5 in esame, intervenendo sull’articolo 180 del codice della strada, relativo al possesso dei documenti di circolazione e di guida, prevede che oltre ai documenti attualmente prescritti, per poter circolare con veicoli a motore il conducente debba avere con sé, in caso di interventi di modifica sul proprio veicolo, anche la relazione tecnica relativa al componente o insieme di componenti modificato.

Si ricorda che attualmente l’articolo 180 del codice della strada prevede che per poter circolare con veicoli a motore il conducente debba avere con sé i seguenti documenti:

a)la carta di circolazione o il certificato di idoneità tecnica alla circolazione del veicolo;

b)la patente di guida valida per la corrispondente categoria del veicolo;

c)l'autorizzazione per l'esercitazione alla guida per la corrispondente categoria del veicolo in luogo della patente di guida di cui alla lettera b), nonché un documento personale di riconoscimento;

d)il certificato di assicurazione obbligatoria.

 

Il comma 3 dispone chela nuova disciplina,– prevista dall’articolo 78, comma 1, del codice della strada, come sostituito dal comma 1 dell’articolo in esame - acquisti efficacia a decorrere dalla data di entrata in vigore del decreto previsto al comma 2 del medesimo articolo 78. Da quella data è abrogato l'articolo 236 del regolamento di esecuzione del codice della strada (DPR 16 dicembre 1992, n. 495). Nell’originaria formulazione era prevista l’emanazione di un DPR che recasse le conseguenti modifiche al regolamento di attuazione del codice della strada.

 

La vigente normativa relativa alle modifiche alle caratteristiche costruttive e funzionali è recata dall’articolo 78 del codice della strada (D.Lgs. 30 aprile 1992, n. 285) e dall’articolo 238 del relativo regolamento di attuazione (DPR 16 dicembre 1992, n. 495).

L’articolo 78 prevede che, quando siano apportate modifiche alle caratteristiche costruttive o funzionali, ovvero ai dispositivi d'equipaggiamento indicati negli articoli 71 e 72, oppure sia stato sostituito o modificato il telaio, i veicoli a motore ed i loro rimorchi devono essere sottoposti a visita e prova presso i competenti uffici del Dipartimento per i trasporti terrestri.  Entro sessanta giorni dall'approvazione delle modifiche, gli uffici competenti del Dipartimento per i trasporti terrestri ne devono dare comunicazione ai competenti uffici del P.R.A. solo ai fini dei conseguenti adeguamenti fiscali.

L’articolo demanda al regolamento di esecuzione del codice della strada l’individuazione delle caratteristiche costruttive e funzionali, nonché dei dispositivi di equipaggiamento che possono essere modificati solo previa presentazione della documentazione e le modalità per gli accertamenti e l'aggiornamento della carta di circolazione.

L’articolo 236 del regolamento di esecuzione del codice della strada ha precisato che ogni modifica alle caratteristiche costruttive o funzionali, tra quelle indicate in appendice[22], o che determini la trasformazione o la sostituzione del telaio, comporta la visita e prova del veicolo interessato, presso l'ufficio competente del Ministero, in relazione alla sede della ditta che ha proceduto alla modifica. Se la modifica è stata effettuata da più di una ditta, senza che per ogni stadio dei lavori eseguiti sia stato richiesto il rilascio di un certificato di approvazione, l'ufficio ministeriale competente per la visita e prova è quello nel cui territorio di competenza ha sede la ditta che ha operato l'ultimo intervento. In tale caso la certificazione dei lavori deve essere costituita dal complesso di tutte le certificazioni, ciascuna redatta dalla ditta di volta in volta interessata dai diversi stadi..

Il regolamento prevede inoltre che siano subordinate al rilascio di un nulla-osta da parte della casa costruttrice del veicolo le modifiche riguardanti uno dei seguenti elementi:

a) massa complessiva massima;

b) massa massima rimorchiabile;

c) masse massime sugli assi;

d) numero di assi;

e) interassi;

f) carreggiate;

g) gli sbalzi;

h) telaio anche se realizzato con una struttura portante o equivalente;

i) impianto frenante o i suoi elementi costitutivi;

l) potenza massima del motore;

m) collegamento del motore alla struttura del veicolo.

Nel caso tale rilascio non avvenga per motivi diversi da quelli di ordine tecnico (ossia concernenti la possibilità pratica di esecuzione della modifica), il nulla-osta può essere sostituito da una relazione tecnica, firmata da un soggetto abilitato, che attesti la possibilità di esecuzione della modifica; in tal caso però deve essere eseguita una visita e prova presso la Direzione generale motorizzazione del Dipartimento per i trasporti terrestri, in base alla sede della ditta esecutrice dei lavori, al fine di accertare quanto attestato dalla relazione, prima che venga eseguita la modifica richiesta.

Quanto alla procedura di aggiornamento dei dati interessati dalla modifica si ricorda che esso viene eseguito dall'ufficio provinciale della Direzione generale motorizzazione del Dipartimento per i trasporti terrestri, presso cui sia esibito il certificato d'approvazione definitivo della modifica eseguita, oppure dall'ufficio provinciale della Direzione generale motorizzazione che ha proceduto all'ultima visita e prova con esito favorevole. L’aggiornamento ha luogo mediante l'emissione di un duplicato della carta di circolazione.

 

D.Lgs. 285/1992

Articolo 78. Modifiche delle caratteristiche costruttive dei veicoli in circolazione e aggiornamento della carta di circolazione.

 

(Testo vigente)

 

D.Lgs. 285/1992

Articolo 78. Modifiche delle caratteristiche costruttive dei veicoli in circolazione e aggiornamento della carta di circolazione.

(Testo come risultante dalle modifiche apportate dall’articolo 5 in esame)

 

1. I veicoli a motore ed i loro rimorchi devono essere sottoposti a visita e prova presso i competenti uffici del Dipartimento per i trasporti terrestri  quando siano apportate una o più modifiche alle caratteristiche costruttive o funzionali, ovvero ai dispositivi d'equipaggiamento indicati negli articoli 71 e 72, oppure sia stato sostituito o modificato il telaio. Entro sessanta giorni dall'approvazione delle modifiche, gli uffici competenti del Dipartimento per i trasporti terrestri  ne danno comunicazione ai competenti uffici del P.R.A. solo ai fini dei conseguenti adeguamenti fiscali.

 

2. Nel regolamento sono stabiliti le caratteristiche costruttive e funzionali, nonché i dispositivi di equipaggiamento che possono essere modificati solo previa presentazione della documentazione prescritta dal regolamento medesimo. Sono stabilite, altresì, le modalità per gli accertamenti e l'aggiornamento della carta di circolazione.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

3. Chiunque circola con un veicolo al quale siano state apportate modifiche alle caratteristiche indicate nel certificato di omologazione o di approvazione e nella carta di circolazione, oppure con il telaio modificato e che non risulti abbia sostenuto, con esito favorevole, le prescritte visita e prova, ovvero circola con un veicolo al quale sia stato sostituito il telaio in tutto o in parte e che non risulti abbia sostenuto con esito favorevole le prescritte visita e prova, è soggetto alla sanzione amministrativa del pagamento di una somma da euro 370 a euro 1.485.

 

4. Le violazioni suddette importano la sanzione amministrativa accessoria del ritiro della carta di circolazione, secondo le norme del capo I, sezione II, del titolo VI

 

1. Le modifiche delle caratteristiche costruttive, limitatamente ai veicoli in circolazione delle categorie internazionali L, M1 ed N1, sono consentite senza preventivo nulla osta della casa costruttrice del veicolo e senza visita e prova presso i competenti uffici della Direzione generale per la motorizzazione qualora vengano rispettate le seguenti condizioni:

a) il componente o insieme di componenti modificato è certificato da apposita relazione che attesta le caratteristiche tecniche del componente o insieme di componenti e la possibilità di installazione per ciascun modello di veicolo senza pregiudicare le sue caratteristiche relative alla sicurezza stradale e all'inquinamento ambientale;

b) la certificazione di cui alla lettera a) è redatta in conformità a disposizioni tecniche previste da eventuali direttive comunitarie ovvero, ove esistenti, da equivalenti regolamenti ECE/ONU ed è trasmessa al Ministero dei trasporti;

c) la certificazione di cui alla lettera a) è rilasciata da un ente che ha preventivamente comunicato l'avvio della propria attività al Ministero dei trasporti. A tal fine, l'ente autocertifica la propria indipendenza organizzativa, economica e funzionale dai produttori, commercializzatori e installatori di componenti, nonché il possesso di strutture tecniche e di competenze professionali idonee all'effettuazione delle prove e di procedure adeguate di controllo della qualità in merito ai servizi forniti, dimostrando inoltre il possesso di idonea copertura assicurativa.

2. Le modifiche delle caratteristiche costruttive dei veicoli in circolazione, di categorie diverse da quelle indicate al comma 1, sono consentite con modalità stabilite con decreto del Ministro dei trasporti, da emanare, di concerto con il Ministro dello sviluppo economico, entro tre mesi dalla data di entrata in vigore del presente articolo.

3. Il Ministero dei trasporti effettua i controlli anche al fine di disporre la sospensione o l'interdizione degli enti di cui al comma 1, lettera c), dallo svolgimento dell'attività di certificazione di cui al medesimo comma, nonché l'eventuale ritiro dal mercato dei componenti indebitamente certificati o risultati pericolosi, a cura e spese del produttore o dell'installatore nell'Unione europea.

4. Chiunque circola con un veicolo al quale siano state apportate modifiche alle caratteristiche indicate nel certificato di omologazione o nella carta di circolazione, oppure con il telaio modificato, senza che tali modifiche siano state realizzate nel pieno rispetto dei commi 1 e 2, è soggetto alla sanzione amministrativa del pagamento di una somma da euro 370 a euro 1.485. Le suddette violazioni comportano la sanzione amministrativa accessoria del ritiro della carta di circolazione secondo le norme del titolo VI, capo I, sezione II».

180. Possesso dei documenti di circolazione e di guida.

180. Possesso dei documenti di circolazione e di guida.

1. Per poter circolare con veicoli a motore il conducente deve avere con sé i seguenti documenti:

a) la carta di circolazione o il certificato di idoneità tecnica alla circolazione del veicolo;

b) la patente di guida valida per la corrispondente categoria del veicolo;

c) l'autorizzazione per l'esercitazione alla guida per la corrispondente categoria del veicolo in luogo della patente di guida di cui alla lettera b), nonché un documento personale di riconoscimento;

d) il certificato di assicurazione obbligatoria.

 

 

 

(omissis)

 

1. Per poter circolare con veicoli a motore il conducente deve avere con sé i seguenti documenti:

a) la carta di circolazione o il certificato di idoneità tecnica alla circolazione del veicolo;

b) la patente di guida valida per la corrispondente categoria del veicolo;

c) l'autorizzazione per l'esercitazione alla guida per la corrispondente categoria del veicolo in luogo della patente di guida di cui alla lettera b), nonché un documento personale di riconoscimento;

d) il certificato di assicurazione obbligatoria.

d-bis) la relazione tecnica di cui all'articolo 78, comma 1, lettera a), nei casi previsti

(omissis)

 

Documentazione predisposta dall’Ufficio RUE

Documenti all’esame delle istituzioni dell’UE

Il 14 luglio 2003 la Commissione europea ha presentato una proposta di direttiva concernente l’omologazione dei veicoli a motore e dei loro rimorchi nonché dei sistemi, componenti ed entità tecniche destinati a tali veicoli (COM(2003)418).

La proposta è volta ad abrogare e a sostituire la direttiva 70/156/CEE relativa alla stessa materia con lo scopo, fra l’altro, di estenderne l’applicazione a tutte le categorie di veicoli commerciali. Essa introduce, in particolare, un’armonizzazione totale in basealla quale le disposizioni comunitarie sostituiranno interamente le disposizioni nazionali vigenti al momento della sua entrata in vigore. E’ prevista, tuttavia, una lunga fase di transizione per consentire ai costruttori dei diversi settori di adeguarsi alle nuove disposizioni.

L’11 febbraio 2004 la proposta, che segue le procedura di codecisione, è stata esaminata in prima lettura dal Parlamento europeo, che ha approvato emendamenti. L’11 dicembre 2006 il Consiglio trasporti ha adottato la posizione comune che dovrebbe essere esaminata, il 26 aprile 2007, dal Parlamento europeo in seconda lettura.

 

Il 18 marzo 2006 la Commissione ha pubblicato una comunicazione[23] riguardante lostato, al 31 dicembre 2005, dell'adesione della CE ai regolamenti dell’UNECE (United Nations Economic Commission for Europe)[24] in materia di omologazione dei veicoli.

 

La relazione contiene una tabella che sintetizza la situazione dei regolamenti UNECE, da ultimo modificati, allegati all'accordo dell’UNECE del 1958[25].

 

Il 7 febbraio 2007 la Commissione ha adottato la comunicazioneUn quadro normativo competitivo nelsettore automobilisticoper il XXI secolo – Posizione della Commissione sulla relazione finale del gruppo ad alto livello CARS 21[26](COM(2007)22), intesa a delineare la futura politica europea in campo automobilistico.

 

La Commissione, riconoscendo il ruolo sostanzialedell’industria automobilistica nell’economia europea, ha indicato alcune linee strategiche intese a migliorare il quadro normativo, consentendo all’industria automobilistica di affrontare positivamente nuove sfidee di contemperare la necessità di tutela dell’ambiente, di salvaguardia della salute e delle vite umane.

Con particolare riferimento agli aspetti riguardanti l’omologazione dei veicoli, essa rileva i risultati molto positivi ottenuti grazie all’applicazione della direttiva70/156/CE, che stabilisce un sistema CE di omologazione del veicolo completo, sottolineando la necessità che tale sistema venga mantenuto ed esteso ad un maggior numero di prodotti automobilistici, quali ad esempioi veicoli commerciali leggeri, gli autobus ed i camion. La Commissione, inoltre, si impegna:

·         ad aggiornare, nel 2007, la comunicazione interpretativa[27] concernente le procedure di omologazione e di immatricolazione dei veicoli già immatricolati in un altro Stato membro;

·         ad informare regolarmente il Parlamento europeo ed il Consiglio sui cambiamenti nella regolamentazione nel settore automobilistico, presentando un documento di lavoro annuale sui progressi realizzati in seno all’UNECE.

 

 


Articolo 6
Misure per la distribuzione del GPL

 

TESTO
del disegno di legge

TESTO
della Commissione

Art. 4.

(Misure per la distribuzione del GPL).

Art. 6.

(Misure per la distribuzione del GPL).

      1. Dopo l'articolo 16 del decreto legislativo 22 febbraio 2006, n. 128, è inserito il seguente:

 

      «Art. 16-bis. - (Locazione dei serbatoi di GPL installati presso gli utenti). - 1. Le aziende distributrici di GPL, proprietarie dei serbatoi installati presso gli utenti, devono concederli in locazione. Il locatario ha facoltà di acquistare il gas in regime di libera concorrenza e il proprietario non ha alcun diritto di esclusiva per quanto concerne i rifornimenti. I serbatoi possono essere rimossi a richiesta del locatario, decorsi cinque anni dalla loro installazione, a cura e a spese del locatore. Alla scadenza, il contratto di locazione è rinnovato automaticamente per altri cinque anni, salva disdetta comunicata dal locatario mediante lettera raccomandata con avviso di ricevimento almeno sei mesi prima della scadenza. L'Autorità per l'energia elettrica e il gas vigila affinché il canone per la locazione sia tale da far conseguire un ragionevole utile al locatario, in relazione all'investimento effettuato, con l'esclusione di possibili rendite di posizione. Agli adempimenti amministrativi relativi all'installazione e alla gestione del serbatoio e alla relativa assicurazione provvede l'azienda che ne ha la proprietà.

      2. Le regioni e i comuni adeguano le proprie norme alle disposizioni del presente articolo entro il termine di sei mesi dalla data della sua entrata in vigore.

      1. Dopo l'articolo 16 del decreto legislativo 22 febbraio 2006, n. 128, è inserito il seguente:

 

      «Art. 16-bis. - (Misure per la distribuzione di GPL). - 1. I contratti, stipulati dalle aziende distributrici di GPL, per la fornitura di prodotto in serbatoi per uso civile, industriale o agricolo prevedono modalità alternative di offerta del serbatoio, consentendo l'opzione tra l'acquisto, la locazione e il comodato dello stesso, ma non possono comunque vincolare gli utenti all'acquisto di quantità di prodotto contrattualmente predeterminate.

      2. I contratti di cui al comma 1 devono prevedere la facoltà per l'utente di modificare l'opzione inizialmente prescelta alla scadenza dei medesimi e di acquisire in locazione o riscattare il serbatoio, alle stesse condizioni indicate al momento della stipula, nel rispetto dei parametri massimi fissati dall'Autorità per l'energia elettrica e il gas entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore del presente articolo.

      3. Nel caso in cui l'utente opti per l'acquisto del serbatoio, le condizioni di fornitura di GPL non possono avere durata superiore ad un anno e non possono prevedere l'acquisto del prodotto in regime di esclusiva.

      4. Nel caso in cui l'utente opti per la locazione o il comodato del serbatoio i relativi contratti di fornitura non possono avere durata superiore a due anni, devono predeterminare il prezzo ovvero i criteri per la quantificazione del prezzo nel caso di esercizio dell'opzione di acquisto o di locazione del serbatoio ai sensi di quanto previsto nei commi 1 e 2, nonché le modalità di acquisto del prodotto, fermo restando, in caso di locazione, il divieto di regime di esclusiva.

      3. Le clausole contrattuali in contrasto con il presente articolo sono nulle ai sensi dell'articolo 1418 del codice civile, fatta salva la facoltà delle parti di adeguare i rapporti contrattuali in essere alla data dell'entrata in vigore del presente articolo entro il termine di sei mesi dalla stessa data».

 

      2. A decorrere dalla data di entrata in vigore dell'articolo 16-bis del decreto legislativo 22 febbraio 2006, n. 128, introdotto dal comma 1 del presente articolo, sono abrogati i commi 7 e 8 dell'articolo 18 del medesimo decreto legislativo n. 128 del 2006, nonché ogni norma di legge o di regolamento statali in contrasto con il citato articolo 16-bis.

      5. I contratti di fornitura del GPL nei casi di cui al comma 4 sono tacitamente rinnovati per la stessa durata, salva disdetta da comunicare almeno trenta giorni prima della scadenza. Alla scadenza del contratto a seguito di disdetta la ditta proprietaria ha il diritto, o, se richiesto, l'obbligo, di rimuovere, a proprie spese, il serbatoio locato o concesso in comodato d'uso.

 

      6. I commi 7 e 8 dell'articolo 18 del presente decreto non si applicano nel caso in cui l'utente opti per l'acquisto o la locazione del serbatoio.

 

      7. Nel caso di locazione o comodato del serbatoio ai sensi di quanto previsto nel comma 4, le aziende distributrici assicurano i servizi di installazione e manutenzione dei serbatoi riforniti, secondo le tempistiche indicate nella normativa tecnica di riferimento e rilasciando apposita certificazione, ai sensi del testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380. Le aziende che riforniscono serbatoi privi della predetta certificazione o con certificazione scaduta sono punite con la sanzione amministrativa da 10.000 a 50.000 euro. Nel caso di acquisto del serbatoio ai sensi di quanto previsto nel comma 3, l'utente richiede la medesima certificazione ad uno dei soggetti previsti dal citato testo unico n. 380 del 2001.

 

      8. Le clausole contrattuali in contrasto con il presente articolo sono nulle ai sensi dell'articolo 1419 del codice civile, fatta salva la facoltà della ditta fornitrice di adeguare i rapporti contrattuali in essere entro centottanta giorni dalla data di entrata in vigore del presente articolo».

 

      2. A decorrere dalla data di entrata in vigore della presente legge è abrogato l'articolo 10 del decreto legislativo 11 febbraio 1998, n. 32, fatti salvi gli effetti prodotti dalla citata disposizione.

 

 

L’articolo 6 modificato in corso d’esame presso la X Commissione, interviene in materia didistribuzione del gas mediante una integrazione delle disposizioni del D.Lgs. 22 febbraio 2006, n. 128[28] che ha provveduto a riordinare la disciplina relativa alla installazione e all’esercizio degli impianti di riempimento travaso e deposito di GPL, nonché all’esercizio dell’attività di distribuzione e vendita del GPL in recipenti[29], in attuazione di una delegaconferita al Governo dal comma 52, art. 1, della legge di riordino del settore energetico (L. 239 del 2004).

 

In particolare l’articolo in commento al comma 1 aggiunge al citato D.Lgs. 128 il nuovo comma 16-bis che interviene in materia di contratti che regolano le condizioni di fornitura del GPL in serbatoi per uso civile, industriale o agricolo, prevedendo modalità alternative di offerta degli stessi.

 

Si segnala che in materia di contratti regolanti le condizioni di fornitura del GPL è intervenuto anche l’articolo 10 del D.Lgs. 32/98 di cui l’articolo 6 in esame dispone la soppressione (cfr. commento al comma 2).

In precedenza la questione era stata affrontata anche dall'Autorità garante della concorrenza e del mercato che sulla base di una indagine conoscitiva sul mercato della distribuzione di GPL per uso domestico (avviata nel 1993 e conclusasi nel 1995), aveva accertato l'alto grado di diffusione della prassi contrattuale consistente nell'adozione di un contratto di fornitura di GPL in esclusiva e di durata pluriennale, abbinato alla cessione in comodato del serbatoio.

In particolare nel testo dell'indagine si evidenziava la prevalenza nel nostro paese, a differenza degli altri paesi europei in cui sussistono distinte tipologie contrattuali, di una prassi adottata dalla maggior parte delle imprese di distribuzione che prevede:

a) un contratto di fornitura pluriennale (da tre a cinque anni) con clausola di esclusiva a favore del distributore;

b) un contratto di cessione in comodato del serbatoio;

c) la facoltà di modifica del prezzo da parte del distributore, in relazione a variazioni di costo della materia prima, degli oneri fiscali e dei costi di lavorazione e di manutenzione;

d) l'obbligo per il cliente di acquisto di un quantitativo minimo annuo di prodotto;

e) il rimborso al distributore delle spese di rimozione del serbatoio in caso di risoluzione del contratto da parte del cliente.

L'indagine svolta dall'Autorità garante, oltre a sottolineare gli effetti restrittivi della concorrenza nel mercato della distribuzione di GPL, derivante dall'adozione del predetto modello contrattuale, confermava la particolarità dell'esperienza italiana e, di conseguenza, riteneva opportuno indicare, anche alla luce delle esperienze straniere, alcune modalità contrattuali in alternativa a quella predominante nel nostro paese.

 

Le modalità alternative di offerta previste nei contratti di fornitura di GPL in serbatoi ai sensi del nuovo articolo 16-bis - che è stato riformulato - sono le seguenti: acquisto, locazione e comodato.

I contratti non possono, comunque, prevedere l'obbligo per gli utenti di acquisto del GPL in quantità predeterminata contrattualmente.

I contratti devono consentire agli utenti l’esercizio – al momento della loro scadenza - della facoltà di modificare l'opzione inizialmente prescelta. Gli utenti potranno, inoltre, acquisire in locazione o riscattare il serbatoio alle merdesime condizioni indicate alla stipula del contratto e secondo parametri massimi che dovranno essere stabiliti dall’Autorità pe l’energia elettrica e il gas (AEEG) entro il termine di novanta giorni dall’entrata in vigore delle presenti disposizioni (comma 2).

Le condizioni di fornitura di GPL non possono superare la durata di un anno e non possono, inoltre, prevedere l'acquisto del prodotto in regime di esclusiva, qualora l'utente intenda acquistare il serbatoio (comma 3).

I contratti di fornitura non possono, invece, superare la durata di due anni, qualora l'utente scelga la locazione o il comodato del serbatoio. Inoltre devono predeterminare il prezzo - o i criteri della relativa quantificazione - in caso di acquisto o di locazione del serbatoio, nonché le modalità di acquisto del prodotto. In caso di locazione resta fermo il divieto di regime di esclusiva (comma 4).

A meno di una disdetta, che comunque deve essere comunicata almeno trenta giorni prima della scadenza, il contratto di fornitura del GPL in caso di di locazione o di comodato, viene rinnovato tacitamente per la stessa durata.Alla scadenza del contratto a seguito di disdetta la ditta proprietaria del serbatoio concesso in locazione o in comodato d'uso ha il diritto o, su richiesta, l’obbligo, di rimuoverlo a proprie spese (comma 5).

Qualora l'utente opti per l'acquisto o la locazione del serbatoio le disposizioni di cui ai commi 7 e 8 dell'articolo 18 del decreto legislativo n.128/06non si applicano (comma 6).

Le richiamate disposizioni riguardano le sanzioni irrogate in caso di travaso di GPL in serbatoi concessi in comodato o in locazione senza autorizzazione del proprietario (comma 7) o di autorizzazione al travaso da parte del comodatario o locatario (comma 8).

 

Sempre in caso di locazione o comodato del serbatoio, i servizi di installazione e relativa manutenzione spettano alle aziende distributrici che sono tenute a provvedervi nei tempi indicati nella normativa tecnica di riferimento e rilasciando apposita certificazione, ai sensi del DPR 6 giugno 2001, n. 380 (testo unco delle disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia). Per le aziende che riforniscono serbatoi privi della predetta certificazione o con certificazione scaduta sono previste sanzioni amministrative che vanno da 10.0000 a 50.000 euro. La medesima certificazione viene richiesta ad uno dei soggetti previsti dal citato testo unico n. 380 del 2001 da parte dell’utente anche in caso di acquisto del serbatoio (comma 7).

La certificazione cui la norma fa riferimento disposizione sembra essere la dichiarazione di conformità dell’impianto prevista dall’art. 113 del DPR n. 380/2001 (t.u. dell’edilizia).

L’art. 107 del medesimo DPR, infatti, assoggetta alle norme del Capo V della Parte II del DPR n. 380 (artt. 107-121), tra gli altri, anche “gli impianti per il trasporto e l'utilizzazione di gas allo stato liquido o aeriforme all'interno degli edifici a partire dal punto di consegna del combustibile gassoso fornito dall'ente distributore” (lettera e).

Si ricorda, tuttavia, che l’entrata in vigore del citato Capo V, ai sensi di quanto disposto dall’art. 3, comma 1, del D.L. n. 300/2006 (convertito dalla L. 26 febbraio 2007, n. 17) è stata differita “fino alla data di entrata in vigore del regolamento recante norme sulla sicurezza degli impianti, di cui all'articolo 11-quaterdecies, comma 13, lettera a), del decreto-legge 30 settembre 2005, n. 203, … e, comunque, non oltre il 31 dicembre 2007” e che, dall’entrata in vigore del citato regolamento, saranno abrogati – tra gli altri - sia la normativa attualmente vigente (recata dalla legge n. 46/1990), sia gli articoli da 107 a 121 del citato DPR n. 380.

 

Per ragioni di chiarezza, sarebbe opportuno esplicitare la disposizione del T.U. sull’edilizia che contempla la certificazione cui fa riferimento la norma in commento.

 

E’ prevista, infine, la nullità - ai sensi dell'articolo 1419 del codice civile[30] - delleclausole contrattuali in contrasto con le disposizioni del nuovo articolo 16-bis. Laditta fornitrice, può tuttavia, adeguare il contratto in essere entro il termine di centottanta giorni dalla data di entrata in vigore del citato articolo (comma 8).

 

Il comma 2 dell’articolo 6 in esame dispone, infine, con decorrenza dall’entrata in vigore del presente provvedimento, l’abrogazione dell’art. 10 del D.Lgs. 32/98. Sono fatti salvi gli effetti prodotti dal citato articolo.

Si ricorda che l’art. 10 del D.Lgs. 11 febbraio 1998, n. 32 (Conferimento di funzioni e compiti amministrativi a regioni e enti locali, ai sensi dell’art. 1 della L. 59/97) al comma 1 - oltre a prevedere modalità alternative di offerta dei serbatoi consentendo di scegliere tra acquisto e disponibilità degli stessi - vieta la prassi contrattuale della cessione dei serbatoi in comodato d’uso collegata alla clausola che prevede l'obbligo di acquisto del GPL in esclusiva o in quantità predeterminata dal comodatario o da terzi. La disposizione stabilisce anche che, con decorrenza 1° aprile 1998, siano risolti di diritto tutti i contratti stipulati in difformità antecedentemente all'entrata in vigore del D.Lgs. Inoltre, a partire dalla stessa data a comodante viene riconosciuta la facoltà di richiedere l'immediata restituzione dei serbatoi con spese di rimozione a suo carico. Qualsiasi contratto che in merito disponga diversamente è ritenuto nullo.

Documentazione predisposta dall’Ufficio RUE

Procedure di contenzioso

Il 12 dicembre 2006la Commissione europea ha inviato all’Italia due pareri motivati, nei quali si contesta l’inadeguato recepimento delle direttive comunitarie nel settore dell'energia.

Il parere motivato rappresenta la seconda e ultima fase della procedura d’infrazione, prima che la Commissione europea proceda al deferimento formale dello Stato membro davanti alla Corte di giustizia, affinché accerti la sussistenza di una violazione del diritto comunitario, secondo quanto previsto dall’art. 226 del Trattato che istituisce la Comunità europea (TCE).

Il primo parere motivato riguarda l’inadeguato recepimento della direttiva 2003/54/CE sulla liberalizzazione del mercato dell'energia elettrica (procedura n. 2006/2057).

In particolare, i rilievi mossi dalla Commissione riguardano il mancato corretto recepimento:

-          dell’articolo 3, paragrafo 6, della direttiva, che contiene disposizioni sul diritto dei consumatori di essere informati circa l’origine dell’elettricità che consumano;

-          degli articoli 20, paragrafo 1, e 9, lettera e), che impongono l’obbligo di rendere accessibile al mercato, su base non discriminatoria, l’intera capacità di interconnessione della rete di trasmissione;

-          dell’articolo 15, paragrafo 2, che detta specifiche disposizioni in tema di indipendenza del gestore del sistema nazionale in relazione alla gestione, alla manutenzione ed allo sviluppo della rete;

-          dell’articolo 3, paragrafo 9, che riguarda l’obbligo per gli Stati membri di trasmettere alla Commissione informazioni relative a tutte le misure adottate per adempiere agli obblighi di servizio pubblico;

-          dell’articolo 3, paragrafo 1,  in quanto le disposizioni attualmente vigenti in Italia[31] impongono ai distributori locali l’obbligo di fornire elettricità a prezzo regolato ai clienti che già dal luglio 2004 potevano scegliere liberamente il loro fornitore (clienti non domestici).

La direttiva figurava nell’allegato B della Legge comunitaria 2004[32].

Il secondo parere motivato contesta l’inadeguato recepimento della direttiva 2003/55/CE riguardante la liberalizzazione del mercato del gas (procedura n. 2006/2068).

In particolare, la Commissione contesta il mancato recepimento degli articoli 9, paragrafo 2, e 13, paragrafo 2, della direttiva in questione, contenenti disposizioni per la separazione dei sistemi di trasporto e distribuzione: specificamente si contestano le norme sull’indipendenza del gestore della rete rispetto alla gestione, alla manutenzione ed allo sviluppo della rete. Si rileva, inoltre, che l’Italia ha omesso di notificare alla Commissione gli obblighi relativi al servizio pubblico, come prescritto dall’articolo 3, paragrafo 6, della stessa direttiva.

La direttiva figurava nell’allegato B della Legge comunitaria 2004[33].

 

Il 12 dicembre 2006 la Commissione ha inviato all’Italia un parere motivato, a norma dell’articolo 226 TCE (procedura d’infrazione 2005/4604), in riferimento all’interdizione di attività multidisciplinari nel settore dell’energia, prevista dalla normativa relativa al riordino del settore energetico. La Commissione ritiene, infatti, che tali disposizioni siano contrarie agli articoli 43 e 49 TCE che tutelano la libertà di stabilimento e la libera prestazione dei servizi.

In particolare, la Commissione pone la sua attenzione sulla disposizione contenuta all’articolo 1, comma 34, della legge n. 239 del 23 agosto 2004, che elimina per gli operatori attivi in Italia, nel settore della distribuzione dell’energia elettrica e del gas naturale, la possibilità di svolgere determinate attività, definite “postcontatore”. Tale disposizione si applica non solo agli operatori attivi nel settore della distribuzione, ma anche alle società collegate a o detenute da tali operatori.

La Commissione ha inviato all’Italia una prima richiesta di chiarimenti il 5 luglio 2005. La Rappresentanza permanente d’Italia presso l’Unione europea, il 30 agosto 2005, ha risposto trasmettendo una copia della circolare interpretativa n. 7333 del 28 aprile 2005 del Ministero delle Attività produttive, secondo la quale le attività “postcontatore”  consistono “nell’installazione, verifica e manutenzione degli impianti a valle del contatore installato al punto di consegna all’utente finale”.

Poiché, ad avviso della Commissione, quanto previsto dall’art. 1, co. 34, l. n. 239/04 configurerebbe, in pratica, un divieto applicabile a tutti i servizi forniti all’interno degli edifici e delle abitazioni riguardanti gli impianti elettrici e le tubature del gas, essa ritiene che tali disposizioni costituiscano una restrizione della libertà di stabilimento e della libera prestazione dei servizi, contemplate dagli articoli 43 e 49 del TCE. Le previsioni della legge n. 239, infatti, possono avere un effetto dissuasivo nei confronti dei fornitori di servizi stabiliti in altri Stati membri, che sarebbero tenuti, qualora volessero inserirsi nel mercato italiano delle attività di distribuzione di energia elettrica o di gas, a rinunciare ad una parte delle loro attività e obbligati a modificare l’organizzazione della loro impresa solo in Italia. Tale visione della Commissione troverebbe conferma nella giurisprudenza della Corte di giustizia in materia di libertà di stabilimento e in materia di libera prestazione di servizi[34].

A tale proposito si veda anche, nel presente dossier, il paragrafo “procedure di contenzioso” relativo all’articolo 1.

 

 

 


Articolo 7
Interpretazione autentica dell'articolo 22 del R.D. 23 agosto 1890 n. 7088, e adeguamenti normativi a tutela dei clienti finali direttamente connessi alle reti di trasporto di gas naturale

 

TESTO
del disegno di legge

TESTO
della Commissione

 

Art. 7.

(Interpretazione autentica dell'articolo 22 del R.D. 23 agosto 1890 n. 7088, e adeguamenti normativi a tutela dei clienti finali direttamente connessi alle reti di trasporto di gas naturale).

 

      1. L'articolo 22 del regio decreto 23 agosto 1890, n. 7088, recante disposizioni sui misuratori di gas, deve intendersi nel senso che i sistemi di misura per le immissioni e le esportazioni di gas attraverso la rete nazionale di trasporto del gas naturale, per l'interconnessione dei gasdotti appartenenti alla rete nazionale e regionale di trasporto, alle reti di distribuzione, nonché agli stoccaggi di gas naturale, non sono soggetti ad approvazione di modello. Il livello di tutela previsto dalle norme di materia di controllo metrologico resta assicurato, a tutti gli effetti di legge, mediante la realizzazione e la gestione degli stessi sistemi di misura secondo le modalità stabilite nei codici approvati dall'Autorità per l'energia elettrica e il gas ai sensi del decreto legislativo 23 maggio 2000, n. 164, che indicano altresì i soggetti incaricati del controllo.

 

      2. Al fine di assicurare la tutela dei clienti finali direttamente connessi alla rete nazionale e regionale di trasporto del gas naturale, il Ministero dello sviluppo economico, sentita l'Autorità per l'energia elettrica e il gas, con uno o più decreti, da emanare entro centottanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, aggiorna i criteri per l'esecuzione dei controlli metrologici legali su sistemi di misura dei punti di riconsegna del gas naturale agli stessi clienti finali. I sistemi di misura in funzione alla data di entrata in vigore della presente legge sono adeguati alle disposizioni in materia di metrologia legale entro il termine di cinque anni dalla stessa data.

 

 

L’articolo 7, introdotto dalla Commissione, dispone in merito ai controlli metrologici sui sistemi di misura utilizzati nei processi di trasporto e riconsegna del gas naturale.

 

Il comma 1 reca un’interpretazione autentica dell’articolo 22 del regio decreto 23 agosto 1890, n. 7088, recante disposizioni sui misuratori di gas.

Tale articolo, secondo la presente norma, deve intendersi nel senso che i sistemi di misura per le immissioni e le esportazioni di gas attraverso la rete nazionale di trasporto del gas naturale[35], per l’interconnessione dei gasdotti appartenenti alla rete nazionale e regionale di trasporto, alle reti di distribuzione, nonché agli stoccaggi di gas naturale, non sono soggetti ad approvazione di modello.

Si ricorda che l’articolo 22 del regio decreto 23 agosto 1890, n. 7088, dispone che i misuratori di gas, fatto salvo quanto previsto dal DPR 12 agosto 1982, n. 798[36], siano soggetti alla verificazione ogni qualvolta siano posti in commercio o riparati o rimossi dal luogo ove agiscono.

Tale articolo è stato modificato dall'art. 2 della legge 29 luglio 1991, n. 236. La lett. e) del comma 3, riguardante i controlli sugli strumenti prodotti nei paesi appartenenti all'Unione europea, è stata da ultimo sostituita dall'art. 9, legge 11 maggio 1999, n. 140, recante "Norme in materia di attività produttive", al fine di superare i rilievi mossi dalla Commissione europea che aveva avviato in proposito un procedimento di infrazione alle norme comunitarie in materia di libera circolazione delle merci (n. 96/2253).

In attuazione di quanto previsto dal richiamato articolo 22 del R.D. è stato emanato il D.M. 28 marzo 2000, n. 179.

Si segnala che il citato DPR n. 798/1982 ha provveduto all’istituzione (e relativa disciplina) del controllo comunitario degli strumenti di misura articolato in due istituti: a) approvazione CEE del modello; b) "verificazione prima" CEE. Al controllo possono essere sottoposti gli strumenti compresi in categorie per le quali siano state emanate specifiche direttive recepite nel nostro ordinamento.

A causa della notevole stratificazione normativa in materia di metrologia legale, per un’esigenza di chiarezza sarebbe forse opportuno specificare gli estremi normativi di riferimento dell’”approvazione di modello” a cui fa riferimento l’interpretazione autentica recata dal comma 1.

Il livello di tutela previsto dalle norme di materia di controllo metrologico resta assicurato, a tutti gli effetti di legge, mediante la realizzazione e la gestione degli stessi sistemi di misura secondo le modalità stabilite nei codici approvati dall’Autorità per l’energia elettrica e il gas ai sensi del decreto legislativo 23 maggio 2000, n. 164[37], che indicano altresì i soggetti incaricati del controllo.

Si ricorda che l’articolo 12, comma 7, e l’articolo 24, comma 5, del D.Lgs n. 164/2000 dispongono che spetti all'Autorità per l'energia e il gas fissare, con propria delibera, i criteri e le priorità di accesso al fine di garantire a tutti gli utenti libertà di accesso, imparzialità e neutralità del servizio di stoccaggio di trasporto e dispacciamento.

Si segnala inoltre che l’AEEG ha emanato un documento di consultazione[38] in cui illustra criteri e proposte al fine della formazione di provvedimenti per la regolazione del servizio di misura del trasporto gas e per la definizione del corrispettivo di misura.

Il comma 2 prevede che, al fine di assicurare la tutela dei clienti finali direttamente connessi alla rete nazionale e regionale di trasporto del gas naturale, il Ministero dello sviluppo economico, sentita l’Autorità per l’energia elettrica e il gas, provveda all’aggiornamento dei criteri per l’esecuzione dei controlli metrologici legali su sistemi di misura dei punti di riconsegna del gas naturale agli stessi clienti finali, tramite uno o più decreti, da emanare entro centottanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge.

I sistemi di misura in funzione alla data di entrata in vigore della presente legge sono adeguati alle disposizioni in materia di metrologia legale entro il termine di cinque anni dalla stessa data.

Si segnala in proposito che di recente è stato emanato il D.Lgs. n. 22 del 2 febbraio 2007 di attuazione della direttiva 2004/22/CE (cd. “direttiva MID[39]) relativa agli strumenti di misura. Tale decreto legislativo dispone l’abrogazione dei decreti di recepimento di 17 delle direttive precedentemente disciplinanti il settore metrologico a livello comunitario (che vengono sostituite dalla citata direttiva 2004/22/CE), nonché delle disposizioni  contenute nel testo unico delle leggi metriche[40] che risultino in contrasto i o incompatibili con la nuova disciplina.

Tale provvedimento disciplina dieci differenti categorie di strumenti di misura da sottoporre ai controlli metrologici legali per garantire, da un lato, la lealtà delle transazioni commerciali, la tutela dei consumatori e la salute pubblica, e dall'altro, la libera circolazione di detti strumenti in ambito comunitario. Esso si applica, ai dispositivi e ai sistemi con funzioni di misura definiti agli “allegati specifici”, tra cui l’allegato MI-002, relativo ai i contatori del gas[41] e i dispositivi di conversione[42] del volume.

 

Si osserva che andrebbe verificata l’assenza di profili di incompatibilità tra la normativa proposta e quanto disposto dal citato decreto legislativo di recepimento della direttiva comunitaria MID.

Documentazione predisposta dall’Ufficio RUE

Si veda, nel presente dossier, il paragrafo “procedure di contenzioso” relativo all’articolo 6.

 


Articolo 8
Verifica della liberalizzazione dei servizi a terra negli aeroporti civili

 

TESTO
del disegno di legge

TESTO
della Commissione

Art. 5.

(Verifica della liberalizzazione dei servizi a terra negli aeroporti civili).

Art. 8.

(Verifica della liberalizzazione dei servizi a terra negli aeroporti civili).

      1. Il Ministero dei trasporti, entro il termine di sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, verifica il grado di liberalizzazione dei servizi a terra negli aeroporti civili.

      2. Nel caso in cui il grado di concorrenza nel mercato dei servizi aeroportuali a terra risulti insufficiente, il Ministero dei trasporti individua le misure e i correttivi concreti che possono realizzare un'effettiva liberalizzazione nel settore. Fatti salvi i poteri ispettivi e sanzionatori delle amministrazioni indipendenti preposte alla vigilanza del mercato, il medesimo Ministero adotta i provvedimenti volti a garantire un'effettiva concorrenzialità del mercato, eventualmente disponendo che gli enti gestori degli aeroporti indìcano procedure di evidenza pubblica, liberino infrastrutture aeroportuali per metterle a disposizione degli operatori, compatibilmente con le esigenze di sicurezza del trasporto aereo, e destinino una parte dei loro ricavi al finanziamento delle strutture di accesso all'aeroporto e delle infrastrutture di assistenza a terra (handling).

      1. Il Ministro dei trasporti, ogni sei mesi presenta al Parlamento una relazione sul grado di liberalizzazione dei servizi a terra negli aeroporti civili, con particolare riferimento:

 

          a) al mercato dei servizi aeroportuali a terra;

 

          b) ai rapporti fra scali aeroportuali, trasporti intermodali, infrastrutture di trasporto e territorio;

 

          c) alle misure ed ai correttivi concreti adottati per un'effettiva liberalizzazione nel settore;

 

          d) agli ulteriori eventuali provvedimenti volti a garantire un'effettiva concorrenzialità del mercato.

 

 

 

L’articolo 8 è volto a promuovere l'effettiva liberalizzazione dei servizi di assistenza a terra negli aeroporti civili nazionali. La formulazione originaria assegnava il compito di monitorare (nei sei mesi successivi l’entrata in vigore della legge) il grado di apertura di tali mercati al Ministero dei trasporti attribuendogli, salvi i poteri ispettivi e sanzionatori delle amministrazioni indipendenti, la facoltà di porre in atto misure e correttivi per indurre i gestori a garantire l’effettiva liberalizzazione del settore.

Nel testo modificato dalla Commissione è stato eliminato il riferimento ai provvedimenti adottabili, a tutela dalla concorrenza, dal Ministro dei trasporti nei confronti dei gestori aeroportuali. Si prevede ora soltanto l’obbligo, per lo stesso Ministro, di presentare semestralmente al Parlamento una relazione sul grado di liberalizzazione dei servizi a terra negli aeroporti civili, con specifico riferimento:

 

-      al mercato dei servizi aeroportuali a terra;

-      ai rapporti fra scali aeroportuali, trasporti intermodali, infrastrutture di trasporto e territorio;

-      -alle misure ed ai correttivi concreti adottati per un'effettiva liberalizzazione nel settore;

-      agli ulteriori eventuali provvedimenti volti a garantire un'effettiva concorrenzialità del mercato

La liberalizzazione dei servizi di assistenza a terra negli aeroporti è stata avviata con il D.Lgs. 13 gennaio 1999, n. 18, che ha dato attuazione alla direttiva 96/67/CE del Consiglio del 15 ottobre 1996, relativa all’accesso al mercato dell’assistenza a terra negli aeroporti della Comunità.

Il decreto legislativo si applica - ai sensi dell’articolo 1 - ai seguenti servizi, elencati in apposito allegato:

-       assistenza amministrativa a terra;

-       assistenza passeggeri;

-       assistenza bagagli;

-       assistenza merci e posta;

-       assistenza operazioni in pista;

-       assistenza pulizia dell’aereo e servizi di scalo;

-       assistenza carburante e olio;

-       assistenza manutenzione dell’aereo;

-       assistenza operazioni aeree e gestione equipaggi;

-       assistenza trasporto a terra;

-       assistenza catering.

L’ente di gestione assicura agli utenti la presenza in aeroporto dei necessari servizi di assistenza a terra fornendoli direttamente o coordinando l’attività dei prestatori che forniscono i servizi a favore di terzi o in autoproduzione (art. 3).

Ai prestatori di servizi a terzi è riconosciuto, negli aeroporti che abbiano fatto registrare determinati volumi di traffico, il libero accesso al mercato, salva la facoltà dell’ENAC di limitare l’accesso, comunque a non meno di due prestatori per ciascuna categoria di servizio, per motivate ragioni di sicurezza, capacità dello scalo o spazio disponibile (art. 4, commi 1 e 2). In questo caso la procedura di selezione deve avvenire tramite una gara d’appalto indetta dal gestore. Il principio del libero accesso si applica a condizione che l’aeroporto abbia un traffico annuale pari o superiore a 3 milioni di passeggeri o a 75 mila tonnellate di merci o abbia fatto registrare nei sei mesi antecedenti il 1° aprile e il 1° ottobre di ciascun anno un traffico pari o superiore a 2 milioni di passeggeri o a 50 mila tonnellate di merci. I prestatori devono possedere un capitale sociale pari a un quarto del giro d’affari presumibilmente derivante dall’attività da svolgere e risorse strumentali e capacità organizzative idonee e devono assicurare il rispetto della normativa sul lavoro e un’adeguata copertura assicurativa. A decorrere dal 1° gennaio 2001, almeno uno dei prestatori non deve essere controllato direttamente o indirettamente né dall’ente di gestione né da un vettore che abbia trasportato nell’anno precedente più del 25% dei passeggeri o delle merci registrati nell’aeroporto (art. 4, comma 3).

I servizi di assistenza a terra possono essere altresì effettuati, ai sensi dell’articolo 5 dagli stessi vettori (cd. autoassistenza). Il comma 2, analogamente a quanto previsto per i prestatori dei servizi a terzi, attribuisce all’ENAC, qualora ricorrano i medesimi motivi di sicurezza, capacità dello scalo o spazio disponibile, la facoltà di limitare l’effettuazione dell’autoassistenza, comunque a non meno di due vettori (e anche per loro vige il principio della selezione in base a gara d’appalto), mentre il comma 3 prevede la possibilità da parte dell’ENAC di escludere l’autoassistenza per determinati servizi negli aeroporti con un traffico annuale inferiore a un milione di passeggeri o a 25 mila tonnellate di merci.

L’articolo 9 del decreto prevede che la gestione delle infrastrutture centralizzate, elencate in allegato al decreto[43] possa essere riservata dall’ENAC in via esclusiva al gestore aeroportuale, qualora lo richieda la complessità, il costo o l’impatto ambientale.

Il provvedimento pone inoltre a carico dell’ente di gestione, dei vettori e dei prestatori che forniscono l’assistenza a terra l’obbligo della separazione contabile tra tale attività e le altre che essi esercitano (art. 7), prevede la costituzione presso ciascun aeroporto del Comitato degli utenti con funzioni consultive (art. 8) e attribuisce all’ENAC un generale potere di vigilanza (art. 10).

Sono previste infine misure necessarie per garantire, tra l’altro, la tutela dei diritti dei lavoratori (art. 14) e la tutela dell’ambiente in ambito aeroportuale (art. 15). Le disposizioni del D.Lgs. n. 18/1999 sono estese, in regime di reciprocità, a prestatori di servizi e a vettori (in regime di autoassistenza) non comunitari; in caso di accertata mancanza delle condizioni di reciprocità con un Paese non comunitario, l'ENAC. può sospendere o escludere il prestatore dall'esercizio di tali servizi, dandone comunicazione alla Commissione europea. Nel caso in cui i servizi di assistenza a terra vengano forniti da un unico prestatore, le tariffe devono essere approvate dal Ministero dei trasporti, su proposta dell'ENAC (art. 19).

 

Si segnala che l’AGCM, nell’ambito di una segnalazione al Parlamento e al Governo resa il 29 gennaio 2004 sulle problematiche di carattere concorrenziale relative alla gestione degli scali e delle attività aeroportuali, ha evidenziato come il processo di liberalizzazione avesse incontrato alcuni significativi ostacoli, anche a causa di comportamenti strategici dei gestori, a fronte dei quali non si è registrata una incisiva attività da parte dell’ente di regolazione. L’AGCM ha quindi esplicitato che un primo significativo ostacolo allo sviluppo della concorrenza nel settore è stato determinato da un tardivo e inadeguato utilizzo delle procedure di selezione degli operatori di handling, nei casi di limitazioni all’accesso: infatti, in alcuni importanti aeroporti italiani, quali Roma Fiumicino, Milano Malpensa e Catania, l’ENAC ha limitato l’accesso a nuovi operatori per determinati servizi di handling, come previsto dall’articolo 4, co. 2 del D.Lgs. 18/1999. La norma prevede tuttavia che, in tali circostanze, la selezione dei prestatori deve avvenire tramite una gara d’appalto indetta dal gestore aeroportuale; l’autorità ha invece sottolineato che per Malpensa la gara non risultava ancora bandita, per Catania era stata bandita con grave ritardo rispetto alla data del 1° gennaio 2001, fissata dal D.Lgs come data ultima a partire dalla quale almeno uno dei prestatori non dovesse essere controllato, direttamente o indirettamente, dal gestore; per Roma Fiumicino era stata effettuata portando alla stipula di contratti quadriennali con le imprese selezionate, con mantenimento della limitazione all’accesso di altri operatori almeno per i primi due anni, limitazione che poi era stata prorogata anche agli ulteriori due anni di vigenza dei contratti.

Un ulteriore impedimento alla piena liberalizzazione dei servizi di handling è stato individuato dall’AGCM nei comportamenti ostruzionistici posti in essere da alcuni gestori, poiché da un lato, il gestore stesso potrebbe sfruttare il proprio ruolo di gestore di locali e infrastrutture necessarie all’attività dei fornitori di servizi a terra per ostacolarne l’ingresso nel mercato ed il successivo svolgimento dell’attività; dall’altro, il gestore aeroportuale può valersi della propria consolidata presenza nel mercato dell’handling per tentare di dissuadere i vettori dal servirsi di nuovi operatori.

Un terzo rilevante elemento di ostacolo allo sviluppo della concorrenza nel settore è stato individuato nelle modalità di applicazione della cosiddetta “clausola di protezione sociale” di cui all’articolo 14 del D.Lgs. 18/99, che nella versione originaria imponeva ai nuovi entranti l’onere di assorbire manodopera eccedente. Tuttavia si segnala che a seguito di varie modifiche - da ultimo quella apportata dall’articolo 23 della legge comunitaria per il 2006 (L. 13/2007) - intervenute anche in relazione al parere motivato della Corte di giustizia europea emessonell’ambito di una procedura di infrazione, l’articolo è stato riformulato in modo da sopprimere oneri di assunzione per il personale nuovo entrante[44].

Si segnala inoltre che, nella recente relazione sull’applicazione della direttiva 96/67[45], la Commissione europea ha segnalato che - laddove la società che gestisce l’aeroporto è attiva nel mercato dei servizi di assistenza a terra e quindi direttamente in concorrenza con i prestatori di servizi di assistenza a terra - il gestore aeroportuale, disponendo di una posizione dominante, non consente per un concorrente o per un nuovo handler di conquistare quote di mercato: Nella medesima relazione si legge inoltre che la direttiva non offre strumenti solidi per affrontare la situazione in cui la società di gestione sia contemporaneamente organismo di regolazione, gestore dell’infrastruttura e prestatore di servizi di assistenza a terra e assuma quindi ruoli in conflitto tra di loro.

Documentazione predisposta dall’Ufficio RUE

Procedure di contenzioso

Il 4 aprile 2006la Commissione europea ha inviato all’Italia un parere motivato[46], in base all’articolo 228 del Trattato CE[47], per non aver adottato le misure volte a dare esecuzione alla sentenza (causa C-460/02)della Corte di giustiziadel 9 dicembre 2004, che ha stabilito la non conformità allacitata direttiva 96/67/CE di alcune disposizioni del decreto legislativo 13 gennaio 1999, n. 18, attuativo della direttiva medesima.

Il 21 marzo 2007 la Commissione europea ha deciso di archiviare la procedura di infrazione, in seguito all’adozione dell’articolo 23 della legge 6 febbraio 2007, n. 13 (legge comunitaria per il 2006), che modifica l'articolo 14 del citato decreto legislativo n. 18, proprio al fine di tenere conto della sentenza sopra richiamata.

 

 

 

 


Articolo 9
Trasparenza delle tariffe nel settore trasporti

 

TESTO
del disegno di legge

TESTO
della Commissione

 

Art. 9.

(Trasparenza delle tariffe nel settore trasporti).

 

      1. All'articolo 3 del decreto-legge 31 gennaio 2007, n. 7, convertito, con modificazioni, dalla legge 2 aprile 2007, n. 40, alla rubrica la parola: «aeree» è sostituita dalle seguenti: «di trasporto»; al comma 1 la parola: «aeree» è sostituita dalle seguenti: «di contratti di trasporto» e le parole: «di voli aerei» sono sostituite dalle seguenti: «di servizi di trasporto».

 

 

L’articolo in questione, assente nel testo originario ed inserito integralmente dalla Commissione, apporta modifiche all’art. 3 del decreto-legge 31 gennaio 2007, n. 7, convertito. con modificazioni, dalla legge 2 aprile 2007, n. 40,  recante misure urgenti per la tutela dei consumatori, la promozione della concorrenza, lo sviluppo di attività economiche e la nascita di nuove imprese, allo scopo di estendere le norme ivi contemplate a tutela della trasparenza delle tariffe aeree, all’intero settore dei trasporti.

Si ricorda che l’articolo 3 del citato decreto legge prevede, al fine di favorire la concorrenza e la trasparenza delle tariffe aeree, di garantire ai consumatori un adeguato livello di conoscenza sugli effettivi costi del servizio, nonche' di facilitare il confronto tra le offerte presenti sul mercato, il divieto di offerte e messaggi pubblicitari di voli aerei recanti l'indicazione del prezzo al netto di spese, tasse e altri oneri aggiuntivi, ovvero riferiti a una singola tratta di andata e ritorno, a un numero limitato di titoli di viaggio o a periodi di tempo delimitati o a modalita' di prenotazione, se non chiaramente indicati nell'offerta. Tali messaggi vengono sanzionati secondo la disciplina vigente in materia di pubblicità ingannevole. 

Il testo dell’articolo 9 in esame sostituisce il riferimento alle tariffe per i voli aerei con il riferimento alle tariffe relative ai contratti e servizi di trasporto.


Articolo 10
Misure in materia di trasporto ferroviario

 

TESTO
del disegno di legge

TESTO
della Commissione

Art. 6.

(Misure in materia di trasporto ferroviario).

Art. 10.

(Misure in materia di trasporto ferroviario).

      1. La disciplina del settore del trasporto ferroviario è informata ai seguenti princìpi: separazione fra autorità regolatrice e gestore della rete; efficiente gestione della rete, anche attraverso l'allocazione non discriminatoria della capacità di rete e dei terminali delle merci e dei passeggeri; professionalità e capacità organizzativa degli operatori privati che intendono prestare il servizio di trasporto pubblico di passeggeri e di merci su rotaia e utilizzare le infrastrutture in possesso del gestore, sulla base di contratti di servizio a condizioni uniformi e non discriminatorie; destinazione di quota parte dei proventi dei contratti di servizio relativi all'utilizzo della rete ferroviaria alla manutenzione del materiale rotabile.

      Identico.

      2. Il Ministero dei trasporti avvia, entro un mese dalla data di entrata in vigore della presente legge, un'indagine conoscitiva per l'individuazione delle misure idonee a incentivare l'efficienza del gestore della rete ferroviaria e a garantire l'allocazione non discriminatoria della capacità della rete e dei terminali delle merci e dei passeggeri, nonché sul mercato del materiale rotabile. A seguito dell'indagine conoscitiva, da concludere entro sei mesi dall'avvio, il Ministero dei trasporti adotta i provvedimenti amministrativi necessari a garantire l'effettiva liberalizzazione del settore e ordina al gestore della rete di porre in essere tutti gli atti organizzativi necessari a garantire l'accesso alla rete da parte di soggetti terzi aventi i requisiti imprenditoriali occorrenti e prefissati per lo svolgimento del servizio pubblico di trasporto.

 

      3. Con regolamento emanato mediante decreto del Ministro dei trasporti, da adottare entro il termine di sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, sono stabiliti i requisiti di ordine generale e di idoneità professionale dei titolari dei contratti di servizio e i requisiti organizzativi minimi che connotano le imprese di trasporto ferroviario. Con il medesimo regolamento sono altresì determinati i requisiti di ordine generale e di idoneità professionale che i componenti degli organi di amministrazione e di gestione devono possedere, quando le imprese esercenti i servizi sono costituite in forma societaria.

 

 

 

L'articolo 10 prevede una serie di misure volte a favorire la prosecuzione del processo di apertura del mercato del trasporto ferroviario avviato in Italia in attuazione di quanto disposto in sede comunitaria.

In particolare il comma 1 prevede una serie di principi cui orientare il processo di liberalizzazione:

 

§     separazione fra autorità regolatrice e gestore della rete;

L’autorità di regolazione è individuata - ai sensi dell’articolo 37 del D.Lgs 188/2003 (vedi infra) - nel Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, o in sue articolazioni (oggi Ministero dei trasporti), cui sono affidati i compiti di vigilanza sulla concorrenza nei mercati dei servizi ferroviari e cui è garantita piena indipendenza sul piano organizzativo, giuridico, decisionale e della strategia finanziaria, sia dall'organismo preposto alla determinazione dei canoni di accesso all'infrastruttura sia dall'organismo preposto all'assegnazione della capacità e dai richiedenti. L’articolo 16, comma 4 del DPR 184/2004 di riorganizzazione del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti ha istituito l'«Ufficio per la regolazione dei servizi ferroviari» posto alle dirette dipendenze del Ministro.

§     efficiente gestione della rete, anche attraverso l'allocazione non discriminatoria della capacità di rete e dei terminali delle merci e dei passeggeri;

La ripartizione della capacità di rete è già previsto che venga effettuato dal gestore su base equa, trasparente e non discriminatoria e che consenta un utilizzo efficace e ottimale dell'infrastruttura ferroviaria (artt. 22 e 27 del D.Lgs 188/2003); l’articolo 20 comma 2 precisa inoltre che le associazioni internazionali di imprese e le imprese ferroviarie hanno altresì il diritto all'accesso ed all'utilizzo condizioni eque e non discriminatorie, di una serie di impianti, tra cui stazioni passeggeri, strutture ed edifici ad esse annessi e scali e terminali merci.[48] Il comma 4 dispone inoltre che ove il gestore non sia in condizione di fornire alcuni dei servizi di cui al comma 2, provvede, entro un anno dall'entrata in vigore del decreto, ad affidare la gestione dei servizi stessi, con procedure trasparenti nel rispetto della normativa nazionale e comunitaria, a soggetti indipendenti dalle imprese ferroviarie (sul punto, si ricorda la segnalazione AGCM del 07/08/2003, in relazione al citato D.lgs. n. 188/2003).

§     professionalità e capacità organizzativa degli operatori privati che intendono prestare il servizio;

Gli operatori privati che intendono prestare il servizio devono attualmente rispondere a requisiti di onorabilità, capacità finanziaria e competenza professionale. Quanto a quest’ultima essa si sostanzia nella garanzia dell’impresa ferroviaria di disporre o di essere in grado di disporre di un'organizzazione gestionale efficiente; di possedere le conoscenze e l'esperienza necessaria per esercitare un controllo operativo ed una supervisione sicuri ed efficaci relativamente ai servizi ferroviari della tipologia specificata nella licenza; di avere personale responsabile della sicurezza ed in particolare quello addetto alla guida dei convogli pienamente qualificato nel proprio campo di attività; di avere personale, materiale rotabile e organizzazione tali da garantire un alto livello di sicurezza per i servizi ferroviari da espletare.

§     destinazione di una quota parte dei proventi dei contratti di servizio relativi all'utilizzo della rete ferroviaria per la manutenzione del materiale rotabile.

 

Il comma 2 prevede che il Ministero dei trasporti avvii entro un mese dalla data di entrata in vigore della legge e concluda nei successivi sei mesi un’indagine conoscitiva volta da un lato ad individuare misure idonee a incentivare l'efficienza del gestore della rete ferroviaria e a garantire l'allocazione non discriminatoria della capacità della rete e dei terminali delle merci e dei passeggeri, dall’altro ad acquisire elementi sul mercato del materiale rotabile. La relazione illustrativa precisa che tale obbligo è affidato al Ministero dei trasporti nelle more della costituzione dell’Autorità per i servizi e le infrastrutture di trasporto (di cui al disegno di legge AS 1366, in corso di esame al Senato). A seguito della conclusione dell’indagine il Ministero dei trasporti deve adottare i provvedimenti amministrativi necessari a garantire l'effettiva liberalizzazione del settore, ordinando al gestore della rete di porre in essere tutti gli atti organizzativi necessari a garantire l'accesso alla rete da parte di soggetti terzi, che rispondano ai requisiti imprenditoriali necessari per lo svolgimento del servizio pubblico di trasporto (dettati dal comma 3).

La relazione precisa che in particolare devono essere individuati tramite l’indagine gli eventuali ostacoli, normativi o derivanti dall'attuale assetto societario della «filiera» ferroviaria o, ancora, dal comportamento dei soggetti operanti nel settore, che si frappongono al dispiegamento della concorrenza nell'ambito del trasporto passeggeri di media e di lunga percorrenza, nonché al corretto ed efficace espletamento delle gare nel settore del trasporto dei passeggeri in ambito regionale.

Il comma 3 prevede quindi che con regolamento emanato mediante decreto del Ministro dei trasporti, da adottare entro di sei mesi dalla data di entrata in vigore della legge, siano stabiliti:

-   i requisiti di ordine generale e di idoneità professionale dei titolari dei contratti di servizio;

    i requisiti organizzativi minimi che connotano le imprese di trasporto ferroviario;

-   i requisiti di ordine generale e di idoneità professionale che i componenti degli organi di amministrazione e di gestione devono possedere, quando le imprese esercenti i servizi sono costituite in forma societaria

 

In relazione ai principi contenuti nel comma 1 della disposizione in esame si può osservare quanto segue:

-      l’autorità di regolazione è, come detto, individuata nel Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, o in sue articolazioni (oggi Ministero dei trasporti), ai sensi dell’articolo 37 del D.Lgs. 188/2003, cui sono affidati i compiti di vigilanza sulla concorrenza nei mercati dei servizi ferroviari e cui è garantita piena indipendenza sul piano organizzativo, giuridico, decisionale e della strategia finanziaria, sia dall'organismo preposto alla determinazione dei canoni di accesso all'infrastruttura sia dall'organismo preposto all'assegnazione della capacità e dai richiedenti. L’articolo 16, comma 4 del DPR 184/2004 di riorganizzazione del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti ha istituito l'«Ufficio per la regolazione dei servizi ferroviari», posto alle dirette dipendenze del Ministro.

-      è già attualmente previsto che la ripartizione della capacità di rete venga effettuata dal gestore su base equa, trasparente e non discriminatoria e che consenta un utilizzo efficace e ottimale dell'infrastruttura ferroviaria (artt. 22 e 27 del D.Lgs. 188/2003);

-      gli operatori privati che intendono prestare il servizio devono attualmente rispondere a requisiti di onorabilità, capacità finanziaria e competenza professionale. Quanto a quest’ultima essa si sostanzia nella garanzia dell’impresa ferroviaria di disporre o di essere in grado di disporre di un'organizzazione gestionale efficiente; di possedere le conoscenze e l'esperienza necessaria per esercitare un controllo operativo ed una supervisione sicuri ed efficaci relativamente ai servizi ferroviari della tipologia specificata nella licenza; di avere personale responsabile della sicurezza ed in particolare quello addetto alla guida dei convogli pienamente qualificato nel proprio campo di attività; di avere personale, materiale rotabile e organizzazione tali da garantire un alto livello di sicurezza per i servizi ferroviari da espletare.

Documentazione predisposta dall’Ufficio RUE

Procedure di contenzioso

Il 21 marzo 2007 la Commissione ha presentato un ricorso[49] alla Corte di giustizia contro l’Italia per non aver comunicato le misure di recepimento della direttiva 2004/49/CE,relativa alla sicurezza delle ferrovie comunitarie e recante modifica della direttiva 95/18/CE relativa alle licenze delle imprese ferroviarie, e della direttiva 2001/14/CE relativa alla ripartizione della capacità di infrastruttura ferroviaria, all’imposizione dei diritti per l’utilizzo dell’infrastruttura ferroviaria e alla certificazione di sicurezza.

Il termine per il recepimento della direttiva era il 30 aprile 2006.

La direttiva figurava nell’allegato B alla legge 25 gennaio 2006, n. 29 (legge comunitaria per il 2005).

 

Nella stessa data la Commissione ha presentato un ricorso[50] alla Corte di giustizia contro l'Italia per non avere comunicato le misure di recepimento della direttiva 2004/50/CE, che modifica la direttiva 96/48/CE relativa all'interoperabilità del sistema ferroviario transeuropeo ad alta velocità e la direttiva 2001/16/CE relativa all'interoperabilità del sistema ferroviario transeuropeo convenzionale.

Il termine per il recepimento della direttiva era il 30 aprile 2006.

Anche questa direttiva figurava nell’allegato B alla legge 25 gennaio 2006, n. 29.

 

 


Articolo 11
Misure in materia di trasporto innovativo

TESTO
del disegno di legge

TESTO
della Commissione

Art. 7.

(Misure in materia di trasporto innovativo).

Art. 11.

(Misure in materia di trasporto innovativo).

      1. Al fine della tutela della concorrenza, ai sensi dell'articolo 117, secondo comma, lettera e), della Costituzione, e allo scopo di promuovere la funzionale crescita e l'innovazione del settore del trasporto locale, il rilascio di licenze e di autorizzazioni per la prestazione di servizi di trasporto pubblico locale innovativo non è soggetto a limitazione numerica. Per trasporto pubblico locale innovativo si intendono i servizi quali uso multiplo, condivisione dei veicoli, trasporto ecologico e trasporto per categorie disagiate.

      1. Gli enti locali, ai fini dell'articolo 117, secondo comma, lettera e), della Costituzione, e allo scopo di promuovere la funzionale crescita e l'innovazione del settore del trasporto locale, possono prevedere il rilascio di autorizzazioni in favore dei soggetti individuati alle lettere d) ed e) del comma 1 dell'articolo 6 del decreto-legge 4 luglio 2006, n. 223, convertito, con modificazioni, dalla legge 4 agosto 2006, n. 248, e delle aziende che esercitano trasporto pubblico per prestazione di servizi di trasporto innovativo. Per trasporto pubblico locale innovativo si intende la diffusione di servizi collettivi e condivisi diretti a specifiche categorie d'utenti, con obblighi di servizio e tariffe differenziate. I comuni devono favorire: l'alternativa all'automobile con l'utilizzo di mezzi pubblici ecologici, la sostituzione, con incentivi, dei veicoli per servizio ad uso multiplo con mezzi ecologici, il trasporto per categorie disagiate, la condivisione dei veicoli ecologici.

      2. I comuni favoriscono la diffusione del trasporto pubblico locale innovativo mediante l'incentivazione dei servizi di cui al comma 1.

      2. I comuni favoriscono la diffusione del trasporto pubblico locale innovativo mediante l'incentivazione dei servizi di cui al comma 1 attraverso l'utilizzo di veicoli ecologici.

      3. Entro quaranta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, il Ministro dei trasporti stabilisce con proprio decreto i requisiti di ordine generale e di idoneità professionale cui devono rispondere i prestatori dei servizi di trasporto pubblico locale innovativo, sia quali imprenditori individuali sia in forma societaria o consorziata.

      3. Entro quaranta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, il Ministro dei trasporti con proprio decreto, da emanare previa intesa in sede di Conferenza unificata ai sensi dell'articolo 3 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, individua le specifiche categorie di utenti alle quali si rivolgono i servizi di trasporto innovativo e fissa i requisiti di ordine generale e di idoneità professionale cui devono rispondere i prestatori dei servizi medesimi.

      4. I comuni predispongono una carta dei servizi di trasporto pubblico locale innovativo concernente le prestazioni dei servizi di cui al comma 1 e recante, tra l'altro, la disciplina tecnica relativa:

      4. I comuni, sentite le associazioni di rappresentanza degli utenti e degli operatori del settore, predispongono una carta dei servizi dei trasporti innovativi, concernente le prestazioni dei servizi di cui al comma 1 e recante, tra l'altro, la disciplina tecnica relativa:

          a) all'elencazione dei servizi offerti e alle relative formule di pagamento e abbonamento;

          a) all'elencazione dei servizi offerti, alle specifiche categorie di utenza alle quali si rivolgono ed alla tipologia dei veicoli da utilizzare;

          b) ai livelli minimi del servizio offerto, con particolare riferimento a fasce orarie di prestazione e a frequenza dei trasporti;

          b) agli obblighi di servizio, all'individuazione di tariffe differenziate per l'utenza con particolare riferimento a fasce orarie di prestazione e alle relative formule di pagamento e abbonamento;

          c) alle modalità di prenotazione del servizio, di raccolta e di smistamento delle richieste mediante centralini telefonici, rete internet e telefonia mobile;

          c) alle modalità di prenotazione del servizio, di raccolta e smistamento delle richieste mediante call center, rete internet e telefonia mobile;

          d) alle modalità di rendicontazione e di fatturazione del servizio;

          d) identica;

          e) ad ogni altro elemento ritenuto utile per il miglioramento dei livelli qualitativi del servizio.

          e) identica;

 

          f) alle condizioni contrattuali, quali orario di lavoro, compenso minimo, competenze, che devono avere i conducenti dei mezzi.

      5. I prestatori del servizio di trasporto pubblico locale innovativo sono tenuti all'osservanza delle prescrizioni adottate dal comune nella carta dei servizi di trasporto pubblico locale innovativo di cui al comma 4 e, nel caso di violazione delle prescrizioni stesse, sono tenuti a corrispondere un indennizzo a favore dei fruitori del servizio, nella misura stabilita dal comune con la medesima carta.

      5. I prestatori del servizio di trasporto pubblico locale innovativo sono tenuti all'osservanza delle prescrizioni adottate dal comune nella carta dei servizi di trasporto pubblico locale innovativo di cui al comma 4. Nel caso di violazione delle prescrizioni stesse, gli enti locali possono prevedere sanzioni amministrative che vanno dalla semplice sanzione pecuniaria alla revoca dell'autorizzazione.

      6. L'adozione delle misure di cui ai commi 2 e 4 del presente articolo costituisce titolo preferenziale per i comuni ai fini dell'accesso ai finanziamenti di cui all'articolo 1, commi 1031 e 1032, della legge 27 dicembre 2006, n. 296.

      6. Identico.

 

 

L’articolo in questione interviene in materia di trasporto pubblico locale, allo scopo, già esplicito nell’originaria formulazione, di promuoverne l’apertura alla concorrenza, la crescita, l’innovazione. L’articolo è inteso in particolare a promuovere la diffusione del trasporto pubblico locale innovativo.

 

Si intende genericamente per trasporto innovativo il trasporto:

§         sicuro,

§         ecologico,

§         economico,

§         silenzioso.

Si tratta di un nuovo sistema di trasporti, alternativo all’attuale - inquinante, congestionato, poco sicuro - che sappia garantire un elevato livello di mobilità a cittadini e imprese, consumi energetici ridotti e basso impatto ambientale.

Il decreto 22 dicembre 2000 - Finanziamento ai Comuni per la realizzazione di politiche radicali ed interventi integrati per la mobilità sostenibile nelle aeree urbane – offre una definizione di sistema di trasporto collettivo innovativo quale “servizio di trasporto flessibile, integrativo e complementare al servizio di trasporto pubblico locale che utilizza strumenti telematici per l’ottimizzazione dei percorsi, la prenotazione del servizio e la gestione del sistema informativo ed operativo, offerto a un prezzo inferiore a quello di un taxi tradizionale.”

 

Nella formulazione originaria per trasporto pubblico locale innovativo si intendevano servizi quali uso multiplo, condivisione dei veicoli, trasporto ecologico e trasporto di categorie disagiate. Per la prestazione di tali servizi venivano escluse limitazioni numeriche al rilascio di licenze e di autorizzazioni.

Il testo modificato offre una nozione generale di servizio pubblico locale innovativo quale insieme di servizi collettivi e condivisi, diretti a specifiche categorie d’utenti, con obblighi di servizio e tariffe differenziate.

Il testo emendato reintroduce la possibilità, per gli enti locali, di definire contingenti numerici al rilascio di licenze per questi servizi.

 

Il testo originario prevedeva per i comuni l’onere di :

-      favorire la diffusione del trasporto pubblico locale innovativo mediante l'incentivazione dei servizi che lo definiscono;

-      predisporre una carta di servizi concernente le prestazioni dei servizi innovativi recante, tra l'altro:

a) l'elencazione dei servizi offerti e le relative formule di pagamento e abbonamento;

b) i livelli minimi del servizio offerto, con particolare riferimento a fasce orarie di prestazione e a frequenza dei trasporti;

c) le modalità di prenotazione del servizio, di raccolta e di smistamento delle richieste mediante centralini telefonici (call center nel testo modificato), internet e telefonia mobile;

d) le modalità di rendicontazione e di fatturazione del servizio;

e) ogni altro elemento ritenuto utile per il miglioramento dei livelli qualitativi del servizio.

Il testo modificato dalla Commissione ribadisce l’onere, per i Comuni, di favorire la diffusione del trasporto pubblico locale innovativo attraverso l’incentivazione dei relativi servizi e comunque tramite l’utilizzazione dei mezzi ecologici. Il trasporto ecologico evolve dunque da servizio a modalità di trasporto pubblico locale integrativo. Correlativamente, nel testo modificato, i servizi di trasporto pubblico locale innovativo presuppongono tutti – salvo il trasporto per categorie disagiate - l’utilizzazione di mezzi ecologici.

Quanto alle carte di servizi concernenti le prestazioni dei servizi innovativi di trasporto pubblico locale, il testo modificato chiarisce che i Comuni, nel predisporle, debbano preventivamente sentire le associazioni di rappresentanza degli utenti e degli operatori del settore e che le suddette Carte debbano indicare anche:

§         le specifiche categorie di utenza alle quali si rivolgono e la tipologia dei veicoli da utilizzare;

§         gli obblighi di servizio e l'individuazione di tariffe differenziate per l’utenza con particolare riferimento alle fasce orarie di prestazione;

§         le condizioni contrattuali (orario di lavoro, compenso minimo, competenze) per i conducenti dei mezzi.

Il testo modificato attribuisce dunque ai comuni un’elevata discrezionalità. Ad essi riconosce  infatti la facoltà di rifiutare newcomers, definire livelli minimi di servizio, formule di pagamento e abbonamento e modalità di prenotazione. I comuni, in definitiva, hanno ampia autonomia nella scelta dei oggetti cui affidare i nuovi servizi.

 

I requisiti di ordine generale e di idoneità professionale cui devono rispondere i prestatori dei servizi medesimi, vengono definiti con decreto del Ministro dei trasporti, da emanarsi entro quaranta giorni dall’entrata in vigore della legge, come già previsto dal testo originario, ma con l’onere della previa intesa con la Conferenza unificata Stato–regioni. Conformemente al principio di leale collaborazione le regioni sono state coinvolte nella definizione di un decreto a tutela della concorrenza - materia di competenza esclusiva statale - suscettibile tuttavia di incidere su materie di competenza regionale[51].

Il testo modificato prevede che il medesimo decreto individui le specifiche categorie di utenti alle quali si rivolgono i servizi di trasporto innovativo.

Viene ribadito, per i prestatori del servizio, l’obbligo di osservare le prescrizioni della carta e sono previste nel caso di inadempimento, in luogo dell’indennizzo da corrispondere ai fruitori nella misura stabilita dal comune nella carta di servizi, sanzioni amministrative irrogabili dagli enti locali (sanzioni pecuniarie, revoca dell'autorizzazione).

Come già previsto nel testo originario, l’adozione di misure per lo sviluppo del sistema di trasporto pubblico locale innovativo costituisce, per il Comune, titolo preferenziale per l'accesso ai finanziamenti per l’acquisto di materiale rotabile previsti dalla legge finanziaria per il 2007.

Documentazione predisposta dall’Ufficio RUE

Documenti all’esame delle istituzioni dell’UE

1. Obblighi di servizio pubblico

Il 20 luglio 2005 la Commissione ha presentato una nuova proposta di regolamento riguardante i servizi pubblici di trasporto viaggiatori per strada, per ferrovia e per via navigabile interna (COM(2005)319). L’intento della Commissione è quello di trovare una soluzione ai problemi sorti in occasione dell’esame della precedente proposta[52]e di tenere conto, inoltre, degli ultimi sviluppi giurisprudenziali[53] nonché del libro bianco sui servizi di interesse generale (COM(2004)374) (vedi infra).

Il nuovo approccio proposto dalla Commissione si fonda sulla definizione delle modalità in base alle quali le autorità competenti possono intervenire, nel rispetto del diritto comunitario, nel settore dei trasporti pubblici di passeggeri per garantire la fornitura di servizi di interesse generale più numerosi, più sicuri e di migliore qualità o offerti a prezzi inferiori rispetto a quelli che potrebbero essere forniti solo basandosi sul gioco delle forze di mercato. La proposta affronta, fra l’altro, i profili relativi all’attribuzione di diritti esclusivi e al versamento di compensazioni per gli obblighi di servizio pubblico, misure che più di altre sono suscettibili di incidere sulla concorrenza e gli scambi fra Stati membri. Il nuovo approccio si basa in particolare su tre elementi:

§       la semplificazione di alcune disposizioni della proposta del 2000 soprattutto quelle riguardanti l’aggiudicazione dei contratti di servizio pubblico - per i quali sono previste solo le procedure dell’appalto pubblico e dell’affidamento diretto – e le compensazioni quando non si sia proceduto a pubblica gara;

§       il riconoscimento, alle autorità competenti, della possibilità di autoproduzione di qualsiasi tipo di servizio di trasporto (autobus, tram, metropolitana, treno, servizi integrati, ecc...) senza esperire procedure concorsuali. Tale facoltà è tuttavia strettamente subordinata al rispetto delle norme relative alla trasparenza e alla fissazione di criteri precisi applicabili alle compensazioni per gli obblighi di servizio pubblico, di cui alla direttiva 80/723/CEE sulla trasparenza delle relazioni finanziarie tra gli Stati membri e le loro imprese pubbliche come da ultimo modificata dalla direttiva 2005/81/CE[54]. Essa, inoltre, può essere esercitata solo a condizione che l’attività dell’autorità competente resti circoscritta ad una zona geografica limitata;

§       la promozione del principio di sussidiarietà: alle autorità pubbliche è rimesso un maggiore margine di discrezionalità per organizzare nei dettagli il ricorso a procedure concorsuali. Per il settore dei trasporti pubblici terrestri, inoltre, non sono stabilite regole specifiche in materia di subfornitura o di abuso di posizione dominante e non viene definito il livello adeguato di qualità dei trasporti pubblici o dell’informazione da fornire ai passeggeri.

Sulla proposta, che segue la procedura di codecisione, il Consiglio trasporti ha adottato, nella riunione dell’11-12 dicembre 2006, la posizione comune in prima lettura che dovrebbe essere esaminata dal Parlamento europeo in seconda lettura il 9 maggio 2007.

 

Il 12 maggio 2004 la Commissione ha presentato un libro bianco sui servizi di interesse generale (COM(2004)374).

Il libro bianco illustra la strategia della Commissione al fine di promuovere servizi di interesse generale di alta qualità e a prezzi accessibili per i cittadini e le imprese nel pieno rispetto della diversità delle tradizioni, delle strutture e delle caratteristiche nazionali. La Commissione, in particolare, pone l’accento sul concetto di “responsabilità comune” – contemplato dall’articolo 16 del Trattato CE - che affida alla Comunità e agli Stati membri l’incarico di garantire, nell’ambito delle rispettive competenze, che le proprie politiche consentano agli operatori di servizi di interesse economico generale di assolvere i loro compiti. A questo riguardo la Commissione ritiene che i poteri di cui dispone allo stato attuale la Comunità in questo settore siano adeguati e sufficienti a garantire il mantenimento e lo sviluppo di servizi efficienti in tutta l’UE.

L’approccio della Commissione è basato su una serie di princìpi che trovano riflesso nelle politiche settoriali della Comunità ovvero: chiarire e semplificare il quadro giuridico riguardante la compensazione degli obblighi di servizio pubblico; fornire un quadro chiaro e trasparente per la selezione delle imprese incaricate di gestire un servizio di interesse generale; consentire alle autorità pubbliche di operare nell’interesse dei cittadini; realizzare gli obiettivi del servizio pubblico all’interno di mercati aperti e competitivi; garantire la coesione e l’accesso universale; mantenere un alto livello di qualità e sicurezza; garantire i diritti dei consumatori e degli utenti; controllare e valutare le prestazioni; rispettare la diversità dei servizi e delle situazioni nell’ambito di un quadro coerente; garantire la certezza giuridica.

2. Diritti dei passeggeri

Facendo seguito agli orientamenti del libro bianco sui trasporti (COM(2001)370) volti a porre gli utenti al centro della politica comune dei trasporti, la Commissione ha adottato, il 16 febbraio 2005, una comunicazione relativa al rafforzamento dei diritti dei passeggeri nell’Unione europea (COM(2005)46).

Il documento reca un bilancio delle disposizioni già adottate, che riguardano principalmente la tutela dei diritti dei passeggeri del trasporto aereo, e prospetta una serie di nuove misure al fine di estendere tali diritti anche ad altre modalità di trasporto. Fra i settori prioritari di intervento individuati nella comunicazione figurano:

§       la tutela dei passeggeri a mobilità ridotta che utilizzano il trasporto internazionale per autobus;

§       i mezzi per presentare i ricorsi e le modalità di trattamento degli stessi;

§       l’informazione dei passeggeri al fine di aumentare la consapevolezza dei loro diritti;

§       la creazione di biglietterie integrate per consentire ai passeggeri di utilizzare diverse modalità di trasporto in occasione di un medesimo viaggio.

La comunicazione è stata trasmessa al Parlamento europeo e al Consiglio.

3. Ambiente urbano

Strategia tematica per l’ambiente urbano

Conformemente agli orientamenti delineati in tal senso dal sesto programma d’azione in materia di ambiente[55], l’11 febbraio 2004 la Commissione ha adottato la comunicazioneVerso una strategia tematica sull’ambiente urbano” (COM(2004)60).

Nel sottolineare che il traffico ha un impatto significativo sull’ambiente e sulla salute dei cittadini, oltre che sulla qualità complessiva della vita nelle città, la comunicazione propone una serie di azioni specifiche per la futura strategia tematica. L’obiettivo è contribuire a livello comunitario alla definizione di un quadro di riferimento per promuovere iniziative locali basate sulle migliori pratiche, lasciando la scelta delle soluzioni e degli obiettivi ai responsabili locali. L’elemento fondamentale di questo quadro di riferimento è l’obbligo per le capitali e gli agglomerati urbani con popolazione superiore a 100 mila abitanti (ossia le 500 maggiori città dell’UE) di adottare un piano di gestione dell’ambiente urbano che stabilisca gli obiettivi da conseguire per dar vita ad un ambiente urbano sostenibile, e di introdurre un apposito sistema di gestione ambientale per assicurare l’esecuzione del piano. A tal fine la Commissione ritiene che possano essere stabiliti specifici obblighi a livello comunitario.

La comunicazione prospetta una serie di azioni in quattro settori prioritari di intervento tra cui la gestione urbana sostenibile e il trasporto urbano sostenibile.

Al fine di realizzare le priorità prefissate, la Commissione intende: identificare una serie di indicatori fondamentali in materia di trasporto urbano sostenibile; proseguire le proprieenibile; proseguire le sue l' fissati dal programma stresso in specifici settori di intervento. Una d iqueste strategie ri attività promozionali, quali la giornata europea senza auto e la settimana della mobilità; valutare la necessità di orientamento e formazione sulle tematiche relative al trasporto urbano sostenibile e il contributo di nuovi metodi di lavoro, come il telelavoro.

La comunicazione ricorda, infine, che, nell’ambito del libro bianco sui trasporti (COM(2001)370), la Commissione ha preannunciato la presentazione di una proposta di direttiva riguardante gli appalti per l’acquisizione di autoveicoli a basso consumo energetico e a basso livello di emissioni da parte delle amministrazioni pubbliche (vedi infra il paragrafo “Altre iniziative”)

 

La strategia tematica per l’ambiente urbano è stata successivamente delineata dalla Commissione con una comunicazione dell’11 gennaio 2006 (COM(2005)718).

Partendo dalla considerazione che lo stato dell’ambiente urbano europeo desta sempre maggiori preoccupazioni e riconoscendo l’importanza delle aree urbane al fine di attrarre investimenti e lavoro, importanti per contribuire alla realizzazione degli obiettivi di Lisbona, la Commissione propone una serie di misure da attuare in stretta cooperazione con le autorità locali il cui ruolo è considerato decisivo ai fini del miglioramento dell’ambiente urbano. Le misure proposte comprendono:

§       l’adozione di orientamenti sulla gestione integrata dell’ambiente urbano e sull’elaborazione di piani per il trasporto urbano sostenibile;

§       la promozione di attività di formazione al fine di sviluppare le competenze necessarie per gestire l’ambiente urbano e di incoraggiare la collaborazione e l’apprendimento reciproco tra le autorità locali;

§       l’elaborazione di un nuovo programma europeo per lo scambio di esperienze e conoscenze sui problemi dell’ambiente urbano;

§       l’istituzione di un portale Internet della Commissione destinato alle autorità locali.

La comunicazione prevede che gli Stati membri, le autorità locali e regionali nonché le parti interessate comunichino il proprio parere sull’impatto delle misure proposte ad intervalli regolari e, successivamente, in occasione di un ampio processo di consultazione nel 2009. Tali pareri, unitamente ai dati disponibili sulle prestazioni ambientali a livello urbano, saranno esaminati nel 2010 nel quadro del sesto programma di azione in materia ambientale, anche al fine di valutare l’opportunità di ulteriori interventi.

Il 27 giugno 2006 il Consiglio ha adottato conclusioni sulla strategia sull’ambiente urbano, in cui tra l’altro: chiede agli Stati membri di intensificare gli sforzi per far sì che le città possano raggiungere un'elevata qualità urbana a livello ambientale e sanitario, e di tenere presenti le possibilità offerte dai quadri strategici nazionali di riferimento (definiti nell’ambito della politica di coesione) per affrontare i problemi dell'ambiente urbano, come pure le opportunità nell'ambito del regolamento e dei fondi LIFE+[56]; incoraggia la Commissione a fornire orientamenti su come gli Stati membri possano utilizzare tali fondi per integrare il rinnovamento urbano nei loro piani nazionali, prevedendo meccanismi innovativi e flessibili; invita l'Unione europea, gli Stati membri e le loro città, nell'ambito delle rispettive competenze, a migliorare la qualità della vita nelle città e nelle aree urbane attraverso la promozione e l'attuazione della gestione ambientale integrata.

Il 26 settembre 2006 il Parlamento europeo ha approvato una risoluzione sulla strategia sull’ambiente urbano nella quale, fra l’altro, raccomanda di migliorare in via generale la qualità della vita nei centri delle città attraverso una strategia globale, soprattutto a carattere sociale, culturale ed ecologico.

Trasporto urbano

Le questioni connesse al trasporto urbano sono affrontate nell’ambito di una comunicazione del 22 giugno 2006dal titolo “Mantenere l’Europa in movimento: una mobilità sostenibile per il nostro continente” (COM(2006)314), intesa ad effettuare un esame intermedio delle misure contenute nel libro bianco del 2001 sulla politica comune dei trasporti (COM(2001)370).

La Commissione traccia un quadro della situazione attuale nel settore del trasporto urbano dal quale risulta, tra l’altro, che i trasporti urbani producono il 40% delle emissioni globali di CO2 generate dal trasporto stradale e che tale modalità di trasporto è confrontata a notevoli problemi in termini di sicurezza e di congestione. In tale contesto sisottolinea l’importanza di assicurare un livello elevato di mobilità per i cittadini e le imprese in tutta l’UE: la mobilità costituisce, infatti, non soltanto un diritto fondamentale, ma anche una componente essenziale per promuovere la competitività dell’industria e dei servizi europei. La Commissione precisa, tuttavia, che è necessario, ricorrendo ad un’ampia gamma di strumenti politici, dissociare la mobilità dalle conseguenze negative da essa prodotte quali la congestione, l’inquinamento e gli incidenti. Fra le possibili opzioni, la Commissione considera di primaria importanza la promozione della co-modalità, vale a dire l’uso efficiente dei vari modi di trasporto singolarmente o in combinazione tra di loro al fine di favorire un consumo ottimale e sostenibile delle risorse

La comunicazionesottolinea che spetta alle singole città, e non all’Unione europea, promuovere iniziative al fine di dare soluzione a questi problemi, e ricorda a tale proposito l’esperienza positiva di alcune città quali Atene, Londra e Stoccolma che hanno adottato politiche per una mobilità sostenibile basate essenzialmente sulla promozione di modalità di trasporto alternative al trasporto in auto. L’UE, dal canto suo, continua ad adoperarsi al fine di promuovere gli studi e lo scambio delle migliori prassi a livello comunitario in settori quali le infrastrutture di trasporto, la regolamentazione, la gestione della congestione e del traffico, i servizi pubblici di trasporto, la tassazione delle infrastrutture, la pianificazione urbana, la sicurezza, la protezione e la cooperazione con le regioni limitrofe. Dato il grande interesse emerso in occasione di alcune consultazioni in relazione alla necessità che l’UE dia il proprio contributo in questo settore, la Commissione si impegna a sfruttare l’esperienza maturata nell’ambito dell’iniziativa CIVITAS[57] e della strategia tematica sull’ambiente urbano e a promuovere la ricerca sulla mobilità urbana. La Commissione ritiene, inoltre, che sia necessario valutare se esistono ostacoli alla politica in materia di trasporto urbano a livello comunitario ed individuare le situazioni in cui esiste un consenso favorevole allo sviluppo di soluzioni congiunte, nel pieno rispetto del principio di sussidiarietà.

La comunicazione sottolinea, infine, l’esigenza di procedere ad investimenti nel settore della ricerca e dello sviluppo tecnologico e sviluppare programmi congiunti di ricerca nel settore dei trasporti e dell’energia, con particolare riferimento ai veicoli intelligenti ed ecologici.

 

Gli aspetti urbani sono affrontati altresì nell’ambito della politica di coesione la cui disciplina è contenuta nei regolamenti relativi ai fondi strutturalinel periodo di programmazione 2007-2013[58]. I regolamenti stabiliscono, in particolare, la concentrazione degli interventi strutturali su tre nuovi obiettivi: convergenza, competitività ed occupazione regionale e cooperazione territoriale.

In questo nuovo quadro legislativo, il campo di intervento delle iniziative comunitarie relative al periodo 2000-2006, tra cui URBAN[59] sarà integrato nelle priorità dei suddetti nuovi obiettivi. In particolare il Fondo europeo di sviluppo regionale (FESR), riserverà una particolare attenzione alle specificità territoriali delle zone urbane, soprattutto quelle relative alle cittadine di medie dimensioni il cui ruolo nel promuovere lo sviluppo regionale sarà valorizzato mediante aiuti alla riqualificazione urbana.

Il 18 agosto 2006, il Consiglio ha adottato una decisione sugli orientamenti strategici comunitari in materia di coesione[60], che con riferimento alle zone urbane, prevedono interventi intesi a potenziare le infrastrutture di trasporto, segnatamente gli investimenti nei collegamenti secondari nell’ambito di una strategia regionale integrata per i trasporti e le comunicazioni nelle zone urbane e rurali, e nella promozione di reti di trasporto sostenibili dal punto di vista ambientale. Al fine di completare i suddetti orientamenti strategici, il 13 luglio 2006, la Commissione ha adottato la comunicazioneLa politica di coesione e le città: il contributo delle città e degli agglomerati urbani alla crescita e all’occupazione all’interno delle regioni” (COM(2006)385). Il documento propone l’elaborazione di un approccio integrato che deve agire non soltanto a favore della crescita e dell’occupazione, ma anche perseguire obiettivi sociali ed ambientali. Tale approccio mira ad agire su alcuni aspetti specifici della dimensione urbana e, in particolare, a rafforzare l’attrattiva delle città,facendo leva, tra l’altro, su trasporti, accessibilità e mobilità.

Sulla base degli orientamenti strategici gli Stati membri, tra cui l’Italia, stanno definendo, di concerto con la Commissione, i quadri strategici nazionali per la coesione relativi al 2007-2013, che disegnano la cornice nel cui ambito aranno elaborati i programmi operativi nazionali e regionali, recanti gli interventi e le misure concrete.

 

Tra le iniziative strategiche intese a migliorare la qualità della vita in Europa previste nel programma legislativo e di lavoro della Commissione per il 2007, figura l’adozione, presumibilmente nel mese di settembre 2007, di un libro verde sul trasporto urbano per valutare i possibili benefici derivanti da una politica europea del trasporto urbano ed individuare i problemi, le sfide, eventuali nuove azioni e responsabilità, attraverso le quali l’UE potrà migliorare i trasporti urbani. Il libro verde è attualmente sottoposto ad un processo di consultazione che si concluderà il 30 aprile 2007.

Altre iniziative

Sono attualmente all’esame delle istituzioni europee una serie di iniziative, anche di natura non legislativa, volte a promuovere la produzione di veicoli ecocompatibili al fine di ridurre l’impatto dei trasporti sull’ambiente e di favorire al contempo il raggiungimento degli obiettivi comunitari in materia di efficienza energetica e di lotta ai cambiamenti climatici.

Fra tali documenti figurano:

§       un piano d'azione in materia di efficienza energetica (COM(2006)545) del 19 ottobre 2006 inteso a delineare un quadro coerente per conseguire l’obiettivo di risparmiare, entro il 2020, il 20% del consumo primario di energia nell’Unione europea. Considerato che il settore dei trasporti figura tra quelliche presentano il maggiore potenziale di risparmio energetico, il piano propone un approccio organico e coerente rivolto a tutte le parti interessate, fra cui i produttori di motori e pneumatici, i conducenti, i fornitori di petrolio e combustibili e i responsabili della pianificazione infrastrutturale, allo scopo di: garantire l’efficienza energetica dei veicoli; sviluppare un mercato dei veicoli ecologici; migliorare l’efficienza dei sistemi di trasporto su strada, ferroviari, marittimi ed aerei; sviluppare la co-modalità, vale a dire l’uso efficiente di diverse modalità di trasporto, che operano singolarmente o in combinazione.

§       In questo contesto il piano propone quali azioni prioritarie: l’elaborazione di norme atte a garantire che l’obiettivo di portare le emissioni dei veicoli a 120 g. CO2/km sia conseguito entro il 2012 (vedi infra) nonché il potenziamento dei requisiti comunitari in materia di etichettatura delle autovetture, quali ad esempio il risparmio di carburante. Il piano d’azione contiene anche l’impegno della Commissione ad adottare un libro verde sul trasporto urbano (vedi supra), nel quale si prospettino una serie di soluzioni quali, ad esempio, l’imposizione di tasse per l’uso delle infrastrutture e sulla congestione delle strade nonché nuove metodologie per incoraggiare l’uso dei trasporti pubblici, il car-sharing, l’uso di modi di trasporto non motorizzati e il telelavoro nelle città europee;

§       una comunicazione del 10 gennaio 2007 relativa ad una roadmap per le energie rinnovabili (COM(2006)848), che espone una visione a lungo termine per le fonti energetiche rinnovabili nell'UE. La comunicazione annovera tra i settori interessati i biocarburanti, stimando che entro il 2020 essi potrebbero costituire fino al 14% dei carburanti destinati ai trasporti. Essa sostiene la necessità che per i biocarburanti l'obiettivo minimo giuridicamente vincolante sia fissato, per il 2020, al 10% del consumo totale di benzina e di gasolio per il trasporto;

§       una comunicazione del 7 febbraio 2007 dal titolo “Un quadro normativo competitivo nelsettore automobilisticoper il XXI secolo – Posizione della Commissione sulla relazione finale del gruppo ad alto livello CARS 21[61]” (COM(2007)22), intesa a delineare la futura politica europea in campo automobilistico. Per quanto riguarda le iniziative volte a definire un trasporto su strada sostenibile per l’ambiente, la Commissione propone un approccio integrato volto, tra l’altro, alla riduzione delle emissioni inquinanti e delle emissioni di CO2 del settore dei trasporti stradali, al fine di raggiungere l’obiettivo comunitario di 120 g/km di CO2 entro il 2012[62].A tal fine, si prospetta una combinazione di interventi volti a definire un quadro legislativo incentrato su riduzioni obbligatorie delle emissioni di CO2 fino a 130 g/km per il nuovo parco automobilistico, grazie al miglioramento della tecnologia dei motori per autoveicoli, nonché un’ulteriore riduzione di 10 g/km di CO2 tramite altri miglioramenti tecnologici e un maggiore uso dei biocarburanti. Tali miglioramenti dovrebbero riguardare, tra l’altro, anche l’efficienza degli impianti di condizionamento e degli pneumatici. La strategia dell’UE volta a ridurre le emissioni di CO2 dovrebbe, infine, incoraggiare ulteriori sforzi da parte di altri comparti del trasporto stradale, fra cui i veicoli commerciali pesanti, da parte degli Stati membri (tassazione connessa alle emissioni di CO2 e altri incentivi fiscali, gli appalti pubblici, la gestione del traffico, le infrastrutture, ecc.), e da parte dei consumatori (comportamenti di guida responsabili, scelte di acquisto informate);

§       una proposta di direttiva del 21 dicembre 2005 relativa alla promozione di veicoli puliti nel trasporto stradale (COM(2005)634). La proposta fissa l'obbligo a carico degli enti pubblici (autorità statali, regionali e locali, organismi di diritto pubblico, imprese pubbliche e operatori vincolati da contratti con enti pubblici per la fornitura di servizi di trasporto) di acquistare o prendere in leasing,ogni anno, “veicoli ecologici migliorati”[63] per una quota pari ad almeno il 25% di mezzi pesanti superiori a 3,5 tonnellate, come autobus o camion per la raccolta dei rifiuti. E' fatta salva la possibilità per gli Stati membri di incoraggiare l'acquisto di veicoli più rispettosi dell'ambiente anche per altre categorie di peso inferiore a 3,5 tonnellate, privilegiando le più recenti norme Euro sulle emissioni inquinanti definite nella direttiva 70/220/CEE e, per quanto riguarda le auto private, di veicoli le cui emissioni di CO2 non superino i 120g/Km.

§       Gli Stati membri sono tenuti a trasmettere ogni anno alla Commissione una relazione al fine di fornire informazioni statistiche sui veicoli ecologici acquistati o presi in leasing. Sulla base di queste informazioni, la Commissione elaborerà a sua volta una relazione sull'applicazione della direttiva, valutando, eventualmente, l'opportunità di estendere l'obbligo di acquisto di veicoli ecologici anche ad altre categorie di veicoli.

     La proposta, che segue la procedura di codecisione, dovrebbe essere esaminata dal   Parlamento europeo in prima lettura il 19 giugno 2007;

§       una proposta di direttiva del 31 gennaio 2007 concernente la qualità dei carburanti (COM(2007)18) al fine di modificare, aggiornandola, la direttiva 98/70/CE sulla qualità di benzina e gasolio, con l'obiettivo di rendere i carburanti più puliti ed incoraggiare lo sviluppodi carburanti a bassa emissione di CO2 e di altri gas ad effetto serra, con ridotta presenza percentuale di zolfo nonché dei biocarburanti di seconda generazione.

La proposta, che segue la procedura di codecisione, sarà trasmessa prossimamente al Parlamento europeo e al Consiglio.

L’iniziativa comunitaria volta a ridurre le emissioni di CO2 dei veicoli leggeri si inserisce tra le iniziative strategiche del programma di lavoro della Commissione per il 2007 che considera prioritario, in particolare, il miglioramento della normativa inerente le emissioni dei veicoli a motore, nell’ottica di un più elevato livello di tutela ambientale.

A questo fine il programma individua, quali iniziative prioritarie, una proposta di regolamento relativa ai veicoli a motore che utilizzano idrogeno liquido o compresso gassoso ed una proposta di regolamento sull’omologazione dei motori e veicoli pesanti per quanto riguarda le loro emissioni (cosiddetta “proposta Euro VI”), che dovrebbero essere presentate entro settembre 2007.

Si segnala, infine, che il 14 febbraio 2007 il Parlamento europeo ha approvato una risoluzione sui cambiamenti climatici che sottolinea l'urgenza di prendere iniziative concrete ed immediate a livello mondiale per affrontare i cambiamenti climatici.

Il PE condivide l’obiettivo della Commissione di riduzione, entro il 2020, del 30% le emissioni di gas ad effetto serra, sollecitando la promozione dell'efficienza energetica e un ricorso crescente alle fonti rinnovabili, soprattutto nel settore dei trasporti. Nel sottolineare che nel settore dei trasporti si sta registrando il più elevato aumento dei consumi energetici e che il trasporto su strada contribuisce per circa il 25% alle emissioni comunitarie di CO2, il PE chiede lo sviluppo di trasporti pubblici più integrati ed ecologici che rispettino l'ambiente e misure vincolanti per tale settore affinché consegua entro il 2020 riduzioni delle emissioni equivalenti a quelle degli altri settori.

 


Articolo 12
Incentivi

TESTO
del disegno di legge

TESTO
della Commissione

 

 

Art. 8.

(Incentivi).

Art. 12.

(Incentivi).

      1. Il Governo, entro quattro mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, emana, ai sensi dell'articolo 17, comma 2, della legge 23 agosto 1988, n. 400, nel rispetto delle regole comunitarie, un regolamento per il riordino della disciplina degli incentivi non fiscali in favore delle imprese operanti nel settore del gas naturale, al fine di favorire la crescita dimensionale delle imprese di distribuzione e la loro aggregazione.

      Identico.

      2. Dal regolamento di cui al comma 1 non devono derivare maggiori spese o diminuzione di entrate a carico del bilancio dello Stato.

 

 

 

L’articolo 12, invariato, prevede l’emanazione di un regolamento per il riordino della disciplina degli incentivi non fiscali in favore delle imprese operanti nel settore del gas naturale, finalizzato a favorire la crescita dimensionale delle imprese di distribuzione e la loro aggregazione (comma 1)

 

Si ricorda che nel DPEF 2007-2011[64] il Governo aveva introdotto, nel campo della distribuzione dell’energia, promozione di operazioni di aggregazione territoriale delle reti e delle utilities locali, a vantaggio della riduzione dei costi del servizio.

 

Si segnala inoltre che si trova attualmente all’esame della 10° Commissione (Industria, commercio, turismo)del Senato, in sede referente, il disegno di leggegovernativo (AS 691[65]) recante un’ampia delega al Governoper il completamento della liberalizzazione in campo energetico.

L’articolo 1 di tale disegno di legge delega il Governo ad adottare, entro un anno, uno o più decreti legislativi[66] per completare il processo di liberalizzazione dei settori dell’energia elettrica e del gas naturale. Tra i principi e criteri direttivi della delega si trovano, fra gli altri, la promozione di operazioni di aggregazione territoriale delle attività di distribuzione, a vantaggio della riduzione dei costi di distribuzione, attraverso l’identificazione, in base a criteri di efficienza di bacini minimi di utenza (articolo 1, comma 2, punto h) e la definizione di indicatori i criteri in base ai quali valutare le offerte per il servizio di distribuzione di gas naturale, tenendo conto dei princìpi di cui al comma 6 dell’articolo 14 del decreto legislativo 23 maggio 2000, n. 164 (articolo 1, comma 2, punto i). Nella relazione illustrativa del provvedimento, il Governo pone in rilievo il settore della distribuzione, in vista dell’efficienza e dell’economicità dei sistemi dell’elettricità e del gas. In entrambi i settori occorre stimolare il raggiungimento di masse critiche significative per gli operatori, innalzando la qualità del servizio reso e potenziando la capacità di investire e innovare. Inoltre occorre definire con precisione una scala di valori in base ai quali valutare le gare per l’affidamento dei servizi di distribuzione del gas, salvaguardando l’interesse degli enti locali, ma facendo prevalere logiche industriali e di investimento di lungo termine su logiche meramente economico-finanziarie.

 

Il settore della distribuzione del gas è storicamente caratterizzato da un forte grado di frazionamento ascrivibile alla prerogativa dei comuni sulla gestione dei servizi pubblici locali.

Nello studio condotto dall’Autorità per l’energia elettrica e il gas nel 2000 (Bernardini – Di Marzio, 2001)[67] le problematiche del settore venivano così elencate: l’estrema frammentazione, l’eterogeneità delle tipologie di affidamento, il ruolo egemone degli enti locali nella proprietà delle imprese esercenti, lo scarso grado di concorrenza per il mercato, l’esclusività del servizio ed i meccanismi di conservazione dei diritti acquisiti, la controversa proprietà e devoluzione degli impianti ecc.

Il D.Lgs. n.164/2000, di attuazione della direttiva 98/30/CE recante norme comuni per il mercato interno del gas naturale, ha apportato importanti modificazioni alle condizioni di svolgimento del servizio pubblico di distribuzione del gas, con gli articoli dal 14 al 21.

In particolare si segnala che l’articolo 19 dispone che alle imprese di gas naturale si applicano le norme in materia di intese restrittive della libertà di concorrenza, di abuso di posizione dominante e di operazioni di concentrazione di cui alla legge 10 ottobre 1990, n. 287.

 

Tale regolamento è da adottarsi entro quattro mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, nel rispetto delle regole comunitarie.

Si ricorda che l’articolo 16 della legge comunitaria 2004[68] delega il governo all’'attuazione della direttiva 2003/55/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 giugno 2003, relativa a norme comuni per il mercato interno del gas naturale, al fine di promuovere una effettiva concorrenza, anche rafforzando le misure relative alla separazione societaria, organizzativa e decisionale tra le imprese operanti nelle attività di trasporto, distribuzione e stoccaggio e le imprese operanti nelle attività di produzione, approvvigionamento, misura e commercializzazione, promuovendo la gestione delle reti di trasporto del gas naturale da parte di imprese indipendenti. Inoltre, tra i principi e i criteri direttivi della delega, si ribadisce la necessità di incentivare le operazioni di aggregazione territoriale delle attività di distribuzione del gas, a vantaggio della riduzione dei costi di distribuzione, in base a criteri oggettivi, trasparenti e non discriminatori, prevedendo meccanismi che tengano conto degli investimenti effettuati e incentivi, anche di natura fiscale, per la rivalutazione delle attività delle imprese concessionarie, anche a favore dell'efficienza complessiva del sistema.

 

Il comma 2 prevede la clausola di invarianza finanziaria per il regolamento di riordino. L’assenza di nuovi o maggiori oneri a carico dalla finanza pubblica è confermato anche dalla relazione tecnica, la quale evidenzia al contrario l’intento di razionalizzazione del regolamento di delegificazione da emanarsi.

Documentazione predisposta dall’Ufficio RUE

Documenti all’esame delle istituzioni dell’UE

Con la comunicazioneUna politica energetica per l’Europa” (COM(2007)1)[69], la Commissione ha presentato,  in forma di piano d’azione energetico in dieci punti, un insieme di misure (c.d. “pacchetto energia”) volte a definire la strategia dell’UE nel settore per conseguire l’obiettivo strategico di trasformare l’Europa in un’economia dal profilo energetico altamente efficiente ed a basse emissioni di CO2[70].

Il piano d’azione, tra l’altro, richiama la comunicazione sulle prospettive per il mercato interno del gas e dell’elettricità (COM(2006)841), con cui la Commissione propone nuove misure intese a rimuovere gli ostacoli che si frappongono alla creazione di un mercato unico europeo dell'energia.

Tali proposte tengono in gran parte conto dei risultati dell’indagine sullo stato della concorrenza in questi due settori (COM(2006)851)[71]. Per ciò che attiene al commercio all'ingrosso del gas, la Commissione ritiene che esso conservi ancora una portata nazionale e, in generale, un elevato livello di concentrazione. Gli operatori storici controllano in ampia misura le importazioni di gas a monte e/o la produzione interna e scambiano una piccola quota del loro gas sulle borse del gas, limitando così le possibilità di nuovi ingressi sui mercati al dettaglio. La prospettiva generale per i potenziali nuovi operatori è quella della dipendenza dai servizi degli operatori storici.

