Camera dei deputati - XV Legislatura - Dossier di documentazione (Versione per stampa)
Autore: Servizio Studi - Dipartimento ambiente
Titolo: Istituzione del Parco nazionale della laguna di Venezia A.C. 2064
Riferimenti:
AC n. 2064/XV     
Serie: Progetti di legge    Numero: 253
Data: 25/09/2007
Organi della Camera: VIII-Ambiente, territorio e lavori pubblici


Camera dei deputati

XV LEGISLATURA

SERVIZIO STUDI

Progetti di legge

Istituzione del Parco nazionale della laguna di Venezia

A.C. 2064

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

n. 253

 

25 settembre 2007

 


 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

SIWEB

 

 

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File: Am0099.doc

 


INDICE

 

Scheda di sintesi per l’istruttoria legislativa

Dati identificativi3

Struttura e oggetto  4

   Contenuto  4

   Relazioni allegate  5

Elementi per l’istruttoria legislativa  6

   Necessità dell’intervento con legge  6

   Rispetto delle competenze legislative costituzionalmente definite  6

   Rispetto degli altri princìpi costituzionali7

   Compatibilità comunitaria  8

   Incidenza sull’ordinamento giuridico  11

   Impatto sui destinatari delle norme  12

   Formulazione del testo  12

Scheda di lettura

   Il quadro normativo  15

   Art. 1 (Istituzione del Parco nazionale della laguna di Venezia)21

   Art. 2 (Finalità del Parco)25

   Art. 3 (Strumenti di attuazione)26

   Art. 4 (Organi dell’Ente parco)27

   Art. 5 (Entrate)30

   Art. 6 (Convenzioni)33

   Art. 7 (Promozione)34

   Art. 8 (Norme finali)35

Proposta di legge n. 2064

   A.C. N. 2064, Istituzione del Parco nazionale della laguna di Venezia  39

Normativa di riferimento

   L. 5 marzo 1963, n. 366  Nuove norme relative alle lagune di Venezia e di Marano-Grado  55

   L. 16 aprile 1973, n. 171  Interventi per la salvaguardia di Venezia  61

   L. 20 marzo 1975, n. 70 Disposizioni sul riordinamento degli enti pubblici e del rapporto di lavoro del personale dipendente (All. IV)75

   L.R. 16 agosto 1984, n. 40 Nuove norme per la istituzione di parchi e riserve naturali regionali81

   D.P.R. 22 dicembre 1986 n. 917 Approvazione del testo unico delle imposte sui redditi.  (artt. 10 e 100)93

   L. 6 dicembre 1991, n. 394  Legge quadro sulle aree protette  101

   D.Lgs. 30 marzo 2001 n. 165 Norme generali sull'ordinamento del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche. (art. 6)131

   Deliberazione della Giunta n. 1180 del 18 aprile 2006  133

   Ordinanza 7 maggio 2007 Individuazione della zona umida di Valle Averto, in provincia di Venezia, nel comune di Campagna Lupia, quale area destinata a divenire riserva naturale dello Stato  137

Giurisprudenza

   Corte costituzionale sentenza 18 ottobre 2002, n. 422  147

 

 


 

Scheda di sintesi
per l’istruttoria legislativa

 


Dati identificativi

Numero del progetto di legge

A.C. 2064

Titolo

Istituzione del Parco nazionale della laguna di Venezia

Iniziativa

Parlamentare

Settore d’intervento

Ambiente

Iter al Senato

No

Numero di articoli

8

Date

 

§       presentazione o trasmissione alla Camera

13 dicembre 2006

§       annuncio

7 maggio 2007

§       assegnazione

7 maggio 2007

Commissione competente

VIII Commissione (Ambiente)

Sede

Referente

Pareri previsti

I Commissione (Affari costituzionali)

V Commissione (Bilancio)

VII Commissione (Cultura)

X Commissione (Attività produttive)

XI Commissione (Lavoro)

XIIICommissione (Agricoltura)

XIV Commissione (Politiche dell’Unione europea)

Questioni regionali


 

Struttura e oggetto

Contenuto

La proposta di legge (a prima firma del deputato Cacciari) prevede l’istituzione del Parco nazionale della laguna di Venezia e ne disciplina  taluni profili, per il resto rinviando alla legge-quadro sulle aree protette n. 394 del 1991. La ragione dell’intervento normativo – ampiamente evidenziata nella relazione illustrativa – risiede nell’estensione dell’ecosistema lagunare (550 Kmq di superficie) e nella sua importanza. Si tratta di “un'area umida naturale con un immenso patrimonio biologico, faunistico e floristico e con alcune specie animali e vegetali rare o minacciate d'estinzione”, che costituisce “il risultato della combinazione tra fattori naturali e fattori antropici che storicamente hanno determinato l'assetto attuale; natura e cultura in una combinazione inscindibile e molto spesso virtuosa” e sulla quale è più volte intervenuto il legislatore, sia a livello regionale sia nazionale.

Per il raggiungimento delle finalità del Parco la proposta di legge, all’articolo 1, comma 2, istituisce l’Ente parco nazionale, sottoposto alla vigilanza del Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare.

L’ambito territoriale del Parco è definito dal successivo comma 4 che fa riferimento alle quattro aree SIC (siti di importanza comunitaria) e alle cinque aree ZPS (zone di protezione speciale) di cui alla delibera della Giunta regionale della regione Veneto n. 1180 del 2006, con i corridoi di interconnessione, nonché con gli ambiti lagunari funzionalmente collegati ai predetti siti, come dalla planimetria allegata alla proposta di legge. Il successivo comma 5 demanda all’approvazione del Piano ambientale del Parco la delimitazione perimetrale di un ambito territoriale più ampio quale area di transizione, protezione e sviluppo controllato, da sottoporre a tutela mediante gli strumenti della pianificazione regionale e provinciale.

Le successive disposizioni della proposta di legge individuano le finalità del Parco (articolo 2) e gli strumenti di attuazione del medesimo (Piano ambientale del Parco, Piano pluriennale economico-sociale e progetti attuativi) (articolo 3), confermano l’articolazione degli organi dell’Ente parco contenuta nella legge quadro sulle aree protette n. 394 del 1991 (presidente, consiglio direttivo, giunta esecutiva, collegio dei revisori dei conti, comunità del Parco), e rinviano alla medesima in merito alle relative modalità di nomina (articolo 4), disciplinano le modalità di finanziamento dell’Ente parco per il conseguimento dei fini istituzionali (articolo 5), le convenzioni che possono essere eventualmente stipulate dall’Ente parco per avvalersi degli enti strumentali della regione Veneto per il perseguimento delle finalità dell’area protetta (articolo 6); nonché le attività di promozione atte a favorire lo sviluppo economico e sociale delle popolazioni residenti all’interno del Parco attraverso la concessione del nome e dell’emblema del parco a prodotti e servizi locali che presentino determinati standard di qualità e siano in linea con le finalità del Parco stesso (articolo 7)

L’articolo 8 reca infine una norma di chiusura che contiene il rinvio alla legge-quadro per quanto non disciplinato dalla proposta di legge.

Relazioni allegate

La proposta di legge è accompagnata da un’articolata relazione illustrativa, che ricostruisce gli interventi normativi – a livello internazionale, comunitario, nazionale, regionale e comunale – che hanno riguardato l’area interessata.

 


 

Elementi per l’istruttoria legislativa

Necessità dell’intervento con legge

La procedura per l’individuazione dei territori da sottoporre alle forme di protezione (differentemente graduate) previste dalla legge-quadro (legge  394/1991) è imperniata sul Piano triennale per le aree protette, di cui all’articolo 4 della legge stessa. Tali disposizioni tuttavia, sebbene formalmente ancora vigenti (non essendo state espressamente abrogate), sono da considerarsi superate dall’articolo 76 del decreto legislativo n. 112 del 1998, che ha soppresso il Piano triennale[1].

Attualmente, ai sensi della legge n. 394 (art. 8, comma 1) i parchi nazionali “sono istituiti e delimitati in via definitiva con decreto del Presidente della Repubblica, su proposta del Ministro dell’ambiente, sentita la Regione”. Non mancano tuttavia esempi di istituzione di parchi nazionali attraverso atto legislativo[2]. In proposito giova riportare quanto ribadito dalla stessa Corte costituzionale nella sentenza n. 422 del 2002: “L'individuazione di parchi nazionali direttamente per legge, anziché tramite procedimento amministrativo, è espressione della posizione eminente del Parlamento nel rappresentare l'interesse nazionale”.

Rispetto delle competenze legislative costituzionalmente definite

Ai sensi dell’articolo 117, secondo comma, lettera s), della Costituzione, la tutela dell’ambiente appartiene alle materie di competenza esclusiva dello Stato.

Per quanto con la sentenza n. 407 del 2002 la Corte costituzionale abbia fornito (di tale esclusività) una ricostruzione alquanto problematica[3], tuttavia non sembra contestabile in ogni caso un titolo statale a disporre, con propria legge, l’istituzione di un parco nazionale. In tal senso può inoltre richiamarsi quanto affermato dalla stessa Corte nella successiva sentenza n. 422 del 18 ottobre 2002[4] con cui la Corte ha avuto modo di chiarire in modo esplicito che il primo momento del procedimento istitutivo di un parco nazionale è riconducibile essenzialmente alla competenza nazionale.

Occorre tuttavia ricordare che nella stessa sentenza, la Corte ha affiancato a tale interpretazione anche altre considerazioni circa il bilanciamento dei rispettivi ruoli fra Stato e Regione[5], precisando che la competenza statale è legittima “fino a tanto che non si abbia una distorsione degli apprezzamenti del legislatore e un evidente abuso della sua funzione, con l'attribuzione ad aree evidentemente prive di valore ambientale e naturalistico di importanza nazionale della qualificazione di parco nazionale”. La Corte, in particolare, nel respingere il ricorso regionale, non ha escluso il titolo delle Regioni e degli stessi enti locali a partecipare al complesso iter procedimentale istitutivo del Parco anche in forme più attive rispetto a quella del semplice parere. La Corte ha infatti precisato – nel motivare la sentenza di rigetto – che “ la norma impugnata, non istituisce il Parco nazionale in questione ma ne prevede l’istituzione a opera di un decreto del Presidente della Repubblica, su proposta del Ministro dell’ambiente, d’intesa con la Regione.

Con riferimento alla proposta di legge in esame, si segnala che essa, oltre ad istituire il Parco, procede direttamente alla delimitazione del suo territorio (articolo 1, comma 4, e planimetria allegata). Non è inoltre chiaro il ruolo della Regione nella definizione dell’ambito territoriale più ampio da sottoporre a tutela (peraltro mediante gli strumenti della pianificazione regionale e provinciale) ai sensi dell’articolo 1, comma 5; la disposizione rinvia infatti all’approvazione del Piano ambientale del Parco di cui all’articolo 3, comma 1, lett. a), la cui procedura non è tuttavia disciplinata dal provvedimento.

Rispetto degli altri princìpi costituzionali

Nulla da rilevare.

Compatibilità comunitaria

Esame del provvedimento in relazione alla normativa comunitaria

Nulla da rilevare.

Documenti all’esame delle istituzioni europee
(a cura dell'Ufficio rapporti con l'Unione Europea)

Nuova strategia per lo sviluppo sostenibile

Il Consiglio europeo del 15 e 16 giugno 2006 ha adottato una nuova strategia per lo sviluppo sostenibile, che si basa sulla dichiarazione sui principi direttori dello sviluppo sostenibile – adottata dal Consiglio europeo nel giugno 2005 – e sulla comunicazione della Commissione sul riesame della strategia in favore dello sviluppo sostenibile (COM(2005) 658) del 13 dicembre 2005.

Si ricorda che nel giugno 2001 il Consiglio europeo di Goteborg ha approvato la strategia per lo sviluppo sostenibile, che si basa sul principio che le dimensioni economica, sociale e ambientale dello sviluppo devono procedere di pari passo. In concomitanza con l’adozione di questa strategia, il Consiglio ha aggiunto una dimensione ambientale alla strategia di Lisbona per la crescita, l’occupazione e la prosperità, varata nel marzo 2000

L'obiettivo generale della nuova strategia dell'UE è quello di individuare e sviluppare le azioni che permetteranno all'UE di migliorare costantemente la qualità della vita delle generazioni attuali e future tramite la creazione di comunità sostenibili capaci di gestire e utilizzare le risorse in maniera efficace e di sfruttare il potenziale di innovazione ecologica e sociale dell'economia, assicurando prosperità, tutela dell'ambiente e coesione sociale. La strategia s'incentra su sette settori d'azione prioritari:

·         cambiamenti climatici e energia pulita;

·         trasporti sostenibili;

·         consumo e produzione sostenibili;

·         conservazione e gestione delle risorse naturali;

·         salute pubblica;

·         inclusione sociale, demografia e migrazione;

·         povertà mondiale e sfide dello sviluppo.

La Commissione presenterà ogni due anni, a decorrere dal settembre 2007, una relazione sulla situazione dei lavori relativa all'attuazione dell'SSS nell'UE e negli Stati membri, includendovi anche le priorità, gli orientamenti e le azioni per il futuro (tale relazione non risulta ancora presentata). Gli Stati membri che non avessero ancora elaborato le strategie nazionali sulla base della strategia per lo sviluppo sostenibile adottata a Goteborg avrebbero dovuto completarle entrogiugno 2007[6].

Biodiversità

Il 22 maggio 2006 la Commissioneha adottato la comunicazione dal titolo “Arrestare la perdita di biodiversità entro il 2010 e oltreSostenere i servizi ecosistemici per il benessere umano” (COM (2006) 216).

Il documento definisce un approccio ambizioso per interrompere entro il 2010 la perdita di biodiversità nell’Unione europea e contribuire a garantire la biodiversità planetaria entro lo stesso termine. In particolare, la Commissione propone un piano d’azione contenente misure concrete; definisce le responsabilità delle istituzioni dell’UE e degli Stati membri; specifica indicatori per monitorare i progressi realizzati.

La comunicazione identifica quattro aree prioritarie e i relativi obiettivi:

·         la biodiversità nell’Unione europea (salvaguardare gli habitat e le specie più importanti; conservare e ristabilire la biodiversità nelle campagne e nell’ambiente marino; conciliare sviluppo territoriale e biodiversità; ridurre gli effetti delle specie allogene invasive);

·         l’Unione europea e la biodiversità globale (rafforzare l’efficacia della governance internazionale in materia di biodiversità ed ecosistemi; potenziare il sostegno alla biodiversità nell’ambito dell’assistenza esterna dell’UE; ridurre l’impatto del commercio internazionale;

·         biodiversità e cambiamenti climatici (sostenere l’adattamento della biodiversità ai cambiamenti climatici);

·         conoscenze (rafforzare le conoscenze in materia di conservazione e uso sostenibile della biodiversità).

Per raggiungere gli obiettivi indicati, secondo la Commissione occorre assicurare finanziamenti adeguati, rafforzare il processo decisionale nell’UE, istituire partenariati tra i gruppi interessati alla conservazione della biodiversità e i vari settori della società che hanno un impatto su di essa; favorire la sensibilizzazione dell’opinione pubblica e incoraggiarne la partecipazione ad un uso sostenibile della biodiversità.

Il Consiglio ambiente ha adottato, il 18 dicembre 2006, conclusioni su “Arrestare la perdita di biodiversità entro il 2010”, nelle quali, rallegrandosi della comunicazione della Commissione: esorta la Commissione e gli Stati membri ad intensificare gli sforzi per mettere a punto la rete Natura 2000; pone l’accento sull’importanza della pianificazione territoriale e sottolinea la responsabilità degli Stati membri per quanto riguarda la pianificazione regionale e locale in tale contesto; sollecita la Commissione e gli Stati membri a cogliere le opportunità previste dalle politiche in materia di agricoltura, sviluppo rurale, silvicoltura e pesca allo scopo di sostenere l’obiettivo della biodiversità, sia all’interno delle zone protette, sia nell’insieme dell’ambiente più ampio rurale e marino.

Il 22 maggio il Parlamento europeo ha approvato una risoluzione in materia di biodiversità in cui, nel condividere obiettivi prioritari e misure di sostegno proposti dalla Commissione nella comunicazione, esprime profonda preoccupazione per la costante perdita di biodiversità. Secondo il PE i cambiamenti climatici e la perdita di biodiversità sono fenomeni strettamente collegati e di pari rilievo.

Procedure di contenzioso
(a cura dell'Ufficio rapporti con l'Unione Europea)

Il 13 dicembre 2005 la Commissioneeuropea ha inviato all’Italia una lettera di messa in mora per essere venuta meno agli obblighi derivanti dall’articolo 4, paragrafo 4, della direttiva 79/409/CEE che disciplina la conservazione degli uccelli selvatici[7].

Il paragrafo 4 dell’articolo 4 prevede che gli Stati membri adottino misure speciali di conservazione dell’habitat per garantire la sopravivenza e la riproduzione di alcune specie di uccelli selvatici nella loro area di distribuzione. A tale scopo, gli Stati membri classificano in particolare come ZPS (Zone di protezione speciale) i territori più idonei in numero e in superficie alla conservazione di tali specie. Secondo la giurisprudenza della Corte di Giustizia tali obblighi rimangono validi anche per zone che non sono state classificate come ZPS ma che avrebbero dovuto esserlo. A tale proposito, l’elenco delle zone di grande interesse per la conservazione degli uccelli selvatici, più comunemente conosciuto sotto la sigla IBA (Inventory of Important Bird Areas in the European Community), per quanto non giuridicamente vincolante, contiene secondo la Commissione elementi di prova scientifica che consentono di valutare l’osservanza da parte di uno Stato membro dell’obbligo di classificare come ZPS i territori più appropriati per numero e superficie per la conservazione delle specie protette. Tale è, a parere della Commissione, il caso della laguna di Venezia, che – presente al numero 64 dell’IBA - non è stata totalmente identificata come ZPS; soltanto alcune aree sono state, infatti, classificate come ZPS o come SIC (siti di importanza comunitaria).

In conseguenza di tale identificazione parziale, nella valutazione di impatto ambientale del progetto MOSE, l’Italia ha valutato l’incidenza del progetto sull’avifauna esclusivamente per le aree qualificate come ZPS. A parere della Commissione, se tale valutazione fosse stata effettuata per l’intera area lagunare, ciò avrebbe consentito di individuare un grave impatto del progetto sulla laguna.

Pertanto, la Commissione ritiene che l’Italia sia venuta meno agli obblighi derivanti dall’articolo 4, paragrafo 4, della direttiva 79/409/CEE in quanto, in riferimento agli impatti del progetto MOSE sull’IBA 064 Laguna di Venezia, non ha identificato né adottato misure idonee a prevenire l’inquinamento o il deterioramento degli habitat nonché le perturbazioni dannose agli uccelli.

Incidenza sull’ordinamento giuridico

Riflessi sulle autonomie e sulle altre potestà normative

Si rinvia al paragrafo Rispetto delle competenze legislative costituzionalmente definite.

Attribuzione di poteri normativi

La proposta di legge in esame, all’articolo 1, prevede l’istituzione del Parco nazionale (comma 1) e provvede direttamente alla sua delimitazione (comma 4).

Essa rinvia la delimitazione di un ambito territoriale più ampio da sottoporre a tutela all’approvazione del Piano ambientale del Parco di cui all’articolo 3, comma 1, lettera a) (comma 5).

Il provvedimento tuttavia non reca la disciplina della procedura di approvazione di tale strumento di attuazione del Parco.

Coordinamento con la normativa vigente

Numerose disposizioni della proposta di legge riprendono quelle della legge-quadro sulle aree protette (legge n. 394 del 1991). L’articolo 8 contiene inoltre in via generale un rinvio alle disposizioni della medesima legge per quanto non direttamente disciplinato dal provvedimento.

Collegamento con lavori legislativi in corso

Si segnala la proposta di legge A.C. 229 (d’iniziativa dell’on. Zanella, assegnata alla Commissione ambiente), che, nell’ambito di una più ampia disciplina degli interventi per la salvaguardia di Venezia, prevede l’istituzione del Parco della laguna di Venezia, alla quale provvede il Ministro dell’ambiente con proprio decreto.

Si segnala inoltre che sono in corso di esame presso l’VIII Commissione altre due proposte di legge istitutive di Parchi nazionali: l’A.C. 18 degli onorevoli Realacci e Benvenuto, recante istituzione del Parco nazionale di Portofino (attualmente trasmesso alle Commissioni competenti per i pareri) e l’AC. 777 dell’onorevole Di Gioia, recante Istituzione del Parco nazionale del subappennino Dauno (in corso di esame presso un Comitato ristretto).

Impatto sui destinatari delle norme

La planimetria allegata alla proposta di legge descrive i territori di riferimento del Parco nazionale, come definiti dall’articolo 1, comma 4.

Formulazione del testo

All’articolo 1, comma 6, si segnala l’opportunità di far rinvio alle disposizioni dell’art. 6 del decreto legislativo n. 165/2001, piuttosto che alle procedure ivi previste.

 

Con riferimento all’articolo 4, comma 2, relativo alla nomina degli organi dell’Ente parco, occorre valutare se fare rinvio anche all’articolo 10 della legge n. 394 del 1991, che disciplina la Comunità del parco, ricompresa dal comma 1 del medesimo articolo 4 tra gli organi del Parco.

Occorre inoltre valutare se fare espresso rinvio anche ai restanti commi dell’articolo 9, che disciplinano il funzionamento e la durata degli organi dell’Ente parco.

 


Scheda di lettura

 


Il quadro normativo

A livello internazionale

La vicenda del Parco della laguna di Venezia può essere fatta risalire al 1962, quando l’Unione Internazionale per la Conservazione della Natura (UICN), all’interno di una campagna in favore della conservazione delle zone umide, inserì la laguna di Venezia ed il delta del Po nell’Elenco delle zone umide di importanza internazionale.

La laguna di Venezia, infatti, è una delle più importanti zone umide europee di sosta e svernamento di uccelli acquatici, e costituisce un unicum ecologico e naturalistico con “circa 60.000 ettari di ambienti umidi tra laguna viva e laguna morta, isolotti, paludi, barene, valli da pesca, posti sulla rotta migratoria ornitica più importante d'Italia, in comunicazione con il mare più pescoso fra quelli che circondano il nostro paese: questi i dati che testimoniano, più di ogni altra cosa, il valore ecologico di questo vasto e composito specchio d'acqua salmastra: il più grande che il nostro paese presenti, ed uno dei più vasti d'Europa”[8].

Successivamente, con la “Convenzione internazionale relativa alle Zone Umide di importanza internazionale, soprattutto come habitat degli uccelli acquatici", meglio conosciuta come Convenzione di Ramsar del 1971 (cui è stata data esecuzione nell’ordinamento interno con il DPR n. 448 del 1976), una porzione del territorio lagunare - la zona umida di Valle Averto – è stata inserita tra le zone umide di importanza internazionale[9].

Recentemente con l’ordinanza del Ministro dell’ambiente, del territorio e del mare del 7 maggio 2007[10], la zona umida di Valle Averto, è stata individuata come area destinata a divenire riserva naturale dello Stato.

Si ricorda, inoltre, che la città di Venezia - insieme alla sua laguna - è stata inserita dall’UNESCO nella lista dei378 beni del patrimonio mondiale dell’umanità da salvaguardare (codice Id n. 394 1987). Uno dei criteri di tale scelta risiede nel fatto che essa rappresenta “un eccezionale esempio di un tipo di costruzione o di complesso architettonico o tecnologico o paesaggistico che sia testimonianza di importanti tappe della storia umana”[11].

La città di Venezia e la sua laguna sono incluse anche nella lista dei «100 siti storici di interesse mediterraneo» approvata dalle Parti Contraenti del Piano d'azione del Mediterraneo (PAM) nel 1987, in applicazione della Dichiarazione di Genova del 1985.

 

A livello comunitario

Nell’ambito della laguna di Venezia e dei suoi litorali sono state designate quattro aree SIC (Siti di importanza comunitaria), classificate ai sensi della direttiva 92/43/CEE, con il DM 25 marzo 2005 (G.U. n. 156 del 7 luglio 2005) e cinque ZPS (Zone di protezione speciale), classificate ai sensi della direttiva 79/409/CEE, con il DM 25 marzo 2005 (allegato I, come sostituito dall’allegato A del DM 5 luglio 2007[12]).

 

Si ricorda, infatti, che con la direttiva 92/43/CEE, nota come direttiva habitat, il Consiglio dei Ministri dell’Unione europea ha attribuito ad un sistema coordinato e coerente di aree la conservazione della diversità biologica presente nel territorio dell’Unione stessa, ed in particolare la tutela di una serie di habitat, nonché di specie animali e vegetali, indicati dalla stessa direttiva habitat, e dalla direttiva 79/409/CEE, cd. direttiva uccelli.

Tale rete ecologica, cui è stato attribuito il nome Natura 2000 dall’art. 3 della dir. n. 43, è costituita dall'insieme dei siti denominati ZPS (Zone di Protezione Speciale) e SIC (Siti di Importanza Comunitaria), attualmente proposti alla Commissione europea, e che al termine dell'iter istitutivo saranno designati come ZSC (Zone Speciali di Conservazione), che possono fra loro avere relazioni spaziali diverse, dalla totale sovrapposizione alla completa separazione. La direttiva è stata recepita con il DPR n. 357 del 1997, come novellato dal D.P.R. 12 marzo 2003, n. 120. Esso reca una definizione diSIC e di zona di conservazione delineando nel contempo le misure conservazione da applicarsi.

 

A livello nazionale

Una breve ricostruzione dei più importanti interventi statali per la salvaguardia della città di Venezia può iniziare con la legge n. 366 del 1963 recante Nuove norme relative alle lagune di Venezia e di Marano-Grado, con la quale è stato stabilito che “la Laguna di Venezia è costituita dal bacino demaniale marittimo di acqua salsa che si estende dalla foce del Sile (conca di Cavallino) alla foce del Brenta (conca di Brontolo) ed è compreso tra il mare e la terraferma”. Al Magistrato alle acque è affidata la sorveglianza sull’intera laguna e la disciplina di tutto quanto abbia attinenza con il mantenimento del bacino lagunare (art. 3). Il Magistrato avrebbe poi dovuto procedere alla ricognizione del tracciato della conterminazione lagunare che è stato poi approvato con D.M. dei lavori pubblici del 9 febbraio 1990.

Nel 1967 la Commissionedel CNR per la Conservazione della natura e delle sue risorse ha incluso la laguna di Venezia tra le aree umide da salvaguardare ed ha espresso parere contrario all’imbonimento delle barene (arenili) per realizzare la terza zona industriale (parere poi recepito con la legge n. 171 del 1973).

Nel 1969, il cosiddetto "Progetto 80" (rapporto preliminare al programma economico nazionale 1971/1975), elaborato dal Ministero del bilancio e della programmazione economica, ha predisposto un elenco dei parchi e delle riserve naturali di preminente importanza nazionale. Tra le 86 zone, al numero 18, figurano le "lagune venete e di Caorle, ed il Delta del Po".

Dopo queste autorevoli prese di posizione la laguna di Venezia non è più contemplata nelle liste italiane di aree da proteggere; vengono tuttavia approvati provvedimenti legislativi ad hoc per la tutela della salvaguardia della città e della sua laguna.

Si tratta in primo luogo della legge 16 aprile 1973, n. 171 recante Interventi per la salvaguardia di Venezia che costituisce la prima legge speciale di salvaguardia di Venezia e della sua laguna e che affronta in maniera organica i problemi della salvaguardia della città.

All’art. 1 si afferma, infatti, che “la salvaguardia di Venezia e della sua Laguna è dichiarata problema di preminente interesse nazionale” e lo Stato si fa garante della salvaguardia dell’ambiente paesistico, storico, archeologico ed artistico della città e della sua laguna, adottando le misure necessarie per la tutela dell’equilibrio idraulico e dell’ambiente dall’inquinamento atmosferico e delle acque.

Vengono attribuite allo Stato le competenze in materia di salvaguardia “fisica” della laguna, nonché di restauro degli edifici demaniali e di carattere storico artistico (artt. 7 ed 8). Si obbligano, per la prima volta in Italia, gli enti pubblici, privati ed imprese che scaricano i propri reflui nelle fognature, nelle acque della laguna, nei corsi d’acqua che comunque si immettono nella laguna, a dotarsi di impianti per la depurazione degli scarichi, prevedendo nel contempo la concessione di contributi e stabilendo i tempi per la realizzazione, nonché le sanzioni per l’inosservanza (art. 9).

In sede di rifinanziamento della legge n. 171 del 1973, con la legge 29 novembre 1984, n. 798 (Nuovi interventi per la salvaguardia di Venezia) viene istituito, tra l’altro, un Comitato di indirizzo, coordinamento e controllo per l’attuazione degli interventi previsti dalla stessa legge e con la quale vengono disposti nuovi interventi finalizzati recupero architettonico, urbanistico, ambientale ed economico della laguna di Venezia.

La legge 8 novembre 1991, n. 360 (Interventi urgenti per Venezia e Chioggia), oltre adautorizzare ulteriori risorse da destinare ad interventi urgenti finalizzati alla salvaguardia di Venezia connessi ai programmi previsti dalla legge n. 798 del 1984, apporta alcune modifiche alla legge n. 171 del 1973, soprattutto in materia di interventi di risanamento da realizzare in un quadro programmatico unitario riguardante l’intero bacino scolante della laguna e coordinati con quelli statali volti all’arresto del processo di degrado del bacino lagunare.

Successivamente, la legge speciale 5 febbraio 1992, n. 139 (Interventi per la salvaguardia di Venezia e della sua laguna)  stanzia ulteriori risorse per il proseguimento dei programmi di intervento per la salvaguardia di Venezia previsti dalla legge n. 798 del 1984 e prevede anche interventi finalizzati alla manutenzione dei rii ed alla tutela e conservazione del patrimonio edilizio prospiciente gli stessi rii.

 

A livello regionale

A livello regionale, la legge 16 agosto 1984, n. 40 (Nuove norme per l’istituzione di parchi e riserve naturali regionali) ha previsto che la regione Veneto possa istituire parchi e riserve naturali regionali e favorire l'istituzione di parchi e riserve naturali regionali di interesse locale da parte di Province, Comuni, Comunità montane e relativi consorzi, al fine di assicurare la conservazione e la valorizzazione dell'ambiente naturale nelle zone di particolare interesse paesaggistico, naturalistico ed ecologico (art. 1).

L’art. 27 stabilisce che l’istituzione dei parchi e delle riserve regionali di interesse locale non debba contrastare con le previsioni del Piano Territoriale Regionale di Coordinamento (PTRC) e la loro individuazione debba avvenire all’interno del rispettivo strumento urbanistico generale, con l’indicazione della delimitazione della zona mediante una o più planimetrie.

