Camera dei deputati - XV Legislatura - Dossier di documentazione (Versione per stampa)
Autore: Servizio Studi - Dipartimento ambiente
Titolo: Ulteriori modifiche al decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, recante norme in materia ambientale Schema di decreto legislativo n.168 (art. 1, co. 1, 4, 5 e 6, L. n. 308/2004) Normativa di riferimento e iter parlamentare
Riferimenti:
AC n. 168/XV     
Serie: Atti del Governo    Numero: 144    Progressivo: 1
Data: 09/10/2007
Organi della Camera: VIII-Ambiente, territorio e lavori pubblici
Altri riferimenti:
L n. 308 del 15-DIC-04     


Camera dei deputati

XV LEGISLATURA

SERVIZIO STUDI

Atti del Governo

Ulteriori modifiche al decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, recante norme in materia ambientale

Schema di decreto legislativo n.168

 (art. 1, co. 1, 4, 5 e 6, L. n. 308/2004)

 

 

 

Normativa di riferimento e iter parlamentare

 

 

 

 

n. 144/1

 

9 ottobre 2007

 


 

 

 

Il presente dossier è costituito dai seguenti volumi:

- n. 144 contenente la scheda di sintesi e le schede di lettura;

- n.144/1  contenente la normativa di riferimento e  l’iter parlamentare.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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File Am0108a

 


 

I N D I C E

 

Normativa di riferimento

Normativa nazionale

§      Costituzione della Repubblica italiana. (artt. 2, 3, 9, 32, 41, 42, 44, e 117)    3

§      Codice civile (Artt. 2083 e 2135)                                                                     7

§      D.P.C.M. 10 agosto 1988, n. 377 Regolamentazione delle pronunce di compatibilità ambientale di cui all'art. 6 della L. 8 luglio 1986, n. 349, recante istituzione del Ministero dell'ambiente e norme in materia di danno ambientale.                                                                          9

§      L. 23 agosto 1988 n. 400 Disciplina dell'attività di Governo e ordinamento della Presidenza del Consiglio dei Ministri. (art. 17)                                                                       15

§      R.D. 14 aprile 1910 n. 639 Approvazione del testo unico delle disposizioni di legge relative alla riscossione delle entrate patrimoniali dello Stato. (art. 30)                           17

§      R.D. 29 luglio 1927 n. 1443 Norme di carattere legislativo per disciplinare la ricerca e la coltivazione delle miniere nel Regno. (art. 2)                                                                    19

§      L. 7 agosto 1990, n. 241 Nuove norme in materia di procedimento amministrativo e di diritto di accesso ai documenti amministrativi. (art. 7, 14-21)                                   21

§      L. 6 dicembre 1991, n. 394 Legge quadro sulle aree protette.                     31

§      L. 24 febbraio 1992 n. 225 Istituzione del Servizio nazionale della protezione civile. (art. 5)    53

§      L. 25 gennaio 1994, n. 70 Norme per la semplificazione degli adempimenti in materia ambientale, sanitaria e di sicurezza pubblica, nonché per l'attuazione del sistema di ecogestione e di audit ambientale.                                                                                                    55

§      L. 3 novembre 1994, n. 640  Ratifica ed esecuzione della convenzione sulla valutazione dell'impatto ambientale in un contesto transfrontaliero, con annessi, fatto a Espoo il 25 febbraio 1991. (artt. 13 e 20)                                                                                                                  59

§      D.P.C.M. 21 dicembre 1995 Identificazione delle aree demaniali marittime escluse della delega alle regioni ai sensi dell'art. 59 del D.P.R. 24 luglio 1977, n. 616.                       61

§      L. 15 marzo 1997 n. 59 Delega al Governo per il conferimento di funzioni e compiti alle regioni ed enti locali, per la riforma della Pubblica Amministrazione e per la semplificazione amministrativa. (art. 4)63

§      D.P.R. 8 settembre 1997, n. 357 Regolamento recante attuazione della direttiva 92/43/CEE relativa alla conservazione degli habitat naturali e seminaturali, nonché della flora e della fauna selvatiche. (art. 5 e All. G)                                                                                                71

§      D.M. 5 febbraio 1998 Autorizzazione e disciplina delle operazioni di conversione dei crediti della Sace o gestiti dalla Sace in attività di protezione ambientale, sviluppo socio-economico e commerciali in attuazione dell'art. 2, comma 36, della legge 23 dicembre 1996, n. 662 (2), nel testo sostituito dall'art. 54, comma 1, della legge 27 dicembre 1997, n. 449.                                   73

§      D.Lgs. 18 maggio 2001 n. 228 Orientamento e modernizzazione del settore agricolo, a norma dell'articolo 7 della L. 5 marzo 2001, n. 57. (art. 21)                                     77

§      D.P.R. 17 giugno 2003 n. 261 Regolamento di organizzazione del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio. (art. 3)                                                                             79

§      D.Lgs. 22 gennaio 2004, n. 42 Codice dei beni culturali e del paesaggio, ai sensi dell'articolo 10 della L. 6 luglio 2002, n. 137. (artt. 2 e 26)                                                             81

§      L. 4 febbraio 2005 n. 11 Norme generali sulla partecipazione dell'Italia al processo normativo dell'Unione europea e sulle procedure di esecuzione degli obblighi comunitari. (art. 13)    83

§      D.Lgs. 18 febbraio 2005, n. 59 Attuazione integrale della direttiva 96/61/CE relativa alla prevenzione e riduzione integrate dell'inquinamento.                                                           85

§      D.Lgs. 19 agosto 2005, n. 195 Attuazione della direttiva 2003/4/CE sull'accesso del pubblico all'informazione ambientale. (artt. 3-5)                                                        107

§      D.Lgs. 3 aprile 2006 n. 152 Norme in materia ambientale. (Parti I e II)      109

§      D.Lgs. 12 aprile 2006 n. 163 Codice dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture in attuazione delle direttive 2004/17/CE e 2004/18/CE. (artt. 93, 184 e 185)131

§      D.P.R. 14 maggio 2007, n. 90 Regolamento per il riordino degli organismi operanti presso il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, a norma dell'articolo 29 del D.L. 4 luglio 2006, n. 223, convertito, con modificazioni, dalla L. 4 agosto 2006, n. 248. (artt. 9, 10 e 14)  135

Normativa comunitaria

§      Dir. 27 giugno 1985, n. 85/337/CEE  Direttiva del Consiglio concernente la valutazione dell'impatto ambientale di determinati progetti pubblici e privati.                                   139

§      Dir. 3 marzo 1997, n. 97/11/CE Direttiva del Consiglio che modifica la direttiva 85/337/CEE concernente la valutazione dell'impatto ambientale di determinati progetti pubblici e privati.  147

§      Dir. 27 giugno 2001, n. 2001/42/CE Direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio concernente la valutazione degli effetti di determinati piani e programmi sull'ambiente.    151

§      Dir. 26 maggio 2003, n. 2003/35/CE Direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio che prevede la partecipazione del pubblico nell'elaborazione di taluni piani e programmi in materia ambientale e modifica le direttive del Consiglio 85/337/CEE e 96/61/CE relativamente alla partecipazione del pubblico e all'accesso alla giustizia.                                                            159

§      Dir. 21 aprile 2004, n. 2004/35/CE Direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio sulla responsabilità ambientale in materia di prevenzione e riparazione del danno ambientale. (All. 2)    165

Iter parlamentare

§      Atto 96 Ulteriori modifiche al decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, recante norme in materia ambientale                                                                                                   171

Camera dei deputati XV Legislatura                                                            171

-       V Commissione (Bilancio e Tesoro)

Seduta del 13 giugno 2007                                                                     245

Seduta del 19 giugno 2007                                                                     249

-       VIII Commissione (Ambiente)

Seduta del 6 giugno 2007                                                                       251

Seduta del 7 giugno 2007                                                                       255

Seduta del 19 giugno 2007                                                                     261

Seduta del 20 giugno 2007                                                                     265

Seduta del 21 giugno 2007                                                                     269

Seduta del 26 giugno 2007                                                                     273

Seduta del 27 giugno 2007                                                                     283

-       XIV Commissione (Politiche dell’Unione europea)

Seduta del 19 giugno 2007                                                                     295

Seduta del 26 giugno 2007                                                                     297

Seduta del 27 giugno 2007                                                                     303

 

 

Senato della Repubblica XV Legislatura                                                    305

-       1ª Commissione Affari costituzionali

Seduta del 26 giugno 2007                                                                     305

-       4ª Difesa

Seduta del 13 giugno 2007                                                                     307

-       9ª Agricoltura e produzione agroalimentare

Seduta del 14 giugno 2007                                                                     309

Seduta del 19 giugno 2007                                                                     313

Seduta del 20 giugno 2007                                                                     315

-       10ª industria, commercio, turismo

Seduta del 13 giugno 2007                                                                     319

Seduta del 20 giugno 2007                                                                     323

Seduta del 27 giugno 2007                                                                     325

-       13ª Commissione Territorio, ambiente, beni ambientali

Seduta del 30 maggio 2007                                                                    329

Seduta del 20 giugno 2007                                                                     333

Seduta del 20 giugno 2007                                                                     335

Seduta del 27 giugno 2007                                                                     339

 


 

Normativa nazionale

 


Costituzione della Repubblica italiana. (artt. 2, 3, 9, 32, 41, 42, 44, e 117)

La Costituzione fu approvata dall'Assemblea Costituente il 22 dicembre 1947, promulgata dal Capo provvisorio dello Stato il 27 dicembre 1947, pubblicata nella Gazz. Uff. 27 dicembre 1947, n. 298, ediz. straord., ed entrò in vigore il 1° gennaio 1948. Vedi XVIII disp. trans. fin., comma primo.

(omissis)

2.  La Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell'uomo, sia come singolo sia nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalità, e richiede l'adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale.

3.  Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale (2) e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso (3), di razza, di lingua (4), di religione (5), di opinioni politiche (6), di condizioni personali e sociali.

È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e la uguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l'effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all'organizzazione politica, economica e sociale del Paese.

(2)  Vedi XIV disp. trans. fin.

(3)  Vedi artt. 29, comma secondo; 37, comma primo; 48, comma primo; 51, comma primo.

(4)  Vedi art. 6 e X disp. trans. fin.

(5)  Vedi artt. 8, 19 e 20.

(6)  Vedi art. 22.

(omissis)

9.  La Repubblica promuove lo sviluppo della cultura e la ricerca scientifica e tecnica (11).

Tutela il paesaggio e il patrimonio storico e artistico della Nazione.

 

(11)  Vedi artt. 33 e 34.

(omissis)

32.  La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell'individuo e interesse della collettività, e garantisce cure gratuite agli indigenti.

Nessuno può essere obbligato a un determinato trattamento sanitario se non per disposizione di legge. La legge non può in nessun caso violare i limiti imposti dal rispetto della persona umana.

(omissis)

41.  L'iniziativa economica privata è libera.

Non può svolgersi in contrasto con la utilità sociale o in modo da recare danno alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana.

La legge determina i programmi e i controlli opportuni perché l'attività economica pubblica e privata possa essere indirizzata e coordinata a fini sociali (36).

 

(36)  Vedi art. 43.

 

42.  La proprietà è pubblica o privata. I beni economici appartengono allo Stato, ad enti o a privati.

La proprietà privata è riconosciuta e garantita dalla legge, che ne determina i modi di acquisto, di godimento e i limiti allo scopo di assicurarne la funzione sociale e di renderla accessibile a tutti (37).

La proprietà privata può essere, nei casi previsti dalla legge, e salvo indennizzo, espropriata per motivi d'interesse generale.

La legge stabilisce le norme ed i limiti della successione legittima e testamentaria e i diritti dello Stato sulle eredità.

 

(37)  Vedi artt. 44 e 47, comma secondo.

 (omissis)

44.  Al fine di conseguire il razionale sfruttamento del suolo e di stabilire equi rapporti sociali, la legge impone obblighi e vincoli alla proprietà terriera privata, fissa limiti alla sua estensione secondo le regioni e le zone agrarie, promuove ed impone la bonifica delle terre, la trasformazione del latifondo e la ricostituzione delle unità produttive; aiuta la piccola e la media proprietà (39).

La legge dispone provvedimenti a favore delle zone montane.

 

(39)  Vedi art. 42, commi secondo e terzo.

(omissis)

117.  La potestà legislativa è esercitata dallo Stato e dalle Regioni nel rispetto della Costituzione, nonché dei vincoli derivanti dall'ordinamento comunitario e dagli obblighi internazionali .

Lo Stato ha legislazione esclusiva nelle seguenti materie:

a) politica estera e rapporti internazionali dello Stato; rapporti dello Stato con l'Unione europea; diritto di asilo e condizione giuridica dei cittadini di Stati non appartenenti all'Unione europea;

b) immigrazione;

c) rapporti tra la Repubblica e le confessioni religiose;

d) difesa e Forze armate; sicurezza dello Stato; armi, munizioni ed esplosivi;

e) moneta, tutela del risparmio e mercati finanziari; tutela della concorrenza; sistema valutario; sistema tributario e contabile dello Stato; perequazione delle risorse finanziarie;

f) organi dello Stato e relative leggi elettorali; referendum statali; elezione del Parlamento europeo;

g) ordinamento e organizzazione amministrativa dello Stato e degli enti pubblici nazionali;

h) ordine pubblico e sicurezza, ad esclusione della polizia amministrativa locale;

i) cittadinanza, stato civile e anagrafi;

l) giurisdizione e norme processuali; ordinamento civile e penale; giustizia amministrativa;

m) determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale;

n) norme generali sull'istruzione;

o) previdenza sociale;

p) legislazione elettorale, organi di governo e funzioni fondamentali di Comuni, Province e Città metropolitane;

q) dogane, protezione dei confini nazionali e profilassi internazionale;

r) pesi, misure e determinazione del tempo; coordinamento informativo statistico e informatico dei dati dell'amministrazione statale, regionale e locale; opere dell'ingegno;

s) tutela dell'ambiente, dell'ecosistema e dei beni culturali .

Sono materie di legislazione concorrente quelle relative a: rapporti internazionali e con l'Unione europea delle Regioni; commercio con l'estero; tutela e sicurezza del lavoro; istruzione, salva l'autonomia delle istituzioni scolastiche e con esclusione della istruzione e della formazione professionale; professioni; ricerca scientifica e tecnologica e sostegno all'innovazione per i settori produttivi; tutela della salute; alimentazione; ordinamento sportivo; protezione civile; governo del territorio; porti e aeroporti civili; grandi reti di trasporto e di navigazione; ordinamento della comunicazione; produzione, trasporto e distribuzione nazionale dell'energia; previdenza complementare e integrativa; armonizzazione dei bilanci pubblici e coordinamento della finanza pubblica e del sistema tributario; valorizzazione dei beni culturali e ambientali e promozione e organizzazione di attività culturali; casse di risparmio, casse rurali, aziende di credito a carattere regionale; enti di credito fondiario e agrario a carattere regionale. Nelle materie di legislazione concorrente spetta alle Regioni la potestà legislativa, salvo che per la determinazione dei princìpi fondamentali, riservata alla legislazione dello Stato .

Spetta alle Regioni la potestà legislativa in riferimento ad ogni materia non espressamente riservata alla legislazione dello Stato .

Le Regioni e le Province autonome di Trento e di Bolzano, nelle materie di loro competenza, partecipano alle decisioni dirette alla formazione degli atti normativi comunitari e provvedono all'attuazione e all'esecuzione degli accordi internazionali e degli atti dell'Unione europea, nel rispetto delle norme di procedura stabilite da legge dello Stato, che disciplina le modalità di esercizio del potere sostitutivo in caso di inadempienza.

La potestà regolamentare spetta allo Stato nelle materie di legislazione esclusiva, salva delega alle Regioni. La potestà regolamentare spetta alle Regioni in ogni altra materia. I Comuni, le Province e le Città metropolitane hanno potestà regolamentare in ordine alla disciplina dell'organizzazione e dello svolgimento delle funzioni loro attribuite.

Le leggi regionali rimuovono ogni ostacolo che impedisce la piena parità degli uomini e delle donne nella vita sociale, culturale ed economica e promuovono la parità di accesso tra donne e uomini alle cariche elettive.

La legge regionale ratifica le intese della Regione con altre Regioni per il migliore esercizio delle proprie funzioni, anche con individuazione di organi comuni .

Nelle materie di sua competenza la Regione può concludere accordi con Stati e intese con enti territoriali interni ad altro Stato, nei casi e con le forme disciplinati da leggi dello Stato (165).


(165)  Articolo così sostituito dall'art. 3, L.Cost. 18 ottobre 2001, n. 3. Per l'attuazione del presente articolo vedi la L. 5 giugno 2003, n. 131 e il D.Lgs. 24 aprile 2006, n. 208.

 

 


Codice civile (Artt. 2083 e 2135)

2083. Piccoli imprenditori.

Sono piccoli imprenditori (1) i coltivatori diretti del fondo [c.c. 1647, 2139, 2221], gli artigiani, i piccoli commercianti e coloro che esercitano un'attività professionale organizzata prevalentemente con il lavoro proprio e dei componenti della famiglia [Cost. 45; c.c. 1330, 1368, 2202, 2214](2).

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(1) Vedi l'art. 10, L. fall. (R.D. 16 marzo 1942, n. 267).

(2) Vedi la L. 8 agosto 1985, n. 443, sull'artigianato e la L. 5 ottobre 1991, n. 317, recante provvidenze per l'innovazione e lo sviluppo delle piccole imprese. I piccoli imprenditori di cui al presente articolo sono iscritti in una sezione speciale del registro delle imprese ai sensi dell'art. 2, D.P.R. 14 dicembre 1999, n. 558.

(omissis)

2135. Imprenditore agricolo (1)

È imprenditore agricolo chi esercita una delle seguenti attività: coltivazione del fondo, selvicoltura, allevamento di animali e attività connesse.

Per coltivazione del fondo, per selvicoltura e per allevamento di animali si intendono le attività dirette alla cura e allo sviluppo di un ciclo biologico o di una fase necessaria del ciclo stesso, di carattere vegetale o animale, che utilizzano o possono utilizzare il fondo, il bosco o le acque dolci, salmastre o marine.

Si intendono comunque connesse le attività, esercitate dal medesimo imprenditore agricolo, dirette alla manipolazione, conservazione, trasformazione, commercializzazione e valorizzazione che abbiano ad oggetto prodotti ottenuti prevalentemente dalla coltivazione del fondo o del bosco o dall'allevamento di animali, nonché le attività dirette alla fornitura di beni o servizi mediante l'utilizzazione prevalente di attrezzature o risorse dell'azienda normalmente impiegate nell'attività agricola esercitata, ivi comprese le attività di valorizzazione del territorio e del patrimonio rurale e forestale, ovvero di ricezione ed ospitalità come definite dalla legge (2).

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(1) Vedi, gli artt. da 8 a 15, L. 3 maggio 1982, n. 203, in materia di contratti agrari. Vedi, inoltre, per gli imprenditori agricoli professionali e per le società agricole, gli articoli 1 e 2, D.Lgs. 29 marzo 2004, n. 99 e, per la conduzione zootecnica delle alpi, denominata «apicoltura», gli artt. 2, 3 e 9, L. 24 dicembre 2004, n. 313.

(2) Articolo così sostituito dall'art. 1, comma 1, D.Lgs. 18 maggio 2001, n. 228. Il comma 2 dello stesso articolo 1 ha disposto che si considerano imprenditori agricoli le cooperative di imprenditori agricoli ed i loro consorzi quando utilizzano per lo svolgimento delle attività di cui al presente articolo, prevalentemente prodotti dei soci, ovvero forniscono prevalentemente ai soci beni e servizi diretti alla cura ed allo sviluppo del ciclo biologico. Vedi, anche, il comma 423 dell'art. 1, L. 23 dicembre 2005, n. 266. In precedenza l'art. 9, D.Lgs. 30 aprile 1998, n. 173, aveva disposto che fossero imprenditori agricoli anche gli esercenti attività di allevamento di equini di qualsiasi razza, in connessione con l'azienda agricola. Gli imprenditori agricoli sono iscritti in una sezione speciale del registro delle imprese ai sensi dell'art. 2, D.P.R. 14 dicembre 1999, n. 558. Il testo del presente articolo in vigore prima della sostituzione del suddetto D.Lgs. n. 228 del 2001, era il seguente:
«Imprenditore agricolo. È imprenditore agricolo chi esercita un'attività diretta alla coltivazione del fondo, alla silvicoltura, all'allevamento del bestiame e attività connesse.

Si reputano connesse le attività dirette alla trasformazione o alla alienazione dei prodotti agricoli, quando rientrano nell'esercizio normale dell'agricoltura».


D.P.C.M. 10 agosto 1988, n. 377
Regolamentazione delle pronunce di compatibilità ambientale di cui all'art. 6 della L. 8 luglio 1986, n. 349, recante istituzione del Ministero dell'ambiente e norme in materia di danno ambientale.

 

(1) Pubblicato nella Gazz. Uff. 31 agosto 1988, n. 204.

(2)  Sull'applicabilità delle norme contenute nel presente decreto vedi il comma 2 dell'art. 51, D.Lgs. 3 aprile 2006, n. 152.

(3)  Vedi, anche, la Dir.P.C.M. 4 agosto 1999.

(4)  Con riferimento al presente provvedimento sono state emanate le seguenti circolari:

-

Ministero dell'ambiente:Circ. 7 ottobre 1996, n. GAB/96/15208;

- Ministero dell'ambiente: Circ. 8 ottobre 1996, n. GAB/96/15326.

 

IL PRESIDENTE

DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI

Visto l'art. 6 della legge 8 luglio 1986, n. 349;

Vista la direttiva del Consiglio delle Comunità europee n. 85/337 del 27 giugno 1985, concernente la valutazione dell'impatto ambientale di determinati progetti pubblici e privati;

Vista la deliberazione del Consiglio dei Ministri, adottata nella riunione del 10 agosto 1988;

Sulla proposta del Ministro dell'ambiente, sentito il comitato scientifico di cui all'art. 11 della legge 8 luglio 1986, n. 349;

Decreta:

1. Categorie di opere.

1. Sono sottoposti alla procedura di valutazione di cui all'art. 6 della legge 8 luglio 1986, n. 349, i progetti delle opere rientranti nelle seguenti categorie (5):

a) raffinerie di petrolio greggio (escluse le imprese che producono soltanto lubrificanti dal petrolio greggio), nonché impianti di gassificazione e di liquefazione di almeno 500 t al giorno di carbone o di scisti bituminosi;

b) centrali termiche ed altri impianti di combustione con potenza termica di almeno 300 MW, nonché centrali nucleari e altri reattori nucleari (esclusi gli impianti di ricerca per la produzione e la lavorazione delle materie fissili e fertili, la cui potenza massima non supera 1 KW di durata permanente termica);

c) impianti destinati esclusivamente allo stoccaggio definitivo o all'eliminazione definitiva dei residui radioattivi;

d) acciaierie integrate di prima fusione della ghisa e dell'acciaio;

e) impianti per l'estrazione di amianto, nonché per il trattamento e la trasformazione dell'amianto e dei prodotti contenenti amianto: per i prodotti di amianto-cemento, una produzione annua di oltre 20.000 t di prodotti finiti; per le guarnizioni da attrito, una produzione annua di oltre 50 t di prodotti finiti e, per gli altri impieghi dell'amianto, un'utilizzazione annua di oltre 200 t;

f) impianti chimici integrati, ossia impianti per la produzione su scala industriale, mediante processi di trasformazione chimica di sostanze, in cui si trovano affiancate varie unità produttive funzionalmente connesse tra di loro: per la fabbricazione di prodotti chimici organici di base; per la fabbricazione di prodotti chimici inorganici di base; per la fabbricazione di fertilizzanti a base di fosforo, azoto, potassio (fertilizzanti semplici o composti); per la fabbricazione di prodotti di base fitosanitari e di biocidi; per la fabbricazione di prodotti farmaceutici di base mediante procedimento chimico o biologico; per la fabbricazione di esplosivi (6);

g) tronchi ferroviari per il traffico a grande distanza nonché aeroporti con piste di atterraggio superiori a 1.500 m di lunghezza; autostrade e strade riservate alla circolazione automobilistica o tratti di esse, accessibili solo attraverso svincoli o intersezioni controllate e sulle quali sono vietati tra l'altro l'arresto e la sosta di autoveicoli; strade extraurbane, o tratti di esse, a quattro o più corsie o raddrizzamento e/o allargamento di strade esistenti a due corsie al massimo per renderle a quattro o più corsie (7);

h) porti commerciali marittimi, nonché vie navigabili e porti per la navigazione interna accessibili a battelli con stazza superiore a 1350 t;

i) impianti di eliminazione dei rifiuti tossici e nocivi mediante incenerimento, trattamento chimico o stoccaggio a terra;

l) impianti destinati a trattenere, regolare o accumulare le acque in modo durevole, di altezza superiore a 15 m o che determinano un volume d'invaso superiore ad 1.000.000 mc, nonché impianti destinati a trattenere, regolare o accumulare le acque a fini energetici in modo durevole, di altezza superiore a 10 m o che determinano un volume d'invaso superiore a 100.000 mc (8);

m) elettrodotti aerei esterni per il trasporto di energia elettrica con tensione nominale di esercizio superiore a 150 kV e con tracciato di lunghezza superiore a 15 km (9);

n) oleodotti e gasdotti di lunghezza superiore a 40 km e diametro superiore o uguale a 800 mm, esclusi quelli disciplinati dal decreto del Presidente della Repubblica 18 aprile 1994, n. 526 (10);

o) stoccaggio di prodotti chimici, petrolchimici con capacità complessiva superiore a 80.000 mc; stoccaggio superficiale di gas naturali con una capacità complessiva superiore a 80.000 mc; stoccaggio di prodotti di gas di petrolio liquefatto con capacità complessiva superiore a 40.000 mc; stoccaggio di prodotti petroliferi liquidi di capacità complessiva superiore a 80.000 mc (11);

p) impianti termoelettrici con potenza elettrica complessiva superiore a 50 MW con esclusione di quelli con potenza termica fino a 300 MW di cui agli accordi di programma previsti dall'art. 22, comma 11, del decreto legislativo 5 febbraio 1997, n. 22 (12);

q) impianti per la produzione dell'energia idroelettrica con potenza di concessione superiore a 30 MW incluse le dighe ed invasi direttamente asserviti (13);

r) stoccaggio di prodotti combustibili solidi con capacità complessiva superiore a 150.000 t (14);

s) impianti di gassificazione e liquefazione (15);

t) impianti destinati: al ritrattamento di combustibili nucleari irradiati; alla produzione o all'arricchimento di combustibili nucleari; al trattamento di combustibile nucleare irradiato o residui altamente radioattivi; esclusivamente allo stoccaggio (previsto per più di dieci anni) di combustibile nucleare irradiato o residui radioattivi in un sito diverso da quello di produzione o l'arricchimento di combustibili nucleari irradiati, per la raccolta e il trattamento di residui radioattivi (16);

u) attività minerarie per la ricerca, la coltivazione ed il trattamento minerallurgico delle sostanze minerali di miniera ai sensi dell'art. 2, comma 2, del regio decreto 29 luglio 1927, n. 1443, e successive modifiche, ivi comprese le pertinenziali discariche di residui derivanti dalle medesime attività ed alle relative lavorazioni, i cui lavori interessino direttamente aree di superficie complessiva superiore a 20 ettari (17).

2. La medesima procedura si applica anche agli interventi su opere già esistenti, non rientranti nelle categorie del comma 1, qualora da tali interventi derivi un'opera che rientra nelle categorie stesse; si applica altresì agli interventi su opere già esistenti rientranti nelle categorie del comma 1 qualora da tali interventi derivi un'opera con caratteristiche sostanzialmente diverse dalla precedente, con esclusione, comunque, dei ripristini e delle terze corsie autostradali aggiuntive che siano richieste da esigenze relative alla sicurezza del traffico o al mantenimento del livello di esercizio.

3. Il comma 2 non si applica ad eventuali interventi di risanamento ambientale di centrali termoelettriche esistenti, anche accompagnati da interventi di ripotenziamento, da cui derivi un miglioramento dello stato di qualità dell'ambiente connesso alla riduzione delle emissioni.

4. Per agevolare l'applicazione dei commi 2 e 3 il Ministro dell'ambiente convoca apposite riunioni di coordinamento con il Ministero per i beni culturali e ambientali e con le amministrazioni interessate all'esecuzione delle opere di cui al presente articolo, ai fini di individuare anticipatamente, sulla base dei programmi delle amministrazioni interessate, i casi di esclusione dalla procedura ai sensi dei citati commi.

5. Le disposizioni del presente articolo non si applicano alle opere destinate alla difesa nazionale.

5-bis. Con successivo provvedimento sono individuate le caratteristiche tecniche delle opere e degli impianti di cui al comma 1, cui non si applica la procedura prevista dall'art. 6 della legge 8 luglio 1986, n. 349, in quanto hanno esclusivamente o essenzialmente lo scopo di sviluppare e provare nuovi metodi o prodotti, salvo che se ne preveda l'utilizzazione per più di un anno (18) (19).

 

(5)  Vedi, anche, l'art. 77, comma 3, L. 27 dicembre 2002, n. 289.

(6)  Lettera così sostituita dall'art. 1, D.P.R. 11 febbraio 1998.

(7)  Lettera così sostituita dall'art. 1, D.P.R. 11 febbraio 1998.

(8)  Lettera così sostituita dall'art. 1, D.P.R. 11 febbraio 1998.

(9)  Lettera aggiunta dall'art. 2, D.P.R. 27 aprile 1992 (Gazz. Uff. 22 agosto 1992, n. 197), entrato in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione. L'art. 5 dello stesso decreto ha, inoltre, così disposto:

«

Art. 5. 1. La disciplina di cui al presente decreto non si applica agli impianti per i quali alla data di entrata in vigore del presente decreto sia stata conclusa la procedura di cui all'art. 81 del D.P.R. 24 luglio 1977, n. 616, ancorché in attesa del definitivo decreto di autorizzazione da parte del Ministro dei lavori pubblici».

(10)  Lettera aggiunta dall'art. 1, D.P.R. 11 febbraio 1998.

(11)  Lettera aggiunta dall'art. 1, D.P.R. 11 febbraio 1998.

(12)  Lettera aggiunta dall'art. 1, D.P.R. 11 febbraio 1998.

(13)  Lettera aggiunta dall'art. 1, D.P.R. 11 febbraio 1998.

(14)  Lettera aggiunta dall'art. 1, D.P.R. 11 febbraio 1998.

(15)  Lettera aggiunta dall'art. 1, D.P.R. 11 febbraio 1998.

(16)  Lettera aggiunta dall'art. 1, D.P.R. 11 febbraio 1998.

(17)  Lettera aggiunta dall'art. 1, D.P.R. 11 febbraio 1998.

(18)  Comma aggiunto dall'art. 1, D.P.R. 11 febbraio 1998.

(19)  Sull'applicabilità delle norme contenute nel presente decreto vedi il comma 2 dell'art. 51, D.Lgs. 3 aprile 2006, n. 152.

2. Norme tecniche sulla comunicazione dei progetti.

1. Si intendono per progetti delle opere di cui all'art. 1 i progetti di massima delle opere stesse, prima che i medesimi vengano inoltrati per i pareri, le autorizzazioni, i nulla-osta e gli altri atti previsti dalla normativa vigente e, comunque, prima dell'aggiudicazione dei relativi lavori.

In particolare:

a) per progetti delle centrali termoelettriche, si intendono quelli necessari per il provvedimento di cui all'art. 5, primo comma, della legge 18 dicembre 1973, n. 880, così come disciplinato dall'art. 17 del decreto del Presidente della Repubblica 24 maggio 1988, n. 203, gli stessi devono essere inoltrati prima del provvedimento del Ministro dell'industria, del commercio e dell'artigianato;

b) per progetti delle raffinerie di petrolio greggio, degli impianti di gassificazione e liquefazione, delle acciaierie integrate di prima fusione della ghisa e dell'acciaio e degli impianti chimici integrati, si intendono quelli presentati al Ministero dell'industria, del commercio e dell'artigianato per il decreto di concessione secondo quanto previsto dal regio decreto-legge 2 novembre 1933, n. 1741, convertito dalla legge 8 febbraio 1934, n. 367, e successive modificazioni ed integrazioni; gli stessi devono essere inoltrati prima della concessione da parte del Ministro dell'industria, del commercio e dell'artigianato;

c) per progetti di impianto per l'estrazione di amianto, si intendono quelli presentati al Ministero dell'industria, del commercio e dell'artigianato; gli stessi devono essere inoltrati prima del rilascio del permesso da parte del Ministro dell'industria, del commercio e dell'artigianato;

d) per progetti degli impianti di eliminazione dei rifiuti tossici e nocivi si intendono quelli che vengono inoltrati alla regione per l'approvazione. Sono altresì soggette alla procedura le richieste di autorizzazione inoltrate alla regione per l'eliminazione di rifiuti tossici e nocivi in impianti i cui progetti sono stati in precedenza approvati per lo smaltimento di rifiuti urbani e/o di rifiuti speciali (20);

e) per progetti delle autostrade e delle vie di rapida comunicazione, si intendono quelli, riferiti all'intero tracciato, previsti dalle «Istruzioni per la redazione dei progetti strade» pubblicate nel Bollettino ufficiale - Norme tecniche - del C.N.R. - Anno XIV n. 77 del 5 maggio 1980, concernenti il progetto di massima, ovvero, nei casi in cui tale documentazione non sia disponibile per cause oggettive, riferiti a tronchi funzionali da sottoporre alle procedure di riferimento, purché siano comunque definite le ipotesi di massima concernenti l'intero tracciato nello studio di impatto ambientale. Gli stessi devono essere inoltrati prima del relativo provvedimento di approvazione da parte del Ministro dei lavori pubblici;

f) per progetti dei tronchi ferroviari per il traffico a grande distanza, si intendono quelli riferiti alla costruzione di impianti ferroviari e delle opere connesse predisposti dall'ente Ferrovie dello Stato e trasmessi alle regioni interessate ed agli enti locali nel cui territorio sono previsti gli interventi, ai sensi dell'art. 25 della legge 17 maggio 1985, n. 210; gli stessi devono essere inoltrati prima del relativo provvedimento di approvazione o conformità;

g) per progetti degli aeroporti, si intendono i nuovi piani regolatori o le varianti dei piani esistenti, nonché i progetti di massima delle opere; gli stessi devono essere inoltrati prima della approvazione da parte del comitato previsto dall'art. 5 della legge 22 agosto 1985, n. 449;

h) per progetti dei porti commerciali marittimi, i progetti stessi devono essere inoltrati prima della concessione da parte dei Ministri competenti;

i) per progetti delle dighe e degli altri impianti destinati a trattenere, regolare o accumulare le acque, si intendono i progetti di massima allegati alla domanda di concessione di derivazione d'acqua così come previsto all'art. 9 del regio decreto del 14 agosto 1920, n. 1285, al regio decreto 11 dicembre 1933, n. 1775, e all'art. 1 del decreto del Presidente della Repubblica 1° novembre 1959, n. 1363; gli stessi devono essere inoltrati prima della concessione alla derivazione, anche provvisoria, da parte del Ministro dei lavori pubblici;

l) per progetto di elettrodotto aereo esterno, si intende il progetto allegato alla domanda di autorizzazione inviata al Ministero dei lavori pubblici ai sensi del titolo III del R.D. 11 dicembre 1933, n. 1775 (21).

2. Nel caso di appalto concorso o di affidamenti in concessione disciplinati dalla legge 24 giugno 1929, n. 1137, così come modificata dalla legge 15 gennaio 1951, n. 34, nonché dalla legge 8 agosto 1977, n. 584, e dalla legge 17 febbraio 1987, n. 80, le amministrazioni competenti comunicano al Ministro dell'ambiente e al Ministro per i beni culturali ed ambientali il progetto esecutivo delle opere qualora contenga importanti variazioni rispetto alla progettazione di massima già oggetto di pronuncia di compatibilità ambientale. Il Ministro dell'ambiente può stabilire, entro venti giorni dalla comunicazione, che il progetto esecutivo sia sottoposto a sua volta alla procedura di cui all'art. 6 della legge 8 luglio 1986, n. 349.

3. La comunicazione di cui al comma 3 dell'art. 6 della legge 8 luglio 1986, n. 349, oltre al progetto come individuato al comma 1, comprende uno studio di impatto ambientale contenente:

a) l'indicazione della localizzazione riferita alla incidenza spaziale e territoriale dell'intervento, alla luce delle principali alternative prese in esame, alla incidenza sulle risorse naturali, alla corrispondenza ai piani urbanistici, paesistici, territoriali e di settore, agli eventuali vincoli paesaggistici, archeologici, demaniali ed idrogeologici, supportata da adeguata cartografia;

b) la specificazione degli scarichi idrici e delle misure previste per l'osservanza della normativa vigente, nonché le eventuali conseguenti alterazioni della qualità del corpo ricettore finale;

c) la specificazione dei rifiuti solidi e delle relative modalità di smaltimento rapportata alle prescrizioni della normativa vigente in materia;

d) la specificazione delle emissioni nell'atmosfera da sostanze inquinanti, rapportata alla normativa vigente, nonché le conseguenti alterazioni della qualità dell'aria anche alla luce delle migliori tecnologie disponibili;

e) la specificazione delle emissioni sonore prodotte e degli accorgimenti e delle tecniche riduttive del rumore previsti;

f) la descrizione dei dispositivi di eliminazione e risarcimento dei danni all'ambiente con riferimento alle scelte progettuali, alle migliori tecniche disponibili ed agli aspetti tecnico-economici;

g) i piani di prevenzione dei danni all'ambiente con riferimento alle fasi di costruzione e gestione;

h) i piani di monitoraggio ambientale secondo le specificazioni derivanti dalla normativa vigente o da particolari esigenze in relazione alle singole opere;

i) un riassunto non tecnico di quanto previsto alle lettere precedenti (22).

 

(20)  Lettera così sostituita dall'art. 1, D.P.R. 5 ottobre 1991, n. 460 (Gazz. Uff. 23 aprile 1992, n. 95).

(21)  Lettera aggiunta dall'art. 3, D.P.R. 27 aprile 1992 (Gazz. Uff. 22 agosto 1992, n. 197), entrato in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione.

(22)  Sull'applicabilità delle norme contenute nel presente decreto vedi il comma 2 dell'art. 51, D.Lgs. 3 aprile 2006, n. 152.

 

3. Norme tecniche integrative.

1. Le norme tecniche integrative della disciplina di cui all'art. 2 del presente decreto, concernenti la redazione degli studi di impatto ambientale e la formulazione dei giudizi di compatibilità di cui all'art. 6, comma 4, della legge 8 luglio 1986, n. 349, in relazione a ciascuna categoria di opere, sono emanate con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, previa deliberazione del Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro dell'ambiente, di concerto con i Ministri competenti per materia e sentito il comitato scientifico di cui all'art. 11 della legge 8 luglio 1986, n. 349, entro novanta giorni dalla data di pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale del presente decreto (23).

 

(23)  Sull'applicabilità delle norme contenute nel presente decreto vedi il comma 2 dell'art. 51, D.Lgs. 3 aprile 2006, n. 152.

4. Vigilanza.

1. Il Ministro dell'ambiente vigila ai sensi dell'art. 6, comma 6, della legge 8 luglio 1986, n. 349, sulla osservanza delle eventuali prescrizioni contenute nella pronuncia di compatibilità ambientale.

2. Le amministrazioni interessate rendono noto nel bando di gara o nell'invito a trattare che l'approvazione dei progetti è assoggettata all'osservanza delle eventuali prescrizioni contenute nella pronuncia di compatibilità ambientale (24).

(24)  Sull'applicabilità delle norme contenute nel presente decreto vedi il comma 2 dell'art. 51, D.Lgs. 3 aprile 2006, n. 152.

5. Pubblicità.

1. Contestualmente alla comunicazione di cui al comma 3 dell'art. 2, il committente di opere di cui all'art. 1 provvede alla pubblicazione, sul quotidiano più diffuso nella regione o provincia autonoma territorialmente interessata e su un quotidiano a diffusione nazionale, di un annuncio contenente l'indicazione dell'opera, la sua localizzazione ed una sommaria descrizione del progetto.

2. Il committente provvede altresì al deposito di una o più copie del progetto e degli elaborati della comunicazione, così come definiti all'art. 2, presso il competente ufficio della regione o provincia autonoma interessata, ai fini della consultazione da parte del pubblico.

3. Le regioni, entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto, individuano gli uffici di cui al comma 2 provvedendo anche alla pubblicazione sul Bollettino ufficiale della regione e ad una adeguata informazione al pubblico (25).

 

(25)  Sull'applicabilità delle norme contenute nel presente decreto vedi il comma 2 dell'art. 51, D.Lgs. 3 aprile 2006, n. 152.

6. Istruttoria.

1. L'istruttoria sui progetti di cui all'art. 1 ha le seguenti finalità:

a) accertare la completezza della documentazione presentata;

b) verificare la rispondenza della descrizione dei luoghi e delle loro caratteristiche ambientali a quelle documentate dal proponente;

c) verificare che i dati del progetto, per quanto concerne i rifiuti liquidi e solidi e le emissioni inquinanti nell'atmosfera, corrispondano alle prescrizioni dettate dalla normativa di settore;

d) accertare la coerenza del progetto, per quanto concerne le tecniche di realizzazione e dei processi produttivi previsti, con i dati di utilizzo delle materie prime e delle risorse naturali;

e) accertare il corretto utilizzo delle metodologie di analisi e previsione, nonché l'idoneità delle tecniche di rilevazione e previsione impiegate dal proponente in relazione agli effetti ambientali;

f) individuare e descrivere l'impatto complessivo del progetto sull'ambiente anche in ordine ai livelli di qualità finale, raffrontando la situazione esistente al momento della comunicazione con la previsione di quella successiva.

2. La pronuncia sulla compatibilità ambientale del progetto interviene nel termine di cui al comma 4 dell'art. 6 della legge 8 luglio 1986, n. 349, decorso il quale la procedura riprende il suo corso (26).

 

(26)  Sull'applicabilità delle norme contenute nel presente decreto vedi il comma 2 dell'art. 51, D.Lgs. 3 aprile 2006, n. 152.

 

7. Norma transitoria.

1. La disciplina di cui al presente decreto non si applica ai progetti delle opere per i quali sia già intervenuta l'approvazione a norma delle disposizioni vigenti.

2. La disciplina di cui al presente decreto non si applica altresì alle opere per le quali il Ministro dell'ambiente e il Ministro per i beni culturali e ambientali abbiano ricevuto, alla data di pubblicazione del presente decreto, il parere di organismi istituiti per l'esame dei profili di interesse ambientale delle opere medesime (27).

 

(27)  Sull'applicabilità delle norme contenute nel presente decreto vedi il comma 2 dell'art. 51, D.Lgs. 3 aprile 2006, n. 152.

 

8. Entrata in vigore.

1. Il presente decreto entra in vigore il giorno successivo a quello della pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale del decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri previsto dall'art. 3 (28).

 

(28)  Sull'applicabilità delle norme contenute nel presente decreto vedi il comma 2 dell'art. 51, D.Lgs. 3 aprile 2006, n. 152.


L. 23 agosto 1988 n. 400
Disciplina dell'attività di Governo e ordinamento della Presidenza del Consiglio dei Ministri. (art. 17)

Pubblicata nella Gazz. Uff. 12 settembre 1988, n. 214, S.O.

(omissis)

17. Regolamenti.

1. Con decreto del Presidente della Repubblica, previa deliberazione del Consiglio dei ministri, sentito il parere del Consiglio di Stato che deve pronunziarsi entro novanta giorni dalla richiesta, possono essere emanati regolamenti per disciplinare:

a) l'esecuzione delle leggi e dei decreti legislativi, nonché dei regolamenti comunitari (28);

b) l'attuazione e l'integrazione delle leggi e dei decreti legislativi recanti norme di principio, esclusi quelli relativi a materie riservate alla competenza regionale;

c) le materie in cui manchi la disciplina da parte di leggi o di atti aventi forza di legge, sempre che non si tratti di materie comunque riservate alla legge;

d) l'organizzazione ed il funzionamento delle amministrazioni pubbliche secondo le disposizioni dettate dalla legge;

e) [l'organizzazione del lavoro ed i rapporti di lavoro dei pubblici dipendenti in base agli accordi sindacali] (29).

2. Con decreto del Presidente della Repubblica, previa deliberazione del Consiglio dei ministri, sentito il Consiglio di Stato, sono emanati i regolamenti per la disciplina delle materie, non coperte da riserva assoluta di legge prevista dalla Costituzione, per le quali le leggi della Repubblica, autorizzando l'esercizio della potestà regolamentare del Governo, determinano le norme generali regolatrici della materia e dispongono l'abrogazione delle norme vigenti, con effetto dall'entrata in vigore delle norme regolamentari (30).

3. Con decreto ministeriale possono essere adottati regolamenti nelle materie di competenza del ministro o di autorità sottordinate al ministro, quando la legge espressamente conferisca tale potere. Tali regolamenti, per materie di competenza di più ministri, possono essere adottati con decreti interministeriali, ferma restando la necessità di apposita autorizzazione da parte della legge. I regolamenti ministeriali ed interministeriali non possono dettare norme contrarie a quelle dei regolamenti emanati dal Governo. Essi debbono essere comunicati al Presidente del Consiglio dei ministri prima della loro emanazione.

4. I regolamenti di cui al comma 1 ed i regolamenti ministeriali ed interministeriali, che devono recare la denominazione di «regolamento», sono adottati previo parere del Consiglio di Stato, sottoposti al visto ed alla registrazione della Corte dei conti e pubblicati nella Gazzetta Ufficiale.

4-bis. L'organizzazione e la disciplina degli uffici dei Ministeri sono determinate, con regolamenti emanati ai sensi del comma 2, su proposta del Ministro competente d'intesa con il Presidente del Consiglio dei ministri e con il Ministro del tesoro, nel rispetto dei princìpi posti dal decreto legislativo 3 febbraio 1993, n. 29, e successive modificazioni, con i contenuti e con l'osservanza dei criteri che seguono:

a) riordino degli uffici di diretta collaborazione con i Ministri ed i Sottosegretari di Stato, stabilendo che tali uffici hanno esclusive competenze di supporto dell'organo di direzione politica e di raccordo tra questo e l'amministrazione;

b) individuazione degli uffici di livello dirigenziale generale, centrali e periferici, mediante diversificazione tra strutture con funzioni finali e con funzioni strumentali e loro organizzazione per funzioni omogenee e secondo criteri di flessibilità eliminando le duplicazioni funzionali;

c) previsione di strumenti di verifica periodica dell'organizzazione e dei risultati;

d) indicazione e revisione periodica della consistenza delle piante organiche;

e) previsione di decreti ministeriali di natura non regolamentare per la definizione dei compiti delle unità dirigenziali nell'ambito degli uffici dirigenziali generali (31).

 

(28)  Lettera così modificata dall'art. 11, L. 5 febbraio 1999, n. 25.

(29)  Lettera abrogata dall'art. 74, D.Lgs. 3 febbraio 1993, n. 29, e dall'art. 72, D.Lgs. 30 marzo 2001, n. 165.

(30) La Corte costituzionale, con sentenza 7-22 luglio 2005, n. 303 (Gazz. Uff. 27 luglio 2005, n. 30, 1ª Serie speciale), ha dichiarato inammissibile la questione di legittimità costituzionale dell'art. 17, comma 2, sollevata in riferimento agli artt. 23, 70, 76 e 77 della Costituzione.

(31)  Comma aggiunto dall'art. 13, L. 15 marzo 1997, n. 59.

 

 


R.D. 14 aprile 1910 n. 639
Approvazione del testo unico delle disposizioni di legge relative alla riscossione delle entrate patrimoniali dello Stato. (art. 30)

Pubblicato nella Gazz. Uff. 30 settembre 1910, n. 227. 

(omissis)

Articolo 30.

(Art. 7, legge 24 dicembre 1908, n. 797). - Rimane in vigore degli antichi ordinamenti la parte riguardante le norme di conservazione, voltura, rinnovazione ed efficacia dei ruoli esecutivi per la riscossione dei cespiti mobiliari.

 


R.D. 29 luglio 1927 n. 1443
Norme di carattere legislativo per disciplinare la ricerca e la coltivazione delle miniere nel Regno. (art. 2)

Pubblicato nella Gazz. Uff. 23 agosto 1927, n. 194. 

(omissis)

2.  Le lavorazioni indicate nell'art. 1 si distinguono in due categorie: miniere e cave.

Appartengono alla prima categoria la ricerca e la coltivazione delle sostanze ed energie seguenti:

a) minerali utilizzabili per l'estrazione di metalli, metalloidi e loro composti, anche se detti minerali siano impiegati direttamente;

b) grafite, combustibili solidi, liquidi e gassosi (4), rocce asfaltiche e bituminose;

c) fosfati, sali alcalini e magnesiaci, allumite, miche, feldspati, caolino e bentonite, terre da sbianca, argille per porcellana e terraglia forte, terre con grado di refrattarietà superiore a 1630 gradi centigradi;

d) pietre preziose, granati, corindone, bauxite, leucite, magnesite, fluorina, minerali di bario e di stronzio, talco, asbesto, marna da cemento, pietre litografiche;

e) sostanze radioattive, acque minerali e termali, vapori e gas.

Appartiene alla seconda categoria la coltivazione:

a) delle torbe;

b) dei materiali per costruzioni edilizie, stradali ed idrauliche;

c) delle terre coloranti, delle farine fossili, del quarzo e delle sabbie silicee, delle pietre molari, delle pietre coti;

d) degli altri materiali industrialmente utilizzabili ai termini dell'art. 1 e non compresi nella prima categoria (5).

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(4)  Sulla disciplina della ricerca e della coltivazione degli idrocarburi; vedi, ora, L. 11 gennaio 1957, n. 6, e gli altri provvedimenti riportati alla voce Idrocarburi. Cfr. però l'ultimo comma dell'art. 1 di detta legge, aggiunto dalla L. 8 marzo 1958, n. 231.

(5)  Così sostituito dall'art. 1, L. 7 novembre 1941, n. 1360.


L. 7 agosto 1990, n. 241
Nuove norme in materia di procedimento amministrativo e di diritto di accesso ai documenti amministrativi. (art. 7, 14-21)

 

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(1) Pubblicata nella Gazz. Uff. 18 agosto 1990, n. 192.

(2)  Con riferimento al presente provvedimento sono state emanate le seguenti istruzioni:

- A.I.P.A. (Autorità informatica pubblica amministrazione): Circ. 7 maggio 2001, n. AIPA/CR/28;

- Comando generale della Guardia di Finanza: Circ. 8 ottobre 2001, n. 263000/090;

- I.N.P.D.A.P. (Istituto nazionale previdenza dipendenti amministrazione pubblica): Circ. 14 maggio 1996, n. 28; Circ. 14 marzo 1997, n. 17; Informativa 12 febbraio 2000, n. 12; Informativa 4 febbraio 2002, n. 13; Informativa 23 aprile 2002, n. 44; Circ. 27 maggio 2004, n. 33;

- I.N.P.S. (Istituto nazionale previdenza sociale): Circ. 17 gennaio 1996, n. 15; Circ. 11 luglio 1996, n. 142; Circ. 15 ottobre 1996, n. 199; Circ. 24 giugno 1998, n. 135; Circ. 1 agosto 2000, n. 141;

- ISTAT (Istituto nazionale di statistica): Circ. 19 giugno 1996, n. 30;

- Ministero degli affari esteri: Circ. 10 settembre 1997, n. 02391; Circ. 3 ottobre 1997, n. 9;

- Ministero dei lavori pubblici: Circ. 13 marzo 1996, n. 1333; Circ. 3 marzo 1997, n. 1246; Circ. 29 maggio 1997, n. 2407;

- Ministero dei trasporti e della navigazione: Circ. 8 ottobre 1996, n. 131/96; Circ. 14 gennaio 1997, n. 305/DG4/4; Circ. 14 febbraio 1997, n. 11MP0170; Circ. 28 novembre 1997, n. 112438; Circ. 12 dicembre 1997, n. 18245; Circ. 12 maggio 1998, n. 43/98; Circ. 31 maggio 2000, n. B23/2000/MOT;

- Ministero dei trasporti: Circ. 10 novembre 1997, n. 119/44;

- Ministero del commercio con l'estero: Circ. 24 dicembre 1997, n. 320388; Circ. 27 maggio 1998, n. 509289;

- Ministero del lavoro e della previdenza sociale: Circ. 9 aprile 1998, n. 49/98; Circ. 17 giugno 1998, n. 85/98;

- Ministero del tesoro, del bilancio e della programmazione economica: Circ. 24 giugno 1998, n. 57; Circ. 20 ottobre 1999, n. 46; Circ. 20 marzo 2000, n. 14;

- Ministero del tesoro: Circ. 21 marzo 1997, n. 42; Circ. 18 aprile 1997, n. 141343; Circ. 20 gennaio 1998, n. 106022;

- Ministero dell'economia e delle finanze: Circ. 2 agosto 2001, n. 75/E;

- Ministero dell'industria, del commercio e dell'artigianato: Ris. 31 gennaio 1996, n. 289415;

- Ministero dell'interno: Circ. 15 gennaio 1997, n. 2; Circ. 9 marzo 1999, n. 24; Circ. 22 marzo 1999, n. 34; Circ. 13 aprile 1999, n. 300/A/42387/124/77; Circ. 4 maggio 1999, n. 49; Circ. 30 giugno 1999, n. 2/99; Circ. 6 luglio 1999, n. 4/99; Circ. 6 giugno 2000, n. 63; Lett.Circ. 11 gennaio 2001, n. P48/4101;

- Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca: Circ. 24 dicembre 2001, n. 176;

- Ministero della difesa: Circ. 12 giugno 1997, n. LEV.-C-56/U.D.G.;

- Ministero della pubblica istruzione: Circ. 9 gennaio 1996, n. 9; Circ. 9 gennaio 1996, n. 6; Circ. 16 gennaio 1996, n. 19; Circ. 29 febbraio 1996, n. 93; Circ. 4 marzo 1996, n. 100; Circ. 3 aprile 1996, n. 135; Circ. 3 aprile 1996, n. 133; Circ. 19 aprile 1996, n. 155; Circ. 11 giugno 1996, n. 225; Circ. 1 agosto 1996, n. 447; Circ. 30 dicembre 1996, n. 782; Circ. 27 maggio 1997, n. 328; Circ. 28 maggio 1997, n. 331; Circ. 10 luglio 1997, n. 429; Circ. 1 agosto 1997, n. 476; Circ. 6 agosto 1997, n. 487; Circ. 31 ottobre 1997, n. 675; Circ. 10 febbraio 1998, n. 48; Circ. 10 febbraio 1998, n. 1416; Circ. 27 febbraio 1998, n. 78; Circ. 2 aprile 1998, n. 175; Circ. 13 maggio 1998, n. 225; Circ. 29 maggio 1998, n. 252; Circ. 8 giugno 1998, n. 264; Circ. 11 giugno 1998, n. 601229; Circ. 21 luglio 1998, n. 317; Circ. 24 settembre 1998, n. 395; Nota 15 febbraio 2000, n. 1787; Nota 8 marzo 2000, n. 2855;

- Ministero delle finanze: Circ. 11 aprile 1996, n. 90/S; Circ. 9 maggio 1996, n. 111/E; Circ. 17 maggio 1996, n. 131/D; Circ. 8 gennaio 1997, n. 4/D; Circ. 11 marzo 1997, n. 73/D; Circ. 25 marzo 1997, n. 90/D; Circ. 4 aprile 1997, n. 95/S; Circ. 8 maggio 1997, n. 132/S; Circ. 9 giugno 1997, n. 157/E; Circ. 8 luglio 1997, n. 195/E; Circ. 25 luglio 1997, n. 211/T; Circ. 15 ottobre 1997, n. 265/P; Circ. 31 ottobre 1997, n. 284/E; Circ. 30 dicembre 1997, n. 333/E; Circ. 12 marzo 1998, n. 84/E; Circ. 16 marzo 1998, n. 86/D; Circ. 27 ottobre 1998, n. 244/S; Circ. 23 febbraio 1999, n. 49/E; Circ. 14 maggio 1999, n. 107/S;

- Ministero delle politiche agricole e forestali: Circ. 28 giugno 2000, n. 4; Circ. 23 dicembre 2003;

- Ministero delle poste e delle telecomunicazioni: Circ. 9 settembre 1996, n. GM98727/4205DL/CR;

- Ministero di grazia e giustizia: Circ. 10 marzo 1997;

- Ministero marina mercantile: Circ. 13 novembre 1996, n. 113345;

- Ministero per i beni culturali e ambientali: Circ. 15 luglio 1996, n. 21; Circ. 1 ottobre 1996, n. 109; Circ. 16 ottobre 1996, n. 121; Circ. 29 novembre 1996, n. 142; Circ. 5 marzo 1997, n. 81; Circ. 25 agosto 1997, n. 15; Circ. 8 marzo 1999, n. 55/99; Circ. 24 dicembre 1999, n. 198/99; Circ. 5 marzo 2001, n. 27; Circ. 8 luglio 2002, n. 84/2002;

- Presidenza del Consiglio dei Ministri: Circ. 30 luglio 1996, n. 1188/TC/PG; Circ. 5 gennaio 1998, n. DIE/ARE/1/51;

- Presidenza del Consiglio dei Ministri: Dipartimento per la funzione pubblica e gli affari regionali: Circ. 23 gennaio 1996, n. 41; Circ. 25 gennaio 1996, n. 38; Circ. 25 gennaio 1996, n. 840; Circ. 29 gennaio 1996, n. 838; Circ. 31 gennaio 1996, n. 96; Circ. 6 febbraio 1996, n. 860; Circ. 6 febbraio 1996, n. 72; Circ. 12 febbraio 1996, n. 87; Circ. 19 febbraio 1996, n. 103; Circ. 13 marzo 1996, n. 160; Circ. 19 marzo 1996 n. 176; Circ. 20 marzo 1996 n. 676; Circ. 22 marzo 1996 n. 183; Circ. 17 aprile 1996, n. 236; Circ. 19 aprile 1996, n. 249; Circ. 23 aprile 1996, n. 252; Circ. 30 aprile 1996, n. 256; Circ. 2 maggio 1996, n. 30052; Circ. 15 maggio 1996, n. 93; Circ. 29 maggio 1996, n. 311; Circ. 2 giugno 1996, n. 316; Circ. 3 luglio 1996, n. 296; Circ. 3 luglio 1996, n. 309; Circ. 5 luglio 1996, n. 299; Circ. 5 luglio 1996, n. 306; Circ. 11 luglio 1996, n. 451; Circ. 16 luglio 1996, n. 656; Circ. 18 luglio 1996, n. 280; Circ. 3 ottobre 1996, n. 298; Circ. 14 novembre 1996, n. 676; Circ. 21 novembre 1996, n. 1138; Circ. 11 dicembre 1996, n. 843; Circ. 11 dicembre 1996, n. 1153; Circ. 12 dicembre 1996, n. 610; Circ. 12 dicembre 1996, n. 1216; Circ. 16 dicembre 1996, n. 1234; Circ. 29 maggio 1998, n. 5/98;

- Ufficio Italiano Cambi: Circ. 9 febbraio 1998, n. 440.

Capo III - Partecipazione al procedimento amministrativo

(omissis)

7. Comunicazione di avvio del procedimento (18).

1. Ove non sussistano ragioni di impedimento derivanti da particolari esigenze di celerità del procedimento, l'avvio del procedimento stesso è comunicato, con le modalità previste dall'articolo 8, ai soggetti nei confronti dei quali il provvedimento finale è destinato a produrre effetti diretti ed a quelli che per legge debbono intervenirvi. Ove parimenti non sussistano le ragioni di impedimento predette, qualora da un provvedimento possa derivare un pregiudizio a soggetti individuati o facilmente individuabili, diversi dai suoi diretti destinatari, l'amministrazione è tenuta a fornire loro, con le stesse modalità, notizia dell'inizio del procedimento (19).

2. Nelle ipotesi di cui al comma 1 resta salva la facoltà dell'amministrazione di adottare, anche prima della effettuazione delle comunicazioni di cui al medesimo comma 1, provvedimenti cautelari.

 

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(18)  Rubrica aggiunta dall'art. 21, L. 11 febbraio 2005, n. 15.

(19)  Ai sensi dell'art. 15, comma 5, L. 1° agosto 2002, n. 166, per i lavori di manutenzione ordinaria e straordinaria sulla rete stradale di importo non superiore a 200.000 euro, quanto disposto dal presente articolo si intende adempiuto mediante pubblicazione per estratto dell'avvio del procedimento su un quotidiano a diffusione locale.

(omissis)

14. Conferenza di servizi (33).

1. Qualora sia opportuno effettuare un esame contestuale di vari interessi pubblici coinvolti in un procedimento amministrativo, l'amministrazione procedente indìce di regola una conferenza di servizi.

2. La conferenza di servizi è sempre indetta quando l'amministrazione procedente deve acquisire intese, concerti, nulla osta o assensi comunque denominati di altre amministrazioni pubbliche e non li ottenga, entro trenta giorni dalla ricezione, da parte dell'amministrazione competente, della relativa richiesta. La conferenza può essere altresì indetta quando nello stesso termine è intervenuto il dissenso di una o più amministrazioni interpellate.

3. La conferenza di servizi può essere convocata anche per l'esame contestuale di interessi coinvolti in più procedimenti amministrativi connessi, riguardanti medesimi attività o risultati. In tal caso, la conferenza è indetta dall'amministrazione o, previa informale intesa, da una delle amministrazioni che curano l'interesse pubblico prevalente. L'indizione della conferenza può essere richiesta da qualsiasi altra amministrazione coinvolta.

4. Quando l'attività del privato sia subordinata ad atti di consenso, comunque denominati, di competenza di più amministrazioni pubbliche, la conferenza di servizi è convocata, anche su richiesta dell'interessato, dall'amministrazione competente per l'adozione del provvedimento finale (34).

 

5. In caso di affidamento di concessione di lavori pubblici la conferenza di servizi è convocata dal concedente ovvero, con il consenso di quest'ultimo, dal concessionario entro quindici giorni fatto salvo quanto previsto dalle leggi regionali in materia di valutazione di impatto ambientale (VIA). Quando la conferenza è convocata ad istanza del concessionario spetta in ogni caso al concedente il diritto di voto.

5-bis. Previo accordo tra le amministrazioni coinvolte, la conferenza di servizi è convocata e svolta avvalendosi degli strumenti informatici disponibili, secondo i tempi e le modalità stabiliti dalle medesime amministrazioni (35).

 

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(33)  Rubrica aggiunta dall'art. 21, L. 11 febbraio 2005, n. 15.

(34)  Vedi, anche, l'art. 2, O.P.C.M. 12 marzo 2003, n. 3268.

(35)  Articolo prima modificato dall'art. 2, L. 24 dicembre 1993, n. 537, dall'art. 3-bis, D.L. 12 maggio 1995, n. 163, dall'art. 17, L. 15 maggio 1997, n. 127, nel testo integrato dall'art. 2, L. 16 giugno 1998, n. 191, poi sostituito dall'art. 9, L. 24 novembre 2000, n. 340 ed infine così modificato dall'art. 8, L. 11 febbraio 2005, n. 15.

 

14-bis. Conferenza di servizi preliminare (36).

1. La conferenza di servizi può essere convocata per progetti di particolare complessità e di insediamenti produttivi di beni e servizi, su motivata richiesta dell'interessato, documentata, in assenza di un progetto preliminare, da uno studio di fattibilità, prima della presentazione di una istanza o di un progetto definitivi, al fine di verificare quali siano le condizioni per ottenere, alla loro presentazione, i necessari atti di consenso. In tale caso la conferenza si pronuncia entro trenta giorni dalla data della richiesta e i relativi costi sono a carico del richiedente (37).

2. Nelle procedure di realizzazione di opere pubbliche e di interesse pubblico, la conferenza di servizi si esprime sul progetto preliminare al fine di indicare quali siano le condizioni per ottenere, sul progetto definitivo, le intese, i pareri, le concessioni, le autorizzazioni, le licenze, i nulla osta e gli assensi, comunque denominati, richiesti dalla normativa vigente. In tale sede, le amministrazioni preposte alla tutela ambientale, paesaggistico-territoriale, del patrimonio storico-artistico o alla tutela della salute e della pubblica incolumità, si pronunciano, per quanto riguarda l'interesse da ciascuna tutelato, sulle soluzioni progettuali prescelte. Qualora non emergano, sulla base della documentazione disponibile, elementi comunque preclusivi della realizzazione del progetto, le suddette amministrazioni indicano, entro quarantacinque giorni, le condizioni e gli elementi necessari per ottenere, in sede di presentazione del progetto definitivo, gli atti di consenso (38).

3. Nel caso in cui sia richiesta VIA, la conferenza di servizi si esprime entro trenta giorni dalla conclusione della fase preliminare di definizione dei contenuti dello studio d'impatto ambientale, secondo quanto previsto in materia di VIA. Ove tale conclusione non intervenga entro novanta giorni dalla richiesta di cui al comma 1, la conferenza di servizi si esprime comunque entro i successivi trenta giorni. Nell'àmbito di tale conferenza, l'autorità competente alla VIA si esprime sulle condizioni per la elaborazione del progetto e dello studio di impatto ambientale. In tale fase, che costituisce parte integrante della procedura di VIA, la suddetta autorità esamina le principali alternative, compresa l'alternativa zero, e, sulla base della documentazione disponibile, verifica l'esistenza di eventuali elementi di incompatibilità, anche con riferimento alla localizzazione prevista dal progetto e, qualora tali elementi non sussistano, indica nell'àmbito della conferenza di servizi le condizioni per ottenere, in sede di presentazione del progetto definitivo, i necessari atti di consenso.

3-bis. Il dissenso espresso in sede di conferenza preliminare da una amministrazione preposta alla tutela ambientale, paesaggistico-territoriale, del patrimonio storico-artistico, della salute o della pubblica incolumità, con riferimento alle opere interregionali, è sottoposto alla disciplina di cui all'articolo 14-quater, comma 3 (39).

4. Nei casi di cui ai commi 1, 2 e 3, la conferenza di servizi si esprime allo stato degli atti a sua disposizione e le indicazioni fornite in tale sede possono essere motivatamente modificate o integrate solo in presenza di significativi elementi emersi nelle fasi successive del procedimento, anche a seguito delle osservazioni dei privati sul progetto definitivo.

5. Nel caso di cui al comma 2, il responsabile unico del procedimento trasmette alle amministrazioni interessate il progetto definitivo, redatto sulla base delle condizioni indicate dalle stesse amministrazioni in sede di conferenza di servizi sul progetto preliminare, e convoca la conferenza tra il trentesimo e il sessantesimo giorno successivi alla trasmissione. In caso di affidamento mediante appalto concorso o concessione di lavori pubblici, l'amministrazione aggiudicatrice convoca la conferenza di servizi sulla base del solo progetto preliminare, secondo quanto previsto dalla legge 11 febbraio 1994, n. 109, e successive modificazioni (40).

 

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(36)  Rubrica aggiunta dall'art. 21, L. 11 febbraio 2005, n. 15.

(37)  Comma così modificato dall'art. 9, L. 11 febbraio 2005, n. 15.

(38)  Comma così modificato dall'art. 9, L. 11 febbraio 2005, n. 15.

(39)  Comma aggiunto dall'art. 9, L. 11 febbraio 2005, n. 15.

(40)  Articolo aggiunto dall'art. 17, L. 15 maggio 1997, n. 127 e poi così sostituito dall'art. 10, L. 24 novembre 2000, n. 340.

 

14-ter. Lavori della conferenza di servizi (41).

01. La prima riunione della conferenza di servizi è convocata entro quindici giorni ovvero, in caso di particolare complessità dell'istruttoria, entro trenta giorni dalla data di indizione (42).

1. La conferenza di servizi assume le determinazioni relative all'organizzazione dei propri lavori a maggioranza dei presenti.

2. La convocazione della prima riunione della conferenza di servizi deve pervenire alle amministrazioni interessate, anche per via telematica o informatica, almeno cinque giorni prima della relativa data. Entro i successivi cinque giorni, le amministrazioni convocate possono richiedere, qualora impossibilitate a partecipare, l'effettuazione della riunione in una diversa data; in tale caso, l'amministrazione procedente concorda una nuova data, comunque entro i dieci giorni successivi alla prima (43).

3. Nella prima riunione della conferenza di servizi, o comunque in quella immediatamente successiva alla trasmissione dell'istanza o del progetto definitivo ai sensi dell'articolo 14-bis, le amministrazioni che vi partecipano determinano il termine per l'adozione della decisione conclusiva. I lavori della conferenza non possono superare i novanta giorni, salvo quanto previsto dal comma 4. Decorsi inutilmente tali termini, l'amministrazione procedente provvede ai sensi dei commi 6-bis e 9 del presente articolo (44).

4. Nei casi in cui sia richiesta la VIA, la conferenza di servizi si esprime dopo aver acquisito la valutazione medesima ed il termine di cui al comma 3 resta sospeso, per un massimo di novanta giorni, fino all'acquisizione della pronuncia sulla compatibilità ambientale. Se la VIA non interviene nel termine previsto per l'adozione del relativo provvedimento, l'amministrazione competente si esprime in sede di conferenza di servizi, la quale si conclude nei trenta giorni successivi al termine predetto. Tuttavia, a richiesta della maggioranza dei soggetti partecipanti alla conferenza di servizi, il termine di trenta giorni di cui al precedente periodo è prorogato di altri trenta giorni nel caso che si appalesi la necessità di approfondimenti istruttori (45).

5. Nei procedimenti relativamente ai quali sia già intervenuta la decisione concernente la VIA le disposizioni di cui al comma 3 dell'articolo 14-quater, nonché quelle di cui agli articoli 16, comma 3, e 17, comma 2, si applicano alle sole amministrazioni preposte alla tutela della salute , del patrimonio storico-artistico e della pubblica incolumità (46).

6. Ogni amministrazione convocata partecipa alla conferenza di servizi attraverso un unico rappresentante legittimato, dall'organo competente, ad esprimere in modo vincolante la volontà dell'amministrazione su tutte le decisioni di competenza della stessa.

6-bis. All'esito dei lavori della conferenza, e in ogni caso scaduto il termine di cui al comma 3, l'amministrazione procedente adotta la determinazione motivata di conclusione del procedimento, valutate le specifiche risultanze della conferenza e tenendo conto delle posizioni prevalenti espresse in quella sede (47).

7. Si considera acquisito l'assenso dell'amministrazione il cui rappresentante non abbia espresso definitivamente la volontà dell'amministrazione rappresentata (48).

8. In sede di conferenza di servizi possono essere richiesti, per una sola volta, ai proponenti dell'istanza o ai progettisti chiarimenti o ulteriore documentazione. Se questi ultimi non sono forniti in detta sede, entro i successivi trenta giorni, si procede all'esame del provvedimento.

9. Il provvedimento finale conforme alla determinazione conclusiva di cui al comma 6-bis sostituisce, a tutti gli effetti, ogni autorizzazione, concessione, nulla osta o atto di assenso comunque denominato di competenza delle amministrazioni partecipanti, o comunque invitate a partecipare ma risultate assenti, alla predetta conferenza (49).

10. Il provvedimento finale concernente opere sottoposte a VIA è pubblicato, a cura del proponente, unitamente all'estratto della predetta VIA, nella Gazzetta Ufficiale o nel Bollettino regionale in caso di VIA regionale e in un quotidiano a diffusione nazionale. Dalla data della pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale decorrono i termini per eventuali impugnazioni in sede giurisdizionale da parte dei soggetti interessati (50).

 

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(41)  Rubrica aggiunta dall'art. 21, L. 11 febbraio 2005, n. 15.

(42)  Comma così premesso dall'art. 10, L. 11 febbraio 2005, n. 15.

(43)  Comma così modificato dall'art. 10, L. 11 febbraio 2005, n. 15.

(44)  Comma così modificato dall'art. 10, L. 11 febbraio 2005, n. 15.

(45)  Comma così modificato dall'art. 10, L. 11 febbraio 2005, n. 15.

(46)  Comma così modificato dall'art. 10, L. 11 febbraio 2005, n. 15.

(47)  Comma aggiunto dall'art. 10, L. 11 febbraio 2005, n. 15.

(48)  Comma così modificato dall'art. 10, L. 11 febbraio 2005, n. 15.

(49)  Comma così sostituito dall'art. 10, L. 11 febbraio 2005, n. 15.

(50)  Articolo aggiunto dall'art. 17, L. 15 maggio 1997, n. 127 e poi così sostituito dall'art. 11, L. 24 novembre 2000, n. 340.

 

14-quater. Effetti del dissenso espresso nella conferenza di servizi (51).

1. Il dissenso di uno o più rappresentanti delle amministrazioni, regolarmente convocate alla conferenza di servizi, a pena di inammissibilità, deve essere manifestato nella conferenza di servizi, deve essere congruamente motivato, non può riferirsi a questioni connesse che non costituiscono oggetto della conferenza medesima e deve recare le specifiche indicazioni delle modifiche progettuali necessarie ai fini dell'assenso.

2. [Se una o più amministrazioni hanno espresso nell'àmbito della conferenza il proprio dissenso sulla proposta dell'amministrazione procedente, quest'ultima, entro i termini perentori indicati dall'articolo 14-ter, comma 3, assume comunque la determinazione di conclusione del procedimento sulla base della maggioranza delle posizioni espresse in sede di conferenza di servizi. La determinazione è immediatamente esecutiva] (52).

3. Se il motivato dissenso è espresso da un'amministrazione preposta alla tutela ambientale, paesaggistico-territoriale, del patrimonio storico-artistico o alla tutela della salute e della pubblica incolumità, la decisione è rimessa dall'amministrazione procedente, entro dieci giorni: a) al Consiglio dei Ministri, in caso di dissenso tra amministrazioni statali; b) alla Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, di seguito denominata "Conferenza Stato-regioni", in caso di dissenso tra un'amministrazione statale e una regionale o tra più amministrazioni regionali; c) alla Conferenza unificata, di cui all'articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, in caso di dissenso tra un'amministrazione statale o regionale e un ente locale o tra più enti locali. Verificata la completezza della documentazione inviata ai fini istruttori, la decisione è assunta entro trenta giorni, salvo che il Presidente del Consiglio dei Ministri, della Conferenza Stato-regioni o della Conferenza unificata, valutata la complessità dell'istruttoria, decida di prorogare tale termine per un ulteriore periodo non superiore a sessanta giorni (53).

3-bis. Se il motivato dissenso è espresso da una regione o da una provincia autonoma in una delle materie di propria competenza, la determinazione sostitutiva è rimessa dall'amministrazione procedente, entro dieci giorni: a) alla Conferenza Stato-regioni, se il dissenso verte tra un'amministrazione statale e una regionale o tra amministrazioni regionali; b) alla Conferenza unificata, in caso di dissenso tra una regione o provincia autonoma e un ente locale. Verificata la completezza della documentazione inviata ai fini istruttori, la decisione è assunta entro trenta giorni, salvo che il Presidente della Conferenza Stato-regioni o della Conferenza unificata, valutata la complessità dell'istruttoria, decida di prorogare tale termine per un ulteriore periodo non superiore a sessanta giorni (54).

3-ter. Se entro i termini di cui ai commi 3 e 3-bis la Conferenza Stato-regioni o la Conferenza unificata non provvede, la decisione, su iniziativa del Ministro per gli affari regionali, è rimessa al Consiglio dei Ministri, che assume la determinazione sostitutiva nei successivi trenta giorni, ovvero, quando verta in materia non attribuita alla competenza statale ai sensi dell'articolo 117, secondo comma, e dell'articolo 118 della Costituzione, alla competente Giunta regionale ovvero alle competenti Giunte delle province autonome di Trento e di Bolzano, che assumono la determinazione sostitutiva nei successivi trenta giorni; qualora la Giunta regionale non provveda entro il termine predetto, la decisione è rimessa al Consiglio dei Ministri, che delibera con la partecipazione dei Presidenti delle regioni interessate (55).

3-quater. In caso di dissenso tra amministrazioni regionali, i commi 3 e 3-bis non si applicano nelle ipotesi in cui le regioni interessate abbiano ratificato, con propria legge, intese per la composizione del dissenso ai sensi dell'articolo 117, ottavo comma, della Costituzione, anche attraverso l'individuazione di organi comuni competenti in via generale ad assumere la determinazione sostitutiva in caso di dissenso (56).

3-quinquies. Restano ferme le attribuzioni e le prerogative riconosciute alle regioni a statuto speciale e alle province autonome di Trento e di Bolzano dagli statuti speciali di autonomia e dalle relative norme di attuazione (57).

4. [Quando il dissenso è espresso da una regione, le determinazioni di competenza del Consiglio dei ministri previste al comma 3 sono adottate con l'intervento del presidente della giunta regionale interessata, al quale è inviata a tal fine la comunicazione di invito a partecipare alla riunione, per essere ascoltato, senza diritto di voto] (58).

5. Nell'ipotesi in cui l'opera sia sottoposta a VIA e in caso di provvedimento negativo trova applicazione l'articolo 5, comma 2, lettera c-bis), della legge 23 agosto 1988, n. 400, introdotta dall'articolo 12, comma 2, del decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 303 (59).

 

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(51)  Rubrica aggiunta dall'art. 21, L. 11 febbraio 2005, n. 15.

(52)  Comma abrogato dall'art. 11, L. 11 febbraio 2005, n. 15.

(53)  Gli attuali commi da 3 a 3-quinquies così sostituiscono l'originario comma 3 ai sensi di quanto disposto dall'art. 11, L. 11 febbraio 2005, n. 15. Vedi, anche, le linee guida di cui al Provv. 2 gennaio 2003.

(54)  Gli attuali commi da 3 a 3-quinquies così sostituiscono l'originario comma 3 ai sensi di quanto disposto dall'art. 11, L. 11 febbraio 2005, n. 15.

(55)  Gli attuali commi da 3 a 3-quinquies così sostituiscono l'originario comma 3 ai sensi di quanto disposto dall'art. 11, L. 11 febbraio 2005, n. 15. Vedi, anche, le linee guida di cui al Provv. 2 gennaio 2003.

(56)  Gli attuali commi da 3 a 3-quinquies così sostituiscono l'originario comma 3 ai sensi di quanto disposto dall'art. 11, L. 11 febbraio 2005, n. 15.

(57)  Gli attuali commi da 3 a 3-quinquies così sostituiscono l'originario comma 3 ai sensi di quanto disposto dall'art. 11, L. 11 febbraio 2005, n. 15.

(58)  Comma abrogato dall'art. 11, L. 11 febbraio 2005, n. 15.

(59)  Articolo aggiunto dall'art. 17, L. 15 maggio 1997, n. 127 e poi così sostituito dall'art. 12, L. 24 novembre 2000, n. 340.

 

 

14-quinquies. Conferenza di servizi in materia di finanza di progetto.

1. Nelle ipotesi di conferenza di servizi finalizzata all'approvazione del progetto definitivo in relazione alla quale trovino applicazione le procedure di cui agli articoli 37-bis e seguenti della legge 11 febbraio 1994, n. 109, sono convocati alla conferenza, senza diritto di voto, anche i soggetti aggiudicatari di concessione individuati all'esito della procedura di cui all'articolo 37-quater della legge n. 109 del 1994, ovvero le società di progetto di cui all'articolo 37-quinquies della medesima legge (60).

 

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(60)  Articolo aggiunto dall'art. 12, L. 11 febbraio 2005, n. 15.

 

 

15. Accordi fra pubbliche amministrazioni (61).

1. Anche al di fuori delle ipotesi previste dall'articolo 14, le amministrazioni pubbliche possono sempre concludere tra loro accordi per disciplinare lo svolgimento in collaborazione di attività di interesse comune.

2. Per detti accordi si osservano, in quanto applicabili, le disposizioni previste dall'articolo 11, commi 2, 3 e 5.

 

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(61)  Rubrica aggiunta dall'art. 21, L. 11 febbraio 2005, n. 15.

 

16. Attività consultiva (62).

1. Gli organi consultivi delle pubbliche amministrazioni di cui all'articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 3 febbraio 1993, n. 29, sono tenuti a rendere i pareri ad essi obbligatoriamente richiesti entro quarantacinque giorni dal ricevimento della richiesta. Qualora siano richiesti di pareri facoltativi, sono tenuti a dare immediata comunicazione alle amministrazioni richiedenti del termine entro il quale il parere sarà reso (63).

2. In caso di decorrenza del termine senza che sia stato comunicato il parere o senza che l'organo adito abbia rappresentato esigenze istruttorie, è in facoltà dell'amministrazione richiedente di procedere indipendentemente dall'acquisizione del parere (64).

3. Le disposizioni di cui ai commi 1 e 2 non si applicano in caso di pareri che debbano essere rilasciati da amministrazioni preposte alla tutela ambientale, paesaggistica, territoriale e della salute dei cittadini (65).

4. Nel caso in cui l'organo adito abbia rappresentato esigenze istruttorie il termine di cui al comma 1 può essere interrotto per una sola volta e il parere deve essere reso definitivamente entro quindici giorni dalla ricezione degli elementi istruttori da parte delle amministrazioni interessate (66).

5. Qualora il parere sia favorevole, senza osservazioni, il dispositivo è comunicato telegraficamente o con mezzi telematici.

6. Gli organi consultivi dello Stato predispongono procedure di particolare urgenza per l'adozione dei pareri loro richiesti (67).

 

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(62)  Rubrica aggiunta dall'art. 21, L. 11 febbraio 2005, n. 15.

(63)  Comma così sostituito dall'art. 17, comma 24, L. 15 maggio 1997, n. 127.

(64)  Comma così sostituito dall'art. 17, comma 24, L. 15 maggio 1997, n. 127.

(65)  Comma così sostituito dall'art. 17, comma 24, L. 15 maggio 1997, n. 127.

(66)  Comma così sostituito dall'art. 17, comma 24, L. 15 maggio 1997, n. 127. Vedi, anche, l'art. 2, O.P.C.M. 12 marzo 2003, n. 3268.

(67)  Il comma 5 dell'art. 2, O.P.C.M. 8 luglio 2004, n. 3361 (Gazz. Uff. 17 luglio 2004, n. 166) ha disposto, in deroga a quanto previsto dal presente articolo, che i pareri, i visti e i nulla-osta che si dovessero rendere necessari anche successivamente alla conferenza dei servizi, si intendono inderogabilmente acquisiti con esito positivo trascorsi 10 giorni dalla richiesta effettuata dal legale rappresentante dell'Ente attuatore.

 

17. Valutazioni tecniche (68).

1. Ove per disposizione espressa di legge o di regolamento sia previsto che per l'adozione di un provvedimento debbano essere preventivamente acquisite le valutazioni tecniche di organi od enti appositi e tali organi ed enti non provvedano o non rappresentino esigenze istruttorie di competenza dell'amministrazione procedente nei termini prefissati dalla disposizione stessa o, in mancanza, entro novanta giorni dal ricevimento della richiesta, il responsabile del procedimento deve chiedere le suddette valutazioni tecniche ad altri organi dell'amministrazione pubblica o ad enti pubblici che siano dotati di qualificazione e capacità tecnica equipollenti, ovvero ad istituti universitari.

2. La disposizione di cui al comma 1 non si applica in caso di valutazioni che debbano essere prodotte da amministrazioni preposte alla tutela ambientale, paesaggistico-territoriale e della salute dei cittadini.

3. Nel caso in cui l'ente od organo adito abbia rappresentato esigenze istruttorie all'amministrazione procedente, si applica quanto previsto dal comma 4 dell'articolo 16.

 

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(68)  Rubrica aggiunta dall'art. 21, L. 11 febbraio 2005, n. 15.

 

18. Autocertificazione (69).

1. Entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge le amministrazioni interessate adottano le misure organizzative idonee a garantire l'applicazione delle disposizioni in materia di autocertificazione e di presentazione di atti e documenti da parte di cittadini a pubbliche amministrazioni di cui alla legge 4 gennaio 1968, n. 15, e successive modificazioni e integrazioni. [Delle misure adottate le amministrazioni danno comunicazione alla Commissione di cui all'articolo 27] (70).

2. I documenti attestanti atti, fatti, qualità e stati soggettivi, necessari per l'istruttoria del procedimento, sono acquisiti d'ufficio quando sono in possesso dell'amministrazione procedente, ovvero sono detenuti, istituzionalmente, da altre pubbliche amministrazioni. L'amministrazione procedente può richiedere agli interessati i soli elementi necessari per la ricerca dei documenti (71).

3. Parimenti sono accertati d'ufficio dal responsabile del procedimento i fatti, gli stati e le qualità che la stessa amministrazione procedente o altra pubblica amministrazione è tenuta a certificare.

 

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(69)  Rubrica aggiunta dall'art. 21, L. 11 febbraio 2005, n. 15.

(70) Periodo soppresso dall'art. 1, D.P.R. 2 agosto 2007, n. 157.

(71)  Comma così sostituto dall'art. 3, comma 6-octies, D.L. 14 marzo 2005, n. 35, nel testo integrato dalla relativa legge di conversione.

 

 19. Dichiarazione di inizio attività.

1. Ogni atto di autorizzazione, licenza, concessione non costitutiva, permesso o nulla osta comunque denominato, comprese le domande per le iscrizioni in albi o ruoli richieste per l'esercizio di attività imprenditoriale, commerciale o artigianale il cui rilascio dipenda esclusivamente dall'accertamento dei requisiti e presupposti di legge o di atti amministrativi a contenuto generale e non sia previsto alcun limite o contingente complessivo o specifici strumenti di programmazione settoriale per il rilascio degli atti stessi, con la sola esclusione degli atti rilasciati dalle amministrazioni preposte alla difesa nazionale, alla pubblica sicurezza, all'immigrazione, all'amministrazione della giustizia, alla amministrazione delle finanze, ivi compresi gli atti concernenti le reti di acquisizione del gettito, anche derivante dal gioco, alla tutela della salute e della pubblica incolumità, del patrimonio culturale e paesaggistico e dell'ambiente, nonché degli atti imposti dalla normativa comunitaria, è sostituito da una dichiarazione dell'interessato corredata, anche per mezzo di autocertificazioni, delle certificazioni e delle attestazioni normativamente richieste. L'amministrazione competente può richiedere informazioni o certificazioni relative a fatti, stati o qualità soltanto qualora non siano attestati in documenti già in possesso dell'amministrazione stessa o non siano direttamente acquisibili presso altre pubbliche amministrazioni.

2. L'attività oggetto della dichiarazione può essere iniziata decorsi trenta giorni dalla data di presentazione della dichiarazione all'amministrazione competente. Contestualmente all'inizio dell'attività, l'interessato ne dà comunicazione all'amministrazione competente.

3. L'amministrazione competente, in caso di accertata carenza delle condizioni, modalità e fatti legittimanti, nel termine di trenta giorni dal ricevimento della comunicazione di cui al comma 2, adotta motivati provvedimenti di divieto di prosecuzione dell'attività e di rimozione dei suoi effetti, salvo che, ove ciò sia possibile, l'interessato provveda a conformare alla normativa vigente detta attività ed i suoi effetti entro un termine fissato dall'amministrazione, in ogni caso non inferiore a trenta giorni. È fatto comunque salvo il potere dell'amministrazione competente di assumere determinazioni in via di autotutela, ai sensi degli articoli 21-quinquies e 21-nonies. Nei casi in cui la legge prevede l'acquisizione di pareri di organi o enti appositi, il termine per l'adozione dei provvedimenti di divieto di prosecuzione dell'attività e di rimozione dei suoi effetti sono sospesi, fino all'acquisizione dei pareri, fino a un massimo di trenta giorni, scaduti i quali l'amministrazione può adottare i propri provvedimenti indipendentemente dall'acquisizione del parere. Della sospensione è data comunicazione all'interessato.

4. Restano ferme le disposizioni di legge vigenti che prevedono termini diversi da quelli di cui ai commi 2 e 3 per l'inizio dell'attività e per l'adozione da parte dell'amministrazione competente di provvedimenti di divieto di prosecuzione dell'attività e di rimozione dei suoi effetti.

5. Ogni controversia relativa all'applicazione dei commi 1, 2 e 3 è devoluta alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo (72).

 

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(72)  Articolo prima sostituito dall'art. 2, L. 24 dicembre 1993, n. 537, poi modificato dall'art. 21, L. 11 febbraio 2005, n. 15 ed infine così sostituito dall'art. 3, D.L. 14 marzo 2005, n. 35. Vedi, anche, il D.P.R. 26 aprile 1992, n. 300, il D.P.R. 9 maggio 1994, n. 407, e il D.P.R. 9 maggio 1994, n. 411.

 

20. Silenzio assenso.

1. Fatta salva l'applicazione dell'articolo 19, nei procedimenti ad istanza di parte per il rilascio di provvedimenti amministrativi il silenzio dell'amministrazione competente equivale a provvedimento di accoglimento della domanda, senza necessità di ulteriori istanze o diffide, se la medesima amministrazione non comunica all'interessato, nel termine di cui all'articolo 2, commi 2 o 3, il provvedimento di diniego, ovvero non procede ai sensi del comma 2.

2. L'amministrazione competente può indire, entro trenta giorni dalla presentazione dell'istanza di cui al comma 1, una conferenza di servizi ai sensi del capo IV, anche tenendo conto delle situazioni giuridiche soggettive dei controinteressati.

3. Nei casi in cui il silenzio dell'amministrazione equivale ad accoglimento della domanda, l'amministrazione competente può assumere determinazioni in via di autotutela, ai sensi degli articoli 21-quinquies e 21-nonies.

4. Le disposizioni del presente articolo non si applicano agli atti e procedimenti riguardanti il patrimonio culturale e paesaggistico, l'ambiente, la difesa nazionale, la pubblica sicurezza e l'immigrazione, la salute e la pubblica incolumità, ai casi in cui la normativa comunitaria impone l'adozione di provvedimenti amministrativi formali, ai casi in cui la legge qualifica il silenzio dell'amministrazione come rigetto dell'istanza, nonché agli atti e procedimenti individuati con uno o più decreti del Presidente del Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro per la funzione pubblica, di concerto con i Ministri competenti (73).

5. Si applicano gli articoli 2, comma 4, e 10-bis (74) (75).

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(73)  Vedi, anche, l'art. 8-bis, D.L. 30 novembre 2005, n. 245, nel testo integrato dalla relativa legge di conversione.

(74)  Il presente articolo, già modificato dall'art. 21, L. 11 febbraio 2005, n. 15, è stato così sostituito dall'art. 3, comma 6-ter, D.L. 14 marzo 2005, n. 35, nel testo integrato dalla relativa legge di conversione. Vedi, anche, i commi 6-sexies e 6-septies dello stesso art. 3.

(75)  Vedi, anche, il D.P.R. 26 aprile 1992, n. 300, il D.P.R. 9 maggio 1994, n. 407, e il D.P.R. 9 maggio 1994, n. 411.

 

21. Disposizioni sanzionatorie (76).

1. Con la denuncia o con la domanda di cui agli articoli 19 e 20 l'interessato deve dichiarare la sussistenza dei presupposti e dei requisiti di legge richiesti. In caso di dichiarazioni mendaci o di false attestazioni non è ammessa la conformazione dell'attività e dei suoi effetti a legge o la sanatoria prevista dagli articoli medesimi ed il dichiarante è punito con la sanzione prevista dall'articolo 483 del codice penale, salvo che il fatto costituisca più grave reato.

2. Le sanzioni attualmente previste in caso di svolgimento dell'attività in carenza dell'atto di assenso dell'amministrazione o in difformità di esso si applicano anche nei riguardi di coloro i quali diano inizio all'attività ai sensi degli articoli 19 e 20 in mancanza dei requisiti richiesti o, comunque, in contrasto con la normativa vigente.

2-bis. Restano ferme le attribuzioni di vigilanza, prevenzione e controllo su attività soggette ad atti di assenso da parte di pubbliche amministrazioni previste da leggi vigenti, anche se è stato dato inizio all'attività ai sensi degli articoli 19 e 20 (77).

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(76)  Rubrica aggiunta dall'art. 21, L. 11 febbraio 2005, n. 15.

(77)  Comma aggiunto dall'art. 3, comma 6-novies, D.L. 14 marzo 2005, n. 35, nel testo integrato dalla relativa legge di conversione.


L. 6 dicembre 1991, n. 394
Legge quadro sulle aree protette.

 

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(1) Pubblicata nella Gazz. Uff. 13 dicembre 1991, n. 292, S.O.

(2)  Con riferimento al presente provvedimento sono state emanate le seguenti istruzioni:

- Ministero del tesoro: Circ. 15 gennaio 1999, n. 3;

- Ministero dell'economia e delle finanze: Ris. 21 luglio 2003, n. 155/E;

- Ministero della pubblica istruzione: Circ. 17 dicembre 1996, n. 752.

 

 TITOLO I

 

Principi generali

 

1. Finalità e ambito della legge.

1. La presente legge, in attuazione degli articoli 9 e 32 della Costituzione e nel rispetto degli accordi internazionali, detta princìpi fondamentali per l'istituzione e la gestione delle aree naturali protette, al fine di garantire e di promuovere, in forma coordinata, la conservazione e la valorizzazione del patrimonio naturale del paese.

2. Ai fini della presente legge costituiscono il patrimonio naturale le formazioni fisiche, geologiche, geomorfologiche e biologiche, o gruppi di esse, che hanno rilevante valore naturalistico e ambientale.

3. I territori nei quali siano presenti i valori di cui al comma 2, specie se vulnerabili, sono sottoposti ad uno speciale regime di tutela e di gestione, allo scopo di perseguire, in particolare, le seguenti finalità:

a) conservazione di specie animali o vegetali, di associazioni vegetali o forestali, di singolarità geologiche, di formazioni paleontologiche, di comunità biologiche, di biotopi, di valori scenici e panoramici, di processi naturali, di equilibri idraulici e idrogeologici, di equilibri ecologici;

b) applicazione di metodi di gestione o di restauro ambientale idonei a realizzare una integrazione tra uomo e ambiente naturale, anche mediante la salvaguardia dei valori antropologici, archeologici, storici e architettonici e delle attività agro-silvo-pastorali e tradizionali;

c) promozione di attività di educazione, di formazione e di ricerca scientifica, anche interdisciplinare, nonché di attività ricreative compatibili;

d) difesa e ricostituzione degli equilibri idraulici e idrogeologici.

4. I territori sottoposti al regime di tutela e di gestione di cui al comma 3 costituiscono le aree naturali protette. In dette aree possono essere promosse la valorizzazione e la sperimentazione di attività produttive compatibili.

5. Nella tutela e nella gestione delle aree naturali protette, lo Stato, le regioni e gli enti locali attuano forme di cooperazione e di intesa ai sensi dell'articolo 81 del D.P.R. 24 luglio 1977, n. 616 , e dell'articolo 27 della L. 8 giugno 1990, n. 142 . Per le medesime finalità lo Stato, le regioni, gli enti locali, altri soggetti pubblici e privati e le Comunità del parco possono altresì promuovere i patti territoriali di cui all'articolo 2, comma 203, della legge 23 dicembre 1996, n. 662 (3).

 

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(3)  Periodo aggiunto dall'art. 2, comma 21, L. 9 dicembre 1998, n. 426.

 

 1-bis. Programmi nazionali e politiche di sistema.

1. Il Ministro dell'ambiente promuove, per ciascuno dei sistemi territoriali dei parchi dell'arco alpino, dell'Appennino, delle isole e di aree marine protette, accordi di programma per lo sviluppo di azioni economiche sostenibili con particolare riferimento ad attività agro-silvopastorali tradizionali, dell'agriturismo e del turismo ambientale con i Ministri per le politiche agricole, dell'industria, del commercio e dell'artigianato, del lavoro e della previdenza sociale e per i beni culturali e ambientali, con le regioni e con altri soggetti pubblici e privati. 2. Il Ministro dell'ambiente, sentito il parere della Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, degli Enti parco interessati e delle associazioni ambientalistiche maggiormente rappresentative, individua altresì le risorse finanziarie nazionali e comunitarie, impiegabili nell'attuazione degli accordi di programma di cui al comma 1 (4).

 

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(4)  Articolo aggiunto dall'art. 2, comma 22, L. 9 dicembre 1998, n. 426.

 

 2. Classificazione delle aree naturali protette.

1. I parchi nazionali sono costituiti da aree terrestri, fluviali, lacuali o marine che contengono uno o più ecosistemi intatti o anche parzialmente alterati da interventi antropici, una o più formazioni fisiche, geologiche, geomorfologiche, biologiche, di rilievo internazionale o nazionale per valori naturalistici, scientifici, estetici, culturali, educativi e ricreativi tali da richiedere l'intervento dello Stato ai fini della loro conservazione per le generazioni presenti e future.

2. I parchi naturali regionali sono costituiti da aree terrestri, fluviali, lacuali ed eventualmente da tratti di mare prospicienti la costa, di valore naturalistico e ambientale, che costituiscono, nell'ambito di una o più regioni limitrofe, un sistema omogeneo individuato dagli assetti naturali dei luoghi, dai valori paesaggistici ed artistici e dalle tradizioni culturali delle popolazioni locali.

3. Le riserve naturali sono costituite da aree terrestri, fluviali, lacuali o marine che contengono una o più specie naturalisticamente rilevanti della flora e della fauna, ovvero presentino uno o più ecosistemi importanti per le diversità biologiche o per la conservazione delle risorse genetiche. Le riserve naturali possono essere statali o regionali in base alla rilevanza degli interessi in esse rappresentati.

4. Con riferimento all'ambiente marino, si distinguono le aree protette come definite ai sensi del protocollo di Ginevra relativo alle aree del Mediterraneo particolarmente protette di cui alla L. 5 marzo 1985, n. 127 (5), e quelle definite ai sensi della L. 31 dicembre 1982, n. 979 .

5. Il Comitato per le aree naturali protette di cui all'articolo 3 può operare ulteriori classificazioni per le finalità della presente legge ed allo scopo di rendere efficaci i tipi di protezione previsti dalle convenzioni internazionali ed in particolare dalla convenzione di Ramsar di cui al D.P.R. 13 marzo 1976, n. 448 .

6. La classificazione delle aree naturali protette di rilievo internazionale e nazionale, qualora rientrino nel territorio delle regioni a statuto speciale e delle province autonome di Trento e di Bolzano, ha luogo d'intesa con le regioni e le province stesse secondo le procedure previste dalle norme di attuazione dei rispettivi statuti d'autonomia e, per la regione Valle d'Aosta, secondo le procedure di cui all'articolo 3 della L. 5 agosto 1981, n. 453 .

7. La classificazione e l'istituzione dei parchi nazionali e delle riserve naturali statali, terrestri, fluviali e lacuali, sono effettuate d'intesa con le regioni (6).

8. La classificazione e l'istituzione dei parchi e delle riserve naturali di interesse regionale e locale sono effettuate dalle regioni.

9. Ciascuna area naturale protetta ha diritto all'uso esclusivo della propria denominazione.

9-bis. I limiti geografici delle aree protette marine entro i quali è vietata la navigazione senza la prescritta autorizzazione sono definiti secondo le indicazioni dell'Istituto idrografico della Marina e individuati sul territorio con mezzi e strumenti di segnalazione conformi alla normativa emanata dall'Association Internationale de Signalisation Maritime-International Association of Marine Aids to Navigation and Lighthouse Authorities (AISM-IALA) (7).

 

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(5)  Recante ratifica del protocollo relativo alle aree specialmente protette del Mediterraneo, aperto alla firma a Ginevra il 3 aprile 1982.

(6)  Comma così sostituito dall'art. 2, comma 23, L. 9 dicembre 1998, n. 426.

(7)  Comma aggiunto dall'art. 4, L. 8 luglio 2003, n. 172.

 

3. Comitato per le aree naturali protette e Consulta tecnica per le aree naturali protette.

1. È istituito il Comitato per le aree naturali protette, di seguito denominato «Comitato», costituito dai Ministri dell'ambiente, che lo presiede, dell'agricoltura e delle foreste, della marina mercantile, per i beni culturali e ambientali, dei lavori pubblici e dell'università e della ricerca scientifica e tecnologica, o da sottosegretari delegati, e da sei presidenti di regione o provincia autonoma, o assessori delegati, designati, per un triennio, dalla Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano. Alle riunioni del Comitato partecipano, con voto consultivo, i presidenti, o gli assessori delegati, delle regioni nel cui territorio ricade l'area protetta, ove non rappresentate. Alla costituzione del Comitato provvede il Ministro dell'ambiente con proprio decreto.

2. Il Comitato identifica, sulla base della Carta della natura di cui al comma 3, le linee fondamentali dell'assetto del territorio con riferimento ai valori naturali ed ambientali, che sono adottate con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro dell'ambiente, previa deliberazione del Comitato.

3. La Carta della natura è predisposta dai servizi tecnici nazionali di cui alla legge 18 maggio 1989, n. 183 , in attuazione degli indirizzi del Comitato. Essa integrando, coordinando ed utilizzando i dati disponibili relativi al complesso delle finalità di cui all'articolo 1, comma 1, della presente legge, ivi compresi quelli della Carta della montagna di cui all'articolo 14 della legge 3 dicembre 1971, n. 1102 , individua lo stato dell'ambiente naturale in Italia, evidenziando i valori naturali e i profili di vulnerabilità territoriale. La Carta della natura è adottata dal Comitato su proposta del Ministro dell'ambiente. Per l'attuazione del presente comma è autorizzata la spesa di lire 5 miliardi nel 1992, lire 5 miliardi nel 1993 e lire 10 miliardi nel 1994 (8).

4. Il Comitato svolge, in particolare, i seguenti compiti:

a) integra la classificazione delle aree protette, sentita la Consulta di cui al comma 7;

b) adotta il programma per le aree naturali protette di rilievo internazionale e nazionale di cui all'articolo 4, sentita la Consulta di cui al comma 7 del presente articolo, nonché le relative direttive per l'attuazione e le modifiche che si rendano necessarie;

c) approva l'elenco ufficiale delle aree naturali protette.

5. Il Ministro dell'ambiente convoca il Comitato almeno due volte l'anno, provvede all'attuazione delle deliberazioni adottate e riferisce sulla loro esecuzione.

6. Ove sull'argomento in discussione presso il Comitato non si raggiunga la maggioranza, il Ministro dell'ambiente rimette la questione al Consiglio dei ministri, che decide in merito.

7. È istituita la Consulta tecnica per le aree naturali protette, di seguito denominata «Consulta», costituita da nove esperti particolarmente qualificati per l'attività e per gli studi realizzati in materia di conservazione della natura, nominati, per un quinquennio, dal Ministro dell'ambiente, di cui tre scelti in una rosa di nomi presentata dalle associazioni di protezione ambientale presenti nel Consiglio nazionale per l'ambiente, tre scelti, ciascuno, sulla base di rose di nomi rispettivamente presentate dall'Accademia nazionale dei Lincei, dalla Società botanica italiana e dall'Unione zoologica italiana, uno designato dal Consiglio nazionale delle ricerche e due scelti in una rosa di nomi proposta dai presidenti dei parchi nazionali e regionali. Per l'attuazione del presente comma è autorizzata una spesa annua fino a lire 600 milioni a partire dall'anno 1991.

8. La Consulta esprime pareri per i profili tecnico-scientifici in materia di aree naturali protette, di sua iniziativa o su richiesta del Comitato o del Ministro dell'ambiente.

9. [Le funzioni di istruttoria e di segreteria del Comitato e della Consulta sono svolte, nell'ambito del servizio conservazione della natura del Ministero dell'ambiente, da una segreteria tecnica composta da un contingente di personale stabilito, entro il limite complessivo di cinquanta unità, con decreto del Ministro dell'ambiente di concerto con il Ministro del tesoro e con il Ministro per gli affari regionali (9). Il predetto contingente è composto mediante apposito comando di dipendenti dei Ministeri presenti nel Comitato, delle regioni e delle province autonome di Trento e di Bolzano, nonché di personale di enti pubblici anche economici, ai quali è corrisposta una indennità stabilita con decreto del Ministro dell'ambiente di concerto con il Ministro del tesoro. Fanno parte del contingente non più di venti esperti di elevata qualificazione, assunti con contratto a termine di durata non superiore al biennio e rinnovabile per eguale periodo, scelti con le modalità di cui agli articoli 3 e 4 del decreto-legge 24 luglio 1973, n. 428 , convertito dalla legge 4 agosto 1973, n. 497. Con proprio decreto il Ministro dell'ambiente, sentiti i Ministri che fanno parte del Comitato, disciplina l'organizzazione della segreteria tecnica. Per l'attuazione del presente comma è autorizzata una spesa annua fino a lire 3,4 miliardi a partire dall'anno 1991 (10)] (11).

 

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(8)  Con Del. 2 dicembre 1996 (Gazz. Uff. 20 giugno 1997, n. 142) il Comitato per le aree naturali protette ha approvato il programma operativo per la Carta della natura. La Corte costituzionale, con sentenza 13-22 ottobre 1999, n. 389 (Gazz. Uff. 27 ottobre 1999, n. 43, serie speciale), ha dichiarato che non spetta allo Stato, e per esso al Comitato per le aree naturali protette, non accogliere le richieste di iscrizione nell'Elenco ufficiale delle aree naturali protette di sette parchi naturali provinciali e di dodici riserve naturali già individuati dalla Provincia di Bolzano, sotto il profilo che in tali aree «le deroghe al divieto di cui al comma 3 punto a) dell'art. 11 della legge 6 dicembre 1991, n. 394 non siano esplicitamente riconducibili a quanto indicato dal comma 4, art. 11 della legge medesima; di conseguenza ha annullato, nella parte corrispondente, la suddetta deliberazione 2 dicembre 1996».

(9)  Per l'aumento del contingente di personale della segreteria tecnica vedi l'art. 4, comma 12, L. 8 ottobre 1997, n. 344.

(10)  Per la soppressione del comitato di cui al presente articolo vedi il D.Lgs. 28 agosto 1997, n. 281.

(11) Comma abrogato dall'art. 14 D.P.R. 14 maggio 2007, n. 90. Vedi, anche, gli articoli 3, 11, 12 e 13 dello stesso decreto.

 

 4. Programma triennale per le aree naturali protette.

1. Il programma triennale per le aree naturali protette, di seguito denominato «programma», sulla base delle linee fondamentali di cui all'articolo 3, comma 2, dei dati della Carta della natura e delle disponibilità finanziarie previste dalla legge dello Stato:

a) specifica i territori che formano oggetto del sistema delle aree naturali protette di interesse internazionale, nazionale e regionale quali individuate nelle vigenti disposizioni di legge, statali e regionali, operando la necessaria delimitazione dei confini;

b) indica il termine per l'istituzione di nuove aree naturali protette o per l'ampliamento e la modifica di quelle esistenti, individuando la delimitazione di massima delle aree stesse;

c) definisce il riparto delle disponibilità finanziarie per ciascuna area e per ciascun esercizio finanziario, ivi compresi i contributi in conto capitale per l'esercizio di attività agricole compatibili, condotte con sistemi innovativi ovvero con recupero di sistemi tradizionali, funzionali alla protezione ambientale, per il recupero e il restauro delle aree di valore naturalistico degradate, per il restauro e l'informazione ambientali;

d) prevede contributi in conto capitale per le attività nelle aree naturali protette istituite dalle regioni con proprie risorse, nonché per progetti delle regioni relativi all'istituzione di dette aree;

e) determina i criteri e gli indirizzi ai quali debbono uniformarsi lo Stato, le regioni e gli organismi di gestione delle aree protette nell'attuazione del programma per quanto di loro competenza, ivi compresi i compiti relativi alla informazione ed alla educazione ambientale delle popolazioni interessate, sulla base dell'esigenza di unitarietà delle aree da proteggere.

2. Il programma è redatto anche sulla base delle indicazioni di cui all'articolo 1 della legge 31 dicembre 1982, n. 979 .

3. Il programma fissa inoltre criteri di massima per la creazione o l'ampliamento di altre aree naturali protette di interesse locale e di aree verdi urbane e suburbane, prevedendo contributi a carico dello Stato per la loro istituzione o per il loro ampliamento a valere sulle disponibilità esistenti.

4. La realizzazione delle previsioni del programma di cui al comma 3, avviene a mezzo di intese, eventualmente promosse dal Ministro dell'ambiente, tra regioni ed enti locali, sulla base di specifici metodi e criteri indicati nel programma triennale dell'azione pubblica per la tutela dell'ambiente di cui alla legge 28 agosto 1989, n. 305 . L'osservanza dei predetti criteri è condizione per la concessione di finanziamenti ai sensi della presente legge.

5. Proposte relative al programma possono essere presentate al Comitato da ciascun componente del Comitato stesso, dagli altri Ministri, da regioni non facenti parte del Comitato e dagli enti locali, ivi comprese le comunità montane. Le proposte per l'istituzione di nuove aree naturali protette o per l'ampliamento di aree naturali protette esistenti possono essere altresì presentate al Comitato, tramite il Ministro dell'ambiente, dalle associazioni di protezione ambientale individuate ai sensi dell'articolo 13 della legge 8 luglio 1986, n. 349 , ovvero da cinquemila cittadini iscritti nelle liste elettorali.

6. Entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, il Ministro dell'ambiente presenta la proposta di programma al Comitato il quale delibera entro i successivi sei mesi. Il programma è pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana. Il programma ha durata triennale ed è aggiornato annualmente con la stessa procedura. In sede di attuazione del primo programma triennale, il programma stesso finalizza non meno di metà delle risorse di cui al comma 9 ai parchi e riserve regionali esistenti, a quelli da istituire e a quelli da ampliare. Esso ripartisce le altre risorse disponibili per le finalità compatibili con la presente legge ed in particolare con quelle degli articoli 7, 12, 14 e 15, ed è predisposto sulla base degli elementi conoscitivi e tecnico-scientifici esistenti presso i servizi tecnici nazionali e le amministrazioni statali e regionali.

7. Qualora il programma non venga adottato dal Comitato nel termine previsto dal comma 6, si provvede con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, previa deliberazione del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro dell'ambiente.

8. In vista della formulazione del programma è autorizzata la spesa da parte del Ministero dell'ambiente di lire 22,9 miliardi per il 1991 e lire 12 miliardi per il 1992 per l'avvio delle attività connesse alla predisposizione della Carta della natura nonché per attività di informazione ed educazione ambientale.

9. Per l'attuazione del programma ed in particolare per la redazione del piano per il parco di cui all'articolo 12, per le iniziative per la promozione economica e sociale di cui all'articolo 14, per acquisti, espropriazioni e indennizzi di cui all'articolo 15, nonché per interventi connessi a misure provvisorie di salvaguardia e primi interventi di riqualificazione ed interventi urgenti per la valorizzazione e fruibilità delle aree, è autorizzata la spesa di lire 110 miliardi per il 1992, lire 110 miliardi per il 1993 e lire 92 miliardi per il 1994 (12).

