Camera dei deputati - XV Legislatura - Dossier di documentazione (Versione per stampa)
Autore: Servizio Studi - Dipartimento ambiente
Titolo: Ulteriori modifiche al decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, recante norme in materia ambientale Schema di decreto legislativo n.168 (art. 1, co. 4, 5 e 6, L. n. 308/2004) Scheda di sintesi e schede di lettura
Riferimenti:
AC n. 168/XV     
Serie: Atti del Governo    Numero: 144
Data: 09/10/2007
Organi della Camera: VIII-Ambiente, territorio e lavori pubblici
Altri riferimenti:
L n. 308 del 15-DIC-04     


Camera dei deputati

XV LEGISLATURA

SERVIZIO STUDI

Atti del Governo

Ulteriori modifiche al decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, recante norme in materia ambientale

Schema di decreto legislativo n.168

 (art. 1, co. 4, 5 e 6, L. n. 308/2004)

 

 

 

Scheda di sintesi e schede di lettura

 

 

 

 

 

n. 144

 

9 ottobre 2007

 


 

 

 

Il presente dossier è costituito dai seguenti volumi:

- n. 144 contenente la scheda di sintesi e le schede di lettura;

- n. 144/1 contenente la normativa di riferimento e l’iter parlamentare.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

SIWEB

 

 

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File Am0108

 


 

I N D I C E

 

Scheda di sintesi per l’istruttoria legislativa

Dati identificativi                                                                                                3

Struttura e oggetto                                                                                            4

§      Contenuto                                                                                                        4

§      Relazioni e pareri allegati                                                                                8

Elementi per l’istruttoria legislativa                                                                9

§      Conformità con la norma di delega                                                                 9

§      Rispetto delle competenze legislative costituzionalmente definite               12

§      Rispetto degli altri princìpi costituzionali                                                        14

§      Compatibilità comunitaria                                                                              15

§      Formulazione del testo                                                                                  27

Schede di lettura

I contenuti della delega recata dalla legge n. 308/2004 e la previsione di decreti integrativi o correttivi                                                                                                           33

§      Le previsioni del decreto legislativo n. 152/2006 per l’adozione di provvedimenti successivi  34

§      Il primo decreto correttivo n. 284/2006                                                          35

§      Ulteriori modifiche contenute in provvedimenti legislativi                              35

§      Il secondo schema di decreto correttivo                                                       37

§      Il contenzioso in atto dinanzi alla Corte costituzionale                                  38

Art. 1(Modifiche alle Parti prima e seconda del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152)     41

§      La nuova Parte Prima bis, recante i principi generali                                    41

§      L’integrale sostituzione della Parte seconda, in materia di VIA, VAS e IPPC48

Titolo I I principi generali per la VAS, per la VIA e per l’IPPC                    50

Titolo II La valutazione ambientale strategica                                           67

Titolo III La valutazione d’impatto ambientale                                           71

Titolo IV Valutazioni ambientali interregionali e transfrontaliere                80

Titolo V Norme transitorie e finali                                                              83

Gli Allegati alla Parte seconda                                                                  87

Art. 2(Modifiche alle Parti terza e quarta del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152)    95

Art. 3 (Clausola di invarianza finanziaria)                                                     96

Art. 4 (Disposizioni transitorie e finali)                                                         97

Art. 5 (Entrata in vigore)                                                                                  98

Allegato 1Art. 2 dello schema di decreto correttivo. Confronto con i pareri di Camera e Senato                                                                                                                            99

Allegato 2Art. 2 dello schema di decreto correttivo. Confronto con gli emendamenti “irrinunciabili” della Conferenza unificata                                                159

Allegato 3 Il quadro normativo vigente in materia di VIA, VAS e IPPC    165

Schema D.lgs. n. 168

§      Ulteriori modifiche al decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, recante norme in materia ambientale189

Relazione motivata

Art. 1, comma 6 della legge 308/2004                                                             307

 


Scheda di sintesi
per l’istruttoria legislativa


Dati identificativi

Numero dello schema di decreto legislativo

168

Titolo

Ulteriori modifiche al decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, recante norme in materia ambientale

Norma di delega

Art. 1, commi 4, 5 e 6 della L. 15/12/2004, n. 308

Settore d’intervento

Ambiente

Numero di articoli

5

Date

 

§       Presentazione

21 settembre 2007

§       Assegnazione

26 settembre 2007

§       termine per l’espressione del parere

26 ottobre 2007

§       scadenza della delega

29 aprile 2008

Commissione competente

VIII Commissione (Ambiente)

XIV Commissione (Politiche dell’Unione europea) (ai sensi dell’articolo 126, comma 2, del regolamento)

Rilievi di altre Commissioni

V Commissione (Bilancio)

 


 

Struttura e oggetto

Contenuto

Lo schema di decreto legislativo in commento reca ulteriori disposizioni integrative e correttive del decreto legislativo n. 152 del 2006 (cd. codice ambientale), in attuazione della norma di delega contenuta nell’articolo 1, comma 6, della legge n. 308 del 2004 (cd. delega ambientale).

Esso si compone di cinque articoli.

L’articolo 1 introduce, al comma 1, la Parte Prima bis, che consta di sei articoli recanti i principi generali del diritto ambientale e, al comma 2, procede ad una riscrittura della Parte seconda, relativa alle procedure per la valutazione ambientale strategica (VAS), per la valutazione dell’impatto ambientale (VIA) e per l’autorizzazione integrata ambientale (IPPC).

A garanzia della particolare cogenza dei principi generali introdotti - principi qualificati in particolare come principi fondamentali ai sensi dell’articolo 117 Cost. e norme fondamentali di riforma economico-sociale - viene prevista una clausola di resistenza rinforzata alle modifiche e abrogazioni, possibili soltanto mediante espressa previsione legislativa (art. 3-bis). Alle Regioni è consentito adottare forme di tutela giuridica dell'ambiente più restrittive, qualora lo richiedano situazioni particolari del loro territorio, con il limite però che non si determini un’arbitraria discriminazione (art. 3-quinquies, co. 2)

Tali principi, prevalentemente di derivazione comunitaria, sono individuati nei seguenti:

-          principi dell’azione ambientale, identificati nella precauzione, nell’azione preventiva, nella correzione, in via prioritaria alla fonte, dei danni causati all'ambiente, nonché nel principio “chi inquina paga” (art. 3-ter);

-          principio dello sviluppo sostenibile (art. 3-quater);

-          principio di sussidiarietà (operante sia nei rapporti tra Stato e livelli territoriali di governo inferiori sia nei rapporti tra Regioni ed enti locali) e principio di leale collaborazione tra gli enti esponenziali dei diversi livelli di governo (art. 3- quinquies).

Vieneinfine riconosciuto a chiunque il diritto di accesso alle informazioni ambientali, nonché il diritto di partecipare ai procedimenti in cui sono coinvolti interessi ambientali, a prescindere dalla dimostrazione della sussistenza di un interesse giuridicamente rilevante (articolo 3-sexies).

Per quanto riguarda l’integrale sostituzione della Parte seconda del codice (relativa alle procedure di VIA, VAS e IPCC), la relazione illustrativa precisa che essa si è resa necessaria in relazione all’esigenza di superare i molteplici profili di non conformità al diritto comunitario (alcuni dei quali già contestati dalla Commissione europea in specifiche procedure d’infrazione, destinate a concludersi in tempi brevi con sentenze sfavorevoli della Corte di giustizia), oltre che di tenere conto dei numerosi rilievi delle Commissioni parlamentari e della Conferenza unificata sullo schema di decreto n. 152.

La nuova Parte seconda si compone di cinque Titoli e sette allegati.

Il Titolo I reca le norme generali sulla VAS e VIA, nonché alcune disposizioni relative all’autorizzazione integrata ambientale ed alla valutazione di incidenza. Esso, in particolare, individua le finalità della nuova normativa (art. 4), contiene le definizioni, mutuate prevalentemente dalla normativa comunitaria (art. 5), disciplina l’ambito di applicazione della VAS e della VIA (art. 6) ed i soggetti competenti, reca alcune disposizioni per la VAS e la VIA regionali (art. 7), le norme relative alla Commissione tecnica di verifica dell’impatto ambientale (art. 8) ed alcune disposizioni per la semplificazione del procedimento (artt. 9 e 10).

Per quanto riguarda le novità più rilevanti rispetto al testo vigente del codice ambientale, si segnalano:

§         con riferimento alle finalità, l’estensione della valutazione dell'autorità competente per la VIA e la VAS alle finalità di conservazione proprie della valutazione d'incidenza (VINCA) e quindi al rispetto della capacità rigenerativa degli ecosistemi e delle risorse, della salvaguardia della biodiversità, oltre che di un’equa distribuzione dei vantaggi connessi all’attività economica; 

§         l’estensione dell’ambito di applicazione della VAS, realizzata attraverso in particolare l’inclusione dei piani e programmi per la valutazione e gestione della qualità dell’aria ambiente e a quelli relativi agli interventi di telefonia mobile (attraverso la mancata riproposizione dell’esclusione espressamente prevista dal testo vigente); sono inoltre sottoposti a VAS non soltanto i piani/programmi diversi da quelli per i quali la VAS è obbligatoria (contenenti la definizione del quadro di riferimento per l’approvazione, l’autorizzazione, la localizzazione di  progetti non sottoposti a VIA) ma anche le loro modifiche;

§         anche con riferimento all’ambito di applicazione della VIA, l’ampliamento delle categorie progettuali da sottoporre a tale procedura, che si realizza anche attraverso la riduzione dell’ambito dei progetti che possono essere esclusi dalla procedura; si segnala inoltre l’introduzione negli allegati (che individuano i progetti da sottoporre a VIA statale e regionale) di alcune categorie progettuali previste dalla direttiva comunitaria 85/337/CEE, ma che non sono contemplate né dal decreto legislativo n. 152, né dalla normativa previgente.

§         sotto il profilo delle competenze, con riferimento alla VAS, la conferma del criterio previsto dal codice ambientale, secondo cui la ripartizione delle competenze ha luogo in ragione della titolarità ad approvare i piani e programmi da valutare; con riferimento alla VIA, il ripristino invece del criterio previgente che attribuiva allo Stato la competenza sulle opere di maggiore impatto e alle regioni la competenza su un elenco di tipologia di opere di minore impatto. Nell’allegato II vengono indicati i progetti di competenza statale; l’allegato III individua i progetti sottoposti a VIA regionale e l’allegato IV i progetti di competenza regionale per i quali è prevista una previa verifica di assoggettabilità;

§         per quanto riguarda le disposizioni organizzative e procedurali, da un lato la previsione del supporto tecnico-scientifico della Commissione tecnica di verifica dell'impatto ambientale – VIA e VAS (e nel caso di impianti sottoposti ad autorizzazione integrata ambientale statale, il coordinamento con la Commissione istruttoria per l’IPCC); dall’altro, l’introduzione di norme di raccordo con la legge 7 agosto 1990, n. 241, sul procedimento amministrativo, e in particolare con l’istituto della Conferenza di servizi;

§         al fine di evitare sovrapposizioni tra le varie procedure, l’introduzione di più dettagliate disposizioni di coordinamento tra le medesime, con particolare riferimento alle relazioni tra VIA statale e autorizzazione integrata ambientale (AIA), tra VIA regionale e AIA, tra VAS e VIA, da un lato, e valutazione di incidenza (VINCA), dall’altro, e tra VAS e VIA.

 

Il Titolo II disciplina specificamente la procedura di valutazione ambientale strategica; esso reca significative novità in merito alla procedura di verifica di assoggettabilità dei piani o programmi a VAS, alla redazione del rapporto ambientale, ma soprattutto alla disciplina della fase di consultazione del pubblico e delle altre autorità interessate nonché di informazione della decisione. Si segnala in particolare l’allungamento dei termini previsti per la consultazione della proposta di piano o programma e del rapporto ambientale, nonché l’ampio ricorso al web, con la finalità indicata nella relazione illustrativa di una maggiore trasparenza del processo.

 

Il Titolo III riguarda invece la procedura di valutazione di impatto ambientale. Anche con riferimento alla VIA, si segnala in particolare l’introduzione di disposizioni volte ad assicurare più ampi livelli di partecipazione del pubblico mediante un vasto ricorso al web, al fine di recepire le modifiche introdotte nella direttiva 85/337 dalla direttiva 2003/35/CE. Tra le ulteriori rilevanti novità recate dal nuovo testo si segnalano: l’eliminazione dell’obbligo di includere nello studio di impatto ambientale una analisi costi-benefici del progetto dal punto di vista ambientale, economico e sociale, l’allungamento del termine entro il quale chiunque abbia interesse può prendere visione del progetto e del relativo studio ambientale, nonché presentare proprie osservazioni; l’affermazione del principio per cui lo svolgimento dell’inchiesta pubblica non comporta interruzioni o sospensioni dei termini per l’istruttoria; una specifica procedura per l’eventuale acquisizione da parte dell’autorità competente – anche mediante apposita Conferenza di servizi – delle determinazioni delle altre amministrazioni; l’allungamento da 90 a 150 giorni per la conclusione del procedimento di VIA; la funzione del provvedimento di VIA di sostituire o coordinare tutte le autorizzazioni, intese, concessioni, licenze, pareri, nulla osta e assensi comunque denominati in materia ambientale, necessari per la realizzazione e l'esercizio dell'opera o intervento inclusa l’autorizzazione integrata ambientale (AIA); la possibilità di proroga della validità quinquennale della VIA ad opera del provvedimento medesimo o, su istanza del proponente, da parte dell'autorità che ha emanato il provvedimento; la disciplina della pubblicazione del provvedimento di VIA, anche nel sito web dell’autorità competente; l’attività di monitoraggio del controllo sugli impatti ambientali provocati dalle opere approvate, con pubblicazione delle modalità di svolgimento, dei risultati e delle misure correttive tramite web; l’accorpamento in un’unica disposizione delle norme in materia di controlli e sanzioni, l’introduzione dell’obbligo per il proponente  di costituire, prima dell’inizio dei lavori, un deposito cauzionale a favore dell'autorità competente.

 

Il Titolo IV reca significative novità in merito alle valutazioni ambientali interregionali e transfrontaliere. Con riferimento alle prime, in particolare, viene restituita alle Regioni la competenza che il codice ambientale invece assegna al Ministero dell’ambiente. Con riferimento alle seconde si prevede, nel caso di progetti sottoposti a VIA o VAS statale, una procedura che coinvolge il Ministero dell’ambiente e quello degli esteri, al fine di mettere in condizione lo Stato estero di manifestare il proprio interesse alla partecipazione della procedura; nel caso di progetti sottoposti a VIA regionale si prevede invece a carico delle Regioni un obbligo di informazione nei confronti del Ministero dell’ambiente e di collaborazione per l’adempimento degli obblighi di cui alla Convenzione di Espoo sulla valutazione dell'impatto ambientale in un contesto transfrontaliero.

 

Il Titolo V infine reca le norme transitorie e finali, dettando in particolare la disciplina degli oneri istruttori a carico del soggetto richiedente (attribuendo tra l’altro alle regioni la possibilità di definire proprie modalità di quantificazione e corresponsione degli oneri da porre in capo ai proponenti), la procedura per l’emanazione di norme tecniche, organizzative e integrative e, al fine di garantire unitarietà e coerenza all'attività di pianificazione degli interventi ambientali, l’aggiornamento della strategia nazionale per lo sviluppo sostenibile, nonché l’elaborazione di strategie di sviluppo sostenibile da parte di regioni e province autonome. Si prevede inoltre l’adeguamento da parte delle Regioni del proprio ordinamento alle disposizioni recate dal provvedimento nel termine di sei mesi dall’entrata in vigore e, trascorso tale termine, la diretta applicazione delle disposizioni del decreto.

 

L’articolo 2 dello schema di decreto correttivo in esame  novella la Parte III(recante Norme in materia di difesa del suolo e lotta alla desertificazione, di tutela delle acque dall’inquinamento e di gestione delle risorse idriche) e IV (recante Norme in materia di gestione dei rifiuti e di bonifica dei siti inquinati) del Codice ambientale. Esso ripropone le disposizioni contenute nel secondo schema di decreto correttivo, sul quale la Commissione aveva espresso il parere di sua competenza nella seduta del 27 giugno 2007, e che non era stato ritrasmesso a Camera e Senato nei termini indicati dalla norma di delega. Rispetto a quel testo sono state apportate alcune modifiche sostanziali, in prevalenza finalizzate al recepimento dei pareri di Camera e Senato, nonché all’accoglimento di alcuni degli emendamenti proposti dalla Conferenza unificata.

 

Il successivo articolo 3 reca la clausola di invarianza della spesa, a tal fine disponendo che le amministrazioni interessate svolgano le attività previste dal provvedimento (e in particolare provvedono all’attuazione delle disposizioni istitutive del Comitato per la vigilanza sull’uso delle risorse idriche e dell’Osservatorio nazionale sui rifiuti) con le risorse umane, finanziarie e strumentali disponibili a legislazione vigente. La medesima disposizione fa salva l’attuazione dell'articolo 29 del decreto-legge n. 223 del 2006, che, ai fini di una riduzione della spesa sostenuta dalle amministrazioni pubbliche per commissioni e organismi vari, ha previsto un riordino di tali organismi anche mediante un loro accorpamento.

 

L’articolo 4 reca in particolare una norma transitoria, prevedendo che per i progetti per i quali, alla data di entrata in vigore dello schema di decreto correttivo, la VIA è in corso (con l'avvenuta presentazione del progetto e dello studio di impatto ambientale) si applicano le norme vigenti al momento dell'avvio del relativo procedimento.

 

L’articolo 5, infine, disciplina l’entrata in vigore del provvedimento.

Relazioni e pareri allegati

Lo schema di decreto è accompagnato:

§           dalla relazione motivata presentata ai sensi dell’articolo 1, comma 6, della legge delega n. 308 del 2004;

§           dall’analisi tecnico-normativa e dall’analisi dell’impatto della regolamentazione, ai sensi del comma 5 della medesima disposizione;

§           dalla relazione tecnica trasmessa in attuazione del medesimo comma 5, ai sensi dell’articolo 11-ter, comma 2, della legge 5 agosto 1978, n. 468, al fine della verifica del principio di invarianza degli oneri a carico della finanza pubblica (contemplato dall’articolo 1, comma 8, lett. c);

§           dal parere della Conferenza unificata, reso in data 20 settembre 2007.

 


 

Elementi per l’istruttoria legislativa

Conformità con la norma di delega

L’articolo 1, comma 8, della legge n. 308 del 2004, individua i seguenti principi e criteri direttivi generali, comuni cioè a tutti i settori e a tutte le materie della delega:

a) salvaguardia, tutela e miglioramento della qualità dell'ambiente, della protezione della salute umana, dell'utilizzazione accorta e razionale delle risorse naturali, della promozione sul piano internazionale delle norme destinate a risolvere i problemi dell'ambiente a livello locale, regionale, nazionale, comunitario e mondiale;

b) maggiore efficienza e tempestività dei controlli ambientali, nonché certezza delle sanzioni in caso di violazione delle disposizioni a tutela dell'ambiente;

c) invarianza degli oneri a carico della finanza pubblica;

d) sviluppo e coordinamento delle misure e degli interventi che prevedono incentivi e disincentivi, finanziari o fiscali, volti a sostenere, ai fini della compatibilità ambientale, l'introduzione e l'adozione delle migliori tecnologie disponibili nonché il risparmio e l'efficienza energetica, e a rendere più efficienti le azioni di tutela dell'ambiente e di sostenibilità dello sviluppo, anche attraverso strumenti economici, finanziari e fiscali;

e) piena e coerente attuazione delle direttive comunitarie, al fine di garantire elevati livelli di tutela dell'ambiente e di contribuire in tale modo alla competitività dei sistemi territoriali e delle imprese, evitando fenomeni di distorsione della concorrenza;

f) affermazione dei princìpi comunitari di prevenzione, di precauzione, di correzione e riduzione degli inquinamenti e dei danni ambientali e del principio «chi inquina paga»;

g) previsione di misure che assicurino la tempestività e l'efficacia dei piani e dei programmi di tutela ambientale, estendendo, ove possibile, le procedure previste dalla legge 21 dicembre 2001, n. 443;

h) previsione di misure che assicurino l'efficacia dei controlli e dei monitoraggi ambientali, incentivando in particolare i programmi di controllo sui singoli impianti produttivi, anche attraverso il potenziamento e il miglioramento dell'efficienza delle autorità competenti;

i) una più efficace tutela in materia ambientale anche mediante il coordinamento e l'integrazione della disciplina del sistema sanzionatorio, amministrativo e penale;

l) semplificazione amministrativa, anche mediante il ricorso a regolamenti di delegificazione;

m) riaffermazione del ruolo delle regioni, ai sensi dell'articolo 117 della Costituzione;

n) adozione di strumenti economici volti ad incentivare le piccole e medie imprese ad aderire ai sistemi di certificazione ambientale.

Il successivo comma 9 stabilisce i principi e i criteri direttivi specifici per l’esercizio della delega nei diversi settori e materie da questa interessati.

Per quanto riguarda le materia su cui interviene lo schema di decreto correttivo in esame, si segnalano i criteri recati dalle seguenti lettere:

a) assicurare un'efficace azione per l'ottimizzazione quantitativa e qualitativa della produzione dei rifiuti, finalizzata, comunque, a ridurne la quantità e la pericolosità; semplificare, anche mediante l'emanazione di regolamenti, ai sensi dell'articolo 17, comma 2, della legge 23 agosto 1988, n. 400, e razionalizzare le procedure di gestione dei rifiuti speciali, anche al fine di renderne più efficace il controllo durante l'intero ciclo di vita e di contrastare l'elusione e la violazione degli obblighi di smaltimento; promuovere il riciclo e il riuso dei rifiuti, anche utilizzando le migliori tecniche di differenziazione e di selezione degli stessi, nonché il recupero di energia, garantendo il pieno recepimento della direttiva 2000/76/CE del 4 dicembre 2000 del Parlamento europeo e del Consiglio, relativa all'incenerimento dei rifiuti, ed innovando le norme previste dal D.M. 5 febbraio 1998 del Ministro dell'ambiente, pubblicato nel supplemento ordinario alla Gazzetta Ufficiale n. 88 del 16 aprile 1998, e successive modificazioni, con particolare riguardo agli scarti delle produzioni agricole; prevedere i necessari interventi per garantire la piena operatività delle attività di riciclaggio anche attraverso l'eventuale transizione dal regime di obbligatorietà al regime di volontarietà per l'adesione a tutti i consorzi costituiti ai sensi del decreto legislativo 5 febbraio 1997, n. 22; razionalizzare il sistema di raccolta e di smaltimento dei rifiuti solidi urbani, mediante la definizione di ambiti territoriali di adeguate dimensioni all'interno dei quali siano garantiti la costituzione del soggetto amministrativo competente, il graduale passaggio allo smaltimento secondo forme diverse dalla discarica e la gestione affidata tramite procedure di evidenza pubblica; prevedere l'attribuzione al presidente della giunta regionale dei poteri sostitutivi nei confronti del soggetto competente che non abbia provveduto ad espletare le gare entro sei mesi dalla data di entrata in vigore dei decreti legislativi di cui al comma 1, tramite la nomina di commissari ad acta e di poteri sostitutivi al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio senza altri obblighi nel caso in cui il presidente della giunta regionale non provveda entro quarantacinque giorni; prevedere possibili deroghe, rispetto al modello di definizione degli ambiti ottimali, laddove la regione predisponga un piano regionale dei rifiuti che dimostri l'adeguatezza di un differente modello per il raggiungimento degli obiettivi strategici previsti; assicurare tempi certi per il ricorso a procedure concorrenziali come previste dalle normative comunitarie e nazionali e definire termini certi per la durata dei contratti di affidamento delle attività di gestione dei rifiuti urbani; assicurare una maggiore certezza della riscossione della tariffa sui rifiuti urbani, anche mediante una più razionale definizione dell'istituto; promuovere la specializzazione tecnologica delle operazioni di recupero e di smaltimento dei rifiuti speciali, al fine di assicurare la complessiva autosufficienza a livello nazionale; garantire adeguati incentivi e forme di sostegno ai soggetti riciclatori dei rifiuti e per l'utilizzo di prodotti costituiti da materiali riciclati, con particolare riferimento al potenziamento degli interventi di riutilizzo e riciclo del legno e dei prodotti da esso derivati; incentivare il ricorso a risorse finanziarie private per la bonifica ed il riuso anche ai fini produttivi dei siti contaminati, in applicazione della normativa vigente; definire le norme tecniche da adottare per l'utilizzo obbligatorio di contenitori di rifiuti urbani adeguati, che consentano di non recare pregiudizio all'ambiente nell'esercizio delle operazioni di raccolta e recupero dei rifiuti nelle aree urbane; promuovere gli interventi di messa in sicurezza e bonifica dei siti contaminati da amianto; introdurre differenti previsioni a seconda che le contaminazioni riguardino siti con attività produttive in esercizio ovvero siti dismessi; prevedere che gli obiettivi di qualità ambientale dei suoli, dei sottosuoli e delle acque sotterranee dei siti inquinati, che devono essere conseguiti con la bonifica, vengano definiti attraverso la valutazione dei rischi sanitari e ambientali connessi agli usi previsti dei siti stessi, tenendo conto dell'approccio tabellare; favorire la conclusione di accordi di programma tra i soggetti privati e le amministrazioni interessate per la gestione degli interventi di bonifica e messa in sicurezza;

b) dare piena attuazione alla gestione del ciclo idrico integrato, semplificando i procedimenti, anche mediante l'emanazione di regolamenti, ai sensi dell'articolo 17, comma 2, della legge 23 agosto 1988, n. 400, al fine di renderli rispondenti alle finalità e agli obiettivi fondamentali definiti dalla legge 5 gennaio 1994, n. 36; promuovere il risparmio idrico favorendo l'introduzione e la diffusione delle migliori tecnologie per l'uso e il riutilizzo della risorsa; pianificare, programmare e attuare interventi diretti a garantire la tutela e il risanamento dei corpi idrici superficiali e sotterranei, previa ricognizione degli stessi; accelerare la piena attuazione della gestione del ciclo idrico integrato a livello di àmbito territoriale ottimale, nel rispetto dei princìpi di regolazione e vigilanza, come previsto dalla citata legge n. 36 del 1994, semplificando i procedimenti, precisando i poteri sostitutivi e rendendone semplice e tempestiva l'utilizzazione; prevedere, nella costruzione o sostituzione di nuovi impianti di trasporto e distribuzione dell'acqua, l'obbligo di utilizzo di sistemi anticorrosivi di protezione delle condotte, sia interni che esterni; favorire il ricorso alla finanza di progetto per le costruzioni di nuovi impianti; prevedere, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica, le modalità per la definizione dei meccanismi premiali in favore dei comuni compresi nelle aree ad elevata presenza di impianti di energia idroelettrica.

(omissis)

f) garantire il pieno recepimento della direttiva 85/337/CEE del 27 giugno 1985 del Consiglio, e della direttiva 97/11/CE del 3 marzo 1997 del Consiglio, in materia di VIA e della direttiva 2001/42/CE del 27 giugno 2001 del Parlamento europeo e del Consiglio, in materia di VAS e, fatto salvo quanto previsto dall'articolo 1, comma 2, della legge 21 dicembre 2001, n. 443, semplificare, anche mediante l'emanazione di regolamenti, ai sensi dell'articolo 17, comma 2, della legge 23 agosto 1988, n. 400, le procedure di VIA che dovranno tenere conto del rapporto costi-benefìci del progetto dal punto di vista ambientale, economico e sociale; anticipare le procedure di VIA alla prima presentazione del progetto dell'intervento da valutare; introdurre un sistema di controlli idoneo ad accertare l'effettivo rispetto delle prescrizioni impartite in sede di valutazione; garantire il completamento delle procedure in tempi certi; introdurre meccanismi di coordinamento tra la procedura di VIA e quella di VAS e promuovere l'utilizzo della VAS nella stesura dei piani e dei programmi statali, regionali e sovracomunali; prevedere l'estensione della procedura di IPPC ai nuovi impianti, individuando le autorità competenti per il rilascio dell'autorizzazione unica e identificando i provvedimenti autorizzatori assorbiti da detta autorizzazione; adottare misure di coordinamento tra le procedure di VIA e quelle di IPPC nel caso di impianti sottoposti ad entrambe le procedure, al fine di evitare duplicazioni e sovrapposizioni; accorpare in un unico provvedimento di autorizzazione le diverse autorizzazioni ambientali, nel caso di impianti non rientranti nel campo di applicazione della direttiva 96/61/CE del 24 settembre 1996 del Consiglio ma sottoposti a più di un'autorizzazione ambientale settoriale;

 

Con riferimento alla materia rifiuti, si segnala che nel nuovo testo trasmesso sono stati superati i profili critici in precedenza evidenziati in relazione al rispetto della norma di delega che riguardavano il comma 25 (trasporto di fanghi in agricoltura), il comma 43 (soppressivo dell’allegato 1 al Titolo V della Parte IV, concernente i criteri per l’analisi di rischio, da utilizzarsi per la definizione degli obiettivi di bonifica), e il comma 45 (disciplina transitoria in materia di procedimenti di bonifica). In particolare i commi 43 e 45 non sono stati riprodotti e, rispetto al comma 25, come richiesto anche nel parere della Camera, è stato precisato che il formulario che l'impresa è obbligata a compilare sostituisce la scheda di accompagnamento di cui all'articolo 13 del decreto legislativo n. 99 del 1992, al fine di evitare duplicazioni della documentazione richiesta.

Con riferimento alle altre materie disciplinate dallo schema di decreto in commento, non si rinvengono particolari profili problematici sotto il profilo del rispetto principi e criteri di delega.

Rispetto delle competenze legislative costituzionalmente definite

L’articolo 1 dello schema di decreto correttivo introduce una Parte Prima bis, relativa ai principi generali del diritto ambientale, e riscrive integralmente la Parte seconda del codice, in materia di VIA, VAS e IPPC. Le valutazioni ambientali costituiscono strumento per l’attuazione del principio generale di derivazione comunitaria della tutela preventiva dell’ambiente.

 

Rispetto al provvedimento in esame viene quindi in rilievo in primo luogo la materia della tutela dell’ambiente che l’articolo 117, secondo comma, lettera s), della Costituzione rimette alla competenza esclusiva dello Stato.

Si richiama la lettura di tale disposizione fornita dalla giurisprudenza costituzionale già con la sentenza n. 407 del 2002, secondo la quale «l'evoluzione legislativa e la giurisprudenza costituzionale portano ad escludere che possa identificarsi una "materia" in senso tecnico, qualificabile come "tutela dell'ambiente", dal momento che non sembra configurabile come sfera di competenza statale rigorosamente circoscritta e delimitata, giacché, al contrario, essa investe e si intreccia inestricabilmente con altri interessi e competenze». La Corte ricava quindi «una configurazione dell'ambiente come "valore" costituzionalmente protetto, che, in quanto tale, delinea una sorta di materia "trasversale", in ordine alla quale si manifestano competenze diverse, che ben possono essere regionali, spettando allo Stato le determinazioni che rispondono ad esigenze meritevoli di disciplina uniforme sull'intero territorio nazionale (cfr., da ultimo, sentenze n. 507 e n. 54 del 2000, n. 382 del 1999, n. 273 del 1998)». Nella sentenza n. 214 del 2005 la Corte ribadisce che «In più occasioni questa Corte ha avuto modo di precisare che la “tutela dell'ambiente”, di cui all'art. 117, secondo comma, lettera s), della Costituzione, si configura come un valore costituzionalmente protetto ed investe altre materie che ben possono essere di competenza concorrente regionale, quale la “protezione civile».

Tale interpretazione - volta a superare ogni possibile rivendicazione di una esclusività della competenza statale - è stata costantemente confermata nella giurisprudenza successiva (tra le numerose pronunce  si richiamano le sentenze n. 246 del 2006 e n. 398 del 2006).

 

Con riferimento al provvedimento in esame, il fondamento dell’intervento statale – suscettibile di incidere anche su materie di competenza concorrente delle Regioni (tra cui il governo del territorio) – sembra risiedere nell’esigenza della predisposizione di standard di tutela ambientale uniforme sull’intero territorio nazionale.

 

Per quanto riguarda in primo luogo i principi generali del diritto ambientale, essi vengono tra l’altro qualificati come:

§         principi fondamentali ai sensi dell'articolo 117 della Costituzione (art. 3-bis, comma 3).

In base all’articolo 117, terzo comma, Cost., nelle materie di legislazione concorrente, spetta alle Regioni la potestà legislativa, salva per la determinazione dei principi fondamentali, riservata alla legislazione dello Stato.

 

§         norme fondamentali di riforma economico-sociale della Repubblica per le regioni a statuto speciale e per le province autonome di Trento e di Bolzano (art. 3-bis, comma 3)

L’indicazione di tale limite alla competenza legislativa delle Regioni a statuto speciale è contenuta negli statuti delle Regioni a statuto speciale.

 

§         principi statali che pongono le linee guida per assicurare condizioni minimali di garanzia della tutela dell'ambiente uniformi per tutto il territorio nazionale (art. 3-quinquies, comma 1), rispetto alle quali le Regioni possono assicurare forme di tutela giuridica dell’ambiente esclusivamente più restrittive.

 

Viene inoltre esplicitamente affermata l’applicazione del principio di sussidiarietà (operante sia nei rapporti tra Stato e livelli territoriali di governo inferiori sia nei rapporti tra Regioni ed enti locali) e del principio di leale collaborazione tra gli enti esponenziali dei diversi livelli di governo (art. 3- quinquies)

 

Per quanto riguarda il coinvolgimento delle regioni nella disciplina delle valutazioni ambientali contenuta nella Parte seconda, si richiamano in particolare:

§         con riferimento alle procedure di VIA e VAS in sede regionale, il rinvio alla normativa regionale contenuto nell’articolo 7, comma 7, per la disciplina delle competenze delle regioni e degli enti locali.

La medesima disposizione prevede inoltre che le regioni disciplinino:

a) i criteri per la individuazione delle province e dei comuni interessati;

b) i criteri specifici per l'individuazione dei soggetti competenti in materia ambientale;

c) eventuali ulteriori modalità, rispetto a quelle indicate nel presente decreto, per l'individuazione dei piani e programmi o progetti da sottoporre alla disciplina del presente decreto, e per lo svolgimento della consultazione;

d) le modalità di realizzazione o adeguamento delle cartografie, degli strumenti informativi territoriali di supporto e di banche dati;

e) le modalità di partecipazione delle regioni e province autonome confinanti al processo di VAS, in coerenza con quanto stabilito dalle disposizioni nazionali in materia.

 

§         con riferimento alle valutazioni ambientali interregionali, la restituzione della competenza alle medesime regioni, allorché invece, in base al codice ambientale, le opere o interventi sul territorio di più regioni o con effetti rilevanti su più regioni rientrano tra le categorie sottoposte a procedure di VIA statale (art. 35, comma 1, lett. b).

 

Per quanto infine riguarda la materia dei rifiuti, si segnala in particolare che nel testo trasmesso, rispetto al precedente schema di decreto correttivo su cui la Commissione ha espresso il parere nella seduta del 27 giugno, si prevede la designazione da parte della Conferenza delle Regioni di una parte dei componenti del Comitato di vigilanza sull’uso delle risorse idriche e dell’Osservatorio nazionale sui rifiuti.

Rispetto degli altri princìpi costituzionali

Nulla da segnalare.

Compatibilità comunitaria

Esame del provvedimento in relazione alla normativa comunitaria

Si segnala l’articolo 3-sexies della Parte Prima bis, che riconosce - in attuazione della legge n. 241 del 1990 e della Convenzione di Aarhus  – il diritto di accesso alle informazioni relative allo stato dell'ambiente e del paesaggio nel territorio nazionale e il diritto di partecipare ai procedimenti in cui sono coinvolti interessi ambientali, escludendo esplicitamente la necessità della dimostrazione della sussistenza di un interesse giuridicamente rilevante. Occorre valutare tale esclusione con specifico riferimento al profilo della partecipazione, posto peraltro che la normativa comunitaria in materia prevede la titolarità di tale diritto in capo al “pubblico interessato”.

Si richiama inoltre la disposizione dell’articolo 6, comma 3, della Parte seconda che prevede in via generale la sottoposizione a VAS dei piani e dei programmi di cui al comma 2 che determinano l'uso di piccole aree a livello locale e delle modifiche anche minori dei piani e programmi di cui al comma 2. Si segnala che l’articolo 3, par. 3, della direttiva 2001/42/CE esplicitamente dispone che per tali piani e programmi, la valutazione ambientale è necessaria solo se gli Stati membri determinano che essi possono avere effetti significativi sull'ambiente. Peraltro, tale ultima disposizione andrebbe coordinata con l’articolo 12, comma 1, che espressamente prevede la verifica di assoggettabilità per i piani e i programmi di cui all’articolo 6, comma 3, al fine di valutare gli impatti significativi sull’ambiente dell’attuazione del piano o del programma.

Analoghe considerazioni vanno fatte per l’articolo 6, comma 7, lett. b) e c), che sottopone in via generale a VIA ai progetti elencati nell'allegato II che servono esclusivamente o essenzialmente per lo sviluppo ed il collaudo di nuovi metodi o prodotti e non sono utilizzati per più di due anni e le modifiche o estensioni dei progetti elencati nell'allegato II. Per tali categorie progettuali l’articolo 4 della dir. 85/337/CEE prevede l’assoggettamento a VIA da parte degli Stati membri a seguito di un esame caso per caso o in relazione alle soglie o criteri fissati dagli Stati stessi. Anche in tal caso, occorre poi un coordinamento con l’art. 20, che sottopone tali categorie progettuali alla procedura di VIA soltanto a seguito del provvedimento di assoggettabilità.

 

Si segnala inoltre che la relazione illustrativa richiama, tra le altre, la procedura d’infrazione 2002/5170, e in particolare la contestazione della Commissione europea per non aver previsto, per le opere strategiche, l'obbligo di integrare ed aggiornare la valutazione di impatto ambientale nei casi in cui il progetto definitivo fosse sensibilmente diverso da quello preliminare (articolo 20, comma 5, del decreto legislativo 20 agosto 2002, n, 190, richiamato dall'articolo 185, comma 5, del decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, recante il cd. Codice dei contratti pubblici). In proposito, si ricorda che il decreto correttivo al codice dei contratti pubblici n. 113 del 2007, ai fini dell’attivazione della procedura volta all'aggiornamento dello studio di impatto ambientale, ha eliminato la condizione di una “sensibile” diversità tra progetto preliminare e progetto definitivo.

Documenti all’esame delle istituzioni europee
(a cura dell’Ufficio rapporti con l’UE)

Nuova strategia per lo sviluppo sostenibile

Il Consiglio europeo del 15 e 16 giugno 2006 ha adottato una nuova strategia per lo sviluppo sostenibile, che si basa sulla dichiarazione sui principi direttori dello sviluppo sostenibile – adottata dal Consiglio europeo nel giugno 2005 – e sulla comunicazione della Commissione sul riesame della strategia in favore dello sviluppo sostenibile (COM(2005) 658) del 13 dicembre 2005.

Si ricorda che nel giugno 2001 il Consiglio europeo di Goteborg ha approvato la strategia per lo sviluppo sostenibile, che si basa sul principio che le dimensioni economica, sociale e ambientale dello sviluppo devono procedere di pari passo. In concomitanza con l’adozione di questa strategia, il Consiglio ha aggiunto una dimensione ambientale alla strategia di Lisbona per la crescita, l’occupazione e la prosperità, varata nel marzo 2000

L'obiettivo generale della nuova strategia dell'UE è quello di individuare e sviluppare le azioni che permetteranno all'UE di migliorare costantemente la qualità della vita delle generazioni attuali e future tramite la creazione di comunità sostenibili capaci di gestire e utilizzare le risorse in maniera efficace e di sfruttare il potenziale di innovazione ecologica e sociale dell'economia, assicurando prosperità, tutela dell'ambiente e coesione sociale. La strategia s'incentra su sette settori d'azione prioritari:

·       cambiamenti climatici e energia pulita;

·       trasporti sostenibili;

·       consumo e produzione sostenibili;

·       conservazione e gestione delle risorse naturali;

·       salute pubblica;

·       inclusione sociale, demografia e migrazione;

·       povertà mondiale e sfide dello sviluppo.

La Commissione presenterà ogni due anni, a decorrere dal settembre 2007, una relazione sulla situazione dei lavori relativa all'attuazione dell'SSS nell'UE e negli Stati membri, includendovi anche le priorità, gli orientamenti e le azioni per il futuro (tale relazione non risulta ancora presentata). Gli Stati membri che non avessero ancora elaborato le strategie nazionali sulla base della strategia per lo sviluppo sostenibile adottata a Goteborg avrebbero dovuto completarle entro giugno 2007[1].

Acque

Standard di qualità delle acque

Il 17 luglio 2006 la Commissione ha presentato una proposta di direttiva relativa a standard di qualità ambientale nel settore della politica delle acque e recante modifica della direttiva 2000/60/CE, in particolare per quanto riguarda l’inquinamento chimico[2].

Si ricorda che l’articolo 16 della direttiva quadro sulle acque (2000/60/CE) definisce una strategia per far fronte all’inquinamento chimico delle acque. Il primo intervento nell'ambito di tale strategia è stata l'adozione di un elenco di sostanze prioritarie (decisione n. 2455/2001/CE), che annovera 33 sostanze che destano particolari timori a livello comunitario. La proposta di direttiva intende garantire un livello elevato di protezione contro i rischi che tali sostanze prioritarie e alcuni altri inquinanti comportano per l’ambiente acquatico e per questo definisce standard di qualità ambientale (SQA).

La proposta, che segue la procedura di codecisione, è stata esaminata in prima lettura il 22 maggio 2007 dal Parlamento europeo che l’ha approvata con alcuni emendamenti parzialmente accolti dalla Commissione. Il 28 giugno 2007 il Consiglio ha raggiunto l’accordo politico sulla proposta.

Direttiva quadro sulle acque

Il 22 marzo 2007 la Commissione ha presentato la comunicazione sulla prima fase di attuazione della direttiva quadro sulle acque 2000/60/CE[3], accompagnata da un documento di lavoro[4].

In base alla valutazione delle relazioni presentate – ai sensi della medesima direttiva - da tutti i 27 Stati membri, la Commissione rileva che, nonostante gli indubbi progressi compiuti nel settore, il recepimento della direttiva negli ordinamenti nazionali è in molti casi inadeguato e lamenta il considerevole ritardo di alcuni Stati membri nell'incorporare strumenti economici nei sistemi di gestione dell'acqua. Per quanto riguarda le disposizioni amministrative della direttiva (art. 3), gli Stati membri hanno, invece, proceduto con successo all’istituzione dei distretti idrografici e alla designazione delle autorità competenti. A tale proposito la Commissione ricorda che gli Stati membri devono ultimare il primo piano di gestione dei bacini idrografici entro il 2009 ed istituire una politica tariffaria per le acque nel 2010.  Gli Stati membri sono inoltre invitati a:

·         attuare completamente la normativa UE attinente alla direttiva quadro sulle acque, ed in particolare le direttive sulle acque reflue urbane (91/271/CEE) e  sull’inquinamento da nitrati provenienti da fonti agricole (91/676/CEE);

·         mettere in atto tutti gli strumenti economici previsti dalla direttiva (definizione delle tariffe, recupero dei costi dei servizi idrici, costi ambientali e delle risorse e principio “chi inquina paga”);

·         istituire un sistema nazionale completo di valutazione e classificazione ecologica che costituisca la base per attuare la direttiva e raggiungere l’obiettivo di un “buono stato ecologico” delle acque.

Nella stessa occasione la Commissione ha pubblicato altre due relazioni collegate:

Con riguardo alla situazione Italiana, la Commissione sottolinea l’importanza che l’applicazione adeguata della direttiva riveste al fine di contrastare il processo di eutrofizzazione dell’alto Adriatico. L’inserimento del Mar Nero nell’ambito dell’applicazione della direttiva impone inoltre agli Stati membri, afferenti al bacino drenante del Danubio (Germania, Austria, Italia), di assicurare entro sette anni l’eliminazione dei nutrienti attraverso l’applicazione di sistemi di trattamento delle acque più spinti. Relativamente all’Italia, la Commissione lamenta l’incompletezza dei dati forniti per il periodo 1999-2003. Nonostante tale incompletezza, viene tuttavia rilevato  un miglioramento  in materia di trattamento delle acque reflue negli agglomerati superiori ai 150.000 abitanti (“grandi città”), rispetto a quanto evidenziato in precedenza;

Si segnala inoltre che il 22 dicembre 2006 è stata presentata una proposta di modifica della direttiva quadro 2000/60/CE[7], concernente aspetti relativi alla procedura di comitatologia.

La proposta, che segue la procedura di codecisione, è stata esaminata l’11 luglio 2007 in prima lettura dal Parlamento europeo che l’ha approvata con alcuni emendamenti accolti dalla Commissione.

Carenza idrica e siccità

Il 18 luglio 2007, la Commissione ha presentato la comunicazione “Affrontare il problema della carenza idrica e della siccità nell'Unione europea”[8].

Nella comunicazione la Commissione rileva come - benché si ritenga generalmente che risorse idriche europee siano largamente adeguate - la scarsità d’acqua sia un fenomeno in costante crescita nell’Unione europea. Infatti, come indicato dagli studi commissionati sull’argomento, negli ultimi trent'anni i fenomeni di siccità nella UE sono aumentati drasticamente in frequenza e intensità, tanto che tra il 1976 e il 2006 il numero di zone e persone colpite da siccità è aumentato di quasi il 20%. A tutt'oggi inoltre almeno l'11% della popolazione e il 17% del territorio europei sono stati interessati da fenomeni di carenza idrica che, secondo le tendenze in atto, tendono a diffondersi in tutta Europa.

Sulla base di tali considerazioni, la Commissione propone dunque una prima serie di opzioni strategiche a livello europeo, nazionale e regionale per affrontare e ridurre i problemi di carenza idrica e siccità all'interno dell'Unione europea:

All’argomento è stato dedicato il Consiglio informale ambiente che si è tenuto il 1° settembre 2007.

Acque destinate al consumo umano

Si segnala infine che la Commissione, insieme con gli Stati membri e gli altri soggetti interessati, sta valutando le diverse opzioni per la revisione della direttiva 98/83/CE del 3 novembre 1998, concernente la qualità delle acque destinate al consumo umano. Il 23 ottobre 2007 si terrà a tale scopo a Bruxelles una consultazione dei soggetti interessati.

Rifiuti

Nel quadro del sesto programma d’azione per l’ambiente[9], il 21 dicembre 2005 la Commissione ha presentato la strategia per la prevenzione e il riciclo di rifiuti, che comprende una comunicazione[10]e una proposta di direttiva[11] per modernizzare la direttiva quadro sui rifiuti 75/442/CEE.

La strategia individua un obiettivo a lungo termine che mira a fare dell’Europa una società che ricicla, cerca di contenere la produzione di rifiuti e trasforma in risorsa i rifiuti che non possono essere evitati. Per realizzare tale obiettivo saranno sfruttate le conoscenze generate dalla strategia tematica per l’uso sostenibile delle risorse naturali[12], adottata nella medesima data. L’attenzione è focalizzata sul concetto di ciclo di vita[13] nella politica di gestione dei rifiuti.

In tale contesto, la proposta di direttiva intende ottimizzare le disposizioni della direttiva 75/442/CEE, meglio conosciuta come direttiva quadro sui rifiuti, senza peraltro modificarne la struttura essenziale e le disposizioni principali. Ciò che si propone non è una revisione radicale, ma piuttosto un miglioramento e un adeguamento della direttiva.

La strategia tematica sulla prevenzione e il riciclaggio dei rifiuti individua infatti tre motivi principali che giustificano tale revisione.

In primo luogo, alcune definizioni contenute nella direttiva 75/442/CEE non sono risultate sufficientemente chiare e hanno dato luogo a divergenze ed incertezze nell’interpretazione delle disposizioni principali della direttiva tra uno Stato membro e l’altro e, in alcuni casi, anche tra una regione e l’altra. Anche a seguito di questa situazione, si è reso spesso necessario l’intervento della Corte di giustizia delle Comunità europee, che in numerose cause è stata chiamata a pronunciarsi sull’interpretazione della direttiva. Tutto ciò ha creato notevoli difficoltà per gli operatori economici e le autorità competenti. La mancanza di certezza giuridica riguarda principalmente la definizione di rifiuto e la distinzione tra recupero e smaltimento. La proposta di revisione introduce dunque definizioni più chiare o, a seconda dei casi, linee guida interpretative per chiarire la questione a livello comunitario.

In secondo luogo, la strategia tematica sulla prevenzione e il riciclaggio dei rifiuti imposta in maniera nuova la politica sui rifiuti per adattarla maggiormente alla situazione attuale, nella quale gran parte delle principali operazioni di gestione dei rifiuti è ormai disciplinata dalla legislazione ambientale. È dunque importante che la direttiva quadro sui rifiuti si adegui a questa nuova impostazione. Tutto ciò implica una serie di modifiche, la principale delle quali è l’introduzione di un obiettivo ambientale. La maggior parte delle direttive in materia ambientale prevede oggi un obiettivo di questo genere, che serve ad orientare la direttiva verso una finalità ben precisa. Per quanto riguarda la proposta in esame, l’obiettivo ambientale orienta la direttiva verso la riduzione degli impatti ambientali derivanti dalla produzione e dalla gestione dei rifiuti, tenendo conto dell’intero ciclo di vita. Un altro aspetto importante di questo cambiamento di strategia è il passaggio ad un approccio maggiormente basato sulle norme. La proposta rafforza infatti la normazione in una serie di settori, mediante l’applicazione di norme minime e di definizioni precise di recupero, nonché mediante l’introduzione di criteri per individuare quando un rifiuto cessa di essere tale. Ciò consentirà di adottare criteri per specifici flussi di rifiuti, in modo da garantire che i materiali riciclati non danneggino l’ambiente, e di ridurre l’onere amministrativo per gli operatori che producono materiali riciclati conformi a tali criteri.

Infine, la strategia evidenzia la necessità di semplificare il quadro normativo vigente. La proposta di direttiva prevede quindi:

·          l’abrogazione della direttiva 75/439/CEE concernente l’eliminazione degli oli usati, che considera prioritaria la rigenerazione di tali rifiuti. L’abrogazione di tale disposizione  permetterà di ridurre i costi di gestione di questo flusso di rifiuti e di concentrare l’attenzione sull’aspetto ambientale più importante, ossia la raccolta degli oli usati, favorendo in tal modo una maggiore efficienza ambientale nella loro gestione;

·          l’integrazione nella direttiva quadro sui rifiuti della direttiva 91/689/CEE relativa ai rifiuti pericolosi. Le disposizioni della direttiva sui rifiuti pericolosi sono strettamente connesse a quelle della direttiva quadro sui rifiuti; il loro inserimento nel testo della direttiva quadro consente quindi di consolidare e semplificare la legislazione.

Si segnala infine che la proposta di modifica della direttiva 75/442/CEE introduce l’obbligo, per gli Stati membri, di elaborare programmi di prevenzione dei rifiuti. Secondo quanto rilevato dalla Commissione tale disposizione non avrà, probabilmente, un grande impatto diretto sotto il profilo ambientale, economico o sociale, anche se le ripercussioni potranno variare in funzione delle azioni intraprese, ma consentirà di concentrare l’attenzione dei responsabili politici a livello comunitario, nazionale e sub-nazionale sulla prevenzione, intensificando in tal modo le politiche di prevenzione dei rifiuti. La disposizione assicura peraltro la flessibilità necessaria a consentire l’elaborazione di soluzioni nazionali e locali capaci di sfruttare i vantaggi connessi alla prevenzione dei rifiuti.

Il Consiglio ambiente del 27 giugno 2006 ha approvato conclusioni con le quali accoglie favorevolmente la strategia tematica della Commissione. La proposta di direttiva è stata esaminata in prima lettura dal Parlamento europeo il 13 febbraio 2007, nell’ambito della procedura di codecisione. Il Parlamento europeo ha proposto diversi emendamenti parzialmente accolti dalla Commissione. Il Consiglio ambiente del 28 giugno 2007 ha raggiunto l’accordo politico sulla proposta di direttiva, introducendo alcune modifiche. L’esame in seconda lettura del Parlamento europeo è previsto per gennaio 2008.

Procedure di contenzioso
 (a cura dell’Ufficio rapporti con l’UE)

Valutazione d’impatto ambientale (VIA)

Sono diverse le procedure di contenzioso avviate nei confronti dell’Italia per mancata e non corretta trasposizione, o per violazione delle direttive 85/337/CEE e 97/11/CE, che disciplinano la valutazione di impatto ambientale (VIA). Quattro di queste procedure sono di carattere generale, e riguardano la normativa nazionale in materia. La gran parte riguardano la realizzazione di singole opere sul territorio: di queste si dà conto con un elenco sintetico.

Il 5 luglio 2005 la Commissione ha inviato all’Italia un parere motivato[14] poiché ritiene che la disciplina in vigore sulla valutazione di impatto ambientale, di cui alla legge 8 luglio 1986, n. 349 e successive modifiche, nonché a leggi di singole regioni, non sia conforme ad alcune disposizioni della direttiva 85/337/CEE, come modificata dalla direttiva 97/11/CE.

In particolare, la Commissione considera lacunosa la disciplina del procedimento VIA di competenza statale relativamente al cosiddetto “scoping”, previsto all’articolo 5, comma 2, della direttiva: le norme nazionali in vigore non prevedono che le autorità competenti, se il committente stesso lo richiede prima di presentare una domanda di autorizzazione, diano il loro parere sulle informazioni che il committente deve fornire in merito al progetto (e che sono elencate nell’allegato IV alla direttiva).

Secondo la Commissione, inoltre, la disciplina del procedimento VIA di competenza regionale sarebbe carente sia nelle previsioni generali di cui al D.P.R. 12 aprile 1996, sia in alcune singole normative regionali. Per quanto riguarda le previsioni generali, la Commissione rileva che l’Italia, nell’introdurre un criterio di maggior attenzione per le aree naturali protette dalla legislazione dello Stato, per le riserve e i parchi naturali (con l’abbassamento della soglia dimensionale al di sopra della quale il progetto è assoggettato a procedura di VIA), ha limitato tale meccanismo alle aree in cui il progetto ricade e non a tutte quelle che possono risentire dell’impatto. Inoltre, la Commissione rileva che l’Italia ha tenuto in considerazione soltanto la sensibilità delle aree protette tra i criteri elencati all’allegato III della direttiva per la selezione dei progetti da sottoporre a valutazione di impatto ambientale, ignorando in particolare il criterio del cumulo dei progetti e tutti i criteri relativi alla localizzazione del progetto e all’impatto potenziale.

La Commissione ritiene, infine, che la disciplina sulla VIA faccia riferimento ad una lista di progetti non conforme a quella della direttiva (allegati I e II).

 

Il 27 giugno 2007 la Commissione ha inviato all’Italia un secondo parere motivato complementare[15], poiché ritiene che con il decreto legislativo n. 190 del 20 agosto 2002 sia stata introdotta, per una serie di opere singolarmente individuabili dette “grandi opere”, una disciplina della procedura di VIA in contrasto con l’articolo 2, comma 1, della direttiva 85/337/CEE, come modificata dalla direttiva 97/11/CE.

In particolare la Commissione rileva che le norme italiane così introdotte non prevedono un obbligo di integrazione e aggiornamento della valutazione di impatto ambientale nei casi in cui il progetto definitivo per il quale deve essere rilasciata l’autorizzazione a costruire sia sensibilmente diverso da quello preliminare su cui è stata effettuata la procedura di valutazione di impatto ambientale; inoltre non impongono che la procedura si concluda prima del formale rilascio della autorizzazione a costruire.

Il 1° febbraio 2007 la Commissione ha presentato ricorso alla Corte di giustizia contro l’Italia[16] per la mancata attuazione della direttiva 2001/42/CE, concernente la valutazione degli effetti di determinati piani e programmi sull'ambiente.

Il 9 febbraio 2007 la Commissione ha presentato ricorso alla Corte di giustizia contro l’Italia[17] per la mancata attuazione della direttiva 2003/35/CE, che prevede la partecipazione del pubblico nell’elaborazione di taluni piani e programmi in materia ambientale, e modifica le direttive 85/337/CEE e 96/61/CE relativamente alla partecipazione del pubblico e all’accesso alla giustizia. La direttiva è contenuta nell’allegato B alla legge comunitaria 2004 (legge n. 62 del 13 aprile 2005), il cui termine di delega è scaduto.

