Camera dei deputati - XV Legislatura - Dossier di documentazione (Versione per stampa)
Autore: Servizio Studi - Dipartimento ambiente
Titolo: Nuove norme per la tutela del territorio dal dissesto idrogeologico A.C.1569
Riferimenti:
AC n. 1569/XV     
Serie: Progetti di legge    Numero: 252
Data: 25/09/2007
Organi della Camera: VIII-Ambiente, territorio e lavori pubblici


Camera dei deputati

XV LEGISLATURA

SERVIZIO STUDI

Progetti di legge

Nuove norme per la tutela del territorio dal dissesto idrogeologico

A.C.1569

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

n. 252

 

25 settembre 2007

 


 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

SIWEB

 

 

I dossier del Servizio studi sono destinati alle esigenze di documentazione interna per l'attività degli organi parlamentari e dei parlamentari. La Camera dei deputati declina ogni responsabilità per la loro eventuale utilizzazione o riproduzione per fini non consentiti dalla legge.

 

File: Am0100.doc

 


INDICE

Scheda di sintesi per l’istruttoria legislativa

Dati identificativi3

Struttura e oggetto  4

§      Contenuto  4

§      Relazioni allegate  5

Elementi per l’istruttoria legislativa  6

§      Necessità dell’intervento con legge  6

§      Rispetto delle competenze legislative costituzionalmente definite  6

§      Rispetto degli altri princìpi costituzionali8

§      Compatibilità comunitaria  8

§      Incidenza sull’ordinamento giuridico  11

§      Impatto sui destinatari delle norme  14

§      Formulazione del testo  14

Schede di lettura

§      Quadro normativo di riferimento  19

§      Art. 1 (Finalità).30

§      Art. 2 (Tutore ambientale).31

§      Art. 3 (Comitato tecnico scientifico per la tutela del territorio dal dissesto idrogeologico).32

§      Art. 4 (Competenze del comitato).33

§      Art. 5 (Contributi).36

§      Art. 6 (Indennità di carica).37

§      Art. 7 (Fondo).38

§      Art. 8 (Dotazioni).39

§      Art. 9 (Norme finanziarie).40

Proposta di legge

§      A.C. N. 1569 , Nuove norme per la tutela del territorio dal dissesto idrogeologico  43

Normativa di riferimento

§      D.Lgs. 31 marzo 1998, n. 112. Conferimento di funzioni e compiti amministrativi dello Stato alle regioni ed agli enti locali, in attuazione del capo I della L. 15 marzo 1997, n. 59 (art. 88)57

§      D.L. 11 giugno 1998, n. 180, conv. con mod., L. 3 agosto 1998, n. 267. Misure urgenti per la prevenzione del rischio idrogeologico ed a favore delle zone colpite da disastri franosi nella regione Campania  61

§      D.L. 12 ottobre 2000, n. 279, conv. con mod., L. 11 dicembre 2000, n. 239. Interventi urgenti per le aree a rischio idrogeologico molto elevato e in materia di protezione civile, nonché a favore di zone colpite da calamità naturali75

§      D.Lgs. 3 aprile 2006, n. 152. Norme in materia ambientale (artt. 53-176)105

Documentazione allegata

§      A.S. N. 1516, Misure per il sostegno e la valorizzazione dei piccoli comuni Misure per il sostegno e la valorizzazione dei piccoli comuni189

 

 


 

Scheda di sintesi
per l’istruttoria legislativa

 


Dati identificativi

Numero del progetto di legge

1569

Titolo

Nuove norme per la tutela del territorio dal dissesto idrogeologico

Iniziativa

Parlamentare

Settore d’intervento

Ambiente

Iter al Senato

No

Numero di articoli

9

Date

 

§       presentazione o trasmissione alla Camera

2 agosto 2006

§       annuncio

9 ottobre 2006

§       assegnazione

9 ottobre 2006

Commissione competente

VIII Commissione (Ambiente)

Sede

Referente

Pareri previsti

I Commissione (Affari costituzionali)

V Commissione (Bilancio)

VII Commissione (Cultura)

Questioni regionali


Struttura e oggetto

Contenuto

La proposta di legge AC 1569,d’iniziativa dei deputati Stradella e Napoli,recante Nuove norme per la tutela del territorio dal dissesto idrogeologico, riproduce sostanzialmente il contenuto di una proposta di legge presentata nella scorsa legislatura (AC 1109, anch’essa dell’onorevole Stradella), il cui esame presso l’VIII Commissione non si era concluso.

 

Le finalità del provvedimento sono individuate dall’articolo 1 nelle seguenti:

§         prevenire e rimediare al dissesto idrogeologico

§         incrementare l’occupazione nel settore agricolo nelle aree di abbandono.

La proposta, inoltre, reca altre disposizioni (in particolare l’articolo 4, comma 4, lettere c), d), e) e f), che, sia pure connesse ai due obiettivi sopra indicati, sono riconducibili ad una terza finalità:

§         contrastare lo spopolamento dei piccoli comuni.

 

Lo strumento di intervento che viene individuato per realizzare tali finalità sembrerebbe quello di una attività di manutenzione ordinaria (o minore) del territorio, promossa da agricoltori professionali a cui verrebbe affidato il ruolo di “tutori ambientali”. La proposta istituisce, infatti, questa nuova figura attribuendogli compiti di controllo, segnalazione e proposte di interventi diretti a prevenire o ridurre il dissesto idrogeologico, nonché di svolgimento delle attività richieste dal comitato tecnico-scientifico di cui all’articolo 3, in genere finalizzate alla fornitura di quei servizi essenziali che la proposta intende promuovere nelle realtà rurali (prevalentemente piccoli comuni) che ne risultano sprovvisti. La proposta di legge disciplina le modalità di nomina di tale figura (da parte del presidente della regione, con proprio decreto) (articolo 2), demanda al comitato tecnico-scientifico l’individuazione dei requisiti per l’attribuzione di tale qualifica (articolo 4, comma 4, lettera a) e definisce i criteri per la corresponsione al tutore di un contributo economico (articolo 4, comma 3, e articolo 5).

La proposta di legge contiene anche alcune disposizioni di carattere organizzativo mirate alla costituzione (in ogni regione), alla composizione e alla determinazione delle indennità, nonché alla definizione delle competenze del già richiamato “Comitato tecnico scientifico per la tutela del territorio dal dissesto idrogeologico” (articoli 3 e 4).

Infine, riguardo al finanziamento delle attività, l’articolo 7 prescrive l’istituzione, presso ciascuna regione, di un “fondo per la salvaguardia e il ripristino degli assetti idrogeologici e per la garanzia di sussistenza e di mantenimento dei servizi essenziali per le piccole comunità”, mentre l’articolo 9 dispone un contributo statale nella misura di 250 milioni di euro annui da ripartire fra le regioni.

Relazioni allegate

La proposta di legge è corredata della relazione illustrativa.

 


 

Elementi per l’istruttoria legislativa

Necessità dell’intervento con legge

L’intervento con legge è richiesto dalla finalità di introdurre – su tutto il territorio nazionale – la nuova figura del “tutore ambientale” che – in regime convenzionale e dietro pagamento di un corrispettivo – eserciterebbe funzioni di controllo, segnalazione e proposta di intervento agli enti competenti, in materia di prevenzione del dissesto idrogeologico. Il tutore opererebbe in collaborazione e sulla base di direttive emanate da un Comitato tecnico scientifico per la tutela del territorio dal dissesto idrogeologico, istituito in ogni Regione. Alle nuove attività attribuite al tutore ambientale e al Comitato viene, peraltro, prevista l’assegnazione di risorse (anche) a carico del bilancio dello Stato.

Rispetto delle competenze legislative costituzionalmente definite

Rispetto al contenuto del provvedimento in esame, recante essenzialmente misure finalizzate alla difesa del suolo, potrebbero venire in rilievo sia la competenza esclusiva dello Stato in materia di “tutela dell'ambiente e dell'ecosistema” (articolo 117, secondo comma, lettera s), Cost.), sia in modo più comprensivo, la competenza concorrente in tema di “governo del territorio” (articolo 117, terzo comma, Cost.).

 

Può richiamarsi la sentenza della Corte costituzionale n. 85 del 1990, precedente alla riforma del Titolo V della Costituzione, che ha dichiarato infondata la questione di legittimità costituzionale di varie disposizioni della legge- quadro sulla difesa del suolo n. 183 del 1989, impugnate da diverse regioni. Secondo tale pronuncia (i cui principi sono stati più volte ribaditi nella giurisprudenza successiva)[1], la legge n. 183 “non si propone in via principale di stabilire una nuova ripartizione di materie e di competenze fra Stato e regioni (o province autonome), ma fissa piuttosto un obiettivo - la difesa del suolo - da raggiungere attraverso una complessa pianificazione dei settori materiali coinvolti”. Aggiunge la Corte che la difesa del suolo è “una finalità il cui raggiungimento coinvolge funzioni e materie assegnate tanto alla competenza statale quanto a quella regionale (o provinciale)” e tale funzione può essere perseguita “soltanto attraverso la via della cooperazione fra l’uno e gli altri soggetti”.

 

Il provvedimento in esame non sembra recare una disciplina della materia completa anche delle disposizioni di dettaglio, per cui non appare nel suo complesso particolarmente invasivo delle competenze legislative regionali.

Si segnala tuttavia che talune sue disposizioni potrebbero essere riformulate in forma di norma di principio, attraverso un rinvio a un successiva legislazione regionale (rinvio che attualmente è presente solo nell’articolo 9, comma 1, in relazione alla determinazione delle risorse finanziarie).

 

Si richiamano in particolare l’articolo 2 (e segnatamente il comma 4, relativo alle modalità di conferimento dell’incarico di tutore ambientale); l’articolo 4 - relativo alla competenza dei comitati regionali tecnico-scientifici per la tutela del territorio dal dissesto idrogeologico – rispetto al quale si potrebbe rinviare alla legislazione regionale almeno l’eventuale attribuzione al comitato di ulteriori competenze, oltre a quelle ritenute dal legislatore statale essenziali per il raggiungimento delle finalità generali della nuova normativa; gli articoli 5 e 6, che disciplinano aspetti meramente organizzativi che potrebbero (almeno in parte) essere rinviati alla legislazione regionale.

 

Sembrano inoltre presentare profili di criticità le disposizioni di cui agli articoli 7 e 8, che stabiliscono un obbligo a carico delle Regioni di istituire un fondo destinato a coprire le spese previste dalla proposta di legge. Per quanto il successivo articolo 9 preveda anche un contributo statale all’alimentazione dei fondi regionali, l’insieme delle disposizioni tuttavia si configura come normativa di fonte statale che pone nuovi oneri di carattere finanziario a carico dei bilanci regionali, peraltro indicando anche un limite minimo di consistenza del fondo (non meno del 10 per cento dell’entità media annua dei danni prodotti da eventi calamitosi). Occorre valutare la compatibilità dell’attuale formulazione delle disposizioni indicate con i principi di autonomia finanziaria di entrata e di spesa attribuita alle Regioni dall’articolo 119 della Costituzione e con la competenza esclusiva delle Regioni nella predisposizione del proprio bilancio.

Occorre infine valutare la legittimità della destinazione diretta di risorse statali all’alimentazione dei fondi regionali (articolo 9), sulla base dell’ormai consolidata giurisprudenza costituzionale in materia, secondo cui “il legislatore statale non può porsi «in contrasto con i criteri e i limiti che presiedono all'attuale sistema di autonomia finanziaria regionale, delineato dal nuovo art. 119 della Costituzione, che non consentono finanziamenti di scopo per finalità non riconducibili a funzioni di spettanza statale» (sentenza n. 423 del 2004): nell'ambito del nuovo Titolo V della Costituzione non è quindi di norma consentito allo Stato prevedere propri finanziamenti in ambiti di competenza delle Regioni (cfr. sentenze numeri 160 e 77 del 2005, 320 e 49 del 2004), né istituire fondi settoriali di finanziamento delle attività regionali (cfr. sentenze n. 16 del 2004 e n. 370 del 2003). Le eccezioni a questo divieto sono possibili solo nell'ambito e negli stretti limiti di quanto previsto negli artt. 118, primo comma, Cost., 119, quinto comma, (cfr. sentenze n. 49 e n. 16 del 2004), 117, secondo comma, lettera e), Cost. (cfr. sentenze n. 77 del 2005 e n. 14 del 2004)” (sentenza n. 222 del 2005).

 

Si segnalano in proposito i principi affermati nella sentenza cardine in materia (n. 16 del 2004, che ha dichiarato l’incostituzionalità del Fondo per la riqualificazione urbana dei comuni), secondo cui, nelle materie di legislazione concorrente «non possono trovare oggi spazio interventi finanziari diretti dello Stato a favore dei comuni, vincolati nella destinazione, per normali attività e compiti di competenza di questi ultimi», se non nell'ambito della disciplina degli speciali interventi finanziari in favore di determinati comuni ai sensi del quinto comma dell'articolo 119 della Costituzione. La Corte aggiunge che per ricondurre una determinata tipologia di interventi a favore dei comuni nell'ambito degli interventi speciali di cui al quinto comma dell'articolo 119 della Costituzione, occorre che tali interventi:

§            siano aggiuntivi rispetto al finanziamento integrale delle funzioni spettanti ai comuni e riferirsi a finalità di perequazione e di garanzia enunciate dalla stessa norma costituzionale o comunque a scopi diversi dal normale esercizio delle funzioni;

§            siano indirizzati a determinati comuni o categorie di comuni;

§            prevedano, qualora riguardino ambiti di competenza legislativa delle regioni, che quest'ultime siano chiamate ad esercitare compiti di programmazione e di riparto dei fondi all'interno del proprio territorio.

Rispetto degli altri princìpi costituzionali

Nulla da segnalare.

Compatibilità comunitaria

Esame del provvedimento in relazione alla normativa comunitaria

Nulla da segnalare.

Documenti all’esame delle istituzioni europee
(a cura dell'Ufficio rapporti con l'Unione Europea)

Alluvioni

Il 19 settembre 2007 il Consiglio ha adottato la proposta di direttiva sulla valutazione e la gestione delle alluvioni (COM(2006)15), presentata il 18 gennaio 2006 dalla Commissione con l’obiettivo di ridurre e gestire i rischi che il fenomeno delle alluvioni pone alla salute umana, all’ambiente, alle infrastrutture e alle cose. Il testo porterà alla mappatura delle alluvioni in tutte le zone in cui sussista un rischio significativo di alluvione, istituirà un coordinamento all’interno dei bacini idrografici condivisi e la preparazione di piani di gestione del rischio di alluvione nell’ambito di un vasto processo di partecipazione. La direttiva e le misure di attuazione sono strettamente collegate all’attuazione della direttiva quadro sulle acque (direttiva 2000/60/CE). La direttiva sulla gestione delle alluvioni si applica all’intero territorio della Comunità e pertanto alla gestione dei rischi di alluvioni nelle zone sia fluviali che costiere.

La direttiva prospetta una procedura in tre tempi: valutazione preliminare, da parte degli Stati membri, dei rischi di inondazione dei bacini idrografici e delle zone costiere associati; elaborazione di carte dei rischi di inondazione per le zone in cui esiste rischio reale di danni causati dalle inondazioni; definizione di piani di gestione dei rischi di inondazione per queste zone.

 

Protezione del suolo

Il 22 settembre 2006 la Commissione ha presentato la strategia tematica per la protezione del suolo che si compone di una comunicazione, una proposta di direttiva e una valutazione di impatto. La comunicazione (COM (2006) 231) definisce gli obiettivi globali della strategia per assicurare un livello adeguato di protezione del suolo in Europa e individua la tipologia di misure da adottare.

La strategia si articola attorno a quattro pilastri fondamentali:

·         adozione di una legislazione quadro finalizzata principalmente alla protezione e all’uso sostenibile del suolo;

·         integrazione della protezione del suolo nella formulazione e nell’attuazione delle politiche nazionali e comunitarie;

·         riduzione del divario oggi esistente in termini di conoscenze in alcuni settori della protezione del suolo, sostenendo la ricerca attraverso programmi di ricerca comunitari e nazionali;

·         maggiore sensibilizzazione in merito alla necessità di difendere il suolo.

 

Con particolare riguardo a quest’ultimo aspetto, la difesa del suolo, la Commissione ha presentato una proposta di direttiva, partendo dalla constatazione che alcuni fenomeni, come l’erosione, la diminuzione di materia organica, la compattazione, la salinizzazione e gli smottamenti, avvengono in determinate aree a rischio che devono essere individuate.

La proposta di direttiva istituisce un quadro normativo comune e modifica la direttiva 2004/35/CE (COM (2006) 232).

La proposta di direttiva, in particolare, pone l’attenzione sull’individuazione delle aree a rischio di erosione, diminuzione della materia organica, compattazione, salinizzazione e smottamenti. La proposta istituisce una disciplina per l’adozione, al livello territoriale e amministrativo più opportuno, di piani per affrontare le minacce ove queste si presentano. Gli Stati membri saranno tenuti ad individuare le aree a rischio in base ad elementi comuni, a fissare obiettivi di riduzione del rischio per le aree in questione e a preparare programmi contenenti le misure necessarie per conseguire tali obiettivi. L’accettabilità del rischio e le misure varieranno in funzione della gravità dei processi di degrado, delle condizioni locali e di considerazioni di ordine socioeconomico.

La valutazione di impatto contiene l’analisi degli impatti economici sociali e ambientali delle differenti opzioni che sono state prese in considerazione nella fase preparatoria[2] e delle misure finali adottate dalla Commissione.

La strategia è in attesa di esame da parte del Consiglio e del Parlamento europeo. La proposta di direttiva seguirà la procedura di codecisione. L’esame in prima lettura del Parlamento europeo è prevista per dicembre 2007.

 

Meccanismo comunitario di protezione civile

Il 26 gennaio  2006 la Commissione ha presentato una proposta di decisione che istituisce un meccanismo comunitario di protezione civile (rifusione) (COM(2006)29).

Il meccanismo comunitario di protezione civile è stato istituito nell’ottobre 2001 – con decisione Euratom 2001/792/CE - come strumento operativo volto a potenziare la preparazione e l’attivazione di un intervento immediato della protezione civile in caso di calamità naturali o di disastri causati dall’uomo.

La proposta, da un lato, si ricollega alla citata decisione 2001/792/CE, che modifica nell’intento di conseguire una migliore cooperazione e un migliore coordinamento; dall’altro, si basa sulle idee esposte nella comunicazione “Migliorare il meccanismo comunitario di protezione civile” (COM(2005)137), adottata il 20 aprile 2005.

In questa comunicazione la Commissione aveva prospettato soluzioni per rafforzare il meccanismo comunitario di protezione civile e aumentare la complementarietà tra questo e altri strumenti cui fare ricorso per i vari tipi di eventi calamitosi all’interno e all’esterno dell’UE.

La proposta, che segue la procedura di consultazione, è stata esaminata il 24 ottobre 2006 dal Parlamento europeo che l’ha approvata con alcuni emendamenti, parzialmente accolti dalla Commissione. Il 12 giugno 2007 il Consiglio ha raggiunto l’accordo politico. La decisione sarà adottata dopo l’esame definitivo del Consiglio, entro il 2007.

 

Foreste

 

Il 15 giugno 2006 la Commissione ha presentato una comunicazione relativa ad un piano d’azione 2007-2011 dell’UE per le foreste (COM(2006)302).

 

Il piano d’azione persegue quattro obiettivi principali:

·         migliorare la competitività a lungo termine;

·         migliorare e tutelare l’ambiente;

·         migliorare la qualità di vita;

·         favorire il coordinamento e la comunicazione.

 

In particolare, la Commissione, nell’ambito dell’obiettivo di migliorare e tutelare l’ambiente, intende mantenere e accrescere in maniera appropriata la biodiversità, l’immobilizzazione del carbonio, l’integrità e la salute degli ecosistemi forestali e la loro capacità di recupero, a diversi livelli geografici. Una delle azioni chiave consiste nel migliorare la tutela delle foreste dell’UE, ponendo l’accento sugli incendi boschivi, gli agenti biotici e l’inquinamento atmosferico, che incidono in modo tangibile sullo stato delle foreste sotto il profilo ecologico e sulla loro capacità produttiva.

 

Tale piano è articolato in una serie di azioni chiave che la Commissione propone siano attuate di concerto con gli Stati membri e una serie ulteriore di azioni realizzabili dagli Stati membri in funzione delle specifiche realtà e priorità nazionali, ricorrendo sia a strumenti comunitari che a strumenti nazionali.

 

Sulla comunicazione il Consiglio ha approvato conclusioni il 24 ottobre 2006, nelle quali, in particolare:

·         sottolinea, rispetto alla dimensione economica delle foreste, che il settore forestale costituisce un importante settore per contribuire alla sicurezza dell’approvvigionamento di materie primenell’Unione europea, ed un importante fonte di guadagno per molti proprietari di foreste nonché una fonte importante per l’occupazione, in particolare nelle aree rurali;

·         pone l’accento sul contributo rilevante che le foreste offrono al conseguimento degli obiettivi ambientali comunitari in materia di preservazione della biodiversità, contenimento del cambio climatico, preservazione delle risorse idriche, lotta all’erosione e alla desertificazione;

·         invita la Commissione e gli Stati membri ad assicurare congiuntamente l’attuazione effettiva ed equilibrata delle azioni chiave prospettate nel piano d’azione per le foreste, con particolare attenzione al contributo delle foreste nella lotta alla desertificazione, alla preservazione delle risorse idriche e alla protezione del suolo, tenendo in considerazione la direttiva quadro sulle acque;

·         invita gli Stati membri a utilizzare nel miglior modo le misure per le foreste disponibili nell’ambito della politica comunitaria per lo sviluppo rurale relativa al periodo 2007-2013[3], compresa la  forestazione, il rimboschimento, le misure agroforestali, per attuare le azioni chiave prospettate nel piano d’azione dell’UE per le foreste.

Incidenza sull’ordinamento giuridico

Riflessi sulle autonomie e sulle altre potestà normative

Si richiama il paragrafo Rispetto delle competenze legislative costituzionalmente definite.

Attribuzione di poteri normativi

Fatto salvo quanto disposto dall’articolo 9, comma 1,(che prevede una successiva legge regionale per la determinazione delle risorse destinate al fondo di cui all’art. 7) la proposta di legge non fa rinvio a successivi adempimenti normativi

Coordinamento con la normativa vigente

Si pone l’esigenza del coordinamento del contenuto della proposta di legge in esame con la normativa nazionale vigente di tutela ambientale e di manutenzione territoriale al fine di prevenire il dissesto idrogeologico, ed in particolare con l’istituto dei distretti idrografici e con gli strumenti di programmazione previsti dalla Parte terza del decreto legislativo n. 152 del 2006 (cd. Codice ambientale, che all’art. 175 ha abrogato la precedente legge quadro sulla difesa del suolo n. 183 del 1989).

Preliminare rispetto a tale coordinamento è una più chiara definizione dei compiti della nuova figura del tutore ambientale; si osserva infatti che mentre la relazione definisce quale finalità della proposta quella di individuare condizioni e responsabilità di una attività di “manutenzione ordinaria dei corsi d’acqua e dei versanti” (fra i quali, in particolare, la relazione fa riferimento alla rimozione dei detriti e alla ripulitura dei prati e dei terreni dagli arbusti e dall’erba non tagliata), l’articolato, invece, attribuisce alla istituenda figura del tutore – con formulazione più generica - solo “funzioni di controllo e di segnalazione di proposte di intervento dirette a prevenire o ridurre il dissesto idrogeologico” (articolo 2, comma 2).

In generale, l’attività del tutore, le caratteristiche e le modalità delle funzioni di manutenzione ordinaria e i rapporti con le complesse attività programmatorie e di intervento diretto oggi previste dal codice ambientale potrebbero probabilmente essere meglio definiti attraverso più specifiche disposizioni.

Si evidenzia inoltre l’esigenza di un coordinamento del piano regionale di cui all’articolo 4, comma 1, finalizzato all’individuazione delle zone che necessitano di sistemazione idrogeologica con gli strumenti di programmazione disciplinati dal codice ambientale che spetta all’autorità di bacino adottare (in via generale, i piani di bacino distrettuali di cui all’articolo 65; con specifico riferimento al rischio idrogeologico, i piani stralcio per la tutela dal rischio idrogeologico di cui all’articolo 67, comma 1, e i piani straordinari di cui all’articolo 67, comma 2). Più in generale, rispetto alla proposta di legge in esame – che privilegia quale ambito territoriale di riferimento la regione – si segnala la diversa impostazione nella disciplina vigente delle competenza di tipo pianificatorio, basata sull’ambito territoriale naturale piuttosto che su quello amministrativo (oggi il distretto idrografico; in base alla legge n. 183, il bacino idrografico) rispetto al quale poi viene delineato un modello amministrativo unico.

In secondo luogo, si sottolinea l’esigenza di raccordo tra il Comitato delineato dagli articoli 3 e 4 della proposta di legge e l’Autorità di bacino, in relazione alla possibile sovrapposizione delle funzioni dei due organi[4].

 

Ai fini di un coordinamento della proposta di legge in esame con la normativa vigente, si richiamano, infine, le misure urgenti per le aree a rischio, introdotte dal decreto-legge 11 giugno 1998, n. 180 (cd.decreto Sarno) nonché l’art. 2 del decreto legge n. 279 del 2000 (cd. decreto Soverato, che in particolare ha definito scopi e modalità di un’attività straordinaria di controllo dell’assetto idrogeologico del territorio, cui concorrono una pluralità di soggetti, in gran parte corrispondenti a quelli indicati dalla proposta in esame quali soggetti titolari del potere di indicazione delle terne per la formazione del Comitato di cui all’articolo 3)[5].

 

Si segnala che, nel corso dell’esame dell’analoga proposta di legge presentata la scorsa legislatura, è emersa la necessità di richiedere al Governo indicazioni precise circa l'attuazione della legge n. 183 del 1989 e dei cosiddetti decreti-legge per Sarno e Soverato, al fine di effettuare una ricognizione completa della materia.

 

Quanto alla seconda finalità dell’A.C. 1569 - incrementare l’occupazione nel settore agricolonelle aree di abbandono e creare delle sinergie fra attività agricole e difesa del suolo – si ricorda che l’articolo 15 del decreto legislativo 18 maggio 2001, n. 228[6], ha previsto che le pubbliche amministrazioni possano stipulare delle convenzioni con gli imprenditori agricoli, al fine di favorire lo svolgimento di attività funzionali alla sistemazione ed alla manutenzione del territorio, alla salvaguardia del paesaggio agrario e forestale, alla cura ed al mantenimento dell'assetto idrogeologico e alla promozione di prestazioni a favore della tutela delle vocazioni produttive del territorio. Tali convenzioni stabiliscono le prestazioni a carico delle pubbliche amministrazioni, inclusa la possibilità di concedere finanziamenti, concessioni amministrative, riduzioni tariffarie o realizzazione di opere pubbliche. Per le suddette finalità, le pubbliche amministrazioni, anche in deroga alle norme vigenti, possono stipulare contratti di appalto con gli imprenditori agricoli di importo annuale non superiore a 50.000 Euro nel caso di imprenditori singoli e 300.000 Euro nel caso di imprenditori in forma associata; i predetti limiti di valore sono stati così ridefiniti, in aumento rispetto ai precedenti (rispettivamente, 50 e 300 milioni di lire), con l’art. 1,comma 1067, della legge 27 dicembre 2006, n. 296 (legge finanziaria 2007).[7].

Pertanto, anche in questo caso, la proposta in commento potrebbe essere raccordata con la normativa vigente.

Collegamento con lavori legislativi in corso

In relazione a quella che si è sopra indicata come la terza finalità della proposta di legge in commento – contrastare lo spopolamento dei piccoli comuni rurali[8] – si ricorda che un organico intervento in materia è contenuto nel testo unificato delle pdl AC 15, AC 1752 e AC 1964 (Misure per il sostegno e la valorizzazione dei piccoli comuni, On. Realacci e altri), che la Camera ha approvato lo scorso 18 aprile e che è attualmente all’esame del Senato (AS 1516)[9].

 

Si segnala che, nel corso dell’esame delle corrispondenti disposizioni dell’analoga proposta di legge presentata nella scorsa legislatura, era emersa la necessità – condivisa anche dal Governo – del coordinamento delle medesime con il testo unificato delle proposte di legge in materia di piccoli comuni. Il relatore aveva quindi prospettato l'opportunità di distinguere due ambiti operativi, ritenendo che, da un lato, le disposizioni per il sostegno dei piccoli comuni sarebbero potute rientrare nell'ambito del testo unificato; dall'altro, che la parte del provvedimento concernente la manutenzione del territorio al fine del controllo dell'assetto idrogeologico avrebbe potuto avere un percorso autonomo. Nella seduta dell’11 marzo 2003, la Commissione aveva quindi deliberato la costituzione di un comitato ristretto al fine di una migliore definizione del testo.

Impatto sui destinatari delle norme

Si richiama la mappatura dei comuni ricadenti in aree a potenziale rischio idrogeologico, aggiornata nel gennaio 2006 dal Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare (Direzione generale per la difesa del suolo), secondo la quale 6633 comuni italiani (81.9% del totale) ricadono in aree classificate ad alta criticità idrogeologica. Questi sono così suddivisi: il 24,9% dei comuni ha nel proprio territorio di competenza aree franabili, il 18,6% aree alluvionabili e il 38,4% aree franabili e aree alluvionabili. La superficie nazionale, classificata ad alta criticità idrogeologica è pari a 29.517Km2  suddivisa in 17.254 Km2 di aree franabili e 12.263 Km2 di aree alluvionabili; le aree a potenziale rischio da valanga (1.516 Km2) sono accorpate a quelle franabili.

La regione con il maggior numero di comuni interessati (1049) è il Piemonte, mentre la Val d’Aosta quella con il numero minore (74).

Formulazione del testo

Si segnalano le seguenti disposizioni delle proposta di legge che presentano alcuni elementi problematici che potrebbero essere superati attraverso una più chiara formulazione del testo:

§         all’articolo 1, comma 1, fra le finalità del provvedimento si indica la “realizzazione di opere di manutenzione delle superfici boschive e di sistemazioni idrauliche agrarie da parte della popolazione rurale”. All’articolo 2, comma 2, invece, al tutore ambientale vengono attribuite – nella porzione di territorio assegnatagli –“funzioni di controllo e di segnalazione di proposte di intervento”. Fra l’altro l’ambiguità delle disposizioni su questo specifico punto ritorna anche all’articolo 4, comma 3, laddove si fa riferimento a “lavori da svolgere”(sembrerebbe, dato il contesto, da parte dello stesso tutore ambientale).

Probabilmente l’insieme delle disposizioni dovrebbe meglio chiarire i collegamenti (e le relative attribuzioni e responsabilità) fra la fase della segnalazione/proposta e quella dell’effettivo intervento. In particolare, come già segnalato nei paragrafi precedenti, il testo dovrebbe probabilmente meglio definire come le competenze del tutore si connetterebbero a quelle ordinarie, anche in considerazione delle risorse e dell’impegno organizzativo che taluni interventi (per quanto ordinari) possono richiedere. Gli stessi aspetti finanziari della proposta meritano un chiarimento in merito, poiché non viene definito quali spese debba coprire il fondo di cui all’articolo 7, e in particolare non viene chiarito se fra tali spese rientrino anche gli interventi di manutenzione.

 

§         Dall’elemento di insufficiente chiarezza appena esposto, ne deriva un secondo, relativo alla consistenza numerica e organizzativa della figura del tutore ambientale. In particolare, all’articolo 4, comma 1, il testo delle disposizioni lascia intendere che al tutore ambientale non venga assegnato l’intero territorio della regione, ma piuttosto “porzioni”, individuate quali parti del territorio necessitanti “sistemazione idrogeologica e dimantenimento”. Tuttavia, non si ricava dall’insieme della proposta, quali debbano essere le dimensioni di tali porzioni, e – conseguentemente – quale debba (o possa) essere il numero dei tutori ambientali istituiti da ciascuna regione, posto peraltro l’articolo 2, comma 1, sembra far riferimento ad un unico tutore ambientale per ciascuna regione

 

§         Posto inoltre che sia l’articolo 2, comma 3, sia l’articolo 4, comma 4, lett. a), fanno riferimento ai requisiti richiesti per l’attribuzione dei compiti di tutore ambientale, appare opportuno modificare la formulazione dell’articolo 2, comma 4, facendo anche in tale norma riferimento alla valutazione dei requisiti, piuttosto che dei titoli richiesti.

 

§         L'articolo 4, comma 2, fa riferimento agli agricoltori professionali come figure alle quali assegnare la preferenza nelle assegnazioni delle zone di territorio che necessitino di sistemazione idrogeologica e di mantenimento.

Si ricorda, al riguardo, che la definizione attualmente prevista nell’ordinamento  giuridico è quella di imprenditore agricolo professionale (IAP), contenuta nell’art. 1, comma 1, del D.Lgs. 29 marzo 2004, n. 99.

 

I requisiti ivi previsti per il riconoscimento della qualifica di IAP sono i seguenti:

- possedere conoscenze e competenze professionali “adeguate” ai sensi dell’articolo 5 del Regolamento (CE) n. 1257/1999 del 17 maggio 1999, del Consiglio;

- dedicare alle attività agricole di cui all’articolo 2135 del codice civile, direttamente o in qualità di socio di società, almeno il cinquanta per cento del proprio tempo di lavoro complessivo;

-  ricavare dalle attività medesime almeno il cinquanta per cento del proprio reddito globale da lavoro.

In base all’ultimo periodo del citato comma 1, per l’imprenditore che operi nelle zone svantaggiate di cui all’art. 17 del Regolamento (CE) n. 1257/1999 i requisiti suddetti sono ridotti al venticinque per cento.

 

§         All’articolo 4, comma 3, si dispone che il contributo assegnato ai tutori ambientali debba essere commisurato anche alla “permanenza sul territorio, che non deve essere inferiore a tre anni”. Non risulta chiaro se tale criterio sia da riferirsi al passato (quale parametro di valutazione dell’esperienza maturata sul territorio interessato da parte del soggetto a cui viene affidato l’incarico), ovvero al futuro (quale garanzia di continuità e come impegno assunto da colui a cui è affidato l’incarico stesso).

 

§         All’articolo 5, relativamente ai contributi, si rileva che anche all’interno di tali disposizioni si ripropone l’elemento di ambiguità sopra rilevato circa le effettive competenze del tutore. Al comma 2, lettera b), infatti, si subordina il versamento del rimanente 40% del contributo dovuto dalla Regione alla “realizzazione degli interventi da parte dei tutori ambientali”.

 

§         All’articolo 8, viene previsto che le dotazioni assegnate da ciascuna Regione al fondo regionale “per la salvaguardia ed il ripristino degli assetti idrogeologici e per la garanzia di sussistenza e di mantenimento dei servizi essenziali” siano non inferiori al 10 per cento dell’entità della media annua dei danni prodotti da eventi calamitosi. La disposizione (a parte le perplessità circa la compatibilità con i principi di autonomia finanziaria delle Regioni) dovrebbe fornire dei criteri per il calcolo della suddetta media, eventualmente attraverso un rinvio alle competenze regionali.

 

Con riferimento, infine, alle norme finanziarie contenute nell’articolo 9, si segnala che:

§         il criterio indicato per la ripartizione del contributo statale è rapportato alla mera estensione territoriale della regione, mentre all’articolo 8 viene definito un diverso criterio (connesso ad una sorta di “indice di pericolosità”) ai fini della determinazione del minimo di assegnazioni regionali ai fondi stessi;

§         occorre modificare l’anno di decorrenza dell’onere (facendo riferimento al 2007) nonché il bilancio di riferimento (facendo riferimento al bilancio 2007-2009);

§         per il triennio 2007-2009, l’accantonamento del Ministero dell’economia non reca le necessarie disponibilità per la copertura degli oneri derivanti dal provvedimento.


Schede di lettura

 


Quadro normativo di riferimento

 

La proposta di legge in esame affronta le seguenti tematiche – tra loro correlate – delle quali si fornisce il quadro normativo di riferimento:

§         la tutela del territorio dal dissesto idrogeologico;

§         il sostegno al settore agricolo nel suo ruolo preminente di preservazione dell'equilibrio idrogeologico del terreno;

§         alcune misure per contrastare lo spopolamento dei piccoli comuni.

La normativa sulla difesa del suolo

L’intervento previsto dalla pdl 1569 è prioritariamente basato sulla redazione di un piano regionale finalizzato ad individuare le zone che necessitano di sistemazione idrogeologica e di mantenimento, da suddividere in porzioni e da assegnare quindi ai tutori ambientali (art. 4, comma 1).

La redazione di tale piano, di carattere regionale, pone innanzitutto il problema di un suo coordinamento con la normativa nazionale vigente di tutela ambientale e di manutenzione territoriale al fine di prevenire il dissesto idrogeologico. Tale normativa è oggi contenuta nella Parte terza del decreto legislativo n. 152 del 2006, (cd. Codice ambientale, che all’art. 175 ha abrogato la legge quadro n. 183 del 1989). Si ricorda tuttavia che con il primo decreto correttivo al codice ambientale (8 novembre 2006, n. 284) sono state prorogate le autorità di bacino istituite dalla legge n. 183 del 1989, sino alla data di entrata in vigore del decreto correttivo, che ai sensi dell’art. 1, comma 6, della legge delega, definisca la disciplina dei distretti idrografici.

 

Alla legge n. 183 del 1989 risale l’individuazione del “bacino idrografico” quale unità territoriale di riferimento per l’azione pianificatoria di settore. Tale riforma (anticipatrice di una tendenza culturale e normativa affermatasi poi a livello europeo) aveva l’effetto di svincolare la pianificazione della difesa del suolo dai confini amministrativi, mettendo a disposizione delle “Autorità di bacino” poteri incisivi e strumenti di intervento adeguati alla complessità delle attività assegnate. Nel tentativo di superare una visione settoriale degli interventi di tutela e di riassetto idrogeologico, la legge n. 183 del 1989 ha previsto la ripartizione del territorio in bacini idrografici di rilievo nazionale, interregionale e regionale, a seconda delle dimensioni fisiche del bacino (in particolare venivano istituiti 11 bacini di rilievo nazionale, 18 bacini di rilievo interregionale e, per tutta la parte rimanente del territorio non compresa nei 29 bacini indicati dalla legge, bacini di rilievo regionale). Lo strumento della riforma veniva quindi individuato nel piano di bacino, anch’esso di rilievo nazionale, interregionale e regionale, con valore di piano territoriale di settore contenente i criteri, gli indirizzi, le norme e gli interventi finalizzati alla conservazione e gestione delle risorse del bacino idrografico.

Il governo dei bacini idrografici nazionali e le funzioni di pianificazione venivano affidate ad Autorità di bacino, i cui organi di governo erano il Comitato istituzionale, il Comitato tecnico, il Segretario generale e la Segreteria tecnico operativa. Nei 18 bacini interregionali, le funzioni amministrative erano esercitate dalle regioni territorialmente interessate, che dovevano operare d’intesa; infine nei bacini regionali tali funzioni erano esercitate dalla regione.

Nonostante i suoi ambiziosi contenuti e la conseguente difficoltà di un'armonizzazione coerente di tutto l'insieme delle normative connesse, la legge n. 183 ha incontrato notevoli difficoltà attuative, che sono state oggetto anche di una indagine conoscitiva svolta dalla Commissione VIII nel corso della XIV Legislatura. L’indagine conoscitiva, deliberata dalla Commissione nella seduta del 22 dicembre 2004, si è conclusa lo scorso 28 settembre 2005 con l’approvazione del Doc. XVII, n. 15.

Le finalità dell'indagine consistevano in una disamina del sistema delle competenze e delle iniziative in materia di gestione dei corsi d'acqua, così come definiti ai sensi della “riforma Bassanini” (decreto legislativo n. 112 del 1998), e delle relative opere idrauliche. In particolare, il decreto legislativo n. 112 del 1998 (cosiddetta «riforma Bassanini») è intervenuto sul complesso della materia, creando - in primo luogo - una marcata interconnessione fra la normativa della difesa del suolo e quella del servizio idrico, con ciò legando tra di loro la legge n. 183 del 1989 e la legge n. 36 del 1994 (cosiddetta «legge Galli»). Nel corso dell’indagine è emerso - a fronte del variegato panorama normativo che disciplina l’assetto delle competenze in materia di programmazione e gestione delle opere idrauliche – l'esigenza di maggiore coordinamento e integrazione tra i soggetti preposti ai vari livelli, nonché l’opportunità di una semplificazione delle procedure per l’approvazione dei piani e dei programmi. Tra gli elementi problematici evidenziati, si è inoltre segnalata la questione della costante riduzione degli stanziamenti statali per la difesa del suolo, concentrati su investimenti una tantum, in occasione delle emergenze, piuttosto che sulla programmazione ordinaria e si è dedicata particolare attenzione alla questione del rilancio del Po.

Nel documento conclusivo, la Commissione prospettava diverse soluzioni (tra le quali, in primo luogo il recepimento della direttiva 2000/60/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23 ottobre 2000, che istituisce un quadro per l'azione comunitaria in materia di acque) e sottolineava l’opportunità di tener conto degli elementi emersi nel corso dell’indagine e delle soluzioni individuate in sede di attuazione della “delega ambientale” (legge n. 308 del 2004).

In materia di difesa del suolo è intervenuto anche il decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112 con un serie di disposizioni in tema di difesa del territorio, di gestione delle risorse idriche e di tutela delle acque dall'inquinamento, tre tematiche con profondi elementi di interconnessione.

Quanto all'individuazione dei compiti di rilievo nazionale riservati allo Stato (operata principalmente all’art. 88), essi sono prevalentemente di carattere generale e astratto, quali la definizione di criteri e metodi, emanazione di direttive, normative tecniche e standard ed altri invece con carattere di amministrazione attiva, quali l'individuazione e la delimitazione dei bacini idrografici di livello nazionale e interregionale.

Negli interventi di difesa del suolo, si conferma tuttavia come imprescindibile una funzione statale di programmazione unitaria - e quindi di definizione di priorità, pur nell'indirizzo generale di decentramento che caratterizza l'intero decreto. Da queste disposizioni emerge l'opzione del legislatore per un modello cooperativo nei rapporti far Stato e regioni in materia di difesa del suolo e, comunque, tutte le funzioni conferite devono essere esercitate in modo da garantire l'unitaria considerazione delle questioni afferenti ciascun bacino idrografico. In materia di difesa del suolo viene quindi ribadita, anche dal d.lgs. n. 112 la prevalenza dell'ambito territoriale "naturale" su quello amministrativo.

L'art. 89 inoltre prevede che alle regioni e agli enti locali siano conferite tutte le funzioni non espressamente indicate nell'art. 88 e tra queste, in particolare, il legislatore ha scelto di elencarne espressamente alcune, fra le quali - per il loro rilievo ai fini di un'efficace difesa del suolo - possono segnalarsi quelle relative alla polizia idraulica, e quella relativa al rilascio delle concessioni di estrazione dei materiali litoidi dai corsi d'acqua. Si tratta di funzioni la cui importanza non dovrebbe essere sottovalutata, atteso che una delle carenza riscontrate nella politica complessiva di difesa del suolo (alla luce anche delle risultanze dell'indagine conoscitiva sulle alluvioni dell'autunno 2000) è proprio la sottovalutazione degli interventi di manutenzione ordinaria e la prevalenza di una concezione della difesa del suolo esclusivamente sotto forma di interventi strutturali (spesso successivi al dissesto).

 

Con la parte Terza del decreto legislativo n. 152 sulla difesa del suolo, tutela delle acque e gestione delle risorse idriche è stata data attuazione alla direttiva 2000/60/CE (cd “direttiva acque”) e riformato l’assetto amministrativo disegnato dalla legge n. 183 del 1989 sul governo dei bacini idrografici, attraverso la soppressione delle autorità di bacino e l’istituzione di otto grandi distretti idrografici.

Gli otto distretti idrografici coprono l’intero territorio nazionale e ognuno di essi accorpa una serie di bacini (tranne il distretto idrografico padano che corrisponde all’ex bacino di rilievo nazionale del Po, e il distretto idrografico pilota del Serchio, che corrisponde all’ex bacino-pilota omonimo[10]) (articolo 64). I distretti vengono governati secondo un modello amministrativo unico (delineato agli artt. 65 e segg. del decreto), che prevede l’istituzione di piani di bacino distrettuali che hanno “valore di piano territoriale di settore ed è lo strumento conoscitivo, normativo e tecnico-operativo mediante il quale sono pianificate e programmate le azioni e le norme d'uso finalizzate alla conservazione, alla difesa e alla valorizzazione del suolo ed alla corretta utilizzazione della acque, sulla base delle caratteristiche fisiche ed ambientali del territorio interessato” (art. 65, comma 1).

Ai sensi del successivo art. 67, sono previsti piani stralcio per la tutela dal rischio idrogeologico ed alcune misure di prevenzione per le aree a rischio. Infatti, nelle more dell'approvazione dei piani di bacino, le Autorità di bacino adottano piani stralcio di distretto per l'assetto idrogeologico (PAI), che contengono in particolare l'individuazione delle aree a rischio idrogeologico, la perimetrazione delle aree da sottoporre a misure di salvaguardia e la determinazione delle misure medesime.

Le Autorità di bacino possono anche approvare piani straordinari diretti a rimuovere le situazioni a più elevato rischio idrogeologico, redatti anche sulla base delle proposte delle regioni e degli enti locali. I piani straordinari devono ricomprendere prioritariamente le aree a rischio idrogeologico per le quali è stato dichiarato lo stato di emergenza, ai sensi dell'art. 5 della legge 24 febbraio 1992, n. 225. I piani straordinari contengono in particolare l'individuazione e la perimetrazione delle aree a rischio idrogeologico molto elevato per l'incolumità delle persone e per la sicurezza delle infrastrutture e del patrimonio ambientale e culturale. In caso di inerzia da parte delle Autorità di bacino, è previsto un potere sostitutivo del Presidente del Consiglio dei Ministri, che adotta gli atti relativi all'individuazione, alla perimetrazione e alla salvaguardia delle predette aree. Qualora le misure di salvaguardia siano adottate in assenza dei piani stralcio di cui al comma 1, esse rimangono in vigore sino all'approvazione di detti piani. I piani straordinari approvati possono essere integrati e modificati con le stesse modalità di cui al presente comma, in particolare con riferimento agli interventi realizzati ai fini della messa in sicurezza delle aree interessate (articolo 67, comma 2).

Viene anche prevista la possibilità per il Comitato dei Ministri di definire anche programmi di interventi urgenti, attraverso azioni di manutenzione dei distretti idrografici, per la riduzione del rischio idrogeologico nelle zone in cui la maggiore vulnerabilità del territorio è connessa con più elevati pericoli per le persone, le cose ed il patrimonio ambientale, con priorità per le aree ove è stato dichiarato lo stato di emergenza (articolo 67, comma 3).

 

Il quadro normativo di base in materia di difesa del suolo è completato da alcuni provvedimenti d’urgenza emanati in occasione di eventi alluvionali di particolare gravità.

Si tratta in particolare del decreto-legge n. 180 del 1998 (cd “decreto Sarno”) e del decreto legge n. 279 del 2000 (cd “decreto Soverato”), emanati con lo scopo primario di far fronte ad alcuni eventi di particolare gravità, che hanno introdotto una serie di misure finalizzate all'accelerazione del processo attuativo della legge n. 183 del 1989.

 

Tra le misure previste dal decreto n. 180 si segnalano:

§          l’adozione da parte delle Autorità di bacino entro tempi definiti dei piani stralcio, con particolare riferimento alle aree a più alto rischio idrogeologico (individuazione e perimetrazione);

§          l’adozione da parte delle Autorità di bacino entro tempi definiti di misure di salvaguardia.

§          l'adozione di programmi d'interventi urgenti per la cui realizzazione possono essere adottate le ordinanze di protezione civile.

§          entro sei mesi dall'adozione dei piani stralcio e dei programmi di interventi urgenti, la predisposizione da parte della Protezione civile di piani urgenti di emergenza.

§          ancora entro tempi definiti, la predisposizione da parte delle regioni - sulla base dei contenuti dei piani stralcio - di piani per l'adeguamento e la rilocalizzazione delle attività produttive e delle abitazioni ubicate nelle aree a rischio;

§          la costituzione da parte delle regioni che non via avessero ancora provveduto dei Comitati per i bacini di rilievo regionale, entro due mesi dall’emanazione del decreto, da rendere operativi entro tre mesi.

Successivamente sono intervenute le disposizioni del decreto-legge n. 279 del 2000, acceleratorie dell’attuazione dello stesso “decreto Sarno” (perimetrazione delle aree a rischio e adozione delle misure di salvaguardia).

Il decreto-legge ha previsto interventi per le aree a rischio idrogeologico introducendo norme che dispongono la proroga e l'estensione delle procedure per gli interventi di salvaguardia per le aree a rischio (previsti dal decreto n. 180) alle aree colpite dagli eventi calamitosi di settembre e ottobre 2000 e ad aree già individuate come ad alto rischio di inondazione dalla protezione civile. Inoltre (articolo 1-bis) sono state previste procedure semplificate per l'adozione di piani stralcio per la tutela dal rischio idrogeologico ed è stato posto come termine perentorio entro il quale adottare i progetti di piano stralcio la data del 30 aprile 2001.

 

Ai fini del coordinamento della proposta in esame (AC 1569) con la normativa vigente, si ricorda in particolare che il decreto-legge n. 279 del 2000, all’articolo 2, ha definito tempi, scopi e modalità di esecuzione di un’attività straordinaria di controllo dell’assetto idrogeologico del territorio, volta ad individuare le situazioni di maggior pericolo e rischio, attività che deve svolgersi, a cura delle regioni ma con il concorso di una pluralità di soggetti[11]. Tale attività ha la finalità di individuare le situazione di pericolo incombente e di identificare gli interventi più urgenti, e deve essere effettuata ponendo particolare attenzione a:

a) le opere e gli insediamenti presenti in alveo e nelle relative pertinenze;

b) gli invasi artificiali, in base ai dati resi disponibili dal servizio dighe;

c) i restringimenti nelle sezioni di deflusso prodotti dagli attraversamenti o da altre opere esistenti;

d) le situazioni d'impedimento al regolare deflusso delle acque, con particolare riferimento all'accumulo di inerti e relative opere di dragaggio, anche lungo lotti diversi;

e) l'apertura di cave ed il prelievo di materiale litoide;

f) le situazioni di dissesto, in atto o potenziale, delle sponde e degli argini;

g) l'efficienza e la funzionalità delle opere idrauliche esistenti, il loro stato di conservazione;

h) qualsiasi altro elemento che possa dar luogo a situazione di allarme.

Il comma 3 della medesima disposizione inoltre prevede che gli stessi soggetti effettuino una ricognizione sullo stato di conservazione delle opere eseguite per la sistemazione dei versanti, indicando le esigenze di carattere manutentorio finalizzate a costruire un diffuso sistema di protezione idrogeologica, con conseguente miglioramento generalizzato delle condizioni di rischio soprattutto a beneficio dei territori di pianura.

 


 

Sorveglianza e polizia idraulica

 

Le attività straordinarie ipotizzate dall’art. 2 del decreto legge n. 279 del 2000, sembrano rientrare – in gran parte - fra le funzioni di polizia idraulica già previste in via ordinaria dal RD 25 luglio 1904, n. 523, così come la raccolta di elementi conoscitivi sembra essere riconducibile all’attività conoscitiva, di carattere permanente ed ordinario, prevista dall’art. 55 del d.lgs. n. 152 del 2006[12] consistente in:

§         raccolta, elaborazione, archiviazione e diffusione dei dati;

§         accertamento, sperimentazione, ricerca e studio degli elementi dell'ambiente fisico e delle condizioni generali di rischio;

§         formazione ed aggiornamento delle carte tematiche del territorio;

§         valutazione e studio degli effetti conseguenti alla esecuzione dei piani, dei programmi e dei progetti di opere previsti dalla stessa legge n. 183/1989;

§         attuazione di ogni iniziativa a carattere conoscitivo ritenuta necessaria per il conseguimento delle finalità di difesa del suolo.

 

Si ricorda, infine, che il decreto legislativo n. 112 del 1998 ha espressamente previsto (art. 89, comma 1, lettera c) che i compiti di polizia idraulica, unitamente a quelli di pronto intervento, rientrino fra le funzione conferite alle Regioni (art. 89, comma 1, lettera c). In proposito il decreto legislativo n. 112 del 1998 fa esplicito rinvio alle funzioni definite dal regio decreto 25 luglio 1904, n. 523 e al regolamento di esecuzione del decreto stesso, il regio decreto 9 dicembre 1937, n. 2669.

 

Il RD 25 luglio 1904, n. 523 Testo unico delle disposizioni di legge intorno alle opere idrauliche delle diverse categorie reca parte notevole della disciplina sulle opere per la tutela del suolo dalle acque (argini e ripari di fiumi e torrenti, sistemazione degli alvei, nuove inalveazioni, scoli artificiali, ecc). Unitamente al regolamento di esecuzione (regio decreto 9 dicembre 1937, n. 2669) riporta anche la disciplina delle funzioni di polizia delle acque pubbliche, con l’elencazione dei relativi divieti (in particolare, artt. 93-101 del r.d. n. 523/1904), e delle funzioni dei servizi di vigilanza e guardia (in particolare, Parte prima, Capo I del regio decreto 9 dicembre 1937, n. 2669).


Agricoltura e multifunzionalità

Il termine ”multifunzionalità” è da tempo utilizzato, con riferimento all’agricoltura, per indicare la peculiare capacità del settore di fornire, insieme ai prodotti destinati all’alimentazione umana ed animale, altri beni e servizi “secondari”, di varia natura.

Nel tempo questo concetto, originariamente riferito ai diversi sottoprodotti del medesimo processo produttivo, si è esteso anche ai beni immateriali, in primo luogo per quanto riguarda la funzione di presidio geologico del territorio connaturata alle attività agricole; di modo che oggi l’espressione “agricoltura multifunzionale” è spesso utilizzata come “sinonimo di agricoltura ambientalmente corretta, o produttrice di prodotti di qualità o ancora intendendo un processo di diversificazione del reddito all’interno dell’azienda agricola”[13].

 

Le politiche agricole europee hanno da tempo iniziato a considerare il ruolo dell'agricoltura multifunzionale.

Già con Agenda 2000, poi, e con i successivi regolamenti di attuazione, l'agricoltura acquista un ruolo preminente nella preservazione dell'equilibrio idrogeologico del terreno, venendo chiamata ad esaltare alcune funzioni collaterali e connesse alla attività produttiva tradizionale.

Questo processo di evoluzione ha trovato poi un esito ancor più significativo con la riforma della Politica agricola comune (PAC) adottata nel 2003 (Regolamento CE n. 1782/2003 del 29 settembre 2003).

Principi fondamentali della riforma sono infatti il disaccoppiamento dei pagamenti diretti agli agricoltori e la condizionalità degli aiuti.

Il disaccoppiamento si traduce nel pagamento unico per azienda, non più legato alla produzione, e trova il suo fondamento nella nuova definizione di attività agricola, che sancisce “la piena equiparazione delle attività di manutenzione ambientale alle tradizionali attività produttive”[14]. L’art. 2 del Regolamento n. 1782/2003 definisce infatti come attività agricola “la produzione, l’allevamento o la coltivazione di prodotti agricoli, comprese la raccolta, la mungitura, l’allevamento e la custodia degli animali per fini agricoli, nonché il mantenimento della terra in buone condizioni agronomiche ed ambientali”.

La condizionalità, d’altra parte, comporta che il pagamento degli aiuti sia subordinato al rispetto di alcuni parametri relativi al rispetto dell’ambiente, alla sicurezza alimentare, alla salute e benessere degli animali; in caso di mancato rispetto di tali parametri i pagamenti sono ridotti in proporzione al rischio o danno relativo.

Il legislatore italiano ha fornito una prima risposta ai nuovi orientamenti comunitari con la c.d. legge di orientamento agricolo; la legge n. 57 del 2001 ha conferito una delega al Governo per l'orientamento e la modernizzazione del settore agricolo, della pesca e delle foreste, alla quale è stata data attuazione con i decreti legislativi n. 226/2001 in materia di pesca, n. 227/2001 in materia di forestazione e n. 228/2001 in materia agricola.

In particolare, per quanto interessa in questa sede, il decreto legislativo n. 227/2001, in materia di foreste, stabilisce che costituisce trasformazione del bosco in altra destinazione d'uso del suolo, ogni intervento che comporti l'eliminazione della vegetazione esistente finalizzata a un'utilizzazione del terreno diversa da quella forestale; è fatto divieto di trasformare il bosco, compatibilmente con la conservazione della biodiversità, con la stabilità dei terreni, con il regime delle acque, con la difesa dalle valanghe e dalla caduta dei massi e con la tutela del paesaggio (art.4). Le regioni stabiliscono le modalità per garantire il recupero dei boschi nel caso in cui sussistano processi di degrado o vi siano motivi di pubblica incolumità; esse disciplinano altresì le modalità che presiedono alla concessione in gestione dei boschi degli enti pubblici, assicurando che resti invariata la loro superficie, destinazione economica e multifunzionalità (art.5). Al fine di favorire le attività selvicolturali, le regioni sono tenute ad istituire elenchi o albi delle imprese che si assumono il compito di eseguire lavori ed opere in ambito forestale; tali soggetti possono ottenere in gestione aree silvo-pastorali di proprietà o possesso pubblico. (art.7). Infine, l'art. 8 prevede che le cooperative ed i loro consorzi che forniscono in via principale, anche nell'interesse di terzi, servizi nel settore selvicolturale, ivi comprese le sistemazioni idraulico-forestali, sono equiparati agli imprenditori agricoli.

Il decreto legislativo n.228/2001, riguardante il settore agricolo, ha poi fornito una nuova definizione dell'imprenditore agricolo di cui all'articolo 2135 del codice civile.

Secondo la nuova definizione è tale colui che esercita le seguenti attività: coltivazione del fondo, selvicoltura, allevamento di animali ed attività connesse.

Per coltivazione del fondo, per selvicoltura e per allevamento di animali si intendono quelle attività dirette alla cura e allo sviluppo di un ciclo biologico o di una fase necessaria del ciclo stesso, di carattere vegetale o animale, che utilizzano o possono utilizzare il fondo, il bosco o le acque dolci, salmastre o marine.

Si considerano attività connesse quelle dirette alla manipolazione, conservazione, trasformazione, commercializzazione e valorizzazione che abbiano ad oggetto prodotti connessi alla coltivazione del fondo o del bosco o dell'allevamento degli animali, nonché le attività dirette alla fornitura di beni e servizi mediante l'utilizzazione di attrezzature o risorse dell'azienda, ivi comprese le attività di valorizzazione del territorio e del patrimonio rurale e forestale, ovvero di ricezione ed ospitalità.

Viene inoltre previsto (art. 15), che le pubbliche amministrazioni possano stipulare delle convenzioni con gli imprenditori agricoli, al fine di favorire lo svolgimento di attività funzionali alla sistemazione ed alla manutenzione del territorio, alla salvaguardia del paesaggio agrario e forestale, alla cura ed al mantenimento dell'assetto idrogeologico e alla promozione di prestazioni a favore della tutela delle vocazioni produttive del territorio. Tali convenzioni stabiliscono le prestazioni a carico delle pubbliche amministrazioni, inclusa la possibilità di concedere finanziamenti, concessioni amministrative, riduzioni tariffarie o realizzazione di opere pubbliche. Per le suddette finalità, le pubbliche amministrazioni, anche in deroga alle norme vigenti, possono stipulare contratti di appalto con gli imprenditori agricoli di importo annuale non superiore a 50.000 Euro nel caso di imprenditori singoli e 300.000 Euro nel caso di imprenditori in forma associata; i predetti limiti di valore sono stati così ridefiniti, in aumento rispetto ai precedenti (rispettivamente, 50 e 300 milioni di lire), con l’art. 1,comma 1067, della legge 27 dicembre 2006, n. 296 (legge finanziaria 2007).

 


Interventi normativi per contrastare lo spopolamento dei piccoli comuni

Con l’espressione aree fragili[15]si intendono quelle aree territoriali colpite da progressivo spopolamento. Questa problematica, nel nostro Paese, è riferibile principalmente (ma non solo) alle aree montane, alpine e appenniniche.

A favore di tali realtà comunali e in particolare per sostenere le attività economiche, agricole, commerciali, artigianali e culturali nei piccoli comuni la Camera ha approvato lo scorso 18 aprile il testo unificato delle pdl AC 15, AC 1752 e AC 1964 (Misure per il sostegno e la valorizzazione dei piccoli comuni, On. Realacci e altri), attualmente all’esame del Senato (AS 1516)[16].

 

Finalità del testo unificato è il contrasto del fenomeno del disagio insediativo, in una situazione complessa dispopolamento ed impoverimento di vaste areedel Paese e che determina gravi conseguenze su larga scala, come il dissesto idrogeologico, l'impoverimento delle attività economiche e la progressiva riduzione di offerta dei servizi al cittadino in realtà territoriali con ridotta densità abitativa, mediante l’adozione di una serie organica di iniziative ed interventi. Le iniziative per contrastare tale disagio sono molteplici e vanno dal sostegno alle attività economiche, sociali, ambientali e culturali esercitate nei piccoli comuni, mediante l’istituzione di centri multifunzionali, all’adozione di misure a favore dei cittadini residenti, con particolare riferimento al sistema di servizi territoriali.

Anche la proposta di legge in esame AC 1569 presenta finalità analoghe: in particolare, all’art. 4, comma 4, lettere c), d) e) ed f), si attribuiscono al Comitato tecnico scientifico per la tutela del territorio dal dissesto idrogeologico – istituito dall’articolo 3 – compiti di individuazione e di intervento a favore di piccoli comuni in situazioni di particolare disagio sotto tre specifici aspetti: mancanza di punti vendita di beni di prima necessità, di scuole materne e di collegamenti con i centri maggiori.

Di seguito vengono sinteticamente illustrate e confrontate le misure, contenute nel testo unificato, ora AS 1516, e nella proposta di legge in esame, AC 1569.

 

In primo luogo, per quanto riguarda l’ambito di applicazione, il testo unificato individua quali destinatari delle iniziative previste dal provvedimento i comuni con popolazione pari o inferiore a 5.000 abitanti con particolari caratteristiche di disagio, che devono essere individuati con successivo decreto del Presidente del consiglio dei ministri (art. 1, commi 2 e 3). La proposta in esame AC 1569 fa invece riferimento ai comuni al di sotto di tale soglia dimensionale unicamente per lo sviluppo della rete di trasporto e ne prevede l’individuazione da parte dello specifico comitato previsto dall’art. 3 della proposta (art. 4, comma 3, lett. f). Con riferimento invece alle altre misure indicate, il provvedimento fa invece riferimento ai comuni con popolazione inferiore a 1.000 abitanti, anch’essi individuati da parte del comitato (articolo 4, comma 1, lett. c) ed e).

 

Con riguardo alle misure specifiche, per lo svolgimento di attività funzionali alla sistemazione e alla manutenzione del territorio, l’art. 4, comma 3, del testo unificato approvato prevede che i comuni possono stipulare convenzioni e contratti di appalto con gli imprenditori agricoli ai sensi dell’art. 15 del decreto legislativo 18 maggio 2001, n. 228. Nei piccoli comuni i limiti di importo di cui al comma 2 del citato art. 15 sono innalzati a 100.000 euro nel caso di imprenditori singoli e a 600.000 euro nel caso di imprenditori in forma associata. Tali disposizioni si applicano anche alle cooperative agricole e alle cooperative di cui all’art. 8 del decreto legislativo 18 maggio 2001, n. 227.

La proposta in esame AC 1569 dispone, invece, l’assegnazione, da parte del citato comitato alla nuova figura del tutore ambientale, individuato nella relazione illustrativa negli agricoltori professionali che decidono di rimanere nei centri rurali, di porzioni di territorio ove essi dovranno curare la realizzazione di interventi per contrastare il dissesto idrogeologico (art. 4, comma 4, lett. b) e art. 2), con contributi disposti ai sensi dell’art. 5.

 

Per quanto riguarda il sostegno delle attività commerciali ed artigiane, l’art. 10 del testo unificato AS 1516 prevede che gli artigiani residenti nei piccoli comuni possono mostrare e vendere esclusivamente i beni di propria produzione, anche in deroga alle disposizioni vigenti in materia di autorizzazioni commerciali e artigianali, in apposite aree e per non più di quattro giorni al mese.

La proposta di legge AC 1569 in esame prevede che il Comitato individui i comuni con popolazione inferiore a 1.000 abitanti privi di un punto vendita di generi di prima necessità e, tramite dei bandi, i soggetti disponibili all’apertura di un esercizio commerciale, con le caratteristiche di un emporio, per la successiva attribuzione di una indennità mensile commisurata all’entità della popolazione ed all’ubicazione del comune.

 

Per quanto riguarda gli istituti scolastici, l’art. 9 dell’AS 1516prevede un sostegno delle regioni per mantenere in attività gli istituti scolastici destinati alla chiusura o all’accorpamento, in deroga alle disposizioni vigenti.

In merito al sostegno alle attività scolastiche rivolte alla prima infanzia, l’art. 4, comma 4, lettera e), dispone che il Comitato individui i comuni con popolazione a 1.000 abitanti sprovvisti di una scuola materna e successivamente attribuisca un contributo per la sua realizzazione ed il relativo mantenimento. Il Comitato può altresì valutare soluzioni alternative nel caso in cui l’esiguità del numero degli scolari interessati renda l’intervento non sostenibile dal punto di vista economico.


Art. 1
(Finalità).

La disposizione individua le seguenti finalità della proposta di legge:

§         il contrasto al dissesto idrogeologico del territorio nazionale attraverso la realizzazione di opere di manutenzione delle superfici boschive e di sistemazioni idrauliche agrarie da parte della popolazione rurale;

§         l’incremento dell’occupazione nelle aree di abbandono mediante l'erogazione di benefìci economici ed il miglioramento dei servizi. In proposito, la relazione illustrativa sottolinea la funzione della proposta di legge di realizzare “anche una maggiore occupazione attraverso la creazione di attività rivolte alla manutenzione ordinaria dei corsi d'acqua e dei versanti che attualmente risultano gestiti male e in modo discontinuo a causa del progressivo abbandono del territorio”.


Art. 2
(Tutore ambientale).

I commi 1 e 2 prevedono l’istituzione, presso ciascuna regione, del tutore ambientale cui viene assegnata, con un’apposita convenzione, una parte di territorio sulla quale sarà chiamato a:

§         svolgere funzioni di controllo;

§         segnalare proposte di intervento per prevenire o ridurre il dissesto idrogeologico;

§         realizzare le attività che richieste dal comitato tecnico scientifico per la tutela del territorio dal dissesto idrogeologico istituito con l’art. 3.

 

La relazione illustrativa precisa che il tutore del territorio dovrà essere individuato “preferibilmente proprio fra agricoltori professionali che decidono, in cambio di un contributo economico, di rimanere nei centri rurali, garantendo il loro impegno per il mantenimento dello stesso e per la lotta al dissesto idrogeologico”.

 

Si osserva che occorre un coordinamento tra l’articolo 2, comma 1, che sembra far riferimento ad un unico tutore ambientale per ciascuna regione e il successivo articolo 4, che prevede la suddivisione delle zone del territorio regionale in porzioni da assegnare ai tutori ambientali e prevede un ordine di preferenza nell’assegnazione di tali zone.

 

I commi 3 e 4 dispongono, quindi, in materia di nomina del tutore ambientale, prevedendo che sia il presidente della regione a conferire, con proprio decreto, l'incarico di tutore ambientale, dietro presentazione della relativa domanda da parte dei soggetti interessati e previa valutazione dei requisiti richiesti.

Per l'attribuzione dei compiti di tutore ambientale è, infatti, necessario possedere i requisiti che dovranno essere stabiliti dal Comitato tecnico scientifico per la tutela del territorio dal dissesto idrogeologico, ai sensi del comma 4, lettera a), dell'art. 4.

 

Posto che sia l’articolo 2, comma 3, sia l’articolo 4, comma 4, lett. a), fanno riferimento ai requisiti richiesti per l’attribuzione dei compiti di tutore ambientale, appare opportuno modificare la formulazione dell’articolo 2, comma 4, facendo anche in tale norma riferimento alla valutazione dei requisiti, piuttosto che dei titoli richiesti

 

Si rammenta che nel corso dell’esame della proposta di legge presentata nel corso della scorsa legislatura (AC 1109), il Governo aveva espresso un orientamento favorevole sul contenuto della proposta di legge “ritenendo in particolare, positiva l'introduzione della nuova figura del tutore ambientale, al quale sembrerebbero demandate funzioni che in passato venivano svolte dagli uffici del soppresso genio civile” e prospettava l'opportunità di acquisire l'orientamento delle regioni sulla materia oggetto del provvedimento (seduta del 18 dicembre 2002).


Art. 3
(Comitato tecnico scientifico per la tutela del territorio
dal dissesto idrogeologico).

Il comma 1 prevede l’istituzione, presso la presidenza di ciascuna giunta regionale, del comitato tecnico scientifico per la tutela del territorio dal dissesto idrogeologico, la cui nomina spetta al consiglio regionale.

Il comma 2 indica la durata quinquennale del comitato e ne definisce la composizione.

Il comitato risulta costituito da dodici membri scelti secondo i seguenti criteri:

a) un rappresentante scelto nell’ambito di una terna di nominativi proposta da ogni provincia della regione interessata;

b) un rappresentante scelto nell’ambito di una terna di nominativi proposta da ognuna delle tre associazioni agricole maggiormente rappresentative a livello regionale;

c) un rappresentante scelto nell’ambito di una terna di nominativi proposta dalle associazioni sindacali più rappresentative a livello regionale;

d) un rappresentante scelto nell’ambito di una terna di nominativi proposta delle camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura della regione interessata;

e) un rappresentante scelto nell’ambito di una terna di nominativi proposta dall'Associazione nazionale dei comuni italiani;

f) un rappresentante scelto nell’ambito di una terna di nominativi proposta dalle comunità montane presenti nel territorio regionale;

g) un rappresentante scelto nell’ambito di una terna di nominativi proposta dall’autorità di bacino competente;

h) cinque esperti nelle materie attinenti alla tutela dell'ambiente, scelti su indicazione della giunta regionale.

 

Gli organi del comitato sono definiti dal comma 3, secondo il quale i suoi componenti eleggono, al proprio interno e con la maggioranza assoluta dei votanti, il presidente, due vicepresidenti ed un segretario.


Art. 4
(Competenze del comitato).

Il comma 1 prevede la predisposizione da parte del comitato – previo parere vincolante della giunta regionale ed entro il 30 settembre di ogni anno – di un piano in base al quale le zone del territorio regionale caratterizzate da fenomeni di dissesto idrogeologica o che necessitano di azioni di mantenimento, vengono suddivise in porzioni da assegnare ai tutori ambientali.In base al successivo comma 4, lett. b), il comitato procede all’assegnazione entro il 31 dicembre di ogni anno ai tutori ambientali risultati idonei, specificando gli interventi da realizzare.

 

Viene stabilito, al comma 2, un criterio di priorità che il comitato dovrà adottare nell’assegnazione delle parti del territorio indicate al comma 1:

§         per primi vanno scelti gli agricoltori professionali residenti nel comune comprendente la maggiore parte della porzione stessa;

§         in loro mancanza, gli agricoltori residenti nei comuni confinanti;

§         in via sussidiaria, altre figure professionalmente idonee residenti nella provincia territorialmente competente.