In particolare, la Commissione sottolinea che l'attuale livello di separazione fra attività di rete e di fornitura ha ripercussioni negative sia sul funzionamento del mercato, sia sugli incentivi a investire nelle reti e, perciò, ritiene che sia fondamentale garantire che i proprietari e/o i gestori di rete non abbiano incentivi distorti dagli interessi di fornitura delle affiliate, considerando tale elemento particolarmente importante proprio nel momento in cui l'Europa ha bisogno di ingenti investimenti per garantire la sicurezza degli approvvigionamenti e creare mercati integrati e competitivi.

Per ciò che riguarda il GNL (Gas Naturale Liquefatto), le importazioni continuano ad essere effettuate dagli operatori storici nazionali che sono al tempo stesso proprietari dei terminal GNL, con conseguenti limitazioni della concorrenza a valle. Per consentire il trasferimento di maggiori capacità a nuovi operatori e ai produttori stessi, sono stati effettuati o pianificati ingenti investimenti in alcuni terminal GNL che hanno beneficiato di incentivi sotto forma di deroghe rispetto all’obbligo di garantire l’accesso dei terzi. La Commissione ritiene che a tali deroghe alle disposizioni in materia di accesso debbano essere applicati rigorosamente i principi di concorrenza affinché tali incentivi per gli investimenti ex ante non si trasformino in una indebita limitazione dell'accesso alle nuove infrastrutture e possano avere, invece, un impatto positivo sulla concorrenza a valle.

Infine, la Commissione ritiene che, per fornire sufficienti garanzie di effettivo accesso, occorre riesaminare l'accesso dei terzi allo stoccaggio di gas in modo da realizzare il giusto equilibrio tra l'esigenza di accesso effettivo e il mantenimento di incentivi allo sviluppo di nuove capacità di stoccaggio.

 

Per ulteriori elementi in materia di liberalizzazione del mercato del gas si veda la scheda relativa all’articolo 6.

 

 

 


Articolo 13
Clausole anticoncorrenziali in tema di responsabilità civile auto

 

TESTO
del disegno di legge

TESTO
della Commissione

 

Art. 13.

(Clausole anticoncorrenziali in tema di responsabilità civile auto).

 

      1. All'articolo 150, comma 1, del codice delle assicurazioni private, di cui al decreto legislativo 7 settembre 2005, n. 209, sono apportate le seguenti modificazioni:

 

          a) alla lettera d), in fine, sono aggiunte le seguenti parole: «, ivi comprese le spese sostenute dal danneggiato per assistenza legale o consulenza professionale»;

 

          b) dopo la lettera e) è aggiunta la seguente:

 

          «e-bis) la definizione dei rapporti con le imprese di autoriparazione abilitate ai sensi di legge secondo parità di condizioni di concorrenza, precludendo ogni forma di determinazione, anche indiretta, di tariffe massime o di sconti e ferma restando la libertà di scelta, da parte del danneggiato, di imprese di autoriparazione abilitate di propria fiducia.».

 

 

L’articolo 13, introdotto nel corso dell’esame presso la Commissione Attività produttive, novella l’articolo 150 del D.Lgs. 7 settembre 2005, n. 209, recante “Codice delle assicurazioni private”, per quanto riguarda il contenuto del decreto del Presidente della Repubblica emanato, su proposta del Ministro dello sviluppo economico, per disciplinare il sistema del risarcimento diretto del danno.

Si ricorda che tale decreto è stato emanato con D.P.R. 18 luglio 2006, n. 254.

 

Il sistema di risarcimento diretto del danno causato dalla circolazioni di veicoli a motore, introdotto dall’articolo 149 del citato D.Lgs. n. 209 del 2005 ed operante a decorrere dal 1° febbraio 2007, prevede che i danneggiati di un sinistro, non responsabili, in tutto o in parte, dello stesso, siano rimborsati direttamente dal proprio assicuratore. Quest’ultimo provvede alla liquidazione del danno per conto dell'impresa di assicurazione del veicolo responsabile, ferma restando la successiva regolazione dei rapporti fra le due imprese.

Il sistema si applica ai sinistri accaduti in Italia nei quali non siano coinvolti più di due veicoli, entrambi immatricolati in Italia e regolarmente assicurati per la responsabilità civile. Sono rimborsabili i danni ai veicoli coinvolti ed ai loro conducenti, con esclusione dei danni subiti dai terzi trasportati, per i quali la richiesta di rimborso deve essere presentata all’impresa che assicura il veicolo del quale erano a bordo.

 

La lettera a) del comma 1 dell’articolo 13 in esame prescrive che il decreto attuativo del sistema di risarcimento diretto deve stabilire i limiti e le condizioni di risarcibilità delle spese sostenute dal danneggiato per assistenza legale o consulenza professionale.

Si segnala che l’attuale disciplina (articolo 9, comma 2, del D.P.R. n. 254 del 2006) prevede che, qualora la somma offerta dall'impresa di assicurazione sia accettata dal danneggiato, sugli importi corrisposti non sono dovuti compensi per la consulenza o assistenza professionale di cui si sia avvalso il danneggiato diversa da quella medico-legale per i danni alla persona.

 

La lettera b) del comma 1 demanda al decreto attuativo la definizione di rapporti con le imprese di autoriparazione abilitate “secondo parità di condizioni di concorrenza” (espressione non del tutto chiara), precludendo ogni forma di determinazione, anche indiretta, di tariffe massime o di sconti.

E’ espressamente confermata la possibilità per il danneggiato di rivolgersi ad imprese di autoriparazione abilitate di propria fiducia.

Si segnala che l’attuale disciplina (articolo 14 del D.P.R. n. 254 del 2006) contempla la possibilità che i contratti di assicurazione contengano clausole relative al risarcimento del danno in forma specifica, con contestuale riduzione del premio per l'assicurato. In tal caso deve essere espressamente indicata nel contratto la percentuale di sconto applicata.

 

Documentazione predisposta dall’Ufficio RUE

Procedure di contenzioso

Il 20 dicembre 2006la Commissione ha presentato ricorso presso la Corte di Giustizia delle Comunità europee (Causa 518/06) in merito alla legislazione italiana che impone, a tutte le imprese di assicurazione abilitate a fornire l’assicurazione di responsabilità civile auto (RC auto) in Italia, l’obbligo di offrire l'assicurazione per tutte le categorie di assicurati in tutte le regioni italiane[72]. In merito la Commissione ha ricevuto una serie di denunce di diverse compagnie assicurative.

In primo luogo la Commissione esamina l’obbligo per le imprese di assicurazione di calcolare le proprie tariffe per l’assicurazione RC auto conformemente alle basi tecniche utilizzate per la fissazione dei premi nel corso degli ultimi cinque esercizi.

A parere della Commissione, tale meccanismo è contrario al principio della libertà tariffaria di cui alla terza direttiva assicurazione non vita (92/49/CEE).

Inoltre, dal momento che la norma sul controllo delle tariffe si applica anche ad imprese aventi la propria sede principale in altri Stati membri, la Commissione ritiene che il regime sia anche contrario al principio fondamentale del Mercato interno secondo il quale il controllo finanziario rientra nella competenza esclusiva dello Stato membro d’origine. (art. 9 della direttiva 92/49/CEE).

In secondo luogo, la Commissione ritiene che l’obbligo a contrarre sia in quanto tale una limitazione immotivata del principio della libertà di stabilimento di cui all’articolo 43 CE e del principio della libera prestazione di servizi di cui all'articolo 49 CE. [73]

Il 10 aprile 2006la Commissione aveva trasmesso all’Italia un parere motivato complementare, che faceva seguito al parere motivato già trasmesso il 18 ottobre 2005. Nella risposta del 30 dicembre 2005 le autorità italiane avevano essenzialmente ribadito che le norme contestate sono necessarie affinché tutti i guidatori possano ottenere l’assicurazione in tutte le parti d'Italia.

Pur riconoscendo che i motivi di tutela dei consumatori e di ordine pubblico possono giustificare restrizioni alle libertà fondamentali, la Commissione considera le restrizioni previste dalla normativa italiana non proporzionate in quanto esisterebbero mezzi meno restrittivi per raggiungere tale obiettivo.

 

 

 


Articolo 14
Delega al Governo in materia di norme ed enti tecnici, certificazioni e dichiarazioni di conformità da parte di enti tecnici accreditati indipendenti

 

TESTO
del disegno di legge

TESTO
della Commissione

Art. 16.

(Delega al Governo in materia di norme ed enti tecnici, certificazioni e dichiarazioni di conformità da parte di enti tecnici accreditati indipendenti).

Art. 14.

(Delega al Governo in materia di norme ed enti tecnici, certificazioni e dichiarazioni di conformità da parte di enti tecnici accreditati indipendenti).

      1. Il Governo è delegato ad adottare, entro quattro mesi dalla data di entrata in vigore delle disposizioni del presente capo, stabilita ai sensi dell'articolo 18, comma 1, uno o più decreti legislativi, nel rispetto della normativa comunitaria e degli accordi internazionali in materia di normativa tecnica, di certificazioni e di dichiarazioni di conformità, attenendosi ai seguenti princìpi e criteri direttivi:

      1. Il Governo è delegato ad adottare, entro sei mesi dalla data di entrata in vigore delle disposizioni della presente legge, uno o più decreti legislativi nel rispetto della normativa comunitaria e degli accordi internazionali in materia di normativa tecnica, di certificazione di qualità e di accreditamento e vigilanza del mercato per quanto riguarda la commercializzazione dei prodotti.

 

      2. I decreti legislativi di cui al comma 1 dovranno attenersi ai seguenti principi e criteri direttivi:

          a) disciplinare gli enti tecnici accreditati da organismi nazionali o comunitari facenti parte dell'European Cooperation for Accreditation (EA), anche al fine di consentire loro di operare ai sensi delle disposizioni del presente capo;

          a) disciplinare l'organizzazione e la gestione del riconoscimento degli enti tecnici accreditati da organismi nazionali o comunitari facenti parte dell'European Cooperation For Accreditation (EA) e degli organismi competenti a valutare la conformità di sostanze, preparati o qualsiasi altro prodotto, che abbiano subito o meno una trasformazione, da immettere sul mercato;

          b) prevedere che gli enti di cui alla lettera a) siano iscritti in un elenco conservato presso il Ministero dello sviluppo economico, previo riordino degli uffici tecnici di livello dirigenziale del medesimo Ministero;

          b) promuovere la convergenza delle valutazioni di conformità in ambito volontario ed in quello regolamentato in armonia con gli indirizzi definiti dalla normativa comunitaria e dagli accordi internazionali e disciplinare i requisiti degli enti di cui alla lettera a), anche in relazione alle attività connesse a procedure di autocertificazione ai sensi della vigente disciplina;

          c) rivedere le disposizioni che regolano i rapporti convenzionali e negoziali fra le pubbliche amministrazioni e altri soggetti, anche al fine di garantire la trasparenza, la competenza e l'imparzialità necessarie in materia di norme tecniche e di accreditamento degli enti di certificazione.

          c) identica;

 

          d) stabilire le disposizioni in materia di vigilanza del mercato e controlli sui prodotti in coerenza con la normativa comunitaria e con gli accordi internazionali, previo riordino degli uffici tecnici di livello dirigenziale del Ministero dello sviluppo economico.

      2. I decreti legislativi di cui al comma 1 sono adottati su proposta del Ministro dello sviluppo economico, di concerto con i Ministri per le riforme e le innovazioni nella pubblica amministrazione e dell'università e della ricerca, previo parere delle competenti Commissioni parlamentari e della Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano. Decorsi trenta giorni, i decreti legislativi possono essere emanati anche in mancanza di detti pareri. Entro i due anni successivi alla data di entrata in vigore dei predetti decreti legislativi, possono essere adottati ulteriori decreti correttivi e integrativi, nel rispetto dei princìpi e criteri direttivi e con la procedura previsti dal presente articolo.

      3. Identico.

 

      4. Ai fini di un più efficace coordinamento delle attività in materia di normativa tecnica, accreditamento, certificazione e dichiarazioni di conformità, di vigilanza sul mercato e della legale commercializzazione dei prodotti, è istituito presso il Ministero dello sviluppo economico un Comitato consultivo, presieduto dal Ministro dello sviluppo economico o da un sottosegretario da lui delegato.

 

      5. Il Comitato di cui al comma 4 è composto da rappresentanti del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, delle infrastrutture, dei trasporti, dell'interno, del lavoro e della previdenza sociale, della salute, delle comunicazioni, dai presidenti degli enti di normazione e degli enti di accreditamento, nonché dai rappresentanti delle categorie produttive presenti nel CNEL. La composizione del comitato è stabilita dal Ministro dello sviluppo economico, con proprio decreto da emanare entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge.

 

      6. Compito del Comitato di cui al comma 4 è quello di fornire indirizzi e proposte per lo sviluppo delle politiche, dei principi e delle iniziative nelle materie di cui al presente articolo, anche nell'ottica di garantire unitarietà alle diverse iniziative poste in atto e nell'ottica di promuovere la diffusione della cultura della qualità e dell'innovazione nel sistema produttivo.

 

      7. Dai decreti legislativi di cui al comma 1 e dalle disposizioni di cui al comma 4 non devono derivare maggiori spese o diminuzione di entrate a carico del bilancio dello Stato.

 

 

L’articolo 14, modificato e integrato dalla X Commissione, al comma 1  reca una delega al Governo per l’adozione di uno o più decreti legislativi in materia di normative tecniche, certificazioni di qualità, accreditamento e vigilanza del mercato, con riferimento alla commercializzazione dei prodotti, che dovranno essere adottati nel rispetto delle norme comunitarie e degli accordi internazionali.

Il termine ultimo per l’esercizio della delega è stabilito in sei mesi dall’entrata in vigore del presente provvedimento (anziché 4 come previsto nel testo originario).

Il comma 2 dell’articolo stabilisce i principi e i criteri direttivi – modificati in corso d’esame presso la X Commissione - ai quali il Governo dovrà attenersi per l’adozione deidecreti legislativi.

 

In particolare i suddetti decreti dovranno provvedere a:

§      disciplinare l’organizzazione e la gestione del riconoscimento degli enti tecnici accreditati da organismi nazionali o comunitari facenti parte dell’European Cooperation for Accreditation (EA), nonché degli organismi di valutazione della conformità di sostanze e preparati, o di prodotti trasformati e non, da immettere sul mercato.

Si ricorda che gli enti di certificazione e i laboratori svolgono attività di valutazione e di attestazione di conformità a norme o a regole tecniche nazionali, comunitarie e internazionale (certificazione di prodotti, certificazione di sistemi di gestione, certificazione di personale, ispezioni). Apposite norme tecniche europee - della serie EN 45000 - prevedono i requisiti di professionalità e competenza che un organismo di certificazione o un laboratorio deve soddisfare. Affinché la certificazione abbia una validità ampiamente riconosciuta è necessario che gli organismi di certificazione (come i laboratori) siano accreditati presso un ente riconosciuto a livello nazionale. Il termine accreditamento sta ad indicare la verifica e la garanzia della competenza e della professionalità di un organismo di certificazione o di un laboratorio di prova/taratura, secondo parametri oggettivi.

In Italia l’UNI e il CEI (enti di normazione)[74] hanno costituito, in forma associativa, il SINAL (Sistema nazionale di accreditamento laboratori)[75], con il compito di accreditare a livello nazionale laboratori italiani ed esteri per garantire l’affidabilità delle verifiche di conformità dei prodotti alle norme e alle regole tecniche nazionali, comunitarie e internazionale, il SINCERT (Sistema nazionale di accreditamento di organismi di certificazione)[76], con il compito di accreditare a livello nazionale organismi di certificazione italiani ed esteri per garantire l’affidabilità delle verifiche di conformità. Si segnala, inoltre SIT - Servizio di Taratura in Italia[77] - destinato all’accreditamento dei laboratori di taratura e, conseguentemente, a garanzia dell’adeguatezza e dell’accuratezza delle misure che vengono eseguite.

Grazie agli accordi di mutuo riconoscimento vigenti tra i vari paesi dell'Unione, un ente accreditato in Italia da SINAL, SINCERT e SIT può operare con pari riconoscimento anche negli altri Paesi che aderiscono all'accordo. I tre organismi sono, infatti membri di EA (European Cooperation for Accreditation) Associazione di diritto privato, registrata sul territorio Europeo e precisamente in Olanda nella città di Utrecht, per motivi connessi con la semplicità della legislazione olandese in materia;

 

§       promuovere la convergenza delle valutazioni di conformità, sia in ambito volontario che regolamentato, in armonia con gli indirizzi comunitari e gli accordi internazionali e disciplinare i requisiti degli enti tecnici accreditati e degli organismi di valutazione di conformità anche in relazione alla attività connesse a procedure di autocertificazione, ai sensi della disciplina in vigore;

§         rivedere l’attuale regolamentazione delle convenzioni tra PA e altri soggetti a garanzia della trasparenza, competenza e imparzialità necessarie in materia di norme tecniche e di accreditamento degli enti di certificazione (testo invariato);

§         fissare le disposizioni in materia di vigilanza  del mercato e di controlli sui prodotti, coerentemente con le norme comunitarie e gli accordi internazionali, previo riordino degli uffici tecnici di livello dirigenziale del Ministero dello sviluppo economico.

 

Ai sensi del comma 3, (ex comma 2 rimasto invariato), per l’adozione dei suddetti decreti legislativi, su proposta del Ministro dello sviluppo economico, è previsto il concerto con i Ministri per le riforme e le innovazioni nella pubblica amministrazione e dell’università e della ricerca e il previo parere delle competenti commissioni parlamentari e della Conferenza Stato-regioni che dovrà essere espresso entro il termine di trenta giorni, decorso il quale si potrà ugualmente procedere all’adozione dei decreti.

Lo stesso comma consente inoltre l’adozione di ulteriori decreti correttivi e integrativi dei predetti decreti legislativi – sempre nel rispetto dei criteri e dei principi dettati dal presente articolo - entro i due anni successivi alla data di entrata in vigore del provvedimento in esame.

 

Il comma 4, introdotto come i successivi commi 5 e 6 dalla Commissione Attività produttive, istituisce presso ilMinistero dello sviluppo economico un Comitato consultivo presieduto dallo stesso Ministro o da un sottosegretario delegato, al fine di provvedere ad un efficace coordinamento delle attività in materia di norme tecniche, accreditamento, certificazione, dichiarazione di conformità e vigilanza di cui al presente articolo.

Del Comitato – la cui composizione è rimessa ad un decreto del Ministro dello sviluppo economico da emanarsi entro trenta giorni dall’entrata in vigore della presente legge – faranno parte i rappresentanti dei Ministeri dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare; delle infrastrutture, dei trasporti, dell'interno, del lavoro e della previdenza sociale, della salute, delle comunicazioni, oltre ai presidenti degli enti di normazione e degli enti di accreditamento e ai rappresentanti delle categorie produttive presenti nel CNEL (comma 5).

 

Al Comitato è assegnato il compito di indirizzare e formulare proposte in ordine alle politiche, ai principi e alle iniziative relativi alle materie oggetto del presente articolo, anche allo scopo di garantire l’unitarietà delle iniziative e la promozione della cultura della qualità e dell’innovazione nel nostro sistema produttivo (comma 6).

 

Da ultimo il comma 7 stabilisce che dai decreti legislativi in parola e dalle disposizioni di cui al comma 4 (precisazione introdotta dalla X Commissione) non devono derivare maggiori spese o diminuzione di entrate a carico del bilancio statale.

 

 

 


Articolo 15
Delega al Governo per il riassetto normativo delle prescrizioni e degli adempimenti procedurali applicabili alle imprese

TESTO
del disegno di legge

TESTO
della Commissione

Art. 17.

(Delega al Governo per il riassetto normativo delle prescrizioni e degli adempimenti procedurali applicabili alle imprese).

Art. 15.

(Delega al Governo per il riassetto normativo delle prescrizioni e degli adempimenti procedurali applicabili alle imprese).

      1. Il Governo è delegato ad adottare, entro quattro mesi dalla data di entrata in vigore delle disposizioni del presente capo, stabilita ai sensi dell'articolo 18, comma 1, anche integrando i decreti legislativi emanati in attuazione della delega di cui all'articolo 5 della legge 28 novembre 2005, n. 246, e successive modificazioni, uno o più decreti legislativi per il riassetto delle prescrizioni normative e degli adempimenti procedurali applicabili alle imprese, con le modalità e secondo i princìpi e criteri direttivi di cui all'articolo 20 della legge 15 marzo 1997, n. 59, e successive modificazioni, nonché secondo i seguenti princìpi e criteri direttivi:

      1. Il Governo è delegato ad adottare, entro quattro mesi dalla data di entrata in vigore delle disposizioni della presente legge, anche integrando i decreti legislativi emanati in attuazione della delega di cui all'articolo 5 della legge 28 novembre 2005, n. 246, e successive modificazioni, uno o più decreti legislativi per il riassetto delle prescrizioni normative e degli adempimenti procedurali applicabili alle imprese, con le modalità e secondo i princìpi e criteri direttivi di cui all'articolo 20 della legge 15 marzo 1997, n. 59, e successive modificazioni, nonché secondo i seguenti princìpi e criteri direttivi:

          a) riordino e coordinamento delle disposizioni legislative recanti le prescrizioni e gli adempimenti procedurali che devono essere rispettati, ai sensi della presente legge, ai fini della realizzazione di impianti produttivi e dello svolgimento di attività di impresa;

          a) identica;

 

          b) individuazione di tempi certi ed inderogabili per lo svolgimento degli adempimenti che fanno capo alle pubbliche amministrazioni, nel rispetto delle competenze previste dal titolo V della parte seconda della Costituzione, ivi compresa l'erogazione di finanziamenti o agevolazioni economiche comunque definiti per i quali l'iter procedurale sia giunto a buon fine;

          b) abrogazione, dalla data di entrata in vigore dei decreti legislativi di cui all'alinea, di tutte le disposizioni di legge statale non individuate ai sensi della lettera a).

          c) identica.

      2. Il Governo, nelle materie di competenza esclusiva dello Stato, completa il processo di riassetto emanando, anche contestualmente ai decreti legislativi di cui al comma 1, una raccolta organica delle norme regolamentari che disciplinano la medesima materia, ove necessario adeguandole alla nuova disciplina di livello primario e semplificandole secondo le modalità di cui all'articolo 20, comma 3-bis, della legge 15 marzo 1997, n. 59.

      2. Identico.

      3. I decreti legislativi di cui al comma 1 sono adottati su proposta del Ministro dello sviluppo economico, di concerto con i Ministri per le riforme e le innovazioni nella pubblica amministrazione, dell'economia e delle finanze, dell'interno, della salute, dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e per i beni e le attività culturali. Entro i due anni successivi alla data di entrata in vigore dei predetti decreti legislativi, possono essere adottati ulteriori decreti correttivi e integrativi, nel rispetto dei princìpi e criteri direttivi e con la procedura previsti dal presente articolo.

      3. Identico.

      4. Le regioni e gli enti locali si adeguano ai princìpi del presente articolo, quanto ai procedimenti amministrativi di loro competenza, entro il termine di sei mesi dalla data di entrata in vigore delle disposizioni del presente capo, stabilita ai sensi dell'articolo 18, comma 1.

      4. Le regioni e gli enti locali si adeguano ai princìpi del presente articolo, quanto ai procedimenti amministrativi di loro competenza, entro il termine di sei mesi dalla data di entrata in vigore delle disposizioni della presente legge.

      5. Le regioni a statuto speciale e le province autonome di Trento e di Bolzano si adeguano ai princìpi del presente articolo, quanto ai procedimenti amministrativi di loro competenza, entro il medesimo termine previsto dal comma 4, secondo i propri statuti e le relative norme di attuazione.

      Soppresso.

 

 

L’articolo 17 delega il Governo ad adottare, entro 4 mesi dalla data di entrata in vigore della legge, uno o più decreti legislativi volti al riassetto normativo delle prescrizioni e degli adempimenti procedurali applicabili alle imprese.

I decreti legislativi sono adottati su proposta del Ministro dello sviluppo economico, di concerto con i Ministri per le riforme e le innovazioni nella PA, dell’economia e delle finanze, dell’interno, della salute, dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare e per i beni e le attività culturali.

Le regioni e gli enti locali sono tenuti ad adeguarsi alle nuove norme entro 6 mesi dalla data di entrata in vigore della legge.

Per quanto concerne le modalità di adozione dei decreti legislativi, la disposizione rinvia all’articolo 20 della legge n.59 del 1997.

 

L’articolo 20, comma 5, della legge n.59 del 1997 prevede che i decreti legislativi ivi previsti siano adottati previa acquisizione del parere della Conferenza unificata di cui all'articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, e, successivamente, dei pareri delle Commissioni parlamentari competenti che sono resi entro il termine di sessanta giorni dal ricevimento della richiesta.

 

La disposizione prevede, inoltre, che i decreti legislativi possano essere adottati anche integrando i decreti legislativi emanati in attuazione della delega recata dall’articolo 5 della legge n.246 del 2005.

 

L’articolo 5, comma 1, della legge n.246 del 2005 (legge di semplificazione e riassetto normativo per l’anno 2005) ha delegato il Governo ad adottare, entro il 31 dicembre 2007[78], uno o più decreti legislativi per il riassetto delle disposizioni di competenza legislativa esclusiva statale, di cui all'articolo 117, secondo comma, della Costituzione, vigenti in materia di adempimenti amministrativi delle imprese, a esclusione di quelli fiscali, previdenziali, ambientali e di quelli gravanti sulle stesse in qualità di datori di lavoro, secondo i princìpi, i criteri direttivi e le procedure di cui all'articolo 20 della legge 15 marzo 1997, n. 59, e successive modificazioni, nonché nel rispetto dei seguenti princìpi e criteri direttivi:

a) previa consultazione delle organizzazioni di rappresentanza delle categorie economiche, produttive e professionali interessate:

1) semplificazione, razionalizzazione e snellimento degli adempimenti relativi alle fasi di svolgimento, trasformazione, trasferimento e cessazione dell'attività d'impresa, ivi incluse le attività di certificazione, e agli aspetti inerenti l'iscrizione al registro delle imprese, anche prevedendo il coordinamento con le attività degli sportelli unici;

2) previsione di forme di autoregolazione, ove non vi contrastino interessi pubblici primari, al fine di favorire la concorrenza tra i soggetti economici e l'accrescimento delle capacità produttive del sistema nazionale;

3) delegificazione della disciplina dei procedimenti amministrativi connessi allo svolgimento dell'attività d'impresa, secondo i criteri di cui all'articolo 20 della legge 15 marzo 1997, n. 59, e successive modificazioni;

4) sostituzione, ove possibile, delle norme prescrittive con sistemi di incentivi e disincentivi;

b) riduzione degli atti sottoposti ad obbligo di conservazione da parte delle imprese e riduzione dei tempi di conservazione degli stessi ai fini degli accertamenti amministrativi.

 

Si fa presente che la delega di cui all’articolo 5 della legge n.246 del 2005 non è stata fin qui attuata.

 

Per quanto concerne i principi e criteri direttivi, la disposizione prevede:

a) il riordino e coordinamento degli adempimenti procedurali da rispettare ai fini della realizzazione di impianti produttivi e dello svolgimento dell’attività di impresa;

b) l’individuazione di tempi certi ed inderogabili per lo svolgimento degli adempimenti che fanno capo alle pubbliche amministrazioni, nel rispetto delle competenze previste dal titolo V della parte seconda della Costituzione, ivi compresa l'erogazione di finanziamenti o agevolazioni economiche comunque definiti per i quali l'iter procedurale sia giunto a buon fine (lettera introdotta dalla Commissione);

c) l’abrogazione, dalla data di entrata in vigore dei decreti legislativi, di tutte le disposizioni di legge statale non espressamente attuate;

d) la possibilità di adottare, contestualmente ai decreti legislativi, una raccolta organica e semplificata delle norme regolamentari che disciplinano la materia;

e) il rinvio ai principi e criteri direttivi di cui all’articolo 20 della legge n.59 del 1997.

 

L’articolo 20 della legge n.59 del 1997 ha introdotto la legge annuale disemplificazione. Ai sensi di tale disposizione, sulla base di un programma di priorità di interventi, definito, con deliberazione del Consiglio dei Ministri, in relazione alle proposte formulate dai Ministri competenti, sentita la Conferenza unificata, presenta al Parlamento, entro il 31 maggio di ogni anno, un disegno di legge per la semplificazione e il riassetto normativo, volto a definire, per l'anno successivo, gli indirizzi, i criteri, le modalità e le materie di intervento, anche ai fini della ridefinizione dell'area di incidenza delle pubbliche funzioni con particolare riguardo all'assetto delle competenze dello Stato, delle regioni e degli enti locali. Il disegno di legge di semplificazione prevede l'emanazione di decreti legislativi, relativamente alle norme legislative sostanziali e procedimentali, nel rispetto dei seguenti principi e criteri direttivi:

a) definizione del riassetto normativo e codificazione della normativa primaria regolante la materia, previa acquisizione del parere del Consiglio di Stato, reso nel termine di novanta giorni dal ricevimento della richiesta, con determinazione dei princìpi fondamentali nelle materie di legislazione concorrente;

a-bis) coordinamento formale e sostanziale del testo delle disposizioni vigenti, apportando le modifiche necessarie per garantire la coerenza giuridica, logica e sistematica della normativa e per adeguare, aggiornare e semplificare il linguaggio normativo;

b) indicazione esplicita delle norme abrogate, fatta salva l'applicazione dell'articolo 15 delle disposizioni sulla legge in generale premesse al codice civile;

c) indicazione dei princìpi generali, in particolare per quanto attiene alla informazione, alla partecipazione, al contraddittorio, alla trasparenza e pubblicità che regolano i procedimenti amministrativi ai quali si attengono i regolamenti previsti dal comma 2 del presente articolo, nell'àmbito dei princìpi stabiliti dalla legge 7 agosto 1990, n. 241, e successive modificazioni;

d) eliminazione degli interventi amministrativi autorizzatori e delle misure di condizionamento della libertà contrattuale, ove non vi contrastino gli interessi pubblici alla difesa nazionale, all'ordine e alla sicurezza pubblica, all'amministrazione della giustizia, alla regolazione dei mercati e alla tutela della concorrenza, alla salvaguardia del patrimonio culturale e dell'ambiente, all'ordinato assetto del territorio, alla tutela dell'igiene e della salute pubblica;

e) sostituzione degli atti di autorizzazione, licenza, concessione, nulla osta, permesso e di consenso comunque denominati che non implichino esercizio di discrezionalità amministrativa e il cui rilascio dipenda dall'accertamento dei requisiti e presupposti di legge, con una denuncia di inizio di attività da presentare da parte dell'interessato all'amministrazione competente corredata dalle attestazioni e dalle certificazioni eventualmente richieste;

f) determinazione dei casi in cui le domande di rilascio di un atto di consenso, comunque denominato, che non implichi esercizio di discrezionalità amministrativa, corredate dalla documentazione e dalle certificazioni relative alle caratteristiche tecniche o produttive dell'attività da svolgere, eventualmente richieste, si considerano accolte qualora non venga comunicato apposito provvedimento di diniego entro il termine fissato per categorie di atti in relazione alla complessità del procedimento, con esclusione, in ogni caso, dell'equivalenza tra silenzio e diniego o rifiuto;

g) revisione e riduzione delle funzioni amministrative non direttamente rivolte:

1) alla regolazione ai fini dell'incentivazione della concorrenza;

2) alla eliminazione delle rendite e dei diritti di esclusività, anche alla luce della normativa comunitaria;

3) alla eliminazione dei limiti all'accesso e all'esercizio delle attività economiche e lavorative;

4) alla protezione di interessi primari, costituzionalmente rilevanti, per la realizzazione della solidarietà sociale;

5) alla tutela dell'identità e della qualità della produzione tipica e tradizionale e della professionalità;

h) promozione degli interventi di autoregolazione per standard qualitativi e delle certificazioni di conformità da parte delle categorie produttive, sotto la vigilanza pubblica o di organismi indipendenti, anche privati, che accertino e garantiscano la qualità delle fasi delle attività economiche e professionali, nonché dei processi produttivi e dei prodotti o dei servizi;

i) per le ipotesi per le quali sono soppressi i poteri amministrativi autorizzatori o ridotte le funzioni pubbliche condizionanti l'esercizio delle attività private, previsione dell'autoconformazione degli interessati a modelli di regolazione, nonché di adeguati strumenti di verifica e controllo successivi. I modelli di regolazione vengono definiti dalle amministrazioni competenti in relazione all'incentivazione della concorrenzialità, alla riduzione dei costi privati per il rispetto dei parametri di pubblico interesse, alla flessibilità dell'adeguamento dei parametri stessi alle esigenze manifestatesi nel settore regolato;

l) attribuzione delle funzioni amministrative ai comuni, salvo il conferimento di funzioni a province, città metropolitane, regioni e Stato al fine di assicurarne l'esercizio unitario in base ai princìpi di sussidiarietà, differenziazione e adeguatezza; determinazione dei princìpi fondamentali di attribuzione delle funzioni secondo gli stessi criteri da parte delle regioni nelle materie di competenza legislativa concorrente;

m) definizione dei criteri di adeguamento dell'organizzazione amministrativa alle modalità di esercizio delle funzioni di cui al presente comma;

n) indicazione esplicita dell'autorità competente a ricevere il rapporto relativo alle sanzioni amministrative, ai sensi dell'articolo 17 della legge 24 novembre 1981, n. 689.

 

Ai sensi del comma 3-bis dell’articolo 20 della legge n.59 del 1997 (richiamato al comma 2 dell’articolo 17 in commento) il Governo, nelle materie di competenza esclusiva dello Stato, completa il processo di codificazione di ciascuna materia emanando, anche contestualmente al decreto legislativo di riassetto, una raccolta organica delle norme regolamentari regolanti la medesima materia, se del caso adeguandole alla nuova disciplina di livello primario e semplificandole secondo i criteri di cui ai successivi commi (65).

 

Merita ricordare, infine, che l’articolo 5, comma 2, della legge n.246 del 2005 (Legge di semplificazione e riassetto normativo per il 2005) ha stabilito che il Governo e le regioni, in attuazione del principio di leale collaborazione, promuovono intese o concludono accordi in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano o di Conferenza unificata, al fine di:

a) favorire il coordinamento dell'esercizio delle competenze normative in materia di adempimenti amministrativi delle imprese e di procedimenti di autorizzazione, di licenza o di assenso, comunque denominati, per l'esercizio dell'attività di impresa;

b) favorire l'armonizzazione della regolamentazione relativa alla semplificazione degli adempimenti connessi all'esercizio dell'attività d'impresa;

c) favorire il conseguimento di livelli minimi di semplificazione degli adempimenti connessi allo svolgimento dell'attività d'impresa su tutto il territorio nazionale, previa individuazione delle migliori pratiche e verifica dei risultati delle iniziative sperimentali adottate dalle regioni e dagli enti locali;

d) individuare particolari forme di semplificazione, omogenee su tutto il territorio nazionale, degli adempimenti connessi allo svolgimento dell'attività delle piccole e medie imprese e delle imprese artigiane;

e) adottare le misure idonee a garantire la completezza e l'aggiornamento costante delle informazioni contenute nel Registro informatico degli adempimenti amministrativi per le imprese, di cui all'articolo 16 della legge 29 luglio 2003, n. 229, nonché a coordinarne i contenuti con i processi di semplificazione e riassetto della regolazione statale, regionale e locale;

f) assicurare la rimozione degli ostacoli, ove esistenti, alla piena operatività degli sportelli unici di cui agli articoli 23 e 24 del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112, nonché l'estensione e lo sviluppo dell'operatività degli stessi, favorendo:

1) l'adozione di modelli organizzativi differenziati in relazione alla dimensione territoriale e demografica di interesse, nel rispetto dell'autonomia dei soggetti coinvolti, al fine di garantire adeguati livelli di funzionalità, nonché il coordinamento e la cooperazione tra i diversi livelli di governo;

2) l'affidamento di ulteriori ambiti procedimentali alla gestione degli sportelli unici, sia a fini di semplificazione degli adempimenti amministrativi relativi alle fasi di avvio, svolgimento, trasformazione, trasferimento e cessazione dell'attività d'impresa, sia a fini di promozione territoriale;

3) l'implementazione di modelli innovativi per la formazione del personale addetto agli sportelli unici;

4) l'adozione di efficaci strumenti di informatizzazione dei processi e di diffusione della conoscenza del contesto territoriale.

I suddetti accordi possono inoltre prevedere, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica, meccanismi di premialità regionale, cofinanziabili, limitatamente alle aree sottoutilizzate, con il Fondo di cui all'articolo 61 della legge 27 dicembre 2002, n. 289.

 

 

 

 


Articolo 16
Semplificazione della procedura per la verifica degli impianti a pressione e degli apparecchi di sollevamento

 

TESTO
del disegno di legge

TESTO
della Commissione

Art. 19.

(Semplificazione della procedura per la verifica degli impianti a pressione e degli apparecchi di sollevamento).

Art. 16.

(Semplificazione della procedura per la verifica degli impianti a pressione e degli apparecchi di sollevamento).

 

      1. Il proprietario e il gestore dell'impianto di cui al decreto legislativo 25 febbraio 2000, n. 93, comunicano all'azienda sanitaria locale (ASL) territorialmente competente l'avvenuta installazione di uno degli impianti di cui al medesimo decreto legislativo, attestando sotto la propria responsabilità che l'impianto è installato a regola d'arte e in conformità alla normativa vigente e che sono state effettuate le verifiche e le prove obbligatorie e allegando la conforme attestazione di un professionista abilitato e la certificazione dei componenti utilizzati.

      1. Il proprietario e il gestore dell'impianto di cui al decreto legislativo 25 febbraio 2000, n. 93, comunicano all'azienda sanitaria locale (ASL) territorialmente competente l'avvenuta installazione di uno degli impianti di cui al medesimo decreto legislativo, attestando sotto la propria responsabilità che l'impianto è installato a regola d'arte e in conformità alla normativa vigente e che sono state effettuate le verifiche e le prove obbligatorie e allegando la conforme attestazione di un professionista o di un ente tecnico abilitato e la certificazione dei componenti utilizzati

 

      2. Ai sensi del comma 1, il professionista attesta le prove e le verifiche effettuate a regola d'arte e il relativo esito. Il gestore e il professionista attestano, altresì, l'assenza di qualunque collegamento contrattuale, professionale o economico, diretto o indiretto, del professionista con il fabbricante, il distributore, l'installatore e il gestore dell'impianto.

      2. Ai sensi del comma 1, i soggetti di cui al medesimo comma attestano l'avvenuta effettuazione delle prove e delle verifiche e il relativo esito, nonché l'assenza di qualunque collegamento contrattuale, professionale o economico, diretto o indiretto, del professionista o dell'ente tecnico abilitato con il fabbricante, il distributore, l'installatore ed il gestore dell'impianto.

 

      3. Decorsi trenta giorni dall'invio della documentazione di cui ai commi 1 e 2, l'impianto può essere messo in funzione.

Soppresso.

 

      4. L'ASL effettua, anche mediante convenzioni con soggetti pubblici muniti di adeguata competenza tecnica, verifiche tecniche a campione, senza preavviso, degli impianti indicati ai commi 1 e 2. In caso di esito negativo, sottopone a verifica tutti gli altri impianti gestiti o verificati dai medesimi soggetti. Ciascuna ASL pubblica periodicamente nel proprio sito internet l'elenco delle verifiche e i relativi esiti.

      3. L'ASL effettua, anche mediante convenzioni con soggetti pubblici indipendenti e privi di collegamenti contrattuali, professionali o economici, diretti o indiretti, con gli operatori interessati e muniti di adeguata competenza tecnica, verifiche tecniche a campione, senza preavviso, degli impianti indicati ai commi 1 e 2. In caso di esito negativo, sottopone a verifica tutti gli altri impianti gestiti o verificati dai medesimi soggetti. Ciascuna ASL pubblica periodicamente nel proprio sito internet l'elenco delle verifiche e i relativi esiti.

 

      5. Le procedure di cui ai commi 1 e 2 si applicano anche nei casi di riqualificazione periodica, di riparazione e di modifica degli impianti. In tali casi, non si applica il comma 3 ed è consentita la continuità del funzionamento dell'impianto a condizione che la comunicazione sia presentata nel tempo prescritto.

      4. Le procedure di cui ai commi 1 e 2 si applicano anche nei casi di riqualificazione periodica, di riparazione e di modifica degli impianti.

 

      6. Le procedure di cui ai commi 1 e 2 si applicano altresì alle verifiche periodiche degli apparecchi di sollevamento previste dall'articolo 194 del decreto del Presidente della Repubblica 27 aprile 1955, n. 547. In tale caso la comunicazione è effettuata all'ASL o al diverso ente individuato dalla legge regionale in materia di prevenzione degli infortuni.

      5. Identico.

 

      7. Il regolamento di cui al regio decreto 12 maggio 1927, n. 824, e successive modificazioni, è abrogato.

      6. Identico.

 

 

 

L’articolo 16, modificato dalla Commissione, è volto a semplificare la procedura di verifica degli impianti a pressione e degli apparecchi di sollevamento mediante il ricorso all'autocertificazione dell'interessato, asseverata da un professionista indipendente, fatto salvo il successivo controllo pubblico.

Secondo il comma 1, l’installazione di uno degli impianti di cui al decreto legislativo 25 febbraio 2000, n. 93[79] è comunicata all'azienda sanitaria locale (ASL)[80] territorialmente competente dal proprietario e dal gestore del suddetto impianto.

Si ricorda che il citato decreto legislativo reca l’attuazione della direttiva 97/23/CE (nota anche come “direttiva PED”, acronimo di Pressare Equipment Directive) in materia di attrezzature a pressione. Le disposizioni del D.Lgs. si applicano alla progettazione, alla fabbricazione e alla valutazione di conformità delle attrezzature a pressione e degli insiemi sottoposti ad una pressione massima ammissibile superiore a 0,5 bar. Per «attrezzature a pressione» si intendono i recipienti, le tubazioni, gli accessori di sicurezza e gli accessori a pressione, compresi gli elementi annessi a parti pressurizzate.

Si segnala inoltre che, in attuazione dell’articolo 19 del medesimo D.Lgs. è stato emanato tramite il DM 1° dicembre 2004, n. 329, il regolamento recante norme per la messa in servizio ed utilizzazione delle attrezzature a pressione e degli insiemi di cui al citato articolo 19.

Il Ministero delle attività produttive (ora Ministero dello sviluppo economico) con la Circolare 2 marzo 2005, n.12117[81], ha precisato che:

§         la legislazione di riferimento per la costruzione delle attrezzature a pressione e agli insiemi, gli apparecchi semplici a pressione, i generatori di vapore d'acqua o ad acqua calda surriscaldata, i recipienti in pressione di vapore d'acqua ovvero di gas compressi liquefatti o disciolti, i recipienti di vapori diversi dal vapore d'acqua, i recipienti degli impianti funzionanti con liquidi caldi sotto pressione, i recipienti per liquidi, i recipienti per vapori e gas ed alle tubazioni, è individuata dal decreto legislativo 25 febbraio 2000, n. 93, di recepimento della direttiva 97/23/CEE e dal decreto legislativo 27 settembre 1991, n. 311, di recepimento delle direttive n. 87/404/CEE e n. 90/488/CEE;

§         la legislazione in ordine alla messa in servizio e l'utilizzazione delle attrezzature a pressione e degli insiemi, questa è costituita dal regolamento 1° dicembre 2004, n. 329.

Il DM n. 329/2004, dunque, disciplina nel dettaglio le varie tipologie di verifiche, le esclusioni, gli obblighi da osservare per la messa in servizio e l'utilizzazione, dichiarazione di messa in servizio, le verifiche periodiche, le riqualificazioni, le riparazioni e le modifiche.

In particolare, a norma dell’articolo 6 del citato DM, all'atto della messa in servizio l'utilizzatore delle attrezzature e degli insiemi soggetti a controllo o a verifica invia all'ISPESL e all'Unità Sanitaria Locale (USL) o all'Azienda Sanitaria Locale (ASL) competente, una dichiarazione di messa in servizio, contenente, tra l’altro, l'elenco delle singole attrezzature, con le loro caratteristiche, una relazione tecnica, con lo schema dell'impianto, recante le condizioni d'installazione e di esercizio, le misure di sicurezza, protezione e controllo adottate, una dichiarazione attestante che l'installazione è stata eseguita in conformità a quanto indicato nel manuale d'uso nonché il verbale della verifica di primo impianto, ove prescritta.

 

Il proprietario e il gestore dell’impianto attestano sotto la propria responsabilità che l'impianto è installato a regola d'arte e in conformità alla normativa vigente e che sono state effettuate le verifiche e le prove obbligatorie e allegano la conforme attestazione di un professionista o di un ente tecnico abilitato e la certificazione dei componenti utilizzati.

Si segnala che la Commissione di merito ha dettagliato la dicitura “professionista abilitato” in “professionista o ente tecnico abilitato”.

 

Il comma 2 prevede l’attestazione da parte dei soggetti di cui al comma 1:

§      dell’avvenuta effettuazione delle prove e delle verifiche, e il relativo esito;

§      dell’assenza di qualunque collegamento contrattuale, professionale o economico, diretto o indiretto, del professionista con il fabbricante, il distributore, l'installatore e il gestore dell'impianto.

Le modifiche introdotte dalla Commissione sul comma 2 sono finalizzate al coordinamento con la precisazione apportata al comma 1 relativa ai soggetti che effettuano le verifiche e le prove.

 

Il comma 3 concerne le verifiche dell'azienda sanitaria locale. L'ASL effettua verifiche tecniche a campione, senza preavviso, degli impianti suindicati, anche mediante convenzioni con soggetti pubblici muniti di adeguata competenza tecnica.

La Commissione ha precisato che i soggetti pubblici convenzionati debbono essere indipendenti e privi di collegamenti contrattuali, professionali o economici, diretti o indiretti, con gli operatori interessati.

In caso di esito negativo, sottopone a verifica tutti gli altri impianti gestiti o verificati dai medesimi soggetti. Ciascuna ASL pubblica periodicamente nel proprio sito internet l'elenco delle verifiche e i relativi esiti.

 

Le procedure descritte ai commi 1 e 2 si applicano anche nei casi di riqualificazione periodica, di riparazione e di modifica degli impianti (comma 4).

Si ricorda che il DM n. 329/2004 reca numerose disposizioni in materia, e in particolare gli articoli 8 e 9 (relativi alle verifiche periodiche), gli articoli 10 e 11 (sulla riqualificazione periodica), gli articoli 11 e 12 (sulle verifiche di integrità e di funzionamento in occasione delle verifiche periodiche) e l’articolo 14 (relativo alle riparazioni e alle modifiche).

Si segnala che inoltre che l’ex Ministero delle attività produttive, con la circolare del 23 maggio 2005 (pubblicata nella G.U. 26 maggio 2005, n. 121) ha chiarito alcuni problemi interpretativi circa l'individuazione dei soggetti preposti alle verifiche periodiche successive alla prima. Infatti, l'articolo 5, comma 1, lettera d), considera la possibilità che, quando richiesto, il controllo della messa in servizio - prima verifica - possa essere effettuato, a determinate condizioni, da un organismo notificato o da un ispettorato degli utilizzatori. Le verifiche periodiche a diverso titolo contemplate negli articoli 9, 10, 11, 12 e 14 nonché le verifiche di funzionamento in occasione delle verifiche periodiche o le verifiche conseguenti ad una attività di riparazione, configurano – secondo la circolare - un'attività che si può comparare alla prima verifica e richiede simile livello di professionalità da parte dei tecnici di parte terza utilizzati, e possono pertanto essere operate dai medesimi soggetti. Restano ovviamente invariate le competenze delle Unità sanitarie locali, delle Aziende sanitarie locali e delle ARPA derivando le stesse da una normativa specifica non vincolata al precedente quadro legislativo sulle attrezzature a pressione.

 

Il comma 5 estende l’applicazione delle procedure di cui ai commi 1 e 2 alle verifiche periodiche degli apparecchi di sollevamento previste dall'articolo 194 del decreto del Presidente della Repubblica 27 aprile 1955, n. 547.

Si ricorda che l’articolo 194 del DPR n. 547/1955, recante norme per la prevenzione degli infortuni sul lavoro, dispone l’obbligatorietà di verifiche annuali per le gru e gli altri apparecchi di sollevamento di portata superiore a 200 chilogrammi, esclusi quelli azionati a mano e quelli già soggetti a speciali disposizioni di legge, ai fini di accertare lo stato di funzionamento e di conservazione a tutela della sicurezza dei lavoratori. Tali verifiche sono state affidate all'E.N.P.I. (Ente nazionale per la prevenzione degli infortuni) dall’articolo 5 del DM 12 settembre 1959.

 

In tale caso la comunicazione è effettuata all'ASL o al diverso ente individuato dalla legge regionale in materia di prevenzione degli infortuni.

 

Il comma 6 abroga il regolamento di cui al regio decreto 12 maggio 1927, n. 824, e successive modificazioni.

Si ricorda che tale regio decreto reca l’”approvazione del regolamento per la esecuzione del R.D.L. 9 luglio 1926, numero 1331, che costituisce l'Associazione nazionale per il controllo della combustione” e contiene norme relative alla prevenzione degli infortuni relative alla sicurezza degli apparecchi a pressione e del controllo della combustione. Con il DM 21 maggio 1974 sono state emanate norme integrative del regolamento approvato con RD 12 maggio 1927, numero 824 e disposizioni per l'esonero da alcune verifiche e prove stabilite per gli apparecchi a pressione.

Si segnala inoltre che il Ministero delle attività produttive con la Circolare 2 marzo 2005, n.12117[82], ha provveduto a chiarire alcuni aspetti relativi alla legislazione pregressa, ed ha affermato che “l'utilizzazione in atti amministrativi di riferimenti allo storico regio decreto 12 maggio 1927, n. 824, non appare più compatibile con il nuovo quadro legislativo”.

Per quanto concerne, inoltre, i riferimenti riguardanti la sicurezza sui luoghi di lavoro e degli operatori, presenti nel citato regio decreto gli stessi sono stati superati dalla legislazione di cui al decreto legislativo 19 settembre 1994, n. 626, modificato dal decreto legislativo 19 marzo 1996, n. 242 e successive modifiche.

Restano, di conseguenza, invariate le competenze della Unità sanitarie locali, Aziende sanitarie locali e ARPA, derivando le stesse da una normativa specifica.

 

Secondo la relazione illustrativa al disegno di legge, la semplificazione delle attività di verifica operata dall’articolo 16, tramite la valorizzazione della responsabilità del proprietario o del gestore e del tecnico da essi scelto, libera energie pubbliche per successivi controlli sul territorio.

La norma, infatti, tende a far emergere nei rapporti che intercorrono tra i diversi operatori, nel rispetto delle singole competenze, gradi di professionalità e di responsabilità al fine di garantire trasparenza e sicurezza nella realizzazione e nel funzionamento degli impianti, utilizzando l'autocertificazione dell'interessato asseverata da un professionista indipendente, e riservando l’intervento pubblico per i controlli successivi.

 

La relazione tecnica afferma che l’articolo 16 non comporta oneri aggiuntivi a carico della finanza pubblica operando, al contrario, una razionalizzazione e una diminuzione della spesa.

Documentazione predisposta dall’Ufficio RUE

Documenti all’esame delle istituzioni dell’UE

Il 10 marzo 2006la Commissione ha presentato una comunicazione (COM(2006)19) sulla valutazione dell’utilizzo degli ispettorati degli utilizzatori nell’ambito della direttiva 97/23/CE per il ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri in materia di attrezzature a pressione.

La direttiva in questione prevede che gli Stati membri possono autorizzare nel loro territorio la commercializzazione e la messa in servizio di attrezzature a pressione la cui conformità sia stata valutata e verificata da “Ispettorati degli utilizzatori”.  Tali servizi di controllo, facenti capo a gruppi industriali applicanti una politica comune di sicurezza, sono strutture autonome normalmente costituite da personale specializzato e qualificato e non direttamente coinvolto in procedimenti produttivi (di progettazione, di fabbricazione, di fornitura, di montaggio, di funzionamento o manutenzione delle attrezzature a pressione) e diretto da una gerarchia autonoma non coinvolta nel processo produttivo: ciò a garanzia dei requisiti di indipendenza degli ispettorati stessi. 

Il documento analizza l’attuazione della direttiva da parte degli Stati membri concludendo che, dal punto di vista della sicurezza relativa ad eventuali conflitti di interesse, “non sono stati identificati né problemi né abusi” e che d’altra parte non è necessario prevedere un ampliamento dei compiti di tali ispettorati.

 


Articolo 17
Agevolazioni per i prodotti del commercio equo e solidale

TESTO
del disegno di legge

TESTO
della Commissione

 

Art. 17.

(Agevolazioni per i prodotti del commercio equo e solidale).

 

 

      1. Al fine di favorire uno sviluppo sociale ed economico durevole a beneficio dei piccoli produttori e dei lavoratori dei Paesi in via di sviluppo, è introdotto un regime fiscale agevolato dei prodotti del commercio equo e solidale che rispettano i criteri previsti dalle organizzazioni di certificazione del fair trade.

 

 

      2. Con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, da emanare entro centoventi giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, sono individuate le tipologie e le modalità di attuazione delle agevolazioni di cui al comma 1, nel rispetto delle norme comunitarie e nel limite delle risorse finanziarie di cui al comma 3.

 

 

      3. All'onere derivante dall'attuazione del presente articolo, stimato in 10 milioni di euro, si provvede mediante corrispondente riduzione dell'autorizzazione di spesa di cui all'articolo 1, comma 50, della legge 23 dicembre 2005, n. 266, come rideterminata dalla tabella C allegata alla legge 27 dicembre 2006, n. 296.

 

 

 

L’articolo 17, introdotto dalla Commissione, prevede al comma 1 un regime fiscale agevolato per i prodotti del commercio equo e solidale che rispettino i criteri previsti dalle organizzazioni di certificazione del fair trade.

Con il termine fair trade (ocommercio equo esolidale) si intende quella forma di attività commerciale nella quale l'obiettivo primario non è la massimizzazione del profitto, bensì la lotta allo sfruttamento e alla povertà legate a cause economiche o sociali. Nel commercio equo e solidale, dunque, si cerca di garantire ai produttori e ai lavoratori dei paesi in via di sviluppo un trattamento  diverso da quanto avviene nelle consuete pratiche commerciali. Queste ultime si caratterizzano infatti per un approccio che provoca notevolissimi problemi alle popolazioni dei paesi in via di sviluppo. Anzitutto non vi è un legame accettabile tra i costi di produzione e i prezzi che poi vengono praticati a valle, in quanto i primi ricadono su soggetti strutturalmente deboli (i contadini e gli artigiani dei paesi in via di sviluppo), mentre i secondi vengono stabiliti da soggetti forti. Strettamente legata ai rapporti commerciali di tipo tradizionale è poi l'incertezza sugli sbocchi commerciali dei propri prodotti, che impedisce a contadini e artigiani poveri una minima programmazione della propria vita futura. La mancata conoscenza dei mercati di sbocco danneggia poi i piccoli produttori anche in un altro senso: infatti è praticamente impossibile per essi prevedere eventuali mutamenti nei consumi e conseguentemente adeguarvisi. Non va infine dimenticato che l'urgenza di aumentare i quantitativi prodotti spinge i committenti a dare impulso all’impiego lavorativo di fasce deboli della popolazione, come ad esempio i minori, che in tal modo vengono doppiamente danneggiati, poiché di fatto si rinuncia a dare loro un'adeguata formazione.

La rete internazionale del commercio equo e solidale ha creato canali alternativi a quelli dominanti, capaci di offrire un reddito minimo a determinati produttori dei paesi in via di sviluppo. A tale scopo ai produttori stessi viene richiesto di operare in condizioni sostenibili, il che comporta una serie di restrizioni, che vanno dal divieto di impiego del lavoro minorile all'obbligo dell'utilizzazione di materie prime rinnovabili, dall'effettuazione di un certo livello di spese per la formazione alla creazione, ove possibile, anche di un mercato interno per i propri prodotti, con incentivi alla cooperazione tra produttori. A questi impegni dei piccoli produttori corrispondono da parte degli acquirenti la fissazione, d'accordo con i produttori, di prezzi e di quantitativi minimi garantiti, nonché la stipula di contratti pluriennali, la necessaria assistenza tecnica sia rispetto ai prodotti che alle tecniche produttive, forme di finanziamento dei produttori stessi. Tradizionalmente i prodotti interessati dal fenomeno del commercio equo e solidale sono stati anzitutto il caffè, il tè, lo zucchero di canna, il cacao e i prodotti dell'artigianato. Più recentemente, anche produzioni di tipo biologico sono state protagoniste del commercio equo e solidale, sia per un'evoluzione nelle scelte dei consumatori, sia per la necessità di una produzione maggiormente sostenibile dal punto di vista ambientale e della salute dei produttori.

Sulle dimensioni quantitative del fenomeno del commercio solidale va rilevato che dal 2000 al 2005 soltanto nell'Unione europea il fatturato del commercio equo solidale è cresciuto di due volte e mezzo, toccando la cifra record di 660 milioni di euro. Tale risultato è stato raggiunto da una diffusa rete di punti vendita di circa 2.800 "botteghe del mondo", presso le quali operano circa 100.000 volontari; ben più estesa tuttavia è la rete “generica” dei punti vendita, che raggiunge il numero di circa 79.000, dei quali 57.000 in normali supermercati che vendono anche prodotti del commercio equo e solidale. Per quanto riguarda l'Italia la percentuale del commercio equo e solidale sulla spesa pro capite risulta essere la più bassa in Europa, a fronte di una rete di botteghe di circa 400, concentrate soprattutto nel Nord, e quasi il 90 per cento delle quali si trova comunque in grandi città. I punti vendita complessivi che trattano prodotti del commercio equo e solidale sono circa 5.100 e coinvolgono nel complesso 60.000 persone, ripartite tra dipendenti, volontari, soci e cooperative.

La finalità delle agevolazioni è quella di favorire uno sviluppo sociale ed economico durevole a beneficio dei piccoli produttori e dei lavoratori dei Paesi in via di sviluppo.

 

Il comma 2 rinvia ad un decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, da emanare entro centoventi giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, l’individuazione delle tipologie e delle modalità di attuazione delle agevolazioni, nel rispetto delle norme comunitarie e nel limite delle risorse finanziarie di cui al comma 3.

 

Si rileva a tale proposito che la formulazione della disposizione del comma 1 appare troppo generica in quanto è necessario specificare ai fini di quali imposte si intendono introdurre le agevolazioni in questione, per poterle valutare sia sotto il profilo della compatibilità con la legislazione interna in materia di imposte dirette ed indirette, che sotto il profilo della compatibilità comunitaria, particolarmente nel caso di agevolazioni ai fini Iva.

 

Il comma 3 prevede che all'onere derivante dall'attuazione del presente articolo, stimato in 10 milioni di euro, si provveda mediante riduzione dell'autorizzazione di spesa di cui all’articolo 1, comma 50, della legge 23 dicembre 2005, n. 266, come rideterminata dalla tabella C allegata alla legge 27 dicembre 2006, n. 296.

 

L’art. 1, comma 50 della legge finanziaria per il 2006 (legge n. 266/2005) reca una norma di autorizzazione di spesa volta ad estinguere i debiti pregressi contratti, nei confronti di enti, società, persone fisiche, istituzioni e organismi vari, dalle amministrazioni centrali dello Stato.

A tal fine istituisce, nello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze, un Fondo con una dotazione finanziaria pari a 170 milioni di euro per l'anno 2006 e a 200 milioni di euro per ciascuno degli anni 2007 e 2008 (UPB 4.1.5.19, cap. 3084).

Il richiamato comma 50 della legge finanziaria 2006 prevede che alla ripartizione del Fondo si provveda con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze su proposta del Ministro competente.

Nel bilancio 2007 (legge n. 298/2006) lo stanziamento del Fondo è pari a 150 milioni  in quanto con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze n. 106944 del 2006 si è provveduto ad un parziale riparto del fondo per 50 milioni di euro annui per ciascuno degli anni 2006, 2007 e 2008 al fine di tener conto, in via prioritaria, dei debiti contratti dall’ex Ministero delle finanze.

Si segnala che la dotazione del Fondo per il 2007 è stata ulteriormente ridotta di 100 milioni a copertura parziale dell’onere recato dal D.L. 20 marzo 2007, n. 23, convertito, con modificazioni, dalla legge 17 maggio 2007, n. 64, recante “Disposizioni urgenti per il ripiano selettivo dei disavanzi pregressi nel settore sanitario”.

Conseguentemente le disponibilità residue in bilancio ammontano a 50 milioni di euro per il 2007.

 

Si osserva che la formulazione della clausola di copertura non appare corretta in quanto:

-          con riferimento all’onere viene utilizzata la formula “stimato in 10 milioni” in luogo di “pari a 10 milioni”;

-          non viene fatto riferimento ad alcuna annualità di bilancio. Tuttavia, poiché  il comma 2 fa riferimento al “limite delle risorse finanziarie”, le agevolazioni per i prodotti del commercio equo e solidale possono essere riferite ai soli esercizi finanziari 2007 e 2008;

-          viene indicato un riferimento alla tabella C allegata alla legge 27 dicembre 2006, n. 296, quando il richiamato comma 50 della legge n. 266/2005 non è presente nella suddetta tabella, che contiene stanziamenti autorizzati annualmente con la legge finanziaria.

 

 


Articolo 18
Modifiche all'articolo 3 del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380

 

TESTO
del disegno di legge

TESTO
della Commissione

 

Art. 18.

(Modifiche all'articolo 3 del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380).

 

 

      1. All'articolo 3 (L), comma 1, del decreto legislativo 6 giugno 2001, n. 380, la lettera e.5) è sostituita dalla seguente:

 

      «e.5) l'installazione di manufatti leggeri, anche prefabbricati, e di strutture di qualsiasi genere quali roulottes, campers e case mobili, imbarcazioni, che siano utilizzati come abitazioni, ambienti di lavoro, oppure come depositi, magazzini e simili, e che non siano diretti a soddisfare esigenze meramente temporanee, ad esclusione dei mezzi mobili di pernottamento collocati entro il perimetro delle strutture turistico-ricettive all'aria aperta, realizzate in conformità alla vigente disciplina edilizia e urbanistica, purché tali mezzi conservino i meccanismi di rotazione in funzione, non possiedano alcun collegamento permanente al terreno e alle reti tecnologiche, siano connessi agli impianti della rete fognaria o a un depuratore e non alterino lo stato dei luoghi e l'indice di edificabilità previsto dalla pianificazione urbanistica e dal permesso di costruire della stessa struttura turistico-ricettiva;».

 

 

 

La disposizione novella il comma 1, lettera e), dell’art. 3 del D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380 (T.U. dell’edilizia), attraverso la sostituzione integrale della lettera e.5). Il richiamato comma 1, lett. e) individua alcune tipologie di “interventi di nuova costruzione”, che l’articolo 10 subordina al rilascio del permesso di costruire[83].

 

La definizione degli interventi di “nuova costruzione” è stata inserita nel comma 1 dell’art. 3 a seguito del parere del Consiglio di Stato sullo schema del T.U. (A.G., parere del 29 marzo 2001, n. 3/2001) al fine di risolvere alcuni problemi aperti in giurisprudenza di qualificazione di tale tipo di interventi, con particolare riferimento alle pertinenze e alle costruzioni precarie.

 

Il testo attuale della lettera e.5) qualifica come interventi di nuova costruzione “l'installazione di manufatti leggeri, anche prefabbricati, e di strutture di qualsiasi genere, quali roulottes, campers, case mobili, imbarcazioni, che siano utilizzati come abitazioni, ambienti di lavoro, oppure come depositi, magazzini e simili, e che non siano diretti a soddisfare esigenze meramente temporanee”[84].

La novella in esame è volta a circoscrivere l’ambito di applicazione di tale disposizione, escludendo in particolare l’installazione di tutti quei i mezzi mobili di pernottamento collocati entro il perimetro delle strutture turistico-ricettive all'aria aperta, realizzate in conformità alla vigente disciplina edilizia e urbanistica, purché essi:

§         mantengano un carattere di precarietà, individuabile nel fatto che essi siano dotati di meccanismi di rotazione in funzione e siano privi di qualsiasi collegamento permanente al terreno e alle reti tecnologiche;

§         siano rispettosi dell’ambiente e dello stato dei luoghi, ovvero siano connessi agli impianti della rete fognaria o a un depuratore, non alterino lo stato dei luoghi e l'indice di edificabilità previsto dalla pianificazione urbanistica e dal permesso di costruire della struttura turistico-ricettiva.

 

 

 


Articolo 19
Delega al Governo per la semplificazione delle procedure per il rilascio del certificato di prevenzione incendi

 

TESTO
del disegno di legge

TESTO
della Commissione

Art. 20.

(Delega al Governo per la semplificazione delle procedure per il rilascio del certificato di prevenzione incendi).

Art. 19.

(Delega al Governo per la semplificazione delle procedure per il rilascio del certificato di prevenzione incendi).

 

      1. Il Governo è delegato ad adottare, entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, uno o più decreti legislativi per semplificare, nel rispetto del mantenimento dei livelli di sicurezza per la collettività, le procedure per il rilascio del certificato di prevenzione incendi, realizzando un'effettiva riduzione degli adempimenti amministrativi e dei costi a carico delle imprese, nel rispetto dei seguenti princìpi e criteri direttivi:

      1. Il Governo è delegato ad adottare, entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, uno o più decreti legislativi per semplificare, nel rispetto del mantenimento dei livelli di sicurezza per la collettività e della tutela dell'ambiente, le procedure per il rilascio del certificato di prevenzione incendi, realizzando un'effettiva riduzione degli adempimenti amministrativi e dei costi a carico delle imprese, nel rispetto dei seguenti princìpi e criteri direttivi:

 

          a) diversificazione delle procedure e dei tempi per le attività aventi natura semplice o complessa;

          a) identica;

 

          b) diversificazione delle procedure e dei tempi in relazione alle attività disciplinate da norme tecniche, rispetto a quelle che, in relazione alla loro peculiare natura, non sono riconducibili ad una espressa disciplina tecnica;

          b) identica;

 

          c) disciplina dell'istituto di inizio attività di cui al comma 5 dell'articolo 3 del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 12 gennaio 1998, n. 37;

          c) identica;

 

          d) adozione di strumenti telematici per il rilascio del certificato di prevenzione incendi;

          d) identica;

 

          e) individuzione di un costo forfetario massimo sia per le attività semplici e assoggettate a norme tecniche, sia per quelle complesse.

          e) identica;

 

      2. I decreti legislativi di cui al comma 1 sono adottati su proposta del Ministro dell'interno, di concerto con i Ministri dello sviluppo economico, dell'economia e delle finanze e per le riforme e le innovazioni nella pubblica amministrazione, previo parere delle competenti Commissioni parlamentari. Decorsi trenta giorni dalla trasmissione, i decreti legislativi possono essere emanati anche in mancanza di detti pareri. Entro i due anni successivi alla data di entrata in vigore dei predetti decreti legislativi possono essere adottati ulteriori decreti correttivi e integrativi, nel rispetto dei medesimi princìpi e criteri direttivi e con la procedura previsti dal presente articolo.

      2. Identico.

 

 

 

Il comma 1 dell’articolo in esame delega il Governo ad adottare, entro tre mesi dall’entrata in vigore della legge, uno o più decreti legislativi per semplificare, nel rispetto del mantenimento dei livelli di sicurezza per la collettività, le procedure per il rilascio del certificato di prevenzione incendi (CPI).

Nel corso dell’esame in Commissione è stato inserito un inciso che impone al legislatore delegato l’ulteriore vincolo del rispetto della tutela dell’ambiente.

Lo stesso comma prevede che tale semplificazione, che dovrà realizzare un'effettiva riduzione degli adempimenti amministrativi e dei costi a carico delle imprese, avvenga nel rispetto dei seguenti principi e criteri direttivi:

a) diversificazione delle procedure e dei tempi per le attività aventi natura semplice o complessa;

b) diversificazione delle procedure e dei tempi in relazione alle attività disciplinate da norme tecniche, rispetto a quelle che, in relazione alla loro peculiare natura, non sono riconducibili ad una espressa disciplina tecnica;

c) disciplina dell'istituto di inizio attività di cui al comma 5 dell'articolo 3 del regolamento di cui al DPR 12 gennaio 1998, n. 37[85];

d) adozione di strumenti telematici per il rilascio del CPI;

e) individuazione di un costo forfetario massimo sia per le attività semplici e assoggettate a norme tecniche, sia per quelle complesse.

 

Il comma 2 disciplina la procedura per l’emanazione dei decreti delegati. Viene infatti previsto che tali decreti siano adottati su proposta del Ministro dell'interno, di concerto con i Ministri dello sviluppo economico, dell'economia e delle finanze e per le riforme e le innovazioni nella pubblica amministrazione, previo parere delle competenti Commissioni parlamentari.

Nel caso in cui le Commissioni non si pronuncino entro trenta giorni dalla trasmissione, i decreti legislativi possono comunque essere emanati.

Il comma in esame contiene inoltre la delega per l’emanazione di eventuali ulteriori decreti correttivi e integrativi, nel rispetto dei medesimi principi e criteri direttivi e con la procedura previsti dal presente articolo, da esercitare entro i due anni successivi all’entrata in vigore dei decreti legislativi.

Il certificato di prevenzione incendi (CPI)

L’articolo 16, comma 1, del D.Lgs. n. 139 del 2006[86] disciplina il procedimento del rilascio del certificato di prevenzione riunendo e riorganizzando le varie disposizioni in materia recate da diversi provvedimenti previgenti, anche di rango regolamentare.

Ai sensi del comma 1 dell’articolo citato, il certificato di prevenzione incendi attesta il rispetto delle prescrizioni previste dalla normativa di prevenzione incendi e la sussistenza dei requisiti di sicurezza antincendio nei locali, attività, depositi, impianti ed industrie pericolose, individuati, in relazione alla detenzione ed all'impiego di prodotti infiammabili, incendiabili o esplodenti che comportano in caso di incendio gravi pericoli per l'incolumità della vita e dei beni ed in relazione alle esigenze tecniche di sicurezza, con apposito DPR, cui compete anche la fissazione del periodo di validità del certificato per le attività ivi individuate.

Il comma successivo del medesimo articolo dispone che il certificato di prevenzione incendi è rilasciato dal competente Comando provinciale dei vigili del fuoco, su istanza dei soggetti responsabili delle attività interessate, a conclusione di un procedimento che comprende il preventivo esame ed il parere di conformità sui progetti, finalizzati all'accertamento della rispondenza dei progetti stessi alla normativa di prevenzione incendi, e l'effettuazione di visite tecniche, finalizzate a valutare direttamente i fattori di rischio ed a verificare la rispondenza delle attività alla normativa di prevenzione incendi e l'attuazione delle prescrizioni e degli obblighi a carico dei soggetti responsabili delle attività medesime.

Inoltre, indipendentemente dal periodo di validità del certificato di prevenzione incendi stabilito con il regolamento suddetto, l'obbligo di richiedere un nuovo certificato ricorre quando vi sono modifiche di lavorazione o di strutture, nei casi di nuova destinazione dei locali o di variazioni qualitative e quantitative delle sostanze pericolose esistenti negli stabilimenti o depositi e ogni qualvolta sopraggiunga una modifica delle condizioni di sicurezza precedentemente accertate.

Il comma 7, infine, demanda ad apposito DPR la fissazione delle disposizioni attuative relative al procedimento per il rilascio del certificato di prevenzione incendi, nonché - tra l’altro - la disciplina del procedimento per il rinnovo del certificato medesimo.

I regolamenti previsti dai commi 1 e 7 non sono a tutt’oggi stati emanati.

Le procedure per il rilascio del CPI sono attualmente disciplinate dall’articolo 3 del D.P.R. 12 gennaio 1998 n. 37[87].

In base a tale articolo, completate le opere, gli enti e i privati sono tenuti a presentare domanda di sopralluogo al comando provinciale dei vigili del fuoco, che vi provvede entro 90 giorni, al fine di accertare il rispetto delle prescrizioni previste dalla normativa di prevenzione degli incendi nonché la sussistenza dei requisiti di sicurezza antincendio richiesti. Il termine di 90 giorni può essere prorogato, per una sola volta, di 45 giorni, dandone motivata comunicazione all'interessato.

Entro 15 giorni dalla data di effettuazione del sopralluogo viene rilasciato all'interessato, in caso di esito positivo, il certificato di prevenzione incendi che costituisce, ai soli fini antincendio, il nulla osta all'esercizio dell'attività.

Qualora invece venga riscontrata la mancanza dei requisiti di sicurezza richiesti, il comando ne dà immediata comunicazione all'interessato e alle autorità competenti ai fini dell'adozione dei relativi provvedimenti.

In attesa del sopralluogo, l’interessato può presentare al comando una dichiarazione, corredata da certificazioni, di conformità dei lavori eseguiti al progetto approvato, con la quale attesta il rispetto della normativa in materia di sicurezza antincendio e si impegna al rispetto degli obblighi di cui all'articolo 5 del medesimo DPR. Il comando rilascia all'interessato contestuale ricevuta dell'avvenuta presentazione della dichiarazione che costituisce, ai soli fini antincendio, autorizzazione provvisoria all'esercizio dell'attività.

La citata dichiarazione costituisce la sostanziale innovazione del regolamento, in quanto consente all’interessato, ai fini antincendio e senza ulteriori incombenze e costi aggiuntivi, di avviare l’attività, purché risulti presentata al Comando la domanda di sopralluogo, completa della prevista documentazione[88].

Infatti come meglio precisato nel decreto 4 maggio 1998[89], le certificazioni di conformità da presentare a corredo della predetta dichiarazione sono le stesse che devono essere prodotte in allegato alla domanda di sopralluogo.

Al fine di evitare duplicazioni, il sopralluogo effettuato dal Comando nell’ambito di organi collegiali[90] previsti dalla vigente normativa, è da ritenersi comprensivo degli accertamenti in merito al rispetto della norme antincendio e alla sussistenza dei requisiti di sicurezza antincendio richiesti; ne consegue che i termini da rispettare sono quelli definiti dalle vigenti disposizioni per gli organi in questione.

Documentazione predisposta dall’Ufficio RUE

Documenti all’esame delle istituzioni dell’UE

Il 23 giugno 2006la Commissione ha presentato una proposta di raccomandazione sulla prevenzione degli incendi e la promozione della sicurezza (COM(2006)329). La proposta è volta a sollecitare gli Stati membri perché vengano adottate una serie di iniziative, come la creazione di piani nazionali di prevenzione, lo sviluppo di sistemi nazionali di sorveglianza e notifica nonché l’inserimento della prevenzione e la promozione della sicurezza nella formazione del personale sanitario. La Commissione, da parte sua, dovrà creare un meccanismo a livello comunitario per lo scambio di informazioni e dare sostegno e priorità alle azioni volte alla creazione di un sistema di sorveglianza e notifica degli infortuni a livello comunitario.

La proposta è stata esaminata il 12 dicembre 2006 dal Parlamento europeo che, nell’ambito della procedura di consultazione, l’ha approvata con alcuni emendamenti. E’ previsto un accordo politico nel Consiglio per il 30 maggio 2007.

 

 

 


Articolo 20
Delega al Governo in materia di disposizioni fiscali per favorire la capitalizzazione delle imprese

 

TESTO
del disegno di legge

TESTO
della Commissione

Art. 21.

(Delega al Governo in materia di disposizioni fiscali per favorire la capitalizzazione delle imprese).

Art. 20.

(Delega al Governo in materia di disposizioni fiscali per favorire la capitalizzazione delle imprese).

 

      1. Il Governo è delegato ad adottare, entro un anno dalla data di entrata in vigore della presente legge, uno o più decreti legislativi recanti norme dirette a favorire l'intervento nel capitale di rischio delle società da parte di organismi di investimento collettivo in valori mobiliari e l'ammissione dei titoli di partecipazione alla quotazione nei mercati regolamentati dell'unione europea o dei Paesi aderenti allo Spazio economico europeo; i decreti legislativi sono emanati in conformità alla disciplina comunitaria in materia di aiuti di Stato e nel rispetto dei seguenti principi e criteri direttivi:

      1. Identico.

 

          a) per le società di capitali, applicazione di un'aliquota dell'imposta sul reddito delle società ridotta rispetto a quella ordinaria, comunque non inferiore al 20 per cento, sulla parte di imponibile proporzionalmente corrispondente al capitale di nuova formazione, sottoscritto e versato, ovvero acquistato in occasione della quotazione in mercati regolamentati ovvero in sistemi di scambio organizzati dell'Unione europea e dei Paesi aderenti allo Spazio economico europeo, da organismi di investimento collettivo in valori mobiliari ovvero da loro partecipate costituite allo scopo, il cui attivo sia prevalentemente investito in partecipazioni in società di capitali; possibilità di prevedere, in alternativa alla riduzione dell'aliquota, la deduzione dal reddito imponibile della società partecipata di una quota degli utili formatisi successivamente all'ingresso degli organismi suddetti nel capitale e ad essi corrisposti; fissazione di un limite massimo al risparmio d'imposta fruibile in ciascun periodo attraverso l'applicazione dell'aliquota ridotta ovvero della deduzione dall'imponibile; possibilità di condizionare l'applicazione della disciplina alla sottoscrizione, da parte di tali organismi di investimento, di una quota del capitale non superiore a un limite massimo determinato sia in termini assoluti, sia in termini percentuali; cessazione del beneficio dell'aliquota ridotta, ovvero della deduzione di una quota dei dividendi dall'imponibile, in caso di successiva alienazione delle partecipazioni acquisite da parte dell'originario organismo sottoscrittore a soggetti diversi da organismi di investimento con caratteristiche analoghe;

          a) per le società di capitali, applicazione di un aliquota dell'imposta sul reddito delle società ridotta rispetto a quella ordinaria, comunque non superiore al 20 per cento, sulla parte di imponibile proporzionalmente corrispondente al capitale di nuova formazione, sottoscritto e versato, ovvero acquistato in occasione della quotazione in mercati regolamentati ovvero in sistemi di scambio organizzati dell'Unione europea e dei Paesi aderenti allo Spazio economico europeo, da organismi di investimento collettivo in valori mobiliari ovvero da loro partecipate costituite allo scopo, il cui attivo sia prevalentemente investito in partecipazioni in società di capitali; possibilità di prevedere, in alternativa alla riduzione dell'aliquota, la deduzione dal reddito imponibile della società partecipata di una quota degli utili formatisi successivamente all'ingresso degli organismi suddetti nel capitale e ad essi corrisposti; fissazione di un limite massimo al risparmio d'imposta fruibile in ciascun periodo attraverso l'applicazione dell'aliquota ridotta ovvero della deduzione dall'imponibile; possibilità di condizionare l'applicazione della disciplina alla sottoscrizione, da parte di tali organismi di investimento, di una quota del capitale non superiore a un limite massimo determinato sia in termini assoluti, sia in termini percentuali; cessazione del beneficio dell'aliquota ridotta, ovvero della deduzione di una quota dei dividendi dall'imponibile, in caso di successiva alienazione delle partecipazioni acquisite da parte dell'originario organismo sottoscrittore a soggetti diversi da organismi di investimento con caratteristiche analoghe;

 

          b) deduzione, in aggiunta a quella già spettante in base alle ordinarie regole dell'imposizione sul reddito d'impresa, delle spese sostenute per l'ammissione alla quotazione in mercati regolamentati ovvero in sistemi di scambio organizzati dell'Unione europea e dei Paesi aderenti allo Spazio economico europeo; limitazione della deduzione ai soli effetti dell'imposta sul reddito delle società; previsione di un limite massimo in valore assoluto dell'ammontare deducibile e possibilità di ripartirne l'imputazione, a prescindere dai criteri valevoli per la deduzione ordinaria, nell'arco massimo di tre periodi d'imposta.

          b) identica.

 

      2. Gli schemi dei decreti legislativi di cui al comma 1 sono trasmessi alle Camere per l'acquisizione dei pareri delle competenti Commissioni parlamentari, da esprimere entro trenta giorni dall'assegnazione.

      2. Identico.

 

      3. Decorso il termine di cui al comma 2 senza che le Commissioni abbiano espresso i pareri di rispettiva competenza, i decreti legislativi possono essere comunque adottati.

      3. Identico.

 

      4. Nei due anni successivi alla data di entrata in vigore dei decreti legislativi di cui al comma 1 possono essere adottati, nel rispetto dei princìpi e criteri direttivi e delle procedure di cui al presente articolo, uno o più decreti legislativi recanti disposizioni integrative e correttive, nonché tutte le modificazioni necessarie per il migliore coordinamento normativo.

      4. Identico.

 

      5. Dall'attuazione delle deleghe di cui al presente articolo e di cui all'articolo 33 non devono complessivamente derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.

          5. Dall'attuazione delle deleghe di cui al presente articolo e di cui all'articolo 41 non devono complessivamente derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.

 

 

 

L’articolo 20, modificato dalla Commissione solo nel principio di delega di cui alla lettera a) (vedi infra), delega il Governo ad adottare, nel termine di un anno dalla data di entrata in vigore della presente legge, uno o più decreti legislativi recanti norme dirette a favorire l'intervento da parte di organismi di investimento collettivo in valori mobiliari nel capitale di rischio delle società, nonché a favorire l'ammissione dei titoli di partecipazione alla quotazione nei mercati regolamentati dell'Unione europea o dei Paesi aderenti allo Spazio economico europeo.

I principi e criteri direttivi che dovranno essere rispettati in sede di esercizio della delega sono definiti nelle lettere a) e b) del comma 1.

 

Per quanto riguarda la lettera a) del comma 1, essa contiene numerosi principi di delega che delineano complessivamente un sistema di agevolazioni fiscali finalizzatea favoriresostanzialmente la capitalizzazione delle imprese.

Si segnala preliminarmente che, nell’ambito di tale lettera a), si consente al legislatore delegato una scelta tra due possibili modi alternativi di concedere le agevolazioni.

La prima modalità prevede, per le società di capitali, la possibilità di fruire di un’agevolazione fiscale ai fini dell’IRES, consistente in una riduzione dell’aliquota, qualora la società provveda ad un aumento di capitale o alla quotazione in mercati regolamentati, ma nella sola ipotesi che tale aumento di capitale ovvero l’acquisto delle azioni in occasione della quotazione sia finanziato da organismi di investimento collettivo in valori mobiliari (OICVM).

 

Si ricorda che le società che chiedono di essere ammesse alla quotazione devono assumere la forma della società per azioni, perché sia assicurata la piena trasferibilità delle azioni, e soddisfare taluni requisiti minimi in materia di capitalizzazione.

 

Dal punto di vista oggettivo l’agevolazione è concessa pertanto solo qualora il capitale venga sottoscritto, ovvero acquistato, da parte di organismi di investimento collettivo in valori mobiliari (OICVM), oppure da loro società partecipate costituite allo scopo.

La norma di delega pone, come ulteriore condizione da soddisfare per poter accedere all’agevolazione, che l’attivo di tali OICVM sia prevalentemente investito in partecipazioni in società di capitali.

 

Per quanto riguarda la nozione di OICVM, si ricorda che si tratta degli organismi di investimento collettivo in valori mobiliari definiti dalla normativa comunitaria. In particolare, l’articolo 1, paragrafo 1, della direttiva 85/611/CEE del Consiglio, del 20 dicembre 1985, concernente il coordinamento delle disposizioni legislative, regolamentari e amministrative in materia di taluni organismi d’investimento collettivo in valori mobiliari (OICVM) (modificata da numerose successive direttive[91] tra cui in particolare la direttiva 2001/108/CE), ha definito come organismi di investimento collettivo in valori mobiliari gli organismi con le seguenti caratteristiche:

-      il loro oggetto esclusivo è costituito dall’investimento collettivo dei capitali raccolti presso il pubblico in valori mobiliari e/o in altre attività finanziarie liquide;

-      le quote di tali organismi sono, su richiesta dei portatori, riacquistate o rimborsate, direttamente o indirettamente, a carico del patrimonio dei suddetti organismi. È assimilato a tali riacquisti o rimborsi il fatto che un organismo agisca per impedire che il corso delle sue quote in borsa si allontani sensibilmente dal valore netto di inventario.

Nell’ordinamento italiano il Testo Unico delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria (TUF),emanato con decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58, ha invece introdotto la figura degli organismi di investimento collettivo del risparmio. In tale dizione rientrano, ai sensi dell’articolo 1, comma 1, lettera m), del TUF, sia i fondi comuni d’investimento che le società d’investimento a capitale variabile (SICAV).

I fondi comuni d’investimento sono patrimoni autonomi, di pertinenza di una pluralità di partecipanti, suddivisi in quote e gestiti in monte da una società di gestione del risparmio (SGR).I fondi comuni d’investimento possono essere distinti in fondi chiusi e fondi aperti. Nei fondi aperti l’investitore ha diritto di richiedere in qualsiasi momento il riscatto delle quote; nei fondi chiusi, invece, il diritto al riscatto delle quote matura, in linea di massima, soltanto al termine della durata prevista del fondo.

Le Sicav sono invece società per azioni a capitale variabile, con sede legale e direzione generale in Italia, aventi per oggetto esclusivo l’investimento collettivo del patrimonio raccolto mediante l’offerta di proprie azioni al pubblico.

La differenza tra fondi comuni di investimento e Sicav consiste quindi nel fatto che mentre l’acquisto di una quota di un fondo comune d’investimento non rende soci del fondo, le Sicav si configurano come società per azioni e quindi l’acquisto di una loro quota si configura come partecipazione al loro capitale. Anche nelle Sicav, come nei fondi aperti, il riscatto delle quote può avvenire in qualsiasi momento.

Gli organismi di investimento collettivo del risparmio rappresentano pertanto una categoria più ampia rispetto a quella degli organismi di investimento collettivo in valori mobiliari definita dalla normativa comunitaria. Infatti, nei primi possono essere ricompresi anche fondi che non operano con valori mobiliari, quali i fondi pensione e i fondi d’investimento immobiliari, nonché i “fondi chiusi”, che, consentendo il riscatto delle quote solo con determinate scadenze temporali, non sono invece compresi nell’ambito degli OICVM. La direttiva 85/611/CEE esclude infatti espressamente:

-      gli OICVM di tipo chiuso;

-      gli OICVM che raccolgono capitali senza promuovere la vendita delle loro quote tra il pubblico all'interno della Comunità o in qualsiasi parte di essa;

-      gli OICVM la cui vendita delle quote è riservata dal regolamento del fondo o dai documenti costitutivi della società d'investimento al pubblico dei paesi terzi.

 

Per quanto riguarda l’entità dell’agevolazione, la lettera a) del comma 1, modificata dalla Commissione, consente l’applicazione di un’aliquota ridotta dell'imposta sul reddito delle società, rispetto a quella ordinaria, in misura comunque non superiore (anziché non inferiore come nel testo iniziale) al 20 per cento, e che si applicherà solo sulla parte di imponibile proporzionalmente corrispondente al capitale di nuova formazione. Si tratta sostanzialmente di un meccanismo di riduzione dell’imposta, da applicare sugli utili corrispondenti alla quota di capitale di nuova emissione. Tale capitale dovrà essere:

1)  sottoscritto e versato;

2)  ovvero acquistato in occasione della quotazione in mercati regolamentati o in sistemi di scambio organizzati dell'Unione europea e dei Paesi aderenti allo Spazio economico europeo.

 

Si ricorda che con il decreto legislativo 12 dicembre 2003, n. 344[92], in parziale attuazione alla delega, contenuta nella legge n. 80 del 2003, per la riforma del sistema fiscale statale, è stata riformata l’imposizione sul reddito delle società, sostituendo alla precedente imposta, denominata imposta sul reddito delle persone giuridiche (IRPEG), una nuova imposta, denominata imposta sul reddito delle società (IRES). Disposizioni integrative e correttive sono state emanate con il successivo decreto legislativo 18 novembre 2005, n. 247.

I principali elementi di novità dell’IRES rispetto alla precedente imposta sono:

-          fissazione dell’aliquota dell’imposta al 33 per cento (articolo 77 del testo unico delle imposte sui redditi, approvato con D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917 - TUIR).

-          Abolizione del credito d’imposta sui dividendie nuovo regime di tassazione degli utili percepiti dai soci delle società di capitali (articoli 47 e 59 del TUIR): fermo restando il pagamento dell’imposta da parte della società, gli utili percepiti dai soci concorrono alla formazione del reddito del socio stesso solo per una percentuale del loro importo. La percentuale è variamente determinata in relazione alla natura del socio (persona fisica, imprenditore o meno, o persona giuridica) e alla misura della sua partecipazione alla società (qualificata o meno).

-          Esenzione parziale, ai fini fiscali, di alcune plusvalenze realizzate mediante cessione di partecipazioni (c.d. participation exemption: articolo 87 del TUIR)[93]. L’esenzione è riconosciuta, al ricorrere di determinate condizioni, esclusivamente alle plusvalenze realizzate dai soggetti IRES e ad essa corrisponde l’indeducibilità delle relative minusvalenze (articolo 101 del TUIR)[94].

-          Contrasto della sottocapitalizzazione delle imprese (c.d. thin capitalization:articolo 98 del TUIR): gli interessi passivi sui finanziamenti erogati o garantiti da soci qualificati della società, o loro parti correlate, sono indeducibili ai fini fiscali, qualora i suddetti finanziamenti superino determinati limiti. Il nuovo istituto mira a contrastare l’utilizzo fiscale della sottocapitalizzazione la quale consente alla società, mediante l’indebitamento verso i propri soci, di dedurre gli interessi passivi pagati ai soci stessi (con abbattimento dell’utile) e ai soci non imprenditori di beneficiare di una tassazione sostitutiva degli interessi percepiti, con aliquota inferiore a quella prevista per la tassazione dei proventi.

L’articolo 62 del TUIR estende agli imprenditori individuali l’applicazione della normativa di contrasto della sottocapitalizzazione, con riferimento ai finanziamenti dell’imprenditore (o dei familiari, per quanto riguarda le imprese familiari).

 

Il principio di delega della lettera a) dell’articolo 20 in commento prevede una seconda modalità, alternativa a quella sopra descritta, di concedere l’agevolazione, cioè quella di consentire, in alternativa alla riduzione dell'aliquota, la deduzione dal reddito imponibile della società partecipata di una quota degli utili formatisi successivamente all'ingresso degli organismi suddetti nel capitale e ad essi corrisposti.

E’ previsto comunque, come criterio direttivo generale per entrambe le suddette ipotesi – quindi sia per l’ipotesi dell’applicazione di un’aliquota ridotta che per l’ipotesi della deduzione di una quota degli utili - che sia fissato un limite massimo al risparmio d'imposta fruibile in ciascun periodo.

 

La lettera a) prevede, come ulteriore criterio, la possibilità di condizionare l'applicazione della disciplina agevolata alla sottoscrizione, da parte di tali organismi di investimento, di una quota del capitale non superiore a un limite massimo, determinato sia in termini assoluti, sia in termini percentuali.

 

Si ricorda a tale proposito che esistono degli obblighi relativi alla politica d'investimento degli o.i.c.v.m., fissati dall’articolo 19 della direttiva 85/611/CE (come successivamente modificata), la quale prevede che gli investimenti di un fondo comune di investimento o di una società di investimento debbano essere effettuati esclusivamente in:

-          valori mobiliari e strumenti del mercato monetario ammessi o negoziati su un mercato regolamentato;

-          valori mobiliari e strumenti del mercato monetario negoziali su un altro mercato di uno stato membro, regolamentato, regolarmente funzionante, riconosciuto e aperto al pubblico;

-          valori mobiliari e strumenti del mercato monetario ammessi alla quotazione ufficiale di una borsa valori di uno stato terzo o negoziati su un altro mercato di uno stato terzo, regolamentato, regolarmente funzionante, riconosciuto e aperto al pubblico, purché la scelta di questa borsa valori o di questo mercato sia stata approvata dalle autorità competenti o sia prevista dalla legge e/o dal regolamento del fondo o dei documenti costitutivi della società d'investimento;

-          valori mobiliari emessi recentemente, solo a certe condizioni;

-          quote di OICVM autorizzati ai sensi della presente direttiva e/o di altri organismi di investimento collettivo, a certe condizioni;

-          depositi presso enti creditizi che siano rimborsabili su richiesta o possano essere ritirati e abbiano una scadenza non superiore a dodici mesi, a certe condizioni;

-          strumenti finanziari derivati, negoziati sui mercati regolamentati;

-          strumenti del mercato monetario diversi da quelli negoziati su un mercato regolamentato, a certe condizioni;

L’articolo 22 della direttiva 2001/108/CE stabilisce altresì che un OICVM non può investire più del 5 % delle sue attività in valori mobiliari o strumenti del mercato monetario di uno stesso emittente. Tuttavia è consentito agli Stati membri di elevare tale limite del 5% sino ad un massimo del 10 %.

L’articolo 25 stabilisce poi che una società di investimento o una società di gestione, per l'insieme dei fondi comuni di investimento che essa gestisce e che rientrano nel campo d'applicazione della presente direttiva, non può acquistare azioni che diano diritto di voto e che le consentano di esercitare un'influenza notevole sulla gestione di un emittente.

 

Nell’esercizio della delega dovrà prevedersi inoltre la cessazione dei benefici, sia dell'aliquota ridotta che della deduzione di una quota dei dividendi dall'imponibile, in caso di successiva alienazione delle partecipazioni acquisite da parte dell'originario organismo sottoscrittore, cioè dell’OICVM, a soggetti diversi da organismi di investimento con caratteristiche analoghe.

 

Il principio di delega contenuto nella lettera b) del comma 1 prevede poi un sostegno alle imprese (deve trattarsi evidentemente di società per azioni, anche se testualmente il principio di delega non lo esplicita), che provvedano a quotarsi sui mercati regolamentati, consentendo la deduzione, in aggiunta a quella già spettante in base alle ordinarie regole dell'imposizione sul reddito d'impresa, delle spese sostenute per l'ammissione alla quotazione in mercati regolamentati ovvero in sistemi di scambio organizzati dell'Unione europea e dei Paesi aderenti allo Spazio economico europeo; tale deducibilità dovrà peraltro essere limitata ai soli effetti dell'imposta sul reddito delle società.

Le spese sostenute dalle società per la quotazione sono normalmente deducibili dal reddito d’impresa ai fini dell’IRES in quanto componenti negativi di reddito. Per questi si applica infatti il criterio generale previsto dall’articolo 109 del TUIR, che consente la deducibilità delle spese in quanto componenti negativi inerenti all’attività di impresa, se imputate al conto economico nell’esercizio di competenza.

Le spese per la quotazione (c.d. IPO- Initial Public Offerings), comprendono in genere i costi di due diligence, di consulenza esterna e le spese regolamentari, stimati, presso il mercato gestito da Borsa Italiana S.p.a., tra il 3,5 per cento e il 7 per cento dell'importo negoziato in occasione dell'operazione di quotazione. Ai fini fiscali le società devono ottenere da un revisore dei conti esterno una certificazione delle spese effettivamente sostenute.

 

Il principio di delega della lettera b) prevede che sia fissato un limite massimo in valore assoluto dell'ammontare deducibile e la possibilità di ripartirne l'imputazione, a prescindere dai criteri valevoli per la deduzione ordinaria, nell'arco massimo di tre periodi d'imposta.

La quotazione in un mercato regolamentato degli strumenti finanziari emessi da una determinata società è frutto di un accordo di natura privatistica fra la società quotanda e il gestore del mercato (in Italia, attualmente, l'unico gestore è la Borsa Italiana S.p.A.), essendo riservati ai poteri pubblici solo poteri di controllo esterno. Le condizioni che devono essere rispettate affinché i titoli di una certa società possano essere ammessi alla quotazione, dunque, risultano tanto dalle norme di legge che disciplinano la struttura e l'attività delle società quotate (norme contenute prevalentemente nel TUF e nei rispettivi regolamenti attuativi), quanto dal regolamento di borsa con il quale il gestore del mercato fissa autonomamente le ulteriori condizioni alle quali l'ammissione deve ritenersi subordinata.

Per quanto riguarda la nozione di mercati regolamentati e di sistemi di scambio organizzati dell’Unione europea e dei Paesi aderenti allo Spazio Economico Europeo, questa è contenuta nell’articolo 61 del TUF, il quale prevede che l'attività di organizzazione e gestione di mercati regolamentati di strumenti finanziari abbia carattere di impresa e sia esercitata da società per azioni, anche senza scopo di lucro (c. d. società di gestione). In base all’articolo 63 la CONSOB iscrive i mercati regolamentati in un elenco, curando l'adempimento delle disposizioni comunitarie in materia, e approva le modificazioni del regolamento del mercato. L’articolo 67 prevede inoltre che la CONSOB iscriva in un'apposita sezione del citato elenco i mercati regolamentati riconosciuti ai sensi dell'ordinamento comunitario e, previa stipula di accordi con le corrispondenti autorità, possa riconoscere mercati esteri di strumenti finanziari al fine di estenderne l'operatività sul territorio della Repubblica.

Si ricorda anche, a tale proposito, che l’articolo 10 della legge 6 febbraio 2007, n. 13 (legge comunitaria 2006) ha conferito delega al governo per l’attuazione della direttiva 2004/39/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, relativa ai mercati degli strumenti finanziari,volta alla costruzione di un mercato azionario europeo integrato, all’interno di un quadro regolamentare completo che regoli l'esecuzione delle transazioni degli investitori da parte non solo dei mercati regolamentati, ma anche di sistemi di negoziazione alternativi e degli intermediari che negoziano per conto proprio al di fuori degli uni e degli altri (internalizzatori sistematici). Tra le principali innovazioni vi è quella relativa alla disciplina dell’offerta di servizi di negoziazione che introduce la distinzione tra mercati regolamentati, sistemi multilaterali di negoziazione (Multilateral Trading Facilities – MTF) e intermediari autorizzati. In particolare per mercato regolamentato si intende un "sistema multilaterale, amministrato e/o gestito dal gestore del mercato, che consente o facilita l'incontro - al suo interno e in base alle sue regole non discrezionali - di interessi multipli di acquisto e di vendita di terzi relativi a strumenti finanziari, in modo da dare luogo a contratti relativi a strumenti finanziari ammessi alla negoziazione conformemente alle sue regole e/o ai suoi sistemi, e che è autorizzato e funziona regolarmente”.

 

Il comma 1 stabilisce anche, in generale, che i decreti legislativi in oggetto dovranno essere emanati in conformità alla disciplina comunitaria in materia di aiuti di Stato. Tutte le disposizioni sopra citate, sia l’agevolazione IRES che la possibilità di dedurre i costi di quotazione in mercati regolamentati dovranno essere pertanto notificate alla Commissione europea e da questa autorizzate. Le disposizioni che istituiscono regimi di aiuto devono essere comunicate[95] in tempo utile, cioè prima di darvi esecuzione, alla Commissione che ne valuta la compatibilità con il Trattato (art. 88, par. 3 TCE).

Si ricorda infatti che il Trattato che istituisce la Comunità europea (TCE), che prevede tra i suoi obiettivi il rafforzamento della competitività dell'industria comunitaria, vieta gli aiuti di Stato alle imprese, in quanto distorsivi del principio della libera concorrenza, tranne in casi esplicitamente indicati. In particolare, ai sensi dell’articolo 87, paragrafo 1, del Trattato, sono ritenuti “incompatibili con il mercato comune, nella misura in cui incidano sugli scambi tra Stati membri, gli aiuti concessi dagli Stati, ovvero mediante risorse statali, sotto qualsiasi forma che, favorendo talune imprese o talune produzioni, falsino o minaccino di falsare la concorrenza”.

Si segnala che già in passato la Commissione europea si è pronunciata negativamente su aiuti di stato simili a quelli in oggetto, in particolare su quelli previsti dal D.L. 30 settembre 2003, n. 269, convertito dalla legge n. 326 del 2003. La Commissione europea infatti, con le decisioni C591 del 16 marzo 2005 e C3302 del 6 settembre 2005, ha affermato l'incompatibilità con il mercato comune del regime di aiuti di Stato concessi sotto forma di incentivi fiscali, di cui ai predetti articoli del D.L. n. 269/2003, e la necessità di procedere al loro recupero.

Nel decreto erano previste, tra l’altro, le seguenti disposizioni agevolative per le imprese relative alla quotazione in mercati regolamentati.

-      all’articolo 1, comma 1, lettera d), per i soggetti in attività alla data del 2 ottobre 2003, l'esclusione dal reddito imponibile dell'ammontare delle spese sostenute per la quotazione in un mercato regolamentato di uno Stato membro dell'Unione europea ;

-      all’articolo 11, per le società le cui azioni fossero ammesse alla quotazione in un mercato regolamentato di uno Stato membro dell'Unione Europea, nel periodo compreso tra il 2 ottobre 2003 e il 31 dicembre 2004, una riduzione dell'aliquota dell'imposta sul reddito;

-      all'art. 12 una riduzione di aliquota dell'imposta sostitutiva per gli OICVM che investissero il proprio patrimonio in azioni emesse da società a piccola e media capitalizzazione, quotate nei mercati regolamentati italiani o di altro Stato membro dell'Unione europea.

 

In base al comma 2 dell’articolo 20 in commento, gli schemi dei decreti legislativi dovranno essere trasmessi alle Camere per l'acquisizione dei pareri delle competenti Commissioni parlamentari, da esprimere entro trenta giorni dall'assegnazione.

Il successivo comma 3 prevede inoltre che, decorso il termine di cui al comma 2 senza che le Commissioni abbiano espresso i pareri di rispettiva competenza, i decreti legislativi possono essere comunque adottati.

 

In base al comma 4 sarà possibile adottare, nei due anni successivi alla data di entrata in vigore dei decreti legislativi di cui al comma 1, sempre nel rispetto dei princìpi e criteri direttivi e delle procedure di cui al presente articolo, ulteriori decreti legislativi recanti disposizioni integrative e correttive, nonché tutte le modificazioni necessarie per il migliore coordinamento normativo.

 

Infine, il comma 5 contiene la clausola di neutralità finanziaria, disponendo che dall'attuazione delle deleghe di cui al presente articolo e di cui all'articolo 41 non debbano complessivamente derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.

 

Si osserva in proposito che l’articolo in esame prevede l’introduzione di agevolazioni di natura fiscale in favore di società, le quali sembrerebbero comportare maggiori oneri a carico della finanza pubblica. La relazione tecnica non fornisce alcuna indicazione al riguardo, limitandosi a richiamare la clausola di invarianza degli oneri. Analogamente la relazione tecnica non fornisce alcuna indicazione relativamente ad eventuali oneri  o risparmi derivanti dall’attuazione dell’articolo 41 (ex art. 33 del testo iniziale), che reca una delega al Governo in materia di modernizzazione degli strumenti di pagamento.

 

 

 

 


Articolo 21
Delega al Governo in materia di agevolazioni
relative all'acquisto di immobili alberghieri

 

TESTO
del disegno di legge

TESTO
della Commissione

 

Art. 21.

(Delega al Governo in materia di agevolazioni relative all'acquisto di immobili alberghieri).

 

 

      1. Con riferimento all'articolo 1, comma 1228, della legge 27 dicembre 2006, n. 296, il Governo è delegato ad adottare, entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, un decreto legislativo allo scopo di favorire l'acquisto degli immobili alberghieri da parte dei soggetti gestori da almeno cinque anni in regime di locazione immobiliare o di affitto d'azienda, in forma di impresa individuale o di società, secondo i seguenti principi e criteri direttivi:

 

 

          a) le plusvalenze generate dalla cessione dei predetti immobili o dalla cessione di aziende comprendenti i predetti immobili possono essere assoggettate ad imposta sostitutiva, pari al 10 per cento, delle imposte dirette e dell'Irap, se dovuta, e sono assoggettate a tassazione in misura fissa ai fini dell'imposta di registro, dell'imposta ipotecaria e catastale;

 

 

          b) in corrispondenza alle operazioni di cui alla lettera a), i dividendi distribuiti ai soci da parte della società cedente gli immobili o le aziende di cui alla lettera a) concorrono alla formazione del reddito complessivo dei percipienti nella misura del 5 per cento, in deroga a quanto previsto dall'articolo 47 del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917;

 

 

          c) per quanto non previsto espressamente dal presente comma, si applicano gli articoli 1 e 2 del decreto legislativo 8 ottobre 1997, n. 358, in quanto compatibili.

 

 

      2. Le eventuali minori entrate derivanti dall'attuazione del comma 1 sono a carico dell'autorizzazione di spesa di cui al comma 1228 dell'articolo 1 della legge 27 dicembre 2006, n. 296.

 

 

 

 

Il comma 1 dell’articolo 21, introdotto dalla Commissione, delega il Governo ad adottare, entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, un decreto legislativo allo scopo di favorire l'acquisto degli immobili alberghieri da parte dei soggetti gestori da almeno cinque anni in regime di locazione immobiliare o di affitto d'azienda, in forma di impresa individuale o di società.

La norma sembra pertanto voler agevolare gli imprenditori individuali o le società che siano gestori di immobili alberghieri  da almeno cinque anni in regime di locazione immobiliare o che abbiano affittato l’azienda, consentendo sia a loro che ai soggetti venditori degli immobili che gestiscono di usufruire di alcune agevolazioni fiscali.

 

Per quanto riguarda la portata specifica delle agevolazioni il comma 1 prevede una serie di principi e criteri direttivi per l’esercizio della delega.

Il principio di delega di cui alla lettera a) prevede due tipi di agevolazioni fiscali:

1)      la prima, ai fini delle imposte dirette e dell’IRAP, prevede che le plusvalenze generate dalla cessione dei predetti immobili o dalla cessione di aziende comprendenti tali immobili possano essere assoggettate ad imposta sostitutiva, pari al 10 per cento, delle imposte dirette e dell'Irap, se dovuta.

Tale agevolazione è pertanto diretta ai soggetti attualmente proprietari di immobili alberghieri che li abbiano concessi in locazione o abbiano affittato l’azienda e che intendano procedere alla vendita degli stessi ai soggetti gestori degli immobili o dell’azienda. La norma nulla specifica circa la soggettività degli alienanti cosicché sembra che questi possano essere sia soggetti IRPEF che soggetti all’imposta sulle società (IRES).

 

2)      la seconda agevolazione dovrà invece essere prevista in materia di imposte indirette e riguarderà l'imposta di registro e l'imposta ipotecaria e catastale che dovranno essere applicate in misura fissa a tali operazioni di cessione di immobili.

Tale agevolazione è invece evidentemente diretta ai gestori di tali immobili, i quali sono soggetti passivi delle imposte di registro, ipotecarie e catastali nel caso di trasferimento degli immobili stessi o di trasferimento dell’azienda.

 

A questo proposito si ricorda che la normativa vigente prevede in caso di compravendita di un immobile, che si applichino alternativamente l’IVA o l’imposta di registro a seconda, rispettivamente, che il venditore sia o meno un soggetto Iva.

Qualora l’acquirente di un immobile acquisti da un soggetto privato non soggetto ad IVA, egli è tenuto pertanto al pagamento dell’imposta di registro nella misura del 7%, dell’imposta ipotecaria nella misura del 2% e dell’imposta catastale nella misura dell’1%.

Qualora si configuri[96] peraltro un’operazione di conferimento di aziende tra società, l’imposta di registro si applica in misura fissa di 168 euro, mentre nel caso di cessione d’azienda l’imposta di registro si applica in misura proporzionale e le aliquote sono differenziate in relazione alla natura dei beni aziendali; le ipotecarie e catastali gravano con il 3 per  cento  sul valore lordo degli immobili

L’imposta ipotecaria si applica nella misura proporzionale con aliquota del 2% per la trascrizione di atti che comportino il trasferimento di proprietà di beni immobili, mentre si applica in misura fissa pari a 168 euro nel caso di trasferimenti soggetti all’imposta sul valore aggiunto.

 

Il criterio di cui alla lettera b) prevede un’ulteriore agevolazione fiscale in virtù della quale, in corrispondenza alle operazioni di cessione di immobili di cui alla lettera a), i dividendi distribuiti ai soci da parte della società cedente gli immobili o le aziende di cui alla lettera a) dovranno concorrere alla formazione del reddito complessivo dei percipienti nella misura del 5 per cento, in deroga a quanto previsto dall'articolo 47 del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917.

 

Si ricorda che il richiamato articolo 47 del TUIR disciplina la tassazione degli utili da partecipazione prevedendo che gli utili distribuiti in qualsiasi forma e sotto qualsiasi denominazione dalle società o dagli enti indicati nell'articolo 73, concorrano alla formazione del reddito imponibile complessivo limitatamente al 40 per cento del loro ammontare.

 

Il criterio di cui alla lettera c) rinvia per quanto non previsto espressamente dal presente comma, all’applicazione degli articoli 1 e 2 del decreto legislativo 8 ottobre 1997, n. 358, in quanto compatibili.

Si tratta delle norme che disciplinavano la tassazione delle plusvalenze da cessione di azienda, prevedendone una tassazione con imposta sostitutiva al 19%, le quali peraltro, in attuazione della delega per la riforma tributaria del 7 aprile 2003, n. 80, sono state abrogate a decorrere dal 2004, ad opera dell’articolo 3, comma 2 del D.Lgs. 12 dicembre 2003, n. 344.

 

Si ricorda che la cessione d'azienda determinail trasferimento di un complesso organico di beni dal cedente al cessionario (o acquirente). Al momento della cessione, nella contabilità dell'impresa cedente, la differenza tra il prezzo di cessione dell'azienda e la somma dei singoli valori contabili (o di libro) dei beni ceduti determina la plusvalenza (o minusvalenza) da cessione.

Sotto il profilo contabile, l'indicata plusvalenza (o minusvalenza) da cessione ha natura di "provento straordinario" e come tale viene iscritta nel conto economico civilistico nella sezione dei proventi straordinari, cosa che determina l'esclusione della plusvalenza da cessione d'azienda dalla base imponibile Irap .

La plusvalenza da cessione d’azienda rientra pertanto nella sola base imponibile dell’imposta sulle società (IRES).