Sono inoltre pendenti le seguenti procedure di contenzioso concernenti la realizzazione di opere sul territorio:


 

Numero di procedura

Oggetto della procedura

Stadio della procedura

2002/4787

Strada di scorrimento a 4 corsie: sezione via Eritrea – via Bovisasca (Milano)

Parere motivato

28 giugno 2006

2004/5104

Collegamento sciistico fra le località di Pinzolo e Madonna di Campiglio

Messa in mora complementare

4 aprile 2006

2004/5159

Realizzazione di centrali idroelettriche in Val Masino (Sondrio)

Messa in mora

12 ottobre 2005

2005/4347

Gestione del lago d’Idro (Brescia) abbassamento del livello d’acqua

Messa in mora complementare

12 ottobre 2006

2006/2315

 

VIA – legislazione Lombardia - progetto cava

Messa in mora

12 ottobre 2006

Acque

Il 12 gennaio 2006 la Corte di giustizia ha condannato l’Italia per mancata attuazione della direttiva 2000/60/CE, direttiva quadro in materia di acque[18]. La direttiva, contenuta nell’allegato B della legge comunitaria 2003 (legge n. 306 del 2003), è stata successivamente recepita con l’articolo 170 del decreto legislativo del 3 aprile 2006, n. 152, che è in vigore con esclusione della parte seconda (procedure per la valutazione ambientale strategica, per la valutazione di impatto ambientale e per l’autorizzazione ambientale integrata).

Successivamente, il 27 giugno 2007 la Commissione ha inviato all’Italia un parere motivato ex articolo 228 del Trattato CEper non essersi adeguata alla sentenza della Corte[19]. La Commissione ritiene, infatti, che non tutte le disposizioni della direttiva 2000/60/CE siano state trasposte nell’ordinamento italiano per mezzo del decreto legislativo n. 152/2006. In particolare, a parere della Commissione risultano tuttora non trasposti i paragrafi 4, lettera c), 5, lettere a) e b), e 7 dell’articolo 4.

 

Il 15 febbraio 2007 la Commissione ha presentato ricorso contro l’Italia[20] per non aver completato, entro il 22 dicembre 2004, le analisi e l’esame delle caratteristiche relative a ciascun distretto idrografico compreso nel territorio, come richiesto dall’articolo 5, paragrafo 1, della direttiva 2000/60/CE.

La Commissione contesta, inoltre, all’Italia di non aver presentato, entro il 22 marzo 2005, secondo quanto stabilito dall’articolo 15, paragrafo 2, della direttiva 2000/60/CE, una relazione sintetica delle analisi richieste dall’articolo 5 e dei programmi di monitoraggio di cui all’articolo 8 della medesima direttiva.

Rifiuti

Il 5 luglio 2007 la Corte di giustizia ha condannato l’Italia[21] per non aver sottoposto, prima della concessione dell’autorizzazione alla costruzione, il progetto di una «terza linea» dell’inceneritore appartenente alla società ASM Brescia Spa alla procedura di valutazione di impatto ambientale prevista dagli artt. da 5 a 10 della direttiva 85/337/CEE del 27 giugno 1985, come modificata dalla direttiva 97/11/CE del 3 marzo 1997. Inoltre, non avendo reso accessibile al pubblico la comunicazione di inizio attività di detta «terza linea» per un adeguato periodo di tempo, affinché il pubblico potesse esprimere le proprie osservazioni prima della decisione dell’autorità competente, e non avendo messo a disposizione del pubblico stesso le decisioni relative a tale comunicazione, insieme ad una copia dell’autorizzazione, l’Italia è venuta meno agli obblighi ad essa incombenti in forza dell’art. 12, n. 1, della direttiva 2000/76/CE del 4 dicembre 2000 sull’incenerimento dei rifiuti.

 

Il 12 dicembre 2006 la Commissione ha inviato all’Italia un parere motivato complementare[22] per violazione del diritto comunitario con riferimento alla deroga alle disposizioni sulla gestione dei rifiuti di cui all’allegato I della direttiva 75/442/CEE, come modificata dalla direttiva 91/156/CEE.

Secondo la Commissione l’Italia è venuta meno agli obblighi previsti dalla direttiva 75/442, come modificata dalla direttiva 91/156 in quanto:

·    ai sensi delle disposizioni di cui all’articolo 1, commi da 25 a 27 e comma 29, della legge 308 del 15 dicembre 2004, alcune sostanze o oggetti, che ai sensi della direttiva 75/442 sono da considerarsi rifiuti, vengono sottratti all’ambito della legislazione italiana sui rifiuti. In particolare, sono sottoposti al regime delle materie prime secondarie e non a quello dei rifiuti i rottami utilizzati in attività siderurgiche e metallurgiche o quelli provenienti dall’estero che siano definiti come materie prime secondarie dai fornitori o produttori. Analogamente, è escluso dal regime dei rifiuti il combustibile ottenuto dai rifiuti urbani e speciali non pericolosi in impianti di produzione di energia elettrica e in cementifici;

·    con le citate disposizioni della legge 308 del 2004 l’Italia reitera – nonostante le molte pronunce della Corte di giustizia in materia - una prassi legislativa consolidata e persistente volta ad adottare disposizioni nazionali che restringono l’ambito di applicazione della direttiva 75/442, con riferimento alla definizione di rifiuto di cui all’articolo 1, lettera a), della medesima direttiva.

Secondo la Commissione, dall’invio del parere motivato nel dicembre 2005, l'Italia non ha ancora conformato la sua normativa alla legislazione dell'UE. Al contrario, il decreto legislativo n. 152 del 2006, recante norme in materia ambientale, ha riconfermato tale normativa. E’ per queste ragioni che la Commissione ha deciso di deferire il caso alla Corte di giustizia.

 

Nei confronti dell’Italia risultano avviate altre procedure di infrazione per inadempimento degli obblighi derivanti dalla medesima direttiva 75/442/CEE sui rifiuti, come modificata dalla direttiva 91/156/CE:

·    Il 23 giugno 2005 la Commissione ha deferito l’Italia alla Corte di giustizia[24] ritenendo che la normativa nazionale di recepimento violi la citata direttiva 75/442/CEE sui rifiuti, come modificata dalla direttiva 91/156/CEE. In particolare, la Commissione sostiene che l’articolo 14 del decreto legge n. 138 dell’8 luglio 2002 (convertito in legge n. 178 dell’8 agosto 2002) sia in contrasto con gli obblighi derivanti dall’articolo 1(a) della direttiva citata, poiché prevede che siano esclusi dall’ambito di applicazione del decreto legislativo n. 22 del 1997 (che ha recepito la direttiva 75/442/CEE come modificata):

- sostanze o oggetti destinati alle operazioni di smaltimento o recupero di rifiuti non esplicitamente elencate agli allegati B e C del decreto legislativo n. 22/97;

-  beni, sostanze o materiali residuali di produzione o di consumo, qualora gli stessi possano essere e siano riutilizzati in un ciclo produttivo o di consumo, a condizione che non sia effettuato alcun intervento preventivo di trattamento e che gli stessi non rechino pregiudizio all’ambiente, oppure, anche qualora venga effettuato un intervento preventivo di trattamento, quando quest’ultimo non configuri un’operazione di recupero fra quelle elencate all’allegato C del decreto legislativo n. 22/97.

La Commissione è del parere che una siffatta esclusione costituisca un'indebita restrizione della nozione di rifiuto, e quindi dell'ambito d'applicazione della normativa italiana sulla gestione dei rifiuti. Di fatto, l'interpretazione prospettata dal legislatore italiano avrebbe per effetto una limitazione dell'applicazione delle disposizioni della direttiva alle sole fattispecie identificate dalla normativa italiana, escludendone altre non prevedibili a priori che potrebbero invece esservi assoggettate ed in relazione alle quali un'interpretazione estensiva della nozione di rifiuto si renderebbe necessaria. Ciò, secondo la Commissione, si pone in contrasto con le disposizioni della direttiva, che non possono essere derogate da una norma di diritto interno.

Si segnala per altro che il citato articolo 14 del decreto legge n. 138 dell’8 luglio 2002 (convertito in legge n. 178 dell’8 agosto 2002) è stato abrogato dall’articolo 264 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152. D’altra parte il suddetto decreto legislativo delinea una nozione di rifiuto comunque restrittiva, dal momento che introduce all’articolo 183 i concetti di “sottoprodotto” e “di materia prima seconda” e li esclude dal regime giuridico del rifiuto.

Formulazione del testo

Con riferimento alla nuova Parte Prima bis, recante i principi generali:

§         relativamente all’articolo 3-bis, comma 4, si segnala che l’articolo 3 del codice ambientale già prevede che le norme da esso recate non possono essere derogate, modificate o abrogate se non per dichiarazione espressa, mediante modifica o abrogazione delle singole disposizioni in esso contenute; peraltro, si segnala che non è chiaro l’ambito di applicazione del comma 4, e in particolare se esso si riferisce alle disposizioni di cui agli articoli da 3-ter a 3-sexies, che sanciscono espressamente i principi del diritto ambientale, o, più in generale, alle disposizioni, anche contenute in testi diversi dal codice ambientale, che danno attuazione a tali principi.

 

Per quanto riguarda la nuova Parte seconda, Titolo I, recante i principi generali in materia di VIA, VAS, valutazione d’incidenza e AIA, si richiamano le seguenti disposizioni.

Con riferimento all’articolo 6, che definisce l’ambito di applicazione delle procedure di VIA e VAS, si segnala che:

§         relativamente alla VAS, occorre sostituire l’erroneo riferimento contenuto nel comma 2, lett. a) e nel comma 3, lett. c), all’Allegato VI che riguarda i contenuti del Rapporto ambientale. Il riferimento corretto sembra essere all’Allegato IV che riguarda i progetti sottoposti alla verifica di assoggettabilità di competenza delle regioni e delle province autonome di Trento e Bolzano;

§         relativamente alla VIA, occorre un chiarimento in ordine alla portata normativa del comma 7, lett. b), che sottopone a tale procedura le modifiche o estensioni dei progetti indicati nell’allegato II. Tale disposizione infatti sembra avere una portata restrittiva rispetto all’art. 23, co. 3, del codice, perché riguarda solo i progetti indicati nell’Allegato II (progetti di competenza statale), allorché invece il testo vigente fa riferimento alle opere e interventi rientranti nelle categorie di cui al comma 1, lett. a) e b) (sia progetti di competenza statale, sia progetti di competenza regionale).

§         occorre un chiarimento sulla portata del comma 8, posto che esso - attraverso il richiamo all’Allegato III - prevede la riduzione delle soglie dimensionali dei progetti da sottoporre a VIA ricadenti all’interno di aree naturali protette esclusivamente per progetti di competenza regionale, allorché invece il testo vigente – attraverso il richiamo all’elenco A dell’Allegato III – fa riferimento a progetti che nel nuovo testo sono sia di competenza statale sia di competenza regionale.

 

Con riferimento all’articolo 8, recante norme di organizzazione, al comma 1 sembra opportuno fare specifico riferimento all’articolo 9 del D.P.R. n. 90 del 2007 che ha istituito la Commissione tecnica di verifica dell'impatto ambientale – VIA e VAS.

 

In relazione alle esigenze di coordinamento tra le procedure di VIA, VAS e IPPC, indicate nella relazione illustrativa e poste a fondamento dell’articolo 10, si consideri che la normativa di riferimento per l’IPPC anche nello schema di decreto correttivo in esame (che pure procede ad una riscrittura dell’intera Parte Seconda del codice) continua ad essere contenuta nel decreto legislativo n. 59 del 2005.

Con riferimento al richiamato articolo 10:

§         preliminarmente si suggerisce di riformulare correttamente il riferimento alla autorizzazione integrata ambientale (AIA) di cui all’art. 5 del d.lgs. n. 59 del 2005, denominata nel comma 1 “autorizzazione unica ambientale” e nel comma 2 “autorizzazione unica integrata”;

§         con riferimento al comma 4, si osserva che occorre chiarire la formulazione della disposizione, al fine di esplicitare – come nel successivo comma 5 – che l’integrazione procedurale da esso contemplata riguarda progetti previsti da piani o programmi già sottoposti a VAS.

 

Per quanto riguarda la procedura di VAS, disciplinata dal Titolo II:

§         con riferimento all’articolo 11, comma 3, che elenca i compiti dell’autorità competente, occorre valutare l’opportunità di ricollocare le norme in esso contenute negli articoli relativi alle varie fasi procedimentali, visto che tale comma riguarda funzioni che l’autorità competente è chiamata a svolgere nel corso dell’iter procedurale;

§         con riferimento all’articolo 13, che disciplina la redazione del rapporto ambientale nell’ambito della procedura di VAS, si segnala che il nuovo testo del comma 4 – pur prevedendo che, se pertinenti, possono essere utilizzate informazioni già acquisite nell’ambito di altri livelli decisionali – non contempla l’esigenza di tener conto che, nel caso di processi di pianificazione a più livelli, taluni aspetti siano più adeguatamente valutati in altre successive fasi di detto iter. Occorre valutare la mancata riproposizione di tale norma, posto peraltro che essa riproduce l’articolo 5, par. 2, della direttiva 2001/42/CE;

§         con riferimento all’articolo 14, relativo alle modalità di pubblicazione dell’avviso ai fini della consultazione del pubblico, si osserva che sarebbe opportuno specificare al comma 2, che la diffusione via internet deve avvenire contestualmente alla pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale., onde garantire il rispetto dei termini previsti dal comma 3 indipendentemente dal mezzo di diffusione;

§         con riferimento alla decorrenza del termine di cui all’articolo 15, comma 2, appare poco chiaro il riferimento  alla scadenza “di tutti i termini di cui all’articolo 14”, posto peraltro che in tale ultima disposizione è indicato, al comma 3, il solo termine per la presentazione delle osservazioni da parte del pubblico.

 

Per quanto riguarda la procedura di VIA, disciplinata dal Titolo III:

§         con riferimento all’articolo 20, comma 1, piuttosto che elencare specificamente i progetti sottoposti a verifica di assoggettabilità, potrebbe farsi rinvio ai progetti di cui all’art. 6, comma 7; occorre inoltre un chiarimento in merito all’applicabilità anche ai progetti di cui alle lettere a) e b) della previsione contenuta nella lettera c) che prevede che la trasmissione contiene copia conforme, in formato elettronico su idoneo supporto, degli elaborati presentati;

§         con riferimento all’articolo 21, comma 2, premesso che l’espressione alternativa zero (od “opzione zero”, richiamata nel successivo art. 22, comma 3, lett. d) e anche nel testo vigente dell’articolo 27 del codice ambientale) è utilizzata nella pratica per indicare l’alternativa di non procedere con il progetto, occorre valutare l’opportunità di esplicitare tale contenuto. Si osserva inoltre che, probabilmente per un refuso, l’ultimo periodo della disposizione è incompleto;

§         con riferimento alla decorrenza dei termini per eventuali impugnazioni ai sensi dell’articolo 27, comma 1, occorre fare riferimento non solo alla data di pubblicazione nella G.U. (che riguarda i soli progetti di competenza statale) ma anche alla data di pubblicazione nel B.U.R. (che riguarda invece i progetti di competenza regionale);

§         con riferimento all’articolo 29, occorre un chiarimento in merito alla mancata previsione nel comma 4 del recupero delle spese tramite l’utilizzo del deposito cauzionale di cui all’articolo 30, in particolare con riferimento al caso di interventi sostanzialmente difformi rispetto a quanto disposto dai provvedimenti finali.

 

Per quanto riguarda le valutazioni ambientali interregionali e transfrontaliere, disciplinate dal Titolo IV:

§         con riferimento all’articolo 31, come sottolineato anche nel parere reso dalla Conferenza unificata, occorre valutare l’opportunità di prevedere specifiche disposizioni volte a disciplinare i piani e programmi interregionali soggetti a procedura di VAS. Ciò anche in relazione all’esigenza di un coordinamento con l’articolo 32, comma 1, che fa riferimento sia alle procedure di VIA sia a quelle di VAS interregionali nel caso emergano dei conflitti tra le stesse regioni. Si segnala, comunque, che il decreto n. 152 non reca disposizioni relative alla VAS interregionale;

§         analogamente, con riferimento all’articolo 33, occorre valutare l’opportunità di disciplinare specificamente la procedura applicabile al caso di piani e programmi sottoposti a VAS regionale con probabili impatti ambientali transfrontalieri;

§         da un punto di vista formale, al comma 3 e al comma 5 del richiamato articolo 33, andrebbe esplicitato il richiamo alla Convenzione di Espoo.

 

Per quanto riguarda le norme transitorie e finali, contenute nel Titolo V:

§         relativamente all’articolo 35, comma 8, occorre meglio chiarire a quali indicatori i dati raccolti fanno riferimento.

 

Con riferimento all’articolo 4 dello schema di decreto correttivo in commento, si segnala che le disposizioni di cui ai commi 2 e 3 (recanti rispettivamente l’abrogazione dell’intera Parte seconda del codice ambientale e la sostituzione dei relativi allegati con gli allegati allo schema di decreto correttivo) sono ultronee, posto che l’articolo 1 provvede direttamente a novellare la Parte seconda, riscrivendola integralmente.

 

 


Schede di lettura


I contenuti della delega recata dalla legge n. 308/2004 e la previsione di decreti integrativi o correttivi

L’art. 1, comma 1, della legge 15 dicembre 2004, n. 308 ha delegato il Governo ad adottare uno o più decreti legislativi di riordino, coordinamento e integrazione delle disposizioni legislative in numerosi settori della normativa ambientale, anche mediante la redazione di testi unici, entro il termine di diciotto mesi dalla data di entrata in vigore della legge n. 308/2004.

In attuazione di tale disposizione di delega, il Governo ha emanato il decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152 con cui ha operato un generale riordino della normativa ambientale.

L’articolo 1, comma 6, della legge delega  ha stabilito che, entro due anni dall’entrata in vigore di ciascuno dei citati decreti legislativi (ovvero entro il 29 aprile 2008), “il Governo può emanare, ai sensi dei commi 4 e 5, disposizioni integrative o correttive dei decreti legislativi emanati ai sensi del comma 1, sulla base di una relazione motivata presentata alle Camere dal Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio, che individua le disposizioni dei decreti legislativi su cui si intende intervenire e le ragioni dell'intervento normativo proposto”.

Il comma 6 vincola il Governo, nell’esercizio della delega per l’emanazione dei decreti integrativi o correttivi, alla medesima procedura prevista per l’esercizio della delega principale.

Tale procedura, delineata dai commi 4 e 5, prevede:

Ø       la proposta del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio, di concerto con il Ministro per la funzione pubblica, con il Ministro per le politiche comunitarie e con gli altri Ministri interessati, sentito il parere della Conferenza unificata di cui all'articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281;

Ø       la trasmissione alle Camere degli schemi dei decreti legislativi, accompagnati dall’analisi tecnico-normativa, dall’analisi dell’impatto della regolamentazione e dalla relazione tecnica;

Ø       l'espressione del parere da parte delle competenti Commissioni parlamentari entro trenta giorni dalla data di assegnazione degli schemi dei decreti legislativi, con la specifica indicazione delle eventuali disposizioni ritenute non conformi ai principi e ai criteri direttivi di cui alla presente legge;

Ø       una nuova trasmissione alle Camere, entro quarantacinque giorni dalla data di espressione del parere parlamentare, dei testi per il parere definitivo delle Commissioni parlamentari competenti, da esprimere entro venti giorni dalla data di assegnazione;

Ø       la possibilità di emanazione dei decreti legislativi, decorso inutilmente tale termine e la decadenza dall'esercizio della delega nel caso di mancato rispetto da parte del Governo dei termini di trasmissione degli schemi dei decreti legislativi.

 

Il successivo comma 7 prevede, infine, che eventuali modifiche e integrazioni ai decreti legislativi di cui al comma 1, siano apportate nella forma di modifiche testuali ai medesimi decreti legislativi.

Il principio della novellazione espressa delle norme oggetto dei decreti delegati è riprodotto dall’articolo 3, comma 1, dello stesso decreto legislativo n. 152, secondo il quale la deroga, la modifica o l’abrogazione delle norme del decreto è possibile solo “per dichiarazione espressa, mediante modifica o abrogazione delle singole disposizioni in esso contenute”.

Le previsioni del decreto legislativo n. 152/2006 per l’adozione di provvedimenti successivi

Il già citato articolo 3 del decreto legislativo n. 152 reca, ai commi 2-5, la disciplina dell’emanazione di atti attuativi di rango subprimario, prevedendo in particolare il termine di due anni dalla data di pubblicazione del decreto (coincidente con il 14 aprile 2008) entro il quale

§         il Governo può emanare regolamenti, anche di delegificazione (ai sensi dell’art. 17, comma 2, della legge n. 400 del 1988), per la modifica e l’integrazione dei regolamenti vigenti;

§         il Ministro dell’ambiente può modificare o integrare le norme tecniche in materia ambientale, con decreto ministeriale, ai sensi dell’art. 17, comma 3, della stessa legge n. 400 del 1988.

Ulteriori disposizioni del decreto recano un rinvio a successivi provvedimenti attuativi.

In data 2 maggio 2006 il Ministro dell’ambiente, in attuazione delle previsioni del decreto n. 152, ha emanato 17 decreti di attuazione[25]. Successivamente, lo stesso Ministero ha ritirato tali decreti, comunicandone[26] l’inefficacia giuridica in quanto privi del necessario visto della Corte dei conti.

Il primo decreto correttivo n. 284/2006

Il decreto legislativo 8 novembre 2006, n. 284 reca alcune disposizioni integrative e correttive del Codice ambientale, in attuazione della citata norma di delega.

§         La prima modifica arrecata dal decreto consiste nella proroga delle autorità di bacino istituite dalla legge n. 183/1989, sino alla data di entrata in vigore del decreto correttivo, che ai sensi dell’art. 1, comma 6, della legge delega, definisca la disciplina dei distretti idrografici. Vengono fatti salvi gli atti posti in essere dalle autorità di bacino dal 30 aprile 2006.

Si segnala che lo schema di decreto correttivo in esame non reca alcuna disciplina dei distretti idrografici, sicché devono ritenersi ulteriormente prorogate le autorità di bacino.

§         Si provvede, inoltre, all’abrogazione dell’Autorità di vigilanza sulle risorse idriche e sui rifiuti e alla contestuale ricostituzione del Comitato per la vigilanza sull’uso delle risorse idriche e dell’Osservatorio nazionale sui rifiuti (artt. 159, 160 e 207).

§         Viene, infine, disposta la proroga da sei a dodici mesi  del termine concesso dall’art. 224, comma 2, del Codice ambientale al CONAI per l’adeguamento dello statuto ai principi contenuti nello stesso Codice.

Ulteriori modifiche contenute in provvedimenti legislativi

Alcune modifiche al Codice ambientale sono state inserite in alcuni provvedimenti d’urgenza varati successivamente all’entrata in vigore del d.lgs. n. 152. Tra esse si segnalano:

§         l’art. 15 del decreto-legge 4 luglio 2006, n. 223[27] ha prorogato al 31 dicembre 2007 la durata del periodo di transizione per le concessioni rilasciate con procedure diverse dall’evidenza pubblica relativamente al servizio idrico integrato.

§         l’art. 2, comma 10, del decreto-legge 3 ottobre 2006, n. 262[28] hamodificato la disciplina relativa alla riscossione della tariffa del servizio idrico integrato sostituendo l’art. 156, comma 3, del Codice ambientale.

§         le proroghe all’entrata in vigore della parte seconda del Codiceambientale (in materia di VIA, VAS e IPCC), l’ultima delle quali disposta al 31 luglio 2007 dall’art. 5, comma 2, del decreto-legge 28 dicembre 2006, n. 300[29].

§         l’art. 5, comma 2-bis del citato decreto-legge n. 300 ha prorogato al 29 aprile 2008 i termini, previsti dal Codice ambientale, per l’adeguamento ai principi contenuti nel decreto n. 152 degli statuti di alcuni consorzi per il recupero dei rifiuti – CONAI, COBAT e COOU[30].

Nella legge 27 dicembre 2006, n. 296 (legge finanziaria 2007) sono state inoltre introdotte alcune disposizioni (art. 1, comma 184) applicabili nelle more della completa attuazione delle disposizioni recate dal Codice ambientale. Esse riguardano la proroga al 31 dicembre 2007 di alcuni dei termini della disciplina transitoria per le discariche dei rifiuti recata dall’art. 17 del d.lgs. n. 36 del 2003, nonché l’applicabilità della disciplina previdente in materia di assimilazione dei rifiuti speciale ai rifiuti urbani.

Si richiama infine il DPR 14 maggio 2007, n. 90, con il quale è stato approvato il regolamento per il riordino degli organismi operanti presso il Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare.

 

Tale provvedimento è stato adottato in attuazione dell’art. 29 del decreto-legge 4 luglio 2006, n. 223, convertito con modificazioni dalla legge 4 agosto 2006, n. 248, che ha previsto, ai fini di una riduzione della spesa sostenuta dalle amministrazioni pubbliche per commissioni e organismi vari, un riordino di tali organismi anche mediante un loro accorpamento.

L’articolo 9 del D.P.R. n. 90 ha istituito la Commissione tecnica di verifica dell'impatto ambientale – VIA e VAS, che accorpa la Commissione per la VIA ordinaria prevista dall’art. 18, comma 5, della legge n. 67 del 1988 e la Commissione speciale per la VIA delle infrastrutture strategiche, prevista dall’art. 184, comma 2, del d.lgs. n. 163 del 2006, cd. Codice dei contratti pubblici.

L’articolo 10 del medesimo provvedimento ha proceduto al riordino della Commissione istruttoria per l’IPPC, istituita ai sensi dell’articolo 5, comma 9, del d.lgs. n. 59 del 2005.

L’articolo 14 ha disposto le conseguenti abrogazioni (in particolare dell’articolo 6 del codice ambientale, relativo all’istituzione della commissione tecnico-consultiva per le valutazioni ambientali, e dell’articolo 184, comma 2, del codice dei contratti pubblici, relativo all’istituzione della commissione speciale VIA per le infrastrutture strategiche).

Il secondo schema di decreto correttivo

Il provvedimento è stato trasmesso alle Commissioni parlamentari il 17 maggio 2007.

Esso si componeva di due articoli. Il primo recava 47 modifiche al decreto legislativo n. 152 del 2006 (cd. Codice ambientale) ed il secondo ne disciplinava l’entrata in vigore.

 

La relazione illustrativa sottolineava che l’urgenza di tali modifiche deriva non solo dalla necessità di recepire i pareri resi dalle competenti Commissioni parlamentari e dalla Conferenza unificata sul primo decreto correttivo al codice ambientale (Atti del Governo n. 12 e 12-bis, ora d.lgs. n. 284/2006) ma soprattutto, dalla necessità di adeguare diverse disposizioni del medesimo codice al diritto comunitario. Ciò al fine di determinare la chiusura di numerose procedure di infrazione comunitaria, allo stato pendenti nei confronti dell’Italia e di evitare quindi il rischio “di pesanti condanne da parte della Corte di Giustizia”.

La stessa relazione precisava che erano rinviate “ad un secondo momento” altre modifiche, suggerite dai predetti pareri, “di cui non è stato possibile l’immediato recepimento”, oltre che “la realizzazione degli obiettivi inerenti la garanzia della salvaguardia, della tutela e del miglioramento della qualità dell’ambiente, della protezione della salute e dell’utilizzazione razionale delle risorse nonché una maggiore efficienza e tempestività dei controlli ambientali e la valorizzazione del sistema di controllo preventivo del sistema agenziale, anche secondo taluni criteri delineati dalla legge delega”.

 

Lo schema di decreto in esame novellava la Parte III(recante Norme in materia di difesa del suolo e lotta alla desertificazione, di tutela delle acque dall’inquinamento e di gestione delle risorse idriche) e IV (recante Norme in materia di gestione dei rifiuti e di bonifica dei siti inquinati) del Codice ambientale.

 

Per quanto riguarda le modifiche alla Parte III:

§          i commi da 1 a 14 riguardavano la disciplina della tutela delle acque dall’inquinamento e la gestione delle risorse idriche, con particolare riguardo alla materia della regolamentazione degli scarichi; essi intervenivano anche sulle definizioni generali (e, in particolare, su quelle di scarico, acque reflue industriali, urbane, stabilimenti industriali); 

§          il comma 15 interessava l’assetto istituzionale del settore. Esso in particolare ripristinava il Comitato per la vigilanza sull’uso delle risorse idriche e l’Osservatorio nazionale sui rifiuti, a seguito della soppressione dell’Autorità di vigilanza sulle risorse idriche e sui rifiuti - che avrebbe dovuto assorbirli - stabilita dal primo decreto correttivo, d.lgs. n. 284/2006;

Tra le modifiche più rilevanti alla Parte III si segnalano: il ripristino della previgente nozione di “scarico diretto” inteso quale lo scarico operabile esclusivamente tramite condotta (in particolare, comma 2); l’introduzione di una disciplina più restrittiva per le autorizzazioni agli scarichi (commi 8 e 9); l’abrogazione del comma 5 dell’articolo 148 del codice ambientale, relativo alla facoltatività dell’adesione alla gestione unica del servizio idrico integrato per i comuni con popolazione fino a 1.000 abitanti inclusi nel territorio delle comunità montane (comma 14).

Si segnala, inoltre, il comma 19, che, pur novellando una disposizione della Parte IV, recava interventi direttamente connessi alle problematiche relative alla disciplina in materia di scarichi abrogando due disposizioni in materia di smaltimento di rifiuti in fognatura e di smaltimento della frazione biodegradabile dei rifiuti urbani tramite gli impianti di depurazione delle acque reflue.

I restanti commi - dal 16 al 47 – recavano modifiche alla Parte IV del codice ambientale.

Tra le modifiche più rilevanti, si segnalano:

§          l’introduzione di una nozione meno restrittiva di “rifiuto”, cui, tra l’altro, concorrono l’eliminazione della definizione di “sottoprodotto” e di “materia prima secondaria” (comma 20), l’assoggettabilità dei cd. “sistemi d’arma” alla Parte IV del codice (comma 21); una più rigorosa individuazione dei casi di non applicabilità della disciplina dei rifiuti (comma 22); la nuova disciplina in materia di terre e rocce da scavo (comma 23); la classificazione come rifiuto speciale del combustibile da rifiuti di qualità elevata (CDR-Q) (commi 40 e 41);

§          l’eliminazione della previsione di depositi temporanei senza limiti quantitativi (comma 20);

§          l’introduzione della nozione di “prodotto recuperato”, in luogo di quelle soppresse di “sottoprodotto” e di “materia prima secondaria” (comma 20)

§          l’obbligo del MUD (modello unico di dichiarazione ambientale) anche per le imprese che producono rifiuti non pericolosi (comma 24);

§          l’eliminazione dei limiti dimensionali prima previsti, oltre i quali non era consentita l’assimilazione dei rifiuti speciali a quelli urbani (comma 26);

§          la possibilità di affidamento del servizio di gestione integrata dei rifiuti secondo modalità ulteriori rispetto alla gara (comma 28);

§          le modifiche alla disciplina in materia di accordi, contratti di programma, incentivi (comma 29);

§          le più complesse procedure per l’iscrizione all’Albo nazionale dei gestori ambientali per le imprese che trasportano rifiuti non pericolosi (commi 30-31);

§          l’attribuzione alle province delle competenze in materia di programmazione e organizzazione del recupero e dello smaltimento dei rifiuti (commi 32-39) e il ripristino del tributo provinciale per le funzioni di tutela ambientale (comma 44);

§          la nuova disciplina transitoria in materia di bonifiche (comma 45).

 

Su tale provvedimento le Commissioni ambiente di Camera e Senato hanno espresso il parere di loro competenza in data 27 giugno 2007.

Il Governo non ha tuttavia ritrasmesso alle Camere il testo per il parere definitivo delle Commissioni permanenti nel termine previsto dall’articolo 1, comma 5, della legge delega (45 giorni dall’espressione del parere).

Le modifiche relative alle Parti Terza e Quarta contenute nel precedente schema di decreto, con alcune modifiche evidenziate nell’allegato testo a fronte, sono state quindi inserite nel terzo schema di decreto correttivo in commento.

Il contenzioso in atto dinanzi alla Corte costituzionale

Innanzi alla Corte costituzionale sono pendenti numerosi ricorsi presentati da varie Regioni con cui è stata sollevata la questione di legittimità costituzionale di numerose disposizioni del codice ambientale.

 

Si tratta dei seguenti:

 

Regione

Estremi del ricorso

Emilia-Romagna

n. 56 - GU n. 21 del 24.05.2006

n. 73 - GU n. 31 del 02.08.2006

Calabria

n. 68 - GU n. 27 del 05.07.2006

Toscana

n. 69 - GU n. 28 del 12.07.2006

Piemonte

n. 70 - GU n. 29 del 19.07.2006

Valle d'Aosta

n. 71 - GU n. 30 del 26.07.2006

Umbria

n. 72 - GU n. 30 del 26.07.2006

Liguria

n. 74 - GU n. 32 del 09.08.2006

Abruzzo

n. 75 - GU n. 32 del 09.08.2006

Puglia

n. 76 - GU n. 32 del 09.08.2006

Campania

n. 78 - GU n. 33 del 16.08.2006

Marche

n. 79 - GU n. 34 del 23.08.2006

Basilicata

n. 80 - GU n. 34 del 23.08.2006

 

In proposito, si segnala che la Corte costituzionale, con ordinanza n. 245/2006, ha rigettato l’istanza di sospensione di alcuni articoli del codice ambientale, proposta dalla Regione Emilia-Romagna in via preliminare rispetto alla decisione sul merito del provvedimento[31].

 


Art. 1
(Modifiche alle Parti prima e seconda del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152)

La nuova Parte Prima bis, recante i principi generali

Il comma 1 introduce la Parte Prima bis, costituita da sei articoli, recanti i principi generali del diritto ambientale.

 

L’articolo 3-bis qualifica espressamente i principi posti dagli articoli da 3-bis a 3-sexies quali:

§         principi generali in tema di tutela dell’ambiente, in attuazione degli articoli 2, 3, 9, 32, 41, 42 e 44 Cost. e nel rispetto del Trattato dell’UE (comma 1);

Le disposizioni richiamate riguardano: il riconoscimento dei diritti inviolabili dell’uomo (art. 2); il principio di uguaglianza (art. 3); la tutela del paesaggio (art. 9); la tutela della salute (art. 32); la libertà di iniziativa economica privata (art. 41); la tutela della proprietà (art. 42); gli obblighi e i vincoli relativi alla proprietà terriera privata (art. 44).

Per quanto riguarda la rilevanza giuridica dei principi generali dell’ordinamento, si ricorda che essi, in base all’art. 12 delle preleggi, costituiscono criteri per l’interpretazione di una legge qualora una controversia non possa essere decisa con una precisa disposizione e il caso rimanga ancora dubbio nonostante il ricorso alle disposizioni che regolano casi simili o materie analoghe.

§         regole generali della materia ambientale nell'adozione degli atti normatìvi, di indirizzo e di coordinamento e nell'emanazione dei provvedimenti di natura contingìbile ed urgente (comma 2);

 

§         principi fondamentali ai sensi dell'articolo 117 della Costituzione (comma 3).

Si ricorda che in base all’articolo 117, terzo comma, Cost., nelle materie di legislazione concorrente, spetta alle Regioni la potestà legislativa, salva per la determinazione dei principi fondamentali, riservata alla legislazione dello Stato.

 

§         norme fondamentali di riforma economico-sociale della Repubblica per le regioni a statuto speciale e per le province autonome di Trento e di Bolzano (comma 3).

L’indicazione di tale limite alla competenza legislativa delle Regioni a statuto speciale è contenuta negli statuti delle Regioni a statuto speciale.

 

A garanzia della particolare cogenza riconosciuta tali principi, si prevede che essi possano essere modificati o eliminati possono essere modificati o eliminati soltanto mediante espressa previsione di successive leggi della Repubblica italiana, purché sia comunque sempre garantito il corretto recepimento del- diritto europeo (comma 4).

 

Con riferimento al comma 4, si segnala che l’articolo 3 del codice ambientale già prevede che le  norme da esso recate non possono essere derogate, modificate o abrogate se non per dichiarazione espressa, mediante modifica o abrogazione delle singole disposizioni in esso contenute.

Peraltro, si segnala che non è chiaro l’ambito di applicazione del comma 4, e in particolare se esso si riferisce alle disposizioni di cui agli articoli 3-ter 3-sexies , che sanciscono espressamente i principi del diritto ambientale, o, più in generale, alle disposizioni, anche contenute in testi diversi dal codice ambientale, che danno attuazione a tali principi.

 

L’articolo 3-terindividua i principi cui deve ispirarsi l’azione dei soggetti pubblici e privati al fine di tutelare l'ambiente, gli ecosistemi naturali e il patrimonio culturale.

Si tratta dei seguenti principi di derivazione comunitaria:

-          della precauzione;

-          dell'azione preventiva;

-          della correzione, in via prioritaria alla fonte, dei danni causati all'ambiente;

-          nonché il principio “chi inquina paga”.

 

Tali principi sono espressamente contemplati dall’articolo 174, paragrafo 2, quali fondamento della politica della Comunità in materia ambientale. Secondo tale disposizione, la politica della Comunità in materia ambientale mira a un elevato livello di tutela, tenendo conto della diversità delle situazioni nelle varie regioni della Comunità. Essa è fondata sui principi della precauzione e dell'azione preventiva, sul principio della correzione, in via prioritaria alla fonte, dei danni causati all'ambiente, nonché sul principio « chi inquina paga»”.

L’articolo 1, comma 8, della legge delega n. 308 del 2004 prevede tra i principi e criteri direttivi della delega l’affermazione dei principi comunitari di prevenzione, di precauzione, di correzione e riduzione degli inquinamenti e dei danni ambientali e del principio «chi inquina paga».

In numerose disposizioni del codice ambientale si fa riferimento a tali principi (si segnala in particolare l’articolo 301, che è dedicato specificamente all’attuazione del principio di precauzione, prevedendo specifici obblighi informativi per l’operatore e l’adozione di specifiche misure da parte del Ministro dell’ambiente al fine di assicurare un alto livello di protezione nel caso di pericoli per la salute umana e per l’ambiente).

 

Con specifico riferimento al significato attribuito alle Istituzioni comunitarie al principio di precauzione[32] (inserito nell’articolo 174 del Trattato con il trattato di Maastricht del 1992), occorre richiamare la Comunicazione della Commissione 2 febbraio 2000, che in particolare ha precisato che:

§          l’applicazione di tale principio presuppone che vi sia un rischio individuato, sulla base di una preliminare valutazione scientifica obiettiva;

§          quando una determinata azione viene considerata necessaria sulla base di tale principio, essa dovrebbe essere proporzionale al livello prescelto di protezione, non discriminatoria nella sua applicazione, coerente con misure analoghe già adottate, basata su un esame dei potenziali vantaggi ed oneri, soggetta a revisione alla luce dei nuovi dati scientifici, in grado di attribuire la responsabilità per la produzione delle prove scientifiche necessarie per una più completa valutazione del rischio.

Si ritiene che il principio di precauzione costituisca una modalità applicativa del principio della tutela preventiva, costituendone il nucleo fondativo e il parametro della sua effettività[33]. Il principale strumento operativo del principio di tutela preventiva è rappresentato proprio dalla valutazione di impatto ambientale, disciplinata dalla direttiva 85/337/CEE.

Con riferimento al danno ambientale, il testo della norma comunitaria attribuisce priorità al principio della correzione alla fonte rispetto al principio “chi inquina paga”, a dimostrazione del carattere residuale di misure di tutela che si risolvono nella mera soddisfazione ex post di interessi ambientali e, soprattutto, di un intervento parametrato esclusivamente secondi i criteri economistici del c.d. risarcimento per equivalente[34]

L’applicazione del principio “chi inquina paga” (inserito nell’articolo 174 del Trattato dall’Atto unico europeo del 1986) comporta che l'operatore che provoca un danno ambientale o è all'origine di una minaccia imminente di tale danno deve sostenere il costo delle necessarie misure di prevenzione o di riparazione. Quando l'autorità competente interviene direttamente o tramite terzi al posto di un operatore, detta autorità deve far si che il costo da essa sostenuto sia a carico dell'operatore. In attuazione di tale principio è stata adottata la direttiva 2004/35/CE sulla responsabilità ambientale in materia di prevenzione e riparazione del danno ambientale, che è stata recepita nel nostro ordinamento con la Parte VI del codice ambientale.

 

L’articolo 3-quater afferma esplicitamente l’applicazione del principio dello sviluppo sostenibile, prevedendo che esso:

§         informi ogni  attività umana giuridicamente rilevante, al fine di garantire che il soddisfacimento dei bisogni delle generazioni attuali non possa compromettere la qualità della vita e le possibilità delle generazioni future (comma 1);

§         ispiri l’attività della pubblica amministrazione, per cui – nell'ambito della scelta comparativa di interessi pubblici e privati connotata da discrezionalità – gli interessi alla tutela dell'ambiente e del patrimonio culturale devono essere oggetto di prioritaria considerazione (comma 2).

Più in generale, la finalità dell’applicazione di tale principio consiste nell’individuazione di un equilibrato rapporto, nell'ambito delle risorse ereditate, tra quelle da risparmiare e quelle da trasmettere, affinché nell'ambito delle dinamiche della produzione e del consumo si inserisca altresì il principio di solidarietà per salvaguardare e per migliorare la qualità dell'ambiente anche futuro (comma 3), nonché nella salvaguardia del corretto funzionamento e dell'evoluzione degli ecosistemi naturali dalle modificazioni negative che possono essere prodotte dalle attività umane (comma 4).

 

Si richiamano brevemente le principali disposizioni comunitarie che affermano il principio dello sviluppo sostenibile.

L’articolo 2 del Trattato sull’UE in particolare prevede, tra gli obiettivi dell’Unione, quello di promuovere un progresso economico e sociale e un elevato livello di occupazione e di pervenire a uno sviluppo equilibrato e sostenibile. In base all’articolo 2 del trattato CE attribuisce alla Comunità il compito di promuovere, tra l’altro, uno sviluppo armonioso, equilibrato e sostenibile delle attività economiche; il successivo articolo 6 prevede che le esigenze connesse con la tutela dell'ambiente siano integrate nella definizione e nell'attuazione delle politiche e azioni comunitarie, in particolare nella prospettiva di promuovere lo sviluppo sostenibile, una crescita sostenibile. Il compito dell’UE di promuovere uno sviluppo equilibrato e sostenibile è confermato dalla Carta dei diritti fondamentali dell’UE (preambolo e art. 37).

 Il progetto di Costituzione europea conferma e rafforza tale principio, individuo lo sviluppo sostenibile quale obiettivo da perseguire non solo all’interno dell’Europa, ma anche nel resto del mondo. Nel paragrafo 4 dell’art. I-3 viene infatti posto l’obiettivo di contribuire allo “sviluppo sostenibile della Terra”, accanto alla pace, alla sicurezza, alla solidarietà e al rispetto reciproco tra i popoli, al commercio libero ed equo, all'eliminazione della povertà e alla tutela dei diritti umani. Lo stesso impegno viene ribadito dall’art. III-292 relativo all’azione dell’Unione sulla scena internazionale, che dispone che l’Unione definisca ed attui politiche comuni ed azioni ed operi per assicurare un elevato livello di cooperazione in tutti i settori delle relazioni internazionali, al fine, tra l’altro, di favorire “lo sviluppo sostenibile nei Paesi in via di sviluppo sul piano economico, sociale e ambientale, con l’obiettivo primo di eliminare la povertà”.

L’Unione europea si è attivamente adoperata per recepire nella propria politica ambientale le indicazioni contenute nell’Agenda XXI[35]: il primo rilevante documento di riferimento è rappresentato dalla Decisione n. 2179/98/CE[36], a cui ha fatto seguito, nel giugno 2002, la decisione relativa al Sesto programma comunitario di azione in materia di ambiente 2001-2010"[37], che individua le priorità e gli obiettivi della politica ambientale della Comunità per il periodo dal 1° gennaio 2001 al 31 dicembre 2010 e indica i provvedimenti da adottare per contribuire alla realizzazione della strategia dell'Unione europea in materia di sviluppo sostenibile[38].

Si richiama inoltre quanto affermato dalla Commissione nella Comunicazione "Sviluppo sostenibile in Europa per un mondo migliore: strategia dell'Unione europea per lo sviluppo sostenibile", proposta per il Consiglio europeo di Goteborg; COM(2001) 264 def., adottata il 15 maggio 2001: "Lo sviluppo sostenibile offre all'Unione europea una visione positiva sul lungo termine di una società più prospera e giusta, con la promessa di un ambiente più pulito, più sicuro e più sano: una società che garantisca una migliore qualità della vita per noi, per i nostri figli e per i nostri nipoti. Per raggiungere questi obiettivi nella pratica é necessario che la crescita economica sostenga il progresso sociale e rispetti l'ambiente, che la politica sociale sia alla base delle prestazioni economiche e che la politica ambientale sia efficace sotto il profilo dei costi".

Nella legislazione nazionale, con riferimento ai più recenti interventi normativi, si richiama il comma 1124 dell’art. 1 della legge finanziaria 2007 (legge n. 296/2006) che ha istituito, nello stato di previsione del Ministero dell'ambiente, il Fondo per lo sviluppo sostenibile, allo scopo di finanziare:

   progetti per la sostenibilità ambientale di settori economico-produttivi o aree geografiche;

   l’educazione e informazione ambientale;

   progetti internazionali per la cooperazione ambientale sostenibile.

Si ricorda che già l’art. 109 della legge n. 388/2000 (finanziaria per il 2001) aveva istituito, presso il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio, un fondo avente lo scopo di incentivare misure ed interventi di promozione dello sviluppo sostenibile.

Nel codice ambientale diverse disposizioni (contenute in particolare nella Parte II relativa a VIA, VAS e IPCC) fanno riferimento all’attuazione del principio dello sviluppo sostenibile.

 

L’articolo 3-quinquies, al comma 1, qualifica i principi fissati dalla Parte Prima-bis quali principi statali che pongono le linee guida per assicurare condizioni minimali di garanzia della tutela dell'ambiente uniformi per tutto il territorio nazionale.

 

Il successivo comma 2 consente alle Regioni la possibilità di adottare forme di tutela giuridica dell'ambiente più restrittive, qualora lo richiedano situazioni particolari del loro territorio. Il limite all’esercizio di tale facoltà viene individuato nell’esigenza  che non si determini un’arbitraria discriminazione.

 

La disposizione inoltre afferma l’applicazione del principio di sussidiarietà:

§         nei rapporti tra Stato e livelli territoriali inferiori, stabilendo che lo Stato interviene in questioni involgenti interessi ambientali soltanto se e nella misura in cui gli obiettivi dell'azione prevista, in considerazione delle dimensioni di essa e dell'entità dei relativi effetti, non possano essere sufficientemente realizzati dai livelli territoriali inferiori di governo o non siano stati comunque effettivamente realizzati (comma 3);

§         nei rapporti tra regioni ed enti locali minori, rispetto ai quali il principio di sussidarietà opera secondo le modalità individuate al comma 3 (comma 4).

 

A livello comunitario, il principio di sussidiarietà è esplicitamente riconosciuto all’articolo 5 del Trattato CE, che dispone che nei settori che non sono di sua esclusiva competenza la Comunità interviene soltanto se e nella misura in cui gli obiettivi dell'azione prevista non possono essere sufficientemente realizzati dagli Stati membri e possono dunque, a motivo delle dimensioni o degli effetti dell'azione in questione, essere realizzati meglio a livello comunitario. Si ricorda che, nel Trattato di Amsterdam, un apposito protocollo Protocollo riguarda proprio l'applicazione dei principi di sussidiarietà e di proporzionalità.

 

Il comma 5, infine, afferma, infine, il principio di leale collaborazione tra gli enti esponenziali dei diversi livelli di governo per realizzare gli obiettivi degli organi di governo del livello a loro superiore.

 

I principi di “leale collaborazione” e di “sussidiarietà” sono espressamente posti alla base dell’esercizio di tutte le funzioni attribuite agli enti locali, alle Regioni e allo Stato (art. 120 Cost.).

 

L’articolo 3-sexies riconosce infine - in attuazione della legge n. 241 del 1990 e della Convenzione di Aarhus (ratificata dall'Italia con la legge 16 marzo 2001, n. 108) – il diritto di accesso alle informazioni relative allo stato dell'ambiente e del paesaggio nel territorio nazionale e il diritto di partecipare ai procedimenti in cui sono coinvolti interessi ambientali, a prescindere dalla dimostrazione della sussistenza di un interesse giuridicamente rilevante.

 

Si ricorda che gli articoli 3-5 del decreto legislativo n. 195 del 2005 [39](attuativo della direttiva 2003/4) disciplinano il diritto all’informazione ambientale, prevedendo in particolare che l'informazione ambientale venga resa disponibile dall'autorità pubblica a chiunque ne faccia richiesta, senza che questi debba dichiarare il proprio interesse. disciplina i casi di esclusione del diritto d’accesso. I casi di esclusione del diritto di accesso all'informazione ambientale (relativi alle modalità della richiesta, alla disponibilità delle informazioni o alla di particolari categorie di informazioni) sono disciplinati dall’articolo 5 che, in particolare, contiene la garanzia della necessità di interpretare in senso restrittivo i casi di esclusione.

La richiamata direttiva 2003/4/CE relativa all'accesso del pubblico alle informazioni in materia ambientale, è stata adottata per allineare la normativa comunitaria alla Convenzione di Aarhus.

La Convenzione ONU/ECE sull'accesso alle informazioni, la partecipazione del pubblico ai processi decisionali e l'accesso alla giustizia in materia ambientale (cd. Convenzione di Aarhus) è stata firmata il 25 giugno 1998 dalla Comunità europea, impegnandosi in tal modo a rendere le disposizioni di diritto comunitario compatibili con quelle della convenzione.

La Convenzione è entrata in vigore il 30 ottobre 2001, in seguito alla ratifica dei Paesi firmatari. La ratifica dell’Italia è avvenuta nel medesimo anno, con la legge n. 108 del 2001, mentre solo recentemente è stata approvata definitivamente la decisione del Consiglio del 17 febbraio 2005 relativa alla conclusione, a nome della Comunità europea, della Convenzione sull'accesso alle informazioni, la partecipazione del pubblico ai processi decisionali e l'accesso alla giustizia in materia ambientale n. 2005/370/CE.

Anche la direttiva 2003/35/CE (che prevede la partecipazione del pubblico nell'elaborazione di taluni piani e programmi in materia ambientale e modifica le direttive del Consiglio 85/337/CEE e 96/61/CE relativamente alla partecipazione del pubblico e all'accesso alla giustizia) è stata adottata in attuazione degli obblighi derivanti dalla Convenzione di Arhus. Essa prevede la partecipazione del pubblico nell'elaborazione di taluni piani e programmi in materia ambientale e reca modifiche alle direttive 85/337/CEE, in materia di valutazione dell'impatto ambientale di determinati progetti pubblici e privati, e 96/61/CE sulla prevenzione e la riduzione integrate dell'inquinamento.

In particolare, l’articolo 2 disciplina la partecipazione del pubblico ai piani e ai programmi specificamente indicati nell’Allegato I alla direttiva, prevedendo che gli Stati membri garantiscano tempestive ed effettive opportunità di partecipazione del pubblico; per «pubblico» s'intende una o più persone fisiche o giuridiche nonché, ai sensi della legislazione o prassi nazionale, le associazioni, le organizzazioni o i gruppi di tali persone. In particolare, gli Stati membri provvedono affinché:

a) il pubblico sia informato di qualsiasi proposta relativa a tali piani o programmi e siano rese accessibili al pubblico le informazioni relative a tali proposte;

b) il pubblico possa esprimere osservazioni e pareri quando tutte le opzioni sono aperte prima che vengano adottate decisioni sui piani e sui programmi;

c) nell'adozione di tali decisioni, si tenga debitamente conto delle risultanze della partecipazione del pubblico;

d) dopo un esame delle osservazioni e dei pareri del pubblico, l'autorità competente faccia ragionevoli sforzi per informare il pubblico in merito alle decisioni adottate.

Per quanto riguarda le modifiche alla direttiva 85/337/CEE (relativa alla valutazione dell'impatto ambientale di determinati progetti pubblici e privati), l’articolo 6, comma 4, prevede che le tempestive ed effettive opportunità di partecipazione alle procedure decisionali in materia ambientale di cui all'articolo 2, paragrafo 2 vengano offerte al “pubblico interessato”. Per "pubblico interessato" si intende il pubblico che subisce o può subire gli effetti delle procedure decisionali in materia ambientale di cui all'articolo 2, paragrafo 2, o che ha un interesse in tali procedure; in ogni caso, le organizzazioni non governative che promuovono la protezione dell'ambiente e che soddisfano i requisiti di diritto nazionale si considerano portatrici di un siffatto interesse .

Per quanto riguarda le modifiche alla direttiva 96/61/CE, si segnalano in particolare l’articolo 15 e il nuovo allegato V che fornisce disposizioni dettagliate in materia di partecipazione del pubblico, prevedendo in particolare che Il pubblico interessato abbia il diritto di presentare osservazioni e di esprimere pareri all'autorità competente prima che sia adottata una decisione. La definizione di pubblico interessato è analoga a quella contenuta nella direttiva 85/337/CEE.

Anche la Convenzione di Aarhus fornisce una definizione di “pubblico interessato”. Essa fa in particolare riferimento a tali soggetti per ala partecipazione alle decisioni relative ad attività specifiche; con particolare riferimento alla partecipazione all’elaborazione di piani e programmi in materia ambientale, l’articolo 7 demanda all’autorità pubblica competente l’individuazione del pubblico ammesso a partecipare .

La direttiva 2003/35/CE è stata in parte attuata con il d.lgs. n. 59 del 2005 (che ha dato integrale attuazione alla direttiva 96/61/CE relativa alla prevenzione e riduzione integrate dell'inquinamento, così come modificata dalla direttiva 2003/35/CE e dalla direttiva 2003/87/CE), nonché con talune disposizioni del codice ambientale (si segnala in particolare l’articolo 4, che prevede espressamente che le norme di cui alla Parte seconda del medesimo codice costituiscano attuazione della direttiva 85/337/CEE, concernente la valutazione di impatto ambientale di determinati progetti pubblici e privati, come modificata e integrata con la direttiva 97/11/CE e con la direttiva 2003/35/CE). Si segnala che la nuova Parte seconda del codice ambientale, introdotta dallo schema di decreto in esame, è volta anche ad una più effettiva attuazione della richiamata direttiva 2005/35/CE.

 

Occorre valutare l’esclusione della necessità della sussistenza di un interesse giuridicamente rilevante, con riferimento al profilo della partecipazione del pubblico a procedimenti in cui sono coinvolti interessi ambientali, posto peraltro che la normativa comunitaria in materia prevede la titolarità di tale diritto in capo al “pubblico interessato”.


L’integrale sostituzione della Parte seconda, in materia di VIA, VAS e IPPC

Il comma 2 dello schema di decreto correttivo riscrive integralmente la Parte seconda del codice ambientale, in materia di valutazione ambientale strategica (VAS), valutazione dell’impatto ambientale (VIA) e autorizzazione integrata ambientale (IPPC).

La nuova Parte seconda si compone di cinque Titoli e sette allegati:

§         Il Titolo I, artt. dal 4 al 10, reca le norme generali sulla VAS e VIA (disciplinando tra l’altro l’ambito di applicazione delle due procedure e i soggetti competenti), nonché alcune disposizioni relative all’AIA ed alla valutazione di incidenza;

§         Il Titolo II, artt. dall’ 11 al 18, disciplina la procedura di VAS;

§         Il Titolo III artt. dal 19 al 30, disciplina la procedura di VIA;

§         Il Titolo IV, artt. dal 31 al 33, reca le disposizioni sulle valutazioni interregionali e transfrontaliere;

§         Il Titolo V, artt. dal 34 al 36, contiene le normetransitorie e finali.

 

Il testo vigente reca invece la seguente articolazione:

§         Titolo I, dedicato alle norme generali, con gli artt. dal 4 al 6;

§         Titolo II, recante le norme relative alla VAS, artt. dal 7 al 22, suddiviso, a sua volta in tre Capi:

-     Capo I - disposizioni comuni in materia di VAS;

-     Capo II - disposizioni specifiche per la VAS in sede statale;

-     Capo III - disposizioni specifiche per la VAS in sede regionale o provinciale;

§         Titolo III contenente le disposizioni sulla VIA, artt. dal 23 al 47, articolato anch’esso in tre Capi;

-     Capo I - disposizioni comuni in materia di VIA;

-     Capo II - disposizioni specifiche per la VIA in sede statale;

-     Capo III – disposizioni specifiche per la VIA in sede regionale o provinciale;

-     Titolo IV, artt. dal 48 al 52, con le disposizioni transitorie e finali.