 

Per il coordinamento tra tali disposizioni e l’articolo 2, cfr. il commento a tale ultima disposizione.

 

L'articolo 4, comma 2, del provvedimento in esame fa riferimento agli agricoltori professionali come figure alle quali assegnare la preferenza nelle assegnazioni delle zone di territorio che necessitino di sistemazione idrogeologica e di mantenimento.

Si ricorda, al riguardo, che la definizione attualmente prevista nell’ordinamento  giuridico è quella di imprenditore agricolo professionale (IAP), contenuta nell’art. 1, comma 1, del D.Lgs. 29 marzo 2004, n. 99.

I requisiti ivi previsti per il riconoscimento della qualifica di IAP sono i seguenti:

- possedere conoscenze e competenze professionali “adeguate” ai sensi dell’articolo 5 del Regolamento (CE) n. 1257/1999 del 17 maggio 1999, del Consiglio;

- dedicare alle attività agricole di cui all’articolo 2135 del codice civile, direttamente o in qualità di socio di società, almeno il cinquanta per cento del proprio tempo di lavoro complessivo;

-  ricavare dalle attività medesime almeno il cinquanta per cento del proprio reddito globale da lavoro.

In base all’ultimo periodo del citato comma 1, per l’imprenditore che operi nelle zone svantaggiate di cui all’art. 17 del Regolamento (CE) n. 1257/1999 i requisiti suddetti sono ridotti al venticinque per cento.

Il comma 3 stabilisce che il contributo assegnato ai tutori ambientali ai sensi del successivo art. 5, dovrà essere commisurato alla tipologia del territorio e dei lavori da svolgere, nonché alla durata della permanenza sul territorio, che non dovrà essere inferiore a tre anni.

 

Si segnala che non risulta chiaro se il criterio della durata della permanenza sul territorio sia da riferirsi al passato (quale parametro di valutazione dell’esperienza maturata sul territorio interessato da parte del soggetto a cui viene affidato l’incarico), ovvero al futuro (quale garanzia di continuità e come impegno assunto da colui a cui è affidato l’incarico stesso).

 

Vengono, quindi, indicati, al comma 4, i seguenti ulteriori compiti del comitato:

a) l'individuazione, tramite appositi bandi, dei requisiti per l'attribuzione della qualifica di tutore ambientale ai sensi dell'art. 2;

b) l’assegnazione delle porzioni di territorio ai tutori ambientali idonei;

c) l’individuazione dei comuni con popolazione inferiore a 1.000 abitanti che non hanno nel loro territorio un punto vendita di generi di prima necessità;

d) l'individuazione, tramite appositi bandi, dei soggetti disponibili ad aprire un punto vendita di generi di prima necessità, riconoscendo loro un'indennità mensile che tenga conto del numero di abitanti e della ubicazione del comune;

e) l’individuazione dei comuni con popolazione inferiore a 1.000 abitanti che non hanno nel loro territorio una scuola materna e l’attribuzione ai medesimi di un contributo pari all'80 per cento del costo relativo alla realizzazione e al mantenimento della stessa. Qualora non sia economicamente conveniente realizzare una scuola materna a causa del numero troppo esiguo di scolari, il comitato può valutate soluzioni alternative;

f) l’individuazione dei comuni con popolazione inferiore a 5.000 abitanti che non hanno collegamenti con i centri maggiori, concordando con le province interessate un piano dei trasporti finalizzato alla loro realizzazione, attribuendo alle stesse un contributo pari all'80 per cento del costo delle nuove linee;

g) sovrintendere, anche tramite propri consulenti, al controllo della corretta esecuzione dei lavori, al rispetto delle norme contrattuali e all'effettiva utilizzazione dei fondi attribuiti ai sensi del presente articolo.

 

Si segnala che, nel corso dell’esame delle corrispondenti disposizioni dell’analoga proposta presentata nella scorsa legislatura, era emersa la necessità – condivisa anche dal Governo – del coordinamento delle medesime con il testo unificato delle proposte di legge in materia di piccoli comuni. Il relatore aveva quindi prospettato l'opportunità di distinguere due ambiti operativi, ritenendo che, da un lato, le disposizioni per il sostegno dei piccoli comuni sarebbero potute rientrare nell'ambito del testo unificato; dall'altro, che la parte del provvedimento concernente la manutenzione del territorio al fine del controllo dell'assetto idrogeologico avrebbe potuto avere un percorso autonomo. Nella seduta dell’11 marzo 2003, la Commissione aveva quindi deliberato la costituzione di un comitato ristretto al fine di una migliore definizione del testo.

 

Il comma 5, infine, prevede la predisposizione da parte del comitato, entro il 30 settembre di ogni anno di una relazione alla giunta regionale in merito agli interventi svolti nelle aree assegnati ai tutori ambientali di cui all'art. 2.


Art. 5
(Contributi).

Il comma 1 prevede che l’istruttoria per l'assegnazione dei contributi attribuiti ai sensi dell'articolo 4, comma 3, venga svolta dagli uffici competenti in materia di prevenzione territoriale del rischio idrogeologico istituiti presso ciascuna regione.

 

Si ricorda che ai sensi dell’art. 55 del d.lgs. n. 152 del 2006, l'attività conoscitiva svolta per le finalità di cui all'art. 53 (tra cui compare anche la prevenzione da fenomeni di dissesto idrogeologico) è svolta secondo criteri, metodi e standard di raccolta, elaborazione e consultazione, nonché modalità di coordinamento e di collaborazione tra i soggetti pubblici comunque operanti nel settore, che garantiscano la possibilità di omogenea elaborazione ed analisi e la costituzione e gestione, ad opera del Servizio geologico d’Italia - Dipartimento difesa del suolo dell'Agenzia per la protezione dell'ambiente e per i servizi tecnici (APAT) di un unico sistema informativo, cui vanno raccordati i sistemi informativi regionali e quelli delle province autonome.

È fatto obbligo alle Amministrazioni dello Stato, anche ad ordinamento autonomo, nonché alle istituzioni ed agli enti pubblici, anche economici, che comunque raccolgano dati nel settore della difesa del suolo, di trasmetterli alla regione territorialmente interessata ed al Servizio geologico d’Italia - Dipartimento difesa del suolo dell'APAT (art. 53, comma 3).

 

Il comma 2 prevede l’attribuzione dei contributi da parte del presidente della regione in due soluzioni:

a) la prima parte, pari al 60 per cento dell'importo, a seguito dell'individuazione dei tutori ambientali;

b) la seconda parte, pari al 40 per cento, ad interventi ultimati da parte dei tutori ambientali.


Art. 6
(Indennità di carica).

L’articolo in commento disciplina, al comma 1, i compensi spettanti ai membri del comitato.

Essi vengono parametrati all’indennità di carica dei membri del consiglio regionale; in particolare:

a) al presidente spetta il 60 per cento dell'indennità di carica di consigliere regionale;

b) ai vicepresidenti il 40 per cento dell'indennità di carica di consigliere regionale;

c) al segretario il 30 per cento dell'indennità di carica di consigliere regionale;

d) ai componenti il 20 per cento dell'indennità di carica di consigliere regionale.

 

Il comma 2 prevede una decurtazione dell’indennità nella misura del 10 per cento del relativo importo per ciascuna assenza dalle riunioni del comitato.


Art. 7
(Fondo).

Viene prevista l’istituzione, presso la presidenza di ciascuna giunta regionale, di un apposito fondo per la salvaguardia ed il ripristino degli assetti idrogeologici e per la garanzia di sussistenza e di mantenimento dei servizi essenziali per le piccole comunità.

 

Sui profili di compatibilità con l’autonomia finanziaria delle Regioni, si rinvia alla scheda di sintesi, paragrafo Rispetto delle competenze legislative costituzionalmente definite.

 


Art. 8
(Dotazioni).

La disposizione prevede che le dotazioni del fondo vengano determinate annualmente su base triennale durante l’approvazione del bilancio, secondo le disposizioni dei rispettivi statuti regionali, in misura non inferiore al 10 per cento dell'entità media annua dei danni prodotti da eventi calamitosi.

 

Si segnala che andrebbero meglio definiti i criteri per il calcolo della suddetta media.

 


Art. 9
(Norme finanziarie).

L’articolo in commento dispone, al comma 1, la determinazione con legge regionale delle risorse da destinare al fondo di cui all’art. 7.

Il comma 2 prevede che lo Stato contribuisca all'alimentazione dei fondi regionali previsti dalla presente legge nella misura di 250 milioni di euro annui a decorrere dal 2006 e prevede la ripartizione di tale finanziamento tra le regioni e province autonome in proporzione alla rispettiva superficie.

 

Si segnala che tale criterio per la ripartizione del contributo statale - rapportato alla mera estensione territoriale della regione – andrebbe coordinato con il diverso criterio definito dall’articolo 8 (connesso ad una sorta di “indice di pericolosità”) ai fini della determinazione del minimo di assegnazioni regionali ai fondi stessi.

 

 

Il comma 3 prevede la quantificazione dell’onere (250 milioni di euro a decorrere dall’anno 2006) e ne dispone la copertura finanziaria attraverso il ricorso alle disponibilità degli stanziamenti previsti in bilancio, nell’unità previsionale di parte corrente “Fondo speciale” del Ministero dell’economia e delle finanze, utilizzando l’accantonamento relativo al medesimo ministero.

Il comma 4 autorizza il Ministro dell'economia e delle finanze  ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio.

 

Con riferimento ai commi 2 e 3, si segnala che occorre modificare l’anno di decorrenza dell’onere (facendo riferimento al 2007) nonché il bilancio di riferimento (facendo riferimento al bilancio 2007-2009).

Si segnala, inoltre, che per il triennio 2007-2009, l’accantonamento del Ministero dell’economia non reca le necessarie disponibilità per la copertura degli oneri derivanti dal provvedimento.


Proposta di legge

 


CAMERA DEI DEPUTATI

 ¾¾¾¾¾¾¾¾

N. 1569

¾

 

PROPOSTA DI LEGGE

d'iniziativa dei deputati

STRADELLA, OSVALDO NAPOLI

 

                       

 

Nuove norme per la tutela del territorio dal dissesto idrogeologico

 

                                                          

Presentata il 2 agosto 2006

                                                          

 


Onorevoli Colleghi! - Dal secondo dopoguerra ad oggi, lo sviluppo economico e la tendenza della popolazione a trasferirsi nelle aree più urbanizzate del Paese hanno determinato un progressivo abbandono del territorio rurale ed una conseguente riduzione del personale addetto all'agricoltura. Le aree orograficamente più difficili sono state le prime ad essere abbandonate, con il risultato che in vaste zone del territorio, da decenni, non viene svolta alcuna cura o manutenzione né delle superfici boschive né delle sistemazioni idrauliche agrarie.
      Gli effetti di questo stato di cose sono sotto gli occhi di tutti: ogni anno il sopraggiungere delle stagioni piovose è immancabilmente accompagnato dal verificarsi di eventi calamitosi che producono rilevanti danni diretti e indiretti alla collettività. Intervenire in emergenza, pagando i danni, spesso solo parzialmente, alle imprese ed ai cittadini colpiti dalle calamità naturali, non serve a nulla. Non abbiamo ancora cancellato dagli occhi le immagini di morte e di distruzione della tragica alluvione in Piemonte del 1994 e dell'evento catastrofico di maggiore gravità che ha colpito nell'ottobre del 2000 la regione Valle d'Aosta.
      A questi due eventi eccezionali, di enorme impatto economico, sono da aggiungere decine e decine di disastri minori avvenuti in tutte le regioni italiane in questi anni. Non ultimi, gli eventi estivi di siccità dei grandi corsi d'acqua, in particolare del Po, imputabili anche ad una insufficiente manutenzione dei territori montani e collinari.
      Peraltro, quanto avvenuto nell'anno 2000, che rappresenta l'ultima grande alluvione catastrofica verificatasi nel nord Italia, era annunciato: pochi fiumi sono stati ripuliti, pochi canali e fossi sono stati liberati dai detriti, nulla è stato fatto per il ripopolamento delle aree rurali, nonostante siano stati spesi migliaia di milioni di euro in sei anni per sistemare il territorio. È fondamentale mantenere vive le comunità rurali a partire dalla montagna fino alla pianura. È vero che è aumentata la quantità di millimetri di pioggia, ma è anche vero che l'acqua che cade su prati e terreni coperti da arbusti ed erba non tagliata, anziché penetrare nel terreno, scivola in fossi ostruiti o inesistenti e, via via, in canali o rogge non mantenuti e finisce in fiumi sporchi ed intasati da tronchi, con il bacino pieno di detriti, alberi e rifiuti di ogni tipo, riempiendoli oltre misura e provocando straripamenti e rotture di argini.
      Per riportare in sicurezza il territorio occorre intervenire con opere di sistemazione idraulica e manutenzione, affidate a chi, in quella realtà, vive e lavora.
      Con la globalizzazione dei mercati, oggi i nostri agricoltori non sono più competitivi e, in particolare nelle zone disagiate, non possono più sopravvivere con la sola resa delle colture agricole. Aggiungendo al problema economico i disagi legati alla mancanza dei servizi essenziali, delle scuole materne e di moltissimi centri rurali, si capisce perché i giovani abbandonano la campagna per un posto sicuro in città.
      La presente proposta di legge vuole istituire, per la prima volta in Italia, la figura del tutore del territorio, individuato preferibilmente proprio fra agricoltori professionali che decidono, in cambio di un contributo economico, di rimanere nei centri rurali, garantendo il loro impegno per il mantenimento dello stesso e per la lotta al dissesto idrogeologico. Siamo convinti che nessuno meglio di chi ha sempre vissuto con le risorse della terra, le sappia curare. Quanti giovani, anziché abbandonare le comunità montane per cercare un posto sicuro, sarebbero rimasti a tenere vivi i centri rurali grazie ad un'integrazione salariale?
      Con la presente proposta di legge si realizza, pertanto, anche una maggiore occupazione attraverso la creazione di attività rivolte alla manutenzione ordinaria dei corsi d'acqua e dei versanti che attualmente risultano gestiti male e in modo discontinuo a causa del progressivo abbandono del territorio. Inoltre, quante risorse avremmo risparmiato se, anziché «correre ai ripari», avessimo speso in prevenzione? Risolta la questione economica, occorre garantire a chi decide di occuparsi di questo importante compito, un minimo di servizi tra i quali l'esistenza in ogni comune di un negozio, di una scuola materna e del trasporto pubblico. Anche in questo caso, il mantenimento dei servizi non comporta ricavi ai gestori ma perdite. La presente proposta di legge prevede, anche per questi casi, un'integrazione del reddito ed uno sgravio burocratico finalizzato al mantenimento di servizi minimi. Il trasporto pubblico deve essere garantito tramite apposito finanziamento che le regioni assegnano alle province, affinché sia individuato il sistema migliore per garantire ad ogni comune il collegamento pubblico al centro principale. La scuola dell'infanzia deve essere garantita in ogni comune con appositi finanziamenti regionali, affinché i bambini non siano strappati, fin da piccoli, dalle loro realtà. Deve essere garantita la presenza di piccoli esercizi commerciali in ogni comune, perché è impensabile che ogni acquisto, relativo anche a prodotti di prima necessità, debba richiedere spostamenti di chilometri. Si prevede pertanto un contributo per coloro che si rendono disponibili ad aprire un punto vendita sul modello dell'emporio (con tutti i generi di prima necessità) nei comuni sotto i mille abitanti.

 

 


PROPOSTA DI LEGGE

Art. 1.

(Finalità).

      1. La presente legge ha la finalità di combattere il dissesto idrogeologico del territorio nazionale attraverso la realizzazione di opere di manutenzione delle superfici boschive e di sistemazioni idrauliche e agrarie da parte della popolazione rurale nonché di incrementare l'occupazione nelle aree a rischio di abbandono mediante l'erogazione di benefìci economici e il miglioramento dei servizi.

Art. 2.

(Tutore ambientale).

      1. Presso ciascuna regione è istituito il tutore ambientale che ha il compito di tutelare, previa apposita convenzione, la porzione di territorio assegnatagli ai sensi dell'articolo 4, comma 1.
      2. Il tutore ambientale svolge funzioni di controllo e di segnalazione di proposte di intervento dirette a prevenire o ridurre il dissesto idrogeologico e realizza le attività che gli sono richieste dal comitato tecnico scientifico per la tutela del territorio dal dissesto idrogeologico di cui all'articolo 3.
      3. Per l'attribuzione dei compiti di tutore ambientale è richiesto il possesso dei requisiti stabiliti ai sensi dell'articolo 4, comma 4, lettera a).
      4. L'incarico di tutore ambientale è conferito, con proprio decreto, dal presidente della regione, previa presentazione della relativa domanda da parte dei soggetti interessati e previa valutazione dei titoli richiesti.

Art. 3.

(Comitato tecnico scientifico per la tutela del territorio dal dissesto idrogeologico).

      1. È istituito, presso la presidenza di ciascuna giunta regionale, il comitato tecnico scientifico per la tutela del territorio dal dissesto idrogeologico, di seguito denominato «comitato», nominato dal consiglio regionale.
      2. Il comitato dura in carica cinque anni ed è composto dai seguenti membri:

          a) un rappresentante scelto in una terna di nomi proposta da ogni provincia della regione interessata;

          b) un rappresentante scelto in una terna di nomi proposta da ognuna delle tre associazioni agricole maggiormente rappresentative a livello regionale;

          c) un rappresentante scelto in una terna di nomi proposta dalle associazioni sindacali più rappresentative a livello regionale;

          d) un rappresentante scelto in una terna di nomi proposta delle camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura della regione interessata;

          e) un rappresentante scelto in una terna di nomi proposta dall'Associazione nazionale dei comuni italiani;

          f) un rappresentante scelto in una terna di nomi proposta dalle comunità montane presenti nel territorio regionale;

          g) un rappresentante scelto in una terna di nomi proposta dall'autorità di bacino competente;

          h) cinque esperti nelle materie attinenti alla tutela dell'ambiente, scelti su indicazione della giunta regionale.

      3. I componenti del comitato eleggono, al proprio interno e con la maggioranza assoluta dei votanti, il presidente, due vicepresidenti e un segretario.

Art. 4.

(Competenze del comitato).

      1. Il comitato, previo parere vincolante della giunta regionale, predispone, entro il 30 settembre di ogni anno, un piano in base al quale le zone del territorio regionale che necessitano di sistemazione idrogeologica e di mantenimento sono suddivise in porzioni da assegnare ai tutori ambientali di cui all'articolo 2.
      2. Nell'assegnazione delle porzioni di territorio di cui al comma 1 deve essere data la precedenza agli agricoltori professionali residenti nel comune comprendente la maggiore parte della porzione stessa o, in mancanza, agli agricoltori residenti nei comuni confinanti o, in via sussidiaria, ad altre figure professionalmente idonee residenti nella provincia territorialmente competente.
      3. Il contributo assegnato ai tutori ambientali ai sensi dell'articolo 5 deve essere commisurato alla tipologia del territorio e ai lavori da svolgere nonché alla durata della permanenza sul territorio, che non deve essere inferiore a tre anni.
      4. Il comitato inoltre:

          a) provvede, tramite appositi bandi, all'individuazione dei requisiti per l'attribuzione della qualifica di tutore ambientale ai sensi dell'articolo 2;

          b) assegna, entro il 31 dicembre di ogni anno, le porzioni di territorio ai tutori ambientali risultati idonei, specificando gli interventi da realizzare;

          c) individua i comuni con popolazione inferiore a 1.000 abitanti che non hanno nel loro territorio un punto vendita di generi di prima necessità;

          d) provvede, tramite appositi bandi, all'individuazione di soggetti disponibili ad aprire un punto vendita di generi di prima necessità, riconoscendo loro un'indennità mensile che tenga conto del numero di abitanti e della ubicazione del comune;

          e) individua i comuni con popolazione inferiore a 1.000 abitanti che non hanno nel loro territorio una scuola dell'infanzia e attribuisce loro un contributo pari all'80 per cento del costo relativo alla realizzazione e al mantenimento della stessa. Qualora non sia valutata economicamente conveniente la realizzazione di una scuola dell'infanzia a causa del numero troppo esiguo di bambine e bambini, il comitato valuta soluzioni alternative;

          f) individua i comuni con popolazione inferiore a 5.000 abitanti che non hanno collegamenti con i centri maggiori e concorda con le province interessate un piano dei trasporti finalizzato alla loro realizzazione, attribuendo alle stesse un contributo pari all'80 per cento del costo delle nuove linee;

          g) sovrintende, anche tramite propri consulenti, al controllo della corretta esecuzione dei lavori, al rispetto delle norme contrattuali e all'effettiva utilizzazione dei fondi attribuiti ai sensi del presente articolo.

      5. Il comitato predispone, entro il 30 settembre di ogni anno, una relazione alla giunta regionale in merito agli interventi svolti nelle aree assegnati ai tutori ambientali di cui all'articolo 2.

Art. 5.

(Contributi).

      1. L'istruttoria per l'assegnazione dei contributi di cui all'articolo 4 è svolta dagli uffici competenti in materia di prevenzione territoriale del rischio idrogeologico istituiti presso ciascuna regione.
      2. L'attribuzione dei contributi è effettuata dal presidente della regione con le seguenti modalità:

          a) 60 per cento dell'importo a seguito dell'individuazione dei tutori ambientali di cui all'articolo 2;

          b) 40 per cento al termine della realizzazione degli interventi da parte dei tutori ambientali.

Art. 6.

(Indennità di carica).

      1. Ai componenti del comitato è corrisposta un'indennità pari al:

          a) 60 per cento dell'indennità di carica di consigliere regionale, per il presidente;

          b) 40 per cento dell'indennità di carica di consigliere regionale, per i vicepresidenti;

          c) 30 per cento dell'indennità di carica di consigliere regionale, per il segretario;

          d) 20 per cento dell'indennità di carica di consigliere regionale, per gli altri componenti.

      2. Le indennità di cui al comma 1 sono decurtate del 10 per cento del relativo importo per ogni assenza dalle riunioni del comitato.

Art. 7.

(Fondo).

      1. Presso la presidenza di ciascuna giunta regionale è istituito, con legge regionale, il fondo per la salvaguardia ed il ripristino degli assetti idrogeologici e per la garanzia di sussistenza e di mantenimento dei servizi essenziali per le piccole comunità, di seguito denominato «fondo».

Art. 8.

(Dotazioni).

      1. Le dotazioni del fondo sono annualmente determinate, su base triennale, in sede di bilancio preventivo, secondo le disposizioni dei rispettivi statuti regionali, in misura non inferiore al 10 per cento dell'entità media annua dei danni prodotti da eventi calamitosi.

Art. 9.

(Norme finanziarie).

      1. Con propria legge ogni regione provvede a determinare le risorse destinate al fondo.
      2. Lo Stato contribuisce all'alimentazione dei fondi regionali previsti dalla presente legge nella misura di 250 milioni di euro annui a decorrere dall'anno 2006. Tale finanziamento è ripartito tra le regioni e le province autonome in proporzione alla rispettiva superficie.
      3. All'onere derivante dall'attuazione del comma 2, pari a 250 milioni di euro annui a decorrere dall'anno 2006, si provvede mediante corrispondente riduzione dello stanziamento iscritto, ai fini del bilancio triennale 2006-2008, nell'ambito dell'unità previsionale di base di parte corrente «Fondo speciale» dello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze per l'anno 2006, allo scopo parzialmente utilizzando l'accantonamento relativo al medesimo Ministero.
      4. Il Ministro dell'economia e delle finanze, è autorizzato ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio.

 

 


Normativa di riferimento

 


D.Lgs. 31 marzo 1998, n. 112.
Conferimento di funzioni e compiti amministrativi dello Stato alle regioni ed agli enti locali, in attuazione del capo I della L. 15 marzo 1997, n. 59
(art. 88)

 

 

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(1) Pubblicato nella Gazz. Uff. 21 aprile 1998, n. 92, S.O. Nel presente decreto sono state riportate le correzioni indicate nell'avviso pubblicato nella Gazz. Uff. 21 maggio 1998, n. 116.

(2)  Con riferimento al presente provvedimento sono state emanate le seguenti istruzioni:

- I.N.P.D.A.P. (Istituto nazionale previdenza dipendenti amministrazione pubblica): Informativa 2 maggio 2002, n. 12;

- I.N.P.S. (Istituto nazionale previdenza sociale): Circ. 20 agosto 1998, n. 192; Circ. 23 ottobre 1998, n. 223; Circ. 22 aprile 1999, n. 94; Circ. 20 novembre 1998, n. 239; Circ. 11 dicembre 1998, n. 250; Circ. 28 dicembre 2000, n. 221;

- Ministero dei trasporti e della navigazione: Circ. 2 febbraio 2001, n. 1/2001/ALBO; Lett.Circ. 8 marzo 2001, n. 62/Segr/D.T.T;

- Ministero dell'industria, del commercio e dell'artigianato: Ris. 19 maggio 1999, n. 530390; Ris. 2 novembre 1999, n. 530859; Ris. 8 novembre 1999, n. 530809; Ris. 15 novembre 1999, n. 530907; Ris. 3 dicembre 1999, n. 530923; Circ. 14 dicembre 1999, n. 3474/C; Ris. 22 dicembre 1999, n. 530866

- Ministero dell'interno: Circ. 10 ottobre 1998, n. 4/1998; Circ. 23 febbraio 2000, n. 24; Circ. 15 luglio 1999, n. 80; Circ. 14 ottobre 1999, n. 18/99; Circ. 7 dicembre 2000, n. 16/2000; Circ. 13 giugno 2001, n. 48; Circ. 20 luglio 2001, n. M/29138/5; Circ. 24 luglio 2001, n. 58; Circ. 5 luglio 2002, n. 37/I; Circ. 5 luglio 2002, n. 37/II;

- Ministero della pubblica istruzione: Circ. 22 giugno 1998, n. 2630; Circ. 7 agosto 1998, n. 353; Circ. 12 aprile 1999, n. 37424/BL; Circ. 7 agosto 2000, n. 197;

- Ministero delle attività produttive: Circ. 11 gennaio 2002, n. 910003; Circ. 8 maggio 2002, n. 207834; Circ. 6 marzo 2003, n. 3558/C; Ris. 9 ottobre 2003, n. 557962;

- Ministero delle infrastrutture dei trasporti: Circ. 10 dicembre 2001, n. 124; Circ. 18 marzo 2002, n. 1741.

 

 

IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA

 

 

Visti gli articoli 5, 76, 87, 117, 118 e 128 della Costituzione;

Vista la legge 15 marzo 1997, n. 59, recante delega al Governo per il conferimento di funzioni e compiti alle regioni ed enti locali, per la riforma della pubblica amministrazione e per la semplificazione amministrativa;

Vista la legge 15 maggio 1997, n. 127, recante misure urgenti per lo snellimento dell'attività amministrativa e dei procedimenti di decisione e di controllo;

Vista la preliminare deliberazione del Consiglio dei Ministri, adottata nella riunione del 6 febbraio 1998;

Acquisita, in relazione all'individuazione dei compiti di rilievo nazionale di cui all'articolo 1, comma 4, lettera c), della legge 15 marzo 1997, n. 59, l'intesa della Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano;

Acquisito il parere della Conferenza unificata, istituita ai sensi del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281;

Acquisito il parere della Commissione parlamentare consultiva in ordine all'attuazione della riforma amministrativa, ai sensi dell'articolo 5 della legge 15 marzo 1997, n, 59;

Acquisito il parere della Commissione parlamentare per le questioni regionali;

Vista la deliberazione del Consiglio dei Ministri, adottata nella riunione del 27 marzo 1998;

Sulla proposta del Presidente del Consiglio dei Ministri e del Ministro per la funzione pubblica e gli affari regionali;

 

Emana il seguente decreto legislativo:

(omissis)

Art. 88.

Compiti di rilievo nazionale.

1. Ai sensi dell'articolo 1, comma 4, lettera c), della legge 15 marzo 1997, n. 59 , hanno rilievo nazionale i compiti relativi:

a) al censimento nazionale dei corpi idrici;

b) alla programmazione ed al finanziamento degli interventi di difesa del suolo;

c) alla determinazione di criteri, metodi e standard di raccolta elaborazione e consultazione dei dati, alla definizione di modalità di coordinamento e di collaborazione tra i soggetti pubblici operanti nel settore, nonché indirizzi volti all'accertamento, ricerca e studio degli elementi dell'ambiente fisico e delle condizioni generali di rischio; alla valutazione degli effetti conseguenti alla esecuzione dei piani, dei programmi e dei progetti su scala nazionale di opere nel settore della difesa del suolo;

d) alle direttive generali e di settore per il censimento ed il monitoraggio delle risorse idriche, per la disciplina dell'economia idrica e per la protezione delle acque dall'inquinamento;

e) alla formazione del bilancio idrico nazionale sulla scorta di quelli di bacino;

f) alle metodologie generali per la programmazione della razionale utilizzazione delle risorse idriche e alle linee di programmazione degli usi plurimi delle risorse idriche;

g) alle direttive e ai parametri tecnici per la individuazione delle aree a rischio di crisi idrica con finalità di prevenzione delle emergenze idriche;

h) ai criteri per la gestione del servizio idrico integrato come definito dall'articolo 4 della legge 5 gennaio 1994, n. 36 ;

i) alla definizione dei livelli minimi dei servizi che devono essere garantiti in ciascun ambito territoriale ottimale di cui all'articolo 8, comma 1, della legge 5 gennaio 1994, n. 36, nonché ai criteri ed agli indirizzi per la gestione dei servizi di approvvigionamento, di captazione e di accumulo per usi diversi da quello potabile;

l) alla definizione di meccanismi ed istituti di conguaglio a livello di bacino ai fini del riequilibrio tariffario;

m) ai criteri e agli indirizzi per la programmazione dei trasferimenti di acqua per il consumo umano laddove il fabbisogno comporti o possa comportare il trasferimento di acqua tra regioni diverse e ciò travalichi i comprensori di riferimento dei bacini idrografici;

n) ai compiti fissati dall'articolo 17 della legge 5 gennaio 1994, n. 36 , in particolare alla adozione delle iniziative per la realizzazione delle opere e degli interventi di trasferimento di acqua;

o) ai criteri ed indirizzi per la disciplina generale dell'utilizzazione delle acque destinate a scopi idroelettrici ai sensi e nei limiti di cui all'articolo 30 della legge 5 gennaio 1994, n. 36 , fermo restando quanto disposto dall'articolo 29, comma 3;

p) alle direttive sulla gestione del demanio idrico anche volte a garantire omogeneità, a parità di condizioni, nel rilascio delle concessioni di derivazione di acqua, secondo i princìpi stabiliti dall'articolo 1 della legge 5 gennaio 1994, n. 36 ;

q) alla definizione ed all'aggiornamento dei criteri e metodi per il conseguimento del risparmio idrico previsto dall'articolo 5 della legge 5 gennaio 1994, n. 36 ;

r) alla definizione del metodo normalizzato per definire le componenti di costo e determinare la tariffa di riferimento del servizio idrico;

s) alle attività di vigilanza e controllo indicate dagli articoli 21 e 22 della legge 5 gennaio 1994, n. 36 ;

t) all'individuazione e delimitazione dei bacini idrografici nazionali e interregionali;

u) all'esercizio dei poteri sostitutivi in caso di mancata istituzione da parte delle regioni delle autorità di bacino di rilievo interregionale di cui all'articolo 15, comma 4, della legge 18 maggio 1989, n. 183 , nonché dei poteri sostitutivi di cui agli articoli 18, comma 2, 19, comma 3, e 20, comma 4 della stessa legge;

v) all'emanazione della normativa tecnica relativa alla progettazione e costruzione delle dighe di sbarramento e di opere di carattere assimilabile di qualsiasi altezza e capacità di invaso;

z) alla determinazione di criteri, metodi e standard volti a garantire omogeneità delle condizioni di salvaguardia della vita umana, del territorio e dei beni;

aa) agli indirizzi generali ed ai criteri per la difesa delle coste;

bb) [alla vigilanza sull'Ente autonomo acquedotto pugliese] (47).

2. Le funzioni di cui al comma 1 sono esercitate sentita la Conferenza unificata, fatta eccezione per le funzioni di cui alle lettere t), u) e v), che sono esercitate sentita la Conferenza Stato-regioni.

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(47)  Lettera abrogata dall'art. 8, D.Lgs. 11 maggio 1999, n. 141.

 

Art. 89.

Funzioni conferite alle regioni e agli enti locali.

1. Sono conferite alle regioni e agli enti locali, ai sensi dell'articolo 4, comma 1 della legge 15 marzo 1997, n. 59 , tutte le funzioni non espressamente indicate nell'articolo 88 e tra queste in particolare, sono trasferite le funzioni relative:

a) alla progettazione, realizzazione e gestione delle opere idrauliche di qualsiasi natura;

b) alle dighe non comprese tra quelle indicate all'articolo 91, comma 1;

c) ai compiti di polizia idraulica e di pronto intervento di cui al regio decreto 25 luglio 1904, n. 523 e al regio decreto 9 dicembre 1937, n. 2669 , ivi comprese l'imposizione di limitazioni e divieti all'esecuzione di qualsiasi opera o intervento anche al di fuori dell'area demaniale idrica, qualora questi siano in grado di influire anche indirettamente sul regime dei corsi d'acqua;

d) alle concessioni di estrazione di materiale litoide dai corsi d'acqua;

e) alle concessioni di spiagge lacuali, superfici e pertinenze dei laghi;

f) alle concessioni di pertinenze idrauliche e di aree fluviali anche ai sensi dell'articolo 8 della legge 5 gennaio 1994, n. 37 ;

g) alla polizia delle acque, anche con riguardo alla applicazione del testo unico approvato con regio decreto 11 dicembre 1933, n. 1775 ;

h) alla programmazione, pianificazione e gestione integrata degli interventi di difesa delle coste e degli abitati costieri;

i) alla gestione del demanio idrico, ivi comprese tutte le funzioni amministrative relative alle derivazioni di acqua pubblica, alla ricerca, estrazione e utilizzazione delle acque sotterranee, alla tutela del sistema idrico sotterraneo nonché alla determinazione dei canoni di concessione e all'introito dei relativi proventi, fatto salvo quanto disposto dall'articolo 29, comma 3, del presente decreto legislativo (48);

l) alla nomina di regolatori per il riparto delle disponibilità idriche qualora tra più utenti debba farsi luogo delle disponibilità idriche di un corso d'acqua sulla base dei singoli diritti e concessioni ai sensi dell'articolo 43, comma 3, del testo unico approvato con regio decreto 11 dicembre 1933, n. 1775 . Qualora il corso d'acqua riguardi il territorio di più regioni la nomina dovrà avvenire di intesa tra queste ultime.

2. Sino all'approvazione del bilancio idrico su scala di bacino, previsto dall'articolo 3 della legge 5 gennaio 1994, n. 36 , le concessioni di cui al comma 1, lettera i), del presente articolo che interessino più regioni sono rilasciate d'intesa tra le regioni interessate. In caso di mancata intesa nel termine di sei mesi dall'istanza, ovvero di altro termine stabilito ai sensi dell'articolo 2 della legge n. 241 del 1990 , il provvedimento è rimesso allo Stato.

3. Fino alla adozione di apposito accordo di programma per la definizione del bilancio idrico, le funzioni di cui al comma 1, lettera i), del presente articolo sono esercitate dallo Stato, d'intesa con le regioni interessate, nei casi in cui il fabbisogno comporti il trasferimento di acqua tra regioni diverse e ciò travalichi i comprensori di riferimento dei bacini idrografici.

4. Le funzioni conferite con il presente articolo sono esercitate in modo da garantire l'unitaria considerazione delle questioni afferenti ciascun bacino idrografico.

5. Per le opere di rilevante importanza e suscettibili di interessare il territorio di più regioni, lo Stato e le regioni interessate stipulano accordi di programma con i quali sono definite le appropriate modalità, anche organizzative, di gestione.

 

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(48)  Vedi, anche, l'art. 4, comma 38, L. 24 dicembre 2003, n. 350.

(omissis)


D.L. 11 giugno 1998, n. 180, conv. con mod., L. 3 agosto 1998, n. 267.
Misure urgenti per la prevenzione del rischio idrogeologico ed a favore delle zone colpite da disastri franosi nella regione Campania

 

 

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(1) Pubblicato nella Gazz. Uff. 11 giugno 1998, n. 134, e convertito in legge, con modificazioni, dall'art. 1, L. 3 agosto 1998, n. 267 (Gazz. Uff. 7 agosto 1998, n. 183), entrata in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione.

(2)  Vedi, anche, l'art. 3-bis, D.L. 13 maggio 1999, n. 132, nel testo integrato dalla relativa legge di conversione.

(3)  Con riferimento al presente provvedimento è stata emanata la seguente circolare:

- Ministero dell'interno: Circ. 6 luglio 1998, n. F.L.22/98.

 

 

IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA

 

 

Visti gli articoli 77 e 87 della Costituzione;

Visto il decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112, ed in particolare gli articoli 5 e 88;

Vista la legge 18 maggio 1989, n. 183;

Ritenuta la straordinaria necessità ed urgenza di emanare disposizioni volte all'individuazione delle aree a più elevato rischio idrogeologico ed alla conseguente adozione di idonee misure di salvaguardia e prevenzione;

Ritenuta, altresì, la straordinaria necessità ed urgenza di emanare prime disposizioni per le zone della Campania colpite dai disastri idrogeologici del 5 e 6 maggio 1998 ed altre disposizioni su calamità naturali;

Viste le deliberazioni del Consiglio dei Ministri, adottate nelle riunioni del 3 giugno e del 9 giugno 1998;

Sulla proposta del Presidente del Consiglio dei Ministri, di concerto con il Ministro dell'interno delegato per il coordinamento della protezione civile, il Ministro dell'ambiente, il Ministro dei lavori pubblici, il Ministro per le politiche agricole, il Ministro del tesoro, del bilancio e della programmazione economica, il Ministro per la funzione pubblica e gli affari regionali, il Ministro di grazia e giustizia, il Ministro della difesa, il Ministro dell'industria, del commercio e dell'artigianato, il Ministro del lavoro e della previdenza sociale ed il Ministro per i beni culturali e ambientali;

 

Emana il seguente decreto-legge:

 

 

Art. 1.

Piani stralcio per la tutela dal rischio idrogeologico e misure di prevenzione per le aree a rischio.

[1. Entro il termine perentorio del 30 giugno 2001 (4), le autorità di bacino di rilievo nazionale e interregionale e le regioni per i restanti bacini, adottano, ove non si sia già provveduto, piani stralcio di bacino per l'assetto idrogeologico redatti ai sensi del comma 6-ter dell'art. 17 della legge 18 maggio 1989, n. 183 , e successive modificazioni, che contengano in particolare l'individuazione delle aree a rischio idrogeologico e la perimetrazione delle aree da sottoporre a misure di salvaguardia, nonché le misure medesime (5).

1-bis. Entro il 31 ottobre 1999, le autorità di bacino di rilievo nazionale e interregionale e le regioni per i restanti bacini, in deroga alle procedure della legge 18 maggio 1989, n. 183, approvano, piani straordinari diretti a rimuovere le situazioni a rischio più alto, redatti anche sulla base delle proposte delle regioni e degli enti locali. I piani straordinari devono ricomprendere prioritariamente le aree a rischio idrogeologico per le quali è stato dichiarato lo stato di emergenza, ai sensi dell'articolo 5 della legge 24 febbraio 1992, n. 225. I piani straordinari contengono in particolare l'individuazione e la perimetrazione delle aree a rischio idrogeologico molto elevato per l'incolumità delle persone e per la sicurezza delle infrastrutture e del patrimonio ambientale e culturale. Per dette aree sono adottate le misure di salvaguardia con il contenuto di cui al comma 6-bis dell'articolo 17 della legge n. 183 del 1989, oltre che con i contenuti di cui alla lettera d) del comma 3 del medesimo articolo 17. L'inosservanza del termine del 31 ottobre 1999 per l'individuazione e la perimetrazione delle aree di cui al precedente periodo, determina l'adozione, da parte del Consiglio dei Ministri, su proposta del Comitato dei Ministri, di cui all'art. 4 della medesima legge n. 183 del 1989, e successive modificazioni, degli atti relativi all'individuazione, alla perimetrazione e alla salvaguardia delle predette aree. Qualora le misure di salvaguardia siano adottate in assenza dei piani stralcio di cui all'articolo 17, comma 6-ter, della legge n. 183 del 1989, esse rimangono in vigore sino all'approvazione di detti piani. Per i comuni della Campania, colpiti dagli eventi idreologici del 5 e 6 maggio 1998 valgono le perimetrazioni delle aree a rischio e le misure provvisorie di salvaguardia previste dall'art. 1, comma 2, dell'ordinanza del Ministro dell'interno, delegato per il coordinamento della protezione civile, n. 2787 del 21 maggio 1998, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana n. 120 del 26 maggio 1998 e successive modificazioni. Con deliberazione del Consiglio dei Ministri, su proposta del predetto Comitato dei Ministri, sono definiti i termini essenziali degli adempimenti previsti dall'articolo 17 della citata legge n. 183 del 1989, e successive modificazioni. I piani straordinari approvati possono essere integrati e modificati con le stesse modalità di cui al presente comma, in particolare con riferimento agli interventi realizzati ai fini della messa in sicurezza delle aree interessate (6).

2. Il Comitato dei Ministri di cui al comma 1-bis definisce, d'intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, programmi di interventi urgenti, anche attraverso azioni di manutenzione dei bacini idrografici, per la riduzione del rischio idrogeologico, tenendo conto dei programmi già in essere da parte delle autorità di bacino di rilievo nazionale e dei piani straordinari di cui al comma 1-bis, se approvati, nelle zone nelle quali la maggiore vulnerabilità del territorio si lega a maggiori pericoli per le persone, le cose ed il patrimonio ambientale con priorità per quelli relativi alle aree per le quali è stato dichiarato lo stato di emergenza, ai sensi dell'art. 5 della legge 24 febbraio 1992, n. 225 (7). Per la realizzazione degli interventi possono essere adottate, su proposta dei Ministri dell'ambiente e dei lavori pubblici e d'intesa con le regioni interessate, le ordinanze di cui all'art. 5, comma 2, L. 24 febbraio 1992, n. 225 . Entro il 30 settembre 1998, su proposta del Comitato dei Ministri, di cui al comma 1, d'intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, è adottato un atto di indirizzo e coordinamento che individui i criteri relativi agli adempimenti di cui al comma 1 e al presente comma (8) (9).

2-bis. Per l'attività istruttoria relativa agli adempimenti di cui ai commi 1 e 2 i Ministri competenti si avvalgono dei Dipartimenti della protezione civile e per i servizi tecnici nazionali, nonché della collaborazione del Corpo forestale dello Stato, delle regioni, delle autorità di bacino di rilievo nazionale, del Gruppo nazionale per la difesa dalle catastrofi idrogeologiche del Consiglio nazionale delle ricerche e, per gli aspetti ambientali, dell'Agenzia nazionale per la protezione dell'ambiente (10).

2-ter. Per la realizzazione degli interventi previsti dai piani straordinari di cui al comma 1-bis il Ministero dell'ambiente può assumere impegni pluriennali di spesa per gli esercizi 1999 e 2000, nei limiti di spesa di cui all'art. 8, comma 2 (11)

3. Ai sensi dell'articolo 2 della legge n. 183 del 1989 , entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto, le Amministrazioni statali, gli enti pubblici, le società per azioni a prevalente partecipazione pubblica, le università e gli istituti di ricerca nonché gli enti di gestione degli acquedotti ed i soggetti titolari di concessioni per grandi derivazioni di acqua pubblica comunicano a ciascuna regione i dati storici e conoscitivi del territorio e dell'ambiente in loro possesso, senza oneri ed in forma riproducibile. Le regioni acquisiscono con le stesse modalità le ulteriori informazioni utili presso tutte le amministrazioni pubbliche; i dati acquisiti sono resi disponibili per gli enti locali. Le regioni comunicano al Comitato dei Ministri di cui alla legge n. 183 del 1989 gli atti adottati ai sensi dei commi 1 e 2 del presente articolo riguardanti i bacini idrografici interregionali e regionali (12).

4. Entro sei mesi dall'adozione dei provvedimenti di cui ai commi 1 e 2, gli organi di protezione civile, come definiti dalla legge 24 febbraio 1992, n. 225 , e dal decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112 , provvedono a predisporre, per le aree a rischio idrogeologico, con priorità assegnata a quelle in cui la maggiore vulnerabilità del territorio si lega a maggiori pericoli per le persone, le cose e il patrimonio ambientale, piani urgenti di emergenza contenenti le misure per la salvaguardia dell'incolumità delle popolazioni interessate, compreso il preallertamento, l'allarme e la messa in salvo preventiva, anche utilizzando i sistemi di monitoraggio di cui all'articolo 2 (13) (14).

5. Nei piani stralcio di cui al comma 1 sono individuati le infrastrutture e i manufatti che determinano il rischio idrogeologico. Sulla base di tali individuazioni le regioni stabiliscono le misure di incentivazione a cui i soggetti proprietari possono accedere al fine di adeguare le infrastrutture e di rilocalizzare fuori dell'area a rischio le attività produttive e le abitazioni private. A tale fine le regioni, acquisito il parere degli enti locali interessati, predispongono, entro diciotto mesi dalla data di entrata in vigore del presente decreto, con criteri di priorità connessi al livello di rischio, un piano per l'adeguamento, determinando altresì un congruo termine, delle infrastrutture e per la concessione di incentivi finanziari per la rilocalizzazione delle attività produttive e delle abitazioni private, realizzate in conformità alla normativa urbanistica edilizia o condonate. Gli incentivi sono attivati nei limiti della quota dei fondi introitati ai sensi dell'articolo 86, comma 2, del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112 , e riguardano anche gli oneri per la demolizione dei manufatti; il terreno di risulta viene acquisito al patrimonio indisponibile dei comuni. All'abbattimento dei manufatti si provvede anche con le modalità di cui all'articolo 2, comma 56, della legge 23 dicembre 1996, n. 662 . Ove i soggetti interessati non si avvalgano della facoltà di usufruire delle predette incentivazioni, essi decadono da eventuali benefìci connessi ai danni derivanti agli insediamenti di loro proprietà in conseguenza del verificarsi di calamità naturali (15) (16).

5-bis. ... (17)] (18).

 

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(4)  Sul termine per l'adozione dei progetti di piani stralcio vedi, anche, l'art. 1-bis, D.L. 12 ottobre 2000, n. 279, nel testo integrato dalla relativa legge di conversione.

(5)  Comma prima modificato dalla legge di conversione 3 agosto 1998, n. 267, e poi così sostituito dall'art. 9, comma 1, D.L. 13 maggio 1999, n. 132, nel testo integrato dalla relativa legge di conversione. Vedi, anche, l'art. 1, D.L. 12 ottobre 2000, n. 279, nel testo integrato dalla relativa legge di conversione.

(6)  Comma aggiunto dall'art. 9, comma 2, D.L. 13 maggio 1999, n. 132, nel testo integrato dalla relativa legge di conversione. Vedi anche, il comma 2-bis del suddetto art. 9.

(7)  Periodo così sostituito dall'art. 9, comma 3, D.L. 13 maggio 1999, n. 132, nel testo integrato dalla relativa legge di conversione.

(8)  Comma così modificato dalla legge di conversione 3 agosto 1998, n. 267.

(9)  Per l'individuazione dei criteri relativi agli adempimenti di cui al presente comma, vedi il D.P.C.M. 29 settembre 1998. Con D.P.C.M. 12 gennaio 1999 (Gazz. Uff. 5 marzo 1999, n. 53) è stato approvato il programma di interventi regionali previsto dal presente comma. Con D.M. 4 febbraio 1999 (Gazz. Uff. 4 ottobre 1999, n. 233) è stata data attuazione ai programmi urgenti per la riduzione del rischio idrogeologico di cui al presente comma. Vedi, anche, l'art. 1, D.L. 12 ottobre 2000, n. 279, nel testo integrato dalla relativa legge di conversione.

(10)  Comma aggiunto dalla legge di conversione 3 agosto 1998, n. 267.

(11)  Comma aggiunto dall'art. 9, comma 3-bis, D.L. 13 maggio 1999, n. 132, nel testo integrato dalla relativa legge di conversione.

(12)  Comma così modificato dalla legge di conversione 3 agosto 1998, n. 267.

(13)  Comma così modificato dalla legge di conversione 3 agosto 1998, n. 267.

(14)  Sull'applicabilità di quanto disposto dal presente comma vedi il comma 4 dell'art. 1, D.L. 12 ottobre 2000, n. 279, nel testo integrato dalla relativa legge di conversione.

(15)  Comma così modificato dalla legge di conversione 3 agosto 1998, n. 267.

(16)  Vedi, anche, quanto disposto dall'art. 7, O.M. 15 agosto 2001, n. 3146.

(17)  Il comma che si omette, aggiunto dalla legge di conversione 3 agosto 1998, n. 267, a sua volta aggiunge un comma all'art. 45, R.D. 29 luglio 1927, n. 1443.

(18)  Articolo abrogato dall'art. 175, D.Lgs. 3 aprile 2006, n. 152.

 

 

Art. 2.

Potenziamento delle strutture tecniche per la difesa del suolo e la protezione dell'ambiente.

1. Entro due mesi dalla data di entrata in vigore del presente decreto, qualora non abbiano già provveduto, le regioni costituiscono e rendono operativi i comitati per i bacini di rilievo regionale ai sensi delle lettere a) ed h) del comma 1 dell'articolo 10 della legge 18 maggio 1989, n. 183 , e successive modificazioni. Le regioni competenti, per i bacini interregionali, procedono entro tre mesi ai medesimi adempimenti. Decorsi i predetti termini, il Consiglio dei Ministri, su proposta del Comitato dei Ministri di cui all'articolo 1, comma 1, e sentita la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, conferisce entro trenta giorni l'attribuzione delle relative funzioni in via sostitutiva. Le regioni nel cui territorio ricadano bacini idrografici definiti di rilievo interregionale ai sensi dell'articolo 15 della citata legge n. 183 del 1989 , previa intesa con le regioni confinanti, possono aggregarli ai bacini di rilievo regionale residuali, costituendo un'unica autorità di bacino interregionale o regionale. La composizione dei comitati istituzionali delle autorità di bacino di rilievo nazionale di cui all'articolo 12, comma 3, della medesima legge n. 183 del 1989 , è integrata dal Ministro delegato per il coordinamento della protezione civile (19).

2. Per lo svolgimento delle funzioni di indagine, monitoraggio e controllo in prevenzione del rischio idrogeologico, le regioni possono destinare unità di personale tecnico trasferito in attuazione del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112 . Nel limite della disponibilità finanziaria di cui al comma 1 dell'articolo 8 e nell'ammontare massimo di lire 20 miliardi, le regioni e le autorità di bacino possono assumere, anche in deroga ai propri ordinamenti e con procedure di urgenza, personale tecnico con contratto di diritto privato a tempo determinato fino a 3 anni, per l'attuazione dei compiti di cui al presente decreto-legge (20).

2-bis. Fatta salva la destinazione di lire 20 miliardi, di cui al comma 2, e con gli stessi criteri, le regioni e le autorità di bacino possono destinare ulteriori quote delle risorse loro assegnate, nell'ambito della spesa prevista al comma 1 dell'articolo 8, per incrementare le proprie strutture tecniche preposte alle attività di individuazione e perimetrazione delle aree a rischio idrogeologico, di cui all'art. 1, comma 1-bis (21).

3. Le autorità di bacino di rilievo nazionale sono autorizzate, a decorrere dal 1° gennaio 1999, secondo le procedure e nei limiti indicati dall'articolo 39 della legge 27 dicembre 1997, n. 449 , a provvedere alla totale copertura dei posti vacanti nelle piante organiche, diminuiti del numero di unità del personale inquadrato, di cui all'articolo 16, comma 2, della legge 7 agosto 1990, n. 253 , secondo le procedure previste dall'articolo 12, comma 8-quater, del decreto-legge 5 ottobre 1993, n. 398 , convertito, con modificazioni, dalla legge 4 dicembre 1993, n. 493 (22).

4. Per le attività di indagine, monitoraggio e controllo dei rischi naturali e per quelle connesse all'attuazione del presente decreto, la Presidenza del Consiglio dei Ministri è autorizzata a rimodulare la dotazione organica del Dipartimento per i servizi tecnici nazionali di cui al decreto del Presidente della Repubblica 5 aprile 1993, n. 106 , e successive modificazioni, anche ai sensi dell'articolo 6 del decreto legislativo 3 febbraio 1993, n. 29 , come sostituito dall'articolo 5 del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 80 , entro il limite massimo del totale dei posti in organico già complessivamente previsti. I posti vacanti sono coperti secondo le seguenti modalità:

a) inquadramento a domanda, da presentare entro trenta giorni dalla pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale della legge di conversione del presente decreto, del personale in servizio in posizione di comando o di fuori ruolo, mediante corrispondente soppressione dei posti in organico presso le amministrazioni o gli enti di provenienza, nonché del personale a contratto a tempo determinato;

b) con le procedure di cui all'articolo 39, comma 8, della legge 27 dicembre 1997, n. 449 , nel rispetto di quanto previsto dal comma 16 del medesimo articolo 39 (23).

4-bis. Ai fini dell'ammissione ai concorsi a posti di dirigente tecnico nei ruoli del Dipartimento per i servizi tecnici nazionali, banditi ai sensi dell'articolo 28, comma 9, del decreto legislativo 3 febbraio 1993, n. 29, già espletati alla data di entrata in vigore della presente disposizione, è considerata utile l'anzianità di servizio prestato nella carriera direttiva ricongiunto ai sensi dell'articolo 14-bis, comma 1, lettera b), del decreto legislativo 3 aprile 1993, n. 96 , introdotto dall'articolo 9 del decreto-legge 8 febbraio 1995, n. 32 , convertito dalla legge 7 aprile 1995, n. 104 (24).

5. [Il Ministro dell'ambiente, per lo svolgimento delle attività di propria competenza di cui al presente decreto, si avvale di una segreteria tecnica composta da venti esperti di elevata qualificazione. Gli esperti sono nominati con decreto del Ministro dell'ambiente per un periodo non superiore a quattro anni; con decreto del Ministro dell'ambiente, di concerto con il Ministro del tesoro, del bilancio e della programmazione economica, sono determinati i compensi spettanti a detti esperti] (25).

6. L'Agenzia nazionale per la protezione dell'ambiente, entro il limite delle proprie disponibilità di bilancio, può attivare fino a cinquanta rapporti di collaborazione ai sensi dell'articolo 7, comma 6, del decreto legislativo 3 febbraio 1993, n. 29 . L'Agenzia può altresì avvalersi, entro il predetto limite finanziario, di un contingente massimo di cinquanta unità di personale appartenente alle amministrazioni dello Stato, agli enti pubblici, anche economici, ed alle società a partecipazione pubblica in liquidazione; tale personale è posto, previo consenso dell'interessato, in posizione di comando, distacco, aspettativa, o comunque messo a disposizione dell'Agenzia entro quindici giorni dalla richiesta, secondo le disposizioni dei rispettivi ordinamenti. I relativi costi restano ad esclusivo carico delle amministrazioni pubbliche di appartenenza; sono interamente rimborsati quelli a carico delle società private e degli enti pubblici economici (26).

7. Entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto, il Comitato dei Ministri di cui al comma 1 dell'articolo 1, d'intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome, adotta un programma per il potenziamento delle reti di monitoraggio meteo-idro-pluviometrico, mirato alla realizzazione di una copertura omogenea del territorio nazionale. Il programma è predisposto, sulla base del censimento degli strumenti e delle reti esistenti, dal Servizio idrografico e mareografico nazionale, d'intesa con il Dipartimento della protezione civile, sentite le autorità di bacino di rilievo nazionale, le regioni ed il Gruppo nazionale per la difesa dalle catastrofi idrogeologiche del Consiglio nazionale delle ricerche. Il programma contiene un piano finanziario triennale, nei limiti delle risorse di cui all'articolo 8, comma 3, con l'indicazione analitica dei costi di realizzazione e di gestione delle reti. Queste ultime assicurano l'unitarietà, a livello di bacino idrografico, dell'elaborazione in tempo reale dei dati rilevati dai sistemi di monitoraggio, nonché un sistema automatico atto a garantire le funzioni di pre-allarme e allarme ai fini di protezione civile (27) (28).

7-bis. Le regioni che non ne siano dotate possono provvedere, entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto, alla costituzione dell'ufficio geologico regionale che può essere volto a garantire, tramite adeguati profili tecnico-professionali, il soddisfacimento di esigenze conoscitive, sperimentali, di controllo ed allertamento, nonché il servizio di polizia idraulica e assistenza agli enti locali (29).

 

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(19)  Comma così modificato dalla legge di conversione 3 agosto 1998, n. 267.

(20)  Comma così modificato dalla legge di conversione 3 agosto 1998, n. 267. Successivamente gli originari secondo e terzo periodo dello stesso sono stati sostituiti con un unico periodo dall'art. 9, comma 5, D.L. 13 maggio 1999, n. 132, nel testo integrato dalla relativa legge di conversione.

(21)  Comma aggiunto dall'art. 9, comma 6, D.L. 13 maggio 1999, n. 132, nel testo integrato dalla relativa legge di conversione.

(22)  Comma così modificato dalla legge di conversione 3 agosto 1998, n. 267.

(23)  Comma così sostituito dalla legge di conversione 3 agosto 1998, n. 267.

(24)  Comma aggiunto dalla legge di conversione 3 agosto 1998, n. 267 e successivamente così sostituito dall'art. 9, comma 6-bis, D.L. 13 maggio 1999, n. 132, nel testo integrato dalla relativa legge di conversione.

(25)  Comma prima modificato dall'art. 6, D.L. 12 ottobre 2000, n. 279, nel testo integrato dalla relativa legge di conversione e poi abrogato dall'art. 14 D.P.R. 14 maggio 2007, n. 90. Vedi, anche, gli articoli 8, 11, 12 e 13 dello stesso decreto.

(26)  Comma così modificato dalla legge di conversione 3 agosto 1998, n. 267.

(27)  Comma così modificato dalla legge di conversione 3 agosto 1998, n. 267.

(28)  Con D.P.C.M. 15 dicembre 1998 (Gazz. Uff. 29 gennaio 1999, n. 23) è stato approvato il programma di potenziamento delle reti di monitoraggio meteo-idropluviometrico. Misure urgenti per il completamento del programma di potenziamento delle reti di monitoraggio meteo-idro-pluviometrico sono state adottate con O.M. 16 marzo 2001, n. 3113 (Gazz. Uff. 22 marzo 2001, n. 68) e con O.M. 10 maggio 2001, n. 3134 (Gazz. Uff. 18 maggio 2001, n. 114).

(29)  Comma aggiunto dalla legge di conversione 3 agosto 1998, n. 267.

 

 

Art. 3.

Disposizioni in materia di termini e di servizio di leva.

1. Nei confronti dei soggetti che, alla data del 5 maggio 1998, erano residenti o avevano sede operativa nei comuni individuati ai sensi dell'articolo 1, comma 1, dell'ordinanza del Ministro dell'interno, delegato per il coordinamento della protezione civile, n. 2787 del 21 maggio 1998, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana n. 120 del 26 maggio 1998, sono sospesi, sino al 31 dicembre 1998, i termini di prescrizione e quelli perentori, legali e convenzionali, sostanziali e processuali comportanti decadenze da qualsiasi diritto, azione ed eccezione, in scadenza nel periodo dal 5 maggio 1998 al 31 dicembre 1998. Sono, inoltre, sospesi per lo stesso periodo tutti i termini relativi ai processi esecutivi, mobiliari o immobiliari, nonché ad ogni titolo di credito avente forza esecutiva creato prima del 5 maggio 1998 e alle rate dei mutui di qualsiasi genere in scadenza nel medesimo periodo. Sono, altresì, sospesi per il predetto periodo i termini di notificazione dei processi verbali, di esecuzione del pagamento in misura ridotta, di svolgimento di attività difensiva e per la presentazione di ricorsi amministrativi e giurisdizionali, relativamente ai procedimenti di erogazione delle sanzioni amministrative pecuniarie. Sono comunque eseguite immediatamente le contestazioni dell'illecito e le consegne dei relativi processi verbali al trasgressore. Le sospensioni relative ai termini previsti dalle norme vigenti per l'esercizio da parte dell'Amministrazione finanziaria dei poteri di accertamento e di verifica di dichiarazioni e di versamenti effettuati dai contribuenti sono disciplinate con ordinanze del Ministro dell'interno, delegato per il coordinamento della protezione civile, ai sensi dell'articolo 5 della legge 24 febbraio 1992, n. 225 . Le camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura curano gratuitamente la pubblicazione di rettifica a favore dei soggetti che hanno subìto protesti nel periodo di sospensione dei termini, anche ad istanza di chi ha richiesto la levata del protesto. Alla ripresa del decorso dei termini di cui al presente comma, il compimento dei relativi adempimenti non dà luogo all'applicazione di sanzioni per il periodo di sospensione dei termini (30).

2. Le controversie relative all'esecuzione di opere pubbliche comprese in programmi di ricostruzione di territori colpiti da calamità naturali non possono essere devolute a collegi arbitrali. Sono fatti salvi i lodi già emessi e le controversie per le quali sia stata già notificata la domanda di arbitrato alla data di entrata in vigore del presente decreto. Per l'esecuzione dei provvedimenti giurisdizionali e dei lodi arbitrali emessi a seguito delle controversie relative all'esecuzione di opere pubbliche di cui al presente comma, il termine previsto dall'articolo 14 del decreto-legge 31 dicembre 1996, n. 669 , convertito, con modificazioni, dalla legge 28 febbraio 1997, n. 30, è fissato in centottanta giorni (31) (32).

2-bis. La esecuzione delle procedure giudiziarie finalizzate al rilascio, per scadenza, dei fondi rustici comunque condotti, nei territori dei comuni individuati ai sensi del comma 1, è sospesa fino alla fine dell'annata agraria successiva alla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto (33).

3. I soggetti interessati al servizio militare o al servizio civile relativamente agli anni 1998, 1999 e 2000, residenti nei comuni di cui al comma 1, se già incorporati ed in servizio alla data del 31 gennaio 1999, sono, a domanda, posti in licenza illimitata senza assegni in attesa di congedo. I soggetti non ancora incorporati entro il 31 gennaio 1999 sono, a domanda, dispensati dal servizio militare di leva o dal servizio civile (34).

3-bis. I benefìci previsti dall'articolo 4 del decreto-legge 6 settembre 1996, n. 467 , convertito, con modificazioni, dalla legge 7 novembre 1996, n. 569, si applicano anche ai soggetti interessati alla chiamata alle armi per il servizio militare di leva o il servizio sostitutivo civile relativamente all'anno 1998 (35).

 

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(30)  Comma così modificato dalla legge di conversione 3 agosto 1998, n. 267.

(31)  Comma così modificato dalla legge di conversione 3 agosto 1998, n. 267. Per l'applicabilità delle disposizioni di cui al presente comma vedi il comma 2-quater dell'art. 1, D.L. 7 febbraio 2003, n. 15, nel testo integrato dalla relativa legge di conversione.

(32)  La Corte costituzionale, con sentenza 22-28 novembre 2001, n. 376 (Gazz. Uff. 5 dicembre 2001, n. 47, serie speciale), ha dichiarato non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 3, comma 2, del D.L. 11 giugno 1998, n. 180, convertito, con modificazioni, in legge 3 agosto 1998, n. 267 sollevata in riferimento agli artt. 3, 24, 76, 77 e 97 della Costituzione.

La stessa Corte con successiva ordinanza 13 - 15 novembre 2003, n. 11 (Gazz. Uff. 22 gennaio 2003, n. 3, 1ª Serie speciale), ha dichiarato la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell'art. 3, comma 2, del D.L. 11 giugno 1998, n. 180 convertito, con modificazioni, in legge 3 agosto 1998, n. 267, sollevata dal Collegio arbitrale di Napoli con ordinanza del 18 febbraio 2002, in riferimento agli artt. 3, 24, 25, 41 e 97 della Costituzione, e con ordinanza del 5 marzo 2002, in riferimento agli artt. 2, 25, 41 e 97 della Costituzione. La stessa Corte con successiva ordinanza 26 marzo - 10 aprile 2003, n. 122 (Gazz. Uff. 16 aprile 2003, n. 15, 1ª Serie speciale), ha dichiarato la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell'art. 3, comma 2, del D.L. 11 giugno 1998, n. 180 convertito con modificazioni, nella legge 3 agosto 1998, n. 267, sollevata in riferimento all'art. 25 della Costituzione.

(33)  Comma aggiunto dalla legge di conversione 3 agosto 1998, n. 267.

(34)  Comma così sostituito prima dalla legge di conversione 3 agosto 1998, n. 267 e poi dall'art. 57, L. 23 dicembre 1998, n. 448.

(35)  Comma aggiunto dalla legge di conversione 3 agosto 1998, n. 267.

 

 

Art. 4.

Piani di insediamenti produttivi e rilocalizzazione delle attività produttive.

1. I comuni di cui all'articolo 3, comma 1, entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto, individuano, sentita l'unità operativa del Gruppo nazionale per la difesa dalle catastrofi idrogeologiche del Consiglio nazionale delle ricerche, di cui all'articolo 4, comma 2, dell'ordinanza n. 2787 del 21 maggio 1998, che si pronuncia entro dieci giorni dalla richiesta, le aree in condizioni di sicurezza destinate agli insediamenti produttivi e sanitari, ai fini della rilocalizzazione in queste ultime aree delle attività produttive e di quelle che operano nel settore sanitario ubicate nelle zone a rischio di cui all'articolo 1, comma 2, della stessa ordinanza. La deliberazione è pubblicata nel Foglio annunci legali, in due quotidiani a tiratura nazionale, nonché a mezzo di manifesti di avviso alla popolazione, ed è approvata dalle province, ove già delegate, con delibera consiliare, entro trenta giorni dalla ricezione; decorso tale termine la deliberazione si intende approvata; l'approvazione costituisce variante agli strumenti urbanistici a tutti gli effetti di legge. Scaduto il termine di cui al presente comma per l'adozione della deliberazione da parte del comune, le province provvedono in via sostitutiva (36).

2. Gli interventi per la realizzazione delle infrastrutture e delle opere di urbanizzazione per le aree di cui al comma 1 sono ricompresi nel piano di cui all'articolo 2 dell'ordinanza indicata al comma 1 e sono realizzati, nei limiti delle risorse finanziarie ivi previste, previa delibera del Comitato di cui all'articolo 3 della stessa ordinanza. Per l'accesso alle aree di cui al comma 1, si applicano le seguenti priorità:

a) attività produttive distrutte o gravemente danneggiate dagli eventi calamitosi del 5 e 6 maggio 1998 o i cui manufatti costituiscono ostacolo al regolare deflusso delle acque;

b) altre attività produttive ubicate nelle aree a rischio;

c) nuovi insediamenti produttivi;

c-bis) insediamenti sanitari (37).

3. Alle imprese industriali, artigianali, agro-industriali, commerciali, turistico-alberghiere e agri-turistiche, che in conseguenza degli eventi calamitosi del 5 e 6 maggio 1998 sono state distrutte o hanno subìto danni agli immobili, impianti, macchinari e scorte in misura superiore al 50 per cento del loro valore, sono concessi finanziamenti agevolati, a condizione che dette imprese rilocalizzino le proprie attività in condizione di sicurezza, al di fuori delle zone a rischio di cui al comma 1, nell'ambito dello stesso comune o di comuni limitrofi. Detti finanziamenti sono concessi in aggiunta a quanto previsto dall'articolo 20 dell'ordinanza indicata al comma 1 e sono rapportati al danno subìto da beni immobili, impianti, macchinari e scorte e agli oneri per la rilocalizzazione, relativi all'acquisizione di aree idonee, alla realizzazione degli insediamenti e al trasferimento di attrezzature, impianti produttivi e abitazioni funzionali all'impresa stessa, nel limite della pari capacità produttiva, nonché per la demolizione e il ripristino delle aree dismesse. Le aree di risulta sono acquisite al patrimonio indisponibile del comune. Resta a carico del beneficiario un onere non inferiore al 2 per cento della rata di ammortamento. I benefìci sono complessivamente concessi fino al 95 per cento per spesa prevista non superiore a lire 2 miliardi, fino al 75 per cento per spesa prevista non superiore a lire 10 miliardi e fino al 50 per cento per spesa prevista superiore a lire 10 miliardi. I finanziamenti sono concessi anche alle imprese che contestualmente ampliano la propria capacità produttiva o attuano interventi di innovazione tecnologica, fermi restando i relativi oneri a carico dell'impresa medesima (38).

4. Il commissario delegato, di cui all'articolo 2 dell'ordinanza indicata al comma 1, sentiti la regione Campania e il comitato di cui all'articolo 3 della stessa ordinanza, stabilisce, entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto, procedure e modalità per l'erogazione dei benefìci di cui al comma 3. Con le stesse modalità si determinano criteri e procedure per la concessione di finanziamenti agevolati alle imprese che documentino di aver subìto, in conseguenza dell'evento franoso, una riduzione delle proprie attività produttive. All'erogazione dei finanziamenti provvede il presidente della regione Campania, avvalendosi anche di enti e società a partecipazione regionale. Al fine di agevolare l'accesso al credito, la regione Campania può erogare appositi contributi alle strutture di garanzia fidi già esistenti ed operanti nel territorio regionale.

5. A fronte di un fabbisogno stimato, per gli interventi di cui al presente articolo, in lire 30 miliardi, il Dipartimento della protezione civile è autorizzato a concorrere con contributi pluriennali di lire 4 miliardi annui, a decorrere dal 1998 e fino al 2007, per la copertura degli oneri di ammortamento dei mutui che la regione Campania è autorizzata a contrarre, anche in deroga al limite di indebitamento stabilito dalla normativa vigente. Al relativo onere si provvede con utilizzo delle proiezioni di cui all'autorizzazione di spesa disposta dalla tabella C della legge 27 dicembre 1997, n. 450 , riguardante il finanziamento del fondo per la protezione civile, che viene corrispondentemente ridotto di pari importo. Eventuali risorse residue, una volta completati gli interventi di cui al presente articolo, vengono utilizzate per gli interventi di cui alla citata ordinanza del Ministro dell'interno, delegato per il coordinamento della protezione civile, n. 2787 del 21 maggio 1998 (39).

 

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(36)  Comma così modificato dalla legge di conversione 3 agosto 1998, n. 267.

(37)  Lettera aggiunta dalla legge di conversione 3 agosto 1998, n. 267.

(38)  Comma così modificato dalla legge di conversione 3 agosto 1998, n. 267.

(39)  Comma così modificato dalla legge di conversione 3 agosto 1998, n. 267.

 

 

Art. 5.

Altri interventi a favore delle attività produttive e del lavoro autonomo.

1. Ai fini della concessione nel 1998 delle agevolazioni di cui all'articolo 1, comma 2, del decreto-legge 22 ottobre 1992, n. 415 , convertito, con modificazioni, dalla legge 19 dicembre 1992, n. 488, il Ministero dell'industria, del commercio e dell'artigianato provvede, con riferimento alle domande relative al primo bando pubblicato dopo la data di entrata in vigore del presente decreto, alla formazione di un'ulteriore graduatoria delle iniziative ammissibili, relativa alle unità produttive ubicate nei comuni di cui all'articolo 3, comma 1. Nelle predette graduatorie sono inserite:

a) le iniziative riferite alle unità produttive sopra indicate, ivi incluse quelle rivolte alla delocalizzazione delle predette unità produttive;

b) le iniziative per la realizzazione di nuove unità produttive.