Successivamente - in data 23 dicembre 1986 – la regione Veneto ha approvato, in attuazione della legge regionale 27 giugno 1985, n. 61 (Norme per l'assetto e l'uso del territorio)[13], il primo strumento di pianificazione esteso al territorio di 16 comuni comprendenti e distribuiti attorno alla laguna di Venezia denominato Piano di Area della laguna e dell’Area veneziana (PALAV), quale “specificazione a scala maggiore e determinazione puntuale dei contenuti del PTRC”[14], proponendosi con esso di disciplinare “un’area di particolare importanza ambientale e paesistica oltreché produttiva”.

Tale piano è stato poi revocato a seguito del mutamento dello scenario legislativo di riferimento[15] e di alcune pronunce di organi di giurisdizione amministrativa che avevano dichiarato l’illegittimità di alcune disposizioni del PALAV, e sostituito da un nuovo PALAV approvato con delibera della Giunta Regionale n. 7529 del 23 dicembre 1991[16], successivamente modificato dal PALAV approvato con provvedimento n. 1091 del il 7 marzo 1995 ed integrato il 9 novembre 1995[17].

Nel parere della Commissione tecnica regionale allegato al PALAV approvato nel 1991[18]si legge che il PALAV, fin dalla sua prima formulazione del 1986, “è il primo documento che definisce ed identifica, in tutte le sue componenti, il «sistema ambientale» della laguna, dei litorali, dell’entroterra per poterlo tutelare in modo efficace, e per poter indicare politiche di valorizzazione coerenti con la sua consistenza e con le sue caratteristiche peculiari”.

Contestualmente al PALAV, il Consiglio regionale ha approvato anche un ordine del giorno (provvedimento n. 1091 del 7 marzo 1995) in cui si è affermata “l’assoluta necessità di giungere in tempi brevi all’istituzione del Parco della Laguna di Venezia”. 

Tra il 1987 e il 1995, sono stati presentati anche alcuni disegni di legge per la creazione del Parco, ai quali però non è seguita alcuna concreta azione da parte della Regione Veneto, ma che hanno dato inizio ad un lungo processo finalizzato all’istituzione di un Parco nella Laguna di Venezia.

Nel 1996 è stato costituito un Comitato promotore con lo scopo di formulare una legge d’iniziativa popolare per l’istituzione del Parco che è stata depositata il 9 ottobre 1997 presso il Consiglio Regionale Veneto.

 

A livello comunale

Anche l’amministrazione comunale di Venezia, a partire dal 2002, ha intrapreso un’azione su scala locale per l’istituzione di un parco di interesse locale nell’area nord della laguna,coerentemente con l’art. 27 della legge regionale n. 40 del 1984 che prevede che anche i comuni possano istituire nel proprio territorio parchi e riserve regionali di interesse locale, individuandoli nel proprio strumento territoriale o urbanistico generale, che deve contenere altresì la delimitazione della zona.

In base a tali disposizioni la Giunta Comunale ha emanato, il 30 ottobre 2002, l’atto di indirizzo n. 77[19] con il quale ha invitato i vari uffici competenti ad effettuare tutte le azioni necessarie alla costituzione di un parco regionale di interesse locale ai sensi dell’art. 27 della legge regionale n. 40 del 1984 nell’area della Laguna Nord.

Con la delibera n. 99 dell’8-9 luglio 2003 il Consiglio Comunale ha quindi provveduto alla costituzione dell’Istituzione “Parco della Laguna[20], il cui scopo è la tutela e la valorizzazione ambientale e socioeconomica della Laguna Nord di Venezia, sulla quale l’amministrazione comunale intende istituire un Parco di “interesse locale”, ai sensi della suddetta legge regionale n. 40.

Compito principale dell’Istituzione “Parco della Laguna” è la valorizzazione ambientale e socioeconomica dell’area della Laguna nord compresa nel perimetro proposto dall’amministrazione comunale per la costituzione del parco di interesse locale, attraverso la definizione e la promozione di usi compatibili con la salvaguardia delle valenze naturalistiche, archeologiche, storiche e culturali dei luoghi. Inoltre l’Istituzione ha lo scopo di gestire in modo unitario ed ecosostenibile il patrimonio immobiliare del Comune di Venezia o ottenuto in concessione, e collocato in laguna nord.


Art. 1
(Istituzione del Parco nazionale della laguna di Venezia)

L’articolo 1, al comma 1, prevede l’istituzione del Parco nazionale della Laguna di Venezia, richiamando espressamente la legge-quadro sulle aree protette (legge n. 394 del 1991).

 

A tal proposito, si ricorda che nella sentenza n. 422 del 18 ottobre 2002[21] la Corte Costituzionale ha chiarito che il primo momento del procedimento istitutivo di un parco nazionale “attenendo alla cura di un interesse non frazionabile Regione per Regione, rileva essenzialmente della competenza statale, quale espressione di tale interesse” ed è giunta alla conclusione che “l'individuazione di parchi nazionali direttamente per legge, anziché tramite procedimento amministrativo, è espressione della posizione eminente del Parlamento nel rappresentare l'interesse nazionale. Essa indubbiamente non consente di inserire formalmente nel procedimento legislativo che conduce alla decisione di istituire il parco la partecipazione delle Regioni e degli Enti locali interessati; ma, fino a tanto che non si abbia una distorsione degli apprezzamenti del legislatore e un evidente abuso della sua funzione, con l'attribuzione ad aree evidentemente prive di valore ambientale e naturalistico di importanza nazionale della qualificazione di parco nazionale non vi è motivo di negare al legislatore il potere di provvedere direttamente”.

Si richiama anche in questa sede la legge quadro n. 394, che ha previsto che i parchi nazionali, istituiti e delimitati con il programma triennale per le aree naturali protette (programma soppresso dall’art. 76 del d.lgs.n. 112 del 1998), vengano istituiti e delimitati in via definitiva con decreto del Presidente della Repubblica, su proposta del Ministro dell'ambiente, sentita la Regione (art. 8, comma 1).

 

Il comma 2 prevede l’istituzione dell’Ente parco nazionale della laguna di Venezia, attribuendo ad esso personalità di diritto pubblico e sottoponendolo  alla vigilanza del Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio.

 

Si ricorda che la già citata legge n. 394 prevede in termini generali, all’articolo 9, che l'Ente parco abbia personalità di diritto pubblico, sede legale e amministrativa nel territorio del parco e sia sottoposto alla vigilanza del Ministro dell'ambiente.

 

Il comma 3 dispone che all’ente Parco nazionale della laguna di Venezia verranno applicate le disposizioni di cui alla legge 20 marzo 1975, n. 70 e successive modificazioni. Conseguentemente, viene previsto che nella Tabella allegata alla legge n. 70, parte IV, sia incluso l’Ente Parco Nazionale della laguna di Venezia.

 

La legge n. 70 del 1975, recante “Disposizioni sul riordinamento degli enti pubblici e del rapporto di lavoro del personale dipendente”, disciplina lo stato giuridico e il trattamento economico d'attività e di fine servizio del personale dipendente degli enti pubblici (con esclusione di quelli indicati nell’articolo 1, comma 2[22]).

Essa, in particolare, ha provveduto ad un generale riordino degli enti pubblici, prevedendo, all’articolo 2, la soppressione di tutti gli enti costituiti ed ordinati da leggi o da atti aventi valore di legge, con esclusione di quelli indicati nel già citato articolo 1, comma 2, e di quelli indicati nella tabella ad essa allegata. La legge in esame ha disposto la soppressione degli enti allo scadere del termine di 3 anni dalla data della sua entrata in vigore[23], qualora entro lo stesso termine questi non fossero stati dichiarati necessari. La dichiarazione di necessità degli enti, in ossequio alla delega prevista dall’articolo 3 della legge n. 70 in commento, è avvenuta con decreti aventi valore di legge, contenenti l'elenco degli enti ritenuti necessari ai fini dello sviluppo economico, civile, culturale e democratico del Paese. Tali decreti hanno integrato la tabella allegata alla legge n. 70.

Tale Tabella, che include alcuni Enti parco nazionali, contiene l’elenco degli enti preposti a servizi di pubblico interesse esclusi dalla soppressione.

La disposizione riproduce nella sostanza l’art. 9, comma 13, dalla già citata legge-quadro che prevede espressamente che agli Enti parco si applicano le disposizioni di cui alla Legge n. 70 del 1975, e che i medesimi si intendono inseriti nella tabella IV allegata alla medesima legge.

 

I commi 4 e 5 prevedono la delimitazione del territorio del Parco Nazionale della laguna di Venezia.

Il comma 4 lo fa coincidere con le aree SIC e le aree ZPS di cui alla delibera della Giunta regionale della regione Veneto n. 1180 del 18 aprile 2006, pubblicata nel Bollettino Ufficiale della regione Veneto n. 45 del 16 maggio 2006, con i corridoi di interconnessione, nonché con gli ambiti lagunari funzionalmente collegati ai predetti siti, come dalla planimetria di cui all'allegato 1 della proposta di legge.

 

Si ricorda che l’articolo 4 della legge n. 394 ha assegnato all’ormai soppresso Programma triennale per le aree naturali protette l’individuazione e la delimitazione dei parchi nazionali. In base all’articolo 8, l’istituzione e delimitazione in via definitiva è effettuata con d.P.R., su proposta dell’ambiente, sentita la regione.

 

La planimetria di cui all’allegato 1 della proposta in esame comprende quattro Siti di Importanza Comunitaria (SIC) e cinque Zone di Protezione Speciale (ZPS).

Si segnala che le quattro aree SIC, classificate ai sensi della direttiva 92/43/CEE, sono state individuate con il DM 25 marzo 2005[24] e le cinque ZPS, classificate ai sensi della direttiva 79/409/CEE, con il DM 25 marzo 2005 (allegato I, come sostituito dall’allegato A del DM 5 luglio 2007[25]).

 

Si ricorda che con la direttiva 92/43/CEE, nota come direttiva habitat, il Consiglio dei Ministri dell’Unione europea ha attribuito ad un sistema coordinato e coerente di aree la conservazione della diversità biologica presente nel territorio dell’Unione stessa, ed in particolare la tutela di una serie di habitat, nonché di specie animali e vegetali, indicati dalla stessa direttiva habitat, e dalla dir. 79/409 direttiva uccelli. Tale rete ecologica, cui è stato attribuito il nome Natura 2000 dall’art. 3 della dir. n. 43, è costituita dall'insieme dei siti denominati ZPS (Zone di Protezione Speciale) e SIC (Siti di Importanza Comunitaria). Tali siti, attualmente proposti alla Commissione europea, che al termine dell'iter istitutivo saranno designati come ZSC (Zone Speciali di Conservazione), possono fra loro avere relazioni spaziali diverse, dalla totale sovrapposizione alla completa separazione. La direttiva è stata recepita con il DPR n. 357 del 1997, come novellato dal D.P.R. 12 marzo 2003, n. 120. Esso reca una definizione diSIC e di zona di conservazione delineando nel contempo le misure conservazione da applicarsi.

L’individuazione dei siti da proporre è stata realizzata in Italia dalle singole regioni e Province autonome ed il relativo elenco è stato a suo tempo reso pubblico con l’adozione del DM 3 aprile 2000 (G.U. n. 95/2000, S.O.), mentre con il DM 3 settembre 2002 sono state emanate le linee guida per la gestione dei siti Natura 2000.

Per quanto riguarda l’ultimo aggiornamento dell’elenco delle ZPS e dei SIC esso è stato approvato con due decreti ministeriali, entrambi del 5 luglio 2007 (G.U. n. 170 del 2007, SO n. 167)[26].

 

Il comma 5 prevede che in sede di approvazione del Piano ambientale del Parco previsto dal successivo art. 3, si provveda alla delimitazione perimetrale di un ambito territoriale più ampio quale area di transizione, protezione e sviluppo controllato, da sottoporre a tutela mediante gli strumenti della pianificazione regionale e provinciale. Possono altresì essere individuate anche aree confinanti.

 

Occorre meglio specificare l’atto attraverso il quale si procede alla delimitazione dell’ambito territoriale del Parco ai sensi del comma 5. Tale disposizione, infatti, si limita a fare generico rinvio all’approvazione del Piano ambientale del Parco, che peraltro non è disciplinata dalla proposta di legge.

Il comma 6 prevede che la pianta organica dell’Ente Parco Nazionale sia determinata e approvata entro due mesi dalla data di costituzione del Consiglio direttivo, in conformità alle procedure di cui all’articolo 6 del D. lgs.165 del 30 marzo 2001[27].

 

In base al combinato disposto dell’art. 1 e dell’art. 6, comma 1, d.lgs. n. 165/2001, modificato dall’articolo 11 del d.l. 10 gennaio 2006, n. 4, l'organizzazione e la disciplina degli uffici, la consistenza e la variazione delle dotazioni organiche devono essere determinate previa verifica degli effettivi fabbisogni e previa consultazione delle organizzazioni sindacali rappresentative in funzione dell’efficienza, della migliore utilizzazione delle risorse umane e della razionalizzazione del costo del lavoro

L’art. 6, commi 3 e 4, prevede poi una ridefinizione periodica (comunque con cadenza triennale) degli uffici e delle dotazioni organiche, in coerenza con la programmazione triennale del fabbisogno di personale e con gli strumenti di programmazione economico-finanziaria pluriennale. In base al successivo comma 6, l’espletamento di tali adempimenti costituisce condizione per l’assunzione di nuovo personale.

 

Da un punto di vista meramente formale, si osserva che appare più corretto richiamare, anziché «le procedure», «le disposizioni» dell’art. 6 del decreto legislativo n. 165/2001.

 

Il comma 7 dispone, infine, che dalla data di costituzione del consiglio direttivo, all'Ente parco venga affidata anche la gestione delle oasi di protezione previste dal piano faunistico venatorio della provincia di Venezia, ricomprese nel perimetro del Parco nazionale della laguna di Venezia.

 

Con riferimento a tale ultimo profilo, si segnala che il piano faunistico venatorio della provincia di Venezia è stato approvato con deliberazione del consiglio provinciale prot. 2152/IV del 24 marzo 1994, e successive modificazioni e integrazioni[28].


Art. 2
(Finalità del Parco)

Il comma 1 dell’articolo in esame, dopo aver indicato quale finalità principale del Parco nazionale quella del ripristino dell'equilibrio tra società umana e ecosistema naturale, elenca le seguenti finalità:

a) la tutela, il mantenimento e la valorizzazione dell'ambiente naturale e storico considerato nella sua unitarietà, il recupero delle parti alterate, la conservazione dell'equilibrio tra la presenza e l'attività dell'uomo e i naturali processi dell'ecosistema lagunare, la tutela e il ripristino della biodiversità e il mantenimento di un equilibrio dinamico in ambito lagunare;

b) la promozione della ricerca scientifica e dell'attività didattica e di educazione ambientale;

c) la promozione di interventi volti a garantire il riequilibrio idraulico e biologico, nonché la riqualificazione vegetale e faunistica sulla base di criteri scientifici che garantiscano, per tutti i biotopi e tutte le componenti originarie, almeno le superfici vitali minime;

d) il mantenimento degli elementi naturali e storici che costituiscono l'attuale assetto lagunare, delle attività produttive e di un turismo compatibili;

e) lo sviluppo sociale, culturale ed economico delle popolazioni insediate nel Parco o su di esso gravitanti;

f) la partecipazione e il coinvolgimento delle popolazioni locali nella definizione degli strumenti di attuazione del Parco.

 


 

Art. 3
(Strumenti di attuazione)

L’articolo, al comma 1, individua gli strumenti di attuazione del Parco:

a) nel Piano ambientale del Parco e nei progetti di ambito;

b) nel Piano pluriennale economico-sociale;

c) nei progetti attuativi.

 

Essi, ai sensi del comma 2, dovranno essere redatti dall’ente Parco entro diciotto mesi dalla costituzione dei suoi organi.

 

Occorre modificare la formulazione della disposizione, al fine di disciplinare la procedura di approvazione degli strumenti di attuazione del Parco, eventualmente attraverso un rinvio alle disposizioni della legge-quadro n. 394 che disciplinano gli strumenti di programmazione del Parco.

 

L’art. 11-bis della legge n. 394 del 1991 prevede che il consiglio direttivo del parco e la Comunità del parco elaborino contestualmente, e attraverso reciproche consultazioni di cui agli artt. 12 e 14, il piano del parco e il piano pluriennale economico-sociale secondo le norme di cui agli stessi artt. 12 e 14.

L’art. 12 reca la procedura di approvazione del Piano del parco. Essa prevede che il piano venga predisposto dall'Ente parco entro diciotto mesi dalla costituzione dei suoi organi, in base ai criteri ed alle finalità della legge. La Comunità del parco partecipa alla definizione dei criteri riguardanti la predisposizione del piano del parco indicati dal consiglio direttivo del parco ed esprime il proprio parere sul piano stesso. Il piano, approvato dal consiglio direttivo, è adottato dalla regione entro novanta giorni dal suo inoltro da parte dell'Ente parco (comma 3).

I successivi commi 4 e 5 prevedono una procedura di partecipazione del pubblico al piano adottato e disciplinano la procedura ed i tempi di approvazione, nonché i poteri sostitutivi del Ministero dell’ambiente nel caso in cui il piano non venga approvato nei termini previsti.

Il comma 6 dispone in merito alla procedura di modifica (la stessa prevista per l’approvazione) del piano ed al suo aggiornamento (almeno ogni dieci anni), il comma 7 prevede che il piano del parco abbia effetto di dichiarazione di pubblico generale interesse e di urgenza e di indifferibilità per gli interventi previsti e sostituisce ad ogni livello i piani paesistici, i piani territoriali o urbanistici e ogni altro strumento di pianificazione ed il comma 8 ne disciplina la pubblicazione sulla G.U. della Repubblica italiana e nel Bollettino ufficiale della regione.

L’art. 14 disciplina invece il Piano pluriennale economico-sociale volto a favorire lo sviluppo economico e sociale delle collettività eventualmente residenti all'interno del parco e nei territori adiacenti. Tale piano elaborato dalla Comunità del Parco e sul quale esprime la propria motivata valutazione il consiglio direttivo, è approvato dalla regione o, d'intesa, dalle regioni interessate. In caso di contrasto tra Comunità del parco, altri organi dell'Ente parco e regioni, la questione è rimessa ad una conferenza presieduta dal Ministro dell'ambiente il quale, perdurando i contrasti, rimette la decisione definitiva al Consiglio dei ministri. La durata prevista per il piano è quadriennale, con aggiornamenti annuali.


Art. 4
(Organi dell’Ente parco)

Il comma 1 elenca i seguenti organi dell'Ente parco:

a)      il presidente;

b)      il consiglio direttivo;

c)      la giunta esecutiva;

d)      il collegio dei revisori dei conti;

e)      la comunità del Parco.

Si noti che tale disposizione ripropone quella recata dall’art. 9, comma 2, della legge n. 394 del 1991.

 

Il successivo comma 2 rinvia, per la nomina degli organi indicati, a quanto disposto dall’art. 9, commi  3, 4, 5, 6 e 10, della legge quadro n. 394.

 

L’art. 9 della legge n. 394 reca una disciplina generale degli organi dell’Ente parco.

I commi richiamati prevedono:

§         la nomina del Presidente con decreto del Ministro dell'ambiente, d'intesa con i presidenti delle regioni nel cui territorio ricada in tutto o in parte il parco nazionale e le sue funzioni (comma 3);

§         le modalità di formazione del Consiglio direttivo composto dal Presidente e da 12 componenti, nominati con decreto del Ministro dell'ambiente, sentite le regioni interessate, scelti tra persone particolarmente qualificate per le attività in materia di conservazione della natura o tra i rappresentanti della Comunità del parco e designati da diversi organismi (5 dalla Comunità del parco, 2 dalle associazioni di protezione ambientale, 2 dall'Accademia nazionale dei Lincei, dalla Società botanica italiana, dall'Unione zoologica italiana, dal CNR e dalle Università degli studi con sede nelle province nei cui territori ricade il parco, 1 dal Ministro dell'agricoltura e delle foreste e 2 dal Ministro dell'ambiente) (comma 4);

§         i termini per effettuare le designazioni (quarantacinque giorni dalla richiesta del Ministro dell'ambiente) e i casi di incompatibilità (comma 5);

§         l’elezione di un vice presidente all’interno del Consiglio direttivo scelto tra i membri designati dalla Comunità del parco ed l’elezione di una Giunta esecutiva formata da cinque componenti, compreso il Presidente, secondo le modalità e con le funzioni stabilite nello statuto dell'Ente parco (comma 6);

§         la composizione, modalità di nomina e le funzioni del Collegio dei revisori dei conti (comma 10)

 

Si rammenta che i commi che invece non sono stati richiamati dal comma in esame riguardano:

§         il legittimo insediamento del Consiglio direttivo quanto viene nominata la maggioranza dei suoi componenti (comma 7);

§         le funzioni del Consiglio direttivo (comma 8);

§         le modalità di approvazione dello statuto dell’Ente parco ed il suo contenuto minimo (commi 8-bis e 9);

§         le modalità di nomina del direttore del parco (con decreto del Ministro dell'ambiente, scelto in una rosa di tre candidati proposti dal consiglio direttivo tra soggetti iscritti ad un albo di idonei all'esercizio dell'attività di direttore di parco istituito presso il Ministero dell'ambiente, al quale si accede mediante procedura concorsuale per titoli) e la durata quinquennale del suo incarico (comma 11);

§         la durata quinquennale degli organi dell'Ente parco (comma 12);

§         la fissazione degli emolumenti degli organi (comma 12-bis);

§         l’applicabilità agli Enti parco delle disposizioni di cui alla legge 20 marzo 1975, n. 70; ed il loro inserimento nella tabella IV allegata alla medesima legge (comma 13 trasfuso nell’art. 1, comma 3 della proposta in esame);

§         la commisurazione della pianta organica di ogni Ente parco alle risorse finalizzate alle spese per il personale ad esso assegnate e la possibilità di assumere personale tecnico e di manodopera con contratti a tempo determinato ed indeterminato ai sensi dei contratti collettivi di lavoro vigenti per il settore agricolo-forestale (comma 14);

§         la possibilità, per il Consiglio direttivo, di nominare appositi comitati di consulenza o di avvalersi di consulenti per problemi specifici nei settori di attività dell'Ente parco (comma 15)

 

Con riferimento all’articolo 4, comma 2, occorre valutare se fare rinvio anche all’articolo 10 della legge n. 394 del 1991, che disciplina la Comunità del parco, ricompresa dal comma 1 del medesimo articolo 4 tra gli organi del Parco.

Occorre inoltre valutare se fare espresso rinvio anche ai restanti commi dell’articolo 9, che disciplinano il funzionamento e la durata degli organi dell’Ente parco (anche se un rinvio generale alle disposizioni della legge n. 394 del 1991, per quanto non previsto dalla proposta di legge, è contenuto nell’articolo 8).

 

Il comma 3 dispone che il consiglio direttivo dell'Ente parco individui, entro due mesi dal suo insediamento, la sede legale e amministrativa dell'Ente all'interno del territorio del Parco.

 

Il comma 4 prevede che l’Ente sopra citato possa avvalersi di personale in posizione di comando, nonché di mezzi e di strutture messi a disposizione dalla Regione Veneto, dalla provincia di Venezia e dagli enti locali interessati, nonché da altri enti pubblici, secondo le procedure previste dalle disposizioni di legge vigenti in materia.

 

Si segnala, a tale proposito, che l’art. 9, comma 14, della legge-quadro n. 394, prevede cheper le finalità di cui alla stessa legge sia consentito l'impiego di personale tecnico e di manodopera con contratti a tempo determinato ed indeterminato, ai sensi dei contratti collettivi di lavoro vigenti per il settore agricolo-forestale.

L’art. 24, comma 3, della già citata legge-quadro prevede inoltre che gli enti di gestione dei parchi naturali regionali possono avvalersi sia di personale proprio che di personale comandato dalla Regione o da altri enti pubblici.

In via generale, si ricorda che nel pubblico impiego l’istituto del comando è disciplinato dall’articolo 56 del DPR 10 gennaio 1957, n. 3 (“TU delle disposizioni concernenti lo statuto degli impiegati civili dello Stato”), il quale stabilisce che – per riconosciute esigenze di servizio, o quando sia richiesta una speciale competenza, purché per un periodo di tempo determinato ed in via eccezionale – l’impiegato di ruolo può essere comandato a prestare servizio presso altra amministrazione statale o presso altri enti pubblici. Il successivo articolo 57 del Testo Unico precisa che la spesa per il personale comandato presso altra amministrazione statale resta a carico dell’amministrazione di appartenenza, mentre alla spesa del personale comandato presso enti pubblici provvede direttamente ed a proprio carico l’ente presso cui detto personale presta servizio.

L’ordinamento vigente non reca invece la definizione del distacco; in mancanza di una specifica disciplina, parte della dottrina considera il distacco come una semplice situazione di fatto, mentre altro orientamento ritiene che si configura un distacco quando l’impiegato statale è destinato a prestare servizio non presso altra amministrazione statale (come nel comando), bensì presso altro ente pubblico. Inoltre per il distacco si fa in genere riferimento alla disciplina che riguarda i dirigenti collocati in aspettativa retribuita, per cui si verifica più propriamente una sospensione del rapporto di lavoro[29].

La riforma del pubblico impiego, attuata con il D. Lgs 29 del 1993 poi trasfuso nel D. Lgs. 165 del 2001 (T.U. del pubblico impiego) non ha disciplinato l’istituto del comando né quello del distacco, che vanno pertanto ricostruiti all’interno di un quadro più generale, ferma restando l’applicabilità del T.U. del pubblico impiego nell’ambito dei settori del lavoro pubblico non contrattualizzato in funzione suppletiva.

Si può interpretare il silenzio del legislatore come un rinvio in via immediata alle regole privatistiche ed alla contrattazione collettiva, che sono destinate ormai a disciplinare il rapporto dei dipendenti delle amministrazioni pubbliche (art. 2, comma 2, D.Lgs. 165/2001).

Si tenga inoltre presente che a volte i termini di “comando” e “distacco” sono utilizzati come sinonimi.


Art. 5
(Entrate)

L’articolo in commento, al comma 1, indica quali entrate dell’Ente parco nazionale della laguna di Venezia, da destinare al conseguimento dei fini istitutivi:

a) i contributi ordinari e straordinari dello Stato;

b) i contributi della Regione Veneto e degli enti pubblici;

c) i contributi e i finanziamenti a soggetti specifici;

d) i lasciti, le donazioni e le erogazioni liberali in denaro previsti dagli articoli 10 e 100 del D.P.R 22 dicembre 1986, n. 917, e successive modificazioni;

e) gli eventuali redditi patrimoniali;

f) i canoni delle concessioni previste dalla normativa vigente in materia e i proventi dei diritti di ingresso e di privativa e le altre entrate derivanti dai servizi resi;

g) i proventi delle attività commerciali e promozionali;

h) i proventi delle sanzioni derivanti da inosservanza delle norme regolamentari stabilite dall’Ente Parco nazionale della laguna di Venezia;

i) ogni altro provento acquisito in relazione all’attività dell’Ente stesso.

 

Il comma in esame ricalca l’art. 16, comma 1, della legge-quadro 394/1991, circa le entrate del parco nazionale.

Per quanto concerne la lettera d), la quale prevede che tra le entrate dell’Ente parco nazionale della laguna di Venezia rientrino i lasciti, le donazioni e le erogazioni liberali in denaro previsti dagli articoli 10 e 100 del TUIR, si osserva che il D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917 (TUIR), non detta alcuna disposizione relativa ai lasciti e alle donazioni in favore di organismi di gestione di parchi e riserve naturali, mentre contiene norme relative alle erogazioni liberali in denaro in favore dei suddetti organismi.

 

L’art. 100, comma 2, lett. n), del TUIR consente la deduzione  delle erogazioni liberali in denaro a favore di organismi di gestione di parchi e riserve naturali, terrestri e marittimi, statali e regionali, e di ogni altra zona di tutela speciale paesistico-ambientale come individuata dalla vigente disciplina, statale e regionale, nonché gestita dalle associazioni e fondazioni private indicate alla lettera a) del comma 4 dell’articolo 154 dello stesso TUIR, effettuate per sostenere attività di conservazione, valorizzazione, studio, ricerca e sviluppo dirette al conseguimento delle finalità di interesse generale cui corrispondono tali ambiti protetti.

La deduzione sopra illustrata si applica alle erogazioni liberali effettuate dalle società e dagli enti commerciali residenti e, per il rinvio operato dall’art. 56, co. 1, del TUIR, a tutti i contribuenti titolari di reddito di impresa.

Analoga deduzione è riconosciuta, dall’art. 154, co. 4, lett. b), del TUIR, alle erogazioni liberali effettuate dagli enti non commerciali non residenti. Si segnala che tale disposizione non è richiamata dalla norma in commento.

Non è chiaro, invece, il rinvio all’art. 10 del TUIR, che disciplina le deduzioni dal reddito complessivo ai fini dell’imposta sul reddito delle persone fisiche, non prevedendo un’espressa ipotesi di deducibilità relativa alle erogazioni liberali a favore di organismi di gestione di parchi e riserve naturali. Esso tende probabilmente a ricomprendere nelle entrate dell’Ente le erogazioni effettuate da persone fisiche che non svolgono attività di impresa.

Per ciò che concerne la lettera f), sebbene il riferimento non sia esplicitato, essa riguarda presumibilmente i canoni demaniali e i canoni relativi a deviazioni idriche.

Per quanto riguarda la lettera h), si ricorda che l’art. 30, comma 2, della legge-quadro n. 394 prevede che la violazione delle disposizioni emanate dagli organismi di gestione delle aree protette sia punita con la sanzione amministrativa del pagamento di una somma da lire cinquantamila a lire duemilioni. Tali sanzioni sono irrogate, nel rispetto delle disposizioni di cui alla legge 24 novembre 1981, n. 689[30], dal legale rappresentante dell'organismo di gestione dell'area protetta.

 

Il comma 2 dell’articolo in esame prevede che i contributi erogati dallo Stato siano posti a carico dello stato di previsione del Ministero dell’ambiente e tutela del territorio e del mare.

Posto che il provvedimento in esame non reca risorse aggiuntive a favore del Parco Nazionale della laguna di Venezia, questo dovrebbe usufruire dello stanziamento iscritto nello stato di previsione del Ministero dell’Ambiente e della tutela del territorio e del mare, relativo a contributi in favore di enti, istituti, associazioni, fondazioni ed altri organismi, annualmente quantificato nella legge finanziaria e annualmente ripartito con decreto ministeriale, sottoposto al parere delle commissioni parlamentari competenti.