 

Rispetto al testo vigente, il nuovo schema di decreto riunisce nel Titolo I le norme comuni alle due procedure di VAS e di VIA che erano contenute nel Capo I dei rispettivi Titoli II e III.

Al fine di “delineare in maniera chiara le competenze statali e quelle regionali”, nel medesimo titolo vengono inoltre inserite disposizioni relative alla VIA e alla VAS regionale (art. 7, commi 7 ed 8), materia che nel testo vigente era disciplinata nel Capo III dei Titoli II e III,.

I due titoli II e III disciplinano l’articolazione del procedimento comune sia alla VIA regionale che statale. Ciò con la finalità, evidenziata anche nella relazione motivata, di “uniformare le procedure di valutazione, evitando inutili discrasie fra Stato e regioni”.

 

Le disposizioni sulla VAS e VIA interregionali e transfrontaliere hanno trovato una loro autonoma collocazione in un apposito Titolo IV.

Costituiscono parte integrante della Parte seconda anche sette allegati . Per essi si predispone una tabella di raffronto con i cinque allegati del testo vigente ai fini di un più agevole raffronto:

 

Correttivo al Dlgs. n. 152 del 2006

Dlgs n. 152 del 2006

Allegato I – Criteri per verificare se lo specifico piano o programma oggetto di approvazione possa avere effetti significativi sull’ambiente

Allegato II – Criteri per verificare se lo specifico piano o programma oggetto di approvazione possa avere effetti significativi sull’ambiente

Allegato II – Progetti di competenza statale

 

 

Allegato III – Progetti sottoposti a VIA:

Elenco A

Allegato III – Progetti di competenza delle regioni e delle province autonome di Trento e Bolzano

Allegato IV – Progetti sottoposti alla verifica di assoggettabilità di competenza delle regioni e delle province autonome di Trento e Bolzano

Allegato III – Progetti sottoposti a VIA:

Elenco B

Allegato V – Criteri per la verifica di assoggettabilità

Allegato IV – Elementi di verifica per l’assoggettamento a VIA di progetti dell’allegato III, elenco B, non ricadenti in aree naturali protette

Allegato VI – Contenuti del Rapporto ambientale di cui all’art. 13

Allegato I – Informazioni da inserire nel rapporto ambientale

Allegato VII – Contenuti dello studio di impatto ambientale di cui all’art. 22

Allegato V – Informazioni da inserire nello studio di impatto ambientale

 


Titolo I
I principi generali per la VAS, per la VIA e per l’IPPC

Il Titolo I reca i principi generali dello schema di decreto relativi a  VAS, VIA e IPPC.

Esso, in particolare, individua le finalità della nuova normativa (art. 4), contiene le definizioni, mutuate prevalentemente dalla normativa comunitaria (art. 5), disciplina l’ambito di applicazione della VAS e della VIA (art. 6)ed i soggetti competenti al loro rilascio e reca alcune disposizioni per la VAS e la VIA regionali (art. 7), le norme relative alla Commissione tecnica di verifica dell’impatto ambientale (art. 8) ed alcune disposizioni per la semplificazione del procedimento (artt. 9 e 10).

Le finalità dello schema di decreto (art. 4)

L’art. 4 ha riformulato integralmente il corrispondente articolo del testo vigente:

§         indicando in maniera più dettagliata le finalità e gli obiettivi dei due procedimenti di VAS e di VIA in armonia con la normativa comunitaria (direttiva 85/337/CEE, come modificata dalle direttive 97/11/CE e 2003/35/CE 85/337/CEE e direttiva 2001/42/CE) (commi 3 e 4);

§         espungendo dal testo quegli obiettivi che erano  ripetitivi dei principi e criteri direttivi specifici indicati nella lettera f) del comma 9, della legge n. 308 del 2004;

§         facendo riferimento all’obiettivo di semplificazione e di coordinamento nell’ambito della procedura di VIA delle procedure autorizzative in campo ambientale, ivi compresa l’autorizzazione integrata ambientale (AIA)  (comma 2).

 

Coerentemente con l’introduzione nella rubrica del Titolo I della valutazione di incidenza (VINCA)(attualmente disciplinata dall’art. 5 del DPR n. 357 del 1997), al comma 3 dell’art. 4 si prevede che la valutazione dell'autorità competente per la VIA e la VAS sia estesa alle finalità di conservazione proprie della valutazione d'incidenza e quindi nel rispetto della capacità rigenerativa degli ecosistemi e delle risorse, della salvaguardia della biodiversità, oltre che di un’equa distribuzione dei vantaggi connessi all’attività economica.

 

Fondamentale strumento di tutela delle aree naturali protette in base al diritto comunitario è la valutazione di incidenza, prevista dall’art. 6 della direttiva 92/43/CE. Ai sensi dell’art. 6, par. 3, “qualsiasi piano o progetto non direttamente connesso e necessario alla gestione del sito, ma che possa avere incidenze significative su tale sito, singolarmente o congiuntamente al altri piani o progetti, forma oggetto di una opportuna valutazione dell’incidenza che ha sul sito, tenendo conto degli obiettivi di conservazione del medesimo”.

La disciplina nazionale di recepimento è contenuta nel DPR n. 357/1997 ove, all’art. 5, sono state introdotte le norme relative alla valutazione di incidenza (cd. VINCA). A differenza della VIA, vengono assoggettati alla VINCA, oltre ai progetti, anche gli strumenti di pianificazione. Inoltre, a seguito delle modifiche apportate al citato DPR dal DPR n. 120/2003, la VINCA non viene prevista in relazione a specifiche categorie di opere, come avviene per la VIA, in quanto essa riguarda qualsiasi piano o progetto (non connesso direttamente e necessario alla gestione del sito) che possa avere impatti significativi sullo stesso[40]. Ciò al fine, evidentemente, di garantire una tutela rafforzata ai siti protetti, per assicurarne la conservazione.

Vengono, inoltre, assoggettate a VINCA, oltre ai siti di importanza comunitaria (SIC), anche i proposti SIC, compresi negli elenchi nazionali trasmessi dagli Stati membri alla Commissione UE. Ciò in conformità con le disposizioni della direttiva 92/43/CE, che impone agli Stati membri di adottare “misure di salvaguardia idonee, con riguardo all’obiettivo di conservazione contemplato da quest’ultima, a salvaguardia del pertinente interesse ecologico di setti siti a livello nazionale”[41].

 

Nella relazione motivata si legge che il nuovo provvedimento “ancorerà i procedimenti di valutazione a strategie di sviluppo sostenibile condivise e fra loro coerenti, riconducendoli, così, ad un sistema sovraordinato di obiettivi che collegano i disegni strategici a tutti i livelli territoriali. Legare i processi di valutazione, a qualsiasi livello, alla logica della sostenibilità consentirà di armonizzare, proprio attraverso questi processi, le modalità di definizione della pianificazione territoriale e settoriale e, successivamente, anche di operare una semplificazione delle procedure di valutazione attraverso la ridefinizione delle relative modalità istruttorie”.

Le definizioni (art. 5)

Si segnalano le seguenti definizioni, che si discostano da quelle previste nel vigente d.lgs. n. 152:

§         le definizioni di VAS e di VIA (lett. a e b),modificate al fine di renderle più coerenti con quelle comunitarie. Tali definizioni richiamano un procedimento costituito da una serie di fasi che verranno poi esaminate, nel dettaglio, negli specifici titoli;

§         le definizioni di progetto preliminare e definitivo (lett. g ed i).Rispetto al testo vigente che fa riferimento al “progetto di un’opera od intervento”, si prevedono due distinte definizioni in relazione ai diversi livelli progettuali, attraverso un richiamo all’articolo 93 del codice dei contratti pubblici. Inoltre viene espunta la previsione, secondo cui la VIA viene eseguita sui progetti preliminari;

§         viene introdotta la definizione dello studio preliminare ambientale (lett. h).Si tratta di un nuovo elaborato, richiesto dall’articolo 20, comma 1, nella fase introduttiva della VIA che dovrà contenere:

1)       “la verifica, anche in relazione all'acquisizione dei necessari pareri amministrativi, di compatibilità dell'intervento con le prescrizioni di eventuali piani paesaggistici, territoriali ed urbanistici sia a carattere generale che settoriale e con eventuali prescrizioni di tutela diretta ed indiretta dei beni culturali e del paesaggio;

2)       lo studio sui prevedibili impatti della realizzazione dell'intervento e del suo esercizio sulle componenti ambientali, culturali, paesaggistiche e sulla salute dei cittadini;

3)       l’illustrazione, in funzione della minimizzazione dell'impatto ambientale, delle ragioni della scelta del sito e della soluzione progettuale prescelta nonché delle possibili alternative localizzative e tipologiche;

4)       la determinazione delle misure di compensazione ambientale e degli eventuali interventi di ripristino, riqualificazione e miglioramento ambientale e paesaggistico, con la stima dei relativi costi da inserire nei piani finanziari dei lavori;

5)       l'indicazione delle norme di tutela ambientale che si applicano all'intervento e degli eventuali limiti posti dalla normativa di settore per l’esercizio di impianti, nonché l'indicazione dei criteri tecnici che si intendono adottare per assicurarne il rispetto”;

   per la definizione del rapporto ambientale e dello studio di impatto ambientale (lett. f ed l), il nuovo testo rinvia agli articoli 13 e 22 mentre il testo vigente reca le rispettive definizioni sintetiche (non sempre coincidenti con le corrispondenti disposizioni comunitarie: cfr. la definizione di studio di impatto ambientale rispetto all’art. 5, par. 3, dir. 85/337/CEE, come sostituito dalla direttiva 97/11/CE);

   con riferimento alla verifica di assoggettabilità (relativa sia alla VAS che per la VIA), fase che il testo vigente indica quale “procedura di verifica preventiva”, viene introdotta la definizione di “provvedimento di verifica” (lett. n e o);

   viene introdotta la definizione di provvedimento di valutazione dell’impatto ambientale (lett. p), quale provvedimento amministrativo conclusivo della fase di valutazione del processo di VIA. Esso costituisce un provvedimento obbligatorio e vincolante che sostituisce o coordina, tutte le autorizzazioni, le intese, le concessioni, le licenze, i pareri, i nulla osta e gli assensi comunque denominati in materie ambientale e di patrimonio culturale la cui disciplina è recata dal successivo art. 26. Il testo vigente reca, invece, l’unica definizione di “giudizio di compatibilità ambientale” per l’atto con cui viene conclusa sia la VAS che la VIA.

La relazione motivata precisa che occorre restituire autonomia alla procedura di VAS, che “secondo quanto richiesto anche dalla direttiva 2001/42/CE, non può concludersi con un provvedimento amministrativo, come avviene per la VIA”;

            le lett. q) e r) e s) definiscono rispettivamente:

-     l’autorità competente nelle due procedure di VAS e di VIA, individuata nella pubblica amministrazione cui compete l'adozione del provvedimento di verifica di assoggettabilità e l'elaborazione del parere motivato nel caso di VAS e l'adozione del provvedimento di VIA nel caso di progetti;

-     l’autorità procedente,riferita alla sola procedura di VAS, individuata nella pubblica amministrazione che elabora il piano, programma soggetto alle disposizioni del decreto, ovvero nel caso in cui il soggetto che predispone il piano, programma sia un diverso soggetto pubblico o privato, la pubblica amministrazione che recepisce, adotta o approva il piano, programma;

-     il proponente, riferito alle due procedure di VAS e VIA, ed individuato nel soggetto pubblico o privato che elabora il piano, programma o progetto.

Tali definizioni differiscono da quelle recate dal testo vigente ove compaiono solo il “proponente o committente” e “l’autorità competente” e delle quali si riporta l’esatta definizione:

“h) proponente o committente: l'ente o la pubblica autorità cui compete l'adozione di un piano o programma o, in genere, che ne richiede l'approvazione, nonché l'ente o la pubblica autorità che prende l'iniziativa relativa a un progetto pubblico e il soggetto che richiede l'autorizzazione relativa ad un progetto privato”;

“o) autorità competente: l'amministrazione cui compete, in base alla normativa vigente, l'adozione di un provvedimento conclusivo del procedimento o di una sua fase”.

Ambito di applicazione della VAS e della VIA (art. 6)

L’ambito di applicazione delle due procedure è definito all’art. 6. Ai commi dall’1 al 4, vengono indicati i piani e programmi soggetti alla VAS e,  ai commi dal 5 all’11, i progetti che devono essere sottoposti alla procedura di VIA.

Ambito di applicazione della VAS

Sostanzialmente, rispetto al testo vigente (art. 7), viene allargato il campo di applicazione della VAS, aderendo alle disposizioni comunitarie in materia, in quanto vi vengono ricompresi anche:

§         i piani e programmi per la valutazione e gestione della qualità dell’aria ambiente (comma 2, lett. a);

§         i piani e programmi relativi agli interventi di telefonia mobile, non essendo riproposta l’esclusione contenuta nell’art. 7, comma 8, lett. c)  del testo vigente.

 

Nella relazione illustrativa si sottolinea, facendo riferimento alla procedura di infrazione 2004/0929 per la non conformità del d.lgs. n. 152 alle disposizioni della direttiva 2001/42/CE sulla VAS, che l'articolo 3, stabilisce un ambito di applicazione più ampio e che l'esclusione dei piani e programmi relativi agli interventi di telefonia mobile, soggetti alle disposizioni di cui all'art. 87 del d.lgs. n. 259 del 2003, sono in contrasto con il dettato dell'art. 3, comma 8, della direttiva stessa che, invece, prevede l'esclusione dal proprio campo di applicazione solamente dei "piani e programmi destinati esclusivamente a scopi di difesa nazionale e di protezione civile e dei piani e programmi finanziari e dì bilancio".

Per quanto riguarda, invece, l’inclusione dei piani e programmi per la gestione e valutazione dell’aria ambiente, l’inclusione appare motivata dal coordinamento della VAS con le disposizioni previste per l’IPPC.

In riferimento ai piani e programmi che riguardano i siti designati come zone di protezione speciale per la conservazione degli uccelli selvatici e quelli classificati come siti di importanza comunitaria per la protezione degli habitat naturali e della flora e della fauna selvatica, ai sensi della direttiva 92/43/CE, già sottoposti a VAS dal testo vigente, sono ora da sottoporre obbligatoriamente alla procedura VAS quelli per cui è ritenuta necessaria la valutazione di incidenza prevista dall’art. 5 del DPR n. 357 del 1997 (comma 2, lett. b).

 

Il comma 3 amplia il campo di applicazione della VAS, in coerenza con le disposizioni comunitarie previste dall’art. 3, par. 3, della direttiva 2001/42/CE, in quanto si prevede che essa venga effettuata per:

a)       i piani e programmi di cui al comma 2 che determinano l’uso di piccole aree a livello locale;

b)       le modifiche anche minori dei piani e programmi di cui al comma 2 per i quali è obbligatoria la VAS;

 

In base al testo vigente dell’articolo 7, commi 3 e 4, sono sottoposti a VAS i piani e i programmi di cui al comma 2 che determinano l'uso di piccole aree a livello locale e le modifiche dei piani e programmi di cui ai commi 2 e 3 che siano già stati approvati sono sottoposti a valutazione ambientale strategica solo se possono avere effetti significativi sull'ambiente. Tale condizione scompare nel nuovo testo dell’articolo 6, comma 3.

Si segnala tuttavia che l’articolo 12, comma 1, prevede la verifica di assoggettabilità per i piani e i programmi di cui all’articolo 6, comma 3. Inoltre, l’articolo 3, par. 3, della direttiva 2001/42/CE esplicitamente prevede che per tali piani e programmi, la valutazione ambientale è necessaria solo se gli Stati membri determinano che essi possono avere effetti significativi sull'ambiente.

 

Si segnala la necessità di un coordinamento tra l’articolo 12, comma 1, che prevede la verifica di assoggettabilità per i piani e i programmi di cui all’articolo 6, comma 3, e tale ultima disposizione che fa riferimento a tale procedura soltanto con riferimento ai piani e ai programmi di cui alla lettera c).

 

c)       Sono sottoposti a VAS i piani/programmi diversi da quelli per i quali la VAS è obbligatoria, contenenti la definizione del quadro di riferimento per l’approvazione, l’autorizzazione, la localizzazione di  progetti non sottoposti a VIA, nonché, a differenza del testo vigente, le loro modifiche, sempre che l’autorità competente rilevi che possano avere effetti significativi sull’ambiente dopo aver effettuato la verifica di assoggetttabilità prevista dall’art. 12.

La relazione illustrativa conferma l’ambito di applicazione più ampio della VAS rispetto al testo vigente, legato all’esigenza di superare la procedura di infrazione 2004/0929.

 

Da un punto di vista meramente formale, si segnala che occorre sostituire l’erroneo riferimento contenuto nel comma 2, lett. a) e nel comma 3, lett. c), all’Allegato VI che riguarda i contenuti del Rapporto ambientale. Il riferimento corretto sembra essere all’Allegato IV che riguarda i progetti sottoposti alla verifica di assoggettabilità di competenza delle regioni e delle province autonome di Trento e Bolzano.

 

Rispetto al testo vigente, vengono inseriti tra gli interventi esclusi dalla VAS anchei piani di protezione civile in caso di pericolo per l'incolumità pubblica (comma 4).

 

Si segnala che l’art. 3, par. 3, della direttiva prevede esplicitamente l’esclusione per i piani ei programmi destinati a scopi di protezione civile.

Ambito di applicazione della VIA

Ai sensi del comma 6, i progetti da sottoporre a procedura di VIA sono:

§         quelli soggetti a procedura di VIA statale e regionale indicati negli Allegati II e III (lett. a);

§         quelli compresi nell’Allegato IV (progetti sottoposti alla verifica di assoggettabilità di competenza delle regioni e delle province autonome di Trento e Bolzano)relativi ad interventi di nuova realizzazioneche ricadono, anche parzialmente, all’interno delle aree naturali protette (lett. b).

Rispetto al testo vigente (art. 23), i due nuovi allegati II e III ricomprendono sostanzialmente le categorie progettuali comprese nell’elenco A dell’allegato III (si veda la tavola di raffronto predisposta), si osserva che sono state però ampliate le categorie progettuali da sottoporre a VIA.

Le modifiche più rilevanti riguardano l’inserimento nell’allegato II – Progetti di competenza statale – delle categorie di impianti relativi alle attività industriali soggetti ad AIA statale, elencate nell’Allegato V del d.lgs. n. 59 del 2005. Esse riguardano, soprattutto gli impianti chimici, al fine di assicurare che, per lo stesso progetto di impianto, l'autorità competente per la VIA coincida con quella competente per l'AIA (si veda il successivo art. 10).

Come viene, infatti, sottolineato nella relazione illustrativa si “intende prevedere che anche le definizioni previste dal nuovo decreto siano comuni, per quanto possibile, per tutti e tre gli strumenti normativi (VIA, VAS e IPPC)” e, “introdurre,come richiesto dalla delega, disposizioni anche in materia di “IPPC”.

In base al comma 7, la procedura di VIA viene, inoltre prevista per :

a)       i progetti elencati nell'allegato II che servono esclusivamente o essenzialmente per lo sviluppo ed il collaudo di nuovi metodi o prodotti e non sono utilizzati per più di due anni;

b)       le modifiche o estensioni dei progetti elencati nell'allegato II ;

c)       i progetti elencati nell'allegato IV qualora l'autorità competente, secondo le disposizioni di cui all'articolo 20 (verifica di assoggettabilità), valuti che possano avere impatti significativi sull'ambiente.

Il nuovo testo amplia le categorie di progetti sottoposti a VIA, inserendo quelli indicati nella lett. a).

Con riferimento, invece, alla lett. b), esso rispetto al testo vigente fa riferimento alle “modifiche o estensioni” dei progetti indicati e non esclusivamente alle “modifiche sostanziali”. Tale ultimo concetto viene tuttavia ripreso dall’articolo 20, comma 5, che esclude la VIA se il progetto non costituisca modifica sostanziale. La citata lettera b), tuttavia, sembra avere una portata restrittiva rispetto al testo vigente, posto che essa riguarda solo i progetti indicati nell’Allegato II (progetti di competenza statale), allorché invece l’articolo 23 fa riferimento alle opere e interventi rientranti nelle categorie di cui al comma 1, lett. a) e b) (sia progetti di competenza statale, sia progetti di competenza regionale).

Si segnala inoltre che non è stata riprodotta la previsione dell’articolo 23, comma 1, lett. d), che sottopone a VIA i progetti di specifiche opere o interventi per i quali la procedura di valutazione di impatto ambientale sia espressamente prescritta dalle leggi speciali di settore che disciplinano dette opere o interventi.

Come rilevato anche con riferimento al comma 3, occorre coordinare il comma 7, lett. b) e c), che sottopone in via generale a VIA i progetti indicati e l’art. 20, che invece sottopone le indicate categorie progettuali a tale procedura soltanto a seguito del provvedimento di assoggettabilità.

 

I commi 8 e 9 dispongono che:

§         nel caso in cui i progetti di cui agli allegati III (Progetti di competenza regionale) e IV (Progetti di competenza regionale sottoposti a verifica di assoggettabilità) ricadano all’interno di aree naturali protette, vengano ridotte le soglie dimensionali del 50 per cento (comma 8);

§         le regioni e le province autonome possano definire un incremento o decremento delle soglie di cui all’allegato IV, nella misura massima del trenta per cento. Inoltre, sempre per i progetti dell’allegato IV, le regioni possono determinare, sulla base degli elementi indicati nell’allegato V, criteri o condizioni di esclusione dalla verifica di assoggettabilità.

 

Le disposizioni di cui ai commi 8 e 9 sono volte all’adeguamento della normativa vigente ai rilievi sollevati in sede comunitaria nella procedura di infrazione 2003/2049. Come precisa la relazione illustrativa “la Commissione contesta: al punto 29 del parere motivato la previsione della diminuzione del 50% delle soglie introdotte dalla normativa statale solo nel caso di progetti ricadenti all'interno di aree naturali protette da norme nazionali e non anche nel caso di progetti ricadenti in aree tutelate ai sensi delle direttive 79/409/CEE (ZPS) e 92/43/CEE (ZSC)”.

 

Si segnala tuttavia che occorre un chiarimento sulla portata del comma 8, posto che esso - attraverso il richiamo all’Allegato III - prevede la riduzione delle soglie dimensionali dei progetti da sottoporre a VIA ricadenti all’interno di aree naturali protette esclusivamente per progetti di competenza regionale, allorché invece il testo vigente, attraverso il richiamo all’elenco A dell’Allegato III - fa riferimento a progetti sia di competenza statale sia di competenza regionale.

 

Lo schema trasmesso, rispetto al testo vigente, inoltre riduce l’ambito dei progetti che possono essere esclusi dalla procedura, limitandosi a richiamare le opere di difesa nazionale (comma 10)e i singoli interventi disposti per fronteggiare calamità naturali per le quali sia stato dichiarato lo stato di emergenza nonché quelli nei quali la situazione di emergenza sia tale da non consentire l’adempimento della normativa vigente in materia di impatto ambientale (comma 11).

Non viene invece riprodotta la previsione della possibilità di esclusione per gli  interventi temporanei collegati alle operazioni di bonifica.

La formulazione dei due commi appare più aderente alle norme comunitarie recate, per la difesa nazionale, dall’art. 1, par. 4, della direttiva 85/337/CEE e, per le situazioni emergenziali, dall’art. 2, par.

Secondo quanto precisato nella relazione motivata, le modifiche introdotte hanno permesso di superare alcuni rilievi recati dalla procedura d'infrazione n. 2005/640, nell’ambito della quale Commissione europea ha avanzato anche censure sostanziali sul merito del decreto n. 152 che non ha trasposto alcune disposizioni della direttiva citata, tra cui quelle dell’art. art. 2, par. 3, che stabilisce una serie di condizioni da rispettare nei casi eccezionali di esclusione di determinati progetti dalla procedura di VIA.

Tali condizioni sono state ora trasfuse nel comma 11 ove viene previsto che l’autorità competente,sulla base della documentazione immediatamente trasmessa dalle autorità che dispongono tali interventi:

a)  esamina se sia opportuna un'altra forma di valutazione;

b)  mette a disposizione del pubblico coinvolto le informazioni raccolte con le altre forme di valutazione di cui alla lettera a), le informazioni relative alla decisione di esenzione e le ragioni per cui è stata concessa;

e) informa Ia Commissione europea. tramite il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare nel caso di interventi di competenza regionale, prima di consentire il rilascio dell'autorizzazione, delle motivazioni dell'esclusione accludendo le informazioni messe a disposizione del pubblico.

Le competenze in materia di VAS e VIA (art. 7)

Con riferimento alla VAS, la ripartizione delle competenze ha luogo in ragione della titolarità ad approvare i piani e programmi da valutare.

Pertanto, i commi 1 e 2 dell’art. 7 confermano il criterio adottato dal testo vigente del d.lgs. n. 152 (artt. 15 e 21), prevedendo rispettivamente la VAS in sede statale e la VAS in sede regionale a seconda che la competenza ad approvare i piani e i programmi spetti ad organi dello Stato oppure alle regioni o province autonome o agli enti locali.

Conseguentemente, la competenza sulla VAS non potrà che accedere a quella relativa al procedimento di pianificazione a cui si riferisce, appartenendo allo Stato, alla regione o ad altro ente locale territoriale, a seconda del livello territoriale di pianificazione interessato.

Fra le numerose tipologie di pianificazione territoriale (molte delle quali disciplinate ormai da fonte regionale), possono citarsi: i piani territoriali di area vasta e i piani territoriali regionali di coordinamento (PTRC) - approvati dalle regioni - i piani di assetto del territorio (PAT) con le scelte strategiche di assetto e di sviluppo per il governo del territorio comunale, e il piano degli interventi (PI) - approvati dai comuni.

 

Per quanto riguarda, invece, la VIA, si rileva una modifica sostanziale del criterio di attribuzione della competenza previsto dal d.lgs. n. 152 (artt. 35 e 42), nel quale si afferma la corrispondenza (analogamente alla VAS) fra competenza in materia di VIA e competenza al rilascio dell’autorizzazione alla costruzione (o all’esercizio) dell’opera (o dell’impianto). Con il nuovo testo, viene ripristinato il criterio previgente che attribuiva allo Stato la competenza sulle opere di maggiore impatto (secondo un elenco corrispondente a quello per le quali le norme europee prevedono l’obbligatorietà della procedura di VIA) e alle regioni la competenza su un elenco di tipologia di opere di minore impatto.

Pertanto, ai sensi dei commi 3 e 4, sono sottoposti a VIA statale tutti i progetti contenuti nell’allegato II, che reca i progetti di competenza statale, e a VIA regionale quelli degli allegati III e IV,che includono rispettivamente i progetti di competenza regionale e quelli per i quali è prevista una previa verifica di assoggettabilità.

Si segnala che l’allegato II al decreto in esame include i progetti di competenza statale che nella disciplina previgente erano sottoposti a VIA nazionale ai sensi del DPCM 10 agosto 1988, n. 377 (che costituivano prevalentemente i progetti di cui all'allegato I della direttiva 85/337CEE), come modificato dal DPR 11 febbraio 1998, che aveva ampliato l’ambito dei progetti da sottoporre a VIA nazionale (con riferimento al settore energetico, minerario e nucleare, a quello delle dighe, a quello stradale e aeroportuale).

Inoltre, come già accennato, sono stati inclusi nell’allegato II gli impianti relativi alle attività industriali soggetti ad AIA statale, elencate nell’Allegato V del d.lgs. n. 59 del 2005. Si tratta soprattutto di impianti chimici, al fine di assicurare che, per lo stesso progetto di impianto, l'autorità competente per la VIA coincida con quella competente per l'AIA.

Gli allegati III e IV del decreto in esame per la VIA regionale riportano, invece, le categorie progettuali che la disciplina previgente sulla VIA regionale disciplinava nel DPR 12 aprile 1996, agli allegati A e B.

Il citato DPR 12 aprile 1996 era stato emanato in seguito ai richiami da parte comunitaria per l'incompleta applicazione della direttiva. Il DPR ha conferito alle regioni ed alle province autonome il compito di attuare la direttiva 85/337/CEE per tutte quelle categorie di opere (elencate in due allegati A e B al DPR) non comprese nella normativa statale, ma previste dalla direttiva comunitaria (allegato II). Le opere dell'allegato A sono sottoposte a VIA regionale obbligatoria (se queste sono localizzate in un parco, ai sensi della legge n. 394 del 1991, la soglia dimensionale è dimezzata); le opere dell'allegato B sono sottoposte a VIA regionale obbligatoria, con soglie dimezzate, solo nelle aree a parco, mentre al di fuori dei parchi sono sottoposte ad una fase di verifica per stabilire la necessarietà o meno della VIA.

Inoltre, l’allegato III del decreto in esame comprende inoltre:

§         gli impianti chimici integrati esclusi dalla VIA statale, al fine di assicurare che, per lo stesso progetto di impianto, l'autorità competente per la VIA coincida con quella competente per l'AIA;

§         alcune categorie progettuali indicate nell’allegato I della direttiva 85/337/CE che non erano state mai incluse nelle normativa previgente nazionale o regionale, al fine si superare i rilievi comunitari formulati nell’ambito della procedura di infrazione n. 2003/2049 concernenti la non completa conformità degli allegati al DPR 12 aprile 1996 alle disposizioni contenute negli allegati I e II della direttiva.

 

In sede statale, l’autorità competente è il Ministero dell’ambiente (comma 5); la medesima disposizione prevede che il provvedimento di VIA e il parere motivato in sede di VAS vengano espressi di concerto con il Ministero per i beni e le attività culturali, che collabora alla relativa attività istruttoria.

 

Si segnala che, con riferimento alla VIA statale, il vigente articolo 35 prevede la competenza del Ministro dell’ambiente, di concerto con il Ministro dei beni culturali, sentita la Regione interessata.

 

In sede regionale, invece, l’autorità competente è la pubblica amministrazione con compiti di tutela, protezione e valorizzazione ambientale a tal fine designata dalle regioni e dalle province autonome (comma 6).

 

Il successivo comma 7 demanda alla normativa regionale la disciplina delle competenze proprie e degli enti locali, nonché:

a) i criteri per la individuazione delle province e dei comuni interessati;

b) i criteri specifici per l'individuazione dei soggetti competenti in materia ambientale;

c) eventuali ulteriori modalità, rispetto a quelle indicate nel presente decreto, per l'individuazione dei piani e programmi o progetti da sottoporre alla disciplina del presente decreto, e per lo svolgimento della consultazione;

d) le modalità di realizzazione o adeguamento delle cartografie, degli strumenti informativi territoriali di supporto e di banche dati;

e) le modalità di partecipazione delle regioni e province autonome confinanti al processo di VAS, in coerenza con quanto stabilito dalle disposizioni nazionali in materia.

 

Si ricorda che se da un lato solo recentemente con il d.lgs. n. 152 del 2006 è stata recepita la direttiva 2001/42/CE sulla VAS in sede statale, dall’altro alcune regioni avevano già emanato disposizioni riguardanti l’applicazione di tale procedura. Come sottolinea anche un documento elaborato dall’APAT[42], alcune regioni hanno infatti previsto la VAS nell’ambito della legislazione urbanistica e di pianificazione territoriale regionale. Si richiamano in particolare la legge regionale n. 11 del 6 maggio 2005 del Friuli-Venezia Giulia (Disposizioni per l'adempimento degli obblighi della Regione Friuli Venezia Giulia derivanti dall'appartenenza dell'Italia alle Comunità europee. Attuazione delle direttive 2001/42/CE, 2003/4/CE e 2003/78/CE - Legge comunitaria 2004), nella quale al Capo I (artt. dal 2 all’11) viene interamente recepita la direttiva 2001/42/CE sulla VAS, nonché la legge regionale del Veneto n. 11 del 23 aprile 2004 (Norme per il governo del territorio), in cui all’art. 4, vengono sottoposti a VAS il piano territoriale regionale di coordinamento, i piani territoriali di coordinamento provinciali, i piani di assetto del territorio comunali e intercomunali. Si ricorda, inoltre che la legge regionale n. 15 del 14 luglio 2004 delle Marche (Disciplina delle funzioni in materia di difesa della costa), prevede, all’art. 3, la VAS per il Piano di gestione integrata delle aree costiere analogamente alla Calabria (art. 10 della legge n. 13 del 17 agosto 2005) e l’art. 4 della  legge n. 26 del 29 dicembre 2003 dell’Umbria (Ulteriori modificazioni, nonché integrazioni, della legge regionale 3 gennaio 2000, n. 2 - Norme per la disciplina dell'attività di cava e per il riuso di materiali provenienti da demolizioni”, sottopone a VAS il Piano Regionale delle Attività Estrattive (PRAE). 

 

Il comma 8 infine conferma quanto già disposto dal testo vigente del d.lgs. n. 152 (art. 47) che prevede un obbligo annuale di informazione in capo alle regioni/province autonome nei confronti del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare in merito ai provvedimenti adottati, i procedimenti di valutazione in corso e lo stato di definizione delle cartografie e degli strumenti informativi.

Norme di organizzazione (art. 8)

Ai sensi dell’art. 8, comma 1, il supporto tecnico scientifico per l'attuazione delle disposizioni contenute nello schema di decreto è assicurato dalla Commissione tecnica di verifica dell'impatto ambientale – VIA e VAS, istituita con l’art. 9 del DPR 14 maggio 2007, n. 90.

 

Con tale provvedimento è stato approvato il regolamento per il riordino degli organismi operanti presso il Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare.

Esso è stato adottato in attuazione dell’art. 29 del decreto-legge 4 luglio 2006, n. 223, convertito con modificazioni dalla legge 4 agosto 2006, n. 248, che ha previsto, ai fini di una riduzione della spesa sostenuta dalle amministrazioni pubbliche per commissioni e organismi vari, un riordino di tali organismi anche mediante un loro accorpamento.

Da un punto di vista formale, sembra opportuno fare specifico riferimento all’articolo 9 del D.P.R. n. 90 del 2007 che ha istituito la Commissione tecnica di verifica dell'impatto ambientale – VIA e VAS.

 

Ai sensi dell’art. 9 del citato DPR, la nuova Commissione tecnica di verifica dell’impatto ambientale – VIA e VAS accorpa la Commissione per la VIA ordinaria prevista dall’art. 18, comma 5, della legge n. 67 del 1988 e la Commissione speciale per la VIA delle infrastrutture strategiche, prevista dall’art. 184, comma 2, del d.lgs. n. 163 del 2006, cd. Codice dei contratti pubblici.

Essa è composta da sessanta commissari, oltre il presidente e il segretario, nominati con decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, tra liberi professionisti e tra esperti provenienti dalle amministrazioni pubbliche, comprese università, Istituti scientifici e di ricerca, con adeguata qualificazione in materie progettuali, ambientali, economiche e giuridiche.

 

Si ricorda che la Commissione tecnico-consultiva prevista dall’art. 6 del d.lgs. n. 152 (composta da settantotto membri, otre al presidente e ai tre vicepresidenti) avrebbe invece dovuto gestire tutte e tre le diverse valutazioni/autorizzazioni (VAS, VIA e IPPC), insieme alla VIA sulle cd. grandi opere.

 

Il comma 2 prevede, inoltre, che nel caso di progetti per i quali la valutazione di impatto ambientale spetta allo Stato e che ricadano nel campo di applicazione di cui all'allegato V del d.lgs. n. 59 del 2005, il lavoro della Commissione sia coordinato con quello della Commissione istruttoria per l’IPPC, istituita ai sensi dell’articolo 5, comma 9, del d.lgs. n. 59 del 2005 e riordinata dall’art. 10 del citato DPR n. 90 del 2007.

Ai sensi di tale ultima disposizione, la Commissione istruttoria per l'autorizzazione ambientale integrata – IPPC, si compone di venticinque esperti di elevata qualificazione giuridico-amministrativa e tecnico-scientifica scelti nel settore pubblico e privato, di cui uno con funzioni di presidente. Per le attività relative a ciascuna domanda di autorizzazione, la Commissione è integrata da un esperto designato da ciascuna regione, da un esperto designato da ciascuna provincia e da un esperto designato da ciascun comune territorialmente competenti.

Norme procedurali generali (art. 9)

L’articolo 9 prevede norme procedurali finalizzate al raccordo delle disposizioni dello schema di decreto con la legge 7 agosto 1990, n. 241, sul procedimento amministrativo, in particolare al fine indicato nella relazione illustrativa “di chiarire i rapporti con le previsioni legislative relative alla Conferenza di servizi”[43].

Il comma 1 afferma esplicitamente che le modalità di partecipazione previste dal provvedimento soddisfano i requisiti previsti dalla legge n. 241 del 1990.

 

Su tali modalità di partecipazione, cfr il commento al Titolo II per la VAS e al Titolo III per la VIA.

 

Il comma 2 prevede la possibilità per l’autorità competente di indire una o più conferenze di servizi ai sensi degli artt. 14 e seguenti della legge n. 241 del 1990, al fine di acquisire elementi informativi e le valutazioni delle altre autorità pubbliche interessate.

In base al comma 3, l’autorità competente può, nel rispetto dei tempi minimi definiti per la consultazione del pubblico, concludere con il proponente o l'autorità procedente e le altre amministrazioni pubbliche interessate, accordi per disciplinare lo svolgimento delle attività di interesse comune, ai fini della semplificazione e della maggiore efficacia dei procedimenti (comma 3).

Il riferimento al termine generico di accordi dovrebbe far riferimento a tutti quegli specifici strumenti di programmazione negoziata, quali accordi di programma, protocolli di intesa, convenzioni, istituiti al fine di regolare gli interventi che coinvolgono una molteplicità di soggetti pubblici e privati e che comportano attività decisionali complesse.

Norme di coordinamento tra la VIA, VAS e AIA, tra la VIA e VAS e tra queste ultime e la VINCA (art. 10)

Il comma 9 dell’art. 1 della legge delega, indicava espressamente, tra i principi e criteri specifici di delega, l’introduzione di meccanismi di coordinamento tra la procedura di VIA e quella di VAS edi IPPC, al fine di evitare inutili ed onerose duplicazioni e sovrapposizioni fra i vari procedimenti menzionati. Nel testo vigente del codice ambientale, le sole norme di coordinamento tra le procedure di VIA, VAS e IPPC sono tuttavia quelle contenute negli artt. 33 (riferito a VIA e VAS) e 34 (riferito a VIA e IPPC).

L’introduzione di tali meccanismi di coordinamento risulta necessaria in relazione ai nessi tra le varie discipline e alle conseguenti possibili sovrapposizioni.

In particolare, sebbene la VIA e la VAS abbiano ad oggetto una differente tipologia di atti (nel primo caso, i progetti; nel secondo caso, i piani ed i programmi), questi ultimi riguardano i medesimi settori (almeno per quanto concerne i piani/programmi soggetti a VAS obbligatoria).

Vi sono poi parziali sovrapposizioni tra l'elenco di progetti sottoposti a VIA e quelli soggetti a IPPC. Sono le stesse direttive comunitarie a prevedere tali sovrapposizioni e collegamenti tra le tre direttive, infatti, l’art 1 della direttiva 96/61/CE (IPPC) prevede che le sue disposizioni si applicano lasciando impregiudicate le disposizioni della direttiva 85/337/CEE. Analogamente dispone anche l’art 11, par. 1 della direttiva 2001/42/CE (VAS) che aggiunge “Per i piani e i programmi in merito ai quali l'obbligo di effettuare una valutazione dell'impatto ambientale risulta contemporaneamente dalla presente direttiva e da altre normative comunitarie, gli Stati membri possono prevedere procedure coordinate o comuni per soddisfare le prescrizioni della pertinente normativa comunitaria, tra l'altro al fine di evitare duplicazioni della valutazione”.

Le disposizioni comunitarie prevedono quindi una sorta di «principio di applicazione cumulativa»: ciascuna delle tre discipline deve essere applicata integralmente e nessuna delle tre pregiudica l'applicazione delle altre. Tale regola potrà poi essere temperata da principi e criteri di efficienza e semplificazione del procedimento decisionale, la cui applicazione tenderà a ridurre gli oneri burocratici gravanti sui soggetti interessati e il carico di lavoro delle amministrazioni, conformemente anche alle raccomandazioni sulla semplificazione del contesto delle attività di impresa formulate dai più autorevoli organismi internazionali (OCSE) e dalla stessa Comunità Europea.

 

In relazione a tali esigenze di coordinamento, si segnala che la normativa di riferimento per l’IPPC continua ad essere contenuta nel decreto legislativo n. 59 del 2005.

 

L’articolo 10, ai commi 1 e 2, prevede disposizioni di coordinamento rispettivamente tra la VIA statale e l’autorizzazione integrata ambientale (AIA) e tra la VIA regionale e l’AIA.

 

Preliminarmente si suggerisce di riformulare correttamente il riferimento alla autorizzazione integrata ambientale (AIA) prevista dall’art. 5 del d.lgs. n. 59 del 2005, denominata nel comma 1 “autorizzazione unica ambientale” e nel comma 2 “autorizzazione unica integrata”.

 

Il comma 1 dispone che in presenza di progetti soggetti a VIA statale ma anche all'AIA[44], in quanto rientranti tra le categorie di impianti dell’Allegato V del decreto legislativo n. 59 del 2005, il provvedimento di VIA sostituisce l’AIA.

In tal caso la disposizione prevede che:

§         lo studio di impatto ambientale e gli elaborati progettuali dovranno contenere anche le informazioni previste dall’art. 5, commi 1 e 2, del d.lgs. n. 59;

§         il provvedimento finale dovrà rispettare le condizioni fissate dagli artt. 8 e 9 dello stesso d.lgs. n. 59.

 

Si ricorda che le citate disposizioni del d.lgs. n. 59 elencano le informazioni che devono essere contenute nella domanda per il rilascio dell’AIA e disciplinano le condizioni specifiche che gli impianti devono rispettare ai fini del suo rilascio e consentono all'autorità competente di prescrivere – per determinate aree – anche misure supplementari più rigorosedi quelle ottenibili con le migliori tecniche disponibili, al fine di assicurare nell’area specifica il rispetto delle norme di qualità ambientale.

 

Il comma 2 prevede che per i progetti soggetti a VIA regionale che rientrano parimenti nel campo di applicazione dell’AIA, in quanto facenti anche parte di quelli previsti dall’Allegato I del d.lgs. n. 59 citato[45], le regioni e le province autonome sono tenute ad assicurare che le procedure per il rilascio dell'AIA siano coordinate all'interno del procedimento di VIA, lasciando ad esse ampia discrezionalità, con il limite che la procedura di consultazione del pubblico sia unica per entrambe le procedure.

Inoltre, nell’ipotesi in cui l'autorità competente in materia di VIA sia la stessa che rilascia l’AIA, le regioni possono prevedere che il provvedimento di VIA sostituisca l’AIA. In tal caso, analogamente a quanto previsto per la VIA statale, lo studio di impatto ambientale e gli elaborati progettuali presentati dovranno contenere anche le informazioni di cui all'art. 5, commi 1 e 2 del d.lgs. n. 59, ed il provvedimento finale le condizioni di cui agli artt. 7 ed 8 dello stesso decreto.

 

Il comma 3 introduce norme di coordinamento con la valutazione di incidenza (VINCA) prevista dall’art. 5 del DPR n. 357 del 1997, prevedendo in particolare che la VAS e la VIA comprendano le procedure della VINCA.

In tal caso il rapporto ambientale – se si tratta di VAS – e lo studio preliminare ambientale o lo studio di impatto ambientale (SIA) – in caso di VIA – dovranno includere anche gli elementi previsti dall'allegato G del DPR n. 357 (che reca i contenuti della relazione per la VINCA di piani e progetti)[46] e la valutazione dell'autorità competente dovrà essere estesa alle finalità di conservazione proprie della VINCA.

Nell’ultimo periodo del comma viene, inoltre, disposto che nelle modalità di informazione al pubblico dovrà essere data evidenza dell’integrazione procedurale effettuata.

 

Si osserva che le alcune disposizioni di coordinamento della VINCA con la VAS e VIA, con contenuto sostanzialmente analogo, erano state già dettate dallo stesso DPR n. 357 (art. 5, commi 4 ed 8).

L’elemento innovativo è quindi rappresentato dalla loro trasfusione (con carattere di maggior dettaglio) in un testo di codificazione generale che opera un riordino complessivo delle procedure di impatto ambientale.

 

Si ricorda che la VINCA rappresenta lo strumento principale per la salvaguardia dei proposti SIC, dei SIC e delle ZPS, in quanto è finalizzata ad individuare e valutare gli effetti che piani territoriali, urbanistici e di settore oppure alcuni interventi possono avere sul sito stesso, tenuto conto degli obiettivi di conservazione del medesimo. Essa è disciplinata dall’art. 5 del citato DPR n. 357 del 1997, come novellato dal DPR n. 120 del 2003.

Ai sensi dell’art. 5 i proponenti di piani territoriali, urbanistici e di settore, ivi compresi i piani agricoli e faunistico-venatori e le loro varianti, dovranno predisporre, secondo i contenuti dell’allegato G, uno studio per individuare e valutare gli effetti che il piano può avere sul sito, tenuto conto degli obiettivi di conservazione del medesimo. Gli atti di pianificazione territoriale da sottoporre alla VINCA sono presentati, nel caso di piani di rilevanza nazionale, al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e, nel caso di piani di rilevanza regionale, interregionale, provinciale e comunale, alle regioni e alle province autonome competenti.

Si ricorda, infatti, che a differenza della VIA, vengono assoggettati alla VINCA, oltre ai progetti, anche gli strumenti di pianificazione. Inoltre, a seguito delle modifiche apportate al citato DPR dal DPR n. 120/2003, la VINCA non viene prevista in relazione a specifiche categorie di opere, come avviene per la VIA, in quanto essa riguarda qualsiasi piano o progetto (non connesso direttamente e necessario alla gestione del sito) che possa avere impatti significativi sullo stesso[47]. Ciò al fine, evidentemente, di garantire una tutela rafforzata ai siti protetti, per assicurarne la conservazione.

Viene poi stabilito, al comma 4 dell’art. 5, che per i progetti soggetti a VIA statale o regionale che interessano proposti SIC, SIC e ZPS, la VINCA venga ricompresa nell'ambito della predetta procedura “che, in tal caso, considera anche gli effetti diretti ed indiretti dei progetti sugli habitat e sulle specie per i quali detti siti e zone sono stati individuati. A tale fine lo studio di impatto ambientale predisposto dal proponente deve contenere gli elementi relativi alla compatibilità del progetto con le finalità conservative previste dal presente regolamento, facendo riferimento agli indirizzi di cui all'allegato G”. Il comma 8, prevede, inoltre che “l’autorità competente al rilascio dell'approvazione definitiva del piano o dell'intervento acquisisce preventivamente la VINCA, eventualmente individuando modalità di consultazione del pubblico interessato dalla realizzazione degli stessi”.

 

Gli ultimi due commi recano disposizioni di coordinamento tra VAS e VIA, molto più puntuali di quelle recate dal solo art. 33 del testo vigente del d.lgs. n. 152.

 

Il comma 4 prevede che nel caso in cui la verifica di assoggettabilità riguarda progetti previsti in piani e programmi da sottoporre a VAS, essa può essere effettuata, nel rispetto delle disposizioni contenute nel presente decreto, nell'ambito della VAS.

In tal caso le modalità di informazione del pubblico dovranno dare atto di tale integrazione procedurale.

 

Con riferimento al comma 4, si osserva che occorre chiarire la formulazione della disposizione, al fine di esplicitare – come nel successivo comma 5 – che l’integrazione procedurale da esso contemplata riguarda progetti previsti da piani o programmi già sottoposti a VAS.

 

Il comma 5 dispone che se lo studio di impatto ambientale riguarda progetti previsti in piani e programmi già sottoposti a VAS, possono essere utilizzate le informazioni contenute nel rapporto ambientale predisposto per la VAS, a condizione che durante la redazione dei progetti e nella fase della loro valutazione, vengano tenute in considerazione la documentazione e le conclusioni della VAS.


 

Titolo II
La valutazione ambientale strategica

L’art. 11, comma 1, individua le fasi in cui si articola la procedura di VAS, singolarmente disciplinate dai successivi articoli 12-18.

I successivi commi dell’articolo 11 fissano alcuni principi di carattere generale relativi allo svolgimento della VAS, in parte riproducendo principi già contemplati dal testo vigente. Tra questi, le norme dettate dal testo attuale dell’articolo 8 (“Integrazione della valutazione ambientale nei procedimenti di pianificazione”) e dai commi 2 e 3 dell’art. 4 vengono riprese nei commi 4, 5 e 6.

Rispetto al testo vigente, vengono introdotte alcune disposizioni (nel comma 2), sempre di carattere generale, volte a disciplinare la collaborazione tra l’autorità proponente e l’autorità competente anche al fine di recepire in maniera più precisa il dettato comunitario (si segnala in proposito come la lettera c) del comma 2 riproponga quanto previsto dall’art. 5, paragrafo 4, della direttiva).

 

Relativamente al comma 3, che elenca i compiti dell’autorità competente, occorre valutare l’opportunità di ricollocare le norme in esso contenute negli articoli relativi alle varie fasi procedimentali, visto che tale comma riguarda funzioni che l’autorità competente è chiamata a svolgere nel corso dell’iter procedurale.

 

L’art. 12 disciplina la verifica di assoggettabilità dei piani o programmi  indicati all’art. 6, comma 3, alla procedura di VAS.

Si ricorda, in proposito, che nel testo vigente, l’articolo volto a disciplinare nel dettaglio la procedura di verifica preventiva (art. 19) si trova all’interno del Capo II - Disposizioni specifiche per la VAS in sede statale.

L’articolo in esame innova la procedura prevista dall’art. 19 del d.lgs. n. 152, che faceva perno sulla Commissione tecnico-consultiva per le valutazioni ambientali prevista dall’art. 6 del medesimo decreto e abrogata dall’art. 14 del D.P.R. 14 maggio 2007, n. 90, recante “Regolamento per il riordino degli organismi operanti presso il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, a norma dell'articolo 29 del D.L. 4 luglio 2006, n. 223, convertito, con modificazioni, dalla L. 4 agosto 2006, n. 248”[48].

 

La nuova procedura prevede:

a)      la trasmissione, da parte dell’autorità procedente, di un documento preliminare all’autorità competente;

b)      l’individuazione, operata in collaborazione dalle citate autorità, di soggetti competenti in materia ambientale cui richiedere un parere sul documento preliminare;

c)      la decisione circa la significatività degli impatti ambientali, operata dall’autorità competente (sentita quella procedente), sulla base degli elementi di cui all’allegato I e tenuto conto dei contributi pervenuti;

d)      la pubblicazione della decisione e delle relative motivazioni.

 

L’art. 13 disciplina la redazione del rapporto ambientale.

Rispetto al testo vigente del corrispondente articolo del decreto n. 152 (art. 9) si segnalano le seguenti novità:

§         l’introduzione dell’obbligo (rispetto alla facoltà prevista dal testo vigente), per il proponente o l’autorità procedente di entrare in consultazione con l’autorità competente, e con gli altri soggetti competenti in materia ambientale, sulla base di un rapporto preliminare sui possibili impatti ambientali significativi del piano/programma, al fine di definire la portata ed il livello di dettaglio delle informazioni da includere nel rapporto ambientale;

§         l’introduzione di un termine per la conclusione della consultazione citata, che deve avvenire entro 90 giorni, salvo diverso accordo delle parti;

§         l’esplicitazione del fatto che la redazione del rapporto ambientale spetta al proponente o all’autorità procedente.

 

Il comma 4, che riguarda il contenuto del rapporto ambientale, in parte rinviando all’Allegato VI, riproduce sostanzialmente l’attuale testo dell’articolo 9, comma 2.

 

Si segnala che il nuovo testo del comma 4 – pur prevedendo che, se pertinenti, possono essere utilizzate informazioni già acquisite nell’ambito di altri livelli decisionali – non contempla l’esigenza di tener conto che, nel caso di processi di pianificazione a più livelli, taluni aspetti siano più adeguatamente valutati in altre successive fasi di detto iter. Occorre valutare la mancata riproposizione di tale norma, posto peraltro che essa riproduce l’articolo 5, par. 2, della direttiva 2001/42/CE.

 

L’articolo relativo al rapporto ambientale viene inoltre arricchito di due commi che riprendono, nella sostanza, seppur semplificandoli, il contenuto dei primi due commi dell’art. 10 del decreto n. 152, relativi alla comunicazione del rapporto e dell’allegata sintesi non tecnica all’autorità competente e al deposito di tale documentazione, oltre che presso gli uffici dell'autorità competente, anche presso gli uffici delle regioni e delle province il cui territorio risulti anche solo parzialmente interessato dal piano o programma o dagli impatti della sua attuazione.

 

L’art. 14 reca la disciplina della fase di consultazione.

Rispetto al disposto dell’articolo 10 del decreto n. 152, che reca la corrispondente disciplina, si segnalano:

§         la modifica delle modalità di pubblicazione della proposta di piano/programma e del relativo rapporto ambientale. A differenza del testo vigente, che prevede la pubblicazione a mezzo stampa e via web, nell’articolo in esame l’autorità procedente deve provvedere alla pubblicazione di un avviso nella G.U. e consentire l’accesso alla documentazione presso i propri uffici e tramite il proprio sito internet. Rispetto al testo vigente, inoltre, viene altresì definito il contenuto informativo dell’avviso.

Si osserva, in proposito, che sarebbe opportuno, specificare al comma 2, che la diffusione via internet deve avvenire contestualmente alla pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale., onde garantire il rispetto dei termini previsti dal comma 3 indipendentemente dal mezzo di diffusione.

 

§         l’allungamento del termine previsto per la consultazione dei citati documenti e per la presentazione di osservazioni, che passa da 45 a 60 giorni (comma 3);

In proposto si nota che l’allungamento di tale termine appare coerente con l’esigenza, dichiarata nell’art. 6, par. 2, della direttiva, di garantire al pubblico “un'effettiva opportunità di esprimere in termini congrui il proprio parere sulla proposta di piano o di programma e sul rapporto ambientale che la accompagna, prima dell'adozione del piano o del programma o dell'avvio della relativa procedura legislativa”.

§         l’introduzione di una clausola volta a garantire il coordinamento delle procedure di deposito, pubblicità e partecipazione, disposte ai sensi delle vigenti disposizioni per specifici piani e programmi, al fine di evitare duplicazioni con le norme del decreto (comma 4). Si segnala, in proposito, che l’art. 10, comma 5, del d.lgs. n. 152/2006 dispone, invece, che “i depositi e le pubblicazioni, di cui ai commi 2 e 3, con le connesse e conseguenti consultazioni, di cui al comma 4, sostituiscono ad ogni effetto tutte le forme di informazione e partecipazione eventualmente previste dalle procedure ordinarie di adozione ed approvazione dei medesimi piani o programmi”.

 

L’art. 15 disciplina l’attività di valutazione del rapporto ambientale e degli esiti della consultazione, sostituendo le disposizioni recate dall’art. 12 del decreto n. 152.

Rispetto al disposto vigente, l’articolo in esame esplicita le autorità coinvolte nell’attività istruttoria, individuate nell’autorità procedente e in quella competente, sottolineando l’esigenza di stretta collaborazione tra le due autorità che deve perdurare durante tale fase, anche ai fini di un’eventuale revisione del piano/programma.

Si segnala che il nuovo testo non ripropone le disposizioni di cui ai commi 2 e 4 del vigente articolo 12, che in particolare disciplinano:

§         l'esercizio del potere sostituivo da parte del Consiglio dei Ministri, nel caso di mancata emissione del giudizio di compatibilità ambientale nel termine previsto;

§         nel caso di mancata attivazione della prescritta procedura di VAS, l’invito al proponente da parte dell'autorità competente all'approvazione del piano o programma ad attivare detta procedura e la contestuale sospensione del procedimento di approvazione.

 

Il comma 2 prevede l’espressione del parere motivato da parte dell’autorità competente entro novanta giorni dalla scadenza di tutti i termini di cui all’articolo 14. Si segnala che l’articolo 12, comma 2, prevede invece il termine di sessanta giorni per l’adozione del giudizio di compatibilità ambientale da parte dell’autorità preposta alla valutazione ambientale.