1-bis. L'inserimento di cui al comma 1 è operato d'ufficio per le istanze già avanzate ai sensi dell'articolo 1, comma 2, del decreto-legge 22 ottobre 1992, n. 415 , convertito, con modificazioni, dalla legge 19 dicembre 1992, n. 488, nei comuni di cui all'articolo 3, comma 1, del presente decreto qualora non siano state già oggetto di un provvedimento di esclusione (40).

2. Le graduatorie di cui al comma 1 sono formate con l'utilizzazione degli indicatori di cui all'articolo 6, comma 4, lettera a), numeri 1, 2, 3, 4 e 5, del regolamento adottato con decreto 20 ottobre 1995, n. 527 del Ministro dell'industria, del commercio e dell'artigianato, e successive modificazioni.

3. Fino al 31 dicembre 1998, per la concessione delle agevolazioni previste dall'articolo 9-septies, comma 4, del decreto-legge 1° ottobre 1996, n. 510 , convertito, con modificazioni, dalla legge 28 novembre 1996, n. 608, e successive modificazioni, hanno preferenza le domande presentate dai soggetti di cui al comma 1 della citata disposizione, residenti nei comuni individuati ai sensi dell'articolo 1, comma 1, dell'ordinanza indicata all'articolo 3, comma 1.

3-bis. Per i patti territoriali e i contratti d'area che comprendono i comuni individuati ai sensi dell'articolo 1, comma 1, della citata ordinanza del Ministro dell'interno delegato per il coordinamento della protezione civile, n. 2787 del 21 maggio 1998, il Ministero del tesoro, del bilancio e della programmazione economica e il CIPE, in sede di esame, di approvazione e di finanziamento, assicurano agli stessi un iter amministrativo preferenziale (41).

 

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(40)  Comma aggiunto dalla legge di conversione 3 agosto 1998, n. 267.

(41)  Comma aggiunto dalla legge di conversione 3 agosto 1998, n. 267.

 

 

Art. 5-bis.

Misure a favore della proprietà coltivatrice.

1. La Cassa per la formazione della proprietà contadina è autorizzata fino al 31 dicembre 1999 a compiere operazioni di acquisto e di rivendita, anche relative a terreni di ridotte dimensioni, con tasso di interesse del 2 per cento, in favore di coltivatori diretti, affittuari, mezzadri, compartecipanti e braccianti, singoli ed associati, anche in cooperativa, residenti nei comuni individuati ai sensi dell'articolo 3, comma 1, i quali intendano ampliare ovvero costituire imprese nelle zone colpite o in zone contermini.

2. Per gli stessi acquirenti le spese inerenti al ripristino o alla realizzazione delle indispensabili opere di miglioramento fondiario a servizio dei terreni acquistati potranno essere dalla Cassa stessa conglobate nel debito contratto per l'acquisizione dei terreni.

3. Nel caso in cui gli assegnatari intendano avvalersi, per l'esecuzione delle stesse opere, di mutui a tasso agevolato, la Cassa è autorizzata a prestare fideiussioni agli istituti di credito concedenti il mutuo fino alla concorrenza del relativo importo di spesa ritenuto ammissibile dagli organi tecnici regionali (42).

 

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(42)  Articolo aggiunto dalla legge di conversione 3 agosto 1998, n. 267.

 

 

Art. 6.

Interventi a favore dei comuni.

1. Ai comuni di cui all'articolo 3, comma 1, sono assegnati dal Ministero dell'interno, per l'anno 1998, contributi pari ai minori accertamenti, strettamente connessi agli eventi calamitosi del 5 e 6 maggio 1998, rispetto al 1997, per l'imposta comunale sugli immobili, la tassa sui rifiuti solidi urbani e l'imposta sulla pubblicità, ciascun tributo singolarmente considerato. I contributi sono assegnati sulla base di analitiche certificazioni verificate dal Ministero dell'interno.

2. Per gli anni 1998 e 1999 ai comuni di cui al comma 1 è concesso un ulteriore contributo pari, rispettivamente, al 30 per cento per il 1998 ed al 10 per cento per il 1999 dei contributi ordinari e consolidati assegnati ai comuni per l'anno 1997 e dell'imposta comunale sugli immobili al 4 per mille a suo tempo detratta; gli oneri derivanti dal presente comma sono posti a carico dell'autorizzazione di spesa di cui all'articolo 8, comma 6 (43).

3. Ai pagamenti a carico del bilancio dello Stato a favore degli enti di cui al comma 1 non si applicano, per l'anno in corso, i limiti previsti dal comma 2 dell'articolo 47 della legge 27 dicembre 1997, n. 449 . Fermo restando il monitoraggio degli andamenti della spesa dei suddetti enti territoriali, per gli stessi non si applica inoltre la sospensione dei pagamenti prevista dal comma 5 dell'articolo 48 della stessa legge.

4. Ai comuni di cui al comma 1 è comunicata la terza rata dei trasferimenti erariali relativi all'anno 1998, indipendentemente dalla presentazione della certificazione prevista dalla disposizione di cui all'articolo 9, comma 6, del decreto-legge 31 dicembre 1996, n. 669 , convertito, con modificazioni, dalla legge 28 febbraio 1997, n. 30.

5. Agli oneri derivanti dal presente articolo, valutati complessivamente in lire 13 miliardi, si provvede con le disponibilità di cui all'articolo 8, comma 6. Gli incrementi di contributi di cui al presente articolo hanno carattere straordinario e non costituiscono base di calcolo per la determinazione dei contributi degli anni successivi.

 

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(43)  Comma prima modificato dalla legge di conversione 3 agosto 1998, n. 267, e poi così sostituito dall'art. 45, comma 20, L. 23 dicembre 1998, n. 448.

 

 

Art. 6-bis.

Disposizioni in materia di fabbricati demoliti a tutela della pubblica e privata incolumità.

1. All'articolo 15-sexies, comma 3, del decreto-legge 29 dicembre 1995, n. 560 , convertito, con modificazioni, dalla legge 26 febbraio 1996, n. 74, dopo le parole: «delle indennità di espropriazione» sono inserite le seguenti: «o per il subìto detrimento» (44).

 

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(44)  Articolo aggiunto dalla legge di conversione 3 agosto 1998, n. 267.

 

 

Art. 7.

Tutela dei territori montani e attività agro-forestali.

1. Ai fini della salvaguardia e del ripristino delle condizioni di equilibrio del sistema idrogeologico e forestale, la regione Campania e le comunità montane possono predisporre nelle zone montane incluse o connesse, sotto il profilo idrogeologico, con i comuni di cui all'articolo 3, comma 1, con priorità per le zone colpite dai disastri idrogeologici del 5 e 6 maggio 1998, specifici progetti agro-forestali di tutela del territorio, individuando prioritariamente i settori e le zone di intervento (45).

2. La realizzazione dei progetti di cui al comma 1 e la gestione della successiva manutenzione, ove prevista, è affidata prioritariamente a giovani di età inferiore ai quaranta anni, che alla data del 31 dicembre 1997 risultino associati in società di persone, ovvero in forma cooperativa, a condizione che almeno due terzi dei soci siano in possesso del suddetto requisito di età e siano residenti nei comuni di cui all'articolo 3, comma 1, ovvero ai coltivatori diretti, agli imprenditori agricoli, alle società semplici, iscritti nel registro delle imprese di cui all'articolo 8 della legge 29 dicembre 1993, n. 580 (46).

3. All'articolo 17, comma 4, primo periodo, della legge 7 agosto 1997, n. 266 , le parole da: «Le economie» fino a: «delle azioni organiche in agricoltura» sono sostituite dalle seguenti: «Le economie derivanti dalle somme destinate alle azioni organiche in agricoltura di cui alle deliberazioni del CIPE del 10 luglio 1985, dell'8 aprile 1987 e del 3 agosto 1988, nonché quelle derivanti dalle somme assegnate dal CIPE per i progetti speciali promozionali in agricoltura di cui all'articolo 19, comma 4, del decreto-legge 8 febbraio 1995, n. 32 , convertito dalla legge 7 aprile 1995, n. 104». Le predette economie possono essere utilizzate anche per interventi di forestazione protettiva-produttiva, ivi comprese le opere di manutenzione e di assetto idrogeologico delle zone di cui al comma 1, effettuati da comunità montane, consorzi di bonifica e cooperative agricole e forestali costituite alla data del 31 dicembre 1997 (47).

 

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(45)  Comma così sostituito dalla legge di conversione 3 agosto 1998, n. 267.

(46)  Comma così sostituito dalla legge di conversione 3 agosto 1998, n. 267.

(47)  Comma così modificato dalla legge di conversione 3 agosto 1998, n. 267.

 

 

Art. 7-bis.

Misure a favore delle organizzazioni di volontariato di protezione civile.

1. Per concorrere alle spese straordinarie sostenute in occasione degli interventi connessi alle recenti emergenze di carattere nazionale, il Dipartimento della protezione civile è autorizzato ad erogare, nel 1998, alle organizzazioni di volontariato di protezione civile iscritte nell'apposito elenco, contributi straordinari nei limiti delle disponibilità esistenti sul pertinente capitolo di bilancio dell'unità previsionale di base 6.1.2.2. «Associazioni di volontariato» dello stato di previsione della Presidenza del Consiglio dei Ministri. All'assegnazione dei contributi si provvede con decreto del Sottosegretario di Stato delegato per il coordinamento della protezione civile, sulla base di apposita istruttoria predisposta dai competenti uffici del predetto Dipartimento che tiene conto dei mezzi e delle persone effettivamente impegnati nelle operazioni di soccorso (48).

 

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(48)  Articolo aggiunto dalla legge di conversione 3 agosto 1998, n. 267.

 

 

Art. 7-ter.

Borse di lavoro.

1. Entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto, le imprese site nei comuni di cui all'articolo 3, comma 1, che abbiano i requisiti e soddisfino le condizioni di cui all'articolo 5 del decreto legislativo 7 agosto 1997, n. 280 , hanno facoltà di presentare la dichiarazione, di cui all'articolo 6 del medesimo decreto legislativo, di disponibilità ad accogliere presso le proprie sedi giovani per svolgere borse di lavoro. L'INPS è autorizzato, nei limiti delle risorse esistenti, ad individuare le imprese ammesse all'attivazione delle borse di lavoro, inserendole con priorità nelle graduatorie provinciali esistenti. Le imprese, entro trenta giorni dalla comunicazione loro rivolta dall'INPS, attivano le borse di lavoro secondo le modalità di cui all'articolo 6 del citato decreto legislativo n. 280 del 1997 (49).

 

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(49)  Articolo aggiunto dalla legge di conversione 3 agosto 1998, n. 267.

 

 

Art. 7-quater.

Mantenimento in bilancio di fondi.

1. Le disponibilità iscritte nel capitolo 7587 dello stato di previsione della Presidenza del Consiglio dei Ministri, concernente «Interventi in favore dei comuni della Valtellina, della Val Formazza, della Val Brembana, della Val Camonica e delle altre zone dell'Italia settentrionale e centrale colpite dalle eccezionali avversità atmosferiche dei mesi di luglio e agosto 1987», possono essere utilizzate nell'esercizio 1999 al fine di proseguire interventi in corso di attuazione (50).

 

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(50)  Articolo aggiunto dalla legge di conversione 3 agosto 1998, n. 267.

 

 

Art. 7-quinquies.

Utilizzazione di alloggi nel comune di Striano.

1. Per favorire il superamento della grave crisi abitativa determinatasi a seguito dell'evento calamitoso che ha colpito alcuni comuni della Campania nei giorni 5 e 6 maggio 1998 e per assicurare il coordinamento, su scala di bacino idrografico, degli interventi di ripristino e manutenzione dei sistemi idraulici, il commissario delegato nominato ai sensi dell'ordinanza del Ministro dell'interno delegato per il coordinamento della protezione civile n. 2787 del 21 maggio 1998, provvede agli interventi necessari per l'utilizzazione degli alloggi realizzati nel comune di Striano ai sensi del titolo VIII della legge 14 maggio 1981, n. 219 , dell'impianto di depurazione a servizio degli alloggi stessi e delle opere connesse alla sistemazione dell'asta valliva dei Regi lagni, di cui all'articolo 22 del decreto-legge 23 giugno 1995, n. 244 , convertito, con modificazioni, dalla legge 8 agosto 1995, n. 341.

2. Il commissario delegato, per gli interventi di cui al comma 1, subentra nei rapporti contrattuali in corso, utilizzando le deroghe stabilite dall'ordinanza di cui al medesimo comma 1, e provvede a realizzarli nei limiti delle risorse previste dal citato articolo 22 del decreto-legge n. 244 del 1995 , convertito, con modificazioni, dalla legge n. 341 del 1995.

3. All'assegnazione degli alloggi nel comune di Striano provvede il commissario delegato secondo criteri stabiliti con propria ordinanza (51).

 

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(51)  Articolo aggiunto dalla legge di conversione 3 agosto 1998, n. 267.

 

 

Art. 8.

Disposizioni finanziarie.

1. Per le attività di individuazione e perimetrazione delle aree a rischio di cui all'articolo 1, comma 1, e per le esigenze di cui all'articolo 2, comma 2, è autorizzata la spesa di lire 100.000 milioni per l'anno 1998 da iscriversi su apposita unità previsionale di base dello stato di previsione del Ministero del tesoro, del bilancio e della programmazione economica; la ripartizione tra le regioni è effettuata dal Comitato dei Ministri di cui all'articolo 4 della legge 18 maggio 1989, n. 183 , e successive modificazioni ed integrazioni, d'intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome (52).

2. Per l'attuazione degli interventi e delle misure di salvaguardia di cui all'articolo 1, comma 2, è autorizzata la spesa di lire 110.000 milioni per l'anno 1998 e di lire 495.000 milioni per ciascuno degli anni 1999 e 2000 da iscriversi su apposita unità previsionale di base dello stato di previsione del Ministero dell'ambiente (53).

3. Per l'attività prevista dall'articolo 2, comma 7, è autorizzata la spesa di lire 10.000 milioni per l'anno 1998 e di lire 20.000 milioni per ciascuno degli anni 1999 e 2000 da assegnarsi al Dipartimento per i servizi tecnici nazionali.

4. All'onere di cui ai commi 1, 2, e 3, pari complessivamente a lire 220.000 milioni per l'anno 1998 e a lire 515.000 milioni per ciascuno degli anni 1999 e 2000, si provvede, quanto a lire 110.000 milioni per l'anno 1998 e a lire 320.000 milioni annui per ciascuno degli anni 1999 e 2000, mediante riduzione proporzionale delle quote disponibili alla data di entrata in vigore del presente decreto degli accantonamenti iscritti nel fondo speciale di cui alla tabella B allegata alla legge 27 dicembre 1997, n. 450 , con esclusione di quelle preordinate per accordi internazionali, per rate di ammortamento mutui, per limiti di impegno, per disegni di legge già approvati dal Consiglio dei Ministri alla data del 3 giugno 1998, nonché per provvedimenti per i quali le commissioni competenti per materia di bilancio della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica abbiano espresso parere favorevole alla medesima data; quanto a lire 110.000 milioni per l'anno 1998 e a lire 195.000 milioni per ciascuno degli anni 1999 e 2000, mediante riduzione degli stanziamenti iscritti nell'ambito delle unità previsionali di base 4.2.1.1. e 7.2.1.1. «piani di disinquinamento» dello stato di previsione del Ministero dell'ambiente per l'anno 1998, intendendosi corrispondentemente ridotta l'autorizzazione di spesa di cui alla legge 28 agosto 1989, n. 305 , come rideterminata dalla legge 27 dicembre 1997, n. 450 (54).

5. Agli oneri derivanti dall'attuazione dell'articolo 2, commi 4 e 5, valutati complessivamente in lire 1.950 milioni per l'anno 1998 e in lire 18.000 milioni annui a decorrere dall'anno 1999, si provvede mediante corrispondente parziale riduzione dello stanziamento iscritto, ai fini del bilancio triennale 1998-2000, all'unità previsionale di base di parte corrente denominata «Fondo speciale» dello stato di previsione del Ministero del tesoro, del bilancio e della programmazione economica per l'anno 1998, all'uopo parzialmente utilizzando l'accantonamento relativo al medesimo Ministero.

6. Per la prosecuzione degli interventi urgenti ed indifferibili necessari a fronteggiare l'emergenza nella regione Campania connessa agli eventi calamitosi del 5 e 6 maggio 1998, nonché per i maggiori oneri sostenuti in occasione della crisi sismica iniziata il 26 settembre 1997 nelle regioni Marche e Umbria, è autorizzata la spesa di lire 130 miliardi da iscriversi sul capitolo 7615 dell'unità previsionale di base «Fondo della protezione civile» dello stato di previsione della Presidenza del Consiglio dei Ministri per l'anno finanziario 1998 (55).

7. A valere sulle risorse finanziarie di cui al comma 6, un importo pari a lire 3 miliardi è destinato agli interventi urgenti sui beni del patrimonio storico-artistico della regione Campania danneggiati dagli eventi calamitosi del 5 e 6 maggio 1998, individuati dalle competenti sovrintendenze per i beni ambientali, architettonici, artistici e storici e da ricomprendere nel piano di cui all'articolo 4, comma 2, e l'importo di lire 27 miliardi è assegnato al commissario delegato di cui all'ordinanza del Ministro dell'interno, delegato per il coordinamento della protezione civile, n. 2669 del 1° ottobre 1997, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 235 dell'8 ottobre 1997, per la prosecuzione degli interventi urgenti sui beni del patrimonio storico-artistico disposti dalla medesima ordinanza.

8. All'onere derivante dall'attuazione del comma 6 si provvede, quanto a lire 100 miliardi, mediante riduzione dell'autorizzazione di spesa relativa alla quota dello Stato dell'8 per mille dell'IRPEF, iscritta nello stato di previsione del Ministero del tesoro, del bilancio e della programmazione economica per l'anno 1998 ai sensi dell'articolo 48 della legge 20 maggio 1985, n. 222 , e quanto a lire 30 miliardi mediante riduzione dello stanziamento iscritto, ai fini del bilancio triennale 1998-2000, nell'àmbito dell'unità previsionale di base di conto capitale «Fondo speciale» dello stato di previsione del Ministero del tesoro, del bilancio e della programmazione economica per l'anno 1998, utilizzando allo scopo l'accantonamento relativo alla Presidenza del Consiglio dei Ministri (56).

9. Il Ministro del tesoro, del bilancio e della programmazione economica è autorizzato ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio.

 

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(52)  Comma così modificato dalla legge di conversione 3 agosto 1998, n. 267. La ripartizione dei fondi prevista dal comma 1 è stata approvata con D.P.C.M. 12 gennaio 1999 (Gazz. Uff. 5 marzo 1999, n. 53), con D.P.C.M. 30 settembre 1999 (Gazz. Uff. 15 novembre 1999, n. 268) e con D.P.C.M. 22 ottobre 1999 (Gazz. Uff. 21 dicembre 1999, n. 298) come modificato dal D.P.C.M. 10 marzo 2000 (Gazz. Uff. 4 maggio 2000, n. 102), entrato in vigore il giorno successivo alla sua pubblicazione.

(53)  Comma così modificato dalla legge di conversione 3 agosto 1998, n. 267.

(54)  Comma così modificato dalla legge di conversione 3 agosto 1998, n. 267.

(55)  Comma così modificato dalla legge di conversione 3 agosto 1998, n. 267.

(56)  Comma così sostituito dalla legge di conversione 3 agosto 1998, n. 267.

 

 

Art. 8-bis.

Disposizioni a favore dei proprietari di immobili situati nel comune di Niscemi.

1. A favore dei proprietari di immobili ad uso di residenza principale, da delocalizzare a seguito del dissesto idrogeologico verificatosi nel comune di Niscemi il 12 ottobre 1997, è assegnato un contributo a fondo perduto pari alla spesa per la ricostruzione o per l'acquisto di una unità abitativa con una superficie abitabile corrispondente a quella dell'immobile delocalizzato, e comunque non superiore, nel limite massimo, a 200 metri quadri.

2. All'onere derivante dall'attuazione del comma 1, pari a lire 18 miliardi, per l'esercizio finanziario 1998, si provvede mediante corrispondente riduzione dello stanziamento iscritto, ai fini del bilancio triennale 1998-2000, nell'ambito dell'unità previsionale di base di conto capitale «Fondo speciale» dello stato di previsione del Ministero del tesoro, del bilancio e della programmazione economica per l'anno 1998, allo scopo parzialmente utilizzando l'accantonamento relativo al medesimo Ministero (57).

 

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(57)  Articolo aggiunto dalla legge di conversione 3 agosto 1998, n. 267.

 

 

Art. 8-ter.

Disposizioni a favore dei proprietari dei territori resi liberi ai sensi dell'articolo 4-quinquies del decreto-legge 19 maggio 1997, n. 130 , convertito, con modificazioni, dalla legge 16 luglio 1997, n. 228.

1. ... (58).

 

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(58)  L'articolo che si omette, aggiunto dalla legge di conversione 3 agosto 1998, n. 267, a sua volta aggiunge il comma 6-ter all'art. 4-quinquies, D.L. 19 maggio 1997, n. 130.

 

 

Art. 8-quater.

Disposizioni a favore dei proprietari di immobili situati nel comune di Assisi.

1. Ai proprietari di immobili oggetto di ordinanze di sgombero a seguito delle frane verificatesi in località Ivanchic nel comune di Assisi si applicano le disposizioni di cui all'articolo 4 del decreto-legge 30 gennaio 1998, n. 6 , convertito, con modificazioni, dalla legge 30 marzo 1998, n. 61, nel limite delle risorse di cui all'articolo 15 del medesimo decreto-legge (59).

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(59)  Articolo aggiunto dalla legge di conversione 3 agosto 1998, n. 267.

 

 

Art. 8-quinquies.

Perdite subìte in conseguenza di eventi sismici.

1. La disposizione dell'articolo 3, comma 5-ter, del decreto-legge 27 ottobre 1997, n. 364 , convertito, con modificazioni, dalla legge 17 dicembre 1997, n. 434, deve intendersi riferita al secondo periodo del comma 3 dell'articolo 8 del testo unico delle imposte sui redditi, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917 , come modificato da ultimo dall'articolo 8, comma 1, lettera a), del decreto legislativo 8 ottobre 1997, n. 358 (60).

 

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(60)  Articolo aggiunto dalla legge di conversione 3 agosto 1998, n. 267.

 

 

Art. 8-sexies.

Disposizioni per le province autonome.

1. Le province autonome di Trento e di Bolzano provvedono agli adempimenti previsti dal presente decreto nel rispetto di quanto stabilito in materia dal proprio statuto speciale e dalle relative norme di attuazione (61).

 

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(61)  Articolo aggiunto dalla legge di conversione 3 agosto 1998, n. 267.

 

 

Art. 9.

Entrata in vigore.

1. Il presente decreto entra in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana e sarà presentato alle Camere per la conversione in legge.

 

 


D.L. 12 ottobre 2000, n. 279, conv. con mod., L. 11 dicembre 2000, n. 239.
Interventi urgenti per le aree a rischio idrogeologico molto elevato e in materia di protezione civile, nonché a favore di zone colpite da calamità naturali

 

 

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(1) Pubblicato nella Gazz. Uff. 12 ottobre 2000, n. 239 e convertito in legge, con modificazioni, dall'art. 1, L. 11 dicembre 2000, n. 365 (Gazz. Uff. 11 dicembre 2000, n. 288), entrata in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione. L'art. 2 della stessa legge, abrogato dall'art. 2-sexies, D.L. 27 dicembre 2000, n. 392, nel testo integrato dalla relativa legge di conversione, così disponeva: «Art. 2. [1. Nelle regioni danneggiate dalle calamità idrogeologiche di cui al decreto-legge 12 ottobre 2000, n. 279, convertito, con modificazioni, dalla presente legge, a decorrere dalla data di entrata in vigore della medesima legge, chiunque voglia operare tagli di bosco, anche ceduo, in zone con vincolo idrogeologico ai sensi delle normative vigenti, deve inoltrare richiesta al sindaco del comune su cui insiste l'area sottoposta a taglio. 2. Il sindaco, dopo aver acquisito il parere della competente commissione del comune, dell'Autorità di bacino, del Corpo forestale dello Stato competente per territorio, della sovrintendenza competente in materia di beni ambientali, nonché della regione, rilascia nulla osta allo svolgimento dei tagli, indicando le prescrizioni di taglio]». La Corte costituzionale, con sentenza 21 novembre-9 dicembre 2002, n. 524 (Gazz. Uff. 11 dicembre 2002, n. 49 - Prima serie speciale), ha dichiarato, tra l'altro, l'illegittimità del comma 2 del suddetto art. 2.

(2)  Titolo così sostituito dalla legge di conversione 11 dicembre 2000, n. 365.

 

 

IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA

 

 

Visti gli articoli 77 e 87 della Costituzione;

Vista la legge 18 maggio 1989, n. 183;

Vista la legge 24 febbraio 1992, n. 225;

Visto il decreto-legge 11 giugno 1998, n. 180, convertito, con modificazioni, dalla legge 3 agosto 1998, n. 267, e successive modificazioni;

Ritenuta la straordinaria necessità ed urgenza di realizzare misure di salvaguardia nelle aree a rischio idrogeologico molto elevato e in materia di protezione civile, al fine di immediata e maggiore prevenzione;

Ritenuta la straordinaria necessità ed urgenza di adottare interventi a favore delle zone della regione Calabria in dipendenza dei danni derivati dalle calamità idrogeologiche di settembre ed ottobre 2000;

Vista la deliberazione del Consiglio dei Ministri, adottata nella riunione del 6 ottobre 2000;

Sulla proposta del Presidente del Consiglio dei Ministri, del Ministro dell'ambiente, del Ministro dell'interno delegato per il coordinamento della protezione civile e del Ministro dei lavori pubblici, di concerto con il Ministro del tesoro, del bilancio e della programmazione economica, con il Ministro per gli affari regionali, con il Ministro per le politiche comunitarie, con il Ministro delle finanze, con il Ministro dell'industria, del commercio e dell'artigianato e del commercio con l'estero e con il Ministro della difesa;

 

Emana il seguente decreto-legge:

 

 

Art. 1. 

Interventi per le aree a rischio idrogeologico e in materia di protezione civile.

1. Le misure di salvaguardia per le aree a rischio molto elevato definite nell'atto di indirizzo e coordinamento emanato per l'individuazione dei criteri relativi agli adempimenti di cui all'articolo 1, commi 1 e 2, del decreto-legge 11 giugno 1998, n. 180, convertito, con modificazioni, dalla legge 3 agosto 1998, n. 267, e successive modificazioni, di seguito denominato: «decreto-legge n. 180 del 1998», si applicano, qualora non siano in vigore misure di salvaguardia adottate ai sensi dell'articolo 17, comma 6-bis, della legge 18 maggio 1989, n. 183, e successive modificazioni, e sino all'approvazione dei piani stralcio per l'assetto idrogeologico di cui al decreto-legge n. 180 del 1998 o al compimento della perimetrazione prevista dall'articolo 1, comma 1-bis, del medesimo decreto-legge, con riferimento alle tipologie di dissesto idrogeologico presenti in ciascuna area:

a) alle aree ricomprese nel limite di 150 metri dalle ripe o dalle opere di difesa idraulica dei laghi, fiumi ed altri corsi d'acqua, situati nei territori dei comuni per i quali lo stato di emergenza, dichiarato ai sensi dell'articolo 5 della legge 24 febbraio 1992, n. 225, è stato determinato da fenomeni di inondazione, nonché dei comuni o delle località indicate come ad alto rischio idrogeologico nei piani straordinari di cui all'articolo 1, comma 1-bis, del decreto-legge n. 180 del 1998, indicati nelle tabelle A e B, allegate al presente decreto. Per i corsi d'acqua la cui larghezza, fissata dai paramenti interni degli argini o dalle ripe naturali, risulti inferiore a 150 metri, le aree sono quelle comprese nel limite pari, per ciascun lato, alla larghezza;

b) nelle aree con probabilità di inondazione corrispondente alla piena con tempo di ritorno massimo di 200 anni, come definite nell'atto di indirizzo e coordinamento di cui al presente comma e identificate con delibera dei comitati istituzionali delle Autorità di bacino di rilievo nazionale e interregionale o dalle regioni per i restanti bacini idrografici, e che non siano già ricomprese in bacini per i quali siano approvati piani stralcio di tutela di fasce fluviali o di riassetto idrogeologico o di sicurezza idraulica, ai sensi dell'articolo 17, comma 6-ter, della legge 18 maggio 1989, n. 183, e successive modificazioni (3).

2. Le tabelle di cui alla lettera a) del comma 1 sono aggiornate, sentite le regioni e le province autonome interessate, con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, su proposta del Comitato dei Ministri di cui all'articolo 4 della legge 18 maggio 1989, n. 183, e successive modificazioni, e sono integrate con i comuni interessati dagli eventi dell'ottobre e del novembre 2000, non appena saranno disponibili gli elenchi a tal fine predisposti dal Dipartimento della protezione civile (4).

3. ... (5).

4. La disposizione di cui al comma 4 dell'articolo 1 del decreto-legge n. 180 del 1998 si applica anche alle aree di cui al comma 1 del presente articolo, entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto ovvero, per le nuove aree individuate ai sensi del comma 2, entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore del decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, di aggiornamento delle tabelle, di cui al comma 2. Ai piani di emergenza di cui al presente comma è data adeguata informazione e pubblicità alla popolazione residente (6).

5. Per l'attuazione degli interventi di cui all'articolo 1, comma 2, del decreto-legge n. 180 del 1998 e delle misure di salvaguardia di cui all'articolo 1, comma 1-bis, del medesimo decreto-legge, e con le procedure ivi previste, è autorizzata la spesa di lire 110.000 milioni per l'anno 2000, da iscriversi nell'apposita unità previsionale di base dello stato di previsione del Ministero dell'ambiente. Al conseguente onere si provvede mediante corrispondente riduzione degli stanziamenti iscritti, quanto a lire 38.000 milioni, nell'àmbito dell'unità previsionale di base di parte corrente «fondo speciale» e, quanto a lire 72.000 milioni, nell'àmbito dell'unità previsionale di base di parte capitale «fondo speciale» dello stato di previsione del Ministero del tesoro, del bilancio e della programmazione economica, per l'anno 2000, allo scopo parzialmente utilizzando gli accantonamenti relativi al Ministero dell'ambiente (7).

6. Per l'attuazione del programma di potenziamento delle reti di monitoraggio meteo-idro-pluviometrico elaborato ai sensi dell'articolo 2, comma 7, del decreto-legge n. 180 del 1998, sono adottate le ordinanze di cui all'articolo 5, comma 2, della legge 24 febbraio 1992, n. 225. A tale fine è autorizzata la spesa di lire 30.000 milioni per l'anno 2000 da iscriversi nell'unità previsionale di base 22.1.2.1 dello stato di previsione del Ministero del tesoro, del bilancio e della programmazione economica. Al conseguente onere si provvede mediante corrispondente riduzione dello stanziamento iscritto, nell'àmbito dell'unità previsionale di base di parte corrente «fondo speciale» dello stato di previsione del Ministero del tesoro, del bilancio e della programmazione economica per l'anno 2000, allo scopo parzialmente utilizzando l'accantonamento relativo al Ministero dell'ambiente.

7. Entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto, il Dipartimento della protezione civile, avvalendosi del Gruppo nazionale per la difesa dalle catastrofi idrogeologiche del Consiglio nazionale per le ricerche, in collaborazione con l'Agenzia nazionale per la protezione dell'ambiente (ANPA), con il Dipartimento per i servizi tecnici nazionali, nonché con il Comitato tecnico di cui al decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 15 dicembre 1998, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 23 del 29 gennaio 1999, predispone, sentite le regioni e le province autonome, un programma per assicurare un'adeguata copertura di radar meteorologici del territorio nazionale (8). Il programma è attuato nel limite di spesa complessivo di lire 25.000 milioni per ciascuno degli anni 2001 e 2002, comprensivo del costo di funzionamento e gestione del sistema per 24 mesi. Al relativo onere si provvede mediante corrispondente riduzione, per gli anni 2001 e 2002, dell'autorizzazione di spesa di cui all'articolo 6, comma 1, del decreto-legge 3 maggio 1991, n. 142, convertito, con modificazioni, dalla legge 3 luglio 1991, n. 195, così come determinata dalla tabella C della legge 23 dicembre 1999, n. 488, volta ad assicurare il finanziamento del Fondo per la protezione civile. A decorrere dall'anno 2003, agli oneri relativi al costo di funzionamento e gestione del programma di cui al presente comma si provvede a carico dei fondi volti ad assicurare il funzionamento del servizio meteorologico nazionale distribuito, istituito dall'articolo 111 del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112 (9) (10).

 

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(3)  Comma così modificato dalla legge di conversione 11 dicembre 2000, n. 365.

(4)  Comma così sostituito dalla legge di conversione 11 dicembre 2000, n. 365.

(5)  Comma soppresso dalla legge di conversione 11 dicembre 2000, n. 365.

(6)  Comma così sostituito dalla legge di conversione 11 dicembre 2000, n. 365.

(7)  Comma così modificato dalla legge di conversione 11 dicembre 2000, n. 365.

(8)  Il programma di copertura di radar meteorologici del territorio nazionale è stato adottato con O.M. 10 maggio 2001, n. 3134 (Gazz. Uff. 18 maggio 2001, n. 114).

(9)  Comma così modificato dalla legge di conversione 11 dicembre 2000, n. 365.

(10)  Ai fini dell'applicazione del presente articolo, vedi quanto disposto dall'art. 170, D.Lgs. 3 aprile 2006, n. 152.

 

 

Art. 1-bis. 

Procedura per l'adozione dei progetti di piani stralcio.

[1. I progetti di piano stralcio per la tutela dal rischio idrogeologico di cui all'articolo 1, comma 1, del decreto-legge n. 180 del 1998, sono adottati entro il termine perentorio del 30 aprile 2001, per i bacini di rilievo nazionale con le modalità di cui all'articolo 18, comma 1, della legge 18 maggio 1989, n. 183, per i restanti bacini con le modalità di cui all'articolo 20 della medesima legge, e successive modificazioni (11).

2. L'adozione dei piani stralcio per l'assetto idrogeologico è effettuata, sulla base degli atti e dei pareri disponibili, entro e non oltre sei mesi dalla data di adozione del relativo progetto di piano, ovvero entro e non oltre il termine perentorio del 30 aprile 2001 per i progetti di piano adottati antecedentemente alla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto (12).

3. Ai fini dell'adozione ed attuazione dei piani stralcio e della necessaria coerenza tra pianificazione di bacino e pianificazione territoriale, le regioni convocano una conferenza programmatica, articolata per sezioni provinciali, o per altro àmbito territoriale deliberato dalle regioni stesse, alle quali partecipano le province ed i comuni interessati, unitamente alla regione e ad un rappresentante dell'Autorità di bacino (13).

4. La conferenza di cui al comma 3 esprime un parere sul progetto di piano con particolare riferimento alla integrazione a scala provinciale e comunale dei contenuti del piano, prevedendo le necessarie prescrizioni idrogeologiche ed urbanistiche. Il parere tiene luogo di quello di cui all'articolo 18, comma 9, della legge 18 maggio 1989, n. 183. Il comitato istituzionale, di cui all'articolo 12, comma 2, lettera a), della legge 18 maggio 1989, n. 183, sulla base dell'unitarietà della pianificazione di bacino, tiene conto delle determinazioni della conferenza, in sede di adozione del piano (14).

5. Le determinazioni assunte in sede di comitato istituzionale, a seguito di esame nella conferenza programmatica, costituiscono variante agli strumenti urbanistici (15)] (16).

 

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(11)  Vedi, anche, il D.M. 3 agosto 2001.

(12)  La Corte costituzionale, con sentenza 21 novembre - 9 dicembre 2002, n. 524 (Gazz. Uff. 11 dicembre 2002, n. 49, serie speciale), ha dichiarato non fondate le questioni di legittimità costituzionale dell'art. 1-bis commi 2, 3 e 4, convertito, con modificazioni, nella legge n. 365 del 2000, sollevate in riferimento agli artt. 5, 9, 117, 118, 3 e 97 della Costituzione, dalla Regione Piemonte; in riferimento agli artt. 5, 9, 44, secondo comma, 117, 118, 3 e 97 della Costituzione, nonché al principio di leale collaborazione tra Stato e Regioni, dalla Regione Emilia-Romagna; in riferimento agli artt. 5, 97, 117 e 118 della Costituzione, dalla Regione Liguria;

ha inoltre dichiarato cessata la materia del contendere in ordine alla questione di legittimità costituzionale dell'art. 6

-bis sollevata in riferimento agli artt. 3, 35, 97 e 117 della Costituzione;

ha infine dichiarato cessata la materia del contendere in ordine alla questione di legittimità costituzionale degli artt. 6-bis e 6-ter sollevata in riferimento agli artt. 3 e 97 della Costituzione.

(13)  La Corte costituzionale, con sentenza 21 novembre - 9 dicembre 2002, n. 524 (Gazz. Uff. 11 dicembre 2002, n. 49, serie speciale), ha dichiarato non fondate le questioni di legittimità costituzionale dell'art. 1-bis commi 2, 3 e 4, convertito, con modificazioni, nella legge n. 365 del 2000, sollevate in riferimento agli artt. 5, 9, 117, 118, 3 e 97 della Costituzione, dalla Regione Piemonte; in riferimento agli artt. 5, 9, 44, secondo comma, 117, 118, 3 e 97 della Costituzione, nonché al principio di leale collaborazione tra Stato e Regioni, dalla Regione Emilia-Romagna; in riferimento agli artt. 5, 97, 117 e 118 della Costituzione, dalla Regione Liguria;

ha inoltre dichiarato cessata la materia del contendere in ordine alla questione di legittimità costituzionale dell'art. 6

-bis sollevata in riferimento agli artt. 3, 35, 97 e 117 della Costituzione;

ha infine dichiarato cessata la materia del contendere in ordine alla questione di legittimità costituzionale degli artt. 6-bis e 6-ter sollevata in riferimento agli artt. 3 e 97 della Costituzione.

(14)  La Corte costituzionale, con sentenza 21 novembre - 9 dicembre 2002, n. 524 (Gazz. Uff. 11 dicembre 2002, n. 49, serie speciale), ha dichiarato non fondate le questioni di legittimità costituzionale dell'art. 1-bis commi 2, 3 e 4, convertito, con modificazioni, nella legge n. 365 del 2000, sollevate in riferimento agli artt. 5, 9, 117, 118, 3 e 97 della Costituzione, dalla Regione Piemonte; in riferimento agli artt. 5, 9, 44, secondo comma, 117, 118, 3 e 97 della Costituzione, nonché al principio di leale collaborazione tra Stato e Regioni, dalla Regione Emilia-Romagna; in riferimento agli artt. 5, 97, 117 e 118 della Costituzione, dalla Regione Liguria;

ha inoltre dichiarato cessata la materia del contendere in ordine alla questione di legittimità costituzionale dell'art. 6

-bis sollevata in riferimento agli artt. 3, 35, 97 e 117 della Costituzione;

ha infine dichiarato cessata la materia del contendere in ordine alla questione di legittimità costituzionale degli artt. 6-bis e 6-ter sollevata in riferimento agli artt. 3 e 97 della Costituzione.

(15)  La Corte costituzionale, con sentenza 21 novembre-9 dicembre 2002, n. 524 (Gazz. Uff. 11 dicembre 2002, n. 49 - Prima serie speciale), ha dichiarato, tra l'altro, l'illegittimità del presente comma.

(16)  Articolo aggiunto dalla legge di conversione 11 dicembre 2000, n. 365 e successivamente abrogato dall'art. 175, D.Lgs. 3 aprile 2006, n. 152.

 

 

Art. 2. 

Attività straordinaria di polizia idraulica e di controllo sul territorio.

1. Entro centoventi giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto, i soggetti di cui al comma 4 provvedono ad effettuare, nell'àmbito degli ordinari stanziamenti di bilancio, una attività straordinaria di sorveglianza e ricognizione lungo i corsi d'acqua e le relative pertinenze, nonché nelle aree demaniali, attraverso sopralluoghi finalizzati a rilevare le situazioni che possono determinare maggiore pericolo, incombente e potenziale, per le persone e le cose ed a identificare gli interventi di manutenzione più urgenti.

2. Le attività di cui al comma 1 ricomprendono quelle già svolte negli ultimi tre anni in base ad ordinanze ai sensi dell'articolo 5 della legge 24 febbraio 1992, n. 225, e sono effettuate ponendo particolare attenzione su:

a) le opere e gli insediamenti presenti in alveo e nelle relative pertinenze;

b) gli invasi artificiali, in base ai dati resi disponibili dal servizio dighe;

c) i restringimenti nelle sezioni di deflusso prodotti dagli attraversamenti o da altre opere esistenti;

d) le situazioni d'impedimento al regolare deflusso delle acque, con particolare riferimento all'accumulo di inerti e relative opere di dragaggio, anche lungo lotti diversi;

e) l'apertura di cave ed il prelievo di materiale litoide;

f) le situazioni di dissesto, in atto o potenziale, delle sponde e degli argini;

g) l'efficienza e la funzionalità delle opere idrauliche esistenti, il loro stato di conservazione;

h) qualsiasi altro elemento che possa dar luogo a situazione di allarme.

3. I soggetti di cui al comma 4 provvedono ad effettuare, entro la data di cui al comma 1, nell'àmbito degli ordinari stanziamenti di bilancio, una ricognizione sullo stato di conservazione delle opere eseguite per la sistemazione dei versanti, indicando le esigenze di carattere manutentorio finalizzate a costruire un diffuso sistema di protezione idrogeologica, con conseguente miglioramento generalizzato delle condizioni di rischio soprattutto a beneficio dei territori di pianura.

4. Alle attività di cui ai commi 1 e 2 provvedono le regioni, d'intesa con le province, con la collaborazione degli uffici dei provveditorati alle opere pubbliche, del Corpo forestale dello Stato, dei comuni, degli uffici tecnici erariali, degli altri uffici regionali aventi competenza nel settore idrogeologico, delle comunità montane, dei consorzi di bonifica e di irrigazione, delle strutture dei commissari straordinari per gli interventi di sistemazione idrogeologica e per l'emergenza rifiuti. Il coordinamento delle attività è svolto dall'Autorità di bacino competente, che assicura anche il necessario raccordo con le iniziative in corso e con quelle previste dagli strumenti di pianificazione vigenti o adottati, provvede a definire i compiti e i settori di intervento delle singole strutture coinvolte, stabilisce la suddivisione delle risorse di cui al comma 8.

5. Sulla base della documentazione acquisita le Autorità di bacino verificano, entro i trenta giorni successivi alla scadenza di cui al comma 1, che i piani stralcio adottati o approvati contengano le misure idonee per prevenire e contrastare le situazioni di rischio di cui al comma 2 e provvedono, se necessario, a realizzare le opportune correzioni e integrazioni, informando di tale decisione il Comitato dei Ministri di cui all'articolo 4 della legge 18 maggio 1989, n. 183.

6. Sulla base della documentazione di cui al comma 5 e delle conoscenze comunque disponibili, le Autorità di bacino, entro novanta giorni dalla scadenza di cui al comma 1, per ciascuno dei comuni compresi nel territorio di competenza, predispongono e trasmettono al sindaco interessato un documento di sintesi che descriva la situazione del rischio idrogeologico che caratterizza il territorio comunale.

7. Le attività di cui ai commi 1 e 2 sono realizzate nelle zone interessate, nei limiti delle dotazioni di bilancio, ogni qual volta si verifichino eventi alluvionali e dissesti idrogeologici per i quali sia dichiarato lo stato di emergenza ai sensi della normativa vigente, al fine di predisporre un piano di interventi straordinari per il ripristino in condizioni di sicurezza delle infrastrutture pubbliche danneggiate, per la sistemazione e la manutenzione straordinaria degli alvei dei corsi d'acqua e per la stabilizzazione dei versanti.

8. Nelle situazioni di carenza accertata di personale tecnico, le regioni possono ricorrere a forme di consulenza libero-professionale, da retribuire a vacazione ai sensi dell'articolo 32 della legge 2 marzo 1949, n. 144, e successive modificazioni. A tal fine è autorizzata la spesa di lire 3.000 milioni per l'anno 2000, da iscrivere all'unità previsionale di base 4.1.1.0 dello stato di previsione del Ministero dei lavori pubblici, che provvede al riparto fra le regioni. Al relativo onere si provvede mediante corrispondente riduzione dello stanziamento iscritto nell'àmbito dell'unità previsionale di base di parte corrente «Fondo speciale» dello stato di previsione del Ministero del tesoro, del bilancio e della programmazione economica per l'anno 2000, allo scopo parzialmente utilizzando l'accantonamento relativo al Ministero dell'ambiente (17).

 

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(17)  L'attuale articolo 2 così sostituisce gli originari articoli 2 e 3 per effetto di quanto disposto dalla legge di conversione 11 dicembre 2000, n. 365.

 

 

Art. 3.  

 

1.-2. ... (18).

 

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(18)  L'attuale articolo 2 così sostituisce gli originari articoli 2 e 3 per effetto di quanto disposto dalla legge di conversione 11 dicembre 2000, n. 365.

 

 

Art. 3-bis. 

Realizzazione della cartografia geologica.

1. Il Dipartimento per i servizi tecnici nazionali e, dalla data di effettiva operatività delle disposizioni di cui all'articolo 38 del decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 300, l'Agenzia per la protezione dell'ambiente e per i servizi tecnici, sono autorizzati a trasferire ai bilanci delle regioni e delle province autonome di Trento e Bolzano, per la realizzazione della cartografia geologica e geotematica del territorio nazionale, le somme non ancora erogate nell'àmbito delle convenzioni e degli accordi di programma già stipulati e quelle previste dai programmi approvati dal Servizio geologico nazionale. In caso di grave inadempimento da parte di ciascun soggetto realizzatore il Ministro dell'ambiente, sentita la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, procede alla nomina di un commissario ad acta. Al fine di assicurare, tra il Servizio geologico nazionale e, dalla data di cui al primo periodo, l'Agenzia per la protezione dell'ambiente e per i servizi tecnici da un lato, e le corrispondenti strutture tecniche delle regioni e delle province autonome dall'altro, il coordinamento e l'armonizzazione dei programmi di rispettiva competenza, è istituito un comitato composto dai responsabili delle predette strutture, alla cui organizzazione si provvede, entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto, con decreto del Ministro dell'ambiente, sentita la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e Bolzano (19).

 

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(19)  Articolo aggiunto dalla legge di conversione 11 dicembre 2000, n. 365. Per l'organizzazione ed il funzionamento del comitato previsto dal presente articolo vedi il D.M. 4 maggio 2001.

 

 

Art. 3-ter. 

Compatibilità della ricostruzione.

1. Nelle zone danneggiate da calamità idrogeologiche, la ricostruzione di unità immobiliari, impianti ed infrastrutture può essere consentita solo al di fuori delle aree di cui al comma 1 dell'articolo 1 e comunque previo accertamento della compatibilità nei confronti degli strumenti della pianificazione di bacino adottati ed in via di adozione.

2. La verifica di compatibilità è effettuata dalle regioni e dall'Autorità di bacino, ciascuna per le rispettive competenze, entro sessanta giorni dalla presentazione della relativa richiesta da parte dei soggetti interessati (20).

 

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(20)  Articolo aggiunto dalla legge di conversione 11 dicembre 2000, n. 365.

 

 

Art. 4. 

Interventi urgenti a favore delle zone della regione Calabria danneggiate dalle calamità idrogeologiche di settembre ed ottobre 2000.

1. Entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto, il Ministro dell'interno delegato per il coordinamento della protezione civile individua i comuni della regione Calabria interessati dalle calamità idrogeologiche del settembre e ottobre 2000 (21).

2. Nel limiti delle risorse di cui al comma 10, ai soggetti residenti nella regione Calabria proprietari, alla data delle calamità di cui al comma 1, di unità immobiliari ad uso di abitazione principale, distrutte o non ripristinabili a causa delle stesse calamità, è assegnato un contributo a fondo perduto proporzionale alla spesa per la demolizione, per la ricostruzione, per la nuova costruzione o per l'acquisto nello stesso comune o in un comune limitrofo di un alloggio di civile abitazione, di superficie utile abitabile corrispondente a quella dell'unità immobiliare andata distrutta o non ripristinabile, fino ad un limite massimo di 200 metri quadrati e per un valore a metro quadrato non superiore ai limiti massimi di costo per gli interventi di nuova edificazione di edilizia residenziale sovvenzionata, come determinati dalla regione ai sensi della legge 5 agosto 1978, n. 457, e successive modificazioni. Per ogni altra unità immobiliare ad uso abitativo distrutta e non recuperabile è assegnato un contributo fino al 75 per cento della spesa. I relitti delle unità immobiliari non ricostruite nel medesimo sito sono demoliti a cura del proprietario e l'area di risulta è acquisita al patrimonio indisponibile del comune (22).

3. Ai soggetti proprietari di unità immobiliari gravemente danneggiati dalle calamità di cui al comma 1, ma ripristinabili, è assegnato un contributo a fondo perduto fino al 75 per cento del valore dei danni subiti per le abitazioni principali e fino al 50 per cento dei danni subiti per le altre unità immobiliari ad uso abitativo, al fine del recupero delle medesime unità immobiliari (23).

4. Alle imprese industriali, artigiane, agro-industriali, agricole, alberghiere, commerciali e di servizi, alle agenzie di viaggi, ai pubblici esercizi, agli studi professionali, alle società sportive facenti parte di federazioni o di enti di promozione sportiva riconosciuti dal CONI, che hanno subìto, in conseguenza delle calamità di cui al comma 1, gravi danni a beni immobili o mobili di loro proprietà, ivi comprese le scorte, è assegnato un contributo a fondo perduto fino al 40 per cento del valore dei danni subiti, nel limite massimo di complessive lire 300 milioni per ciascuna impresa (24).

5. Alle imprese di cui al comma 4 sono concessi, altresì, finanziamenti in conto interessi fino ad un ulteriore 35 per cento del valore dei danni subiti, fermo restando, a carico del beneficiario, un onere non inferiore all'1,5 per cento della rata di ammortamento. Al fine di agevolare l'accesso al credito la regione può erogare appositi contributi alle strutture di garanzia fidi già esistenti ed operanti nel territorio regionale (25).

5-bis. Alle imprese artigiane ed a tutte le altre imprese fino a venti dipendenti è concesso, a loro richiesta ed in alternativa ai benefìci di cui ai commi 4 e 5, un contributo a fondo perduto fino al 75 per cento del valore dei danni subiti, nel limite massimo di complessive lire 500 milioni per ciascuna impresa. I contributi di cui al comma 4 ed al primo periodo del presente comma non concorrono alla formazione del reddito di impresa ai fini dell'assoggettabilità alle imposte previste (26).

6. Ai soggetti che hanno subìto la distruzione o il danneggiamento grave di beni mobili o di beni mobili registrati di loro proprietà in conseguenza degli eventi calamitosi di cui al comma 1, è assegnato un contributo a fondo perduto fino al 60 per cento del valore dei danni subiti, accertato con le modalità di cui al comma 9, nel limite massimo complessivo di lire 50 milioni per ciascun nucleo familiare (27).

7. Le disposizioni del presente articolo non si applicano nel casi in cui le unità immobiliari sono state realizzate in difformità o in assenza delle autorizzazioni o concessioni previste dalla legge.

8. Le provvidenze concesse, per le calamità di cui al comma 1, con ordinanze del Ministro dell'interno delegato per il coordinamento della protezione civile costituiscono anticipazione dei benefìci di cui al presente articolo.

9. Per la concessione dei benefìci di cui ai commi da 1 a 8, si applicano le disposizioni previste dall'articolo 3 dell'ordinanza del Ministro dell'interno delegato per il coordinamento della protezione civile n. 3090 del 18 ottobre 2000, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 246 del 20 ottobre 2000. Il Dipartimento della protezione civile, d'intesa con le regioni interessate, emana disposizioni per assicurare l'omogeneità degli interventi (28).

9-bis. I contratti di locazione relativi ad immobili adibiti ad abitazione principale e quelli di cui all'articolo 27 della legge 27 luglio 1978, n. 392, siti nei comuni di cui al comma 1 e che devono essere temporaneamente liberati per ragioni connesse all'effettuazione di interventi strutturali sull'edificio di cui fanno parte, conseguente agli avvenimenti di cui al comma 1, sono sospesi e riprendono efficacia, con lo stesso conduttore, dal momento del completo ripristino dell'agibilità dell'edificio, salvo disdetta da parte del conduttore medesimo. Il periodo di inagibilità non è computato ai fini del calcolo della durata della locazione. Il canone di locazione può essere rivalutato ad un tasso non superiore all'interesse legale sul capitale impiegato nelle opere e nei lavori effettuati, dedotti le indennità e i contributi di ogni natura che il locatore abbia percepito o che successivamente venga a percepire per le opere eseguite. L'aumento decorre dalla data in cui sono state ultimate le opere, se la richiesta è stata fatta entro trenta giorni dalla stessa data; in caso diverso decorre dal primo giorno del mese successivo al ricevimento della richiesta (29).

10. All'onere per gli interventi di cui ai commi 2, 3, 4, 5, 5-bis e 6 si provvede a carico delle disponibilità di cui all'ordinanza del Ministro dell'interno delegato per il coordinamento della protezione civile n. 3081 del 12 settembre 2000, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 220 del 20 settembre 2000. Il fondo assegnato ai prefetti dall'articolo 1 della citata ordinanza è a valere sulle risorse di cui all'articolo 3 della medesima ordinanza, secondo una ripartizione stabilita dal Dipartimento della protezione civile in rapporto alle esigenze (30).

10-bis. Le domande di contributo per gli interventi di ricostruzione, di recupero o di indennizzo degli immobili distrutti o danneggiati sono esenti dall'imposta di bollo (31).

 

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(21)  Con O.M. 10 novembre 2000 (Gazz. Uff. 20 novembre 2000, n. 271), modificata dall'art. 5, O.M. 22 dicembre 2000 (Gazz. Uff. 3 gennaio 2001, n. 2) e dall'art. 6, O.M. 27 aprile 2001, n. 3128 (Gazz. Uff. 5 maggio 2001, n. 103), sono stati individuati i comuni della regione Calabria colpiti dagli eventi alluvionali dei mesi di settembre e ottobre 2000.

(22)  Comma così modificato dalla legge di conversione 11 dicembre 2000, n. 365.

(23)  Comma così modificato dalla legge di conversione 11 dicembre 2000, n. 365.

(24)  Comma così modificato dalla legge di conversione 11 dicembre 2000, n. 365.

(25)  Comma così modificato dalla legge di conversione 11 dicembre 2000, n. 365.

(26)  Comma aggiunto dalla legge di conversione 11 dicembre 2000, n. 365.

(27)  Comma così modificato dalla legge di conversione 11 dicembre 2000, n. 365.

(28)  Comma così sostituito dalla legge di conversione 11 dicembre 2000, n. 365.

(29)  Comma aggiunto dalla legge di conversione 11 dicembre 2000, n. 365.

(30)  Comma così sostituito dalla legge di conversione 11 dicembre 2000, n. 365.

(31)  Comma aggiunto dalla legge di conversione 11 dicembre 2000, n. 365.

 

 

Art. 4-bis. 

Interventi urgenti a favore delle zone danneggiate dalle calamità idrogeologiche dell'ottobre e del novembre 2000.

1. Ai soggetti privati e alle imprese gravemente danneggiati dalle calamità idrogeologiche dei mesi di ottobre e novembre 2000 nei territori per i quali è intervenuta la dichiarazione dello stato di emergenza ai sensi della legge 24 febbraio 1992, n. 225, si applicano i benefìci e le disposizioni di cui ai commi 2, 3, 4, 5, 5-bis, 6, 7, 8, 9-bis e 10-bis dell'articolo 4.

2. Per la concessione dei benefìci di cui al comma 1 si applicano le disposizioni previste dall'articolo 3, comma 6, dell'ordinanza del Ministro dell'interno delegato per il coordinamento della protezione civile n. 3090 del 18 ottobre 2000, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 246 del 20 ottobre 2000.

3. Alle attività produttive, che hanno subìto una riduzione del volume di affari di almeno il trenta per cento rispetto all'equivalente periodo dell'anno precedente per effetto della interruzione delle comunicazioni protrattasi per oltre trenta giorni in conseguenza alle calamità di cui al comma 1, sono concessi contributi a fondo perduto al 75 per cento dei minori introiti. Al fine di assicurare omogeneità per la concessione dei benefìci di cui al presente comma, il Dipartimento della protezione civile emana apposita direttiva (32).

4. Ai soggetti proprietari o titolari di diritti reali di immobili residenziali, già danneggiati dagli eventi alluvionali della prima decade del mese di novembre 1994 verificatisi in Piemonte, è assegnato un contributo a fondo perduto fino al 100 per cento della spesa necessaria per la riparazione dei danni alle abitazioni principali e fino al 60 per cento per ogni altra unità immobiliare ad uso abitativo. La spesa ammissibile non può superare l'importo determinato secondo i criteri di cui al comma 2, primo periodo, dell'articolo 4.

5. Alle imprese, ai soggetti che esercitano libera attività professionale, alle organizzazioni di volontariato e del terzo settore, già danneggiati dagli eventi alluvionali della prima decade del mese di novembre 1994 verificatisi in Piemonte, è assegnato un contributo a fondo perduto fino al 100 per cento dell'entità dei danni subiti. Le imprese, beneficiarie dei finanziamenti agevolati di cui al decreto-legge 19 dicembre 1994, n. 691, convertito, con modificazioni, dalla legge 16 febbraio 1995, n. 35, danneggiate nuovamente dall'evento alluvionale del mese di ottobre 2000, che ricorrono alle provvidenze di cui al comma 8 dell'articolo 4, possono estinguere il mutuo contratto ai sensi del citato decreto-legge n. 691 del 1994, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 35 del 1995, con oneri a carico e nei limiti delle disponibilità residue del medesimo decreto (33).

6. All'onere per gli interventi di cui al presente articolo si provvede a carico delle disponibilità di cui all'articolo 7 dell'ordinanza del Ministro dell'interno delegato per il coordinamento della protezione civile n. 3090 del 18 ottobre 2000, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 246 del 20 ottobre 2000 (34).

 

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(32)  In attuazione di quanto disposto dal presente comma vedi la Dir.Min. 30 gennaio 2001 integrata dalla Dir.Min. 10 aprile 2001.

(33)  Vedi, anche, il comma 4 dell'art. 1-bis, D.L. 3 agosto 2004, n. 220, nel testo integrato dalla relativa legge di conversione.

(34)  Articolo aggiunto dalla legge di conversione 11 dicembre 2000, n. 365. Sui limiti di applicabilità dei benefìci di cui al presente articolo vedi l'art. 80, comma 32, L. 27 dicembre 2002, n. 289.

 

 

Art. 4-ter. 

Studio preliminare agli interventi sul collegamento ferroviario Aosta-Chivasso.

1. Entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto, il Ministero dei trasporti e della navigazione, d'intesa con le Ferrovie dello Stato S.p.a., predispone uno studio preliminare di comparazione tra i costi e i tempi necessari al ripristino del collegamento ferroviario Aosta-Chivasso, nel tracciato in essere alla data delle calamità idrogeologiche dell'ottobre 2000, e quelli conseguenti all'ammodernamento della linea con rettificazione di tracciato, elettrificazione e raddoppio della medesima (35).

 

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(35)  Articolo aggiunto dalla legge di conversione 11 dicembre 2000, n. 365.

 

 

Art. 5. 

Disposizioni relative al servizio di leva nelle zone della regione Calabria interessate dagli eventi calamitosi del settembre e dell'ottobre 2000; sospensione di termini fiscali, e previdenziali.

1. I soggetti residenti alla data delle calamità di cui all'articolo 4, comma 1, nei comuni della regione Calabria individuati ai sensi del medesimo articolo 4, comma 1, interessati al servizio militare fino al 2005, sono utilizzati a domanda, anche se già incorporati o in servizio, come coadiutori del personale dello Stato, delle regioni o degli enti locali per le esigenze connesse alla realizzazione degli interventi necessari a fronteggiare le conseguenze dell'emergenza; quelli interessati per gli stessi anni al servizio civile, sono assegnati con priorità agli enti convenzionati per l'impiego degli obiettori di coscienza di cui al comma 3 o, se già in servizio, trasferiti a domanda agli stessi enti per far fronte alle medesime esigenze (36).

2. I soggetti interessati al servizio militare che intendono beneficiare delle disposizioni di cui al comma 1 devono presentare domanda, se già alle armi, ai rispettivi comandi di corpo e, se ancora da incorporare, ai distretti militari di appartenenza. I comandi militari competenti, sulla base delle esigenze rappresentate dalle amministrazioni dello Stato, dalle regioni o dagli enti locali, assegnano, previa convenzione, i predetti soggetti, tenendo conto delle professionalità e delle attitudini individuali. Per il vitto e l'alloggio di tali soggetti si provvede tenendo conto della ricettività delle caserme e della disponibilità dei comuni, nonché autorizzando il pernottamento ed eventualmente il vitto presso le rispettive abitazioni. L'assegnazione dei militari di leva alle amministrazioni che hanno stipulato una convenzione avverrà entro venti giorni dalla presentazione della domanda da parte dei militari stessi.

3. La Presidenza del Consiglio dei Ministri - Ufficio nazionale per il servizio civile attiva, con procedura d'urgenza, le convenzioni relative al servizio civile per l'utilizzazione degli obiettori di coscienza da parte delle amministrazioni dello Stato, enti o organizzazioni pubbliche e private di cui all'articolo 8, comma 2, della legge 8 luglio 1998, n. 230, operanti nei territori interessati dall'emergenza, che hanno già presentato o presentino domanda, nonché ad effettuare le relative assegnazioni.

4. I soggetti di cui al comma 1, le cui abitazioni principali sono state oggetto di ordinanza di sgombero a seguito di inagibilità parziale o totale, vengono, a domanda, dispensati dal servizio di leva o dal servizio civile e, se già in servizio, collocati in congedo anticipato. Salvo quanto previsto dall'articolo 9, comma 2, della legge 27 luglio 2000, n. 212, il Ministro dell'interno delegato per il coordinamento della protezione civile, con ordinanza di protezione civile, ai sensi dell'articolo 5 della legge 24 febbraio 1992, n. 225, adotta, entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto, d'intesa con i Ministri competenti, misure ed agevolazioni in materia fiscale e previdenziale a favore dei soggetti danneggiati, con oneri nei limiti delle disponibilità di cui all'articolo 3, comma 5, dell'ordinanza del Ministro dell'interno delegato per il coordinamento della protezione civile n. 3081 del 12 settembre 2000, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 220 del 20 settembre 2000 (37).

4-bis. Nelle zone colpite dalle calamità naturali di cui al comma 1, le disposizioni previste dall'articolo 48-ter dell'ordinamento giudiziario, approvato con regio decreto 30 gennaio 1941, n. 12, introdotto dall'articolo 15 del decreto legislativo 19 febbraio 1998, n. 51, divengono efficaci dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto (38).

 

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(36)  Comma così modificato dal comma 52 dell'art. 52, L. 28 dicembre 2001, n. 448.

(37)  Comma così modificato dalla legge di conversione 11 dicembre 2000, n. 365.

(38)  Comma aggiunto dalla legge di conversione 11 dicembre 2000, n. 365.

 

 

Art. 5-bis. 

Disposizioni relative al servizio di leva nelle zone delle regioni interessate dagli eventi calamitosi dell'ottobre e del novembre 2000; sospensione o proroga di termini fiscali, e previdenziali, giudiziari e di controllo.

1. Le disposizioni di cui ai commi 1, 2, 3 e 4, primo periodo, dell'articolo 5, si applicano anche ai soggetti residenti, alla data della calamità, nei comuni gravemente danneggiati dai fenomeni alluvionali dell'ottobre e del novembre 2000 individuati con decreto del Ministro dell'interno delegato per il coordinamento della protezione civile (39).

2. Le domande dei soggetti di cui al comma 1 presentate ai sensi del comma 1 dell'articolo 5 sono accolte sino alla concorrenza delle richieste di personale avanzate dagli organi di Stato, dalle regioni e dagli enti impegnati a fronteggiare le conseguenze dei fenomeni alluvionali.

3. In conseguenza delle calamità idrogeologiche dei mesi di ottobre e di novembre 2000, per le regioni Valle d'Aosta, Piemonte, Liguria, Emilia-Romagna, Lombardia, Veneto, Friuli-Venezia Giulia, Toscana, Puglia e per la provincia autonoma di Trento, il termine del 31 dicembre 2000, previsto dall'articolo 7, comma 5, della legge 23 dicembre 1999, n. 488, è ulteriormente prorogato al 31 dicembre 2001. All'onere per gli interventi di cui al presente comma, si provvede a carico delle disponibilità di cui all'articolo 7 dell'ordinanza del Ministro dell'interno delegato per il coordinamento della protezione civile n. 3090 del 18 ottobre 2000, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 246 del 20 ottobre 2000 (40).

 

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(39)  I comuni gravemente danneggiati dagli eventi calamitosi dell'ottobre e del novembre 2000 sono stati individuati per la Valle d'Aosta con D.M. 17 gennaio 2001 (Gazz. Uff. 22 gennaio 2001, n. 17), integrato dal D.M. 14 febbraio 2001 (Gazz. Uff. 21 febbraio 2001, n. 43); per il Friuli-Venezia Giulia con D.M. 17 gennaio 2001 (Gazz. Uff. 22 gennaio 2001, n. 17); per l'Emilia-Romagna con D.M. 17 gennaio 2001 (Gazz. Uff. 23 gennaio 2001, n. 18); per il Piemonte con D.M. 17 gennaio 2001 (Gazz. Uff. 23 gennaio 2001, n. 18), modificato con D.M. 10 aprile 2001 (Gazz. Uff. 20 aprile 2001, n. 92); per la Toscana con D.M. 29 gennaio 2001 (Gazz. Uff. 5 febbraio 2001, n. 29), integrato dal D.M. 20 marzo 2001 (Gazz. Uff. 27 marzo 2001, n. 72); per la Liguria con D.M. 29 gennaio 2001 (Gazz. Uff. 6 febbraio 2001, n. 30); per la Lombardia con D.M. 29 gennaio 2001 (Gazz. Uff. 7 febbraio 2001, n. 31), integrato dal D.M. 13 febbraio 2001 (Gazz. Uff. 21 febbraio 2001, n. 43), dal D.M. 8 marzo 2001 (Gazz. Uff. 22 marzo 2001, n. 68), dal D.M. 23 marzo 2001 (Gazz. Uff. 28 marzo 2001, n. 73), dal D.M. 10 aprile 2001 (Gazz. Uff. 24 aprile 2001, n. 95), dal D.M. 6 giugno 2001 (Gazz. Uff. 27 giugno 2001, n. 147) e dal D.M. 28 giugno 2001 (Gazz. Uff. 6 luglio 2001, n. 155), come corretto con Comunicato 4 agosto 2001 (Gazz. Uff. 4 agosto 2001, n. 180); per la provincia autonoma di Bolzano con D.M. 13 febbraio 2001 (Gazz. Uff. 21 febbraio 2001, n. 43), integrato dal D.M. 23 marzo 2001 (Gazz. Uff. 28 marzo 2001, n. 73) e dal D.M. 6 giugno 2001 (Gazz. Uff. 27 giugno 2001, n. 147); per il Veneto con D.M. 14 febbraio 2001 (Gazz. Uff. 21 febbraio 2001, n. 43), integrato dal D.M. 23 marzo 2001 (Gazz. Uff. 28 marzo 2001, n. 73); per la Puglia con D.M. 6 marzo 2001 (Gazz. Uff. 15 marzo 2001, n. 62); per la provincia autonoma di Trento con D.M. 16 marzo 2001 (Gazz. Uff. 21 marzo 2001, n. 67) integrato dal D.M. 6 giugno 2001 (Gazz. Uff. 6 luglio 2001, n. 155).

(40)  Articolo aggiunto dalla legge di conversione 11 dicembre 2000, n. 365.

 

 

Art. 6. 

Modifiche al decreto-legge 11 giugno 1998, n. 180, convertito, con modificazioni, dalla legge 3 agosto 1998, n. 267, e successive modificazioni.

1. All'articolo 2, comma 5, del decreto-legge n. 180 del 1998 le parole: «due anni» sono sostituite dalle seguenti: non superiore a quattro anni (41).

2. All'onere derivante dall'applicazione del comma 1, valutato in lire 600 milioni annui a decorrere dall'anno 2000, si provvede mediante corrispondente riduzione dello stanziamento iscritto nell'àmbito dell'unità previsionale di base di parte corrente «fondo speciale» dello stato di previsione del Ministero del tesoro, del bilancio e della programmazione economica, per l'anno 2000, allo scopo parzialmente utilizzando l'accantonamento relativo al Ministero dell'ambiente.

 

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(41)  Comma così modificato dalla legge di conversione 11 dicembre 2000, n. 365.

Art. 6-bis. 

Misure per la stabilizzazione del personale assunto a tempo determinato dalle Autorità di bacino di rilievo nazionale, ai sensi del decreto-legge n. 180 del 1998.

1. Le Autorità di bacino di rilievo nazionale che, alla data di entrata in vigore del presente decreto, utilizzano personale con rapporto di lavoro a tempo determinato assunto, previo superamento di prove selettive, ai sensi del decreto-legge n. 180 del 1998, possono procedere alla trasformazione, immediata e diretta, del predetto rapporto di lavoro a tempo determinato in rapporto a tempo indeterminato per la copertura dei corrispondenti posti vacanti nelle dotazioni organiche, nel rispetto delle disposizioni di cui all'articolo 36, comma 1, lettera a), del decreto legislativo 3 febbraio 1993, n. 29, e successive modificazioni, modificando, se necessario, il programma triennale di fabbisogno di personale (42) (43).

 

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(42)  Articolo aggiunto dalla legge di conversione 11 dicembre 2000, n. 365.

(43)  La Corte costituzionale, con sentenza 21 novembre - 9 dicembre 2002, n. 524 (Gazz. Uff. 11 dicembre 2002, n. 49, serie speciale), ha dichiarato non fondate le questioni di legittimità costituzionale dell'art. 1-bis commi 2, 3 e 4, convertito, con modificazioni, nella legge n. 365 del 2000, sollevate in riferimento agli artt. 5, 9, 117, 118, 3 e 97 della Costituzione, dalla Regione Piemonte; in riferimento agli artt. 5, 9, 44, secondo comma, 117, 118, 3 e 97 della Costituzione, nonché al principio di leale collaborazione tra Stato e Regioni, dalla Regione Emilia-Romagna; in riferimento agli artt. 5, 97, 117 e 118 della Costituzione, dalla Regione Liguria;

ha inoltre dichiarato cessata la materia del contendere in ordine alla questione di legittimità costituzionale dell'art. 6

-bis sollevata in riferimento agli artt. 3, 35, 97 e 117 della Costituzione;

ha infine dichiarato cessata la materia del contendere in ordine alla questione di legittimità costituzionale degli artt. 6-bis e 6-ter sollevata in riferimento agli artt. 3 e 97 della Costituzione.

 

 

Art. 6-ter. 