Il regime di tassazione ai fini Ires della suddetta plusvalenza, a partire dal 1° gennaio 2004, è unicamente il regime di tassazione ordinario disciplinato dall'art. 86 del Tuir., in base al quale concorrono alla formazione del reddito anche le plusvalenze delle aziende, compreso il valore di avviamento, realizzate unitariamente (deve pertanto essere conteggiata un'unica plusvalenza derivante dalla cessione d'azienda, e non tante plusvalenze o minusvalenze quanti sono i singoli beni che formano oggetto di cessione da parte della società), mediante cessione a titolo oneroso (art. 86, comma 2). Circa le modalità di tassazione, le plusvalenze realizzate concorrono a formare il reddito per l'intero ammontare nell'esercizio in cui sono state realizzate ovvero, se i beni sono stati posseduti per un periodo non inferiore a tre anni, a scelta del contribuente, in quote costanti nell'esercizio stesso e nei successivi, ma non oltre il quarto. La predetta scelta deve risultare dalla dichiarazione dei redditi, se questa non è presentata, la plusvalenza concorre a formare il reddito per l'intero ammontare nell'esercizio in cui è stata realizzata (art. 86, comma 4).

Pertanto la plusvalenza da cessione sarà soggetta all'IRES (con aliquota del 33 per cento) se il contribuente è società di capitali, ovvero all'IRE progressiva per scaglioni, se il contribuente è persona fisica.

Qualora il cedente sia persona fisica o società di persone e ne ricorrano i presupposti, sarà possibile optare per la tassazione separata ai sensi dell'art. 17, comma 1, lett. g) del Testo Unico. Tale norma è applicabile nel caso di cessione d’azienda posseduta da più di 5 anni: la plusvalenza è calcolata in questo caso applicando l'aliquota corrispondente alla metà del reddito complessivo netto del contribuente nel biennio anteriore all'anno in cui i redditi sono stati conseguiti (art. 21

Si ricorda che l'abrogazione dell'imposta sostitutiva di cui al D.Lgs. 358/97 ha risposto all'esigenza di non consentire vantaggi fiscali sulle cessioni d'azienda, laddove a fronte di un prelievo sulle plusvalenze realizzate con aliquota del 19 per cento, si poteva ottenere un risparmio d'imposta derivante dagli ammortamenti sui cespiti acquisiti, deducibili dal reddito d'impresa, tassato (es. nel 2003) con aliquota del 38,25 per cento.

 

Si rileva pertanto che il rinvio operato dalla lettera c) del comma 1 non appare corretto, in quanto fatto ad una normativa non più vigente e sostituita dalla disciplina contenuta negli articoli 86 e 17 del Testo Unico delle imposte sui redditi.

 

Il comma 2 prevede, infine, che le eventuali minori entrate derivanti dall'attuazione del comma 1 siano a carico dell'autorizzazione di spesa prevista dal comma 1228 dell'articolo 1 della legge 27 dicembre 2006, n. 296.

La disposizione richiamata autorizza la spesa di 48 milioni di euro per ciascuno degli anni 2007, 2008 e 2009 per le finalità di sviluppo del settore del turismo e per il suo posizionamento competitivo quale fattore produttivo, anche in relazione alla necessità di incentivare l'unicità della titolarità tra la proprietà dei beni ad uso turistico-ricettivo e la relativa attività di gestione, nonché i processi di crescita dimensionale delle imprese turistico-ricettive nel rispetto del patrimonio paesaggistico e al fine di promuovere forme di turismo ecocompatibile. Si prevede, inoltre, l’adozione, entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore della legge finanziaria, sentita la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, di un decreto del Presidente del Consiglio dei ministri recante l'individuazione dei criteri, delle procedure e delle modalità di attuazione delle disposizioni per lo sviluppo del settore turistico. La disposizione è stata attuata con l’adozione del Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 16 febbraio 2007 (pubblicato sulla G.U. n. 114/2007).

 

 


Articolo 22
Erogazione di incentivi pubblici

 

TESTO
del disegno di legge

TESTO
della Commissione

 

Art. 22.

(Erogazione di incentivi pubblici).

 

 

      1. L'erogazione degli incentivi pubblici di qualsiasi tipo e natura alle imprese deve essere effettuata agli aventi diritto nei termini previsti dalle normative in base alle quali questi vengono concessi, decorrenti dall'emanazione del titolo di liquidazione. In assenza di termini precisi e perentori, tale erogazione deve essere effettuata entro e non oltre novanta giorni dal completamento, opportunamente documentato, delle iniziative che beneficiano dell'incentivo, termine elevabile a non oltre centottanta giorni.

 

 

 

L’articolo 22, introdotto nel corso dell’esame in sede referente, reca disposizioni concernenti i termini per l’erogazione di incentivi pubblici alle imprese.

 

Si osserva che l’espressione ”incentivi pubblici di qualsiasi tipo e natura alle imprese” appare eccessivamente generica e potrebbe ingenerare incertezze interpretative in ordine all’ambito di applicazione della norma. Sarebbe opportuno richiamare specificamente le disposizioni in base alle quali gli incentivi sono concessi.

 

Viene operata una distinzione a seconda che la normativa per la concessione degli incentivi preveda o meno un termine per l’erogazione.

 

Nel caso in cui sia previsto un termine, la disposizione prevede che l’erogazione deve avvenire nel predetto termine, specificando peraltro che esso decorre dall’emanazione del titolo di liquidazione.

 

Si osserva che la formulazione della norma non appare chiara. Sembrerebbe che essa debba intendersi nel senso che, ove sia previsto un termine per l’erogazione del beneficio, questo debba decorrere comunque dall’emanazione del titolo di liquidazione (espressione quest’ultima a sua volta non univoca).

Si valuti l’opportunità una riformulazione che espliciti la ratio della norma.

 

In assenza di termini, l’erogazione degli incentivi deve avvenire entro e non oltre novanta giorni dal completamento delle iniziative che beneficiano dell’incentivo. La disposizione prevede che tale completamento deve essere “opportunamente documentato”, senza specificare le modalità con cui pervenire alla predisposizione della documentazione e alla verifica del completamento medesimo.

 

Il termine di novanta giorni è peraltro elevabile a centoottanta giorni.

Si osserva che la norma non specifica in presenza di quali condizioni e con quali modalità il termine può essere prorogato.

 

 

 


Articolo 23
Misure di semplificazione in materia di cooperazione

 

TESTO
del disegno di legge

TESTO
della Commissione

Art. 22.

(Misure di semplificazione in materia di cooperazione).

Art. 23.

(Misure di semplificazione in materia di cooperazione).

 

      1. All'articolo 2545-octies del codice civile è aggiunto, in fine, il seguente comma:

 

      «In caso di perdita della qualifica di cooperativa a mutualità prevalente per il mancato rispetto della condizione di cui all'articolo 2513, l'obbligo previsto dal secondo comma del presente articolo è sospeso per il primo biennio successivo a tale perdita».

 

      2. La lettera c) del comma 10 dell'articolo 13 della legge 31 gennaio 1992, n. 59, è abrogata.

      1. All'articolo 2545-octies del codice civile sono aggiunti, in fine, i seguenti commi:

 

      «Qualora la cooperativa abbia perso la qualifica di cooperativa a mutualità prevalente per il mancato rispetto della condizione di prevalenza di cui all'articolo 2513, l'obbligo di cui al precedente comma si applica soltanto nel caso in cui la cooperativa medesima modifichi le previsioni statutarie di cui all'articolo 2514 o abbia emesso strumenti finanziari. In tutti i casi di perdita della citata qualifica, la cooperativa è tenuta a segnalare espressamente tale condizione attraverso gli strumenti di comunicazione informatica previsti dall'articolo 223-sexiesdecies delle disposizioni per l' attuazione del codice civile. Lo stesso obbligo sussiste per la cooperativa nel caso in cui le risultanze contabili relative al primo anno successivo alla perdita della detta qualifica evidenzino il rientro nei parametri della mutualità prevalente.

 

 

      In seguito alle predette segnalazioni, l'amministrazione presso la quale è tenuto l'Albo delle società cooperative provvede alla variazione della sezione di iscrizione all'Albo medesimo senza alcun ulteriore onere istruttorio.

 

 

      L'omessa o ritardata comunicazione della perdita della qualifica di cooperativa a mutualità prevalente è segnalata all'amministrazione finanziaria».

 

 

 

L’articolo 23 contiene disposizioni modificative del regime civilistico delle cooperative che perdano il carattere di mutualità prevalente.

 

Il comma 1 novella l’articolo 2534-octies del codice civile, aggiungendo infine tre nuovi commi.

Il nuovo terzo comma prevede in particolare che l'obbligo di redigere l’apposito bilancio per la determinazione del valore dell'attivo da imputare alle riserve indivisibili, previsto dal secondo comma dell’articolo, si applichi unicamente qualora a seguito della perdita della condizione di mutualità prevalente a causa del mancato rispetto delle condizioni di prevalenza ai sensi dell’art.2513 del codice civile, abbia dato luogo a modificazione delle previsioni statutarie ovvero alla emissione di strumenti finanziari. Il comma dispone inoltre che in tutti i casi di perdita della condizione di prevalenza la cooperativa è tenuta a comunicare tale evento attraverso gli strumenti di comunicazione informatica di cui all’articolo 223 – sexiesdecies delle disposizioni di attuazione del codice civile (il quale ha istituito l’Albo delle società cooperative, prevedendo una sezione per le cooperative a mutualità prevalente ed una per le cooperative diverse). Lo stesso obbligo di comunicazione sussiste altresì nel caso in cui nel primo anno successivo alla perdita della prevalenza dalle risultanze contabili risulti il rientro nei parametri della mutualità prevalente.

Il nuovo quarto comma dell’articolo 2534 – octies dispone che a seguito delle suddette comunicazioni si provvede alla variazione della sezione di iscrizione all’Albo delle società cooperative, senza alcun onere istruttorio.

Il quinto comma prevede infine che l’omessa o ritardata comunicazione della perdita della qualificazione di mutualità prevalente è segnalata all’Amministrazione finanziaria.

 

La versione iniziale del d.d.l. disponeva al comma 1 dell’articolo 22, la sospensione per un biennio dell’obbligo di redazione del bilancio, previsto dal citato articolo 2545-octies cod. civ., limitatamente alle ipotesi di perdita della qualifica di cooperativa a mutualità prevalente per mancato rispetto delle condizioni di prevalenza di cui all’articolo 2513 cod. civ..

La relazione tecnica al disegno di legge in esame illustrava tale previsione la quale “semplifica la tenuta delle scritture contabili per le società a mutualità prevalente in caso di momentanea perdita di tale status”.

A seguito delle modifiche apportate dalla Commissione di merito, si dispone viceversa che l’obbligo di redazione del bilancio straordinario sorga unicamente quando la perdita della qualifica di mutualità prevalente abbia determinato una modifica statutaria ovvero l’emissione di strumenti finanziari.

 

Si ricorda che l’articolo 5 della legge 3 ottobre 2001, n. 366 (Delega al Governo per la riforma del diritto societario), ha dettato i criteri per la riforma della disciplina civilistica delle società cooperative, richiedendo, fra l’altro, la definizione della cooperazione costituzionalmente riconosciuta. La modifica delle disposizioni del codice civile è stata attuata con il decreto legislativo 17 gennaio 2003, n. 6, il quale, con il nuovo articolo 2512 di detto codice, ha introdotto la categoria delle società cooperative a mutualità prevalente, alle quali, ai sensi del nuovo articolo 223-duodecies delle disposizioni per l’attuazione del codice civile e disposizioni transitorie, sono riservate le agevolazioni fiscali previste da leggi speciali

Il citato articolo 2512 cod. civ. stabilisce che le società cooperative a mutualità prevalente sono quelle che:

1)       svolgono la loro attività prevalentemente in favore dei soci, consumatori o utenti di beni o servizi;

2)       si avvalgono prevalentemente, nello svolgimento della loro attività, delle prestazioni lavorative dei soci;

3)       si avvalgono prevalentemente, nello svolgimento della loro attività, degli apporti di beni o servizi da parte dei soci.

Il successivo articolo 2513 cod. civ. impone agli amministratori e ai sindaci delle suddette società di documentare la sussistenza dei sopra indicati requisiti nella nota integrativa al bilancio evidenziando contabilmente che:

a)                i ricavi dalle vendite dei beni e dalle prestazioni di servizi verso i soci sono superiori al cinquanta per cento del totale dei ricavi delle vendite e delle prestazioni risultanti dal conto economico;

b)                il costo del lavoro dei soci è superiore al cinquanta per cento del totale del costo del lavoro risultante dal conto economico[97], computate anche le forme di lavoro, diverse dal lavoro subordinato, aventi un collegamento con l’attuazione del rapporto mutualistico;

c)                il costo della produzione per servizi ricevuti dai soci ovvero per beni conferiti dai soci è rispettivamente superiore al cinquanta per cento del totale dei costi dei servizi, ovvero al costo totale delle merci o materie prime acquistate o conferite, risultanti dal conto economico.

Il citato articolo 2513 stabilisce inoltre che, quando si realizzano contestualmente più tipi di scambio mutualistico, la condizione di prevalenza è documentata facendo riferimento alla media ponderata delle percentuali delle lettere precedenti. Nelle cooperative agricole la condizione di prevalenza sussiste quando la quantità o il valore dei prodotti conferiti dai soci è superiore al cinquanta per cento della quantità o del valore totale dei prodotti.

Il successivo articolo 2514 del codice civile fissa i requisiti minimi degli statuti delle cooperative a mutualità prevalente:

a)            divieto di distribuire dividendi in misura superiore al rendimento dei buoni postali fruttiferi aumentato di due punti percentuali;

b)            divieto di remunerare i prestiti dei soci in misura superiore di due punti al limite massimo di distribuzione dei dividendi;

c)            divieto di distribuire riserve fra i soci;

d)            devoluzione dell’intero patrimonio netto ai fondi per lo sviluppo della cooperazione in caso  di scioglimento della società,

 

Il successivo articolo 2545-octies cod. civ. prevede che la cooperativa perda la qualifica di cooperativa a mutualità prevalente in relazione a due autonome fattispecie:

a)            quando, per due esercizi consecutivi, non rispetti le condizioni di prevalenza di cui all’articolo 2513 c.c.;,

b)            ovvero quando modifichi le previsioni statutarie di cui al citato articolo 2514 cod. civ.

Quando si verifica una di queste circostanze gli amministratori, sentito il parere del revisore esterno, se presente, devono redigere un apposito bilancio, da notificare, entro sessanta giorni dalla approvazione, al Ministero delle attività produttive, al fine di determinare il valore effettivo dell'attivo patrimoniale da imputare alle riserve indivisibili. Il bilancio deve essere verificato senza rilievi da una società di revisione.

Al riguardo si ricorda come la perdita della mutualità prevalente non implichi la devoluzione del patrimonio netto ai fondi mutualistici per la promozione e lo sviluppo della cooperazione, la quale è prevista dall’articolo 2545 – undecies unicamente in caso di trasformazione delle cooperative diverse da quelle a mutualità prevalente in società a scopo di lucro. Peraltro la redazione del bilancio straordinario è finalizzata da un lato alla definizione dell’ammontare delle riserve indivisibili che dovrà inscirivere in bilancio la società che perde il carattere di mutualità prevalente, e dall’altro alla evidenziazione del patrimonio effettivo (comprensivo del valore dell’avviamento e delle plusvalenze dei cespiti patrimoniali) della società che perda i carattere di mutualità prevalente ai fini della devoluzione ai fondi mutualistici nell’eventualità che tale società in un momento successivo deliberi la trasformazione societaria.

 

La norma in esame modifica la disciplina vigente nel senso di restringere l’obbligo di redazione del bilancio straordinario ai casi di società cooperative che abbiano perso i requisiti della mutualità prevalente ai sensi dell’art. 2513 c.c. ed abbiano modificato il proprio statuto ai sensi dell’articolo 2514 c.c. In sintesi le due autonome fattispecie di perdita del carattere di mutualità vengono dalla norma considerate cumulativamente ai fini dell’obbligo di redazione del bilancio straordinario.

 

Al riguardo occorrerebbe chiarire come, in assenza di un bilancio straordinario, la società cooperativa che abbia perso il carattere di mutualità prevalente ma non abbia modificato lo statuto definrào il valore delle riserve indivisibili e quello del patrimonio netto, ai fini della devoluzione ai fondi mutualistici in caso di successiva trasformazione societaria ai sensi dell’art. 2545 - undecies c.c.

 

Il nuovo terzo comma dell’articolo 2545 – octies prevede inoltre che l’obbligo di redazione del bilancio straordinario scatti anche quando la società che perde il carattere di mutualità prevalente abbia fatto ricorso a strumenti finanziari. Tale ultima previsione appare sostanzialmente innovativa rispetto alla disciplina vigente, considerato che la cooperativa non incontra limiti generali al ricorso a strumenti finanziari se non quello relativo alla remunerazione dei prestiti da parte dei propri soci. La ratio della norma sembra essere quella di limitare l’obbligo di redazione del bilancio straordinario alle cooperative di maggiori dimensioni, le quali più probabilmente fanno ricorso a strumenti finanziari.

 

L’articolo 1, comma 2,  del testo unico di finanza reca la definizione  di «strumenti finanziari», per i quali si intendono:

a) le azioni e gli altri titoli rappresentativi di capitale di rischio negoziabili sul mercato dei capitali;

b) le obbligazioni, i titoli di Stato e gli altri titoli di debito negoziabili sul mercato dei capitali;

b-bis) gli strumenti finanziari, negoziabili sul mercato dei capitali, previsti dal codice civile;

c) le quote di fondi comuni di investimento;

d) i titoli normalmente negoziati sul mercato monetario;

e) qualsiasi altro titolo normalmente negoziato che permetta di acquisire gli strumenti indicati nelle precedenti lettere e i relativi indici;

f) i contratti «futures» su strumenti finanziari, su tassi di interesse, su valute, su merci e sui relativi indici, anche quando l'esecuzione avvenga attraverso il pagamento di differenziali in contanti;

g) i contratti di scambio a pronti e a termine (swaps) su tassi di interesse, su valute, su merci nonché su indici azionari (equity swaps), anche quando l'esecuzione avvenga attraverso il pagamento di differenziali in contanti;

h) i contratti a termine collegati a strumenti finanziari, a tassi di interesse, a valute, a merci e ai relativi indici, anche quando l'esecuzione avvenga attraverso il pagamento di differenziali in contanti;

i) i contratti di opzione per acquistare o vendere gli strumenti indicati nelle precedenti lettere e i relativi indici, nonché i contratti di opzione su valute, su tassi d'interesse, su merci e sui relativi indici, anche quando l'esecuzione avvenga attraverso il pagamento di differenziali in contanti;

j) le combinazioni di contratti o di titoli indicati nelle precedenti lettere.

 

 

Al riguardo si osserva come, per evitare incertezze in sede di attuazione, sarebbe opportuno operare esplicito rinvio alla definizione di strumenti finanziari di cui all’articolo 1 del Testo unico della finanza di cui al d.lgs. n. 58 del 1998. Sarebbe inoltre opportuna una precisazione delle caratteristiche delle operazioni relative all’emissione di strumenti finanziari quantomeno in relazione al profilo temporale e cronologico.

 

Il testo originario dell’articolo 22 conteneva anche un comma 2 il quale abrogava la lettera c) del comma 10 dell’articolo 13 della legge 31 gennaio 1992, n. 59, recante Nuove norme in materia di società cooperative.

 

Il citato articolo 13 istituisce l’albo nazionale delle società cooperative edilizie di abitazione e dei loro consorzi. Il comma 10, lettera c), disciplina l’obbligo di comunicazione del l’attività svolta nel corso dell’anno precedente che le cooperative edilizie sono tenute a trasmettere entro il 30 giugno di ogni anno

 

La disposizione è stata soppressa durante l’esame in Commissione.

 

 


Articolo 24
Disposizioni in materia di società cooperative

 

TESTO
del disegno di legge

TESTO
della Commissione

 

Art. 24.

(Disposizioni in materia di società cooperative).

 

 

      1. All'articolo 2511 del codice civile è aggiunto il seguente comma:

 

 

      «Le società cooperative devono essere iscritte nell'Albo di cui agli articoli 2512, secondo comma, del presente codice, e 223-sexiesdecies delle disposizioni per l' attuazione del presente codice».

 

 

      2. La presentazione all'ufficio del registro delle imprese della comunicazione unica di cui all'articolo 9 del decreto-legge 31 gennaio 2007, n. 7, convertito, con modificazioni, dalla legge 2 aprile 2007, n. 40, determina, nel caso di impresa cooperativa, l'automatica iscrizione all'Albo di cui agli articoli 2512, secondo comma, del codice civile e 223-sexiesdecies delle disposizioni per l' attuazione del codice civile.

 

 

      3. Ai fini di cui al comma 2, l'ufficio del registro delle imprese trasmette immediatamente all'Albo di cui al medesimo comma la domanda unica, nonché la comunicazione della cancellazione della società cooperativa dal registro o della sua trasformazione in altra forma societaria ai fini della immediata cancellazione dal suddetto Albo.

 

 

      4. Le società cooperative iscritte nel registro delle imprese alla data di entrata in vigore dell'articolo 9 del decreto-legge 31 gennaio 2007, n. 7, convertito, con modificazioni, dalla legge 2 aprile 2007, n. 40, e non iscritte all'Albo di cui al comma 2, devono chiedere entro il 30 giugno 2008 al registro di provvedere all'iscrizione all'Albo delle società cooperative, a pena di decadenza dai benefici previsti in relazione alla loro forma societaria.

 

 

      5. Le società cooperative comunicano annualmente le notizie di bilancio, ai fini della dimostrazione del possesso del requisito di cui all'articolo 2513 del codice civile, all'amministrazione presso la quale è tenuto l'Albo con gli strumenti informatici di cui all'articolo 223-sexiesdecies delle disposizioni per l'attuazione del codice civile.

 

 

      6. All'articolo 2515 del codice civile il terzo comma è abrogato.

 

 

      7. All'articolo 223-sexiesdecies, primo comma delle disposizioni per l'attuazione del codice civile, le parole: «depositare i bilanci» sono sostituite dalle seguenti: «comunicare annualmente le notizie di bilancio, ai fini della dimostrazione del possesso del requisito di cui all'articolo 2513 del codice civile, all'amministrazione presso la quale è tenuto l'Albo».

 

 

      8. All'articolo 1 della legge 17 luglio 1975, n. 400, è aggiunto, in fine, il seguente comma:

 

 

      «La vidimazione del registro di cui all'articolo 38, primo comma, del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267, è effettuata senza spese ed in forma semplificata dalla camera di commercio, industria, artigianato e agricoltura territorialmente competente».

 

 

 

Il comma 1 dell’articolo 24 in esame aggiunge all'articolo 2511 del codice civile un comma a mente del quale le società cooperative devono essere iscritte nell'Albo di cui agli articoli 2512, secondo comma, del presente codice, e 223-sexiesdecies delle disposizioni per l'attuazione del presente codice.

 

Il richiamato articolo 2511 c.c. stabilisce che le cooperative sono società a capitale variabile con scopo mutualistico

L’articolo 2512 c.c., in tema di cooperativa a mutualità prevalente, stabilisce che sono società cooperative a mutualità prevalente, in ragione del tipo di scambio mutualistico, quelle che:

1) svolgono la loro attività prevalentemente in favore dei soci, consumatori o utenti di beni o servizi;

2) si avvalgono prevalentemente, nello svolgimento della loro attività, delle prestazioni lavorative dei soci;

3) si avvalgono prevalentemente, nello svolgimento della loro attività, degli apporti di beni o servizi da parte dei soci.

 

Il secondo comma dell’articolo 2512 c.c. dispone, in particolare, che le società cooperative a mutualità prevalente si debbano iscrivere in un apposito albo, presso il quale depositano annualmente i propri bilanci.

 

 

Secondo l’articolo 223-sexiesdecies delle disposizioni per l'attuazione del codice civile, entro il 30 giugno 2004, il Ministro delle attività produttive predispone un Albo delle società cooperative tenuto a cura del Ministero delle attività produttive, ove si iscrivono le cooperative a mutualità prevalente, e a tal fine consente di depositare i bilanci attraverso strumenti di comunicazione informatica. In una diversa sezione del medesimo Albo sono tenute ad iscriversi anche le cooperative diverse da quelle a mutualità prevalente.

Il Ministro delle attività produttive, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, adegua ogni tre anni, con proprio decreto le previsioni di cui all'articoli 2519 e 2525 del codice tenuto conto delle variazioni dell'indice nazionale generale annuo dei prezzi al consumo delle famiglie di operai e impiegati, calcolate dall'Istat.

 

I commi 2, 3 e 4 disciplinano l’iscrizione all’Albo delle società cooperative da parte delle imprese iscritte al Registro delle imprese, tenuto da un apposito ufficio presso le Camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura.

Il comma 2 prevede che la presentazione all’ufficio del registro delle imprese della comunicazione unica ai fini dell’adempimento di tutti gli obblighi amministrativi richiesti per l’iscrizione nel Registro medesimo (ai sensi dell’articolo 9 del DL n.7 del 2007) determina, per le imprese cooperative, l’automatica iscrizione all’Albo delle società cooperative.

A tal fine il comma 3 dispone l’immediata trasmissione all’Albo delle società cooperative della comunicazione unica presentata all’Ufficio del registro delle imprese.

Il comma 4 impone alle società cooperative iscritte nel registro delle imprese alla data di entrata in vigore del DL n.7 del 2007 (ossia al 2 febbraio 2007) di richiedere l’iscrizione all’Albo delle società cooperative entro il 30 giugno, 2008, pena la decadenza dai benefici previsti dalla normativa vigente per le società cooperative.

L’articolo 9 del decreto-legge n.7 del 2007 ha previsto che gli adempimenti amministrativi a carico delle imprese per l’iscrizione nel Registro delle imprese, a fini previdenziali (iscrizione all’Inps), assistenziali (iscrizione all’Inail) e per l’ottenimento del Codice fiscale e della partita IVA, siano sostituiti da una comunicazione unica all’Ufficio del registro delle imprese delle Camere di commercio, il quale rilascia una ricevuta che costituisce titolo per l’immediato avvio dell’attività imprenditoriale (commi1-4).

La disposizione prevede, inoltre, che:

·       la procedura si applichi anche in caso di modifiche o cessazioni dell’attività d’impresa (comma 5);

·       le trasmissioni avvengano, di norma, per via telematica; a questo fine, in particolare, le Camere di commercio, previa intesa con le associazioni imprenditoriali, assicurano gratuitamente ai privati l’assistenza e il supporto tecnico di cui necessitano (comma 6);

·       con un DM dello sviluppo economico e un DPCM, da adottare entro 45 giorni dalla data di entrata in vigore del decreto-legge, siano adottate le norme necessarie per l’attuazione delle nuove procedure[98] (comma 7);

·       le nuove procedure siano adottate dopo 60 giorni dalla data di entrata in vigore del DM dello sviluppo economico (comma 8), con la conseguente abrogazione della normativa vigente in materia di comunicazioni a carattere previdenziale e assistenziale, nonché per il rilascio del Codice fiscale e della partita IVA[99] (comma 9);

·       l’importo dell’imposta di bollo per le domande presentate per via telematica all’Ufficio del registro delle imprese sia rideterminato con successivo decreto del Ministero dell’economia e delle finanze, di concerto  con il Ministero dello sviluppo economico. La rideterminazione dovrà essere effettuata garantendo l’invarianza del gettito ed essere finalizzata ad incentivare l’utilizzo del mezzo telematico da parte delle imprese individuali (comma 10).

 

Quanto al  Registro delle imprese, tenuto da un apposito Ufficio presso le Camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura, è stato istituito dall’articolo 8 della legge n. 580 del 1993[100].

Al Registro delle imprese sono tenuti ad iscriversi tutti coloro che esercitano un’attività imprenditoriale, previa denuncia alla Camera di commercio. La registrazione garantisce la pubblicità legale delle imprese e di tutti gli atti che le riguardano e ne testimonia l’esistenza, l’attività esercitata e gli eventi aventi rilievo giuridico durante la sua attività. Contestualmente all’iscrizione, l’Ufficio preposto della camera di commercio, in collegamento con il Ministero dell’economia e delle finanze, assegna il numero di iscrizione al Registro che coincide con il Codice fiscale.

Alla concreta istituzione del registro delle imprese si è provveduto con il DPR 7 dicembre 1995, n. 581.

Ai sensi dell'art. 7, comma 2, lett. a), del DPR n.581 del 1995, sono tenuti all'iscrizione nel registro delle imprese:

1) gli imprenditori che esercitano le attività indicate nell'art. 2195 c.c., e cioè gli imprenditori che esercitano un'attività industriale, diretta alla produzione di beni e servizi, o un'attività intermediaria nella circolazione dei beni o un'attività di trasporto per terra, per acqua o per aria, un'attività bancaria o assicurativa o attività ausiliarie di ciascuna di queste;

2) le società di cui all'art. 2200 c.c, e cioè le società in nome collettivo, le società in accomandita semplice, le società a responsabilità limitata, le società per azioni e le società cooperative anche quando non esercitino un'attività commerciale;

3) i consorzi di cui all'art. 2612 c.c. e le società consortili di cui all'art. 2615-ter c.c.;

4) i gruppi europei di interesse economico (GEIE) di cui al D.Lgs. 23 luglio 1991, n. 240 (si tratta di quegli organismi senza fini di lucro previsti dalla CEE con regolamento 2137/85 come strumenti di cooperazione transnazionale tra le imprese);

5) gli enti pubblici che hanno per oggetto esclusivo o principale un'attività commerciale;

6) le società assoggettate alla legge italiana secondo le nuove norme di diritto internazionale privato (art. 25 della legge n. 218/95)

7) gli imprenditori agricoli (art. 2135 c.c);

8) i piccoli imprenditori (art. 2083 c.c.);

9) le società semplici (art. 2251 c.c.).

 

Il comma 5 dell’articolo in esame fa carico alle società cooperative di comunicare annualmente le notizie di bilancio, ai fini della dimostrazione del possesso del requisito di cui all'articolo 2513 del codice civile, all'amministrazione presso la quale è tenuto l'Albo con gli strumenti informatici di cui al richiamato articolo 223-sexiesdecies delle disposizioni per l'attuazione del codice civile. 

Il richiamato articolo 2513 c.c. riguarda i criteri per la definizione della prevalenza.

 

Nel dettaglio, gli amministratori e i sindaci documentano la condizione di prevalenza di cui al precedente articolo nella nota integrativa al bilancio, evidenziando contabilmente i seguenti parametri:

a) i ricavi dalle vendite dei beni e dalle prestazioni di servizi verso i soci sono superiori al cinquanta per cento del totale dei ricavi delle vendite e delle prestazioni ai sensi dell'articolo 2425, primo comma, punto A1;

b) il costo del lavoro dei soci è superiore al cinquanta per cento del totale del costo del lavoro di cui all'articolo 2425, primo comma, punto B9 computate le altre forme di lavoro inerenti lo scopo mutualistico;

c) il costo della produzione per servizi ricevuti dai soci ovvero per beni conferiti dai soci è rispettivamente superiore al cinquanta per cento del totale dei costi dei servizi di cui all'articolo 2425, primo comma, punto B7, ovvero al costo delle merci o materie prime acquistate o conferite, di cui all'articolo 2425, primo comma, punto B6.

Quando si realizzano contestualmente più tipi di scambio mutualistico, la condizione di prevalenza è documentata facendo riferimento alla media ponderata delle percentuali delle lettere precedenti.

Nelle cooperative agricole la condizione di prevalenza sussiste quando la quantità o il valore dei prodotti conferiti dai soci è superiore al cinquanta per cento della quantità o del valore totale dei prodotti.

I regimi derogatori al requisito della prevalenza sono stati stabiliti con D.M. 30 dicembre 2005.

 

Il comma 6 dell’articolo in esame abroga il terzo comma dell'articolo 2515 del codice civile, il quale dispone che le società cooperative a mutualità prevalente devono indicare negli atti e nella corrispondenza il numero di iscrizione presso l'albo delle cooperative a mutualità prevalente.

 

Il comma 7 dell’articolo in esame sostituisce, al richiamato articolo 223-sexiesdecies, primo comma, delle disposizioni per l'attuazione del codice civile, le parole: «depositare i bilanci» con le seguenti: «comunicare annualmente le notizie di bilancio, ai fini della dimostrazione del possesso del requisito di cui all'articolo 2513 del codice civile, all'amministrazione presso la quale è tenuto l'Albo».

 

Il comma 8 integra le disposizioni dell’articolo 1 della legge n. 400/75[101] - che intervene in materia di amministrazione coatta di enti cooperativi rinviando alla disciplina generale del RD n. 267/42 (Disciplina del fallimento, del concordato preventivo, dell'amministrazione controllata e della liquidazione coatta amministrativa) - mediante aggiunta di un nuovo comma.

La nuova disposizione prevede la vidimazione – da parte della camera di commercio territorialmente competente - senza oneri e in forma semplificata -  del registro nel quale il curatore fallimentare è tenuto ad annotare giorno per giorno le operazioni relative alla sua amministrazione, ai sensi dell’art. 38 del citato RD n. 267/42.

L’art. 38, del citato RD, così come sostituito dall'art. 36 del D.Lgs. 9 gennaio 2006, n. 5 recante “Riforma organica della disciplina delle procedure concorsuali a norma dell'articolo 1, comma 5, della L. 14 maggio 2005, n. 80” al comma 1 comprende, infatti, tra i doveri dell’ ufficio del curatore, imposti dalla legge o derivanti dal piano di liquidazione approvato, la tenuta del suddetto registro preventivamente vidimato da almeno un componente del comitato dei creditori.

Si ricorda che il DL n. 35/05 (competitività), conv. con modif. dalla L. 14 maggio 2005, n. 80, all’articolo 2 ha introdotto numerose novelle alla legge fallimentare (RD 16 marzo 1942, n. 267). La legge di conversione ha quindi conferito una delega al Governo per la riforma organica delle procedure concorsuali di cui al medesimo RD che è stata attuata con il richiamato decreto legislativo 9 gennaio 2006, n. 5.

 

 


Articolo 25
Interventi a favore delle imprese di spettacolo e di cultura

 

TESTO
del disegno di legge

TESTO
della Commissione

Art. 23.

(Interventi a favore delle imprese di spettacolo).

Art. 25.

(Interventi a favore delle imprese di spettacolo e di cultura).

 

      1. Gli organismi dello spettacolo, nelle diverse articolazioni di generi e di settori, di attività teatrali, musicali e di danza, nonché di circhi e di spettacoli viaggianti, costituiti in forma di impresa sono considerati piccole e medie imprese secondo la disciplina comunitaria.

      1. Gli organismi dello spettacolo, nelle diverse articolazioni di generi e di settori, di attività cinematografiche, teatrali, musicali e di danza, nonché di circhi e di spettacoli viaggianti, nonché quelli che operano nel campo dei servizi, o beni, culturali, costituiti in forma di impresa sono considerati piccole e medie imprese secondo la disciplina comunitaria.

 

      2. Ai sensi del comma 1, le imprese dello spettacolo usufruiscono delle agevolazioni nazionali e comunitarie previste dalla normativa vigente per le piccole e medie imprese, in applicazione del decreto del Ministro delle attività produttive 18 aprile 2005, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 238 del 12 ottobre 2005.

      2. Le imprese di cui al comma 1 usufruiscono delle agevolazioni nazionali e comunitarie previste dalla normativa vigente per le piccole e medie imprese, in applicazione del decreto del Ministro delle attività produttive 18 aprile 2005, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 238 del 12 ottobre 2005.

 

      3. Il Governo, con apposito provvedimento, entro due mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, apporta ai decreti del Ministro per i beni e le attività culturali 21 dicembre 2005, pubblicati nel supplemento ordinario alla Gazzetta Ufficiale n. 29 del 4 febbraio 2006, le modificazioni necessarie per adeguare gli stessi alle disposizioni del presente articolo.

      3. Il Governo, con apposito provvedimento, entro due mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, apporta ai decreti del Ministro per i beni e le attività culturali 21 dicembre 2005, pubblicati nel supplemento ordinario alla Gazzetta Ufficiale n. 29 del 4 febbraio 2006, le modificazioni necessarie per adeguare gli stessi alle disposizioni del presente articolo e per trasferire al Ministero dello sviluppo economico le competenze in materia di attività circensi e di spettacoli viaggianti di cui alla legge 18 marzo 1968, n. 337.

 

 

      4. Il decreto del capo del Governo 14 febbraio 1938, n. 153, è abrogato.

 

 

 

L'articolo 25, modificato nel corso dell’esame in sede referente, reca interventi in materia di spettacolo; in particolare estende la nozione comunitaria di piccola e media impresa alle strutture operanti nei settori dello spettacolo e dei beni culturali.

Il comma 1 prevede che gli organismi, costituiti in forma di impresa ed attivi nei diversi settori dello spettacolo (ivi compresa la cinematografia) nonché nel campo dei servizi e beni culturali siano riconosciuti come piccole e medie imprese secondo la disciplina comunitaria.

Con riguardo all’ambito di applicazione, il testo originario faceva riferimento (come precisato anche dal comma 3 tramite il richiamo ai decreti recanti criteri di erogazione del F.U.S.[102]) ad organismi operanti nei settori delle attivita` teatrali, musicali e di danza, nonché di circhi e di spettacoli viaggianti[103].

A seguito dell’approvazione di due emendamenti[104] l’ambito di applicazione della disposizione in commento si è esteso alla cinematografia ed ai beni e servizi culturali.

Si ricorda che gli organismi operanti nel settore della cinematografia sono già costituiti generalmente in forma di impresa; ai sensi dell’art. 3 del D. Lgs. 28/2004[105] le imprese di produzione, di distribuzione, di esportazione, di esercizio e di industria tecnica - se aventi sede e domicilio fiscale in Italia o in paesi comunitari (con succursale in Italia) ed iscritte in apposito elenchi del Ministero per i beni e le attività culturali- possono fruire dei finanziamenti a valere sul Fondo per la produzione, la distribuzione, l’esercizio e le industrie tecniche(istituito dall’art. 12 del D.Lgs. 28/2004[106]).

La platea dei destinatari della disposizione- per quanto attiene i servizi ed i beni  culturali- non è precisamente indicata. Si fa riferimento presumibilmente ai soggetti privati che possono esercitare o partecipare all’esercizio dell’attività di valorizzazione di beni culturali. Si ricorda infatti che ai sensi dell’art. 112 del Codice dei beni culturali (D.Lgs 42/2004[107]) lo Stato, le regioni e gli altri enti pubblici territoriali possono stipulare accordi con soggetti privati per definire strategie ed obiettivi comuni di valorizzazione, nonché per elaborare i conseguenti piani strategici di sviluppo culturale; ai sensi dell’art. 115 del medesimo Codice le attività di valorizzazione dei beni culturali di appartenenza pubblica possono essere affidate in concessione a terzi (cosidetta “gestione indiretta”) qualora ciò risulti conveniente sotto il profilo dell’efficacia e sostenibile economicamente.

Il rapporto di concessione viene regolato in questo caso tramite contratto di servizio che disciplina gli obblighi dei concessionari ed il  potere di controllo del concedente, oltre che i contenuti ed i livelli qualitativi delle attività da esercitare.

L’art. 117 del Codice dei beni culturali prevede inoltre che negli istituti e nei luoghi della cultura (musei, biblioteche, archivi, aree e parchi archeologici, complessi monumentali) possano essere istituiti servizi di assistenza culturale e di ospitalità per il pubblico (cosidetti servizi aggiuntivi), questi ultimi sono direttamente gestiti dall’amministrazione interessata o affidati in concessione.

Il comma 1 dell’articolo 25 in commento non sembrerebbe dover trovare applicazione anche nei confronti dei soggetti affidatari di servizi aggiuntivi, che in realtà comprendono un’ampia gamma di attività non tutte espressamente riconducibili a “servizi culturali”: si tratta infatti del servizio editoriale e di vendita di cataloghi e sussidi informatici; della fornitura di riproduzioni e recapito del prestito bibliotecari; della gestione di raccolte discografiche, diapoteche e biblioteche museali; dei servizi di accoglienza, informazione, assistenza didattica; della ristorazione; dell’organizzazione di mostre e attività promozionali; della pulizia vigilanza biglietteria[108].

In relazione alla mancata indicazione della platea dei destinatari della disposizione recata dal comma 1, con particolare riguardo al riferimento ai “servizi e beni culturali”, sembrerebbe opportuno l’eventuale ricorso ad una norma di rango secondario volta a specificare il campo di applicazione.

Il comma 2, modificato solo sotto il profilo formale, specifica che le imprese così costituite fruiranno delle agevolazioni nazionali e comunitarie previste per le piccole e medie imprese in applicazione del decreto del Ministro delle attività produttive 18 aprile 2005[109].

 

Con riguardo alla definizione comunitaria delle PMI, si ricorda che con la Raccomandazione n. 2003/361/CE del 6 maggio 2003 la Commissione UE ha esteso il concetto d’impresa ad ogni entità che svolga attività economica, a prescindere dalla forma giuridica rivestita.

Per essere riconosciuta come PMI, l'impresa deve rispettare i limiti massimi fissati dalla Raccomandazione relativamente al numero di dipendenti e al fatturato o ai totali di bilancio:

media impresa: occupa meno di 250 persone, realizza un fatturato annuo non superiore ai 50 milioni di euro oppure un totale di bilancio annuo non superiore ai 43 milioni di euro;

piccola impresa: occupa meno di 50 persone, realizza un fatturato annuo oppure un totale di bilancio annuo non superiore ai 10 milioni di euro;

microimpresa: occupa meno di 10 persone e realizza un fatturato annuo oppure un totale di bilancio annuo non superiori a 2 milioni di euro.

Il Ministro delle attività produttive con il citato DM 18 aprile 2005[110], ha provveduto ad adeguare alla raccomandazione 2003/361/CE i criteri di individuazione delle piccole e medie imprese, ai fini della concessione di aiuti- comunitari e non- alle attività produttive.

Si segnala in proposito che, durante l’esame parlamentare l’esame in sede consultiva dell’articolo in commento[111]), il sottosegretario del ministero per i beni e le attività culturali, on Montecchi, ha evidenziato che le disposizioni introdotte non comportano alcuna modificazione in peius del sostegno pubblico allo spettacolo. Quest’ultimo infatti continuerà ad esplicarsi nelle forme e nelle modalità vigenti, in relazione al valore di tali attività per la crescita culturale della società. Il sottosegretario ha inoltre precisato che la trasformazione da associazione ad impresa avverrà esclusivamente su base volontaria; pertanto ciascun organismo attualmente operante nei settori del cinema, del teatro, della musica, della danza, dei circhi e spettacoli viaggianti, nei servizi o beni culturali giudicherà autonomamente la convenienza della trasformazione alla luce dell'estensione delle agevolazioni delle piccole e medie imprese.

Il comma 3, modificato durante l’esame in sede referente, demanda al Governo (con provvedimento da adottare entro due mesi dall’entrata in vigore della legge):

·     la modifica dei decreti del Ministro per i beni e le attività culturali (emanati in data 21 dicembre 2005) recanti criteri e modalità di erogazione dei contributi a valere sul Fondo unico dello spettacolo per adeguare l’assegnazione del FUS alla nuova disciplina (vedi infra),

·      il trasferimento delle competenze in materia di attività circensi e spettacoli viaggianti, di cui alla legge 337/1968[112], dal ministero per i beni e la attività culturali al Ministero dello sviluppo economico[113]. (Tale ultima previsione risulta dall’approvazione di un emendamento[114]).

Si ricorda che la legge 337/1968 reca disposizioni generali sull’esercizio delle attività dei circhi equestri e degli «spettacoli viaggianti»; essa specifica tra l’altro che in tale ultima categoria rientrano le attività spettacolari, i trattenimenti e le attrazioni allestiti a mezzo di attrezzature mobili, all'aperto o al chiuso, ovvero i parchi permanenti, anche se in maniera stabile. I circhi e lo spettacolo viaggiante figurano, come già segnalato, tra i destinatari del Fondo Unico per lo spettacolo istituito, come strumento di sostegno finanziario al settore dello spettacolo, dalla già citata legge 163/1985[115].

Al riguardo non risulta chiaro se, nonostante il trasferimento delle competenze al ministero dello sviluppo economico, il sostegno finanziario alle attività circensi ed allo spettacolo viaggiante sarà assicurato ugualmente dalle risorse del Fondo unico per lo spettacolo, ripartito annualmente con decreti del  Ministro per i beni ele attività culturali

Si segnala in proposito che, durante l’esame in sede consultiva dell’articolo in commento[116], il sottosegretario del ministero per i beni e le attività culturali, on Montecchi, ha espresso la contrarietà del ministero al trasferimento di competenze specificando che i settori del circo e dello spettacolo viaggiante svolgono funzioni analoghe a quelle di altri settori dello spettacolo dal vivo facenti capo al ministero dei beni e delle attività culturali ed evidenziando le difficoltà connesse all’erogazione del FUS, iscritto nello stato di previsione del medesimo ministero.

Con riguardo al finanziamento delle attività di spettacolo si ricorda che il principale strumento di sostegno pubblico è costituito dal citato Fondo unico dello spettacolo (F.U.S.). Al riparto di quest’ultimo tra i vari settori dello spettacolo provvedono attualmente decreti ministeriali di natura non regolamentare adottati di intesa con la Conferenza unificata (a questi ultimi, emanati il 21 dicembre 2005, si riferisce il comma 3 dell’articolo in commento).

Si riepilogano sinteticamente di seguito i principali destinatari di contribuiti a valere sul F.U.S. (subordinatamente al possesso di requisiti indicati nei decreti citati sopra): teatri stabili ad iniziativa pubblica o privata; teatri stabili di innovazione; imprese di produzione operanti nei diversi settori, compresa l’attività circense, lo spettacolo viaggiante, i parchi di divertimento; istituzioni concertistico orchestrali; associazioni musicali e complessi bandistici; soggetti che svolgano attività di promozione culturale e formazione del pubblico o attività di perfezionamento professionale; gestori di sale teatrali; soggetti pubblici e privati organizzatori di rassegne e festival inerenti i diversi settori.

Si ricorda che la riforma costituzionale del 2001 - secondo quanto precisato dalla Corte costituzionale (sentenza n. 255 del 2004 ) – contempla lo spettacolonell’ambito della “promozione e organizzazione di attività culturali”, demandata alla competenza concorrente tra Stato e regioni. La sentenza citata ha evidenziato che sebbene il sostegno finanziario degli spettacoli sia riconducibile ad una materia di legislazione concorrente (art. 117, terzo comma, Cost.), ciò non comporta l'automatica sopravvenuta incostituzionalità della legislazione statale vigente in conseguenza del principio della continuità dell'ordinamento, più volte richiamato dalla stessa Corte dopo la modifica del Titolo V.

Con particolare riferimento al Fondo unico per lo spettacolo (di cui agli artt. 1 e seguenti della legge n. 163 del 1985) la Corte ha sottolineato la necessità che in tale ambito, caratterizzato da una procedura accentrata, il legislatore statale riformi le leggi vigenti per adeguarle alla mutata disciplina costituzionale. La Corte ha comunque riconosciuto che la necessità di continuare a dare attuazione, in considerazione della perdurante vigenza della legge n. 163 del 1985, alla erogazione annuale di contributi alle attività dello spettacolo ha indotto il legislatore ad adottare la disposizione impugnata di cui all’art. 1 del DL 24/2003 che demanda i criteri e le modalità di erogazione dei contributi alle attività dello spettacolo, previsti dalla legge 30 aprile 1985, n. 163, e le aliquote di ripartizione annuale del Fondo unico per lo spettacolo a decreti del Ministro per i beni e le attività culturali non aventi natura regolamentare,  “in attesa che la legge di definizione dei principi fondamentali di cui all'art. 117 della Costituzione fissi i criteri e gli ambiti di competenza dello Stato”. La temporanea applicazione della disposizione ha così portato la Corte a ritenere sussistente la legittimità costituzionale della disposizione impugnata, fermo restando che tale “sistema normativo non potrà essere ulteriormente giustificabile in futuro”.

In relazione alla giurisprudenza costituzionale, la legge 15 novembre 2005, n. 239 ha introdotto l’intesa con la Conferenza unificata nella procedura di adozione dei decreti ministeriali (non aventi natura regolamentare) previsti per il riparto del FUS dall’art. 1 del decreto legge n. 24/2003[117].

 

In relazione a quanto sopra esposto si segnala che durante l’esame in sede consultiva dell’articolo in commento[118], il sottosegretario del ministero per i beni e le attività culturali, on Montecchi, ha assicurato, in risposta d alcune osservazioni formulate nel corso del dibattito, che i regolamenti previsti dal comma 3 dell’articolo 25 saranno emanati sentita la Conferenza Stato-regioni, trattandosi di materia ricadente nella potestà legislativa concorrente.

Documentazione predisposta dall’Ufficio RUE

Documenti all’esame delle istituzioni dell’UE

Il Consiglio europeo dell’8-9 marzo 2007, nelle sue conclusioni, considerati i progressi compiuti nell'attuazione degli obiettivi della strategia di Lisbona per la crescita e l'occupazione, chiede agli Stati membri e alle istituzioni dell'UE di proseguire nell'azione volta a rafforzare il mercato interno e la competitività, a promuovere l'occupazione di qualità e a migliorare la coesione sociale.

In particolare, il Consiglio europeo sottolinea che, al fine di rafforzare il mercato interno e la competitività dell’Europa, si dovrebbe prestare particolare attenzione alla stimolazione del potenziale delle piccole e medie imprese, anche nei settori culturale e creativo, in considerazione del loro ruolo di motore della crescita, della creazione di posti di lavoro e dell'innovazione.

L’8 marzo 2007, si è svolta, presso la VII commissione della Camera, l’audizione del Commissario europeo per l'istruzione, formazione e cultura, Jàn Figel, nell’ambito dell’indagine conoscitiva sulle problematiche connesse alla riforma del secondo ciclo del sistema educativo nazionale di istruzione e di quello di istruzione e formazione professionale. Nel corso dell’audizione, il Commissario ha, tra l’altro, sottolineato che l’attenzione sollecitata dal Consiglio europeo nei confronti delle piccole e medie imprese operanti nei settori culturale e creativo attribuisce, per la prima volta, importanza all’industria culturale anche sotto il profilo economico e di crescita.

 

Il comma 4 introdotto durante l’esame in sede referente[119] abroga il decreto del capo del Governo 14 febbraio 1938, n. 153[120], recante norme per la regolamentazione della concessione del nulla osta per l’esercizio dell’attività teatrale.

Il Decreto indica gli elementi a corredo della domanda di autorizzazione da inoltrare per costituire una compagnia operante nei vari settori dello spettacolo all’allora Federazione nazionale fascista degli industriali dello spettacolo (ora Ministero per i beni e le attività culturali).

Si segnala in proposito che la procedura per ottenere il nulla osta di agibilità per l’esercizio dell’attività teatrale da parte di compagnie dilettantistiche è stata modificata in relazione agli articoli 19 e 20 (denuncia di inizio attività e principio del silenzio assenso) della legge 7 agosto 1990 n.241[121] ed al relativo regolamento di attuazione (approvato con D.P.R. n. 300/1992[122] ).

 

 

 


Articolo 26
Pubblicazione informatica dell’albo pretorio

 

TESTO
del disegno di legge

TESTO
della Commissione

Art. 24.

(Pubblicazione informatica dell'albo pretorio).

Art. 26.

(Pubblicazione informatica dell'albo pretorio).

 

      1. Il Governo, le regioni e gli enti locali promuovono intese o concludono accordi, ai sensi dell'articolo 8, comma 6, della legge 5 giugno 2003, n. 131, e dell'articolo 4, comma 1, del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, in sede di Conferenza unificata di cui all'articolo 8 del medesimo decreto legislativo n. 281 del 1997, e successive modificazioni, al fine di prevedere che la pubblicazione degli atti nell'albo pretorio, ai sensi del testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali, di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, e successive modificazioni, sia eseguita anche in via informatica.

      Identico.

 

 

L’articolo 26 prevede che il Governo, le regioni e gli enti locali promuovano intese o concludano accordi affinché la pubblicazione degli atti nell’albo pretorio degli enti locali sia eseguita anche in via informatica.

La disposizione prosegue e completa lo spirito del D.Lgs. 82/2005[123], ovvero del Codice dell’amministrazione digitale, inteso a promuovere, attraverso la pubblicazione telematica dei dati di pubblico interesse, una maggiore partecipazione dei cittadini al processo democratico e a facilitare l’esercizio dei diritti politici e civili sia individuali che collettivi.

L’art. 54 del Codice prevede infatti che anche i siti delle pubbliche amministrazioni regionali e locali, nei limiti delle risorse tecnologiche e organizzative disponibili e nel rispetto della loro autonomia normativa, contengano diverse tipologie di dati pubblici, fra i quali l’elenco di tutti i bandi di concorso e di gara banditi.

 

Il provvedimento si propone di promuovere la trasparenza delle attività della Pubblica amministrazione e la possibilità, per ogni cittadino, di accedere ai diversi momenti della vita delle istituzioni. La pubblicazione telematica delle deliberazioni relative all’attività degli organi degli enti pubblici territoriali, delle decisioni e dei provvedimenti da questi presi, è intesa quale possibilità di accesso diretta alla conoscenza dei processi decisionali rendendo più semplice e produttiva l’interazione tra il cittadino e le istituzioni.

Da una breve ricognizione in rete, risulta inoltre che il disposto dell’articolo in esame è stato già in parte attuato da moltissimi comuni, grandi e piccoli, e da numerose province. Allo stato attuale, e in mancanza di precise norme di riferimento, i comuni e le province hanno provveduto a pubblicare sugli albi pretori on line soltanto alcune fattispecie di atti; la norma in esame avrà quindi l’effetto di rendere esaustiva la pubblicazione di tutte le fattispecie di documenti ed atti pubblici di cui è prevista la pubblicità nell’albo pretorio.

 

Con riguardo all’albo pretorio, l’articolo in esame rimanda a quanto previsto dal Testo unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali, ovvero al D.Lgs. 267/2000[124], il quale all’art. 124 dispone che tutte le deliberazioni del comune e della provincia siano pubblicate mediante affissione all'albo pretorio, nella sede dell'ente, per quindici giorni consecutivi, salvo specifiche e diverse disposizioni di legge.

 

Sono comprese fra gli atti soggetti a pubblicazione le deliberazioni del consiglio e della giunta, le determinazioni dei dirigenti o responsabili di uffici e servizi, le ordinanze, gli albi di giudici popolari, le donazioni effettuate all’ente territoriale, l’avviso della procedura di rilevazione delle passività, l‘elenco rilascio concessioni ed autorizzazioni edilizie nonché gli avvisi pubblici di varia natura di cui sia disposta pubblicazione sullo stesso albo pretorio. Vengono inoltre esposti gli atti destinati a singoli cittadini quando i destinatari risultano irreperibili al momento della consegna.

Le disposizioni di legge che prevedono la pubblicazione nell’albo pretorio dell’ente territoriale di specifiche deliberazioni, ordinanze, decreti, avvisi di convocazione, bandi, graduatorie, elenchi, comunicazioni ed atti di vari oggetti e finalità sono numerosissime.

 

Trattandosi di una disposizione relativa agli enti pubblici territoriali, secondo quanto previsto dall’art. 14[125] del già citato Codice dell’amministrazione digitale, il testo dell’articolo in esame rimanda a quanto stabilito dall’art. 8, co. 6 della L. 131/2003[126], che stabilisce che il Governo possa promuovere la stipula di intese in sede di Conferenza Stato-Regioni o di Conferenza unificata Stato-Regioni-città e autonomie locali, dirette a favorire l'armonizzazione delle rispettive legislazioni o il raggiungimento di posizioni unitarie o il conseguimento di obiettivi comuni.

 

L’art. 8, co. 6 della L. 131/2003 prevede inoltre che in tal caso sia esclusa l'applicazione dei co. 3 e 4 dell'art. 3 (Intese) del D.Lgs. 281/1997[127]. Tali commi individuano dei meccanismi che consentono al Governo di provvedere con deliberazione motivata o provvedimenti d’urgenza, quando non sia stato possibile giungere ad una intesa in sede di Conferenza Stato-Regioni. L’esclusione dell’applicazione dei commi 3 e 4 dell’art. 3 del D.Lgs. 281/1997 sottolinea come necessario il conseguimento di una intesa, ma rimanda anche alla necessità che le intese seguano quanto stabilito dal comma 2 delle stesso articolo, ovvero l’assenso del Governo e dei presidenti delle regioni e delle province autonome.

Il co. 6 dell’art. 8 esclude poi espressamente che nelle materie di legislazione regionale, sia concorrente che primaria, di cui all’art. 117, terzo e quarto comma, della Costituzione, lo Stato possa adottare gli atti di indirizzo e di coordinamento di cui all'art. 8 della L. 59/1997[128]. L’articolo richiamato dispone da parte sua che, salvo il caso dell’urgenza, gli atti di indirizzo e coordinamento delle funzioni amministrative regionali, nonché gli atti di coordinamento tecnico, sono adottati previa intesa con la Conferenza Stato-Regioni o con la singola Regione interessata; qualora entro 45 giorni dalla prima consultazione l'intesa non sia stata raggiunta, gli atti sono adottati con deliberazione del Consiglio dei ministri, previo parere della Commissione parlamentare per le questioni regionali (da esprimere entro 30 giorni dalla richiesta).

 

La necessità di procedere all’informatizzazione dell’albo pretorio tramite intese, viene inoltre rafforzata dal rinvio all’art. 4, co. 1 del D.Lgs. 281/1997, che prevede che il Governo, le Regioni e le Province autonome di Trento e di Bolzano, in attuazione del principio di leale collaborazione e nel perseguimento di obiettivi di funzionalità, economicità ed efficacia dell'azione amministrativa, possano concludere in sede di Conferenza Stato-Regioni accordi, al fine di coordinare l'esercizio delle rispettive competenze e svolgere attività di interesse comune.


Articolo 27
Semplificazione e abolizione di alcune procedure
e certificazioni dovute dalle imprese

 

TESTO
del disegno di legge

TESTO
della Commissione

Art. 25.

(Abolizione di alcune certificazioni dovute dalle imprese).

Art. 27.

(Semplificazione e abolizione di alcune procedure e certificazioni dovute dalle imprese).

 

      1. Ai fini dell'ottenimento di titoli autorizzatori o concessori da parte della pubblica amministrazione o dei concessionari di servizi pubblici e ai fini della partecipazione a procedure di evidenza pubblica, l'impresa interessata può allegare, in luogo delle richieste certificazioni, un'autocertificazione corredata dell'autorizzazione ad acquisire presso le pubbliche amministrazioni i dati necessari per la verifica, ferme restando, in caso di dichiarazione mendace, l'esclusione dalle procedure per l'ottenimento di titoli autorizzatori o concessori o dalle procedure di evidenza pubblica e la responsabilità per falso in atto pubblico.

      1. Identico.

 

      2. Con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, da adottare entro un mese dalla data di entrata in vigore della presente legge, sono individuate le certificazioni la cui presentazione può essere sostituita ai sensi del comma 1.

      2. Identico.

 

 

      3. Al comma 6 dell'articolo 4-bis del decreto legislativo 21 aprile 2000, n. 181, come sostituito dall'articolo l, comma 1184, della legge 27 dicembre 2006, n. 296, sono aggiunte, in fine, le seguenti parole: «e delle province, ai fini delle assunzioni obbligatorie».

 

 

      4. All'articolo 9, comma 6, della legge 12 marzo 1999, n. 68, è aggiunto, in fine, il seguente periodo: «Con decreto del Ministro del lavoro e della previdenza sociale, d'intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, è definito il modello unico di prospetto di cui al presente comma».

 

 

 

L’articolo 27 reca disposizioni relative all’abolizione di alcune certificazioni dovute dalle imprese e per la semplificazione di alcune procedure a cui le medesime sono sottoposte.

In primo luogo, i commi 1 e 2 mirano a semplificare gli adempimenti burocratici delle imprese sostituendo alcune certificazioni da esse dovute con autocertificazioni.

Le certificazioni che possono essere sostituite (comma 1) sono quelle richieste per:

§      l’ottenimento di una autorizzazione o concessione da parte della pubblica amministrazione o dei concessionari di servizi pubblici;

§      la partecipazione a procedure di evidenza pubblica.

La pubblica amministrazione è tenuta ad acquisire direttamente le informazioni già in proprio possesso per verificare il contenuto dell’autocertificazione. A tal fine l’atto di autocertificazione dell’impresa deve essere corredato dell’autorizzazione ad acquisire presso gli uffici pubblici tutti i dati per la verifica.

Le dichiarazioni mendaci comportano, oltre all’esclusione delle procedure per cui si è fatta la richiesta, la responsabilità per falso in atto pubblico[129].

 

Si potrebbe valutare, in proposito, l’opportunità di coordinare la disposizione di cui all’articolo in esame con l’ordinamento vigente. Infatti, sia l’esclusione dal procedimento connesso alla dichiarazione mendace, sia la responsabilità penale, sono già previste dalla disciplina generale in materia di autocertificazione recata dal testo unico sulla documentazione amministrativa (D.P.R. 445/2000, vedi oltre) che fa riferimento, per le dichiarazioni mendaci o false, genericamente alle norme del codice penale e alle leggi speciali in materia e, per le dichiarazioni non più veritiere, ad uso di atto falso (art. 489 c.p.).

 

L’individuazione puntuale delle certificazioni che possono essere sostituite è demandata dal comma 2 ad un decreto del Presidente del Consiglio, da emanare entro un mese dalla data di entrata in vigore del provvedimento in esame.

 

Tra gli strumenti di semplificazione che l’amministrazione deve utilizzare nello svolgimento della propria attività, la L. 241/1990[130] individua l’autocertificazione (o meglio, la dichiarazione sostitutiva, introdotta nell’ordinamento dalla L. 15/1968[131], ora confluita nel testo unico della documentazione amministrativa adottato con il DPR 445/2000[132]) e l’acquisizione diretta di documenti da parte della pubblica amministrazione. Entrambe le fattispecie sono contemplate dall’art. 18 della L. 241/1990.

In particolare, il co. 2 stabilisce che i documenti che attestano atti, fatti, qualità e stati soggettivi, necessari per l'istruttoria di un procedimento amministrativo (quale ad esempio l’esame di una richiesta di autorizzazione o di concessione) sono acquisiti d'ufficio quando sono in possesso dell'amministrazione procedente o da altre pubbliche amministrazioni. L'amministrazione può richiedere agli interessati unicamente gli  elementi necessari per la ricerca dei documenti.

Si ricorda che il citato testo unico della documentazione amministrativa, all’art. 43 stabilisce il divieto delle pubbliche amministrazioni a richiedere atti o certificati indicanti alcuni dati personali espressamente indicati (data e luogo di nascita, residenza ecc.) che siano già in loro possesso. Tali documenti devono essere acquisiti d’ufficio o sostituiti da autocertificazioni. Anche in questo caso, nell’ipotesi dell’acquisizione d’ufficio, l’interessato è tenuto unicamente ad indicare gli elementi indispensabili per il reperimento dei documenti.

All’art. 46 del DPR 445/2000 sono indicati i fatti che possono essere autocertificati. Tra quelli di maggior interesse per le imprese si ricordano: la situazione economica, l’assolvimento di specifici obblighi contributivi, la qualità di legale rappresentante o di curatore di persone fisiche e giuridiche, di non trovarsi in stato di liquidazione o di fallimento.

Anche i fatti e le notizie non contemplati nell’elenco di cui sopra possono essere autocertificati nei confronti della pubblica amministrazione e dei concessionari di pubblici servizi tramite dichiarazioni sostitutive dell’atto di notorietà (art. 47 DPR 445/2000).

L’art. 76 del DPR 445/2000 rinvia alle norme del codice penale e alle leggi speciali in materia per la punizione delle dichiarazioni false. Inoltre, l’esibizione di un atto contenente dati non più rispondenti a verità equivale ad uso di atto falso (art. 489 c.p.).

La non veridicità delle dichiarazioni comporta anche, per il dichiarante, la decadenza dei benefici eventualmente conseguenti al procedimento connesso con la dichiarazione (art. 75 DPR 445/2000).

 

La disciplina della partecipazione a procedure di evidenza pubblica con riferimento ai contratti delle pubbliche amministrazioni è contenuta nel decreto legislativo 163/2006[133] (cd. Codice dei contratti pubblici). In particolare, l’articolo 38, che disciplina i requisiti di ordine generale per partecipare alle gare, al comma 2 prevede l’attestazione dei requisiti mediante dichiarazione sostitutiva in conformità alle disposizioni del citato DPR 445/2000. Si segnalano poi l’articolo 39 che dispone in merito ai requisiti di idoneità professionale e gli articoli 41 e 42 che disciplinano la dimostrazione della capacità economica e finanziaria e della capacità tecnica e professionale dei concorrenti.

L’autocertificazione è prevista dall’art. 123nell’ambito della procedura ristretta semplificata per gli appalti di lavori di importo inferiore a 750.000 euro. In tal caso, le stazioni appaltanti hanno facoltà di invitare a presentare offerta almeno venti concorrenti individuati tra gli operatori economici iscritti in un determinato elenco. Ogni domanda di iscrizione nell’elenco deve essere corredata da un’autocertificazione, ai sensi della normativa vigente, con cui il richiedente afferma di essere in possesso dei requisiti di qualificazione necessari e di non trovarsi in nessuna delle cause di esclusione previsti per l’esecuzione di lavori di pari importo con procedure aperte o ristrette.

 

I commi 3 e 4, aggiunti nel corso dell’esame presso la X Commissione (Attività produttive), recano disposizioni volte alla semplificazione delle procedure di comunicazione a cui i datori di lavoro sono tenuti con riferimento alle assunzioni obbligatorie.

Più in dettaglio, il comma 3 è volto a novellare il comma 6 dell’articolo 4-bis del D.Lgs. 181 del 2000, già sostituito dall’art. 1, comma 1184 della L. 296/2006 (legge finanziaria 2007).

 

Si ricorda che i commi 1180-1185 della L. 296/2006 hanno introdotto modifiche ad alcuni aspetti della disciplina relativa alle comunicazioni agli uffici competenti relative al rapporto di lavoro.

Il comma 1184 ha provveduto a riformulare il comma 6 dell’articolo 4-bis del citato D.Lgs. 181 del 2000 e ad introdurre i nuovi commi 6-bis e 6-ter allo stesso articolo, in modo da semplificare gli adempimenti del datore di lavoro connessi alle comunicazioni relative all’instaurazione, trasformazione e cessazione del rapporto di lavoro.

Più in particolare, il vigente comma 6 dell’articolo 4-bis del D.Lgs. 181 del 2000, così come sostituito dal citato comma 1184, prevede che le comunicazioni di assunzione, trasformazione e cessazione dei rapporti di lavoro subordinato, autonomo, associato, dei tirocini e di altre esperienze professionali, previste dalla disciplina vigente, inviate al servizio per l’impiego competente mediante gli appositi moduli da definire con decreto interministeriale, sono valide anche ai fini dell’assolvimento degli obblighi di comunicazione nei confronti delle Direzioni regionali e provinciali del lavoro, dell’INPS e dell’INAIL o di altre forme previdenziali sostitutive o esclusive, nonché nei confronti della prefettura-UTG[134]..

 

Con la modifica introdotta dal comma in esame, in sostanza si dispone che le comunicazioni di assunzione, trasformazione e cessazione dei rapporti di lavoro subordinato, autonomo, associato, dei tirocini e di altre esperienze professionali, previste dalla disciplina vigente, inviate al servizio per l’impiego competente, sono valide anche ai fini dell’assolvimento degli obblighi di comunicazione nei confronti delle province, ai fini delle assunzioni obbligatorie.

 

Si ricorda che con la L. 12 marzo 1999 n. 68, ed i successivi provvedimenti attuativi emanati dal Ministero del lavoro, si è introdotta la nuova disciplina per il diritto al lavoro dei disabili, al fine di favorire il più possibile l’inserimento o il reinserimento nel mondo produttivo delle persone portatrici di handicap, anche tramite lo strumento del collocamento obbligatorio.

Le principali innovazioni introdotte rispetto alla normativa precedente consistono:

-     nell'individuare nei soli portatori di handicap psico-fisici, negli invalidi di guerra, civili di guerra, per servizio, nonché nei ciechi e sordomuti i destinatari della normativa (articolo 1);

-     nel definire una disciplina ed una organizzazione amministrativa ispirate al concetto di ”collocamento mirato”, cioè individualizzato in rapporto alla concreta capacità lavorativa del singolo soggetto disabile (articolo 2);

nell'affiancare agli strumenti che impongono un obbligo (quote di riserva sulle assunzioni) la previsione di misure di incentivazione per le imprese (articolo 13).

In questo contesto, per quanto riguarda le assunzioni obbligatorie, si dispone, da un lato, per le imprese di maggiori dimensioni, una riduzione percentuale (dal 15% al 7%) della quota di riserva da assegnare ai disabili in relazione al totale dei posti di lavoro; dall’altro, una estensione della platea delle imprese destinatarie degli obblighi di assunzione, comprendendo sia i datori pubblici sia quelli privati, nonché le imprese aventi un numero di dipendenti compreso tra 15 e 35.

In particolare l’articolo 3 della legge impone a tutti i datori di lavoro pubblico e privaticon più di 14 dipendenti di avere alle proprie dipendenze una certa percentuale di persone disabili e precisamente:

·       il 7%, se i dipendenti sono più di 50,

·       2 lavoratori, se i dipendenti sono compresi tra 36 e 50,

·       1 lavoratore, se i dipendenti sono compresi tra 15 e 35.

Sono previste alcune eccezioni, in particolare per i datori di lavoro che operano nel settore del trasporto aereo, marittimo e terrestre (articolo 5).

In caso di inadempimento agli obblighi di assunzione, il datore di lavoro è tenuto a versare al Fondo regionale per l'occupazione dei disabili una somma a titolo di sanzione amministrativa per ogni lavoratore disabile non occupato (articolo 15).

Si ricorda che per garantire il rispetto della normativa a tutela del lavoro dei portatori di handicap, la legge 68/1999 prevede, all’articolo 17, che le imprese che partecipano a bandi per appalti pubblici o che intrattengono rapporti convenzionali o di concessione con pubbliche amministrazioni devono presentare preventivamente alle stesse, a pena di esclusione, la dichiarazione del legale rappresentante che attesti il rispetto delle norme che disciplinano il collocamento obbligatorio, nonché apposita certificazione rilasciata dagli uffici competenti dalla quale risulti l’ottemperanza alle norme stesse (v. anche art. 8 del D.P.R. 333 del 2000).

La medesima legge prevede poi, all’articolo 6, la costituzione di appositi organismi che provvedono, in raccordo con i servizi sociali, sanitari, educativi e formativi presenti sul territorio, alla programmazione, all’attuazione e alla verifica degli interventi volti a favorire l’inserimento dei disabili, nonché all’avviamento lavorativo, alla tenuta delle liste, al rilascio delle autorizzazioni, degli esoneri e delle compensazioni territoriali, alla stipula delle convenzioni e all’attuazione del collocamento mirato.

Tra il datore di lavoro e i servizi per l'impiego, infatti, possono essere stipulate convenzioni (articolo 11) aventi ad oggetto la determinazione di un programma mirante al conseguimento degli obiettivi occupazionali della legge stessa. Tali convenzioni – come indicato nell’articolo 13 della legge - possono prevedere, tra l'altro, la concessione di sgravi contributivi per l'assunzione di soggetti disabili (anche da parte di datori di lavoro non soggetti all'obbligo di assunzione) in proporzione alla riduzione della capacità lavorativa degli stessi.

 

Si ricorda, infine, che tra le disposizioni transitorie, l’articolo 18, comma 2 della medesima legge, prevede l’attribuzione di una quota di riserva, per le assunzioni dei datori di lavoro pubblici e privati che occupano più di cinquanta dipendenti, in favore degli orfani e dei coniugi superstiti di coloro che siano deceduti per causa di lavoro, di guerra o di servizio, ovvero in conseguenza dell'aggravarsi dell'invalidità riportata per tali cause, nonché dei coniugi e dei figli di soggetti riconosciuti grandi invalidi per causa di guerra, di servizio e di lavoro e dei profughi italiani rimpatriati, in attesa di una disciplina organica del diritto al lavoro dei medesimi soggetti.

 

Infine, il comma 4 mira a novellare l’articolo 9, comma 6 della legge 68/1999 - che disciplina le richieste di avviamento al lavoro dei disabili da parte dei datori di lavoro obbligati ad effettuare le assunzioni - prevedendo che con decreto del Ministro del lavoro, d'intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, sia definito il modello unico di prospetto alla cui presentazione sono tenuti i datori di lavoro ai sensi del medesimo articolo 9, comma 6.

 

Si ricorda che l’articolo 9, comma 6, della L. 68 del 1999 prevede che i datori di lavoro, pubblici e privati, soggetti alle disposizioni della medesima legge, sono tenuti ad inviare agli uffici competenti un prospetto dal quale risultino il numero complessivo dei lavoratori dipendenti, il numero ed i nominativi dei lavoratori computabili nella quota di riserva per le assunzioni obbligatorie delle persone disabili, nonché i posti di lavoro e le mansioni disponibili per le persone disabili.

Il Ministro del lavoro, sentita la Conferenza unificata, stabilisce con proprio decreto la periodicità dell’invio dei prospetti disponendo, eventualmente, che gli stessi prospetti contengano ulteriori informazioni utili circa l’applicazione della disciplina delle assunzioni obbligatorie.

Lo stesso comma 6 specifica che i prospetti sono pubblici e che gli uffici competenti dispongono al loro consultazione, presso le proprie sedi, negli spazi disponibili aperti al pubblico.

 

 


Articolo 28
Esclusione delle piccole imprese da alcuni adempimenti in materia di trattamento di dati personali

 

TESTO
del disegno di legge

TESTO
della Commissione

 

Art. 28.

(Esclusione delle piccole imprese da alcuni adempimenti in materia di trattamento di dati personali).

 

 

      1. Le disposizioni di cui agli articoli 33, 34, 35 e all'allegato B) del codice in materia di protezione dei dati personali, di cui al decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196, non si applicano alle micro imprese ed alle piccole imprese sino a quindici addetti che effettuano esclusivamente trattamenti di dati personali per le finalità elencate all'articolo 24 del medesimo codice, purché tali trattamenti siano effettuati nell'ambito della ordinaria gestione amministrativa e contabile dell'azienda.

 

 

La norma esonera le microimprese e le piccole imprese con non più di 15 addetti dall’osservanza di disposizioni previste dal cd. Codice della privacy (D.Lgs n. 196/2003) in tema di misure minime di sicurezza nel trattamento dei dati personali (artt. 33-35).

 

In relazione ai trattamenti effettuati con strumenti elettronici, si tratta di misure minime in materia di autenticazione informatica; adozione di procedure di gestione delle credenziali di autenticazione; utilizzazione di un sistema di autorizzazione; aggiornamento periodico dell'individuazione dell'ambito del trattamento consentito ai singoli incaricati e addetti alla gestione o alla manutenzione degli strumenti elettronici; protezione degli strumenti elettronici e dei dati rispetto a trattamenti illeciti di dati, ad accessi non consentiti e a determinati programmi informatici; adozione di procedure per la custodia di copie di sicurezza, il ripristino della disponibilità dei dati e dei sistemi; tenuta di un aggiornato documento programmatico sulla sicurezza; adozione di tecniche di cifratura o di codici identificativi per determinati trattamenti di dati idonei a rivelare lo stato di salute o la vita sessuale effettuati da organismi sanitari (art. 34).

Per quel che riguarda i trattamenti dei dati senza l'ausilio di strumenti elettronici sono condizionate le misure minime relative all’aggiornamento periodico dell'individuazione dell'àmbito del trattamento consentito ai singoli incaricati o alle unità organizzative; la revisione di procedure per un'idonea custodia di atti e documenti affidati agli incaricati per lo svolgimento dei relativi compiti; la previsione di procedure per la conservazione di determinati atti in archivi ad accesso selezionato e disciplina delle modalità di accesso finalizzata all'identificazione degli incaricati (art. 35).

 

Detto esonero è, in ogni caso, condizionato alla circostanza che i trattamenti dei dati da parte delle imprese avvenga per le finalità previste dall’art. 24 del citato Codice della privacy (Casi nei quali può essere effettuato il trattamento senza consenso) ovvero quando il trattamento:

a) è necessario per adempiere ad un obbligo previsto dalla legge, da un regolamento o dalla normativa comunitaria; b) è necessario per eseguire obblighi derivanti da un contratto del quale è parte l'interessato o per adempiere, prima della conclusione del contratto, a specifiche richieste dell'interessato; c) riguarda dati provenienti da pubblici registri, elenchi, atti o documenti conoscibili da chiunque, fermi restando i limiti e le modalità che le leggi, i regolamenti o la normativa comunitaria stabiliscono per la conoscibilità e pubblicità dei dati; d) riguarda dati relativi allo svolgimento di attività economiche, trattati nel rispetto della vigente normativa in materia di segreto aziendale e industriale; e) è necessario per la salvaguardia della vita o dell'incolumità fisica di un terzo; f) con esclusione della diffusione, è necessario ai fini dello svolgimento delle investigazioni difensive di cui alla legge 7 dicembre 2000, n. 397, o, comunque, per far valere o difendere un diritto in sede giudiziaria, sempre che i dati siano trattati esclusivamente per tali finalità e per il periodo strettamente necessario al loro perseguimento, nel rispetto della vigente normativa in materia di segreto aziendale e industriale; g) con esclusione della diffusione, è necessario, nei casi individuati dal Garante sulla base dei princìpi sanciti dalla legge, per perseguire un legittimo interesse del titolare o di un terzo destinatario dei dati, anche in riferimento all'attività di gruppi bancari e di società controllate o collegate, qualora non prevalgano i diritti e le libertà fondamentali, la dignità o un legittimo interesse dell'interessato; h) con esclusione della comunicazione all'esterno e della diffusione, è effettuato da associazioni, enti od organismi senza scopo di lucro, anche non riconosciuti, in riferimento a soggetti che hanno con essi contatti regolari o ad aderenti, per il perseguimento di scopi determinati e legittimi individuati dall'atto costitutivo, dallo statuto o dal contratto collettivo, e con modalità di utilizzo previste espressamente con determinazione resa nota agli interessati all'atto dell'informativa ai sensi dell'articolo 13; i) è necessario, in conformità ai rispettivi codici di deontologia, per esclusivi scopi scientifici o statistici, ovvero per esclusivi scopi storici presso archivi privati dichiarati di notevole interesse storico dal testo unico in materia di beni culturali e ambientali o, secondo quanto previsto dai medesimi codici, presso altri archivi privati.

 

 


Articolo 29
Misure in materia di rappresentanza dell'imprenditore e di compimento di operazioni telematiche

 

TESTO
del disegno di legge

TESTO
della Commissione

Art. 26.

(Misure in materia di rappresentanza dell'imprenditore e di compimento di operazioni telematiche).

Art. 29.

(Misure in materia di rappresentanza dell'imprenditore e di compimento di operazioni telematiche).

 

      1. All'articolo 2209 del codice civile è aggiunto, in fine, il seguente comma:

      1. Identico.

 

      «Quando il potere di compiere gli atti pertinenti all'esercizio dell'impresa è con ferito al procuratore con deliberazione di un organo collegiale, la pubblicità è attuata mediante deposito di copia del verbale della deliberazione, sottoscritta dal legale rappresentante dell'impresa, presso il competente ufficio del registro delle imprese».

 

 

      2. Il conferimento da parte di un imprenditore a un determinato soggetto del potere di rappresentanza, per il compimento di specifici atti nei confronti della pubblica amministrazione, può essere provato mediante esibizione di una procura in forma scritta non autenticata e di copia fotostatica di un valido documento di identità del rappresentato sottoscritta dal medesimo.

      2. Il conferimento da parte di un imprenditore a un determinato soggetto del potere di rappresentanza, per il compimento di specifici atti nei confronti della pubblica amministrazione, comprese le operazioni telematiche, può essere provato mediante esibizione di una procura in forma scritta non autenticata e di copia fotostatica di un valido documento di identità del rappresentato sottoscritta dal medesimo.

 

      3. Qualora venga esibita la documentazione di cui al comma 2, è fatto divieto alla pubblica amministrazione di richiedere la produzione della procura in forme diverse.

      3. Identico.

 

      4. Per le imprese il rilascio della procura per il compimento di operazioni telematiche verso la pubblica amministrazione può avvenire, previa richiesta sottoscritta congiuntamente dall'imprenditore e dal procuratore, mediante rilascio e trasmissione al registro delle imprese di un certificato digitale qualificato di rappresentanza da parte di un certificatore accreditato. La modifica e la revoca dei poteri conferiti sono disciplinate dall'articolo 2207 del codice civile.

      4. Identico.

 

 

 

L’articolo 29 reca disposizioni concernenti il conferimento di poteri di rappresentanza dell’imprenditore e il compimento di operazioni telematiche delle imprese nei confronti della pubblica amministrazione.

Tali misure, si evidenzia nella relazione illustrativa del provvedimento, sono volte ad evitare aggravi di procedura per le imprese e a consentire un risparmio di costi per le stesse.

 

In particolare, il comma 1 aggiunge un comma all’art. 2209 del codice civile, al fine di semplificare la disciplina vigente in materia di pubblicità della nomina dei procuratori delle imprese.

 

I procuratori (art. 2209 c.c.) sono coloro i quali, in base a un rapporto continuativo, possono compiere per l'imprenditore gli atti pertinenti all'esercizio dell'impresa commerciale, pur non essendovi preposti.

Il procuratore, a differenza dell’institore (la cui figura è prevista dall’art. 2203 c.c.), esercita funzioni esecutive. Mentre l’institore è titolare di un’attività generale e complessa di gestione[135] che riguarda l’impresa nel suo insieme in quanto egli compie, ai sensi dell’art. 2204 c.c., tutti gli atti pertinenti all’esercizio della stessa, il procuratore è incaricato di mansioni specifiche, che si possono concretare soltanto in una serie di atti particolari relativi all’esercizio dell’impresa.

L’art. 2209 c.c. estende ai procuratori le medesime norme previste per gli institori in materia di:

§         pubblicità della procura (art. 2206, primo comma, c.c.), secondo le quali la nomina di un procuratore di un’impresa deve risultare da una procura notarile, che rechi la firma autenticata del rappresentato e che sia stata debitamente depositata per l'iscrizione presso il competente ufficio del registro delle imprese;

§         modificazione e revoca della procura (art. 2207 c.c.), per cui, nel caso in cui la procura venga successivamente limitata o revocata, gli atti relativi devono essere depositati, a fini dell'iscrizione nel registro delle imprese, anche se la procura non è stata in precedenza pubblicata.

 

La disposizione in esame stabilisce che, per assolvere gli obblighi di pubblicità dell’atto di conferimento della procura, nel caso in cui questa sia stata concessa con deliberazione di un organo collegiale, è sufficiente il deposito presso il registro delle imprese di copia del verbale della deliberazione di conferimento dei poteri, sottoscritta dal legale rappresentante dell’impresa.

 

il comma 2 concerne le procure speciali che un imprenditore può conferire ad un soggetto per il compimento di determinati atti nei confronti della pubblica amministrazione.

Nel corso dell’esame in Commissione è stato inserito, in parallelismo con quanto stabilito dal successivo comma 4, un inciso con cui si precisa che tra questi atti sono incluse le operazioni telematiche.

La disposizione stabilisce le procure possano essere redatte in carta semplice. La loro veridicità può essere attestata tramite la presentazione di una fotocopia di un documento di identità del rappresentato, firmata da quest'ultimo.

 

E’ espressamente posto il divieto per la pubblica amministrazione, nel caso si faccia ricorso alla procedura sopra illustrata, di richiedere la presentazione della procura con modalità diverse (comma 3).

 

Il comma 4 riguarda le procure per il compimento, da parte delle imprese, di operazioni telematiche verso la pubblica amministrazione.

Per tali atti viene prevista la possibilità del rilascio di una specifica procura (certificato digitale qualificato di rappresentanza) da parte di un certificatore accreditato, a seguito di una richiesta preventiva firmata congiuntamente dall’imprenditore e dal procuratore.

 

La relazione illustrativa precisa che la disposizione in esame garantisce comunque che l'esercizio della procura avvenga nel pieno rispetto delle regole di sicurezza informatica richieste dalla normativa vigente.

Con il D.P.C.M. 13 gennaio 2004[136] sono state emanate le regole tecniche per la formazione, trasmissione, conservazione, duplicazione, riproduzione e validazione, anche temporale, dei documenti informatici. Il provvedimento individua i requisiti tecnici ed organizzativi che i soggetti, pubblici e privati, che intendono emettere certificati qualificati devono possedere.

La Deliberazione CNIPA n. 4 del 17 febbraio 2005[137] ha dettato le "Regole per il riconoscimento e la verifica del documento informatico".

 

Ai fini dell’assolvimento degli obblighi di pubblicità, il certificato digitale rilasciato al procuratore deve essere trasmesso al registro delle imprese, nel quale viene pubblicato il relativo contenuto. Idonea pubblicità viene data anche ai casi di revoca o di modifica dei poteri conferiti, secondo quanto stabilisce l'art. 2207 c.c. (vedi supra).

 

L’art. 31 della L. 340/2000[138] stabilisce che, dal 1 novembre 2003, le domande, le denunce e gli atti che le accompagnano da inviare all'ufficio del registro delle imprese[139] devono essere esclusivamente trasmesse per via telematica ovvero presentate su supporto informatico con firma digitale[140].

 

Il capo II (artt. 20-38) del Codice dell’amministrazione digitale(D.Lgs. 82/2005[141]) recepisce nella sostanza la disciplina già contenuta, in materia di documento informatico e di firme elettroniche, nel testo unico sulla documentazione amministrativa (il D.P.R. 445/2000[142]), ma apporta alcune rilevanti innovazioni, con particolare riguardo al valore probatorio del documento informatico in relazione alla tipologia delle firme elettroniche.

Il documento informatico sottoscritto con firma elettronica qualificata o con firma digitale soddisfa il requisito legale della forma scritta se formato nel rispetto delle regole tecniche che garantiscano l’identificabilità dell’autore e l’integrità del documento; il valore probatorio del documento informatico sottoscritto con firma elettronica è graduato in rapporto alla diversa caratteristica di validità e certezza della firma elettronica ad esso apposta.

In particolare, il documento informatico sottoscritto con firma digitale o con un altro tipo di firma elettronica qualificata, ha l’efficacia prevista dall’art. 2702 del codice civile, la medesima cioè della scrittura privata, che “fa piena prova, fino a querela di falso, della provenienza delle dichiarazioni da chi l’ha sottoscritta, se colui contro il quale la scrittura è prodotta ne riconosce la sottoscrizione, ovvero se questa è legalmente considerata come riconosciuta”.

Il documento cui è apposta una firma elettronica di tipo non qualificato è invece “liberamente valutabile in giudizio, tenuto conto delle sue caratteristiche oggettive di qualità e sicurezza”.

La firma digitale o elettronica qualificata può essere autenticata dal notaio o altro pubblico ufficiale, secondo modalità analoghe a quelle previste dall’art. 2703 del codice civile.

Il Codice disciplina l’attività dei certificatori (i soggetti cioè che prestano servizi di certificazione delle firme elettroniche) che, se stabiliti in Italia o in altro Stato membro dell’Unione europea, è libera e non richiede autorizzazione preventiva. Particolari controlli affidati al CNIPA[143] sono tuttavia effettuati sui certificatori che rilasciano al pubblico certificati qualificati, rispondenti cioè ai requisiti comunitari (la citata direttiva 1999/93/CE); i certificatori che intendono conseguire il riconoscimento del possesso dei requisiti del livello più elevato, in termini di qualità e di sicurezza, devono chiedere di essere accreditati presso il CNIPA dimostrando di possedere, tra l’altro, l’affidabilità organizzativa, tecnica e finanziaria necessaria per svolgere attività di certificazione. Il CNIPA svolge attività di vigilanza sui certificatori qualificati e accreditati i quali sono inseriti in apposito elenco pubblico, consultabile telematicamente, predisposto, tenuto ed aggiornato a cura del CNIPA[144].

Il Codice reca disposizioni specifiche sulla responsabilità del certificatore qualificato ed elenca gli obblighi di questi e del titolare del certificato di firma (tra i quali quello di custodire e utilizzare il dispositivo di firma con diligenza).

Il Codice detta le caratteristiche dei dispositivi sicuri e le procedure da utilizzarsi per la generazione delle firme: essi devono possedere requisiti di sicurezza che garantiscono l’integrità dei documenti dei documenti informatici a cui la firma si riferisce.

 

 


Articolo 30
Posta elettronica certificata

 

TESTO
del disegno di legge

TESTO
della Commissione

 

Art. 30.

(Posta elettronica certificata).

 

 

      1. Le imprese, costituite in forma societaria, indicano il proprio indirizzo di posta elettronica certificata nella domanda di iscrizione al registro delle imprese. Entro tre anni dalla data di entrata in vigore della presente legge tutte le imprese, costituite in forma societaria, comunicano al registro delle imprese il proprio indirizzo di posta elettronica certificata.

 

 

L'iscrizione dell'indirizzo di posta elettronica certificata nel registro delle imprese e le sue successive eventuali variazioni sono esenti dall' imposta di bollo e dai diritti di segreteria.

 

 

      2. I professionisti iscritti in albi ed elenchi istituiti con legge dello Stato comunicano ai rispettivi ordini o collegi il proprio indirizzo di posta elettronica certificata entro un anno dalla data di entrata in vigore della presente legge. Gli ordini e i collegi pubblicano in un elenco consultabile in via telematica i dati identificativi degli iscritti con il relativo indirizzo di posta elettronica certificata.

 

 

      3. Le amministrazioni pubbliche di cui all'articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n.165, qualora non abbiano provveduto ai sensi dell'articolo 47, comma 3, lettera a), del codice dell'amministrazione digitale, di cui al decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82, istituiscono una casella di posta certificata per ciascun registro di protocollo e ne danno comunicazione al Centro nazionale per l'informatica nella pubblica amministrazione, che provvede alla pubblicazione di tali caselle in un elenco consultabile per via telematica.

 

 

      4. Le comunicazioni tra i soggetti di cui ai commi 1, 2 e 3 che abbiano provveduto agli adempimenti ivi previsti, sono inviate attraverso la posta elettronica certificata, senza che il destinatario debba dichiarare la propria disponibilità ad accettarne l'utilizzo.

 

 

      5. La consultazione per via telematica dei singoli indirizzi di posta elettronica certificata nel registro delle imprese o negli albi od elenchi costituiti ai sensi del presente articolo avviene liberamente e senza oneri. L'estrazione di elenchi di indirizzi è consentita alle sole pubbliche amministrazioni per le comunicazioni relative agli adempimenti amministrativi di loro competenza.

 

 

 

L’articolo 30, introdotto dalla Commissione, reca disposizioni riguardanti la posta elettronica certificata.

 

La posta elettronica certificata è un servizio di posta elettronica che permette di ottenere la garanzia del ricevimento del messaggio da parte del destinatario e della integrità del messaggio ricevuto. In Italia oggi l'invio di una e-mail certificata (nelle forme stabilite dalla normativa vigente) è equiparato a tutti gli effetti di legge alla spedizione di una raccomandata cartacea con avviso di ricevimento (art. 48 del D.Lgs. 82/2005). Ai fini della legge, il messaggio si considera consegnato al destinatario quando è accessibile nella sua casella di posta. La disciplina di dettaglio della posta elettronica certificata si trova nel regolamento approvato con D.P.R. 11 febbraio 2005, n. 68.

Il gestore di posta elettronica certificata, nel momento in cui prende in carico il messaggio del mittente, invia ad esso una ricevuta di accettazione, che certifica l'avvenuto invio. Nel momento invece in cui il gestore deposita il messaggio nella casella del destinatario, invia al mittente una ricevuta di consegna che certifica l'avvenuta ricezione. Sia la ricevuta di accettazione che la ricevuta di consegna sono in formato elettronico, e ad esse è apposta la firma digitale del gestore.

Se il gestore di posta elettronica certificata del mittente è diverso dal gestore del destinatario, si ha un passaggio ulteriore: il gestore del destinatario, nel momento in cui riceve il messaggio dal gestore del mittente, emette una ricevuta di presa in carico, in formato elettronico, a cui appone la propria firma digitale. Se il gestore di posta elettronica non è in grado di depositare il messaggio nella casella del destinatario, invia una ricevuta di mancata consegna. I gestori di posta elettronica certificata hanno l'obbligo di non accettare messaggi contenenti virus.

I gestori di posta elettronica certificata sono soggetti privati che devono possedere una pluralità di requisiti stabiliti dalla legge (devono, per esempio, possedere gli stessi requisiti di onorabilità previsti per l'attività bancaria, e avere un capitale sociale non inferiore a 1 milione di euro), e possono operare solo se sono autorizzati dal CNIPA, il Centro Nazionale per l'Informatica nelle Pubbliche Amministrazioni. Le pubbliche amministrazioni possono essere gestori di posta elettronica certificata, ma in tal caso gli indirizzi rilasciati hanno validità solo limitatamente agli scambi di mesaggi fra il titolare dell'indirizzo e l'Amministrazione che lo ha rilasciato.

 

In attuazione della delega contenuta nell’art. 10 della L. 229/2003[145] (legge di semplificazione 2001), finalizzata al coordinamento e al riassetto delle disposizioni vigenti in materia di Società dell’informazione, è stato adottato il Codice dell’amministrazione digitale (D.Lgs. 82/2005[146]). Il Codice ha operato un riassetto sistematico delle disposizioni in materia di attività digitale delle pubbliche amministrazioni, con l’intento di offrire un quadro legislativo adeguato a promuovere e disciplinare la diffusione dell’utilizzo delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione non solo nelle pubbliche amministrazioni, ma anche tra cittadini e imprese. A questi ultimi viene riconosciuto il diritto di ottenere l’uso delle nuove tecnologie nei rapporti con la P.A., che dovrà consentire tale uso e riorganizzarsi tenendo presenti le reali esigenze degli utenti, migliorando la qualità dei servizi resi.

Il codice regolamenta tra l’altro (al capo IV) la trasmissione informatica dei documenti, con particolare riguardo al suo valore giuridico e all’uso della posta elettronica da parte delle pubbliche amministrazioni.

In particolare, esso individua la posta elettronica quale strumento privilegiato per la comunicazione interna alle pubbliche amministrazioni (art. 47), precisando che le comunicazioni effettuate con tale mezzo sono valide ai fini del procedimento amministrativo se ne sia verificata la provenienza e specificando le modalità che consentono la verifica della provenienza delle comunicazioni allo scopo di conferire ad esse efficacia legale certa.

Si ricorda a tale riguardo come sia stata più volte ribadita (in particolare nella Direttiva del ministro per l’innovazione e le tecnologie del 27 novembre 2003[147] sull’impiego della posta elettronica nelle pubbliche amministrazioni) l’importanza strategica che l’utilizzo intensivo ed esteso della posta elettronica riveste nell’ottica di un cambiamento radicale della pubblica amministrazione. Lo strumento della posta elettronica, inteso come mezzo di comunicazione e trasmissione di documenti, informazioni, dati (sia all’interno della P.A. che nei confronti dei terzi) presenta caratteristiche di economicità, semplicità e velocità di trasmissione, facilità di archiviazione, possibilità di invio multiplo, integrabilità con altri strumenti ed applicazioni telematiche e infine, di affidabilità.

Nelle Linee guida sull’amministrazione digitale per il 2006 si rammenta inoltre che “dal primo gennaio del 2006, tutte le pubbliche amministrazioni dovranno privilegiare l’uso della posta elettronica come canale di comunicazione anche con i propri dipendenti. Alla luce delle considerazioni svolte, la prosecuzione delle tradizionali forme di comunicazione, nonostante sussista la possibilità di ricorrere alla posta elettronica, configura l’inosservanza di una disposizione di legge e una fattispecie di improprio uso di denaro pubblico”.

Il Codice dell’amministrazione digitale individua inoltre nella posta elettronica certificata lo strumento ordinario per le comunicazioni informatiche tra cittadini e amministrazioni. Le caratteristiche della posta elettronica certificata consentono infatti di attestare la data e l’ora di spedizione e di ricezione nonché, grazie alla firma elettronica, la provenienza e l’integrità del contenuto.

Ai sensi dell’art. 6 del Codice, le pubbliche amministrazioni devono utilizzarla per ogni scambio di documenti e informazioni con i soggetti interessati che ne fanno richiesta e che hanno preventivamente dichiarato il proprio indirizzo di posta elettronica certificata.

Il successivo art. 48 fa rinvio alla disciplina della posta elettronica certificata – prevista e regolata nel dettaglio, come si è detto, da uno specifico regolamento (D.P.R. 68/2005[148]) – stabilendo in via generale che:

§         essa deve essere necessariamente utilizzata nel caso di trasmissione telematica di comunicazioni che necessitano di una ricevuta di invio e di una ricevuta di consegna;

§         la trasmissione del documento informatico mediante posta elettronica certificata equivale, nei casi consentiti dalla legge, alla notificazione per mezzo della posta;

§         la data e l'ora di trasmissione e di ricezione di un documento informatico trasmesso mediante posta elettronica certificata in conformità al citato D.P.R. 68/2005 e alle relative regole tecniche, sono opponibili ai terzi.

L’art. 49 detta infine specifiche norme per tutelare la segretezza della corrispondenza per via telematica.

 

Il comma 1 dell’articolo in commento dispone che l’indirizzo di posta elettronica certificata delle imprese costituite in forma societaria sia indicato nella domanda di iscrizione al registro delle imprese.

Entro tre anni dalla data di entrata in vigore della legge tutte le imprese, costituite in forma societaria, debbono comunicare al registro delle imprese il proprio indirizzo di posta elettronica certificata.

Il comma prevede inoltre, all’ultimo periodo, l’esenzione dall'imposta di bollo e dai diritti di segreteria dell'iscrizione dell'indirizzo di posta elettronica certificata nel registro delle imprese e delle sue successive eventuali variazioni.

 

Si ricorda che il Registro delle imprese, tenuto da un apposito Ufficio presso le camere di commercio è stato istituito dall’articolo 8 della legge n. 580 del 1993[149]. Al Registro sono tenuti ad iscriversi tutti coloro che esercitano un’attività imprenditoriale, previa denuncia alla camera di commercio. La registrazione garantisce la pubblicità legale delle imprese e di tutti gli atti che le riguardano e ne testimonia l’esistenza, l’attività esercitata e gli eventi aventi rilievo giuridico durante la sua attività. Contestualmente all’iscrizione, l’Ufficio preposto della camera di commercio, in collegamento con il Ministero dell’economia e delle finanze, assegna il numero di iscrizione al Registro che coincide con il Codice fiscale.

Con il Registro delle imprese (che ha avviato l'attuazione degli articoli 2188 del codice civile) sono stati gradualmente unificati i registri e gli elenchi in precedenza esistenti per le varie attività imprenditoriali. Attualmente il registro si articola in due sezioni, una ordinaria e una speciale, (alle quali il D.Lgs. 96/2001 ne ha affiancata una ulteriore per le Società tra avvocati)[150].

Alla concreta istituzione del registro delle imprese si è provveduto con il D.P.R. 7 dicembre 1995, n. 581, ai sensi del quale (art. 7, comma 2, lett. a)), sono tenuti all'iscrizione nel registro delle imprese:

§         gli imprenditori che esercitano le attività indicate nell'art. 2195 c.c., e cioè gli imprenditori che esercitano un'attività industriale, diretta alla produzione di beni e servizi, o un'attività intermediaria nella circolazione dei beni o un'attività di trasporto per terra, per acqua o per aria, un'attività bancaria o assicurativa o attività ausiliarie di ciascuna di queste;

§         le società di cui all'art. 2200 c.c, e cioè le società in nome collettivo, le società in accomandita semplice, le società a responsabilità limitata, le società per azioni e le società cooperative anche quando non esercitino un'attività commerciale;

§         i consorzi di cui all'art. 2612 c.c. e le società consortili di cui all'art. 2615-ter c.c.;

§         i gruppi europei di interesse economico (GEIE) di cui al D.Lgs. 23 luglio 1991, n. 240 (si tratta di quegli organismi senza fini di lucro previsti dalla CEE con regolamento 2137/85 come strumenti di cooperazione transnazionale tra le imprese);

§         gli enti pubblici che hanno per oggetto esclusivo o principale un'attività commerciale;

§         le società assoggettate alla legge italiana secondo le nuove norme di diritto internazionale privato (art. 25 della legge n. 218/95)

§         gli imprenditori agricoli (art. 2135 c.c);

§         i piccoli imprenditori (art. 2083 c.c.);

§         le società semplici (art. 2251 c.c.).

Si ricorda, altresì, che ai sensi dell'art. 9 del D.P.R. 581/1995 è stato istituito, a scopi esclusivamente documentali e statistici, il Repertorio delle notizie economiche e amministrative (REA), nel quale sono iscrivibili i soggetti non qualificabili come imprenditori ma che, tuttavia, esercitano attività economiche e professionali denunciabili alle camere di commercio.

 

Il comma 2 reca una disposizione dalla finalità analoga a quella di cui al comma 1, ma rivolta agli operatori iscritti in albi ed elenchi professionali previsti dalla legge. Esso fa obbligo a tali soggetti di comunicare, entro un anno dalla data di entrata in vigore della legge, il proprio indirizzo di posta elettronica certificata ai rispettivi ordini o collegi.

Gli ordini e i collegi professionali sono tenuti, dal canto loro, a pubblicare i dati identificativi degli iscritti, corredati del relativo indirizzo di posta elettronica certificata, in un elenco consultabile in via telematica.

 

Il comma 3 ha invece quali destinatarie le amministrazioni pubbliche, individuate mediante rinvio all’art. 1, co. 2, del D.Lgs. 165/2001[151].

Si ricorda in premessa che il co. 3 dell’art. 47 del Codice dell’amministrazione digitale ha fatto obbligo alle pubbliche amministrazioni centrali, entro otto mesi dalla data di entrata in vigore del codice:

§         di istituire almeno una casella di posta elettronica istituzionale ed una casella di posta elettronica certificata per ciascun registro di protocollo (lett. a));

§         di utilizzare la posta elettronica per le comunicazioni tra l'amministrazione ed i propri dipendenti, nel rispetto delle norme in materia di protezione dei dati personali e previa informativa agli interessati in merito al grado di riservatezza degli strumenti utilizzati (lett. b)).

Ai sensi del comma in esame, le amministrazioni che non vi abbiano già provveduto in applicazione del citato art. 47, co. 3, lett. a), del Codice, istituiscono una casella di posta certificata per ciascun registro di protocollo e ne danno comunicazione al CNIPA (Centro nazionale per l'informatica nella pubblica amministrazione[152]), che provvede alla pubblicazione di tali caselle in un elenco consultabile per via telematica.

Il comma 4 evidenzia le finalità dell’articolo: introdurre la posta elettronica certificata quale strumento ordinario di comunicazione reciproca tra pubbliche amministrazioni, imprese costituite in forma di società e professionisti, a prescindere dalla dichiarata disponibilità del destinatario ad accettare il ricorso a tale strumento.

Il comma 5 mira, infine, ad agevolare il perseguimento di tale finalità vietando che la consultazione per via telematica degli elenchi di indirizzi di posta elettronica certificata sia sottoposta a limiti o ad oneri economici o d’altro genere. La possibilità di estrarre elenchi di indirizzi è tuttavia consentita alle sole pubbliche amministrazioni, per le comunicazioni relative agli adempimenti di loro competenza.

 

 

 


Articolo 31
Conservazione ottica sostitutiva

 

TESTO
del disegno di legge

TESTO
della Commissione

 

Art. 31.

(Conservazione ottica sostitutiva).

 

 

      1. Ai fini della conservazione ottica sostitutiva di documenti originali unici da parte delle imprese e degli iscritti agli ordini professionali, si applica l'articolo 23, comma 4, del codice dell'amministrazione digitale, di cui al decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82, purché il responsabile della conservazione sia rispettivamente il legale rappresentante dell'impresa, o persona da lui delegata per iscritto, ovvero il professionista.

 

 

 

L’articolo 31, introdotto nel corso dell’esame in sede referente, interviene sulla disciplina della conservazione ottica sostitutiva di documenti originali unici da parte di imprese e di professionisti, prevedendo che la conformità all’originale sia assicurata dagli stessi responsabili della conservazione.

Per conservazione ottica sostitutiva si intende il trasferimento e l’archiviazione su supporto ottico di documenti formati in origine su supporto cartaceo allo scopo di sostituire ad ogni effetto di legge l’originale, garantendo la conformità ad esso della riproduzione.

 

L'archiviazione ottica è una procedura per cui documenti cartacei vengono riprodotti usando apposite apparecchiature (scanner) e memorizzati su dischi ottici (CD-ROM) o supporti analoghi in modo da poter essere facilmente conservati, reperiti e visualizzati utilizzando un personal computer.

L’evoluzione normativa sulla materia è stata complessa. Va ricordato in particolare l’art. 6 del testo unico in materia di documentazione amministrativa[153] (D.P.R. 445/2000), che dava facoltà alle pubbliche amministrazioni e ai privati di sostituire, a tutti gli effetti, i documenti di cui per legge o regolamento è prescritta la conservazione, con la loro riproduzione su supporto fotografico, ottico o con altro mezzo idoneo a garantirne la conformità agli originali, fermo restando il ricorso a procedure conformi alle regole tecniche dettate dall'Autorità per l'informatica nella pubblica amministrazione (oggi CNIPA[154]).

L’art. 6 citato è stato abrogato dal Codice dell’amministrazione digitale (D.Lgs. 82/2005[155]), che ha ridefinito la disciplina in materia. Ai sensi dell’art. 43, co. 1, del Codice i documenti di cui per legge o regolamento è prescritta la conservazione, ove riprodotti su supporti informatici sono validi e rilevanti a tutti gli effetti di legge, se la riproduzione sia effettuata in modo da garantirne la conformità agli originali e la conservazione nel tempo, nel rispetto delle regole tecniche (stabilite con D.P.C.M. ai sensi dell'art. 71 del Codice).

Per i documenti conservati da privati[156], assume peraltro rilievo anche l’art. 23 del Codice il quale, ai commi 4 e 5, dispone che le copie su supporto informatico di documenti originali formati in origine su supporto cartaceo (o, comunque, non informatico) sostituiscono, ad ogni effetto di legge, gli originali, a determinate condizioni. La disciplina recata dai due commi distingue al riguardo tra le copie di documenti originali non unici[157] e le copie di documenti originali unici:

§         quanto alle prime (co. 4), la loro conformità all'originale è assicurata dal responsabile della conservazione mediante l'utilizzo della propria firma digitale e nel rispetto delle regole tecniche di cui all'art. 71;

§         per le copie di documenti originali unici (co. 5), la conformità all'originale deve invece essere autenticata da un notaio o da altro pubblico ufficiale a ciò autorizzato, con dichiarazione allegata al documento informatico e asseverata secondo le regole tecniche di cui all’art. 71.

 

L’articolo 31 in commento rende applicabili alle imprese ed agli iscritti agli ordini professionali, per i documenti originali unici, le disposizioni di cui all'art. 23, co. 4, del Codice dell’amministrazione digitale (che disciplina, come si è ricordato, il trasferimento su supporto informatico di documenti originali non unici), a condizione che il responsabile della conservazione sia rispettivamente il legale rappresentante dell'impresa, o persona da lui delegata per iscritto, ovvero il professionista.

L’effetto della disposizione sembra essere quello di introdurre, per le sole categorie delle imprese e dei professionisti, una disciplina della conservazione sostitutiva meno restrittiva, consentendo che, anche per le copie di documenti originali unici, la conformità all’originale sia assicurata dallo stesso responsabile della conservazione (legale rappresentante dell’impresa o professionista) e non richiedendo più che essa sia autenticata da un notaio o da altro pubblico ufficiale a ciò autorizzato (come oggi prescrive il co. 5 del citato art. 23 del Codice).

 

 

 


Articolo 32
Tenuta dei libri obbligatori ed elenco dei soci
nelle società a responsabilità limitata

 

TESTO
del disegno di legge

TESTO
della Commissione

Art. 27.

(Tenuta dei libri obbligatori ed elenco dei soci nelle società a responsabilità limitata).

Art. 32.

(Tenuta dei libri obbligatori ed elenco dei soci nelle società a responsabilità limitata).

 

      1. Il primo e il secondo comma dell'articolo 2470 del codice civile sono sostituiti dai seguenti:

      Identico.

 

      «Il trasferimento delle partecipazioni ha effetto nei riguardi della società dal momento dell'iscrizione nel registro delle imprese nei modi previsti dal secondo comma.

 

 

      L'atto di trasferimento, con sottoscrizione autenticata, deve essere depositato entro venti giorni, a cura del notaio autenticante, presso l'ufficio del registro delle imprese nella cui circoscrizione è stabilita la sede sociale. In caso di trasferimento a causa di morte, il deposito e l'iscrizione sono effettuati a richiesta dell'erede o del legatario verso presentazione della documentazione di cui all'articolo 2022».

 

 

      2. All'articolo 2478 del codice civile sono apportate le seguenti modificazioni:

 

 

          a) il numero 1) del primo comma è abrogato;

 

 

          b) al secondo comma, le parole: «I primi tre libri» sono sostituite dalle seguenti: «I libri indicati nei numeri 2) e 3) del primo comma» e le parole: «e il quarto» sono sostituite dalle seguenti: «; il libro indicato nel numero 4) del primo comma deve essere tenuto».

 

 

      3. Al secondo comma dell'articolo 2478-bis del codice civile, le parole: «devono essere depositati» sono sostituite dalle seguenti: «deve essere depositata» e le parole: «e l'elenco dei soci e degli altri titolari di diritti sulle partecipazioni sociali» sono soppresse.