 

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(12)  Per la soppressione del programma triennale per le aree naturali protette vedi l'art. 76, D.Lgs. 31 marzo 1998, n. 112, .

 

5. Attuazione del programma; poteri sostitutivi.

1. Il Ministro dell'ambiente vigila sull'attuazione del programma e propone al Comitato le variazioni ritenute necessarie. In caso di ritardi nell'attuazione del programma tali da pregiudicarne gravemente le finalità, il Ministro dell'ambiente, sentita la Consulta, indica gli adempimenti e le misure necessarie e fissa un termine per la loro adozione decorso il quale, previo parere del Comitato, rimette la questione al Consiglio dei ministri che provvede in via sostitutiva anche attraverso la nomina di commissari ad acta.

2. Il Ministro dell'ambiente provvede a tenere aggiornato l'elenco ufficiale delle aree protette e rilascia le relative certificazioni. A tal fine le regioni e gli altri soggetti pubblici o privati che attuano forme di protezione naturalistica di aree sono tenuti ad informare il Ministro dell'ambiente secondo le modalità indicate dal Comitato.

3. L'iscrizione nell'elenco ufficiale delle aree protette è condizione per l'assegnazione di contributi a carico dello Stato.

 

6. Misure di salvaguardia.

1. In caso di necessità ed urgenza il Ministro dell'ambiente e le regioni, secondo le rispettive competenze, possono individuare aree da proteggere ai sensi della presente legge ed adottare su di esse misure di salvaguardia. Per quanto concerne le aree protette marine detti poteri sono esercitati dal Ministro dell'ambiente di concerto con il Ministro della marina mercantile. Nei casi previsti dal presente comma la proposta d'istituzione dell'area protetta e le relative misure di salvaguardia devono essere esaminate dal Comitato nella prima seduta successiva alla pubblicazione del provvedimento di individuazione dell'area stessa. Resta fermo quanto previsto dall'articolo 5 della legge 8 luglio 1986, n. 349 , in materia di individuazione di zone di importanza naturalistica nazionale ed internazionale, nonché dall'articolo 7 della legge 3 marzo 1987, n. 59 .

2. Dalla pubblicazione del programma fino all'istituzione delle singole aree protette operano direttamente le misure di salvaguardia di cui al comma 3 nonché le altre specifiche misure eventualmente individuate nel programma stesso e si applicano le misure di incentivazione di cui all'articolo 7.

3. Sono vietati fuori dei centri edificati di cui all'articolo 18 della legge 22 ottobre 1971, n. 865 , e, per gravi motivi di salvaguardia ambientale, con provvedimento motivato, anche nei centri edificati, l'esecuzione di nuove costruzioni e la trasformazione di quelle esistenti, qualsiasi mutamento dell'utilizzazione dei terreni con destinazione diversa da quella agricola e quant'altro possa incidere sulla morfologia del territorio, sugli equilibri ecologici, idraulici ed idrogeotermici e sulle finalità istitutive dell'area protetta. In caso di necessità ed urgenza, il Ministro dell'ambiente, con provvedimento motivato, sentita la Consulta, può consentire deroghe alle misure di salvaguardia in questione, prescrivendo le modalità di attuazione di lavori ed opere idonei a salvaguardare l'integrità dei luoghi e dell'ambiente naturale. Resta ferma la possibilità di realizzare interventi di manutenzione ordinaria e straordinaria di cui alle lettere a) e b) del primo comma dell'articolo 31 della legge 5 agosto 1978, n. 457 , dandone comunicazione al Ministro dell'ambiente e alla regione interessata.

4. Dall'istituzione della singola area protetta sino all'approvazione del relativo regolamento operano i divieti e le procedure per eventuali deroghe di cui all'articolo 11.

5. Per le aree protette marine le misure di salvaguardia sono adottate ai sensi dell'articolo 7 della legge 3 marzo 1987, n. 59 .

6. L'inosservanza delle disposizioni di cui ai commi 1, 2 e 3 comporta la riduzione in pristino dei luoghi e la eventuale ricostituzione delle specie vegetali ed animali danneggiate a spese dell'inadempiente. Sono solidalmente responsabili per le spese il committente, il titolare dell'impresa e il direttore dei lavori in caso di costruzione e trasformazione di opere. Accertata l'inosservanza, il Ministro dell'ambiente o l'autorità di gestione ingiunge al trasgressore l'ordine di riduzione in pristino e, ove questi non provveda entro il termine assegnato, che non può essere inferiore a trenta giorni, dispone l'esecuzione in danno degli inadempienti secondo la procedura di cui ai commi secondo, terzo e quarto dell'articolo 27 della legge 28 febbraio 1985, n. 47 , ovvero avvalendosi del Corpo forestale dello Stato o del nucleo operativo ecologico di cui al comma 4 dell'articolo 8 della legge 8 luglio 1986, n. 349 . La nota relativa alle spese è resa esecutiva dal Ministro dell'ambiente ed è riscossa ai sensi del testo unico delle disposizioni di legge relative alla riscossione delle entrate patrimoniali dello Stato, approvato con regio decreto 14 aprile 1910, n. 639 .

 

7. Misure di incentivazione.

1. Ai comuni ed alle province il cui territorio è compreso, in tutto o in parte, entro i confini di un parco nazionale, e a quelli il cui territorio è compreso, in tutto o in parte, entro i confini di un parco naturale regionale è, nell'ordine, attribuita priorità nella concessione di finanziamenti dell'Unione europea, statali e regionali richiesti per la realizzazione, sul territorio compreso entro i confini del parco stesso, dei seguenti interventi, impianti ed opere previsti nel piano per il parco di cui, rispettivamente, agli articoli 12 e 25 (13):

a) restauro dei centri storici ed edifici di particolare valore storico e culturale;

b) recupero dei nuclei abitati rurali;

c) opere igieniche ed idropotabili e di risanamento dell'acqua, dell'aria e del suolo;

d) opere di conservazione e di restauro ambientale del territorio, ivi comprese le attività agricole e forestali;

e) attività culturali nei campi di interesse del parco;

f) agriturismo;

g) attività sportive compatibili;

h) strutture per la utilizzazione di fonti energetiche a basso impatto ambientale quali il metano e altri gas combustibili nonché interventi volti a favorire l'uso di energie rinnovabili.

2. Il medesimo ordine di priorità di cui al comma 1 è attribuito ai privati, singoli od associati, che intendano realizzare iniziative produttive o di servizio compatibili con le finalità istitutive del parco nazionale o naturale regionale.

 

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(13)  Alinea così modificato dall'art. 2, comma 8, L. 9 dicembre 1998, n. 426.

 

TITOLO II

 

Aree naturali protette nazionali

8. Istituzione delle aree naturali protette nazionali.

1. I parchi nazionali individuati e delimitati secondo le modalità di cui all'articolo 4 sono istituiti e delimitati in via definitiva con decreto del Presidente della Repubblica, su proposta del Ministro dell'ambiente, sentita la regione.

2. Le riserve naturali statali, individuate secondo le modalità di cui all'articolo 4, sono istituite con decreto del Ministro dell'ambiente, sentita la regione.

3. Qualora il parco o la riserva interessi il territorio di una regione a statuto speciale o provincia autonoma si procede di intesa.

4. Qualora il parco o la riserva interessi il territorio di più regioni, ivi comprese quelle a statuto speciale o province autonome, è comunque garantita una configurazione ed una gestione unitaria.

5. Con il provvedimento che istituisce il parco o la riserva naturale possono essere integrate, sino alla entrata in vigore della disciplina di ciascuna area protetta, le misure di salvaguardia introdotte ai sensi dell'articolo 6.

6. Salvo quanto previsto dall'articolo 34, commi 1 e 2, e dall'articolo 35, commi 1, 3, 4 e 5, alla istituzione di enti parco si provvede sulla base di apposito provvedimento legislativo.

7. Le aree protette marine sono istituite in base alle disposizioni di cui all'articolo 18.

 

9. Ente parco.

1. L'Ente parco ha personalità di diritto pubblico, sede legale e amministrativa nel territorio del parco ed è sottoposto alla vigilanza del Ministro dell'ambiente (14).

2. Sono organi dell'Ente:

a) il Presidente;

b) il Consiglio direttivo;

c) la Giunta esecutiva;

d) il Collegio dei revisori dei conti;

e) la Comunità del parco.

3. Il Presidente è nominato con decreto del Ministro dell'ambiente, d'intesa con i presidenti delle regioni o delle province autonome di Trento e di Bolzano nel cui territorio ricada in tutto o in parte il parco nazionale. Il Presidente ha la legale rappresentanza dell'Ente parco, ne coordina l'attività, esplica le funzioni che gli sono delegate dal Consiglio direttivo, adotta i provvedimenti urgenti ed indifferibili che sottopone alla ratifica del Consiglio direttivo nella seduta successiva.

4. Il Consiglio direttivo è formato dal Presidente e da dodici componenti, nominati con decreto del Ministro dell'ambiente, sentite le regioni interessate, scelti tra persone particolarmente qualificate per le attività in materia di conservazione della natura o tra i rappresentanti della Comunità del parco di cui all'articolo 10, secondo le seguenti modalità:

a) cinque, su designazione della Comunità del parco, con voto limitato;

b) due, su designazione delle associazioni di protezione ambientale individuate ai sensi dell'articolo 13 della legge 8 luglio 1986, n. 349, scelti tra esperti in materia naturalisticoambientale;

c) due, su designazione dell'Accademia nazionale dei Lincei, della Società botanica italiana, dell'Unione zoologica italiana, del Consiglio nazionale delle ricerche e delle Università degli studi con sede nelle province nei cui territori ricade il parco; in caso di designazione di un numero superiore a due la scelta tra i soggetti indicati è effettuata dal Ministro dell'ambiente;

d) uno, su designazione del Ministro dell'agricoltura e delle foreste;

e) due, su designazione del Ministro dell'ambiente.

5. Le designazioni sono effettuate entro quarantacinque giorni dalla richiesta del Ministro dell'ambiente. Qualora siano designati membri dalla Comunità del parco sindaci di un comune oppure presidenti di una comunità montana, di una provincia o di una regione presenti nella Comunità del parco, la cessazione dalla predetta carica a qualsiasi titolo comporta la decadenza immediata dall'incarico di membro del consiglio direttivo e il conseguente rinnovo della designazione. La stessa norma si applica nei confronti degli assessori e dei consiglieri degli stessi enti (15).

6. Il Consiglio direttivo elegge al proprio interno un vice presidente scelto tra i membri designati dalla Comunità del parco ed una Giunta esecutiva formata da cinque componenti, compreso il Presidente, secondo le modalità e con le funzioni stabilite nello statuto dell'Ente parco (16).

7. Il Consiglio direttivo è legittimamente insediato quando sia nominata la maggioranza dei suoi componenti.

8. Il Consiglio direttivo delibera in merito a tutte le questioni generali ed in particolare sui bilanci, che sono approvati dal Ministro dell'ambiente di concerto con il Ministro del tesoro, sui regolamenti e sulla proposta di piano per il parco di cui all'articolo 12, esprime parere vincolante sul piano pluriennale economico e sociale di cui all'articolo 14 (17).

8-bis. Lo statuto dell'Ente è deliberato dal consiglio direttivo, sentito il parere della Comunità del parco ed è trasmesso al Ministero dell'ambiente che ne verifica la legittimità e può richiederne il riesame entro sessanta giorni dal ricevimento. L'Ente parco deve controdedurre entro sessanta giorni dal ricevimento alle eventuali osservazioni di legittimità del Ministero dell'ambiente, con deliberazione del consiglio direttivo. Il Ministro dell'ambiente adotta lo statuto con proprio decreto entro i successivi trenta giorni (18).

9. Lo statuto dell'Ente definisce in ogni caso l'organizzazione interna, le modalità di partecipazione popolare, le forme di pubblicità degli atti.

10. Il Collegio dei revisori dei conti esercita il riscontro contabile sugli atti dell'Ente parco secondo le norme di contabilità dello Stato e sulla base dei regolamenti di contabilità dell'Ente parco, approvati dal Ministro del tesoro di concerto con il Ministro dell'ambiente. Il Collegio dei revisori dei conti è nominato con decreto del Ministro del tesoro ed è formato da tre componenti scelti tra funzionari della Ragioneria generale dello Stato ovvero tra iscritti nel ruolo dei revisori ufficiali dei conti. Essi sono designati: due dal Ministro del tesoro, di cui uno in qualità di Presidente del Collegio; uno dalla regione o, d'intesa, dalle regioni interessate.

11. Il direttore del parco è nominato, con decreto, dal Ministro dell'ambiente, scelto in una rosa di tre candidati proposti dal consiglio direttivo tra soggetti iscritti ad un albo di idonei all'esercizio dell'attività di direttore di parco istituito presso il Ministero dell'ambiente, al quale si accede mediante procedura concorsuale per titoli. Il presidente del parco provvede a stipulare con il direttore nominato un apposito contratto di diritto privato per una durata non superiore a cinque anni (19).

12. Gli organi dell'Ente parco durano in carica cinque anni (20).

12-bis. Ai Presidenti, ai vice presidenti e agli altri componenti dei Consigli direttivi nonché ai componenti dei Collegi dei revisori dei conti degli Enti parco, ivi compresi quelli di cui al comma 1 dell’articolo 35, spetta un’indennità di carica articolata in un compenso annuo fisso e in gettoni di presenza per la partecipazione alle riunioni del Consiglio direttivo e della Giunta esecutiva, nell’ammontare fissato con decreto del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, secondo quanto disposto dalla direttiva del Presidente del Consiglio dei Ministri 9 gennaio 2001, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 37 del 14 febbraio 2001, e con la procedura indicata nella circolare della Presidenza del Consiglio dei Ministri 4993/IV.1.1.3 del 29 maggio 2001 (21).

13. Agli Enti parco si applicano le disposizioni di cui alla legge 20 marzo 1975, n. 70; essi si intendono inseriti nella tabella IV allegata alla medesima legge.

14. La pianta organica di ogni Ente parco è commisurata alle risorse finalizzate alle spese per il personale ad esso assegnate. Per le finalità di cui alla presente legge è consentito l'impiego di personale tecnico e di manodopera con contratti a tempo determinato ed indeterminato ai sensi dei contratti collettivi di lavoro vigenti per il settore agricolo-forestale.

15. Il Consiglio direttivo può nominare appositi comitati di consulenza o avvalersi di consulenti per problemi specifici nei settori di attività dell'Ente parco (22).

 

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(14)  Vedi, anche, l'art. 80, comma 25, L. 27 dicembre 2002, n. 289.

(15)  Gli ultimi due periodi sono stati aggiunti dall'art. 2, comma 24, L. 9 dicembre 1998, n. 426.

(16)  Comma così modificato dall'art. 2, comma 24, L. 9 dicembre 1998, n. 426.

(17)  Comma così modificato dall'art. 2, comma 24, L. 9 dicembre 1998, n. 426.

(18)  Comma aggiunto dall'art. 2, comma 24, L. 9 dicembre 1998, n. 426.

(19)  Comma così sostituito dall'art. 2, comma 25, L. 9 dicembre 1998, n. 426. Con D.M. 2 novembre 2000 (Gazz. Uff. 29 dicembre 2000, n. 302) sono state emanate norme relative all'albo degli idonei all'esercizio dell'attività di direttore di parco.

(20)  Comma così sostituito dal comma 8 dell'art. 11-quaterdecies, D.L. 30 settembre 2005, n. 203, aggiunto dalla relativa di conversione.

(21) Comma aggiunto dal comma 108 dell'art. 2, D.L. 3 ottobre 2006, n. 262, come modificato dalla relativa legge di conversione.

(22)  In deroga a quanto disposto dal presente articolo vedi l'art. 80, comma 25, L. 27 dicembre 2002, n. 289.

 

10. Comunità del parco.

1. La Comunità del parco è costituita dai presidenti delle regioni e delle province, dai sindaci dei comuni e dai presidenti delle comunità montane nei cui territori sono ricomprese le aree del parco.

2. La Comunità del parco è organo consultivo e propositivo dell'Ente parco. In particolare, il suo parere è obbligatorio:

a) sul regolamento del parco di cui all'articolo 11;

b) sul piano per il parco di cui all'articolo 12;

c) su altre questioni, a richiesta di un terzo dei componenti del Consiglio direttivo;

d) sul bilancio e sul conto consuntivo;

d-bis) sullo statuto dell'Ente parco (23).

3. La Comunità del parco delibera, previo parere vincolante del Consiglio direttivo, il piano pluriennale economico e sociale di cui all'articolo 14 e vigila sulla sua attuazione; adotta altresì il proprio regolamento.

4. La Comunità del parco elegge al suo interno un Presidente e un Vice Presidente. È convocata dal Presidente almeno due volte l'anno e quando venga richiesto dal Presidente dell'Ente parco o da un terzo dei suoi componenti.

 

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(23)  Lettera aggiunta dall'art. 2, comma 27, L. 9 dicembre 1998, n. 426.

 

11. Regolamento del parco.

1. Il regolamento del parco disciplina l'esercizio delle attività consentite entro il territorio del parco ed è adottato dall'Ente parco, anche contestualmente all'approvazione del piano per il parco di cui all'articolo 12 e comunque non oltre sei mesi dall'approvazione del medesimo.

2. Allo scopo di garantire il perseguimento delle finalità di cui all'articolo 1 e il rispetto delle caratteristiche naturali, paesistiche, antropologiche, storiche e culturali locali proprie di ogni parco, il regolamento del parco disciplina in particolare:

a) la tipologia e le modalità di costruzione di opere e manufatti;

b) lo svolgimento delle attività artigianali, commerciali, di servizio e agro-silvo-pastorali;

c) il soggiorno e la circolazione del pubblico con qualsiasi mezzo di trasporto;

d) lo svolgimento di attività sportive, ricreative ed educative;

e) lo svolgimento di attività di ricerca scientifica e biosanitaria;

f) i limiti alle emissioni sonore, luminose o di altro genere, nell'ambito della legislazione in materia;

g) lo svolgimento delle attività da affidare a interventi di occupazione giovanile, di volontariato, con particolare riferimento alle comunità terapeutiche, e al servizio civile alternativo;

h) l'accessibilità nel territorio del parco attraverso percorsi e strutture idonee per disabili, portatori di handicap e anziani (24).

2-bis. Il regolamento del parco valorizza altresì gli usi, i costumi, le consuetudini e le attività tradizionali delle popolazioni residenti sul territorio, nonché le espressioni culturali proprie e caratteristiche dell'identità delle comunità locali e ne prevede la tutela anche mediante disposizioni che autorizzino l'esercizio di attività particolari collegate agli usi, ai costumi e alle consuetudini suddette, fatte salve le norme in materia di divieto di attività venatoria previste dal presente articolo (25).

3. Salvo quanto previsto dal comma 5, nei parchi sono vietate le attività e le opere che possono compromettere la salvaguardia del paesaggio e degli ambienti naturali tutelati con particolare riguardo alla flora e alla fauna protette e ai rispettivi habitat. In particolare sono vietati:

a) la cattura, l'uccisione, il danneggiamento, il disturbo delle specie animali; la raccolta e il danneggiamento delle specie vegetali, salvo nei territori in cui sono consentite le attività agro-silvo-pastorali, nonché l'introduzione di specie estranee, vegetali o animali, che possano alterare l'equilibrio naturale;

b) l'apertura e l'esercizio di cave, di miniere e di discariche, nonché l'asportazione di minerali;

c) la modificazione del regime delle acque;

d) lo svolgimento di attività pubblicitarie al di fuori dei centri urbani, non autorizzate dall'Ente parco;

e) l'introduzione e l'impiego di qualsiasi mezzo di distruzione o di alterazione dei cicli biogeochimici;

f) l'introduzione, da parte di privati, di armi, esplosivi e qualsiasi mezzo distruttivo o di cattura, se non autorizzati;

g) l'uso di fuochi all'aperto;

h) il sorvolo di velivoli non autorizzato, salvo quanto definito dalle leggi sulla disciplina del volo.

4. Il regolamento del parco stabilisce altresì le eventuali deroghe ai divieti di cui al comma 3. Per quanto riguarda la lettera a) del medesimo comma 3, esso prevede eventuali prelievi faunistici ed eventuali abbattimenti selettivi, necessari per ricomporre squilibri ecologici accertati dall'Ente parco. Prelievi e abbattimenti devono avvenire per iniziativa e sotto la diretta responsabilità e sorveglianza dell'Ente parco ed essere attuati dal personale dell'Ente parco o da persone all'uopo espressamente autorizzate dall'Ente parco stesso.

5. Restano salvi i diritti reali e gli usi civici delle collettività locali, che sono esercitati secondo le consuetudini locali. Eventuali diritti esclusivi di caccia delle collettività locali o altri usi civici di prelievi faunistici sono liquidati dal competente commissario per la liquidazione degli usi civici ad istanza dell'Ente parco.

6. Il regolamento del parco è approvato dal Ministro dell'ambiente, previo parere degli enti locali interessati, da esprimersi entro quaranta giorni dalla richiesta, e comunque d'intesa con le regioni e le province autonome interessate; il regolamento acquista efficacia novanta giorni dopo la sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana. Entro tale termine i comuni sono tenuti ad adeguare alle sue previsioni i propri regolamenti. Decorso inutilmente il predetto termine le disposizioni del regolamento del parco prevalgono su quelle del comune, che è tenuto alla loro applicazione (26).

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(24)  Comma così modificato dall'art. 2, comma 28, L. 9 dicembre 1998, n. 426.

(25)  Comma aggiunto dall'art. 2, comma 28, L. 9 dicembre 1998, n. 426.

(26)  Comma così modificato dall'art. 2, comma 28, L. 9 dicembre 1998, n. 426.

 

11-bis. Tutela dei valori naturali storici e ambientali e iniziative per la promozione economica e sociale.

1. Il consiglio direttivo del parco e la Comunità del parco elaborano contestualmente, e attraverso reciproche consultazioni di cui agli articoli 12 e 14, il piano del parco e il piano pluriennale economico-sociale secondo le norme di cui agli stessi articoli 12 e 14 (27).

 

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(27)  Articolo aggiunto dall'art. 2, comma 29, L. 9 dicembre 1998, n. 426.

 

 12. Piano per il parco.

1. La tutela dei valori naturali ed ambientali nonché storici, culturali, antropologici tradizionali affidata all'Ente parco è perseguita attraverso lo strumento del piano per il parco, di seguito denominato «piano», che deve, in particolare, disciplinare i seguenti contenuti:

a) organizzazione generale del territorio e sua articolazione in aree o parti caratterizzate da forme differenziate di uso, godimento e tutela;

b) vincoli, destinazioni di uso pubblico o privato e norme di attuazione relative con riferimento alle varie aree o parti del piano;

c) sistemi di accessibilità veicolare e pedonale con particolare riguardo ai percorsi, accessi e strutture riservati ai disabili, ai portatori di handicap e agli anziani;

d) sistemi di attrezzature e servizi per la gestione e la funzione sociale del parco, musei, centri di visite, uffici informativi, aree di campeggio, attività agroturistiche;

e) indirizzi e criteri per gli interventi sulla flora, sulla fauna e sull'ambiente naturale in genere (28).

2. Il piano suddivide il territorio in base al diverso grado di protezione, prevedendo:

a) riserve integrali nelle quali l'ambiente naturale è conservato nella sua integrità;

b) riserve generali orientate, nelle quali è vietato costruire nuove opere edilizie, ampliare le costruzioni esistenti, eseguire opere di trasformazione del territorio. Possono essere tuttavia consentite le utilizzazioni produttive tradizionali, la realizzazione delle infrastrutture strettamente necessarie, nonché interventi di gestione delle risorse naturali a cura dell'Ente parco. Sono altresì ammesse opere di manutenzione delle opere esistenti, ai sensi delle lettere a) e b) del primo comma dell'articolo 31 della legge 5 agosto 1978, n. 457 ;

c) aree di protezione nelle quali, in armonia con le finalità istitutive ed in conformità ai criteri generali fissati dall'Ente parco, possono continuare, secondo gli usi tradizionali ovvero secondo metodi di agricoltura biologica, le attività agro-silvo-pastorali nonché di pesca e raccolta di prodotti naturali, ed è incoraggiata anche la produzione artigianale di qualità. Sono ammessi gli interventi autorizzati ai sensi delle lettere a), b) e c) del primo comma dell'articolo 31 della citata legge n. 457 del 1978 , salvo l'osservanza delle norme di piano sulle destinazioni d'uso;

d) aree di promozione economica e sociale facenti parte del medesimo ecosistema, più estesamente modificate dai processi di antropizzazione, nelle quali sono consentite attività compatibili con le finalità istitutive del parco e finalizzate al miglioramento della vita socio-culturale delle collettività locali e al miglior godimento del parco da parte dei visitatori.

3. Il piano è predisposto dall'Ente parco entro diciotto mesi dalla costituzione dei suoi organi, in base ai criteri ed alle finalità della presente legge. La Comunità del parco partecipa alla definizione dei criteri riguardanti la predisposizione del piano del parco indicati dal consiglio direttivo del parco ed esprime il proprio parere sul piano stesso. Il piano, approvato dal consiglio direttivo, è adottato dalla regione entro novanta giorni dal suo inoltro da parte dell'Ente parco (29).

4. Il piano adottato è depositato per quaranta giorni presso le sedi dei comuni, delle comunità montane e delle regioni interessate; chiunque può prenderne visione ed estrarne copia. Entro i successivi quaranta giorni chiunque può presentare osservazioni scritte, sulle quali l'Ente parco esprime il proprio parere entro trenta giorni. Entro centoventi giorni dal ricevimento di tale parere la regione si pronuncia sulle osservazione presentate e, d'intesa con l'Ente parco per quanto concerne le aree di cui alle lettere a), b) e c) del comma 2 e d'intesa, oltre che con l'Ente parco, anche con i comuni interessati per quanto concerne le aree di cui alla lettera d) del medesimo comma 2, emana il provvedimento d'approvazione. Qualora il piano non venga approvato entro ventiquattro mesi dalla istituzione dell'Ente parco, alla regione si sostituisce un comitato misto costituito da rappresentanti del Ministero dell'ambiente e da rappresentanti delle regioni e province autonome, il quale esperisce i tentativi necessari per il raggiungimento di dette intese; qualora le intese in questione non vengano raggiunte entro i successivi quattro mesi, il Ministro dell'ambiente rimette la questione al Consiglio dei ministri che decide in via definitiva.

5. in caso di inosservanza dei termini di cui al comma 3, si sostituisce all'amministrazione inadempiente il Ministro dell'ambiente, che provvede nei medesimi termini con un commissario ad acta.

6. Il piano è modificato con la stessa procedura necessaria alla sua approvazione ed è aggiornato con identica modalità almeno ogni dieci anni.

7. Il piano ha effetto di dichiarazione di pubblico generale interesse e di urgenza e di indifferibilità per gli interventi in esso previsti e sostituisce ad ogni livello i piani paesistici, i piani territoriali o urbanistici e ogni altro strumento di pianificazione.

8. Il piano è pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana e nel Bollettino ufficiale della regione ed è immediatamente vincolante nei confronti delle amministrazioni e dei privati.

 

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(28)  Comma così modificato dall'art. 2, comma 30, L. 9 dicembre 1998, n. 426.

(29)  Comma così sostituito dall'art. 2, comma 30, L. 9 dicembre 1998, n. 426.

 

13. Nulla osta.

1. Il rilascio di concessioni o autorizzazioni relative ad interventi, impianti ed opere all'interno del parco è sottoposto al preventivo nulla osta dell'Ente parco. Il nulla osta verifica la conformità tra le disposizioni del piano e del regolamento e l'intervento ed è reso entro sessanta giorni dalla richiesta. Decorso inutilmente tale termine il nulla osta si intende rilasciato.

Il diniego, che è immediatamente impugnabile, è affisso contemporaneamente all'albo del comune interessato e all'albo dell'Ente parco e l'affissione ha la durata di sette giorni. L'Ente parco dà notizia per estratto, con le medesime modalità, dei nulla osta rilasciati e di quelli determinatisi per decorrenza del termine.

2. Avverso il rilascio del nulla osta è ammesso ricorso giurisdizionale anche da parte delle associazioni di protezione ambientale individuate ai sensi della legge 8 luglio 1986, n. 349 .

3. L'esame delle richieste di nulla osta può essere affidato con deliberazione del Consiglio direttivo ad un apposito comitato la cui composizione e la cui attività sono disciplinate dal regolamento del parco.

4. Il Presidente del parco, entro sessanta giorni dalla richiesta, con comunicazione scritta al richiedente, può rinviare, per una sola volta, di ulteriori trenta giorni i termini di espressione del nulla osta.

 

14. Iniziative per la promozione economica e sociale.

1. Nel rispetto delle finalità del parco, dei vincoli stabiliti dal piano e dal regolamento del parco, la Comunità del parco promuove le iniziative atte a favorire lo sviluppo economico e sociale delle collettività eventualmente residenti all'interno del parco e nei territori adiacenti.

2. A tal fine la Comunità del parco, avvia contestualmente all'elaborazione del piano del parco un piano pluriennale economico e sociale per la promozione della attività compatibili, individuando i soggetti chiamati alla realizzazione degli interventi previsti eventualmente anche attraverso accordi di programma. Tale piano, sul quale esprime la propria motivata valutazione il consiglio direttivo, è approvato dalla regione o, d'intesa, dalle regioni interessate. In caso di contrasto tra Comunità del parco, altri organi dell'Ente parco e regioni, la questione è rimessa ad una conferenza presieduta dal Ministro dell'ambiente il quale, perdurando i contrasti, rimette la decisione definitiva al Consiglio dei ministri (30).

3. Il piano di cui al comma 2 può prevedere in particolare: la concessione di sovvenzioni a privati ed enti locali; la predisposizione di attrezzature, impianti di depurazione e per il risparmio energetico, servizi ed impianti di carattere turistico-naturalistico da gestire in proprio o da concedere in gestione a terzi sulla base di atti di concessione alla stregua di specifiche convenzioni; l'agevolazione o la promozione, anche in forma cooperativa, di attività tradizionali artigianali, agro-silvo-pastorali, culturali, servizi sociali e biblioteche, restauro, anche di beni naturali, e ogni altra iniziativa atta a favorire, nel rispetto delle esigenze di conservazione del parco, lo sviluppo del turismo e delle attività locali connesse. Una quota parte di tali attività deve consistere in interventi diretti a favorire l'occupazione giovanile ed il volontariato, nonché l'accessibilità e la fruizione, in particolare per i portatori di handicap.

4. Per le finalità di cui al comma 3, l'Ente parco può concedere a mezzo di specifiche convenzioni l'uso del proprio nome e del proprio emblema a servizi e prodotti locali che presentino requisiti di qualità e che soddisfino le finalità del parco.

5. L'Ente parco organizza, d'intesa con la regione o le regioni interessate, speciali corsi di formazione al termine dei quali rilascia il titolo ufficiale ed esclusivo di guida del parco.

6. Il piano di cui al comma 2 ha durata quadriennale e può essere aggiornato annualmente con la stessa procedura della sua formazione.

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(30)  Comma così modificato dall'art. 2, comma 31, L. 9 dicembre 1998, n. 426.

 

15. Acquisti, espropriazioni ed indennizzi.

1. L'Ente parco, nel quadro del programma di cui al comma 7, può prendere in locazione immobili compresi nel parco o acquisirli, anche mediante espropriazione o esercizio del diritto di prelazione di cui al comma 5, secondo le norme generali vigenti.

2. I vincoli derivanti dal piano alle attività agro-silvo-pastorali possono essere indennizzati sulla base di princìpi equitativi. I vincoli, temporanei o parziali, relativi ad attività già ritenute compatibili, possono dar luogo a compensi ed indennizzi, che tengano conto dei vantaggi e degli svantaggi derivanti dall'attività del parco. Con decreto da emanare entro dodici mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge il Ministro dell'ambiente provvede alle disposizioni di attuazione del presente comma.

3. L'Ente parco è tenuto a indennizzare i danni provocati dalla fauna selvatica del parco.

4. Il regolamento del parco stabilisce le modalità per la liquidazione e la corresponsione degli indennizzi, da corrispondersi entro novanta giorni dal verificarsi del documento.

5. L'Ente parco ha diritto di prelazione sul trasferimento a titolo oneroso della proprietà e di diritti reali sui terreni situati all'interno delle riserve e delle aree di cui all'articolo 12, comma 2, lettere a) e b), salva la precedenza a favore di soggetti privati di cui al primo comma dell'articolo 8 della legge 26 maggio 1965, n. 590 , e successive modificazioni e integrazioni.

6. L'Ente parco deve esercitare la prelazione entro tre mesi dalla notifica della proposta di alienazione. La proposta deve contenere la descrizione catastale dei beni, la data della trasmissione del possesso, l'indicazione del prezzo e delle sue modalità di pagamento. Qualora il dante causa non provveda a tale notificazione o il prezzo notificato sia superiore a quello di cessione, l'Ente parco può, entro un anno dalla trascrizione dell'atto di compravendita, esercitare il diritto di riscatto nei confronti dell'acquirente e di ogni altro successivo avente causa a qualsiasi titolo.

7. L'Ente parco provvede ad istituire nel proprio bilancio un apposito capitolo, con dotazione adeguata al prevedibile fabbisogno, per il pagamento di indennizzi e risarcimenti, formulando un apposito programma, con opportune priorità.

 

16. Entrate dell'Ente parco ed agevolazioni fiscali.

1. Costituiscono entrate dell'Ente parco da destinare al conseguimento dei fini istitutivi:

a) i contributi ordinari e straordinari dello Stato;

b) i contributi delle regioni e degli enti pubblici;

c) i contributi ed i finanziamenti a specifici progetti;

d) i lasciti, le donazioni e le erogazioni liberali in denaro di cui all'articolo 3 della legge 2 agosto 1982, n. 512 , e successive modificazioni e integrazioni;

e) gli eventuali redditi patrimoniali;

f) i canoni delle concessioni previste dalla legge, i proventi dei diritti d'ingresso e di privativa e le altre entrate derivanti dai servizi resi;

g) i proventi delle attività commerciali e promozionali;

h) i proventi delle sanzioni derivanti da inosservanza delle norme regolamentari;

i) ogni altro provento acquisito in relazione all'attività dell'Ente parco.

2. Le attività di cessione di materiale divulgativo, educativo e propagandistico di prodotti ecologici, nonché le prestazioni di servizi esercitate direttamente dall'Ente parco, non sono sottoposte alla normativa per la disciplina del commercio.

3. Le cessioni e le prestazioni di cui al comma 2 sono soggette alla disciplina dell'imposta sul valore aggiunto. La registrazione dei corrispettivi si effettua in base all'articolo 24 del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633 , come sostituito dall'articolo 1 del decreto del Presidente della Repubblica 29 gennaio 1979, n. 24, senza l'obbligo dell'uso dei registratori di cassa.

4. L'Ente parco ha l'obbligo di pareggio del bilancio.

 

17. Riserve naturali statali.

1. Il decreto istitutivo delle riserve naturali statali, di cui all'articolo 8, comma 2, oltre a determinare i confini della riserva ed il relativo organismo di gestione, ne precisa le caratteristiche principali, le finalità istitutive ed i vincoli principali, stabilendo altresì indicazioni e criteri specifici cui devono conformarsi il piano di gestione delle riserva ed il relativo regolamento attuativo, emanato secondo i princìpi contenuti nell'articolo 11 della presente legge. Il piano di gestione della riserva ed il relativo regolamento attuativo sono adottati dal Ministro dell'ambiente entro i termini stabiliti dal decreto istitutivo della riserva stessa, sentite le regioni a statuto ordinario e d'intesa con le regioni a statuto speciale e le province autonome di Trento e di Bolzano.

2. Sono vietati in particolare:

a) ogni forma di discarica di rifiuti solidi e liquidi;

b) l'accesso nelle riserve naturali integrali a persone non autorizzate, salvo le modalità stabilite dagli organi responsabili della gestione della riserva.

 

18. Istituzione di aree protette marine.

1. In attuazione del programma il Ministro dell'ambiente, d'intesa con il Ministro del tesoro, istituisce le aree protette marine, autorizzando altresì il finanziamento definito dal programma medesimo. L'istruttoria preliminare è in ogni caso svolta, ai sensi dell'articolo 26 della legge 31 dicembre 1982, n. 979 , dalla Consulta per la difesa del mare dagli inquinamenti (31).

1-bis. L'istituzione delle aree protette marine può essere sottoposta ad accordi generali fra le regioni e il Ministero dell'ambiente (32).

2. Il decreto istitutivo contiene tra l'altro la denominazione e la delimitazione dell'area, gli obiettivi cui è finalizzata la protezione dell'area e prevede, altresì, la concessione d'uso dei beni del demanio marittimo e delle zone di mare di cui all'articolo 19, comma 6.

3. Il decreto di istituzione è pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana.

4. Per il finanziamento di programmi e progetti di investimento per le aree protette marine è autorizzata la spesa di lire 5 miliardi per ciascuno degli anni 1992, 1993 e 1994.

5. Per le prime spese di funzionamento delle aree protette marine è autorizzata la spesa di lire 1 miliardo per ciascuno degli anni 1991, 1992 e 1993.

 

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(31)  Comma così modificato dal comma 8 dell'art. 8, L. 23 marzo 2001, n. 93. Per la soppressione della Consulta per la difesa del mare dagli inquinamenti ed il trasferimento delle relative funzioni al Ministero dell'ambiente, vedi l'art. 2, comma 14, L. 9 dicembre 1998, n. 426.

(32)  Comma aggiunto dal comma 9 dell'art. 8, L. 23 marzo 2001, n. 93.

 

19. Gestione delle aree protette marine.

1. Il raggiungimento delle finalità istitutive di ciascuna area protetta marina è assicurato attraverso l'Ispettorato centrale per la difesa del mare. Per l'eventuale gestione delle aree protette marine, l'Ispettorato centrale si avvale delle competenti Capitanerie di porto. Con apposita convenzione da stipularsi da parte del Ministro dell'ambiente, di concerto con il Ministro della marina mercantile, la gestione dell'area protetta marina può essere concessa ad enti pubblici, istituzioni scientifiche o associazioni riconosciute.

2. Qualora un'area marina protetta sia istituita in acque confinanti con un'area protetta terrestre, la gestione è attribuita al soggetto competente per quest'ultima.

3. Nelle aree protette marine sono vietate le attività che possono compromettere la tutela delle caratteristiche dell'ambiente oggetto della protezione e delle finalità istitutive dell'area. In particolare sono vietati:

a) la cattura, la raccolta e il danneggiamento delle specie animali e vegetali nonché l'asportazione di minerali e di reperti archeologici;

b) l'alterazione dell'ambiente geofisico e delle caratteristiche chimiche e idrobiologiche delle acque;

c) lo svolgimento di attività pubblicitarie;

d) l'introduzione di armi, esplosivi e ogni altro mezzo distruttivo e di cattura;

e) la navigazione a motore;

f) ogni forma di discarica di rifiuti solidi e liquidi.

4. I divieti di cui all'articolo 11, comma 3, si applicano ai territori inclusi nelle aree protette marine.

5. Con decreto del Ministro dell'ambiente, di concerto con il Ministro della marina mercantile, sentita la Consulta per la difesa del mare dagli inquinamenti (33), è approvato un regolamento che disciplina i divieti e le eventuali deroghe in funzione del grado di protezione necessario.

6. Beni del demanio marittimo e zone di mare ricomprese nelle aree protette possono essere concessi in uso esclusivo per le finalità della gestione dell'area medesima con decreto del Ministro della marina mercantile. I beni del demanio marittimo esistenti all'interno dell'area protetta fanno parte della medesima.

7. La sorveglianza nelle aree protette marine è esercitata dalle Capitanerie di porto, nonché dalle polizie degli enti locali delegati nella gestione delle medesime aree protette (34).

 

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(33)  Per la soppressione della Consulta per la difesa del mare dagli inquinamenti ed il trasferimento delle relative funzioni al Ministero dell'ambiente, vedi l'art. 2, comma 14, L. 9 dicembre 1998, n. 426.

(34)  Comma così modificato dall'art. 2, comma 17, L. 9 dicembre 1998, n. 426.

 

20. Norme di rinvio.

1. Per quanto non espressamente disciplinato dalla presente legge, ai parchi marini si applicano le disposizioni relative ai parchi nazionali. Alle riserve marine si applicano le disposizioni del titolo V della legge 31 dicembre 1982, n. 979, non in contrasto con le disposizioni della presente legge.

 

21. Vigilanza e sorveglianza.

1. La vigilanza sulla gestione delle aree naturali protette di rilievo internazionale e nazionale è esercitata per le aree terrestri dal Ministro dell'ambiente e per le aree marine congiuntamente dal Ministro dell'ambiente e dal Ministro della marina mercantile.

2. La sorveglianza sui territori delle aree naturali protette di rilievo internazionale e nazionale è esercitata, ai fini della presente legge, dal Corpo forestale dello Stato senza variazioni alla attuale pianta organica dello stesso. Per l'espletamento di tali servizi e di quant'altro affidato al Corpo medesimo dalla presente legge, con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, da adottare entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, su proposta del Ministro dell'ambiente e, sino all'emanazione dei provvedimenti di riforma in attuazione dell'articolo 11 della legge 15 marzo 1997, n. 59, e del decreto di cui all'articolo 4, comma 1, del decreto legislativo 4 giugno 1997, n. 143, e fermo restando il disposto del medesimo articolo 4, comma 1, di concerto con il Ministro dell'agricoltura e delle foreste, sono individuate le strutture ed il personale del Corpo da dislocare presso il Ministero dell'ambiente e presso gli Enti parco, sotto la dipendenza funzionale degli stessi, secondo modalità stabilite dal decreto medesimo (35). Il decreto determina altresì i sistemi e le modalità di reclutamento e di ripartizione su base regionale, nonché di formazione professionale del personale forestale di sorveglianza. Ai dipendenti dell'Ente parco possono essere attribuiti poteri di sorveglianza da esercitare in aggiunta o in concomitanza degli ordinari obblighi di servizio. Nell'espletamento dei predetti poteri i dipendenti assumono la qualifica di guardia giurata. Fino alla emanazione del predetto decreto alla sorveglianza provvede il Corpo forestale dello Stato, sulla base di apposite direttive impartite dal Ministro dell'ambiente, d'intesa con il Ministro dell'agricoltura e delle foreste. Nelle aree protette marine la sorveglianza è esercitata ai sensi dell'articolo 19, comma 7 (36).

 

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(35)  Vedi il D.P.C.M. 26 giugno 1997 e il D.P.C.M. 5 luglio 2002.

(36)  Comma così modificato dall'art. 2, comma 32, L. 9 dicembre 1998, n. 426. In deroga a quanto previsto dal presente comma vedi l'art. 80, comma 25, L. 27 dicembre 2002, n. 289.

 

TITOLO III

Aree naturali protette regionali

22. Norme quadro.

1. Costituiscono princìpi fondamentali per la disciplina delle aree naturali protette regionali:

a) la partecipazione delle province, delle comunità montane e dei comuni al procedimento di istituzione dell'area protetta, fatta salva l'attribuzione delle funzioni amministrative alle province, ai sensi dell'articolo 14 della legge 8 giugno 1990, n. 142 . Tale partecipazione si realizza, tenuto conto dell'articolo 3 della stessa legge n. 142 del 1990 , attraverso conferenze per la redazione di un documento di indirizzo relativo all'analisi territoriale dell'area da destinare a protezione, alla perimetrazione provvisoria, all'individuazione degli obiettivi da perseguire, alla valutazione degli effetti dell'istituzione dell'area protetta sul territorio;

 

b) la pubblicità degli atti relativi all'istituzione dell'area protetta e alla definizione del piano per il parco di cui all'articolo 25;

c) la partecipazione degli enti locali interessati alla gestione dell'area protetta;

d) l'adozione, secondo criteri stabiliti con legge regionale in conformità ai princìpi di cui all'articolo 11, di regolamenti delle aree protette;

e) la possibilità di affidare la gestione alle comunioni familiari montane, anche associate fra loro, qualora l'area naturale protetta sia in tutto o in parte compresa fra i beni agrosilvopastorali costituenti patrimonio delle comunità stesse.

2. Fatte salve le rispettive competenze per le regioni a statuto speciale e per le province autonome di Trento e di Bolzano, costituiscono princìpi fondamentali di riforma economico-sociale la partecipazione degli enti locali alla istituzione e alla gestione delle aree protette e la pubblicità degli atti relativi all'istituzione dell'area protetta e alla definizione del piano per il parco.

3. Le regioni istituiscono parchi naturali regionali e riserve naturali regionali utilizzando soprattutto i demani e i patrimoni forestali regionali, provinciali, comunali e di enti pubblici, al fine di un utilizzo razionale del territorio e per attività compatibili con la speciale destinazione dell'area.

4. Le aree protette regionali che insistono sul territorio di più regioni sono istituite dalle regioni interessate, previa intesa tra le stesse, e gestite secondo criteri unitari per l'intera area delimitata.

5. Non si possono istituire aree protette regionali nel territorio di un parco nazionale o di una riserva naturale statale.

6. Nei parchi naturali regionali e nelle riserve naturali regionali l'attività venatoria è vietata, salvo eventuali prelievi faunistici ed abbattimenti selettivi necessari per ricomporre squilibri ecologici. Detti prelievi ed abbattimenti devono avvenire in conformità al regolamento del parco o, qualora non esista, alle direttive regionali per iniziativa e sotto la diretta responsabilità e sorveglianza dell'organismo di gestione del parco e devono essere attuati dal personale da esso dipendente o da persone da esso autorizzate scelte con preferenza tra cacciatori residenti nel territorio del parco, previ opportuni corsi di formazione a cura dello stesso Ente (37).

 

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(37)  Comma così modificato dall'art. 2, comma 33, L. 9 dicembre 1998, n. 426.

 

23. Parchi naturali regionali.

1. La legge regionale istitutiva del parco naturale regionale, tenuto conto del documento di indirizzo di cui all'articolo 22, comma 1, lettera a), definisce la perimetrazione provvisoria e le misure di salvaguardia, individua il soggetto per la gestione del parco e indica gli elementi del piano per il parco, di cui all'articolo 25, comma 1, nonché i princìpi del regolamento del parco. A tal fine possono essere istituiti appositi enti di diritto pubblico o consorzi obbligatori tra enti locali od organismi associativi ai sensi della legge 8 giugno 1990, n. 142 . Per la gestione dei servizi del parco, esclusa la vigilanza, possono essere stipulate convenzioni con enti pubblici, con soggetti privati, nonché con comunioni familiari montane.

 

24. Organizzazione amministrativa del parco naturale regionale.

1. In relazione alla peculiarità di ciascuna area interessata, ciascun parco naturale regionale prevede, con apposito statuto, una differenziata forma organizzativa, indicando i criteri per la composizione del consiglio direttivo, la designazione del presidente e del direttore, i poteri del consiglio, del presidente e del direttore, la composizione e i poteri del collegio dei revisori dei conti e degli organi di consulenza tecnica e scientifica, le modalità di convocazione e di funzionamento degli organi statutari, la costituzione delle comunità del parco.

2. Nel collegio dei revisori dei conti deve essere assicurata la presenza di un membro designato dal Ministro del tesoro.

3. Gli enti di gestione dei parchi naturali regionali possono avvalersi sia di personale proprio che di personale comandato dalla regione o da altri enti pubblici.

 

25. Strumenti di attuazione.

1. Strumenti di attuazione delle finalità del parco naturale regionale sono il piano per il parco e il piano pluriennale economico e sociale per la promozione delle attività compatibili.

2. Il piano per il parco è adottato dall'organismo di gestione del parco ed è approvato dalla regione. Esso ha valore anche di piano paesistico e di piano urbanistico e sostituisce i piani paesistici e i piani territoriali o urbanistici di qualsiasi livello.

3. Nel riguardo delle finalità istitutive e delle previsioni del piano per il parco e nei limiti del regolamento, il parco promuove iniziative, coordinate con quelle delle regioni e degli enti locali interessati, atte a favorire la crescita economica, sociale e culturale delle comunità residenti. A tal fine predispone un piano pluriennale economico e sociale per la promozione delle attività compatibili. Tale piano è adottato dall'organismo di gestione del parco, tenuto conto del parere espresso dagli enti locali territorialmente interessati, è approvato dalla regione e può essere annualmente aggiornato.

4. Al finanziamento del piano pluriennale economico e sociale, di cui al comma 3, possono concorrere lo Stato, le regioni, gli enti locali e gli altri organismi interessati.

5. Le risorse finanziarie del parco possono essere costituite, oltre che da erogazioni o contributi a qualsiasi titolo, disposti da enti o da organismi pubblici e da privati, da diritti e canoni riguardanti l'utilizzazione dei beni mobili ed immobili che appartengono al parco o dei quali esso abbia la gestione.

 

26. Coordinamento degli interventi.

1. Sulla base di quanto disposto dal programma nonché dal piano pluriennale economico e sociale di cui all'articolo 25, comma 3, il Ministro dell'ambiente promuove, per gli effetti di cui all'articolo 27 della legge 8 giugno 1990, n. 142 , accordi di programma tra lo Stato, le regioni e gli enti locali aventi ad oggetto l'impiego coordinato delle risorse. In particolare gli accordi individuano gli interventi da realizzare per il perseguimento delle finalità di conservazione della natura, indicando le quote finanziarie dello Stato, della regione, degli enti locali ed eventualmente di terzi, nonché le modalità di coordinamento ed integrazione della procedura.

 

27. Vigilanza e sorveglianza.

1. La vigilanza sulla gestione delle aree naturali protette regionali è esercitata dalla regione. Ove si tratti di area protetta con territorio ricadente in più regioni l'atto istitutivo determina le intese per l'esercizio della vigilanza.

2. Il Corpo forestale dello Stato ha facoltà di stipulare specifiche convenzioni con le regioni per la sorveglianza dei territori delle aree naturali protette regionali, sulla base di una convenzione-tipo predisposta dal Ministro dell'ambiente, di concerto con il Ministro dell'agricoltura e delle foreste.

 

28. Leggi regionali.

1. Entro dodici mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge le regioni adeguano la loro legislazione alle disposizioni contenute nel presente titolo.

 

TITOLO IV

Disposizioni finali e transitorie

29. Poteri dell'organismo di gestione dell'area naturale protetta.

1. Il legale rappresentante dell'organismo di gestione dell'area naturale protetta, qualora venga esercitata un'attività in difformità dal piano, dal regolamento o dal nulla osta, dispone l'immediata sospensione dell'attività medesima ed ordina in ogni caso la riduzione in pristino o la ricostituzione di specie vegetali o animali a spese del trasgressore con la responsabilità solidale del committente, del titolare dell'impresa e del direttore dei lavori in caso di costruzione e trasformazione di opere.

2. In caso di inottemperanza all'ordine di riduzione in pristino o di ricostituzione delle specie vegetali o animali entro un congruo termine, il legale rappresentante dell'organismo di gestione provvede all'esecuzione in danno degli obbligati secondo la procedura di cui ai commi secondo, terzo e quarto dell'articolo 27 della legge 28 febbraio 1985, n. 47 , in quanto compatibili, e recuperando le relative spese mediante ingiunzione emessa ai sensi del testo unico delle disposizioni di legge relative alla riscossione delle entrate patrimoniali dello Stato, approvato con regio decreto 14 aprile 1910, n. 639 .

3. L'organismo di gestione dell'area naturale protetta può intervenire nei giudizi riguardanti fatti dolosi o colposi che possano compromettere l'integrità del patrimonio naturale dell'area protetta e ha la facoltà di ricorrere in sede di giurisdizione amministrativa per l'annullamento di atti illegittimi lesivi delle finalità istitutive dell'area protetta.

 

30. Sanzioni.

1. Chiunque viola le disposizioni di cui agli articoli 6 e 13 è punito con l'arresto fino a dodici mesi e con l'ammenda da lire duecentomila a lire cinquantamilioni. Chiunque viola le disposizioni di cui agli articoli 11, comma 3, e 19, comma 3, è punito con l'arresto fino a sei mesi o con l'ammenda da lire duecentomila a lire venticinquemilioni. Le pene sono raddoppiate in caso di recidiva.

1-bis. Qualora l'area protetta marina non sia segnalata con i mezzi e gli strumenti di cui all'articolo 2, comma 9-bis, chiunque, al comando o alla conduzione di un'unità da diporto, che comunque non sia a conoscenza dei vincoli relativi a tale area, violi il divieto di navigazione a motore di cui all'articolo 19, comma 3, lettera e), è soggetto alla sanzione amministrativa del pagamento di una somma da 200 euro a 1.000 euro (38).

2. La violazione delle disposizioni emanate dagli organismi di gestione delle aree protette è altresì punita con la sanzione amministrativa del pagamento di una somma da lire cinquantamila a lire duemilioni. Tali sanzioni sono irrogate, nel rispetto delle disposizioni di cui alla legge 24 novembre 1981, n. 689 , dal legale rappresentante dell'organismo di gestione dell'area protetta.

2-bis. La sanzione amministrativa pecuniaria di cui al comma 2 è determinata in misura compresa tra 25 euro e 500 euro, qualora l'area protetta marina non sia segnalata con i mezzi e gli strumenti di cui all'articolo 2, comma 9-bis, e la persona al comando o alla conduzione dell'unità da diporto non sia comunque a conoscenza dei vincoli relativi a tale area (39).

3. In caso di violazioni costituenti ipotesi di reati perseguiti ai sensi degli articoli 733 e 734 del codice penale può essere disposto dal giudice o, in caso di flagranza, per evitare l'aggravamento o la continuazione del reato, dagli addetti alla sorveglianza dell'area protetta, il sequestro di quanto adoperato per commettere gli illeciti ad essi relativi. Il responsabile è tenuto a provvedere alla riduzione in pristino dell'area danneggiata, ove possibile, e comunque è tenuto al risarcimento del danno.

4. Nelle sentenze di condanna il giudice può disporre, nei casi di particolare gravità, la confisca delle cose utilizzate per la consumazione dell'illecito.

5. Si applicano le disposizioni di cui alla legge 24 novembre 1981, n. 689 , in quanto non in contrasto con il presente articolo.

6. In ogni caso trovano applicazione le norme dell'articolo 18 della legge 8 luglio 1986, n. 349 , sul diritto al risarcimento del danno ambientale da parte dell'organismo di gestione dell'area protetta.

7. Le sanzioni penali previste dal comma 1 si applicano anche nel caso di violazione dei regolamenti e delle misure di salvaguardia delle riserve naturali statali.

8. Le sanzioni penali previste dal comma 1 si applicano anche in relazione alla violazione alle disposizioni di leggi regionali che prevedono misure di salvaguardia in vista della istituzione di aree protette e con riguardo alla trasgressione di regolamenti di parchi naturali regionali.

9. Nell'area protetta dei monti Cervati, non si applicano, fino alla costituzione del parco nazionale, i divieti di cui all'articolo 17, comma 2.

 

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(38)  Comma aggiunto dall'art. 4, L. 8 luglio 2003, n. 172.

(39)  Comma aggiunto dall'art. 4, L. 8 luglio 2003, n. 172.

 

31. Beni di proprietà dello Stato destinati a riserva naturale.

1. Fino alla riorganizzazione, ai sensi dell'articolo 9 della legge 18 maggio 1989, n. 183 , del Corpo forestale dello Stato, le riserve naturali statali sono amministrate dagli attuali organismi di gestione dell'ex Azienda di Stato per le foreste demaniali. Per far fronte alle esigenze di gestione delle riserve naturali statali indicate nel programma, entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, ed in attesa della riorganizzazione di cui all'articolo 9 della citata legge n. 183 del 1989 , la composizione e le funzioni dell'ex Azienda di Stato possono essere disciplinate con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri da emanarsi su proposta del Ministro dell'ambiente di concerto con il Ministro dell'agricoltura e delle foreste. Per l'esercizio delle attività di gestione per i primi tre anni successivi alla data di entrata in vigore della presente legge continuano ad applicarsi le disposizioni di cui alla legge 5 aprile 1985, n. 124 (40).

2. Entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, il Ministro dell'agricoltura e delle foreste, di concerto con il Ministro delle finanze, trasmette al Comitato l'elenco delle aree individuate ai sensi del decreto ministeriale 20 luglio 1987, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana n. 175 del 29 luglio 1987, e delle altre aree nella sua disponibilità con la proposta della loro destinazione ad aree naturali protette nazionali e regionali anche ai fini di un completamento, con particolare riguardo alla regione Veneto e alla regione Lombardia, dei trasferimenti effettuati ai sensi dell'articolo 68 del decreto del Presidente della Repubblica 24 luglio 1977, n. 616 .

3. La gestione delle riserve naturali, di qualunque tipologia, istituite su proprietà pubbliche, che ricadano o vengano a ricadere all'interno dei parchi nazionali, è affidata all'Ente parco (41).

4. Le direttive necessarie per la gestione delle riserve naturali statali e per il raggiungimento degli obiettivi scientifici, educativi e di protezione naturalistica, sono impartite dal Ministro dell'ambiente ai sensi dell'articolo 5 della legge 8 luglio 1986, n. 349 .

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(40)  Per la proroga del termine, vedi l'art. 3, D.L. 28 agosto 1995, n. 361.

(41)  Comma così sostituito dall'art. 2, comma 34, L. 9 dicembre 1998, n. 426.

 

32. Aree contigue.

1. Le regioni, d'intesa con gli organismi di gestione delle aree naturali protette e con gli enti locali interessati, stabiliscono piani e programmi e le eventuali misure di disciplina della caccia, della pesca, delle attività estrattive e per la tutela dell'ambiente, relativi alle aree contigue alle aree protette, ove occorra intervenire per assicurare la conservazione dei valori delle aree protette stesse.

2. I confini delle aree contigue di cui al comma 1 sono determinati dalle regioni sul cui territorio si trova l'area naturale protetta, d'intesa con l'organismo di gestione dell'area protetta.

3. All'interno delle aree contigue le regioni possono disciplinare l'esercizio della caccia, in deroga al terzo comma dell'articolo 15 della legge 27 dicembre 1977, n. 968 , soltanto nella forma della caccia controllata, riservata ai soli residenti dei comuni dell'area naturale protetta e dell'area contigua, gestita in base al secondo comma dello stesso articolo 15 della medesima legge.

4. L'organismo di gestione dell'area naturale protetta, per esigenze connesse alla conservazione del patrimonio faunistico dell'area stessa, può disporre, per particolari specie di animali, divieti riguardanti le modalità ed i tempi della caccia.

5. Qualora si tratti di aree contigue interregionali, ciascuna regione provvede per quanto di propria competenza per la parte relativa al proprio territorio, d'intesa con le altre regioni ai sensi degli articoli 8 e 66, ultimo comma, del decreto del Presidente della Repubblica 24 luglio 1977, n. 616 . L'intesa è promossa dalla regione nel cui territorio è situata la maggior parte dell'area naturale protetta.

 

33. Relazione al Parlamento.

1. Il Ministro dell'ambiente, previa deliberazione del Consiglio nazionale per l'ambiente, presenta annualmente al Parlamento una relazione sullo stato di attuazione della presente legge e sull'attività degli organismi di gestione delle aree naturali protette nazionali.

 

34. Istituzione di parchi e aree di reperimento.

1. Sono istituiti i seguenti parchi nazionali:

a) Cilento e Vallo di Diano (Cervati, Gelbison, Alburni, Monte Stella e Monte Bulgheria);

b) Gargano;

c) Gran Sasso e Monti della Laga;

d) Maiella;

e) Val Grande;

f) Vesuvio.

2. È istituito, d'intesa con la regione Sardegna ai sensi dell'articolo 2, comma 7, il Parco nazionale del Golfo di Orosei e del Gennargentu. Qualora l'intesa con la regione Sardegna non si perfezioni entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, con le procedure di cui all'articolo 4 si provvede alla istituzione del parco della Val d'Agri e del Lagonegrese (Monti Arioso, Volturino, Viggiano, Sirino, Raparo) o, se già costituito, di altro parco nazionale per il quale non si applica la previsione di cui all'articolo 8, comma 6 (42).

3. Entro centottanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, il Ministro dell'ambiente provvede alla delimitazione provvisoria dei parchi nazionali di cui ai commi 1 e 2 sulla base degli elementi conoscitivi e tecnico-scientifici disponibili, in particolare, presso i servizi tecnici nazionali e le amministrazioni dello Stato nonché le regioni e, sentiti le regioni e gli enti locali interessati, adotta le misure di salvaguardia, necessarie per garantire la conservazione dello stato dei luoghi. La gestione provvisoria del parco, fino alla costituzione degli Enti parco previsti dalla presente legge, è affidata ad un apposito comitato di gestione istituito dal Ministro dell'ambiente in conformità ai princìpi di cui all'articolo 9.

4. Il primo programma verifica ed eventualmente modifica la delimitazione effettuata dal Ministro dell'ambiente ai sensi del comma 3.

5. Per l'organizzazione ed il funzionamento degli Enti parco dei parchi di cui ai commi 1 e 2 si applicano le disposizioni della presente legge.

6. Il primo programma, tenuto conto delle disponibilità finanziarie esistenti, considera come prioritarie aree di reperimento le seguenti:

a) Alpi apuane e Appennino tosco-emiliano;

b) Etna;

c) Monte Bianco;

d) Picentino (Monti Terminio e Cervialto);

e) Tarvisiano;

f) Appennino lucano, Val d'Agri e Lagonegrese (Monti Arioso, Volturino, Viggiano, Sirino e Raparo);

g) Partenio;

h) Parco-museo delle miniere dell'Amiata;

i) Alpi marittime (comprensorio del massiccio del Marguareis);

l) Alta Murgia;

l-bis) Costa teatina (43).

7. Il Ministro dell'ambiente, d'intesa con le regioni, può emanare opportune misure di salvaguardia.

8. Qualora il primo programma non venga adottato entro il termine previsto dall'articolo 4, comma 6, all'approvazione dello stesso provvede il Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro dell'ambiente.

9. Per le aree naturali protette i cui territori siano confinanti o adiacenti ad aree di interesse naturalistico facenti parte di Stati esteri, il Ministro degli affari esteri, su proposta del Ministro dell'ambiente, sentite le regioni e le province autonome interessate, promuove l'adozione delle opportune intese o atti, al fine di realizzare forme integrate di protezione, criteri comuni di gestione e facilitazioni di accesso, ove ammesso. Le intese e gli atti possono riguardare altresì l'istituzione di aree naturali protette di particolare pregio naturalistico e rilievo internazionale sul territorio nazionale. Le disposizioni delle intese e degli atti sono vincolanti per le regioni e gli enti locali interessati.

10. Per l'istituzione dei parchi nazionali di cui ai commi 1 e 2 è autorizzata la spesa di lire 20 miliardi per l'anno 1991 e lire 30 miliardi per ciascuno degli anni 1992 e 1993.

11. Per la gestione dei parchi nazionali di cui ai commi 1 e 2 è autorizzata la spesa di lire 10 miliardi per il 1991, lire 15,5 miliardi per il 1992 e lire 22 miliardi a decorrere dal 1993.

 

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(42)  Comma così modificato dall'art. 4, L. 8 ottobre 1997, n. 344. Vedi il D.P.R. 30 marzo 1998.

(43)  Lettera aggiunta dall'art. 4, L. 8 ottobre 1997, n. 344.

 

35. Norme transitorie.

1. Con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro dell'ambiente, si provvede all'adeguamento ai princìpi della presente legge, fatti salvi i rapporti di lavoro esistenti alla data di entrata in vigore della presente legge di dipendenti in ruolo, della disciplina del Parco nazionale d'Abruzzo, del Parco nazionale del Gran Paradiso, previa intesa con la regione a statuto speciale Val d'Aosta e la regione Piemonte, tenuto conto delle attuali esigenze con particolare riguardo alla funzionalità delle sedi ed alla sorveglianza. Per il Parco nazionale dello Stelvio si provvede in base a quanto stabilito dall'articolo 3 del decreto del Presidente della Repubblica 22 marzo 1974, n. 279 . Le intese ivi previste vanno assunte anche con la regione Lombardia e devono essere informate ai princìpi generali della presente legge.

2. In considerazione dei particolari valori storico-culturali ed ambientali, nonché della specialità degli interventi necessari per il ripristino e la conservazione degli importanti e delicati ecosistemi, la gestione delle proprietà demaniali statali ricadenti nei Parchi nazionali del Circeo e della Calabria sarà condotta secondo forme, contenuti e finalità, anche ai fini della ricerca e sperimentazione scientifica nonché di carattere didattico formativo e dimostrativo, che saranno definiti con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro dell'ambiente di concerto con il Ministro dell'agricoltura e delle foreste ed il Ministro dell'università e della ricerca scientifica e tecnologica, da emanarsi entro centoventi giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge.

3. Ai parchi nazionali previsti dalla lettera c) del comma 1 dell'articolo 18 della legge 11 marzo 1988, n. 67 , e dall'articolo 10 della legge 28 agosto 1989, n. 305 , si applicano le disposizioni della presente legge, utilizzando gli atti posti in essere prima dell'entrata in vigore della legge stessa in quanto compatibili.

4. Entro due anni dalla data di entrata in vigore della presente legge le regioni interessate provvedono, d'intesa con il Ministro dell'ambiente, alla istituzione del parco naturale interregionale del Delta del Po a modifica dell'articolo 10 della legge 28 agosto 1989, n. 305 , in conformità delle risultanze dei lavori della Commissione paritetica istituita in applicazione della delibera del Comitato interministeriale per la programmazione economica (CIPE) del 5 agosto 1988, pubblicata nel supplemento ordinario n. 87 alla Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana n. 215 del 13 settembre 1988. Qualora l'intesa non si perfezioni nel suddetto termine, si provvede alla istituzione di un parco nazionale in tale area a norma del comma 3 (44).

5. Nell'ipotesi in cui si istituisca il parco interregionale del Delta del Po, con le procedure di cui all'articolo 4 si procede alla istituzione del parco nazionale della Val d'Agri e del Lagonegrese (Monti Arioso, Volturino, Viggiano, Sirino, Raparo), o, se già costituito, di altro parco nazionale, per il quale non si applica la previsione di cui all'articolo 8, comma 6.

6. Restano salvi gli atti di delimitazione di riserve naturali emessi alla data di entrata in vigore della presente legge e le conseguenti misure di salvaguardia già adottate. Dette riserve sono istituite, secondo le modalità previste dalla presente legge, entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della legge stessa.

7. Ove non diversamente previsto, il termine per l'espressione di pareri da parte delle regioni ai fini della presente legge è stabilito in giorni quarantacinque.

8. Per l'attuazione del comma 1 è autorizzata la spesa di lire 2 miliardi per il 1991, lire 3 miliardi per il 1992 e lire 4 miliardi a decorrere dal 1993.

9. Per l'attuazione dei commi 3, 4 e 5 è autorizzata la spesa di lire 14 miliardi per il 1991, lire 17,5 miliardi per il 1992 e lire 21 miliardi a decorrere dal 1993.

 

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(44)  Per la proroga al 31 dicembre 1996 del termine previsto dal presente comma 4, vedi l'art. 6, D.L. 23 ottobre 1996, n. 548.

 

36. Aree marine di reperimento.

1. Sulla base delle indicazioni programmatiche di cui all'articolo 4, possono essere istituiti parchi marini o riserve marine, oltre che nelle aree di cui all'articolo 31 della legge 31 dicembre 1982, n. 979 , nelle seguenti aree:

a) Isola di Gallinara;

b) Monti dell'Uccellina - Formiche di Grosseto - Foce dell'Ombrone - Talamone;

c) Secche di Torpaterno;

d) Penisola della Campanella - Isola di Capri;

e) Costa degli Infreschi;

f) Costa di Maratea;

g) Penisola Salentina (Grotte Zinzulusa e Romanelli);

h) Costa del Monte Conero;

i) Isola di Pantelleria;

l) Promontorio Monte Cofano - Golfo di Custonaci;

m) Acicastello - Le Grotte;

n) Arcipelago della Maddalena (isole ed isolotti compresi nel territorio del comune della Maddalena);

o) Capo Spartivento - Capo Teulada;

p) Capo Testa - Punta Falcone;

q) Santa Maria di Castellabate;

r) Monte di Scauri;

s) Monte a Capo Gallo - Isola di Fuori o delle Femmine;

t) Parco marino del Piceno;

u) Isole di Ischia, Vivara e Procida, area marina protetta integrata denominata «regno di Nettuno»;

v) Isola di Bergeggi;

z) Stagnone di Marsala;

aa) Capo Passero;

bb) Pantani di Vindicari;

cc) Isola di San Pietro;

dd) Isola dell'Asinara;

ee) Capo Carbonara;

ee-bis) Parco marino «Torre del Cerrano» (45);

ee-ter) Alto Tirreno-Mar Ligure «Santuario dei cetacei» (46);

ee-quater) Penisola Maddalena-Capo Murro Di Porco (47).

2. La Consulta per la difesa del mare (48) può, comunque, individuare, ai sensi dell'articolo 26 della legge 31 dicembre 1982, n. 979 , altre aree marine di particolare interesse nelle quali istituire parchi marini o riserve marine.

 

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(45)  Lettera aggiunta dall'art. 4, L. 8 ottobre 1997, n. 344.

(46)  Lettera aggiunta dall'art. 2, comma 10, L. 9 dicembre 1998, n. 426.

(47)  Lettera aggiunta dal comma 4 dell'art. 8, L. 23 marzo 2001, n. 93.

(48)  Per la soppressione della Consulta per la difesa del mare dagli inquinamenti ed il trasferimento delle relative funzioni al Ministero dell'ambiente, vedi l'art. 2, comma 14, L. 9 dicembre 1998, n. 426.

 

37. Detrazioni fiscali a favore delle persone giuridiche e regime per i beni di rilevante interesse paesaggistico e naturale.

1. ... (49).

2. È deducibile dal reddito imponibile di qualunque soggetto obbligato, fino a un massimo del 25 per cento del reddito annuo imponibile, il controvalore in denaro, da stabilirsi a cura del competente organo periferico del Ministero per i beni culturali e ambientali, d'intesa con l'ufficio tecnico erariale competente per territorio, corrispondente a beni immobili che vengano ceduti a titolo gratuito da persone fisiche e giuridiche allo Stato ed ai soggetti pubblici e privati di cui alle lettere a) e b) del comma 2-bis dell'articolo 114 del citato testo unico delle imposte sui redditi, purché detti immobili siano vincolati ai sensi della legge 29 giugno 1939, n. 1497 , e facciano parte degli elenchi relativi ai numeri 1) e 2) dell'articolo 1 della medesima legge, o siano assoggettati al vincolo della inedificabilità in base ai piani di cui all'articolo 5 della medesima legge e al decreto-legge 27 giugno 1985, n. 312 , convertito, con modificazioni, dalla legge 8 agosto 1985, n. 431, e la donazione avvenga allo scopo di assicurare la conservazione del bene nella sua integrità, per il godimento delle presenti e delle future generazioni.

3. Le agevolazioni di cui all'articolo 5 della legge 2 agosto 1982, n. 512 , sono accordate nel caso di trasferimenti delle cose di cui ai numeri 1) e 2) dell'articolo 1 della citata legge n. 1497 del 1939 effettuati da soggetti che abbiano fra le loro finalità la conservazione di dette cose.

4. Alla copertura delle minori entrate derivanti dall'attuazione del presente articolo, valutate in lire 100 milioni per il 1991, lire 1 miliardo per il 1992 e lire 2 miliardi per il 1993, si provvede mediante corrispondente riduzione dello stanziamento iscritto, ai fini del bilancio triennale 1991-1993, al capitolo 6856 dello stato di previsione del Ministero del tesoro per il 1991, all'uopo parzialmente utilizzando l'accantonamento «Norme generali sui parchi nazionali».

5. Il Ministro delle finanze presenta annualmente al Parlamento una relazione sugli effetti finanziari del presente articolo.

 

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(49)  Aggiunge i commi 2-bis e 2-ter all'art. 114, D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917.

 

38. Copertura finanziaria.

1. All'onere derivante dalla attuazione dell'articolo 3, comma 3, pari a lire 5 miliardi per ciascuno degli anni 1992 e 1993 ed a lire 10 miliardi per l'anno 1994, si provvede mediante corrispondente riduzione dello stanziamento iscritto, ai fini del bilancio triennale 1991-1993, al capitolo 9001 dello stato di previsione del Ministero del tesoro per l'anno 1991, all'uopo parzialmente utilizzando l'accantonamento «Programma di salvaguardia ambientale e tutela dei parchi nazionali e delle altre riserve naturali».

2. All'onere derivante dall'attuazione dell'articolo 3, comma 7, pari a lire 600 milioni per ciascuno degli anni 1991, 1992 e 1993 e a regime, si provvede mediante corrispondente riduzione dello stanziamento iscritto, ai fini del bilancio triennale 1991-1993, al capitolo 6856 dello stato di previsione del Ministero del tesoro per l'anno 1991, all'uopo parzialmente utilizzando l'accantonamento «Ristrutturazione del Ministero dell'ambiente».

3. All'onere derivante dall'attuazione dell'articolo 3, comma 9, pari a lire 3,4 miliardi per ciascuno degli anni 1991, 1992 e 1993 e a regime, si provvede mediante corrispondente riduzione dello stanziamento iscritto, ai fini del bilancio triennale 1991-1993, al capitolo 6856 dello stato di previsione del Ministero del tesoro per l'anno 1991, all'uopo parzialmente utilizzando l'accantonamento «Ristrutturazione del Ministero dell'ambiente».

4. All'onere derivante dall'attuazione dell'articolo 4, comma 8, pari a lire 22,9 miliardi per l'anno 1991 ed a lire 12 miliardi per l'anno 1992, si provvede mediante corrispondente riduzione dello stanziamento iscritto, ai fini del bilancio triennale 1991-1993, al capitolo 6856 dello stato di previsione del Ministero del tesoro per l'anno 1991, all'uopo parzialmente utilizzando l'accantonamento «Norme generali sui parchi nazionali e le altre riserve naturali».

5. All'onere derivante dall'attuazione dell'articolo 4, comma 9, pari a lire 110 miliardi per ciascuno degli anni 1992 e 1993 ed a lire 92 miliardi per l'anno 1994, si provvede mediante corrispondente riduzione dello stanziamento iscritto, ai fini del bilancio triennale 1991-1993, al capitolo 9001 dello stato di previsione del Ministero del tesoro per l'anno 1991, all'uopo parzialmente utilizzando l'accantonamento «Programma di salvaguardia ambientale e tutela dei parchi nazionali e delle altre riserve naturali».

6. All'onere relativo all'attuazione dell'articolo 18, comma 4, pari a lire 5 miliardi per ciascuno degli anni 1992, 1993 e 1994, si provvede mediante corrispondente riduzione dello stanziamento iscritto, ai fini del bilancio triennale 1991-1993, al capitolo 9001 dello stato di previsione del Ministero del tesoro per l'anno 1991, all'uopo parzialmente utilizzando l'accantonamento «Programma di salvaguardia ambientale e tutela dei parchi nazionali e delle altre riserve naturali».

7. All'onere derivante dall'attuazione dell'articolo 18, comma 5, pari a lire 1 miliardo per ciascuno degli anni 1991, 1992 e 1993 e a regime, si provvede mediante corrispondente riduzione dello stanziamento iscritto, ai fini del bilancio triennale 1991-1993, al capitolo 6856 dello stato di previsione del Ministero del tesoro per l'anno 1991, all'uopo parzialmente utilizzando l'accantonamento «Norme generali sui parchi nazionali e le altre riserve naturali».

8. All'onere derivante dall'attuazione dell'articolo 34, comma 10, pari a lire 20 miliardi per l'anno 1991 ed a lire 30 miliardi per ciascuno degli anni 1992 e 1993, si provvede mediante corrispondente riduzione dello stanziamento iscritto, ai fini del bilancio triennale 1991-1993, al capitolo 9001 dello stato di previsione del Ministero del tesoro per l'anno 1991, all'uopo parzialmente utilizzando l'accantonamento «Programma di salvaguardia ambientale e tutela dei parchi nazionali e delle altre riserve naturali».

9. All'onere derivante dall'attuazione dell'articolo 34, comma 11, pari a lire 10 miliardi per l'anno 1991, lire 15,5 miliardi per l'anno 1992 ed a lire 22 miliardi per l'anno 1993 e a regime, si provvede mediante corrispondente riduzione dello stanziamento iscritto, ai fini del bilancio triennale 1991-1993, al capitolo 6856 dello stato di previsione del Ministero del tesoro per l'anno 1991, all'uopo parzialmente utilizzando l'accantonamento «Norme generali sui parchi nazionali e le altre riserve naturali».

10. All'onere derivante dall'attuazione dell'articolo 35, comma 8, pari a lire 2 miliardi per l'anno 1991, lire 3 miliardi per l'anno 1992 e lire 4 miliardi per l'anno 1993 e a regime, si provvede mediante corrispondente riduzione dello stanziamento iscritto, ai fini del bilancio triennale 1991-1993, al capitolo 6856 dello stato di previsione del Ministero del tesoro per l'anno 1991, all'uopo parzialmente utilizzando l'accantonamento «Norme generali sui parchi nazionali e le altre riserve naturali».

11. All'onere derivante dall'attuazione dell'articolo 35, comma 9, pari a lire 14 miliardi per l'anno 1991, lire 17,5 miliardi per l'anno 1992 e lire 21 miliardi per l'anno 1993 e a regime, si provvede mediante corrispondente riduzione dello stanziamento iscritto, ai fini del bilancio triennale 1991-1993, al capitolo 6856 dello stato di previsione del Ministero del tesoro per l'anno 1991, all'uopo parzialmente utilizzando l'accantonamento «Norme generali sui parchi nazionali e le altre riserve naturali».

12. Per gli oneri derivanti dall'attuazione dell'articolo 3, comma 3, dell'articolo 4, comma 9, dell'articolo 18, comma 4, e dell'articolo 34, comma 10, gli stanziamenti relativi agli anni successivi al triennio 1991-1993 saranno rimodulati ai sensi dell'articolo 11, comma 3, lettera c), della legge 5 agosto 1978, n. 468, come modificata dalla legge 23 agosto 1988, n. 362.

13. Il Ministro del tesoro è autorizzato ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio.

 


L. 24 febbraio 1992 n. 225
Istituzione del Servizio nazionale della protezione civile. (art. 5)

Pubblicata nella Gazz. Uff. 17 marzo 1992, n. 64, S.O. 

(omissis)

5. Stato di emergenza e potere di ordinanza.

1. Al verificarsi degli eventi di cui all'articolo 2, comma 1, lettera c), il Consiglio dei ministri, su proposta del Presidente del Consiglio dei ministri, ovvero, per sua delega ai sensi dell'articolo 1, comma 2, del Ministro per il coordinamento della protezione civile, delibera lo stato di emergenza, determinandone durata ed estensione territoriale in stretto riferimento alla qualità ed alla natura degli eventi. Con le medesime modalità si procede alla eventuale revoca dello stato di emergenza al venir meno dei relativi presupposti (10) (11).

2. Per l'attuazione degli interventi di emergenza conseguenti alla dichiarazione di cui al comma 1, si provvede, nel quadro di quanto previsto dagli articoli 12, 13, 14, 15 e 16, anche a mezzo di ordinanze in deroga ad ogni disposizione vigente, e nel rispetto dei principi generali dell'ordinamento giuridico.

3. Il Presidente del Consiglio dei ministri, ovvero, per sua delega ai sensi dell'articolo 1, comma 2, il Ministro per il coordinamento della protezione civile, può emanare altresì ordinanze finalizzate ad evitare situazioni di pericolo o maggiori danni a persone o a cose. Le predette ordinanze sono comunicate al Presidente del Consiglio dei ministri, qualora non siano di diretta sua emanazione.

4. Il Presidente del Consiglio dei Ministri, ovvero, per sua delega ai sensi dell'articolo 1, comma 2, il Ministro per il coordinamento della protezione civile, per l'attuazione degli interventi di cui ai commi 2 e 3 del presente articolo, può avvalersi di commissari delegati. Il relativo provvedimento di delega deve indicare il contenuto della delega dell'incarico, i tempi e le modalità del suo esercizio.

5. Le ordinanze emanate in deroga alle leggi vigenti devono contenere l'indicazione delle principali norme a cui si intende derogare e devono essere motivate.

6. Le ordinanze emanate ai sensi del presente articolo sono pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana, nonché trasmesse ai sindaci interessati affinché vengano pubblicate ai sensi dell'articolo 47, comma 1, della legge 8 giugno 1990, n. 142 (12) (13).

 

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(10)  Vedi, anche, i commi da 2-bis e 2-quater dell'art. 3, D.L. 30 novembre 2005, n. 245, aggiunti dalla relativa legge di conversione.

(11)  La Corte costituzionale, con sentenza 5-14 aprile 1995, n. 127 (Gazz. Uff. 19 aprile 1995, n. 16, serie speciale), ha dichiarato, fra l'altro, che spetta allo Stato, e per esso al Presidente del Consiglio dei ministri, ricorrere allo stato di emergenza a norma dell'art. 5, comma 1, in ordine alla situazione socio-economico-ambientale determinatasi nella Regione Puglia, sulla base degli elementi evidenziati dai competenti organi statali e regionali.

(12)  Vedi, anche, l'art. 5-bis, D.L. 7 settembre 2001, n. 343 nel testo integrato della relativa legge di conversione. Vedi, inoltre, la Dir.P.C.M. 22 ottobre 2004 e l'art. 4, D.L. 31 maggio 2005, n. 90.

(13)  Le disposizioni della presente legge, incompatibili con il D.L. 7 settembre 2001, n. 343, sono state abrogate dall'art. 6 dello stesso decreto, come sostituito dalla relativa legge di conversione.


 

L. 25 gennaio 1994, n. 70
Norme per la semplificazione degli adempimenti in materia ambientale, sanitaria e di sicurezza pubblica, nonché per l'attuazione del sistema di ecogestione e di audit ambientale.

 

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(1) Pubblicata nella Gazz. Uff. 31 gennaio 1994, n. 24.

(2)  Con riferimento al presente provvedimento sono state emanate le seguenti circolari:

 

Ministero dell'industria, del commercio e dell'artigianato: Circ. 11 aprile 1996, n. 3392; Circ. 5 marzo 1998, n. 3434/C;

- Ministero delle finanze: Circ. 24 luglio 1996, n. 190/E.

 

 1. Modello unico di dichiarazione.

1. Con decreto del Presidente della Repubblica emanato ai sensi dell'articolo 17, comma 2, della legge 23 agosto 1988, n. 400, previa deliberazione del Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro dell'industria, del commercio e dell'artigianato, di concerto con il Ministro dell'ambiente, sentiti il Ministro della sanità e il Ministro dell'interno, entro centottanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, sono stabilite norme finalizzate a:

a) individuare, ai fini della predisposizione di un modello unico di dichiarazione, le disposizioni di legge e le relative norme di attuazione che stabiliscono obblighi di dichiarazione, di comunicazione, di denuncia o di notificazione in materia ambientale, sanitaria e di sicurezza pubblica;

b) fissare un termine per la presentazione del modello unico di dichiarazione di cui al comma 2, che sostituisce ogni altro diverso termine previsto dalle disposizioni di legge e dalle relative norme di attuazione di cui alla lettera a).

2. Il Presidente del Consiglio dei Ministri adotta con proprio decreto, da emanare entro i trenta giorni successivi al termine di cui al comma 1, il modello unico di dichiarazione.

3. Il Presidente del Consiglio dei Ministri dispone con proprio decreto gli aggiornamenti del modello unico di dichiarazione, anche in relazione a nuove disposizioni individuate con la medesima procedura di cui al comma 1 (3).

 

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(3)  Vedi, anche, l'art. 6, D.Lgs. 11 maggio 2005, n. 133.

 

2. Presentazione del modello unico di dichiarazione.

1. Il modello unico di dichiarazione è presentato alla camera di commercio, industria, artigianato e agricoltura competente per territorio, entro il termine stabilito dal decreto di cui all'articolo 1, comma 1.

2. La camera di commercio, industria, artigianato e agricoltura entro trenta giorni dal ricevimento provvede a trasmettere il modello unico di dichiarazione alle diverse amministrazioni, per le parti di rispettiva competenza, e all'Unione italiana delle camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura (Unioncamere).

3. Il Ministro dell'industria, del commercio e dell'artigianato, con proprio decreto, entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, determina i diritti di segreteria da corrispondere alle camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura per l'espletamento dei compiti previsti dalla presente legge, comprensivi degli oneri derivanti dall'attuazione degli articoli 3 e 4 (4).

4. Il modello unico di dichiarazione sostituisce ogni altra dichiarazione, comunicazione, denuncia o notificazione obbligatorie previste dalle disposizioni di legge e dalle relative norme di attuazione individuate ai sensi dell'articolo 1, comma 1.

5. Sui dati contenuti nel modello unico di dichiarazione in possesso delle pubbliche amministrazioni è esercitato il diritto di accesso ai sensi del capo V della legge 7 agosto 1990, n. 241.

 

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(4)  Il D.M. 8 marzo 1996 (Gazz. Uff. 19 marzo 1996, n. 66) ha così disposto:

«1. La tariffa dei diritti di segreteria per la presentazione del modello unico di dichiarazione di cui alla legge 25 gennaio 1994, n. 70, è determinata in L. 30.000 nel caso di modello presentato su supporto cartaceo ed in L. 20.000 nel caso di modello presentato su supporto magnetico.

2. Per il rilascio di visure ed elenchi si applicano le tariffe del diritto di segreteria previste per il rilascio di visure ed elenchi desunti dal registro delle imprese».

 

3. Raccolta statistica.

1. Il Ministero dell'ambiente conclude un accordo di programma con il Ministero dell'industria, del commercio e dell'artigianato e con l'Unioncamere per la predisposizione, l'elaborazione e la comunicazione al pubblico di una raccolta statistica dei dati acquisiti sulla base del modello unico di dichiarazione. Tale raccolta è articolata anche su base regionale o per ambiti significativi di territorio.

2. La raccolta statistica di cui al comma 1 contiene anche i dati relativi ai controlli effettuati ai sensi dell'articolo 4.

3. L'Ente per le nuove tecnologie, l'energia e l'ambiente (ENEA) compie studi e ricerche sulle materie disciplinate dalle leggi e dalle relative norme di attuazione individuate ai sensi dell'articolo 1, comma 1, utilizzando i dati contenuti nella raccolta statistica di cui al presente articolo.

 

4. Controlli.

1. Restano ferme le disposizioni in materia di controlli previste dalle leggi e dalle relative norme di attuazione individuate ai sensi dell'articolo 1, comma 1, nonché dalle leggi, dai decreti e dalle relative norme di attuazione di cui alla tabella A allegata alla presente legge.

2. Il Ministero dell'industria, del commercio e dell'artigianato, il Ministero dell'ambiente e il Ministero della sanità promuovono, entro un anno dalla data di entrata in vigore della presente legge, la conclusione di accordi di programma con i soggetti competenti per l'effettuazione di controlli a campione sulla veridicità delle dichiarazioni contenute nel modello unico di dichiarazione. I risultati dei controlli sono comunicati alle amministrazioni competenti e all'Unioncamere.

3. Gli accordi di programma di cui al presente articolo devono prevedere l'effettuazione di controlli anche su istanza motivata dei soggetti portatori di interessi pubblici o privati nonché dei soggetti portatori di interessi diffusi costituiti in associazioni o comitati.

5. Sistema di ecogestione e di audit ambientale.

1. L'organismo individuato ai sensi dell'articolo 1 del decreto-legge 6 luglio 1993, n. 216 , convertito, con modificazioni, dalla legge 9 agosto 1993, n. 294, svolge altresì i compiti previsti dall'articolo 18 del regolamento (CEE) n. 1836/93 del Consiglio, del 29 giugno 1993.

2. Le somme derivanti dai diritti di utilizzazione delle dichiarazioni di cui al comma 3, lettera c), del presente articolo, sono versate all'entrata del bilancio dello Stato e sono riassegnate al capitolo dello stato di previsione del Ministero dell'ambiente individuato ai sensi dell'articolo 1, comma 1, del citato decreto-legge n. 216 del 1993 , convertito, con modificazioni, dalla legge n. 294 del 1993.

3. Con decreto del Ministro dell'ambiente, di concerto con il Ministro dell'industria, del commercio e dell'artigianato, sono stabiliti, entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge:

a) le modalità di rilascio delle dichiarazioni di partecipazione al sistema di ecogestione e di audit ambientale;

b) l'obbligo per i soggetti richiedenti il rilascio delle dichiarazioni di presentare apposita domanda allegando la documentazione richiesta certificata ai sensi della legislazione vigente;

c) le condizioni di uso delle dichiarazioni e gli importi dei diritti di utilizzazione delle dichiarazioni stesse, tenendo conto delle dimensioni del fatturato dei soggetti richiedenti;

d) le modalità ed i criteri per dare comunicazione al pubblico e pubblicizzare le dichiarazioni e per la pubblicazione dell'elenco dei soggetti cui le stesse sono state rilasciate;

e) le modalità per l'effettuazione dei controlli, anche a campione, avvalendosi degli organi delle amministrazioni dello Stato e di enti pubblici. Il controllo è avviato anche ad istanza delle associazioni di categoria o ambientaliste o di consumatori o utenti maggiormente rappresentative;

f) l'applicazione a titolo sperimentale ai settori del commercio e dei servizi del sistema di ecogestione e di audit ambientale.

4. Gli organismi di certificazione svolgono altresì le funzioni e i compiti dei verificatori ambientali previsti dal citato regolamento (CEE) n. 1836/93.

5. Il Ministero dell'industria, del commercio e dell'artigianato promuove la conclusione di un accordo di programma con le organizzazioni di categoria interessate, per l'applicazione del citato regolamento (CEE) n. 1836/93 presso le piccole e medie imprese, prevedendo a tal fine anche semplificazioni procedurali e agevolazioni finanziarie nell'ambito di quelle già stabilite dalla legislazione vigente.

 

6. Disposizioni transitorie.

1. In attesa dell'emanazione del decreto di cui all'articolo 1, comma 1, il modello unico di dichiarazione, in sede di prima applicazione della presente legge, è adottato, ai sensi dell'articolo 1, comma 2, entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, con riferimento agli obblighi di dichiarazione, di comunicazione, di denuncia o di notificazione previsti dalle leggi, dai decreti e dalle relative norme di attuazione di cui alla tabella A allegata alla presente legge.

2. Ai fini di cui al comma 1, il termine di presentazione del modello unico di dichiarazione, in caso di obblighi periodici, è fissato al 30 aprile (5) dell'anno successivo a quello di riferimento, fermi restando i termini previsti in caso di obblighi che abbiano carattere non periodico (6).

2-bis. Qualora si renda necessario apportare, nell'anno successivo a quello di riferimento, modifiche ed integrazioni al modello unico di dichiarazione ambientale, le predette modifiche ed integrazioni sono disposte con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, da pubblicare nella Gazzetta Ufficiale entro la data del 1° marzo; in tale ipotesi, il termine per la presentazione del modello è fissato in centoventi giorni a decorrere dalla data di pubblicazione del predetto decreto (7).

 

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(5)  Il termine del 30 aprile è stato prorogato, per le dichiarazioni da presentare con riferimento all'anno 1996, al 31 luglio 1997 dall'art. 1, L. 3 luglio 1997, n. 207 (Gazz. Uff. 7 luglio 1997, n. 156), entrata in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione. Per la proroga al 30 giugno 1999 del termine per la presentazione delle dichiarazioni da presentare con riferimento all'anno 1998, vedi l'art. 6, comma 14, L. 13 maggio 1999, n. 133.

(6)  Con D.P.C.M. 6 luglio 1995 (Gazz. Uff. 28 luglio 1995, n. 175, S.O.) è stato approvato il modello unico di dichiarazione in materia ambientale, previsto dal presente art. 6. Tale modello è stato successivamente sostituito dal D.P.C.M. 21 marzo 1997 (Gazz. Uff. 7 aprile 1997, n. 80, S.O.), dal D.P.C.M. 31 marzo 1999 (Gazz. Uff. 14 aprile 1999, n. 86, S.O.) e dal D.P.C.M. 24 dicembre 2002.

(7)  Comma aggiunto dal comma 1 dell'art. 7, L. 23 marzo 2001, n. 93.

 

Tabella A

(Articoli 4, comma 1, e 6, comma 1)

Legge 10 maggio 1976, n. 319.

Decreto del Presidente della Repubblica 10 settembre 1982, n. 915.

Decreto del Presidente della Repubblica 17 maggio 1988, n. 175.

Decreto del Presidente della Repubblica 24 maggio 1988, n. 203.

Decreto-legge 9 settembre 1988, n. 397, convertito, con modificazioni, dalla legge 9 novembre 1988, n. 475.

 


L. 3 novembre 1994, n. 640
Ratifica ed esecuzione della convenzione sulla valutazione dell'impatto ambientale in un contesto transfrontaliero, con annessi, fatto a Espoo il 25 febbraio 1991. (artt. 13 e 20)

 

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(1) Pubblicata nella Gazz. Uff. 22 novembre 1994, n. 273, S.O.

(2)  Si ritiene opportuno riportare soltanto il testo della traduzione non ufficiale. Il Ministero degli affari esteri ha reso noto che il deposito dello strumento di ratifica della Convenzione è avvenuto in data 19 gennaio 1995; di conseguenza la Convenzione stessa è entrata in vigore il 10 settembre 1997 (comunicato in Gazz. Uff. 11 marzo 1998, n. 58).

 

Articolo 13

Segretariato

Il Segretario esecutivo della Commissione economica per l'Europa esercita le seguenti funzioni di segretariato:

a) convoca e prepara le riunioni delle Parti;

b) trasmette alle Parti i rapporti ed altre informazioni ricevute in attuazione delle disposizioni della presente Convenzione;

c) esercita ogni altra funzione che possa esser prevista nella presente Convenzione o che le Parti possono assegnarli.

 

Articolo 20

Testi autentici

L'originale della presente Convenzione, i cui testi in lingua francese, inglese e russa sono parimenti autentici, è depositato presso il Segretario Generale dell'Organizzazione delle Nazioni Unite.

In fede di che i sottoscritti a tal fine debitamente autorizzati hanno firmato la presente Convenzione.

Fatto a Espoo (Finlandia) il venticinque febbraio millenovecentonovantuno.


D.P.C.M. 21 dicembre 1995
Identificazione delle aree demaniali marittime escluse della delega alle regioni ai sensi dell'art. 59 del D.P.R. 24 luglio 1977, n. 616.

 

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(1) Pubblicato nella Gazz. Uff. 12 giugno 1996, n. 136.

(2) Il presente provvedimento è anche citato, per coordinamento, in nota all'art. 59, D.P.R. 24 luglio 1977, n. 616.

 

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI

di concerto con

I MINISTRI DELLA DIFESA DEI TRASPORTI E DELLA NAVIGAZIONE E DELLE FINANZE

 

Visto l'art. 59 del D.P.R. 24 luglio 1977, n. 616, che dispone la delega alle regioni delle funzioni amministrative sul demanio marittimo, quando la utilizzazione prevista abbia finalità turistiche e ricreative, escludendo dalla indicata delega di preminente interesse nazionale in relazione alla sicurezza dello Stato e alle esigenze della navigazione marittima;

Visto l'art. 8 del D.P.R. 15 gennaio 1987, n. 469, recante norme integrative di attuazione dello statuto speciale della regione Friuli-Venezia Giulia, il quale dispone che le funzioni delegate alle regioni a statuto ordinario in forza del D.P.R. 24 luglio 1977, n. 616, che già non spettino per competenza propria alla regione Friuli-Venezia Giulia, vengono delegate a quest'ultima relativamente al suo territorio, in applicazione dell'art. 10 dello statuto speciale;

Visto l'art. 6 del decreto-legge 5 ottobre 1993, n. 400, convertito con modificazioni, dalla legge 4 dicembre 1993, n. 494;

Considerato che il citato art. 59 ha disposto che l'identificazione delle aree di preminente interesse è effettuata con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, di concerto con i Ministri per la difesa, per la marina mercantile e per le finanze, sentite le regioni interessate;

Considerato l'art. 24, punto 3, del D.P.R. 24 luglio 1977, n. 616, il quale dispone che restano di competenza dello Stato le funzioni amministrative concernenti gli interventi di protezione sociale prestati ad appartamenti alle Forze armate dello Stato, all'Arma dei carabinieri, agli altri Corpi di polizia ed al Corpo nazionale dei vigili del fuoco e ai loro familiari;

Considerato il D.P.R. 15 gennaio 1987, n. 469, che attribuisce alla regione Friuli-Venezia Giulia le funzioni amministrative già dimesse dallo Stato per effetto del decreto del Presidente della repubblica 24 luglio 1977, n. 616, nel territorio delle regioni a statuto ordinario;

Visto l'elenco delle aree demaniali marittime, suddiviso per regione, per le quali è esclusa la delega delle funzioni amministrative, elaborato di concerto dal Ministro della difesa, dei trasporti e della navigazione e delle finanze;

Sentite le regioni interessate in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome nella seduta del 21 dicembre 1995;

Decreta:

Articolo 1

Le aree demaniali marittime, distinte per regione, identificate nell'elenco allagato, che fa parte integrante del presente decreto, sono escluse dalla delega di funzioni di cui all'art. 59 del D.P.R. 24 luglio 1977, n. 616, in quanto riconosciute di preminente interesse nazionale in relazione agli interessi della sicurezza dello Stato e alle esigenze della navigazione marittima.

Allegati (3)

 

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(3) Si omette l'elenco delle aree demaniali distinte per regioni.


L. 15 marzo 1997 n. 59
Delega al Governo per il conferimento di funzioni e compiti alle regioni ed enti locali, per la riforma della Pubblica Amministrazione e per la semplificazione amministrativa. (art. 4)

Pubblicata nella Gazz. Uff. 17 marzo 1997, n. 63, S.O. 

(omissis)

4.  1. Nelle materie di cui all'articolo 117 della Costituzione, le regioni, in conformità ai singoli ordinamenti regionali, conferiscono alle province, ai comuni e agli altri enti locali tutte le funzioni che non richiedono l'unitario esercizio a livello regionale. Al conferimento delle funzioni le regioni provvedono sentite le rappresentanze degli enti locali. Possono altresì essere ascoltati anche gli organi rappresentativi delle autonomie locali ove costituiti dalle leggi regionali (16).

2. Gli altri compiti e funzioni di cui all'articolo 1, comma 2, della presente legge, vengono conferiti a regioni, province, comuni ed altri enti locali con i decreti legislativi di cui all'articolo 1 (17).

3. I conferimenti di funzioni di cui ai commi 1 e 2 avvengono nell'osservanza dei seguenti princìpi fondamentali:

a) il principio di sussidiarietà, con l'attribuzione della generalità dei compiti e delle funzioni amministrative ai comuni, alle province e alle comunità montane, secondo le rispettive dimensioni territoriali, associative e organizzative, con l'esclusione delle sole funzioni incompatibili con le dimensioni medesime, attribuendo le responsabilità pubbliche anche al fine di favorire l'assolvimento di funzioni e di compiti di rilevanza sociale da parte delle famiglie, associazioni e comunità, alla autorità territorialmente e funzionalmente più vicina ai cittadini interessati (18);

b) il principio di completezza, con la attribuzione alla regione dei compiti e delle funzioni amministrative non assegnati ai sensi della lettera a), e delle funzioni di programmazione;

c) il principio di efficienza e di economicità, anche con la soppressione delle funzioni e dei compiti divenuti superflui;

d) il principio di cooperazione tra Stato, regioni ed enti locali anche al fine di garantire un'adeguata partecipazione alle iniziative adottate nell'ambito dell'Unione europea;

e) i princìpi di responsabilità ed unicità dell'amministrazione, con la conseguente attribuzione ad un unico soggetto delle funzioni e dei compiti connessi, strumentali e complementari, e quello di identificabilità in capo ad un unico soggetto anche associativo della responsabilità di ciascun servizio o attività amministrativa;

f) il principio di omogeneità, tenendo conto in particolare delle funzioni già esercitate con l'attribuzione di funzioni e compiti omogenei allo stesso livello di governo;

g) il principio di adeguatezza, in relazione all'idoneità organizzativa dell'amministrazione ricevente a garantire, anche in forma associata con altri enti, l'esercizio delle funzioni;

h) il principio di differenziazione nell'allocazione delle funzioni in considerazione delle diverse caratteristiche, anche associative, demografiche, territoriali e strutturali degli enti riceventi;

i) il principio della copertura finanziaria e patrimoniale dei costi per l'esercizio delle funzioni amministrative;

l) il principio di autonomia organizzativa e regolamentare e di responsabilità degli enti locali nell'esercizio delle funzioni e dei compiti amministrativi ad essi conferiti.

4. Con i decreti legislativi di cui all'articolo 1 il Governo provvede anche a (19):

a) delegare alle regioni i compiti di programmazione in materia di servizi pubblici di trasporto di interesse regionale e locale; attribuire alle regioni il compito di definire, d'intesa con gli enti locali, il livello dei servizi minimi qualitativamente e quantitativamente sufficienti a soddisfare la domanda di mobilità dei cittadini, servizi i cui costi sono a carico dei bilanci regionali, prevedendo che i costi dei servizi ulteriori rispetto a quelli minimi siano a carico degli enti locali che ne programmino l'esercizio; prevedere che l'attuazione delle deleghe e l'attribuzione delle relative risorse alle regioni siano precedute da appositi accordi di programma tra il Ministro dei trasporti e della navigazione e le regioni medesime, sempreché gli stessi accordi siano perfezionati entro il 30 giugno 1999 (20);

b) prevedere che le regioni e gli enti locali, nell'ambito delle rispettive competenze, regolino l'esercizio dei servizi con qualsiasi modalità effettuati e in qualsiasi forma affidati, sia in concessione che nei modi di cui agli articoli 22 e 25 della legge 8 giugno 1990, n. 142 , mediante contratti di servizio pubblico, che rispettino gli articoli 2 e 3 del regolamento (CEE) n. 1191/69 ed il regolamento (CEE) n. 1893/91, che abbiano caratteristiche di certezza finanziaria e copertura di bilancio e che garantiscano entro il 1° gennaio 2000 il conseguimento di un rapporto di almeno 0,35 tra ricavi da traffico e costi operativi, al netto dei costi di infrastruttura previa applicazione della direttiva 91/440/CEE del Consiglio del 29 luglio 1991 ai trasporti ferroviari di interesse regionale e locale; definire le modalità per incentivare il superamento degli assetti monopolistici nella gestione dei servizi di trasporto urbano e extraurbano e per introdurre regole di concorrenzialità nel periodico affidamento dei servizi; definire le modalità di subentro delle regioni entro il 1° gennaio 2000 con propri autonomi contratti di servizio regionale al contratto di servizio pubblico tra Stato e Ferrovie dello Stato Spa per servizi di interesse locale e regionale;

c) ridefinire, riordinare e razionalizzare, sulla base dei princìpi e criteri di cui al comma 3 del presente articolo, al comma 1 dell'articolo 12 e agli articoli 14, 17 e 20, comma 5, per quanto possibile individuando momenti decisionali unitari, la disciplina relativa alle attività economiche ed industriali, in particolare per quanto riguarda il sostegno e lo sviluppo delle imprese operanti nell'industria, nel commercio, nell'artigianato, nel comparto agroindustriale e nei servizi alla produzione; per quanto riguarda le politiche regionali, strutturali e di coesione della Unione europea, ivi compresi gli interventi nelle aree depresse del territorio nazionale, la ricerca applicata, l'innovazione tecnologica, la promozione della internazionalizzazione e della competitività delle imprese nel mercato globale e la promozione della razionalizzazione della rete commerciale anche in relazione all'obiettivo del contenimento dei prezzi e dell'efficienza della distribuzione; per quanto riguarda la cooperazione nei settori produttivi e il sostegno dell'occupazione; per quanto riguarda le attività relative alla realizzazione, all'ampliamento, alla ristrutturazione e riconversione degli impianti industriali, all'avvio degli impianti medesimi e alla creazione, ristrutturazione e valorizzazione di aree industriali ecologicamente attrezzate, con particolare riguardo alle dotazioni ed impianti di tutela dell'ambiente, della sicurezza e della salute pubblica (21) (22).

4-bis. Gli schemi di decreto legislativo di cui al comma 4 sono trasmessi alla Camera dei deputati e al Senato della Repubblica per l'acquisizione del parere delle Commissioni competenti per materia, che si esprimono entro trenta giorni dalla data di assegnazione degli stessi. Decorso il termine senza che il parere sia espresso, il Governo ha facoltà di adottare i decreti legislativi (23).

5. Ai fini dell'applicazione dell'articolo 3 della legge 8 giugno 1990, n. 142 , e del principio di sussidiarietà di cui al comma 3, lettera a) e del principio di efficienza e di economicità di cui alla lettera c) del medesimo comma, del presente articolo, ciascuna regione adotta, entro sei mesi dall'emanazione di ciascun decreto legislativo, la legge di puntuale individuazione delle funzioni trasferite o delegate agli enti locali e di quelle mantenute in capo alla regione stessa. Qualora la regione non provveda entro il termine indicato, il Governo è delegato ad emanare, entro il 31 marzo 1999, sentite le regioni inadempienti, uno o più decreti legislativi di ripartizione di funzioni tra regione ed enti locali le cui disposizioni si applicano fino alla data di entrata in vigore della legge regionale (24) (25) (26).

 

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(16)  La Corte costituzionale con sentenza 10-14 dicembre 1998, n. 408 (Gazz. Uff. 16 dicembre 1998, n. 50, Serie speciale), ha dichiarato non fondate le questioni di legittimità costituzionale delle seguenti disposizioni della L. 15 marzo 1997, n. 59, sollevate in riferimento agli artt. 5, 76, 115, 117, 118 e 119 della Costituzione: art. 1; art. 2, comma 2; art. 3, comma 1, lettere c) ed f); art. 4, commi 1, 2, 3, lettera a) 2 e 5; art. 8, ad esclusione del comma 5, lettera c), di cui al capo a); art. 9, comma 1, prima parte e art. 20, commi da 1 a 7;

ha dichiarato non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 9, comma 1, prima parte, sollevate dalla Regione Siciliana, in riferimento agli artt. 14, 15, 17 e 20 dello Statuto siciliano ed agli artt. 3, 5, 92, 95, 114, 115, 117, 118 e 119 della Costituzione;

ha dichiarato non fondate, nei sensi di cui in motivazione, le questioni di legittimità costituzionale dell'art. 9, comma 1, lettera a), sollevate dalla Regione Siciliana, in riferimento agli artt. 14, 15, 17 e 20 dello Statuto siciliano ed agli artt. 3, 5, 92, 95, 114, 115, 117, 118 e 119 della Costituzione, e dalla Regione Puglia, in riferimento agli artt. 5, 76, 115, 117, 118 e 119 della Costituzione.

(17)  La Corte costituzionale con sentenza 10-14 dicembre 1998, n. 408 (Gazz. Uff. 16 dicembre 1998, n. 50, Serie speciale), ha dichiarato non fondate le questioni di legittimità costituzionale delle seguenti disposizioni della L. 15 marzo 1997, n. 59, sollevate in riferimento agli artt. 5, 76, 115, 117, 118 e 119 della Costituzione: art. 1; art. 2, comma 2; art. 3, comma 1, lettere c) ed f); art. 4, commi 1, 2, 3, lettera a) 2 e 5; art. 8, ad esclusione del comma 5, lettera c), di cui al capo a); art. 9, comma 1, prima parte e art. 20, commi da 1 a 7;

ha dichiarato non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 9, comma 1, prima parte, sollevate dalla Regione Siciliana, in riferimento agli artt. 14, 15, 17 e 20 dello Statuto siciliano ed agli artt. 3, 5, 92, 95, 114, 115, 117, 118 e 119 della Costituzione;

ha dichiarato non fondate, nei sensi di cui in motivazione, le questioni di legittimità costituzionale dell'art. 9, comma 1, lettera a), sollevate dalla Regione Siciliana, in riferimento agli artt. 14, 15, 17 e 20 dello Statuto siciliano ed agli artt. 3, 5, 92, 95, 114, 115, 117, 118 e 119 della Costituzione, e dalla Regione Puglia, in riferimento agli artt. 5, 76, 115, 117, 118 e 119 della Costituzione.

(18)  La Corte costituzionale con sentenza 10-14 dicembre 1998, n. 408 (Gazz. Uff. 16 dicembre 1998, n. 50, Serie speciale), ha dichiarato non fondate le questioni di legittimità costituzionale delle seguenti disposizioni della L. 15 marzo 1997, n. 59, sollevate in riferimento agli artt. 5, 76, 115, 117, 118 e 119 della Costituzione: art. 1; art. 2, comma 2; art. 3, comma 1, lettere c) ed f); art. 4, commi 1, 2, 3, lettera a) 2 e 5; art. 8, ad esclusione del comma 5, lettera c), di cui al capo a); art. 9, comma 1, prima parte e art. 20, commi da 1 a 7;

ha dichiarato non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 9, comma 1, prima parte, sollevate dalla Regione Siciliana, in riferimento agli artt. 14, 15, 17 e 20 dello Statuto siciliano ed agli artt. 3, 5, 92, 95, 114, 115, 117, 118 e 119 della Costituzione;

ha dichiarato non fondate, nei sensi di cui in motivazione, le questioni di legittimità costituzionale dell'art. 9, comma 1, lettera a), sollevate dalla Regione Siciliana, in riferimento agli artt. 14, 15, 17 e 20 dello Statuto siciliano ed agli artt. 3, 5, 92, 95, 114, 115, 117, 118 e 119 della Costituzione, e dalla Regione Puglia, in riferimento agli artt. 5, 76, 115, 117, 118 e 119 della Costituzione.

(19)  In attuazione delle deleghe di cui al presente comma, vedi il D.Lgs. 19 novembre 1997, n. 422 e il D.Lgs. 31 marzo 1998, n. 143.

(20)  Lettera così modificata dall'art. 7, L. 15 maggio 1997, n. 127.

(21)  Vedi, anche, l'art. 17, L. 24 novembre 2000, n. 340.

(22)  La Corte costituzionale, con sentenza 27 marzo - 16 aprile 2003, n. 125 (Gazz. Uff. 23 aprile 2003, n. 16, 1ª Serie speciale), ha dichiarato non fondata la questione di legittimità costituzionale degli artt. 1, commi 1 e 2, dell'art. 3, comma 1 lett. g), e 4, comma 4, lett. c), sollevata in riferimento agli artt. 70, 76 e 77, primo comma, della Costituzione.