Disposizioni per le regioni e gli enti locali colpiti dalla crisi sismica del 27 settembre 1997.

1. Le regioni e gli enti locali colpiti dalla crisi sismica del 27 settembre 1997, che hanno provveduto ad assunzioni di personale a tempo determinato ai sensi dell'articolo 14, comma 14, del decreto-legge 30 gennaio 1998, n. 6, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 marzo 1998, n. 61, e successive modificazioni, sono autorizzati, in deroga alle vigenti normative in materia di reclutamento, a trasformare i rapporti di lavoro da tempo determinato a tempo indeterminato mediante indizione di appositi concorsi riservati al personale assunto con le predette modalità, in servizio alla data di indizione dei bandi stessi, per la copertura di posti di pianta organica di categoria corrispondente a quella di assunzione.

2. Alla copertura degli oneri finanziari derivanti dall'attuazione delle disposizioni di cui al comma 1, gli enti di cui al medesimo comma 1 provvedono mediante l'utilizzo dei fondi previsti dal citato articolo 14, comma 14, fin quando disponibili (44) (45).

 

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(44)  Articolo aggiunto dalla legge di conversione 11 dicembre 2000, n. 365.

(45)  La Corte costituzionale, con sentenza 21 novembre - 9 dicembre 2002, n. 524 (Gazz. Uff. 11 dicembre 2002, n. 49, serie speciale), ha dichiarato non fondate le questioni di legittimità costituzionale dell'art. 1-bis commi 2, 3 e 4, convertito, con modificazioni, nella legge n. 365 del 2000, sollevate in riferimento agli artt. 5, 9, 117, 118, 3 e 97 della Costituzione, dalla Regione Piemonte; in riferimento agli artt. 5, 9, 44, secondo comma, 117, 118, 3 e 97 della Costituzione, nonché al principio di leale collaborazione tra Stato e Regioni, dalla Regione Emilia-Romagna; in riferimento agli artt. 5, 97, 117 e 118 della Costituzione, dalla Regione Liguria;

ha inoltre dichiarato cessata la materia del contendere in ordine alla questione di legittimità costituzionale dell'art. 6

-bis sollevata in riferimento agli artt. 3, 35, 97 e 117 della Costituzione;

ha infine dichiarato cessata la materia del contendere in ordine alla questione di legittimità costituzionale degli artt. 6-bis e 6-ter sollevata in riferimento agli artt. 3 e 97 della Costituzione.

 

 

Art. 6-quater. 

Disponibilità di dati ambientali e territoriali.

1. I dati ambientali e territoriali di interesse per le politiche e le attività relative all'assetto del territorio e alla difesa del suolo, in possesso di ciascuna amministrazione pubblica nazionale, regionale e locale, sono acquisiti e resi disponibili a tutte le amministrazioni, a cura del Ministero dell'ambiente, senza oneri ed in forma riproducibile, secondo gli standard definiti nell'àmbito del sistema cartografico di riferimento, realizzato previa intesa in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano (46).

 

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(46)  Articolo aggiunto dalla legge di conversione 11 dicembre 2000, n. 365.

 

 

Art. 6-quinquies. 

Modifiche al decreto-legge n. 6 del 1998, convertito con modificazioni, dalla legge n. 61 del 1998.

1. Al decreto-legge 30 gennaio 1998, n. 6, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 marzo 1998, n. 61, e successive modificazioni, sono apportate le seguenti modifiche:

a) all'articolo 2, comma 3, lettera e), secondo periodo, dopo le parole: «anche le opere» sono inserite le seguenti: «per il recupero funzionale degli edifici, nonché quelle»;

b) all'articolo 3, comma 6, dopo le parole: «si sostituiscono ai proprietari» sono inserite le seguenti: «e, previa diffida ad adempiere entro un termine non inferiore a trenta giorni, ai consorzi inadempienti»;

c) ... (47);

d) ... (48);

e) ... (49) (50).

 

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(47)  Aggiunge un periodo all'art. 4, comma 5, D.L. 30 gennaio 1998, n. 6.

(48)  Aggiunge il comma 7-ter all'art. 4, D.L. 30 gennaio 1998, n. 6.

(49)  Aggiunge il comma 6-bis all'art. 15, D.L. 30 gennaio 1998, n. 6.

(50)  Articolo aggiunto dalla legge di conversione 11 dicembre 2000, n. 365.

 

 

Art. 7. 

Interventi in materia di protezione civile (51).

1. I contratti a tempo determinato degli esperti tecnico-amministrativi, in servizio presso il Dipartimento della protezione civile alla data di entrata in vigore del presente decreto, sono prorogati fino all'avvio del funzionamento dell'Agenzia di protezione civile, istituita dal capo IV del decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 300. Al relativo onere, valutato in lire 6.000 milioni in ragione d'anno, a decorrere dall'anno 2000, si provvede mediante corrispondente riduzione dell'autorizzazione di spesa di cui all'articolo 6, comma 1, del decreto-legge 3 maggio 1991, n. 142, convertito, con modificazioni, dalla legge 3 luglio 1991, n. 195, come determinata dalla tabella C della legge 23 dicembre 1999, n. 488, volta ad assicurare il finanziamento del Fondo per la protezione civile (52).

1-bis. [L'Agenzia di protezione civile, all'avvio del proprio funzionamento provvede, nei limiti del 70 per cento dei posti che si renderanno disponibili nella pianta organica e con onere a carico del proprio bilancio, all'inquadramento del personale di cui al comma 1, previa selezione e nel rispetto della normativa relativa alla programmazione delle assunzioni nel pubblico impiego] (53).

1-ter. La proroga dei contratti a tempo determinato, di cui al comma 1 del presente articolo, si applica agli esperti tecnico-amministrativi assunti ai sensi dell'articolo 2-bis del decreto-legge 19 maggio 1997, n. 130, convertito, con modificazioni, dalla legge 16 luglio 1997, n. 228, del comma 16 dell'articolo 14 del decreto-legge 30 gennaio 1998, n. 6, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 marzo 1998, n. 61, e ai sensi delle seguenti disposizioni delle ordinanze del Ministro dell'interno delegato per il coordinamento della protezione civile: articolo 12, comma 1, dell'ordinanza n. 2787 del 21 maggio 1998, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 120 del 26 maggio 1998; articolo 6, comma 4, dell'ordinanza n. 2863 dell'8 ottobre 1998, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 241 del 15 ottobre 1998; articolo 8, comma 2, dell'ordinanza n. 2947 del 24 febbraio 1999, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 50 del 2 marzo 1999; articolo 7, comma 2, dell'ordinanza n. 2991 del 31 maggio 1999, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 129 del 4 giugno 1999 (54).

1-quater. Per favorire una rapida attuazione degli interventi connessi al ripristino delle infrastrutture e dei beni immobili danneggiati dall'alluvione che ha colpito nei mesi di settembre e ottobre 2000 ampie zone della Calabria, la regione e gli enti locali sono autorizzati ad assumere, con contratto a tempo determinato, personale tecnico ed informatico, con priorità per il personale utilizzato nella rilevazione di vulnerabilità sismica dei progetti dei lavori socialmente utili promossi dal Dipartimento della protezione civile. Al relativo onere si provvede nel limite del 2 per cento delle disponibilità di cui all'articolo 3 dell'ordinanza del Ministro dell'interno delegato per il coordinamento della protezione civile n. 3081 del 12 settembre 2000, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 220 del 20 settembre 2000 (55).

1-quinquies. Per la previsione e la prevenzione dei rischi, per gli interventi di emergenza, e per tutte le funzioni di cui all'articolo 108 del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112, e successive modificazioni, per la organizzazione della protezione civile nella regione, e per la proroga dei contratti in essere a tempo determinato con il personale tecnico ed amministrativo ex Italter e Sirap e con lavoratori socialmente utili già formati dal Dipartimento della protezione civile, la Regione siciliana è autorizzata ad utilizzare, nei limiti del 4 per cento, e per un periodo di tre anni rinnovabile, i fondi ad essa assegnati dall'articolo 1 della legge 31 dicembre 1991, n. 433 (56).

 

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(51)  Rubrica così sostituita dalla legge di conversione 11 dicembre 2000, n. 365.

(52)  Vedi, anche, l'art. 5-bis, D.L. 7 settembre 2001, n. 343, nel testo integrato dalla relativa legge di conversione.

(53)  Comma aggiunto dalla legge di conversione 11 dicembre 2000, n. 365 e successivamente abrogato dall'art. 5-bis, D.L. 7 settembre 2001, n. 343, nel testo integrato dalla relativa legge di conversione.

(54)  Comma aggiunto dalla legge di conversione 11 dicembre 2000, n. 365.

(55)  Comma aggiunto dalla legge di conversione 11 dicembre 2000, n. 365.

(56)  Comma aggiunto dalla legge di conversione 11 dicembre 2000, n. 365.

 

 

Art. 7-bis. 

Ulteriori misure urgenti per gli interventi di superamento dell'emergenza nelle regioni del nord Italia interessate dagli eventi alluvionali del novembre 1994, nonché per la rilocalizzazione delle attività produttive ubicate in zone a rischio di esondazione.

1. Il termine per la presentazione delle domande di rilocalizzazione da parte dei titolari di attività produttive ubicate in aree a rischio di cui all'articolo 4-quinquies, comma 1, del decreto-legge 19 maggio 1997, n. 130, convertito, con modificazioni, dalla legge 16 luglio 1997, n. 228, e successive modificazioni, è prorogato, nel limite delle risorse finanziarie disponibili, al 31 dicembre 2001.

2. Per le finalità di cui all'articolo 2 del decreto-legge 19 dicembre 1994, n. 691, convertito, con modificazioni, dalla legge 16 febbraio 1995, n. 35, e successive modificazioni, il Fondo centrale di garanzia istituito presso il Mediocredito centrale S.p.a. ai sensi dell'articolo 28 del decreto-legge 18 novembre 1966, n. 976, convertito, con modificazioni, dalla legge 23 dicembre 1966, n. 1142, è incrementato dell'importo di 100 miliardi di lire per l'anno 2001 a valere sulle disponibilità giacenti presso lo stesso Mediocredito centrale S.p.a. di cui all'articolo 2, comma 1, del citato decreto-legge n. 691 del 1994, convertito, con modificazioni, dalla predetta legge n. 35 del 1995, la cui autorizzazione di spesa si intende conseguentemente ridotta del medesimo importo.

3. Fino alla completa attuazione del decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 26 maggio 2000, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 149 del 28 giugno 2000, e comunque entro il 31 dicembre 2002, per le attività connesse agli interventi agevolativi finalizzati alla rilocalizzazione di attività produttive ubicate in aree a rischio di cui all'articolo 4-quinquies del decreto-legge 19 maggio 1997, n. 130, convertito, con modificazioni, dalla legge 16 luglio 1997, n. 228, e successive modificazioni, la gestione del Fondo centrale di garanzia istituito presso il Mediocredito centrale S.p.a. ai sensi dell'articolo 28 del decreto-legge 18 novembre 1966, n. 976, convertito, con modificazioni, dalla legge 23 dicembre 1966, n. 1142, resta incardinata a livello centrale ed indistinto presso il medesimo Mediocredito centrale S.p.a., che svolge le funzioni di concessione in garanzia di cui al presente comma mediante un ulteriore riparto tra le regioni delle risorse trasferite.

4. Ai contratti di finanziamento agevolato previsti dall'articolo 4-quinquies del decreto-legge 19 maggio 1997, n. 130, convertito, con modificazioni, dalla legge 16 luglio 1997, n. 228, e successive modificazioni, nei limiti delle residue disponibilità, si applicano i benefìci di cui all'articolo 3-quinquies, comma 1, del decreto-legge 13 maggio 1999, n. 132, convertito, con modificazioni, dalla legge 13 luglio 1999, n. 226. Alle imprese che, alla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto, hanno già stipulato il finanziamento di cui al citato articolo 4-quinquies, è riconosciuto, a decorrere dalla medesima data, il tasso agevolato dell'1,5 per cento; la durata del finanziamento, che non può superare i dieci anni, ricomprenderà un periodo massimo di preammortamento di tre anni a decorrere dalla data della prima erogazione nei limiti delle residue disponibilità.

5. Nei limiti delle risorse assegnate e disponibili, i finanziamenti di cui all'articolo 4-quinquies, comma 2, del decreto-legge 19 maggio 1997, n. 130, convertito, con modificazioni, dalla legge 16 luglio 1997, n. 228, ricomprendono anche gli oneri di trasferimento delle scorte.

6. Le imprese locatarie degli insediamenti ubicati nelle aree di cui all'articolo 1 del decreto del Ministro del tesoro, del bilancio e della programmazione economica 24 aprile 1998, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 171 del 24 luglio 1998, adottato in attuazione del disposto dell'articolo 4-quinquies del decreto-legge 19 maggio 1997, n. 130, convertito, con modificazioni, dalla legge 16 luglio 1997, n. 228, anche provvisoriamente rilocalizzatesi, possono accedere ai finanziamenti di cui al medesimo articolo 4-quinquies, nei limiti delle risorse assegnate e disponibili, anche per l'acquisto o la realizzazione del nuovo insediamento.

7. Nei casi di immobili destinati ad uso di civile abitazione e interessati da eventi calamitosi avvenuti in conseguenza dell'alluvione del novembre 1994, la regione Piemonte può concedere ai proprietari contributi al fine di consentire la ricostruzione in altro sito o l'acquisto di abitazioni sostitutive. All'onere relativo, stimato in lire 2 miliardi, si provvede utilizzando le residue disponibilità di cui all'articolo 1, comma 4, del decreto-legge 19 dicembre 1994, n. 691, convertito, con modificazioni, dalla legge 16 febbraio 1995, n. 35, e successive modificazioni, presenti, per l'anno 2000, sui capitoli di bilancio dei comuni interessati e la regione Piemonte è autorizzata ad utilizzare le economie derivanti dai ribassi d'asta, fino alla concorrenza di 2 miliardi di lire, relativi all'esecuzione degli interventi infrastrutturali di cui all'articolo 2 del decreto-legge 24 novembre 1994, n. 646, convertito, con modificazioni, dalla legge 21 gennaio 1995, n. 22, e successive modificazioni. I comuni interessati sono autorizzati a versare le predette disponibilità all'entrata del bilancio regionale perché siano riassegnate allo scopo. Per le aree su cui insistono gli immobili da demolire, l'onere della demolizione è posto a carico dei bilanci comunali e le aree sono acquisite al patrimonio indisponibile dei comuni medesimi.

8. I professionisti che risultavano iscritti negli appositi albi, collegi o ordini professionali alla data del 20 luglio 1997, possono, nei limiti delle risorse disponibili, accedere ai finanziamenti di cui all'articolo 4-quinquies del decreto-legge 19 maggio 1997, n. 130, convertito, con modificazioni, dalla legge 16 luglio 1997, n. 228, e successive modificazioni (57).

 

--------------------------------------------------------------------------------

(57)  Articolo aggiunto dalla legge di conversione 11 dicembre 2000, n. 365.

 

Art. 7-ter. 

Competenze della regione Valle d'Aosta e delle province autonome di Trento e di Bolzano.

1. L'attuazione del presente decreto avviene nel rispetto delle competenze previste dallo statuto della regione Valle d'Aosta, dalle relative norme di attuazione e dall'articolo 16 della legge 24 febbraio 1992, n. 225, nonché nel rispetto di quanto stabilito in materia dagli statuti speciali delle province autonome di Trento e di Bolzano e dalle relative norme di attuazione (58).

 

--------------------------------------------------------------------------------

(58)  Articolo aggiunto dalla legge di conversione 11 dicembre 2000, n. 365.

 

 

Art. 8. 

Entrata in vigore.

1. Il presente decreto entra in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana e sarà presentato alle Camere per la conversione in legge.

 

 


Tabella A

 

 

Comuni con possibili situazioni di rischio idrogeologico molto elevato individuati dalle ordinanze di Protezione Civile ai sensi dell'art. 5, comma 2, L. n. 225/1992 [**]

 

 

N.

Regione

Provincia

Comune

1

Abruzzo

CH

Furci

2

Abruzzo

CH

Montazzoli

3

Basilicata

PZ

Lauria

4

Basilicata

PZ

Melfi [*]

5

Basilicata

PZ

Tolve

6

Calabria

CS

Amantea

7

Calabria

CS

Amendolara [*]

8

Calabria

CS

Bisignano

9

Calabria

CS

Cerisano

10

Calabria

CS

Diamante

11

Calabria

CS

Longobucco [*]

12

Calabria

CS

Mongrassano

13

Calabria

CS

Roseto Capo Spulico [*]

14

Calabria

CS

Serra Pedace

15

Calabria

CS

Villapiana

16

Calabria

CZ

Badolato

17

Calabria

CZ

Botricello

18

Calabria

CZ

Curinga

19

Calabria

CZ

Davoli

20

Calabria

CZ

Falerna

21

Calabria

CZ

Feroleto Antico

22

Calabria

CZ

Gizzera

23

Calabria

CZ

Guardavalle

24

Calabria

CZ

Lamezia Terme [*]

25

Calabria

CZ

Magisano

26

Calabria

CZ

Martirano Lombardo

27

Calabria

CZ

Montepaone

28

Calabria

CZ

Nocera Terinese

29

Calabria

CZ

Petrizzi

30

Calabria

CZ

Santa Caterina dello Ionio

31

Calabria

CZ

Sant'Andrea Apostolo dello Ionio

32

Calabria

CZ

Satriano

33

Calabria

CZ

Sellia Marina

34

Calabria

CZ

Simeri Crichi

35

Calabria

CZ

Soverato

36

Calabria

CZ

Zagarise

37

Calabria

KR

Cirò

38

Calabria

KR

Crotone

39

Calabria

KR

Isola di Capo Rizzuto

40

Calabria

KR

Scandale

41

Calabria

KR

Strongoli

42

Calabria

RC

Africo

43

Calabria

RC

Agnana Calabra [*]

44

Calabria

RC

Angia

45

Calabria

RC

Antonimina [*]

46

Calabria

RC

Bagaladi

47

Calabria

RC

Benestare

48

Calabria

RC

Bianco

49

Calabria

RC

Bivongi

50

Calabria

RC

Bova Marina

51

Calabria

RC

Bovalino

52

Calabria

RC

Brancaleone

53

Calabria

RC

Bruzzano Zeffiro

54

Calabria

RC

Camini

55

Calabria

RC

Cardeto

56

Calabria

RC

Careri

57

Calabria

RC

Casignana

58

Calabria

RC

Caulonia [*]

59

Calabria

RC

Ciminà

60

Calabria

RC

Cinquefrondi

61

Calabria

RC

Condofuri

62

Calabria

RC

Cosoleto

63

Calabria

RC

Feroleto della Chiesa

64

Calabria

RC

Ferruzzano

65

Calabria

RC

Fiumara

66

Calabria

RC

Gerace

67

Calabria

RC

Gioia Tauro

68

Calabria

RC

Gioiosa Ionica

69

Calabria

RC

Laganadi

70

Calabria

RC

Locri

71

Calabria

RC

Marina di Gioiosa Ionica

72

Calabria

RC

Martone

73

Calabria

RC

Melito di Porto Salvo

74

Calabria

RC

Montebello Ionico

75

Calabria

RC

Motta San Giovanni

76

Calabria

RC

Oppido Mamertina

77

Calabria

RC

Palmi

78

Calabria

RC

Pazzano [*]

79

Calabria

RC

Placanica

80

Calabria

RC

Platì

81

Calabria

RC

Reggio di Calabria

82

Calabria

RC

Riace

83

Calabria

RC

Rizziconi

84

Calabria

RC

Roccaforte del Greco

85

Calabria

RC

Samo

86

Calabria

RC

San Ferdinando

87

Calabria

RC

San Giovanni di Gerace

88

Calabria

RC

San Lorenzo

89

Calabria

RC

San Luca [*]

90

Calabria

RC

San Pietro di Caridà [*]

91

Calabria

RC

San Procopio

92

Calabria

RC

Santa Cristina d'Aspromonte

93

Calabria

RC

Sant'Agata del Bianco

94

Calabria

RC

Sant'Alessio in Aspromonte

95

Calabria

RC

Sant'Eufemia d'Aspromonte

96

Calabria

RC

Sant'Ilario dello Ionio

97

Calabria

RC

Scido

98

Calabria

RC

Scilla

99

Calabria

RC

Seminara

100

Calabria

RC

Siderno

101

Calabria

RC

Sinopoli

102

Calabria

RC

Staiti

103

Calabria

RC

Terranova Sappo Minulio

104

Calabria

RC

Varapodio

105

Calabria

VV

Dinami

106

Calabria

VV

Francavilla Ancitola [*]

107

Calabria

VV

Maierato

108

Calabria

VV

Monterosso Calabro

109

Calabria

VV

Nicotera [*]

110

Calabria

VV

Tropea

111

Calabria

VV

Vibo Valentia [*]

112

Campania

AV

Lacedonia

113

Molise

IS

Pietrabbondante

114

Puglia

BA

Canosa di Puglia [*]

115

Puglia

BA

Cassano delle Murge [*]

116

Puglia

BA

Noci [*]

117

Puglia

BA

Palo del Colle [*]

118

Puglia

BA

Rutigliano [*]

119

Puglia

BA

Ruvo di Puglia [*]

120

Puglia

BA

Spinazzola [*]

121

Puglia

BR

Carovigno [*]

122

Puglia

BR

Cellino San Marco [*]

123

Puglia

BR

Cisternino [*]

124

Puglia

BR

Fasano [*]

125

Puglia

BR

Latiano [*]

126

Puglia

BR

Ostuni [*]

127

Puglia

BR

San Donaci [*]

128

Puglia

BR

San Pancrazio Salentino [*]

129

Puglia

BR

San Pietro Vernotico [*]

130

Puglia

BR

Torchiarolo [*]

131

Puglia

BR

Villa Castelli [*]

132

Puglia

FG

Candela [*]

133

Puglia

FG

Carlantino [*]

134

Puglia

FG

Casalnuovo Monterotaro [*]

135

Puglia

FG

Casalvecchio di Puglia [*]

136

Puglia

FG

Celenza Valfortore [*]

137

Puglia

FG

Foggia [*]

138

Puglia

FG

Ischitella [*]

139

Puglia

FG

Monte Sant'Angelo [*]

140

Puglia

FG

Orsara di Puglia [*]

141

Puglia

FG

Rodi Garganico [*]

142

Puglia

FG

San Marco in Lamis [*]

143

Puglia

FG

San Marco La Catola [*]

144

Puglia

FG

Sant'Agata di Puglia [*]

145

Puglia

FG

Stornarella [*]

146

Puglia

FG

Vico del Gargano [*]

147

Puglia

LE

Calimera [*]

148

Puglia

LE

Campi Salentina [*]

149

Puglia

LE

Carmiano [*]

150

Puglia

LE

Castro(le) [*]

151

Puglia

LE

Cavallino [*]

152

Puglia

LE

Copertino [*]

153

Puglia

LE

Diso [*]

154

Puglia

LE

Galatina [*]

155

Puglia

LE

Guagnano [*]

156

Puglia

LE

Leverano [*]

157

Puglia

LE

Nardò [*]

158

Puglia

LE

Porto Cesareo [*]

159

Puglia

LE

Presicce [*]

160

Puglia

LE

Salice Salentino [*]

161

Puglia

LE

Soleto [*]

162

Puglia

LE

Squinzano [*]

163

Puglia

LE

Surso [*]

164

Puglia

LE

Tuglie [*]

165

Puglia

LE

Ugento [*]

166

Puglia

LE

Veglie [*]

167

Sardegna

CA

Decimomannu

168

Sardegna

CA

Uta

169

Sardegna

CA

Vallermosa

170

Sicilia

CL

Butera

171

Sicilia

CT

Adrano

172

Sicilia

CT

Nicolosi

173

Sicilia

CT

Pedara

174

Sicilia

CT

Zafferana Etnea

175

Sicilia

EN

Cerami

176

Sicilia

ME

Scaletta Zanclea

177

Sicilia

ME

Torrenova

178

Toscana

GR

Gavorrano

179

Toscana

LI

Campo nell'Elba

180

Toscana

LI

Marciana

181

Toscana

LU

Forte dei Marmi

182

Toscana

SI

Cetona

183

Umbria

PG

Costacciaro

184

Umbria

PG

Gualdo Tadino

185

Umbria

PG

Nocera Umbra

186

Umbria

PG

Pietralunga

187

Veneto

BL

Lozzo di Cadore

188

Veneto

BL

Selva di Cadore

189

Veneto

VE

San Michele al Tagliamento

 

TOTALE

189

 

Nota 1: I Comuni di Bracigliano, Samo e Siano (Campania) non sono inseriti nell'elenco in quanto già oggetto di perimetrazioni ai sensi dell'ordinanza di Protezione Civile n. 2787 del 21 maggio 1998.

Nota 2: nei 12 Comuni della regione Calabria già individuati nell'àmbito del Piano Straordinario le perimetrazioni risultano effettuate e sono in fase di acquisizione.

[*] comune già individuato nell'àmbito del Piano Straordinario.

[**] i dati della Protezione Civile sono in fase di ulteriore integrazione.

 


 

Tabella B

 

 

Comuni con situazioni di rischio idrogeologico molto elevato individuate nell'àmbito dei Piani Straordinari ai sensi dell'art. 1-bis, D.L. n. 180/1998

 

 

N.

Regione

Provincia

Comune

1

Basilicata

PZ

Rionero in Vulture

2

Calabria

CS

Acquaformosa

3

Calabria

CS

Aiello Calabro

4

Calabria

CS

Alessandria del Carretto

5

Calabria

CS

Aprigliano

6

Calabria

CS

Bocchigliero

7

Calabria

CS

Caloveto

8

Calabria

CS

Canna

9

Calabria

CS

Cariati

10

Calabria

CS

Cassano allo Ionio

11

Calabria

CS

Castrovillari

12

Calabria

CS

Corigliano Calabro

13

Calabria

CS

Lungro

14

Calabria

CS

Malvito

15

Calabria

CS

Mormanno

16

Calabria

CS

Oriolo

17

Calabria

CS

Papasicero

18

Calabria

CS

Rossano

19

Calabria

CS

Rota Greca

20

Calabria

CS

San Benedetto Ullano

21

Calabria

CS

San Lorenzo Bellizzi

22

Calabria

CS

San Pietro in Guarano

23

Calabria

CS

Verbicaro

24

Calabria

CZ

Borgia

25

Calabria

CZ

Cardinale

26

Calabria

CZ

Catanzaro

27

Calabria

CZ

Chiaravalle Centrale

28

Calabria

CZ

Conflenti

29

Calabria

CZ

Gimigliano

30

Calabria

KR

Petilia Policastro

31

Calabria

KR

Santa Severina

32

Calabria

RC

Bova

33

Calabria

VV

Orapia

34

Calabria

VV

Polia

35

Campania

AV

Sant'Angelo dei Lombardi

36

Friuli Venezia Giulia

UD

Buia

37

Friuli Venezia Giulia

UD

Cassacco

38

Friuli Venezia Giulia

UD

Castions di Strada

39

Friuli Venezia Giulia

UD

Colloreco di Monte Albano

40

Friuli Venezia Giulia

UD

Lestizza

41

Friuli Venezia Giulia

UD

Magnano in Riviera

42

Friuli Venezia Giulia

UD

Martignacco

43

Friuli Venezia Giulia

UD

Montenars

44

Friuli Venezia Giulia

UD

Mortegliano

45

Friuli Venezia Giulia

UD

Moruzzo

46

Friuli Venezia Giulia

UD

Muzzana del Turgnano

47

Friuli Venezia Giulia

UD

Pagnacco

48

Friuli Venezia Giulia

UD

Reana del Roiale

49

Friuli Venezia Giulia

UD

Tarcento

50

Friuli Venezia Giulia

UD

Tavagnacco

51

Friuli Venezia Giulia

UD

Treppo Grande

52

Friuli Venezia Giulia

UD

Tricesimo

53

Friuli Venezia Giulia

UO

Udine

54

Piemonte

VB

Domodossola

55

Piemonte

VC

Buronzo

56

Piemonte

VC

Vercelli

57

Puglia

BA

Barletta

58

Puglia

BA

Capurso

59

Puglia

BA

Molfetta

60

Puglia

BA

Triggiano

61

Puglia

BA

Valenzano

62

Puglia

BR

San Michele Salentino

63

Puglia

FG

Accadia

64

Puglia

FG

Alberona

65

Puglia

FG

Apricena

66

Puglia

FG

Ascoli Satriano

67

Puglia

FG

Biccari

68

Puglia

FG

Bovino

69

Puglia

FG

Castelluccio Valmaggiore

70

Puglia

FG

Castelnuovo della Daunia

71

Puglia

FG

Celle di San Vito

72

Puglia

FG

Chieuti

73

Puglia

FG

Pietramontervino

74

Puglia

FG

Roseto Valfortore

75

Puglia

FG

Serracapriola

76

Puglia

LE

Alezio

77

Puglia

LE

Andrano

78

Puglia

LE

Botrugno

79

Puglia

LE

Castrignano del Capo

80

Puglia

LE

Martano

81

Puglia

LE

Melendugno

82

Puglia

LE

Melissano

83

Puglia

LE

Miggiano

84

Puglia

LE

Minervino di Lecce

85

Puglia

LE

Morciano di Leuca

86

Puglia

LE

Otranto

87

Puglia

LE

San Pietro in Lama

88

Puglia

LE

Santa Cesarea Terme

89

Puglia

LE

Scorrano

90

Puglia

LE

Tiggiano

91

Sicilia

ME

Lipari

92

Sicilia

ME

Malfa

93

Valle d'Aosta

AO

Morgex

94

Veneto

BL

Agordo

95

Veneto

BL

Alleghe

96

Veneto

BL

Belluno

97

Veneto

BL

La Valle Agorgina

98

Veneto

BL

Livinallongo del Col di Lana

99

Veneto

BL

Rocca Pietore

100

Veneto

BL

Sedico

101

Veneto

BL

Sospirolo

 

TOTALE

101

 

Nota: nei 33 Comuni della regione Calabria le perimetrazioni risultano effettuate e sono in fase di acquisizione.

 


D.Lgs. 3 aprile 2006, n. 152.
Norme in materia ambientale
(artt. 53-176)

 

 

--------------------------------------------------------------------------------

(1) Pubblicato nella Gazz. Uff. 14 aprile 2006, n. 88, S.O.

(2) Vedi, anche, l'art. 1, D.Lgs. 8 novembre 2006, n. 284.

 

 

IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA

 

 

Visti gli articoli 76, 87 e 117 della Costituzione;

Vista la legge 15 dicembre 2004, n. 308, recante delega al Governo per il riordino, il coordinamento e l'integrazione della legislazione in materia ambientale e misure di diretta applicazione;

Visto l'articolo 14 della legge 23 agosto 1988, n. 400, recante disciplina dell'attività di Governo e ordinamento della Presidenza del Consiglio dei Ministri;

Visto il decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112, recante conferimento di funzioni e compiti amministrativi dello Stato alle regioni ed agli enti locali, in attuazione del capo I della legge 15 marzo 1997, n. 59;

Viste le direttive 2001/42/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 27 giugno 2001, concernente la valutazione degli effetti di determinati piani e programmi sull'ambiente, e 85/337/CEE del Consiglio, del 27 giugno 1985, come modificata dalle direttive 97/11/CE del Consiglio, del 3 marzo 1997, e 2003/35/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 maggio 2003, concernente la valutazione di impatto ambientale di determinati progetti pubblici e privati, nonchè riordino e coordinamento delle procedure per la valutazione di impatto ambientale (VIA), per la valutazione ambientale strategica (VAS) e per la prevenzione e riduzione integrate dell'inquinamento (IPPC);

Vista la direttiva 96/61/CE del Consiglio, del 24 settembre 1996, sulla prevenzione e la riduzione integrate dell'inquinamento;

Vista la direttiva 2000/60/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23 ottobre 2000, che istituisce un quadro per l'azione comunitaria in materia di acque;

Vista la direttiva 91/156/CEE del Consiglio, del 18 marzo 1991, che modifica la direttiva 75/442/CEE relativa ai rifiuti;

Vista la direttiva 91/689/CEE del Consiglio, del 12 dicembre 1991, relativa ai rifiuti pericolosi;

Vista la direttiva 94/62/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 20 dicembre 1994, sugli imballaggi e i rifiuti da imballaggio;

Vista la direttiva 84/360/CEE del Consiglio, del 28 giugno 1984, concernente la lotta contro l'inquinamento atmosferico provocato dagli impianti industriali;

Vista la direttiva 94/63/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 20 dicembre 1994, sul controllo delle emissioni di composti organici volatili (COV) derivanti dal deposito della benzina e dalla sua distribuzione dai terminali alle stazioni di servizio;

Vista la direttiva 1999/13/CE del Consiglio, dell'11 marzo 1999, concernente la limitazione delle emissioni di composti organici volatili dovute all'uso di solventi organici in talune attività e in taluni impianti;

Vista la direttiva 1999/32/CE del Consiglio, del 26 aprile 1999, relativa alla riduzione del tenore di zolfo di alcuni combustibili liquidi e recante modifica della direttiva 93/12/CEE;

 

Vista la direttiva 2001/80/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23 ottobre 2001, concernente la limitazione delle emissioni nell'atmosfera di taluni inquinanti originati dai grandi impianti di combustione;

Vista la direttiva 2004/35/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 21 aprile 2004, sulla responsabilità ambientale in materia di prevenzione e riparazione del danno ambientale, che, in vista di questa finalità, «istituisce un quadro per la responsabilità ambientale» basato sul principio «chi inquina paga»;

Vista la preliminare deliberazione del Consiglio dei Ministri, adottata nella riunione del 18 novembre 2005;

Acquisito il parere della Conferenza unificata di cui all'articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281;

Acquisiti i pareri delle competenti Commissioni della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica;

Vista la preliminare deliberazione del Consiglio dei Ministri, adottata nella riunione del 19 gennaio 2006;

Acquisiti i pareri delle competenti Commissioni della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica;

Viste le deliberazioni del Consiglio dei Ministri, adottate nelle riunioni del 10 febbraio e del 29 marzo 2006;

Sulla proposta del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio, di concerto con i Ministri per le politiche comunitarie, per la funzione pubblica, per gli affari regionali, dell'interno, della giustizia, della difesa, dell'economia e delle finanze, delle attività produttive, della salute, delle infrastrutture e dei trasporti e delle politiche agricole e forestali;

 

Emana il seguente decreto legislativo:

(omissis)

Parte terza

Norme in materia di difesa del suolo e lotta alla desertificazione, di tutela delle acque dall'inquinamento e di gestione delle risorse idriche

 

Sezione I

Norme in materia di difesa del suolo e lotta alla desertificazione

 

Titolo I

Principi generali e competenze

 

Capo I

Principi generali

 

Art. 53.

Finalità.

1. Le disposizioni di cui alla presente sezione sono volte ad assicurare la tutela ed il risanamento del suolo e del sottosuolo, il risanamento idrogeologico del territorio tramite la prevenzione dei fenomeni di dissesto, la messa in sicurezza delle situazioni a rischio e la lotta alla desertificazione,

2. Per il conseguimento delle finalità di cui al comma 1, la pubblica amministrazione svolge ogni opportuna azione di carattere conoscitivo, di programmazione e pianificazione degli interventi, nonchè preordinata alla loro esecuzione, in conformità alle disposizioni che seguono.

3. Alla realizzazione delle attività previste al comma 1 concorrono, secondo le rispettive competenze, lo Stato, le regioni a statuto speciale ed ordinario, le province autonome di Trento e di Bolzano, le province, i comuni e le comunità montane e i consorzi di bonifica e di irrigazione.

 

 

Art. 54.

Definizioni.

1. Ai fini della presente sezione si intende per:

a) suolo: il territorio, il suolo, il sottosuolo, gli abitati e le opere infrastrutturali;

b) acque: le acque meteoriche e le acque superficiali e sotterranee come di seguito specificate;

c) acque superficiali: le acque interne, ad eccezione delle sole acque sotterranee, le acque di transizione e le acque costiere, tranne per quanto riguarda lo stato chimico, in relazione al quale sono incluse anche le acque territoriali;

d) acque sotterranee: tutte le acque che si trovano sotto la superficie del suolo nella zona di saturazione e a contatto diretto con il suolo o il sottosuolo;

e) acque interne: tutte le acque superficiali correnti o stagnanti e tutte le acque sotterranee all'interno della linea di base che serve da riferimento per definire il limite delle acque territoriali;

f) fiume: un corpo idrico interno che scorre prevalentemente in superficie, ma che può essere parzialmente sotterraneo;

g) lago: un corpo idrico superficiale interno fermo;

h) acque di transizione: i corpi idrici superficiali in prossimità della foce di un fiume, che sono parzialmente di natura salina a causa della loro vicinanza alle acque costiere, ma sostanzialmente influenzati dai flussi di acqua dolce;

i) acque costiere: le acque superficiali situate all'interno rispetto a una retta immaginaria distante, in ogni suo punto, un miglio nautico sul lato esterno dal punto più vicino della linea di base che serve da riferimento per definire il limite delle acque territoriali, e che si estendono eventualmente fino al limite esterno delle acque di transizione;

l) corpo idrico superficiale: un elemento distinto e significativo di acque superficiali, quale un lago, un bacino artificiale, un torrente, un fiume o canale, parte di un torrente, fiume o canale, nonchè di acque di transizione o un tratto di acque costiere;

m) corpo idrico artificiale: un corpo idrico superficiale creato da un'attività umana;

n) corpo idrico fortemente modificato: un corpo idrico superficiale la cui natura, a seguito di alterazioni fisiche dovute a un'attività umana, è sostanzialmente modificata;

o) corpo idrico sotterraneo: un volume distinto di acque sotterranee contenute da una o più falde acquifere;

p) falda acquifera: uno o più strati sotterranei di roccia o altri strati geologici di porosità e permeabilità sufficiente da consentire un flusso significativo di acque sotterranee o l'estrazione di quantità significative di acque sotterranee;

q) reticolo idrografico: l'insieme degli elementi che costituiscono il sistema drenante alveato del bacino idrografico;

r) bacino idrografico: il territorio nel quale scorrono tutte le acque superficiali attraverso una serie di torrenti, fiumi ed eventualmente laghi per sfociare al mare in un’unica foce, a estuario o delta;

s) sottobacino o sub-bacino: il territorio nel quale scorrono tutte le acque superficiali attraverso una serie di torrenti, fiumi ed eventualmente laghi per sfociare in un punto specifico di un corso d'acqua, di solito un lago o la confluenza di un fiume;

t) distretto idrografico: area di terra e di mare, costituita da uno o più bacini idrografici limitrofi e dalle rispettive acque sotterranee e costiere che costituisce la principale unità per la gestione dei bacini idrografici;

u) difesa del suolo: il complesso delle azioni ed attività riferibili alla tutela e salvaguardia del territorio, dei fiumi, dei canali e collettori, degli specchi lacuali, delle lagune, della fascia costiera, delle acque sotterranee, nonchè del territorio a questi connessi, aventi le finalità di ridurre il rischio idraulico, stabilizzare i fenomeni di dissesto geologico, ottimizzare l'uso e la gestione del patrimonio idrico, valorizzare le caratteristiche ambientali e paesaggistiche collegate;

v) dissesto idrogeologico: la condizione che caratterizza aree ove processi naturali o antropici, relativi alla dinamica dei corpi idrici, del suolo o dei versanti, determinano condizioni di rischio sul territorio;

z) opera idraulica: l'insieme degli elementi che costituiscono il sistema drenante alveato del bacino idrografico.

 

 

Art. 55.

Attività conoscitiva.

1. Nell'attività conoscitiva, svolta per le finalità di cui all'articolo 53 e riferita all'intero territorio nazionale, si intendono comprese le azioni di:

a) raccolta, elaborazione, archiviazione e diffusione dei dati;

b) accertamento, sperimentazione, ricerca e studio degli elementi dell'ambiente fisico e delle condizioni generali di rischio;

c) formazione ed aggiornamento delle carte tematiche del territorio;

d) valutazione e studio degli effetti conseguenti alla esecuzione dei piani, dei programmi e dei progetti di opere previsti dalla presente sezione;

e) attuazione di ogni iniziativa a carattere conoscitivo ritenuta necessaria per il conseguimento delle finalità di cui all'articolo 53.

2. L'attività conoscitiva di cui al presente articolo è svolta, sulla base delle deliberazioni di cui all'articolo 57, comma 1, secondo criteri, metodi e standard di raccolta, elaborazione e consultazione, nonchè modalità di coordinamento e di collaborazione tra i soggetti pubblici comunque operanti nel settore, che garantiscano la possibilità di omogenea elaborazione ed analisi e la costituzione e gestione, ad opera del Servizio geologico d’Italia - Dipartimento difesa del suolo dell'Agenzia per la protezione dell'ambiente e per i servizi tecnici (APAT) di cui all'articolo 38 del decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 300, di un unico sistema informativo, cui vanno raccordati i sistemi informativi regionali e quelli delle province autonome.

3. È fatto obbligo alle Amministrazioni dello Stato, anche ad ordinamento autonomo, nonchè alle istituzioni ed agli enti pubblici, anche economici, che comunque raccolgano dati nel settore della difesa del suolo, di trasmetterli alla regione territorialmente interessata ed al Servizio geologico d’Italia - Dipartimento difesa del suolo dell'Agenzia per la protezione dell'ambiente e per i servizi tecnici (APAT), secondo le modalità definite ai sensi del comma 2 del presente articolo.

4. L'Associazione nazionale Comuni italiani (ANCI) contribuisce allo svolgimento dell'attività conoscitiva di cui al presente articolo, in particolare ai fini dell'attuazione delle iniziative di cui al comma 1, lettera e), nonchè ai fini della diffusione dell'informazione ambientale di cui agli articoli 8 e 9 del decreto legislativo 19 agosto 2005, n. 195, di recepimento della direttiva 2003/4/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 28 gennaio 2003, e in attuazione di quanto previsto dall'articolo 1 della legge 17 maggio 1999, n. 144, e altresì con riguardo a:

a) inquinamento dell'aria;

b) inquinamento delle acque, riqualificazione fluviale e ciclo idrico integrato;

c) inquinamento acustico, elettromagnetico e luminoso;

d) tutela del territorio;

e) sviluppo sostenibile;

f) ciclo integrato dei rifiuti;

g) energie da fonti energetiche rinnovabili;

h) parchi e aree protette.

5. L'ANCI provvede all'esercizio delle attività di cui al comma 4 attraverso la raccolta e l'elaborazione dei dati necessari al monitoraggio della spesa ambientale sul territorio nazionale in regime di convenzione con il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio. Con decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio sono definiti i criteri e le modalità di esercizio delle suddette attività. Per lo svolgimento di queste ultime viene destinata, nei limiti delle previsioni di spesa di cui alla convenzione in essere, una somma non inferiore all'uno e cinquanta per cento dell'ammontare della massa spendibile annualmente delle spese d'investimento previste per il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio. Per l'esercizio finanziario 2006, all'onere di cui sopra si provvede a valere sul fondo da ripartire per la difesa del suolo e la tutela ambientale (8).

 

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(8) In attuazione di quanto disposto dal presente comma vedi il D.M. 2 maggio 2006. Con Comunicato 26 giugno 2006 (Gazz. Uff. 26 giugno 2006, n. 146) è stata segnalata l’inefficacia del suddetto D.M. 2 maggio 2006 il quale, non essendo stato inviato alla Corte dei Conti per essere sottoposto al preventivo e necessario controllo, non ha ottenuto la registrazione prevista dalla legge e, conseguentemente, non può considerarsi giuridicamente produttivo di effetti.

 

 

Art. 56.

Attività di pianificazione, di programmazione e di attuazione.

1. Le attività di programmazione, di pianificazione e di attuazione degli interventi destinati a realizzare le finalità di cui all'articolo 53 riguardano, ferme restando le competenze e le attività istituzionali proprie del Servizio nazionale di protezione civile, in particolare:

a) la sistemazione, la conservazione ed il recupero del suolo nei bacini idrografici, con interventi idrogeologici, idraulici, idraulico-forestali, idraulico-agrari, silvo-pastorali, di forestazione e di bonifica, anche attraverso processi di recupero naturalistico, botanico e faunistico;

b) la difesa, la sistemazione e la regolazione dei corsi d'acqua, dei rami terminali dei fiumi e delle loro foci nel mare, nonchè delle zone umide;

c) la moderazione delle piene, anche mediante serbatoi di invaso, vasche di laminazione, casse di espansione, scaricatori, scolmatori, diversivi o altro, per la difesa dalle inondazioni e dagli allagamenti;

d) la disciplina delle attività estrattive nei corsi d'acqua, nei laghi, nelle lagune ed in mare, al fine di prevenire il dissesto del territorio, inclusi erosione ed abbassamento degli alvei e delle coste;

e) la difesa e il consolidamento dei versanti e delle aree instabili, nonchè la difesa degli abitati e delle infrastrutture contro i movimenti franosi, le valanghe e altri fenomeni di dissesto;

f) il contenimento dei fenomeni di subsidenza dei suoli e di risalita delle acque marine lungo i fiumi e nelle falde idriche, anche mediante operazioni di ristabilimento delle preesistenti condizioni di equilibrio e delle falde sotterranee;

g) la protezione delle coste e degli abitati dall'invasione e dall'erosione delle acque marine ed il rifacimento degli arenili, anche mediante opere di ricostituzione dei cordoni dunosi;

h) la razionale utilizzazione delle risorse idriche superficiali e profonde, con una efficiente rete idraulica, irrigua ed idrica, garantendo, comunque, che l'insieme delle derivazioni non pregiudichi il minimo deflusso vitale negli alvei sottesi nonchè la polizia delle acque;

i) lo svolgimento funzionale dei servizi di polizia idraulica, di navigazione interna, nonchè della gestione dei relativi impianti;

l) la manutenzione ordinaria e straordinaria delle opere e degli impianti nel settore e la conservazione dei beni;

m) la regolamentazione dei territori interessati dagli interventi di cui alle lettere precedenti ai fini della loro tutela ambientale, anche mediante la determinazione di criteri per la salvaguardia e la conservazione delle aree demaniali e la costituzione di parchi fluviali e lacuali e di aree protette;

n) il riordino del vincolo idrogeologico.

2. Le attività di cui al comma 1 sono svolte secondo criteri, metodi e standard, nonchè modalità di coordinamento e di collaborazione tra i soggetti pubblici comunque competenti, preordinati, tra l'altro, a garantire omogeneità di:

a) condizioni di salvaguardia della vita umana e del territorio, ivi compresi gli abitati ed i beni;

b) modalità di utilizzazione delle risorse e dei beni, e di gestione dei servizi connessi.

 

 

Capo II

Competenze

 

Art. 57.

Presidente del Consiglio dei Ministri, Comitato dei Ministri per gli interventi nel settore della difesa del suolo.

1. Il Presidente del Consiglio dei Ministri, previa deliberazione del Consiglio dei Ministri, approva con proprio decreto:

a) su proposta del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio:

1) le deliberazioni concernenti i metodi ed i criteri, anche tecnici, per lo svolgimento delle attività di cui agli articoli 55 e 56, nonchè per la verifica ed il controllo dei piani di bacino e dei programmi di intervento;

2) i piani di bacino, sentita la Conferenza Stato-regioni;

3) gli atti volti a provvedere in via sostitutiva, previa diffida, in caso di persistente inattività dei soggetti ai quali sono demandate le funzioni previste dalla presente sezione;

4) ogni altro atto di indirizzo e coordinamento nel settore disciplinato dalla presente sezione;

b) su proposta del Comitato dei Ministri di cui al comma 2, il programma nazionale di intervento.

2. Il Comitato dei Ministri per gli interventi nel settore della difesa del suolo opera presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri. Il Comitato presieduto dal Presidente del Consiglio dei Ministri o, su sua delega, dal Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio, è composto da quest'ultimo e dai Ministri delle infrastrutture e dei trasporti, delle attività produttive, delle politiche agricole e forestali, per gli affari regionali e per i beni e le attività culturali, nonchè dal delegato del Presidente del Consiglio dei Ministri in materia di protezione civile.

3. Il Comitato dei Ministri ha funzioni di alta vigilanza ed adotta gli atti di indirizzo e di coordinamento delle attività. Propone al Presidente del Consiglio dei Ministri lo schema di programma nazionale di intervento, che coordina con quelli delle regioni e degli altri enti pubblici a carattere nazionale, verificandone l'attuazione.

4. Al fine di assicurare il necessario coordinamento tra le diverse amministrazioni interessate, il Comitato dei Ministri propone gli indirizzi delle politiche settoriali direttamente o indirettamente connesse con gli obiettivi e i contenuti della pianificazione di distretto e ne verifica la coerenza nella fase di approvazione dei relativi atti.

5. Per lo svolgimento delle funzioni di segreteria tecnica, il Comitato dei Ministri si avvale delle strutture delle Amministrazioni statali competenti.

6. I princìpi degli atti di indirizzo e coordinamento di cui al presente articolo sono definiti sentita la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano.

 

 

Art. 58.

Competenze del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio.

1. Il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio esercita le funzioni e i compiti spettanti allo Stato nelle materie disciplinate dalla presente sezione, ferme restando le competenze istituzionali del Servizio nazionale di protezione civile.

2. In particolare, il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio:

a) formula proposte, sentita la Conferenza Stato-regioni, ai fini dell'adozione, ai sensi dell'articolo 57, degli indirizzi e dei criteri per lo svolgimento del servizio di polizia idraulica, di navigazione interna e per la realizzazione, gestione e manutenzione delle opere e degli impianti e la conservazione dei beni;

b) predispone la relazione sull'uso del suolo e sulle condizioni dell'assetto idrogeologico, da allegare alla relazione sullo stato dell'ambiente di cui all'articolo 1, comma 6, della legge 8 luglio 1986, n. 349, nonchè la relazione sullo stato di attuazione dei programmi triennali di intervento per la difesa del suolo, di cui all'articolo 69, da allegare alla relazione previsionale e programmatica. La relazione sull'uso del suolo e sulle condizioni dell'assetto idrogeologico e la relazione sullo stato dell'ambiente sono redatte avvalendosi del Servizio geologico d'Italia - Dipartimento difesa del suolo dell'Agenzia per la protezione dell'ambiente e per i servizi tecnici (APAT);

c) opera, ai sensi dell'articolo 2, commi 5 e 6, della legge 8 luglio 1986, n. 349, per assicurare il coordinamento, ad ogni livello di pianificazione, delle funzioni di difesa del suolo con gli interventi per la tutela e l'utilizzazione delle acque e per la tutela dell'ambiente.

3. Ai fini di cui al comma 2, il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio svolge le seguenti funzioni:

a) programmazione, finanziamento e controllo degli interventi in materia di difesa del suolo;

b) previsione, prevenzione e difesa del suolo da frane, alluvioni e altri fenomeni di dissesto idrogeologico, nel medio e nel lungo termine al fine di garantire condizioni ambientali permanenti ed omogenee, ferme restando le competenze del Dipartimento della protezione civile in merito agli interventi di somma urgenza;

c) indirizzo e coordinamento dell'attività dei rappresentanti del Ministero in seno alle Autorità di bacino distrettuale di cui all'articolo 63;

d) identificazione delle linee fondamentali dell'assetto del territorio nazionale con riferimento ai valori naturali e ambientali e alla difesa del suolo, nonchè con riguardo all'impatto ambientale dell'articolazione territoriale delle reti infrastrutturali, delle opere di competenza statale e delle trasformazioni territoriali;

e) determinazione di criteri, metodi e standard di raccolta, elaborazione, da parte del Servizio geologico d'Italia - Dipartimento difesa del suolo dell'Agenzia per la protezione dell'ambiente e per i servizi tecnici (APAT), e di consultazione dei dati, definizione di modalità di coordinamento e di collaborazione tra i soggetti pubblici operanti nel settore, nonchè definizione degli indirizzi per l'accertamento e lo studio degli elementi dell'ambiente fisico e delle condizioni generali di rischio;

f) valutazione degli effetti conseguenti all'esecuzione dei piani, dei programmi e dei progetti su scala nazionale di opere nel settore della difesa del suolo;

g) coordinamento dei sistemi cartografici.

 

 

Art. 59.

Competenze della conferenza Stato-regioni.

1. La Conferenza Stato-regioni formula pareri, proposte ed osservazioni, anche ai fini dell'esercizio delle funzioni di indirizzo e coordinamento di cui all'articolo 57, in ordine alle attività ed alle finalità di cui alla presente sezione, ed ogni qualvolta ne è richiesta dal Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio. In particolare:

a) formula proposte per l'adozione degli indirizzi, dei metodi e dei criteri di cui al predetto articolo 57;

b) formula proposte per il costante adeguamento scientifico ed organizzativo del Servizio geologico d'Italia - Dipartimento difesa del suolo dell'Agenzia per la protezione dell'ambiente e per i servizi tecnici (APAT) e per il suo coordinamento con i servizi, gli istituti, gli uffici e gli enti pubblici e privati che svolgono attività di rilevazione, studio e ricerca in materie riguardanti, direttamente o indirettamente, il settore della difesa del suolo;

c) formula osservazioni sui piani di bacino, ai fini della loro conformità agli indirizzi e ai criteri di cui all'articolo 57;

d) esprime pareri sulla ripartizione degli stanziamenti autorizzati da ciascun programma triennale tra i soggetti preposti all'attuazione delle opere e degli interventi individuati dai piani di bacino;

e) esprime pareri sui programmi di intervento di competenza statale.

 

 

Art. 60.

Competenze dell'Agenzia per la protezione dell'ambiente e per i servizi tecnici - APAT.

1. Ferme restando le competenze e le attività istituzionali proprie del Servizio nazionale di protezione civile, l'Agenzia per la protezione dell'ambiente e per i servizi tecnici (APAT) esercita, mediante il Servizio geologico d’Italia-Dipartimento difesa del suolo, le seguenti funzioni:

a) svolgere l'attività conoscitiva, qual'è definita all'articolo 55;

b) realizzare il sistema informativo unico e la rete nazionale integrati di rilevamento e sorveglianza;

c) fornire, a chiunque ne formuli richiesta, dati, pareri e consulenze, secondo un tariffario fissato ogni biennio con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze. Le tariffe sono stabilite in base al principio della partecipazione al costo delle prestazioni da parte di chi ne usufruisca.

 

 

Art. 61. 

Competenze delle regioni.

1. Le regioni, ferme restando le attività da queste svolte nell'ambito delle competenze del Servizio nazionale di protezione civile, ove occorra d'intesa tra loro, esercitano le funzioni e i compiti ad esse spettanti nel quadro delle competenze costituzionalmente determinate e nel rispetto delle attribuzioni statali, ed in particolare:

a) collaborano nel rilevamento e nell'elaborazione dei piani di bacino dei distretti idrografici secondo le direttive assunte dalla Conferenza istituzionale permanente di cui all'articolo 63, comma 4, ed adottano gli atti di competenza;

b) formulano proposte per la formazione dei programmi e per la redazione di studi e di progetti relativi ai distretti idrografici;

c) provvedono alla elaborazione, adozione, approvazione ed attuazione dei piani di tutela di cui all’articolo 121;

d) per la parte di propria competenza, dispongono la redazione e provvedono all'approvazione e all'esecuzione dei progetti, degli interventi e delle opere da realizzare nei distretti idrografici, istituendo, ove occorra, gestioni comuni;

e) provvedono, per la parte di propria competenza, all'organizzazione e al funzionamento del servizio di polizia idraulica ed a quelli per la gestione e la manutenzione delle opere e degli impianti e la conservazione dei beni;

f) provvedono all'organizzazione e al funzionamento della navigazione interna, ferme restando le residue competenze spettanti al Ministero delle infrastrutture e dei trasporti;

g) predispongono annualmente la relazione sull'uso del suolo e sulle condizioni dell'assetto idrogeologico del territorio di competenza e sullo stato di attuazione del programma triennale in corso e la trasmettono al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio entro il mese di dicembre;

h) assumono ogni altra iniziativa ritenuta necessaria in materia di conservazione e difesa del territorio, del suolo e del sottosuolo e di tutela ed uso delle acque nei bacini idrografici di competenza ed esercitano ogni altra funzione prevista dalla presente sezione.

2. Il Registro italiano dighe (RID) provvede in via esclusiva, anche nelle zone sismiche, alla identificazione e al controllo dei progetti delle opere di sbarramento, delle dighe di ritenuta o traverse che superano 15 metri di altezza o che determinano un volume di invaso superiore a 1.000.000 di metri cubi. Restano di competenza del Ministero delle attività produttive tutte le opere di sbarramento che determinano invasi adibiti esclusivamente a deposito o decantazione o lavaggio di residui industriali.

3. Rientrano nella competenza delle regioni e delle province autonome di Trento e di Bolzano le attribuzioni di cui al decreto del Presidente della Repubblica 1° novembre 1959, n. 1363, per gli sbarramenti che non superano i 15 metri di altezza e che determinano un invaso non superiore a 1.000.000 di metri cubi. Per tali sbarramenti, ove posti al servizio di grandi derivazioni di acqua di competenza statale, restano ferme le attribuzioni del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti. Il Registro italiano dighe (RID) fornisce alle regioni il supporto tecnico richiesto.

4. Resta di competenza statale la normativa tecnica relativa alla progettazione e costruzione delle dighe di sbarramento di qualsiasi altezza e capacità di invaso.

5. Le funzioni relative al vincolo idrogeologico di cui al regio decreto-legge 30 dicembre 1923, n. 3267, sono interamente esercitate dalle regioni.

6. Restano ferme tutte le altre funzioni amministrative già trasferite o delegate alle regioni.

 

 

Art. 62. 

Competenze degli enti locali e di altri soggetti.

1. I comuni, le province, i loro consorzi o associazioni, le comunità montane, i consorzi di bonifica e di irrigazione, i consorzi di bacino imbrifero montano e gli altri enti pubblici e di diritto pubblico con sede nel distretto idrografico partecipano all'esercizio delle funzioni regionali in materia di difesa del suolo nei modi e nelle forme stabilite dalle regioni singolarmente o d'intesa tra loro, nell'ambito delle competenze del sistema delle autonomie locali.

2. Gli enti di cui al comma 1 possono avvalersi, sulla base di apposite convenzioni, del Servizio geologico d’Italia - Dipartimento difesa del suolo dell'Agenzia per la protezione dell'ambiente e per i servizi tecnici (APAT) e sono tenuti a collaborare con la stessa.

 

 

Art. 63.

Autorità di bacino distrettuale.

1. In ciascun distretto idrografico di cui all'articolo 64 è istituita l'Autorità di bacino distrettuale, di seguito Autorità di bacino, ente pubblico non economico che opera in conformità agli obiettivi della presente sezione ed uniforma la propria attività a criteri di efficienza, efficacia, economicità e pubblicità.

2. Sono organi dell'Autorità di bacino: la Conferenza istituzionale permanente, il Segretario generale, la Segreteria tecnico-operativa e la Conferenza operativa di servizi. Con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze e con il Ministro per la funzione pubblica, da emanarsi sentita la Conferenza permanente Stato-regioni entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore della parte terza del presente decreto, sono definiti i criteri e le modalità per l'attribuzione o il trasferimento del personale e delle risorse patrimoniali e finanziarie, salvaguardando i livelli occupazionali, definiti alla data del 31 dicembre 2005, e previa consultazione dei sindacati.

3. Le autorità di bacino previste dalla legge 18 maggio 1989, n. 183, sono soppresse a far data dal 30 aprile 2006 e le relative funzioni sono esercitate dalle Autorità di bacino distrettuale di cui alla parte terza del presente decreto. Il decreto di cui al comma 2 disciplina il trasferimento di funzioni e regolamenta il periodo transitorio.

4. Gli atti di indirizzo, coordinamento e pianificazione delle Autorità di bacino vengono adottati in sede di Conferenza istituzionale permanente presieduta e convocata, anche su proposta delle amministrazioni partecipanti, dal Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio su richiesta del Segretario generale, che vi partecipa senza diritto di voto. Alla Conferenza istituzionale permanente partecipano i Ministri dell'ambiente e della tutela del territorio, delle infrastrutture e dei trasporti, delle attività produttive, delle politiche agricole e forestali, per la funzione pubblica, per i beni e le attività culturali o i Sottosegretari dai medesimi delegati, nonchè i Presidenti delle regioni e delle province autonome il cui territorio è interessato dal distretto idrografico o gli Assessori dai medesimi delegati, oltre al delegato del Dipartimento della protezione civile. Alle conferenze istituzionali permanenti del distretto idrografico della Sardegna e del distretto idrografico della Sicilia partecipano, oltre ai Presidenti delle rispettive regioni, altri due rappresentanti per ciascuna delle predette regioni, nominati dai Presidenti regionali. La conferenza istituzionale permanente delibera a maggioranza. Gli atti di pianificazione tengono conto delle risorse finanziarie previste a legislazione vigente.

5. La conferenza istituzionale permanente di cui al comma 4:

a) adotta criteri e metodi per la elaborazione del Piano di bacino in conformità agli indirizzi ed ai criteri di cui all'articolo 57;

b) individua tempi e modalità per l'adozione del Piano di bacino, che potrà eventualmente articolarsi in piani riferiti a sub-bacini;

c) determina quali componenti del piano costituiscono interesse esclusivo delle singole regioni e quali costituiscono interessi comuni a più regioni;

d) adotta i provvedimenti necessari per garantire comunque l'elaborazione del Piano di bacino;

e) adotta il Piano di bacino;

f) controlla l'attuazione degli schemi previsionali e programmatici del Piano di bacino e dei programmi triennali e, in caso di grave ritardo nell'esecuzione di interventi non di competenza statale rispetto ai tempi fissati nel programma, diffida l'amministrazione inadempiente, fissando il termine massimo per l'inizio dei lavori. Decorso infruttuosamente tale termine, all'adozione delle misure necessarie ad assicurare l'avvio dei lavori provvede, in via sostitutiva, il Presidente della Giunta regionale interessata che, a tal fine, può avvalersi degli organi decentrati e periferici del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti;

g) nomina il Segretario generale.

6. La Conferenza operativa di servizi è composta dai rappresentanti dei Ministeri di cui al comma 4, delle regioni e delle province autonome interessate, nonchè da un rappresentante del Dipartimento della protezione civile; è convocata dal Segretario Generale, che la presiede, e provvede all'attuazione ed esecuzione di quanto disposto ai sensi del comma 5, nonchè al compimento degli atti gestionali. La conferenza operativa di servizi delibera a maggioranza.

7. Le Autorità di bacino provvedono, tenuto conto delle risorse finanziarie previste a legislazione vigente:

a) all'elaborazione del Piano di bacino distrettuale di cui all'articolo 65;

b) ad esprimere parere sulla coerenza con gli obiettivi del Piano di bacino dei piani e programmi comunitari, nazionali, regionali e locali relativi alla difesa del suolo, alla lotta alla desertificazione, alla tutela delle acque e alla gestione delle risorse idriche;

c) all'elaborazione, secondo le specifiche tecniche che figurano negli allegati alla parte terza del presente decreto, di un'analisi delle caratteristiche del distretto, di un esame sull'impatto delle attività umane sullo stato delle acque superficiali e sulle acque sotterranee, nonchè di un'analisi economica dell'utilizzo idrico.

8. Fatte salve le discipline adottate dalle regioni ai sensi dell'articolo 62, le Autorità di bacino coordinano e sovrintendono le attività e le funzioni di titolarità dei consorzi di bonifica integrale di cui al regio decreto 13 febbraio 1933, n. 215, nonchè del consorzio del Ticino - Ente autonomo per la costruzione, manutenzione ed esercizio dell'opera regolatrice del lago Maggiore, del consorzio dell'Oglio - Ente autonomo per la costruzione, manutenzione ed esercizio dell'opera regolatrice del lago d'Iseo e del consorzio dell’Adda - Ente autonomo per la costruzione, manutenzione ed esercizio dell'opera regolatrice del lago di Como, con particolare riguardo all'esecuzione, manutenzione ed esercizio delle opere idrauliche e di bonifica, alla realizzazione di azioni di salvaguardia ambientale e di risanamento delle acque, anche al fine della loro utilizzazione irrigua, alla rinaturalizzazione dei corsi d'acqua ed alla fitodepurazione.

 

 

Titolo II

I distretti idrografici, gli strumenti, gli interventi

 

Capo I

Distretti idrografici

 

Art. 64.

Distretti idrografici.

1. L'intero territorio nazionale, ivi comprese le isole minori, è ripartito nei seguenti distretti idrografici:

a) distretto idrografico delle Alpi orientali, con superficie di circa 39.385 Kmq, comprendente i seguenti bacini idrografici:

1) Adige, già bacino nazionale ai sensi della legge 18 maggio 1989, n. 183;

2) Alto Adriatico, già bacino nazionale ai sensi della legge n. 183 del 1989;

3) Lemene, Fissare Tartaro Canalbianco, già bacini interregionali ai sensi della legge n. 183 del 1989;

4) bacini del Friuli-Venezia Giulia e del Veneto, già bacini regionali ai sensi della legge n. 183 del 1989;

b) distretto idrografico Padano, con superficie di circa 74.115 Kmq, comprendente il bacino del Po, già bacino nazionale ai sensi della legge n. 183 del 1989;

c) distretto idrografico dell'Appennino settentrionale, con superficie di circa 39.000 Kmq, comprendente i seguenti bacini idrografici:

1) Arno, già bacino nazionale ai sensi della legge n. 183 del 1989;

2) Magra, già bacino interregionale ai sensi della legge n. 183 del 1989;

3) Fiora, già bacino interregionale ai sensi della legge n. 183 del 1989;

4) Conca Marecchia, già bacino interregionale ai sensi della legge n. 183 del 1989;

5) Reno, già bacino interregionale ai sensi della legge n. 183 del 1989;

6) bacini della Liguria, già bacini regionali ai sensi della legge n. 183 del 1989;

7) bacini della Toscana, già bacini regionali ai sensi della legge n. 183 del 1989;

8) fiumi Uniti, Montone, Ronco, Savio, Rubicone e Uso, già bacini regionali ai sensi della legge n. 183 del 1989;

9) Foglia, Arzilla, Metauro, Cesano, Misa, Esino, Musone e altri bacini minori, già bacini regionali ai sensi della legge n. 183 del 1989;

10) Lamone, già bacino regionale ai sensi della legge n. 183 del 1989;

11) bacini minori afferenti alla costa Romagnola, già bacini regionali ai sensi della legge n. 183 del 1989;

d) distretto idrografico pilota del Serchio, con superficie di circa 1.600 Kmq, comprendente il bacino idrografico del Serchio;

e) distretto idrografico dell’Appennino centrale, con superficie di circa 35.800 Kmq, comprendente i seguenti bacini idrografici:

1) Tevere, già bacino nazionale ai sensi della legge n. 183 del 1989;

2) Tronto, già bacino interregionale ai sensi della legge n. 183 del 1989;

3) Sangro, già bacino interregionale ai sensi della legge n. 183 del 1989;

4) bacini dell'Abruzzo, già bacini regionali ai sensi della legge n. 183 del 1989;

5) bacini del Lazio, già bacini regionali ai sensi della legge n. 183 del 1989;

6) Potenza, Chienti, Tenna, Ete, Aso, Menocchia, Tesino e bacini minori delle Marche, già bacini regionali ai sensi della legge n. 183 del 1989;

f) distretto idrografico dell'Appennino meridionale, con superficie di circa 68.200 Kmq, comprendente i seguenti bacini idrografici:

1) Liri-Garigliano, già bacino nazionale ai sensi della legge n. 183 del 1989;

2) Volturno, già bacino nazionale ai sensi della legge n. 183 del 1989;

3) Sele, già bacino interregionale ai sensi della legge n. 183 del 1989;

4) Sinni e Noce, già bacini interregionali ai sensi della legge n. 183 del 1989;

5) Bradano, già bacino interregionale ai sensi della legge n. 183 del 1989;

6) Saccione, Fortore e Biferno, già bacini interregionali ai sensi della legge n. 183 del 1989;

7) Ofanto, già bacino interregionale ai sensi della legge n. 183 del 1989;

8) Lao, già bacino interregionale ai sensi della legge n. 183 del 1989;

9) Trigno, già bacino interregionale ai sensi della legge n. 183 del 1989;

10) bacini della Campania, già bacini regionali ai sensi della legge n. 183 del 1989;

11) bacini della Puglia, già bacini regionali ai sensi della legge n. 183 del 1989;

12) bacini della Basilicata, già bacini regionali ai sensi della legge n. 183 del 1989;

13) bacini della Calabria, già bacini regionali ai sensi della legge n. 183 del 1989;

14) bacini del Molise, già bacini regionali ai sensi della legge n. 183 del 1989;

g) distretto idrografico della Sardegna, con superficie di circa 24.000 Kmq, comprendente i bacini della Sardegna, già bacini regionali ai sensi della legge n. 183 del 1989;

h) distretto idrografico della Sicilia, con superficie di circa 26.000 Kmq, comprendente i bacini della Sicilia, già bacini regionali ai sensi della legge n. 183 del 1989.

 


 

Capo II

Gli strumenti

 

Art. 65.

Valore, finalità e contenuti del piano di bacino distrettuale.

1. Il Piano di bacino distrettuale, di seguito Piano di bacino, ha valore di piano territoriale di settore ed è lo strumento conoscitivo, normativo e tecnico-operativo mediante il quale sono pianificate e programmate le azioni e le norme d'uso finalizzate alla conservazione, alla difesa e alla valorizzazione del suolo ed alla corretta utilizzazione della acque, sulla base delle caratteristiche fisiche ed ambientali del territorio interessato.

2. Il Piano di bacino è redatto dall'Autorità di bacino in base agli indirizzi, metodi e criteri fissati ai sensi del comma 3. Studi ed interventi sono condotti con particolare riferimento ai bacini montani, ai torrenti di alta valle ed ai corsi d'acqua di fondo valle.