 

Con riferimento alla decorrenza del termine di cui al  comma 2, appare poco chiaro il riferimento  alla scadenza “di tutti i termini di cui all’articolo 14”, posto peraltro che in tale ultima disposizione è indicato, al comma 3, il solo termine per la presentazione delle osservazioni da parte del pubblico.

 

Gli articoli 16 e 17 disciplinano, rispettivamente:

§         le modalità per addivenire alla decisione di adozione o approvazione del piano/programma;

§         la pubblicazione delle informazioni relative alla decisione adottata.

 

Tali disposizioni riproducono quanto dettato dall’art. 12, comma 3, e dall’art. 13 del decreto n. 152.

Una sostanziale novità riguarda invece l’introduzione di norme volte a garantire la pubblicità delle decisioni adottate.

L’articolo 17 in particolare prevede che la decisione venga pubblicata “nella Gazzetta Ufficiale o nel Bollettino Ufficiale della regione o provincia autonoma indicando la sede ove si possa prendere visione del piatto o programma adottato di tutta la documentazione oggetto dell'istruttoria” e che le informazioni sulla decisione siano rese pubbliche “anche attraverso la pubblicazione sui siti web delle autorità interessate”, anziché, come disposto dall’art. 13 del decreto n. 152, a mezzo stampa.

 

L’articolo 18 disciplina, infine, l’attività di monitoraggio dell’attuazione dei piani/programmi, riscrivendo l’art. 14 del decreto n. 152.

Le novità rispetto al testo vigente riguardano:

§         una diversa pubblicizzazione delle misure correttive, che non deve avvenire più, come previsto dal vigente art. 14, comma 3, a mezzo stampa, ma via web (nei siti delle autorità competente e procedente e delle agenzie ambientali interessate);

§         l’introduzione dell’obbligo di pubblicazione, nei medesimi siti succitati, anche delle modalità di svolgimento del monitoraggio e dei relativi risultati;

§         l’introduzione di una norma  relativa al trattamento futuro delle informazioni raccolte attraverso il monitoraggio, che dovranno essere tenute in conto nel caso di eventuali modifiche al piano o programma e comunque sempre incluse nel quadro conoscitivo dei successivi atti di pianificazione o programmazione (comma 3);

§         la soppressione del vigente comma 2 che dispone l’impiego, per quanto possibile, dei meccanismi di controllo esistenti, al fine di evitare la duplicazione del monitoraggio.

Il par. 2 dell’art. 10 della direttiva contempla quale mera facoltà l’impiego di meccanismi di controllo esistenti onde evitare una duplicazione del monitoraggio.


Titolo III
La valutazione d’impatto ambientale

Modalità di svolgimento della VIA

L’art. 19, comma 1, elenca le fasi di cui si compone il procedimento di VIA, che sono poi disciplinate dai successivi articoli 20-28.

Le fasi elencate dal comma in esame sono pressoché le stesse elencate dall’art. 11 per la VAS.

 

Il comma 2 dell’art. 19 dispone che, per i progetti inseriti in piani o programmi per i quali si è conclusa positivamente la procedura di VAS, il giudizio di VIA negativo ovvero il contrasto di valutazione su elementi già oggetto della VAS deve essere adeguatamente motivato.

 

L’art. 20, comma 1, individua i progetti sottoposti a verifica di assoggettabilità.

 

Con riferimento al comma 1:

§         piuttosto che elencare specificamente i progetti sottoposti a verifica di assoggettabilità, potrebbe farsi rinvio ai progetti di cui all’art. 6, comma 7;

§         occorre un chiarimento in merito all’applicabilità anche ai progetti di cui alle lettere a) e b) della previsione contenuta nella lettera c) che prevede che la trasmissione contiene copia conforme, in formato elettronico su idoneo supporto, degli elaborati presentati.

 

I commi successivi hanno quasi tutti un contenuto innovativo rispetto alle disposizioni vigenti, soprattutto con la finalità, dichiarata più volte nella relazione illustrativa, di assicurare più ampi livelli di partecipazione del pubblico anche mediante un vasto ricorso al web, al fine di recepire le modifiche introdotte nella direttiva 85/337 dalla direttiva 2003/35/CE.

Si ricorda, infatti, che i nuovi paragrafi 2, 3 e ss. dell’art. 6 della direttiva 85/337 dispongono, tra l’altro, che il pubblico deve essere informato “attraverso pubblici avvisi oppure in altra forma adeguata quali mezzi di comunicazione elettronici, se disponibili, in una fase precoce delle procedure decisionali in materia ambientale di cui all'articolo 2, paragrafo 2 e, al più tardi, non appena sia ragionevolmente possibile fornire le informazioni, sui seguenti aspetti: […] b) il fatto che il progetto sia soggetto ad una procedura di valutazione dell'impatto ambientale” e che “vengono fissate scadenze adeguate per le varie fasi, che concedano un tempo sufficiente per informare il pubblico nonché per consentire al pubblico interessato di prepararsi e di partecipare efficacemente al processo decisionale in materia ambientale”.

 

Il comma 2 introduce, rispetto al testo vigente recato dall’art. 32 del decreto n. 152, l’obbligo, per il proponente, di provvedere alla pubblicazione di un avviso dell’avvenuta trasmissione del progetto preliminare e dello studio preliminare ambientale. Tale avviso deve essere pubblicato nella Gazzetta Ufficiale, se il progetto è di competenza statale oppure nel Bollettino ufficiale della Regione, se la competenza è regionale, nonché negli albi pretori dei comuni interessati.

Lo stesso comma definisce i contenuti informativi dell’avviso citato.

Viene altresì previsto il deposito di copia integrale degli atti presso i comuni in cui è localizzato il progetto e, per i progetti “statali”, anche presso la sede delle regioni e delle province interessate.

Viene inoltre prevista la pubblicazione via web, sul sito dell’autorità competente, dei principali elaborati del progetto preliminare e dello studio preliminare ambientale.

 

Il comma 3 introduce un termine di 45 giorni per consentire a chiunque di far pervenire le proprie osservazioni.

Il successivo comma 4 obbliga l’autorità competente ad esprimersi sulla assoggettabilità a VIA del progetto nei successivi 45 giorni, sulla base degli elementi di cui all'allegato V e tenuto conto dei risultati della consultazione.

Si noti che nell’art. 32, comma 3, vigente, il termine è fissato in 60 giorni.

Si sottolinea altresì che la locuzione utilizzata nel comma in esame, secondo la quale “entro Ia scadenza del termine l'autorità competente deve comunque esprimersi”, sembra equivalente, nella sostanza a quella prevista nel testo vigente, ove si prevede che “avverso il silenzio inadempimento sono esperibili i rimedi previsti dalla normativa vigente”. In entrambi i casi si configura un’ipotesi di silenzio-inadempimento.

 

Il comma 7 prevede la pubblicizzazione, a cura dell’autorità competente, del provvedimento di assoggettabilità mediante un sintetico avviso nella G.U. o nel B.U.R. e con la pubblicazione integrale sul sito web.

Si ricorda che l’art. 32, comma 3, del decreto n. 152 prevede genericamente che “il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano provvedono affinché l'elenco dei progetti per i quali sia stata chiesta la verifica ed i relativi esiti siano resi pubblici”.

 

L’art. 21 disciplina l’eventuale fase di consultazione, che il proponente ha la facoltà di avviare, volta alla definizione dei contenuti dello studio di impatto ambientale (SIA), riscrivendo, ampliandole, le disposizioni dei commi 2, 3 e 4 dell’art. 27 del decreto n. 152.

Le innovazioni introdotte riguardano:

§         l’obbligo per il proponente, una volta attivata tale fase, di fornire una copia in formato elettronico della documentazione, che deve includere l'elenco delle autorizzazioni, intese, concessioni, licenze, pareri, nulla osta e assensi comunque denominati necessari alla realizzazione ed esercizio del progetto;

§         la definizione dei contenuti della pronuncia con cui l’autorità competente conclude tale fase. Viene infatti previsto che tale autorità si pronunci sulle condizioni per l'elaborazione del progetto e del SIA ed esamini le principali alternative, compresa l'alternativa zero, e, sulla base della documentazione disponibile, verifichi l'esistenza di eventuali elementi di incompatibilità e, qualora tali elementi non sussistano, indica le condizioni per ottenere, in sede di presentazione del progetto definitivo, i necessari atti di consenso, senza che ciò pregiudichi la definizione del successivo

 

Premesso che l’espressione alternativa zero (od “opzione zero”, richiamata nel successivo art. 22, comma 3, lett. d) e anche nel testo vigente dell’articolo 27 del codice ambientale) è utilizzata nella pratica per indicare l’alternativa di non procedere con il progetto, occorre valutare l’opportunità di esplicitare tale contenuto.

Si osserva che l’ultimo periodo del comma 2 è incompleto, per cui sembra opportuno invitare il Governo a chiarire se trattasi di un refuso o se manca una parte.

§         La fissazione di un termine (di 60 giorni) per la conclusione della fase in oggetto.

 

L’articolo 22 disciplina i contenuti del SIA, provvedendo a riscrivere le corrispondenti disposizioni recate dall’art. 27 del decreto n. 152.

I primi due commi esplicitano quanto già asserito nel comma 1 dell’art. 27, ovvero che la redazione del SIA (aggiungendovi anche tutti gli altri documenti elaborati nelle varie fasi del procedimento) e le relative spese sono a carico del proponente e che il SIA deve essere predisposto secondo le indicazioni dell’allegato V e tenendo conto della fase consultiva disciplinata all’articolo precedente (circostanza questa che non è esplicitata nella norma vigente).

Un’importante novità è invece recata dal comma 3 che, nel riprodurre quanto disposto dal comma 5 del vigente art. 27, prevede la soppressione della lettera e), che prevedeva l’obbligo di includere nel SIA una analisi costi-benefici del progetto dal punto di vista ambientale, economico e sociale.

Si ricorda, in proposito, che tale lettera e), del resto, non figura nell’art. 5, par. 3, della direttiva.

 

I commi 4, 5 e 6 riproducono, in gran parte, quanto disposto, rispettivamente, dai commi 7, 6 e 4 dell’art. 27 del codice.

Una novità è rappresentata, al comma 5, della previsione secondo cui l’allegata sintesi non tecnica “dovrà essere predisposta al fine di consentirne un'agevole comprensione da parte del pubblico ed un'agevole riproduzione”.

 

Il confronto tra il comma 6 e il vigente comma 4 dell’art. 27 evidenzia che il testo in esame non contempla, fra le ragioni di riservatezza che possono limitare la diffusione delle informazioni relative al SIA, quelle relative alla riservatezza personale, alla tutela della proprietà intellettuale e quelle di pubblica sicurezza o di difesa nazionale.

Si ricorda in proposito che l’art. 10 della direttiva contempla le “restrizioni imposte dalle disposizioni regolamentari ed amministrative nazionali e dalle prassi giuridiche esistenti in materia di riservatezza nel settore commerciale e industriale, compresa la proprietà intellettuale, nonché in materia di tutela dell'interesse pubblico”.

 

L’art. 23 riordina le disposizioni recate dagli articoli 26 e 28 del codice, al fine di disciplinare la presentazione dell’istanza.

I commi 2 e 4 recano talune innovazioni rispetto alla disciplina vigente.

Il comma 2 prevede che alla domanda sia allegato l'elenco delle autorizzazioni, intese, concessioni, licenze, pareri, nulla osta e assensi comunque denominati, già acquisiti o da acquisire ai fini della realizzazione e dell'esercizio dell'opera o intervento, nonché di una copia in formato elettronico, su idoneo supporto, degli elaborati, conforme agli originali presentati.

Si fa notare che l’elenco di cui sopra è lo stesso previsto dall’art. 21, comma 1, ultimo periodo.

Il comma 4, invece, prevede la fissazione di un termine (pari a 30 giorni) entro il quale l’autorità competente deve provvedere alla verifica della completezza della documentazione presentata.

Lo stesso comma dispone che, qualora questa risulti incompleta, viene restituita al proponente con l’indicazione degli elementi mancanti e che, in tal caso, il progetto si intende non presentato.

Disposizioni analoghe sono rinvenibili nell’art. 37, comma 2, del decreto n. 152.

 

L’art. 24 riscrive le disposizioni recate dagli articoli 28 e 29 al fine di disciplinare la fase di consultazione relativa all’istanza presentata.

Una prima novità rispetto al testo vigente viene introdotta dal comma 4, che aumenta da 45 a 60 giorni il termine entro il quale chiunque abbia interesse può prendere visione del progetto e del relativo studio ambientale, nonché presentare proprie osservazioni, anche fornendo nuovi o ulteriori elementi conoscitivi e valutativi.

Il comma 6 riproduce le disposizioni del comma 2 del vigente art. 29 del decreto n. 152, ma con una sostanziale modifica: ai sensi del testo in esame lo svolgimento dell’inchiesta pubblica, al contrario di quanto previsto dal testo vigente, non comporta interruzioni o sospensioni dei termini per l’istruttoria.

Ulteriori novità vengono introdotte al comma 9, che disciplina l’eventualità in cui il proponente intenda modificare gli elaborati in relazione alle osservazioni presentate e ai rilievi emersi, provvedendo a riprendere, integrandolo, il testo dell’art. 29, comma 5, e dell’art. 31, comma 1.

In tal caso il comma in esame introduce dei termini precisi: viene infatti fissato un termine (30 giorni successivi alla scadenza del termine fissato al comma 4) entro il quale il proponente ha la facoltà di attivare tale procedura ed indicare il tempo necessario per apportare le modifiche. Tale tempo non può però superare i 60 giorni, prorogabili, su istanza del proponente, per un massimo di ulteriori 60 giorni.

Infine il comma 10 prevede la pubblicazione sul sito web dell’autorità competente di tutta la documentazione istruttoria.

 

L’art. 25 disciplina l’attività di valutazione da parte dell’autorità competente di tutta la documentazione presentata, nonché delle osservazioni inoltrate ai sensi dell’art. 24 e, nel caso di VIA statale, del parere delle regioni interessate.

Si noti, relativamente a tale ultimo disposto, che questo riprende quello del vigente art. 36, comma 4, che, tuttavia, contempla anche il parere delle province e dei comuni.

Il comma 3 introduce una disposizione finalizzata all’eventuale acquisizione (anche mediante apposita Conferenza di servizi), da parte dell’autorità competente, delle determinazioni delle altre amministrazioni relativamente ai casi in cui, per la realizzazione del progetto, siano necessari autorizzazioni, intese, concessioni, licenze, pareri, nulla osta e assensi comunque denominati in materia ambientale.

Lo stesso comma impone a tali amministrazioni di provvedere entro 60 giorni dalla presentazione dell’istanza (di cui all’art. 23).

A tal fine, viene altresì previsto che l’autorità competente trasmetta l’istanza alle suddette amministrazioni contestualmente alla pubblicazione dell’avviso previsto dall’art. 24.

Si ricorda che l’art. 45, comma 1, del codice dispone che “le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano definiscono le modalità per l'armonizzazione, il coordinamento e, se possibile, l'integrazione della procedura di valutazione dell'impatto ambientale con le procedure ordinarie di assenso alla realizzazione delle opere”.

 

Il comma 4 dispone infine che l'autorità competente può concludere con le altre amministrazioni pubbliche interessate accordi per disciplinare lo svolgimento delle attività di interesse comune ai fini della semplificazione delle procedure.

 

L’art. 26, che disciplina la decisione finale sulla compatibilità ambientale del progetto, apporta - secondo la relazione illustrativa – “significative novità rispetto alla disciplina vigente, assicurando tempi certi aI procedimento” posto che l'inutile decorso del termine fa scattare il potere sostitutivo, per inerzia, al Consiglio dei Ministri.

 

In realtà, l’esercizio del potere sostitutivo da parte del Consiglio dei ministri decorso il termine per la conclusione della procedura di valutazione di impatto ambientale è già previsto dal testo vigente dell’articolo 32, comma 2.

 

Una novità significativa viene introdotta al comma 1, che allunga il termine per la conclusione del procedimento di VIA da 90 a 150 giorni, rispetto a quanto previsto dall’art. 31, comma 1.

Viene inoltre consentito all’autorità competente di prolungare il procedimento, con atto motivato, per altri 60 giorni (al massimo) nei casi in cui è necessario procedere ad accertamenti ed indagini di particolare complessità.

Tale disposizione sembra ricalcare quella prevista per la VIA regionale dall’art. 44.

 

Il comma 3 disciplina il sub-procedimento (che prevede anche forme di pubblicità e di consultazione del pubblico) che si attiva a seguito dell’integrazione della documentazione presentata su richiesta dell’autorità competente o su iniziativa del proponente. In tal caso si apre una procedura, scadenzata in modo preciso, che prevede pubblicità e consultazione.

Viene altresì previsto che qualora il proponente non ottemperi alle richieste di integrazioni o ritiri la domanda, non si procede all'ulteriore corso della valutazione e che l'interruzione della procedura ha effetto di pronuncia interlocutoria negativa.

 

Il comma 4 dispone che il provvedimento di VIA sostituisce o coordina tutte le autorizzazioni, intese, concessioni, licenze, pareri, nulla osta e assensi comunque denominati in materia ambientale, necessari per la realizzazione e l'esercizio dell'opera o intervento inclusa l’autorizzazione integrata ambientale (AIA), nel caso di impianti che ricadono nel campo di applicazione del decreto legislativo 18 febbraio 2005, n. 59.

Diverso è il disposto del vigente art. 34 secondo cui  “per le opere e gli interventi sottoposti a valutazione di impatto ambientale e contemporaneamente rientranti nel campo di applicazione del decreto legislativo 18 febbraio 2005, n. 59, nonché per le modifiche sostanziali, secondo la definizione di cui all'articolo 5, comma 1, lettera g), di tali opere o interventi, è facoltà del proponente ottenere che la procedura di valutazione dell'impatto ambientale sia integrata nel procedimento per il rilascio dell'autorizzazione integrata ambientale” (comma 1) e a tal fine il proponente deve tener conto di una serie di condizioni (comma 2).

 

Il comma 5 chiarisce che il provvedimento contiene le condizioni per la realizzazione, esercizio e dismissione dei progetti, nonché quelle relative ad eventuali malfunzionamenti e che, in nessun caso, può farsi luogo all'inizio dei lavori senza che sia intervenuto il provvedimento di VIA.

 

Il comma 6 dispone che l’iter autorizzativo del progetto non è sospeso dall'avvio della fase di valutazione.

 

Il comma 7 conferma il disposto dell’art. 40, comma 4, del decreto n. 152 circa la validità quinquennale della VIA ma prevede, in aggiunta, che essa è prolungabile, tenuto conto delle caratteristiche del progetto, dal provvedimento stesso e prorogabile, su istanza del proponente, dall'autorità che ha emanato il provvedimento.

Scompare invece dal testo in esame il resto delle disposizioni recate dall’art. 40, comma 4, secondo le quali “nel caso di opere non realizzate almeno per il venti per cento entro tre anni dal giudizio di compatibilità ambientale, la procedura deve essere riaperta per valutare se le informazioni riguardanti il territorio e lo stato delle risorse abbiano subito nel frattempo mutamenti rilevanti”.

 

L’art. 27 disciplina le modalità di pubblicazione del provvedimento di VIA, modificando le corrispondenti norme (più generiche) dettate dall’art. 31, comma 4, del codice.

Tale comma 4 si limita, infatti, a prevedere che gli esiti della procedura di valutazione devono essere comunicati “ai soggetti del procedimento, a tutte le amministrazioni pubbliche competenti, anche in materia di controlli ambientali, e devono essere adeguatamente pubblicizzati”. Lo stesso comma elenca quali informazioni devono essere messe a disposizione del pubblico, in linea, del resto, con quanto disposto dall’art. della direttiva.

L’articolo in esame prevede la pubblicazione del provvedimento:

§         per estratto, sulla G.U. o sul B.U.R. (a seconda che la competenza sia statale o regionale), a cura del proponente. Viene inoltre previsto che tale estratto contenga l’indicazione dell'opera, l'esito del provvedimento e i luoghi ove lo stesso potrà essere consultato nella sua interezza;

§         per intero, nel sito web dell’autorità competente. Anche in tal caso viene prevista l’indicazione del luogo ove il pubblico può effettuare l’accesso agli atti, ovvero di tutta la documentazione oggetto dell'istruttoria e delle valutazioni successive.

 

Lo stesso articolo dispone altresì che dalla data di pubblicazione dell’estratto decorrono i termini per eventuali impugnazioni in sede giurisdizionale da parte di soggetti interessati.

Con riferimento alla decorrenza dei termini per eventuali impugnazioni ai sensi del comma 1, occorre fare riferimento non solo alla data di pubblicazione nella G.U. (che riguarda i soli progetti di competenza statale) ma anche alla data di pubblicazione nel B.U.R. (che riguarda invece i progetti di competenza regionale).

 

L’art. 28 introduce nuove disposizioni in materia di monitoraggio, che ricalcano quelle previste dai primi due commi dell’art. 18, in materia di VAS.

 

L’articolo 29 raccoglie e modifica, invece, numerose disposizioni in materia di controlli e sanzioni, recate da diversi articoli del codice.

Il comma 1 esplicita che la VIA costituisce, per i progetti di opere ed interventi a cui si applicano le disposizioni del presente decreto, presupposto o parte integrante del procedimento di autorizzazione o approvazione. I provvedimenti di autorizzazione o approvazione adottati senza la previa prescritta VIA sono annullabili per violazione di legge.

Nel testo vigente, invece, l’art. 40, commi 2 e 3, dispone che “il giudizio di compatibilità ambientale comprendente le eventuali prescrizioni per la mitigazione degli impatti ed il monitoraggio delle opere e degli impianti deve, in particolare, essere acquisito dall'autorità competente al rilascio dell'autorizzazione definitiva alla realizzazione dell'opera o dell'intervento progettato” e che “nel caso di iniziative promosse da autorità pubbliche, il provvedimento definitivo che ne autorizza la realizzazione deve adeguatamente evidenziare la conformità delle scelte effettuate agli esiti della procedura d'impatto ambientale. Negli altri casi, i progetti devono essere adeguati agli esiti del giudizio di compatibilità ambientale prima del rilascio dell'autorizzazione alla realizzazione”.

Il comma 2 affida all’autorità competente, fermi restando i compiti di vigilanza e controllo stabiliti dalle norme vigenti, il compito di provvedere alla vigilanza sull'applicazione delle disposizioni di cui al Titolo III della parte seconda del presente decreto nonché sull'osservanza delle prescrizioni impartite in sede di verifica di assoggettabilità e di valutazione, avvalendosi del sistema agenziale.

 

I commi 3 e 4 disciplinano le sanzioni applicabili a seguito dell’accertamento di violazioni. La procedura contemplata da tali commi prevede la sospensione dei lavori a cui può far seguito l’ordine di adeguamento dell'opera o di demolizione e ripristino dello stato dei luoghi e della situazione ambientale, il tutto a cura e spese del responsabile.

Entrambi i commi dispongono, inoltre, che in caso di inottemperanza provvede d’ufficio l'autorità competente, recuperando le spese con le modalità e gli effetti previsti dal Testo unico delle disposizioni di legge relative alla riscossione delle entrate patrimoniali dello Stato approvato con regio decreto 14 aprile 1910, n. 639.

Si fa notare in proposito, che i vigenti artt. 41 e 43, comma 5, del codice dispongono che, qualora durante l'esecuzione delle opere vengano ravvisate “situazioni contrastanti con il giudizio espresso sulla compatibilità ambientale del progetto, oppure comportamenti contrastanti con le prescrizioni ad esso relative o comunque tali da compromettere fondamentali esigenze di equilibrio ecologico e ambientale” allora l’autorità competente, esperite le opportune verifiche, “ordina la sospensione dei lavori e impartisce le prescrizioni necessarie al ripristino delle condizioni di compatibilità ambientale dei lavori medesimi”.

 

Si fa notare che il comma 3, prevede, in realtà, il ricorso alle modalità previste dal R.D. n. 639/1910, come ultima ratio, ovvero solo qualora risulti inutilizzabile il deposito cauzionale previsto dall’art. 30.

L’articolo 30 prevede, infatti, che il proponente sia tenuto a costituire prima dell’inizio dei lavori un deposito cauzionale a garanzia della corretta esecuzione delle opere.

Analoga previsione non è contenuta nel comma 4, che riguarda anche il caso di difformità sostanziali rispetto a quanto disposto dai provvedimenti finali.

 

Occorre un chiarimento in merito alla mancata previsione nel comma 4 del recupero delle spese tramite l’utilizzo del deposito cauzionale di cui all’articolo 30, in particolare con riferimento al caso di interventi sostanzialmente difformi rispetto a quanto disposto dai provvedimenti finali.

 

Il comma 5 dell’articolo 29 fa riferimento alle seguenti fattispecie:

§         annullamento in sede giurisdizionale;

§         autotutela di autorizzazioni o concessioni rilasciate previa valutazione di impatto ambientale;

§         annullamento del giudizio di compatibilità ambientale.

In tali casi il comma 5 dispone che l’esercizio dei poteri di cui al comma 4 può avvenire solo dopo una nuova valutazione di impatto ambientale.

 

Il comma 6 fa in ogni caso salva l'applicazione delle sanzioni previste dalle norme vigenti.

 

L’articolo 30 introduce nuove disposizioni finalizzate a garantire la corretta esecuzione delle opere, attraverso la previsione (al comma 1) di un obbligo per il proponente (solo se diverso da un soggetto pubblico, ai sensi del comma 5) di costituire, prima dell’inizio dei lavori, un deposito cauzionale a favore dell'autorità competente.

L'ammontare della cauzione è stabilito nell'ambito del provvedimento di verifica o di valutazione dell'impatto ambientale tenuto conto del valore dell'opera e dei costi conseguenti all'inadempimento delle prescrizioni contenute nelI'autorizzazione.

Il comma 2 prevede l’eventuale esonero dalla cauzione, concesso dall’autorità competente, anche su istanza del proponente, nel caso di interventi di modesta rilevanza.

Il comma 3 disciplina le modalità di versamento della cauzione, che può prestata in numerario ovvero tramite fidejussione bancaria o assicurativa senza beneficio della preventiva escussione.

Il comma 4 disciplina la restituzione della cauzione, che è autorizzata da nulla-osta dell'autorità competente, previo accertamento della regolare esecuzione dei lavori e del rispetto delle prescrizioni impartite.


Titolo IV
Valutazioni ambientali interregionali e transfrontaliere

Le valutazioni ambientali interregionali (artt. 31 e 32)

L’articolo 31 disciplina le procedure di VIA che interessano più regioni.

Vengono disciplinate le seguenti fattispecie:

§         progetti di interventi/opere sottoposti a procedura di VIA di competenza regionale localizzati anche sul territorio di un’altra regione. In tal caso, la VIA viene effettuato d'intesa tra le autorità competenti,

§         progetti di interventi/opere sottoposti a VIA di competenza regionale con impatti ambientali rilevanti su regioni confinanti. In tal caso, l'autorità competente è tenuta ad informare ed acquisire i pareri delle autorità competenti di tali regioni, nonché degli enti locali territoriali interessati dagli impatti.

 

Analogamente a quanto già previsto dall’art. 11 del DPR 12 aprile 1996, nelle due fattispecie indicate, la competenza viene attribuita alle regioni, allorché invece, in base al codice ambientale, le opere o interventi sul territorio di più regioni o con effetti rilevanti su più regioni rientrano tra le categorie sottoposte a procedure di VIA statale (art. 35, comma 1, lett. b).

 

Come sottolineato anche nel parere reso dalla Conferenza unificata, occorre valutare l’opportunità di prevedere specifiche disposizioni volte a disciplinare i piani e programmi interregionali soggetti a procedura di VAS. Ciò anche in relazione all’esigenza di un coordinamento con l’articolo 32, comma 1, che fa riferimento sia alle procedure di VIA sia a quelle di VAS interregionali nel caso emergano dei conflitti tra le stesse regioni. Si segnala, comunque, che il decreto n. 152 non reca disposizioni relative alla VAS interregionale.

 

L’articolo 32 disciplina l’ipotesi di conflitto tra le autorità competenti di più regioni circa gli impatti ambientali di un piano, programma o progetto localizzato sul territorio di una delle regioni. In tal caso, il Presidente del Consiglio dei ministri, su conforme parere della Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, potrà disporre l’applicabilità delle procedure per la VAS e la VIA statali.

 

Le valutazioni ambientali transfontaliere (artt. 33)

Con l’articolo 33 viene dettata una procedura comune per la VAS e la VIA qualora i piani/programmi ed progetti di opere/interventi possano avere impatti rilevanti sull'ambiente di un altro Stato, o nel caso di richiesta di un altro Stato.

Anche se non viene esplicitato nel testo, la disposizione sembra fare riferimento ai piani e programmi la cui VAS è rimessa allo Stato e a progetti di opere o interventi la cui VIA spetta allo Stato.

Il comma 1 prevede, quindi, che il Ministero dell'ambiente e della tutela dei territorio e del mare, d'intesa con il Ministero degli affari esteri e per suo tramite, ai sensi della Convenzione sulla valutazione dell'impatto ambientale in un contesto transfrontaliero, fatta a Espoo il 25 febbraio 1991, ratificata ai sensi della legge 3 novembre 1994, n. 640, notifichi all’altro Stato i progetti e una sintesi della documentazione concernente il piano/programma o il progetto dell’opera/intervento. Tale notifica avviene nell’ambito delle fasi di cui all’articolo 13 (redazione del rapporto ambientale) e 21 (definizione dello studio di impatto ambientale).

Tale Stato avrà a disposizione un termine non superiore ai sessanta giorni per esprimere il proprio interesse alla partecipazione alla procedura.

 

Per quanto riguarda l’ambito di applicazione dell’articolo in commento, si segnala che esso fa generico riferimento ad “un altro Stato”, allorché invece il testo vigente dell’articolo 11 (che reca le norme sulle consultazioni transfrontaliere per la VAS) e dell’articolo 39 (che riguarda la VIA transfrontaliera) fa riferimento ai soli stati dell’Unione europea.

Con riferimento alla VAS, inoltre, il richiamato articolo 11 dispone che l’altro Stato è invitato ad esprimere il proprio parere e non “il proprio interesse alla partecipazione alla procedura”. La manifestazione dell’interesse alla partecipazione alla procedura è, invece, prevista dall’articolo 39 con riferimento alla VIA transfrontaliera, entro termini più ristretti (trenta giorni anziché sessanta giorni) rispetto a quelli contemplati dal testo in commento.

 

In proposito si richiamano l’art. 7 della direttiva 85/337/CEE per la VIA e l’art. 7 della direttiva 2001/42/CE per la VAS, che prevede che i termini concessi per far pervenire osservazioni e parerei devono comunque risultare “ragionevoli”.

 

Il comma 2 definisce gli adempimenti necessari nel caso in cui che l’altro Stato abbia espresso l'interesse a partecipare alla procedura.

In tal caso, si prevede l’applicazione al Paese interessato delle procedure per l'informazione e la partecipazione del pubblico definite dal presente decreto.

 

Il comma 3 disciplina l’ipotesi in cui progetti sottoposti a VIA regionale possano avere impatti ambientali transfrontalieri; in tal caso le regioni o le province autonome sono tenute ad informare immediatamente il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e a collaborare per l’adempimento degli obblighi di cui alla Convenzione sulla valutazione dell'impatto ambientale in un contesto transfrontaliero, fatta a Espoo il 25 febbraio 1991.

 

Si ricorda che le disposizioni recate dal comma 3 riproducono sostanzialmente, per quanto riguarda la procedura di VIA, le norme recate dalla previgente disciplina regionale, all’art. 12 del DPR 12 aprile 1996. La disciplina dei progetti sottoposti a VIA regionale con impatti transfrontalieri è contenuta nel testo vigente dell’articolo 42, comma 3, che prevede che in tal caso l'autorità competente si dichiara incompetente e rimette gli atti alla Commissione tecnico-consultiva di cui all'articolo 6 per il loro eventuale utilizzo nel procedimento riaperto in sede statale.

 

Occorre valutare l’opportunità di disciplinare specificamente la procedura applicabile al caso di piani e programmi sottoposti a VAS regionale con probabili impatti ambientali transfrontalieri.

 

Il comma 4 prevede che la predisposizione e la distribuzione della documentazione necessaria siano a cura del proponente o dell'autorità procedente, senza nuovi o maggiori oneri a carico detta finanza pubblica.

 

Da ultimo il comma 5 prevede che il Ministero delI'ambiente il Ministero degli affari esteri, d'intesa con le regioni interessate, stipulino con i Paesi aderenti alla Convenzione prevista dal comma 1, accordi per disciplinare le varie fasi al fine di semplificare e rendere più efficace l'attuazione della Convenzione stessa.

 

Da un punto di vista formale, al comma 3 e al comma 5, andrebbe esplicitato il richiamo alla Convenzione di Espoo.


Titolo V
Norme transitorie e finali

L’art. 34 disciplina la determinazione degli oneri istruttori a carico del soggetto richiedente.

 

Il comma 1 demanda ad un successivo decreto interministeriale (adottato, entro 60 giorni dalla pubblicazione nella G.U. del presente decreto, dal Ministro dell’ambiente, di concerto con quelli dello sviluppo economico e dell’economia e finanze) la definizione - sulla base di quanto previsto dalI'art. 9 del DPR n. 90/2007 – delle tariffe da applicare ai proponenti per la copertura dei costi sopportati dall'autorità competente per l'organizzazione e lo svolgimento delle attività istruttorie, di monitoraggio e controllo previste dal presente decreto.

Si ricorda, in proposito, che l’art. 9 (che ha istituito la Commissione tecnica di verifica dell'impatto ambientale - VIA e VAS) dispone, al comma 6, che “è posto a carico del soggetto committente il progetto il versamento all'entrata del bilancio dello Stato di una somma pari allo 0,5 per mille del valore delle opere da realizzare, che è riassegnata con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, su proposta del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, per essere riutilizzata esclusivamente per le spese della Commissione”.

 

Il comma 2 consente alle regioni e province autonome di definire proprie modalità di quantificazione e corresponsione degli oneri da porre in capo ai proponenti.

 

Il comma 3 dispone l’applicazione delle norme vigenti in materia, nelle more dell’emanazione dei provvedimenti di cui ai commi 1 e 2.

 

Il comma 4, al fine di garantire l'operatività della Commissione istruttoria IPPC, di cui all'art. 10 del DPR n. 90/2007, prevede - nelle more dell'adozione del decreto di cui all'articolo 18, comma 2, del decreto legislativo 18 febbraio 2005, n. 59, e fino all'entrata in vigore del decreto di determinazione delle tariffe di cui al comma 1 del presente articolo - che, per le spese di funzionamento nonché per il pagamento dei compensi spettanti ai componenti della predetta Commissione, è posto a carico del richiedente il versamento all'entrata dei bilancio dello Stato di una somma forfetaria pari a 25.000 euro per ogni richiesta di AIA per impianti di competenza statale.

Viene altresì previsto che la predetta somma sia riassegnata entro sessanta giorni, con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, ad apposito capitolo dello stato di previsione del Ministero dell'ambiente.

Infine viene specificato che le somme di cui al presente comma si intendono versate a titolo di acconto, fermo restando l'obbligo dei richiedente di corrispondere il conguaglio in relazione all'eventuale differenza risultante a seguito di quanto stabilito dal decreto di determinazione delle tariffe, fissate per la copertura integrale del costo effettivo del servizio reso.

Si fa notare che tale comma 4 riproduce fedelmente il contenuto dell’abrogato del vigente art. 49, comma 6, del codice.

Relativamente all’art. 18, comma 2, del d.lgs. n. 59/2005, si rammenta che esso prevede l’emanazione di un decreto interministeriale per la disciplina delle modalità, anche contabili, e delle tariffe da applicare in relazione alle istruttorie e ai controlli previsti dal medesimo decreto, nonché i compensi spettanti ai membri della commissione istruttoria. Lo stesso comma dispone che “gli oneri per l'istruttoria e per i controlli sono quantificati in relazione alla complessità, delle attività svolte dall'autorità competente, sulla base del numero e della tipologia delle emissioni e delle componenti ambientali interessate, nonché della eventuale presenza di sistemi di gestione registrati o certificati e delle spese di funzionamento della commissione” e che “tali oneri, posti a carico del gestore, sono utilizzati esclusivamente per le predette spese. A tale fine gli importi delle tariffe vengono versati all'entrata del bilancio dello Stato per essere riassegnati allo stato di previsione del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio.”

Si ricorda, inoltre, che il comma 3 dell’art. 10 del DPR n. 90 ha demandato ad un decreto del Ministro dell'ambiente la nomina dei membri della Commissione e la disciplina del funzionamento della stessa.

 

L’art. 35 disciplina l’emanazione di norme tecniche, organizzative ed integrative del provvedimento.

Il comma 1 prevede l’emanazione, entro 2 anni dall’entrata in vigore del decreto, di uno o più regolamenti per la modifica e l'integrazione delle norme tecniche in materia di valutazione ambientale, nel rispetto delle finalità, dei principi e delle disposizioni di cui al presente decreto.

Il secondo periodo dispone che resta ferma l'applicazione dell'art. 13 della legge n. 11/2005, relativamente al recepimento di direttive comunitarie modificative delle modalità esecutive e di caratteristiche di ordine tecnico di direttive già recepite nell'ordinamento nazionale.

Si ricorda che tale articolo dispone che “alle norme comunitarie non autonomamente applicabili, che modificano modalità esecutive e caratteristiche di ordine tecnico di direttive già recepite nell'ordinamento nazionale, è data attuazione, nelle materie di cui all'articolo 117, secondo comma, della Costituzione, con decreto del Ministro competente per materia, che ne dà tempestiva comunicazione alla Presidenza del Consiglio dei Ministri - Dipartimento per le politiche comunitarie” e che “in relazione a quanto disposto dall'articolo 117, quinto comma, della Costituzione, i provvedimenti di cui al presente articolo possono essere adottati nelle materie di competenza legislativa delle regioni e delle province autonome al fine di porre rimedio all'eventuale inerzia dei suddetti enti nel dare attuazione a norme comunitarie. In tale caso, i provvedimenti statali adottati si applicano, per le regioni e le province autonome nelle quali non sia ancora in vigore la propria normativa di attuazione, a decorrere dalla scadenza del termine stabilito per l'attuazione della rispettiva normativa comunitaria e perdono comunque efficacia dalla data di entrata in vigore della normativa di attuazione di ciascuna regione e provincia autonoma. I provvedimenti recano l'esplicita indicazione della natura sostitutiva del potere esercitato e del carattere cedevole delle disposizioni in essi contenute”.

 

Il comma 2 dispone che, al fine della predisposizione dei citati regolamenti, venga acquisito il parere delle associazioni economiche, sociali ed ambientali.

 

I commi 3 e 4 disciplinano, al fine di garantire unitarietà e coerenza all'attività di pianificazione degli interventi ambientali e, quindi, anche alle relative valutazioni (come poi viene evidenziato al comma 5):

§         l’aggiornamento (che deve avvenire entro 6 mesi dall’entrata in vigore del presente decreto) della strategia nazionale per lo sviluppo sostenibile (deliberata dal CIPE il 2 agosto 2002);

Si ricorda che con la Deliberazione CIPE 2 agosto 2002, n. 57[49] è stata approvata la “Strategia d'azione ambientale per lo sviluppo sostenibile in Italia”, nell’ambito della politica europea per lo sviluppo sostenibile che ha invitato gli Stati membri a delineare le proprie strategie nazionali. Si tratta di un documento che riflette la proposta della Commissione europea sul Sesto Piano d’Azione per l’Ambiente e conferma la volontà nazionale di conformarsi al nuovo cammino europeo e internazionale a favore della sostenibilità.

Nella stessa data con la delibera CIPE n. 63/2002 (poi integrata con la delibera n. 80/2002), è stato deliberato anche il Programma di attività per gli anni finanziari 2001-2002 relativo al Fondo per la promozione dello sviluppo sostenibile istituito dall’art. 109 della legge 23 dicembre 2000, n. 388 (finanziaria 2001), come modificato dall'art. 62 della legge 28 dicembre 2001, n. 488 (finanziaria 2002).

Si ricorda, inoltre, che il comma 1124 dell’art. 1 della legge finanziaria 2007 (legge n. 296/2006) prevede l’istituzione, nello stato di previsione del Ministero dell'ambiente, di un nuovo Fondo per lo sviluppo sostenibile (con una dotazione di 75 milioni di euro per il triennio 2007-2009), allo scopo di finanziare progetti per la sostenibilità ambientale di settori economico-produttivi o aree geografiche, l'educazione e l'informazione ambientale e progetti internazionali di cooperazione ambientale sostenibile.

§         l’elaborazione (entro 1 anno dall’aggiornamento di cui sopra), da parte di regioni e province autonome, di strategie di sviluppo sostenibile coerenti e che definiscano il contributo alla realizzazione degli obiettivi della strategia nazionale. Viene poi disposto che, a loro volta, le regioni promuovano l'attività delle amministrazioni locali che, anche attraverso i processi di Agenda 21 locale, si dotano di strumenti strategici coerenti e capaci di portare un contributo alla realizzazione degli obiettivi della strategia regionale;

 

Il comma 5 prevede che le strategie di sviluppo sostenibile offrono il quadro di riferimento per le valutazioni ambientali di cui al presente decreto assicurando la semplificazione delle attività di valutazione e la loro coerenza con gli obiettivi di sostenibilità definiti ai vari livelli.

 

Il comma 6 prevede la cooperazione tra il Ministero dell’ambiente, le regioni e le province autonome per assicurare assetti organizzativi, anche mediante la costituzione di apposite unità operative, senza aggravio per la finanza pubblica, e risorse atti a garantire le condizioni per lo svolgimento di funzioni finalizzate a:

a)  determinare, nell'ottica della strategia di sviluppo sostenibile, i requisiti per una piena integrazione della dimensione ambientale nella definizione e valutazione di politiche, piani, programmi e progetti;

b)  garantire le funzioni di orientamento, valutazione, sorveglianza e controllo nei processi decisionali della pubblica amministrazione;

c) assicurare lo scambio e la condivisione di esperienze e contenuti tecnico-scientifici in materia di valutazione ambientale;

d)  favorire la promozione e diffusione della cultura della sostenibilità dell'integrazione ambientale;

e)  agevolare la partecipazione delle autorità interessate e del pubblico ai processi decisionali ed assicurare un'ampia diffusione delle informazioni ambientali.

 

Il comma 7 dispone che le norme tecniche assicurano, una volta definito il quadro delle strategie di sviluppo sostenibile a tutti i livelli, la semplificazione delle procedure di valutazione.

In particolare, assicurano che la valutazione ambientale strategica e la valutazione d'impatto ambientale si riferiscano al livello strategico pertinente. Viene inoltre specificato che il motivo centrale dell'analisi è la valutazione della coerenza ed il contributo alla realizzazione degli obiettivi e delle azioni di livello superiore.

Infine, lo stesso comma prevede anche il processo di valutazione nella sua interezza deve anche assicurare che piani, programmi e progetti riducano il flusso di materia ed energia che attraversa il sistema economico e la connessa produzione di rifiuti.

 

Il comma 8 dispone che il sistema delle agenzie ambientali (APAT-ARPA) e il Sistema statistico nazionale (SISTAN) garantiscono la raccolta dei dati concernenti gli indicatori strutturali comunitari o altri appositamente scelti.

 

Relativamente al comma 8, occorre meglio chiarire a quali indicatori i dati raccolti fanno riferimento.

 

L’art. 36, comma 1, prevede l’adeguamento degli ordinamenti regionali (e di quelli delle province autonome) alle disposizioni del presente decreto, entro 6 mesi dall'entrata in vigore. In mancanza di norme vigenti trovano diretta applicazione le norme di cui al presente decreto.

Il successivo comma 2 dispone che, trascorso il termine di cui al comma 1, trovano diretta applicazione le disposizioni del presente decreto, ovvero le disposizioni regionali e provinciali vigenti in quanto compatibili.

 


Gli Allegati alla Parte seconda

Costituiscono parte integrante della Parte seconda anche sette allegati,dei quali alcuni hanno riprodotto sostanzialmente il contenuto degli allegati recati dal d.lgs. n. 152, altri ne hanno ampliato la portata, includendovi alcune categorie progettuali previste dalla direttiva comunitaria 85/337/CEE, ma che non sono contemplate né dal d.lgs. n. 152, né dalla normativa previgente.

La seguente tabella confronta il contenuto dei nuovi allegati con gli allegati alla Parte seconda del codice ambientale attualmente vigenti:

 

Nuovo correttivo al Dlgs. n. 152 del 2006

Dlgs n. 152 del 2006

Allegato I – Criteri per verificare se lo specifico piano o programma oggetto di approvazione possa avere effetti significativi sull’ambiente

Allegato II – Criteri per verificare se lo specifico piano o programma oggetto di approvazione possa avere effetti significativi sull’ambiente

Allegato II – Progetti di competenza statale

 

 

Allegato III – Progetti sottoposti a VIA:

Elenco A

Allegato III – Progetti di competenza delle regioni e delle province autonome di Trento e Bolzano

Allegato IV – Progetti sottoposti alla verifica di assoggettabilità di competenza delle regioni e delle province autonome di Trento e Bolzano

Allegato III – Progetti sottoposti a VIA:

Elenco B

Allegato V – Criteri per la verifica di assoggettabilità

Allegato IV – Elementi di verifica per l’assoggettamento a VIA di progetti dell’allegato III, elenco B, non ricadenti in aree naturali protette

Allegato VI – Contenuti del Rapporto ambientale di cui all’art. 13

Allegato I – Informazioni da inserire nel rapporto ambientale

Allegato VII – Contenuti dello studio di impatto ambientale di cui all’art. 22

Allegato V – Informazioni da inserire nello studio di impatto ambientale

Allegato I - Criteri per verificare se lo specifico piano o programma oggetto di approvazione possa avere effetti significativi sull’ambiente

L’allegato I è sostanzialmente identico all’allegato II del d.lgs. n. 152 del 2006.

Ai fini della sottoposizione a VAS dei piani/programmi che potrebbero avere effetti significativi sull’ambiente e delle modifiche di un piano/programma già approvato, l’art. 12, comma 3, prevede l’effettuazione di una verifica preliminare da parte dell’autorità competente all’approvazione del piano/programma stesso, secondo i criteri di cui all’Allegato I al decreto in esame.

I criteri indicati nell’Allegato I per verificare se il piano/programma oggetto di approvazione possa avere effetti significativi sull’ambiente si basano su una pluralità di parametri quali: gli elementi che caratterizzano il piano/programma stesso, gli effetti conseguenti all’attuazione del piano/programma e le caratteristiche delle aree interessate.

Tali criteri rispecchiano quelli indicati nell’Allegato II della direttiva comunitaria 2001/42/CE.

Allegato II – Progetti di competenza statale

L’allegato II riporta alcune delle categorie progettuali che nel d.lgs. n. 152 sono ricomprese nell’elenco A dell’allegato III. L’Allegato vigente raggruppa in un unico allegato tutte le categorie di impianti sottoposte a VIA, posto che il criterio per la ripartizione di competenza tra Stato e Regioni è quello dell’organo cui spettata l’autorizzazione alla costruzione/esercizio dell’opera/impianto.

In considerazione del fatto che ora viene ripristinato il criterio previgente che attribuiva allo Stato la competenza sulle opere di maggiore impatto (secondo un elenco corrispondente a quello per le quali le norme europee prevedono l’obbligatorietà della procedura di VIA) e alle regioni la competenza su un elenco di tipologia di opere di minore impatto, tali opere sono suddivise in due distinti allegati: l’allegato II elenca i progetti di competenza statale e l’allegato III quelli di competenza regionale.

Si fa presente, altresì, che le categorie progettuali contenute nell’allegato II comprendono, con alcune modifiche, anche quelle contenute nel DPCM n. 377 del 1988 relativo ai progetti sottoposti a VIA statale.

Si ricorda che con il citato DPCM sono state definite le opere sottoposte a VIA nazionale, ricomprendendovi la maggior parte, ma non tutti, i progetti di cui all'allegato I della direttiva 337/85/CEE.

Le modifiche più rilevanti riguardano l’introduzione:

§         al punto n. 2, degli impianti eolici per la produzione di energia elettrica con potenza di concessione pari o superiore a 20 MW.

Gli impianti industriali eolici senza indicazione di potenza di concessione sono, invece, soggetti a verifica di assoggettabilità regionale (Allegato IV, punto n. 2, lett. e).

Si osserva che nell’allegato II della direttiva 85/337/CEE (punto 3, lett. i) tali impianti sono indicati genericamente senza riferimento alla potenza di concessione. La normativa nazionale previgente aveva incluso tali impianti tra quelli dell’allegato B (punto n. 2, lett. e) del DPR 12 aprile 1996, soggetti a VIA regionale previa verifica da parte delle stesse regioni.

§         al punto 6), per gli impianti chimici integrati, di soglie relative alla capacità produttiva per ogni singola classe di prodotto, previste all’Allegato V del d.lgs. n. 59 del 2005, al fine di assicurare che, per lo stesso progetto di impianto, l'autorità competente per la VIA coincida con quella competente per l'AIA;

§         al punto n. 10 di un parametro più severo per la VIA stataledelle piste di atterraggio e di decollo degli aeroporti – superiori a 1.500 mt. di lunghezza rispetto ai 2.100 mt della direttiva comunitaria (Allegato I, n. 7, lett. a)[50] e di parcheggi interrati che interessano superfici superiori ai 5 ha, localizzati nei centri storici o in aree soggette a vincoli paesaggistici decretati con atti ministeriali o regionali o facenti parte dei siti UNESCO;

§         al punto n. 11, accanto ai porti commerciali ed alle vie navigabili ed ai porti per la navigazione interna, dei terminali marittimi per i quali viene riportata una esatta definizione;

§         al punto n. 13 di alcuni interventi per la difesa del mare che consistono in:

-     terminali per iI carico e lo scarico degli idrocarburi e sostanze pericolose;

-     piattaforme di lavaggio delle acque di zavorra delle navi;

-     condotte sottomarine per il trasporto degli idrocarburi;

-     sfruttamento minerario piattaforma continentale.

Si ricorda che la direttiva 85/337/CEE, all’allegato II (n. 10, lett. k) prevede “opere costiere destinate a combattere l’erosione e lavori marittimi volti a modificare la costa mediante la costruzione, per esempio, di dighe, moli, gettate ed altri lavori di difesa del mare, esclusa la manutenzione e la ricostruzione di tali opere” e che il DPR 12 aprile 1996 le aveva incluse tra quelle dell’allegato B (punto n. 7, lett. n).

§         al punto n. 15 di trivellazioni in profondità per lo stoccaggio dei residui nucleari.

Si osserva che esse sono previste nell’allegato II della direttiva 85/337/CEE (punto 2, lett. d), ma non erano state finora trasfuse nell’ordinamento nazionale;

§         al punto n. 17 di opere ed interventi relativi a trasferimenti d'acqua che prevedano o possano prevedere trasferimento d'acqua tra regioni diverse e ciò travalichi i comprensori di riferimento dei bacini idrografici.

Allegato III – Progetti di competenza delle regioni e delle province autonome di Trento e di Bolzano

L’allegato III riporta alcune delle categorie progettuali che nel d.lgs. n. 152 erano state ricomprese nell’elenco A dell’allegato III.

Si fa presente che le categorie progettuali contenute nell’allegato III corrispondono, con alcune modifiche, a quelle contenute nell’Allegato A del DPR 12 aprile 1996.

Giova ricordare che il citato DPR 12 aprile 1996 è stato emanato in seguito ai richiami da parte comunitaria per l'incompleta applicazione della direttiva 337/85/CEE. Il DPR ha conferito alle regioni ed alle province autonome il compito di attuare la direttiva per tutte quelle categorie di opere (elencate in due allegati A e B al DPR) non comprese nella normativa statale, ma previste dalla direttiva comunitaria (allegato II). Le opere dell'allegato A sono sottoposte a VIA regionale obbligatoria (se queste sono localizzate in un parco, ai sensi della legge n. 394 del 1991, la soglia dimensionale è dimezzata).

Si segnala l’introduzione, rispetto ai progetti dell’allegato A del DPR 12 aprile 1996 sulla VIA regionale alle lett. d)[51], e)[52] ed ad)[53] di alcuni progetti relativi rispettivamente ad alcuni impianti industriali e chimici integrati, non inclusi nell’allegato II, in quanto relativi ad attività industriali soggetti ad AIA, elencate nell’Allegato I del d.lgs. n. 59 del 2005, al fine di assicurare che, per lo stesso progetto di impianto, l'autorità competente per la VIA, coincida con quella competente per l'AIA.

Allegato IV – Progetti sottoposti alla verifica di assoggettabilità di competenza delle regioni e delle province autonome di Trento e Bolzano

L’allegato IV riproduce, con alcune modifiche, il contenuto dell’ Allegato III –Elenco B del d.lgs. n. 152 del 2006.

Esso reca l’elenco dei progetti sottoposti alla verifica di assoggettabilità da parte delle regioni ai fini della loro sottoposizione alla VIA, ai sensi dell’art. 20.

Le categorie progettuali contenute nell’allegato IV corrispondono, con alcune modifiche, a quelle contenute nell’Allegato B del DPR 12 aprile 1996; le modifiche introdotte sono volte ad estendere il campo di applicazione del medesimo allegato.

In particolare, vengono incluse alcune categorie progettuali previste dalla direttiva comunitaria 85/337/CEE, ma che non erano contemplate né dal d.lgs. n. 152, né dalla normativa previgente regionale. Tale estensione è finalizzata a superare i rilievi comunitari formulati nella procedura di infrazione n. 2003/2049 nella quale viene rilevata la non completa conformità degli allegati al DPR 12 aprile 1996 alle disposizioni contenute negli allegati I e II della direttiva. Al contempo, vengono introdotte, per tali attività o impianti, anche delle soglie produttive o dimensionali, come previsto dalla citata direttiva.

Il citato DPR ha conferito alle regioni ed alle province autonome il compito di attuare la direttiva 337/85/CEE per tutte quelle categorie di opere (elencate in due allegati A e B al DPR) che non erano state comprese nella normativa statale, ma che erano state previste dalla direttiva comunitaria (allegato II). Le opere dell'allegato B sono sottoposte a VIA regionale obbligatoria, con soglie dimezzate, solo nelle aree a parco, mentre al di fuori dei parchi sono sottoposte ad una fase di verifica per stabilire la necessarietà o meno della VIA. Inoltre, la direttiva prevedeva (art. 4, par. 2, lett. b) anche la possibilità per gli Stati di stabilire delle soglie dimensionali per i progetti elencati nell’allegato II.

Le principali modifiche introdotte fanno riferimento:

§         al punto 1, lett. c) relativa agli impianti di allevamento intensivo di animali, viene inserito un nuovo criterio che collega il peso degli animali alla dimensione del terreno destinato all’allevamento. Viene poi fornito un elenco di allevamenti che, in base ad un preciso numero di animali ospitati, devono essere comunque esclusi dalla verifica di assoggettabilità per la VIA regionale, indifferentemente dalla localizzazione;

§         al punto 2, sono state aggiunte ulteriori tipologie di impianti relativi all’industria estrattiva (lett. h), i) ed l) ed energetica (lett. m)[54]. Tali impianti sono tutti contemplati nell’allegato II della direttiva 85/337/CEE[55], ma non dalla normativa nazionale vigente;

§         al punto n. 3 alla rubrica “lavorazione dei metalli” è stata aggiunta anche quella “dei prodotti minerali” e sono state aggiunte alcuni impianti ed attività qualile cokerie (distillazione a secco di carbone) alla lett. l), la fabbricazione di prodotti ceramici mediante cottura alla lett. m)[56] e gli impianti per la fusione di sostanze minerali alla lett. n)[57]inserendo anche delle soglie produttive o dimensionali.Tali impianti sonoprevisti nell’allegato II della direttiva 85/337/CE (n. 5, lett. a), e) ed f) e, finora, non sono stati inclusi nella normativa previgente regionale. Alla lett. o) è stata, invece, elevata la soglia relativa alla capacità di fusione – dalle oltre 10 tonnellate al giorno alle 20 tonnellate – per gli impianti di produzione di vetro e di fibre di vetro;

§         al punto n. 7:

-     alla lett. b) sono stati inclusi i centri commerciali, nonché i parcheggi con capacità superiore ai 500 posti.