 (23)  Comma aggiunto dall'art. 1, L. 16 giugno 1998, n. 191.

(24)  Comma così modificato prima dall'art. 1, L. 16 giugno 1998, n. 191 e poi dall'art. 9, L. 8 marzo 1999, n. 50.

(25)  Vedi, anche, il D.Lgs. 22 settembre 1998, n. 345 e il D.Lgs. 30 marzo 1999, n. 96.

(26)  La Corte costituzionale con sentenza 10-14 dicembre 1998, n. 408 (Gazz. Uff. 16 dicembre 1998, n. 50, Serie speciale), ha dichiarato non fondate le questioni di legittimità costituzionale delle seguenti disposizioni della L. 15 marzo 1997, n. 59, sollevate in riferimento agli artt. 5, 76, 115, 117, 118 e 119 della Costituzione: art. 1; art. 2, comma 2; art. 3, comma 1, lettere c) ed f); art. 4, commi 1, 2, 3, lettera a) 2 e 5; art. 8, ad esclusione del comma 5, lettera c), di cui al capo a); art. 9, comma 1, prima parte e art. 20, commi da 1 a 7;

ha dichiarato non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 9, comma 1, prima parte, sollevate dalla Regione Siciliana, in riferimento agli artt. 14, 15, 17 e 20 dello Statuto siciliano ed agli artt. 3, 5, 92, 95, 114, 115, 117, 118 e 119 della Costituzione;

ha dichiarato non fondate, nei sensi di cui in motivazione, le questioni di legittimità costituzionale dell'art. 9, comma 1, lettera a), sollevate dalla Regione Siciliana, in riferimento agli artt. 14, 15, 17 e 20 dello Statuto siciliano ed agli artt. 3, 5, 92, 95, 114, 115, 117, 118 e 119 della Costituzione, e dalla Regione Puglia, in riferimento agli artt. 5, 76, 115, 117, 118 e 119 della Costituzione.

 


Nota Ministro Ambiente n° 3402/V del 14/12/1999
Oggetto: Soggetti tenuti agli adempimenti di cui agli articoli 11, comma 3 e 12, comma 1 del decreto legislativo 5 febbraio 1997, n. 22 - Medici.

Ai Presidenti delle Regioni

Ai Presidenti delle Province

Al Comandante del Nucleo Operativo Ecologico dei Carabinieri

Ai presidenti delle A.R.P.A. Agenzie Regionali per la Protezione dell'Ambiente

e, p. C.:

FIMMG

Federazione Italiana Medici di Famiglia

Sono pervenuti a Questa amministrazione numerosi quesiti con i quali si chiede di chiarire se i medici siano obbligati a tenere i registri di carico e scarico dei rifiuti prodotti e ad effettuare la relativa comunicazione annuale al Catasto, ai sensi degli articoli 11 e 12 del decreto legislativo 5 febbraio 1997, n. 22.

Al riguardo si osserva quanto segue.

I medici vengono in considerazione come "produttori iniziali" di rifiuti, cioè come soggetti che nell'esercizio della loro attività producono rifiuti.

Per quanto riguarda i rifiuti non pericolosi gli articoli 11 e 12 del decreto legislativo 5 febbraio 1997, n. 22, limitano l'obbligo della tenuta dei registri di carico e scarico solo a carico dei produttori di rifiuti da lavorazioni industriali e artigianali, esclusi perciò i rifiuti non pericolosi provenienti da attività sanitaria.

I medesimi articoli stabiliscono, invece, l'obbligo della tenuta dei registri di carico e scarico e della comunicazione annuale al Catasto a carico di tutti "gli Enti e imprese che producono rifiuti pericolosi". L'obbligo riguarda, perciò, tutti i rifiuti pericolosi che sono prodotti da attività imputabili ad "Enti", cioè a complessi organizzati di persone e cose dotati di autonoma soggettività rispetto alle persone che ne fanno parte, o da attività svolte in forma d'impresa, cioè da attività economiche esercitate professionalmente ed organizzate al fine della produzione o dello scambio di beni e servizi (articolo 2082 Cc.).

A ben vedere, quindi, per stabilire se il medico sia tenuto all'obbligo di registrare e ad effettuare la comunicazione al Catasto dei rifiuti pericolosi prodotti occorre verificare in concreto se l'attività di assistenza sanitaria sia svolta da Enti o nell'esercizio di attività d'impresa.

Più articolata, invece, è la situazione nel caso di prestazione sanitaria effettuata da un professionista, da più professionisti associati, da un poliambulatorio ecc.

L'esercizio della professione intellettuale, quale quella del medico, di per sé non costituisce mai impresa, per quanto dal punto di vista pratico ed economico dia luogo alla prestazione di servizi. L'articolo 2238, comma 2, del Codice civile, infatti, esclude l'applicazione all'esercente una professione intellettuale delle disposizioni relative all'imprenditore. E questa esclusione opera anche se il professionista si avvalga dell'opera di sostituti o ausiliari, e quindi la sua attività sia organizzata. In altri termini in tali casi l'organizzazione non ha una portata apprezzabile nell'esercizio dell'attività perché si risolve in una opera puramente personale del soggetto. La situazione, peraltro, è divisa quando l'esercizio della professione intellettuale costituisca elemento di una più ampia attività organizzata (2238, comma 1, Cc.), come nel caso, ad esempio, del medico che gestisca una casa di cura o un poliambulatorio, il quale è imprenditore. A norma dell'articolo 2238, comma 1, l'esercizio di una professione intellettuale può costituire elemento di un'attività organizzata in forma d'impresa, e quindi, in considerazione della destinazione del fattore personale e patrimoniale alla realizzazione di un profitto, essere conseguentemente soggetto alla disciplina dell'impresa e dell'attività professionale.

In conclusione, l'obbligo della tenuta dei registri e della comunicazione al catasto riguarda i rifiuti sanitari pericolosi prodotti:

a) da Enti (complessi organizzati di persone e cose aventi autonoma soggettività di diritto) che erogano prestazioni sanitarie;

b) da attività sanitarie erogate da professionisti nell'ambito di una organizzazione d'impresa (a mero titolo esemplificativo, non esaustivo, cliniche, poliambulatori, ecc.).

Sono invece esclusi dal predetto obbligo i rifiuti sanitari pericolosi prodotti nell'esercizio di professione intellettuale non inquadrata in una organizzazione d'impresa (singoli professionisti, medici generici, medici di famiglia, anche se si avvalgono della collaborazione di ausiliari).

Si ritiene opportuno sottolineare che detti rifiuti dovranno, in ogni caso, essere gestiti in modo separato dagli altri rifiuti e, anche qualora siano assimilabili ai rifiuti urbani ai fini dello smaltimento, non possono essere conferiti al servizio di raccolta dei rifiuti urbani ma raccolti e avviati allo smaltimento tramite ditte autorizzate o tramite apposito servizio organizzato dal soggetto che gestisce il servizio pubblico, ai sensi dell'articolo 10 e dell'articolo 45 del decreto legislativo 5 febbraio 1997, n. 22.

Il corretto smaltimento di tali rifiuti dovrà essere dimostrato tramite la conservazione dell'apposita copia del formulario di trasporto.


D.P.R. 8 settembre 1997, n. 357
Regolamento recante attuazione della direttiva 92/43/CEE relativa alla conservazione degli habitat naturali e seminaturali, nonché della flora e della fauna selvatiche. (art. 5 e All. G)

 

 

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(1) Pubblicato nella Gazz. Uff. 23 ottobre 1997, n. 248, S.O.

(2)  Con D.M. 3 aprile 2000 (Gazz. Uff. 22 aprile 2000, n. 95, S.O.), corretto con Comunicato pubblicato nella Gazz. Uff. 6 giugno 2000, n. 130 e modificato dal D.M. 25 marzo 2005 (Gazz. Uff. 8 luglio 2005, n. 157) e dal D.M. 25 marzo 2005 (Gazz. Uff. 21 luglio 2005, n. 168) - a sua volta modificato dal D.M. 5 luglio 2007 (Gazz. Uff. 24 luglio 2007, n. 170, S.O.) - è stato approvato l'elenco delle zone di protezione speciale designate ai sensi della direttiva 79/409/CEE e dei siti di importanza comunitaria proposti ai sensi della direttiva 92/43/CEE. Con D.M. 25 marzo 2004 (Gazz. Uff. 19 luglio 2004, n. 167) è stato approvato l'elenco dei siti di importanza comunitaria per la regione biogeografica alpina in Italia, ai sensi della direttiva 92/43/CEE. Con D.M. 25 marzo 2005 (Gazz. Uff. 7 luglio 2005, n. 156) e con D.M. 5 luglio 2007 (Gazz. Uff. 24 luglio 2007, n. 170, S.O.) è stato approvato l'elenco dei siti di importanza comunitaria per la regione biogeografica continentale, ai sensi della direttiva 92/43/CEE.

(omissis)

5. Valutazione di incidenza.

1. Nella pianificazione e programmazione territoriale si deve tenere conto della valenza naturalistico-ambientale dei proposti siti di importanza comunitaria, dei siti di importanza comunitaria e delle zone speciali di conservazione.

2. I proponenti di piani territoriali, urbanistici e di settore, ivi compresi i piani agricoli e faunistico-venatori e le loro varianti, predispongono, secondo i contenuti di cui all'allegato G, uno studio per individuare e valutare gli effetti che il piano può avere sul sito, tenuto conto degli obiettivi di conservazione del medesimo. Gli atti di pianificazione territoriale da sottoporre alla valutazione di incidenza sono presentati, nel caso di piani di rilevanza nazionale, al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e, nel caso di piani di rilevanza regionale, interregionale, provinciale e comunale, alle regioni e alle province autonome competenti.

3. I proponenti di interventi non direttamente connessi e necessari al mantenimento in uno stato di conservazione soddisfacente delle specie e degli habitat presenti nel sito, ma che possono avere incidenze significative sul sito stesso, singolarmente o congiuntamente ad altri interventi, presentano, ai fini della valutazione di incidenza, uno studio volto ad individuare e valutare, secondo gli indirizzi espressi nell'allegato G, i principali effetti che detti interventi possono avere sul proposto sito di importanza comunitaria, sul sito di importanza comunitaria o sulla zona speciale di conservazione, tenuto conto degli obiettivi di conservazione dei medesimi.

4. Per i progetti assoggettati a procedura di valutazione di impatto ambientale, ai sensi dell'articolo 6 della legge 8 luglio 1986, n. 349, e del decreto del Presidente della Repubblica 12 aprile 1996, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 210 del 7 settembre 1996, e successive modificazioni ed integrazioni, che interessano proposti siti di importanza comunitaria, siti di importanza comunitaria e zone speciali di conservazione, come definiti dal presente regolamento, la valutazione di incidenza è ricompresa nell'àmbito della predetta procedura che, in tal caso, considera anche gli effetti diretti ed indiretti dei progetti sugli habitat e sulle specie per i quali detti siti e zone sono stati individuati. A tale fine lo studio di impatto ambientale predisposto dal proponente deve contenere gli elementi relativi alla compatibilità del progetto con le finalità conservative previste dal presente regolamento, facendo riferimento agli indirizzi di cui all'allegato G.

5. Ai fini della valutazione di incidenza dei piani e degli interventi di cui ai commi da 1 a 4, le regioni e le province autonome, per quanto di propria competenza, definiscono le modalità di presentazione dei relativi studi, individuano le autorità competenti alla verifica degli stessi, da effettuarsi secondo gli indirizzi di cui all'allegato G, i tempi per l'effettuazione della medesima verifica, nonché le modalità di partecipazione alle procedure nel caso di piani interregionali.

6. Fino alla individuazione dei tempi per l'effettuazione della verifica di cui al comma 5, le autorità di cui ai commi 2 e 5 effettuano la verifica stessa entro sessanta giorni dal ricevimento dello studio di cui ai commi 2, 3 e 4 e possono chiedere una sola volta integrazioni dello stesso ovvero possono indicare prescrizioni alle quali il proponente deve attenersi. Nel caso in cui le predette autorità chiedano integrazioni dello studio, il termine per la valutazione di incidenza decorre nuovamente dalla data in cui le integrazioni pervengono alle autorità medesime.

7. La valutazione di incidenza di piani o di interventi che interessano proposti siti di importanza comunitaria, siti di importanza comunitaria e zone speciali di conservazione ricadenti, interamente o parzialmente, in un'area naturale protetta nazionale, come definita dalla legge 6 dicembre 1991, n. 394, è effettuata sentito l'ente di gestione dell'area stessa.

8. L'autorità competente al rilascio dell'approvazione definitiva del piano o dell'intervento acquisisce preventivamente la valutazione di incidenza, eventualmente individuando modalità di consultazione del pubblico interessato dalla realizzazione degli stessi.

9. Qualora, nonostante le conclusioni negative della valutazione di incidenza sul sito ed in mancanza di soluzioni alternative possibili, il piano o l'intervento debba essere realizzato per motivi imperativi di rilevante interesse pubblico, inclusi motivi di natura sociale ed economica, le amministrazioni competenti adottano ogni misura compensativa necessaria per garantire la coerenza globale della rete «Natura 2000» e ne danno comunicazione al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio per le finalità di cui all'articolo 13.

10. Qualora nei siti ricadano tipi di habitat naturali e specie prioritari, il piano o l'intervento di cui sia stata valutata l'incidenza negativa sul sito di importanza comunitaria, può essere realizzato soltanto con riferimento ad esigenze connesse alla salute dell'uomo e alla sicurezza pubblica o ad esigenze di primaria importanza per l'ambiente, ovvero, previo parere della Commissione europea, per altri motivi imperativi di rilevante interesse pubblico (24).

 

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(24)  Articolo così sostituito dall'art. 6, D.P.R. 12 marzo 2003, n. 120.

 

Allegato G

(previsto dall'art. 5, comma 4)

CONTENUTI DELLA RELAZIONE PER LA VALUTAZIONE DI INCIDENZA

DI PIANI E PROGETTI

1. Caratteristiche dei piani e progetti

Le caratteristiche dei piani e progetti debbono essere descritte con riferimento, in particolare:

- alle tipologie delle azioni e/o opere;

- alle dimensioni e/o àmbito di riferimento;

- alla complementarietà con altri piani e/o progetti;

- all'uso delle risorse naturali;

- alla produzione di rifiuti;

- all'inquinamento e disturbi ambientali;

- al rischio di incidenti per quanto riguarda, le sostanze e le tecnologie utilizzate..

2. Area vasta di influenza dei piani e progetti - interferenze con il sistema ambientale :

Le interferenze di piani e progetti debbono essere descritte con riferimento al sistema ambientale considerando:

- componenti abiotiche;

- componenti biotiche;

- connessioni ecologiche.

Le interferenze debbono tener conto della qualità, della capacità di rigenerazione delle risorse naturali della zona e della capacità di carico dell'ambiente naturale, con riferimento minimo alla cartografia del progetto CORINE LAND COVER [*].

_______________

 

[*] Progetto CORINE LAND COVER: si tratta di un progetto che fa parte del programma comunitario CORINE, il sistema informativo creato allo scopo di coordinare a livello europeo le attività di rilevamento, archiviazione, elaborazione e gestione di dati territoriali relativi allo stato dell'ambiente. Tale progetto ha previsto la redazione, per tutto il territorio nazionale, di una carta della copertura del suolo in scala 1: 100.000.

 

 

 


D.M. 5 febbraio 1998
Autorizzazione e disciplina delle operazioni di conversione dei crediti della Sace o gestiti dalla Sace in attività di protezione ambientale, sviluppo socio-economico e commerciali in attuazione dell'art. 2, comma 36, della legge 23 dicembre 1996, n. 662 (2), nel testo sostituito dall'art. 54, comma 1, della legge 27 dicembre 1997, n. 449.

 

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(1) Pubblicato nella Gazz. Uff. 19 febbraio 1998, n. 41.

(2)  Riportata alla voce Amministrazione del patrimonio e contabilità generale dello Stato.

(3)  Riportata alla voce Amministrazione del patrimonio e contabilità generale dello Stato.

 

IL MINISTRO DEL TESORO, DEL BILANCIO E DELLA PROGRAMMAZIONE ECONOMICA

 

di concerto con

IL MINISTRO DEGLI AFFARI ESTERI

e

IL MINISTRO DEL COMMERCIO CON L'ESTERO

Vista la legge 24 maggio 1977, n. 227 e successive modificazioni ed integrazioni, recante disposizioni sull'assicurazione e sul finanziamento dei crediti inerenti alle esportazioni di merci e servizi, alla esecuzione di lavori all'estero nonché alla cooperazione economica e finanziaria in campo internazionale;

Visti in particolare gli articoli 2 e 3 della stessa legge n. 227 del 1977 con i quali è stata istituita la Sezione speciale per l'assicurazione del credito all'esportazione - Sace, dotata di personalità giuridica di diritto pubblico ed autonomia patrimoniale e di gestione ed è stata autorizzata ad assumere in assicurazione ed in riassicurazione i rischi di carattere politico, catastrofico, economico, commerciale e di cambio ai quali sono esposti gli operatori nazionali nella loro attività con l'estero;

Visto l'art. 13 della citata legge n. 227 del 1977 con il quale alla Sace è stato attribuito un fondo di dotazione di venti miliardi di lire successivamente incrementato con appositi stanziamenti a carico del bilancio dello Stato disposti con legge finanziaria;

Considerato che il suddetto fondo di dotazione può essere utilizzato per far fronte, oltre che alle spese di gestione anche al pagamento degli indennizzi connessi all'attività assicurativa e/o riassicurativa;

Visto l'art. 18 della legge 27 dicembre 1983, n. 730, successivamente integrato dal comma 21 dell'art. 15 della legge n. 67 del 1988, con il quale è stato istituito un Fondo rotativo, alimentato con stanziamenti a carico del bilancio dello Stato, i cui mezzi finanziari sono utilizzabili dalla Sace a fronte di indennizzi pagati e ricuperabili nell'ambito di accordi intergovernativi di ristrutturazione del debito del Paese estero interessato e vengono rimborsati al Fondo stesso in base ai pagamenti effettuati da detto Paese estero in adempimento dei citati accordi intergovernativi di ristrutturazione;

Visto l'art. 2, comma 36 della legge 23 dicembre 1996 n. 662 come sostituito dall'art. 54, comma 1 della legge 27 dicembre 1997, n. 449 recante «misure per la stabilizzazione della finanza pubblica» (collegato alla legge finanziaria 1998), il quale prevede che il Ministro del tesoro, del bilancio e della programmazione economica con decreto adottato di concerto con il Ministro degli affari esteri può autorizzare e disciplinare, a fronte dei crediti della Sace o gestiti dalla Sace operazioni di conversione in attività di protezione ambientale, sviluppo socio-economico e commerciali dei debiti dei Paesi per i quali sia intervenuta in tal senso una intesa multilaterale tra i Paesi creditori;

Considerato che la possibilità di convertire una quota dei crediti, oggetto degli accordi di ristrutturazione, in essere nei confronti dei Paesi debitori viene contemplata in ambito multilaterale quale strumento aggiuntivo per alleviare l'onere del debito estero promuovendo nel contempo iniziative a beneficio del Paese debitore;

Considerato che ai sensi di quanto previsto al citato art. 2, comma 6 della legge n. 662 del 1996 e successive modificazioni, i crediti sopra richiamati possono essere convertiti anche ad un valore inferiore a quello nominale ed utilizzati per realizzare iniziative di protezione ambientale, di sviluppo socio-economico o commerciali attuabili anche attraverso finanziamenti, cofinanziamenti e contributi a fondi espressamente destinati alla realizzazione delle suddette attività;

Atteso che le disponibilità finanziarie derivanti dalle suddette operazioni di conversione, qualora non utilizzate con le modalità predette, confluiscono nei conti correnti presso la Tesoreria Centrale dello Stato intestati alla Sace, e possono essere utilizzate per le finalità indicate nello stesso art. 2, comma 36, legge n. 662 del 1996 nonché per le attività previste dalla legge n. 227 del 1977 e per le esigenze finanziarie del Fondo rotativo, di cui all'art. 6 della legge 26 febbraio 1987, n. 49;

Ravvisata l'esigenza di provvedere all'emanazione del decreto autorizzativo di cui sopra come pure alla definizione della disciplina delle operazioni di conversione previste nel citato art. 2, comma 36, legge n. 662 del 1996, come modificato dall'art. 54, comma 1 della legge n. 449 del 1997;

Vista la legge 14 gennaio 1994 n. 20 recante disposizioni in materia di giurisdizione e controllo della Corte dei conti ed in particolare l'art. 3, relativo al controllo preventivo di legittimità sugli atti non aventi forza di legge;

 

Decreta:

 

1. Disposizioni generali.

1. La Sace è autorizzata, a fronte di crediti propri o di terzi ivi compreso lo Stato gestiti dalla stessa Sace, ad effettuare operazioni di conversione in attività di protezione ambientale, sviluppo socio-economico e commerciali dei debiti dei Paesi debitori per i quali sia intervenuta una intesa multilaterale in tal senso fra i Paesi creditori partecipanti al Club di Parigi in conformità alle disposizioni contenute nel presente decreto.

2. A tal fine è acquisito, per le vie diplomatiche, l'assenso del Governo del Paese debitore. Le operazioni di conversione possono essere effettuate tramite una controparte bancaria o in ambito intergovernativo. I Ministeri competenti, anche alla luce dei rapporti con il Paese debitore, concertano previamente, d'intesa con la Sace, la soluzione più appropriata.

 

2. Controparti.

1. Qualora si faccia ricorso all'intesa intergovernativa, le modalità delle operazioni di conversione saranno contenute in specifici accordi bilaterali intervenuti con i singoli Paesi debitori.

2. Qualora si faccia ricorso alla intermediazione bancaria e fatti salvi i limiti concordati fra i Paesi partecipanti al Club di Parigi, le controparti con le quali la Sace può effettuare le operazioni di conversione di cui al precedente art. 1 devono essere individuate esclusivamente nell'ambito delle controparti bancarie più attive sul mercato, fra quelle di elevata affidabilità internazionale che abbiano ricevuto una valutazione di qualità del debito di livello «investment grade» rilasciata da almeno una delle principali Agenzie di valutazione internazionali (rating agencies).

3. In relazione a ciascuna operazione di conversione la scelta della controparte è effettuata di norma mediante una procedura competitiva tale da consentire il raffronto fra più offerte e da assicurare la massima trasparenza ed il miglior risultato, tenuto conto, fra l'altro, della natura, della scadenza e della possibilità di realizzazione dei crediti.

 

3. Crediti eleggibili per le operazioni di conversione.

1. Nel rispetto dei princìpi generali della trasparenza e della comparabilità di trattamento fra i Paesi creditori, le operazioni di conversione devono riferirsi ai crediti oggetto di accordi bilaterali in applicazione delle intese multilaterali di ristrutturazione fra il Paese debitore e i Paesi creditori partecipanti al Club di Parigi.

2. I crediti da convertire sono quindi individuati, fermo restando i limiti concordati fra i Paesi partecipanti al Club di Parigi, nell'ambito dell'ammontare complessivo dei crediti in essere nei confronti di ciascun Paese debitore connessi a indennizzi erogati dalla Sace e non ancora recuperati.

3. Per poter effettuare la conversione anche della quota di credito non coperta assicurativamente, la Sace deve ottenere l'autorizzazione degli assicurati interessati ai quali provvederà a retrocedere in proporzione il ricavato dell'operazione.

 

4. Prezzo di conversione e modalità di attuazione.

1. Le operazioni di conversione dei crediti previste all'art. 2, comma 2 riguardano preferibilmente i crediti per i quali il prezzo offerto sia ritenuto congruo dal Comitato di gestione della Sace in sede di valutazione delle offerte di cui al successivo art. 5.

2. La conversione è effettuata, mediante l'affidamento alla controparte, di norma bancaria, di specifico mandato da parte della Sace che disciplini fra l'altro le modalità e i termini dei relativi pagamenti.

 

5. Procedimento operativo.

1. Il comitato di gestione della Sace, individuati i crediti che sono oggetto di ciascuna operazione di conversione in base a parametri di opportunità ed economicità, invita almeno sette banche aventi i requisiti previsti all'art. 2 a presentare le proprie offerte per la conversione.

2. Le offerte pervenute nei termini fissati sono sottoposte alla valutazione dello stesso Comitato di gestione che assume le conseguenti deliberazioni.

3. La Sace provvede altresì, per il tramite del Ministero degli affari esteri, a notificare alla Presidenza del Club di Parigi, nei casi e con le modalità previste, le operazioni di conversione effettuate.


D.Lgs. 18 maggio 2001 n. 228
Orientamento e modernizzazione del settore agricolo, a norma dell'articolo 7 della L. 5 marzo 2001, n. 57. (art. 21)

Pubblicato nella Gazz. Uff. 15 giugno 2001, n. 137, S.O. 

21.  Norme per la tutela dei territori con produzioni agricole di particolare qualità e tipicità.

1. Fermo quanto stabilito dal decreto legislativo 5 febbraio 1997, n. 22, come modificato dal decreto legislativo 8 novembre 1997, n. 389, e senza nuovi o maggiori oneri a carico dei rispettivi bilanci, lo Stato, le regioni e gli enti locali tutelano, nell'àmbito delle rispettive competenze:

a) la tipicità, la qualità, le caratteristiche alimentari e nutrizionali, nonché le tradizioni rurali di elaborazione dei prodotti agricoli e alimentari a denominazione di origine controllata (DOC), a denominazione di origine controllata e garantita (DOCG), a denominazione di origine protetta (DOP), a indicazione geografica protetta (IGP) e a indicazione geografica tutelata (IGT);

b) le aree agricole in cui si ottengono prodotti con tecniche dell'agricoltura biologica ai sensi del regolamento (CEE) n. 2092/91 del Consiglio, del 24 giugno 1991;

c) le zone aventi specifico interesse agrituristico.

2. La tutela di cui al comma 1 è realizzata, in particolare, con:

a) la definizione dei criteri per l'individuazione delle aree non idonee alla localizzazione degli impianti di smaltimento e recupero dei rifiuti, di cui all'articolo 22, comma 3, lettera e), del decreto legislativo 5 febbraio 1997, n. 22, come modificato dall'articolo 3 del decreto legislativo 8 novembre 1997, n. 389, e l'adozione di tutte le misure utili per perseguire gli obiettivi di cui al comma 2 dell'articolo 2 del medesimo decreto legislativo n. 22 del 1997;

b) l'adozione dei piani territoriali di coordinamento di cui all'articolo 15, comma 2, della legge 8 giugno 1990, n. 142, e l'individuazione delle zone non idonee alla localizzazione di impianti di smaltimento e recupero dei rifiuti ai sensi dell'articolo 20, comma 1, lettera e), del citato decreto legislativo n. 22 del 1997, come modificato dall'articolo 3 del decreto legislativo n. 389 del 1997.

 

 


D.P.R. 17 giugno 2003 n. 261
Regolamento di organizzazione del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio. (art. 3)

Pubblicato nella Gazz. Uff. 16 settembre 2003, n. 215. 

(omissis)

3.  Direzione generale per la qualità della vita.

1. La Direzione generale per la qualità della vita svolge le seguenti funzioni:

a) definizione degli obiettivi di qualità dei corpi idrici, superficiali e sotterranei, relativamente alla quantità e qualità delle acque, alla qualità dei sedimenti e del biota, al fine di mantenere la capacità naturale di autodepurazione dei corpi idrici, di sostenere comunità animali e vegetali ampie e ben diversificate, nonché di consentire gli usi legittimi delle risorse idriche, contribuendo alla qualità della vita e alla tutela della salute umana;

b) individuazione delle misure volte alla prevenzione e riduzione dell'inquinamento dei corpi idrici, dovuto a fonti puntuali e diffuse, prevedendo particolari interventi per l'eliminazione delle sostanze pericolose, nonché definizione delle misure necessarie al loro risanamento;

c) definizione, indirizzo e coordinamento delle misure volte alla salvaguardia e al risanamento di aree che necessitano interventi specifici per la presenza di valori naturalistici, di peculiari caratteristiche geomorfologiche ovvero di aree che presentano pressioni antropiche, con particolare riferimento alla laguna di Venezia e al suo bacino scolante, alle aree sensibili, zone vulnerabili e alle aree di salvaguardia;

d) definizione, in collaborazione con la Direzione per la difesa del suolo, delle direttive per il censimento delle risorse idriche per la disciplina dell'economia idrica, nonché individuazione di metodologie generali per la programmazione della razionale utilizzazione delle risorse idriche e linee di programmazione degli usi plurimi delle risorse idriche, anche attraverso la definizione e l'aggiornamento dei criteri e metodi per il conseguimento del risparmio idrico e il riutilizzo delle acque reflue, con particolare riferimento all'uso irriguo;

e) definizione dei criteri per la gestione del servizio idrico integrato, nonché promozione del completamento dei sistemi di approvvigionamento idrico, di distribuzione, di fognatura, di collettamento, di depurazione e di riutilizzo delle acque reflue, in attuazione degli adempimenti comunitari e delle disposizioni legislative;

f) concessioni di grandi derivazioni di acqua che interessino il territorio di più regioni e più bacini idrografici in assenza della determinazione del bilancio idrico e concessioni di grandi derivazioni per uso idroelettrico;

g) definizione dei criteri generali e delle metodologie per la gestione integrata dei rifiuti;

h) individuazione di misure volte alla prevenzione e riduzione della produzione e della pericolosità dei rifiuti e dei rischi di inquinamento;

i) promozione e sviluppo della raccolta differenziata e individuazione delle iniziative e delle azioni economiche atte a favorire il riciclaggio ed il recupero dei rifiuti, nonché a promuovere il recupero di energia e il mercato dei materiali recuperati dai rifiuti e il loro impiego da parte della pubblica amministrazione;

l) individuazione dei flussi omogenei di produzione dei rifiuti con più elevato impatto ambientale, che presentano maggiori difficoltà di smaltimento o particolari possibilità di recupero sia per le sostanze impiegate nei prodotti base sia per la quantità complessiva dei rifiuti medesimi e indirizzo e coordinamento per la loro gestione;

m) definizione dei criteri per l'individuazione dei siti inquinati, per la messa in sicurezza, per la caratterizzazione e per la bonifica e il ripristino ambientale dei siti medesimi con particolare riferimento a suolo, sottosuolo, falda, acque superficiali e sedimenti, aggiornamento e attuazione del Programma nazionale di bonifica e formazione del piano straordinario per la bonifica e il recupero ambientale di aree industriali prioritarie, ivi comprese quelle ex estrattive minerarie;

n) indirizzo, coordinamento e controllo degli interventi sviluppati per superare situazioni di emergenza nelle materie di competenza;

o) supporto alle attività del Comitato per la vigilanza sull'uso delle risorse idriche, garantendo la funzionalità della Segreteria tecnica e dell'Osservatorio di cui agli articoli 21 e 22 della legge 5 gennaio 1994, n. 36.

 

 


D.Lgs. 22 gennaio 2004, n. 42
Codice dei beni culturali e del paesaggio, ai sensi dell'articolo 10 della L. 6 luglio 2002, n. 137. (artt. 2 e 26)

 

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(1) Pubblicato nella Gazz. Uff. 24 febbraio 2004, n. 45, S.O.

(2)  Così corretto con Comunicato 26 febbraio 2004 (Gazz. Uff. 26 febbraio 2004, n. 47).

 

(omissis)

2.  Patrimonio culturale.

1. Il patrimonio culturale è costituito dai beni culturali e dai beni paesaggistici.

2. Sono beni culturali le cose immobili e mobili che, ai sensi degli articoli 10 e 11, presentano interesse artistico, storico, archeologico, etnoantropologico, archivistico e bibliografico e le altre cose individuate dalla legge o in base alla legge quali testimonianze aventi valore di civiltà.

3. Sono beni paesaggistici gli immobili e le aree indicati all'articolo 134, costituenti espressione dei valori storici, culturali, naturali, morfologici ed estetici del territorio, e gli altri beni individuati dalla legge o in base alla legge.

4. I beni del patrimonio culturale di appartenenza pubblica sono destinati alla fruizione della collettività, compatibilmente con le esigenze di uso istituzionale e sempre che non vi ostino ragioni di tutela.

(omissis)

26.  Valutazione di impatto ambientale.

1. Per i progetti di opere da sottoporre a valutazione di impatto ambientale, l'autorizzazione prevista dall'articolo 21 è espressa dal Ministero in sede di concerto per la pronuncia sulla compatibilità ambientale, sulla base del progetto definitivo da presentarsi ai fini della valutazione medesima.

2. Qualora dall'esame del progetto effettuato a norma del comma 1 risulti che l'opera non è in alcun modo compatibile con le esigenze di protezione dei beni culturali sui quali essa è destinata ad incidere, il Ministero si pronuncia negativamente, dandone comunicazione al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio. In tal caso, la procedura di valutazione di impatto ambientale si considera conclusa negativamente.

3. Se nel corso dei lavori risultano comportamenti contrastanti con l'autorizzazione espressa nelle forme di cui al comma 1, tali da porre in pericolo l'integrità dei beni culturali soggetti a tutela, il soprintendente ordina la sospensione dei lavori.

 


L. 4 febbraio 2005 n. 11
Norme generali sulla partecipazione dell'Italia al processo normativo dell'Unione europea e sulle procedure di esecuzione degli obblighi comunitari. (art. 13)

Pubblicata nella Gazz. Uff. 15 febbraio 2005, n. 37. 

(omissis)

13. Adeguamenti tecnici.

1. Alle norme comunitarie non autonomamente applicabili, che modificano modalità esecutive e caratteristiche di ordine tecnico di direttive già recepite nell'ordinamento nazionale, è data attuazione, nelle materie di cui all'articolo 117, secondo comma, della Costituzione, con decreto del Ministro competente per materia, che ne dà tempestiva comunicazione alla Presidenza del Consiglio dei Ministri - Dipartimento per le politiche comunitarie.

2. In relazione a quanto disposto dall'articolo 117, quinto comma, della Costituzione, i provvedimenti di cui al presente articolo possono essere adottati nelle materie di competenza legislativa delle regioni e delle province autonome al fine di porre rimedio all'eventuale inerzia dei suddetti enti nel dare attuazione a norme comunitarie. In tale caso, i provvedimenti statali adottati si applicano, per le regioni e le province autonome nelle quali non sia ancora in vigore la propria normativa di attuazione, a decorrere dalla scadenza del termine stabilito per l'attuazione della rispettiva normativa comunitaria e perdono comunque efficacia dalla data di entrata in vigore della normativa di attuazione di ciascuna regione e provincia autonoma. I provvedimenti recano l'esplicita indicazione della natura sostitutiva del potere esercitato e del carattere cedevole delle disposizioni in essi contenute.

 


D.Lgs. 18 febbraio 2005, n. 59
Attuazione integrale della direttiva 96/61/CE relativa alla prevenzione e riduzione integrate dell'inquinamento.

 

(1) Pubblicato nella Gazz. Uff. 22 aprile 2005, n. 93, S.O.

(2)  Vedi, anche, l'art. 34, D.Lgs. 3 aprile 2006, n. 152.

 

IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA

Visti gli articoli 76 e 87 della Costituzione;

Vista la legge 23 agosto 1988, n. 400;

Vista la legge 8 luglio 1986, n. 349, recante istituzione del Ministero dell'ambiente e norme in materia di danno ambientale;

Vista la direttiva 96/61/CE del 24 settembre 1996 del Consiglio, sulla prevenzione e riduzione integrate dell'inquinamento così come modificata dalla direttiva 2003/35/CE e dalla direttiva 2003/87/CE;

Visto il decreto legislativo 4 agosto 1999, n. 372, di attuazione della direttiva 96/61/CE relativa alla prevenzione e riduzione integrate dell'inquinamento (IPPC);

Visto l'articolo 22 della legge 31 ottobre 2003, n. 306, che prevede la delega al Governo per l'attuazione integrale della direttiva 96/61/CE sulla prevenzione e riduzione integrate dell'inquinamento;

Visto l'articolo 77 della legge 27 dicembre 2002, n. 289, legge finanziaria 2003, concernente interventi ambientali;

Visto il D.M. 24 luglio 2002 del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 229 del 30 settembre 2003, recante determinazione dei termini per la presentazione delle domande di autorizzazione integrata ambientale, per gli impianti di competenza statale;

Vista la legge 31 luglio 2002, n. 179, recante disposizioni in materia ambientale;

Visto il decreto-legge 24 dicembre 2003, n. 355, convertito, con modificazioni, dalla legge 27 febbraio 2004, n. 47, recante proroga di termini previsti da disposizioni legislative;

Vista la decisione 1999/391/CE del 31 maggio 1999 della Commissione europea, recante il questionario sull'attuazione della direttiva 96/61/CE sulla prevenzione e la riduzione integrate dell'inquinamento;

Visto il D.M. 29 maggio 2003 del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 228 del 1° ottobre 2003, recante approvazione del formulario per la comunicazione relativa all'applicazione del decreto legislativo 4 agosto 1999, n. 372, recante attuazione della direttiva 96/61/CE relativa alla prevenzione e riduzione integrate dell'inquinamento;

Vista la legge 15 marzo 1997, n. 59, recante delega al Governo per il conferimento di funzioni e compiti alle regioni ed enti locali, per la riforma della pubblica amministrazione e per la semplificazione amministrativa;

Visto il decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112, concernente conferimento di funzioni e compiti amministrativi dello Stato alle regioni ed enti locali, in attuazione del capo I della legge 15 marzo 1997, n. 59;

Vista la legge 7 agosto 1990, n. 241, recante nuove norme in materia di procedimento amministrativo e di diritto di accesso ai documenti amministrativi, ed in particolare gli articoli 7, 8, 14, 14-bis, 14-ter, 14-quater, così come modificati, da ultimo, dalla legge 24 novembre 2000, n. 340;

Visto il decreto-legge 4 dicembre 1993, n. 496, convertito, con modificazioni, dalla legge 21 gennaio 1994, n. 61, recante disposizioni urgenti sulla riorganizzazione dei controlli ambientali e istituzione dell'Agenzia nazionale per la protezione dell'ambiente;

Visto il decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 300, e successive modificazioni, recante riforma dell'organizzazione del Governo, ed in particolare l'articolo 38 che istituisce l'Agenzia per la protezione dell'ambiente e per i servizi tecnici;

Visto il decreto del Presidente della Repubblica 8 agosto 2002, n. 207, concernente il regolamento recante approvazione dello statuto dell'Agenzia per la protezione dell'ambiente e per i servizi tecnici, a norma dell'articolo 8, comma 4, del decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 300;

Visto il regolamento (CE) n. 761/2001 del 19 marzo 2001, del Parlamento europeo e del Consiglio, sull'adesione volontaria delle organizzazioni ad un sistema comunitario di ecogestione e audit (EMAS);

Vista la legge 23 marzo 2001, n. 93, recante disposizioni in campo ambientale, ed in particolare l'articolo 18, comma 2;

Vista la legge 25 gennaio 1994, n. 70, recante norme per la semplificazione degli adempimenti in materia ambientale, sanitaria e di sicurezza pubblica, nonché per l'attuazione del sistema di ecogestione e di audit ambientale;

Vista la legge 26 ottobre 1995, n. 447, recante legge quadro sull'inquinamento acustico;

Visto il regio decreto 27 luglio 1934, n. 1265, recante testo unico delle leggi sanitarie;

Visto il decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 10 agosto 1988, n. 377, recante la regolamentazione delle pronunce di compatibilità ambientale di cui all'articolo 6 della legge 8 luglio 1986, n. 349;

Visto il decreto legislativo 17 agosto 1999, n. 334, recante attuazione della direttiva 96/82/CE relativa al controllo dei pericoli di incidenti rilevanti connessi con determinate sostanze pericolose;

Visto il decreto del Presidente della Repubblica 24 maggio 1988, n. 203, recante attuazione della direttiva 80/779/CEE, della direttiva 82/884/CEE, della direttiva 84/360/CEE e della direttiva 85/203/CEE, concernenti norme in materia di qualità dell'aria relativamente a specifici agenti inquinanti, e di inquinamento prodotto dagli impianti industriali e suoi decreti attuativi;

Visto il D.M. 16 gennaio 2004, n. 44 del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio, di concerto con i Ministri della salute e delle attività produttive, recante recepimento della direttiva 1999/13/CE relativa alla limitazione delle emissioni di composti organici volatili di talune attività industriali, ai sensi dell'articolo 3, comma 2, del decreto del Presidente della Repubblica 24 maggio 1988, n. 203;

Visto il decreto legislativo 5 febbraio 1997, n. 22, recante attuazione della direttiva 91/156/CEE sui rifiuti, della direttiva 91/689/CEE sui rifiuti pericolosi e della direttiva 94/62/CE sugli imballaggi e sui rifiuti di imballaggio e suoi decreti attuativi;

Visto il decreto legislativo 13 gennaio 2003, n. 36, recante attuazione della direttiva 1999/31/CE relativa alle discariche di rifiuti;

Visto il decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 24 dicembre 2002, pubblicato nel supplemento ordinario alla Gazzetta Ufficiale n. 3 del 4 gennaio 2003, recante approvazione del nuovo modello unico di dichiarazione ambientale per l'anno 2003 così come modificato dal decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 24 febbraio 2003, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 48 del 27 febbraio 2003;

Visto il decreto legislativo 29 dicembre 2003, n. 387, recante attuazione della direttiva 2001/77/CE relativa alla promozione dell'energia elettrica prodotta da fonti energetiche rinnovabili nel mercato interno dell'elettricità;

Visto il decreto-legge 7 febbraio 2002, n. 7, convertito, con modificazioni, dalla legge 9 aprile 2002, n. 55, recante misure urgenti per garantire la sicurezza del sistema elettrico nazionale;

Visto il decreto-legge 29 agosto 2003, n. 239, convertito, con modificazioni, dalla legge 27 ottobre 2003, n. 290, recante disposizioni urgenti per la sicurezza e lo sviluppo del sistema elettrico nazionale e il recupero di potenza di energia elettrica. Delega al Governo in materia di remunerazione della capacità produttiva di energia elettrica e di espropriazione per pubblica utilità;

Visto il decreto legislativo 11 maggio 1999, n. 152, recante disposizioni sulla tutela delle acque dall'inquinamento e recepimento della direttiva 91/271/CEE, concernente il trattamento delle acque reflue urbane e della direttiva 91/676/CEE relativa alla protezione delle acque dall'inquinamento provocato dai nitrati provenienti da fonti agricole;

Visto il D.M. 6 novembre 2003, n. 367 del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio, di concerto con i Ministri della salute e delle attività produttive, recante il regolamento concernente la fissazione di standard di qualità nell'ambiente acquatico per le sostanze pericolose, ai sensi dell'articolo 3, comma 4, del decreto legislativo 11 maggio 1999, n. 152;

Visto il decreto legislativo 17 marzo 1995, n. 230, e successive modificazioni, recante attuazione delle direttive 89/618/Euratom, 90/641/Euratom, 92/3/Euratom e 96/29/Euratom in materia di radiazioni ionizzanti;

Visto il decreto legislativo 3 marzo 1993, n. 91, recante attuazione della direttiva 90/219/CEE concernente l'impiego confinato di microrganismi geneticamente modificati e il decreto legislativo 3 marzo 1993, n. 92, recante attuazione della direttiva 90/220/CEE concernente l'emissione deliberata nell'ambiente di organismi geneticamente modificati;

Visto il decreto legislativo 24 febbraio 1997, n. 39, sull'attuazione della direttiva 90/313/CEE concernente la libertà di accesso alle informazioni in materia ambientale;

Vista la direttiva 91/692/CEE del 23 dicembre 1991 del Consiglio, concernente la standardizzazione e razionalizzazione delle relazioni relative all'attuazione di talune direttive concernenti l'ambiente;

Visto il decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, recante definizione ed ampliamento delle attribuzioni della Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano ed unificazione, per le materie ed i compiti di interesse comune delle regioni, delle province e dei comuni, con la Conferenza Stato-città ed autonomie locali;

Vista la preliminare deliberazione del Consiglio dei Ministri, adottata nella riunione del 18 novembre 2004;

Acquisito il parere della Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, reso nella seduta del 25 novembre 2004;

Acquisito il parere delle competenti commissioni della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica;

Vista la deliberazione del Consiglio dei Ministri, adottata nella riunione dell'11 febbraio 2005;

Sulla proposta del Ministro per le politiche comunitarie e del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio, di concerto con i Ministri degli affari esteri, della giustizia, dell'economia e delle finanze, per le attività produttive, della salute, delle politiche agricole e forestali e per gli affari regionali;

Emana il seguente decreto legislativo:

1. Oggetto e campo di applicazione.

1. Il presente decreto ha per oggetto la prevenzione e la riduzione integrate dell'inquinamento proveniente dalle attività di cui all'allegato I; esso prevede misure intese ad evitare oppure, qualora non sia possibile, ridurre le emissioni delle suddette attività nell'aria, nell'acqua e nel suolo, comprese le misure relative ai rifiuti e per conseguire un livello elevato di protezione dell'ambiente nel suo complesso.

2. Il presente decreto disciplina il rilascio, il rinnovo e il riesame dell'autorizzazione integrata ambientale degli impianti di cui all'allegato I, nonché le modalità di esercizio degli impianti medesimi, ai fini del rispetto dell'autorizzazione integrata ambientale.

3. Ai sensi dell'articolo 1, comma 2, del decreto-legge 7 febbraio 2002, n. 7, convertito, con modificazioni, dalla legge 9 aprile 2002, n. 55, nonché dell'articolo 1-sexies, comma 8, del decreto-legge 29 agosto 2003, n. 239, convertito, con modificazioni, dalla legge 27 ottobre 2003, n. 290, l'autorizzazione integrata ambientale per gli impianti di produzione di energia elettrica di potenza superiore a 300 MW termici, nuovi ovvero oggetto di modifiche sostanziali, è rilasciata nel rispetto della disciplina di cui al presente decreto, che costituisce il compiuto recepimento della direttiva 96/61/CE del 24 settembre 1996 del Consiglio, e nel rigoroso rispetto del termine di cui all'articolo 5, comma 12.

4. Per gli impianti, nuovi ovvero sottoposti a modifiche sostanziali, che svolgono attività di cui all'allegato I del presente decreto, il procedimento di rilascio dell'autorizzazione integrata ambientale garantisce contestualmente, ove ne ricorrano le fattispecie, l'osservanza di quanto previsto dall'articolo 27, commi 5 e 6, del decreto legislativo 5 febbraio 1997, n. 22.

5. Per gli impianti di produzione di energia elettrica alimentati da fonti rinnovabili, nuovi ovvero sottoposti a modifiche sostanziali, l'autorizzazione integrata ambientale, ai sensi dell'articolo 12 del decreto legislativo 29 dicembre 2003, n. 387, è rilasciata nel rispetto della disciplina di cui al presente decreto.

2. Definizioni.

1. Ai fini del presente decreto si intende per:

a) sostanze: gli elementi chimici e loro composti, escluse le sostanze radioattive di cui al decreto legislativo 17 marzo 1995, n. 230, e gli organismi geneticamente modificati di cui al D.Lgs. 3 marzo 1993, n. 91 e al D.Lgs. 3 marzo 1993, n. 92;

b) inquinamento: l'introduzione diretta o indiretta, a seguito di attività umana, di sostanze, vibrazioni, calore o rumore nell'aria, nell'acqua o nel suolo, che potrebbero nuocere alla salute umana o alla qualità dell'ambiente, causare il deterioramento di beni materiali, oppure danni o perturbazioni a valori ricreativi dell'ambiente o ad altri suoi legittimi usi;

c) impianto: l'unità tecnica permanente in cui sono svolte una o più attività elencate nell'allegato I e qualsiasi altra attività accessoria, che siano tecnicamente connesse con le attività svolte nel luogo suddetto e possano influire sulle emissioni e sull'inquinamento;

d) impianto esistente: un impianto che, al 10 novembre 1999, aveva ottenuto tutte le autorizzazioni ambientali necessarie all'esercizio, o il provvedimento positivo di compatibilità ambientale, o per il quale a tale data erano state presentate richieste complete per tutte le autorizzazioni ambientali necessarie per il suo esercizio, a condizione che esso sia entrato in funzione entro il 10 novembre 2000;

e) impianto nuovo: un impianto che non ricade nella definizione di impianto esistente;

f) emissione: lo scarico diretto o indiretto, da fonti puntiformi o diffuse dell'impianto, di sostanze, vibrazioni, calore o rumore nell'aria, nell'acqua ovvero nel suolo;

g) valori limite di emissione: la massa espressa in rapporto a determinati parametri specifici, la concentrazione ovvero il livello di un'emissione che non possono essere superati in uno o più periodi di tempo. I valori limite di emissione possono essere fissati anche per determinati gruppi, famiglie o categorie di sostanze, segnatamente quelle di cui all'allegato III. I valori limite di emissione delle sostanze si applicano di norma nel punto di fuoriuscita delle emissioni dall'impianto; nella loro determinazione non devono essere considerate eventuali diluizioni. Per quanto concerne gli scarichi indiretti in acqua, l'effetto di una stazione di depurazione può essere preso in considerazione nella determinazione dei valori limite di emissione dell'impianto, a condizione di garantire un livello equivalente di protezione dell'ambiente nel suo insieme e di non portare a carichi inquinanti maggiori nell'ambiente, fatto salvo il rispetto delle disposizioni del decreto legislativo 11 maggio 1999, n. 152, e successive modificazioni;

h) norma di qualità ambientale: la serie di requisiti, inclusi gli obiettivi di qualità, che sussistono in un dato momento in un determinato ambiente o in una specifica parte di esso, come stabilito nella normativa vigente in materia ambientale;

i) autorità competente: il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio per tutti gli impianti esistenti e nuovi di competenza statale indicati nell'allegato V o, per gli altri impianti, l'autorità individuata, tenendo conto dell'esigenza di definire un unico procedimento per il rilascio dell'autorizzazione integrata ambientale, dalla regione o dalla provincia autonoma;

l) autorizzazione integrata ambientale: il provvedimento che autorizza l'esercizio di un impianto o di parte di esso a determinate condizioni che devono garantire che l'impianto sia conforme ai requisiti del presente decreto. Un'autorizzazione integrata ambientale può valere per uno o più impianti o parti di essi, che siano localizzati sullo stesso sito e gestiti dal medesimo gestore;

m) modifica dell'impianto: una modifica delle sue caratteristiche o del suo funzionamento ovvero un suo potenziamento che possa produrre conseguenze sull'ambiente;

n) modifica sostanziale: una modifica dell'impianto che, secondo un parere motivato dell'autorità competente, potrebbe avere effetti negativi e significativi per gli esseri umani o per l'ambiente. In particolare, per ciascuna attività per la quale l'allegato I indica valori di soglia, è sostanziale una modifica che dia luogo ad un incremento del valore di una delle grandezze, oggetto della soglia, pari o superiore al valore della soglia stessa;

o) migliori tecniche disponibili: la più efficiente e avanzata fase di sviluppo di attività e relativi metodi di esercizio indicanti l'idoneità pratica di determinate tecniche a costituire, in linea di massima, la base dei valori limite di emissione intesi ad evitare oppure, ove ciò si riveli impossibile, a ridurre in modo generale le emissioni e l'impatto sull'ambiente nel suo complesso. Nel determinare le migliori tecniche disponibili, occorre tenere conto in particolare degli elementi di cui all'allegato IV. Si intende per:

1) tecniche: sia le tecniche impiegate sia le modalità di progettazione, costruzione, manutenzione, esercizio e chiusura dell'impianto;

2) disponibili: le tecniche sviluppate su una scala che ne consenta l'applicazione in condizioni economicamente e tecnicamente valide nell'àmbito del pertinente comparto industriale, prendendo in considerazione i costi e i vantaggi, indipendentemente dal fatto che siano o meno applicate o prodotte in àmbito nazionale, purché il gestore possa avervi accesso a condizioni ragionevoli;

3) migliori: le tecniche più efficaci per ottenere un elevato livello di protezione dell'ambiente nel suo complesso;

p) gestore: qualsiasi persona fisica o giuridica che detiene o gestisce l'impianto;

q) pubblico: una o più persone fisiche o giuridiche, nonché, ai sensi della legislazione o della prassi nazionale, le associazioni, le organizzazioni o i gruppi di tali persone;

r) pubblico interessato: il pubblico che subisce o può subire gli effetti dell'adozione di una decisione relativa al rilascio o all'aggiornamento di una autorizzazione o delle condizioni di autorizzazione, o che ha un interesse rispetto a tale decisione; ai fini della presente definizione le organizzazioni non governative che promuovono la protezione dell'ambiente e che soddisfano i requisiti di diritto nazionale si considerano portatrici di un siffatto interesse.

3. Principi generali dell'autorizzazione integrata ambientale.

1. L'autorità competente, nel determinare le condizioni per l'autorizzazione integrata ambientale, fermo restando il rispetto delle norme di qualità ambientale, tiene conto dei seguenti princìpi generali:

a) devono essere prese le opportune misure di prevenzione dell'inquinamento, applicando in particolare le migliori tecniche disponibili;

b) non si devono verificare fenomeni di inquinamento significativi;

c) deve essere evitata la produzione di rifiuti, a norma del decreto legislativo 5 febbraio 1997, n. 22, e successive modificazioni; in caso contrario i rifiuti sono recuperati o, ove ciò sia tecnicamente ed economicamente impossibile, sono eliminati evitandone e riducendone l'impatto sull'ambiente, a norma del medesimo decreto legislativo 5 febbraio 1997, n. 22;

d) l'energia deve essere utilizzata in modo efficace;

e) devono essere prese le misure necessarie per prevenire gli incidenti e limitarne le conseguenze;

f) deve essere evitato qualsiasi rischio di inquinamento al momento della cessazione definitiva delle attività e il sito stesso deve essere ripristinato ai sensi della normativa vigente in materia di bonifiche e ripristino ambientale.

4. Individuazione e utilizzo delle migliori tecniche disponibili.

1. L'autorizzazione integrata ambientale per gli impianti rientranti nelle attività di cui all'allegato I è rilasciata tenendo conto delle considerazioni riportate nell'allegato IV e delle informazioni diffuse ai sensi dell'articolo 14, comma 4, e nel rispetto delle linee guida per l'individuazione e l'utilizzo delle migliori tecniche disponibili, emanate con uno o più decreti dei Ministri dell'ambiente e della tutela del territorio, per le attività produttive e della salute, sentita la Conferenza Unificata istituita ai sensi del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281. Con la stessa procedura si provvede all'aggiornamento ed alla integrazione delle suddette linee guida, anche sulla base dello scambio di informazioni di cui all'articolo 14, commi 3 e 4 (3).

2. Le linee guida di cui al comma 1 sono definite con il supporto di una commissione composta da esperti della materia alla quale partecipano, anche a titolo consultivo, i rappresentanti di interessi industriali e ambientali, istituita con decreto dei Ministri dell'ambiente e della tutela del territorio, delle attività produttive e della salute, senza oneri a carico del bilancio dello Stato. Limitatamente allo svolgimento dei compiti inerenti le attività di cui al punto 6.6 dell'allegato I, la commissione è integrata da un rappresentante del Ministero delle politiche agricole e forestali. La commissione assicura inoltre il supporto ai Ministri di cui al comma 1, in ordine ai provvedimenti attuativi del presente decreto e allo scambio di informazioni di cui all'articolo 14, commi 3 e 4. Fino all'istituzione della predetta commissione come sopra integrata opera, allo stesso fine, la commissione già istituita ai sensi dell'articolo 3, comma 2, del decreto legislativo 4 agosto 1999, n. 372(4).

3. Con decreto del Presidente della Repubblica, su proposta dei Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio, di concerto con i Ministri delle attività produttive e della salute e d'intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, possono essere determinati dei requisiti per talune categorie di impianti, che tengano luogo dei corrispondenti requisiti fissati per ogni singola autorizzazione, purché siano garantiti un approccio integrato ed una elevata protezione equivalente dell'ambiente nel suo complesso.

4. Per le discariche di rifiuti da autorizzare ai sensi del presente decreto, si considerano soddisfatti i requisiti tecnici di cui al presente decreto se sono soddisfatti i requisiti tecnici di cui al decreto legislativo 13 gennaio 2003, n. 36.

 

(3)  Vedi, anche, le linee guida emanate con D.M. 31 gennaio 2005 e con quattro D.M. 29 gennaio 2007.

(4) La commisione prevista dal presente comma è stata istituita con D.M. 15 febbraio 2007 (Gazz.Uff. 15 marzo 2007, n. 62).

5. Procedura ai fini del rilascio dell'Autorizzazione integrata ambientale.

1. Ai fini dell'esercizio di nuovi impianti, della modifica sostanziale e dell'adeguamento del funzionamento degli impianti esistenti alle disposizioni del presente decreto, si provvede al rilascio dell'autorizzazione integrata ambientale di cui all'articolo 7. Fatto salvo quanto disposto dal comma 5 e ferme restando le informazioni richieste dalla normativa concernente aria, acqua, suolo e rumore, la domanda deve comunque descrivere:

a) l'impianto, il tipo e la portata delle sue attività;

b) le materie prime e ausiliarie, le sostanze e l'energia usate o prodotte dall'impianto;

c) le fonti di emissione dell'impianto;

d) lo stato del sito di ubicazione dell'impianto;

e) il tipo e l'entità delle emissioni dell'impianto in ogni settore ambientale, nonché un'identificazione degli effetti significativi delle emissioni sull'ambiente;

f) la tecnologia utilizzata e le altre tecniche in uso per prevenire le emissioni dall'impianto oppure per ridurle;

g) le misure di prevenzione e di recupero dei rifiuti prodotti dall'impianto;

h) le misure previste per controllare le emissioni nell'ambiente;

i) le eventuali principali alternative prese in esame dal gestore, in forma sommaria;

j) le altre misure previste per ottemperare ai princìpi di cui all'articolo 3.

2. La domanda di autorizzazione integrata ambientale deve contenere anche una sintesi non tecnica dei dati di cui alle lettere da a) ad l) del comma 1 e l'indicazione delle informazioni che ad avviso del gestore non devono essere diffuse per ragioni di riservatezza industriale, commerciale o personale, di tutela della proprietà intellettuale e, tenendo conto delle indicazioni contenute nell'articolo 12 della legge 24 ottobre 1977, n. 801, di pubblica sicurezza o di difesa nazionale. In tale caso il richiedente fornisce all'autorità competente anche una versione della domanda priva delle informazioni riservate, ai fini dell'accessibilità al pubblico.

3. Per le attività industriali di cui all'allegato I l'autorità competente stabilisce il calendario delle scadenze per la presentazione delle domande per l'autorizzazione integrata ambientale per gli impianti esistenti e per gli impianti nuovi già dotati di altre autorizzazioni ambientali alla data di entrata in vigore del presente decreto. Tali calendari sono pubblicati sull'organo ufficiale regionale o, nel caso di impianti che ricadono nell'àmbito della competenza dello Stato, nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana. Per gli impianti di competenza statale di cui all'allegato V del presente decreto il calendario di cui al presente comma è stabilito sentiti i Ministeri delle attività produttive e della salute (5).

4. Per gli impianti di competenza statale la presentazione della domanda è effettuata all'autorità competente con le procedure telematiche, il formato e le modalità stabiliti con il decreto di cui all'articolo 13, comma 3.

5. Qualora le informazioni e le descrizioni fornite secondo un rapporto di sicurezza, elaborato conformemente alle norme previste sui rischi di incidente rilevante connessi a determinate attività industriali, o secondo la norma UNI EN ISO 14001, ovvero i dati prodotti per i siti registrati ai sensi del regolamento (CE) n. 761/2001, nonché altre informazioni fornite secondo qualunque altra normativa, rispettino uno o più dei requisiti di cui al comma 1 del presente articolo, possono essere utilizzate ai fini della presentazione della domanda. Tali informazioni possono essere incluse nella domanda o essere ad essa allegate.

6. L'autorità competente individua gli uffici presso i quali sono depositati i documenti e gli atti inerenti il procedimento, al fine della consultazione del pubblico.

7. L'autorità competente, entro trenta giorni dal ricevimento della domanda ovvero, in caso di riesame ai sensi dell'articolo 9, comma 4, contestualmente all'avvio del relativo procedimento, comunica al gestore la data di avvio del procedimento ai sensi della legge 7 agosto 1990, n. 241, e la sede degli uffici di cui al comma 6. Entro il termine di quindici giorni dalla data di ricevimento della comunicazione il gestore provvede a sua cura e sue spese alla pubblicazione su un quotidiano a diffusione provinciale o regionale, ovvero a diffusione nazionale nel caso di progetti che ricadono nell'àmbito della competenza dello Stato, di un annuncio contenente l'indicazione della localizzazione dell'impianto e del nominativo del gestore, nonché il luogo individuato ai sensi del comma 6 ove è possibile prendere visione degli atti e trasmettere le osservazioni. Tali forme di pubblicità tengono luogo delle comunicazioni di cui agli articoli 7 e 8 della legge 7 agosto 1990, n. 241.

8. Entro trenta giorni dalla data di pubblicazione dell'annuncio di cui al comma 7, i soggetti interessati possono presentare in forma scritta, all'autorità competente, osservazioni sulla domanda.

9. [Ai fini dello svolgimento delle attività istruttorie e di consulenza tecnica connesse al rilascio delle autorizzazioni di competenza statale, è istituita presso il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio, una commissione istruttoria IPPC composta da 27 esperti di elevata qualificazione, di cui uno con funzioni di presidente, provenienti dalle amministrazioni pubbliche, dall'Agenzia per la protezione dell'ambiente e per i servizi tecnici, da università, istituti scientifici, enti di ricerca, soggetti pubblici e privati adeguatamente qualificati. Con decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio, adottato previa adozione del decreto di cui all'articolo 18, comma 2, sono nominati i membri della commissione ed è disciplinato il funzionamento della commissione stessa. Al fine di garantire il necessario coinvolgimento degli enti territoriali, per le attività relative a ciascuna domanda di autorizzazione, la commissione è integrata da un esperto designato da ciascuna regione, da un esperto designato da ciascuna provincia e da un esperto designato da ciascun comune territorialmente competenti. La commissione istruttoria IPPC ha il compito di fornire all'autorità competente, anche effettuando i necessari sopralluoghi, in tempo utile per il rilascio dell'autorizzazione integrata ambientale, un parere istruttorio conclusivo e pareri intermedi debitamente motivati, nonché approfondimenti tecnici in merito a ciascuna domanda di autorizzazione. Ai componenti della commissione spetta un compenso stabilito con decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze. Agli oneri relativi al funzionamento della commissione, si provvede mediante le somme determinate ai sensi dell'articolo 18, comma 2] (6).

10. L'autorità competente, ai fini del rilascio dell'autorizzazione integrata ambientale, convoca apposita conferenza dei servizi ai sensi degli articoli 14, 14-ter, commi da 1 a 3 e da 6 a 9, e 14-quater della legge 7 agosto 1990, n. 241, e successive modificazioni, alla quale invita le amministrazioni competenti in materia ambientale e comunque, nel caso di impianti di competenza statale, i Ministeri dell'interno, della salute e delle attività produttive.

11. Nell'àmbito della conferenza dei servizi di cui al comma 10 sono acquisite le prescrizioni del sindaco di cui agli articoli 216 e 217 del regio decreto 27 luglio 1934, n. 1265. In presenza di circostanze intervenute successivamente al rilascio dell'autorizzazione di cui al presente decreto, il sindaco, qualora lo ritenga necessario nell'interesse della salute pubblica, chiede all'autorità competente di verificare la necessità di riesaminare l'autorizzazione rilasciata, ai sensi dell'articolo 9, comma 4.

12. Acquisite le determinazioni delle amministrazioni coinvolte nel procedimento e considerate le osservazioni di cui al comma 8, l'autorità competente rilascia, entro centocinquanta giorni dalla presentazione della domanda, un'autorizzazione contenente le condizioni che garantiscono la conformità dell'impianto ai requisiti previsti nel presente decreto, oppure nega l'autorizzazione in caso di non conformità ai requisiti di cui al presente decreto. L'autorizzazione per impianti di competenza statale di cui all'allegato V del presente decreto è rilasciata con decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio; in caso di impianti sottoposti a procedura di valutazione di impatto ambientale, il termine di cui sopra è sospeso fino alla conclusione di tale procedura. L'autorizzazione integrata ambientale non può essere comunque rilasciata prima della conclusione del procedimento di valutazione di impatto ambientale.

13. L'autorità competente può chiedere integrazioni alla documentazione, anche al fine di valutare la applicabilità di specifiche misure alternative o aggiuntive, indicando il termine massimo non inferiore a trenta giorni per la presentazione della documentazione integrativa; in tal caso, il termine di cui al comma 12, nonché il termine previsto per la conclusione dei lavori della conferenza dei servizi di cui al comma 10, si intendono sospesi fino alla presentazione della documentazione integrativa.

14. L'autorizzazione integrata ambientale, rilasciata ai sensi del presente decreto, sostituisce ad ogni effetto ogni altra autorizzazione, visto, nulla osta o parere in materia ambientale previsti dalle disposizioni di legge e dalle relative norme di attuazione, fatte salve le disposizioni di cui al decreto legislativo 17 agosto 1999, n. 334, e le autorizzazioni ambientali previste dalla normativa di recepimento della direttiva 2003/87/CE. L'autorizzazione integrata ambientale sostituisce, in ogni caso, le autorizzazioni di cui all'elenco riportato nell'allegato II. L'elenco riportato nell'allegato II, ove necessario, è modificato con decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio, di concerto con i Ministri delle attività produttive e della salute, d'intesa con la Conferenza unificata istituita ai sensi del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281.

15. Copia dell'autorizzazione integrata ambientale e di qualsiasi suo successivo aggiornamento, è messa a disposizione del pubblico, presso l'ufficio di cui al comma 6. Presso il medesimo ufficio sono inoltre rese disponibili informazioni relative alla partecipazione del pubblico al procedimento.

16. L'autorità competente può sottrarre all'accesso le informazioni, in particolare quelle relative agli impianti militari di produzione di esplosivi di cui al punto 4.6 dell'allegato I, qualora ciò si renda necessario per l'esigenza di salvaguardare, ai sensi dell'articolo 24, comma 4, della legge 7 agosto 1990, n. 241, e relative norme di attuazione, la sicurezza pubblica o la difesa nazionale. L'autorità competente può inoltre sottrarre all'accesso informazioni non riguardanti le emissioni dell'impianto nell'ambiente, per ragioni di tutela della proprietà intellettuale o di riservatezza industriale, commerciale o personale.

17. Ove l'autorità competente non provveda a concludere il procedimento relativo al rilascio dell'autorizzazione integrata ambientale entro i termini previsti dal comma 12, si applica il potere sostitutivo di cui all'articolo 5 del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112.

18. Ogni autorizzazione integrata ambientale deve includere le modalità previste per la protezione dell'ambiente nel suo complesso di cui al presente decreto, secondo quanto indicato all'articolo 7, nonché l'indicazione delle autorizzazioni sostituite. L'autorizzazione integrata ambientale concessa agli impianti esistenti prevede la data, comunque non successiva al 30 ottobre 2007, entro la quale tali prescrizioni debbono essere attuate. Nel caso in cui norme attuative di disposizioni comunitarie di settore dispongano date successive per l'attuazione delle prescrizioni, l'autorizzazione deve essere comunque rilasciata entro il 30 ottobre 2007. L'autorizzazione integrata ambientale concessa a impianti nuovi, già dotati di altre autorizzazioni ambientali all'esercizio alla data di entrata in vigore del presente decreto, può consentire le deroghe temporanee di cui al comma 5, dell'articolo 9.

19. Tutti i procedimenti di cui al presente articolo per impianti esistenti devono essere comunque conclusi in tempo utile per assicurare il rispetto del termine di cui al comma 18. Le Autorità competenti definiscono o adeguano conseguentemente i propri calendari delle scadenze per la presentazione delle domande di autorizzazione integrata ambientale.

20. In considerazione del particolare e rilevante impatto ambientale, della complessità e del preminente interesse nazionale dell'impianto, nel rispetto delle disposizioni del presente decreto, possono essere conclusi, d'intesa tra lo Stato, le regioni, le province e i comuni territorialmente competenti e i gestori, specifici accordi, al fine di garantire, in conformità con gli interessi fondamentali della collettività, l'armonizzazione tra lo sviluppo del sistema produttivo nazionale, le politiche del territorio e le strategie aziendali. In tali casi l'autorità competente, fatto comunque salvo quanto previsto al comma 18, assicura il necessario coordinamento tra l'attuazione dell'accordo e la procedura di rilascio dell'autorizzazione integrata ambientale. Nei casi disciplinati dal presente comma il termine di centocinquanta giorni di cui al comma 12 è sostituito dal termine di trecento giorni.

 

(5)  Il calendario delle scadenze previsto dal presente comma è stato stabilito con D.M. 19 aprile 2006 (Gazz. Uff. 28 aprile 2006, n. 98).

(6)  Comma abrogato dall'art. 48, D.Lgs. 3 aprile 2006, n. 152, con la decorrenza indicata nell'art. 52 dello stesso decreto. Vedi, anche, quanto disposto dai commi 2 e 3 dell'art. 48 sopracitato e dall'art. 49. Successivamente, il presente comma è stato nuovamente abrogato dall'art. 14D.P.R. 14 maggio 2007, n. 90. Vedi, anche, gli articoli 10, 11, 12 e 13 dello stesso decreto.

6. Indirizzi per garantire l'uniforme applicazione sul territorio nazionale.

1. Con uno o più decreti del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio, di concerto con i Ministri delle attività produttive e della salute e d'intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, possono essere emanati indirizzi per garantire l'uniforme applicazione delle disposizioni del presente decreto legislativo da parte delle autorità competenti.

 

7. Condizioni dell'autorizzazione integrata ambientale.

1. L'autorizzazione integrata ambientale rilasciata ai sensi del presente decreto deve includere tutte le misure necessarie per soddisfare i requisiti di cui agli articoli 3 e 8, al fine di conseguire un livello elevato di protezione dell'ambiente nel suo complesso. L'autorizzazione integrata ainbientale di attività regolamentate dalle norme di attuazione della direttiva 2003/87/CE contiene valori limite per le emissioni dirette di gas serra, di cui all'allegato I della direttiva 2003/87/CE, solo quando ciò risulti indispensabile per evitare un rilevante inquinamento locale.

2. In caso di nuovo impianto o di modifica sostanziale, se sottoposti alla normativa in materia di valutazione d'impatto ambientale, le informazioni o conclusioni pertinenti risultanti dall'applicazione di tale normativa devono essere prese in considerazione per il rilascio dell'autorizzazione.

3. L'autorizzazione integrata ambientale deve includere valori limite di emissione fissati per le sostanze inquinanti, in particolare quelle elencate nell'allegato III, che possono essere emesse dall'impianto interessato in quantità significativa, in considerazione della loro natura, e delle loro potenzialità di trasferimento dell'inquinamento da un elemento ambientale all'altro, acqua, aria e suolo, nonché i valori limite ai sensi della vigente normativa in materia di inquinamento acustico. I valori limite di emissione fissati nelle autorizzazioni integrate non possono comunque essere meno rigorosi di quelli fissati dalla normativa vigente nel territorio in cui è ubicato l'impianto. Se necessario, l'autorizzazione integrata ambientale contiene ulteriori disposizioni che garantiscono la protezione del suolo e delle acque sotterranee, le opportune disposizioni per la gestione dei rifiuti prodotti dall'impianto e per la riduzione dell'inquinamento acustico. Se del caso, i valori limite di emissione possono essere integrati o sostituiti con parametri o misure tecniche equivalenti. Per gli impianti di cui al punto 6.6 dell'allegato I, i valori limite di emissione o i parametri o le misure tecniche equivalenti tengono conto delle modalità pratiche adatte a tali categorie di impianti.

4. Fatto salvo l'articolo 8, i valori limite di emissione, i parametri e le misure tecniche equivalenti di cui al comma 3 fanno riferimento all'applicazione delle migliori tecniche disponibili, senza l'obbligo di utilizzare una tecnica o una tecnologia specifica, tenendo conto delle caratteristiche tecniche dell'impianto in questione, della sua ubicazione geografica e delle condizioni locali dell'ambiente. In tutti i casi, le condizioni di autorizzazione prevedono disposizioni per ridurre al minimo l'inquinamento a grande distanza o attraverso le frontiere e garantiscono un elevato livello di protezione dell'ambiente nel suo insieme.

5. L'autorità competente rilascia l'autorizzazione integrata ambientale osservando quanto specificato nell'articolo 4, commi 1, 3 e 4. In mancanza delle linee guida di cui all'articolo 4, comma 1, per gli impianti nuovi l'autorità competente rilascia comunque l'autorizzazione integrata ambientale tenendo conto di quanto previsto nell'allegato IV.

6. L'autorizzazione integrata ambientale contiene gli opportuni requisiti di controllo delle emissioni, che specificano, in conformità a quanto disposto dalla vigente normativa in materia ambientale e nel rispetto delle linee guida di cui all'articolo 4, comma 1, la metodologia e la frequenza di misurazione, la relativa procedura di valutazione, nonché l'obbligo di comunicare all'autorità competente i dati necessari per verificarne la conformità alle condizioni di autorizzazione ambientale integrata ed all'autorità competente e ai comuni interessati i dati relativi ai controlli delle emissioni richiesti dall'autorizzazione integrata ambientale. Tra i requisiti di controllo, l'autorizzazione stabilisce in particolare, nel rispetto delle linee guida di cui all'articolo 4, comma 1, e del decreto di cui all'articolo 18, comma 2, le modalità e la frequenza dei controlli programmati di cui all'articolo 11, comma 3. Per gli impianti di cui al punto 6.6 dell'allegato I, quanto previsto dal presente comma può tenere conto dei costi e benefici. Per gli impianti di competenza statale le comunicazioni di cui al presente comma sono trasmesse per il tramite dell'osservatorio di cui all'articolo 13 o, nelle more della sua attivazione, per il tramite dell'Agenzia per la protezione dell'ambiente e i servizi tecnici.

7. L'autorizzazione integrata ambientale contiene le misure relative alle condizioni diverse da quelle di normale esercizio, in particolareper le fasi di avvio e di arresto dell'impianto, per le emissioni fuggitive, per i malfunzionamenti, e per l'arresto definitivo dell'impianto.

8. Per gli impianti assoggettati al decreto legislativo 17 agosto 1999, n. 334, l'autorità competente ai sensi di tale decreto trasmette all'autorità competente per il rilascio dell'autorizzazione integrata ambientale i provvedimenti adottati, le cui prescrizioni ai fini della sicurezza e della prevenzione dei rischi di incidenti rilevanti sono riportate nella autorizzazione. In caso di decorrenza del termine stabilito dall'articolo 5, comma 12, senza che le suddette prescrizioni siano pervenute, l'autorità competente rilascia l'autorizzazione integrata ambientale e provvede al suo successivo aggiornamento, una volta concluso il procedimento ai sensi del decreto legislativo del 17 agosto 1999, n. 334.

9. L'autorizzazione integrata ambientale può contenere altre condizioni specifiche ai fini del presente decreto, giudicate opportune dall'autorità competente. Le disposizioni di cui al successivo art. 10 non si applicano alle modifiche necessarie per adeguare la funzionalità degli impianti alle prescrizioni dell'autorizzazione integrata ambientale.

8. Migliori tecniche disponibili e norme di qualità ambientale.

1. Se, a seguito di una valutazione dell'autorità competente, che tenga conto di tutte le emissioni coinvolte, risulta necessario applicare ad impianti, localizzati in una determinata area, misure più rigorose di quelle ottenibili con le migliori tecniche disponibili, al fine di assicurare in tale area il rispetto delle norme di qualità ambientale, l'autorità competente può prescrivere nelle autorizzazioni integrate ambientali misure supplementari particolari più rigorose, fatte salve le altre misure che possono essere adottate per rispettare le norme di qualità ambientale.

9. Rinnovo e riesame.

1. L'autorità competente rinnova ogni cinque anni le condizioni dell'autorizzazione integrata ambientale, o le condizioni dell'autorizzazione avente valore di autorizzazione integrata ambientale che non prevede un rinnovo periodico, confermandole o aggiornandole, a partire dalla data di cui all'articolo 5, comma 18, per gli impianti esistenti, e a partire dalla data di rilascio dell'autorizzazione negli altri casi, salvo per gli impianti di produzione di energia elettrica di potenza superiore a 300 MW termici ai quali si applica il disposto dell'articolo 17, comma 4, per i quali il primo rinnovo dell'autorizzazione è effettuato dopo sette anni dalla data di rilascio dell'autorizzazione. A tale fine, sei mesi prima della scadenza, il gestore invia all'autorità competente una domanda di rinnovo, corredata da una relazione contenente un aggiornamento delle informazioni di cui all'articolo 5, comma 1. Alla domanda si applica quanto previsto dall'articolo 5, comma 5. L'autorità competente si esprime nei successivi centocinquanta giorni con la procedura prevista dall'articolo 5, comma 10. Fino alla pronuncia dell'autorità competente, il gestore continua l'attività sulla base della precedente autorizzazione.

2. Nel caso di un impianto che, all'atto del rilascio dell'autorizzazione di cui all'articolo 5, risulti registrato ai sensi del regolamento (CE) n. 761/2001, il rinnovo di cui al comma 1 è effettuato ogni otto anni. Se la registrazione ai sensi del predetto regolamento è successiva all'autorizzazione di cui all'articolo 5, il rinnovo di detta autorizzazione è effettuato ogni otto anni a partire dal primo successivo rinnovo.

3. Nel caso di un impianto che, all'atto del rilascio dell'autorizzazione di cui all'articolo 5, risulti certificato secondo la norma UNI EN ISO 14001, il rinnovo di cui al comma 1 è effettuato ogni sei anni. Se la certificazione ai sensi della predetta norma è successiva all'autorizzazione di cui all'articolo 5, il rinnovo di detta autorizzazione è effettuato ogni sei anni a partire dal primo successivo rinnovo.

4. Il riesame è effettuato dall'autorità competente, anche su proposta delle amministrazioni competenti in materia ambientale, comunque quando:

a) l'inquinamento provocato dall'impianto è tale da rendere necessaria la revisione dei valori limite di emissione fissati nell'autorizzazione o l'inserimento in quest'ultima di nuovi valori limite;

b) le migliori tecniche disponibili hanno subito modifiche sostanziali, che consentono una notevole riduzione delle emissioni senza imporre costi eccessivi;

c) la sicurezza di esercizio del processo o dell'attività richiede l'impiego di altre tecniche;

d) nuove disposizioni legislative comunitarie o nazionali lo esigono.

5. In caso di rinnovo o di riesame dell'autorizzazione, l'autorità competente può consentire deroghe temporanee ai requisiti ivi fissati ai sensi dell'articolo 7, comma 3, se un piano di ammodernamento da essa approvato assicura il rispetto di detti requisiti entro un termine di sei mesi, e se il progetto determina una riduzione dell'inquinamento.

10. Modifica degli impianti o variazione del gestore.

1. Il gestore comunica all'autorità competente le modifiche progettate dell'impianto, come definite dall'articolo 2, comma 1, lettera m). L'autorità competente, ove lo ritenga necessario, aggiorna l'autorizzazione integrata ambientale o le relative condizioni, ovvero, se rileva che le modifiche progettate sono sostanziali ai sensi dell'articolo 2, comma 1, lettera n), ne dà notizia al gestore entro sessanta giorni dal ricevimento della comunicazione ai fini degli adempimenti di cui al comma 2. Decorso tale termine, il gestore può procedere alla realizzazione delle modifiche comunicate.

2. Nel caso in cui le modifiche progettate, ad avviso del gestore o a seguito della comunicazione di cui al comma 1, risultino sostanziali, il gestore invia all'autorità competente una nuova domanda di autorizzazione corredata da una relazione contenente un aggiornamento delle informazioni di cui all'articolo 5, commi 1 e 2. Si applica quanto previsto dall'articolo 5 in quanto compatibile.

3. Agli aggiornamenti delle autorizzazioni o delle relative prescrizioni di cui al comma 1 e alle autorizzazioni rilasciate ai sensi del comma 2 si applica il disposto dell'articolo 9, comma 5, e dell'articolo 5, comma 15.

4. Nel caso in cui intervengano variazioni nella titolarità della gestione dell'impianto, il vecchio gestore e il nuovo gestore ne danno comunicazione entro trenta giorni all'autorità competente, anche nelle forme dell'autocertificazione.

11. Rispetto delle condizioni dell'autorizzazione integrata ambientale.

1. Il gestore, prima di dare attuazione a quanto previsto dall'autorizzazione integrata ambientale, ne dà comunicazione all'autorità competente.

2. A far data dalla comunicazione di cui al comma 1, il gestore trasmette all'autorità competente e ai comuni interessati i dati relativi ai controlli delle emissioni richiesti dall'autorizzazione integrata ambientale, secondo modalità e frequenze stabilite nell'autorizzazione stessa. L'autorità competente provvede a mettere tali dati a disposizione del pubblico tramite gli uffici individuati ai sensi dell'articolo 5, comma 6.

3. L'Agenzia per la protezione dell'ambiente e per i servizi tecnici, per impianti di competenza statale, o le agenzie regionali e provinciali per la protezione dell'ambiente, negli altri casi, accertano, secondo quanto previsto e programmato nell'autorizzazione ai sensi dell'articolo 7, comma 6, e con oneri a carico del gestore:

a) il rispetto delle condizioni dell'autorizzazione integrata ambientale;

b) la regolarità dei controlli a carico del gestore, con particolare riferimento alla regolarità delle misure e dei dispositivi di prevenzione dell'inquinamento nonché al rispetto dei valori limite di emissione;

c) che il gestore abbia ottemperato ai propri obblighi di comunicazione e in particolare che abbia informato l'autorità competente regolarmente e, in caso di inconvenienti o incidenti che influiscano in modo significativo sull'ambiente, tempestivamente dei risultati della sorveglianza delle emissioni del proprio impianto.

4. Ferme restando le misure di controllo di cui al comma 3, l'autorità competente, nell'àmbito delle disponibilità finanziarie del proprio bilancio destinate allo scopo, può disporre ispezioni straordinarie sugli impianti autorizzati ai sensi del presente decreto.

5. Al fine di consentire le attività di cui ai commi 3 e 4, il gestore deve fornire tutta l'assistenza necessaria per lo svolgimento di qualsiasi verifica tecnica relativa all'impianto, per prelevare campioni e per raccogliere qualsiasi informazione necessaria ai fini del presente decreto.

6. Gli esiti dei controlli e delle ispezioni sono comunicati all'autorità competente indicando le situazioni di mancato rispetto delle prescrizioni di cui al comma 3, lettere a), b) e c), e proponendo le misure da adottare.

7. Ogni organo che svolge attività di vigilanza, controllo, ispezione e monitoraggio su impianti che svolgono attività di cui all'allegato I, e che abbia acquisito informazioni in materia ambientale rilevanti ai fini dell'applicazione del presente decreto, comunica tali informazioni, ivi comprese le notizie di reato, anche all'autorità competente.

8. I risultati del controllo delle emissioni, richiesti dalle condizioni dell'autorizzazione integrata ambientale e in possesso dell'autorità competente, devono essere messi a disposizione del pubblico, tramite l'ufficio individuato all'articolo 5, comma 6, nel rispetto di quanto previsto dal decreto legislativo 24 febbraio 1997, n. 39.

9. In caso di inosservanza delle prescrizioni autorizzatorie, o di esercizio in assenza di autorizzazione, l'autorità competente procede secondo la gravità delle infrazioni:

a) alla diffida, assegnando un termine entro il quale devono essere eliminate le irregolarità;

b) alla diffida e contestuale sospensione dell'attività autorizzata per un tempo determinato, ove sì manifestino situazioni di pericolo per l'ambiente;

c) alla revoca dell'autorizzazione integrata ambientale e alla chiusura dell'impianto, in caso di mancato adeguamento alle prescrizioni imposte con la diffida e in caso di reiterate violazioni che determinino situazioni di pericolo e di danno per l'ambiente.

10. In caso di inosservanza delle prescrizioni autorizzatorie, l'autorità competente, ove si manifestino situazioni di pericolo o di danno per la salute, ne dà comunicazione al sindaco ai fini dell'assunzione delle eventuali misure ai sensi dell'articolo 217 del regio decreto 27 luglio 1934, n. 1265.

11. L'Agenzia per la protezione dell'ambiente e per i servizi tecnici esegue i controlli di cui al comma 3 anche avvalendosi delle agenzie regionali e provinciali per la protezione dell'ambiente territorialmente competenti, nel rispetto di quanto disposto all'articolo 03, comma 5, del decreto-legge 4 dicembre 1993, n. 496, convertito, con modificazioni, dalla legge 21 gennaio 1994, n. 61.

12. Inventario delle principali emissioni e loro fonti.

1. I gestori degli impianti di cui all'allegato I trasmettono all'autorità competente e al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio, per il tramite dell'Agenzia per la protezione dell'ambiente e per i servizi tecnici, entro il 30 aprile di ogni anno i dati caratteristici relativi alle emissioni in aria, acqua e suolo, dell'anno precedente, secondo quanto già stabilito ai sensi dell'articolo 10, comma 2, del decreto legislativo 4 agosto 1999, n. 372.

2. Con decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio, in conformità a quanto previsto dalla Commissione europea, sentita la Conferenza unificata istituita ai sensi del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, sono apportate modifiche ai dati e al formato della comunicazione di cui al comma 1, già stabiliti ai sensi dell'articolo 10, comma 2, del decreto legislativo 4 agosto 1999, n. 372.

3. L'Agenzia per la protezione dell'ambiente e per i servizi tecnici elabora i dati di cui al comma 1 e li trasmette all'autorità competente e al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio anche per l'invio alla Commissione europea.

4. Il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e l'Agenzia per la protezione dell'ambiente e per i servizi tecnici, assicurano, nel rispetto del decreto legislativo 24 febbraio 1997, n. 39, l'accesso del pubblico ai dati di cui al comma 1 e alle successive elaborazioni.

13. Osservatorio.

1. Al fine di garantire una più efficiente applicazione delle norme in materia di prevenzione e riduzione integrate dell'inquinamento e segnatamente per le finalità specificate nell'allegato VI è istituito, presso il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio un osservatorio sull'applicazione comunitaria, nazionale e regionale della direttiva 96/61/CE e del presente decreto a servizio delle autorità competenti. Con decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio, d'intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, si provvede all'aggiornamento dell'allegato VI e sono stabilite le modalità di organizzazione e funzionamento dell'osservatorio di cui al presente articolo.

2. Le autorità competenti comunicano al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio, con cadenza annuale, i dati concernenti le domande ricevute, le autorizzazione rilasciate ed i successivi aggiornamenti, d'intesa con la Conferenza unificata istituita ai sensi del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, nonché un rapporto sulle situazioni di mancato rispetto delle prescrizioni della autorizzazione integrata ambientale.

3. Le domande relative agli impianti di competenza statale di cui all'articolo 5, comma 4, i dati di cui al comma 2 del presente articolo, quelli di cui ai commi 6 e 7 dell'articolo 11, nonché altri dati utili per le finalità dell'osservatorio sono trasmessi al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio, per il tramite dell'Agenzia nazionale per la protezione dell'ambiente e i servizi tecnici, secondo il formato e le modalità anche telematiche stabiliti con decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio, d'intesa la Conferenza unificata istituita ai sensi del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281 (7).

4. Al funzionamento dell'osservatorio si provvede mediante le risorse umane, strumentali e finanziarie in dotazione del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio a legislazione vigente. Ai componenti dell'Osservatorio non spettano compensi, nè rimborsi spese e gli stessi assicurano la partecipazione nell'àmbito delle attività istituzionali degli organismi di provenienza. In ogni caso dall'attuazione del presente articolo non derivano oneri aggiuntivi a carico dello Stato.

(7) Il formato e le modalità per la presentazione della domanda di autorizzazione integrata ambientale di competenza statale sono stati stabiliti con D.M. 7 febbraio 2007 (Gazz. Uff. 15 marzo 2007, n. 62).

14. Scambio di informazioni.

1. Le autorità competenti trasmettono al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio, attraverso l'osservatorio di cui all'articolo 13 o, nelle more della sua attivazione, per il tramite dell'Agenzia per la protezione dell'ambiente e i servizi tecnici ogni tre anni, entro il 30 aprile, una comunicazione relativa all'applicazione del presente decreto, ed in particolare ai valori limite di emissione applicati agli impianti di cui all'allegato I e alle migliori tecniche disponibili su cui detti valori si basano, sulla base dell'apposito formulano già emanato ai sensi dell'articolo 11, comma 1, del decreto legislativo 4 agosto 1999, n. 372.

2. Il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio predispone e invia alla Commissione europea una relazione sull'attuazione della direttiva 96/61/CE e sulla sua efficacia rispetto ad altri strumenti comunitari di protezione dell'ambiente, sulla base del questionario, stabilito con decisione 1999/391 del 31 maggio 1999 della Commissione europea, e successive modificazioni, redatto a norma degli articoli 5 e 6 della direttiva 91/692/CEE. La prima relazione si riferisce al triennio compreso tra il 1° gennaio 2003 e il 1° gennaio 2006.

3. Il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio, di intesa con il Ministero delle attività produttive, con il Ministero della salute e con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, provvede ad assicurare la partecipazione dell'Italia allo scambio di informazioni organizzato dalla Commissione europea relativamente alle migliori tecniche disponibili e al loro sviluppo, nonché alle relative prescrizioni in materia di controllo, e a rendere accessibili i risultati di tale scambio di informazioni. Le modalità di tale partecipazione, in particolare, dovranno consentire il coinvolgimento delle autorità competenti in tutte le fasi ascendenti dello scambio di informazioni. Le attività di cui al presente comma sono svolte di intesa con il Ministero delle politiche agricole e forestali limitatamente alle attività di cui al punto 6.6 dell'allegato I.

4. Il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio, anche avvalendosi dell'osservatorio di cui all'articolo 13, provvede a garantire la sistematica informazione del pubblico sullo stato di avanzamento dei lavori relativi allo scambio di informazioni di cui al comma 3 e adotta d'intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, modalità di scambio di informazioni tra le autorità competenti, al fine di promuovere una più ampia conoscenza sulle migliori tecniche disponibili e sul loro sviluppo.

15. Effetti transfrontalieri.

1. Nel caso in cui il funzionamento di un impianto possa avere effetti negativi e significativi sull'ambiente di un altro Stato dell'Unione europea, il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio, d'intesa con il Ministero degli affari esteri, comunica a tale Stato membro i dati forniti ai sensi degli articoli 5 e 9, nel momento stesso in cui sono messi a disposizione del pubblico. Comunque tali dati devono essere forniti ad uno Stato dell'Unione europea che ne faccia richiesta, qualora ritenga di poter subire effetti negativi e significativi sull'ambiente nel proprio territorio. Nel caso in cui l'impianto non ricada nell'àmbito delle competenze statali, l'autorità competente, qualora constati che il funzionamento di un impianto possa avere effetti negativi e significativi sull'ambiente di un altro Stato dell'Unione europea, informa il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio che provvede ai predetti adempimenti.

2. Il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio provvede, d'intesa con il Ministero degli affari esteri, nel quadro dei rapporti bilaterali fra Stati, affinché, nei casi di cui al comma 1, le domande siano accessibili anche ai cittadini dello Stato eventualmente interessato per un periodo di tempo adeguato che consenta una presa di posizione prima della decisione dell'autorità competente.

16. Sanzioni.

1. Chiunque esercita una delle attività di cui all'allegato I senza essere in possesso dell'autorizzazione integrata ambientale o dopo che la stessa sia stata sospesa o revocata è punito con la pena dell'arresto fino ad un anno o con l'ammenda da 2.500 euro a 26.000 euro.

2. Salvo che il fatto costituisca più grave reato, si applica la sola pena dell'ammenda da 5.000 euro a 26.000 euro nei confronti di colui che pur essendo in possesso dell'autorizzazione integrata ambientale non ne osserva le prescrizioni o quelle imposte dall'autorità competente.

3. Chiunque esercita una delle attività di cui all'allegato I dopo l'ordine di chiusura dell'impianto è punito con la pena dell'arresto da sei mesi a due anni o con l'ammenda da 5.000 euro a 52.000 euro.

4. È punito con la sanzione amministrativa pecuniaria da 5.000 euro a 52.000 euro il gestore che omette di trasmettere all'autorità competente la comunicazione prevista dall'articolo 11, comma 1.

5. È punito con la sanzione amministrativa pecuniaria da 2.500 euro a 11.000 euro il gestore che omette di comunicare all'autorità competente e ai comuni interessati i dati relativi alle misurazioni delle emissioni di cui all'articolo 11, comma 2.

6. È punito con la sanzione amministrativa pecuniaria da 5.000 euro a 26.000 euro il gestore che, senza giustificato e documentato motivo, omette di presentare, nel termine stabilito dall'autorità competente, la documentazione integrativa prevista dall'articolo 5, comma 13.

7. Alle sanzioni amministrative pecuniarie previste dal presente decreto non si applica il pagamento in misura ridotta di cui all'articolo 16 della legge 24 novembre 1981, n. 689.

8. Le sanzioni sono irrogate dal prefetto per gli impianti di competenza statale e dall'autorità competente per gli altri.

9. Le somme derivanti dai proventi delle sanzioni amministrative previste dal presente articolo sono versate all'entrata dei bilanci delle autorità competenti.

10. Per gli impianti rientranti nel campo di applicazione del presente decreto, dalla data di rilascio dell'autorizzazione integrata ambientale, non si applicano le sanzioni, previste da norme di settore, relative a fattispecie oggetto del presente articolo.

17. Disposizioni transitorie.

1. Le disposizioni relative alle autorizzazioni previste dalla vigente normativa in materia di inquinamento atmosferico, idrico e del suolo, si applicano fino a quando il gestore si sia adeguato alle condizioni fissate nell'autorizzazione integrata ambientale rilasciata ai sensi dell'articolo 5. I gestori degli impianti di cui all'articolo 2, comma 1, lettera s), del D.M. 16 gennaio 2004, n. 44 del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio, che intendono conformarsi alle disposizioni di cui all'allegato II dello stesso decreto ministeriale e ricadenti nel campo di applicazione del presente decreto, presentano la relazione e il progetto di adeguamento di cui all'articolo 6, comma 3, del D.M. 16 gennaio 2004, n. 44 del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio, contestualmente alla domanda di autorizzazione integrata ambientale nel rispetto dei termini previsti dall'articolo 5, comma 3. Nel caso in cui la relazione e il progetto di cui sopra siano stati già presentati alla data di entrata in vigore del presente decreto la loro valutazione è effettuata nell'àmbito del procedimento integrato.

2. I procedimenti di rilascio di autorizzazioni che ricomprendono autorizzazione integrata ambientale, in corso alla data di entrata in vigore del presente decreto, sono portati a termine dalla medesima autorità presso la quale sono stati avviati. Il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio adotta le determinazioni relative all'autorizzazione integrata ambientale per l'esercizio degli impianti di competenza statale, in conformità ai princìpi del presente decreto, entro il termine perentorio di sessanta giorni decorrenti dal rilascio della valutazione di impatto ambientale. Per gli impianti già muniti di valutazione di impatto ambientale, il predetto termine di sessanta giorni decorre dalla data di entrata in vigore del presente decreto. Nei casi di inutile scadenza del termine previsto dal presente comma, o di determinazione negativa del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio, la decisione definitiva in ordine all'autorizzazione integrata ambientale è rimessa al Consiglio dei Ministri.

3. Le linee guida per l'individuazione e l'utilizzazione delle migliori tecniche disponibili emanate ai sensi dell'articolo 3, comma 2, del decreto legislativo 4 agosto 1999, n. 372, tengono luogo, per gli impianti esistenti, delle corrispondenti linee guida di cui all'articolo 4, comma 1, nelle more della loro approvazione. È facoltà del gestore di integrare la domanda già presentata a seguito della pubblicazione del pertinente decreto di cui all'articolo 4, comma 1. In tale caso il termine di cui all'articolo 5, comma 12, decorre dalla data di presentazione dell'integrazione.

4. Fermo restando il disposto dell'articolo 9, comma 1, sono fatte salve le autorizzazioni integrate ambientali già rilasciate, nonché le autorizzazioni uniche e quelle che ricomprendono per legge tutte le autorizzazioni ambientali richieste dalla normativa vigente alla data di rilascio dell'autorizzazione, rilasciate dal 10 novembre 1999 alla data di entrata in vigore del presente decreto. La stessa autorità che ha rilasciato l'autorizzazione verifica la necessità di procedere al riesame del provvedimento ai sensi dell'articolo 9, comma 4.

5. Quanto previsto dall'articolo 16, comma 1, non si applica al gestore di una attività industriale per la quale è prevista l'emanazione di un calendario ai sensi dell'articolo 5, comma 3, per la presentazione della domanda di autorizzazione integrata ambientale, fino al termine fissato nel calendario e nelle more della conclusione del procedimento relativo alla domanda presentata entro tale termine.

18. Disposizioni finali.

1. Le spese occorrenti per effettuare i rilievi, gli accertamenti ed i sopralluoghi necessari per l'istruttoria delle domande di autorizzazione integrata ambientale e per i successivi controlli previsti dall'art. 11, comma 3, sono a carico del gestore.

2. Con decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio, di concerto con il Ministro delle attività produttive e con il Ministro dell'economia e delle finanze, d'intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, entro sei mesi dalla data di entrata in vigore del presente decreto, sono disciplinate le modalità, anche contabili, e le tariffe da applicare in relazione alle istruttorie e ai controlli previsti dal presente decreto, nonché i compensi spettanti ai membri della commissione istruttoria di cui all'articolo 5, comma 9. Gli oneri per l'istruttoria e per i controlli sono quantificati in relazione alla complessità, delle attività svolte dall'autorità competente, sulla base del numero e della tipologia delle emissioni e delle componenti ambientali interessate, nonché della eventuale presenza di sistemi di gestione registrati o certificati e delle spese di funzionamento della commissione di cui all'articolo 5, comma 9. Tali oneri, posti a carico del gestore, sono utilizzati esclusivamente per le predette spese. A tale fine gli importi delle tariffe vengono versati all'entrata del bilancio dello Stato per essere riassegnati allo stato di previsione del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio.

3. Con decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio, di concerto con il Ministro delle attività produttive e con il Ministro della salute, d'intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, possono essere introdotte modifiche all'allegato V, anche per assicurare il coordinamento tra le procedure di rilascio dell'autorizzazione integrata ambientale e quelle in materia di valutazione d'impatto ambientale.

4. Le amministrazioni statali, gli enti territoriali e locali, gli enti pubblici, ivi compresi le università e gli istituti di ricerca, le società per azioni a prevalente partecipazione pubblica, comunicano alle autorità competenti un elenco dei piani e un riepilogo dei dati storici e conoscitivi del territorio e dell'ambiente in loro possesso, utili ai fini delle istruttorie per il rilascio di autorizzazioni integrate ambientali, segnalando quelli riservati e rendono disponibili tali dati alle stesse autorità competenti in forma riproducibile e senza altri oneri oltre quelli di copia, anche attraverso le procedure e gli standard di cui all'articolo 6-quater del decreto-legge 12 ottobre 2000, n. 279, convertito, con modificazioni, dalla legge 11 dicembre 2000, n. 365. I dati relativi agli impianti di competenza statale sono comunicati attraverso l'osservatorio di cui all'articolo 13 o, nelle more della sua attivazione, per il tramite dell'Agenzia per la protezione dell'ambiente e i servizi tecnici, nell'àmbito dei compiti istituzionali ad essa demandati.

5. L'autorità competente rende accessibili ai gestori i dati storici e conoscitivi del territorio e dell'ambiente in proprio possesso, di interesse ai fini dell'applicazione del presente decreto, ove non ritenuti riservati, ed in particolare quelli di cui al comma 4, anche attraverso le procedure e gli standard di cui all'articolo 6-quater del decreto-legge 12 ottobre 2000, n. 279, convertito, con modificazioni, dalla legge 11 dicembre 2000, n. 365. A tale fine l'autorità competente può avvalersi dell'osservatorio di cui all'articolo 13 del presente decreto.

6. Con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio, di concerto con il Ministro delle attività produttive e con il Ministro della salute, d'intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, sono disciplinate le modalità di autorizzazione nel caso in cui più impianti o parti di essi siano localizzati sullo stesso sito, gestiti dal medesimo gestore, e soggetti ad autorizzazione integrata ambientale da rilasciare da più di una autorità competente.

7. Con decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio, previa comunicazione ai Ministri delle attività produttive, della salute e delle politiche agricole e forestali, si provvede al recepimento di direttive tecniche di modifica degli allegati I, III e IV emanate dalla Commissione europea. Ogni qualvolta tali direttive tecniche prevedano poteri discrezionali per il proprio recepimento, il provvedimento adottato, di concerto con i Ministri delle attività produttive, della salute e delle politiche agricole e forestali, a seconda dei rispettivi ambiti di competenza.

8. Dall'attuazione del presente decreto non devono derivare nuovi o maggiori oneri, nè minori entrate a carico della finanza pubblica.

9. Per gli impianti di produzione di energia elettrica di potenza superiore a 300 MW termici, di intesa tra i Ministri dell'ambiente e della tutela del territorio e delle attività produttive, sono stabilite le modalità di coordinamento delle fasi procedurali connesse tra il procedimento unico di cui al decreto-legge 7 febbraio 2002, n. 7, convertito, con modificazioni, dalla legge 9 aprile 2002, n. 55, e il procedimento per il rilascio dell'autorizzazione integrata ambientale di cui al presente decreto.

10. Il rilascio dell'autorizzazione di cui al presente decreto non esime i gestori dalla responsabilità in relazione alle eventuali sanzioni per il mancato raggiungimento degli obiettivi di riduzione delle emissioni, connessi con gli impegni assunti con il Protocollo di Kyoto.

19. Abrogazioni.

1. È abrogato il decreto legislativo 4 agosto 1999, n. 372, fatto salvo quanto previsto all'articolo 4, comma 2.

2. È abrogata la lettera d) dal comma 2 dell'articolo 18 della legge 23 marzo 2001, n. 93.

3. Sono abrogati i commi 3, 4 e 5 dell'articolo 77 della legge 27 dicembre 2002, n. 289.

4. È abrogato l'articolo 9 del decreto-legge 24 dicembre 2003, n. 355, convertito, con modificazioni, dalla legge 27 febbraio 2004, n. 47.

5. Sono abrogati i commi 1 e 4 dell'articolo 10 del decreto legislativo 13 gennaio 2003, n. 36, in materia di discariche.

6. Sono fatti salvi gli effetti del D.M. 29 maggio 2003, del D.M. 19 novembre 2002 e del D.M. 23 novembre 2001 tutti del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio, e successive modificazioni, e del D.P.C.M. 24 dicembre 2002 e del D.P.C.M. 24 febbraio 2003.

 

 

 

Allegato I

(articolo 1, comma 1)

Categorie di attività industriali di cui all'art. 1

1. Gli impianti o le parti di impianti utilizzati per la ricerca, lo sviluppo e la sperimentazione di nuovi prodotti e processi non rientrano nel presente decreto.

2. I valori limite riportati di seguito si riferiscono in genere alle capacità di produzione o alla resa. Qualora uno stesso gestore ponga in essere varie attività elencate alla medesima voce in uno stesso impianto o in una stessa località, si sommano le capacità di tali attività.

1. Attività energetiche.

1.1 Impianti di combustione con potenza termica di combustione di oltre 50 MW.

1.2. Raffinerie di petrolio e di gas.

1.3. Cokerie.

1.4. Impianti di gassificazione e liquefazione del carbone.

2. Produzione e trasformazione dei metalli.

2.1 Impianti di arrostimento o sinterizzazione di minerali metallici compresi i minerali solforati.

2.2. Impianti di produzione di ghisa o acciaio (fusione primaria o secondaria), compresa la relativa colata continua di capacità superiore a 2,5 tonnellate all'ora.

2.3. Impianti destinati alla trasformazione di metalli ferrosi mediante:

a) laminazione a caldo con una capacità superiore a 20 tonnellate di acciaio grezzo all'ora;

b) forgiatura con magli la cui energia di impatto supera 50 kJ per maglio e allorché la potenza calorifica è superiore a 20 MW;

c) applicazione di strati protettivi di metallo fuso con una capacità di trattamento superiore a 2 tonnellate di acciaio grezzo all'ora.

2.4. Fonderie di metalli ferrosi con una capacità di produzione superiore a 20 tonnellate al giorno.

2.5. Impianti:

a) destinati a ricavare metalli grezzi non ferrosi da minerali, nonché concentrati o materie prime secondarie attraverso procedimenti metallurgici, chimici o elettrolitici;

b) di fusione e lega di metalli non ferrosi, compresi i prodotti di recupero (affinazione, formatura in fonderia), con una capacità di fusione superiore a 4 tonnellate al giorno per il piombo e il cadmio o a 20 tonnellate al giorno per tutti gli altri metalli.

2.6. Impianti per il trattamento di superficie di metalli e materie plastiche mediante processi elettrolitici o chimici qualora le vasche destinate al trattamento utilizzate abbiano un volume superiore a 30 m3.

3. Industria dei prodotti minerali.

3.1. Impianti destinati alla produzione di clinker (cemento) in forni rotativi la cui capacità di produzione supera 500 tonnellate al giorno oppure di calce viva in forni rotativi la cui capacità di produzione supera 50 tonnellate al giorno, o in altri tipi di forni aventi una capacità di produzione di oltre 50 tonnellate al giorno.

3.2. Impianti destinati alla produzione di amianto e alla fabbricazione di prodotti dell'amianto.

3.3. Impianti per la fabbricazione del vetro compresi quelli destinati alla produzione di fibre di vetro, con capacità di fusione di oltre 20 tonnellate al giorno.

3.4. Impianti per la fusione di sostanze minerali compresi quelli destinati alla produzione di fibre minerali, con una capacità di fusione di oltre 20 tonnellate al giorno.

3.5. Impianti per la fabbricazione di prodotti ceramici mediante cottura, in particolare tegole, mattoni, mattoni refrattari, piastrelle, gres, porcellane, con una capacità di produzione di oltre 75 tonnellate al giorno e/o con una capacità di forno superiore a 4 m3 e con una densità di colata per forno superiore a 300 kg/m3.

4. Industria chimica.

Nell'àmbito delle categorie di attività della sezione 4 si intende per produzione la produzione su scala industriale mediante trasformazione chimica delle sostanze o dei gruppi di sostanze di cui ai punti da 4.1 a 4.6.

4.1 Impianti chimici per la fabbricazione di prodotti chimici organici di base come:

a) idrocarburi semplici (lineari o anulari, saturi o insaturi, alifatici o aromatici);

b) idrocarburi ossigenati, segnatamente alcoli, aldeidi, chetoni, acidi carbossilici, esteri, acetati, eteri, perossidi, resine, epossidi;

c) idrocarburi solforati;

d) idrocarburi azotati, segnatamente ammine, amidi, composti nitrosi, nitrati o nitrici, nitrili, cianati, isocianati;

e) idrocarburi fosforosi;

f) idrocarburi alogenati;

g) composti organometallici;

h) materie plastiche di base (polimeri, fibre sintetiche, fibre a base di cellulosa);

i) gomme sintetiche;

j) sostanze coloranti e pigmenti;

k) tensioattivi e agenti di superficie.

4.2. Impianti chimici per la fabbricazione di prodotti chimici inorganici di base, quali:

a) gas, quali ammoniaca; cloro o cloruro di idrogeno, fluoro o fluoruro di idrogeno, ossidi di carbonio, composti di zolfo, ossidi di azoto, idrogeno, biossido di zolfo, bicloruro di carbonile;

b) acidi, quali acido cromico, acido fluoridrico, acido fosforico, acido nitrico, acido cloridrico, acido solforico, oleum e acidi solforati;

c) basi, quali idrossido d'ammonio, idrossido di potassio, idrossido di sodio;

d) sali, quali cloruro d'ammonio, clorato di potassio, carbonato di potassio, carbonato di sodio, perborato, nitrato d'argento;

e) metalloidi, ossidi metallici o altri composti inorganici, quali carburo di calcio, silicio, carburo di silicio.

4.3. Impianti chimici per la fabbricazione di fertilizzanti a base di fosforo, azoto o potassio (fertilizzanti semplici o composti).

4.4 Impianti chimici per la fabbricazione di prodotti di base fitosanitari e di biocidi.

4.5 Impianti che utilizzano un procedimento chimico o biologico per la fabbricazione di prodotti farmaceutici di base.

4.6. Impianti chimici per la fabbricazione di esplosivi.

5. Gestione dei rifiuti.

Salvi l'art. 11 della direttiva 75/442/CEE e l'art. 3 della direttiva 91/689/CEE, del 12 dicembre 1991 del Consiglio, relativa ai rifiuti pericolosi.

5.1. Impianti per l'eliminazione o il ricupero di rifiuti pericolosi, della lista di cui all'art. 1, paragrafo 4, della direttiva 91/689/CEE quali definiti negli allegati II A e II B (operazioni R 1, R 5, R 6, R 8 e R 9) della direttiva 75/442/CEE e nella direttiva 75/439/CEE del 16 giugno 1975 del Consiglio, concernente l'eliminazione degli oli usati, con capacità di oltre 10 tonnellate al giorno.

5.2. Impianti di incenerimento dei rifiuti urbani quali definiti nella direttiva 89/369/CEE dell'8 giugno 1989 del Consiglio, concernente la prevenzione dell'inquinamento atmosferico provocato dai nuovi impianti di incenerimento dei rifiuti urbani, e nella direttiva 89/429/CEE del 21 giugno 1989 del Consiglio, concernente la riduzione dell'inquinamento atmosferico provocato dagli impianti di incenerimento dei rifiuti urbani, con una capacità superiore a 3 tonnellate all'ora.

5.3. Impianti per l'eliminazione dei rifiuti non pericolosi quali definiti nell'allegato 11 A della direttiva 75/442/CEE ai punti D 8, D 9 con capacità superiore a 50 tonnellate al giorno.

5.4. Discariche che ricevono più di 10 tonnellate al giorno o con una capacità totale di oltre 25.000 tonnellate, ad esclusione delle discariche per i rifiuti inerti.

6. Altre attività.

6.1. Impianti industriali destinati alla fabbricazione:

a) di pasta per carta a partire dal legno o da altre materie fibrose;

b) di carta e cartoni con capacità di produzione superiore a 20 tonnellate al giorno;

6.2. Impianti per il pretrattamento (operazioni di lavaggio, imbianchimento, mercerizzazione) o la tintura di fibre o di tessili la cui capacità di trattamento supera le 10 tonnellate al giorno.