3. Il Piano di bacino, in conformità agli indirizzi, ai metodi e ai criteri stabiliti dalla Conferenza istituzionale permanente di cui all'articolo 63, comma 4, realizza le finalità indicate all'articolo 56 e, in particolare, contiene, unitamente agli elementi di cui all'Allegato 4 alla parte terza del presente decreto:

a) il quadro conoscitivo organizzato ed aggiornato del sistema fisico, delle utilizzazioni del territorio previste dagli strumenti urbanistici comunali ed intercomunali, nonchè dei vincoli, relativi al distretto, di cui al decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42;

b) la individuazione e la quantificazione delle situazioni, in atto e potenziali, di degrado del sistema fisico, nonchè delle relative cause;

c) le direttive alle quali devono uniformarsi la difesa del suolo, la sistemazione idrogeologica ed idraulica e l'utilizzazione delle acque e dei suoli;

d) l'indicazione delle opere necessarie distinte in funzione:

1) dei pericoli di inondazione e della gravità ed estensione del dissesto;

2) dei pericoli di siccità;

3) dei pericoli di frane, smottamenti e simili;

4) del perseguimento degli obiettivi di sviluppo sociale ed economico o di riequilibrio territoriale nonchè del tempo necessario per assicurare l'efficacia degli interventi;

e) la programmazione e l'utilizzazione delle risorse idriche, agrarie, forestali ed estrattive;

f) la individuazione delle prescrizioni, dei vincoli e delle opere idrauliche, idraulico-agrarie, idraulico-forestali, di forestazione, di bonifica idraulica, di stabilizzazione e consolidamento dei terreni e di ogni altra azione o norma d'uso o vincolo finalizzati alla conservazione del suolo ed alla tutela dell'ambiente;

g) il proseguimento ed il completamento delle opere indicate alla lettera f), qualora siano già state intraprese con stanziamenti disposti da leggi speciali, da leggi ordinarie, oppure a seguito dell'approvazione dei relativi atti di programmazione;

h) le opere di protezione, consolidamento e sistemazione dei litorali marini che sottendono il distretto idrografico;

i) i meccanismi premiali a favore dei proprietari delle zone agricole e boschive che attuano interventi idonei a prevenire fenomeni di dissesto idrogeologico;

l) la valutazione preventiva, anche al fine di scegliere tra ipotesi di governo e gestione tra loro diverse, del rapporto costi-benefici, dell'impatto ambientale e delle risorse finanziarie per i principali interventi previsti;

m) la normativa e gli interventi rivolti a regolare l'estrazione dei materiali litoidi dal demanio fluviale, lacuale e marittimo e le relative fasce di rispetto, specificatamente individuate in funzione del buon regime delle acque e della tutela dell'equilibrio geostatico e geomorfologico dei terreni e dei litorali;

n) l'indicazione delle zone da assoggettare a speciali vincoli e prescrizioni in rapporto alle specifiche condizioni idrogeologiche, ai fini della conservazione del suolo, della tutela dell'ambiente e della prevenzione contro presumibili effetti dannosi di interventi antropici;

o) le misure per contrastare i fenomeni di subsidenza e di desertificazione, anche mediante programmi ed interventi utili a garantire maggiore disponibilità della risorsa idrica ed il riuso della stessa;

p) il rilievo conoscitivo delle derivazioni in atto con specificazione degli scopi energetici, idropotabili, irrigui od altri e delle portate;

q) il rilievo delle utilizzazioni diverse per la pesca, la navigazione od altre;

r) il piano delle possibili utilizzazioni future sia per le derivazioni che per altri scopi, distinte per tipologie d'impiego e secondo le quantità;

s) le priorità degli interventi ed il loro organico sviluppo nel tempo, in relazione alla gravità del dissesto;

t) l'indicazione delle risorse finanziarie previste a legislazione vigente.

4. Le disposizioni del Piano di bacino approvato hanno carattere immediatamente vincolante per le amministrazioni ed enti pubblici, nonchè per i soggetti privati, ove trattasi di prescrizioni dichiarate di tale efficacia dallo stesso Piano di bacino. In particolare, i piani e programmi di sviluppo socio-economico e di assetto ed uso del territorio devono essere coordinati, o comunque non in contrasto, con il Piano di bacino approvato.

5. Ai fini di cui al comma 4, entro dodici mesi dall'approvazione del Piano di bacino le autorità competenti provvedono ad adeguare i rispettivi piani territoriali e programmi regionali quali, in particolare, quelli relativi alle attività agricole, zootecniche ed agroforestali, alla tutela della qualità delle acque, alla gestione dei rifiuti, alla tutela dei beni ambientali ed alla bonifica.

6. Fermo il disposto del comma 4, le regioni, entro novanta giorni dalla data di pubblicazione del Piano di bacino sui rispettivi Bollettini Ufficiali regionali, emanano ove necessario le disposizioni concernenti l'attuazione del piano stesso nel settore urbanistico. Decorso tale termine, gli enti territorialmente interessati dal Piano di bacino sono comunque tenuti a rispettarne le prescrizioni nel settore urbanistico. Qualora gli enti predetti non provvedano ad adottare i necessari adempimenti relativi ai propri strumenti urbanistici entro sei mesi dalla data di comunicazione delle predette disposizioni, e comunque entro nove mesi dalla pubblicazione dell'approvazione del Piano di bacino, all'adeguamento provvedono d'ufficio le regioni.

7. In attesa dell'approvazione del Piano di bacino, le Autorità di bacino adottano misure di salvaguardia con particolare riferimento ai bacini montani, ai torrenti di alta valle ed ai corsi d'acqua di fondo valle ed ai contenuti di cui alle lettere b), e), f), m) ed n) del comma 3. Le misure di salvaguardia sono immediatamente vincolanti e restano in vigore sino all'approvazione del Piano di bacino e comunque per un periodo non superiore a tre anni. In caso di mancata attuazione o di inosservanza, da parte delle regioni, delle province e dei comuni, delle misure di salvaguardia, e qualora da ciò possa derivare un grave danno al territorio, il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio, previa diffida ad adempiere entro congruo termine da indicarsi nella diffida medesima, adotta con ordinanza cautelare le necessarie misure provvisorie di salvaguardia, anche con efficacia inibitoria di opere, di lavori o di attività antropiche, dandone comunicazione preventiva alle amministrazioni competenti. Se la mancata attuazione o l'inosservanza di cui al presente comma riguarda un ufficio periferico dello Stato, il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio informa senza indugio il Ministro competente da cui l'ufficio dipende, il quale assume le misure necessarie per assicurare l'adempimento. Se permane la necessità di un intervento cautelare per evitare un grave danno al territorio, il Ministro competente, di concerto con il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio, adotta l'ordinanza cautelare di cui al presente comma.

8. I piani di bacino possono essere redatti ed approvati anche per sottobacini o per stralci relativi a settori funzionali, che, in ogni caso, devono costituire fasi sequenziali e interrelate rispetto ai contenuti di cui al comma 3. Deve comunque essere garantita la considerazione sistemica del territorio e devono essere disposte, ai sensi del comma 7, le opportune misure inibitorie e cautelari in relazione agli aspetti non ancora compiutamente disciplinati.

9. Dall'attuazione del presente articolo non devono derivare nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica.

 

 

Art. 66.

Adozione ed approvazione dei piani di bacino.

1. I piani di bacino, prima della loro approvazione, sono sottoposti a valutazione ambientale strategica (VAS) in sede statale, secondo la procedura prevista dalla parte seconda del presente decreto.

2. Il Piano di bacino, corredato dal relativo rapporto ambientale ai fini di cui al comma 1, è adottato a maggioranza dalla Conferenza istituzionale permanente di cui all'articolo 63, comma 4 che, con propria deliberazione, contestualmente stabilisce:

a) i termini per l'adozione da parte delle regioni dei provvedimenti conseguenti;

b) quali componenti del piano costituiscono interesse esclusivo delle singole regioni e quali costituiscono interessi comuni a due o più regioni.

3. Il Piano di bacino, corredato dal relativo rapporto ambientale di cui ai comma 2, è inviato ai componenti della Conferenza istituzionale permanente almeno venti giorni prima della data fissata per la conferenza; in caso di decisione a maggioranza, la delibera di adozione deve fornire una adeguata ed analitica motivazione rispetto alle opinioni dissenzienti espresse nel corso della conferenza.

4. In caso di inerzia in ordine agli adempimenti regionali, il Presidente del Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio, previa diffida ad adempiere entro un congruo termine e sentita la regione interessata, assume i provvedimenti necessari, ivi compresa la nomina di un commissario "ad acta", per garantire comunque lo svolgimento delle procedure e l'adozione degli atti necessari per la formazione del piano.

5. Dell'adozione del piano è data notizia secondo le forme e con le modalità previste dalla parte seconda del presente decreto ai fini dell'esperimento della procedura di valutazione ambientale strategica (VAS) in sede statale.

6. Conclusa la procedura di valutazione ambientale strategica (VAS), sulla base del giudizio di compatibilità ambientale espresso dall'autorità competente, i piani di bacino sono approvati con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, con le modalità di cui all'articolo 57, comma 1, lettera a), numero 2), e sono poi pubblicati nella Gazzetta Ufficiale e nei Bollettini Ufficiali delle regioni territorialmente competenti.

7. Le Autorità di bacino promuovono la partecipazione attiva di tutte le parti interessate all'elaborazione, al riesame e all'aggiornamento dei piani di bacino, provvedendo affinché, per ciascun distretto idrografico, siano pubblicati e resi disponibili per eventuali osservazioni del pubblico, inclusi gli utenti, concedendo un periodo minimo di sei mesi per la presentazione di osservazioni scritte, i seguenti documenti:

a) il calendario e il programma di lavoro per la presentazione del piano, inclusa una dichiarazione delle misure consultive che devono essere prese almeno tre anni prima dell'inizio del periodo cui il piano si riferisce;

b) una valutazione globale provvisoria dei principali problemi di gestione delle acque, identificati nel bacino idrografico almeno due anni prima dell'inizio del periodo cui si riferisce il piano;

c) copie del progetto del piano di bacino, almeno un anno prima dell'inizio del periodo cui il piano si riferisce.

 

 

Art. 67.

I piani stralcio per la tutela dal rischio idrogeologico e le misure di prevenzione per le aree a rischio.

1. Nelle more dell'approvazione dei piani di bacino, le Autorità di bacino adottano, ai sensi dell'articolo 65, comma 8, piani stralcio di distretto per l'assetto idrogeologico (PAI), che contengano in particolare l'individuazione delle aree a rischio idrogeologico, la perimetrazione delle aree da sottoporre a misure di salvaguardia e la determinazione delle misure medesime.

2. Le Autorità di bacino, anche in deroga alle procedure di cui all'articolo 66, approvano altresì piani straordinari diretti a rimuovere le situazioni a più elevato rischio idrogeologico, redatti anche sulla base delle proposte delle regioni e degli enti locali. I piani straordinari devono ricomprendere prioritariamente le aree a rischio idrogeologico per le quali è stato dichiarato lo stato di emergenza, ai sensi dell'articolo 5 della legge 24 febbraio 1992, n. 225. I piani straordinari contengono in particolare l'individuazione e la perimetrazione delle aree a rischio idrogeologico molto elevato per l'incolumità delle persone e per la sicurezza delle infrastrutture e del patrimonio ambientale e culturale. Per tali aree sono adottate le misure di salvaguardia ai sensi dell'articolo 65, comma 7, anche con riferimento ai contenuti di cui al comma 3, lettera d), del medesimo articolo 65. In caso di inerzia da parte delle Autorità di bacino, il Presidente del Consiglio dei Ministri, su proposta del Comitato dei Ministri, di cui all'articolo 57, comma 2, adotta gli atti relativi all'individuazione, alla perimetrazione e alla salvaguardia delle predette aree. Qualora le misure di salvaguardia siano adottate in assenza dei piani stralcio di cui al comma 1, esse rimangono in vigore sino all'approvazione di detti piani. I piani straordinari approvati possono essere integrati e modificati con le stesse modalità di cui al presente comma, in particolare con riferimento agli interventi realizzati ai fini della messa in sicurezza delle aree interessate.

3. Il Comitato dei Ministri di cui all'articolo 57, comma 2, tenendo conto dei programmi già adottati da parte delle Autorità di bacino e dei piani straordinari di cui al comma 2 del presente articolo, definisce, d'intesa con la Conferenza Stato-regioni, programmi di interventi urgenti, anche attraverso azioni di manutenzione dei distretti idrografici, per la riduzione del rischio idrogeologico nelle zone in cui la maggiore vulnerabilità del territorio è connessa con più elevati pericoli per le persone, le cose ed il patrimonio ambientale, con priorità per le aree ove è stato dichiarato lo stato di emergenza, ai sensi dell'articolo 5 della legge 24 febbraio 1992, n. 225. Per la realizzazione degli interventi possono essere adottate, su proposta del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, e d'intesa con le regioni interessate, le ordinanze di cui all'articolo 5, comma 2, della legge 24 febbraio 1992, n. 225.

4. Per l'attività istruttoria relativa agli adempimenti di cui ai commi 1, 2 e 3, i Ministri competenti si avvalgono, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica, del Dipartimento della protezione civile, nonché della collaborazione del Corpo forestale dello Stato, delle regioni, delle Autorità di bacino, del Gruppo nazionale per la difesa dalle catastrofi idrogeologiche del Consiglio nazionale delle ricerche e, per gli aspetti ambientali, del Servizio geologico d’Italia - Dipartimento difesa del suolo dell'Agenzia per la protezione dell'ambiente e per i servizi tecnici (APAT), per quanto di rispettiva competenza.

5. Entro sei mesi dall'adozione dei provvedimenti di cui ai commi 1, 2, 3 e 4, gli organi di protezione civile provvedono a predisporre, per le aree a rischio idrogeologico, con priorità assegnata a quelle in cui la maggiore vulnerabilità del territorio è connessa con più elevati pericoli per le persone, le cose e il patrimonio ambientale, piani urgenti di emergenza contenenti le misure per la salvaguardia dell'incolumità delle popolazioni interessate, compreso il preallertamento, l'allarme e la messa in salvo preventiva.

6. Nei piani stralcio di cui al comma 1 sono individuati le infrastrutture e i manufatti che determinano il rischio idrogeologico. Sulla base di tali individuazioni, le regioni stabiliscono le misure di incentivazione a cui i soggetti proprietari possono accedere al fine di adeguare le infrastrutture e di rilocalizzare fuori dall'area a rischio le attività produttive e le abitazioni private. A tale fine le regioni, acquisito il parere degli enti locali interessati, predispongono, con criteri di priorità connessi al livello di rischio, un piano per l'adeguamento delle infrastrutture, determinandone altresì un congruo termine, e per la concessione di incentivi finanziari per la rilocalizzazione delle attività produttive e delle abitazioni private realizzate in conformità alla normativa urbanistica edilizia o condonate. Gli incentivi sono attivati nei limiti della quota dei fondi introitati ai sensi dell'articolo 86, comma 2, del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112, e riguardano anche gli oneri per la demolizione dei manufatti; il terreno di risulta viene acquisito al patrimonio indisponibile dei comuni. All'abbattimento dei manufatti si provvede con le modalità previste dalla normativa vigente. Ove i soggetti interessati non si avvalgano della facoltà di usufruire delle predette incentivazioni, essi decadono da eventuali benefìci connessi ai danni derivanti agli insediamenti di loro proprietà in conseguenza del verificarsi di calamità naturali.

7. Gli atti di cui ai commi 1, 2 e 3 del presente articolo devono contenere l'indicazione dei mezzi per la loro realizzazione e della relativa copertura finanziaria.

 

 

Art. 68.

Procedura per l'adozione dei progetti di piani stralcio.

1. I progetti di piano stralcio per la tutela dal rischio idrogeologico, di cui al comma 1 dell'articolo 67, non sono sottoposti a valutazione ambientale strategica (VAS) e sono adottati con le modalità di cui all'articolo 66.

2. L'adozione dei piani stralcio per l'assetto idrogeologico deve avvenire, sulla base degli atti e dei pareri disponibili, entro e non oltre sei mesi dalla data di adozione del relativo progetto di piano.

3. Ai fini dell'adozione ed attuazione dei piani stralcio e della necessaria coerenza tra pianificazione di distretto e pianificazione territoriale, le regioni convocano una conferenza programmatica, articolata per sezioni provinciali, o per altro àmbito territoriale deliberato dalle regioni stesse, alla quale partecipano le province ed i comuni interessati, unitamente alla regione e ad un rappresentante dell'Autorità di bacino.

4. La conferenza di cui al comma 3 esprime un parere sul progetto di piano con particolare riferimento alla integrazione su scala provinciale e comunale dei contenuti del piano, prevedendo le necessarie prescrizioni idrogeologiche ed urbanistiche.

 


Capo III

Gli interventi

 

Art. 69.

Programmi di intervento.

1. I piani di bacino sono attuati attraverso programmi triennali di intervento che sono redatti tenendo conto degli indirizzi e delle finalità dei piani medesimi e contengono l'indicazione dei mezzi per farvi fronte e della relativa copertura finanziaria.

2. I programmi triennali debbono destinare una quota non inferiore al quindici per cento degli stanziamenti complessivamente a:

a) interventi di manutenzione ordinaria delle opere, degli impianti e dei beni, compresi mezzi, attrezzature e materiali dei cantieri-officina e dei magazzini idraulici;

b) svolgimento del servizio di polizia idraulica, di navigazione interna, di piena e di pronto intervento idraulico;

c) compilazione ed aggiornamento dei piani di bacino, svolgimento di studi, rilevazioni o altro nelle materie riguardanti la difesa del suolo, redazione dei progetti generali, degli studi di fattibilità, dei progetti di opere e degli studi di valutazione dell'impatto ambientale delle opere principali.

3. Le regioni, conseguito il parere favorevole della Conferenza istituzionale permanente di cui all'articolo 63, comma 4, possono provvedere con propri stanziamenti alla realizzazione di opere e di interventi previsti dai piani di bacino, sotto il controllo della predetta conferenza.

4. Le province, i comuni, le comunità montane e gli altri enti pubblici, previa autorizzazione della Conferenza istituzionale permanente di cui all'articolo 63, comma 4, possono concorrere con propri stanziamenti alla realizzazione di opere e interventi previsti dai piani di bacino.

 

 

Art. 70.

Adozione dei programmi.

1. I programmi di intervento sono adottati dalla Conferenza istituzionale permanente di cui all'articolo 63, comma 4; tali programmi sono inviati ai componenti della conferenza stessa almeno venti giorni prima della data fissata per la conferenza; in caso di decisione a maggioranza, la delibera di adozione deve fornire una adeguata ed analitica motivazione rispetto alle opinioni dissenzienti espresse in seno alla conferenza.

2. La scadenza di ogni programma triennale è stabilita al 31 dicembre dell'ultimo anno del triennio e le somme autorizzate per l'attuazione del programma per la parte eventualmente non ancora impegnata alla predetta data sono destinate ad incrementare il fondo del programma triennale successivo per l'attuazione degli interventi previsti dal programma triennale in corso o dalla sua revisione.

3. Entro il 31 dicembre del penultimo anno del programma triennale in corso, i nuovi programmi di intervento relativi al triennio successivo, adottati secondo le modalità di cui al comma 1, sono trasmessi al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio, affinché, entro il successivo 3 giugno, sulla base delle previsioni contenute nei programmi e sentita la Conferenza Stato-regioni, trasmetta al Ministro dell'economia e delle finanze l'indicazione del fabbisogno finanziario per il successivo triennio, ai fini della predisposizione del disegno di legge finanziaria.

4. Gli interventi previsti dai programmi triennali sono di norma attuati in forma integrata e coordinata dai soggetti competenti, in base ad accordi di programma ai sensi dell'articolo 34 del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267.

 

 

Art. 71.

Attuazione degli interventi.

1. Le funzioni di studio e di progettazione e tecnico-organizzative attribuite alle Autorità di bacino possono essere esercitate anche mediante affidamento di incarichi ad istituzioni universitarie, liberi professionisti o organizzazioni tecnico-professionali specializzate, in conformità ad apposite direttive impartite dalla Conferenza istituzionale permanente di cui all'articolo 63, comma 4.

2. L'esecuzione di opere di pronto intervento può avere carattere definitivo quando l'urgenza del caso lo richiede.

3. Tutti gli atti di concessione per l'attuazione di interventi ai sensi della presente sezione sono soggetti a registrazione a tassa fissa.

 

 

Art. 72.

Finanziamento.

1. Ferme restando le entrate connesse alle attività di manutenzione ed esercizio delle opere idrauliche, di bonifica e di miglioria fondiaria, gli interventi previsti dalla presente sezione sono a totale carico dello Stato e si attuano mediante i programmi triennali di cui all'articolo 69.

2. Per le finalità di cui al comma 1, si provvede ai sensi dell'articolo 11, comma 3, lettera d), della legge 5 agosto 1978, n. 468. I predetti stanziamenti sono iscritti nello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze fino all'espletamento della procedura di ripartizione di cui ai commi 3 e 4 del presente articolo sulla cui base il Ministro dell'economia e delle finanze apporta, con proprio decreto, le occorrenti variazioni di bilancio.

3. Il Comitato dei Ministri di cui all'articolo 57, sentita la Conferenza Stato-regioni, predispone lo schema di programma nazionale di intervento per il triennio e la ripartizione degli stanziamenti tra le Amministrazioni dello Stato e le regioni, tenendo conto delle priorità indicate nei singoli programmi ed assicurando, ove necessario, il coordinamento degli interventi. A valere sullo stanziamento complessivo autorizzato, lo stesso Comitato dei Ministri propone l'ammontare di una quota di riserva da destinare al finanziamento dei programmi per l'adeguamento ed il potenziamento funzionale, tecnico e scientifico dell'Agenzia per la protezione dell'ambiente e per i servizi tecnici (APAT).

4. Il programma nazionale di intervento e la ripartizione degli stanziamenti, ivi inclusa la quota di riserva a favore dell'Agenzia per la protezione dell'ambiente e per i servizi tecnici (APAT), sono approvati dal Presidente del Consiglio dei Ministri, ai sensi dell'articolo 57.

5. Il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio, entro trenta giorni dall'approvazione del programma triennale nazionale, su proposta della Conferenza Stato-regioni, individua con proprio decreto le opere di competenza regionale, che rivestono grande rilevanza tecnico-idraulica per la modifica del reticolo idrografico principale e del demanio idrico, i cui progetti devono essere sottoposti al parere del Consiglio superiore dei lavori pubblici, da esprimere entro novanta giorni dalla richiesta.

 

Sezione II

Tutela delle acque dall'inquinamento

 

Titolo I

Principi generali e competenze

 

Art. 73.

Finalità.

1. Le disposizioni di cui alla presente sezione definiscono la disciplina generale per la tutela delle acque superficiali, marine e sotterranee perseguendo i seguenti obiettivi:

a) prevenire e ridurre l'inquinamento e attuare il risanamento dei corpi idrici inquinati;

b) conseguire il miglioramento dello stato delle acque ed adeguate protezioni di quelle destinate a particolari usi;

c) perseguire usi sostenibili e durevoli delle risorse idriche, con priorità per quelle potabili;

d) mantenere la capacità naturale di autodepurazione dei corpi idrici, nonchè la capacità di sostenere comunità animali e vegetali ampie e ben diversificate;

e) mitigare gli effetti delle inondazioni e della siccità contribuendo quindi a:

1) garantire una fornitura sufficiente di acque superficiali e sotterranee di buona qualità per un utilizzo idrico sostenibile, equilibrato ed equo;

2) ridurre in modo significativo l'inquinamento delle acque sotterranee;

3) proteggere le acque territoriali e marine e realizzare gli obiettivi degli accordi internazionali in materia, compresi quelli miranti a impedire ed eliminare l'inquinamento dell'ambiente marino, allo scopo di arrestare o eliminare gradualmente gli scarichi, le emissioni e le perdite di sostanze pericolose prioritarie al fine ultimo di pervenire a concentrazioni, nell'ambiente marino, vicine ai valori del fondo naturale per le sostanze presenti in natura e vicine allo zero per le sostanze sintetiche antropogeniche;

f) impedire un ulteriore deterioramento, proteggere e migliorare lo stato degli ecosistemi acquatici, degli ecosistemi terrestri e delle zone umide direttamente dipendenti dagli ecosistemi acquatici sotto il profilo del fabbisogno idrico.

2. Il raggiungimento degli obiettivi indicati al comma 1 si realizza attraverso i seguenti strumenti:

a) l'individuazione di obiettivi di qualità ambientale e per specifica destinazione dei corpi idrici;

b) la tutela integrata degli aspetti qualitativi e quantitativi nell'ambito di ciascun distretto idrografico ed un adeguato sistema di controlli e di sanzioni;

c) il rispetto dei valori limite agli scarichi fissati dallo Stato, nonchè la definizione di valori limite in relazione agli obiettivi di qualità del corpo recettore;

d) l'adeguamento dei sistemi di fognatura, collegamento e depurazione degli scarichi idrici, nell'ambito del servizio idrico integrato;

e) l'individuazione di misure per la prevenzione e la riduzione dell'inquinamento nelle zone vulnerabili e nelle aree sensibili;

f) l'individuazione di misure tese alla conservazione, al risparmio, al riutilizzo ed al riciclo delle risorse idriche;

g) l'adozione di misure per la graduale riduzione degli scarichi, delle emissioni e di ogni altra fonte di inquinamento diffuso contenente sostanze pericolose o per la graduale eliminazione degli stessi allorché contenenti sostanze pericolose prioritarie, contribuendo a raggiungere nell'ambiente marino concentrazioni vicine ai valori del fondo naturale per le sostanze presenti in natura e vicine allo zero per le sostanze sintetiche antropogeniche;

h) l'adozione delle misure volte al controllo degli scarichi e delle emissioni nelle acque superficiali secondo un approccio combinato.

3. Il perseguimento delle finalità e l'utilizzo degli strumenti di cui ai commi 1 e 2, nell'ambito delle risorse finanziarie previste dalla legislazione vigente, contribuiscono a proteggere le acque territoriali e marine e a realizzare gli obiettivi degli accordi internazionali in materia.

 

 

Art. 74.

Definizioni.

1. Ai fini della presente sezione si intende per:

a) abitante equivalente: il carico organico biodegradabile avente una richiesta biochimica di ossigeno a 5 giorni (BOD5) pari a 60 grammi di ossigeno al giorno;

b) acque ciprinicole: le acque in cui vivono o possono vivere pesci appartenenti ai ciprinidi (Cyprinidae) o a specie come i lucci, i pesci persici e le anguille;

c) acque costiere: le acque superficiali situate all'interno rispetto a una retta immaginaria distante, in ogni suo punto, un miglio nautico sul lato esterno dal punto più vicino della linea di base che serve da riferimento per definire il limite delle acque territoriali e che si estendono eventualmente fino al limite esterno delle acque di transizione;

d) acque salmonicole: le acque in cui vivono o possono vivere pesci appartenenti a specie come le trote, i temoli e i coregoni;

e) estuario: l'area di transizione tra le acque dolci e le acque costiere alla foce di un fiume, i cui limiti esterni verso il mare sono definiti con decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio; in via transitoria tali limiti sono fissati a cinquecento metri dalla linea di costa (9);

f) acque dolci: le acque che si presentano in natura con una concentrazione di sali tale da essere considerate appropriate per l'estrazione e il trattamento al fine di produrre acqua potabile;

g) acque reflue domestiche: acque reflue provenienti da insediamenti di tipo residenziale e da servizi e derivanti prevalentemente dal metabolismo umano e da attività domestiche;

h) acque reflue industriali: qualsiasi tipo di acque reflue provenienti da edifici od installazioni in cui si svolgono attività commerciali o di produzione di beni, differenti qualitativamente dalle acque reflue domestiche e da quelle meteoriche di dilavamento, intendendosi per tali anche quelle venute in contatto con sostanze o materiali, anche inquinanti, non connessi con le attività esercitate nello stabilimento;

i) acque reflue urbane: il miscuglio di acque reflue domestiche, di acque reflue industriali, e/o di quelle meteoriche di dilavamento convogliate in reti fognarie, anche separate, e provenienti da agglomerato;

l) acque sotterranee: tutte le acque che si trovano al di sotto della superficie del suolo, nella zona di saturazione e in diretto contatto con il suolo e il sottosuolo;

m) acque termali: le acque minerali naturali di cui all'articolo 2, comma 1, lettera a), della legge 24 ottobre 2000, n. 323, utilizzate per le finalità consentite dalla stessa legge;

n) agglomerato: l'area in cui la popolazione, ovvero le attività produttive, sono concentrate in misura tale da rendere ammissibile, sia tecnicamente che economicamente in rapporto anche ai benefici ambientali conseguibili, la raccolta e il convogliamento in una fognatura dinamica delle acque reflue urbane verso un sistema di trattamento o verso un punto di recapito finale;

o) applicazione al terreno: l'apporto di materiale al terreno mediante spandimento e/o mescolamento con gli strati superficiali, iniezione, interramento;

p) utilizzazione agronomica: la gestione di effluenti di allevamento, acque di vegetazione residuate dalla lavorazione delle olive, acque reflue provenienti da aziende agricole e piccole aziende agro-alimentari, dalla loro produzione fino all'applicazione al terreno ovvero al loro utilizzo irriguo o fertirriguo, finalizzati all'utilizzo delle sostanze nutritive e ammendanti nei medesimi contenute;

q) autorità d'ambito: la forma di cooperazione tra comuni e province per l'organizzazione del servizio idrico integrato;

r) gestore del servizio idrico integrato: il soggetto che gestisce il servizio idrico integrato in un ambito territoriale ottimale ovvero il gestore esistente del servizio pubblico soltanto fino alla piena operatività del servizio idrico integrato;

s) bestiame: tutti gli animali allevati per uso o profitto;

t) composto azotato: qualsiasi sostanza contenente azoto, escluso quello allo stato molecolare gassoso;

u) concimi chimici: qualsiasi fertilizzante prodotto mediante procedimento industriale;

v) effluente di allevamento: le deiezioni del bestiame o una miscela di lettiera e di deiezione di bestiame, anche sotto forma di prodotto trasformato, ivi compresi i reflui provenienti da attività di piscicoltura;

z) eutrofizzazione: arricchimento delle acque di nutrienti, in particolare modo di composti dell'azoto e/o del fosforo, che provoca una abnorme proliferazione di alghe e/o di forme superiori di vita vegetale, producendo la perturbazione dell'equilibrio degli organismi presenti nell'acqua e della qualità delle acque interessate;

aa) fertilizzante: fermo restando quanto disposto dalla legge 19 ottobre 1984, n. 748, le sostanze contenenti uno o più composti azotati, compresi gli effluenti di allevamento, i residui degli allevamenti ittici e i fanghi, sparse sul terreno per stimolare la crescita della vegetazione;

bb) fanghi: i fanghi residui, trattati o non trattati, provenienti dagli impianti di trattamento delle acque reflue urbane;

cc) inquinamento: l'introduzione diretta o indiretta, a seguito di attività umana, di sostanze o di calore nell'aria, nell'acqua o nel terreno che possono nuocere alla salute umana o alla qualità degli ecosistemi acquatici o degli ecosistemi terrestri che dipendono direttamente da ecosistemi acquatici, perturbando, deturpando o deteriorando i valori ricreativi o altri legittimi usi dell'ambiente;

dd) rete fognaria: il sistema di canalizzazioni, generalmente sotterranee, per la raccolta e il convogliamento delle acque reflue domestiche, industriali ed urbane fino al recapito finale;

ee) fognatura separata: la rete fognaria costituita da due canalizzazioni, la prima delle quali adibita alla raccolta ed al convogliamento delle sole acque meteoriche di dilavamento, e dotata o meno di dispositivi per la raccolta e la separazione delle acque di prima pioggia, e la seconda adibita alla raccolta ed al convogliamento delle acque reflue urbane unitamente alle eventuali acque di prima pioggia;

ff) scarico: qualsiasi immissione di acque reflue in acque superficiali, sul suolo, nel sottosuolo e in rete fognaria, indipendentemente dalla loro natura inquinante, anche sottoposte a preventivo trattamento di depurazione. Sono esclusi i rilasci di acque previsti all'articolo 114;

gg) acque di scarico: tutte le acque reflue provenienti da uno scarico;

hh) scarichi esistenti: gli scarichi di acque reflue urbane che alla data del 13 giugno 1999 erano in esercizio e conformi al regime autorizzativo previgente e gli scarichi di impianti di trattamento di acque reflue urbane per i quali alla stessa data erano già state completate tutte le procedure relative alle gare di appalto e all'affidamento dei lavori, nonchè gli scarichi di acque reflue domestiche che alla data del 13 giugno 1999 erano in esercizio e conformi al previgente regime autorizzativo e gli scarichi di acque reflue industriali che alla data del 13 giugno 1999 erano in esercizio e già autorizzati;

ii) trattamento appropriato: il trattamento delle acque reflue urbane mediante un processo ovvero un sistema di smaltimento che, dopo lo scarico, garantisca la conformità dei corpi idrici recettori ai relativi obiettivi di qualità ovvero sia conforme alle disposizioni della parte terza del presente decreto;

ll ) trattamento primario: il trattamento delle acque reflue che comporti la sedimentazione dei solidi sospesi mediante processi fisici e/o chimico-fisici e/o altri, a seguito dei quali prima dello scarico il BOD5 delle acque in trattamento sia ridotto almeno del 20 per cento ed i solidi sospesi totali almeno del 50 per cento;

mm) trattamento secondario: il trattamento delle acque reflue mediante un processo che in genere comporta il trattamento biologico con sedimentazione secondaria, o mediante altro processo in cui vengano comunque rispettati i requisiti di cui alla tabella 1 dell'Allegato 5 alla parte terza del presente decreto;

nn) stabilimento industriale, stabilimento: tutta l'area sottoposta al controllo di un unico gestore, nella quale si svolgono attività commerciali o industriali che comportano la produzione, la trasformazione e/o l'utilizzazione delle sostanze di cui all'Allegato 8 alla parte terza del presente decreto, ovvero qualsiasi altro processo produttivo che comporti la presenza di tali sostanze nello scarico;

oo) valore limite di emissione: limite di accettabilità di una sostanza inquinante con tenuta in uno scarico, misurata in concentrazione, oppure in massa per unità di prodotto o di materia prima lavorata, o in massa per unità di tempo;

pp) zone vulnerabili: zone di territorio che scaricano direttamente o indirettamente composti azotati di origine agricola o zootecnica in acque già inquinate o che potrebbero esserlo in conseguenza di tali tipi di scarichi.

2. Ai fini della presente sezione si intende inoltre per:

a) acque superficiali: le acque interne ad eccezione di quelle sotterranee, le acque di transizione e le acque costiere, tranne per quanto riguarda lo stato chimico, in relazione al quale sono incluse anche le acque territoriali;

b) acque interne: tutte le acque superficiali correnti o stagnanti, e tutte le acque sotterranee all'interno della linea di base che serve da riferimento per definire il limite delle acque territoriali;

c) fiume: un corpo idrico interno che scorre prevalentemente in superficie ma che può essere parzialmente sotterraneo;

d) lago: un corpo idrico superficiale interno fermo;

e) acque di transizione: i corpi idrici superficiali in prossimità della foce di un fiume, che sono parzialmente di natura salina a causa della loro vicinanza alle acque costiere, ma sostanzialmente influenzate dai flussi di acqua dolce;

f) corpo idrico artificiale: un corpo idrico superficiale creato da un'attività umana;

g) corpo idrico fortemente modificato: un corpo idrico superficiale la cui natura, a seguito di alterazioni fisiche dovute a un'attività umana, è sostanzialmente modificata, come risulta dalla designazione fattane dall'autorità competente in base alle disposizioni degli articoli 118 e 120;

h) corpo idrico superficiale: un elemento distinto e significativo di acque superficiali, quale un lago, un bacino artificiale, un torrente, fiume o canale, parte di un torrente, fiume o canale, acque di transizione o un tratto di acque costiere;

i) falda acquifera: uno o più strati sotterranei di roccia o altri strati geologici di porosità e permeabilità sufficiente da consentire un flusso significativo di acque sotterranee o l'estrazione di quantità significative di acque sotterranee;

l) corpo idrico sotterraneo: un volume distinto di acque sotterranee contenute da una o più falde acquifere;

m) bacino idrografico: il territorio nel quale scorrono tutte le acque superficiali attraverso una serie di torrenti, fiumi ed eventualmente laghi per sfociare al mare in un’unica foce, a estuario o delta;

n) sotto-bacino idrografico: il territorio nel quale scorrono tutte le acque superficiali attraverso una serie di torrenti, fiumi e laghi per sfociare in un punto specifico di un corso d'acqua, di solito un lago o la confluenza di un fiume;

o) distretto idrografico: l'area di terra e di mare, costituita da uno o più bacini idrografici limitrofi e dalle rispettive acque sotterranee e costiere che costituisce la principale unità per la gestione dei bacini idrografici;

p) stato delle acque superficiali: l'espressione complessiva dello stato di un corpo idrico superficiale, determinato dal valore più basso del suo stato ecologico e chimico;

q) buono stato delle acque superficiali: lo stato raggiunto da un corpo idrico superficiale qualora il suo stato, tanto sotto il profilo ecologico quanto sotto quello chimico, possa essere definito almeno "buono";

r) stato delle acque sotterranee: l'espressione complessiva dello stato di un corpo idrico sotterraneo, determinato dal valore più basso del suo stato quantitativo e chimico;

s) buono stato delle acque sotterranee: lo stato raggiunto da un corpo idrico sotterraneo qualora il suo stato, tanto sotto il profilo quantitativo quanto sotto quello chimico, possa essere definito almeno "buono";

t) stato ecologico: l'espressione della qualità della struttura e del funzionamento degli ecosistemi acquatici associati alle acque superficiali, classificato a norma dell'Allegato 1 alla parte terza del presente decreto;

u) buono stato ecologico: lo stato di un corpo idrico superficiale classificato in base all'Allegato 1 alla parte terza del presente decreto;

v) buon potenziale ecologico: lo stato di un corpo idrico artificiale o fortemente modificato, così classificato in base alle disposizioni pertinenti dell'Allegato 1 alla parte terza del presente decreto;

z) buono stato chimico delle acque superficiali: lo stato chimico richiesto per conseguire gli obiettivi ambientali per le acque superficiali o fissati dal presento, ossia lo stallo raggiunto da un corpo idrico superficiale nel quale la concentrazione degli inquinanti noti supera gli standard di qualità ambientali fissati dall'Allegato 1 alla parte terza del presente decreto, Tabella 1/A ed ai sensi della parte terza del presente decreto;

aa) buono stato chimico delle acque sotterranee: lo stato chimico di un corpo idrico sotterraneo che risponde a tutte le condizioni di cui alla tabella B.3.2 dell'Allegato 1 alla parte terza del presente decreto;

bb) stato quantitativo: l'espressione del grado in cui un corpo idrico sotterraneo è modificato da estrazioni dirette e indirette;

cc) risorse idriche sotterranee disponibili: il risultato della velocità annua media di ravvenamento globale a lungo termine del corpo idrico sotterraneo meno la velocità annua media a lungo termine del flusso necessario per raggiungere gli obiettivi di qualità ecologica per le acque superficiali connesse, di cui all'articolo 76, al fine di evitare un impoverimento significativo dello stato ecologico di tali acque, nonchè danni rilevanti agli ecosistemi terrestri connessi;

dd) buono stato quantitativo: stato definito nella tabella B.1.2 dell'Allegato 1 alla parte terza del presente decreto;

ee) sostanze pericolose: le sostanze o gruppi di sostanze tossiche, persistenti e bio-accumulabili e altre sostanze o gruppi di sostanze che danno adito a preoccupazioni analoghe;

ff) sostanze prioritarie e sostanze pericolose prioritarie: le sostanze individuate con disposizioni comunitarie ai sensi dell'articolo 16 della direttiva 2000/60/CE;

gg) inquinante: qualsiasi sostanza che possa inquinare, in particolare quelle elencate nell'Allegato 8 alla parte terza del presente decreto;

hh) immissione diretta nelle acque sotterranee: l'immissione di inquinanti nelle acque sotterranee senza infiltrazione attraverso il suolo o il sottosuolo;

ii) obiettivi ambientali: gli obiettivi fissati dal titolo II della parte terza del presente decreto;

ll) standard di qualità ambientale: la concentrazione di un particolare inquinante o gruppo di inquinanti nelle acque, nei sedimenti e nel biota che non deve essere superata per tutelare la salute umana e l'ambiente;

mm) approccio combinato: l'insieme dei controlli, da istituire o realizzare, salvo diversa indicazione delle normative di seguito citate, entro il 22 dicembre 2012, riguardanti tutti gli scarichi nelle acque superficiali, comprendenti i controlli sulle emissioni basati sulle migliori tecniche disponibili, quelli sui pertinenti valori limite di emissione e, in caso di impatti diffusi, quelli comprendenti, eventualmente, le migliori prassi ambientali; tali controlli sono quelli stabiliti:

1) nel decreto legislativo 18 febbraio 2005, n. 59, sulla prevenzione e la riduzione integrate dell'inquinamento;

2) nella parte terza del presente decreto in materia di acque reflue urbane, nitrati provenienti da fonti agricole, sostanze che presentano rischi significativi per l'ambiente acquatico o attraverso l'ambiente acquatico, inclusi i rischi per le acque destinate alla produzione di acqua potabile e di scarichi di Hg, Cd, HCH, DDT, PCP, aldrin, dieldrin, endrin, HCB, HCBD, cloroformio, tetracloruro di carbonio, EDC, tricloroetilene, TCB e percloroetilene;

nn) acque destinate al consumo umano: le acque disciplinate dal decreto legislativo 2 febbraio 2001, n. 31;

oo) servizi idrici: tutti i servizi che forniscono alle famiglie, agli enti pubblici o a qualsiasi attività economica:

1) estrazione, arginamento, stoccaggio, trattamento e distribuzione di acque superficiali o sotterranee;

2) strutture per la raccolta e il trattamento delle acque reflue, che successivamente scaricano nelle acque superficiali;

pp) utilizzo delle acque: i servizi idrici unitamente agli altri usi risultanti dall'attività conoscitiva di cui all'articolo 118 che incidono in modo significativo sullo stato delle acque. Tale nozione si applica ai fini dell'analisi economica di cui all'Allegato 10 alla parte terza del presente decreto;

qq) valori limite di emissione: la massa espressa in rapporto a determinati parametri specifici, la concentrazione e/o il livello di un'emissione che non devono essere superati in uno o più periodi di tempo. I valori limite di emissione possono essere fissati anche per determinati gruppi, famiglie o categorie di sostanze. I valori limite di emissione delle sostanze si applicano di norma nel punto di fuoriuscita delle emissioni dall'impianto, senza tener conto dell'eventuale diluizione; per gli scarichi indiretti nell'acqua, l'effetto di una stazione di depurazione di acque reflue può essere preso in considerazione nella determinazione dei valori limite di emissione dell'impianto, a condizione di garantire un livello equivalente di protezione dell'ambiente nel suo insieme e di non portare a carichi inquinanti maggiori nell'ambiente;

rr) controlli delle emissioni: i controlli che comportano una limitazione specifica delle emissioni, ad esempio un valore limite delle emissioni, oppure che definiscono altrimenti limiti o condizioni in merito agli effetti, alla natura o ad altre caratteristiche di un'emissione o condizioni operative che influiscono sulle emissioni;

ss) costi ambientali: i costi legati ai danni che l'utilizzo stesso delle risorse idriche causa all'ambiente, agli ecosistemi e a coloro che usano l'ambiente;

tt) costi della risorsa: i costi delle mancate opportunità imposte ad altri utenti in conseguenza dello sfruttamento intensivo delle risorse al di là del loro livello di ripristino e ricambio naturale;

uu) impianto: l'unità tecnica permanente in cui sono svolte una o più attività di cui all'Allegato I del decreto legislativo 18 febbraio 2005, n. 59, e qualsiasi altra attività accessoria, che siano tecnicamente connesse con le attività svolte in uno stabilimento e possono influire sulle emissioni e sull'inquinamento; nel caso di attività non rientranti nel campo di applicazione del decreto legislativo 18 febbraio 2005, n. 59, l'impianto si identifica nello stabilimento. Nel caso di attività di cui all'Allegato I del predetto decreto, l'impianto si identifica con il complesso assoggettato alla disciplina della prevenzione e controllo integrati dell'inquinamento.

 

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(9) I limiti esterni dell'estuario sono stati definiti con D.M. 2 maggio 2006 (Gazz. Uff. 10 maggio 2006, n. 107). Con Comunicato 26 giugno 2006 (Gazz. Uff. 26 giugno 2006, n. 146) è stata segnalata l’inefficacia del suddetto D.M. 2 maggio 2006 il quale, non essendo stato inviato alla Corte dei Conti per essere sottoposto al preventivo e necessario controllo, non ha ottenuto la registrazione prevista dalla legge e, conseguentemente, non può considerarsi giuridicamente produttivo di effetti.

 

 

Art. 75.

Competenze.

1. Nelle materie disciplinate dalle disposizioni della presente sezione:

a) lo Stato esercita le competenze ad esso spettanti per la tutela dell'ambiente e dell'ecosistema attraverso il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio, fatte salve le competenze in materia igienico-sanitaria spettanti al Ministro della salute;

b) le regioni e gli enti locali esercitano le funzioni e i compiti ad essi spettanti nel quadro delle competenze costituzionalmente determinate e nel rispetto delle attribuzioni statali.

2. Con riferimento alle funzioni e ai compiti spettanti alle regioni e agli enti locali, in caso di accertata inattività che comporti inadempimento agli obblighi derivanti dall'appartenenza all'Unione europea, pericolo di grave pregiudizio alla salute o all'ambiente oppure inottemperanza ad obblighi di informazione, il Presidente del Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio per materia, assegna all'ente inadempiente un congruo termine per provvedere, decorso inutilmente il quale il Consiglio dei Ministri, sentito il soggetto inadempiente, nomina un commissario che provvede in via sostitutiva. Gli oneri economici connessi all'attività di sostituzione sono a carico dell'ente inadempiente. Restano fermi i poteri di ordinanza previsti dall'ordinamento in caso di urgente necessità e le disposizioni in materia di poteri sostitutivi previste dalla legislazione vigente, nonchè quanto disposto dall'articolo 132.

3. Le prescrizioni tecniche necessarie all'attuazione della parte terza del presente decreto sono stabilite negli Allegati al decreto stesso e con uno o più regolamenti adottati ai sensi dell'articolo 17, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400, su proposta del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio previa intesa con la Conferenza Stato-regioni; attraverso i medesimi regolamenti possono altresì essere modificati gli Allegati alla parte terza del presente decreto per adeguarli a sopravvenute esigenze o a nuove acquisizioni scientifiche o tecnologiche.

4. Con decreto dei Ministri competenti per materia si provvede alla modifica degli Allegati alla parte terza del presente decreto per dare attuazione alle direttive che saranno emanate dall'Unione europea, per le parti in cui queste modifichino modalità esecutive e caratteristiche di ordine tecnico delle direttive dell'Unione europea recepite dalla parte terza del presente decreto, secondo quanto previsto dall'articolo 13 della legge 4 febbraio 2005, n. 11.

5. Le regioni assicurano la più ampia divulgazione delle informazioni sullo stato di qualità delle acque e trasmettono al Dipartimento tutela delle acque interne e marine dell'Agenzia per la protezione dell'ambiente e per i servizi tecnici (APAT) i dati conoscitivi e le informazioni relative all'attuazione della parte terza del presente decreto, nonchè quelli prescritti dalla disciplina comunitaria, secondo le modalità indicate con decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio, di concerto con i Ministri competenti, d'intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano. Il Dipartimento tutela delle acque interne e marine dell'Agenzia per la protezione dell'ambiente e per i servizi tecnici (APAT) elabora a livello nazionale, nell'ambito del Sistema informativo nazionale dell'ambiente (SINA), le informazioni ricevute e le trasmette ai Ministeri interessati e al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio anche per l'invio alla Commissione europea. Con lo stesso decreto sono individuati e disciplinati i casi in cui le regioni sono tenute a trasmettere al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio i provvedimenti adottati ai fini delle comunicazioni all'Unione europea o in ragione degli obblighi internazionali assunti.

6. Le regioni favoriscono l'attiva partecipazione di tutte le parti interessate all'attuazione della parte terza del presente decreto in particolare in sede di elaborazione, revisione e aggiornamento dei piani di tutela di cui all'articolo 121.

7. Le regioni provvedono affinché gli obiettivi di qualità di cui agli articoli 76 e 77 ed i relativi programmi di misure siano perseguiti nei corpi idrici ricadenti nei bacini idrografici internazionali in attuazione di accordi tra gli stati membri interessati, avvalendosi a tal fine di strutture esistenti risultanti da accordi internazionali.

8. Qualora il distretto idrografico superi i confini della Comunità europea, lo Stato e le regioni esercitano le proprie competenze adoperandosi per instaurare un coordinamento adeguato con gli Stati terzi coinvolti, al fine realizzare gli obiettivi di cui alla parte terza del presente decreto in tutto il distretto idrografico.

9. I consorzi di bonifica e di irrigazione, anche attraverso appositi accordi di programma con le competenti autorità, concorrono alla realizzazione di azioni di salvaguardia ambientale e di risanamento delle acque anche al fine della loro utilizzazione irrigua, della rinaturalizzazione dei corsi d'acqua e della fitodepurazione.

 

 

Titolo II

Obiettivi di qualità

 

Capo I

Obiettivo di qualità ambientale e obiettivo di qualità per specifica destinazione

 

Art. 76.

Disposizioni generali.

1. Al fine della tutela e del risanamento delle acque superficiali e sotterranee, la parte terza del presente decreto individua gli obiettivi minimi di qualità ambientale per i corpi idrici significativi e gli obiettivi di qualità per specifica destinazione per i corpi idrici di cui all'articolo 78, da garantirsi su tutto il territorio nazionale.

2. L'obiettivo di qualità ambientale è definito in funzione della capacità dei corpi idrici di mantenere i processi naturali di autodepurazione e di supportare comunità animali e vegetali ampie e ben diversificate.

3. L'obiettivo di qualità per specifica destinazione individua lo stato dei corpi idrici idoneo ad una particolare utilizzazione da parte dell'uomo, alla vita dei pesci e dei molluschi.

4. In attuazione della parte terza del presente decreto sono adottate, mediante il Piano di tutela delle acque di cui all'articolo 121, misure atte a conseguire gli obiettivi seguenti entro il 22 dicembre 2015:

a) sia mantenuto o raggiunto per i corpi idrici significativi superficiali e sotterranei l'obiettivo di qualità ambientale corrispondente allo stato di "buono";

b) sia mantenuto, ove già esistente, lo stato di qualità ambientale "elevato" come definito nell'Allegato 1 alla parte terza del presente decreto;

c) siano mantenuti o raggiunti altresì per i corpi idrici a specifica destinazione di cui all'articolo 79 gli obiettivi di qualità per specifica destinazione di cui all'Allegato 2 alla parte terza del presente decreto, salvi i termini di adempimento previsti dalla normativa previgente.

5. Qualora per un corpo idrico siano designati obiettivi di qualità ambientale e per specifica destinazione che prevedono per gli stessi parametri valori limite diversi, devono essere rispettati quelli più cautelativi quando essi si riferiscono al conseguimento dell'obiettivo di qualità ambientale; l'obbligo di rispetto di tali valori limite decorre dal 22 dicembre 2015.

6. Il Piano di tutela provvede al coordinamento degli obiettivi di qualità ambientale con i diversi obiettivi di qualità per specifica destinazione.

7. Le regioni possono definire obiettivi di qualità ambientale più elevati, nonchè individuare ulteriori destinazioni dei corpi idrici e relativi obiettivi di qualità.

 

 

Art. 77.

Individuazione e perseguimento dell'obiettivo di qualità ambientale.

1. Entro dodici mesi dalla data di entrata in vigore della parte terza del presente decreto, sulla base dei dati già acquisiti e dei risultati del primo rilevamento effettuato ai sensi degli articoli 118 e 120, le regioni che non vi abbiano provveduto identificano per ciascun corpo idrico significativo, o parte di esso, la classe di qualità corrispondente ad una di quelle indicate nell'Allegato 1 alla parte terza del presente decreto.

2. In relazione alla classificazione di cui al comma 1, le regioni stabiliscono e adottano le misure necessarie al raggiungimento o al mantenimento degli obiettivi di qualità ambientale di cui all'articolo 76, comma 4, lettere a) e b), tenendo conto del carico massimo ammissibile, ove fissato sulla base delle indicazioni delle Autorità di bacino, e assicura n d o in ogni caso per tutti i corpi idrici l'adozione di misure atte ad impedire un ulteriore degrado.

3. Al fine di assicurare entro il 22 dicembre 2015 il raggiungimento dell'obiettivo di qualità ambientale corrispondente allo stato di "buono", entro il 31 dicembre 2008 ogni corpo idrico superficiale classificato o tratto di esso deve conseguire almeno i requisiti dello stato di "sufficiente" di cui all'Allegato 1 alla parte terza del presente decreto.

4. Le acque ricadenti nelle aree protette devono essere conformi agli obiettivi e agli standard di qualità fissati nell'Allegato 1 alla parte terza del presente decreto, secondo le scadenze temporali ivi stabilite, salvo diversa disposizione della normativa di settore a norma della quale le singole aree sono state istituite.

5. La designazione di un corpo idrico artificiale o fortemente modificato e la relativa motivazione sono esplicitamente menzionate nei piani di bacino e sono riesaminate ogni sei anni. Le regioni possono definire un corpo idrico artificiale o fortemente modificato quando:

a) le modifiche delle caratteristiche idromorfologiche di tale corpo, necessarie al raggiungimento di un buono stato ecologico, abbiano conseguenze negative rilevanti:

1) sull'ambiente in senso ampio;

2) sulla navigazione, comprese le infrastrutture portuali, o sul diporto;

3) sulle attività per le quali l'acqua è accumulata, quali la fornitura di acqua potabile, la produzione di energia o l'irrigazione;

4) sulla regolazione delle acque, la protezione dalle inondazioni o il drenaggio agricolo;

5) su altre attività sostenibili di sviluppo umano ugualmente importanti;

b) i vantaggi cui sono finalizzate le caratteristiche artificiali o modificate del corpo idrico non possono, per motivi di fattibilità tecnica o a causa dei costi sproporzionati, essere raggiunti con altri mezzi che rappresentino un'opzione significativamente migliore sul piano ambientale.

6. Le regioni possono motivatamente stabilire termini diversi per i corpi idrici che presentano condizioni tali da non consentire il raggiungimento dello stato di "buono" entro il 22 dicembre 2015, nel rispetto di quanto stabilito al comma 9 e purchè sussista almeno uno dei seguenti motivi:

a) la portata dei miglioramenti necessari può essere attuata, per motivi di realizzabilità tecnica, solo in fasi che superano il periodo stabilito;

b) il completamento dei miglioramenti entro i termini fissati sarebbe sproporzionatamente costoso;

c) le condizioni naturali non consentono miglioramenti dello stato del corpo idrico nei tempi richiesti.

7. Le regioni possono motivatamente stabilire obiettivi di qualità ambientale meno rigorosi per taluni corpi idrici, qualora ricorra almeno una delle condizioni seguenti:

a) il corpo idrico ha subito, in conseguenza dell'attività umana, gravi ripercussioni che rendono manifestamente impossibile o economicamente insostenibile un significativo miglioramento dello stato qualitativo;

b) il raggiungimento dell'obiettivo di qualità previsto non è perseguibile a causa della natura litologica ovvero geomorfologica del bacino di appartenenza.

8. Quando ricorrono le condizioni di cui al comma 7, la definizione di obiettivi meno rigorosi è consentita purché essi non comportino l'ulteriore deterioramento dello stato del corpo idrico e, fatto salvo il caso di cui alla lettera b) del medesimo comma 7, purché non sia pregiudicato il raggiungimento degli obiettivi fissati dalla parte terza del presente decreto in altri corpi idrici compresi nello stesso bacino idrografico.

9. Nei casi previsti dai commi 6 e 7, i Piani di tutela devono comprendere le misure volte alla tutela del corpo idrico, ivi compresi i provvedimenti integrativi o restrittivi della disciplina degli scarichi ovvero degli usi delle acque. I tempi e gli obiettivi, nonchè le relative misure, sono rivisti almeno ogni sei anni ed ogni eventuale modifica deve essere inserita come aggiornamento del piano.

10. Il deterioramento temporaneo dello stato del corpo idrico dovuto a circostanze naturali o di forza maggiore eccezionali e ragionevolmente imprevedibili, come alluvioni violente e siccità prolungate, o conseguente a incidenti ragionevolmente imprevedibili, non dà luogo a una violazione delle prescrizioni della parte terza del presente decreto, purchè ricorrano tutte le seguenti condizioni:

a) che siano adottate tutte le misure volte ad impedire l'ulteriore deterioramento dello stato di qualità dei corpi idrici e la compromissione del raggiungimento degli obiettivi di cui all'articolo 76 ed al presente articolo in altri corpi idrici non interessati alla circostanza;

b) che il Piano di tutela preveda espressamente le situazioni in cui detti eventi possono essere dichiarati ragionevolmente imprevedibili o eccezionali, anche adottando gli indicatori appropriati;

c) che siano previste ed adottate misure idonee a non compromettere il ripristino della qualità del corpo idrico una volta conclusisi gli eventi in questione;

d) che gli effetti degli eventi eccezionali o imprevedibili siano sottoposti a un riesame annuale e, con riserva dei motivi di cui all'articolo 76, comma 4, lettera a), venga fatto tutto il possibile per ripristinare nel corpo idrico, non appena ciò sia ragionevolmente fattibile, lo stato precedente tali eventi;

e) che una sintesi degli effetti degli eventi e delle misure adottate o da adottare sia inserita nel successivo aggiornamento del Piano di tutela.

 

 

Art. 78.

Standard di qualità per l'ambiente acquatico.

1. Ai fini della tutela delle acque superficiali dall'inquinamento provocato dalle sostanze pericolose, i corpi idrici significativi di cui all'articolo 76 devono essere conformi entro il 31 dicembre 2008 agli standard di qualità riportati alla Tabella 1/A dell'Allegato 1 alla parte terza del presente decreto, la cui disciplina sostituisce ad ogni effetto quella di cui al decreto ministeriale 6 novembre 2003, n. 367.

2. I Piani di tutela delle acque di cui all'articolo 121 contengono gli strumenti per il conseguimento degli standard di cui al comma 1, anche ai fini della gestione dei fanghi derivanti dagli impianti di depurazione e dalla disciplina degli scarichi.

3. Con decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio viene data attuazione al disposto dell'articolo 16 della direttiva 2000/60/CE entro il 31 dicembre 2015. Entro gli stessi termini le acque a specifica destinazione di cui all'articolo 79 devono essere conformi agli standard dettati dal medesimo decreto.

 

 

Art. 79.

Obiettivo di qualità per specifica destinazione.

1. Sono acque a specifica destinazione funzionale:

a) le acque dolci superficiali destinate alla produzione di acqua potabile;

b) le acque destinate alla balneazione;

c) le acque dolci che richiedono protezione e miglioramento per essere idonee alla vita dei pesci;

d) le acque destinate alla vita dei molluschi.

2. Fermo restando quanto disposto dall'articolo 76, commi 4 e 5, per le acque indicate al comma 1, è perseguito, per ciascun uso, l'obiettivo di qualità per specifica destinazione stabilito nell'Allegato 2 alla parte terza del presente decreto, fatta eccezione per le acque di balneazione.

3. Le regioni, al fine di un costante miglioramento dell'ambiente idrico, stabiliscono programmi, che vengono recepiti nel Piano di tutela, per mantenere o adeguare la qualità delle acque di cui al comma 1 all'obiettivo di qualità per specifica destinazione. Le regioni predispongono apposito elenco aggiornato periodicamente delle acque di cui al comma 1.

 

 

Capo II

Acque a specifica destinazionee

 

Art. 80.

Acque superficiali destinate alla produzione di acqua potabile.

1. Le acque dolci superficiali, per essere utilizzate o destinate alla produzione di acqua potabile, sono classificate dalle regioni nelle categorie A1, A2 e A3, secondo le caratteristiche fisiche, chimiche e microbiologiche di cui alla Tabella 1/A dell'Allegato 2 alla parte terza del presente decreto.

2. A seconda della categoria di appartenenza, le acque dolci superficiali di cui al comma 1 sono sottoposte ai trattamenti seguenti:

a) Categoria A1: trattamento fisico semplice e disinfezione;

b) Categoria A2: trattamento fisico e chimico normale e disinfezione;

c) Categoria A3: trattamento fisico e chimico spinto, affinamento e disinfezione.

Le regioni inviano i dati relativi al monitoraggio e alla classificazione delle acque di cui ai commi 1 e 2 al Ministero della salute, che provvede al successivo inoltro alla Commissione europea.

4. Le acque dolci superficiali che presentano caratteristiche fisiche, chimiche e microbiologiche qualitativamente inferiori ai valori limite imperativi della categoria A3 possono essere utilizzate, in via eccezionale, solo qualora non sia possibile ricorrere ad altre fonti di approvvigionamento e a condizione che le acque siano sottoposte ad opportuno trattamento che consenta di rispettare le norme di qualità delle acque destinate al consumo umano.

 

 

Art. 81.

Deroghe.

1. Per le acque superficiali destinate alla produzione di acqua potabile, le regioni possono derogare ai valori dei parametri di cui alla Tabella 1/A dell'Allegato 2 alla parte terza del presente decreto:

a) in caso di inondazioni o di catastrofi naturali;

b) limitatamente ai parametri contraddistinti nell'Allegato 2 alla parte terza del presente decreto Tabella 1/A dal simbolo (o), qualora ricorrano circostanze meteorologiche eccezionali o condizioni geografiche particolari;

c) quando le acque superficiali si arricchiscono naturalmente di talune sostanze con superamento dei valori fissati per le categorie Al, A2 e A3;

d) nel caso di laghi che abbiano una profondità non superiore ai 20 metri, che per rinnovare le loro acque impieghino più di un anno e nel cui specchio non defluiscano acque di scarico, limitatamente ai parametri contraddistinti nell'Allegato 2 alla parte terza del presente decreto, Tabella 1/A da un asterisco (*).

2. Le deroghe di cui al comma 1 non sono ammesse se ne derivi concreto pericolo per la salute pubblica.

Art. 82.

Acque utilizzate per l'estrazione di acqua potabile.

1. Fatte salve le disposizioni per le acque dolci superficiali destinate alla produzione di acqua potabile, le regioni, all'interno del distretto idrografico di appartenenza, individuano:

a) tutti i corpi idrici superficiali e sotterranei che forniscono in media oltre 10 m3 al giorno o servono più di 50 persone, e

b) i corpi idrici destinati a tale uso futuro.

2. L'autorità competente provvede al monitoraggio, a norma dell'Allegato 1 alla parte terza dei presente decreto, dei corpi idrici che forniscono in media oltre 100 m3 al giorno.

3. Per i corpi idrici di cui al comma 1 deve essere conseguito l'obiettivo ambientale di cui agli articoli 76 e seguenti.

 

 

Art. 83.

Acque di balneazione.

1. Le acque destinate alla balneazione devono soddisfare i requisiti di cui al decreto del Presidente della Repubblica 8 giugno 1982, n. 470.

2. Per le acque che risultano ancora non idonee alla balneazione ai sensi del decreto di cui al comma 1, le regioni comunicano al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio, entro l'inizio della stagione balneare successiva alla data di entrata in vigore della parte terza del presente decreto e, successivamente, con periodicità annuale prima dell'inizio della stagione balneare, tutte le informazioni relative alle cause della non balneabilità ed alle misure che intendono adottare, secondo le modalità indicate dal decreto di cui all'articolo 75, comma 6.

 

 

Art. 84.

Acque dolci idonee alla vita dei pesci.

1. Le regioni effettuano la designazione delle acque dolci che richiedono protezione o miglioramento per esser idonee alla vita dei pesci. Ai fini di tale designazione sono privilegiati:

a) i corsi d'acqua che attraversano il territorio di parchi nazionali e riserve naturali dello Stato nonchè di parchi e riserve naturali regionali;

b) i laghi naturali ed artificiali, gli stagni ed altri corpi idrici, situati nei predetti ambiti territoriali;

c) le acque dolci superficiali comprese nelle zone umide dichiarate "di importanza internazionale" ai sensi della convenzione di Ramsar del 2 febbraio 1971, resa esecutiva con il decreto del Presidente della Repubblica 13 marzo 1976, n. 448, sulla protezione delle zone umide, nonchè quelle comprese nelle "oasi di protezione della fauna", istituite dalle regioni e province autonome ai sensi della legge 11 febbraio 1992, n. 157;

d) le acque dolci superficiali che, ancorché non comprese nelle precedenti categorie, presentino un rilevante interesse scientifico, naturalistico, ambientale e produttivo in quanto costituenti habitat di specie animali o vegetali rare o in via di estinzione, oppure in quanto sede di complessi ecosistemi acquatici meritevoli di conservazione o, altresì, sede di antiche e tradizionali forme di produzione ittica che presentino un elevato grado di sostenibilità ecologica ed economica.

2. Le regioni, entro quindici mesi dalla designazione, classificano le acque dolci superficiali che presentino valori dei parametri di qualità conformi con quelli imperativi previsti dalla Tabella 1/B dell'Allegato 2 alla parte terza del presente decreto come acque dolci "salmonicole" o "ciprinicole".

3. La designazione e la classificazione di cui ai commi 1 e 2 devono essere gradualmente estese sino a coprire l'intero corpo idrico, ferma restando la possibilità di designare e classificare, nell'ambito del medesimo, alcuni tratti come "acqua salmonicola" e alcuni tratti come "acqua ciprinicola". La designazione e la classificazione sono sottoposte a revisione in relazione ad elementi imprevisti o sopravvenuti.

4. Qualora sia richiesto da eccezionali ed urgenti necessità di tutela della qualità delle acque dolci idonee alla vita dei pesci, il Presidente della Giunta regionale o il Presidente della Giunta provinciale, nell'ambito delle rispettive competenze, adottano provvedimenti specifici e motivati, integrativi o restrittivi degli scarichi ovvero degli usi delle acque.

5. Sono escluse dall'applicazione del presente articolo e degli articoli 85 e 86 le acque dolci superficiali dei bacini naturali o artificiali utilizzati per l'allevamento intensivo delle specie ittiche nonché i canali artificiali adibiti a uso plurimo, di scolo o irriguo, e quelli appositamente costruiti per l'allontanamento dei liquami e di acque reflue industriali.

 

 

Art. 85.

Accertamento della qualità delle acque idonee alla vita dei pesci.

1. Le acque designate e classificate ai sensi dell'articolo 84 si considerano idonee alla vita dei pesci se rispondono ai requisiti riportati nella Tabella 1/B dell'Allegato 2 alla parte terza del presente decreto.

2. Se dai campionamenti risulta che non sono rispettati uno o più valori dei parametri riportali nella Tabella 1/B dell'Allegato 2 alla parte terza del presente decreto, le autorità competenti al controllo accertano se l'inosservanza sia dovuta a fenomeni naturali, a causa fortuita, ad apporti inquinanti o a eccessivi prelievi, e propongono all'autorità competente le misure appropriate.

3. Ai fini di una più completa valutazione delle qualità delle acque, le regioni promuovono la realizzazione di idonei programmi di analisi biologica delle acque designate e classificate.

 

 

Art. 86.

Deroghe.

1. Per le acque dolci superficiali designate o classificate per essere idonee alla vita dei pesci, le regioni possono derogare al rispetto dei parametri indicati nella Tabella 1/B dell'Allegato 2 alla parte terza del presente decreto con il simbolo (o) in caso di circostanze meteorologiche eccezionali o speciali condizioni geografiche e, quanto al rispetto dei parametri riportati nella medesima Tabella, in caso di arricchimento naturale del corpo idrico da sostanze provenienti dal suolo senza intervento diretto dell'uomo.

 

 

Art. 87.

Acque destinate alla vita dei molluschi.

1. Le regioni, d'intesa con il Ministero delle politiche agricole e forestali, designano, nell'ambito delle acque marine costiere e salmastre che sono sede di banchi e di popolazioni naturali di molluschi bivalvi e gasteropodi, quelle richiedenti protezione e miglioramento per consentire la vita e lo sviluppo degli stessi e per contribuire alla buona qualità dei prodotti della molluschicoltura direttamente commestibili per l'uomo.

2. Le regioni possono procedere a designazioni complementari, oppure alla revisione delle designazioni già effettuate, in funzione dell'esistenza di elementi imprevisti al momento della designazione.

3. Qualora sia richiesto da eccezionali ed urgenti necessità di tutela della qualità delle acque destinate alla vita dei molluschi, il Presidente della Giunta regionale, il Presidente della Giunta provinciale e il Sindaco, nell'ambito delle rispettive competenze, adottano provvedimenti specifici e motivati, integrativi o restrittivi degli scarichi ovvero degli usi delle acque.

 

 

Art. 88.

Accertamento della qualità delle acque destinate alla vita dei molluschi.

1. Le acque designate ai sensi dell'articolo 87 devono rispondere ai requisiti di qualità di cui alla Tabella 1/C dell'Allegato 2 alla parte terza del presente decreto. In caso contrario, le regioni stabiliscono programmi per ridurne l'inquinamento.

2. Se da un campionamento risulta che uno o più valori dei parametri di cui alla Tabella 1/C dell'Allegato 2 alla parte terza del presente decreto non sono rispettati, le autorità competenti al controllo accertano se l'inosservanza sia dovuta a fenomeni naturali, a causa fortuita o ad altri fattori di inquinamento e le regioni adottano misure appropriate.

 

 

Art. 89.

Deroghe.

1. Per le acque destinate alla vita dei molluschi, le regioni possono derogare ai requisiti di cui alla Tabella 1/C dell'Allegato 2 alla parte terza del presente decreto in caso di condizioni meteorologiche o geomorfologiche eccezionali.

 

 

Art. 90.

Norme sanitarie.

1. Le attività di cui agli articoli 87, 88 e 89 lasciano impregiudicata l'attuazione delle norme sanitarie relative alla classificazione delle zone di produzione e di stabulazione dei molluschi bivalvi vivi, effettuata ai sensi del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 530.

 


 

Titolo III

Tutela dei corpi idrici e disciplina degli scarichi

 

Capo I

Aree richiedenti specifiche misure di prevenzione dall'inquinamento e di risanamento

 

Art. 91.

Aree sensibili.

1. Le aree sensibili sono individuate secondo i criteri dell'Allegato 6 alla parte terza del presente decreto. Sono comunque aree sensibili:

a) i laghi di cui all'Allegato 6 alla parte terza del presente decreto, nonchè i corsi d'acqua a esse afferenti per un tratto di 10 chilometri dalla linea di costa;

b) le aree lagunari di Orbetello, Ravenna e Piallassa-Baiona, le Valli di Comacchio, i laghi salmastri e il delta del Po;

c) le zone umide individuate ai sensi della convenzione di Ramsar del 2 febbraio 1971, resa esecutiva con decreto del Presidente della Repubblica 13 marzo 1976, n. 448;

d) le aree costiere dell'Adriatico Nord-Occidentale dalla foce dell'Adige al confine meridionale del comune di Pesaro e i corsi d'acqua ad essi afferenti per un tratto di 10 chilometri dalla linea di costa;

e) il lago di Garda e il lago d’Idro;

f) i fiumi Sarca-Mincio, Oglio, Adda, Lambro-Olona meridionale e Ticino;

g) il fiume Arno a valle di Firenze e i relativi affluenti;

h) il golfo di Castellammare in Sicilia;

i) le acque costiere dell'Adriatico settentrionale.

2. Il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio, sentita la Conferenza Stato-regioni, entro centottanta giorni dalla data di entrata in vigore della parte terza del presente decreto individua con proprio decreto ulteriori aree sensibili identificate secondo i criteri di cui all'Allegato 6 alla parte terza del presente decreto.

3. Resta fermo quanto disposto dalla legislazione vigente relativamente alla tutela di Venezia.

4. Le regioni, sulla base dei criteri di cui al comma 1 e sentita l'Autorità di bacino, entro un anno dalla data di entrata in vigore della parte terza del presente decreto, e successivamente ogni due anni, possono designare ulteriori aree sensibili ovvero individuare all'interno delle aree indicate nel comma 2 i corpi idrici che non costituiscono aree sensibili.

5. Le regioni, sulla base dei criteri di cui al comma 1 e sentita l'Autorità di bacino, delimitano i bacini drenanti nelle aree sensibili che contribuiscono all'inquinamento di tali aree.

6. Il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio provvede con proprio decreto, da emanare ogni quattro anni dalla data di entrata in vigore della parte terza del presente decreto, sentita la Conferenza Stato-regioni, alla riedificazione delle aree sensibili e dei rispettivi bacini drenanti che contribuiscono all'inquinamento delle aree sensibili.

7. Le nuove aree sensibili identificate ai sensi dei commi 2, 4, e 6 devono soddisfare i requisiti dell'articolo 106 entro sette anni dall'identificazione.