 

 

 

 

Le disposizioni contenute nell’articolo 32, non modificate dalla Commissione, eliminano l’obbligo di tenuta del libro dei soci delle società a responsabilità limitata (S.r.l.) e l’obbligo di deposito presso il registro delle imprese dell’elenco dei soci delle stesse società, disegnando un nuovo sistema di pubblicità relativo alle quote sociali ed al loro trasferimento basato unicamente sulla loro iscrizione nel registro delle imprese.

Gli articoli del codice civile interessati dalle modifiche sono l’articolo 2470, l’articolo 2478 e l’articolo 2478-bis.

L'attuale disciplina, di cui all’articolo 2478, n. 1) del codice civile, prevede l'obbligo per gli amministratori di tenere il libro dei soci, nel quale devono essere indicati: “il nome dei soci, la partecipazione di spettanza di ciascuno, i versamenti fatti sulle partecipazioni, nonché le variazioni nelle persone dei soci”.

Si tratta peraltro di un libro non accessibile a terzi. L'assetto societario delle Srl è attualmente conoscibile e opponibile a terzi tramite il Registro delle imprese. In base all’articolo 2470, terzo comma infatti, se la quota è alienata con successivi contratti a più persone, quella tra esse che per prima ha effettuato in buona fede l'iscrizione nel registro delle imprese è preferita alle altre, anche se il suo titolo è di data posteriore.

Nel registro delle imprese è invece obbligatoria l’iscrizione di alcuni momenti della vita societaria:

·         l’iscrizione dell'atto costitutivo, in base dall’articolo 2463, terzo comma c.c., che prevede che si applichi alle S.r.l. l’obbligo di deposito previsto per le società per azioni dall’articolo 2330 c.c.;

·         l’obbligo del deposito dell'elenco soci annuale, previsto dall’articolo 2478-bis, da effettuarsi entro 30 giorni dall'approvazione del bilancio;

·         il successivo trasferimento delle quote, che avviene, in base all’articolo 2470 c.c., con l'intervento del notaio presso il quale viene depositato l’atto di trasferimento delle quote e con la successiva iscrizione del trasferimento, entro trenta giorni ed a cura del notaio stesso, nel registro delle imprese. Tale iscrizione nel registro delle imprese rende la modifica efficace nei confronti dei terzi. Per quanto riguarda invece l’efficacia della modifica nei confronti della società, questa si realizza, in base all’articolo 2470, primo comma, con l’iscrizione nel libro dei soci a cura degli amministratori della società stessa.

 

Si ricorda che l’iscrizione nel libro dei soci, tenuto a cura degli amministratori, deve essere bollata e vidimata e gli oneri sono di circa 30 euro di diritti camerali e di 14,62 euro ogni 100 pagine per imposta di bollo.

Per quanto riguarda pertanto la pubblicità del trasferimento delle quote, il sistema vigente, prevedendo una duplice trascrizione - l’una costituita dall’iscrizione nel libro dei soci ed efficace solo all’interno della società e l’altra costituita dall’iscrizione nel registro delle imprese  che opera come forma di pubblicità nei confronti dei terzi – può generare situazioni di disallineamento dei dati tra libro dei soci e registro delle imprese, anche in considerazione dell’informatizzazione del Registro imprese e della sua consultabilità via Internet.

 

Con l’articolo 32 in commento gli adempimenti relativi al trasferimento delle quote delle S.r.l. ed all’elenco dei soci vengono pertanto semplificati, abrogando sia l'obbligo di tenuta del libro soci che l’obbligo del deposito dell'elenco dei soci annuale presso l'ufficio del Registro imprese.

In tale ottica, il comma 1 dell’articolo 32 provvede a riscrivere i primi due commi dell’articolo 2470 c.c., prevedendo unicamente l’iscrizione nel registro delle imprese, anziché nel libro dei soci, del trasferimento delle partecipazioni sociali e conferendo a tale iscrizione efficacia nei confronti della società.

Il notaio pertanto, in base al novellato secondo comma dell’articolo 2470 c.c , dovrà dare pubblicità alla compagine sociale - oltre che nella fase di costituzione - anche in seguito all'atto di trasferimento della partecipazione, depositando entro 20 giorni (anziché entro 30 giorni come previsto attualmente) l’atto di trasferimento delle quote presso l’ufficio del registro delle imprese nella cui circoscrizione è stabilita la sede sociale.

Per effetto del nuovo sistema pertanto, l’iscrizione delle quote sociali nel Registro delle imprese avrà effetto sia nei confronti dei terzi che della società e potrà essere consultata in tempo reale, anche informaticamente, da tutti i soggetti interessati, eliminandosi altresì l’attuale dualismo che “scinde” la partecipazione societaria tra titolarità del bene-partecipazione, risultante dall’iscrizione del trasferimento nel registro delle imprese, e titolarità dei diritti amministrativi e patrimoniali legati alla qualifica di socio risultanti dal libro dei soci e dall’elenco dei soci.

 

Sempre in base alla modifica proposta dal comma 1 dell’articolo 32 al secondo comma dell’articolo 2470, in caso di trasferimento a causa di morte, il deposito e l'iscrizione sono effettuati a richiesta dell'erede o del legatario verso presentazione della documentazione di cui all'articolo 2022 anziché, come previsto nel testo vigente “verso presentazione della documentazione richiesta per l'annotazione nel libro dei soci dei corrispondenti trasferimenti in materia di società per azioni”.

L’articolo 2022 del codice civilerichiamato disciplina il trasferimento dei titoli di credito nominativi stabilendo che questo si opera mediante l'annotazione del nome dell'acquirente sul titolo e nel registro dell'emittente o col rilascio di un nuovo titolo intestato al nuovo titolare e che del rilascio deve essere fatta annotazione nel registro. Colui che chiede l'intestazione del titolo a favore di un'altra persona, o il rilascio di un nuovo titolo ad essa intestato, deve provare la propria identità e la propria capacità di disporre, mediante certificazione di un notaio o di un agente di cambio.

Il rinvio alla documentazione prevista dall’articolo 2022 sembrerebbe doversi pertanto intendere alla certificazione del notaio o di un agente di cambio che provino l’identità dell’erede che chiede il trasferimento a proprio favore della quota societaria. 

L’articolo 2022 stabilisce anche che se l'intestazione o il rilascio è richiesto dall'acquirente, questi deve esibire il titolo e dimostrare il suo diritto mediante atto autentico.  L'esatto assolvimento di tali formalità vale ad esonerare da ogni responsabilità l'emittente, salvo il caso della colpa

In base alla dottrina ed alla giurisprudenza[158], le norme di cui all'art. 2022 trovano applicazione, in via analogica, anche in caso di acquisto mortis causa, pertanto probabilmente l’erede dovrà oltre a provare la propria identità, anche dimostrare il suo diritto, come deve fare l’acquirente del titolo.

 

Il comma 2 dell’articolo 32 provvede poi a modificare l’articolo 2478 del codice civile, recante l’elenco dei libri sociali obbligatori.

Da tale elenco viene innanzitutto eliminato il n. 1) del primo comma, cioè il libro dei soci [lettera a) del comma 2].

In secondo luogo viene conseguentemente coordinato formalmente il secondo comma dell’articolo 2478 che citava il n. 1) ora abrogato (lettera b) del comma 2).

 

Il comma 3 dell’articolo 32 infine modifica l’articolo 2478-bis, secondo comma, relativo all’obbligo di deposito di copia del bilancio approvato, entro trenta giorni dall’approvazione, presso l’ufficio del registro delle imprese.

La norma infatti, coerentemente con le modifiche operata dai precedenti commi 1 e 2, sopprime l’inciso finale che prevede l’obbligo di deposito presso il registro delle imprese dell’elenco dei soci  e degli altri titolari di diritti sulle partecipazioni sociali.

 


Articolo 33
Interventi per lo sviluppo delle piccole imprese

 

TESTO
del disegno di legge

TESTO
della Commissione

 

Art. 33.

(Interventi per lo sviluppo delle piccole imprese).

 

 

      1. È istituito presso il Ministero dello sviluppo economico il Fondo per l'incentivazione di servizi associati per lo sviluppo delle piccole imprese che operano nel campo delle biotecnologie, della biologia avanzata e che utilizzano piattaforme tecnologiche dei centri di ricerca pubblici, con una dotazione finanziaria per l'anno 2007 pari a 5,5 milioni di euro. La finalità del Fondo è quella di favorire, ai fini della competitività dei settori interessati, l'acquisizione in forma associata di servizi nei campi della ricerca e dell'analisi dei mercati, della promozione e della comunicazione.

 

 

      2. All'onere derivante dall'attuazione del presente articolo si provvede mediante corrispondente riduzione dell'unità previsionale di base di parte corrente «Fondo speciale» dello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze per l'anno 2007, allo scopo parzialmente utilizzando l'accantonamento relativo al medesimo Ministero.

 

 

      3. Con successivo decreto del Ministro dello sviluppo economico, sentita la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, sono definiti le modalità, i criteri e i limiti del contributo.

 

 

 

L’articolo 33, introdotto dalla Commissione, istituisce presso il Ministero dello sviluppo economico un Fondo per l’incentivazione di servizi associati per lo sviluppo delle piccole imprese che operano nel campo delle biotecnologie, della biologia avanzata e che utilizzano piattaforme tecnologiche dei centri di ricerca pubblici, con una dotazione finanziaria per l'anno 2007 pari a 5,5 milioni di euro. La finalità del Fondo è quella di favorire, ai fini della competitività dei settori interessati, l'acquisizione in forma associata di servizi nei campi della ricerca e dell'analisi dei mercati, della promozione e della comunicazione.

All'onere derivante dall'attuazione del presente articolo si provvede mediante corrispondente riduzione dell'unità previsionale di base di parte corrente «Fondo speciale» dello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze per l'anno 2007, allo scopo parzialmente utilizzando l'accantonamento relativo al medesimo Ministero.

Con successivo decreto del Ministro dello sviluppo economico, sentita la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, sono definiti le modalità, i criteri e i limiti del contributo. 

 

 


Articolo 34
Nullità della clausola di massimo scoperto

 

TESTO
del disegno di legge

TESTO
della Commissione

Art. 32.

(Nullità della clausola di massimo scoperto).

Art. 34.

(Nullità della clausola di massimo scoperto).

 

      1. Sono nulle le clausole contrattuali aventi ad oggetto la commissione di massimo scoperto e le clausole comunque denominate che prevedono una remunerazione accordata alla banca per la messa a disposizione di fondi a favore del cliente titolare di conto corrente indipendentemente dall'effettivo prelevamento della somma, ovvero che prevedono una remunerazione accordata alla banca indipendentemente dall'effettiva durata dell'utilizzazione dei fondi da parte del cliente.

      1. Identico.

 

      2. Gli interessi, le commissioni e le provvigioni derivanti dalle clausole comunque denominate che prevedono una remunerazione, a favore della banca, dipendente dalla effettiva durata dell'utilizzazione dei fondi da parte del cliente sono comunque rilevanti ai fini dell'applicazione dell'articolo 1815 del codice civile, dell'articolo 644 del codice penale e degli articoli 2 e 3 della legge 7 marzo 1996, n. 108.

      2. Identico.

 

      3. I contratti in corso alla data di entrata in vigore della presente legge sono adeguati alle disposizioni del presente articolo entro sessanta giorni dalla medesima data.

      3. I contratti in corso alla data di entrata in vigore della presente legge sono adeguati alle disposizioni del presente articolo entro centoventi giorni dalla medesima data. Tale obbligo di adeguamento costituisce giustificato motivo ai sensi dell'articolo 118, comma 1, del testo unico di cui al decreto legislativo 1o settembre 1993, n. 385.

 

 

 

L’articolo 34 in esame, modificato dalla Commissione, stabilisce la nullità delle cosiddette clausole di massimo scoperto, stabilite a favore del cliente titolare di conto corrente.

 

La cosiddetta “commissione di massimo scoperto”, secondo la giurisprudenza, costituisce la remunerazione accordata alla banca per la messa a disposizione dei fondi a favore del correntista indipendentemente dall'effettivo prelevamento della somma[159].

 

Secondo la relazione illustrativa, la commissione di massimo scoperto “ha carattere di corrispettivo dell'obbligo della banca di tenere a disposizione del cliente una determinata somma per un tempo stabilito. Pertanto, essa va calcolata o sull'intera somma messa a disposizione dalla banca ovvero sulla somma rimasta disponibile in quel dato momento e non utilizzata dal cliente. La banca, infatti, nel momento in cui assume l'obbligo di tenere a disposizione del cliente una determinata somma di denaro, la destina a quell'utente per la durata dell'affidamento, a prescindere dalla sua effettiva utilizzazione, poiché deve tenerla a disposizione. Attualmente, la commissione di massimo scoperto non viene calcolata sulla somma affidata o rimasta disponibile, bensì, al contrario, sulla somma massima utilizzata nel periodo (solitamente il trimestre) e per tutti i giorni del periodo di riferimento.”.

 

Sulla natura giuridica della commissione di massimo scoperto la giurisprudenza segue due diverse teorie, intendendola come interesse accessorio ovvero remunerazione della disponibilità delle somme concesse a titolo di apertura di credito, esigibile a prescindere dall’effettivo utilizzo delle stesse[160].

 

La dottrina tuttavia non manca di esprimere taluni dubbi su tali soluzioni[161], osservando che “alla costruzione della commissione di massimo scoperto come un interesse (accessorio) si oppone la circostanza che questa non si calcola in funzione del tempo, non cresce cioè in ragione del periodo di utilizzo delle somme affidate, al contrario, gli interessi aumentano in modo direttamente proporzionale al tempo. Nella medesima ottica […] vi è la constatazione della non rilevanza della commissione di massimo scoperto nel calcolo del tasso annuo effettivo globale ed altresì […] nel computo del tasso usurario. Ancora, sui conti chiusi la commissione di massimo scoperto non è dovuta, mentre continuano a maturare gli interessi, cui soltanto si applica il princio della perpetuatio obbligationis ex art. 1284 c.c. Parimenti rileva che la commissione di massimo scoperto sia indicata negli estratti conto, destinati alla clientela, come una voce di spesa autonoma dagli interessi, secondo quanto peraltro accade per le diverse competenze di servizio a vario titolo addebitate al beneficiario dell’affidamento.

Per quanto attiene alla seconda ipotesi interpretativa, il configurarsi della commissione di massimo scoperto come una commissione cd. di affidamento, ovvero come un corrispettivo dovuto sic e simpliciter per la messa a disposizione di una somma di denaro, non desta minori perplessità. Essa, benché preferita dalla dottrina più risalente, male si adatta alla normativa del codice civile, che nulla prevede in tal senso, e, parimenti, non ha precedenti nella prassi contrattuale bancaria, che non registra casi di remunerazione dell’affidamento in sé; al contrario, è il massimo utilizzo del fido accordato la base di calcolo dell’onere.

Minoritaria appare, inoltre, l’opposta teoria, secondo la quale la commissione di massimo scoperto remunera la facoltà di non utilizzare le somme concesse all’accreditato. Sulla base di tale interpretazione l’opposta ipotesi, ovvero l’esonero dal pagamento della commissione di massimo scoperto implicherebbe l’obbligo per lo stesso accreditato di utilizzare il credito. Tuttavia proprio tale corollario costituisce un’insuperabile punto debole della costruzione proposta, dal momento che presuppone l’esistenza di una prestazione obbligatoria (un dovere) di cui la fattispecie legale non reca alcuna menzione: l’affidato ha, al contrario, il diritto di utilizzare il credito ed è proprio tale diritto ad essere remunerato con l’applicazione della commissione di massimo scoperto.”.

 

Nel dettaglio, il comma 1 dell’articolo 34 in esame prevede che siano nulle:

1) le clausole aventi ad oggetto la commissione di massimo scoperto;

2) le clausole che prevedono una remunerazione a favore della banca per la messa a disposizione di fondi a favore del cliente titolare di conto corrente indipendentemente dall'effettivo prelevamento della somma;

3) le clausole che prevedono una remunerazione accordata alla banca indipendentemente dall'effettiva durata dell'utilizzazione dei fondi da parte del cliente.

 

Si rileva che le norme in esame andrebbero più appropriatamente formulate come novella al codice civile, relativamente alla disciplina del contratto di apertura di credito.

 

Il comma 2 chiarisce che le somme dovute dal cliente alla banca in dipendenza della effettiva durata dell'utilizzazione dei fondi da parte del cliente sono comunque rilevanti ai fini dell’applicazione della normativa in materia di interessi usurari.

Nel dettaglio, la norma prevede espressamente che gli interessi, le commissioni e le provvigioni derivanti dalle clausole comunque denominate che prevedono una remunerazione, a favore della banca, dipendente dalla effettiva durata dell'utilizzazione dei fondi da parte del cliente debbano considerarsi rilevanti ai fini dell'applicazione:

1) dell'articolo 1815 del codice civile;

 

Il richiamato articolo 1815 c.c. stabilisce che, salvo diversa volontà delle parti, il mutuatario deve corrispondere gli interessi al mutuante. Per la determinazione degli interessi si osservano le disposizioni dell'articolo 1284. Se sono convenuti interessi usurari, la clausola è nulla e non sono dovuti interessi.

 

2) dell'articolo 644 del codice penale,  che punisce il reato di usura;

 

Nel dettaglio, il richiamato articolo 644 c.p. stabilisce che chiunque, fuori dei casi previsti dall'articolo 643, si fa dare o promettere, sotto qualsiasi forma, per sé o per altri, in corrispettivo di una prestazione di denaro o di altra utilità, interessi o altri vantaggi usurari, è punito con la reclusione da due a dieci anni e con la multa da euro 5.000 a euro 30.000. Alla stessa pena soggiace chi, fuori del caso di concorso nel sopra detto delitto, procura a taluno una somma di denaro od altra utilità facendo dare o promettere, a sé o ad altri, per la mediazione, un compenso usurario. La legge stabilisce il limite oltre il quale gli interessi sono sempre usurari. Sono altresì usurari gli interessi, anche se inferiori a tale limite, e gli altri vantaggi o compensi che, avuto riguardo alle concrete modalità del fatto e al tasso medio praticato per operazioni similari, risultano comunque sproporzionati rispetto alla prestazione di denaro o di altra utilità, ovvero all'opera di mediazione, quando chi li ha dati o promessi si trova in condizioni di difficoltà economica o finanziaria. Per la determinazione del tasso di interesse usurario si tiene conto delle commissioni, remunerazioni a qualsiasi titolo e delle spese, escluse quelle per imposte e tasse, collegate alla erogazione del credito. Le pene per i fatti di cui al primo e secondo comma sono aumentate da un terzo alla metà: 1) se il colpevole ha agito nell'esercizio di una attività professionale, bancaria o di intermediazione finanziaria mobiliare; 2) se il colpevole ha richiesto in garanzia partecipazioni o quote societarie o aziendali o proprietà immobiliari; 3) se il reato è commesso in danno di chi si trova in stato di bisogno; 4) se il reato è commesso in danno di chi svolge attività imprenditoriale, professionale o artigianale; 5) se il reato è commesso da persona sottoposta con provvedimento definitivo alla misura di prevenzione della sorveglianza speciale durante il periodo previsto di applicazione e fino a tre anni dal momento in cui è cessata l'esecuzione. Nel caso di condanna, o di applicazione di pena ai sensi dell'articolo 444 del codice di procedura penale, per uno di tali delitti, è sempre ordinata la confisca dei beni che costituiscono prezzo o profitto del reato ovvero di somme di denaro, beni ed utilità di cui il reo ha la disponibilità anche per interposta persona per un importo pari al valore degli interessi o degli altri vantaggi o compensi usurari, salvi i diritti della persona offesa dal reato alle restituzioni e al risarcimento dei danni.

 

3) degli articoli 2 e 3 della legge 7 marzo 1996, n. 108, recante disposizioni in materia di usura.

 

La legge n. 108 del 1996 ha apportato rilevanti modifiche al regime penale del delitto di usura introducendo un parametro di riferimento per la valutazione dell’usurarietà degli interessi.

 

Nel dettaglio, il richiamato articolo 2 prevede, al comma 1, che il Ministro del tesoro, sentiti la Banca d'Italia e l'Ufficio italiano dei cambi, rileva trimestralmente il tasso effettivo globale medio, comprensivo di commissioni, di remunerazioni a qualsiasi titolo e spese, escluse quelle per imposte e tasse, riferito ad anno, degli interessi praticati dalle banche e dagli intermediari finanziari iscritti negli elenchi tenuti dall'Ufficio italiano dei cambi e dalla Banca d'Italia ai sensi degli artt. 106 e 107 del D.Lgs. 1° settembre 1993, n. 385 , nel corso del trimestre precedente per operazioni della stessa natura. I valori medi derivanti da tale rilevazione, corretti in ragione delle eventuali variazioni del tasso ufficiale di sconto successive al trimestre di riferimento, sono pubblicati senza ritardo nella Gazzetta Ufficiale.

Il comma 2 stabilisce che la classificazione delle operazioni per categorie omogenee, tenuto conto della natura, dell'oggetto, dell'importo, della durata, dei rischi e delle garanzie è effettuata annualmente con decreto del Ministro del tesoro, sentiti la Banca d'Italia e l'Ufficio italiano dei cambi e pubblicata senza ritardo nella Gazzetta Ufficiale.

Il comma 3 stabilisce che le banche e gli intermediari finanziari di cui al comma 1 ed ogni altro ente autorizzato alla erogazione del credito sono tenuti ad affiggere nella rispettiva sede, e in ciascuna delle proprie dipendenze aperte al pubblico, in modo facilmente visibile, apposito avviso contenente la classificazione delle operazioni e la rilevazione dei tassi previsti nei commi 1 e 2.

Ai sensi del comma 4, il limite previsto dal terzo comma dell'articolo 644 del codice penale, oltre il quale gli interessi sono sempre usurari, è stabilito nel tasso medio risultante dall'ultima rilevazione pubblicata nella Gazzetta Ufficiale ai sensi del comma 1 relativamente alla categoria di operazioni in cui il credito è compreso, aumentato della metà.

Il richiamato articolo 3 stabilisce, al comma 1, che la prima classificazione di cui al comma 2 dell'articolo 2 verrà pubblicata entro il termine di centottanta giorni dalla data di entrata in vigore della legge. Entro i successivi centottanta giorni sarà pubblicata la prima rilevazione trimestrale di cui al comma 1 del medesimo articolo 2. Fino alla pubblicazione di cui al comma 1 dell'articolo 2 è punito a norma dell'articolo 644, primo comma, del codice penale chiunque, fuori dei casi previsti dall'articolo 643 del codice penale, si fa dare o promettere, sotto qualsiasi forma, per sé o per altri, da soggetto in condizioni di difficoltà economica o finanziaria, in corrispettivo di una prestazione di denaro o di altra utilità, interessi o altri vantaggi che, avuto riguardo alle concrete modalità del fatto e ai tassi praticati per operazioni similari dal sistema bancario e finanziario, risultano sproporzionati rispetto alla prestazione di denaro o di altra utilità. Alla stessa pena soggiace chi, fuori del caso di concorso nel delitto previsto dall'articolo 644, primo comma, del codice penale, procura a soggetto che si trova in condizioni di difficoltà economica o finanziaria una somma di denaro o altra utilità facendo dare o promettere, a sé o ad altri, per la mediazione, un compenso che, avuto riguardo alle concrete modalità del fatto, risulta sproporzionato rispetto all'opera di mediazione.

 

Si ricorda che le “soglie d’usura” sono fissate nella misura del 50% in aumento rispetto ai tassi effettivi globali medi praticati per le diverse operazioni di credito dalle banche e dagli intermediari finanziari, rilevati dalla Banca d’Italia e dall’Ufficio italiano dei cambi e pubblicati con cadenza trimestrale con decreto del Ministro dell’economia.

L’applicazione di condizioni eventualmente usurarie da parte di un intermediario è, di norma, verificata sulla base del contenuto delle “Istruzioni per la rilevazione del tasso effettivo globale medio ai sensi della legge sull’usura”. Il rispetto delle “istruzioni” assicura l’univocità dei comportamenti da parte degli operatori e la confrontabilità tra il tasso in concreto applicato e la relativa “soglia” di legge.

Con riguardo alle fattispecie in esame, nel decreto ministeriale 17 marzo 2004, recante “Rilevazione dei tassi effettivi globali medi – periodo aprile /giugno 2005 (legge 7 marzo 1996, n. 108)”, è ad esempio stabilito dall’articolo 1, comma 2, che i tassi non sono comprensivi della commissione di massimo scoperto eventualmente applicata. La percentuale media della commissione di massimo scoperto rilevata nel trimestre è riportata separatamente.

Già nel decreto ministeriale 8 luglio 1992, recante “Disciplina e criteri di definizione del tasso annuo effettivo globale per la concessione del credito al consumo”, l’articolo 2 stabiliva che il calcolo del Taeg non è richiesto per le operazioni di credito al consumo effettuate nella forma dell’apertura di credito in conto corrente ad utilizzo rotativo, non connessa all’uso di carta di credito. La Banca d’Italia con circolare del 1° ottobre 1996, intervenendo per la rilevazione del tasso effettivo globale medio ai sensi della legge sull’usura n. 108 del 1996, aveva precisato che la commissione di massimo scoperto non entra nel calcolo del Teg (Tasso effettivo globale) ma deve essere computata in modo autonomo ed espressa in termini percentuali.

 

Sarebbe opportuno prevedere espressamente che il tasso soglia, oltre il quale gli interessi sono considerati usurari, resta regolato dall’attuale disciplina fino a che la rilevazione del tasso effettivo globale medio non verrà effettuata tenendo conto delle nuove disposizioni.

 

Il comma 3 dell’articolo 34 in esame reca infine una disposizione transitoria, stabilendo che i contratti in corso alla data di entrata in vigore del provvedimento siano adeguati alle disposizioni dell’articolo 34 in esame entro centoventi giorni dalla medesima data.

La disposizione prevede inoltre, al fine di consentire alle banche di modificare unilateralmente i contratti in corso, che tale obbligo di adeguamento costituisce giustificato motivo di modifica unilaterale ai sensi dell’articolo 118, comma 1, del testo unico bancario (TUB) di cui al d.lgs. n. 385 del 1993.

 

Il richiamato articolo 118 del TUB, recante norme in tema di modifica unilaterale delle condizioni contrattuali, stabilisce al comma 1 che nei contratti di durata può essere convenuta la facoltà di modificare unilateralmente i tassi, i prezzi e le altre condizioni di contratto qualora sussista un giustificato motivo nel rispetto di quanto previsto dall'articolo 1341, secondo comma, del codice civile.

 

 


Articolo 35
Disposizioni a tutela degli utenti dei pubblici servizi

 

TESTO
del disegno di legge

TESTO
della Commissione

 

Art. 35.

(Disposizioni a tutela degli utenti dei pubblici servizi).

 

 

      1. I gestori o le aziende esercenti pubblici servizi devono:

 

 

          a) indicare nelle fatture o bollette di pagamento, comunque denominate, la misura degli interessi, in ragione annua, dovuti dagli utenti in caso di ritardo o mancato pagamento; agli stessi è fatto divieto assoluto di addebitare spese di qualsiasi altra natura o contributi comunque denominati anche inerenti alla predisposizione o produzione oppure alla spedizione o riscossione della fattura o della bolletta;

 

 

          b) gli interessi per il ritardato pagamento non possono essere superiori, in ragione d'anno, al tasso pronti contro termine fissato dalla Banca centrale europea aumentato di due punti percentuali;

 

 

          c) nel caso di subentro nel contratto o voltura tra utenti componenti il medesimo nucleo familiare, o in caso di successione, lo stesso dovrà avvenire a titolo non oneroso.

 

 

      2. I gestori o le aziende esercenti pubblici esercizi possono invocare il vincolo di solidarietà nel pagamento della fattura tra i componenti del nucleo familiare o tra coloro che beneficiano degli stessi servizi.

 

 

      3. Entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge i gestori o le aziende esercenti pubblici servizi avviano una campagna di informazione presso gli utenti delle disposizioni di cui al comma 1.

 

 

 

L’articolo 35, inserito nel corso dell’esame in Commissione, introduce una disciplina dei rapporti relativi alla prestazione di servizi pubblici, prevedendo in particolare una limitazione degli oneri che possono essere addebitati agli utenti ed una loro maggiore trasparenza, nonché l’estensione della responsabilità per l’adempimento delle obbligazioni pecuniarie derivanti dalla prestazione anche a soggetti diversi dall’utente.

 

Una definizione di servizio pubblico è indicata nella direttiva del Presidente del Consiglio dei ministri del 27 gennaio 1994[162], secondo la quale sono considerati “servizi pubblici, anche se svolti in regime di concessione o mediante convenzione, quelli volti a garantire il godimento dei diritti della persona, costituzionalmente tutelati, alla salute, all'assistenza e previdenza sociale, alla istruzione e alla libertà di comunicazione, alla libertà e alla sicurezza della persona, alla libertà di circolazione, ai sensi dell'art. 1 della legge 12 giugno 1990, n. 146, e quelli di erogazione di energia elettrica, acqua e gas”.

 

La lettera a) del comma 1 prevede in primo luogo un obbligo di trasparenza delle condizioni contrattuali relative alla misura degli interessi dovuti dall’utente in caso di mancato o ritardato pagamento di somme da lui dovute, stabilendo che i gestori e le aziende debbano indicare nelle fatture o bollette, comunque esse siano denominate, il saggio annuo di interesse applicato. La medesima lettera prevede inoltre che, ad eccezione di tali interessi, non possono essere addebitate all’utente ulteriori spese di qualunque natura o contributi, comunque denominati, anche se riferiti alla predisposizione, alla produzione, alla spedizione o alla riscossione delle fatture o delle bollette.

Al riguardo, potrebbe essere opportuno precisare in modo più chiaro la portata applicativa del divieto di addebitare “spese di qualsiasi altra natura”, anche con riferimento all’eventualità della presenza di più voci di spesa riferibili al medesimo servizio erogato.

La successiva lettera b)fissa una misura massima per il tasso di interesse da applicare alle somme dovute dall’utente in caso di ritardo nel pagamento, prevedendo che esso non possa essere superiore al tasso fissato dalla Banca Centrale Europea per le operazioni pronti contro termine, aumentato di due punti percentuali.

Con riferimento a tale disposizione sembra necessario chiarire quale dei tassi di interesse di riferimento della BCE sia da assumere come riferimento per la determinazione della misura degli interessi dovuti dall’utente del servizio pubblico. In particolare potrebbe essere opportuno considerare i tassi di interesse di riferimento ufficiali fissati dal Consiglio direttivo della BCE, in particolare il tasso minimo di offerta sulle operazioni di rifinanziamento principali (c.d. tasso di riferimento), attualmente fissato al 3,75. L'altro tasso ufficiale eventualmente da considerare è il tasso di interesse sulle operazioni di rifinanziamento marginale (4,75%). Nelle operazioni di asta “pronti contro termine” vengono, invece, considerati il “tasso medio ponderato” e il “tasso marginale”, che vengono tuttavia determinati di volta in volta. Ad esempio nell'asta del 27 marzo 2007 la BCE ha assegnato pronti contro termine per 283,5 miliardi di euro a un tasso medio ponderato del 3,83% (a fronte del 3,81% della settimana precedente) e a un tasso marginale del 3,82% (a fronte del precedente 3,80%).

La lettera c) dispone che le operazioni di subentro nel contratto o di voltura debbano essere realizzate a titolo non oneroso quando si riferiscano a componenti del medesimo nucleo familiare o avvengano a seguito di successione.

Si osserva che potrebbe essere opportuno precisare quali soggetti rientrino tra i componenti del medesimo nucleo familiare ai fini di quanto disposto dalla lettera c), anche alla luce dell’assenza nel nostro ordinamento di una definizione univoca del concetto.

L’espressione “nucleo familiare” ricorre infatti in numerosi provvedimenti normativi; ed in particolare in diverse discipline speciali che ne chiariscono di volta in volta la composizione, con effetti limitati all’applicazione della specifica disciplina di settore.

Il concetto di nucleo familiare è, anzitutto, definito ai fini della corresponsione dell’assegno per il nucleo familiare. L’art. 2, comma 6, del D.L. 13 marzo 1988, n. 69[163] individua i componenti del nucleo nei:

§       coniugi (con esclusione del coniuge legalmente ed effettivamente separato);

§       figli ed equiparati di età inferiore a 18 anni (ovvero, senza limite di età, qualora si trovino, a causa di infermità o difetto fisico o mentale, nell'assoluta e permanente impossibilità di dedicarsi ad un proficuo lavoro);

§       fratelli, sorelle e nipoti di età inferiore a 18 anni compiuti (ovvero senza limiti di età, qualora si trovino, a causa di infermità o difetto fisico o mentale, nell'assoluta e permanente impossibilità di dedicarsi ad un proficuo lavoro), nel caso in cui essi siano orfani di entrambi i genitori e non abbiano conseguito il diritto a pensione ai superstiti.

Una definizione di nucleo familiare più estesa è contenuta invece nella disciplina relativa alla valutazione della situazione economica di coloro che richiedono prestazioni sociali agevolate. Il D. Lgs. 31 marzo 1998, n. 109[164], stabilisce, ai fini dell’applicazione del decreto stesso, che (art. 2, co. 2)[165]:

§       ciascun soggetto può appartenere ad un solo nucleo familiare;

§       fanno parte del nucleo familiare i soggetti componenti la famiglia anagrafica (v. infra);

§       i soggetti a carico ai fini I.R.P.E.F. fanno parte del nucleo familiare della persona di cui sono a carico;

§       i coniugi che hanno la stessa residenza anagrafica, anche se risultano a carico ai fini I.R.P.E.F. di altre persone, fanno parte dello stesso nucleo familiare;

§       il figlio minore di 18 anni, anche se risulta a carico ai fini I.R.P.E.F. di altre persone, fa parte del nucleo familiare del genitore con il quale convive.

Questa disciplina richiama, nel definire il nucleo familiare, il concetto di famiglia anagrafica, di cui al D.P.R. 30 maggio 1989, n. 223 (Approvazione del nuovo regolamento anagrafico della popolazione residente). Il Regolamento stabilisce (art. 4) che agli effetti anagrafici per famiglia si intende un insieme di persone legate da vincoli di matrimonio, parentela, affinità, adozione, tutela o da vincoli affettivi, coabitanti ed aventi dimora abituale nello stesso comune (co. 1), e precisa che una famiglia anagrafica può essere costituita anche da una sola persona (co. 2)[166].

Peraltro, proprio per evidenziare quanto la definizione di nucleo familiare abbia carattere eterogeneo nelle diverse discipline di settore, si ricorda che mentre l’ultima legge finanziaria[167], ai fini del contributo per l’acquisto di autoveicoli “euro 4” o “euro 5”, ha individuato il nucleo familiare in coloro che risultino registrati sul medesimo stato di famiglia, la legge finanziaria precedente, ai fini del bonus per i figli nati nel 2005-2006, aveva individuato il nucleo familiare nel dichiarante e nei suoi familiari a carico, richiamando esclusivamente la disciplina delle imposte sui redditi e aggiungendo, in ogni caso, il coniuge, purché non legalmente ed effettivamente separato[168].

 

Ai sensi del comma 2 la responsabilità per il pagamento delle somme dovute dall’utente si estende in via solidale anche ai componenti del suo nucleo familiare, nonché a coloro che beneficiano dei servizi erogati.

 

In base a quanto disposto dall’art. 1282 c.c. si ha solidarietà sul versante passivo di un’obbligazione quando più debitori siano contemporaneamente obbligati per la medesima prestazione, in modo che ciascuno di essi può essere costretto all'adempimento per la totalità dell’obbligazione e il suo adempimento libera gli altri condebitori.

 

Con riferimento alla formulazione testuale della disposizione, si osserva che mentre il comma 1 fa riferimento a “fatture o bollette di pagamento, comunque denominate”, il comma 2 prevede invece la responsabilità in solido “nel pagamento della fattura”. In ogni caso, anche alla luce della portata normativa della disposizione, che estende la responsabilità per l’inadempimento di un’obbligazione a nuovi soggetti, potrebbe essere preferibile una formulazione in termini di espressa previsione di un obbligo di rispondere dei pagamenti da parte dei componenti del nucleo familiare e dei beneficiari dei servizi, e non di facoltà di invocare il vincolo di solidarietà da parte dei gestori o delle aziende.

Si segnala altresì che il comma 2 prevede la possibilità di invocare il vincolo della solidarietà da parte di gestori o aziende “esercenti pubblici esercizi”, anziché “pubblici servizi”, come invece previsto nei commi 1 e 3, nonché nel medesimo comma 2, con riferimento ai soggetti che beneficino delle prestazioni erogate.

Anche al fine di evitare possibili discordanze interpretative in sede di applicazione giurisdizionale della disposizione, potrebbe infine essere opportuno precisare in modo univoco quali siano i soggetti componenti il nucleo familiare, anche in considerazione di quanto osservato supra con riferimento alla lettera c) del comma 1, e se la loro responsabilità sia o meno limitata ai casi in cui risultino effettivamente beneficiari del servizio pubblico.

 

Il comma 3 prevede infine che i soggetti esercenti pubblici servizi attivino, entro il termine di sei mesi dall’entrata in vigore della legge, una campagna informativa volta a rendere note agli utenti le disposizioni recate dal comma 1.

 

 


Articolo 36
Disposizioni per ridurre le dichiarazioni IRPEF e agevolare
la vita dei cittadini

 

TESTO
del disegno di legge

TESTO
della Commissione

 

Art. 36.

(Disposizioni per ridurre le dichiarazioni IRPEF e agevolare la vita dei cittadini).

 

 

      1. Gli oneri deducibili di cui all'articolo 10 e le detrazioni per oneri di cui all'articolo 15 del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, possono essere dedotti dal reddito complessivo nell'anno in cui sono stati sostenuti e nei due anni successivi.

 

 

      2. La disposizione di cui al comma 1 si applica dal periodo d'imposta in corso alla data del 31 dicembre 2006.

 

 

 

L’articolo 36, comma 1, introdotto dalla Commissione, prevede che gli oneri deducibili dal reddito complessivo ai fini dell’IRPEF, di cui all'articolo 10 del Testo unico delle imposte sui redditi (TUIR) nonché le detrazioni per oneri, di cui all'articolo 15 dello stesso testo unico (decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917), possano essere dedotti dal reddito complessivo nell'anno in cui sono stati sostenuti e nei due anni successivi.

 

Si ricorda che l’articolo 3 del TUIR detta la regola generale per la determinazione della base imponibile, stabilendo che l’imposta si applica sul reddito complessivo del soggetto, che è formato da tutti i redditi posseduti dal soggetto al netto degli oneri deducibili indicati nell’articolo 10.

Pertanto per deduzioni s’intendono i valori che si possono sottrarre dal reddito complessivo, con un beneficio rapportato all'aliquota marginale raggiunta dal contribuente. Queste operano pertanto in modo diverso rispetto alle detrazioni, che invece abbattono direttamente l'imposta da pagare.

L’elenco degli oneri deducibili dal reddito complessivo è contenuto nell’articolo 10 del TUIR, mentre le detrazioni d’imposta per oneri che sono consentite a favore del contribuente (che non comprendono quelle per carichi di famiglia e le altre detrazioni legate alla produzione delle singole tipologie di reddito, disciplinate rispettivamente dagli articoli 12 e 13 del TUIR), sono elencate nell’articolo 15 del TUIR .

 

La disposizione del comma 1 sembrerebbe voler consentire al contribuente di scegliere se dedurre o detrarre gli oneri nel periodo d’imposta nel quale sono stati sostenuti (come è nella normativa vigente), ovvero se ripartirli in tre periodi d’imposta, a partire da quello nel quale sono stati sostenuti. A tale proposito occorre evidenziare che tale opzione potrebbe favorire i contribuenti solo in alcune particolari ipotesi:

1)  consentendogli di dedurre o detrarre oneri per i quali è fissato un limite massimo annuale di deducibilità (come ad esempio alcune tipologie di erogazioni liberali) o detraibilità (es. le spese funebri, le erogazioni liberali a favore di ONLUS e associazioni varie ), ma nella sola ipotesi che si tratti di oneri sostenuti in misura non ricorrente e per importi superiori alla soglia massima di deducibilità/detraibilità fissata per ciascun periodo d’imposta;

2)  qualora si tratti di contribuenti c.d. “incapienti”, cioè la cui imposta lorda dovuta risulti inferiore all’importo degli oneri per i quali il contribuente potrebbe usufruire delle detrazioni cosicché, in base alla regola generale per cui le detrazioni d’imposta sono fruibili solo fino a concorrenza dell’imposta lorda, il contribuente non riesce ad abbattere l’imposta.

 

A tale ultimo proposito si ricorda che proprio per consentire al contribuente di usufruire delle detrazioni, l’articolo 15, comma 1, lettera c) del TUIR ha ammesso che la detrazione d’imposta delle spese sanitarie sia consentita anche in quattro quote annuali, cioè in quattro periodi d’imposta anziché in uno, qualora le spese eccedano i 15.493,71 euro annui

 

In tutti gli altri casi la modifica introdotta dal comma 1 non produce alcun vantaggio per il contribuente: infatti, nel caso di oneri sostenuti regolarmente per più periodi d’imposta (es. gli interessi sui mutui per l’abitazione principale, i premi per assicurazioni sulla vita), vale comunque il limite annuo massimo fissato e l’onere si ripete negli anni successivi. Analogamente non vi è nessuna convenienza per gli oneri per i quali la deducibilità o la detraibilità non viene limitata ad un certo importo (es. contributi previdenziali volontari oppure spese mediche nel caso di contribuenti con imposta lorda capiente), in quanto in questo caso al contribuente non conviene sicuramente ripartire l’onere in più anni e pagare un’imposta maggiore nel primo anno di riferimento.

 

Per quanto riguarda la formulazione letterale del testo, si segnala che l’ultima parte del comma 1 andrebbe riferita, per coerenza con il contenuto normativo del comma stesso, che ha ad oggetto sia gli oneri deducibili che quelli detraibili, anche agli oneri detraibili, consentendo anche per essi la ripartizione in tre anni. Non è infatti possibile dedurre dal reddito detrazioni d’imposta, come affermato testualmente nel comma 1.

 

Il comma 2 prevede l’applicazione della disposizione di cui al comma 1 dal periodo d'imposta in corso alla data del 31 dicembre 2006, cioè per gli oneri già sostenuti nell’anno 2006, che potranno essere dedotti o detratti nella dichiarazione dei redditi 2007, per la quale non sono ancora scaduti i termini di presentazione.

Si ricorda a tale proposito che tale previsione appare derogatoria rispetto all’articolo 3 della legge 27 luglio 2000, n. 212 (Disposizioni in materia di statuto dei diritti del contribuente) il quale dispone che, relativamente ai tributi periodici, le modifiche introdotte si applichino solo a partire dal periodo d'imposta successivo a quello in corso alla data di entrata in vigore delle disposizioni che le prevedono.

Per quanto riguarda la decorrenza temporale della norma occorre inoltre segnalare che, in relazione ai presunti tempi di approvazione parlamentare del presente disegno di legge e della sua entrata in vigore, appare difficile che i contribuenti persone fisiche possano usufruire della disposizione già per il periodo d’imposta 2006, atteso che la presentazione delle dichiarazioni con il Modello Unico persone fisiche è in corso e che molti contribuenti utilizzano il  modello 730 per il quale i termini di presentazione sono già scaduti.

 

 

 


Articolo 37
Modifiche all'articolo 144-bis del codice di cui al decreto legislativo 6 settembre 2005, n. 206, recante disposizioni per la tutela dei consumatori

 

TESTO
del disegno di legge

TESTO
della Commissione

 

Art. 37.

(Modifiche all'articolo 144-bis del codice di cui al decreto legislativo 6 settembre 2005, n. 206, recante disposizioni per la tutela dei consumatori).

 

 

      1. L'articolo 144-bis del codice di cui al decreto legislativo 6 settembre 2005, n. 206, recante cooperazione tra le autorità nazionali per la tutela dei consumatori è sostituito dal seguente:

 

 

      «Art. 144-bis. - (Cooperazione tra le autorità nazionali per la tutela dei consumatori). - 1. Il Ministero dello sviluppo economico, salve le disposizioni in materia bancaria, finanziaria, assicurativa e di sistemi di pagamento e le competenze delle autorità indipendenti di settore, che continuano a svolgere le funzioni di autorità competente ai sensi dell'articolo 3, lettera c), del regolamento (CE) n.2006/2004, del Parlamento europeo e del Consiglio del 27 ottobre 2004, nonché le disposizioni per le ulteriori materie per le quali è prevista la competenza di altre autorità nazionali, svolge le funzioni di autorità competente, ai sensi del medesimo articolo 3, lettera c), del regolamento (CE) n. 2006/2004, in materia di:

 

 

          a) servizi turistici, di cui alla parte III, titolo IV, capo II;

 

 

          b) clausole abusive nei contratti stipulati con i consumatori, di cui alla parte III, titolo I;

 

 

          c) garanzia nella vendita dei beni di consumo, di cui alla parte IV, titolo III, capo I;

 

 

          d) credito al consumo, di cui alla parte III, titolo II, capo II, sezione I;

 

 

          e) commercio elettronico, di cui alla parte III, titolo III, capo II;

 

 

          f) contratti negoziati fuori dai locali commerciali, di cui alla parte III, titolo III, capo I, sezione I;

 

 

          g) contratti a distanza, di cui alla parte III, titolo III, capo I, sezione II;

 

 

          h) contratti relativi all'acquisto di un diritto di godimento ripartito di beni immobili, di cui alla parte III, titolo IV, capo I.

 

 

      2. L'Autorità garante della concorrenza e del mercato svolge le funzioni di autorità competente ai sensi dell'articolo 3, lettera c), del regolamento (CE) n. 2006/2004, in materia di pubblicità ingannevole e comparativa di cui alla parte II, titolo III, capo II.

 

 

      3. Il Ministero dello sviluppo economico esercita tutti i poteri di cui al citato regolamento (CE) n. 2006/2004, nelle materie di cui al comma 1, anche con riferimento alle infrazioni lesive degli interessi collettivi dei consumatori in ambito nazionale.

 

 

      4. L'Autorità garante della concorrenza e del mercato esercita i poteri di cui all'articolo 4 del citato regolamento (CE) n. 2006/2004 nelle materie di cui alla parte II, titolo III, capo II, anche con riferimento alle infrazioni lesive degli interessi dei consumatori in ambito nazionale.

 

 

      5. Per lo svolgimento dei compiti di cui ai commi 1 e 3, il Ministero dello sviluppo economico può avvalersi delle camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura, nonché della guardia di finanza che agisce con i poteri ad essa attribuiti per l'accertamento dell'imposta sul valore aggiunto e delle imposte sui redditi utilizzando strutture e personale esistenti in modo da non determinare oneri aggiuntivi. Può inoltre definire forme di collaborazione con altre pubbliche amministrazioni. Limitatamente ai poteri di cui all'articolo 139, può avvalersi delle associazioni dei consumatori e degli utenti di cui all'articolo 137.

 

 

      6. Per lo svolgimento dei compiti di cui ai commi 2 e 4, l'Autorità garante della concorrenza e del mercato può avvalersi della Guardia di finanza che agisce con i poteri ad essa attribuiti per l'accertamento dell'imposta sul valore aggiunto e delle imposte sui redditi utilizzando strutture e personale esistenti in modo da non determinare oneri aggiuntivi.

 

 

      7. Ferma restando la disciplina sanzionatoria in materia di indicazione di prezzi di cui all'articolo 17 del presente codice e le disposizioni di cui all'articolo 22, comma 3, del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 114, ai fini dell'applicazione del regolamento (CE) n. 2006/2004 il Ministero dello sviluppo economico svolge le funzioni di cui al comma 1, avvalendosi, in particolare, dei comuni.

 

 

      8. Le procedure istruttorie relative ai poteri di cui al comma 3 sono stabilite con regolamento emanato ai sensi dell'articolo 17, comma 1, della legge 23 agosto 1988, n. 400, in modo da garantire il contraddittorio, la piena cognizione degli atti e la verbalizzazione.

 

 

      9. Nei casi di rifiuto, omissione o ritardo senza giustificato motivo di esibire i documenti o di fornire le informazioni richieste dal Ministero dello sviluppo economico o dall'Autorità garante della concorrenza e del mercato, nell'ambito delle rispettive competenze, riguardanti fattispecie di infrazioni nazionali o intracomunitarie nonché nel caso in cui siano esibiti documenti o fornite informazioni non veritiere, si applicano le sanzioni di cui all'articolo 26, comma 11. Nei casi di inottemperanza degli impegni assunti dai soggetti interessati di porre fine ad infrazioni nazionali o intracomunitarie, si applicano le sanzioni di cui all'articolo 26, comma 10.

 

 

      10. Il Ministero dello sviluppo economico designa l'ufficio unico di collegamento responsabile dell'applicazione del citato regolamento (CE) n. 2006/2004.».

 

 

 

L’articolo 37, introdotto dalla X Commissione Attività produttive, novella l’articolo 144-bis (“Cooperazione tra le autorità nazionali per la tutela dei consumatori”) del decreto legislativo 6 settembre 2005, n. 206 recante il nuovo “Codice del consumo”,[169] inserito a sua volta dall’articolo 19 della legge comunitaria 2006 (L. 6 febbraio 2007, n. 13[170]).

Si ricorda, in proposito, che larticolo 19 della legge comunitaria 2006 in attuazione di quanto previsto dal regolamento (CE) n. 2006/2004 del Parlamento europeo e del Consiglio del 27 ottobre 2004[171], ha individuato nel Ministero dello sviluppo economico[172] l’autorità pubblica nazionale competente per la cooperazione in materia di tutela dei consumatori. A tal fine ha novellato a sua volta il nuovo “Codice del consumo”, provvedendo ad inserire nella relativa parte VI un nuovo articolo, il 144-bische detta disposizioni in materia di “Cooperazione tra le autorità nazionali per la tutela dei consumatori” così come il nuovo articolo in commento che lo sostituisce.

Quanto al regolamento CE, a cui l’art. 19 ha dato attuazione, si ricorda che prevede l’istituzione di una rete di autorità competenti per il controllo dell'applicazione della normativa riguardante i consumatori, allo scopo di garantire l'osservanza della normativa ed il buon funzionamento del mercato interno. Il campo di applicazione delle disposizioni del regolamento è circoscritto unicamente alle infrazioni intracomunitarie .

L’articolo 3 del regolamento (CE) n. 2006/2004, recante “definizioni”, per autorità competente  intende qualsiasi autorità pubblica a livello nazionale, regionale o locale, con responsabilità specifiche per l’esecuzione della normativa sulla protezione degli interessi dei consumatori. Ai sensi dell’articolo 4 del regolamento ogni Stato membro designa le autorità competenti che sono dotate dei poteri di indagine ed esecutivi necessari ai fini dell'applicazione del regolamento stesso, nonché l'ufficio di collegamento, unico responsabile di detta applicazione. Le autorità designate, che esercitano i poteri loro conferiti in conformità alla legislazione nazionale, sono tenute ad intervenire tempestivamente in caso di constatazione di infrazioni al fine di porvi termine, utilizzando lo strumento giuridico appropriato. Nella maggior parte dei casi dovrà trattarsi di un'azione inibitoria in grado di consentire una rapida cessazione dell'azione illecita ovvero di vietarla.

Le disposizioni del capitolo II del regolamento (artt. 6-10) stabiliscono un quadro giuridico per l'assistenza reciproca, riguardante, in particolare lo scambio di informazioni, le richieste di misure esecutive, nonché il coordinamento delle attività di sorveglianza del mercato e di applicazione della normativa. Infatti ogni autorità competente a conoscenza di un'infrazione intracomunitaria è tenuta ad informarne non solo le autorità degli altri Stati membri ma anche la Commissione che, da parte sua, dovrà provvedere all’adozione delle misure necessarie per farla cessare o vietare.

La Commissione dovrà, altresì, essere informata dalle singole autorità competenti circa le infrazioni intercomunitarie, i provvedimenti adottati e i relativi effetti, nonché del coordinamento delle loro attività. Le informazioni fornite potranno essere utilizzate unicamente a garanzia del rispetto delle leggi che tutelano gli interessi dei consumatori.

La Commissione provvederà a registrare e a trattare in una base di dati elettronica le informazioni ricevute.

Il regolamento prevede, inoltre, la collaborazione con i paesi terzi e con le organizzazioni internazionali competenti, al fine di migliorare la protezione degli interessi economici dei consumatori.

 

L’articolo 144-bis, così come novellato dall’articolo in commento, diversamente dalla legge comunitaria individua due autorità competenti, ai sensi dell’art. 3, lett. c) del citato regolamento CE: il Ministero dello sviluppo economico e l’Autorità garante della concorrenza e del mercato.

I commi 1 e 2 dell’articolo individuano le materie nell’ambito delle quali le due autorità sono chiamate a svolgere le rispettive funzioni.

Per il Ministero dello sviluppo economico sono le seguenti:

a)      servizi turistici (parte III, titolo IV, capo II, del codice del consumo)[173].

b)      )clausole abusive nei contratti (parte III, titolo I, del codice del consumo);

c)      garanzie nella vendita di beni di consumo (parte IV, titolo III,capo I);

d)      credito al consumo (parte III, titolo II, capo II, sezione I);

e)      commercio elettronico (parte III, titolo III, capo II);

f)        contratti negoziati fuori dei locali commerciali (parte III, titolo III, capoI, sezione I);

g)      contratti a distanza (parte III, titolo III, capo I, sezione II);

h)      contratti relativi all'acquisto di un diritto di godimento ripartito di beni immobili (Parte III, titolo IV, capo I).

Le materie di cui alle lettere f), g) e h) non erano indicate nell’articolo 144-bis della comunitaria.

In ordine alle funzioni del Ministero il comma 1 precisa che sono fatte salve le disposizioni in materia bancaria, finanziaria, assicurativa e di sistemi di pagamento e le competenze delle autorità indipendenti di settore, che continuano a svolgere le funzioni di autorità competente ai sensi del citato regolamento (CE) n.2006/2004 (art. 3, lett. c), nonché le disposizioni per le ulteriori materie per le quali è prevista la competenza di altre autorità nazionali.

Per quanto concerne i servizi turistici, si ricorda che sono disciplinati dagli articoli dall’82 al 100 del codice che riproducono sostanzialmente le corrispondenti disposizioni contenute nel decreto legislativo 17 marzo 1995, n. 111 recante “Attuazione della direttiva n. 90/314/CEE concernente i viaggi, le vacanze ed i circuiti tutto compreso”, con il quale è stato ampliato l'ambito delle previsioni che garantiscono il consumatore-turista relativamente ai contratti aventi ad oggetto la prestazione dei c.d. pacchetti turistici. Il decreto legislativo ha, infatti, disposto l'obbligatorietà della forma scritta per il contratto; prescrivendo il contenuto minimo necessario del contratto stesso e ponendo a carico del venditore alcuni obblighi informativi. Ha, inoltre limitato la revisione del prezzo e comunque la possibilità di modifica delle condizioni del contratto, ampliato i diritti del consumatore in caso di recesso o annullamento del servizio, quando questo non sia stato determinato per colpa del consumatore e stabilito limiti minimi per la risarcibilità dei danni derivanti alle cose e alle persone.

Con riferimento alle clausole abusive si ricorda che la parte III del Codice del consumo riguarda il rapporto di consumo, mentre il  titolo I, cui espressamente rinvia la disposizione in commento (artt. 33-38), tratta dei contratti del consumatore in generale (clausole vessatorie, nullità delle stesse ed azione inibitoria). Nel codice sono confluite le disposizioni della  legge 6 febbraio 1996, n. 52, novellata successivamente dalle leggi n. 526 del 1999 e n. 14 del 2003 che, in attuazione alla direttiva 93/13/CEE, concernente le clausole abusive nei contratti stipulati con i consumatori, aveva introdotto nel libro IV del codice civile, al Titolo II (Dei contratti in generale), il capo XIV-bis dedicato ai "Contratti del consumatore" (artt. da 1469 bis a 1469 sexises).

Le disposizioni concernenti le garanzie legali di conformità e commerciali per i beni di consumo sono contenute negli artt. 128-135 rientranti nella Parte IV del Codice (artt.102-135) in cui vengono raccolte e coordinate le disposizioni in materia di sicurezza e qualità dei prodotti e nei quali è stato trasfuso il contenuto degli  artt. 1519 - bis e ss. del codice civile,  a loro volta introdotti dal D.Lgs. 2 febbraio 2002, n. 24. Tale decreto era stato predisposto in base alla delega conferita al Governo dall'art.1 della legge 29 dicembre 2000, n. 422 (legge comunitaria 2000), per il recepimento della direttiva 1999/44/CE concernente taluni aspetti della vendita e delle garanzie dei beni di consumo. La direttiva, volta a garantire la protezione del consumatore e a potenziarne la fiducia negli acquisti transfrontalieri, stabilendo una base minima di regole comuni indipendenti dal luogo di vendita,rientra nel filone attinente alla tutela degli interessi economici e giuridici dei consumatori, con particolare riferimento alla disciplina contrattuale, e sotto questo aspetto presenta profili di continuità con la citata direttiva 93/13/CEE, concernente le clausole abusive nei contratti stipulati con i consumatori, recepita – come ricordato -  dalla legge n. 52/1996 con l'inserimento nel codice civile degli articoli da 1469-bis a 1469-sexies, relativi alle clausole vessatorie nel contratto tra professionista e consumatore.

Le disposizioni del codice in materia di credito al consumo rientrano sempre nella parte III disciplinante  “il rapporto di consumo”, e sono riportate nell’ambito delle regole disciplinanti l’esercizio dell’attività commerciale (artt. 40-43). Nel codice sono confluite le disposizioni del D.Lgs. 25 febbraio 2000, n. 63,di recepimento della direttiva 87/102/CEE.

Per quanto riguarda il commercio elettronico si segnala che l’art. 68 del codice del consumo reca una norma di coordinamento che rinvia alla specifica disciplina in materia di commercio elettronico, ossia al decreto legislativo 9 aprile 2003,n. 70[174], che, in attuazione della delega al Governo contenuta nell’articolo 31 della legge 1° marzo 2002, n. 39 (legge comunitaria 2001), e nel rispetto dei principi e secondo le procedure definite dalla stessa legge comunitaria, ha provveduto a recepire nel nostro ordinamento la direttiva 2000/31/CE con l’obiettivo principale di eliminare gli ostacoli che limitano lo sviluppo del commercio elettronico, nonché la promozione della libera circolazione dei servizi legati alla società dell’informazione.

Le disposizionidell’articolo 1 del decreto legislativo 15 gennaio 1992, n.50  (Attuazione della direttiva n. 85/577/CEE in materia di contratti negoziati fuori dei locali commerciali), sono confluite, con modifiche nell’articolo 39, mentre le disposizioni in materia di contratti a distanza sono contenute negli  articoli da 45 a 57 del codice eriproducono sostanzialmente le norme del decreto legislativo 22 maggio 1999, n.185 (Attuazione della direttiva 97/7/CE relativa alla protezione dei consumatori in materia di contratti a distanza) recante disposizioni finalizzate essenzialmente alla tutela del consumatore, ritenuto parte debole del rapporto contrattuale nei contratti conclusi attraverso l'impiego delle nuove tecnologie di comunicazione e con il quale si è inteso garantire al consumatore il diritto ad una corretta informazione e a forme di tutela di più facile attuazione come il diritto al recesso.

Infine le disposizioni concernente la tutela dell'acquirente per taluni aspetti dei contratti relativi all'acquisizione di un diritto di godimento a tempo parziale di beni immobili riproducono, con modifiche, negli articoli dal 65 al 77 del Codice le disposizioni degli articoli dall’1 al 12 del decreto legislativo n.427/98, recante l’attuazione della direttiva 94/47/CE.

 

L’Autorità garante della concorrenza e del mercato è invece chiamata a svolgere le funzioni di autorità competente in materia di pubblicità ingannevole e comparativa (comma 2).

 

L’Autorità garante della concorrenza e del mercato (Antitrust) è stata istituita con la legge n. 287/90 ("Norme per la tutela della concorrenza e del mercato") che ha introdotto nell'ordinamento italiano una disciplina organica della concorrenza, nel solco dei principi stabiliti dagli artt. 85 e 86 del Trattato CEE (ora artt. 81 e 82 a seguito dell'entrata in vigore del Trattato di Amsterdam il 1° maggio 1999).

La legge, infatti, oltre a individuare tre fattispecie anticoncorrenziali vietate, ossia intese restrittive della libertà di concorrenza, abusi di posizione dominante e concentrazioni aventi determinate caratteristiche, ha provveduto all'istituzione di un organo di tutela e di promozione dei meccanismi concorrenziali, l'Autorità garante della concorrenza e del mercato, i cui compiti istituzionali e la cui natura sono stabiliti dall'art. 10 della legge stessa.L'Autorità esercita poteri ispettivi e di indagine per verificare l'esistenza di infrazioni ai divieti di intese restrittive della libertà di concorrenza, di abuso di posizione dominante e di operazioni di concentrazione, di cui agli articoli da 2 a 6 della legge. La legge collega le procedure per l'esercizio dei poteri istruttori, di diffida e sanzionatori specificatamente ad ognuna delle tre fattispecie individuate.

Dal 1992 è stata rimessa all'Autorità garante della concorrenza e del mercato la competenza per la tutela amministrativa contro la pubblicità ingannevole.

Infatti l'art. 7 del decreto legislativo 25 gennaio 1992, n. 74, con il quale si è provveduto a recepire nell'ordinamento italiano la direttiva 84/450/CEE in materia di pubblicità ingannevole, ha attribuito all'Autorità garante della concorrenza e del mercato compiti di controllo e di inibizione di detta pubblicità. A norma del secondo comma dell'art. 7 i concorrenti, i consumatori, le loro associazioni ed organizzazioni, il Ministro dell'industria (ora dello sviluppo economico), nonché ogni altra pubblica amministrazione che ne abbia interesse in relazione ai propri compiti istituzionali, anche su denuncia del pubblico, possono, infatti, presentare ricorso davanti all'Autorità garante affinché siano inibiti gli atti di pubblicità ingannevole o la loro continuazione e ne siano eliminati gli effetti. Innanzi all'Autorità, si possono quindi attivare due procedimenti, finalizzati a questi scopi: il primo è quello ordinario di cui al comma 2 dell'art. 7; il secondo è quello sommario, di cui al comma 3 del medesimo articolo, mediante il quale l'Autorità, in via cautelare, può disporre con provvedimento motivato la sospensione provvisoria della pubblicità ingannevole nei casi di particolare urgenza.

Il DPR 10 ottobre 1996, n. 627, che inizialmente aveva definito le norme sulle procedure istruttorie dell’Autorità garante della concorrenza e del mercato in materia di pubblicità ingannevole è stato sostituito dal DPR 11 luglio 2003, n. 284 (Regolamento  recante norme sulle procedure istruttorie dell'Autorita' garante  della  concorrenza  e  del mercato in materia di pubblicita'ingannevole e comparativa), al fine di includere la pubblicita comparativa come previsto dal D.Lgs 74/92, così come modificato dal decreto legislativo 25 febbraio 2000, n. 67 di attuazione della direttiva 97/55/CE. Successivamente importanti novità alla normativa sulla pubblicità ingannevole sono state introdotta dalla legge n. 49/05 (Modifiche all'articolo 7 delD.Lgs 25 gennaio 1991, n. 74,in materia di messaggi pubblicitari ingannevoli diffusi attraverso mezzi di comunicazione) con riferimento sia ai poteri istruttori che sanzionatori dell'Antitrust.

Recentemente le disposizioni in materia di pubblicità ingannevole e comparative sono confluite nel D.Lgs 206/05 (Nuovo codice del consumo) che nella la Parte II (artt. 4-32) raccoglie le disposizioni concernenti l’educazione, l’informazione e la pubblicità, investendo tutta l'attività preliminare che, ancor prima della specifica attività di informazione precontrattuale, pone il consumatore in grado di ottenere una corretta conoscenza del bene o del servizio da acquistare. Gli articoli dal 19 al 27 riproducono gli articoli da 1 a 8 del decreto legislativo 25 gennaio 1992, n.74 come modificato dal decreto legislativo 25 febbraio 2000, n.67, apportandovi alcune modifiche. In particolare nell’articolo 26 (Tutela amministrativa e giurisdizionale) sono confluite le disposizioni dell’articolo 7 del D.Lgs 74, così come modificato dalla legge n. 49/05.

 

I commi 3 e 4 definiscono i poteri delle due Autorità.

Ai sensi del comma 3 del nuovo articolo 144-bis il Ministero dello sviluppo economico esercita i poteri previsti dal citato regolamento CE, nelle materie elencate nel comma 1. L’operativita dei poteri del Ministero dello sviluppo, è estesa anche alle infrazioni nazionali lesive degli interessi collettivi dei consumatori. Questo vale anche per l’esercizio dei poteri spettanti all’Autorità garante della concorrenza e del mercato, di cui all'articolo 4 del citato regolamento (CE) n. 2006/2004, in materia di pubblicità ingannevole e comparativa (comma 4).

 

Per l’esercizio delle funzioni assegnategli dal comma 1 dell’art. 144-bis il Ministero dello sviluppo economico – conformemente a quanto previsto dal reg. CE, art. 4, par. 2 - può avvalersi della collaborazione delle camere di commercio, nonché della Guardia di finanza che agisce con i poteri che le sono attribuiti in materia di accertamento dell’imposta sul valore aggiunto, avvalendosi delle risorse strutturali e umane esistenti al fine di evitare oneri aggiuntivi .

Al Ministero è consentito, altresì, di collaborare con altre amministrazioni e di avvalersi delle associazioni dei consumatori e degli utenti rappresentative a livello nazionale, iscritte all’elenco di cui all’articolo 137 del codice del consumo, limitatamente alle azioni inibitorie di cui all’articolo 139 dello stesso codice (comma 5).

L’elenco delle associazioni dei consumatori e degli utenti rappresentative a livello nazionale, di cui all’art. 137 del codice del consumo, istituito presso il Ministero delle attività produttive (ora Ministero dello sviluppo economico) che provvede al relativo aggiornamento annuale, è stato previsto e disciplinato dall’art. 5 della citata legge n. 281/98 che ha altresì fissato i requisiti richiesti per l’iscrizione.

Quanto alle azioni inibitorie di cui all’art. 139 del Codice, si ricorda che il riconoscimento della legittimazione delle associazioni di consumatori ad agire in giudizio per la tutela dei diritti collettivi dei consumatori e degli utenti, ivi prevista, costituisce una tra le disposizioni più innovative dalla stessa legge 281 (articolo 3).L'azione a tutela degli interessi collettivi è finalizzata all'emanazione dei provvedimenti inibitori. Infatti, le associazioni possono richiedere al giudice:

a)    di inibire gli atti e i comportamenti lesivi degli interessi dei consumatori e degli utenti;

b)    di adottare le misure idonee a correggere o eliminare gli effetti dannosi delle violazioni accertate;

c)    di ordinare la pubblicazione del provvedimento su uno o più quotidiani a diffusione nazionale, nei casi in cui la pubblicità del provvedimento possa contribuire a correggere o eliminare gli effetti delle violazioni accertate (art. 140).

 

Anche l’Autorità garante della concorrenza può avvalersi, ai sensi del comma 6, della Guardia di finanza, che agisce con gli stessi poteri e le modalità indicati con riferimento al Ministero dello sviluppo economico (cfr. comma precedente).

 

Il comma 7, pur facendo comunque salva la disciplina in materia di indicazione dei prezziper unità di misura prevista dall’art. 17 del codice del consumo - il quale, peraltro, rinvia al regime sanzionatorio previsto dall'articolo 22, comma 3, del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 114 - prevede che il Ministero dello sviluppo economico per l'applicazione del regolamento (CE) n. 2006/2004 nello svolgimento delle funzioni elencate al comma 1 si avvalga, in particolare, dei comuni.

L’art. 17 del codice del consumatori - che riprende una disposizione del D.Lgs. 25 febbraio 2000, n. 84[175] - in caso di omissione dell’indicazione dell prezzo per unità di misura o di indicazione non in linea con le disposizioni del codice, rinvia alla disciplina sanzionatoria del decreto legislativo di liberalizzazione del settore conmmerciale (D.Lgs n. 144/98) e in particolare all’art. 22, comma 3 che, in caso di violazione le disposizioni  elencate nello stesso comma (e tra le quali è compresa anche la pubblicità dei prezzi), prevede una sanzione amministrativa.

 

Il comma 8 dell’art. 144-bis in commento rinvia ad un successivo regolamento, emanato ai sensi dell’art. 17, comma 1 della legge 400/88[176], la disciplina delle procedure istruttorie relative ai poteri del Ministero dello sviluppo, di cui al comma 3, per garantire il contraddittorio, la ricognizione degli atti .

 

In caso di rifiuto, omissione o tardata consegna di documenti richiesti dalle due Autorità nell’ambito delle rispettive competenze, relativi ad infrazioni nazionali o intracomunitarie, ovvero in caso di esibizione di documenti non veritieri, il comma 9 dispone l’applicazione delle sanzioni perviste dall’art. 26, comma 11, del Codice. Invece nel caso di inottemperanza agli impegni assunti per far cessare le infrazioni suddette da parte dei soggetti interessati, si applicano le sanzioni previste dal comma 10 del richiamato articolo 26.

 

Il comma 10 art. 26 del Codice, prevede l’applicazione da parte dell'Autorità di una sanzione amministrativa pecuniaria compresa tra i 10.000 euro e i 50.000 euro. Nei casi di reiterata inottemperanza l'Autorità può disporre la sospensione dell'attività di impresa per un periodo non superiore a trenta giorni. Il comma 11, in caso di inottemperanza alle richieste di fornire le informazioni o la documentazione di cui al comma 3 dello stesso articolo, applica una sanzione amministrativa pecuniaria da 2000 euro a 20.000 euro. Qualora le informazioni o la documentazione fornite non siano veritiere, l'Autorità applica una sanzione amministrativa pecuniaria da 4.000 euro a 40.000 euro.

 

Da ultimo il comma 10 demanda al Ministero dello sviluppo economico la designazione dell’Ufficio unico di collegamento cui è affidata la responsabilità dell’applicazione del regolamento (CE) n. 2004/2005, come previsto dall’art. 4, par. 1, dello stesso regolamento.

 

 

 


Articolo 38
Disposizioni in materia di mutui e operazioni di finanziamento

 

TESTO
del disegno di legge

TESTO
della Commissione

 

Art. 38.

(Disposizioni in materia di mutui e operazioni di finanziamento).

 

 

      1. All'articolo 15, terzo comma, del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 601, sono aggiunte, in fine, le seguenti parole: «, anche nel caso in cui sia prevista la facoltà del debitore di recedere dal rapporto in ogni momento. Non si fa comunque luogo a recuperi o a rimborsi di imposta».

 

 

      2. All'articolo 2, comma 1-bis, del decreto-legge 3 agosto 2004, n. 220, convertito, con modificazioni, dalla legge 19 ottobre 2004, n. 257, sono apportate le seguenti modificazioni:

 

 

          a) dopo il primo periodo, è inserito il seguente: «Alle operazioni di mutuo finalizzate all'estinzione di mutui stipulati per l'acquisto della prima casa di abitazione, poste in essere da enti, istituti, fondi e casse previdenziali nei confronti dei propri dipendenti ed iscritti, si applica lo stesso trattamento previsto per i mutui oggetto di estinzione.»;

 

 

          b) nel secondo periodo, le parole: «La disposizione del periodo precedente», sono sostituite dalle seguenti: «Le disposizioni dei periodi precedenti».

 

 

 

Il comma 1 dell’articolo 38 in esame, introdotto dalla Commissione, estende l’esenzione dall'imposta di registro, dall'imposta di bollo, dalle imposte ipotecarie e catastali e dalle stesse imposte sulle concessioni governative delle operazioni relative ai finanziamenti a medio e lungo termine e di tutti i relativi atti, come già previsto dalla legislazione vigente, anche ai casi in cui sia prevista la facoltà del debitore di recedere dal rapporto in ogni momento. Fa inoltre divieto di procedere a recuperi o a rimborsi di imposta.

 

Nel dettaglio, il comma 1 in esame aggiunge all'articolo 15, terzo comma, del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 601 (Disciplina delle agevolazioni tributarie), in fine, le seguenti parole: «, anche nel caso in cui sia prevista la facoltà del debitore di recedere dal rapporto in ogni momento. Non si fa comunque luogo a recuperi o a rimborsi di imposta». 

 

Il richiamato articolo 15 (Operazioni di credito a medio e lungo termine) stabilisce, al comma 1, che le operazioni relative ai finanziamenti a medio e lungo termine e tutti i provvedimenti, atti, contratti e formalità inerenti alle operazioni medesime, alla loro esecuzione, modificazione ed estinzione, alle garanzie di qualunque tipo da chiunque e in qualsiasi momento prestate e alle loro eventuali surroghe, sostituzioni, postergazioni, frazionamenti e cancellazioni anche parziali, ivi comprese le cessioni di credito stipulate in relazione a tali finanziamenti, effettuate da aziende e istituti di credito e da loro sezioni o gestioni che esercitano, in conformità a disposizioni legislative, statutarie o amministrative, il credito a medio e lungo termine, sono esenti dall'imposta di registro, dall'imposta di bollo, dalle imposte ipotecarie e catastali e dalle stesse sulle concessioni governative.

Secondo il comma 2, in deroga al precedente comma, gli atti giudiziari relativi alle operazioni ivi indicate sono soggetti alle suddette imposte secondo il regime ordinario e le cambiali emesse in relazione alle operazioni stesse sono soggette alla imposta di bollo di lire 100 per ogni milione o frazione di milione.

Secondo il comma 3, agli effetti di quest'articolo si considerano a medio e lungo termine le operazioni di finanziamento la cui durata contrattuale sia stabilita in più di diciotto mesi.

 

Per effetto quindi della modifica apportata dal comma 1 dell’articolo 38 in esame, il comma 3 stabilisce ora che si considerano a medio e lungo termine le operazioni di finanziamento la cui durata contrattuale sia stabilita in più di diciotto mesi, anche nel caso in cui sia prevista la facoltà del debitore di recedere dal rapporto in ogni momento. Non si fa comunque luogo a recuperi o a rimborsi di imposta.

 

Al riguardo giova ricordare che, considerato, come visto, che le operazioni di finanziamento effettuate dalle banche sono soggette ad un’imposta sostitutiva delle imposte d’atto se la loro durata contrattuale è superiore ai diciotto mesi (articolo 15, ultimo comma, del D.P.R.  29 settembre 973, n. 601), in proposito è stato sempre ritenuto, anche da parte dell’Amministrazione  finanziaria, che le clausole contrattuali che consentono al debitore di rimborsare il finanziamento anche prima del termine contrattualmente stabilito non inficiano il requisito di durata prescritto per l’applicazione dell’imposta sostitutiva, in quanto il debitore ha, per principio generale, facoltà di estinguere anticipatamente il proprio debito[177].

Si ritiene pertanto che non determinano il venir meno del prescritto requisito di durata le clausole contrattuali che prevedono espressamente la facoltà di anticipato scioglimento del vincolo, già previsto in base a norme generali di diritto comune.

Tuttavia, a seguito di un indirizzo giurisprudenziale che ha di recente affermato l’inapplicabilità del regime sostitutivo in presenza di clausole contrattuali che consentano l’anticipato rimborso da parte del debitore, diversi Uffici fiscali periferici hanno negato l’applicazione del regime sostitutivo a contratti di finanziamento a medio o lungo termine che non contengano una causa che impedisca al soggetto finanziato di recedere dal finanziamento prima del decorso di diciotto mesi ed un giorno.

Al riguardo si può ricordare, fra l’altro, che gli articoli 40 e 125 del TUB stabiliscono, nel caso rispettivamente del credito fondiario e del credito al consumo, la facoltà del finanziato di recedere in ogni momento dal rapporto.

 

Si segnala al riguardo la norma, di identico contenuto, recata dall’articolo 39 del provvedimento in esame, secondo cui l'articolo 15, ultimo comma, del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 601, va interpretato nel senso che si considerano a medio e lungo termine anche le operazioni di finanziamento, di durata contrattuale superiore ai diciotto mesi, in cui sia prevista la facoltà del debitore di recedere dal rapporto in ogni momento.

Anche se di identico contenuto, tuttavia, la norma recata dall’articolo 39, essendo di interpretazione autentica, esplica un effetto retroattivo, facendo quindi potenzialmente luogo a recuperi o a rimborsi di imposta.

Si rende pertanto opportuno un coordinamento della disposizione in esame con quella recata dall’articolo 39.

 

Il comma 2 dell’articolo 38 in esame interviene a modificare l'articolo 2, comma 1-bis, del decreto-legge 3 agosto 2004, n. 220, convertito, con modificazioni, dalla legge 19 ottobre 2004, n. 257.

Tale articolo, recante interpretazione autentica dell'articolo 1-bis, comma 6 del decreto-legge 12 luglio 2004, n. 168, ed altre disposizioni in materia di imposte sui mutui, stabilisce al comma 1-bis che le disposizioni di cui agli articoli 15, 17 e 18 del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 601, trovano applicazione anche con riferimento alle operazioni di mutuo relative all'acquisto di abitazioni poste in essere da enti, istituti, fondi e casse previdenziali nei confronti di propri dipendenti ed iscritti. La disposizione del periodo precedente si applica ai mutui erogati in base a contratti conclusi a decorrere dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto.

 

Il richiamato articolo 17 stabilisce che gli enti che effettuano le operazioni indicate negli articoli 15 e 16 sono tenuti a corrispondere, in luogo delle imposte di registro, di bollo, ipotecarie e catastali e delle tasse sulle concessioni governative, una imposta sostitutiva.

Per gli istituti di credito costituiti ai sensi dei decreti-legge 2 settembre 1919, n. 1627, 15 dicembre 1923, n. 3148 , e 20 maggio 1924, n. 731, degli artt. 14 e 18 del D.L. 29 luglio 1927, n. 1509 , dei decreti-legge 13 novembre 1931, n. 1398, e 2 giugno 1946, n. 491 , del D.Lgs. 15 dicembre 1947, n. 1418 , della L. 22 giugno 1950, n. 445 , dell'art. 17 della L. 25 luglio 1952, n. 949 , e delle leggi 12 marzo 1953, n. 208 , 11 aprile 1953, n. 298, e 31 luglio 1957, n. 742 , nonché per gli istituti autorizzati all'esercizio del credito fondiario in base al testo unico 16 luglio 1905, n. 646 , per gli istituti soggetti alla disciplina di cui al D.Lgs. 23 agosto 1946, n. 370 , per le sezioni autonome opere pubbliche di cui alle leggi 6 marzo 1950, n. 108, e 11 marzo 1958, n. 238, e per le sezioni interventi speciali di cui alle leggi 18 dicembre 1961, n. 1470, e 18 maggio 1973, n. 274 , l'imposta sostitutiva comprende anche le imposte di bollo e di registro, le imposte ipotecarie e catastali e le tasse sulle concessioni governative sugli altri atti ed operazioni che detti istituti pongono in essere per il loro funzionamento e per lo svolgimento della loro attività, in conformità alle norme legislative o agli statuti che li reggono, salvo quanto stabilito nel secondo comma dell'art. 15 per gli atti giudiziari e le cambiali.

 

Il richiamato articolo 18 (Aliquote e base imponibile dell'imposta sostitutiva) stabilisce che l'imposta sostitutiva si applica in ragione dello 0,75 per cento dell'ammontare complessivo dei finanziamenti di cui ai precedenti articoli 15 e 16 erogati in ciascun esercizio. Per i finanziamenti fatti mediante apertura di credito in conto corrente o in qualsiasi altra forma tecnica si tiene conto dell'ammontare del fido.

L'aliquota è ridotta allo 0,25 per cento per i finanziamenti previsti ai numeri 1), 2), 3), 4), 6) 8) e 9) dell'art. 16.

Qualora il finanziamento stesso non si riferisca all'acquisto della prima casa di abitazione, e delle relative pertinenze, l'aliquota si applica nella misura del 2 per cento dell'ammontare complessivo dei finanziamenti di cui all'articolo 15 erogati in ciascun esercizio.

Il comma 2 dell’articolo 38 in esame inserisce nel corpo del richiamato comma 1-bis una disposizione ai sensi della quale alle operazioni di mutuo finalizzate all'estinzione di mutui stipulati per l'acquisto della prima casa di abitazione, poste in essere da enti, istituti, fondi e casse previdenziali nei confronti dei propri dipendenti ed iscritti, si applica lo stesso trattamento previsto per i mutui oggetto di estinzione.

 

La norma è quindi volta a chiarire che il trattamento previsto per i mutui oggetto di estinzione si applica anche alle operazioni di mutuo finalizzate all'estinzione di mutui stipulati per l'acquisto della prima casa di abitazione, poste in essere da enti, istituti, fondi e casse previdenziali nei confronti dei propri dipendenti ed iscritti.

La norma sembrerebbe far riferimento all’applicazione della disciplina recata dall’articolo 7 del D.L. n. 7 del 2007, che contiene norme in tema di estinzione anticipata dei mutui immobiliari e divieto di clausole penali.

 

Il richiamato articolo 7 del D.L. n. 7 del 2007 (Misure urgenti per la tutela dei consumatori, la promozione della concorrenza, lo sviluppo di attività economiche, la nascita di nuove imprese, la valorizzazione dell'istruzione tecnico-professionale e la rottamazione di autoveicoli) reca norme in tema di estinzione anticipata dei mutui immobiliari e divieto di clausole penali.

Nel dettaglio il comma 1 stabilisce che sia nullo qualunque patto, anche posteriore alla conclusione del contratto, ivi incluse le clausole penali, con cui si convenga che il mutuatario, che richieda l'estinzione anticipata o parziale di un contratto di mutuo per l'acquisto o per la ristrutturazione di unità immobiliari adibite ad abitazione ovvero allo svolgimento della propria attività economica o professionale da parte di persone fisiche, sia tenuto ad una determinata prestazione a favore del soggetto mutuante.

Secondo il comma 2, le clausole apposte in violazione del divieto di cui al comma 1 sono nulle di diritto e non comportano la nullità del contratto.

Secondo il comma 3, le disposizioni di cui ai commi 1 e 2 si applicano ai contratti di mutuo stipulati a decorrere dalla data di entrata in vigore del presente decreto.

Ai sensi del comma 5, l'Associazione bancaria italiana e le associazioni dei consumatori rappresentative a livello nazionale, ai sensi dell'articolo 137 del codice del consumo di cui al decreto legislativo 6 settembre 2005, n. 206, definiscono, entro tre mesi dalla data di entrata in vigore del presente decreto, le regole generali di riconduzione ad equità dei contratti di mutuo in essere mediante, in particolare, la determinazione della misura massima dell'importo della penale dovuta per il caso di estinzione anticipata o parziale del mutuo. Secondo il comma 6, in caso di mancato raggiungimento dell'accordo di cui al comma 5, la misura della penale idonea alla riconduzione ad equità è stabilita entro trenta giorni dalla Banca d'Italia e costituisce norma imperativa ai sensi dell'articolo 1419, secondo comma, del codice civile ai fini della rinegoziazione dei contratti di mutuo in essere. Ai sensi del comma 7, in ogni caso i soggetti mutuanti non possono rifiutare la rinegoziazione dei contratti di mutuo stipulati prima della data di entrata in vigore del presente decreto, nei casi in cui il debitore proponga la riduzione dell'importo della penale entro i limiti stabiliti ai sensi dei commi 5 e 6.

 

 


Articolo 39
Interpretazione autentica in materia di durata
delle operazioni di finanziamento

 

TESTO
del disegno di legge

TESTO
della Commissione

 

Art. 39.

(Interpretazione autentica in materia di durata delle operazioni di finanziamento).

 

 

      1. Dopo il comma 4-bis dell'articolo 8 del decreto-legge 31 gennaio 2007, n. 7, convertito, con modificazioni, dalla legge 2 aprile 2007, n. 40, è aggiunto, in fine, il seguente comma:

 

 

      «4-bis.1 L'articolo 15, ultimo comma, del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 601, va interpretato nel senso che si considerano a medio e lungo termine anche le operazioni di finanziamento, di durata contrattuale superiore ai diciotto mesi, in cui sia prevista la facoltà del debitore di recedere dal rapporto in ogni momento».

 

 

 

 

 

L’articolo 39 in esame, introdotto dalla Commissione, inserendo un comma 4-bis.1 nell'articolo 8 del decreto-legge 31 gennaio 2007, n. 7, in tema di portabilità del mutuo e surrogazione, è volto a chiarire che sono soggette ad un’imposta sostitutiva delle imposte d’atto le operazioni di finanziamento effettuate dalle banche se la loro durata contrattuale è superiore ai diciotto mesi, anche nei casi in cui sia prevista la facoltà del debitore di recedere dal rapporto in ogni momento.

 

Al riguardo, giova ricordare che le operazioni di finanziamento effettuate dalle banche sono soggette ad un’imposta sostitutiva delle imposte d’atto se la loro durata contrattuale è superiore ai diciotto mesi (cfr. articolo 15, ultimo comma,  del d.P.R.  29 settembre 973, n. 601).

In proposito è stato sempre ritenuto, anche da parte dell’Amministrazione  finanziaria, che le clausole contrattuali che consentono al debitore di rimborsare il finanziamento anche prima del termine contrattualmente stabilito non inficiano il requisito di durata prescritto per l’applicazione dell’imposta sostitutiva, in quanto il debitore ha, per principio generale, facoltà di estinguere anticipatamente il proprio debito[178].

Si ritiene pertanto che non determinano il venir meno del prescritto requisito di durata le clausole contrattuali che prevedono espressamente la facoltà di anticipato scioglimento del vincolo, già previsto in base a norme generali di diritto comune.

Tuttavia, a seguito di un indirizzo giurisprudenziale che ha di recente affermato l’inapplicabilità del regime sostitutivo in presenza di clausole contrattuali che consentano l’anticipato rimborso da parte del debitore, diversi Uffici fiscali periferici hanno negato l’applicazione del regime sostitutivo a contratti di finanziamento a medio o lungo termine che non contengano una causa che impedisca al soggetto finanziato di recedere dal finanziamento prima del decorso di diciotto mesi ed un giorno.

Al riguardo si può ricordare, fra l’altro, che gli articoli 40 e 125 del TUB stabiliscono, nel caso rispettivamente del credito fondiario e del credito al consumo, la facoltà del finanziato di recedere in ogni momento dal rapporto.

 

La norma recata dall’articolo 39 in esame appare quindi diretta ad evitare che, per non vedersi negato il regime sostitutivo, vengano adottate formulazioni contrattuali contrastanti con le suddette norme, chiarendo che l’ultimo comma dell’articolo 15 del d.P.R. n. 601, in conformità con i principi di diritto comune e di diritto bancario, va interpretato nel senso che le clausole contrattuali che stabiliscano il diritto del debitore di rimborsare il debito in ogni tempo (anche prima del decorso di un termine superiore ai diciotto mesi) non determinano il venir meno del requisito temporale richiesto per l’applicazione del regime sostitutivo d’imposta. 

 

Si segnala al riguardo la norma recata dall’articolo 38, comma 1, del provvedimento in esame, che sempre all'articolo 15, terzo comma, del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 601 aggiunge, in fine, le seguenti parole: «, anche nel caso in cui sia prevista la facoltà del debitore di recedere dal rapporto in ogni momento. Non si fa comunque luogo a recuperi o a rimborsi di imposta».

Anche se di identico contenuto, tuttavia, la norma recata dall’articolo 38, non essendo di interpretazione autentica, non esplica un effetto retroattivo, facendo anzi divieto di procedere a potenziali recuperi o rimborsi di imposta.

Si rende pertanto opportuno un coordinamento della disposizione in esame con quella recata dall’articolo 38.

 

 

 


Articolo 40
Disposizioni sui prestiti vitalizi ipotecari

 

TESTO
del disegno di legge

TESTO
della Commissione

 

Art. 40.

(Disposizioni sui prestiti vitalizi ipotecari).

 

 

      1. Le disposizioni di cui agli articoli 15, 17, 18 e 20 del decreto del Presidente della

 

 

Repubblica 29 settembre 1973, n. 601, e successive modificazioni, sono estese ai prestiti vitalizi ipotecari erogati da parte degli intermediari finanziari di cui all'articolo 106 del testo unico di cui al decreto legislativo 1o settembre 1993 n. 385, se il netto ricavato del finanziamento è destinato: a contributi per l'acquisto della prima casa in favore di parenti dei mutuatari fino al secondo grado incluso; al pagamento di spese per l'assistenza domiciliare di anziani e persone disabili; al pagamento di spese di ristrutturazione straordinaria dell'immobile di residenza dei mutuatari; al rimborso di prestiti con piani di ammortamento rateali a carico dei contraenti.

 

 

      2. Dopo il comma 12 dell'articolo 11-quaterdecies del decreto-legge 30 settembre 2005, n. 203, convertito, con modificazioni, dalla legge 2 dicembre 2005, n. 248, è inserito il seguente:

 

 

      «12-bis. I proprietari dell'immobile ipotecato concedono al soggetto finanziatore mandato con rappresentanza a vendere l'immobile, con esecuzione successiva alla durata della vita dei mandanti, purché trascorsi almeno sei mesi dalla data di esigibilità del credito ed entro il terzo anno dalla data di scadenza del finanziamento. Il mandato é concesso anche nell'interesse del mandatario, e si estingue con il rimborso integrale del finanziamento. La vendita deve essere effettuata ad un prezzo non inferiore al valore dell'immobile individuato da un perito nominato dal presidente del tribunale del luogo in cui è situato l'immobile. Il prezzo minimo di vendita si intende ridotto del 10 per cento se l'immobile è rimasto invenduto trascorsi dodici mesi dalla data di scadenza del finanziamento, e di un ulteriore 10 per cento per ogni ulteriore semestre. La notificazione dell'istanza per la nomina del perito e dell'intenzione di vendere deve farsi almeno sessanta giorni prima della vendita agli eredi del mandatario. In caso di eredità giacente la vendita deve essere autorizzata dal tribunale del circondario in cui si è aperta la successione.

 

 

La differenza tra il ricavo netto della vendita e quanto dovuto al soggetto finanziatore spetta agli eredi del mandante o aventi causa, ed è messa a loro disposizione anche a mezzo di deposito vincolato presso un istituto di credito. Il soggetto finanziatore non può rivalersi nei confronti degli eredi o aventi causa se il ricavo netto della vendita in esecuzione del mandato non è sufficiente per l'estinzione del prestito. Nei confronti dell'acquirente dell'immobile non hanno effetto le domande giudiziali di cui all'articolo 2652, primo comma, n. 7) e n. 8), del codice civile trascritte successivamente alla trascrizione dell'acquisto. Agli effetti dei diritti di scritturato e degli emolumenti ipotecari, nonché dei compensi e dei diritti spettanti al notaio alla stipula, gli atti e le formalità ipotecari, anche di annotazione, si considerano come una stipula, una sola operazione sui registri immobiliari e un solo certificato. Gli onorari notarili sono ridotti alla metà.

 

 

 

L’articolo 40, introdotto nel corso dell’esame presso la Commissione Attività produttive, reca disposizioni in materia di prestito vitalizio ipotecario, dirette ad agevolare la diffusione, fino ad oggi limitata, dell’istituto.

 

Il prestito vitalizio ipotecario, di cui all’articolo 11-quaterdecies, comma 12, del D.L. 30 settembre 2005, n. 203, convertito, con modificazioni, dalla legge 2 dicembre 2005, n. 248, è concesso a persone fisiche ultrasessantacinquenni da aziende ed istituti di credito e da intermediari finanziari, iscritti all’elenco generale di cui all’articolo 106 del D.Lgs. 1° settembre 1993, n. 385 (Testo unico bancario – TUB). Il prestito, che è garantito da ipoteca di primo grado su immobili residenziali ed è considerato finanziamento a medio e lungo termine, prevede la capitalizzazione annuale di interessi e spese e il rimborso in unica soluzione alla scadenza, ossia alla morte del debitore.

 

Il comma 1 dispone l’applicazione al prestito in questione, quando questo è erogato dagli intermediari finanziari diversi dalle aziende e dagli istituti di credito, dell’imposta sostitutiva prevista per i finanziamenti a medio e lungo termine dagli articoli 15, 17, 18 e 20 del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 601.

L’imposta sostitutiva si applica a condizione che il prestito abbia una delle seguenti finalità:

-       contributi per l'acquisto della prima casa in favore di parenti entro il secondo grado[179] dei mutuatari.

Si potrebbe chiarire se la stessa agevolazione vada riconosciuta anche ai prestiti destinati all’acquisto della prima casa da parte degli stessi mutuatari;

-       pagamento di spese per l'assistenza domiciliare di anziani e persone disabili. In tal caso non si richiede rapporto di parentela tra l’anziano o il disabile da una parte e i mutuatari dall’altra;

-       pagamento di spese di ristrutturazione straordinaria dell'immobile di residenza dei mutuatari;

-       rimborso di prestiti con piani di ammortamento rateali a carico dei mutuatari.

 

Si ricorda che i citati articoli 15, 17, 18 e 20 del D.P.R. n. 601 del 1973 prevedono l’esenzione dalle imposte di registro, di bollo, ipotecarie, catastali e dalle tasse sulle concessioni governative per le operazioni di finanziamento con durata contrattuale superiore a diciotto mesi effettuate da aziende e istituti di credito e da loro sezioni o gestioni. Sono esclusi dall’esenzione gli atti giudiziari e le cambiali relativi ai suddetti finanziamenti. In luogo delle sopra indicate imposte e tasse si applica un’imposta sostitutiva la cui aliquota è fissata nella misura dello 0,25 per cento o del 2 per cento per i finanziamenti erogati per l'acquisto, la costruzione o la ristrutturazione di immobili ad uso abitativo, e relative pertinenze, diversi dalla prima casa.

 

Il comma 2 dell’articolo 40, inserendo un comma aggiuntivo, il 12-bis, al citato articolo 11-quaterdecies del D.L. n. 203 del 2005, disciplina una procedura per la vendita dell’immobile ipotecato in caso di mancata restituzione del finanziamento.

 

Come sopra indicato, il prestito vitalizio, maggiorato degli interessi e delle spese, capitalizzati annualmente, deve essere restituito, alla morte del debitore, dagli eredi[180] di quest’ultimo. Nel caso in cui il pagamento non avvenga spontaneamente, il creditore deve avviare una procedura esecutiva rivalendosi sull’immobile ipotecato. Il procedimento disciplinato dal comma in esame prevede uno strumento ulteriore rispetto alla procedura esecutiva, i cui tempi di conclusione sono notevolmente lunghi.

Si prevede che i proprietari dell’immobile ipotecato, i quali, anche se non espressamente indicato, sono i soggetti ultrasessantacinquenni che ottengono il prestito, concedano al finanziatore un mandato con rappresentanza a vendere l’immobile ipotecato, da eseguire successivamente alla loro morte e precisamente non prima che sia decorsi sei mesi da tale evento. Il mandato si estingue allo scadere del terzo anno dalla morte del mandante.

Si osserva che la norma utilizza due espressioni diverse: “data di esigibilità del credito” e “data di scadenza del finanziamento”. Si ritiene che entrambe le espressioni si riferiscano allo stesso evento, ovvero alla morte del soggetto che ha ottenuto il prestito.

Il mandato è concesso anche nell’interesse del mandatario (il soggetto finanziatore), e si estingue qualora il finanziamento venga integralmente rimborsato.

Si ricorda che, ai sensi del secondo comma dell’articolo 1723 cod. civ., il mandato conferito anche nell'interesse del mandatario non si estingue per revoca da parte del mandante, salvo che sia diversamente stabilito o ricorra una giusta causa. Non si estingue inoltre per morte o per sopravvenuta incapacità del mandante.

A garanzia del proprietario, la norma prevede che il prezzo al quale deve essere venduto l’immobile non deve essere inferiore a quello fissato da un perito nominato dal presidente del tribunale del luogo in cui è situato l’immobile. Si prevede inoltre che la vendita può essere effettuata ad un prezzo ridotto del 10 per cento rispetto a quello fissato dal perito se l’immobile è rimasto invenduto trascorsi dodici mesi dalla morte del soggetto finanziato e di un ulteriore dieci per cento per ogni semestre successivo.

Non si può precedere alla vendita prima che siano trascorsi sessanta giorni dalla notifica agli eredi dell’istanza per la nomina del perito e dell’intenzione di vendere.

La norma riferisce la notifica agli “eredi del mandatario”, ovvero del finanziatore, mentre tale notifica dovrebbe essere fatta agli “eredi del mandante”, ovvero del soggetto che ha ottenuto il prestito.

In caso di eredità giacente la vendita deve essere autorizzata dal tribunale del circondario in cui si è aperta la successione[181].

Si ricorda che il tribunale del circondario in cui si è aperta la successione è competente a nominare il curatore dell’eredità giacente (articolo 528 cod. civ.). Quest’ultimo provvede al pagamento dei debiti ereditari e dei legati, previa autorizzazione dello stesso tribunale (articolo 530 cod.civ.).

Gli eredi o aventi causa del soggetto finanziato hanno diritto alla differenza tra il ricavo netto della vendita e quanto dovuto al soggetto finanziatore, il quale mette a loro disposizione quanto spettante, anche a mezzo di deposito vincolato presso un istituto di credito. In caso di insufficienza del ricavato della vendita per l’estinzione del prestito, il finanziatore non può rivalersi nei confronti degli eredi o aventi causa.

L’acquirente dell’immobile è tutelato nei confronti delle domande giudiziali con le quali si contesta il fondamento di un acquisto a causa di morte [articolo 2652, primo comma, n. 7), cod. civ.] e di quelle di riduzione delle donazioni e delle disposizioni testamentarie per lesione di legittima [n. 8) della disposizione citata].

Si prevede infine che gli atti e le formalità ipotecarie, anche di annotazione, si considerano come una sola stipula, una sola operazione sui registri immobiliari e un solo certificato, agli effetti dei diritti di scritturato,degli emolumenti ipotecari, e dei compensi e diritti spettanti al notaio. Gli onorari notarili sono ridotti alla metà.

 

 

 

 


Articolo 41
Delega al Governo in materia di modernizzazione
degli strumenti di pagamento

 

TESTO
del disegno di legge

TESTO
della Commissione

Art. 33.

(Delega al Governo in materia di modernizzazione degli strumenti di pagamento).

Art. 41.

(Delega al Governo in materia di modernizzazione degli strumenti di pagamento).

 

      1. Al fine di favorire la modernizzazione degli strumenti di pagamento, riducendo i costi finanziari e amministrativi derivanti dalla gestione del denaro contante e dei titoli di credito cartacei, il Governo è delegato ad adottare, entro un anno dalla data di entrata in vigore della presente legge, uno o più decreti legislativi, concernenti il riordino della disciplina in materia di sistemi di pagamento, con l'osservanza dei seguenti princìpi e criteri direttivi:

      1. Identico.

 

          a) progressiva introduzione, a carico delle pubbliche amministrazioni e senza ulteriori oneri, dell'obbligo di accettare pagamenti tramite moneta elettronica, nonché attraverso servizi telematici e telefonici, previa stipulazione di convenzioni, tramite procedura competitiva, con banche e loro associazioni, volte ad escludere che dall'applicazione delle disposizioni dei medesimi decreti legislativi derivino oneri o aggravi finanziari per i cittadini e per l'amministrazione;

 

 

          b) graduale estensione dell'obbligo di cui alla lettera a) ai soggetti incaricati di servizi pubblici, alle banche, alle assicurazioni e ad altri soggetti appartenenti a specifiche categorie economiche;

 

 

          c) introduzione di una soglia massima oltre la quale lo stipendio, la pensione e i compensi comunque corrisposti in via continuativa a prestatori d'opera non possono essere erogati in contanti o con assegni;

 

 

          d) previsione di misure per agevolare i pagamenti delle pubbliche amministrazioni con strumenti diversi dal denaro contante e dagli assegni;

 

 

          e) introduzione di incentivi, anche di natura fiscale, nell'invarianza del gettito, per favorire l'acquisto, anche da parte dei soggetti privati, di strumenti idonei a consentire la ricezione di pagamenti tramite moneta elettronica;

 

 

          f) revisione, nell'invarianza del gettito, della disciplina concernente l'imposta di bollo sui documenti relativi alle operazioni bancarie, rendendo più favorevole il trattamento tributario delle operazioni effettuate in via telematica ed elettronica e della tenuta di conti correnti caratterizzati da ridotto rilievo finanziario e da limitato impatto amministrativo;

 

 

          g) superamento progressivo dell'obbligo di trasmissione dell'elenco dei clienti e dei fornitori in ragione della graduale introduzione dell'emissione della fattura in forma elettronica;

 

 

          h) individuazione di strumenti idonei a ridurre i costi amministrativi a carico degli operatori e i costi amministrativi e finanziari a carico degli utenti, connessi all'utilizzo di moderni sistemi di pagamento, anche mediante la semplificazione delle procedure, da realizzare in via regolamentare o con l'adozione di provvedimenti amministrativi generali e in coordinamento con le autorità che regolano il settore;

 

 

          i) coordinamento della nuova disciplina con le disposizioni vigenti;

 

 

          l) introduzione di una adeguata normativa transitoria volta a regolamentare il passaggio alla nuova disciplina;

 

 

          m) previsione dell'autorizzazione in favore degli enti nazionali di previdenza e assistenza sociale a stipulare, senza maggiori oneri per la finanza pubblica, apposite convenzioni con la società Poste italiane Spa o con banche, alle condizioni di cui alla lettera a), per la distribuzione di carte di pagamento che consentano ai titolari delle prestazioni dei medesimi enti la riscossione delle somme loro spettanti presso gli sportelli automatici degli uffici postali e delle banche.

 

 

      2. Gli schemi dei decreti legislativi di cui al comma 1 sono trasmessi alle Camere per l'acquisizione dei pareri delle competenti Commissioni parlamentari, le quali si esprimono entro trenta giorni dall'assegnazione.

      2. Identico.

 

      3. Decorso il termine di cui al comma 2 senza che le Commissioni parlamentari abbiano espresso i pareri di rispettiva competenza, i decreti legislativi possono essere comunque adottati.

      3. Identico.

 

      4. Nei due anni successivi alla data di entrata in vigore dei decreti legislativi possono essere adottati, nel rispetto dei princìpi e criteri direttivi e delle procedure di cui al presente articolo, uno o più decreti legislativi recanti disposizioni integrative e correttive, nonché tutte le modificazioni necessarie per il migliore coordinamento normativo.

      4. Identico.

 

      5. Dall'attuazione delle deleghe di cui al presente articolo e di cui all'articolo 21 non devono complessivamente derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.

      5. Dall'attuazione delle deleghe di cui al presente articolo e di cui all'articolo 20 non devono complessivamente derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.

 

      6. Le regole tecniche per l'attuazione dei decreti legislativi di cui al comma 1 sono adottate con le modalità e secondo le procedure previste dall'articolo 71, commi 1 e 1-ter, del codice dell'amministrazione digitale, di cui al decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82, e successive modificazioni.

      6. Identico.

 

 

 

1. L’esigenza di modernizzazione degli strumenti di pagamento e la spinta verso una maggiore diffusione della monetica

Il comma 1 dell’articolo 41 in esame delega il Governo ad adottare, entro un anno dalla data di entrata in vigore del presente provvedimento, apposite misure legislative per favorire la modernizzazione degli strumenti di pagamento, al fine di ridurre i costi finanziari e amministrativi derivanti dalla gestione del denaro contante e dei titoli di credito cartacei.

 

Secondo la relazione illustrativa al provvedimento, infatti, l'attuale sistema dei pagamenti appare caratterizzato “da un uso eccessivo di strumenti «materiali», come denaro contante e assegni. La norma, pertanto, detta i princìpi cui il Governo dovrà attenersi per delineare un nuovo quadro normativo che conduca alla progressiva estensione di un sistema di pagamenti caratterizzato dall'utilizzo di strumenti elettronici. Le innovazioni consentiranno, con innegabile vantaggio per gli utenti e per gli operatori, l'abbattimento dei costi connessi alla gestione materiale del denaro. In tale ottica, il perseguimento dell'obiettivo posto dalla norma di delega consentirà, inoltre, di colmare la distanza che esiste attualmente tra l'Italia e gli altri Paesi europei, ove l'utilizzo dei sistemi elettronici di pagamento ha quasi del tutto sostituito l'uso del contante.”.

 

Con riguardo al grado di innovazione negli strumenti di pagamento esistente nel nostro Paese, la Relazione annuale del Governatore della Banca d’Italia per il 2005[182] rileva che “la diffusione della moneta elettronica e delle carte prepagate bancarie e postali è notevolmente aumentata: alla fine del 2005 risultavano in essere 3,3 milioni di strumenti prepagati (pari all’11,4 per cento delle carte di credito in circolazione), oltre 4 milioni includendo quelli emessi da istituti operanti in Italia in regime di libera prestazione di servizi. La diffusione di tali strumenti è accompagnata da una crescita ancora più significativa del loro utilizzo (circa 20 milioni di operazioni nel 2005 contro 11 nel 2004) nonché dell’importo medio delle transazioni (circa 79 euro a fronte di 61 nel 2004)[183]. I pagamenti in internet continuano a crescere più di quelli eseguiti per il tramite di altri canali. L’incremento è trainato dai bonifici disposti in rete (35 milioni), aumentati del 52 per cento rispetto al 2004, che rappresentano l’8,5 per cento del totale delle operazioni con bonifico; seguono le operazioni in internet con carte di credito, salite del 27 per cento. Sebbene meno numerose in valore assoluto, le operazioni di pagamento in rete con carte prepagate e moneta elettronica (oltre 7 milioni) sono triplicate, fenomeno quasi esclusivamente attribuibile all’utilizzo in internet delle carte prepagate postali. Relativamente alla composizione dei diversi strumenti telematici, lo spostamento delle preferenze delle famiglie e delle imprese verso i bonifici in rete appare congruente con i costi relativi dei canali e degli strumenti di pagamento[184] e con la progressiva diffusione dell’e-banking tra la clientela bancaria. Tali tendenze trovano conferma nei risultati delle indagini condotte dalla Banca d’Italia sull’uso dei pagamenti elettronici da parte delle famiglie e delle imprese.”.

 

Nel confronto con la situazione europea, si osserva[185] che “nell’Eurosistema la quota percentuale di pagamenti “non cash” regolati con carta rispetto al totale delle transazioni “non cash”, era solo dell’8 per cento nel 1990. In poco meno di quindici anni quella percentuale è salita al 29 per cento. In Italia lo sviluppo di questo strumento è stato ancora più sorprendente perché nello stesso periodo la quota dei pagamenti con carte è salita dal 3 al 34 per cento. Oggi in Italia sono installati 17 POS ogni mille abitante, un livello superiore ai 15 della media europea. L’esperienza degli Stati Uniti e del Regno Unito mostra che vi sono ulteriori spazi di crescita perché in quei paesi la quota dei pagamenti con carte sull’insieme dei pagamenti non cash ha raggiunto quasi il 50 per cento, grazie anche alla complementarietà con il mercato dei pagamenti su Internet.”.

 

Con riguardo alla posizione dell’Eurosistema, è attualmente in corso di realizzazione Il progetto SEPA (Single Euro Payments Area), promosso dalle banche europee e supportato dal SEBC, finalizzato alla creazione di un’area unica per i pagamenti al dettaglio, mediante la realizzazione di strumenti e infrastrutture paneuropei basati su standard condivisi.

 

In particolare, si segnala[186] che “nel corso del 2006, lo European Payment Council (EPC), l’organismo espressione della comunità bancaria europea responsabile del progetto SEPA, ha definito la cornice di riferimento per gli schemi con requisiti europei, il cosiddetto SEPA Card Framework, volto a individuare standard comuni nelle diverse fasi di cui si compone il ciclo di pagamento con carte. La Commissione europea ha pubblicato un rapporto sulle carte, Sector Inquiry Report on Cards, concentrandosi principalmente sulla struttura e sul livello delle tariffe e dei costi associati agli schemi internazionali e nazionali di carte. Da ultimo, l’Eurosistema ha reso esplicite le proprie aspettative nel documento  “Eurosystem’s view of a SEPA for cards”. L’Eurosistema vede ovviamente una grande opportunità nella SEPA. L’integrazione dei mercati in Europa, attraverso la creazione di comuni infrastrutture, e la standardizzazione di alcune procedure eliminerebbero segmentazioni tuttora esistenti. Queste segmentazioni mantengono elevato il costo dei pagamenti transfrontalieri e incidono negativamente sulla competitività dell’economia europea.”. 

 

A livello nazionale la Banca d’Italia, quale autorità di vigilanza sul sistema dei pagamenti nazionale, è direttamente impegnata nella SEPA sia come componente dell’Eurosistema sia nel suo ruolo di gestore del Servizio di Tesoreria dello Stato e del sistema di compensazione e regolamento dei pagamenti al dettaglio (BI-COMP)[187].

Al fine di accompagnare l’introduzione della moneta unica con la creazione di un sistema integrato per la circolazione della moneta in Europa, il progetto SEPA ha come obiettivo finale quello di consentire ai cittadini europei di effettuare pagamenti all’interno dell’area dell’euro in condizioni di efficienza e sicurezza non inferiori a quelle oggi esistenti nei singoli paesi, e di fare in modo che ogni cliente possa accedere al proprio conto indipendentemente dal luogo fisico in cui opera e movimentare quel conto per ogni pagamento nell’area dell’euro. Mediante la standardizzazione dei servizi e degli strumenti elettronici di pagamento e la realizzazione di modalità di collegamento tra le infrastrutture di compensazione, la SEPA dovrebbe far sorgere procedure unificate di pagamento per tutta l’area dell’euro.