6.3. Impianti per la concia delle pelli qualora la capacità di trattamento superi le 12 tonnellate al giorno di prodotto finito.

6.4:

a) Macelli aventi una capacità di produzione di carcasse di oltre 50 tonnellate al giorno;

b) Trattamento e trasformazione destinati alla fabbricazione di prodotti alimentari a partire da: materie prime animali (diverse dal latte) con una capacità di produzione di prodotti finiti di oltre 75 tonnellate al giorno ovvero materie prime vegetali con una capacità di produzione di prodotti finiti di oltre 300 tonnellate al giorno (valore medio su base trimestrale);

c) Trattamento e trasformazione del latte, con un quantitativo di latte ricevuto di oltre 200 tonnellate al giorno (valore medio su base annua).

6.5. Impianti per l'eliminazione o il recupero di carcasse e di residui di animali con una capacità di trattamento di oltre 10 tonnellate al giorno.

6.6. Impianti per l'allevamento intensivo di pollame o di suini con più di:

a) 40.000 posti pollame;

b) 2.000 posti suini da produzione (di oltre 30 kg), o

c) 750 posti scrofe.

6.7. Impianti per il trattamento di superficie di materie, oggetti o prodotti utilizzando solventi organici, in particolare per apprettare, stampare, spalmare, sgrassare, impermeabilizzare, incollare, verniciare, pulire o impregnare, con una capacità di consumo di solvente superiore a 150 kg all'ora o a 200 tonnellate all'anno.

6.8. Impianti per la fabbricazione di carbonio (carbone duro) o grafite per uso elettrico mediante combustione o grafitizzazione.

 

Allegato II

(articolo 5, comma 14)

Elenco delle autorizzazioni ambientali già in atto, da considerare sostituite dalla autorizzazione integrata ambientale

1. Autorizzazione alle emissioni in atmosfera, fermi restando i profili concernenti aspetti sanitari (decreto del Presidente della Repubblica 24 maggio 1988, n. 203).

2. Autorizzazione allo scarico (decreto legislativo 11 maggio 1999, n. 152).

3. Autorizzazione alla realizzazione e modifica di impianti di smaltimento o recupero dei rifiuti (decreto legislativo 5 febbraio 1997, n. 22, art. 27).

4. Autorizzazione all'esercizio delle operazioni di smaltimento o recupero dei rifiuti (decreto legislativo 5 febbraio 1997, n. 22, art. 28).

5. Autorizzazione allo smaltimento degli apparecchi contenenti PCB-PCT (decreto legislativo 22 maggio 1999, n. 209, art. 7).

6. Autorizzazione alla raccolta ed eliminazione oli usati (decreto legislativo 27 gennaio 1992, n. 95, art 5).

7. Autorizzazione all'utilizzo dei fanghi derivanti dal processo di depurazione in agricoltura (decreto legislativo 27 gennaio 1992, n. 99, art. 9) [1].

8. Comunicazione ex art. 33 del decreto legislativo 5 febbraio 1997, n. 22 per gli impianti non ricadenti nella categoria 5 dell'Allegato I, ferma restando la possibilità di utilizzare successivamente le procedure previste dagli articoli 31 e 33 del decreto legislativo n. 22 del 1997 e dalle rispettive norme di attuazione.

Ai sensi dell'art. 5, comma 14, il presente allegato II è modificato con decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio di concerto con i Ministri delle attività produttive e della salute, d'intesa con la Conferenza unificata istituita ai sensi del decreto legislativo 25 agosto 1997, n. 281.

__________

[1] Si noti che l'attività non è di per sè soggetta al presente decreto, ma può essere oggetto di autorizzazione integrata ambientale nei casi sia tecnicamente connessa ad una attività di cui all'allegato I.

 

Allegato III

(articolo 2, comma 1, lettera g)

Elenco indicativo delle principali sostanze inquinanti di cui è obbligatorio tener conto se pertinenti per stabilire i valori limite di emissione

Aria:

1. Ossidi di zolfo e altri composti dello zolfo.

2. Ossidi di azoto e altri composti dell'azoto.

3. Monossido di carbonio.

4. Composti organici volatili.

5. Metalli e relativi composti.

6. Polveri.

7. Amianto (particelle in sospensione e fibre).

8. Cloro e suoi composti.

9. Fluoro e suoi composti.

10. Arsenico e suoi composti.

11. Cianuri.

12. Sostanze e preparati di cui sono comprovate proprietà cancerogene, mutagene o tali da poter influire sulla riproduzione quando sono immessi nell'atmosfera.

13. Policlorodibenzodiossina (PCDD) e policlorodibenzofurani (PCDF).

Acqua:

1. Composti organoalogenati e sostanze che possono dar loro origine nell'ambiente idrico.

2. Composti organofosforici.

3. Composti organici dello stagno.

4. Sostanze e preparati di cui sono comprovate proprietà cancerogene, mutagene o tali da poter influire sulla riproduzione in ambiente idrico o con il concorso dello stesso.

5. Idrocarburi persistenti e sostanze organiche tossiche persistenti e bioaccumulabili.

6. Cianuri.

7. Metalli e loro composti.

8. Arsenico e suoi composti.

9. Biocidi e prodotti fitofarmaceutici.

10. Materie in sospensione.

11. Sostanze che contribuiscono all'eutrofizzazione (nitrati e fosfati, in particolare).

12. Sostanze che esercitano un'influenza sfavorevole sul bilancio di ossigeno (misurabili con parametri quali BOD, COD).

 

Allegato IV

(articolo 2, comma 1, lettera o)

Considerazioni da tenere presenti in generale o in un caso particolare nella determinazione delle migliori tecniche disponibili, secondo quanto definito all'art. 2, comma 1, lettera o), tenuto conto dei costi e dei benefìci che possono risultare da un'azione e del principio di precauzione e prevenzione.

1. Impiego di tecniche a scarsa produzione di rifiuti.

2. Impiego di sostanze meno pericolose.

3. Sviluppo di tecniche per il ricupero e il riciclo delle sostanze emesse e usate nel processo, e, ove opportuno, dei rifiuti.

4. Processi, sistemi o metodi operativi comparabili, sperimentati con successo su scala industriale.

5. Progressi in campo tecnico e evoluzione, delle conoscenze in campo scientifico.

6. Natura, effetti e volume delle emissioni in questione.

7. Date di messa in funzione degli impianti nuovi o esistenti.

8. Tempo necessario per utilizzare una migliore tecnica disponibile.

9. Consumo e natura delle materie prime ivi compresa l'acqua usata nel processo e efficienza energetica.

10. Necessità di prevenire o di ridurre al minimo l'impatto globale sull'ambiente delle emissioni e dei rischi.

11. Necessità di prevenire gli incidenti e di ridurne le conseguenze per l'ambiente.

12. lnformazioni pubblicate dalla Commissione europea ai sensi dell'art. 16, paragrafo 2, della direttiva 96/61/CE, o da organizzazioni internazionali.

 

Allegato V

(articolo 2, comma 1, lettera i)

Categorie di impianti relativi alle attività industriali di cui all'allegato I, soggetti ad autorizzazione integrata ambientale statale

1) Raffinerie di petrolio greggio (escluse le imprese che producono soltanto lubrificanti dal petrolio greggio), nonché impianti di gassificazione e di liquefazione di almeno 500 tonnellate (Mg) al giorno di carbone o di scisti bituminosi;

2) Centrali termiche ed altri impianti di combustione con potenza termica di almeno 300 MW;

3) Acciaierie integrate di prima fusione della ghisa e dell'acciaio;

4) Impianti chimici con capacità produttiva complessiva annua per classe di prodotto, espressa in milioni di chilogrammi, superiore alle soglie di seguito indicate:

 

Soglie*

Classe di prodotto

Gg/anno

 

 

a) idrocarburi semplici (lineari o anulari, saturi o insaturi, alifatici o aromatici)

200

b) idrocarburi ossigenati, segnatamente alcoli, aldeidi, chetoni, acidi carbossilici, esteri, acetati, eteri, perossidi, resine,

200

 

epossidi

 

c) idrocarburi solforati

100

d) idrocarburi azotati, segnatamente ammine, amidi, composti nitrosi, nitrati o nitrici, nitrili, cianati, isocianati

100

e) idrocarburi fosforosi

100

f) idrocarburi alogenati

100

g) composti organometallici

100

h) materie plastiche di base (polimeri, fibre sintetiche, fibre a base di cellulosa)

100

i) gomme sintetiche

100

j) gas, quali ammoniaca, cloro o cloruro di idrogeno, fluoro o fluoruro di idrogeno, ossidi di carbonio, composti di

100

zolfo, ossidi di azoto, idrogeno, biossido di zolfo, bicloruro di carbonile

 

k) acidi, quali acido cromico, acido fluoridrico, acido fosforico, acido nitrico, acido cloridrico, acido solforico, oleum e

100

 

acidi solforati

 

l) basi, quali idrossido d'ammonio, idrossido di potassio, idrossido di sodio

100

m) fertilizzanti a base di fosforo, azoto o potassio (fertilizzanti semplici o composti)

300

 

 

 

* Le soglie della tabella sono riferite alla somma delle capacità produttive relative ai singoli composti che sono riportati in

un'unica riga.

 

 

 

 

5) Impianti funzionalmente connessi a uno degli impianti di cui ai punti precedenti, localizzati nel medesimo sito e gestiti dal medesimo gestore, che non svolgono attività di cui all'allegato I;

6) Altri impianti rientranti nelle categorie di cui all'allegato I localizzati interamente in mare.

Ai sensi dell'art. 18, comma 3, possono essere introdotte modifiche al presente allegato V con decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio di concerto con il Ministro delle attività produttive e con il Ministro della salute, d'intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e Bolzano.

 

Allegato VI

(articolo 13, comma 1)

Finalità dell'osservatorio IPPC di cui all'art. 13 del presente decreto

Sviluppare e rendere operativi, anche in via telematica, strumenti a supporto delle seguenti attività di competenza del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio:

a) presentazione, acquisizione, valutazione e partecipazione del pubblico relativamente alle domande di autorizzazione integrata ambientale di competenza statale;

b) circolazione di documenti tra i soggetti deputati a partecipare alle conferenze di servizi di cui all'art. 5, comma 10, a svolgere attività istruttoria e a svolgere attività di controllo relativamente alle autorizzazioni integrate ambientali di competenza statale;

c) scambio di informazione a livello nazionale di cui all'art. 14, comma 4;

d) adempimenti in materia di comunicazione previsti dall'art. 12, comma 3, dall'art. 14, commi 1 e 2 e dall'art. 15, commi 1 e 2;

e) aggiornare il quadro dello stato di attuazione nazionale e comunitario della disciplina in materia di prevenzione e riduzione integrata dell'inquinamento anche al fine di renderlo accessibile al pubblico.

Ai sensi dell'art. 13, comma 1, il presente allegato VI è modificato con decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio, d'intesa la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano.

 


D.Lgs. 19 agosto 2005, n. 195
Attuazione della direttiva 2003/4/CE sull'accesso del pubblico all'informazione ambientale.(artt. 3-5)

 

(1) Pubblic(omissis)

3. Accesso all'informazione ambientale su richiesta.

1. L'autorità pubblica rende disponibile, secondo le disposizioni del presente decreto, l'informazione ambientale detenuta a chiunque ne faccia richiesta, senza che questi debba dichiarare il proprio interesse.

2. Fatto salvo quanto stabilito all'articolo 5 e tenuto conto del termine eventualmente specificato dal richiedente, l'autorità pubblica mette a disposizione del richiedente l'informazione ambientale quanto prima possibile e, comunque, entro 30 giorni dalla data del ricevimento della richiesta ovvero entro 60 giorni dalla stessa data nel caso in cui l'entità e la complessità della richiesta sono tali da non consentire di soddisfarla entro il predetto termine di 30 giorni. In tale ultimo caso l'autorità pubblica informa tempestivamente e, comunque, entro il predetto termine di 30 giorni il richiedente della proroga e dei motivi che la giustificano.

3. Nel caso in cui la richiesta d'accesso è formulata in maniera eccessivamente generica l'autorità pubblica può chiedere al richiedente, al più presto e, comunque, entro 30 giorni dalla data del ricevimento della richiesta stessa, di specificare i dati da mettere a disposizione, prestandogli, a tale scopo, la propria collaborazione, anche attraverso la fornitura di informazioni sull'uso dei cataloghi pubblici di cui all'articolo 4, comma 1, ovvero può, se lo ritiene opportuno, respingere la richiesta, ai sensi dell'articolo 5, comma 1, lettera c).

4. Nel caso in cui l'informazione ambientale è richiesta in una forma o in un formato specifico, ivi compresa la riproduzione di documenti, l'autorità pubblica la mette a disposizione nei modi richiesti, eccetto nel caso in cui:

a) l'informazione è già disponibile al pubblico in altra forma o formato, a norma dell'articolo 8, e facilmente accessibile per il richiedente;

b) è ragionevole per l'autorità pubblica renderla disponibile in altra forma o formato.

5. Nei casi di cui al comma 4, lettere a) e b), l'autorità pubblica comunica al richiedente i motivi del rifiuto dell'informazione nella forma o nel formato richiesti entro il termine di 30 giorni dalla data del ricevimento della richiesta stessa.

6. Nel caso di richiesta d'accesso concernente i fattori di cui all'articolo 2, comma 1, lettera a), numero 2), l'autorità pubblica indica al richiedente, se da questi espressamente richiesto, dove possono essere reperite, se disponibili, le informazioni relative al procedimento di misurazione, ivi compresi i metodi d'analisi, di prelievo di campioni e di preparazione degli stessi, utilizzato per raccogliere l'informazione ovvero fa riferimento alla metodologia normalizzata utilizzata.

7. L'autorità pubblica mantiene l'informazione ambientale detenuta in forme o formati facilmente riproducibili e, per quanto possibile, consultabili tramite reti di telecomunicazione informatica o altri mezzi elettronici.

 

 

4. Cataloghi e punti d'informazione.

1. Al fine di fornire al pubblico tutte le notizie utili al reperimento dell'informazione ambientale, entro sei mesi dalla data di entrata in vigore del presente decreto, l'autorità pubblica istituisce e aggiorna almeno annualmente appositi cataloghi pubblici dell'informazione ambientale contenenti l'elenco delle tipologie dell'informazione ambientale detenuta ovvero si avvale degli uffici per le relazioni con il pubblico già esistenti.

2. L'autorità pubblica può evidenziare nei cataloghi di cui al comma 1 le informazioni ambientali detenute che non possono essere diffuse al pubblico ai sensi dell'articolo 5.

3. L'autorità pubblica informa in maniera adeguata il pubblico sul diritto di accesso alle informazioni ambientali disciplinato dal presente decreto.

 

5. Casi di esclusione del diritto di accesso.

1. L'accesso all'informazione ambientale è negato nel caso in cui:

a) l'informazione richiesta non è detenuta dall'autorità pubblica alla quale è rivolta la richiesta di accesso. In tale caso l'autorità pubblica, se conosce quale autorità detiene l'informazione, trasmette rapidamente la richiesta a quest'ultima e ne informa il richiedente ovvero comunica allo stesso quale sia l'autorità pubblica dalla quale è possibile ottenere l'informazione richiesta;

b) la richiesta è manifestamente irragionevole avuto riguardo alle finalità di cui all'articolo 1;

c) la richiesta è espressa in termini eccessivamente generici;

d) la richiesta concerne materiali, documenti o dati incompleti o in corso di completamento. In tale caso, l'autorità pubblica informa il richiedente circa l'autorità che prepara il materiale e la data approssimativa entro la quale detto materiale sarà disponibile;

e) la richiesta riguarda comunicazioni interne, tenuto, in ogni caso, conto dell'interesse pubblico tutelato dal diritto di accesso.

2. L'accesso all'informazione ambientale è negato quando la divulgazione dell'informazione reca pregiudizio:

a) alla riservatezza delle deliberazioni interne delle autorità pubbliche, secondo quanto stabilito dalle disposizioni vigenti in materia;

b) alle relazioni internazionali, all'ordine e sicurezza pubblica o alla difesa nazionale;

c) allo svolgimento di procedimenti giudiziari o alla possibilità per l'autorità pubblica di svolgere indagini per l'accertamento di illeciti;

d) alla riservatezza delle informazioni commerciali o industriali, secondo quanto stabilito dalle disposizioni vigenti in materia, per la tutela di un legittimo interesse economico e pubblico, ivi compresa la riservatezza statistica ed il segreto fiscale, nonché ai diritti di proprietà industriale, di cui al decreto legislativo 10 febbraio 2005, n. 30;

e) ai diritti di proprietà intellettuale;

f) alla riservatezza dei dati personali o riguardanti una persona fisica, nel caso in cui essa non abbia acconsentito alla divulgazione dell'informazione al pubblico, tenuto conto di quanto stabilito dal decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196;

g) agli interessi o alla protezione di chiunque abbia fornito di sua volontà le informazioni richieste, in assenza di un obbligo di legge, a meno che la persona interessata abbia acconsentito alla divulgazione delle informazioni in questione;

h) alla tutela dell'ambiente e del paesaggio, cui si riferisce l'informazione, come nel caso dell'ubicazione di specie rare.

3. L'autorità pubblica applica le disposizioni dei commi 1 e 2 in modo restrittivo, effettuando, in relazione a ciascuna richiesta di accesso, una valutazione ponderata fra l'interesse pubblico all'informazione ambientale e l'interesse tutelato dall'esclusione dall'accesso.

4. Nei casi di cui al comma 2, lettere a), d), f), g) e h), la richiesta di accesso non può essere respinta qualora riguardi informazioni su emissioni nell'ambiente.

5. Nei casi di cui al comma 1, lettere d) ed e), ed al comma 2, l'autorità pubblica dispone un accesso parziale, a favore del richiedente, qualora sia possibile espungere dall'informazione richiesta le informazioni escluse dal diritto di accesso ai sensi dei citati commi 1 e 2.

6. Nei casi in cui il diritto di accesso è rifiutato in tutto o in parte, l'autorità pubblica ne informa il richiedente per iscritto o, se richiesto, in via informatica, entro i termini previsti all'articolo 3, comma 2, precisando i motivi del rifiuto ed informando il richiedente della procedura di riesame prevista all'articolo 7.


D.Lgs. 3 aprile 2006 n. 152
Norme in materia ambientale. (Parti I e II)

 

(1) Pubblicato nella Gazz. Uff. 14 aprile 2006, n. 88, S.O.

(2) Vedi, anche, l'art. 1, D.Lgs. 8 novembre 2006, n. 284.

(omissis)

Parte prima

 

Disposizioni comuni

 

1. Ambito di applicazione.

1. Il presente decreto legislativo disciplina, in attuazione della legge 15 dicembre 2004, n. 308, le materie seguenti:

a) nella parte seconda, le procedure per la valutazione ambientale strategica (VAS), per la valutazione d'impatto ambientale (VIA) e per l'autorizzazione ambientale integrata (IPPC);

b) nella parte terza, la difesa del suolo e la lotta alla desertificazione, la tutela delle acque dall'inquinamento e la gestione delle risorse idriche;

c) nella parte quarta, la gestione dei rifiuti e la bonifica dei siti contaminati;

d) nella parte quinta, la tutela dell'aria e la riduzione delle emissioni in atmosfera;

e) nella parte sesta, la tutela risarcitoria contro i danni all'ambiente.

 

2. Finalità.

1. Il presente decreto legislativo ha come obiettivo primario la promozione dei livelli di qualità della vita umana, da realizzare attraverso la salvaguardia ed il miglioramento delle condizioni dell'ambiente e l'utilizzazione accorta e razionale delle risorse naturali.

2. Per le finalità di cui al comma 1, il presente decreto provvede al riordino, al coordinamento e all'integrazione delle disposizioni legislative nelle materie di cui all'articolo 1, in conformità ai principi e criteri direttivi di cui ai commi 8 e 9 dell'articolo 1 della legge 15 dicembre 2004, n. 308, e nel rispetto dell'ordinamento comunitario, delle attribuzioni delle regioni e degli enti locali.

3. Le disposizioni di cui al presente decreto sono attuate nell'ambito delle risorse umane, strumentali e finanziarie previste a legislazione vigente e senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.

 

3. Criteri per l'adozione dei provvedimenti successivi.

1. Le norme di cui al presente decreto non possono essere derogate, modificate o abrogate se non per dichiarazione espressa, mediante modifica o abrogazione delle singole disposizioni in esso contenute.

2. Entro due anni dalla data di pubblicazione del presente decreto legislativo, con uno o più regolamenti da emanarsi ai sensi dell'articolo 17, comma 2, della legge 23 agosto 1988, n. 400, il Governo, su proposta del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio, adotta i necessari provvedimenti per la modifica e l'integrazione dei regolamenti di attuazione ed esecuzione in materia ambientale, nel rispetto delle finalità, dei principi e delle disposizioni di cui al presente decreto.

3. Ai fini della predisposizione dei provvedimenti di cui al comma 2, il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio si avvale del parere delle rappresentanze qualificate degli interessi economici e sociali presenti nel Consiglio economico e sociale per le politiche ambientali (CESPA), senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.

4. Entro il medesimo termine di cui al comma 2, il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio provvede alla modifica ed all'integrazione delle norme tecniche in materia ambientale con uno o più regolamenti da emanarsi ai sensi dell'articolo 17, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400, nel rispetto delle finalità, dei principi e delle disposizioni di cui al presente decreto. Resta ferma l'applicazione dell'articolo 13 della legge 4 febbraio 2005, n. 11, relativamente al recepimento di direttive comunitarie modificative delle modalità esecutive e di caratteristiche di ordine tecnico di direttive già recepite nell'ordinamento nazionale.

5. Ai fini degli adempimenti di cui al presente articolo, il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio si avvale, per la durata di due anni e senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica, di un gruppo di dieci esperti nominati, con proprio decreto, fra professori universitari, dirigenti apicali di istituti pubblici di ricerca ed esperti di alta qualificazione nei settori e nelle materie oggetto del presente decreto. Ai componenti del gruppo di esperti non spetta la corresponsione di compensi, indennità, emolumenti a qualsiasi titolo riconosciuti o rimborsi spese.

 

Parte seconda

Procedure per la valutazione ambientale strategica (VAS), per la valutazione d'impatto ambientale (VIA) e per l'autorizzazione ambientale integrata (IPPC)

Titolo I

Norme generali

4. Contenuti e obiettivi.

1. Le norme di cui alla parte seconda del presente decreto costituiscono attuazione:

a) della direttiva 2001/42/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 27 giugno 2001, concernente la valutazione degli effetti di determinati piani e programmi sull'ambiente, con i seguenti obiettivi:

1) garantire un elevato livello di protezione dell'ambiente;

2) contribuire all'integrazione di considerazioni ambientali nelle fasi di elaborazione, di adozione e di approvazione di determinati piani e programmi al fine di promuovere lo sviluppo sostenibile;

3) promuovere l'utilizzo della valutazione ambientale nella stesura dei piani e dei programmi statali, regionali e sovracomunali;

4) assicurare che venga comunque effettuata la valutazione ambientale dei piani e programmi che possono avere effetti significativi sull'ambiente;

b) della direttiva 85/337/CEE del Consiglio del 27 giugno 1985, concernente la valutazione di impatto ambientale di determinati progetti pubblici e privati, come modificata ed integrata con la direttiva 97/11/CE del Consiglio del 3 marzo 1997 e con la direttiva 2003/35/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 maggio 2003 e della direttiva 96/61/CE del 24 settembre 1996 recepita con il decreto legislativo 18 febbraio 2005, n. 59 in materia di prevenzione e riduzione integrate dell'inquinamento, con i seguenti obiettivi:

1) garantire il pieno recepimento delle direttive comunitarie in materia di valutazione di impatto ambientale;

2) semplificare, fatto salvo quanto previsto dall'articolo 1, comma 2, della legge 21 dicembre 2001, n. 443, anche mediante l'emanazione di regolamenti, ai sensi dell'articolo 17, comma 2, della legge 23 agosto 1988, n. 400, le procedure di valutazione di impatto ambientale, che dovranno tenere conto del rapporto costi-benefici del progetto dal punto di vista ambientale, economico e sociale;

3) anticipare le procedure di valutazione di impatto ambientale alla prima configurazione sottoponibile ad un esame esauriente del progetto di intervento da valutare;

4) introdurre un sistema di controlli idoneo ad accertare l'effettivo rispetto delle prescrizioni impartite in sede di valutazione;

5) favorire la partecipazione del pubblico nell'elaborazione di piani e programmi in materia ambientale;

6) garantire il completamento delle procedure in tempi certi;

7) introdurre meccanismi di coordinamento tra la procedura di valutazione di impatto ambientale e quella di valutazione ambientale strategica;

8) adottare misure di coordinamento tra le procedure di valutazione di impatto ambientale e quelle di prevenzione e riduzione integrate dell'inquinamento, ovvero di autorizzazione integrata ambientale, nel caso di impianti sottoposti ad entrambe le procedure, al fine di evitare duplicazioni e sovrapposizioni.

2. La valutazione ambientale strategica, o semplicemente valutazione ambientale, riguarda i piani e programmi di intervento sul territorio ed è preordinata a garantire che gli effetti sull'ambiente derivanti dall'attuazione di detti piani e programmi siano presi in considerazione durante la loro elaborazione e prima della loro approvazione.

3. La procedura per la valutazione ambientale strategica costituisce, per i piani e programmi sottoposti a tale valutazione, parte integrante del procedimento ordinario di adozione ed approvazione. I provvedimenti di approvazione adottati senza la previa valutazione ambientale strategica, ove prescritta, sono nulli.

4. La valutazione di impatto ambientale riguarda i progetti di opere ed interventi che, per la loro natura o dimensione, possono avere un impatto importante sull'ambiente ed è preordinata a garantire che gli effetti derivanti dalla realizzazione ed esercizio di dette opere ed interventi sull'ecosistema siano presi in considerazione durante la loro progettazione e prima dell'approvazione o autorizzazione dei relativi progetti, o comunque prima della loro realizzazione.

5. La procedura per la valutazione di impatto ambientale costituisce, per i progetti di opere ed interventi ad essa sottoposti, presupposto o parte integrante del procedimento ordinario di autorizzazione o approvazione. I provvedimenti di autorizzazione o approvazione adottati senza la previa valutazione di impatto ambientale, ove prescritta, sono nulli.

 

5.  Definizioni.

1. Ai fini della parte seconda del presente decreto si intende per:

a) procedimento di valutazione ambientale strategica - VAS: l'elaborazione di un rapporto concernente l'impatto sull'ambiente conseguente all'attuazione di un determinato piano o programma da adottarsi o approvarsi, lo svolgimento di consultazioni, la valutazione del rapporto ambientale e dei risultati delle consultazioni nell'iterdecisionale di approvazione di un piano o programma e la messa a disposizione delle informazioni sulla decisione;

b) procedimento di valutazione di impatto ambientale - VIA: l'elaborazione di uno studio concernente l'impatto sull'ambiente che può derivare dalla realizzazione e dall'esercizio di un'opera il cui progetto è sottoposto ad approvazione o autorizzazione, lo svolgimento di consultazioni, la valutazione dello studio ambientale e dei risultati delle consultazioni nell'iterdecisionale di approvazione o autorizzazione del progetto dell'opera e la messa a disposizione delle informazioni sulla decisione;

c) impatto ambientale: l'alterazione qualitativa e/o quantitativa dell'ambiente, inteso come sistema di relazioni fra i fattori antropici, fisici, chimici, naturalistici, climatici, paesaggistici, architettonici, culturali ed economici, in conseguenza dell'attuazione sul territorio di piani o programmi o della realizzazione di progetti relativi a particolari impianti, opere o interventi pubblici o privati, nonchè della messa in esercizio delle relative attività;

d) piani e programmi: tutti gli atti e provvedimenti di pianificazione e di programmazione comunque denominati previsti da disposizioni legislative, regolamentari o amministrative adottati o approvati da autorità statali, regionali o locali, compresi quelli cofìnanziati dalla Comunità europea, nonchè le loro modifiche; salvi i casi in cui le norme di settore vigenti dispongano altrimenti, la valutazione ambientale strategica viene eseguita, prima dell'approvazione, sui piani e programmi adottati oppure, ove non sia previsto un atto formale di adozione, sulle proposte di piani o programmi giunte al grado di elaborazione necessario e sufficiente per la loro presentazione per l'approvazione;

e) progetto di un'opera od intervento: l'elaborato tecnico, preliminare, definitivo o esecutivo concernente la realizzazione di un impianto, opera o intervento, compresi gli interventi sull'ambiente naturale o sul paesaggio quali quelli destinati allo sfruttamento delle risorse naturali e del suolo; salvi i casi in cui le normative vigenti di settore espressamente dispongano altrimenti, la valutazione di impatto ambientale viene eseguita sui progetti preliminari che contengano l'esatta indicazione delle aree impegnate e delle caratteristiche prestazionali delle opere da realizzare, oltre agli ulteriori elementi comunque ritenuti utili per lo svolgimento della valutazione di impatto ambientale;

f) modifica sostanziale di un piano, programma o progetto: la modifica di un piano, programma o progetto approvato che, a giudizio dell'autorità competente, possa avere effetti significativi sull'ambiente;

g) modifica sostanziale di un’opera o intervento: l'intervento su un'opera già esistente dal quale derivi un’opera con caratteristiche sostanzialmente diverse dalla precedente; per le opere o interventi per i quali nell'Allegato III alla parte seconda del presente decreto sono fissate soglie dimensionali, costituisce modifica sostanziale anche l'intervento di ampliamento, potenziamento o estensione qualora detto intervento, in sé considerato, sia pari o superiore al trenta per cento di tali soglie;

h) proponente o committente: l'ente o la pubblica autorità cui compete l'adozione di un piano o programma o, in genere, che ne richiede l'approvazione, nonchè l'ente o la pubblica autorità che prende l'iniziativa relativa a un progetto pubblico e il soggetto che richiede l'autorizzazione relativa ad un progetto privato;

i) rapporto ambientale: lo studio tecnico-scientifico contenente l'individuazione, la descrizione e la valutazione degli effetti significativi che l'attuazione di un determinato piano o programma potrebbe avere sull'ambiente, nonchè delle ragionevoli alternative che possono adottarsi in considerazione degli obiettivi e dell'ambito territoriale del piano o del programma;

l) studio d'impatto ambientale: lo studio tecnico-scientifico contenente una descrizione del progetto con le informazioni relative alla sua ubicazione, concezione e dimensione, l'individuazione, la descrizione e la valutazione degli effetti significativi che avrebbe la realizzazione del progetto sull'ambiente, nonchè contenente il confronto con le ragionevoli alternative che possono adottarsi in considerazione degli obiettivi, degli interessi e dei servizi correlati all'opera o all'intervento progettato e dell'ambito territoriale interessato;

m) giudizio di compatibilità ambientale: l'atto con il quale l'organo competente conclude la procedura di valutazione ambientale strategica o di valutazione di impatto ambientale;

n) autorizzazione: la decisione dell'autorità competente che abilita il committente o proponente alla realizzazione del progetto;

o) autorità competente: l'amministrazione cui compete, in base alla normativa vigente, l'adozione di un provvedimento conclusivo del procedimento o di una sua fase;

p) consultazione: l'insieme delle forme di partecipazione, anche diretta, delle altre amministrazioni e del pubblico interessato nella raccolta e valutazione dei dati ed informazioni che costituiscono il quadro conoscitivo necessario per esprimere il giudizio di compatibilità ambientale di un determinato piano o programma o di un determinato progetto;

q) pubblico: una o più persone fisiche o giuridiche nonchè, ai sensi della legislazione o della prassi nazionale, le associazioni, le organizzazioni o i gruppi di tali persone;

r) pubblico interessato: il pubblico che subisce o può subire gli effetti delle procedure decisionali in materia ambientale o che ha un interesse in tali procedure; ai fini della presente definizione le organizzazioni non governative che promuovono la protezione dell'ambiente e che soddisfano i requisiti previsti dalla normativa statale vigente, nonchè le rappresentanze qualificate degli interessi economici e sociali presenti nel Consiglio economico e sociale per le politiche ambientali (CESPA), si considerano titolari di siffatto interesse;

s) soggetti interessati: chiunque, tenuto conto delle caratteristiche socio-economiche e territoriali del piano o programma sottoposto a valutazione di impatto strategico o del progetto sottoposto a valutazione di impatto ambientale, intenda fornire clementi conoscitivi e valutativi concernenti i possibili effetti dell'intervento medesimo;

t) procedura di verifica preventiva: il procedimento preliminare, che precede la presentazione della proposta di piano o programma, oppure la presentazione del progetto, attivato allo scopo di definire se un determinato piano o programma debba essere sottoposto a valutazione ambientale strategica, oppure se un determinato progetto debba essere assoggettato alla procedura di valutazione di impatto ambientale;

u) fase preliminare: il procedimento che precede la presentazione del progetto, attivato allo scopo di definire, in contraddittorio tra autorità competente e soggetto proponente, le informazioni che devono essere fornite nello studio di impatto ambientale.

 

6.  Commissione tecnico-consultiva per le valutazioni ambientali.

[1. Con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio, è istituita, presso il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio, la Commissione tecnico-consultiva per le valutazioni ambientali. Con il medesimo decreto sono stabilite la durata e le modalità per l'organizzazione ed il funzionamento della Commissione stessa.

2. La Commissione assicura al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio il supporto tecnico-scientifico per l'attuazione delle norme di cui alla parte seconda del presente decreto. In particolare, la Commissione provvede all'istruttoria e si esprime sui rapporti ambientali e sugli studi di impatto ambientale relativi a piani e programmi oppure a progetti rispettivamente sottoposti a valutazione ambientale strategica ed a valutazione di impatto ambientale di competenza statale, e si esprime altresì sulle autorizzazioni integrate ambientali di competenza statale.

3. La Commissione è composta da settantotto membri, oltre al presidente ed a tre vicepresidenti, scelti tra professori universitari, tra professionisti ed esperti qualificati in sistemi di gestione, in misurazioni e in materie progettuali, geologiche, ambientali, giuridiche, economiche e sociali, nonchè fra dirigenti della pubblica amministrazione.

4. L'attività della Commissione è articolata in tre settori operativi facenti capo ai tre vicepresidenti e concernenti, rispettivamente, le seguenti procedure:

a) valutazione ambientale strategica;

b) valutazione di impatto ambientale;

c) prevenzione e riduzione integrate dell'inquinamento.

5. La Commissione opera, di norma, attraverso sottocommissioni. Le sottocommissioni sono composte da un numero variabile di componenti in ragione delle professionalità necessarie per il completo ed adeguato esame della specifica pratica. L'individuazione delle professionalità necessarie spetta al vicepresidente competente. Una volta individuate le figure professionali dei componenti e del coordinatore della sottocommissione, i singoli commissari sono assegnati alle sottocommissioni sulla base di un predefinito ordine di turnazione.

6. In ragione degli specifici interessi regionali coinvolti dall'esercizio di una attività soggetta alle norme di cui alla parte seconda del presente decreto, la relativa sottocommissione è integrata dall'esperto designato da ciascuna delle regioni direttamente interessate per territorio dall'attività.

7. Ai fini di cui al comma 6, le amministrazioni regionali direttamente interessate per territorio segnalano al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio il proprio interesse.

8. Qualora le amministrazioni di cui al comma 7 non abbiano provveduto alla designazione degli esperti, la sottocommissione è costituita nella composizione ordinaria e procede comunque all'istruttoria affidatale, ferma restando la possibilità di successiva integrazione della sua composizione, nel rispetto dello stadio di elaborazione e delle eventuali conclusioni parziali cui sia già pervenuta] (3).

 

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(3) Articolo abrogato dall'art. 14 D.P.R. 14 maggio 2007, n. 90.

 

 Titolo II

Valutazione ambientale strategica - VAS

Capo I

Disposizioni comuni in materia di VAS

7. Ambito d'applicazione.

1. Sono soggetti a valutazione ambientale strategica i piani e i programmi di cui al comma 2, nonchè, qualora possono avere effetti significativi sull'ambiente e sul patrimonio culturale, quelli di cui ai commi 3 e 4. Sono altresì sottoposte a valutazione ambientale strategica le modifiche di cui al comma 5.

2. Fatta salva la disposizione di cui al comma 3, sono sottoposti a valutazione ambientale strategica:

a) i piani e i programmi che presentino entrambi i requisiti seguenti:

1) concernano i settori agricolo, forestale, della pesca, energetico, industriale, dei trasporti, della gestione dei rifiuti e delle acque, delle telecomunicazioni, turistico, della pianificazione territoriale o della destinazione dei suoli;

2) contengano la definizione del quadro di riferimento per l'approvazione, l'autorizzazione, l'area di localizzazione o comunque la realizzazione di opere ed interventi i cui progetti sono sottoposti a valutazione di impatto ambientale in base alla normativa vigente;

b) i piani e i programmi concernenti i siti designati come zone di protezione speciale per la conservazione degli uccelli selvatici e quelli classificati come siti di importanza comunitaria per la protezione degli habitat naturali e della flora e della fauna selvatica.

3. Sono altresì sottoposti a valutazione ambientale strategica i piani e i programmi, diversi da quelli di cui al comma 2, contenenti la definizione del quadro di riferimento per l'approvazione, l'autorizzazione, l'area di localizzazione o comunque la realizzazione di opere ed interventi i cui progetti, pur non essendo sottoposti a valutazione di impatto ambientale in base alle presenti norme, possono tuttavia avere effetti significativi sull'ambiente e sul patrimonio culturale, a giudizio della sottocommissione competente per la valutazione ambientale strategica.

4. I piani e i programmi di cui al comma 2 che determinano l'uso di piccole aree a livello locale e le modifiche dei piani e programmi di cui ai commi 2 e 3 che siano già stati approvati sono sottoposti a valutazione ambientale strategica solo se possono avere effetti significativi sull'ambiente.

5. Ai fini dell'applicazione dei commi 3 e 4, l'autorità competente all'approvazione del piano o del programma deve preliminarmente verificare se lo specifico piano o programma oggetto di approvazione possa avere effetti significativi sull'ambiente secondo i criteri di cui all'Allegato II alla parte seconda del presente decreto. Analoga verifica deve essere eseguita quando si tratti di approvare una modifica di un piano o programma già approvato.

6. Nell'esame dei singoli casi e nella specificazione dei tipi di piani e di programmi di cui al comma 2 devono essere consultate le altre autorità che, per le loro specifiche competenze ambientali, possono essere interessate agli effetti sull'ambiente dovuti all'applicazione del piano o del programma oggetto d'esame. Per i piani ed i programmi la cui approvazione compete ad organi dello Stato deve comunque essere acquisito il parere della Commissione di cui all'articolo 6.

7. Le conclusioni adottate ai sensi dei commi 5 e 6, comprese le motivazioni del mancato esperimento della valutazione ambientale strategica, debbono essere messe a disposizione del pubblico.

8. Sono comunque esclusi dal campo di applicazione delle norme di cui alla parte seconda del presente decreto:

a) i piani e i programmi destinati esclusivamente a scopi di difesa nazionale caratterizzati da somma urgenza o coperti dal segreto di Stato;

b) i piani e i programmi finanziari o di bilancio;

c) i piani e i programmi relativi agli interventi di telefonia mobile soggetti alle disposizioni di cui all'articolo 87 del decreto legislativo 1° agosto 2003, n. 259.

 

 

8. Integrazione della valutazione ambientale nei procedimenti di pianificazione.

1. La valutazione ambientale strategica deve essere effettuata durante la fase preparatoria del piano o del programma ed anteriormente alla sua approvazione in sede legislativa o amministrativa.

2. Le procedure amministrative previste dal presente titolo sono integrate nelle procedure ordinarie in vigore per l'adozione ed approvazione dei piani e dei programmi.

3. Nel caso di piani e programmi gerarchicamente ordinati, le autorità competenti all'approvazione dei singoli piani o programmi tengono conto, al fine di evitare duplicazioni del giudizio, delle valutazioni già effettuate ai fini dell'approvazione del piano sovraordinato e di quelle da effettuarsi per l'approvazione dei piani sottordinati.

 

9.  Rapporto ambientale.

1. Per i piani e i programmi sottoposti a valutazione ambientale strategica deve essere redatto, prima ed ai fini dell'approvazione, un rapporto ambientale, che costituisce parte integrante della documentazione del piano o del programma proposto o adottato e da approvarsi.

2. Nel rapporto ambientale debbono essere individuati, descritti e valutati gli effetti significativi che l'attuazione del piano o del programma proposto potrebbe avere sull'ambiente e sul patrimonio culturale, nonchè le ragionevoli alternative che possono adottarsi in considerazione degli obiettivi e dell'ambito territoriale del piano o del programma stesso. L'Allegato I alla parte seconda del presente decreto riporta le informazioni da fornire a tale scopo nei limiti in cui possono essere ragionevolmente richieste, tenuto conto del livello delle conoscenze e dei metodi di valutazione correnti, dei contenuti e del livello di dettaglio del piano o del programma e, nei casi di processi di pianificazione a più livelli, tenuto conto che taluni aspetti sono più adeguatamente valutati in altre successive fasi di detto iter.

3. Per redigere il rapporto ambientale possono essere utilizzate le informazioni di cui all'Allegato I alla parte seconda del presente decreto, concernenti gli effetti ambientali del piano e del programma oggetto di valutazione, che siano comunque disponibili e anche qualora siano state ottenute nell'ambito di altri livelli decisionali o altrimenti acquisite in attuazione di altre disposizioni normative.

4. Il proponente ha la facoltà di attivare una fase preliminare allo scopo di definire, in contraddittorio con l'autorità competente, le informazioni che devono essere fornite nel rapporto ambientale.

5. Le altre autorità che, per le loro specifiche competenze ambientali, possono essere interessate agli effetti sull'ambiente dovuti all'applicazione del piano o del programma oggetto d'esame devono essere consultate al momento della decisione sulla portata delle informazioni da includere nel rapporto ambientale e sul loro livello di dettaglio.

6. Al rapporto ambientale deve essere allegata una sintesi non tecnica dei contenuti del piano o programma proposto e degli altri dati ed informazioni contenuti nel rapporto stesso.

 

10. Consultazioni.

1. Prima dell'approvazione, il piano o programma adottato, oppure, qualora non sia previsto un atto formale di adozione, la proposta di piano o di programma ed il rapporto ambientale redatto a norma dell'articolo 9 devono essere messi a disposizione delle altre autorità che, per le loro specifiche competenze ambientali o paesaggistiche, esercitano funzioni amministrative correlate agli effetti sull'ambiente dovuti all'applicazione del piano o del programma e del pubblico.

2. Ai fini di cui al comma 1 e di cui al comma 4, la proposta di piano o di programma ed il relativo rapporto ambientale devono essere inviati a tutte le menzionate altre autorità. La sintesi non tecnica, con indicazione delle sedi ove può essere presa visione della documentazione integrale, deve essere depositata in congruo numero di copie presso gli uffici delle province e delle regioni il cui territorio risulti anche solo parzialmente interessato dal piano o programma o dagli effetti della sua attuazione.

3. Dell'avvenuto invio e deposito di cui al comma 2 deve essere data notizia a mezzo stampa secondo le modalità stabilite con apposito regolamento, che assicura criteri uniformi di pubblicità per tutti i piani e programmi sottoposti a valutazione ambientale strategica, garantendo che il pubblico interessato venga in tutti i casi adeguatamente informato. Il medesimo regolamento stabilisce i casi e le modalità per la contemporanea pubblicazione totale o parziale in internet della proposta di piano o programma e relativo rapporto ambientale. Il regolamento deve essere emanato con decreto del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della parte seconda del presente decreto. Fino all'entrata in vigore del regolamento le pubblicazioni vanno eseguite a cura e spese dell'interessato in un quotidiano a diffusione nazionale ed in un quotidiano a diffusione regionale per ciascuna regione direttamente interessata.

4. Entro il termine di quarantacinque giorni dalla pubblicazione della notizia di avvenuto deposito e dell'eventuale pubblicazione in internet ai sensi del comma 3, chiunque ne abbia interesse può prendere visione della proposta di piano o programma e del relativo rapporto ambientale depositati e pubblicizzati a norma dei commi 1, 2 e 3. Entro lo stesso termine chiunque può presentare proprie osservazioni, anche fornendo nuovi o ulteriori elementi conoscitivi e valutativi.

5. I depositi e le pubblicazioni, di cui ai commi 2 e 3, con le connesse e conseguenti consultazioni, di cui al comma 4, sostituiscono ad ogni effetto tutte le forme di informazione e partecipazione eventualmente previste dalle procedure ordinarie di adozione ed approvazione dei medesimi piani o programmi.

 

11. Consultazioni transfrontaliere.

1. Qualora l'attuazione di un determinato piano o di un programma sottoposto a valutazione ambientale strategica possa avere effetti significativi anche sull'ambiente di un altro Stato membro dell'Unione europea, o qualora lo richieda lo Stato membro che potrebbe essere interessato in misura significativa, una copia integrale della proposta di piano o di programma e del rapporto ambientale, redatto a norma dell'articolo 9, deve essere trasmessa, prima della approvazione del piano o del programma, anche a detto Stato membro interessato, invitandolo ad esprimere il proprio parere entro il termine di sessanta giorni dal ricevimento della documentazione trasmessa.

2. Qualora lo Stato membro, cui sia stata trasmessa copia della proposta di piano o di programma e del rapporto ambientale ai sensi del comma 1, entro il termine di trenta giorni dal ricevimento comunichi che, per esprimere il proprio parere, intende procedere a consultazioni, l'autorità competente deve concedere un congruo termine, comunque non superiore a novanta giorni, per consentire allo Stato membro di procedere alle consultazioni al proprio interno delle autorità e del pubblico interessato. Nel frattempo ogni altro termine resta sospeso.

 

12. Giudizio di compatibilità ambientale ed approvazione del piano o programma proposto.

1. Prima dell'approvazione del piano o del programma sottoposto a valutazione ambientale strategica devono essere esaminati e valutati il rapporto ambientale redatto ai sensi dell'articolo 9, i pareri espressi ai sensi dell'articolo 10, nonché gli eventuali pareri di altri Stati membri resi ai sensi dell'articolo 11.

2. In base agli esiti dell'esame e delle valutazioni di cui al comma 1, l'autorità preposta alla valutazione ambientale, entro sessanta giorni dalia scadenza dell'ultimo termine utile per la presentazione dei pareri di cui agli articoli 10 ed 11, emette il giudizio di compatibilità ambientale contenente un parere ambientale articolato e motivato che costituisce presupposto per la prosecuzione del procedimento di approvazione del piano o del programma. Il giudizio di compatibilità ambientale può essere condizionato all'adozione di specifiche modifiche ed integrazioni della proposta del piano o programma valutato. In tali ipotesi, il giudizio è trasmesso al proponente con invito a provvedere alle necessarie varianti prima di ripresentare il piano o programma per l'approvazione. L'inutile decorso del termine di cui al presente comma implica l'esercizio del potere sostituivo da parte del Consiglio dei Ministri, che provvede entro sessanta giorni, previa diffida all'organo competente ad adempiere entro il termine di venti giorni, anche su istanza delle parti interessate. In difetto, per i piani e i programmi sottoposti a valutazione ambientale in sede statale, si intende emesso giudizio negativo sulla compatibilità ambientale del piano o programma presentato. Per i piani e i programmi sottoposti a valutazione ambientale in sede non statale, si applicano le disposizioni di cui al periodo precedente fino all'entrata in vigore di apposite norme regionali e delle province autonome, da adottarsi nel rispetto della disciplina comunitaria vigente in materia.

3. L'approvazione del piano o del programma tiene conto del parere di cui al comma 2. A tal fine il provvedimento di approvazione deve essere accompagnato da una dichiarazione di sintesi in cui si illustra in che modo le considerazioni ambientali sono state integrate nel piano o programma e come si è tenuto conto del rapporto ambientale redatto ai sensi dell'articolo 9, dei pareri espressi ai sensi dell'articolo 10 e dei risultati delle consultazioni avviate ai sensi dell'articolo 11, nonché le ragioni per le quali è stato scelto il piano o il programma adottato, anche rispetto alle alternative possibili che erano state individuate, ed, infine, le misure adottate in merito al monitoraggio.

4. Qualora nel corso dell'istruttoria per l'approvazione di un piano o programma da sottoporsi a valutazione ambientale strategica ai sensi dell'articolo 7 venga rilevato che la relativa procedura non è stata attivata, l'autorità competente all'approvazione di detto piano o programma invita formalmente il proponente a provvedere ad attivare detta procedura e contestualmente sospende il procedimento di approvazione.

 

13. Informazioni circa la decisione.

1. I giudizi di compatibilità ambientale e i provvedimenti di approvazione di cui, rispettivamente, ai commi 2 e 3 dell'articolo 12 devono essere posti a disposizione del pubblico, unitamente alla relativa documentazione, da parte del proponente, che è tenuto a darne notizia a mezzo stampa secondo le modalità fissate dal regolamento di cui all'articolo 10, comma 3.

2. I medesimi giudizi di compatibilità ambientale e i provvedimenti di approvazione sono trasmessi in copia integrale dall'autorità competente alle altre autorità ed agli Stati membri che abbiano partecipato alle consultazioni di cui agli articoli 10 e 11.

 

14. Monitoraggio.

1. Le autorità preposte all'approvazione dei piani o dei programmi esercitano, avvalendosi del sistema delle Agenzie ambientali, il controllo sugli effetti ambientali significativi derivanti dall'attuazione dei piani e dei programmi approvati, al fine, tra l'altro, di individuare tempestivamente gli effetti negativi imprevisti e di essere in grado di adottare le opportune misure correttive.

2. Per conformarsi al disposto del comma 1, devono essere impiegati, per quanto possibile, i meccanismi di controllo esistenti, al fine di evitare la duplicazione del monitoraggio.

3. Delle misure correttive adottate ai sensi del comma 1 è data notizia al pubblico a mezzo stampa secondo le modalità stabilite dal regolamento di cui all'articolo 10, comma 3.

 

Capo II

Disposizioni specifiche per la VAS in sede statale

15. Piani e programmi sottoposti a VAS in sede statale.

1. Sono sottoposti a valutazione ambientale strategica in sede statale i piani e programmi di cui all'articolo 7 la cui approvazione compete ad organi dello Stato.

2. Per la valutazione ambientale dei piani e programmi di cui al comma 1, le disposizioni del presente capo integrano e specificano le disposizioni del capo I; queste ultime si applicano anche per la valutazione dei progetti di cui al comma 1 ove non diversamente disposto nel presente capo II.

 

16. Avvio del procedimento.

1. Per i piani e programmi di cui all'articolo 15, prima dell'avvio del procedimento di approvazione il piano o programma adottato o comunque proposto deve essere inoltrato, corredato dal rapporto ambientale e dalla sintesi non tecnica, al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio, ai Ministero per i beni e le attività culturali, alla Commissione tecnico-consultiva per le valutazioni ambientali di cui all'articolo 6 e agli altri Ministeri eventualmente interessati.

2. Per i piani e programmi di cui all'articolo 15, prima dell'avvio del procedimento di approvazione, ai sensi dell'articolo 10, commi 1 e 2, presso gli uffici delle province e delle regioni il cui territorio risulti anche solo parzialmente interessato dal piano o programma o dagli effetti della sua attuazione deve essere depositato un congruo numero di copie della sintesi non tecnica; alle regioni deve essere inviata anche copia integrale della proposta di piano o programma e del rapporto ambientale.

3. La notizia degli avvenuti depositi ed invii deve essere pubblicata nei modi previsti dall'articolo 10, comma 3.

4. Nelle fasi di cui agli articoli 19 e 20, se esperite, e comunque all'avvio dell'istruttoria, in ragione delle specifiche caratteristiche del piano o programma proposto ed anche su istanza del proponente, possono essere fissate specifiche e diverse modalità di pubblicazione e di informazione, a seconda dei casi, integrando o semplificando quelle di cui ai commi 2 e 3. Qualora tali modifiche vengano disposte in sede di istruttoria e comportino il rinnovo dell'avviso a mezzo stampa di cui al comma 3, tutti i termini del procedimento vengono interrotti e ricominciano a decorrere dalla pubblicazione del nuovo annuncio.

 

17. Istruttoria e adozione del giudizio di compatibilità ambientale.

1. Le attività tecnico-istruttorie per la valutazione ambientale strategica dei piani e programmi la cui approvazione compete ad organi dello Stato sono svolte dalla Commissione di cui all'articolo 6. A tal fine, il vicepresidente competente, per ogni proposta di piano o programma inviatagli ai sensi dell'articolo 16, comma 1, provvede alla costituzione di apposita sottocommissione secondo i criteri di cui all'articolo 6, comma 5; ove ne ricorrano i presupposti la sottocommissione è integrata ai sensi del comma 6 del medesimo articolo 6.

2. Ove la sottocommissione verifichi l'incompletezza della documentazione presentata, ne può richiedere l'integrazione. In tal caso i termini del procedimento restano sospesi fino al ricevimento delle integrazioni richieste.

3. La sottocommissione incaricata acquisisce e valuta tutta la documentazione presentata, nonché le osservazioni, obiezioni e suggerimenti inoltrati ai sensi degli articoli 10 e 11, ed esprime il proprio parere motivato entro il termine di trenta giorni a decorrere dalla scadenza di tutti i termini di cui agli articoli 10 e 11, fatta comunque salva la sospensione eventualmente disposta ai sensi del comma 2.

4. In caso di ritardo, e previa diffida a provvedere entro dieci giorni, anche su istanza delle parti interessate, tutti i poteri dei vicepresidenti sono esercitati dal Presidente della Commissione.

5. Il parere espresso dalla sottocommissione è immediatamente trasmesso da parte del competente vicepresidente al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio, che, di concerto con il Ministro per i beni e le attività culturali e con il Ministro proponente, entro i successivi trenta giorni provvede all'adozione del giudizio di compatibilità ambientale.

6. L'inutile decorso del termine di cui al comma 5 implica l'esercizio del potere sostituivo da parte del Consiglio dei Ministri, ai sensi e con gli effetti di cui all’articolo 12, comma 2.

 

18. Effetti del giudizio di compatibilità ambientale.

1. Le proposte di piani e programmi sottoposte a valutazione ambientale strategica, anche qualora siano già state adottate con atto formale, sono riviste e, se necessario, riformulate, sulla base del giudizio di compatibilità ambientale reso ai sensi dell'articolo 17.

2. Ai fini di quanto disposto dall'articolo 4, comma 3, il giudizio di compatibilità ambientale è comunque allegato al piano o programma inoltrato per l'approvazione.

3. Ai fini dell'approvazione del piano o programma si applica l'articolo 12, comma 3.

 

19. Procedura di verifica preventiva.

1. I piani e programmi diversi da quelli di cui all'articolo 7, comma 2, ma comunque concernenti i settori agricolo, forestale, della pesca, energetico, industriale, dei trasporti, della gestione dei rifiuti e delle acque, delle telecomunicazioni, turistico, della pianificazione territoriale o della destinazione dei suoli, nonché le modifiche di detti piani e programmi sono sottoposti alla procedura di verifica al fine di accertare se ricorrano i presupposti di cui ai commi 3, 4 e 5 del medesimo articolo 7.

2. La verifica è eseguita dall'autorità competente all'approvazione dei piani o dei programmi, su istanza del proponente ed acquisito il parere della Commissione di cui all'articolo 6, che si pronuncia, in base ai criteri di cui all'Allegato II alla parte seconda del presente decreto, entro trenta giorni dalla richiesta. A tal fine l'istanza di verifica, unitamente alla proposta di piano o programma ed ai relativi documenti allegati, deve essere inoltrata in copia a detta Commissione al fine di consentire la tempestiva costituzione della sottocommissione incaricata di esprimere il parere. In caso di esito positivo, alla sottocommissione nominata viene poi assegnata anche l'istruttoria di cui all'articolo 17; inoltre, tenuto conto delle specifiche caratteristiche del piano o programma proposto, possono contestualmente essere precisate le modalità di informazione, anche in deroga alle disposizioni di cui ai commi 2 e 3 dell'articolo 16.

3. Qualora nel corso dell'istruttoria per l'approvazione di un nuovo piano o programma, o di una modifica ad un piano o programma già approvato, venga rilevato che non è stata esperita la procedura di verifica di cui ai commi 1 e 2, tale procedura è attivata dall'autorità competente all'approvazione, la quale, a tal fine, trasmette alla Commissione di cui all'articolo 6 tutta la documentazione utile in proprio possesso e contestualmente sospende il procedimento di approvazione.

 

20. Fase preliminare.

1. Per i piani e programmi sottoposti a valutazione ambientale strategica in sede statale, la fase preliminare di cui all'articolo 9, comma 4, avviene in contraddittorio tra il proponente e la Commissione di cui all'articolo 6.

2. Ai fini di cui al comma 1, il proponente interessato ha la facoltà di richiedere direttamente al vicepresidente competente la costituzione, secondo i criteri di cui all'articolo 6, commi 5 e 6, di apposita sottocommissione con la quale interloquire.

3. Al termine della fase preliminare, la sottocommissione incaricata, sentite, ai sensi e per gli effetti di cui all'articolo 9, comma 5, le regioni territorialmente interessate, redige un verbale indicante puntualmente tutte le informazioni che debbono essere incluse nel rapporto ambientale ed il relativo livello di dettaglio. Con lo stesso verbale, tenuto conto delle specifiche caratteristiche del piano o programma proposto, possono essere precisate le modalità di informazione anche in deroga ai commi 2 e 3 dell'articolo 16.

4. Alla sottocommissione incaricata per la fase preliminare compete anche l'istruttoria di cui all'articolo 17.

 

Capo III

Disposizioni specifiche per la VAS in sede regionale o provinciale

21. Piani e programmi sottoposti a vas in sede regionale o provinciale.

1. Sono sottoposti a valutazione ambientale strategica in sede regionale o provinciale i piani e programmi di cui all'articolo 7 la cui approvazione compete alle regioni o agli enti locali.

 

22. Procedure di vas in sede regionale o provinciale.

1. Ferme restando le disposizioni di cui agli articoli 4, 5, 7, 8, 9, 10, 11, 12, 13 e 14, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano disciplinano con proprie leggi e regolamenti le procedure per la valutazione ambientale strategica dei piani e programmi di cui all'articolo 21.

2. Fino all'entrata in vigore delle discipline regionali e provinciali di cui al comma 1, trovano applicazione le disposizioni di cui alla parte seconda del presente decreto.

 

Titolo III

Valutazione di impatto ambientale - VIA

Capo I

Disposizioni comuni in materia di VIA

23. Ambito di applicazione.

1. Sono assoggettati alla procedura di valutazione di impatto ambientale:

a) i progetti di cui all'elenco A dell'Allegato III alla parte seconda del presente decreto, ovunque ubicati;

b) i progetti di cui all'elenco B dell'Allegato III alla parte seconda del presente decreto che ricadano, anche parzialmente, all'interno di aree naturali protette come definite dalla legge 6 dicembre 1991, n. 394;

c) i progetti elencati di cui all'elenco B dell'Allegato III alla parte seconda del presente decreto che non ricadano in aree naturali protette, ma che, sulla base degli elementi indicati nell'Allegato IV alla parte seconda del presente decreto, a giudizio dell'autorità competente richiedano ugualmente lo svolgimento della procedura di valutazione d'impatto ambientale;

d) i progetti di specifiche opere o interventi per i quali la procedura di valutazione di impatto ambientale sia espressamente prescritta dalle leggi speciali di settore che disciplinano dette opere o interventi.

2. Per i progetti di opere o di interventi di cui al comma 1, lettera a), ricadenti all'interno di aree naturali protette, le soglie dimensionali, ove previste, sono ridotte del cinquanta per cento.

3. La medesima procedura si applica anche agli interventi su opere già esistenti, non rientranti nelle categorie del comma 1, qualora da tali interventi derivi un’opera che rientra nelle categorie stesse. Si applica altresì alle modifiche sostanziali di opere ed interventi rientranti nelle categorie di cui al comma 1, lettere a) e b).

4. Possono essere esclusi dal campo di applicazione del presente titolo i progetti di seguito elencati che, a giudizio dell'autorità competente, non richiedano lo svolgimento della procedura di valutazione di impatto ambientale:

a) i progetti relativi ad opere ed interventi destinati esclusivamente a scopi di difesa nazionale;

b) i progetti relativi ad opere ed interventi destinati esclusivamente a scopi di protezione civile, oppure disposti in situazioni di necessità e d'urgenza a scopi di salvaguardia dell'incolumità delle persone da un pericolo imminente o a seguito di calamità;

c) i progetti relativi ad opere di carattere temporaneo, ivi comprese quelle necessarie esclusivamente ai fini dell'esecuzione di interventi di bonifica autorizzati.

5. Per i progetti di cui ai commi 1, lettera e), e 4, lettere a), b) e e), si applica la procedura di verifica di cui all'articolo 32. Nel corso di tale procedura di verifica, per i progetti di cui al comma 4 l'autorità competente comunica alla Commissione europea, prima del rilascio dell'eventuale esenzione, i motivi che giustificano tale esenzione ai sensi dell'articolo 2, comma 3, lettera e), della direttiva 85/337/CEE.

6. Ai fini dell'applicazione dell'articolo 4 del decreto legislativo 17 gennaio 2005, n. 13, per i progetti aeroportuali assoggettati alla procedura di valutazione di impatto ambientale ai sensi della parte seconda del presente decreto tale procedura tiene conto delle prescrizioni definite nell'allegato 2 del medesimo decreto legislativo 17 gennaio 2005, n. 13.

7. Nel caso di opere ed interventi di somma urgenza destinati esclusivamente alla difesa nazionale di cui al comma 4, lettera a), il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio dispone, su proposta del Ministro della difesa, l'esenzione da ogni verifica di compatibilità ambientale soltanto per i progetti relativi a lavori coperti da segreto di Stato.

 

24. Finalità della via.

1. La procedura di valutazione di impatto ambientale deve assicurare che:

a) nei processi di formazione delle decisioni relative alla realizzazione di progetti individuati negli Allegati alla parte seconda del presente decreto siano considerati gli obiettivi di proteggere la salute e di migliorare la qualità della vita umana, al fine di contribuire con un migliore ambiente alla qualità della vita, provvedere al mantenimento della varietà delle specie e conservare la capacità di riproduzione dell'ecosistema in quanto risorsa essenziale di vita, nonchè gli obiettivi di garantire l'uso plurimo delle risorse naturali, dei beni pubblici destinati alla fruizione collettiva, e di assicurare lo sviluppo sostenibile;

b) per ciascun progetto siano valutati gli effetti diretti ed indiretti della sua realizzazione sull'uomo, sulla fauna, sulla flora, sul suolo, sulle acque di superficie e sotterranee, sull'aria, sul clima, sul paesaggio e sull'interazione tra detti fattori, sui beni materiali e sul patrimonio culturale ed ambientale;

c) per ciascun progetto siano esplicitate le principali ragioni della scelta fra le alternative proposte dal committente;

d) in ogni fase della procedura siano garantiti lo scambio di informazioni e la consultazione tra il soggetto proponente e l'autorità competente;

e) siano garantite l'informazione e la partecipazione del pubblico al procedimento;

f) siano conseguite la semplificazione, la razionalizzazione ed il coordinamento delle valutazioni e degli atti autorizzativi in materia ambientale.

 

25. Competenze e procedure.

1. La valutazione di impatto ambientale compete:

a) per i progetti di opere ed interventi sottoposti ad autorizzazione statale e per quelli aventi impatto ambientale interregionale o internazionale, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio, di concerto con il Ministro per i beni e le attività culturali, secondo le disposizioni di cui al presente capo I ed al capo II;

b) negli altri casi, all'autorità individuata dalla regione o dalla provincia autonoma con propria legge, tenuto conto delle attribuzioni della competenza al rilascio dell'autorizzazione alla realizzazione delle varie opere ed interventi e secondo le procedure dalla stessa stabilite sulla base dei criteri direttivi di cui al capo III del presente titolo, ferme restando le disposizioni comuni di cui al presente capo I.

 

26. Fase introduttiva del procedimento.

1. Il committente o proponente l'opera o l'intervento deve inoltrare all'autorità competente apposita domanda allegando il progetto, lo studio di impatto ambientale e la sintesi non tecnica.

2. Copia integrale della domanda di cui al comma 1 e dei relativi allegati deve essere trasmessa alle regioni, alle province ed ai comuni interessati e, nel caso di aree naturali protette, anche ai relativi enti di gestione, che devono esprimere il loro parere entro sessanta giorni dal ricevimento della domanda. Decorso tale termine l'autorità competente rende il giudizio di compatibilità ambientale anche in assenza dei predetti pareri.

3. In ragione delle specifiche caratteristiche dimensionali e funzionali dell'opera o intervento progettato, ovvero in ragione del numero degli enti locali potenzialmente interessati e della dimensione documentale del progetto e del relativo studio di impatto ambientale, il committente o proponente, attivando a tal fine una specifica fase preliminare, può chiedere di essere in tutto o in parte esonerato dagli adempimenti di cui al comma 2, ovvero di essere autorizzato ad adottare altri sistemi di divulgazione appropriati.

4. Fatto salvo quanto previsto all'articolo 29, comma 5, in caso di recepimento di pareri, osservazioni o rilievi, eventuali integrazioni allo studio trasmesso o alla documentazione allegata possono essere richiesti, con indicazione di un congruo termine per la risposta, ovvero presentati dal committente o proponente, per una sola volta. In tali ipotesi tutti i termini del procedimento vengono interrotti e ricominciano a decorrere dalla data di ricezione della documentazione integrativa. Nel caso in cui l'interessato non ottemperi, non si procede all'ulteriore corso della valutazione. È facoltà del committente o proponente presentare una nuova domanda.

 

27. Studio di impatto ambientale.

1. Lo studio di impatto ambientale è predisposto a cura e spese del committente o proponente, secondo le indicazioni di cui all'Allegato V alla parte seconda del presente decreto.

2. Per i progetti che sono sottoposti a valutazione d'impatto ambientale, è facoltà del committente o proponente, prima dell'avvio del procedimento di valutazione di impatto ambientale, richiedere all'autorità competente che venga esperita una fase preliminare avente lo scopo di definire, in contraddittorio con l'autorità medesima, le informazioni, comprese nell'Allegato V alla parte seconda del presente decreto, che devono essere contenute nello studio di impatto ambientale. A tale fine, il committente o proponente presenta una relazione che, sulla base dell'identificazione degli impatti ambientali attesi, definisce il piano di lavoro per la redazione dello studio di impatto ambientale, le metodologie che intende adottare per l'elaborazione delle informazioni in esso contenute e il relativo livello di approfondimento. L'autorità competente, anche nel caso in cui detto parere sia stato reso, può chiedere al committente o proponente, successivamente all'avvio della procedura di valutazione di impatto ambientale, chiarimenti e integrazioni in merito alla documentazione presentata.

3. Le altre autorità che, per le loro specifiche competenze ambientali, possono essere interessate agli effetti sull'ambiente dovuti alla realizzazione e all'esercizio dell'opera o intervento progettato devono essere consultate, al momento della decisione, sulla portata delle informazioni da includere nello studio di impatto ambientale e sul loro livello di dettaglio.

4. Le informazioni richieste devono essere coerenti con il grado di approfondimento necessario e strettamente attinenti alle caratteristiche specifiche di un determinato tipo di progetto e delle componenti dell'ambiente che possono subire un pregiudizio, anche in relazione alla localizzazione dell'intervento, tenuto conto delle conoscenze e dei metodi di valutazione disponibili. Qualora il committente o proponente ritenga che alcune informazioni non debbano essere diffuse per ragioni di riservatezza imprenditoriale o personale, di tutela della proprietà intellettuale, di pubblica sicurezza o di difesa nazionale, può produrre, unitamente alla versione completa, anche una versione dello studio di impatto ambientale priva di dette informazioni. L'autorità competente, valutate le ragioni di riservatezza addotte dal proponente, può disporre che la consultazione dello studio di impatto ambientale da parte del pubblico interessato sia limitata a tale versione.

5. Lo studio di impatto ambientale deve comunque contenere almeno le seguenti informazioni:

a) una descrizione del progetto con informazioni relative alle sue caratteristiche, alla sua localizzazione ed alle sue dimensioni;

b) una descrizione delle misure previste per evitare, ridurre e possibilmente compensare gli effetti negativi rilevanti;

c) i dati necessari per individuare e valutare i principali effetti sull'ambiente e sul patrimonio culturale che il progetto può produrre, sia in fase di realizzazione che in fase di esercizio;

d) una descrizione sommaria delle principali alternative prese in esame dal committente, ivi compresa la cosiddetta «opzione zero», con indicazione delle principali ragioni della scelta, sotto il profilo dell'impatto ambientale;

e) una valutazione del rapporto costi-benefici del progetto dal punto di vista ambientale, economico e sociale.

6. Allo studio di impatto ambientale deve essere allegata una sintesi non tecnica delle caratteristiche dimensionali e funzionali dell'opera o intervento progettato e dei dati ed informazioni contenuti nello studio stesso.

7. Ai fini della predisposizione dello studio, il soggetto pubblico o privato interessato alla realizzazione delle opere o degli impianti ha diritto di accesso alle informazioni e ai dati disponibili presso gli uffici delle amministrazioni pubbliche.

 

28. Misure di pubblicità.

1. Le amministrazioni dello Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano assicurano l'individuazione degli uffici presso i quali, in via permanente o per casi specifici, sono depositati e consultabili dal pubblico i documenti e gli atti inerenti i procedimenti di valutazione, pendenti o conclusi, concernenti opere ed interventi attinenti le rispettive attribuzioni e competenze.

2. Contestualmente alla presentazione della domanda di cui all'articolo 26, il committente o proponente provvede a proprie spese:

a) al deposito del progetto dell'opera, dello studio di impatto ambientale e di un congruo numero di copie della sintesi non tecnica presso gli uffici individuati, ai sensi del comma 1, dalle amministrazioni dello Stato, dalle regioni e dalle province autonome interessate;

b) alla diffusione di un annuncio dell'avvenuto deposito a mezzo stampa, secondo le modalità stabilite dall'autorità competente con apposito regolamento che assicuri criteri uniformi di pubblicità per tutti i progetti sottoposti a valutazione d'impatto ambientale, garantendo che il pubblico interessato venga in tutti i casi adeguatamente informato. Il medesimo regolamento stabilisce i casi e le modalità per la contemporanea pubblicazione totale o parziale in internet del progetto. Il regolamento deve essere emanato con decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della parte seconda del presente decreto. Fino all'entrata in vigore del regolamento le pubblicazioni vanno eseguite a cura e spese dell'interessato in un quotidiano a diffusione nazionale ed in un quotidiano a diffusione regionale per ciascuna regione direttamente interessata.

3. Avverso le decisioni, gli atti o le omissioni soggetti alle disposizioni sulla partecipazione del pubblico stabilite dal titolo III della parte seconda del presente decreto è sempre ammesso il ricorso secondo le norme generali in materia di impugnazione degli atti amministrativi illegittimi.

 

29. Partecipazione al procedimento.

1. Il soggetto interessato che intenda fornire elementi conoscitivi e valutativi concernenti i possibili effetti dell'opera o intervento progettato può presentare all'autorità competente osservazioni scritte su tale progetto, soggetto alla procedura di valutazione d'impatto ambientale, nel termine di quarantacinque giorni dalla pubblicazione di cui all'articolo 28, comma 2, lettera b). Il giudizio di compatibilità ambientale considera, contestualmente, singolarmente o per gruppi, tali osservazioni, i pareri forniti dalle pubbliche amministrazioni e le altre eventuali osservazioni del pubblico.

2. L'autorità competente alla valutazione dell'impatto ambientale può disporre lo svolgimento di un'inchiesta pubblica per l'esame dello studio presentato dal committente o proponente, dei pareri forniti dalle pubbliche amministrazioni e delle osservazioni del pubblico.

3. L'inchiesta di cui al comma 2 sospende il termine di cui all'articolo 31, comma 1, e si conclude entro il sessantesimo giorno da quello nel quale essa è stata indetta, qualunque sia lo stadio nel quale si trovano le operazioni previste. Entro lo stesso termine, l'autorità competente redige una relazione sui lavori svolti ed un giudizio sui risultati emersi, che sono acquisiti e valutati ai fini del giudizio di cui all'articolo 31.

4. Il committente o proponente, qualora non abbia luogo l'inchiesta di cui al comma 2, può, anche su propria richiesta, essere chiamato dall'autorità competente, prima della conclusione della procedura, ad un sintetico contraddittorio con i soggetti che hanno presentato pareri o osservazioni. Il verbale del contraddittorio è acquisito e valutato ai fini del giudizio di cui all'articolo 31.

5. Quando il committente o proponente intenda uniformare, in tutto o in parte, il progetto ai pareri o osservazioni, oppure ai rilievi emersi nel corso dell'inchiesta pubblica o del contraddittorio, ne fa richiesta all'autorità competente, indicando il tempo necessario. La richiesta sospende tutti i termini della procedura, che riprendono il loro corso con il deposito del progetto modificato.

 

30. Istruttoria tecnica.

1. L'istruttoria tecnica sui progetti di cui all'articolo 23 ha le seguenti finalità:

a) accertare la completezza della documentazione presentata;

b) verificare la rispondenza della descrizione dei luoghi e delle loro caratteristiche ambientali a quelle documentate dal proponente;

c) verificare che i dati del progetto, per quanto concerne la produzione e gestione di rifiuti liquidi e solidi, le emissioni inquinanti nell'atmosfera, i rumori ed ogni altra eventuale sorgente di potenziale inquinamento, corrispondano alle prescrizioni dettate dalle normative di settore;

d) accertare la coerenza del progetto, per quanto concerne le tecniche di realizzazione ed i processi produttivi previsti, con i dati di utilizzo delle materie prime e delle risorse naturali;

e) accertare il corretto utilizzo degli strumenti di analisi e previsione, nonchè l'idoneità delle tecniche di rilevazione e previsione impiegate dal proponente in relazione agli effetti ambientali;

f) individuare e descrivere l'impatto complessivo della realizzazione del progetto sull'ambiente e sul patrimonio culturale anche in ordine ai livelli di qualità finale, raffrontando la situazione esistente al momento della comunicazione con la previsione di quella successiva.

 

31. Giudizio di compatibilità ambientale.

1. La procedura di valutazione di impatto ambientale deve concludersi con un giudizio motivato entro novanta giorni dalla pubblicazione di cui all'articolo 28, comma 2, lettera b), salvi i casi di interruzione e sospensione espressamente previsti.

2. L'inutile decorso del termine di cui al comma 1, da computarsi tenuto conto delle eventuali interruzioni e sospensioni intervenute, implica l'esercizio del potere sostituivo da parte del Consiglio dei Ministri, che provvede entro sessanta giorni, previa diffida all'organo competente ad adempiere entro il termine di venti giorni, anche su istanza delle parti interessate. In difetto, per progetti sottoposti a valutazione d'impatto ambientale in sede statale, si intende emesso giudizio negativo sulla compatibilità ambientale del progetto. Per i progetti sottoposti a valutazione d'impatto ambientale in sede non statale, si applicano le disposizioni di cui al periodo precedente fino all'entrata in vigore di apposite norme regionali e delle province autonome, da adottarsi nel rispetto della disciplina comunitaria vigente in materia.

3. L'amministrazione competente all'autorizzazione definitiva alla realizzazione dell'opera o dell'intervento progettato acquisisce il giudizio di compatibilità ambientale comprendente le eventuali prescrizioni per la mitigazione degli impatti, il monitoraggio delle opere e degli impianti e le misure previste per evitare, ridurre o eventualmente compensare rilevanti effetti negativi. Nel caso di iniziative promosse da autorità pubbliche, il provvedimento definitivo che ne autorizza la realizzazione deve adeguatamente evidenziare la conformità delle scelte effettuate agli esiti della procedura d'impatto ambientale. Negli altri casi i progetti devono essere adeguati agli esiti del giudizio di compatibilità ambientale prima del rilascio dell'autorizzazione alla realizzazione.

4. Gli esiti della procedura di valutazione di impatto ambientale devono essere comunicati ai soggetti del procedimento, a tutte le amministrazioni pubbliche competenti, anche in materia di controlli ambientali, e devono essere adeguatamente pubblicizzati. In particolare, le informazioni messe a disposizione del pubblico comprendono: il tenore della decisione e le condizioni che eventualmente l'accompagnano; i motivi e le considerazioni principali su cui la decisione si fonda, tenuto conto delle istanze e dei pareri del pubblico, nonchè le informazioni relative al processo di partecipazione del pubblico; una descrizione, ove necessario, delle principali misure prescritte al fine di evitare, ridurre e se possibile compensare i più rilevanti effetti negativi.

32. Procedura di verifica.

1. Per i progetti di cui all'articolo 23, commi 1, lettera e), e 4, lettere a), b) e e), il committente o proponente richiede preliminarmente all'autorità competente la verifica ivi prevista. Le informazioni che il committente o proponente deve fornire per la predetta verifica riguardano una descrizione del progetto ed i dati necessari per individuare e valutare i principali effetti che il progetto può avere sull'ambiente.

2. Nel caso in cui l'autorità competente ritenga che il progetto debba essere sottoposto a valutazione d'impatto ambientale, si applicano gli articoli 26 e seguenti.

3. L'autorità competente deve pronunciarsi entro i sessanta giorni decorrenti dalla domanda, individuando eventuali prescrizioni per la mitigazione degli impatti e per il monitoraggio delle opere o degli impianti; avverso il silenzio inadempimento sono esperibili i rimedi previsti dalla normativa vigente. Il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano provvedono affinché l'elenco dei progetti per i quali sia stata chiesta la verifica ed i relativi esiti siano resi pubblici.

 

33. Relazioni tra VAS e VIA.

1. Per progetti di opere ed interventi da realizzarsi in attuazione di piani o programmi già sottoposti a valutazione ambientale strategica, e che rientrino tra le categorie per le quali è prescritta la valutazione di impatto ambientale, in sede di esperimento di quest'ultima costituiscono dati acquisiti tutti gli elementi positivamente valutati in sede di valutazione di impatto strategico o comunque decisi in sede di approvazione del piano o programma.

 

34. Relazioni tra VIA e IPPC.

1. Per le opere e gli interventi sottoposti a valutazione di impatto ambientale e contemporaneamente rientranti nel campo di applicazione del decreto legislativo 18 febbraio 2005, n. 59, nonchè per le modifiche sostanziali, secondo la definizione di cui all'articolo 5, comma 1, lettera g), di tali opere o interventi, è facoltà del proponente ottenere che la procedura di valutazione dell'impatto ambientale sia integrata nel procedimento per il rilascio dell'autorizzazione integrata ambientale.

2. Ai fini di cui al comma 1, ove il proponente manifesti la volontà di avvalersi della citata facoltà:

a) il progetto e lo studio di impatto ambientale, da presentarsi ai sensi della parte seconda del presente decreto, comprendono anche le informazioni di cui all'articolo 5, commi 1 e 2, del decreto legislativo 18 febbraio 2005, n. 59, con il necessario grado di dettaglio;

b) i depositi di atti e documenti, le pubblicazioni e le consultazioni previste dalla parte seconda del presente decreto sostituiscono ad ogni effetto tutte le forme di informazione e partecipazione di cui al citato decreto legislativo 18 febbraio 2005, n. 59;

c) in pendenza della procedura di valutazione dell'impatto ambientale, il procedimento di rilascio dell'autorizzazione integrata ambientale, eventualmente avviato, resta sospeso;

d) l'istruttoria sullo studio di impatto ambientale è condotta dagli organi preposti alla istruttoria sulla domanda di autorizzazione integrata ambientale e il relativo parere di valutazione di impatto ambientale è integrato da quanto riguarda gli aspetti connessi alla prevenzione e riduzione integrata dell'inquinamento, in conformità ai principi comunitari e al dettato delle relative norme di attuazione;

e) una volta conclusa la procedura di valutazione dell'impatto ambientale, il giudizio di compatibilità ambientale viene comunicato anche all'autorità competente al rilascio dell'autorizzazione integrata ambientale che riprende il relativo procedimento con la trasmissione del predetto giudizio alle amministrazioni di cui all'articolo 5, commi 10 e 11, del decreto legislativo 18 febbraio 2005, n. 59, per l'espressione del parere di competenza; restando le fasi precedenti assorbite nella già esperita procedura, la conferenza di servizi di cui all'articolo 5, comma 10, del decreto legislativo 18 febbraio 2005, n. 59, è tenuta nei successivi trenta giorni, contestualmente alla fase finale della conferenza di servizi di cui all'articolo 1, comma 2, del decreto-legge 7 febbraio 2002, n. 7, convertito, con modificazioni, dalla legge 9 aprile 2002, n. 55;

f) l'autorità competente al rilascio dell'autorizzazione integrata ambientale si pronuncia tenuto conto del giudizio di compatibilità ambientale emesso sul progetto dell'opera o intervento per il quale detta autorizzazione è stata richiesta;

g) è tenuto a corrispondere un unico corrispettivo nella misura stabilita con il decreto di cui all'articolo 49, comma 2.

3. Le modifiche agli impianti soggetti alla disciplina recata dal decreto legislativo 18 febbraio 2005, n. 59, che costituiscano mera attuazione di prescrizioni contenute nell'autorizzazione integrata ambientale, non si considerano modifiche sostanziali ai sensi della parte seconda del presente decreto.

4. Le modifiche progettate per gli impianti soggetti alla disciplina recata dal decreto legislativo 18 febbraio 2005, n. 59, che ai sensi dell'articolo 10 di tale decreto legislativo non risultino sostanziali, non costituiscono modifiche sostanziali ai sensi di quanto disposto dalla parte seconda del presente decreto.

5. Per gli impianti di produzione di energia elettrica di potenza superiore a 300 MW termici, nonchè per le modifiche sostanziali agli stessi, secondo la definizione di cui all'articolo 5, comma 1, lettera g), la procedura di valutazione dell'impatto ambientale è integrata nel procedimento per il rilascio dell'autorizzazione integrata ambientale. Si applica il comma 2 del presente articolo, ad esclusione del disposto di cui alla lettera e).

6. Le modifiche agli impianti di produzione di energia elettrica e relative opere connesse, che siano soggetti anche alla disciplina di cui al decreto legislativo 18 febbraio 2005, n. 59, e che costituiscano mere attuazioni di prescrizioni contenute nell'autorizzazione integrata ambientale e nell'autorizzazione di cui all'articolo 1, comma 1, del decreto-legge 7 febbraio 2002, n. 7, convertito, con modificazioni, dalla legge 9 aprile 2002, n. 55, non si considerano modifiche sostanziali ai sensi della parte seconda del presente decreto e sono da ricomprendere nei relativi provvedimenti di autorizzazione.

 

Capo II

Disposizioni specifiche per la VIA in sede statale

35. Progetti sottoposti a VIA in sede statale.

1. Compete al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio, di concerto con il Ministro per i beni e le attività culturali, sentita la regione interessata e sulla base dell'istruttoria esperita dalla Commissione tecnico-consultiva di cui all'articolo 6, la valutazione di impatto ambientale dei progetti di opere ed interventi rientranti nelle categorie di cui all'articolo 23 nei casi in cui si tratti:

a) di opere o interventi sottoposti ad autorizzazione alla costruzione o all'esercizio da parte di organi dello Stato;

b) di opere o interventi localizzati sul territorio di più regioni o che comunque possono avere impatti rilevanti su più regioni;

c) di opere o interventi che possono avere effetti significativi sull'ambiente di un altro Stato membro dell'Unione europea.

2. Per la valutazione dell'impatto ambientale dei progetti di cui al comma 1, le disposizioni del presente capo II integrano e specificano le disposizioni del capo I; queste ultime si applicano anche per la valutazione dei progetti di cui al comma 1 ove non diversamente disposto nel presente capo II.

 

36. Procedimento di valutazione.

1. Ai sensi e per gli effetti di cui all'articolo 26, commi 1 e 2, i progetti delle opere ed interventi di cui all'articolo 35 devono essere inoltrati al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio, al Ministero per i beni e le attività culturali, alla regione territorialmente interessata, alla Commissione tecnico-consultiva per le valutazioni ambientali di cui all'articolo 6 ed agli altri Ministeri eventualmente interessati. Al progetto deve essere allegato lo studio di impatto ambientale di cui all'articolo 27 e la relativa sintesi non tecnica. Qualora l'opera o intervento progettato interessi più regioni, a ciascuna regione deve essere inviata una copia del progetto, cui vanno allegati lo studio di impatto ambientale di cui all'articolo 27 e la relativa sintesi non tecnica.

2. Per le opere ed interventi che ricadano nel territorio di più enti locali, può essere depositato presso ciascuna provincia e ciascun comune solo lo stralcio del progetto e dello studio di impatto ambientale relativo alla porzione dell'opera o intervento che interessa il relativo ambito territoriale, fermo restando il deposito della sintesi non tecnica in versione integrale. Identica possibilità è ammessa con riguardo alle aree naturali protette ed i relativi enti di gestione.

3. Resta ferma la facoltà per il committente o proponente di richiedere in via preventiva al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio la definizione, ai sensi dell'articolo 26, comma 3, di modalità di divulgazione più adeguate e praticabili in relazione alle specifiche caratteristiche del progetto. Con le stesse modalità, su espressa richiesta del committente o proponente, possono essere definite le comunicazioni ed i depositi da effettuarsi per la riapertura avanti il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio del procedimento originariamente avviato in sede regionale o provinciale, e per il quale l'autorità designata dalla regione o provincia autonoma si sia dichiarata incompetente ai sensi dell'articolo 42, comma 3.

4. Le regioni, le province ed i comuni interessati devono esprimere il loro parere entro sessanta giorni dalla data della trasmissione di cui ai commi 1 e 2. Decorso tale termine, il giudizio di compatibilità può essere emesso anche in assenza dei predetti pareri.

5. Salvo quanto disposto dal regolamento di cui all'articolo 28, comma 2, lettera b), l'annuncio dell'avvenuta presentazione deve essere comunque pubblicato, a cura del committente o proponente, almeno in un quotidiano a diffusione nazionale e in un quotidiano a diffusione regionale per ciascuna regione territorialmente interessata.

6. Chiunque vi abbia interesse, ai sensi delle leggi vigenti, può presentare al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio, oppure direttamente alla Commissione tecnico-consultiva di cui all'articolo 6, e alla regione interessata istanze, osservazioni o pareri scritti sull'opera soggetta a valutazione di impatto ambientale, nel termine di trenta giorni dalla pubblicazione dell'avvenuta comunicazione del progetto.

7. Il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio, sulla base dell'istruttoria svolta ai sensi dell'articolo 37, si pronuncia sulla compatibilità ambientale, di concerto con il Ministro per i beni e le attività culturali e con il Ministro proponente, entro novanta giorni dalla data dell'ultima delle pubblicazioni di cui al comma 5, e comunque non prima che siano decorsi sessanta giorni dall'ultima delle trasmissioni di cui ai commi 1 e 2, salvo proroga deliberata dal Consiglio dei Ministri in casi di particolare rilevanza.

8. L'inutile decorso dei termini di cui al comma 7, da computarsi tenuto conto delle eventuali interruzioni e sospensioni intervenute, implica l'esercizio del potere sostituivo da parte del Consiglio dei Ministri, che provvede ai sensi e con gli effetti di cui all'articolo 31, comma 2.

9. Per le opere di cui al comma 1, lettera a), dell'articolo 35, il Ministro competente alla loro realizzazione, ove non ritenga di uniformare il progetto proposto al giudizio di compatibilità del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio, può proporre motivatamente al Presidente del Consiglio dei Ministri l'adozione di un provvedimento di revisione di tale giudizio, o disporre la non realizzazione del progetto. Sulla proposta di revisione il Consiglio dei Ministri si esprime nei termini e con gli effetti di cui al comma 8 del presente articolo.

 

37. Compiti istruttori della commissione tecnico-consultiva.

1. Le attività tecnico-istruttorie per la valutazione ambientale dei progetti di opere ed interventi di competenza dello Stato sono svolte dalla Commissione di cui all'articolo 6. A tal fine il vicepresidente competente, per ogni progetto inviatogli ai sensi dell'articolo 26, comma 1, provvede alla costituzione di apposita sottocommissione secondo i criteri di cui all'articolo 6, comma 5; ove ne ricorrano i presupposti la sottocommissione è integrata ai sensi del comma 6 del medesimo articolo 6. Il presente comma non si applica agli impianti disciplinati dai commi 8, 9, 10 e 11.

2. Ove la sottocommissione verifichi l'incompletezza della documentazione presentata, ne può richiedere l'integrazione. In tal caso i termini temporali del procedimento restano sospesi fino al ricevimento delle integrazioni richieste. Nel caso in cui il soggetto interessato non provveda a fornire le integrazioni richieste entro i trenta giorni successivi, o entro il diverso termine specificato nella richiesta di integrazione stessa in considerazione della possibile difficoltà a produrre determinate informazioni, il procedimento viene archiviato. È comunque facoltà del committente o proponente presentare una nuova domanda.

3. La sottocommissione incaricata acquisisce e valuta tutta la documentazione presentata, nonché le osservazioni, obiezioni e suggerimenti inoltrati ai sensi degli articoli 36, commi 4 e 6, e 39, ed esprime il proprio parere motivato entro il termine di trenta giorni a decorrere dalla scadenza di tutti i termini di cui ai citati articoli 36, commi 4 e 6, e 39, fatta comunque salva la sospensione eventualmente disposta ai sensi del comma 2.

4. Il parere emesso dalla sottocommissione è trasmesso, entro dieci giorni dalla sua verbalizzazione, dal competente vicepresidente al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio, per l'adozione del giudizio di compatibilità ambientale ai sensi del comma 7 dell'articolo 36.

5. Nei casi in cui, in base alle procedure di approvazione previste, la valutazione di impatto ambientale venga eseguita su progetti preliminari, la sottocommissione ha, altresì, il compito di verificare l'ottemperanza del progetto definitivo alle prescrizioni del giudizio di compatibilità ambientale e di effettuare gli opportuni controlli in tal senso.

6. Qualora nel corso delle verifiche di cui al comma 5 si accerti che il progetto definitivo differisce da quello preliminare quanto alle aree interessate oppure alle risorse ambientali coinvolte, o comunque che risulta da esso sensibilmente diverso, la sottocommissione trasmette specifico rapporto al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio, che adotta i provvedimenti relativi all'aggiornamento dello studio di impatto ambientale e dispone la nuova pubblicazione dello stesso, anche ai fini dell'invio di osservazioni da parte dei soggetti pubblici e privati interessati.

7. Ai fini dello svolgimento dei compiti di cui ai commi 5 e 6, il proponente è tenuto, pena la decadenza dell'autorizzazione alla realizzazione del progetto o del titolo abilitante alla trasformazione del territorio, a trasmettere il progetto definitivo alla competente sottocommissione prima dell'avvio della realizzazione dell'opera.

 

38. Fase preliminare e verifica preventiva.

1. Per i progetti di cui all'articolo 35, la Commissione tecnico-consultiva di cui all'articolo 6 provvede all'istruttoria anche per le fasi preliminari ed eventuali di verifica preventiva, di cui, rispettivamente, agli articoli 26, comma 3, 27, comma 2, 32 e 36, comma 3.

2. Ai fini di cui al comma 1, le relative richieste sono rivolte direttamente al vicepresidente della Commissione competente per materia, che provvede alla costituzione, secondo i criteri di cui all'articolo 6, commi 5 e 6, delle sottocommissioni cui vengono assegnate le relative istruttorie.

3. La sottocommissione costituita per la fase preliminare relativa ad un determinato progetto provvede poi anche all'istruttoria di cui all'articolo 37 relativa al medesimo progetto. Lo stesso vale per la sottocommissione costituita per la verifica preventiva in caso di esito positivo di detta procedura preliminare.

 

39. Procedure per i progetti con impatti ambientali transfrontalieri.

1. Qualora l'opera o l'intervento progettato possa avere effetti significativi sull'ambiente di un altro Stato membro dell'Unione europea, ovvero qualora lo Stato membro che potrebbe essere coinvolto in maniera significativa ne faccia richiesta, al medesimo Stato devono essere trasmesse quanto meno:

a) una descrizione del progetto corredata di tutte le informazioni disponibili circa il suo eventuale impatto transfrontaliero;

b) informazioni sulla natura della decisione che può essere adottata.

2. Se lo Stato membro, cui siano pervenute le informazioni di cui al comma 1, entro i successivi trenta giorni comunica che intende partecipare alla procedura di valutazione in corso, allo stesso Stato, qualora non vi si sia già provveduto, devono essere trasmessi in copia la domanda del committente o proponente, il progetto dell'opera o intervento, lo studio di impatto ambientale e la sintesi non tecnica.

3. Con la trasmissione della documentazione di cui al comma 2 viene assegnato allo Stato interessato un termine di trenta giorni per presentare eventuali osservazioni, salvo che detto Stato non abbia adottato la decisione di esprimere il proprio parere previa consultazione al proprio interno delle autorità competenti e del pubblico interessato, nel qual caso viene assegnato un congruo termine, comunque non superiore a novanta giorni.

4. Modalità più dettagliate per l'attuazione del presente articolo possono essere concordate caso per caso con lo Stato membro interessato, ferma restando la previsione di condizioni adeguate di partecipazione del pubblico alle procedure decisionali.

5. In pendenza dei termini di cui al comma 3, ogni altro termine della procedura resta sospeso.

 

40. Effetti del giudizio di compatibilità ambientale.

1. Gli esiti della procedura di valutazione di impatto ambientale devono essere comunicati ai soggetti del procedimento, a tutte le amministrazioni pubbliche competenti, anche in materia di controlli ambientali, e devono essere adeguatamente pubblicizzati. In particolare, le informazioni messe a disposizione del pubblico comprendono: il tenore della decisione e le condizioni che eventualmente l'accompagnano; i motivi e le considerazioni principali su cui la decisione si fonda, tenuto conto delle istanze e dei pareri del pubblico, nonchè le informazioni relative al processo di partecipazione del pubblico; una descrizione, ove necessario, delle principali misure prescritte al fine di evitare, ridurre e se possibile compensare i più rilevanti effetti negativi.

2. Il giudizio di compatibilità ambientale comprendente le eventuali prescrizioni per la mitigazione degli impatti ed il monitoraggio delle opere e degli impianti deve, in particolare, essere acquisito dall'autorità competente al rilascio dell'autorizzazione definitiva alla realizzazione dell'opera o dell'intervento progettato.

3. Nel caso di iniziative promosse da autorità pubbliche, il provvedimento definitivo che ne autorizza la realizzazione deve adeguatamente evidenziare la conformità delle scelte effettuate agli esiti della procedura d'impatto ambientale. Negli altri casi, i progetti devono essere adeguati agli esiti del giudizio di compatibilità ambientale prima del rilascio dell'autorizzazione alla realizzazione.

4. Nel caso di opere non realizzate almeno per il venti per cento entro tre anni dal giudizio di compatibilità ambientale, la procedura deve essere riaperta per valutare se le informazioni riguardanti il territorio e lo stato delle risorse abbiano subìto nel frattempo mutamenti rilevanti. In ogni caso il giudizio di compatibilità ambientale cessa di avere efficacia al compimento del quinto anno dalla sua emanazione.

 

41. Controlli successivi.

1. Qualora durante l'esecuzione delle opere di cui all'articolo 35 la Commissione di cui all'articolo 6 ravvisi situazioni contrastanti con il giudizio espresso sulla compatibilità ambientale del progetto, oppure comportamenti contrastanti con le prescrizioni ad esso relative o comunque tali da compromettere fondamentali esigenze di equilibrio ecologico e ambientale, ne dà tempestiva comunicazione al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio, il quale, esperite le opportune verifiche, ordina la sospensione dei lavori e impartisce le prescrizioni necessarie al ripristino delle condizioni di compatibilità ambientale dei lavori medesimi.

 

Capo III

Disposizioni specifiche per la VIA in sede regionale o provinciale

42. Progetti sottoposti a VIA in sede regionale o provinciale.

1. Sono sottoposti a valutazione di impatto ambientale in sede regionale o provinciale i progetti di opere ed interventi rientranti nelle categorie di cui all'articolo 23, salvo si tratti di opere o interventi sottoposti ad autorizzazione statale o aventi impatto ambientale interregionale o internazionale ai sensi dell'articolo 35.

2. Le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano possono definire, per determinate tipologie progettuali e/o aree predeterminate, sulla base degli elementi indicati nell'Allegato IV alla parte seconda del presente decreto, un incremento delle soglie di cui all'elenco B dell'Allegato III alla parte seconda del presente decreto fino alla misura del venti per cento.

3. Qualora dall'istruttoria esperita in sede regionale o provinciale emerga che l'opera o intervento progettato può avere impatti rilevanti anche sul territorio di altre regioni o province autonome o di altri Stati membri dell'Unione europea, l'autorità competente con proprio provvedimento motivato si dichiara incompetente e rimette gli atti alla Commissione tecnico-consultiva di cui all'articolo 6 per il loro eventuale utilizzo nel procedimento riaperto in sede statale. In tale ipotesi è facoltà del committente o proponente chiedere, ai sensi dell'articolo 36, comma 3, la definizione in via preliminare delle modalità per il rinnovo parziale o totale della fase di apertura del procedimento.

4. Qualora si accerti che il progetto definitivo differisce da quello preliminare quanto alle aree interessate oppure alle risorse ambientali coinvolte, o comunque che risulta da esso sensibilmente diverso, l'autorità competente adotta i provvedimenti relativi all'aggiornamento dello studio di impatto ambientale e dispone la nuova pubblicazione dello stesso, anche ai fini dell'invio di osservazioni da parte dei soggetti pubblici e privati interessati.

 

43. Procedure di VIA in sede regionale o provinciale.

1. Ferme restando le disposizioni di cui agli articoli 4, 5, 23, 24, 25, 26, 27, 28, 29, 30, 31, 32, 33 e 34, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano disciplinano con proprie leggi e regolamenti le procedure per la valutazione di impatto ambientale dei progetti di cui all'articolo 42, comma 1.

2. Fino all'entrata in vigore delle discipline regionali e provinciali di cui al comma 1, trovano applicazione le disposizioni di cui alla parte seconda del presente decreto.

3. Nel disciplinare i contenuti e la procedura di valutazione d'impatto ambientale le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano assicurano comunque che siano individuati:

a) l'autorità competente in materia di valutazione di impatto ambientale;

b) l'organo tecnico competente allo svolgimento dell'istruttoria;

c) le eventuali deleghe agli enti locali per particolari tipologie progettuali;

d) le eventuali modalità, ulteriori o in deroga rispetto a quelle indicate nella parte seconda del presente decreto, per l'informazione e la consultazione del pubblico;

e) le modalità di realizzazione o adeguamento delle cartografie, degli strumenti informativi territoriali di supporto e di un archivio degli studi di impatto ambientale consultabile dal pubblico;

f) i criteri integrativi con i quali vengono definiti le province ed i comuni interessati dal progetto.

4. Le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano possono individuare appropriate forme di pubblicità, ulteriori rispetto a quelle previste nel regolamento di cui all'articolo 28, comma 2, lettera b).

5. Qualora durante l'esecuzione delle opere di cui all'articolo 42 siano ravvisate situazioni contrastanti con il giudizio espresso sulla compatibilità ambientale del progetto, oppure comportamenti contrastanti con le prescrizioni ad esso relative o comunque tali da compromettere fondamentali esigenze di equilibrio ecologico e ambientale, l'autorità competente, esperite le opportune verifiche, ordina la sospensione dei lavori e impartisce le prescrizioni necessarie al ripristino delle condizioni di compatibilità ambientale dei lavori medesimi.

 

44. Termini del procedimento.

1. Ferme restando le ipotesi di sospensione e di interruzione, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano possono stabilire, in casi di particolare rilevanza, la prorogabilità dei termini per la conclusione della procedura sino ad un massimo di sessanta giorni.

 

45. Coordinamento ed integrazione dei procedimenti amministrativi.

1. Le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano definiscono le modalità per l'armonizzazione, il coordinamento e, se possibile, l'integrazione della procedura di valutazione dell'impatto ambientale con le procedure ordinarie di assenso alla realizzazione delle opere.

2. Le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano integrano e specificano, in relazione alle rispettive disposizioni legislative e regolamentari, quanto disposto dagli articoli 33 e 34.

 

46. Procedure semplificate ed esoneri.

1. Per i progetti di dimensioni ridotte o di durata limitata realizzati da artigiani o piccole imprese, nonchè per le richieste di verifica di cui all'articolo 32, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano promuovono modalità semplificate.

2. Per i progetti di cui all'articolo 23, comma 1, lettera e), le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano possono determinare, per specifiche categorie progettuali o in particolari situazioni ambientali e territoriali, sulla base degli elementi di cui all'Allegato IV alla parte seconda del presente decreto, criteri o condizioni di esclusione dalla procedura.

 

47. Obblighi di informazione.

1. Le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano informano, ogni dodici mesi, il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio circa i provvedimenti adottati, i procedimenti di valutazione di impatto ambientale in corso e lo stato di definizione delle cartografie e degli strumenti informativi.

 

Titolo IV

Disposizioni transitorie e finali

48. Abrogazioni.

1. Fatto salvo quanto previsto dal comma 3, a decorrere dalla data di entrata in vigore della parte seconda del presente decreto sono abrogati:

a) l'articolo 6 della legge 8 luglio 1986, n. 349;

b) l'articolo 18, comma 5, della legge 11 marzo 1988, n. 67;

c) il decreto del Presidente della Repubblica 12 aprile 1996, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 210 del 7 settembre 1996;

d) l'articolo 27 della legge 30 aprile 1999, n. 136;

e) il decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 3 settembre 1999, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 302 del 27 dicembre 1999;

f) il decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 1° settembre 2000, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 238 dell'11 ottobre 2000;

g) l'articolo 6 della legge 23 marzo 2001, n. 93;

h) l'articolo 19, commi 2 e 3, del decreto legislativo 20 agosto 2002, n. 190;

i) l'articolo 77, commi 1 e 2, della legge 27 dicembre 2002, n. 289;

l) gli articoli 1 e 2 del decreto-legge 14 novembre 2003, n. 315, convertito, con modificazioni, dalla legge 16 gennaio 2004, n. 5;

m) [l'articolo 5, comma 9, del decreto legislativo 18 febbraio 2005, n. 59] (4);

n) l'articolo 30 della legge 18 aprile 2005, n. 62.

2. La Commissione tecnico-consultiva per le valutazioni ambientali di cui all'articolo 6 provvede, attraverso proprie sottocommissioni costituite secondo le modalità di cui al comma 5 del citato articolo 6, alle attività già di competenza delle commissioni di cui all'articolo 18, comma 5, della legge 11 marzo 1988, n. 67, all'articolo 19, comma 2, del decreto legislativo 20 agosto 2002, n. 190, ed all'articolo 5, comma 9, del decreto legislativo 18 febbraio 2005, n. 59. Ogni riferimento a tali commissioni contenuto nella citata legge 11 marzo 1988, n. 67 e nei citati decreti legislativi 20 agosto 2002, n. 190, e 18 febbraio 2005, n. 59, si deve intendere riferito alle sottocommissioni di cui all'articolo 6, comma 5, di volta in volta costituite.

3. Fino all'entrata in vigore del decreto di determinazione delle tariffe previsto dall'articolo 49, comma 2, resta sospesa l'applicazione del comma 1, lettere b), d), g), h), i), l) [ed m)], del presente articolo e per tanto continuano a svolgere le funzioni di propria competenza le commissioni di cui all'articolo 18, comma 5, della legge 11 marzo 1988, n. 67, all'articolo 19, comma 2, del decreto legislativo 20 agosto 2002, n. 190, ed all'articolo 5, comma 9, del decreto legislativo 18 febbraio 2005, n. 59 (5).

 

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(4) Lettera abrogata dall'art. 14 D.P.R. 14 maggio 2007, n. 90.

(5) L'art. 14, D.P.R. 14 maggio 2007, n. 90 ha modificato il presente comma, sopprimendo il riferimento alla abrogata lettera m).

 

49. Provvedimenti di attuazione per la costituzione e funzionamento della commissione tecnico-consultiva per le valutazioni ambientali.

[1. Il decreto di cui all'articolo 6, comma 1, è adottato entro novanta giorni dalla data di pubblicazione del presente decreto nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana. In sede di prima attuazione del presente decreto, i componenti delle commissioni tecnico-consultive di cui all'articolo 18, comma 5, della legge 11 marzo 1988, n. 67, all'articolo 19, commi 2 e 3, del decreto legislativo 20 agosto 2002, n. 190, ed all'articolo 5, comma 9, del decreto legislativo 18 febbraio 2005, n. 59, restano in carica, in continuità con le attività svolte nelle commissioni di provenienza, assumendo le funzioni di componenti della commissione di cui all'articolo 6 fino alla scadenza del quarto anno dall'entrata in vigore della parte seconda del presente decreto; tale commissione viene integrata nei casi e con le modalità previste dall'articolo 6, commi 6, 7 e 8.

2. Entro il medesimo termine di novanta giorni, con decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio, di concerto con il Ministro delle attività produttive e con il Ministro dell'economia e delle finanze, d'intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, sono disciplinate le modalità, anche contabili, e le tariffe da applicare in relazione alle istruttorie e ai controlli previsti dalla parte seconda del presente decreto, comprese le verifiche preventive di cui agli articoli 7, comma 5, e 19, commi 1 e 2, la fase preliminare e quella di conduzione di procedimenti integrati ai sensi dell'articolo 34, comma 1, nonché i compensi spettanti ai membri della Commissione di cui all'articolo 6. Gli oneri per l'istruttoria e per i controlli sono quantificati in relazione alla dimensione e complessità del progetto, al suo valore economico, al numero ed alla tipologia delle componenti ambientali interessate, tenuto conto della eventuale presenza di sistemi di gestione registrati o certificati e delle spese di funzionamento della Commissione. Tali oneri, posti a carico del committente o proponente, sono utilizzati esclusivamente per le predette spese. A tale fine, per gli impianti di competenza statale gli importi delle tariffe vengono versati all'entrata del bilancio dello Stato per essere riassegnati entro sessanta giorni allo stato di previsione del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio.

3. Entro i successivi quindici giorni ciascuna regione e provincia autonoma comunica al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio il proprio elenco di esperti di cui all'articolo 6, comma 6, con l'ordine di turnazione secondo il quale, all'occorrenza, dovranno essere convocati in sottocommissione.

4. L'operatività della Commissione di cui all'articolo 6 è subordinata all'entrata in vigore del decreto di determinazione delle tariffe previsto dal comma 2.

5. Sono comunque confermate le autorizzazioni di spesa già disposte ai sensi dell'articolo 18, comma 5, della legge 11 marzo 1988, n. 67, e dell'articolo 6 della legge 23 marzo 2001, n. 93.

6. Al fine di garantire l'operatività della commissione di cui all'articolo 5, comma 9, del decreto legislativo 18 febbraio 2005, n. 59, nelle more dell'adozione del decreto di cui all'articolo 18, comma 2 del citato decreto legislativo n. 59/2005, e fino all'entrata in vigore del decreto di determinazione delle tariffe di cui al comma 2 del presente articolo, per le spese di funzionamento nonché per il pagamento dei compensi spettanti ai componenti della predetta commissione nominata con decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio 4 gennaio 2006, è posto a carico del richiedente il versamento all'entrata del bilancio dello Stato di una somma forfetaria pari ad euro venticinquemila per ogni richiesta di autorizzazione integrata ambientale per impianti di competenza statale; la predetta somma è riassegnata entro sessanta giorni, con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, ad apposito capitolo dello stato di previsione del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio. Le somme di cui al presente comma s'intendono versate a titolo di acconto, fermo restando l'obbligo del richiedente di corrispondere conguaglio in relazione all'eventuale differenza risultante in base a quanto stabilito dal successivo decreto di determinazione delle tariffe, fissate per la copertura integrale del costo effettivo del servizio reso] (6).

 

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(6) Articolo abrogato dall'art. 14 D.P.R. 14 maggio 2007, n. 90.

 

50. Adeguamento delle disposizioni regionali e provinciali.

1. Le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano provvedono affinché le disposizioni legislative e regolamentari emanate per adeguare i rispettivi ordinamenti alla parte seconda del presente decreto entrino in vigore entro il termine di centoventi giorni dalla pubblicazione del presente decreto. In mancanza delle disposizioni suddette trovano applicazione le norme della parte seconda del presente decreto e dei suoi Allegati.

 

51. Regolamenti e norme tecniche integrative - autorizzazione unica ambientale per le piccole imprese.

1. Al fine di semplificare le procedure di valutazione ambientale strategica e valutazione di impatto ambientale, con appositi regolamenti, emanati ai sensi dell'articolo 17, comma 2, della legge 23 agosto 1988, n. 400, possono essere adottate norme puntuali per una migliore integrazione di dette valutazioni negli specifici procedimenti amministrativi vigenti di approvazione o autorizzazione dei piani o programmi e delle opere o interventi sottoposti a valutazione.

2. A decorrere dalla data di entrata in vigore della parte seconda del presente decreto, non trova applicazione il decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 10 agosto 1988, n. 377, in materia di impianti di gestione di rifiuti soggetti a valutazione di impatto ambientale di competenza statale, fermo restando che, per le opere o interventi sottoposti a valutazione di impatto ambientale, fino all'emanazione dei regolamenti di cui al comma 1 continuano ad applicarsi, per quanto compatibili, le disposizioni di cui all'articolo 2 del suddetto decreto.

3. Le norme tecniche integrative della disciplina di cui al titolo III della parte seconda del presente decreto, concernenti la redazione degli studi di impatto ambientale e la formulazione dei giudizi di compatibilità in relazione a ciascuna categoria di opere, sono emanate con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, previa deliberazione del Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio, di concerto con i Ministri competenti per materia e sentita la Commissione di cui all'articolo 6.

4. Le norme tecniche emanate in attuazione delle disposizioni di legge di cui all'articolo 48, ivi compreso il decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 27 dicembre 1988, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 4 del 5 gennaio 1989, restano in vigore fino all'emanazione delle corrispondenti norme di cui al comma 3.

5. Con successivo decreto, adottato dal Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze e con il Ministro delle attività produttive, si provvederà ad accorpare in un unico provvedimento, indicando l'autorità unica competente, le diverse autorizzazioni ambientali nel caso di impianti non rientranti nel campo di applicazione del decreto legislativo 18 febbraio 2005, n. 59, ma sottoposti a più di una autorizzazione ambientale di settore.

 

52. Entrata in vigore.

1. Fatto salvo quanto disposto dagli articoli 49 e 50, la parte seconda del presente decreto entra in vigore il 31 luglio 2007 (7).