8. Gli scarichi recapitanti nei bacini drenanti afferenti alle aree sensibili di cui ai commi 2 e 6 sono assoggettate alle disposizioni di cui all'articolo 106.

 

 

Art. 92.

Zone vulnerabili da nitrati di origine agricola.

1. Le zone vulnerabili sono individuate secondo i criteri di cui all'Allegato 7/A-I alla parte terza del presente decreto.

2. Ai fini della prima individuazione sono designate zone vulnerabili le aree elencate nell'Allegato 7/A-III alla parte terza del presente decreto.

3. Per tener conto di cambiamenti e/o di fattori imprevisti alla data di entrata in vigore della parte terza del presente decreto, dopo quattro anni da tale data il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio con proprio decreto, sentita la Conferenza Stato-regioni, può modificare i criteri di cui al comma 1.

4. Entro centottanta giorni dalla data di entrata in vigore della parte terza del presente decreto, sulla base dei dati disponibili e tenendo conto delle indicazioni stabilite nell'Allegato 7/A-I alla parte terza del presente decreto, le regioni, sentite le Autorità di bacino, possono individuare ulteriori zone vulnerabili oppure, all'interno delle zone indicate nell'Allegato 7/A-III alla parte terza del presente decreto, le parti che non costituiscono zone vulnerabili.

5. Per tener conto di cambiamenti e/o di fattori imprevisti al momento della precedente designazione, almeno ogni quattro anni le regioni, sentite le Autorità di bacino, possono rivedere o completare le designazioni delle zone vulnerabili. A tal fine le regioni predispongono e attuano, ogni quattro anni, un programma di controllo per verificare le concentrazioni dei nitrati nelle acque dolci per il periodo di un anno, secondo le prescrizioni di cui all'Allegato 7/A-I alla parte terza del presente decreto, nonchè riesaminano lo stato eutrofico causato da azoto delle acque dolci superficiali, delle acque di transizione e delle acque marine costiere.

6. Nelle zone individuate ai sensi dei commi 2, 4 e 5 devono essere attuati i programmi di azione di cui al comma 7, nonchè le prescrizioni contenute nel codice di buona pratica agricola di cui al decreto del Ministro per le politiche agricole e forestali 19 aprile 1999, pubblicato nel Supplemento ordinario alla Gazzetta Ufficiale n. 102 del 4 maggio 1999.

7. Entro un anno dalla data di entrata in vigore della parte terza del presente decreto per le zone designate ai sensi dei commi 2 e 4, ed entro un anno dalla data di designazione per le ulteriori zone di cui al comma 5, le regioni, sulla base delle indicazioni e delle misure di cui all'Allegato 7/A-IV alla parte terza del presente decreto, definiscono, o rivedono se già posti in essere, i programmi d'azione obbligatori per la tutela e il risanamento delle acque dall'inquinamento causato da nitrati di origine agricola, e provvedono alla loro attuazione nell'anno successivo per le zone vulnerabili di cui ai commi 2 e 4 e nei successivi quattro anni per le zone di cui al comma 5.

8. Le regioni provvedono, inoltre, a:

a) integrare, se del caso, in relazione alle esigenze locali, il codice di buona pratica agricola, stabilendone le modalità di applicazione;

b) predisporre ed attuare interventi di formazione e di informazione degli agricoltori sul programma di azione e sul codice di buona pratica agricola;

c) elaborare ed applicare, entro quattro anni a decorrere dalla definizione o revisione dei programmi di cui al comma 7, i necessari strumenti di controllo e verifica dell'efficacia dei programmi stessi sulla base dei risultati ottenuti; ove necessario, modificare o integrare tali programmi individuando, tra le ulteriori misure possibili, quelle maggiormente efficaci, tenuto conto dei costi di attuazione delle misure stesse.

9. Le variazioni apportate alle designazioni, i programmi di azione, i risultati delle verifiche dell'efficacia degli stessi e le revisioni effettuate sono comunicati al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio, secondo le modalità indicate nel decreto di cui all'articolo 75, comma 6. Al Ministero per le politiche agricole e forestali è data tempestiva notizia delle integrazioni apportate al codice di buona pratica agricola di cui al comma 8, lettera a), nonchè degli interventi di formazione e informazione.

10. Al fine di garantire un generale livello di protezione delle acque è raccomandata l'applicazione del codice di buona pratica agricola anche al di fuori delle zone vulnerabili.

 

Art. 93.

Zone vulnerabili da prodotti fitosanitari e zone vulnerabili alla desertificazione.

1. Con le modalità previste dall'articolo 92, e sulla base delle indicazioni contenute nell'Allegato 7/B alla parte terza del presente decreto, le regioni identificano le aree vulnerabili da prodotti fitosanitari secondo i criteri di cui all'articolo 5, comma 21, del decreto legislativo 17 marzo 1995, n. 194, allo scopo di proteggere le risorse idriche o altri comparti ambientali dall'inquinamento derivante dall'uso di prodotti fitosanitari.

2. Le regioni e le Autorità di bacino verificano la presenza nel territorio di competenza di aree soggette o minacciate da fenomeni di siccità, degrado del suolo e processi di desertificazione e le designano quali aree vulnerabili alla desertificazione.

3. Per le aree di cui al comma 2, nell'ambito della pianificazione di distretto e della sua attuazione, sono adottate specifiche misure di tutela, secondo i criteri previsti nel Piano d'azione nazionale di cui alla delibera CIPE del 22 dicembre 1998, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 39 del 17 febbraio 1999.

 

 

Art. 94.

Disciplina delle aree di salvaguardia delle acque superficiali e sotterranee destinate al consumo umano.

1. Su proposta delle Autorità d'àmbito, le regioni, per mantenere e migliorare le caratteristiche qualitative delle acque superficiali e sotterranee destinate al consumo umano, erogate a terzi mediante impianto di acquedotto che riveste carattere di pubblico interesse, nonchè per la tutela dello stato delle risorse, individuano le aree di salvaguardia distinte in zone di tutela assoluta e zone di rispetto, nonchè, all'interno dei bacini imbriferi e delle aree di ricarica della falda, le zone di protezione.

2. Per gli approvvigionamenti diversi da quelli di cui al comma 1, le Autorità competenti impartiscono, caso per caso, le prescrizioni necessarie per la conservazione e la tutela della risorsa e per il controllo delle caratteristiche qualitative delle acque destinate al consumo umano.

3. La zona di tutela assoluta è costituita dall'area immediatamente circostante le captazioni o derivazioni: essa, in caso di acque sotterranee e, ove possibile, per le acque superficiali, deve avere un'estensione di almeno dieci metri di raggio dal punto di captazione, deve essere adeguatamente protetta e dev'essere adibita esclusivamente a opere di captazione o presa e ad infrastrutture di servizio.

4. La zona di rispetto è costituita dalla porzione di territorio circostante la zona di tutela assoluta da sottoporre a vincoli e destinazioni d'uso tali da tutelare qualitativamente e quantitativamente la risorsa idrica captata e può essere suddivisa in zona di rispetto ristretta e zona di rispetto allargata, in relazione alla tipologia dell'opera di presa o captazione e alla situazione locale di vulnerabilità e rischio della risorsa. In particolare, nella zona di rispetto sono vietati l'insediamento dei seguenti centri di pericolo e lo svolgimento delle seguenti attività:

a) dispersione di fanghi e acque reflue, anche se depurati;

b) accumulo di concimi chimici, fertilizzanti o pesticidi;

c) spandimento di concimi chimici, fertilizzanti o pesticidi, salvo che l'impiego di tali sostanze sia effettuato sulla base delle indicazioni di uno specifico piano di utilizzazione che tenga conto della natura dei suoli, delle colture compatibili, delle tecniche agronomiche impiegate e della vulnerabilità delle risorse idriche;

d) dispersione nel sottosuolo di acque meteoriche proveniente da piazzali e strade.

e) aree cimiteriali;

f) apertura di cave che possono essere in connessione con la falda;

g) apertura di pozzi ad eccezione di quelli che estraggono acque destinate al consumo umano e di quelli finalizzati alla variazione dell'estrazione ed alla protezione delle caratteristiche quali-quantitative della risorsa idrica;

h) gestione di rifiuti;

i) stoccaggio di prodotti ovvero, sostanze chimiche pericolose e sostanze radioattive;

l) centri di raccolta, demolizione e rottamazione di autoveicoli;

m) pozzi perdenti;

n) pascolo e stabulazione di bestiame che ecceda i 170 chilogrammi per ettaro di azoto presente negli effluenti, al netto delle perdite di stoccaggio e distribuzione. É comunque vietata la stabulazione di bestiame nella zona di rispetto ristretta.

5. Per gli insediamenti o le attività di cui al comma 4, preesistenti, ove possibile, e comunque ad eccezione delle aree cimiteriali, sono adottate le misure per il loro allontanamento; in ogni caso deve essere garantita la loro messa in sicurezza. Entro centottanta giorni dalla data di entrata in vigore della parte terza del presente decreto le regioni e le province autonome disciplinano, all'interno delle zone di rispetto, le seguenti strutture o attività:

a) fognature;

b) edilizia residenziale e relative opere di urbanizzazione;

c) opere viarie, ferroviarie e in genere infrastrutture di servizio;

d) pratiche agronomiche e contenuti dei piani di utilizzazione di cui alla lettera c) del comma 4.

6. In assenza dell'individuazione da parte delle regioni o delle province autonome della zona di rispetto ai sensi del comma 1, la medesima ha un'estensione di 200 metri di raggio rispetto al punto di captazione o di derivazione.

7. Le zone di protezione devono essere delimitate secondo le indicazioni delle regioni o delle province autonome per assicurare la protezione del patrimonio idrico. In esse si possono adottare misure relative alla destinazione del territorio interessato, limitazioni e prescrizioni per gli insediamenti civili, produttivi, turistici, agro-forestali e zootecnici da inserirsi negli strumenti urbanistici comunali, provinciali, regionali, sia generali sia di settore.

8. Ai fini della protezione delle acque sotterranee, anche di quelle non ancora utilizzate per l'uso umano, le regioni e le province autonome individuano e disciplinano, all'interno delle zone di protezione, le seguenti aree:

a) aree di ricarica della falda;

b) emergenze naturali ed artificiali della falda;

c) zone di riserva.

 

Capo II

Tutela quantitativa della risorsa e risparmio idrico

 

Art. 95.

Pianificazione del bilancio idrico.

1. La tutela quantitativa della risorsa concorre al raggiungimento degli obiettivi di qualità attraverso una pianificazione delle utilizzazioni delle acque volta ad evitare ripercussioni sulla qualità delle stesse e a consentire un consumo idrico sostenibile.

2. Nei piani di tutela sono adottate le misure volte ad assicurare l'equilibrio del bilancio idrico come definito dalle Autorità di bacino, nel rispetto delle priorità stabilite dalla normativa vigente e tenendo conto dei fabbisogni, delle disponibilità, del minimo deflusso vitale, della capacità di ravvenamento della falda e delle destinazioni d'uso della risorsa compatibili con le relative caratteristiche qualitative e quantitative.

3. Entro centottanta giorni dalla data di entrata in vigore della parte terza del presente decreto, le regioni definiscono, sulla base delle linee guida adottate dal Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio con proprio decreto, previa intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, nonché sulla base dei criteri già adottati dalle Autorità di bacino, gli obblighi di installazione e manutenzione in regolare stato di funzionamento di idonei dispositivi per la misurazione delle portate e dei volumi d'acqua pubblica derivati, in corrispondenza dei punti di prelievo e, ove presente, di restituzione, nonché gli obblighi e le modalità di trasmissione dei risultati delle misurazioni dell'Autorità concedente per il loro successivo inoltro alla regione ed alle Autorità di bacino competenti. Le Autorità di bacino provvedono a trasmettere i dati in proprio possesso al Servizio geologico d'Italia - Dipartimento difesa del suolo dell'Agenzia per la protezione dell'ambiente e per i servizi tecnici (APAT) secondo le modalità di cui all'articolo 75, comma 6.

4. Salvo quanto previsto al comma 5, tutte le derivazioni di acqua comunque in atto alla data di entrata in vigore della parte terza del presente decreto sono regolate dall'Autorità concedente mediante la previsione di rilasci volti a garantire il minimo deflusso vitale nei corpi idrici, come definito secondo i criteri adottati dal Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio con apposito decreto, previa intesa con la Conferenza Stato-regioni, senza che ciò possa dar luogo alla corresponsione di indennizzi da parte della pubblica amministrazione, fatta salva la relativa riduzione del canone demaniale di concessione.

5. Per le finalità di cui ai commi 1 e 2, le Autorità concedenti effettuano il censimento di tutte le utilizzazioni in atto nel medesimo corpo idrico sulla base dei criteri adottati dal Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio con proprio decreto, previa intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano; le medesime Autorità provvedono successivamente, ove necessario, alla revisione di tale censimento, disponendo prescrizioni o limitazioni temporali o quantitative, senza che ciò possa dar luogo alla corresponsione di indennizzi da parte della pubblica amministrazione, fatta salva la relativa riduzione del canone demaniale di concessione.

6. Nel provvedimento di concessione preferenziale, rilasciato ai sensi dell'articolo 4 del regio decreto 11 dicembre 1933, n. 1775, sono contenute le prescrizioni relative ai rilasci volti a garantire il minimo deflusso vitale nei corpi idrici nonché le prescrizioni necessarie ad assicurare l'equilibrio del bilancio idrico.

 

 

Art. 96.

Modifiche al regio decreto 11 dicembre 1933, n. 1775.

1. Il secondo comma dell'articolo 7 del testo unico delle disposizioni sulle acque impianti elettrici, approvato con regio decreto 11 dicembre 1933, n. 1775, è sostituito dal seguente:

"Le domande di cui al primo comma relative sia alle grandi sia alle piccole derivazioni sono altresì trasmesse alle Autorità di bacino territorialmente competenti che, entro il termine perentorio di quaranta giorni dalla data di ricezione ove si tratti di domande relative a piccole derivazioni, comunicano il proprio parere vincolante ai competente Ufficio Istruttore in ordine alla compatibilità della utilizzazione con le previsioni del Piano di tutela, ai fini del controllo sull'equilibrio del bilancio idrico o idrologico, anche in attesa di approvazione del Piano anzidetto. Qualora le domande siano relative a grandi derivazioni, il termine per la comunicazione del suddetto parere è elevato a novanta giorni dalla data di ricezione delle domande medesime. Decorsi i predetti termini senza che sia intervenuta alcuna pronuncia, il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio nomina un Commissario "ad acta" che provvede entro i medesimi termini decorrenti dalla data della nomina.".

2. I commi 1 e 1-bis. dell'articolo 9 del regio decreto 11 dicembre 1933, n. 1775, sono sostituiti dai seguenti:

"1. Tra più domande concorrenti, completata l'istruttoria di cui agli articoli 7 e 8, è preferita quella che da sola, o in connessione con altre utenze concesse o richieste, presenta la più razionale utilizzazione delle risorse idriche in relazione ai seguenti criteri:

a) l'attuale livello di soddisfacimento delle esigenze essenziali dei concorrenti anche da parte dei servizi pubblici di acquedotto o di irrigazione e la prioritaria destinazione delle risorse qualificate all'uso potabile;

b) le effettive possibilità di migliore utilizzo delle fonti in relazione all'uso;

c) le caratteristiche quantitative e qualitative del corpo idrico oggetto di prelievo;

d) la quantità e la qualità dell'acqua restituita rispetto a quella prelevata.

1-bis. E' preferita la domanda che, per lo stesso tipo di uso, garantisce la maggior restituzione d'acqua in rapporto agli obiettivi di qualità dei corpi idrici. In caso di più domande concorrenti per usi produttivi è altresì preferita quella del richiedente che aderisce al sistema ISO 14001, ovvero al sistema di cui al regolamento (CEE) n. 761/2001 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 19 marzo 2001, sull'adesione volontaria delle organizzazioni a un sistema comunitario di ecogestione e audit (EMAS).

1-ter. Per lo stesso tipo di uso è preferita la domanda che garantisce che i minori prelievi richiesti siano integrati dai volumi idrici derivati da attività di recupero e di riciclo.".

3. L'articolo 12-bis del regio decreto 11 dicembre 1933, n. 1775, è sostituito dal seguente:

"Articolo 12-bis.

1. Il provvedimento di concessione è rilasciato se:

a) non pregiudica il mantenimento o il raggiungimento degli obiettivi di qualità definiti per il corso d'acqua interessato;

b) è garantito il minimo deflusso vitale e l'equilibrio del bilancio idrico;

c) non sussistono possibilità di riutilizzo di acque reflue depurate o provenienti dalla raccolta di acque piovane ovvero, pur sussistendo tali possibilità, il riutilizzo non risulta sostenibile sotto il profilo economico.

2. I volumi di acqua concessi sono altresì commisurati alle possibilità di risparmio, riutilizzo o riciclo delle risorse. Il disciplinare di concessione deve fissare, ove tecnicamente possibile, la quantità e le caratteristiche qualitative dell'acqua restituita. Analogamente, nei casi di prelievo da falda deve essere garantito l'equilibrio tra il prelievo e la capacità di ricarica dell'acquifero, anche al fine di evitare pericoli di intrusione di acque salate o inquinate, e quant'altro sia utile in funzione del controllo del miglior regime delle acque.

3. L'utilizzo di risorse prelevate da sorgenti o falde, o comunque riservate al consumo umano, può essere assentito per usi diversi da quello potabile se:

a) viene garantita la condizione di equilibrio del bilancio idrico per ogni singolo fabbisogno;

b) non sussistono possibilità di riutilizzo di acque reflue depurate o provenienti dalla raccolta di acque piovane, oppure, dove sussistano tali possibilità, il riutilizzo non risulta sostenibile sotto il profilo economico;

c) sussiste adeguata disponibilità delle risorse predette e vi è una accertata carenza qualitativa e quantitativa di fonti alternative di approvvigionamento.

4. Nei casi di cui al comma 3, il canone di utenza per uso diverso da quello potabile è triplicalo. Sono escluse le concessioni ad uso idroelettrico i cui impianti sono posti in serie con gli impianti di acquedotto.".

4. L'articolo 17 del regio decreto 11 dicembre 1933, n. 1775, è sostituito dal seguente:

"Articolo 17.

1. Salvo quanto previsto dall'articolo 93 e dal comma 2, è vietato derivare o utilizzare acqua pubblica senza un provvedimento autorizzativo o concessorio dell'autorità competente.

2. La raccolta di acque piovane in invasi e cisterne al servizio di fondi agricoli o di singoli edifici è libera e non richiede licenza o concessione di derivazione di acqua; la realizzazione dei relativi manufatti è regolata dalle leggi in materia di edilizia, di costruzioni nelle zone sismiche, di dighe e sbarramenti e dalle altre leggi speciali.

3. Nel caso di violazione delle norme di cui al comma 1, Amministrazione competente dispone la cessazione dell'utenza abusiva ed il contravventore, fatti salvi ogni altro adempimento o comminatoria previsti dalle leggi vigenti, è tenuto al pagamento di una sanzione amministrativa pecuniaria da 3.000 euro a 30.000 euro. Nei casi di particolare tenuità si applica la sanzione amministrativa pecuniaria da 300 euro a 1.500 euro. Alla sanzione prevista dal presente articolo non si applica il pagamento in misura ridotta di cui all'articolo 16 della legge 24 novembre 1981, n. 689. E' in ogni caso dovuta una somma pari ai canoni non corrisposti. L'autorità competente, con espresso provvedimento nel quale sono stabilite le necessarie cautele, può eccezionalmente consentire la continuazione provvisoria del prelievo in presenza di particolari ragioni di interesse pubblico generale, purché l'utilizzazione non risulti in palese contrasto con i diritti di terzi e con il buon regime delle acque.".

5. Il secondo comma dell'articolo 54 del regio decreto 11 dicembre 1933, n. 1775, già abrogato dall'articolo 23 del decreto legislativo 11 maggio 1999, n. 152, resta abrogato.

6. Fatto salvo quanto previsto dal comma 7, per le derivazioni o utilizzazioni di acqua pubblica in tutto o in parte abusivamente in atto è ammessa la presentazione di domanda di concessione in sanatoria entro il 30 giugno 2006 previo pagamento della sanzione di cui all'articolo 17 del regio decreto 11 dicembre 1933, n. 1775, aumentata di un quinto. Successivamente a tale data, alle derivazioni o utilizzazioni di acqua pubblica in tutto o in parte abusivamente in atto si applica l'articolo 17, comma 3, del regio decreto 11 dicembre 1933 n. 1775. La concessione in sanatoria è rilasciata nel rispetto della legislazione vigente e delle utenze regolarmente assentite. In pendenza del procedimento istruttorio della concessione in sanatoria, l'utilizzazione può proseguire fermo restando l'obbligo del pagamento del canone per l'uso effettuato e il potere dell'autorità concedente di sospendere in qualsiasi momento l'utilizzazione qualora in contrasto con i diritti di terzi o con il raggiungimento o il mantenimento degli obiettivi di qualità e dell'equilibrio del bilancio idrico. Restano comunque ferme le disposizioni di cui all'articolo 95, comma 5.

7. I termini entro i quali far valere, a pena di decadenza, ai sensi degli articoli 3 e 4 del regio decreto 11 dicembre 1933, n. 1775, il diritto al riconoscimento o alla concessione di acque che hanno assunto natura pubblica a norma dell'articolo 1, comma 1 della legge 5 gennaio 1994, n. 36, nonché per la presentazione delle denunce dei pozzi a norma dell'articolo 10 del decreto legislativo 12 luglio 1993, n. 275, sono prorogati al 31 dicembre 2007. In tali casi i canoni demaniali decorrono dal 10 agosto 1999. Nel provvedimento di concessione preferenziale sono contenute le prescrizioni relative ai rilasci volti a garantire il minimo deflusso vitale nei corpi idrici e quelle prescrizioni necessarie ad assicurare l'equilibrio del bilancio idrico (10).

8. Il primo comma dell'articolo 21 del regio decreto 11 dicembre 1933, n. 1775, è sostituito dal seguente:

"Tutte le concessioni di derivazione sono temporanee. La durata delle concessioni, fatto salvo quanto disposto dal secondo comma, non può eccedere i trenta anni ovvero i quaranta per uso irriguo e per la piscicoltura, ad eccezione di quelle di grande derivazione idroelettrica, per le quali resta ferma la disciplina di cui all'articolo 12, commi 6, 7 e 8 del decreto legislativo 16 marzo 1999, n. 79".

9. Dopo il terzo comma dell'articolo 21 del regio decreto 11 dicembre 1933, n. 1775, è inserito il seguente:

"Le concessioni di derivazioni per uso irriguo devono tener conto delle tipologie delle colture in funzione della disponibilità della risorsa idrica, della quantità minima necessaria alla coltura stessa, prevedendo se necessario specifiche modalità di irrigazione; le stesse sono assentite o rinnovate solo qualora non risulti possibile soddisfare la domanda d'acqua attraverso le strutture consortili già operanti sul territorio.".

10. Fatta salva l'efficacia delle norme più restrittive, tutto il territorio nazionale è assoggettato a tutela ai sensi dell'articolo 94 del regio decreto 11 dicembre 1933, n. 1775.

11. Le regioni disciplinano i procedimenti di rilascio delle concessioni di derivazione di acque pubbliche nel rispetto delle direttive sulla gestione del demanio idrico nelle quali sono indicate anche le possibilità di libero utilizzo di acque superficiali scolanti su suoli o in fossi di canali di proprietà privata. Le regioni, sentite le Autorità di bacino, disciplinano forme di regolazione dei prelievi delle acque sotterranee per gli usi domestici, come definiti dall'articolo 93 del regio decreto 11 dicembre 1933, n. 1775, laddove sia necessario garantire l'equilibrio del bilancio idrico.

 

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(10) Comma così modificato dal comma 1 dell’art. 2, D.L. 28 dicembre 2006, n. 300, come sostituito dalla relativa legge di conversione.

 

 

Art. 97.

Acque minerali naturali e di sorgenti.

1. Le concessioni di utilizzazione delle acque minerali naturali e delle acque di sorgente sono rilasciate tenuto conto delle esigenze di approvvigionamento e distribuzione delle acque potabili e delle previsioni del Piano di tutela di cui all'articolo 121.

 

 

Art. 98.

Risparmio idrico.

1. Coloro che gestiscono o utilizzano la risorsa idrica adottano le misure necessarie all'eliminazione degli sprechi ed alla riduzione dei consumi e ad incrementare il riciclo ed il riutilizzo, anche mediante l'utilizzazione delle migliori tecniche disponibili.

2. Le regioni, sentite le Autorità di bacino, approvano specifiche norme sul risparmio idrico in agricoltura, basato sulla pianificazione degli usi, sulla corretta individuazione dei fabbisogni nel settore, e sui controlli degli effettivi emungimenti.

 

 

Art. 99.

Riutilizzo dell'acqua.

1. Il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio con proprio decreto, sentiti i Ministri delle politiche agricole e forestali, della salute e delle attività produttive, detta le norme tecniche per il riutilizzo delle acque reflue (11).

2. Le regioni, nel rispetto dei principi della legislazione statale, e sentita l'Autorità di vigilanza sulle risorse idriche e sui rifiuti, adottano norme e misure volte a favorire il riciclo dell'acqua e il riutilizzo delle acque reflue depurate (12).

 

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(11) In attuazione di quanto disposto dal presente comma vedi il D.M. 2 maggio 2006. Con Comunicato 26 giugno 2006 (Gazz. Uff. 26 giugno 2006, n. 146) è stata segnalata l’inefficacia del suddetto D.M. 2 maggio 2006 il quale, non essendo stato inviato alla Corte dei Conti per essere sottoposto al preventivo e necessario controllo, non ha ottenuto la registrazione prevista dalla legge e, conseguentemente, non può considerarsi giuridicamente produttivo di effetti.

(12) Il riferimento dell'Autorità di vigilanza sulle risorse idriche e sui rifiuti è stato soppresso ai sensi di quanto disposto dal comma 5 dell'art. 1, D.Lgs. 8 novembre 2006, n. 284.

 

 

Capo III

Tutela qualitativa della risorsa: disciplina degli scarichi

 

Art. 100.

Reti fognarie.

1. Gli agglomerati con un numero di abitanti equivalenti superiore a 2.000 devono essere provvisti di reti fognarie per le acque reflue urbane.

2. La progettazione, la costruzione e la manutenzione delle reti fognarie si effettuano adottando le migliori tecniche disponibili e che comportino costi economicamente ammissibili, tenendo conto, in particolare:

a) della portata media, del volume annuo e delle caratteristiche delle acque reflue urbane;

b) della prevenzione di eventuali fenomeni di rigurgito che comportino la fuoriuscita delle acque reflue dalle sezioni fognarie;

c) della limitazione dell'inquinamento dei ricettori, causato da tracimazioni originate da particolari eventi meteorici.

3. Per insediamenti, installazioni o edifici isolati che producono acque reflue domestiche, le regioni individuano sistemi individuali o altri sistemi pubblici o privati adeguati che raggiungano lo stesso livello di protezione ambientale, indicando i tempi di adeguamento degli scarichi a detti sistemi,

 

 

Art. 101.

Criteri generali della disciplina degli scarichi.

1. Tutti gli scarichi sono disciplinati in funzione del rispetto degli obiettivi di qualità dei corpi idrici e devono comunque rispettare i valori limite previsti nell'Allegato 5 alla parte terza del presente decreto. L'autorizzazione può in ogni caso stabilire specifiche deroghe ai suddetti limiti e idonee prescrizioni per i periodi di avviamento e di arresto e per l'eventualità di guasti nonché per gli ulteriori periodi transitori necessari per il ritorno alle condizioni di regime.

2. Ai fini di cui al comma 1, le regioni, nell'esercizio della loro autonomia, tenendo conto dei carichi massimi ammissibili e delle migliori tecniche disponibili, definiscono i valori-limite di emissione, diversi da quelli di cui all'Allegato 5 alla parte terza del presente decreto, sia in concentrazione massima ammissibile sia in quantità massima per unità di tempo in ordine ad ogni sostanza inquinante e per gruppi o famiglie di sostanze affini. Le regioni non possono stabilire valori limite meno restrittivi di quelli fissati nell'Allegato 5 alla parte terza del presente decreto:

a) nella Tabella 1, relativamente allo scarico di acque reflue urbane in corpi idrici superficiali;

b) nella Tabella 2, relativamente allo scarico di acque reflue urbane in corpi idrici superficiali ricadenti in aree sensibili;

c) nella Tabella 3/A, per i cicli produttivi ivi indicati;

d) nelle Tabelle 3 e 4, per quelle sostanze indicate nella Tabella 5 del medesimo Allegato.

3. Tutti gli scarichi, ad eccezione di quelli domestici e di quelli ad essi assimilati ai sensi del comma 7, lettera e), devono essere resi accessibili per il campionamento da parte dell'autorità competente per il controllo nel punto assunto a riferimento per il campionamento, che, salvo quanto previsto dall'articolo 108, comma 4, va effettuato immediatamente a monte della immissione nel recapito in tutti gli impluvi naturali, le acque superficiali e sotterranee, interne e marine, le fognature, sul suolo e nel sottosuolo.

4. L'autorità competente per il controllo è autorizzata ad effettuare tutte le ispezioni che ritenga necessarie per l'accertamento delle condizioni che danno luogo alla formazione degli scarichi. Essa può richiedere che scarichi parziali contenenti le sostanze di cui ai numeri 1, 2, 3, 4, 5, 6, 7, 8, 9, 10, 12, 15, 16, 17 e 18 della tabella 5 dell'Allegato 5 alla parte terza del presente decreto subiscano un trattamento particolare prima della loro confluenza nello scarico generale.

5. I valori limite di emissione non possono in alcun caso essere conseguiti mediante diluizione con acque prelevate esclusivamente allo scopo. Non è comunque consentito diluire con acque di raffreddamento, di lavaggio o prelevate esclusivamente allo scopo gli scarichi parziali di cui al comma 4, prima del trattamento degli stessi per adeguarli ai limiti previsti dalla parte terza dal presente decreto. L'autorità competente, in sede di autorizzazione, può prescrivere che lo scarico delle acque di raffreddamento, di lavaggio, ovvero impiegate per la produzione di energia sia separato dallo scarico terminale di ciascuno stabilimento.

6. Qualora le acque prelevate da un corpo idrico superficiale presentino parametri con valori superiori ai valori-limite di emissione, la disciplina dello scarico è fissata in base alla natura delle alterazioni e agli obiettivi di qualità del corpo idrico ricettore. In ogni caso le acque devono essere restituite con caratteristiche qualitative non peggiori di quelle prelevate e senza maggiorazioni di portata allo stesso corpo idrico dal quale sono state prelevate.

7. Salvo quanto previsto dall'articolo 112, ai fini della disciplina degli scarichi e delle autorizzazioni, sono assimilate alle acque reflue domestiche le acque reflue:

a) provenienti da imprese dedite esclusivamente alla coltivazione del terreno e/o alla silvicoltura;

b) provenienti da imprese dedite ad allevamento di bestiame che, per quanto riguarda gli effluenti di allevamento, praticano l'utilizzazione agronomica in conformità alla disciplina regionale stabilita sulla base dei criteri e delle norme tecniche generali di cui all'articolo 112, comma 2, e che dispongono di almeno un ettaro di terreno agricolo per ognuna delle quantità indicate nella Tabella 6 dell'Allegato 5 alla parte terza del presente decreto;

c) provenienti da imprese dedite alle attività di cui alle lettere a) e b) che esercitano anche attività di trasformazione o di valorizzazione della produzione agricola, inserita con carattere di normalità e complementarietà funzionale nel ciclo produttivo aziendale e con materia prima lavorata proveniente in misura prevalente dall'attività di coltivazione dei terreni di cui si abbia a qualunque titolo la disponibilità;

d) provenienti da impianti di acqua coltura e di piscicoltura che diano luogo a scarico e che si caratterizzino per una densità di allevamento pari o inferiore a 1 Kg per metro quadrato di specchio d'acqua o in cui venga utilizzata una portata d'acqua pari o inferiore a 50 litri al minuto secondo;

e) aventi caratteristiche qualitative equivalenti a quelle domestiche e indicate dalla normativa regionale;

f) provenienti da attività termali, fatte salve le discipline regionali di settore.

8. Entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della parte terza del presente decreto, e successivamente ogni due anni, le regioni trasmettono al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio, al Servizio geologico d'Italia -Dipartimento difesa del suolo dell'Agenzia per la protezione dell'ambiente e per i servizi tecnici (APAT) e all'Autorità di vigilanza sulle risorse idriche e sui rifiuti le informazioni relative alla funzionalità dei depuratori, nonché allo smaltimento dei relativi fanghi, secondo le modalità di cui all'articolo 75, comma 5 (13).

9. Al fine di assicurare la più ampia divulgazione delle informazioni sullo stato dell'ambiente le regioni pubblicano ogni due anni, sui propri Bollettini Ufficiali e siti internet istituzionali, una relazione sulle attività di smaltimento delle acque reflue urbane nelle aree di loro competenza, secondo le modalità indicate nel decreto di cui all'articolo 75, comma 5.

10. Le Autorità competenti possono promuovere e stipulare accordi e contratti di programma con soggetti economici interessati, al fine di favorire il risparmio idrico, il riutilizzo delle acque di scarico e il recupero come materia prima dei fanghi di depurazione, con la possibilità di ricorrere a strumenti economici, di stabilire agevolazioni in materia di adempimenti amministrativi e di fissare, per le sostanze ritenute utili, limiti agli scarichi in deroga alla disciplina generale, nel rispetto comunque delle norme comunitarie e delle misure necessarie al conseguimento degli obiettivi di qualità.

 

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(13) Il riferimento all’Autorità di vigilanza sulle risorse idriche e sui rifiuti è stato soppresso ai sensi di quanto disposto dal comma 5 dell’art. 1, D.Lgs. 8 novembre 2006, n. 284.

 

 

Art. 102.

Scarichi di acque termali.

1. Per le acque termali che presentano all'origine parametri chimici con valori superiori a quelli limite di emissione, è ammessa la deroga ai valori stessi a condizione che le acque siano restituite con caratteristiche qualitative non superiori rispetto a quelle prelevate ovvero che le stesse, nell'ambito massimo del 10 per cento, rispettino i parametri batteriologici e non siano presenti le sostanze pericolose di cui alle Tabelle 3/A e 5 dell'Allegato 5 alla parte terza del presente decreto.

2. Gli scarichi termali sono ammessi, fatta salva la disciplina delle autorizzazioni adottata dalle regioni ai sensi dell'articolo 124, comma 5:

a) in corpi idrici superficiali, purché la loro immissione nel corpo ricettore non comprometta gli usi delle risorse idriche e non causi danni alla salute ed all'ambiente;

b) sul suolo o negli strati superficiali del sottosuolo, previa verifica delle situazioni geologiche;

c) in reti fognarie, purché vengano osservati i regolamenti emanati dal gestore del servizio idrico integrato e vengano autorizzati dalle Autorità di ambito;

d) in reti fognarie di tipo separato previste per le acque meteoriche.

 

 

Art. 103.

Scarichi sul suolo.

1. È vietato lo scarico sul suolo o negli strati superficiali del sottosuolo, fatta eccezione:

a) per i casi previsti dall'articolo 100, comma 3;

b) per gli scaricatori di piena a servizio delle reti fognarie;

c) per gli scarichi di acque reflue urbane e industriali per i quali sia accertata l'impossibilità tecnica o l'eccessiva onerosità, a fronte dei benefìci ambientali conseguibili, a recapitare in corpi idrici superficiali, purché gli stessi siano conformi ai criteri ed ai valori-limite di emissione fissati a tal fine dalle regioni ai sensi dell'articolo 101, comma 2. Sino all'emanazione di nuove norme regionali si applicano i valori limite di emissione della Tabella 4 dell'Allegato 5 alla parte terza del presente decreto;

d) per gli scarichi di acque provenienti dalla lavorazione di rocce naturali nonché dagli impianti di lavaggio delle sostanze minerali, purché i relativi fanghi siano costituiti esclusivamente da acqua e inerti naturali e non comportino danneggiamento delle falde acquifere o instabilità dei suoli;

e) per gli scarichi di acque meteoriche convogliate in reti fognarie separate;

f) per le acque derivanti dallo sfioro dei serbatoi idrici, dalle operazioni di manutenzione delle reti idropotabili e dalla manutenzione dei pozzi di acquedotto.

2. Al di fuori delle ipotesi previste al comma 1, gli scarichi sul suolo esistenti devono essere convogliati in corpi idrici superficiali, in reti fognarie ovvero destinati al riutilizzo in conformità alle prescrizioni fissate con il decreto di cui all'articolo 99, comma 1. In caso di mancata ottemperanza agli obblighi indicati, l'autorizzazione allo scarico si considera a tutti gli effetti revocata.

3. Gli scarichi di cui alla lettera c) del comma 1 devono essere conformi ai limiti della Tabella 4 dell'Allegato 5 alla parte terza del presente decreto. Resta comunque fermo il divieto di scarico sul suolo delle sostanze indicate al punto 2.1 dell'Allegato 5 alla parte terza del presente decreto.

 

Art. 104.

Scarichi nel sottosuolo e nelle acque sotterranee.

1. È vietato lo scarico diretto nelle acque sotterranee e nel sottosuolo.

2. In deroga a quanto previsto al comma 1, l'autorità competente, dopo indagine preventiva, può autorizzare gli scarichi nella stessa falda delle acque utilizzate per scopi geotermici, delle acque di infiltrazione di miniere o cave o delle acque pompate nel corso di determinati lavori di ingegneria civile, ivi comprese quelle degli impianti di scambio termico.

3. In deroga a quanto previsto dal comma 1, il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio, d'intesa con il Ministro delle attività produttive per i giacimenti a mare ed anche con le regioni per i giacimenti a terra, può altresì autorizzare lo scarico di acque risultanti dall'estrazione di idrocarburi nelle unità geologiche profonde da cui gli stessi idrocarburi sono stati estratti, oppure in unità dotate delle stesse caratteristiche, che contengano o abbiano contenuto idrocarburi, indicando le modalità dello scarico. Lo scarico non deve contenere altre acque di scarico o altre sostanze pericolose diverse, per qualità e quantità, da quelle derivanti dalla separazione degli idrocarburi. Le relative autorizzazioni sono rilasciate con la prescrizione delle precauzioni tecniche necessarie a garantire che le acque di scarico non possano raggiungere altri sistemi idrici o nuocere ad altri ecosistemi.

4. In deroga a quanto previsto al comma 1, l'autorità competente, dopo indagine preventiva anche finalizzata alla verifica dell'assenza di sostanze estranee, può autorizzare gli scarichi nella stessa falda delle acque utilizzate per il lavaggio e la lavorazione degli inerti, purché i relativi fanghi siano costituiti esclusivamente da acqua ed inerti naturali ed il loro scarico non comporti danneggiamento alla falda acquifera. A tal fine, l'Agenzia regionale per la protezione dell'ambiente (ARPA) competente per territorio, a spese del soggetto richiedente l'autorizzazione, accerta le caratteristiche quantitative e qualitative dei fanghi e l'assenza di possibili danni per la falda, esprimendosi con parere vincolante sulla richiesta di autorizzazione allo scarico.

5. Per le attività di prospezione, ricerca e coltivazione di idrocarburi liquidi o gassosi in mare, lo scarico delle acque diretto in mare avviene secondo le modalità previste dal Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio con proprio decreto, purché la concentrazione di olii minerali sia inferiore a 40 mg/l. Lo scarico diretto a mare è progressivamente sostituito dalla iniezione o reiniezione in unità geologiche profonde, non appena disponibili pozzi non più produttivi ed idonei all'iniezione o reiniezione, e deve avvenire comunque nel rispetto di quanto previsto dai commi 2 e 3.

6. Il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio, in sede di autorizzazione allo scarico in unità geologiche profonde di cui al comma 3, autorizza anche lo scarico diretto a mare, secondo le modalità previste dai commi 5 e 7, per i seguenti casi:

a) per la frazione di acqua eccedente, qualora la capacità del pozzo iniettore o reiniettore non sia sufficiente a garantire la ricezione di tutta l'acqua risultante dall'estrazione di idrocarburi;

b) per il tempo necessario allo svolgimento della manutenzione, ordinaria e straordinaria, volta a garantire la corretta funzionalità e sicurezza del sistema costituito dal pozzo e dall'impianto di iniezione o di reiniezione.

7. Lo scarico diretto in mare delle acque di cui ai commi 5 e 6 è autorizzato previa presentazione di un piano di monitoraggio volto a verificare l'assenza di pericoli per le acquee per gli ecosistemi acquatici.

8. Al di fuori delle ipotesi previste dai commi 2, 3, 5 e 7, gli scarichi nel sottosuolo e nelle acque sotterranee, esistenti e debitamente autorizzati, devono essere convogliati in corpi idrici superficiali ovvero destinati, ove possibile, al riciclo, al riutilizzo o all'utilizzazione agronomica. In caso di mancata ottemperanza agli obblighi indicati, l'autorizzazione allo scarico è revocata.

Art. 105.

Scarichi in acque superficiali.

1. Gli scarichi di acque reflue industriali in acque superficiali devono rispettare i valori-limite di emissione fissati ai sensi dell'articolo 101, commi 1 e 2, in funzione del perseguimento degli obiettivi di qualità.

2. Gli scarichi di acque reflue urbane che confluiscono nelle reti fognarie, provenienti da agglomerati con meno di 2.000 abitanti equivalenti e recapitanti in acque dolci ed in acque di transizione, e gli scarichi provenienti da agglomerati con meno di 10.000 abitanti equivalenti, recapitanti in acque marino-costiere, sono sottoposti ad un trattamento appropriato, in conformità con le indicazioni dell'Allegato 5 alla parte terza del presente decreto.

3. Le acque reflue urbane devono essere sottoposte, prima dello scarico, ad un trattamento secondario o ad un trattamento equivalente in conformità con le indicazioni dell'Allegato 5 alla parte terza del presente decreto.

4. Gli scarichi previsti al comma 3 devono rispettare, altresì, i valori-limite di emissione fissati ai sensi dell'articolo 101, commi 1 e 2,

5. Le regioni dettano specifica disciplina per gli scarichi di reti fognarie provenienti da agglomerati a forte fluttuazione stagionale degli abitanti, tenuto conto di quanto disposto ai commi 2 e 3 e fermo restando il conseguimento degli obiettivi di qualità.

6. Gli scarichi di acque reflue urbane in acque situate in zone d'alta montagna, ossia al di sopra dei 1500 metri sul livello del mare, dove, a causa delle basse temperature, è difficile effettuare un trattamento biologico efficace, possono essere sottoposti ad un trattamento meno spinto di quello previsto al comma 3, purché appositi studi comprovino che i suddetti scarichi non avranno ripercussioni negative sull'ambiente,

 

 

Art. 106.

Scarichi di acque reflue urbane in corpi idrici ricadenti in aree sensibili.

1. Ferme restando le disposizioni dell'articolo 101, commi 1 e 2, le acque reflue urbane provenienti da agglomerati con oltre 10.000 abitanti equivalenti, che scaricano in acque recipienti individuate quali aree sensibili, devono essere sottoposte ad un trattamento più spinto di quello previsto dall'articolo 105, comma 3, secondo i requisiti specifici indicati nell'Allegato 5 alla parte terza del presente decreto.

2. Le disposizioni di cui al comma 1 non si applicano nelle aree sensibili in cui può essere dimostrato che la percentuale minima di riduzione del carico complessivo in ingresso a tutti gli impianti di trattamento delle acque reflue urbane è pari almeno al settantacinque per cento per il fosforo totale oppure per almeno il settantacinque per cento per l'azoto totale.

3. Le regioni individuano, tra gli scarichi provenienti dagli impianti di trattamento delle acque reflue urbane situati all'interno dei bacini drenanti afferenti alle aree sensibili, quelli che, contribuendo all'inquinamento di tali aree, sono da assoggettare al trattamento di cui ai commi 1 e 2 in funzione del raggiungimento dell'obiettivo di qualità dei corpi idrici ricettori.

 

 

Art. 107.

Scarichi in reti fognarie.

1. Ferma restando l'inderogabilità dei valori-limite di emissione di cui alla tabella 3/A dell'Allegato 5 alla parte terza del presente decreto e, limitatamente ai parametri di cui alla nota 2 della Tabella 5 del medesimo Allegato 5, alla Tabella 3, gli scarichi di acque reflue industriali che recapitano in reti fognarie sono sottoposti alle norme tecniche, alle prescrizioni regolamentari e ai valori-limite adottati dall'Autorità d'ambito competente in base alle caratteristiche dell'impianto, e in modo che sia assicurata la tutela del corpo idrico ricettore nonché il rispetto della disciplina degli scarichi di acque reflue urbane definita ai sensi dell'articolo 101, commi 1 e 2.

2. Gli scarichi di acque reflue domestiche che recapitano in reti fognarie sono sempre ammessi purché osservino i regolamenti emanati dal soggetto gestore del servizio idrico integrato ed approvati dall'Autorità d'ambito competente.

3. Non è ammesso lo smaltimento dei rifiuti, anche se triturati, in fognatura, ad eccezione di quelli organici provenienti dagli scarti dell'alimentazione, misti ad acque provenienti da usi civili, trattati mediante l'installazione, preventivamente comunicata all'ente gestore del servizio idrico integrato, di apparecchi dissipatori di rifiuti alimentari che ne riducano la massa in particelle sottili, previa verifica tecnica degli impianti e delle reti da parte del gestore del servizio idrico integrato che è responsabile del corretto funzionamento del sistema.

4. Le regioni, sentite le province, possono stabilire norme integrative per il controllo degli scarichi degli insediamenti civili e produttivi allacciati alle pubbliche fognature, per la funzionalità degli impianti di pretrattamento e per il rispetto dei limiti e delle prescrizioni previsti dalle relative autorizzazioni.

 

 

Art. 108.

Scarichi di sostanze pericolose.

1. Le disposizioni relative agli scarichi di sostanze pericolose si applicano agli stabilimenti nei quali si svolgono attività che comportano la produzione, la trasformazione o l'utilizzazione delle sostanze di cui alle Tabelle 3/A e 5 dell'Allegato 5 alla parte terza del presente decreto, e nei cui scarichi sia accertata la presenza di tali sostanze in quantità o concentrazioni superiori ai limiti di rilevabilità consentiti dalle metodiche di rilevamento in essere alla data di entrata in vigore della parte terza del presente decreto, o, successivamente, superiori ai limiti di rilevabilità consentiti dagli aggiornamenti a tali metodiche messi a punto ai sensi del punto 4 dell'Allegato 5 alla parte terza del presente decreto.

2. Tenendo conto della tossicità, della persistenza e della bioaccumulazione della sostanza considerata nell'ambiente in cui è effettuato lo scarico, l'autorità competente in sede di rilascio dell'autorizzazione può fissare, nei casi in cui risulti accertato che i valori limite definiti ai sensi dell'articolo 101, commi 1 e 2, impediscano o pregiudichino il conseguimento degli obiettivi di qualità previsti nel Piano di tutela di cui all'articolo 121, anche per la compresenza di altri scarichi di sostanze pericolose, valori-limite di emissione più restrittivi di quelli fissati ai sensi dell'articolo 101, commi 1 e 2.

3. Ai fini dell'attuazione delle disposizioni di cui al comma 1 dell'articolo 107 e del comma 2 del presente articolo, entro il 30 ottobre 2007 devono essere attuate le prescrizioni concernenti gli scarichi delle imprese assoggettate alle disposizioni del decreto legislativo 18 febbraio 2005, n. 59. Dette prescrizioni, concernenti valori limite di emissione, parametri e misure tecniche, si basano sulle migliori tecniche disponibili, senza obbligo di utilizzare una tecnica o una tecnologia specifica, tenendo conto delle caratteristiche tecniche dell'impianto in questione, della sua ubicazione geografica e delle condizioni locali dell'ambiente.

4. Per le sostanze di cui alla Tabella 3/A dell'Allegato 5 alla parte terza del presente decreto, derivanti dai cicli produttivi indicati nella medesima tabella, le autorizzazioni stabiliscono altresì la quantità massima della sostanza espressa in unità di peso per unità di elemento caratteristico dell'attività inquinante e cioè per materia prima o per unità di prodotto, in conformità con quanto indicato nella stessa Tabella. Gli scarichi contenenti le sostanze pericolose di cui al comma 1 sono assoggettati alle prescrizioni di cui al punto 1.2.3. dell'Allegato 5 alla parte terza del presente decreto.

5. Per le acque reflue industriali contenenti le sostanze della Tabella 5 dell'Allegato 5 alla parte terza del presente decreto, il punto di misurazione dello scarico è fissato secondo quanto previsto dall'autorizzazione integrata ambientale di cui al decreto legislativo 18 febbraio 2005, n. 59, e, nel caso di attività non rientranti nel campo di applicazione del suddetto decreto, subito dopo l'uscita dallo stabilimento o dall'impianto di trattamento che serve lo stabilimento medesimo. L'autorità competente può richiedere che gli scarichi parziali contenenti le sostanze della tabella 5 del medesimo Allegato 5 siano tenuti separati dallo scarico generale e disciplinati come rifiuti. Qualora l'impianto di trattamento di acque reflue industriali che tratta le sostanze pericolose, di cui alla tabella 5 del medesimo Allegato 5, riceva acque reflue contenenti sostanze pericolose non sensibili al tipo di trattamento adottato, in sede di autorizzazione l'autorità competente ridurrà opportunamente i valori limite di emissione indicati nella tabella 3 del medesimo Allegato 5 per ciascuna delle predette sostanze pericolose indicate in Tabella 5, tenendo conto della diluizione operata dalla miscelazione delle diverse acque reflue.

6. L'autorità competente al rilascio dell'autorizzazione per le sostanze di cui alla Tabella 3/A dell'Allegato 5 alla parte terza del presente decreto, derivanti dai cicli produttivi indicati nella tabella medesima, redige un elenco delle autorizzazioni rilasciate, degli scarichi esistenti e dei controlli effettuati, ai fini del successivo inoltro alla Commissione europea.

 

 

Capo IV

Ulteriori misure per la tutela dei corpi idrici

 

Art. 109.

Immersione in mare di materiale derivante da attività di escavo e attività di posa in mare di cavi e condotte.

1. Al fine della tutela dell'ambiente marino e in conformità alle disposizioni delle convenzioni internazionali vigenti in materia, è consentita l'immersione deliberata in mare da navi ovvero aeromobili e da strutture ubicate nelle acque del mare o in ambiti ad esso contigui, quali spiagge, lagune e stagni salmastri e terrapieni costieri, dei materiali seguenti:

a) materiali di escavo di fondali marini o salmastri o di terreni litoranei emersi;

b) inerti, materiali geologici inorganici e manufatti al solo fine di utilizzo, ove ne sia dimostrata la compatibilità e l'innocuità ambientale;

c) materiale organico e inorganico di origine marina o salmastra, prodotto durante l'attività di pesca effettuata in mare o laguna o stagni salmastri.

2. L'autorizzazione all'immersione in mare dei materiali di cui al comma 1, lettera a), è rilasciata dall'autorità competente solo quando è dimostrata, nell'ambito della relativa istruttoria, l'impossibilità tecnica o economica del loro utilizzo ai fini di ripascimento o di recupero oppure del loro smaltimento alternativo in conformità alle modalità stabilite con decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio, di concerto con i Ministri delle infrastrutture e dei trasporti, delle politiche agricole e forestali, delle attività produttive previa intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, da emanarsi entro centoventi giorni dalla data di entrata in vigore della parte terza del presente decreto.

3. L'immersione in mare di materiale di cui al comma 1, lettera b), è soggetta ad autorizzazione, con esclusione dei nuovi manufatti soggetti alla valutazione di impatto ambientale. Per le opere di ripristino, che non comportino aumento della cubatura delle opere preesistenti, è dovuta la sola comunicazione all'autorità competente.

4. L'immersione in mare dei materiali di cui al comma 1, lettera ), non è soggetta ad autorizzazione.

5. La movimentazione dei fondali marini derivante dall'attività di posa in mare di cavi e condotte è soggetta ad autorizzazione regionale rilasciata, in conformità alle modalità tecniche stabilite con decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio, di concerto con i Ministri delle attività produttive, delle infrastrutture e dei trasporti e delle politiche agricole e forestali, per quanto di competenza, da emanarsi entro centoventi giorni dalla data di entrata in vigore della parte terza del presente decreto. Nel caso di condotte o cavi facenti parte di reti energetiche di interesse nazionale, o di connessione con reti energetiche di altri stati, l'autorizzazione è rilasciata dal Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio, sentite le regioni interessate, nell'ambito del procedimento unico di autorizzazione delle stesse reti.

 

 

Art. 110.

Trattamento di rifiuti presso impianti di trattamento delle acque reflue urbane.

1. Salvo quanto previsto ai commi 2 e 3, è vietato l'utilizzo degli impianti di trattamento di acque reflue urbane per lo smaltimento di rifiuti.

2. In deroga al comma 1, l'autorità competente, d'intesa con l'Autorità d'ambito, in relazione a particolari esigenze e nei limiti della capacità residua di trattamento, autorizza il gestore del servizio idrico integrato a smaltire nell'impianto di trattamento di acque reflue urbane rifiuti liquidi, limitatamente alle tipologie compatibili con il processo di depurazione.

3. Il gestore del servizio idrico integrato, previa comunicazione all'autorità competente ai sensi dell'articolo 124, è comunque autorizzato ad accettare in impianti con caratteristiche e capacità depurative adeguate, che rispettino i valori limite di cui all'articolo 101, commi 1 e 2, i seguenti rifiuti e materiali, purché provenienti dal proprio Ambito territoriale ottimale oppure da altro Ambito territoriale ottimale sprovvisto di impianti adeguati:

a) rifiuti costituiti da acque reflue che rispettino i valori limite stabiliti per lo scarico in fognatura;

b) rifiuti costituiti dal materiale proveniente dalla manutenzione ordinaria di sistemi di trattamento di acque reflue domestiche previsti ai sensi dell'articolo 100, comma 3;

c) materiali derivanti dalla manutenzione ordinaria della rete fognaria nonché quelli derivanti da altri impianti di trattamento delle acque reflue urbane, nei quali l'ulteriore trattamento dei medesimi non risulti realizzabile tecnicamente e/o economicamente,

4. L'attività di cui ai commi 2 e 3 può essere consentita purché non sia compromesso il possibile riutilizzo delle acque reflue e dei fanghi.

5. Nella comunicazione prevista al comma 3 il gestore del servizio idrico integrato deve indicare la capacità residua dell'impianto e le caratteristiche e quantità dei rifiuti che intende trattare. L'autorità competente può indicare quantità diverse o vietare il trattamento di specifiche categorie di rifiuti. L'autorità competente provvede altresì all'iscrizione in appositi elenchi dei gestori di impianti di trattamento che hanno effettuato la comunicazione di cui al comma 3.

6. Allo smaltimento dei rifiuti di cui ai commi 2 e 3 si applica l'apposita tariffa determinata dall'Autorità d'ambito.

7. Il produttore ed il trasportatore dei rifiuti sono tenuti al rispetto della normativa in materia di rifiuti, fatta eccezione per il produttore dei rifiuti di cui al comma 3, lettera b), che è tenuto al rispetto dei soli obblighi previsti per i produttori dalla vigente normativa in materia di rifiuti. Il gestore del servizio idrico integrato che, ai sensi dei commi 3 e 5, tratta rifiuti è soggetto all'obbligo di tenuta del registro di carico e scarico secondo quanto previsto dalla vigente normativa in materia di rifiuti.

 

 

Art. 111.

Impianti di acquacoltura e piscicoltura.

1. Con decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio, di concerto con i Ministri delle politiche agricole e forestali, delle infrastrutture e dei trasporti e delle attività produttive, e previa intesa con Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, sono individuati i criteri relativi al contenimento dell'impatto sull'ambiente derivante dalle attività di acquacoltura e di piscicoltura.

 

 

Art. 112.

Utilizzazione agronomica.

1. Fermo restando quanto previsto dall'articolo 92 per le zone vulnerabili e dal decreto legislativo 18 febbraio 2005, n. 59, per gli impianti di allevamento intensivo di cui al punto 6.6 dell'Allegato 1 al predetto decreto, l'utilizzazione agronomica degli effluenti di allevamento, delle acque di vegetazione dei frantoi oleari, sulla base di quanto previsto dalla legge 11 novembre 1996, n. 574, nonché dalle acque reflue provenienti dalle aziende di cui all'articolo 101, comma 7, lettere a), b) e c), e da piccole aziende agroalimentari, così come individuate in base al decreto del Ministro delle politiche agricole e forestali di cui al comma 2, è soggetta a comunicazione all'autorità competente ai sensi all'articolo 75 del presente decreto.

2. Le regioni disciplinano le attività di utilizzazione agronomica di cui al comma 1 sulla base dei criteri e delle norme tecniche generali adottati con decreto del Ministro delle politiche agricole e forestali, di concerto con i Ministri dell'ambiente e della tutela del territorio, delle attività produttive, della salute e delle infrastrutture e dei trasporti, d'intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, entro centottanta giorni dalla data di entrata in vigore del predetto decreto ministeriale, garantendo nel contempo la tutela dei corpi idrici potenzialmente interessati ed in particolare il raggiungimento o il mantenimento degli obiettivi di qualità di cui alla parte terza del presente decreto (14).

3. Nell'ambito della normativa di cui al comma 2, sono disciplinali in particolare:

a) le modalità di attuazione degli articoli 3, 5, 6 e 9 della legge 11 novembre 1996, n. 574;

b) i tempi e le modalità di effettuazione della comunicazione, prevedendo procedure semplificate nonché specifici casi di esonero dall'obbligo di comunicazione per le attività di minor impatto ambientale;

c) le norme tecniche di effettuazione delle operazioni di utilizzo agronomico;

d) i criteri e le procedure di controllo, ivi comprese quelle inerenti l'imposizione di prescrizioni da parte dell'autorità competente, il divieto di esercizio ovvero la sospensione a tempo determinato dell'attività di cui al comma 1 nel caso di mancata comunicazione o mancato rispetto delle norme tecniche e delle prescrizioni impartite;

e) le sanzioni amministrative pecuniarie fermo restando quanto disposto dall'articolo 137, comma 15.

 

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(14) In attuazione di quanto disposto dal presente comma vedi il D.M. 7 aprile 2006.

 

 

Art. 113.

Acque meteoriche di dilavamento e acque di prima pioggia.

1. Ai fini della prevenzione di rischi idraulici ed ambientali, le regioni, previo parere del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio, disciplinano e attuano:

a) le forme di controllo degli scarichi di acque meteoriche di dilavamento provenienti da reti fognarie separate;

b) i casi in cui può essere richiesto che le immissioni delle acque meteoriche di dilavamento, effettuate tramite altre condotte separate, siano sottoposte a particolari prescrizioni, ivi compresa l'eventuale autorizzazione.

2. Le acque meteoriche non disciplinate ai sensi del comma 1 non sono soggette a vincoli o prescrizioni derivanti dalla parte terza del presente decreto.

3. Le regioni disciplinano altresì i casi in cui può essere richiesto che le acque di prima pioggia e di lavaggio delle aree esterne siano convogliate e opportunamente trattate in impianti di depurazione per particolari condizioni nelle quali, in relazione alle attività svolte, vi sia il rischio di dilavamento da superfici impermeabili scoperte di sostanze pericolose o di sostanze che creano pregiudizio per il raggiungimento degli obiettivi di qualità dei corpi idrici.

4. È comunque vietato lo scarico o l'immissione diretta di acque meteoriche nelle acque sotterranee.

 

 

Art. 114.

Dighe.

1. Le regioni, previo parere del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio, adottano apposita disciplina in materia di restituzione delle acque utilizzate per la produzione idroelettrica, per scopi irrigui e in impianti di potabilizzazione, nonché delle acque derivanti da sondaggi o perforazioni diversi da quelli relativi alla ricerca ed estrazione di idrocarburi, al fine di garantire il mantenimento o il raggiungimento degli obiettivi di qualità di cui al titolo II della parte terza del presente decreto.

2. Al fine di assicurare il mantenimento della capacità di invaso e la salvaguardia sia della qualità dell'acqua invasata sia del corpo ricettore, le operazioni di svaso, sghiaiamento e sfangamento delle dighe sono effettuate sulla base di un progetto di gestione di ciascun invaso. Il progetto di gestione è finalizzato a definire sia il quadro previsionale di dette operazioni connesse con le attività di manutenzione da eseguire sull'impianto, sia le misure di prevenzione e tutela del corpo ricettore, dell'ecosistema acquatico, delle attività di pesca e delle risorse idriche invasate e rilasciate a valle dell'invaso durante le operazioni stesse.

3. Il progetto di gestione individua altresì eventuali modalità di manovra degli organi di scarico, anche al fine di assicurare la tutela del corpo ricettore. Restano valide in ogni caso le disposizioni fissate dal decreto del Presidente della Repubblica 1° novembre 1959, n. 1363, volte a garantire la sicurezza di persone e cose.

4. Il progetto di gestione è predisposto dal gestore sulla base dei criteri fissati con decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti e dell'ambiente e della tutela del territorio di concerto con il Ministro delle attività produttive e con quello delle politiche agricole e forestali, previa intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, da emanarsi entro centoventi giorni dalla data di entrata in vigore della parte terza del presente decreto.

5. Il progetto di gestione è approvato dalle regioni, con eventuali prescrizioni, entro sei mesi dalla sua presentazione, previo parere dell’amministrazione competente alla vigilanza sulla sicurezza dell'invaso e dello sbarramento, ai sensi degli articoli 89 e 91 del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112, e sentiti, ove necessario, gli enti gestori delle aree protette direttamente interessate; per le dighe di cui al citato articolo 91 del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112, il progetto approvato è trasmesso al Registro italiano dighe (RID) per l'inserimento, anche in forma sintetica, come parte integrante del foglio condizioni per l'esercizio e la manutenzione di cui all'articolo 6 del decreto del Presidente della Repubblica 1° novembre 1959, n. 1363, e relative disposizioni di attuazione. Il progetto di gestione si intende approvato e diviene operativo trascorsi sei mesi dalla data di presentazione senza che sia intervenuta alcuna pronuncia da parte della regione competente, fermo restando il potere di tali Enti di dettare eventuali prescrizioni, anche trascorso tale termine.

6. Con l'approvazione del progetto il gestore è autorizzato ad eseguire le operazioni di svaso, sghiaiamento e sfangamento in conformità ai limiti indicati nel progetto stesso e alle relative prescrizioni.

7. Nella definizione dei canoni di concessione di inerti le amministrazioni determinano specifiche modalità ed importi per favorire lo sghiaiamento e sfangamento degli invasi per asporto meccanico.

8. I gestori degli invasi esistenti, che ancora non abbiano ottemperato agli obblighi previsti dal decreto del Ministro dell'Ambiente e della tutela del territorio 30 giugno 2004, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 269 del 16 novembre 2004, sono tenuti a presentare il progetto di cui al comma 2 entro sei mesi dall'emanazione del decreto di cui al comma 4. Fino all'approvazione o alla operatività del progetto di gestione, e comunque non oltre dodici mesi dalla data di entrata in vigore del predetto decreto, le operazioni periodiche di manovre prescritte ai sensi dell'articolo 17 del decreto del Presidente della Repubblica 1° novembre 1959, n. 1363, volte a controllare la funzionalità degli organi di scarico, sono svolte in conformità ai fogli di condizione per l'esercizio e la manutenzione.

9. Le operazioni di svaso, sghiaiamento e sfangamento degli invasi non devono pregiudicare gli usi in atto a valle dell'invaso, né il rispetto degli obiettivi di qualità ambientale e degli obiettivi di qualità per specifica destinazione.

 

 

Art. 115.

Tutela delle aree di pertinenza dei corpi idrici.

1. Al fine di assicurare il mantenimento o il ripristino della vegetazione spontanea nella fascia immediatamente adiacente i corpi idrici, con funzioni di filtro per i solidi sospesi e gli inquinanti di origine diffusa, di stabilizzazione delle sponde e di conservazione della biodiversità da contemperarsi con le esigenze di funzionalità dell'alveo, entro un anno dalla data di entrata in vigore della parte terza del presente decreto le regioni disciplinano gli interventi di trasformazione e di gestione del suolo e del soprassuolo previsti nella fascia di almeno 10 metri dalla sponda di fiumi, laghi, stagni e lagune, comunque vietando la copertura dei corsi d'acqua che non sia imposta da ragioni di tutela della pubblica incolumità e la realizzazione di impianti di smaltimento dei rifiuti.

2. Gli interventi di cui al comma 1 sono comunque soggetti all'autorizzazione prevista dal regio decreto 25 luglio 1904, n. 523, salvo quanto previsto per gli interventi a salvaguardia della pubblica incolumità.

3. Per garantire le finalità di cui al comma 1, le aree demaniali dei fiumi, dei torrenti, dei laghi e delle altre acque possono essere date in concessione allo scopo di destinarle a riserve naturali, a parchi fluviali o lacuali o comunque a interventi di ripristino e recupero ambientale. Qualora le aree demaniali siano già comprese in aree naturali protette statali o regionali inserite nell'elenco ufficiale previsto dalla vigente normativa, la concessione è gratuita.

4. Le aree del demanio fluviale di nuova formazione ai sensi della legge 5 gennaio 1994, n. 37, non possono essere oggetto di sdemanializzazione.

 

 

Art. 116.

Programmi di misure.

1. Le regioni, nell'ambito delle risorse disponibili, integrano i Piani di tutela di cui all'articolo 121 con i programmi di misure costituiti dalle misure di base di cui all'Allegato 11 alla parte terza del presente decreto e, ove necessarie, dalle misure supplementari di cui al medesimo Allegato; tali programmi di misure sono sottoposti per l'approvazione all'Autorità di bacino. Qualora le misure non risultino sufficienti a garantire il raggiungimento degli obiettivi previsti, l'Autorità di bacino ne individua le cause e indica alle regioni le modalità per il riesame dei programmi, invitandole ad apportare le necessarie modifiche, fermo restando il limite costituito dalle risorse disponibili. Le misure di base e supplementari devono essere comunque tali da evitare qualsiasi aumento di inquinamento delle acque marine e di quelle superficiali. I programmi sono approvati entro il 2009 ed attuati dalle regioni entro il 2012; il successivo riesame deve avvenire entro il 2015 e dev'essere aggiornato ogni sei anni.

 

 

Titolo IV

Strumenti di tutela

 

Capo I

Piani di gestione e piani di tutela delle acque

 

Art. 117.

Piani di gestione e registro delle aree protette.

1. Per ciascun distretto idrografico è adottato un Piano di gestione, che rappresenta articolazione interna del Piano di bacino distrettuale di cui all'articolo 65. Il Piano di gestione costituisce pertanto piano stralcio del Piano di bacino e viene adottato e approvato secondo le procedure stabilite per quest'ultimo dall'articolo 66. Le Autorità di bacino, ai fini della predisposizione dei Piani di gestione, devono garantire la partecipazione di tutti i soggetti istituzionali competenti nello specifico settore.

2. Il Piano di gestione è composto dagli elementi indicati nella parte A dell'Allegato 4 alla parte terza del presente decreto.

3. L'Autorità di bacino, sentite le Autorità d'ambito del servizio idrico integrato, istituisce entro sei mesi dall'entrata in vigore della presente norma, sulla base delle informazioni trasmesse dalle regioni, un registro delle aree protette di cui all'Allegato 9 alla parte terza del presente decreto, designate dalle autorità competenti ai sensi della normativa vigente.

 

 

Art. 118.

Rilevamento delle caratteristiche del bacino idrografico ed analisi dell'impatto esercitato dall'attività antropica.

1. Al fine di aggiornare le informazioni necessarie alla redazione del Piano di tutela di cui all'articolo 121, le regioni attuano appositi programmi di rilevamento dei dati utili a descrivere le caratteristiche del bacino idrografico e a valutare l'impatto antropico esercitato sul medesimo, nonché alla raccolta dei dati necessari all'analisi economica dell'utilizzo delle acque, secondo quanto previsto dall'Allegato 10 alla parte terza del presente decreto. Le risultanze delle attività di cui sopra sono trasmesse al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio ed al Dipartimento tutela delle acque interne e marine dell'Agenzia per la protezione dell'ambiente e per i servizi tecnici (APAT).

2. I programmi di cui al comma 1 sono adottati in conformità alle indicazioni di cui all'Allegato 3 alla parte terza del presente decreto e di cui alle disposizioni adottate con apposito decreto dal Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e sono aggiornati ogni sei anni.

3. Nell'espletamento dell'attività conoscitiva di cui al comma 1, le regioni sono tenute ad utilizzare i dati e le informazioni già acquisite.

 

 

Art. 119.

Principio del recupero dei costi relativi ai servizi idrici.

1. Ai fini del raggiungimento degli obiettivi di qualità di cui al Capo I del titolo II della parte terza del presente decreto, le Autorità competenti tengono conto del principio del recupero dei costi dei servizi idrici, compresi quelli ambientali e relativi alla risorsa, prendendo in considerazione l'analisi economica effettuata in base all'Allegato 10 alla parte terza del presente decreto e, in particolare, secondo il principio "chi inquina paga".

2. Entro il 2010 le Autorità competenti provvedono ad attuare politiche dei prezzi dell'acqua idonee ad incentivare adeguatamente gli utenti a usare le risorse idriche in modo efficiente ed a contribuire al raggiungimento ed al mantenimento degli obiettivi di qualità ambientali di cui alla direttiva 2000/60/CE nonché di cui agli articoli 76 e seguenti del presente decreto, anche mediante un adeguato contributo al recupero dei costi dei servizi idrici a carico dei vari settori di impiego dell'acqua, suddivisi almeno in industria, famiglie e agricoltura. Al riguardo dovranno comunque essere tenute in conto le ripercussioni sociali, ambientali ed economiche del recupero dei suddetti costi, nonché delle condizioni geografiche e climatiche della regione o delle regioni in questione. In particolare:

a) i canoni di concessione per le derivazioni delle acque pubbliche tengono conto dei costi ambientali e dei costi della risorsa connessi all'utilizzo dell’acqua;

b) le tariffe dei servizi idrici a carico dei vari settori di impiego dell'acqua, quali quelli civile, industriale e agricolo, contribuiscono adeguatamente al recupero dei costi sulla base dell'analisi economica effettuata secondo l'Allegato 10 alla parte terza del presente decreto.

3. Nei Piani di tutela di cui all'articolo 121 sono riportate le fasi previste per l'attuazione delle disposizioni di cui ai commi 1 e 2 necessarie al raggiungimento degli obiettivi di qualità di cui alla parte terza del presente decreto.

 

 

Art. 120.

Rilevamento dello stato di qualità dei corpi idrici.

1. Le regioni elaborano ed attuano programmi per la conoscenza e la verifica dello stato qualitativo e quantitativo delle acque superficiali e sotterranee all'interno di ciascun bacino idrografico.

2. I programmi di cui al comma 1 sono adottati in conformità alle indicazioni di cui all'Allegato 1 alla parte terza del presente decreto. Tali programmi devono essere integrati con quelli già esistenti per gli obiettivi a specifica destinazione stabiliti in conformità all'Allegato 2 alla parte terza del presente decreto, nonché con quelli delle acque inserite nel registro delle aree protette. Le risultanze delle attività di cui al comma 1 sono trasmesse al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio ed al Dipartimento tutela delle acque interne e marine dell'Agenzia per la protezione dell'ambiente e per i servizi tecnici (APAT).