Si ricorda che i centri commerciali ed i parcheggi (senza indicazione del numero di posti auto) sono previsti nell’allegato II (n. 10, lett. b) della direttiva 85/337/CEE, ma non sono contemplati dalla normativa vigente;

-     alla lett. c) sono state aggiunte le piste da sci di lunghezza superiore a 1,5 km o che impegnano una superficie superiore a 5 ettari. La direttiva 85/337/CEE include le piste da sci tra i progetti dell’allegato II (n. 12, lett. a), ma senza determinarne la lunghezza. Anch’esse non sono contemplate dalla normativa vigente;

-     alla lett. e) accanto agli interporti, compaiono le piattaforme intermodali e i terminali intermodali, previsti dalla direttiva 85/337/CEE all’allegato II (n. 10, lett. c), ma mai introdotti né col d.lgs. n. 152, né con la previgente normativa regionale che prevedeva, all’allegato B solo gli interporti (n. 7, lett. e);

-     alla lett. f) accanto ai porti, sono stati aggiunti impianti portuali marittimi ed i porti di pesca, previsti dalla direttiva 85/337/CEE all’allegato II (n. 10, lett. e), ma non contemplati né dal d.lgs. n. 152, né dalla previgente normativa regionale che prevedeva, all’allegato B solo gli i porti lacuali e fluviale e le vie navigabili (n. 7, lett. f);;

§         al punto n. 8), sono stati:

-     alla lett. a) espunti i campeggi dalle altre strutture turistiche, mentre la direttiva 85/337/CEE li include, invece, tra i progetti di cui all’allegato II (n. 12, lett. d) e la normativa regionale li includeva tra i progetti dell’allegato B (n. 8, lett. a);

-     alla lett. t) incluse le modifiche o estensioni di progetti di cui all'allegato III o all'allegato IV già autorizzati, realizzati o in fase di realizzazione, che possono avere notevoli ripercussioni negative sulI'ambiente (modifica o estensione non inclusa nell'allegato III), come dispone la direttiva 85/337/CE all’allegato II (n. 13, primo trattino). Tale disposizione non era stata finora trasfusa nell’ordinamento.

Allegato V – Criteri per la verifica di assoggettabilità di cui all’art. 20

L’allegato V riproduce, con una lieve modifica, il contenuto dell’allegato IV del d.lgs. n. 152 del 2006.

Esso reca gli elementi in base ai quali l’autorità competente dovrà verificare se i progetti di cui all’art. 20, comma 1,richiedano o meno la procedura di VIA.

Si fa notare che gli elementi indicati nell’Allegato V ai fini della verifica riguardano la definizione delle caratteristiche progettuali, la localizzazione dei progetti e l’impatto potenziale.

L’unica modifica introdotta rispetto all’allegato corrispondente del d.lgs. n. 152 riguarda l’inserimento, tra le aree geografiche che possono risentire dell’impatto dei progetti di cui al punto n. 2, anche dei territori con produzioni agricole di particolare qualità e tipicità di di cui all’art. 28 del d.lgs. n. 228 del 2001.

Si ricorda che l’art. 21 del citato d.lgs. introduce alcune norme per la tutela dei territori con produzioni agricole di particolare qualità e tipicità, prevedendo che, senza nuovi o maggiori oneri a carico dei rispettivi bilanci, lo Stato, le regioni e gli enti locali tutelino, nell'ambito delle rispettive competenze la tipicità, la qualità, le caratteristiche alimentari e nutrizionali, nonché le tradizioni rurali di elaborazione dei prodotti agricoli e alimentari a denominazione di origine controllata (DOC), a denominazione di origine controllata e garantita (DOCG), a denominazione di origine protetta (DOP), a indicazione geografica protetta (IGP) e a indicazione geografica tutelata (IGT); le aree agricole in cui si ottengono prodotti con tecniche dell'agricoltura biologica ai sensi del regolamento (CEE) n. 2092/91 del Consiglio, del 24 giugno 1991, nonché le zone aventi specifico interesse agrituristico.

Si fa presente, infine, che gli elementi atti a definire le caratteristiche e la localizzazione dei progetti corrispondono agli elementi indicati nell’Allegato D al DPR 12 aprile 1996 dalla normativa sulla VIA regionale per la verifica dei progetti per i quali la VIA regionale è rimessa alla discrezionalità dell’autorità competente, nonché agli ulteriori elementi recati dall’Allegato III della direttiva 85/337/CEE, come sostituito dalla direttiva 97/11/CE.

Allegato VI – Informazioni da inserire nel rapporto ambientale

L’allegato VI riproduce, con una lieve modifica, il contenuto dell’allegato I del d.lgs. n. 152 del 2006.

L’Allegato VI indica le informazioni da inserire nel rapporto ambientale che deve essere redatto durante la fase preparatoria del piano/programma al fine di individuare, valutare e descrivere gli effetti ambientali del piano/programma stesso, nonché le sue ragionevoli alternative, ai sensi dell’art. 13 del decreto in esame.

Le informazioni da riportare nel rapporto sono quindi quelle che vengono indicate nell'Allegato VI dello schema di decreto, che recepisce esattamente il contenuto dell’Allegato VI della direttiva comunitaria 2001/42/CE.

La modifica apportata rispetto all’allegato del d.lgs. n. 152 – e conseguentemente, alla direttiva comunitaria – riguarda l’inserimento tra i problemi ambientali pertinenti al piano/programma da inserire tra le informazioni del rapporto ambientale, anche di quelli relativi ai territori con produzioni agricole di particolare qualità e tipicità, di cui all’art. 28 del d.lgs. n. 228 del 2001.

Si ricorda, infine, che tali informazioni costituiscono indicazioni di "minima", rappresentano, cioè, le informazioni che quantomeno devono essere inserite nel rapporto, mentre informazioni aggiuntive, purché utili alle finalità della valutazione, possono comunque essere inserite. In questo senso, il comma 4 dello stesso art. 13, stabilisce che possono essere utilizzate anche altre informazioni, purché pertinenti, ottenute ad altri livelli dell'iter decisionale, o attraverso altre disposizioni normative.

Allegato VII – Contenuti del SIA di cui all’art. 22

L’allegato VII riproduce, con alcune modifiche, il contenuto dell’allegato V del d.lgs. n. 152 del 2006.

Esso reca le informazioni da inserire nello studio di impatto ambientale (SIA), predisposto secondo le modalità e con i criteri dettati dall’art. 22 del decreto in esame.

Si osserva che per l’individuazione delle informazioni da inserire nell’ Allegato VII si è preso come riferimento il modello del SIA previsto dalla VIA regionale, più dettagliato rispetto a quello della n. 85/337/CEE (Allegato IV). Infatti le informazioni indicate nell’Allegato VII riproducono il contenuto dell’Allegato C del DPR 12 aprile 1996 sulla VIA regionale che prevede, ai sensi dell’art. 6 comma 1, che il SIA venga redatto secondo le indicazioni contenute nell’allegato C al DPR stesso.

 

Le modifiche introdotte riguardano principalmente:

§         al punto n. 2 l’inserimento, tra le alternative prese in esame dal proponente, dell’”alternativa zero” e “una descrizione delle alternative prese in esame e la loro comparazione con il progetto presentato”.

L’analisi delle alternative costituisce uno degli elementi fondamentali del procedimento di VIA ispirato ai principi di prevenzione e di precauzione. Il progettista deve, infatti, dimostrare che l’opera proposta rappresenta la soluzione che comporta minori impatti ambientali rispetto alle altre possibili ipotesi progettuali;

§         al punto n. 3, l’inserimento, tra le componenti dell’ambiente potenzialmente soggette ad un impatto importante del progetto proposto, del “patrimonio agroalimentare”;

§         al punto n. 4 un maggior dettaglio nella descrizione dei probabili impatti rilevanti sull’ambiente che fa riferimento agli impatti “diretti ed eventualmente indiretti, secondari, cumulativi., a breve, medio e lungo termine, permanenti e temporanei”, nonché “la descrizione da parte del proponente dei metodi di previsione utilizzati per valutare gli impatti sull'ambiente”;

Costituisce un’innovazione anche rispetto alla direttiva comunitaria il punto n. 6 che prevede anche l’inserimento nel SIA della “descrizione degli elementi culturali e paesaggistici eventualmente presenti, dell'impatto su di essi delle trasformazione proposte e delle misure di mitigazione e compensazione necessarie”.


Art. 2
(Modifiche alle Parti terza e quarta del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152)

Si rinvia all’allegata tabella, nella quale vengono confrontati i pareri resi dalle Commissioni ambiente di Camera e Senato lo scorso 27 giugno sul precedente schema di decreto correttivo con le disposizioni recate dallo schema di decreto in esame.

Si rinvia anche al dossier predisposto in occasione dell’esame del precedente correttivo.


Art. 3
(Clausola di invarianza finanziaria)

Il comma 1 reca la clausola di invarianza della spesa; a tal fine, il successivo comma 2 dispone che le amministrazioni interessate svolgono le attività previste dal provvedimento con le risorse umane, finanziarie e strumentali disponibili a legislazione vigente.

Il comma 3 specifica che con tali modalità gli organismi interessati fanno fronte all'attuazione delle disposizioni previste dall’articolo 2, commi 15 (relativo all’istituzione del Comitato per la vigilanza sull’uso delle risorse idriche) e 29-bis (che istituisce l’Osservatorio nazionale sui rifiuti) .

Il successivo comma 4 fa salva l’attuazione dell'articolo 29 del decreto-legge 4 luglio 2006, n. 223, convertito, con modificazioni, dalla legge 4 agosto 2006, n. 248.

 

Il richiamato art. 29 ha previsto, ai fini di una riduzione della spesa sostenuta dalle amministrazioni pubbliche per commissioni e organismi vari, un riordino di tali organismi anche mediante un loro accorpamento.

In attuazione di tale provvedimento è stato adottato il DPR 14 maggio 2007, n. 90, recante il regolamento per il riordino degli organismi operanti presso il Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare. In particolare, l’articolo 14 di tale provvedimento ha abrogato l’articolo 6 del codice ambientale (relativo all’istituzione della Commissione tecnico-consultiva per le valutazioni ambientali), in conseguenza dell’istituzione, all’articolo 9, della Commissione tecnica di verifica dell'impatto ambientale – Via e Vas e del riordino, all’articolo 10, della Commissione istruttoria per l'autorizzazione ambientale integrata - IPPC.


Art. 4
(Disposizioni transitorie e finali)

Il comma 1 della disposizione in commento reca una norma transitoria riferita esclusivamente alla procedura di VIA. Esso in particolare prevede che per i progetti per i quali, alla data di entrata in vigore del provvedimento, la VIA è in corso (con l'avvenuta presentazione del progetto e dello studio di impatto ambientale) si applicano le norme vigenti al momento dell'avvio del relativo procedimento.

 

In base all’articolo 52 del testo vigente, i procedimenti amministrativi in corso alla data di entrata in vigore del decreto, nonché i procedimenti per i quali a tale data sia già stata formalmente presentata istanza introduttiva da parte dell’interessato, si concludono in conformità alle disposizioni ed alle attribuzioni di competenza in vigore all’epoca della presentazione di tale istanza. Nella “Scheda di analisi di impatto della regolamentazione”, che accompagnava lo schema di decreto, si leggeva che tale disposizione era finalizzata ad evitare che la nuova disciplina incidesse sui procedimenti in corso “mirando, quindi ad assicurare la piena attuazione del principio “tempus regit actum”. Al riguardo si osserva che tale disposizione sembrerebbe contrastare con il regime transitorio previsto dalla direttiva VAS 2001/42/CE (art. 13, par. 3), ove viene stabilito che sono soggetti a VAS tutti i piani/programmi il cui primo atto preparatorio formale è successivo al 21 luglio 2004 e tutti quelli il cui primo atto preparatorio formale è precedente 21 luglio 2004, ma sono approvati o sottoposti all'iter legislativo più di 24 mesi dopo la stessa data (21 luglio 2006), a meno che gli Stati membri decidano caso per caso che ciò non è possibile, informando il pubblico di tale decisione.

 

I commi 2 e 3 dispongono rispettivamente l’abrogazione dell’intera Parte seconda del codice ambientale (articoli da 4 a 52) e la sostituzione dei relativi allegati con gli allegati allo schema di decreto correttivo.

 

Si segnala che le disposizioni di cui ai commi 2 e 3 sono ultronee, posto che l’articolo 1 provvede direttamente a novellare la Parte seconda, riscrivendola integralmente.


Art. 5
(Entrata in vigore)

La disposizione prevede l’entrata in vigore del provvedimento il giorno successivo a quello della sua pubblicazione in G.U.


Allegato 1
Art. 2 dello schema di decreto correttivo. Confronto con i pareri di Camera e Senato

 

Disposizione di riferimento

Parere Camera

Parere Senato

Schema trasmesso

Art. 74, comma 1, lett. ff

(Art. 1, co. 2)

Si valuti la possibilità di sostituire la nuova definizione con una del seguente tenore: «qualsiasi immissione effettuata esclusivamente tramite un sistema stabile di collettamento che collega senza soluzione di continuità il ciclo di produzione del refluo con il corpo ricettore». (Condizione: lett. a)

1. All’art. 74, sostituire al comma 1 la lettera ff) con la seguente: "qualsiasi immissione effettuata  tramite condotta o altro sistema stabile di collettamento che collega, senza soluzione di continuità, il ciclo di produzione e di raccolta del refluo con il corpo ricettore (Raccomandazione n. 1)

Accolta testualmente condizione Camera (art. 2, co. 2)

 

Art. 101, comma 5

(Art. 1, co. 8)

 

 

Sostituire l’ultimo periodo con il seguente: "L’autorità competente, in sede di autorizzazione prescrive che lo scarico delle acque di raffreddamento, di lavaggio, ovvero impiegate per la produzione di energia,sia separato dagli scarichi terminali contenenti le sostanze di cui al comma 4 (Raccomandazione n. 2)

Accolta testualmente raccomandazione Senato (art. 2, co. 8)

Art. 127

(Dopo l’art. 1, co. 12)

Al fine di evitare che aspetti di trattamento dei fanghi nell'impianto di depurazione possano essere interpretati come gestione di rifiuti, si verifichi la possibilità di aggiungere, un ulteriore comma che, modificando l'articolo 127, comma 1, inserisca, dopo le parole «ove applicabile», le seguenti: «e alla fine del complessivo processo di trattamento effettuato nell'impianto di depurazione». (Condizione: lett. b)

All’art. 127 , comma 1, dopo le parole "ove applicabile" aggiungere le parole "e alla fine del complessivo processo di trattamento effettuato nell’impianto di depurazione". (Raccomandazione n. 3)

 

Accolte testualmente condizione Camera e raccomandazione Senato (art. 2, co. 12-bis)

Art. 147

(Art. 1, comma 13)

 

 

Sostituire la rubrica e i commi 1 e 2 dell’art. 147 con i seguenti:

" Art. 147(Ambito territoriale e integrazione dei servizi idrici)

1. Le regioni stabiliscono con propria legge la delimitazione degli ambiti territoriali ottimali per la gestione dei servizi idrici,tenendo conto dei bacini o dei sottobacini idrografici.

2. In ciascun ambito territoriale ottimale va assicurata:

- una gestione integrata della risorsa  idrica nel rispetto della pianificazione di bacino,della tutela dei corpi idrici superficiali e sotterranei e dell’ambiente;

- un  coordinamento dei diversi usi della risorsa idrica,in modo  sostenibile  e assicurando la priorità all’approvvigionamento per usi civili;

- l’unitarietà degli indirizzi e l’integrazione delle gestioni e dei servizi idrici in coerenza con gli obiettivi,le finalità e le modalità previste dal piano d’ambito;

- efficienza,qualità  ed economicità delle gestioni,adeguatezza delle dimensioni gestionali  e  superamento delle frammentazioni   delle gestioni.

(Raccomandazione n. 4)

Raccomandazione del Senato non accolta

Art. 148, comma 5

(Art. 1, co. 14)

 

Sia soppressa, in coerenza con recenti atti di indirizzo accolti dal Governo alla Camera la disposizione che prevede l'abrogazione della disposizione di cui all'articolo 148, comma 5, del decreto legislativo n. 152 del 2006, relativa alla facoltatività dell'adesione alla gestione unica del servizio idrico integrato per i comuni con popolazione fino a 1.000 abitanti inclusi nel territorio delle comunità montane. (Condizione: lett. c)

Mantenere la soppressione dell’articolo 148, comma 5.

Coerentemente con la condizione Camera, è stata eliminata la disposizione che sopprimeva l’articolo 148, comma 5. Tale disposizione è stata modificata, mantenendo la facoltatività dell'adesione alla gestione unica del servizio idrico integrato per i comuni con popolazione fino a 1.000 abitanti inclusi nel territorio delle comunità montane, ma richiedendo la condizione che i comuni gestiscano l’intero servizio idrico integrato, nonché del consenso dell’Autorità d’ambito competente (art. 2, co. 14).

 

Si segnala che occorrerebbe un coordinamento tra tale disposizione e l’attuale testo dell’articolo 148, comma 5, eventualmente formulando la prima come novella.

Art. 148

(Art. 1, co. 14)

 

Si verifichi l'eventuale possibilità di introdurre una ulteriore modifica al testo dell'articolo 148 del decreto legislativo n. 152 del 2006, relativo all'autorità d'ambito territoriale ottimale per la gestione del servizio idrico, nel senso di sopprimere la previsione che l'autorità stessa sia dotata di personalità giuridica e di stabilire che essa costituisce una forma di cooperazione per l'esercizio associato da parte dei comuni di ciascun ambito territoriale ottimale delle funzioni in materia di servizi idrici locali, nonché che le regioni e le province autonome disciplinano le forme e le modalità di cooperazione per detto esercizio associato e individuano le eventuali forme di collegamento con i comuni di cui al comma 5 del citato articolo 148. (Osservazione n. 1)

Sostituire i commi 1, 2 e 3 con i seguenti:

"1 .L’Autorità d’ambito costituisce una forma di cooperazione per l’esercizio associato da parte dei Comuni di ciascun ambito territoriale ottimale delle funzioni in materia di servizi idrici locali.

2.All’Autorità d’ambito partecipano obbligatoriamente tutti i Comuni dell’ATO e ad essa sono attribuite le funzioni di programmazione,organizzazione,affidamento e controllo dei servizi idrici locali ,operanti nel rispettivo territorio

3.Le Regioni e le province autonome disciplinano le forme e le modalità di cooperazione per  l’esercizio associato da parte dei Comuni delle funzioni di cui al comma 1,regolando altresì le  modalità di funzionamento e di organizzazione delle Autorità d’ambito.

(Raccomandazione n. 5)

Osservazione Camera e condizione Senato non accolte

Art. 161

(Art. 1, co. 15)

 

 

Rafforzare le competenze del Comitato e dell’Osservatorio, secondo le seguenti indicazioni:

- Il Comitato di vigilanza sull’uso delle risorse idriche svolge le seguenti funzioni:

a) analisi e verifica dei Piani d’ambito, esprimendo rilievi e osservazioni sugli elementi tecnici ed economici,  segnalando la necessità di modificare le clausole contrattuali e gli atti che regolano il rapporto tra le Autorità d’ambito e i gestori dei servizi in particolare quando ciò sia richiesto dalle  esigenze degli utenti;

b) emana linee guida in merito a:

- definizione delle tariffe e corretta applicazione del metodo tariffario;

- meccanismi incentivanti l’economicità, l’efficienza, l’efficacia e la qualità della gestione;

- assicurare la parità di trattamento degli utenti, garantire la continuità della prestazione dei servizi e assicurare adeguati controlli della qualità e l’efficacia delle prestazioni;

c) effettua il monitoraggio delle modalità di erogazione dei servizi richiedendo informazioni e documentazioni ai gestori operanti nel settore idrico, anche al fine di individuare situazioni di criticità e di irregolarità funzionali dei servizi idrici;

d) predispone periodicamente rapporti relativi allo stato di organizzazione dei servizi al fine di consentire il confronto delle prestazioni dei gestori;

e) esprime pareri in ordine a problemi specifici attinenti la qualità dei servizi e la tutela dei consumatori, su richiesta del Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, delle regioni, degli enti locali, delle Autorità d’ambito;

f) predispone una relazione annuale sullo stato dei servizi idrici e sulla attività svolta, da inviare al Parlamento;

g)  promuove studi e ricerche di settore.

 

- L’Osservatorio nazionale sui rifiuti  svolge le seguenti funzioni:

a) analizza i piani di gestione dei rifiuti ai vari livelli e formula osservazioni alle autorità proponenti;

b) provvede all'elaborazione ed all'aggiornamento  di criteri e linee guida:

- sulle modalità di gestione dei rifiuti per migliorarne efficacia, efficienza e qualità,  per promuovere la diffusione delle  buone pratiche e delle migliori tecniche disponibili per la prevenzione, le raccolte differenziate, il riciclo, il recupero energetico e lo smaltimento dei rifiuti;

 -sulla definizione delle tariffe e l’applicazione del metodo tariffario;

c) predispone il Programma generale di prevenzione di cui all'articolo 225 qualora il Consorzio nazionale imballaggi non provveda nei termini previsti;

d) verifica l'attuazione del Programma generale di cui all'articolo 225 ed il raggiungimento degli obiettivi di recupero e di riciclaggio;

e) verifica i costi di gestione dei rifiuti,delle diverse componenti di tali costi e delle modalità di gestione ed effettua analisi comparative fra i diversi ambiti di gestione,evidenziando eventuali anomalie;

f) verifica livelli di qualità dei servizi erogati;

g) predispone un rapporto annuale sulla gestione dei rifiuti, degli imballaggi e dei rifiuti di imballaggio.

(Raccomandazione n. 6)

Art. 2, co. 15

Per quanto riguarda il Comitato viene modificata la composizione dell’organo e la durata in carica (in particolare viene aumentato il numero dei componenti e, in recepimento di un emendamento della Conferenza unificata, viene   previsto che una parte dei medesimi sia designata dalla Conferenza delle Regioni).

La disposizione inoltre prevede che il Comitato si avvalga dell'Osservatorio dei servizi idrici, di cui al d.P.R. n. 261 del 2003. Le funzioni dell’Osservatorio sono essenzialmente di raccolta, elaborazione e restituzione di dati statistici e conoscitivi.

Con riferimento al rafforzamento delle funzioni del Comitato, la raccomandazione del Senato è sostanzialmente accolta

 

Art. 2, co. 29-bis

Anche con riferimento all’Osservatorio, viene modificata la composizione dell’organo e la durata in carica (in particolare viene aumentato il numero dei componenti e  viene   previsto che uno dei componenti sia designato dalla Conferenza delle Regioni).

Si prevede inoltre che al’onere derivante dalla costituzione e dal funzionamento dell'Osservatorio provveda il Consorzio Nazionale imballaggi di cui all'articolo 224, con un contributo di pari importo a carico dei consorziati (che in base all’articolo 170, comma 3, viene conseguentemente soppresso, provvedeva agli oneri per la costituzione e il funzionamento della Sezione per la vigilanza sui rifiuti) .

 

Per quanto riguarda i compiti dell’Osservatorio nazionale sui rifiuti, la raccomandazione  del Senato è parzialmente accolta (in particolare per quanto riguarda l’elaborazione delle linee guida sulle modalità di gestione dei rifiuti)

Art. 172

(Art. 1, dopo il co. 15)

Si valuti l'opportunità di inserire un nuovo comma, sostitutivo del comma 6 dell'articolo 172 del decreto legislativo n. 152 del 2006, del seguente tenore: «Gli impianti di acquedotto, fognatura e depurazione gestiti dai consorzi per le aree e i nuclei di sviluppo industriale di cui al testo unico delle leggi sugli interventi nel Mezzogiorno, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 6 marzo 1978, n. 218 e all'articolo 36, comma 4, della legge 5 ottobre 1991, n. 317, possono rimanere in gestione a tali consorzi». (Osservazione n. 2)

 

Osservazione Camera non accolta

Art. 178

(Art. 1, dopo il co. 16)

 

All’art. 178, comma 1,  in fine aggiungere le parole : "nonché al fine di preservare le risorse naturali". (Raccomandazione n. 7)

Raccomandazione Senato accolta (art. 2, co. 16-bis)

Art. 179

Art. 1, co. 17

 

Andrebbe resa più flessibile la modifica proposta, valutando l'opportunità di specificare al comma 2 del medesimo articolo 179 la indicata preferenza per le attività di riciclo dei rifiuti. (Osservazione n. 3)

 

Osservazione Camera non accolta (Art. 2, co. 17)

Art. 181

Art. 1, co. 18

 

Al comma 1 - in considerazione del generico riferimento, contenuto nella lettera a), alle «altre forme di recupero» - si valuti se mantenere la previsione contenuta nella lettera c), posto che «l'utilizzazione dei rifiuti come combustibile o come altro mezzo per produrre energia» rappresenta l'operazione di recupero R1 definita nell'allegato C alla parte quarta del decreto legislativo n. 152 del 2006 e quindi, come tale, è inclusa tra le «altre forme di recupero» indicate nella lettera a); nel comma 4, si valuti inoltre se prevedere una disposizione transitoria applicabile nelle more dell'emanazione del decreto in esso previsto. (Osservazione n. 4).

 

Si valuti l'opportunità di inserire, alla fine del comma 5 di detto articolo, un ulteriore comma del seguente tenore: «Gli accordi e i contratti di programma non possono stabilire deroghe della normativa comunitaria vigente e possono integrare e modificare norme tecniche e secondarie solo in conformità con quanto previsto dalla legge» (vedi art. 206) . (Osservazione n. 5).

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Alla fine del comma 5 aggiungere il seguente periodo: "Gli accordi e i contratti di programma non possono stabilire deroghe della normativa comunitaria vigente e possono integrare e modificare norme tecniche e secondarie  nei casi previsti dalla legge". (vedi art. 206)

(Raccomandazione n. 8)

Osservazione n. 4 Camera non accolta.

 

Perq aunto riguarda l’osservazione n. 5 Camera e la raccomandazione Senato, si è proceduto alla soppressione del comma 3 che prevedeva la stipula dei contratti di programma, coerentemente con quanto chiesto dalla Conferenza unificata (Art. 2, co. 18)

 

 

Si segnala che è stato soppresso anche il comma 4, che demandava ad un decreto del Ministro dell’ambiente, di concerto con il Ministro della salute, la fissazione delle caratteristiche dei materiali ottenuti attraverso i metodi di recupero dei rifiuti.

 

 

 

Artt. 181-183

(Art. 1, co. 18-20)

 

Si raccomanda l'accoglimento delle proposte modificative concordate in sede tecnica ai fini del parere reso in sede di Conferenza unificata, in relazione al recupero dei rifiuti e delle materie prime secondarie, anche in base alle indicazioni che emergono in sede comunitaria con la nuova «direttiva quadro» in materia di gestione dei rifiuti, che stabilisce criteri per la riclassificazione di alcuni rifiuti in materie, sostanze o prodotti secondari, ossia di materiali che non sono classificati secondari con riferimento alla provenienza ma alle loro caratteristiche, che sono diverse da quelle delle materie prime primarie, ma sono tuttavia idonee ad assoggettarli al regime dei prodotti e non al regime generale dei rifiuti, essendo certe le altre condizioni che indicano che il detentore non se ne disfa né ha intenzione di disfarsene; a tal fine, peraltro, risulta opportuno inserire anche una disposizione che disciplini il periodo transitorio di vigenza della precedente normativa in materia. (Condizione: lett. d)

Sia introdotta, dopo l’articolo 181 recato dal comma 18 dell’articolo 1 dello schema, una disciplina specifica relativa alle materie, sostanze e prodotti secondari – con conseguente soppressione delle lettere p) e bb) dell’articolo 183 recato dal comma 20 dell’articolo 1 dello schema - che precisi innanzitutto che non rientrano nella definizione di cui all’art. 183, comma 1, lettera a), le materie, le sostanze e i prodotti secondari, definiti dal decreto ministeriale che dovrà rivedere ed aggiornare il decreto ministeriale 5 febbraio 1998, nel rispetto dei criteri, dei requisiti e delle condizioni seguenti: siano prodotti da un’operazione di riutilizzo, di riciclaggio o di recupero di rifiuti, siano individuate la provenienza, la tipologia  e le caratteristiche dei rifiuti dai quali si possono produrre; siano individuate le operazioni di riutilizzo, di riciclaggio o di recupero che li producono, con particolare riferimento alle modalità ed alle condizioni di esercizio delle stesse; siano precisati i criteri di qualità ambientale, i requisiti merceologici e le altre  condizioni necessarie per l’immissione in commercio, quali norme e standard tecnici richiesti per l’utilizzo, tenendo conto del possibile rischio di danni all’ambiente e alla salute derivante dall’utilizzo o dal trasporto della materia, della sostanza o del prodotto secondari; abbiano un effettivo valore economico di  scambio sul mercato.

Nella suddetta disciplina specifica relativa alle materie, sostanze e prodotti secondari si preveda anche che, sulla base di una verifica caso per caso, condotta nel rispetto dei criteri, dei requisiti e delle condizioni prima indicati, il Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, d’intesa con il Ministro dello sviluppo economico, provvede, con proprio decreto, a rivedere ed aggiornare il decreto ministeriale 5 febbraio 1998, e successive modifiche e integrazioni, e a disciplinare il regime transitorio di adeguamento che non deve comunque essere superiore a sei mesi.

(condizione a)

Condizioni Camera e Senato sostanzialmente accolte, attraverso l’introduzione di un articolo aggiuntivo relativo a Materie, sostanze e prodotti secondari.

Per quanto riguarda il regime transitorio la condizione del Senato richiede che non sia superiore a sei mesi; nel nuovo testo invece, la disciplina transitoria opera sino all’adozione del decreto di cui al comma 2 (per la quale è previsto il termine del 31 dicembre 2008).

 

Inoltre, come chiedeva la condizione del Senato, è stata soppressa, nell’ambito dell’articolo 183, la definizione di prodotto recuperato (che era contenuta nella lettera bb); inoltre è stata modificata la definizione di materia prima secondaria contenuta in tale articolo attraverso il rinvio al nuovo art. 181-bis (lettera p)

Art. 182

(Art. 1, dopo il co. 18)

 

All’art. 182 sopprimere i commi 6 e 8 relativi allo smaltimento dei rifiuti in fognatura e allo smaltimento della frazione biodegradabile in impianti di depurazione acque reflue urbane.

(Raccomandazione n. 10)

Soppressione già contenuta nel testo originario. Nel nuovo schema viene inoltre conseguentemente modificato l’articolo 107, comma 3, prevedendo in termini generali che non è ammesso lo smaltimento dei rifiuti, anche se triturati, in fognatura. (Art. 2, co. 19)

Art. 183

(Art. 1, co. 20)

 

Si inserisca una apposita disposizione che preveda che possono essere considerati «sottoprodotti» le sostanze, i materiali o gli oggetti, originati da un processo di estrazione o di fabbricazione che non è principalmente destinato a produrli, dei quali il produttore non intende «disfarsi» ai sensi dell'articolo 183, comma 1, lettera a), e che non rientrano nella definizione di rifiuto qualora siano destinati all'impiego in un processo di produzione o di utilizzazione successivo. Tale definizione, peraltro, può essere introdotta, anzitutto, mantenendo fermo un principio di carattere generale, che miri ad accertare che il sottoprodotto abbia un valore economico e venga utilizzato con le normali pratiche senza rischi per la salute e per l'ambiente, e - per altro verso - valutando, per la disciplina di alcuni specifici casi, l'opportunità di rinviare a un decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, d'intesa con il Ministro dello sviluppo economico. (Condizione: lett. e)

Siano disciplinati i sottoprodotti prevedendo innanzitutto che sono sottoprodotti le sostanze, le materie, i materiali o gli oggetti, originati da un processo di estrazione o di fabbricazione che non è principalmente destinato a produrli,  dei quali il produttore non intende "disfarsi" ai sensi dell’articolo 183, comma 1, lettera a) e che  non rientrano nella definizione di rifiuto, qualora siano destinati all’impiego in un processo di produzione o di utilizzazione successivo, a condizioni favorevoli per il produttore medesimo, nel rispetto dei criteri, dei requisiti e delle condizioni seguenti: il loro impiego  deve essere certo sin dalla fase della produzione, deve essere integrale e deve avvenire direttamente in un ciclo di produzione o di utilizzazione definito; devono soddisfare requisiti merceologici e di qualità ambientale idonei a garantire che il loro impiego  non dia luogo ad emissioni e, più in generale, ad impatti ambientali qualitativamente e quantitativamente diversi da quelli ordinari e consentiti, nè da quelli autorizzati per l’impianto dove sono destinati ad essere utilizzati; non devono essere sottoposti a trattamenti preventivi o a trasformazioni preliminari per soddisfare i requisiti merceologici e di qualità ambientale ma devono possedere tali requisiti sin dalla fase della loro produzione; devono avere un valore economico di mercato.

Sempre con riferimento ai sottoprodotti si preveda che con decreto del Ministro dell’ambiente del territorio e del mare, d’intesa con  il Ministro dello sviluppo economico,  nel rispetto dei criteri, dei requisiti e delle condizioni prima indicati, sono definite, per specifici casi, le prescrizioni  che soddisfano la definizione dei sottoprodotti.

(omissis)

(Prima parte condizione c)

Cfr. sub art. 1, comma 23

Condizione Camera e prima parte condizione c) del Senato sostanzialmente accolta

(Art. 2 co. 20; in particolare, cfr. art. 183, lett. p)

Art. 183, comma 1, lett. f) e s)

(Art. 1, co. 20)

Alla lettera f), relativa alla definizione di raccolta differenziata, si chiarisca se la destinazione delle frazioni merceologiche omogenee, compresa la frazione organica umida, al riutilizzo, al riciclo ed al recupero di materia abbia carattere prioritario o esclusivo e, in ogni caso, si coordini tale disposizione con l'articolo 205, recante le misure per incrementare la raccolta differenziata, che prevede esplicitamente, al comma 2, la destinazione della frazione organica umida anche al recupero di energia. (Osservazione n. 7)

 

 

Sempre alla lettera f), si valuti l'opportunità di inserire, dopo le parole «frazione organica umida» le seguenti: «raccolta separatamente» (Osservazione n. 8);

 

Dopo la lettera s), si verifichi il possibile inserimento di una nuova lettera, che rechi una ulteriore specificazione rispetto alla nozione di composto da rifiuti, nel senso di introdurre la definizione di «compost di qualità», che potrebbe essere del seguente tenore: «ammendante ottenuto dal compostaggio di rifiuti compostabili selezionati, liberamente commercializzabile e utilizzabile, conforme con i requisiti stabiliti dal decreto legislativo n. 217 del 2006, allegato 2 in materia di fertilizzanti» (Osservazione n. 9);

 

Alla  lettera f) raccolta differenziata, dopo le parole "i rifiuti di imballaggio separatamente dagli altri rifiuti urbani"aggiungere le parole"e a raggruppare in modo differenziato i rifiuti urbani ,per frazioni omogenee, in centri di raccolta";

- alla lettera f), precisare che la "frazione organica umida" è "raccolta separatamente o con contenitori a svuotamento riutilizzabili o con sacchetti biodegradabili certificati";

 

 

 

 

 

 

 

 

 

- dopo la lettera s) inserire la seguente definizione di compost di qualità: "prodotto, ottenuto dal compostaggio di rifiuti organici selezionati,che rispetti i requisiti e le caratteristiche  stabilite dall’Allegato 2 del decreto legislativo  n. 217 del 2006 e successive modifiche e integrazioni."

(condizione b)

Osservazione n. 7 Camera non accolta. Si segnala tuttavia la soppressione dell’articolo 205, co. 2 (art. 2, co. 28-bis)

Osservazione n. 8 e 9 Camera e condizione b) Senato sostanzialmente accolte

(Art. 2 co. 20)

 

Art. 183, comma 1, lett. m)

(Art. 1, co. 20)

 

Sia modificata la definizione di deposito temporaneo - di cui alla lettera m) - in modo che la relativa disciplina sia più razionale e coerente con quella comunitaria, la quale definisce il deposito temporaneo come «deposito effettuato, prima della raccolta, nel luogo di produzione», essendo unicamente stabilito, dalla direttiva 1999/31/CE, che sia qualificato come discarica il deposito di rifiuti che ecceda un anno; a tale proposito, peraltro, qualora si procedesse a tale modifica nel senso prospettato in sede di Conferenza unificata, andrebbe specificato il significato della proposta emendativa n. 9 elaborata dalle regioni, nella parte finale in cui prevede che, «superato il limite temporale, il deposito dovrà comunque essere completamente svuotato», evitando che tale specificazione renda - di fatto - inapplicabile l'operazione di svuotamento stessa. (Condizione: lett. f)

Alla lettera m) definire nel seguente modo il deposito temporaneo:" il deposito dei rifiuti effettuato, prima della raccolta, nel luogo in cui gli stessi sono prodotti, alle seguenti condizioni: 

1) I rifiuti depositati non devono contenere policlorodibenzodiossine, policlorodibenzofurani, policlorodibenzofenoli in quantità superiore a 2,5 parti per milione (ppm ),  né policlorobifenile e policlorotrifenili in quantità superiore a 25 parti per milione (ppm ).

2) il deposito temporaneo non può avere una durata superiore ad un anno; se le quantità annuali di rifiuti in deposito sono superiori a 10 mc di rifiuti pericolosi o a 20 mc di rifiuti non pericolosi o complessivamente a 20 mc di rifiuti pericolosi e non pericolosi, il deposito temporaneo non può avere una durata superiore a tre mesi,salvo che nelle piccole isole nelle quali resta fermo il termine di un anno,indipendentemente dalle quantità annuali prodotte.

3) il deposito temporaneo deve essere effettuato nel rispetto delle norme che disciplinano la tutela della salute e dell’ambiente, nonché, per i rifiuti pericolosi,  delle norme che disciplinano il deposito delle sostanze pericolose contenute nei rifiuti." (condizione b)

Sostanzialmente recepiti gli emendamenti della Conferenza unificata (richiamati anche nella condizione Camera), senza tuttavia quella parte, giudicata poco chiara nel parere della Camera, relativa allo svuotamento del deposito.

Art. 183, comma 1, lett. u e aa)

(Art. 1, co. 20)

 

 

La lettera u), relativa alle materie prime secondarie per attività siderurgiche e metallurgiche, va rivista e coordinata con il decreto ministeriale di cui all’art. 181-bis e con le condizioni ivi previste, assicurando una fase transitoria che consenta alle imprese siderurgiche e metallurgiche di adeguarsi alle misure introdotte,fino a nuova autorizzazione o iscrizione;

alla lettera aa) modificare la definizione di scarico come segue, in corrispondenza a quanto proposto con riferimento all’art. 74, comma 1, lettera ff): "scarichi idrici: qualsiasi immissione di acque reflue in acque superficiali, sul suolo, nel sottosuolo e in rete fognaria, indipendentemente dalla loro natura inquinante, anche sottoposte a preventivo trattamento di depurazione, effettuata esclusivamente tramite condotta o altro sistema stabile di collettamento che collega senza soluzione di continuità il ciclo di produzione e di raccolta dell’acqua reflua con il corpo ricettore".

(Raccomandazione n. 11)

Raccomandazione Senato non integralmente accolta (in particolare, manca una specifica disciplina transitoria per le attività siderurgiche e metallurgiche e, rispetto alla prima versione del decreto non cambia la definizione di scarico idrico) (Art. 2 co. 20)

 

 

Art. 183

(Art. 1, co. 20)

 

Si valuti l'opportunità di introdurre anche una specifica lettera contenente la nozione e la previsione di una specifica regolamentazione nazionale del «centro di raccolta» (Osservazione n. 6)

 

Osservazione Camera recepita

(Art. 2, co. 20)

Art. 183

(Art. 1, co. 20)

 

Si valuti l'introduzione della definizione di «gestore del servizio di gestione dei rifiuti e di bonifica dei siti» (contenuta nella lettera v) del testo vigente), posto che altre disposizioni del decreto n. 152, su cui non interviene lo schema di decreto in esame, contengono il riferimento a tale figura (in particolare, articoli 202, comma 6; 203, comma 2, lettera g); 221, comma 2). (Osservazione n. 10);

 

Osservazione Camera non recepita

(Art. 2, co. 20)

Art. 184

(Art. 1, co. 21)

 

Sia differito il termine del 30 giugno 2007 previsto per l'emanazione del decreto di individuazione delle procedure speciali da adottare nella gestione dei sistemi d'arma, in relazione ai prevedibili tempi per l'entrata in vigore del decreto correttivo in esame. (Condizione: lett. g)

12. All’art. 184, comma 3, apportare le seguenti modificazioni:

- alla lettera b) sopprimere la parola "pericolosi";

- alla lettera c) sopprimere le parole "fatto salvo quanto previsto dall’art. 185, comma 1, lettera i)";

- sopprimere la lettera n).

(Raccomandazione n. 12)

Condizione Camera recepita

(Art. 2, co. 21)

Raccomandazione Senato recepita

(Art. 2. co. 21-bis)

Art. 185

(Art. 1, co. 22)

 

Si valuti l'opportunità di sostituire la lettera b), punto 5), del citato articolo 185, nel senso di recuperare la definizione comunitaria di scarico o - qualora si intendesse mantenere l'attuale definizione - di precisare che il convogliamento è richiesto all'uscita dallo stabilimento e non dall'impianto, in modo da mantenere la gestione dei reflui liquidi, trattabili all'interno dello stabilimento, nell'ambito della disciplina degli scarichi idrici industriali. (Osservazione n. 11);

Si valuti inoltre l'opportunità di inserire, dopo il comma 1 dello stesso articolo 185, un ulteriore comma che preveda che resti ferma la disciplina di cui al regolamento (CE) n. 1774/2002, recante norme sanitarie relative a sottoprodotti di origine animale non destinate al consumo umano, in quanto costituente disciplina organica e autonoma nell'ambito del campo di applicazione ivi indicato. (Osservazione n. 12)

Sempre con riferimento al nuovo testo dell'articolo 185, si valuti l'opportunità di esplicitare la non applicabilità del regime giuridico dei rifiuti ai «prodotti recuperati» come definiti dalla lettera bb), del nuovo testo dell'articolo 183. (Osservazione n. 13)

 

Inserire le seguenti lettere:

"a-bis) le carogne ed i seguenti rifiuti agricoli:materie fecali, vegetali ed altre sostanze naturali non pericolose utilizzate nelle attività agricole, anche dopo il trattamento in impianti aziendali ed interaziendali agricoli;materiali litoidi e terre da coltivazione, anche sotto forma di fanghi, provenienti dalla pulizia e dal  lavaggio dei prodotti vegetali, riutilizzati nelle normali pratiche agricole e di conduzione dei fondi rustici, sottoprodotti della lavorazione dei cereali e del riso;

a-ter) materie fecali e vegetali di provenienza agricola e agroalimentare destinate alla produzione di energia da biomassa, alla produzione di fertilizzanti ed ai trattamenti di cui all’allegato III del Decreto 7 aprile 2006".

(Raccomandazione n. 13)

 

Il testo del decreto non è stato modificato rispetto alla formulazione originaria. Quindi, le osservazioni 11 e 12 Camera e la raccomandazione Senato non risultano recepite.

(Art. 2, co. 22)

Con riferimento all’osservazione n. 13 Camera, è venuta meno la definizione di prodotto recuperato nel nuovo testo dell’articolo 183.

Art. 185-bis

(Art. 1, dopo il co. 22)

Considerata in particolare l'urgenza del problema della gestione e dello smaltimento dei consumabili esausti, valuti il Governo l'opportunità di inserire un ulteriore comma che introduca un nuovo articolo 185-bis all'interno del decreto legislativo n. 152 del 2006, finalizzato a chiarire che le disposizioni di cui alla parte IV dello stesso decreto non si applicano al trasporto dei consumabili esausti (quali cartucce toner, cartucce inet, cartucce nastro) veicolati dagli utilizzatori tramite vettori ordinari di consegna, a condizione che siano conferiti direttamente in impianti autorizzati per le operazioni di recupero descritte dalle voci R2, R4, R5 dell'allegato C alla parte IV dello stesso decreto, e che siano trasportati in contenitori che garantiscano la non dispersione del contenuto (Osservazione n. 14)

 

Osservazione Camera non recepita

Art. 186

(Art. 1, co. 23)

 

Considerato che sull'esclusione delle terre e rocce da scavo dal regime dei rifiuti pende un procedimento alla Corte di giustizia (Causa C-194/05), la cui sentenza è prevista entro il mese di luglio prossimo, risulta opportuno anticipare la citata sentenza mediante un adeguamento normativo corretto dell'articolo 186 del decreto legislativo n. 152 del 2006, che - ferma restando l'esigenza di tutela dell'ambiente e della salute umana - non disponga un'esclusione dai rifiuti in via automatica e generale, ma preveda una necessaria valutazione, stabilendo in particolare che, per evitare la discarica, il riutilizzo debba avvenire sulla base di uno specifico progetto presentato e in un tempo definito. Si raccomanda, pertanto, di introdurre un meccanismo che demandi ogni caso ad una specifica procedura di valutazione, a seconda che si tratti di progetti e attività soggetti a VIA (i quali conterranno le opportune prescrizioni) o alle altre specifiche procedure di autorizzazione previste dalla legislazione vigente, ovvero progetti minori soggetti alla procedura di cosiddetta «licenza edilizia» o dichiarazione di inizio attività, nel qual caso l'interessato dovrà essere chiamato a fornire le necessarie informazioni sul sito di destinazione, sulle condizioni e sulle modalità di utilizzo, nonché sugli eventuali tempi del deposito in attesa di utilizzo, che non dovrebbero preferibilmente essere superiori ad un anno. (Condizione: lett. h)

 

Inoltre, si valuti l'opportunità di specificare il termine per l'emanazione del decreto ivi previsto, nonché la disciplina transitoria applicabile. (Osservazione n. 15)

(omissis; cfr. art. 1, co. 20)

Si preveda altresì che le terre e rocce da scavo prodotte nel corso della realizzazione di opere o attività sottoposte a valutazione di impatto ambientale o a procedimento di autorizzazione ambientale integrata e destinate ad essere utilizzate per reinterri, riempimenti, rilevati e rimodellazioni ambientali, soddisfano i criteri, i requisiti e le condizioni relativi ai sottoprodotti se ricorrono tutti i seguenti presupposti: le terre e rocce da scavo  devono provenire da siti non contaminati; le caratteristiche chimico-fisiche delle terre e rocce da scavo sono tali che il loro impiego nel sito prescelto non determina rischi per la qualità delle matrici ambientali interessate e per la salute, ed in particolare avviene nel rispetto delle norme di tutela delle acque superficiali e sotterranee, della flora, della fauna, degli habitat e delle aree naturali protette; la certezza dell’integrale utilizzo delle terre e rocce da scavo deve essere dimostrata tramite la predisposizione di apposito progetto, dal quale devono risultare il sito, le condizioni e le modalità di detto utilizzo, compresi  i tempi del deposito in attesa di utilizzo, che non possono essere superiori ad un anno;  il progetto e le condizioni di utilizzo delle terre e rocce da scavo sono valutati ed approvati dall’autorità titolare del procedimento di valutazione di impatto ambientale o di autorizzazione ambientale integrata del progetto dell’opera o dell’attività principale dalla quale le terre e rocce da scavo sono prodotte. Si preveda inoltre che le terre e rocce da scavo prodotte nel corso della realizzazione di opere o attività diverse da quelle sopra indicate destinate ad essere utilizzate per reinterri, riempimenti, rilevati e rimodellazioni ambientali, soddisfano i criteri, i requisiti e le condizioni relativi ai sottoprodotti, se ricorrono tutti i seguenti presupposti: le terre e rocce da scavo  devono provenire da siti non contaminati; le caratteristiche chimico-fisiche delle terre e rocce da scavo sono tali che il loro impiego nel sito prescelto non determina rischi per la qualità delle matrici ambientali interessate e per la salute, ed in particolare avviene nel rispetto delle norme di tutela delle acque superficiali e sotterranee, della flora, della fauna, degli habitat e delle aree naturali protette; la certezza dell’integrale utilizzo delle terre e rocce da scavo e il rispetto dei requisiti relativi alle caratteristiche chimico-fisiche devono essere dimostrati e verificati nell’ambito della procedura per il permesso di costruire, se dovuto, o, negli altri casi, secondo le modalità della denuncia di inizio attività; a tal fine l’interessato è tenuto a fornire le necessarie informazioni sul sito di destinazione, sulle condizioni e sulle modalità di utilizzo, nonché sugli eventuali tempi del deposito in attesa di utilizzo, che non possono essere superiori ad un anno. Nel caso di lavori pubblici non soggetti né a VIA, né a permesso di costruire o denuncia di inizio attività l’esistenza dei presupposti e delle condizioni di cui sopra devono essere autocertificate con idoneo allegato al progetto dell’opera.  Si preveda altresì in via transitoria, per i progetti di utilizzo di terre e rocce da scavo già autorizzati e in corso di realizzazione prima dell’entrata in vigore delle nuove norme, che gli interessati possono procedere al completamento dei progetti, comunicando, entro 90 giorni, alle autorità competenti, il rispetto dei requisiti prescritti, nonché le necessarie informazioni sul sito di destinazione, sulle condizioni e sulle modalità di utilizzo, nonché sugli eventuali tempi del deposito in attesa di utilizzo che non possono essere superiori ad un anno; l’autorità competente può disporre indicazioni o prescrizioni entro i successivi 60 giorni. Si preveda inoltre che la medesima procedura si applica, per opere iniziate successivamente all’entrata in vigore delle nuove norme, nel caso di variazioni del progetto di destinazione delle terre e rocce da scavo intervenute successivamente alla sua approvazione, fermo restando il rispetto delle destinazioni,dei requisiti e delle condizioni stabiliti. (condizione c)

Recepite la condizione e l’osservazione Camera.

Accolta quasi testualmente la condizione Senato, salvo che nella parte relativa alla procedura applicabile nel caso di variazioni del progetto di destinazione delle terre e rocce da scavo intervenute successivamente alla sua approvazione.

(Art. 189)

Art. 1, co. 24

 

Sia ampliato l'ambito di intervento della disposizione nel senso di sostituire i commi da 2 a 6 del citato articolo 189 con nuove disposizioni finalizzate a prevedere la soppressione della tecnica basata sulla compilazione del MUD, allo stato utile esclusivamente per conoscere, ai soli fini statistici, i flussi dei rifiuti, in quanto ormai obsoleta e inattendibile, anche perché coinvolge solo circa mezzo milione di soggetti obbligati alla comunicazione, su tre milioni di produttori e gestori di rifiuti. A questo scopo, siano invece introdotte apposite tecniche statistiche supportate da sistemi informatizzati, che consentono di avere dati più precisi, in tempi più rapidi, con costi minori; si preveda, pertanto, che le sezioni regionali e provinciali e delle province autonome del Catasto, avvalendosi della collaborazione delle Camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura, con analisi e studi di settore dei rispettivi territori, provvedano annualmente alla individuazione e alla elaborazione dei dati riguardanti la produzione e la gestione dei rifiuti e alla successiva trasmissione alla sezione nazionale, nonché che l'APAT elabori la metodologia per le analisi e gli studi di settore basata sull'effettiva tracciabilità del rifiuto, analizzi i dati forniti dal Catasto (evidenziando le quantità dei rifiuti prodotti, raccolti in maniera differenziata, riciclati, avviati a recupero e smaltimento) e ne assicuri la pubblicità, nonché la trasmissione all'Osservatorio nazionale sui rifiuti. (Condizione: lett. i)

Sia modificata la normativa dettata dai commi 2, 3, 4, 5 e 6 dell’articolo 189 del decreto legislativo n. 152 del 2006 secondo le seguenti indicazioni:

- le sezioni regionali e provinciali e delle province autonome del catasto, avvalendosi della collaborazione delle sezioni regionali e provinciali dell’albo dei gestori ambientali, con analisi e studi di settore dei rispettivi territori, provvedono annualmente alla individuazione ed alla elaborazione dei dati  riguardanti la produzione e la gestione dei rifiuti ed alla successiva trasmissione alla sezione nazionale;

- la sezione nazionale del catasto assicura un quadro conoscitivo completo e aggiornato anche ai fini della pianificazione delle attività di gestione dei rifiuti;

- l’agenzia per la protezione dell’ambiente e per i servizi tecnici (APAT), elabora la metodologia per le analisi e gli studi di settore, analizza i dati forniti dal catasto,evidenziando le quantità dei rifiuti prodotti, raccolti in maniera differenziata, riciclati, avviati a recupero e smaltimento e ne assicura la pubblicità, nonché la trasmissione all’Osservatorio nazionale sui rifiuti;

- di conseguenza è abrogata la legge 25 gennaio 1984, n. 70 (istitutiva del MUD).

(condizione d)

Condizioni Camera e Senato non accolte.

Il nuovo testo della disposizione si limita a prevedere specifiche ipotesi di esonero dal MUD (imprese che esercitano la raccolta e il trasporto dei propri rifiuti non pericolosi, imprese con non più di 5 dipendenti), nonché dalla tenuta dei registri di carico e scarico (piccoli imprenditori artigiani con non più di tre dipendenti).

 (Art. 2, co. 24)

Art. 193

(Art. 1, co. 25)

 

In materia di trasporto di fanghi in agricoltura, sia precisato - in accordo con le norme comunitarie - che il formulario che l'impresa è obbligata a compilare sostituisce la scheda di accompagnamento di cui all'articolo 13 del decreto legislativo n. 99 del 1992, al fine di evitare duplicazioni della documentazione richiesta, anche in relazione al criterio previsto dal comma 8, lettera l), della norma di delega, che prevede la semplificazione delle procedure relative agli obblighi di dichiarazione, di comunicazione, di denuncia o di notificazione in materia ambientale. (Condizione: lett. j)

 

14. All’art. 193, al comma 6,dopo le parole "di vidimazione" aggiungere le parole "ai sensi della lettera b)".

(Raccomandazione n. 14)

Condizione Camera e raccomandazione Senato accolte.

(Art. 2, co. 25)

 

Art. 195, comma 2, lett. e)

(Art. 1, co. 26)

 

Si raccomanda di precisare che ai rifiuti assimilati, entro un anno, si applichi esclusivamente una tariffazione per le quantità conferite al servizio di gestione dei rifiuti urbani e che, con decreto del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio, d'intesa col Ministero dello sviluppo economico, siano definiti, entro novanta giorni, i criteri per l'assimilabilità ai rifiuti urbani; allo stesso tempo, appare opportuno anche indicare, nell'ambito del medesimo testo, che possono essere assimilati ai rifiuti urbani esclusivamente i rifiuti speciali per i quali sia stata accertata, a seguito di apposita verifica condotta dall'autorità competente per la gestione dei rifiuti, l'inesistenza nel territorio di competenza, ovvero l'insufficienza rispetto al fabbisogno di raccolta e di recupero, di attività svolte da imprese private connesse alla raccolta ed al recupero dei rifiuti oggetto di assimilazione, mentre non possono comunque essere assimilati ai rifiuti urbani i rifiuti che si formano nelle aree produttive, compresi i magazzini di materie prime e di prodotti finiti, salvo i rifiuti prodotti negli uffici, nelle mense, negli spacci, nei bar e nei locali al servizio dei lavoratori o comunque aperti al pubblico. (Osservazione n. 16)

Aggiungere le parole: "Ai rifiuti assimilati, entro un anno, si applichi esclusivamente una tariffazione  per le quantità conferite al servizio di gestione dei rifiuti urbani. Per gli imballaggi secondari e terziari per i quali risulti documentato il non conferimento al servizio di gestione dei rifiuti urbani ma l’avvio a recupero e riciclo diretto tramite soggetti autorizzati, non si applica la predetta tariffazione. Con decreto del Ministro dell’ambiente, d’intesa col Ministro dello sviluppo economico, sono definiti, entro 90 giorni, i criteri per l’assimilabilità ai rifiuti urbani".

(Raccomandazione n. 15)

Osservazione Camera e condizione Senato non recepite

Art. 1, dopo il co. 27

Si valuti l'opportunità di inserire un ulteriore comma, finalizzato ad introdurre modifiche all'articolo 200 del decreto legislativo n. 152 del 2006, in materia di servizio di gestione integrata dei rifiuti, affinché al comma 1, dopo le parole «denominati ATO», siano aggiunte le seguenti: «su base provinciale o per accorpamenti di piccole province», e, alla lettera a), siano soppresse le parole: «attraverso un servizio di gestione integrata dei rifiuti» (Osservazione n. 17).