2. I procedimenti amministrativi in corso alla data di entrata in vigore della parte seconda del presente decreto, nonché i procedimenti per i quali a tale data sia già stata formalmente presentata istanza introduttiva da parte dell'interessato, si concludono in conformità alle disposizioni ed alle attribuzioni di competenza in vigore all'epoca della presentazione di detta istanza.

 

(7) Comma prima modificato dall'art. 1-septies, D.L. 12 maggio 2006, n. 173, nel testo integrato dalla relativa legge di conversione e poi così sostituito dal comma 2 dell'art. 5, D.L. 28 dicembre 2006, n. 300.

 (omissis)


D.Lgs. 12 aprile 2006 n. 163
Codice dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture in attuazione delle direttive 2004/17/CE e 2004/18/CE. (artt. 93, 184 e 185)

Pubblicato nella Gazz. Uff. 2 maggio 2006, n. 100, S.O. 

(omissis)

93. Livelli della progettazione per gli appalti e per le concessioni di lavori.

(art. 16, L. n. 109/1994)

1. La progettazione in materia di lavori pubblici si articola, nel rispetto dei vincoli esistenti, preventivamente accertati, laddove possibile fin dal documento preliminare, e dei limiti di spesa prestabiliti, secondo tre livelli di successivi approfondimenti tecnici, in preliminare, definitiva ed esecutiva, in modo da assicurare:

a) la qualità dell'opera e la rispondenza alle finalità relative;

b) la conformità alle norme ambientali e urbanistiche;

c) il soddisfacimento dei requisiti essenziali, definiti dal quadro normativo nazionale e comunitario.

2. Le prescrizioni relative agli elaborati descrittivi e grafici contenute nei commi 3, 4 e 5 sono di norma necessarie per ritenere i progetti adeguatamente sviluppati. Il responsabile del procedimento nella fase di progettazione qualora, in rapporto alla specifica tipologia e alla dimensione dei lavori da progettare, ritenga le prescrizioni di cui ai commi 3, 4 e 5 insufficienti o eccessive, provvede a integrarle ovvero a modificarle.

3. Il progetto preliminare definisce le caratteristiche qualitative e funzionali dei lavori, il quadro delle esigenze da soddisfare e delle specifiche prestazioni da fornire e consiste in una relazione illustrativa delle ragioni della scelta della soluzione prospettata in base alla valutazione delle eventuali soluzioni possibili, anche con riferimento ai profili ambientali e all'utilizzo dei materiali provenienti dalle attività di riuso e riciclaggio, della sua fattibilità amministrativa e tecnica, accertata attraverso le indispensabili indagini di prima approssimazione, dei costi, da determinare in relazione ai benefìci previsti, nonché in schemi grafici per l'individuazione delle caratteristiche dimensionali, volumetriche, tipologiche, funzionali e tecnologiche dei lavori da realizzare; il progetto preliminare dovrà inoltre consentire l'avvio della procedura espropriativa.

4. Il progetto definitivo individua compiutamente i lavori da realizzare, nel rispetto delle esigenze, dei criteri, dei vincoli, degli indirizzi e delle indicazioni stabiliti nel progetto preliminare e contiene tutti gli elementi necessari ai fini del rilascio delle prescritte autorizzazioni e approvazioni. Esso consiste in una relazione descrittiva dei criteri utilizzati per le scelte progettuali, nonché delle caratteristiche dei materiali prescelti e dell'inserimento delle opere sul territorio; nello studio di impatto ambientale ove previsto; in disegni generali nelle opportune scale descrittivi delle principali caratteristiche delle opere, e delle soluzioni architettoniche, delle superfici e dei volumi da realizzare, compresi quelli per l'individuazione del tipo di fondazione; negli studi e indagini preliminari occorrenti con riguardo alla natura e alle caratteristiche dell'opera; nei calcoli preliminari delle strutture e degli impianti; in un disciplinare descrittivo degli elementi prestazionali, tecnici ed economici previsti in progetto nonché in un computo metrico estimativo. Gli studi e le indagini occorrenti, quali quelli di tipo geognostico, idrologico, sismico, agronomico, biologico, chimico, i rilievi e i sondaggi, sono condotti fino ad un livello tale da consentire i calcoli preliminari delle strutture e degli impianti e lo sviluppo del computo metrico estimativo.

5. Il progetto esecutivo, redatto in conformità al progetto definitivo, determina in ogni dettaglio i lavori da realizzare e il relativo costo previsto e deve essere sviluppato ad un livello di definizione tale da consentire che ogni elemento sia identificabile in forma, tipologia, qualità, dimensione e prezzo. In particolare il progetto è costituito dall'insieme delle relazioni, dei calcoli esecutivi delle strutture e degli impianti e degli elaborati grafici nelle scale adeguate, compresi gli eventuali particolari costruttivi, dal capitolato speciale di appalto, prestazionale o descrittivo, dal computo metrico estimativo e dall'elenco dei prezzi unitari. Esso è redatto sulla base degli studi e delle indagini compiuti nelle fasi precedenti e degli eventuali ulteriori studi e indagini, di dettaglio o di verifica delle ipotesi progettuali, che risultino necessari e sulla base di rilievi planoaltimetrici, di misurazioni e picchettazioni, di rilievi della rete dei servizi del sottosuolo. Il progetto esecutivo deve essere altresì corredato da apposito piano di manutenzione dell'opera e delle sue parti da redigersi nei termini, con le modalità, i contenuti, i tempi e la gradualità stabiliti dal regolamento di cui all’articolo 5.

6. In relazione alle caratteristiche e all'importanza dell'opera, il regolamento, con riferimento alle categorie di lavori e alle tipologie di intervento e tenendo presenti le esigenze di gestione e di manutenzione, stabilisce criteri, contenuti e momenti di verifica tecnica dei vari livelli di progettazione.

7. Gli oneri inerenti alla progettazione, alla direzione dei lavori, alla vigilanza e ai collaudi, nonché agli studi e alle ricerche connessi, gli oneri relativi alla progettazione dei piani di sicurezza e di coordinamento e dei piani generali di sicurezza quando previsti ai sensi del decreto legislativo 14 agosto 1996, n. 494, gli oneri relativi alle prestazioni professionali e specialistiche atte a definire gli elementi necessari a fornire il progetto esecutivo completo in ogni dettaglio, ivi compresi i rilievi e i costi riguardanti prove, sondaggi, analisi, collaudo di strutture e di impianti per gli edifici esistenti, fanno carico agli stanziamenti previsti per la realizzazione dei singoli lavori negli stati di previsione della spesa o nei bilanci delle stazioni appaltanti.

8. I progetti sono redatti in modo da assicurare il coordinamento dell’esecuzione dei lavori, tenendo conto del contesto in cui si inseriscono, con particolare attenzione, nel caso di interventi urbani, ai problemi della accessibilità e della manutenzione degli impianti e dei servizi a rete.

9. L'accesso per l'espletamento delle indagini e delle ricerche necessarie all'attività di progettazione è autorizzato ai sensi dell’articolo 15 del D.P.R. 8 giugno 2001, n. 327.

(omissis)

184. Contenuto della valutazione di impatto ambientale.

(art. 19, D.Lgs. n. 190/2002)

1. La valutazione di impatto ambientale individua gli effetti diretti e indiretti di un progetto e delle sue principali alternative, compresa l'alternativa zero, sull'uomo, sulla fauna, sulla flora, sul suolo, sulle acque di superficie e sotterranee, sull'aria, sul clima, sul paesaggio e sull'interazione fra detti fattori, nonché sui beni materiali e sul patrimonio culturale, sociale e ambientale e valuta inoltre le condizioni per la realizzazione e l'esercizio delle opere e degli impianti.

2. [Ai fini delle valutazioni di cui al comma 1, con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio, sentito il Ministro delle infrastrutture, è istituita una commissione speciale di valutazione di impatto ambientale, composta da diciotto membri, oltre il presidente, scelti tra professori universitari, tra professionisti ed esperti, particolarmente qualificati in materie progettuali, ambientali, economiche e giuridiche, e tra dirigenti della pubblica amministrazione. Per le valutazioni dell'impatto ambientale di infrastrutture e di insediamenti strategici, per i quali sia stato riconosciuto, in sede di intesa, un concorrente interesse regionale, la commissione è integrata da un componente designato dalle regioni o dalle province autonome interessate. A tale fine, entro quindici giorni dalla data del decreto di costituzione della commissione, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano provvedono alla designazione tra persone aventi gli stessi requisiti degli altri componenti di nomina statale. Con il decreto di costituzione della commissione sono stabilite la durata e le modalità per l'organizzazione e il funzionamento della stessa. Con successivo decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, sono stabiliti i compensi spettanti al presidente e ai componenti della commissione, nell'ambito delle risorse di cui al comma 3. Qualora le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano non provvedano alle designazioni entro il termine predetto, la commissione procede, sino alla designazione, alle valutazioni dell'impatto ambientale nella composizione ordinaria (180)] (181).

3. [La commissione di cui al comma 2 si avvale delle risorse versate dai soggetti aggiudicatori a norma dell'articolo 27 della legge 30 aprile 1999, n. 136, senza oneri per il bilancio dello Stato] (182).

 

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(180) Nel presente decreto, la denominazione: «Ministero delle infrastrutture e dei trasporti», ovunque presente, è stata sostituita dalla seguente: «Ministero delle infrastrutture» e, conseguentemente, la denominazione: «Ministro delle infrastrutture e dei trasporti», ovunque presente, è stata sostituita dalla seguente: «Ministro delle infrastrutture», ai sensi di quanto disposto dalla lettera bb) del comma 1 dell’art. 3, D.Lgs. 26 gennaio 2007, n. 6.

(181) Comma abrogato dall'art. 14 D.P.R. 14 maggio 2007, n. 90. Vedi, anche, gli articoli 9, 11, 12 e 13 dello stesso decreto.

(182) Comma abrogato dall'art. 14 D.P.R. 14 maggio 2007, n. 90.

 

185. Compiti della commissione speciale VIA.

(art. 20, D.Lgs. n. 190/2002; art. 2, D.Lgs. n. 189/2005)

1. La commissione provvede all’istruttoria tecnica di cui all'articolo 184 e, entro sessanta giorni dalla presentazione del progetto da parte del soggetto proponente, esprime il proprio parere sul progetto assoggettato alla valutazione dell'impatto ambientale.

2. Ove la commissione verifichi l'incompletezza della documentazione presentata, il termine indicato al comma 1 è differito di trenta giorni per le necessarie integrazioni.

3. Le integrazioni sono richieste entro trenta giorni dall'apertura della procedura; nel caso in cui il soggetto aggiudicatore non abbia provveduto alle richieste integrazioni entro i trenta giorni successivi, il parere si ritiene negativo.

4. La commissione:

a) comunica al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio, entro trenta giorni dalla data di presentazione del progetto definitivo da parte del soggetto proponente, eventuali difformità tra questo e il progetto preliminare;

b) esprime al predetto Ministero, entro sessanta giorni da tale presentazione, il proprio parere sulla ottemperanza del progetto definitivo alle prescrizioni del provvedimento di compatibilità ambientale e sull'esatto adempimento dei contenuti e delle prescrizioni di cui al decreto di compatibilità ambientale.

5. Qualora il progetto definitivo sia diverso da quello preliminare, la commissione riferisce al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio il quale, ove ritenga, previa valutazione della commissione stessa, che la differenza tra il progetto preliminare e quello definitivo comporti una significativa modificazione dell’impatto globale del progetto sull’ambiente, dispone, nei trenta giorni dalla comunicazione fatta dal soggetto aggiudicatore, concessionario o contraente generale, l'aggiornamento dello studio di impatto ambientale e la nuova pubblicazione dello stesso, anche ai fini dell'eventuale invio di osservazioni da parte dei soggetti pubblici e privati interessati. L'aggiornamento dello studio di impatto ambientale può riguardare la sola parte di progetto interessato alla variazione. In caso di mancato adempimento dei contenuti e delle prescrizioni di cui al provvedimento di compatibilità ambientale, il citato Ministro, previa diffida a regolarizzare, fa dare notizia dell'inottemperanza in sede di Conferenza di servizi, al fine dell'eventuale rinnovo dell'istruttoria (183).

6. Qualora si riscontrino violazioni degli impegni presi ovvero modifiche del progetto che comportino significative variazioni dell'impatto ambientale, la commissione riferisce al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio, il quale ordina al soggetto gestore di adeguare l'opera e, se necessario, richiede al CIPE la sospensione dei lavori e il ripristino della situazione ambientale a spese del responsabile, nonché l'adozione dei provvedimenti cautelari di cui agli articoli 8 e 9 della legge 8 luglio 1986, n. 349.

7. Ai fini delle verifiche di cui al comma 6, prima dell'inizio dei lavori è comunicata al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio la relativa data ed è trasmesso allo stesso Ministero il progetto esecutivo composto dai documenti previsti dagli articoli 19 e seguenti dell'allegato tecnico recato dall’allegato XXI, ivi compresa l'attestazione di cui all'articolo 20, comma 4. Al predetto Ministero sono anche tempestivamente trasmesse eventuali varianti progettuali, ivi comprese quelle derivanti dalle attività di verifica di cui all'articolo 166 e agli articoli 20 e seguenti del relativo allegato tecnico recato dall’allegato XXI. La commissione, su richiesta dei soggetti esecutori dell'opera, può fornire le proprie indicazioni sulla interpretazione e applicazione del provvedimento di compatibilità ambientale.

8. I commi 4 e 5 non si applicano al caso di VIA espressa su progetti definitivi, fermo restando il potere di impartire prescrizioni con il provvedimento di compatibilità ambientale.

 

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(183) Comma così modificato dalla lettera aaa) del comma 1 dell’art. 2, D.Lgs. 31 luglio 2007, n. 113.

 


D.P.R. 14 maggio 2007, n. 90
Regolamento per il riordino degli organismi operanti presso il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, a norma dell'articolo 29 del D.L. 4 luglio 2006, n. 223, convertito, con modificazioni, dalla L. 4 agosto 2006, n. 248. (artt. 9, 10 e 14)

 

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(1) Pubblicato nella Gazz. Uff. 10 luglio 2007, n. 158, S.O.

(omissis)

9. Commissione tecnica di verifica dell'impatto ambientale - VIA e VAS.

1. Dalla data di entrata in vigore del presente regolamento è istituita la Commissione tecnica di verifica dell'impatto ambientale che accorpa la Commissione per la valutazione di impatto ambientale, istituita ai sensi dell'articolo 18, comma 5, della legge 11 marzo 1988, n. 67, e successive modificazioni, e la Commissione speciale per la valutazione di impatto ambientale, istituita ai sensi dell'articolo 184, comma 2, del decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, composta da sessanta commissari, oltre il presidente e il segretario, nominati con decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, tra liberi professionisti e tra esperti provenienti dalle amministrazioni pubbliche, comprese università, Istituti scientifici e di ricerca, con adeguata qualificazione in materie progettuali, ambientali, economiche e giuridiche. Per le valutazioni di impatto ambientale di infrastrutture e di insediamenti, per i quali sia riconosciuto, in sede di intesa, un concorrente interesse regionale, la Commissione è integrata da un componente designato dalle regioni e dalle province autonome interessate, in possesso dei predetti requisiti. A tale fine, entro, quindici giorni dalla data del decreto di costituzione della Commissione, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano provvedono alla designazione tra persone aventi gli stessi requisiti degli altri componenti di nomina statale.

2. La Commissione è articolata nei seguenti organi: Presidente, Assemblea plenaria, Comitato di coordinamento e Ufficio di segreteria.

3. La Commissione svolge i seguenti compiti:

a) provvede all'istruttoria dei progetti presentati dai proponenti, in applicazione del decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 10 agosto 1988, n. 377, e del decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 27 dicembre 1988, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 4 del 5 gennaio 1989, in attuazione di quanto previsto dall'articolo 6 della legge 8 luglio 1986, n. 349;

b) esegue, in attuazione dell'articolo 185 del decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, l'istruttoria tecnica di cui all'articolo 184 del decreto ed esprime il proprio parere sul progetto assoggettato alla valutazione di impatto ambientale presentato dal soggetto proponente;

c) svolge le attività tecnico istruttorie per la valutazione ambientale strategica dei piani e programmi la cui approvazione compete ad organi dello Stato, in attuazione di quanto previsto dalla direttiva 2001/42/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 27 giugno 2001, ed esprime il proprio parere motivato per il successivo inoltro al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare che adotta il conseguente provvedimento.

4. Con decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, di natura non regolamentare, sono stabiliti l'organizzazione ed il funzionamento della Commissione.

5. Con successivo decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, sono definiti i compensi spettanti ai commissari, ai componenti nominati in rappresentanza delle regioni e delle province autonome, al presidente e al segretario.

6. È posto a carico dei soggetto committente il progetto il versamento all'entrata del bilancio dello Stato di una somma pari allo 0,5 per mille del valore delle opere da realizzare, che è riassegnata con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, su proposta del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, per essere riutilizzata esclusivamente per le spese della Commissione.

7. La Commissione si avvale delle risorse versate a norma del comma 6, senza oneri a carico del bilancio dello Stato.

8. La Commissione può operare attraverso Sottocommissioni composte da un numero variabile di componenti in ragione delle professionalità necessarie. Per le attività già di competenza della Commissione di cui all'articolo 184, comma 2, del decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, è costituita una Sottocommissione i cui componenti sono individuati sentito il Ministero delle infrastrutture.

 

10. Commissione istruttoria per l'autorizzazione ambientale integrata - IPPC.

1. La Commissione istruttoria per l'IPPC, istituita ai sensi dell'articolo 5, comma 9, del decreto legislativo 18 febbraio 2005, n. 59, è composta da venticinque esperti di elevata qualificazione giuridico-amministrativa e tecnico-scientifica scelti nel settore pubblico e privato, di cui uno con funzioni di presidente. Per le attività relative a ciascuna domanda di autorizzazione, la Commissione è integrata da un esperto designato da ciascuna regione, da un esperto designato da ciascuna provincia e da un esperto designato da ciascun comune territorialmente competenti.

2. La Commissione, ai fini dello svolgimento delle attività istruttorie e di consulenza tecnica connesse al rilascio delle autorizzazioni integrate ambientali di competenza statale, ha il compito di fornire all'autorità competente, anche effettuando i necessari sopralluoghi, in tempo utile per il rilascio dell'autorizzazione integrata ambientale, un parere istruttorio conclusivo e pareri intermedi debitamente motivati, nonchè approfondimenti tecnici in merito a ciascuna domanda di autorizzazione. La Commissione ha altresì il compito di fornire al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare consulenza tecnica in ordine ai compiti del Ministero medesimo relativamente all'attuazione del citato decreto legislativo n. 59 del 2005.

3. Con decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare sono nominati i membri della Commissione ed è disciplinato il funzionamento della Commissione stessa.

(omissis)

14. Abrogazioni.

1. A decorrere dalla data di entrata in vigore del presente regolamento sono abrogate le seguenti disposizioni:

a) l'articolo 14, comma 7, della legge 28 febbraio 1986, n. 41;

b) l'articolo 18, comma 5, della legge 11 marzo 1988, n. 67, e successive modificazioni;

c) il decreto del Presidente della Repubblica 23 novembre 1991, n. 438;

d) l'articolo 3, comma 9, della legge 6 dicembre 1991, n. 394;

e) l'articolo 2, comma 5, del decreto-legge 11 giugno 1998, n. 180, convertito con modificazioni, dalla legge 3 agosto 1998, n. 267, e successive modificazioni;

f) l'articolo 2, comma 14, della legge 9 dicembre 1998, n. 426, e successive modificazioni;

g) l'articolo 14, comma 2, della legge 23 marzo 2001, n. 93;

h) l'articolo 1, comma 42, della legge 15 dicembre 2004, n. 308;

i) l'articolo 5, comma 9, del decreto legislativo 18 febbraio 2005, n. 59;

l) gli articoli 6, 48, comma 1, lettera m), comma 3, limitatamente alle parole «ed m)», e 49 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152;

m) l'articolo 184, commi 2 e 3, del decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163.

 

 


Normativa comunitaria

 


Dir. 27 giugno 1985, n. 85/337/CEE
Direttiva del Consiglio concernente la valutazione dell'impatto ambientale di determinati progetti pubblici e privati.

 

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(1) Pubblicata nella G.U.C.E. 5 luglio 1985, n. L 175. Entrata in vigore il 3 luglio 1985.

(2)  Termine di recepimento: 3 luglio 1988. Direttiva recepita con L. 8 luglio 1986, n. 349 e inoltre da ritenersi recepita con L. 22 febbraio 1994, n. 146. Vedi anche la L. 29 dicembre 2000, n. 422 (legge comunitaria 2000) e la legge 31 ottobre 2003, n. 306 (legge comunitaria 2003) e la L. 18 aprile 2005, n. 62 (legge comunitaria 2004).

 

 Il Consiglio delle Comunità europee,

visto il trattato che istituisce la Comunità economica europea, in particolare gli articoli 100 e 235,

vista la proposta della Commissione,

visto il parere del Parlamento europeo,

visto il parere del Comitato economico e sociale,

considerando che i programmi d'azione delle Comunità europee in materia ambientale del 1973 , del 1977 e del 1983, i cui orientamenti generali sono stati approvati dal Consiglio delle Comunità europee e dai rappresentanti dei Governi degli Stati membri, sottolineano che la migliore politica ecologica consiste nell'evitare fin dall'inizio inquinamenti ed altre perturbazioni, anziché combatterne successivamente gli effetti e affermano che in tutti i processi tecnici di programmazione e di decisione si deve tener subito conto delle eventuali ripercussioni sull'ambiente; che a tal fine prevedono l'adozione di procedure per valutare queste ripercussioni;

considerando che l'esistenza di disparità tra le legislazioni vigenti negli Stati membri in materia di valutazione dell'impatto ambientale dei progetti pubblici e privati può creare condizioni di concorrenza ineguali e avere perciò un'incidenza diretta sul funzionamento del mercato comune; che è quindi opportuno procedere al ravvicinamento delle legislazioni, previsto dall'articolo 100 del trattato;

considerando che risulta inoltre necessario realizzare uno degli obiettivi della Comunità nel settore della protezione dell'ambiente e della qualità della vita;

considerando che, poiché i poteri d'azione all'uopo richiesti non sono stati previsti dal trattato, è necessario ricorrere all'articolo 235 del trattato;

considerando che occorre introdurre principi generali di valutazione dell'impatto ambientale allo scopo di completare e coordinare le procedure di autorizzazione dei progetti pubblici e privati che possono avere un impatto rilevante sull'ambiente;

considerando che l'autorizzazione di progetti pubblici e privati che possono avere un impatto rilevante sull'ambiente va concessa solo previa valutazione delle loro probabili rilevanti ripercussioni sull'ambiente; che questa valutazione deve essere fatta in base alle opportune informazioni fornite dal committente e eventualmente completata dalle autorità e dal pubblico eventualmente interessato dal progetto;

considerando che i principi di valutazione dell'impatto ambientale devono essere armonizzati, in particolare per quel che riguarda i progetti da sottoporre a valutazione, i principali obblighi dei committenti e il contenuto della valutazione;

considerando che i progetti appartenenti a determinate classi hanno ripercussioni di rilievo sull'ambiente; che pertanto questi progetti debbono essere per principio sottoposti ad una valutazione sistematica;

considerando che progetti appartenenti ad altre classi non hanno necessariamente ripercussioni di rilievo sull'ambiente in tutti i casi e che detti progetti devono essere sottoposti ad una valutazione qualora gli Stati membri ritengano che le loro caratteristiche lo esigano;

considerando che, per i progetti soggetti a valutazione, debbono essere fornite determinate informazioni essenziali relative al progetto e alle sue ripercussioni;

considerando che gli effetti di un progetto sull'ambiente debbono essere valutati per proteggere la salute umana, contribuire con un migliore ambiente alla qualità della vita, provvedere al mantenimento della varietà delle specie e conservare la capacità di riproduzione dell'ecosistema in quanto risorsa essenziale di vita;

considerando tuttavia che non è opportuno applicare la presente direttiva ai progetti adottati nei dettagli mediante un atto legislativo nazionale specifico, inteso che gli obiettivi perseguiti dalla presente direttiva, incluso l'obiettivo della disponibilità delle informazioni, vengono raggiunti tramite la procedura legislativa;

considerando peraltro che può risultare opportuno in casi eccezionali esonerare un progetto specifico dalle procedure di valutazione previste dalla presente direttiva, a patto di informarne adeguatamente la Commissione,

ha adottato la presente direttiva:

 

Articolo 1

1. La presente direttiva si applica alla valutazione dell'impatto ambientale dei progetti pubblici e privati che possono avere un impatto ambientale importante.

2. Ai sensi della presente direttiva si intende per:

"progetto":

- la realizzazione di lavori di costruzione o di altri impianti od opere,

- altri interventi sull'ambiente naturale o sul paesaggio, compresi quelli destinati allo sfruttamento delle risorse del suolo;

"committente": il richiedente dell'autorizzazione relativa ad un progetto privato o la pubblica autorità che prende l'iniziativa relativa a un progetto;

"autorizzazione": decisione dell'autorità competente, o delle autorità competenti, che conferisce al committente il diritto di realizzare il progetto stesso;

"pubblico": una o più persone fisiche o giuridiche nonché, ai sensi della legislazione o prassi nazionale, le associazioni, le organizzazioni o i gruppi di tali persone (3);

"pubblico interessato": pubblico che subisce o può subire gli effetti delle procedure decisionali in materia ambientale di cui all'articolo 2, paragrafo 2, o che ha un interesse in tali procedure; ai fini della presente definizione le organizzazioni non governative che promuovono la protezione dell'ambiente e che soddisfano i requisiti di diritto nazionale si considerano portatrici di un siffatto interesse (4)».

3. L'autorità o le autorità competenti sono quelle che gli Stati membri designano per assolvere i compiti derivanti dalla presente direttiva.

4. Gli Stati membri possono decidere, dopo una valutazione caso per caso se così disposto dalla normativa nazionale, di non applicare la presente direttiva a progetti destinati a scopi di difesa nazionale, qualora ritengano che la sua applicazione possa pregiudicare tali scopi (5).

5. La presente direttiva non si applica ai progetti adottati nei dettagli mediante un atto legislativo nazionale specifico, inteso che gli obiettivi perseguiti dalla presente direttiva, incluso l'obiettivo della disponibilità delle informazioni, vengono raggiunti tramite la procedura legislativa.

 

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(3)  Definizione aggiunta dall'articolo 3 della direttiva 2003/35/CE.

(4)  Definizione aggiunta dall'articolo 3 della direttiva 2003/35/CE.

(5)  Paragrafo così sostituito dall'articolo 3 della direttiva 2003/35/CE.

 

Articolo 2

1. Gli Stati membri adottano le disposizioni necessarie affinché, prima del rilascio dell'autorizzazione, per i progetti per i quali si prevede un notevole impatto ambientale, in particolare per la loro natura, le loro dimensioni o la loro ubicazione, sia prevista un'autorizzazione e una valutazione del loro impatto. Detti progetti sono definiti nell'articolo 4 (6).

2. La valutazione dell'impatto ambientale può essere integrata nelle procedure esistenti di autorizzazione dei progetti negli Stati membri ovvero, in mancanza di queste, in altre procedure o nelle procedure da stabilire per raggiungere gli obiettivi della presente direttiva.

2 bis. Gli Stati membri possono prevedere una procedura unica per soddisfare i requisiti della presente direttiva e quelli della direttiva 96/61/CE del Consiglio, del 24 settembre 1996, sulla prevenzione e il controllo integrati dell'inquinamento (7).

3. Fatto salvo l'articolo 7, gli Stati membri, in casi eccezionali, possono esentare in tutto o in parte un progetto specifico dalle disposizioni della presente direttiva (8).

In questi casi gli Stati membri:

a) esaminano se sia opportuna un'altra forma di valutazione (9);

b) mettono a disposizione del pubblico coinvolto le informazioni raccolte con le altre forme di valutazione di cui alla lettera a), le informazioni relative alla decisione di esenzione e le ragioni per cui è stata concessa (10);

c) informano la Commissione, prima del rilascio dell'autorizzazione, dei motivi che giustificano l'esenzione accordata e le forniscono le informazioni che mettono eventualmente a disposizione dei propri cittadini.

La Commissione trasmette immediatamente i documenti ricevuti agli altri Stati membri.

La Commissione riferisce ogni anno al Consiglio in merito all'applicazione del presente paragrafo.

 

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(6)  Paragrafo così sostituito dall'articolo 1 della direttiva 97/11/CE.

(7)  Paragrafo inserito dall'articolo 1 della direttiva 97/11/CE.

(8)  Comma così sostituito dall'articolo 1 della direttiva 97/11/CE.

(9)  Lettera così sostituita dall'articolo 3 della direttiva 2003/35/CE.

(10)  Lettera così sostituita dall'articolo 3 della direttiva 2003/35/CE.

Articolo 3 (11)

La valutazione dell'impatto ambientale individua, descrive e valuta, in modo appropriato, per ciascun caso particolare e a norma degli articoli da 4 a 11, gli effetti diretti e indiretti di un progetto sui seguenti fattori:

- l'uomo, la fauna e la flora;

- il suolo, l'acqua, l'aria, il clima e il paesaggio;

- i beni materiali ed il patrimonio culturale;

- l'interazione tra i fattori di cui al primo, secondo e terzo trattino.

 

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(11)  Articolo così sostituito dall'articolo 1 della direttiva 97/11/CE.

 

 Articolo 4 (12)

1. Fatto salvo il paragrafo 3 dell'articolo 2 i progetti elencati nell'allegato I sono sottoposti a valutazione a norma degli articoli da 5 a 10.

2. Fatto salvo il paragrafo 3 dell'articolo 2 per i progetti elencati nell'allegato II gli Stati membri determinano, mediante

a) un esame del progetto caso per caso;

o

b) soglie o criteri fissati dagli Stati membri,

se il progetto debba essere sottoposto a valutazione a norma degli articoli da 5 a 10.

Gli Stati membri possono decidere di applicare entrambe le procedure di cui alle lettere a) e b).

3. Nell'esaminare caso per caso o nel fissare soglie o criteri ai fini del paragrafo 2 si tiene conto dei relativi criteri di selezione riportati nell'allegato III.

4. Gli Stati membri provvedono affinché le decisioni adottate dall'autorità competente di cui al paragrafo 2 siano messe a disposizione del pubblico.

 

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(12)  Articolo così sostituito dall'articolo 1 della direttiva 97/11/CE.

 

Articolo 5 (13)

1. Nel caso dei progetti che, a norma dell'articolo 4, devono essere oggetto di una valutazione dell'impatto ambientale a norma degli articoli da 5 a 10, gli Stati membri adottano le misure necessarie per garantire che il committente fornisca, nella forma opportuna, le informazioni specificate nell'allegato IV, qualora:

a) gli Stati membri ritengano che le informazioni siano appropriate ad una determinata fase della procedura di autorizzazione ed alle caratteristiche peculiari d'un progetto specifico o d'un tipo di progetto e dei fattori ambientali che possono subire un pregiudizio;

b) gli Stati membri ritengono che si possa ragionevolmente esigere che un committente raccolga i dati, tenendo conto fra l'altro delle conoscenze e dei metodi di valutazione disponibili.

2. Gli Stati membri prendono le misure necessarie affinché le autorità competenti, se il committente lo richiede prima di presentare una domanda di autorizzazione, diano il loro parere sulle informazioni che il committente deve fornire a norma del paragrafo 1. Prima di dare il loro parere le autorità competenti consultano il committente e le autorità di cui all'articolo 6, paragrafo 1. II fatto che le autorità in questione abbiano dato il loro parere a norma del presente paragrafo non osta a che richiedano successivamente al committente ulteriori informazioni.

Gli Stati membri possono chiedere detto parere alle autorità competenti anche se il committente non lo ha chiesto.

3. Le informazioni che il committente deve fornire a norma del paragrafo 1 comprendono almeno:

- una descrizione del progetto con informazioni relative alla sua ubicazione, concezione e dimensioni;

- una descrizione delle misure previste per evitare, ridurre e possibilmente compensare rilevanti effetti negativi;

- i dati necessari per individuare e valutare i principali effetti che il progetto può avere sull'ambiente;

- una descrizione sommaria delle principali alternative prese in esame dal committente, con indicazione delle principali ragioni della scelta, sotto il profilo dell'impatto ambientale;

- una sintesi non tecnica delle informazioni indicate nei precedenti trattini;

4. Gli Stati membri, se necessario, provvedono affinché le autorità mettano a disposizione del committente le informazioni pertinenti di cui dispongono, con particolare riferimento all'articolo 3.

 

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(13)  Articolo così sostituito dall'articolo 1 della direttiva 97/11/CE.

 

 Articolo 6

1. Gli Stati membri adottano le misure necessarie affinché le autorità che possono essere interessate al progetto, per la loro specifica responsabilità in materia di ambiente, abbiano la possibilità di esprimere il loro parere sulle informazioni fornite dal committente e sulla domanda di autorizzazione. A tal fine, gli Stati membri designano le autorità da consultare, in generale o caso per caso. Queste autorità ricevono le informazioni raccolte a norma dell'articolo 5. Le modalità della consultazione sono stabilite dagli Stati membri (14).

2. Il pubblico è informato, attraverso pubblici avvisi oppure in altra forma adeguata quali mezzi di comunicazione elettronici, se disponibili, in una fase precoce delle procedure decisionali in materia ambientale di cui all'articolo 2, paragrafo 2 e, al più tardi, non appena sia ragionevolmente possibile fornire le informazioni, sui seguenti aspetti:

a) la domanda di autorizzazione;

b) il fatto che il progetto sia soggetto ad una procedura di valutazione dell'impatto ambientale ed, eventualmente, che sia applicabile l'articolo 7;

c) informazioni sulle autorità competenti responsabili dell'adozione della decisione, quelle da cui possono essere ottenute le informazioni in oggetto, quelle cui possono essere presentati osservazioni o quesiti, nonché indicazioni sui termini per la trasmissione di osservazioni o quesiti;

d) la natura delle possibili decisioni o l'eventuale progetto di decisione;

e) l'indicazione circa la disponibilità delle informazioni raccolte ai sensi dell'articolo 5;

f) l'indicazione dei tempi e dei luoghi in cui possono essere ottenute le informazioni in oggetto e le modalità alle quali esse sono rese disponibili;

g) le modalità precise della partecipazione del pubblico ai sensi del paragrafo 5 del presente articolo (15).

3. Gli Stati membri provvedono affinché, entro scadenze ragionevoli, il pubblico interessato abbia accesso:

a) a qualsiasi informazione raccolta ai sensi dell'articolo 5;

b) conformemente alla legislazione nazionale, ai principali rapporti e consulenze resi alla o alle autorità competenti nel momento in cui il pubblico interessato è informato conformemente al paragrafo 2 del presente articolo;

c) conformemente alle disposizioni della direttiva 2003/4/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 28 gennaio 2003 sull'accesso del pubblico all'informazione ambientale, alle informazioni diverse da quelle previste al paragrafo 2 del presente articolo che sono rilevanti per la decisione conformemente all'articolo 8 e che sono disponibili soltanto dopo che il pubblico interessato è stato informato conformemente al paragrafo 2 del presente articolo (16).

4. Al pubblico interessato vengono offerte tempestive ed effettive opportunità di partecipazione alle procedure decisionali in materia ambientale di cui all'articolo 2, paragrafo 2. A tal fine, esso ha il diritto di esprimere osservazioni e pareri alla o alle autorità competenti quando tutte le opzioni sono aperte prima che venga adottata la decisione sulla domanda di autorizzazione (17).

5. Gli Stati membri stabiliscono le modalità dettagliate di informazione del pubblico (ad esempio mediante affissione entro una certa area o mediante pubblicazione nei giornali locali) e di consultazione del pubblico interessato (ad esempio per iscritto o tramite indagine pubblica) (18).

6. Vengono fissate scadenze adeguate per le varie fasi, che concedano un tempo sufficiente per informare il pubblico nonché per consentire al pubblico interessato di prepararsi e di partecipare efficacemente al processo decisionale in materia ambientale ai sensi delle disposizioni del presente articolo (19).

 

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(14)  Paragrafo così sostituito dall'articolo 1 della direttiva 97/11/CE.

(15)  Paragrafo inizialmente sostituito dall'articolo 1 della direttiva 97/11/CE. Gli ex paragrafi 2 e 3 sono stati sostituiti dagli attuali paragrafi 2, 3, 4, 5 e 6 in base all'articolo 3 della direttiva 2003/35/CE.

(16)  Gli ex paragrafi 2 e 3 sono stati sostituiti dagli attuali paragrafi 2, 3, 4, 5 e 6 in base all'articolo 3 della direttiva 2003/35/CE.

(17)  Gli ex paragrafi 2 e 3 sono stati sostituiti dagli attuali paragrafi 2, 3, 4, 5 e 6 in base all'articolo 3 della direttiva 2003/35/CE.

(18)  Gli ex paragrafi 2 e 3 sono stati sostituiti dagli attuali paragrafi 2, 3, 4, 5 e 6 in base all'articolo 3 della direttiva 2003/35/CE.

(19)  Gli ex paragrafi 2 e 3 sono stati sostituiti dagli attuali paragrafi 2, 3, 4, 5 e 6 in base all'articolo 3 della direttiva 2003/35/CE.

 

Articolo 7 (20)

1. Qualora uno Stato membro constati che un progetto può avere effetti significativi sull'ambiente di un altro Stato membro, o qualora uno Stato membro che potrebbe essere coinvolto in maniera significativa ne faccia richiesta, lo Stato membro sul cui territorio è prevista la realizzazione del progetto trasmette allo Stato membro coinvolto, quanto prima e non più tardi del giorno in cui informa il proprio pubblico, tra l'altro:

a) una descrizione del progetto corredata di tutte le informazioni disponibili circa il suo eventuale impatto transfrontaliero;

b) informazioni sulla natura della decisione che può essere adottata,

e lascia all'altro Stato membro un ragionevole lasso di tempo per far sapere se desidera partecipare alle procedure decisionali in materia ambientale di cui all'articolo 2, paragrafo 2, e può includere le informazioni di cui al paragrafo 2 del presente articolo (21).

2. Se uno Stato membro, cui siano pervenute le informazioni di cui al paragrafo 1, comunica che intende partecipare alle procedure decisionali in materia ambientale di cui all'articolo 2, paragrafo 2, lo Stato membro nel cui territorio è prevista la realizzazione del progetto provvede, se non lo ha già fatto, a trasmettere allo Stato membro coinvolto le informazioni che devono essere fornite ai sensi dell'articolo 6, paragrafo 2, e rese disponibili ai sensi dell'articolo 6, paragrafo 3, lettere a) e b) (22).

3. Gli Stati membri interessati, ciascuno per quanto lo concerne:

a) provvedono, entro un ragionevole lasso di tempo, a mettere a disposizione delle autorità di cui all'articolo 6, paragrafo 1, nonché dei cittadini interessati per quanto riguarda il territorio dello Stato membro che rischi di subire un rilevante impatto ambientale, le informazioni di cui ai paragrafi 1 e 2; e

b) si accertano che le suddette autorità e i suddetti cittadini interessati abbiano la possibilità, anteriormente al rilascio dell'autorizzazione al progetto, di comunicare, entro un ragionevole lasso di tempo, i loro pareri sulle informazioni fornite all'autorità competente dello Stato membro nel cui territorio è prevista la realizzazione del progetto.

4. Gli Stati membri interessati avviano consultazioni riguardanti, tra l'altro, l'eventuale impatto transfrontaliero del progetto e le misure previste per ridurre o eliminare tale impatto e fissano un termine ragionevole per la durata del periodo di consultazione.

5. Le modalità dettagliate per l'attuazione del presente articolo possono essere stabilite dagli Stati membri interessati e sono tali da consentire al pubblico interessato nel territorio dello Stato membro coinvolto di partecipare in maniera efficace alle procedure decisionali in materia ambientale di cui all'articolo 2, paragrafo 2, per il progetto (23).

 

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(20)  Articolo così sostituito dall'articolo 1 della direttiva 97/11/CE.

(21)  Paragrafo così sostituito dall'articolo 3 della direttiva 2003/35/CE.

(22)  Paragrafo così sostituito dall'articolo 3 della direttiva 2003/35/CE.

(23)  Paragrafo così sostituito dall'articolo 3 della direttiva 2003/35/CE.

 

Articolo 8 (24)

I risultati delle consultazioni e le informazioni raccolte a norma degli articoli 5, 6 e 7 debbono essere presi in considerazione nel quadro della procedura di autorizzazione.

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(24)  Articolo così sostituito dall'articolo 1 della direttiva 97/11/CE.

 

Articolo 9 (25)

1. Non appena sia stata adottata una decisione in merito alla concessione o al rifiuto dell'autorizzazione, l'autorità o le autorità competenti ne informano il pubblico in base ad adeguate procedure e rendono disponibili allo stesso le seguenti informazioni:

- il tenore della decisione e le condizioni che eventualmente l'accompagnano,

- tenuto conto delle preoccupazioni e dei pareri del pubblico interessato, i motivi e le considerazioni principali su cui la decisione si fonda, incluse informazioni relative al processo di partecipazione del pubblico,

- una descrizione, ove necessario, delle principali misure al fine di evitare, ridurre e se possibile compensare i più rilevanti effetti negativi (26).

2. La o le autorità competenti informano ogni Stato membro che è stato consultato a norma dell'articolo 7, inviandogli le informazioni di cui al paragrafo 1 del presente articolo.

Gli Stati membri consultati provvedono affinché le suddette informazioni vengano rese disponibili, con modalità appropriate, al pubblico interessato nel proprio territorio (27).

 

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(25)  Articolo così sostituito dall'articolo 1 della direttiva 97/11/CE.

(26)  Paragrafo così sostituito dall'articolo 3 della direttiva 2003/35/CE.

(27)  Paragrafo così sostituito dall'articolo 3 della direttiva 2003/35/CE.

 

Articolo 10 (28)

Le disposizioni della presente direttiva lasciano impregiudicato l'obbligo delle autorità competenti di rispettare le restrizioni imposte dalle disposizioni regolamentari ed amministrative nazionali e dalle prassi giuridiche esistenti in materia di riservatezza nel settore commerciale e industriale, compresa la proprietà intellettuale, nonché in materia di tutela dell'interesse pubblico.

In caso di applicazione dell'articolo 7, l'invio di informazioni ad un altro Stato membro ed il ricevimento di informazioni da un altro Stato membro sono soggetti alle restrizioni vigenti nello Stato membro in cui il progetto è proposto.

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(28)  Articolo così sostituito dall'articolo 1 della direttiva 97/11/CE.

 

Articolo 10 bis (29)

Gli Stati membri provvedono, in conformità del proprio ordinamento giuridico nazionale, affinché i membri del pubblico interessato:

a) che vantino un interesse sufficiente o, in alternativa;

b) che facciano valere la violazione di un diritto, nei casi in cui il diritto processuale amministrativo di uno Stato membro esiga tale presupposto,

abbiano accesso a una procedura di ricorso dinanzi ad un organo giurisdizionale o ad un altro organo indipendente ed imparziale istituito dalla legge, per contestare la legittimità sostanziale o procedurale di decisioni, atti od omissioni soggetti alle disposizioni sulla partecipazione del pubblico stabilite dalla presente direttiva.

Gli Stati membri stabiliscono in quale fase possono essere contestati le decisioni, gli atti o le omissioni.

Gli Stati membri determinano ciò che costituisce interesse sufficiente e violazione di un diritto, compatibilmente con l'obiettivo di offrire al pubblico interessato un ampio accesso alla giustizia. A tal fine, l'interesse di qualsiasi organizzazione non governativa ai sensi dell'articolo 1, paragrafo 2, è considerato sufficiente ai fini della lettera a) del presente articolo. Si considera inoltre che tali organizzazioni siano titolari di diritti suscettibili di essere lesi ai fini della lettera b) del presente articolo.

Le disposizioni del presente articolo non escludono la possibilità di avviare procedure di ricorso preliminare dinanzi all'autorità amministrativa e non incidono sul requisito dell'esaurimento delle procedure di ricorso amministrativo quale presupposto dell'esperimento di procedure di ricorso giurisdizionale, ove siffatto requisito sia prescritto dal diritto nazionale.

Una siffatta procedura è giusta, equa, tempestiva e non eccessivamente onerosa.

Per rndere più efficaci le disposizioni del presente articolo, gli Stati membri provvedono a mettere a disposizione del pubblico informazioni pratiche sull'accesso alle procedure di ricorso amministrativo e giurisdizionale.

 

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(29)  Articolo inserito dall'articolo 3 della direttiva 2003/35/CE.

 

Articolo 11

1. Gli Stati membri e la Commissione scambiano informazioni sull'esperienza acquisita nell'applicazione della presente direttiva.

2. In particolare, gli Stati membri informano la Commissione in merito a qualsiasi criterio e/o soglia adottati per la selezione dei progetti in questione, a norma dell'articolo 4, paragrafo 2 (30).

3. Cinque anni dopo la notifica della presente direttiva, la Commissione invia al Parlamento europeo e al Consiglio una relazione riguardante l'applicazione e l'efficacia della direttiva. La relazione è basata sul suddetto scambio di informazioni.

4. Sulla base di questo scambio di informazioni la Commissione presenta al Consiglio ulteriori proposte, se necessario, per un'applicazione sufficientemente coordinata della presente direttiva.

 

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(30)  Paragrafo così sostituito dall'articolo 1 della direttiva 97/11/CE.

 

Articolo 12

1. Gli Stati membri prendono le misure necessarie per conformarsi alla presente direttiva entro un termine di tre anni a decorrere dalla notifica.

2. Gli Stati membri comunicano alla Commissione il testo delle disposizioni di diritto interno che essi adottano nel settore disciplinato dalla presente direttiva.

 

Articolo 13 (31)

[1. Le disposizioni della presente direttiva non pregiudicano la facoltà degli Stati membri di fissare norme più severe per quanto concerne il campo d'applicazione e la procedura di valutazione dell'impatto ambientale.]

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(31)  Articolo soppresso dall'articolo 1 della direttiva 97/11/CE.

 

 Articolo 14

Gli Stati membri sono destinatari della presente direttiva.

 

Fatto a Lussemburgo, addì 27 giugno 1985.

Per il Consiglio

il presidente

A. Biondi

 

Si omettono gli allegati


Dir. 3 marzo 1997, n. 97/11/CE
Direttiva del Consiglio che modifica la direttiva 85/337/CEE concernente la valutazione dell'impatto ambientale di determinati progetti pubblici e privati.

 

 

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(1) Pubblicata nella G.U.C.E. 14 marzo 1997, n. L 73. Entrata in vigore il 3 aprile 1997.

 

Il Consiglio dell'Unione europea,

visto il trattato che istituisce la Comunità europea, in particolare l'articolo 130 S, paragrafo 1,

viste le proposte della Commissione (2),

visto il parere del Comitato economico e sociale (3),

visto il parere del Comitato delle Regioni (4),

deliberando secondo la procedura di cui all'articolo 189 C del trattato (5),

(1) considerando che la direttiva 85/337/CEE del Consiglio, del 27 giugno 1985 concernente la valutazione dell'impatto ambientale di determinati problemi pubblici e privati mira a fornire alle autorità competenti le informazioni adeguate che permettano di decidere su un determinato progetto con cognizione di causa per quanto riguarda il possibile notevole impatto sull'ambiente; che la procedura di valutazione è uno strumento fondamentale della politica ambientale quale definita all'articolo 130 R del trattato e del quinto programma comunitario di politica e d'azione a favore dell'ambiente e di uno sviluppo sostenibile;

(2) considerando che a norma dell'articolo 130 R, paragrafo 2 del trattato la politica della Comunità nel settore dell'ambiente è fondata sui principi di precauzione e di azione preventiva, sul principio della correzione, anzitutto alla fonte, dei danni recati all'ambiente, nonché sul principio "chi inquina paga";

(3) considerando che sarebbe opportuno armonizzare i principi fondamentali della valutazione dell'impatto ambientale; che gli Stati membri possono stabilire norme più severe a tutela dell'ambiente;

(4) considerando che l'esperienza maturata nella valutazione dell'impatto ambientale, esposta nella relazione sull'applicazione della direttiva 85/337/CEE, adottata dalla Commissione il 2 aprile 1993, indica che è necessario introdurre disposizioni intese a chiarire, completare e migliorare le regole relative alla procedura di valutazione, per far sì che la direttiva sia applicata in modo sempre più armonizzato ed efficace;

(5) considerando che per lo sviluppo dei progetti per i quali si richiede una valutazione si dovrebbe prevedere un'autorizzazione; che la valutazione dovrebbe precedere il rilascio dell'autorizzazione;

(6) considerando che è opportuno completare l'elenco dei progetti che hanno incidenze notevoli sull'ambiente e che pertanto devono essere sottoposti di norma ad una valutazione sistematica;

(7) considerando la possibilità che progetti di altri tipi non abbiano in tutti i casi incidenze notevoli sull'ambiente; che è opportuno che detti progetti siano sottoposti a valutazione qualora, a giudizio degli Stati membri, possano influire in modo rilevante sull'ambiente;

(8) considerando che gli Stati membri possono fissare le soglie o i criteri per stabilire quali di questi progetti debbano essere sottoposti a valutazione a seconda dell'entità del loro impatto ambientale; che per gli Stati membri non sarebbe obbligatorio esaminare caso per caso i progetti al di sotto di tali soglie o al di fuori di tali criteri;

(9) considerando che nel fissare tali soglie o criteri e nell'esaminare caso per caso i progetti, per stabilire quali di questi debbano essere sottoposti a valutazione a seconda dell'entità del loro impatto ambientale, gli Stati membri dovrebbero tener conto dei pertinenti criteri di selezione contenuti nella presente direttiva; che, secondo il principio di sussidiarietà, gli Stati membri sono i soggetti più idonei per l'applicazione di detti criteri nei casi concreti;

(10) considerando che il criterio di ubicazione relativo alle zone di protezione speciale designate dagli Stati membri a norma delle direttive 79/409/CEE del Consiglio, del 2 aprile 1979, concernente la conservazione degli uccelli selvatici e 92/43/CEE del Consiglio, del 21 maggio 1992, relativa alla conservazione degli habitat naturali e seminaturali e della flora e della fauna selvatiche non comporta necessariamente che i progetti in dette zone debbano essere automaticamente sottoposti a valutazione a norma della presente direttiva;

(11) considerando che è opportuno introdurre una procedura che permetta al committente di ottenere dalle autorità competenti un parere sul contenuto e l'ampiezza delle informazioni da elaborare e da fornire al fine della valutazione; che gli Stati membri, nel quadro della presente procedura, possono esigere che il committente fornisca, tra l'altro, alternative ai progetti per i quali intende presentare una domanda;

(12) considerando che è opportuno rafforzare le disposizioni concernenti la valutazione dell'impatto ambientale in un contesto transfrontaliero, per tener conto degli sviluppi a livello internazionale;

(13) considerando che il 25 febbraio 1991 la Comunità ha firmato la convenzione sulla valutazione dell'impatto sull'ambiente in un contesto transfrontaliero,

 

ha adottato la presente direttiva:

 

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(2)  In G.U.C.E. 12 maggio 1994, n. C 130 e G.U.C.E. 19 marzo 1996, n. C 81.

(3)  In G.U.C.E. 31 dicembre 1994, n. C 393.

(4)  In G.U.C.E. 14 agosto 1995, n. C 210.

(5)  Parere del Parlamento europeo dell'11 ottobre 1995 (G.U.C.E. 30 ottobre 1995, n. C 287), posizione comune del Consiglio del 25 giugno 1996 (G.U.C.E. 26 agosto 1996, n. C 248) e decisione del Parlamento europeo del 13 novembre 1996 (G.U.C.E. 2 dicembre 1996, n. C 362).

 

Articolo 1

La direttiva 85/337/CEE è modificata come segue:

1) All'articolo 2, il testo del paragrafo 1 è sostituito dal testo seguente:

... (6).

2) All'articolo 2 è inserito il seguente paragrafo:

... (7).

3) All'articolo 2, il primo comma del paragrafo 3 è così formulato:

... (8).

4) Nel testo in inglese dell'articolo 2, paragrafo 3, lettera c), le parole "where appropriate" sono sostituite da "where applicable".

5) L'articolo 3 è sostituito dal testo seguente:

... (9).

6) L'articolo 4 è sostituito dal testo seguente:

... (10).

7) L'articolo 5 è sostituito dal testo seguente:

... (11).

8) All'articolo 6, il testo del paragrafo 1 è sostituito dal testo seguente:

... (12).

All'articolo 6, il testo del paragrafo 2 è sostituito dal testo seguente:

... (13).

9) L'articolo 7 è sostituito dal testo seguente:

... (14).

10) L'articolo 8 è sostituito dal testo seguente:

... (15).

11) L'articolo 9 è sostituito dal testo seguente:

... (16).

12) Il testo dell'articolo 10 è sostituito dal testo seguente:

... (17).

13) All'articolo 11, il testo del paragrafo 2 è sostituito dal testo seguente:

... (18).

14) L'articolo 13 soppresso.

15) Gli allegati I, II e III sono sostituiti dagli allegati I, II, III e IV che figurano in allegato.

 

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(6)  Il testo omesso è riportato in modifica alla Dir. 85/337/CEE.

(7)  Il testo omesso inserisce il paragrafo 2-bis all'articolo 2 della Dir. 85/337/CEE.

(8)  Il testo omesso è riportato in modifica alla Dir. 85/337/CEE.

(9)  Il testo omesso è riportato in modifica alla Dir. 85/337/CEE.

(10)  Il testo omesso è riportato in modifica alla Dir. 85/337/CEE.

(11)  Il testo omesso è riportato in modifica alla Dir. 85/337/CEE.

(12)  Il testo omesso è riportato in modifica alla Dir. 85/337/CEE.

(13)  Il testo omesso è riportato in modifica alla Dir. 85/337/CEE.

(14)  Il testo omesso è riportato in modifica alla Dir. 85/337/CEE.

(15)  Il testo omesso è riportato in modifica alla Dir. 85/337/CEE.

 

(16)  Il testo omesso è riportato in modifica alla Dir. 85/337/CEE.

(17)  Il testo omesso è riportato in modifica alla Dir. 85/337/CEE.

(18)  Il testo omesso è riportato in modifica alla Dir. 85/337/CEE.

 

Articolo 2

Cinque anni dopo l'entrata in vigore della presente direttiva, la Commissione invia al Parlamento europeo e al Consiglio una relazione riguardante l'applicazione e l'efficacia della direttiva 85/337/CEE qual è emendata dalla presente direttiva. La relazione è basata sullo scambio di informazioni di cui all'articolo 11, paragrafi 1 e 2. Sulla base di questa relazione la Commissione presenta al Consiglio ulteriori proposte, se necessario, per assicurare un maggior coordinamento nell'applicazione della presente direttiva.

 

Articolo 3

1. Gli Stati membri mettono in vigore le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative necessarie per conformarsi alla presente direttiva entro e non oltre il 14 marzo 1999. Essi ne informano immediatamente la Commissione.

ndo gli Stati membri adottano tali disposizioni, queste devono contenere un riferimento alla presente direttiva od essere corredate di siffatto riferimento all'atto della pubblicazione ufficiale. Le modalità del riferimento sono decise dagli Stati membri.

2. Per le domande di autorizzazione sottoposte all'autorità competente anteriormente allo scadere del termine fissato al paragrafo 1, continuano ad applicarsi le disposizioni della direttiva 85/337/CEE nella versione originaria.

 

Articolo 4

La presente direttiva entra in vigore il ventesimo giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale delle Comunità europee.

 

Articolo 5

Gli Stati membri sono destinatari della presente direttiva.

 

Allegati (19)

 

(19)  Il testo degli allegati I, II, III, IV è riportato in modifica agli allegati della Dir. 85/337/CEE.


Dir. 27 giugno 2001, n. 2001/42/CE
Direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio concernente la valutazione degli effetti di determinati piani e programmi sull'ambiente.

 

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(1) Pubblicata nella G.U.C.E. 21 luglio 2001, n. L 197. Entrata in vigore il 21 luglio 2001.

(2)  Termine di recepimento: 21 luglio 2004.

 

 Il Parlamento europeo e il Consiglio dell'Unione europea,

 

visto il trattato che istituisce la Comunità europea, in particolare l'articolo 175, paragrafo 1,

vista la proposta della Commissione (3),

visto il parere del Comitato economico e sociale (4),

visto il parere del Comitato delle regioni (5),

deliberando secondo la procedura di cui all'articolo 251 del trattato (6), visto il progetto comune approvato dal comitato di conciliazione il 21 marzo 2001,

considerando quanto segue:

(1) L'articolo 174 del trattato stabilisce che la politica della Comunità in materia ambientale contribuisce, tra l'altro, a perseguire gli obiettivi della salvaguardia, tutela e miglioramento della qualità dell'ambiente, della protezione della salute umana e dell'utilizzazione accorta e razionale delle risorse naturali e che essa dev'essere fondata sul principio della precauzione. L'articolo 6 del trattato stabilisce che le esigenze connesse con la tutela dell'ambiente devono essere integrate nella definizione delle politiche e delle azioni comunitarie, in particolare nella prospettiva di promuovere lo sviluppo sostenibile.

(2) Il quinto programma comunitario di politica ed azione a favore dell'ambiente e di uno sviluppo sostenibile "Per uno sviluppo durevole e sostenibile" (7), integrato dalla decisione n. 2179/98/CE del Consiglio relativa al suo riesame, ribadisce l'importanza di valutare i probabili effetti di piani e programmi sull'ambiente.

(3) La convenzione sulla biodiversità richiede alle parti di integrare, per quanto possibile e appropriato, la conservazione e l'uso sostenibile della biodiversità nei piani e nei programmi settoriali e intersettoriali pertinenti.

(4) La valutazione ambientale costituisce un importante strumento per l'integrazione delle considerazioni di carattere ambientale nell'elaborazione e nell'adozione di taluni piani e programmi che possono avere effetti significativi sull'ambiente negli Stati membri, in quanto garantisce che gli effetti dell'attuazione dei piani e dei programmi in questione siano presi in considerazione durante la loro elaborazione e prima della loro adozione.

(5) L'adozione di procedure di valutazione ambientale a livello di piano e programma dovrebbero andare a vantaggio delle imprese, fornendo un quadro più coerente in cui operare inserendo informazioni pertinenti in materia ambientale nell'iter decisionale. L'inserimento di una più ampia gamma di fattori nell'iter decisionale dovrebbe contribuire a soluzioni più sostenibili e più efficaci.

(6) I diversi sistemi di valutazione ambientale operanti negli Stati membri dovrebbero prevedere una serie di norme procedurali comuni necessarie a contribuire ad un elevato livello di protezione dell'ambiente.

(7) La Convenzione della Commissione Economica per l'Europa delle Nazioni Unite sulla valutazione di impatto ambientale in un contesto transfrontaliero, del 25 febbraio 1991, che si applica sia agli Stati membri sia a altri Stati, incoraggia le parti della convenzione ad applicare i suoi principi anche a piani e programmi. Alla seconda riunione tra le parti alla convenzione tenutasi a Sofia il 26 e 27 febbraio 2001, è stato deciso di approntare un protocollo giuridicamente vincolante sulla valutazione ambientale strategica, da aggiungere alle norme in vigore sulla valutazione di impatto ambientale in un contesto transfrontaliero, per pervenire alla sua eventuale adozione in una riunione straordinaria delle parti alla convenzione in occasione della quinta conferenza ministeriale "Ambiente per l'Europa", prevista per maggio 2003 a Kiev (Ucraina). I sistemi di valutazione ambientale di piani e programmi applicati nella Comunità dovrebbero garantire adeguate consultazioni transfrontaliere quando l'attuazione di un piano o programma in preparazione in uno Stato membro potrebbe avere effetti significativi sull'ambiente di un altro Stato membro. Le informazioni relative ai piani e ai programmi che hanno effetti significativi sull'ambiente di altri Stati dovrebbero essere trasmesse su una base reciproca ed equivalente in un pertinente contesto giuridico tra gli Stati membri e tali Stati.

(8) Occorre pertanto intervenire a livello comunitario in modo da fissare un quadro minimo per la valutazione ambientale che sancisca i principi generali del sistema di valutazione ambientale e lasci agli Stati membri il compito di definire i dettagli procedurali tenendo conto del principio della sussidiarietà. L'azione della Comunità non va al di là di quanto necessario per il raggiungimento degli obiettivi stabiliti nel trattato.

(9) La presente direttiva ha carattere procedurale e le sue disposizioni dovrebbero essere integrate nelle procedure esistenti negli Stati membri o incorporate in procedure specificamente stabilite. Gli Stati membri dovrebbero eventualmente tener conto del fatto che le valutazioni saranno effettuate a diversi livelli di una gerarchia di piani e programmi, in modo da evitare duplicati.

(10) Tutti i piani e i programmi preparati per vari settori e che definiscono il quadro di riferimento per l'autorizzazione di progetti elencati negli allegati I e II della direttiva 85/337/CEE del Consiglio, del 27 giugno 1985, concernente la valutazione dell'impatto ambientale di determinati progetti pubblici e privati, e tutti i piani e i programmi per i quali è stata prescritta la valutazione ai sensi della direttiva 92/43/CEE del Consiglio, del 21 maggio 1992, relativa alla conservazione degli habitat naturali e seminaturali e della flora e della fauna selvatiche, potrebbero avere effetti significativi sull'ambiente e dovrebbero di norma essere oggetto di una valutazione ambientale sistematica. Quando determinano l'uso di piccole aree a livello locale o sono piccole modifiche dei piani o programmi summenzionati, essi dovrebbero essere valutati soltanto se gli Stati membri stabiliscono che potrebbero avere effetti significativi sull'ambiente.

(11) Altri piani e programmi che definiscono il quadro di riferimento per l'autorizzazione di progetti possono non avere effetti significativi sull'ambiente in tutti i casi e dovrebbero essere valutati soltanto se gli Stati membri stabiliscono che potrebbero avere tali effetti.

(12) Gli Stati membri, nel decidere, dovrebbero tener conto dei pertinenti criteri fissati nella presente direttiva.

(13) Taluni piani e programmi, a causa delle loro caratteristiche particolari, non dovrebbero rientrare nell'ambito di applicazione della presente direttiva.

(14) Una valutazione, ove prescritta dalla presente direttiva, dovrebbe essere elaborata in modo da contenere informazioni pertinenti come stabilito dalla presente direttiva, identificare, descrivere e valutare i possibili effetti ambientali significativi, tenendo conto degli obiettivi e dell'ambito territoriale del piano o del programma, nonché alternative ragionevoli. Gli Stati membri dovrebbero comunicare alla Commissione le misure da essi adottate per quanto riguarda la qualità dei rapporti ambientali.

(15) Allo scopo di contribuire ad una maggiore trasparenza dell'iter decisionale nonché allo scopo di garantire la completezza e l'affidabilità delle informazioni su cui poggia la valutazione, occorre stabilire che le autorità responsabili per l'ambiente ed il pubblico siano consultate durante la valutazione dei piani e dei programmi e che vengano fissate scadenze adeguate per consentire un lasso di tempo sufficiente per le consultazioni, compresa la formulazione di pareri.

(16) Nel caso in cui l'attuazione di un piano o di un programma elaborato in uno Stato membro possa avere effetti significativi sull'ambiente di altri Stati membri, si dovrebbe prevedere che gli Stati membri interessati procedano a consultazioni e che le autorità interessate ed il pubblico siano informate e possano esprimere il loro parere.

(17) Il rapporto ambientale e i pareri espressi dalle autorità interessate e dal pubblico, nonché i risultati delle consultazioni transfrontaliere dovrebbero essere presi in considerazione durante la preparazione del piano o del programma e prima della sua adozione o prima di avviarne l'iter legislativo.

(18) Gli Stati membri dovrebbero provvedere affinché, quando è adottato un piano o programma, le autorità interessate ed il pubblico siano informate e siano messi a loro disposizione dati pertinenti.

(19) Qualora l'obbligo di effettuare una valutazione dell'impatto ambientale risulti contemporaneamente dalla presente direttiva e a altre normative comunitarie quali la direttiva 79/409/CEE del Consiglio, del 2 aprile 1979, concernente la conservazione degli uccelli selvatici, la direttiva 92/43/CEE, o la direttiva 2000/60/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23 ottobre 2000, che istituisce un quadro per l'azione comunitaria in materia di acque, gli Stati membri, al fine di evitare duplicazioni della valutazione, possono prevedere procedure coordinate o comuni per soddisfare le prescrizioni della pertinente normativa comunitaria.

(20) L'applicazione e l'efficacia della presente direttiva dovrebbero essere oggetto di una prima relazione della Commissione cinque anni dopo la sua entrata in vigore e successivamente ogni sette anni. Allo scopo di integrare ulteriormente le disposizioni per la tutela dell'ambiente e di tener conto dell'esperienza acquisita, la prima relazione dovrebbe essere corredata, se del caso, di proposte di modifica della presente direttiva, in particolare per quanto riguarda la possibilità di ampliarne l'ambito di applicazione ad altre zone/altri settori e ad altri tipi di piani e di programmi,

hanno adottato la presente direttiva:

 

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(3)  Pubblicata nella G.U.C.E. 25 aprile 2001, n. C 129 e G.U.C.E. 25 marzo 1999, n. C 83.

(4)  Pubblicato nella G.U.C.E. 22 settembre 1997, n. C 287.

(5)  Pubblicato nella G.U.C.E. 27 febbraio 1998, n. C 64 e G.U.C.E. 23 dicembre 1999, n. C 374.

(6)  Parere del Parlamento europeo del 20 ottobre 1998 (G.U.C.E. 9 novembre 1998, n. C 341) confermato il 16 settembre 1999 (G.U.C.E. 25 febbraio 2000, n. C 54), posizione comune del Consiglio del 30 marzo 2000 (G.U.C.E. 16 maggio 2000, n. C 137) e decisione del Parlamento europeo del 6 settembre 2000 (G.U.C.E. 7 maggio 2001, n. C 135). Decisione del Parlamento europeo del 31 maggio 2001 e decisione del Consiglio del 5 giugno 2001.

(7)  Pubblicato nella G.U.C.E. 17 maggio 1993, n. C 138.

 

Articolo 1

Obiettivi.

La presente direttiva ha l'obiettivo di garantire un elevato livello di protezione dell'ambiente e di contribuire all'integrazione di considerazioni ambientali all'atto dell'elaborazione e dell'adozione di piani e programmi al fine di promuovere lo sviluppo sostenibile, assicurando che, ai sensi della presente direttiva, venga effettuata la valutazione ambientale di determinati piani e programmi che possono avere effetti significativi sull'ambiente.

 

Articolo 2

Definizioni.

Ai fini della presente direttiva:

a) per "piani e programmi" s'intendono i piani e i programmi, compresi quelli cofinanziati dalla Comunità europea, nonché le loro modifiche

- che sono elaborati e/o adottati da un'autorità a livello nazionale, regionale o locale oppure predisposti da un'autorità per essere approvati, mediante una procedura legislativa, dal parlamento o dal governo e

- che sono previsti da disposizioni legislative, regolamentari o amministrative;

b) per "valutazione ambientale" s'intende l'elaborazione di un rapporto di impatto ambientale, lo svolgimento di consultazioni, la valutazione del rapporto ambientale e dei risultati delle consultazioni nell'iter decisionale e la messa a disposizione delle informazioni sulla decisione a norma degli articoli da 4 a 9;

c) per "rapporto ambientale" s'intende la parte della documentazione del piano o del programma contenente le informazioni prescritte all'articolo 5 e nell'allegato I;

d) per "pubblico" s'intendono una o più persone fisiche o giuridiche, secondo la normativa o la prassi nazionale, e le loro associazioni, organizzazioni o gruppi.

 

Articolo 3

Ambito d'applicazione.

1. I piani e i programmi di cui ai paragrafi 2, 3 e 4, che possono avere effetti significativi sull'ambiente, sono soggetti ad una valutazione ambientale ai sensi degli articoli da 4 a 9.

2. Fatto salvo il paragrafo 3, viene effettuata una valutazione ambientale per tutti i piani e i programmi,

a) che sono elaborati per i settori agricolo, forestale, della pesca, energetico, industriale, dei trasporti, della gestione dei rifiuti e delle acque, delle telecomunicazioni, turistico, della pianificazione territoriale o della destinazione dei suoli, e che definiscono il quadro di riferimento per l'autorizzazione dei progetti elencati negli allegati I e II della direttiva 85/337/CEE, o

b) per i quali, in considerazione dei possibili effetti sui siti, si ritiene necessaria una valutazione ai sensi degli articoli 6 e 7 della direttiva 92/43/CEE.

3. Per i piani e i programmi di cui al paragrafo 2 che determinano l'uso di piccole aree a livello locale e per le modifiche minori dei piani e dei programmi di cui al paragrafo 2, la valutazione ambientale è necessaria solo se gli Stati membri determinano che essi possono avere effetti significativi sull'ambiente.

4. Gli Stati membri determinano se i piani e i programmi, diversi da quelli di cui al paragrafo 2, che definiscono il quadro di riferimento per l'autorizzazione dei progetti, possono avere effetti significativi sull'ambiente.

5. Gli Stati membri determinano se i piani o i programmi di cui ai paragrafi 3 e 4 possono avere effetti significativi sull'ambiente attraverso l'esame caso per caso o specificando i tipi di piani e i programmi o combinando le due impostazioni. A tale scopo gli Stati membri tengono comunque conto dei pertinenti criteri di cui all'allegato II, al fine di garantire che i piani e i programmi con probabili effetti significativi sull'ambiente rientrino nell'ambito di applicazione della presente direttiva.

6. Nell'esame dei singoli casi e nella specificazione dei tipi di piani e i programmi di cui al paragrafo 5, devono essere consultate le autorità di cui all'articolo 6, paragrafo 3.

7. Gli Stati membri fanno in modo che le conclusioni adottate ai sensi del paragrafo 5, comprese le motivazioni della mancata richiesta di una valutazione ambientale ai sensi degli articoli da 4 a 9, siano messe a disposizione del pubblico.

8. I seguenti piani e programmi non rientrano nell'ambito di applicazione della presente direttiva:

- piani e programmi destinati esclusivamente a scopi di difesa nazionale e di protezione civile,

- piani e programmi finanziari o di bilancio.

9. La presente direttiva non si applica ai piani e ai programmi cofinanziati a titolo dei rispettivi periodi di programmazione in corso [1] per i regolamenti (CE) n. 1260/1999 e (CE) n. 1257/1999 del Consiglio.

 

_______________

[1] Il periodo di programmazione 2000-2006 per il regolamento (CE) n. 1260/1999 del Consiglio e i periodi di programmazione 2000-2006 e 2000-2007 per il regolamento (CE) n. 1257/1999 del Consiglio.

 

Articolo 4

Obblighi generali.

1. La valutazione ambientale di cui all'articolo 3 deve essere effettuata durante la fase preparatoria del piano o del programma ed anteriormente alla sua adozione o all'avvio della relativa procedura legislativa.

2. Le condizioni stabilite dalla presente direttiva sono integrate nelle procedure in vigore negli Stati membri per l'adozione dei piani e dei programmi o nelle procedure definite per conformarsi alla presente direttiva.

3. Nel caso di piani e programmi gerarchicamente ordinati gli Stati membri tengono conto, onde evitare duplicazioni della valutazione, del fatto che essa sarà effettuata, ai sensi della presente direttiva, a vari livelli della gerarchia. Al fine, tra l'altro, di evitare duplicazioni della valutazione, gli Stati membri applicano l'articolo 5, paragrafi 2 e 3.

 

Articolo 5

Rapporto ambientale.

1. Nel caso in cui sia necessaria una valutazione ambientale ai sensi dell'articolo 3, paragrafo 1, deve essere redatto un rapporto ambientale in cui siano individuati, descritti e valutati gli effetti significativi che l'attuazione del piano o del programma potrebbe avere sull'ambiente nonché le ragionevoli alternative alla luce degli obiettivi e dell'ambito territoriale del piano o del programma. L'allegato I riporta le informazioni da fornire a tale scopo.

2. Il rapporto ambientale elaborato a norma del paragrafo 1 comprende le informazioni che possono essere ragionevolmente richieste, tenuto conto del livello delle conoscenze e dei metodi di valutazione attuali, dei contenuti e del livello di dettaglio del piano o del programma e, per evitare duplicazioni della valutazione, della fase in cui si trova nell'iter decisionale e della misura in cui taluni aspetti sono più adeguatamente valutati in altre fasi di detto iter.

3. Possono essere utilizzate per fornire le informazioni di cui all'allegato I quelle pertinenti disponibili sugli effetti ambientali dei piani e dei programmi e ottenute nell'ambito di altri livelli decisionali o attraverso altre disposizioni della normativa comunitaria.

4. Le autorità di cui all'articolo 6, paragrafo 3 devono essere consultate al momento della decisione sulla portata delle informazioni da includere nel rapporto ambientale e sul loro livello di dettaglio.

 

Articolo 6

Consultazioni.

1. La proposta di piano o di programma ed il rapporto ambientale redatto a norma dell'articolo 5 devono essere messi a disposizione delle autorità di cui al paragrafo 3 del presente articolo e del pubblico.

2. Le autorità di cui al paragrafo 3 e il pubblico di cui al paragrafo 4 devono disporre tempestivamente di un'effettiva opportunità di esprimere in termini congrui il proprio parere sulla proposta di piano o di programma e sul rapporto ambientale che la accompagna, prima dell'adozione del piano o del programma o dell'avvio della relativa procedura legislativa.

3. Gli Stati membri designano le autorità che devono essere consultate e che, per le loro specifiche competenze ambientali, possono essere interessate agli effetti sull'ambiente dovuti all'applicazione dei piani e dei programmi.

4. Gli Stati membri individuano i settori del pubblico ai fini del paragrafo 2, compresi i settori del pubblico che sono interessati dall'iter decisionale nell'osservanza della presente direttiva o che ne sono o probabilmente ne verranno toccati, includendo le pertinenti organizzazioni non governative quali quelle che promuovono la tutela dell'ambiente e altre organizzazioni interessate.

5. Gli Stati membri determinano le specifiche modalità per l'informazione e la consultazione delle autorità e del pubblico.

 

Articolo 7

Consultazioni transfrontaliere.

1. Qualora uno Stato membro ritenga che l'attuazione di un piano o di un programma in fase di preparazione sul suo territorio possa avere effetti significativi sull'ambiente di un altro Stato membro, o qualora lo richieda uno Stato membro che potrebbe essere interessato in misura significativa, lo Stato membro sul cui territorio è in fase di elaborazione il piano o il programma trasmette, prima della sua adozione o dell'avvio della relativa procedura legislativa, una copia della proposta di piano o di programma e del relativo rapporto ambientale all'altro Stato membro.

2. Uno Stato membro cui sia pervenuta copia della proposta di piano o di programma e del rapporto ambientale di cui al paragrafo 1 comunica all'altro Stato membro se intende procedere a consultazioni anteriormente all'adozione del piano o del programma o all'avvio della relativa procedura legislativa; in tal caso gli Stati membri interessati procedono alle consultazioni in merito ai possibili effetti ambientali transfrontalieri derivanti dall'attuazione del piano o del programma nonché alle misure previste per ridurre o eliminare tali effetti.

Se tali consultazioni hanno luogo, gli Stati membri interessati convengono specifiche modalità affinché le autorità di cui all'articolo 6, paragrafo 3 e i settori del pubblico di cui all'articolo 6, paragrafo 4, nello Stato membro che potrebbe essere interessato significativamente, siano informati ed abbiano l'opportunità di esprimere il loro parere entro termini ragionevoli.

3. Gli Stati membri interessati che partecipano alle consultazioni ai sensi del presente articolo ne fissano preventivamente la durata in tempi ragionevoli.

 

Articolo 8

Iter decisionale.

In fase di preparazione del piano o del programma e prima della sua adozione o dell'avvio della relativa procedura legislativa si prendono in considerazione il rapporto ambientale redatto ai sensi dell'articolo 5, i pareri espressi ai sensi dell'articolo 6 nonché i risultati di ogni consultazione transfrontaliera avviata ai sensi dell'articolo 7.

 

Articolo 9

Informazioni circa la decisione.

1. Gli Stati membri assicurano che, quando viene adottato un piano o un programma, le autorità di cui all'articolo 6, paragrafo 3, il pubblico e tutti gli Stati membri consultati ai sensi dell'articolo 7 ne siano informati e che venga messo a loro disposizione:

a) il piano o il programma adottato;

b) una dichiarazione di sintesi in cui si illustra in che modo le considerazioni ambientali sono state integrate nel piano o programma e come si è tenuto conto, ai sensi dell'articolo 8, del rapporto ambientale redatto ai sensi dell'articolo 5, dei pareri espressi ai sensi dell'articolo 6 e dei risultati delle consultazioni avviate ai sensi dell'articolo 7, nonché le ragioni per le quali è stato scelto il piano o il programma adottato, alla luce delle alternative possibili che erano state individuate, e

c) le misure adottate in merito al monitoraggio ai sensi dell'articolo 10.

2. Gli Stati membri stabiliscono le specifiche modalità per le informazioni di cui al paragrafo 1.

 

Articolo 10

Monitoraggio.

1. Gli Stati membri controllano gli effetti ambientali significativi dell'attuazione dei piani e dei programmi al fine, tra l'altro, di individuare tempestivamente gli effetti negativi imprevisti e essere in grado di adottare le misure correttive che ritengono opportune.

2. Al fine di conformarsi al disposto del paragrafo 1, possono essere impiegati, se del caso, i meccanismi di controllo esistenti onde evitare una duplicazione del monitoraggio.

 

Articolo 11

Relazione con le altre disposizioni della normativa comunitaria.

1. La valutazione ambientale effettuata ai sensi della presente direttiva lascia impregiudicate le disposizioni della direttiva 85/337/CEE e qualsiasi altra disposizione della normativa comunitaria.

2. Per i piani e i programmi in merito ai quali l'obbligo di effettuare una valutazione dell'impatto ambientale risulta contemporaneamente dalla presente direttiva e da altre normative comunitarie, gli Stati membri possono prevedere procedure coordinate o comuni per soddisfare le prescrizioni della pertinente normativa comunitaria, tra l'altro al fine di evitare duplicazioni della valutazione.

3. Per i piani e i programmi cofinanziati dalla Comunità europea, la valutazione ambientale a norma della presente direttiva viene effettuata secondo le disposizioni speciali della pertinente legislazione comunitaria.

 

Articolo 12

Informazioni, relazioni e riesame.

1. Gli Stati membri e la Commissione si scambiano informazioni sull'esperienza maturata nell'applicazione della presente direttiva.

2. Gli Stati membri assicurano che le relazioni ambientali siano di qualità sufficiente a soddisfare le prescrizioni della presente direttiva e comunicano alla Commissione qualunque misura da essi adottata in materia di qualità di tali relazioni.

3. Prima del 21 luglio 2006 la Commissione invia una prima relazione sulla sua applicazione ed efficacia al Parlamento europeo e al Consiglio.

Per integrare altre esigenze connesse con la tutela dell'ambiente, a norma dell'articolo 6 del trattato e tenuto conto dell'esperienza acquisita negli Stati membri nell'applicazione della presente direttiva, detta relazione è corredata delle proposte di modifica della presente direttiva eventualmente necessarie. In particolare, la Commissione vaglierà la possibilità di estendere l'ambito d'applicazione della presente direttiva ad altre tematiche/altri settori e ad altri tipi di piani e programmi.

Successivamente viene elaborata una nuova relazione di valutazione ogni sette anni.

4. Al fine di garantire la coerenza di impostazione tra la presente direttiva e i successivi regolamenti comunitari, la Commissione riferisce in merito al rapporto tra la stessa e i regolamenti (CE) n. 1260/1999 e (CE) n. 1257/1999 con molto anticipo rispetto alla scadenza dei periodi di programmazione previsti da detti regolamenti.

 

Articolo 13

Attuazione della direttiva.

1. Gli Stati membri mettono in vigore le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative necessarie per conformarsi alla presente direttiva prima del 21 luglio 2004. Essi ne informano immediatamente la Commissione.

2. Quando gli Stati membri adottano tali disposizioni, queste contengono un riferimento alla presente direttiva o sono corredate di un siffatto riferimento all'atto della pubblicazione ufficiale. Le modalità di tale riferimento sono decise dagli Stati membri.

3. L'obbligo di cui all'articolo 4, paragrafo 1 si applica ai piani e ai programmi il cui primo atto preparatorio formale è successivo alla data di cui al paragrafo 1. I piani e i programmi il cui primo atto preparatorio formale è precedente a tale data e che sono stati approvati o sottoposti all'iter legislativo più di ventiquattro mesi dopo la stessa data sono soggetti all'obbligo di cui all'articolo 4, paragrafo 1, a meno che gli Stati membri decidano caso per caso che ciò non è possibile, informando il pubblico di tale decisione.

4. Prima del 21 luglio 2004 gli Stati membri comunicano alla Commissione, oltre alle misure di cui al paragrafo 1, informazioni separate sui tipi di piani e i programmi soggetti in forza dell'articolo 3 ad una valutazione ambientale ai sensi della presente direttiva. La Commissione mette tali informazioni a disposizione degli Stati membri. Queste sono aggiornate su base periodica.

 

Articolo 14

Entrata in vigore.

La presente direttiva entra in vigore il giorno della pubblicazione nella Gazzetta ufficiale delle Comunità europee.

 

Articolo 15

Destinatari.

Gli Stati membri sono destinatari della presente direttiva.

 

Fatto a Lussemburgo, addì 27 giugno 2001.

 

Per il Parlamento europeo

La Presidente

N. Fontaine

 

Per il Consiglio

Il Presidente

B. Rosengren

 

Informazioni di cui all'articolo 5, paragrafo 1

Le informazioni da fornire ai sensi dell'articolo 5, paragrafo 1, fatto salvo l'articolo 5, paragrafi 2 e 3, sono:

a) illustrazione dei contenuti, degli obiettivi principali del piano o programma e del rapporto con altri pertinenti piani o programmi;

b) aspetti pertinenti dello stato attuale dell'ambiente e sua evoluzione probabile senza l'attuazione del piano o del programma;

c) caratteristiche ambientali delle aree che potrebbero essere significativamente interessate;

d) qualsiasi problema ambientale esistente, pertinente al piano o programma, ivi compresi in particolare quelli relativi ad aree di particolare rilevanza ambientale, quali le zone designate ai sensi delle direttive 79/409/CEE e 92/43/CEE;

e) obiettivi di protezione ambientale stabiliti a livello internazionale, comunitario o degli Stati membri, pertinenti al piano o al programma, e il modo in cui, durante la sua preparazione, si è tenuto conto di detti obiettivi e di ogni considerazione ambientale;

f) possibili effetti significativi [1] sull'ambiente, compresi aspetti quali la biodiversità, la popolazione, la salute umana, la flora e la fauna, il suolo, l'acqua, l'aria, i fattori climatici, i beni materiali, il patrimonio culturale, anche architettonico e archeologico, il paesaggio e l'interrelazione tra i suddetti fattori;

g) misure previste per impedire, ridurre e compensare nel modo più completo possibile gli eventuali effetti negativi significativi sull'ambiente dell'attuazione del piano o del programma;

h) sintesi delle ragioni della scelta delle alternative individuate e una descrizione di come è stata effettuata la valutazione, nonché le eventuali difficoltà incontrate (ad esempio carenze tecniche o mancanza di know-how) nella raccolta delle informazioni richieste;

i) descrizione delle misure previste in merito al monitoraggio di cui all'articolo 10;

j) sintesi non tecnica delle informazioni di cui alle lettere precedenti.

 

_____________

[1] Detti effetti devono comprendere quelli secondari, cumulativi, sinergici, a breve, medio e lungo termine, permanenti e temporanei, positivi e negativi.

 

Criteri per la determinazione dei possibili effetti significativi di cui all'articolo 3, paragrafo 5

1. Caratteristiche del piano o del programma, tenendo conto in particolare, dei seguenti elementi:

- in quale misura il piano o il programma stabilisce un quadro di riferimento per progetti ed altre attività, o per quanto riguarda l'ubicazione, la natura, le dimensioni e le condizioni operative o attraverso la ripartizione delle risorse,

- in quale misura il piano o il programma influenza altri piani o programmi, inclusi quelli gerarchicamente ordinati,

- la pertinenza del piano o del programma per l'integrazione delle considerazioni ambientali, in particolare al fine di promuovere lo sviluppo sostenibile,

- problemi ambientali pertinenti al piano o al programma,

- la rilevanza del piano o del programma per l'attuazione della normativa comunitaria nel settore dell'ambiente (ad es. piani e programmi connessi alla gestione dei rifiuti o alla protezione delle acque).

2. Caratteristiche degli effetti e delle aree che possono essere interessate, tenendo conto in particolare, dei seguenti elementi:

- probabilità, durata, frequenza e reversibilità degli effetti,

- carattere cumulativo degli effetti,

- natura transfrontaliera degli effetti,

- rischi per la salute umana o per l'ambiente (ad es. in caso di incidenti),

- entità ed estensione nello spazio degli effetti (area geografica e popolazione potenzialmente interessate),

- valore e vulnerabilità dell'area che potrebbe essere interessata a causa:

- delle speciali caratteristiche naturali o del patrimonio culturale,

- del superamento dei livelli di qualità ambientale o dei valori limite,

- dell'utilizzo intensivo del suolo,

- effetti su aree o paesaggi riconosciuti come protetti a livello nazionale, comunitario o internazionale.

 


Dir. 26 maggio 2003, n. 2003/35/CE
Direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio che prevede la partecipazione del pubblico nell'elaborazione di taluni piani e programmi in materia ambientale e modifica le direttive del Consiglio 85/337/CEE e 96/61/CE relativamente alla partecipazione del pubblico e all'accesso alla giustizia.

 

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(1) Pubblicata nella G.U.U.E. 25 giugno 2003, n. L 156. Entrata in vigore il 25 giugno 2003.

(2)  Termine di recepimento: 25 giugno 2005.

Il Parlamento europeo e il Consiglio dell'Unione europea,

visto il trattato che istituisce la Comunità europea, in particolare l'articolo 175, paragrafo 1,

vista la proposta della Commissione (3),

visto il parere del Comitato economico e sociale europeo (4),

visto il parere del Comitato delle regioni (5),

deliberando secondo la procedura di cui all'articolo 251 del trattato (6), visto il progetto comune approvato dal comitato di conciliazione il 15 gennaio 2003,

considerando quanto segue:

La normativa comunitaria nel settore dell'ambiente intende contribuire a salvaguardare, tutelare e migliorare la qualità dell'ambiente e a proteggere la salute umana.

(2) La normativa comunitaria in materia di ambiente contiene disposizioni in base alle quali le autorità pubbliche e altri organismi adottano decisioni che possono avere effetti significativi sull'ambiente oltre che sulla salute e sul benessere delle persone.

(3) L'effettiva partecipazione del pubblico all'adozione di decisioni consente allo stesso di esprimere pareri e preoccupazioni che possono assumere rilievo per tali decisioni e che possono essere presi in considerazione da coloro che sono responsabili della loro adozione; ciò accresce la responsabilità e la trasparenza del processo decisionale e favorisce la consapevolezza del pubblico sui problemi ambientali e il sostegno alle decisioni adottate.

(4) La partecipazione, compresa quella di associazioni, organizzazioni e gruppi, e segnatamente di organizzazioni non governative che promuovono la protezione dell'ambiente, dovrebbe essere incentivata di conseguenza, tra l'altro promuovendo l'educazione ambientale del pubblico.

(5) Il 25 giugno 1998 la Comunità europea ha sottoscritto la convenzione UN/ECE sull'accesso alle informazioni, la partecipazione del pubblico ai processi decisionali e l'accesso alla giustizia in materia ambientale («convenzione di Århus»). Il diritto comunitario dovrebbe essere adeguatamente allineato a tale convenzione in vista della ratifica da parte della Comunità.

(6) Tra gli obiettivi della convenzione di Århus vi è il desiderio di garantire il diritto di partecipazione del pubblico alle attività decisionali in materia ambientale, per contribuire a tutelare il diritto di vivere in un ambiente adeguato ad assicurare la salute e il benessere delle persone.

(7) L'articolo 6 della convenzione di Århus contiene disposizioni in materia di partecipazione del pubblico alle decisioni relative alle attività specifiche elencate nell'allegato I della convenzione stessa e ad attività non elencate in tale allegato che possano avere effetti rilevanti sull'ambiente.

(8) L'articolo 7 della convenzione di Århus contiene disposizioni in materia di partecipazione del pubblico ai piani e ai programmi relativi all'ambiente.

(9) L'articolo 9, paragrafi 2 e 4 della convenzione di Århus contiene norme sull'accesso alle procedure giudiziarie, o di altra natura, al fine di contestare la legittimità sostanziale o procedurale di decisioni, atti od omissioni soggetti alle disposizioni sulla partecipazione del pubblico contenute nell'articolo 6 della convenzione.

(10) Per talune direttive del settore ambientale che prescrivono agli Stati membri di presentare piani e programmi concernenti l'ambiente ma non contengono sufficienti disposizioni sulla partecipazione del pubblico, è necessario prevedere forme di partecipazione del pubblico che siano coerenti con le disposizioni della convenzione di Århus, ed in particolare con l'articolo 7. Altri testi legislativi comunitari in materia prevedono già la partecipazione del pubblico all'elaborazione di piani e programmi e, in futuro, requisiti concernenti la partecipazione del pubblico conformi alla convenzione di Århus saranno incorporati sin dall'inizio nella legislazione pertinente.

(11) La direttiva 85/337/CEE del Consiglio, del 27 giugno 1985, concernente la valutazione dell'impatto ambientale di determinati progetti pubblici e privati, e la direttiva 96/61/CE del Consiglio, del 24 settembre 1996, sulla prevenzione e la riduzione integrate dell'inquinamento, dovrebbero essere modificate per garantirne la totale compatibilità con le disposizioni della convenzione di Århus, in particolare con l'articolo 6 e con l'articolo 9, paragrafi 2 e 4.

(12) Poiché l'obiettivo dell'azione proposta, ossia contribuire all'attuazione degli obblighi derivanti dalla convenzione di Århus, non può essere realizzato in misura sufficiente dagli Stati membri e può dunque, a causa delle dimensioni e degli effetti dell'azione, essere realizzato meglio a livello comunitario, la Comunità può intervenire in base al principio di sussidiarietà sancito dall'articolo 5 del trattato. La presente direttiva si limita a quanto è necessario per conseguire tale obiettivo in ottemperanza al principio di proporzionalità enunciato nello stesso articolo,

 

hanno adottato la presente direttiva:

 

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(3)  Pubblicato nella G.U.C.E. 29 maggio 2001, n. C 154 E.

(4)  Pubblicato nella G.U.C.E. 7 agosto 2001, n. C 221.

(5)  Pubblicato nella G.U.C.E. 14 dicembre 2001, n. C 357.

(6)  Parere 23 ottobre 2001 del Parlamento europeo (G.U.C.E. 9 maggio 2002, n. C 112 E), posizione comune 25 aprile 2002 del Consiglio (G.U.C.E. 16 luglio 2002, n. C 170 E) e decisione 5 settembre 2002 del Parlamento europeo. Decisione 30 gennaio 2003 del Parlamento europeo e decisione 4 marzo 2003 del Consiglio.

 

Articolo 1

Obiettivo.

Obiettivo della presente direttiva è contribuire all'attuazione degli obblighi derivanti dalla convenzione di Århus, in particolare:

a) prevedendo la partecipazione del pubblico nell'elaborazione di taluni piani e programmi in materia ambientale;

b) migliorando la partecipazione del pubblico e prevedendo disposizioni sull'accesso alla giustizia nel quadro delle direttive 85/337/CEE e 96/61/CE del Consiglio.

 

Articolo 2

Partecipazione del pubblico ai piani e ai programmi.

1. Ai fini del presente articolo, per «pubblico» s'intende una o più persone fisiche o giuridiche nonché, ai sensi della legislazione o prassi nazionale, le associazioni, le organizzazioni o i gruppi di tali persone.

2. Gli Stati membri provvedono affinché al pubblico vengano offerte tempestive ed effettive opportunità di partecipazione alla preparazione e alla modifica o al riesame dei piani ovvero dei programmi che devono essere elaborati a norma delle disposizioni elencate nell'allegato I.

A tal fine, gli Stati membri provvedono affinché:

a) il pubblico sia informato, attraverso pubblici avvisi oppure in altra forma adeguata quali mezzi di comunicazione elettronici, se disponibili, di qualsiasi proposta relativa a tali piani o programmi o alla loro modifica o riesame, e siano rese accessibili al pubblico le informazioni relative a tali proposte, comprese tra l'altro le informazioni sul diritto di partecipare al processo decisionale e sull'autorità competente a cui possono essere sottoposti osservazioni o quesiti;

b) il pubblico possa esprimere osservazioni e pareri quando tutte le opzioni sono aperte prima che vengano adottate decisioni sui piani e sui programmi;

c) nell'adozione di tali decisioni, si tenga debitamente conto delle risultanze della partecipazione del pubblico;

d) dopo un esame delle osservazioni e dei pareri del pubblico, l'autorità competente faccia ragionevoli sforzi per informare il pubblico in merito alle decisioni adottate e ai motivi e considerazioni su cui le stesse sono basate, includendo informazioni circa il processo di partecipazione del pubblico.

3. Gli Stati membri definiscono il pubblico ammesso alla partecipazione ai fini di cui al paragrafo 2, includendo le organizzazioni non governative interessate che soddisfano i requisiti imposti dalla legislazione nazionale, quali quelle che promuovono la protezione dell'ambiente.

Le modalità dettagliate per la partecipazione del pubblico ai sensi del presente articolo sono stabilite dagli Stati membri in modo da consentire al pubblico di prepararsi e partecipare efficacemente.

Vengono fissate scadenze ragionevoli che concedano un tempo sufficiente per espletare ciascuna delle varie fasi della partecipazione del pubblico di cui al presente articolo.

4. Il presente articolo non si applica a piani e programmi destinati esclusivamente a scopi di difesa nazionale o adottati in caso di emergenze civili.

5. Il presente articolo non si applica a piani e programmi di cui all'allegato I per i quali è attuata una procedura di partecipazione del pubblico ai sensi della direttiva 2001/42/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 27 giugno 2001, concernente la valutazione degli effetti di determinati piani e programmi sull'ambiente, o ai sensi della direttiva 2000/60/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23 ottobre 2000, che istituisce un quadro per l'azione comunitaria in materia di acque.

 

 

Articolo 3

Modifica della direttiva 85/337/CEE.

La direttiva 85/337/CEE del Consiglio è modificata come segue:

1) All'articolo 1, paragrafo 2, sono aggiunte le seguenti definizioni:

... (7).

2) All'articolo 1, il paragrafo 4 è sostituito dal seguente:

... (8).

3) All'articolo 2, paragrafo 3, le lettere a) e b) sono sostituite dalle seguenti:

... (9).

4) all'articolo 6, i paragrafi 2 e 3 sono sostituiti dai seguenti:

... (10).

5) l'articolo 7 è modificato come segue:

a) i paragrafi 1 e 2 sono sostituiti dai seguenti:

... (11).

b) il paragrafo 5 è sostituito dal seguente:

... (12).

6) L'articolo 9 è modificato come segue:

a) il paragrafo 1 è sostituito dal seguente:

... (13).

b) il paragrafo 2 è sostituito dal seguente:

... (14).

7) è inserito il seguente articolo:

... (15).

8) all'allegato I, è aggiunto il seguente punto:

... (16).

9) all'allegato II, punto 13, primo trattino, in fine, è aggiunta la seguente parte di frase:

... (17).

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(7)  Il testo omesso è riportato in modifica alla direttiva 85/337/CEE.

(8)  Il testo omesso è riportato in modifica alla direttiva 85/337/CEE.

(9)  Il testo omesso è riportato in modifica alla direttiva 85/337/CEE.

(10)  Il testo omesso è riportato in modifica alla direttiva 85/337/CEE.

(11)  Il testo omesso è riportato in modifica alla direttiva 85/337/CEE.

(12)  Il testo omesso è riportato in modifica alla direttiva 85/337/CEE.

(13)  Il testo omesso è riportato in modifica alla direttiva 85/337/CEE.

(14)  Il testo omesso è riportato in modifica alla direttiva 85/337/CEE.

(15)  Il testo omesso è riportato in modifica alla direttiva 85/337/CEE.

(16)  Il testo omesso è riportato in modifica alla direttiva 85/337/CEE.

(17)  Il testo omesso è riportato in modifica alla direttiva 85/337/CEE.

 

Articolo 4

Modifica della direttiva 96/61/CE.

La direttiva 96/61/CE è modificata come segue:

1) l'articolo 2 è così modificato:

a) al paragrafo 10, lettera b), è aggiunta la seguente frase:

 (18).

b) sono aggiunti i seguenti paragrafi:

... (19).

2) all'articolo 6, paragrafo 1, primo comma, è aggiunto il seguente trattino:

... (20).

3) l'articolo 15 è modificato come segue:

a) il paragrafo 1 è sostituito dal seguente:

... (21).

b) è aggiunto il seguente paragrafo:

... (22).

4) è inserito il seguente articolo:

... (23).

5) l'articolo 17 è modificato come segue:

a) il paragrafo 1 è sostituito dal seguente:

... (24).

b) sono aggiunti i seguenti paragrafi:

... (25).

6) è aggiunto l'allegato V di cui all'allegato II della presente direttiva.

 

--------------------------------------------------------------------------------

(18)  Il testo omesso è riportato in modifica alla direttiva 96/61/CE.

(19)  Il testo omesso è riportato in modifica alla direttiva 96/61/CE.

(20)  Il testo omesso è riportato in modifica alla direttiva 96/61/CE.

(21)  Il testo omesso è riportato in modifica alla direttiva 96/61/CE.

(22)  Il testo omesso è riportato in modifica alla direttiva 96/61/CE.

(23)  Il testo omesso è riportato in modifica alla direttiva 96/61/CE.

(24)  Il testo omesso è riportato in modifica alla direttiva 96/61/CE.

(25)  Il testo omesso è riportato in modifica alla direttiva 96/61/CE.

 

Articolo 5

Relazioni e riesame.

Entro il 25 giugno 2009 la Commissione invia al Parlamento europeo e al Consiglio una relazione sull'applicazione ed efficacia della presente direttiva. Per integrare altre esigenze connesse con la tutela dell'ambiente, a norma dell'articolo 6 del trattato e tenuto conto dell'esperienza acquisita negli Stati membri nell'applicazione della presente direttiva, detta relazione è corredata delle proposte di modifica della presente direttiva eventualmente necessarie. In particolare, la Commissione vaglierà la possibilità di estendere l'ambito d'applicazione della presente direttiva ad altri piani e programmi in materia ambientale.

 

Articolo 6

Attuazione.

Gli Stati membri mettono in vigore le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative necessarie per conformarsi alla presente direttiva entro il 25 giugno 2005. Essi ne informano immediatamente la Commissione.

Quando gli Stati membri adottano tali disposizioni, queste contengono un riferimento alla presente direttiva o sono corredate di un siffatto riferimento all'atto della pubblicazione ufficiale. Le modalità di tale riferimento sono decise dagli Stati membri.

 

Articolo 7

Entrata in vigore.

La presente direttiva entra in vigore il giorno della pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell'Unione europea.

 

Articolo 8

Destinatari.

Gli Stati membri sono destinatari della presente direttiva.

 

Fatto a Bruxelles, addì 26 maggio 2003.

Per il Parlamento europeo

Il Presidente

P. Cox

 

Per il Consiglio

 

Il Presidente

G. Drys

 

Allegato I

Disposizioni in materia di piani e di programmi di cui all'articolo 2

a) Articolo 7, paragrafo 1, della direttiva 75/442/CEE del Consiglio, del 15 luglio 1975, relativa ai rifiuti.

b) Articolo 6 della direttiva 91/157/CEE del Consiglio, del 18 marzo 1991, relativa alle pile ed agli accumulatori contenenti sostanze pericolose.

c) Articolo 5, paragrafo 1, della direttiva 91/676/CEE del Consiglio, del 12 dicembre 1991, relativa alla protezione delle acque dall'inquinamento provocato dai nitrati provenienti da fonti agricole.

d) Articolo 6, paragrafo 1, della direttiva 91/689/CEE del Consiglio, del 12 dicembre 1991, relativa ai rifiuti pericolosi.

e) Articolo 14 della direttiva 94/62/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 20 dicembre 1994, sugli imballaggi e i rifiuti di imballaggio.

colo 8, paragrafo 3 della direttiva 96/62/CE del Consiglio, del 27 settembre 1996, in materia di valutazione e di gestione della qualità dell'aria ambiente.

 

Allegato II

Nella direttiva 96/61/CE è aggiunto il seguente allegato:

... (26).

 

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(26)  Il testo omesso è riportato in modifica alla direttiva 96/61/CE.

 

Dichiarazione della Commissione

Con riferimento al suo programma di lavoro 2003, la Commissione conferma la sua intenzione di presentare nel primo trimestre 2003, una proposta di direttiva concernente l'attuazione della Convenzione di Aarhus relativamente all'accesso alla giustizia per le questioni ambientali.


Dir. 21 aprile 2004, n. 2004/35/CE
Direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio sulla responsabilità ambientale in materia di prevenzione e riparazione del danno ambientale. (All. 2)

 

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(1) Pubblicata nella G.U.U.E. 30 aprile 2004, n. L 143. Entrata in vigore il 30 aprile 2004.

(2)  Termine di recepimento: 30 aprile 2007.

 

Allegato II

Riparazione del danno ambientale

Il presente allegato stabilisce un quadro comune da rispettare per scegliere le misure più appropriate cui attenersi per garantire la riparazione del danno ambientale.

1. Riparazione del danno all'acqua o alle specie e agli habitat naturali protetti

La riparazione del danno ambientale, in relazione all'acqua o alle specie e agli habitat naturali protetti, è conseguita riportando l'ambiente danneggiato alle condizioni originarie tramite misure di riparazione primaria, complementare e compensativa, da intendersi come segue:

a) riparazione «primaria»: qualsiasi misura di riparazione che riporta le risorse e/o i servizi naturali danneggiati alle o verso le condizioni originarie;

b) riparazione «complementare»: qualsiasi misura di riparazione intrapresa in relazione a risorse e/o servizi naturali per compensare il mancato ripristino completo delle risorse e/o dei servizi naturali danneggiati;

c) riparazione «compensativa»: qualsiasi azione intrapresa per compensare la perdita temporanea di risorse e/o servizi naturali dalla data del verificarsi del danno fino a quando la riparazione primaria non abbia prodotto un effetto completo;

d) «perdite temporanee»: perdite risultanti dal fatto che le risorse e/o i servizi naturali danneggiati non possono svolgere le loro funzioni ecologiche o fornire i servizi ad altre risorse naturali o al pubblico fino a che le misure primarie o complementari non abbiano avuto effetto. Non si tratta di una compensazione finanziaria al pubblico.

Qualora la riparazione primaria non dia luogo a un ritorno dell'ambiente alle condizioni originarie, si intraprenderà la riparazione complementare. Inoltre, si intraprenderà la riparazione compensativa per compensare le perdite temporanee.

La riparazione del danno ambientale, in termini di danno all'acqua o alle specie e agli habitat naturali protetti, implica inoltre che si deve sopprimere qualsiasi rischio significativo di effetti nocivi per la salute umana.

1.1. Obiettivi di riparazione

Finalità della riparazione primaria

1.1.1. Lo scopo della riparazione primaria è quello di riportare le risorse naturali e/o i servizi danneggiati alle o verso le condizioni originarie.

Finalità della riparazione complementare

1.1.2. Qualora le risorse naturali e/o i servizi danneggiati non tornino alle condizioni originarie, sarà intrapresa la riparazione complementare. Lo scopo della riparazione complementare è di ottenere, se opportuno anche in un sito alternativo, un livello di risorse naturali e/o servizi analogo a quello che si sarebbe ottenuto se il sito danneggiato fosse tornato alle condizioni originarie. Laddove possibile e opportuno, il sito alternativo dovrebbe essere geograficamente collegato al sito danneggiato, tenuto conto degli interessi della popolazione colpita.

Finalità della riparazione compensativa

1.1.3. La riparazione compensativa è avviata per compensare la perdita temporanea di risorse naturali e servizi in attesa del ripristino. La compensazione consiste in ulteriori miglioramenti alle specie e agli habitat naturali protetti o alle acque nel sito danneggiato o in un sito alternativo. Essa non è una compensazione finanziaria al pubblico.

1.2. Individuazione di misure di riparazione

Individuazione di misure di riparazione primarie

1.2.1. Vanno prese in considerazione altre opzioni, ossia azioni per riportare direttamente le risorse naturali e i servizi alle condizioni originarie in tempi brevi, o attraverso il ripristino naturale.

Individuazione di misure di riparazione complementare e compensativa

1.2.2. Nel determinare la portata delle misure di riparazione complementare e compensativa, occorre prendere in considerazione in primo luogo l'uso di metodi di equivalenza risorsa-risorsa o servizio-servizio. Con detti metodi vanno prese in considerazione in primo luogo azioni che forniscono risorse naturali e/o servizi dello stesso tipo, qualità e quantità di quelli danneggiati. Qualora ciò non sia possibile, si devono fornire risorse naturali e/o servizi di tipo alternativo. Per esempio, una riduzione della qualità potrebbe essere compensata da una maggiore quantità di misure di riparazione.

1.2.3. Se non è possibile usare, come prima scelta, i metodi di equivalenza risorsa-risorsa o servizio-servizio, si devono utilizzare tecniche di valutazione alternative. L'autorità a competente può prescrivere il metodo, ad esempio la valutazione monetaria, per determinare la portata delle necessarie misure di riparazione complementare e compensativa. Se la valutazione delle risorse e/o dei servizi perduti è praticabile, ma la valutazione delle risorse naturali e/o dei servizi di sostituzione non può essere eseguita in tempi o a costi ragionevoli, l'autorità competente può scegliere misure di riparazione il cui costo sia equivalente al valore monetario stimato delle risorse naturali e/o dei servizi perduti.

Le misure di riparazione complementare e compensativa dovrebbero essere concepite in modo che le risorse naturali e/o i servizi supplementari rispecchino le preferenze e il profilo temporali delle misure di riparazione.

Per esempio, a parità delle altre condizioni, più lungo è il periodo prima del raggiungimento delle condizioni originarie, maggiore è il numero delle misure di riparazione compensativa che saranno avviate.

1.3. Scelta delle opzioni di riparazione

1.3.1. Le opzioni ragionevoli di riparazione dovrebbero essere valutate, usando le migliori tecnologie disponibili, qualora siano definite, in base ai seguenti criteri:

- l'effetto di ciascuna opzione sulla salute e la sicurezza pubblica;

- il costo di attuazione dell'opzione;

- la probabilità di successo di ciascuna opzione;

- la misura in cui ciascuna opzione impedirà danni futuri ed eviterà danni collaterali a seguito dell'attuazione dell'opzione stessa;

- la misura in cui ciascuna opzione giova a ogni componente della risorsa naturale e/o del servizio;

- la misura in cui ciascuna opzione tiene conto dei pertinenti aspetti sociali, economici e culturali e di altri fattori specifici della località.

- il tempo necessario per l'efficace riparazione del danno ambientale;

- la misura in cui ciascuna opzione realizza la riparazione del sito colpito dal danno ambientale;

- il collegamento geografico al sito danneggiato.

1.3.2. Nel valutare le diverse opzioni di riparazione, possono essere scelte misure di riparazione primaria che non riportano completamente l'acqua o le specie e gli habitat naturali protetti danneggiati alle condizioni originarie o che li riportano più lentamente a tali condizioni. Questa decisione può essere presa soltanto se le risorse naturali e/o i servizi perduti sul sito primario a seguito della decisione sono compensati aumentando le azioni complementari o compensative per fornire un livello di risorse naturali e/o servizi simile a quello perduto. È il caso, per esempio, di risorse naturali e/o servizi equivalenti forniti altrove a costo inferiore. Queste misure supplementari di riparazione sono determinate conformemente alle regole precisate nel punto 1.2.2.

1.3.3. In deroga alle disposizioni di cui al punto 1.3.2 e conformemente all'articolo 7, paragrafo 3, l'autorità competente può decidere di non intraprendere ulteriori misure di riparazione qualora:

a) le misure di riparazione già intraprese garantiscano che non esiste più un rischio significativo di causare effetti nocivi per la salute umana, l'acqua, le specie e gli habitat naturali protetti e

b) i costi delle misure di riparazione da adottare per raggiungere le condizioni originarie o un livello simile siano sproporzionati rispetto ai vantaggi ambientali ricercati.

2. Riparazione del danno al terreno Si devono adottare le misure necessarie per garantire, come minimo, che gli agenti contaminanti pertinenti siano eliminati, controllati, circoscritti o diminuiti in modo che il terreno contaminato, tenuto conto del suo uso attuale o approvato per il futuro al momento del danno, non presenti più un rischio significativo di causare effetti nocivi per la salute umana. La presenza di tale rischio è valutata mediante procedure di valutazione del rischio che tengono conto della caratteristica e della funzione del suolo, del tipo e della concentrazione delle sostanze, dei preparati, degli organismi o microrganismi nocivi, dei relativi rischi e della possibilità di dispersione degli stessi. L'utilizzo è calcolato sulla base delle normative sull'assetto territoriale o di eventuali altre normative pertinenti vigenti quando si è verificato il danno.

Se l'uso del terreno viene modificato, si devono adottare tutte le misure necessarie per evitare di causare effetti nocivi per la salute umana.

In mancanza di normative sull'assetto territoriale o di altre normative pertinenti, l'uso dell'area specifica del terreno è determinato, tenuto conto dello sviluppo previsto, dalla natura dell'area in cui si è verificato il danno.

Va presa in considerazione un'opzione di ripristino naturale, ossia un'opzione senza interventi umani diretti nel processo di ripristino.


Iter parlamentare

 


 

 


 

COMMISSIONE V

Bilancio, tesoro e programmazione

RESOCONTO SOMMARIO

§       

SEDUTA DI MERCOLEDÌ13 giugno 2007

 

 


Schema di decreto concernente ulteriori modifiche al decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, recante norme in materia ambientale.

Atto n. 96.

(Rilievi alla VIII Commissione).

(Esame, ai sensi dell'articolo 96-ter, comma 2, del Regolamento, e rinvio).

La Commissione inizia l'esame dello schema di decreto.