L'art. 32, comma 2, della legge 28 dicembre 2001, n. 448 (legge finanziaria 2002) prevede che gli importi dei contributi dello Stato in favore di enti, istituti, associazioni, fondazioni ed altri organismi, elencati in una tabella allegata, siano iscritti in un'unica unità previsionale di base (U.P.B.) nello stato di previsione di ciascun Ministero interessato; il riparto delle risorse stanziate su ciascuna di tali U.P.B. debba essere annualmente effettuato entro il 31 gennaio dal Ministro competente, con proprio decreto, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, “intendendosi corrispondentemente rideterminate le relative autorizzazioni di spesa”; sul decreto di ripartizione è prevista l’espressione del parere delle competenti Commissioni parlamentari.

Si segnala che, per il 2007, lo schema di ripartizione (sul quale la Commissione VIII della Camera ha espresso il parere di propria competenza nella seduta del 20 giugno) è stato trasmesso il 31 maggio ed ha assegnato a favore dei parchi nazionali una quota pari a 51.504.194 euro.

 


Art. 6
(Convenzioni)

L’articolo 6 prevede che l’Ente Parco possa avvalersi degli enti strumentali della Regione Veneto previa stipula di un’apposita convenzione, per tutte le attività che si rendono necessarie per il raggiungimento delle finalità dell’area protetta.

 


Art. 7
(Promozione)

 

L’articolo 7 prevede che l’Ente parco, per promuovere ed incentivare le iniziative atte a favorire lo sviluppo economico e sociale delle popolazioni residenti all’interno del Parco Nazionale, possa concedere l’uso del proprio nome e del proprio emblema a servizi e a prodotti locali che presentano requisiti di qualità e soddisfano le finalità del parco nazionale.

 

La disposizione riproduce nella sostanza quanto previsto l’art. 14, comma 4, della legge-quadro 394/1991, la quale prevede che, per le finalità di cui al comma 3, che l'Ente parco può concedere a mezzo di specifiche convenzioni l'uso del proprio nome e del proprio emblema a servizi e prodotti locali che presentino requisiti di qualità e che soddisfino le finalità del parco.

 

Si ricorda che nel corso dell’indagine conoscitiva sul sistema di gestione amministrativa degli enti parco nazionale (svolta dall’VIII Commissione nella scorsa legislatura e conclusa il 15 ottobre 2003 con l’approvazione del DOC.XVII, n. 9), è emersa la necessità di promuovere e stimolare gli enti parco ad individuare e sperimentare nuovi canali e strumenti di finanziamento, in aggiunta al contributo ordinario del Ministero, quali l'autofinanziamento, inteso come insieme di misure dirette a procurare risorse aggiuntive anche mediante attività di impresa ecocompatibili.

Nel documento conclusivo approvato dalla Commissione, nel quadro dell’analisi dei fattori che hanno comportato l'accumulo di notevoli giacenze di cassa, si fa anche riferimento all’insufficiente applicazione della disposizione contenuta al comma 4 dell'articolo 14 della «legge quadro», che “autorizza gli Enti parco a stipulare apposite convenzioni per la concessione dell'uso del proprio nome e del proprio emblema (il cosiddetto «logo») a servizi e prodotti locali che presentino requisiti di qualità e che soddisfino le finalità del parco (i cosiddetti «marchi di qualità ecologica»)”. per ciò che concerne i finanziamenti, si raccomanda “ai centri amministrativi competenti di sollecitare la più rapida definizione dei contributi agli Enti parco nazionali e, per altro verso, valutare la possibilità di introdurre nuovi e più flessibili strumenti di programmazione per le aree protette, che consentano di affiancare, ad una dotazione di base certa di risorse finanziarie, anche un quadro di progetti che possano considerarsi «cantierabili» e, quindi, realistici ed effettivi”. 


Art. 8
(Norme finali)

 

L’articolo in esame reca una norma di chiusura in base alla quale, per quanto non disciplinato dal provvedimento in esame, si applicano le disposizioni di cui alla legge 6 dicembre 1991, n. 394, e successive modificazioni.

 

 

 


Proposta di legge n. 2064

 


 

CAMERA DEI DEPUTATI

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N. 2064

¾

 

PROPOSTA DI LEGGE

 

d'iniziativa dei deputati

CACCIARI, ZANELLA, SPERANDIO, ACERBO, PERUGIA,

FRANCESCATO, CAMILLO PIAZZA, DE ANGELIS

 

                       

 

Istituzione del Parco nazionale della laguna di Venezia

 

                                                          

Presentata il 13 dicembre 2006

                                                          

 


Onorevoli Colleghi! - La laguna di Venezia è uno degli ecosistemi lagunari più estesi (550 kmq di superficie) e più importanti d'Europa e dell'intero bacino del Mediterraneo: un'area umida naturale con un immenso patrimonio biologico, faunistico e floristico e con alcune specie animali e vegetali rare o minacciate d'estinzione. Già nel 1962, in occasione della conferenza organizzata dall'Unione internazionale per la conservazione della natura (UICN), in una lista di zone umide di importanza internazionale meritevoli di protezione era inserita la laguna di Venezia. Anche la zona di Valle Averto è dichiarata «zona umida di importanza internazionale» dalla Convenzione di Ramsar del 2 febbraio 1971, resa esecutiva con decreto del Presidente della Repubblica 13 marzo 1976, n. 448.

      Essa è il risultato della combinazione tra fattori naturali e fattori antropici che storicamente hanno determinato l'assetto attuale; natura e cultura in una combinazione inscindibile e molto spesso virtuosa.

      Forse in nessun altro luogo nel nostro Paese si trovano condensati in modo così eloquente eccellenze archeologiche, architettoniche e naturalistiche come nella laguna di Venezia. E più che altrove qui si percepisce la fragilità e la complessità dell'insieme. La città di Venezia e la sua laguna, infatti, sono incluse nella lista dei «100 siti storici di interesse mediterraneo» approvata dalle Parti Contraenti del Piano d'azione del Mediterraneo (PAM) nel 1987, in applicazione della Dichiarazione di Genova del 1985.

      La conservazione della natura nel particolare contesto della laguna veneta deve allora passare attraverso il mantenimento delle attività umane, così come l'obiettivo della sopravvivenza delle comunità lagunari non può prescindere dall'impegno per l'arresto dei processi di degrado ambientale e il recupero dell'equilibrio dinamico dell'ecosistema lagunare, tanto che il Comitato per il Patrimonio Mondiale dell'UNESCO ha inserito Venezia città e la sua laguna nella lista dei 378 beni del «Patrimonio Mondiale dell'umanità» da salvaguardare (codice Id n. 394 1987).

      Tutto ciò esige un progetto legislativo nazionale che abbia come obiettivi la tutela e la riaffermazione della biodiversità e dei suoi rapporti tradizionali con l'attività umana, la promozione della ricerca scientifica e dell'educazione ambientale, il riequilibrio idraulico, biologico e idrobiologico, lo sviluppo sociale, culturale ed economico delle popolazioni insediate nel Parco.

      Gli ambienti lagunari sono da considerare ambienti conservativi aperti alle novità, che ben si adattano alle trasformazioni se sono gestiti in maniera corretta. La conservazione dell'ambiente nel suo equilibrio millenario con la cultura e l'attività umana è il riferimento centrale per una corretta e adeguata tutela mediante l'istituzione di un Parco nazionale.

      La laguna di Venezia e i litorali del veneziano sono esempi di sub-atlantismo nord-adriatico, nella persistenza di una grande laguna floristica e faunistica caratterizzata da numerose biocenosi esclusive, armonizzata nel tempo all'intervento umano promotore di quell'equilibrio dinamico che abbiamo ereditato e che, in coerenza con la tradizione culturale di cui la laguna stessa è espressione, dobbiamo mantenere e trasmettere alle generazioni future.

      I gravi segnali di riduzione della diversità, e alcuni fattori ecologici selettivi, ci impongono una maggiore attenzione e un equilibrato intervento di tutela che si può rendere operativo solo con l'istituzione del Parco nazionale della laguna di Venezia.

      Lo Stato italiano, con legge speciale n. 171 del 1973 (Interventi per la salvaguardia di Venezia), ha deciso di porre il bacino lagunare, assieme a Venezia, sotto tutela affermando, all'articolo 1, che «La salvaguardia di Venezia e della sua laguna è dichiarata problema di preminente interesse nazionale» e che «La Repubblica garantisce la salvaguardia dell'ambiente paesistico, storico, archeologico ed artistico della città di Venezia e della sua laguna, ne tutela l'equilibrio idraulico, ne preserva l'ambiente dall'inquinamento atmosferico e delle acque».

      Già dal 1983 il comune di Venezia ha proposto la costituzione dell'Ente parco della laguna di Venezia con giurisdizione su tutto il bacino lagunare e uno schema di normativa, presentata al consiglio regionale, che prevedeva la zonizzazione del perimetro del Parco in aree con diverso grado di protezione. Inoltre, tra il 1987 e il 1995, tre disegni di legge per l'istituzione del Parco della laguna di Venezia e Chioggia vennero proposti dai consiglieri regionali e nel 1996 un comitato di persone, diversamente impegnate nella salvaguardia della laguna, avanzarono una proposta di legge d'iniziativa popolare, sottoscritta da 6.000 elettori, depositata presso il consiglio regionale veneto il 9 ottobre 1997.

      Se in passato l'intervento dell'uomo ha sottolineato in parte il modello conservativo naturale dell'ambiente che si intende tutelare, la definizione dell'ambito territoriale permette oggi di individuare le aree di transizione e gli interventi necessari a scala di bacino sulla base di precise conoscenze scientifiche, che il Parco permetterà di approfondire ulteriormente e ampliare.

      La classificazione del territorio in zone di tutela, comprensive anche delle peculiarità del rapporto uomo-natura, consentirà il giusto equilibrio delle diverse componenti, in un territorio che integra l'elevatissima valenza naturalistica con valenze antropiche, storiche e artistiche uniche e irripetibili.

      L'area tutelata dovrà così essere sottoposta a un progressivo programma di sviluppo integrato tra le condizioni ecologiche e le valenze culturali, al punto che il Parco avrà caratteristiche congiunte e inscindibili di parco naturale e parco culturale.

      Tutto ciò premesso e considerato, al fine di tutelare, recuperare, valorizzare e conservare i caratteri naturalistici, storici e culturali del territorio della laguna di Venezia, nonché per assicurare adeguata promozione e tutela delle attività economiche tipiche dell'area e concorrere al miglioramento della qualità della vita delle comunità locali, si propone l'istituzione del Parco nazionale della laguna di Venezia.

      Di seguito vengono riportate, in sintesi, le principali tappe del processo di salvaguardia e tutela della laguna di Venezia, ad alcune delle quali si è fatto fin qui cenno.

      Nel 1962, in occasione della conferenza organizzata dall'Unione internazionale per la conservazione della natura (UICN), in una lista di zone umide di importanza internazionale meritevoli di protezione erano già inserite la laguna di Venezia e il delta del Po.

      Il Comitato per il Patrimonio Mondiale dell'UNESCO ha inserito Venezia città e la sua laguna nella lista dei 378 beni del «Patrimonio Mondiale dell'umanità» da salvaguardare (codice Id n. 394 1987).

      La città di Venezia e la sua laguna sono incluse nella lista dei «100 siti storici di interesse mediterraneo» approvata dalle Parti Contraenti del Piano d'azione del Mediterraneo (PAM) nel 1987, in applicazione della Dichiarazione di Genova del 1985.

      La Convenzione di Ramsar ha dichiarato «zona umida di importanza internazionale» la zona di Valle Averto.

      Lo Stato italiano, con legge speciale n. 171 del 1973, ha deciso di porre il bacino lagunare, assieme a Venezia, sotto tutela.

      Ai sensi delle direttive «Uccelli» 79/409/CEE e «Habitat» 92/43/CEE, recepite con regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica n. 357 del 1997, regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica n. 120 del 2003, decreto del Ministro dell'ambiente 3 aprile 2000, recante l'elenco delle zone di protezione speciale (ZPS) e dei siti di importanza comunitaria (SIC), decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio 3 settembre 2002, recante linee guida per la gestione dei siti Natura 2000, delibera della giunta regionale del Veneto 18 aprile 2006, n. 1180 («Rete ecologica europea Natura 2000. Aggiornamento banca dati»), sono state designate nell'ambito della laguna e dei litorali di Venezia quattro aree SIC, per un totale di 47.060 ettari, e cinque ZPS, 29.825 ettari, pari a oltre l'85 per cento dell'intera area lagunare.

      La legge della regione Veneto 16 agosto 1984, n. 40, recante nuove norme per l'istituzione di parchi e riserve naturali regionali, indica la laguna di Venezia tra gli ambiti per l'istituzione di parchi e riserve naturali.

      Il piano territoriale regionale di coordinamento, approvato con provvedimento del consiglio regionale del 13 dicembre 1991, inserisce l'area lagunare tra le «aree di tutela paesaggistica», per le quali prevede la predisposizione di appositi «Piani d'area» con specifica considerazione dei valori paesaggistico-ambientali. Nello specifico della laguna di Venezia, tale Piano d'area, denominato PALAV (Piano d'area della laguna di Venezia) è stato approvato con provvedimento del consiglio regionale il 7 marzo 1995.

      L'articolo 62 del PALAV (Direttive per la costituzione del Parco naturale regionale della laguna di Venezia) recita: «Il presente Piano di area costituisce punto di riferimento delle aree di particolare tutela che verranno definite dalla legge regionale istitutiva del Parco naturale della laguna di Venezia, come previsto dal Piano territoriale di coordinamento».

      Contestualmente il consiglio regionale ha approvato, con provvedimento n. 1091 del 7 marzo 1995, un ordine del giorno in cui si afferma «l'assoluta necessità di giungere in tempi brevi all'istituzione del Parco della laguna di Venezia. Tale Parco dovrà prevedere una normativa articolata di vincoli e di prescrizioni tali da consentire il massimo di tutela e di valorizzazione delle risorse naturali, storiche e artistiche. L'ambito dell'istituendo Parco della Laguna di Venezia e Chioggia dovrà coincidere in linea di massima con l'area determinata dalla conterminazione lagunare».

      Il piano faunistico venatorio della provincia di Venezia, approvato con deliberazione del consiglio provinciale prot. 2152/IV del 24 marzo 1994, e successive modificazioni e integrazioni, individua oasi di protezione di ambito lagunare per un totale di 18.856 ettari.

      Il comune di Venezia ha adottato la variante al piano regolatore generale per la laguna e le isole minori che individua e perimetra il Parco della laguna nord, quale parco di interesse locale ai sensi della legge della regione Veneto n. 40 del 1984, articolo 27.

      Il comune di Venezia, con deliberazione del consiglio comunale n. 99 del 2003, ha costituito l'Istituzione «Parco della laguna» cui è affidato il compito di gestire i beni patrimoniali del comune posti nella laguna nord, coerentemente con le finalità dell'istituendo Parco naturale di interesse locale. La stessa Istituzione deve attuare la tutela e la valorizzazione ambientale e socio-economica dell'area della laguna nord attraverso la definizione e la promozione di usi compatibili con la salvaguardia delle valenze naturalistiche, archeologiche, storiche e culturali dei luoghi.

      La laguna di Venezia, per la sua eccezionale valenza in chiave ornitologica, è stata proposta dalla provincia di Venezia quale zona umida di importanza internazionale ai sensi della Convenzione di Ramsar.

      Per lo stesso motivo l'intera area è stata designata quale Important Birds Area (IBA) dalla direzione per la conservazione della natura del Ministero dell'ambiente e la tutela del territorio e del mare, su proposta di Bird Life International.

      Già dal 1983 il comune di Venezia ha proposto la costituzione dell'Ente parco della laguna di Venezia con giurisdizione su tutto il bacino lagunare e uno schema di normativa, presentata al consiglio regionale, che prevedeva la zonizzazione del perimetro del Parco in aree con diverso grado di protezione.

      Tra il 1987 e il 1995, tre disegni di legge per l'istituzione del Parco della laguna di Venezia e Chioggia vennero proposti dai consiglieri regionali e nel 1996 un comitato di persone, diversamente impegnate nella salvaguardia della laguna, avanzarono una proposta di legge d'iniziativa popolare, sottoscritta da 6.000 elettori, depositata presso il consiglio regionale veneto il 9 ottobre 1997.

 


PROPOSTA DI LEGGE

Art. 1.

(Istituzione del Parco nazionale della laguna di Venezia).

      1. È istituito il Parco nazionale della laguna di Venezia, ai sensi della legge 6 dicembre 1991, n. 394, e successive modificazioni.

      2. Per il raggiungimento delle finalità del Parco nazionale della laguna di Venezia è istituito un ente pubblico non economico sottoposto alla vigilanza del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, di seguito denominato «Ente parco».

      3. All'Ente parco si applicano le disposizioni di cui alla legge 20 marzo 1975, n. 70, e successive modificazioni. L'Ente parco nazionale della laguna di Venezia è inserito nella parte IV della tabella allegata alla medesima legge n. 70 del 1975, e successive modificazioni.

      4. Il territorio del Parco comprende l'ambito territoriale definito dalle aree SIC e dalle aree ZPS della laguna di Venezia di cui alla delibera della giunta regionale della regione Veneto n. 1180 del 18 aprile 2006, pubblicata nel Bollettino Ufficiale della regione Veneto n. 45 del 16 maggio 2006, dai corridoi di interconnessione, nonché dagli ambiti lagunari funzionalmente collegati ai predetti siti, come descritto nella planimetria di cui all'allegato 1 annesso alla presente legge.

      5. In sede di approvazione del Piano ambientale del Parco, di cui all'articolo 3, comma 1, lettera a), si provvede alla delimitazione perimetrale di un ambito territoriale più ampio quale area di transizione, protezione e sviluppo controllato, da sottoporre a tutela mediante gli strumenti della pianificazione regionale e provinciale; possono altresì essere individuate aree contermini.

      6. La pianta organica dell'Ente parco è determinata e approvata entro due mesi dalla data di costituzione del consiglio direttivo del medesimo Ente, in conformità alle procedure di cui all'articolo 6 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, e successive modificazioni.

      7. A decorrere dalla data di costituzione del consiglio direttivo, all'Ente parco è affidata anche la gestione delle oasi di protezione previste dal piano faunistico venatorio della provincia di Venezia, ricomprese nel perimetro del Parco nazionale della laguna di Venezia.

Art. 2.

(Finalità del Parco).

      1. La finalità principale del Parco nazionale della laguna di Venezia è il ripristino dell'equilibrio tra società umana e ecosistema naturale che, nell'arco dei secoli, ha permesso l'evoluzione della città di Venezia nel contesto della sua laguna come un unicum riconosciuto quale patrimonio dell'intera umanità. In particolare sono finalità del Parco:

          a) la tutela, il mantenimento e la valorizzazione dell'ambiente naturale e storico considerato nella sua unitarietà, il recupero delle parti alterate, la conservazione dell'equilibrio tra la presenza e l'attività dell'uomo e i naturali processi dell'ecosistema lagunare, la tutela e il ripristino della biodiversità e il mantenimento di un equilibrio dinamico in ambito lagunare;

          b) la promozione della ricerca scientifica e dell'attività didattica e di educazione ambientale e, in genere, delle attività volte alla migliore conoscenza, fruizione e controllo dell'ambiente naturale e storico;

          c) la promozione, mediante la predisposizione di sostegni tecnici e finanziari, degli interventi atti a garantire il riequilibrio idraulico e biologico nonché la riqualificazione vegetale e faunistica sulla base di criteri scientifici che garantiscano, per tutti i biotopi e tutte le componenti originarie, almeno le superfici vitali minime;

          d) il mantenimento degli elementi naturali e storici che costituiscono l'attuale assetto lagunare, delle attività produttive compatibili e di un turismo calibrato sulla capacità di carico e sui servizi;

          e) lo sviluppo sociale, culturale ed economico delle popolazioni insediate nel Parco o su di esso gravitanti;

          f) la partecipazione e il coinvolgimento attivo delle popolazioni locali nella definizione degli strumenti di attuazione del Parco.

 

 

Art. 3.

(Strumenti di attuazione).

      1. Sono strumenti di attuazione del Parco:

          a) il Piano ambientale del Parco e i progetti di ambito;

          b) il Piano pluriennale economico-sociale;

          c) i progetti attuativi.

      2. Gli strumenti di cui al comma 1 sono redatti dall'Ente parco entro diciotto mesi dalla costituzione dei suoi organi.

Art. 4.

(Organi dell'Ente parco).

      1. Sono organi dell'Ente parco:

          a) il presidente;

          b) il consiglio direttivo;

          c) la giunta esecutiva;

          d) il collegio dei revisori dei conti;

          e) la comunità del Parco.

      2. La nomina degli organi di cui al comma 1 è effettuata secondo le disposizioni previste dall'articolo 9, commi 3, 4, 5, 6 e 10, della legge 6 dicembre 1991, n. 394, e successive modificazioni.

      3. Il consiglio direttivo dell'Ente parco individua all'interno del territorio del Parco la sede legale e amministrativa dell'Ente stesso, entro due mesi dal suo insediamento.

      4. L'Ente parco può avvalersi di personale in posizione di comando, nonché di personale, mezzi e strutture messi a disposizione dalla regione Veneto, dalla provincia di Venezia, dagli enti locali nonché da altri enti pubblici, secondo le procedure previste dalle vigenti disposizioni di legge.

Art. 5.

(Entrate).

      1. Costituiscono entrate dell'Ente parco da destinare al conseguimento dei fini istituzionali:

          a) i contributi ordinari e straordinari dello Stato;

          b) i contributi della regione Veneto e degli enti pubblici;

          c) i contributi e i finanziamenti a specifici progetti;

          d) i lasciti, le donazioni e le erogazioni liberali in denaro di cui agli articoli 10 e 100 del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, e successive modificazioni;

          e) gli eventuali redditi patrimoniali;

          f) i canoni delle concessioni previste dalla legge, i proventi dei diritti di ingresso e di privativa e le altre entrate derivanti dai servizi resi;

          g) i proventi delle attività commerciali e promozionali;

          h) i proventi delle sanzioni derivanti dall'inosservanza delle norme regolamentari stabilite dall'Ente parco;

          i) ogni altro provento acquisito in relazione all'attività dell'Ente parco.

      2. I contributi ordinari erogati dallo Stato sono posti a carico dello stato di previsione del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare.

Art. 6.

(Convenzioni).

      1. L'Ente parco, previa stipula di un'apposita convenzione, si avvale degli enti strumentali della regione Veneto per tutte le attività che si rendono necessarie per il raggiungimento delle finalità dell'area protetta.

Art. 7.

(Promozione).

      1. Al fine di promuovere e di incentivare le iniziative atte a favorire lo sviluppo economico e sociale delle popolazioni residenti all'interno del Parco nazionale della laguna di Venezia, l'Ente parco può concedere l'uso del proprio nome e del proprio emblema a servizi e prodotti locali che presentano requisiti di qualità e che soddisfano le finalità del Parco medesimo.

Art. 8.

(Norme finali).

      1. Per quanto non previsto dalla presente legge si applicano le disposizioni di cui alla legge 6 dicembre 1991, n. 394, e successive modificazioni.


Allegato

(articolo 1, comma 4)

 


Normativa di riferimento

 


 

L. 5 marzo 1963, n. 366
Nuove norme relative alle lagune di Venezia e di Marano-Grado

 

(1) Pubblicata nella Gazz. Uff. 2 aprile 1963, n. 89.

(2)  Per il trasferimento alla regione Friuli-Venezia Giulia delle funzioni amministrative relative alla laguna di Marano-Grado, previste nella presente legge, vedi l'art. 2, comma 3, D.Lgs. 25 maggio 2001, n. 265.

 

1.  La laguna di Venezia è costituita dal bacino demaniale marittimo di acqua salsa che si estende dalla foce del Sile (conca del Cavallino) alla foce del Brenta (conca di Brondolo) ed è compreso fra il mare e la terraferma.

Essa è separata dal mare da una lingua naturale di terra fortificata per lunghi tratti artificialmente, in cui sono aperte tre bocche o porti, ed è limitata verso terraferma da una linea di confine marcata da appositi cippi o pilastri di muro segnati con numeri progressivi.

Tale linea delimita il territorio lagunare nel quale debbono essere osservate le norme e prescrizioni contenute nella presente legge a salvaguardia della laguna.

 

2.  Entro un anno dall'entrata in vigore della presente legge, il Magistrato alle acque procederà alla ricognizione dell'attuale tracciato della conterminazione lagunare e, sentito il proprio Comitato tecnico amministrativo nonché la direzione marittima e l'Intendenza di finanza territorialmente competenti, ne proporrà al Ministero dei lavori pubblici le modifiche ritenute necessarie.

Il nuovo tracciato della conterminazione lagunare sarà approvato con decreto del Ministro per i lavori pubblici (3).

Le successive modifiche del perimetro lagunare che si renderanno in seguito necessarie verranno proposte e approvate con le modalità previste dai commi precedenti.

La determinazione e l'aggiornamento della conterminazione lagunare dovranno salvaguardare, non solo la laguna, ma anche l'officiosità delle bocche portuali, cioè il porto lagunare di Venezia, classificato nella 1ª categoria dei porti nazionali con regio decreto 30 luglio 1888, n. 5629. In sede di detta determinazione si provvederà alla distinzione dei canali marittimi.

Il Magistrato alle acque rileverà il perimetro di tutte le isole e delle zone recinte comprese nell'ambito della laguna, come sopra determinato.

 

(3)  Con D.M. 9 febbraio 1990 (Gazz. Uff. 22 febbraio 1990, n. 44) è stato approvato il nuovo tracciato della linea di conterminazione della laguna di Venezia.

 

3.  Al Magistrato alle acque spettano la sorveglianza sull'intera laguna e la disciplina di tutto quanto abbia attinenza con il mantenimento del regime lagunare.

Tutti gli Enti pubblici e privati, ivi compreso l'Ufficio del genio civile per le opere marittime di Venezia, dovranno ottenere, prima di eseguire escavi od opere di qualsiasi natura entro il perimetro lagunare, il nulla-osta del Magistrato alle acque.

Per i lavori di manutenzione da parte dell'Ufficio del genio civile per le opere pubbliche è sufficiente il preventivo avviso al Magistrato alle acque.

 

4.  La navigazione nella laguna di Venezia è sottoposta alla giurisdizione del Magistrato alle acque, esclusi i canali marittimi e le zone di competenza dell'Amministrazione marittima.

In detti canali e zone la navigazione è regolata dalle norme vigenti in materia di polizia marittima e portuale, e, nella rimanente laguna, da quelle che disciplinano la navigazione interna.

Il Magistrato alle acque provvederà all'esecuzione di tutte le opere necessarie al mantenimento dei canali di navigazione, esclusi i canali marittimi. A questi ultimi, nonché agli ambiti portuali, provvederà l'Ufficio del genio civile per le opere marittime di Venezia.

 

5.  Per l'adempimento delle funzioni demandategli dalla presente legge il Magistrato alle acque si varrà anche dell'opera del genio civile di Venezia il quale, agli effetti delle presenti norme, estende la sua giurisdizione su tutta la laguna, anche sulla parte compresa nelle circoscrizioni provinciali limitrofe.

Per la parte marittima il Magistrato alle acque si varrà anche dell'Ufficio del genio civile per le opere marittime di Venezia e potrà, pertanto, ai sensi dell'art. 4, ultimo comma, della legge 5 maggio 1907, n. 257 , e successive modificazioni, chiamare a partecipare alle sedute del Comitato tecnico amministrativo, con voto consultivo, l'ingegnere capo dell'Ufficio stesso.

 

6.  Nei canali, siano essi navigabili o no, è proibito erigere traverse, pescaie od altro impedimento, sotto o fuor d'acqua, mobile o stabile, di qualunque natura e dimensione esso sia, senza preventiva autorizzazione del Magistrato alle acque o dell'autorità marittima, secondo le rispettive competenze.

 

7.  Oltre alle acque dolci, siano di fiume o di scolo, che entrano attualmente in laguna o per non essere mai state divertite da essa, o per esservi state condotte con apposite concessioni, è vietato introdurne altre, siano torbide o chiare, senza un'apposita concessione del Magistrato alle acque il quale sentito il parere del medico provinciale, e salva l'osservanza delle norme sulle derivazioni delle acque pubbliche, prescriverà gli oneri da imporre al concessionario nei riguardi igienici e idraulici, per rendere la concessione il più possibile innocua alla laguna.

Lo scarico delle acque che attualmente si versano in laguna dovrà essere gradualmente sistemato nei riguardi idraulici ed igienici, sentito il parere del medico provinciale.

 

8. Le opere di ogni genere o natura che vengano a modificare il perimetro di conterminazione lagunare, non potranno essere eseguite, se non sia preventivamente intervenuto il decreto ministeriale con il quale viene approvato il nuovo perimetro lagunare ai sensi dell'art. 2 della presente legge.

All'interno della conterminazione lagunare il Magistrato alle acque è autorizzato a rilasciare nulla-osta nel caso di richiesta di modifiche riconosciute dallo stesso non sostanziali; per le modifiche riconosciute di carattere sostanziale, si applicano le disposizioni di cui al primo comma del presente articolo.

 

9. Qualora il Magistrato alle acque ritenga necessario destinare alla libera espansione della marea alcune aree nell'interno o ai margini del perimetro lagunare, esso procede alle occorrenti espropriazioni per pubblica utilità, oppure, ove ne sia il caso, all'affrancazione da eventuali diritti esistenti sulle aree medesime.

Nulla è dovuto se la modifica al perimetro lagunare e avvenuta per cause naturali.

 

10.  È vietato di scaricare o di disperdere in qualsiasi modo rifiuti o sostanze che possono inquinare le acque della laguna.

Entro l'ambito lagunare non possono esercitarsi industrie che refluiscano in laguna rifiuti atti ad inquinare o intorbidire le acque. Chi eserciti o intenda esercitare tali industrie è tenuto ad adottare idonei dispositivi di depurazione secondo le prescrizioni che saranno date dal Magistrato alle acque nell'atto di concessione, sentita l'autorità sanitaria.

Per la concessione di scarichi di acque industriali nei canali di navigazione marittima, oltre il parere dell'autorità sanitaria, deve essere sentito il parere dell'autorità marittima.

 

11.  Qualora, per l'esercizio di officine, cantieri, depositi e simili, si renda impossibile, entro e fuori gli abitati, evitare interrimenti presso gli approdi e nei tronchi di canale fronteggianti, o sulle prossime zone lagunari, i proprietari conduttori ed esercenti sono obbligati in solido:

a) a preavvertirne il Magistrato alle acque, per lettera raccomandata con ricevuta di ritorno;

b) a provvedere in ogni caso almeno una volta l'anno, salvo termini più brevi imposti dal Magistrato alle acque, a far sgomberare il canale o la zona lagunare dagli interrienti suddetti, trasportando le materie alle pubbliche sacche.

Ricevuto il preavviso di cui sopra, il Magistrato alle acque farà depositare una congrua cauzione a garanzia degli indicati obblighi per le spese occorrenti alla esecuzione d'ufficio nel caso di inadempienza.