 

Si valuti l'opportunità di inserire un ulteriore comma, finalizzato ad introdurre modifiche all'articolo 201 del decreto legislativo n. 152 del 2006, in materia di servizio di gestione integrata dei rifiuti, nel senso di sopprimere i commi 4 e 5 e di sostituire i commi 1 e 2 con i seguenti: «1. L'Autorità d'ambito costituisce una forma di cooperazione per l'esercizio associato, da parte dei comuni di ciascun ambito territoriale, delle loro funzioni in materia di gestione dei rifiuti urbani. All'Autorità d'ambito partecipano obbligatoriamente tutti i comuni del territorio corrispondente. 2. Le regioni e le province autonome disciplinano, sentiti i comuni interessati, le modalità e le forme di organizzazione delle Autorità d'ambito, presso la provincia territorialmente competente o, nel caso di accorpamento di piccole province, presso una di queste. Le modalità di organizzazione e funzionamento delle Autorità d'ambito presso le province sono definite previa intesa con le province interessate». (Osservazione n. 18)

All’art. 200 apportare le seguenti modificazioni:

- al comma 1 , dopo le parole "denominati ATO" aggiungere le parole" su base provinciale o per accorpamenti di piccole province";

- al comma 1,letteraa), eliminare le parole: "attraverso un servizio di gestione integrata dei rifiuti".

(Raccomandazione n. 16)

 

All’art. 201 apportare le seguenti modificazioni:

- sostituire i commi 1 e 2 con i seguenti:

"1. L’Autorità d’ambito costituisce una forma di cooperazione per l’esercizio associato da parte dei comuni di ciascun ambito territoriale delle loro funzioni in materia di gestione dei rifiuti urbani. All’Autorità d’ambito partecipano obbligatoriamente tutti i comuni del territorio corrispondente.

2. Le regioni e le province autonome disciplinano, sentiti i comuni interessati, le modalità e le forme di organizzazione delle Autorità d’ambito, presso la provincia territorialmente competente, o nel caso di accorpamento di piccole  province, presso una di queste. Le modalità di organizzazione e funzionamento delle Autorità d’ambito presso le province sono definite previa intesa con le province interessate.";

- soporimere i commi 4 e 5  prevedendo un  periodo transitorio  verso il nuovo regime.

(Raccomandazione n. 17)

Osservazioni Camera e raccomandazioni Senato non recepite

Art. 205

(Art. 1, dopo il co. 28)

 

All’art. 205  sopprimere il comma 2. (Raccomandazione n. 18)

 

Raccomandazione accolta

(Art. 2, co. 28-bis)

Art. 206

(Art. 1, co. 29)

 

Si raccomanda di apportare le seguenti modificazioni: in primo luogo, al comma 1, lettera b), dopo le parole «processi produttivi» si propone di aggiungere le parole «e distributivi», mentre al comma 2, lettera b), si richiede di inserire, in fine, le parole «con esclusione dei rifiuti da apparecchiature elettriche ed elettroniche (RAEE) e di altri rifiuti per i quali le modalità di ritiro e di gestione siano stabiliti da norme vigenti». (Osservazione n. 19)

Apportare le seguenti modificazioni:

- al comma 1, lettera b), dopo le parole "processi produttivi" aggiungere le parole "e distributivi";

- al comma 2, lettera b), aggiungere alla fine: "con esclusione dei rifiuti da apparecchiature elettriche ed elettroniche (RAEE) ed altri rifiuti per i quali le modalità di ritiro e di gestione siano stabiliti da norme vigenti.".

(Raccomandazione n. 19)

 

 

La 13ª Commissione, inoltre, con riferimento all’art. 206 del decreto legislativo n. 152 del 2006, nel testo recato dall’art. 1, comma 29, dello schema di decreto raccomanda di prevedere la consultazione della Regione interessata nel caso in cui l’accordo non la comprenda.

Recepita soltanto la prima parte (relativa al comma 1, lett. b) dell’osservazione Camera e della raccomandazione Senato

(Art. 2, co. 29)

 

Nell’ambito dell’articolo 206 è stato inoltre inserito un comma che esclude che gli accordi e i contratti di programma possano stabilire deroghe alla normativa comunitaria e alla normativa nazionale primaria vigente e prevede che essi possano integrare e modificare norme tecniche e secondarie solo in conformità con quanto previsto dalla normativa nazionale primaria (vd osservazione Camera n. 5 e raccomandazione Senato n. 8 che contemplava agli accordi e i contratti di programma dell’articolo 181, ora soppressi)

Art. 206-bis (art. 2, co. 29)

 

 

Osservatorio nazionale sui rifiuti

Vd. sub art. 161

Art. 208

(Art. 1, dopo il comma 29)

Andrebbe introdotto un ulteriore comma recante modifiche all'articolo 208 del decreto legislativo n. 152 del 2006, che disciplina l'autorizzazione unica per i nuovi impianti di smaltimento e di recupero dei rifiuti. A tale scopo, nel citato articolo 208, al comma 11, lettera i), andrebbero soppresse le parole «per i processi di trattamento termico dei rifiuti, anche accompagnati da recupero energetico»; al comma 12 andrebbero aggiunte, in fine, le seguenti parole «Le prescrizioni dell'autorizzazione possono essere modificate, prima del termine di scadenza e dopo almeno cinque anni dal rilascio, nel caso di condizioni di criticità ambientale, tenendo conto dell'evoluzione delle migliori tecnologie disponibili»; il comma 13 andrebbe sostituito dal seguente: «Ferma restando l'applicazione delle norme sanzionatorie di cui al titolo VI della parte IV del presente decreto, in caso di inosservanza delle prescrizioni dell'autorizzazione l'autorità competente procede, secondo la gravità dell'infrazione: a) alla diffida, stabilendo un termine entro il quale devono essere eliminate le inosservanze; b) alla diffida e contestuale sospensione dell'autorizzazione per un tempo determinato, ove si manifestino situazioni di pericolo per la salute pubblica e per l'ambiente; c) alla revoca dell'autorizzazione in caso di mancato adeguamento alle prescrizioni imposte con la diffida e in caso di reiterate violazioni che determinino situazione di pericolo per la salute pubblica e per l'ambiente»; andrebbe, infine, soppresso il comma 17. Analoghe modifiche, in quanto strettamente collegate alle modifiche proposte per l'articolo 208, andrebbero peraltro riferite anche all'articolo 210 del decreto legislativo n. 152 del 2006, con specifico riferimento alla soppressione dell'inciso «per i processi di trattamento termico dei rifiuti, anche accompagnati da recupero energetico» dal comma 3, lettera f), nonché alla riscrittura del comma 4 e all'abrogazione del comma 5. (Osservazione n. 20)

All’art. 208 apportare le seguenti modificazioni:

- al comma 11, lettera i), eliminare le parole "per i processi di trattamento termico dei rifiuti, anche accompagnati da recupero energetico";

- al comma 12 aggiungere, in fine, le seguenti parole "Le prescrizioni dell’autorizzazione possono essere modificate ,prima del termine di scadenza e dopo almeno cinque anni dal rilascio,  nel caso di condizioni di criticità ambientale,tenendo conto dell’evoluzione delle migliori tecnologie disponibili";

- sostituire il comma 13 con il seguente: "Ferma restando l'applicazione delle norme sanzionatorie di cui al titolo VI della parte quarta del presente decreto, in caso di inosservanza delle prescrizioni dell'autorizzazione l'autorità competente procede, secondo la gravità dell'infrazione:

a) alla diffida, stabilendo un termine entro il quale devono essere eliminate le inosservanze;

b) alla diffida e contestuale sospensione dell'autorizzazione per un tempo determinato, ove si manifestino situazioni di pericolo per la salute pubblica e per l'ambiente;

c) alla revoca dell'autorizzazione in caso di mancato adeguamento alle prescrizioni imposte con la diffida e in caso di reiterate violazioni che determinino situazione di pericolo per la salute pubblica e per l'ambiente.";

-  al comma 15  sostituire dalla parole "ad esclusione della sola riduzione volumetrica e separazione delle frazioni estranee" con le parole: "nonché quelli che effettuano la sola riduzione volumetrica";

- sopprimere il comma 17.

(Raccomandazione n. 20)

Osservazione Camera e raccomandazione Senato non recepite

Art. 210

(Art. 1, dopo il co. 29)

 

All’art. 210 apportare le seguenti modificazioni:

- al comma 3, lettera f), eliminare le parole "per i processi di trattamento termico dei rifiuti, anche accompagnati da recupero energetico";

- sostituire il comma  4 con il seguente:"Ferma restando l'applicazione delle norme sanzionatorie di cui al titolo VI della parte quarta del presente decreto, in caso di inosservanza delle prescrizioni dell'autorizzazione l'autorità competente procede, secondo la gravità dell'infrazione:

a) alla diffida, stabilendo un termine entro il quale devono essere eliminate le inosservanze;

b) alla diffida e contestuale sospensione dell'autorizzazione per un tempo determinato, ove si manifestino situazioni di pericolo per la salute pubblica e per l'ambiente;

c) alla revoca dell'autorizzazione in caso di mancato adeguamento alle prescrizioni imposte con la diffida e in caso di reiterate violazioni che determinino situazione di pericolo per la salute pubblica e per l'ambiente.";

- sopprimere il comma 5.

(Raccomandazione n. 21)

Raccomandazione Senato non recepita

Art. 212

(Art. 1, co. 30 e 31)

 

Si valuti la possibile riscrittura dell'intero articolo 212 del decreto legislativo n. 152 del 2006, relativo all'Albo nazionale dei gestori ambientali, in modo da operare sulla base delle indicazioni formulate in sede di Conferenza unificata, anche al fine di favorire, soprattutto con riferimento al trasporto di materiali, la semplificazione delle procedure e la soppressione di superflue disposizioni che rischiano di assoggettare imprese che svolgono attività non inquinanti a ulteriori - e, probabilmente, inutili - adempimenti formali (Osservazione n. 21)

Modificare l’art. 212 secondo le seguenti indicazioni:

L'iscrizione all'Albo è requisito per lo svolgimento delle attività di raccolta e trasporto di rifiuti, di bonifica dei siti contaminati, di bonifica dei beni contenenti amianto, di commercio ed intermediazione dei rifiuti  senza detenzione dei rifiuti stessi, di smaltimento e di recupero di rifiuti mediante gestione di impianti di titolarità di terzi e di smaltimento e di recupero di rifiuti con impianti mobili. Sono esonerati dall'obbligo di cui al presente comma le organizzazioni di cui agli articoli 221, comma 3, lettere a) e c), 223, 224, 228, 233, 234, 235 e 236, limitatamente all’attività di intermediazione e commercio senza detenzione di rifiuti di imballaggio. Per le aziende speciali,i consorzi e le società di cui all’art.22 della legge 8 giugno 1990, n. 142, l’iscrizione all’Albo è effettuata con apposita comunicazione del comune o del consorzio di comuni alla sezione regionale territorialmente competente ed è valida per i servizi di gestione dei rifiuti nei medesimi comuni .   L'iscrizione autorizza l’esercizio delle attività di raccolta, di trasporto, di commercio e di intermediazione dei rifiuti; per  l’esecuzione di interventi di bonifica dei siti inquinati e di bonifica dei beni contenenti amianto, per la gestione di impianti di recupero e di smaltimento di proprietà di terzi e per la gestione di impianti mobili di recupero e di smaltimento, già autorizzati,  l'iscrizione attesta l’idoneità soggettiva e la capacità finanziaria, tecnica ed economica dell’interessato a svolgere dette attività.  L’efficacia dell’iscrizione è di cinque anni ed è rinnovabile.  Le garanzie finanziarie di cui al comma 7 sono ridotte del cinquanta per cento per le imprese registrate ai sensi del regolamento (CE) n. 761/2001, del Parlamento europeo e del Consiglio, del 19 marzo 2001 (Emas), e del trenta per cento nel caso di imprese in possesso della certificazione ambientale ai sensi della norma Uni En Iso 14001.  Le imprese di cui al comma 5  sono iscritte all’Albo sulla base di una comunicazione di inizio di attività presentata alla sezione regionale o provinciale dell’Albo territorialmente competente,  con la quale l’interessato dichiara sotto la propria personale responsabilità, ai sensi e per gli effetti dell’art. 21 della legge n. 241 del 1990, di essere in possesso dei presupposti e dei requisiti che la legge, il decreto ministeriale 28 aprile 1998 n. 406, e successive modifiche, e le delibere del Comitato Nazionale richiedono per l’esercizio di tali attività. A tal fine:

a) alla comunicazione di inizio di attività deve essere allegata idonea polizza fideiussoria e tutta la documentazione necessaria a dimostrare il rispetto delle condizioni e il possesso dei requisiti richiesti per l’iscrizione dalla legge, dal decreto ministeriale 28 aprile 1998, n. 406, e successive modificazioni ,  e dalle delibere del Comitato Nazionale dell’Albo;

b) i contenuti della comunicazione di inizio di attività e della documentazione da allegare alla stessa, le modalità e le condizioni di prestazione della garanzie fideiussorie sono definite e precisate da apposite deliberazioni del Comitato Nazionale dell’Albo;

c)al momento della presentazione la sezione regionale o provinciale dell’Albo verifica la completezza della comunicazione e della documentazione allegata, rilascia all’interessato la ricevuta dell’avvenuta presentazione ed entro i successivi 60 giorni, provvede all’iscrizione o comunica all’interessato i motivi che ostano all’iscrizione; decorso inutilmente tale termine l’interessato è iscritto di diritto ed il relativo provvedimento è rilasciato entro i successivi dieci giorni. In caso di richiesta di integrazione della comunicazione di inizio di attività  i termini di cui al presente comma sono interrotti non più di una volta e ricominciano a decorrere dalla presentazione delle necessarie integrazioni;

d) salva l’applicazione delle sanzioni previste in caso di dichiarazioni false e mendaci, alle attività di raccolta e trasporto di rifiuti effettuate in base a comunicazione di inizio attività o a documentazione incompleta o inidonea si applica il disposto di cui all’articolo 256, comma 1;

e) in caso di rinnovo dell’iscrizione l’interessato dovrà far pervenire alla competente sezione, almeno sessanta giorni prima della scadenza dell’iscrizione, una nuova comunicazione predisposta ai sensi delle precedenti lettere a) e b) con cui manifesta la volontà di proseguire l’attività; l’iscrizione resta comunque efficace fino alla notifica del nuovo provvedimento d’iscrizione o dei motivi che ostano al rilascio dello stesso. Ove si rendesse necessaria una semplice integrazione documentale, la sezione competente stabilirà tempi e modi della stessa e consentirà l’eventuale ulteriore efficacia dell’iscrizione, attenendosi alle direttive del Comitato nazionale dell’Albo.

 Le disposizioni di cui ai commi 8, 9 e 10 non si applicano ai produttori iniziali di rifiuti non pericolosi che effettuano operazioni di raccolta e trasporto dei propri rifiuti, né ai produttori iniziali di rifiuti pericolosi  che effettuano operazioni di raccolta e trasporto di trenta chilogrammi o trenta litri al giorno dei propri rifiuti pericolosi, a condizione che tali operazioni costituiscano parte integrante ed accessoria dell’organizzazione dell’impresa dalla quale i rifiuti sono prodotti. Dette imprese non sono tenute alla prestazione delle garanzie finanziarie e sono iscritte in un’apposita sezione dell’Albo in base alla presentazione di una comunicazione alla sezione regionale o provinciale dell’Albo territorialmente competente che rilascia il relativo provvedimento entro i successivi venti giorni. Con la comunicazione l’interessato attesta sotto la sua responsabilità, ai sensi dell’articolo 21 della legge n. 241 del 1990:

a) la sede dell’impianto o degli impianti e l’attività o le attività dai quali sono prodotti i rifiuti;

b) le caratteristiche, la natura dei rifiuti prodotti;

c) gli estremi identificativi e l’idoneità tecnica dei mezzi utilizzati per il trasporto dei rifiuti, tenuto anche conto delle modalità di effettuazione del trasporto medesimo;

d) il versamento del diritto annuale di registrazione, che in fase di prima applicazione è determinato nella somma di 50 euro anno, ed è rideterminabile ai sensi dell'articolo 21 del decreto del Ministro dell'ambiente 28 aprile 1998, n. 406.

 Sono esonerate dall’obbligo della prestazione della garanzia finanziaria di cui al comma 7 le imprese che effettuano operazioni di raccolta e trasporto di rifiuti non pericolosi individuati con apposito decreto del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, di concerto con i Ministri della salute e dello sviluppo economico, sulla base di un’analisi dei costi economici e dei benefici ambientali. In fase di prima applicazione sono esonerate dall’obbligo di prestare le garanzie finanziarie le imprese che effettuano le operazioni di raccolta e trasporto delle seguenti tipologie di rifiuti non pericolosi:

 a) rifiuti di imballaggio;

 b) rifiuti di carta e cartone;

 c) rottami ferrosi e non ferrosi;

 d) rifiuti di legno;

 e) i rifiuti agricoli di cui all’articolo 185, comma 1, lettera e);

 f) i rifiuti costituiti da materiale tessile;

 g) i rifiuti inerti ai sensi del decreto legislativo n. 36 del 2003.

 Le attribuzioni e le modalità organizzative dell'Albo, i requisiti, i termini e le modalità di iscrizione, i diritti annuali d'iscrizione, nonché le modalità e gli importi delle garanzie finanziarie da prestare a favore dello Stato sono definiti entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della parte IV del decreto legislativo (questo termine deve essere riferito al decreto correttivo con apposita norma a parte) con decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio, di concerto con i Ministri delle attività produttive, delle infrastrutture e dei trasporti e dell'economia e delle finanze, sentito il parere del Comitato nazionale, nel rispetto dei seguenti principi:

a) individuazione di requisiti per l'iscrizione, validi per tutte le sezioni, al fine di uniformare le procedure;

b) coordinamento con la vigente normativa sull'autotrasporto, in coerenza con la finalità di cui alla lettera a);

c) trattamento uniforme dei componenti delle Sezioni regionali, per garantire l'efficienza operativa;

d) effettiva copertura delle spese attraverso i diritti di segreteria e i diritti annuali di iscrizione.

Sopprimere  il comma 12.

(Raccomandazione n. 22)

 

Il nuovo testo trasmesso:

§           modifica la composizione delle Sezioni regionali e provinciali dell’Albo nazionale gestori ambientali;

§          circoscrive la portata dell’esonero dall’obbligo di iscrizione all’Albo per i soggetti già indicati nel testo vigente (e in particolare i consorzi), limitandolo all’attività di intermediazione e commercio senza detenzione di rifiuti di imballaggio;

§          prevede una procedura semplificata per l’iscrizione in un’apposita Sezione dell’Albo e l’esclusione della prestazione per i produttori iniziati di rifiuti non pericolosi che effettuano operazioni di raccolta e trasporto dei propri rifiuti e per i produttori iniziali di rifiuti pericolosi che effettuano operazioni di raccolta e trasporto di trenta chilogrammì o trenta litri al giorno dei propri rifiuti pericolosi, a condizione che tali operazioni costituiscano parte integrante ed accessoria dell'organizzazione dell'impresa dalla quale i rifiuti sono prodotti;

§          Per le aziende speciali, i consorzi e le società di gestione dei servizi pubblici di cui al Testo unico enti locali prevede che l’iscrizione all'Albo sia effettuata mediante apposita comunìcazione del comune alla sezione regionale territorialmente competente ed è valida per i servizi di gestione dei rifiuti urbani nei medesimi comuni;

§          Precisa che, nelle more dell'emanazione dei decreti di cui al presente articolo, continuano ad applicarsi le disposizioni disciplinanti l'Albo nazionale delle imprese che effettuano la gestione dei rifiuti vigenti alla data di entrata in vigore della parte quarta e dispone il differimento dell’abrogazione di tali disposizioni al momento della pubblicazione dei medesimi decreti.

§          Esclude l’esonero dalla prestazione delle garanzie finanziarie per le imprese che trasportano i rifiuti indicati nella lista verde di cui al Regolamento (CEE) 259/93;

§          Sopprime la Sezione speciale dell’Albo per le imprese europee ed extraeuropee che effettuano operazioni di recupero di rottami ferrosi e non ferrosi, la procedura semplficata per l’iscrizione in un’apposita sezione dell’Albo per i soggetti firmatari degli accordi e contratti di programma previsti dall'articolo 181 e dall'articolo 206; la previsione di iscrizione in un apposito registro per le imprese che effettuano attività di smaltimento dei rifiuti non pericolosi nel luogo di produzione dei rifiuti stessi e per le imprese che svolgono operazioni di recupero dei rifiuti ai sensi dell'articolo 216.

 

 

 

 

 

In larga parte recepita la raccomandazione del Senato; le modifiche si muovono inoltre nel senso indicato dall’osservazione Camera (sostanzialmente recepito anche l’emendamento sulla semplificazione delle procedure della Conferenza Unificata).

 

Art. 214

(Art. 1, co. 32)

Considerato che, anche in tema di procedura semplificata, le modalità e le condizioni di esercizio devono garantire che le operazioni di recupero non pregiudichino la salute e l'ambiente, facendo sì che i regolamenti attuativi abbiano un preciso vincolo normativo - di origine comunitaria - al quale debbono attenersi, si verifichi la possibilità di inserire un nuovo comma recante la modifica dell'articolo 214 del decreto legislativo n. 152 del 2006, nel senso di aggiungere al comma 1, in fine, le seguenti parole: «ai sensi e nel rispetto di quanto disposto dall'articolo 178, comma 2». (Osservazione n. 22)

All’art. 214, comma 1, aggiungere in fine le parole "ai sensi e nel rispetto di quanto disposto dall’articolo 178, comma 2".

(Raccomandazione n. 23

Osservazione Camera e raccomandazione Senato accolte

(Art. 2, co.32)

 

Si segnala inoltre che la disposizione prevede la soppressione dell’articolo 214, comma 3, che prevedeva che attraverso la disciplina vigente per gli accordi di programma di cui agli articoli 181 e 206 fosse data attuazione al comma 2 (relativo all’adozione con decreto delle norme che fissino i tipi e le quantità di rifiuti, e le condizioni in base alle quali le attività di smaltimento di rifiuti non pericolosi effettuate dai produttori nei luoghi di produzione degli stessi e le attività di recupero di cui all'Allegato C sono sottoposte alle procedure semplificate di cui agli articoli 215 e 216).

 

Art. 215, comma 4

(Art. 1, co. 35)

 

24. All’art. 215  sostituire il comma 4 con i seguenti commi:

"4. Qualora, entro il termine di cui al comma 1, la Provincia territorialmente competente accerti che non sussistono i presupposti ed i requisiti richiesti, dispone, con provvedimento motivato, il divieto di inizio dell’attività in attesa che l’interessato provveda a conformare alla normativa vigente detta attività; a tal fine l’interessato è tenuto ad effettuare una nuova comunicazione di inizio di attività ai sensi e per gli effetti del comma 1, con la quale devono essere precisate le misure adottate per conformare l’attività alla normativa vigente.

4-bis. Ferma restando l'applicazione delle norme sanzionatorie di cui al titolo VI della parte quarta del presente decreto, in caso di inosservanza o mancato rispetto delle norme tecniche e delle condizioni di cui al comma 1, la Provincia territorialmente competente procede, secondo la gravità dell'infrazione:

a) alla diffida, stabilendo un termine entro il quale devono essere eliminate le inosservanze;

b) alla diffida e contestuale sospensione dell'attività per un tempo determinato, ove si manifestino situazioni di pericolo per la salute pubblica e per l'ambiente;

c) al divieto di prosecuzione dell’attività ed alla cancellazione dell’iscrizione in caso di mancato adeguamento alle prescrizioni imposte con la diffida e in caso di reiterate violazioni che determinino situazione di pericolo per la salute pubblica e per l'ambiente".

(Raccomandazione n. 24)

 

Raccomandazione non recepita

Art. 216

(Art. 1, dopo il co. 38)

 

All’art. 216 sopprimere i commi 9 e 10 e al comma 8, dopo le parole "disposizioni legislative vigenti a favore dell’utilizzazione dei rifiuti", inserire le parole "in via prioritaria in operazioni di riciclaggio e di recupero per ottenere materie, sostanze, oggetti, nonché".

(Raccomandazione n 25)

 

Raccomandazione recepita

Disciplina dei consorzi (artt. 220 e segg.)

 

(Articolo 1, co-39-41)

 

Occorre poi lavorare attentamente ad una revisione complessiva della normativa vigente, riflettendo sull'opportunità di non generare una incontrollata proliferazione di consorzi di recupero e riciclaggio, laddove - soprattutto per i consorzi di recupero degli imballaggi e di determinati flussi di rifiuti (batterie esauste, oli minerali usati, e simili) - vi è la forte preoccupazione che un proliferare incontrollato di soggetti, motivato dalla legittima aspirazione a superare situazioni di monopolio, possa indebolire piuttosto che rafforzare il sistema, soprattutto nell'attuale forma, che non prevede criteri di effettiva rappresentatività dell'eventuale nuovo soggetto consortile e di necessaria estensione del recupero all'intera tipologia del materiale trattato, con il conseguente rischio di produrre aumento dei costi delle strutture e delle gestioni, in una attività che non ha come fine il profitto d'impresa, ma il perseguimento di una finalità ambientale di preminente interesse pubblico, quale il recupero di un rifiuto; per superare l'alternativa rigida tra consorzio unico o proliferazione incontrollata di consorzi, si potrebbe probabilmente ipotizzare un sistema «misto», che attribuisca da una parte ad un solo consorzio per tipologia di prodotto la funzione «primaria» tale da garantire in ogni caso il raggiungimento degli obiettivi previsti dal legislatore nazionale e comunitario e, dall'altra, la possibilità di esistenza di ulteriori consorzi che ritenessero in ogni caso remunerativo, alle condizioni di mercato date e stante la presenza di un consorzio «primario», lo sviluppo di un'attività consortile di raccolta e recupero

(Condizione lett. k)

 

 

 

Si verifichi il possibile inserimento di un nuovo comma, modificativo dell'articolo 234 del decreto legislativo n. 152 del 2006, volto a rafforzare, eventualmente attraverso l'introduzione di un comma 1-bis, l'esclusione (attualmente contenuta in un inciso del comma 1) dai materiali che rientrano nell'ambito dell'attività dei consorzi per il riciclaggio dei rifiuti di beni in polietilene dei materiali e delle tubazioni in polietilene destinati all'edilizia, alle fognature e al trasporto di gas e acque, in quanto considerati beni durevoli; in proposito si auspica l'adozione in tempi rapidi del decreto di cui al comma 2, al fine di ulteriormente precisare e confermare tale esclusione. (Osservazione n. 23)

 

Con riferimento - più in generale - alla questione dell'assetto dei consorzi di recupero e riciclaggio, in coerenza con il recente documento conclusivo dell'indagine conoscitiva sull'industria del riciclo approvato dalla Commissione, andrebbe valutata con attenzione la possibilità di affinare il quadro degli strumenti esistenti all'interno del decreto legislativo n. 152 del 2006, anche mediante l'eventuale individuazione di ulteriori sedi di composizione dei conflitti, quale - ad esempio - una sede di arbitrato pubblico tra le parti in caso di contenzioso, che possa esaltare la capacità di un soggetto istituzionale di fare emergere gli obiettivi di salvaguardia ambientale e tutela della salute pubblica. (Osservazione n. 26)

 

Andrebbero, inoltre, verificate le possibili modifiche da apportare alle norme del decreto legislativo n. 152 del 2006 che impongono ai consorzi di riscrivere i propri statuti sulla base di specifici schemi contenuti in appositi decreti ministeriali, trattandosi di una scelta difficilmente comprensibile, tenuto conto del buon risultato degli statuti esistenti, per i quali è peraltro opportunamente prevista l'approvazione ministeriale, anche nel caso di loro successive modifiche. (Osservazione n. 27)

 

Valuti, inoltre, il Governo se non si rendano necessari interventi circa le incompatibilità previste dal decreto legislativo n. 152 del 2006 relativamente alla partecipazione degli amministratori dei consorzi di filiera al Consiglio di Amministrazione del CONAI, tenuto conto che proprio questa partecipazione ha, nel recente passato, favorito il pieno coinvolgimento dell'intero sistema consortile nelle scelte; in questo ambito, si richiama anche la questione - segnalata dagli operatori del settore del recupero - circa l'opportunità della presenza delle rappresentanze delle associazioni dei recuperatori all'interno degli organi direttivi dei consorzi stessi. (Osservazione n. 28)

 

Si verifichi la possibilità di introdurre nel testo un nuovo comma modificativo dell'articolo 220, comma 2, del decreto legislativo n. 152 del 2006, nel senso di inserire al citato comma 2, dopo la parola «comunitaria», i seguenti periodi: «Il CONAI e i consorzi di cui all'articolo 223 del presente decreto possono stipulare accordi e contratti di programma con le competenti Autorità dei Paesi extracomunitari per l'adozione delle misure e della documentazione necessaria a garantire e disciplinare la tracciabilità dei rifiuti e dei materiali secondari esportati, nonché il loro riciclo e recupero secondo le predette modalità. Tali accordi e contratti possono altresì avere ad oggetto la progettazione, la sperimentazione e lo sviluppo, nei Paesi extracomunitari, di sistemi di gestione integrata e valorizzazione dei rifiuti, nonché l'attuazione delle attività formative e di supporto necessarie a diffondere la conoscenza di tali sistemi, incluse le misure volte a favorire la promozione e diffusione dei beni e prodotti del riciclo. A tal fine, agli accordi possono aderire gli enti nazionali e internazionali competenti in materia di rapporti economici e commerciali». (Osservazione n. 29)

 

Modifica della disciplina in materia di consorzi dagli articoli 220 e seguenti del decreto legislativo n. 152 del 2006 secondo le seguenti indicazioni:

 1) all’art. 220,  comma 2, dopo la parola "comunitaria" aggiungere i seguenti periodi:

"I consorzi di cui all’art. 223 del presente decreto possono stipulare accordi e contratti di programma con le competenti autorità dei paesi extracomunitari per l’adozione delle misure e della documentazione necessaria a garantire e disciplinare la tracciabilità dei rifiuti e dei materiali secondari esportati, nonchè il loro riciclo e recupero secondo le predette modalità. Tali accordi e contratti possono altresì avere ad oggetto la progettazione, la sperimentazione e lo sviluppo, nei paesi extracomunitari, di sistemi di gestione integrata e valorizzazione dei rifiuti, nonché l’attuazione delle attività formative e di supporto necessarie a diffondere la conoscenza di tali sistemi, incluse le misure volte a favorire la promozione e diffusione dei beni e prodotti del riciclo. A tal fine agli accordi possono aderire gli enti nazionali e internazionali competenti in materia di rapporti economici e commerciali."

2) all’art. 221:

- al comma 3, lettera a), sopprimere le parole"anche in forma associata";

- al comma 4 sopprimere  l’ultimo periodo;

- al comma 5 al secondo periodo sostituire le parole: "A tal fine i produttori" con le parole: "Per ottenere il riconoscimento i produttori" e sostituire il primo periodo con i seguenti: "I produttori che non intendono aderire al Consorzio nazionale imballaggi e a un consorzio di cui all’articolo 223 devono presentare all’Osservatorio nazionale sui rifiuti il progetto del sistema di cui al comma 3, lettere a) o c) richiedendone il riconoscimento sulla base di idonea documentazione. Il progetto va presentato entro 90 giorni dall’assunzione della qualifica di produttore ai sensi dell’articolo 218, comma 1 ,lettera r) o prima del recesso da uno dei suddetti consorzi. Il recesso è, in ogni caso, efficace solo dal momento in cui,intervenuto il riconoscimento, l’Osservatorio accerti il funzionamento del sistema e ne dia comunicazione al Consorzio."

- al comma 10, lettera b) sostituire le parole: "gli oneri aggiuntivi"con le parole: "il corrispettivo per gli oneri".

 

3) all’articolo 223, sostituire il penultimo periodo del comma 2 con i seguenti: "Entro ventiquattro mesi dalla data di entrata in vigore della parte quarta del presente decreto, i consorzi già riconosciuti dalla previgente normativa adeguano il proprio statuto ai principi contenuti nel presente decreto ed in particolare a quelli di trasparenza, efficacia, efficienza ed economicità, nonché di libera concorrenza nelle attività di settore, ai sensi dell’articolo 221, comma 2. Nei consigli di amministrazione dei consorzi il numero dei consiglieri di amministrazione in rappresentanza dei riciclatori dei rifiuti d’imballaggio non può essere inferiore a quello dei consiglieri  di amministrazione in rappresentanza dei produttori di materiale vergine d’imballaggio. Lo statuto adottato da ciascun consorzio è trasmesso entro quindici giorni al Ministro dell’ambiente, della tutela del territorio e del mare che lo approva di concerto con il Ministro delle attività produttive, salvo motivate osservazioni cui i consorzi sono tenuti ad adeguarsi nei successivi sessanta giorni. Qualora i consorzi non ottemperino nei termini prescritti, le modifiche allo statuto sono apportate con decreto del Ministro dell’ambiente, della tutela del territorio e del mare, di concerto con il Ministro delle attività produttive."

4) all’art. 224:

- al comma 2 sostituire "ventiquattro mesi dalla data di entrata in vigore della parte quarta del presente decreto"con le parole "il 30 giugno 2008".

-  al comma 3, lettera c), sostituire le parole: "sulla base dei" con le parole "valutati i"

- al comma 3, lettera e), sostituire l’ultimo periodo con il seguente: "Ai consorzi che non raggiungono i singoli obiettivi di recupero è in ogni caso ridotta la quota del contributo ambientale ad essi riconosciuto dal Conai".

- all’inizio della lettera f) inserire le parole "indirizza e",

- alla lettera h) sostituire le parole: "i maggiori oneri per la raccolta differenziata" con le parole: "il corrispettivo per gli oneri della raccolta differenziata dei rifiuti di imballaggio"

- al comma 5:  

  -  sostituire la lettera a) con la seguente: "l’entità del corrispettivo per gli oneri della raccolta differenziata dei rifiuti di imballaggio, organizzata secondo criteri di economicità ed efficacia nel raggiungimento degli obiettivi fissati"

  - sopprimere la lettera c).

- al comma 8, la prima parte, fino al terzo periodo compreso, è sostituita dalla seguente: "Il contributo ambientale del Conai è utilizzato in via prioritaria per il ritiro degli imballaggi  primari o comunque conferiti al servizio pubblico e, in via accessoria, per l’organizzazione dei sistemi di raccolta, recupero e riciclaggio dei rifiuti di imballaggio secondari e terziari.  A tali fini, tale contributo è attribuito dal Conai, sulla base di apposite convenzioni, ai soggetti di cui all’articolo 223 con le modalità e nella misura definita dal proprio statuto."

- sostituire il comma 9 con il seguente:  "Il Conai provvede ai mezzi finanziari necessari per lo svolgimento delle proprie funzioni con i contribuiti dei consorziati, con una quota del contributo ambientale determinata per l’espletamento delle funzioni del presente titolo, nonché con altri contributi e proventi di consorziati e di terzi, compresi quelli dei soggetti di cui all’articolo 221, lettere a) e c), per le attività svolte in loro favore in adempimento alle prescrizioni di legge."

- il comma 11 è soppresso;

- il comma 12 è sostituito dal seguente: "In caso di mancata stipula dell’accordo di cui al comma 5, entro 90 giorni dall’entrata in vigore del presente decreto, il Ministro dell’ambiente della tutela del territorio e del mare invita le parti a trovare un’intesa entro 60 giorni,decorsi i quali senza esito positivo, provvede direttamente, d’intesa con Ministro dello sviluppo economico, a definire il corrispettivo di cui alla lettera a) del comma 5. L’accordo di cui al comma 5 è sottoscritto, per le specifiche condizioni tecniche ed economiche relative al ritiro dei rifiuti di ciascun materiale d’imballaggio, anche dal competente consorzio di cui all’articolo 223. Nel caso in cui  uno di questi consorzi non lo sottoscriva e/o non raggiunga le intese necessarie con gli enti locali per il ritiro dei rifiuti d’imballaggio, il Conai subentra nella conclusione delle convenzioni locali al fine di assicurare il raggiungimento degli obiettivi di recupero e di riciclaggio previsti dall’articolo 220."

5) all’articolo 233:

- modificare il titolo "Consorzi nazionali" in "Consorzio nazionale" ed al comma 1 sostituire le parole: "uno o più Consorzi"con le parole: "un Consorzio" e nelle parti successive la parola:  "Consorzi" con la parola: "Consorzio";

- sostituire il comma 2 con testo identico a quello sopraindicato in sostituzione del comma 2 dell’articolo 223;

- al comma 9 sopprimere le parole: "anche in forma associata".

6) all’articolo 234:

- modificare il titolo "Consorzi nazionali" in "Consorzio nazionale" e di conseguenza al comma 1 sostituire le parole: "sono istituiti uno o più consorzi "con le parole: "è previsto il consorzio" e nelle parti successive sostituire la parola: "Consorzi", con la parola: "Consorzio";

- al comma 6 sopprimere l’ultimo periodo da: "Resta altresì" fino a: "maturati nel periodo"

- al comma 7, lettera a ), sopprimere le parole: "anche in forma associata".

- sostituire il comma 3 con testo identico a quello proposto in sostituzione del comma 2 dell’articolo 223.

7) all’art. 235:

– modificare il titolo "Consorzi nazionali per la raccolta ed il trattamento delle batterie al piombo esauste e dei rifiuti piombosi" in "Consorzio nazionale per la raccolta ed il trattamento delle batterie al piombo esauste e dei rifiuti piombosi" e le corrispondenti citazioni di "Consorzi" in "Consorzio";

- sostituire il comma 2 con testo identico  a quello sostitutivo del comma 2 dell’articolo 223;

- al comma 10 inserire: "All’articolo 9-quinquies del decreto legge 9 settembre 1988 n. 397 convertito, con modificazioni, dalla legge 9 novembre 1988, n. 475, il comma 7 è sostituito dal presente comma: "Al fine di assicurare al consorzio i mezzi finanziari per lo svolgimento dei propri compiti è istituito un sovrapprezzo di vendita delle batterie in relazione al contenuto a peso di piombo da applicarsi da parte di tutti i  produttori e gli importatori che immettono le batterie al piombo nel mercato italiano, con diritto di rivalsa sugli acquirenti in tutte le successive fasi della commercializzazione. I produttori e gli importatori verseranno direttamente al consorzio i proventi del sovrapprezzo";

- al comma 15 inserire: "Il comma 3 dell’articolo 9-quinquies del decreto legge 9 settembre 1988 n. 397 convertito, con modificazioni, dalla legge 9 novembre 1988, n. 475 è sostituito dal seguente: "3. Al consorzio, che è dotato di personalità giuridica di diritto privato senza scopo di lucro, partecipano:    le imprese che effettuano il riciclo delle batterie al piombo esauste e dei rifiuti piombosi mediante la produzione di piombo secondario raffinato od in lega; le imprese che svolgono attività di fabbricazione ovvero di importazione di batterie al piombo;le imprese che effettuano la raccolta delle batterie al piombo esauste e dei rifiuti piombosi; le imprese che effettuano la sostituzione e la vendita delle batterie al piombo.";

- al comma 16 inserire: "Dopo il comma 3 dell’articolo 9-quinquies del decreto legge 9 settembre 1988 n. 397 convertito, con modificazioni, dalla legge 9 novembre 1988, n. 475 è inserito il seguente:"3.bis. Nell'ambito di ciascuna categoria le quote di partecipazione da attribuire ai singoli soci sono determinate come segue:

a) per le imprese di riciclo di cui alla lettera a) del comma 3 sono determinate in base al rapporto fra la capacità produttiva di piombo secondario del singolo soggetto Consorziato e quella complessiva di tutti i Consorziati appartenenti alla stessa categoria;

b) per le imprese che svolgono attività di fabbricazione, ovvero d’importazione delle batterie al piombo, sono determinate sulla base del sovrapprezzo versato al netto dei rimborsi;

c) le quote di partecipazione delle imprese e loro associazioni di cui alle lettere c) e d) del comma 3 del presente articolo sono attribuite alle associazioni nazionali dei raccoglitori di batterie al piombo esauste, in proporzione ai quantitativi conferiti al Consorzio dai rispettivi associati, e alle associazioni dell’artigianato che installano le batterie di avviamento al piombo."

8) all’art. 236:

- sostituire nel titolo le parole: "Consorzi nazionali"con le parole: "Consorzio nazionale" ed al comma 1 sopprimere le parole "o ad uno dei Consorzi costituiti ai sensi del comma 2" e ,di conseguenza  nel testo sostituire la parola "Consorzi"con la parola "Consorzio"

- sostituire il comma 2 con testo identico a quello sopra indicato come sostitutivo del comma 2 dell’art. 223;

- sopprimere il primo periodo del comma 3 ed i commi 14 e 15. 

9) all’art. 256,  al comma 8, sopprimere il periodo: "Sino all’adozione del decreto di cui all’art. 234, comma 2, le sanzioni di cui al presente comma non sono applicabili ai soggetti di cui al medesimo articolo 234".

10) all’art. 265, al comma 5, sono soppresse le parole: "in conformità agli schemi tipo di statuto approvati dai medesimi Ministri".

(Condizione e)

Condizioni e osservazioni non recepite

Art. 1, co. 44

(art. 264)

Con riferimento al ripristino del tributo provinciale per le funzioni di tutela ambientale, si individuino forme di un coordinamento tra tale disposizione e l'articolo 238 istitutivo di una nuova tariffa per la gestione dei rifiuti urbani, eventualmente attraverso una novella a tale ultima disposizione (Osservazione n. 24)

 

Osservazione non recepita

Art. 266

(Art. 1, dopo il co. 45)

 

All’art. 266, alla fine del comma 7,  aggiungere le parole : " nel rispetto delle disposizioni comunitarie in materia" (Raccomandazione n. 26)

 

Raccomandazione recepita

Allegati

(Art. 1, dopo il co. 45)

 

Modificare gli allegati secondo le seguenti indicazioni:

- all’allegato C eliminare la voce R14, che non è prevista nella direttiva europea;

- l’allegato D(CER), che  contiene imprecisioni formali, dovrebbe essere redatto in un nuovo testo sulla base della decisione 2000/532/CE;

- l’allegato F, che contiene alcuni errori, dovrebbe essere redatto in un nuovo testo sulla base dell’allegato alla Direttiva 94/62/CE sugli imballaggi

(Raccomandazione n. 27)

Accolta solo la parte della raccomandazione Senato relativa all’allegato C

(Art. 2, co. 42-ter)

Art. 1, dopo il co. 46

Valuti il Governo l'opportunità di prevedere - al fine di rafforzare la tutela del territorio e la sicurezza di cittadini da possibili incidenti nell'ambito dell'attività di recupero e riciclaggio di rifiuti derivanti dalla lavorazione di pneumatici - l'introduzione, nell'ambito del decreto legislativo n. 152 del 2006, di specifiche disposizioni per la fissazione di limiti massimi allo stoccaggio di scarti di pneumatici e per l'introduzione dell'obbligo di copertura degli stessi, con materiale ignifugo e impermeabile, in ogni fase di trasporto e di deposito ai fini dello stoccaggio. (Osservazione n. 25)

 

Osservazione Camera  non recepita

 

Si segnala che un ulteriore aspetto da verificare - anche in virtù degli elementi emersi nel corso della richiamata indagine conoscitiva sull'industria del riciclo - riguarda l'eventuale valorizzazione di quelle attività, connesse al ciclo di recupero dei materiali, che favoriscono il risparmio energetico e, in particolare, la riduzione delle emissioni di gas a effetto serra, non sembrando da escludere la possibilità che, a seguito di una verifica seria e analitica dei dati, si studi il possibile inserimento di tali attività virtuose all'interno dei parametri per il riconoscimento delle incentivazioni previste dalla normativa vigente per le fonti rinnovabili e, nello specifico, per l'eventuale emissione di «certificati bianchi» (Osservazione n. 30)

 

Osservazione Camera  non recepita

 

Si raccomanda al Governo di individuare, così come indicato nella risoluzione del Parlamento europeo del 13 febbraio 2007, le modalità migliori per assicurare la pronta presentazione di misure concrete per promuovere le attività di riutilizzo, nel cui ambito inserire - tra l'altro - la modifica della normativa relativa ai cosiddetti «acquisti verdi», di cui al decreto n. 203 del 2003 (che risulta ad oggi - di fatto - inapplicabile), rafforzando il principio della tracciabilità delle singole filiere di prodotti provenienti dalle attività di raccolta differenziata (Osservazione n. 31)

 

Osservazione Camera  non recepita

 

Valuti, altresì, il Governo l'opportunità di coordinare - ove necessario - i contenuti del decreto legislativo n. 152 del 2006 con le disposizioni previste dal regolamento (CE) n. 1907/2006 (cosiddetto regolamento «REACH»), che disciplina la registrazione, la valutazione, l'autorizzazione e la restrizione delle sostanze chimiche (Osservazione n. 32)

 

 

 

Considerato che la normativa vigente prevede l'obbligatoria assenza di formaldeide e fenoli nelle materie prime secondarie in carta prodotte dalle attività di recupero, con ciò rendendo - di fatto - impossibile il riutilizzo della carta da macero, occorre fissare - sulla base delle indicazioni scientifiche oggi disponibili e in applicazione del principio di precauzione - limiti massimi di presenza di formaldeide nella carta recuperata, in grado di escludere con assoluta certezza qualsiasi rischio per la salute umana e, tuttavia, in una percentuale comunque superiore ai limiti di presenza di tale sostanza previsti per la carta vergine; a tale scopo, valuti il Governo la possibilità di introdurre anche una apposita modifica alla lettera b) del punto 1.1.3 del Suballegato I, Allegato I, del decreto ministeriale 5 febbraio 1998 (Osservazione n. 33)

Alla lettera b) del punto 1.1.3 del suballegato 1, allegato 1,  del decreto ministeriale 5 febbraio del 1998 modificare con "formaldeide non superiore allo 0,1% in peso" (Raccomandazione n. 9)

Osservazione Camera e raccomandazione Senato non recepite

 

Sempre con riferimento al citato decreto ministeriale 5 febbraio 1998, appare altresì opportuno provvedere alla correzione di un evidente errore formale relativo al limite massimo di concentrazione di PCB consentito ai fini dello svolgimento delle operazioni di rifiuti pericolosi in regime semplificato, contenuto al punto 3.2.2 del Suballegato I, Allegato I, il quale è fissato in 25 parti per miliardo, anziché - come sembrerebbe corretto - in 25 parti per milione (Osservazione n. 34)

 

Osservazione Camera non recepita

Bonifiche e danno ambientale

Va rivista - attraverso una ampia e approfondita collaborazione tra Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e Ministero dello sviluppo economico - la disciplina complessiva della normativa di cui al titolo V, parte IV, del decreto legislativo n. 152 del 2006, in materia di bonifica dei siti contaminati (che vada oltre il contenuto delle disposizioni di cui ai commi 43 e 45 dell'articolo 1 dello schema di decreto in esame), garantendo, in particolare, la coerenza con la disciplina del «danno ambientale» e con quella della tutela delle acque, nonché tenendo conto della normativa europea in materia e della futura direttiva comunitaria per la protezione dei suoli, anche anticipandone alcuni contenuti. Si segnala, in sostanza, la necessità di non limitarsi ad un regime transitorio, ma di stabilire un regime certo per le bonifiche dei siti inquinati, il quale, in ossequio ai criteri di coerenza con le direttive comunitarie e con il necessario carattere unitario, coordinato e integrato, della normativa ambientale, superi i due diversi e paralleli regimi giuridici per le bonifiche e per il danno ambientale attualmente disciplinati dal decreto legislativo n. 152 e disponga, al contrario, una effettiva integrazione fra queste due parti. In questo contesto, peraltro, si potranno approfondire i seguenti aspetti: accertare le diverse posizioni del responsabile della contaminazione e del soggetto interessato e/o proprietario dell'area non responsabile della contaminazione; indicare soluzioni appropriate alle attuali problematiche operative attinenti alle attività in esercizio ricadenti su aree interessate da interventi di bonifica; valorizzare e rafforzare le semplificazioni amministrative previste nello stesso decreto legislativo n. 152 del 2006; garantire una maggiore articolazione del periodo transitorio; favorire e incentivare, anche sotto il profilo finanziario, gli interventi di bonifica di siti contaminati da realizzare - anche mediante appositi accordi di programma - nelle aree finalizzate alla deindustrializzazione. (Condizione lett. l)

Siano adottate norme che disciplinino le responsabilità e gli obblighi per la bonifica dei siti contaminati unitamente alla prevenzione, riparazione e  risarcimento del danno ambientale, prevedendo in particolare che chiunque cagioni un danno ambientale o una minaccia imminente di tale danno con il proprio comportamento commissivo o omissivo, sia obbligato a provvedere a proprie spese alle necessarie misure di prevenzione, di messa in sicurezza operativa e di riparazione delle risorse naturali, e ove non provveda nei tempi e con le modalità stabilite dalle presenti norme, sia obbligato al risarcimento del danno ambientale.

Siano inoltre adottate  definizioni, integrate e coordinate, che comprendano in particolare:

- danno ambientale: il mutamento negativo misurabile di una risorsa naturale o un deterioramento misurabile di un servizio di una risorsa naturale, diretto o indiretto,

-minaccia imminente di danno ambientale: il rischio sufficientemente probabile che si verifichi un danno ambientale in un futuro prossimo;

- danno ambientale alle specie e agli habitat naturali protetti: qualsiasi danno che produca significativi effetti negativi sul raggiungimento o il mantenimento di uno stato di conservazione favorevole di tali specie e habitat. L'entità di tali effetti è da valutare in riferimento alle condizioni originarie, tenendo conto dei criteri enunciati in apposito allegato (I).  Il danno alle specie e agli habitat naturali protetti non comprende gli effetti negativi preventivamente identificati derivanti da un atto di un operatore espressamente autorizzato dalle autorità competenti, secondo le norme di attuazione dell'articolo 6, paragrafi 3 e 4 o dell'articolo 16 della direttiva 92/43/CEE o dell'articolo 9 della direttiva 79/409/CEE oppure, in caso di habitat o specie non contemplati dal diritto comunitario, secondo le disposizioni della legislazione nazionale sulla conservazione

della natura aventi effetto equivalente.

- danno ambientale alle acque:  qualsiasi danno che incida in modo significativamente negativo sullo stato ecologico, chimico o quantitativo o sul potenziale ecologico delle acque interessate, quali definiti nella parte terza del presente decreto che attua la direttiva 2000/60/CE, ad eccezione degli effetti negativi cui si applica l'articolo 4, paragrafo 7 di tale direttiva; a tal fine, qualora il fatto lesivo consista nell’inquinamento di un sito:

1. I valori di concentrazione soglia di contaminazione (CSC) delle acque individuano i limiti massimi accettabili dello stato chimico di un corpo idrico che caratterizzano l’obiettivo di qualità "buono" in relazione alla specifica destinazione d’uso delle acque, salvo l’obbligo di ripristino dello stato ecologico, quantitativo e del potenziale ecologico

2. i valori di concentrazione soglia di rischio (CSR) individuano i livelli massimi di contaminazione compatibili con le esigenze di tutela della salute da conseguire prioritariamente in attesa del ripristino delle acque interessate

-danno ambientale al terreno: qualsiasi contaminazione del terreno che crei un rischio significativo di effetti negativi sulla salute umana a seguito dell'introduzione diretta o indiretta nel suolo, sul suolo o nel sottosuolo di sostanze, preparati, organismi o microrganismi; a tal fine, sono esclusi rischi significativi per la salute se i livelli di contaminazione del terreno sono inferiori ai valori di concentrazione soglia di rischio (CSR)

- concentrazioni soglia di contaminazione (CSC): i livelli di contaminazione delle matrici ambientali, individuati in apposito allegato (II), che costituiscono:

1. i valori di concentrazione del terreno al di sopra dei quali è necessaria la caratterizzazione del sito e l’analisi di rischio sito specifica per individuare le concentrazioni soglia di rischio (CSR)

2. i valori di concentrazione massimi accettabili per qualificare "buono" lo stato di qualità delle acque superficiali e sotterranee con riferimento alla specifica destinazione delle medesime, oltre i quali è necessario procedere alle necessarie misure di riparazione, fatte salve le eccezioni stabilite dall’articolo 4, paragrafo 7 di tale direttiva.

- concentrazioni soglia di rischio (CSR): i livelli di contaminazione delle matrici ambientali che costituiscono i valori di concentrazione massimi accettabili di sostanze inquinanti presenti nelle matrici ambientali, determinati caso per caso con la procedura di analisi di rischio sito specifica secondo i principi illustrati nell’apposito allegato (III ), entro i quali sono esclusi rischi significativi di effetti nocivi per la salute umana, salvi gli obblighi di riparazione delle acque e delle altre risorse naturali danneggiate.

- sito potenzialmente contaminato: un sito nel quale permane una minaccia imminente di danno ambientale a causa di un’emissione che ha determinato un probabile superamento di uno o più valori di concentrazione soglia di contaminazione del terreno e un probabile danno, diretto o indiretto, alle altre risorse naturali e alle funzioni svolte da tali risorse.

- sito contaminato: un sito nel quale le risorse naturali hanno dubito un danno ambientale a causa di un’emissione;

- sito non contaminato: un sito nel quale i livelli di contaminazione del terreno sono inferiori ai valori di concentrazione soglia di rischio (CSR) e le sostanze inquinanti non hanno causato, direttamente o indirettamente, danni alle acque superficiali e sotterranee o alle altre risorse, oppure un sito nel quale sono stati effettuati e ultimati i necessari interventi di riparazione delle risorse naturali.

- misure di messa in sicurezza operativa: le misure transitorie che accompagnano l’esecuzione delle operazioni di caratterizzazione e di riparazione, e sono adottate al fine di limitare i danni alle risorse naturali interessate dalle conseguenze del fatto lesivo o prevenire ed eliminare rischi per la salute in attesa dell’esecuzione e del completamento degli interventi di riparazione. Tali misure consistono in interventi atti a contenere la diffusione delle sorgenti primarie di contaminazione, ad impedirne il contatto con le altre matrici ambientali ed a rimuoverle, nonché a prevenire rischi sanitari, e devono essere accompagnate da idonei piani di monitoraggio e controllo per verificarne l'efficacia in relazione ai tempi e modalità di esecuzione degli interventi di ripristino.

- misure di riparazione: qualsiasi azione o combinazione di azioni, tra cui misure di attenuazione o provvisorie dirette a riparare, risanare o sostituire risorse naturali e servizi naturali danneggiati, oppure a fornire un'alternativa equivalente a tali risorse o servizi, individuate e determinate nel rispetto dei principi, criteri e modalità stabiliti negli allegati ( I e  IV);

- condizioni originarie: le condizioni, al momento del danno, delle risorse naturali e dei servizi che sarebbero esistite se non si fosse verificato il danno ambientale, stimate sulla base delle migliori informazioni disponibili;

- ripristino, compreso il ripristino naturale:

1. nel caso dell'acqua il ritorno delle risorse naturali e dei servizi danneggiati alle condizioni originarie, o, per lo stato chimico, almeno allo stato di qualità "buono" in relazione alla specifica destinazione d’uso;

2. nel caso delle specie e degli habitat naturali protetti ritorno delle risorse naturali e dei servizi danneggiati alle condizioni originarie;

3. nel caso di danno al terreno, l'eliminazione di qualsiasi rischio significativo di causare effetti nocivi per la salute umana.

- bonifica: gli interventi di riparazione del terreno che possono consistere nella rimozione delle fonti di contaminazione, nella eliminazione delle concentrazioni di contaminazione del suolo e del sottosuolo, o nella riduzione delle concentrazioni di contaminazione del suolo e del sottosuolo a valori almeno uguali o inferiori ai valori delle concentrazioni soglia di rischio (CSR); gli interventi di bonifica sono accompagnati da misure di sicurezza e da piani di monitoraggio necessari per garantire un elevato livello  di tutela della salute, nonché dalle misure di riparazione richieste per il ripristino delle acque e delle altre risorse naturali eventualmente danneggiate, e, ove necessario, da interventi di riqualificazione ambientale e paesaggistica.

- misure di messa in sicurezza permanente: l'insieme degli interventi di riparazione del terreno atti a isolare in modo definitivo le fonti inquinanti presenti nel terreno dalle altre matrici ambientali circostanti, al fine di escludere rischi significativi per la tutela della salute delle persone. Gli interventi di messa in sicurezza permanenza sono accompagnati da piani di monitoraggio e controllo, e adeguate misure d sicurezza.

- misure di sicurezza: le limitazioni d'uso rispetto alle previsioni degli strumenti urbanistici.

- riqualificazione ambientale e paesaggistica: gli interventi, anche costituenti complemento degli interventi di bonifica o messa in sicurezza permanente, che consentono di recuperare il sito alla effettiva e definitiva fruibilità per la destinazione d'uso conforme agli strumenti urbanistici, nel rispetto delle eventuali limitazioni d’uso stabilite da misure di sicurezza.