Massimo VANNUCCI (Ulivo), relatore, per quanto concerne i profili finanziari del provvedimento, con riferimento all'articolo 1, comma 15, premesso che la disposizione in esame non sembra presentare profili problematici dal punto di vista finanziario, in quanto si sopprime l'Osservatorio sulle risorse idriche e sui rifiuti, peraltro mai attuato, e si istituisce il Comitato per la vigilanza sull'uso delle risorse idriche e dell'Osservatorio nazionale sui rifiuti, chiede al rappresentante del Governo chiarisca se la mancata emersione di risparmi derivanti dalla riduzione dei componenti sia da ricondurre al fatto che tali effetti sono già stati contabilizzati in relazione all'attuazione del citato articolo 29 del decreto-legge n. 29 del 2006. Diversamente andrebbe chiarito per quali ragioni, a fronte di un ridotto numero di componenti, la spesa rimane invariata. Andrebbero poi acquisiti elementi volti a suffragare l'ipotesi di neutralità finanziaria della disposizione di cui all'articolo 1, comma 16. Con riferimento ai successivi commi 20 e 22, osserva che, premesso che l'estensione dell'ambito di applicazione oggettivo della disciplina dei rifiuti intende far fronte alle procedure di infrazione avviate in sede europea onde evitare che dalle stesse possano scaturire oneri sanzionatori, risulta comunque opportuno acquisire l'avviso del Governo circa l'eventualità che dall'applicazione delle norme in esame possano derivare ulteriori effetti finanziari. Rileva infatti che se da un lato la predetta estensione potrebbe determinare l'insorgenza di nuovi o maggiori oneri a carico delle PA, connessi alle procedure di trattamento e smaltimento dei materiali qualificati come rifiuti, dall'altro l'attuazione della disposizione potrebbe generare maggiore gettito tariffario e tributario in relazione ai versamenti posti a carico dei soggetti coinvolti nel processo di produzione e smaltimento dei rifiuti. Andrebbe peraltro prefigurato il possibile impatto di tale innovazione sulla finanza pubblica. Con riferimento al comma 22, ritiene opportuno che siano chiariti i profili applicativi della disposizione con specifico riguardo ai compiti e alle responsabilità - sia in relazione alla gestione dei rifiuti che alla bonifica dei siti - che potrebbero scaturire dalla norma in esame a carico del Ministero della difesa. Ciò al fine di escludere oneri di carattere finanziario nonché aggravi organizzativi e logistici. Segnala in proposito che la norma non prevede una clausola di invarianza finanziaria specificamente riferita ai decreti ministeriali che dovranno individuare le procedure speciali cui verranno assoggettati i rifiuti in questione. Con riferimento al comma 23, premesso che la norma in esame appare volta ad evitare la possibile insorgenza di eventuali sanzioni connesse alla procedura di infrazione avviata dalla Commissione europea in merito all'esclusione le terre e rocce da scavo dall'ambito dell'applicazione della normativa sui rifiuti, ritiene necessario che siano chiariti i riflessi finanziari delle due disposizioni che prevedono la soppressione del principio di non assimilabilità ai rifiuti urbani dei rifiuti derivanti dalle lavorazioni di minerali e di materiali di cava ed il contestuale assoggettamento alla disciplina dei rifiuti delle terre e rocce da scavo non ammesse al riutilizzo. Ciò sia in relazione agli aggravi per il processo di gestione dei rifiuti a carico dei comuni, sia per i possibili riflessi finanziari positivi per i comuni, conseguenti all'ampliamento della base imponibilie soggetta a tariffa o tassa sui rifiuti. Ritiene inoltre opportuno acquisire chiarimenti in merito ai possibili oneri a carico delle amministrazioni committenti di opere pubbliche. Infatti, oltre che con riferimento ai costi, citati dalla relazione tecnica, relativi all'obbligo di predisporre un progetto esecutivo specifico per il riutilizzo di terre e rocce di scavo, nel caso di cicli produttivi non soggetti a VIA, potrebbero manifestarsi ulteriori oneri per gli adempimenti richiesti dall'assoggettamento alla disciplina sui rifiuti delle terre da scavo non riutilizzabili. Con riferimento al comma 27, ai commi da 32 a 39 e al comma 44, segnala che le disposizioni sopra descritte appaiono suscettibili di recare maggiori oneri a carico delle province in relazione all'attribuzione a tale comparto amministrativo di funzioni inerenti la programmazione e l'organizzazione del recupero e dello smaltimento dei rifiuti, nonché in materia di procedure semplificate per l'autosmaltimento ed il recupero dei rifiuti non pericolosi. D'altra parte le disposizioni reperiscono le risorse in favore delle province per il finanziamento delle suddette funzioni, mediante il ripristino del tributo ambientale precedentemente soppresso. La neutralità finanziaria delle disposizioni, cui si ritiene faccia riferimento la clausola di invarianza finanziaria, indipendentemente dal suo tenore letterale, sembra pertanto risiedere nella compensatività di tali effetti di segno opposto: a tal fine sarebbe utile porre a confronto i maggiori oneri recati dalla norma, sui quali non si dispone di elementi di quantificazione, con le risorse aggiuntive, quantificabili in circa 180 milioni sulla base dei dati Istat riferiti al 2005. Segnala infine che la deducibilità ai fini delle imposte sui redditi del tributo provinciale ripristinato dalla norma in esame appare suscettibile di determinare effetti finanziari negativi, seppure di lieve entità, per le entrate erariali. Con riferimento ai commi 43 e 45, al fine di valutare gli effetti finanziari della disposizione, chiede al Governo di fornire, in via preliminare, chiarimenti sulla disciplina applicabile a seguito della norma in esame. Ciò sia con riferimento alla disposizione di cui al comma 43, che sopprime l'allegato che fissa i criteri per l'analisi di rischio senza tuttavia modificare le disposizioni introduttive della suddetta procedura di analisi che a tale allegato fanno riferimento, sia con riferimento alla disciplina transitoria di cui al comma 45, che dispone l'applicabilità ai procedimenti di bonifica attivati alla data di entrata in vigore del codice ambientale della disciplina prevista dall'articolo 17 del decreto legislativo n. 22 del 1997, abrogato dallo stesso codice ambientale. In linea generale, considerati gli ingenti oneri relativi alle procedure di bonifica, andrebbero chiariti gli eventuali riflessi della disposizione esame sui criteri di individuazione dei soggetti cui compete la responsabilità del ripristino delle condizioni ambientali dei siti e i relativi oneri, onde assicurare l'assenza di riflessi per le amministrazioni pubbliche. In ultimo, al fine di evitare che dalla norma in esame possano derivare eventuali oneri sanzionatori, ritiene opportuno che sia assicurata la compatibilità delle disposizioni in esame con la normativa comunitaria. Segnala infine che il comma 47 prevede che dall'attuazione del presente decreto non possono derivare nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica. Al riguardo, segnala l'opportunità di acquisire l'avviso del Governo in ordine all'opportunità di riformulare la clausola di invarianza in modo da prevedere, in conformità alla prassi adottata in casi analoghi, che dall'attuazione del presente decreto non debbono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.

Conclusivamente rileva che più in generale l'esame del provvedimento da parte della Commissione bilancio non può risolversi in una mera verifica tecnica dei profili di quantificazione e di copertura. Osserva infatti che le modifiche della disciplina in materia ambientale prospettate dallo schema di decreto producono effetti notevoli sulle imprese suscettibili di determinare effetti finanziari sia pure indiretti con potenziali conseguenze sulla competitività complessiva dell'economia italiana. Rispetto a tali problematiche si pone pertanto l'esigenza di un attento esame delle disposizioni del provvedimento al fine di garantire un'effettiva neutralità finanziaria, evitando che la previsione di una clausola di invarianza, al comma 47 dell'articolo 1, risulti meramente «stilistica» e destinata ad essere superata nella concreta attuazione del provvedimento stesso.

Lino DUILIO, presidente, concorda con il relatore per quanto concerne l'esigenza che le clausole di invarianza finanziaria, per questo come per qualsiasi altro provvedimento, risultino effettive. Anche per consentire una verifica in tal senso risulta indispensabile che i provvedimenti siano corredati di relazione tecnica, come già rilevato in precedenza. Osserva invece che la necessità di un esame di carattere generale del provvedimento segnalata dal relatore può essere condivisa solo a condizione che venga comunque rispettato l'ambito di competenza della Commissione che investe i profili finanziari dei provvedimenti, evitando considerazioni di merito che devono essere lasciate alle sedi proprie.

Il sottosegretario Mario LETTIERI deposita la documentazione predisposta sul provvedimento che ritiene idonea a superare alcune delle questioni poste (vedi allegato 2). Osserva poi che in questo caso il provvedimento è corredato di relazione tecnica. Rileva infine, con specifico riferimento all'articolo 1, comma 26, che gli eventuali oneri derivanti dalle nuove competenze attribuite alle province potranno essere compensati dal ripristino del tributo provinciale per le funzioni di tutela ambientale.

Lino DUILIO, presidente, rinvia il seguito dell'esame ad altra seduta al fine di consentire al relatore di prendere visione della documentazione depositata dal rappresentante del Governo.

La seduta termina alle 10.15.


 

ALLEGATO 2

Schema di decreto concernente ulteriori modifiche al decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, recante norme in materia ambientale (Atto n. 96).

DOCUMENTAZIONE DEPOSITATA DAL GOVERNO

 

Lo schema di decreto legislativo in esame, che è formato da un articolo contenente 47 commi, più l'articolo che riguarda l'entrata in vigore, novella la Parte III - recante norme in materia di difesa del suolo e lotta alla desertificazione, di tutela delle acque dall'inquinamento e di gestione delle risorse idriche - e IV - recante norme in materia di gestione dei rifiuti e di bonifica dei siti inquinati.

Per quanto riguarda le modifiche alla Parte III, si rappresenta che: i commi da 1 a 14 riguardano la disciplina della tutela delle acque dall'inquinamento e la gestione delle risorse idriche, con particolare riguardo alla materia della regolamentazione degli scarichi; essi intervengono anche sulle definizioni generali e, in particolare, su quelle di scarico, acque reflue industriali, urbane, stabilimenti industriali; il comma 15 interessa l'assetto istituzionale del settore. Esso in particolare ripristina il Comitato per la vigilanza sull'uso delle risorse idriche e l'Osservatorio nazionale sui rifiuti, a seguito della soppressione dell'Autorità di vigilanza sulle risorse idriche e sui rifiuti - che avrebbe dovuto assorbirli - stabilita dal primo decreto correttivo (decreto legislativo n. 284 del 2006).

Tra le modifiche più rilevanti alla Parte III si evidenzia: il ripristino della previgente nozione di «scarico diretto» inteso quale lo scarico operabile esclusivamente tramite condotta (in particolare, comma 2); l'introduzione di una disciplina più restrittiva per le autorizzazioni agli scarichi (commi 8 e 9); l'abrogazione del comma 5 dell'articolo 148 del codice ambientale, relativo alla facoltatività dell'adesione alla gestione unica del servizio idrico integrato per i comuni con popolazione fino a 1.000 abitanti inclusi nel territorio delle comunità montane (comma 14).

Si segnala, inoltre, il comma 19, che, pur novellando una disposizione della Parte IV, reca interventi direttamente connessi alle problematiche relative alla disciplina in materia di scarichi, abrogando due disposizioni in materia di smaltimento di rifiuti in fognatura e di smaltimento della frazione biodegradabile dei rifiuti urbani tramite gli impianti di depurazione delle acque reflue.

I restanti commi - dal 16 al 47 - recano modifiche alla Parte IV del codice ambientale.

Tra le modifiche più rilevanti, si segnalano: l'introduzione di una nozione meno restrittiva di «rifiuto», cui, tra l'altro, concorrono l'eliminazione della definizione di «sottoprodotto» e di «materia prima secondaria» (comma 20), l'assoggettabilità dei cosiddetti «sistemi d'arma» alla Parte IV del codice (comma 21); una più rigorosa individuazione dei casi di non applicabilità della disciplina dei rifiuti (comma 22); la nuova disciplina in materia di terre e rocce da scavo (comma 23); la classificazione come rifiuto speciale del combustibile da rifiuti di qualità elevata (CDR-Q) (commi 40 e 41); l'eliminazione della previsione di depositi temporanei senza limiti quantitativi (comma 20); l'introduzione della nozione di «prodotto recuperata», in luogo di quelle soppresse di «sottoprodotto» e di «materia prima secondaria» (comma 20); l'obbligo del MUD (modello unico di dichiarazione ambientale) anche per le imprese che producono rifiuti non pericolosi (comma 24); l'eliminazione dei limiti dimensionali prima previsti, oltre i quali non era consentita l'assimilazione dei rifiuti speciali a quelli urbani (comma 26); la possibilità di affidamento del servizio di gestione integrata dei rifiuti secondo modalità ulteriori rispetto alla gara (comma 28); le modifiche alla disciplina in materia di accordi, contratti di programma, incentivi (comma 29); le più complesse procedure per l'iscrizione all'Albo nazionale dei gestori ambientali per le imprese che trasportano rifiuti non pericolosi (commi 30-31); l'attribuzione alle province delle competenze in materia di programmazione e organizzazione del recupero e dello smaltimento dei rifiuti (commi 32-39) e il ripristino del tributo provinciale per le funzioni di tutela ambientale (comma 44); la nuova disciplina transitoria in materia di bonifiche (comma 45).

La relazione tecnica, allegata al provvedimento, specifica che le disposizioni contenute nel decreto in esame, non comportano alcun onere a carico del bilancio dello Stato, né in generale per la finanza pubblica.

 


COMMISSIONE V

Bilancio, tesoro e programmazione

RESOCONTO SOMMARIO

§       

SEDUTA DI MARTEDI’ 19 GIUGNO 2007

 

 


Schema di decreto legislativo concernente ulteriori modifiche al decreto legge aprile 2006, n. 152, recante norme in materia ambientale.

Atto n. 96.

(Parere alla VII Commissione).

(Seguito dell'esame e conclusione - Rilievi).

La Commissione prosegue l'esame del provvedimento.

Il sottosegretario Mario LETTIERI, con riferimento alle richieste di chiarimento avanzate nelle precedenti sedute, fa presente, per quanto concerne l'articolo 1, comma 15, che la riduzione di cui all'articolo 29 del decreto-legge n. 223 del 2006 ha operato sulle spese di funzionamento delle commissioni e non sulla riduzione del numero dei componenti e che pertanto i risparmi conseguenti alla riduzione dei componenti delle due commissioni realizzano economie di bilancio determinate a consuntivo.. Con riferimento all'articolo 1, comma 16. assicura che il Ministero dell'ambiente della tutela del territorio e del mare può, dunque con carattere di facoltà e non di obbligo, avvalersi del supporto dell'Apat per i compiti di cui alla disposizione in esame con le risorse umane, finanziarie e strumentali già previste a legislazione vigente. Per quanto riguarda i commi 20 e 22, osserva che l'ampliamento dell'ambito oggettivo di applicazione della disciplina sui rifiuti potrà determinare, per le pubbliche amministrazioni, risparmi di spesa derivanti dalla differenza tra gli oneri sostenuti per lo smaltimento dei materiali qualificati come rifiuti e il maggior gettito tariffario e tributario derivante dai versamenti posti a carico dei soggetti coinvolti nel processo di produzione e smaltimento dei rifiuti stessi. Con riferimento al comma 21 osserva l'opportunità che il Ministero della difesa provveda con le risorse umane, finanziarie e strumentali già previste a legislazione vigente. Con riferimento al comma 23, le amministrazioni committenti di opere pubbliche potranno far fronte con le risorse destinate alle spese impreviste inserite nei quadri economici delle opere stesse. Per quanto concerne i commi 27, 32, 39 e 44 dell'articolo 1, segnala l'opportunità di precisare che le province provvedono alle funzioni ed ai compiti loro assegnati con le risorse umane e strumentali previste a legislazione vigente e nei limiti delle maggiori risorse derivanti dal tributo provinciale ripristinato ai sensi dell'articolo 1, comma 44. Con riferimento ai commi 43 e 45 dell'articolo 1 osserva che le amministrazioni statali, regionali e locali dispongono, nei propri bilanci, di apposite risorse da destinare ad interventi di bonifica, fermo restando il diritto di rivalsa nei confronti dei responsabili del danno ambientale, in linea con il vigente principio comunitario «chi inquina paga». Concorda infine con l'esigenza di sostituire la parola «devono» alla parola «possono».

Massimo VANNUCCI (Ulivo), relatore, nel rilevare che il provvedimento avrebbe meritato ulteriori approfondimenti, formula la seguente proposta di parere:

«La V Commissione Bilancio, tesoro e programmazione;

esaminato, per quanto di competenza, ai sensi dell'articolo 96-ter, comma 2, del Regolamento, lo schema di decreto legislativo concernente ulteriori modifiche al decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, recante norme in materia ambientale in oggetto;

preso atto dei chiarimenti del Governo secondo cui:

l'ampliamento dell'ambito oggettivo di applicazione della disciplina sui rifiuti, conseguente alle disposizioni di cui all'articolo 1, commi 20 e 22, potrà determinare, per le pubbliche amministrazioni, risparmi di spesa derivanti dalla differenza tra gli oneri sostenuti per lo smaltimento dei materiali qualificati come rifiuti e il maggior gettito tariffario e tributario derivante dai versamenti posti a carico dei soggetti coinvolti nel processo di produzione e smaltimento dei rifiuti stessi;

si conviene sull'opportunità di inserire una clausola di invarianza con riferimento all'attuazione, da parte del Ministero della difesa, delle disposizioni di cui all'articolo 1, comma 21;

agli eventuali oneri derivanti dalle disposizioni di cui all'articolo 1, comma 23, le amministrazioni committenti di opere pubbliche potranno far fronte con le risorse destinate alle spese impreviste inserite nei quadri economici delle opere stesse;

appare opportuno prevedere esplicitamente che alle funzioni loro assegnate ai sensi dell'articolo 1, commi 27, e da 32 a 39, le province provvedano con le risorse umane e strumentali previste a legislazione vigente e nei limiti delle maggiori entrate derivanti dall'articolo 1, comma 44;

VALUTA FAVOREVOLMENTE

lo schema di decreto legislativo e formula i seguenti rilievi sulle sue conseguenze di carattere finanziario:

all'articolo 1, comma 21, aggiungere, in fine, il seguente periodo: «All'attuazione del presente comma si provvede nell'ambito delle risorse umane, strumentali e finanziarie già previste a legislazione vigente.»;

all'articolo 1, comma 47, primo periodo, le parole: «non possono derivare» siano sostituite dalle seguenti: «non devono derivare»;

all'articolo 1, comma 47, dopo il primo periodo, inserire il seguente: «Le province provvedono alle funzioni ed ai compiti loro assegnati ai sensi dell'articolo 1, commi 27 e da 32 a 39, con le risorse umane e strumentali previste a legislazione vigente, e, comunque, nei limiti delle maggiori entrate derivanti dall'attuazione dell'articolo 1, comma 44».

La Commissione approva la proposta di parere.

La seduta termina alle 12.30.

 


 


COMMISSIONE VIII

Ambiente, territorio e lavori pubblici

RESOCONTO SOMMARIO

 

SEDUTA DI MERCOLEDI’ 6 GIUGNO 2007

 

 

 


Schema di decreto legislativo concernente ulteriori modifiche al decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, recante norme in materia ambientale.

Atto n. 96.

(Esame e rinvio).

La Commissione inizia l'esame.

Ermete REALACCI, presidente, ricorda che la Commissione comincia in data odierna l'esame dello schema di decreto legislativo correttivo del cosiddetto «codice ambientale» - emanato in attuazione della legge n. 308 del 2004 - ai fini dell'espressione del primo parere parlamentare previsto dalla citata legge, il cui termine viene in scadenza il 28 giugno prossimo.

Al riguardo, avverte preliminarmente che l'Ufficio di presidenza, integrato dai rappresentanti dei gruppi, nella riunione del 30 maggio scorso, ha concordato sulle modalità di svolgimento dell'esame del testo, convenendo - tra l'altro - di procedere ad un mirato ciclo di audizioni informali, la cui definitiva organizzazione sarà rimessa all'odierna riunione dello stesso Ufficio di presidenza, nonché di dare comunque la possibilità a tutti i soggetti interessati, che non saranno convocati nell'ambito delle citate audizioni informali, di inviare documentazione scritta sulle tematiche oggetto dello schema di decreto.

Fa presente, infine, che i rappresentanti dei gruppi di Alleanza Nazionale, Forza Italia, Lega Nord Padania e UDC hanno consegnato alla presidenza una apposita documentazione sullo schema di decreto legislativo in esame, che è a disposizione dei componenti della Commissione.

Mauro CHIANALE (Ulivo), relatore, nell'introdurre l'esame del provvedimento in titolo, osserva preliminarmente che lo schema di decreto legislativo contiene disposizioni integrative e correttive del decreto legislativo n. 152 del 2006 (cosiddetto «codice ambientale»), in attuazione della norma di delega contenuta nell'articolo 1, comma 6, della legge n. 308 del 2004. Si tratta, a giudizio suo e della maggioranza, di un importante provvedimento, atteso sia dalle autonomie locali sia dal sistema produttivo, che agisce sulla vita quotidiana dei cittadini e sulla tutela della salute oltre che dell'ambiente. Rileva, peraltro, come sia importante manifestare una certa cautela per i tempi relativamente brevi a disposizione della Commissione per esaminare un provvedimento varato dal Consiglio dei Ministri lo scorso ottobre, che è arrivato in Parlamento solo dopo una lunga ed elaborata fase di confronto con il sistema delle autonomie territoriali; cautela anche per il tempo relativamente breve che Governo e Parlamento hanno per completare il lavoro di revisione e, ove occorra, di complessiva correzione della legislazione ambientale.

Sottolinea, quindi, l'importanza del compito che la Commissione si accinge ad affrontare e la necessità di costruire un raccordo fra Governo e Parlamento ed un percorso parlamentare il più possibile condiviso, attraverso un confronto che si ponga l'obiettivo fondamentale di elaborare una legislazione ambientale chiara, efficace, certa, coerente con le direttive comunitarie e ispirata alla proporzionalità e al buon senso. Rileva quindi che, a partire dalla prossima settimana, ci sarà modo di approfondire e di confrontarsi sul merito di ciascuna disposizione, a cominciare dall'esame del materiale predisposto dai rappresentanti dei gruppi di Forza Italia, di Alleanza nazionale, dell'UDC e della Lega Nord, che fin d'ora si può considerare agli atti della discussione e che svolge taluni rilievi critici dell'opposizione, sia sul versante procedurale che sul merito dello schema di decreto legislativo in esame.

Considera, altresì, utile per il lavoro da svolgere l'attività conoscitiva condotta lo scorso mese di ottobre - quando la Commissione decise di effettuare un ciclo di audizioni informali per acquisire le valutazioni degli operatori del settore, degli organi ed enti competenti, delle autonomie locali, in ordine all'attuazione del decreto legislativo n. 152/2006 - e ricorda che l'Ufficio di Presidenza, integrato dai rappresentanti dei gruppi, ha già definito un nuovo ciclo di audizioni che saranno svolte la prossima settimana.

Rinviando, per quanto riguarda l'analisi delle singole misure contenute nello schema di decreto legislativo in titolo, alla lettura dell'ampia e approfondita documentazione preparata dagli uffici, ritiene utile limitarsi in questa sede alla segnalazione delle scelte e delle novità più importanti contenute nel provvedimento, anche per dare modo alla Commissione di realizzare un primo momento di discussione e di confronto politico. Segnala, peraltro, che dopo l'espressione del parere da parte delle Commissioni parlamentari, il provvedimento dovrà tornare per una nuova approvazione in Consiglio dei Ministri e quindi ancora all'attenzione delle Commissioni parlamentari, per un secondo parere, prima del varo definitivo da parte del Governo; al riguardo, osserva che la legge 15 dicembre 2004, n. 308, indica criteri molto ampi per l'esercizio della delega e prevede possibilità di correzioni e integrazioni della legislazione delegata indicandone solo le procedure e i termini massimi, senza nessuna specifica limitazione di contenuto che non sia il riferimento ai principi direttivi della stessa legge di delegazione. Propone, quindi, di affrontare le problematiche all'esame della Commissione con una riflessione ampia e non limitata a piccoli aggiustamenti, lavorando su un possibile testo che produca una normativa coerente in tutti i settori interessati, che non dia risultati disorganici o, peggio, inefficaci.

Precisa che in questa prima fase si limiterà ad indicare solo le misure principali dello schema di decreto legislativo, ricordando che esso si compone di due articoli: il primo reca 47 modifiche al decreto legislativo n. 152 del 2006 ed il secondo ne disciplina l'entrata in vigore. Ricorda, come peraltro sottolineato dalla relazione illustrativa, che l'urgenza di tali modifiche deriva non solo dalla necessità di recepire i pareri resi dalle competenti Commissioni parlamentari e dalla Conferenza unificata sul primo decreto correttivo al codice ambientale, ma soprattutto dalla necessità di adeguare diverse disposizioni del medesimo codice al diritto comunitario. Ciò al fine di determinare la chiusura di numerose procedure di infrazione comunitaria, allo stato pendenti nei confronti dell'Italia e di evitare il rischio «di pesanti condanne da parte della Corte di Giustizia». Lo schema di decreto legislativo in esame novella la Parte III - recante norme in materia di difesa del suolo e lotta alla desertificazione, di tutela delle acque dall'inquinamento e di gestione delle risorse idriche - e IV - recante norme in materia di gestione dei rifiuti e di bonifica dei siti inquinati. Per quanto riguarda le modifiche alla Parte III, segnala che: i commi da 1 a 14 riguardano la disciplina della tutela delle acque dall'inquinamento e la gestione delle risorse idriche, con particolare riguardo alla materia della regolamentazione degli scarichi; essi intervengono anche sulle definizioni generali e, in particolare, su quelle di scarico, acque reflue industriali, urbane, stabilimenti industriali; il comma 15 interessa l'assetto istituzionale del settore. Esso in particolare ripristina il Comitato per la vigilanza sull'uso delle risorse idriche e l'Osservatorio nazionale sui rifiuti, a seguito della soppressione dell'Autorità di vigilanza sulle risorse idriche e sui rifiuti - che avrebbe dovuto assorbirli - stabilita dal primo decreto correttivo (decreto legislativo n. 284 del 2006).

Tra le modifiche più rilevanti alla Parte III evidenzia: il ripristino della previgente nozione di «scarico diretto» inteso quale lo scarico operabile esclusivamente tramite condotta (in particolare, comma 2); l'introduzione di una disciplina più restrittiva per le autorizzazioni agli scarichi (commi 8 e 9); l'abrogazione del comma 5 dell'articolo 148 del codice ambientale, relativo alla facoltatività dell'adesione alla gestione unica del servizio idrico integrato per i comuni con popolazione fino a 1.000 abitanti inclusi nel territorio delle comunità montane (comma 14).

Segnala, inoltre, il comma 19, che, pur novellando una disposizione della Parte IV, reca interventi direttamente connessi alle problematiche relative alla disciplina in materia di scarichi, abrogando due disposizioni in materia di smaltimento di rifiuti in fognatura e di smaltimento della frazione biodegradabile dei rifiuti urbani tramite gli impianti di depurazione delle acque reflue. I restanti commi - dal 16 al 47 - recano modifiche alla Parte IV del codice ambientale. Tra le modifiche più rilevanti, indica in particolare: l'introduzione di una nozione meno restrittiva di «rifiuto», cui, tra l'altro, concorrono l'eliminazione della definizione di «sottoprodotto» e di «materia prima secondaria» (comma 20), l'assoggettabilità dei cosiddetti «sistemi d'arma» alla Parte IV del codice (comma 21); una più rigorosa individuazione dei casi di non applicabilità della disciplina dei rifiuti (comma 22); la nuova disciplina in materia di terre e rocce da scavo (comma 23); la classificazione come rifiuto speciale del combustibile da rifiuti di qualità elevata (CDR-Q) (commi 40 e 41); l'eliminazione della previsione di depositi temporanei senza limiti quantitativi (comma 20); l'introduzione della nozione di «prodotto recuperato», in luogo di quelle soppresse di «sottoprodotto» e di «materia prima secondaria» (comma 20); l'obbligo del MUD (modello unico di dichiarazione ambientale) anche per le imprese che producono rifiuti non pericolosi (comma 24); l'eliminazione dei limiti dimensionali prima previsti, oltre i quali non era consentita l'assimilazione dei rifiuti speciali a quelli urbani (comma 26); la possibilità di affidamento del servizio di gestione integrata dei rifiuti secondo modalità ulteriori rispetto alla gara (comma 28); le modifiche alla disciplina in materia di accordi, contratti di programma, incentivi (comma 29); le più complesse procedure per l'iscrizione all'Albo nazionale dei gestori ambientali per le imprese che trasportano rifiuti non pericolosi (commi 30-31); l'attribuzione alle province delle competenze in materia di programmazione e organizzazione del recupero e dello smaltimento dei rifiuti (commi 32-39) e il ripristino del tributo provinciale per le funzioni di tutela ambientale (comma 44); la nuova disciplina transitoria in materia di bonifiche (comma 45).

In conclusione, ritiene di dover nuovamente sottolineare la piena disponibilità, sua e della maggioranza, a valutare costruttivamente, nel merito, ogni contributo proveniente dai soggetti esterni e, a maggior ragione, dai deputati dei gruppi di opposizione. Ritiene, inoltre, che sia giusto dare fin d'ora ai gruppi la più ampia assicurazione circa il massimo di estensione possibile, compatibilmente con il vincolo temporale imposto dalla legge, dei lavori della Commissione: non solo sul piano della tempistica, ma anche su quello dei contenuti, esaminando - ad esempio - anche tematiche e settori che non hanno trovato spazio (o ne hanno trovato poco) nel provvedimento in esame. Sotto quest'ultimo profilo, peraltro, sottolinea che l'eventuale lavoro non può prescindere da una rinnovata capacità della Commissione di riaffermare un metodo di concertazione e di condivisione con gli attori istituzionali operanti sul territorio, dalle regioni, alle province, ai comuni, garantendo il pieno rispetto del loro ruolo e delle loro prerogative e, anzi, offrendo ad essi l'opportunità di valorizzare al massimo il loro punto di vista ed il lavoro positivo che le regioni e gli enti locali hanno svolto in questi anni.

Auspica, pertanto, che si possa da subito avviare il confronto e conoscere le valutazioni del Governo sulle scelte e sulle novità più importanti del provvedimento in esame e, al di là del merito, sul percorso migliore per mettere a frutto l'anno scarso che Governo e Parlamento hanno davanti per realizzare un buon lavoro di revisione e, ove necessario, di riscrittura della legislazione ambientale.

Roberto TORTOLI (FI), con riferimento alle audizioni da svolgere, segnala che sia sul tema dei rifiuti che su quello delle acque sussistono profili di competenza del Ministero per lo sviluppo economico; propone, pertanto, di prevedere anche l'audizione di rappresentanti di tale dicastero per conoscerne l'orientamento sul merito del provvedimento all'esame della Commissione.

Ermete REALACCI, presidente, ricorda che il provvedimento in esame, essendo stato approvato dal Consiglio dei Ministri, deve senz'altro essere riferito anche alla responsabilità del Ministro dello sviluppo economico. Peraltro, convenendo sulla sostanza della considerazione svolta dal deputato Tortoli, ritiene senz'altro che si possa chiedere al Governo che, nell'ambito dei lavori della Commissione, sia assicurata soprattutto in occasione dell'analisi di determinate parti del testo - la presenza, oltre che del rappresentante del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, anche di un rappresentante del Ministero dello sviluppo economico.

Giudicato, inoltre, importante sottolineare la serietà del lavoro svolto presso la Conferenza unificata, rileva che, dopo avere reso in quella sede il prescritto parere, il sistema delle autonomie locali e, in special modo, le regioni rischiano di essere escluse dal confronto su materie diverse da quelle esaminate in sede di Conferenza. Per questo, ritiene che ove la Commissione volesse, come pure sembra opportuno, ampliare il contenuto del proprio parere, bisognerebbe senz'altro prestare la massima attenzione al rapporto con le istituzioni regionali e locali.

Mauro CHIANALE (Ulivo), relatore, giudica appropriate le considerazioni svolte dal deputato Tortoli, ad esempio con riferimento al tema delle bonifiche, per le quali il Ministero dello sviluppo economico ha già espresso la volontà di intervenire, anche con la previsione di specifiche agevolazioni, per consentire la bonifica e la deindustrializzazione di numerose aree interessate. Ritiene, dunque, che il coinvolgimento del citato dicastero possa avvenire con le modalità testé prospettate dal presidente.

Gianpiero BOCCI (Ulivo) sottolinea la delicatezza delle problematiche sollevate in ordine ai rapporti con il sistema delle autonomie territoriali. In particolare, se fossero confermate le notizie circolate in queste settimane, l'intervento della Commissione si configurerebbe come un oggettivo ampliamento delle materie di confronto con il Governo rispetto a quelle sottoposte all'esame della Conferenza unificata. In tal caso, ritiene necessario che la Commissione si doti preventivamente di un chiaro metodo di lavoro e intervenga con prudenza su nuovi temi e materie che toccano la competenza delle regioni e degli enti locali.

Roberto TORTOLI (FI) ritiene inopportuno ampliare eccessivamente il contenuto del parere che le Commissioni parlamentari devono rendere, sottolineando l'esigenza di restare all'interno dei limiti del confronto svolto in sede di Conferenza unificata. Chiede, inoltre, di verificare l'opportunità di procedere, in linea con l'esame svolto in occasione dell'originario decreto legislativo, a riunioni congiunte delle competenti Commissioni di Camera e Senato per lo svolgimento delle previste audizioni informali.

Ermete REALACCI, presidente, osserva che, sia per difficoltà di calendario che per ragioni di tipo organizzativo, la proposta avanzata dal deputato Tortoli circa lo svolgimento delle audizioni informali sia da ritenere impraticabile. Prospetta, al contrario, l'opportunità di verificare, nel prosieguo dei lavori, la possibile calendarizzazione di una nuova riunione congiunta degli uffici di presidenza, integrati dai rappresentanti dei gruppi, delle due Commissioni. In ogni caso, ritiene che le considerazioni emerse nel corso del dibattito sinora svolto costituiscano un ulteriore stimolo affinché i due relatori, come indicato in occasione della precedente riunione congiunta degli uffici di presidenza, procedano con un lavoro comune ed un costante scambio di valutazioni e di informazioni, al fine di conseguire l'obiettivo fondamentale di giungere alla predisposizione di pareri di contenuto il più possibile omogeneo.

Nessun altro chiedendo di intervenire, rinvia quindi il seguito dell'esame ad altra seduta.

 


COMMISSIONE VIII

Ambiente, territorio e lavori pubblici

RESOCONTO SOMMARIO

 

SEDUTA DI GIOVEDÌ 7 GIUGNO 2007

 


Schema di decreto legislativo concernente ulteriori modifiche al decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, recante norme in materia ambientale.

Atto n. 96.

(Seguito dell'esame e rinvio).

La Commissione prosegue l'esame, rinviato il 6 giugno 2007.

Mauro CHIANALE (Ulivo), relatore, secondo quanto già prospettato nella seduta di ieri, ribadisce la piena disponibilità a valutare il possibile ampliamento dell'ambito di esame del provvedimento rispetto al testo trasmesso al Parlamento; a tal fine, peraltro, giudica indispensabile acquisire l'orientamento del Governo.

Il sottosegretario Gianni PIATTI intende anzitutto consegnare una documentazione predisposta dal suo dicastero (vedi allegato 2), che auspica possa contribuire ai lavori della Commissione. Conferma, inoltre, che il Governo è pronto a valutare il possibile inserimento, nel testo in esame, di tutte le proposte di modifica e integrazione richieste dalla Conferenza unificata e dalle competenti Commissioni parlamentari.

Ermete REALACCI, presidente, sottolinea la delicatezza della questione posta dal relatore nella seduta di ieri, e ribadita nella seduta odierna, che porterebbe a ritenere possibile un intervento della Commissione su talune materie, disciplinate dal decreto legislativo n. 152 del 2006, ma attualmente non contemplate dallo schema di decreto in esame; tale intervento, a suo giudizio, potrà avvenire solo avendo la consapevolezza che, a breve, dovranno essere definiti almeno altri due nuovi provvedimenti correttivi, rispettivamente in materia di valutazione di impatto ambientale e di disciplina delle acque, con particolare riferimento al riordino degli organismi di gestione dei bacini idrici. In particolare, esprime la preoccupazione che un incisivo intervento sulla materia delle acque possa sovrapporsi, in modo incoerente, ad altri provvedimenti in corso di esame parlamentare, e possa inficiare l'impianto dell'ulteriore schema di decreto correttivo in corso di definizione. Giudica, pertanto, preferibile che tali argomenti siano rimessi ad un nuovo ed autonomo provvedimento, invitando a tal fine il relatore a studiare con attenzione le possibili modalità di intervento sulla materia.

Mauro CHIANALE (Ulivo), relatore, ricorda che le modifiche alla disciplina delle acque, recate dallo schema di decreto in esame, hanno un carattere piuttosto limitato, anche se intervengono su profili di particolare delicatezza, come ad esempio la disposizione sul servizio idrico nei comuni montani con popolazione inferiore ai mille abitanti. Rileva, peraltro, che il tema dell'assetto degli ATO, che potrebbe rappresentare un elemento di novità nell'esame del provvedimento, è tuttora in fase di complessa elaborazione, soprattutto a livello regionale. Ritiene, pertanto, che sia necessario valutare con attenzione l'ambito di estensione dell'attività della Commissione sullo schema di decreto in esame, sebbene su taluni aspetti - anche in materia di acque - possano essere recuperati utili spunti e proposte di integrazione.

Ermete REALACCI, presidente, ribadisce la propria convinzione sull'opportunità che il tema della gestione delle acque sia affrontato in maniera più complessiva, attendendo anche gli sviluppi di altri provvedimenti legislativi in itinere; al riguardo, peraltro, intende chiarire che non vi sono elementi di contrarietà nel merito degli interventi, ma vi è solo un tentativo di richiamare il legislatore alla coerenza dell'impianto normativo che disciplina l'intera materia.

Il sottosegretario Gianni PIATTI, nel prendere atto delle riflessioni svolte nel corso del dibattito, invita la Commissione a riflettere anche sul problema della transizione dal sistema della autorità di bacino a quello dei distretti idrografici, che - pur dovendo essere affrontato con un lavoro istruttorio autonomo rispetto allo schema in esame - va comunque risolto in tempi rapidi, per dare certezza agli operatori del settore.

Ermete REALACCI, presidente, rinvia il seguito dell'esame ad altra seduta.

La seduta termina alle 9.55.

 

ALLEGATO 2

Schema di decreto legislativo concernente ulteriori modifiche al decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, recante norme in materia ambientale (Atto n. 96).

DOCUMENTAZIONE CONSEGNATA DAL RAPPRESENTANTE DEL GOVERNO

1. La legge delega ed il sistema di modifica del Codice dell'ambiente.

Il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare sta procedendo ad una serie di interventi correttivi che operano sull'intero testo del decreto legislativo 3 aprile 2006 n. 152 «Norme in materia ambientale», comunemente noto come Codice dell'ambiente. La decisione di procedere ad una più puntuale disamina dell'intero corpus normativo vigente, che si muove dalla acquisizione a livello positivo di una globale considerazione del bene ambientale e della meritevolezza di una sua tutela organica, è dovuta alla necessità, anche esplicitamente formulata in sede comunitaria, di eliminare quella serie di aporie e di lacune che hanno contrassegnato alcune delle scelte concrete operate nell'adozione del Codice.

L'imponenza dell'intervento a monte e, ancora di più, il numero delle modifiche necessarie per il superamento dei problemi riscontrati ha imposto l'adozione di un meccanismo articolato di revisione, nel quale potessero trovare contemperamento le priorità, determinate da urgenze normative o fattuali, e gli interventi organici, relativi alla ricostruzione complessiva e per settori dei singoli ambiti regolati.

La vasta riscrittura dell'intero Codice ambientale è, attualmente e dal punto di vista normativo, uno dei momenti centrali dell'attività del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare.

La rilevanza e l'entità delle ricadute, sull'intero sistema nazionale, che tale disciplina comporterà, sia dal punto di vista ambientale, come pure da quello produttivo, sono testimoniate dall'elevato interesse e dalla amplissima partecipazione, della politica, delle istituzioni e delle categorie sociali, all'opera di riassetto.

La possibilità giuridica di rinnovellare il testo di riferimento, il Codice dell'ambiente, è contestuale alla stessa delega per la redazione del codice stesso, ed è disciplinata dall'articolo 1 legge n. 308 del 2004, in specie dai commi da 1 a 19. La legge 308, definita in rubrica «Delega al Governo per il riordino, il coordinamento e l'integrazione della legislazione in materia ambientale e misure di diretta applicazione», contiene in realtà altre due serie di disposizioni immediatamente operative, in tema di rifiuti ed in tema del cosiddetto «condono ambientale».

Per ciò che concerne più in particolare la delega, la stessa riguarda l'adozione di «uno o più decreti legislativi di riordino, coordinamento e integrazione delle disposizioni legislative nei seguenti settori e materie, anche mediante la redazione di testi unici:

a) gestione dei rifiuti e bonifica dei siti contaminati;

b) tutela delle acque dall'inquinamento e gestione delle risorse idriche;

c) difesa del suolo e lotta alla desertificazione;

d) gestione delle aree protette, conservazione e utilizzo sostenibile degli esemplari di specie protette di flora e di fauna;

e) tutela risarcitoria contro i danni all'ambiente;

f) procedure per la valutazione di impatto ambientale (VIA), per la valutazione ambientale strategica (VAS) e per l'autorizzazione ambientale integrata (IPPC);

g) tutela dell'aria e riduzione delle emissioni in atmosfera».

Il decreto 152 ha interessato tutti tali settori ad esclusione della lettera g.

Contestualmente alla delega, la legge 308 prevede il meccanismo di adozione, nel termine di due anni dalla data di entrata in vigore dei medesimi decreti legislativi, dei necessari provvedimenti per la modifica e l'integrazione dei regolamenti di attuazione ed esecuzione e dei decreti ministeriali per la definizione delle norme tecniche, nonché l'individuazione degli ambiti nei quali la potestà regolamentare è delegata alle regioni e l'indicazione espressa delle disposizioni abrogate a seguito della loro entrata in vigore. Il complesso iter procedurale di modifica è previsto al comma 6:

«6. Entro due anni dalla data di entrata in vigore di ciascuno dei decreti legislativi di cui al comma 1, nel rispetto dei principi e criteri direttivi stabiliti dalla presente legge, il Governo può emanare, ai sensi dei commi 4 e 5, disposizioni integrative o correttive dei decreti legislativi emanati ai sensi del comma 1, sulla base di una relazione motivata presentata alle Camere dal Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio, che individua le disposizioni dei decreti legislativi su cui si intende intervenire e le ragioni dell'intervento normativo proposto».

Contemperando le disposizioni esplicite, appena citate e derivanti dalla legge di delega, con le altre previsioni vigenti, il percorso di modifica si articola in questo modo:

a) presentazione di una relazione da parte del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare ai Presidenti delle Camere, evento realizzatosi in data 28 giugno 2006;

b) approvazione, in prima lettura, da parte del Consiglio dei Ministri, come avvenuto in data 12 ottobre 2006;

c) espressione del proprio parere da parte della Conferenza Stato-Regioni, parere fornito in data 29 marzo 2007;

d) trasmissione dell'articolato, accompagnato dall'analisi tecnico-normativa e dall'analisi dell'impatto della regolamentazione, per l'espressione del parere da parte delle competenti Commissioni parlamentari, fase attualmente in corso;

e) espressione del parere di competenza del Consiglio di Stato;

f) seconda lettura da parte del Consiglio dei Ministri, per la trasmissione dei testi per il parere definitivo delle Commissioni parlamentari;

g) espressione del parere definitivo da parte delle Commissioni parlamentari;

h) definitiva approvazione da parte del Governo.

Il Governo ed il Ministero dell'ambiente hanno quindi esteso, nella massima forma sinora attuata, la partecipazione delle formazioni politiche, sociali e professionali all'opera di realizzazione della scrittura del testo normativo.

Infatti, oltre al rispetto delle disposizioni espresse contenute nella legge delega, si è provveduto ad ampliare il coinvolgimento partecipativo, anche mediante organismi rappresentativi delle parti sociali. Con decreto ministeriale del 7 giugno 2005, si sono infatti introdotti formalmente forme di consultazione delle organizzazioni sindacali ed imprenditoriali e delle associazioni nazionali riconosciute per la tutela dell'ambiente e per la tutela dei consumatori.

Si è inoltre rispettata la previsione di richiedere il parere del Consiglio di Stato,

ponendo rimedio alla mancata consultazione in sede di redazione del testo di riferimento.

Con il rispetto della sequenza appena delineata, il Governo intende porre rimedio alle riserve, di ordine metodologico, contenute in termini di condizioni ed osservazioni nelle indicazioni formulate dalle commissioni parlamentari nel corso dell'esame del primo correttivo.

2. Contenuto del secondo correttivo.

Gli interventi modificativi della normativa vigente che si intendono operare con il provvedimento in esame si prospettano come necessari e urgenti, sia per recepire i rilievi effettuati nei pareri resi dalle competenti Commissioni parlamentari e dalla Conferenza Unificata sul primo decreto correttivo, sia al fine di adeguare diverse disposizioni del codice ambientale al diritto comunitario, anche per determinare la chiusura di numerose procedure di infrazione comunitaria allo stato pendenti nei confronti dell'Italia ed evitare così il rischio di pesanti condanne da parte della Corte di Giustizia.

Va considerato che in data 3 luglio 2006 l'Italia è stata deferita alla Corte di Giustizia a causa della restrittività della nozione di «rifiuto» introdotta a livello nazionale. Perciò occorre anche rielaborare e precisare meglio la nozione di «materia prima secondaria», che già nell'articolo 1, commi 25, 26, 27, 28 e 29 della legge delega n. 308/2004 è stata eccessivamente ampliata in modo contrario al diritto comunitario, consentendo di escludere, per tale via, dalla disciplina dei «rifiuto» sostanze ed oggetti, che ai sensi della normativa comunitaria avrebbero dovuto invece essere considerati rifiuti, come già constatato dalla Commissione Europea (in sede di lettera di messa in mora all'Italia del 5 luglio 2005 e di successivo parere motivato del 13 gennaio 2006).

La nozione di «materia prima secondaria per attività siderurgiche e metallurgiche» di cui alla lettera u) del comma 1, dell'articolo 183 va abrogata in quanto già oggetto di procedura di infrazione in corso.

È altresì necessario abrogare l'articolo 182, comma 8, per eliminare la possibilità di smaltire una parte, ancorché biodegradabile, dei rifiuti urbani tramite gli impianti di depurazione delle acque reflue, poiché trattasi di previsione assolutamente contraria alla ratio della direttiva 91/271/CEE del 21 maggio 1991 sulle acque reflue urbane.

Uno degli articoli più controversi del decreto 152 del 2006, sul quale le Commissioni parlamentari e la Conferenza Unificata hanno chiesto di intervenire, è senza dubbio quello riguardante le terre e rocce da scavo (articolo 186). Nel codice ambientale, infatti, sono state escluse in modo troppo ampio dal campo di applicazione della disciplina dei rifiuti.

Anche l'articolo 229, comma 2, del decreto 152 del 2006, che costituisce applicazione dell'articolo 29, lettera b) della legge delega, viola il diritto comunitario nella parte in cui consente di escludere dal regime giuridico dei rifiuti di cui alla Parte Quarta «il combustibile da rifiuti di qualità elevata (Cdr-Q)», che si distingue da quello di qualità normale per la minore presenza di umidità e di sostanze inquinanti e per il maggior potere calorifico.

In particolare il Ministero tiene a segnalare i principali punti sui quali si interviene con il decreto legislativo in esame:

1) sulla nozione di «scarico diretto»: va ripristinata una chiara e netta distinzione tra la nozione di acque di scarico e quella di rifiuti liquidi;

2) nel caso di impianti di depurazione che trattano acque reflue che provengono da soggetti diversi, va puntualizzata la necessità che tali scarichi avvengano tramite condotta perché siano configurabili come scarichi idrici e non considerati rifiuti;

3) va garantita l'unitarietà anziché l'unicità della gestione del servizio idrico integrato, in quanto non è necessario che ci sia un unico gestore ma che la gestione sia fatta con criteri unitari;

4) vengono abrogate le disposizioni che prevedono modalità di smaltimento della frazione biodegradabile dei rifiuti urbani non contemplate dalla normativa comunitaria in materia di rifiuti e di acque reflue, al fine di eliminare la possibilità di smaltire una parte, ancorché biodegradabile, dei rifiuti urbani tramite gli impianti di depurazione delle acque reflue;

5) viene prevista la riscrittura della nozione di rifiuto, in riferimento alla procedura di infrazione n. 2002/2213, e eliminazione delle nozioni di sottoprodotto e di materia prima secondaria sin dall'origine. Infatti, il decreto legislativo 152, del 2006, introducendo all'articolo 183 del decreto legislativo, il concetto di «sottoprodotto» e di «materia prima seconda» ed escludendoli dal regime giuridico del «rifiuto» ha aggravato la posizione dell'Italia in relazione alle violazioni già contestate;

6) sono previste correzioni delle nozioni di smaltimento e di recupero che, così come riportate nell'articolo 183, contrastano con l'orientamento della Corte di Giustizia;

7) viene modificata la disposizione in materia di terre e rocce da scavo al fine di adeguarsi alle contestazioni formulate dalla Commissione europea che hanno dato luogo alla procedura di infrazione n. 2002/2077;

8) viene prevista una modifica volta a una migliore individuazione delle competenze provinciali in materia di funzioni amministrative concernenti la programmazione e l'organizzazione del recupero e dello smaltimento dei rifiuti, nonché a definire con maggiore precisione le procedure di aggiudicazione del servizio di gestione integrata dei rifiuti urbani;

10) viene prevista, infine, la sostituzione dell'articolo 206, in materia di accordi, contratti di programma, incentivi, onde meglio precisare la corretta portata operativa di tali strumenti negoziali.

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COMMISSIONE VIII

Ambiente, territorio e lavori pubblici

RESOCONTO SOMMARIO

 

SEDUTA DI MARTEDI’ 19 GIUGNO 2007

 

 

 


Schema di decreto legislativo concernente ulteriori modifiche al decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, recante norme in materia ambientale.

Atto n. 96.

(Seguito dell'esame e rinvio).

La Commissione prosegue l'esame, rinviato il 7 giugno 2007.

Mauro CHIANALE (Ulivo), presidente relatore, ricorda che nella scorsa settimana la Commissione ha effettuato un mirato ciclo di audizioni informali, al fine di acquisire utili elementi conoscitivi in merito al provvedimento in esame. In proposito, osserva che i rappresentanti di enti, organismi e associazioni che hanno partecipato alle audizioni hanno fornito importanti suggerimenti e proposte, che potranno contribuire - unitamente alla ulteriore documentazione scritta nel frattempo trasmessa alla Commissione - alla definizione del parere di competenza.

Fa presente, inoltre, che l'ufficio di presidenza integrato dai rappresentanti dei gruppi ha convenuto che - concluse le richiamate audizioni - l'esame dello schema di decreto legislativo prosegua nella corrente settimana, con un dibattito di carattere generale, per concludersi nella settimana successiva, con la presentazione della proposta di parere nella giornata di martedì 26 giugno e la relativa deliberazione nella giornata di mercoledì 27 giugno.

Grazia FRANCESCATO (Verdi) segnala preliminarmente che il prossimo 1o giugno entrerà in vigore il regolamento (CE) n. 1907/2006 (cosiddetto regolamento «REACH»), che disciplina la registrazione, la valutazione, l'autorizzazione e la restrizione delle sostanze chimiche, e che, sotto questo profilo, sarebbe opportuno che il Governo valutasse l'opportunità di integrare - ove necessario - i contenuti del decreto legislativo n. 152 del 2006 con le disposizioni previste dal regolamento medesimo.

Roberto TORTOLI (FI) segnala anzitutto l'inopportunità di procedere alla modifica del decreto legislativo n. 152 del 2006 senza tener conto dei limiti posti al legislatore delegato dalla sussistenza di precisi principi e criteri direttivi fissati dalla legge di delegazione (n. 308 del 2004). Ricorda che tale legge venne approvata a conclusione di un lungo dibattito parlamentare, durato quasi quattro anni, e che il decreto legislativo n. 152 del 2006 traduce in norme puntuali i principi fissati dalla citata legge n. 308. Riconosce, peraltro, che il legislatore può oggi sicuramente procedere a modifiche che vadano in direzioni diverse da quelle stabilite dai principi contenuti nella citata legge n. 308, ma per farlo deve fissarne dei nuovi con una nuova legge di delegazione. Richiama, inoltre, l'attenzione della Commissione sul fatto che l'opposizione ha già avuto modo di segnalare questo delicato problema indirizzando una articolata lettera ai Presidenti dei due rami del Parlamento e rammenta alla maggioranza la necessità di un percorso parlamentare che sia rispettoso della correttezza delle procedure e dei vincoli normativi testé esposti.

Ricorda, peraltro, di avere avuto modo di precisare, in più occasioni, che l'opposizione non è pregiudizialmente contraria alla possibilità di intervenire anche su punti diversi da quelli indicati dallo schema di provvedimento all'esame della Commissione, ma che tali interventi richiedono il massimo di cautela: ritiene, infatti, che non si possa andare, con leggerezza, oltre quanto proposto dal Governo, atteso che lo schema in esame è già stato sottoposto al parere della Conferenza unificata.

Valter ZANETTA (FI), soffermandosi sulla norma che prevede la soppressione del comma 5 dell'articolo 148 del decreto legislativo n. 152 del 2006, il quale attribuisce ai comuni con popolazione inferiore ai 1.000 abitanti la facoltà di gestire autonomamente il servizio idrico, ritiene che la norma attualmente in vigore abbia dato dei buoni risultati e ricorda che l'UNCEM ha espressamente proposto lo stralcio della proposta soppressiva in questione. Ricorda altresì che, muovendosi nella stessa direzione, l'Assemblea della Camera ha approvato lo scorso 18 aprile, in occasione della discussione della proposta di legge per il sostegno e la valorizzazione dei piccoli comuni, uno specifico ordine del giorno, che sosteneva addirittura l'estensione fino ai comuni con popolazione inferiore ai 3.000 abitanti della facoltatività dell'adesione alla gestione unica del servizio idrico integrato. In conclusione, giudica opportuno che si proceda alla eliminazione dallo schema di decreto in esame della norma in questione, confidando che anche i deputati della maggioranza vogliano sostenere tale proposta.

Grazia FRANCESCATO (Verdi), intervenendo per una precisazione, dichiara di condividere appieno la questione richiamata dal deputato Zanetta e ricorda che stanno pervenendo tantissime segnalazioni dai piccoli comuni, che chiedono l'estensione fino ai comuni con 3.000 abitanti della facoltà di aderire alla gestione unica del servizio idrico. Sottolinea, quindi, come su questo punto la Commissione debba dare un segnale forte della propria volontà di costruire gli strumenti per una tutela effettiva della risorsa idrica e delle comunità che vivono nei territori dove tale risorsa ha origine.

Lello DI GIOIA (RosanelPugno) giudica importanti la discussione e le riflessioni proposte dai deputati intervenuti, che condivide pienamente. Osserva che il suo gruppo è del tutto disponibile a lavorare per costruire le condizioni politiche per estendere fino ai comuni con 3.000 abitanti la facoltà sopra richiamata ed invita il relatore a riflettere sugli strumenti più opportuni per garantire i diritti dei piccoli comuni montani.

Mauro CHIANALE (Ulivo), presidente relatore, richiama anzitutto il lavoro complesso e articolato svolto nel corso del ciclo di audizioni effettuate dalla Commissione, che ha permesso di raccogliere con completezza le opinioni, i suggerimenti e gli stimoli provenienti dal mondo delle autonomie territoriali, dal settore imprenditoriale, dai gestori di servizi pubblici e dal sistema consortile dell'industria del riciclo dei rifiuti. Le audizioni hanno altresì confermato che il provvedimento all'esame della Commissione è un provvedimento importante e fortemente atteso, sia dal sistema delle autonomie locali che dal sistema produttivo, poiché incide direttamente sulla qualità della vita quotidiana dei cittadini, sui livelli di tutela della loro salute oltre che dell'ambiente. Ritiene che il Parlamento debba saper rispondere a queste aspettative diffuse, operando per la realizzazione di una normativa chiarificatrice dei punti risultati di difficile applicazione e capace di porre il Paese in linea con gli standard normativi europei.

Concorda, inoltre, con le osservazioni del deputato Tortoli sull'opportunità di scongiurare il rischio di interventi che vadano oltre quanto consentito dalla delega legislativa anche se rammenta che si tratta di una legge delega che sicuramente consente alcuni interventi. Ritiene peraltro opportuno che tali interventi siano limitati ai temi per così dire «metabolizzati» in sede di dibattito politico e che su questi temi la Commissione sia posta in grado di esprimersi, salvo verificare poi, con spirito costruttivo, quali siano i modi più adeguati per non «debordare» rispetto all'impianto complessivo delineato dalla legge di delegazione. Allo stesso modo, condivide l'opportunità di accelerare l'emanazione, da parte del Governo, dei provvedimenti attuativi del decreto legislativo, anche nelle parti non interessate dal provvedimento in esame, per rendere operative tutte le disposizioni vigenti.

Si dichiara inoltre d'accordo con le osservazioni svolte in ordine alla necessità di garantire la coerenza del decreto con il nuovo «regolamento REACH», nonché all'esigenza di tenere nella giusta considerazione le numerose sollecitazioni pervenute in relazione al principio della facoltatività dell'adesione alla gestione unica del servizio idrico integrato da parte dei piccoli comuni. Segnala, peraltro, che in questa direzione va tenuto conto anche della necessità di operare una scelta coerente sugli ATO e sul ruolo delle regioni, che, a suo giudizio, devono essere messe in condizione di «governare» efficacemente questo percorso incentrato sul principio di facoltatività.

Infine, ricordato che le audizioni informali e i documenti pervenuti hanno consentito alla Commissione di raccogliere un'ingente mole di materiali, invita tutti i colleghi ad analizzare attentamente tale documentazione, compresa quella dettagliata e articolata predisposta dai gruppi di opposizione, dichiarandosi convinto che vi siano tutte le condizioni per fornire al Governo un utile elenco di osservazioni e proposte per la definitiva definizione del provvedimento.

Roberto TORTOLI (FI), intervenendo per una ulteriore precisazione, fa presente che il richiamo alla necessità di mantenersi all'interno dei principi e criteri direttivi previsti dalla legge di delegazione - svolto in precedenza - si riferisce a casi specifici e ben definiti. Segnala, al riguardo, il caso della bonifica dei siti inquinati, che il decreto legislativo n. 152 del 2006 ha disciplinato secondo il principio della valutazione del rischio, che è invece stato travolto dalla previsione di cui all'articolo 1, comma 43, dello schema di decreto in esame, che ha - di fatto - previsto il ritorno all'approccio tabellare. Per tali motivi, invita la Commissione a tenere conto delle indicazioni provenienti dalla Conferenza unificata, evitando di ampliare l'ambito di intervento del parere parlamentare al di fuori dei confini che le stesse autonomie territoriali hanno delineato in occasione dell'esame del provvedimento in titolo.

Mauro CHIANALE (Ulivo), presidente, nessun altro chiedendo di intervenire, rinvia il seguito dell'esame ad altra seduta.

La seduta termina alle 14.45.


COMMISSIONE VIII

Ambiente, territorio e lavori pubblici

RESOCONTO SOMMARIO

 

SEDUTA DI MERCOLEDI’ 20 GIUGNO 2007

 

 

 


Schema di decreto legislativo concernente ulteriori modifiche al decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, recante norme in materia ambientale.

Atto n. 96.

(Seguito dell'esame e rinvio).

La Commissione prosegue l'esame, rinviato il 19 giugno 2007.

Ermete REALACCI, presidente, avverte preliminarmente che sono pervenuti i rilievi sulle conseguenze di carattere finanziario, espressi sul provvedimento in esame dalla V Commissione.

Salvatore MARGIOTTA (Ulivo) intende porre due questioni puntuali, che originano dal fatto che il comma 13 dell'articolo 1 del provvedimento in esame novella gli articoli 147 e 150 del decreto legislativo n. 152 del 2006, prevedendo l'unitarietà anziché l'unicità della gestione del servizio idrico integrato.

Ritiene che, in tale contesto, si possa porre anzitutto la questione relativa alla gestione delle reti idriche e fognarie e di depurazione, che oggi sono gestite dai Consorzi per le aree industriali - in particolare gli impianti che adducono e trattano unicamente reflui industriali -, i quali costituiscono in molte aree del Mezzogiorno lo strumento principale per la vita di tali organismi. Ricorda che, ai sensi del comma 6 dell'articolo 172 del decreto legislativo n. 152 del 2006, essi devono essere trasferiti in concessione d'uso al gestore del servizio idrico integrato e ritiene che si potrebbe prevedere che, sempre in ossequio al principio di unitarietà, la loro gestione rimanga ai Consorzi, che tra l'altro hanno al riguardo maturato professionalità e competenze.

Osserva che la seconda questione riguarda, invece, il reperimento delle risorse per le spese di funzionamento degli ATO, disciplinato dall'articolo 148, comma 4, e dall'articolo 154, comma 1, del decreto legislativo n. 152 del 2006. Ricorda che, attualmente, esse gravano sul canone che il gestore del servizio versa annualmente e quindi, in definitiva, sulla tariffa, calcolata secondo il metodo normalizzato. La nuova normativa introdotta dal provvedimento in esame, innovando in materia, fa invece gravare il «costo» di funzionamento degli ATO in parte sulla tariffa e in parte sui comuni, senza tuttavia indicare concretamente i criteri di ripartizione e senza modificare il metodo di formazione della tariffa. Tutto questo, a suo giudizio, crea problemi e incertezza ai comuni e agli ATO, che stanno approntando la revisione degli strumenti d'ambito, con il rischio grave di alimentare contenziosi o, quanto meno, malumori nei rapporti tra gli stessi comuni e gli ATO.

Pur rendendosi conto che tale materia non è formalmente toccata dallo schema di decreto legislativo all'esame della Commissione, ritiene tuttavia opportuno sottoporre al relatore questa problematica, affinché verifichi se sia possibile farne menzione nel parere e, in ogni caso, affinché la stessa problematica rimanga all'attenzione del Parlamento, per essere eventualmente ripresa in una successiva occasione.

Massimo VANNUCCI (Ulivo) fa presente di avere svolto la funzione di relatore durante la discussione che si è svolta presso la V Commissione, ai fini della deliberazione dei rilievi di competenza; in quella sede, in particolare, sono emerse numerose questioni rilevanti, alcune delle quali di merito. Ricorda peraltro che, per rispetto dei rispettivi ruoli istituzionali, la V Commissione ha ritenuto di dover limitare il contenuto del proprio esame ai soli effetti finanziari del provvedimento. Nondimeno, osserva di avere ritenuto opportuno partecipare all'odierna seduta della VIII Commissione, per rappresentare almeno due delle questioni di merito richiamate: la prima relativa alla norma istitutiva del consorzio obbligatorio per il riciclaggio dei rifiuti di beni in polietilene e la seconda relativa alla disciplina delle attività di recupero e riciclaggio di rifiuti derivanti dalla lavorazione di pneumatici. In particolare, con riferimento alla prima questione osserva che l'attuale formulazione normativa - nonostante l'articolo 234 stabilisca le relative esclusioni - costringe a partecipare al consorzio obbligatorio anche i produttori delle tubazioni in polietilene destinati all'edilizia, alle fognature e al trasporto di gas e acque. Rileva, tuttavia, che tale imposizione normativa appare del tutto irragionevole, poiché tali produzioni non danno origine a rifiuti, avendo una «vita media» di almeno cinquanta-sessanta anni. Osserva altresì che la commisurazione - normativamente stabilita - del contributo consortile al peso dei prodotti si tradurrebbe, nel caso di specie, in un onere pesantissimo per le aziende, dato il peso notevole delle tubazioni dalle stesse prodotte. Per tali ragioni, ritiene necessario scongiurare il rischio che una previsione normativa incongrua si traduca in una «perdita secca» di competitività per le imprese del settore e in una loro scelta forzata di delocalizzazione. Del resto, essendo già previste le esclusioni, ritiene che sia sicuramente possibile risolvere la problematica in questione rafforzando nel testo del decreto legislativo n. 152 del 2006, all'articolo 234, la norma che stabilisce espressamente l'esclusione dei materiali e delle tubazioni in polietilene destinati all'edilizia, alle fognature e al trasporto di gas e acque, in quanto considerati beni durevoli, dall'elenco dei materiali che rientrano nell'ambito dell'attività dei consorzi per il riciclaggio dei rifiuti di beni in polietilene.

Quanto alla seconda questione indicata, ricorda che in Italia ci sono pochi (e assolutamente necessari) impianti per il recupero e il riciclaggio dei rifiuti derivanti dalla lavorazione di pneumatici. Rileva, tuttavia, che nel corso degli anni la loro attività si è venuta facendo sempre più complicata, anche con ricadute negative in materia di tutela del territorio e della salute dei cittadini, per l'accumularsi di una normativa poco chiara e in alcuni casi lacunosa. In particolare, sottolinea la mancata previsione normativa di limiti massimi per lo stoccaggio, di disposizioni circa la distanza degli impianti dalle abitazioni, nonché dell'obbligo di copertura degli stessi, con materiale ignifugo e impermeabile. Ritiene del tutto evidente, pertanto, che la Commissione debba sottoporre all'attenzione del Governo, in sede di espressione del parere sul provvedimento in esame, l'opportunità di introdurre nel decreto legislativo n. 152 del 2006 specifiche disposizioni per la fissazione dei limiti e dell'obbligo sopra illustrati.

Adriano PAROLI (FI) osserva preliminarmente che la Commissione ha davanti a sé un compito non facile, complicato oltremodo dalla decisione, a suo tempo assunta dal Governo, di «congelare» i provvedimenti attuativi del «codice ambientale» che erano già stati emanati. Oggi, a suo avviso, occorre mettere riparo alla confusione che, in questo modo, si è venuta creando; tuttavia, il lavoro della Commissione non può disattendere la normativa già in vigore e, soprattutto, non può tradursi nel superamento dei principi e dei criteri direttivi fissati dalla legge di delegazione. Richiamando, anzi, le critiche espresse nella passata legislatura dall'attuale maggioranza, ritiene che la funzione legislativa in corso, di correzione delle norme contenute nel «codice ambientale», non possa certo essere esercitata oggi in contrasto con i richiamati principi e criteri direttivi. Ritiene, infatti, che - se l'attuale maggioranza vuole oltrepassare tali limiti - non può che intraprendere un nuovo percorso legislativo e approvare una nuova legge di delegazione.

Sottolinea, inoltre, l'importanza che la Commissione tenga conto delle richieste emendative formulate dalle regioni, operando anche uno sforzo supplementare per fare in modo che - oltre alle modifiche concordate in sede di Conferenza unificata - non siano disattese le altre osservazioni e proposte formulate.

Infine, ritiene che, pur essendo condivisibile perseguire l'obiettivo dell'adeguamento della normativa nazionale agli standard normativi europei, sia invece profondamente sbagliato pretendere di fare «salti in avanti», sottoponendo il sistema delle imprese a vincoli e oneri che finirebbero per risolversi in una inaccettabile perdita di competitività delle aziende italiane. Cita, al riguardo, l'esempio dei beni in polietilene richiamato dal deputato Vannucci, nonché le problematiche dei sottoprodotti, delle materie prime secondarie e dei rifiuti metallici, giudicando del tutto irrazionale che in Europa e nel resto del mondo sia possibile utilizzare nel ciclo produttivo determinati materiali, il cui uso in Italia si vorrebbe rendere normativamente impossibile, sottoponendoli al regime dei rifiuti.

Ermete REALACCI, presidente, ricorda che alcune delle questioni sollevate nel corso dell'odierno dibattito sono state già affrontate dal relatore, soprattutto nell'ottica di un possibile riavvicinamento della normativa interna a quella comunitaria. Segnala, peraltro, che utili indicazioni di merito sono contenute anche nel documento conclusivo dell'indagine conoscitiva svolta dalla Commissione sull'industria del riciclo, nel quale, ad esempio, si è sostenuta l'eventuale valorizzazione di quelle attività, connesse al ciclo di recupero dei materiali, che favoriscono il risparmio energetico e, in particolare, la riduzione delle emissioni di gas a effetto serra, mediante la possibilità che, a seguito di una verifica seria e analitica dei dati, si studi il possibile inserimento di tali attività virtuose all'interno dei parametri per il riconoscimento delle incentivazioni previste dalla normativa vigente per le fonti rinnovabili e, nello specifico, per l'eventuale emissione di «certificati bianchi».

Mauro CHIANALE (Ulivo), relatore, dichiara di apprezzare l'approccio con il quale, anche da parte dei gruppi di opposizione, sta avendo luogo il dibattito di merito sul provvedimento in esame. Con riferimento alle diverse questioni poste nella seduta odierna, in particolare, ritiene importante precisare che sarà valutato dall'intera Commissione sino a che punto potrà spingersi il previsto parere, soprattutto con riferimento alle parti non direttamente interessate dalle proposte di modifica. In tal senso, si dichiara disponibile ad affrontare tutti gli interventi segnalati, nel presupposto che su di essi si registri un sufficiente consenso.

Ritiene, peraltro, essenziale preannunciare che la proposta di parere che si riserva di presentare nel seguito dell'esame non potrà che richiamare con attenzione i profili di carattere comunitario, ai quali bisogna attenersi per disciplinare la materia, eventualmente anche precorrendo - ove possibile - talune delle soluzioni normative in itinere. Allo stesso tempo, assicura che è sua intenzione raccomandare al Governo l'accoglimento dei punti concordati in sede di Conferenza unificata, pur potendosi riservare di indicare possibili ipotesi di riformulazione in relazione a talune delle questioni richiamate nel parere reso dalla stessa Conferenza. Analogamente, fa presente che realizzerà ogni possibile sforzo per sollecitare al Governo le più opportune risposte anche in ordine alle restanti richieste formulate dalle autonomie locali.

Ermete REALACCI, presidente, rinvia il seguito dell'esame ad altra seduta.

La seduta termina alle 14.45.

 


COMMISSIONE VIII

Ambiente, territorio e lavori pubblici

RESOCONTO SOMMARIO

 

SEDUTA DI GIOVEDI’ 21 GIUGNO 2007

 

 

 


ATTI DEL GOVERNO

Giovedì 21 giugno 2007. - Presidenza del presidente Ermete REALACCI. - Interviene il sottosegretario di Stato per l'ambiente e la tutela del territorio e del mare, Gianni Piatti.

La seduta comincia alle 9.10.

Schema di decreto legislativo concernente ulteriori modifiche al decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, recante norme in materia ambientale.

Atto n. 96.

(Seguito dell'esame e rinvio).

La Commissione prosegue l'esame, rinviato il 20 giugno 2007.

Antonio MEREU (UDC) intende preliminarmente invitare il relatore a prestare attenzione alle richieste provenienti da tutti i settori più direttamente interessati dal provvedimento in esame, facendosi interprete della necessità di operare sulle tematiche ambientali in modo da superare le difficoltà esistenti e semplificare la normativa, soprattutto quella di natura amministrativa, che rischia di incidere in modo pesante sul mondo imprenditoriale e industriale. Ricorda come lo sforzo compiuto nella precedente legislatura per accorpare in un unico testo normativo la legislazione ambientale abbia prodotto un risultato importante, contribuendo a fornire agli operatori del settore un quadro di regolamentazione certo e definito. Ritiene, dunque, che il Parlamento abbia oggi l'obbligo di recepire tutte le proposte che provengono da questi mondi, dando certezza definitiva alla legislazione vigente e chiudendo in modo chiaro una fase caratterizzata da continue modifiche e integrazioni del quadro legislativo vigente.

Ricordato che in diversi territori occorre superare resistenze e permettere alle aziende di rapportarsi con i problemi esistenti in campo ambientale, in un quadro di certezza del diritto, fa presente che si riserva di sottoporre al relatore una serie di suggerimenti e indicazioni, che hanno l'intento di rendere un servizio utile alla valorizzazione dei comportamenti aziendali virtuosi e, in via indiretta, quello di favorire lo stesso mercato del lavoro e il sostegno occupazionale.

Mauro CHIANALE (Ulivo), relatore, osserva che il lavoro della Commissione nel settore ambientale ha spesso superato possibili «barriere ideologiche», in un'ottica di collaborazione e dialogo reciproco. In tal senso, ritiene che quello della semplificazione normativa possa essere un obiettivo comune delle forze politiche, a condizione che esso tenga anche conto del versante dei controlli da parte delle istituzioni pubbliche, che non deve essere depotenziato, ma - anzi - può essere migliorato e semplificato anch'esso. Rileva, quindi, che lo sforzo di redazione di un «codice ambientale» realizzato nella scorsa legislatura, pur lodevole sotto il profilo degli obiettivi, ha comunque lasciato ampi margini di incertezza e di criticità: occorre, pertanto, lavorare per una risistemazione dei punti di maggiore complessità, anche al fine di garantire una più ampia chiarezza normativa.

Si dichiara, quindi, disponibile a recepire gli eventuali contributi che proverranno dai gruppi presenti in Commissione, soprattutto se essi si muoveranno nell'ambito del rispetto della normativa comunitaria in materia. A tal fine, auspica che - una volta predisposta la sua proposta di parere nella seduta del prossimo 26 giugno - la Commissione possa rapidamente affrontare tutte le questioni aperte, per giungere all'approvazione di un parere il più possibile condiviso e migliorativo del testo trasmesso dal Governo.

Maurizio Enzo LUPI (FI) rileva come l'opposizione stia svolgendo un ruolo propositivo nell'ambito dell'esame del provvedimento in titolo, attraverso un'analisi articolata e non ideologica dei punti più problematici. In tal senso, ritiene che proprio l'attuale fase di lavoro parlamentare sullo schema di decreto stia dimostrando che l'approccio ideologico che il Ministro dell'ambiente ha voluto assumere nella proposta di revisione del «codice ambientale» non è servito a nulla, viste anche le immediate contrarietà registrate da parte delle regioni e delle autonomie locali, nonché del mondo dell'industria e, più in generale, del sistema imprenditoriale. Fa presente che il rischio connesso all'eventuale prosecuzione di una politica basata sul richiamato approccio ideologico può essere quello di bloccare l'intero «sistema Paese», solo per perseguire un rigido e immotivato principio di tutela ambientale di natura teorica, che in realtà non ha alcun senso. Al contrario, occorre - a suo avviso - immettersi in una logica basata sull'esigenza di risolvere i problemi esistenti, aggiornando e migliorando, secondo gli elementi che emergono a livello comunitario, lo stesso decreto legislativo n. 152 del 2006 e favorendo l'accoglimento delle richieste degli operatori del settore mirate all'eliminazione di qualsiasi spazio di equivoco.

Sottolinea, quindi, che il suo gruppo esprime un netto giudizio politico di contrarietà rispetto all'attività sinora svolta dal Ministro Pecoraro Scanio, che - a suo avviso - ha totalmente fallito nella propria politica ambientale, poiché ha creato forti spaccature, anche dentro la maggioranza di governo, alimentando continue divisioni tra il settore dell'ambiente e quello dell'industria e avvalorando una tesi - che definisce sbagliata - per cui questi due settori sarebbero tra loro contrapposti e inconciliabili.

In conclusione, chiede al relatore una piena disponibilità a lavorare per creare le condizioni per una posizione costruttiva e condivisa, che miri al reale miglioramento del testo in esame; il suo gruppo, pertanto, si muoverà in questa direzione, evitando di presentare una proposta di parere alternativa a quella del relatore e collaborando, invece, per creare i presupposti per una posizione parlamentare unitaria, che sia in grado di sollecitare con forza il Governo all'adozione delle necessarie modifiche al provvedimento.

Ermete REALACCI, presidente, ritiene che un'eventuale parere parlamentare condiviso tra forze di maggioranza e forze di opposizione darebbe più peso alla posizione del Parlamento sul provvedimento in esame. Allo stesso tempo, giudica indispensabile che le omologhe Commissioni di Camera e Senato lavorino per produrre un parere omogeneo, in modo da non consentire al Governo margini di ambiguità nell'attuazione dei rilievi di origine parlamentare.

Rileva, peraltro, che tale obiettivo di condivisione delle possibili modifiche al testo non può far dimenticare che il decreto legislativo n. 152 del 2006 fu approvato in un clima ben diverso nella scorsa legislatura, non soltanto in ambito parlamentare, ma anche a livello di autonomie territoriali e di operatori del settore, se è vero che esso fu accolto con soddisfazione dalla sola Confindustria. Fa presente, quindi, che il lavoro che la Commissione sta ora svolgendo sullo schema di decreto correttivo è importante, poiché - assumendo come base di partenza il parere reso in sede di Conferenza unificata - sta cercando di andare anche oltre tale parere, intervenendo soprattutto sulle materie connesse alla semplificazione delle procedure; a questo scopo, osserva come stia maturando l'idea di intervenire su argomenti quali il deposito temporaneo, la definizione delle materie prime secondarie, la disciplina delle terre e rocce da scavo e l'abolizione del MUD, che rappresentano questioni molto sentite dal sistema delle imprese.

In conclusione, ritiene che tutti i gruppi presenti in Commissione possano utilizzare utilmente il tempo che rimane per la scadenza dell'espressione del parere parlamentare, lavorando in stretto contatto con il relatore, in modo da fornire un contributo al miglioramento della legislazione ambientale e, più in generale, allo sviluppo del Paese.

Il sottosegretario Gianni PIATTI fa presente che il Governo apprezza i contributi positivi sinora emersi dal dibattito, pur dovendo precisare - per ragioni di onestà intellettuale - che non si sarebbe giunti all'attuale situazione se l'impegnativo lavoro di confronto con tutte le realtà coinvolte - portato avanti dalla nuova maggioranza - fosse stato realizzato nella scorsa legislatura, in occasione dell'approvazione del decreto legislativo n. 152 del 2006.

Osserva, pertanto, che nell'opera di revisione del «codice ambientale» non vi è alcun approccio di tipo ideologico, bensì la volontà di recuperare rispetto a un deficit di consultazione che ha caratterizzato il testo originario, nonché di garantire una maggiore coerenza con la disciplina comunitaria. Invita, pertanto, la Commissione a guardare con determinazione al tema generale della funzionalità, concentrandosi su problemi quali il regime transitorio delle autorizzazioni agli impianti, gli adempimenti amministrativi richiesti dalla legislazione vigente, i compiti dei vari organismi competenti, che investono aspetti di natura trasversale suscettibili di portare a miglioramenti largamente condivisi.

Quanto alla questione sollevata nel dibattito circa i problemi che caratterizzerebbero il lavoro del Governo, ritiene opportuno ribadire la propria convinzione che si debbano contrastare quelle logiche di mera contrapposizione tra dicasteri, le quali - pur in un fisiologico rapporto di dialettica e di contraddittorio - vanno superate per giungere a soluzioni concordate, finalizzate a dare risposte concrete ai problemi sul tappeto. In quest'ottica, quindi, formula l'auspicio che il lavoro che la Commissione sta svolgendo possa contribuire a rafforzare l'impegno delle istituzioni lungo la direzione testé richiamata.

Ermete REALACCI, presidente, rinvia, quindi, il seguito dell'esame ad altra seduta.

La seduta termina alle 9.50.


COMMISSIONE VIII

Ambiente, territorio e lavori pubblici

RESOCONTO SOMMARIO

 

SEDUTA DI MARTEDI’ 26 GIUGNO 2007

 

 

 


ATTI DEL GOVERNO

Martedì 26 giugno 2007. - Presidenza del vicepresidente Mauro CHIANALE indi del presidente Ermete REALACCI. - Interviene il sottosegretario di Stato per l'ambiente e la tutela del territorio e del mare, Gianni Piatti.

La seduta comincia alle 14.35.

Schema di decreto legislativo concernente ulteriori modifiche al decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, recante norme in materia ambientale.

Atto n. 96.

(Seguito dell'esame e rinvio).

La Commissione prosegue l'esame, rinviato il 21 giugno 2007.

Mauro CHIANALE, presidente relatore, avverte di aver predisposto una proposta di parere sullo schema di decreto legislativo in esame (vedi allegato), che sottopone alla Commissione affinché si possa giungere alla deliberazione di competenza nella giornata di domani.

Gianpiero BOCCI (Ulivo) giudica rigoroso e apprezzabile il lavoro svolto dal relatore in ordine ad uno schema di decreto legislativo che non costituisce una riforma organica della materia, ma soltanto un - sia pur condivisibile - intervento di manutenzione normativa da parte del Governo. Formula, peraltro, al relatore due specifiche richieste di integrazione, riguardanti i livelli di raccolta differenziata e gli interventi di bonifica dei siti inquinati. Sotto il primo profilo, ritiene necessario adeguare ad un livello inferiore rispetto a quello vigente le percentuali di raccolta differenziata che, come rilevato anche dalle regioni, risultano difficilmente raggiungibili nei tempi indicati. Allo stesso tempo, giudica indispensabile l'inserimento di una norma transitoria nella sezione del decreto dedicata alle bonifiche, che faccia salvi gli interventi di rimodulazione degli obiettivi di bonifica già posti in essere dalle autorità competenti.

Franco STRADELLA (FI), preso atto dell'analitica proposta di parere presentata dal relatore, fa presente che il suo gruppo si riserva di approfondirne il contenuto per la prossima seduta.

Grazia FRANCESCATO (Verdi) avverte che il suo gruppo esprimerà le proprie valutazioni, entro la seduta di domani, su una proposta di parere che giudica sin d'ora sostanziale e approfondita. In questa sede, peraltro, intende segnalare l'opportunità che il richiamo al rispetto della direttiva quadro sulla gestione dei rifiuti sia rimesso ad un lavoro successivo, da realizzare eventualmente anche mediante un'apposita delega. Rileva, inoltre, che il suo gruppo non condivide pienamente le posizioni espresse in sede di Conferenza unificata, che rischiano di realizzare un pericoloso passo indietro nel campo dei rifiuti. Si domanda, infine, quale strumento possa sostituire, nelle intenzioni del relatore, le funzioni attualmente svolte dal MUD.

Paolo CACCIARI (RC-SE) osserva che il suo gruppo si riserva di svolgere i necessari approfondimenti su alcuni dei punti contenuti nella proposta di parere del relatore. In particolare, ritiene che l'osservazione contenuta al punto 24) di tale proposta sia totalmente incompatibile con la normativa comunitaria. Allo stesso tempo, esprime perplessità sulla condizione contenuta alla lettera l), in materia di bonifiche, che suggerisce al Governo - a suo avviso impropriamente - di superare il metodo tabellare e introdurre una distinzione tra responsabile dell'inquinamento e proprietario dell'area da bonificare. In proposito, paventa il rischio che tali misure possano incentivare una fuga dalle responsabilità e coprire eventi gravi, avvenuti anche nel recente passato.

Roberto TORTOLI (FI) giudica necessario non ampliare il contenuto del testo predisposto dal Governo, limitando invece il parere parlamentare ad un ambito strettamente circoscritto alle proposte di modifica indicate nello schema di decreto legislativo in esame. Poiché, a suo giudizio, i principi e criteri direttivi della delega originaria sono molto specifici, essi non possono essere snaturati sfruttando i decreti correttivi previsti dalla stessa legge di delegazione.

Ermete REALACCI, presidente, ricordato che l'esercizio della delega originaria è stato molto complesso, rileva che sul tema delle bonifiche la proposta di parere del relatore sembra formulare sostanzialmente un auspicio, diretto ad indicare un metodo di lavoro condiviso per sbloccare l'attuale situazione. Fa presente, quindi, che una parte importante della normativa in campo ambientale è quella relativa alle disposizioni penali, sulle quali il Governo ha tenuto fermi i principi in vigore e sta anche proponendo ulteriori misure, mediante altri provvedimenti legislativi; allo stesso modo, la proposta di parere del relatore si propone di eliminare dal decreto legislativo n. 152 del 2006 soltanto gli appesantimenti burocratici inutili, mantenendo inalterato il rigore sugli aspetti sanzionatori.

Mauro CHIANALE (Ulivo), relatore, ritiene che sia difficile riassumere all'interno della proposta di parere tutte le ipotesi emendative necessarie, sebbene si possa considerare il lavoro della Commissione in parallelo con l'omologa Commissione del Senato. Fa presente, quindi, che le normative europee hanno subito una forte evoluzione rispetto al momento in cui è stato emanato il decreto legislativo n. 152 del 2006, per cui bisogna - a suo giudizio - tenerne conto, considerato anche che i criteri della legge di delegazione sono molto ampi.

Roberto TORTOLI (FI), intervenendo per una precisazione, osserva che il Governo - se lo ritiene necessario - può intervenire sulla materia della bonifica dei siti inquinati riaprendo un percorso legislativo autonomo e tornando a consultare, anzitutto, la Conferenza unificata e, in seguito, il Parlamento.

Mauro CHIANALE (Ulivo), relatore, segnala che la proposta di parere prospetta soltanto un'opportunità di intervenire sulla materia delle bonifiche, seguendo la normativa comunitaria e favorendo un processo di reindustrializzazione di determinate aree. Quanto alle questioni segnalate dal deputato Bocci, ricorda che il livello della raccolta differenziata è fissato da apposite norme finanziarie, che rendono difficile un intervento in sede di decreto legislativo; al contempo, ritiene che il rilievo relativo alle bonifiche già affronti la questione del regime transitorio.

Con riferimento alle problematiche di carattere più generale, ritiene che il MUD sia uno strumento obsoleto e ormai superato, la cui sostituzione con il sistema del Catasto dei rifiuti sembrerebbe preferibile. Allo stesso modo, giudica opportuno che - relativamente alla definizione di deposito temporaneo - la Commissione indichi una linea di coerenza con la «normativa quadro» a livello comunitario. Fa presente, infine, che la questione segnalata dal deputato Cacciari circa i livelli massimi di effluente zootecnico pone effettivamente problemi di compatibilità comunitaria, che tuttavia sono rimessi alla prudente valutazione del Governo, considerata anche l'esigenza di non penalizzare il settore agricolo.

In conclusione, si dichiara disponibile a ragionare su possibili integrazioni e modifiche alla sua proposta di parere, eventualmente mutuando anche le indicazioni e i rilievi che proverranno dalla proposta di parere presentata presso l'omologa Commissione del Senato.

Ermete REALACCI, presidente, auspica che la Commissione possa giungere alla definitiva approvazione del parere di competenza nella seduta di domani, lavorando nel frattempo alla soluzione delle questioni aperte.

Rinvia, quindi, il seguito dell'esame ad altra seduta.

La seduta termina alle 15.10.

 

ALLEGATO

Schema di decreto legislativo concernente ulteriori modifiche al decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, recante norme in materia ambientale (Atto n. 96).

PROPOSTA DI PARERE DEL RELATORE

La VIII Commissione,

esaminato lo schema di decreto legislativo concernente ulteriori modifiche al decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, recante norme in materia ambientale;

osservato che il provvedimento può essere considerato come un testo che garantisce la necessaria manutenzione normativa della legislazione in campo ambientale (e, in particolare, in materia di tutela delle acque e di gestione dei rifiuti) e, pertanto, rappresenta un intervento importante e fortemente atteso sia dal sistema delle autonomie locali sia dal sistema produttivo, poiché incide direttamente sulla qualità della vita quotidiana dei cittadini, sui livelli di tutela della loro salute (oltre che dell'ambiente), sulle stesse attività delle imprese e sulle relative procedure;

preso atto, dunque, che lo schema di decreto all'esame del Parlamento non va valutato come uno sterile elemento di «rottura» con il passato, bensì come un utile e fondamentale strumento normativo diretto a conseguire l'obiettivo fondamentale di consegnare al Paese una legislazione ambientale più chiara, efficace, certa e coerente con gli indirizzi in ambito comunitario;

rilevato che la Commissione, al fine di preparare il proprio lavoro istruttorio in modo partecipato e con un'ampia consultazione, ha svolto - in due distinte fasi temporali - specifiche audizioni informali, che hanno consentito un approfondimento delle tematiche oggetto dello schema di decreto correttivo, fornendo numerosi spunti, osservazioni e proposte, delle quali si è cercato di tenere conto nell'ambito del presente parere;

osservato che - data l'ampiezza della materia trattata dallo schema di decreto legislativo in esame - è stata particolarmente arricchita la fase preparatoria del contributo propositivo dei soggetti coinvolti, a vario titolo, nella disciplina interessata, per cui la partecipazione di tali soggetti alle audizioni informali, unitamente ai contributi scritti depositati (tutti attentamente esaminati), non soltanto è stata avvertita dalla Commissione come una necessità imprescindibile, ma ha anche consentito di ampliare in misura significativa la partecipazione degli interlocutori esterni alle attività preparatorie effettuate in sede parlamentare;

considerato che il provvedimento ha già effettuato i passaggi istruttori previsti dalla legge di delegazione (legge n. 308 del 2004), acquisendo - in particolare - il parere della Conferenza unificata;

segnalata, a tal fine, l'opportunità che il Governo si adoperi affinché le proposte di modifica e di integrazione concordate in sede di Conferenza unificata siano recepite nel nuovo testo del provvedimento che sarà sottoposto all'esame del Consiglio dei ministri, pur riservandosi la Commissione di indicare - nell'ambito del presente parere - possibili ipotesi di riformulazione in relazione a taluni dei punti richiamati nel parere reso dalla stessa Conferenza;

rilevato, in particolare, che la Commissione intende sollecitare il Governo a tenere in debito conto che la Commissione Europea ha presentato al Parlamento Europeo ed al Consiglio una nuova proposta di «direttiva quadro» in materia di rifiuti e che il Parlamento Europeo, in prima lettura in procedura di codecisione, il 13 febbraio scorso ha approvato una risoluzione legislativa, avanzando proposte di emendamenti;

sottolineata, pertanto, l'esigenza che il Governo - nel promuovere la correzione di talune parti del decreto legislativo n. 152 del 2006 - sappia procedere in parallelo rispetto all'impostazione della nuova «direttiva quadro», soprattutto nel caso di dubbi interpretativi della normativa comunitaria vigente e delle sentenze della Corte di giustizia europea;

osservato, quindi, che vi sono ampi margini per modificare diverse delle disposizioni contenute nel testo inviato all'esame delle istituzioni territoriali e del Parlamento, nonché per introdurre - ove possibile - nuove disposizioni correttive e integrative che consentano di promuovere una adeguata semplificazione delle procedure e degli istituti e, più in generale, una maggiore aderenza del testo rispetto alle «linee guida» che emergono a livello comunitario;

rilevata, a tal fine, l'esigenza di introdurre una più articolata e innovativa disciplina della normativa in materia di bonifica dei siti contaminati, che possa contribuire - anche mediante l'attivazione di appositi interventi finanziari - al rilancio di una politica di risanamento ambientale sul territorio nazionale;

richiamata, altresì, la necessità che il Governo - non appena emanate le nuove norme correttive del decreto legislativo n. 152 del 2006 - proceda rapidamente all'adozione della normativa secondaria di attuazione del provvedimento, gran parte della quale è da tempo «bloccata» a seguito delle determinazioni assunte, all'inizio della corrente legislatura, in ordine alla sospensione dell'efficacia dei provvedimenti emanati dal precedente Esecutivo;

raccomandato l'accoglimento dei rilievi formulati dalla V Commissione relativamente alle conseguenze di carattere finanziario;

fatto presente, infine, che i rilievi e le ipotesi di riformulazione contenuti nel presente parere sono indicati - salvo che per le questioni di carattere più generale - in ordine di riferimento testuale rispetto all'articolato dello stesso decreto legislativo n. 152 del 2006;

esprime

PARERE FAVOREVOLE

con le seguenti condizioni:

a) all'articolo 1, comma 2, recante una modifica all'articolo 74, comma 1, lettera ff), si valuti la possibilità di sostituire la nuova definizione con una del seguente tenore: «qualsiasi immissione effettuata esclusivamente tramite un sistema stabile di collettamento che collega senza soluzione di continuità il ciclo di produzione del refluo con il corpo ricettore»;

b) al fine di evitare che aspetti di trattamento dei fanghi nell'impianto di depurazione possano essere interpretati come gestione di rifiuti, si verifichi la possibilità di aggiungere, dopo il comma 12 dell'articolo 1, un ulteriore comma che, modificando l'articolo 127, comma 1, del decreto legislativo n. 152 del 2006, inserisca, dopo le parole «ove applicabile», le seguenti: «e alla fine del complessivo processo di trattamento effettuato nell'impianto di depurazione»;

c) in coerenza con recenti atti di indirizzo accolti dal Governo alla Camera, sia soppresso il comma 14 dell'articolo 1, che prevede l'abrogazione della disposizione di cui all'articolo 148, comma 5, del decreto legislativo n. 152 del 2006, relativa alla facoltatività dell'adesione alla gestione unica del servizio idrico integrato per i comuni con popolazione fino a 1.000 abitanti inclusi nel territorio delle comunità montane;

d) all'articolo 1, commi da 18 a 20, si raccomanda l'accoglimento delle proposte modificative contenute nel parere reso in sede di Conferenza unificata, in relazione al recupero dei rifiuti e delle materie prime secondarie, anche in base alle indicazioni che emergono in sede comunitaria con la nuova «direttiva quadro» in materia di gestione dei rifiuti, che stabilisce criteri per la riclassificazione di alcuni rifiuti in materie, sostanze o prodotti secondari, ossia di materiali che non sono classificati secondari con riferimento alla provenienza ma alle loro caratteristiche, che sono diverse da quelle delle materie prime primarie, ma sono tuttavia idonee ad assoggettarli al regime dei prodotti e non al regime generale dei rifiuti, essendo certe le altre condizioni che indicano che il detentore non se ne disfa né ha intenzione di disfarsene;

e) considerato che l'esistenza dei sottoprodotti non può essere ignorata, ma va regolata, si provveda ad inserire, all'interno del comma 20 dell'articolo 1, una apposita disposizione che preveda che possono essere considerati «sottoprodotti» le sostanze, i materiali o gli oggetti, originati da un processo di estrazione o di fabbricazione che non è principalmente destinato a produrli, dei quali il produttore non intende «disfarsi» ai sensi dell'articolo 183, comma 1, lettera a), e che non rientrano nella definizione di rifiuto qualora siano destinati all'impiego in un processo di produzione o di utilizzazione successivo. Tale definizione, peraltro, può essere introdotta, anzitutto, mantenendo fermo un principio di carattere generale, che miri ad accertare che il sottoprodotto abbia un valore economico e venga utilizzato con le normali pratiche senza rischi per la salute e per l'ambiente, e - per altro verso - valutando, per la disciplina di alcuni specifici casi, l'opportunità di rinviare a un decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, d'intesa con il Ministro dello sviluppo economico;

f) al citato articolo 1, comma 20, sostitutivo dell'articolo 183 del decreto legislativo n. 152 del 2006, sia modificata la definizione di deposito temporaneo - di cui alla lettera m) - in modo che la relativa disciplina sia più razionale e coerente con quella comunitaria, la quale definisce il deposito temporaneo come «deposito effettuato, prima della raccolta, nel luogo di produzione», essendo unicamente stabilito, dalla direttiva 1999/31/CE, che sia qualificato come discarica il deposito di rifiuti che ecceda un anno; a tale proposito, peraltro, qualora si procedesse a tale modifica nel senso prospettato in sede di Conferenza unificata, andrebbe specificato il significato della proposta emendativa n. 9 elaborata dalle regioni, nella parte finale in cui prevede che, «superato il limite temporale, il deposito dovrà comunque essere completamente svuotato»;

g) all'articolo 1, comma 21, che modifica l'articolo 184, sia differito il termine del 30 giugno 2007 previsto per l'emanazione del decreto di individuazione delle procedure speciali da adottare nella gestione dei sistemi d'arma, in relazione ai prevedibili tempi per l'entrata in vigore del decreto correttivo in esame;

h) al citato articolo 1, comma 23, considerato che sull'esclusione delle terre e rocce da scavo dal regime dei rifiuti pende un procedimento alla Corte di giustizia (Causa C-194/05), la cui sentenza è prevista entro il mese di luglio prossimo, risulta opportuno anticipare la citata sentenza mediante un adeguamento normativo corretto dell'articolo 186 del decreto legislativo n. 152 del 2006, che - ferma restando l'esigenza di tutela dell'ambiente e della salute umana - non disponga un'esclusione dai rifiuti in via automatica e generale, ma preveda una necessaria valutazione, stabilendo in particolare che, per evitare la discarica, il riutilizzo debba avvenire sulla base di uno specifico progetto presentato e in un tempo definito. Si raccomanda, pertanto, di introdurre un meccanismo che demandi ogni caso ad una specifica procedura di valutazione, a seconda che si tratti di progetti e attività soggetti a VIA (i quali conterranno le opportune prescrizioni) o alle altre specifiche procedure di autorizzazione previste dalla legislazione vigente, ovvero progetti minori soggetti alla procedura di cosiddetta «licenza edilizia» o dichiarazione di inizio attività, nel qual caso l'interessato dovrà essere chiamato a fornire le necessarie informazioni sul sito di destinazione, sulle condizioni e sulle modalità di utilizzo, nonché sugli eventuali tempi del deposito in attesa di utilizzo, che non dovrebbero preferibilmente essere superiori ad un anno;

i) sia ampliato l'ambito di intervento dell'articolo 1, comma 24, recante una modifica all'articolo 189 del decreto legislativo n. 152 del 2006, nel senso di sostituire i commi da 2 a 6 del citato articolo 189 con nuove disposizioni finalizzate a prevedere la soppressione della tecnica basata sulla compilazione del MUD, allo stato utile esclusivamente per conoscere, ai soli fini statistici, i flussi dei rifiuti, in quanto ormai obsoleta e inattendibile, anche perché coinvolge solo circa mezzo milione di soggetti obbligati alla comunicazione, su tre milioni di produttori e gestori di rifiuti. A questo scopo, siano invece introdotte apposite tecniche statistiche supportate da sistemi informatizzati, che consentono di avere dati più precisi, in tempi più rapidi, con costi minori; si preveda, pertanto, che le sezioni regionali e provinciali e delle province autonome del Catasto, avvalendosi della collaborazione delle Camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura, con analisi e studi di settore dei rispettivi territori, provvedano annualmente alla individuazione e alla elaborazione dei dati riguardanti la produzione e la gestione dei rifiuti e alla successiva trasmissione alla sezione nazionale, nonché che l'APAT elabori la metodologia per le analisi e gli studi di settore, analizzi i dati forniti dal Catasto (evidenziando le quantità dei rifiuti prodotti, raccolti in maniera differenziata, riciclati, avviati a recupero e smaltimento) e ne assicuri la pubblicità, nonché la trasmissione all'Osservatorio nazionale sui rifiuti;

j) con riferimento all'articolo 1, comma 25, che interviene sull'articolo 193 del decreto legislativo n. 152 del 2006, in materia di trasporto di fanghi in agricoltura, sia precisato che il formulario che l'impresa è obbligata a compilare sostituisce la scheda di accompagnamento di cui all'articolo 13 del decreto legislativo n. 99 del 1992, al fine di evitare duplicazioni della documentazione richiesta, anche in relazione al criterio previsto dal comma 8, lettera l), della norma di delega, che prevede la semplificazione delle procedure relative agli obblighi di dichiarazione, di comunicazione, di denuncia o di notificazione in materia ambientale;

k) in linea più in generale, occorre poi riflettere attentamente sull'opportunità di non generare una incontrollata proliferazione di consorzi di recupero e riciclaggio, laddove - soprattutto per i consorzi di recupero degli imballaggi e di determinati flussi di rifiuti (batterie esauste, oli minerali usati, e simili) - vi è la forte preoccupazione che un proliferare incontrollato di soggetti, motivato dalla legittima aspirazione a superare situazioni di monopolio, possa indebolire piuttosto che rafforzare il sistema, soprattutto nell'attuale forma, che non prevede criteri di effettiva rappresentatività dell'eventuale nuovo soggetto consortile e di necessaria estensione del recupero all'intera tipologia del materiale trattato, con il conseguente rischio di produrre aumento dei costi delle strutture e delle gestioni, in una attività che non ha come fine il profitto d'impresa, ma il perseguimento di una finalità ambientale di preminente interesse pubblico, quale il recupero di un rifiuto; per superare l'alternativa rigida tra consorzio unico o proliferazione incontrollata di consorzi, si potrebbe probabilmente ipotizzare un sistema «misto», che attribuisca da una parte ad un solo consorzio per tipologia di prodotto la funzione «primaria» tale da garantire in ogni caso il raggiungimento degli obiettivi previsti dal legislatore nazionale e comunitario e, dall'altra, la possibilità di esistenza di ulteriori consorzi che ritenessero in ogni caso remunerativo, alle condizioni di mercato date e stante la presenza di un consorzio «obbligatorio», lo sviluppo di un'attività consortile di raccolta e recupero;

l) sia inoltre rivista - attraverso una ampia e approfondita collaborazione tra Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e Ministero dello sviluppo economico - la disciplina complessiva della normativa di cui al titolo V, parte IV, del decreto legislativo n. 152 del 2006, in materia di bonifica dei siti contaminati (che vada oltre il contenuto delle disposizioni di cui ai commi 43 e 45 dell'articolo 1 dello schema di decreto in esame), garantendo, in particolare, la coerenza con la disciplina del «danno ambientale» e con quella della tutela delle acque, nonché tenendo conto della normativa europea in materia e della futura direttiva comunitaria per la protezione dei suoli, anche anticipandone alcuni contenuti. Si segnala, in sostanza, la necessità di non limitarsi ad un regime transitorio, ma di stabilire un regime certo per le bonifiche dei siti inquinati, il quale, in ossequio ai criteri di coerenza con le direttive comunitarie e con il necessario carattere unitario, coordinato e integrato, della normativa ambientale, superi i due diversi e paralleli regimi giuridici per le bonifiche e per il danno ambientale attualmente disciplinati dal decreto legislativo n. 152 e disponga, al contrario, una effettiva integrazione fra queste due parti. In questo contesto, peraltro, si potranno approfondire i seguenti aspetti: distinguere chiaramente la posizione del responsabile della contaminazione da quella del soggetto interessato e/o proprietario dell'area non responsabile della contaminazione; indicare soluzioni appropriate alle attuali problematiche operative attinenti alle attività in esercizio ricadenti su aree interessate da interventi di bonifica; valorizzare e rafforzare le semplificazioni amministrative previste nello stesso decreto legislativo n. 152 del 2006; garantire una maggiore articolazione del periodo transitorio; prevedere una apposita normativa per le bonifiche di siti contaminati da realizzare - anche mediante appositi accordi di programma - nelle aree finalizzate alla reindustrializzazione;

e con le seguenti osservazioni:

1) all'articolo 1, comma 14, si verifichi l'eventuale possibilità di introdurre una ulteriore modifica al testo dell'articolo 148 del decreto legislativo n. 152 del 2006, relativo all'autorità d'ambito territoriale ottimale per la gestione del servizio idrico, nel senso di sopprimere la previsione che l'autorità stessa sia dotata di personalità giuridica e di stabilire che essa costituisce una forma di cooperazione per l'esercizio associato da parte dei comuni di ciascun ambito territoriale ottimale delle funzioni in materia di servizi idrici locali, nonché che le regioni e le province autonome disciplinano le forme e le modalità di cooperazione per detto esercizio associato e individuano le eventuali forme di collegamento con i comuni di cui al comma 5 del citato articolo 148;

2) all'articolo 1, dopo il comma 15, si valuti l'opportunità di inserire un nuovo comma, sostitutivo del comma 6 dell'articolo 172 del decreto legislativo n. 152 del 2006, del seguente tenore: «Gli impianti di acquedotto, fognatura e depurazione gestiti dai consorzi per le aree e i nuclei di sviluppo industriale di cui al testo unico delle leggi sugli interventi nel Mezzogiorno, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 6 marzo 1978, n. 218 e all'articolo 36, comma 4, della legge 5 ottobre 1991, n. 317, rimangono in gestione a tali consorzi»;

3) all'articolo 1, comma 17, che interviene sull'articolo 179 del decreto legislativo n. 152 del 2006, andrebbe resa più flessibile la modifica proposta, valutando l'opportunità di specificare al comma 2 del medesimo articolo 179 la indicata preferenza per le attività di riciclo dei rifiuti;

4) all'articolo 1, comma 18, sostitutivo dell'articolo 181 del codice ambientale, nel comma 1 - in considerazione del generico riferimento, contenuto nella lettera a), alle «altre forme di recupero» - si valuti se mantenere la previsione contenuta nella lettera c), posto che «l'utilizzazione dei rifiuti come combustibile o come altro mezzo per produrre energia» rappresenta l'operazione di recupero R1 definita nell'allegato C alla parte quarta del decreto legislativo n. 152 del 2006 e quindi, come tale, è inclusa tra le «altre forme di recupero» indicate nella lettera a); nel comma 4, si valuti inoltre se prevedere una disposizione transitoria applicabile nelle more dell'emanazione del decreto in esso previsto;

5) sempre con riferimento al nuovo testo dell'articolo 181 del decreto legislativo n. 152 del 2006, si valuti l'opportunità di inserire, alla fine del comma 5 di detto articolo, un ulteriore comma del seguente tenore: «Gli accordi e i contratti di programma non possono stabilire deroghe della normativa comunitaria vigente e possono integrare e modificare norme tecniche e secondarie solo nei casi previsti dalla legge»;

6) all'articolo 1, comma 20, sostitutivo dell'articolo 183 del decreto legislativo n. 152 del 2006, si valuti l'opportunità di introdurre anche una specifica lettera contenente la nozione e la previsione di una specifica regolamentazione nazionale del «centro di raccolta»;

7) al citato articolo 1, comma 20, sostitutivo dell'articolo 183 del decreto legislativo n. 152 del 2006, alla lettera f), relativa alla definizione di raccolta differenziata, si chiarisca se la destinazione delle frazioni merceologiche omogenee, compresa la frazione organica umida, al riutilizzo, al riciclo ed al recupero di materia abbia carattere prioritario o esclusivo e, in ogni caso, si coordini tale disposizione con l'articolo 205, recante le misure per incrementare la raccolta differenziata, che prevede esplicitamente, al comma 2, la destinazione della frazione organica umida anche al recupero di energia;

8) al citato articolo 1, comma 20, sostitutivo dell'articolo 183 del decreto legislativo n. 152 del 2006, sempre alla lettera f), si valuti l'opportunità di inserire, dopo le parole «frazione organica umida» le seguenti: «raccolta separatamente»;

9) sempre con riferimento al nuovo testo dell'articolo 183, dopo la lettera s), si verifichi inoltre il possibile inserimento di una nuova lettera, che rechi una ulteriore specificazione rispetto alla nozione di composto da rifiuti, nel senso di introdurre la definizione di «compost di qualità», che potrebbe essere del seguente tenore: «ammendante ottenuto dal compostaggio di rifiuti compostabili selezionati, liberamente commercializzabile e utilizzabile, conforme con i requisiti stabiliti dal decreto legislativo n. 217 del 2006, allegato 2 in materia di fertilizzanti»;

10) nel nuovo testo dell'articolo 183 si valuti l'introduzione della definizione di «gestore del servizio di gestione dei rifiuti e di bonifica dei siti» (contenuta nella lettera v) del testo vigente), posto che altre disposizioni del decreto n. 152, su cui non interviene lo schema di decreto in esame, contengono il riferimento a tale figura (in particolare, articoli 202, comma 6; 203, comma 2, lettera g); 221, comma 2);

11) all'articolo 1, comma 22, sostitutivo dell'articolo 185 del decreto legislativo n. 152 del 2006, si valuti l'opportunità di sostituire la lettera b), punto 5), del citato articolo 185, nel senso di recuperare la definizione comunitaria di scarico o - qualora si intendesse mantenere l'attuale definizione - di precisare che il convogliamento è richiesto all'uscita dallo stabilimento e non dall'impianto, in modo da mantenere la gestione dei reflui liquidi, trattabili all'interno dello stabilimento, nell'ambito della disciplina degli scarichi idrici industriali;

12) al citato articolo 1, comma 22, sostitutivo dell'articolo 185 del decreto legislativo n. 152 del 2006, si valuti inoltre l'opportunità di inserire, dopo il comma 1 dello stesso articolo 185, un ulteriore comma che preveda che resti ferma la disciplina di cui al regolamento (CE) n. 1774/2002, recante norme sanitarie relative a sottoprodotti di origine animale non destinate al consumo umano, in quanto costituente disciplina organica e autonoma nell'ambito del campo di applicazione ivi indicato;

13) sempre con riferimento al nuovo testo dell'articolo 185, si valuti l'opportunità di esplicitare la non applicabilità del regime giuridico dei rifiuti ai «prodotti recuperati» come definiti dalla lettera bb), del nuovo testo dell'articolo 183;

14) all'articolo 1, dopo il comma 22, considerata in particolare l'urgenza del problema della gestione e dello smaltimento dei consumabili esausti, valuti il Governo l'opportunità di inserire un ulteriore comma che introduca un nuovo articolo 185-bis all'interno del decreto legislativo n. 152 del 2006, finalizzato a chiarire che le disposizioni di cui alla parte IV dello stesso decreto non si applicano al trasporto dei consumabili esausti (quali cartucce toner, cartucce inkjet, cartucce nastro) veicolati dagli utilizzatori tramite vettori ordinari di consegna, a condizione che siano conferiti direttamente in impianti autorizzati per le operazioni di recupero descritte dalle voci R2, R4, R5 dell'allegato C alla parte IV dello stesso decreto, e che siano trasportati in contenitori che garantiscano la non dispersione del contenuto;

15) all'articolo 1, comma 23, sostitutivo dell'articolo 186, in materia di terre e rocce da scavo, si valuti l'opportunità di specificare il termine per l'emanazione del decreto ivi previsto, nonché la disciplina transitoria applicabile;

16) all'articolo 1, dopo il comma 27, si valuti l'opportunità di inserire un ulteriore comma, finalizzato ad introdurre modifiche all'articolo 200 del decreto legislativo n. 152 del 2006, in materia di servizio di gestione integrata dei rifiuti, affinché al comma 1, dopo le parole «denominati ATO», siano aggiunte le seguenti: «su base provinciale o per accorpamenti di piccole province», e, alla lettera a), siano soppresse le parole: «attraverso un servizio di gestione integrata dei rifiuti»;

17) sempre all'articolo 1, dopo il comma 27, si valuti altresì l'opportunità di inserire un ulteriore comma, finalizzato ad introdurre modifiche all'articolo 201 del decreto legislativo n. 152 del 2006, in materia di servizio di gestione integrata dei rifiuti, nel senso di sopprimere i commi 4 e 5 e di sostituire i commi 1 e 2 con i seguenti: «1. L'Autorità d'ambito costituisce una forma di cooperazione per l'esercizio associato, da parte dei comuni di ciascun ambito territoriale, delle loro funzioni in materia di gestione dei rifiuti urbani. All'Autorità d'ambito partecipano obbligatoriamente tutti i comuni del territorio corrispondente. 2. Le regioni e le province autonome disciplinano, sentiti i comuni interessati, le modalità e le forme di organizzazione delle Autorità d'ambito, presso la provincia territorialmente competente o, nel caso di accorpamento di piccole province, presso una di queste. Le modalità di organizzazione e funzionamento delle Autorità d'ambito presso le province sono definite previa intesa con le province interessate»;

18) all'articolo 1, dopo il comma 29, andrebbe introdotto un ulteriore comma recante modifiche all'articolo 208 del decreto legislativo n. 152 del 2006, che disciplina l'autorizzazione unica per i nuovi impianti di smaltimento e di recupero dei rifiuti. A tale scopo, nel citato articolo 208, al comma 11, lettera i), andrebbero soppresse le parole «per i processi di trattamento termico dei rifiuti, anche accompagnati da recupero energetico»; al comma 12 andrebbero aggiunte, in fine, le seguenti parole «Le prescrizioni dell'autorizzazione possono essere modificate, prima del termine di scadenza e dopo almeno cinque anni dal rilascio, nel caso di condizioni di criticità ambientale, tenendo conto dell'evoluzione delle migliori tecnologie disponibili»; il comma 13 andrebbe sostituito dal seguente: «Ferma restando l'applicazione delle norme sanzionatorie di cui al titolo VI della parte IV del presente decreto, in caso di inosservanza delle prescrizioni dell'autorizzazione l'autorità competente procede, secondo la gravità dell'infrazione: a) alla diffida, stabilendo un termine entro il quale devono essere eliminate le inosservanze; b) alla diffida e contestuale sospensione dell'autorizzazione per un tempo determinato, ove si manifestino situazioni di pericolo per la salute pubblica e per l'ambiente; c) alla revoca dell'autorizzazione in caso di mancato adeguamento alle prescrizioni imposte con la diffida e in caso di reiterate violazioni che determinino situazione di pericolo per la salute pubblica e per l'ambiente»; andrebbe, infine, soppresso il comma 17. Analoghe modifiche, in quanto strettamente collegate alle modifiche proposte per l'articolo 208, andrebbero peraltro riferite anche all'articolo 210 del decreto legislativo n. 152 del 2006, con specifico riferimento alla soppressione dell'inciso «per i processi di trattamento termico dei rifiuti, anche accompagnati da recupero energetico» dal comma 3, lettera f), nonché alla riscrittura del comma 4 e all'abrogazione del comma 5;

19) all'articolo 1, comma 30, si valuti la possibile riscrittura dell'intero articolo 212 del decreto legislativo n. 152 del 2006, relativo all'Albo nazionale dei gestori ambientali, in modo da operare sulla base delle indicazioni formulate in sede di Conferenza unificata, anche al fine di favorire, soprattutto con riferimento al trasporto di materiali, la semplificazione delle procedure e la soppressione di superflue disposizioni che rischiano di assoggettare imprese che svolgono attività non inquinanti a ulteriori - e, probabilmente, inutili - adempimenti formali;

20) considerato che, anche in tema di procedura semplificata, le modalità e le condizioni di esercizio devono garantire che le operazioni di recupero non pregiudichino la salute e l'ambiente, facendo sì che i regolamenti attuativi abbiano un preciso vincolo normativo - di origine comunitaria - al quale debbono attenersi, si verifichi la possibilità, all'articolo 1, comma 32, di inserire un nuovo comma recante la modifica dell'articolo 214 del decreto legislativo n. 152 del 2006, nel senso di aggiungere al comma 1, in fine, le seguenti parole: «ai sensi e nel rispetto di quanto disposto dall'articolo 178, comma 2»;

21) all'articolo 1, dopo il comma 41, si verifichi il possibile inserimento di un nuovo comma, modificativo dell'articolo 234 del decreto legislativo n. 152 del 2006, volto a rafforzare, eventualmente attraverso l'introduzione di un comma 1-bis, l'esclusione (attualmente contenuta in un inciso del comma 1) dai materiali che rientrano nell'ambito dell'attività dei consorzi per il riciclaggio dei rifiuti di beni in polietilene dei materiali e delle tubazioni in polietilene destinati all'edilizia, alle fognature e al trasporto di gas e acque, in quanto considerati beni durevoli; in proposito si auspica l'adozione in tempi rapidi del decreto di cui al comma 2, al fine di ulteriormente precisare e confermare tale esclusione;

22) con riferimento all'articolo 1, comma 44, che attraverso una novella all'articolo 264, ripristina il tributo provinciale per le funzioni di tutela ambientale, si individuino forme di un coordinamento tra tale disposizione e l'articolo 238 istitutivo di una nuova tariffa per la gestione dei rifiuti urbani, eventualmente attraverso una novella a tale ultima disposizione;

23) all'articolo 1, dopo il comma 46, valuti il Governo l'opportunità di prevedere - al fine di rafforzare la tutela del territorio e la sicurezza di cittadini da possibili incidenti nell'ambito dell'attività di recupero e riciclaggio di rifiuti derivanti dalla lavorazione di pneumatici - l'introduzione, nell'ambito del decreto legislativo n. 152 del 2006, di specifiche disposizioni per la fissazione di limiti massimi allo stoccaggio di scarti di pneumatici e per l'introduzione dell'obbligo di copertura degli stessi, con materiale ignifugo e impermeabile, in ogni fase di trasporto e di deposito ai fini dello stoccaggio;

24) al fine di garantire il mantenimento in vita delle aziende agricole, zootecniche e avicole, si verifichi la possibilità di integrare - ove compatibile con la normativa comunitaria vigente - il contenuto dell'allegato 7, parte A-IV, di cui all'articolo 92 del decreto legislativo n. 152 del 2006, nel senso di inserire, all'interno del punto 2, la previsione che - per le sole zone non vulnerabili - il quantitativo di effluente zootecnico sparso nel terreno ogni anno, compreso quello depositato dagli animali stessi, non superi un apporto pari a 420 kg di azoto per ettaro, mentre - per le zone vulnerabili - tale quantitativo sia innalzato a un massimo di 250 kg di azoto per ettaro;

25) con riferimento - più in generale - alla questione dell'assetto dei consorzi di recupero e riciclaggio, in coerenza con il recente documento conclusivo dell'indagine conoscitiva sull'industria del riciclo approvato dalla Commissione, andrebbe valutata con attenzione la possibilità di affinare il quadro degli strumenti esistenti all'interno del decreto legislativo n. 152 del 2006, anche mediante l'eventuale individuazione di ulteriori sedi di composizione dei conflitti, quale - ad esempio - una sede di arbitrato pubblico tra le parti in caso di contenzioso, che possa esaltare la capacità di un soggetto istituzionale di fare emergere gli obiettivi di salvaguardia ambientale e tutela della salute pubblica;

26) andrebbero, inoltre, verificate le possibili modifiche da apportare alle norme del decreto legislativo n. 152 del 2006 che impongono ai consorzi di riscrivere i propri statuti sulla base di specifici schemi contenuti in appositi decreti ministeriali, trattandosi di una scelta difficilmente comprensibile, tenuto conto del buon risultato degli statuti esistenti, per i quali è peraltro opportunamente prevista l'approvazione ministeriale, anche nel caso di loro successive modifiche;

27) valuti, inoltre, il Governo se non si rendano necessari interventi circa le incompatibilità previste dal decreto legislativo n. 152 del 2006 relativamente alla partecipazione degli amministratori dei consorzi di filiera al Consiglio di Amministrazione del CONAI, tenuto conto che proprio questa partecipazione ha, nel recente passato, favorito il pieno coinvolgimento dell'intero sistema consortile nelle scelte; in questo ambito, si richiama anche la questione - segnalata dagli operatori del settore del recupero - circa l'opportunità della presenza delle rappresentanze delle associazioni dei recuperatori all'interno degli organi direttivi dei consorzi stessi;

28) si verifichi la possibilità di introdurre nel testo un nuovo comma modificativo dell'articolo 220, comma 2, del decreto legislativo n. 152 del 2006, nel senso di inserire al citato comma 2, dopo la parola «comunitaria», i seguenti periodi: «Il CONAI e i consorzi di cui all'articolo 223 del presente decreto possono stipulare accordi e contratti di programma con le competenti Autorità dei Paesi extracomunitari per l'adozione delle misure e della documentazione necessaria a garantire e disciplinare la tracciabilità dei rifiuti e dei materiali secondari esportati, nonché il loro riciclo e recupero secondo le predette modalità. Tali accordi e contratti possono altresì avere ad oggetto la progettazione, la sperimentazione e lo sviluppo, nei Paesi extracomunitari, di sistemi di gestione integrata e valorizzazione dei rifiuti, nonché l'attuazione delle attività formative e di supporto necessarie a diffondere la conoscenza di tali sistemi, incluse le misure volte a favorire la promozione e diffusione dei beni e prodotti del riciclo. A tal fine, agli accordi possono aderire gli enti nazionali e internazionali competenti in materia di rapporti economici e commerciali»;

29) si segnala al Governo che un ulteriore aspetto da verificare - anche in virtù degli elementi emersi nel corso della richiamata indagine conoscitiva sull'industria del riciclo - riguarda l'eventuale valorizzazione di quelle attività, connesse al ciclo di recupero dei materiali, che favoriscono il risparmio energetico e, in particolare, la riduzione delle emissioni di gas a effetto serra, non sembrando da escludere la possibilità che, a seguito di una verifica seria e analitica dei dati, si studi il possibile inserimento di tali attività virtuose all'interno dei parametri per il riconoscimento delle incentivazioni previste dalla normativa vigente per le fonti rinnovabili e, nello specifico, per l'eventuale emissione di «certificati bianchi»;

30) valuti, altresì, il Governo l'opportunità di coordinare - ove necessario - i contenuti del decreto legislativo n. 152 del 2006 con le disposizioni previste dal regolamento (CE) n. 1907/2006 (cosiddetto regolamento «REACH»), che disciplina la registrazione, la valutazione, l'autorizzazione e la restrizione delle sostanze chimiche;

31) considerato che la normativa vigente prevede l'obbligatoria assenza di formaldeide e fenoli nelle materie prime secondarie in carta prodotte dalle attività di recupero, con ciò rendendo - di fatto - impossibile il riutilizzo della carta da macero, occorre fissare - sulla base delle indicazioni scientifiche oggi disponibili e in applicazione del principio di precauzione - limiti massimi di presenza di formaldeide nella carta recuperata, in grado di escludere con assoluta certezza qualsiasi rischio per la salute umana e, tuttavia, in una percentuale comunque superiore ai limiti di presenza di tale sostanza previsti per la carta vergine; a tale scopo, valuti il Governo la possibilità di introdurre anche una apposita modifica alla lettera b) del punto 1.1.3 del Suballegato I, Allegato I, del decreto ministeriale 5 febbraio 1998;

32) sempre con riferimento al citato decreto ministeriale 5 febbraio 1998, appare altresì opportuno provvedere alla correzione di un evidente errore formale relativo al limite massimo di concentrazione di PCB consentito ai fini dello svolgimento delle operazioni di rifiuti pericolosi in regime semplificato, contenuto al punto 3.2.2 del Suballegato I, Allegato I, il quale è fissato in 25 parti per miliardo, anziché - come sembrerebbe corretto - in 25 parti per milione;

33) con riferimento a profili meramente formali, si segnala, inoltre, quanto segue:

poiché i commi 1-7 intervengono sul medesimo articolo (articolo 74), siano accorpati in un unico comma con la formula, nell'alinea, «All'articolo 74 sono apportate le seguenti modificazioni», seguita da più lettere e sia modificato l'ordine delle disposizioni secondo l'ordine delle lettere su cui intervengono le novelle. Analogo intervento sia operato anche per i commi 9-10 (che intervengono sull'articolo 108); per i commi 11 e 12 (che intervengono sull'articolo 124); per i commi 30 e 31 (che intervengono sull'articolo 212); per i commi 33-35 (che intervengono sull'articolo 215); per i commi 36-39 (che intervengono sull'articolo 216), nonché per i commi 40 e 41 (che intervengono sull'articolo 229);

con riferimento al comma 16, il comma aggiuntivo da esso introdotto, collocato dopo l'ultimo comma dell'articolo 177, sia numerato come «comma 3», piuttosto che come «comma 2-bis»; analogamente, il comma aggiuntivo introdotto dal comma 21 sia numerato come «comma 6», piuttosto che come «comma 5-bis»;

con riferimento al nuovo testo dell'articolo 186, introdotto dal comma 23, sia sostituito l'erroneo riferimento contenuto nel comma 3 all'attività analitica «di cui al comma 6» con quello, corretto al comma 5; analogamente nel comma 6 sia sostituito l'erroneo rinvio al comma 6, con quello corretto al comma 5.