 

Con riguardo in particolare al ruolo della Pubblica Amministrazione, si osserva[188] che essa “può assumere una funzione di guida nel processo di migrazione vero i nuovi standard delle varie piazze nazionali, fungendo da volano al successo dell’iniziativa. In Italia i pagamenti pubblici rappresentano una quota elevata del totale dei pagamenti.”

 

Nell’ultimo triennio la sola tesoreria statale ha immesso nel sistema nazionale circa 45 milioni di bonifici al dettaglio all’anno, il 13 per cento del totale dei bonifici. Di questi però solo circa 30.000 riguardano operazioni cross-border. Per la PA inoltre la realizzazione della SEPA può offrire un’ occasione unica per migliorare la qualità dei servizi offerti al pubblico. L’automazione dei cicli di pagamento è direttamente collegata all’informatizzazione dei sistemi amministrativi, presupposto indispensabile per un miglioramento della qualità dei servizi amministrativi[189].

 

Per quanto concerne il grado di automazione dei pagamenti pubblici in Italia si rileva[190] che “oggi il livello di automazione dei cicli di pagamento del settore pubblico si presenta diversificato. Presso le Amministrazioni Statali l’utilizzo dell’ICT è abbastanza diffuso, così come le iniziative per la realizzazione dell’e-government nel settore dei pagamenti pubblici. Le innovazioni realizzate nel corso degli ultimi anni sono state accompagnate da una semplificazione dei processi amministrativi, la dematerializzazione dei documenti giustificativi della spesa, l’introduzione di vincoli temporali per il riconoscimento delle somme ai creditori. La principale innovazione è stata la costituzione nel 2001 del SIPA (Sistema Informatizzato per i pagamenti della P.A.) che collega la rete del sistema pubblico con quella nazionale interbancaria e la conseguente introduzione nel 2003 di procedure telematiche per il pagamento degli stipendi al personale statale. Attualmente oltre il 90 per cento dei pagamenti statali è automatizzato e raggiunge direttamente il beneficiario, mediante bonifico, senza più richiedere interventi da parte della banca del beneficiario. I progressi sono stati notevoli anche sul versante delle entrate. L’introduzione, con una legge del 1997, delle modalità di versamento unificato ha razionalizzato l’acquisizione delle entrate e introdotto modalità telematiche per il regolamento degli introiti. Nel complesso, i tempi dei pagamenti statali negli ultimi cinque anni si sono più che dimezzati. Il processo è però ancora incompleto perché alcune specie di pagamento continuano a essere gestiti con modalità cartacee.

 

A livello normativo, si ricorda che nella legge finanziaria per il 2007 (legge 27 dicembre 2006, n. 296) è stata inserita una misura diretta a unificare le procedure di pagamento degli stipendi del personale statale, facendole confluire in un unico canale telematico e in tal modo conseguire un notevole snellimento delle procedure.

 

Il comma 446 dell’articolo 1 della citata legge finanziaria per il 2007 dispone infatti che allo scopo di razionalizzare, omogeneizzare ed eliminare duplicazioni e sovrapposizioni degli adempimenti e dei servizi della pubblica amministrazione per il personale e per favorire il monitoraggio della spesa del personale, tutte le amministrazioni dello Stato, ad eccezione delle Forze armate compresa l'Arma dei carabinieri, per il pagamento degli stipendi si avvalgono delle procedure informatiche e dei servizi del Ministero dell'economia e delle finanze - Dipartimento dell'amministrazione generale, del personale e dei servizi del tesoro.

 

Inoltre, la legge finanziaria per il 2007 ha aperto la strada all’utilizzo di carte d’acquisto elettroniche.

 

Il comma 451 dell’articolo 1 della citata legge finanziaria per il 2007 dispone infatti che il Ministero dell'economia e delle finanze è autorizzato, anche in deroga alla normativa vigente, a sperimentare l'introduzione della carta di acquisto elettronica per i pagamenti di limitato importo relativi agli acquisti di beni e servizi. Successivamente, con regole tecniche da emanare ai sensi degli articoli 38 e 71 del codice dell'amministrazione digitale, di cui al decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82, è disciplinata l'introduzione dei predetti sistemi di pagamento per la pubblica amministrazione.

 

Come in altre esperienze straniere, da esso potrebbero scaturire significativi risparmi nel tempo medio delle procedure di pagamento e nei costi di gestione[191].

 

Il “Codice dell’amministrazione digitale”, recato dal D.Lgs. 82/2005, come modificato dal D.Lgs 159/2006, promuove fra l’altro l’utilizzo di strumenti informatici per i pagamenti che coinvolgono la Pubblica Amministrazione, nonché lo sviluppo di portali interattivi.

 

Si ricorda infine che, a livello normativo comunitario, sul settore influirà in misura determinante la Payment Services Directive (PSD). La proposta di direttiva, introducendo una comune cornice normativa per i servizi di pagamento europei, potrà fornire il quadro di riferimento certo di cui gli operatori hanno bisogno per realizzare gli investimenti necessari, in coerenza con la SEPA. Sarà importante un suo recepimento negli ordinamenti nazionali in tempi brevi e nel modo più uniforme possibile. In particolare, la proposta di direttiva prevede una nuova figura di intermediario comunitario – la cosiddetta Payment Institution (PI) – abilitato a svolgere un’ampia gamma di attività di pagamento. La nuova normativa europea tende ad assicurare un aumento della competizione nel settore e la stabilità degli intermediari specializzati nell’offerta di servizi di pagamento, richiedendo il rispetto di requisiti prudenziali  commisurati ai rischi assunti qualora questi abbiano un rilievo significativo.

2. I principi e criteri direttivi indicati dalla norma di delega legislativa

Il comma 1 dell’articolo 41 in esame indica i principi e criteri direttivi che il Governo dovrà seguire nell’emanazione di uno o più decreti legislativi concernenti il riordino della disciplina in materia di sistemi di pagamento.

 

Nel dettaglio, la lettera a) del comma 1 indica, quale primo criterio, la progressiva introduzione, a carico delle pubbliche amministrazioni e senza ulteriori oneri, dell'obbligo di accettare pagamenti tramite moneta elettronica, nonché attraverso servizi telematici e telefonici.

A tal fine, la pubblica amministrazione dovrà provvedere alla stipulazione di convenzioni con banche e loro associazioni, volte ad escludere che dall'applicazione delle disposizioni dei medesimi decreti legislativi derivino oneri o aggravi finanziari per i cittadini e per l'amministrazione. La stipulazione di convenzioni dovrà avvenire tramite procedura competitiva.

 

Si rileva l’utilizzo atecnico della nozione di “moneta elettronica”, che, ai sensi dell’articolo 1, comma 1, lettera h-ter), del testo unico bancario di cui al d.lgs. n. 385 del 1993, indica un “valore monetario rappresentato da un credito nei confronti dell'emittente che sia memorizzato su un dispositivo elettronico, emesso previa ricezione di fondi di valore non inferiore al valore monetario emesso e accettato come mezzo di pagamento da soggetti diversi dall'emittente”. Ciò escluderebbe, ad esempio, dalla disciplina in esame le carte di credito.

 

La lettera b) del comma 1 prevede che l'obbligo di cui alla lettera a) sia gradualmente esteso:

a)      ai soggetti incaricati di servizi pubblici;

b)      alle banche;

c)      alle assicurazioni;

d)      ad altri soggetti appartenenti a specifiche categorie economiche.

 

Si rileva l’eccessiva genericità, ai fini dell’esercizio della delega, dell’espressione “specifiche categorie economiche”.

 

La lettera c)del comma 1 stabilisce l’introduzione di una soglia massima oltre la quale non possono essere erogati in contanti o con assegni:

a)      lo stipendio;

b)       la pensione;

c)      i compensi comunque corrisposti in via continuativa a prestatori d'opera.

 

Si ricorda che il comma 69 della legge finanziaria per il 2007 è intervenuto sui termini per l’applicazione graduale delle nuove disposizioni le quali prescrivono che i compensi in denaro per l’esercizio di arti e professioni vengano riscossi esclusivamente attraverso assegni non trasferibili, bonifici, oppure altre modalità di pagamento bancario o postale, nonché mediante sistemi di pagamento elettronico.

Il comma 12 dell’articolo 35 del decreto-legge 4 luglio 2006, n. 223, convertito, con modificazioni, dalla legge 4 agosto 2006, n. 248, ha aggiunto infatti i commi 3 e 4 all’articolo 19 del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600.

Per effetto di questa aggiunta, gli esercenti arti o professioni, anche in forma associata, hanno l’obbligo di tenere uno o più conti correnti bancari o postali, in cui debbono far affluire le somme riscosse nell’esercizio dell’attività ed effettuare i prelevamenti per il pagamento delle spese.

È altresì previsto che i compensi in denaro per l’esercizio di arti e professioni vengano riscossi esclusivamente attraverso assegni non trasferibili, bonifici, oppure altre modalità di pagamento bancario o postale, nonché mediante sistemi di pagamento elettronico. Quest’ultima previsione non si applica quando il pagamento consista in un importo unitario inferiore a 100 euro. Il comma 12-bis del medesimo articolo 35 – nella versione previgente – modulava l’entrata a regime del precedente comma 12, stabilendo che, fino al 30 giugno 2007, il limite sia stabilito in 1.000 euro, dal 1° luglio 2007 fino al 30 giugno 2008 in 500 euro, e che il limite di 100 euro si applichi soltanto a partire dal 1° luglio 2008. Per effetto della novella apportata dal comma 69, che sostituisce il comma 12-bis dell’articolo 35 del decreto-legge n. 223 del 2006, viene ulteriormente graduata nel tempo l’entrata a regime del limite massimo fissato per i pagamenti in contanti. Infatti, il limite transitorio dei 1.000 euro – operante dal 12 agosto 2006, data di entrata in vigore della legge n. 248 di conversione del decreto 223 – verrà applicato fino al 30 giugno 2008, per poi ridursi a 500 euro nel periodo compreso tra il 1° luglio 2008 e il 30 giugno 2009. Pertanto, il limite a regime di 100 euro troverà applicazione soltanto a partire dal 1° luglio 2009, ossia con un anno di ritardo rispetto alla data inizialmente prevista. L’ultimo periodo del nuovo comma 12-bis introduce poi una possibilità di deroga agli obblighi in questione. In particolare, la norma stabilisce che il Ministro dell’economia e delle finanze sia autorizzato ad individuare, mediante proprio decreto, le condizioni che consentono di derogare ai limiti indicati nel medesimo comma 12-bis, qualora il soggetto debitore del pagamento versi in condizioni d’impedimento determinate dal decreto medesimo. Pertanto, il decreto ministeriale potrà individuare le fattispecie che, costituendo impedimento all’esecuzione del pagamento nelle forme prescritte dalla legge, legittimano il soggetto debitore a pagare per contante o comunque attraverso mezzi diversi da quelli contemplati dal quarto comma dell’articolo 19 del D.P.R. n. 600 del 1973, introdotto dal comma 12 dell’articolo 35 del D.L. n. 223 del 2006. S’intende che rimane comunque fermo il divieto di uso del contante oltre i superiori limiti d’importo previsti dalla disciplina volta alla prevenzione del riciclaggio dei proventi di attività illecite. Si è previsto, infine, che il Ministro dell’economia e delle finanze, entro il 31 gennaio 2008, debba presentare al Parlamento una relazione sull’applicazione del comma 12-bis così modificato.

 

La lettera d) dispone che debbano essere previste misure per agevolare i pagamenti delle pubbliche amministrazioni con strumenti diversi dal denaro contante e dagli assegni.

 

La lettera e) prevede l’introduzione di incentivi, anche di natura fiscale, per favorire l'acquisto, anche da parte dei soggetti privati, di strumenti idonei a consentire la ricezione di pagamenti tramite moneta elettronica; tali strumenti dovrebbero essere ad esempio i POS (Point of Sales) utilizzati dagli esercizi commerciali per ricevere i pagamenti con carta). L’introduzione di incentivi dovrà avvenire nell'invarianza del gettito.

 

Si rileva anche in tal caso l’utilizzo atecnico della nozione di “moneta elettronica” (v. supra sub lettera a).

Potrebbe inoltre essere chiarito il meccanismo che dovrà consentire l’introduzione di incentivi nell'invarianza del gettito.

 

La lettera f) dispone la revisione della disciplina concernente l'imposta di bollo sui documenti relativi alle operazioni bancarie.

 

Si ricorda che il D.M. 20 agosto 1992, recante “Approvazione della tariffa dell'imposta di bollo”, stabilisce alla nota 2 dell’articolo 2 della Tariffa allegata che per i contratti relativi alle operazioni e servizi bancari e finanziari e contratti di credito al consumo, previsti dal titolo VI del decreto legislativo 1° settembre 1993, n. 385, e contratti relativi ai servizi di investimento posti in essere dalle società di intermediazione mobiliare (SIM), dalle società fiduciarie e dagli altri intermediari finanziari di cui al decreto legislativo 23 luglio 1996, n. 415, sia dovuta, per ogni contratto, indipendentemente dal numero degli esemplari o copie, un tributo di euro 14,62.

 

Si dovrà rendere, in particolare, più favorevole il trattamento tributario:

a)      delle operazioni effettuate in via telematica ed elettronica;

b)      della tenuta di conti correnti caratterizzati da ridotto rilievo finanziario e da limitato impatto amministrativo.

La revisione dovrà avvenire nell'invarianza del gettito.

 

Potrebbe essere chiarito il meccanismo che dovrà rendere più favorevole il trattamento tributario nell'invarianza del gettito.

 

La lettera g) prevede il superamento progressivo dell'obbligo di trasmissione dell'elenco dei clienti e dei fornitori in ragione della graduale introduzione dell'emissione della fattura in forma elettronica. Si ricorda che l’articolo 37, comma 8, del decreto-legge n. 223 del 2006, aggiungendo il comma 4-bis all'articolo 8-bis del Dpr 322/1998, ha reintrodotto uno specifico obbligo dichiarativo a carico parte dei soggetti Iva, in precedenza soppresso, aggiornandolo secondo gli attuali strumenti informatici a disposizione. L'adempimento è rappresentato dall'invio dell'elenco dei soggetti verso i quali sono state emesse fatture (cessioni e prestazioni), nonché di quello relativo ai soggetti da cui sono stati effettuati acquisti rilevanti ai fini Iva.

 

Secondo la relazione illustrativa, il superamento dell'obbligo di trasmissione dell'elenco dei clienti e dei fornitori conseguente all'utilizzo di sistemi di fatturazione elettronica potrà facilitare il suddetto adempimento da parte dei titolari di partita IVA.

 

La lettera h) prevede l’individuazione di strumenti idonei a ridurre:

a)      i costi amministrativi a carico degli operatori;

b)      i costi amministrativi e finanziari a carico degli utenti, connessi all'utilizzo di moderni sistemi di pagamento.

Ciò dovrà avvenire anche mediante la semplificazione delle procedure, da realizzare in via regolamentare o con l'adozione di provvedimenti amministrativi generali, in coordinamento con le autorità che regolano il settore.

 

La lettera i) del comma 1 prevede il necessario coordinamento della nuova disciplina con le disposizioni vigenti.

La lettera l) stabilisce che venga introdotta una adeguata normativa transitoria volta a regolamentare il passaggio alla nuova disciplina.

 

La lettera m) dispone che si debba prevedere l'autorizzazione in favore degli enti nazionali di previdenza e assistenza sociale a stipulare apposite convenzioni con la società Poste italiane Spa o con banche, alle condizioni di cui alla lettera a), per la distribuzione di carte di pagamento che consentano ai titolari delle prestazioni dei medesimi enti la riscossione delle somme loro spettanti presso gli sportelli automatici degli uffici postali e delle banche. La stipula delle convenzioni dovrà avvenire senza maggiori oneri per la finanza pubblica.

 

Si rileva che la norma prevede la stipula di convenzioni soltanto con la società Poste italiane Spa o con banche, non prevedendo invece che le stesse convenzioni possano essere stipulate, al fine di garantire parità di concorrenza, con intermediari emittenti carte di pagamento ovvero con istituti di moneta elettronica abilitati ai sensi del testo unico bancario.

 

Più in generale, si rileva che le norme di delega in esame, con particolare riguardo ai criteri indicati nella lettera h), non tengono conto delle competenze attribuite dall’ordinamento attuale alla Banca d’Italia, anche quale componente del Sistema Europeo delle Banche Centrali (SEBC), in materia di vigilanza sui sistemi di pagamento, di guisa che si potrebbe determinare un mancato coordinamento tra le varie autorità.

 

Le richiamate competenze della Banca d’Italia, infatti, comprendono tra l’altro il comparto dei pagamenti retail ei relativi profili di efficienza e affidabilità[192]. Tali competenze trovano formale riconoscimento, a livello europeo, nel Trattato di Maastricht (art. 105(2)) e nello Statuto del SEBC/BCE (artt. 3(1) e 22). A livello nazionale, il Testo Unico Bancario (art. 146) affida alla Banca d’Italia il compito di promuovere il regolare funzionamento dei sistemi di pagamento anche attraverso l’emanazione di apposite disposizioni.

 

In attuazione di tale potere dispositivo, la Banca d’Italia ha emanato il 24 febbraio 2004 un provvedimento quadro sull’esercizio dell’attività di Sorveglianza sul sistema dei pagamenti. In esso trovano esplicitazione il campo applicativo della funzione (sistemi, infrastrutture e strumenti di pagamento) e le finalità del suo esercizio, espresse in termini di affidabilità (contenimento dei rischi finanziari e operativi) ed efficienza (tempi e costi dell’intero ciclo di trasferimento monetario, dall’ordinante al beneficiario). Altri provvedimenti sono stati successivamente emanati su materie specifiche[193].

 

Le competenze della banca centrale nel comparto in esame trovano riscontro anche in altre disposizioni di legge primaria, che riconoscono il ruolo della Banca d’Italia e conferiscono ad essa gli occorrenti poteri di promozione/intervento. Tra le principali si richiamano le norme sulla moneta elettronica (art. 114-quater del TUB), il DPR 144/2001 (servizi di Bancoposta), il D.lgs 507/1999 e relativi regolamenti attuativi (sulla Centrale d’Allarme Interbancaria degli assegni e delle carte di pagamento).

In punto pratico, il ruolo della Banca d’Italia quale autorità di settore nel campo dei pagamenti si orienta anche in direzione del perseguimento di obiettivi di ammodernamento del sistema e di promozione dell’utilizzo di strumenti elettronici in luogo del contante e degli assegni. I suddetti obiettivi trovano espressione sia nel richiamato progetto SEPA sia in numerose ulteriori iniziative, tra le quali si richiamano: a) la promozione dello sviluppo della moneta elettronica e di altre funzionalità innovative di pagamento (es. Carta Nazionale dei Servizi); b) il supporto alla telematizzazione dei pagamenti della PA (es. mandato informatico, Codice dell’Amministrazione digitale); c) il contrasto alle frodi e all’utilizzo illecito degli strumenti e dei circuiti di pagamento, al fine di garantire l’integrità degli strumenti e dei circuiti innalzando, per tale via, la fiducia del pubblico nell’utilizzo di questi ultimi (es. spinta all’adozione di tecnologia a microchip); d) gli interventi sul circuito degli assegni, al fine di accrescerne l’efficienza (es. tempi di incasso) e l’affidabilità (es. Centrale d’Allarme Interbancaria); e) l’analisi dei rapporti banca-impresa e la promozione dell’integrazione dei flussi bancari e commerciali (fattura elettronica); f) l’integrazione dei circuiti di pagamento bancario e postale.

 

In coerenza con tale impegno, la Banca d’Italia supporta i lavori presso la Commissione e il Consiglio UE per la definizione di un quadro giuridico armonizzato per i pagamenti retail, in linea con il Piano d’Azione sui Servizi Finanziari (PASF) e la Strategia di Lisbona, che si propongono l’obiettivo di modernizzare e accrescere l’efficienza dell’industria europea dei pagamenti. Tappe significative di tale percorso sono rappresentate dalla Direttiva 97/5/CE sui bonifici transfrontalieri (recepita con il D.lgs 253/2000), dal Regolamento CE 2560/2001 sui pagamenti transfrontalieri in euro, dal Regolamento CE 1781/2006 in materia di contrasto al riciclaggio e al finanziamento del terrorismo. In prospettiva, di assoluta rilevanza è la proposta di Direttiva sui servizi di pagamento (Payment Services Directive - PSD) che rappresenta il complemento normativo della SEPA (il testo della proposta, ancora in discussione presso il Consiglio e il Parlamento UE, è disponibile sul sito della Commissione Europea).

 

 

3. Le norme sull’attuazione della delega legislativa

I commi da 2 a 6 dell’articolo 41 in esame disciplinano le modalità di attuazione della delega legislativa.

Nel dettaglio, il comma 2 stabilisce che gli schemi dei decreti legislativi di cui al comma 1 dovranno essere trasmessi alle Camere per l'acquisizione dei pareri delle competenti Commissioni parlamentari, le quali si esprimono entro trenta giorni dall'assegnazione. Il comma 3 stabilisce che, decorso il termine di cui al comma 2 senza che le Commissioni parlamentari abbiano espresso i pareri di rispettiva competenza, i decreti legislativi possono essere comunque adottati.

Il comma 4 autorizza il Governo, nei due anni successivi alla data di entrata in vigore dei decreti legislativi, ad adottare, nel rispetto dei princìpi e criteri direttivi e delle procedure di cui al presente articolo, uno o più decreti legislativi recanti disposizioni integrative e correttive, nonché tutte le modificazioni necessarie per realizzare il migliore coordinamento normativo.

Il comma 5 precisa che dall'attuazione delle deleghe di cui al presente articolo e di cui al precedente articolo 20 (recante “Delega al Governo in materia di disposizioni fiscali per favorire la capitalizzazione delle imprese”) non devono complessivamente derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.

Il comma 6 dispone che le regole tecniche per l'attuazione dei decreti legislativi debbano essere adottate con le modalità e secondo le procedure previste dall'articolo 71, commi 1 e 1-ter, del codice dell'amministrazione digitale, di cui al decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82.

 

Il richiamato articolo 71, al comma 1, stabilisce che le regole tecniche previste nel presente codice sono dettate, con decreti del Presidente del Consiglio dei Ministri o del Ministro delegato per l'innovazione e le tecnologie, di concerto con il Ministro per la funzione pubblica e con le amministrazioni di volta in volta indicate nel presente codice, sentita la Conferenza unificata di cui all'articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, ed il Garante per la protezione dei dati personali nelle materie di competenza, previa acquisizione obbligatoria del parere tecnico del CNIPA in modo da garantire la coerenza tecnica con le regole tecniche sul sistema pubblico di connettività e con le regole di cui al disciplinare pubblicato in allegato B al decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196. Ai sensi del comma 1-bis, entro nove mesi dalla data di entrata in vigore del presente decreto, con uno o più decreti del Presidente del Consiglio dei Ministri emanati su proposta del Ministro delegato per l'innovazione e le tecnologie, sentito il Ministro per la funzione pubblica, d'intesa con la Conferenza unificata di cui all'articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, sono adottate le regole tecniche e di sicurezza per il funzionamento del sistema pubblico di connettività. Ai sensi del comma 1-ter, le regole tecniche di cui al presente codice sono dettate in conformità alle discipline risultanti dal processo di standardizzazione tecnologica a livello internazionale ed alle normative dell'Unione europea. Il comma 2 precisa che le regole tecniche vigenti nelle materie del presente codice restano in vigore fino all'adozione delle regole tecniche adottate ai sensi del presente articolo.

 

Si rileva che tali norme non considerano, ai fini del necessario coordinamento dell’azione normativa e regolamentare, il ruolo attualmente svolto dalla Banca d’Italia e riconosciuto dalle stesse disposizioni del codice dell'amministrazione digitale.

 

Infatti il predetto Codice dell’Amministrazione digitale, di cui al d.lgs n. 82 del 2005, prevede agli articoli 38 e 62 il coinvolgimento della Banca d’Italia in materia di pagamenti informatici, carta d’identità elettronica e carta nazionale dei servizi.

 

Il richiamato articolo 38 prevede che il trasferimento in via telematica di fondi tra pubbliche amministrazioni e tra queste e soggetti privati è effettuato secondo le regole tecniche stabilite ai sensi dell'articolo 71 di concerto con i Ministri per la funzione pubblica, della giustizia e dell'economia e delle finanze, sentiti il Garante per la protezione dei dati personali e la Banca d'Italia.

Il comma 5 del richiamato articolo 62 prevede che la carta d'identità elettronica e la carta nazionale dei servizi possono essere utilizzate quali strumenti di autenticazione telematica per l'effettuazione di pagamenti tra soggetti privati e pubbliche amministrazioni, secondo le modalità stabilite con le regole tecniche di cui all'articolo 71, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, sentita la Banca d'Italia.

Documentazione predisposta dall’Ufficio RUE

Documenti all’esame delle istituzioni dell’Ue

Le istituzioni dell’Unione europea hanno adottato o stanno esaminando numerose iniziative volte a semplificare la costituzione di nuove imprese e ridurre gli oneri regolamentari gravanti sulle stesse.

Il 10 novembre 2005la Commissione ha presentato la comunicazione “Attuare il programma comunitario di Lisbona: una politica moderna a favore delle PMI per la crescita e l’occupazione (COM(2005) 551)”.

La Commissione intende istituire, con tale iniziativa, un quadro politico per le iniziative riferite alle PMI; rilevando le enormi potenzialità non sfruttate che le PMI hanno di creare crescita e occupazione, propone di semplificare norme e regolamenti, di promuovere una cultura imprenditoriale e di assistere le PMI nell’accesso all’innovazione, al credito, alla formazione e ai mercati europei e internazionali.

Il Consiglio, nelle conclusioni del 13 marzo 2006 sulla comunicazione, ha approvato l’approccio proposto per una politica a favore delle PMI, contenuto nella comunicazione, e ha invitato gli Stati membri, fra l’altro, a migliorare il contesto normativo per le PMI in modo da permettere la creazione di maggiore occupazione.

 

A complemento della comunicazione sopra richiamata, la Commissione ha presentato, il 29 giugno 2006, la comunicazione “Attuare il programma comunitario di Lisbona: Finanziare la crescita delle piccole e medie imprese – promuovere il valore aggiunto europeo” (COM(2006)349), nella quale propone una serie di azioni relative al finanziamento delle piccole e medie imprese.

 

Il programmalegislativo e di lavoro della Commissione per il 2007 considera fra le sue priorità una revisione intermedia della nuova politica a favore delle piccole e medie imprese.

Nell’ambito delle iniziative di semplificazione, il programma legislativo e di lavoro della Commissione annuncia – per l’ultimo trimestre del 2007 – la revisione della direttiva 2001/23/CE sui trasferimenti di imprese. Principale obiettivo è chiarire e semplificare l’applicazione della direttiva 2001/23/CE, per le operazioni transfrontaliere, ed introdurre le modifiche che emergeranno dalla consultazione con gli Stati membri e le parti sociali.

 

La Commissione ha presentato, l’8 febbraio 2005, la quinta[194] relazione annuale sull’attuazione della Carta europea per le piccole imprese (COM(2005)30), basata sulle relazioni nazionali dei paesi partecipanti.

La relazione presenta un quadro dei principali sviluppi occorsi dall’autunno 2003 all’autunno 2004, individua i punti di forza e le carenze nell’UE e nei paesi limitrofi, sottolinea le misure nazionali promettenti e contiene una serie di raccomandazioni per le azioni future; esamina i progressi realizzati in tre dei settori principali della Carta: formazione all’imprenditorialità, migliore regolamentazione e mancanza di personale qualificato.

Il 19 gennaio 2006 il Parlamento europeo ha approvato una risoluzione sull’attuazione della Carta europea per le piccole imprese, nella quale deplora il fatto che in futuro non saranno più elaborate relazioni annuali, essendone l’oggetto considerato assorbito nell’ambito delle relazioni sulla strategia di Lisbona. Il Parlamento europeo si compiace dell’intenzione della Commissione di valutare l’attuazione della Carta nel contesto del processo di Lisbona, ma richiede che le relazioni nazionali continuino ad essere basate sull’introduzione delle migliori prassi, la sperimentazione, la presentazione di misure legislative concrete e impegni politici precisi, destinati alle piccole e microimprese. Il Parlamento europeo invita la Commissione, il Consiglio e gli Stati membri ad avviare il processo di ammodernamento della Carta e prende atto del suggerimento di associare le relazioni sullo stato d’avanzamento del piano d’azione sullo spirito imprenditoriale[195] ai lavori sul seguito della Carta.

 

Il 30 novembre 2006 il Parlamento europeo ha approvato una risoluzione sul tema “E’ ora di cambiare marcia – Creare un’Europa dell’imprenditorialità e della crescita”, nella quale, in particolare, sollecita maggiori investimenti nell’istruzione e nella ricerca per sviluppare l’innovazione e la crescita economica; invita gli Stati membri ad incoraggiare lo spirito imprenditoriale a partire dalle prime fasi della carriera scolastica e ad aumentare il loro sostegno alla formazione per tutto l’arco della vita; chiede una maggiore apertura dei mercati, più aiuti alle imprese innovative (“start ups”), la creazione di un brevetto europeo; il potenziamento degli Eurosportelli e la riduzione degli oneri burocratici.

 

Il 5 febbraio 2007 il Parlamento europeo ha approvato una risoluzione nella quale sollecita la definizione di uno statuto della società privata europea (SPE) al fine, soprattutto, di agevolare le piccole e medie imprese europee nelle loro attività transfrontaliere. Al riguardo formula una serie di raccomandazioni che riguardano, tra l’altro, la strutturazione della forma societaria, il capitale iniziale, l'organizzazione e le responsabilità degli amministratori. Secondo il Parlamento europeo, inoltre, alle SPE dovrebbe applicarsi in via esclusiva la normativa UE.

Piano d’azione per la riduzione degli oneri amministrativi

La Commissione europea ha adottato il 14 novembre 2006 una comunicazione sulla revisione strategica delle iniziative sulla qualità della legislazione (COM(2006) 689), accompagnata da due documenti di lavoro dedicati, rispettivamente, allo stato di avanzamento della strategia per la semplificazione legislativa (COM(2006) 690) e alla riduzione dei costi amministrativi nell’Unione europea (COM(2006)691).

In tali documenti la Commissione prospetta una serie di iniziative, tra le quali, in particolare, una strategia volta a ridurre gli oneri amministrativi derivanti dalle normative esistenti. La Commissione propone che il Consiglio europeo di marzo 2007 (su cui cfr. infra) stabilisca un traguardo del 25% per tale riduzione, che l’UE e gli Stati membri dovranno raggiungere congiuntamente entro il 2012.

La Commissione europea ha poi adottato il 24 gennaio 2007 una comunicazione relativa al programma d’azione per la riduzione degli oneri amministrativi nell’Unione europea (COM (2007) 23). Nella comunicazione la Commissione si propone, da una parte, di operare, con l'aiuto degli Stati membri, una misurazione degli oneri amministrativi legati alla legislazione comunitaria, e di elaborare iniziative per la riduzione dei medesimi; dall'altra, che gli Stati membri misurino e riducano gli oneri amministrativi imposti dalle legislazioni nazionali e regionali. Il programma dovrebbe essere varato nel maggio 2007 e avere l’obiettivo di fornire, entro il novembre 2008, la valutazione dei costi amministrativi imposti dalla legislazione comunitaria.

Nella comunicazione la Commissione europea chiede, in particolare, al Consiglio europeo di primavera (8 e 9 marzo 2007) di:

-        approvare il piano d'azione per la riduzione degli oneri amministrativi;

-        invitare gli Stati membri ad appoggiare la Commissione nel suo esercizio di misurazione degli oneri amministrativi associati alla legislazione comunitaria e di recepimento;

-        fissare un obiettivo comune del 25% di riduzione degli oneri amministrativi previsti dalla legislazione europea e nazionale, da raggiungere al più tardi nel 2012;

-        invitare gli Stati membri a fissare obiettivi di riduzione degli oneri amministrativi a livello nazionale entro, al più tardi, l'ottobre 2008 e a presentare, a partire dal 2007 e a cadenza annuale, una relazione sull'esercizio di misurazione e sulla riduzione degli oneri amministrativi.

Anche la Relazione generale della Commissione sull’attività dell’Unione europea nel 2006, presentata il 13 febbraio 2007, ribadisce la volontà della Commissione di adottare iniziative in materia di riduzione e semplificazione degli oneri amministrativi.

Il Consiglio europeo dell’8 e 9 marzo 2007, sottolineando che la riduzione degli oneri amministrativi costituisce una misura importante per stimolare l'economia europea, specialmente attraverso il suo impatto sulle PMI, ha concordato sulla necessità di ridurre del 25% entro il 2012 gli oneri amministrativi derivanti dalla legislazione UE.

Il Consiglio europeo ha, inoltre, invitato:

·       gli Stati membri a fissare i loro obiettivi nazionali entro il 2008;

·       la Commissione a varare il programma d'azione per la riduzione degli oneri amministrativi con l'ausilio degli Stati membri, convenendo che la misurazione dei costi amministrativi della legislazione comunitaria debba iniziare nei settori prioritari, che saranno proposti dalla Commissione;

·       il Consiglio e il Parlamento europeo ad annettere una particolare priorità alle misure per un'azione immediata enunciate nel programma d'azione, una volta che la Commissione avrà presentato le corrispondenti proposte, in vista della loro adozione il più presto possibile nel 2007.

Il Consiglio europea ha, infine, espresso sostegno all'intenzione della Commissione europea di istituire un comitato di esperti indipendenti incaricato di assistere la Commissione e gli Stati membri nell'attuazione del programma d'azione per la riduzione degli oneri amministrativi.

 

 

 

 


Articolo 42
Diffusione dei dati ipotecari e catastali e semplificazioni nelle comunicazioni

 

TESTO
del disegno di legge

TESTO
della Commissione

 

Art. 42.

(Diffusione dei dati ipotecari e catastali e semplificazioni nelle comunicazioni).

 

 

      1. Nella tabella delle tasse ipotecarie allegata al testo unico delle disposizioni concernenti le imposte ipotecaria e catastale, di cui al decreto legislativo 31 ottobre 1990, n. 347, il numero d'ordine 4 ed il numero d'ordine 7 sono soppressi.

 

 

      2. Al fine di assicurare la massima diffusione dei dati ipotecari e catastali, i servizi denominati «ricerca continuativa per via telematica» e «elenco soggetti presenti nelle formalità di un determinato giorno», sono forniti dall'Agenzia del territorio, gratuitamente e in via istituzionale, secondo modalità stabilite con provvedimento del Direttore dell'agenzia del territorio.

 

 

      3. Le disposizioni di cui ai commi 1 e 2 operano a far data dal primo giorno del secondo mese successivo alla data di entrata in vigore della presente legge.

 

 

      4. Con provvedimento del direttore dell'Agenzia del territorio, da adottare entro quindici giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, si provvede a rideterminare la tabella delle tasse ipotecarie allegata al testo unico delle disposizioni concernenti le imposte ipotecaria e catastale, di cui al decreto legislativo 31 ottobre 1990, n. 347, in modo tale da assicurare l'invarianza del gettito.

 

 

      5. All'articolo 25-ter del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600, è aggiunto, in fine, il seguente comma:

 

 

      «2-bis. Qualora l'ammontare delle ritenute operate ai sensi del presente articolo sia pari o inferiore a 200 euro, l'obbligo di versamento rimane sospeso fino alla scadenza successiva per la quale la somma complessiva da versare sia superiore al predetto importo. Se le ritenute operate nel corso dell'anno non superano l'importo complessivo di 200 euro, il versamento va comunque effettuato alla prima scadenza utile successiva alla fine dell'anno. Il presente comma si applica a decorrere dal 1o gennaio 2007».

 

 

      6. All'articolo 37, comma 43, del decreto-legge 4 luglio 2006, n. 223, convertito, con modificazioni, dalla legge 4 agosto 2006, n. 248, è aggiunto, in fine, il seguente periodo: «La disposizione del periodo precedente si applica anche agli emolumenti arretrati per prestazioni di lavoro dipendente di cui all'articolo 17, comma 1, lettera b), del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, corrisposti a decorrere dal 1o gennaio 2004».

 

 

 

L’articolo 42, comma 1, introdotto dalla Commissione, modifica la tabella delle tasse ipotecarie allegata al testo unico delle disposizioni concernenti le imposte ipotecaria e catastale, di cui al decreto legislativo 31 ottobre 1990, n. 347, sopprimendo il numero d'ordine 4 ed il numero d'ordine 7.

 

Si ricorda che in base all’articolo 19 del testo unico delle disposizioni concernenti le imposte ipotecaria e catastale, emanato con decreto legislativo 31 ottobre 1990, n. 347, per le operazioni inerenti al servizio ipotecario sono dovute le tasse ipotecarie previste nella tabella allegata. Si tratta tributi che assumono a loro presupposto un'attività o servizio degli uffici catastali.

 

Il comma 1 in esame sopprime innanzitutto il numero 4 della tabella, che prevede l’applicazione della tassa ipotecaria per la ricerca continuativa per via telematica: la tassaipotecaria è pari a 0,01 euro per ogni nominativo e per ogni giorno, per la ricerca effettuata nell'ambito di una singola circoscrizione ovvero sezione staccata degli uffici provinciali dell'Agenzia del territorio.

La tassa si applica inoltre, in aggiunta alla precedente, nella misura di 15 euro per la contabilizzazione dei versamenti e del servizio reso, per ogni versamento effettuato in via anticipata.

 

Si ricorda che il servizio di ricerca continuativa per via telematica sarà fornito progressivamente su base convenzionale ai soli soggetti autorizzati alla riutilizzazione commerciale. Inoltre l’importo è dovuto anticipatamente e la tariffa è raddoppiata per richieste relative a più di una circoscrizione o sezione staccata.

 

In secondo luogo, la disposizione del comma 1 provvede a sopprimere anche il numero 7 della tabella. Si tratta della norma che prevede che l’imposta sia dovuta per il servizio di trasmissione telematica di elenchi dei soggetti presenti nelle formalità di un determinato giorno. L’imposta ipotecaria risulta pari a 4 euro per ogni soggetto e l’importo è dovuto anticipatamente.

 

Anche tale servizio sarà fornito progressivamente su base convenzionale ai soli soggetti autorizzati alla riutilizzazione commerciale: Peraltro tale servizio non è stato, ad oggi, in concreto, introdotto in via generalizzata dall'Agenzia.

Si ricorda che l'intera materia è stata riscritta dalla legge finanziaria 2007 (legge 27 dicembre 2006, n. 296, ad opera dell’art. 1, comma 386, il quale ha posto il principio della liceità della riutilizzazione commerciale di "documenti, dati e informazioni catastali ed ipotecarie" da parte di "riutilizzatori commerciali autorizzati", nel rispetto della normativa in materia di protezione dei dati personali.

Per l'acquisizione originaria di documenti, dati e informazioni catastali i riutilizzatori commerciali devono corrispondere un importo fisso annuale determinato con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze; mentre per l'acquisizione originaria di documenti, dati ed informazioni ipotecarie, gli stessi soggetti devono corrispondere i tributi previsti maggiorati del 20 per cento.[196] Sia l’importo fisso che la percentuale di maggiorazione possono essere rideterminati annualmente con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze, anche tenendo conto dei costi complessivi di raccolta, produzione e diffusione di dati e documenti sostenuti dall'Agenzia del territorio, maggiorati di un adeguato rendimento degli investimenti e dell'andamento delle relative riscossioni.

Il comma 2 dispone che i servizi denominati «ricerca continuativa per via telematica» e «elenco soggetti presenti nelle formalità di un determinato giorno», siano forniti dall'Agenzia del territorio, gratuitamente e in via istituzionale, secondo modalità stabilite con provvedimento del Direttore dell'agenzia del territorio. La norma ha la finalità di assicurare la massima diffusione dei dati ipotecari e catastali, in linea con l’abrogazione delle tasse ipotecarie su tali servizi prevista dal precedente comma 1 dell’articolo 42 in commento.

 

Il comma 3 fissa l’operatività delle disposizioni di cui ai commi 1 e 2 a far data dal primo giorno del secondo mese successivo alla data di entrata in vigore della presente legge.

 

Il comma 4 contiene il criterio per assicurare l'invarianza del gettito in relazione all’abrogazione delle voci 4 e 7 della tabella delle tasse ipotecarie disposta dal comma 1 del presente articolo. La norma rinvia in tal senso ad un provvedimento del direttore dell'Agenzia del territorio, da adottare entro quindici giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, la rideterminazione della tabella delle tasse ipotecarie.

 

La disposizione del comma 5 modifica l'articolo 25-ter del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600, recante “disposizioni comuni in materia di accertamento delle imposte sui redditi”.

L’articolo 25-ter è stato introdotto nel d.P.R. n. 600 del 1973 ad opera dell’articolo 1, comma 43 della legge finanziaria 2007ed ha ad oggetto le ritenute sui corrispettivi dovuti dal condominio all'appaltatore.

 

In particolare,l’articolo 25-ter obbliga il condominio, quale sostituto d’imposta, ad operare una ritenuta d’acconto, con obbligo di rivalsa, nella misura del 4 per cento sui corrispettivi dovuti per prestazioni relative a contratti di appalto di opere o servizi, anche se rese a terzi o nell’interesse di terzi, effettuate dall’appaltatore nell’esercizio di impresa.

La ritenuta effettuata va versata all’erario entro il giorno 16 del mese successivo a quello nel quale è stata effettuata la ritenuta, utilizzando il modello F24.

Tale obbligo è entrato in vigore dal 1° gennaio 2007 ed è pertanto applicabile a tutti i pagamenti di fatture effettuati successivamente a tale data, cioè a tutte le fatture pagate dopo il 1° gennaio 2007, anche se relative a prestazioni effettuate (o per le quali sia stata emessa fattura) in precedenza.

 

Il comma 5 in commento aggiunge all’articolo 25-ter un comma 2-bisin base al quale l'obbligo di versamento rimane sospesoqualora l'ammontare delle ritenute operate sia pari o inferiore a 200 euro.

La sospensione opera fino alla scadenza successiva per la quale la somma complessiva da versare sia superiore al predetto importo. Se le ritenute operate nel corso dell'anno non superano l'importo complessivo di 200 euro, il versamento va comunque effettuato alla prima scadenza utile successiva alla fine dell'anno.

E’ previsto infine che la norma si applichi  a decorrere dal 1o gennaio 2007.

 

Il comma 6 apporta infine modifiche all'articolo 37, comma 43, del decreto-legge 4 luglio 2006, n. 223, convertito, con modificazioni, dalla legge 4 agosto 2006, n. 248.

Si tratta della norma che ha previsto che per le indennità di fine rapporto, per le altre indennità e somme e per le indennità equipollenti di cui all'art. 19 del D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, nonché per le prestazioni pensionistiche di cui all'art. 20 dello stesso decreto, che siano state corrisposte tra il 1° gennaio 2003 ed il 31 dicembre 2005, non si proceda all'iscrizione a ruolo ed alla comunicazione da parte dell'Agenzia delle entrate dell'esito dell'attività di liquidazione, relativamente ai redditi soggetti a tassazione separata, né all'effettuazione di rimborsi, se l'imposta rispettivamente a debito o a credito è inferiore a 100 euro.

Il comma 6 in commento aggiunge un periodo in base al quale tale disposizione si applica anche agli emolumenti arretrati per prestazioni di lavoro dipendente di cui all'articolo 17, comma 1, lettera b), del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, corrisposti a decorrere dal 1o gennaio 2004.

 


Articolo 43
Famiglie di invalidi civili minori

 

TESTO
del disegno di legge

TESTO
della Commissione

Art. 34.

(Famiglie di invalidi civili minori).

Art. 43.

(Famiglie di invalidi civili minori).

 

      1. Nell'articolo 2 della legge 11 ottobre 1990, n. 289, dopo il comma 3 è inserito il seguente:

      Identico.

 

      «3-bis. Nei casi in cui la concessione dell'indennità mensile di frequenza si fonda sulla frequenza di scuole, pubbliche o private, di ogni ordine e grado, da parte del minore, la domanda non deve essere rinnovata ogni anno. Il legale rappresentante del minore ha comunque l'obbligo di comunicare all'Istituto nazionale della previdenza sociale l'eventuale cessazione della frequenza, ovvero il venir meno dei requisiti reddituali o delle altre condizioni per la fruizione dell'indennità».

 

 

 

 

L’articolo 43 introduce alcune semplificazioni in ordine agli adempimenti concernenti la concessione di indennità per le famiglie di invalidi civili minori.

In particolare, la disposizione inserisce, un comma 3-bis all’articolo 2 della legge 11 ottobre 1990, n. 289.

 

L’articolo 1 della citata legge n. 289 del 1990 (Modifiche alla disciplina delle indennità di accompagnamento di cui alla legge 21 novembre 1988, n. 508, recante norme integrative in materia di assistenza economica agli invalidi civili, ai ciechi civili ed ai sordomuti e istituzione di un'indennità di frequenza per i minori invalidi) prevede che ai mutilati ed invalidi civili minori di anni 18, cui siano state riconosciute dalle competenti commissioni mediche periferiche difficoltà persistenti a svolgere i compiti e le funzioni della propria età, nonché ai minori ipoacusici con deficit uditivo superiore ai 60 decibel nell'orecchio migliore nelle frequenze di 500, 1.000, 2.000 hertz, è concessa, per il ricorso continuo o anche periodico a trattamenti riabilitativi o terapeutici, una indennità mensile di frequenza di importo pari all'assegno di cui all'articolo 13 della legge 30 marzo 1971, n. 118[197] (comma 1). La concessione della predetta indennità è subordinata alla frequenza continua o anche periodica di centri ambulatoriali o di centri diurni, anche di tipo semiresidenziale, pubblici o privati, purché operanti in regime convenzionale, specializzati nel trattamento terapeutico o nella riabilitazione e nel recupero di persone portatrici di handicap (comma 2). Ai sensi del comma 3, l'indennità mensile di frequenza è altresì concessa, nel rispetto dei requisiti sopra indicati, ai mutilati ed invalidi civili minori di anni 18 che frequentano scuole, pubbliche o private, di ogni ordine e grado, a partire dalla scuola materna, nonché centri di formazione o di addestramento professionale finalizzati al reinserimento sociale[198]. In base al comma 5, l'indennità mensile di frequenza è erogata alle medesime condizioni reddituali previste per l'assegno di cui al comma 1 ed applicando lo stesso sistema di perequazione automatica.

L’articolo 2 della stessa legge disciplina le modalità di concessione dell’indennità mensile di frequenza, prescrivendo che la domanda è presentata dal legale rappresentante del minore alla commissione medica periferica per le pensioni di guerra e di invalidità civile competente per territorio, secondo le modalità previste dal decreto del Ministro del tesoro 20 luglio 1989, n. 292, allegando la documentazione che attesti l'iscrizione o l'eventuale frequenza di trattamenti terapeutici o riabilitativi, di corsi scolastici o di centri di formazione o di addestramento professionale (comma 1). L'indennità mensile di frequenza è concessa, poi, dal comitato provinciale di assistenza e beneficenza pubblica, previa acquisizione di ulteriore idonea certificazione di frequenza che contenga la precisa indicazione della durata del trattamento terapeutico o riabilitativo o del corso scolastico o di quello di formazione o di addestramento professionale. Ai sensi del comma 3, la concessione della suddetta indennità è limitata alla reale durata del trattamento o del corso, con decorrenza dal primo giorno del mese successivo a quello di effettivo inizio della frequenza al corso o al trattamento stesso fino al mese successivo a quello di cessazione della frequenza. Il comma 4 stabilisce, infine, che l'indennità mensile di frequenza può, in ogni momento, essere revocata, qualora si accerti che non sia soddisfatto il requisito della frequenza.

 

Il nuovo comma 3-bis del citato articolo 2, nel semplificare la procedura per il conseguimento dell’indennità mensile di frequenza, stabilisce che non è necessario il rinnovo annuale della domanda, nei casi in cui la concessione della suddetta indennità è connessa alla frequenza da parte del minore di scuole, pubbliche o private, di ogni ordine e grado.

Resta tuttavia fermo l’obbligo del legale rappresentante del minore di comunicare all’Istituto nazionale della previdenza sociale (INPS) l’eventuale cessazione della frequenza, ovvero il venir meno dei requisiti reddituali o delle altre condizioni richieste per la fruizione dell’indennità.

 

 


Articolo 44
Tutela del consumatore nei servizi assicurativi

 

TESTO
del disegno di legge

TESTO
della Commissione

 

Art. 44.

(Tutela del consumatore nei servizi assicurativi).

 

 

      1. All'articolo 134 del codice delle assicurazioni private, di cui al decreto legislativo 7 settembre 2005, n. 209, dopo il comma 4-bis è inserito il seguente:

 

 

      «4-bis.1. Le disposizioni di cui all'ultimo periodo del comma 3 e al comma 4-bis, si applicano anche nei casi di sostituzione di autoveicoli della categoria internazionale N con veicoli della categoria M1».

 

 

 

L’articolo 44, introdotto nel corso dell’esame presso la Commissione Attività produttive, novella l’articolo 134 del D.Lgs. 7 settembre 2005, n. 209, recante “Codice delle assicurazioni private”, con riferimento alla validità dell’attestazione sullo stato di rischio.

 

Il citato articolo 134 prevede che in occasione di ciascuna scadenza annuale dei contratti di assicurazione obbligatoria per i veicoli a motore, l’impresa di assicurazione deve consegnare al contraente o, se diverso, al proprietario, all’usufruttuario, all’acquirente con patto di riservato dominio o al locatario in caso di locazione finanziaria, un'attestazione sullo stato del rischio, il cui contenuto è stato disciplinato dal regolamento ISVAP n. 4 del 9 agosto 2006[199]. La classe di merito[200] indicata sull'attestato di rischio si riferisce al proprietario del veicolo. In caso di stipulazione del contratto con altra impresa, l’attestazione deve essere consegnata dal contraente a tale impresa.

In particolare l’ultimo periodo del comma 3[201] del citato articolo 134 prevede che l’attestato di rischio, la cui validità è di dodici mesi, decorrenti dalla scadenza del contratto di assicurazione[202], conserva validità per un periodo di cinque anni in caso di cessazione del rischio assicurato e di sospensione o mancato rinnovo del contratto di assicurazione per mancato utilizzo del veicolo.

Il comma 4-bis dello stesso articolo 134 prevede che in tutti i casi di stipulazione di un nuovo contratto, relativo a un ulteriore veicolo della medesima tipologia, acquistato dalla persona fisica già titolare di polizza assicurativa o da un componente stabilmente convivente del suo nucleo familiare, l’impresa di assicurazione non può assegnare al contratto una classe di merito più sfavorevole rispetto a quella risultante dall’ultimo attestato di rischio conseguito sul veicolo già assicurato.

 

L’articolo 44 in esame stabilisce che quanto disposto dai sopra illustrati comma 3, ultimo periodo, e comma 4-bis dell’articolo 134 si applica anche nei casi in cui l’assicurato abbia ottenuto l’attestato di rischio relativamente a un veicolo destinato al trasporto di merci (categoria internazionale N) e chieda di assicurare, in sostituzione di questo, un veicolo destinato al trasporto di persone, avente un numero massimo di otto posti a sedere, oltre al conducente (categoria internazionale M1).

 

L’articolo 47, comma 2, del D.Lgs. 30 aprile 1992, n. 285, recante “Nuovo codice della strada”, contiene la classificazione dei veicoli a motore in base alle categorie internazionali. Ai sensi di tale disposizione rientrano nella categoria M1 veicoli a motore destinati al trasporto di persone, aventi almeno quattro ruote e massimo otto posti a sedere, oltre al sedile del conducente. Rientrano invece nella categoria N i veicoli a motore destinati al trasporto di merci, aventi almeno quattro ruote.

 

 


Articolo 45
Modifica dell'articolo 45 del codice delle comunicazioni elettroniche

 

TESTO
del disegno di legge

TESTO
della Commissione

 

Art. 45.

(Modifica dell'articolo 45 del codice delle comunicazioni elettroniche).

 

 

      1. All'articolo 45 del codice delle comunicazioni elettroniche, di cui al decreto legislativo n. 259, del 1o agosto 2003, è aggiunto il seguente comma:

 

 

      «3-bis. All'esito della verifica sulla ricorrenza della circostanze eccezionali di cui all'articolo 8, paragrafo 3, della direttiva 2002/19/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 7 marzo 2002, l'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni può definire regole dirette ad assicurare che l'amministrazione e la gestione di tutti gli elementi che compongono la rete di accesso e le risorse correlate, ivi incluse le componenti necessarie alla fornitura di servizi a larga banda, siano sottoposte, nei riguardi dell'operatore titolare di notevole forza di mercato, ad un regime improntato, anche attraverso le più appropriate misure organizzative, a criteri di autonomia, di neutralità e di separazione funzionale dalle altre attività dell'impresa, con la piena garanzia della parità di trattamento esterna ed interna per tutti gli operatori che chiedono accesso. Salvo che siano stati assunti impegni concordati ai sensi dell'articolo 14-bis del decreto-legge 4 luglio 2006, n. 223, convertito, con modificazioni, dalla legge 4 agosto 2006, n. 248, e relativo regolamento di attuazione, l'Autorità stabilisce altresì le modalità attuative delle regole di cui sopra, ivi inclusa la definizione del perimetro delle attività soggette a separazione. Per l'espletamento del compiti di cui ai periodi precedenti l'Autorità segue la procedura descritta dall'articolo 8, paragrafo 3, ultimo periodo, della direttiva 2002/19/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 7 marzo 2002».

 

 

 

L’articolo 45 – introdotto nel corso dell’esame in commissione con un emendamento del Governo - interviene in materia di regolazione delle comunicazioni, inserendo un comma all’articolo 45 del decreto legislativo n. 259 del 2003, recante il codice delle comunicazioni elettroniche.

La finalità dell’emendamento è da ricondursi alla esigenza di attribuire all’Autorità di regolazione del settore - anche in relazione alle recenti vicende che hanno interessato gli assetti proprietari di Telecom – la facoltà di stabilire, nei riguardi dell’operatore avente significativo potere nel mercato, criteri che permettano una separazione funzionale della gestione della rete rispetto alle altre attività dell’impresa titolare, in modo da garantire condizioni di parità di accesso alla rete agli altri operatori. Tali poteri vengono peraltro ricondotti al verificarsi di circostanze eccezionali, quali definite dalla normativa comunitaria vigente.

Le disposizioni introdotte dal comma 3 bis configurano in sostanza la necessità di dotare l’autorità di regolazione di uno strumento aggiuntivo - nel rispetto dei principi comunitari vigenti – idoneo ad assicurare i predetti obiettivi, non ritendosi a tal fine sufficienti le disposizioni recate dal dall’articolo 14 bis del decreto legge n. 223/2006, che rimettono ad una autonoma decisione dell’impresa l’assunzione di impegni finalizzati alla promozione della concorrenza (sul punto si veda oltre).

 

Va ricordato che l’articolo 45 del citato decreto legislativo n. 259/2003 prevede al comma 1 che, qualora una impresa venga designata come detentrice di un significativo potere di mercato specifico, l’Autorità di regolazione (Autorità per le garanzie nelle comunicazioni – AGCom)  impone a tale impresa una serie di obblighi, indicati agli articoli da 46 a 50 del medesimo decreto (che recepiscono il contenuto  degli articoli 8,9,10,11,12 e 13 della direttiva 2002/19/CE). Tali sono gli obblighi di trasparenza, di non discriminazione, di separazione contabile, obblighi concernenti accesso ed uso di risorse di rete, controllo dei prezzi e contabilità dei costi.

Il comma 2 dello stesso articolo 45 indica le disposizioni che possono comunque essere applicate nei confronti di imprese per le quali non sia stata effettuata la predetta designazione.

Il comma 3 prevede che, in circostanze eccezionali, l’Autorità, ove ritenga di adottare nei confronti di imprese detentrici di significativo potere di mercato obblighi diversi da quelli di cui ai citati articoli 46-50, debba farne apposita richiesta alla Commissione europea.

 

L’articolo 45 in esame aggiunge un comma 3 bisall’articolo 45 del d.lgs. n. 259/2003, ora illustrato, con il quale si prevede che, ove di verifichino le circostanze eccezionali di cui all’articolo 8, par. 3, della direttiva 2002/19/CE, l’AGCom può definire regole volte ad assicurare, nei riguardi dell’operatore che sia titolare di notevole forza di mercato, che l’amministrazione e la gestione della rete di accesso, siano sottoposte a una disciplina ispirata a criteri di autonomia, neutralità e separazione funzionale dalla altre attività, garantendo parità di trattamento agli altri operatori che intendono avere accesso alla rete stessa.

L’Autorità dovrà inoltre stabilire le modalità attuative di tali regole - compresa la specifica individuazione del perimetro delle attività soggette a separazione – salvo che siano stati assunti impegni ai sensi dell’articolo 14 bis del decreto legge n. 223/2006, convertito con legge n. 248/2006.

 

Si ricorda che l’articolo 14 bis del citato decreto legge n. 223/2006 prevede che le imprese operanti nel settore della comunicazione, nell’ambito di procedimenti di competenza dell’AGCom aventi ad oggetto la promozione della concorrenza nella fornitura di reti e servizi,  possono presentare propri  impegni; se approvati dall’Autorità, tali impegni divengono obbligatori per l’impresa proponente.

 

Per l’attuazione delle disposizioni introdotte con il comma 3 bis, l’Autorità deve adottare le procedure indicate dal citato articolo 8, paragrafo 3, della direttiva 2002/19/CE.

 

Va rammentato che l’articolo 8, della direttiva 2002/19/CE – i cui contenuti sono in larga parte coincidenti con quelli dettati dall’articolo 45 del decreto legislativo n. 259/2003 – prevede, al paragrafo 3, che al verificarsi di circostanze eccezionali l’autorità nazionale di regolamentazione, quando intenda imporre ad operatori titolari di un significativopotere di mercato[203] obblighi ulteriori rispetto a quelli indicati agli articoli da 9 a 13 della direttiva (sopra ricordati), ne fa richiesta alla Commissione, la quale adotta una decisione con cui autorizza o impedisce l’adozione di tali misure.

Ai sensi del paragrafo 4, gli obblighi imposti alle imprese devono risultare connessi al problema evidenziato ed essere proporzionati e giustificati alla luce degli obiettivi previsti dall’articolo 7 della direttiva 2002/21/CE (direttiva quadro). Inoltre, tali obblighi possono essere imposti solo previa consultazione con gli operatori stessi (secondo quanto previsto dagli articoli 6 e 7 della direttiva stessa).

 

Riguardo alla nozione di ‘rete di accesso’, va segnalato che, secondo la relazione tecnica predisposta dal Governo sull’emendamento in questione, essa non va considerata quale circoscritta fisicamente con un rigido riferimento al c.d. “ultimo miglio” (il tratto terminale del cavo telefonico che collega la centrale alle singole abitazioni), ma debba avere una più elastica connotazione finalistica, perché comprende tutti gli elementi sui quali potrebbe essere necessario intervenire ove si riscontrassero le circostanze eccezionali previste dalla norma, e, dovendosi garantire in modo pieno la parità di trattamento tra tutti gli operatori, si avvertisse la necessità di sottoporre l’accesso alla rete ad una disciplina completamente improntata a criteri di autonomia, neutralità e separazione funzionale dalle altre attività.

 

Per quanto concerne la concreta definizione delle circostanze eccezionali, cui il comma 3 bis in esame ricollega la possibilità per l’Autorità di adottare regole intese a garantire la separazione funzionale della gestione della rete dalle altre attività, si osserva che tale espressione riproduce quella utilizzata dal citato articolo 8 paragrafo 3 della direttiva 2002/19/CE e che pertanto la logica cui si ispira il comma 3 bis in esame appare pienamente inserita nel quadro normativo dettato dalla normativa comunitaria in materia.

 E’ opportuno ricordare che, al punto 14 della premessa allegata alla citata direttiva, si afferma, in proposito, che gli obblighi, indicati dalla direttiva stessa, che sono prescrivibili alle imprese, al fine di garantire la concorrenza, devono costituire “il livello massimo degli obblighi che possono essere imposti alle imprese onde evitare un'eccessiva regolamentazione. In via eccezionale, in ottemperanza ad impegni internazionali o al diritto comunitario, può essere opportuno imporre obblighi in materia di accesso e di interconnessione a tutti gli attori presenti sul mercato come avviene attualmente per i sistemi di accesso condizionato ai servizi di televisione digitale”.

Appare comunque chiaro che ogni valutazione circa la sussistenza di tali circostanze eccezionali non possa che spettare all’Autorità, fermo restando che, nel caso venga attivata la procedura prevista dal comma 3 bis, la congruità di tale valutazione verrà comunque rimessa all’attenzione della Commissione europea, dovendosi applicare la procedura dettata dal più volte citato articolo 8, paragrafo 3, della direttiva 2002/19/CE.

 


Articolo 46
Riqualificazione energetica degli edifici

 

TESTO
del disegno di legge

TESTO
della Commissione

 

Art. 46.

(Riqualificazione energetica degli edifici).

 

 

      1. All'articolo 1, comma 349, della legge 27 dicembre 2006, n. 296, il secondo periodo è sostituito dal seguente: «I commi 344, 345, 346 e 347 sono applicati secondo quanto disposto dal decreto del Ministro dell'economia e delle finanze 19 febbraio 2007, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 47 del 26 febbraio 2007, recante disposizioni in materia di detrazioni per le spese di riqualificazione energetica del patrimonio edilizio esistente».

 

 

 

L’articolo 46, introdotto nel corso dell’esame presso la Commissione Attività produttive, novellando l’articolo 1, comma 349, secondo periodo, della legge 27 dicembre 2006, n. 296 (legge finanziaria per il 2007), stabilisce che i commi da 344 a 348 del citato articolo 1 sono applicati secondo quanto disposto dal D.M. 19 febbraio 2007[204].

 

I commi da 344 a 348 dell’articolo 1, della citata legge n. 296 del 2006, riconoscono agevolazioni tributarie per la riqualificazione energetica degli edifici.

In particolare, il comma 344 prevede una detrazione dall’imposta lorda per una quota pari al 55 per cento degli importi rimasti a carico del contribuente, fino ad un valore massimo di 100.000 euro, per interventi di riqualificazione energetica nel campo della climatizzazione invernale, volti a garantire il conseguimento di specifici obiettivi di risparmio energetico.

Il comma 345 stabilisce una detrazione d’imposta, per una quota pari al 55 per cento delle spese sostenute e fino ad un valore massimo di 60.000 euro per l’installazione, su edifici esistenti, parti di edifici o unità immobiliari, di strutture opache verticali (pareti), strutture opache orizzontali (pavimenti e coperture) e finestre comprensive di infissi, a condizione che tali strutture siano idonee a conseguire determinati livelli di risparmio energetico.

Il comma 346 stabilisce una detrazione d’imposta, per una quota pari al 55 per cento delle spese sostenute fino ad un valore massimo di 60.000 euro, per le spese relative all’installazione di pannelli solari per la produzione di acqua calda per usi domestici e industriali, nonché per la copertura del fabbisogno di acqua calda in piscine, strutture sportive, case di ricovero e cura, istituti scolastici e università.

Il comma 347 prevede una detrazione d’imposta per una quota pari al 55 per cento delle spese sostenute e fino ad un valore massimo di 30.000 euro, per le spese sostenute per interventi di sostituzione di impianti di climatizzazione invernale con impianti dotati di caldaie a condensazione e contestuale messa a punto del sistema di distribuzione.

Il comma 348 individua le condizioni per fruire delle detrazioni previste dai precedenti commi, fra cui l’asseverazione della rispondenza dell’intervento ai previsti requisiti da parte di un tecnico abilitato, che ne risponde civilmente e penalmente e l’acquisizione da parte del contribuente della certificazione energetica dell’edificio.

 

Il comma 349, primo periodo, rinvia alle definizioni fornite dal D.Lgs. n. 192 del 2005, recante “Attuazione della direttiva 2002/91/CE, relativa al rendimento energetico nell'edilizia”, mentre il secondo periodo demanda l’adozione delle disposizioni attuative dei commi 344-348 ad un decreto del Ministro dell’economia e delle finanze, di concerto con il Ministro per lo sviluppo economico, da emanare entro il 28 febbraio 2007.

Tali disposizioni sono state emanate con il ricordato D.M. 19 febbraio 2007. Nelle premesse di tale decreto si legge che la tabella 3 allegata alla legge n. 296 del 2006, contenente i requisiti di trasmittanza termica U, che devono essere rispettati per poter accedere alle agevolazioni di cui al sopra citato comma 345 dell’articolo 1, “alle colonne delle «strutture opache orizzontali» riporta erroneamente un'inversione dei valori relativi alle trasmittanze delle «coperture» e dei «pavimenti»” e che, pertanto, “in attesa della correzione del predetto errore” lo stesso decreto ha stabilito le modalità di attuazione delle disposizioni di cui al comma 345, ma solo “limitatamente agli interventi sulle strutture opache verticali e sulle finestre comprensive di infissi”.

L’errore è ora corretto ad opera dell’articolo 47 del presente disegno di legge, il quale sostituisce la tabella 3 allegata alla legge n. 296 del 2006.

 

Non è del tutto chiaro il motivo per il quale l’articolo 46 in esame sostituisce il secondo periodo del comma 349. Si potrebbe forse ipotizzare che l’utilizzo dell’espressione “i commi 344, 345, 346 e 347 sono applicati secondo quanto disposto dal D.M. 19 febbraio 2007” sia diretto ad evitare l’emanazione di un ulteriore decreto ministeriale per disciplinare l’applicazione delle agevolazioni fiscali relativamente alle strutture opache orizzontali, rimaste escluse dalla disciplina del citato D.M. 19 febbraio 2007.

Documentazione predisposta dall’Ufficio RUE

Procedure di contenzioso

Il 20 dicembre 2006 la Commissione ha presentato ricorso presso la Corte di Giustizia delle Comunità europee (Causa 518/06) in merito alla legislazione italiana che impone, a tutte le imprese di assicurazione abilitate a fornire l’assicurazione di responsabilità civile auto (RC auto) in Italia, l’obbligo di offrire l'assicurazione per tutte le categorie di assicurati in tutte le regioni italiane[205]. In merito la Commissione ha ricevuto una serie di denunce di diverse compagnie assicurative.

In primo luogo la Commissione esamina l’obbligo per le imprese di assicurazione di calcolare le proprie tariffe per l’assicurazione RC auto conformemente alle basi tecniche utilizzate per la fissazione dei premi nel corso degli ultimi cinque esercizi.

A parere della Commissione, tale meccanismo è contrario al principio della libertà tariffaria di cui alla terza direttiva assicurazione non vita (92/49/CEE).

Inoltre, dal momento che la norma sul controllo delle tariffe si applica anche ad imprese aventi la propria sede principale in altri Stati membri, la Commissione ritiene che il regime sia anche contrario al principio fondamentale del Mercato interno secondo il quale il controllo finanziario rientra nella competenza esclusiva dello Stato membro d’origine. (art. 9 della direttiva 92/49/CEE).

In secondo luogo, la Commissione ritiene che l’obbligo a contrarre sia in quanto tale una limitazione immotivata del principio della libertà di stabilimento di cui all’articolo 43 CE e del principio della libera prestazione di servizi di cui all'articolo 49 CE[206].

Il 10 aprile 2006 la Commissione aveva trasmesso all’Italia un parere motivato complementare, che faceva seguito al parere motivato già trasmesso il 18 ottobre 2005. Nella risposta del 30 dicembre 2005 le autorità italiane avevano essenzialmente ribadito che le norme contestate sono necessarie affinché tutti i guidatori possano ottenere l’assicurazione in tutte le parti d'Italia.

Pur riconoscendo che i motivi di tutela dei consumatori e di ordine pubblico possono giustificare restrizioni alle libertà fondamentali, la Commissione considera le restrizioni previste dalla normativa italiana non proporzionate in quanto esisterebbero mezzi meno restrittivi per raggiungere tale obiettivo.

 


Articolo 47
Interventi finalizzati al risparmio energetico negli edifici

 

TESTO
del disegno di legge

TESTO
della Commissione

 

Art. 47.

(Interventi finalizzati al risparmio energetico negli edifici).

 

 

      1. I requisiti di trasmittanza termica U, espressi in W/mq K, per gli interventi edilizi di cui all'articolo 1, comma 345, della legge 27 dicembre 2006, n. 296, sono stabiliti dalla tabella A allegata alla presente legge che, a far data dal 1o gennaio 2007, sostituisce la tabella 3, allegata alla citata legge n. 296 del 2006.

 

 

 

L’articolo in esame provvede a correggere un errore materiale della tabella 3 della legge n. 296/2006 (finanziaria per il 2007), al fine di consentire l’incentivazione di tutti gli interventi contemplati dall’art. 1, comma 345, della medesima legge.

 

Tale ultima disposizione prevede la detrazione del 55 per cento per l'installazione di pareti, pavimenti, coperture e finestre idonee a conseguire determinati livelli di risparmio energetico.

L’esigenza della correzione apportata dalla norma in commento era stata manifestata dal Governo durante l’emanazione del decreto attuativo del citato comma 345 (DM 19 febbraio 2007[207]).

Nelle premesse di tale decreto si legge, infatti, che “la tabella 3 della legge finanziaria 2007, alle colonne delle «strutture opache orizzontali» riporta erroneamente un'inversione dei valori relativi alle trasmittanze delle «coperture» e dei «pavimenti»”[208] e che, pertanto, “in attesa della correzione del predetto errore” lo stesso decreto ha stabilito sì le modalità di attuazione delle disposizioni di cui al comma 345, ma solo “limitatamente agli interventi sulle strutture opache verticali e sulle finestre comprensive di infissi”.

La modifica in esame costituisce quindi il presupposto necessario per consentire l’incentivazione anche delle «strutture opache orizzontali».

 

 

 


Articolo 48
Certificato di chiusa inchiesta

 

TESTO
del disegno di legge

TESTO
della Commissione

 

Art. 48.

(Certificato di chiusa inchiesta).

 

 

      1. Al decreto legislativo 7 settembre 2005, n. 209, recante il Codice delle assicurazioni private, dopo l'articolo 150, è inserito il seguente:

 

 

      «Art. 150-bis. (Certificato di chiusa inchiesta). - 1. È fatto obbligo alla compagnia di assicurazione di risarcire il danno derivante da furto o incendio di autoveicolo, indipendentemente dalla richiesta del rilascio del certificato di chiusa inchiesta, fatto salvo quanto disposto dal comma 2.

 

 

      2. Nei procedimenti giudiziari nei quali si procede per il reato di cui all'articolo 642 del codice penale, limitatamente all'ipotesi che il bene assicurato sia un autoveicolo, il risarcimento del danno derivante da furto o incendio dell'autoveicolo stesso è effettuato previo rilascio del certificato di chiusa inchiesta».

 

 

 

L’articolo 48, introdotto nel corso dell’esame presso la Commissione Attività produttive, delimita le fattispecie nelle quali, per la liquidazione del danno derivante da furto o incendio di autoveicoli, è necessaria la presentazione del certificato di chiusa inchiesta.

Il certificato di chiusa inchiesta viene rilasciato dalla Procura della Repubblica e attesta, in relazione alla denuncia del furto di un autoveicolo, che il procedimento penale aperto presso la Procura è stato chiuso e le relative indagini si sono concluse senza l’individuazione del responsabile, che resta dunque ignoto.

Si tratta di un certificato rilasciato dietro presentazione di apposita istanza da parte della persona offesa dal reato[209], talvolta richiesto dalla compagnia assicuratrice per la liquidazione del danno subito.

 

L’articolo 48, che introduce un nuovo articolo, 150-bis, al “Codice delle assicurazioni private” di cui al D.Lgs. 7 settembre 2005, n. 209, stabilisce che, salva la particolare fattispecie di cui al comma 2, le imprese di assicurazione devono risarcire il danno derivante da furto o incendio di veicoli, indipendentemente dalla richiesta di rilascio del certificato di chiusa inchiesta (comma 1).

Il comma 2 subordina il risarcimento del danno derivante da furto o incendio di veicoli al preventivo rilascio del certificato di chiusa inchiesta nell’ipotesi in cui, in relazione al furto o all’incendio del veicolo, sia stato aperto un procedimento giudiziario per il reato di fraudolento danneggiamento dei beni assicurati, di cui all’articolo 642 del codice penale.

Il citato articolo 642 del codice penale punisce con la reclusione da sei mesi a quattro anni chiunque, al fine di conseguire per sé o per altri l'indennizzo di una assicurazione o comunque un vantaggio derivante da un contratto di assicurazione, distrugge, disperde, deteriora od occulta cose di sua proprietà, falsifica o altera una polizza o la documentazione richiesta per la stipulazione di un contratto di assicurazione.

 

Si osserva che la necessità di presentare il certificato di chiusa inchiesta nei casi di procedimento giudiziario per il reato di cui all’articolo 642 del codice penale comporterà presumibilmente la necessità di attestare, in tutte le altre ipotesi, la mancata apertura di tale procedimento giudiziario.

 

 


Articolo 49
Stazioni sperimentali per l’industria

 

TESTO
del disegno di legge

TESTO
della Commissione

 

Art. 49.

(Stazioni sperimentali per l'industria).

 

 

      1. Gli enti riordinati con decreto legislativo 29 ottobre 1999, n. 540, in quanto svolgono istituzionalmente attività di ricerca industriale, sono equiparati, ai fini di cui al comma 506 dell'articolo 1 della legge 27 dicembre 2006, n. 296, agli enti pubblici di ricerca e sono esclusi dall'elenco delle amministrazioni pubbliche individuate ai sensi dell'articolo 1, comma 5, della legge 30 dicembre 2004, n. 311, pubblicato annualmente dall'Istituto nazionale di statistica (ISTAT).

 

 

 

L’articolo 49, introdotto dalla Commissione, esclude le Stazioni sperimentali per l’industria dal campo di applicazione dalla norma sulla riduzione delle spese di funzionamento degli enti pubblici non territoriali per il triennio 2007-2009, prevista dall’articolo 22 del decreto-legge n. 223/2006 (cd. decreto Visco-Bersani).

 

Le Stazioni sperimentali per l’industria sono enti pubblici economici il cui compito fondamentale è di promuovere il progresso tecnico delle industrie dello specifico settore cui sono preordinate, svolgendo attività di ricerca applicata. Il decreto legislativo n. 540/99 ha dettato una nuova disciplina generale delle Stazioni sperimentali, volta a rafforzarne l’autonomia e a favorire l’affermazione di metodi di organizzazione e gestione di stampo privatistico - pur mantenendone la natura di enti pubblici – allo scopo di aumentarne l’efficienza e le capacità di adattamento alle esigenze dei settori industriali di riferimento. In particolare, le Stazioni sono trasformate in enti pubblici economici, con la conseguente estensione ai dipendenti del rapporto di lavoro privato[210].

In decreto legislativo n.540/1999 ha previsto, in particolare:

-    la delegificazione degli ambiti di competenza delle stazioni sperimentali (articolo 1);

-    la ridefinizione dei compiti istituzionali delle stazioni (articolo 2);

-    la trasformazione delle stazioni in enti pubblici economici (articolo 2), che comporta l’applicazione a tutto il personale di contratti di lavoro di natura privatistica (articolo 5) e la riconduzione alla normativa privatistica della disciplina contabile (articolo 9);

-    l’attribuzione di potestà statutaria (articolo 3);

-    la ridefinizione delle fonti di finanziamento (articolo 8);

-    la ridefinizione dei poteri di vigilanza del Ministero dell’industria (articolo 10).

 

Si ricorda che l’articolo 22 del decreto-legge n. 223/2006 prevede, al comma 1, che gli stanziamenti per l'anno 2006 relativi a spese per consumi intermedi dei bilanci di enti ed organismi pubblici non territoriali, con esclusione delle Aziende sanitarie ed ospedaliere, degli Istituti di ricovero e cura a carattere scientifico, dell'Istituto superiore di sanità, dell'Istituto superiore per la prevenzione e la sicurezza del lavoro, dell'Agenzia italiana del farmaco, degli Istituti zooprofilattici sperimentali, degli enti e degli organismi gestori delle aree naturali protette e delle istituzioni scolastiche, sono ridotti nella misura del 10 per cento, comunque nei limiti delle disponibilità non impegnate alla data di entrata in vigore del decreto medesimo[211]. Le somme provenienti dalle riduzioni sono versate da ciascun ente, entro il mese di ottobre 2006, all'entrata del bilancio dello Stato. Il comma 2 prevede che per le medesime voci indicate al comma 1, per il triennio 2007-2009, le previsioni non potranno superare l'ottanta per cento di quelle iniziali dell'anno 2006. Le somme corrispondenti alla riduzione sono appositamente accantonate per essere versate da ciascun ente, entro il 30 giugno di ciascun anno, all'entrata del bilancio dello Stato[212].

 

L’articolo 1, comma 506, della legge n.296 del 2006 (legge finanziaria per il 2007) ha già previsto l’esclusione degli enti pubblici di ricerca, dell’Istituto nazionale di economia agraria, dell’Istituto nazionale di ricerca per gli alimenti e la nutrizione, del Consiglio per la ricerca e la sperimentazione in agricoltura, dell’Agenzia per la protezione dell’ambiente e per i servizi tecnici e delle agenzie regionali per l’ambiente dalla norma sulla riduzione delle spese di funzionamento degli enti pubblici non territoriali per il triennio 2007-2009 prevista dal decreto-legge n. 223/2006.

 

 


Articolo 50
Portabilità della targa dei veicoli

 

TESTO
del disegno di legge

TESTO
della Commissione

Art. 35.

(Portabilità della targa dei veicoli).

Art. 50.

(Portabilità della targa dei veicoli).

 

      1. A decorrere dalla data di entrata in vigore della presente legge è istituito, nel rispetto delle finalità di sicurezza, di ordine pubblico e della certezza delle situazioni giuridiche, il regime personale della targa dei veicoli, che consente il collegamento permanente della targa con il relativo titolare, nonché l'identificazione del proprietario del veicolo.

      Identico.

 

 

L’articolo 50 introduce per gli autoveicoli il sistema della targa personale, che realizza un collegamento diretto fra la targa stessa ed il titolare. La norma precisa che tale innovazione deve avvenire nel rispetto delle finalità di sicurezza, ordine pubblico e certezza delle situazioni giuridiche.

Va ricordato in proposito che l’attuale disciplina in materia è dettata dagli articoli 100 e seguenti del codice della strada, e prevede che gli autoveicoli devono essere muniti anteriormente e posteriormente di una targa, con caratteristiche rifrangenti, recante i dati di immatricolazione del veicolo. Analoga prescrizione è prevista per i motoveicoli (che devono essere muniti di targa solo posteriormente). Le targhe, che sono prodotte e distribuite esclusivamente dallo Stato, vengono consegnate agli intestatari dall'ufficio competente del Dipartimento per i trasporti terrestri all'atto dell'immatricolazione dei veicoli.

In caso di cessazione definitiva di circolazione del veicolo, il proprietario deve informarne gli uffici del PRA, restituendo il certificato di proprietà, la carta di circolazione e le targhe. Il PRA provvede a sua volta a riconsegnare al Dipartimento dei trasporti terrestri la carta di circolazione e le targhe.

La targa assolve pertanto, come emerge dalla normativa ora illustrata, a finalità di identificazione del veicolo ed è a questo strettamente collegata, seguendone le vicende sia in caso di alienazione, sia quando il veicolo stesso cessi, per qualsiasi ragione, di circolare.

La disposizione di cui all’art. 50 in esame apporta quindi una rilevante innovazione in tale materia, introducendo il principio della targa personale, che risulta collegata non più al veicolo ma alla persona. Ne consegue che, in occasione di modifiche nella titolarità del veicolo stesso (trasferimento di proprietà), o anche in caso di cessazione definitiva della circolazione, la targa non dovrà essere restituita - tramite il PRA -  al Dipartimento dei trasporti terrestri, ma resterà attribuita al titolare, che potrà successivamente utilizzarla su altri veicoli.

Con tale nuova disciplina, si deve ritenere conseguentemente modificata anche l’attuale connessione fra targa e dati di immatricolazione del veicolo, prevista dal citato art. 100. Tali dati, insieme a tutte le altre informazioni concernenti il veicolo, saranno comunque riportati dalla carta di circolazione, che resta ovviamente, come già con l’attuale normativa, documento collegato esclusivamente al veicolo.

Si ricorda che un sistema ispirato al medesimo principio è stato introdotto per i ciclomotori[213] dall’art. 97 del codice della strada, come modificato dal d.lgs. 15 gennaio 2002, n. 9. Tale norma prevede infatti che la targa dei ciclomotori identifica l’intestatario del certificato di circolazione, è personale, viene abbinata a un solo veicolo e il titolare la trattiene in caso di vendita.

La disposizione di cui all’art. 50 in esame precisa, come sopra accennato, che le modifiche introdotte al regime delle targhe devono collocarsi in un quadro di rispetto delle finalità di sicurezza, ordine pubblico e certezza delle situazioni giuridiche. Tale specificazione deve presumibilmente intendersi connessa all’esigenza di evitare che il passaggio al sistema della targa personalizzata possa ridurre, nei confronti dei terzi interessati, le garanzie di conoscibilità e di trasparenza dei dati relativi agli autoveicoli.

Peraltro, la diretta riconducibilità della targa al proprietario potrebbe consentire una più efficace gestione dei provvedimenti emessi per violazione di norme del codice della strada: essi infatti saranno direttamente imputabili al titolare della targa e, quindi, del veicolo, eliminando quindi le problematiche, spesso riscontrate, e connesse alla attribuzione delle sanzioni all’effettivo titolare, nelle more delle procedure di trasferimento di proprietà del veicolo.

 

Si segnala, con riferimento all’art. 50, ma anche a tutto il Titolo V del disegno di legge, che le modifiche apportate alla disciplina relativa alla circolazione dei veicoli, prevalentemente dettata dal d.lgs. n. 285/1992 (codice della strada), non viene inserita, mediante novellazione, nell’ambito di tale decreto, restando collocate in altro e autonomo provvedimento legislativo e incidendo, pertanto, sulla organicità del quadro normativo regolatorio della circolazione stradale.


Articolo 51
Regime giuridico degli autoveicoli, dei motoveicoli e dei rimorchi

 

TESTO
del disegno di legge

TESTO
della Commissione

Art. 36.

(Regime giuridico degli autoveicoli, dei motoveicoli e dei rimorchi).

Art. 51.

(Regime giuridico degli autoveicoli, dei motoveicoli e dei rimorchi).

 

      1. Gli autoveicoli, i motoveicoli e i rimorchi cessano di essere sottoposti alle disposizioni riguardanti i beni mobili registrati, di cui all'articolo 2683, numero 3), e all'articolo 2810, commi secondo, per la parte relativa agli autoveicoli, e terzo, del codice civile. Ai predetti beni si applicano, ai sensi del terzo comma dell'articolo 812 del codice civile, le disposizioni sui beni mobili, fatto salvo quanto disposto dal comma 2.

      1. Identico.

 

      2. Gli atti che costituiscono, trasferiscono, modificano o estinguono il diritto di proprietà, i diritti reali, anche di garanzia, la locazione con facoltà di acquisto, il sequestro conservativo e il pignoramento dei beni di cui al comma 1 sono registrati nell'archivio nazionale dei veicoli istituito ai sensi degli articoli 225 e 226 del codice della strada, di cui al decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285, e successive modificazioni, secondo le modalità stabilite dal presente titolo. Gli stessi atti sono soggetti ad annotazione nella carta di circolazione.

      2. Identico.

 

      3. Il pubblico registro automobilistico di cui al regio decreto-legge 15 marzo 1927, n. 436, convertito dalla legge 19 febbraio 1928, n. 510, e successive modificazioni, e di cui al regio decreto 29 luglio 1927, n. 1814, e successive modificazioni, è abolito dalla data di entrata in vigore dei regolamenti di attuazione di cui all'articolo 39 della presente legge, che devono essere emanati garantendo l'invarianza del gettito.

      3. Il pubblico registro automobilistico di cui al regio decreto-legge 15 marzo 1927, n. 436, convertito dalla legge 19 febbraio 1928, n. 510, e successive modificazioni, e di cui al regio decreto 29 luglio 1927, n. 1814, e successive modificazioni, è abolito dalla data di entrata in vigore dei regolamenti di attuazione di cui all'articolo 54 della presente legge, che devono essere emanati garantendo l'invarianza del gettito.

 

 

 

L’articolo 51 reca modifiche alla normativa concernente gli autoveicoli e i motoveicoli, che sono attualmente assoggettati al regime dei beni mobili registrati, previsto dall’art. 2683 del codice civile. Il comma 1 dell’articolo in esame dispone che tali veicoli siano sottratti al predetto regime e sottoposti alla disciplina dettata dall’art. 812 del codice per i beni mobili, mentre il comma 3 dispone l’abolizione del Pubblico registro Automobilistico (PRA), con decorrenza dalla data di entrata in vigore dei regolamenti di attuazione previsti dall’art. 39 del disegno di legge in esame.

 

Va ricordato che disposizioni sostanzialmente analoghe erano contenute nel disegno di legge A.C. 6956, Modifica del regime giuridico degli autoveicoli, dei motoveicoli e dei rimorchi, presentato dal Governo nel corso della XIII legislatura, il cui esame non era poi giunto a conclusione.

 

L’articolo 815 del codice civile prevede per i beni mobili iscritti in pubblici registri (o “registrati”), un regime di circolazione giuridica controllata diverso da quello comune a tutti gli altri beni mobili[214] (le disposizioni relative a questi ultimi si applicano infatti solo nei limiti in cui per essi non valgano norme più specifiche). La ratio originariadi tale distinzione attiene all’importanza economica rivestita da tali beni e alla connessa esigenza di renderne possibile l’individuazione e garantire una sicura negoziazione.

In particolare, l’art. 2863 del codice civile stabilisce che debbono essere resi pubblici, attraverso la trascrizione, gli atti che hanno per oggetto le navi e i galleggianti iscritti nei registri indicati dal codice della navigazione, gli aeromobili iscritti nei registri indicati dallo stesso codice (art. 753 ss. c.nav.); gli autoveicoli iscritti nelpubblico registro automobilistico. Con riferimento a quest’ultima categoria occorre precisare che vi rientrano tutti i veicoli a motore con almeno quattro ruote nonché i motoveicoli, cioè i veicoli con due o tre ruote, di cilindrata superiore a 50 cmc.

Nel sistema della trascrizione mobiliare gli effetti della trascrizione (stabiliti dall’art. 2644 c.c.) non si producono per tutte le tipologie di atti previsti dalla norma generale (art. 2643 c.c.), ma solo per quelle espressamente contemplate dall’art. 2684 c.c. e specificamente:

1)   gli atti che trasferiscono la proprietà o che costituiscono la comunione;

2)   i contratti costitutivi dei diritti di usufrutto o di uso o che trasferiscono il primo o modificano l’uno o l’altro;

3)   le transazioni relative agli stessi;

4)   gli atti di trasferimento coattivo adottati nel giudizio di espropriazione degli stessi;

5)   le sentenze che comunque costituiscano, modifichino o trasferiscano uno dei diritti suddetti.

 

In base al citato articolo 2683 del codice civile, il pubblico registro automobilistico (PRA) è lo strumento tramite il quale si realizza l’applicazione agli autoveicoli del regime di pubblicità previsto per i beni mobili registrati.

Il PRA - la cui introduzione risale alR.D.L. 15 marzo 1927, n. 436[215] ed al regolamento di esecuzione adottato con R.D. 27 luglio 1927, n. 1814 - è istituito presso le sedi provinciali dell'ACI[216], che provvede alla tenuta ed all’aggiornamento dei registri: uno riservato agli autoveicoli, autocarri e veicoli assimilabili, uno ai motocicli (con esclusione dei ciclomotori) e uno alle trattrici agricole.

Nei registri sono iscritti i dati necessari all'identificazione dei veicoli ed alla proprietà; sono inoltre annotati i successivi trasferimenti della proprietà e iscritte le garanzie reali. I registri sono pubblici, con conseguente diritto di ciascun interessato di esaminarli e di ottenere copia di iscrizioni o annotazioni in essi contenute oppure una certificazione da cui risulti che non ve ne sia alcuna (art. 11 del r.d.l. n. 436/1927).

La legge 9 luglio 1990 n. 187 (con il relativo regolamento di esecuzione - D.M. 2 ottobre 1992, n. 514) ha previsto l'automazione del registro e introdotto il certificato di proprietà attestante lo stato giuridico attuale del veicolo (che sostituisce il foglio complementare).

 

Il codice della strada (d.lgs. n. 285/1992) prevede, ai fini della circolazione degli autoveicoli, una serie di adempimenti burocratici che si aggiungono a quelli inerenti alla pubblicità legale delle vicende relative alla proprietà e agli altri diritti reali di godimento e di garanzia attuata attraverso il PRA.

In particolare, l'art. 93 prevede che gli autoveicoli, i motoveicoli e i rimorchi debbano essere immatricolati e devono essere muniti di una carta di circolazione; il successivo art. 100 prescrive inoltre che essi debbano essere muniti anteriormente e posteriormente (solo posteriormente per i motoveicoli) di una targa contenente i dati di immatricolazione).

L'immatricolazione e il rilascio della carta e delle targhe sono di competenza degli uffici del Dipartimento per i trasporti terrestri del Ministero dei trasporti, che provvede a dare immediata comunicazione delle nuove immatricolazioni al PRA (per i veicoli soggetti ad iscrizione nel PRA). L'art. 93dispone inoltre che l'immatricolazione e la carta di circolazione si aggiungono al certificato di proprietà rilasciato dal PRA; il quarto comma dell'articolo prescrive che l'interessato debba richiedere entro 60 giorni dal rilascio della carta di circolazione il certificato al PRA competente.

Il successivo art. 94 prevede che in caso di alienazione del veicolo, di costituzione di usufrutto su di esso o di stipulazione di locazione con facoltà di acquisto, l'interessato debba, entro 60 giorni, richiedere al PRA la trascrizione dell'atto e il rilascio di un nuovo certificato di proprietà, e al Dipartimento per i trasporti terrestri l'aggiornamento o il rilascio di una nuova carta di circolazione (analoga formalità è prescritta in caso di cambiamento di residenza).

 

Va ricordato che le trascrizioni dei veicoli presso il PRA sono soggette, ai sensi dell’art. 56 del d.lgs. n. 446/1997, al pagamento della imposta provinciale di trascrizione (IPT). Le relative tariffe sono indicate dal decreto del Ministro delle finanze n. 435/1998, variano in relazione al tipo ed alla potenza del veicolo e possono essere maggiorate dalle province fino ad un massimo del 30% (art. 56, comma 2, d.lgs. n. 446/1997, come modificato dall’articolo 1, comma 154, della legge 27 dicembre 2006, n. 296 – legge finanziaria 2007)

 

Il comma 2 dell’articolo 51 in esame dispone che tutti gli atti modificativi del diritto di proprietà, nonchè quelli riguardanti diritti reali, locazione, sequestro e pignoramento dei veicoli stessi, debbono essere registrati nell’archivio nazionale di cui agli articoli 225 e 226 del codice della strada, ed annotati sulla carta di circolazione.

 

Si ricorda, in proposito, che l’archivio nazionale dei veicoli opera presso il Dipartimento per i trasporti terrestri ed assolve a funzioni parzialmente diverse da quelle di competenza del PRA, pur riguardando atti e situazioni in larga parte coincidenti.

L’art. 225 del codice precisa infatti che l’archivio risponde a finalità di sicurezza stradale, e per rendere possibile l'acquisizione dei dati inerenti allo stato dei veicoli, degli utenti e dei relativi mutamenti.

L’archivio – completamente informatizzato - contiene, per ogni veicolo, i dati relativi alle caratteristiche di costruzione e di identificazione, all'emanazione della carta di circolazione e del certificato di proprietà, a tutte le successive vicende tecniche e giuridiche del veicolo, agli incidenti in cui il veicolo sia stato coinvolto. L’archivio viene aggiornato con i dati forniti dal Dipartimento per i trasporti terrestri, dal PRA, dagli organi addetti all'espletamento dei servizi di polizia stradale, dalle compagnie di assicurazione.

L’archivio viene quindi alimentato direttamente dagli organi pubblici competenti in materia di circolazione stradale, mentre l’onere di comunicare i dati dei veicoli al PRA è a carico dei proprietari.

 

Va ricordato che, in relazione alle esigenze di semplificazione degli adempimenti amministrativi relativi al regime  giuridico dei veicoli, il DPR 19 settembre 2000, n. 358 ha istituito lo Sportello Telematico dell'Automobilista (STA), che risulta attivato presso:

-      gli Uffici Provinciali dell'ACI

-      gli Uffici Provinciali della Motorizzazione Civile

-      le Delegazioni degli Automobile Club e gli Studi di consulenza automobilistica abilitati al servizio.

Lo STA rilascia la carta di circolazione e il certificato di proprietà dei veicoli contestualmente i documenti e, in caso di immatricolazione o di reimmatricolazione, anche le targhe.

Le pratiche gestite dallo Sportello Telematico dell'Automobilista, come previsto dal Decreto che lo ha istituto, sono le seguenti:

·         l' immatricolazione e l'iscrizione di autoveicoli e motoveicoli nuovi,

·         la reimmatricolazione/rinnovo di iscrizione e il trasferimento di proprietà degli autoveicoli e dei motoveicoli ad esclusione dei veicoli che necessitano di particolari titoli autorizzativi oppure di collaudo o certificato di approvazione (es. taxi, autocarro trasporto merci conto proprio, ecc.).

·         la cessazione dalla circolazione (radiazione) per demolizione e per esportazione definitiva all'estero degli autoveicoli, dei motoveicoli e dei rimorchi.

 

Secondo quanto indicato dalla relazione illustrativa, le funzioni assolte dall’archivio nazionale dei veicoli possono assorbire quelle attualmente attribuite al PRA, che, peraltro, trovano la loro origine in un contesto economico e sociale profondamente diverso da quello attuale; in particolare, sembra sostanzialmente superata la funzione di garanzia del credito attribuita ai veicoli. Per altri versi, il sistema della trascrizione degli atti di trasferimento di proprietà nel PRA, ai fini della opponibilità ai terzi, sembra – sempre secondo la citata relazione - non più rispondente ad effettive esigenze sociali, atteso che tali atti, già soggetti alla previa verifica da parte del notaio (o degli altri soggetti abilitati[217]), dovranno essere registrati nell’archivio nazionale di cui all’art. 225 del codice della strada, cu si potrà quindi fare riferimento in ogni caso di incertezza o di contestazione circa la titolarità dei diritti costituiti sui veicoli.

Il superamento dell’attuale regime giuridico viene anche motivato dalla esigenza di agevolare e semplificare le procedure di compravendita delle auto, da un lato riducendone i tempi, e, dall’altro, limitandone i costi, in relazione alle tariffe amministrative gravanti sulle iscrizioni al PRA.

In proposito, si rileva che l’istituzione dello Sportello telematico dell’automobilista – di cui al citato DPR n. 358/2000 - ha apportato significativi miglioramenti nella funzionalità delle procedure connesse alle immatricolazioni degli autoveicoli. Presso lo sportello vengono infatti rilasciati sia i documenti di competenza del Dipartimento per i trasporti terrestri (carta di circolazione e targa), sia il certificato di proprietà, emesso dal PRA.

 

 

 


Articolo 52
Personale del pubblico registro automobilistico

 

TESTO
del disegno di legge

TESTO
della Commissione

Art. 37.

(Personale del pubblico registro automobilistico).

Art. 52.

(Personale del pubblico registro automobilistico).

 

      1. Al personale dell'Automobile Club d'Italia, già adibito al funzionamento del pubblico registro automobilistico, che conserva comunque il rapporto di lavoro, si applicano le disposizioni di cui agli articoli 33, 34 e 34-bis del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, e successive modificazioni.

      Identico.

 

 

 

L’articolo in esame dispone che al personale dell’Automobile Club d’Italia (ACI), già adibito al funzionamento del pubblico registro automobilistico di cui si dispone l’abolizione ai sensi del precedente articolo 36 (cfr. supra), che in ogni caso conserva il rapporto di pubblico impiego, si applicano le disposizioni previste per i lavoratori del settore pubblico in materia di eccedenze di personale, di mobilità collettiva e di collocamento in disponibilità di cui agli articoli 33, 34 e 34-bis del D.Lgs. 30 marzo 2001, n. 165[218].

 

Gli articoli 33, 34 e 34-bis del D.Lgs. 165 del 2001 recano la disciplina della gestione del personale in esubero delle pubbliche amministrazioni, prevedendo in primo luogo che sia attivata una apposita procedura volta a raggiungere un accordo con le organizzazioni sindacali per ricollocare almeno parzialmente il personale in esubero nell'ambito della medesima amministrazione o presso altre amministrazioni (cd. “mobilità collettiva”). All’esito di tale procedura, il personale eccedente di cui non è stata possibile la ricollocazione lavorativa viene collocato in disponibilità e quindi, oltre a percepire un’indennità, viene iscritto in appositi elenchi da cui le pubbliche amministrazioni che necessitano di personale sono obbligate ad attingere prima di poter avviare le procedure per nuove assunzioni. Decorso il termine massimo di ventiquattro mesi dal collocamento in disponibilità, in mancanza di ricollocazione presso altra amministrazione, il rapporto di lavoro si intende definitivamente risolto di diritto.

Più in dettaglio, l’articolo 33, al comma 1, dispone che le pubbliche amministrazioni che rilevino esuberi di personale sono tenute ad informare preventivamente le organizzazioni sindacali e ad osservare le apposite procedure di “mobilità collettiva” previste dal medesimo articolo. Si precisa che, salvo quanto previsto dal medesimo articolo, si applicano le disposizioni in materia di collocamento in mobilità di cui alla legge 23 luglio 1991, n. 223[219], ed in particolare l'articolo 4, comma 11 (relativo alla possibilità per gli accordi sindacali che prevedano il riassorbimento totale o parziale dei lavoratori ritenuti eccedenti, di stabilire la loro assegnazione a mansioni diverse da quelle svolte, anche in deroga al secondo comma dell'art. 2103 del codice civile) e l'articolo 5, commi 1 e 2 (relativi alle modalità di individuazione dei lavoratori da collocare in mobilità).

La disciplina relativa alla “mobilità collettiva” di cui all’articolo 33 si applica qualora l’eccedenza di personale interessi almeno 10 dipendenti (articolo 33, comma 2). In tal caso la pubblica amministrazione interessata dall’eccedenza attiva una apposita procedura alla quale partecipano le organizzazioni sindacali, volta a ricollocare totalmente o parzialmente il personale in esubero nell'ambito della medesima amministrazione o presso altre amministrazioni. Tale procedura può concludersi - comunque entro quarantacinque giorni dal suo avvio - con il raggiungimento dell’accordo o con apposito verbale nel quale sono riportate le diverse posizioni delle parti. In caso di disaccordo, le organizzazioni sindacali possono richiedere che il confronto prosegua secondo determinate modalità; comunque la procedura si conclude in ogni caso, anche dopo tale eventuale ulteriore fase di confronto, al massimo entro sessanta giorni dal suo avvio (articolo 33, commi 3, 4 e 5).

I contratti collettivi nazionali possono inoltre stabilire criteri generali e procedure per consentire, tenuto conto delle caratteristiche del comparto, la gestione delle eccedenze di personale attraverso la mobilità volontaria presso altre amministrazioni nell'ambito della provincia o in quello diverso che, in relazione alla distribuzione territoriale delle amministrazioni o alla situazione del mercato del lavoro, sia stabilito dai contratti collettivi nazionali (articolo 33, comma 6).

All’esito della prevista procedura o comunque nel caso l’esubero riguardi meno di 10 dipendenti, l’amministrazione colloca in disponibilità il personale che non sia possibile impiegare diversamente nell'ambito della medesima amministrazione, che non possa essere ricollocato presso altre amministrazioni, ovvero che non abbia preso servizio presso la diversa amministrazione che, secondo gli accordi intervenuti ai sensi dei commi precedenti, ne avrebbe consentito il ricollocamento (articolo 33, comma 7).

Il lavoratore “in disponibilità” ha comunque diritto ad un’indennità pari all’80% dello stipendio e dell'indennità integrativa speciale, con esclusione di qualsiasi altro emolumento retributivo comunque denominato, per la durata massima di 24 mesi. I periodi di godimento dell'indennità sono riconosciuti ai fini della determinazione dei requisiti di accesso alla pensione e della misura della stessa (articolo 33, comma 8).

L’articolo 34 del D.Lgs. n. 165/2001 dispone in via generale che il personale risultato in eccedenza e posto in disponibilità al termine dell’apposita procedura disciplinata dall’articolo 33 del medesimo decreto legislativo, sia iscritto, secondo l’ordine cronologico di sospensione del relativo rapporto di lavoro, in appositi elenchi formati e gestiti:

-      dal Dipartimento della funzione pubblica, per le amministrazioni dello Stato, anche ad ordinamento autonomo, e per gli enti pubblici non economici nazionali (comma 2);

-      dalle strutture regionali e provinciali individuate con legge regionale ai sensi del D.Lgs. 469/1997, per le altre amministrazioni (comma 3).

È previsto espressamente che il Dipartimento della funzione pubblica realizzi "opportune forme di coordinamento" tra l'elenco da esso gestito e quelli tenuti dalle strutture regionali e provinciali. A tale coordinamento, nonché alla collaborazione con il Dipartimento della funzione pubblica ai fini della riqualificazione e ricollocazione del personale, fa riferimento il comma 3 dell’articolo 34 ove dispone che "le leggi regionali previste dal D.Lgs. n. 469/1997, nel provvedere all’organizzazione del sistema regionale per l’impiego, si adeguano ai principi di cui al comma 2".

Principalmente alle strutture regionali e provinciali sono affidati i compiti relativi allariqualificazione professionaledel personale e alla sua ricollocazione presso altre amministrazioni; per quanto riguarda il personale statale, infatti, è previsto che a tali fini il Dipartimento della funzione pubblica si avvalga della loro collaborazione. In materia interviene poi il successivo comma 5, che prevede che i contratti collettivi nazionali possano costituire fondi riservati per riqualificare personale in disponibilità ed incentivarne la ricollocazione, in particolare mediante mobilità volontaria. Tali fondi possono essere utilizzati per riqualificare anche il personale eccedente trasferito ai sensi dell'articolo 33 prima del collocamento in disponibilità.

Il comma 4 completa la disciplina relativa all’indennità di disponibilità prevista dall’articolo 33, comma 8, e dispone la definitiva risoluzione del rapporto di lavoro del pubblico dipendente alla decorrenza del periodo massimo di fruizione della stessa. Viene stabilito che il dipendente collocato in disponibilità ha diritto all’indennità per la durata prevista dall’articolo 33 (al massimo 24 mesi); per tutto tale periodo, ha altresì diritto a che siano corrisposti all’ente previdenziale di riferimento gli oneri sociali relativi alla retribuzione goduta al momento del collocamento in disponibilità. Le spese, relative sia all’erogazione dell’indennità che alla corresponsione degli oneri sociali, gravano sul bilancio dell’amministrazione di appartenenza del dipendente fino alla sua ricollocazione o alla decorrenza del termine massimo di disponibilità.

Scaduto tale termine senza che sia stata possibile la ricollocazione presso altra amministrazione, e a far data da esso, il rapporto di lavoro si intende definitivamente risolto.

Ilcomma 6 dell’articolo 34 subordina la possibilità di procedere a nuove assunzioni all’utilizzo del personale collocato in disponibilità. Viene infatti disposto che, nell’ambito della programmazione triennale delle assunzioni prevista dall’articolo 39 della L. 27 dicembre 1997, n. 449, recante Misure per la stabilizzazione della finanza pubblica[220], le nuove assunzioni siano subordinate alla verifica dell’impossibilità di ricollocare tale personale.

Infine, i commi 7 e 8 dell'articolo 34dettano disposizioni particolari per gli enti pubblici territoriali in generale e per gli enti locali in situazione di dissesto finanziario. I primi vengono autorizzati ad utilizzare le economie derivanti dalla minore spesa dal collocamento in disponibilità del personale per la formazione e riqualificazione di esso. Quanto agli enti territoriali in dissesto, si prevede che ad essi continui ad applicarsi la disciplina dettata in materia di gestione del personale in disponibilità dal D.Lgs. 25 febbraio 1995, n. 77, recante Ordinamento finanziario e contabile degli enti locali.

L’articolo 34-bis, che reca disposizioni in materia di mobilità, prevede l’obbligo per le pubbliche amministrazioni di utilizzare il personale già collocato in disponibilità prima di avviare le procedure per le nuove assunzioni.

In particolare, il comma 1 stabilisce che le amministrazioni pubbliche, prima di avviare le procedure di assunzione del personale, devono comunicare una serie di informazioni relative al personale per il quale si intende bandire il concorso, con particolare riguardo per l’area, il livello (ovvero la posizione economica all’interno dell’area), la sede di destinazione.

I soggetti ai quali è rivolta la comunicazione - che sono gli stessi i quali, ai sensi del precedente articolo 34, formano e gestiscono gli elenchi del personale in disponibilità - sono:

-          il Dipartimento per la funzione pubblica della Presidenza del Consiglio dei ministri per le assunzioni da effettuare presso le amministrazioni dello Stato, anche ad ordinamento autonomo, e per gli enti pubblici non economici nazionali;

-          le strutture regionali e provinciali di cui al D.Lgs. 23 dicembre 1997, n. 469[221], per le assunzioni da effettuare presso le altre amministrazioni[222].

Il comma 2 stabilisce che il soggetto al quale è rivolta la comunicazione provvede entro 15 giorni dalla stessa ad assegnare all’amministrazione richiedente il personale che risulta iscritto nel proprio elenco. L’assegnazione del personale deve avvenire secondo l’anzianità di iscrizione nell’elenco del personale collocato in disponibilità.

Nel caso in cui la comunicazione sia stata rivolta alle strutture regionali e provinciali e queste abbiano accertato l’assenza nei propri elenchi di personale da assegnare alle amministrazioni richiedenti, le suddette strutture devono tempestivamente (non è stabilito un termine preciso) comunicare al Dipartimento della funzione pubblica le informazioni che gli sono state a loro volta comunicate dall’amministrazione richiedente. Il Dipartimento della funzione pubblica, di concerto con il Ministero dell’economia e delle finanze, provvederà, entro 15 giorni dal ricevimento della predetta comunicazione, ad assegnare all’amministrazione richiedente il personale che risulta iscritto nel proprio elenco. Avvenuta l’assegnazione, l’amministrazione provvede ad iscrivere il dipendente ad essa destinato nei propri ruoli; conseguentemente il rapporto di lavoro prosegue con l’amministrazione che ha comunicato l’intenzione di bandire il concorso.

Ai sensi del comma 3, le amministrazioni possono provvedere ad organizzare percorsi di qualificazione del personale assegnato ai sensi del comma 2.

Il comma 4 prevede che le amministrazioni potranno avviare la procedura di assunzione mediante concorso per tutte le posizioni che non sono state coperte con assegnazione di personale in disponibilità, decorsi due mesi dalla ricezione della comunicazione da parte del Dipartimento della funzione pubblica. La comunicazione è diretta se proviene dalle amministrazioni statali e dagli enti pubblici non economici comprese le università e per conoscenza per le altre amministrazioni..

Il comma 5 dispone la nullità delle assunzioni effettuate in violazione delle procedure previste dallo stesso articolo per la mobilità attivata d’ufficio.

Il comma 5-bis dà mandato al Dipartimento della funzione pubblica di verificare presso le amministrazioni pubbliche l’eventuale interesse ad acquisire in mobilità i dipendenti in eccedenza di altre amministrazioni. In tal caso saranno applicate le disposizioni dell’articolo 4, comma 2, del D.L. n. 163/1995[223], che ha previsto un meccanismo di snellimento delle procedure di assegnazione dei dipendenti pubblici dichiarati eccedenti, disponendo che essi possano essere trasferiti con decreto del Ministro della funzione pubblica ad altra amministrazione che ne faccia richiesta, previo assenso dell'interessato.

 

In sostanza al personale già adibito al pubblico registro automobilistico, ferma restando la conservazione del rapporto di lavoro pubblico presso l’ACI, si applica la disciplina prevista per le eccedenze di personale delle pubbliche amministrazioni. Pertanto l’ACI potrà attivare la procedura di mobilità collettiva di cui all’articolo 33 del D.Lgs. 165/2001, volta a raggiungere un accordo con le organizzazioni sindacali per ricollocare almeno parzialmente il personale in esubero nell'ambito della medesima amministrazione o presso altre amministrazioni. All’esito di tale procedura, il personale eccedente di cui non sia stata possibile la ricollocazione lavorativa potrebbe essere collocato in disponibilità e quindi gestito ed eventualmente ricollocato secondo le disposizioni di cui agli articoli 34 e 34-bis del D.Lgs. 165/2001 (cfr. supra).

 

 


Articolo 53
Disposizioni in materia fiscale

 

TESTO
del disegno di legge

TESTO
della Commissione

Art. 38.

(Disposizioni in materia fiscale).

Art. 53.

(Disposizioni in materia fiscale).

 

      1. Agli atti che costituiscono, trasferiscono, modificano o estinguono il diritto di proprietà, i diritti reali, anche di garanzia, la locazione con facoltà di acquisto, il sequestro conservativo e il pignoramento dei beni continua ad applicarsi l'articolo 56 del decreto legislativo 15 dicembre 1997, n. 446, e successive modificazioni.

      Identico.

 

 

 

L’articolo 53 disciplina la tassazione degli atti che costituiscono, trasferiscono, modificano o estinguono diritti su veicoli in conseguenza dell’abolizione del pubblico registro automobilistico, disposta dal precedente articolo 51 del presente disegno di legge, e dell’obbligo, previsto dallo stesso articolo, di registrare i suddetti atti nell’archivio nazionale dei veicoli.