Sia stabilito altresì che quando un danno ambientale non si è ancora verificato, ma esiste una minaccia imminente che si verifichi, l’operatore adotti, senza indugio, le misure di prevenzione necessarie.

Sia stabilito inoltre che quando la minaccia imminente di danno ambientale persiste nonostante le misure di prevenzione adottate o si è verificato un danno ambientale, il responsabile del fatto potenzialmente lesivo debba informare, con apposita comunicazione, il comune, la provincia, la regione o la provincia autonoma, nel cui territorio si trova la risorsa naturale oggetto del fatto lesivo, di tutti gli aspetti pertinenti della situazione. La comunicazione precisa, in particolare, il fatto, l’azione o l’omissione che ha determinato il danno ambientale o la minaccia imminente di danno ambientale, le caratteristiche del sito interessato, le matrici ambientali presumibilmente coinvolte, la descrizione delle misure di prevenzione adottate e l’indicazione delle ulteriori misure di prevenzione eventualmente necessarie, al fine di controllare, circoscrivere, eliminare o gestire in altro modo, con effetto immediato, la contaminazione e qualsiasi altro fattore di danno, nonché al fine di limitare e prevenire il danno o ulteriori danni ambientali ed effetti nocivi per la salute umana.

Sia stabilito altresì che qualora l’indagine preliminare accerti che i livelli di contaminazione del terreno sono inferiori ai valori di concentrazione soglia di contaminazione (CSC) e non hanno causato, direttamente o indirettamente, danni ambientali alle altre risorse naturali, l’operatore  ne dia immediata notizia al comune ed alla provincia competenti per territorio con apposita autocertificazione, provvedendo a completare le misure di prevenzione e ad adottare le altre misure di prevenzione e di monitoraggio eventualmente previste o richieste dalla competente autorità, nei tempi dalla medesima stabiliti, nonché ad effettuare gli interventi di riqualificazione ambientale e paesaggistica eventualmente necessari. L’autocertificazione  conclude il procedimento di notifica, ferme restando le attività di verifica e di controllo da parte dell’autorità competente.

Se non ricorrono le condizioni precedentemente indicate, l’operatore deve presentare al comune, alla provincia e alla regione competenti per territorio il piano di caratterizzazione e indagine definitiva per determinare le conseguenze del fatto lesivo sulle risorse naturali tutelate,che viene approvato dalla  regione territorialmente competente. Se dai risultati della caratterizzazione e delle indagini definitive risulta che le concentrazioni soglia di contaminazione del terreno (CSC) non sono superate e che non si sono verificati danni alle acque ed alle altre risorse naturali, si conclude il procedimento di notifica.  Se dai risultati della caratterizzazione e delle indagini definitive risulta che i livelli di contaminazione del terreno sono superiori ai valori di concentrazioni soglia di contaminazione (CSC) o che la contaminazione ha causato, direttamente o indirettamente, un danno ambientale alle altre risorse naturali, il responsabile del fatto lesivo deve:

a. applicare al sito, sulla base dei risultati della caratterizzazione, la procedura di analisi di rischio sito specifica secondo  criteri definiti al fine di determinare le concentrazioni soglia di rischio (CSR);

b. individuare le misure di messa in sicurezza operativa necessarie per eliminare i rischi sanitari causati dall’eventuale superamento dei valori di concentrazione soglia di rischio (CSR) in attesa dell’approvazione e esecuzione delle misure di riparazione per il ripristino delle risorse naturali risultate danneggiate;

c. predisporre il progetto delle misure di riparazione per il ripristino delle risorse naturali danneggiate.

Sia stabilito altresì che se i livelli di contaminazione del terreno sono inferiori ai valori di concentrazione soglia di rischio (CSR)  e la contaminazione non ha causato danni ambientali alle acque e alle altre risorse naturali, il procedimento di notifica  si conclude con l’approvazione del documento di analisi di rischio e dei risultati positivi. Se all’esito dell’analisi di rischio i livelli di contaminazione del terreno risultano superiori ai valori di concentrazione soglia di rischio (CSR), ma il piano di caratterizzazione e indagine definitiva esclude danni alle acque ed alle altre risorse naturali, il documento di analisi di rischio è accompagnato dal piano delle misure di riparazione del terreno integrato con un piano di monitoraggio , dall’individuazione delle eventuali misure di messa in sicurezza operativa necessarie per assicurare la tutela della salute in attesa del completamento degli interventi di ripristino e riqualificazione ambientale e paesaggistica. Se all’esito dell’analisi di rischio i livelli di contaminazione del terreno risultano superiori ai valori di concentrazione soglia di rischio (CSR) e dal piano di caratterizzazione e indagine definitiva risultano danni ambientali alle acque ed alle altre risorse naturali, il documento di analisi di rischio è accompagnato dal piano delle misure di riparazione del terreno e delle altre risorse naturali nonché dall’individuazione delle misure di messa in sicurezza operativa necessarie per assicurare in via immediata la tutela della salute in attesa del completamento degli interventi di ripristino e riqualificazione ambientale e paesaggistica. Qualora i livelli di contaminazione del terreno siano inferiori ai valori soglia di contaminazione (CSC) ma si sono comunque determinati danni ambientali alle acque e alle altre risorse naturali,   il responsabile del fatto lesivo è tenuto a predisporre il progetto delle misure di riparazione necessarie e ad individuare tutte le misure di messa in sicurezza operativa necessarie per eliminare rischi per la salute in attesa dell’esecuzione e del completamento degli interventi di ripristino.  Il progetto delle misure di riparazione é predisposto  con l’indicazione delle eventuali misure di messa in sicurezza operativa e dei piani di monitoraggio da adottare per la tutela della salute. In tal caso il procedimento di notifica si conclude con la certificazione rilasciata dalla Provincia che attesta l’avvenuta attuazione delle misure di riparazione previste dal progetto. Il documento di analisi di rischio e il progetto delle misure di riparazione, completi della necessaria documentazione, sono trasmessi alla regione, alla provincia e al comune territorialmente competenti entro sessanta giorni dall’approvazione dei risultati delle caratterizzazione e sono approvati dalla regione nei successivi sessanta giorni, previo parere dell’ARPA. La regione può sospendere i termini di approvazione se risultano necessari integrazioni documentali o approfondimenti; tale termine può essere interrotto per una sola volta con atto adeguatamente motivato  che assegna un congruo termine per l’adempimento e ricomincia a decorrere dalla ricezione delle integrazioni richieste. Con il provvedimento di approvazione del documento di analisi di rischio e del progetto delle misure di riparazione sono stabiliti i termini iniziale e finale e le eventuali prescrizioni per l’esecuzione delle attività e degli interventi previsti, ed è fissata l’entità delle garanzie finanziarie, in misura non superiore al cinquanta per cento del costo stimato dell’intervento, che devono essere prestate in favore della regione per l’esecuzione ed il completamento degli interventi di messa in sicurezza operativa e di riparazione.  Per l’approvazione del piano di caratterizzazione, dei risultati della caratterizzazione, del documento di analisi di rischio, delle misure di messa in sicurezza operativa e del progetto delle misure di riparazione la regione convoca apposita Conferenza di Servizi ai sensi degli articoli 14, 14-ter e 14-quater della legge n. 241 del 1990, e successive modifiche e integrazioni. I provvedimenti di approvazione del piano di caratterizzazione, del documento di analisi di rischio, delle misure di messa in sicurezza operativa e del progetto delle misure di riparazione sostituiscono ogni altra autorizzazione, concessione, concerto, intesa, nulla osta e assenso, comunque denominati, da parte della pubblica amministrazione, per l’esecuzione delle opere e degli interventi previsti dal piano e progetto medesimi, ai sensi e nei limiti di cui all’articolo 14-ter, comma 9, della legge n. 241 del 1990. Nei siti con attività in esercizio gli interventi di caratterizzazione e di ripristino sono progettati ed attuati secondo modalità e tempi compatibili con la prosecuzione di dette attività e sono accompagnati dalle misure di messa in sicurezza operativa necessarie per garantire la sicurezza delle persone che operano nel sito.

 Con riferimento al ripristino dei terreni e delle acque  danneggiati da contaminazioni  antecedenti al 30 aprile 2007, sia stabilito che per i siti contaminati o potenzialmente contaminati da eventi che si sono verificati prima del 30 aprile 2007 ,fermo restando l’obbligo di progettare ed adottare tutte le misure di prevenzione e di messa in sicurezza operativa,  il responsabile dell’inquinamento  o il proprietario del sito, il gestore del sito o altro soggetto interessato al ripristino del sito, possono stipulare  apposito accordo di programma con l’autorità competente per disciplinare:

a) il coordinamento della elaborazione ed esecuzione dei piani di caratterizzazione; 

b) l’elaborazione di un progetto unitario di ripristino del sito, con particolare riferimento alle misure di riparazione delle acque;

c) il coordinamento delle misure di riparazione delle acque  con gli interventi previsti e programmati da parte delle pubbliche amministrazioni per conseguire gli obiettivi di qualità;

d) le eccezioni all’adozione delle misure di riparazione o ai relativi tempi di attuazione;

e) le misure di monitoraggio e controllo;

f) le risorse economiche che i soggetti obbligati o interessati agli interventi di riparazione intendono impegnare e gli eventuali finanziamenti pubblici.

Con riferimento ai siti di interesse nazionale, sia stabilito che gli accordi di programma sono stipulati con il Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, con il Ministero della salute, con il Ministero dello sviluppo economico e con la regione, la provincia e il comune territorialmente competenti. Gli interventi di riparazione del terreno e delle acque effettuati nei tempi e con le modalità stabilite dal relativo progetto approvato dall’autorità competente costituiscono adempimento degli obblighi di riparazione e risarcimento del danno ambientale.

Con riferimento ai siti di preminente interesse pubblico per la riconversione industriale, sia stabilito che con decreto del Ministro per lo sviluppo economico sono individuati i siti che rivestono preminente interesse pubblico  ai fini dell’attuazione di programmi ed interventi di riconversione industriale e di sviluppo economico produttivo, contaminati  da eventi antecedenti al 30 aprile 2007 ,anche non compresi nel Programma nazionale di bonifica di cui al decreto ministeriale 18 settembre 2001, n. 468 e successive modifiche ed integrazioni. In tali siti  sono attuati progetti di  riparazione dei terreni e delle acque contaminati assieme ad interventi mirati allo sviluppo economico produttivo, elaborati ed approvati, entro dodici mesi, sulla base di appositi accordi di programma stipulati tra i proprietari delle aree comprese nei siti medesimi, il Ministro per lo sviluppo economico, il Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, e il Presidente della regione territorialmente competente, sentiti il Presidente della provincia e il sindaco del Comune territorialmente competente. Gli accordi di programma disciplinano in particolare il coordinamento delle risultanze delle caratterizzazioni, l’elaborazione del progetto di bonifica del terreno e di riparazione delle acque del sito secondo modalità che assicurano un intervento coordinato ed unitario da parte di tutti i proprietari sul terreno, suolo e sottosuolo, e sulle acque superficiali e sotterranee interessate,gli obiettivi degli interventi di bonifica del terreno e riparazione delle acque, fissati sulla base di criteri stabiliti , i relativi obblighi dei proprietari, le iniziative e le azioni che le pubbliche amministrazioni si impegnano ad assumere ed a finanziare,nonché gli obiettivi di reindustrializzazione e di sviluppo economico produttivo e il piano economico finanziario degli investimenti da parte di ciascuno dei proprietari delle aree comprese nel sito contaminato al fine di conseguire detti obiettivi e l’eventuale costituzione di consorzi pubblici o a partecipazione mista per l’esecuzione delle citate attività.  Gli interventi nei citati siti contaminati devono conseguire i seguenti obiettivi e devono essere attuati in base ai seguenti principi:

a. le fonti di contaminazione del terreno devono essere eliminate o confinate, e le concentrazioni di contaminazione del terreno devono essere ridotte entro i valori limite di cui all’apposita tabella a cura e spese dei proprietari delle aree comprese nel sito contaminato. Al fine di eliminare il rischio di causare effetti nocivi per la salute umana e per l’ambiente, i valori limite di concentrazione da conseguire devono essere individuati dal progetto tenendo conto delle caratteristiche e della funzione del terreno, del tipo e della concentrazione delle sostanze inquinanti, dei rischi e della possibilità di dispersione, con particolare riferimento all’inquinamento delle acque sotterranee e superficiali, e delle eventuali misure di sicurezza o misure di messa in sicurezza permanente adottate;

b. con riferimento alla contaminazione delle acque, i proprietari delle aree comprese nel sito contaminato devono effettuare interventi idonei ad eliminare qualsiasi rischio significativo di effetti nocivi per la salute umana riducendo  la concentrazione della contaminazione ai valori limite di cui all’apposita tabella, e,  ove necessario, attuando anche adeguate misure di messa in sicurezza operativa. In ogni caso, i suddetti interventi devono essere funzionali e non devono recare pregiudizio agli interventi ed alle misure programmati e previsti dalle competenti autorità amministrative per conseguire gli obiettivi di qualità ambientale e per specifica destinazione.

c. gli interventi di bonifica dei terreni e di riparazione delle acque da parte dei proprietari devono essere accompagnati da azioni idonee a compensare l’eventuale perdita temporanea di risorse e servizi naturali causata dall’inquinamento delle acque o a disporre le eventuali misure complementari individuate con decreto  del Ministero  dell’ambiente di concerto con il Ministero dello sviluppo economico.

d. la pubblica amministrazione,individua ed attua le misure e le azioni idonee a conseguire gli obiettivi di qualità ambientale e per specifica destinazione delle acque.

 L’attuazione da parte dei privati degli impegni assunti con l’accordo di programma costituisce anche attuazione degli obblighi di cui alla direttiva 2004/35/CE e delle relative  disposizioni di attuazione.  Con decreto del Ministro della sanità di concerto con il Ministro dell’ambiente e con il Ministro dello sviluppo economico sono definiti i criteri e le modalità di accertamento del conseguimento degli obiettivi di bonifica, nonché i criteri  a cui l’ATO deve attenersi per individuare la limitazione dell’ uso delle risorse idriche. In caso di mancata partecipazione al procedimento di uno o più proprietari gli interventi sono progettati ed effettuati d’ufficio dalle amministrazioni che hanno diritto di rivalsa nei confronti di detti proprietari per tutti i costi sostenuti; a tal fine il credito vantato dall’amministrazione costituisce onere reale ed è assistito da privilegio speciale immobiliare  La stessa disciplina si applica anche qualora il proprietario non adempia a tutte le obbligazioni assunte in base all’accordo di programma, con particolare riferimento alle modalità ed ai tempi di esecuzione degli interventi di bonifica dei terreni e di riparazione delle acque ed alla corretta attuazione del piano finanziario degli investimenti approvato con l’accordo di programma medesimo. Nel caso in cui l’accordo di programma non sia stipulato entro il termine di dodici mesi, gli interventi di bonifica e riparazione da attuare e il piano economico finanziario degli investimenti per la riconversione industriale e lo sviluppo economico produttivo del sito, sono rimessi alla decisione del Consiglio dei ministri,  che si pronuncia entro i tre mesi successivi alla scadenza del predetto termine.

 Si introduca altresì una disciplina per i centri di eccellenza per le bonifiche, prevedendo di promuovere la realizzazione di "Centri di eccellenza"per la ricerca,la sperimentazione e lo sviluppo di metodologie e tecniche avanzate per la bonifica e la messa in sicurezza dei siti contaminati,sulla base di linee guida definite dall’Apat, con accordi di programma del Ministero dell’ambiente, di quello dello sviluppo e di quello della ricerca, con università ed enti di ricerca  e con la partecipazione di regioni ed enti locali. Tali  "Centri di eccellenza", riconosciuti ed iscritti in apposito registro presso l’Apat, oltre a promuovere la ricerca e la diffusione delle buone pratiche e delle migliori tecnologie disponibili, rilasciano certificazione di tecniche e metodologie di bonifica, su richiesta dei soggetti privati o pubblici interessati (condizione f)

Il comma 43 del primo testo trasmesso recava la soppressione dell’Allegato 1 al Titolo V della Parte IV (recante i criteri per l’analisi di rischio) e il comma 45 recava una disciplina transitoria per i procedimenti di bonifica e ripristino ambientale in corso.

 

Il nuovo testo invece:

§    modifica l’allegato nella definizione del punto di conformità per le acque sotterranee e ai criteri per la sua determinazione;

§    introduce un comma 43-bis, che modifica l’articolo 242, demandando ad un decreto del Ministro dell'ambiente, di concerto con i Ministri dello sviluppo economico e della salute, da adottare entro il 30 giugno 2008, la definizione dei criteri per l'applicazione della procedura di analisi di rischi e prevedendo l’applicazione dei criteri di cui all'Allegato 1 nelle more dell'emanazione del predetto decreto;

§    non contiene la disciplina transitoria relativa ai procedimenti in corso.

 

Non sono state quindi recepite le condizioni Camera e Senato che chiedevano un’integrale revisione della materia e un suo coordinamento con la disciplina del danno ambientale.

 

Non è stata recepita nemmeno la parte della condizione del Senato relativa alla realizzazione di “Centri di eccellenza delle bonifiche” per la ricerca,la sperimentazione e lo sviluppo di metodologie e tecniche avanzate per la bonifica e la messa in sicurezza dei siti contaminati.

 

In attuazione di una parte della condizione del Senato, è stata invece introdotta un’apposita disposizione relativa ai siti di preminente interesse pubblico per la riconversione industriale.

(art. 1, co. 43-ter)

 

 

 

Si segnala, inoltre, che i rilievi di carattere meramente formale contenuti nell’osservazione n. 35 del parere Camera non sono stati recepiti.

 

Si segnala inoltre che sono state apportate le seguenti ulteriori modifiche:

 

Art. 101, co. 7

(art. 2, co. 8-bis)

Modifica della lettera b), relativa all’assimilazione alle acque reflue domestiche di alcuni tipi di altre acque reflue, ai fini della disciplina degli scarichi e delle autorizzazioni. L’attuale testo della lettera b) dispone che tale assimilazione valga, per le acque reflue provenienti da imprese dedite ad allevamento di bestiame, limitatamente alle imprese che dispongono di almeno un ettaro di terreno agricolo per ognuna delle quantità indicate nella Tabella 6 dell'Allegato 5 alla parte terza del presente decreto e che “per quanto riguarda gli effluenti di allevamento, praticano l'utilizzazione agronomica in conformità alla disciplina regionale stabilita sulla base dei criteri e delle norme tecniche generali di cui all'articolo 112”. Il testo modificato si limita a precisare che la disciplina regionale può essere stabilita anche sulla base dei criteri e delle norme di cui all’articolo 112.

Si ricorda che la Conferenza unificata chiedeva l’eliminazione dell’inciso "che per quanto riguarda gli effluenti di allevamento, praticano l'utilizzazione agronomica in conformità alla disciplina regionale stabilita sulla base dei criteri e delle norme tecniche generali di cui all'art. 112 comma 2".

Art. 190, co. 6

(art. 2, co. 24-bis)

Si esclude, per la gestione dei registri di carico e scarico, l’applicazione delle procedure e delle modalità fissate dalla normativa sui registri IVA

 

Art. 195, co. 2

(art. 2, co. 26)

Viene attribuita alla competenza dello Stato l'individuazione e la disciplina, nel rispetto delle norme comunitarie ed anche in deroga alle disposizioni della parte quarta, di semplificazioni in materia di adempimenti amministrativi per la raccolta e il trasporto di specifiche tipologie di rifiuti destinati al recupero e conferiti direttamente dagli utenti finali dei beni che originano i rifiuti ai produttori o ai distributori dei beni stessi o ad impianti autorizzati alle operazioni di recupero di cui alle voci R2, R3, R4, RS, R6 e R9 dell'Allegato C alla parte. quarta del presente decreto.".

 

Art. 265, co. 1 e 4

(art. 2, co. 45)

La disposizione interviene sulla norma transitoria, prevedendo che:

§          anche le norme vigenti regolamentari e tecniche che disciplinano il recupero dei rifiuti (oltre che la raccolta e il trasporto) rimangono in vigore fino all’adozione delle corrispondenti specifiche norme adottate in attuazione della parte quarta;

§          i soggetti che alla data di entrata in vigore del correttivo svolgono attività di recupero di rottami ferrosi e non ferrosi che erano da considerarsi escluse dal campo di applicazione della parte quarta del medesimo decreto n.. 152 del 2006 possono proseguire le attività di gestione in essere alle condizioni di cui alle disposizioni previgenti fino al rilascio o al diniego delle autorizzazioni necessarie allo svolgimento di dette attività nel nuovo regime.

 

 


Allegato 2
Art. 2 dello schema di decreto correttivo. Confronto con gli emendamenti “irrinunciabili” della Conferenza unificata

 

 

Emendamento

Schema trasmesso

Emendamento n. 1

Modifica del comma 7, lettera b), dell’articolo 101, relativo all’assimilazione alle acque reflue domestiche di alcuni tipi di altre acque reflue, ai fini della disciplina degli scarichi e delle autorizzazioni. L’attuale testo della lettera b) dispone che tale assimilazione valga, per le acque reflue provenienti da imprese dedite ad allevamento di bestiame, limitatamente alle imprese che dispongono di almeno un ettaro di terreno agricolo per ognuna delle quantità indicate nella Tabella 6 dell'Allegato 5 alla parte terza del presente decreto e che “per quanto riguarda gli effluenti di allevamento, praticano l'utilizzazione agronomica in conformità alla disciplina regionale stabilita sulla base dei criteri e delle norme tecniche generali di cui all'articolo 112”. La Conferenza unificata propone l’eliminazione di quest’ultima condizione.

Art. 2, co. 8-bis

 

Il nuovo testo piuttosto che eliminare l’inciso “per quanto riguarda gli effluenti di allevamento, praticano l'utilizzazione agronomica in conformità alla disciplina regionale stabilita sulla base dei criteri e delle norme tecniche generali di cui all'articolo 112” ” si limita a precisare che la disciplina regionale può essere stabilita anche sulla base dei criteri e delle norme di cui all’articolo 112.

Emendamento n. 2

È volto a prevedere che due dei componenti del Comitato per la vigilanza sull’uso delle risorse idriche siano designati dalla Conferenza dei presidenti delle regioni e delle province autonome.

Art. 2, co. 15

Viene aumentato il numero dei componenti e viene previsto tre membri siano designati dalla Conferenza delle Regioni.

Emendamento n. 3

 

È volto a prevedere che continuino ad applicarsi il DM 6 luglio 2005 e il DM 7 aprile 2006 fino all’emanazione del decreto di cui all’art. 112, comma 2, relativo ai criteri che fissano le attività di utilizzazione agronomica degli effluenti di allevamento, delle acque di vegetazione dei frantoi oleari, nonché delle acque reflue provenienti da alcune tipologie di aziende.

Emendamento non accolto

Emendamento n. 4

Si chiede:

§          che il comma 3 dell’articolo 181 sia ricollocato nell’ambito dell’articolo 206, che riguarda specificamente gli accordi, i contratti di programma e gli incentivi;

§          il mantenimento, al comma 4 del medesimo articolo, dell’espressione “materia prima secondaria”.

Art. 2, co. 18

Sono soppressi i commi 3 e 4 dell’articolo 181

 

Emendamento n. 5

Si chiede che venga ripristinata la previsione contenuta nella formulazione vigente dell’articolo 181, comma 12 (corrispondente al comma 5 dell’articolo 181, novellato dalla prima versione del correttivo), secondo la quale il recupero si realizza quando non sono necessari ulteriori trattamenti perché le sostanze, i materiali e gli oggetti ottenuti possono essere usati come materia prima secondaria.

Art. 2, co. 18

Il nuovo schema non interviene sul testo del comma 3 (ex comma 5) dell’articolo 181.

 

L’emendamento viene ribadito nel parere reso il 20 settembre.

Emendamento n. 6

Si chiede che venga ripristinata la formulazione vigente del comma 13 dell’articolo 181, integrata con la previsione di un decreto interministeriale per l’individuazione dei materiali, sostanze o oggetti che, senza necessità di trasformazione già presentino le caratteristiche delle materie prime secondarie fin dall’origine.

Conseguentemente, si propone l’inserimento di un comma volto a precisare l’applicazione della circolare del Ministero dell’ambiente 28 giugno 1999, prot. N. 3402/V/MIN, nelle more dell’emanazione del citato decreto interministeriale.

Art. 2, co. 18

Emendamento non accolto

 

L’emendamento viene ribadito nel parere della Conferenza unificata del 20 settembre.

Emendamento n. 7

È volto a inserire alla lett. f) dell’art. 183 la specificazione che la frazione organica umida sia “raccolta separatamente”.

Art. 2, comma 20

Emendamento sostanzialmente accolto

Emendamento n. 8

Con riferimento ai depositi temporanei (art. 183, lett. m) si chiede di ripristinare - nel caso di rifiuti pericolosi - la possibilità di optare per la raccolta e l’avvio alle operazioni di recupero o smaltimento con cadenza almeno bimestrale, indipendentemente dalle quantità in deposito o, alternativamente, quando il quantitativo di rifiuti pericolosi in deposito raggiunga complessivamente i 10 metri cubi. In ogni caso, allorché il quantitativo di rifiuti non superi i 10 metri cubi l’anno, il deposito temporaneo non può avere durata superiore ad un anno. Si prevede, nel caso di deposito temporaneo con limite temporale, un registro di produzione del rifiuto nel quale l’azienda dovrà indicare con cadenza settimanale i quantitativi di rifiuti stoccati in deposito temporaneo. In base a tale emendamento, superato il limite temporale, il deposito dovrà comunque essere svuotato.

Art. 2, comma 20

Emendamento sostanzialmente accolto (eccetto la previsione dello svuotamento del deposito)

Emendamento n. 9

Sempre con riferimento ai depositi temporanei, si chiede - anche nel caso di rifiuti non pericolosi - di ripristinare la possibilità di optare per la raccolta e l’avvio alle operazioni di recupero o smaltimento con cadenza almeno trimestrale, indipendente delle quantità in deposito e di prevedere con le stesse modalità indicate nell’emendamento precedente la tenuta del registro di produzione del rifiuto.

Si prevede l’annotazione della scelta del produttore secondo le varie modalità alternative, con annotazione preventiva della modalità scelta nei registri di carico e scarico.

Art. 2, comma 20

Emendamento sostanzialmente accolto (eccetto la previsione dello svuotamento del deposito)

Emendamento n. 10

Sempre nell’ambito dell’art. 183, si chiede l’aggiunta della definizione di centro di raccolta, inteso come “area presidiata ed allestita per il raggruppamento differenziato dei rifiuti urbani per frazioni omogenee conferiti dai cittadini per il trasporto agli impianti di recupero e trattamento. Tale attività, senza ulteriori oneri a carico della finanza pubblica, rientra nelle operazioni di raccolta”.

Art. 2, co. 20

Emendamento sostanzialmente accolto

 

Si segnala tuttavia che la Conferenza unificata, nel parere reso il 20 settembre, chiede l’eliminazione dell’ultimo periodo, che rinvia ad un decreto del Ministro dell'ambiente, sentita la Conferenza unificata, la disciplina dei centri di raccolta.

Emendamento n. 11

Nell’ambito dell’articolo 183, si chiede il ripristino – almeno parziale - della nozione di sottoprodotto. La definizione individua i sottoprodotti come “i prodotti dell'impresa che, pur non costituendo l'oggetto dell'attività principale, scaturiscono in via continuativa dal processo industriale dell'impresa stessa e sono impiegati con certezza nel processo produttivo, senza subire trasformazioni preliminari, di cui l'impresa non si disfi, non sia obbligata a disfarsi o non abbia deciso di disfarsi, nel rispetto dell’ordinamento comunitario”.

Art. 2, co. 20

Emendamento sostanzialmente accolto

 

Si segnala tuttavia che la Conferenza unificata, nel parere reso il 20 settembre, chiede l’eliminazione dell’ultimo periodo, che rinvia ad un decreto del Ministro dell'ambiente, di concerto con il Ministro dello sviluppo economico, la definizione per alcune categorie di sottoprodotti delle modalità di uso che ne garantiscano la tracciabilità e la certezza dell'impiego.

Emendamento n. 12

È volto all’eliminazione del comma 2 dell’articolo 205, che prevede che la frazione organica umida separata fisicamente dopo la raccolta e finalizzata al recupero complessivo tra materia ed energia secondo tale criteri contribuisce all’obiettivo di incrementare la raccolta differenziata.

Art. 2, co. 28-bis

Emendamento accolto

 

Emendamento n. 13

Con riferimento alla competenza a stipulare gli accordi di programma di cui all’articolo 206, co. 1, è volto a prevedere l’intesa con la Regione o la Provincia autonoma interessata, con riferimento alla titolarità del Ministro dell’ambiente.

Emendamento non accolto

Emendamento n. 14

Con riferimento all’articolo 212, co. 8, si chiede di prevedere, nel caso di imprese che esercitano la raccolta e il trasporto dei propri rifiuti non pericolosi come attività ordinaria e regolare nonché di imprese che trasportano i propri rifiuti pericolosi in quantità che non eccedano trenta chilogrammi al giorno o trenta litri al giorno, che l’iscrizione all’Albo avvenga secondo procedure semplificate disciplinate con D.M. ambiente, d’intesa con la Conferenza Stato –Regioni, e, in via transitoria, come nel testo vigente, a seguito di semplice richiesta scritta alla sezione dell'Albo regionale territorialmente competente senza che la richiesta stessa sia soggetta a valutazione relativa alla capacità finanziaria e alla idoneità tecnica e senza che vi sia l'obbligo di nomina del responsabile tecnico.

Art. 2, co. 30

Emendamento sostanzialmente accolto

Emendamento n. 15

Al fine di evitare un vuoto normativo, è volto alla reintroduzione dell’Allegato I al Titolo V della Parte, recante i criteri per la redazione della cd. analisi di rischio, da utilizzarsi per la definizione degli obiettivi di bonifica. Contestualmente, si chiede l’attivazione di un tavolo Ministero/Regioni in materia di bonifiche, al fine di correggere il testo vigente.

Art. 2, co. 43 e 43-bis

Il nuovo comma 43-bis modifica l’articolo 242, demandando ad un decreto del Ministro dell'ambiente, di concerto con i Ministri dello sviluppo economico e della salute, da adottare entro il 30 giugno 2008, la definizione dei criteri per l'applicazione della procedura di analisi di rischi e prevedendo l’applicazione dei criteri di cui all'Allegato 1 nelle more dell'emanazione del predetto decreto.

Tale allegato viene inoltre modificato dal precedente comma 43

Emendamento n. 16

All’articolo 265, comma 1, si chiede di aggiungere alle norme regolamentari e tecniche che disciplinano la raccolta ed il trasporto dei rifiuti anche “il recupero”.

Art. 2, co. 45

Emendamento accolto

Emendamento n. 17

Si chiede l’eliminazione – nell’allegato C della Parte IV del decreto n. 152/2006 – della definizione R14 “Deposito temporaneo, prima della raccolta, nel luogo in cui sono prodotti i rifiuti qualora non vengano rispettate le condizioni stabilite dalla normativa vigente”.

Art. 2, co. 42-ter

Emendamento accolto

Emendamento n. 18

Si chiede di aggiungere, dopo l’articolo 1, comma 46 dello schema di decreto, una clausola generale di salvaguardia per le province autonome.

Emendamento non accolto


Allegato 3
Il quadro normativo vigente in materia di VIA, VAS e IPPC

Le norme in materia di autorizzazioni ambientali recate dalla Parte Seconda del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152 introducono, per la prima volta, la disciplina legislativa sulla VAS (Titolo II), accorpano, in un unico testo, il disomogeneo quadro normativo sulla VIA (Titolo III), ed inseriscono, infine, alcune opportune norme di coordinamento tra VIA, VAS e IPPC (Titolo III, artt. 33 e 34).

Tali disposizioni sono entrate in vigore lo scorso 31 luglio, a seguito della proroga da ultimo disposta con l’articolo 5 del decreto-legge 28 dicembre 2006, n. 300.

Nel seguito si dà conto delle principali novità introdotte dal decreto legislativo.

Titolo I - Le norme generali

La trattazione unitaria della VAS e della VIA - non solo nelle norme generali, ma anche nei passaggi principali adottati per le due autorizzazioni - corrisponde alla stretta interdipendenza funzionale ed alla omogeneità dei due istituti che, a parte l’oggetto[58], hanno in comune i fondamentali connotati procedimentali e strutturali, nonché gli obiettivi generali.

Entrambi gli istituti integrano, infatti, le procedure esistenti di adozione o approvazione e di autorizzazione, rispettivamente, di piani/programmi o di opere/progetti (art. 4, commi 2 e 4) che possono avere ripercussioni ambientali rilevanti, avendo l’obiettivo comune di prevenire ed evitare, sin dall’inizio, inquinamenti ed altri danni all’ambiente a protezione della salute umana e della qualità della vita.

In entrambi i casi la valutazione ambientale presuppone l’acquisizione di informazioni adeguate ed il loro completamento da parte delle competenti autorità preposte alla tutela ambientale e del pubblico, attraverso apposite consultazioni.

Sono inoltre accomunate dalle conseguenze della violazione dell’obbligo della valutazione ambientale: in particolare risultano nulli, cioè privi di effetto, i provvedimenti di approvazione di piani/programmi o opere/progetti adottati senza la previa valutazione ambientale (art. 4, commi 3 e 5)

Nel tentativo di dare una sistematizzazione unitaria ed organica alle due materie, il codice ha istituito anche un’unica nuova Commissione tecnico-consultiva per le valutazioni ambientali (art. 6). Tale disposizione è stata tuttavia abrogata dall’articolo 14 del D.P.R. n. 90 del 2007, che ha istituito la Commissione tecnica di verifica dell'impatto ambientale – VIA e VAS, che accorpa la Commissione per la VIA ordinaria prevista dall’art. 18, comma 5, della legge n. 67 del 1988 e la Commissione speciale per la VIA delle infrastrutture strategiche, prevista dall’art. 184, comma 2, del d.lgs. n. 163 del 2006, cd. Codice dei contratti pubblici. L’articolo 10 del medesimo provvedimento ha proceduto al riordino della Commissione istruttoria per l’IPPC, istituita ai sensi dell’articolo 5, comma 9, del d.lgs. n. 59 del 2005.

Si segnala che la disciplina della VIArelativa alle infrastrutture strategiche rimane incardinata all’interno della normativa speciale di cui alla legge n. 443 del 2001 ed al relativo decreto attuativo n. 190 del 2002[59].

Peraltro dalla procedura speciale sulla VIA per le grandi opere, il decreto legislativo n. 152 accoglie una delle principali innovazioni che anticipa la procedura di VIA al progetto preliminare, tranne i casi in cui le leggi di settore dispongano altrimenti (art. 5, comma 1, lettera e) e art. 37, comma 5), nel rispetto della legge delega n. 308 del 2004 che prevede di “anticipare le procedure di VIA alla prima presentazione del progetto dell'intervento da valutare” (art. 1, comma 9, lettera f).

Titolo II - La valutazione ambientale strategica - VAS

Con le disposizioni recate dal Titolo II si dà attuazione alla direttiva comunitaria 2001/42/CE relativa alla valutazione degli effetti di determinati piani e programmi sull’ambiente, cosiddetta “valutazione ambientale strategica” (VAS), il cui recepimento era stato da ultimo previsto dall’art. 19 della legge 18 aprile 2005, n. 62 (comunitaria 2004), entro il 30 ottobre 2005[60].

Per la mancata attuazione entro i termini previsti del 21 luglio 2004, la Commissione europea aveva inviato, l’11 luglio 2005, il proprio parere motivato, a dodici Stati membri, tra cui anche l’Italia, invitandoli a recepire la direttiva.

Si segnala peraltro che, sebbene VAS non fosse stata ancora disciplinata dalla normativa statale (salvo che all’interno della legge n. 285 del 2000 relativa allo svolgimento dei giochi olimpici invernali “Torino 2006”[61]), alcune regioni avevano già provveduto ad attuarla.

 

Si ricorda, in estrema sintesi, che la direttiva 2001/42/CE si pone come obiettivo quello di garantire un elevato livello di protezione dell’ambiente.

Essa individua nella VAS lo strumento per l’integrazione delle considerazioni ambientali all’atto dell’elaborazione e dell’adozione di piani/programmi, al fine di promuovere lo sviluppo sostenibile. In tal modo garantisce che gli effetti ambientali derivanti dall’attuazione di determinati piani/programmi, siano presi in considerazione e valutati durante la loro elaborazione e prima della loro adozione. Si tratta quindi di una procedura che accompagna l'iter pianificatorio o programmatico capace di garantire la scelta coscienziosa fra le ragionevoli alternative "alla luce degli obiettivi e dell'ambito territoriale del piano e programma" indicate in uno specifico rapporto ambientale.

Altra fondamentale innovazione è la sostanziale partecipazione del pubblico al processo valutativo e la previsione di misure per il monitoraggio, permettendo, quindi, di effettuare delle correzioni al processo in atto, nel caso di effetti negativi sull’ambiente del piano stesso.

Si ricorda che la Commissione europea ha elaborato, nel 2003, anche delle linee guida per l’attuazione della direttiva VAS.

Capo I - Le disposizioni comuni in materia di VAS

Le norme del Capo I (artt. da 7 a 14) contengono una serie di disposizioni applicabili alle procedure di VAS sia statale sia regionale disciplinate nei successivi Capi II e III, che riproducono, sostanzialmente, quelle previste per la procedura di VIA (Titolo III). Esse riguardano:

§         le tipologie di piani e programmi da sottoporre obbligatoriamente alla procedura VAS (art. 7), e quelle per i quali l’obbligatorietà deriva, invece, dai possibili effetti significativi sull’ambiente, nonché le esplicite esclusioni. Viene, altresì, prevista una verifica preliminare da parte dell’autorità competente all’approvazione del piano/programma stesso, ai fini della eventuale sottoposizione a VAS, nonché, per i piani/programmi la cui approvazione compete ad organi dello Stato, l’acquisizione del parere della Commissione unica tecnico-consultiva;

§         la previsione che, analogamente a quanto disposto in una delle più rilevanti innovazioni introdotte dalla direttiva 2001/42/CE, la VAS venga effettuata durante la fase preparatoria del piano/programma ed anteriormente alla sua approvazione in sede legislativa o amministrativa. In tal modo la VAS si configura come un processo sistematico inteso a valutare le conseguenze sul piano ambientale delle azioni proposte, in modo che queste siano incluse e affrontate, al pari delle considerazioni di ordine economico e sociale, fin dalle prime fasi (strategiche) del processo decisionale;

§         la redazione, per i piani/programmi sottoposti a VAS, di uno specifico rapporto ambientale, che costituisce parte integrante della documentazione prevista, nel quale devono essere individuati, descritti e valutati gli effetti significativi che l'attuazione del piano/programma proposto potrebbero avere sull'ambiente e le ragionevoli alternative alla luce degli obiettivi e dell'ambito territoriale del piano/programma stesso. Innovativamente rispetto a quanto disposto dalla direttiva comunitaria, viene prevista anche la possibilità, per il proponente, di attivare una fase preliminare allo scopo di definire, in contraddittorio con l’autorità competente, le informazioni che devono essere fornite nel rapporto ambientale;

§         l’obbligatorietà della consultazione delle autorità che, per le loro specifiche competenze ambientali, possono essere interessate agli effetti sull’ambiente dovuti all’applicazione del piano/programma oggetto;

§         il coinvolgimento del pubblico interessato, attraverso un ampio processo di consultazione sia nazionale sia transfrontaliera nel caso di piani/programmi con effetti ambientali significativi nei confronti di altri Stati membri.

 

Rientrano, inoltre, tra le norme comuni, anche le disposizioni relative alla fase decisionale, mentre quelle sulla fase introduttiva ed istruttoria vengono illustrate solo per la VAS statale (Capo II), in quanto, per la VAS regionale, esse sono lasciate alla piena autonomia delle regioni (Capo III).

Appartengono alla fase decisionale il giudizio di compatibilità ambientale, l’approvazione del piano/programma proposto, nonché le modalità relative alla loro pubblicizzazione.

Prima dell'adozione del piano/programma, l’autorità preposta alla VAS ha l’obbligo di esaminare e valutare il rapporto ambientale ed i pareri espressi dalle consultazioni previste e, sulla base dei conseguenti esiti, emette il giudizio di compatibilità ambientale, che dovrà contenere un parere ambientale articolato e motivato (presupposto per la prosecuzione del procedimento di approvazione del piano o del programma).

Il giudizio di compatibilità ambientale dovrà essere emesso entro 60 giorni dalla scadenza dell’ultimo termine utile per la presentazione dei pareri previsti a seguito delle consultazioni nazionali e transfrontaliere.

Analogamente a quanto è disposto nel procedimento di VIA (al successivo art. 31, comma 2), anche nel procedimento di VAS statale, l’inutile decorso del termine di 60 giorni previsti per il giudizio di compatibilità ambientale, implica l’esercizio del potere sostituivo del Consiglio dei Ministri (che è chiamato a provvedervi entro i successivi 60 giorni), previa diffida all’organo competente ad adempiere entro il termine di 20 giorni, anche su istanza delle parti interessate. Nel caso in cui neanche il Consiglio dei ministri esprima il proprio parere motivato entro il termine previsto, il parere inespresso è da considerasi come giudizio negativo incondizionato, cd. silenzio-rifiuto.

L’approvazione del piano/programma deve tenere conto del giudizio di compatibilità ambientale, attraverso l’inclusione, nel provvedimento di approvazione, di una dichiarazione di sintesi, e deve essere ampliamente pubblicizzato. È, infine, previsto un apposito procedimento di controllo - monitoraggio - degli effetti ambientali significativi derivanti dall'attuazione dei piani/programmi, al fine dell’adozione delle opportune misure correttive.

Capo II - Le disposizioni specifiche per la VAS statale

Analogamente a quanto disposto per la procedura di VIA statale, il criterio in base al quale deve essere deciso se sottoporre un piano/programma a VAS statale o regionale non è solo la tipologia del piano/programma (che dovrà essere uno di quelli indicati nell’art. 7), bensì l’autorità competente alla sua approvazione. Pertanto sono sottoposti a VAS statale i piani/programmi la cui approvazione compete ad organi dello Stato (art. 15).

Quanto alla competenza sulla VAS, essa non può che accedere a quella relativa al procedimento di pianificazione cui si riferisce, appartenendo allo Stato (e quindi al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio ex art. 2, comma 5, della legge n. 349 del 1986), alla regione o ad altro ente locale territoriale, a seconda del livello territoriale di pianificazione interessato.

Una volta definiti i piani/programmi sottoposti a VAS statale, le ulteriori norme recate dal Capo II riguardano le tre fasi procedurali attraverso cui si snoda la VAS statale (artt. da 16 a 20):

§         la fase introduttiva, comprendente l’avvio del procedimento e le adeguate forme di pubblicità (art. 16), la procedura di verifica preventiva per alcuni piani/programmi (art. 19) ed anche una fase preliminare nella quale devono essere definite le informazioni da inserire nel rapporto ambientale (art. 20);

§         la fase istruttoria, con l’istruttoria tecnica svolta dalla Commissione tecnico-consultiva (art. 17, commi dall’1 al 4);

§         la fase decisionale, con il giudizio di compatibilità reso dal Ministro dell’ambiente (art. 17, commi 5 e 6) e gli effetti del giudizio di compatibilità ambientale (art. 18).

 

La fase introduttiva (artt. 16, 19 e 20)

Il procedimento di VAS statale (art. 16), inizia con la trasmissione al Ministero dell’ambiente, al Ministero per i beni e le attività culturali, alla Commissione tecnico-consultiva e agli altri Ministeri eventualmente interessati, di una serie di documenti pressoché analoghi a quelli previsti per la VIA statale (diversa è naturalmente la loro natura in quanto lì si fa riferimento a progetti di opere/interventi, e, al posto del rapporto ambientale, c’è il SIA), il piano/programma adottato o comunque proposto, il rapporto ambientale e la sintesi non tecnica.

Attengono, inoltre, alla fase introduttiva:

§          la procedura di verifica preventiva (art. 19) da parte dell’autorità competente attivata dal proponente che ha anche l’obbligo di fornire copia della documentazione necessaria alla Commissione tecnico-consultiva, tenuta a dare il proprio parere all’autorità competente. Tale procedura sembrerebbe avere (come quella prevista per la VIA statale all’art. 32) la funzione di “filtro”, in quanto tesa a vagliare preliminarmente se un determinato piano/programma (ma, si ricorda diversi da quelli previsti dall’art. 7, ma comunque riguardanti gli stessi settori) debba o meno essere sottoposto a VAS. L’autorità competente può sostituirsi al soggetto proponente nell’attivazione della procedura di verificapreventiva;

§          l’attivazione, da parte del proponente, anche di una eventuale fase preliminare (art. 20) allo scopo di definire, in contraddittorio con la Commissione tecnico-consultiva, le informazioni da inserire nel rapporto ambientale[62].

 

La fase istruttoria (artt. 17, commi da 1 a 4)

Le attività tecnico-istruttorie per la VAS statale sono svolte dalla Commissione tecnico-consultiva con modalità che ripercorrono i passaggi principali previsti dall’art. 37 per la VIA statale.

Si procede per sottocommissioni per l’esame di ogni piano/programma ricevuto ed alla sua integrazione in presenza di interessi regionali coinvolti. Nel caso di incompletezza della documentazione presentata, può esserne richiesta l’integrazione, sospendendo i termini del procedimento fino al suo ricevimento. È poi compito della sottocommissione valutare la documentazione presentata, nonché i suggerimenti o le obiezioni ai fini dell’espressione del parere motivato da rendere entro 30 giorni a decorrere dalla scadenza di tutti i termini indicati negli artt. 10 e 11.

 

La fase decisionale (art. 17 commi 5 e 6 e art. 18)

Il parere della sottocommissione deve essere trasmesso immediatamente al Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio per l’adozione, nei successivi 30 giorni, del giudizio di compatibilità ambientale.

Analogamente alle norme comuni sulla VIA di cui all’art. 31, comma 2, l’inutile decorso del termine dei 30 giorni implica l’esercizio del potere sostituivo da parte del Consiglio dei Ministri (entro 60 giorni). Il parere inespresso è da considerasi come giudizio negativo sulla compatibilità ambientale del piano/progetto presentato (cd. silenzio-rifiuto).

In relazione agli effetti del giudizio di compatibilità ambientale (art. 18), le proposte di piani/programmi sottoposte a VAS, anche qualora siano già state adottate con atto formale, vengono riviste e, se necessario, riformulate, sulla base del giudizio di compatibilità ambientale. Peraltro, dato che la procedura di VAS costituisce parte integrante del procedimento di adozione/approvazione del piano/programma, il giudizio di compatibilità ambientale deve essere comunque allegato al piano/programma inoltrato per l’approvazione. Inoltre, nell’approvazione del piano/programma si deve tener conto del parere di compatibilità ambientale di cui al giudizio di compatibilità.

Capo II -Le disposizioni specifiche per la VAS regionale o provinciale

Come già indicato per quella statale, la nuova disciplina sullaVAS regionale o provinciale, sottopone a tale procedura tutti i piani/programmi previsti dall’art. 7, la cui approvazione è di competenza delle regioni o degli enti locali ed il criterio che attribuisce la competenza sulla VAS è quello relativo al procedimento di pianificazione cui si riferisce e, quindi, appartiene allo Stato, alla regione o ad altro ente locale territoriale, a seconda dellivello territoriale di pianificazione interessato[63].

Ferme restando le disposizioni comuni in materia di VAS recate dal Capo I, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano disciplinano, con proprie leggi e regolamenti, le procedure per la VAS dei piani/programmi.

Si segnala che, se fino all’emanazione del decreto legislativo n. 152, la VAS non era stata ancora stata disciplinata dalla normativa statale, alcune regioni avevano già emanato disposizioni specifiche, come sottolinea anche un documento elaborato dall’APAT[64]. In altre regioni, invece, aspetti riguardanti la VAS erano stati affrontati nell’ambito della legislazione sulla VIA[65], oppure nell’ambito di quella urbanistica e di pianificazione territoriale regionale[66].

Titolo III - La valutazione di impatto ambientale - VIA

Fino all’emanazione del decreto legislativo n. 152 del 2006, l’Italia era ancora priva di una completa disciplina legislativa sulla VIA, essendo il quadro normativo vigente caratterizzato da elementi di frammentarietà e disorganicità derivanti principalmente dal fatto che tale normativa costituiva il frutto di una stratificazione di norme con cui erano stati, di volta in volta, regolati i singoli aspetti della materia. Nel contesto normativo italiano erano, quindi, presenti sostanzialmente due livelli:

§         una procedura di VIA a livello nazionale dichiaratamente transitoria per opere/interventi a rilevante impatto e/o di interesse nazionale di recepimento dell'allegato I della direttiva 85/337/CEE (art. 6 della legge n. 349 del 1986, DPCM n. 377 del 1988 e DPCM 27 dicembre 1988);

§         una procedura di VIA a livello di enti locali per opere/interventi di minore rilevanza, che aveva completato il recepimento della direttiva 85/337/CEE[67](DPR 12 aprile 1996, in seguito modificato ed integrato dal DPCM 3 settembre 1999 e dal DPCM 1 settembre 2000).

Nel primo caso l’Autorità competente era il Ministero dell’Ambiente, nel secondo caso gli enti locali.

Tale quadro normativo è stato poi notevolmente ampliato anche nel corso della XIV legislatura, con una serie di ulteriori norme nazionali che si sono aggiunte a quelle già vigenti. Tra esse la VIA speciale per le opere strategiche prevista dalla cosiddetta “legge obiettivo” e dal decreto di attuazione n. 190 del 2002[68]; la disciplina relativa alla sicurezza del sistema elettrico nazionale e le infrastrutture lineari energetiche[69]; le disposizioni inserite in altri contesti normativi, ma che fanno riferimento alla VIA in ambiti quali la disciplina della conferenza di servizi[70] e la progettazioni delle opere pubbliche[71]; il decreto legge 14 novembre 2003, n. 315 relativo alle infrastrutture di comunicazione elettronica[72]; l’art. 30 della legge comunitaria 2004 (legge n. 62 del 2005) che prevede il recepimento dell'art. 5, par. 2, della direttiva 85/337/CEE[73].

In definitiva l’istituto della VIA, per i progetti di rilevanza nazionale, risultava regolato da più di un centinaio di disposizioni legislative di rango primario e secondario[74], cui si affiancavano anche le singole leggi regionali in materia di VIA. Si segnala, infatti, che se alcune Regioni non hanno ancora provveduto a fornirsi di una propria legge specifica in materia di VIA (Abruzzo, Calabria, Campania, Lazio, Sardegna, Sicilia), limitandosi invece a recepire o ad applicare direttamente il DPR 12 aprile 1996, altre disponevano già di una specifica normativa sulla VIA[75].

Capo I - Le disposizioni comuni in materia di VIA

Ambito di applicazione

Viene innanzitutto ampliato il campo di applicazione della VIA rispetto alle stesse previsioni comunitarie. Essa in particolare diventa obbligatoria per tutti i progetti di cui ai due allegati della direttiva 85/337/CEE, laddove la direttiva prescrive l’obbligatorietà solo per l’allegato I e si adottano soglie più basse per alcune tipologie progettuali (elenco A dell’Allegato III alla Parte Seconda).

 

Diventano, ai sensi dell’art. 23, progetti da sottoporre a procedura di VIA:

§          tutti quelli soggetti a procedura di VIA statale e regionale ai sensi dell’attuale disciplina vigente;

§          i progetti di specifiche opere/interventi per i quali la procedura di VIA è espressamente prescritta dalle leggi speciali di settore;

§          gli interventi su opere già esistenti, non rientranti nelle categorie previste, nel momento in cui da tali interventi derivi un’opera che rientra nelle categorie stesse;

§          le modifiche sostanziali di opere/interventi rientranti nelle precedenti categorie.

 

Vengono quindi elencati i casi di possibile esclusione e norme specifiche per la procedura di VIA per i progetti aeroportuali.

Si ricorda, ancora, l’esclusione dei progetti relativi alle grandi opere della “legge obiettivo”, in quanto la specifica disciplina della VIA di tali infrastrutture rimane incardinata all’interno della normativa speciale di cui al decreto legislativo n. 190 del 2002.

I soggetti competenti

Una delle innovazioni principali introdotta dalla nuova disciplina sulla VIA è la previsione di un nuovo criterio per l’attribuzione della competenza statale o regionale, non più collegato alla tipologia dell’opera/intervento in relazione al suo impatto ambientale, bensì al criterio della corrispondenza fra competenza in materia di VIA e competenza al rilascio dell’autorizzazione alla costruzione (o all’esercizio) dell’opera (o dell’impianto).

Secondo le norme previgenti, era, infatti, attribuita allo Stato la competenza sulle opere di maggiore impatto e alle regioni la competenza su un elenco di tipologia di opere di minore impatto e, a volte, veniva a crearsi una spesso illogica sovrapposizione di procedimenti e di competenze[76].

Viene quindi individuato nel Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio, di concerto con il Ministro per i beni e le attività culturali, il soggetto cui spetta la pronuncia sulla compatibilità ambientale per i progetti di opere/interventi sottoposti ad autorizzazione statale e per quelli aventi impatto ambientale interregionale o internazionale (mentre, negli altri casi, la competenza appartiene all’autorità individuata dalla regione o dalla provincia autonoma).

Le fasi della procedura di VIA

Per quanto riguarda le norme procedimentali, le novità riguardano l’introduzione, tra le norme comuni e quelle per la VIA statale, di alcune fasi del procedimento introduttivo mutuate dalla VIA regionale di cui al DPR 12 aprile 1996, al fine di adeguare la normativa al dettato comunitario. Tale provvedimento aveva dettato una procedura più articolata rispetto a quella per la VIA nazionale, prevedendo una fase preliminare ed una fase di verifica.

La fase preliminare (art. 27, comma 2) consiste in un sub-procedimento attivabile su richiesta del committente/proponente onde poter meglio individuare, in contraddittorio con l’autorità competente, le informazioni (tra quelle elencate nell’allegato V alla Parte seconda) da inserire nel SIA.

La fase di verifica (art 32), ha, invece, la finalità di accertare se assoggettare all’ordinaria procedura di VIA alcune categorie progettuali che ne potrebbero essere eventualmente escluse.

È stata, inoltre, introdotta, tra le norme comuni e per la VIA statale, un’ulteriore fase (art. 26, comma 2 e 36, comma 4) fino ad oggi prevista dalla VIA regionale, relativa anch’essa alla fase introduttiva del procedimento che prevede che le regioni e gli enti locali esprimano il loro parere entro 60 giorni dall’invio di tutta la documentazione relativa al progetto. Decorso tale termine, il giudizio di compatibilità può essere emesso anche in assenza dei predetti pareri. Tale nuova fase procedurale appare, pertanto, finalizzata ad un maggior coinvolgimento delle autonomie locali attraverso l’ottenimento di un loro preliminare consenso sull’opera.

Sono state migliorate anche le forme di partecipazione del pubblico al procedimento, soprattutto attraverso l’introduzione dell’istituto dell’inchiesta pubblica nella fase istruttoria. Tale istituto era previsto dalla normativa regionale sulla VIA, e limitato, invece, nella disciplina statale, ai soli progetti di centrali termoelettriche e turbogas superiori a 300 MW termini.

 

Le scansioni procedimentali attraverso cui si snoda la procedura di VIA possono essere essenzialmente ricondotte a tre fasi principali:

§         la fase introduttiva, comprendente eventualmente anche un sub-procedimento di carattere preliminare (art. 26), il SIA (art. 27), le adeguate forme di pubblicità (art. 28) e la procedura di verifica (art. 32);

§         la fase istruttoria, con la partecipazione del pubblico al procedimento (art. 29) e l’istruttoria tecnica (art. 30);

§         la fase decisionale, alla quale va ricondotto il giudizio di compatibilità ambientale (art. 31).

 

La fase introduttiva (artt. 26, 27, 28 e 32)

Le norme procedimentali previste nella fase introduttiva, mutuate dalla VIA regionale, vengono ora estese anche alla procedura di VIA statale, assumendo il carattere di norme comuni ad entrambi i procedimenti.

Il procedimento di VIA inizia(art. 26)con la trasmissione all’autorità competente, da parte del committente o proponente dell’opera/intervento, della domanda che dovrà contenere: il progetto dell’opera, il SIA e la sintesi non tecnica.