 


COMMISSIONE VIII

Ambiente, territorio e lavori pubblici

RESOCONTO SOMMARIO

 

SEDUTA DI MERCOLEDI’ 27 GIUGNO 2007

 

 

 


Schema di decreto legislativo concernente ulteriori modifiche al decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, recante norme in materia ambientale.

Atto n. 96.

(Seguito dell'esame e conclusione - Parere favorevole con condizioni e osservazioni).

La Commissione prosegue l'esame, rinviato il 26 giugno 2007.

Mauro CHIANALE (Ulivo), relatore, avverte di avere predisposto una nuova versione della propria proposta di parere (vedi allegato 1), di cui illustra sinteticamente il contenuto, auspicandone l'approvazione da parte della Commissione, in uno spirito che ha visto un enorme sforzo di elaborazione, finalizzato a raccogliere tutte le positive indicazioni provenienti dagli addetti ai lavori, dal sistema delle autonomie territoriali e dagli stessi componenti della Commissione.

Ermete REALACCI, presidente, dà atto al relatore che l'approfondimento delle questioni, l'individuazione delle soluzioni e la stessa elaborazione tecnica del parere hanno richiesto un enorme lavoro; per tali ragioni, intende ringraziarlo per la assoluta qualità, nonché per la mole, dell'impegno e del lavoro profusi.

Roberto TORTOLI (FI) ricorda che sul provvedimento correttivo in esame il suo gruppo aveva avuto inizialmente un atteggiamento molto critico, per la dichiarata volontà politica della maggioranza di farne lo strumento dello scardinamento del quadro legislativo messo a punto nella passata legislatura con grande fatica, e anche con qualche inevitabile errore, con l'intento di dare ordine e chiarezza alla legislazione ambientale. Nell'annunciare ora l'astensione del gruppo di Forza Italia sulla nuova versione della proposta di parere elaborata dal relatore, sottolinea il valore politico di tale scelta, con cui si intende dare forza ad un documento che in molti casi è un vero e proprio atto di denuncia degli errori contenuti nello schema di decreto legislativo presentato dal Governo, in coerenza del resto con il giudizio negativo già espresso precedentemente dalle Regioni. Dando quindi atto del serio lavoro svolto dalla Commissione con l'obiettivo di realizzare una legislazione che sia strumento adeguato di governo di un settore fondamentale come quello ambientale, esprime il forte auspicio che il Governo sappia fare tesoro di questo lavoro e lo traduca concretamente nel recepimento delle osservazioni formulate, anche al fine di consentire che, in occasione del secondo passaggio parlamentare del provvedimento in esame, il gruppo di Forza Italia possa confermare l'odierna posizione di riconoscimento del buon lavoro svolto dalla Commissione.

Tommaso FOTI (AN) ritiene preliminarmente di dover richiamare gli eccessi polemici, in alcuni casi anche con connotazioni di carattere politico-personale, che sul finire della passata legislatura e in campagna elettorale - anche da parte del Presidente e del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare - avevano caratterizzato l'atteggiamento dei gruppi di centrosinistra nei confronti del codice ambientale varato dal centrodestra e più in generale dei provvedimenti dell'allora ministro Matteoli, affinché sia possibile oggi prendere atto che tali eccessi debbono essere considerati, alla luce della proposta di parere predisposta dal relatore, del tutto privi di fondamento.

Dà atto del lavoro svolto dal relatore, che dimostra attenzione e approfondimento delle diverse problematiche, nonché della completezza dell'attività conoscitiva svolta dalla Commissione per acquisire l'orientamento dei soggetti e degli operatori del settore. Tuttavia, ritiene che - prima di pronunciarsi definitivamente sulla proposta di parere in esame - sia opportuno verificare cosa farà il Governo in sede di recepimento delle condizioni e delle osservazioni in esso contenuti. Solo nella seconda fase di esame parlamentare sarà dunque possibile, per il suo gruppo, valutare compiutamente la bontà del lavoro svolto dalla Commissione in relazione a quanto sarà rimasto nel testo rispetto all'odierna proposta di parere. Rileva, infine, che alcune osservazioni, pure importanti, sottoposte all'attenzione della Commissione da alcuni dei soggetti interessati non hanno trovato «ospitalità» nella proposta di parere predisposta dal relatore. Nel citare in via esemplificativa, sotto questo profilo, talune richieste rappresentate dal Polieco, conclude chiedendo al Presidente di fare in modo che le osservazioni e le proposte formulate dall'opposizione siano acquisite agli atti della Commissione, per essere messe a disposizione di tutti gli interessati.

Annuncia, quindi, il voto contrario del suo gruppo sulla nuova versione della proposta di parere in esame, manifestando la disponibilità a modificare tale posizione al termine del secondo passaggio del provvedimento in sede parlamentare.

Vittorio ADOLFO (UDC), nel dare atto del recepimento, nella proposta di parere elaborata dal relatore, di molte delle osservazioni prospettate dalle regioni e dalle categorie interessate, annuncia il voto di astensione del proprio gruppo, anche come segnale di riconoscimento dell'impegno e del lavoro svolto dalla Commissione e dal relatore in questa direzione.

Il ministro Alfonso PECORARO SCANIO ringrazia la Commissione per il lavoro svolto. Ricorda, peraltro, che il Governo aveva licenziato lo schema di decreto legislativo in esame fin dallo scorso ottobre e che successivamente si è svolta una lunghissima fase di concertazione e di confronto con il sistema delle autonomie locali. Ricorda, altresì, che il Governo si è mostrato fin dall'inizio disponibile a recepire molte delle osservazioni prospettate, anche al di là del proprio punto di vista, purché in linea con gli obiettivi di fondo di una maggiore chiarezza, trasparenza e funzionalità della legislazione. Dà atto ai deputati dell'opposizione dell'atteggiamento costruttivo espresso a nome dei rispettivi gruppi e conferma l'impegno a tenere conto delle proposte di modifica del provvedimento in esame, purché in un quadro di coerenza anche con l'impianto normativo comunitario, ovvero, data la ristrettezza dei tempi a disposizione per gli ulteriori interventi correttivi, a tenere in ogni caso conto del parere e delle proposte formulate in sede parlamentare in vista dell'emanazione dei futuri provvedimenti in materia.

Roberto TORTOLI (FI), intervenendo per una precisazione, sottolinea l'esigenza che il Governo emani al più presto la normativa attuativa del codice ambientale, anche a partire dai settori non direttamente interessati dal provvedimento in esame.

Il ministro Alfonso PECORARO SCANIO assicura la piena disponibilità a procedere nel senso indicato dal deputato Tortoli.

La Commissione approva, quindi, la nuova versione della proposta di parere del relatore.

La seduta termina alle 15.05.

ALLEGATO 1

Schema di decreto legislativo concernente ulteriori modifiche al decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, recante norme in materia ambientale (Atto n. 96).

PARERE APPROVATO DALLA COMMISSIONE

La VIII Commissione,

esaminato lo schema di decreto legislativo concernente ulteriori modifiche al decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, recante norme in materia ambientale;

osservato che il provvedimento può essere considerato come un testo che garantisce la necessaria manutenzione normativa della legislazione in campo ambientale (e, in particolare, in materia di tutela delle acque e di gestione dei rifiuti) e, pertanto, rappresenta un intervento importante e fortemente atteso sia dal sistema delle autonomie locali sia dal sistema produttivo, poiché incide direttamente sulla qualità della vita quotidiana dei cittadini, sui livelli di tutela della loro salute (oltre che dell'ambiente), sulle stesse attività delle imprese e sulle relative procedure;

preso atto, dunque, che lo schema di decreto all'esame del Parlamento non va valutato come uno sterile elemento di «rottura» con il passato, bensì come un utile e fondamentale strumento normativo diretto a conseguire l'obiettivo fondamentale di consegnare al Paese una legislazione ambientale più chiara, efficace, certa e coerente con gli indirizzi in ambito comunitario;

rilevato che la Commissione, al fine di preparare il proprio lavoro istruttorio in modo partecipato e con un'ampia consultazione, ha svolto - in due distinte fasi temporali - specifiche audizioni informali, che hanno consentito un approfondimento delle tematiche oggetto dello schema di decreto correttivo, fornendo numerosi spunti, osservazioni e proposte, delle quali si è cercato di tenere conto nell'ambito del presente parere;

osservato che - data l'ampiezza della materia trattata dallo schema di decreto legislativo in esame - è stata particolarmente arricchita la fase preparatoria del contributo propositivo dei soggetti coinvolti, a vario titolo, nella disciplina interessata, per cui la partecipazione di tali soggetti alle audizioni informali, unitamente ai contributi scritti depositati (tutti attentamente esaminati), non soltanto è stata avvertita dalla Commissione come una necessità imprescindibile, ma ha anche consentito di ampliare in misura significativa la partecipazione degli interlocutori esterni alle attività preparatorie effettuate in sede parlamentare;

considerato che il provvedimento ha già effettuato i passaggi istruttori previsti dalla legge di delegazione (legge n. 308 del 2004), acquisendo - in particolare - il parere della Conferenza unificata;

segnalata, a tal fine, l'opportunità che il Governo si adoperi affinché le proposte di modifica e di integrazione concordate in sede di Conferenza unificata siano recepite nel nuovo testo del provvedimento che sarà sottoposto all'esame del Consiglio dei ministri, pur riservandosi la Commissione di indicare - nell'ambito del presente parere - possibili ipotesi di riformulazione in relazione a taluni dei punti richiamati nel parere reso dalla stessa Conferenza;

rilevato, in particolare, che la Commissione intende sollecitare il Governo a tenere in debito conto che la Commissione Europea ha presentato al Parlamento Europeo ed al Consiglio una nuova proposta di «direttiva quadro» in materia di rifiuti e che il Parlamento Europeo, in prima lettura in procedura di codecisione, il 13 febbraio scorso ha approvato una risoluzione legislativa, avanzando proposte di emendamenti;

sottolineata, pertanto, l'esigenza che il Governo - nel promuovere la correzione di talune parti del decreto legislativo n. 152 del 2006 - sappia procedere in parallelo rispetto all'impostazione della nuova «direttiva quadro», soprattutto nel caso di dubbi interpretativi della normativa comunitaria vigente e delle sentenze della Corte di giustizia europea;

osservato, quindi, che vi sono ampi margini per modificare diverse delle disposizioni contenute nel testo inviato all'esame delle istituzioni territoriali e del Parlamento, nonché per introdurre - ove possibile - nuove disposizioni correttive e integrative che consentano di promuovere una adeguata semplificazione delle procedure e degli istituti e, più in generale, una maggiore aderenza del testo rispetto alle «linee guida» che emergono a livello comunitario;

rilevata, a tal fine, l'esigenza di introdurre una più articolata e innovativa disciplina della normativa in materia di bonifica dei siti contaminati, che possa contribuire - anche mediante l'attivazione di appositi interventi finanziari - al rilancio di una politica di risanamento ambientale sul territorio nazionale;

richiamata, altresì, la necessità che il Governo - non appena emanate le nuove norme correttive del decreto legislativo n. 152 del 2006 - proceda rapidamente all'adozione della normativa secondaria di attuazione del provvedimento, gran parte della quale è da tempo «bloccata» a seguito delle determinazioni assunte, all'inizio della corrente legislatura, in ordine alla sospensione dell'efficacia dei provvedimenti emanati dal precedente Esecutivo;

raccomandato l'accoglimento dei rilievi formulati dalla V Commissione relativamente alle conseguenze di carattere finanziario;

fatto presente, infine, che i rilievi e le ipotesi di riformulazione contenuti nel presente parere sono indicati - salvo che per le questioni di carattere più generale - in ordine di riferimento testuale rispetto all'articolato dello stesso decreto legislativo n. 152 del 2006;

esprime

PARERE FAVOREVOLE

con le seguenti condizioni:

a) all'articolo 1, comma 2, recante una modifica all'articolo 74, comma 1, lettera ff), si valuti la possibilità di sostituire la nuova definizione con una del seguente tenore: «qualsiasi immissione effettuata esclusivamente tramite un sistema stabile di collettamento che collega senza soluzione di continuità il ciclo di produzione del refluo con il corpo ricettore»;

b) al fine di evitare che aspetti di trattamento dei fanghi nell'impianto di depurazione possano essere interpretati come gestione di rifiuti, si verifichi la possibilità di aggiungere, dopo il comma 12 dell'articolo 1, un ulteriore comma che, modificando l'articolo 127, comma 1, del decreto legislativo n. 152 del 2006, inserisca, dopo le parole «ove applicabile», le seguenti: «e alla fine del complessivo processo di trattamento effettuato nell'impianto di depurazione»;

c) in coerenza con recenti atti di indirizzo accolti dal Governo alla Camera, sia soppresso il comma 14 dell'articolo 1, che prevede l'abrogazione della disposizione di cui all'articolo 148, comma 5, del decreto legislativo n. 152 del 2006, relativa alla facoltatività dell'adesione alla gestione unica del servizio idrico integrato per i comuni con popolazione fino a 1.000 abitanti inclusi nel territorio delle comunità montane;

d) all'articolo 1, commi da 18 a 20, si raccomanda l'accoglimento delle proposte modificative concordate in sede tecnica ai fini del parere reso in sede di Conferenza unificata, in relazione al recupero dei rifiuti e delle materie prime secondarie, anche in base alle indicazioni che emergono in sede comunitaria con la nuova «direttiva quadro» in materia di gestione dei rifiuti, che stabilisce criteri per la riclassificazione di alcuni rifiuti in materie, sostanze o prodotti secondari, ossia di materiali che non sono classificati secondari con riferimento alla provenienza ma alle loro caratteristiche, che sono diverse da quelle delle materie prime primarie, ma sono tuttavia idonee ad assoggettarli al regime dei prodotti e non al regime generale dei rifiuti, essendo certe le altre condizioni che indicano che il detentore non se ne disfa né ha intenzione di disfarsene; a tal fine, peraltro, risulta opportuno inserire anche una disposizione che disciplini il periodo transitorio di vigenza della precedente normativa in materia;

e) considerato che l'esistenza dei sottoprodotti non può essere ignorata, ma va regolata, si provveda ad inserire, all'interno del comma 20 dell'articolo 1, una apposita disposizione che preveda che possono essere considerati «sottoprodotti» le sostanze, i materiali o gli oggetti, originati da un processo di estrazione o di fabbricazione che non è principalmente destinato a produrli, dei quali il produttore non intende «disfarsi» ai sensi dell'articolo 183, comma 1, lettera a), e che non rientrano nella definizione di rifiuto qualora siano destinati all'impiego in un processo di produzione o di utilizzazione successivo. Tale definizione, peraltro, può essere introdotta, anzitutto, mantenendo fermo un principio di carattere generale, che miri ad accertare che il sottoprodotto abbia un valore economico e venga utilizzato con le normali pratiche senza rischi per la salute e per l'ambiente, e - per altro verso - valutando, per la disciplina di alcuni specifici casi, l'opportunità di rinviare a un decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, d'intesa con il Ministro dello sviluppo economico;

f) al citato articolo 1, comma 20, sostitutivo dell'articolo 183 del decreto legislativo n. 152 del 2006, sia modificata la definizione di deposito temporaneo - di cui alla lettera m) - in modo che la relativa disciplina sia più razionale e coerente con quella comunitaria, la quale definisce il deposito temporaneo come «deposito effettuato, prima della raccolta, nel luogo di produzione», essendo unicamente stabilito, dalla direttiva 1999/31/CE, che sia qualificato come discarica il deposito di rifiuti che ecceda un anno; a tale proposito, peraltro, qualora si procedesse a tale modifica nel senso prospettato in sede di Conferenza unificata, andrebbe specificato il significato della proposta emendativa n. 9 elaborata dalle regioni, nella parte finale in cui prevede che, «superato il limite temporale, il deposito dovrà comunque essere completamente svuotato», evitando che tale specificazione renda - di fatto - inapplicabile l'operazione di svuotamento stessa;

g) all'articolo 1, comma 21, che modifica l'articolo 184, sia differito il termine del 30 giugno 2007 previsto per l'emanazione del decreto di individuazione delle procedure speciali da adottare nella gestione dei sistemi d'arma, in relazione ai prevedibili tempi per l'entrata in vigore del decreto correttivo in esame;

h) al citato articolo 1, comma 23, considerato che sull'esclusione delle terre e rocce da scavo dal regime dei rifiuti pende un procedimento alla Corte di giustizia (Causa C-194/05), la cui sentenza è prevista entro il mese di luglio prossimo, risulta opportuno anticipare la citata sentenza mediante un adeguamento normativo corretto dell'articolo 186 del decreto legislativo n. 152 del 2006, che - ferma restando l'esigenza di tutela dell'ambiente e della salute umana - non disponga un'esclusione dai rifiuti in via automatica e generale, ma preveda una necessaria valutazione, stabilendo in particolare che, per evitare la discarica, il riutilizzo debba avvenire sulla base di uno specifico progetto presentato e in un tempo definito. Si raccomanda, pertanto, di introdurre un meccanismo che demandi ogni caso ad una specifica procedura di valutazione, a seconda che si tratti di progetti e attività soggetti a VIA (i quali conterranno le opportune prescrizioni) o alle altre specifiche procedure di autorizzazione previste dalla legislazione vigente, ovvero progetti minori soggetti alla procedura di cosiddetta «licenza edilizia» o dichiarazione di inizio attività, nel qual caso l'interessato dovrà essere chiamato a fornire le necessarie informazioni sul sito di destinazione, sulle condizioni e sulle modalità di utilizzo, nonché sugli eventuali tempi del deposito in attesa di utilizzo, che non dovrebbero preferibilmente essere superiori ad un anno;

i) sia ampliato l'ambito di intervento dell'articolo 1, comma 24, recante una modifica all'articolo 189 del decreto legislativo n. 152 del 2006, nel senso di sostituire i commi da 2 a 6 del citato articolo 189 con nuove disposizioni finalizzate a prevedere la soppressione della tecnica basata sulla compilazione del MUD, allo stato utile esclusivamente per conoscere, ai soli fini statistici, i flussi dei rifiuti, in quanto ormai obsoleta e inattendibile, anche perché coinvolge solo circa mezzo milione di soggetti obbligati alla comunicazione, su tre milioni di produttori e gestori di rifiuti. A questo scopo, siano invece introdotte apposite tecniche statistiche supportate da sistemi informatizzati, che consentono di avere dati più precisi, in tempi più rapidi, con costi minori; si preveda, pertanto, che le sezioni regionali e provinciali e delle province autonome del Catasto, avvalendosi della collaborazione delle Camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura, con analisi e studi di settore dei rispettivi territori, provvedano annualmente alla individuazione e alla elaborazione dei dati riguardanti la produzione e la gestione dei rifiuti e alla successiva trasmissione alla sezione nazionale, nonché che l'APAT elabori la metodologia per le analisi e gli studi di settore basata sull'effettiva tracciabilità del rifiuto, analizzi i dati forniti dal Catasto (evidenziando le quantità dei rifiuti prodotti, raccolti in maniera differenziata, riciclati, avviati a recupero e smaltimento) e ne assicuri la pubblicità, nonché la trasmissione all'Osservatorio nazionale sui rifiuti;

j) con riferimento all'articolo 1, comma 25, che interviene sull'articolo 193 del decreto legislativo n. 152 del 2006, in materia di trasporto di fanghi in agricoltura, sia precisato - in accordo con le norme comunitarie - che il formulario che l'impresa è obbligata a compilare sostituisce la scheda di accompagnamento di cui all'articolo 13 del decreto legislativo n. 99 del 1992, al fine di evitare duplicazioni della documentazione richiesta, anche in relazione al criterio previsto dal comma 8, lettera l), della norma di delega, che prevede la semplificazione delle procedure relative agli obblighi di dichiarazione, di comunicazione, di denuncia o di notificazione in materia ambientale;

k) in linea più in generale, occorre poi lavorare attentamente ad una revisione complessiva della normativa vigente, riflettendo sull'opportunità di non generare una incontrollata proliferazione di consorzi di recupero e riciclaggio, laddove - soprattutto per i consorzi di recupero degli imballaggi e di determinati flussi di rifiuti (batterie esauste, oli minerali usati, e simili) - vi è la forte preoccupazione che un proliferare incontrollato di soggetti, motivato dalla legittima aspirazione a superare situazioni di monopolio, possa indebolire piuttosto che rafforzare il sistema, soprattutto nell'attuale forma, che non prevede criteri di effettiva rappresentatività dell'eventuale nuovo soggetto consortile e di necessaria estensione del recupero all'intera tipologia del materiale trattato, con il conseguente rischio di produrre aumento dei costi delle strutture e delle gestioni, in una attività che non ha come fine il profitto d'impresa, ma il perseguimento di una finalità ambientale di preminente interesse pubblico, quale il recupero di un rifiuto; per superare l'alternativa rigida tra consorzio unico o proliferazione incontrollata di consorzi, si potrebbe probabilmente ipotizzare un sistema «misto», che attribuisca da una parte ad un solo consorzio per tipologia di prodotto la funzione «primaria» tale da garantire in ogni caso il raggiungimento degli obiettivi previsti dal legislatore nazionale e comunitario e, dall'altra, la possibilità di esistenza di ulteriori consorzi che ritenessero in ogni caso remunerativo, alle condizioni di mercato date e stante la presenza di un consorzio «primario», lo sviluppo di un'attività consortile di raccolta e recupero;

l) sia inoltre rivista - attraverso una ampia e approfondita collaborazione tra Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e Ministero dello sviluppo economico - la disciplina complessiva della normativa di cui al titolo V, parte IV, del decreto legislativo n. 152 del 2006, in materia di bonifica dei siti contaminati (che vada oltre il contenuto delle disposizioni di cui ai commi 43 e 45 dell'articolo 1 dello schema di decreto in esame), garantendo, in particolare, la coerenza con la disciplina del «danno ambientale» e con quella della tutela delle acque, nonché tenendo conto della normativa europea in materia e della futura direttiva comunitaria per la protezione dei suoli, anche anticipandone alcuni contenuti. Si segnala, in sostanza, la necessità di non limitarsi ad un regime transitorio, ma di stabilire un regime certo per le bonifiche dei siti inquinati, il quale, in ossequio ai criteri di coerenza con le direttive comunitarie e con il necessario carattere unitario, coordinato e integrato, della normativa ambientale, superi i due diversi e paralleli regimi giuridici per le bonifiche e per il danno ambientale attualmente disciplinati dal decreto legislativo n. 152 e disponga, al contrario, una effettiva integrazione fra queste due parti. In questo contesto, peraltro, si potranno approfondire i seguenti aspetti: accertare le diverse posizioni del responsabile della contaminazione e del soggetto interessato e/o proprietario dell'area non responsabile della contaminazione; indicare soluzioni appropriate alle attuali problematiche operative attinenti alle attività in esercizio ricadenti su aree interessate da interventi di bonifica; valorizzare e rafforzare le semplificazioni amministrative previste nello stesso decreto legislativo n. 152 del 2006; garantire una maggiore articolazione del periodo transitorio; favorire e incentivare, anche sotto il profilo finanziario, gli interventi di bonifica di siti contaminati da realizzare - anche mediante appositi accordi di programma - nelle aree finalizzate alla reindustrializzazione;

e con le seguenti osservazioni:

1) all'articolo 1, comma 14, si verifichi l'eventuale possibilità di introdurre una ulteriore modifica al testo dell'articolo 148 del decreto legislativo n. 152 del 2006, relativo all'autorità d'ambito territoriale ottimale per la gestione del servizio idrico, nel senso di sopprimere la previsione che l'autorità stessa sia dotata di personalità giuridica e di stabilire che essa costituisce una forma di cooperazione per l'esercizio associato da parte dei comuni di ciascun ambito territoriale ottimale delle funzioni in materia di servizi idrici locali, nonché che le regioni e le province autonome disciplinano le forme e le modalità di cooperazione per detto esercizio associato e individuano le eventuali forme di collegamento con i comuni di cui al comma 5 del citato articolo 148;

2) all'articolo 1, dopo il comma 15, si valuti l'opportunità di inserire un nuovo comma, sostitutivo del comma 6 dell'articolo 172 del decreto legislativo n. 152 del 2006, del seguente tenore: «Gli impianti di acquedotto, fognatura e depurazione gestiti dai consorzi per le aree e i nuclei di sviluppo industriale di cui al testo unico delle leggi sugli interventi nel Mezzogiorno, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 6 marzo 1978, n. 218 e all'articolo 36, comma 4, della legge 5 ottobre 1991, n. 317, possono rimanere in gestione a tali consorzi»;

3) all'articolo 1, comma 17, che interviene sull'articolo 179 del decreto legislativo n. 152 del 2006, andrebbe resa più flessibile la modifica proposta, valutando l'opportunità di specificare al comma 2 del medesimo articolo 179 la indicata preferenza per le attività di riciclo dei rifiuti;

4) all'articolo 1, comma 18, sostitutivo dell'articolo 181 del codice ambientale, nel comma 1 - in considerazione del generico riferimento, contenuto nella lettera a), alle «altre forme di recupero» - si valuti se mantenere la previsione contenuta nella lettera c), posto che «l'utilizzazione dei rifiuti come combustibile o come altro mezzo per produrre energia» rappresenta l'operazione di recupero R1 definita nell'allegato C alla parte quarta del decreto legislativo n. 152 del 2006 e quindi, come tale, è inclusa tra le «altre forme di recupero» indicate nella lettera a); nel comma 4, si valuti inoltre se prevedere una disposizione transitoria applicabile nelle more dell'emanazione del decreto in esso previsto;

5) sempre con riferimento al nuovo testo dell'articolo 181 del decreto legislativo n. 152 del 2006, si valuti l'opportunità di inserire, alla fine del comma 5 di detto articolo, un ulteriore comma del seguente tenore: «Gli accordi e i contratti di programma non possono stabilire deroghe della normativa comunitaria vigente e possono integrare e modificare norme tecniche e secondarie solo in conformità con quanto previsto dalla legge»;

6) all'articolo 1, comma 20, sostitutivo dell'articolo 183 del decreto legislativo n. 152 del 2006, si valuti l'opportunità di introdurre anche una specifica lettera contenente la nozione e la previsione di una specifica regolamentazione nazionale del «centro di raccolta»;

7) al citato articolo 1, comma 20, sostitutivo dell'articolo 183 del decreto legislativo n. 152 del 2006, alla lettera f), relativa alla definizione di raccolta differenziata, si chiarisca se la destinazione delle frazioni merceologiche omogenee, compresa la frazione organica umida, al riutilizzo, al riciclo ed al recupero di materia abbia carattere prioritario o esclusivo e, in ogni caso, si coordini tale disposizione con l'articolo 205, recante le misure per incrementare la raccolta differenziata, che prevede esplicitamente, al comma 2, la destinazione della frazione organica umida anche al recupero di energia;

8) al citato articolo 1, comma 20, sostitutivo dell'articolo 183 del decreto legislativo n. 152 del 2006, sempre alla lettera f), si valuti l'opportunità di inserire, dopo le parole «frazione organica umida» le seguenti: «raccolta separatamente»;

9) sempre con riferimento al nuovo testo dell'articolo 183, dopo la lettera s), si verifichi inoltre il possibile inserimento di una nuova lettera, che rechi una ulteriore specificazione rispetto alla nozione di composto da rifiuti, nel senso di introdurre la definizione di «compost di qualità», che potrebbe essere del seguente tenore: «ammendante ottenuto dal compostaggio di rifiuti compostabili selezionati, liberamente commercializzabile e utilizzabile, conforme con i requisiti stabiliti dal ecreto legislativo n. 217 del 2006, allegato 2 in materia di fertilizzanti»;

10) nel nuovo testo dell'articolo 183 si valuti l'introduzione della definizione di «gestore del servizio di gestione dei rifiuti e di bonifica dei siti» (contenuta nella lettera v) del testo vigente), posto che altre disposizioni del decreto n. 152, su cui non interviene lo schema di decreto in esame, contengono il riferimento a tale figura (in particolare, articoli 202, comma 6; 203, comma 2, lettera g); 221, comma 2);

11) all'articolo 1, comma 22, sostitutivo dell'articolo 185 del decreto legislativo n. 152 del 2006, si valuti l'opportunità di sostituire la lettera b), punto 5), del citato articolo 185, nel senso di recuperare la definizione comunitaria di scarico o - qualora si intendesse mantenere l'attuale definizione - di precisare che il convogliamento è richiesto all'uscita dallo stabilimento e non dall'impianto, in modo da mantenere la gestione dei reflui liquidi, trattabili all'interno dello stabilimento, nell'ambito della disciplina degli scarichi idrici industriali;

12) al citato articolo 1, comma 22, sostitutivo dell'articolo 185 del decreto legislativo n. 152 del 2006, si valuti inoltre l'opportunità di inserire, dopo il comma 1 dello stesso articolo 185, un ulteriore comma che preveda che resti ferma la disciplina di cui al regolamento (CE) n. 1774/2002, recante norme sanitarie relative a sottoprodotti di origine animale non destinate al consumo umano, in quanto costituente disciplina organica e autonoma nell'ambito del campo di applicazione ivi indicato;

13) sempre con riferimento al nuovo testo dell'articolo 185, si valuti l'opportunità di esplicitare la non applicabilità del regime giuridico dei rifiuti ai «prodotti recuperati» come definiti dalla lettera bb), del nuovo testo dell'articolo 183;

14) all'articolo 1, dopo il comma 22, considerata in particolare l'urgenza del problema della gestione e dello smaltimento dei consumabili esausti, valuti il Governo l'opportunità di inserire un ulteriore comma che introduca un nuovo articolo 185-bis all'interno del decreto legislativo n. 152 del 2006, finalizzato a chiarire che le disposizioni di cui alla parte IV dello stesso decreto non si applicano al trasporto dei consumabili esausti (quali cartucce toner, cartucce inet, cartucce nastro) veicolati dagli utilizzatori tramite vettori ordinari di consegna, a condizione che siano conferiti direttamente in impianti autorizzati per le operazioni di recupero descritte dalle voci R2, R4, R5 dell'allegato C alla parte IV dello stesso decreto, e che siano trasportati in contenitori che garantiscano la non dispersione del contenuto;

15) all'articolo 1, comma 23, sostitutivo dell'articolo 186, in materia di terre e rocce da scavo, si valuti l'opportunità di specificare il termine per l'emanazione del decreto ivi previsto, nonché la disciplina transitoria applicabile;

16) all'articolo 1, comma 26, nel condividere il contenuto delle modifiche proposte all'articolo 195, comma 2, lettera e), del decreto legislativo n. 152 del 2006, si raccomanda altresì di precisare che ai rifiuti assimilati, entro un anno, si applichi esclusivamente una tariffazione per le quantità conferite al servizio di gestione dei rifiuti urbani e che, con decreto del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio, d'intesa col Ministero dello sviluppo economico, siano definiti, entro novanta giorni, i criteri per l'assimilabilità ai rifiuti urbani; allo stesso tempo, appare opportuno anche indicare, nell'ambito del medesimo testo, che possono essere assimilati ai rifiuti urbani esclusivamente i rifiuti speciali per i quali sia stata accertata, a seguito di apposita verifica condotta dall'autorità competente per la gestione dei rifiuti, l'inesistenza nel territorio di competenza, ovvero l'insufficienza rispetto al fabbisogno di raccolta e di recupero, di attività svolte da imprese private connesse alla raccolta ed al recupero dei rifiuti oggetto di assimilazione, mentre non possono comunque essere assimilati ai rifiuti urbani i rifiuti che si formano nelle aree produttive, compresi i magazzini di materie prime e di prodotti finiti, salvo i rifiuti prodotti negli uffici, nelle mense, negli spacci, nei bar e nei locali al servizio dei lavoratori o comunque aperti al pubblico;

17) all'articolo 1, dopo il comma 27, si valuti l'opportunità di inserire un ulteriore comma, finalizzato ad introdurre modifiche all'articolo 200 del decreto legislativo n. 152 del 2006, in materia di servizio di gestione integrata dei rifiuti, affinché al comma 1, dopo le parole «denominati ATO», siano aggiunte le seguenti: «su base provinciale o per accorpamenti di piccole province», e, alla lettera a), siano soppresse le parole: «attraverso un servizio di gestione integrata dei rifiuti»;

18) sempre all'articolo 1, dopo il comma 27, si valuti altresì l'opportunità di inserire un ulteriore comma, finalizzato ad introdurre modifiche all'articolo 201 del decreto legislativo n. 152 del 2006, in materia di servizio di gestione integrata dei rifiuti, nel senso di sopprimere i commi 4 e 5 e di sostituire i commi 1 e 2 con i seguenti: «1. L'Autorità d'ambito costituisce una forma di cooperazione per l'esercizio associato, da parte dei comuni di ciascun ambito territoriale, delle loro funzioni in materia di gestione dei rifiuti urbani. All'Autorità d'ambito partecipano obbligatoriamente tutti i comuni del territorio corrispondente. 2. Le regioni e le province autonome disciplinano, sentiti i comuni interessati, le modalità e le forme di organizzazione delle Autorità d'ambito, presso la provincia territorialmente competente o, nel caso di accorpamento di piccole province, presso una di queste. Le modalità di organizzazione e funzionamento delle Autorità d'ambito presso le province sono definite previa intesa con le province interessate»;

19) all'articolo 1, comma 29, sostitutivo dell'articolo 206 del decreto legislativo n. 152 del 2006, si raccomanda di apportare le seguenti modificazioni: in primo luogo, al comma 1, lettera b), dopo le parole «processi produttivi» si propone di aggiungere le parole «e distributivi», mentre al comma 2, lettera b), si richiede di inserire, in fine, le parole «con esclusione dei rifiuti da apparecchiature elettriche ed elettroniche (RAEE) e di altri rifiuti per i quali le modalità di ritiro e di gestione siano stabiliti da norme vigenti»;

20) all'articolo 1, dopo il comma 29, andrebbe introdotto un ulteriore comma recante modifiche all'articolo 208 del decreto legislativo n. 152 del 2006, che disciplina l'autorizzazione unica per i nuovi impianti di smaltimento e di recupero dei rifiuti. A tale scopo, nel citato articolo 208, al comma 11, lettera i), andrebbero soppresse le parole «per i processi di trattamento termico dei rifiuti, anche accompagnati da recupero energetico»; al comma 12 andrebbero aggiunte, in fine, le seguenti parole «Le prescrizioni dell'autorizzazione possono essere modificate, prima del termine di scadenza e dopo almeno cinque anni dal rilascio, nel caso di condizioni di criticità ambientale, tenendo conto dell'evoluzione delle migliori tecnologie disponibili»; il comma 13 andrebbe sostituito dal seguente: «Ferma restando l'applicazione delle norme sanzionatorie di cui al titolo VI della parte IV del presente decreto, in caso di inosservanza delle prescrizioni dell'autorizzazione l'autorità competente procede, secondo la gravità dell'infrazione: a) alla diffida, stabilendo un termine entro il quale devono essere eliminate le inosservanze; b) alla diffida e contestuale sospensione dell'autorizzazione per un tempo determinato, ove si manifestino situazioni di pericolo per la salute pubblica e per l'ambiente; c) alla revoca dell'autorizzazione in caso di mancato adeguamento alle prescrizioni imposte con la diffida e in caso di reiterate violazioni che determinino situazione di pericolo per la salute pubblica e per l'ambiente»; andrebbe, infine, soppresso il comma 17. Analoghe modifiche, in quanto strettamente collegate alle modifiche proposte per l'articolo 208, andrebbero peraltro riferite anche all'articolo 210 del decreto legislativo n. 152 del 2006, con specifico riferimento alla soppressione dell'inciso «per i processi di trattamento termico dei rifiuti, anche accompagnati da recupero energetico» dal comma 3, lettera f), nonché alla riscrittura del comma 4 e all'abrogazione del comma 5;

21) all'articolo 1, comma 30, si valuti la possibile riscrittura dell'intero articolo 212 del decreto legislativo n. 152 del 2006, relativo all'Albo nazionale dei gestori ambientali, in modo da operare sulla base delle indicazioni formulate in sede di Conferenza unificata, anche al fine di favorire, soprattutto con riferimento al trasporto di materiali, la semplificazione delle procedure e la soppressione di superflue disposizioni che rischiano di assoggettare imprese che svolgono attività non inquinanti a ulteriori - e, probabilmente, inutili - adempimenti formali;

22) considerato che, anche in tema di procedura semplificata, le modalità e le condizioni di esercizio devono garantire che le operazioni di recupero non pregiudichino la salute e l'ambiente, facendo sì che i regolamenti attuativi abbiano un preciso vincolo normativo - di origine comunitaria - al quale debbono attenersi, si verifichi la possibilità, all'articolo 1, comma 32, di inserire un nuovo comma recante la modifica dell'articolo 214 del decreto legislativo n. 152 del 2006, nel senso di aggiungere al comma 1, in fine, le seguenti parole: «ai sensi e nel rispetto di quanto disposto dall'articolo 178, comma 2»;

23) all'articolo 1, dopo il comma 41, si verifichi il possibile inserimento di un nuovo comma, modificativo dell'articolo 234 del decreto legislativo n. 152 del 2006, volto a rafforzare, eventualmente attraverso l'introduzione di un comma 1-bis, l'esclusione (attualmente contenuta in un inciso del comma 1) dai materiali che rientrano nell'ambito dell'attività dei consorzi per il riciclaggio dei rifiuti di beni in polietilene dei materiali e delle tubazioni in polietilene destinati all'edilizia, alle fognature e al trasporto di gas e acque, in quanto considerati beni durevoli; in proposito si auspica l'adozione in tempi rapidi del decreto di cui al comma 2, al fine di ulteriormente precisare e confermare tale esclusione;

24) con riferimento all'articolo 1, comma 44, che attraverso una novella all'articolo 264, ripristina il tributo provinciale per le funzioni di tutela ambientale, si individuino forme di un coordinamento tra tale disposizione e l'articolo 238 istitutivo di una nuova tariffa per la gestione dei rifiuti urbani, eventualmente attraverso una novella a tale ultima disposizione;

25) all'articolo 1, dopo il comma 46, valuti il Governo l'opportunità di prevedere - al fine di rafforzare la tutela del territorio e la sicurezza di cittadini da possibili incidenti nell'ambito dell'attività di recupero e riciclaggio di rifiuti derivanti dalla lavorazione di pneumatici - l'introduzione, nell'ambito del decreto legislativo n. 152 del 2006, di specifiche disposizioni per la fissazione di limiti massimi allo stoccaggio di scarti di pneumatici e per l'introduzione dell'obbligo di copertura degli stessi, con materiale ignifugo e impermeabile, in ogni fase di trasporto e di deposito ai fini dello stoccaggio;

26) con riferimento - più in generale - alla questione dell'assetto dei consorzi di recupero e riciclaggio, in coerenza con il recente documento conclusivo dell'indagine conoscitiva sull'industria del riciclo approvato dalla Commissione, andrebbe valutata con attenzione la possibilità di affinare il quadro degli strumenti esistenti all'interno del decreto legislativo n. 152 del 2006, anche mediante l'eventuale individuazione di ulteriori sedi di composizione dei conflitti, quale - ad esempio - una sede di arbitrato pubblico tra le parti in caso di contenzioso, che possa esaltare la capacità di un soggetto istituzionale di fare emergere gli obiettivi di salvaguardia ambientale e tutela della salute pubblica;

27) andrebbero, inoltre, verificate le possibili modifiche da apportare alle norme del decreto legislativo n. 152 del 2006 che impongono ai consorzi di riscrivere i propri statuti sulla base di specifici schemi contenuti in appositi decreti ministeriali, trattandosi di una scelta difficilmente comprensibile, tenuto conto del buon risultato degli statuti esistenti, per i quali è peraltro opportunamente prevista l'approvazione ministeriale, anche nel caso di loro successive modifiche;

28) valuti, inoltre, il Governo se non si rendano necessari interventi circa le incompatibilità previste dal decreto legislativo n. 152 del 2006 relativamente alla partecipazione degli amministratori dei consorzi di filiera al Consiglio di Amministrazione del CONAI, tenuto conto che proprio questa partecipazione ha, nel recente passato, favorito il pieno coinvolgimento dell'intero sistema consortile nelle scelte; in questo ambito, si richiama anche la questione - segnalata dagli operatori del settore del recupero - circa l'opportunità della presenza delle rappresentanze delle associazioni dei recuperatori all'interno degli organi direttivi dei consorzi stessi;

29) si verifichi la possibilità di introdurre nel testo un nuovo comma modificativo dell'articolo 220, comma 2, del decreto legislativo n. 152 del 2006, nel senso di inserire al citato comma 2, dopo la parola «comunitaria», i seguenti periodi: «Il CONAI e i consorzi di cui all'articolo 223 del presente decreto possono stipulare accordi e contratti di programma con le competenti Autorità dei Paesi extracomunitari per l'adozione delle misure e della documentazione necessaria a garantire e disciplinare la tracciabilità dei rifiuti e dei materiali secondari esportati, nonché il loro riciclo e recupero secondo le predette modalità. Tali accordi e contratti possono altresì avere ad oggetto la progettazione, la sperimentazione e lo sviluppo, nei Paesi extracomunitari, di sistemi di gestione integrata e valorizzazione dei rifiuti, nonché l'attuazione delle attività formative e di supporto necessarie a diffondere la conoscenza di tali sistemi, incluse le misure volte a favorire la promozione e diffusione dei beni e prodotti del riciclo. A tal fine, agli accordi possono aderire gli enti nazionali e internazionali competenti in materia di rapporti economici e commerciali»;

30) si segnala al Governo che un ulteriore aspetto da verificare - anche in virtù degli elementi emersi nel corso della richiamata indagine conoscitiva sull'industria del riciclo - riguarda l'eventuale valorizzazione di quelle attività, connesse al ciclo di recupero dei materiali, che favoriscono il risparmio energetico e, in particolare, la riduzione delle emissioni di gas a effetto serra, non sembrando da escludere la possibilità che, a seguito di una verifica seria e analitica dei dati, si studi il possibile inserimento di tali attività virtuose all'interno dei parametri per il riconoscimento delle incentivazioni previste dalla normativa vigente per le fonti rinnovabili e, nello specifico, per l'eventuale emissione di «certificati bianchi»;

31) si raccomanda al Governo di individuare, così come indicato nella risoluzione del Parlamento europeo del 13 febbraio 2007, le modalità migliori per assicurare la pronta presentazione di misure concrete per promuovere le attività di riutilizzo, nel cui ambito inserire - tra l'altro - la modifica della normativa relativa ai cosiddetti «acquisti verdi», di cui al decreto n. 203 del 2003 (che risulta ad oggi - di fatto - inapplicabile), rafforzando il principio della tracciabilità delle singole filiere di prodotti provenienti dalle attività di raccolta differenziata;

32) valuti, altresì, il Governo l'opportunità di coordinare - ove necessario - i contenuti del decreto legislativo n. 152 del 2006 con le disposizioni previste dal regolamento (CE) n. 1907/2006 (cosiddetto regolamento «REACH»), che disciplina la registrazione, la valutazione, l'autorizzazione e la restrizione delle sostanze chimiche;

33) considerato che la normativa vigente prevede l'obbligatoria assenza di formaldeide e fenoli nelle materie prime secondarie in carta prodotte dalle attività di recupero, con ciò rendendo - di fatto - impossibile il riutilizzo della carta da macero, occorre fissare - sulla base delle indicazioni scientifiche oggi disponibili e in applicazione del principio di precauzione - limiti massimi di presenza di formaldeide nella carta recuperata, in grado di escludere con assoluta certezza qualsiasi rischio per la salute umana e, tuttavia, in una percentuale comunque superiore ai limiti di presenza di tale sostanza previsti per la carta vergine; a tale scopo, valuti il Governo la possibilità di introdurre anche una apposita modifica alla lettera b) del punto 1.1.3 del Suballegato I, Allegato I, del decreto ministeriale 5 febbraio 1998;

34) sempre con riferimento al citato decreto ministeriale 5 febbraio 1998, appare altresì opportuno provvedere alla correzione di un evidente errore formale relativo al limite massimo di concentrazione di PCB consentito ai fini dello svolgimento delle operazioni di rifiuti pericolosi in regime semplificato, contenuto al punto 3.2.2 del Suballegato I, Allegato I, il quale è fissato in 25 parti per miliardo, anziché - come sembrerebbe corretto - in 25 parti per milione;

35) con riferimento a profili meramente formali, si segnala, inoltre, quanto segue:

poiché i commi 1-7 intervengono sul medesimo articolo (articolo 74), siano accorpati in un unico comma con la formula, nell'alinea, «All'articolo 74 sono apportate le seguenti modificazioni», seguita da più lettere e sia modificato l'ordine delle disposizioni secondo l'ordine delle lettere su cui intervengono le novelle. Analogo intervento sia operato anche per i commi 9-10 (che intervengono sull'articolo 108); per i commi 11 e 12 (che intervengono sull'articolo 124); per i commi 30 e 31 (che intervengono sull'articolo 212); per i commi 33-35 (che intervengono sull'articolo 215); per i commi 36-39 (che intervengono sull'articolo 216), nonché per i commi 40 e 41 (che intervengono sull'articolo 229);

con riferimento al comma 16, il comma aggiuntivo da esso introdotto, collocato dopo l'ultimo comma dell'articolo 177, sia numerato come «comma 3», piuttosto che come «comma 2-bis»; analogamente, il comma aggiuntivo introdotto dal comma 21 sia numerato come «comma 6», piuttosto che come «comma 5-bis»;

con riferimento al nuovo testo dell'articolo 186, introdotto dal comma 23, sia sostituito l'erroneo riferimento contenuto nel comma 3 all'attività analitica «di cui al comma 6» con quello, corretto al comma 5; analogamente nel comma 6 sia sostituito l'erroneo rinvio al comma 6, con quello corretto al comma 5.

 


COMMISSIONE XIV

Politiche dell'Unione europea

RESOCONTO SOMMARIO

 

SEDUTA DI MARTEDI’ 19 GIUGNO 2007

 

 


Schema di decreto legislativo concernente ulteriori modifiche al decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, recante norme in materia ambientale.

Atto n. 96.

(Rinvio dell'esame).

Franca BIMBI, presidente, avverte che il relatore Cassola ha chiesto di poter disporre di maggior tempo per valutare i contenuti dello schema di decreto in titolo. Rinvia quindi l'esame del provvedimento ad altra seduta.

La seduta termina alle 14.05.

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COMMISSIONE XIV

Politiche dell'Unione europea

RESOCONTO SOMMARIO

 

SEDUTA DI MARTEDI’ 26 GIUGNO 2007

 

 


Schema di decreto legislativo concernente ulteriori modifiche al decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, recante norme in materia ambientale.

Atto n. 96.

(Esame, ai sensi dell'articolo 126, comma 2, del regolamento, e rinvio).

La Commissione inizia l'esame dello schema di decreto all'ordine del giorno.

Arnold CASSOLA (Verdi), relatore, rileva che lo schema di decreto legislativo in esame reca disposizioni integrative e correttive del decreto legislativo n. 152 del 2006 (cosiddetto codice ambientale), in attuazione della norma di delega contenuta nell'articolo 1, comma 6, della legge n. 308 del 2004 (cosiddetta delega ambientale).

Il provvedimento si compone di due articoli. Il primo reca 47 modifiche al decreto legislativo n. 152 del 2006 (cosiddetta «Codice ambientale») mentre il secondo ne disciplina l'entrata in vigore.

La relazione illustrativa sottolinea che l'urgenza di tali modifiche deriva non solo dalla necessità di recepire i pareri resi dalle competenti Commissioni parlamentari e dalla Conferenza unificata sul primo decreto correttivo al codice ambientale (Atti del Governo n. 12 e 12-bis, ora decreto legislativo n. 284/2006) ma, soprattutto, dall'esigenza di adeguare diverse disposizioni del medesimo codice al diritto comunitario. Ciò al fine di determinare la chiusura di numerose procedure di infrazione comunitaria, allo stato pendenti nei confronti dell'Italia e di evitare quindi il rischio «di pesanti condanne da parte della Corte di Giustizia».

La stessa relazione precisa che sono state rinviate «ad un secondo momento» altre modifiche, suggerite dai predetti pareri, «di cui non è stato possibile l'immediato recepimento», oltre che «la realizzazione degli obiettivi inerenti la garanzia della salvaguardia, della tutela e del miglioramento della qualità dell'ambiente, della protezione della salute e dell'utilizzazione razionale delle risorse nonché una maggiore efficienza e tempestività dei controlli ambientali e la valorizzazione del sistema di controllo preventivo del sistema agenziale, anche secondo taluni criteri delineati dalla legge delega».

Lo schema di decreto in esame novella la Parte III (recante Norme in materia di difesa del suolo e lotta alla desertificazione, di tutela delle acque dall'inquinamento e di gestione delle risorse idriche) e IV (recante Norme in materia di gestione dei rifiuti e di bonifica dei siti inquinati) del Codice ambientale.

Per quanto riguarda le modifiche alla Parte III: i commi da 1 a 14 riguardano la disciplina della tutela delle acque dall'inquinamento e la gestione delle risorse idriche, con particolare riguardo alla materia della regolamentazione degli scarichi; essi intervengono anche sulle definizioni generali (e, in particolare, su quelle di scarico, acque reflue industriali, urbane, stabilimenti industriali); il comma 15 interessa l'assetto istituzionale del settore. Esso in particolare ripristina il Comitato per la vigilanza sull'uso delle risorse idriche e l'Osservatorio nazionale sui rifiuti, a seguito della soppressione dell'Autorità di vigilanza sulle risorse idriche e sui rifiuti - che avrebbe dovuto assorbirli - stabilita dal primo decreto correttivo, decreto legislativo n. 284/2006.

Tra le modifiche più rilevanti alla Parte III segnala; il ripristino della previgente nozione di «scarico diretto» inteso quale lo scarico operabile esclusivamente tramite condotta (in particolare, comma 2); l'introduzione di una disciplina più restrittiva per le autorizzazioni agli scarichi (commi 8 e 9); l'abrogazione del comma 5 dell'articolo 148 del codice ambientale, relativo alla facoltatività dell'adesione alla gestione unica del servizio idrico integrato per i comuni con popolazione fino a 1.000 abitanti inclusi nel territorio delle comunità montane (comma 14).

Segnala, inoltre, il comma 19, che, pur novellando una disposizione della Parte IV, reca interventi direttamente connessi alle problematiche relative alla disciplina in materia di scarichi abrogando due disposizioni in materia di smaltimento di rifiuti in fognatura e di smaltimento della frazione biodegradabile dei rifiuti urbani tramite gli impianti di depurazione delle acque reflue.

I restanti commi dal - 16 al 47 - recano modifiche alla Parte IV del codice ambientale.

Tra le modifiche più rilevanti, segnala: l'introduzione di una nozione meno restrittiva di «rifiuto», cui, tra l'altro, concorrono l'eliminazione della definizione di «sottoprodotto» e di «materia prima secondaria» (comma 20), l'assoggettabilità dei cosiddetta «sistemi d'arma» alla Parte IV del codice (comma 21); una più rigorosa individuazione dei casi di non applicabilità della disciplina dei rifiuti (comma 22); la nuova disciplina in materia di terre e rocce da scavo (comma 23); la classificazione come rifiuto speciale del combustibile da rifiuti di qualità elevata (CDR-Q) (commi 40 e 41); l'eliminazione della previsione di depositi temporanei senza limiti quantitativi (comma 20); l'introduzione della nozione di «prodotto recuperato», in luogo di quelle soppresse di «sottoprodotto» e di «materia prima secondaria» (comma 20); l'obbligo del MUD (modello unico di dichiarazione ambientale) anche per le imprese che producono rifiuti non pericolosi (comma 24); l'eliminazione dei limiti dimensionali prima previsti, oltre i quali non era consentita l'assimilazione dei rifiuti speciali a quelli urbani (comma 26); la possibilità di affidamento del servizio di gestione integrata dei rifiuti secondo modalità ulteriori rispetto alla gara (comma 28); le modifiche alla disciplina in materia di accordi, contratti di programma, incentivi (comma 29); le più complesse procedure per l'iscrizione all'Albo nazionale dei gestori ambientali per le imprese che trasportano rifiuti non pericolosi (commi 30-31); l'attribuzione alle province delle competenze in materia di programmazione e organizzazione del recupero e dello smaltimento dei rifiuti (commi 32-39) e il ripristino del tributo provinciale per le funzioni di tutela ambientale (comma 44); la nuova disciplina transitoria in materia di bonifiche (comma 45).

Per quanto attiene ai profili di competenza della Commissione, segnala che il nostro Paese è gravato da un rilevante contenzioso sia nel settore della gestione delle acque che in quello dei rifiuti.

In particolare, nel gennaio 2006 la Corte di giustizia ha condannato l'Italia per mancata attuazione della direttiva quadro in materia di acque 2000/60/CE. La direttiva, contenuta nell'allegato B della legge comunitaria 2003 (legge n. 306 del 2003), è stata successivamente recepita con l'articolo 170 del decreto legislativo del 3 aprile 2006, n. 152, che è in vigore con esclusione della parte seconda (procedure per la valutazione ambientale strategica, per la valutazione di impatto ambientale e per l'autorizzazione ambientale integrata). Il 12 dicembre 2006 la Commissione ha inviato all'Italia una lettera di messa in mora ex articolo 228 del Trattato che istituisce la Comunità europea per non essersi adeguata alla sentenza della Corte. La Commissione ritiene, infatti, che non tutte le disposizioni della direttiva 2000/60/CE siano state trasposte nell'ordinamento italiano per mezzo di tale decreto legislativo. In particolare a parere della Commissione risultano tuttora non trasposti i paragrafi 4, lettera c), 5, lettera a) e b) e 7 dell'articolo 4.

Nel giugno 2006 la Commissione ha inviato all'Italia un parere motivato per non aver completato le analisi e l'esame delle caratteristiche relative a ciascun distretto idrografico compreso nel territorio - come richiesto dall'articolo 5, paragrafo 1, della direttiva 2000/60/CE - entro il 22 dicembre 2004. L'Italia, come tutti gli altri Stati membri, avrebbe inoltre dovuto presentare entro il 22 marzo 2005, secondo quanto stabilito dall'articolo 15, paragrafo 2, della direttiva 2000/60/CE, una relazione sintetica delle analisi richieste dall'articolo 5 e dei programmi di monitoraggio di cui all'articolo 8 della medesima direttiva.

Il 30 novembre 2006 la Corte di giustizia ha condannato l'Italia per essere venuta meno agli obblighi derivanti dall'articolo 5 della direttiva 91/271/CEE del 21 maggio 1991 concernente il trattamento delle acque reflue urbane.

Sulla base di tale articolo l'Italia è stata condannata per trattamento inadeguato delle acque reflue urbane dell'agglomerato formato da vari comuni della provincia di Varese situati nel bacino del fiume Olona.

Nei confronti dell'Italia risultano avviate altre procedure di infrazione per inadempimento degli obblighi derivanti dalla medesima direttiva 91/271/CEE: il 12 ottobre 2005 la Commissione europea ha inviato all'Italia una lettera di messa in mora per trattamento inadeguato delle acque reflue dell'agglomerato di Tolmezzo, il quale consiste di più di 10.000 abitanti ed è situato all'interno di un bacino drenante in un'area - le acque costiere del mare Adriatico settentrionale - da considerarsi sensibile, ai sensi della direttiva; il 7 luglio 2004 la Commissione europea ha inviato all'Italia una lettera di messa in mora perché da un'indagine condotta nei diversi Stati membri risulta che in molte città italiane con più di 15 mila abitanti manca il trattamento secondario delle acque reflue urbane, previsto dalla direttiva entro il temine del 31 dicembre 2000; il 9 giugno 2003 la Commissione ha inviato all'Italia un parere motivato per non aver correttamente identificato le aree sensibili dei laghi di Garda e d'Idro attraverso un atto giuridicamente vincolante.

Per quanto attiene al settore della gestione dei rifiuti, fa presente che il 12 dicembre 2006 la Commissione ha inviato all'Italia un parere motivato complementare per violazione del diritto comunitario con riferimento alla deroga alle disposizioni sulla gestione dei rifiuti di cui all'allegato I della direttiva 75/442/CEE, come modificata dalla direttiva 91/156/CEE.

Secondo la Commissione l'Italia è venuta meno agli obblighi previsti dalla direttiva 75/442, come modificata dalla direttiva 91/156 in quanto: ai sensi delle disposizioni di cui all'articolo 1, commi da 25 a 27 e comma 29, della legge 308 del 15 dicembre 2004, alcune sostanze o oggetti, che ai sensi della direttiva 75/442 sono da considerarsi rifiuti, vengono sottratti all'ambito della legislazione italiana sui rifiuti; sono state adottate disposizioni volte a restringere l'ambito di applicazione della direttiva 75/442 in Italia, con riferimento alla definizione di rifiuto di cui all'articolo 1, lettera a) della medesima direttiva.

Secondo la Commissione, dall'invio del parere motivato nel dicembre 2005, l'Italia non ha ancora conformato la sua normativa alla legislazione dell'UE. Al contrario, il decreto legislativo n. 152 del 2006, recante norme in materia ambientale, ha riconfermato tale normativa. È per queste ragioni che la Commissione ha deciso di deferire il caso alla Corte di giustizia.

Nei confronti dell'Italia risultano avviate altre procedure di infrazione per inadempimento degli obblighi derivanti dalla medesima direttiva 75/442/CEE sui rifiuti, come modificata dalla direttiva 91/156/CE: Il 2 maggio 2005 la Commissione ha deferito l'Italia alla Corte di giustizia per essere venuta meno agli obblighi che le incombono in virtù dell'articolo 1 della citata direttiva. Secondo la Commissione l'Italia con l'articolo 10 della legge n. 93 del 2001 e l'articolo 1, commi 17 e 19, della legge n. 443 del 2001 ha escluso le terre e le rocce da scavo destinate all'effettivo riutilizzo per reinterri, riempimenti, rilevati e macinati, dall'ambito di applicazione della disciplina nazionale sui rifiuti.

Il 23 marzo 2005 la Commissione ha deferito l'Italia alla Corte di giustizia per non corretta applicazione degli articoli 4, 8 e 9 della citata direttiva; dell'articolo 2, comma 1, della direttiva 91/689/CEE sui rifiuti pericolosi, e dell'articolo 14 della direttiva 1999/31/CE sulle discariche di rifiuti. La Commissione dichiara di essere venuta a conoscenza dell'esistenza sul territorio italiano di un elevato numero di discariche funzionanti illegalmente e senza controllo delle autorità pubbliche, alcune delle quali contenenti rifiuti pericolosi. La Commissione ritiene che, fintanto che essa tollera la presenza di tali discariche, la Repubblica italiana violi gli obblighi derivanti dalle citate direttive. Inoltre, in relazione alle discariche già esistenti alla data del 16 luglio 2001, la mancanza di informazioni sui piani di riassetto che i gestori di tali discariche avrebbero dovuto presentare entro il 16 luglio 2002, porta la Commissione a considerare non esistenti tali piani di riassetto e le relative misure di autorizzazione e di eventuale chiusura delle discariche non rispondenti ai requisiti di legge.

Il 23 giugno 2005 la Commissione ha deferito l'Italia alla Corte di giustizia ritenendo che la normativa nazionale di recepimento violi la citata direttiva 75/442/CEE sui rifiuti, come modificata dalla direttiva 91/156/CEE. In particolare, la Commissione sostiene che l'articolo 14 del decreto legge n. 138 dell'8 luglio 2002 (convertito in legge n. 178 dell'8 agosto 2002) sia in contrasto con gli obblighi derivanti dall'articolo 1(a) della direttiva citata, poiché prevede che siano esclusi dall'ambito di applicazione del decreto legislativo n. 22 del 1997 (che ha recepito la direttiva 75/442/CEE come modificata): le sostanze o oggetti destinati alle operazioni di smaltimento o recupero di rifiuti non esplicitamente elencate agli allegati B e C del decreto legislativo n. 22/97; i beni, sostanze o materiali residuali di produzione o di consumo, qualora gli stessi possano essere e siano riutilizzati in un ciclo produttivo o di consumo, a condizione che non sia effettuato alcun intervento preventivo di trattamento e che gli stessi non rechino pregiudizio all'ambiente, oppure, anche qualora venga effettuato un intervento preventivo di trattamento, quando quest'ultimo non configuri un'operazione di recupero fra quelle elencate all'allegato C del decreto legislativo n. 22/97.

La Commissione è del parere che una tale esclusione costituisca un'indebita restrizione della nozione di rifiuto, e quindi dell'ambito d'applicazione della normativa italiana sulla gestione dei rifiuti. Di fatto, l'interpretazione prospettata dal legislatore italiano avrebbe per effetto una limitazione dell'applicazione delle disposizioni della direttiva alle sole fattispecie identificate dalla normativa italiana, escludendone altre non prevedibili a priori che potrebbero invece esservi assoggettate ed in relazione alle quali un'interpretazione estensiva della nozione di rifiuto si renderebbe necessaria. Ciò, secondo la Commissione, si pone in contrasto colle disposizioni della direttiva, che non possono essere derogate da una norma di diritto interno.

Sottolinea peraltro che il citato articolo 14 del decreto legge n. 138 dell'8 luglio 2002 (convertito in legge n. 178 dell'8 agosto 2002) è stato abrogato dall'articolo 264 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152.

Ricorda altresì che nel dicembre 2005 la Commissione dell'Unione europea ha presentato una proposta di direttiva per modernizzare la direttiva quadro sui rifiuti 75/442/CEE.

La proposta di direttiva introduce l'obbligo, per gli Stati membri, di elaborare programmi di prevenzione dei rifiuti. Secondo quanto rilevato dalla Commissione tale disposizione non avrà, probabilmente, un grande impatto diretto sotto il profilo ambientale, economico o sociale, anche se le ripercussioni potranno variare in funzione delle azioni intraprese, ma consentirà di concentrare l'attenzione dei responsabili politici a livello comunitario, nazionale e sub-nazionale sulla prevenzione, intensificando in tal modo le politiche di prevenzione dei rifiuti. La disposizione assicura peraltro la flessibilità necessaria a consentire l'elaborazione di soluzioni nazionali e locali capaci di sfruttare i vantaggi connessi alla prevenzione dei rifiuti.

Il Consiglio ambiente del 27 giugno 2006 ha approvato conclusioni con le quali accoglie favorevolmente la strategia tematica della Commissione. La proposta di direttiva è stata esaminata in prima lettura dal Parlamento europeo il 13 febbraio 2007, nell'ambito della procedura di codecisione. Il Parlamento europeo ha proposto diversi emendamenti parzialmente accolti dalla Commissione.

In conclusione, restano numerose le discrepanze tra la normativa nazionale vigente e quella europea, con particolare riferimento non solo alla stessa filosofia che sta alla base delle due normative, ma anche in relazione ad alcuni istituti-chiave.

Ciò appare particolarmente evidente per il concetto di «sottoprodotto», che potrebbe davvero costituire il punto evolutivo più significativo per una nuova politica di corretta gestione di rifiuti come corretta gestione di risorse, che non nasconda, in realtà, aree e zone franche, terreno fertile per l'eco-criminalità.

Nel preannunciare pertanto una proposta di parere favorevole sullo schema di decreto legislativo in esame, inteso a ridurre le procedure di contenzioso a carico dell'Italia in materia ambientale, rileva l'opportunità di inserire alcune osservazioni, mutuate dal Sesto programma d'azione in materia di ambiente dell'Unione europea, recentemente ribaditi dal Parlamento europeo.

In particolare ritiene auspicabile che la Commissione di merito segnali al Governo l'opportunità di: presentare misure concrete per promuovere le attività di riutilizzo (accreditamento per i centri di riutilizzo, introduzione di un'aliquota IVA ridotta sui prodotti venduti da centri di riutilizzo accreditati, definizione di standard di riutilizzo, di sorveglianza e di rendiconto dell'attività di riutilizzo); differenziare la disciplina normativo dei rifiuti biodegradabili, dei rifiuti edilizi e di demolizione e dei fanghi di depurazione, così come indicato nel Sesto programma comunitario in materia di ambiente.

Franca BIMBI, presidente, richiama l'attenzione sulla definizione di «sottoprodotto», che interessa anche le attività di riutilizzo di taluni materiali. Osserva, inoltre, che assume un particolare rilievo il riferimento alle terre e alle rocce da scavo, particolarmente sentito nella Regione Veneto con riguardo alla disciplina delle cave.

Gabriele FRIGATO (Ulivo) si riserva un approfondimento sul tema delle cave e delle rocce da scavo nonché sugli effetti prodotti dalla recente legge n. 443 del 2001.

Arnold CASSOLA (Verdi), relatore, osserva che la disciplina e la catalogazione delle cave non costituisce l'oggetto del provvedimento in esame.

Franca BIMBI, presidente, rinvia il seguito dell'esame alla seduta che avrà luogo domani.

La seduta termina alle 14.15.

 


 


COMMISSIONE XIV

Politiche dell'Unione europea

RESOCONTO SOMMARIO

 

SEDUTA DI MERCOLEDI’ 27 GIUGNO 2007

 

 


Schema di decreto legislativo concernente ulteriori modifiche al decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, recante norme in materia ambientale.

Atto n. 96.

(Seguito esame, ai sensi dell'articolo 126, comma 2, del regolamento, e conclusione - Parere favorevole con osservazioni).

La Commissione prosegue l'esame dello schema di decreto all'ordine del giorno, rinviato nella seduta del 26 giugno 2007.

Arnold CASSOLA (Verdi), relatore, nel richiamare brevemente alcuni punti della propria relazione sul provvedimento in titolo, svolta nella seduta di ieri, presenta una proposta di parere favorevole con osservazioni (vedi allegato 2).

Franca BIMBI, presidente, propone che nella prima osservazione proposta dal relatore, sia inserito il riferimento specifico alla risoluzione approvata dal Parlamento europeo il 13 febbraio 2007, sulla medesima materia.

Arnold CASSOLA (Verdi), relatore, accoglie la proposta di riformulazione suggerita dalla presidente.

La Commissione approva la proposta di parere del relatore, come riformulata (vedi allegato 3).

La seduta termina alle 9.

 

ALLEGATO 2

Schema di decreto legislativo concernente ulteriori modifiche al decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, recante norme in materia ambientale (Atto n. 96).

PROPOSTA DI PARERE DEL RELATORE

La XIV Commissione,

esaminato lo schema di decreto legislativo concernente ulteriori modifiche al decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, recante norme in materia ambientale;

rilevata la necessità di eliminare ogni discrepanza tra la normativa nazionale vigente e quella europea, con particolare riferimento non solo alla stessa filosofia che sta alla base delle due normative, ma anche in relazione ad alcuni istituti-chiave;

osservato che ciò appare particolarmente evidente per il concetto di «sottoprodotto», che potrebbe davvero costituire il punto evolutivo più significativo per una nuova politica di corretta gestione dei rifiuti come corretta gestione di risorse, che non nasconda, in realtà, aree e zone franche;

considerata l'esigenza di tenere conto dei contenuti del Sesto programma d'azione in materia di ambiente dell'Unione europea, recentemente ribaditi dal Parlamento europeo;

esprime

PARERE FAVOREVOLE

con le seguenti osservazioni:

individui il Governo le modalità migliori per assicurare la pronta presentazione di misure concrete per promuovere le attività di riutilizzo, quali l'accreditamento per i centri di riutilizzo, l'introduzione di un'aliquota IVA ridotta sui prodotti venduti da centri di riutilizzo accreditati, la definizione di standard di riutilizzo, di sorveglianza e di rendiconto dell'attività di riutilizzo;

sia assicurata la differenziazione della disciplina normativa dei rifiuti biodegradabili, dei rifiuti edilizi e di demolizione e dei fanghi di depurazione, così come indicato nel Sesto programma comunitario in materia di ambiente.

ALLEGATO 3

Schema di decreto legislativo concernente ulteriori modifiche al decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, recante norme in materia ambientale (Atto n. 96).

PARERE APPROVATO DALLA COMMISSIONE

La XIV Commissione,

esaminato lo schema di decreto legislativo concernente ulteriori modifiche al decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, recante norme in materia ambientale;

rilevata la necessità di eliminare ogni discrepanza tra la normativa nazionale vigente e quella europea, con particolare riferimento non solo alla stessa filosofia che sta alla base delle due normative, ma anche in relazione ad alcuni istituti-chiave;

osservato che ciò appare particolarmente evidente per il concetto di «sottoprodotto», che potrebbe davvero costituire il punto evolutivo più significativo per una nuova politica di corretta gestione dei rifiuti come corretta gestione di risorse, che non nasconda, in realtà, aree e zone franche;

considerata l'esigenza di tenere conto dei contenuti del Sesto programma d'azione in materia di ambiente dell'Unione europea, recentemente ribaditi dal Parlamento europeo;

esprime

PARERE FAVOREVOLE

con le seguenti osservazioni:

individui il Governo, così come indicato nella risoluzione approvata dal Parlamento europeo del 13 febbraio 2007, le modalità migliori per assicurare la pronta presentazione di misure concrete per promuovere le attività di riutilizzo, quali l'accreditamento per i centri di riutilizzo, l'introduzione di un'aliquota IVA ridotta sui prodotti venduti da centri di riutilizzo accreditati, la definizione di standard di riutilizzo, di sorveglianza e di rendiconto dell'attività di riutilizzo;

sia assicurata la differenziazione della disciplina normativa dei rifiuti biodegradabili, dei rifiuti edilizi e di demolizione e dei fanghi di depurazione, così come indicato nel Sesto programma comunitario in materia di ambiente.

 


 


 

AFFARI COSTITUZIONALI    (1ª) 

Sottocommissione per i pareri

 

Martedì 26 giugno 2007

45ª Seduta

 

Presidenza del Presidente  

VILLONE 

 

 

La seduta inizia alle ore 14,15.

 

 

Schema di decreto legislativo concernente: "Ulteriori modifiche al decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, recante norme in materia ambientale" (n. 96)

(Osservazioni alla 13ª Commissione. Esame. Osservazioni favorevoli con rilievi)

 

      Il relatore presidente VILLONE (SDSE) ritiene che non vi siano rilievi da formulare, salvo che per l’articolo 1, comma 29, che contiene il nuovo articolo 206 del decreto legislativo in questione: in proposito osserva che quando l’accordo non coinvolga come parte la regione interessata, questa debba essere quanto meno consultata.

           

            Con tale rilievo, si conviene di trasmettere osservazioni favorevoli alla Commissione di merito.

 

 

La seduta termina alle ore 14,35.


 

DIFESA (4ª) 

Sottocommissione per i pareri

 

Mercoledì 13 giugno 2007

74ª Seduta

 

IN SEDE CONSULTIVA 

 

Schema di decreto legislativo concernente: "Ulteriori modifiche al decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, recante norme in materia ambientale" (n. 96)

(Osservazioni alla 13ª Commissione. Esame. Osservazioni non ostative)  

 

      Illustra l’atto il relatore ZANONE(Ulivo), il quale rileva che il nuovo decreto stabilisce che il trattamento dei rifiuti e la bonifica dei siti sia disciplinato con procedure speciali, da definire di concerto tra i Ministeri della difesa, dell’ambiente e della salute entro sei mesi, a partire dal 1° gennaio 2007. In sostanza, mentre la precedente normativa rinviava alle speciali norme di settore, lasciando all’Amministrazione militare il vincolo di rispettare i principi di tutela dell’ambiente, il nuovo decreto stabilisce che le procedure speciali siano definite con decreto interministeriale. Il relatore precisa altresì che sulla materia esiste una normativa interna di carattere amministrativo concernente la gestione dei materiali fuori uso, risalente al 1987, che va aggiornata in particolare per quanto concerne la questione dei veicoli, delle scorie radioattive e degli oli usati, nonché per quanto attiene ai dosimetri, finalizzati al controllo delle radiazioni. Conclusivamente, propone la formulazione di osservazioni non ostative.

 

            Il sottosegretario VERZASCHI evidenzia l’opportunità che il termine di sei mesi per l’adozione del decreto ministeriale venga fatto decorrere dal momento dell’adozione dell’atto.

 

            Il relatore ZANONE (Ulivo) conviene e dà lettura di uno schema di osservazioni (allegato al resoconto della seduta odierna).

 

            La senatrice BRISCA MENAPACE (RC-SE) esprime perplessità per l’assenza nell’atto in discussione di riferimenti alle problematiche connesse all’uranio impoverito, che pure hanno indotto il Senato ad istituire nuovamente in questa legislatura una Commissione d’inchiesta.

 

            Si unisce a tali perplessità il senatore GIANNINI(RC-SE), rilevando che il riferimento ai dosimetri è evidentemente connesso all’esistenza di qualche fonte radiogena accertata, e di cui tuttavia è ignoto il livello.

 

            Il presidente DE GREGORIO ritiene che la previsione di un atto adottato di concerto tra più Dicasteri, come evidenziato dal Relatore, costituisca comunque un elemento di garanzia.

 

            Il relatore ZANONE(Ulivo), nel rimettersi ai chiarimenti che verranno dati dal rappresentante del Governo, nota che l’Esercito dispone di reparti appositamente incaricati del controllo dei rischi di radiazioni. Poiché tali apparecchiature, come tutte le altre, sono sottoposte a obsolescenza, il loro smaltimento dovrà essere oggetto di determinate e specifiche cautele.

 

            Il sottosegretario VERZASCHI ritiene che il fatto che la gestione di questi rifiuti ora debba avvenire sulla base di una normativa stabilita di concerto tra più Dicasteri costituisca un elemento di garanzia ai fini della esatta valutazione della tipologia dei rifiuti e dell’adozione di adeguate tecniche di smaltimento. Precisa inoltre che la tematica dell’uranio impoverito è estranea all’atto oggi in discussione.

 

            Previa verifica della presenza del prescritto numero dei senatori, il PRESIDENTE mette quindi ai voti lo schema di osservazioni proposto dal Relatore, che risulta approvato, con l’astensione del senatore Divina.

 

 

OSSERVAZIONI DELLA COMMISSIONE

SULL’ATTO DEL GOVERNO N. 96

 

 

 

La Commissione difesa,

 

esaminato l’atto in titolo,

 

ravvisata la necessità di una adeguata proroga dei termini di presentazione del decreto, inizialmente previsti entro sei mesi dal 1° gennaio 2007,

 

preso atto dei chiarimenti del Governo,

 

esprime, per quanto di competenza,

 

osservazioni non ostative.


 

Agricoltura e produzione agroalimentare(9ª) 

 

Giovedì 14 giugno 2007

85ª Seduta

 

IN SEDE CONSULTIVA 

 

 

            Schema di decreto legislativo concernente: "Ulteriori modifiche al decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, recante norme in materia ambientale" (n. 96)

(Osservazioni alla 13a Commissione. Esame e rinvio) 

 

Il presidente CUSUMANO (Misto-Pop-Udeur), relatore, illustra l’atto del Governo n. 96, sul quale la Commissione agricoltura del Senato deve esprimere il proprio parere alla 13a Commissione, relativo ad uno schema di decreto che fa seguito ad un altro decreto legislativo di natura correttiva, approvato in via definitiva lo scorso agosto,  con cui sono state introdotte le prime urgenti modifiche al codice ambientale.

            Rileva che tali ulteriori modifiche al codice ambientale si sono rese necessarie, come emerge anche dalla relazione illustrativa, per recepire, con urgenza, alcune osservazioni emerse nel corso del dibattito del primo decreto correttivo e nei pareri resi dalle competenti Commissioni parlamentari e dalla Conferenza unificata. Tali modifiche pertanto si muovono nella direzione di adeguare le diverse disposizioni del codice ambientale al diritto comunitario, anche al fine di sospendere le numerose infrazioni tuttora pendenti nei confronti dell’Italia, evitando così il rischio di eventuali condanne da parte dell’Unione europea. Osserva, quindi, che nella stessa relazione illustrativa, si precisa che vengono rinviate l’introduzione di ulteriori modifiche al codice ambientale, che consentano la realizzazione degli obiettivi relativi alla salvaguardia, alla tutela e al miglioramento della qualità dell’ambiente e alla protezione della salute dei cittadini anche mediante la predisposizione di un sistema adeguato di controlli ambientali.

            Rileva, quindi, che lo schema di decreto, composto di due articoli, introduce numerose novità nella parte III e nella parte IV del codice ambientale, che prevedono, rispettivamente, delle norme in materia di difesa del suolo e di tutela delle acque dall’inquinamento, e delle norme in materia di gestione dei rifiuti e di bonifica dei siti inquinati e si sofferma sulle parti di competenza della Commissione agricoltura, segnalando, in particolare, i commi da 1 a 14 dell’articolo 1, che contengono una serie di misure volte alla tutela delle acque dall’inquinamento e alcune misure atte ad una corretta gestione delle risorse idriche con particolare riguardo alla materia della regolamentazione degli scarichi. Illustra, inoltre, il contenuto del comma 15 dell’articolo 1, che ripristina il Comitato per la vigilanza sull’uso delle risorse idriche, a seguito della soppressione dell’Autorità di vigilanza sulle stesse, stabilita con il decreto legislativo n. 284 del 2006, ricordando che il Consiglio di tale Autorità era composto da tredici membri e dal Presidente, nominati con decreto del Presidente della Repubblica, su deliberazione del Consiglio dei Ministri. Il Comitato, previsto dal decreto in esame, invece è istituito presso il Ministero dell’ambiente, della tutela del territorio e del mare, ed è composto da cinque membri, che durano in carica cinque anni, nominati con decreto del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare. A tale Comitato, viene affidato, tra l’altro, il compito di cooperare con gli organi di garanzia eventualmente istituiti presso le regioni e le province autonome, al fine di garantire una corretta gestione delle risorse idriche. A questo proposito ricorda che nel corso della passata legislatura la Commissione agricoltura aveva avviato una apposita indagine conoscitiva sugli usi agricoli delle acque, in cui era emersa l’importanza di un corretto utilizzo delle risorse idriche per evitare situazioni di emergenza in agricoltura. Si sofferma inoltre sulle questioni emerse nel corso del dibattito svoltosi in occasione della recente audizione del ministro De Castro sull’emergenza idrica, in cui sono state richiamate le preoccupazioni anche delle organizzazioni professionali agricole sulle prospettive, per la prossima estate, a seguito della scarsità delle precipitazioni nel corso della stagione invernale. Ricorda, inoltre, che, in quella sede, era stata richiamata la necessità di dare quanto prima attuazione alle misure già contenute nella legge finanziaria 2007, relative al Piano irriguo nazionale ed era emersa l’opportunità di predisporre un ulteriore secondo Piano irriguo che tenga conto, in particolare, delle difficoltà in cui versano alcune regioni meridionali. Giudica, pertanto, opportuna l’istituzione del Comitato previsto, anche se segnala la necessità di prevedere un maggior coinvolgimento del Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali in considerazione dei riflessi che l’emergenza idrica ha sull’intero comparto primario.

Richiama, inoltre, l’attenzione della Commissione sul fatto che nel corso dell’esame del disegno di legge delega in agricoltura ha presentato delle proposte emendative volte all’istituzione di un apposito organismo regolatore,  in grado di monitorare il corretto utilizzo delle risorse idriche al fine di salvaguardare le produzioni agricole e, in generale, il comparto primario, dalla emergenza siccità che ha colpito sempre più frequentemente l’Italia negli ultimi anni.

            Segnala, infine, che il comma 22 dell’articolo 1, prevede l’esclusione dell’applicazione della parte IV del decreto, relativa alle norme di gestione dei rifiuti e di bonifica dei siti inquinati, di alcuni rifiuti agricoli che, sono considerati come sostanze naturali non pericolose, evidenziando che tali sostanze sono utilizzate nelle attività agricole stesse e che, attraverso dei trattamenti in impianti aziendali quali, ad esempio, quelli destinati alla produzione di biogas, il loro potenziale inquinante viene drasticamente ridotto. In conclusione, rileva che lo stesso comma 22 esclude dall’ambito di applicazione del decreto tutte le materie vegetali di provenienza agricola ed agroalimentare destinate, attraverso specifici accordi, alla combustione in impianti aziendali ed interaziendali e alla produzione di fertilizzanti.

 

            La senatrice DE PETRIS (IU-Verdi-Com) si riserva di intervenire per approfondire alcuni aspetti dello schema di decreto in esame quali, in particolare, quelli relativi ai rifiuti agricoli.

 

            Il senatore SCARPA BONAZZA BUORA (FI) ringrazia il Presidente per l’esaustiva relazione svolta e si riserva di intervenire nel prosieguo del dibattito.

 

            Il seguito dell’esame è quindi rinviato.

 

            La seduta, sospesa alle ore 9,15, è ripresa alle ore 9,20.


 

Agricoltura e produzione agroalimentare(9ª) 

 

Martedì 19 giugno 2007

86ª Seduta

 

IN SEDE CONSULTIVA 

 

Schema di decreto legislativo concernente: "Ulteriori modifiche al decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, recante norme in materia ambientale" (n. 96)

(Osservazioni alla 13a Commissione. Seguito dell'esame e rinvio)

 

            Riprende l’esame sospeso nella seduta del 14 giugno scorso.

 

            Si apre il dibattito.

 

      La senatrice DE PETRIS (IU-Verdi-Com) richiama il contenuto dello schema di decreto in esame, soffermandosi sulle disposizioni di maggiore interesse per i profili di competenza della Commissione agricoltura, contenute, in particolare, nell’articolo 1, comma 22, che riformula l’articolo 185 del decreto legislativo n. 152 del 2006, concernente l’esclusione dall’ambito di applicazione del regime dei rifiuti (parte quarta del citato decreto).

Rileva che, per quel che riguarda i materiali di origine agricola reimpiegati in processi aziendali, per la produzione di fertilizzanti o mangimi e a fini energetici,  la formulazione proposta prevede l’esclusione dall’applicazione della relativa disciplina, a condizione che vi sia una legge specifica che ne disciplini la gestione. Evidenzia, quindi, che si tratta di una condizione che ha già causato problemi applicativi e di interpretazione con il decreto legislativo n. 22 del 1997, posto che, in questa fattispecie, se si fornisce la prova che le sostanze siano effettivamente destinate ed impiegate nell’ambito di attività di riuso, ne risulta integrata, a monte, la definizione di rifiuto. Rileva, inoltre, che i problemi interpretativi in tal senso si stanno già verificando, stante il diverso atteggiamento degli enti di controllo a livello locale, soprattutto per gli effluenti zootecnici che, se destinati alla produzione di energia, spesso vengono considerati rifiuti, con la conseguenza che alle aziende le regole relative alla compilazione del formulario e allo stoccaggio. Sottolinea, quindi, che un analogo problema interpretativo si registra per alcuni sottoprodotti della lavorazione dei cereali (come la lolla del riso), anch’essa integralmente riutilizzata a fini energetici, di produzione di ammendanti e di lettiere per gli allevamenti avicoli.

            In relazione alle caratteristiche dei materiali in questione che vengono integralmente riutilizzati in procedimenti aziendali o con accordi di filiera, elencati nel comma 1, lettera b), numeri 3) e 4), ritiene pertanto più opportuno che sia mantenuta l’esclusione totale dal regime normativo dei rifiuti, sottolineando che tale impostazione va, del resto, nella direzione proposta dalla direttiva quadro 75/442/CEE, come recentemente modificata, che amplia il regime di esclusione con riferimento all’utilizzo della biomasse derivanti dall’agricoltura  ai fini di produzione di energia elettrica.

            Richiamate le indicazioni testè formulate, conclude ritenendo che nelle osservazioni da rendere alla Commissione di merito si richiami l’attenzione sull’opportunità di escludere completamente dall’applicazione della parte quarta del decreto legislativo n. 152 del 2006, che contiene una serie di norme in materia di gestione dei rifiuti e di bonifica dei siti inquinati,  i residui della lavorazione agricola che vengono riutilizzati come avviene, ad esempio, per la lolla del riso e per i residui zootecnici impiegati a fini energetici.    

 

            Il seguito dell’esame è quindi rinviato.

 

            La seduta termina alle ore 16.

 


 

Agricoltura e produzione agroalimentare(9ª) 

 

Mercoledì 20 giugno 2007

87ª Seduta

 

IN SEDE CONSULTIVA 

 

Schema di decreto legislativo concernente: "Ulteriori modifiche al decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, recante norme in materia ambientale" (n. 96)

(Osservazioni alla 13a Commissione. Seguito e conclusione dell'esame. Osservazioni favorevoli con rilievi)    

 

            Riprende l’esame sospeso nella seduta del 14 giugno scorso.

 

      La senatrice ALLEGRINI (AN) richiama la complessità dello schema di decreto in esame, e evidenzia alcuni profili critici di natura costituzionale dell’atto del Governo n. 96. Si sofferma, quindi, sul contenuto dell’articolo 1, comma 15, che ripristina il Comitato per la vigilanza sull’uso delle risorse idriche, esprimendo un giudizio favorevole sulla riduzione a cinque del numero dei membri - rispetto alla composizione precedente dell’Autorità di vigilanza sulle risorse idriche, formata da tredici membri - che comporterà dei risparmi di spesa. Richiama, inoltre, le considerazioni svolte dalla senatrice De Petris nel corso della seduta di ieri, dichiarando di condividere l’opportunità di eslcudere completamente dall’applicazione della parte quarta del decreto legislativo n. 152 del 2006, relativo alle norme in materia di gestione dei rifiuti e di bonifica dei siti inquinati, i residui della lavorazione agricola che vengono riutilizzati nelle attività del comparto primario.

 

            Nessun altro chiedendo di intervenire, il presidente CUSUMANO (Misto-Pop-Udeur) dichiara chiusa la discussione generale.

 

Interviene, quindi, il sottosegretario MONGIELLO che ritiene condivisibili le osservazioni formulate dalla senatrice De Petris nel corso della seduta di ieri. Richiama, inoltre l’attenzione della Commissione sull’opportunità di mantenere il quadro legislativo vigente, con riferimento alle richieste di modifica, avanzate in seno alla Conferenza unificata, nel parere reso sullo schema di decreto in esame, dell’articolo 101, comma 7, lettera b) del decreto legislativo n. 152 del 2006, essendo preferibile lasciare immutato il testo attualmente in vigore. Rileva, infatti, che eliminando l’inciso indicato dalla Conferenza, dovrebbe sopprimersi anche tutto il restante periodo, in quanto l’articolo 101 disciplina lo scarico in acque superficiali delle acque provenienti da imprese di allevamento e non gli effluenti di allevamento la cui utilizzazione agronomica è invece già prevista dall’articolo 112 del decreto legislativo n. 152 del 2006 e regolamentata dal decreto 7 aprile 2006.

           

            Il presidente relatore CUSUMANO (Misto-Pop-Udeur), richiamate le osservazioni emerse nel corso del dibattito, propone di esprimere delle osservazioni favorevoli con dei rilievi che evidenzino l’opportunità di un coinvolgimento del MIPAAF nella scelta dei membri del Comitato per la vigilanza sull’uso delle risorse idriche, e sottolineino altresì l’opportunità di escludere completamente dall’applicazione della parte quarta del decreto legislativo n. 152 del 2006, i residui della lavorazione agricola che vengono riutilizzati in attività del comparto. Si riserva, inoltre, di integrare le osservazioni favorevoli con dei rilievi che tengano conto delle indicazioni avanzate dal rappresentante del Governo.

 

            Interviene, brevemente, il senatore LOSURDO (AN), cui fornisce chiarimenti il presidente CUSUMANO (Misto-Pop-Udeur), per richiedere che, in generale, le proposte di parere formulate dai relatori vengano preventivamente distribuite ai membri della Commissione. Preannuncia, infine, che il suo Gruppo si asterrà sulla proposta di osservazioni favorevoli, con rilievi, avanzata dal relatore.

 

            Interviene, brevemente, la senatrice DE PETRIS (IU-Verdi-Com) per fornire dei chiarimenti in merito alle considerazioni da lei formulate nel corso della seduta di ieri.

 

            Previo intervento del senatore LOSURDO (AN), che ribadisce l’astensione del suo Gruppo, e del senatore PICCIONI (FI), che preannuncia un voto di astensione, il presidente CUSUMANO (Misto-Pop-Udeur), verificata la presenza del prescritto numero dei senatori pone in votazione la proposta di osservazioni favorevoli, con rilievi (pubblicata in allegato al resoconto della seduta odierna).

 

            La Commissione approva.      

 

            La seduta, sospesa alle ore 15,30, è ripresa alle ore 15,40.

 

OSSERVAZIONI DELLA COMMISSIONE

SULL’ATTO DEL GOVERNO N. 96

 

 

La 9a Commissione permanente del Senato, esaminato lo schema di decreto legislativo in titolo; per quanto di competenza, esprime osservazioni favorevoli, con i seguenti rilievi:

 

a) sottolinea l’opportunità che venga previsto, nella scelta dei membri del Comitato per la vigilanza sull’uso delle risorse idriche, istituito presso il Ministero dell’ambiente, della tutela del territorio e del mare, un coinvolgimento anche del Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali, in considerazione dei riflessi che l’emergenza idrica ha sull’intero comparto primario, facendo rilevare l’opportunità di rivedere il quadro legislativo di riferimento in materia di utilizzo delle risorse idriche, al fine di salvaguardare le produzioni agricole, in considerazione degli effetti negativi sull’agricoltura prodotti dai cambiamenti climatici.

 

Preso, inoltre, atto che, per quel che riguarda i materiali di origine agricola reimpiegati in processi aziendali, per la produzione di fertilizzanti o mangimi e a fini energetici,  la formulazione proposta prevede, all’articolo 1, comma 22, che modifica l’articolo 185 del decreto legislativo n. 152 del 2006, l’esclusione dall’applicazione della relativa disciplina, a condizione che vi sia una legge specifica che ne disciplini la gestione; osservato che alcuni problemi interpretativi in tal senso si sono già riscontrati, in conseguenza del diverso atteggiamento degli enti di controllo a livello locale, soprattutto per gli effluenti zootecnici che, se destinati alla produzione di energia, spesso vengono considerati rifiuti, imponendo alle aziende le regole relative alla compilazione del formulario e allo stoccaggio e che un analogo problema interpretativo si registra altresì per alcuni sottoprodotti della lavorazione dei cereali - come la lolla del riso - anch’essa integralmente riutilizzata a fini energetici.

 

b) Sottolinea, pertanto, l’opportunità di inserire, nell’articolo 1, comma 22 dello schema di decreto in esame, nella parte in cui modifica l’articolo 185, al comma 1, dopo la lettera a), n. 3, del decreto legislativo n. 152 del 2006, le seguenti lettere:

"a-bis) le carogne ed i seguenti rifiuti agricoli: materie fecali, vegetali ed altre sostanze naturali non pericolose utilizzate nelle attività agricole, anche dopo trattamento in impianti aziendali ed interaziendali agricoli, quali gli impianti per la produzione di biogas, che riducano i carichi inquinanti e potenzialmente patogeni dei materiali di partenza; materiali litoidi e terre da coltivazione, anche sotto forma di fanghi, provenienti dalla pulizia e dal lavaggio dei prodotti vegetali riutilizzati nelle normali pratiche agricole e di conduzione dei fondi rustici; sottoprodotti della lavorazione dei cereali e del riso;

a-ter) materie fecali e vegetali di provenienza agricola e agroalimentare destinate alla produzione di energia da biomassa, in impianti aziendali ed interaziendali, alla produzione di fertilizzanti, ai trattamenti di cui all’allegato III del Decreto 7 aprile 2006;".

 

Richiama, inoltre, l’attenzione della Commissione sul fatto che resta ferma la disciplina di cui al regolamento (CE) n. 1774/2002 del Parlamento europeo e del Consiglio del 3 ottobre 2002, recante norme sanitarie relative a sottoprodotti di origine animale non destinate al consumo umano, che costituisce disciplina esaustiva ed autonoma nell'ambito del campo di applicazione ivi indicato.

 

Infine, richiama l’attenzione della Commissione sulla opportunità che le disposizioni del decreto legislativo n. 152 del 2006, relative ai criteri generali della disciplina degli scarichi, con particolare riguardo all’articolo 101, comma 7, lettera b), del citato decreto legislativo, non siano modificate.

 


 

INDUSTRIA, COMMERCIO, TURISMO     (10ª) 

 

Mercoledì 13 giugno 2007

63ª Seduta

 

IN SEDE CONSULTIVA 

 

 

Schema di decreto legislativo concernente: "Ulteriori modifiche al decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, recante norme in materia ambientale" (n. 96)

(Osservazioni alla 13ª Commissione. Esame e rinvio)

 

 

      Il presidente SCARABOSIO comunica che nel corso della Sottocommissione per i pareri, testé riunitasi, è stata richiesta la rimessione alla sede plenaria dell'atto del Governo in titolo. L'ordine del giorno della seduta odierna è pertanto integrato con tale argomento.

            Il presidente Scarabosio, in qualità di Relatore, introduce quindi l'esame del provvedimento in titolo, sottolineando come lo schema di decreto legislativo n. 96 apporta modifiche correttive al decreto legislativo 30 aprile 2006, n. 152 recante: "Norme in materia ambientale".  A tale proposito ricorda che l'articolo 1, comma 6, della legge 15 dicembre 2004, n. 308, che conferiva la delega al Governo ad emanare il decreto ambientale, consente di modificare lo stesso decreto entro due anni dalla sua emanazione. Lo schema di decreto in titolo segue un primo provvedimento di modifica ed integrazione, il decreto legislativo 8 novembre 2006 n. 284. Come sottolineato dalla relazione illustrativa, le modifiche proposte dall'atto in esame sono finalizzate alla risoluzione di alcuni problemi applicativi e all'introduzione di ulteriori adeguamenti alla normativa comunitaria, accogliendo anche rilievi emersi durante i precedenti passaggi parlamentari presso le competenti Commissioni.

Di particolare rilievo appaiono gli adeguamenti della nozione di "rifiuto" in relazione a quanto stabilito in sede comunitaria. Con l'approvazione del citato decreto n. 152, l'Italia avrebbe eccessivamente ampliato al nozione di "materia prima secondaria", includendovi alcune categorie di prodotti della lavorazione industriale pericolosi per l'ambiente e la salute umana, come taluni residui di attività metallurgiche e siderurgiche.

Il comma 20 dell'articolo 1 dello schema di decreto in esame interviene quindi sulla nozione di rifiuto riscrivendo l'articolo 183 del decreto n. 152. Esso propone l'eliminazione della nozione di "materia prima secondaria per attività siderurgiche e metallurgiche" che può essere costituita da rottami ferrosi e non ferrosi derivanti da operazioni di recupero completo e rispondenti a determinate specifiche ovvero da  rottami o scarti di lavorazioni industriali o artigianali o provenienti da cicli produttivi o di consumo, esclusa la raccolta differenziata, che possiedono in origine le medesime caratteristiche riportate nelle suddette specifiche. Viene inoltre eliminata la nozione di "sottoprodotto" quale prodotto dell'attività dell'impresa che, pur non costituendo l'oggetto dell'attività principale, scaturisce in via continuativa dal processo industriale dell'impresa stessa, destinato ad un ulteriore impiego o al consumo. Lo schema di decreto modifica, inoltre,  le definizioni di "smaltimento" e "recupero".

Il comma 22 riformula l'articolo 185, relativo ai materiali non rientranti nella disciplina dei rifiuti, anche qui limitando i casi di inapplicabilità di tale disciplina a quelli tassativamente previsti dalla normativa europea.

Modifiche sono inoltre apportate all'articolo 186 relativo alle terre e rocce da scavo, prevedendo che tali materiali sono sottraibili alla disciplina dei rifiuti solo quando sono destinati in modo certo e senza trattamenti preventivi all'effettivo utilizzo per reinterri e riempimenti. Occorre quindi che il progetto rilevi tali materiali e fornisca quei dati tecnici necessari a verificare che essi non superino i valori limite di concentrazione prestabiliti e certifichi la compatibilità degli stessi materiali con il sito di destinazione.

Sempre in tema di disciplina sui rifiuti il Presidente relatore si segnala che i commi 40 e 41 novellano l'articolo 229 recante disposizioni sui combustibili da rifiuti, anche di qualità elevata. Ai sensi delle definizioni contenute nell'articolo 183, per combustibile derivato da rifiuti (CDR) di qualità normale o elevata si deve intendere quel combustibile recuperato con trattamenti speciali a cui vengono sottoposti rifiuti non pericolosi finalizzati a garantire un adeguato potere calorifico e la riduzione dei rischi ambientali e sanitari. Il CDR deve inoltre essere classificabile come tale in base ad apposite norme UNI. La modifica all'articolo 229 è finalizzata ad introdurre i CDR di qualità elevata (CDR-Q) tra i rifiuti speciali.

Tra i molti profili toccati dallo schema di decreto, si può segnalare come i commi 1-7 introducano modifiche ad alcune definizioni contenute nell'articolo 74 con la finalità di fissare una netta distinzione tra acque di scarico e rifiuti liquidi. Viene inoltre modificata la nozione di "valore limite di emissione" e, mediante modifica dell'articolo 108, viene resa obbligatoria la fissazione di valori limite di emissione più restrittivi per i scarichi di sostanze pericolose. In tema di autorizzazione agli scarichi, il comma 12 propone la soppressione di quella parte del comma 7 dell'articolo 124 che prevede che l'autorizzazione si intende temporaneamente concessa in caso di silenzio dell'autorità competente al rilascio.

Il comma 15 prevede la ricostituzione del Comitato per la vigilanza sull'uso delle risorse idriche e dell'Osservatorio sui rifiuti, soppresse dal decreto n. 152 del 2006 che istituiva un'Autorità indipendente a sua volta soppressa dal primo decreto correttivo del Codice ambientale. Per la gestione dei rifiuti e la bonifica dei siti inquinati, il Ministero potrà avvalersi del supporto tecnico dell'APAT senza maggiori oneri o spese.

Il comma 24 dello schema di decreto modifica l'articolo 189 sul catasto dei rifiuti, prevedendo l'obbligo, da parte dei produttori di rifiuti speciali non pericolosi, di comunicare alle Camere di commercio, industria e agricoltura le quantità e le caratteristiche qualitative dei rifiuti  mentre tale obbligo è attualmente previsto solo per i produttori di rifiuti pericolosi.