 

L’articolo 53 in esame prevede infatti che agli atti, soggetti a registrazione nell’archivio nazionale dei veicoli, ai sensi del comma 2 del menzionato articolo 51, continua ad applicarsi l’imposta provinciale di trascrizione (IPT). Tale imposta è disciplinata dall’articolo 56 del D.Lgs. 15 dicembre 1997, n. 446, con riferimento alle formalità richieste al pubblico registro automobilistico, il quale, come sopra indicato, è abolito dal comma 3 dell’articolo 51.

Gli atti ai quali si applica la disposizione in esame sono quelli che, relativamente ai beni di cui all’articolo 51, comma 1, del presente disegno di legge, costituiscono, trasferiscono, modificano o estinguono:

-       il diritto di proprietà;

-       i diritti reali, anche di garanzia;

-       la locazione con facoltà di acquisto;

-       il sequestro conservativo;

-       il pignoramento.

 

Il citato articolo 56 del D.Lgs. n. 446 del 1997 consente alla province di istituire, con proprio regolamento, l’imposta provinciale sulle formalità di trascrizione, iscrizione ed annotazione dei veicoli richieste al pubblico registro automobilistico, avente competenza nel proprio territorio. Lo stesso regolamento disciplina inoltre la liquidazione, riscossione e contabilizzazione dell'imposta e i relativi controlli e sanzioni per l'omesso o ritardato pagamento. La tariffa dell’imposta è stata stabilita con il D.M. 27 novembre 1998, n. 435, in misura differenziata a seconda del tipo e potenza dei veicoli, con possibilità per le province di aumentare tale tariffa fino ad un massimo del trenta per cento. L’imposta è dovuta per ciascun veicolo al momento della richiesta di formalità. Nel caso di iscrizione di più formalità ipotecarie per uno stesso credito, l’imposta è dovuta una sola volta.

Sono escluse dall’applicazione dell’imposta le cessioni di mezzi di trasporto usati, effettuate nei confronti dei contribuenti che ne fanno commercio e i trasferimenti di veicoli conseguenti a fusioni tra società esercenti attività di locazione di veicoli senza conducente.

L’imposta è invece ridotta ad un quarto per gli autoveicoli muniti di carta di circolazione per uso speciale ed i rimorchi destinati a detti veicoli, purché siano inadatti al trasporto di cose. Ai rimorchi ad uso abitazione per campeggio e simili si applica l’imposta in misura pari ad un quarto dell’importo risultante dal citato D.M. n. 435 del 1998.

Alle formalità richieste ai sensi e per gli effetti dell'articolo 2688 del cod. civ., ovvero quando non risulta trascritto nel registro l’atto di acquisto anteriore a quello del quale si chiede la trascrizione, l’imposta si applica in misura pari al doppio della relativa tariffa.

Le controversie concernenti l'imposta provinciale di trascrizione, le sanzioni e gli accessori sono soggette alla giurisdizione delle commissioni tributarie.

 

Per quanto riguarda la formulazione letterale della norma, si ritiene che sarebbe stato più corretto prevedere che il sopra illustrato articolo 56 del D.Lgs. n. 446 del 1997, in relazione alle sua natura di imposta di trascrizione, continui ad applicarsi alla registrazione degli atti, piuttosto che agli atti stessi.

Per maggior precisione si potrebbe specificare che la norma in esame si riferisce ai beni di cui al comma 1 dell’articolo 51 del presente disegno di legge.

Sarebbe inoltre opportuno individuare con precisione, anche per relationem, il momento a decorrere dal quale l’imposta si applicherà in conseguenza della registrazione degli atti nell’archivio nazionale dei veicoli, anziché per le formalità eseguite nel pubblico registro automobilistico, anche in relazione all’entrata in vigore dei regolamenti di attuazione del Titolo V del presente disegno di legge (per i quali di veda il successivo articolo 54), a decorrere dalla quale sarà abolito il pubblico registro automobilistico.

 

 


Articolo 54
Regolamenti di attuazione

TESTO
del disegno di legge

TESTO
della Commissione

Art. 39.

(Regolamenti di attuazione).

Art. 54.

(Regolamenti di attuazione).

 

      1. Con uno o più regolamenti, emanati ai sensi dell'articolo 17, comma 2, della legge 23 agosto 1988, n. 400, entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, sono dettate le disposizioni per la disciplina del procedimento di immatricolazione, di annotazione e di registrazione del contenuto degli atti di cui al comma 2 dell'articolo 36 della presente legge, di perdita del possesso e di cessazione della circolazione degli autoveicoli, dei motoveicoli e dei rimorchi, nonché le disposizioni da osservarsi nei casi di smarrimento, sottrazione, distruzione o deterioramento della carta di circolazione e per il trasferimento di residenza dell'intestatario della carta di circolazione medesima. Con gli stessi regolamenti è adeguato alla nuova disciplina il regolamento recante norme per la semplificazione del procedimento relativo all'immatricolazione, ai passaggi di proprietà e alla reimmatricolazione degli autoveicoli, dei motoveicoli e dei rimorchi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 19 settembre 2000, n. 358, e successive modificazioni, e sono disciplinati i tempi e le modalità del trasferimento dei dati e del personale eventualmente occorrente, da trasferire ai sensi dell'articolo 37 della presente legge, dal pubblico registro automobilistico all'archivio nazionale dei veicoli, nonché le altre norme transitorie eventualmente necessarie; sono, inoltre, individuate le ulteriori modalità di attuazione delle disposizioni del presente titolo, garantendo l'invarianza degli oneri, con specifico riguardo alla quota di risorse finanziarie attualmente derivanti dall'attività del pubblico registro automobilistico, ove destinate al funzionamento dello stesso.

      1. Con uno o più regolamenti, emanati ai sensi dell'articolo 17, comma 2, della legge 23 agosto 1988, n. 400, entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, sono dettate le disposizioni per la disciplina del procedimento di immatricolazione, di annotazione e di registrazione del contenuto degli atti di cui al comma 2 dell'articolo 51 della presente legge, di perdita del possesso e di cessazione della circolazione degli autoveicoli, dei motoveicoli e dei rimorchi, nonché le disposizioni da osservarsi nei casi di smarrimento, sottrazione, distruzione o deterioramento della carta di circolazione e per il trasferimento di residenza dell'intestatario della carta di circolazione medesima. Con gli stessi regolamenti è adeguato alla nuova disciplina il regolamento recante norme per la semplificazione del procedimento relativo all'immatricolazione, ai passaggi di proprietà e alla reimmatricolazione degli autoveicoli, dei motoveicoli e dei rimorchi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 19 settembre 2000, n. 358, e successive modificazioni, e sono disciplinati i tempi e le modalità del trasferimento dei dati e del personale eventualmente occorrente, da trasferire ai sensi dell'articolo 52 della presente legge, dal pubblico registro automobilistico all'archivio nazionale dei veicoli, nonché le altre norme transitorie eventualmente necessarie; sono, inoltre, individuate le ulteriori modalità di attuazione delle disposizioni del presente titolo, garantendo l'invarianza degli oneri, con specifico riguardo alla quota di risorse finanziarie attualmente derivanti dall'attività del pubblico registro automobilistico, ove destinate al funzionamento dello stesso.

 

 

 

L’articolo 54 prevede l’emanazione di una serie di regolamenti per l’attuazione della nuova disciplina, introdotta dall’art. 51, in materia di immatricolazione, di annotazione degli atti, di cessazione della circolazione degli autoveicoli, nonché in materia di procedure concernenti i casi di smarrimento, distruzione, della carta di circolazione e per i cambi di residenza dell’intestatario della carta. Con tali provvedimenti dovranno inoltre essere adeguate alla nuova disciplina le norme previste dal regolamento di cui al DPR 19 settembre 2000, n. 358, concernenti la semplificazione delle  procedure per l’immatricolazione degli autoveicoli, motoveicoli e rimorchi, e saranno regolate le modalità di trasferimento dei dati e del personale dal PRA all’archivio nazionale dei veicoli. Con i medesimi regolamenti verranno infine dettate le norme transitorie che si renderanno necessarie, e definite le ulteriori modalità attuative del titolo V, nel rispetto della invarianza della spesa, con specifico riferimento alle risorse finanziarie attualmente derivanti dal PRA, se destinate al funzionamento del registro stesso.

I regolamenti dovranno essere emanati – entro tre mesi dall’entrata in vigore della legge - ai sensi dell’art. dell'articolo 17, comma 2, della legge 23 agosto 1988, n. 400, che disciplina i regolamenti di delegificazione[224].

 

Va ricordato che con il DPR n. 358/2000 è stato adottato il regolamento recante norme per la semplificazione del procedimento relativo all'immatricolazione, ai passaggi di proprietà e alla reimmatricolazione degli autoveicoli, dei motoveicoli e dei rimorchi. L’art. 2 di tale regolamento ha istituito lo sportello telematico dell’automobilista (per l’illustrazione del quale si rinvia alla scheda sull’articolo 51).

 

 


Articolo 55
Sanzioni

 

TESTO
del disegno di legge

TESTO
della Commissione

Art. 40.

(Sanzioni).

Art. 55.

(Sanzioni).

 

      1. Chiunque circola con un veicolo per il quale non è stata rilasciata la carta di circolazione è soggetto alla sanzione amministrativa del pagamento di una somma da euro 357 a euro 1.433. Alla medesima sanzione è soggetto il proprietario del veicolo o l'usufruttuario o il locatario con facoltà d'acquisto o l'acquirente con patto di riservato dominio. Dalla violazione del presente comma consegue la sanzione amministrativa accessoria della confisca del veicolo, secondo le norme di cui al titolo VI, capo I, sezione II, del codice della strada, di cui al decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285, e successive modificazioni.

      1. Identico.

 

      2. Chiunque circola con un rimorchio agganciato ad una motrice senza che sulla relativa carta di circolazione siano riportate le prescritte indicazioni relative alle caratteristiche del rimorchio medesimo è soggetto alla sanzione amministrativa del pagamento di una somma da euro 71 a euro 286.

      2. Identico.

 

      3. Chiunque abusivamente produce o distribuisce targhe per autoveicoli, per motoveicoli o rimorchi è soggetto alla sanzione amministrativa del pagamento di una somma da euro 357 a euro 1.433. Dalla violazione del presente comma consegue la sanzione amministrativa accessoria della confisca delle targhe, secondo le norme di cui al titolo VI, capo I, sezione II, del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285, e successive modificazioni.

      3. Identico.

 

      4. Ai gestori dei centri di raccolta e di vendita degli autoveicoli, dei motoveicoli e dei rimorchi che alienano, smontano o distruggono gli stessi mezzi senza avere prima restituito la targa e la carta di circolazione al competente ufficio, qualora non vi abbiano provveduto i titolari, si applica la sanzione prevista dall'articolo 255 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152.

      4. Identico.

 

      5. L'acquirente di uno dei diritti di cui al comma 2 dell'articolo 36, che omette di effettuare l'annotazione e la registrazione previste al medesimo comma, è soggetto alla sanzione amministrativa del pagamento di una somma da euro 600 a euro 3.300. La predetta sanzione è ridotta della metà qualora l'adempimento sia effettuato entro trenta giorni dalla scadenza del termine stabilito con i regolamenti di cui all'articolo 39.

      5. L'acquirente di uno dei diritti di cui al comma 2 dell'articolo 51, che omette di effettuare l'annotazione e la registrazione previste al medesimo comma, è soggetto alla sanzione amministrativa del pagamento di una somma da euro 600 a euro 3.300. La predetta sanzione è ridotta della metà qualora l'adempimento sia effettuato entro trenta giorni dalla scadenza del termine stabilito con i regolamenti di cui all'articolo 54.

 

 

 

L’articolo 55 prevede le sanzioni applicabili per le violazioni delle norme concernenti gli adempimenti richiesti per la circolazione degli autoveicoli.

In particolare:

il comma 1 – che riproduce il vigente art. 93, comma 7 del codice della strada - dispone la sanzione amministrativa del pagamento di una somma da euro 357 a euro 1433 per chi circoli con un veicolo per il quale non sia stata rilasciata la carta di circolazione; analoga sanzione è prevista per il proprietario, il locatario, l’usufruttuario, l’acquirente con patto di riservato dominio. Alla predetta  violazione sanzione consegue inoltre la sanzione accessoria della confisca del veicolo, secondo quanto previsto dal titolo VI, capo I, sezione II, del codice della strada;

il comma 2 – che riproduce sostanzialmente il contenuto dell’art. 93, comma 8, del citato art. 93 del codice della strada - dispone la sanzione amministrativa del pagamento di una somma da euro 71 a euro 286 per chi circoli con un rimorchio agganciato ad una motrice, senza che sulla carta di circolazione siano riportate le indicazioni relative alla caratteristiche del rimorchio stesso;

il comma 3 – che riproduce il contenuto dei commi 5 e 6 dell’art. 101 del codice della strada – prevede la sanzione amministrativa del pagamento di una somma da euro 357 a euro 1433 per chiunque abusivamente produce o distribuisce targhe per autoveicoli, per motoveicoli o rimorchi, e dispone che a tale violazione consegue la sanzione accessoria della confisca delle targhe, secondo quanto previsto dal titolo VI, capo I, sezione II del codice della strada;

il comma 4 prevede che i gestori di raccolta degli autoveicoli che smontino o distruggano tali mezzi senza prima avere restituito agli uffici competenti la targa e la carta di circolazione, sono soggetti alla sanzione di cui all’art. 255 del d.lgs. 3 aprile 2006, n. 152. Tale articolo prevede, al comma 2, la sanzione amministrativa pecuniaria da euro 260 a euro 1550 per i titolari dei centri di raccolta, concessionari o titolari di succursale, che violino le disposizioni relative alla demolizione dei veicoli previste dall’art. 231, comma 5, dello stesso d.lgs. n. 152 del 2006, secondo cui i predetti soggetti sono tenuti, entro novanta giorni dalla consegna del veicolo da demolire, comunicare l'avvenuta consegna e consegnare il certificato di proprietà, la carta di circolazione e le targhe al competente Ufficio del PRA;

Il comma 5 introduce una sanzione amministrativa, che consiste nel pagamento di una somma da euro 600 a euro 3.300, per coloro che non provvedano all'annotazione e registrazione nell’archivio nazionale dei veicoli dei dati relativi all’acquisto delle posizioni giuridiche indicate dall’art. 36, comma 2 del disegno di legge (diritto di proprietà, diritti reali e di garanzia, locazione con facoltà di acquisto, sequestro conservativo, pignoramento). La sanzione viene ridotta alla metà qualora si provveda al relativo adempimento entro trenta giorni dal termine che verrà stabilito con i regolamenti previsti dall’art. 39.

Va segnalato che la sanzione prevista dal comma 5, ora illustrato, equivale sostanzialmente a quella (che prevede il pagamento di una somma da euro 600 a euro 3.003) attualmente disposta dall’art. 94, comma 3, del codice della strada, per coloro che non comunichino entro 60 giorni al PRA il trasferimento di proprietà, la costituzione di usufrutto o la stipula di locazione di un autoveicolo o, nello stesso termine, non informino il Dipartimento dei trasporti terrestri, ai fini dell’aggiornamento della carta di circolazione.

Va rilevato che le sanzioni introdotte dall‘art. 55 in esame sostituiscono quelle attualmente previste da alcune disposizioni del d.lgs. n. 285/1992 (codice della strada), che vengono infatti abrogate dal successivo art. 41 del disegno di legge.

 

 


Articolo 56
Modificazioni, abrogazioni e disposizioni transitorie

 

TESTO
del disegno di legge

TESTO
della Commissione

Art. 41

(Modificazioni, abrogazioni e disposizioni transitorie).

Art. 56

(Modificazioni, abrogazioni e disposizioni transitorie).

 

      1. Le disposizioni del presente titolo e dei regolamenti di cui all'articolo 39 si applicano a decorrere dalla data di entrata in vigore dei regolamenti stessi. A decorrere dalla stessa data:

      1. Le disposizioni del presente titolo e dei regolamenti di cui all'articolo 54 si applicano a decorrere dalla data di entrata in vigore dei regolamenti stessi. A decorrere dalla stessa data:

 

          a) nel codice civile:

          a) identica;

 

              1) alla rubrica della sezione I del capo III del titolo I del libro VI, le parole: «agli aeromobili e agli autoveicoli» sono sostituite dalle seguenti: «e agli aeromobili»;

 

 

              2) il numero 3) dell'articolo 2683 è abrogato;

 

 

              3) al primo comma dell'articolo 2695, le parole: «e dalla legge speciale per quanto riguarda gli autoveicoli» sono soppresse;

 

 

              4) all'articolo 2810, al secondo comma, le parole: «gli aeromobili e gli autoveicoli» sono sostituite dalle seguenti: «e gli aeromobili» e il terzo comma è abrogato;

 

 

          b) il regio decreto-legge 15 marzo 1927, n. 436, convertito dalla legge 19 febbraio 1928, n. 510, e successive modificazioni, è abrogato, ad eccezione dell'articolo 29;

          b) identica;

 

          c) il regio decreto 29 luglio 1927, n. 1814, e successive modificazioni, è abrogato;

          c) identica;

 

          d) l'articolo 7 della legge 9 luglio 1990, n. 187, e successive modificazioni, è abrogato;

          d) identica;

 

          e) nel codice della strada, di cui al decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285, e successive modificazioni, l'articolo 78, comma 1, secondo periodo, è soppresso; l'articolo 93, commi 1, 2, 3, 4, 5, 6, 7, 8, 9 e 12, l'articolo 94, l'articolo 95, l'articolo 101, commi 2, 3, 4, 5 e 6, e l'articolo 103 sono abrogati;

          e) identica;

 

          f) l'articolo 245 e l'articolo 247 del regolamento di esecuzione e di attuazione del codice della strada, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 16 dicembre 1992, n. 495, e successive modificazioni, sono abrogati.

          f) identica.

 

 

 

 

L’articolo 56 reca alcune modifiche e abrogazioni alla normativa vigente in materia di circolazione degli autoveicoli, e stabilisce che le disposizioni introdotte dal Titolo V, nonchè quelle che verranno emanate con i regolamenti di attuazione di cui all’art. 54, saranno applicate dalla data di entrata in vigore di tali regolamenti; in pari data avranno effetto le predette modifiche ed abrogazioni.

In particolare, la lettera a) dell’articolo in esame interviene sul codice civile, prevedendo che

-            alla rubrica della sezione I del capo III del titolo I del libro VI, concernente la trascrizione dei beni mobili registrati, vengono soppressi i riferimenti agli autoveicoli; restano pertanto assoggettati alla relativa disciplina soltanto gli aeromobili e le navi;

-            all’art. 2683 (Beni per i quali è disposta la pubblicità), il riferimento agli autoveicoli iscritti nel pubblico registro automobilistico viene soppresso;

-            al primo comma dell'articolo 2695 (Forme e modalità della trascrizione), viene soppresso il periodo che fa rinvio alle legge speciale per la disciplina delle trascrizioni degli autoveicoli;

-            all’art. 2810 (Oggetto dell’ipoteca) vengono soppressi i riferimenti agli autoveicoli; restano quindi soggetti all’ipoteca, fra i beni mobili registrati, le navi e gli aeromobili;

-            al medesimo art. 2810, viene abrogato il comma 3, che equipara alle ipoteche i privilegi iscritti sugli autoveicoli.

 

La lettera b) dispone l’abrogazione delregio decreto-legge 15 marzo 1927, n. 436, convertito dalla legge 19 febbraio 1928, n. 510(Disciplina dei contratti di compravendita degli autoveicoli ed istituzione del Pubblico Registro Automobilistico presso le sedi dell'Automobile club d'Italia), ad eccezione dell’art. 29; tale articolo prevede che il Ministro per le finanze può autorizzare le società esercenti la vendita a rate di autoveicoli ad emettere obbligazioni, anche per somma eccedente il capitale versato e tuttora esistente secondo l'ultimo bilancio approvato, o speciali buoni fruttiferi, per un ammontare non superiore ai crediti garantiti sugli autoveicoli, in esenzione dell'imposta di ricchezza mobile.

 

La lettera c) provvede ad abrogare il regio decreto 29 luglio 1927, n. 1814, recante il regolamento di attuazione del provvedimento istitutivo del PRA (Disposizioni di attuazione e transitorie del R.D.L. 15 marzo 1927, n. 436, concernente la disciplina dei contratti di compravendita degli autoveicoli e l'istituzione del Pubblico Registro Automobilistico presso le sedi dell'Automobile club d'Italia).

 

La lettera d) dispone l’abrogazione dell'articolo 7 della legge 9 luglio 1990, n.187 (Norme in materia di tasse automobilistiche e automazione degli uffici del pubblico registro automobilistico). L’art. 7 di tale provvedimento concerne, in particolare, il rilascio del certificato di proprietà del veicolo da parte del pubblico registro automobilistico, le modalità e le procedure per il funzionamento degli uffici, per la tenuta degli archivi e per la conservazione della documentazione prescritta da parte dello stesso PRA.

 

La lettera e) reca una serie di abrogazioni di norme contenute nel d.lgs. n. 285/1992 (codice della strada):

-            articolo 78, comma 1, secondo periodo, che prevede la comunicazione da parte del Dipartimento per i trasporti terrestri al PRA circa le modifiche apportate alle caratteristiche costruttive di veicoli in circolazione;

-            articolo 93, commi 1, 2, 3, 4, 5, 6, 7, 8, 9 e 12, che disciplinano le modalità necessarie per la circolazione dei veicoli, con specifico riferimento alle procedure di immatricolazione e di rilascio della carta di circolazione. Restano in vigore i commi 10 e 11 dell’articolo 93, che riguardano i veicolo delle forze armate e quelli destinati esclusivamente all'impiego dei servizi di polizia stradale

-            articolo 94, che regola le formalità di trasferimento della proprietà degli autoveicoli e di trasferimento di residenza dell’intestatario;

-            articolo 95, che disciplina le procedure per il rilascio della carta provvisoria di circolazione e il duplicato della carta medesima;

-            articolo 101, commi 2, 3, 4, 5, 6, che riguardano le procedure di distribuzione, restituzione e ritiro delle targhe; resta in vigore il comma 1, che stabilisce il principio in base al quale la produzione e la distribuzione delle targhe dei veicoli a motore sono riservate allo Stato;

-            articolo 103, che regolamenta  gli obblighi conseguenti alla cessazione della circolazione dei veicoli a motore.

 

La lettera f), infine, reca l’abrogazione degli articoli 245 e 247 del Regolamento di esecuzione e di attuazione del nuovo codice della strada, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 16 dicembre 1992, n. 495. Tali articoli riguardano le modalità e le procedure di comunicazione di dati fra la Direzione generale della Motorizzazione civile (ora Dipartimento per i trasporti terrestri) e gli uffici provinciali del PRA.

 


Articolo 57
Modifiche al codice della strada

TESTO
del disegno di legge

TESTO
della Commissione

 

Art. 57.

(Modifiche al codice della strada).

 

 

      1. All'articolo 123 del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285, e successive modificazioni, sono apportate le seguenti modificazioni:

 

 

          a) al comma 5, primo periodo, le parole: «con almeno un'esperienza biennale» sono soppresse;

 

 

          b) ai commi 11 e 11-bis le parole: «a euro 15.000» sono sostituite dalle seguenti: «a euro 40.000»;

 

 

          c) al comma 11-bis, è aggiunto, in fine, il seguente periodo: «Non configura esercizio abusivo dell'attività di autoscuola prendere a noleggio veicoli muniti di doppi comandi da parte di persone fisiche a fini non professionali».

 

 

 

L’articolo 57, introdotto dalla commissione, interviene sull’articolo 123 del codice della strada, come recentemente modificato dall’articolo 10, comma 5 del decreto legge 31 gennaio 2007, n. 7 (convertito con legge n. 40/2007), relativo alla disciplina dell’attività di autoscuola, introducendo le seguenti modifiche:

-      nell’ambito dei requisiti che devono essere rispettati da chi trasmette la dichiarazione di inizio attività al fine di avviare un’attività di autoscuola, viene abrogato il requisito dell’esperienza biennale in qualità di insegnante di teoria e istruttore di guida, attualmente previsto per chi intenda iniziare l’attività; si ricorda che tale requisito era stato introdotto dall’articolo 10, comma 5-quater;

-      viene elevato a 40.000 euro, rispetto agli attuali 15.000, il limite massimo della sanzione prevista per chi gestisce un'autoscuola senza la dichiarazione di inizio attività o i requisiti prescritti;

-      viene elevato a 40.000 euro, rispetto agli attuali 15.000, il limite massimo della sanzione – introdotta dall’articolo 10, comma 5-octies del DL 7/2007 - prevista per chi esercita o concorre ad esercitare abusivamente l’attività di autoscuola (intendendosi per abuso l’istruzione o la formazione dei conducenti impartita in forma professionale o, comunque, a fine di lucro al di fuori di quanto disciplinato dall’articolo 123 del codice della strada);

-      viene precisato che non configura esercizio abusivo dell’attività di autoscuola prendere a noleggio veicoli muniti di doppi comandi da parte di persone fisiche a fini non professionali.

 

L’articolo 123 del codice della strada, sul quale è recentemente intervenuto l’articolo 10, comma 5 del DL 7/2007 (cosiddetto “DL Bersani”) reca la disciplina delle autoscuole, ossia delle scuole per l'educazione stradale, l'istruzione e la formazione dei conducenti.

A seguito delle modifiche introdotte dal suddetto decreto-legge, le autoscuole sono soggette a vigilanza amministrativa e tecnica da parte delle province. Il Dl citato ha inoltre eliminato i limiti precedentemente previsti connessi a parametri quali la popolazione, l’indice di motorizzazione e l’estensione del territorio.

Per avviare tale attività di impresa i soggetti interessati, ossia persone fisiche, persone giuridiche e enti, possono presentare l’apposita dichiarazione di inizio attività (in luogo dell’autorizzazione precedentemente prevista). Il comma 4 prescrive che il titolare debba avere la proprietà e gestione diretta, personale, esclusiva e permanente dell’esercizio, nonché la gestione diretta dei beni patrimoniali dell'autoscuola, ed è chiamato a rispondere del suo regolare funzionamento nei confronti del concedente. Per poter presentare la dichiarazione di inizio attività il comma 5 dell’articolo 123 prescrive una serie di altri requisiti:

-      aver compiuto ventun’anni,

-      risultare di buona condotta;

-      essere in possesso di adeguata capacità finanziaria;

-      essere in possesso del diploma di istruzione di secondo grado;

-      essere in possesso del diploma di abilitazione quale insegnante di teoria e istruttore di guida con almeno un'esperienza biennale. Su quest’ultimo requisito interviene l’articolo in esame eliminando la necessità dell’esperienza biennale.

La presentazione della dichiarazione è interdetta ai delinquenti abituali, professionali o per tendenza e da coloro che sono sottoposti a misure amministrative di sicurezza personali o alle misure di prevenzione previste.

L'autoscuola deve possedere un'adeguata attrezzatura tecnica e didattica e disporre di insegnanti ed istruttori riconosciuti idonei dal Ministero dei trasporti; nel caso di consorzi di autoscuole le dotazioni complessive possono essere adeguatamente ridotte.

Il comma 8 prevede i casi di sospensione dell’attività: in particolare è prevista una sospensione da uno a tre mesi quando l'attività dell'autoscuola non si svolga regolarmente, non vengano sostituiti gli insegnanti o gli istruttori che non siano più ritenuti idonei dal Ministero, il titolare non ottemperi alle disposizioni ministeriali date ai fini del regolare funzionamento dell'autoscuola.

La revoca invece è prevista qualora siano venuti meno la capacità finanziaria e i requisiti morali del titolare; venga meno l'attrezzatura tecnica e didattica dell'autoscuola; siano stati adottati più di due provvedimenti di sospensione in un quinquennio.

A seguito delle modifiche apportate dal DL Bersani, in caso di revoca per sopravvenuta carenza dei requisiti morali del titolare, a quest’ultimo è parimenti revocata l’idoneità tecnica. Una nuova idoneità potrà essere conseguita trascorsi cinque anni dalla revoca o a seguito di intervenuta riabilitazione (comma 9-bis).

Il comma 10 demanda a decreti ministeriali: i requisiti minimi di capacità finanziaria; i requisiti di idoneità, i corsi di formazione iniziale e periodica, con i relativi programmi, degli insegnanti e degli istruttori delle autoscuole per conducenti; le prescrizioni sui locali e sull'arredamento didattico, anche al fine di consentire l'eventuale svolgimento degli esami, nonché la durata dei corsi; i programmi di esame per l'accertamento della idoneità tecnica degli insegnanti e degli istruttori, cui si accede dopo la citata formazione iniziale; i programmi di esame per il conseguimento della patente di guida. In attuazione a quanto disposto è stato emanato il decreto del Ministro dei trasporti e della navigazione 17 maggio 1995, n. 317.

Quanto alle sanzioni il comma 11 prevede una sanzione amministrativa pecuniaria da 10.000 a 15.000 euro (che l’articolo in esame modifica in 40.000) per chiunque gestisca un'autoscuola senza la dichiarazione di inizio attività o i requisiti prescritti; dalla violazione consegue la sanzione amministrativa accessoria dell'immediata chiusura dell'autoscuola e di cessazione della relativa attività.

Il comma 11-bis, introdotto come già ricordato dal DL Bersani, stabilisce che l’istruzione o la formazione dei conducenti impartita in forma professionale o, comunque, a fine di lucro al di fuori di quanto disciplinato dall’articolo 123 del codice costituisce esercizio abusivo dell’attività di autoscuola e stabilisce una sanzione amministrativa pecuniaria da euro 10.000 a euro 15.000 (che l’articolo in esame eleva a 40.000) per chiunque eserciti o concorra ad esercitare abusivamente l’attività di autoscuola è soggetto alla sanzione amministrativa del pagamento di una somma da euro 10.000 a euro 15.000. In questo caso si configura una fattispecie di carenza dei requisiti morali dai quali consegue anche revoca dell’idoenità tecnica, ai sensi del comma 9-bis.

Una sanzione amministrativa del pagamento di una somma da 148 a 594 euro è applicata a chi insegna teoria nelle autoscuole o istruisce alla guida su veicoli delle autoscuole, senza essere a ciò abilitato ed autorizzato.

 

 

D.Lgs. 285/1992

Articolo 123. Autoscuole

(Testo vigente)

D.Lgs. 285/1992

Articolo 123. Autoscuole

(Testo come modificato dall’articolo 57 in esame)

1. Le scuole per l'educazione stradale, l'istruzione e la formazione dei conducenti sono denominate autoscuole.

2. Le autoscuole sono soggette a vigilanza amministrativa e tecnica da parte delle province.

3. I compiti delle province in materia di dichiarazioni di inizio attività e di vigilanza amministrativa sulle autoscuole sono svolti sulla base di apposite direttive emanate dal Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, nel rispetto dei princìpi legislativi ed in modo uniforme per la vigilanza tecnica sull'insegnamento.

4. Le persone fisiche o giuridiche, le società, gli enti possono presentare l’apposita dichiarazione di inizio attività. Il titolare deve avere la proprietà e gestione diretta, personale, esclusiva e permanente dell’esercizio, nonchè la gestione diretta dei beni patrimoniali dell'autoscuola, rispondendo del suo regolare funzionamento nei confronti del concedente; nel caso di apertura di ulteriori sedi per l’esercizio dell’attività di autoscuola, per ciascuna deve essere dimostrato il possesso di tutti i requisiti prescritti, ad eccezione della capacità finanziaria che deve essere dimostrata per una sola sede, e deve essere preposto un responsabile didattico, in organico quale dipendente o collaboratore familiare ovvero anche, nel caso di società di persone o di capitali, quale rispettivamente socio o amministratore, che sia in possesso dell’idoneità tecnica.

5. La dichiarazione può essere presentata da chi abbia compiuto gli anni ventuno, risulti di buona condotta e sia in possesso di adeguata capacità finanziaria, di diploma di istruzione di secondo grado e di abilitazione quale insegnante di teoria e istruttore di guida con almeno un'esperienza biennale. Per le persone giuridiche i requisiti richiesti dal presente comma, ad eccezione della capacità finanziaria che deve essere posseduta dalla persona giuridica, sono richiesti al legale rappresentante.

6. La dichiarazione non può essere presentata dai delinquenti abituali, professionali o per tendenza e da coloro che sono sottoposti a misure amministrative di sicurezza personali o alle misure di prevenzione previste dall'art. 120, comma 1.

7. L'autoscuola deve possedere un'adeguata attrezzatura tecnica e didattica e disporre di insegnanti ed istruttori riconosciuti idonei dal Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, che rilascia specifico attestato di qualifica professionale. Qualora più scuole autorizzate si consorzino e costituiscano un centro di istruzione automobilistica, riconosciuto dall'ufficio competente del Dipartimento per i trasporti terrestri  secondo criteri uniformi fissati con decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti , le dotazioni complessive, in personale ed attrezzature, possono essere adeguatamente ridotte.

8. L'attività dell'autoscuola è sospesa per un periodo da uno a tre mesi quando :

a) l'attività dell'autoscuola non si svolga regolarmente;

b) il titolare non provveda alla sostituzione degli insegnanti o degli istruttori che non siano più ritenuti idonei dal competente ufficio del Dipartimento per i trasporti terrestri ;

c) il titolare non ottemperi alle disposizioni date dall'ufficio competente del Dipartimento per i trasporti terrestri  ai fini del regolare funzionamento dell'autoscuola.

9. L'esercizio dell'autoscuola è revocato quando :

a) siano venuti meno la capacità finanziaria e i requisiti morali del titolare;

b) venga meno l'attrezzatura tecnica e didattica dell'autoscuola;

c) siano stati adottati più di due provvedimenti di sospensione in un quinquennio.

9-bis. In caso di revoca per sopravvenuta carenza dei requisiti morali del titolare, a quest’ultimo è parimenti revocata l’idoneità tecnica. L’interessato potrà conseguire una nuova idoneità trascorsi cinque anni dalla revoca o a seguito di intervenuta riabilitazione .

10. Il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti  stabilisce, con propri decreti: i requisiti minimi di capacità finanziaria; i requisiti di idoneità, i corsi di formazione iniziale e periodica, con i relativi programmi, degli insegnanti e degli istruttori delle autoscuole per conducenti; le prescrizioni sui locali e sull'arredamento didattico, anche al fine di consentire l'eventuale svolgimento degli esami, nonché la durata dei corsi; i programmi di esame per l'accertamento della idoneità tecnica degli insegnanti e degli istruttori, cui si accede dopo la citata formazione iniziale; i programmi di esame per il conseguimento della patente di guida  .

11. Chiunque gestisce un'autoscuola senza la dichiarazione di inizio attività o i requisiti prescritti è soggetto alla sanzione amministrativa del pagamento di una somma da euro 10.000 a euro 15.000. Dalla violazione consegue la sanzione amministrativa accessoria dell'immediata chiusura dell'autoscuola e di cessazione della relativa attività, ordinata dal competente ufficio secondo le norme di cui al capo I, sezione II, del titolo VI .

11-bis. L’istruzione o la formazione dei conducenti impartita in forma professionale o, comunque, a fine di lucro al di fuori di quanto disciplinato dal presente articolo costituisce esercizio abusivo dell’attività di autoscuola. Chiunque esercita o concorre ad esercitare abusivamente l’attività di autoscuola è soggetto alla sanzione amministrativa del pagamento di una somma da euro 10.000 a euro 15.000. Si applica inoltre il disposto del comma 9-bis del presente articolo .

 

 

 

 

12. Chiunque insegna teoria nelle autoscuole o istruisce alla guida su veicoli delle autoscuole, senza essere a ciò abilitato ed autorizzato, è soggetto alla sanzione amministrativa del pagamento di una somma da euro 148 a euro 594.

13. Nel regolamento saranno stabilite le modalità per la dichiarazione di inizio attività. Con lo stesso regolamento saranno dettate norme per lo svolgimento, da parte degli enti pubblici non economici, dell'attività di consulenza, secondo la L. 8 agosto 1991, n. 264

1. identico

 

 

2. identico

 

 

3. identico.

 

 

 

 

 

 

 

4. identico.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

5. La dichiarazione può essere presentata da chi abbia compiuto gli anni ventuno, risulti di buona condotta e sia in possesso di adeguata capacità finanziaria, di diploma di istruzione di secondo grado e di abilitazione quale insegnante di teoria e istruttore di guida. Per le persone giuridiche i requisiti richiesti dal presente comma, ad eccezione della capacità finanziaria che deve essere posseduta dalla persona giuridica, sono richiesti al legale rappresentante.

 

 

6. identico.

 

 

 

 

 

7. identico.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

8. identico

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

9. identico

 

 

 

 

 

 

 

 

9-bis. identico.

 

 

 

 

 

 

10. identico.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

11. Chiunque gestisce un'autoscuola senza la dichiarazione di inizio attività o i requisiti prescritti è soggetto alla sanzione amministrativa del pagamento di una somma da euro 10.000 a euro 40.000. Dalla violazione consegue la sanzione amministrativa accessoria dell'immediata chiusura dell'autoscuola e di cessazione della relativa attività, ordinata dal competente ufficio secondo le norme di cui al capo I, sezione II, del titolo VI .

11-bis. L’istruzione o la formazione dei conducenti impartita in forma professionale o, comunque, a fine di lucro al di fuori di quanto disciplinato dal presente articolo costituisce esercizio abusivo dell’attività di autoscuola. Chiunque esercita o concorre ad esercitare abusivamente l’attività di autoscuola è soggetto alla sanzione amministrativa del pagamento di una somma da euro 10.000 a euro 40.000. Si applica inoltre il disposto del comma 9-bis del presente articolo. Non configura esercizio abusivo dell’attività di autoscuola prendere a noleggio veicoli muniti di doppi comandi da parte di persone fisiche a fini non professionali.

12. identico.

 

 

 

 

 

13. identico

 

 


Articolo 58
Legge annuale per la promozione della concorrenza
 e della tutela dei consumatori

 

TESTO
del disegno di legge

TESTO
della Commissione

 

Art. 58.

(Legge annuale per la promozione della concorrenza e della tutela dei consumatori)

 

 

      1. Il Presidente del Consiglio dei ministri o il Ministro per lo sviluppo economico, di concerto con gli altri Ministri interessati, entro il 31 luglio di ogni anno presenta al Parlamento un disegno di legge recante: »Disposizioni per la promozione della concorrenza e della tutela dei consumatori"; tale titolo è seguito dall'anno di riferimento.

 

 

      2. Il periodico adeguamento dell'ordinamento nazionale ai rilievi, ai pareri ed alle segnalazioni dell'Autorità garante della concorrenza e del mercato è assicurato dalla legge annuale di cui al comma 1 per la promozione della concorrenza, che reca:

 

 

          a) disposizioni modificative o abrogative, anche mediante conferimento al Governo di delega legislativa, di disposizioni statali vigenti in contrasto con i rilievi, i pareri e le segnalazioni dell'Autorità garante della concorrenza e del mercato, espressi ai sensi e con le modalità di cui agli articoli 21, 22 e 23 della legge 10 ottobre 1990, n. 287;

 

 

          b) disposizioni che individuano i princìpi fondamentali nel rispetto dei quali le regioni e le province autonome esercitano la propria competenza normativa per correggere le situazioni distorsive del mercato ed assicurare ulteriori livelli di promozione della concorrenza e della tutela dei consumatori.

 

 

      3. Nell'ambito della relazione al disegno di legge di cui al comma 1 il Governo:

 

 

          a) riferisce sullo stato di conformità dell'ordinamento ai rilievi, ai pareri ed alle segnalazioni dell'Autorità garante della concorrenza e del mercato;

 

 

          b) illustra le disposizioni contenute nel disegno di legge che rimuovono gli ostacoli alla libera concorrenza e migliorano la tutela del consumatore;

 

 

          c) dà partitamente conto delle ragioni dell'eventuale omesso inserimento delle disposizioni correttive di leggi, decreti, regolamenti e provvedimenti necessari per rimuovere o prevenire le situazioni distorsive del mercato;

 

 

          d) fornisce l'elenco degli atti normativi, nonché delle intese e degli accordi di cui all'articolo 59 della presente legge, con i quali le singole regioni e province autonome hanno provveduto a correggere tali situazioni distorsive, ad assicurare ulteriori livelli di promozione della concorrenza e della tutela dei consumatori. L'elenco è predisposto dalla Conferenza unificata di cui all'articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, in tempo utile e, comunque, non oltre il 30 giugno di ogni anno.

 

 

 

L’articolo 58, introdotto dalla Commissione, istituisce la legge annuale per la promozione della concorrenza e della tutela dei consumatori, al fine di consentire l’adeguamento dell’ordinamento nazionale, statale e regionale, ai rilievi dell’Autorità garante della concorrenza e del mercato (“Autorità Antitrust”) e di correggere ulteriori situazioni distorsive della concorrenza.

Il disegno di legge deve essere presentato annualmente alle Camere entro il 31 luglio, mentre la Conferenza unificata deve predisporre, entro il 30 giugno, l’elenco dell’attività svolta dalle regioni e dalle province autonome per promuovere lo sviluppo della concorrenza e la tutela dei consumatori.

Il disegno di legge, recante le disposizioni modificative ed abrogative necessarie ad adeguare l’ordinamento ai rilievi dell’Autorità Antitrust, può contenere deleghe legislative e individuare i principi fondamentali alle quali devono attenersi le regioni nell’esercizio delle proprie competenze legislative.

Nella relazione illustrativa il Governo, oltre a dare conto dello stato di conformità dell’ordinamento ai rilievi dell’Autrorità Antitrust, deve dare puntualmente conto dei motivi del mancato inserimento nel provvedimento di misure necessarie per rimuovere o prevenire determinate situazioni distorsive del mercato.

 

L'Autorità garante della concorrenza e del mercato è stata istituita con la legge n. 287 del 10 ottobre 1990 ("Norme per la tutela della concorrenza e del mercato"), la quale ha introdotto nell'ordinamento italiano una disciplina organica della concorrenza, nel solco dei principi stabiliti dagli artt. 85 e 86 del Trattato CEE (ora artt. 81 e 82 a seguito dell'entrata in vigore del Trattato di Amsterdam il 1° maggio 1999).

La legge attribuisce specifici poteri ispettivi, d’indagine e sanzionatori all’Autorità, al fine di contrastare le intese restrittive della libertà di concorrenza, gli abusi di posizione dominante e le concentrazioni.

L’Autorità antitrust esercita, inoltre, poteri conoscitivi e consultivi ai sensi degli articoli 21, 22 e 23 della legge n.287 del 1990.

L’articolo 21 disciplina i poteri di segnalazione al Parlamento e al Governo. A tal fine l'Autorità individua i casi di particolare rilevanza nei quali norme di legge o di regolamento o provvedimenti amministrativi di carattere generale determinano distorsioni della concorrenza o del corretto funzionamento del mercato che non siano giustificate da esigenze di interesse generale. L'Autorità segnala le situazioni distorsive derivanti da provvedimenti legislativi al Parlamento e al Presidente del Consiglio dei Ministri e, negli altri casi, al Presidente del Consiglio dei Ministri, ai Ministri competenti e agli enti locali e territoriali interessati. L'Autorità, ove ne ravvisi l'opportunità, esprime inoltre parere circa le iniziative necessarie per rimuovere o prevenire le distorsioni e può pubblicare le segnalazioni ed i pareri nei modi più congrui in relazione alla natura e all'importanza delle situazioni distorsive.

L’articolo 22 disciplina l’attività consultiva, prevedendo che l'Autorità può esprimere pareri sulle iniziative legislative o regolamentari e sui problemi riguardanti la concorrenza ed il mercato quando lo ritenga opportuno, o su richiesta di amministrazioni ed enti pubblici interessati. Il Presidente del Consiglio dei Ministri può chiedere il parere dell'Autorità sulle iniziative legislative o regolamentari che abbiano direttamente per effetto:

a) di sottomettere l'esercizio di una attività o l'accesso ad un mercato a restrizioni quantitative;

b) di stabilire diritti esclusivi in certe aree;

c) di imporre pratiche generalizzate in materia di prezzi e di condizioni di vendita.

 

Ai sensi dell’articolo 24, infine, L'Autorità presenta al Presidente del Consiglio dei Ministri, entro il 30 aprile di ogni anno, una relazione sull'attività svolta nell'anno precedente. Il Presidente del Consiglio dei Ministri trasmette entro trenta giorni la relazione al Parlamento.

 

 

 


Articolo 59
Collaborazione tra Stato, regioni e autonomie locali

 

TESTO
del disegno di legge

TESTO
della Commissione

Art. 42.

(Collaborazione tra Stato, regioni e autonomie locali).

Art. 59.

(Collaborazione tra Stato, regioni e autonomie locali).

 

      1. Il Governo e le regioni promuovono intese o concludono accordi, ai sensi dell'articolo 8, comma 6, della legge 5 giugno 2003, n. 131, e dell'articolo 4, comma 1, del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, in sede di Conferenza unificata di cui all'articolo 8 del medesimo decreto legislativo n. 281 del 1997, e successive modificazioni, al fine di assicurare ulteriori livelli di promozione della concorrenza e di tutela dei consumatori, nonché di garantire la piena applicazione e la verifica degli effetti derivanti delle disposizioni della presente legge.

      1. Il Governo e le regioni promuovono intese o concludono accordi, ai sensi dell'articolo 8, comma 6, della legge 5 giugno 2003, n. 131, e dell'articolo 4, comma 1, del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, in sede di Conferenza unificata di cui all'articolo 8 del medesimo decreto legislativo n. 281 del 1997, e successive modificazioni, al fine di assicurare ulteriori livelli di promozione della concorrenza e di tutela dei consumatori, nonché di garantire la piena applicazione e la verifica degli effetti derivanti delle disposizioni della presente legge e delle leggi annuali di promozione della concorrenza e della tutela dei consumatori di cui all'articolo 58.

 

 

 

L’articolo 59, integrato dalla X Commissione (Attività produttive),afferma il principio della collaborazione tra lo Stato, le regioni e le autonomie locali ai fini della promozione della concorrenza e della tutela dei consumatori, nonchè per garantire l’applicazione e la verifica degli effetti derivanti dalle disposizioni contenute nel presente provvedimento e nelle leggi annuali per la promozione della concorrenza e della tutela dei consumatori (introdotte dall’articolo 58).

A tal fine prescrive la promozione di intese e la conclusione di accordi tra Stato e regioni, in sede di Conferenza unificata, ai sensi dell’art. 8, comma 6, della L. 131/2003[225] e dell’art. 4, comma 1, del D.Lgs. 281/1997.

 

L’art. 8, co. 6 della L. 131/2003 stabilisce che il Governo possa promuovere la stipula di intese in sede di Conferenza Stato-Regioni o di Conferenza unificata Stato-Regioni-città e autonomie locali, dirette a favorire l'armonizzazione delle rispettive legislazioni o il raggiungimento di posizioni unitarie o il conseguimento di obiettivi comuni (per una dettagliata descrizione della disposizione, si rinvia a quanto riportato nella scheda di lettura sull’art. 24).

L’art. 4, co. 1 del D.Lgs. 281/1997 prevede che il Governo, le Regioni e le Province autonome di Trento e di Bolzano, in attuazione del principio di leale collaborazione e nel perseguimento di obiettivi di funzionalità, economicità ed efficacia dell'azione amministrativa, possano concludere in sede di Conferenza Stato-Regioni accordi, al fine di coordinare l'esercizio delle rispettive competenze e svolgere attività di interesse comune.

 

 

 


Articolo 60
Disposizioni particolari per le regioni a statuto speciale
 e le province autonome

 

TESTO
del disegno di legge

TESTO
della Commissione

 

Art. 60.

(Disposizioni particolari per le regioni a statuto speciale e le province autonome)

 

 

      1. Le disposizioni della presente legge sono applicabili nelle regioni a statuto speciale e nelle province autonome di Trento e di Bolzano compatibilmente con i rispettivi statuti e le relative norme di attuazione, anche con riferimento alle disposizioni del titolo V della parte seconda della Costituzione per le parti in cui prevedono forme di autonomia più ampie rispetto a quelle già attribuite.

 

 

 

L’articolo 60, introdotto nel corso dell’esame in Commissione, dispone sulla applicabilità della legge alle regioni a statuto speciale e alle province autonome.

La cosiddetta clausola di “compatibilità” con l’ordinamento delle regioni a statuto speciale e delle province autonome viene introdotta da tempo in diversi provvedimenti legislativi (ad esempio, nelle leggi finanziarie), al fine di esplicitare il corretto rapporto tra le fonti normative.

Tale esplicitazione è introdotta al fine di evitare che regioni a statuto speciale e province autonome, nel dubbio sull’effettiva estensione di disposizioni che incidono sulle materie di loro competenza, ritengano necessario chiedere una pronuncia alla Corte costituzionale.

La norma in esame prevede quindi che le disposizioni della legge si applichino nelle regioni a statuto speciale e nelle province autonome solo in quanto non contrastino con le speciali attribuzioni di quegli enti, anche in relazione alle forme di maggior autonomia loro attribuite a seguito della riforma del Titolo V operata dalla legge costituzionale n. 3 del 2001.

 

Al riguardo, si segnala che l’art. 10 della legge costituzionale n. 3 del 2001 stabilisce che “Sino all'adeguamento dei rispettivi statuti, le disposizioni della presente legge costituzionale si applicano anche alle Regioni a statuto speciale ed alle province autonome di Trento e di Bolzano per le parti in cui prevedono forme di autonomia più ampie rispetto a quelle già attribuite”.

La formulazione della clausola di “compatibilità” dell’art. 60 corrisponde a quella utilizzata dal legislatore da ultimo nell’art. 13, comma 8-vicies, del D.L. 7/2007, nel testo risultante a seguito delle modificazioni apportate dalla legge di conversione[226]. In precedenti occasioni[227], la clausola di compatibilità non faceva invece espressamente salve le forme di autonomia più ampie attribuite alle regioni a statuto speciale e alle province autonome dalle disposizioni del Titolo V della Parte II della Costituzione.

 

 

 


Articolo 61
Invarianza della spesa

 

TESTO
del disegno di legge

TESTO
della Commissione

Art. 43.

(Invarianza della spesa).

Art. 61.

(Invarianza della spesa).

 

      1. Dall'attuazione della presente legge non devono derivare oneri aggiuntivi o diminuzioni di entrate per la finanza pubblica.

      1. Identico.

 

      2. Le attività e gli adempimenti previsti dalle disposizioni di cui agli articoli 3, comma 2, 5, 8, 9, 13, comma 3, 14, comma 1, 15, comma 4, 19, comma 4, 24 e 33 sono svolti dalle amministrazioni competenti nell'ambito degli ordinari stanziamenti di bilancio, nonché delle risorse umane e strumentali previste e disponibili a legislazione vigente.

      2. Le attività e gli adempimenti previsti dalle disposizioni di cui agli articoli 5, 12, 16, comma 3, 26 e 41 sono svolti dalle amministrazioni competenti nell'ambito degli ordinari stanziamenti di bilancio, nonché delle risorse umane e strumentali previste e disponibili a legislazione vigente.

 

 

 

L’articolo 61 introduce la clausola di invarianza della spesa stabilendo, al comma 1, che dall’attuazione del presente provvedimento non devono derivare oneri aggiuntivi o riduzioni di entrate a carico della finanza pubblica (comma 1).

Il comma 2, a sua volta, precisa che lo svolgimento degli adempimenti contemplati dalle disposizioni degli artt. 5, 12, 16, comma 3, 26 e 41 spetta alle competenti amministrazioni, che vi provvedono nell’ambito degli ordinari stanziamenti di bilancio e delle risorse- sia umane che strumentali – previste e disponibili a legislazione vigente.

Si ricorda che:

·       l’articolo 5  reca una semplificazione delle procedure necessarie per modificare le caratteristiche funzionali e costruttive dei veicoli a motore (l’art. nel testo originario , ampiamente mdoficiato9 faceva riferimento ad un solo comma ;

·       l’articolo 12, invariato, prevede l’emanazione, entro quattro mesi, di un regolamento per il riordino della disciplina degli incentivi non fiscali in favore delle imprese operanti nel settore del gas naturale;

·       l’articolo 16, comma 3, riguarda l'attività di verifica da parte dell’ASL degli impianti a pressione, di cui al decreto legislativo 25 febbraio 2000, n. 93;

·       l’articolo 26 concerne la pubblicazione informatica dell’albo pretorio riguarda la comunicazione di fine lavori e il collaudo;

·       l’articolo 41  reca una delega al governo in materia di modernizzazione degli strumenti di pagamento.

 


Progetto di legge

 


CAMERA DEI DEPUTATI

 ¾¾¾¾¾¾¾¾

N. 2272-bis-A

¾

 

DISEGNO DI LEGGE

presentato dal ministro dello sviluppo economico

(BERSANI)

dal vicepresidente del consiglio dei ministri

(RUTELLI)

dal ministro della pubblica istruzione

(FIORONI)

e dal ministro per le politiche europee

(BONINO)

di concerto con il ministro per gli affari regionali
e le autonomie locali

(LANZILLOTTA)

con il ministro per le riforme e le innovazioni
nella pubblica amministrazione

(NICOLAIS)

con il ministro dell'economia e delle finanze

(PADOA SCHIOPPA)

con il ministro dell'interno

(AMATO)

con il ministro dei trasporti

(BIANCHI)

e con il ministro delle infrastrutture

(DI PIETRO)

                       

Misure per il cittadino consumatore e per agevolare le attività produttive e commerciali, nonché interventi in settori di rilevanza nazionale

                                                          

(Testo risultante dallo stralcio degli articoli 28, 29, 30 e 31 del disegno di legge n. 2272, deliberato dall'Assemblea il 17 aprile 2007)

                                                          

(Relatore: LULLI)

                                                                                                                                                                               

 

NOTA:       La X Commissione permanente (Attività produttive, commercio e turismo), il 17 maggio 2007, ha deliberato di riferire favorevolmente sul disegno di legge n. 2272-bis. In pari data la Commissione ha chiesto di essere autorizzata a riferire oralmente.


PARERE DELLA I COMMISSIONE PERMANENTE

(Affari costituzionali, della Presidenza del Consiglio ed interni)

 

        Il Comitato permanente per i pareri della I Commissione,

 

            esaminato il nuovo testo del disegno di legge C. 2272-bis del Governo, recante «Misure per il cittadino consumatore e per agevolare le attività produttive e commerciali, nonché interventi in settori di rilevanza nazionale», come risultante dagli emendamenti approvati dalla Commissione di merito;

 

            premesso che le finalità complessive del provvedimento, individuabili nella promozione della concorrenza, nello sviluppo dei mercati e nella tutela di consumatori e utenti, rientrano nella materia di competenza esclusiva statale «tutela della concorrenza» ai sensi dell'articolo 117, secondo comma, lettera e), della Costituzione;

 

            considerato che le singole disposizioni del provvedimento sono altresì riconducibili ad una pluralità di materie di competenza esclusiva statale, contemplate dall'articolo 117, secondo comma, della Costituzione, ed in particolare: «tutela del risparmio e mercati finanziari» e «sistema tributario e contabile dello Stato» (lettera e)); «ordinamento e organizzazione amministrativa dello Stato» (lettera g)); «ordinamento civile» (lettera l)); «previdenza sociale» (lettera o)); «pesi, misure e determinazione del tempo» e «coordinamento informativo statistico e informatico dei dati dell'amministrazione statale, regionale e locale» (lettera r));

 

            considerato che rilevano altresì le materie «promozione e organizzazione di attività culturali», «produzione, trasporto e distribuzione nazionale dell'energia», «professioni», «grandi reti di trasporto e di comunicazione», «commercio con l'estero» e «governo del territorio», attribuite alla competenza concorrente dello Stato e delle regioni, ai sensi dell'articolo 117, terzo comma, della Costituzione;

 

            considerato, in particolare, che l'articolo 6 del provvedimento in esame è prevalentemente volto a creare le condizioni per la realizzazione di un mercato concorrenziale nel settore del trasporto ferroviario mediante una serie di princìpi indicati al comma 1 ed è pertanto anch'esso riconducibile alla materia di competenza esclusiva statale «tutela della concorrenza» ai sensi dell'articolo 117, secondo comma, lettera e), della Costituzione;

 

            considerato infine che l'articolo 8, in quanto volto a prevedere incentivi non fiscali in favore delle imprese operanti nel settore del gas naturale, finalizzato a favorire la crescita dimensionale delle imprese di distribuzione e la loro aggregazione, appare anch'esso riconducibile alla materia «tutela della concorrenza», che l'articolo 117, secondo comma, lettera e), della Costituzione attribuisce alla competenza legislativa esclusiva dello Stato;

 

            ritenuto che non sussistano motivi di rilievo sugli altri aspetti di legittimità costituzionale,

 

            esprime

 

PARERE FAVOREVOLE

 

 

PARERE DELLA II COMMISSIONE PERMANENTE

(Giustizia)

 

        La II Commissione,

 

            esaminato il disegno di legge in oggetto,

 

            rilevato che l'articolo 8-bis, comma 1, lettera a), nel modificare la disciplina vigente, relativa al sistema di risarcimento diretto in materia di assicurazioni private, stabilisce che debbano essere stabiliti i limiti e le condizioni non solo di risarcibilità dei danni accessori, ma anche delle spese sostenute dal danneggiato per assistenza legale o consulenza professionale;

 

            rilevato che le disposizioni contenute nell'articolo 27 eliminano l'obbligo di tenuta del libro dei soci delle società a responsabilità limitata l'obbligo di deposito presso il registro delle imprese dell'elenco dei soci delle stesse società, disegnando un nuovo sistema di pubblicità relativo alle quote sociali ed al loro trasferimento basato unicamente sulla loro iscrizione nel registro delle imprese;

 

            rilevato altresì che l'articolo 36, comma 1, sopprime il regime giuridico dei cosiddetti beni mobili registrati e conseguentemente il pubblico registro automobilistico, prevedendo che a questi si applichino le disposizioni generali di cui all'articolo 812 del codice civile, fatto salvo quanto previsto dal comma 2 del medesimo articolo 36 in ordine alla registrazione nell'archivio nazionale dei veicoli degli atti che costituiscono, trasferiscono, modificano o estinguono il diritto di proprietà, i diritti reali, anche di garanzia, la locazione con facoltà di acquisto, il sequestro conservativo e il pignoramento;

 

            ritenuto che la nuova disciplina giuridica di cui all'articolo 36 faccia venir meno l'esigenza di certezza giuridica del regime degli autoveicoli, motoveicoli e rimorchi con possibile pregiudizio per gli utenti, che avranno minori garanzie di fronte a possibili frodi;

 

        esprime

 

PARERE FAVOREVOLE

 

        con le seguenti osservazioni:

 

            a) all'articolo 8-bis, valuti la Commissione di merito l'opportunità di sopprimere la lettera a) del comma 1;             b) valuti la Commissione di merito se la nuova disciplina di cui all'articolo 27 comporti limitazioni all'esercizio dei diritti dei soci in caso di assemblea precedente al perfezionamento degli adempimenti ivi previsti;

 

            c) valuti la Commissione di merito l'opportunità di sopprimere l'articolo 36.

 

 

 

PARERE DELLA VI COMMISSIONE PERMANENTE

(Finanze)

 

        La VI Commissione,

 

            esaminato, ai sensi dell'articolo 73, comma 1-bis del regolamento, per gli aspetti attinenti alla materia tributaria, il nuovo testo del disegno di legge C. 2272-bis, recante misure per il cittadino consumatore e per agevolare le attività produttive, nonché interventi in settori di rilevanza nazionale, come risultante dagli emendamenti approvati dalla Commissione di merito;

 

            rilevato come il provvedimento si proponga l'obiettivo di rafforzare lo sviluppo economico del Paese, attraverso un insieme articolato di interventi, sia sul piano della tutela della concorrenza, sia sul piano della tutela dei consumatori, sia su quello della riduzione e semplificazione degli adempimenti amministrativi;

 

            evidenziato come l'intervento legislativo si ponga in significativa consonanza con le misure già introdotte nel corso del primo anno di legislatura al fine di incrementare il livello di apertura concorrenziale di molti settori dell'economia nazionale, proseguendo in quel processo di liberalizzazione che costituisce uno degli elementi qualificanti del programma di Governo;

 

            segnalata l'opportunità proseguire lungo tale piano di azione, al fine di estendere ulteriormente la portata delle misure di liberalizzazione e di proseguire negli interventi di semplificazione normativa ed amministrativa, dedicando, in tale contesto, particolare attenzione al settore tributario, al fine di migliorare la qualità dei rapporti tra Fisco e contribuenti e di contribuire in tal modo ad assicurare un più elevato livello di ottemperanza agli obblighi tributari;

 

            evidenziato favorevolmente il contenuto dell'articolo 21, il quale si pone l'obiettivo di ampliare la partecipazione degli organismi di investimento collettivo in valori mobiliari nel capitale delle società, al fine di ridurre la dipendenza delle imprese stesse dal capitale di debito, in un'ottica di modernizzazione del sistema produttivo nazionale che appare decisivo per superare molte degli ostacoli alla crescita del sistema economico del nostro Paese;             condivisa la finalità, posta a fondamento dell'articolo 32, recante la nullità delle cosiddette clausole di massimo scoperto, di proseguire gli interventi legislativi già adottati del Governo per riequilibrare i rapporti tra risparmiatori e sistema bancario e favorire una migliore trasparenza delle condizioni contrattuali, in un'ottica di rafforzamento e modernizzazione del sistema finanziario nazionale nel suo complesso;

 

            valutato positivamente l'obiettivo della norma di delega di cui all'articolo 33, relativa alla modernizzazione degli strumenti di pagamento, al fine di ridurre i costi finanziari e amministrativi derivanti dalla gestione del denaro contante e dei titoli di credito cartacei, nonché di favorire la trasparenza delle transazioni finanziarie, che può costituire uno strumento utile per il contrasto all'evasione fiscale ed ai fenomeni del riciclaggio del denaro di provenienza illecita, nonché al finanziamento delle attività terroristiche;

 

            sottolineata l'esigenza che la riforma del regime giuridico dei veicoli, da tempo attesa e certamente necessaria, venga realizzata ponendo la necessaria attenzione a tutti gli aspetti di criticità che tale intervento comporta, al fine di contemperare gli obiettivi di snellimento burocratico con quello di garanzia delle transazioni, di tutela dei contraenti e di protezione della sicurezza della circolazione;

 

        esprime

 

PARERE FAVOREVOLE

 

        con le seguenti osservazioni:

 

            a) con riferimento all'articolo 8-bis, valuti la Commissione di merito se non sia prematuro intervenire sul testo del Codice delle assicurazioni relativamente alla disciplina dell'indennizzo diretto, la quale è entrata in vigore solo il 1o febbraio scorso, senza aver potuto ancora approfondire gli effetti di tale disciplina;

 

            b) con riferimento all'articolo 19-bis, il quale prevede l'introduzione di un regime fiscale agevolato per i prodotti del commercio equo e solidale che rispettino i criteri stabiliti dalle organizzazioni di certificazione, demandando ad un decreto del Ministro dell'economia e delle finanze le definizione delle tipologie e delle modalità di attuazione delle predette agevolazioni, valuti la Commissione di merito l'opportunità di specificare maggiormente la previsione agevolativi, la quale risulta del tutto indeterminata, nonché di prevedere che, ai fini IVA, l'applicazione delle predette agevolazioni sia subordinata all'autorizzazione da parte dell'Unione europea;

 

            c) con riferimento all'articolo 21, comma 1, lettera a), la quale prevede l'applicazione di un'aliquota IRES ridotta sulla parte di imponibile proporzionalmente corrispondente al capitale di società di capitali sottoscritto o acquistato da organismi di investimento collettivo in valori mobiliari (OICVM), ovvero la possibilità di dedurre dal reddito imponibile una quota degli utili formatisi successivamente all'ingresso nel capitale stesso di tali OICVM, valuti la Commissione di merito l'opportunità di precisare che la previsione agevolativa ivi contenuta si applica agli OICVM italiani ed esteri, nonché agli intermediari finanziari esercenti attività di assunzione di partecipazioni iscritti nell'elenco speciale di cui all'articolo 107 del Testo unico bancario di cui al decreto legislativo n. 385 del 1993;

 

            d) con riferimento all'articolo 21-bis, il quale delega il Governo ad introdurre agevolazioni fiscali per favorire l'acquisto degli immobili alberghieri da parte dei gestori attualmente in regime di locazione, prevedendo, in particolare, che le plusvalenze generate dalle cessioni dei predetti immobili siano assoggettate ad imposta sostitutiva in misura pari al 10 per cento delle imposte dirette e dell'IRAP, valuti la Commissione di merito se tale agevolazione, la quale si applica direttamente ai soggetti venditori degli immobili, sia effettivamente in grado di produrre effetti di incentivazione nei confronti dei soggetti gestori degli alberghi che acquistano gli immobili; valuti inoltre la Commissione di merito l'opportunità di chiarire la formulazione della norma, prevedendo che, ai fini dell'imposta sui redditi e dell'IRAP, tali cessioni sono assoggettate ad imposta sostitutiva con aliquota del 10 per cento;

 

            e) valuti la Commissione di merito l'opportunità di prevedere specifici strumenti di agevolazione, anche di carattere tributario, volti a sostenere gli imprenditori del settore alberghiero operanti in centri termali i quali risultano coinvolti da tempo da un grave stato di crisi;

 

            f) con riferimento all'articolo 32-sexies, il quale inserisce nel corpo dell'articolo 8 del decreto-legge n. 7 del 2007 una norma interpretativa, volta a chiarire che l'esenzione dalle imposte di registro, di bollo, ipotecarie e catastali per i finanziamenti a medio e lungo termine, prevista dall'articolo 15 del decreto del Presidente della Repubblica n. 601 del 1973, si applica anche nel caso in cui il contratto di finanziamento preveda la facoltà, per il debitore, di recedere dal rapporto in ogni momento, valuti la Commissione l'opportunità di coordinare tale disposizione con quella di cui all'articolo 32-quinquies, la quale apporta al medesimo articolo 15 del decreto del Presidente della Repubblica n. 601 una modifica sostanzialmente analoga;

 

            g) con riferimento all'articolo 33, comma 1, contenente disposizioni di delega per la modernizzazione degli strumenti di pagamento, valuti la Commissione di merito l'opportunità di tenere maggiormente conto, con particolare riguardo ai criteri indicati nella lettera h), delle competenze attribuite dall'ordinamento attuale alla Banca d'Italia, anche quale componente del Sistema Europeo delle Banche Centrali (SEBC), in materia di vigilanza sui sistemi di pagamento, anche al fine di assicurare il coordinamento tra le varie autorità operanti nel settore, nonché di prevedere che l'esercizio della delega avvenga in coerenza con la direttiva dell'Unione europea sui servizi di pagamento nel mercato interno, approvata dal Parlamento europeo il 24 aprile 2007;             h) con riferimento all'articolo 33, comma 1, lettera a) la quale indica, tra i criteri di delega per la modernizzazione degli strumenti di pagamento, la progressiva introduzione, a carico delle pubbliche amministrazioni e senza ulteriori oneri, dell'obbligo di accettare pagamenti tramite moneta elettronica, nonché attraverso servizi telematici e telefonici, valuti la Commissione di merito l'opportunità di modificare la formulazione della disposizione, in quanto la nozione di «moneta elettronica», che, ai sensi dell'articolo 1, comma 1, lettera h-ter), del Testo unico bancario, indica un «valore monetario rappresentato da un credito nei confronti dell'emittente che sia memorizzato su un dispositivo elettronico, emesso previa ricezione di fondi di valore non inferiore al valore monetario emesso e accettato come mezzo di pagamento da soggetti diversi dall'emittente», appare utilizzata in senso atecnico, escludendo, ad esempio, dalla disciplina in esame le carte di credito;

 

            i) con riferimento all'articolo 33, comma 1, lettera b), la quale prevede la graduale estensione dell'obbligo di cui alla lettera a) del medesimo comma 1 ai soggetti incaricati di servizi pubblici, alle banche, alle assicurazioni, e ad altri soggetti appartenenti a «specifiche categorie economiche», valuti la Commissione di merito l'opportunità di modificare la formulazione della disposizione, in considerazione dell'eccessiva genericità, ai fini dell'esercizio della delega, dell'espressione «specifiche categorie economiche», comprendendo in tale categoria anche le imprese di investimento;

 

            l) con riferimento all'articolo 33, comma 1, lettera e), la quale prevede l'introduzione di incentivi, anche di natura fiscale, per favorire l'acquisto, anche da parte dei soggetti privati, di strumenti idonei a consentire la ricezione di pagamenti tramite moneta elettronica, valuti la Commissione di merito l'opportunità di modificare la formulazione della disposizione, in quanto anche in questo caso la nozione di «moneta elettronica» appare utilizzata in senso atecnico, nonché di chiarire il meccanismo che dovrà consentire l'introduzione di incentivi ad invarianza del gettito;

 

            m) con riferimento all'articolo 33, comma 1, lettera f), la quale dispone la revisione della disciplina concernente l'imposta di bollo sui documenti relativi alle operazioni bancarie, prevedendo la revisione, in termini più favorevoli, del trattamento tributario delle operazioni effettuate in via telematica ed elettronica e della tenuta di conti correnti caratterizzati da ridotto rilievo finanziario e da limitato impatto amministrativo, valuti la Commissione di merito l'opportunità di chiarire come sia possibile coniugare l'obiettivo di rendere più favorevole il trattamento tributario con quello di assicurare, al contempo, l'invarianza del gettito;

 

            n) con riferimento all'articolo 33, comma 1, lettera m), la quale dispone che si debba prevedere l'autorizzazione in favore degli enti nazionali di previdenza e assistenza sociale a stipulare apposite convenzioni con la società Poste italiane Spa o con banche, alle condizioni di cui alla lettera a), per la distribuzione di carte di pagamento che consentano ai titolari delle prestazioni dei medesimi enti la riscossione delle somme loro spettanti presso gli sportelli automatici degli uffici postali e delle banche, valuti la Commissione di merito l'opportunità di modificare la formulazione della disposizione, la quale prevede la stipula di convenzioni soltanto con la società Poste italiane S.p.A. o con banche, mentre non prevede che le stesse convenzioni possano essere stipulate, al fine di garantire parità di concorrenza, con intermediari emittenti carte di pagamento ovvero con istituti di moneta elettronica abilitati ai sensi del Testo unico bancario;

 

            o) con riferimento al comma 6 dell'articolo 33, il quale dispone che le regole tecniche per l'attuazione dei decreti legislativi emanati in forza delle deleghe in esso contenuto debbano essere adottate con le modalità e secondo le procedure previste dall'articolo 71, commi 1 e 1-ter, del codice dell'amministrazione digitale, di cui al decreto legislativo n. 82 del 2005, valuti la Commissione di merito l'opportunità di tenere conto, ai fini del necessario coordinamento dell'azione normativa e regolamentare, il ruolo attualmente svolto dalla Banca d'Italia e riconosciuto dalle stesse disposizioni del codice dell'amministrazione digitale, il quale prevede, agli articoli 38 e 62 il coinvolgimento della Banca d'Italia in materia di pagamenti informatici, carta d'identità elettronica e carta nazionale dei servizi;

 

            p) con riferimento all'articolo 33-bis, comma 2, valuti la Commissione di merito l'opportunità di prevedere che i servizi indicati nella disposizione siano forniti dall'Agenzia del territorio, di norma, in via telematica;

 

            q) con riferimento all'articolo 38, il quale disciplina la tassazione degli atti che costituiscono, trasferiscono, modificano o estinguono diritti su veicoli, in conseguenza dell'abolizione del pubblico registro automobilistico, disposta dall'articolo 36 del disegno di legge, e dell'obbligo, previsto dallo stesso articolo, di registrare i suddetti atti nell'archivio nazionale dei veicoli, valuti la Commissione di merito l'opportunità di correggere la formulazione della disposizione, prevedendo che l'imposta di trascrizione, continui ad applicarsi «alla registrazione degli atti», piuttosto che agli atti stessi, nonché di individuare con precisione il momento a decorrere dal quale la predetta imposta si applicherà in conseguenza della registrazione degli atti nell'archivio nazionale dei veicoli, anziché per le formalità eseguite nel pubblico registro automobilistico, di cui si dispone l'abolizione.

 

 

PARERE DELLA VII COMMISSIONE PERMANENTE

(Cultura, scienze ed istruzione)

 

        La VII Commissione,

 

            esaminato, per le parti di propria competenza, il disegno di legge C. 2272-bis, come modificato dagli emendamenti approvati, recante misure per il cittadino consumatore e per agevolare le attività produttive e commerciali, nonché interventi in settori di rilevanza nazionale;

 

            premesso che l'introduzione dell'articolo 23 nel testo in esame non appare coerente con la riforma complessiva dello spettacolo dal vivo in corso di definizione da parte del Governo e risulta altresì penalizzante delle imprese operanti nel settore, visto che si troverebbero a perdere i contributi ad esse riconosciute dal Fondo unico dello spettacolo;

 

            evidenziato che appare invece necessario non penalizzare l'attività di fondazioni museali e enti teatrali che rappresentano realtà di prestigio per il Paese dal punto di vista culturale, scientifico, tecnologico e di ricerca;

 

        esprime

 

PARERE FAVOREVOLE

 

        con le seguenti condizioni:

 

            1) appare necessario che la normativa prevista all'articolo 23 sia coerente con la legislazione vigente in materia di interventi a sostegno dello spettacolo dal vivo e non contrasti altresì con la disciplina di riforma complessiva del settore, in corso di predisposizione da parte del Governo;

 

            2) risulta altresì necessario prevedere che, all'articolo 1, comma 506, della legge 27 dicembre 2006, dopo le parole: «per l'ambiente» siano aggiunte le seguenti: «alla Fondazione Museo nazionale della scienza e della tecnologia Leonardo da Vinci di Milano, alla Fondazione La Triennale di Milano, all'Ente teatrale italiano».

 

 

PARERE DELLA VIII COMMISSIONE PERMANENTE

(Ambiente, territorio e lavori pubblici)

 

        La VIII Commissione,

 

            esaminato il disegno di legge n. 2272-bis recante «Misure per il cittadino consumatore e per agevolare le attività produttive e commerciali, nonché interventi in settori di rilevanza nazionale», come risultante a seguito degli emendamenti approvati dalla X Commissione;

 

            considerato che esso costituisce una nuova tappa delle politiche delle liberalizzazioni finalizzate a rilanciare la crescita dell'economia e a portare concreti, consistenti vantaggi ai cittadini con l'apertura del mercato alla concorrenza e la tutela dei consumatori e la semplificazione degli adempimenti amministrativi;             preso atto del contenuto di numerose disposizioni, già inserite nel disegno di legge originario, che intervengono su materie di particolare interesse per la VIII Commissione;

 

            rilevato che la Commissione di merito ha apportato significative modifiche al testo originario del provvedimento, sulle quali è stato possibile svolgere solo un limitato approfondimento;

 

            auspicato che all'interno dell'articolo 7, relativo alle innovazioni nel settore del trasporto pubblico locale, possano trovare collocazione anche interventi finalizzati a contribuire alla riduzione delle emissioni inquinanti in atmosfera, nell'ambito di quelle misure che lo stesso Ministro dei trasporti, nella sua recente audizione di fronte alle Commissioni riunite VIII e IX, ha prospettato come possibili linee di intervento per fronteggiare le problematiche che il settore dei trasporti in ambito urbano pone in relazione al fenomeno dei cambiamenti climatici;

 

            osservato che, in relazione all'articolo 20, occorre che le previste misure di semplificazione non allentino in alcun modo il sistema di prevenzione degli incendi, sistema che al contrario bisogna rafforzare, in coerenza con gli indirizzi in via di approvazione in sede europea, rimarcando l'importanza del vincolo del rispetto del mantenimento dei livelli di sicurezza per la collettività espressamente posto al legislatore delegato dal comma 1 dello stesso articolo 20 e intensificando, al contempo, il regime dei controlli e delle ispezioni, a partire da quelli all'interno dei luoghi di lavoro;

 

            considerato che il combinato disposto dell'articolo 36 (che prevede la soppressione del PRA) e dell'articolo 39 non risulta coordinato con il contenuto della direttiva comunitaria n. 2000/53/CE e del decreto legislativo n. 149 del 2006, che si pongono il fine di garantire con assoluta certezza la «tracciabilità» dei veicoli a fine vita, atteso anche che, fino ad oggi, dal regime della registrazione dei veicoli dipendeva, da un lato, il corretto svolgimento delle attività relative allo smaltimento e riciclo, in qualità di rifiuti, dei veicoli a fine vita e, dall'altro, l'efficace esercizio dei doveri di vigilanza e di contrasto dei fenomeni di abbandono nell'ambiente dei veicoli a fine vita, posti in essere sia da singoli che, soprattutto, da organizzazioni criminali;

 

            rilevato, infine, che l'articolo 41-bis introduce una innovativa disposizione che prevede l'adozione di una legge annuale per la promozione della concorrenza e della tutela dei consumatori, con la quale recepire le segnalazioni, i pareri e le indicazioni dell'Autorità garante della concorrenza e del mercato,

 

        esprime

 

PARERE FAVOREVOLE

 

        con le seguenti condizioni:

 

            a) all'articolo 20, sia integrato il comma 1 con l'estensione del principio ivi fissato del mantenimento dei livelli di sicurezza per la collettività anche alla tutela dell'ambiente, nonché con l'inserimento di un ulteriore principio e criterio direttivo del seguente tenore: «contestuale rafforzamento delle competenze e implementazione delle attività di vigilanza e controllo di prevenzione degli incendi, con particolare riferimento agli accertamenti ed alle ispezioni dell'autorità pubblica all'interno dei luoghi di lavoro, mediante riconoscimento e rafforzamento dei poteri ispettivi dell'ISPESL»;

 

            b) all'articolo 39, sia inserito un periodo del seguente tenore: «con i medesimi regolamenti è assicurato il coordinamento delle disposizioni in materia di certificazione per i veicoli fuori uso con la direttiva comunitaria n. 2000/53/CE e con il decreto legislativo n. 209 del 2003, e successive modifiche e integrazioni, anche al fine di stabilire in modo esplicito che, dopo la soppressione del PRA, è assicurata la tracciabilità dei veicoli a fine vita e sono definite le modalità di disciplina della cessazione della circolazione dei veicoli per demolizione e del loro trattamento come rifiuti»;

 

        e con la seguente osservazione:

 

            valuti la Commissione di merito l'opportunità di prevedere che l'articolo 41-bis, relativo alla legge annuale per la promozione della concorrenza e della tutela dei consumatori, contempli anche la possibilità di recepire le segnalazioni dell'Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici di lavori, servizi e forniture, in conformità con i principi delle direttive comunitarie in tema di appalti pubblici, che assicurano adeguati meccanismi di tutela della concorrenza in tale specifico mercato.

 

PARERE DELLA IX COMMISSIONE PERMANENTE

(Ambiente, territorio e lavori pubblici)

 

        La IX Commissione,

 

            esaminato il disegno di legge n. 2272-bis, recante «Misure per il cittadino consumatore e per agevolare le attività produttive e commerciali, nonché interventi di rilevanza nazionale» e risultante dallo stralcio degli articoli 28, 29, 30 e 31 del disegno di legge n. 2272,

 

            ricordato che un'attenta analisi dei contenuti del provvedimento conduce a ritenere che il rilievo, anche quantitativo, delle norme che appaiono riferite a materie riconducibili alla competenza della IX Commissione (Trasporti), è molto significativo e che ciò aveva indotto quest'ultima ad elevare un conflitto di competenza per ottenere l'assegnazione a Commissioni riunite, in sede referente, del disegno di legge in oggetto,

 

            preso atto, in proposito, che il Presidente della Camera ha confermato l'assegnazione del provvedimento in sede referente alla sola X Commissione e che ciò rende ancora più opportuno che il presente parere, reso ai sensi dell'articolo 73, comma 1-bis, sia attentamente vagliato dalla Commissione di merito, ai fini dello svolgimento di un'istruttoria legislativa effettivamente approfondita anche sulle norme più direttamente riconducibili agli ambiti di competenza della IX Commissione,

 

            passando quindi ai contenuti del disegno di legge, si segnalano talune forti perplessità con riferimento alle disposizioni di cui agli articoli 3 (componentistica dei veicoli a motore), 5 (liberalizzazione dei servizi a terra negli aeroporti civili), 7 (disposizioni in materia di trasporto innovativo), 35 (portabilità della targa dei veicoli), 36 (regime giuridico degli autoveicoli e dei motoveicoli), 37 (mobilità del personale del pubblico registro automobilistico, a seguito dell'abolizione di tale struttura amministrativa), 39 (regolamenti di attuazione dei predetti articoli 36 e 37), 40 (sanzioni in materia di circolazione dei veicoli) e 41 (attuazione dei predetti articoli da 35 a 40 e modificazioni al codice della strada), anche alla luce della documentazione trasmessa alla IX Commissione da parte di diversi operatori del settore dei trasporti (ACI, Taxi italiano, UNASCA, organizzazioni sindacali dei lavoratori e associazione sindacale dei dirigenti dell'ACI),

 

            si rileva, in particolare, con riferimento all'articolo 3, comma 1, che consente di procedere a modifiche delle caratteristiche costruttive e funzionali dei veicoli a motore senza un preventivo nulla osta della casa costruttrice dei veicoli e senza una visita e una prova presso i competenti uffici della Direzione generale per la motorizzazione del Dipartimento per i trasporti terrestri del Ministero dei trasporti, che appare necessario limitarne l'ambito applicativo ai soli interventi di ordine estetico o sportivo su mezzi da diporto e non da lavoro, di massa e dimensione non particolarmente elevate, al fine di evitare che lavori incidenti sulla struttura e sulle caratteristiche di omologazione di mezzi circolanti, che rilevano sempre ai fini della sicurezza, siano effettuati senza preventivi controlli della pubblica amministrazione competente;

 

            sempre con riguardo all'articolo 3, appare altresì necessario adeguare il contenuto normativo del comma 4 alla ratio della disposizione che, come già accennato, consente modifiche sui veicoli senza visita e prova solo se queste non sono di carattere strutturale, limitando quindi l'applicazione delle sanzioni ivi previste alle sole ipotesi in cui veicoli sui quali sono state consentite modifiche senza visita e prova siano in circolazione senza che le predette modifiche siano state realizzate nel pieno rispetto di quanto stabilito dai commi 1 e 2 dello stesso articolo 3;

 

            non appare poi congrua, al comma 5 dello stesso articolo 3, l'abrogazione tout court dell'articolo 78 del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285, recante il Codice della strada, atteso che il permanere, in taluni casi, delle verifiche di competenza degli uffici provinciali della Direzione generale per la motorizzazione del Dipartimento per i trasporti terrestri del Ministero dei trasporti, rende necessario il mantenimento della predetta disposizione, che è volta a sanzionare tutte le modifiche apportate ai veicoli senza collaudo;

 

            quanto all'articolo 5, va sottolineato che:

 

                a) l'ENAC, ai sensi del decreto legislativo 13 gennaio 1999, n. 18, già vigila sulla liberalizzazione dell'handling ed è tenuto ad informare il Ministro semestralmente;

 

                b) il processo di liberalizzazione scatta automaticamente al raggiungimento delle soglie di traffico previste dalla norma;

 

                c) l'imposizione di misure correttive costituisce attività di amministrazione attiva da parte di ENAC e perciò assegnarne al Ministero il controllo genera una inutile sovrapposizione;

 

                d) già ora il rilascio della concessione totale prevede investimenti da parte dei gestori aeroportuali e la vigilanza dell'ENAC sulle tariffe applicate;

 

            considerato che all'articolo 7, comma 1, che prevede il rilascio, non soggetto a limitazione numerica, di licenze e di autorizzazioni per la prestazione di servizi di trasporto pubblico locale innovativo, andrebbe chiarito se si tratti o meno di servizi pubblici di linea, se gli stessi possano essere svolti con veicoli fino a 9 posti o oltre i 9 posti e, infine, se il loro esercizio possa avere luogo anche al di fuori di ogni autorizzazione e programmazione da parte dei comuni,

 

            rilevato inoltre che il comma 3 dello stesso articolo 7 rinvia ad un apposito decreto del Ministro dei trasporti quanto alla determinazione dei requisiti di ordine generale e di idoneità professionale cui devono rispondere i prestatori dei servizi di trasporto pubblico locale innovativo, senza che ciò assicuri - come invece appare opportuno - che i predetti requisiti siano conformi a quelli attualmente vigenti per il trasporto professionale di passeggeri, rispettivamente con veicoli fino e oltre i 9 posti,

 

            con riferimento poi all'intero Titolo V del provvedimento, in cui sono raccolti gli articoli da 35 a41 in materia di semplificazione del regime della circolazione giuridica dei veicoli, la Commissione rappresenta gli orientamenti di seguito riportati:

 

                a) l'articolo 35 si limita ad istituire il regime personale della targa dei veicoli, non recando tuttavia la necessaria disciplina di dettaglio, che dovrebbe riguardare, tra gli altri, i seguenti aspetti: l'attacco e il distacco della targa al singolo veicolo compravenduto, le targhe già assegnate e circolanti, l'abbinamento della targa al proprietario ovvero all'utilizzatore, l'eventuale personalizzazione, la dismissione della targa in capo al proprietario, nonché i casi di furto e smarrimento;

 

                b) la formulazione dell'articolo 36, comma 2, che prevede che gli atti relativi ai diritti di proprietà e agli altri diritti reali di autoveicoli e motoveicoli sono registrati nell'archivio nazionale dei veicoli istituito ai sensi degli articoli 225 e 226 del codice della strada, di cui al decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285, dovrebbe essere integrata affinché l'ambito di applicazione della disposizione ricomprenda, in modo esplicito, tutte quelle ipotesi non riconducibili alle sole fattispecie del trasferimento di proprietà e dei diritti di garanzia ma che incidono sulla natura giuridica e sulla esatta individuazione dell'effettivo proprietario o utilizzatore del veicolo, affinché possa continuare ad essere assicurata la certezza delle responsabilità civilistiche, amministrative, tributarie, anche con riferimento alla regolare notifica delle violazioni;

 

                c) atteso che l'articolo 37, nel prevedere che al personale dell'Automobile Club d'Italia (ACI), già adibito al funzionamento del pubblico registro automobilistico (PRA) si applichino le disposizioni di cui agli articoli 33, 34 e 34-bis del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165 in materia di mobilità del personale in esubero delle pubbliche amministrazioni, appare non tenere conto dell'elevata professionalità da sempre riconosciuta ai lavoratori addetti al pubblico registro automobilistico, si pone l'esigenza di prevedere una diversa modalità di ricollocazione di tale personale, che potrebbe essere trasferito, nei limiti dei posti disponibili in organico, al Ministero dei trasporti, in primo luogo presso il Dipartimento per i trasporti terrestri, ovvero ad altri Ministeri o amministrazioni pubbliche, garantendo in ogni caso l'equipollenza delle mansioni svolte, ed assicurandone l'assegnazione a strutture operanti nella provincia in cui hanno sede gli uffici dell'Automobile Club d'Italia di rispettiva provenienza;

 

                d) l'articolo 39, nel disporre l'emanazione dei regolamenti di attuazione delle disposizioni recate dagli articoli 36, comma 2, e 37, non specifica tuttavia che tale attività normativa secondaria deve ricomprendere anche una ricognizione delle tariffe applicabili per lo svolgimento di tutte le formalità conseguenti all'introduzione dei nuovi regimi di targa personale e di veicoli quali beni mobili comuni, nonché la previsione di criteri volti a contrastare efficacemente le intestazioni fittizie dei veicoli, e ogni tentativo di sottrarsi alle responsabilità derivanti dal possesso e dalla circolazione dei veicoli;

 

                e) peraltro, lo stesso articolo 39 si limita a prevedere solo un «adeguamento» del Regolamento recante norme per la semplificazione del procedimento relativo all'immatricolazione, ai passaggi di proprietà e alla reimmatricolazione degli autoveicoli, dei motoveicoli e dei rimorchi, di cui al Decreto del Presidente della Repubblica 19 settembre 2000, n. 358, laddove appare invece necessario, alla luce delle rilevanti innovazioni introdotte dal Titolo V del disegno di legge n. 2272-bis, autorizzare il Governo a procedere ad una più complessiva integrazione di tale atto normativo, unitamente alla novellazione - per le parti in cui ciò sia ritenuto necessario - anche del Decreto del Presidente della Repubblica 16 dicembre 1992, n. 495, recante il Regolamento di esecuzione e attuazione del Codice della Strada;

 

                f) data la delicatezza della materia della circolazione giuridica dei veicoli, che ha evidenti riflessi di ordine pubblico e di tutela dei diritti, appare inoltre opportuno esplicitare - sempre con riferimento all'articolo 39 - il principio in base al quale l'erogazione dei servizi relativi al regime giuridico dei veicoli, procedura cui partecipano, per inciso, anche i privati attraverso lo Sportello telematico dell'automobilista, debba comunque avvenire in una cornice di imparzialità e indipendenza e, quindi, nel rispetto dei principi di cui all'articolo 97 della Costituzione, in analogia a quanto già previsto dall'articolo 27, comma 8, lettera a), della legge 16 gennaio 2003, n. 3, con riguardo all'erogazione, da parte della pubblica amministrazione, di servizi telematici ai cittadini e alle imprese;

 

                g) all'articolo 41, comma 1, lettera e), non appare giustificato l'abrogazione del comma 1 dell'articolo 93 del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285, recante il Codice della strada, in quanto la previsione ivi contenuta, in forza della quale «gli autoveicoli, i motoveicoli e i rimorchi per circolare devono essere muniti di una carta di circolazione ed immatricolati presso il Dipartimento per i trasporti terrestri», oltre a sancire un principio fondamentale che regola l'immissione in circolazione dei veicoli, non pare porsi in contrasto con la previsione di cui all'articolo 36, comma 2, del disegno di legge in esame, atteso che l'Archivio nazionale dei veicoli, ivi individuato ai fini della registrazione degli atti concernenti il regime giuridico dei veicoli, è comunque istituito presso il Dipartimento per i trasporti terrestri, ai sensi dell'articolo 225, comma 1, lett. a), del decreto legislativo n. 285 del 1992;

 

                h) sempre con riferimento all'articolo 41, non appare altresì congrua l'abrogazione dell'articolo 95 del Codice della strada, disciplinante il rilascio della carta provvisoria di circolazione e del duplicato della carta di circolazione, trattandosi di fattispecie alle quali può risultare inevitabile ricorrere, soprattutto nei casi di veicoli con particolari allestimenti, titoli o requisiti per la circolazione,

 

            esprime

 

PARERE FAVOREVOLE

 

        con le seguenti condizioni:

 

            1) all'articolo 3, comma 1, sia limitato ai soli interventi di ordine estetico o sportivo su mezzi da diporto e non da lavoro, di massa e dimensione non particolarmente elevate, l'ambito di applicazione della disposizione che consente di procedere a modifiche delle caratteristiche costruttive e funzionali dei veicoli a motore senza un preventivo nulla osta della casa costruttrice dei veicoli e senza una visita e una prova presso i competenti uffici della Direzione generale per la motorizzazione del Dipartimento per i trasporti terrestri del Ministero dei trasporti;

 

            2) all'articolo 3, comma 4, sia limitata l'applicazione delle sanzioni ivi previste alle sole ipotesi in cui veicoli sui quali sono state consentite modifiche senza visita e prova siano in circolazione senza che le predette modifiche siano state realizzate nel pieno rispetto di quanto stabilito dai commi 1 e 2 dello stesso articolo 3;

 

            3) all'articolo 3, comma 5, l'abrogazione tout court dell'articolo 78 del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285, recante il Codice della strada, sia sostituita dalla previsione che la medesima disposizione, che è volta a sanzionare tutte le modifiche apportate ai veicoli senza collaudo, non si applichi alle modifiche consentite senza visita e prova introdotte dal provvedimento in esame;

 

            4) sia soppresso l'articolo 5;

 

            5) all'articolo 35, che istituisce il regime personale della targa dei veicoli, sia altresì prevista - all'uopo rinviando ad uno dei regolamenti di cui all'articolo 39 - un'adeguata disciplina di dettaglio, con particolare riguardo alle modalità di applicazione della nuova normativa alle targhe già assegnate e circolanti, nonché alla regolamentazione dei casi di attacco e distacco della targa al singolo veicolo compravenduto, di abbinamento della targa al proprietario ovvero all'utilizzatore del veicolo, di eventuale personalizzazione della targa e di dismissione, furto e smarrimento della targa stessa;

 

            6) all'articolo 36, l'ambito di applicazione del comma 2, che attualmente prevede che gli atti relativi ai diritti di proprietà e agli altri diritti reali di autoveicoli e motoveicoli sono registrati nell'Archivio nazionale dei veicoli, sia ampliato al fine di ricomprendere, in modo esplicito, anche tutte le ipotesi che, pur non essendo riconducibili alle fattispecie del trasferimento di proprietà e dei diritti di garanzia dei veicoli, sono comunque suscettibili di incidere sulla natura giuridica e sulla esatta individuazione dell'effettivo proprietario o utilizzatore del veicolo;

 

            7) all'articolo 37, in luogo dell'applicazione al personale dell'ACI, già adibito al funzionamento del PRA, delle disposizioni in materia di mobilità del personale in esubero delle pubbliche amministrazioni sia invece previsto il trasferimento di tale personale, attraverso un processo di concertazione con le organizzazioni sindacali, nei limiti dei posti disponibili in organico, al Ministero dei trasporti, in primo luogo presso il Dipartimento per i trasporti terrestri, ovvero ad altri Ministeri o amministrazioni pubbliche, garantendo in ogni caso l'equipollenza delle mansioni svolte, ed assicurandone l'assegnazione a strutture operanti nella provincia in cui hanno sede gli uffici dell'Automobile Club d'Italia di rispettiva provenienza;             8) all'articolo 39, sia specificato che gli emanandi regolamenti di attuazione delle disposizioni recate dagli articoli 36, comma 2, e 37, rechino anche una ricognizione delle tariffe applicabili per lo svolgimento di tutte le formalità conseguenti all'introduzione dei nuovi regimi di targa personale e di veicoli quali beni mobili comuni, nonché l'indicazione di criteri volti a contrastare efficacemente le intestazioni fittizie dei veicoli e ogni tentativo di sottrarsi alle responsabilità derivanti dal possesso e dalla circolazione dei veicoli;

 

            9) allo stesso articolo 39, in luogo del mero «adeguamento» del Regolamento recante norme per la semplificazione del procedimento relativo all'immatricolazione, ai passaggi di proprietà e alla reimmatricolazione degli autoveicoli, dei motoveicoli e dei rimorchi, sia invece prevista un'autorizzazione al Governo a procedere ad una più complessiva integrazione del decreto del Presidente della Repubblica n. 358 del 2000, nonché - ove occorra - del decreto del Presidente della Repubblica n. 495 del 1992, recante il Regolamento di esecuzione e attuazione del Codice della strada;

 

            10) sempre con riferimento all'articolo 39, in analogia a quanto già previsto dall'articolo 27, comma 8, lettera a), della legge 16 gennaio 2003, n. 3, con riguardo all'erogazione, da parte della pubblica amministrazione, di servizi telematici ai cittadini e alle imprese, sia esplicitato il principio che anche l'erogazione dei servizi relativi al regime giuridico dei veicoli deve avvenire nel rispetto dei principi di cui all'articolo 97 della Costituzione;

 

            11) all'articolo 41, comma 1, lettera e), sia soppressa l'abrogazione del comma 1 dell'articolo 93 del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285, recante il Codice della strada, in quanto tale disposizione appare congrua anche rispetto alla nuova disciplina introdotta dal provvedimento in oggetto, atteso che l'Archivio nazionale dei veicoli, ivi individuato ai fini della registrazione degli atti concernenti il regime giuridico dei veicoli, è comunque istituito presso il Dipartimento per i trasporti terrestri, ai sensi dell'articolo 225, comma 1, lett. a), del già richiamato decreto legislativo n. 285 del 1992;

 

            12) sempre con riferimento all'articolo 41, non appare infine congrua l'abrogazione dell'articolo 95 del Codice della strada, disciplinante il rilascio della carta provvisoria di circolazione e del duplicato della carta di circolazione, trattandosi di fattispecie alle quali può risultare inevitabile ricorrere, soprattutto nei casi di veicoli con particolari allestimenti, titoli o requisiti per la circolazione.

 

        e con le seguenti osservazioni:

 

            a) all'articolo 7, comma 1, che prevede il rilascio, non soggetto a limitazione numerica, di licenze e di autorizzazioni per la prestazione di servizi di trasporto pubblico locale innovativo, sia chiarito se i servizi oggetto della disposizione siano o meno di linea, se gli stessi possano essere svolti con veicoli fino a 9 posti o oltre i 9 posti e, infine, se il loro esercizio possa avere luogo anche al di fuori di ogni autorizzazione e programmazione da parte dei comuni;

 

            b) all'articolo 7, comma 3, il rinvio ad un apposito decreto del Ministro dei trasporti quanto alla determinazione dei requisiti di ordine generale e di idoneità professionale cui devono rispondere i prestatori dei servizi di trasporto pubblico locale innovativo sia accompagnato dall'esplicita previsione che i predetti requisiti siano conformi a quelli attualmente vigenti per il trasporto professionale di passeggeri, rispettivamente con veicoli fino a 9 posti e oltre i 9 posti.

 

 

PARERE DELLA XI COMMISSIONE PERMANENTE

(Lavoro pubblico e privato)

 

        La XI Commissione,

 

            esaminato il testo del disegno di legge C. 2272 bis recante «Misure per il cittadino consumatore e per agevolare le attività produttive e commerciali, nonché interventi in settori di rilevanza nazionale», come risultante dagli emendamenti approvati;

 

            considerato che il provvedimento è volto a promuovere la competitività del sistema produttivo, e quindi del sistema economico nazionale, intervenendo in tre settori tra loro connessi: l'apertura del mercato alla concorrenza, la tutela dei consumatori e la riduzione e la semplificazione degli adempimenti amministrativi a carico delle imprese;

 

            preso atto dell'ampio dibattito svoltosi in Commissione che ha visto interventi di diversi gruppi parlamentari;

 

            rilevato che l'articolo 19 reca disposizioni volte a semplificare la procedura per la verifica degli impianti a pressione e degli apparecchi di sollevamento mediante il ricorso all'autocertificazione del proprietario e del gestore dell'impianto, previa attestazione di un professionista o di un ente tecnico abilitato, e salva comunque la possibilità di successive verifiche tecniche a campione da parte dell'ASL;

 

            rilevato che l'articolo 20 reca la delega al Governo ad adottare, entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della legge, uno o più decreti legislativi per semplificare, nel rispetto del mantenimento dei livelli di sicurezza per la collettività, le procedure per il rilascio del certificato di prevenzione incendi (CPI);

 

            ritenuto che il meccanismo dell'autocertificazione per la verifica degli impianti a pressione e degli apparecchi di sollevamento, nonché per il rilascio del certificato di prevenzione incendi, condivisibile sotto il profilo dell'obiettivo della semplificazione burocratica, non consente adeguate garanzie sul piano della sicurezza e della salute nei luoghi di lavoro;             considerato altresì che risulta all'esame del Senato il testo del disegno di legge recante la delega al Governo per l'emanazione di un testo unico per il riassetto e la riforma della normativa in materia di tutela della salute e della sicurezza sul lavoro (A.S. 1507) , nel cui ambito potrebbero trovare una più opportuna collocazione le disposizioni in materia di autocertificazione per la verifica degli impianti a pressione e degli apparecchi di sollevamento, nonché per il rilascio del certificato di prevenzione incendi, alla luce della stretta connessione con il tema della sicurezza nei luoghi di lavoro;

 

            preso atto delle dichiarazioni del rappresentante del Governo in ordine all'opportunità della soppressione dell'articolo 19, rese in Commissione nella seduta del 24 aprile 2007;

 

            considerato che l'articolo 36, comma 3, reca l'abolizione del pubblico registro automobilistico di cui al regio decreto-legge 15 marzo 1927 n. 436, convertito dalla legge 19 febbraio 1928, n. 510, e di cui al regio decreto 29 luglio 1927, n. 1814;

 

            considerato che l'articolo 37 dispone per il personale dell'Automobile Club d'Italia, già adibito al funzionamento del pubblico registro automobilistico, che conserva comunque il rapporto di lavoro, l'applicazione delle disposizioni di cui agli articoli 33, 34 e 34 bis del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165 in materia di eccedenze di personale, di mobilità collettiva e di collocamento in disponibilità del personale delle pubbliche amministrazioni;

 

            rilevato che attualmente le spese del personale ACI gravano sul bilancio autonomo dell'ente che non figura tra gli enti che concorrono a formare il bilancio consolidato dello Stato;

 

            rilevato che, alla luce dell'autonomia di bilancio dell'ente, l'applicazione delle procedure di mobilità di cui agli articoli 33, 34 e 34 bis del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, al personale dell'Automobile Club d'Italia, già adibito al funzionamento del pubblico registro automobilistico, che conserva comunque il rapporto di lavoro, non si tradurrebbe in uno spostamento all'interno della spesa complessiva prevista per il personale pubblico dal bilancio dello Stato, ma in nuove assunzioni, con conseguenti oneri per la finanza pubblica;

 

            rilevato il nesso tra la disposizione di cui all'articolo 36, comma 3, relativo all'abolizione del pubblico registro automobilistico, e la disposizione di cui all'articolo 37 in materia di personale dello stesso pubblico registro automobilistico;

 

            rilevata infine la necessità di considerare l'abolizione del pubblico registro automobilistico e la condizione del personale dell'Automobile Club d'Italia, già adibito al funzionamento dello stesso, nell'ambito di una revisione organica dell'ente;         esprime

 

PARERE FAVOREVOLE

 

        con le seguenti condizioni:

 

            1) sopprimere l'articolo 19 in quanto prevede un meccanismo di autocertificazione per la verifica degli impianti a pressione e degli apparecchi di sollevamento, che è da ritenere in contrasto con l'esigenza di tutela della sicurezza nei luoghi di lavoro;

 

            2) sopprimere l'articolo 37 in quanto risulta necessario inquadrare l'intervento normativo sul personale dell'Automobile Club d'Italia e delle società collegate, già adibito al funzionamento del pubblico registro automobilistico, in un ambito di riforma generale dell'ente, anche alla luce dei riflessi sulla finanza pubblica dell'applicazione delle procedure di mobilità di cui agli articoli 33, 34 e 34 bis del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165 al suddetto personale,

 

        e con la seguente osservazione:

 

            a) valuti la Commissione di merito l'opportunità di considerare le disposizioni in materia di rilascio del certificato di prevenzione incendi (CPI) nell'ambito di una revisione organica della disciplina in materia di sicurezza sui luoghi di lavoro.

 

PARERE DELLA XII COMMISSIONE PERMANENTE

(Affari sociali)

 

        La XII Commissione,

 

            esaminato, per le parti competenza, il nuovo testo del disegno di legge C. 2272-bis Governo recante «Misure per il cittadino consumatore e per agevolare le attività produttive e commerciali, nonché interventi in settori di rilevanza nazionale», quale risultante dagli emendamenti approvati dalla Commissione di merito,

 

            esprime:

 

PARERE FAVOREVOLE

 

        con le seguenti condizioni:

 

            a) sia soppresso l'articolo 2-bis;

 

            b) sia soppresso l'articolo 19.

 

PARERE DELLA XIV COMMISSIONE PERMANENTE

 

(Politiche dell'Unione europea)

 

        La XIV Commissione,

 

            esaminato il nuovo testo del disegno di legge C.  2272-bis recante «Misure urgenti per il cittadino consumatore e per agevolare le attività produttive e commerciali, nonché interventi in settori di rilevanza nazionale»

 

        esprime

 

PARERE FAVOREVOLE.

 

 

PARERI DELLA COMMISSIONE PARLAMENTARE PER LE QUESTIONI REGIONALI

 

        La Commissione parlamentare per le questioni regionali,

 

            esaminato il testo del disegno di legge C. 2272, in corso di esame presso la X Commissione Attività produttive, commercio e turismo della Camera, recante «Misure per il cittadino consumatore e per agevolare le attività produttive e commerciali, nonché interventi in settori di rilevanza nazionale»;

 

            considerate le finalità complessive del provvedimento, riconducibili alla promozione della concorrenza, allo sviluppo dei mercati ed alla tutela dei consumatori e utenti, per cui risultano, le disposizioni del testo, prevalentemente connesse alla materia di competenza esclusiva statale «tutela della concorrenza» di cui alla lettera e), secondo comma, dell'articolo 117 della Costituzione;

 

            considerato che rientra nell'ambito della competenza statale concorrente di determinazione dei principi fondamentali la materia delle «professioni» di cui al comma terzo dell'articolo 117 della Costituzione, cui si riferisce la disciplina di cui all'articolo 2 del testo recante misure tese a semplificare l'accesso a specifiche attività di intermediazione commerciale e di affari;

 

            rilevato che rientrano nell'ambito della competenza concorrente Stato-regioni di cui al comma 3 dell'articolo 117 della Costituzione («produzione, trasporto e distribuzione nazionale dell'energia») le previsioni relative all'articolo 4, in materia di distribuzione del GPL, e dell'articolo 8, avente ad oggetto incentivi per le imprese operanti nel settore del gas;             considerato che le previsioni di cui al titolo II (articoli dal 9 al 18), che disciplinano la realizzazione e la modifica degli impianti produttivi, afferiscono a profili ascrivibili all'ambito dei livelli essenziali delle prestazioni ed alla tutela della concorrenza di cui, rispettivamente, alla lettera m) ed alla lettera n) dell'articolo 117, secondo comma, della Costituzione; e che, ai sensi dell'articolo 18 del testo, si rinvia ad accordi ed intese in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano e di Conferenza unificata l'adozione di misure idonee a garantire la piena operatività del nuovo regime e l'eventuale esercizio di poteri sostitutivi delle regioni e dello Stato;

 

            rilevato l'ambito normativo delineato dal terzo comma dell'articolo 117 della Costituzione, relativo alla competenza concorrente Stato-regioni in ordine alle «grandi reti di trasporto e di comunicazione», per quanto riguarda gli articoli 5, 6 e 7 del testo, recanti misure in materia di servizi a terra negli aeroporti, trasporto ferroviario e trasporto locale innovativo;

 

            considerato che gli articoli 19, 20, 22 e dal 24 al 27 del testo in esame, che pongono specifiche disposizioni volte alla semplificazione degli adempimenti amministrativi a carico delle imprese, nonché le previsioni di cui agli articoli dal 35 al 39, recanti norme in materia di semplificazione del regime di circolazione giuridica dei veicoli, appaiono riconducibile al profilo della competenza esclusiva statale di cui all'articolo 117, comma 2, lettera g) («ordinamento e organizzazione amministrativa dello Stato»);

 

            considerato che l'articolo 23, che pone specifiche disposizioni a favore delle imprese dello spettacolo, risulta connesso al profilo della competenza esclusiva statale di cui all'articolo 117, comma 2, lettera s) («tutela dei beni culturali»);

 

            rilevato che le disposizioni di cui all'articolo 32, che dispone la nullità della clausola di massimo scoperto, e quelle recate dall'articolo 33, che disciplina i mezzi di pagamento, rientrano nel novero delle materie di legislazione a competenza esclusiva statale di cui alla lettera e) del comma 2 dell'articolo 117 della Costituzione («tutela del risparmio e mercati finanziari»);

 

            considerato che l'articolo 34, recante norme a favore delle famiglie di invalidi civili minori, incide sui profili di competenza esclusiva statale di cui all'articolo 117, comma 2, lettera o) («previdenza sociale»);

 

            valutato che il testo, nel titolo III, contempla disposizioni in materia di istruzione e formazione, intervenendo sui profili di competenza esclusiva statale in ordine alle «norme generali sull'istruzione» di cui all'articolo 117, comma 2, lettera n);

 

            rilevato che, con riferimento alle norme che intervengono su materie non riconducibili alla competenza esclusiva statale (quali l'articolo 6, l'articolo 7 e l'articolo 8), appare necessario verificare la compatibilità con le previsioni di cui al sesto comma dell'articolo 117 della Costituzione, secondo cui la potestà regolamentare spetta allo Stato soltanto nelle materie di legislazione esclusiva, salva espressa delega alle regioni;

 

        esprime

 

PARERE FAVOREVOLE

 

        con le seguenti osservazioni:

 

            a) valuti la Commissione di merito l'opportunità di precisare, all'articolo 1 comma 4, che sia salvaguardata la competenza di regioni ed enti locali a disciplinare nel dettaglio le attività di distribuzione di carburanti;

 

            b) valuti la Commissione di merito l'opportunità di prevedere che le materie non ascrivibili alla esclusiva competenza statale, quali quelle disciplinate ai sensi dell'articolo 6, comma 3, dell'articolo 7, comma 3, e dell'articolo 8, siano sottoposte alla potestà regolamentare regionale, in conformità alle previsioni di cui al sesto comma dell'articolo 117 della Costituzione;

 

            c) valuti la Commissione di merito l'opportunità di precisare, all'articolo 42, relativo alla collaborazione tra Stato, regioni e autonomie locali, che le disposizioni recate dal testo in esame non pregiudicano le diverse previsioni connesse al riparto di competenze operante tra i diversi livelli di governo del territorio ai sensi del Titolo V, parte seconda, della Costituzione, e si configurano quale disciplina di principio nei settori riconducibili alla competenza concorrente Stato-Regioni.