Ove il carico o lo scarico abbia recato danno alle rive o agli approdi, i proprietari conduttori ed esercenti sono obbligati in solido a ripararlo salva, in caso di inadempienza, l'esecuzione d'ufficio da parte del Magistrato alle acque.

 

12.  Le disposizioni stabilite dai regolamenti municipali riguardanti la manutenzione e la disciplina dei canali e rivi in consegna ai Comuni devono uniformarsi alle disposizioni della presente legge.

I Comuni stessi dovranno però rendere edotto l'Ufficio del genio civile di ogni scavo che sarà da essi intrapreso nei rivi e canali in loro consegna.

Il trasporto e la cernita delle materie provenienti dalla spazzatura delle strade e delle abitazioni deve avvenire sotto l'osservanza delle norme igieniche, escludendo in ogni caso l'immissione di dette materie nelle acque lagunari.

 

13.  È vietato gettare in qualunque punto della laguna, e specialmente nei suoi canali, o di lasciarvi cadere, materie di qualunque specie anche se galleggianti.

Salvo quanto disposto dall'art. 14, lo scarico in mare di materiali provenienti dall'ambito lagunare, dev'essere effettuato a distanza stabilita dal Magistrato alle acque, di concerto con la competente capitaneria di porto, in modo da impedire il ritorno delle materie in laguna e gli interrimenti alle foci.

 

14.  Chiunque intraprenda l'esecuzione dei lavori, con trasporto di materie di rifiuto, è obbligato a darne preavviso, per lettera raccomandata con ricevuta di ritorno, al genio civile, per l'occorrente vigilanza: al preavviso sono tenuti in solido l'esecutore e il committente dei lavori.

 

15.  Le materie di rifiuto, qualora non depositate in orti, cortili, piazze e simili devono essere deposte nelle apposite sacche costruite e mantenute dal Magistrato alle acque oppure date in concessione ai privati in deroga all'art. 13 della presente legge.

 

16.  Per le materie che devono trasportarsi nelle pubbliche sacche, ovvero in altri luoghi, in caso di speciale concessione, deve sempre essere conosciuto il carico che ha la barca quando si mette in viaggio, in modo da poterne fare il riscontro nel luogo del deposito ed assicurarsi che le materie da trasportare non siano andate disperse nel percorso.

 

17.  Se il sito dello scarico non sia una pubblica sacca, ma un luogo dove gli interessati abbiano ottenuto di poter trasportare materiale come all'art. 15, le somme da corrispondersi all'agente delegato dal genio civile per la sorveglianza gravano su chi fa lo scarico. Il relativo importo dovrà venire preventivamente versato su apposito conto speciale presso la Tesoreria dello Stato.

 

18.  Tutte le barche cariche di materiale di rifiuto dovranno circolare nell'interno della laguna munite della apposita bolletta.

Dal tramonto all'alba non potranno circolare se non con apposita autorizzazione dell'Ufficio del genio civile.

 

19.  A chiunque occorra prelevare dalla laguna sabbia, fango ed altre materie, per interrimenti di carattere provvisorio, come per la costruzione di casseri, ture di asciugamento e simili, nonché estrarre argille o torbe dal fondo lagunare, anche se di pertinenza privata, a qualsiasi uso debbano servire, l'autorizzazione è data dal Magistrato alle acque sotto la disciplina delle presenti norme, e con l'indicazione del sito e della estensione delle cave di prestito.

Cessato l'uso, l'interrimento artificiale deve essere disfatto interamente, riportando le materie dove viene prescritto.

Compiuta l'estrazione di argille e torbe, le materie non utilizzabili escavate ed ammonticchiate intorno alle cave devono essere rimesse nelle cave stesse.

 

20.  È vietata la discarica in laguna delle acque di lavaggio delle petroliere. Il carico e lo scarico della zavorra delle navi e dei natanti e qualsiasi dispersione nella laguna di liquidi o di sostanze solide trasportati da navi o natanti devono essere autorizzati dall'Ufficio del genio civile o dalle capitanerie di porto per le zone di rispettiva competenza, su presentazione di apposita domanda nella quale deve essere indicata la località di prelevamento o di deposito delle materie.

 

21.  Sono vietati i dissodamenti e le piantagioni di qualunque specie entro il perimetro lagunare, eccettuate le isole, senza il nulla-osta del Magistrato alle acque.

 

22.  Gli argini di conterminazione lagunare sono considerati pertinenze del Demanio marittimo, ai sensi dell'art. 29 del Codice della navigazione.

Le disposizioni che provvedono alla tutela degli argini pubblici si estendono agli argini di conterminazione lagunare.

 

23.  Lo sfalcio delle erbe dei terreni sia privati che demaniali, siti entro il perimetro lagunare, dev'essere autorizzato dall'Ufficio del genio civile.

 

24.  La pesca nella laguna di Venezia è soggetta, oltre che alle norme vigenti sulla pesca in genere, a quelle previste dal capo IV del regio decreto-legge 18 giugno 1936, n. 1853 (4), convertito in legge 7 gennaio 1937, n. 191, in quanto compatibili con la presente legge. Sono fatte salve le limitazioni di carattere igienico contenute nei regolamenti locali.

La pesca stabile si esegue entro le valli da pesca arginate e individuate a termini dell'art. 2.

 

(4)  Recante norme relative alla polizia della laguna di Venezia.

 

25.  Tutte le opere, arginature, chiaviche, fatte in fregio o all'interno del perimetro lagunare devono essere autorizzate dal Magistrato alle acque, ivi comprese la regolazione e le derivazioni di acqua marina.

 

26.  I contravventori alle norme della presente legge sono puniti con la sanzione amministrativa fino a lire 900.000, salvo che il fatto non costituisca reato più grave (5).

 

(5)  La sanzione originaria dell'ammenda è stata sostituita, da ultimo, con la sanzione amministrativa dall'art. 32, L. 24 novembre 1981, n. 689. L'importo della sanzione è stato così elevato dall'art. 114, primo comma, della citata L. 24 novembre 1981, n. 689, in relazione all'art. 113, terzo comma, della stessa legge. Per effetto dell'art. 10 della medesima L. 24 novembre 1981, n. 689, l'entità della sanzione non può essere inferiore a lire 4.000.

 

27.  L'accertamento delle violazioni alle norme della presente legge è demandato, oltre che agli ufficiali ed agli agenti della polizia giudiziaria, ai vigili comunali, al personale tecnico del genio civile, Servizio generale, Servizio idrografico e opere marittime, nonché agli ufficiali ed agenti indicati nell'art. 1235 del Codice della navigazione.

 

28.  Per le contravvenzioni alle presenti norme che alterino lo stato delle cose è in facoltà del presidente del Magistrato alle acque, inteso l'Ufficio del genio civile e, quando sussistano ragioni di competenza, anche l'autorità militare e quella marittima, di ordinare la riduzione al primitivo stato, o effettuare scavi di compenso, stabilendo il termine in cui tali lavori devono essere compiuti.

Trascorso inutilmente il termine stabilito, i lavori sono eseguiti, per conto dell'interessato, dall'Ufficio del genio civile.

In caso d'urgenza il presidente del Magistrato alle acque, può, nella stessa ordinanza di cui al primo comma di questo articolo, disporre che i lavori siano immediatamente eseguiti d'ufficio.

Per il rimborso delle spese sostenute dall'Erario, nelle ipotesi previste dal secondo e dal terzo comma del presente articolo, si applica l'art. 378 della legge sui lavori pubblici.

 

29.  La concessione dei beni demaniali marittimi compresi nell'interno della conterminazione lagunare rimane affidata al Magistrato alle acque in tutta la laguna, escluse le zone portuali di competenza dell'autorità marittima, secondo gli speciali accordi già stabiliti o da stabilirsi.

 

30.  Le disposizioni della presente legge sono applicabili, relativamente alle zone ed agli uffici di rispettiva pertinenza, alla laguna di Maranogrado.

La laguna di Marano-Grado è costituita dal bacino demaniale marittimo d'acqua salsa che si estende dalla foce del Tagliamento alla foce del canale Primero ed è compresa fra il mare e la terraferma.

 

31.  Le norme previste dal regio decreto-legge 18 giugno 1936, n. 1853, convertito in legge 7 gennaio 1937, n. 191, sono abrogate, fatta eccezione per quelle contenute nel capo IV sull'esercizio della pesca in laguna, secondo quanto disposto dal precedente art. 24.

Le norme della presente legge sostituiscono quelle della legge sopra indicata, nelle citazioni che figurano nel Codice della navigazione (articolo 1269) e nel relativo regolamento per la navigazione marittima (art. 515).


L. 16 aprile 1973, n. 171
Interventi per la salvaguardia di Venezia

 

(1) Pubblicata nella Gazz. Uff. 8 maggio 1973, n. 117.

(2)  Vedi il D.P.R. 20 settembre 1973, n. 791.

(3)  Con riferimento al presente provvedimento è stata emanata la seguente circolare: - I.N.P.S. (Istituto nazionale previdenza sociale): Circ. 25 luglio 1997, n. 166.

 

TITOLO I

1.  La salvaguardia di Venezia e della sua laguna è dichiarata problema di preminente interesse nazionale.

La Repubblica garantisce la salvaguardia dell'ambiente paesistico, storico, archeologico ed artistico della città di Venezia e della sua laguna, ne tutela l'equilibrio idraulico, ne preserva l'ambiente dall'inquinamento atmosferico e delle acque e ne assicura la vitalità socioeconomica nel quadro dello sviluppo generale e dell'assetto territoriale della Regione.

Al perseguimento delle predette finalità concorrono, ciascuno nell'ambito delle proprie competenze, lo Stato, la Regione e gli Enti locali.

 

2.  La Regione, ai fini di cui al precedente articolo, approva con propria legge, entro 15 mesi dalla deliberazione del Governo di cui al terzo comma del presente articolo, un piano comprensoriale, relativo al territorio di Venezia ed al suo entroterra, che dovrà essere redatto tenendo conto degli indirizzi fissati nella predetta deliberazione.

La Regione con propria legge delimita l'ambito territoriale del comprensorio e stabilisce la partecipazione dei comuni interessati alla formazione ed alla adozione del piano comprensoriale.

Il Governo, entro tre mesi dall'entrata in vigore della presente legge, fissa gli indirizzi di cui al primo comma attinenti a:

a) indicazioni concernenti lo sviluppo e l'assetto territoriale di Venezia e del suo entroterra;

b) individuazione ed impostazione generale delle misure per la protezione e la valorizzazione dell'ambito naturale e storico-artistico di Venezia e di Chioggia, con particolare riguardo all'equilibrio idrogeologico ed all'unità fisica ed ecologica della laguna.

Per la preparazione degli indirizzi di cui al precedente comma, è costituito un comitato così composto: Ministro per i lavori pubblici, che lo presiede, Ministro per il bilancio e la programmazione economica, Ministro per la pubblica istruzione, Ministro per la marina mercantile, Ministro per la sanità, Ministro per l'agricoltura e le foreste, Presidente della Giunta regionale del Veneto, Presidente della amministrazione provinciale di Venezia, sindaco di Venezia, sindaco di Chioggia e due rappresentanti degli altri comuni di cui all'ultimo comma del presente articolo eletti dai sindaci con voto limitato.

Ciascuno dei suddetti componenti può essere sostituito da un proprio rappresentante all'uopo delegato.

I finanziamenti disposti dalla presente legge debbono essere utilizzati nell'interesse dei comuni di Venezia, Chioggia, Codevigo, Campagna Lupia, Mira, Quarto D'Altino, Iesolo, Musile di Piave.

 

3.  Il piano comprensoriale stabilisce le direttive da osservare nel territorio del comprensorio per la formazione e l'adeguamento degli strumenti urbanistici.

Tali direttive riguardano:

a) lo sviluppo, l'impianto e la trasformazione degli insediamenti abitativi, produttivi e terziari;

b) le zone da riservare a speciali destinazioni e quelle da assoggettare a speciali vincoli o limitazioni, con particolare riferimento alle località di interesse paesistico, storico, archeologico, artistico, monumentale ed ambientale;

c) le limitazioni specificamente preordinate alla tutela dell'ambiente naturale, alla preservazione della unità ecologica e fisica della laguna, alla preservazione delle barene ed all'esclusione di ulteriori opere di imbonimento, alla prevenzione dell'inquinamento atmosferico ed idrico e, in particolare, al divieto di insediamenti industriali inquinanti, ed ai prelievi e smaltimenti delle acque sopra e sotto suolo;

d) l'apertura delle valli da pesca ai fini della libera espansione della marea;

e) il sistema delle infrastrutture e delle principali attrezzature pubbliche o di uso pubblico, comprese le opere portuali.

È consentito sino al 31 dicembre 2004, e comunque fino al momento della effettiva disponibilità di acqua per il tramite di acquedotti rurali il prelievo delle acque di falda ad esclusivo uso irriguo nel litorale delle frazioni di Cavallino Treporti, di Punta Sabbioni e di Sant'Erasmo (4). (4)  Comma aggiunto dall'art. 1-bis, D.L. 29 marzo 1995, n. 96 e poi così modificato prima dall'art. 20, L. 27 marzo 2001, n. 122 e poi dall'art. 1, L. 3 dicembre 2001, n. 428.

 

4.  Il piano comprensoriale esplica i suoi effetti fino all'approvazione del piano territoriale della regione Veneto, dal quale sarà recepito con le eventuali varianti che si rendessero necessarie ai fini della sua connessione con le previsioni del piano territoriale relative alle altre aree della Regione.

I comuni il cui territorio sia compreso nel perimetro del piano comprensoriale sono tenuti, entro un anno dall'approvazione dello stesso, ad adottare le varianti necessarie per uniformarvi i rispettivi strumenti urbanistici. Analogo obbligo sussiste per il Consorzio obbligatorio per l'ampliamento del porto e della zona industriale di Venezia-Marghera, per quanto riguarda il piano regolatore generale di cui all'articolo 2 della legge 2 marzo 1963, n. 397 .

Il piano comprensoriale, una volta adottato, viene trasmesso dalla Regione a tutti i comuni interessati e ad esso si applicano le misure di salvaguardia, obbligatorie nei riguardi di qualsiasi opera, pubblica o privata, dal momento della adozione sino all'approvazione del piano medesimo.

Ove decorra inutilmente il termine di cui al secondo comma del presente articolo, la Regione può provvedere in via sostitutiva.

 

TITOLO II

5.  È istituita la Commissione per la salvaguardia di Venezia composta da:

il Presidente della Regione che la presiede;

il presidente del Magistrato alle acque;

un rappresentante dell'UNESCO;

il soprintendente ai monumenti di Venezia;

il soprintendente alle gallerie e alle opere d'arte di Venezia;

l'ingegnere capo del genio civile per le opere marittime di Venezia;

il medico provinciale di Venezia;

un rappresentante del Ministero dei lavori pubblici;

un rappresentante del Ministero della marina mercantile;

un rappresentante del Ministero dell'agricoltura e delle foreste;

un rappresentante del Consiglio nazionale delle ricerche designato dal Ministro per il coordinamento delle iniziative per la ricerca scientifica e tecnologica;

tre rappresentanti della regione Veneto eletti dal Consiglio regionale con voto limitato a due;

un rappresentante della provincia di Venezia, eletto dal Consiglio provinciale;

tre rappresentanti del comune di Venezia, eletti dal consiglio comunale con voto limitato a due;

due rappresentanti degli altri comuni di cui all'ultimo comma dell'articolo 2 eletti dai sindaci con voto limitato (5).

I componenti della commissione possono essere sostituiti da loro delegati, nel caso in cui rappresentino uffici, o da loro supplenti, negli altri casi, designati con le stesse modalità dei componenti.

Le adunanze della commissione sono valide con la presenza di almeno tre quinti dei componenti, le determinazioni sono assunte con il voto favorevole della maggioranza dei presenti. In caso di parità è determinante il voto del presidente.

Qualora il parere della commissione sia preso con il voto contrario del presidente del Magistrato alle acque, per motivi attinenti all'equilibrio idraulico-lagunare, o del medico provinciale, per motivi attinenti all'inquinamento atmosferico o delle acque, o del soprintendente ai monumenti, per motivi attinenti alla salvaguardia dell'ambiente paesistico, storico, archeologico ed artistico, le determinazioni della commissione sono sospese ed il Presidente della Regione, entro venti giorni dal voto della commissione, rimette gli atti al parere del Consiglio superiore dei lavori pubblici, del Consiglio superiore di sanità e del Consiglio superiore alle antichità e belle arti, secondo la rispettiva competenza.

Il relativo parere dovrà essere espresso entro trenta giorni, salvo proroga motivata per un massimo di altri trenta giorni. Le determinazioni conseguenti saranno assunte con provvedimento motivato dal Ministro competente, da emanarsi entro trenta giorni.

Entro venti giorni dall'entrata in vigore della presente legge le designazioni dei rappresentanti delle pubbliche amministrazioni sono comunicate al Presidente della Regione che, nei successivi dieci giorni, provvede alla costituzione della commissione.

La commissione di cui al presente articolo esplica le sue funzioni per il territorio di ciascun comune fino all'entrata in vigore dello strumento urbanistico generale redatto o modificato secondo le direttive del piano comprensoriale.

La commissione si avvale per la sua attività del personale e degli uffici da essa richiesti alla regione Veneto (6).

 

(5)  Vedi, anche, l'art. 4, L. 8 novembre 1991, n. 360.

(6)  La Corte costituzionale, con ordinanza 18-23 luglio 1997, n. 267 (Gazz. Uff. 6 agosto 1997, n. 32, Serie speciale), ha dichiarato la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell'art. 6, comma 3, come sostituito dall'art. 1-bis, comma 3, del D.L. 29 marzo 1995, n. 96, introdotto con la legge di conversione 31 maggio 1995, n. 206, sollevata, in riferimento agli artt. 3, 9, 10, 11, 32, 97, 117 e 118 della Costituzione.

Ha dichiarato, inoltre, la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell'art. 5, sollevata in riferimento agli artt. 3, 9, 10, 32, 97, 117 e 118 della Costituzione.

 

6.  1. La Commissione per la salvaguardia di Venezia esprime parere vincolante su tutti gli interventi di trasformazione e di modifica del territorio per la realizzazione di opere sia private sia pubbliche, da eseguirsi nella vigente conterminazione lagunare, nel territorio dei centri storici di Chioggia e di Sottomarina e nelle isole di Pellestrina, Lido e Sant'Erasmo. Sono esclusi dalla competenza della Commissione gli interventi edilizi di cui all'art. 31, primo comma, lettere b) e c), della L. 5 agosto 1978, n. 457, che non comportino modifiche esterne dell'immobile, e le opere interne alle costruzioni che non comportino modifiche della sagoma e dei prospetti e non rechino pregiudizio alla statica dell'immobile, nonché le opere di arredo urbano e le concessioni di plateatico, ferme restando le competenze della Commissione sui relativi piani, programmi e progetti complessivi. Il parere della Commissione sostituisce ogni altro parere, visto, autorizzazione, nulla osta, intesa o assenso, comunque denominati, che siano obbligatori ai sensi delle vigenti disposizioni normative statali e regionali, ivi compresi il parere delle commissioni edilizie dei comuni di volta in volta interessati ed il parere della commissione provinciale per i beni ambientali (7)(8).

2. Solo per le finalità di cui al comma 1, le richieste di concessione edilizia sono trasmesse dal sindaco alla Commissione per la salvaguardia di Venezia corredate dalle istruttorie degli uffici comunali, entro trenta giorni dal ricevimento (9).

3. La Commissione per la salvaguardia di Venezia esprime il proprio parere sugli interventi di cui al comma 1 entro novanta giorni dal ricevimento della documentazione. Il termine può essere prorogato, per chiarimenti ed integrazioni, una sola volta e per un periodo non superiore a trenta giorni. Qualora il parere non venga espresso entro tale termine, si intende reso in senso favorevole (10)(11).

4. Qualora il parere della Commissione per la salvaguardia di Venezia sia espresso con il voto contrario del presidente del Magistrato alle acque, per motivi attinenti all'equilibrio idraulico lagunare, del sovrintendente per i beni ambientali ed architettonici di Venezia, per motivi attinenti alla salvaguardia dell'ambiente paesistico, storico, archeologico ed artistico, o del comandante provinciale dei vigili del fuoco di Venezia, per motivi attinenti alla sicurezza delle costruzioni e degli impianti, le determinazioni della Commissione sono sospese ed il presidente della giunta regionale, entro venti giorni dal voto della Commissione, rimette gli atti al parere del Ministro dei lavori pubblici, del Ministro per i beni culturali e ambientali e del Ministro dell'interno, i quali sono tenuti ad assumere le relative determinazioni, con provvedimento motivato, entro novanta giorni dal ricevimento degli atti, avendo preventivamente acquisito i pareri del Consiglio superiore dei lavori pubblici e del Consiglio nazionale per i beni culturali ed ambientali.

5. Per il funzionamento degli uffici della Commissione per la salvaguardia di Venezia la regione Veneto si avvale di proprio personale (12).

5-bis. La Commissione per la salvaguardia di Venezia esprime parere sui progetti delle opere dello Stato nell'ambito territoriale di propria competenza (13).

(7)  Comma così sostituito dall'art. 1-bis, D.L. 29 marzo 1995, n. 96.

(8)  La Corte costituzionale, con sentenza 14-21 ottobre 1998, n. 357 (Gazz. Uff. 28 ottobre 1998, n. 43, Serie speciale), ha dichiarato non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 6, comma 1, come sostituito dall'art. 1-bis del D.L. 29 marzo 1995, n. 96, convertito con modificazioni, in legge 31 maggio 1995, n. 206, sollevata in riferimento agli artt. 3, 5, 97, 118, primo comma, e 128 della Costituzione.

(9)  Comma così modificato dall'art. 1-bis, D.L. 29 marzo 1995, n. 96.

(10)  Comma così sostituito dall'art. 1-bis, D.L. 29 marzo 1995, n. 96.

(11)  La Corte costituzionale, con ordinanza 18-23 luglio 1997, n. 267 (Gazz. Uff. 6 agosto 1997, n. 32, Serie speciale), ha dichiarato la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell'art. 6, comma 3, come sostituito dall'art. 1-bis, comma 3, del D.L. 29 marzo 1995, n. 96, introdotto con la legge di conversione 31 maggio 1995, n. 206, sollevata, in riferimento agli artt. 3, 9, 10, 11, 32, 97, 117 e 118 della Costituzione.

Ha dichiarato, inoltre, la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell'art. 5, sollevata in riferimento agli artt. 3, 9, 10, 32, 97, 117 e 118 della Costituzione.

(12)  Così sostituito dall'art. 4, L. 8 novembre 1991, n. 360.

(13)  Comma aggiunto dall'art. 1-bis, D.L. 29 marzo 1995, n. 96.

 

TITOLO III

7.  Sono di competenza dello Stato le seguenti opere:

a) regolazione dei livelli marini in laguna, finalizzata a porre gli insediamenti urbani al riparo dalle acque alte;

b) marginamenti lagunari;

c) opere portuali marittime e di difesa del litorale;

d) restauro degli edifici demaniali e di quelli di carattere storico e artistico destinati all'uso pubblico;

e) esecuzione di opere di consolidamento e di sistemazione di ponti, canali e di fondamenta sui canali;

f) sistemazione di corsi d'acqua naturali e artificiali interessanti la salvaguardia di Venezia e della sua laguna;

g) restauro e conservazione del patrimonio artistico mobiliare e pubblico.

 

8.  Al fine di perseguire le finalità di cui all'articolo 1, le amministrazioni dello Stato e la regione Veneto, anche su richiesta degli enti locali interessati, si avvarranno, ciascuno nell'ambito delle proprie competenze, della consulenza del comitato di cui al comma seguente e del laboratorio per lo studio della dinamica delle grandi masse del Consiglio nazionale delle ricerche, nell'ambito delle sue competenze, autorizzato a valersi della consulenza di istituti ed esperti anche stranieri.

Entro il termine di trenta giorni dall'entrata in vigore della presente legge, sarà nominato, con decreto del Ministro per i lavori pubblici,

di concerto con quello per il coordinamento delle iniziative per la ricerca scientifica e tecnologica, sentita la regione Veneto, un comitato tecnico-scientifico per lo studio dei problemi concernenti la difesa di Venezia.

Questo comitato viene a sostituirsi al «Comitato per lo studio dei provvedimenti a difesa della città di Venezia ed a salvaguardia dei suoi caratteri ambientali e monumentali» recependone gli studi e le sperimentazioni (14).

 

(14)  Vedi, peraltro, l'art. 7, L. 29 novembre 1984, n. 798, che ha disposto la soppressione del Comitato.

 

9.  La regione Veneto e il Magistrato alle acque di Venezia, nell'ambito delle rispettive competenze, adottano i provvedimenti necessari ad assicurare la tutela del territorio dagli inquinamenti delle acque.

È fatto obbligo ai privati, imprese ed enti pubblici che scarichino rifiuti nelle fognature o nelle acque della laguna o nei corsi d'acqua che comunque si immettano nella laguna, di costruire, entro tre anni dall'entrata in vigore della presente legge, mantenere e gestire impianti di depurazione (15).

Il Governo della Repubblica è delegato ad emanare entro 120 giorni dall'entrata in vigore della presente legge, sentita una Commissione parlamentare composta di dieci senatori e dieci deputati nominati dai Presidenti delle rispettive Assemblee, norme aventi valore di legge secondo i seguenti criteri direttivi:

a) determinazione delle caratteristiche degli impianti di depurazione e dei requisiti delle acque scaricate;

b) adeguamento dell'organico del Magistrato alle acque di Venezia ed istituzione di una sezione composta di personale specializzato in materia di inquinamento e di vigilanti lagunari;

c) concessione di contributi ad enti pubblici, imprese o privati per la realizzazione di opere di difesa dagli inquinamenti delle acque da graduare in relazione alla natura dell'opera e alla situazione economica degli enti pubblici, delle imprese o dei privati interessati, nel limite massimo, per le imprese e i privati, del 40 per cento della spesa ritenuta ammissibile;

d) statuizione del potere da parte della regione Veneto di surrogarsi ai privati che non abbiano adempiuto all'obbligo di cui al secondo comma.

La regione Veneto costituirà, con la partecipazione degli altri enti locali, consorzi e imprese, singole imprese interessate, enti e proprietari di abitazioni private, consorzi per la costruzione, manutenzione e gestione di impianti ad uso consortile per la depurazione delle acque.

I consorzi usufruiranno dei contributi previsti dalla presente legge.

In deroga a quanto previsto dall'art. 26 della L. 5 marzo 1963, n. 366, chiunque apra, mantenga o comunque effettui nella laguna uno scarico senza aver richiesto la prescritta autorizzazione ovvero continui ad effettuare o mantenere lo scarico dopo che l'autorizzazione sia stata negata o revocata, è punito con l'arresto da due mesi a due anni o con l'ammenda da lire 500 mila a lire 10 milioni (16). In caso di recidiva specifica, è consentita l'emissione del mandato di cattura. Se lo scarico supera i limiti di accettabilità di cui alla tabella allegata al D.P.R. 20 settembre 1973, n. 962, si applica sempre la pena dell'arresto (17)(18).

Chiunque effettua o mantiene uno scarico senza osservare le prescrizioni indicate nel provvedimento di autorizzazione è punito con l'arresto fino a due anni o con l'ammenda fino a lire 10 milioni (19)(20).

 

(15)  Termine prorogato di altri tre anni dall'art. 1-ter, D.L. 10 agosto 1976, n. 544. Il citato art. 1-ter, ha modificato l'art. 26, L. 10 maggio 1976, n. 319.

Il termine è stato prorogato al 1

° marzo 1980 dall'art. 1, L. 24 dicembre 1979, n. 650.

(16)  La sanzione è esclusa dalla depenalizzazione in virtù dell'art. 32, secondo comma, della L. 24 novembre 1981, n. 689.

(17)  Comma così sostituito dall'art. 1-ter, D.L. 10 agosto 1976, n. 544. Vedi, anche, l'art. 5, L. 24 dicembre 1979, n. 650.

(18)  La Corte costituzionale, con ordinanza 9-16 aprile 1998, n. 115 (Gazz. Uff. 22 aprile 1998, n. 16, Serie speciale), ha dichiarato la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell'art. 9, sesto comma, ultimo periodo, come sostituito dall'art. 1-ter del D.L. 10 agosto 1976, n. 544, convertito, con modificazioni, nella legge 8 ottobre 1976, n. 690, sollevata in riferimento all'art. 3, primo comma, della Costituzione.

(19)  La sanzione è esclusa dalla depenalizzazione in virtù dell'art. 32, secondo comma, della L. 24 novembre 1981, n. 689.

(20)  Comma così sostituito dall'art. 1-ter, D.L. 10 agosto 1976, n. 544. Vedi, anche, l'art. 5, L. 24 dicembre 1979, n. 650.

 

10.  In deroga alle disposizioni di cui alla legge 13 luglio 1966, n. 615 , contenente provvedimenti contro l'inquinamento atmosferico, ed ai relativi regolamenti di esecuzione approvati con decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1970, n. 1391 , e con decreto del Presidente della Repubblica 15 aprile 1971, n. 322 , per l'esercizio degli impianti termici ed industriali situati nella Venezia insulare, nelle altre isole della laguna, fatta eccezione per le case sparse non servite da metanodotto, e nel centro storico di Chioggia è consentito soltanto l'uso di combustibili gassosi (metano e simili) nonché di energia elettrica, e ciò anche per impianti di potenzialità inferiore a 30.000 Kcal/h o superiore a 500.000 Kcal/h. La trasformazione degli impianti deve essere effettuata entro sei mesi dall'entrata in vigore della presente legge.

Gli utenti di impianti termici situati nelle zone di cui al precedente comma che abbiano già provveduto, prima dell'entrata in vigore della presente legge, alla trasformazione degli impianti a norma della legge 13 luglio 1966, n. 615 , sono ammessi a contributo nella misura della totalità della spesa riconosciuta ammissibile, sostenuta per la nuova trasformazione degli impianti a norma del comma precedente. In tal caso il termine di cui al comma precedente è prorogato a due anni. La regione Veneto provvede su delega dello Stato alla concessione dei contributi di cui al presente comma, nonché di contributi fino al 40 per cento della spesa riconosciuta ammissibile sostenuta per la trasformazione degli impianti di potenzialità inferiore a 30.000 Kcal/h.

Per l'osservanza delle disposizioni di cui al primo comma del presente articolo si applicano le norme di cui agli articoli 10 e 20 della legge 13 luglio 1966, n. 615 .

Le sanzioni previste dagli articoli 14, 18 e 20 della legge 13 luglio 1966, n. 615 , sono, in rapporto all'obbligo di cui al primo comma del presente articolo, nonché in rapporto agli obblighi di cui alla predetta legge 13 luglio 1966, n. 615 , per l'esercizio degli impianti termici ed industriali siti nel territorio delimitato ai sensi del secondo comma dell'articolo 2, decuplicate. In caso di recidiva la sanzione non potrà essere inferiore alla metà del massimo.