       Attesa la complessità del provvedimento, il Presidente relatore ne propone il rinvio.

 

       La Commissione conviene e pertanto il seguito dell'esame è rinviato.


 

INDUSTRIA, COMMERCIO, TURISMO     (10ª) 

 

Mercoledì 20 giugno 2007

65ª Seduta

 

IN SEDE CONSULTIVA 

 

IN SEDE CONSULTIVA 

 

Schema di decreto legislativo concernente: "Ulteriori modifiche al decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, recante norme in materia ambientale" (n. 96)

(Osservazioni alla 13^ Commissione. Seguito dell'esame e rinvio)

 

            Riprende l'esame dello schema di decreto legislativo in titolo sospeso nella seduta del 13 giugno.

 

            Il presidente relatore SCARABOSIO (FI) integra l'esposizione svolta nella seduta del 13 giugno, sottolineando che dalla relazione illustrativa  del Governo si evince che le modifiche proposte sono in larga parte dettate dall'esigenza di adeguare la normativa nazionale in tema di norme ambientali alle direttive comunitarie, onde evitare, tra l'altro, le pesanti sanzioni per inadempimento recentemente inasprite.

            Ritiene altresì di dover segnalare che le modifiche proposte al codice ambientale solo in minima parte recepiscono i rilievi delle Commissioni parlamentari e della Conferenza unificata.

            Venendo ai contenuti del provvedimento, osserva che emerge  un atteggiamento di fondo ancora una volta radicalizzato ideologicamente contro le categorie produttive, dimenticando la necessità di sostenere la competitività delle nostre aziende che sul mercato globale si ritrovano a competere con concorrenti di altre parti del mondo che non si curano di rispettare alcuna normativa ambientale, riuscendo così ad avere costi di produzione molto bassi. Mancano infatti, sia nella parte generale che nell'esame specifico delle norme, riferimenti o richiami all'operatività delle aziende ed alla difficoltà  delle stesse di adeguarsi alla normativa così come modificata, nonchè ai costi che tale adempimento comporterebbe.

            Ritiene, al contrario, che un legislatore  accorto e sensibile alle aspettative di sviluppo del Paese dovrebbe prestare la massima attenzione, nell'adeguare la legislazione nazionale alle direttive comunitarie, all'esigenza di non gravare  le aziende con continui adempimenti che incidono pesantemente sui costi di impresa. 

            Sulla base delle suddette considerazioni, il Presidente relatore preannuncia che sottoporrà alla Commissione uno schema di osservazioni di tenore favorevole con taluni  rilievi. Questi sono riferiti  in primo luogo ai commi 8 e 9 (dell'unico articolo di cui si compone il provvedimento) che comportano un aggravio di costi per le aziende, poichè prescrivono che lo scarico delle acque di raffreddamento, di lavaggio, ovvero impiegate per la produzione di energia sia separato dallo scarico di ciascuno stabilimento e rendono obbligatoria la fissazione di valori limite di emissione più restrittivi.

Anche il comma 12 pone un pesante ostacolo all'efficienza delle aziende che sono già vessate dalle molteplici richieste di autorizzazioni burocratiche che ne rallentano l'operatività.

Il comma 14 è foriero di incertezza giuridica per gli operatori economici, in quanto esclude la facoltatività dell'adesione alla gestione unica del servizio idrico integrato, rinviando a nuove disposizioni la possibilità di consentire delle eccezioni, le cui fattispecie non sono però definite.

Il comma 15, che prevede la ricostituzione di un Comitato di vigilanza e di un Osservatorio precedentemente soppressi, per far posto ad un'Autorità anch'essa soppressa, in virtù di un decreto in corso di pubblicazione, comporta continue variazioni dello scenario giuridico di riferimento, causando gravi difficoltà, se non la paralisi organizzativa, agli operatori economici.

Il comma 18, introducendo lo strumento degli accordi ambientali, comporta per le aziende un'ulteriore variazione nell'organizzazione dello smaltimento dei rifiuti.

Il comma 26, infine, eliminando i criteri di determinazione delle condizioni di assimilazione dei rifiuti speciali ai rifiuti urbani, rischia di creare una difformità di disciplina fra Comuni, che discrezionalmente possono determinare nel proprio ambito territoriale tali criteri.

 

Il PRESIDENTE, dopo aver richiamato l'attenzione della Commissione sui rilievi testè illustrati in qualità di Relatore sul provvedimento in esame, propone di rinviare il conseguente dibattito per gli opportuni approfondimenti, ad una prossima seduta.

 

La Commissione concorda e pertanto il seguito dell'esame è rinviato.

 

 

 


 

INDUSTRIA, COMMERCIO, TURISMO     (10ª) 

 

Mercoledì 27 giugno 2007

67ª Seduta

 

IN SEDE CONSULTIVA 

 

Schema di decreto legislativo concernente: "Ulteriori modifiche al decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, recante norme in materia ambientale" (n. 96)

(Parere alla 13ª Commissione. Seguito dell'esame e rinvio)

 

            Riprende il seguito l’esame del provvedimento in titolo, sospeso nella seduta del 13 giugno scorso, nella quale, ricorda il Presidente, la relazione introduttiva era stata integrata con una serie di rilievi critici sull’atto.

 

            Si apre quindi il dibattito.

 

      Il senatore PECORARO SCANIO (IU-Verdi-Com) osserva che è necessario collocare il provvedimento in esame nella complessa cornice cui si riferisce. Esso modifica infatti diverse disposizioni delle parti terza e quarta del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, e tale decreto consentirà di affrontare, nell’immediato, le più evidenti violazioni comunitarie in cui l’Italia era incorsa nell’emanazione della normativa ambientale entrata in vigore nell’aprile 2006. Il ripristino della nozione di scarico diretto, inteso come quello operabile esclusivamente tramite condotta, in modo da precludere la possibilità che i rifiuti liquidi possano venire a confluire nelle acque di scarico, nonché l’eliminazione della possibilità, peraltro gravemente contraria al diritto comunitario, di smaltire una parte, ancorché biodegradabile, dei rifiuti urbani tramite gli impianti di depurazione e ancora una puntuale definizione della giuridica di "rifiuto", al fine di evitare che sostanze quali il sottoprodotto o le materie prime secondarie sin dall’origine o, seppure con alcune deroghe, le terre e rocce da scavo possano non essere considerate tali e di conseguenza sottratte al regime di controlli previsto per i rifiuti, sono tutti elementi oggetto di norme che non solo rispondono in modo puntuale ai rilievi comunitari, ma consentono anche di rafforzare la salvaguardia del territorio nel Paese.

            L’Oratore sottolinea che è necessario avere la consapevolezza che tali norme possono comportare un aggravio sul sistema produttivo, ma questa semplice constatazione non può essere freno all’urgenza di superare le procedure di infrazione comunitaria n. 2002/2077, 2002/2013 e 2005/4051 concernenti il cosiddetto codice ambientale o previgenti normative integralmente riportate nel codice stesso. Così come è necessario avere la consapevolezza che anche in ragione dei più rigorosi regimi sanzionatori definiti in ambito comunitario attraverso la Comunicazione SEC (2005) 1658 del 13 dicembre 2005, l’Italia si troverebbe di fronte ad un impegno per sanzioni estremamente oneroso per le casse pubbliche.

            Tutto ciò premesso, a partire i rilievi illustrati dal Relatore, è necessario avere la consapevolezza, come un approccio che tenda ad adeguare la legislazione alla normativa comunitaria per i soli livelli indispensabili, non terrebbe adeguatamente conto degli effetti che il danno ambientale produce non solo sulla qualità della vita dei cittadini, ma anche sull’economia nazionale: ad esempio i processi di eutrofizzazione, effetto di una gestione inadeguata degli scarichi liquidi, produce un impatto pesantissimo sui comparti del turismo, come dimostra la vicenda delle mucillaggini nel Mar Adriatico.

            Ulteriori riflessioni richiede poi il riferimento al comma 26: è necessario esplicitare come , grazie alle modifiche, permanga una competenza più ampia allo Stato centrale (concernente l’intera gestione dei criteri per l’assimilazione dei rifiuti speciali a quelli urbani), e sia garantito un uniforme sistema di criteri su tutto il territorio nazionale. Il riferimento, inoltre, potrebbe apparire in evidente contraddizione con la premessa che prende atto dalla necessità dell’intervento per superare le infrazioni comunitarie, dal momento che la principale infrazione riguarda proprio la questione dei rifiuti, e riportare la questione nella sua totalità alla gestione statale consente una maggiore garanzia anche per l’Unione Europea.

            I commi 8 e 9, inoltre, non solo assicurano una maggiore sostenibilità ambientale, ma elimina un incongruo elemento di discrezionalità delle autorità pubbliche che pesa sul sistema industriale, rendendo più trasparente e chiaro il sistema di autorizzazione, soprattutto per quanto attiene il comma 8.

            Infine, di fronte al largo uso dei processi di autocertificazione e silenzio-assenso che hanno avuto ampio spazio nella gestione della Pubblica Amministrazione dalla metà degli anni ’90 in poi, è utile, in riferimento al comma 12, riaffermare il ragionevole principio secondo il quale, per l’autorizzazione avente per oggetto materia sensibile (ambientale e igienico-sanitaria in particolare), non può valere il silenzio-assenso.

            Più efficace sarebbe quindi operare per una integrazione della normativa in termini di sua gradualità e di semplificazione di oneri incongrui o non necessari, come valutare, anche con riferimento ai profili di compatibilità comunitaria, idonee misure di semplificazione e coordinamento tra le procedure recate dal comma 25 e quanto disposto dall’articolo 13 del decreto legislativo n. 99 del 1992, anche al fine di evitare sovrapposizioni di adempimenti, nonché, inoltre,  valutare la necessità di coordinamento tra la disposizione di cui alla lettera f) dell'articolo 183 come modificato dallo schema in esame, con l’articolo 205 recante le misure per incrementare la raccolta differenziata, che prevede, al comma 2, la destinazione della frazione organica umida anche al recupero di energia.

            L’Oratore prosegue esprimendo l’avviso che, sempre in coerenza con tale orientamento, sarebbe stato semmai utile, con riferimento all’articolo 181 in materia di recupero, nel testo novellato dal comma 18 dello schema di decreto correttivo, sostenere l'opportunità e la necessità di una disposizione transitoria nelle more dell’emanazione del decreto di cui al comma 4 e prevedere, in riferimento alle materie prime secondarie, al deposito temporaneo e al sottoprodotto, un regime transitorio, tenendo conto delle linee di evoluzione della disciplina e della giurisprudenza comunitaria nell'individuazione delle nozioni, nonché infine, con  riferimento all'utilizzo della tecnica del MUD per conoscere a fini statistici i flussi dei rifiuti, promuovere il ricorso anche a tecniche alternative che, assicurando la tracciabilità dei rifiuti comportassero un alleggerimento dei costi e delle procedure burocratiche per le imprese.

           

            Non essendovi altri interventi in discussione generale, il PRESIDENTE la dichiara chiusa.

 

            Il seguito dell’esame è quindi rinviato.

 

 


TERRITORIO, AMBIENTE, BENI AMBIENTALI    (13ª) 

 

Mercoledì 30 maggio 2007

79ª Seduta 

 (omissis)

 

IN SEDE CONSULTIVA SU ATTI DEL GOVERNO 

Schema di decreto legislativo concernente: "Disposizioni integrative e correttive del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, recante norme in materia ambientale" (n. 96)

(Parere al Ministro per i rapporti con il Parlamento e le riforme istituzionali, ai sensi dell'articolo 1, commi 5 e 6, della legge 15 dicembre 2004, n. 308. Esame e rinvio)

 

      Il relatore, senatore RONCHI (Ulivo) riferisce sullo schema di decreto legislativo in titolo, auspicando che il parere possa essere reso entro il termine la cui scadenza è posta per il 28 giugno. In tal senso, appare opportuno che, nel rispetto di tali tempi, la Commissione possa esprimersi attraverso un parere articolato, che tenga naturalmente conto degli orientamenti e delle valutazioni che emergeranno nel corso della discussione.

            Fa presente inoltre che, diversamente da quanto inizialmente prospettato dal Governo, la Commissione ritiene che attraverso tale provvedimento si debba pervenire ad una revisione organica delle parti terza e quarta del decreto legislativo n. 152 del 2006 dedicate, rispettivamente, alla gestione delle risorse idriche, alla gestione dei rifiuti ed alla bonifica dei siti inquinati. Infatti, non è apparso opportuno che si procedesse a modifiche soltanto parziali di tali parti del cosiddetto codice ambientale, in vista di un successivo decreto legislativo che sarebbe intervenuto su tali disposizioni. Per tale ragione, fin da ora, anticipa che il parere che la Commissione è tenuta ad esprimere non dovrebbe limitarsi ad avanzare suggerimenti ed osservazioni solo sulle disposizioni delle parti terza e quarta, oggetto di modifica da parte del provvedimento in titolo, bensì estendersi anche alle ulteriori disposizioni del decreto legislativo n. 152 del 2006 dedicate a tali tematiche.

            Inoltre, ricorda che nei mesi scorsi, attraverso audizioni tenutesi in sede informale, sono stati acquisiti utili elementi informativi da parte dei rappresentanti delle Regioni, delle Province, dei Comuni, delle associazioni di protezione ambientale, del mondo economico e sociale, nonché di esperti, in una consultazione a largo raggio che ha consentito di approfondire i contenuti delle modifiche al cosiddetto codice ambientale. In considerazione dei tempi ristretti per l'espressione del parere da parte della Commissione, sarebbe opportuno invitare tali soggetti ad inviare eventuali osservazioni scritte in merito ad ulteriori proposte e suggerimenti con riguardo alle disposizioni contenute dal provvedimento in esame.

            Nella attività preparatoria all'esame dello schema di decreto legislativo occorre inoltre segnalare che una delegazione della Commissione si è recata il 19 e 20 marzo 2007 a Bruxelles per approfondire i contenuti della nuova direttiva quadro sui rifiuti sulla quale il Parlamento europeo ha approvato una risoluzione con la proposta di alcuni emendamenti. Il Consiglio dei Ministri dell'Unione europea definirà entro la fine del prossimo mese il testo base della posizione comune su tale provvedimento. Tenuto conto della attinenza di tale rilevante nuova direttiva rispetto alle disposizioni contenute nel provvedimento in titolo, per quanto concerne la parte dei rifiuti, sarebbe utile in qualche modo considerare le proposte che tale provvedimento ancora in itinere avanza rispetto alla nozione di sottoprodotto e alla riclassificazione dei prodotti secondari.

            Per quanto concerne più direttamente il merito delle disposizioni presenti nello schema di decreto legislativo, dopo aver posto l'accento sulle modifiche alla nozione di scarico, si sofferma sulla esigenza di una ridefinizione del servizio idrico integrato e del conseguente ruolo degli ambiti territoriali ottimali. A tale riguardo, come peraltro già osservato durante l'esame del precedente schema di decreto legislativo correttivo, sarebbe indispensabile puntare alla unitarietà e non all'unicità della gestione dei servizi idrici, senza configurare gli ATO come tanti enti aventi personalità giuridica.

            Dopo aver evidenziato la necessità di dare maggiore consistenza ai comitati per la gestione dei servizi idrici e dei rifiuti, evidenzia che per quanto concerne il tema della riclassificazione delle materie, delle sostanze e dei prodotti secondari bisognerebbe ricercare una mediazione che, nel rispetto alla giurisprudenza della Corte di giustizia europea, non sposi nè quanto sostenuto dalle Regioni - per le quali l'individuazione di tali materie avverebbe all'origine - né quanto suggerito dal testo dello schema in esame, nel quale si prospetta una equivalenza di tali prodotti con le materie prime.

            Dopo aver precisato che per quanto attiene al deposito temporaneo dei rifiuti occorrerebbe stabilire che per determinati materiali il conferimento non dovrebbe superare i tre mesi, rileva che con riferimento ai sottoprodotti derivati non intenzionalmente da processi produttivi, come ad esempio le terre e rocce da scavo, si avverte l'esigenza di indicare precisi requisiti di qualità ambientale, requisiti che non dovrebbero essere garantiti tramite trattamenti preventivi.

            Sottolinea poi la necessità di inserire all'interno delle norme sul sistema sanzionatorio una previsione specifica nel caso di inosservanza delle prescrizioni dettate dalle autorità competenti, mentre, per quanto concerne i consorzi di filiera, occorrerebbe orientarsi per evitare una loro proliferazione. Infine, sottolinea che andrebbe ricercato un coordinamento tra le norme sul danno ambientale e le norme che disciplinano la bonifica dei siti inquinati, inserendo altresì disposizioni che favoriscono processi di reindustrializzazione delle aree oggetto di bonifica.

 

            Il presidente SODANO prospetta l'eventualità di offrire ai senatori che eventualmente non riuscissero ad intervenire nel corso della discussione la possibilità di avanzare per iscritto osservazioni e suggerimenti.

 

            Il senatore MUGNAI (AN) osserva che la particolare tempistica del provvedimento  in esame non potrebbe in nessun caso giustificare la compressione del dibattito e, in tal senso, non ritiene condivisibile l'ipotesi prospettata dal Presidente. A tale riguardo appare opportuno che sia convocato al più presto un Ufficio di presidenza integrato dai rappresentanti dei Gruppi parlamentari che affronti le modalità di trattazione di tale rilevante schema di decreto legislativo.

 

            Il presidente SODANO, nel far presente al senatore Mugnai che l'ipotesi in precedenza prospettata non nascondeva in nessun modo l'intento di contrarre gli spazi di discussione, condivide la necessità di convocare al più presto un Ufficio di Presidenza per la programmazione dei lavori in merito allo schema di decreto legislativo in titolo, rinvia quindi il seguito dell'esame dello schema di decreto legislativo.

 


TERRITORIO, AMBIENTE, BENI AMBIENTALI    (13ª) 

 

MERCOLEDÌ 20 giugno 2007

90ª Seduta 

 

Schema di decreto legislativo concernente: "Ulteriori modifiche al decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, recante norme in materia ambientale" (n. 96)

(Parere al Ministro per i rapporti con il Parlamento e le riforme istituzionali, ai sensi dell’articolo 1, commi 5 e 6, della legge 15 dicembre 2004, n. 308. Seguito dell'esame e rinvio)

 

            Riprende l'esame dello schema legislativo in titolo, sospeso nella seduta del 30 maggio ultimo scorso.

 

      Il presidente SODANO, dopo aver ricordato che l'Ufficio di Presidenza integrato dai rappresentanti dei Gruppi ha convenuto nella riunione tenutasi ieri di svolgere, a partire da domani, una serie di audizioni con i rappresentanti dei Dicasteri dell'ambiente e dello sviluppo economico, nonchè dell'ANCI, dell'UPI e della Conferenza Stato regioni.

            Fa presente, inoltre, che nella scorsa seduta il relatore, senatore Ronchi ha svolto un'esposizione introduttiva che ha successivamente riportato in una relazione scritta che è stata distribuita ai componenti della Commissione.

 

            Prende la parola il senatore MUGNAI (AN) che sottolinea la necessità si svolgere una discussione ampia sul provvedimento in esame, senza che la stessa sia ridotta a causa dei termini ristretti entro i quali la Commissione è chiamata ad esprimere il previsto parere. In particolare, l'ampiezza delle considerazioni svolte dal relatore, impongono che, prima che si proceda alla votazione del parere, siano rese note almeno le linee portanti che il relatore intende seguire nella elaborazione del parere.

 

            Il presidente SODANO dopo aver ricordato che la Commissione segue la prassi di votare un mandato al relatore a redigere un parere che tenga conto dei suggerimenti e delle indicazioni scaturite durante la discussione, prende atto delle valutazioni espresse dal senatore Mugnai, precisando che è comunque dovere della Commissione esprimere il parere entro il termine previsto del 28 giugno p.v., termine che peraltro è indicato nella stessa legge delega, n. 408 del 2004.

 

            Il senatore RONCHI (Ulivo) sottolinea che, a suo avviso, il parere sullo  schema del decreto legislativo dovrà essere particolarmente ampio in quanto, così come concordato con l'omologa Commissione della Camera dei deputati, d'intesa con il Governo, si è convenuto di tentare una revisione organica delle parti III e IV del cosiddetto codice ambientale. Per tali ragioni, il contenuto del parere risulterà assai ampio. A ciò si aggiunga la necessità di prevedere disposizioni coordinate ed integrate per quanto concerne la parte che disciplina le bonifiche dei siti inquinati. Infatti, in tale parte sembra opportuno raccogliere anche le disposizioni, fin qui mantenute separate, concernenti il risanamento del danno ambientale.

            Coglie infine l'occasione per segnalare che ha avuto modo di esaminare un documento di lavoro, predisposto dagli uffici tecnici di alcuni Gruppi di opposizione, concernente le problematiche derivante dalle ulteriori modifiche proposte al decreto legislativo n. 152 del 2006.

           

            Il senatore MUGNAI (AN) fa presente al senatore Ronchi che il documento cui ha fatto cenno sarà messo a disposizione dei componenti della Commissione.

 

            Il senatore PIGLIONICA (Ulivo) ritiene utile una valutazione del rappresentante del Governo circa il contenuti del parere che la Commissione è chiamata ad esprimere, parere che, secondo quando anticipato dal relatore, risulterebbe assai ampio ed articolato.

 

            Il presidente SODANO , in considerazione di quanto prospettato dai senatori intervenuti e tenuto conto del termine entro il quale va espresso il parere sullo schema di decreto legislativo in titolo, invita i senatori a fornire in tempi brevi al relatore eventuali osservazioni e valutazioni che egli potrà considerare ai fini della elaborazione del parere.

 

            Il seguito dell'esame è quindi rinviato.

 


TERRITORIO, AMBIENTE, BENI AMBIENTALI    (13ª) 

 

MARTEDI’ 26 giugno 2007

92ª Seduta 

 

Schema di decreto legislativo concernente: "Ulteriori modifiche al decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, recante norme in materia ambientale" (n. 96)

(Parere al Ministro per i rapporti con il Parlamento e le riforme istituzionali, ai sensi dell'articolo 1, commi 5 e 6, della legge 15 dicembre 2004, n. 308. Seguito dell'esame e rinvio) 

 

            Riprende l’esame dello schema di decreto legislativo in titolo, sospeso nella seduta del 20 giugno scorso.

 

            Si apre la discussione.

 

      Il senatore BELLINI (SDSE) sottolinea l'opportunità di soppesare attentamente la scelta di sostituire il principio di unitarietà a quello di unicità della gestione del servizio idrico integrato, anche in considerazione del fatto che solo l'affidamento ad un gestore unico è in grado di assicurare le economie di scala e la razionale gestione dei servizi a livello di bacino.

            Per quanto concerne poi la scelta di ridimensionare su scala provinciale gli ATO, va considerato che essa potrebbe incidere negativamente sulla efficacia della pianificazione degli interventi per l'intero corpo idrico e comunque metterebbe in discussione territori di gestione già affidati sulla base di contratti stipulati. La riorganizzazione degli ATO in ambito provinciale indebolirebbe sicuramente le competenze tecniche necessarie ad assicurare il controllo e renderebbe più difficoltosa anche la vigilanza sull'erogazione del servizio proprio mentre emerge la necessità di rafforzare la regolazione pubblica integrando quella svolta dagli ATO con l'attività di una autorità indipendente di settore, che potrebbe essere istituita trasformando il comitato di cui all'articolo 161 del decreto legislativo n. 152.

 

            La senatrice DE PETRIS (IU-Verdi-Com) rileva che appare assolutamente opportuno prevedere l'unitarietà, e non l'unicità,  della gestione del servizio idrico per ciascun ambito, precisando che deve essere in ogni caso assicurato il carattere pubblico delle reti.

            In materia di materie prime e secondarie, di sottoprodotti e di terre e rocce da scavo, occorre tener conto senz'altro in sede di formulazione del parere dei contenuti della direttiva quadro che sta per essere adottata, ma restando sulle linee generali, visto che al  momento nelle istituzioni europee si confrontano su questi temi orientamenti non univoci.

            E' necessario che il Governo proceda con sollecitudine ad adottare lo schema di decreto legislativo in materia di VIA e di VAS, dato che a breve scadrà il termine previsto per l'entrata in vigore delle relative parti del decreto legislativo n. 152.

 

            Il senatore PIGLIONICA (Ulivo) auspica che il rappresentante del Governo fornisca valutazioni ed indicazioni in ordine alla tematica delle bonifiche dei siti inquinati.

 

            Il presidente SODANO ricorda che il ministro BERSANI ha illustrato alla Commissione le valutazioni e gli orientamenti del Ministero dello sviluppo economico in ordine alle modifiche da apportare al decreto legislativo n. 152.

 

            Il sottosegretario di Stato DETTORI fa presente che il Governo valuterà attentamente tutte le tematiche sottese alla modifica del decreto legislativo n. 152 sulla base dei pareri che saranno espressi dalle competenti Commissioni di Camera e Senato.

 

            Il senatore MUGNAI (AN), riservandosi di valutare in sede di dichiarazione di voto le ulteriori indicazioni oggi fornite dal relatore, osserva che in considerazione dell'importanza rivestita dal provvedimento  in esame sarebbe opportuno sottoporre al voto della Commissione una formale proposta di parere, anziché il semplice mandato al relatore a redigere il parere.

            Segnala quindi la necessità di evitare modifiche dell'articolo 183 del decreto legislativo n. 152, recante la definizione di rifiuto, suscettibili di creare eccessivi spazi di discrezionalità a disposizione dell'interprete con conseguenti riflessi pesantemente negativi sulla certezza del diritto.

            Invita il relatore a fornire chiarimenti maggiori in ordine all'iscrizione all'albo nazionale dei gestori di cui all'articolo 212 ed osserva che la normativa dettata dal decreto legislativo n. 152 in tema di sottoprodotti appare maggiormente conforme alla giurisprudenza degli organi di giustizia europea di quella correttiva ora proposta.

            Rileva che la riscrittura dell'intera normativa in tema di bonifiche e di danno ambientale illustrata dal relatore non tiene conto del fatto che anche a livello europeo le due tematiche sono tenute accuratamente distinte e fa presente che sarà sua cura mettere a disposizione dei commissari una nota contenente tutta una serie di indicazioni e di valutazioni sulle principali questioni emerse dal dibattito.

 

            Il senatore FERRANTE (Ulivo) osserva che la straordinaria ampiezza dell'oggetto della delega legislativa conferita al Governo, oltre che le caratteristiche e i contenuti del parere reso dalla Conferenza Stato-Regioni, impongono oggettivamente alla Commissione di esprimersi attraverso un parere dettagliato e preciso.

 

            Il presidente SODANO ricorda che secondo una prassi consolidata, rigorosamente e costantemente rispettata anche nel corso della precedente legislatura, la Commissione vota il mandato al relatore a redigere un parere che tenga conto delle indicazioni del dibattito svoltosi, mandato che peraltro non può assumere le caratteristiche di un mandato in bianco anche perché il dibattito si svolge con riferimento ad una bozza di parere presentata dal relatore.

 

            Si chiude la discussione.

 

            Il seguito dell'esame è quindi rinviato ad altra seduta.

 


TERRITORIO, AMBIENTE, BENI AMBIENTALI    (13ª) 

 

MERCOLEDÌ 27 giugno 2007

93ª Seduta 

 

IN SEDE CONSULTIVA SU ATTI DEL GOVERNO 

 Seguito dell'esame dello schema di decreto legislativo concernente: "Ulteriori modifiche al decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, recante norme in materia ambientale" (n. 96)

(Parere al Ministro per i rapporti con il Parlamento e le riforme istituzionali, ai sensi dell'articolo 1, commi 5 e 6, della legge 15 dicembre 2004, n. 308. Seguito e conclusione dell'esame. Parere favorevole con condizioni e raccomandazioni) 

 

            Riprende l’esame dello schema di decreto legislativo in titolo, sospeso nella seduta di ieri.

 

      Il relatore, senatore RONCHI (Ulivo), intervenendo in sede di replica, dopo aver evidenziato che nel parere che elaborerà ha tenuto conto dei suggerimenti e delle valutazioni emerse nel corso della discussione, si sofferma su alcuni aspetti più significativi dello schema di decreto legislativo, a cominciare dalla gestione degli ambiti territoriali ottimali (ATO) nel settore delle acque e dei rifiuti. Su tale argomento, è emersa l'opportunità di richiamarsi al concetto di unitarietà, anzichè a quello di unicità della gestione, in quanto maggiormente in linea con la pluralità dei soggetti operanti in tali settori. In particolare, nel parere verrà ribadita l'esigenza di richiamare la legislazione regionale, nel rispetto delle competenze dei comuni. Inoltre, in considerazione delle proposte di legge ancora in itinere, non si propongono modifiche sull'affidamento dei servizi pubblici locali.

            Per quanto riguarda, poi, la disciplina dei siti inquinati ribadisce che è apparso indispensabile mettere in relazione tali tematiche con quelle della riparazione del danno ambientale, consentendo allo stesso Governo una più coerente azione legislativa.

            Rispetto alle segnalazioni ed alle critiche che, con spirito costruttivo, sono state avanzate da alcuni senatori dell'opposizione, tiene a precisare che le obiezioni di metodo - relative al fatto che nel parere si suggeriscono indicazioni e modifiche anche a parti che non sono contenute nello schema di decreto legislativo trasmesso dal Governo - non risultano convincenti poiché, se si fosse accettata una valutazione così restrittiva, si sarebbero compromessi gli spazi di intervento del Parlamento.

            Dopo aver precisato che le materie prime secondarie derivate all'origine dei processi produttivi risultano classificabili come sottoprodotti e che il richiamo ad una circolare ministeriale del 1999 deve essere aggiornato alla luce dell'evoluzione normativa e giurisprudenziale, fa presente che, a suo avviso, le indicazioni trasmesse dalla Conferenza unificata Stato-Regioni, per quanto rilevanti, non possono essere ritenute vincolanti.

            In conclusione, dopo aver rilevato che le esigenze di semplificazione sollevate dal mondo imprenditoriale sono state considerate nel momento in cui si suggerisce al Governo di semplificare le procedure concernenti sia il modello unico di dichiarazione ambientale sia l'iscrizione all'albo nazionale gestori dei rifiuti, preannuncia la sua intenzione di redigere un parere favorevole corredato da alcune condizioni e raccomandazioni.

 

            Il sottosegretario DETTORI esprime il proprio compiacimento per il lavoro svolto dalla Commissione e dal relatore, sottolineando che rientra nelle prerogative del Parlamento apportare miglioramenti ai provvedimenti varati dall'Esecutivo. Nella elaborazione di tale schema di decreto legislativo, il Governo, peraltro, si è mostrato fortemente sensibile nei confronti delle esigenze poste dal mondo imprenditoriale, ferma restando l'attenzione per la sostenibilità ambientale.

 

            Si procede quindi alle dichiarazioni di voto sul mandato al relatore a redigere un parere favorevole con condizioni e raccomandazioni.

 

            Il senatore BELLINI (SDSE), annunciando il voto favorevole della propria parte politica, ritiene apprezzabile il lavoro svolto dal relatore, soprattutto per quanto riguarda l'obiettivo della semplificazione delle procedure per le attività imprenditoriali minori. Coglie l'occasione per sottolineare la necessità di un maggior coordinamento in futuro tra le ulteriori modifiche al decreto legislativo n. 152 del 2006 e il regolamento europeo per le sostanze chimiche che sta per entrare in vigore.

 

            Il senatore CONFALONIERI (RC-SE), nell'esprimere il proprio voto favorevole, giudica in modo positivo il metodo di lavoro intrapreso dal relatore che giustamente ha inteso proporre una revisione maggiormente sistematica delle parti III e IV del cosiddetto codice ambientale. Tale impostazione è peraltro condivisibile anche per superare quegli elementi negativi che, al di là del merito, hanno contrassegnato il decreto legislativo n. 152 del 2006: il mancato rispetto delle normative comunitarie; una situazione conflittuale con gli enti locali; difficoltà di natura interpretativa nell’applicazione di alcune norme.

 

            Il senatore MUGNAI (AN), nell'annunciare il voto contrario dei senatori di Alleanza nazionale, ribadisce in via preliminare le critiche rispetto all'impostazione seguita dal relatore il quale, a suo avviso, ha impropriamente proposto modifiche ulteriori rispetto a quelle contenute nel testo del provvedimento  trasmesso dal Governo.

            Al di là di questa critica generale, restano forti perplessità anche nel merito, con riferimento alla nozione delle materie prime secondarie, alle modifiche in tema di imballaggi e alla disciplina delle bonifiche che si propone di associare erroneamente alle norme per la riparazione del danno ambientale.

            Più in generale, ritiene doveroso respingere le critiche che molti settori della maggioranza hanno rivolto nei confronti del decreto legislativo n. 152 del 2006 che, nell'obiettivo di riordinare buona parte della legislazione ambientale, ha recepito diverse direttive comunitarie, superando infrazioni che ora rischiano di essere riaperte. Inoltre, il cosiddetto codice ambientale, varato nella precedente legislatura, si è mostrato attento anche alle esigenze delle imprese e del mondo produttivo, prevedendo norme chiare ed univoche che, attraverso il complesso delle modifiche già introdotte e di quelle che la maggioranza si prefigge di inserire, rischiano di essere compromesse.

 

            La senatrice DE PETRIS (IU-Verdi-Com), dichiarando il proprio voto favorevole, ritiene singolare la rappresentazione in base alla quale il cosiddetto codice ambientale varato nella scorsa legislatura ha avuto addirittura il merito di superare le numerose infrazioni comunitarie. Infatti, risulta vero il contrario, cioè che quell'esperienza legislativa ha prodotto soltanto conseguenze negative a cui l'attuale Governo e la maggioranza che lo sostiene stanno cercando di porre rimedio.

            Nel merito, ritiene apprezzabile il lavoro compiuto dal relatore che ha inteso fornire una serie di indicazioni assai chiare sui temi della gestione degli ATO e delle bonifiche, nonché sulle definizioni di materie prime secondarie e sottoprodotti

 

            Il senatore LIBE' (UDC), pur riconoscendo le competenze e le capacità del relatore, esprime il proprio voto contrario, associandosi alle valutazioni espresse dal senatore Mugnai in quanto lo schema di decreto legislativo in esame e le modifiche che la maggioranza intende suggerire al Governo rischiano di comportare ulteriori conseguenze negative sugli operatori dei settori interessati.

 

            Il senatore MOLINARI (Aut), nell'esprimere il proprio voto favorevole, ringrazia il relatore che ha saputo valorizzare il ruolo della Commissione, proponendo una serie di suggerimenti di merito che potranno essere assai utili per il Governo. Coglie l'occasione per segnalare la necessità che si rifletta sulle possibili contraddizioni che potrebbero sorgere in materia di servizi pubblici locali tra le modifiche apportate al decreto legislativo n. 152 del 2006 e quelle che sono attualmente in discussione presso il Parlamento.

 

            Il senatore FERRANTE (Ulivo), nel dichiarare il voto favorevole della propria parte politica, osserva che il relatore ha saputo individuare il giusto punto di equilibrio rispetto all'estensione ed al grado di dettaglio del parere che la Commissione è chiamata ad esprimere sul provvedimento in titolo. Del resto, tale grado di incisività si è reso necessario per l'ampiezza della stessa legge delega, varata dal Governo di centro-destra nella scorsa legislatura. A tale riguardo, le critiche rivolte allora dalle forze di centro-sinistra alla legge n. 308 del 2004 non riguardavano l'esigenza condivisibile di un riordino della legislazione ambientale, quanto la scelta di uno strumento - qual è quello della legislazione delegata - che si è rivelato problematico.

            Ritiene infine che lo sforzo compiuto dal relatore e dalla maggioranza è stato particolarmente significativo nella formulazione di modifiche alle nozioni di sottoprodotti e di materie prime secondarie e sui temi della realizzazione del deposito temporaneo, della semplificazione del modello unico di dichiarazione ambientale e del ricorso ai criteri di efficienza e di efficacia per i consorzi.

 

            Previa verifica del prescritto numero legale, la Commissione conferisce mandato al relatore a redigere un parere favorevole con condizioni e raccomandazioni, parere che sarà pubblicato in allegato al resoconto della seduta.

 

 

PARERE APPROVATO DALLA COMMISSIONE

SULL’ATTO DEL GOVERNO N. 96

 

 

La 13ª Commissione, esaminato lo schema di decreto legislativo concernente ulteriori modifiche al  decreto legislativo 3 aprile 2006,n. 152, recante norme in materia ambientale;

 preso atto che lo schema del citato decreto legislativo contiene modifiche del decreto legislativo  n. 152 del 2006 relative: a) alla Sezione II (Tutela delle acque dall’inquinamento) inserita nella Parte Terza; b) alla Parte Quarta (Norme in materia di gestione dei rifiuti e di bonifica dei siti inquinati);

rilevato che la Commissione, al fine di preparare il proprio parere in modo partecipato e con un’ampia consultazione, ha ascoltato in audizione rappresentanti di regioni, province e comuni, delle associazioni ambientaliste, di quelle datoriali dell’artigianato, delle piccole e medie imprese, dell’industria, dei sindacati e dei consumatori, dei consorzi del recupero e del riciclo, delle imprese di gestione dei rifiuti e dei servizi idrici e delle Autorità di bacino;

considerato che la Commissione europea ha presentato al Parlamento europeo ed al Consiglio una nuova proposta di direttiva quadro in materia di rifiuti e  il Parlamento europeo, in prima lettura in procedura di codecisione, il 13 febbraio scorso ha approvato una risoluzione legislativa, avanzando proposte di emendamenti;

rilevato che una delegazione della Commissione  ha  incontrato a Bruxelles, il 19 e 20 marzo 2007, esperti e rappresentanti del Parlamento, della Commissione e della Rappresentanza permanente italiana per  un approfondimento sullo stato del dibattito e sui contenuti della nuova direttiva quadro sui rifiuti,che possono costituire utili riferimenti,in particolare nell’affrontare dubbi interpretativi della normativa comunitaria vigente;

considerato che la legge 15 dicembre 2004, n. 308, indica criteri e principi generali per l’esercizio della delega e prevede possibilità di correzioni e integrazioni dei decreti legislativi attuativi, in coerenza con le disposizioni comunitarie, indicando altresì  procedure e tempi per tali modifiche;

considerato altresì che in sede di Conferenza unificata sono state concordate numerose proposte di modifica dello schema del citato decreto legislativo;

rilevato che è necessario non prolungare uno stato di incertezza  nelle materie affrontate dallo schema di decreto legislativo e pertanto completare sin d’ora tutte le revisioni e integrazioni definitive alla Parte Quarta (rifiuti e bonifiche);

che disposizioni rilevanti del Titolo V (Bonifica dei siti contaminati) della Parte Quarta coinvolgono, con possibilità di sovrapposizione di norme, disposizioni della Parte Sesta (Norme in materia di tutela risarcitoria contro i danni all’ambiente) con un doppio rischio che va evitato, con urgenza e priorità, mediante una rapida revisione normativa: da una parte l’attivazione di una modalità di bonifica di siti contaminati non coordinata e non coerente con la direttiva europea sul danno ambientale (2004/35/CE), dall’altra un recepimento non coerente e non efficace della citata direttiva;

 

esprime parere favorevole a condizione che:

 

a) sia introdotta, dopo l’articolo 181 recato dal comma 18 dell’articolo 1 dello schema, una disciplina specifica relativa alle materie, sostanze e prodotti secondari – con conseguente soppressione delle lettere p) e bb) dell’articolo 183 recato dal comma 20 dell’articolo 1 dello schema - che precisi innanzitutto che non rientrano nella definizione di cui all’art. 183, comma 1, lettera a), le materie, le sostanze e i prodotti secondari, definiti dal decreto ministeriale che dovrà rivedere ed aggiornare il decreto ministeriale 5 febbraio 1998, nel rispetto dei criteri, dei requisiti e delle condizioni seguenti: siano prodotti da un’operazione di riutilizzo, di riciclaggio o di recupero di rifiuti, siano individuate la provenienza, la tipologia  e le caratteristiche dei rifiuti dai quali si possono produrre; siano individuate le operazioni di riutilizzo, di riciclaggio o di recupero che li producono, con particolare riferimento alle modalità ed alle condizioni di esercizio delle stesse; siano precisati i criteri di qualità ambientale, i requisiti merceologici e le altre  condizioni necessarie per l’immissione in commercio, quali norme e standard tecnici richiesti per l’utilizzo, tenendo conto del possibile rischio di danni all’ambiente e alla salute derivante dall’utilizzo o dal trasporto della materia, della sostanza o del prodotto secondari; abbiano un effettivo valore economico di  scambio sul mercato.

Nella suddetta disciplina specifica relativa alle materie, sostanze e prodotti secondari si preveda anche che, sulla base di una verifica caso per caso, condotta nel rispetto dei criteri, dei requisiti e delle condizioni prima indicati, il Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, d’intesa con il Ministro dello sviluppo economico, provvede, con proprio decreto, a rivedere ed aggiornare il decreto ministeriale 5 febbraio 1998, e successive modifiche e integrazioni, e a disciplinare il regime transitorio di adeguamento che non deve comunque essere superiore a sei mesi.

b) sia modificato l’art. 183 recato dal comma 20 dell’articolo 1 dello schema di decreto legislativo secondo le seguenti indicazioni:

- alla  lettera f) raccolta differenziata, dopo le parole "i rifiuti di imballaggio separatamente dagli altri rifiuti urbani"aggiungere le parole"e a raggruppare in modo differenziato i rifiuti urbani ,per frazioni omogenee, in centri di raccolta";

- alla lettera f), precisare che la "frazione organica umida" è "raccolta separatamente o con contenitori a svuotamento riutilizzabili o con sacchetti biodegradabili certificati";

- dopo la lettera s) inserire la seguente definizione di compost di qualità: "prodotto, ottenuto dal compostaggio di rifiuti organici selezionati,che rispetti i requisiti e le caratteristiche  stabilite dall’Allegato 2 del decreto legislativo  n. 217 del 2006 e successive modifiche e integrazioni."

– alla lettera m) definire nel seguente modo il deposito temporaneo:" il deposito dei rifiuti effettuato, prima della raccolta, nel luogo in cui gli stessi sono prodotti, alle seguenti condizioni: 

1) I rifiuti depositati non devono contenere policlorodibenzodiossine, policlorodibenzofurani, policlorodibenzofenoli in quantità superiore a 2,5 parti per milione (ppm ),  né policlorobifenile e policlorotrifenili in quantità superiore a 25 parti per milione (ppm ).

2) il deposito temporaneo non può avere una durata superiore ad un anno; se le quantità annuali di rifiuti in deposito sono superiori a 10 mc di rifiuti pericolosi o a 20 mc di rifiuti non pericolosi o complessivamente a 20 mc di rifiuti pericolosi e non pericolosi, il deposito temporaneo non può avere una durata superiore a tre mesi,salvo che nelle piccole isole nelle quali resta fermo il termine di un anno,indipendentemente dalle quantità annuali prodotte.

3) il deposito temporaneo deve essere effettuato nel rispetto delle norme che disciplinano la tutela della salute e dell’ambiente, nonché, per i rifiuti pericolosi,  delle norme che disciplinano il deposito delle sostanze pericolose contenute nei rifiuti."

c) siano disciplinati all’articolo 186, recato dal comma 23 dell’articolo 1 dello schema di decreto legislativo, i sottoprodotti prevedendo innanzitutto che sono sottoprodotti le sostanze, le materie, i materiali o gli oggetti, originati da un processo di estrazione o di fabbricazione che non è principalmente destinato a produrli,  dei quali il produttore non intende "disfarsi" ai sensi dell’articolo 183, comma 1, lettera a) e che  non rientrano nella definizione di rifiuto, qualora siano destinati all’impiego in un processo di produzione o di utilizzazione successivo, a condizioni favorevoli per il produttore medesimo, nel rispetto dei criteri, dei requisiti e delle condizioni seguenti: il loro impiego  deve essere certo sin dalla fase della produzione, deve essere integrale e deve avvenire direttamente in un ciclo di produzione o di utilizzazione definito; devono soddisfare requisiti merceologici e di qualità ambientale idonei a garantire che il loro impiego  non dia luogo ad emissioni e, più in generale, ad impatti ambientali qualitativamente e quantitativamente diversi da quelli ordinari e consentiti, nè da quelli autorizzati per l’impianto dove sono destinati ad essere utilizzati; non devono essere sottoposti a trattamenti preventivi o a trasformazioni preliminari per soddisfare i requisiti merceologici e di qualità ambientale ma devono possedere tali requisiti sin dalla fase della loro produzione; devono avere un valore economico di mercato.

            Sempre con riferimento ai sottoprodotti si preveda che con decreto del Ministro dell’ambiente del territorio e del mare, d’intesa con  il Ministro dello sviluppo economico,  nel rispetto dei criteri, dei requisiti e delle condizioni prima indicati, sono definite, per specifici casi, le prescrizioni  che soddisfano la definizione dei sottoprodotti. Si preveda altresì che le terre e rocce da scavo prodotte nel corso della realizzazione di opere o attività sottoposte a valutazione di impatto ambientale o a procedimento di autorizzazione ambientale integrata e destinate ad essere utilizzate per reinterri, riempimenti, rilevati e rimodellazioni ambientali, soddisfano i criteri, i requisiti e le condizioni relativi ai sottoprodotti se ricorrono tutti i seguenti presupposti: le terre e rocce da scavo  devono provenire da siti non contaminati; le caratteristiche chimico-fisiche delle terre e rocce da scavo sono tali che il loro impiego nel sito prescelto non determina rischi per la qualità delle matrici ambientali interessate e per la salute, ed in particolare avviene nel rispetto delle norme di tutela delle acque superficiali e sotterranee, della flora, della fauna, degli habitat e delle aree naturali protette; la certezza dell’integrale utilizzo delle terre e rocce da scavo deve essere dimostrata tramite la predisposizione di apposito progetto, dal quale devono risultare il sito, le condizioni e le modalità di detto utilizzo, compresi  i tempi del deposito in attesa di utilizzo, che non possono essere superiori ad un anno;  il progetto e le condizioni di utilizzo delle terre e rocce da scavo sono valutati ed approvati dall’autorità titolare del procedimento di valutazione di impatto ambientale o di autorizzazione ambientale integrata del progetto dell’opera o dell’attività principale dalla quale le terre e rocce da scavo sono prodotte. Si preveda inoltre che le terre e rocce da scavo prodotte nel corso della realizzazione di opere o attività diverse da quelle sopra indicate destinate ad essere utilizzate per reinterri, riempimenti, rilevati e rimodellazioni ambientali, soddisfano i criteri, i requisiti e le condizioni relativi ai sottoprodotti, se ricorrono tutti i seguenti presupposti: le terre e rocce da scavo  devono provenire da siti non contaminati; le caratteristiche chimico-fisiche delle terre e rocce da scavo sono tali che il loro impiego nel sito prescelto non determina rischi per la qualità delle matrici ambientali interessate e per la salute, ed in particolare avviene nel rispetto delle norme di tutela delle acque superficiali e sotterranee, della flora, della fauna, degli habitat e delle aree naturali protette; la certezza dell’integrale utilizzo delle terre e rocce da scavo e il rispetto dei requisiti relativi alle caratteristiche chimico-fisiche devono essere dimostrati e verificati nell’ambito della procedura per il permesso di costruire, se dovuto, o, negli altri casi, secondo le modalità della denuncia di inizio attività; a tal fine l’interessato è tenuto a fornire le necessarie informazioni sul sito di destinazione, sulle condizioni e sulle modalità di utilizzo, nonché sugli eventuali tempi del deposito in attesa di utilizzo, che non possono essere superiori ad un anno. Nel caso di lavori pubblici non soggetti né a VIA, né a permesso di costruire o denuncia di inizio attività l’esistenza dei presupposti e delle condizioni di cui sopra devono essere autocertificate con idoneo allegato al progetto dell’opera.  Si preveda altresì in via transitoria, per i progetti di utilizzo di terre e rocce da scavo già autorizzati e in corso di realizzazione prima dell’entrata in vigore delle nuove norme, che gli interessati possono procedere al completamento dei progetti, comunicando, entro 90 giorni, alle autorità competenti, il rispetto dei requisiti prescritti, nonché le necessarie informazioni sul sito di destinazione, sulle condizioni e sulle modalità di utilizzo, nonché sugli eventuali tempi del deposito in attesa di utilizzo che non possono essere superiori ad un anno; l’autorità competente può disporre indicazioni o prescrizioni entro i successivi 60 giorni. Si preveda inoltre che la medesima procedura si applica, per opere iniziate successivamente all’entrata in vigore delle nuove norme, nel caso di variazioni del progetto di destinazione delle terre e rocce da scavo intervenute successivamente alla sua approvazione, fermo restando il rispetto delle destinazioni,dei requisiti e delle condizioni stabiliti.

d) sia modificata la normativa dettata dai commi 2, 3, 4, 5 e 6 dell’articolo 189 del decreto legislativo n. 152 del 2006 secondo le seguenti indicazioni:

- le sezioni regionali e provinciali e delle province autonome del catasto, avvalendosi della collaborazione delle sezioni regionali e provinciali dell’albo dei gestori ambientali, con analisi e studi di settore dei rispettivi territori, provvedono annualmente alla individuazione ed alla elaborazione dei dati  riguardanti la produzione e la gestione dei rifiuti ed alla successiva trasmissione alla sezione nazionale;

- la sezione nazionale del catasto assicura un quadro conoscitivo completo e aggiornato anche ai fini della pianificazione delle attività di gestione dei rifiuti;

- l’agenzia per la protezione dell’ambiente e per i servizi tecnici (APAT), elabora la metodologia per le analisi e gli studi di settore, analizza i dati forniti dal catasto,evidenziando le quantità dei rifiuti prodotti, raccolti in maniera differenziata, riciclati, avviati a recupero e smaltimento e ne assicura la pubblicità, nonché la trasmissione all’Osservatorio nazionale sui rifiuti;

- di conseguenza è abrogata la legge 25 gennaio 1984, n. 70 (istitutiva del MUD).

e) sia modificata la disciplina dettata in materia di consorzi dagli articoli 220 e seguenti del decreto legislativo n. 152 del 2006 secondo le seguenti indicazioni:

1) all’art. 220,  comma 2, dopo la parola "comunitaria" aggiungere i seguenti periodi:

"I consorzi di cui all’art. 223 del presente decreto possono stipulare accordi e contratti di programma con le competenti autorità dei paesi extracomunitari per l’adozione delle misure e della documentazione necessaria a garantire e disciplinare la tracciabilità dei rifiuti e dei materiali secondari esportati, nonchè il loro riciclo e recupero secondo le predette modalità. Tali accordi e contratti possono altresì avere ad oggetto la progettazione, la sperimentazione e lo sviluppo, nei paesi extracomunitari, di sistemi di gestione integrata e valorizzazione dei rifiuti, nonché l’attuazione delle attività formative e di supporto necessarie a diffondere la conoscenza di tali sistemi, incluse le misure volte a favorire la promozione e diffusione dei beni e prodotti del riciclo. A tal fine agli accordi possono aderire gli enti nazionali e internazionali competenti in materia di rapporti economici e commerciali."

2) all’art. 221:

- al comma  3, lettera a), sopprimere le parole"anche in forma associata";

- al comma 4 sopprimere  l’ultimo periodo;

- al comma 5 al secondo periodo sostituire le parole: "A tal fine i produttori" con le parole: "Per ottenere il riconoscimento i produttori" e sostituire il primo periodo con i seguenti: "I produttori che non intendono aderire al Consorzio nazionale imballaggi e a un consorzio di cui all’articolo 223 devono presentare all’Osservatorio nazionale sui rifiuti il progetto del sistema di cui al comma 3, lettere a) o c) richiedendone il riconoscimento sulla base di idonea documentazione. Il progetto va presentato entro 90 giorni dall’assunzione della qualifica di produttore ai sensi dell’articolo 218, comma 1 ,lettera r) o prima del recesso da uno dei suddetti consorzi. Il recesso è, in ogni caso, efficace solo dal momento in cui,intervenuto il riconoscimento, l’Osservatorio accerti il funzionamento del sistema e ne dia comunicazione al Consorzio."

- al comma 10, lettera b) sostituire le parole: "gli oneri aggiuntivi"con le parole: "il corrispettivo per gli oneri".

3) all’articolo 223, sostituire il penultimo periodo del comma 2 con i seguenti: "Entro ventiquattro mesi dalla data di entrata in vigore della parte quarta del presente decreto, i consorzi già riconosciuti dalla previgente normativa adeguano il proprio statuto ai principi contenuti nel presente decreto ed in particolare a quelli di trasparenza, efficacia, efficienza ed economicità, nonché di libera concorrenza nelle attività di settore, ai sensi dell’articolo 221, comma 2. Nei consigli di amministrazione dei consorzi il numero dei consiglieri di amministrazione in rappresentanza dei riciclatori dei rifiuti d’imballaggio non può essere inferiore a quello dei consiglieri  di amministrazione in rappresentanza dei produttori di materiale vergine d’imballaggio. Lo statuto adottato da ciascun consorzio è trasmesso entro quindici giorni al Ministro dell’ambiente, della tutela del territorio e del mare che lo approva di concerto con il Ministro delle attività produttive, salvo motivate osservazioni cui i consorzi sono tenuti ad adeguarsi nei successivi sessanta giorni. Qualora i consorzi non ottemperino nei termini prescritti, le modifiche allo statuto sono apportate con decreto del Ministro dell’ambiente, della tutela del territorio e del mare, di concerto con il Ministro delle attività produttive."

4) all’art. 224:

- al comma 2 sostituire "ventiquattro mesi dalla data di entrata in vigore della parte quarta del presente decreto"con le parole "il 30 giugno 2008".

-  al comma 3, lettera c), sostituire le parole: "sulla base dei" con le parole "valutati i"

- al comma 3, lettera e), sostituire l’ultimo periodo con il seguente: "Ai consorzi che non raggiungono i singoli obiettivi di recupero è in ogni caso ridotta la quota del contributo ambientale ad essi riconosciuto dal Conai".

- all’inizio della lettera f) inserire le parole "indirizza e",

- alla lettera h) sostituire le parole: "i maggiori oneri per la raccolta differenziata" con le parole: "il corrispettivo per gli oneri della raccolta differenziata dei rifiuti di imballaggio"

- al comma 5:  

  -  sostituire la lettera a) con la seguente: "l’entità del corrispettivo per gli oneri della raccolta differenziata dei rifiuti di imballaggio, organizzata secondo criteri di economicità ed efficacia nel raggiungimento degli obiettivi fissati"

  - sopprimere la lettera c).

- al comma 8, la prima parte, fino al terzo periodo compreso, è sostituita dalla seguente: "Il contributo ambientale del Conai è utilizzato in via prioritaria per il ritiro degli imballaggi  primari o comunque conferiti al servizio pubblico e, in via accessoria, per l’organizzazione dei sistemi di raccolta, recupero e riciclaggio dei rifiuti di imballaggio secondari e terziari.  A tali fini, tale contributo è attribuito dal Conai, sulla base di apposite convenzioni, ai soggetti di cui all’articolo 223 con le modalità e nella misura definita dal proprio statuto."

- sostituire il comma 9 con il seguente:  "Il Conai provvede ai mezzi finanziari necessari per lo svolgimento delle proprie funzioni con i contribuiti dei consorziati, con una quota del contributo ambientale determinata per l’espletamento delle funzioni del presente titolo, nonché con altri contributi e proventi di consorziati e di terzi, compresi quelli dei soggetti di cui all’articolo 221, lettere a) e c), per le attività svolte in loro favore in adempimento alle prescrizioni di legge."

- il comma 11 è soppresso;

- il comma 12 è sostituito dal seguente: "In caso di mancata stipula dell’accordo di cui al comma 5, entro 90 giorni dall’entrata in vigore del presente decreto, il Ministro dell’ambiente della tutela del territorio e del mare invita le parti a trovare un’intesa entro 60 giorni,decorsi i quali senza esito positivo, provvede direttamente, d’intesa con Ministro dello sviluppo economico, a definire il corrispettivo di cui alla lettera a) del comma 5. L’accordo di cui al comma 5 è sottoscritto, per le specifiche condizioni tecniche ed economiche relative al ritiro dei rifiuti di ciascun materiale d’imballaggio, anche dal competente consorzio di cui all’articolo 223. Nel caso in cui  uno di questi consorzi non lo sottoscriva e/o non raggiunga le intese necessarie con gli enti locali per il ritiro dei rifiuti d’imballaggio, il Conai subentra nella conclusione delle convenzioni locali al fine di assicurare il raggiungimento degli obiettivi di recupero e di riciclaggio previsti dall’articolo 220."

5) all’articolo 233:

- modificare il titolo "Consorzi nazionali" in "Consorzio nazionale" ed al comma 1 sostituire le parole: "uno o più Consorzi"con le parole: "un Consorzio" e nelle parti successive la parola:  "Consorzi" con la parola: "Consorzio";

- sostituire il comma 2 con testo identico a quello sopraindicato in sostituzione del comma 2 dell’articolo 223;

- al comma 9 sopprimere le parole: "anche in forma associata".

6) all’articolo 234:

- modificare il titolo "Consorzi nazionali" in "Consorzio nazionale" e di conseguenza al comma 1 sostituire le parole: "sono istituiti uno o più consorzi "con le parole: "è previsto il consorzio" e nelle parti successive sostituire la parola: "Consorzi", con la parola: "Consorzio";

- al comma 6 sopprimere l’ultimo periodo da: "Resta altresì" fino a: "maturati nel periodo"

- al comma 7, lettera a ), sopprimere le parole: "anche in forma associata".

- sostituire il comma 3 con testo identico a quello proposto in sostituzione del comma 2 dell’articolo 223.

7) all’art. 235:

– modificare il titolo "Consorzi nazionali per la raccolta ed il trattamento delle batterie al piombo esauste e dei rifiuti piombosi" in "Consorzio nazionale per la raccolta ed il trattamento delle batterie al piombo esauste e dei rifiuti piombosi" e le corrispondenti citazioni di "Consorzi" in "Consorzio";

- sostituire il comma 2 con testo identico  a quello sostitutivo del comma 2 dell’articolo 223;

- al comma 10 inserire: "All’articolo 9-quinquies del decreto legge 9 settembre 1988 n. 397 convertito, con modificazioni, dalla legge 9 novembre 1988, n. 475, il comma 7 è sostituito dal presente comma: "Al fine di assicurare al consorzio i mezzi finanziari per lo svolgimento dei propri compiti è istituito un sovrapprezzo di vendita delle batterie in relazione al contenuto a peso di piombo da applicarsi da parte di tutti i  produttori e gli importatori che immettono le batterie al piombo nel mercato italiano, con diritto di rivalsa sugli acquirenti in tutte le successive fasi della commercializzazione. I produttori e gli importatori verseranno direttamente al consorzio i proventi del sovrapprezzo";

- al comma 15 inserire: "Il comma 3 dell’articolo 9-quinquies del decreto legge 9 settembre 1988 n. 397 convertito, con modificazioni, dalla legge 9 novembre 1988, n. 475 è sostituito dal seguente: "3. Al consorzio, che è dotato di personalità giuridica di diritto privato senza scopo di lucro, partecipano:    le imprese che effettuano il riciclo delle batterie al piombo esauste e dei rifiuti piombosi mediante la produzione di piombo secondario raffinato od in lega; le imprese che svolgono attività di fabbricazione ovvero di importazione di batterie al piombo;le imprese che effettuano la raccolta delle batterie al piombo esauste e dei rifiuti piombosi; le imprese che effettuano la sostituzione e la vendita delle batterie al piombo.";

- al comma 16 inserire: "Dopo il comma 3 dell’articolo 9-quinquies del decreto legge 9 settembre 1988 n. 397 convertito, con modificazioni, dalla legge 9 novembre 1988, n. 475 è inserito il seguente:"3.bis. Nell'ambito di ciascuna categoria le quote di partecipazione da attribuire ai singoli soci sono determinate come segue:

a)         per le imprese di riciclo di cui alla lettera a) del comma 3 sono determinate in base al rapporto fra la capacità produttiva di piombo secondario del singolo soggetto Consorziato e quella complessiva di tutti i Consorziati appartenenti alla stessa categoria;

b)         per le imprese che svolgono attività di fabbricazione, ovvero d’importazione delle batterie al piombo, sono determinate sulla base del sovrapprezzo versato al netto dei rimborsi;

c)         le quote di partecipazione delle imprese e loro associazioni di cui alle lettere c) e d) del comma 3 del presente articolo sono attribuite alle associazioni nazionali dei raccoglitori di batterie al piombo esauste, in proporzione ai quantitativi conferiti al Consorzio dai rispettivi associati, e alle associazioni dell’artigianato che installano le batterie di avviamento al piombo."

8) all’art. 236:

- sostituire nel titolo le parole: "Consorzi nazionali"con le parole: "Consorzio nazionale" ed al comma 1 sopprimere le parole "o ad uno dei Consorzi costituiti ai sensi del comma 2" e ,di conseguenza  nel testo sostituire la parola "Consorzi"con la parola "Consorzio"

- sostituire il comma 2 con testo identico a quello sopra indicato come sostitutivo del comma 2 dell’art. 223;

- sopprimere il primo periodo del comma 3 ed i commi 14 e 15. 

9) all’art. 256,  al comma 8, sopprimere il periodo: "Sino all’adozione del decreto di cui all’art. 234, comma 2, le sanzioni di cui al presente comma non sono applicabili ai soggetti di cui al medesimo articolo 234".

10) all’art. 265, al comma 5, sono soppresse le parole: "in conformità agli schemi tipo di statuto approvati dai medesimi Ministri".

f) Siano adottate norme che disciplinino le responsabilità e gli obblighi per la bonifica dei siti contaminati unitamente alla prevenzione,  riparazione e  risarcimento del danno ambientale, prevedendo in particolare che chiunque cagioni un danno ambientale o una minaccia imminente di tale danno con il proprio comportamento commissivo o omissivo, sia obbligato a provvedere a proprie spese alle necessarie misure di prevenzione, di messa in sicurezza operativa e di riparazione delle risorse naturali, e ove non provveda nei tempi e con le modalità stabilite dalle presenti norme, sia obbligato al risarcimento del danno ambientale.

Siano inoltre adottate  definizioni, integrate e coordinate, che comprendano in particolare:

- danno ambientale: il mutamento negativo misurabile di una risorsa naturale o un deterioramento misurabile di un servizio di una risorsa naturale, diretto o indiretto,

-minaccia imminente di danno ambientale: il rischio sufficientemente probabile che si verifichi un danno ambientale in un futuro prossimo;

- danno ambientale alle specie e agli habitat naturali protetti: qualsiasi danno che produca significativi effetti negativi sul raggiungimento o il mantenimento di uno stato di conservazione favorevole di tali specie e habitat. L'entità di tali effetti è da valutare in riferimento alle condizioni originarie, tenendo conto dei criteri enunciati in apposito allegato (I).  Il danno alle specie e agli habitat naturali protetti non comprende gli effetti negativi preventivamente identificati derivanti da un atto di un operatore espressamente autorizzato dalle autorità competenti, secondo le norme di attuazione dell'articolo 6, paragrafi 3 e 4 o dell'articolo 16 della direttiva 92/43/CEE o dell'articolo 9 della direttiva 79/409/CEE oppure, in caso di habitat o specie non contemplati dal diritto comunitario, secondo le disposizioni della legislazione nazionale sulla conservazione

della natura aventi effetto equivalente.

- danno ambientale alle acque:  qualsiasi danno che incida in modo significativamente negativo sullo stato ecologico, chimico o quantitativo o sul potenziale ecologico delle acque interessate, quali definiti nella parte terza del presente decreto che attua la direttiva 2000/60/CE, ad eccezione degli effetti negativi cui si applica l'articolo 4, paragrafo 7 di tale direttiva; a tal fine, qualora il fatto lesivo consista nell’inquinamento di un sito:

1.                                          i valori di concentrazione soglia di contaminazione (CSC) delle acque individuano i limiti massimi accettabili dello stato chimico di un corpo idrico che caratterizzano l’obiettivo di qualità "buono" in relazione alla specifica destinazione d’uso delle acque, salvo l’obbligo di ripristino dello stato ecologico, quantitativo e del potenziale ecologico

2.                                          i valori di concentrazione soglia di rischio (CSR) individuano i livelli massimi di contaminazione compatibili con le esigenze di tutela della salute da conseguire prioritariamente in attesa del ripristino delle acque interessate

-danno ambientale al terreno: qualsiasi contaminazione del terreno che crei un rischio significativo di effetti negativi sulla salute umana a seguito dell'introduzione diretta o indiretta nel suolo, sul suolo o nel sottosuolo di sostanze, preparati, organismi o microrganismi; a tal fine, sono esclusi rischi significativi per la salute se i livelli di contaminazione del terreno sono inferiori ai valori di concentrazione soglia di rischio (CSR)

- concentrazioni soglia di contaminazione (CSC): i livelli di contaminazione delle matrici ambientali, individuati in apposito allegato (II), che costituiscono:

1. i valori di concentrazione del terreno al di sopra dei quali è necessaria la caratterizzazione del sito e l’analisi di rischio sito specifica per individuare le concentrazioni soglia di rischio (CSR)

2. i valori di concentrazione massimi accettabili per qualificare "buono" lo stato di qualità delle acque superficiali e sotterranee con riferimento alla specifica destinazione delle medesime, oltre i quali è necessario procedere alle necessarie misure di riparazione, fatte salve le eccezioni stabilite dall’articolo 4, paragrafo 7 di tale direttiva.

- concentrazioni soglia di rischio (CSR): i livelli di contaminazione delle matrici ambientali che costituiscono i valori di concentrazione massimi accettabili di sostanze inquinanti presenti nelle matrici ambientali, determinati caso per caso con la procedura di analisi di rischio sito specifica secondo i principi illustrati nell’apposito allegato (III ), entro i quali sono esclusi rischi significativi di effetti nocivi per la salute umana, salvi gli obblighi di riparazione delle acque e delle altre risorse naturali danneggiate.

- sito potenzialmente contaminato: un sito nel quale permane una minaccia imminente di danno ambientale a causa di un’emissione che ha determinato un probabile superamento di uno o più valori di concentrazione soglia di contaminazione del terreno e un probabile danno, diretto o indiretto, alle altre risorse naturali e alle funzioni svolte da tali risorse.

- sito contaminato: un sito nel quale le risorse naturali hanno dubito un danno ambientale a causa di un’emissione;

- sito non contaminato: un sito nel quale i livelli di contaminazione del terreno sono inferiori ai valori di concentrazione soglia di rischio (CSR) e le sostanze inquinanti non hanno causato, direttamente o indirettamente, danni alle acque superficiali e sotterranee o alle altre risorse, oppure un sito nel quale sono stati effettuati e ultimati i necessari interventi di riparazione delle risorse naturali.

- misure di messa in sicurezza operativa: le misure transitorie che accompagnano l’esecuzione delle operazioni di caratterizzazione e di riparazione, e sono adottate al fine di limitare i danni alle risorse naturali interessate dalle conseguenze del fatto lesivo o prevenire ed eliminare rischi per la salute in attesa dell’esecuzione e del completamento degli interventi di riparazione. Tali misure consistono in interventi atti a contenere la diffusione delle sorgenti primarie di contaminazione, ad impedirne il contatto con le altre matrici ambientali ed a rimuoverle, nonché a prevenire rischi sanitari, e devono essere accompagnate da idonei piani di monitoraggio e controllo per verificarne l'efficacia in relazione ai tempi e modalità di esecuzione degli interventi di ripristino.

- misure di riparazione: qualsiasi azione o combinazione di azioni, tra cui misure di attenuazione o provvisorie dirette a riparare, risanare o sostituire risorse naturali e servizi naturali danneggiati, oppure a fornire un'alternativa equivalente a tali risorse o servizi, individuate e determinate nel rispetto dei principi, criteri e modalità stabiliti negli allegati ( I e  IV);

- condizioni originarie: le condizioni, al momento del danno, delle risorse naturali e dei servizi che sarebbero esistite se non si fosse verificato il danno ambientale, stimate sulla base delle migliori informazioni disponibili;

- ripristino, compreso il ripristino naturale:

1.                  nel caso dell'acqua il ritorno delle risorse naturali e dei servizi danneggiati alle condizioni originarie, o, per lo stato chimico, almeno allo stato di qualità "buono" in relazione alla specifica destinazione d’uso;

2.                  nel caso delle specie e degli habitat naturali protetti ritorno delle risorse naturali e dei servizi danneggiati alle condizioni originarie;

3.                   nel caso di danno al terreno, l'eliminazione di qualsiasi rischio significativo di causare effetti nocivi per la salute umana.

- bonifica: gli interventi di riparazione del terreno che possono consistere nella rimozione delle fonti di contaminazione, nella eliminazione delle concentrazioni di contaminazione del suolo e del sottosuolo, o nella riduzione delle concentrazioni di contaminazione del suolo e del sottosuolo a valori almeno uguali o inferiori ai valori delle concentrazioni soglia di rischio (CSR); gli interventi di bonifica sono accompagnati da misure di sicurezza e da piani di monitoraggio necessari per garantire un elevato livello  di tutela della salute, nonché dalle misure di riparazione richieste per il ripristino delle acque e delle altre risorse naturali eventualmente danneggiate, e, ove necessario, da interventi di riqualificazione ambientale e paesaggistica.

- misure di messa in sicurezza permanente: l'insieme degli interventi di riparazione del terreno atti a isolare in modo definitivo le fonti inquinanti presenti nel terreno dalle altre matrici ambientali circostanti, al fine di escludere rischi significativi per la tutela della salute delle persone. Gli interventi di messa in sicurezza permanenza sono accompagnati da piani di monitoraggio e controllo, e adeguate misure d sicurezza.

- misure di sicurezza: le limitazioni d'uso rispetto alle previsioni degli strumenti urbanistici.

- riqualificazione ambientale e paesaggistica: gli interventi, anche costituenti complemento degli interventi di bonifica o messa in sicurezza permanente, che consentono di recuperare il sito alla effettiva e definitiva fruibilità per la destinazione d'uso conforme agli strumenti urbanistici, nel rispetto delle eventuali limitazioni d’uso stabilite da misure di sicurezza.

Sia stabilito altresì che quando un danno ambientale non si è ancora verificato, ma esiste una minaccia imminente che si verifichi, l’operatore adotti, senza indugio, le misure di prevenzione necessarie.

Sia stabilito inoltre che quando la minaccia imminente di danno ambientale persiste nonostante le misure di prevenzione adottate o si è verificato un danno ambientale, il responsabile del fatto potenzialmente lesivo debba informare, con apposita comunicazione, il comune, la provincia, la regione o la provincia autonoma, nel cui territorio si trova la risorsa naturale oggetto del fatto lesivo, di tutti gli aspetti pertinenti della situazione. La comunicazione precisa, in particolare, il fatto, l’azione o l’omissione che ha determinato il danno ambientale o la minaccia imminente di danno ambientale, le caratteristiche del sito interessato, le matrici ambientali presumibilmente coinvolte, la descrizione delle misure di prevenzione adottate e l’indicazione delle ulteriori misure di prevenzione eventualmente necessarie, al fine di controllare, circoscrivere, eliminare o gestire in altro modo, con effetto immediato, la contaminazione e qualsiasi altro fattore di danno, nonché al fine di limitare e prevenire il danno o ulteriori danni ambientali ed effetti nocivi per la salute umana.

Sia stabilito altresì che qualora l’indagine preliminare accerti che i livelli di contaminazione del terreno sono inferiori ai valori di concentrazione soglia di contaminazione (CSC) e non hanno causato, direttamente o indirettamente, danni ambientali alle altre risorse naturali, l’operatore  ne dia immediata notizia al comune ed alla provincia competenti per territorio con apposita autocertificazione, provvedendo a completare le misure di prevenzione e ad adottare le altre misure di prevenzione e di monitoraggio eventualmente previste o richieste dalla competente autorità, nei tempi dalla medesima stabiliti, nonché ad effettuare gli interventi di riqualificazione ambientale e paesaggistica eventualmente necessari. L’autocertificazione  conclude il procedimento di notifica, ferme restando le attività di verifica e di controllo da parte dell’autorità competente.

Se non ricorrono le condizioni precedentemente indicate, l’operatore deve presentare al comune, alla provincia e alla regione competenti per territorio il piano di caratterizzazione e indagine definitiva per determinare le conseguenze del fatto lesivo sulle risorse naturali tutelate,che viene approvato dalla  regione territorialmente competente. Se dai risultati della caratterizzazione e delle indagini definitive risulta che le concentrazioni soglia di contaminazione del terreno (CSC) non sono superate e che non si sono verificati danni alle acque ed alle altre risorse naturali, si conclude il procedimento di notifica.  Se dai risultati della caratterizzazione e delle indagini definitive risulta che i livelli di contaminazione del terreno sono superiori ai valori di concentrazioni soglia di contaminazione (CSC) o che la contaminazione ha causato, direttamente o indirettamente, un danno ambientale alle altre risorse naturali, il responsabile del fatto lesivo deve:

a.                   applicare al sito, sulla base dei risultati della caratterizzazione, la procedura di analisi di rischio sito specifica secondo  criteri definiti al fine di determinare le concentrazioni soglia di rischio (CSR);

b.                   individuare le misure di messa in sicurezza operativa necessarie per eliminare i rischi sanitari causati dall’eventuale superamento dei valori di concentrazione soglia di rischio (CSR) in attesa dell’approvazione e esecuzione delle misure di riparazione per il ripristino delle risorse naturali risultate danneggiate;

c.                   predisporre il progetto delle misure di riparazione per il ripristino delle risorse naturali       danneggiate.

Sia stabilito altresì che se i livelli di contaminazione del terreno sono inferiori ai valori di concentrazione soglia di rischio (CSR)  e la contaminazione non ha causato danni ambientali alle acque e alle altre risorse naturali, il procedimento di notifica  si conclude con l’approvazione del documento di analisi di rischio e dei risultati positivi. Se all’esito dell’analisi di rischio i livelli di contaminazione del terreno risultano superiori ai valori di concentrazione soglia di rischio (CSR), ma il piano di caratterizzazione e indagine definitiva esclude danni alle acque ed alle altre risorse naturali, il documento di analisi di rischio è accompagnato dal piano delle misure di riparazione del terreno integrato con un piano di monitoraggio , dall’individuazione delle eventuali misure di messa in sicurezza operativa necessarie per assicurare la tutela della salute in attesa del completamento degli interventi di ripristino e riqualificazione ambientale e paesaggistica. Se all’esito dell’analisi di rischio i livelli di contaminazione del terreno risultano superiori ai valori di concentrazione soglia di rischio (CSR) e dal piano di caratterizzazione e indagine definitiva risultano danni ambientali alle acque ed alle altre risorse naturali, il documento di analisi di rischio è accompagnato dal piano delle misure di riparazione del terreno e delle altre risorse naturali nonché dall’individuazione delle misure di messa in sicurezza operativa necessarie per assicurare in via immediata la tutela della salute in attesa del completamento degli interventi di ripristino e riqualificazione ambientale e paesaggistica. Qualora i livelli di contaminazione del terreno siano inferiori ai valori soglia di contaminazione (CSC) ma si sono comunque determinati danni ambientali alle acque e alle altre risorse naturali,   il responsabile del fatto lesivo è tenuto a predisporre il progetto delle misure di riparazione necessarie e ad individuare tutte le misure di messa in sicurezza operativa necessarie per eliminare rischi per la salute in attesa dell’esecuzione e del completamento degli interventi di ripristino.  Il progetto delle misure di riparazione é predisposto  con l’indicazione delle eventuali misure di messa in sicurezza operativa e dei piani di monitoraggio da adottare per la tutela della salute. In tal caso il procedimento di notifica si conclude con la certificazione rilasciata dalla Provincia che attesta l’avvenuta attuazione delle misure di riparazione previste dal progetto. Il documento di analisi di rischio e il progetto delle misure di riparazione, completi della necessaria documentazione, sono trasmessi alla regione, alla provincia e al comune territorialmente competenti entro sessanta giorni dall’approvazione dei risultati delle caratterizzazione e sono approvati dalla regione nei successivi sessanta giorni, previo parere dell’ARPA. La regione può sospendere i termini di approvazione se risultano necessari integrazioni documentali o approfondimenti; tale termine può essere interrotto per una sola volta con atto adeguatamente motivato  che assegna un congruo termine per l’adempimento e ricomincia a decorrere dalla ricezione delle integrazioni richieste. Con il provvedimento di approvazione del documento di analisi di rischio e del progetto delle misure di riparazione sono stabiliti i termini iniziale e finale e le eventuali prescrizioni per l’esecuzione delle attività e degli interventi previsti, ed è fissata l’entità delle garanzie finanziarie, in misura non superiore al cinquanta per cento del costo stimato dell’intervento, che devono essere prestate in favore della regione per l’esecuzione ed il completamento degli interventi di messa in sicurezza operativa e di riparazione.  Per l’approvazione del piano di caratterizzazione, dei risultati della caratterizzazione, del documento di analisi di rischio, delle misure di messa in sicurezza operativa e del progetto delle misure di riparazione la regione convoca apposita Conferenza di Servizi ai sensi degli articoli 14, 14-ter e 14-quater della legge n. 241 del 1990, e successive modifiche e integrazioni. I provvedimenti di approvazione del piano di caratterizzazione, del documento di analisi di rischio, delle misure di messa in sicurezza operativa e del progetto delle misure di riparazione sostituiscono ogni altra autorizzazione, concessione, concerto, intesa, nulla osta e assenso, comunque denominati, da parte della pubblica amministrazione, per l’esecuzione delle opere e degli interventi previsti dal piano e progetto medesimi, ai sensi e nei limiti di cui all’articolo 14-ter, comma 9, della legge n. 241 del 1990. Nei siti con attività in esercizio gli interventi di caratterizzazione e di ripristino sono progettati ed attuati secondo modalità e tempi compatibili con la prosecuzione di dette attività e sono accompagnati dalle misure di messa in sicurezza operativa necessarie per garantire la sicurezza delle persone che operano nel sito.

 Con riferimento al ripristino dei terreni e delle acque  danneggiati da contaminazioni  antecedenti al 30 aprile 2007, sia stabilito che per i siti contaminati o potenzialmente contaminati da eventi che si sono verificati prima del 30 aprile 2007 ,fermo restando l’obbligo di progettare ed adottare tutte le misure di prevenzione e di messa in sicurezza operativa,  il responsabile dell’inquinamento  o il proprietario del sito, il gestore del sito o altro soggetto interessato al ripristino del sito, possono stipulare  apposito accordo di programma con l’autorità competente per disciplinare:

a) il coordinamento della elaborazione ed esecuzione dei piani di caratterizzazione; 

b) l’elaborazione di un progetto unitario di ripristino del sito, con particolare riferimento alle misure di riparazione delle acque;

c) il coordinamento delle misure di riparazione delle acque  con gli interventi previsti e programmati da parte delle pubbliche amministrazioni per conseguire gli obiettivi di qualità;

d) le eccezioni all’adozione delle misure di riparazione o ai relativi tempi di attuazione;

e) le misure di monitoraggio e controllo;

f) le risorse economiche che i soggetti obbligati o interessati agli interventi di riparazione intendono impegnare e gli eventuali finanziamenti pubblici.

Con riferimento ai siti di interesse nazionale, sia stabilito che gli accordi di programma sono stipulati con il Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, con il Ministero della salute, con il Ministero dello sviluppo economico e con la regione, la provincia e il comune territorialmente competenti. Gli interventi di riparazione del terreno e delle acque effettuati nei tempi e con le modalità stabilite dal relativo progetto approvato dall’autorità competente costituiscono adempimento degli obblighi di riparazione e risarcimento del danno ambientale.

Con riferimento ai siti di preminente interesse pubblico per la riconversione industriale, sia stabilito che con decreto del Ministro per lo sviluppo economico sono individuati i siti che rivestono preminente interesse pubblico  ai fini dell’attuazione di programmi ed interventi di riconversione industriale e di sviluppo economico produttivo, contaminati  da eventi antecedenti al 30 aprile 2007 ,anche non compresi nel Programma nazionale di bonifica di cui al decreto ministeriale 18 settembre 2001, n. 468 e successive modifiche ed integrazioni. In tali siti  sono attuati progetti di  riparazione dei terreni e delle acque contaminati assieme ad interventi mirati allo sviluppo economico produttivo, elaborati ed approvati, entro dodici mesi, sulla base di appositi accordi di programma stipulati tra i proprietari delle aree comprese nei siti medesimi, il Ministro per lo sviluppo economico, il Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, e il Presidente della regione territorialmente competente, sentiti il Presidente della provincia e il sindaco del Comune territorialmente competente. Gli accordi di programma disciplinano in particolare il coordinamento delle risultanze delle caratterizzazioni, l’elaborazione del progetto di bonifica del terreno e di riparazione delle acque del sito secondo modalità che assicurano un intervento coordinato ed unitario da parte di tutti i proprietari sul terreno, suolo e sottosuolo, e sulle acque superficiali e sotterranee interessate,gli obiettivi degli interventi di bonifica del terreno e riparazione delle acque, fissati sulla base di criteri stabiliti , i relativi obblighi dei proprietari, le iniziative e le azioni che le pubbliche amministrazioni si impegnano ad assumere ed a finanziare,nonché gli obiettivi di reindustrializzazione e di sviluppo economico produttivo e il piano economico finanziario degli investimenti da parte di ciascuno dei proprietari delle aree comprese nel sito contaminato al fine di conseguire detti obiettivi e l’eventuale costituzione di consorzi pubblici o a partecipazione mista per l’esecuzione delle citate attività.  Gli interventi nei citati siti contaminati devono conseguire i seguenti obiettivi e devono essere attuati in base ai seguenti principi:

a.       le fonti di contaminazione del terreno devono essere eliminate o confinate, e le concentrazioni di contaminazione del terreno devono essere ridotte entro i valori limite di cui all’apposita tabella a cura e spese dei proprietari delle aree comprese nel sito contaminato. Al fine di eliminare il rischio di causare effetti nocivi per la salute umana e per l’ambiente, i valori limite di concentrazione da conseguire devono essere individuati dal progetto tenendo conto delle caratteristiche e della funzione del terreno, del tipo e della concentrazione delle sostanze inquinanti, dei rischi e della possibilità di dispersione, con particolare riferimento all’inquinamento delle acque sotterranee e superficiali, e delle eventuali misure di sicurezza o misure di messa in sicurezza permanente adottate;

b.      con riferimento alla contaminazione delle acque, i proprietari delle aree comprese nel sito contaminato devono effettuare interventi idonei ad eliminare qualsiasi rischio significativo di effetti nocivi per la salute umana riducendo  la concentrazione della contaminazione ai valori limite di cui all’apposita tabella, e,  ove necessario, attuando anche adeguate misure di messa in sicurezza operativa. In ogni caso, i suddetti interventi devono essere funzionali e non devono recare pregiudizio agli interventi ed alle misure programmati e previsti dalle competenti autorità amministrative per conseguire gli obiettivi di qualità ambientale e per specifica destinazione.

c.       gli interventi di bonifica dei terreni e di riparazione delle acque da parte dei proprietari devono essere accompagnati da azioni idonee a compensare l’eventuale perdita temporanea di risorse e servizi naturali causata dall’inquinamento delle acque o a disporre le eventuali misure complementari individuate con decreto  del Ministero  dell’ambiente di concerto con il Ministero dello sviluppo economico.

d.      la pubblica amministrazione,individua ed attua le misure e le azioni idonee a conseguire gli obiettivi di qualità ambientale e per specifica destinazione delle acque.

 L’attuazione da parte dei privati degli impegni assunti con l’accordo di programma costituisce anche attuazione degli obblighi di cui alla direttiva 2004/35/CE e delle relative  disposizioni di attuazione.  Con decreto del Ministro della sanità di concerto con il Ministro dell’ambiente e con il Ministro dello sviluppo economico sono definiti i criteri e le modalità di accertamento del conseguimento degli obiettivi di bonifica, nonché i criteri  a cui l’ATO deve attenersi per individuare la limitazione dell’ uso delle risorse idriche.   In caso di mancata partecipazione al procedimento di uno o più proprietari gli interventi sono progettati ed effettuati d’ufficio dalle amministrazioni che hanno diritto di rivalsa nei confronti di detti proprietari per tutti i costi sostenuti; a tal fine il credito vantato dall’amministrazione costituisce onere reale ed è assistito da privilegio speciale immobiliare  La stessa disciplina si applica anche qualora il proprietario non adempia a tutte le obbligazioni assunte in base all’accordo di programma, con particolare riferimento alle modalità ed ai tempi di esecuzione degli interventi di bonifica dei terreni e di riparazione delle acque ed alla corretta attuazione del piano finanziario degli investimenti approvato con l’accordo di programma medesimo. Nel caso in cui l’accordo di programma non sia stipulato entro il termine di dodici mesi, gli interventi di bonifica e riparazione da attuare e il piano economico finanziario degli investimenti per la riconversione industriale e lo sviluppo economico produttivo del sito, sono rimessi alla decisione del Consiglio dei ministri,  che si pronuncia entro i tre mesi successivi alla scadenza del predetto termine. Si introduca altresì una disciplina per i centri di eccellenza per le bonifiche, prevedendo di promuovere la realizzazione di "Centri di eccellenza"per la ricerca,la sperimentazione e lo sviluppo di metodologie e tecniche avanzate per la bonifica e la messa in sicurezza dei siti contaminati,sulla base di linee guida definite dall’Apat, con accordi di programma del Ministero dell’ambiente, di quello dello sviluppo e di quello della ricerca, con università ed enti di ricerca  e con la partecipazione di regioni ed enti locali. Tali  "Centri di eccellenza", riconosciuti ed iscritti in apposito registro presso l’Apat, oltre a promuovere la ricerca e la diffusione delle buone pratiche e delle migliori tecnologie disponibili, rilasciano certificazione di tecniche e metodologie di bonifica, su richiesta dei soggetti privati o pubblici interessati.

La 13ª Commissione, inoltre,  con riferimento al testo del decreto legislativo n. 152 del 2006 formula le seguenti raccomandazioni:

1. All’art. 74, sostituire al comma 1 la lettera ff) con la seguente: "qualsiasi immissione effettuata  tramite condotta o altro sistema stabile di collettamento che collega, senza soluzione di continuità, il ciclo di produzione e di raccolta del refluo con il corpo ricettore."

2. All’art. 101, comma 5, sostituire l’ultimo periodo con il seguente: "L’autorità competente,in sede di autorizzazione prescrive che lo scarico delle acque di raffreddamento,di lavaggio,ovvero impiegate per la produzione di energia,sia separato dagli scarichi terminali contenenti le sostanze di cui al comma 4."

3. All’art. 127 , comma 1, dopo le parole "ove applicabile" aggiungere le parole "e alla fine del complessivo processo di trattamento effettuato nell’impianto di depurazione".

4. Sostituire la rubrica e i commi 1 e 2 dell’art. 147 con i seguenti:

  " Art. 147(Ambito territoriale e integrazione dei servizi idrici)

1. Le regioni stabiliscono con propria legge la delimitazione degli ambiti territoriali ottimali per la gestione dei servizi idrici,tenendo conto dei bacini o dei sottobacini idrografici.

2. In ciascun ambito territoriale ottimale va assicurata:

- una gestione integrata della risorsa  idrica nel rispetto della pianificazione di bacino,della tutela dei corpi idrici superficiali e sotterranei e dell’ambiente;

- un  coordinamento dei diversi usi della risorsa idrica,in modo  sostenibile  e assicurando la priorità all’approvvigionamento per usi civili;

- l’unitarietà degli indirizzi e l’integrazione delle gestioni e dei servizi idrici in coerenza con gli obiettivi,le finalità e le modalità previste dal piano d’ambito;

- efficienza,qualità  ed economicità delle gestioni,adeguatezza delle dimensioni gestionali  e  superamento delle frammentazioni   delle gestioni.

  5. Sostituire i commi 1, 2 e 3 dell’art. 148 con i seguenti:

"1 .L’Autorità d’ambito costituisce una forma di cooperazione per l’esercizio associato da parte dei Comuni di ciascun ambito territoriale ottimale delle funzioni in materia di servizi idrici locali.

2.All’Autorità d’ambito partecipano obbligatoriamente tutti i Comuni dell’ATO e ad essa sono attribuite le funzioni di programmazione,organizzazione,affidamento e controllo dei servizi idrici locali ,operanti nel rispettivo territorio

3.Le Regioni e le province autonome disciplinano le forme e le modalità di cooperazione per  l’esercizio associato da parte dei Comuni delle funzioni di cui al comma 1,regolando altresì le  modalità di funzionamento e di organizzazione delle Autorità d’ambito.

-sopprimere il comma 5 dell’art .148."

6. All’art. 161  rafforzare le competenze del Comitato e dell’Osservatorio, secondo le seguenti indicazioni:

- Il Comitato di vigilanza sull’uso delle risorse idriche svolge le seguenti funzioni:

a)                  analisi e verifica dei Piani d’ambito, esprimendo rilievi e osservazioni sugli elementi tecnici ed economici,  segnalando la necessità di modificare le clausole contrattuali e gli atti che regolano il rapporto tra le Autorità d’ambito e i gestori dei servizi in particolare quando ciò sia richiesto dalle  esigenze degli utenti;

b)                  emana  linee guida in merito a:

            - definizione delle tariffe e corretta applicazione del metodo tariffario;

-                          meccanismi incentivanti l’economicità, l’efficienza, l’efficacia e la qualità della gestione;

          - assicurare la parità di trattamento degli utenti, garantire la continuità della prestazione dei servizi e assicurare adeguati controlli della qualità e l’efficacia delle prestazioni;

c)                  effettua il monitoraggio delle modalità di erogazione dei servizi richiedendo informazioni e documentazioni ai gestori operanti nel settore idrico, anche al fine di individuare situazioni di criticità e di irregolarità funzionali dei servizi idrici;

d)                  predispone periodicamente rapporti relativi allo stato di organizzazione dei servizi al fine di consentire il confronto delle prestazioni dei gestori;

e)                  esprime pareri in ordine a problemi specifici attinenti la qualità dei servizi e la tutela dei consumatori, su richiesta del Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, delle regioni, degli enti locali, delle Autorità d’ambito;

f)                    predispone una relazione annuale sullo stato dei servizi idrici e sulla attività svolta, da inviare al Parlamento;

       g)  promuove studi e ricerche di settore.

L’Osservatorio nazionale sui rifiuti  svolge le seguenti funzioni:

a)                  analizza i piani di gestione dei rifiuti ai vari livelli e formula osservazioni alle autorità proponenti;

b)                  provvede all'elaborazione ed all'aggiornamento  di criteri e linee guida:

- sulle modalità di gestione dei rifiuti per migliorarne efficacia, efficienza e qualità,  per promuovere la diffusione delle  buone pratiche e delle migliori tecniche disponibili per la prevenzione, le raccolte differenziate, il riciclo, il recupero energetico e lo smaltimento dei rifiuti;

      -sulla definizione delle tariffe e l’applicazione del metodo tariffario;

c)                  predispone il Programma generale di prevenzione di cui all'articolo 225 qualora il Consorzio nazionale imballaggi non provveda nei termini previsti;

d)                  verifica l'attuazione del Programma generale di cui all'articolo 225 ed il raggiungimento degli obiettivi di recupero e di riciclaggio;

e)                   verifica i costi di gestione dei rifiuti,delle diverse componenti di tali costi e delle modalità di gestione ed effettua analisi comparative fra i diversi ambiti di gestione,evidenziando eventuali anomalie;

f)                    verifica livelli di qualità dei servizi erogati;

g)                  predispone, un rapporto annuale sulla gestione dei rifiuti, degli imballaggi e dei rifiuti di imballaggio.

7. All’art. 178, comma 1,  in fine aggiungere le parole : "nonché al fine di preservare le risorse naturali".

8. All’art. 181 alla fine del comma 5 aggiungere il seguente periodo: "Gli accordi e i contratti di programma non possono stabilire deroghe della normativa comunitaria vigente e possono integrare e modificare norme tecniche e secondarie  nei casi previsti dalla legge".

9. Alla lettera b) del punto 1.1.3 del suballegato 1, allegato 1,  del decreto ministeriale 5 febbraio del 1998 modificare con "formaldeide non superiore allo 0,1% in peso"

10. All’art. 182   sopprimere i commi 6 e 8  relativi allo smaltimento dei rifiuti in fognatura e allo smaltimento della frazione biodegradabile in impianti di depurazione acque reflue urbane.

11. Modificare l’art. 183 secondo le seguenti indicazioni:

- la lettera u), relativa alle materie prime secondarie per attività siderurgiche e metallurgiche, va  rivista e coordinata con il decreto ministeriale di cui all’art. 181-bis e con le condizioni ivi previste, assicurando una fase transitoria che consenta alle imprese siderurgiche e metallurgiche di adeguarsi alle misure introdotte,fino a nuova autorizzazione o iscrizione;

- alla lettera aa) modificare la definizione di scarico come segue, in corrispondenza a quanto proposto con riferimento all’art. 74, comma 1, lettera ff): "scarichi idrici: qualsiasi immissione di acque reflue in acque superficiali, sul suolo, nel sottosuolo e in rete fognaria, indipendentemente dalla loro natura inquinante, anche sottoposte a preventivo trattamento di depurazione, effettuata esclusivamente tramite condotta o altro sistema stabile di collettamento che collega senza soluzione di continuità il ciclo di produzione e di raccolta dell’acqua reflua con il corpo ricettore".

12. All’art. 184, comma 3, apportare le seguenti modificazioni:

- alla lettera b) sopprimere la parola "pericolosi";

- alla lettera c) sopprimere le parole "fatto salvo quanto previsto dall’art. 185, comma 1, lettera i)";

- sopprimere la lettera n).

13. All’art. 185, comma 1,  inserire le seguenti lettere:

                "a-bis) le carogne ed i seguenti rifiuti agricoli:materie fecali, vegetali ed altre sostanze naturali non pericolose utilizzate nelle attività agricole, anche dopo il trattamento in impianti aziendali ed interaziendali agricoli;materiali litoidi e terre da coltivazione, anche sotto forma di fanghi, provenienti dalla pulizia e dal  lavaggio dei prodotti vegetali, riutilizzati nelle normali pratiche agricole e di conduzione dei fondi rustici, sottoprodotti della lavorazione dei cereali e del riso;

                a-ter) materie fecali e vegetali di provenienza agricola e agroalimentare destinate alla produzione di energia da biomassa, alla produzione di fertilizzanti ed ai trattamenti di cui all’allegato III del Decreto 7 aprile 2006".

14. All’art. 193, al comma 6,dopo le parole "di vidimazione" aggiungere le parole "ai sensi della lettera b)".

15. All’art 195, al comma 2, lettera e), aggiungere le parole: "Ai rifiuti assimilati, entro un anno, si applichi esclusivamente una tariffazione  per le quantità conferite al servizio di gestione dei rifiuti urbani. Per gli imballaggi secondari e terziari per i quali risulti documentato il non conferimento al servizio di gestione dei rifiuti urbani ma l’avvio a recupero e riciclo diretto tramite soggetti autorizzati, non si applica la predetta tariffazione. Con decreto del Ministro dell’ambiente, d’intesa col Ministro dello sviluppo economico, sono definiti, entro 90 giorni, i criteri per l’assimilabilità ai rifiuti urbani".

16. All’art. 200 apportare le seguenti modificazioni:

- al comma 1 , dopo le parole "denominati ATO" aggiungere le parole" su base provinciale o per accorpamenti di piccole province";

- al comma 1,letteraa), eliminare le parole: "attraverso un servizio di gestione integrata dei rifiuti".

17. All’art. 201 apportare le seguenti modificazioni:

- sostituire i commi 1 e 2 con i seguenti:

"1. L’Autorità d’ambito costituisce una forma di cooperazione per l’esercizio associato da parte dei comuni di ciascun ambito territoriale delle loro funzioni in materia di gestione dei rifiuti urbani. All’Autorità d’ambito partecipano obbligatoriamente tutti i comuni del territorio corrispondente.

2. Le regioni e le province autonome disciplinano, sentiti i comuni interessati, le modalità e le forme di organizzazione delle Autorità d’ambito, presso la provincia territorialmente competente, o nel caso di accorpamento di piccole  province, presso una di queste. Le modalità di organizzazione e funzionamento delle Autorità d’ambito presso le province sono definite previa intesa con le province interessate.";

- soporimere i commi 4 e 5  prevedendo un  periodo transitorio  verso il nuovo regime.

18. All’art. 205  sopprimere il comma 2.

19. All’art. 206 apportare le seguenti modificazioni:

- al comma 1, lettera b), dopo le parole "processi produttivi" aggiungere le parole "e distributivi";

- al comma 2, lettera b), aggiungere alla fine: "con esclusione dei rifiuti da apparecchiature elettriche ed elettroniche (RAEE) ed altri rifiuti per i quali le modalità di ritiro e di gestione siano stabiliti da norme vigenti.".

20. All’art. 208 apportare le seguenti modificazioni:

            - al comma 11, lettera i), eliminare le parole "per i processi di trattamento termico dei rifiuti, anche accompagnati da recupero energetico";

- al comma 12 aggiungere, in fine, le seguenti parole "Le prescrizioni dell’autorizzazione possono essere modificate ,prima del termine di scadenza e dopo almeno cinque anni dal rilascio,  nel caso di condizioni di criticità ambientale,tenendo conto dell’evoluzione delle migliori tecnologie disponibili";

- sostituire il comma 13 con il seguente: "Ferma restando l'applicazione delle norme sanzionatorie di cui al titolo VI della parte quarta del presente decreto, in caso di inosservanza delle prescrizioni dell'autorizzazione l'autorità competente procede, secondo la gravità dell'infrazione:

a) alla diffida, stabilendo un termine entro il quale devono essere eliminate le inosservanze;

b) alla diffida e contestuale sospensione dell'autorizzazione per un tempo determinato, ove si manifestino situazioni di pericolo per la salute pubblica e per l'ambiente;

c) alla revoca dell'autorizzazione in caso di mancato adeguamento alle prescrizioni imposte con la diffida e in caso di reiterate violazioni che determinino situazione di pericolo per la salute pubblica e per l'ambiente.";

-  al comma 15  sostituire dalla parole "ad esclusione della sola riduzione volumetrica e separazione delle frazioni estranee" con le parole: "nonché quelli che effettuano la sola riduzione volumetrica";

- sopprimere il comma 17.

 21. All’ art. 210 apportare le seguenti modificazioni:

           - al comma 3, lettera f), eliminare le parole "per i processi di trattamento termico dei rifiuti, anche accompagnati da recupero energetico";

- sostituire il comma  4 con il seguente:"Ferma restando l'applicazione delle norme sanzionatorie di cui al titolo VI della parte quarta del presente decreto, in caso di inosservanza delle prescrizioni dell'autorizzazione l'autorità competente procede, secondo la gravità dell'infrazione:

a) alla diffida, stabilendo un termine entro il quale devono essere eliminate le inosservanze;

b) alla diffida e contestuale sospensione dell'autorizzazione per un tempo determinato, ove si manifestino situazioni di pericolo per la salute pubblica e per l'ambiente;

c) alla revoca dell'autorizzazione in caso di mancato adeguamento alle prescrizioni imposte con la diffida e in caso di reiterate violazioni che determinino situazione di pericolo per la salute pubblica e per l'ambiente.";

- sopprimere il comma 5.

22. Modificare l’art. 212 secondo le seguenti indicazioni:

L'iscrizione all'Albo è requisito per lo svolgimento delle attività di raccolta e trasporto di rifiuti, di bonifica dei siti contaminati, di bonifica dei beni contenenti amianto, di commercio ed intermediazione dei rifiuti  senza detenzione dei rifiuti stessi, di smaltimento e di recupero di rifiuti mediante gestione di impianti di titolarità di terzi e di smaltimento e di recupero di rifiuti con impianti mobili. Sono esonerati dall'obbligo di cui al presente comma le organizzazioni di cui agli articoli 221, comma 3, lettere a) e c), 223, 224, 228, 233, 234, 235 e 236, limitatamente all’attività di intermediazione e commercio senza detenzione di rifiuti di imballaggio. Per le aziende speciali,i consorzi e le società di cui all’art.22 della legge 8 giugno 1990, n. 142, l’iscrizione all’Albo è effettuata con apposita comunicazione del comune o del consorzio di comuni alla sezione regionale territorialmente competente ed è valida per i servizi di gestione dei rifiuti nei medesimi comuni .   L'iscrizione autorizza l’esercizio delle attività di raccolta, di trasporto, di commercio e di intermediazione dei rifiuti; per  l’esecuzione di interventi di bonifica dei siti inquinati e di bonifica dei beni contenenti amianto, per la gestione di impianti di recupero e di smaltimento di proprietà di terzi e per la gestione di impianti mobili di recupero e di smaltimento, già autorizzati,  l'iscrizione attesta l’idoneità soggettiva e la capacità finanziaria, tecnica ed economica dell’interessato a svolgere dette attività.  L’efficacia dell’iscrizione è di cinque anni ed è rinnovabile.  Le garanzie finanziarie di cui al comma 7 sono ridotte del cinquanta per cento per le imprese registrate ai sensi del regolamento (CE) n. 761/2001, del Parlamento europeo e del Consiglio, del 19 marzo 2001 (Emas), e del trenta per cento nel caso di imprese in possesso della certificazione ambientale ai sensi della norma Uni En Iso 14001.  Le imprese di cui al comma 5  sono iscritte all’Albo sulla base di una comunicazione di inizio di attività presentata alla sezione regionale o provinciale dell’Albo territorialmente competente,  con la quale l’interessato dichiara sotto la propria personale responsabilità, ai sensi e per gli effetti dell’art. 21 della legge n. 241 del 1990, di essere in possesso dei presupposti e dei requisiti che la legge, il decreto ministeriale 28 aprile 1998 n. 406, e successive modifiche, e le delibere del Comitato Nazionale richiedono per l’esercizio di tali attività. A tal fine:

a) alla comunicazione di inizio di attività deve essere allegata idonea polizza fideiussoria e tutta la documentazione necessaria a dimostrare il rispetto delle condizioni e il possesso dei requisiti richiesti per l’iscrizione dalla legge, dal decreto ministeriale 28 aprile 1998, n. 406, e successive modificazioni ,  e dalle delibere del Comitato Nazionale dell’Albo;

b) i contenuti della comunicazione di inizio di attività e della documentazione da allegare alla stessa, le modalità e le condizioni di prestazione della garanzie fideiussorie sono definite e precisate da apposite deliberazioni del Comitato Nazionale dell’Albo;

c)al momento della presentazione la sezione regionale o provinciale dell’Albo verifica la completezza della comunicazione e della documentazione allegata, rilascia all’interessato la ricevuta dell’avvenuta presentazione ed entro i successivi 60 giorni, provvede all’iscrizione o comunica all’interessato i motivi che ostano all’iscrizione; decorso inutilmente tale termine l’interessato è iscritto di diritto ed il relativo provvedimento è rilasciato entro i successivi dieci giorni. In caso di richiesta di integrazione della comunicazione di inizio di attività  i termini di cui al presente comma sono interrotti non più di una volta e ricominciano a decorrere dalla presentazione delle necessarie integrazioni;

d) salva l’applicazione delle sanzioni previste in caso di dichiarazioni false e mendaci, alle attività di raccolta e trasporto di rifiuti effettuate in base a comunicazione di inizio attività o a documentazione incompleta o inidonea si applica il disposto di cui all’articolo 256, comma 1;

e) in caso di rinnovo dell’iscrizione l’interessato dovrà far pervenire alla competente sezione, almeno sessanta giorni prima della scadenza dell’iscrizione, una nuova comunicazione predisposta ai sensi delle precedenti lettere a) e b) con cui manifesta la volontà di proseguire l’attività; l’iscrizione resta comunque efficace fino alla notifica del nuovo provvedimento d’iscrizione o dei motivi che ostano al rilascio dello stesso. Ove si rendesse necessaria una semplice integrazione documentale, la sezione competente stabilirà tempi e modi della stessa e consentirà l’eventuale ulteriore efficacia dell’iscrizione, attenendosi alle direttive del Comitato nazionale dell’Albo.

 Le disposizioni di cui ai commi 8, 9 e 10 non si applicano ai produttori iniziali di rifiuti non pericolosi che effettuano operazioni di raccolta e trasporto dei propri rifiuti, né ai produttori iniziali di rifiuti pericolosi  che effettuano operazioni di raccolta e trasporto di trenta chilogrammi o trenta litri al giorno dei propri rifiuti pericolosi, a condizione che tali operazioni costituiscano parte integrante ed accessoria dell’organizzazione dell’impresa dalla quale i rifiuti sono prodotti. Dette imprese non sono tenute alla prestazione delle garanzie finanziarie e sono iscritte in un’apposita sezione dell’Albo in base alla presentazione di una comunicazione alla sezione regionale o provinciale dell’Albo territorialmente competente che rilascia il relativo provvedimento entro i successivi venti giorni. Con la comunicazione l’interessato attesta sotto la sua responsabilità, ai sensi dell’articolo 21 della legge n. 241 del 1990:

            a) la sede dell’impianto o degli impianti e l’attività o le attività dai quali sono prodotti i rifiuti;

b) le caratteristiche, la natura dei rifiuti prodotti;

            c) gli estremi identificativi e l’idoneità tecnica dei mezzi utilizzati per il trasporto dei rifiuti, tenuto anche conto delle modalità di effettuazione del trasporto medesimo;

d) il versamento del diritto annuale di registrazione, che in fase di prima applicazione è determinato nella somma di 50 euro anno, ed è rideterminabile ai sensi dell'articolo 21 del decreto del Ministro dell'ambiente 28 aprile 1998, n. 406.

 Sono esonerate dall’obbligo della prestazione della garanzia finanziaria di cui al comma 7 le imprese che effettuano operazioni di raccolta e trasporto di rifiuti non pericolosi individuati con apposito decreto del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, di concerto con i Ministri della salute e dello sviluppo economico, sulla base di un’analisi dei costi economici e dei benefici ambientali. In fase di prima applicazione sono esonerate dall’obbligo di prestare le garanzie finanziarie le imprese che effettuano le operazioni di raccolta e trasporto delle seguenti tipologie di rifiuti non pericolosi:

            a) rifiuti di imballaggio;

            b) rifiuti di carta e cartone;

            c) rottami ferrosi e non ferrosi;

            d) rifiuti di legno;

            e) i rifiuti agricoli di cui all’articolo 185, comma 1, lettera e);

            f) i rifiuti costituiti da materiale tessile;

            g) i rifiuti inerti ai sensi del decreto legislativo n. 36 del 2003.

 Le attribuzioni e le modalità organizzative dell'Albo, i requisiti, i termini e le modalità di iscrizione, i diritti annuali d'iscrizione, nonché le modalità e gli importi delle garanzie finanziarie da prestare a favore dello Stato sono definiti entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della parte IV del decreto legislativo (questo termine deve essere riferito al decreto correttivo con apposita norma a parte) con decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio, di concerto con i Ministri delle attività produttive, delle infrastrutture e dei trasporti e dell'economia e delle finanze, sentito il parere del Comitato nazionale, nel rispetto dei seguenti principi:

a) individuazione di requisiti per l'iscrizione, validi per tutte le sezioni, al fine di uniformare le procedure;

b) coordinamento con la vigente normativa sull'autotrasporto, in coerenza con la finalità di cui alla lettera a);

c) trattamento uniforme dei componenti delle Sezioni regionali, per garantire l'efficienza operativa;

d) effettiva copertura delle spese attraverso i diritti di segreteria e i diritti annuali di iscrizione.

Sopprimere  il comma 12.

23. All’art. 214, comma 1, aggiungere in fine le parole "ai sensi e nel rispetto di quanto disposto dall’articolo 178, comma 2".

24. All’art. 215  sostituire il comma 4 con i seguenti commi:

"4. Qualora, entro il termine di cui al comma 1, la Provincia territorialmente competente accerti che non sussistono i presupposti ed i requisiti richiesti, dispone, con provvedimento motivato, il divieto di inizio dell’attività in attesa che l’interessato provveda a conformare alla normativa vigente detta attività; a tal fine l’interessato è tenuto ad effettuare una nuova comunicazione di inizio di attività ai sensi e per gli effetti del comma 1, con la quale devono essere precisate le misure adottate per conformare l’attività alla normativa vigente.

4-bis. Ferma restando l'applicazione delle norme sanzionatorie di cui al titolo VI della parte quarta del presente decreto, in caso di inosservanza o mancato rispetto delle norme tecniche e delle condizioni di cui al comma 1, la Provincia territorialmente competente procede, secondo la gravità dell'infrazione:

a) alla diffida, stabilendo un termine entro il quale devono essere eliminate le inosservanze;

b) alla diffida e contestuale sospensione dell'attività per un tempo determinato, ove si manifestino situazioni di pericolo per la salute pubblica e per l'ambiente;

c) al divieto di prosecuzione dell’attività ed alla cancellazione dell’iscrizione in caso di mancato adeguamento alle prescrizioni imposte con la diffida e in caso di reiterate violazioni che determinino situazione di pericolo per la salute pubblica e per l'ambiente.".

25. All’art. 216 sopprimere i commi 9 e 10 e al comma 8, dopo le parole "disposizioni legislative vigenti a favore dell’utilizzazione dei rifiuti", inserire le parole "in via prioritaria in operazioni di riciclaggio e di recupero per ottenere materie,  sostanze, oggetti, nonché".

26. All’art. 266, alla fine del comma 7,  aggiungere le parole : " nel rispetto delle disposizioni comunitarie in materia". 

27. Modificare gli allegati secondo le seguenti indicazioni:

- all’allegato C eliminare la voce R14, che non è prevista nella direttiva europea;

- l’allegato D(CER), che  contiene imprecisioni formali, dovrebbe essere redatto in un nuovo testo sulla base della decisione 2000/532/CE;

- l’allegato F, che contiene alcuni errori, dovrebbe essere redatto in un nuovo testo sulla base dell’allegato alla Direttiva 94/62/CE sugli imballaggi.

 

La 13ª Commissione, inoltre, invita il Governo a procedere sollecitamente all’adozione dello schema di decreto legislativo in materia di Valutazione d’impatto ambientale (VIA) e di Valutazione ambientale strategica (VAS), per la quale si profila a breve la scadenza del termine della proroga dell’entrata in vigore della normativa recata dal decreto legislativo n. 152 del 2006.

 

La 13ª Commissione, inoltre,  con riferimento all’art. 206 del decreto legislativo n. 152 del 2006, nel testo recato dall’art. 1, comma 29, dello schema di decreto raccomanda di prevedere la consultazione della Regione interessata nel caso in cui l’accordo non la comprenda.