(Parere espresso il 18 aprile 2007)

 

        La Commissione parlamentare per le questioni regionali,

 

            esaminato il nuovo testo del disegno di legge C. 2272-bis Governo, in corso di esame presso la X Commissione Attività produttive, commercio e turismo della Camera, recante «Misure per il cittadino consumatore e per agevolare le attività produttive e commerciali, nonché interventi in settori di rilevanza nazionale», testo risultante dallo stralcio degli articoli 28, 29, 30 e 31 del disegno di legge C. 2272 Governo, deliberato dall'Assemblea il 17 aprile 2007;

 

            considerati gli obiettivi perseguiti dal provvedimento, quali la promozione della concorrenza, lo sviluppo dei mercati e della tutela dei consumatori e utenti, in relazione ai quali le disposizioni del testo risultano prevalentemente connesse a profili afferenti alla materia di competenza esclusiva statale «tutela della concorrenza» di cui alla lettera e), secondo comma, dell'articolo 117 della Costituzione;

 

            rilevata la previsione di cui all'articolo 1, comma 3, secondo cui le regioni, nell'ambito dei propri poteri di programmazione, individuano i criteri finalizzati a garantire la promozione della concorrenza, nonché a favorire la riqualificazione e l'ammodernamento della rete di distribuzione dei carburanti;             considerato che nell'ambito della competenza statale concorrente di determinazione dei principi fondamentali rientra la materia delle «professioni» di cui al comma terzo dell'articolo 117 della Costituzione, cui si riferisce la disciplina di cui all'articolo 2 recante misure tese a semplificare l'accesso a specifiche attività di intermediazione commerciale e di affari;

 

            rilevato che rientrano nell'ambito della competenza concorrente Stato-Regioni di cui al comma 3 dell'articolo 117 della Costituzione («produzione, trasporto e distribuzione nazionale dell'energia») le disposizioni di cui all'articolo 4 relative alla distribuzione del GPL ed agli incentivi per le imprese operanti nel settore del gas;

 

            valutato l'ambito normativo delineato dal terzo comma dell'articolo 117 della Costituzione, riguardante la competenza concorrente Stato-Regioni in ordine alle «grandi reti di trasporto e di comunicazione», per quanto attiene alle disposizioni previste dagli articoli 5, 6 e 7, recanti misure, rispettivamente, in materia di servizi a terra negli aeroporti, trasporto ferroviario e trasporto locale innovativo;

 

            rilevato che l'articolo 7, comma 1, prescrive in particolare che gli enti locali, in adesione alle finalità di cui all'articolo 117, secondo comma, lettera e), della Costituzione, ed allo scopo di promuovere la funzionale crescita e l'innovazione del settore del trasporto locale, possono prevedere il rilascio di autorizzazioni anche a favore di soggetti ed aziende che esercitano trasporto pubblico per prestazione di trasporto innovativo;

 

            considerato che le specifiche disposizioni tese alla semplificazione degli adempimenti procedurali applicabili alle imprese, cui si riferisce in particolare l'articolo 17, impongono, ai fini dell'esercizio della delega ivi prevista, l'individuazione di tempi certi ed inderogabili per lo svolgimento degli adempimenti che fanno capo alle pubbliche amministrazioni, nel rispetto delle competenze previste dal Titolo V della parte seconda della Costituzione; e che le previsioni di cui agli articoli dal 35 al 39, recanti norme in materia di semplificazione del regime di circolazione giuridica dei veicoli, appaiono riconducibili al profilo della competenza esclusiva statale di cui all'articolo 117, comma 2, lettera g) («ordinamento e organizzazione amministrativa dello Stato»);

 

            rilevato che le disposizioni di cui all'articolo 32, che dispone la nullità della clausola di massimo scoperto, e quelle recate dall'articolo 33, che disciplina i mezzi di pagamento, rientrano nel novero delle materie di legislazione a competenza esclusiva statale di cui alla lettera e) del comma 2 dell'articolo 117 della Costituzione («tutela del risparmio e mercati finanziari»);

 

            considerata la previsione di cui all'articolo 42-bis, che dispone l'applicabilità del testo in esame nelle regioni a statuto speciale e nelle province autonome di Trento e di Bolzano compatibilmente con i rispettivi statuti e le relative norme di attuazione, anche con riferimento alle disposizioni del titolo V della parte seconda della Costituzione per le parti in cui prevedono forme di autonomia più ampie rispetto a quelle già attribuite;

 

        esprime

 

PARERE FAVOREVOLE

 

        con la seguente osservazione:

 

            valuti la Commissione di merito l'opportunità di precisare, all'articolo 42, relativo alla collaborazione tra Stato, regioni e autonomie locali, che le disposizioni recate dal testo in esame non pregiudicano le diverse previsioni connesse al riparto di competenze operante tra i diversi livelli di governo del territorio ai sensi del Titolo V, parte seconda, della Costituzione, e si configurano quale disciplina di principio nei settori riconducibili alla competenza concorrente Stato-Regioni.

(Parere espresso il 17 maggio 2007)

 


 

TESTO
del disegno di legge

TESTO
della Commissione

 

Titolo I

IMPRESE E PROFESSIONI PIÙ LIBERE

Titolo I

IMPRESE E PROFESSIONI PIÙ LIBERE

 

Art. 1.

(Eliminazione di ostacoli alle attività commerciali).

Art. 1.

(Eliminazione di ostacoli alle attività commerciali e alle prestazioni di servizi).

 

      1. Al fine di garantire la libertà di concorrenza in condizioni di pari opportunità sul territorio nazionale e il corretto e uniforme funzionamento del mercato, nonché di assicurare ai consumatori finali migliori condizioni di accesso all'acquisto di prodotti e di servizi sul territorio nazionale e alle attività di distribuzione commerciale e di servizio, non possono essere poste limitazioni alla possibilità di abbinare nello stesso locale o nella stessa area la vendita di prodotti e di servizi complementari e accessori rispetto a quella principale o originaria, fatti salvi il rispetto delle norme urbanistiche, edilizie, igienico-sanitarie e di sicurezza nei luoghi di lavoro, nonché la distinzione fra settore merceologico alimentare e non alimentare. Tale principio si applica anche alla distribuzione dei carburanti.

      1. Al fine di garantire la libertà di concorrenza in condizioni di pari opportunità sul territorio nazionale e il corretto e uniforme funzionamento del mercato, nonché di assicurare ai consumatori finali migliori condizioni di accesso all'acquisto di prodotti e di servizi sul territorio nazionale e alle attività di distribuzione commerciale e di servizio, non possono essere poste limitazioni alla possibilità di abbinare nello stesso locale o nella stessa area la vendita di prodotti e di servizi complementari e accessori rispetto a quella principale o originaria, fatti salvi il rispetto delle norme urbanistiche, edilizie, tributarie in materia di accisa, igienico-sanitarie, di quelle a tutela della salute pubblica e della pubblica sicurezza e di sicurezza stradale, ambientale, di prevenzione incendi e nei luoghi di lavoro, nonché la distinzione fra settore merceologico alimentare e non alimentare Tale principio si applica anche alla distribuzione dei carburanti. Negli orari di apertura dell'esercizio è comunque sempre consentita la vendita di tutti i prodotti e servizi abbinati.

 

      2. Al fine di assicurare un corretto funzionamento del mercato secondo i princìpi della concorrenza, nonché una maggiore possibilità di accesso al servizio da parte del consumatore, l'installazione e l'attività di un impianto di distribuzione dei carburanti non possono essere subordinate al rispetto del criterio della distanza minima o di parametri numerici prestabiliti né alle limitazioni di cui al comma 1.

      2. Al fine di assicurare un corretto funzionamento del mercato secondo i princìpi della concorrenza, nonché una maggiore possibilità di accesso al servizio da parte del consumatore, l'installazione e l'attività di un impianto di distribuzione dei carburanti non possono essere subordinate al rispetto del criterio della distanza minima tra impianti ed a contingentamenti numerici.

 

      3. A decorrere dalla data di entrata in vigore della presente legge sono abrogate tutte le disposizioni legislative e regolamentari statali incompatibili con le disposizioni di cui ai commi 1 e 2.

      3. Le regioni, nell'ambito dei propri poteri di programmazione, individuano i criteri finalizzati a garantire la promozione della concorrenza, nonché a favorire la riqualificazione e l'ammodernamento della rete di distribuzione dei carburanti e una maggiore possibilità di accesso a prodotti e servizi da parte del consumatore, nel rispetto di quanto previsto dai commi 1 e 2.

 

      4. Le regioni e gli enti locali adeguano le proprie disposizioni legislative e regolamentari ai princìpi di cui ai commi 1 e 2 entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge.

      4. Le regioni e gli enti locali adeguano le proprie disposizioni legislative e regolamentari ai princìpi di cui ai commi 1, 2 e 3, entro dodici mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge.

 

 

      5. Al fine di agevolare l'utilizzo del gas metano per autotrazione, l'Autorità per l'energia elettrica e il gas, con delibera da adottare entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, determina i criteri di vettoriamento attraverso le reti di trasporto e distribuzione del gas naturale utilizzato come carburante tenendo conto della sua specificità.

 

 

Art. 2.

(Eliminazione di vincoli in materia di chiusura domenicale e festiva per le attività di panificazione).

 

 

      1. Al fine di favorire la promozione di condizioni di pari opportunità ed un assetto maggiormente concorrenziale nel settore della panificazione, nonché di assicurare ai consumatori una più ampia accessibilità ai relativi prodotti, all'attività di panificazione si applicano gli articoli 11, commi 4 e 5, 12 e 13 del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 114. Il secondo periodo dell'articolo 11, comma 13, della legge 3 agosto 1999, n. 265, è soppresso.

 

Art. 2.

(Attività di intermediazione commerciale e di affari).

Art. 3.

(Attività di intermediazione commerciale e di affari).

 

      1. Sono considerate attività di intermediazione commerciale e di affari le seguenti:

      1. Identico.

 

          a) agente di affari in mediazione;

 

 

          b) agente immobiliare;

 

 

          c) agente d'affari;

 

 

          d) agente e rappresentante di commercio;

 

 

          e) mediatore marittimo;

 

 

          f) spedizioniere;

 

 

          g) raccomandatario marittimo.

 

 

      2. Le attività di cui al comma 1, salvo quanto previsto dal comma 5, possono essere svolte previa presentazione della dichiarazione di inizio di attività, ai sensi della normativa vigente, alla camera di commercio, industria, artigianato e agricoltura competente per territorio, corredata delle autocertificazioni e delle certificazioni attestanti il possesso dei requisiti soggettivi, morali, professionali, tecnici e finanziari, ove prescritti dalla legislazione vigente.

      2. Identico.

 

      3. Le camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura verificano il possesso dei requisiti di legge da parte degli esercenti le attività di cui al comma 1 e iscrivono i relativi dati nel registro delle imprese, se l'attività è svolta in forma di impresa, oppure nel repertorio delle notizie economiche e amministrative (REA) previsto dall'articolo 8, comma 8, lettera d), della legge 29 dicembre 1993, n. 580, e dal relativo regolamento di attuazione, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 7 dicembre 1995, n. 581, e successive modificazioni, assegnando ad essi la qualifica di intermediario distintamente per tipologia di attività.

      3. Identico.

 

      4. Per l'attività di agente di affari in mediazione e di agente immobiliare è soppresso il ruolo di cui all'articolo 2 della legge 3 febbraio 1989, n. 39, e successive modificazioni.

      4. Identico.

 

      5. Le disposizioni del presente articolo si applicano alle attività di agente d'affari di cui al comma 1, lettera c), con esclusione di quelle relative al recupero di crediti e ai pubblici incanti, per le quali resta ferma l'applicazione dell'articolo 115 del testo unico delle leggi di pubblica sicurezza, di cui al regio decreto 18 giugno 1931, n. 773.

      5. Identico.

 

      6. Per l'attività di agente o rappresentante di commercio, in attuazione della direttiva 86/653/CEE del Consiglio, del 18 dicembre 1986, è soppresso il ruolo di cui all'articolo 2 della legge 3 maggio 1985, n. 204.

      6. Identico.

 

      7. Per l'attività di mediatore marittimo è soppresso il ruolo di cui agli articoli 1 e 4 della legge 12 marzo 1968, n. 478.

      7. Identico.

 

      8. Per l'attività di spedizioniere è soppresso l'elenco autorizzato di cui all'articolo 2 della legge 14 novembre 1941, n. 1442.

      8. Identico.

 

      9. Per l'attività di raccomandatario marittimo è soppresso l'elenco interprovinciale di cui all'articolo 6 della legge 4 aprile 1977, n. 135.

      9. Identico.

 

      10. A decorrere dalla data di entrata in vigore della presente legge, sono abrogate le disposizioni di legge e di regolamento statali incompatibili con le disposizioni del presente articolo. Con decreto del Ministro dello sviluppo economico, da emanare entro i due mesi successivi alla suddetta data di entrata in vigore, sono disciplinate le modalità di iscrizione nel registro delle imprese e nel REA dei soggetti iscritti negli elenchi, albi e ruoli di cui al presente articolo, nonché le nuove procedure di iscrizione, in modo da garantire l'invarianza degli oneri complessivi per la finanza pubblica.

      10. A decorrere dalla data di entrata in vigore della presente legge, sono abrogate le disposizioni di legge e di regolamento statali incompatibili con le disposizioni del presente articolo. Con decreto del Ministro dello sviluppo economico, da emanare entro i due mesi successivi alla suddetta data di entrata in vigore, sono disciplinate le modalità di trascrizione nel registro delle imprese e nel REA dei soggetti iscritti negli elenchi, albi e ruoli di cui al presente articolo, nonché le nuove procedure di iscrizione per i nuovi operatori, in modo da garantire l'invarianza degli oneri complessivi per la finanza pubblica.

 

 

      11. Resta fermo per coloro che svolgono, o intendono svolgere, le attività di cui al comma 1, l'obbligo di iscriversi all'ente di cui all'articolo 5 della legge 2 febbraio 1973, n. 12.

 

 

Art. 4.

(Trasferimento dell'attività di farmacia).

 

 

      1. I commi secondo, ottavo, nono e decimo dell'articolo 12 della legge 2 aprile 1968, n. 475, e successive modificazioni, sono abrogati.

 

Art. 3.

(Componentistica dei veicoli a motore).

Art. 5.

(Componentistica dei veicoli a motore).

 

      1. In conformità al principio comunitario di libera concorrenza delle attività economiche secondo condizioni di pari opportunità e al principio di libera circolazione delle merci e dei servizi, al fine di assicurare ai consumatori finali un'effettiva facoltà di scelta e di comparazione dei prodotti offerti sul mercato, le modifiche alle caratteristiche costruttive e funzionali dei veicoli a motore sono consentite senza un preventivo nulla osta della casa costruttrice del veicolo e senza una visita e una prova presso i competenti uffici della Direzione generale per la motorizzazione del Dipartimento per i trasporti terrestri del Ministero dei trasporti, qualora vengano rispettate le seguenti condizioni:

 

          a) ciascun componente deve essere certificato da una relazione tecnica di un ente a ciò abilitato che attesti, per singolo modello di veicolo, la possibilità di esecuzione della sostituzione;

 

          b) la relazione tecnica di cui alla lettera a) deve essere redatta sulla base di collaudi e di prove effettuati in conformità alle disposizioni tecniche previste dai regolamenti internazionali ECE-ONU e dalle direttive comunitarie e deve certificare che le caratteristiche tecniche e funzionali dei componenti sono equivalenti o superiori a quelle originarie in dotazione al veicolo nel rispetto della sicurezza attiva e passiva del veicolo stesso.

 

      2. Le disposizioni di cui al presente articolo trovano applicazione a decorrere dalla data di entrata in vigore del decreto del Ministro dei trasporti, da emanare entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, che individua i casi nei quali la sostituzione, fermo restando il pieno rispetto degli adempimenti di cui al comma 1, lettere a) e b), necessita di una verifica da effettuare a cura degli uffici provinciali dalla citata Direzione generale per la motorizzazione, che devono certificare la corretta installazione, aggiornare la carta di circolazione e darne comunicazione agli uffici dell'archivio nazionale dei veicoli soltanto ai fini di eventuali conseguenti adempimenti fiscali.

 

      1. In conformità al principio comunitario di libera concorrenza delle attività economiche secondo condizioni di pari opportunità e al principio di libera circolazione delle merci e dei servizi, al fine di assicurare ai consumatori finali un'effettiva facoltà di scelta e di comparazione dei prodotti offerti sul mercato, l'articolo 78 del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285, e successive modificazioni, è sostituito dal seguente:

 

      «Art. 78. - (Modifiche delle caratteristiche costruttive dei veicoli in circolazione e aggiornamento della carta di circolazione). - 1. Le modifiche delle caratteristiche costruttive, limitatamente ai veicoli in circolazione delle categorie internazionali L, M1 ed N1, sono consentite senza preventivo nulla osta della casa costruttrice del veicolo e senza visita e prova presso i competenti uffici della Direzione generale per la motorizzazione qualora vengano rispettate le seguenti condizioni:

 

          a) il componente o insieme di componenti modificato è certificato da apposita relazione che attesta le caratteristiche tecniche del componente o insieme di componenti e la possibilità di installazione per ciascun modello di veicolo senza pregiudicare le sue caratteristiche relative alla sicurezza stradale e all'inquinamento ambientale;

 

          b) la certificazione di cui alla lettera a) è redatta in conformità a disposizioni tecniche previste da eventuali direttive comunitarie ovvero, ove esistenti, da equivalenti regolamenti ECE/ONU ed è trasmessa al Ministero dei trasporti;

 

          c) la certificazione di cui alla lettera a) è rilasciata da un ente che ha preventivamente comunicato l'avvio della propria attività al Ministero dei trasporti. A tal fine, l'ente autocertifica la propria indipendenza organizzativa, economica e funzionale dai produttori, commercializzatori e installatori di componenti, nonché il possesso di strutture tecniche e di competenze professionali idonee all'effettuazione delle prove e di procedure adeguate di controllo della qualità in merito ai servizi forniti, dimostrando inoltre il possesso di idonea copertura assicurativa.

 

 

      3. Con il decreto di cui al comma 2 sono individuati gli enti di cui al comma 1, lettera a). Con decreto del Presidente della Repubblica si provvede ad apportare all'articolo 236 del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 16 dicembre 1992, n. 495, e successive modificazioni, le modificazioni necessarie per adeguarlo alle disposizioni del presente articolo.

      4. Chiunque circola con un veicolo al quale sono state apportate modifiche alle caratteristiche indicate nel certificato di omologazione e nella carta di circolazione, oppure con il telaio modificato, senza che tali modifiche siano state realizzate nel pieno rispetto delle disposizioni dei commi 1 e 2, è soggetto alla sanzione amministrativa del pagamento di una somma da euro 357 a euro 1.433. Le suddette violazioni comportano la sanzione amministrativa accessoria del ritiro della carta di circolazione secondo le norme del titolo VI, capo I, sezione II, del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285, e successive modificazioni.

      5. A decorrere dalla data di entrata in vigore della presente legge è abrogato l'articolo 78 del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285, nonché ogni altra disposizione legislativa o regolamentare statale di disciplina del settore dei veicoli a motore e loro rimorchi incompatibile con le disposizioni di cui al comma 1 del presente articolo.

      2. Le modifiche delle caratteristiche costruttive dei veicoli in circolazione, di categorie diverse da quelle indicate al comma 1, sono consentite con modalità stabilite con decreto del Ministro dei trasporti, da emanare, di concerto con il Ministro dello sviluppo economico, entro tre mesi dalla data di entrata in vigore del presente articolo.

 

      3. Il Ministero dei trasporti effettua i controlli anche al fine di disporre la sospensione o l'interdizione degli enti di cui al comma 1, lettera c), dallo svolgimento dell'attività di certificazione di cui al medesimo comma, nonché l'eventuale ritiro dal mercato dei componenti indebitamente certificati o risultati pericolosi, a cura e spese del produttore o dell'installatore nell'Unione europea.

 

      4. Chiunque circola con un veicolo al quale siano state apportate modifiche alle caratteristiche indicate nel certificato di omologazione o nella carta di circolazione, oppure con il telaio modificato, senza che tali modifiche siano state realizzate nel pieno rispetto dei commi 1 e 2, è soggetto alla sanzione amministrativa del pagamento di una somma da euro 370 a euro 1.485. Le suddette violazioni comportano la sanzione amministrativa accessoria del ritiro della carta di circolazione secondo le norme del titolo VI, capo I, sezione II».

 

      2. All'articolo 180, comma 1, del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285, è aggiunta la seguente lettera:

 

          «d-bis) la relazione tecnica di cui all'articolo 78, comma 1, lettera a), nei casi previsti».

 

      3. Le disposizioni dell'articolo 78, comma 1, del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285, come sostituito dal comma 1 del presente articolo, acquistano efficacia a decorrere dalla data di entrata in vigore del decreto previsto al comma 2 del medesimo articolo 78. Alla medesima data entra in vigore il comma 2 del presente articolo ed è abrogato l'articolo 236 del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 16 dicembre 1992, n. 495.

 

Art. 4.

(Misure per la distribuzione del GPL).

Art. 6.

(Misure per la distribuzione del GPL).

 

      1. Dopo l'articolo 16 del decreto legislativo 22 febbraio 2006, n. 128, è inserito il seguente:

 

      «Art. 16-bis. - (Locazione dei serbatoi di GPL installati presso gli utenti). - 1. Le aziende distributrici di GPL, proprietarie dei serbatoi installati presso gli utenti, devono concederli in locazione. Il locatario ha facoltà di acquistare il gas in regime di libera concorrenza e il proprietario non ha alcun diritto di esclusiva per quanto concerne i rifornimenti. I serbatoi possono essere rimossi a richiesta del locatario, decorsi cinque anni dalla loro installazione, a cura e a spese del locatore. Alla scadenza, il contratto di locazione è rinnovato automaticamente per altri cinque anni, salva disdetta comunicata dal locatario mediante lettera raccomandata con avviso di ricevimento almeno sei mesi prima della scadenza. L'Autorità per l'energia elettrica e il gas vigila affinché il canone per la locazione sia tale da far conseguire un ragionevole utile al locatario, in relazione all'investimento effettuato, con l'esclusione di possibili rendite di posizione. Agli adempimenti amministrativi relativi all'installazione e alla gestione del serbatoio e alla relativa assicurazione provvede l'azienda che ne ha la proprietà.

      2. Le regioni e i comuni adeguano le proprie norme alle disposizioni del presente articolo entro il termine di sei mesi dalla data della sua entrata in vigore.

      1. Dopo l'articolo 16 del decreto legislativo 22 febbraio 2006, n. 128, è inserito il seguente:

 

      «Art. 16-bis. - (Misure per la distribuzione di GPL). - 1. I contratti, stipulati dalle aziende distributrici di GPL, per la fornitura di prodotto in serbatoi per uso civile, industriale o agricolo prevedono modalità alternative di offerta del serbatoio, consentendo l'opzione tra l'acquisto, la locazione e il comodato dello stesso, ma non possono comunque vincolare gli utenti all'acquisto di quantità di prodotto contrattualmente predeterminate.

      2. I contratti di cui al comma 1 devono prevedere la facoltà per l'utente di modificare l'opzione inizialmente prescelta alla scadenza dei medesimi e di acquisire in locazione o riscattare il serbatoio, alle stesse condizioni indicate al momento della stipula, nel rispetto dei parametri massimi fissati dall'Autorità per l'energia elettrica e il gas entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore del presente articolo.

      3. Nel caso in cui l'utente opti per l'acquisto del serbatoio, le condizioni di fornitura di GPL non possono avere durata superiore ad un anno e non possono prevedere l'acquisto del prodotto in regime di esclusiva.

      4. Nel caso in cui l'utente opti per la locazione o il comodato del serbatoio i relativi contratti di fornitura non possono avere durata superiore a due anni, devono predeterminare il prezzo ovvero i criteri per la quantificazione del prezzo nel caso di esercizio dell'opzione di acquisto o di locazione del serbatoio ai sensi di quanto previsto nei commi 1 e 2, nonché le modalità di acquisto del prodotto, fermo restando, in caso di locazione, il divieto di regime di esclusiva.

 

      3. Le clausole contrattuali in contrasto con il presente articolo sono nulle ai sensi dell'articolo 1418 del codice civile, fatta salva la facoltà delle parti di adeguare i rapporti contrattuali in essere alla data dell'entrata in vigore del presente articolo entro il termine di sei mesi dalla stessa data».

 

      2. A decorrere dalla data di entrata in vigore dell'articolo 16-bis del decreto legislativo 22 febbraio 2006, n. 128, introdotto dal comma 1 del presente articolo, sono abrogati i commi 7 e 8 dell'articolo 18 del medesimo decreto legislativo n. 128 del 2006, nonché ogni norma di legge o di regolamento statali in contrasto con il citato articolo 16-bis.

      5. I contratti di fornitura del GPL nei casi di cui al comma 4 sono tacitamente rinnovati per la stessa durata, salva disdetta da comunicare almeno trenta giorni prima della scadenza. Alla scadenza del contratto a seguito di disdetta la ditta proprietaria ha il diritto, o, se richiesto, l'obbligo, di rimuovere, a proprie spese, il serbatoio locato o concesso in comodato d'uso.

 

      6. I commi 7 e 8 dell'articolo 18 del presente decreto non si applicano nel caso in cui l'utente opti per l'acquisto o la locazione del serbatoio.

 

      7. Nel caso di locazione o comodato del serbatoio ai sensi di quanto previsto nel comma 4, le aziende distributrici assicurano i servizi di installazione e manutenzione dei serbatoi riforniti, secondo le tempistiche indicate nella normativa tecnica di riferimento e rilasciando apposita certificazione, ai sensi del testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380. Le aziende che riforniscono serbatoi privi della predetta certificazione o con certificazione scaduta sono punite con la sanzione amministrativa da 10.000 a 50.000 euro. Nel caso di acquisto del serbatoio ai sensi di quanto previsto nel comma 3, l'utente richiede la medesima certificazione ad uno dei soggetti previsti dal citato testo unico n. 380 del 2001.

 

      8. Le clausole contrattuali in contrasto con il presente articolo sono nulle ai sensi dell'articolo 1419 del codice civile, fatta salva la facoltà della ditta fornitrice di adeguare i rapporti contrattuali in essere entro centottanta giorni dalla data di entrata in vigore del presente articolo».

 

 

      2. A decorrere dalla data di entrata in vigore della presente legge è abrogato l'articolo 10 del decreto legislativo 11 febbraio 1998, n. 32, fatti salvi gli effetti prodotti dalla citata disposizione.

 

 

Art. 7.

(Interpretazione autentica dell'articolo 22 del R.D. 23 agosto 1890 n. 7088, e adeguamenti normativi a tutela dei clienti finali direttamente connessi alle reti di trasporto di gas naturale).

 

 

      1. L'articolo 22 del regio decreto 23 agosto 1890, n. 7088, recante disposizioni sui misuratori di gas, deve intendersi nel senso che i sistemi di misura per le immissioni e le esportazioni di gas attraverso la rete nazionale di trasporto del gas naturale, per l'interconnessione dei gasdotti appartenenti alla rete nazionale e regionale di trasporto, alle reti di distribuzione, nonché agli stoccaggi di gas naturale, non sono soggetti ad approvazione di modello. Il livello di tutela previsto dalle norme di materia di controllo metrologico resta assicurato, a tutti gli effetti di legge, mediante la realizzazione e la gestione degli stessi sistemi di misura secondo le modalità stabilite nei codici approvati dall'Autorità per l'energia elettrica e il gas ai sensi del decreto legislativo 23 maggio 2000, n. 164, che indicano altresì i soggetti incaricati del controllo.

 

 

      2. Al fine di assicurare la tutela dei clienti finali direttamente connessi alla rete nazionale e regionale di trasporto del gas naturale, il Ministero dello sviluppo economico, sentita l'Autorità per l'energia elettrica e il gas, con uno o più decreti, da emanare entro centottanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, aggiorna i criteri per l'esecuzione dei controlli metrologici legali su sistemi di misura dei punti di riconsegna del gas naturale agli stessi clienti finali. I sistemi di misura in funzione alla data di entrata in vigore della presente legge sono adeguati alle disposizioni in materia di metrologia legale entro il termine di cinque anni dalla stessa data.

 

Art. 5.

(Verifica della liberalizzazione dei servizi a terra negli aeroporti civili).

Art. 8.

(Verifica della liberalizzazione dei servizi a terra negli aeroporti civili).

 

      1. Il Ministero dei trasporti, entro il termine di sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, verifica il grado di liberalizzazione dei servizi a terra negli aeroporti civili.

      2. Nel caso in cui il grado di concorrenza nel mercato dei servizi aeroportuali a terra risulti insufficiente, il Ministero dei trasporti individua le misure e i correttivi concreti che possono realizzare un'effettiva liberalizzazione nel settore. Fatti salvi i poteri ispettivi e sanzionatori delle amministrazioni indipendenti preposte alla vigilanza del mercato, il medesimo Ministero adotta i provvedimenti volti a garantire un'effettiva concorrenzialità del mercato, eventualmente disponendo che gli enti gestori degli aeroporti indìcano procedure di evidenza pubblica, liberino infrastrutture aeroportuali per metterle a disposizione degli operatori, compatibilmente con le esigenze di sicurezza del trasporto aereo, e destinino una parte dei loro ricavi al finanziamento delle strutture di accesso all'aeroporto e delle infrastrutture di assistenza a terra (handling).

      1. Il Ministro dei trasporti, ogni sei mesi presenta al Parlamento una relazione sul grado di liberalizzazione dei servizi a terra negli aeroporti civili, con particolare riferimento:

 

          a) al mercato dei servizi aeroportuali a terra;

 

          b) ai rapporti fra scali aeroportuali, trasporti intermodali, infrastrutture di trasporto e territorio;

 

          c) alle misure ed ai correttivi concreti adottati per un'effettiva liberalizzazione nel settore;

 

          d) agli ulteriori eventuali provvedimenti volti a garantire un'effettiva concorrenzialità del mercato.

 

 

Art. 9.

 

(Trasparenza delle tariffe nel settore trasporti).

 

 

      1. All'articolo 3 del decreto-legge 31 gennaio 2007, n. 7, convertito, con modificazioni, dalla legge 2 aprile 2007, n. 40, alla rubrica la parola: «aeree» è sostituita dalle seguenti: «di trasporto»; al comma 1 la parola: «aeree» è sostituita dalle seguenti: «di contratti di trasporto» e le parole: «di voli aerei» sono sostituite dalle seguenti: «di servizi di trasporto».

 

Art. 6.

(Misure in materia di trasporto ferroviario).

Art. 10.

(Misure in materia di trasporto ferroviario).

 

      1. La disciplina del settore del trasporto ferroviario è informata ai seguenti princìpi: separazione fra autorità regolatrice e gestore della rete; efficiente gestione della rete, anche attraverso l'allocazione non discriminatoria della capacità di rete e dei terminali delle merci e dei passeggeri; professionalità e capacità organizzativa degli operatori privati che intendono prestare il servizio di trasporto pubblico di passeggeri e di merci su rotaia e utilizzare le infrastrutture in possesso del gestore, sulla base di contratti di servizio a condizioni uniformi e non discriminatorie; destinazione di quota parte dei proventi dei contratti di servizio relativi all'utilizzo della rete ferroviaria alla manutenzione del materiale rotabile.

      Identico.

 

      2. Il Ministero dei trasporti avvia, entro un mese dalla data di entrata in vigore della presente legge, un'indagine conoscitiva per l'individuazione delle misure idonee a incentivare l'efficienza del gestore della rete ferroviaria e a garantire l'allocazione non discriminatoria della capacità della rete e dei terminali delle merci e dei passeggeri, nonché sul mercato del materiale rotabile. A seguito dell'indagine conoscitiva, da concludere entro sei mesi dall'avvio, il Ministero dei trasporti adotta i provvedimenti amministrativi necessari a garantire l'effettiva liberalizzazione del settore e ordina al gestore della rete di porre in essere tutti gli atti organizzativi necessari a garantire l'accesso alla rete da parte di soggetti terzi aventi i requisiti imprenditoriali occorrenti e prefissati per lo svolgimento del servizio pubblico di trasporto.

 

 

      3. Con regolamento emanato mediante decreto del Ministro dei trasporti, da adottare entro il termine di sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, sono stabiliti i requisiti di ordine generale e di idoneità professionale dei titolari dei contratti di servizio e i requisiti organizzativi minimi che connotano le imprese di trasporto ferroviario. Con il medesimo regolamento sono altresì determinati i requisiti di ordine generale e di idoneità professionale che i componenti degli organi di amministrazione e di gestione devono possedere, quando le imprese esercenti i servizi sono costituite in forma societaria.

 

 

 

 

 

Art. 7.

(Misure in materia di trasporto innovativo).

Art. 11.

(Misure in materia di trasporto innovativo).

 

      1. Al fine della tutela della concorrenza, ai sensi dell'articolo 117, secondo comma, lettera e), della Costituzione, e allo scopo di promuovere la funzionale crescita e l'innovazione del settore del trasporto locale, il rilascio di licenze e di autorizzazioni per la prestazione di servizi di trasporto pubblico locale innovativo non è soggetto a limitazione numerica. Per trasporto pubblico locale innovativo si intendono i servizi quali uso multiplo, condivisione dei veicoli, trasporto ecologico e trasporto per categorie disagiate.

      1. Gli enti locali, ai fini dell'articolo 117, secondo comma, lettera e), della Costituzione, e allo scopo di promuovere la funzionale crescita e l'innovazione del settore del trasporto locale, possono prevedere il rilascio di autorizzazioni in favore dei soggetti individuati alle lettere d) ed e) del comma 1 dell'articolo 6 del decreto-legge 4 luglio 2006, n. 223, convertito, con modificazioni, dalla legge 4 agosto 2006, n. 248, e delle aziende che esercitano trasporto pubblico per prestazione di servizi di trasporto innovativo. Per trasporto pubblico locale innovativo si intende la diffusione di servizi collettivi e condivisi diretti a specifiche categorie d'utenti, con obblighi di servizio e tariffe differenziate. I comuni devono favorire: l'alternativa all'automobile con l'utilizzo di mezzi pubblici ecologici, la sostituzione, con incentivi, dei veicoli per servizio ad uso multiplo con mezzi ecologici, il trasporto per categorie disagiate, la condivisione dei veicoli ecologici.

 

      2. I comuni favoriscono la diffusione del trasporto pubblico locale innovativo mediante l'incentivazione dei servizi di cui al comma 1.

      2. I comuni favoriscono la diffusione del trasporto pubblico locale innovativo mediante l'incentivazione dei servizi di cui al comma 1 attraverso l'utilizzo di veicoli ecologici.

 

      3. Entro quaranta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, il Ministro dei trasporti stabilisce con proprio decreto i requisiti di ordine generale e di idoneità professionale cui devono rispondere i prestatori dei servizi di trasporto pubblico locale innovativo, sia quali imprenditori individuali sia in forma societaria o consorziata.

      3. Entro quaranta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, il Ministro dei trasporti con proprio decreto, da emanare previa intesa in sede di Conferenza unificata ai sensi dell'articolo 3 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, individua le specifiche categorie di utenti alle quali si rivolgono i servizi di trasporto innovativo e fissa i requisiti di ordine generale e di idoneità professionale cui devono rispondere i prestatori dei servizi medesimi.

 

      4. I comuni predispongono una carta dei servizi di trasporto pubblico locale innovativo concernente le prestazioni dei servizi di cui al comma 1 e recante, tra l'altro, la disciplina tecnica relativa:

      4. I comuni, sentite le associazioni di rappresentanza degli utenti e degli operatori del settore, predispongono una carta dei servizi dei trasporti innovativi, concernente le prestazioni dei servizi di cui al comma 1 e recante, tra l'altro, la disciplina tecnica relativa:

 

          a) all'elencazione dei servizi offerti e alle relative formule di pagamento e abbonamento;

          a) all'elencazione dei servizi offerti, alle specifiche categorie di utenza alle quali si rivolgono ed alla tipologia dei veicoli da utilizzare;

 

          b) ai livelli minimi del servizio offerto, con particolare riferimento a fasce orarie di prestazione e a frequenza dei trasporti;

          b) agli obblighi di servizio, all'individuazione di tariffe differenziate per l'utenza con particolare riferimento a fasce orarie di prestazione e alle relative formule di pagamento e abbonamento;

 

          c) alle modalità di prenotazione del servizio, di raccolta e di smistamento delle richieste mediante centralini telefonici, rete internet e telefonia mobile;

          c) alle modalità di prenotazione del servizio, di raccolta e smistamento delle richieste mediante call center, rete internet e telefonia mobile;

 

          d) alle modalità di rendicontazione e di fatturazione del servizio;

          d) identica;

 

          e) ad ogni altro elemento ritenuto utile per il miglioramento dei livelli qualitativi del servizio.

          e) identica;

 

 

          f) alle condizioni contrattuali, quali orario di lavoro, compenso minimo, competenze, che devono avere i conducenti dei mezzi.

 

      5. I prestatori del servizio di trasporto pubblico locale innovativo sono tenuti all'osservanza delle prescrizioni adottate dal comune nella carta dei servizi di trasporto pubblico locale innovativo di cui al comma 4 e, nel caso di violazione delle prescrizioni stesse, sono tenuti a corrispondere un indennizzo a favore dei fruitori del servizio, nella misura stabilita dal comune con la medesima carta.

      5. I prestatori del servizio di trasporto pubblico locale innovativo sono tenuti all'osservanza delle prescrizioni adottate dal comune nella carta dei servizi di trasporto pubblico locale innovativo di cui al comma 4. Nel caso di violazione delle prescrizioni stesse, gli enti locali possono prevedere sanzioni amministrative che vanno dalla semplice sanzione pecuniaria alla revoca dell'autorizzazione.

 

      6. L'adozione delle misure di cui ai commi 2 e 4 del presente articolo costituisce titolo preferenziale per i comuni ai fini dell'accesso ai finanziamenti di cui all'articolo 1, commi 1031 e 1032, della legge 27 dicembre 2006, n. 296.

      6. Identico.

 

Art. 8.

(Incentivi).

Art. 12.

(Incentivi).

 

      1. Il Governo, entro quattro mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, emana, ai sensi dell'articolo 17, comma 2, della legge 23 agosto 1988, n. 400, nel rispetto delle regole comunitarie, un regolamento per il riordino della disciplina degli incentivi non fiscali in favore delle imprese operanti nel settore del gas naturale, al fine di favorire la crescita dimensionale delle imprese di distribuzione e la loro aggregazione.

      Identico.

 

      2. Dal regolamento di cui al comma 1 non devono derivare maggiori spese o diminuzione di entrate a carico del bilancio dello Stato.

 

 

 

Art. 13.

(Clausole anticoncorrenziali in tema di responsabilità civile auto).

 

 

      1. All'articolo 150, comma 1, del codice delle assicurazioni private, di cui al decreto legislativo 7 settembre 2005, n. 209, sono apportate le seguenti modificazioni:

 

 

          a) alla lettera d), in fine, sono aggiunte le seguenti parole: «, ivi comprese le spese sostenute dal danneggiato per assistenza legale o consulenza professionale»;

 

 

          b) dopo la lettera e) è aggiunta la seguente:

 

 

          «e-bis) la definizione dei rapporti con le imprese di autoriparazione abilitate ai sensi di legge secondo parità di condizioni di concorrenza, precludendo ogni forma di determinazione, anche indiretta, di tariffe massime o di sconti e ferma restando la libertà di scelta, da parte del danneggiato, di imprese di autoriparazione abilitate di propria fiducia.».

 

Titolo II

IMPRESA PIÙ FACILE

Titolo II

IMPRESA PIÙ FACILE

 

Capo I

 

ABOLIZIONE E SEMPLIFICAZIONE DEGLI ADEMPIMENTI AMMINISTRATIVI PER GLI IMPIANTI PRODUTTIVI

 

 

Art. 9.

(Princìpi generali relativi al procedimento presso lo sportello unico per le attività produttive).

      Soppresso.

 

      1. Le dichiarazioni e le domande di cui al presente capo sono presentate esclusivamente presso lo sportello unico per le attività produttive del comune nel cui territorio è situato l'impianto, di seguito denominato «sportello unico».

 

 

      2. Il comune designa l'ufficio competente a ricevere le comunicazioni e a svolgere le attività previste dalle disposizioni del presente capo in caso di mancata attivazione dello sportello unico.

 

 

      3. Le altre amministrazioni pubbliche interessate al procedimento trasmettono immediatamente allo sportello unico le denunce e le domande ad esse eventualmente presentate, dandone comunicazione al richiedente.

 

 

      4. Le domande, le dichiarazioni, gli atti dell'amministrazione e i relativi allegati sono predisposti in formato elettronico e trasmessi per via telematica. Lo sportello unico assicura gratuitamente, d'intesa con le camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura e con le associazioni imprenditoriali, il necessario supporto tecnico ai privati che ne facciano richiesta.

 

 

      5. Lo sportello unico, oltre ad assicurare l'informazione di tutti i possibili interessati, mediante il proprio sito internet, circa gli adempimenti e le opportunità relativi alla realizzazione di impianti produttivi, rende immediatamente e gratuitamente note a tutti gli interessati, per via telematica, le informazioni sulle dichiarazioni e sulle domande presentate ai sensi del comma 1, sul loro iter procedimentale e sugli atti adottati, anche in sede di controllo successivo, dallo stesso sportello unico, dall'ufficio o da altre amministrazioni competenti. Tali informazioni sono escluse dal diritto alla riservatezza concernendo l'uso del territorio, fatta salva la tutela degli eventuali profili di privativa industriale.

 

 

      6. I comuni possono esercitare le funzioni inerenti allo sportello unico anche in forma associata, ovvero attribuendo allo stesso le competenze dello sportello unico per l'edilizia e di altri uffici comunali preposti al rilascio di titoli autorizzatori.

 

 

      7. Sono esonerati dall'acquisizione delle autorizzazioni, concernenti l'utilizzazione dei servizi ivi presenti, purché non comportino ulteriori lavori o interventi, gli impianti produttivi localizzati nelle aree ecologicamente attrezzate, istituite dalle regioni, con il concorso degli enti locali interessati, utilizzando prioritariamente le aree o le zone con nuclei industriali già esistenti, anche se parzialmente o totalmente dismessi.

 

 

      8. Qualora risulti che il progetto di impianto produttivo, sebbene conforme alla vigente disciplina ambientale, sanitaria, di tutela dei beni culturali e paesaggistici, di sicurezza sul lavoro e di tutela della pubblica incolumità, contrasta con lo strumento urbanistico, e lo stesso strumento non individui aree destinate all'insediamento di impianti produttivi o individui aree insufficienti o non utilizzabili in relazione al progetto presentato, la conferenza di servizi di cui agli articoli 14 e seguenti della legge 7 agosto 1990, n. 241, come da ultimo modificati dall'articolo 12 della presente legge, è convocata in seduta pubblica, previa idonea pubblicità, e in tale sede acquisisce e valuta le osservazioni di tutti i soggetti interessati, anche portatori di interessi diffusi o collettivi. Il verbale è trasmesso al consiglio comunale, che delibera senza ritardi sulla variante urbanistica, con decisione definitiva ove la regione abbia già manifestato il proprio assenso nella conferenza di servizi. In caso di decisione negativa, il consiglio comunale può deliberare una diversa localizzazione, ovvero diverse modalità di realizzazione del progetto. In tal caso, la conclusione della conferenza di servizi, se conforme alla delibera, non richiede un'ulteriore delibera del consiglio comunale.

 

 

      9. Resta a carico degli interessati il pagamento delle spese e dei diritti previsti da leggi statali e regionali, in misura pari agli importi relativi ai procedimenti autorizzatori previsti dalla disciplina vigente alla data di entrata in vigore della presente legge, ridotti della metà per i profili di procedimento attivati dalla presentazione della dichiarazione di conformità. Le amministrazioni interessate utilizzano tali importi ai fini dei controlli sul territorio, per i quali non può essere richiesto alcun corrispettivo all'impresa interessata.

 

      10. Nei casi in cui, eccezionalmente, non sia tecnicamente possibile provvedere per via telematica, l'amministrazione interessata trasmette gli atti e gli allegati di cui al comma 4 con modalità equipollenti atte a garantire la tempestività della trasmissione. Il soggetto o, eccezionalmente, l'amministrazione che siano privi delle strutture tecniche necessarie possono partecipare alla conferenza di servizi per via telematica accedendo con i propri rappresentanti alla sede di un'altra amministrazione partecipante in possesso delle predette strutture, che deve garantirne l'accesso.

 

Art. 10.

(Dichiarazione unica per l'immediata realizzazione degli impianti produttivi).

      Soppresso.

      1. Le disposizioni del presente capo disciplinano la realizzazione e la modifica degli impianti produttivi nei casi in cui le norme vigenti alla data di entrata in vigore della presente legge richiedano una o più dichiarazioni o autorizzazioni.

 

      2. Sono impianti produttivi gli insediamenti di cui all'articolo 23 del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112, e successive modificazioni, relativi a tutte le attività di produzione di beni e di servizi, ivi inclusi le attività agricole, commerciali e artigiane, le attività turistiche e alberghiere, i servizi resi dalle banche e dagli intermediari finanziari e i servizi di telecomunicazioni.

 

      3. Chiunque voglia realizzare o modificare un impianto produttivo presenta allo sportello unico una dichiarazione attestante la sussistenza dei requisiti previsti per la realizzazione dell'intervento, corredata degli elaborati progettuali e della dichiarazione di conformità del progetto alla normativa applicabile, resa sotto la propria responsabilità dal progettista dell'impianto o dell'intervento dichiarato, che a tale fine deve essere munito di idonea assicurazione per responsabilità professionale.

 

      4. Lo sportello unico rilascia contestualmente la ricevuta che, unitamente alla documentazione di cui al comma 3, costituisce titolo per l'immediato avvio dell'intervento dichiarato e che vale anche quale titolo edilizio, fatto salvo quanto previsto dall'articolo 11.

 

      5. La dichiarazione di conformità di cui al comma 3 concerne, in particolare, gli aspetti edilizi e urbanistici e quelli attinenti ai prescritti pareri igienico-sanitari e in materia di sicurezza quando la verifica in ordine a tale conformità non comporti valutazioni discrezionali.

 

      6. Per gli ulteriori profili non rientranti nelle ipotesi previste dall'articolo 11 e suscettibili di dichiarazione di conformità, l'immediato avvio dell'intervento è subordinato alla previa presentazione di una dichiarazione di conformità degli elaborati progettuali alla normativa applicabile, resa da un ente tecnico accreditato, non collegato professionalmente né economicamente, in modo diretto o indiretto, all'imprenditore interessato all'intervento.

 

      7. Qualora occorrano chiarimenti circa il rispetto delle normative tecniche e la localizzazione dell'impianto, lo sportello unico, d'ufficio ovvero su richiesta dell'interessato o dei soggetti portatori di interessi pubblici o privati, individuali o collettivi, o dei soggetti portatori di interessi diffusi costituiti in associazioni o comitati che vi abbiano interesse, convoca una riunione, anche per via telematica, di cui viene redatto apposito verbale, fra i soggetti interessati e le amministrazioni competenti. Qualora al termine della riunione sia raggiunto un accordo, ai sensi dell'articolo 11 della legge 7 agosto 1990, n. 241, e successive modificazioni, sulle caratteristiche dell'impianto, il relativo verbale vincola le parti.

 

 

 

Art. 11.

(Casi di esclusione dall'immediato avvio dell'intervento).

      Soppresso.

      1. La possibilità di avviare immediatamente gli interventi di cui all'articolo 10 è esclusa per i profili attinenti:

 

          a) alla tutela del patrimonio archeologico, storico, artistico, culturale e paesaggistico;

 

          b) alla difesa nazionale e alla pubblica sicurezza;

 

          c) alla tutela dell'ambiente, della salute e della pubblica incolumità quando la normativa vigente richiede un'autorizzazione espressa.

 

      2. La possibilità di avviare immediatamente gli interventi di cui all'articolo 10 previa dichiarazione di conformità non si applica altresì:

 

          a) ai casi per i quali la normativa comunitaria impone l'adozione di provvedimenti amministrativi formali;

 

          b) ai casi per i quali il rilascio del titolo edilizio è prescritto dalle norme regionali di adeguamento alle disposizioni della presente legge;

 

          c) alle medie e alle grandi strutture di vendita per i profili attinenti all'autorizzazione commerciale;

 

          d) agli impianti che utilizzano materiali nucleari o producono materiali di armamento;

 

          e) ai depositi costieri e agli impianti di produzione, raffinazione e stoccaggio di olii minerali;

 

          f) agli impianti di deposito temporaneo, smaltimento, recupero e riciclaggio di rifiuti;

 

          g) alle attività e agli impianti comportanti l'utilizzo di frequenze radio.

 

Art. 12.

(Autorizzazione degli impianti produttivi mediante conferenza di servizi per via telematica).

      Soppresso.

      1. Nelle ipotesi di cui all'articolo 10, la dichiarazione di conformità è corredata anche delle necessarie domande di autorizzazione, che sono immediatamente trasmesse dallo sportello unico per via telematica alle amministrazioni competenti. Lo sportello unico provvede altresì alla convocazione di una conferenza di servizi, che si svolge per via telematica.

 

      2. Il verbale conclusivo della conferenza di servizi è perfezionato e comunicato entro il termine di un mese dalla prima riunione della conferenza, che deve tenersi entro sette giorni dalla presentazione della documentazione da parte dell'interessato; decorso tale termine si provvede ai sensi dell'articolo 14-quater della legge 7 agosto 1990, n. 241, e successive modificazioni.

 

      3. Se il progetto dell'impianto è munito della dichiarazione di conformità degli elaborati progettuali alla normativa applicabile, resa da un soggetto tecnico accreditato indipendente dall'imprenditore, al decorso degli ulteriori termini di cui all'articolo 14-quater della legge 7 agosto 1990, n. 241, e successive modificazioni, senza che siano intervenuti atti interdittivi o prescrittivi, le opere possono essere avviate, fatti salvi gli ulteriori atti dell'amministrazione. Tale disposizione non si applica nei casi di dissenso qualificato di cui al comma 3 del medesimo articolo 14-quater della legge n. 241 del 1990, e successive modificazioni.

 

      4. Resta ferma la disciplina della valutazione di impatto ambientale resa nell'ambito della conferenza di servizi di cui ai commi 4, 5 e 10 dell'articolo 14-ter della legge 7 agosto 1990, n. 241, e successive modificazioni.

 

      5. All'articolo 14-ter della legge 7 agosto 1990, n. 241, e successive modificazioni, sono apportate le seguenti modificazioni:

 

          a) al comma 01 sono aggiunte, in fine, le seguenti parole: «e può svolgersi per via telematica»;

 

          b) dopo il comma 01 sono inseriti i seguenti:

 

      «02. La convocazione della conferenza di servizi è pubblica e ad essa possono partecipare, senza diritto di voto, i soggetti portatori di interessi pubblici o privati, individuali o collettivi, nonché i portatori di interessi diffusi costituiti in associazioni o in comitati che vi abbiano interesse. Gli stessi soggetti possono proporre osservazioni. Si applica l'articolo 10, comma 1, lettera b).

 

      03. Alla conferenza di servizi partecipano anche, senza diritto di voto, i concessionari, i gestori o gli incaricati di pubblici servizi chiamati ad adempimenti nella realizzazione di opere, che sono vincolati alle determinazioni assunte nella conferenza. Alla stessa possono partecipare inoltre, senza diritto di voto, le amministrazioni preposte alla gestione delle eventuali misure pubbliche di agevolazione»;

 

          c) al comma 9, le parole: «Il provvedimento finale conforme alla determinazione conclusiva di cui al comma 6-bis sostituisce» sono sostituite dalle seguenti: «Il verbale recante la determinazione conclusiva di cui al comma 6-bis, nonché le indicazioni delle dichiarazioni, degli assensi, dei dinieghi e delle eventuali prescrizioni integrative, sostituiscono».

 

Art. 13.

(Comunicazione di chiusura dei lavori e collaudo).

      Soppresso.

      1. L'interessato comunica allo sportello unico l'ultimazione dei lavori, con apposita dichiarazione corredata di un certificato del direttore dei lavori, con il quale si attestano la conformità dell'opera al progetto presentato e la sua agibilità.

 

      2. Quando le norme vigenti subordinano la messa in opera dell'impianto a collaudo, lo stesso è effettuato da un ente tecnico accreditato indipendente, ovvero da professionisti abilitati ai sensi della normativa vigente, scelti dall'imprenditore ma diversi dal progettista dell'impianto e dal direttore dei lavori e non collegati professionalmente o economicamente, in modo diretto o indiretto, all'impresa.

 

      3. Il certificato positivo di collaudo, ai sensi del presente articolo, consente l'immediata messa in funzione degli impianti, fermi restando i poteri di vigilanza e di controllo delle amministrazioni competenti.

 

Art. 14.

(Poteri di controllo e di vigilanza nel procedimento).

      Soppresso.

      1. A seguito della realizzazione o di modifiche dell'impianto di cui al presente capo, anche successive al rilascio del cer-tificato di cui all'articolo 13, comma 3, resta fermo il potere delle amministrazioni e degli uffici competenti di verificare la conformità della realizzazione dell'impianto alla normativa vigente e di adottare provvedimenti contenenti le misure interdittive o le prescrizioni necessarie, che sono comunicate allo sportello unico e all'interessato, il quale può chiedere la convocazione della conferenza di servizi secondo le disposizioni del presente capo, ai fini della loro verifica congiunta. I provvedimenti indicano le modifiche progettuali necessarie, nonché i tempi e le modalità di adeguamento dell'impianto. Qualora l'imprenditore non vi ottemperi, incorre nell'applicazione delle sanzioni previste per la difformità rilevata. Non si applica l'articolo 10-bis della legge 7 agosto 1990, n. 241.

 

      2. A seguito delle verifiche di cui al comma 1, le amministrazioni e gli uffici competenti possono altresì adottare misure cautelari ad efficacia immediata esclusivamente per motivate ragioni di tutela dell'ambiente, della salute, della sicurezza del lavoro e della pubblica incolumità. L'interessato può chiedere che la conferenza di servizi sia convocata, ai sensi del comma 1, ai fini del riesame delle misure cautelari entro il trentesimo giorno successivo alla richiesta.

 

      3. Quando sia accertata, fatti salvi i casi di errore od omissione materiale suscettibili di correzione o di integrazione, la falsità di alcuna delle dichiarazioni di cui al presente capo o di autocertificazioni presentate nel corso dei procedimenti di cui al medesimo capo, gli atti sono trasmessi alla competente procura della Repubblica, nonché all'ordine professionale cui eventualmente appartenga il soggetto che le ha sottoscritte. Fermi restando gli obblighi e le sanzioni di legge, qualora i lavori siano stati avviati o realizzati viene ordinata la riduzione in pristino a spese dell'impresa.

 

Art. 15.

(Svolgimento dei controlli sulle attività produttive).

      Soppresso.

      1. Al fine di favorire l'efficacia e la trasparenza dell'attività di controllo sul territorio, i presidenti delle regioni, i capi delle prefetture-uffici territoriali del Governo e degli uffici finanziari competenti per territorio e i sindaci promuovono la stipulazione di intese fra tutte le amministrazioni competenti, per definire le modalità e i criteri per l'esecuzione dei controlli.

 

      2. Le intese di cui al comma 1, in particolare, garantiscono che i controlli si svolgano con modalità e in tempi compatibili con lo svolgimento dell'attività produttiva, anche assicurando la contestualità dei controlli svolti da più uffici ed evitando ogni duplicazione non necessaria.

 

      3. I controlli si svolgono, anche a campione o su segnalazione di cittadini e di associazioni, senza preavviso, fatta salva l'eventuale ripetizione in contraddittorio su motivata istanza dell'interessato, e vengono immediatamente comunicati, con i relativi esiti, allo sportello unico competente per territorio, il quale rende accessibili a tutti gli interessati, anche per via telematica, le informazioni circa gli uffici competenti a svolgere i controlli e le intese intercorse ai sensi del comma 1, i criteri adottati per la loro esecuzione, i controlli svolti e i relativi esiti.

 

      4. Il Governo, le regioni e gli enti locali concordano in sede di Conferenza unificata, ai sensi dell'articolo 8, comma 6, della legge 5 giugno 2003, n. 131, e degli articoli 4, comma 1, e 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, e successive modificazioni, le modalità di cui al comma 2 del presente articolo ritenute essenziali ai fini dell'effettuazione dei controlli, la cui violazione determina il diritto dell'imprenditore interessato a un indennizzo forfetario a carico dell'amministrazione, la cui corresponsione prescinde dall'esito del controllo, nonché la misura del predetto indennizzo. Resta salva la possibilità di rivalsa dell'amministrazione nei confronti dei dirigenti e degli impiegati responsabili.

 

Art. 16.

(Delega al Governo in materia di norme ed enti tecnici, certificazioni e dichiarazioni di conformità da parte di enti tecnici accreditati indipendenti).

Art. 14.

(Delega al Governo in materia di norme ed enti tecnici, certificazioni e dichiarazioni di conformità da parte di enti tecnici accreditati indipendenti).

      1. Il Governo è delegato ad adottare, entro quattro mesi dalla data di entrata in vigore delle disposizioni del presente capo, stabilita ai sensi dell'articolo 18, comma 1, uno o più decreti legislativi, nel rispetto della normativa comunitaria e degli accordi internazionali in materia di normativa tecnica, di certificazioni e di dichiarazioni di conformità, attenendosi ai seguenti princìpi e criteri direttivi:

      1. Il Governo è delegato ad adottare, entro sei mesi dalla data di entrata in vigore delle disposizioni della presente legge, uno o più decreti legislativi nel rispetto della normativa comunitaria e degli accordi internazionali in materia di normativa tecnica, di certificazione di qualità e di accreditamento e vigilanza del mercato per quanto riguarda la commercializzazione dei prodotti.

 

      2. I decreti legislativi di cui al comma 1 dovranno attenersi ai seguenti principi e criteri direttivi:

          a) disciplinare gli enti tecnici accreditati da organismi nazionali o comunitari facenti parte dell'European Cooperation for Accreditation (EA), anche al fine di consentire loro di operare ai sensi delle disposizioni del presente capo;

          a) disciplinare l'organizzazione e la gestione del riconoscimento degli enti tecnici accreditati da organismi nazionali o comunitari facenti parte dell'European Cooperation For Accreditation (EA) e degli organismi competenti a valutare la conformità di sostanze, preparati o qualsiasi altro prodotto, che abbiano subito o meno una trasformazione, da immettere sul mercato;

          b) prevedere che gli enti di cui alla lettera a) siano iscritti in un elenco conservato presso il Ministero dello sviluppo economico, previo riordino degli uffici tecnici di livello dirigenziale del medesimo Ministero;

          b) promuovere la convergenza delle valutazioni di conformità in ambito volontario ed in quello regolamentato in armonia con gli indirizzi definiti dalla normativa comunitaria e dagli accordi internazionali e disciplinare i requisiti degli enti di cui alla lettera a), anche in relazione alle attività connesse a procedure di autocertificazione ai sensi della vigente disciplina;

          c) rivedere le disposizioni che regolano i rapporti convenzionali e negoziali fra le pubbliche amministrazioni e altri soggetti, anche al fine di garantire la trasparenza, la competenza e l'imparzialità necessarie in materia di norme tecniche e di accreditamento degli enti di certificazione.

          c) identica;

 

          d) stabilire le disposizioni in materia di vigilanza del mercato e controlli sui prodotti in coerenza con la normativa comunitaria e con gli accordi internazionali, previo riordino degli uffici tecnici di livello dirigenziale del Ministero dello sviluppo economico.

      2. I decreti legislativi di cui al comma 1 sono adottati su proposta del Ministro dello sviluppo economico, di concerto con i Ministri per le riforme e le innovazioni nella pubblica amministrazione e dell'università e della ricerca, previo parere delle competenti Commissioni parlamentari e della Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano. Decorsi trenta giorni, i decreti legislativi possono essere emanati anche in mancanza di detti pareri. Entro i due anni successivi alla data di entrata in vigore dei predetti decreti legislativi, possono essere adottati ulteriori decreti correttivi e integrativi, nel rispetto dei princìpi e criteri direttivi e con la procedura previsti dal presente articolo.

      3. Identico.

 

      4. Ai fini di un più efficace coordinamento delle attività in materia di normativa tecnica, accreditamento, certificazione e dichiarazioni di conformità, di vigilanza sul mercato e della legale commercializzazione dei prodotti, è istituito presso il Ministero dello sviluppo economico un Comitato consultivo, presieduto dal Ministro dello sviluppo economico o da un sottosegretario da lui delegato.

 

      5. Il Comitato di cui al comma 4 è composto da rappresentanti del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, delle infrastrutture, dei trasporti, dell'interno, del lavoro e della previdenza sociale, della salute, delle comunicazioni, dai presidenti degli enti di normazione e degli enti di accreditamento, nonché dai rappresentanti delle categorie produttive presenti nel CNEL. La composizione del comitato è stabilita dal Ministro dello sviluppo economico, con proprio decreto da emanare entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge.

 

      6. Compito del Comitato di cui al comma 4 è quello di fornire indirizzi e proposte per lo sviluppo delle politiche, dei principi e delle iniziative nelle materie di cui al presente articolo, anche nell'ottica di garantire unitarietà alle diverse iniziative poste in atto e nell'ottica di promuovere la diffusione della cultura della qualità e dell'innovazione nel sistema produttivo.

      3. Dai decreti legislativi di cui al comma 1 non devono derivare maggiori spese o diminuzione di entrate a carico del bilancio dello Stato.

      7. Dai decreti legislativi di cui al comma 1 e dalle disposizioni di cui al comma 4 non devono derivare maggiori spese o diminuzione di entrate a carico del bilancio dello Stato.

Art. 17.

(Delega al Governo per il riassetto normativo delle prescrizioni e degli adempimenti procedurali applicabili alle imprese).

Art. 15.

(Delega al Governo per il riassetto normativo delle prescrizioni e degli adempimenti procedurali applicabili alle imprese).

      1. Il Governo è delegato ad adottare, entro quattro mesi dalla data di entrata in vigore delle disposizioni del presente capo, stabilita ai sensi dell'articolo 18, comma 1, anche integrando i decreti legislativi emanati in attuazione della delega di cui all'articolo 5 della legge 28 novembre 2005, n. 246, e successive modificazioni, uno o più decreti legislativi per il riassetto delle prescrizioni normative e degli adempimenti procedurali applicabili alle imprese, con le modalità e secondo i princìpi e criteri direttivi di cui all'articolo 20 della legge 15 marzo 1997, n. 59, e successive modificazioni, nonché secondo i seguenti princìpi e criteri direttivi:

      1. Il Governo è delegato ad adottare, entro quattro mesi dalla data di entrata in vigore delle disposizioni della presente legge, anche integrando i decreti legislativi emanati in attuazione della delega di cui all'articolo 5 della legge 28 novembre 2005, n. 246, e successive modificazioni, uno o più decreti legislativi per il riassetto delle prescrizioni normative e degli adempimenti procedurali applicabili alle imprese, con le modalità e secondo i princìpi e criteri direttivi di cui all'articolo 20 della legge 15 marzo 1997, n. 59, e successive modificazioni, nonché secondo i seguenti princìpi e criteri direttivi:

          a) riordino e coordinamento delle disposizioni legislative recanti le prescrizioni e gli adempimenti procedurali che devono essere rispettati, ai sensi della presente legge, ai fini della realizzazione di impianti produttivi e dello svolgimento di attività di impresa;

          a) identica;

 

          b) individuazione di tempi certi ed inderogabili per lo svolgimento degli adempimenti che fanno capo alle pubbliche amministrazioni, nel rispetto delle competenze previste dal titolo V della parte seconda della Costituzione, ivi compresa l'erogazione di finanziamenti o agevolazioni economiche comunque definiti per i quali l'iter procedurale sia giunto a buon fine;

          b) abrogazione, dalla data di entrata in vigore dei decreti legislativi di cui all'alinea, di tutte le disposizioni di legge statale non individuate ai sensi della lettera a).

          c) identica.

      2. Il Governo, nelle materie di competenza esclusiva dello Stato, completa il processo di riassetto emanando, anche contestualmente ai decreti legislativi di cui al comma 1, una raccolta organica delle norme regolamentari che disciplinano la medesima materia, ove necessario adeguandole alla nuova disciplina di livello primario e semplificandole secondo le modalità di cui all'articolo 20, comma 3-bis, della legge 15 marzo 1997, n. 59.

      2. Identico.

      3. I decreti legislativi di cui al comma 1 sono adottati su proposta del Ministro dello sviluppo economico, di concerto con i Ministri per le riforme e le innovazioni nella pubblica amministrazione, dell'economia e delle finanze, dell'interno, della salute, dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e per i beni e le attività culturali. Entro i due anni successivi alla data di entrata in vigore dei predetti decreti legislativi, possono essere adottati ulteriori decreti correttivi e integrativi, nel rispetto dei princìpi e criteri direttivi e con la procedura previsti dal presente articolo.

      3. Identico.

      4. Le regioni e gli enti locali si adeguano ai princìpi del presente articolo, quanto ai procedimenti amministrativi di loro competenza, entro il termine di sei mesi dalla data di entrata in vigore delle disposizioni del presente capo, stabilita ai sensi dell'articolo 18, comma 1.

      4. Le regioni e gli enti locali si adeguano ai princìpi del presente articolo, quanto ai procedimenti amministrativi di loro competenza, entro il termine di sei mesi dalla data di entrata in vigore delle disposizioni della presente legge.

      5. Le regioni a statuto speciale e le province autonome di Trento e di Bolzano si adeguano ai princìpi del presente articolo, quanto ai procedimenti amministrativi di loro competenza, entro il medesimo termine previsto dal comma 4, secondo i propri statuti e le relative norme di attuazione.

      Soppresso.

Art. 18.

(Abrogazioni e misure transitorie e di attuazione).

      Soppresso.

      1. Le disposizioni del presente capo entrano in vigore il giorno successivo a quello della pubblicazione della presente legge nella Gazzetta Ufficiale.

 

      2. Le disposizioni del presente capo si applicano ai procedimenti avviati oltre il termine di sessanta giorni dalla loro entrata in vigore. A decorrere dallo stesso termine sono abrogati il regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 20 ottobre 1998, n. 447, e successive modificazioni, e ogni altra disposizione di legge o di regolamento statali incompatibili.

 

      3. Le regioni e i comuni possono prevedere che la disciplina dei procedimenti per la realizzazione e la modifica degli impianti produttivi, vigente alla data di entrata in vigore delle disposizioni del presente capo, continui a trovare applicazione per i sei mesi successivi, fermi restando le disposizioni del comma 5 e l'obbligo dei comuni di rendere operativo lo sportello unico e l'obbligo delle regioni di intervenire in via sostitutiva in caso di inadempienza.

 

      4. Resta comunque ferma, per il medesimo periodo di cui al comma 2, la facoltà degli interessati di presentare alle amministrazioni competenti le dichiarazioni e le domande di autorizzazione secondo la normativa previgente.

 

      5. Il Governo e le regioni, in attuazione del principio di leale collaborazione, promuovono intese o concludono accordi, ai sensi dell'articolo 8, comma 6, della legge 5 giugno 2003, n. 131, e dell'articolo 4, comma 1, del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano e di Conferenza unificata di cui all'articolo 8 del medesimo decreto legislativo n. 281 del 1997, e successive modificazioni, al fine di disciplinare l'istituzione degli sportelli unici e i poteri di controllo sostitutivo regionali e statali.

 

      6. Con uno o più decreti del Ministro per le riforme e le innovazioni nella pubblica amministrazione, di concerto con i Ministri dell'economia e delle finanze e dello sviluppo economico, adottati ai sensi dell'articolo 71 del codice dell'amministrazione digitale, di cui al decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82, e successive modificazioni, entro il termine di cui al comma 2 del presente articolo, sono individuate le regole tecniche e le modalità operative per l'attuazione delle disposizioni del presente capo relative all'applicazione di strumenti informatici e telematici, ivi comprese le modalità di partecipazione alla conferenza di servizi di cui all'articolo 12 da parte di soggetti che non siano in possesso di idonei strumenti nonché le modalità di redazione e di sottoscrizione del verbale della conferenza di servizi per via telematica.

 

Capo II

ULTERIORI MISURE PER LE IMPRESE

 

 

Art. 19.

(Semplificazione della procedura per la verifica degli impianti a pressione e degli apparecchi di sollevamento).

Art. 16.

(Semplificazione della procedura per la verifica degli impianti a pressione e degli apparecchi di sollevamento).

 

      1. Il proprietario e il gestore dell'impianto di cui al decreto legislativo 25 febbraio 2000, n. 93, comunicano all'azienda sanitaria locale (ASL) territorialmente competente l'avvenuta installazione di uno degli impianti di cui al medesimo decreto legislativo, attestando sotto la propria responsabilità che l'impianto è installato a regola d'arte e in conformità alla normativa vigente e che sono state effettuate le verifiche e le prove obbligatorie e allegando la conforme attestazione di un professionista abilitato e la certificazione dei componenti utilizzati.

      1. Il proprietario e il gestore dell'impianto di cui al decreto legislativo 25 febbraio 2000, n. 93, comunicano all'azienda sanitaria locale (ASL) territorialmente competente l'avvenuta installazione di uno degli impianti di cui al medesimo decreto legislativo, attestando sotto la propria responsabilità che l'impianto è installato a regola d'arte e in conformità alla normativa vigente e che sono state effettuate le verifiche e le prove obbligatorie e allegando la conforme attestazione di un professionista o di un ente tecnico abilitato e la certificazione dei componenti utilizzati

 

      2. Ai sensi del comma 1, il professionista attesta le prove e le verifiche effettuate a regola d'arte e il relativo esito. Il gestore e il professionista attestano, altresì, l'assenza di qualunque collegamento contrattuale, professionale o economico, diretto o indiretto, del professionista con il fabbricante, il distributore, l'installatore e il gestore dell'impianto.

      2. Ai sensi del comma 1, i soggetti di cui al medesimo comma attestano l'avvenuta effettuazione delle prove e delle verifiche e il relativo esito, nonché l'assenza di qualunque collegamento contrattuale, professionale o economico, diretto o indiretto, del professionista o dell'ente tecnico abilitato con il fabbricante, il distributore, l'installatore ed il gestore dell'impianto.

 

      3. Decorsi trenta giorni dall'invio della documentazione di cui ai commi 1 e 2, l'impianto può essere messo in funzione.

Soppresso.

 

      4. L'ASL effettua, anche mediante convenzioni con soggetti pubblici muniti di adeguata competenza tecnica, verifiche tecniche a campione, senza preavviso, degli impianti indicati ai commi 1 e 2. In caso di esito negativo, sottopone a verifica tutti gli altri impianti gestiti o verificati dai medesimi soggetti. Ciascuna ASL pubblica periodicamente nel proprio sito internet l'elenco delle verifiche e i relativi esiti.

      3. L'ASL effettua, anche mediante convenzioni con soggetti pubblici indipendenti e privi di collegamenti contrattuali, professionali o economici, diretti o indiretti, con gli operatori interessati e muniti di adeguata competenza tecnica, verifiche tecniche a campione, senza preavviso, degli impianti indicati ai commi 1 e 2. In caso di esito negativo, sottopone a verifica tutti gli altri impianti gestiti o verificati dai medesimi soggetti. Ciascuna ASL pubblica periodicamente nel proprio sito internet l'elenco delle verifiche e i relativi esiti.

 

      5. Le procedure di cui ai commi 1 e 2 si applicano anche nei casi di riqualificazione periodica, di riparazione e di modifica degli impianti. In tali casi, non si applica il comma 3 ed è consentita la continuità del funzionamento dell'impianto a condizione che la comunicazione sia presentata nel tempo prescritto.

      4. Le procedure di cui ai commi 1 e 2 si applicano anche nei casi di riqualificazione periodica, di riparazione e di modifica degli impianti.

 

      6. Le procedure di cui ai commi 1 e 2 si applicano altresì alle verifiche periodiche degli apparecchi di sollevamento previste dall'articolo 194 del decreto del Presidente della Repubblica 27 aprile 1955, n. 547. In tale caso la comunicazione è effettuata all'ASL o al diverso ente individuato dalla legge regionale in materia di prevenzione degli infortuni.

      5. Identico.

 

      7. Il regolamento di cui al regio decreto 12 maggio 1927, n. 824, e successive modificazioni, è abrogato.

      6. Identico.

 

 

Art. 17.

(Agevolazioni per i prodotti del commercio equo e solidale).

 

 

      1. Al fine di favorire uno sviluppo sociale ed economico durevole a beneficio dei piccoli produttori e dei lavoratori dei Paesi in via di sviluppo, è introdotto un regime fiscale agevolato dei prodotti del commercio equo e solidale che rispettano i criteri previsti dalle organizzazioni di certificazione del fair trade.

 

 

      2. Con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, da emanare entro centoventi giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, sono individuate le tipologie e le modalità di attuazione delle agevolazioni di cui al comma 1, nel rispetto delle norme comunitarie e nel limite delle risorse finanziarie di cui al comma 3.

 

 

      3. All'onere derivante dall'attuazione del presente articolo, stimato in 10 milioni di euro, si provvede mediante corrispondente riduzione dell'autorizzazione di spesa di cui all'articolo 1, comma 50, della legge 23 dicembre 2005, n. 266, come rideterminata dalla tabella C allegata alla legge 27 dicembre 2006, n. 296.

 

 

Art. 18.

(Modifiche all'articolo 3 del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380).

 

 

      1. All'articolo 3 (L), comma 1, del decreto legislativo 6 giugno 2001, n. 380, la lettera e.5) è sostituita dalla seguente:

 

      «e.5) l'installazione di manufatti leggeri, anche prefabbricati, e di strutture di qualsiasi genere quali roulottes, campers e case mobili, imbarcazioni, che siano utilizzati come abitazioni, ambienti di lavoro, oppure come depositi, magazzini e simili, e che non siano diretti a soddisfare esigenze meramente temporanee, ad esclusione dei mezzi mobili di pernottamento collocati entro il perimetro delle strutture turistico-ricettive all'aria aperta, realizzate in conformità alla vigente disciplina edilizia e urbanistica, purché tali mezzi conservino i meccanismi di rotazione in funzione, non possiedano alcun collegamento permanente al terreno e alle reti tecnologiche, siano connessi agli impianti della rete fognaria o a un depuratore e non alterino lo stato dei luoghi e l'indice di edificabilità previsto dalla pianificazione urbanistica e dal permesso di costruire della stessa struttura turistico-ricettiva;».

 

Art. 20.

(Delega al Governo per la semplificazione delle procedure per il rilascio del certificato di prevenzione incendi).

Art. 19.

(Delega al Governo per la semplificazione delle procedure per il rilascio del certificato di prevenzione incendi).

 

      1. Il Governo è delegato ad adottare, entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, uno o più decreti legislativi per semplificare, nel rispetto del mantenimento dei livelli di sicurezza per la collettività, le procedure per il rilascio del certificato di prevenzione incendi, realizzando un'effettiva riduzione degli adempimenti amministrativi e dei costi a carico delle imprese, nel rispetto dei seguenti princìpi e criteri direttivi:

      1. Il Governo è delegato ad adottare, entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, uno o più decreti legislativi per semplificare, nel rispetto del mantenimento dei livelli di sicurezza per la collettività e della tutela dell'ambiente, le procedure per il rilascio del certificato di prevenzione incendi, realizzando un'effettiva riduzione degli adempimenti amministrativi e dei costi a carico delle imprese, nel rispetto dei seguenti princìpi e criteri direttivi:

 

          a) diversificazione delle procedure e dei tempi per le attività aventi natura semplice o complessa;

          a) identica;

 

          b) diversificazione delle procedure e dei tempi in relazione alle attività disciplinate da norme tecniche, rispetto a quelle che, in relazione alla loro peculiare natura, non sono riconducibili ad una espressa disciplina tecnica;

          b) identica;

 

          c) disciplina dell'istituto di inizio attività di cui al comma 5 dell'articolo 3 del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 12 gennaio 1998, n. 37;

          c) identica;

 

          d) adozione di strumenti telematici per il rilascio del certificato di prevenzione incendi;

          d) identica;

 

          e) individuzione di un costo forfetario massimo sia per le attività semplici e assoggettate a norme tecniche, sia per quelle complesse.

          e) identica;

 

      2. I decreti legislativi di cui al comma 1 sono adottati su proposta del Ministro dell'interno, di concerto con i Ministri dello sviluppo economico, dell'economia e delle finanze e per le riforme e le innovazioni nella pubblica amministrazione, previo parere delle competenti Commissioni parlamentari. Decorsi trenta giorni dalla trasmissione, i decreti legislativi possono essere emanati anche in mancanza di detti pareri. Entro i due anni successivi alla data di entrata in vigore dei predetti decreti legislativi possono essere adottati ulteriori decreti correttivi e integrativi, nel rispetto dei medesimi princìpi e criteri direttivi e con la procedura previsti dal presente articolo.

      2. Identico.

 

Art. 21.

(Delega al Governo in materia di disposizioni fiscali per favorire la capitalizzazione delle imprese).

Art. 20.

(Delega al Governo in materia di disposizioni fiscali per favorire la capitalizzazione delle imprese).

 

      1. Il Governo è delegato ad adottare, entro un anno dalla data di entrata in vigore della presente legge, uno o più decreti legislativi recanti norme dirette a favorire l'intervento nel capitale di rischio delle società da parte di organismi di investimento collettivo in valori mobiliari e l'ammissione dei titoli di partecipazione alla quotazione nei mercati regolamentati dell'unione europea o dei Paesi aderenti allo Spazio economico europeo; i decreti legislativi sono emanati in conformità alla disciplina comunitaria in materia di aiuti di Stato e nel rispetto dei seguenti principi e criteri direttivi:

      1. Identico.

 

          a) per le società di capitali, applicazione di un'aliquota dell'imposta sul reddito delle società ridotta rispetto a quella ordinaria, comunque non inferiore al 20 per cento, sulla parte di imponibile proporzionalmente corrispondente al capitale di nuova formazione, sottoscritto e versato, ovvero acquistato in occasione della quotazione in mercati regolamentati ovvero in sistemi di scambio organizzati dell'Unione europea e dei Paesi aderenti allo Spazio economico europeo, da organismi di investimento collettivo in valori mobiliari ovvero da loro partecipate costituite allo scopo, il cui attivo sia prevalentemente investito in partecipazioni in società di capitali; possibilità di prevedere, in alternativa alla riduzione dell'aliquota, la deduzione dal reddito imponibile della società partecipata di una quota degli utili formatisi successivamente all'ingresso degli organismi suddetti nel capitale e ad essi corrisposti; fissazione di un limite massimo al risparmio d'imposta fruibile in ciascun periodo attraverso l'applicazione dell'aliquota ridotta ovvero della deduzione dall'imponibile; possibilità di condizionare l'applicazione della disciplina alla sottoscrizione, da parte di tali organismi di investimento, di una quota del capitale non superiore a un limite massimo determinato sia in termini assoluti, sia in termini percentuali; cessazione del beneficio dell'aliquota ridotta, ovvero della deduzione di una quota dei dividendi dall'imponibile, in caso di successiva alienazione delle partecipazioni acquisite da parte dell'originario organismo sottoscrittore a soggetti diversi da organismi di investimento con caratteristiche analoghe;

          a) per le società di capitali, applicazione di un aliquota dell'imposta sul reddito delle società ridotta rispetto a quella ordinaria, comunque non superiore al 20 per cento, sulla parte di imponibile proporzionalmente corrispondente al capitale di nuova formazione, sottoscritto e versato, ovvero acquistato in occasione della quotazione in mercati regolamentati ovvero in sistemi di scambio organizzati dell'Unione europea e dei Paesi aderenti allo Spazio economico europeo, da organismi di investimento collettivo in valori mobiliari ovvero da loro partecipate costituite allo scopo, il cui attivo sia prevalentemente investito in partecipazioni in società di capitali; possibilità di prevedere, in alternativa alla riduzione dell'aliquota, la deduzione dal reddito imponibile della società partecipata di una quota degli utili formatisi successivamente all'ingresso degli organismi suddetti nel capitale e ad essi corrisposti; fissazione di un limite massimo al risparmio d'imposta fruibile in ciascun periodo attraverso l'applicazione dell'aliquota ridotta ovvero della deduzione dall'imponibile; possibilità di condizionare l'applicazione della disciplina alla sottoscrizione, da parte di tali organismi di investimento, di una quota del capitale non superiore a un limite massimo determinato sia in termini assoluti, sia in termini percentuali; cessazione del beneficio dell'aliquota ridotta, ovvero della deduzione di una quota dei dividendi dall'imponibile, in caso di successiva alienazione delle partecipazioni acquisite da parte dell'originario organismo sottoscrittore a soggetti diversi da organismi di investimento con caratteristiche analoghe;

 

          b) deduzione, in aggiunta a quella già spettante in base alle ordinarie regole dell'imposizione sul reddito d'impresa, delle spese sostenute per l'ammissione alla quotazione in mercati regolamentati ovvero in sistemi di scambio organizzati dell'Unione europea e dei Paesi aderenti allo Spazio economico europeo; limitazione della deduzione ai soli effetti dell'imposta sul reddito delle società; previsione di un limite massimo in valore assoluto dell'ammontare deducibile e possibilità di ripartirne l'imputazione, a prescindere dai criteri valevoli per la deduzione ordinaria, nell'arco massimo di tre periodi d'imposta.

          b) identica.

 

      2. Gli schemi dei decreti legislativi di cui al comma 1 sono trasmessi alle Camere per l'acquisizione dei pareri delle competenti Commissioni parlamentari, da esprimere entro trenta giorni dall'assegnazione.

      2. Identico.

 

      3. Decorso il termine di cui al comma 2 senza che le Commissioni abbiano espresso i pareri di rispettiva competenza, i decreti legislativi possono essere comunque adottati.

      3. Identico.

 

      4. Nei due anni successivi alla data di entrata in vigore dei decreti legislativi di cui al comma 1 possono essere adottati, nel rispetto dei princìpi e criteri direttivi e delle procedure di cui al presente articolo, uno o più decreti legislativi recanti disposizioni integrative e correttive, nonché tutte le modificazioni necessarie per il migliore coordinamento normativo.

      4. Identico.

 

      5. Dall'attuazione delle deleghe di cui al presente articolo e di cui all'articolo 33 non devono complessivamente derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.

          5. Dall'attuazione delle deleghe di cui al presente articolo e di cui all'articolo 41 non devono complessivamente derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.

 

 

Art. 21.

(Delega al Governo in materia di agevolazioni relative all'acquisto di immobili alberghieri).

 

 

      1. Con riferimento all'articolo 1, comma 1228, della legge 27 dicembre 2006, n. 296, il Governo è delegato ad adottare, entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, un decreto legislativo allo scopo di favorire l'acquisto degli immobili alberghieri da parte dei soggetti gestori da almeno cinque anni in regime di locazione immobiliare o di affitto d'azienda, in forma di impresa individuale o di società, secondo i seguenti principi e criteri direttivi:

 

 

          a) le plusvalenze generate dalla cessione dei predetti immobili o dalla cessione di aziende comprendenti i predetti immobili possono essere assoggettate ad imposta sostitutiva, pari al 10 per cento, delle imposte dirette e dell'Irap, se dovuta, e sono assoggettate a tassazione in misura fissa ai fini dell'imposta di registro, dell'imposta ipotecaria e catastale;

 

 

          b) in corrispondenza alle operazioni di cui alla lettera a), i dividendi distribuiti ai soci da parte della società cedente gli immobili o le aziende di cui alla lettera a) concorrono alla formazione del reddito complessivo dei percipienti nella misura del 5 per cento, in deroga a quanto previsto dall'articolo 47 del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917;

 

 

          c) per quanto non previsto espressamente dal presente comma, si applicano gli articoli 1 e 2 del decreto legislativo 8 ottobre 1997, n. 358, in quanto compatibili.

 

 

      2. Le eventuali minori entrate derivanti dall'attuazione del comma 1 sono a carico dell'autorizzazione di spesa di cui al comma 1228 dell'articolo 1 della legge 27 dicembre 2006, n. 296.

 

 

 

Art. 22.

(Erogazione di incentivi pubblici).

 

 

      1. L'erogazione degli incentivi pubblici di qualsiasi tipo e natura alle imprese deve essere effettuata agli aventi diritto nei termini previsti dalle normative in base alle quali questi vengono concessi, decorrenti dall'emanazione del titolo di liquidazione. In assenza di termini precisi e perentori, tale erogazione deve essere effettuata entro e non oltre novanta giorni dal completamento, opportunamente documentato, delle iniziative che beneficiano dell'incentivo, termine elevabile a non oltre centottanta giorni.

 

Art. 22.

(Misure di semplificazione in materia di cooperazione).

Art. 23.

(Misure di semplificazione in materia di cooperazione).

 

      1. All'articolo 2545-octies del codice civile è aggiunto, in fine, il seguente comma:

 

      «In caso di perdita della qualifica di cooperativa a mutualità prevalente per il mancato rispetto della condizione di cui all'articolo 2513, l'obbligo previsto dal secondo comma del presente articolo è sospeso per il primo biennio successivo a tale perdita».

 

      2. La lettera c) del comma 10 dell'articolo 13 della legge 31 gennaio 1992, n. 59, è abrogata.

      1. All'articolo 2545-octies del codice civile sono aggiunti, in fine, i seguenti commi:

 

      «Qualora la cooperativa abbia perso la qualifica di cooperativa a mutualità prevalente per il mancato rispetto della condizione di prevalenza di cui all'articolo 2513, l'obbligo di cui al precedente comma si applica soltanto nel caso in cui la cooperativa medesima modifichi le previsioni statutarie di cui all'articolo 2514 o abbia emesso strumenti finanziari. In tutti i casi di perdita della citata qualifica, la cooperativa è tenuta a segnalare espressamente tale condizione attraverso gli strumenti di comunicazione informatica previsti dall'articolo 223-sexiesdecies delle disposizioni per l' attuazione del codice civile. Lo stesso obbligo sussiste per la cooperativa nel caso in cui le risultanze contabili relative al primo anno successivo alla perdita della detta qualifica evidenzino il rientro nei parametri della mutualità prevalente.

 

 

      In seguito alle predette segnalazioni, l'amministrazione presso la quale è tenuto l'Albo delle società cooperative provvede alla variazione della sezione di iscrizione all'Albo medesimo senza alcun ulteriore onere istruttorio.

 

 

      L'omessa o ritardata comunicazione della perdita della qualifica di cooperativa a mutualità prevalente è segnalata all'amministrazione finanziaria».

 

 

Art. 24.

(Disposizioni in materia di società cooperative).

 

 

      1. All'articolo 2511 del codice civile è aggiunto il seguente comma:

 

 

      «Le società cooperative devono essere iscritte nell'Albo di cui agli articoli 2512, secondo comma, del presente codice, e 223-sexiesdecies delle disposizioni per l' attuazione del presente codice».

 

 

      2. La presentazione all'ufficio del registro delle imprese della comunicazione unica di cui all'articolo 9 del decreto-legge 31 gennaio 2007, n. 7, convertito, con modificazioni, dalla legge 2 aprile 2007, n. 40, determina, nel caso di impresa cooperativa, l'automatica iscrizione all'Albo di cui agli articoli 2512, secondo comma, del codice civile e 223-sexiesdecies delle disposizioni per l' attuazione del codice civile.

 

 

      3. Ai fini di cui al comma 2, l'ufficio del registro delle imprese trasmette immediatamente all'Albo di cui al medesimo comma la domanda unica, nonché la comunicazione della cancellazione della società cooperativa dal registro o della sua trasformazione in altra forma societaria ai fini della immediata cancellazione dal suddetto Albo.

 

 

      4. Le società cooperative iscritte nel registro delle imprese alla data di entrata in vigore dell'articolo 9 del decreto-legge 31 gennaio 2007, n. 7, convertito, con modificazioni, dalla legge 2 aprile 2007, n. 40, e non iscritte all'Albo di cui al comma 2, devono chiedere entro il 30 giugno 2008 al registro di provvedere all'iscrizione all'Albo delle società cooperative, a pena di decadenza dai benefici previsti in relazione alla loro forma societaria.

 

 

      5. Le società cooperative comunicano annualmente le notizie di bilancio, ai fini della dimostrazione del possesso del requisito di cui all'articolo 2513 del codice civile, all'amministrazione presso la quale è tenuto l'Albo con gli strumenti informatici di cui all'articolo 223-sexiesdecies delle disposizioni per l'attuazione del codice civile.

 

 

      6. All'articolo 2515 del codice civile il terzo comma è abrogato.

 

 

      7. All'articolo 223-sexiesdecies, primo comma delle disposizioni per l'attuazione del codice civile, le parole: «depositare i bilanci» sono sostituite dalle seguenti: «comunicare annualmente le notizie di bilancio, ai fini della dimostrazione del possesso del requisito di cui all'articolo 2513 del codice civile, all'amministrazione presso la quale è tenuto l'Albo».

 

 

      8. All'articolo 1 della legge 17 luglio 1975, n. 400, è aggiunto, in fine, il seguente comma:

 

 

      «La vidimazione del registro di cui all'articolo 38, primo comma, del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267, è effettuata senza spese ed in forma semplificata dalla camera di commercio, industria, artigianato e agricoltura territorialmente competente».

 

Art. 23.

(Interventi a favore delle imprese di spettacolo).

Art. 25.

(Interventi a favore delle imprese di spettacolo e di cultura).

 

      1. Gli organismi dello spettacolo, nelle diverse articolazioni di generi e di settori, di attività teatrali, musicali e di danza, nonché di circhi e di spettacoli viaggianti, costituiti in forma di impresa sono considerati piccole e medie imprese secondo la disciplina comunitaria.

      1. Gli organismi dello spettacolo, nelle diverse articolazioni di generi e di settori, di attività cinematografiche, teatrali, musicali e di danza, nonché di circhi e di spettacoli viaggianti, nonché quelli che operano nel campo dei servizi, o beni, culturali, costituiti in forma di impresa sono considerati piccole e medie imprese secondo la disciplina comunitaria.

 

      2. Ai sensi del comma 1, le imprese dello spettacolo usufruiscono delle agevolazioni nazionali e comunitarie previste dalla normativa vigente per le piccole e medie imprese, in applicazione del decreto del Ministro delle attività produttive 18 aprile 2005, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 238 del 12 ottobre 2005.

      2. Le imprese di cui al comma 1 usufruiscono delle agevolazioni nazionali e comunitarie previste dalla normativa vigente per le piccole e medie imprese, in applicazione del decreto del Ministro delle attività produttive 18 aprile 2005, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 238 del 12 ottobre 2005.

 

      3. Il Governo, con apposito provvedimento, entro due mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, apporta ai decreti del Ministro per i beni e le attività culturali 21 dicembre 2005, pubblicati nel supplemento ordinario alla Gazzetta Ufficiale n. 29 del 4 febbraio 2006, le modificazioni necessarie per adeguare gli stessi alle disposizioni del presente articolo.

      3. Il Governo, con apposito provvedimento, entro due mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, apporta ai decreti del Ministro per i beni e le attività culturali 21 dicembre 2005, pubblicati nel supplemento ordinario alla Gazzetta Ufficiale n. 29 del 4 febbraio 2006, le modificazioni necessarie per adeguare gli stessi alle disposizioni del presente articolo e per trasferire al Ministero dello sviluppo economico le competenze in materia di attività circensi e di spettacoli viaggianti di cui alla legge 18 marzo 1968, n. 337.

 

 

      4. Il decreto del capo del Governo 14 febbraio 1938, n. 153, è abrogato.

 

Art. 24.

(Pubblicazione informatica dell'albo pretorio).

Art. 26.

(Pubblicazione informatica dell'albo pretorio).

 

      1. Il Governo, le regioni e gli enti locali promuovono intese o concludono accordi, ai sensi dell'articolo 8, comma 6, della legge 5 giugno 2003, n. 131, e dell'articolo 4, comma 1, del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, in sede di Conferenza unificata di cui all'articolo 8 del medesimo decreto legislativo n. 281 del 1997, e successive modificazioni, al fine di prevedere che la pubblicazione degli atti nell'albo pretorio, ai sensi del testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali, di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, e successive modificazioni, sia eseguita anche in via informatica.

      Identico.

 

Art. 25.

(Abolizione di alcune certificazioni dovute dalle imprese).

Art. 27.

 (Semplificazione e abolizione di alcune procedure e certificazioni dovute dalle imprese).

 

      1. Ai fini dell'ottenimento di titoli autorizzatori o concessori da parte della pubblica amministrazione o dei concessionari di servizi pubblici e ai fini della partecipazione a procedure di evidenza pubblica, l'impresa interessata può allegare, in luogo delle richieste certificazioni, un'autocertificazione corredata dell'autorizzazione ad acquisire presso le pubbliche amministrazioni i dati necessari per la verifica, ferme restando, in caso di dichiarazione mendace, l'esclusione dalle procedure per l'ottenimento di titoli autorizzatori o concessori o dalle procedure di evidenza pubblica e la responsabilità per falso in atto pubblico.

      1. Identico.

 

      2. Con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, da adottare entro un mese dalla data di entrata in vigore della presente legge, sono individuate le certificazioni la cui presentazione può essere sostituita ai sensi del comma 1.

      2. Identico.

 

 

      3. Al comma 6 dell'articolo 4-bis del decreto legislativo 21 aprile 2000, n. 181, come sostituito dall'articolo l, comma 1184, della legge 27 dicembre 2006, n. 296, sono aggiunte, in fine, le seguenti parole: «e delle province, ai fini delle assunzioni obbligatorie».

 

 

      4. All'articolo 9, comma 6, della legge 12 marzo 1999, n. 68, è aggiunto, in fine, il seguente periodo: «Con decreto del Ministro del lavoro e della previdenza sociale, d'intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, è definito il modello unico di prospetto di cui al presente comma».

 

 

Art. 28.

(Esclusione delle piccole imprese da alcuni adempimenti in materia di trattamento di dati personali).

 

 

      1. Le disposizioni di cui agli articoli 33, 34, 35 e all'allegato B) del codice in materia di protezione dei dati personali, di cui al decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196, non si applicano alle micro imprese ed alle piccole imprese sino a quindici addetti che effettuano esclusivamente trattamenti di dati personali per le finalità elencate all'articolo 24 del medesimo codice, purché tali trattamenti siano effettuati nell'ambito della ordinaria gestione amministrativa e contabile dell'azienda.

 

Art. 26.

(Misure in materia di rappresentanza dell'imprenditore e di compimento di operazioni telematiche).

Art. 29.

(Misure in materia di rappresentanza dell'imprenditore e di compimento di operazioni telematiche).

 

      1. All'articolo 2209 del codice civile è aggiunto, in fine, il seguente comma:

      1. Identico.

 

      «Quando il potere di compiere gli atti pertinenti all'esercizio dell'impresa è con ferito al procuratore con deliberazione di un organo collegiale, la pubblicità è attuata mediante deposito di copia del verbale della deliberazione, sottoscritta dal legale rappresentante dell'impresa, presso il competente ufficio del registro delle imprese».

 

 

      2. Il conferimento da parte di un imprenditore a un determinato soggetto del potere di rappresentanza, per il compimento di specifici atti nei confronti della pubblica amministrazione, può essere provato mediante esibizione di una procura in forma scritta non autenticata e di copia fotostatica di un valido documento di identità del rappresentato sottoscritta dal medesimo.

      2. Il conferimento da parte di un imprenditore a un determinato soggetto del potere di rappresentanza, per il compimento di specifici atti nei confronti della pubblica amministrazione, comprese le operazioni telematiche, può essere provato mediante esibizione di una procura in forma scritta non autenticata e di copia fotostatica di un valido documento di identità del rappresentato sottoscritta dal medesimo.

 

      3. Qualora venga esibita la documentazione di cui al comma 2, è fatto divieto alla pubblica amministrazione di richiedere la produzione della procura in forme diverse.

      3. Identico.

 

      4. Per le imprese il rilascio della procura per il compimento di operazioni telematiche verso la pubblica amministrazione può avvenire, previa richiesta sottoscritta congiuntamente dall'imprenditore e dal procuratore, mediante rilascio e trasmissione al registro delle imprese di un certificato digitale qualificato di rappresentanza da parte di un certificatore accreditato. La modifica e la revoca dei poteri conferiti sono disciplinate dall'articolo 2207 del codice civile.

      4. Identico.

 

 

Art. 30.

(Posta elettronica certificata).

 

 

      1. Le imprese, costituite in forma societaria, indicano il proprio indirizzo di posta elettronica certificata nella domanda di iscrizione al registro delle imprese. Entro tre anni dalla data di entrata in vigore della presente legge tutte le imprese, costituite in forma societaria, comunicano al registro delle imprese il proprio indirizzo di posta elettronica certificata.

 

 

L'iscrizione dell'indirizzo di posta elettronica certificata nel registro delle imprese e le sue successive eventuali variazioni sono esenti dall' imposta di bollo e dai diritti di segreteria.

 

 

      2. I professionisti iscritti in albi ed elenchi istituiti con legge dello Stato comunicano ai rispettivi ordini o collegi il proprio indirizzo di posta elettronica certificata entro un anno dalla data di entrata in vigore della presente legge. Gli ordini e i collegi pubblicano in un elenco consultabile in via telematica i dati identificativi degli iscritti con il relativo indirizzo di posta elettronica certificata.

 

 

      3. Le amministrazioni pubbliche di cui all'articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n.165, qualora non abbiano provveduto ai sensi dell'articolo 47, comma 3, lettera a), del codice dell'amministrazione digitale, di cui al decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82, istituiscono una casella di posta certificata per ciascun registro di protocollo e ne danno comunicazione al Centro nazionale per l'informatica nella pubblica amministrazione, che provvede alla pubblicazione di tali caselle in un elenco consultabile per via telematica.

 

 

      4. Le comunicazioni tra i soggetti di cui ai commi 1, 2 e 3 che abbiano provveduto agli adempimenti ivi previsti, sono inviate attraverso la posta elettronica certificata, senza che il destinatario debba dichiarare la propria disponibilità ad accettarne l'utilizzo.

 

 

      5. La consultazione per via telematica dei singoli indirizzi di posta elettronica certificata nel registro delle imprese o negli albi od elenchi costituiti ai sensi del presente articolo avviene liberamente e senza oneri. L'estrazione di elenchi di indirizzi è consentita alle sole pubbliche amministrazioni per le comunicazioni relative agli adempimenti amministrativi di loro competenza.

 

 

Art. 31.

(Conservazione ottica sostitutiva).

 

 

      1. Ai fini della conservazione ottica sostitutiva di documenti originali unici da parte delle imprese e degli iscritti agli ordini professionali, si applica l'articolo 23, comma 4, del codice dell'amministrazione digitale, di cui al decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82, purché il responsabile della conservazione sia rispettivamente il legale rappresentante dell'impresa, o persona da lui delegata per iscritto, ovvero il professionista.

 

Art. 27.

(Tenuta dei libri obbligatori ed elenco dei soci nelle società a responsabilità limitata).

Art. 32.

(Tenuta dei libri obbligatori ed elenco dei soci nelle società a responsabilità limitata).

 

      1. Il primo e il secondo comma dell'articolo 2470 del codice civile sono sostituiti dai seguenti:

      Identico.

 

      «Il trasferimento delle partecipazioni ha effetto nei riguardi della società dal momento dell'iscrizione nel registro delle imprese nei modi previsti dal secondo comma.

 

 

      L'atto di trasferimento, con sottoscrizione autenticata, deve essere depositato entro venti giorni, a cura del notaio autenticante, presso l'ufficio del registro delle imprese nella cui circoscrizione è stabilita la sede sociale. In caso di trasferimento a causa di morte, il deposito e l'iscrizione sono effettuati a richiesta dell'erede o del legatario verso presentazione della documentazione di cui all'articolo 2022».

 

 

      2. All'articolo 2478 del codice civile sono apportate le seguenti modificazioni:

 

 

          a) il numero 1) del primo comma è abrogato;

 

 

          b) al secondo comma, le parole: «I primi tre libri» sono sostituite dalle seguenti: «I libri indicati nei numeri 2) e 3) del primo comma» e le parole: «e il quarto» sono sostituite dalle seguenti: «; il libro indicato nel numero 4) del primo comma deve essere tenuto».

 

 

      3. Al secondo comma dell'articolo 2478-bis del codice civile, le parole: «devono essere depositati» sono sostituite dalle seguenti: «deve essere depositata» e le parole: «e l'elenco dei soci e degli altri titolari di diritti sulle partecipazioni sociali» sono soppresse.

 

 

 

Art. 33.

(Interventi per lo sviluppo delle piccole imprese).

 

 

      1. È istituito presso il Ministero dello sviluppo economico il Fondo per l'incentivazione di servizi associati per lo sviluppo delle piccole imprese che operano nel campo delle biotecnologie, della biologia avanzata e che utilizzano piattaforme tecnologiche dei centri di ricerca pubblici, con una dotazione finanziaria per l'anno 2007 pari a 5,5 milioni di euro. La finalità del Fondo è quella di favorire, ai fini della competitività dei settori interessati, l'acquisizione in forma associata di servizi nei campi della ricerca e dell'analisi dei mercati, della promozione e della comunicazione.

 

 

      2. All'onere derivante dall'attuazione del presente articolo si provvede mediante corrispondente riduzione dell'unità previsionale di base di parte corrente «Fondo speciale» dello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze per l'anno 2007, allo scopo parzialmente utilizzando l'accantonamento relativo al medesimo Ministero.

 

 

      3. Con successivo decreto del Ministro dello sviluppo economico, sentita la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, sono definiti le modalità, i criteri e i limiti del contributo.

 

Titolo III

SCUOLA, IMPRESE E SOCIETÀ

 

 

Artt. 28-31.

 

 

...............................................

................................................

................................................

 

 

Titolo IV

CITTADINO E CONSUMATORE

Titolo III

CITTADINO E CONSUMATORE

 

Art. 32.

(Nullità della clausola di massimo scoperto).

Art. 34.

(Nullità della clausola di massimo scoperto).

 

      1. Sono nulle le clausole contrattuali aventi ad oggetto la commissione di massimo scoperto e le clausole comunque denominate che prevedono una remunerazione accordata alla banca per la messa a disposizione di fondi a favore del cliente titolare di conto corrente indipendentemente dall'effettivo prelevamento della somma, ovvero che prevedono una remunerazione accordata alla banca indipendentemente dall'effettiva durata dell'utilizzazione dei fondi da parte del cliente.

      1. Identico.

 

      2. Gli interessi, le commissioni e le provvigioni derivanti dalle clausole comunque denominate che prevedono una remunerazione, a favore della banca, dipendente dalla effettiva durata dell'utilizzazione dei fondi da parte del cliente sono comunque rilevanti ai fini dell'applicazione dell'articolo 1815 del codice civile, dell'articolo 644 del codice penale e degli articoli 2 e 3 della legge 7 marzo 1996, n. 108.

      2. Identico.

 

      3. I contratti in corso alla data di entrata in vigore della presente legge sono adeguati alle disposizioni del presente articolo entro sessanta giorni dalla medesima data.

      3. I contratti in corso alla data di entrata in vigore della presente legge sono adeguati alle disposizioni del presente articolo entro centoventi giorni dalla medesima data. Tale obbligo di adeguamento costituisce giustificato motivo ai sensi dell'articolo 118, comma 1, del testo unico di cui al decreto legislativo 1o settembre 1993, n. 385.

 

 

Art. 35.

(Disposizioni a tutela degli utenti dei pubblici servizi).

 

 

      1. I gestori o le aziende esercenti pubblici servizi devono:

 

 

          a) indicare nelle fatture o bollette di pagamento, comunque denominate, la misura degli interessi, in ragione annua, dovuti dagli utenti in caso di ritardo o mancato pagamento; agli stessi è fatto divieto assoluto di addebitare spese di qualsiasi altra natura o contributi comunque denominati anche inerenti alla predisposizione o produzione oppure alla spedizione o riscossione della fattura o della bolletta;

 

 

          b) gli interessi per il ritardato pagamento non possono essere superiori, in ragione d'anno, al tasso pronti contro termine fissato dalla Banca centrale europea aumentato di due punti percentuali;

 

 

          c) nel caso di subentro nel contratto o voltura tra utenti componenti il medesimo nucleo familiare, o in caso di successione, lo stesso dovrà avvenire a titolo non oneroso.

 

 

      2. I gestori o le aziende esercenti pubblici esercizi possono invocare il vincolo di solidarietà nel pagamento della fattura tra i componenti del nucleo familiare o tra coloro che beneficiano degli stessi servizi.

 

 

      3. Entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge i gestori o le aziende esercenti pubblici servizi avviano una campagna di informazione presso gli utenti delle disposizioni di cui al comma 1.

 

 

Art. 36.

(Disposizioni per ridurre le dichiarazioni IRPEF e agevolare la vita dei cittadini).

 

 

      1. Gli oneri deducibili di cui all'articolo 10 e le detrazioni per oneri di cui all'articolo 15 del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, possono essere dedotti dal reddito complessivo nell'anno in cui sono stati sostenuti e nei due anni successivi.

 

 

      2. La disposizione di cui al comma 1 si applica dal periodo d'imposta in corso alla data del 31 dicembre 2006.

 

 

Art. 37.

(Modifiche all'articolo 144-bis del codice di cui al decreto legislativo 6 settembre 2005, n. 206, recante disposizioni per la tutela dei consumatori).

 

 

      1. L'articolo 144-bis del codice di cui al decreto legislativo 6 settembre 2005, n. 206, recante cooperazione tra le autorità nazionali per la tutela dei consumatori è sostituito dal seguente:

 

 

      «Art. 144-bis. - (Cooperazione tra le autorità nazionali per la tutela dei consumatori). - 1. Il Ministero dello sviluppo economico, salve le disposizioni in materia bancaria, finanziaria, assicurativa e di sistemi di pagamento e le competenze delle autorità indipendenti di settore, che continuano a svolgere le funzioni di autorità competente ai sensi dell'articolo 3, lettera c), del regolamento (CE) n.2006/2004, del Parlamento europeo e del Consiglio del 27 ottobre 2004, nonché le disposizioni per le ulteriori materie per le quali è prevista la competenza di altre autorità nazionali, svolge le funzioni di autorità competente, ai sensi del medesimo articolo 3, lettera c), del regolamento (CE) n. 2006/2004, in materia di:

 

 

          a) servizi turistici, di cui alla parte III, titolo IV, capo II;

 

 

          b) clausole abusive nei contratti stipulati con i consumatori, di cui alla parte III, titolo I;

 

 

          c) garanzia nella vendita dei beni di consumo, di cui alla parte IV, titolo III, capo I;

 

 

          d) credito al consumo, di cui alla parte III, titolo II, capo II, sezione I;

 

 

          e) commercio elettronico, di cui alla parte III, titolo III, capo II;

 

 

          f) contratti negoziati fuori dai locali commerciali, di cui alla parte III, titolo III, capo I, sezione I;

 

 

          g) contratti a distanza, di cui alla parte III, titolo III, capo I, sezione II;

 

 

          h) contratti relativi all'acquisto di un diritto di godimento ripartito di beni immobili, di cui alla parte III, titolo IV, capo I.

 

 

      2. L'Autorità garante della concorrenza e del mercato svolge le funzioni di autorità competente ai sensi dell'articolo 3, lettera c), del regolamento (CE) n. 2006/2004, in materia di pubblicità ingannevole e comparativa di cui alla parte II, titolo III, capo II.

 

 

      3. Il Ministero dello sviluppo economico esercita tutti i poteri di cui al citato regolamento (CE) n. 2006/2004, nelle materie di cui al comma 1, anche con riferimento alle infrazioni lesive degli interessi collettivi dei consumatori in ambito nazionale.

 

 

      4. L'Autorità garante della concorrenza e del mercato esercita i poteri di cui all'articolo 4 del citato regolamento (CE) n. 2006/2004 nelle materie di cui alla parte II, titolo III, capo II, anche con riferimento alle infrazioni lesive degli interessi dei consumatori in ambito nazionale.

 

 

      5. Per lo svolgimento dei compiti di cui ai commi 1 e 3, il Ministero dello sviluppo economico può avvalersi delle camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura, nonché della guardia di finanza che agisce con i poteri ad essa attribuiti per l'accertamento dell'imposta sul valore aggiunto e delle imposte sui redditi utilizzando strutture e personale esistenti in modo da non determinare oneri aggiuntivi. Può inoltre definire forme di collaborazione con altre pubbliche amministrazioni. Limitatamente ai poteri di cui all'articolo 139, può avvalersi delle associazioni dei consumatori e degli utenti di cui all'articolo 137.

 

 

      6. Per lo svolgimento dei compiti di cui ai commi 2 e 4, l'Autorità garante della concorrenza e del mercato può avvalersi della Guardia di finanza che agisce con i poteri ad essa attribuiti per l'accertamento dell'imposta sul valore aggiunto e delle imposte sui redditi utilizzando strutture e personale esistenti in modo da non determinare oneri aggiuntivi.

 

 

      7. Ferma restando la disciplina sanzionatoria in materia di indicazione di prezzi di cui all'articolo 17 del presente codice e le disposizioni di cui all'articolo 22, comma 3, del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 114, ai fini dell'applicazione del regolamento (CE) n. 2006/2004 il Ministero dello sviluppo economico svolge le funzioni di cui al comma 1, avvalendosi, in particolare, dei comuni.

 

 

      8. Le procedure istruttorie relative ai poteri di cui al comma 3 sono stabilite con regolamento emanato ai sensi dell'articolo 17, comma 1, della legge 23 agosto 1988, n. 400, in modo da garantire il contraddittorio, la piena cognizione degli atti e la verbalizzazione.

 

 

      9. Nei casi di rifiuto, omissione o ritardo senza giustificato motivo di esibire i documenti o di fornire le informazioni richieste dal Ministero dello sviluppo economico o dall'Autorità garante della concorrenza e del mercato, nell'ambito delle rispettive competenze, riguardanti fattispecie di infrazioni nazionali o intracomunitarie nonché nel caso in cui siano esibiti documenti o fornite informazioni non veritiere, si applicano le sanzioni di cui all'articolo 26, comma 11. Nei casi di inottemperanza degli impegni assunti dai soggetti interessati di porre fine ad infrazioni nazionali o intracomunitarie, si applicano le sanzioni di cui all'articolo 26, comma 10.

 

 

      10. Il Ministero dello sviluppo economico designa l'ufficio unico di collegamento responsabile dell'applicazione del citato regolamento (CE) n. 2006/2004.».