A tutti i natanti a propulsione meccanica, di uso privato o che effettuino servizi di trasporto pubblico di linea e non di linea nella laguna di Venezia, si applicano, decorsi due anni dall'entrata in vigore della presente legge, in quanto compatibili, le norme del Capo VI della legge 13 luglio 1966, n. 615 , e relativo regolamento approvato con decreto del Presidente della Repubblica 22 febbraio 1971, n. 323 , nonché della legge 3 giugno 1971, n. 437.

Il Governo della Repubblica è delegato ad emanare - sentita una Commissione parlamentare composta di 10 senatori e 10 deputati, nominati dai Presidenti delle rispettive Assemblee - entro due anni dall'entrata in vigore della presente legge, norme concernenti la determinazione delle caratteristiche negli organi di propulsione meccanica dei natanti di cui al comma precedente e dei requisiti necessari per limitare le emanazioni inquinanti. Qualora in dipendenza delle norme di cui al presente comma si rendessero necessarie trasformazioni di natanti per la limitazione delle emanazioni dei prodotti che risultino comunque nocivi saranno previsti contributi a valere sullo stanziamento di cui all'articolo 19 lettera f) della presente legge (21).

Le facoltà di cui al secondo comma dell'articolo 7 della legge 13 luglio 1966, n. 615 , potranno essere esercitate entro sei mesi dall'entrata in vigore della presente legge.

(21)  La presente delega è stata rinnovata per la durata di due anni dalla data di entrata in vigore della relativa legge dall'art. 2, L. 10 marzo 1980, n. 56 (Gazz. Uff. 12 marzo 1980, n. 70).

 

11.  Per le opere di propria competenza, la regione Veneto può avvalersi dell'attività consultiva ed operativa del Magistrato alle acque di Venezia e degli organi tecnici dello Stato esistenti nella Regione.

 

12.  Salvo quanto disposto dagli articoli 9, 10 e 13, la progettazione e l'esecuzione delle opere previste dalla presente legge è subordinata all'approvazione del piano comprensoriale di cui al precedente articolo 2.

Possono essere progettate ed eseguite prima della approvazione del suindicato piano comprensoriale, previo parere, da esprimersi entro trenta giorni, dalla commissione per la salvaguardia di Venezia, le opere che il Governo, sentite le amministrazioni locali, ferme restando le singole competenze, dichiara eseguibili indipendentemente dal piano medesimo, con la deliberazione di cui al terzo comma del precedente articolo 2, comprese tra le seguenti:

a) riduzione dei livelli marini in laguna, mediante opere che rispettino i valori idrogeologici, ecologici ed ambientali ed in nessun caso possano rendere impossibile o compromettere il mantenimento dell'unità e continuità fisica della laguna;

b) acquedotti ad uso potabile, agricolo ed industriale;

c) fognature ed allacciamenti fognari;

d) difesa dall'inquinamento dell'aria e dell'acqua;

e) marginamenti lagunari, opere portuali, marittime e di difesa del litorale, escavazione e sistemazione di canali e rii ed opere di consolidamento di ponti, canali e fondamenta sui canali;

f) restauro e conservazione del patrimonio artistico mobiliare pubblico;

g) sistemazione di corsi d'acqua naturali e artificiali interessanti la salvaguardia di Venezia e della sua laguna.

 

13.  Gli interventi di restauro e risanamento conservativo in Venezia insulare, nelle isole della laguna e nel centro storico di Chioggia, sono effettuati, fermo restando quanto disposto dalla legge 22 ottobre 1971, n. 865 , nell'ambito dei rispettivi territori, a cura dei comuni di Venezia e di Chioggia, con la osservanza delle norme che il Governo, sentite una Commissione parlamentare composta di dieci senatori e dieci deputati nominati dai Presidenti delle rispettive Assemblee e la Regione, è autorizzato ad emanare, entro 120 giorni dall'entrata in vigore della presente legge, con atto avente valore di legge, con l'osservanza dei seguenti criteri direttivi:

1) gli interventi saranno effettuati sulla base dei programmi adottati dal comune e sotto la vigilanza della competente Soprintendenza ai monumenti;

2) gli interventi, ad eccezione di quelli relativi agli immobili di interesse monumentale, storico, artistico e di uso pubblico per i quali è sempre consentito il restauro conservativo, sono subordinati alla formazione ed approvazione dei piani particolareggiati, da attuarsi sulla base di comparti edificatori aventi carattere unitario e tendenti alla conservazione delle caratteristiche strutturali e tipologiche degli immobili in essi compresi. L'approvazione del piano di comparto dovrà essere vincolante, nei limiti delle sue previsioni, ai fini del rilascio della licenza edilizia. In caso di impossibilità o di ritardo nella formazione di comparti volontari, il comune procede alla costituzione dei comparti obbligatori;

3) sarà prevista la compilazione, da parte del competente soprintendente, entro 60 giorni dall'entrata in vigore della legge delegata, di un apposito elenco degli edifici di interesse monumentale, storico ed artistico per i quali non sia stata effettuata la notifica di cui alla legge 1° giugno 1939, n. 1089 , da sottoporre alla approvazione del Ministro per la pubblica istruzione che provvede con proprio decreto entro i successivi 30 giorni, nonché la compilazione, da parte del comune, di un elenco degli edifici di uso pubblico da affiggere, entro 30 giorni dalla data di entrata in vigore della legge delegata, all'albo del comune;

4) il comune potrà autorizzare, previo parere della commissione per la salvaguardia di Venezia, interventi urgenti nel campo dell'edilizia minore anche nella fase di formazione e approvazione dei piani particolareggiati secondo criteri tali da non comprometterne gli indirizzi e gli obiettivi;

5) sarà prevista nei comuni di Venezia e Chioggia la costituzione di aziende a prevalente partecipazione pubblica, che opereranno nel rispetto delle direttive di cui al n. 1), assicurando la partecipazione paritetica dello Stato e degli enti locali (22);

6) l'attuazione degli interventi nei comparti di cui al numero 2) del presente articolo sarà affidata alle aziende previste nel numero 5) o ai consorzi fra i proprietari degli immobili interessati; saranno altresì previsti i casi in cui le opere potranno essere realizzate dai singoli proprietari. La legge delegata prevederà le modalità per la concessione di contributi in misura pari al 40 per cento della spesa ritenuta ammissibile per la realizzazione delle opere da parte dei proprietari, singoli o riuniti in consorzi, che accettino di abitare o utilizzare direttamente l'edificio per un periodo di almeno 10 anni o locarlo per lo stesso periodo alle condizioni concordate con il comune, che tengano conto del reddito assicurato dall'immobile prima del restauro o del risanamento e delle spese sostenute ridotte del contributo ricevuto.

Per gli immobili locati anteriormente alla operazione di restauro o risanamento dovrà essere assicurata la prelazione a favore dei precedenti locatari.

Qualora il proprietario provveda a trasferire a qualsiasi titolo, per atto tra vivi, l'immobile entro 15 anni dall'avvenuto restauro o risanamento gli obblighi e i vincoli precedenti sono trasferiti all'acquirente e l'alienante dovrà restituire in unica soluzione il contributo ricevuto.

Qualora il proprietario non rispetti gli obblighi assunti dovrà restituire in unica soluzione il contributo ricevuto maggiorato degli interessi legali. Ogni patto contrario ai precedenti obblighi è nullo quale ne sia il contenuto apparente;

7) dovranno essere previste le modalità per l'acquisizione delle aree e degli edifici inclusi nei comparti mediante occupazione temporanea con successiva restituzione al proprietario, che è tenuto al rimborso delle spese sostenute. Tale rimborso è subordinato, per la edilizia di interesse monumentale, storico, artistico e di uso pubblico, al parere della soprintendenza ai monumenti ed al controllo tecnico ed amministrativo del Magistrato alle acque e, per l'edilizia minore, previo parere del comune di Venezia, al controllo tecnico ed amministrativo del Magistrato alle acque.

Il rimborso delle somme, per quanto riguarda l'edilizia di interesse monumentale, storico, artistico e di uso pubblico nonché l'edilizia minore, fatta eccezione per quella residenziale di lusso, è effettuato mediante pagamento in 25 annualità senza corresponsione di interessi di una somma fino al 70 per cento della spesa sostenuta, qualora il proprietario si obblighi ad abitare o ad utilizzare direttamente l'edificio o a locarlo per un periodo di almeno 15 anni alle condizioni concordate col comune, che tengano conto del reddito assicurato dall'immobile prima del restauro o del risanamento e delle somme da restituire.

La percentuale delle somme da rimborsare dovrà essere graduata secondo criteri che tengano conto delle condizioni economico-sociali dei proprietari e delle destinazioni d'uso degli immobili.

Per gli immobili locati anteriormente alla operazione di restauro o risanamento dovrà essere assicurata la prelazione a favore dei precedenti locatari.

Qualora il proprietario trasferisca a qualsiasi titolo, per atto tra vivi, l'immobile entro 25 anni dall'avvenuto restauro o risanamento, gli obblighi e i vincoli precedenti sono trasferiti all'acquirente e l'alienante dovrà restituire in unica soluzione il residuo del debito di cui al capoverso del presente n. 7).

Qualora il proprietario non assuma gli obblighi di cui ai commi precedenti ovvero, dopo averli assunti, non li rispetti, il rimborso della spesa è dovuto per intero, in unica soluzione, maggiorata degli interessi legali. Ogni patto contrario ai precedenti obblighi è nullo quale ne sia il contenuto apparente.

Per gli edifici che, in base alle previsioni del piano particolareggiato, debbono essere demoliti, si provvede alla acquisizione mediante espropriazione per pubblica utilità.

Si provvede altresì all'acquisizione mediante espropriazione per pubblica utilità delle aree e degli edifici di cui è prevista nel piano l'utilizzazione, senza i limiti di destinazione delle aree espropriabili previsti dal punto a) dell'articolo 16 della legge 22 ottobre 1971, n. 865 ;

8) sarà prevista la sistemazione temporanea in edifici ricadenti nel centro storico secondo i programmi di cui al n. 1) di coloro che abitano gli edifici di cui agli interventi previsti nei precedenti numeri 6) e 7). Alle persone che vengono temporaneamente trasferite sarà concesso un concorso nelle spese di trasloco in base a criteri generali stabiliti dal comune;

9) sarà previsto l'intervento sostitutivo degli organi statali in caso di inattività degli enti locali nell'espletamento dei compiti ad essi affidati ai sensi del presente articolo;

10) saranno previste le modalità d'impegno, assegnazione ed erogazione delle somme occorrenti per l'attuazione degli interventi;

11) agli interventi di cui al n. 6) del presente articolo non potrà essere destinato più del 30 per cento dello stanziamento di cui alla lettera d) del successivo art. 19;

12) i finanziamenti statali dovranno essere destinati con preferenza al risanamento degli immobili di interesse storico, artistico, monumentale e del patrimonio edilizio degli enti pubblici, che potranno eseguirlo direttamente con le modalità e i benefici di cui al n. 7) del presente articolo.

 

(22)  A modifica di quanto previsto dal presente numero vedi l'art. 5, D.L. 29 marzo 1995, n. 96, come modificato dall'art. 4, comma 221, L. 24 dicembre 2003, n. 350.

 

14.  [Le caserme «Manin», «Cornoldi» site sul territorio di Venezia sono trasferite al patrimonio disponibile dello Stato per essere vendute al comune di Venezia, al prezzo stabilito dall'ufficio tecnico erariale, per essere destinate ad abitazioni, anche a carattere temporaneo] (23).

(23)  Abrogato dall'art. 15, L. 29 novembre 1984, n. 798.

 

15.  Restano ferme le attuali attribuzioni agli enti locali in ordine alle opere delegate alla Regione ai sensi dell'art. 10 ed a quelle di competenza della Regione stessa.

 

16.  In sostituzione delle soprintendenze ai monumenti e alle gallerie di Venezia sono istituite, con sede in Venezia, la soprintendenza ai monumenti di Venezia, la soprintendenza ai monumenti del Veneto, la soprintendenza alle gallerie di Venezia e la soprintendenza alle gallerie del Veneto.

Con le norme aventi valore di legge di cui al terzo comma del precedente art. 9 saranno determinate le competenze anche territoriali degli uffici di cui ai precedenti commi e sarà provveduto all'adeguamento delle dotazioni organiche di cui alla tabella B) annessa al decreto del Presidente della Repubblica 31 marzo 1971, n. 283 .

Alla spesa derivante dall'applicazione del primo comma del presente articolo e del terzo comma, lettera b), dell'art. 9, determinata per l'anno finanziario 1973 in lire 350 milioni si fa fronte mediante corrispondente riduzione del capitolo n. 3523 dello stato di previsione della spesa del Ministero del tesoro per l'anno finanziario medesimo.

Il Ministro per il tesoro è autorizzato ad apportare con propri decreti le occorrenti variazioni di bilancio.

 

17.  [Per la conversione produttiva di aziende attualmente esistenti nella zona industriale, dirette a garantire attività produttive non inquinanti e per l'impianto di nuove aziende che localmente sostituiscono parzialmente o totalmente le imprese industriali costrette a ridurre il numero dei lavoratori dipendenti, può essere richiesta la concessione degli speciali finanziamenti previsti dalla legge 30 luglio 1959, n. 623 e successive modificazioni ed integrazioni, al tasso d'interesse del 4 per cento, ferme restando le altre condizioni previste dalla stessa legge.

Il carattere sostitutivo delle iniziative è accertato, sentita la Regione, con decreto del Ministro per l'industria, il commercio e l'artigianato di concerto con il Ministro per il lavoro e la previdenza sociale e con il Ministro per i lavori pubblici.

I contributi annuali in conto interessi previsti dall'art. 4 della legge 30 luglio 1959, numero 623 , verranno corrisposti in unica soluzione ed anticipatamente agli istituti di credito interessati, in misura pari al valore attuale del loro ammontare calcolato al tasso d'interesse delle relative operazioni finanziarie.

Per la concessione dei contributi previsti nel precedente comma è autorizzata la spesa di lire 18.000 milioni da stanziare nello stato di previsione della spesa del Ministero dell'industria, del commercio e dell'artigianato in ragione di lire 2.000 milioni per l'anno finanziario 1973, di lire 3.000 milioni per l'anno 1974, di lire 5.000 milioni per l'anno 1975 e di lire 4.000 milioni per ciascuno degli anni 1976 e 1977] (24).

 

(24)  Abrogato dall'art. 18, L. 29 novembre 1984, n. 798.

 

18.  Le importazioni di materiale e di apparecchiature tecniche, cedute gratuitamente per essere destinate al restauro di opere monumentali e d'arte esistenti nel territorio del comune di Venezia, sono esenti dai diritti doganali.

 

19.  Per la realizzazione delle finalità di cui alla presente legge è autorizzata la spesa complessiva di lire 300 miliardi destinata come appresso:

a) lire 93 miliardi per l'esecuzione delle opere di competenza dello Stato indicate nel precedente art. 7, di cui 6 miliardi per l'esecuzione di opere per l'adeguamento delle strutture dei porti commerciali di Venezia e di Chioggia (25);

b) lire 2 miliardi da assegnare alla regione Veneto per la formazione del piano comprensoriale, e agli enti locali per la redazione degli strumenti urbanistici;

c) lire 58 miliardi da assegnare alla regione Veneto per l'esecuzione e il completamento, da parte degli enti locali, di acquedotti ad uso potabile, agricolo e industriale, nonché di fognature ed allacciamenti fognari;

d) lire 100 miliardi per gli interventi di cui all'art. 13, di cui 10 miliardi per gli interventi nel comune di Chioggia;

e) lire 3 miliardi per lo studio e per la progettazione delle opere di competenza dello Stato e degli enti locali;

f) lire 22 miliardi da assegnarsi alla regione Veneto per la concessione di contributi per impianti termici e per la depurazione delle acque con le modalità previste nei precedenti articoli 9 e 10;

g) lire 18 miliardi per la conversione delle aziende di cui al precedente articolo 17 (26);

h) lire 4 miliardi da assegnare ai comuni di Venezia e di Chioggia per la realizzazione di opere di urbanizzazione primaria e secondaria, connesse all'esecuzione di programmi di risanamento.

Con decreto del Ministro per il tesoro di concerto con quello per i lavori pubblici sarà provveduto alla ripartizione della somma di cui alla precedente lettera a) fra le singole opere previste dal precedente articolo 7.

 

(25)  Vedi, anche, l'art. 4, D.L. 11 gennaio 1980, n. 4.

(26)  Così rettificata con avviso pubblicato nella Gazz. Uff. 18 maggio 1973, n. 128.

 

20.  La spesa di lire 300 miliardi di cui al precedente art. 19, da iscrivere nel bilancio dello Stato con le modalità previste negli articoli seguenti, sarà ripartita in ragione di:

lire 25 miliardi nell'anno finanziario 1973;

lire 60 miliardi nell'anno finanziario 1974;

lire 90 miliardi nell'anno finanziario 1975;

lire 85 miliardi nell'anno finanziario 1976;

lire 40 miliardi nell'anno finanziario 1977.

 

21.  Tutte le opere previste dalla presente legge ed in connessione con la predisposizione e l'esecuzione del piano comprensoriale sono dichiarate di pubblica utilità, urgenti ed indifferibili.

 

22.  Per l'esecuzione delle opere previste dal precedente art. 7, il Ministero dei lavori pubblici è autorizzato ad assumere impegni fino alla concorrenza della somma indicata nella lettera a) del precedente art. 19.

I relativi pagamenti saranno regolati in modo da non superare il limite delle somme che verranno iscritte nello stato di previsione dello stesso Ministero in ragione di lire 7 miliardi nell'anno 1973, di lire 24 miliardi nell'anno 1974, di lire 31 miliardi nell'anno 1975, di lire 19 miliardi nell'anno 1976 e di lire 12 miliardi nell'anno 1977.

La spesa di lire 3 miliardi prevista dall'articolo 19, lettera e), sarà stanziata nello stato di previsione del Ministero dei lavori pubblici in ragione di lire 2 miliardi nell'anno 1973 e di lire 1 miliardo nell'anno 1974.

La spesa di lire 4 miliardi prevista dall'articolo 19, lettera h), sarà stanziata nello stato di previsione della spesa del Ministero dei lavori pubblici, in ragione di lire 1 miliardo per ciascuno degli esercizi dal 1973 al 1976.

 

23.  Le disposizioni dell'art. 18 del decreto-legge 30 agosto 1968, n. 918 , convertito nella legge 25 ottobre 1968, n. 1089, e successive modificazioni, si applicano anche ai dipendenti delle aziende industriali e artigiane che effettivamente lavorano nel territorio di Venezia insulare, nelle isole della laguna e nel centro storico di Chioggia (27).

 

(27)  Vedi, anche, l'art. 3, L. 5 agosto 1978, n. 502. Per l'interpretazione autentica del presente art. 23, vedi l'art. 5-bis, D.L. 29 marzo 1995, n. 96.

 

24.  Per l'attuazione degli interventi di cui alle lettere b), c) ed f) del precedente art. 19, la regione Veneto è autorizzata ad assumere impegni fino alla concorrenza degli importi ivi previsti.

I relativi pagamenti saranno regolati in modo da non superare il limite delle somme che, per tali fini, verranno iscritte nello stato di previsione del Ministero del tesoro - per essere successivamente trasferite in relazione al fabbisogno ed iscritte al bilancio regionale con le modalità di cui al decreto del Presidente della Repubblica 3 dicembre 1970, n. 1171 , - in ragione di lire 8 miliardi nell'anno 1973, di lire 19 miliardi nell'anno 1974, di lire 24 miliardi nell'anno 1975, di lire 24 miliardi nell'anno 1976 e di lire 7 miliardi nell'anno 1977.

 

25.  All'onere di lire 300 miliardi previsto dalla presente legge si provvede con il ricavo netto conseguente al ricorso a operazioni finanziarie che il Ministro per il tesoro è autorizzato ad effettuare negli anni dal 1973 al 1977 mediante mutui da contrarre con il Consorzio di credito per le opere pubbliche o attraverso l'emissione di buoni pluriennali del Tesoro o di speciali certificati di credito.

I mutui con il Consorzio di credito per le opere pubbliche, da ammortizzare in un periodo non superiore a venticinque anni, saranno contratti nelle forme, alle condizioni e con le modalità che verranno stabilite con apposite convenzioni da stipularsi tra il Ministro per il tesoro ed il Consorzio di credito per le opere pubbliche e da approvarsi con decreto del Ministro per il tesoro. Il servizio dei mutui sarà assunto dal Ministero del tesoro. Le rate di ammortamento saranno iscritte negli stati di previsione del Ministero medesimo e specificamente vincolate a favore del Consorzio di credito per le opere pubbliche.

Per la provvista delle somme da destinare ai mutui di cui ai precedenti commi, il Consorzio di credito per le opere pubbliche può contrarre prestiti all'estero, anche in deroga alle disposizioni statutarie ed alle norme che regolano la sua attività ordinaria, alle condizioni determinate dal proprio consiglio di amministrazione ed approvate con decreto del Ministro per il tesoro sentito il Comitato interministeriale per il credito ed il risparmio.

Su detti prestiti può essere accordata, con decreto del Ministro per il tesoro, la garanzia dello Stato per il rimborso del capitale ed il pagamento degli interessi.

Per l'emissione dei buoni pluriennali del Tesoro a scadenza non superiore a nove anni si osservano le disposizioni di cui alla legge 27 dicembre 1953, n. 941 .

Per l'emissione dei certificati di credito si osservano le condizioni e le modalità di cui all'articolo 20 del decreto-legge 30 agosto 1968, n. 918 , convertito, con modificazioni, nella legge 25 ottobre 1968, n. 1089.

All'onere relativo alle operazioni finanziarie di cui al presente articolo sarà fatto fronte mediante riduzione dei fondi speciali di cui ai capitoli 3523 e 6036 dello stato di previsione della spesa del Ministero del tesoro per l'anno finanziario 1973.

 

26.  Il Ministro per il tesoro è autorizzato ad apportare, con propri decreti, negli anni dal 1973 al 1977, le occorrenti variazioni di bilancio.

 

 


L. 20 marzo 1975, n. 70
Disposizioni sul riordinamento degli enti pubblici e del rapporto di lavoro del personale dipendente (All. IV)

 

 

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(1) Pubblicata nella Gazz. Uff. 2 aprile 1975, n. 87.

 

(2)  Con D.P.R. 25 giugno 1983, sono state approvate disposizioni sul rapporto di lavoro del personale degli enti pubblici di cui alla presente legge. Vedi, anche, sul riordinamento degli enti pubblici nazionali, il D.Lgs. 29 ottobre 1999, n. 419 ed in particolare quanto disposto dall'art. 14 di quest'ultimo.

 

(3)  Modifiche ed integrazioni alla disciplina dell'ordinamento, dei connessi albi, ordini o collegi, nonché alla disciplina dei requisiti per l'ammissione all'esame di Stato e delle relative prove, della professione di cui al presente provvedimento, sono state apportate dal D.P.R. 5 giugno 2001, n. 328.

 

(4)  Con riferimento al presente provvedimento sono state emanate le seguenti circolari:

 

-

 

I.N.P.D.A.P. (Istituto nazionale previdenza dipendenti amministrazione pubblica): Circ. 10 maggio 1996, n. 27;

 

- I.N.P.S. (Istituto nazionale previdenza sociale): Circ. 22 agosto 1996, n. 171; Circ. 3 aprile 1998, n. 74; Circ. 8 maggio 1998, n. 100;

 

- Ministero dei trasporti e della navigazione: Circ. 18 novembre 1996, n. 7;

 

- Ministero del lavoro e della previdenza sociale: Circ. 30 marzo 1996, n. 40451; Circ. 9 aprile 1998, n. 49/98;

 

- Ministero di grazia e giustizia: Circ. 21 aprile 1998, n. 149829-2-11-D;

 

- Ministero per la pubblica istruzione: Circ. 13 giugno 1996, n. 228; Circ. 25 giugno 1996, n. 294; Circ. 20 marzo 1998, n. 137;

 

- Presidenza del Consiglio dei Ministri: Dipartimento per la funzione pubblica e gli affari regionali: Circ. 6 marzo 1996, n. 80; Circ. 5 giugno 1997, n. 28755;

 

- Ragioneria generale dello Stato: Circ. 8 marzo 1996, n. 23; Circ. 21 gennaio 1997, n. 5.

 

 

 

 

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IV. - ENTI PREPOSTI A SERVIZI DI PUBBLICO INTERESSE

 

 

Consorzio dell'Adda (31).

 

Consorzio dell'Oglio (32).

 

Consorzio del Ticino (33).

 

Ente autonomo parco nazionale d'Abruzzo.

 

Ente parco nazionale Gran Paradiso.

 

Associazione nazionale per il controllo della combustione (ANCC).

 

Ente nazionale prevenzione infortuni (ENPI).

 

[Ente autonomo acquedotto Pugliese] (34).

 

Ente acquedotti siciliani.

 

Registro aeronautico italiano.

 

Automobil club d'Italia (ACI).

 

Lega navale italiana.

 

Ente autonomo del Flumendosa.

 

Ente parco nazionale delle Dolomiti Bellunesi (35).

 

Ente parco nazionale del Pollino (36).

 

Ente parco nazionale della Val Grande (37).

 

Ente parco nazionale delle Foreste Casentinesi (38).

 

Ente parco nazionale dei Monti Sibillini (39).

 

Ente parco nazionale della Maiella (40).

 

Ente parco nazionale del Gran Sasso e Monti della Laga (41).

 

Ente parco nazionale del Vesuvio (42).

 

Ente parco nazionale del Gargano (43).

 

Ente parco nazionale dell'Arcipelago de La Maddalena (44).

 

Ente parco nazionale dell'Aspromonte (45).

 

Ente parco nazionale del Cilento e Vallo di Diano (46).

 

Ente parco nazionale dell'arcipelago Toscano (47).

 

Ente nazionale per l'aviazione civile (ENAC) (48).

 

Ente parco nazionale del Golfo di Orosei e del Gennargentu (49).

 

Ente parco nazionale delle Cinque Terre (50).

 

Ente parco nazionale della Sila (51).

 

Ente parco nazionale dell'Alta Murgia (52).

 

Ente parco nazionale del Circeo (53).

 

 

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(31)  Ente inserito con D.P.R. 1° aprile 1978, n. 532 (Gazz. Uff. 15 settembre 1978, n. 259).

 

(32)  Ente inserito con D.P.R. 1° aprile 1978, n. 532 (Gazz. Uff. 15 settembre 1978, n. 259).

 

(33)  Ente inserito con D.P.R. 1° aprile 1978, n. 532 (Gazz. Uff. 15 settembre 1978, n. 259).

 

(34)  Eliminato dall'art. 8, D.Lgs. 11 maggio 1999, n. 141.

 

(35)  Ente inserito dall'art. 1, D.P.R. 12 luglio 1993.

 

(36)  Ente inserito dall'art. 1, D.P.R. 15 novembre 1993.

 

(37)  Ente inserito dall'art. 1, D.P.R. 23 novembre 1993.

 

(38)  Ente inserito dall'art. 1, D.P.R. 12 luglio 1993.

 

(39)  Ente inserito dall'art. 1, D.P.R. 6 agosto 1993.

 

(40)  Ente inserito dall'art. 1, D.P.R. 5 giugno 1995.

 

(41)  Ente inserito dall'art. 1, D.P.R. 5 giugno 1995.

 

(42)  Ente inserito dall'art. 1, D.P.R. 5 giugno 1995.

 

(43)  Ente inserito dall'art. 1, D.P.R. 5 giugno 1995.

 

(44)  Ente inserito dall'art. 1, D.P.R. 17 maggio 1996.

 

(45)  Ente inserito dall'art. 1, D.P.R. 14 gennaio 1994.

 

(46)  Ente inserito dall'art. 1, D.P.R. 5 giugno 1995.

 

(47)  Ente inserito dall'art. 1, D.P.R. 22 luglio 1996.

 

(48)  Aggiunto dall'art. 9, D.Lgs. 25 luglio 1997, n. 250.

 

(49)  Ente inserito dall'art. 1, D.P.R. 30 marzo 1998.

 

(50)  Ente inserito dall'art. 1, D.P.R. 6 ottobre 1999.

 

(51)  Ente inserito dall'art. 1, D.P.R. 14 novembre 2002.

 

(52)  Ente inserito dall'art. 1, D.P.R. 10 marzo 2004.

 

(53)  Ente inserito dall'art. 1, D.P.R. 4 aprile 2005.

 

 

 

 


L.R. 16 agosto 1984, n. 40
Nuove norme per la istituzione di parchi e riserve naturali regionali

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(1) Pubblicata nel B.U. Veneto 17 agosto 1984, n. 38.

(2) Vedi, anche, la Delib.G.R. 29 dicembre 2004, n. 4544 e la Delib.G.R. 9 agosto 2005, n. 2444.

 

Art. 1

Finalità.

Nell'assolvimento delle proprie funzioni di tutela dell'ambiente naturale e al fine di assicurare la conservazione e la valorizzazione dell'ambiente naturale nelle zone di particolare interesse paesaggistico, naturalistico ed ecologico, nonché allo scopo di promuoverne lo studio scientifico, di rendere possibile l'uso sociale dei beni e di creare, specie nelle zone rurali e montane migliori condizioni di vita per le collettività locali, la Regione Veneto istituisce parchi e riserve naturali regionali, assicurandone il finanziamento con adeguate misure finanziarie e favorisce l'istituzione di parchi e riserve naturali regionali di interesse locale da parte di Province, Comuni, Comunità montane e relativi consorzi, nonché da parte delle comunioni familiari montane anche associate fra loro.

 

Art. 2

Parchi naturali regionali.

I parchi naturali regionali sono costituiti da zone del territorio regionale, organicamente definite, di speciale interesse naturalistico-ambientale, nelle quali la rigorosa protezione del suolo, del sottosuolo, delle acque, della vegetazione, della fauna possa accompagnarsi ad attività di divulgazione scientifica e a forme di turismo escursionistico, opportunamente regolate.

I parchi naturali regionali sono sottoposti al regime previsto dalla presente legge e dalla normativa propria di ciascun parco.

 

Art. 3

Riserve naturali regionali.

Le riserve naturali regionali sono costituite da zone del territorio regionale, anche di limitata estensione, che presentano, unitariamente considerate, particolare interesse naturalistico-ambientale in funzione di specifiche ricerche in campo scientifico, ovvero di una speciale tutela di particolari manifestazioni geomorfologiche, vegetali, faunistiche, paleontologiche, archeologi che o di altri valori ambientali.

Le riserve naturali regionali possono essere generali o speciali.