Il procedimento di VIA si arricchisce, quindi, di un ulteriore passaggio introduttivo che prevede la trasmissione di una copia di tale documentazione alla Regione, Provincia, ai Comuni interessati e, nel caso di aree naturali protette, anche ai relativi Enti di gestione, che dovranno esprimere il proprio parere entro 60 giorni dalla data di trasmissione. Decorso tale termine, l’autorità competente può rendere il giudizio di compatibilità ambientale nei successivi 90 giorni, anche in assenza dei predetti pareri. Viene anche prevista la possibilità, in alcuni casi, per il committente/proponente, di essere esonerato, in tutto o in parte, dall’invio della copia della documentazione agli enti locali, al fine di evitare un’immotivata sovrabbondanza di produzione documentale. Al committente/proponente può essere, infine, richiesto di apportare eventuali integrazioni alla documentazione allegata, con conseguente interruzione dei termini del procedimento.

Anche le norme per la predisposizione del SIA (art. 27) riprendono le linee fondamentali tracciate dalla VIA regionale. Non vengono, al contrario, trasfuse nel decreto (e relativi allegati) le norme tecniche previste per la redazione del SIA per la VIA statale (DPCM 27 dicembre 1988). A questo proposito, il successivo art. 51, comma 3, prevede che vengano emanate nuove norme (conformi alla nuova disciplina di rango primario) e, conseguentemente, il successivo comma 4 assicura che – fino all’emanazione delle nuove norme tecniche – restino in vigore le norme vigenti.

L’art. 27 prevede che il SIA venga predisposto a cura e spese del committente/proponente, secondo le indicazioni di cui all’allegato V della Parte seconda. Esso deve, altresì, recare un contenuto minimo indicato nel successivo comma 5. Tali informazioni, dovranno, inoltre, essere coerenti con il grado di approfondimento progettuale necessario e strettamente attinenti alle caratteristiche specifiche di un determinato tipo di progetto e delle componenti ambientali che possono subire un pregiudizio.

Attiene al contenuto del SIA, anche la procedura disciplinata al comma 2 dell’art. 27 che prevede l’introduzione, per tutti i procedimenti, sia statali che regionali, di un eventuale sub-procedimento preliminare, attivabile su richiesta del committente/proponente, onde poter meglio individuare, in contraddittorio con l’autorità competente, quali informazioni, tra quelle elencate nell’allegato V, debbano far parte del SIA[77].

Si ricorda, inoltre, che l’introduzione di tale fase preliminare (cd. scoping) era stata una delle principali novità (insieme alla procedura di verifica, cd. screening) introdotte dall’art. 6, commi 2 e 3, del DPR 12 aprile 1996, per la VIA regionale, anticipando le stesse norme della direttiva comunitaria (art. 5 come sostituito dalla direttiva 97/11/CE).

Nel caso ci fossero altre autorità interessate agli effetti sull’ambiente dovuti alla realizzazione e all’esercizio dell’opera/intervento progettato, esse devono essere consultate, al momento della decisione da parte dell’autorità competente, sulla portata delle informazioni da includere nel SIA. Al SIA dovrà essere allegata una sintesi non tecnica delle caratteristiche dimensionali e funzionali dell’opera o intervento progettato e dei dati ed informazioni contenuti nello studio stesso. Da ultimo, ai fini della predisposizione del SIA, il soggetto pubblico o privato interessato alla realizzazione delle opere/impianti ha diritto di accesso alle informazioni e ai dati disponibili presso gli uffici delle amministrazioni pubbliche. Adeguate misure di pubblicità nei confronti del pubblico sono quindi previste dall’art. 28.

Rientra, infine, nella fase introduttiva della procedura di VIA anche il sub-procedimento di verifica, disciplinato dall’art. 32, che ricalca, ampliandone però le categorie progettuali, quello già previsto per la VIA regionale(cd. screening). Pertanto tale procedimento viene ora esteso anche alla procedura di VIA statale, in quanto assume il carattere di norma comune ad entrambi i procedimenti. La richiesta di tale verifica preliminare incombe sul committente/proponente che ha anche l’obbligo di fornire alcune informazioni comprendenti, oltre ad una descrizione del progetto, i dati necessari per individuare e valutare i principali effetti che il progetto può avere sull’ambiente. Ricevute tali informazioni, l’autorità competente dovrà pronunciarsi entro i successivi 60 giorni, individuando eventuali prescrizioni per la mitigazione degli impatti e il monitoraggio delle opere/impianti. Nulla viene detto nel caso in cui l’autorità competente non si pronunci nel termine previsto.

 

La fase istruttoria (artt. 29 e 30)

La fase istruttoria riguarda, da un lato, la fase di partecipazione del pubblico al procedimento (art. 29), per la quale vengono riproposte sostanzialmente le disposizioni per la VIA regionale, dall’altro la vera e propria fase di istruttoria tecnica (art. 30), per la quale, invece, si mutuano le norme della VIA statale (art. 6 del DPCM n. 377 del 1988).

A tal proposito, va evidenziato che la riproposizione della normativa per la VIA regionale è da attribuirsi al fatto che punto qualificante del DPR del 1996 era stato proprio l’aver dettato una disciplina della partecipazione del pubblico alla fase istruttoria, soprattutto grazie all’introduzione dell’istituto dell’inchiesta pubblica, migliorativa – nel senso di valorizzazione dei contenuti partecipativi – rispetto a quella, assai scarna, prevista per la VIA di competenza statale (solo per i progetti di centrali termoelettriche ed a turbogas superiori a 300 MW termici nell’Allegato IV del DPCM 27 dicembre 1988).

Innanzitutto viene stabilito che il soggetto interessato che intenda fornire elementi conoscitivi e valutativi concernenti i possibili effetti dell’intervento medesimo possa, nel termine di 45 giorni dalla pubblicazione dell’annuncio, presentare all’autorità competente osservazioni sull’opera soggetta alla procedura di VIA.

Per l’esame del SIA presentato dal committente/proponente, dei pareri forniti dalle pubbliche amministrazioni e delle osservazioni dei cittadini, l’autorità competente alla VIA può disporre lo svolgimento di un’inchiesta pubblica, che ha come primo effetto immediato quello di sospendere il termine previsto per il giudizio di compatibilità ambientale. L’inchiesta si conclude con una «relazione» sui lavori svolti ed un «giudizio» sui risultati emersi, che debbono poi essere acquisiti e valutati ai fini del giudizio finale di compatibilità ambientale del progetto.

Qualora l’inchiesta pubblica non abbia luogo – quindi, in alternativa ad essa –, il committente/proponente può, d’ufficio o su propria richiesta, esser chiamato prima della conclusione della procedura ad un «sintetico contraddittorio» con i soggetti che hanno presentato pareri o osservazioni.

Da ultimo viene prevista la possibilità per il committente/proponente di uniformare, in tutto o in parte, il progetto ai pareri o osservazioni emersi nel corso dell’inchiesta pubblica o del contraddittorio.

 

La fase decisionale (art. 31)

L’atto che conclude la procedura di VIA consiste in un giudizio motivato di compatibilità ambientale - mutuato dalla disciplina sulla VIA regionale - che deve essere reso entro 90 giorni dalla pubblicazione dell’annuncio a mezzo stampa ai sensi dell’art. 28, comma 2, lettera b).

L’inutile decorso del termine implica l’esercizio del potere sostituivo da parte del Consiglio dei Ministri, che provvede entro 60 giorni, previa diffida all’organo competente ad adempiere entro il termine di 20 giorni, anche su istanza delle parti interessate. Nel caso che il Consiglio dei ministri non esprima un parere motivato entro i successivi 60 giorni, il parere inespresso è da considerasi quale giudizio negativo (cd. silenzio-rifiuto). Il giudizio di compatibilità ambientale può risolversi in un giudizio positivo (quindi, di compatibilità dell’opera), oppure può dettare eventuali prescrizioni per la mitigazione degli impatti ed il monitoraggio delle opere e degli impianti e riveste efficacia vincolante, poiché viene disposto che i progetti, prima del rilascio dell’autorizzazione alla loro realizzazione, debbano essere adeguati agli esiti di tale giudizio che l’amministrazione competente alla autorizzazione definitiva dell’opera ha l’obbligo di acquisire prima del rilascio dell’autorizzazione alla realizzazione.

Gli esiti della procedura di VIA devono essere comunicati ai soggetti del procedimento e a tutte le altre amministrazioni pubbliche competenti (anche in materia di controlli ambientali), nonché adeguatamente pubblicizzati.

Le relazioni tra VIA e VAS e tra VIA e IPPC

Le relazioni tra VIA e VAS e tra VIA e IPPC sono disciplinate rispettivamente dagli artt. 33 e 34.

Si ricorda che il comma 9 dell’art. 1 della legge delega ambientale n. 308 del 2004 indica espressamente, tra i principi e criteri specifici di delega, l’introduzione di meccanismi di coordinamento tra la procedura di VIA/VAS e IPPC, al fine di evitare inutili ed onerose duplicazioni e sovrapposizioni fra i vari procedimenti menzionati.

 

L’introduzione di tali meccanismi risulta necessaria in relazione alle possibili interferenze tra tali discipline. In particolare, sebbene la VIA e la VAS abbiano ad oggetto una differente tipologia di atti (nel primo caso, i progetti; nel secondo caso, i piani ed i programmi), questi ultimi riguardano i medesimi settori (almeno per quanto concerne i piani/programmi soggetti a VAS obbligatoria). Vi sono, inoltre, parziali sovrapposizioni tra l'elenco di progetti sottoposti a VIA e quelli soggetti a IPPC. Peraltro, sono le stesse direttive comunitarie a prevedere tali sovrapposizioni e collegamenti, prevedendo una sorta di «principio di applicazione cumulativa»: ciascuna delle tre discipline deve essere applicata integralmente e nessuna delle tre pregiudica l'applicazione delle altre. Tale regola potrà poi essere temperata da principi e criteri di efficienza e semplificazione del procedimento decisionale, la cui applicazione tenderà a ridurre gli oneri burocratici gravanti sui soggetti interessati e il carico di lavoro delle amministrazioni.

Viene, in particolare,, disposto (art. 33) che, per i progetti di opere/interventi da realizzarsi in attuazione di piani o programmi già sottoposti a VAS e che rientrino tra le categorie per le quali è prescritta anche la VIA, costituiscono dati acquisiti tutti gli elementi positivamente già valutati in sede di VAS o comunque decisi in sede di approvazione del piano o programma.

Per quanto riguarda, invece le opere/interventi sottoposti a VIA, nonché per le modifiche sostanziali ad essi apportate, rientranti anche nel campo di applicazione dell’IPPC (art. 34), il proponente può richiedere che la procedura di VIA venga integrata nel procedimento per il rilascio dell’AIA (autorizzazione integrata ambientale), previsto dal decreto legislativo n. 59 del 2005[78]. Per un approfondimento delle disposizioni recate dal decreto legislativo n. 59 del 2005 si veda la scheda L’autorizzazione integrata ambientale.

Capo II -Le disposizioni specifiche per la VIA statale

Ambito di applicazione e soggetti competenti

La nuova disciplina sulla VIA statale, superando il criterio su cui era fondato il modello cosiddetto “binario” vigente fino ad oggi, che attribuiva allo Stato la competenza sulle opere di maggiore impatto e alle regioni la competenza su un elenco di opere di minore impatto, sottopone a procedura di VIA statale tutti i progetti di opere/interventi che fanno parte delle categorie di cui all’art. 23 (nel quale rientrano indistintamente sia i progetti di opere che erano sottoposte a procedura di VIA statale che regionale, oltre a nuove tipologie ivi previste), ma che presentino i seguenti ulteriori requisiti:

§         devono essere opere/interventi la cui autorizzazione alla costruzione/esercizio è rilasciata da organi statali;

§         oppure opere/interventi localizzati sul territorio di più regioni o con un impatto ambientale interregionale;

§         o ancora opere/interventi che possano avere effetti significativi sull’ambiente di un altro Stato dell’Unione europea.

 

Pertanto il criterio in base al quale dovrà essere deciso se sottoporre un progetto a VIA statale o regionale non sarà più la tipologia dell’opera/intervento in relazione al suo impatto ambientale, bensì l’autorità competente a rilasciare l’autorizzazione alla costruzione/esercizio, oppure il suo carattere interregionale o, ancora, l’eventuale impatto transfrontaliero[79].

La competenza al rilascio della VIA statale spetta, quindi, al Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio, di concerto con il Ministro per i beni e le attività culturali, sentita la regione interessata e sulla base dell’istruttoria esperita dalla Commissione tecnico-consultiva (secondo le modalità specificate nel successivo art. 36, commi 7 e successivi).

Le fasi della procedura di VIA statale

Le scansioni procedimentali attraverso cui si snoda la procedura di VIA possono essere essenzialmente ricondotte a tre fasi principali:

§         la fase introduttiva, comprendente il procedimento di valutazione (art. 36, commi da 1 a 6) e la fase preliminare e di verifica preventiva (art. 38);

§         la fase istruttoria, con le attività tecnico istruttorie della Commissione tecnico-consultiva (art. 37);

§         la fase decisionale, alla quale va ricondotto il giudizio di compatibilità ambientale (art. 36, commi da 7 a 9 e art. 40).

 

La fase introduttiva (artt. 36 e 38)

Le norme procedimentali della fase introduttiva per la VIA statale (art. 36) integrano, con alcune innovazioni, le disposizioni contenute nell’art. 6 della legge n. 349 del 1986.

Il procedimento di VIA statale inizia con la trasmissione al Ministero dell’ambiente, al Ministero per i beni e le attività culturali, alla regione territorialmente interessata, alla Commissione tecnico-consultiva ed agli altri Ministeri eventualmente interessati, da parte del committente/proponente dell’opera/intervento, della domanda che dovrà contenere: il progetto dell’opera/intervento, il SIA e la sintesi non tecnica. Nel caso l’opera/intervento abbia un carattere interregionale, una copia del progetto deve essere inviata a ciascuna regione interessata.

Per le opere ed interventi che ricadano, invece, nel territorio di più enti locali, possono essere depositati, presso ciascuna provincia e ciascun comune, anche solo lo stralcio del progetto e del SIA, fermo restando il deposito della sintesi non tecnica in versione integrale. Identica possibilità è ammessa con riguardo alle aree naturali protette ed i relativi enti di gestione. Una volta informati gli enti locali e la regione sono chiamati ad esprimere il loro parere come già disponel’art. 26, comma 2, delle norme comuni.

Il committente/proponente può anche attivare l’altro sub procedimento di carattere preliminare, previsto dalle norme comuni all’art. 26, comma 3, richiedendo, al Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio, la definizione di modalità di divulgazione più adeguate e praticabili in relazione alle specifiche caratteristiche del progetto.

Vengono quindi indicate le disposizioni per garantire l’adeguata informazione e partecipazione del pubblico e la possibilità, per chiunque vi abbia interessedi presentare osservazioni sull’opera soggetta a VIA, nel termine di 30 giorni dalla pubblicazione dell’avvenuta comunicazione del progetto.

Attengono ancora alla fase introduttiva le norme contenute nell’art. 38che prevedono che, per tutti i progetti sottoposti a procedura di VIA statale di cui all’art. 35, la Commissione tecnico-consultiva provvede a svolgere la relativa istruttoria anche per le nuove fasi preliminari e di eventuale verifica preventiva.

 

La fase istruttoria (art. 37)

Le norme procedimentali relative a tale fase riguardano i compiti istruttori della Commissione tecnico-consultiva.

Si dovrà costituire un’apposita sottocommissione per ogni progetto ricevuto e, ove ne ricorrano i presupposti, provvedere alla sua integrazione con un esperto regionale. Nel caso in cui la sottocommissione verifichi l’incompletezza della documentazione, essa può richiederne l’integrazione, sospendendo i termini del procedimento.

Sarà poi compito della sottocommissione valutare la documentazione presentata, nonché le osservazioni inoltrate ai sensi degli artt. 36, commi 4 e 6 (il parere degli enti locali/regione e di chiunque vi abbia interesse, nella fase introduttiva del procedimento) e 39 (il parere di una altro Stato membro), ed esprimere il proprio parere motivato entro il termine di 30 giorni a decorrere dalla scadenza di tutti i termini indicati, da trasmettere entro 10 giorni dalla sua verbalizzazione, al Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio, cui spetterà il giudizio di compatibilità ambientale.

Vengono quindi indicate norme ulteriori per i casi in cui, in base alle procedure di approvazione previste dalle specifiche leggi di settore, la VIA venga eseguita su progetti preliminari o di massima, mutuando prevalentemente le norme prevista per la VIA delle grandi opere[80]. Viene, in tal caso, prevista una verifica di ottemperanza del progetto definitivo alle prescrizioni del giudizio di compatibilità ambientale ed effettuare gli opportuni controlli in tal senso.

Pertanto, se nel corso di tali verifiche venga accertato che il progetto definitivo differisce da quello preliminare quanto alle aree interessate o alle risorse ambientali coinvolte, la sottocommissione ne dà comunicazione, con uno specifico rapporto, al Ministro dell’ambiente per l’adozione dei provvedimenti relativi all’aggiornamento del SIA e per la nuova pubblicazione dello stesso, anche ai fini dell’eventuale invio di osservazioni da parte dei soggetti pubblici e privati interessati.

A sua volta, ai fini dello svolgimento di tali compiti di verifica, il proponente è tenuto, pena la decadenza dell’autorizzazione alla realizzazione del progetto, a trasmettere il progetto definitivo alla sottocommissione prima dell’avvio della realizzazione dell’opera.

 

La fase decisionale (art. 36, commi da 7 a 9 e art. 40)

L’ultima fase della procedura di VIA statale, modellata su quella statale di cui all’art. 6, commi 4 e seguenti della legge n. 349 del 1986, riguarda la fase decisionale alla quale va ricondotto il giudizio di compatibilità ambientale (art. 36, commi da 7 e 9 e art. 40)

L’atto che conclude la procedura di VIA statale consiste, appunto, nel giudizio di compatibilità ambientale reso dal Ministro dell’ambiente, sulla base dell’istruttoria svolta dalla Commissione tecnico-consultiva, e di concerto con il Ministro per i beni e le attività culturali e con il Ministro proponente, entro 90 giorni. L’inutile decorso di tale termine implica l’esercizio del potere sostituivo da parte del Consiglio dei Ministri, che deve provvedere entro 60 giorni, ai sensi e con gli effetti di cui all’art. 31, comma 2 (il parere inespresso equivale a giudizio negativo incondizionato).

Per le sole opere/interventi la cui autorizzazione alla costruzione o all’esercizio è competenza di organi dello Stato, viene prevista la possibilità per il Ministro competente alla loro realizzazione, ove non ritenga di uniformare il progetto proposto al giudizio di compatibilità del Ministro dell’ambiente, di proporre motivatamente al Presidente del Consiglio dei Ministri l’adozione di un provvedimento di revisione di tale giudizio, o di disporre la non realizzazione del progetto. Sulla proposta di revisione si esprime il Consiglio dei Ministri.

Ai sensi dell’art. 40,gli esiti della procedura di VIA devono essere comunicati ai soggetti del procedimento e a tutte le altre amministrazioni pubbliche competenti (anche in materia di controlli ambientali), nonché adeguatamente pubblicizzati.

Il giudizio di compatibilità ambientale può risolversi in un giudizio positivo (quindi, di compatibilità dell’opera), oppure può dettare eventuali prescrizioni per la mitigazione degli impatti ed il monitoraggio delle opere e degli impianti. Esso deve essere acquisito dall’autorità competente al rilascio dell’autorizzazione definitiva alla realizzazione dell’opera o dell’intervento progettato.

Nel caso di iniziative promosse da autorità pubbliche, il provvedimento definitivo che ne autorizza la realizzazione deve adeguatamente evidenziare la conformità delle scelte effettuate agli esiti della procedura d’impatto ambientale. In tutti gli altri casi, i progetti devono essere adeguati agli esiti del giudizio di compatibilità ambientale, prima del rilascio dell’autorizzazione alla realizzazione.

Infine, viene introdotta una norma che dispone la riapertura della procedura nel caso di opere non realizzate almeno per il 20% entro 3 anni dal giudizio di compatibilità ambientale. In ogni caso il giudizio di compatibilità ambientale cessa di avere efficacia al compimento del quinto anno dalla sua emanazione.

I progetti con impatti ambientali transfrontalieri

Disposizioni specifiche disciplinano la terza categoria di opere sottoposte a VIA statale, vale a dire quelle che potrebbero avere effetti significativi sull’ambiente di un altro Stato dell’Unione europea.

Viene prevista, qualora l’opera/l’intervento progettato possa avere effetti significativi sull’ambiente di un altro Stato, ovvero qualora lo Stato membro che potrebbe essere coinvolto in maniera significativa ne faccia richiesta, la trasmissione all’altro Stato di una serie di informazioni che devono, almeno contenere una descrizione del progetto con tutte le informazioni disponibili circa il suo eventuale impatto transfrontaliero e le informazioni sulla natura della decisione che può essere adottata.

Nel caso in cui, una volta ricevute tali informazioni, lo Stato membro comunica - entro i successivi 30 giorni - che intende partecipare alla procedura di VIA, dovranno essergli trasmesse anche alcune informazioni aggiuntive.

Una volta ricevuta la documentazione aggiuntiva, lo Stato interessato ha 30 giorni di tempo per presentare eventuali osservazioni, salvo che non decida di esprimere il proprio parere previa consultazione delle autorità competenti e del pubblico interessato (in tal caso il termine viene prorogato a 90 giorni). In pendenza dei termini indicati, vengono sospesi tutti i termini della procedura di VIA.

I controlli successivi

Analogamente a quanto era previsto dalla normativa in materia di VIA statale[81], viene riconfermato il potere di vigilanza del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio sull’osservanza del giudizio di compatibilità ambientale o delle eventuali prescrizioni in esso contenute, durante la realizzazione dell’opera/intervento. Tale potere, attivabile su segnalazione della Commissione tecnico-consultiva, può spingersi fino alla sospensione dei lavori ed all’ordine di ripristino delle condizioni di compatibilità ambientale dei lavori stessi.

Capo III - disposizioni specifiche per la VIA regionale o provinciale

Ambito di applicazione

La nuova disciplina sulla VIA regionale o provinciale, come già indicato per quella statale, sottopone a VIA tutti i progetti di opere/interventi previsti dall’art. 23, ad esclusione di quelli sottoposti ad autorizzazione statale o aventi impatto ambientale interregionale o transfrontaliero (art. 42).

Alle regioni e alle province autonome è poi attribuita la facoltà di disporre, sulla base degli elementi indicati nell’Allegato IV della Parte Seconda, un incremento, nella misura massima del 20%, delle soglie di cui all’elenco B dell’Allegato III, per determinate categorie progettuali e/o aree predeterminate[82].

Nel caso in cui dall’istruttoria svolta in sede regionale/provinciale emerga che l’opera/intervento progettato possa avere un impatto rilevante interregionale/interprovinciale o transfrontaliero, l’autorità competente, con provvedimento motivato, si dichiara incompetente e rimette gli atti alla Commissione tecnico-consultiva per il loro eventuale utilizzo nel procedimento riaperto in sede statale.

Le procedure di VIA regionale o provinciale

Ai sensi dell’art. 43, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano disciplinano con proprie leggi e regolamenti le procedure per la VIA dei progetti delle opere/interventi che rientrano nella loro competenza, in conformità alle norme comuni in materia di VIA indicate nel Capo I (del Titolo III).

Nel disciplinare i contenuti e la procedura di VIA, esse dovranno almeno individuare:

§         l’autorità competente in materia di VIA;

§         l’organo tecnico per lo svolgimento dell’istruttoria;

§         le eventuali deleghe agli enti locali per particolari tipologie progettuali;

§         le eventuali modalità, ulteriori o in deroga rispetto a quelle indicate nel decreto, per l’informazione e la consultazione del pubblico;

§         le modalità di realizzazione o adeguamento delle cartografie, degli strumenti informativi territoriali di supporto e di un archivio dei SIA consultabile dal pubblico;

§         i criteri integrativi con i quali vengono definiti le province ed i comuni interessati dal progetto.

Le regioni/province autonome possono, per casi di particolare rilevanza, prorogare i termini per la conclusione della procedura (prevista dalle norme comuni all’art. 31 entro 90 giorni dalla pubblicazione degli atti ad essa inerenti) sino ad un massimo di 60 giorni.

Fino all’entrata in vigore delle discipline regionali/provinciali previste, si applicano le disposizioni di cui alla Parte Seconda del decreto.

Le ulteriori disposizioni in materia di VIA regionale (art. 45-47) ripropongono esattamente quanto già previsto nell’atto di indirizzo di cui al DPR 12 aprile 1996 sul coordinamento della procedura di VIA con le procedure ordinarie di assenso alla realizzazione delle opere, in merito alla possibilità di prevedere procedure semplificate per progetti di dimensioni ridotte o di durata limitata e per gli eventuali casi di esclusione.

Viene, quindi, confermato anche l’obbligo annuale di informazione in capo alle regioni/province autonome nei confronti del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio in merito ai provvedimenti adottati e a quelli in corso.

Nulla vieta alle regioni/province autonome di integrare le disposizioni comuni in materia di VIA/VAS e VIA/IPPC (di cui agli artt. 33 e 34).

Titolo IV - Disposizioni transitorie e finali

Le norme raccolte all’interno di tale titolo riguardano le abrogazioni (art. 48), i provvedimenti di attuazione per la costituzione della Commissione tecnico-consultiva (art. 49, abrogato dal già richiamato articolo 14 del D.P.R. n. 90 del 2007), l’adeguamento delle disposizioni regionali e provinciali (art. 50), l’eventuale emanazione di regolamenti e norme tecniche integrative (art. 51) e l’entrata in vigore (art. 52).

 

Adeguamento delle disposizioni regionali e provinciali ed emanazione di regolamenti e norme tecniche integrative (artt. 50 e 51)

L’entrata in vigore delle disposizioni legislative e regolamentari emanate dalle regioni e dalle province autonome è prevista entro 120 giorni dalla pubblicazione del decreto stesso, vale a dire entro il 14 agosto 2006.

Viene disposta, inoltre, la possibilità di adottare norme puntuali per una migliore integrazione delle procedure di VAS e VIA negli specifici procedimenti amministrativi vigenti di approvazione o autorizzazione dei piani/programmi e delle opere/interventi sottoposti a valutazione, attraverso appositi regolamenti di delegificazione.

Per le opere/interventi sottoposti a VIA, fino all’emanazione di tali regolamenti di delegificazione, continuano ad applicarsi, per quanto compatibili, le disposizioni di cui all’art. 2 del DPCM 10 agosto 1988, n. 377.

Infine, viene prevista l’emanazione, con DPCM, di norme tecniche integrative della disciplina di VIA per la redazione dei SIA e la formulazione dei giudizi di compatibilità in relazione a ciascuna categoria di opere, e la contestuale vigenza, fino alla loro emanazione, delle norme tecniche attualmente vigenti.

 

Entrata in vigore (art. 52)

Le disposizioni della Parte Seconda del decreto dovevano entrare in vigore 120 giorni dopo la pubblicazione nella G.U., ossia il 14 agosto 2006. Come già ricordato, tale termine è stato prorogato, da ultimo al 31 luglio 2007 con l’art. 5, comma 2, del decreto-legge 28 dicembre 2006, n. 300.

I procedimenti amministrativi in corso alla data di entrata in vigore del decreto, nonché i procedimenti per i quali a tale data sia già stata formalmente presentata istanza introduttiva da parte dell’interessato, si concludono in conformità alle disposizioni ed alle attribuzioni di competenza in vigore all’epoca della presentazione di tale istanza. Nella “Scheda di analisi di impatto della regolamentazione”, che accompagnava lo schema di decreto, si leggeva che tale disposizione era finalizzata ad evitare che la nuova disciplina incidesse sui procedimenti in corso “mirando, quindi ad assicurare la piena attuazione del principio “tempus regit actum”. Al riguardo si osserva che tale disposizione sembrerebbe contrastare con il regime transitorio previsto dalla direttiva VAS 2001/42/CE (art. 13, par. 3), ove viene stabilito che sono soggetti a VAS tutti i piani/programmi il cui primo atto preparatorio formale è successivo al 21 luglio 2004 e tutti quelli il cui primo atto preparatorio formale è precedente 21 luglio 2004, ma sono approvati o sottoposti all'iter legislativo più di 24 mesi dopo la stessa data (21 luglio 2006), a meno che gli Stati membri decidano caso per caso che ciò non è possibile, informando il pubblico di tale decisione.

Gli allegati

Costituiscono parte integrante della Parte seconda del decreto legislativo n. 152 del 2006 anche cinque allegati così suddivisi:

·         Allegato IInformazioni da inserire nel rapporto ambientale;

·         Allegato IICriteri per verificare se lo specifico piano o programma oggetto di approvazione possa avere effetti significativi sull’ambiente;

·         Allegato IIIProgetti sottoposti a VIA;

·         Allegato IVElementi di verifica per l’assoggettamento a VIA di progetti dell’Allegato III, elenco B, non ricadenti in aree naturali protette;

·         Allegato VInformazioni da inserire nello studio di impatto ambientale.

 

Allegato I

In esso vengono indicate le informazioni da inserire nel rapporto ambientale che deve essere redatto durante la fase preparatoria del piano/programma al fine di individuare, valutare e descrivere gli effetti ambientali del piano/programma stesso, nonché le sue ragionevoli alternative, ai sensi dell’art. 9 del decreto. Tali informazioni costituiscono, comunque, indicazioni di "minima", in quanto nulla vieta di inserire ulteriori informazioni aggiuntive, purché utili alle finalità della valutazione.

 

Allegato II

Ai fini della sottoposizione a VAS dei piani/programmi che potrebbero avere effetti significativi sull’ambiente e delle modifiche di un piano/programma già approvato, l’art. 7, comma 5, prevede l’effettuazione di una verifica preliminare da parte dell’autorità competente all’approvazione del piano/programma stesso (che nel procedimento sulla VAS statale è operata dalla Commissione tecnico-consultiva), secondo i criteri di cui all’Allegato II alla Parte Seconda.

Tali criteri, che rispecchiano quelli indicati nell’Allegato II della direttiva comunitaria 2001/42/CE, si basano su una pluralità di parametri quali gli elementi che caratterizzano il piano/programma stesso, gli effetti conseguenti all’attuazione del piano/programma e le caratteristiche delle aree interessate.

 

Allegato III

Si articola, a sua volta, in due elenchi, elenco A ed elenco B ove sono elencati i progetti da sottoporre a VIA.

L’elenco A riguarda i progetti da sottoporre a VIA ai sensi dell’art. 23, comma 1, lett. a); essi corrispondono sostanzialmente alle tipologie progettuali per le quali la disciplina vigente prevedeva la procedura di VIA nazionale oppure quella regionale. Conseguentemente tutte le categorie progettuali ora dovranno essere sottoposte a procedura di VIA e, come più volte sottolineato, la competenza nazionale o regionale dipenderà dall’organo cui spetterà l’autorizzazione alla costruzione/esercizio dell’opera/impianto. Nell’elenco A compaiono anche alcune categorie progettuali indicate nell’Allegato I della direttiva 85/337/CEE, come integrato dalle direttive 97/11/CE e 2003/35/CE. Si rileva che per alcune categorie progettuali (ad esempio gli elettrodotti aerei esterni per il trasporto di energia elettrica) sono adottate soglie più basse rispetto a quelle comunitarie.

L’elenco B riguarda i progetti da sottoporre a VIA ai sensi dell’art. 23, lettere b) e c) ed essi coincidono con quelli contenuti nell’Allegato B del DPR 12 aprile 1996, per i quali era obbligatoria la VIA regionale.

 

Allegato IV

Reca gli elementi in base ai quali l’autorità competente dovrà verificare se i progetti di cui all’elenco B dell’Allegato III, nel caso in cui non ricadano all’interno di aree naturali protette, richiedano o meno la procedura di VIA, ai sensi dell’art. 23, comma 1, lett. c). Tali elementi riguardano la definizione delle caratteristiche progettuali, la localizzazione dei progetti e il loro impatto potenziale.

 

Allegato V

Contiene le informazioni da inserire nel SIA, predisposto secondo le modalità e con i criteri dettati dall’art. 27 del decreto.Per l’individuazione di tali informazioni si è preso come riferimento il modello del SIA previsto dalla VIA regionale (Allegato C del DPR 12 aprile 1996) e non quello indicato nella VIA statale dal DPCM 27 dicembre 1988 e dai suoi allegati[83].

 


Schema D.lgs. n.168

 



Relazione motivata

 


 

Art. 1, comma 6 della legge 308/2004

 

 



[1]Per quanto riguarda l’Italia, la strategia nazionale per lo sviluppo sostenibile è stata approvata dal CIPE il 2 agosto 2002 (Deliberazione n. 57) e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 255 del 30 ottobre 2002, supplemento ordinario n. 205.

[2]COM (2006) 397.

[3]COM (2007) 128.

[4]SEC(2007) 362.

[5]EC(2007) 363

[6]COM(2007)120

[7]COM (2006) 921

[8]COM (2007) 414.

[9]Il programma è stato istituito con la decisione n. 1600/2002/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 22 luglio 2002.

[10]         COM (2005) 666.

[11]         COM (2005) 667.

[12]               COM (2005) 670.

[13]         La comunicazione sottolinea che va tenuto in considerazione, da un punto di vista ambientale, l’intero ciclo vitale delle risorse, essendo ormai riconosciuto che l’impatto ambientale di molte risorse è spesso connesso alla fase del loro utilizzo e non soltanto alla fase iniziale e finale del loro ciclo di vita.

[14]         Procedura 2003/2049.

[15]         Procedura 2002/5170. L’articolo 228 del Trattato della Comunità europea conferisce alla Commissione la facoltà di procedere nei confronti di uno Stato membro che non si sia conformato a una sentenza della Corte di giustizia delle Comunità europee attraverso l’invio di un primo ammonimento scritto (messa in mora complementare) e di un secondo e ultimo ammonimento scritto (parere motivato complementare). A norma del medesimo articolo, la Commissione può chiedere alla Corte di infliggere una sanzione pecuniaria allo Stato membro interessato, qualora non ottemperi al parere motivato.

[16]   Procedura 2004/929.

[17]         Procedura 2005/640 causa C-69/07.

[18]         Procedura 2004/59 – causa C-85/05.

[19]         Sulla base dell’articolo 228 qualora uno Stato membro non abbia preso entro il termine fissato dalla Commissione i provvedimenti che l'esecuzione di una sentenza della Corte ad esso relativa, la Commissione può adire nuovamente la Corte di giustizia, in questo caso precisando l'importo della somma forfettaria o della penalità, da versare da parte dello Stato membro in questione, che consideri adeguato alle circostanze.

[20]         Procedura 2005/2315 – causa C-85/07.

[21]         Procedura 2002/5394 causa C‑255/05.

[22]         Procedura 2005/405.

[23]         Procedura d’infrazione 2002/2077, causa C-194/05.

[24]         Procedura d’infrazione 2002/2213, causa C-263/05.

[25]   Tali decreti riguardavano:

-        i criteri e le modalità per il campionamento e l'analisi delle terre e rocce da scavo;

-        la semplificazione delle procedure amministrative relative alle rocce e terre da scavo provenienti da cantieri di piccole dimensioni la cui produzione non superi i seimila metri cubi di materiale;

-        l’approvazione dei modelli di registro di carico e scarico dei rifiuti;

-        l'esecuzione del monitoraggio della spesa e altre iniziative informative in campo ambientale;

-        la definizione dei limiti esterni dell'estuario, area di transizione tra le acque dolci e le acque costiere alla foce di un fiume;

-        l’Autorità di vigilanza sulle risorse idriche e sui rifiuti;

-        la riorganizzazione del catasto dei rifiuti;

-        l’individuazione di tipologie di beni in polietilene;

-        il registro delle imprese autorizzate alla gestione dei rifiuti;

-        le norme tecniche per il riutilizzo delle acque reflue;

-        i requisiti relativi al centro di raccolta e all'impianto di trattamento dei veicoli fuori uso;

-        la gestione delle entrate derivanti dall'Albo dei gestori di rifiuti;

-        modalità e termini di aggiudicazione della gestione del Servizio idrico integrato;

-        l’approvazione dello schema-tipo di statuto dei consorzi per ciascun materiale di imballaggio operanti su tutto il territorio nazionale;

-        l’istituzione dell'elenco dei rifiuti;

-        le modalità per l’aggiudicazione da parte dell’autorità d’ambito del servizio di gestione integrata dei rifiuti urbani;

-        l’aggiornamento degli studi europei fissati dal Comitato europeo di normazione (CEN), sugli imballaggi e rifiuti da imballaggio.

[26]   Comunicato pubblicato nella G.U. n. 146 del 26 giugno 2006.

[27]   Convertito, con modificazioni, dalla legge 4 agosto 2006, n. 248.

[28]   Convertito, con modificazioni, dalla legge 24 novembre 2006, n. 286.

[29]   Convertito, con modificazioni, dalla legge 26 febbraio 2007, n. 17. Una prima proroga era stata disposta dall’art. 1-septies del decreto-legge 12 maggio 2006, n. 173, convertito, con modificazioni, dalla legge 12 luglio 2006, n. 228.

[30]   Consorzio nazionale imballaggi, Consorzio nazionale per la raccolta e trattamento delle batterie al piombo esauste e dei rifiuti piombosi e Consorzio per la gestione, raccolta e trattamento degli oli minerali usati.

[31]   La Consulta ha rigettato l’istanza di sospensione in quanto la Corte, nel sollecitare la sospensione, ha “prospettato in maniera sostanzialmente assertiva la sussistenza dei relativi presupposti, omettendo di svolgere argomenti in grado di indurre questa Corte ad eventualmente adottare, d'ufficio, i provvedimenti di sospensione”.

[32]   Per approfondimenti, anche con riferimento alla giurisprudenza comunitaria e della Corte costituzionale italiana, BUTTI, Principio di precauzione, in Riv. Giur. amb., 2006, 809.

[33]   FERRARA, I principi comunitari della tutela dell’ambiente, in Diritto amministrativo, 2005, 509.

[34]   FERRARA, op. cit., 527.

[35]   Il Programma Agenda 21, approvato a Rio de Janeiro nel 1992 e sottoscritto da oltre 170 nazioni, è un catalogo delle politiche e delle azioni mirate allo Sviluppo Sostenibile. L'Agenda 21 è il processo di partnership attraverso il quale gli enti locali operano in collaborazione con tutti i settori della comunità locale per definire piani di azione per perseguire la sostenibilità. Proprio in considerazione delle peculiarità di ogni singola città, le autorità locali di tutto il mondo sono quindi invitate a dotarsi di una propria Agenda.

[36]   Decisione del Parlamento europeo e del Consiglio del 24 settembre 1998 relativa al riesame del Programma Comunitario di politica ed azione a favore dell’ambiente e di uno sviluppo sostenibile, noto anche come “Quinto Programma d’azione a favore dell’ambiente” (1992-2000).

[37]   Tale programma sarà oggetto di una revisione intermedia nel 2006.

[38]   Prima dell’emanazione di tale documento, nel giugno 2001, al Consiglio Europeo di Göteborg, è stata varata la “Strategia europea per lo sviluppo sostenibile”, contenente alcune concrete indicazioni per il coordinamento delle politiche ai fini di uno sviluppo sostenibile sotto i profili economico, sociale ed ecologico, nonché una serie di obiettivi specifici e di misure necessarie per il loro raggiungimento. Successivamente, nel febbraio 2002, la stessa Commissione ha approvato la comunicazione “Verso un partenariato globale per uno sviluppo sostenibile” - COM(2002)82 def. – in cui, partendo dal presupposto che la globalizzazione offre uno stimolo alla crescita economica ed al miglioramento complessivo delle condizioni di vita sul pianeta, si afferma tuttavia la necessità di sottoporre a controlli i complessi processi innescati dalla crescente liberalizzazione degli scambi, affidando alle istituzioni internazionali poteri e responsabilità adeguati per una complessiva ed efficace promozione dello sviluppo sostenibile.

[39]   Su cui, cfr. G. Tonelli, Comunicare l’ambiente, Convenzione di Aahrus e D.Lgs. 195/2005 – 7 novembre 2006, disponibile all’indirizzo internet http://www.ermesambiente.it/comunicambiente/documenti/Tonelli.ppt.

[40]   Il DPR n. 357/1997 prevedeva, originariamente, l’assoggettamento a valutazione di incidenza delle sole opere sottoposte a VIA. Successivamente le modifiche di cui al DPR n. 120 del 2003 sono state introdotte a seguito della pronuncia della Corte di Giustizia UE n. 143/02.

[41]   Corte di Giustizia UE, 13 gennaio 2005 (causa C-117/03).

[42]   L’Apat ha svolto, a questo proposito, un’analisi di confronto tra i richiamati atti normativi, al fine di individuare gli elementi comuni e le discordanze nelle modalità di attuazione della direttiva comunitaria. I dati, aggiornati al mese di settembre 2005, sono disponibili sul sito internet http://www.apat.gov.it/site/_files/quadroRifLegislativo_VAS.pdf

[43]   Artt. 14-14-quater della legge n. 241 del 1990, da ultimo modificati ed integrati dagli artt. 8-12 della legge n. 15 del 2005.

[44]     A titolo meramente esemplificativo, si ricorda che sono soggetti a VIA statale ed a AIA i progetti di cui all’Allegato II del decreto in esame elencati al n. 1) Raffinerie di petrolio greggio (escluse le imprese che producono soltanto lubrificanti dal petrolio greggio), nonché impianti di gassificazione e di liquefazione di almeno 500 tonnellate (Mg) al giorno di carbone o di scisti bituminosi; n. 2), primo trattino, Centrali termiche ed altri impianti di combustione con potenza termica di almeno 300 MW; n. 5) Acciaierie integrate di prima fusione della ghisa e dell'acciaio; n. 6) Impianti chimici con capacità produttiva complessiva annua per classe di prodotto, espressa in milioni di chilogrammi, superiore alle soglie indicate. Tali impianti sono elencati anche ai punti n. 1), 2), 3) e 4) dell’Allegato V del d.lgs. n. 59 del 2005 che reca le categorie di impianti soggetti ad autorizzazione integrata ambientale statale.

[45]     L’Allegato III del decreto, che reca i progetti soggetti a VIA regionale, elencatalcune tipologie di impianti che compaiono parimenti nell’Allegato I del d.lgs. n. 59, che individua le categorie di attività industriali per le quali l’autorità competente richiede l’AIA.

[46]     L’allegato G prevede che la relazione per la VINCA dovrà contenere: 1) Caratteristiche dei piani e progetti. Esse debbono essere descritte con riferimento, in particolare: alle tipologie delle azioni e/o opere; alle dimensioni e/o àmbito di riferimento; alla complementarietà con altri piani e/o progetti; all'uso delle risorse naturali; alla produzione di rifiuti; all'inquinamento e disturbi ambientali; e al rischio di incidenti per quanto riguarda le sostanze e le tecnologie utilizzate.

2. Area vasta di influenza dei piani e progetti - interferenze con il sistema ambientale. Le interferenze di piani e progetti debbono essere descritte con riferimento al sistema ambientale considerando le componenti abiotiche, quelle biotiche e le connessioni ecologiche. Le interferenze debbono tener conto della qualità, della capacità di rigenerazione delle risorse naturali della zona e della capacità di carico dell'ambiente naturale, con riferimento minimo alla cartografia del progetto CORINE LAND COVER (si tratta di un progetto che fa parte del programma comunitario CORINE, il sistema informativo creato per coordinare, a livello europeo, le attività di rilevamento, archiviazione, elaborazione e gestione di dati territoriali relativi allo stato dell'ambiente).

[47]   Il DPR n. 357/1997 prevedeva, originariamente, l’assoggettamento a valutazione di incidenza delle sole opere sottoposte a VIA. Successivamente le modifiche di cui al DPR n. 120 del 2003 sono state introdotte a seguito della pronuncia della Corte di Giustizia UE n. 143/02.

[48]   Pubblicato nella G.U. 10 luglio 2007, n. 158, S.O.

[49]    Cfr. http://www2.minambiente.it/SVS/svs/docs/strategia_azione_ambientale.pdf.

[50]   Si ricorda, però che il parametro più restrittivo era stato recepito, ma sole per le piste di atterraggio, nel previgente DPCM n. 377/1988.

[51]   La lett. d) include gli impianti industriali destinati alla fabbricazione di pasta per carta a partire dal legno o da altre materie fibrose ed alla fabbricazione di carta e cartoni con capacità di produzione superiore a 20 tonnellate al giorno.

[52] La lett. e) comprende gli impianti chimici integrati, ossia impianti per la produzione su scala industriale, mediante processi di trasformazione chimica, di sostanze, in cui si trovano affiancate varie unità produttive funzionalmente connesse tra di loro:

§          per la fabbricazione di prodotti chimici organici di base (progetti non inclusi nell'Allegato II);

§          per la fabbricazione dì prodotti chimici inorganici di base (progetti non inclusi nell'Allegato II);

§          per la fabbricazione di fertilizzanti a base dì fosforo, azoto, potassio (fertilizzanti semplici o composti) (progetti non inclusi nell'Allegato II);

§          per la fabbricazione di prodotti di base fitosanitari e di biocidi;

§          per la fabbricazione di prodotti farmaceutici di base mediante procedimento chimico o biologico;

§          per la fabbricazione di esplosivi.

[53]La lett. ad) comprende gli impianti destinati a ricavare metalli grezzi non ferrosi da minerali, nonché concentrati o materie prime secondarie attraverso procedimenti metallurgici, chimici o elettrolitici.

[54] La lett. h) reca l’estrazione di sostanze minerali di miniera di cui all'art. 2, comma 2, del regio decreto n. 1443 del 1927, mediante dragaggio marino e fluviale; la lett. i) l’agglomerazione industriale di carbon fossile e lignite; la lett. l) gli impianti di superficie dell'industria di estrazione di carbon fossile, di petrolio, di gas naturale e di minerali metallici nonché di scisti bituminose e la lett. m) gli impianti per la produzione di energia idroelettrica con potenza installata superiore a 100KW.

[55] Solamente per gli impianti per la produzione di energia idroelettrica nell’allegato II, n. 3, lett. h) della direttiva non viene indicato alcun limite di potenza.

[56] La lett. m) riguarda la fabbricazione di prodotti ceramici mediante cottura, in particolare tegole, mattoni, mattoni refrattari, piastrelle, gres o porcellane, con capacità di produzione di oltre 75 tonnellate al giorno e con capacità di forno superiore a 4 metri cubi e con densità di colata per forno superiore a 300 kg al metro cubo.

[57] La lettera n) è relativa agli impianti per la fusione di sostanze minerali, compresi quelli destinati alla produzione di fibre minerali. con capacità di fusione di oltre 20 tonnellate al giorno.

[58] La VAS prende in considerazione gli effetti dell’attuazione dei piani e programmi che possono avere conseguenze significative sull’ambiente, durante la loro elaborazione e prima della loro adozione, mentre la VIA approfondisce gli effetti sull’ambiente di singole opere o progetti pubblici e privati che possono avere ripercussioni ambientali rilevanti.

[59] Occorre sottolineare che, nell’esercizio della delega conferita dall’art. 25 della legge 18 aprile 2005, n. 62 (legge comunitaria 2004) per il recepimento delle direttive quadro in materia di appalti (2004/17/CE e 2004/18/CE), il Governo, nel riscrivere l’intera legge Merloni (v. capitolo La riforma della “legge Merloni e la scheda Il Codice dei contratti pubblici) ha provveduto, ai fini di un coordinamento delle norme esistenti per la creazione di un testo unico degli appalti, a trasporre nel cd. codice appalti approvato con il decreto legislativo n. 163 del 2006 (in particolare nella Parte II, Titolo III, Capo IV, comprendente gli articoli 161-194) anche la disciplina speciale prevista per le cd. opere strategiche dal d.lgs. n. 190/2002 (di cui è prevista l’aborgazione da parte dell’art. 256 del citato codice).

Si noti che, attualmente, il codice appalti è in attesa di pubblicazione sulla G.U., pertanto i commenti e/o i riferimenti a tale normativa riguardano il testo presentato alle Camere per il parere.

[60] Il recepimento da parte degli Stati membri, previsto entro il 21 luglio 2004, era stato dapprima anticipato dallo Stato italiano al 26 marzo 2003 con la legge 1° marzo 2002 n. 39 (comunitaria 2001), e poi successivamente posticipato al 31 dicembre 2003 dall’art. 13-nonies del decreto legge 25 ottobre 2002, n. 236.

[61] Per un approfondimento della disciplina speciale prevista per la realizzazione delle infrastrutture olimpiche si veda il capitolo Giochi olimpici Torino 2006.

[62] Nel caso in cui si faccia riferimento alla procedura di VAS regionale, il contraddittorio per la determinazione delle informazioni da inserire nel rapporto, dovrà essere, invece, con l’autorità competente, ai sensi dell’art. 9, comma 4.

[63] Fra le numerose tipologie di pianificazione territoriale (molte delle quali disciplinate ormai da fonte regionale), possono citarsi: i piani territoriali di area vasta e i piani territoriali regionali di coordinamento (PTRC) - approvati dalle regioni - i piani di assetto del territorio (PAT) con le scelte strategiche di assetto e di sviluppo per il governo del territorio comunale, e il piano degli interventi (PI) - approvati dai comuni.

[64] L’Apat ha svolto, a questo proposito, una analisi di confronto regionale di detti atti normativi, attraverso specifici parametri, al fine di individuare gli elementi comuni e le discordanze nelle modalità di attuazione della direttiva comunitaria in assenza di un decreto nazionale. I dati, aggiornati al mese di settembre 2005, sono rinvenibili sul sito internet http://www.apat.gov.it/site/_files/quadroRifLegislativo_VAS.pdf

[65] Per l’individuazione delle regioni con le relative leggi, si veda, in questo caso, la tabella n. 3 del documento citato dell’APAT

[66] Per l’individuazione delle regioni con le relative leggi, si veda, in questo caso, la tabella n. 2 del documento citato dell’APAT

[67] Giova ricordare che il citato DPR 12 aprile 1996 era stato emanato in seguito ai richiami da parte comunitaria per l'incompleta applicazione della direttiva 337/85/CEE. Il DPR aveva conferito alle regioni ed alle province autonome il compito di attuare la direttiva per tutte quelle categorie di opere (allegati A e B al DPR) non comprese nella normativa statale, ma previste dalla direttiva all’allegato II. Le opere dell'allegato A venivano sottoposte a VIA regionale obbligatoria (se localizzate in un parco, ai sensi della legge n. 394/1991, la soglia dimensionale veniva dimezzata); le opere dell'allegato B erano sottoposte a VIA regionale obbligatoria, con soglie dimezzate, solo nelle aree a parco, mentre al di fuori dei parchi venivano sottoposte ad una fase di verifica.

[68] Per la cui illustrazione si veda l’apposita scheda Legge obiettivo – Disciplina speciale di VIA.

[69] Decreto legge 7 febbraio 2002, n. 7, convertito in legge, con modificazioni, dall’art. 1 della legge 9 aprile 2002, n. 55; decreto legge 18 febbraio 2003, n. 25, convertito in legge, con modificazioni, dall’art. 1 della legge 17 aprile 2003, n. 83; legge 23 agosto 2004, n. 239 e decreto legislativo 27 dicembre 2004, n. 330.

[70] Artt. 14-14 quater della legge 7 agosto 1990, n. 241, da ultimo modificati ed integrati dagli artt. 9-14 della legge 24 novembre 2000, n. 340 e dagli artt. 8-12 della legge 11 febbraio 2005, n. 15.

[71] Artt. 16 e seguenti della legge 11 febbraio 1994, n. 109 e successive modifiche.

[72] Convertito in legge, con modificazioni, dall’art. 1 della legge 16 gennaio 2004, n. 5.

[73] Ai sensi dell’art. 30, per i progetti sottoposti a VIA è facoltà del proponente, prima dell'avvio del procedimento di VIA, richiedere alla competente direzione del MATT un parere in merito alle informazioni che devono essere contenute nello SIA (fase di scoping).

[74] Si segnala che al fine di approfondire la portata ed il significato della normativa vigente, l’Apat ha predisposto un rapporto tecnico recante “Dispositivi legislativi internazionali, comunitari e nazionali in materia di VIA. Quadro legislativo internazionale, comunitario e nazionale aggiornato al mese di giugno 2005” ed una raccolta della produzione giurisprudenziale più significativa. I due documenti sono disponibili nel sito internet dell’Apat ai seguenti indirizzi:

http://www.apat.gov.it/site/_files/RT_VIAnazionale_giugno2005.pdf; http://www.apat.gov.it/site/_files/VIAgiurisprudenzafinale.pdf

[75] I dati sono stati tratti da un rapporto tecnico predisposto dall’APAT “La VIA a livello regionale. Quadro di riferimento normativo” (marzo 2005) e da una analisi comparata del contenuto delle leggi regionali e provinciali sempre a cura dell’APAT (novembre 2001), in cui sono analizzate le tipologie di opere previste nei singoli dispositivi legislativi. Il testo dei due documenti è disponibile nei seguenti siti internet:

http://www.apat.gov.it/site/_files/Sviluppo_Sostenibile/VIARegionale_marzo2005.pdf  e

http://www.apat.it/site/_files/Sviluppo_Sostenibile/Rapporto%20T4_Comparazione%20VIA%20regionale%20-%20Link%20analisi%20comparata.zip

[76] Per citare un esempio, allo Stato spettava la VIA degli impianti di smaltimento di rifiuti ex tossici e nocivi (DPCM n. 377 del 1988, art. 1, comma 1, lett. i), che sono, invece, autorizzati dalle regioni (art. 27 del decreto legislativo n. 22 del 1997). In base alla nuova normativa ora la VIA spetta, quindi, non più allo Stato, bensì alle regioni, organo cui compete l’autorizzazione alla costruzione/esercizio.

[77] Tale disposizione adegua la normativa italiana alla direttiva 85/337/CEE, il cui recepimento è stato, tra l’altro, anche disposto con l’art. 30 della legge 18 aprile 2005, n. 62 (comunitaria 2004), a seguito dell’apertura della procedura di infrazione 2003/2049.

[78] Si ricorda che, ai sensi dell’art. 1, comma 2, del decreto legge 7 febbraio 2002, n. 7, convertito in legge, con modificazioni, dall’art. 1 della legge 9 aprile 2002, n. 55, ai soli fini del rilascio della VIA, per la costruzione e l’esercizio degli impianti di energia elettrica di potenza superiore a 300 Mw termici, si applicano le disposizioni relative alla VIA statale e, fino all’emanazione dello specifico decreto legislativo (n. 59 del 2005), tale autorizzazione integra e sostituisce, ad ogni effetto, singole autorizzazioni ambientali di competenza delle Amministrazioni interessate e degli enti pubblici territoriali. Inoltre, l’esito positivo della VIA costituisce parte integrante e condizione necessaria del procedimento autorizzatorio. L’istruttoria si conclude, quindi, una volta acquisita la VIA, in ogni caso entro il termine di 180 gg. dalla data di presentazione della richiesta, comprensiva del progetto preliminare e del SIA.

[79] Per «impatto transfrontaliero» deve intendersi ogni impatto, e non esclusivamente un impatto di natura mondiale, derivante, entro i limiti di una zona che dipende dalla giurisdizione di una Parte, da una attività prevista la cui origine fisica sia situata in tutto o in parte nella zona dipendente dalla giurisdizione di un'altra Parte.

[80] Per un’illustrazione dettagliata di tale disciplina si veda la scheda Legge obiettivo – Disciplina speciale di VIA

[81] Art. 6, comma 6, della legge n. 349 del 1986 e art. 4 del DPCM n. 377 del 1988.

[82] Tale facoltà era già prevista dalla normativa sulla VIA regionale all’art. 1, comma 7, del DPR 12 aprile 1996, ma tali soglie potevano essere non solo incrementate ma anche diminuite nella misura percentuale del 30, anziché del 20%.

[83] Si ricorda, infatti, che con il DPCM 27 dicembre 1988successivamente modificato ed integrato (per talune categorie di opere) dal DPR 2 settembre 1999, n. 348, sono state definite le norme tecnicheper la redazione del SIA, con una serie di Allegati in cui vengono descritti i contenuti specifici dei fattori ambientali che devono essere considerati nella redazione dei SIA suddivisi per ogni categoria di opera sottoposta a VIA nazionale. Le norme tecniche di tale DPCM sono altresì richiamate esplicitamente nell’art. 18, comma 1 del decreto legislativo n. 190 del 2002.