 

 

Art. 38.

(Disposizioni in materia di mutui e operazioni di finanziamento).

 

 

      1. All'articolo 15, terzo comma, del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 601, sono aggiunte, in fine, le seguenti parole: «, anche nel caso in cui sia prevista la facoltà del debitore di recedere dal rapporto in ogni momento. Non si fa comunque luogo a recuperi o a rimborsi di imposta».

 

 

      2. All'articolo 2, comma 1-bis, del decreto-legge 3 agosto 2004, n. 220, convertito, con modificazioni, dalla legge 19 ottobre 2004, n. 257, sono apportate le seguenti modificazioni:

 

 

          a) dopo il primo periodo, è inserito il seguente: «Alle operazioni di mutuo finalizzate all'estinzione di mutui stipulati per l'acquisto della prima casa di abitazione, poste in essere da enti, istituti, fondi e casse previdenziali nei confronti dei propri dipendenti ed iscritti, si applica lo stesso trattamento previsto per i mutui oggetto di estinzione.»;

 

 

          b) nel secondo periodo, le parole: «La disposizione del periodo precedente», sono sostituite dalle seguenti: «Le disposizioni dei periodi precedenti».

 

 

Art. 39.

(Interpretazione autentica in materia di durata delle operazioni di finanziamento).

 

 

      1. Dopo il comma 4-bis dell'articolo 8 del decreto-legge 31 gennaio 2007, n. 7, convertito, con modificazioni, dalla legge 2 aprile 2007, n. 40, è aggiunto, in fine, il seguente comma:

 

 

      «4-bis.1 L'articolo 15, ultimo comma, del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 601, va interpretato nel senso che si considerano a medio e lungo termine anche le operazioni di finanziamento, di durata contrattuale superiore ai diciotto mesi, in cui sia prevista la facoltà del debitore di recedere dal rapporto in ogni momento».

 

 

Art. 40.

(Disposizioni sui prestiti vitalizi ipotecari).

 

 

      1. Le disposizioni di cui agli articoli 15, 17, 18 e 20 del decreto del Presidente della

 

 

Repubblica 29 settembre 1973, n. 601, e successive modificazioni, sono estese ai prestiti vitalizi ipotecari erogati da parte degli intermediari finanziari di cui all'articolo 106 del testo unico di cui al decreto legislativo 1o settembre 1993 n. 385, se il netto ricavato del finanziamento è destinato: a contributi per l'acquisto della prima casa in favore di parenti dei mutuatari fino al secondo grado incluso; al pagamento di spese per l'assistenza domiciliare di anziani e persone disabili; al pagamento di spese di ristrutturazione straordinaria dell'immobile di residenza dei mutuatari; al rimborso di prestiti con piani di ammortamento rateali a carico dei contraenti.

 

 

      2. Dopo il comma 12 dell'articolo 11-quaterdecies del decreto-legge 30 settembre 2005, n. 203, convertito, con modificazioni, dalla legge 2 dicembre 2005, n. 248, è inserito il seguente:

 

 

      «12-bis. I proprietari dell'immobile ipotecato concedono al soggetto finanziatore mandato con rappresentanza a vendere l'immobile, con esecuzione successiva alla durata della vita dei mandanti, purché trascorsi almeno sei mesi dalla data di esigibilità del credito ed entro il terzo anno dalla data di scadenza del finanziamento. Il mandato é concesso anche nell'interesse del mandatario, e si estingue con il rimborso integrale del finanziamento. La vendita deve essere effettuata ad un prezzo non inferiore al valore dell'immobile individuato da un perito nominato dal presidente del tribunale del luogo in cui è situato l'immobile. Il prezzo minimo di vendita si intende ridotto del 10 per cento se l'immobile è rimasto invenduto trascorsi dodici mesi dalla data di scadenza del finanziamento, e di un ulteriore 10 per cento per ogni ulteriore semestre. La notificazione dell'istanza per la nomina del perito e dell'intenzione di vendere deve farsi almeno sessanta giorni prima della vendita agli eredi del mandatario. In caso di eredità giacente la vendita deve essere autorizzata dal tribunale del circondario in cui si è aperta la successione.

 

 

La differenza tra il ricavo netto della vendita e quanto dovuto al soggetto finanziatore spetta agli eredi del mandante o aventi causa, ed è messa a loro disposizione anche a mezzo di deposito vincolato presso un istituto di credito. Il soggetto finanziatore non può rivalersi nei confronti degli eredi o aventi causa se il ricavo netto della vendita in esecuzione del mandato non è sufficiente per l'estinzione del prestito. Nei confronti dell'acquirente dell'immobile non hanno effetto le domande giudiziali di cui all'articolo 2652, primo comma, n. 7) e n. 8), del codice civile trascritte successivamente alla trascrizione dell'acquisto. Agli effetti dei diritti di scritturato e degli emolumenti ipotecari, nonché dei compensi e dei diritti spettanti al notaio alla stipula, gli atti e le formalità ipotecari, anche di annotazione, si considerano come una stipula, una sola operazione sui registri immobiliari e un solo certificato. Gli onorari notarili sono ridotti alla metà.

 

Art. 33.

(Delega al Governo in materia di modernizzazione degli strumenti di pagamento).

Art. 41.

(Delega al Governo in materia di modernizzazione degli strumenti di pagamento).

 

      1. Al fine di favorire la modernizzazione degli strumenti di pagamento, riducendo i costi finanziari e amministrativi derivanti dalla gestione del denaro contante e dei titoli di credito cartacei, il Governo è delegato ad adottare, entro un anno dalla data di entrata in vigore della presente legge, uno o più decreti legislativi, concernenti il riordino della disciplina in materia di sistemi di pagamento, con l'osservanza dei seguenti princìpi e criteri direttivi:

      1. Identico.

 

          a) progressiva introduzione, a carico delle pubbliche amministrazioni e senza ulteriori oneri, dell'obbligo di accettare pagamenti tramite moneta elettronica, nonché attraverso servizi telematici e telefonici, previa stipulazione di convenzioni, tramite procedura competitiva, con banche e loro associazioni, volte ad escludere che dall'applicazione delle disposizioni dei medesimi decreti legislativi derivino oneri o aggravi finanziari per i cittadini e per l'amministrazione;

 

 

          b) graduale estensione dell'obbligo di cui alla lettera a) ai soggetti incaricati di servizi pubblici, alle banche, alle assicurazioni e ad altri soggetti appartenenti a specifiche categorie economiche;

 

 

          c) introduzione di una soglia massima oltre la quale lo stipendio, la pensione e i compensi comunque corrisposti in via continuativa a prestatori d'opera non possono essere erogati in contanti o con assegni;

 

 

          d) previsione di misure per agevolare i pagamenti delle pubbliche amministrazioni con strumenti diversi dal denaro contante e dagli assegni;

 

 

          e) introduzione di incentivi, anche di natura fiscale, nell'invarianza del gettito, per favorire l'acquisto, anche da parte dei soggetti privati, di strumenti idonei a consentire la ricezione di pagamenti tramite moneta elettronica;

 

 

          f) revisione, nell'invarianza del gettito, della disciplina concernente l'imposta di bollo sui documenti relativi alle operazioni bancarie, rendendo più favorevole il trattamento tributario delle operazioni effettuate in via telematica ed elettronica e della tenuta di conti correnti caratterizzati da ridotto rilievo finanziario e da limitato impatto amministrativo;

 

 

          g) superamento progressivo dell'obbligo di trasmissione dell'elenco dei clienti e dei fornitori in ragione della graduale introduzione dell'emissione della fattura in forma elettronica;

 

 

          h) individuazione di strumenti idonei a ridurre i costi amministrativi a carico degli operatori e i costi amministrativi e finanziari a carico degli utenti, connessi all'utilizzo di moderni sistemi di pagamento, anche mediante la semplificazione delle procedure, da realizzare in via regolamentare o con l'adozione di provvedimenti amministrativi generali e in coordinamento con le autorità che regolano il settore;

 

 

          i) coordinamento della nuova disciplina con le disposizioni vigenti;

 

 

          l) introduzione di una adeguata normativa transitoria volta a regolamentare il passaggio alla nuova disciplina;

 

 

          m) previsione dell'autorizzazione in favore degli enti nazionali di previdenza e assistenza sociale a stipulare, senza maggiori oneri per la finanza pubblica, apposite convenzioni con la società Poste italiane Spa o con banche, alle condizioni di cui alla lettera a), per la distribuzione di carte di pagamento che consentano ai titolari delle prestazioni dei medesimi enti la riscossione delle somme loro spettanti presso gli sportelli automatici degli uffici postali e delle banche.

 

 

      2. Gli schemi dei decreti legislativi di cui al comma 1 sono trasmessi alle Camere per l'acquisizione dei pareri delle competenti Commissioni parlamentari, le quali si esprimono entro trenta giorni dall'assegnazione.

      2. Identico.

 

      3. Decorso il termine di cui al comma 2 senza che le Commissioni parlamentari abbiano espresso i pareri di rispettiva competenza, i decreti legislativi possono essere comunque adottati.

      3. Identico.

 

      4. Nei due anni successivi alla data di entrata in vigore dei decreti legislativi possono essere adottati, nel rispetto dei princìpi e criteri direttivi e delle procedure di cui al presente articolo, uno o più decreti legislativi recanti disposizioni integrative e correttive, nonché tutte le modificazioni necessarie per il migliore coordinamento normativo.

      4. Identico.

 

      5. Dall'attuazione delle deleghe di cui al presente articolo e di cui all'articolo 21 non devono complessivamente derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.

      5. Dall'attuazione delle deleghe di cui al presente articolo e di cui all'articolo 20 non devono complessivamente derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.

 

      6. Le regole tecniche per l'attuazione dei decreti legislativi di cui al comma 1

      6. Identico.

 

sono adottate con le modalità e secondo le procedure previste dall'articolo 71, commi 1 e 1-ter, del codice dell'amministrazione digitale, di cui al decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82, e successive modificazioni.

 

 

 

Art. 42.

(Diffusione dei dati ipotecari e catastali e semplificazioni nelle comunicazioni).

 

 

      1. Nella tabella delle tasse ipotecarie allegata al testo unico delle disposizioni concernenti le imposte ipotecaria e catastale, di cui al decreto legislativo 31 ottobre 1990, n. 347, il numero d'ordine 4 ed il numero d'ordine 7 sono soppressi.

 

 

      2. Al fine di assicurare la massima diffusione dei dati ipotecari e catastali, i servizi denominati «ricerca continuativa per via telematica» e «elenco soggetti presenti nelle formalità di un determinato giorno», sono forniti dall'Agenzia del territorio, gratuitamente e in via istituzionale, secondo modalità stabilite con provvedimento del Direttore dell'agenzia del territorio.

 

 

      3. Le disposizioni di cui ai commi 1 e 2 operano a far data dal primo giorno del secondo mese successivo alla data di entrata in vigore della presente legge.

 

 

      4. Con provvedimento del direttore dell'Agenzia del territorio, da adottare entro quindici giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, si provvede a rideterminare la tabella delle tasse ipotecarie allegata al testo unico delle disposizioni concernenti le imposte ipotecaria e catastale, di cui al decreto legislativo 31 ottobre 1990, n. 347, in modo tale da assicurare l'invarianza del gettito.

 

 

      5. All'articolo 25-ter del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600, è aggiunto, in fine, il seguente comma:

 

 

      «2-bis. Qualora l'ammontare delle ritenute operate ai sensi del presente articolo sia pari o inferiore a 200 euro, l'obbligo di versamento rimane sospeso fino alla scadenza successiva per la quale la somma complessiva da versare sia superiore al predetto importo. Se le ritenute operate nel corso dell'anno non superano l'importo complessivo di 200 euro, il versamento va comunque effettuato alla prima scadenza utile successiva alla fine dell'anno. Il presente comma si applica a decorrere dal 1o gennaio 2007».

 

 

      6. All'articolo 37, comma 43, del decreto-legge 4 luglio 2006, n. 223, convertito, con modificazioni, dalla legge 4 agosto 2006, n. 248, è aggiunto, in fine, il seguente periodo: «La disposizione del periodo precedente si applica anche agli emolumenti arretrati per prestazioni di lavoro dipendente di cui all'articolo 17, comma 1, lettera b), del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, corrisposti a decorrere dal 1o gennaio 2004».

 

Art. 34.

(Famiglie di invalidi civili minori).

Art. 43.

(Famiglie di invalidi civili minori).

 

      1. Nell'articolo 2 della legge 11 ottobre 1990, n. 289, dopo il comma 3 è inserito il seguente:

      Identico.

 

      «3-bis. Nei casi in cui la concessione dell'indennità mensile di frequenza si fonda sulla frequenza di scuole, pubbliche o private, di ogni ordine e grado, da parte del minore, la domanda non deve essere rinnovata ogni anno. Il legale rappresentante del minore ha comunque l'obbligo di comunicare all'Istituto nazionale della previdenza sociale l'eventuale cessazione della frequenza, ovvero il venir meno dei requisiti reddituali o delle altre condizioni per la fruizione dell'indennità».

 

 

 

Art. 44.

(Tutela del consumatore nei servizi assicurativi).

 

 

      1. All'articolo 134 del codice delle assicurazioni private, di cui al decreto legislativo 7 settembre 2005, n. 209, dopo il comma 4-bis è inserito il seguente:

 

 

      «4-bis.1. Le disposizioni di cui all'ultimo periodo del comma 3 e al comma 4-bis, si applicano anche nei casi di sostituzione di autoveicoli della categoria internazionale N con veicoli della categoria M1».

 

 

Art. 45.

(Modifica dell'articolo 45 del codice delle comunicazioni elettroniche).

 

 

      1. All'articolo 45 del codice delle comunicazioni elettroniche, di cui al decreto legislativo n. 259, del 1o agosto 2003, è aggiunto il seguente comma:

 

 

      «3-bis. All'esito della verifica sulla ricorrenza della circostanze eccezionali di cui all'articolo 8, paragrafo 3, della direttiva 2002/19/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 7 marzo 2002, l'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni può definire regole dirette ad assicurare che l'amministrazione e la gestione di tutti gli elementi che compongono la rete di accesso e le risorse correlate, ivi incluse le componenti necessarie alla fornitura di servizi a larga banda, siano sottoposte, nei riguardi dell'operatore titolare di notevole forza di mercato, ad un regime improntato, anche attraverso le più appropriate misure organizzative, a criteri di autonomia, di neutralità e di separazione funzionale dalle altre attività dell'impresa, con la piena garanzia della parità di trattamento esterna ed interna per tutti gli operatori che chiedono accesso. Salvo che siano stati assunti impegni concordati ai sensi dell'articolo 14-bis del decreto-legge 4 luglio 2006, n. 223, convertito, con modificazioni, dalla legge 4 agosto 2006, n. 248, e relativo regolamento di attuazione, l'Autorità stabilisce altresì le modalità attuative delle regole di cui sopra, ivi inclusa la definizione del perimetro delle attività soggette a separazione. Per l'espletamento del compiti di cui ai periodi precedenti l'Autorità segue la procedura descritta dall'articolo 8, paragrafo 3, ultimo periodo, della direttiva 2002/19/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 7 marzo 2002».

 

 

Art. 46.

(Riqualificazione energetica degli edifici).

 

 

      1. All'articolo 1, comma 349, della legge 27 dicembre 2006, n. 296, il secondo periodo è sostituito dal seguente: «I commi 344, 345, 346 e 347 sono applicati secondo quanto disposto dal decreto del Ministro dell'economia e delle finanze 19 febbraio 2007, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 47 del 26 febbraio 2007, recante disposizioni in materia di detrazioni per le spese di riqualificazione energetica del patrimonio edilizio esistente».

 

 

Art. 47.

(Interventi finalizzati al risparmio energetico negli edifici).

 

 

      1. I requisiti di trasmittanza termica U, espressi in W/mq K, per gli interventi edilizi di cui all'articolo 1, comma 345, della legge 27 dicembre 2006, n. 296, sono stabiliti dalla tabella A allegata alla presente legge che, a far data dal 1o gennaio 2007, sostituisce la tabella 3, allegata alla citata legge n. 296 del 2006.

 

 

Art. 48.

(Certificato di chiusa inchiesta).

 

 

      1. Al decreto legislativo 7 settembre 2005, n. 209, recante il Codice delle assicurazioni private, dopo l'articolo 150, è inserito il seguente:

 

 

      «Art. 150-bis. (Certificato di chiusa inchiesta). - 1. È fatto obbligo alla compagnia di assicurazione di risarcire il danno derivante da furto o incendio di autoveicolo, indipendentemente dalla richiesta del rilascio del certificato di chiusa inchiesta, fatto salvo quanto disposto dal comma 2.

 

 

      2. Nei procedimenti giudiziari nei quali si procede per il reato di cui all'articolo 642 del codice penale, limitatamente all'ipotesi che il bene assicurato sia un autoveicolo, il risarcimento del danno derivante da furto o incendio dell'autoveicolo stesso è effettuato previo rilascio del certificato di chiusa inchiesta».

 

 

Art. 49.

(Stazioni sperimentali per l'industria).

 

 

      1. Gli enti riordinati con decreto legislativo 29 ottobre 1999, n. 540, in quanto svolgono istituzionalmente attività di ricerca industriale, sono equiparati, ai fini di cui al comma 506 dell'articolo 1 della legge 27 dicembre 2006, n. 296, agli enti pubblici di ricerca e sono esclusi dall'elenco delle amministrazioni pubbliche individuate ai sensi dell'articolo 1, comma 5, della legge 30 dicembre 2004, n. 311, pubblicato annualmente dall'Istituto nazionale di statistica (ISTAT).

 

Titolo V

SEMPLIFICAZIONE DEL REGIME DELLA CIRCOLAZIONE GIURIDICA DEI VEICOLI

Titolo IV

SEMPLIFICAZIONE DEL REGIME DELLA CIRCOLAZIONE GIURIDICA DEI VEICOLI

 

Art. 35.

(Portabilità della targa dei veicoli).

Art. 50.

(Portabilità della targa dei veicoli).

 

      1. A decorrere dalla data di entrata in vigore della presente legge è istituito, nel rispetto delle finalità di sicurezza, di ordine pubblico e della certezza delle situazioni giuridiche, il regime personale della targa dei veicoli, che consente il collegamento permanente della targa con il relativo titolare, nonché l'identificazione del proprietario del veicolo.

      Identico.

 

Art. 36.

(Regime giuridico degli autoveicoli, dei motoveicoli e dei rimorchi).

Art. 51.

(Regime giuridico degli autoveicoli, dei motoveicoli e dei rimorchi).

 

      1. Gli autoveicoli, i motoveicoli e i rimorchi cessano di essere sottoposti alle disposizioni riguardanti i beni mobili registrati, di cui all'articolo 2683, numero 3), e all'articolo 2810, commi secondo, per la parte relativa agli autoveicoli, e terzo, del codice civile. Ai predetti beni si applicano, ai sensi del terzo comma dell'articolo 812 del codice civile, le disposizioni sui beni mobili, fatto salvo quanto disposto dal comma 2.

      1. Identico.

 

      2. Gli atti che costituiscono, trasferiscono, modificano o estinguono il diritto di proprietà, i diritti reali, anche di garanzia, la locazione con facoltà di acquisto, il sequestro conservativo e il pignoramento dei beni di cui al comma 1 sono registrati nell'archivio nazionale dei veicoli istituito ai sensi degli articoli 225 e 226 del codice della strada, di cui al decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285, e successive modificazioni, secondo le modalità stabilite dal presente titolo. Gli stessi atti sono soggetti ad annotazione nella carta di circolazione.

      2. Identico.

 

      3. Il pubblico registro automobilistico di cui al regio decreto-legge 15 marzo 1927, n. 436, convertito dalla legge 19 febbraio 1928, n. 510, e successive modificazioni, e di cui al regio decreto 29 luglio 1927, n. 1814, e successive modificazioni, è abolito dalla data di entrata in vigore dei regolamenti di attuazione di cui all'articolo 39 della presente legge, che devono essere emanati garantendo l'invarianza del gettito.

      3. Il pubblico registro automobilistico di cui al regio decreto-legge 15 marzo 1927, n. 436, convertito dalla legge 19 febbraio 1928, n. 510, e successive modificazioni, e di cui al regio decreto 29 luglio 1927, n. 1814, e successive modificazioni, è abolito dalla data di entrata in vigore dei regolamenti di attuazione di cui all'articolo 54 della presente legge, che devono essere emanati garantendo l'invarianza del gettito.

 

Art. 37.

(Personale del pubblico registro automobilistico).

Art. 52.

(Personale del pubblico registro automobilistico).

 

      1. Al personale dell'Automobile Club d'Italia, già adibito al funzionamento del pubblico registro automobilistico, che conserva comunque il rapporto di lavoro, si applicano le disposizioni di cui agli articoli 33, 34 e 34-bis del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, e successive modificazioni.

      Identico.

 

Art. 38.

(Disposizioni in materia fiscale).

Art. 53.

(Disposizioni in materia fiscale).

 

      1. Agli atti che costituiscono, trasferiscono, modificano o estinguono il diritto di proprietà, i diritti reali, anche di garanzia, la locazione con facoltà di acquisto, il sequestro conservativo e il pignoramento dei beni continua ad applicarsi l'articolo 56 del decreto legislativo 15 dicembre 1997, n. 446, e successive modificazioni.

      Identico.

 

Art. 39.

(Regolamenti di attuazione).

Art. 54.

(Regolamenti di attuazione).

 

      1. Con uno o più regolamenti, emanati ai sensi dell'articolo 17, comma 2, della legge 23 agosto 1988, n. 400, entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, sono dettate le disposizioni per la disciplina del procedimento di immatricolazione, di annotazione e di registrazione del contenuto degli atti di cui al comma 2 dell'articolo 36 della presente legge, di perdita del possesso e di cessazione della circolazione degli autoveicoli, dei motoveicoli e dei rimorchi, nonché le disposizioni da osservarsi nei casi di smarrimento, sottrazione, distruzione o deterioramento della carta di circolazione e per il trasferimento di residenza dell'intestatario della carta di circolazione medesima. Con gli stessi regolamenti è adeguato alla nuova disciplina il regolamento recante norme per la semplificazione del procedimento relativo all'immatricolazione, ai passaggi di proprietà e alla reimmatricolazione degli autoveicoli, dei motoveicoli e dei rimorchi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 19 settembre 2000, n. 358, e successive modificazioni, e sono disciplinati i tempi e le modalità del trasferimento dei dati e del personale eventualmente occorrente, da trasferire ai sensi dell'articolo 37 della presente legge, dal pubblico registro automobilistico all'archivio nazionale dei veicoli, nonché le altre norme transitorie eventualmente necessarie; sono, inoltre, individuate le ulteriori modalità di attuazione delle disposizioni del presente titolo, garantendo l'invarianza degli oneri, con specifico riguardo alla quota di risorse finanziarie attualmente derivanti dall'attività del pubblico registro automobilistico, ove destinate al funzionamento dello stesso.

      1. Con uno o più regolamenti, emanati ai sensi dell'articolo 17, comma 2, della legge 23 agosto 1988, n. 400, entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, sono dettate le disposizioni per la disciplina del procedimento di immatricolazione, di annotazione e di registrazione del contenuto degli atti di cui al comma 2 dell'articolo 51 della presente legge, di perdita del possesso e di cessazione della circolazione degli autoveicoli, dei motoveicoli e dei rimorchi, nonché le disposizioni da osservarsi nei casi di smarrimento, sottrazione, distruzione o deterioramento della carta di circolazione e per il trasferimento di residenza dell'intestatario della carta di circolazione medesima. Con gli stessi regolamenti è adeguato alla nuova disciplina il regolamento recante norme per la semplificazione del procedimento relativo all'immatricolazione, ai passaggi di proprietà e alla reimmatricolazione degli autoveicoli, dei motoveicoli e dei rimorchi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 19 settembre 2000, n. 358, e successive modificazioni, e sono disciplinati i tempi e le modalità del trasferimento dei dati e del personale eventualmente occorrente, da trasferire ai sensi dell'articolo 52 della presente legge, dal pubblico registro automobilistico all'archivio nazionale dei veicoli, nonché le altre norme transitorie eventualmente necessarie; sono, inoltre, individuate le ulteriori modalità di attuazione delle disposizioni del presente titolo, garantendo l'invarianza degli oneri, con specifico riguardo alla quota di risorse finanziarie attualmente derivanti dall'attività del pubblico registro automobilistico, ove destinate al funzionamento dello stesso.

 

Art. 40.

(Sanzioni).

Art. 55.

(Sanzioni).

 

      1. Chiunque circola con un veicolo per il quale non è stata rilasciata la carta di circolazione è soggetto alla sanzione amministrativa del pagamento di una somma da euro 357 a euro 1.433. Alla medesima sanzione è soggetto il proprietario del veicolo o l'usufruttuario o il locatario con facoltà d'acquisto o l'acquirente con patto di riservato dominio. Dalla violazione del presente comma consegue la sanzione amministrativa accessoria della confisca del veicolo, secondo le norme di cui al titolo VI, capo I, sezione II, del codice della strada, di cui al decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285, e successive modificazioni.

      1. Identico.

 

      2. Chiunque circola con un rimorchio agganciato ad una motrice senza che sulla relativa carta di circolazione siano riportate le prescritte indicazioni relative alle caratteristiche del rimorchio medesimo è soggetto alla sanzione amministrativa del pagamento di una somma da euro 71 a euro 286.

      2. Identico.

 

      3. Chiunque abusivamente produce o distribuisce targhe per autoveicoli, per motoveicoli o rimorchi è soggetto alla sanzione amministrativa del pagamento di una somma da euro 357 a euro 1.433. Dalla violazione del presente comma consegue la sanzione amministrativa accessoria della confisca delle targhe, secondo le norme di cui al titolo VI, capo I, sezione II, del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285, e successive modificazioni.

      3. Identico.

 

      4. Ai gestori dei centri di raccolta e di vendita degli autoveicoli, dei motoveicoli e dei rimorchi che alienano, smontano o distruggono gli stessi mezzi senza avere prima restituito la targa e la carta di circolazione al competente ufficio, qualora non vi abbiano provveduto i titolari, si applica la sanzione prevista dall'articolo 255 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152.

      4. Identico.

 

      5. L'acquirente di uno dei diritti di cui al comma 2 dell'articolo 36, che omette di effettuare l'annotazione e la registrazione previste al medesimo comma, è soggetto alla sanzione amministrativa del pagamento di una somma da euro 600 a euro 3.300. La predetta sanzione è ridotta della metà qualora l'adempimento sia effettuato entro trenta giorni dalla scadenza del termine stabilito con i regolamenti di cui all'articolo 39.

      5. L'acquirente di uno dei diritti di cui al comma 2 dell'articolo 51, che omette di effettuare l'annotazione e la registrazione previste al medesimo comma, è soggetto alla sanzione amministrativa del pagamento di una somma da euro 600 a euro 3.300. La predetta sanzione è ridotta della metà qualora l'adempimento sia effettuato entro trenta giorni dalla scadenza del termine stabilito con i regolamenti di cui all'articolo 54.

 

Art. 41

(Modificazioni, abrogazioni e disposizioni transitorie).

Art. 56

(Modificazioni, abrogazioni e disposizioni transitorie).

 

      1. Le disposizioni del presente titolo e dei regolamenti di cui all'articolo 39 si applicano a decorrere dalla data di entrata in vigore dei regolamenti stessi. A decorrere dalla stessa data:

      1. Le disposizioni del presente titolo e dei regolamenti di cui all'articolo 54 si applicano a decorrere dalla data di entrata in vigore dei regolamenti stessi. A decorrere dalla stessa data:

 

          a) nel codice civile:

          a) identica;

 

              1) alla rubrica della sezione I del capo III del titolo I del libro VI, le parole: «agli aeromobili e agli autoveicoli» sono sostituite dalle seguenti: «e agli aeromobili»;

 

 

              2) il numero 3) dell'articolo 2683 è abrogato;

 

 

              3) al primo comma dell'articolo 2695, le parole: «e dalla legge speciale per quanto riguarda gli autoveicoli» sono soppresse;

 

 

              4) all'articolo 2810, al secondo comma, le parole: «gli aeromobili e gli autoveicoli» sono sostituite dalle seguenti: «e gli aeromobili» e il terzo comma è abrogato;

 

 

          b) il regio decreto-legge 15 marzo 1927, n. 436, convertito dalla legge 19 febbraio 1928, n. 510, e successive modificazioni, è abrogato, ad eccezione dell'articolo 29;

          b) identica;

 

          c) il regio decreto 29 luglio 1927, n. 1814, e successive modificazioni, è abrogato;

          c) identica;

 

          d) l'articolo 7 della legge 9 luglio 1990, n. 187, e successive modificazioni, è abrogato;

          d) identica;

 

          e) nel codice della strada, di cui al decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285, e successive modificazioni, l'articolo 78, comma 1, secondo periodo, è soppresso; l'articolo 93, commi 1, 2, 3, 4, 5, 6, 7, 8, 9 e 12, l'articolo 94, l'articolo 95, l'articolo 101, commi 2, 3, 4, 5 e 6, e l'articolo 103 sono abrogati;

          e) identica;

 

          f) l'articolo 245 e l'articolo 247 del regolamento di esecuzione e di attuazione del codice della strada, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 16 dicembre 1992, n. 495, e successive modificazioni, sono abrogati.

          f) identica.

 

 

Art. 57.

(Modifiche al codice della strada).

 

 

      1. All'articolo 123 del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285, e successive modificazioni, sono apportate le seguenti modificazioni:

 

 

          a) al comma 5, primo periodo, le parole: «con almeno un'esperienza biennale» sono soppresse;

 

 

          b) ai commi 11 e 11-bis le parole: «a euro 15.000» sono sostituite dalle seguenti: «a euro 40.000»;

 

 

          c) al comma 11-bis, è aggiunto, in fine, il seguente periodo: «Non configura esercizio abusivo dell'attività di autoscuola prendere a noleggio veicoli muniti di doppi comandi da parte di persone fisiche a fini non professionali».

 

 

Art. 58.

(Legge annuale per la promozione della concorrenza e della tutela dei consumatori)

 

 

      1. Il Presidente del Consiglio dei ministri o il Ministro per lo sviluppo economico, di concerto con gli altri Ministri interessati, entro il 31 luglio di ogni anno presenta al Parlamento un disegno di legge recante: »Disposizioni per la promozione della concorrenza e della tutela dei consumatori"; tale titolo è seguito dall'anno di riferimento.

 

 

      2. Il periodico adeguamento dell'ordinamento nazionale ai rilievi, ai pareri ed alle segnalazioni dell'Autorità garante della concorrenza e del mercato è assicurato dalla legge annuale di cui al comma 1 per la promozione della concorrenza, che reca:

 

 

          a) disposizioni modificative o abrogative, anche mediante conferimento al Governo di delega legislativa, di disposizioni statali vigenti in contrasto con i rilievi, i pareri e le segnalazioni dell'Autorità garante della concorrenza e del mercato, espressi ai sensi e con le modalità di cui agli articoli 21, 22 e 23 della legge 10 ottobre 1990, n. 287;

 

 

          b) disposizioni che individuano i princìpi fondamentali nel rispetto dei quali le regioni e le province autonome esercitano la propria competenza normativa per correggere le situazioni distorsive del mercato ed assicurare ulteriori livelli di promozione della concorrenza e della tutela dei consumatori.

 

 

      3. Nell'ambito della relazione al disegno di legge di cui al comma 1 il Governo:

 

 

          a) riferisce sullo stato di conformità dell'ordinamento ai rilievi, ai pareri ed alle segnalazioni dell'Autorità garante della concorrenza e del mercato;

 

 

          b) illustra le disposizioni contenute nel disegno di legge che rimuovono gli ostacoli alla libera concorrenza e migliorano la tutela del consumatore;

 

 

          c) dà partitamente conto delle ragioni dell'eventuale omesso inserimento delle disposizioni correttive di leggi, decreti, regolamenti e provvedimenti necessari per rimuovere o prevenire le situazioni distorsive del mercato;

 

 

          d) fornisce l'elenco degli atti normativi, nonché delle intese e degli accordi di cui all'articolo 59 della presente legge, con i quali le singole regioni e province autonome hanno provveduto a correggere tali situazioni distorsive, ad assicurare ulteriori livelli di promozione della concorrenza e della tutela dei consumatori. L'elenco è predisposto dalla Conferenza unificata di cui all'articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, in tempo utile e, comunque, non oltre il 30 giugno di ogni anno.

 

Titolo VI

NORME FINALI

Titolo V

NORME FINALI

 

Art. 42.

(Collaborazione tra Stato, regioni e autonomie locali).

Art. 59.

(Collaborazione tra Stato, regioni e autonomie locali).

 

      1. Il Governo e le regioni promuovono intese o concludono accordi, ai sensi dell'articolo 8, comma 6, della legge 5 giugno 2003, n. 131, e dell'articolo 4, comma 1, del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, in sede di Conferenza unificata di cui all'articolo 8 del medesimo decreto legislativo n. 281 del 1997, e successive modificazioni, al fine di assicurare ulteriori livelli di promozione della concorrenza e di tutela dei consumatori, nonché di garantire la piena applicazione e la verifica degli effetti derivanti delle disposizioni della presente legge.

      1. Il Governo e le regioni promuovono intese o concludono accordi, ai sensi dell'articolo 8, comma 6, della legge 5 giugno 2003, n. 131, e dell'articolo 4, comma 1, del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, in sede di Conferenza unificata di cui all'articolo 8 del medesimo decreto legislativo n. 281 del 1997, e successive modificazioni, al fine di assicurare ulteriori livelli di promozione della concorrenza e di tutela dei consumatori, nonché di garantire la piena applicazione e la verifica degli effetti derivanti delle disposizioni della presente legge e delle leggi annuali di promozione della concorrenza e della tutela dei consumatori di cui all'articolo 58.

 

 

Art. 60.

(Disposizioni particolari per le regioni a statuto speciale e le province autonome)

 

 

      1. Le disposizioni della presente legge sono applicabili nelle regioni a statuto speciale e nelle province autonome di Trento e di Bolzano compatibilmente con i rispettivi statuti e le relative norme di attuazione, anche con riferimento alle disposizioni del titolo V della parte seconda della Costituzione per le parti in cui prevedono forme di autonomia più ampie rispetto a quelle già attribuite.

 

Art. 43.

(Invarianza della spesa).

Art. 61.

(Invarianza della spesa).

 

      1. Dall'attuazione della presente legge non devono derivare oneri aggiuntivi o diminuzioni di entrate per la finanza pubblica.

      1. Identico.

 

      2. Le attività e gli adempimenti previsti dalle disposizioni di cui agli articoli 3, comma 2, 5, 8, 9, 13, comma 3, 14, comma 1, 15, comma 4, 19, comma 4, 24 e 33 sono svolti dalle amministrazioni competenti nell'ambito degli ordinari stanziamenti di bilancio, nonché delle risorse umane e strumentali previste e disponibili a legislazione vigente.

      2. Le attività e gli adempimenti previsti dalle disposizioni di cui agli articoli 5, 12, 16, comma 3, 26 e 41 sono svolti dalle amministrazioni competenti nell'ambito degli ordinari stanziamenti di bilancio, nonché delle risorse umane e strumentali previste e disponibili a legislazione vigente.

 

 


 (Articolo 47)

TABELLA A

 

Zona climatica

Strutture opache

Verticali U(W/m2K)

Strutture opache orizzontali U(W/m2K)

Finestre comprensive

di infissi U(W/m2K)

Pavimenti

Copertura

A

0.72

0.42

0.74

5.0

B

0.54

0.42

0.55

3.6

C

0.46

0.42

0.49

3.0

D

0.40

0.35

0.41

2.8

E

0.37

0.32

0.38

2.5

F

0.35

0.31

0.36

2.2

 

 



[1]     Il D.Lgs. 31 marzo 1998, n. 112 (Conferimento di funzioni e compiti amministrativi a regioni e enti locali, ai sensi dell’art. 1 della L. 59/97), ha fatto salva la disciplina del D.Lgs. 32/1998 (art. 1, comma 1). Peraltro, il successivo art. 105, co. 2, lett. f), ha attribuito alle regioni le funzioni in materia di concessioni per l’installazione e l’esercizio di impianti lungo le autostrade ed i raccordi autostradali.

[2]    Procedura 2004/4365

[3]     Sul piano generale l’articolo 43 stabilisce il principio fondamentale che vieta le restrizioni alla libertà di stabilimento dei cittadini di uno Stato membro nel territorio di un altro Stato membro nel quadro del mercato interno.

[4]     Decreto legislativo 11 febbraio 1998, n. 32 in materia di razionalizzazione del sistema di distribuzione dei carburanti come modificato dal decreto legislativo 8 settembre 1999, n. 346, legge 28 dicembre 1999, n. 496, in materia di accise sui prodotti petroliferi e di accelerazione del processo di liberalizzazione del relativo settore, legge 5 marzo 2001, n. 57, relativa all’apertura e alla regolazione dei mercati che prevede, tra l’altro, l’adozione di un piano nazionale contenente le linee guida per l’ammodernamento del sistema distributivo dei carburanti, piano approvato con decreto ministeriale del 31 ottobre 2001.

[5]     Il piano nazionale contenente le linee guida per l'ammodernamento del sistema distributivo dei carburanti richiede alle regioni l’elaborazione di documenti di programmazione, da concordarsi tra gli operatori, i comuni, le province e la regione stessa, che contengano, tra l’altro, la definizione di criteri autorizzativi per l’installazione di nuovi impianti.

[6]     Sentenza 15 gennaio 2002, Commissione contro l’Italia, causa C-439/99, punto 22.

[7]     Cfr. sentenza 13 febbraio 2003, in causa C-131/01.

[8]    Legge 3 agosto 1999, n. 265 recante “Disposizioni in materia di autonomia e ordinamento degli enti locali, nonché modifiche alla L. 8 giugno 1990, n. 142.”

[9]    Si tratta in particolare di: rivendite di generi di monopolio, negozi ed esercizi di vendita interni ai campeggi, ai villaggi, ai complessi turistico-alberghieri, esercizi di vendita al dettaglio delle aree di servizio autostradali, delle stazioni ferroviarie, marittime e aeroportuali, rivendite dei giornali, gelaterie e gastronomie, rosticcerie e pasticcerie, esercizi specializzati nella vendita di bevande, fiori, piante e articoli da giardinaggio, mobili, libri, dischi, nastri magnetici, musicassette, videocassette, opere d'arte, oggetti di antiquariato, stampe, cartoline, articoli da ricordo e artigianato locale, nonché stazioni di servizio autostradali.

[10]   Presupposti della DIA sono la natura vincolata dell’atto amministrativo surrogato e l’assenza di alcun limite o contingente complessivo o specifici strumenti di programmazione settoriale per il rilascio dell’atto. Non possono essere surrogati dalla dichiarazione di inizio attività i solo atti autorizzativi rilasciati dalle amministrazioni preposte: alla difesa nazionale;alla pubblica sicurezza; all’immigrazione; all’amministrazione della giustizia; alla amministrazione delle finanze (ivi compresi gli atti concernenti le reti di acquisizione del gettito, anche derivante dal gioco); alla tutela della salute e della pubblica incolumità; alla tutela del patrimonio culturale e paesaggistico e dell’ambiente. Sono inoltre non surrogabili dalla DIA gli atti amministrativi imposti dalla normativa comunitaria. Sul piano procedurale, la nuova disciplina della DIA prevede: la presentazione, anche per mezzo di autocertificazioni, delle certificazioni e delle attestazioni normativamente richieste; il divieto alla PA competente di richiedere informazioni o certificazioni relative a fatti, stati o qualità attestate in documenti già in possesso dell’amministrazione stessa; l’inizio dell’attività con contestuale comunicazione alla pubblica amministrazione decorsi trenta giorni dalla presentazione della DIA; il potere della PA - nei trenta giorni successivi alla suddetta comunicazione - di adottare motivati provvedimenti di divieto di prosecuzione dell’attività e di rimozione dei suoi effetti, ove si accerti la carenza di condizioni, modalità e fatti legittimanti; la sospensione del termine per l’adozione, da parte della PA competente, dei provvedimenti di divieto di prosecuzione dell’attività e di rimozione degli effetti, fino a trenta giorni nei casi in cui la legge richiede pareri di organi o enti appositi. Resta comunque salva la possibilità per l’amministrazione competente di assumere determinazioni in via di “autotutela”, in particolare la revoca del provvedimento e l’ annullamento d’ufficio del provvedimento.

[11]    Legge 29 dicembre 1993, n.580 (“Riordinamento delle camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura”).

[12]   Il comma 4dell'articolo 8 della legge n.580 del 1993 prevedeva in origine l'istituzione di apposite sezioni speciali del Registro delle imprese per le iscrizioni degli imprenditori agricoli, dei piccoli imprenditori, delle società semplici e delle imprese artigiane. Tale assetto del Registro è stato successivamente rivisto dal DPR 14 dicembre 1999, n. 558, che ha introdotto varie semplificazioni procedimentali (secondo i principi dell’art. 20, co. 8, della legge Bassanini), disponendo, in particolare, all'articolo 2, l'iscrizione in un’unica sezione speciale delle categorie imprenditoriali e delle società in precedenza comprese nelle quattro sezioni speciali.

[13]    La circolare del Ministro dell'industria n. 3243 del 17 maggio 1991 ha precisato che vi rientrano anche i diplomi di qualifica professionale ottenuto dopo corsi di durata inferiore ai cinque anni, purché di indirizzo commerciale.

[14]    DM 21 febbraio 1990, n. 300.

[15]   Le innovazioni introdotte dal decreto legislativo 303/1991, di recepimento della direttiva 86/653/CEE, sono consistite principalmente:

-        nella previsione del diritto di ognuna delle parti di ottenere dall'altra una copia del contratto sottoscritto (art. 1742, comma 2);

-        nel diritto dell'agente alla provvigione sugli affari conclusi anche dopo lo scioglimento del contratto, quando la conclusione degli stessi è effetto soprattutto dell'attività da lui svolta (art. 1748, comma 3);

-        nella previsione di specifici obblighi del proponente nei riguardi dell'agente (art. 1748, commi 5, 6 e 7);

-        nella trasformazione in contratto a tempo indeterminato del contratto di agenzia la cui esecuzione è proseguita dalle parti oltre la scadenza del termine fissato e nella disciplina del preavviso in caso di recesso di una delle parti dal contratto (art. 1750); nella modifica della disciplina dell'indennità in caso di cessazione del rapporto (art. 1751);

-        nella disposizione, di nuova introduzione, relativa al cd. patto di non concorrenza, volto alla limitazione della concorrenza all'impresa preponente da parte dell'agente, nella stessa zona, dopo la conclusione del contratto di agenzia (art. 1751-bis).

[16]   Il decreto legislativo 15 febbraio 1999, n. 65, “Adeguamento della disciplina relativa agli agenti commerciali indipendenti, in ulteriore attuazione della direttiva 86/653/CEE del Consiglio del 18 dicembre 1986" ha pertanto modificato e sostituito gli articoli 1742, 1746, 1748, 1749 e 1751 del codice civile. In particolare, per quanto riguarda la prova del contratto di agenzia che deve essere data per iscritto, si ricorda che l'attuale formulazione dell'art. 1742, comma 2, cc, riproduce letteralmente l'articolo 13, comma 1, della direttiva, e si differenzia dalla precedente formulazione per l'espresso richiamo alla necessaria prova per iscritto del contratto e alla trasposizione in un documento del contenuto del contratto stesso e delle clausole aggiuntive, nonché per la prevista irrinunciabilità del diritto ad avere copia di tale documentazione. Inoltre, sono precisati gli obblighi e i diritti dell'agente e del preponente.

 

 

[17]   Si ricorda che il Registro delle imprese, tenuto da un apposito Ufficio presso le camere di commercio, è stato istituito dall’articolo 8 della legge n. 580/93di riordino delle camere di commercio. Al Registro sono tenuti ad iscriversi tutti coloro che esercitano un’attività imprenditoriale, previa denuncia alla camera di commercio. La registrazione garantisce la pubblicità legale delle imprese e di tutti gli atti che le riguardano e ne testimonia l’esistenza, l’attività esercitata e gli eventi aventi rilievo giuridico durante la sua attività. Contestualmente all’iscrizione, l’Ufficio preposto della camera di commercio, in collegamento con il Ministero dell’economia e delle finanze, assegna il numero di iscrizione al Registro che coincide con il Codice fiscale. Attualmente il registro si articola in due sezioni, una ordinaria e una speciale, (alle quali il DLgs 96/2001 ne ha affiancata una ulteriore per le Società tra avvocati). Dal 1° novembre 2003 è entrato in vigore l'obbligo (secondo quanto previsto dall’articolo 31, comma 2, della legge 340 del 2000) di presentazione per via telematica o su supporto informatico con firma digitale di domande, denunce ed atti al Registro delle imprese. Si ricorda, infine, che ai sensi dell'art. 9 del DPR n. 581 del 1995 è stato istituito, a scopi esclusivamente documentali e statistici, il "Repertorio delle notizie economiche e amministrative" (REA), nel quale sono iscrivibili i soggetti non qualificabili come imprenditori ma che, tuttavia, esercitano attività economiche e professionali denunciabili alle Camere di commercio.

[18]   “Natura e compiti dell'Ente nazionale di assistenza per gli agenti e rappresentanti di commercio e riordinamento del trattamento pensionistico integrativo a favore degli agenti e dei rappresentanti di commercio”.

[19]   Convertito, con modificazioni, dalla legge 4 agosto 2006, n. 248.

[20]    Riguardo a quest'ultimo profilo, si ricorda che l'art. 12, dodicesimo comma, della L. 2 aprile 1968, n. 475, prevede che gli eredi - nei termini previsti dalla disciplina oggetto ora di abrogazione e fatte salve le ipotesi dalla medesima contemplate - debbano trasferire la farmacia in favore di farmacista iscritto nell'albo professionale, che, in un precedente concorso per sedi farmaceutiche, abbia conseguito la titolarità o sia risultato idoneo. Durante il periodo transitorio, gli eredi hanno diritto di continuare l'esercizio sotto la responsabilità di un direttore.

[21]   Si ricorda che l’articolo 47 del codice della strada classifica i veicoli in base alle categorie internazionali; in particolare, relativamente all’articolo in esame, si ricorda la che appartengono alla categoria L i veicoli a due e tre ruote, in particolare:

      - categoria L1: veicoli a due ruote la cilindrata del cui motore (se si tratta di motore termico) non supera i 50 cc e la cui velocità massima di costruzione (qualunque sia il sistema di propulsione) non supera i 50 km/h;

      - categoria L2: veicoli a tre ruote la cilindrata del cui motore (se si tratta di motore termico) non supera i 50 cc e la cui velocità massima di costruzione (qualunque sia il sistema di propulsione) non supera i 50 km/h;

      - categoria L3: veicoli a due ruote la cilindrata del cui motore (se si tratta di motore termico) supera i 50 cc o la cui velocità massima di costruzione (qualunque sia il sistema di propulsione) supera i 50 km/h;

      - categoria L4: veicoli a tre ruote asimmetriche rispetto all'asse longitudinale mediano, la cilindrata del cui motore (se si tratta di motore termico) supera i 50 cc o la cui velocità massima di costruzione (qualunque sia il sistema di propulsione) supera i 50 km/h (motocicli con carrozzetta laterale);

      - categoria L5: veicoli a tre ruote simmetriche rispetto all'asse longitudinale mediano, la cilindrata del cui motore (se si tratta di motore termico) supera i 50 cc o la cui velocità massima di costruzione (qualunque sia il sistema di propulsione) supera i 50 km/h;

      Appartengono alla categoria M i veicoli a motore destinati al trasporto di persone ed aventi almeno quattro ruote; in particolare:

      - categoria M1: veicoli destinati al trasporto di persone, aventi al massimo otto posti a sedere oltre al sedile del conducente;

      - categoria M2: veicoli destinati al trasporto di persone, aventi più di otto posti a sedere oltre al sedile del conducente e massa massima non superiore a 5 t.

[22]    Si ricorda che l’appendice V del regolamento 495/1992 elenca le caratteristiche costruttive e funzionali dei veicoli a motore e loro rimorchi in ordine ai seguenti parametri:

A - Masse, dimensioni ed allestimenti

B – Prestazioni

C - Sicurezza attiva

D - Sicurezza passiva

E - Protezione ambientale

F - Norme per particolari categorie di veicoli

G - Disposizioni fiscali

H - Varie

[23]Comunicazione n. 2006/C 67/06, pubblicata nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea, serie C, n. 67, del 18 marzo 2006.

[24] L’UNECE è la Commissione economica per l'Europa delle Nazioni Unite, una delle cinque commissioni regionali dell’ONU istituita nel 1947 al fine di promuovere l’integrazione economica paneuropea. L’UNECE, tra l’altro, fissa norme, standard e convenzioni per facilitare la cooperazione internazionale. Il campo di attività dell’UNECE comprende: l’integrazione e la cooperazione economica, l’energia, l’ambiente, le statistiche, il commercio ed i trasporti.

[25] Accordo della Commissione economica per l'Europa delle Nazioni Unite relativo all'adozione di condizioni uniformi di omologazione e al riconoscimento reciproco dell'omologazione degli accessori e delle parti dei veicoli a motore, firmato a Ginevra il 20 marzo 1958. La Comunità europea ha aderito, il 31 dicembre 2005, all’Accordo del 1958 riveduto.

[26] CARS 21 (Competitive Automotive Regulatory System for the 21st Century) è un gruppo ad alto livello istituito dalla Commissione nel gennaio 2005 e composto dai principali attori del settore automobilistico - Stati membri, rappresentanti dell'industria, ONG e deputati europei – al fine di esaminare gli ambiti politici di maggiore rilievo che interessano l'industria automobilistica europea e di formulare raccomandazioni in merito alle future politiche pubbliche e al futuro quadro normativo.

[27] Comunicazione n. 1996/143/04, pubblicata nella Gazzetta ufficiale delle Comunità europee, serie C, n. 143, del 15 maggio 1996. Il 14 febbraio 2007 la Commissione ha presentato un aggiornamento della comunicazione interpretativa in questione (SEC(2007)169).

[28]   Il D.Lgs 22 febbraio 2005 recante “Riordino della disciplina relativa all'installazione e all'esercizio degli impianti di riempimento, travaso e deposito di GPL, nonché all'esercizio dell'attività di distribuzione e vendita di GPL in recipienti, a norma dell'articolo 1, comma 52, della L. 23 agosto 2004, n. 239 è stato pubblicato nella GU 29 marzo 2006, n. 74.

[29]   La precedente normativa di riferimento era costituita dalla legge 21 marzo 1958, n. 327, recante "Norme per la concessione e l'esercizio delle stazioni di riempimento di gas di petrolio liquefatti", che aveva introdotto norme relative alla concessione e all’esercizio delle stazioni di riempimento di gas di petrolio liquefatti. Successivamente, con la legge 2 febbraio 1973, n. 7, recante "Norme per l'esercizio delle stazioni di riempimento e per la distribuzione di gas di petrolio liquefatti in bombole", era stato disciplinato l’esercizio delle predette stazioni, nonché la distribuzione di GPL in bombole. Il provvedimento era stato poi modificato e integrato dalla legge 1° ottobre 1985, n. 539, recante "Modifiche ed integrazioni alla legge 2 febbraio 1973, n. 7". Più recentemente, con il DPR 18 aprile 1994, n. 420, recante "Regolamento recante semplificazione delle procedure di concessione per l'installazione di impianti di lavorazione o di deposito di oli minerali", si era provveduto a semplificare le procedure di concessione e per l’installazione di impianti di lavorazione o di depositi di oli. Il provvedimento di semplificazione riguarda anche i depositi di GPL. Sotto il profilo della sicurezza degli impianti nel tempo erano  stati adottati vari decreti da parte del Ministro degli interni.

[30]   L’articolo 1419 stabilisce che la nullità parziale di un contratto o la nullità di singole clausole comporta  la nullità dell'intero contratto qualora risulti che i contraenti non lo avrebbero concluso senza la parte colpita dalla nullità. La nullità di singole clausole non comporta la nullità del contratto, quando le clausole nulle sono sostituite di diritto da norme imperative (1339, 1354, 1500 e seguente, 1679, 1815, 1932, 2066, 2077, 2115).

[31]    Articolo 1, comma 30, della legge n. 239 del 23 agosto 2004 contenente riordino del settore energetico, nonché delega al Governo per il riassetto delle disposizioni vigenti in materia di energia.

[32]      Legge 18 aprile 2005, n.62.

[33]      Legge 18 aprile 2005, n.62.

[34]    Sentenza del 10 maggio 1995, “Alpine Investments”, C-384/93; del 5 ottobre 2004, “CaixaBank France”, C-442/02.

[35]   Si ricorda che l’articolo 9 del D.Lgs. 23-5-2000 n. 164 reca la definizione di rete nazionale di gasdotti come “la rete costituita dai gasdotti ricadenti in mare, dai gasdotti di importazione ed esportazione e relative linee collegate necessarie al loro funzionamento, dai gasdotti interregionali, dai gasdotti collegati agli stoccaggi, nonché dai gasdotti funzionali direttamente e indirettamente al sistema nazionale del gas”. La rete nazionale di gasdotti è stata individuata con D.M. 22 dicembre 2000 modificato, da ultimo, dal D.M. 13 marzo 2006.

[36]   Attuazione della direttiva (CEE) n. 71/316 relativa alle disposizioni comuni agli strumenti di misura ed ai metodi di controllo metrologico.

[37]   Recante Attuazione della direttiva 98/30/CE recante norme comuni per il mercato interno del gas naturale, a norma dell'articolo 41 della L. 17 maggio 1999, n. 144.

[38]    Tale documento è scaricabile a seguente indirizzo internet:

      http://www.autorita.energia.it/docs/dc/dc_060606.pdf

[39]   Acronimo di Measuring Instruments Directive.

[40]   approvato con regio decreto 23 agosto 1890, n. 7088.

[41]   Definiti come strumenti intesi a misurare, memorizzare e visualizzare la quantità di gas combustibile (volume o massa) che vi passa attraverso.

[42]   Si tratta di dispositivi installati sui contatori del gas, che convertono automaticamente la quantità misurata in condizioni di conteggio in una quantità in condizioni di base.

[43]   Le infrastrutture centralizzate sono elencate nell’allegato al decreto come segue:

      1. Gestione sistema di smistamento e riconsegna bagagli.

      2. Gestione tecnica pontili per l'imbarco e lo sbarco dei passeggeri o altri sistemi non frazionabili di trasporto dei passeggeri.

      3. Gestione impianti centralizzati di alimentazione, condizionamento e riscaldamento aeromobili.

      4. Gestione sistemi centralizzati di sghiacciamento aeromobili.

      5. Gestione sistemi informatici centralizzati (informativa al pubblico, sala annunci, sistema di scalo CUTE, ecc.).

      6. Gestione impianti statici centralizzati di distribuzione carburanti.

      7. Gestione impianti centralizzati di stoccaggio e lavaggio materiali catering.

[44]    Per un approfondimento sulla procedura d’infrazione relativa all’articolo 14 del D.Lgs. 18/1999 si rinvia alla scheda di lettura dell’articolo 23 della legge comunitaria per il 2006, contenuta nel relativo dossier quaderni del Servizio Studi.

[45]    COM (2006) 821 definitivo del 24 gennaio 2007

[46]      Procedura di infrazione n. 1999/4472.

[47]    L’articolo 228 del TCE recita:

      “1. Quando la Corte di giustizia riconosca che uno Stato membro ha mancato ad uno degli obblighi ad esso incombenti in virtù del presente trattato, tale Stato è tenuto a prendere i provvedimenti che l'esecuzione della sentenza della Corte di giustizia comporta.

      2. Se ritiene che lo Stato membro in questione non abbia preso detti provvedimenti, la Commissione, dopo aver dato a tale Stato la possibilità di presentare le sue osservazioni, formula un parere motivato che precisa i punti sui quali lo Stato membro in questione non si è conformato alla sentenza della Corte di giustizia.

      Qualora lo Stato membro in questione non abbia preso entro il termine fissato dalla Commissione i provvedimenti che l'esecuzione della sentenza della Corte comporta, la Commissione può adire la Corte di giustizia. In questa azione essa precisa l'importo della somma forfetaria o della penalità, da versare da parte dello Stato membro in questione, che consideri adeguato alle circostanze.

      La Corte di giustizia, qualora riconosca che lo Stato membro in questione non si è conformato alla sentenza da essa pronunciata, può comminargli il pagamento di una somma forfettaria o di una penalità.

      Questa procedura lascia impregiudicate le disposizioni dell'articolo 227.”

[48]    La disposizione prevede infatti che le associazioni internazionali di imprese e le imprese ferroviarie, hanno il diritto all'accesso ed all'utilizzo, a condizioni eque e non discriminatorie, di:

      a) impianti di approvvigionamento di combustibile;

      b) stazioni passeggeri, strutture ed edifici ad esse annessi;

      c) scali e terminali merci;

      d) aree e impianti di smistamento e di composizione dei treni;

      e) aree, impianti ed edifici destinati alla sosta, al ricovero ed al deposito di materiale rotabile e di merci;

      f) centri di manutenzione ed ogni altra infrastruttura tecnica;

      g) servizi di manovra;

      h) controllo dei trasporti di merci pericolose, previa sottoscrizione di contratti specifici con il gestore dell'infrastruttura;

      i) assistenza alla circolazione di treni speciali, previa sottoscrizione di contratti specifici con il gestore dell'infrastruttura.

[49]    Procedura n. 2006/0462.

[50]    Procedura n. 2006/0463.

[51]    Con riferimento all’articolo in esame, nella sua formulazione originaria,  erano stati formulati rilievi di ordine costituzionale da parte dei rappresentanti delle Regioni, in sede di parere reso dalla Conferenza Unificata Stato-Regioni (riunione del 15 marzo 2007). Si segnalava, in particolare, che alcune delle disposizioni in esame, nel disciplinare direttamente aspetti delle attività di  trasporto regionale e locale, integrassero una lesione delle competenze esclusive delle regioni in tale materia.  

[52]    Si tratta della proposta di regolamento (COM(2000)7) del 26 luglio 2000 relativa all’azione degli Stati membri in materia di obblighi di servizio pubblico e di aggiudicazione di contratti di servizio pubblico nel settore del trasporto di passeggeri per ferrovia, su strada e per via navigabile interna. La proposta, che era destinata a sostituire il regolamento (CEE) n. 1191/69, è stata esaminata dal Parlamento europeo in prima lettura secondo la procedura di codecisione, nel novembre 2001, con l’approvazione dioltre 100 emendamenti. Successivamente la Commissione ha presentato una proposta modificata (COM(2002)107) nella quale vengono recepiti parzialmente gli emendamenti del PE, e l’ha trasmessa al Consiglio che, dalla fine della presidenza spagnola (1° semestre 2002), ne ha sospeso l’esame a causa delle forti divergenze fra gli Stati membri, determinate essenzialmente dai diversi gradi di liberalizzazione dei mercati nazionali.

[53]    Per un’illustrazione delle sentenze emesse dalla Corte di giustizia, fra cui la sentenza del 24 luglio 2003 (causa C-280/00) “Altmark Trans GmbH”, si rinvia alla scheda del presente dossier relativa all’articolo 6 del ddl in esame.

[54]    Tale ultima ha inteso meglio precisare gli obblighi di trasparenza nelle relazioni finanziarie tra lo Stato (o altri enti pubblici) e le imprese incaricate della gestione di servizi pubblici che godono a tale scopo di diritti speciali o esclusivi.

[55]Il sesto programma di azione in materia di ambiente è stato istituito dalla decisione n. 1600/2002/CE. Il programma, valido per il periodo 2002-2012, prevede l’elaborazione di sette strategie tematiche al fine di perseguire gli obiettivi fissati dal programma stesso in specifici settori di intervento, fra cui l’ambiente urbano.

[56]Il 29 settembre 2004 la Commissione ha presentato una proposta di regolamento relativa ad un nuovo strumento finanziario per l’ambiente (LIFE+) (COM(2004)621), inteso a riunire gran parte degli attuali programmi finanziari destinati all’ambiente, al fine di migliorarne l’efficienza. Il 27 giugno 2006 il Consiglio ha adottato, secondo la procedura di codecisione, una posizione comune sulla proposta che è stata approvata con emendamenti in seconda lettura dal Parlamento europeo il 24 ottobre 2006.

[57]    CIVITAS (CIty-VItality-Sustainability) è un’iniziativa dell’Unione europea intesa ad aiutare le città a sviluppare un sistema di trasporto urbano più sostenibile, efficiente dal punto di vista energetico ed ecocompatibile. Dopo la fase CIVITAS I relativa al periodo 2002-2006, è attualmente in corso una seconda fase, CIVITAS II, che si concluderà nel 2009.

[58]    Regolamento (CE) n. 1083/2006 recantenorme e principi comuni applicabili al Fondo europeo di sviluppo regionale, al Fondo sociale e al Fondo di coesione (c.d. regolamento generale); regolamento (CE) n. 1080/2006 sul Fondo europeo di sviluppo regionale (FEDER); regolamento (CE) n. 1081/2006 sul Fondo sociale europeo (FSE); regolamento (CE) n. 1082/2006 relativo alla creazione di un gruppo europeo di cooperazione territoriale (GECT).

[59]    URBAN è l'iniziativa comunitaria, finanziata dal Fondo europeo di sviluppo regionale (FESR), a favore dello sviluppo sostenibile di città e quartieri in crisi dell'Unione europea. La prima fase relativa al periodo 1994-1999 è stata seguita da una nuova fase, nota come URBAN II, che si è svolta dal 2001 al 2006. Fra i settori prioritari di intervento dell’iniziativa figuravano lo sviluppo di trasporti pubblici più rispettosi dell’ambiente nonché lo scambio di informazioni e di esperienze sullo sviluppo urbano ecocompatibile nell'Unione europea.

[60]    Secondo tale regolamento, gli orientamenti costituiscono la base per predisporre i quadri strategici nazionali ed i programmi operativi del Fondo europeo di sviluppo regionale (FESR), del Fondo sociale europeo (FSE) e del Fondo di coesione. I programmi sono intesi a promuovere lo sviluppo equilibrato armonioso e sostenibile dei paesi dell’UE nonché il miglioramento della qualità di vita dei cittadini europei.

[61]    CARS 21 (Competitive Automotive Regulatory System for the 21st Century) è un gruppo ad alto livello istituito dalla Commissione nel gennaio 2005 e composto dai principali attori del settore automobilistico.

[62]    Il 7 febbraio 2007 la Commissione ha presentato anche un progetto di comunicazione contenente i “risultati del riesame della strategia comunitaria per ridurre le emissioni di CO2 delle autovetture e dei veicoli commerciali leggeri” (COM(2007)19), che illustra, in modo più approfondito ed esteso, la nuova strategia per la riduzione delle emissioni di CO2 degli autoveicoli.

[63]    Conformemente all'articolo 1 della direttiva 2005/55/CE relativa all'emissione di inquinanti gassosi e di particolato prodotti dai motori ad accensione spontanea destinati alla propulsione di veicoli e contro l'emissione di inquinanti gassosi prodotti dai motori ad accensione comandata alimentati con gas naturale o con gas di petrolio liquefatto destinati alla propulsione di veicoli, per "veicolo ecologico migliorato (EEV)" si intende il veicolo azionato da un motore conforme ai valori di emissione limite facoltativi indicati nelle tabelle di cui al punto 6.2.1 dell'allegatoI alla medesima direttiva..

[64]   http://www.governo.it/GovernoInforma/Dossier/dpef_2007_2011/politiche_crescita.pdf, pag. 103.

[65]   Recante delega al Governo per completare la liberalizzazione dei settori dell' energia elettrica e del gas naturale e per il rilancio del risparmio energetico e delle fonti rinnovabili, in attuazione delle direttive comunitarie 2003/54/CE, 2003/55/CE e 2004/67/CE.

[66]   Ai sensi del comma 3 del medesimo articolo, tali decreti legislativi sono adottati su proposta del Ministro dello sviluppo economico e del Ministro per le politiche europee, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, sentita l’Autorità per l’energia elettrica e il gas. Gli schemi dei decreti legislativi sono sottoposti al parere della Conferenza uniflcata e delle competenti Commissioni parlamentari; decorsi sessanta giorni dalla data di trasmissione, i decreti sono emanati anche in mancanza dei predetti pareri. Con la stessa procedura, e nel rispetto dei princìpi e dei criteri direttivi stabiliti dalla presente legge, il Governo, entro diciotto mesi dalla data di entrata in vigore di ciascuno dei suddetti decreti legislativi, può emanare disposizioni correttive e integrative.

[67]   Tale pubblicazione è consultabile sul sito dell’Autorità per l’energia al link http://www.autorita.energia.it/pubblicazioni/distribuzione_gas.pdf.

[68]   Legge 18 aprile 2005, n. 62, recante "Disposizioni per l'adempimento di obblighi derivanti dall'appartenenza dell'Italia alle Comunità europee”.

[69]    Vedi Bollettino Attività dell’Unione europea “Una nuova politica energetica per l’Europa”, n. 6- gennaio 2007, a cura dell’Ufficio rapporti con l’Unione europea.

[70]    In particolare, il nuovo obiettivo strategico della politica energetica europea – è volto a ridurre almeno del 20 %, entro il 2020,le emissioni di gas serra derivanti dal consumo di energia nell’UE rispetto ai livelli del 1990.

[71]    L’indagine settoriale è stata avviata nel giugno 2005. Alla presentazione dei primi risultati, nel novembre 2005, è seguita una relazione preliminare del febbraio 2006 che ha lanciato una consultazione pubblica a cui hanno partecipato operatori del settore, autorità nazionali, associazioni di categoria ed enti governativi.

[72]   Art.11, comma 1 e comma 1 bis della legge n.990/1969, come modificata dall’ art.25, comma 1 della legge n.273/2002; artt. 35 e 132 comma 2 del dlgs 209/2005 (Codice delle assicurazioni private).

[73]   Sulla giurisprudenza relativa agli artt.46 e 49 TCE, si veda la scheda relativa all’articolo 1.

[74]   Si tratta degli enti che provvedono alla emanazione di norme tecniche vale a dire di documenti di natura volontaria elaborati con il consenso delle parti interessate – quali produttori, consumatori, pubblica amministrazione ecc.- che definiscono le prestazioni e le caratteristiche di prodotti, processi produttivi o servizi sotto diversi profili: qualitativi, dimensionali, teconologici, di sicurezza ecc..Le norme tecniche sono emesse da organismi nazionali e internazionali di normazione, enti di diritto privati riconosciuti, rappresentativi di organizzazioni imprenditoriali, pubbliche amministrazioni, associazioni di consumatori e componenti tecnico-scientifiche. In Italia l'attività di normazione è svolta dall'UNI (Ente nazionale italiano di unificazione) e dal CEI (Comitato elettrotecnico italiano) che rappresentano l'Italia presso gli enti di normazione a livello comunitario (CEN e CENELEC) e a livello internazionale (ISO e IEC International Electrotechnical Commission).

[75]   Il SINAL è stato costituito nel 1988 in forma di Associazione privata senza scopi di lucro.

[76]   Il SINCERT è stato costituito nel 1991 anch’esso  in forma di Associazione privata senza scopo di lucro, legalmente riconosciuta dallo Stato Italiano con DM 16 Giugno 1995.

[77]   Il Servizio di Taratura in Italia è stato costituito nel 1979 dagli istituti metrologici primari italiani (enti pubblici).

[78]    Il termine, originariamente fissato al 16 giugno 2007 (entro 18 mesi dalla data di entrata in vigore della legge) è stato prorogato, non ancora scaduto, al 31 dicembre 2007 dall'art. 1, co. 10, della L. 12 luglio 2006, n. 228, di conversione del D.L. 12 maggio 2006, n. 173.

[79]   La determinazione delle tariffe per i servizi resi dal Ministero delle attività produttive (ora Ministero dello sviluppo economico), finalizzati all'autorizzazione degli organismi, alla vigilanza sugli stessi e all'effettuazione dei controlli sui prodotti soggetti alla marcatura CE in attuazione di quanto disposto dal citato decreto legislativo è stata effettuata dal D.M. 13 febbraio 2004.

[80]   La competenza della ASL in questo ambito deriva dal DL n. 390/1982, art. 2, che richiama l’articolo 20 della 23 dicembre 1978, n. 833.

[81]   Normativa tecnica di riferimento per le attrezzature a pressione e per gli insiemi di cui alla direttiva 97/23/CEE e degli apparecchi semplici a pressione di cui alle direttive 87/404/CEE e 90/488/CEE (Gazzetta Ufficiale n. 58 dell'11 marzo 2005).

[82]   Normativa tecnica di riferimento per le attrezzature a pressione e per gli insiemi di cui alla direttiva 97/23/CEE e degli apparecchi semplici a pressione di cui alle direttive 87/404/CEE e 90/488/CEE (Gazzetta Ufficiale n. 58 dell'11 marzo 2005).

[83]    Per gli interventi edilizi di “recupero” il titolo legittimante è invece individuato nella D.I.A. e la loro realizzazione è subordinata, ai sensi dell’art. 16 e segg., al pagamento del contributo di costruzione.

[84]      Tale definizione recepisce l’indirizzo giurisprudenziale prevalente (cfr., in particolare, Consiglio di Stato, sez. V, 15 giugno 2000, n. 3321; sez. V, 6 maggio 1991, n. 732 e  Cassazione civ., sez. III, 19 giugno 1988, n. 1798), secondo cui, ai fini della qualifica dell’intervento come di “nuova costruzione” o meno, assume rilevanza non solo la qualità dei materiali e la tipologia di opera realizzata, ma anche e soprattutto la funzione cui è destinata l’opera, accordandosi l’attributo della precarietà alle sole opere destinate a soddisfare esigenze meramente temporanee.

[85]    Tale disposizione, ai fini del rilascio del certificato di prevenzione incendi. prevede che l'interessato, in attesa del sopralluogo, possa presentare al comando provinciale dei vigili del fuoco una dichiarazione, corredata da certificazioni di conformità dei lavori eseguiti al progetto approvato, con la quale attesta che sono state rispettate le prescrizioni vigenti in materia di sicurezza antincendio e si impegna al rispetto degli obblighi di cui all'articolo 5. Il comando rilascia all'interessato contestuale ricevuta dell'avvenuta presentazione della dichiarazione che costituisce, ai soli fini antincendio, autorizzazione provvisoria all'esercizio dell'attività.

[86]   D.Lgs. 8 marzo 2006, n. 139, Riassetto delle disposizioni relative alle funzioni ed ai compiti del Corpo nazionale dei vigili del fuoco, a norma dell'articolo 11 della L. 29 luglio 2003, n. 229.

[87]   D.P.R. 12 gennaio 1998 n. 37, Regolamento recante disciplina dei procedimenti relativi alla prevenzione incendi, a norma dell'articolo 20, comma 8, della L. 15 marzo 1997, n. 59.

[88]   Cfr. Ministero dell’Interno, Circolare 5 Maggio 1998 n. 9 (Prot. n. P796/4101 sott. 72/E), D.P.R. 12 gennaio 1998, n. 37.- Regolamento per la disciplina dei provvedimenti relativi alla prevenzione incendi - Chiarimenti applicativi.

[89]   D.M. Ministro dell'interno 4 maggio 1998, Disposizioni relative alle modalità di presentazione ed al contenuto delle domande per l'avvio di procedimenti di prevenzione incendi, nonché all'uniformità dei connessi servizi resi dai Comandi provinciali dei vigili del fuoco.

[90]   Si ricordano alcuni degli organi collegiali cui è chiamato a partecipare il Comando:

      - Commissione provinciale di vigilanza sui locali di pubblico spettacolo (art. 141 del regolamento del T.U.L.P.S.);

      - Commissione tecnica provinciale depositi di olii minerali e g.p.l. nominata dal Prefetto;

      - Commissione tecnica nominata Fabbriche, deposito e rivendite di esplosivi nominata dal Prefetto (art. 49 del T.U.L.P.S.)

[91]   La direttiva 85/611/CEE è stata successivamente modificata dalle direttive n. 88/220/CEE, n. 95/26/CE, n. 2000/64/CE, n. 2001/107/CE, n. 2001/108/CE, n. 2004/39/CE e n. 2005/1/CE.

[92]    Riforma dell'imposizione sul reddito delle società, a norma dell'articolo 4 della legge 7 aprile 2003, n. 80.

[93]    La disciplina è stata modificata dall’articolo 5 del D.L. 30 settembre 2005, n. 203, convertito, con modificazioni, dalla legge 2 dicembre 2005, n. 248.

[94]    Per la disciplina di tale istituto relativamente ai soggetti IRPEF si vedano gli articoli 58 e 64 del TUIR.

[95]   L’obbligo di notifica non sussiste per gli aiuti rientranti nel c.d. regime de minimis.

[96]   Si ricorda che in base a recente giurisprudenza deve ritenersi ravvisabile una cessione d'azienda  laddove  il negozio di trasferimento di  immobili adibiti ad albergo abbia ad oggetto un insieme di beni organizzati  in un  contesto  produttivo  dall'imprenditore  per  l'esercizio  dell'attività d'impresa (Sent. n. 1913 del 28/11/2006 Corte Cass. Sez. tributaria).

[97]    Il costo del lavoro risultante dal conto economico comprende:

-          i salari e gli stipendi;

-          gli oneri sociali;

-          il trattamento di fine rapporto;

-          il trattamento di quiescenza e simili;

-          gli altri costi sostenuti per il personale.

[98]    Per quanto concerne le modalità di adozione del DPCM relativo alle regole tecniche, la norma rinvia all’articolo 71 del decreto legislativo n.82 del 2005 (“Codice dell’amministrazione digitale”), ove si prevede che le tale tipo di regole siano adottate con decreto del Presidente del consiglio dei Ministri o del Ministro delegato per l’innovazione e le tecnologie, di concerto con il Ministro per la funzione pubblica, sentiti la Conferenza unificata ed il Garante per la protezione dei dati personali nelle materie di competenza, previo parere tecnico del CNIPA, al fine di garantire la coerenza tecnica con le regole tecniche del sistema pubblico di connettività.

[99]    Si tratta dell’articolo 14, comma 4, della legge 30 dicembre 1991, n.412 e dell’articolo 1 del decreto-legge 15 gennaio 1993, n.6, convertito, con modificazioni, dalla legge 17 marzo 1993, n.63,. Tali norme hanno disposto che a decorrere dal 1° gennaio 1992 le iscrizioni, le variazioni e cancellazioni all’INPS, all’INAIL, alle Camere di commercio e alle Commissioni provinciali per l’artigianato, nonché le operazioni che interessino la competenza dell’Amministrazione finanziaria poste in essere da aziende e lavoratori autonomi, artigiani e commercianti, sono effettuate esclusivamente presso sportelli polifunzionali istituiti nelle sedi di ciascuno dei suddetti organismi (i cui archivi, opportunamente automatizzati, sono telematicamente collegati tra loro). La denuncia fatta ad uno di tali sportelli, effettuata su moduli unificati e con procedure integrate, ha efficacia anche nei confronti degli altri soggetti interessati, nei limiti delle rispettive competenze di legge.

[100]  Legge 29 dicembre 1993, n.580 (“Riordinamento delle camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura”).

[101]L. 17 luglio 1975, n. 400 “Norme intese ad uniformare ed accelerare la procedura di liquidazione coatta amministrativa degli enti cooperativi”.

[102] Si ricorda che la legge 30 aprile 1985, n. 163, recante Nuova disciplina degli interventi dello Stato a favore dello spettacolo, ha unificato la spesa per lo spettacolo, affidata in precedenza a singoli provvedimenti di carattere settoriale. L’art. 1 della legge ha infatti istituito nello stato di previsione del Ministero del turismo e dello spettacolo (oggi, del Ministero per i beni e le attività culturali) il Fondo unico per lo spettacolo (FUS), destinato a finanziare le diverse attività e alimentato da un importo da definirsi annualmente in sede di legge finanziaria (tabella C). Inoltre, ai sensi dell’art. 6 della citata legge, il Ministro per i beni e le attività culturali presenta annualmente al Parlamento una relazione sull’utilizzazione del F.U.S. e sull’andamento complessivo dello spettacolo.

[103]I provvedimenti richiamati dal comma 3 sono i Decreti del Ministro per i beni e le attività culturali (emanati  il 21 dicembre 2005) recanti modalità di erogazione del Fondo unico per lo spettacolo alle attività teatrali, musicali, di danza, circensi ed allo spettacolo viaggiante. In pari data è stato emanato anche un decreto relativo al riparto del FUS alle fondazioni lirico sinfoniche, che non risultano però comprese tra i destinatari della disposizione in commento anche in ragione della loro natura giuridica.

[104]Emendamenti 23.54 (on Lulli) e 23.55 (on Martella), Commissione Attività produttiva seduta del 15 maggio 2007

[105]D.Lgs. 22-1-2004 n. 28 Riforma della disciplina in materia di attività cinematografiche, a norma dell'articolo 10 della L. 6 luglio 2002, n. 137

[106]Nel Fondo per la produzione, la distribuzione, l’esercizio e le industrie tecniche affluiscono, ai sensi del D.Lgs.28/2004, le risorse in precedenza allocate in fondi distinti ( Fondo di intervento, Fondo di sostegno e Fondo di garanzia), nonché la quota riservata al cinema nell’ambito del Fondo unico dello spettacolo (FUS).

La gestione di tale Fondo è stata recentemente regolata dal DM 6 marzo 2006 che, in attuazione del comma 5, dell’articolo 12, ha definito le modalità di erogazione dei finanziamenti e dei contributi, nonché le modalità di monitoraggio ed impiego dei finanziamenti concessi

[107]D.Lgs. 22-1-2004 n. 42 Codice dei beni culturali e del paesaggio, ai sensi dell'articolo 10 della L. 6 luglio 2002, n. 137.

[108]Si ricorda che l’affidamento a privati dei servizi aggiuntivi, risale al DL 14 novembre 1992, n. 433,convertito con modificazioni dalla L. 14.1.1993, n. 4 i cui contenuti sono poi confluiti nel Testo unico dei beni culturali (D.Lgs.29 ottobre 1999, n. 490) e in seguito nel Codice.

[109]Il DM recante Adeguamento alla disciplina comunitaria dei criteri di individuazione di piccole e medie imprese è stato pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 238 del 12 ottobre 2005.

[110]Il DM recante Adeguamento alla disciplina comunitaria dei criteri di individuazione di piccole e medie imprese è stato pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 238 del 12 ottobre 2005.

[111]Commissione istruzione, seduta del 17 maggio 2007.

[112] L 18-3-1968 n. 337 Disposizioni sui circhi equestri e sullo spettacolo viaggiante.

[113]Il Ministero dello sviluppo economico esercita attualmente competenze in materia di sostegno ed integrazione dell’attività degli enti territoriali per assicurare l’unità economica del Paese; promozione della concorrenza;          coordinamento delle istituzioni pubbliche e private interessate allo sviluppo della competitività; definizione delle politiche per lo sviluppo economico e promozione degli interessi del sistema produttivo del Paese presso le pertinenti istituzioni internazionali e comunitarie di settore.

[114]Tale ultima previsione risulta dall’approvazione dell’ emendamento 23.50 (on Sanga ed altri) Commissione attività produttive, seduta del 15 maggio 2007

[115]La legge 30 aprile 1985, n. 163, recante Nuova disciplina degli interventi dello Stato a favore dello spettacolo.

[116]Commissione istruzione, seduta del 17 maggio 2007.

[117]Si ricorda in proposito che ai sensi della riforma del Titolo V, la disciplina regolamentare può intervenire solo nelle materie in cui lo Stato ha competenza esclusiva.

[118]Commissione istruzione, seduta del 17 maggio 2007.

[119]Emendamento 23.100 (on Lulli ) approvato nella seduta della Commissione attività produttive del 15 maggio 2007.

[120]Decreto del capo del Governo 14 febbraio 1938, n. 153, Norme corporative per la regolamentazione della concessione del nulla osta per l’esercizio dell’attività teatrale.

[121]L. 7-8-1990 n. 241 Nuove norme in materia di procedimento amministrativo e di diritto di accesso ai documenti amministrativi.

[122]D.P.R. 26 aprile 1992, n. 300 Regolamento concernente le attività private sottoposte alla disciplina degli articoli 19 e 20 della legge 7 agosto 1990, n. 241

[123]  D.Lgs. 7 marzo 2005, n. 82, Codice dell'amministrazione digitale.

[124]  D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 267, Testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali.

[125]  L’art. 14 (Rapporti tra Stato, regioni e autonomie locali) recita:

      “1. In attuazione del disposto dell'articolo 117, secondo comma, lettera r), della Costituzione, lo Stato disciplina il coordinamento informatico dei dati dell'amministrazione statale, regionale e locale, dettando anche le regole tecniche necessarie per garantire la sicurezza e l'interoperabilità dei sistemi informatici e dei flussi informativi per la circolazione e lo scambio dei dati e per l'accesso ai servizi erogati in rete dalle amministrazioni medesime.

      2. Lo Stato, le regioni e le autonomie locali promuovono le intese e gli accordi e adottano, attraverso la Conferenza unificata, gli indirizzi utili per realizzare un processo di digitalizzazione dell'azione amministrativa coordinato e condiviso e per l'individuazione delle regole tecniche di cui all'articolo 71.

      3. Lo Stato, ai fini di quanto previsto ai commi 1 e 2, istituisce organismi di cooperazione con le regioni e le autonomie locali, promuove intese ed accordi tematici e territoriali, favorisce la collaborazione interregionale, incentiva la realizzazione di progetti a livello locale, in particolare mediante il trasferimento delle soluzioni tecniche ed organizzative, previene il divario tecnologico tra amministrazioni di diversa dimensione e collocazione territoriale.

      3-bis. Ai fini di quanto previsto ai commi 1, 2 e 3, è istituita senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica, presso la Conferenza unificata, previa delibera della medesima che ne definisce la composizione e le specifiche competenze, una Commissione permanente per l'innovazione tecnologica nelle regioni e negli enti locali con funzioni istruttorie e consultive”.

[126]  L. 5 giugno 2003, n. 131, Disposizioni per l'adeguamento dell'ordinamento della Repubblica alla L.Cost. 18 ottobre 2001, n. 3.

[127]  D.Lgs. 28 agosto 1997, n. 281, Definizione ed ampliamento delle attribuzioni della Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e Bolzano ed unificazione, per le materie ed i compiti di interesse comune delle regioni, delle province e dei comuni, con la Conferenza Stato-città ed autonomie locali.

[128]  L. 15 marzo 1997, n. 59, Delega al Governo per il conferimento di funzioni e compiti alle regioni ed enti locali, per la riforma della Pubblica Amministrazione e per la semplificazione amministrativa.

 

[129]  Il falso in atto pubblico è contemplato dall’art. 483, 1° comma, del codice penale che punisce con la reclusione fino a due anni chiunque attesta falsamente al pubblico ufficiale, in un atto pubblico, fatti dei quali l'atto è destinato a provare la verità.

[130]  L. 7 agosto 1990, n. 241, Nuove norme in materia di procedimento amministrativo e di diritto di accesso ai documenti amministrativi.

[131]  L. 4 gennaio 1968, n. 15, Norme sulla documentazione amministrativa e sulla legalizzazione e autenticazione di firme.

[132]  D.P.R. 28 dicembre 2000, n. 445, Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di documentazione amministrativa. (Testo A).

[133]  D.Lgs. 12 aprile 2006, n. 163, Codice dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture in attuazione delle direttive 2004/17/CE e 2004/18/CE.

[134]  Si ricorda che, nel caso di lavoratori extracomunitari, i datori di lavoro sono tenuti a comunicare l’instaurazione, la cessazione e la trasformazione del rapporto entro cinque giorni allo Sportello unico per l’immigrazione presso le prefetture-UTG.

 

[135]  La figura dell’institore è contraddistinta da un generale potere sia di gestione sia di rappresentanza: la preposizione institoria, essendo caratterizzata dall'ampiezza dei poteri rappresentativi che fanno dell'institore l'alter ego dell'imprenditore, postula la volontà di quest'ultimo di delegare al preposto poteri di gestione del tutto coincidenti con i propri (cfr. Cassazione civile, Sez. II, sent. n. 2020 del 19 febbraio 1993).

[136]  Il D.P.C.M., pubblicato nella Gazzetta ufficiale n. 98 del 27 aprile 2004, ha abrogato il D.P.C.M. 8 febbraio 1999.

[137]  Pubblicata nella Gazzetta ufficiale n. 51 del 3 marzo 2005.

[138]  L. 24 novembre 2000 n. 340, Disposizioni per la delegificazione di norme e per la semplificazione di procedimenti amministrativi – Legge di semplificazione 1999.

[139]L’art. 11 del Codice dell’amministrazione digitale prevede l’istituzione presso il ministero delle attività produttive (ora, dello sviluppo economico), che si avvale a questo scopo del sistema informativo delle camere di commercio, il Registro informatico degli adempimenti amministrativi per le imprese, nel quale è contenuto l'elenco completo degli adempimenti amministrativi previsti dalle pubbliche amministrazioni per l'avvio e l'esercizio delle attività di impresa. Il Registro, articolato su base regionale, fornisce il supporto necessario a compilare in via elettronica la relativa modulistica. Il regolamento recante le modalità di coordinamento, di attuazione e di accesso al Registro è stato adottato con D.P.C.M. 3 aprile 2006, n. 200.

[140]Sono escluse da questo obbligo quelle presentate dagli imprenditori individuali e dai soggetti iscritti nel repertorio delle notizie economiche e amministrative.

[141]D.Lgs. 7 marzo 2005, n. 82, Codice dell'amministrazione digitale.

[142]D.P.R. 28 dicembre 2000 n. 445, Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di documentazione amministrativa.

[143]Centro nazionale per l’informatica nella pubblica amministrazione.

[144]Nella Gazzetta ufficiale n. 45 del 23 febbraio 2007 è stata pubblicata la circolare del CNIPA del 15 febbraio 2007, n. 52, relativa allo svolgimento delle funzioni di vigilanza e controllo sull’attività dei certificatori qualificati e accreditati, di cui all’articolo 31 del Codice dell’amministrazione digitale.

[145]L. 29 luglio 2003, n. 229, Interventi in materia di qualità della regolazione, riassetto normativo e codificazione. Legge di semplificazione 2001.

[146]D.Lgs. 7 marzo 2005, n. 82, Codice dell’amministrazione digitale.

[147]Presidenza del Consiglio, Dipartimento per l’innovazione e le tecnologie, Direttiva 27 novembre 2003, Impiego della posta elettronica nelle pubbliche amministrazioni, pubblicata nella G.U. 12 gennaio 2004, n. 8.

[148]  D.P.R. 11 febbraio 2005, n. 68, Regolamento recante disposizioni per l’utilizzo della posta elettronica certificata, a norma dell’articolo 27 della legge 16 gennaio 2003, n. 3.

[149]  Legge 29 dicembre 1993, n.580 (“Riordinamento delle camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura”).

[150]Il comma 4dell'articolo 8 della legge n.580 del 1993 prevedeva in origine l'istituzione di apposite sezioni speciali del Registro delle imprese per le iscrizioni degli imprenditori agricoli, dei piccoli imprenditori, delle società semplici e delle imprese artigiane. Tale assetto del Registro è stato successivamente rivisto dal DPR 14 dicembre 1999, n. 558, che ha introdotto varie semplificazioni procedimentali (secondo i principi dell’art. 20, co. 8, della legge Bassanini), disponendo, in particolare, all'articolo 2, l'iscrizione in un’unica sezione speciale delle categorie imprenditoriali e delle società in precedenza comprese nelle quattro sezioni speciali.

[151]  D.Lgs. 30 marzo 2001 n. 165, Norme generali sull'ordinamento del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche. Ai sensi del menzionato art. 1, co. 2, sono amministrazioni pubbliche “tutte le amministrazioni dello Stato, ivi compresi gli istituti e scuole di ogni ordine e grado e le istituzioni educative, le aziende ed amministrazioni dello Stato ad ordinamento autonomo, le Regioni, le Province, i Comuni, le Comunità montane, e loro consorzi e associazioni, le istituzioni universitarie, gli Istituti autonomi case popolari, le Camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura e loro associazioni, tutti gli enti pubblici non economici nazionali, regionali e locali, le amministrazioni, le aziende e gli enti del Servizio sanitario nazionale, l'Agenzia per la rappresentanza negoziale delle pubbliche amministrazioni (ARAN) e le Agenzie di cui al decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 300”.

[152]  Il CNIPA (Centro Nazionale per l’Informatica nella Pubblica Amministrazione) opera presso la Presidenza del Consiglio per l’attuazione delle politiche del Dipartimento per l’innovazione e le tecnologie, con autonomia tecnica, funzionale, amministrativa, contabile e finanziaria e con indipendenza di giudizio. I compiti del CNIPA nei riguardi della Pubblica Amministrazione sono molteplici:

§          definire strumenti per governare il processo di innovazione;

§          coordinare lo sviluppo dei sistemi informativi;

§          emettere pareri di congruità tecnico-economica-strategica sui progetti;

§          dettare criteri e regole tecniche di sicurezza, interoperabilità, prestazione;

§          dare assistenza su aspetti particolarmente innovativi dell’ICT mediante appositi “Centri di competenza”;

§          promuovere lo sviluppo di strumenti abilitanti (reti e carte) e gestire le relative strutture operative;

§          attivare programmi speciali di intervento, co-finanziando progetti specifici delle Amministrazioni centrali e di quelle regionali e locali;

§          coordinare la predisposizione di piani di formazione del personale.

[153]  D.P.R. 28 dicembre 2000, n. 445, Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di documentazione amministrativa (testo A).

[154]  Le regole tecniche furono adottate dall’AIPA con deliberazione 13 dicembre 2001, n. 42, e rielaborate dal CNIPA con deliberazione 19 febbraio 2004, n. 11.

[155]  D.Lgs. 7 marzo 2005, n. 82, Codice dell’amministrazione digitale. sul Codice, v. quanto sinteticamente ricordato nella scheda relativa all’art. 30.

[156]  Per la pubblica amministrazione il regime giuridico è disciplinato invece dall’art. 22, co. 3, il quale stabilisce che “Le copie su supporto informatico di documenti formati in origine su altro tipo di supporto sostituiscono, ad ogni effetto di legge, gli originali da cui sono tratti se la loro conformità all’originale è assicurata dal funzionario a ciò delegato nell’ambito dell’ordinamento proprio dell’amministrazione di provenienza, mediante l’utilizzo della firma digitale e nel rispetto delle regole tecniche stabilite ai sensi dell’articolo 71”.

[157]  L’art. 1, co. 1, lett. v) del codice definisce gli “originali non unici” come “i documenti per i quali sia possibile risalire al loro contenuto attraverso altre scritture o documenti di cui sia obbligatoria la conservazione, anche se in possesso di terzi”.

[158]In dottrina: FIORENTINO, Dei titoli di credito, Commentario Scialoja Branca, 235; in giurisprudenza, v. C 99/1410.

[159]  Cr., da ultimo, Cassazione, sez. I, sentenza 18 gennaio 2006, n. 870, in Foro it., 2006, I, 1762.

[160]  Cfr. di recente Tribunale Firenze 17 febbraio 2004, in Banca Borsa Titoli di Credito, 2006, 3, 396.

[161]  Cfr. C. Carlevale, La commissione di massimo scoperto e il costo del credito bancario, in Banca Borsa Titoli di Credito, 2006, 3, 397 ss.

[162]  Direttiva del Presidente del Consiglio dei ministri 27 gennaio 1994, Princìpi sull'erogazione dei servizi pubblici.

[163]Cfr. art. 2, comma 6, D.L. 13-3-1988 n. 69, Norme in materia previdenziale, per il miglioramento delle gestioni degli enti portuali ed altre disposizioni urgenti, convertito in legge, con modificazioni, dalla legge 13 maggio 1988, n. 153.

[164]Recante “Definizioni di criteri unificati di valutazione della situazione economica dei soggetti che richiedono prestazioni sociali agevolate, a norma dell'articolo 59, comma 51, della L. 27 dicembre 1997, n. 449”.

[165]La definizione di nucleo familiare è stata poi ulteriormente specificata dall’art. 1-bis del D.P.C.M. 7 maggio 1999, n. 221, “Regolamento concernente le modalità attuative e gli ambiti di applicazione dei criteri unificati di valutazione della situazione economica dei soggetti che richiedono prestazioni agevolate”. Sul punto il regolamento è stato recentemente modificato dal D.P.C.M. 4 aprile 2001, n. 242.

[166]Diversamente, sempre agli effetti anagrafici, per convivenza anagrafica s'intende un insieme di persone normalmente coabitanti per motivi religiosi, di cura, di assistenza, militari, di pena e simili, aventi dimora abituale nello stesso comune (art. 5).

[167]Legge 27 dicembre 2006, n. 296, Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge finanziaria 2007), art. 1, comma 226.

[168]Cfr. L. 23 dicembre 2005, n. 266, Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge finanziaria 2006), art. 1, comma 333 che richiama la definizione di nucleo familiare contenuta nel DM (Sanità) del 22 gennaio 1993 (Modalità di attestazione del diritto alla fruizione dell'assistenza sanitaria in regime di partecipazione alla spesa).

[169]Con il decreto legislativo 6 settembre 2005, n. 206, emanato in attuazione della delega contenuta nell’art. 7 della legge legge 229/03 (legge di semplificazione 2001), si è provveduto a riordinare e a raccogliere interamente in un Codice del consumo la normativa in materia di tutela dei consumatori. Il Codice, che si compone di 146 articoli in sostituzione di 30 tra leggi e provvedimenti previdenti, è intervenuto su di un tessuto normativo costituito da provvedimenti di recepimento di direttive comunitarie, da norme del Codice civile (artt. 1496-bis e seguenti, in tema di clausole abusive, e 1519-bis e seguenti, in tema di vendita di beni mobili di consumo) e da numerosi atti di diverso rango legislativo, formalmente non coordinati con la principale legge di riferimento (L 281/98 recante la "Disciplina dei diritti dei consumatori e degli utenti", con la quale si era provveduto all’introduzione di una disciplina generale dei principi che presiedono alla tutela dei consumatori, definendo una carta dei diritti dei consumatori e degli utenti.

[170]La legge comunitaria  2006 è stata pubblicata nella GU 17 febbraio 2007, n. 40, S.O.

[171]  Regolamento (CE) n. 2006/2004 del Parlamento europeo e del Consiglio del 27 ottobre 2004 sulla cooperazione tra le autorita nazionali responsabili dell’esecuzione della normativa che tutela i consumatori (Regolamento sulla cooperazione per la tutela dei consumatori).

[172]Così è stato ridenominato il Ministero delle attività produttive ai sensi dell’art. 1, comma 12, del DL 181/06 recante “Disposizioni urgenti in materia di riordino delle attribuzioni della Presidenza del Consiglio dei Ministri e dei Ministeri”, (GU n. 114 del 18 maggio 2006 ), attualmente all’esame del Senato della Repubblica, per la conversione in legge. Ricordiamo che il Ministero dello sviluppo economico non eredita la competenza sul commercio con l'estero che è assegnata al Ministero del commercio internazionale, né la competenza in materia di turismo, attribuita alla Presidenza del Consiglio dei ministri.

[173]Si ricorda in proposito che l’articolo 1, comma 19-bis del citato DL n. 181 del 2006, ha attribuito le funzioni di competenza statale assegnate al Ministero delle attività produttive dagli articoli 27 e 28 del decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 300, in materia di turismo, al Presidente del Consiglio dei Ministri. Il comma 19-bis ha stabilito, altresì, che ai fini dell’esercizio delle suddette funzioni il Presidente del Consiglio si avvalga di un nuovo dipartimento per il turismo, da istituirsi presso il Ministero per i beni e le attività culturali, previo trasferimento a tale Ministero delle dotazioni finanziarie, strumentali e di personale della direzione generale del turismo già del Ministero delle attività produttive (commi 19-ter e 19-quater). Successivamente il DL n. 262/06 (l’art. 2, comma 98) ha incardinato presso la Presidenza del Consiglio il Dipartimento per lo sviluppo e la competitività del turismo, attruibuendo alla Presidenza del Consiglio le risorse della soppressa Direzione generale del turismo attribuita dal comma 19-quater del citato DL 181/06 al Ministero per i beni e le attività culturali.

[174]Attuazione della direttiva 2000/31/CE, relativa a taluni aspetti giuridici dei servizi della società dell'informazione nel mercato interno, in particolare riferimento al commercio elettronico”.

[175]Il D.Lgs. 25 febbraio 2000, n. 84, avava introdotto nuove disposizioni in materia di indicazione dei prezzi offerti ai consumatori in attuazione della direttiva 98/6/CE relativa alla protezione dei consumatori.

[176]L’art. 17 della legge 400/88 prevede l’emanazione con DPR - previa deliberazione del Consiglio dei ministri, sentito il parere del Consiglio di Stato – di regolamenti volti a disciplinare:

      a) l'esecuzione delle leggi e dei decreti legislativi, nonché dei regolamenti comunitari;

      b) l'attuazione e l'integrazione delle leggi e dei decreti legislativi recanti norme di principio, esclusi quelli relativi a materie riservate alla competenza regionale;

      c) le materie in cui manchi la disciplina da parte di leggi o di atti aventi forza di legge, sempre che non si tratti di materie comunque riservate alla legge;

      d) l'organizzazione ed il funzionamento delle amministrazioni pubbliche secondo le disposizioni dettate dalla legge.

[177]  V. in tema la circolare dell’Agenzia del Territorio n. 3 del 27 aprile 2001.

[178]  V. in tema la circolare dell’Agenzia del Territorio n. 3 del 27 aprile 2001.

[179]  Oltre ai genitori e ai nonni, sono parenti entro il secondo grado i figli, i fratelli e i nipoti rispetto ai propri nonni.

[180]  Si ricorda che i chiamati all’eredità hanno sempre la facoltà di rinunziare all’eredità o di accettarla con beneficio di inventario.

[181]  La successione si apre nel luogo di ultimo domicilio del defunto (articolo 456 cod. civ.).

[182]  Pagg. 402-403.

[183]  Nel marzo del 2006 erano operativi 32 schemi, senza significative variazioni rispetto all’anno precedente. Dall’emanazione delle Istruzioni di Vigilanza sugli Imel nel marzo del 2004 fino al marzo del 2006 sono state presentate quattro istanze di autorizzazione. Alla stessa data risultava iscritta all’Albo degli Imel una società, non ancora operativa, promotrice di quattro schemi di moneta elettronica e un Imel comunitario attivo, operante in libera prestazione di servizi con l’offerta di uno schema. 

[184]  V. la tavola H2 della Relazione.

[185]  F. Passacantando, Il mercato delle carte di pagamento: la situazione attuale e le prospettive di sviluppo, "WAR ON CASH - Una nuova sfida per le carte di pagamento", Convegno ABI-Cogeban "CARTE 2006 - Conference&Expo" – Roma, 27 novembre 2006. 

[186]  F. Passacantando, Il mercato delle carte di pagamento: la situazione attuale e le prospettive di sviluppo, cit.

[187]  F. Passacantando, Il nuovo scenario della SEPA e le implicazioni per la P.A., X CONVENTION ABI “Banca, Impresa e P.A. L’efficienza del sistema paese per lo sviluppo”, Roma, 7 novembre 2006.

[188]  F. Passacantando, Il nuovo scenario della SEPA e le implicazioni per la P.A., cit.

[189]  F. Passacantando, Il nuovo scenario della SEPA e le implicazioni per la P.A., cit.

[190]  F. Passacantando, Il nuovo scenario della SEPA e le implicazioni per la P.A.,cit.

[191]  Nel settore pubblico inglese la Government Procurement Card è stata introdotta nel 1997, riscuotendo un forte successo per gli acquisti inferiori alle 5.000 sterline e notevoli risparmi di tempo e risorse per pagamento.

[192]  A prescindere dal ruolo della Banca d’Italia, il DDL potrebbe comunque dover essere sottoposto alla BCE, così come previsto dal Trattato per i provvedimenti nazionali che ricadano nell’ambito delle competenze di quest’ultima.

[193]  Cfr., tra gli altri, i Provvedimenti della Banca d’Italia del 29.11.2006 – in materia di trattamento del contante – e del 11.11.2005 – in materia di vigilanza sui sistemi di pagamento di importo non rilevante.

[194]  Le relazioni precedenti sono state presentate il 7 marzo 2001 (COM(2001)122); il 6 febbraio 2002 (COM(2002) 68); il 21 gennaio 2003 (COM(2003) 21) e l’11 febbraio 2004 (COM(2004) 64).

[195]  Comunicazione della Commissione dell’11 febbraio 2004 “Piano d’azione:un’agenda europea per l’imprenditorialità (COM(2004) 70).

[196]  Le prime istruzioni operative per la riutilizzazione commerciale dei dati, documenti e informazioni ipotecarie sono state fornite dall’Agenzia del Territorio con la nota n. 93771 del 29 dicembre 2006.

[197]Si tratta di un assegno mensile a carico dello Stato erogato per tredici mensilità ai mutilati ed invalidi civili di età compresa fra il diciottesimo ed il sessantaquattresimo anno nei cui confronti sia accertata una riduzione della capacità lavorativa, nella misura superiore ai due terzi, incollocati al lavoro (articolo 13 della legge n. 118 del 1971). Per l'anno 2007 l'importo mensile è di euro 242,84 corrisposto per 13 mensilità.

[198]La Corte costituzionale, con sentenza 20-22 novembre 2002, n. 467 ha dichiarato l'illegittimità del comma 3 dell’articolo 1 nella parte in cui non prevede che l'indennità mensile di frequenza sia concessa anche ai minori che frequentano l'asilo nido.

[199]  Pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 224 del 26 settembre 2006.

[200]  La classe di merito è la categoria alla quale il contratto è assegnato, sulla base di una scala di valutazione elaborata dall'impresa e correlata alla sinistrosità pregressa, per individuare il presumibile livello di rischiosità della garanzia prestata.

[201]  Tale periodo, così come il comma 4-bis dello stesso articolo 134, è stato recentemente introdotto dall’articolo 5 del D.L. 31 gennaio 2007, n. 7, convertito, con modificazioni, dalla legge 2 aprile 2007, n. 40.

[202]  Si veda l’articolo 8, comma 2, del regolamento ISVAP n. 4 del 2006.

[203]Sia la direttiva che la norma interna di recepimento (articolo 45 d.lgs. n. 259) fanno riferimento a   “significativo potere di mercato”, mentre la disposizione introdotta con il comma 3 bis utilizza l’espressione “notevole forza di mercato”.

[204]  G.U. 26 febbraio 2007, n. 47.

[205]Art.11, comma 1 e comma 1 bis della legge n.990/1969, come modificata dall’ art.25, comma 1 della legge n.273/2002; artt. 35 e 132 comma 2 del dlgs 209/2005 (Codice delle assicurazioni private).

[206]  Sulla giurisprudenza relativa agli artt.46 e 49 TCE, si veda la scheda relativa all’articolo 1.

[207]  Pubblicato nella G.U. 26 febbraio 2007, n. 47.

[208]  L’intenzione del Governo era quella di includere nella tabella 3 della legge finanziaria i requisiti previsti, a decorrere dal 1° gennaio 2008, dall’allegato C, numero 3), del d.lgs. 19 agosto 2005, n. 192 recante Attuazione della direttiva 2002/91/CE relativa al rendimento energetico nell'edilizia.

[209]  La richiesta deve essere effettuata in carta libera, allegando copia della denuncia. Sono dovuti i diritti di cancelleria.

[210]  Le prospettive di riforma delle Stazioni sono state oggetto di specifica analisi nella Relazione sulle linee per il riordino del sistema nazionale della ricerca scientifica e tecnologica, presentata al Parlamento dal Ministro Berlinguer il 31 luglio 1997, ai sensi dell’art. 18, comma 3, della L. n. 59/1997 (Doc. XXVII, n. 2). La relazione (pp. 81-82) sottolinea l’importanza delle Stazioni per il trasferimento dei risultati della ricerca alle PMI e lo stretto collegamento delle loro attività con il mondo imprenditoriale, elementi che vanno confermati e rinforzati tramite un riassetto di tali enti che ne aumenti l’autonomia, liberandoli da eccessivi controlli e responsabilizzandoli nelle loro scelte.

[211]  Per gli enti ed organismi pubblici che adottano una contabilità esclusivamente civilistica, i costi della produzione previsti nei rispettivi budget 2006, concernenti i beni di consumo e servizi ed il godimento di beni di terzi, sono ridotti del 10 per cento.

[212]  È altresì fatto divieto alle Amministrazioni vigilanti di approvare i bilanci di enti ed organismi pubblici in cui gli amministratori non abbiano espressamente dichiarato nella relazione sulla gestione di avere ottemperato alle disposizioni del presente articolo.

[213]  Ai sensi dell’art. 52 del codice della strada, sono definiti ciclomotori i veicoli, a due o tre ruote, con motore di cilindrata non superiore a 50 centimetri cubici, e con capacità di sviluppare una velocità non superiore a 45 Km orari.

[214] I mezzi di trasporto elencati nell’articolo 2683 richiamato vengono assoggettati al regime pubblicitario citato solo attraverso l’effettiva iscrizione nei pubblici registri: le disposizioni non si applicano pertanto ai beni mobili astrattamente iscrivibili ma in concreto non registrati (quali, ad es., gli autoveicoli che si trovino ancora presso l’azienda costruttrice).

[215]  Con la sentenza n. 42/1997 la Corte Costituzionale ha dichiarato inammissibile la richiesta di referendum popolare per l'abrogazione del RDL n. 436/1927, concernente la disciplina dei contratti di compravendita degli autoveicoli ed istituzione del Pubblico Registro Automobilistico presso le sedi dell'Automobile club d'Italia, per difetto di omogeneità del quesito.

[216]  L'ACI, il cui ordinamento è stato più volte modificato, svolge varie funzioni: disciplina delle attività svolte da soggetti ed enti non governativi nel settore automobilistico; promozione e sviluppo dell'automobilismo; gestione dei rapporti tra lo Stato e le persone e gli enti che operino nel settore dell'automobilismo civile; controllo delle manifestazioni automobilistiche (come gare, esposizioni etc.); gestione del pubblico registro automobilistico e riscossione delle tasse automobilistiche. Organi dell'ente sono l'assemblea, il consiglio generale, il comitato esecutivo e il presidente (le modalità di conferimento di questi uffici e le funzioni sono disciplinate negli artt. 6 e segg. dello statuto approvato con D.P.R. 8-9-50, n. 881). L'ente ha un proprio patrimonio che amministra autonomamente, così come i singoli automobile club provinciali. La legge 20-3-1975, n. 70 ha espressamente qualificato l'ACI come ente preposto ad un servizio di pubblico interesse; l'ACI costituisce dunque un ente substatale, appartenente cioè al cd. parastato, con tutte le relative implicazioni in ordine ad es. alla vigilanza sull'attività (che spetta al ministro dei trasporti e della navigazione) e al controllo sulla gestione (che spetta alla Corte dei conti ai sensi della legge 21-3-58, n. 259).

[217]  In proposito, si ricorda peraltro che l’art. 7 del D.L. 4 luglio 2006, n. 223, convertito dalla legge 4 agosto 2006, n. 248, ha stabilito che l’autenticazione della sottoscrizione degli atti aventi ad oggetto l’alienazione di beni mobili registrati può essere richiesta – oltre che ai notai – agli uffici comunali ed ai titolari degli sportelli telematici dell’automobilista, che sono tenuti a rilasciarla gratuitamente, salvi i diritti di segreteria.

[218]  Norme generali sull'ordinamento del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche.

[219]  Norme in materia di cassa integrazione, mobilità, trattamenti di disoccupazione, attuazione di direttive della Comunità europea, avviamento al lavoro ed altre disposizioni in materia di mercato del lavoro.

[220]  L’articolo 39 della legge n. 449/1997 disciplina le assunzioni nelle amministrazioni pubbliche, ponendo a carico dei loro organi di vertice un obbligo di programmazione triennale del fabbisogno di personale (comma 1), per assicurare le esigenze di funzionalità e ottimizzare le risorse compatibilmente con le disponibilità finanziarie e di bilancio.

[221]  D.Lgs. 23 dicembre 1997, n. 469, Conferimento alle regioni e agli enti locali di funzioni e compiti in materia di mercato del lavoro, a norma dell'articolo 1 della L. 15 marzo 1997, n. 59.

[222]  Si ricorda che i capi I-III del D.Lgs. 469/1997, e successive modificazioni, hanno conferito alle regioni, nonché - tramite queste ultime - agli enti locali (in particolare, alle province) le funzioni amministrative in materia di collocamento (pubblico) e di politiche attive del lavoro, fermo restando il ruolo generale di indirizzo, promozione e coordinamento da parte dello Stato.

[223] D.L. 12 maggio-1995, n. 163, recante Misure urgenti per la semplificazione dei procedimenti amministrativi e per il miglioramento dell'efficienza delle pubbliche amministrazioni, convertito con modificazioni dalla L. 11 luglio 1995, n. 273.

[224]  Si tratta di regolamenti, emanati con decreto del Presidente della Repubblica, che disciplinano materie non coperte da riserva assoluta di legge, e per le quali la legge abbiano autorizzato al potestà regolamentare del governo ed abbiano dettato le norme generali regolatrici della materia e disposto l’abrogazione delle norme vigenti, con effetto dall’entrata in vigore delle norme regolamentari.

[225]  L. 5 giugno 2003, n. 131, Disposizioni per l'adeguamento dell'ordinamento della Repubblica alla L.Cost. 18 ottobre 2001, n. 3.

[226]Legge 2 aprile 2007, n. 40, Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 31 gennaio 2007, n. 7, recante misure urgenti per la tutela dei consumatori, la promozione della concorrenza, lo sviluppo di attività economiche e la nascita di nuove imprese.

[227]  Ad esempio, nell’art. 1, comma 1363, della legge finanziaria per il 2007 (L. 296/2006).