Le riserve naturali generali possono racchiudere al loro interno:

a) zone di riserva integrale, quando hanno lo scopo di proteggere e conservare in modo assoluto la natura dell'ambiente con tutto quanto esso contiene;

b) zone di riserva orientata, quando hanno lo scopo di sorvegliare e orientare scientificamente l'evoluzione della natura.

Ogni zona è soggetta al regime previsto dalla presente legge e dalla normativa propria di ciascuna, a seconda della rispettiva classificazione.

Art. 4

Zone di protezione e di sviluppo controllato - Zone di pre-parco.

Ove se ne ravvisi la necessità, nei territori esterni ma contigui ai parchi e alle riserve, possono venire individuate zone di protezione e di sviluppo controllato (zone di pre-parco), nelle quali sono consentite, con l'osservanza delle prescrizioni contenute nella legge istitutiva e nel piano ambientale, soltanto quelle costruzioni o trasformazioni edilizie, nonché quelle opere e attività di qualsiasi altra natura che non siano contrastanti con i fini istituzionali del parco o della riserva. In tali zone può essere vietata qualsiasi attività di caccia e pesca, mentre possono venir insediate iniziative idonee a promuovere la valorizzazione delle risorse naturali locali, nonché attrezzature per attività ricreative, turistiche e sportive.

 

Art. 5

Individuazione dei parchi e delle riserve naturali di interesse regionale.

I parchi e le riserve naturali di interesse regionale sono individuati, mediante appositi elaborati grafici e cartografici, in scala non inferiore a 1:50.000 nel piano territoriale regionale di coordinamento, anche sulla base delle proposte e delle indicazioni che potranno essere presentate, durante l'elaborazione del piano, dalle Province, dalle Comunità montane e dai Comuni, nonché dalle Comunioni familiari montane.

Entro il 31 dicembre 1984, la Giunta regionale, sentito il parere della Commissione Tecnica Regionale, integrata nei modi previsti dal successivo art. 10, presenta al Consiglio regionale, per l'approvazione, eventuali variazioni o aggiunte al primo elenco, già presentato ai sensi della legge 31 maggio 1980, n. 72, delle zone da costituire in parco o riserva naturale regionale, indicando, relativamente a ciascun parco o riserva, le più idonee misure di salvaguardia, fra quelle individuate al successivo art. 6.

All'elenco sarà allegata un'apposita planimetria in scala non inferiore a 1:50.000, contenente la delimitazione di ciascuna zona, comprensiva dell'eventuale area pre-parco. La deliberazione del Consiglio regionale sarà pubblicata nel Bollettino Ufficiale della Regione e una copia della planimetria sarà tenuta a disposizione del pubblico presso i competenti Uffici della Giunta regionale e presso ciascuno dei Comuni interessati.

In sede di prima applicazione della legge, si possono realizzare i parchi di cui al primo elenco, anche in assenza del Piano territoriale regionale di coordinamento.

Il primo elenco con le planimetrie allegate dovrà comunque essere approvato dal Consiglio regionale entro il 31 marzo 1985.

 

Art. 6

Misure temporanee di salvaguardia.

Nelle zone individuate ai sensi del precedente articolo si applicano, a partire dalla data di pubblicazione nel Bollettino Ufficiale della Regione della deliberazione di adozione del piano ovvero della deliberazione di approvazione dell'elenco previsto al secondo comma, oltre alle eventuali altre misure di salvaguardia derivanti dall'adozione del Piano territoriale regionale di coordinamento, i divieti individuati tra i seguenti dal provvedimento del Consiglio regionale:

a) apertura di nuove strade, a eccezione di quelle a servizio dell'attività agro-silvopastorale;

b) esecuzione di tagli boschivi, anche parziali, a eccezione dei tagli per la coltivazione del pioppo, nonché di quelli necessari per evitare il deterioramento del popolamento, salvo quanto previsto dalle successive prescrizioni;

c) riduzione a coltura dei terreni boschivi;

d) movimenti di terreno e scavi suscettibili di alterare l'ambiente;

e) apertura di nuove cave e riapertura di quelle inattive da oltre un anno;

f) esercizio venatorio con esclusione della caccia di selezione;

g) interventi di bonifica di qualsiasi tipo;

h) interventi che modifichino il regime o la composizione delle acque;

i) raccolta, asportazione e danneggiamento della flora spontanea, e delle singolarità geologiche e mineralogiche;

l) introduzione di specie animali e vegetali suscettibili di provocare alterazioni ecologicamente dannose;

m) navigazione a motore sui corsi d'acqua con motori superiori a Hp. 5 effettivi;

n) uso dei mezzi motorizzati in percorsi fuori strada, con esclusione dei mezzi necessari ai lavori agricoli, alle utilizzazioni boschive e per i servizi di protezione civile e di rifornimento dei rifugi alpini;

o) abbandono dei rifiuti;

p) altre attività specifiche che rechino danno ai valori tutelati dalla presente legge.

Si applicano altresì, per lo stesso periodo, le prescrizioni individuate, ai sensi del presente articolo, tra quelle di seguito elencate:

1) sono consentiti i tagli boschivi secondo le previsioni dei piani economici silvo-pastorali e le prescrizioni di massima di polizia forestale;

2) tra gli interventi di cui alle lettere g), h), i), l) sono consentiti quelli relativi alle opere per il soddisfacimento dei fabbisogni idropotabili e quelli relativi alle opere di difesa idrogeologica e per l'acquacoltura, l'irrigazione e lo scolo delle acque, nonché quelli relativi alle attività agricole in atto;

3) sono consentite solamente costruzioni pertinenti alla conduzione agricola, con volumetria, riferita alla sola residenza ammessa, non superiore a 0,001 mc/mq, e comunque non oltre i 1.300 mt. di altitudine;

4) per gli edifici esistenti, sono consentiti unicamente interventi di manutenzione ordinaria e straordinaria, di restauro e risanamento conservativo, di adeguamento igienico, nonché la demolizione totale o parziale, fatte salve le malghe, esclusa comunque qualsiasi trasformazione d'uso;

5) non sono consentite nuove recinzioni delle proprietà se non con siepi, salvo le recinzioni temporanee a protezione delle attività silvo-pastorali e quelle strettamente pertinenti agli insediamenti edilizi e agli usi agricoli e zootecnici.

I divieti e le prescrizioni individuati ai sensi del presente articolo si applicano fino all'entrata in vigore delle leggi regionali istitutive del parco o della riserva e comunque per non più di cinque anni. Restano ferme nel frattempo le misure più restrittive previste dalle leggi e dagli strumenti urbanistici.

Il Presidente della Giunta regionale in casi eccezionali può autorizzare motivate deroghe alle limitazioni stabilite nel presente articolo, sentita la Comunità montana, o, per i territori non classificati montani, il Comune e la Commissione tecnica regionale integrata ai sensi del successivo art. 10.

 

Art. 7

Istituzione.

Ciascun parco o riserva naturale regionale è istituito con legge regionale, seconda le prescrizioni contenute nel Piano territoriale regionale di coordinamento ovvero, sino a quando questo non venga adottato, nella deliberazione di cui al secondo comma del precedente art. 5.

La legge istitutiva deve stabilire, nel rispetto dei principi stabiliti dalla presente legge:

1) l'ente gestore del parco, scelto tra il Comune, la Comunità montana, la Provincia o loro Consorzi, che si avvale di un Comitato Tecnico Scientifico con funzioni consultive, il cui parere è obbligatorio sul piano ambientale, sui regolamenti e su ogni altro provvedimento di particolare rilevanza; in caso di Consorzio, deve essere stabilita nella legge la composizione degli organi.

Qualora il territorio del parco sia in tutto o in parte compreso tra i beni agro-silvopastorali costituenti patrimonio di Comunioni familiari montane, la gestione può essere affidata alle stesse Comunioni anche associate tra loro;

2) il perimetro del parco o riserva e dell'eventuale area di pre-parco anche in variante alla delimitazione di cui all'art. 5;

3) le caratteristiche del parco o della riserva, da tenere presenti nell'articolazione e classificazione delle aree;

4) le misure di salvaguardia che dovranno applicarsi all'interno del parco o della riserva, sino all'approvazione del piano ambientale, e comunque per una durata non superiore a tre anni;

5) le zone di protezione e di sviluppo controllato eventualmente necessarie ai sensi del precedente art. 4;

6) le norme e le prescrizioni che andranno osservate in tali zone e che dovranno essere inserite negli strumenti urbanistici del Comprensorio o del Comune interessato;

7) gli atti cui gli enti gestori sono tenuti in difetto dei quali la Regione provvederà ai necessari interventi sostitutivi;

8) i finanziamenti necessari per far fronte all'istituzione del parco o della riserva.

 

Art. 8

Adempimenti preliminari alla costituzione del Consorzio.

Ai fini della costituzione del Consorzio di cui al punto l) del precedente art. 7, il Presidente della Giunta regionale convoca, entro 30 giorni dall'entrata in vigore della legge istitutiva del parco o della riserva, i rappresentanti degli Enti locali interessati che sono costituiti in comitato allo scopo di predisporre uno schema di statuto. Nella prima riunione del comitato viene nominato l'ufficio di presidenza e la segreteria. Nei successivi sessanta giorni il comitato medesimo redige lo statuto del Consorzio e lo invia, per l'approvazione, agli Enti locali interessati.

Entro i successivi quaranta giorni detti Enti approvano lo statuto e lo inviano al Presidente della Giunta regionale, unitamente alla delibera di approvazione, per l'emanazione del decreto di costituzione del Consorzio.

 

Art. 9

Piano ambientale (3).

Per ciascuno dei parchi e delle riserve costituiti nei modi di cui all'art. 7, è formato un Piano ambientale al duplice scopo di assicurarne la necessaria tutela e valorizzazione e di sostenere lo sviluppo economico e sociale della zona.

Il Piano, nel rispetto delle prescrizioni contenute nella presente legge e nella legge istitutiva, determina:

a) l'articolazione della zona in aree diverse, secondo la classificazione prevista dall'art. 11 e seguenti;

b) gli interventi conservativi, riqualificativi, di recupero e di miglioramento da operarsi a cura dell'ente gestore;

c) le aree che, dovendo accogliere attrezzature o infrastrutture per una utilizzazione collettiva dei beni, devono essere espropriate, e i relativi termini temporali;

d) i vincoli e le limitazioni che afferiscono alle diverse aree comprese nel parco o nella riserva, nonché la regolamentazione delle attività consentite, con particolare riguardo a quelle edilizie, alle opere di urbanizzazione, all'impianto delle restanti infrastrutture e attrezzature alla circolazione e navigazione a motore;

e) i tempi e le modalità di cessazione delle attività antropiche incompatibili con la destinazione della zona a parco o a riserva;

f) i modi e le forme di utilizzazione sociale dei beni costituenti il parco o la riserva e le norme principali per la loro regolazione;

g) le attività produttive silvo-pastorali e agricole compatibili.

Il Piano ambientale è costituito da:

1) una relazione illustrativa degli obiettivi da conseguirsi e dei criteri da adottare nell'attuazione del Piano;

2) una o più rappresentazioni grafiche, in scala non inferiore a 1:10.000, atte a determinare la suddivisione della zona in aree distinte, nonché l'assetto urbanistico, agricolo, forestale della zona;

3) le norme di attuazione contenenti la specificazione dei vincoli e delle limitazioni di cui alla lettera d), nonché la regolamentazione delle attività consentite e l'utilizzazione sociale dei beni ambientali;

4) un programma finanziario di massima. Alla formazione del Piano ambientale provvede l'ente gestore del parco o della riserva, entro 18 mesi dalla sua costituzione se si tratta di Consorzi istituiti ai sensi degli articoli 7 e 8, ovvero, se si tratta di un Comune o di una Comunità montana, dalla data di entrata in vigore della legge istitutiva.

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(3) Vedi, al riguardo, la Delib.G.R. 8 marzo 2002, n. 472 di approvazione della Circ.P.G.R. 15 marzo 2002, n. 6. Vedi, anche, la Delib.G.R. 18 marzo 2005, n. 1173.

 

Art. 10

Procedimento ed effetti.

All'adozione, deposito e pubblicazione del Piano ambientale provvede l'ente gestore del parco o della riserva, con le modalità e secondo il procedimento previsto per il Piano Territoriale Comprensoriale dell'art. 37 della legge regionale 2 maggio 1980, n. 40, intendendosi sostituito al Consiglio di Comprensorio l'Assemblea del Consorzio, il Consiglio della Comunità montana o del Comune cui sia stata affidata la gestione del parco o della riserva.

Nel caso che l'ente gestore del parco sia costituito da Comunioni familiari montane anche associate tra loro, il deposito e la pubblicazione del Piano ambientale segue le modalità espresse dall'art. 5 del Reg. 24 aprile 1975, n. 5.

Il Piano è approvato con delibera del Consiglio regionale, previo parere della Commissione tecnica regionale, integrata dal Direttore dell'Azienda regionale delle foreste e dal responsabile dell'Ispettorato dipartimentale delle foreste, competente per territorio, nonché da cinque esperti di chiara fama, nominati dal Consiglio regionale, nelle seguenti discipline: geologia, zoologia, scienze forestali, botanica e scienze agrarie, sentite le principali Associazioni protezionistiche e Organizzazioni professionali agricole, comprese quelle operanti nell'ambito del territorio da destinare a parco.

La delibera di approvazione è pubblicata sul Bollettino Ufficiale della Regione. Il Piano ambientale ha i medesimi effetti di un Piano comprensoriale. I vincoli e le limitazioni, previsti dalla lettera d) del precedente art. 9, comportano l'automatica variazione degli strumenti urbanistici in vigore e dei relativi elaborati; le previsioni di questi continuano ad applicarsi per la parte non incompatibile.

 

Art. 11

Classificazione delle aree.

Le aree comprese nei parchi o nelle riserve possono essere classificate dal Piano ambientale, ai fini del particolare regime cui vengono sottoposte, nelle seguenti categorie:

a) zone di riserva naturale regionale generale;

b) zone di riserva naturale regionale speciale;

c) zone a destinazione silvo-pastorale;

d) zone a destinazione agricola;

e) zone di penetrazione.

 

Art. 12

Regime di riserva naturale regionale generale.

Nelle zone sottoposte a regime di riserva naturale regionale generale, il suolo, il sottosuolo, le acque, la vegetazione e la fauna sono rigorosamente protetti e sono consentiti solo gli interventi, a cura o sotto il controllo dell'ente gestore, per la protezione dell'ambiente e per la ricostituzione di equilibri naturali, propri dell'ambiente.

Le zone di cui al comma precedente devono essere, di massima, individuate in aree in cui non siano in atto rilevanti insediamenti antropici permanenti e attività produttive incompatibili.

L'accesso dei visitatori è consentito, alle condizioni e secondo le norme del Piano ambientale e dei regolamenti adottati dall'ente gestore.

All'interno delle zone di cui al presente articolo può essere consentito l'esercizio di rifugi alpini, bivacchi fissi, posti di ristoro, gestibili anche da terzi, su autorizzazione dell'ente, revocabile qualora la gestione si svolga in modo pregiudizievole per le finalità del parco o della riserva.

È libero l'esercizio degli sport della natura, non competitivi, dell'escursionismo, dell'alpinismo e dello sci-alpinismo, purché esercitati in forme non lesive dell'ambiente.

Il campeggio e l'accensione di fuochi all'aperto sono consentiti solo all'interno delle aree appositamente individuate e attrezzate.

Art. 13

Regime di riserva integrale.

Nelle zone di riserva naturale regionale generale possono essere individuate aree di riserva integrale nelle quali, per la presenza di eccezionali valori naturalistici e ambientali, il suolo, il sottosuolo, le acque, la vegetazione e la fauna sono protetti nella loro assoluta integrità.

L'accesso è limitato alle persone appositamente autorizzate per motivi di osservazione, ricerca scientifica e compiti amministrativi.

Le aree di riserva integrale dovranno comunque essere acquisite alla proprietà pubblica.

 

Art. 14

Regime di riserva orientata.

Nelle zone di riserva naturale regionale generale possono essere individuate aree di riserva orientata, in cui l'evoluzione dell'ambiente naturale, anche limitatamente ad alcune sue particolari manifestazioni, viene sorvegliata e orientata scientificamente. In tali aree si applicano, oltre alle prescrizioni di cui al precedente art. 12 quelle ulteriori che sono dettate dal Piano ambientale, in relazione agli obiettivi perseguiti.

 

Art. 15

Regime di riserva naturale regionale speciale.

Le riserve naturali regionali speciali sono istituite al fine di tutelare particolari elementi o fenomeni dell'ambiente naturale, del paesaggio e antropologici. Esse sono sottoposte al regime previsto dal precedente art. 12, con deroghe e con le integrazioni previste dal Piano ambientale e atte a realizzare le finalità specifiche che hanno portato alla loro classificazione.

 

Art. 16

Disciplina delle zone a destinazione silvo-pastorale o agricola.

Nelle zone classificate a destinazione silvo-pastorale o agricola si applica il regime di riserva naturale generale di cui al precedente art. 12, salvo quanto previsto dai commi seguenti.

È consentito l'esercizio, sia a cura dell'ente gestore, che di altri enti pubblici, organismi associativi o privati, di attività agricole, utilizzazioni forestali, pascolo e attività zootecniche, in forme compatibili con la tutela ambientale e non contrastanti con le finalità generali del parco o della riserva e con le norme del Piano ambientale.

Il Piano ambientale può consentire l'accesso con mezzi meccanici, il tracciamento di piste per gli stessi, l'impianto di teleferiche e la costruzione di manufatti, purché destinati esclusivamente in funzione delle attività consentite.

Sono incluse di massima fra le zone di cui al presente articolo quelle su cui vigono usi civici.

 

Art. 17

Disciplina delle zone di penetrazione.

Sono classificate zone di penetrazione le aree che, per esigenze logistiche, le quali non possono essere più opportunamente soddisfatte all'esterno del parco, debbano ospitare strutture ricettive, campeggi, parcheggi per automezzi e centri di informazione.

Tali aree sono individuate preferibilmente in zone marginali e periferiche del territorio del parco o della riserva e comprenderanno il tracciato, le immediate adiacenze e le testate delle esistenti rotabili interne aperte al pubblico, gli adiacenti nuclei abitati, manufatti e gli impianti di attività produttive esistenti.

Fatte salve le particolari deroghe, necessarie per consentire l'esercizio dei servizi, di cui al primo comma del presente articolo delle altre attività in atto, in tali zone si applica il regime di cui al precedente art. 12.

 

Art. 18

Attività edilizie.

Nei parchi e nelle riserve istituiti ai sensi della presente legge, il rilascio della concessione o autorizzazione edilizia è subordinato al parere favorevole dell'organo esecutivo dell'ente gestore del parco o della riserva, che è tenuto a pronunciarsi entro sessanta giorni dal ricevimento dei progetti (4). La mancata pronuncia nel termine da parte dell'ente gestore va considerata come parere favorevole.

Il parere è espresso con riferimento alle prescrizioni contenute nella presente legge, in quella istitutiva del parco o riserva regionale, nonché nel Piano ambientale di cui all'art. 9.

Il parere favorevole può essere condizionato all'osservanza di particolari previsioni, atte a garantire il migliore inserimento ambientale delle opere che si intendono eseguire.

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(4) Periodo così modificato dall'art. 10, L.R. 10 agosto 2006, n. 18. La modifica ha riguardato la sostituzione dell'originario termine di trenta giorni con quello attuale di sessanta giorni.

 

Art. 19

Attività agricole, silvo-pastorali e di utilizzazione boschiva.

Il Piano ambientale individua le realtà agricole della zona, promuove le colture compatibili con la tutela e la valorizzazione dell'ambiente e determina i terreni che possono essere adibiti a pascolo e le modalità e i tempi dell'alpeggio; inoltre distingue i complessi boschivi a seconda che:

a) debbano essere lasciati evolvere naturalmente, con esclusione di qualunque intervento che non sia disposto dall'ente gestore al fine di assicurarne l'evoluzione;

b) possano essere utilizzati sia in via immediata, a mezzo di opportuni diradamenti o tagli e successivi reimpianti, sia previa ricostruzione mediante idonei rimboschimenti e trasformazione del bosco ad alto fusto;

c) possano essere destinati a piantagioni di pioppi e di altre specie arboree di rapido accrescimento.

Gli interventi di proprietari o conduttori di complessi boschivi, di cui alle lettere b) e c), devono essere autorizzati dall'ente gestore del parco o della riserva, previa presentazione di apposito piano di coltivazione.

 

Art. 20

Caccia e pesca.

Nei parchi e nelle riserve naturali regionali è vietato l'esercizio venatorio in qualunque forma.

Particolari limitazioni possono essere stabilite dal Piano ambientale per l'esercizio della caccia nelle zone di protezione e di sviluppo controllato di cui al precedente art. 4.

L'esercizio della pesca può essere consentito, al di fuori delle aree sottoposte al regime di riserva integrale, nei limiti e con l'osservanza delle prescrizioni contenute nel Piano ambientale. Nelle zone in cui la caccia e la pesca sono vietate, l'ente gestore può procedere, in caso di fenomeni degenerativi della specie o di sovrapopolamento del restante territorio ovvero, nell'impossibilità di catture, al loro abbattimento.

 

Art. 21

Fauna minore e flora spontanea.

Nei parchi e nelle riserve costituite ai sensi della presente legge è vietato distruggere, disperdere o catturare la fauna minore di qualunque specie senza apposita autorizzazione, che può essere rilasciata dall'ente gestore per soli scopi scientifici o didattici.

È vietata altresì la raccolta della flora spontanea. La raccolta di piante a scopi scientifici o didattici può essere autorizzata dall'ente gestore.

Sono in ogni caso fatte salve le esigenze dell'attività agricola.

 

Art. 22

Veicoli e natanti.

Nei parchi costituiti ai sensi della presente legge la circolazione e la navigazione a motore non sono consentite, salvo che nelle aree o nei corsi d'acqua in cui esse sono espressamente previste dal Piano ambientale, che può fissare limiti in relazione alla potenza dei motori.

In considerazione delle particolari esigenze della fauna, della flora e della tutela ambientale, l'ente gestore può in ogni caso vietare o limitare temporaneamente a parti del territorio o di corsi d'acqua o a percorsi specifici la circolazione e la navigazione a motore.

Le limitazioni di cui al primo comma non si applicano ai veicoli agricoli e a quelli di servizio.

 

Art. 23

Attività di ricerca scientifica.

Al fine di svolgere attività di ricerca scientifica, gli enti di ricerca e i singoli ricercatori Comunicano all'ente gestore il proprio programma di ricerca, i luoghi e i tempi di attività, illustrando particolarmente le operazioni che potrebbero incidere sull'assetto ambientale.

Tali attività possono essere, se del caso, vietate o limitate o condizionate a opportune cautele, tenuto conto del loro rilievo scientifico e delle esigenze di tutela ambientale.

 

Art. 24

Organizzazione dei servizi antincendi.

(5)

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(5) Articolo abrogato dall'art. 10, L.R. 24 gennaio 1992, n. 6.

 

Art. 25

Regolamenti e programmi di attuazione.

Al fine di meglio precisare le prescrizioni e i criteri di gestione del parco o della riserva, ciascun ente gestore può emanare regolamenti, nel rispetto delle norme contenute negli articoli precedenti e delle prescrizioni contenute nel Piano ambientale.

Per quanto attiene agli interventi di propria competenza, ogni ente gestore adotta, contestualmente al Piano ambientale di cui al precedente art. 9, e successivamente ogni due anni, un programma di attuazione, di durata biennale, nel quale, in rapporto alle disponibilità finanziarie, sono indicate le opere e le iniziative che saranno assunte per il migliore soddisfacimento degli scopi che hanno determinato l'istituzione del parco o della riserva, nonché l'ordine di priorità degli interventi, anche in vista del loro coordinamento con le iniziative e le opere in programma nei territori finitimi.

 

Art. 26

Patrimonio forestale regionale.

Ove nel territorio del parco o della riserva siano compresi beni costituenti il patrimonio forestale della Regione, affidato alla gestione dell'Azienda regionale delle foreste, l'ente gestore ha l'obbligo, nella formazione del Piano ambientale di cui al precedente art. 9 e dei programmi di attuazione previsti dal secondo comma dell'articolo precedente, di acquisire il parere dell'Azienda.

L'Azienda provvede, oltre che all'attuazione degli interventi che le competono ai sensi della legge regionale 9 giugno 1975, n. 67, e della legge regionale 13 settembre 1978, n. 52, a quegli altri interventi che si rendono necessari per effetto dell'istituzione del parco o della riserva naturale regionale e che sono determinati mediante convenzioni con l'ente gestore, anche riguardo a beni appartenenti a terzi, qualora essi vi consentano partecipando alla convenzione.

 

Art. 27

Parchi e riserve di interesse locale.

Le Province, le Comunità montane, i Comuni e i loro consorzi, nonché le Comunità familiari montane, anche associate tra loro possono istituire nel proprio territorio sempreché ciò non contrasti con le previsioni del Piano territoriale regionale di coordinamento, parchi e riserve regionali di interesse locale, per i fini e secondo i princìpi di cui alla presente legge.

L'individuazione del parco o della riserva è fatta dagli enti di cui al precedente comma nel rispettivo strumento territoriale o urbanistico generale, che deve contenere altresì la delimitazione della zona mediante una o più planimetrie.

Dalla data di adozione dello strumento la zona o le zone prescelte sono soggette al regime provvisorio di salvaguardia previsto dal precedente art. 6.

Le Province, le Comunità montane, i Comuni e loro consorzi, nonché le Comunioni familiari montane, anche associate, che abbiano istituito un parco o una riserva, provvedono alla loro gestione anche avvalendosi di apposita azienda.

Per ciascuno dei parchi o delle riserve istituite ai sensi del presente articolo viene redatto un Piano ambientale, con i contenuti di cui al precedente art. 9, in quanto compatibili. Ai fini del procedimento di adozione, deposito, pubblicazione e approvazione, tale Piano è assimilato a un Piano attuativo di iniziativa pubblica.

Il Piano può disporre l'applicazione, nel territorio costituente il parco, o la riserva, di tutte o alcune delle prescrizioni contenute negli articoli dal 18 al 24 della presente legge.

 

Art. 28

Finanziamento dei parchi e delle riserve.

Gli enti gestori dei parchi e delle riserve provvedono alle spese necessarie mediante:

a) le somme versate dagli Enti locali e loro Consorzi;

b) le somme versate annualmente dalla Regione;

c) gli eventuali proventi derivanti dall'applicazione di tariffe per le utilizzazioni collettive del parco o della riserva, dai canoni di concessione dei beni appartenenti all'ente gestore e dalle sanzioni comminate ai sensi del successivo art. 30.

Ai fini di cui alla lettera b), la Regione con legge di bilancio assegna annualmente un contributo per spese di impianto e di funzionamento. I contributi sono erogati con delibera della Giunta regionale, sentita la Commissione consiliare competente (6).

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(6) Comma così sostituito dall'art. 8, L.R. 6 settembre 1991, n. 20.

 

 

Art. 28-bis

Iniziative per la valorizzazione dei parchi regionali.

1. La Giunta regionale è autorizzata a finanziare iniziative ed attività finalizzate alla valorizzazione; conoscenza e coordinamento dei parchi regionali nell'àmbito delle finalità di cui all'articolo 1 (7).

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(7) Articolo aggiunto dall'art. 34, comma 1, L.R. 14 gennaio 2003, n. 3. Vedi, anche, il comma 2 del medesimo articolo.

 

Art. 29

Vigilanza.

Salvo diverse disposizioni delle leggi istitutive sono incaricati della vigilanza sull'osservanza degli obblighi e dei divieti posti dalla presente legge, o dal Piano ambientale o dei regolamenti di cui al precedente articolo 25, gli organi e gli agenti indicati dall'art. 16 della legge regionale 15 novembre 1974, n. 53, nonché il personale dell'Azienda regionale delle foreste.

All'accertamento delle trasgressioni essi provvedono a norma delle leggi in vigore.

 

Art. 30

Sanzioni.

Per le attività edilizie, comunque compiute in violazione delle norme stabilite nell'art. 18, si applica, oltre alle sanzioni previste dalle leggi in vigore, una sanzione amministrativa da lire 500.000 a lire 20.000.000, in proporzione al valore delle attività intraprese e al danno arrecato all'ambiente.

Per ogni contravvenzione ai divieti previsti negli articoli 20 e 22 si applica la sanzione amministrativa da L. 80.000 a L. 800.000, sempreché il fatto non sia soggetto a più grave sanzione comminata da leggi statali o regionali.

Restano comunque ferme le disposizioni contenute negli articoli 15 e 16 della legge 17 luglio 1970, n. 568.

Per ogni altra violazione delle norme contenute nella presente legge, per la quale le disposizioni in vigore non prevedano una sanzione amministrativa di carattere pecuniario, si applica una sanzione da L. 30.000 a L. 500.000 in rapporto alla gravità della violazione.

Le sanzioni di cui ai commi precedenti sono irrogate ai sensi dell'art. 18 della legge regionale 15 novembre 1974, n. 53. Il provento delle sanzioni spetta all'ente gestore del parco o della riserva.

In ogni caso i contravventori sono tenuti alla demolizione o rimozione delle opere abusivamente eseguite, al ripristino dei luoghi e al risarcimento del danno ulteriore. Sono confiscati i vegetali e gli altri beni rimossi o asportati, gli animali uccisi o catturati, le armi, i macchinari e gli attrezzi utilizzati per la violazione.

 

Art. 31

Abrogazione.

La presente legge sostituisce, a ogni effetto, la legge regionale 31 maggio 1980, n. 72.


D.P.R. 22 dicembre 1986 n. 917
Approvazione del testo unico delle imposte sui redditi.  (artt. 10 e 100)

 

Pubblicato nella Gazz. Uff. 31 dicembre 1986, n. 302, S.O. 