3. Al fine di evitare sovrapposizioni e di garantire il flusso delle informazioni raccolte e la loro compatibilità con il Sistema informativo nazionale dell'ambiente (SINA), le regioni possono promuovere, nell'esercizio delle rispettive competenze, accordi di programma con l'Agenzia per la protezione dell'ambiente e per i servizi tecnici (APAT), le Agenzie regionali per la protezione dell'ambiente di cui al decreto-legge 4 dicembre 1993, n. 496, convertito, con modificazioni, dalla legge 21 gennaio 1994, n. 61, le province, le Autorità d'ambito, i consorzi di bonifica e di irrigazione e gli altri enti pubblici interessati. Nei programmi devono essere definite altresì le modalità di standardizzazione dei dati e di interscambio delle informazioni.

 

 

Art. 121.

Piani di tutela delle acque.

1. Il Piano di tutela delle acque costituisce uno specifico piano di settore ed è articolato secondo i contenuti elencati nel presente articolo, nonché secondo le specifiche indicate nella parte B dell'Allegato 4 alla parte terza del presente decreto.

2. Entro il 31 dicembre 2006 le Autorità di bacino, nel contesto delle attività di pianificazione o mediante appositi atti di indirizzo e coordinamento, sentite le province e le Autorità d'ambito, definiscono gli obiettivi su scala di distretto cui devono attenersi i piani di tutela delle acque, nonché le priorità degli interventi. Entro il 31 dicembre 2007, le regioni, sentite le province e previa adozione delle eventuali misure di salvaguardia, adottano il Piano di tutela delle acquee lo trasmettono al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio nonché alle competenti Autorità di bacino, per le verifiche di competenza.

3. Il Piano di tutela contiene, oltre agli interventi volti a garantire il raggiungimento o il mantenimento degli obiettivi di cui alla parte terza del presente decreto, le misure necessarie alla tutela qualitativa e quantitativa del sistema idrico.

4. Per le finalità di cui al comma 1 il Piano di tutela contiene in particolare:

a) i risultati dell'attività conoscitiva;

b) l'individuazione degli obiettivi di qualità ambientale e per specifica destinazione;

c) l'elenco dei corpi idrici a specifica destinazione e delle aree richiedenti specifiche misure di prevenzione dall'inquinamento e di risanamento;

d) le misure di tutela qualitative e quantitative tra loro integrate e coordinate per bacino idrografico;

e) l'indicazione della cadenza temporale degli interventi e delle relative priorità;

f) il programma di verifica dell'efficacia degli interventi previsti;

g) gli interventi di bonifica dei corpi idrici;

h) l'analisi economica di cui all'Allegato 10 alla parte terza del presente decreto e le misure previste al fine di dare attuazione alle disposizioni di cui all'articolo 119 concernenti il recupero dei costi dei servizi idrici;

i) le risorse finanziarie previste a legislazione vigente.

5. Entro centoventi giorni dalla trasmissione del Piano di tutela le Autorità di bacino verificano la conformità del piano agli atti di pianificazione o agli atti di indirizzo e coordinamento di cui al comma 2, esprimendo parere vincolante. Il Piano di tutela è approvato dalle regioni entro i successivi sei mesi e comunque non oltre il 31 dicembre 2008. Le successive revisioni e gli aggiornamenti devono essere effettuati ogni sei anni.

 

 

Art. 122.

Informazione e consultazione pubblica.

1. Le regioni promuovono la partecipazione attiva di tutte le parti interessate all'attuazione della parte terza del presente decreto, in particolare all'elaborazione, al riesame e all'aggiornamento dei Piani di tutela. Su richiesta motivata, le regioni autorizzano l'accesso ai documenti di riferimento e alle informazioni in base ai quali é stato elaborato il progetto del Piano di tutela. Le regioni provvedono affinché, per il territorio di competenza ricadente nel distretto idrografico di appartenenza, siano pubblicati e resi disponibili per eventuali osservazioni da parte del pubblico:

a) il calendario e il programma di lavoro per la presentazione del Piano, inclusa una dichiarazione delle misure consultive che devono essere prese almeno tre anni prima dell'inizio del periodo cui il Piano si riferisce;

b) una valutazione globale provvisoria dei problemi prioritari per la gestione delle acque nell'ambito del bacino idrografico di appartenenza, almeno due anni prima dell'inizio del periodo cui il Piano si riferisce;

c) copia del progetto del Piano di tutela, almeno un anno prima dell'inizio del periodo cui il piano si riferisce.

2. Per garantire l'attiva partecipazione e la consultazione, le regioni concedono un periodo minimo di sei mesi per la presentazione di osservazioni scritte sui documenti di cui al comma 1.

3. I commi 1 e 2 si applicano anche agli aggiornamenti dei Piani di tutela.

 

 

Art. 123.

Trasmissione delle informazioni e delle relazioni.

1. Contestualmente alla pubblicazione dei Piani di tutela le regioni trasmettono copia di detti piani e di tutti gli aggiornamenti successivi al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio al fine del successivo inoltro alla Commissione europea.

2. Le regioni trasmettono al medesimo Ministero per il successivo inoltro alla Commissione europea, anche sulla base delle informazioni dettate, in materia di modalità di trasmissione delle informazioni sullo stato di qualità dei corpi idrici e sulla classificazione delle acque, dal Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio con apposito decreto, relazioni sintetiche concernenti:

a) l'attività conoscitiva di cui all'articolo 118 entro dodici mesi dalla data di entrata in vigore della parte terza del presente decreto. I successivi aggiornamenti sono trasmessi ogni sei anni a partire dal febbraio 2010;

b) i programmi di monitoraggio secondo quanto previsto all'articolo 120 entro dodici mesi dalla data di entrata in vigore della parte terza del presente decreto e successivamente con cadenza annuale.

3. Entro tre anni dalla pubblicazione di ciascun Piano di tutela o dall'aggiornamento di cui all'articolo 121, le regioni trasmettono al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio una relazione sui progressi realizzati nell'attuazione delle misure di base o supplementari di cui all'articolo 116.

 

 

Capo II

Autorizzazione agli scarichi

 

Art. 124.

Criteri generali.

1. Tutti gli scarichi devono essere preventivamente autorizzati.

2. L'autorizzazione è rilasciata al titolare dell'attività da cui origina lo scarico. Ove uno o più stabilimenti conferiscano ad un terzo soggetto, titolare dello scarico finale, le acque reflue provenienti dalle loro attività, oppure qualora tra più stabilimenti sia costituito un consorzio per l'effettuazione in comune dello scarico delle acque reflue provenienti dalle attività dei consorziati, l'autorizzazione è rilasciata in capo al titolare dello scarico finale o al consorzio medesimo, ferme restando le responsabilità dei singoli titolari delle attività suddette e del gestore del relativo impianto di depurazione in caso di violazione delle disposizioni della parte terza del presente decreto. Ove uno o più stabilimenti effettuino scarichi in comune senza essersi costituiti in consorzio, l'autorizzazione allo scarico è rilasciata al titolare dello scarico finale, fermo restando che il rilascio del provvedimento di autorizzazione o il relativo rinnovo sono subordinati all'approvazione di idoneo progetto comprovante la possibilità tecnica di parzializzazione dei singoli scarichi.

3. Il regime autorizzatorio degli scarichi di acque reflue domestiche e di reti fognarie, servite o meno da impianti di depurazione delle acque reflue urbane, è definito dalle regioni nell'ambito della disciplina di cui all'articolo 101, commi 1 e 2.

4. In deroga al comma 1, gli scarichi di acque reflue domestiche in reti fognarie sono sempre ammessi nell'osservanza dei regolamenti fissati dal gestore del servizio idrico integrato ed approvati dall'Autorità d'ambito.

5. Il regime autorizzatorio degli scarichi di acque reflue termali è definito dalle regioni; tali scarichi sono ammessi in reti fognarie nell'osservanza dei regolamenti emanati dal gestore del servizio idrico integrato ed in conformità all'autorizzazione rilasciata dall'Autorità di ambito.

6. Le regioni disciplinano le fasi di autorizzazione provvisoria agli scarichi degli impianti di depurazione delle acque reflue per il tempo necessario al loro avvio.

7. Salvo diversa disciplina regionale, la domanda di autorizzazione è presentata alla provincia ovvero all'Autorità d'ambito se lo scarico è in pubblica fognatura. L'autorità competente provvede entro sessanta giorni dalla ricezione della domanda. Qualora detta autorità risulti inadempiente nei termini sopra indicati, l'autorizzazione si intende temporaneamente concessa per i successivi sessanta giorni, salvo revoca.

8. Salvo quanto previsto dal decreto legislativo 18 febbraio 2005, n. 59, l'autorizzazione è valida per quattro anni dal momento del rilascio. Un anno prima della scadenza ne deve essere chiesto il rinnovo. Lo scarico può essere provvisoriamente mantenuto in funzione nel rispetto delle prescrizioni contenute nella precedente autorizzazione, fino all'adozione di un nuovo provvedimento, se la domanda di rinnovo è stata tempestivamente presentata. Per gli scarichi contenenti sostanze pericolose di cui all'articolo 108, il rinnovo deve essere concesso in modo espresso entro e non oltre sei mesi dalla data di scadenza; trascorso inutilmente tale termine, lo scarico dovrà cessare immediatamente. La disciplina regionale di cui al comma 3 può prevedere per specifiche tipologie di scarichi di acque reflue domestiche, ove soggetti ad autorizzazione, forme di rinnovo tacito della medesima.

9. Per gli scarichi in un corso d'acqua nel quale sia accertata una portata naturale nulla per oltre centoventi giorni annui, oppure in un corpo idrico non significativo, l'autorizzazione tiene conto del periodo di portata nulla e della capacità di diluizione del corpo idrico negli altri periodi, e stabilisce prescrizioni e limiti al fine di garantire le capacità autodepurative del corpo ricettore e la difesa delle acque sotterranee.

10. In relazione alle caratteristiche tecniche dello scarico, alla sua localizzazione e alle condizioni locali dell'ambiente interessato, l'autorizzazione contiene le ulteriori prescrizioni tecniche volte a garantire che lo scarico, ivi comprese le operazioni ad esso funzionalmente connesse, avvenga in conformità alle disposizioni della parte terza del presente decreto e senza che consegua alcun pregiudizio per il corpo ricettore, per la salute pubblica e l'ambiente.

11. Le spese occorrenti per l'effettuazione di rilievi, accertamenti, controlli e sopralluoghi necessari per l'istruttoria delle domande di autorizzazione allo scarico previste dalla parte terza del presente decreto sono a carico del richiedente. L'autorità competente determina, preliminarmente all'istruttoria e in via provvisoria, la somma che il richiedente è tenuto a versare, a titolo di deposito, quale condizione di procedibilità della domanda. La medesima Autorità, completata l'istruttoria, provvede alla liquidazione definitiva delle spese sostenute sulla base di un tariffario dalla stessa approntato.

12. Per insediamenti, edifici o stabilimenti la cui attività sia trasferita in altro luogo, ovvero per quelli soggetti a diversa destinazione d'uso, ad ampliamento o a ristrutturazione da cui derivi uno scarico avente caratteristiche qualitativamente e/o quantitativamente diverse da quelle dello scarico preesistente, deve essere richiesta una nuova autorizzazione allo scarico, ove quest'ultimo ne risulti soggetto. Nelle ipotesi in cui lo scarico non abbia caratteristiche qualitative o quantitative diverse, deve essere data comunicazione all'autorità competente, la quale, verificata la compatibilità dello scarico con il corpo recettore, adotta i provvedimenti che si rendano eventualmente necessari.

 

 

Art. 125.

Domanda dì autorizzazione agli scarichi di acque reflue industriali.

1. La domanda di autorizzazione agli scarichi di acque reflue industriali deve essere corredata dall'indicazione delle caratteristiche quantitative e qualitative dello scarico e del volume annuo di acqua da scaricare, dalla tipologia del ricettore, dalla individuazione dei punto previsto per effettuare i prelievi di controllo, dalla descrizione del sistema complessivo dello scarico ivi comprese le operazioni ad esso funzionalmente connesse, dall'eventuale sistema di misurazione del flusso degli scarichi, ove richiesto, e dalla indicazione delle apparecchiature impiegate nel processo produttivo e nei sistemi di scarico nonché dei sistemi di depurazione utilizzati per conseguire il rispetto dei valori limite di emissione.

2. Nel caso di scarichi di sostanze di cui alla tabella 3/A dell'Allegato 5 alla parte terza del presente decreto, derivanti dai cicli produttivi indicati nella medesima tabella 3/A, la domanda di cui al comma 1 deve altresì indicare:

a) la capacità di produzione del singolo stabilimento industriale che comporta la produzione o la trasformazione o l'utilizzazione delle sostanze di cui alla medesima tabella, oppure la presenza di tali sostanze nello scarico. La capacità di produzione dev'essere indicata con riferimento alla massima capacità oraria moltiplicata per il numero massimo di ore lavorative giornaliere e per il numero massimo di giorni lavorativi;

b) il fabbisogno orario di acque per ogni specifico processo produttivo.

 

 

Art. 126.

Approvazione dei progetti degli impianti di trattamento delle acque reflue urbane.

 

1. Le regioni disciplinano le modalità di approvazione dei progetti degli impianti di trattamento delle acque reflue urbane. Tale disciplina deve tenere conto dei criteri di cui all'Allegato 5 alla parte terza del presente decreto e della corrispondenza tra la capacità di trattamento dell'impianto e le esigenze delle aree asservite, nonché delle modalità della gestione che deve assicurare il rispetto dei valori limite degli scarichi. Le regioni disciplinano altresì le modalità di autorizzazione provvisoria necessaria all'avvio dell'impianto anche in caso di realizzazione per lotti funzionali.

 

 

Art. 127.

Fanghi derivanti dal trattamento delle acque reflue.

1. Ferma restando la disciplina di cui al decreto legislativo 27 gennaio 1992, n. 99, i fanghi derivanti dal trattamento delle acque reflue sono sottoposti alla disciplina dei rifiuti, ove applicabile. I fanghi devono essere riutilizzati ogni qualvolta il loro reimpiego risulti appropriato.

2. È vietato lo smaltimento dei fanghi nelle acque superficiali dolci e salmastre.

 

 

Capo III

Controllo degli scarichi

 

Art. 128.

Soggetti tenuti al controllo.

1. L'autorità competente effettua il controllo degli scarichi sulla base di un programma che assicuri un periodico, diffuso, effettivo ed imparziale sistema di controlli.

2. Fermo restando quanto stabilito al comma 1, per gli scarichi in pubblica fognatura il gestore del servizio idrico integrato organizza un adeguato servizio di controllo secondo le modalità previste nella convenzione di gestione.

 

 

Art. 129.

Accessi ed ispezioni.

1. L'autorità competente al controllo è autorizzata a effettuare le ispezioni, i controlli e i prelievi necessari all'accertamento del rispetto dei valori limite di emissione, delle prescrizioni contenute nei provvedimenti autorizzatori o regolamentari e delle condizioni che danno luogo alla formazione degli scarichi. Il titolare dello scarico è tenuto a fornire le informazioni richieste e a consentire l'accesso ai luoghi dai quali origina lo scarico.

 

 

Art. 130.

Inosservanza delle prescrizioni della autorizzazione allo scarico.

1. Ferma restando l'applicazione delle norme sanzionatorie di cui al titolo V della parte terza del presente decreto, in caso di inosservanza delle prescrizioni dell'autorizzazione allo scarico l'autorità competente procede, secondo la gravità dell'infrazione:

a) alla diffida, stabilendo un termine entro il quale devono essere eliminate le inosservanze:

b) alla diffida e contestuale sospensione dell'autorizzazione per un tempo determinato, ove si manifestino situazioni di pericolo per la salute pubblica e per l'ambiente;

c) alla revoca dell'autorizzazione in caso di mancato adeguamento alle prescrizioni imposte con la diffida e in caso di reiterate violazioni che determinino situazione di pericolo per la salute pubblica e per l'ambiente.

 

 

Art. 131.

Controllo degli scarichi di sostanze pericolose.

Per gli scarichi contenenti le sostanze di cui alla Tabella 5 dell'Allegato 5 parte terza del presente decreto, l'autorità competente al rilascio dell'autorizzazione può prescrivere, a carico del titolare dello scarico, l'installazione di strumenti di controllo in automatico, nonché le modalità di gestione degli stessi e di conservazione dei relativi risultati, che devono rimanere a disposizione dell'autorità competente al controllo per un periodo non inferiore a tre anni dalla data di effettuazione dei singoli controlli.

 

 

Art. 132.

Interventi sostitutivi.

1. Nel caso di mancata effettuazione dei controlli previsti dalla parte terza del presente decreto, il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio diffida la regione a provvedere entro il termine massimo di centottanta giorni ovvero entro il minor termine imposto dalle esigenze di tutela ambientale. In caso di persistente inadempienza provvede, in via sostitutiva, il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio, previa delibera del Consiglio dei Ministri, con oneri a carico dell'Ente inadempiente.

2. Nell'esercizio dei poteri sostitutivi di cui al comma 1, il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio nomina un commissario "ad acta" che pone in essere gli atti necessari agli adempimenti previsti dalla normativa vigente a carico delle regioni al fine dell'organizzazione del sistema dei controlli.

Titolo V

Sanzioni

 

Capo I

Sanzioni amministrative

 

Art. 133.

Sanzioni amministrative.

1. Chiunque, salvo che il fatto costituisca reato, nell'effettuazione di uno scarico superi i valori limite di emissione fissati nelle tabelle di cui all'Allegato 5 alla parte terza del presente decreto, oppure i diversi valori limite stabiliti dalle regioni a norma dell'articolo 101, comma 2, o quelli fissati dall'autorità competente a norma dell'articolo 107, comma 1, o dell'articolo 108, comma 1, è punito con la sanzione amministrativa da tremila euro a trentamila euro. Se l'inosservanza dei valori limite riguarda scarichi recapitanti nelle aree di salvaguardia delle risorse idriche destinate al consumo umano di cui all'articolo 94, oppure in corpi idrici posti nelle aree protette di cui alla vigente normativa, si applica la sanzione amministrativa non inferiore a ventimila euro.

2. Chiunque apra o comunque effettui scarichi di acque reflue domestiche o di reti fognarie, servite o meno da impianti pubblici di depurazione, senza l'autorizzazione di cui all'articolo 124, oppure continui ad effettuare o mantenere detti scarichi dopo che l'autorizzazione sia stata sospesa o revocata, è punito con la sanzione amministrativa da seimila euro a sessantamila euro. Nell'ipotesi di scarichi relativi ad edifici isolati adibiti ad uso abitativo la sanzione è da seicento euro a tremila euro.

3. Chiunque, salvo che il fatto costituisca reato, al di fuori delle ipotesi di cui al comma 1, effettui o mantenga uno scarico senza osservare le prescrizioni indicate nel provvedimento di autorizzazione o fissate ai sensi dell'articolo 107, comma 1, è punito con la sanzione amministrativa pecuniaria da millecinquecento euro a quindicimila euro.

4. Chiunque, salvo che il fatto costituisca reato, effettui l'immersione in mare dei materiali indicati all'articolo 109, comma 1, lettere a) e b), ovvero svolga l'attività di posa in mare cui al comma 5 dello stesso articolo, senza autorizzazione, è punito con la sanzione amministrativa pecuniaria da millecinquecento euro a quindicimila euro.

5. Salvo che il fatto costituisca reato, fino all'emanazione della disciplina regionale di cui all'articolo 112, comma 2, chiunque non osservi le disposizioni di cui all'articolo 170, comma 7, è punito con la sanzione amministrativa pecuniaria da seicento euro a seimila euro.

6. Chiunque, salvo che il fatto costituisca reato, non osservi il divieto di smaltimento dei fanghi previsto dall'articolo 127, comma 2, è punito con la sanzione amministrativa pecuniaria da seimila euro a sessantamila euro.

7. Salvo che il fatto costituisca reato, è punito con la sanzione amministrativa pecuniaria da tremila euro a trentamila euro chiunque:

a) nell'effettuazione delle operazioni di svaso, sghiaiamento o sfangamento delle dighe, superi i limiti o non osservi le altre prescrizioni contenute nello specifico progetto di gestione dell'impianto di cui all'articolo 114, comma 2:

b) effettui le medesime operazioni prima dell'approvazione del progetto di gestione.

8. Chiunque violi le prescrizioni concernenti l'installazione e la manutenzione dei dispositivi per la misurazione delle portate e dei volumi, oppure l'obbligo di trasmissione dei risultati delle misurazioni di cui all'articolo 95, comma 3, è punito con la sanzione amministrativa pecuniaria da millecinquecento euro a seimila euro. Nei casi di particolare tenuità la sanzione è ridotta ad un quinto.

9. Chiunque non ottemperi alla disciplina dettata dalle regioni ai sensi dell'articolo 113, comma 1, lettera b), è punito con la sanzione amministrativa pecuniaria da millecinquecento euro a quindicimila euro.

 

 

Art. 134.

Sanzioni in materia di aree di salvaguardia.

1. L'inosservanza delle disposizioni relative alle attività e destinazioni vietate nelle aree di salvaguardia di cui all'articolo 94 è punita con la sanzione amministrativa pecuniaria da seicento euro a seimila euro.

 

 

Art. 135.

Competenza e giurisdizione.

1. In materia di accertamento degli illeciti amministrativi, all'irrogazione delle sanzioni amministrative pecuniarie provvede, con ordinanza-ingiunzione ai sensi degli articoli 18 e seguenti della legge 24 novembre 1981, n. 689, la regione o la provincia autonoma nel cui territorio è stata commessa la violazione, ad eccezione delle sanzioni previste dall'articolo 133, comma 8, per le quali è competente il comune, fatte salve le attribuzioni affidate dalla legge ad altre pubbliche autorità.

2. Fatto salvo quanto previsto dal decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112, ai fini della sorveglianza e dell'accertamento degli illeciti in violazione delle norme in materia di tutela delle acque dall'inquinamento provvede il Comando carabinieri tutela ambiente (C.C.T.A.); può altresì intervenire il Corpo forestale dello Stato e possono concorrere la Guardia di finanza e la Polizia di Stato. Il Corpo delle capitanerie di porto, Guardia costiera, provvede alla sorveglianza e all'accertamento delle violazioni di cui alla parte terza del presente decreto quando dalle stesse possano derivare danni o situazioni di pericolo per l'ambiente marino e costiero.

3. Per i procedimenti penali pendenti alla entrata di entrata in vigore della parte terza del presente decreto, l'autorità giudiziaria, se non deve pronunziare decreto di archiviazione o sentenza di proscioglimento, dispone la trasmissione degli atti agli enti indicati al comma 1 ai fini dell'applicazione delle sanzioni amministrative.

4. Alle sanzioni amministrative pecuniarie previste dalla parte terza del presente decreto non si applica il pagamento in misura ridotta di cui all'articolo 16 della legge 24 novembre 1981, n. 689.

 

 

Art. 136.

Proventi delle sanzioni amministrative pecuniarie.

1. Le somme derivanti dai proventi delle sanzioni amministrative previste dalla parte terza del presente decreto sono versate all'entrata del bilancio regionale per essere riassegnate alle unità previsionali di base destinate alle opere di risanamento e di riduzione dell'inquinamento dei corpi idrici. Le regioni provvedono alla ripartizione delle somme riscosse fra gli interventi di prevenzione e di risanamento.

 


 

Capo II

Sanzioni penali

 

Art. 137.

Sanzioni penali.

1. Chiunque apra o comunque effettui nuovi scarichi di acque reflue industriali, senza autorizzazione, oppure continui ad effettuare o mantenere detti scarichi dopo che l'autorizzazione sia stata sospesa o revocata, è punito con l'arresto da due mesi a due anni o con l'ammenda da millecinquecento euro a diecimila euro.

2. Quando le condotte descritte al comma 1 riguardano gli scarichi di acque reflue industriali contenenti le sostanze pericolose comprese nelle famiglie e nei gruppi di sostanze indicate nelle tabelle 5 e 3/A dell'Allegato 5 alla parte terza del presente decreto, la pena è dell'arresto da tre mesi a tre anni.

3. Chiunque, al di fuori delle ipotesi di cui al comma 5, effettui uno scarico di acque reflue industriali contenenti le sostanze pericolose comprese nelle famiglie e nei gruppi di sostanze indicate nelle tabelle 5 e 3/A dell'Allegato 5 alla parte terza del presente decreto senza osservare le prescrizioni dell'autorizzazione, o le altre prescrizioni dell'autorità competente a norma degli articoli 107, comma 1, e 108, comma 4, è punito con l'arresto fino a due anni.

4. Chiunque violi le prescrizioni concernenti l'installazione e la gestione dei controlli in automatico o l'obbligo di conservazione dei risultati degli stessi di cui all'articolo 131 è punito con la pena di cui al comma 3.

5. Chiunque, nell'effettuazione di uno scarico di acque reflue industriali, superi i valori limite fissati nella tabella 3 o, nel caso di scarico sul suolo, nella tabella 4 dell'Allegato 5 alla parte terza del presente decreto, oppure superi i limiti più restrittivi fissati dalle regioni o dalle province autonome o dall'Autorità competente a norma dell'articolo 107, comma 1, in relazione alle sostanze indicate nella tabella 5 dell'Allegato 5 alla parte terza del presente decreto, è punito con l'arresto fino a due anni e con l'ammenda da tremila euro a trentamila euro. Se sono superati anche i valori limite fissati per le sostanze contenute nella tabella 3/A del medesimo Allegato 5, si applica l'arresto da sei mesi a tre anni e l'ammenda da seimila euro a centoventimila euro.

6. Le sanzioni di cui al comma 5 si applicano altresì al gestore di impianti di trattamento delle acque reflue urbane che nell'effettuazione dello scarico supera i valori-limite previsti dallo stesso comma.

7. Al gestore del servizio idrico integrato che non ottempera all'obbligo di comunicazione di cui all'articolo 110, comma 3, o non osserva le prescrizioni o i divieti di cui all'articolo 110, comma 5, si applica la pena dell'arresto da tre mesi ad un anno o con l'ammenda da tremila euro a trentamila euro se si tratta di rifiuti non pericolosi e con la pena dell'arresto da sei mesi a due anni e con l'ammenda da tremila euro a trentamila euro se si tratta di rifiuti pericolosi.

8. Il titolare di uno scarico che non consente l'accesso agli insediamenti da parte del soggetto incaricato del controllo ai fini di cui all'articolo 101, commi 3 e 4, salvo che il fatto non costituisca più grave reato, è punito con la pena dell'arresto fino a due anni. Restano fermi i poteri-doveri di interventi dei soggetti incaricati del controllo anche ai sensi dell'articolo 13 della legge n. 689 del 1981 e degli articoli 55 e 354 del codice di procedura penale.

9. Chiunque non ottempera alla disciplina dettata dalle regioni ai sensi dell'articolo 113, comma 3, è punito con le sanzioni di cui all'articolo 137, comma 1.

10. Chiunque non ottempera al provvedimento adottato dall'autorità competente ai sensi dell'articolo 84, comma 4, ovvero dell'articolo 85, comma 2, è punito con l'ammenda da millecinquecento euro a quindicimila euro.

11. Chiunque non osservi i divieti di scarico previsti dagli articoli 103 e 104 è punito con l'arresto sino a tre anni.

12. Chiunque non osservi le prescrizioni regionali assunte a norma dell'articolo 88, commi 1 e 2, dirette ad assicurare il raggiungimento o il ripristino degli obiettivi di qualità delle acque designate ai sensi dell'articolo 87, oppure non ottemperi ai provvedimenti adottati dall'autorità competente ai sensi dell'articolo 87, comma 3, è punito con l'arresto sino a due anni o con l'ammenda da quattromila euro a quarantamila euro.

13. Si applica sempre la pena dell'arresto da due mesi a due anni se lo scarico nelle acque del mare da parte di navi od aeromobili contiene sostanze o materiali per i quali è imposto il divieto assoluto di sversamento ai sensi delle disposizioni contenute nelle convenzioni internazionali vigenti in materia e ratificate dall'Italia, salvo che siano in quantità tali da essere resi rapidamente innocui dai processi fisici, chimici e biologici, che si verificano naturalmente in mare e purché in presenza di preventiva autorizzazione da parte dell'autorità competente.

14. Chiunque effettui l'utilizzazione agronomica di effluenti di allevamento, di acque di vegetazione dei frantoi oleari, nonché di acque reflue provenienti da aziende agricole e piccole aziende agroalimentari di cui all'articolo 112, al di fuori dei casi e delle procedure ivi previste, oppure non ottemperi al divieto o all'ordine di sospensione dell'attività impartito a norma di detto articolo, è punito con l'ammenda da euro millecinquecento a euro diecimila o con l'arresto fino ad un anno. La stessa pena si applica a chiunque effettui l'utilizzazione agronomica al di fuori dei casi e delle procedure di cui alla normativa vigente.

 

 

Art. 138.

Ulteriori provvedimenti sanzionatori per l'attività di molluschicoltura.

1. Nei casi previsti dal comma 12 dell'articolo 137, il Ministro della salute, il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio, nonché la regione e la provincia autonoma competente, ai quali è inviata copia delle notizie di reato, possono disporre, per quanto di competenza e indipendentemente dall'esito del giudizio penale, la sospensione in via cautelare dell'attività di molluschicoltura; a seguito di sentenza di condanna o di decisione emessa ai sensi dell'articolo 444 del codice di procedura penale divenute definitive, possono inoltre disporre, valutata la gravità dei fatti, la chiusura degli impianti.

 

 

Art. 139.

Obblighi del condannato.

1. Con la sentenza di condanna per i reati previsti nella parte terza del presente decreto, o con la decisione emessa ai sensi dell'articolo 444 del codice di procedura penale, il beneficio della sospensione condizionale della pena può essere subordinato al risarcimento del danno e all'esecuzione degli interventi di messa in sicurezza, bonifica e ripristino.

 

 

Art. 140.

Circostanza attenuante.

1. Nei confronti di chi, prima del giudizio penale o dell'ordinanza-ingiunzione, ha riparato interamente il danno, le sanzioni penali e amministrative previste nel presente titolo sono diminuite dalla metà a due terzi.

 

 

Sezione III

Gestione delle risorse idriche

 

Titolo I

Principi generali e competenze

 

Art. 141.

Ambito di applicazione.

1. Oggetto delle disposizioni contenute nella presente sezione è la disciplina della gestione delle risorse idriche e del servizio idrico integrato per i profili che concernono la tutela dell'ambiente e della concorrenza e la determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni del servizio idrico integrato e delle relative funzioni fondamentali di comuni, province e città metropolitane.

2. Il servizio idrico integrato è costituito dall'insieme dei servizi pubblici di captazione, adduzione e distribuzione di acqua ad usi civili di fognatura e di depurazione delle acque reflue, e deve essere gestito secondo principi di efficienza, efficacia ed economicità, nel rispetto delle norme nazionali e comunitarie. Le presenti disposizioni si applicano anche agli usi industriali delle acque gestite nell'ambito del servizio idrico integrato.

 

 

Art. 142.

Competenze.

1. Nel quadro delle competenze definite dalle norme costituzionali, e fatte salve le competenze dell'Autorità di vigilanza sulle risorse idriche e sui rifiuti, il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio esercita le funzioni e i compiti spettanti allo Stato nelle materie disciplinate dalla presente sezione (15).

2. Le regioni esercitano le funzioni e i compiti ad esse spettanti nel quadro delle competenze costituzionalmente determinate e nel rispetto delle attribuzioni statali di cui al comma 1, ed in particolare provvedono a disciplinare il governo del rispettivo territorio.

3. Gli enti locali, attraverso l'Autorità d'ambito di cui all'articolo 148, comma 1, svolgono le funzioni di organizzazione del servizio idrico integrato, di scelta della forma di gestione, di determinazione e modulazione delle tariffe all'utenza, di affidamento della gestione e relativo controllo, secondo le disposizioni della parte terza del presente decreto.

 

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(15) Il riferimento all’Autorità di vigilanza sulle risorse idriche e sui rifiuti è stato soppresso ai sensi di quanto disposto dal comma 5 dell’art. 1, D.Lgs. 8 novembre 2006, n. 284.

Art. 143.

Proprietà delle infrastrutture.

1. Gli acquedotti, le fognature, gli impianti di depurazione e le altre infrastrutture idriche di proprietà pubblica, fino al punto di consegna e/o misurazione, fanno parte del demanio ai sensi degli articoli 822 e seguenti del codice civile e sono inalienabili se non nei modi e nei limiti stabiliti dalla legge.

2. Spetta anche all'Autorità d'ambito la tutela dei beni di cui al comma 1, ai sensi dell'articolo 823, secondo comma, del codice civile.

 

 

Art. 144.

Tutela e uso delle risorse idriche.

1. Tutte le acque superficiali e sotterranee, ancorché non estratte dal sottosuolo, appartengono al demanio dello Stato.

2. Le acque costituiscono una risorsa che va tutelata ed utilizzata secondo criteri di solidarietà; qualsiasi loro uso è effettuato salvaguardando le aspettative ed i diritti delle generazioni future a fruire di un integro patrimonio ambientale.

3. La disciplina degli usi delle acque è finalizzata alla loro razionalizzazione, allo scopo di evitare gli sprechi e di favorire il rinnovo delle risorse, di non pregiudicare il patrimonio idrico, la vivibilità dell'ambiente, l'agricoltura, la piscicoltura, la fauna e la flora acquatiche, i processi geomorfologici e gli equilibri idrologici.

4. Gli usi diversi dal consumo umano sono consentiti nei limiti nei quali le risorse idriche siano sufficienti e a condizione che non ne pregiudichino la qualità.

5. Le acque termali, minerali e per uso geotermico sono disciplinate da norme specifiche, nel rispetto del riparto delle competenze costituzionalmente determinato.

 

 

Art. 145.

Equilibrio del bilancio idrico.

1. L'Autorità di bacino competente definisce ed aggiorna periodicamente il bilancio idrico diretto ad assicurare l'equilibrio fra le disponibilità di risorse reperibili o attivabili nell'area di riferimento ed i fabbisogni per i diversi usi, nel rispetto dei criteri e degli obiettivi di cui all'articolo 144.

2. Per assicurare l'equilibrio tra risorse e fabbisogni, l'Autorità di bacino competente adotta, per quanto di competenza, le misure per la pianificazione dell'economia idrica in funzione degli usi cui sono destinate le risorse.

3. Nei bacini idrografici caratterizzati da consistenti prelievi o da trasferimenti, sia a valle che oltre la linea di displuvio, le derivazioni sono regolate in modo da garantire il livello di deflusso necessario alla vita negli alvei sottesi e tale da non danneggiare gli equilibri degli ecosistemi interessati.

 

 

Art. 146.

Risparmio idrico.

1. Entro un anno dalla data di entrata in vigore della parte terza del presente decreto, le regioni, sentita l'Autorità di vigilanza sulle risorse idriche e sui rifiuti, nel rispetto dei princìpi della legislazione statale, adotta norme e misure volte a razionalizzare i consumi e eliminare gli sprechi ed in particolare a:

a) migliorare la manutenzione delle reti di adduzione e di distribuzione di acque a qualsiasi uso destinate al fine di ridurre le perdite;

b) prevedere, nella costruzione o sostituzione di nuovi impianti di trasporto e distribuzione dell'acqua sia interni che esterni, l'obbligo di utilizzo di sistemi anticorrosivi di protezione delle condotte di materiale metallico;

c) realizzare, in particolare nei nuovi insediamenti abitativi, commerciali e produttivi di rilevanti dimensioni, reti duali di adduzione al fine dell'utilizzo di acque meno pregiate per usi compatibili;

d) promuovere l'informazione e la diffusione di metodi e tecniche di risparmio idrico domestico e nei settori industriale, terziario ed agricolo;

e) adottare sistemi di irrigazione ad alta efficienza accompagnati da una loro corretta gestione e dalla sostituzione, ove opportuno, delle reti di canali a pelo libero con reti in pressione;

f) installare contatori per il consumo dell'acqua in ogni singola unità abitativa nonché contatori differenziati per le attività produttive e del settore terziario esercitate nel contesto urbano;

g) realizzare nei nuovi insediamenti, quando economicamente e tecnicamente conveniente anche in relazione ai recapiti finali, sistemi di collettamento differenziati per le acque piovane e per le acque reflue e di prima pioggia;

h) individuare aree di ricarica delle falde ed adottare misure di protezione e gestione atte a garantire un processo di ricarica quantitativamente e qualitativamente idoneo.

2. Gli strumenti urbanistici, compatibilmente con l'assetto urbanistico e territoriale e con le risorse finanziarie disponibili, devono prevedere reti duali al fine di rendere possibili appropriate utilizzazioni di acque anche non potabili. Il rilascio del permesso di costruire è subordinato alla previsione, nel progetto, dell'installazione di coniatori per ogni singola unità abitativa, nonché del collegamento a reti duali, ove già disponibili.

3. Entro un anno dalla data di entrata in vigore della parte terza del presente decreto, il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio, sentita l'Autorità di vigilanza sulle risorse idriche e sui rifiuti e il Dipartimento tutela delle acque interne e marine dell'Agenzia per la protezione dell'ambiente e per i servizi tecnici (APAT), adotta un regolamento per la definizione dei criteri e dei metodi in base ai quali valutare le perdite degli acquedotti e delle fognature. Entro il mese di febbraio di ciascun anno, i soggetti gestori dei servizi idrici trasmettono all'Autorità di vigilanza sulle risorse idriche e sui rifiuti ed all'Autorità d'ambito competente i risultati delle rilevazioni eseguite con i predetti metodi (16).

 

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(16) Il riferimento all’Autorità di vigilanza sulle risorse idriche e sui rifiuti è stato soppresso ai sensi di quanto disposto dal comma 5 dell’art. 1, D.Lgs. 8 novembre 2006, n. 284.

 


 

Titolo II

Servizio idrico integrato

 

Art. 147.

Organizzazione territoriale del servizio idrico integrato.

1. I servizi idrici sono organizzati sulla base degli ambiti territoriali ottimali definiti dalle regioni in attuazione della legge 5 gennaio 1994, n. 36.

2. Le regioni possono modificare le delimitazioni degli ambiti territoriali ottimali per migliorare la gestione del servizio idrico integrato, assicurandone comunque lo svolgimento secondo criteri di efficienza, efficacia ed economicità, nel rispetto, in particolare, dei seguenti princìpi:

a) unità del bacino idrografico o del sub-bacino o dei bacini idrografici contigui, tenuto conto dei piani di bacino, nonché della localizzazione delle risorse e dei loro vincoli di destinazione, anche derivanti da consuetudine, in favore dei centri abitati interessati;

b) unicità della gestione e, comunque, superamento della frammentazione verticale delle gestioni;

c) adeguatezza delle dimensioni gestionali, definita sulla base di parametri fisici, demografici, tecnici.

3. Le regioni, sentite le province, stabiliscono norme integrative per il controllo degli scarichi degli insediamenti civili e produttivi allacciati alle pubbliche fognature, per la funzionalità degli impianti di pretrattamento e per il rispetto dei limiti e delle prescrizioni previsti dalle relative autorizzazioni.

 

 

Art. 148.

Autorità d'ambito territoriale ottimale.

1. L'Autorità d'ambito è una struttura dotata di personalità giuridica costituita in ciascun ambito territoriale ottimale delimitato dalla competente regione, alla quale gli enti locali partecipano obbligatoriamente ed alla quale è trasferito l'esercizio delle competenze ad essi spettanti in materia di gestiore delle risorse idriche, ivi compresa la programmazione delle infrastrutture idriche di cui all'articolo 143, comma 1.

2. Le regioni e le province autonome possono disciplinare le forme ed i modi della cooperazione tra gli enti locali ricadenti nel medesimo ambito ottimale, prevedendo che gli stessi costituiscano le Autorità d'ambito di cui al comma 1, cui è demandata l'organizzazione, l'affidamento e il controllo della gestione del servizio idrico integrato.

3. I bilanci preventivi e consuntivi dell'Autorità d'ambito e loro variazioni sono pubblicati mediante affissione ad apposito albo, istituito presso la sede dell'ente, e sono trasmessi all'Autorità di vigilanza sulle risorse idriche e sui rifiuti e al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio entro quindici giorni dall'adozione delle relative delibere (17).

4. I costi di funzionamento della struttura operativa dell'Autorità d'ambito, determinati annualmente, fanno carico agli enti locali ricadenti nell'ambito territoriale ottimale, in base alle quote di partecipazione di ciascuno di essi all'Autorità d'ambito.

5. Fermare restando la partecipazione obbligatoria all'Autorità d'ambito di tutti gli enti locali ai sensi del comma 1, l'adesione alla gestione unica del servizio idrico integrato è facoltativa per i comuni con popolazione fino a 1.000 abitanti inclusi nel territorio delle comunità montane, a condizione che la gestione del servizio idrico sia operata direttamente dalla amministrazione comunale ovvero tramite una società a capitale interamente pubblico e controllata dallo stesso comune. Sulle gestioni di cui al presente comma l'Autorità d'ambito esercita funzioni di regolazione generale e di controllo. Con apposito contratto di servizio stipulato con l'Autorità d'ambito, previo accordo di programma, sono definiti criteri e modalità per l'eventuale partecipazione ad iniziative promosse dall'Autorità d'ambito medesima.

 

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(17) Il riferimento all’Autorità di vigilanza sulle risorse idriche e sui rifiuti è stato soppresso ai sensi di quanto disposto dal comma 5 dell’art. 1, D.Lgs. 8 novembre 2006, n. 284.

 

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Art. 149.

Piano d'ambito.

1. Entro dodici mesi dalla data di entrata in vigore della parte terza del presente decreto, l'Autorità d'ambito provvede alla predisposizione e/o aggiornamento del piano d'ambito. Il piano d'ambito è costituito dai seguenti atti:

a) ricognizione delle infrastrutture;

b) programma degli interventi;

c) modello gestionale ed organizzativo;

d) piano economico finanziario.

2. La ricognizione, anche sulla base di informazioni asseverate dagli enti locali ricadenti nell'ambito territoriale ottimale, individua lo stato di consistenza delle infrastrutture da affidare al gestore del servizio idrico integrato, precisandone lo stato di funzionamento.

3. Il programma degli interventi individua le opere di manutenzione straordinaria e le nuove opere da realizzare, compresi gli interventi di adeguamento di infrastrutture già esistenti, necessarie al raggiungimento almeno dei livelli minimi di servizio, nonché al soddisfacimento della complessiva domanda dell'utenza. Il programma degli interventi, commisurato all'intera gestione, specifica gli obiettivi da realizzare, indicando le infrastrutture a tal fine programmate e i tempi di realizzazione.

4. Il piano economico finanziario, articolato nello stato patrimoniale, nel conto economico e nel rendiconto finanziario, prevede, con cadenza annuale, l'andamento dei costi dì gestione e dì investimento al netto di eventuali finanziamenti pubblici a fondo perduto. Esso è integrato dalla previsione annuale dei proventi da tariffa, estesa a tutto il periodo di affidamento. Il piano, così come redatto, dovrà garantire il raggiungimento dell'equilibrio economico finanziario e, in ogni caso, il rispetto dei principi di efficacia, efficienza ed economicità della gestione, anche in relazione agli investimenti programmati.

5. Il modello gestionale ed organizzativo definisce la struttura operativa mediante la quale il gestore assicura il servizio all'utenza e la realizzazione del programma degli interventi.

6. Il piano d'ambito è trasmesso entro dieci giorni dalla delibera di approvazione alla regione competente, all'Autorità di vigilanza sulle risorse idriche e sui rifiuti e al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio. L'Autorità di vigilanza sulle risorse idriche e sui rifiuti può notificare all'Autorità d'ambito, entro novanta giorni decorrenti dal ricevimento del piano, i propri rilievi od osservazioni, dettando, ove necessario, prescrizioni concernenti: il programma degli interventi, con particolare riferimento all'adeguatezza degli investimenti programmati in relazione ai livelli minimi di servizio individuati quali obiettivi della gestione; il piano finanziario, con particolare riferimento alla capacità dell'evoluzione tariffaria di garantire l'equilibrio economico finanziario della gestione, anche in relazione agli investimenti programmati (18).

 

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(18) Il riferimento all’Autorità di vigilanza sulle risorse idriche e sui rifiuti è stato soppresso ai sensi di quanto disposto dal comma 5 dell’art. 1, D.Lgs. 8 novembre 2006, n. 284.

 

 

Art. 150.

Scelta della forma di gestione e procedure di affidamento.

1. L'Autorità d'ambito, nel rispetto del piano d'ambito e del principio di unicità della gestione per ciascun ambito, delibera la forma di gestione fra quelle di cui all'articolo 113, comma 5, del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267.

2. L'Autorità d'ambito aggiudica la gestione del servizio idrico integrato mediante gara disciplinata dai princìpi e dalle disposizioni comunitarie, in conformità ai criteri di cui all'articolo 113, comma 7, del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 257, secondo modalità e termini stabiliti con decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio nel rispetto delle competenze regionali in materia (19).

3. La gestione può essere altresì affidata a società partecipate esclusivamente e direttamente da comuni o altri enti locali compresi nell'ambito territoriale ottimale, qualora ricorrano obiettive ragioni tecniche od economiche, secondo la previsione del comma 5, lettera c), dell'articolo 113 del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, o a società solo parzialmente partecipate da tali enti, secondo la previsione del comma 5, lettera b), dell'articolo 113 del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, purché il socio privato sia stato scelto, prima dell'affidamento, con gara da espletarsi con le modalità di cui al comma 2.

4. I soggetti di cui al presente articolo gestiscono il servizio idrico integrato su tutto il territorio degli enti locali ricadenti nell'ambito territoriale ottimale, salvo quanto previsto dall'articolo 148, comma 5.

 

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(19) In attuazione di quanto disposto dal presente comma vedi il D.M. 2 maggio 2006. Con Comunicato 26 giugno 2006 (Gazz. Uff. 26 giugno 2006, n. 146) è stata segnalata l’inefficacia del suddetto D.M. 2 maggio 2006 il quale, non essendo stato inviato alla Corte dei Conti per essere sottoposto al preventivo e necessario controllo, non ha ottenuto la registrazione prevista dalla legge e, conseguentemente, non può considerarsi giuridicamente produttivo di effetti.

 

 

Art. 151.

Rapporti tra autorità d'ambito e soggetti gestori del servizio idrico integrato.

1. I rapporti fra Autorità d'ambito e gestori del servizio idrico integrato sono regolati da convenzioni predisposte dall'Autorità d'ambito.

2. A tal fine, le regioni e le province autonome adottano convenzioni tipo, con relativi disciplinari, che devono prevedere in particolare:

a) il regime giuridico prescelto per la gestione del servizio:

b) la durata dell'affidamento, non superiore comunque a trenta anni;

c) l'obbligo del raggiungimento dell'equilibrio economico-finanziario della gestione;

d) il livello di efficienza e di affidabilità del servizio da assicurare all'utenza, anche con riferimento alla manutenzione degli impianti;

e) i criteri e le modalità di applicazione delle tariffe determinate dall'Autorità d'ambito e del loro aggiornamento annuale, anche con riferimento alle diverse categorie di utenze;

f) l'obbligo di adottare la carta di servizio sulla base degli atti d'indirizzo vigenti;

g) l'obbligo di provvedere alla realizzazione del Programma degli interventi;

h) le modalità di controllo del corretto esercizio del servizio e l'obbligo di predisporre un sistema tecnico adeguato a tal fine, come previsto dall'articolo 165;

i) il dovere di prestare ogni collaborazione per l'organizzazione e l'attivazione dei sistemi di controllo integrativi che l'Autorità d'ambito ha facoltà di disporre durante tutto il periodo di affidamento;

l) l'obbligo di dare tempestiva comunicazione all'Autorità d'ambito del verificarsi di eventi che comportino o che facciano prevedere irregolarità nell'erogazione del servizio, nonché l'obbligo di assumere ogni iniziativa per l'eliminazione delle irregolarità, in conformità con le prescrizioni dell'Autorità medesima;

m) l'obbligo di restituzione, alla scadenza dell'affidamento, delle opere,

degli impianti e delle canalizzazioni del servizio idrico integrato in condizioni di efficienza ed in buono stato di conservazione;

n) l'obbligo di prestare idonee garanzie finanziarie e assicurative;

o) le penali, le sanzioni in caso di inadempimento e le condizioni di risoluzione secondo i principi del codice civile;

p) le modalità di rendicontazione delle attività del gestore.

3. Sulla base della convenzione di cui al comma 2, l'Autorità d'ambito predispone uno schema di convenzione con relativo disciplinare, da allegare ai capitolati di gara. Ove la regione o la provincia autonoma non abbiano provveduto all'adozione delle convenzioni e dei disciplinari tipo di cui al comma 2, l'Autorità predispone lo schema sulla base della normativa vigente. Le convenzioni esistenti devono essere integrate in conformità alle previsioni di cui al comma 2.

4. Nel Disciplinare allegato alla Convenzione di gestione devono essere anche definiti, sulla base del programma degli interventi, le opere e le manutenzioni straordinarie, nonché il programma temporale e finanziario di esecuzione.

5. L'affidamento del servizio è subordinato alla prestazione da parte del gestore di idonea garanzia fideiussoria. Tale garanzia deve coprire gli interventi da realizzare nei primi cinque anni di gestione e deve essere annualmente aggiornata in modo da coprire gli interventi da realizzare nel successivo quinquennio.

6. Il gestore cura l'aggiornamento dell'atto di Ricognizione entro i termini stabiliti dalla convenzione.

7. L'affidatario del servizio idrico integrato, previo consenso dell'Autorità d'ambito, può gestire altri servizi pubblici, oltre a quello idrico, ma con questo compatibili, anche se non estesi all'intero ambito territoriale ottimale.

8. Le società concessionarie del servizio idrico integrato, nonché le società miste costituite a seguito dell'individuazione del socio privato mediante gara europea affidatarie del servizio medesimo, possono emettere prestiti obbligazionari sottoscrivibili esclusivamente dagli utenti con facoltà di conversione in azioni semplici o di risparmio. Nel caso di aumento del capitale sociale, una quota non inferiore al dieci per cento è offerta in sottoscrizione agli utenti del servizio.

 

 

Art. 152.

Poteri di controllo e sostitutivi.

1. L'Autorità d'ambito ha facoltà di accesso e verifica alle infrastrutture idriche, anche nelle fase di costruzione.

2. Nell'ipotesi di inadempienze del gestore agli obblighi che derivano dalla legge o dalla convenzione, e che compromettano la risorsa o l'ambiente ovvero che non consentano il raggiungimento dei livelli minimi di servizio, l'Autorità d'ambito interviene tempestivamente per garantire l'adempimento da parte del gestore, esercitando tutti i poteri ad essa conferiti dalle disposizioni di legge e dalla convenzione. Perdurando l'inadempienza del gestore, e ferme restando le conseguenti penalità a suo carico, nonché il potere di risoluzione e di revoca, l'Autorità d'ambito, previa diffida, può sostituirsi ad esso provvedendo a far eseguire a terzi le opere, nel rispetto delle vigenti disposizioni in materia di appalti pubblici.

3. Qualora l'Autorità d'ambito non intervenga, o comunque ritardi il proprio intervento, la regione, previa diffida e sentita l'Autorità di vigilanza sulle risorse idriche e sui rifiuti, esercita i necessari poteri sostitutivi, mediante nomina di un commissario "ad acta". Qualora la regione non adempia entro quarantacinque giorni, i predetti poteri sostitutivi sono esercitati, previa diffida ad adempiere nel termine di venti giorni, dal Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio, mediante nomina di un commissario "ad acta" (20).

4. L'Autorità d'ambito con cadenza annuale comunica al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio ed all'Autorità di vigilanza sulle risorse idriche e sui rifiuti i risultati dei controlli della gestione (21).

 

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(20) Il riferimento all’Autorità di vigilanza sulle risorse idriche e sui rifiuti è stato soppresso ai sensi di quanto disposto dal comma 5 dell’art. 1, D.Lgs. 8 novembre 2006, n. 284.

(21) Il riferimento all’Autorità di vigilanza sulle risorse idriche e sui rifiuti è stato soppresso ai sensi di quanto disposto dal comma 5 dell’art. 1, D.Lgs. 8 novembre 2006, n. 284.

 

 

Art. 153.

Dotazioni dei soggetti gestori del servizio idrico integrato.

1. Le infrastrutture idriche di proprietà degli enti locali ai sensi dell'articolo 143 sono affidate in concessione d'uso gratuita, per tutta la durata della gestione, al gestore del servizio idrico integrato, il quale ne assume i relativi oneri nei termini previsti dalla convenzione e dal relativo disciplinare.

2. Le immobilizzazioni, le attività e le passività relative al servizio idrico integrato, ivi compresi gli oneri connessi all'ammortamento dei mutui oppure i mutui stessi, al netto degli eventuali contributi a fondo perduto in conto capitale e/o in conto interessi, sono trasferite al soggetto gestore, che subentra nei relativi obblighi. Di Tale trasferimento si tiene conto nella determinazione della tariffa, al fine di garantire l'invarianza degli oneri per la finanza pubblica.

 

 

Art. 154.

Tariffa del servizio idrico integrato.

1. La tariffa costituisce il corrispettivo del servizio idrico integrato ed è determinata tenendo conto della qualità della risorsa idrica e del servizio fornito, delle opere e degli adeguamenti necessari, dell'entità dei costi di gestione delle opere, dell'adeguatezza della remunerazione del capitale investito e dei costi di gestione delle aree di salvaguardia, nonché di una quota parte dei costi di funzionamento dell'Autorità d'ambito, in modo che sia assicurata la copertura integrale dei costi di investimento e di esercizio secondo il principio del recupero dei costi e secondo il principio "chi inquina paga". Tutte le quote della tariffa del servizio idrico integrato hanno natura di corrispettivo.

2. Il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio, su proposta dell'Autorità di vigilanza sulle risorse idriche e sui rifiuti, tenuto conto della necessità di recuperare i costi ambientali anche secondo il principio "chi inquina paga", definisce con decreto le componenti di costo per la determinazione della tariffa relativa ai servizi idrici per i vari settori di impiego dell'acqua (22).

3. Al fine di assicurare un'omogenea disciplina sul territorio nazionale, con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, di concerto con il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio, sono stabiliti i criteri generali per la determinazione, da parte delle regioni, dei canoni di concessione per l'utenza di acqua pubblica, tenendo conto dei costi ambientali e dei costi della risorsa e prevedendo altresì riduzioni del canone nell'ipotesi in cui il concessionario attui un riuso delle acque reimpiegando le acque risultanti a valle del processo produttivo o di una parte dello stesso o, ancora, restituisca le acque di scarico con le medesime caratteristiche qualitative di quelle prelevate. L'aggiornamento dei canoni ha cadenza triennale.

4. L'Autorità d'ambito, al fine della predisposizione del Piano finanziario di cui all'articolo 149, comma 1, lettera c), determina la tariffa di base, nell'osservanza delle disposizioni contenute nel decreto di cui al comma 2, comunicandola all'Autorità di vigilanza sulle risorse idriche e sui rifiuti ed al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio (23).

5. La tariffa è applicata dai soggetti gestori, nel rispetto della Convenzione e del relativo disciplinare.

6. Nella modulazione della tariffa sono assicurate, anche mediante compensazioni per altri tipi di consumi, agevolazioni per quelli domestici essenziali, nonché per i consumi di determinate categorie, secondo prefissati scaglioni di reddito. Per conseguire obiettivi di equa redistribuzione dei costi sono ammesse maggiorazioni di tariffa per le residenze secondarie, per gli impianti ricettivi stagionali, nonché per le aziende artigianali, commerciali e industriali.

7. L'eventuale modulazione della tariffa tra i comuni tiene conto degli investimenti pro capite per residente effettuati dai comuni medesimi che risultino utili ai fini dell'organizzazione del servizio idrico integrato.

 

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(22) Il riferimento all’Autorità di vigilanza sulle risorse idriche e sui rifiuti è stato soppresso ai sensi di quanto disposto dal comma 5 dell’art. 1, D.Lgs. 8 novembre 2006, n. 284.

(23) Il riferimento all’Autorità di vigilanza sulle risorse idriche e sui rifiuti è stato soppresso ai sensi di quanto disposto dal comma 5 dell’art. 1, D.Lgs. 8 novembre 2006, n. 284.

 

 

Art. 155.

Tariffa del servizio di fognatura e depurazione.

1. Le quote di tariffa riferite ai servizi di pubblica fognatura e di depurazione sono dovute dagli utenti anche nel caso in cui manchino impianti di depurazione o questi siano temporaneamente inattivi. Il gestore è tenuto a versare i relativi proventi, risultanti dalla formulazione tariffaria definita ai sensi dell'articolo 154, a un fondo vincolato intestato all'Autorità d'ambito, che lo mette a disposizione del gestore per l'attuazione degli interventi relativi alle reti di fognatura ed agli impianti di depurazione previsti dal piano d'ambito. La tariffa non è dovuta se l'utente è dotato di sistemi di collettamento e di depurazione propri, sempre che tali sistemi abbiano ricevuto specifica approvazione da parte dell'Autorità d'ambito.

2. In pendenza dell'affidamento della gestione dei servizi idrici locali al gestore del servizio idrico integrato, i comuni già provvisti di impianti di depurazione funzionanti, che non si trovino in condizione di dissesto, destinano i proventi derivanti dal canone di depurazione e fognatura prioritariamente alla manutenzione degli impianti medesimi.

3. Gli utenti tenuti al versamento della tariffa riferita al servizio di pubblica fognatura, di cui al comma 1, sono esentati dal pagamento di qualsivoglia altra tariffa eventualmente dovuta al medesimo titolo ad altri enti pubblici.

4. Al fine della determinazione della quota tariffaria di cui al presente articolo, il volume dell'acqua scaricata è determinato in misura pari al cento per cento del volume di acqua fornita.

5. Per le utenze industriali la quota tariffaria di cui al presente articolo è determinata sulla base della qualità e della quantità delle acque reflue scaricate e sulla base del principio "chi inquina paga". È fatta salva la possibilità di determinare una quota tariffaria ridotta per le utenze che provvedono direttamente alla depurazione e che utilizzano la pubblica fognatura, sempre che i relativi sistemi di depurazione abbiano ricevuto specifica approvazione da parte dell'Autorità d'ambito.

6. Allo scopo di incentivare il riutilizzo di acqua reflua o già usata nel ciclo produttivo, la tariffa per le utenze industriali è ridotta in funzione dell'utilizzo nel processo produttivo di acqua reflua o già usata. La riduzione si determina applicando alla tariffa un correttivo, che tiene conto della quantità di acqua riutilizzata e della quantità delle acque primarie impiegate.

 

 

Art. 156.

Riscossione della tariffa.

1. La tariffa è riscossa dal gestore del servizio idrico integrato. Qualora il servizio idrico sia gestito separatamente, per effetto di particolari convenzioni e concessioni, la relativa tariffa è riscossa dal gestore del servizio di acquedotto, il quale provvede al successivo riparto tra i diversi gestori interessati entro trenta giorni dalla riscossione.

2. Con apposita convenzione, sottoposta al controllo della regione, sono definiti i rapporti tra i diversi gestori per il riparto delle spese di riscossione.

3. La riscossione volontaria della tariffa può essere effettuata con le modalità di cui al capo III del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241, previa convenzione con l’Agenzia delle entrate. La riscossione, sia volontaria sia coattiva, della tariffa può altresì essere affidata ai soggetti iscritti all’albo previsto dall’articolo 53 del decreto legislativo 15 dicembre 1997, n. 446, a seguito di procedimento ad evidenza pubblica (24).

 

 

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(24) Comma così sostituito dal comma 10 dell'art. 2, D.L. 3 ottobre 2006, n. 262, come sostituito dalla relativa legge di conversione.

 

 

Art. 157.

Opere di adeguamento del servizio idrico.

1. Gli enti locali hanno facoltà di realizzare le opere necessarie per provvedere all'adeguamento del servizio idrico in relazione ai piani urbanistici ed a concessioni per nuovi edifici in zone già urbanizzate, previo parere di compatibilità con il piano d'ambito reso dall'Autorità d'ambito e a seguito di convenzione con il soggetto gestore del servizio medesimo, al quale le opere, una volta realizzate, sono affidate in concessione.

 

 

Art. 158.

Opere e interventi per il trasferimento di acqua.

1. Ai fini di pianificare l'utilizzo delle risorse idriche, laddove il fabbisogno comporti o possa comportare il trasferimento di acqua tra regioni diverse e ciò travalichi i comprensori di riferimento dei distretti idrografici, le Autorità di bacino, sentite le regioni interessate, promuovono accordi di programma tra le regioni medesime, ai sensi dell'articolo 34 del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, salvaguardando in ogni caso le finalità di cui all'articolo 144 del presente decreto. A tal fine il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, ciascuno per la parte di propria competenza, assumono di concerto le opportune iniziative anche su richiesta di una Autorità di bacino o di una regione interessata od anche in presenza di istanza presentata da altri soggetti pubblici o da soggetti privati interessati, fissando un termine per definire gli accordi.

2. In caso di inerzia, di mancato accordo in ordine all'utilizzo delle risorse idriche, o di mancata attuazione dell'accordo stesso, provvede in via sostitutiva, previa diffida ad adempiere entro un congruo termine, il Presidente del Consiglio dei Ministri su proposta del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio.

3. Le opere e gli impianti necessari per le finalità di cui al presente articolo sono dichiarati di interesse nazionale. La loro realizzazione e gestione, se di iniziativa pubblica, possono essere poste anche a totale carico dello Stato mediante quantificazione dell'onere e relativa copertura finanziaria, previa deliberazione del Comitato interministeriale per la programmazione economica (CIPE), su proposta dei Ministri dell'ambiente e della tutela del territorio e delle infrastrutture e dei trasporti, ciascuno per la parte di rispettiva competenza. Il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio esperisce le procedure per la concessione d'uso delle acque ai soggetti utilizzatori e definisce la relativa convenzione tipo; al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti compete la determinazione dei criteri e delle modalità per l'esecuzione e la gestione degli interventi, nonché l'affidamento per la realizzazione e la gestione degli impianti.

 


 

Titolo III

Vigilanza, controlli e partecipazione

 

Art. 159.

Autorità di vigilanza sulle risorse idriche e sui rifiuti.

[1. Alla data di entrata in vigore della parte terza del presente decreto, il Comitato per la vigilanza sull'uso delle risorse idriche istituito dalla legge 5 gennaio 1994, n. 36, assume la denominazione di Autorità di vigilanza sulle risorse idriche e sui rifiuti, di seguito denominata "Autorità", con il compito di assicurare l'osservanza, da parte di qualsiasi soggetto pubblico e privato, dei principi e delle disposizioni di cui alle parti terza e quarta del presente decreto (25).

2. Sono organi dell'Autorità il presidente, il comitato esecutivo ed il consiglio, che si articola in due sezioni denominate "Sezione per la vigilanza sulle risorse idriche" e "Sezione per la vigilanza sui rifiuti"; ciascuna sezione è composta dal presidente dell'Autorità, dal coordinatore di sezione e da cinque componenti per la "Sezione per la vigilanza sulle risorse idriche" e da sei componenti per la "Sezione per la vigilanza sui rifiuti". Il comitato esecutivo è composto dal presidente dell'Autorità e dai coordinatori di sezione. Il consiglio dell'Autorità è composto da tredici membri e dal presidente, nominati con decreto del Presidente della Repubblica, su deliberazione del Consiglio dei Ministri. Il presidente dell'Autorità e quattro componenti del consiglio, dei quali due con funzioni di coordinatore di sezione, sono nominati su proposta del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio, due su proposta del Ministro dell'economia e delle finanze, due su proposta del Ministro per la funzione pubblica, uno su proposta del Ministro delle attività produttive relativamente alla "Sezione per la vigilanza sui rifiuti", quattro su designazione della Conferenza dei presidenti delle regioni e delle province autonome. Le proposte sono previamente sottoposte al parere delle competenti Commissioni parlamentari.

3. Il Presidente dell'Autorità è il legale rappresentante, presiede il comitato esecutivo, il consiglio e le sezioni nelle quali esso si articola. Il comitato esecutivo è l'organo deliberante dell'Autorità e provvede ad assumere le relative decisioni sulla base dell'istruttoria e delle proposte formulate dal consiglio o dalle sue sezioni.

4. L'organizzazione e il funzionamento, anche contabile, dell'Autorità sono disciplinati, in conformità alle disposizioni di cui alla parte terza e quarta del presente decreto, da un regolamento deliberato dal Consiglio dell'Autorità ed emanato con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri secondo il procedimento di cui al comma 3 dell'articolo 17 della legge 23 agosto 1988, n. 400.

5. I componenti dell'Autorità sono scelti fra persone dotate di alta e riconosciuta competenza nel settore, durano in carica sette anni e non possono essere confermati. A pena di decadenza essi non possono esercitare, direttamente o indirettamente, alcuna attività professionale o di consulenza attinente al settore di competenza dell'Autorità; essi non possono essere dipendenti di soggetti privati, né ricoprire incarichi elettivi o di rappresentanza nei partiti politici, né avere interessi diretti o indiretti nelle imprese operanti nel settore di competenza della Autorità. I dipendenti delle amministrazioni pubbliche sono collocati fuori ruolo per l'intera durata dell'incarico o, se professori universitari, in aspettativa, senza assegni, per l'intera durata del mandato. Per almeno due anni dalla cessazione dell'incarico i componenti dell'Autorità non possono intrattenere, direttamente o indirettamente, rapporti di collaborazione, di consulenza o di impiego con le imprese operanti nel settore di competenza.

6. In fase di prima attuazione, e nel rispetto del principio dell'invarianza degli oneri a carico della finanza pubblica di cui all'articolo 1, comma 8, lettera c), della legge 15 dicembre 2004, n. 308, il Presidente ed i componenti del Comitato per la vigilanza sull'uso delle risorse idriche rimangono in carica fino al compimento del primo mandato settennale dell'Autorità ed assumono rispettivamente le funzioni di Presidente dell'Autorità di vigilanza sulle risorse idriche e sui rifiuti e di componenti della "Sezione per la vigilanza sulle risorse idriche", tra i quali il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio nomina il coordinatore. Analogamente, il Presidente ed i componenti dell'Osservatorio nazionale sui rifiuti istituito dal decreto legislativo 5 febbraio 1997, n. 22, rimangono in carica fino al compimento del primo mandato settennale dell'Autorità ed assumono rispettivamente le funzioni di coordinatore e di componenti della "Sezione per la vigilanza sui rifiuti".

7. L'Autorità si avvale di una segreteria tecnica, composta da esperti di elevata qualificazione, nominati con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri su proposta dell'Autorità. Per essi valgono le incompatibilità di cui al comma 5 con le relative conseguenze previste. L'Autorità può richiedere ad altre amministrazioni pubbliche di avvalersi di loro prestazioni per funzioni di ispezione e di verifica. La dotazione organica della segreteria tecnica, cui è preposto un dirigente, e le spese di funzionamento sono determinate con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri su proposta del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze e con il Ministro per la funzione pubblica.

8. I componenti dell'Autorità e della segreteria tecnica, nell'esercizio delle funzioni, sono pubblici ufficiali e sono tenuti al segreto d'ufficio. Si applicano le norme in materia di pubblicità, partecipazione e accesso.

9. Con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, è determinato il trattamento economico spettante ai membri dell'Autorità e ai componenti della segreteria tecnica.

10. Il bilancio preventivo e il rendiconto della gestione sono soggetti al controllo della Corte dei conti ed alle forme di pubblicità indicate nel regolamento di cui al comma 6; della loro pubblicazione è dato avviso nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana.

11. L'Autorità definisce annualmente e con proiezione triennale i programmi di attività e le iniziative che intende porre in essere per il perseguimento delle finalità di cui al comma 1, ed a garanzia degli interessi degli utenti, dandone comunicazione al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio.

12. L'Autorità è rappresentata in giudizio dall'Avvocatura dello Stato] (26).

 

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(25) All'attuazione di quanto disposto dal presente comma si è provveduto con D.M. 2 maggio 2006 (Gazz. Uff. 11 maggio 2006, n. 108). Con Comunicato 26 giugno 2006 (Gazz. Uff. 26 giugno 2006, n. 146) è stata segnalata l’inefficacia del suddetto D.M. 2 maggio 2006 il quale, non essendo stato inviato alla Corte dei Conti per essere sottoposto al preventivo e necessario controllo, non ha ottenuto la registrazione prevista dalla legge e, conseguentemente, non può considerarsi giuridicamente produttivo di effetti.

(26) Articolo abrogato dal comma 5 dell’art. 1, D.Lgs. 8 novembre 2006, n. 284.

 

 

Art. 160.

Compiti e funzioni dell'Autorità di vigilanza.

[1. Nell'esercizio delle funzioni e dei compiti indicati al comma 1 dell'articolo 159, l'Autorità vigila sulle risorse idriche e sui rifiuti e controlla il rispetto della disciplina vigente a tutela delle risorse e della salvaguardia ambientale esercitando i relativi poteri ad essa attribuiti dalla legge.

2. L'Autorità in particolare:

a) assicura l'osservanza dei principi e delle regole della concorrenza e della trasparenza nelle procedure di affidamento dei servizi;

b) tutela e garantisce i diritti degli utenti e vigila sull'integrità delle reti e degli impianti;

c) esercita i poteri ordinatori ed inibitori di cui al comma 3;

d) promuove e svolge studi e ricerche sull'evoluzione dei settori e dei rispettivi servizi, avvalendosi dell'Osservatorio di cui all'articolo 161;

e) propone gli adeguamenti degli atti tipo, delle concessioni e delle convenzioni in base all'andamento del mercato e laddove siano resi necessari dalle esigenze degli utenti o dalle finalità di tutela e salvaguardia dell'ambiente;

f) specifica i livelli generali di qualità riferiti ai servizi da prestare nel rispetto dei regolamenti del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio che disciplinano la materia;

g) controlla che i gestori adottino una carta di servizio pubblico con indicazione di standard dei singoli servizi e ne verifica il rispetto;

h) propone davanti al giudice amministrativo i ricorsi contro gli atti e provvedimenti ed eventualmente i comportamenti posti in essere in violazione delle norme di cui alle parti terza e quarta del presente decreto; esercita l'azione in sede civile avverso gli stessi comportamenti, richiedendo anche il risarcimento del danno in forma specifica o per equivalente; denuncia all'autorità giudiziaria le violazioni perseguibili in sede penale delle norme di cui alle parti terza e quarta del presente decreto; sollecita l'esercizio dell'azione di responsabilità per i danni erariali derivanti dalla violazione delle norme medesime;

i) formula al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio proposte di revisione della disciplina vigente, segnalando nei casi di grave inosservanza e di non corretta applicazione;

l) predispone ed invia al Governo e al Parlamento una relazione annuale sull'attività svolta, con particolare riferimento allo stato e all'uso delle risorse idriche, all'andamento dei servizi di raccolta e smaltimento dei rifiuti, nonché all'utilizzo dei medesimi nella produzione di energia;

m) definisce, d'intesa con il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e con la Conferenza delle regioni e delle province autonome, programmi di attività e le iniziative da porre in essere a garanzia degli interessi degli utenti, anche mediante la cooperazione con analoghi organi di garanzia eventualmente istituiti dalle regioni e dalle province autonome competenti;

n) esercita le funzioni già di competenza dell'Osservatorio nazionale sui rifiuti istituito dall'articolo 26 del decreto legislativo 5 febbraio 1997, n. 22;

o) può svolgere attività di consultazione nelle materie di propria competenza a favore delle Autorità d'ambito e delle pubbliche amministrazioni, previa adozione di apposito decreto da parte del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, per la disciplina delle modalità, anche contabili, e delle tariffe relative a tali attività.