(omissis)

10.  Oneri deducibili.

1. Dal reddito complessivo si deducono, se non sono deducibili nella determinazione dei singoli redditi che concorrono a formarlo, i seguenti oneri sostenuti dal contribuente (27):

a) i canoni, livelli, censi ed altri oneri gravanti sui redditi degli immobili che concorrono a formare il reddito complessivo, compresi i contributi ai consorzi obbligatori per legge o in dipendenza di provvedimenti della pubblica amministrazione; sono in ogni caso esclusi i contributi agricoli unificati;

b) le spese mediche e quelle di assistenza specifica necessarie nei casi di grave e permanente invalidità o menomazione, sostenute dai soggetti indicati nell'articolo 3 della legge 5 febbraio 1992, n. 104. Ai fini della deduzione la spesa sanitaria relativa all'acquisto di medicinali deve essere certificata da fattura o da scontrino fiscale contenente la specificazione della natura, qualità e quantità dei beni e l'indicazione del codice fiscale del destinatario. Si considerano rimaste a carico del contribuente anche le spese rimborsate per effetto di contributi o di premi di assicurazione da lui versati e per i quali non spetta la detrazione d'imposta o che non sono deducibili dal suo reddito complessivo né dai redditi che concorrono a formarlo; si considerano, altresì, rimaste a carico del contribuente le spese rimborsate per effetto di contributi o premi che, pur essendo versati da altri, concorrono a formare il suo reddito (28);

c) gli assegni periodici corrisposti al coniuge, ad esclusione di quelli destinati al mantenimento dei figli, in conseguenza di separazione legale ed effettiva, di scioglimento o annullamento del matrimonio o di cessazione dei suoi effetti civili, nella misura in cui risultano da provvedimenti dell'autorità giudiziaria (29) (30);

d) gli assegni periodici corrisposti in forza di testamento o di donazione modale e, nella misura in cui risultano da provvedimenti dell'autorità giudiziaria, gli assegni alimentari corrisposti a persone indicate nell'articolo 433 del codice civile;

d-bis) le somme restituite al soggetto erogatore, se hanno concorso a formare il reddito in anni precedenti (31);

e) i contributi previdenziali ed assistenziali versati in ottemperanza a disposizioni di legge, nonché quelli versati facoltativamente alla gestione della forma pensionistica obbligatoria di appartenenza, ivi compresi quelli per la ricongiunzione di periodi assicurativi. Sono altresì deducibili i contributi versati al fondo di cui all'articolo 1 del decreto legislativo 16 settembre 1996, n. 565. I contributi di cui all'articolo 30, comma 2, della legge 8 marzo 1989, n. 101, sono deducibili alle condizioni e nei limiti ivi stabiliti (32) (33);

e-bis) i contributi versati alle forme pensionistiche complementari di cui al decreto legislativo 5 dicembre 2005, n. 252, alle condizioni e nei limiti previsti dall'articolo 8 del medesimo decreto. Alle medesime condizioni ed entro gli stessi limiti sono deducibili i contributi versati alle forme pensionistiche complementari istituite negli Stati membri dell'Unione europea e negli Stati aderenti all'Accordo sullo spazio economico europeo che sono inclusi nella lista di cui al decreto del Ministro delle finanze 4 settembre 1996, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 220 del 19 settembre 1996, e successive modificazioni, emanato in attuazione dell'articolo 11, comma 4, lettera c), del decreto legislativo 1° aprile 1996, n. 239 (34);

e-ter) i contributi versati ai fondi integrativi del Servizio sanitario nazionale istituiti o adeguati ai sensi dell'articolo 9 del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502, e successive modificazioni, per un importo complessivo non superiore a lire 2.000.000 per gli anni 2001 e 2002. Per gli anni 2003 e 2004 il suddetto importo è fissato in lire 3 milioni, aumentato a lire 3.500.000 per gli anni 2005 e 2006 e a lire 4.000.000 a decorrere dal 2007. Per i contributi versati nell'interesse delle persone indicate nell'articolo 12 (35), che si trovino nelle condizioni ivi previste, la deduzione spetta per l'ammontare non dedotto dalle persone stesse, fermo restando l'importo complessivamente stabilito (36);

f) le somme corrisposte ai dipendenti, chiamati ad adempiere funzioni presso gli uffici elettorali, in ottemperanza alle disposizioni dell'articolo 119 del decreto del Presidente della Repubblica 30 marzo 1957, n. 361, e dell'articolo 1 della legge 30 aprile 1981, n. 178;

g) i contributi, le donazioni e le oblazioni erogati in favore delle organizzazioni non governative idonee ai sensi dell'articolo 28 della legge 26 febbraio 1987, n. 49, per un importo non superiore al 2 per cento del reddito complessivo dichiarato;

h) le indennità per perdita dell'avviamento corrisposte per disposizioni di legge al conduttore in caso di cessazione della locazione di immobili urbani adibiti ad usi diversi da quello di abitazione;

i) le erogazioni liberali in denaro, fino all'importo di 2 milioni di lire, a favore dell'Istituto centrale per il sostentamento del clero della Chiesa cattolica italiana (37);

l) le erogazioni liberali in denaro di cui all'articolo 29, comma 2, della legge 22 novembre 1988, n. 516, all'articolo 21, comma 1, della legge 22 novembre 1988, n. 517, e all'articolo 3, comma 2, della legge 5 ottobre 1993, n. 409, nei limiti e alle condizioni ivi previsti;

l-bis) il cinquanta per cento delle spese sostenute dai genitori adottivi per l'espletamento della procedura di adozione disciplinata dalle disposizioni contenute nel Capo I del titolo III della legge 4 maggio 1983, n. 184 (38) (39);

l-ter) le erogazioni liberali in denaro per il pagamento degli oneri difensivi dei soggetti ammessi al patrocinio a spese dello Stato, anche quando siano eseguite da persone fisiche (40);

l-quater) le erogazioni liberali in denaro effettuate a favore di università, fondazioni universitarie di cui all'articolo 59, comma 3, della legge 23 dicembre 2000, n. 388, e di istituzioni universitarie pubbliche, degli enti di ricerca pubblici, ovvero degli enti di ricerca vigilati dal Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, ivi compresi l'Istituto superiore di sanità e l'Istituto superiore per la prevenzione e la sicurezza del lavoro, nonché degli enti parco regionali e nazionali (41).

2. Le spese di cui alla lettera b) del comma 1 sono deducibili anche se sono state sostenute per le persone indicate nell'articolo 433 del codice civile. Tale disposizione si applica altresì per gli oneri di cui alla lettera e) del comma 1 relativamente alle persone indicate nel medesimo articolo 433 del codice civile se fiscalmente a carico. Sono altresì deducibili, fino all'importo di lire 3.000.000, i medesimi oneri versati per gli addetti ai servizi domestici e all'assistenza personale o familiare. [Per gli oneri di cui alla lettera e-bis) del comma 1, sostenuti nell'interesse delle persone indicate nell'articolo 12 (42) che si trovino nelle condizioni ivi previste, spetta la deduzione per l'ammontare non dedotto dalle persone stesse, fermo restando l'importo complessivamente stabilito] (43).

3. Gli oneri di cui alle lettere f), g) e h) del comma 1 sostenuti dalle società semplici di cui all'articolo 5 si deducono dal reddito complessivo dei singoli soci nella stessa proporzione prevista nel medesimo articolo 5 ai fini della imputazione del reddito. Nella stessa proporzione è deducibile, per quote costanti nel periodo d'imposta in cui avviene il pagamento e nei quattro successivi, l'imposta di cui all'articolo 3 del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 643, corrisposta dalle società stesse (44).

3-bis. Se alla formazione del reddito complessivo concorrono il reddito dell'unità immobiliare adibita ad abitazione principale e quello delle relative pertinenze, si deduce un importo fino all'ammontare della rendita catastale dell'unità immobiliare stessa e delle relative pertinenze, rapportato al periodo dell'anno durante il quale sussiste tale destinazione ed in proporzione alla quota di possesso di detta unità immobiliare. [L'importo della deduzione spettante non può comunque essere superiore all'ammontare del suddetto reddito di fabbricati] (45). Sono pertinenze le cose immobili di cui all'articolo 817 del codice civile, classificate o classificabili in categorie diverse da quelle ad uso abitativo, destinate ed effettivamente utilizzate in modo durevole a servizio delle unità immobiliari adibite ad abitazione principale delle persone fisiche. Per abitazione principale si intende quella nella quale la persona fisica, che la possiede a titolo di proprietà o altro diritto reale, o i suoi familiari dimorano abitualmente. Non si tiene conto della variazione della dimora abituale se dipendente da ricovero permanente in istituti di ricovero o sanitari, a condizione che l'unità immobiliare non risulti locata (46) (47).

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(27)  Vedi, anche, l'art. 59, L. 27 dicembre 2002, n. 289.

(28)  Lettera così modificata prima dall'art. 3, comma 2, L. 23 dicembre 1996, n. 662 e poi dal comma 28 dell'art. 1, L. 27 dicembre 2006, n. 296, con la decorrenza indicata nel comma 29 dello stesso articolo 1. Vedi, anche, l'art. 3, comma 3, della citata L. n. 662 del 1996.

(29) Vedi, anche, il comma 63 dell'art. 1, L. 27 dicembre 2006, n. 296.

(30) La Corte costituzionale, con ordinanza 19-29 marzo 2007, n. 113 (Gazz. Uff. 4 aprile 2007, n. 14, 1ª Serie speciale), ha dichiarato la manifesta infondatezza delle questioni di legittimità costituzionale degli artt. 10, comma 1, lettera c), e 47, comma 1, lettera i), sollevata in riferimento agli artt. 3 e 53 della Costituzione.

(31)  Lettera aggiunta dall'art. 5, D.Lgs. 2 settembre 1997, n. 314.

(32)  Lettera così modificata dall'art. 13, D.Lgs. 18 febbraio 2000, n. 47, con i limiti e la decorrenza indicati nell'art. 16 dello stesso decreto.

(33)  La Corte costituzionale, con sentenza 27-31 maggio 1996, n. 178 (Gazz. Uff. 5 giugno 1996, n. 23, Serie speciale), ha dichiarato inammissibile la questione di legittimità costituzionale dell'art. 10, primo comma, lettere e), i) ed l), sollevata in riferimento agli artt. 2, 3, 8, 19 e 53 della Costituzione.

(34)  Lettera aggiunta dall'art. 13, D.Lgs. 21 aprile 1993, n. 124, nel testo sostituito dall'art. 11, L. 8 agosto 1995, n. 335, sostituita dall'art. 1, D.Lgs. 18 febbraio 2000, n. 47, con i limiti e la decorrenza indicati nell'art. 4 dello stesso decreto, modificata dall'art. 1, D.Lgs. 12 aprile 2001, n. 168, con la decorrenza indicata nell'art. 13 del medesimo decreto, e così sostituita dall'art. 21, D.Lgs. 5 dicembre 2005, n. 252 - come modificato dal comma 314 dell'art. 1, L. 27 dicembre 2006, n. 296 - a decorrere dal 1° gennaio 2007, ai sensi di quanto disposto dall'art. 23 del citato D.Lgs. n. 252 del 2005, come modificato dal comma 749 dell'art. 1 della suddetta legge n. 296 del 2006. Vedi, anche, il comma 313 dell'art. 1 della medesima legge n. 296.

(35)  Rinvio così modificato ai sensi di quanto disposto dal comma 351 dell'art. 1, L. 30 dicembre 2004, n. 311.

(36)  Lettera aggiunta dall'art. 1, D.Lgs. 18 febbraio 2000, n. 41 (Gazz. Uff. 3 marzo 2000, n. 52).

(37)  La Corte costituzionale, con sentenza 27-31 maggio 1996, n. 178 (Gazz. Uff. 5 giugno 1996, n. 23, Serie speciale), ha dichiarato inammissibile la questione di legittimità costituzionale dell'art. 10, primo comma, lettere e), i) ed l), sollevata in riferimento agli artt. 2, 3, 8, 19 e 53 della Costituzione.

(38)  Lettera aggiunta dall'art. 4, L. 31 dicembre 1998, n. 476.

(39)  La Corte costituzionale, con sentenza 27-31 maggio 1996, n. 178 (Gazz. Uff. 5 giugno 1996, n. 23, Serie speciale), ha dichiarato inammissibile la questione di legittimità costituzionale dell'art. 10, primo comma, lettere e), i) ed l), sollevata in riferimento agli artt. 2, 3, 8, 19 e 53 della Costituzione.

(40)  Lettera aggiunta dall'art. 19, L. 29 marzo 2001, n. 134.

(41)  Lettera aggiunta dal comma 7 dell'art. 14, D.L. 14 marzo 2005, n. 35. Vedi, anche, il comma 8 dello stesso articolo 14.

(42)  Rinvio così modificato ai sensi di quanto disposto dall'art. 2, comma 3, D.Lgs. 12 dicembre 2003, n. 344 e dall'art. 1, comma 351, L. 30 dicembre 2004, n. 311.

(43)  Comma prima modificato dagli artt. 1 e 13, D.Lgs. 18 febbraio 2000, n. 47 e poi così sostituito dall'art. 30, comma 1, L. 21 novembre 2000, n. 342. L'ultimo periodo è stato abrogato dall'art. 21, D.Lgs. 5 dicembre 2005, n. 252, a decorrere dal 1° gennaio 2007, ai sensi di quanto disposto dall'art. 23 dello stesso D.Lgs. n. 252 del 2005, come modificato dal comma 749 dell'art. 1, L. 27 dicembre 2006, n. 296. Per l'applicabilità della disposizione di cui al terzo periodo del presente comma vedi il comma 2 dell'art. 30 della citata legge n. 342 del 2000.

(44)  Così sostituito da ultimo, dall'art. 2, D.L. 31 maggio 1994, n. 330.

(45)  Periodo soppresso dall'art. 2, comma 1, L. 23 dicembre 2000, n. 388, con la decorrenza indicata nel comma 8 dello stesso articolo.

(46)  Comma aggiunto dall'art. 6, comma 1, L. 23 dicembre 1999, n. 488, con la decorrenza ed i limiti previsti nei commi 4 e 6 dello stesso articolo e poi così modificato dall'art. 2, comma 1, L. 23 dicembre 2000, n. 388, con la decorrenza indicata nel comma 8 dello stesso articolo.

(47) La Corte costituzionale, con ordinanza 7-21 marzo 2007, n. 100 (Gazz. Uff. 28 marzo 2007, n. 13, 1ª Serie speciale), ha dichiarato manifestamente inammissibile la questione di legittimità costituzionale dell'art. 10 sollevata in riferimento agli articoli 3 e 53 della Costituzione.

(omissis)

100. [65]  Oneri di utilità sociale.

1. Le spese relative ad opere o servizi utilizzabili dalla generalità dei dipendenti o categorie di dipendenti volontariamente sostenute per specifiche finalità di educazione, istruzione, ricreazione, assistenza sociale e sanitaria o culto, sono deducibili per un ammontare complessivo non superiore al 5 per mille dell'ammontare delle spese per prestazioni di lavoro dipendente risultante dalla dichiarazione dei redditi.

2. Sono inoltre deducibili:

a) le erogazioni liberali fatte a favore di persone giuridiche che perseguono esclusivamente finalità comprese fra quelle indicate nel comma 1 o finalità di ricerca scientifica, nonché i contributi, le donazioni e le oblazioni di cui all'articolo 10, comma 1, lettera g), per un ammontare complessivamente non superiore al 2 per cento del reddito d'impresa dichiarato (456);

b) le erogazioni liberali fatte a favore di persone giuridiche aventi sede nel Mezzogiorno che perseguono esclusivamente finalità di ricerca scientifica, per un ammontare complessivamente non superiore al 2 per cento del reddito d'impresa dichiarato;

c) [le erogazioni liberali a favore di università, fondazioni universitarie di cui all'articolo 59, comma 3, della legge 23 dicembre 2000, n. 388, e di istituzioni universitarie pubbliche, degli enti di ricerca pubblici, delle fondazioni e delle associazioni regolarmente riconosciute a norma del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 10 febbraio 2000, n. 361, aventi per oggetto statutario lo svolgimento o la promozione di attività di ricerca scientifica, individuate con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, adottato su proposta del Ministro dell'economia e delle finanze e del Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, ovvero degli enti di ricerca vigilati dal Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, ivi compresi l'Istituto superiore di sanità e l'Istituto superiore per la prevenzione e la sicurezza del lavoro, nonché degli enti parco regionali e nazionali] (457);

d) le erogazioni liberali a favore dei concessionari privati per la radiodiffusione sonora a carattere comunitario per un ammontare complessivo non superiore all'1 per cento del reddito imponibile del soggetto che effettua l'erogazione stessa;

e) le spese sostenute dai soggetti obbligati alla manutenzione, protezione o restauro delle cose vincolate ai sensi del decreto legislativo 29 ottobre 1999, n. 490 e del decreto del Presidente della Repubblica 30 settembre 1963, n. 1409, nella misura effettivamente rimasta a carico. La necessità delle spese, quando non siano obbligatorie per legge, deve risultare da apposita certificazione rilasciata dalla competente soprintendenza del Ministero per i beni e le attività culturali, previo accertamento della loro congruità effettuato d'intesa con il competente ufficio dell'Agenzia del territorio. La deduzione non spetta in caso di mutamento di destinazione dei beni senza la preventiva autorizzazione dell'Amministrazione per i beni e le attività culturali, di mancato assolvimento degli obblighi di legge per consentire l'esercizio del diritto di prelazione dello Stato sui beni immobili e mobili vincolati e di tentata esportazione non autorizzata di questi ultimi. L'Amministrazione per i beni e le attività culturali dà immediata comunicazione al competente ufficio dell'Agenzia delle entrate delle violazioni che comportano la indeducibilità e dalla data di ricevimento della comunicazione inizia a decorrere il termine per la rettifica della dichiarazione dei redditi (458);

f) le erogazioni liberali in denaro a favore dello Stato, di enti o istituzioni pubbliche, di fondazioni e di associazioni legalmente riconosciute che senza scopo di lucro svolgono o promuovono attività di studio, di ricerca e di documentazione di rilevante valore culturale e artistico, effettuate per l'acquisto, la manutenzione, la protezione o il restauro delle cose indicate nell'articolo 2 del decreto legislativo 29 ottobre 1999, n. 490, e nel decreto del Presidente della Repubblica 30 settembre 1963, n. 1409, ivi comprese le erogazioni effettuate per l'organizzazione di mostre e di esposizioni, che siano di rilevante interesse scientifico o culturale, delle cose anzidette, e per gli studi e le ricerche eventualmente a tal fine necessari. Le mostre, le esposizioni, gli studi e le ricerche devono essere autorizzati, previo parere del competente comitato di settore del Consiglio nazionale per i beni culturali e ambientali, dal Ministero per i beni e le attività culturali, che dovrà approvare la previsione di spesa ed il conto consuntivo. Il Ministero per i beni culturali e ambientali stabilisce i tempi necessari affinché le erogazioni fatte a favore delle associazioni legalmente riconosciute, delle istituzioni e delle fondazioni siano utilizzate per gli scopi preindicati, e controlla l'impiego delle erogazioni stesse. Detti termini possono, per causa non imputabile al donatario, essere prorogati una sola volta. Le erogazioni liberali non integralmente utilizzate nei termini assegnati, ovvero utilizzate non in conformità alla destinazione, affluiscono, nella loro totalità, all'entrata dello Stato (459);

g) le erogazioni liberali in denaro, per importo non superiore al 2 per cento del reddito d'impresa dichiarato, a favore di enti o istituzioni pubbliche, fondazioni e associazioni legalmente riconosciute che senza scopo di lucro svolgono esclusivamente attività nello spettacolo, effettuate per la realizzazione di nuove strutture, per il restauro ed il potenziamento delle strutture esistenti, nonché per la produzione nei vari settori dello spettacolo. Le erogazioni non utilizzate per tali finalità dal percipiente entro il termine di due anni dalla data del ricevimento affluiscono, nella loro totalità, all'entrata dello Stato (460);

h) le erogazioni liberali in denaro, per importo non superiore a 2.065,83 euro o al 2 per cento del reddito d'impresa dichiarato, a favore delle ONLUS, nonché le iniziative umanitarie, religiose o laiche, gestite da fondazioni, associazioni, comitati ed enti individuati con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri ai sensi dell'articolo 15, comma 1, lettera i-bis), nei Paesi non appartenenti all'OCSE;

i) le spese relative all'impiego di lavoratori dipendenti, assunti a tempo indeterminato, utilizzati per prestazioni di servizi erogate a favore di ONLUS, nel limite del cinque per mille dell'ammontare complessivo delle spese per prestazioni di lavoro dipendente, così come risultano dalla dichiarazione dei redditi;

l) le erogazioni liberali in denaro, per importo non superiore a 1.549,37 euro o al 2 per cento del reddito di impresa dichiarato, a favore di associazioni di promozione sociale iscritte nei registri previsti dalle vigenti disposizioni di legge;

m) le erogazioni liberali in denaro a favore dello Stato, delle regioni, degli enti locali territoriali, di enti o istituzioni pubbliche, di fondazioni e di associazioni legalmente riconosciute, per lo svolgimento dei loro compiti istituzionali e per la realizzazione di programmi culturali nei settori dei beni culturali e dello spettacolo. Il Ministro per i beni e le attività culturali individua con proprio decreto periodicamente, sulla base di criteri che saranno definiti sentita la Conferenza unificata di cui all'articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, i soggetti e le categorie di soggetti che possono beneficiare delle predette erogazioni liberali; determina, a valere sulla somma allo scopo indicata, le quote assegnate a ciascun ente o soggetto beneficiario; definisce gli obblighi di informazione da parte dei soggetti erogatori e dei soggetti beneficiari; vigila sull'impiego delle erogazioni e comunica, entro il 31 marzo dell'anno successivo a quello di riferimento all'Agenzia delle entrate, l'elenco dei soggetti erogatori e l'ammontare delle erogazioni liberali da essi effettuate. Nel caso che, in un dato anno, le somme complessivamente erogate abbiano superato la somma allo scopo indicata o determinata, i singoli soggetti beneficiari che abbiano ricevuto somme di importo maggiore della quota assegnata dal Ministero per i beni e le attività culturali versano all'entrata dello Stato un importo pari al 37 per cento della differenza (461);

n) le erogazioni liberali in denaro a favore di organismi di gestione di parchi e riserve naturali, terrestri e marittimi, statali e regionali, e di ogni altra zona di tutela speciale paesistico-ambientale come individuata dalla vigente disciplina, statale e regionale, nonché gestita dalle associazioni e fondazioni private indicate nell'articolo 154, comma 4, lettera a), effettuate per sostenere attività di conservazione, valorizzazione, studio, ricerca e sviluppo dirette al conseguimento delle finalità di interesse generale cui corrispondono tali ambiti protetti. Il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio individua con proprio decreto, periodicamente, i soggetti e le categorie di soggetti che possono beneficiare delle predette erogazioni liberali; determina, a valere sulla somma allo scopo indicata, le quote assegnate a ciascun ente o soggetto beneficiario. Nel caso che in un dato anno le somme complessivamente erogate abbiano superato la somma allo scopo indicata o determinata i singoli soggetti beneficiari che abbiano ricevuto somme di importo maggiore della quota assegnata dal Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio, versano all'entrata dello Stato un importo pari al 37 per cento della differenza;

o) le erogazioni liberali in denaro a favore dello Stato, delle regioni, degli enti territoriali, di enti o istituzioni pubbliche, di fondazioni e di associazioni legalmente riconosciute, per la realizzazione di programmi di ricerca scientifica nel settore della sanità autorizzate dal Ministro della salute con apposito decreto che individua annualmente, sulla base di criteri che saranno definiti sentita la Conferenza unificata di cui all'articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, i soggetti che possono beneficiare delle predette erogazioni liberali. Il predetto decreto determina altresì, fino a concorrenza delle somme allo scopo indicate, l'ammontare delle erogazioni deducibili per ciascun soggetto erogatore, nonché definisce gli obblighi di informazione da parte dei soggetti erogatori e dei soggetti beneficiari. Il Ministero della salute vigila sull'impiego delle erogazioni e comunica, entro il 31 marzo dell'anno successivo a quello di riferimento, all'Agenzia delle entrate, l'elenco dei soggetti erogatori e l'ammontare delle erogazioni liberali deducibili da essi effettuate;

o-bis) le erogazioni liberali a favore degli istituti scolastici di ogni ordine e grado, statali e paritari senza scopo di lucro appartenenti al sistema nazionale di istruzione di cui alla legge 10 marzo 2000, n. 62, e successive modificazioni, finalizzate all’innovazione tecnologica, all’edilizia scolastica e all’ampliamento dell’offerta formativa, nel limite del 2 per cento del reddito d’impresa dichiarato e comunque nella misura massima di 70.000 euro annui; la deduzione spetta a condizione che il versamento di tali erogazioni sia eseguito tramite banca o ufficio postale ovvero mediante gli altri sistemi di pagamento previsti dall’articolo 23 del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241 (462).

3. Alle erogazioni liberali in denaro di enti o di istituzioni pubbliche, di fondazioni o di associazioni legalmente riconosciute, effettuate per il pagamento delle spese di difesa dei soggetti ammessi al patrocinio a spese dello Stato, non si applica il limite di cui al comma 1, anche quando il soggetto erogatore non abbia le finalità statutarie istituzionali di cui al medesimo comma 1.

4. Le erogazioni liberali diverse da quelle considerate nei precedenti commi e nel comma 1 dell'articolo 95 non sono ammesse in deduzione (463).

 

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(456)  L'art. 14, comma 7, lettera b), D.L. 14 marzo 2005, n. 35 aveva modificato la presente lettera. La modifica non è più presente nel testo della citata lettera b) dopo la conversione in legge del suddetto decreto-legge.

(457)  Lettera così sostituita dal comma 7 dell'art. 14, D.L. 14 marzo 2005, n. 35, come modificato dalla relativa legge di conversione, e poi abrogata dal comma 355 dell'art. 1, L. 23 dicembre 2005, n. 266. Vedi, anche, il comma 8 del citato articolo 14.

(458)  In deroga alle disposizioni di cui alla presente lettera, vedi l'art. 25, D.Lgs. 29 giugno 1996, n. 367.

(459)  In deroga alle disposizioni di cui alla presente lettera, vedi l'art. 25, D.Lgs. 29 giugno 1996, n. 367 e l'art. 1, L. 18 febbraio 1999, n. 28.

(460)  In deroga alle disposizioni di cui alla presente lettera, vedi l'art. 25, D.Lgs. 29 giugno 1996, n. 367 e l'art. 1, L. 18 febbraio 1999, n. 28.

(461)  Per l'individuazione dei soggetti e delle categorie di soggetti beneficiari di contributi in denaro, per lo svolgimento dei loro compiti istituzionali e per la realizzazione di programmi culturali nei settori dei beni culturali e dello spettacolo vedi il D.M. 11 aprile 2001 e il D.M. 3 ottobre 2002.

(462) Lettera aggiunta dal comma 3 dell'art. 13, D.L. 31 gennaio 2007, n. 7, come sostituito dalla relativa legge di conversione e con la decorrenza indicata nel comma 8 dello stesso articolo.

(463)  Articolo prima modificato dall'art. 23, L. 6 agosto 1990, n. 223, dall'art. 1, D.L. 1° ottobre 1991, n. 307, dall'art. 2, D.L. 31 maggio 1994, n. 330, dall'art. 13, D.Lgs. 4 dicembre 1997, n. 460, dagli artt. 37 e 38, L. 21 novembre 2000, n. 342, dall'art. 22, L. 7 dicembre 2000, n. 383, dagli artt. 6, comma 20, e 94, L. 23 dicembre 2000, n. 388, dall'art. 19, L. 29 marzo 2001, n. 134, dall'art. 6, D.L. 8 luglio 2002, n. 138, poi soppresso dalla relativa legge di conversione, dall'art. 1, comma 1, L. 30 luglio 2002, n. 189 e dall'art. 90, comma 9, L. 27 dicembre 2002, n. 289 e poi così sostituito dall'art. 1, D.Lgs. 12 dicembre 2003, n. 344 di riforma dell'imposizione sul reddito delle società (Ires). Il citato decreto legislativo n. 344 del 2003, nel riordinare la materia, ha rinumerato gran parte degli articoli del presente testo unico. Gli articoli stessi sono quindi riportati con la nuova numerazione e con l'indicazione della precedente, ove possibile, tra parentesi quadre, mentre gli articoli o i commi non riproposti sono stati eliminati. Vedi, anche, l'art. 4 del suddetto decreto legislativo n. 344 del 2003.

 


L. 6 dicembre 1991, n. 394
Legge quadro sulle aree protette

 

(1) Pubblicata nella Gazz. Uff. 13 dicembre 1991, n. 292, S.O.

(2)  Con riferimento al presente provvedimento sono state emanate le seguenti istruzioni:

- Ministero del tesoro: Circ. 15 gennaio 1999, n. 3;

- Ministero dell'economia e delle finanze: Ris. 21 luglio 2003, n. 155/E;

- Ministero della pubblica istruzione: Circ. 17 dicembre 1996, n. 752.

 

TITOLO I

Principi generali

1. Finalità e ambito della legge.

1. La presente legge, in attuazione degli articoli 9 e 32 della Costituzione e nel rispetto degli accordi internazionali, detta princìpi fondamentali per l'istituzione e la gestione delle aree naturali protette, al fine di garantire e di promuovere, in forma coordinata, la conservazione e la valorizzazione del patrimonio naturale del paese.

2. Ai fini della presente legge costituiscono il patrimonio naturale le formazioni fisiche, geologiche, geomorfologiche e biologiche, o gruppi di esse, che hanno rilevante valore naturalistico e ambientale.

3. I territori nei quali siano presenti i valori di cui al comma 2, specie se vulnerabili, sono sottoposti ad uno speciale regime di tutela e di gestione, allo scopo di perseguire, in particolare, le seguenti finalità:

a) conservazione di specie animali o vegetali, di associazioni vegetali o forestali, di singolarità geologiche, di formazioni paleontologiche, di comunità biologiche, di biotopi, di valori scenici e panoramici, di processi naturali, di equilibri idraulici e idrogeologici, di equilibri ecologici;

b) applicazione di metodi di gestione o di restauro ambientale idonei a realizzare una integrazione tra uomo e ambiente naturale, anche mediante la salvaguardia dei valori antropologici, archeologici, storici e architettonici e delle attività agro-silvo-pastorali e tradizionali;

c) promozione di attività di educazione, di formazione e di ricerca scientifica, anche interdisciplinare, nonché di attività ricreative compatibili;

d) difesa e ricostituzione degli equilibri idraulici e idrogeologici.

4. I territori sottoposti al regime di tutela e di gestione di cui al comma 3 costituiscono le aree naturali protette. In dette aree possono essere promosse la valorizzazione e la sperimentazione di attività produttive compatibili.

5. Nella tutela e nella gestione delle aree naturali protette, lo Stato, le regioni e gli enti locali attuano forme di cooperazione e di intesa ai sensi dell'articolo 81 del D.P.R. 24 luglio 1977, n. 616 , e dell'articolo 27 della L. 8 giugno 1990, n. 142 . Per le medesime finalità lo Stato, le regioni, gli enti locali, altri soggetti pubblici e privati e le Comunità del parco possono altresì promuovere i patti territoriali di cui all'articolo 2, comma 203, della legge 23 dicembre 1996, n. 662 (3).

 

(3)  Periodo aggiunto dall'art. 2, comma 21, L. 9 dicembre 1998, n. 426.

 

1-bis. Programmi nazionali e politiche di sistema.