3. Nell'esercizio delle proprie competenze, l'Autorità:

a) richiede informazioni e documentazioni ai gestori operanti nei settori idrico e dei rifiuti e a tutti i soggetti pubblici e privati tenuti all'applicazione delle disposizioni di cui alle parti terza e quarta del presente decreto; esercita poteri di acquisizione, accesso ed ispezione alle documentazioni in conformità ad apposito regolamento emanato con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri ai sensi del comma 3 dell'articolo 17 della legge 23 agosto 1988, n. 400;

b) irroga la sanzione amministrativa del pagamento di una somma fino a trentamila euro, ai soggetti che, senza giustificato motivo, rifiutano od omettono di fornire le informazioni o di esibire i documenti richiesti ai sensi della lettera a) o intralciano l'accesso o le ispezioni; irroga la sanzione amministrativa del pagamento di una somma fino a sessantamila euro ai soggetti che forniscono informazioni od esibiscono documenti non veritieri; le stesse sanzioni sono irrogate nel caso di violazione degli obblighi di informazione all'Osservatorio di cui all'articolo 161;

c) comunica, alle autorità competenti ad adottare i relativi provvedimenti, le violazioni, da parte dei gestori, delle Autorità d'ambito e dei consorzi di bonifica e di irrigazione, dei principi e delle disposizioni di cui alle parti terza e quarta del presente decreto, in particolare quelle lesive della concorrenza, della tutela dell'ambiente, dei diritti degli utenti e dei legittimi usi delle acque; adotta i necessari provvedimenti temporanei ed urgenti, ordinatori ed inibitori, assicurando tuttavia la continuità dei servizi;

d) può intervenire, suistanza dei gestori, in caso di omissioni o inadempimenti delle Autorità d'ambito.

4. Il ricorso contro gli atti e i provvedimenti dell'Autorità spetta alla giurisdizione amministrativa esclusiva e alla competenza del TAR del Lazio] (27).

 

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(27) Articolo abrogato dal comma 5 dell’art. 1, D.Lgs. 8 novembre 2006, n. 284.

 

 

Art. 161.

Osservatorio sulle risorse idriche e sui rifiuti.

1. L'Autorità, per lo svolgimento dei propri compiti, si avvale di un Osservatorio sui settori di propria competenza. L'Osservatorio svolge funzioni di raccolta, elaborazione e restituzione di dati statistici e conoscitivi formando una banca dati connessa con i sistemi informativi del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio, delle regioni e delle province autonome di Trento e di Bolzano, delle Autorità di bacino e dei soggetti pubblici che detengono informazioni nel settore. In particolare, l'Osservatorio raccoglie ed elabora dati inerenti:

a) al censimento dei partecipanti alle gare per l'affidamento dei servizi, nonché dei soggetti gestori relativamente ai dati dimensionali, tecnici e finanziari di esercizio;

b) alle condizioni generali di contratto e convenzioni per l'esercizio dei servizi;

c) ai modelli adottati di organizzazione, di gestione, di controllo e di programmazione dei servizi e degli impianti;

d) ai livelli di qualità dei servizi erogati;

e) alle tariffe applicate;

f) ai piani di investimento per l'ammodernamento degli impianti e lo sviluppo dei servizi.

2. I gestori dei servizi idrici e di raccolta e smaltimento dei rifiuti trasmettono ogni dodici mesi all'Osservatorio i dati e le informazioni di cui al comma 1 e comunque tutti i dati che l'Osservatorio richieda loro in qualsiasi momento.

3. Sulla base dei dati acquisiti, l'Osservatorio effettua, su richiesta dell'Autorità, elaborazioni al fine, tra l'altro, di:

a) definire indici di produttività per la valutazione della economicità delle gestioni a fronte dei servizi resi;

b) individuare livelli tecnologici e modelli organizzativi ottimali dei servizi;

c) definire parametri di valutazione per il controllo delle politiche tariffarie praticate, anche a supporto degli organi decisionali in materia di fissazione di tariffe e dei loro adeguamenti, verificando il rispetto dei criteri fissati in materia dai competenti organi statali;

d) individuare situazioni di criticità e di irregolarità funzionale dei servizi o di inosservanza delle prescrizioni normative vigenti in materia;

e) promuovere la sperimentazione e l'adozione di tecnologie innovative;

f) verificare la fattibilità e la congruità dei programmi di investimento in relazione alle risorse finanziarie e alla politica tariffaria;

g) realizzare quadri conoscitivi di sintesi.

4. L'Osservatorio assicura l'accesso generalizzato, anche per via informatica, ai dati raccolti e alle elaborazioni effettuate secondo deliberazione dell'Autorità e nel rispetto delle disposizioni generali.

5. Con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze e con il Ministro per la funzione pubblica, sono determinate, nel rispetto del principio dell'invarianza degli oneri a carico della finanza pubblica, la dotazione organica dell'Osservatorio, cui è preposto un dirigente, e le spese di funzionamento. Per l'espletamento dei propri compiti, l'Osservatorio, su indicazione dell'Autorità, può avvalersi della consulenza di esperti nel settore e stipulare convenzioni con enti pubblici di ricerca e con società specializzate.

 

 

Art. 162.

Partecipazione, garanzia e informazione degli utenti.

1. Il gestore del servizio idrico integrato assicura l'informazione agli utenti, promuove iniziative per la diffusione della cultura dell'acqua e garantisce l'accesso dei cittadini alle informazioni inerenti ai servizi gestiti nell'ambito territoriale ottimale di propria competenza, alle tecnologie impiegate, al funzionamento degli impianti, alla quantità e qualità delle acque fornite e trattate.

2. Il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio, le regioni e le province autonome, nell'ambito delle rispettive competenze, assicurano la pubblicità dei progetti concernenti opere idrauliche che comportano o presuppongono grandi e piccole derivazioni, opere di sbarramento o di canalizzazione, nonché la perforazione di pozzi. A tal fine, le amministrazioni competenti curano la pubblicazione delle domande di concessione, contestualmente all'avvio del procedimento, oltre che nelle forme previste dall'articolo 7 del testo unico delle disposizioni di legge sulle acque sugli impianti elettrici, approvato con regio decreto 11 dicembre 1933, n. 1775, su almeno un quotidiano a diffusione nazionale e su un quotidiano a diffusione locale per le grandi derivazioni di acqua da fiumi transnazionali e di confine.

3. Chiunque può prendere visione presso i competenti uffici del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio, delle regioni e delle province autonome di tutti i documenti, atti, studi e progetti inerenti alle domande di concessione di cui al comma 2 del presente articolo, ai sensi delle vigenti disposizioni in materia di pubblicità degli atti delle amministrazioni pubbliche.

 

 

Art. 163.

Gestione delle aree di salvaguardia.

1. Per assicurare la tutela delle aree di salvaguardia delle risorse idriche destinate al consumo umano, il gestore del servizio idrico integrato può stipulare convenzioni con lo Stato, le regioni, gli enti locali, le associazioni e le università agrarie titolari di demani collettivi, per la gestione diretta dei demani pubblici o collettivi ricadenti nel perimetro delle predette aree, nel rispetto della protezione della natura e tenuto conto dei diritti di uso civico esercitati.

2. La quota di tariffa riferita ai costi per la gestione delle aree di salvaguardia, in caso di trasferimenti di acqua da un ambito territoriale ottimale all'altro, è versata alla comunità montana, ove costituita, o agli enti locali nel cui territorio ricadono le derivazioni; i relativi proventi sono utilizzati ai fini della tutela e del recupero delle risorse ambientali.

 

 

Art. 164.

Disciplina delle acque nelle aree protette.

1. Nell'ambito delle aree naturali protette nazionali e regionali, l'ente gestore dell'area protetta, sentita l'Autorità di bacino, definisce le acque sorgive, fluenti e sotterranee necessarie alla conservazione degli ecosistemi, che non possono essere captate.

2. Il riconoscimento e la concessione preferenziale delle acque superficiali o sorgentizie che hanno assunto natura pubblica per effetto dell'articolo 1 della legge 5 gennaio 1994, n. 36, nonché le concessioni in sanatoria, sono rilasciati su parere dell'ente gestore dell'area naturale protetta. Gli enti gestori di aree protette verificano le captazioni e le derivazioni già assentite all'interno delle aree medesime e richiedono all'autorità competente la modifica delle quantità di rilascio qualora riconoscano alterazioni degli equilibri biologici dei corsi d'acqua oggetto di captazione, senza che ciò possa dare luogo alla corresponsione di indennizzi da parte della pubblica amministrazione, fatta salva la relativa riduzione del canone demaniale di concessione.

 

 

Art. 165.

Controlli.

1. Per assicurare la fornitura di acqua di buona qualità e per il controllo degli scarichi nei corpi ricettori, ciascun gestore di servizio idrico si dota di un adeguato servizio di controllo territoriale e di un laboratorio di analisi per i controlli di qualità delle acque alla presa, nelle reti di adduzione e di distribuzione, nei potabilizzatori e nei depuratori, ovvero stipula apposita convenzione con altri soggetti gestori di servizi idrici. Restano ferme le competenze amministrative e le funzioni di controllo sulla qualità delle acque sugli scarichi nei corpi idrici stabilite dalla normativa vigente e quelle degli organismi tecnici preposti a tali funzioni.

2. Coloro che si approvvigionano in tutto o in parte di acqua da fonti diverse dal pubblico acquedotto sono tenuti a denunciare annualmente al soggetto gestore del servizio idrico il quantitativo prelevato nei termini e secondo le modalità previste dalla normativa per la tutela delle acque dall'inquinamento.

3. Le sanzioni previste dall'articolo 19 del decreto legislativo 2 febbraio 2001, n. 31, si applicano al responsabile della gestione dell'acquedotto soltanto nel caso in cui, dopo la comunicazione dell'esito delle analisi, egli non abbia tempestivamente adottato le misure idonee ad adeguare la qualità dell'acqua o a prevenire il consumo o l'erogazione di acqua non idonea.

 


 

Titolo IV

Usi produttivi delle risorse idriche

 

Art. 166.

Usi delle acque irrigue e di bonifica.

1.I consorzi di bonifica ed irrigazione, nell'ambito delle loro competenze, hanno facoltà di realizzare e gestire le reti a prevalente scopo irriguo, gli impianti per l'utilizzazione in agricoltura di acque reflue, gli acquedotti rurali e gli altri impianti funzionali ai sistemi irrigui e di bonifica e, previa domanda alle competenti autorità corredata dal progetto delle opere da realizzare, hanno facoltà di utilizzare le acque fluenti nei canali e nei cavi consortili per usi che comportino la restituzione delle acque siano compatibili con le successive utilizzazioni, ivi compresi la produzione di energia idroelettrica e l'approvvigionamento di imprese produttive. L'Autorità di bacino esprime entro centoventi giorni la propria determinazione. Trascorso tale termine, la domanda si intende accettata. Per tali usi i consorzi sono obbligati ai pagamento dei relativi canoni per le quantità di acqua corrispondenti, applicandosi anche in tali ipotesi le disposizioni di cui al secondo comma dell'articolo 36 del testo unico delle disposizioni di legge sulle acque sugli impianti elettrici, approvato con regio decreto 11 dicembre 1933, n. 1775.

2. I rapporti tra i consorzi di bonifica ed irrigazione ed i soggetti che praticano gli usi di cui al comma 1 sono regolati dalle disposizioni di cui al capo I del titolo VI del regio decreto 8 maggio 1904, n. 368.

3. Fermo restando il rispetto della disciplina sulla qualità delle acque degli scarichi stabilita dalla parte terza del presente decreto, chiunque, non associato ai consorzi di bonifica ed irrigazione, utilizza canali consortili o acque irrigue come recapito di scarichi, anche se depurati e compatibili con l'uso irriguo, provenienti da insediamenti di qualsiasi natura, deve contribuire alle spese sostenute dal consorzio tenendo conto della portata di acqua scaricata.

4. Il contributo di cui al comma 3 è determinato dal consorzio interessato e comunicato al soggetto utilizzatore, unitamente alle modalità di versamento.

 

 

Art. 167.

Usi agricoli delle acque.

1. Nei periodi di siccità e comunque nei casi di scarsità di risorse idriche, durante i quali si procede alla regolazione delle derivazioni in atto, deve essere assicurata, dopo il consumo umano, la priorità dell'uso agricolo ivi compresa l'attività di acquacoltura di cui alla legge 5 febbraio 1992, n. 102.

2. Nell'ipotesi in cui, ai sensi dell'articolo 145, comma 3, si proceda alla regolazione delle derivazioni, l'amministrazione competente, sentiti i soggetti titolari delle concessioni di derivazione, assume i relativi provvedimenti.

3. La raccolta di acque piovane in invasi e cisterne al servizio di fondi agricoli o di singoli edifici è libera.

4. La raccolta di cui al comma 3 non richiede licenza o concessione di derivazione di acque; la realizzazione dei relativi manufatti è regolata dalle leggi in materia di edilizia, di costruzioni nelle zone sismiche, di dighe e sbarramenti e dalle altre leggi speciali.

5. L'utilizzazione delle acque sotterranee per gli usi domestici, come definiti dall'articolo 93, secondo comma, del testo unico delle disposizioni di legge sulle acque sugli impianti elettrici, approvato con regio decreto 11 dicembre 1933, n. 1775, resta disciplinata dalla medesima disposizione, purché non comprometta l'equilibrio del bilancio idrico di cui all'articolo 145 del presente decreto.

 

 

Art. 168.

Utilizzazione delle acque destinate ad uso idroelettrico.

1. Tenuto conto dei principi di cui alla parte terza del presente decreto e del piano energetico nazionale, nonché degli indirizzi per gli usi plurimi delle risorse idriche, il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio, di concerto con il Ministro delle attività produttive, sentite le Autorità di bacino, nonché le regioni e le province autonome, disciplina, senza che ciò possa dare luogo alla corresponsione di indennizzi da parte della pubblica amministrazione, fatta salva la corrispondente riduzione del canone di concessione:

a) la produzione al fine della cessione di acqua dissalata conseguita nei cicli di produzione delle centrali elettriche costiere;

b) l'utilizzazione dell'acqua invasata a scopi idroelettrici per fronteggiare situazioni di emergenza idrica;

c) la difesa e la bonifica per la salvaguardia della quantità e della qualità delle acque dei serbatoi ad uso idroelettrico.

 

 

Art. 169.

Piani, studi e ricerche.

1. I piani, gli studi e le ricerche realizzati dalle Amministrazioni dello Stato e da enti pubblici aventi competenza nelle materie disciplinate dalla parte terza del presente decreto sono comunicati alle Autorità di bacino competenti per territorio ai fini della predisposizione dei piani ad esse affidati.

 

 

Sezione IV

Disposizioni transitorie e finali

 

Art. 170.

Norme transitorie.

1. Ai fini dell'applicazione dell'articolo 65, limitatamente alle procedure di adozione ed approvazione dei piani di bacino, fino alla data di entrata in vigore della parte seconda del presente decreto, continuano ad applicarsi le procedure di adozione ed approvazione dei piani di bacino previste dalla legge 18 maggio 1989, n. 183.

2. Ai fini dell'applicazione dell'articolo 1 del decreto-legge 12 ottobre 2000, n. 279, convertito, con modificazioni, dalla legge 11 dicembre 2000, n. 3 65, i riferimenti in esso contenuti all'articolo 1 del decreto-legge 11 giugno 1998, n. 180, convertito, con modificazioni, dalla legge 3 agosto 1998, n. 267, devono intendersi riferiti all'articolo 66 del presente decreto; i riferimenti alla legge 18 maggio 1989, n. 183, devono intendersi riferiti alla sezione prima della parte terza del presente decreto, ove compatibili.

2-bis. Nelle more della costituzione dei distretti idrografici di cui al Titolo II della Parte terza del presente decreto e della revisione della relativa disciplina legislativa con un decreto legislativo correttivo, le autorità di bacino di cui alla legge 18 maggio 1989, n. 183, sono prorogate fino alla data di entrata in vigore del decreto correttivo che, ai sensi dell'articolo 1, comma 6, della legge n. 308 del 2004, definisca la relativa disciplina (28).

3. Ai fini dell'applicazione della parte terza del presente decreto:

a) fino all'emanazione dei decreti di cui all'articolo 95, commi 4 e 5,

continua ad applicarsi il decreto ministeriale 28 luglio 2004;

b) fino all'emanazione del decreto di cui all'articolo 99, comma 1,

continua ad applicarsi il decreto ministeriale 12 giugno 2003, n. 185;

c) fino all'emanazione del decreto di cui all'articolo 104, comma 4, si applica il decreto ministeriale 28 luglio 1994;

d) fino all'emanazione del decreto di cui all'articolo 112, comma 2, si applica il decreto ministeriale 6 luglio 2005;

e) fino all'emanazione del decreto di cui all'articolo 114, comma 4, continua ad applicarsi il decreto ministeriale 30 giugno 2004;

f) fino all'emanazione del decreto di cui all'articolo 118, comma 2, continuano ad applicarsi il decreto ministeriale 18 settembre 2002 e il decreto ministeriale 19 agosto 2003;

g) fino all'emanazione del decreto di cui all'articolo 123, comma 2, continua ad applicarsi il decreto ministeriale 19 agosto 2003;

h) fino all'emanazione del decreto di cui all'articolo 146, comma 3,

continua ad applicarsi il decreto ministeriale 8 gennaio 1997, n. 99;

i) fino all'emanazione del decreto di cui all'articolo 150, comma 2,

all’affidamento della concessione di gestione del servizio idrico integrato nonché all'affidamento a società miste continuano ad applicarsi il decreto ministeriale 22 novembre 2001, nonché le circolari del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio del 6 dicembre 2004;

l) fino all'emanazione del decreto di cui all'articolo 154, comma 2,

continua ad applicarsi il decreto ministeriale 1° agosto 1996.

4. La parte terza del presente decreto contiene le norme di recepimento delle seguenti direttive comunitarie:

a) direttiva 75/440/CEE relativa alla qualità delle acque superficiali destinate alla produzione di acqua potabile;

b) direttiva 76/464/CEE concernente l'inquinamento provocato da certe sostanze pericolose scaricate nell'ambiente idrico;

c) direttiva 78/659/CEE relativa alla qualità delle acque dolci che richiedono protezione o miglioramento per essere idonee alla vita dei pesci;

d) direttiva 79/869/CEE relativa ai metodi di misura, alla frequenza dei campionamenti e delle analisi delle acque superficiali destinate alla produzione di acqua potabile;

e) direttiva 79/923/CEE relativa ai requisiti di qualità delle acque destinate alla molluschicoltura;

f) direttiva 80/68/CEE relativa alla protezione delle acque sotterranee dall'inquinamento provocato da certe sostanze pericolose;

g) direttiva 82/176/CEE relativa ai valori limite ed obiettivi di qualità per gli scarichi di mercurio del settore dell'elettrolisi dei cloruri alcalini;

h) direttiva 83/513/CEE relativa ai valori limite ed obiettivi di qualità per gli scarichi di cadmio;

i) direttiva 84/156/CEE relativa ai valori limite ed obiettivi di qualità per gli scarichi di mercurio provenienti da settori diversi da quello dell'elettrolisi dei cloruri alcalini;

l) direttiva 84/491/CEE relativa ai valori limite e obiettivi di qualità per gli scarichi di esaclorocicloesano;

m) direttiva 88/347/CEE relativa alla modifica dell'Allegato 11 della direttiva 86/280/CEE concernente i valori limite e gli obiettivi di qualità per gli scarichi di talune sostanze pericolose che figurano nell'elenco 1 dell'Allegato della direttiva 76/464/CEE;

n) direttiva 90/415/CEE relativa alla modifica della direttiva 86/280/CEE concernente i valori limite e gli obiettivi di qualità per gli scarichi di talune sostanze pericolose che figurano nell'elenco 1 della direttiva 76/464/CEE;

o) direttiva 91/271/CEE concernente il trattamento delle acque reflue urbane;

p) direttiva 91/676/CEE relativa alla protezione delle acque da inquinamento provocato dai nitrati provenienti da fonti agricole;

q) direttiva 98/15/CE recante modifica della direttiva 91/271/CEE per quanto riguarda alcuni requisiti dell'Allegato 1;

r) direttiva 2000/60/CE, che istituisce un quadro per l'azione comunitaria in materia di acque.

5. Le regioni definiscono, in termini non inferiori a due anni, i tempi di adeguamento alle prescrizioni, ivi comprese quelle adottate ai sensi dell'articolo 101, comma 2, contenute nella legislazione regionale attuativa della parte terza del presente decreto e nei piani di tutela di cui all'articolo 121.

6. Resta fermo quanto disposto dall'articolo 36 della legge 24 aprile 1998, n. 128, e dai decreti legislativi di attuazione della direttiva 96/92/CE.

7. Fino all'emanazione della disciplina regionale di cui all'articolo 112, le attività di utilizzazione agronomica sono effettuate secondo le disposizioni regionali vigenti alla data di entrata in vigore della parte terza del presente decreto.

8. Dall'attuazione della parte terza del presente decreto non devono derivare nuovi o maggiori oneri o minori entrate a carico della finanza pubblica.

9. Una quota non inferiore al dieci per cento e non superiore al quindici per cento degli stanziamenti previsti da disposizioni statali di finanziamento è riservata alle attività di monitoraggio e studio destinati all'attuazione della parte terza del presente decreto.

10. Restano ferme le disposizioni in materia di difesa del mare.

11. Fino all'emanazione di corrispondenti atti adottati in attuazione della parte terza del presente decreto, restano validi ed efficaci i provvedimenti e gli atti emanati in attuazione delle disposizioni di legge abrogate dall'articolo 175.

12. All'onere derivante dalla costituzione e dal funzionamento della Sezione per la vigilanza sulle risorse idriche si provvede mediante utilizzo delle risorse di cui all'articolo 22, comma 6, della legge 5 gennaio 1994, n. 36.

13. All'onere derivante dalla costituzione e dal funzionamento della Sezione per la vigilanza sui rifiuti, pari ad unmilioneduecentoquarantamila euro, aggiornato annualmente in relazione al tasso d'inflazione, provvede il Consorzio nazionale imballaggi di cui all'articolo 224 con un contributo di pari importo a carico dei consorziati. Dette somme sono versate dal Consorzio nazionale imballaggi all'entrata del bilancio dello Stato per essere riassegnate con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze ad apposito capitolo dello stato di previsione del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio.

14. In sede di prima applicazione, il termine di centottanta giorni di cui all'articolo 112, comma 2, decorre dalla data di entrata in vigore della parte terza del presente decreto.

 

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(28) Comma aggiunto dal comma 3 dell’art. 1, D.Lgs. 8 novembre 2006, n. 284. Vedi, anche, il comma 4 dello stesso articolo 1.

Art. 171.

Canoni per le utenze di acqua pubblica.

1. Delle more del trasferimento alla regione Sicilia del demanio idrico, per le grandi derivazioni in corso di sanatoria di cui all'articolo 96, comma 6, ricadenti nel territorio di tale regione, si applicano retroattivamente, a decorrere dal 1 gennaio 2002, i seguenti canoni annui:

a) per ogni modulo di acqua assentito ad uso irrigazione, 40,00 euro, ridotte alla metà se le colature ed i residui di acqua sono restituiti anche in falda;

b) per ogni ettaro del comprensorio irriguo assentito, con derivazione non suscettibile di essere fatta a bocca tassata, 0,40 euro;

c) per ogni modulo di acqua assentito per il consumo umano, 1.750,00 euro, minimo 300,00 euro;

d) per ogni modulo di acqua assentito ad uso industriale, 12.600,00 euro, minimo 1.750,00 euro. Il canone è ridotto del cinquanta per cento se il concessionario attua un riuso delle acque reimpiegando le acque risultanti a valle del processo produttivo o di una parte dello stesso o, ancora, se restituisce le acque di scarico con le medesime caratteristiche qualitative di quelle prelevate. Le disposizioni di cui al comma 5 dell'articolo 12 del decreto-legge 27 aprile 1990, n. 90, convertito, con modificazioni, dalla legge 26 giugno 1990, n. 1651, non si applicano per l'uso industriale;

e) per ogni modulo di acqua assentito per la piscicoltura, l'irrigazione di attrezzature sportive e di aree destinate a verde pubblico, 300,00 euro, minimo 100,00 euro;

f) per ogni kilowatt di potenza nominale assentita, per le concessioni di derivazione ad uso idroelettrico 12,00 euro, minimo 100,00 euro;

g) per ogni modulo dì acqua assentita ad uso igienico ed assimilati, concernente l'utilizzo dell'acqua per servizi igienici e servizi antincendio, ivi compreso quello relativo ad impianti sportivi, industrie e strutture varie qualora la concessione riguardi solo tale utilizzo, per impianti di autolavaggio e lavaggio strade e comunque per tutti gli usi non previsti dalle lettere da a) ad f), 900,00 euro.

2. Gli importi dei canoni di cui al comma 1 non possono essere inferiori a 250,00 euro per derivazioni per il consumo umano e a 1.500,00 euro per derivazioni per uso industriale.

 

 

Art. 172.

Gestioni esistenti.

1. Le Autorità d'ambito che alla data di entrata in vigore della parte terza del presente decreto abbiano già provveduto alla redazione del piano d'ambito, senza aver scelto la forma di gestione ed avviato la procedure di affidamento, sono tenute, nei sei mesi decorrenti da tale data, a deliberare i predetti provvedimenti.

2. In relazione alla s cadenza del termine di cui al comma 15-bis dell'articolo 113 del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, l'Autorità d'ambito dispone i nuovi affidamenti, nel rispetto della parte terza del presente decreto, entro i sessanta giorni antecedenti tale scadenza.

3. Qualora l'Autorità d'ambito non provveda agli adempimenti di cui ai commi 1 e 2 nei termini ivi stabiliti, la regione, entro trenta giorni, esercita, dandone comunicazione al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e all'Autorità di vigilanza sulle risorse idriche e sui rifiuti, i poteri sostitutivi, nominando un commissario "ad acta", le cui spese sono a carico dell'ente inadempiente, che avvia entro trenta giorni le procedure di affidamento, determinando le scadenze dei singoli adempimenti procedimentali. Qualora il commissario regionale non provveda nei termini così stabiliti, spettano al Presidente del Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio, i poteri sostitutivi preordinati al completamento della procedura di affidamento (29).

4. Qualora gli enti locali non aderiscano alle Autorità d'ambito ai sensi dell'articolo 148 entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della parte terza del presente decreto, la regione esercita, previa diffida all'ente locale ad adempiere entro il termine di trenta giorni e dandone comunicazione all'Autorità di vigilanza sulle risorse idriche e sui rifiuti, i poteri sostitutivi, nominando un commissario "ad acta", le cui spese sono a carico dell'ente inadempiente (30).

5. Alla scadenza, ovvero alla anticipata risoluzione, delle gestioni in essere ai sensi del comma 2, i beni e gli impianti delle imprese già concessionarie sono trasferiti direttamente all'ente locale concedente nei limiti e secondo le modalità previsti dalla convenzione.

6. Gli impianti di acquedotto, fognatura e depurazione gestiti dai consorzi per le aree ed i nuclei di sviluppo industriale di cui all'articolo 50 del testo unico delle leggi sugli interventi nel Mezzogiorno, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 6 marzo 1978, n. 218, da altri consorzi o enti pubblici, nel rispetto dell'unità di gestione, entro il 31 dicembre 2006 sono trasferiti in concessione d'uso al gestore del servizio idrico integrato dell'Ambito territoriale ottimale nel quale ricadono in tutto o per la maggior parte i territori serviti, secondo un piano adottato con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio, sentite le regioni, le province e gli enti interessati.

 

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(29) Il riferimento all’Autorità di vigilanza sulle risorse idriche e sui rifiuti è stato soppresso ai sensi di quanto disposto dal comma 5 dell’art. 1, D.Lgs. 8 novembre 2006, n. 284.

(30) Il riferimento all’Autorità di vigilanza sulle risorse idriche e sui rifiuti è stato soppresso ai sensi di quanto disposto dal comma 5 dell’art. 1, D.Lgs. 8 novembre 2006, n. 284.

 

 

Art. 173.

Personale.

1. Fatta salva la legislazione regionale adottata ai sensi dell'articolo 12, comma 3, della legge 5 gennaio 1994, n. 36, il personale che, alla data del 31 dicembre 2005 o comunque otto mesi prima dell'affidamento del servizio, appartenga alle amministrazioni comunali, alle aziende ex municipalizzate o consortili e alle imprese private, anche cooperative, che operano nel settore dei servizi idrici sarà soggetto, ferma restando la risoluzione del rapporto di lavoro, al passaggio diretto ed immediato al nuovo gestore del servizio idrico integrato, con la salvaguardia delle condizioni contrattuali, collettive e individuali, in atto. Nel caso di passaggio di dipendenti di enti pubblici e di ex aziende municipalizzate o consortili e di imprese private, anche cooperative, al gestore del servizio idrico integrato, si applica, ai sensi dell'articolo 31 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, la disciplina del trasferimento del ramo di azienda di cui all'articolo 2112 del codice civile.

 

 

Art. 174.

Disposizioni di attuazione e di esecuzione.

1. Sino all'adozione da parte del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio di nuove disposizioni attuative della sezione terza della parte terza del presente decreto, si applica il decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 4 marzo 1996, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 62 del 14 marzo 1994.

2. Il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio, sentita l'Autorità di vigilanza sulle risorse idriche e sui rifiuti e la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, entro un anno dalla data di entrata in vigore della parte terza del presente decreto, nell'ambito di apposite intese istituzionali, predispone uno specifico programma per il raggiungimento, senza ulteriori oneri a carico del Ministero, dei livelli di depurazione, così come definiti dalla direttiva 91/271/CEE, attivando i poteri sostitutivi di cui all'articolo 152 negli ambiti territoriali ottimali in cui vi siano agglomerati a carico dei quali pendono procedure di infrazione per violazione della citata direttiva (31).

 

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(31) Il riferimento all’Autorità di vigilanza sulle risorse idriche e sui rifiuti è stato soppresso ai sensi di quanto disposto dal comma 5 dell’art. 1, D.Lgs. 8 novembre 2006, n. 284.

 

 

Art. 175.

Abrogazione di norme.

1. A decorrere dalla data di entrata in vigore della parte terza del presente decreto sono o restano abrogate le norme contrarie o incompatibili con il medesimo, ed in particolare:

a) l'articolo 42, comma terzo, del regio decreto 11 dicembre 1933, n. 1775, come modificato dall'articolo 8 del decreto legislativo 12 luglio 1993, n. 275;

b) la legge 10 maggio 1976, n. 319;

c) la legge 8 ottobre 1976, n. 690, di conversione, con modificazioni, del decreto-legge 10 agosto 1976, n. 544;

d) la legge 24 dicembre 1979, n. 650;

e) la legge 5 marzo 1982, n. 62, di conversione, con modificazioni, del decreto-legge 30 dicembre 1981, n. 801;

f) il decreto del Presidente della Repubblica 3 luglio 1982, n. 515;

g) la legge 25 luglio 1984, n. 381, di conversione, con modificazioni, del decreto-legge 29 maggio 1984, n. 176;

h) gli articoli 5, 6 e 7 della legge 24 gennaio 1986, n. 7, di conversione,

con modificazioni, del decreto-legge 25 novembre 1985, n. 667;

i) gli articoli 4, 5, 6 e 7 del decreto del Presidente della Repubblica 24

maggio 1988, n. 236;

1) la legge 18 maggio 1989, n. 183;

m) gli articoli 4 e 5 della legge 5 aprile 1990, n. 71, di conversione, con modificazioni, del decreto-legge 5 febbraio 1990, n. 16;

n) l'articolo 32 della legge 9 gennaio 1991, n. 9;

o) il decreto legislativo 25 gennaio 1992, n. 130;

p) il decreto legislativo 27 gennaio 1992, n. 131;

q) il decreto legislativo 27 gennaio 1992, n. 132;

r) il decreto legislativo 27 gennaio 1992, n. 133;

s) l'articolo 12 del decreto legislativo 12 luglio 1993, n. 275;

t) l'articolo 2, comma 1, della legge 6 dicembre 1993, n. 502, di conversione, con modificazioni, del decreto-legge 9 ottobre 1993, n. 408;

u) la legge 5 gennaio 1994, n. 36, ad esclusione dell'articolo 22, comma 6;

v) l'articolo 9-bis della legge 20 dicembre 1996, n. 642, di conversione,

con modificazioni, del decreto-legge 23 ottobre 1996, n. 552;

z) la legge 17 maggio 1995, n. 172, di conversione, con modificazioni,

del decreto-legge 17 marzo 1995, n. 79;

aa) l'articolo 1 del decreto-legge 11 giugno 1998, n. 180, convertito, con modificazioni, dalla legge 3 agosto 1998, n. 267;

bb) il decreto legislativo 11 maggio 1999, n. 152, così come modificato dal decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 258;

cc) l'articolo 1-bis del decreto-legge 12 ottobre 2000, n. 279, convertito, con modificazioni, dalla legge 11 ottobre 2000, n. 365.

 

 

Art. 176.

Norma finale.

1. Le disposizioni di cui alla parte terza del presente decreto che concernono materie di legislazione concorrente costituiscono principi fondamentali ai sensi dell'articolo 117, comma 3, della Costituzione.

2. Le disposizioni di cui alla parte terza del presente decreto sono applicabili nelle regioni a statuto speciale e nelle province autonome di Trento e di Bolzano compatibilmente con le norme dei rispettivi statuti.

3. Per le acque appartenenti al demanio idrico delle province autonome di Trento e di Bolzano restano ferme le competenze in materia di utilizzazione delle acque pubbliche ed in materia di opere idrauliche previste dallo statuto speciale della regione Trentino-Alto Adige e dalle relative norme di attuazione.

(omissis)


Documentazione allegata

 


SENATO DELLA REPUBBLICA

                                                                                               XIV LEGISLATURA                                                                                         

N. 1516

approvato dalla Camera dei deputati il 18 aprile 2007, in un testo risultante dall’unificazione dei disegni di legge

DISEGNO DI LEGGE

d’iniziativa dei deputati REALACCI, LUPI, IANNUZZI, ALFANO Ciro, ANGELI, ARMANI, ASTORE, ATTILI, BARANI, BARATELLA, BELLANOVA, BENVENUTO, BIANCHI, BOCCI, BOFFA, BORDO, BUCCHINO, BUGLIO, BUONTEMPO, BURTONE, CACCIARI, CALGARO, CALÒ, CARBONELLA, CARRA, CARTA, CASTAGNETTI, CECCUZZI, CENTO, CESARIO, CHIANALE, CHIAROMONTE, CHITI, CIALENTE, CICCIOLI, CONTE Giorgio, CONTI Giulio, CORDONI, CRISCI, D’ANTONA, DATO, DE ANGELIS, DE BRASI, DE CASTRO, DE MITA, DE ZULUETA, DI GIOIA, DIONISI, DUILIO, DUSSIN, EVANGELISTI, FADDA, FARINA Gianni, FARINONE, FASCIANI, FEDI, FIANO, FISTAROL, FOLENA, FRANCESCATO, FRANCI, FRANZOSO, FRIGATO, FRONER, GALEAZZI, GHIZZONI, GIACHETTI, GIORGETTI Alberto, GIORGETTI Giancarlo, GIULIETTI, GRASSI, GRILLINI, JANNONE, LANZILLOTTA, LARATTA, LEDDI MAIOLA, LISI, LOMAGLIO, LOVELLI, LUCÀ, LUCCHESE, LUSETTI, MANTINI, MARGIOTTA, MARIANI, MARINO, MELONI, MEREU, MERLO Giorgio, META, MIGLIOLI, MINASSO, MISIANI, MISURACA, MONDELLO, MONGUZZI, MORRONE, MOSELLA, MOTTA, MUSI, NAN, NANNICINI, NAPOLI Osvaldo, NICCHI, NUCARA, OLIVERIO, OTTONE, PALOMBA, PAROLI, PEDRINI, PEZZELLA, PIAZZA Camillo, PICANO, PIGNATARO Rocco, PINOTTI, PIRO, PISCITELLO, RAITI, RAMPELLI, ROSSI GASPARRINI, ROSSO, ROTONDO, RUGGERI, RUGGHIA, RUSCONI, RUSSO Paolo, RUTA, SAMPERI, SANGA, SANNA, SASSO, SATTA, SCHIRRU, SERVODIO, SORO, SPINI, SQUEGLIA, STRADELLA, SUPPA, TENAGLIA, TOCCI, TOLOTTI, TUCCI, VALDUCCI, VANNUCCI, VICHI, VICO, VILLARI, VIOLA, ZACCHERA, ZANELLA, ZANETTA, ZANOTTI e ZUNINO (15); CRAPOLICCHIO, PIGNATARO Ferdinando Benito, NAPOLETANO, LONGHI, SOFFRITTI, VACCA, TRANFAGLIA, PALOMBA, PAGLIARINI, BELLILLO, DE ANGELIS, LICANDRO, CANCRINI e BELISARIO (1752); LA LOGGIA, ARACU, BAIAMONTE, BERNARDO, BIANCOFIORE, BONIVER, BRUSCO, CAMPA, CECCACCI RUBINO, CICU, COLUCCI, DI VIRGILIO, D’IPPOLITO VITALE, FABBRI, FALLICA, FEDELE, FERRIGNO, FINI Giuseppe, FONTANA Gregorio, FRANZOSO, FRATTA PASINI, GARDINI, GIRO, GRIMALDI, JANNONE, LENNA, MAZZARACCHIO, MILANATO, MISTRELLO DESTRO, MISURACA, MONDELLO, MORONI, NAPOLI Osvaldo, PALMIERI, PANIZ, PAOLETTI TANGHERONI, PELINO, PONZO, PRESTIGIACOMO, RICEVUTO, RIVOLTA, ROMAGNOLI, ROSSI Luciano, RUSSO Paolo, SANTELLI, SANZA, STAGNO D’ALCONTRES e TONDO (1964)

(V. Stampati Camera nn. 15, 1752 e 1964)

Trasmesso dal Presidente della Camera dei deputati alla Presidenza
il 20 aprile 2007

Misure per il sostegno e la valorizzazione dei piccoli comuni

 


DISEGNO DI LEGGE

Art. 1.

(Finalità della legge)

    1. La presente legge, nel rispetto del titolo V della parte seconda della Costituzione, ha lo scopo di promuovere e sostenere le attività economiche, sociali, ambientali e culturali esercitate nei piccoli comuni e di tutelare e valorizzare il patrimonio naturale, rurale, storico-culturale e architettonico custodito in tali comuni, favorendo altresì l’adozione di nuove tecnologie e di misure in favore dei cittadini residenti e delle attività produttive, con particolare riferimento al sistema di servizi territoriali, in modo da incentivare e favorire anche l’afflusso turistico.

    2. Le regioni, nell’ambito delle funzioni ad esse riconosciute dal titolo V della parte seconda della Costituzione, possono definire ulteriori interventi per il raggiungimento delle finalità di cui al comma 1.
    3. Le disposizioni di cui alla presente legge si applicano nelle regioni a statuto speciale e nelle province autonome di Trento e di Bolzano in quanto compatibili con i rispettivi statuti e con le relative norme di attuazione. Le regioni a statuto speciale e le province autonome di Trento e di Bolzano provvedono, per il proprio territorio, all’individuazione dei comuni ai sensi dell’articolo 2, comma 3.

Art. 2.

(Definizione di piccoli comuni)

    1. Fatto salvo quanto previsto dall’articolo 3, ai fini della presente legge, per piccoli comuni si intendono i comuni con popolazione pari o inferiore a 5.000 abitanti, compresi in una delle seguenti tipologie:

        a) comuni il cui territorio presenta significativi fenomeni di dissesto o è interessato da rilevanti criticità ambientali;

        b) comuni in cui si registrano evidenti situazioni di marginalità economica o sociale, con particolare riguardo a quelli nei quali si è verificato un significativo decremento della popolazione residente rispetto al censimento effettuato nel 1981;
        c) comuni caratterizzati da specifici parametri di disagio insediativo, definiti in base all’indice di vecchiaia, alla percentuale di occupati rispetto alla popolazione residente e all’indice di ruralità;
        d) comuni siti in zone, in prevalenza montane o rurali, caratterizzate da difficoltà di comunicazione ed estrema perifericità rispetto ai centri abitati di maggiori dimensioni, ovvero il cui territorio è connotato da particolare ampiezza e dalla frammentazione dei centri abitati;
        e) comuni comprendenti frazioni che presentano le caratteristiche di cui alle lettere a), b), c) e d). Nei casi di cui alla presente lettera gli interventi previsti dalla presente legge in favore dei piccoli comuni sono riservati alle predette frazioni.

    2. I comuni con popolazione pari o inferiore a 5.000 abitanti nei quali si registra un’elevata densità di attività economiche e produttive, anche per la vicinanza a grandi centri metropolitani, non beneficiano delle agevolazioni finanziarie previste dalla presente legge.

    3. Con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro dell’interno, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze e con il Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, previa intesa in sede di Conferenza unificata di cui all’articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, e successive modificazioni, è definito, entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, l’elenco dei piccoli comuni ai sensi dei commi 1 e 2 del presente articolo, integrato da una relazione dettagliata circa i parametri adottati, che devono essere uniformi.
    4. L’elenco di cui al comma 3 è aggiornato ogni tre anni con le medesime procedure previste dallo stesso comma 3.
    5. Gli schemi dei decreti di cui ai commi 3 e 4 sono trasmessi alle Camere per il parere delle competenti Commissioni parlamentari, da esprimere entro un mese dalla data di assegnazione.

Art. 3.

(Disposizioni concernenti tutti i comuni
con popolazione pari o inferiore
a 5.000 abitanti)

    1. Lo Stato e le regioni, nel rispetto del principio di sussidiarietà, in attuazione degli articoli 117 e 118 della Costituzione, sentite anche le associazioni rappresentative degli enti locali, possono promuovere iniziative per favorire la gestione associata dei servizi e delle funzioni comunali, in particolare tra comuni con popolazione pari o inferiore a 5.000 abitanti, nelle forme dell’unione di comuni e, per i territori montani, della comunità montana, ai sensi del testo unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali, di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, e successive modificazioni.

    2. In tutti i comuni con popolazione pari o inferiore a 5.000 abitanti le funzioni di valutazione dei responsabili degli uffici e dei servizi sono disciplinate a livello regolamentare da ciascun ente e possono essere affidate anche a un organo monocratico interno o a un soggetto esterno all’ente.
    3. In conformità con l’articolo 10, comma 5, del codice dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture, di cui al decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, e successive modificazioni, nei comuni di cui al comma 2 del presente articolo le competenze del responsabile del procedimento per l’affidamento e per l’esecuzione degli appalti di lavori pubblici sono attribuite al responsabile dell’ufficio tecnico o della struttura corrispondente. Ove ciò non sia possibile secondo quanto disposto dal regolamento comunale, le competenze sono attribuite al responsabile del servizio al quale attiene il lavoro da realizzare. In ogni caso, il responsabile del procedimento deve essere un dipendente di ruolo o a tempo determinato, secondo la normativa vigente.
    4. Ai comuni di cui al comma 2 non si applicano gli articoli 11, 13 e 14 del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 21 dicembre 1999, n. 554.
    5. Al fine di favorire, nei comuni di cui al comma 2, il pagamento di imposte, tasse e tributi nonché dei corrispettivi dell’erogazione di acqua, energia, gas e ogni altro servizio, può essere utilizzata, per l’attività di incasso e di trasferimento di somme, previa convenzione con il Ministero dell’economia e delle finanze o con soggetti terzi, la rete telematica gestita dalle rivendite di generi di monopolio e valori bollati collegate al Ministero dell’economia e delle finanze-Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato.
    6. I comuni di cui al comma 2, anche in associazione o partecipazione tra loro, possono stipulare con le diocesi cattoliche convenzioni per la salvaguardia e il recupero dei beni culturali, storici, artistici e librari degli enti ecclesiastici civilmente riconosciuti. Analoghe convenzioni possono essere stipulate con le rappresentanze delle altre confessioni religiose che abbiano concluso intese con lo Stato italiano, ai sensi dell’articolo 8 della Costituzione, per la salvaguardia e il recupero dei beni di cui al primo periodo del presente comma nella disponibilità delle rappresentanze medesime. Le convenzioni sono finanziate dal Ministero per i beni e le attività culturali con le risorse di cui all’articolo 3, comma 83, della legge 23 dicembre 1996, n. 662, e successive modificazioni, entro una quota non superiore al 20 per cento delle medesime risorse. A tale fine, con decreto del Ministro per i beni e le attività culturali, previo parere della Conferenza Stato-città ed autonomie locali, sono stabiliti i criteri di accesso ai finanziamenti nonché la quota delle predette risorse destinata agli stessi.
    7. Le stazioni ferroviarie disabilitate, le case cantoniere dell’ANAS Spa, le caserme dismesse e gli edifici del Corpo forestale dello Stato nonché gli edifici demaniali dismessi, non più in uso e non considerati strumentali dalle amministrazioni, dagli enti e dalle società proprietari, sono assegnati in comodato ai comuni di cui al comma 2 che ne facciano richiesta, previo accordo con le amministrazioni, gli enti e le società stessi. I comuni possono acquisire tali immobili, al valore economico definito dall’ufficio tecnico erariale territorialmente competente secondo le norme vigenti. Gli immobili sono destinati, anche ricorrendo all’istituto del comodato a favore di organizzazioni di volontariato, a presìdi di protezione civile e di salvaguardia del territorio, ad attività di insediamento e di incubatori di impresa, anche in collaborazione con la società Sviluppo Italia Spa, ovvero a sedi di promozione ed eventuale vendita dei prodotti tipici locali, anche in collaborazione con la società Buonitalia Spa, nonché ad altre attività comunali.
    8. Le regioni possono promuovere interventi per la realizzazione di opere finalizzate alla cablatura degli edifici situati nei comuni di cui al comma 2 e alla diffusione di servizi di comunicazione elettronica a larga banda nei medesimi comuni.
    9. Le regioni possono promuovere attività dirette alla pulizia dei boschi ricadenti nel territorio dei comuni di cui al comma 2, ai fini del recupero di biomasse da destinare alla produzione di energia.
    10. Le regioni possono altresì incentivare l’adozione da parte dei comuni di cui al comma 2 di misure atte a tutelare l’arredo urbano, l’ambiente e il paesaggio, favorendo l’utilizzo di materiali da costruzione locali, l’installazione di antenne collettive per la ricezione delle trasmissioni radiotelevisive via satellite, la limitazione dell’impatto ambientale dei tracciati delle linee elettriche e degli impianti per telefonia mobile e radiodiffusione.
    11. Al fine di preservare il rapporto dei cittadini con il proprio comune di residenza, il Governo è autorizzato ad apportare all’articolo 30 del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 3 novembre 2000, n. 396, le modifiche e le integrazioni necessarie a prevedere che i genitori possano richiedere, all’atto della dichiarazione resa nei termini e con le modalità di cui al citato articolo 30, che la nascita dei figli sia acquisita agli atti dello stato civile come avvenuta nel comune di propria residenza, anche qualora essa si sia verificata in un altro comune, purché ricompreso nel territorio della medesima regione. Il Governo è autorizzato a definire la dimensione demografica dei comuni di residenza dei genitori per i quali si applicano tali disposizioni, con particolare riguardo ai comuni di cui al comma 2 del presente articolo e a quelli in cui non esistono strutture sanitarie finalizzate all’assistenza alla nascita. Le modifiche e le integrazioni di cui al presente comma prevedono, in particolare, che dagli atti dello stato civile risulti, oltre al luogo elettivo di nascita, anche il luogo dove il parto è effettivamente avvenuto e che si registri l’accordo tra i genitori sulla scelta del comune di residenza quale luogo elettivo di nascita.
    12. All’articolo 135, comma 3, lettera d), del codice dei beni culturali e del paesaggio, di cui al decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42, e successive modificazioni, sono aggiunte, in fine, le seguenti parole: «, con particolare riferimento al territorio dei comuni con popolazione pari o inferiore a 5.000 abitanti».
    13. Le regioni, in sede di attuazione della legge 4 agosto 1978, n. 440, favoriscono il recupero dei terreni incolti ricadenti nel territorio dei comuni di cui al comma 2 del presente articolo.

Art. 4.

(Attività e servizi)

    1. Per garantire uno sviluppo sostenibile e un equilibrato governo del territorio, lo Stato, le regioni, le province, le unioni di comuni, le comunità montane e gli enti parco, per quanto di rispettiva competenza, assicurano, nei piccoli comuni, l’efficienza e la qualità dei servizi essenziali, con particolare riferimento all’ambiente, alla protezione civile, all’istruzione, alla sanità, ai servizi socio-assistenziali, ai trasporti, ai servizi postali, alla tutela del ciclo idrico, al risparmio e all’efficienza energetici, all’uso delle fonti rinnovabili. Per i fini di cui al presente comma è favorita, anche attraverso forme associative fra comuni, la presenza sul territorio del servizio scolastico dell’obbligo e dei servizi postale e farmaceutico, fatto comunque salvo quanto previsto agli articoli 8, 9, 14 e 16.

    2. Per i fini di cui al comma 1, presso i piccoli comuni possono essere istituiti centri multifunzionali ovvero per le funzioni inerenti all’e-government e connessi alle tecnologie dell’informazione e della comunicazione (ICT), nei quali concentrare una pluralità di servizi, quali i servizi ambientali, sociali, energetici, scolastici, postali, artigianali, turistici, di comunicazione, di volontariato e di associazionismo culturale, commerciali e di sicurezza. Le regioni e le province possono concorrere alle spese relative all’uso dei locali necessari all’espletamento dei predetti servizi.
    3. Per lo svolgimento di attività funzionali alla sistemazione e alla manutenzione del territorio, i comuni possono stipulare convenzioni e contratti di appalto con gli imprenditori agricoli ai sensi dell’articolo 15 del decreto legislativo 18 maggio 2001, n. 228, e successive modificazioni. Nei piccoli comuni i limiti di importo di cui al comma 2 del citato articolo 15 sono innalzati a 100.000 euro nel caso di imprenditori singoli e a 600.000 euro nel caso di imprenditori in forma associata. Le disposizioni del presente comma si applicano anche alle cooperative agricole e alle cooperative di cui all’articolo 8 del decreto legislativo 18 maggio 2001, n. 227.
    4. Nell’ambito delle finalità di cui al presente articolo, le regioni e le province possono privilegiare, nella definizione degli stanziamenti finanziari di propria competenza, le iniziative finalizzate all’insediamento nei piccoli comuni di centri di eccellenza per la prestazione dei servizi di cui al comma 2, quali istituti di ricerca, laboratori, centri culturali e sportivi.

Art. 5.

(Valorizzazione dei prodotti
agroalimentari tradizionali)

    1. Il Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali può favorire, sentite le associazioni rappresentative degli enti locali e le organizzazioni maggiormente rappresentative delle categorie produttive interessate, la promozione e la commercializzazione, eventualmente anche mediante un apposito portale telematico, dei prodotti agroalimentari tradizionali, che utilizzano in particolare prodotti primari tipici locali dei piccoli comuni, anche associati, di cui al decreto del direttore generale delle politiche agricole ed agroindustriali nazionali del Ministero delle politiche agricole e forestali 18 luglio 2000, pubblicato nel supplemento ordinario alla Gazzetta Ufficiale n. 194 del 21 agosto 2000.

    2. Allo scopo di migliorare l’efficienza e la qualità del servizio essenziale di assistenza farmaceutica e di favorire l’attivazione di progetti innovativi nei piccoli comuni, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano possono impartire alle aziende sanitarie locali apposite direttive affinché stipulino in via sperimentale accordi con i comuni interessati e le farmacie ivi ubicate, per l’erogazione di servizi aggiuntivi alla dispensazione dei farmaci, con particolare riferimento alla partecipazione delle farmacie stesse a programmi di assistenza.
    3. I piccoli comuni possono indicare nella cartellonistica ufficiale i rispettivi prodotti agroalimentari tipici o locali, preceduti dalla dicitura: «Territorio di produzione del ....» posta sotto il nome del comune e scritta in caratteri minori rispetto a quelli di quest’ultimo. L’indicazione dei prodotti di cui al presente comma non è costitutiva di diritti e non determina riconoscimento di origine o provenienza del prodotto dal territorio al quale è associato.
    4. Per la valorizzazione dei prodotti agroalimentari tradizionali, per la promozione delle vocazioni produttive del territorio e la tutela delle produzioni di qualità e delle tradizioni alimentari e culturali locali, per la salvaguardia, l’incremento e la valorizzazione della fauna selvatica locale, nonché per il sostegno della promozione e della commercializzazione dei prodotti in forma coordinata tra le imprese agricole e le imprese di produzione agroalimentare, i piccoli comuni, singoli o associati, possono stipulare contratti di collaborazione con gli imprenditori agricoli ai sensi dell’articolo 14 del decreto legislativo 18 maggio 2001, n. 228, e contratti, accordi o convenzioni con le imprese artigiane di produzione agroalimentare ai sensi dell’articolo 119 del testo unico di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267.
    5. Nei piccoli comuni il limite di importo di 160.000 euro, di cui al comma 8 dell’articolo 4 del decreto legislativo 18 maggio 2001, n. 228, e successive modificazioni, è innalzato a 250.000 euro.

Art. 6.

(Agevolazioni per il recupero
di terre incolte)

    1. All’articolo 5 della legge 4 agosto 1978, n. 440, il quinto comma è sostituito dal seguente:

    «Nell’assegnazione è data la precedenza alle aziende coltivatrici singole o associate ai fini dell’ampliamento aziendale, alle cooperative, alle società semplici costituite fra imprese familiari coltivatrici per l’esercizio delle attività agricole, ai giovani e alle cooperative costituite ai sensi della legge 1º giugno 1977, n. 285, e successive modificazioni, che risiedono nei comuni con popolazione pari o inferiore a 5.000 abitanti».

Art. 7.

(Programmi di e-government)

    1. I progetti informatici riguardanti i piccoli comuni, in forma singola o associata, conformi ai requisiti prescritti dalla legislazione vigente nazionale e comunitaria, hanno la precedenza nell’accesso ai finanziamenti pubblici per la realizzazione dei programmi di e-government. In tale ambito sono prioritari i collegamenti informatici dei centri multifunzionali di cui all’articolo 4, comma 2, ovvero gli interventi in campo ICT connessi al funzionamento e allo sviluppo dei centri stessi e le iniziative che prevedono l’associazione nei Centri di servizio territoriali (CST) o nelle Alleanze locali per l’innovazione (ALI), anche attraverso la fruizione del sistema wi-max.

    2. Il Ministro per le riforme e le innovazioni nella pubblica amministrazione, nell’individuare le specifiche iniziative di innovazione tecnologica per i comuni con popolazione inferiore a 5.000 abitanti ai sensi della lettera g) del comma 2 dell’articolo 26 della legge 27 dicembre 2002, n. 289, indica prioritariamente quelle riguardanti i piccoli comuni, in forma singola o associata.

Art. 8.

(Servizi postali e programmazione
televisiva pubblica)

    1. Il Ministero delle comunicazioni assicura, mediante apposita previsione da inserire nel contratto di programma con il concessionario del servizio postale universale, l’effettivo svolgimento del servizio postale universale nei piccoli comuni.

    2. I piccoli comuni nel cui territorio insista uno sportello postale possono affidare il servizio di tesoreria alla società Poste italiane Spa.
    3. L’amministrazione comunale, nei soli casi in cui non sussistano le condizioni per la localizzazione di un ufficio postale, può altresì stipulare apposite convenzioni, d’intesa con le organizzazioni di categoria e con la società Poste italiane Spa, affinché i pagamenti su conti correnti, in particolare quelli relativi alle imposte comunali, e i pagamenti dei vaglia postali possano essere effettuati presso le rivendite di generi di monopolio e valori bollati presenti nel territorio comunale o in quello di comuni limitrofi.
    4. Il Ministero delle comunicazioni può provvedere, altresì, ad assicurare che nel contratto di servizio con la società concessionaria del servizio pubblico generale radiotelevisivo sia previsto l’obbligo di prestare particolare attenzione, nella programmazione televisiva pubblica nazionale e regionale, alle realtà storiche, artistiche, sociali, economiche ed enogastronomiche dei piccoli comuni e di garantire nei medesimi comuni una completa presenza del servizio attraverso la copertura del segnale in tutto il territorio.

Art. 9.

(Istituti scolastici)

    1. Le regioni, acquisito il parere favorevole dell’ente locale interessato, possono stipulare convenzioni con gli uffici scolastici regionali del Ministero della pubblica istruzione per finanziare il mantenimento in attività degli istituti scolastici statali aventi sede nei piccoli comuni, che dovrebbero essere chiusi o accorpati ai sensi delle disposizioni vigenti in materia. In particolare, le regioni agevolano forme sperimentali di insegnamento a distanza per le materie di studio opzionali facoltative.

    2. Nel caso di chiusura o accorpamento degli istituti scolastici aventi sede nei piccoli comuni, lo Stato, le regioni e gli enti locali possono prevedere specifiche misure finalizzate alla riduzione del disagio degli utenti.
    3. In deroga a quanto disposto dall’articolo 17, commi 20 e 21, della legge 15 maggio 1997, n. 127, le amministrazioni pubbliche di cui all’articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, e successive modificazioni, possono cedere a titolo gratuito a istituzioni scolastiche insistenti nei piccoli comuni personal computer o altre apparecchiature informatiche, quando siano trascorsi almeno due anni dal loro acquisto e l’amministrazione abbia provveduto alla loro sostituzione. Le cessioni sono effettuate prioritariamente in favore delle istituzioni scolastiche insistenti in aree montane e non costituiscono presupposto ai fini dell’applicazione dell’imposta sulle donazioni.

Art. 10.

(Interventi per lo sviluppo e l’incentivazione
di attività commerciali e di attività artigiane)

    1. Gli artigiani residenti nei piccoli comuni possono mostrare e vendere esclusivamente i beni di propria produzione, nel rispetto della vigente normativa igienico-sanitaria, anche in deroga alle disposizioni vigenti in materia di autorizzazioni commerciali e artigianali, in apposite aree e per non più di quattro giorni al mese. I comuni competenti determinano le modalità di svolgimento delle attività di cui al presente comma e individuano annualmente le aree ad esse destinate e i giorni in cui è consentita la vendita.

    2. I piccoli comuni possono deliberare l’apertura degli esercizi commerciali previsti dall’articolo 4, comma 1, lettera d), del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 114, nei giorni festivi anche in deroga alle disposizioni vigenti in materia.

 

 

 

 

Art. 11.

(Sistema distributivo dei carburanti)

    1. Con specifico riferimento ai piccoli comuni, il servizio di erogazione dei carburanti costituisce servizio fondamentale.

    2. Al fine di assicurare tale servizio nei piccoli comuni, i comuni, le province e le regioni, d’intesa con le associazioni degli esercenti gli impianti di distribuzione dei carburanti, possono prevedere specifiche agevolazioni.

Art. 12.

(Servizi di telefonia)

    1. Con specifico riferimento ai piccoli comuni, i servizi di telefonia fissa e di telefonia mobile costituiscono servizi fondamentali. L’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni vigila affinché nei piccoli comuni sia assicurata un’adeguata copertura e fornitura dei servizi.

    2. Per l’installazione di cabine telefoniche pubbliche nei piccoli comuni si può derogare al contratto minimo garantito.

 

 

Art. 13.

(Agevolazioni in materia di diffusione delle manifestazioni culturali, dell’arte e dello spettacolo)

    1. Il Ministro per i beni e le attività culturali, entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, può promuovere, senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica, secondo le modalità e i criteri fissati tramite specifiche intese con la Società italiana degli autori ed editori (SIAE), un sistema di agevolazioni tariffarie a favore delle manifestazioni e degli eventi artistici, culturali e dello spettacolo promossi e patrocinati dai comuni di cui alla presente legge, con particolare riguardo alle iniziative rivolte alle fasce deboli delle popolazioni locali.

Art. 14.

(Fondo per gli incentivi fiscali in favore
dei soggetti residenti nei piccoli comuni)

    1. Ai fini della concessione di incentivi fiscali in favore dei soggetti residenti nei piccoli comuni, nello stato di previsione del Ministero dell’economia e delle finanze è istituito, a decorrere dall’anno 2007, un apposito fondo.

    2. Le risorse del fondo di cui al comma 1, nei limiti di spesa di cui al comma 7, sono destinate alla copertura delle minori entrate derivanti:

        a) da misure agevolative concernenti l’imposta comunale sugli immobili destinati ad abitazione principale o ad attività economiche, in relazione al corrispondente aumento dei trasferimenti o delle compartecipazioni a tributi erariali volti a compensare le minori entrate per i comuni;

        b) da misure agevolative concernenti l’imposta di registro per l’acquisto di immobili destinati ad abitazione principale o ad attività economiche;
        c) dall’applicazione delle disposizioni di cui al comma 1 dell’articolo 5-bis della legge 31 gennaio 1994, n. 97, ai trasferimenti, a qualsiasi titolo, di terreni agricoli e relative pertinenze, situati nei piccoli comuni, nel caso in cui il trasferimento abbia per oggetto terreni di superficie non superiore a un ettaro, la parte acquirente sia rappresentata da imprenditori agricoli, anche non professionali, e l’atto permetta di accorpare terreni agricoli, anche non contigui, situati nel territorio del medesimo comune o di un comune confinante e aventi una superficie complessiva non superiore a tre ettari;
        d) da incentivi e premi in favore dei residenti che intendono recuperare il patrimonio abitativo dei piccoli comuni ovvero avviare in essi un’attività economica;
        e) da agevolazioni fiscali e tributarie in favore di coloro che trasferiscono la propria residenza e dimora abituale da un comune con popolazione superiore a 5.000 abitanti a un piccolo comune, impegnandosi a non modificarla per un decennio;
        f) da premi di insediamento in favore di coloro che trasferiscono la sede di effettivo svolgimento della propria attività economica da un comune con popolazione superiore a 5.000 abitanti a un piccolo comune, impegnandosi a non modificarla per un quinquennio;
        g) da misure agevolative in favore della persona fisica o giuridica che rileva immobili abbandonati, impegnandosi al loro recupero e al loro utilizzo per almeno un decennio.

    3. Con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze, si provvede annualmente alla determinazione delle misure di cui al comma 2, lettera b), nei limiti del 30 per cento delle disponibilità del fondo di cui al comma 1. Con il medesimo decreto sono altresì stabiliti termini e modalità applicative delle misure di cui al comma 2, lettera c).

    4. Con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze, si provvede altresì annualmente all’individuazione dei criteri e delle modalità per la ripartizione delle risorse tra i comuni, ai fini della concessione delle agevolazioni di cui al comma 2, lettere a), d), e), f) e g), con priorità per i nuclei familiari numerosi, a basso reddito e per le giovani coppie.
    5. Con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze possono altresì essere stabiliti le modalità, i criteri e i limiti per il riconoscimento di un credito d’imposta, a valere sulle risorse del fondo di cui al comma 1 e nei limiti di spesa di cui al comma 7, per le persone fisiche e giuridiche che effettuano operazioni di sponsorizzazione in favore dei piccoli comuni, per la salvaguardia e la valorizzazione dei comuni stessi, con particolare riferimento alle attività turistiche, artigianali, culturali, sportive, ricreative e sociali.
    6. Gli schemi dei decreti di cui ai commi 3, 4 e 5 sono trasmessi, con il previo parere della Conferenza Stato-città ed autonomie locali, alle Camere per il parere delle Commissioni parlamentari competenti per materia e per i profili finanziari.
    7. Per la dotazione del fondo di cui al comma 1 è autorizzata la spesa di 5 milioni di euro per ciascuno degli anni 2007 e 2008 e di 10 milioni di euro per l’anno 2009. Al relativo onere si provvede mediante corrispondente riduzione dello stanziamento iscritto, ai fini del bilancio triennale 2007-2009, nell’ambito dell’unità previsionale di base di parte corrente «Fondo speciale» dello stato di previsione del Ministero dell’economia e delle finanze per l’anno 2007, allo scopo parzialmente utilizzando, quanto a 5 milioni di euro per l’anno 2007 e a 10 milioni di euro per l’anno 2009, l’accantonamento relativo al medesimo Ministero e, quanto a 5 milioni di euro per l’anno 2008, l’accantonamento relativo al Ministero per i beni e le attività culturali. Per gli anni successivi al 2009 si provvede ai sensi dell’articolo 11, comma 3, lettera d), della legge 5 agosto 1978, n. 468, e successive modificazioni.
    8. Il Ministro dell’economia e delle finanze è autorizzato ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio.

Art. 15.

(Programmi di spesa)

    1. Nei programmi di spesa finanziati con le risorse provenienti dalla quota destinata allo Stato dell’otto per mille dell’imposta sul reddito delle persone fisiche (IRPEF) e dal giuoco del lotto destinate ai beni culturali, è attribuita priorità ai progetti presentati dai piccoli comuni, ai quali è riservata una percentuale di spesa non inferiore al 30 per cento.

Art. 16.

(Fondo per lo sviluppo strutturale, economico e sociale dei piccoli comuni)

    1. Nello stato di previsione del Ministero dell’economia e delle finanze è istituito, con una dotazione di 40 milioni di euro per ciascuno degli anni 2007, 2008 e 2009, un fondo per la concessione di contributi statali destinati al finanziamento di interventi diretti a tutelare l’ambiente e i beni culturali, a mettere in sicurezza le infrastrutture stradali e gli istituti scolastici e a promuovere lo sviluppo economico e sociale nei piccoli comuni, nonché a favorire l’insediamento di nuove attività produttive e la realizzazione di investimenti nei medesimi comuni.

    2. All’individuazione delle tipologie degli interventi che possono essere finanziati a valere sulle risorse del fondo di cui al comma 1 si provvede con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, sentita la Conferenza unificata di cui all’articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, e successive modificazioni.
    3. Il Ministro dell’economia e delle finanze, con decreto adottato di concerto con il Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, con il Ministro per i beni e le attività culturali e con il Ministro della pubblica istruzione, previo parere della Conferenza Stato-città ed autonomie locali, in coerenza con apposito atto di indirizzo parlamentare, provvede a individuare gli interventi destinatari dei contributi. È data priorità agli interventi che prevedono la partecipazione, nella fase progettuale e realizzativa, di professionisti delle discipline tecniche che non abbiano superato il trentacinquesimo anno di età o che, comunque, siano iscritti al relativo albo da non più di cinque anni.
    4. All’onere derivante dall’attuazione del comma 1, pari a 40 milioni di euro per ciascuno degli anni 2007, 2008 e 2009, si provvede mediante corrispondente riduzione dello stanziamento iscritto, ai fini del bilancio triennale 2007-2009, nell’ambito dell’unità previsionale di base di conto capitale «Fondo speciale» dello stato di previsione del Ministero dell’economia e delle finanze per l’anno 2007, allo scopo parzialmente utilizzando l’accantonamento relativo al medesimo Ministero. Al rifinanziamento del fondo di cui al comma 1 per gli anni successivi al 2009 si provvede ai sensi dell’articolo 11, comma 3, lettera f), della legge 5 agosto 1978, n. 468, e successive modificazioni.
    5. Il Ministro dell’economia e delle finanze è autorizzato ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio.

Art. 17.

(Modifica al comma 703 dell’articolo 1
della legge 27 dicembre 2006, n. 296)

    1. All’articolo 1, comma 703, lettera a), primo periodo, della legge 27 dicembre 2006, n. 296, sono aggiunte, in fine, le seguenti parole: «; per gli anni 2008 e 2009 il predetto rapporto è stabilito nel 25 per cento».

Art. 18.

(Clausola di invarianza della spesa)

    1. Salvo quanto previsto dagli articoli 14 e 16, all’attuazione della presente legge si provvede nei limiti delle risorse umane, finanziarie e strumentali già disponibili a legislazione vigente e senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.

 

 

 



[1]    Cfr. in particolare la sentenza n. 97 del 1992.

[2]   In preparazione della strategia la Commissione ha cooperato strettamente con Stati membri, istituzioni europee, autorità locali e organizzazioni e ha svolto una consultazione dal 28 luglio al 26 settembre 2005.

[3]  Regolamento CE 1698/2005 relativo al sostegno allo sviluppo rurale attraverso il fondo europeo agricolo per lo sviluppo rurale (FEASR); Decisione del Consiglio 2006/144/CE: orientamenti strategici per lo sviluppo rurale nel periodo di programmazione 2007-2013.

[4]    Si ricorda che il codice ambientale ha previsto la soppressione delle autorità di bacino di cui alla legge n. 183 del 1989; tuttavia, queste ultime sono state prorogate dal primo decreto correttivo n. 284 del 2006.

[5]    Sul punto si fa rinvio alla scheda allegata “La normativa sulla difesa del suolo”.

[6]    Orientamento e modernizzazione del settore agricolo, a norma dell'articolo 7 della L. 5 marzo 2001, n. 57.

[7]    Per maggiori approfondimenti su tale tema si fa rinvio alla scheda allegata “Agricoltura e crescita multifunzionale”.

[8]    A questa finalità sono orientate le disposizioni recate dall’art. 4, comma 4, lettere c) – f), che riguardano i seguenti aspetti: punti vendita di generi di prima necessità e scuole materne nei comuni con meno di 1.000 abitanti, trasporti pubblici (in particolare per il collegamento con i centri maggiori) nei comuni con meno di 5.000 abitanti.

[9]    Anche in relazione a questo aspetto, si rinvia alla scheda allegata: “Interventi normativi per contrastare lo spopolamento dei piccoli comuni”.

[10]   Si ricorda che l’art. 30 della legge n. 183 del 1989 aveva previsto l’individuazione di un bacino-pilota (scelto per le particolari condizioni di dissesto idrogeologico, di rischio sismico e di inquinamento delle acque), nel quale procedere alla predisposizione del piano di bacino e alla sperimentazione delle normative tecniche e delle più opportune modalità di coordinamento con i piani di risanamento delle acque e di smaltimento dei rifiuti. Tale bacino era stato individuato nel bacino del Serchio. In quanto bacino-pilota, il bacino del Serchio è dotato di piena autonomia funzionale ed organizzativa, come i bacini di rilievo nazionale.

[11]   L’art. 2, comma 4 dispone infatti che alle attività di cui ai commi 1 e 2 provvedono le regioni, d'intesa con le province, con la collaborazione degli uffici dei provveditorati alle opere pubbliche, del Corpo forestale dello Stato, dei comuni, degli uffici tecnici erariali, degli altri uffici regionali aventi competenza nel settore idrogeologico, delle comunità montane, dei consorzi di bonifica e di irrigazione, delle strutture dei commissari straordinari per gli interventi di sistemazione idrogeologica e per l'emergenza rifiuti.

[12]   Precedentemente disciplinata dall’art. 2 della legge n. 183 del 1989

[13]   R. Henke, “Verso il riconoscimento di una agricoltura multifunzionale”, in Studi e ricerche INEA, 2004, pag. 11.

[14]    F. Albisinni, “Appunti sulla riforma della PAC di metà periodo”, in Nuovo Diritto agrario, n. 1/2004, pag. 120.

[15]   L’espressione è di uso comune anche in documenti di fonte europea (vedi Sesto programma di azione per l’ambiente).

[16]   Anche nella scorsa legislatura erano state presentate alcune proposte di legge (AC 1174 e AC 2952), il cui esame tuttavia non si era concluso.