1. Il Ministro dell'ambiente promuove, per ciascuno dei sistemi territoriali dei parchi dell'arco alpino, dell'Appennino, delle isole e di aree marine protette, accordi di programma per lo sviluppo di azioni economiche sostenibili con particolare riferimento ad attività agro-silvopastorali tradizionali, dell'agriturismo e del turismo ambientale con i Ministri per le politiche agricole, dell'industria, del commercio e dell'artigianato, del lavoro e della previdenza sociale e per i beni culturali e ambientali, con le regioni e con altri soggetti pubblici e privati. 2. Il Ministro dell'ambiente, sentito il parere della Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, degli Enti parco interessati e delle associazioni ambientalistiche maggiormente rappresentative, individua altresì le risorse finanziarie nazionali e comunitarie, impiegabili nell'attuazione degli accordi di programma di cui al comma 1 (4).

 

(4)  Articolo aggiunto dall'art. 2, comma 22, L. 9 dicembre 1998, n. 426.

 

2. Classificazione delle aree naturali protette.

1. I parchi nazionali sono costituiti da aree terrestri, fluviali, lacuali o marine che contengono uno o più ecosistemi intatti o anche parzialmente alterati da interventi antropici, una o più formazioni fisiche, geologiche, geomorfologiche, biologiche, di rilievo internazionale o nazionale per valori naturalistici, scientifici, estetici, culturali, educativi e ricreativi tali da richiedere l'intervento dello Stato ai fini della loro conservazione per le generazioni presenti e future.

2. I parchi naturali regionali sono costituiti da aree terrestri, fluviali, lacuali ed eventualmente da tratti di mare prospicienti la costa, di valore naturalistico e ambientale, che costituiscono, nell'ambito di una o più regioni limitrofe, un sistema omogeneo individuato dagli assetti naturali dei luoghi, dai valori paesaggistici ed artistici e dalle tradizioni culturali delle popolazioni locali.

3. Le riserve naturali sono costituite da aree terrestri, fluviali, lacuali o marine che contengono una o più specie naturalisticamente rilevanti della flora e della fauna, ovvero presentino uno o più ecosistemi importanti per le diversità biologiche o per la conservazione delle risorse genetiche. Le riserve naturali possono essere statali o regionali in base alla rilevanza degli interessi in esse rappresentati.

4. Con riferimento all'ambiente marino, si distinguono le aree protette come definite ai sensi del protocollo di Ginevra relativo alle aree del Mediterraneo particolarmente protette di cui alla L. 5 marzo 1985, n. 127 (5), e quelle definite ai sensi della L. 31 dicembre 1982, n. 979 .

5. Il Comitato per le aree naturali protette di cui all'articolo 3 può operare ulteriori classificazioni per le finalità della presente legge ed allo scopo di rendere efficaci i tipi di protezione previsti dalle convenzioni internazionali ed in particolare dalla convenzione di Ramsar di cui al D.P.R. 13 marzo 1976, n. 448 .

6. La classificazione delle aree naturali protette di rilievo internazionale e nazionale, qualora rientrino nel territorio delle regioni a statuto speciale e delle province autonome di Trento e di Bolzano, ha luogo d'intesa con le regioni e le province stesse secondo le procedure previste dalle norme di attuazione dei rispettivi statuti d'autonomia e, per la regione Valle d'Aosta, secondo le procedure di cui all'articolo 3 della L. 5 agosto 1981, n. 453 .

7. La classificazione e l'istituzione dei parchi nazionali e delle riserve naturali statali, terrestri, fluviali e lacuali, sono effettuate d'intesa con le regioni (6).

8. La classificazione e l'istituzione dei parchi e delle riserve naturali di interesse regionale e locale sono effettuate dalle regioni.

9. Ciascuna area naturale protetta ha diritto all'uso esclusivo della propria denominazione.

9-bis. I limiti geografici delle aree protette marine entro i quali è vietata la navigazione senza la prescritta autorizzazione sono definiti secondo le indicazioni dell'Istituto idrografico della Marina e individuati sul territorio con mezzi e strumenti di segnalazione conformi alla normativa emanata dall'Association Internationale de Signalisation Maritime-International Association of Marine Aids to Navigation and Lighthouse Authorities (AISM-IALA) (7).

 

(5)  Recante ratifica del protocollo relativo alle aree specialmente protette del Mediterraneo, aperto alla firma a Ginevra il 3 aprile 1982.

(6)  Comma così sostituito dall'art. 2, comma 23, L. 9 dicembre 1998, n. 426.

(7)  Comma aggiunto dall'art. 4, L. 8 luglio 2003, n. 172.

 

3. Comitato per le aree naturali protette e Consulta tecnica per le aree naturali protette.

1. È istituito il Comitato per le aree naturali protette, di seguito denominato «Comitato», costituito dai Ministri dell'ambiente, che lo presiede, dell'agricoltura e delle foreste, della marina mercantile, per i beni culturali e ambientali, dei lavori pubblici e dell'università e della ricerca scientifica e tecnologica, o da sottosegretari delegati, e da sei presidenti di regione o provincia autonoma, o assessori delegati, designati, per un triennio, dalla Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano. Alle riunioni del Comitato partecipano, con voto consultivo, i presidenti, o gli assessori delegati, delle regioni nel cui territorio ricade l'area protetta, ove non rappresentate. Alla costituzione del Comitato provvede il Ministro dell'ambiente con proprio decreto.

2. Il Comitato identifica, sulla base della Carta della natura di cui al comma 3, le linee fondamentali dell'assetto del territorio con riferimento ai valori naturali ed ambientali, che sono adottate con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro dell'ambiente, previa deliberazione del Comitato.

3. La Carta della natura è predisposta dai servizi tecnici nazionali di cui alla legge 18 maggio 1989, n. 183 , in attuazione degli indirizzi del Comitato. Essa integrando, coordinando ed utilizzando i dati disponibili relativi al complesso delle finalità di cui all'articolo 1, comma 1, della presente legge, ivi compresi quelli della Carta della montagna di cui all'articolo 14 della legge 3 dicembre 1971, n. 1102 , individua lo stato dell'ambiente naturale in Italia, evidenziando i valori naturali e i profili di vulnerabilità territoriale. La Carta della natura è adottata dal Comitato su proposta del Ministro dell'ambiente. Per l'attuazione del presente comma è autorizzata la spesa di lire 5 miliardi nel 1992, lire 5 miliardi nel 1993 e lire 10 miliardi nel 1994 (8).

4. Il Comitato svolge, in particolare, i seguenti compiti:

a) integra la classificazione delle aree protette, sentita la Consulta di cui al comma 7;

b) adotta il programma per le aree naturali protette di rilievo internazionale e nazionale di cui all'articolo 4, sentita la Consulta di cui al comma 7 del presente articolo, nonché le relative direttive per l'attuazione e le modifiche che si rendano necessarie;

c) approva l'elenco ufficiale delle aree naturali protette.

5. Il Ministro dell'ambiente convoca il Comitato almeno due volte l'anno, provvede all'attuazione delle deliberazioni adottate e riferisce sulla loro esecuzione.

6. Ove sull'argomento in discussione presso il Comitato non si raggiunga la maggioranza, il Ministro dell'ambiente rimette la questione al Consiglio dei ministri, che decide in merito.

7. È istituita la Consulta tecnica per le aree naturali protette, di seguito denominata «Consulta», costituita da nove esperti particolarmente qualificati per l'attività e per gli studi realizzati in materia di conservazione della natura, nominati, per un quinquennio, dal Ministro dell'ambiente, di cui tre scelti in una rosa di nomi presentata dalle associazioni di protezione ambientale presenti nel Consiglio nazionale per l'ambiente, tre scelti, ciascuno, sulla base di rose di nomi rispettivamente presentate dall'Accademia nazionale dei Lincei, dalla Società botanica italiana e dall'Unione zoologica italiana, uno designato dal Consiglio nazionale delle ricerche e due scelti in una rosa di nomi proposta dai presidenti dei parchi nazionali e regionali. Per l'attuazione del presente comma è autorizzata una spesa annua fino a lire 600 milioni a partire dall'anno 1991.

8. La Consulta esprime pareri per i profili tecnico-scientifici in materia di aree naturali protette, di sua iniziativa o su richiesta del Comitato o del Ministro dell'ambiente.

9. [Le funzioni di istruttoria e di segreteria del Comitato e della Consulta sono svolte, nell'ambito del servizio conservazione della natura del Ministero dell'ambiente, da una segreteria tecnica composta da un contingente di personale stabilito, entro il limite complessivo di cinquanta unità, con decreto del Ministro dell'ambiente di concerto con il Ministro del tesoro e con il Ministro per gli affari regionali (9). Il predetto contingente è composto mediante apposito comando di dipendenti dei Ministeri presenti nel Comitato, delle regioni e delle province autonome di Trento e di Bolzano, nonché di personale di enti pubblici anche economici, ai quali è corrisposta una indennità stabilita con decreto del Ministro dell'ambiente di concerto con il Ministro del tesoro. Fanno parte del contingente non più di venti esperti di elevata qualificazione, assunti con contratto a termine di durata non superiore al biennio e rinnovabile per eguale periodo, scelti con le modalità di cui agli articoli 3 e 4 del decreto-legge 24 luglio 1973, n. 428 , convertito dalla legge 4 agosto 1973, n. 497. Con proprio decreto il Ministro dell'ambiente, sentiti i Ministri che fanno parte del Comitato, disciplina l'organizzazione della segreteria tecnica. Per l'attuazione del presente comma è autorizzata una spesa annua fino a lire 3,4 miliardi a partire dall'anno 1991 (10)] (11).

 

(8)  Con Del. 2 dicembre 1996 (Gazz. Uff. 20 giugno 1997, n. 142) il Comitato per le aree naturali protette ha approvato il programma operativo per la Carta della natura. La Corte costituzionale, con sentenza 13-22 ottobre 1999, n. 389 (Gazz. Uff. 27 ottobre 1999, n. 43, serie speciale), ha dichiarato che non spetta allo Stato, e per esso al Comitato per le aree naturali protette, non accogliere le richieste di iscrizione nell'Elenco ufficiale delle aree naturali protette di sette parchi naturali provinciali e di dodici riserve naturali già individuati dalla Provincia di Bolzano, sotto il profilo che in tali aree «le deroghe al divieto di cui al comma 3 punto a) dell'art. 11 della legge 6 dicembre 1991, n. 394 non siano esplicitamente riconducibili a quanto indicato dal comma 4, art. 11 della legge medesima; di conseguenza ha annullato, nella parte corrispondente, la suddetta deliberazione 2 dicembre 1996».

(9)  Per l'aumento del contingente di personale della segreteria tecnica vedi l'art. 4, comma 12, L. 8 ottobre 1997, n. 344.

(10)  Per la soppressione del comitato di cui al presente articolo vedi il D.Lgs. 28 agosto 1997, n. 281.

(11) Comma abrogato dall'art. 14 D.P.R. 14 maggio 2007, n. 90. Vedi, anche, gli articoli 3, 11, 12 e 13 dello stesso decreto.

 

4. Programma triennale per le aree naturali protette.

1. Il programma triennale per le aree naturali protette, di seguito denominato «programma», sulla base delle linee fondamentali di cui all'articolo 3, comma 2, dei dati della Carta della natura e delle disponibilità finanziarie previste dalla legge dello Stato:

a) specifica i territori che formano oggetto del sistema delle aree naturali protette di interesse internazionale, nazionale e regionale quali individuate nelle vigenti disposizioni di legge, statali e regionali, operando la necessaria delimitazione dei confini;

b) indica il termine per l'istituzione di nuove aree naturali protette o per l'ampliamento e la modifica di quelle esistenti, individuando la delimitazione di massima delle aree stesse;

c) definisce il riparto delle disponibilità finanziarie per ciascuna area e per ciascun esercizio finanziario, ivi compresi i contributi in conto capitale per l'esercizio di attività agricole compatibili, condotte con sistemi innovativi ovvero con recupero di sistemi tradizionali, funzionali alla protezione ambientale, per il recupero e il restauro delle aree di valore naturalistico degradate, per il restauro e l'informazione ambientali;

d) prevede contributi in conto capitale per le attività nelle aree naturali protette istituite dalle regioni con proprie risorse, nonché per progetti delle regioni relativi all'istituzione di dette aree;

e) determina i criteri e gli indirizzi ai quali debbono uniformarsi lo Stato, le regioni e gli organismi di gestione delle aree protette nell'attuazione del programma per quanto di loro competenza, ivi compresi i compiti relativi alla informazione ed alla educazione ambientale delle popolazioni interessate, sulla base dell'esigenza di unitarietà delle aree da proteggere.

2. Il programma è redatto anche sulla base delle indicazioni di cui all'articolo 1 della legge 31 dicembre 1982, n. 979 .

3. Il programma fissa inoltre criteri di massima per la creazione o l'ampliamento di altre aree naturali protette di interesse locale e di aree verdi urbane e suburbane, prevedendo contributi a carico dello Stato per la loro istituzione o per il loro ampliamento a valere sulle disponibilità esistenti.

4. La realizzazione delle previsioni del programma di cui al comma 3, avviene a mezzo di intese, eventualmente promosse dal Ministro dell'ambiente, tra regioni ed enti locali, sulla base di specifici metodi e criteri indicati nel programma triennale dell'azione pubblica per la tutela dell'ambiente di cui alla legge 28 agosto 1989, n. 305 . L'osservanza dei predetti criteri è condizione per la concessione di finanziamenti ai sensi della presente legge.

5. Proposte relative al programma possono essere presentate al Comitato da ciascun componente del Comitato stesso, dagli altri Ministri, da regioni non facenti parte del Comitato e dagli enti locali, ivi comprese le comunità montane. Le proposte per l'istituzione di nuove aree naturali protette o per l'ampliamento di aree naturali protette esistenti possono essere altresì presentate al Comitato, tramite il Ministro dell'ambiente, dalle associazioni di protezione ambientale individuate ai sensi dell'articolo 13 della legge 8 luglio 1986, n. 349 , ovvero da cinquemila cittadini iscritti nelle liste elettorali.

6. Entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, il Ministro dell'ambiente presenta la proposta di programma al Comitato il quale delibera entro i successivi sei mesi. Il programma è pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana. Il programma ha durata triennale ed è aggiornato annualmente con la stessa procedura. In sede di attuazione del primo programma triennale, il programma stesso finalizza non meno di metà delle risorse di cui al comma 9 ai parchi e riserve regionali esistenti, a quelli da istituire e a quelli da ampliare. Esso ripartisce le altre risorse disponibili per le finalità compatibili con la presente legge ed in particolare con quelle degli articoli 7, 12, 14 e 15, ed è predisposto sulla base degli elementi conoscitivi e tecnico-scientifici esistenti presso i servizi tecnici nazionali e le amministrazioni statali e regionali.

7. Qualora il programma non venga adottato dal Comitato nel termine previsto dal comma 6, si provvede con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, previa deliberazione del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro dell'ambiente.

8. In vista della formulazione del programma è autorizzata la spesa da parte del Ministero dell'ambiente di lire 22,9 miliardi per il 1991 e lire 12 miliardi per il 1992 per l'avvio delle attività connesse alla predisposizione della Carta della natura nonché per attività di informazione ed educazione ambientale.

9. Per l'attuazione del programma ed in particolare per la redazione del piano per il parco di cui all'articolo 12, per le iniziative per la promozione economica e sociale di cui all'articolo 14, per acquisti, espropriazioni e indennizzi di cui all'articolo 15, nonché per interventi connessi a misure provvisorie di salvaguardia e primi interventi di riqualificazione ed interventi urgenti per la valorizzazione e fruibilità delle aree, è autorizzata la spesa di lire 110 miliardi per il 1992, lire 110 miliardi per il 1993 e lire 92 miliardi per il 1994 (12).

 

(12)  Per la soppressione del programma triennale per le aree naturali protette vedi l'art. 76, D.Lgs. 31 marzo 1998, n. 112, .

 

5. Attuazione del programma; poteri sostitutivi.

1. Il Ministro dell'ambiente vigila sull'attuazione del programma e propone al Comitato le variazioni ritenute necessarie. In caso di ritardi nell'attuazione del programma tali da pregiudicarne gravemente le finalità, il Ministro dell'ambiente, sentita la Consulta, indica gli adempimenti e le misure necessarie e fissa un termine per la loro adozione decorso il quale, previo parere del Comitato, rimette la questione al Consiglio dei ministri che provvede in via sostitutiva anche attraverso la nomina di commissari ad acta.

2. Il Ministro dell'ambiente provvede a tenere aggiornato l'elenco ufficiale delle aree protette e rilascia le relative certificazioni. A tal fine le regioni e gli altri soggetti pubblici o privati che attuano forme di protezione naturalistica di aree sono tenuti ad informare il Ministro dell'ambiente secondo le modalità indicate dal Comitato.

3. L'iscrizione nell'elenco ufficiale delle aree protette è condizione per l'assegnazione di contributi a carico dello Stato.

 

6. Misure di salvaguardia.

1. In caso di necessità ed urgenza il Ministro dell'ambiente e le regioni, secondo le rispettive competenze, possono individuare aree da proteggere ai sensi della presente legge ed adottare su di esse misure di salvaguardia. Per quanto concerne le aree protette marine detti poteri sono esercitati dal Ministro dell'ambiente di concerto con il Ministro della marina mercantile. Nei casi previsti dal presente comma la proposta d'istituzione dell'area protetta e le relative misure di salvaguardia devono essere esaminate dal Comitato nella prima seduta successiva alla pubblicazione del provvedimento di individuazione dell'area stessa. Resta fermo quanto previsto dall'articolo 5 della legge 8 luglio 1986, n. 349 , in materia di individuazione di zone di importanza naturalistica nazionale ed internazionale, nonché dall'articolo 7 della legge 3 marzo 1987, n. 59 .

2. Dalla pubblicazione del programma fino all'istituzione delle singole aree protette operano direttamente le misure di salvaguardia di cui al comma 3 nonché le altre specifiche misure eventualmente individuate nel programma stesso e si applicano le misure di incentivazione di cui all'articolo 7.

3. Sono vietati fuori dei centri edificati di cui all'articolo 18 della legge 22 ottobre 1971, n. 865 , e, per gravi motivi di salvaguardia ambientale, con provvedimento motivato, anche nei centri edificati, l'esecuzione di nuove costruzioni e la trasformazione di quelle esistenti, qualsiasi mutamento dell'utilizzazione dei terreni con destinazione diversa da quella agricola e quant'altro possa incidere sulla morfologia del territorio, sugli equilibri ecologici, idraulici ed idrogeotermici e sulle finalità istitutive dell'area protetta. In caso di necessità ed urgenza, il Ministro dell'ambiente, con provvedimento motivato, sentita la Consulta, può consentire deroghe alle misure di salvaguardia in questione, prescrivendo le modalità di attuazione di lavori ed opere idonei a salvaguardare l'integrità dei luoghi e dell'ambiente naturale. Resta ferma la possibilità di realizzare interventi di manutenzione ordinaria e straordinaria di cui alle lettere a) e b) del primo comma dell'articolo 31 della legge 5 agosto 1978, n. 457 , dandone comunicazione al Ministro dell'ambiente e alla regione interessata.

4. Dall'istituzione della singola area protetta sino all'approvazione del relativo regolamento operano i divieti e le procedure per eventuali deroghe di cui all'articolo 11.

5. Per le aree protette marine le misure di salvaguardia sono adottate ai sensi dell'articolo 7 della legge 3 marzo 1987, n. 59 .

6. L'inosservanza delle disposizioni di cui ai commi 1, 2 e 3 comporta la riduzione in pristino dei luoghi e la eventuale ricostituzione delle specie vegetali ed animali danneggiate a spese dell'inadempiente. Sono solidalmente responsabili per le spese il committente, il titolare dell'impresa e il direttore dei lavori in caso di costruzione e trasformazione di opere. Accertata l'inosservanza, il Ministro dell'ambiente o l'autorità di gestione ingiunge al trasgressore l'ordine di riduzione in pristino e, ove questi non provveda entro il termine assegnato, che non può essere inferiore a trenta giorni, dispone l'esecuzione in danno degli inadempienti secondo la procedura di cui ai commi secondo, terzo e quarto dell'articolo 27 della legge 28 febbraio 1985, n. 47 , ovvero avvalendosi del Corpo forestale dello Stato o del nucleo operativo ecologico di cui al comma 4 dell'articolo 8 della legge 8 luglio 1986, n. 349 . La nota relativa alle spese è resa esecutiva dal Ministro dell'ambiente ed è riscossa ai sensi del testo unico delle disposizioni di legge relative alla riscossione delle entrate patrimoniali dello Stato, approvato con regio decreto 14 aprile 1910, n. 639 .

 

7. Misure di incentivazione.

1. Ai comuni ed alle province il cui territorio è compreso, in tutto o in parte, entro i confini di un parco nazionale, e a quelli il cui territorio è compreso, in tutto o in parte, entro i confini di un parco naturale regionale è, nell'ordine, attribuita priorità nella concessione di finanziamenti dell'Unione europea, statali e regionali richiesti per la realizzazione, sul territorio compreso entro i confini del parco stesso, dei seguenti interventi, impianti ed opere previsti nel piano per il parco di cui, rispettivamente, agli articoli 12 e 25 (13):

a) restauro dei centri storici ed edifici di particolare valore storico e culturale;

b) recupero dei nuclei abitati rurali;

c) opere igieniche ed idropotabili e di risanamento dell'acqua, dell'aria e del suolo;

d) opere di conservazione e di restauro ambientale del territorio, ivi comprese le attività agricole e forestali;

e) attività culturali nei campi di interesse del parco;

f) agriturismo;

g) attività sportive compatibili;

h) strutture per la utilizzazione di fonti energetiche a basso impatto ambientale quali il metano e altri gas combustibili nonché interventi volti a favorire l'uso di energie rinnovabili.

2. Il medesimo ordine di priorità di cui al comma 1 è attribuito ai privati, singoli od associati, che intendano realizzare iniziative produttive o di servizio compatibili con le finalità istitutive del parco nazionale o naturale regionale.

 

(13)  Alinea così modificato dall'art. 2, comma 8, L. 9 dicembre 1998, n. 426.

 

TITOLO II

Aree naturali protette nazionali

8. Istituzione delle aree naturali protette nazionali.

1. I parchi nazionali individuati e delimitati secondo le modalità di cui all'articolo 4 sono istituiti e delimitati in via definitiva con decreto del Presidente della Repubblica, su proposta del Ministro dell'ambiente, sentita la regione.

2. Le riserve naturali statali, individuate secondo le modalità di cui all'articolo 4, sono istituite con decreto del Ministro dell'ambiente, sentita la regione.

3. Qualora il parco o la riserva interessi il territorio di una regione a statuto speciale o provincia autonoma si procede di intesa.

4. Qualora il parco o la riserva interessi il territorio di più regioni, ivi comprese quelle a statuto speciale o province autonome, è comunque garantita una configurazione ed una gestione unitaria.

5. Con il provvedimento che istituisce il parco o la riserva naturale possono essere integrate, sino alla entrata in vigore della disciplina di ciascuna area protetta, le misure di salvaguardia introdotte ai sensi dell'articolo 6.

6. Salvo quanto previsto dall'articolo 34, commi 1 e 2, e dall'articolo 35, commi 1, 3, 4 e 5, alla istituzione di enti parco si provvede sulla base di apposito provvedimento legislativo.

7. Le aree protette marine sono istituite in base alle disposizioni di cui all'articolo 18.

 

9. Ente parco.

1. L'Ente parco ha personalità di diritto pubblico, sede legale e amministrativa nel territorio del parco ed è sottoposto alla vigilanza del Ministro dell'ambiente (14).

2. Sono organi dell'Ente:

a) il Presidente;

b) il Consiglio direttivo;

c) la Giunta esecutiva;

d) il Collegio dei revisori dei conti;

e) la Comunità del parco.

3. Il Presidente è nominato con decreto del Ministro dell'ambiente, d'intesa con i presidenti delle regioni o delle province autonome di Trento e di Bolzano nel cui territorio ricada in tutto o in parte il parco nazionale. Il Presidente ha la legale rappresentanza dell'Ente parco, ne coordina l'attività, esplica le funzioni che gli sono delegate dal Consiglio direttivo, adotta i provvedimenti urgenti ed indifferibili che sottopone alla ratifica del Consiglio direttivo nella seduta successiva.

4. Il Consiglio direttivo è formato dal Presidente e da dodici componenti, nominati con decreto del Ministro dell'ambiente, sentite le regioni interessate, scelti tra persone particolarmente qualificate per le attività in materia di conservazione della natura o tra i rappresentanti della Comunità del parco di cui all'articolo 10, secondo le seguenti modalità:

a) cinque, su designazione della Comunità del parco, con voto limitato;

b) due, su designazione delle associazioni di protezione ambientale individuate ai sensi dell'articolo 13 della legge 8 luglio 1986, n. 349, scelti tra esperti in materia naturalisticoambientale;

c) due, su designazione dell'Accademia nazionale dei Lincei, della Società botanica italiana, dell'Unione zoologica italiana, del Consiglio nazionale delle ricerche e delle Università degli studi con sede nelle province nei cui territori ricade il parco; in caso di designazione di un numero superiore a due la scelta tra i soggetti indicati è effettuata dal Ministro dell'ambiente;

d) uno, su designazione del Ministro dell'agricoltura e delle foreste;

e) due, su designazione del Ministro dell'ambiente.

5. Le designazioni sono effettuate entro quarantacinque giorni dalla richiesta del Ministro dell'ambiente. Qualora siano designati membri dalla Comunità del parco sindaci di un comune oppure presidenti di una comunità montana, di una provincia o di una regione presenti nella Comunità del parco, la cessazione dalla predetta carica a qualsiasi titolo comporta la decadenza immediata dall'incarico di membro del consiglio direttivo e il conseguente rinnovo della designazione. La stessa norma si applica nei confronti degli assessori e dei consiglieri degli stessi enti (15).

6. Il Consiglio direttivo elegge al proprio interno un vice presidente scelto tra i membri designati dalla Comunità del parco ed una Giunta esecutiva formata da cinque componenti, compreso il Presidente, secondo le modalità e con le funzioni stabilite nello statuto dell'Ente parco (16).

7. Il Consiglio direttivo è legittimamente insediato quando sia nominata la maggioranza dei suoi componenti.

8. Il Consiglio direttivo delibera in merito a tutte le questioni generali ed in particolare sui bilanci, che sono approvati dal Ministro dell'ambiente di concerto con il Ministro del tesoro, sui regolamenti e sulla proposta di piano per il parco di cui all'articolo 12, esprime parere vincolante sul piano pluriennale economico e sociale di cui all'articolo 14 (17).

8-bis. Lo statuto dell'Ente è deliberato dal consiglio direttivo, sentito il parere della Comunità del parco ed è trasmesso al Ministero dell'ambiente che ne verifica la legittimità e può richiederne il riesame entro sessanta giorni dal ricevimento. L'Ente parco deve controdedurre entro sessanta giorni dal ricevimento alle eventuali osservazioni di legittimità del Ministero dell'ambiente, con deliberazione del consiglio direttivo. Il Ministro dell'ambiente adotta lo statuto con proprio decreto entro i successivi trenta giorni (18).

9. Lo statuto dell'Ente definisce in ogni caso l'organizzazione interna, le modalità di partecipazione popolare, le forme di pubblicità degli atti.

10. Il Collegio dei revisori dei conti esercita il riscontro contabile sugli atti dell'Ente parco secondo le norme di contabilità dello Stato e sulla base dei regolamenti di contabilità dell'Ente parco, approvati dal Ministro del tesoro di concerto con il Ministro dell'ambiente. Il Collegio dei revisori dei conti è nominato con decreto del Ministro del tesoro ed è formato da tre componenti scelti tra funzionari della Ragioneria generale dello Stato ovvero tra iscritti nel ruolo dei revisori ufficiali dei conti. Essi sono designati: due dal Ministro del tesoro, di cui uno in qualità di Presidente del Collegio; uno dalla regione o, d'intesa, dalle regioni interessate.

11. Il direttore del parco è nominato, con decreto, dal Ministro dell'ambiente, scelto in una rosa di tre candidati proposti dal consiglio direttivo tra soggetti iscritti ad un albo di idonei all'esercizio dell'attività di direttore di parco istituito presso il Ministero dell'ambiente, al quale si accede mediante procedura concorsuale per titoli. Il presidente del parco provvede a stipulare con il direttore nominato un apposito contratto di diritto privato per una durata non superiore a cinque anni (19).

12. Gli organi dell'Ente parco durano in carica cinque anni (20).

12-bis. Ai Presidenti, ai vice presidenti e agli altri componenti dei Consigli direttivi nonché ai componenti dei Collegi dei revisori dei conti degli Enti parco, ivi compresi quelli di cui al comma 1 dell’articolo 35, spetta un’indennità di carica articolata in un compenso annuo fisso e in gettoni di presenza per la partecipazione alle riunioni del Consiglio direttivo e della Giunta esecutiva, nell’ammontare fissato con decreto del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, secondo quanto disposto dalla direttiva del Presidente del Consiglio dei Ministri 9 gennaio 2001, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 37 del 14 febbraio 2001, e con la procedura indicata nella circolare della Presidenza del Consiglio dei Ministri 4993/IV.1.1.3 del 29 maggio 2001 (21).

13. Agli Enti parco si applicano le disposizioni di cui alla legge 20 marzo 1975, n. 70; essi si intendono inseriti nella tabella IV allegata alla medesima legge.

14. La pianta organica di ogni Ente parco è commisurata alle risorse finalizzate alle spese per il personale ad esso assegnate. Per le finalità di cui alla presente legge è consentito l'impiego di personale tecnico e di manodopera con contratti a tempo determinato ed indeterminato ai sensi dei contratti collettivi di lavoro vigenti per il settore agricolo-forestale.

15. Il Consiglio direttivo può nominare appositi comitati di consulenza o avvalersi di consulenti per problemi specifici nei settori di attività dell'Ente parco (22).

 

(14)  Vedi, anche, l'art. 80, comma 25, L. 27 dicembre 2002, n. 289.

(15)  Gli ultimi due periodi sono stati aggiunti dall'art. 2, comma 24, L. 9 dicembre 1998, n. 426.

(16)  Comma così modificato dall'art. 2, comma 24, L. 9 dicembre 1998, n. 426.

(17)  Comma così modificato dall'art. 2, comma 24, L. 9 dicembre 1998, n. 426.

(18)  Comma aggiunto dall'art. 2, comma 24, L. 9 dicembre 1998, n. 426.

(19)  Comma così sostituito dall'art. 2, comma 25, L. 9 dicembre 1998, n. 426. Con D.M. 2 novembre 2000 (Gazz. Uff. 29 dicembre 2000, n. 302) sono state emanate norme relative all'albo degli idonei all'esercizio dell'attività di direttore di parco.

(20)  Comma così sostituito dal comma 8 dell'art. 11-quaterdecies, D.L. 30 settembre 2005, n. 203, aggiunto dalla relativa di conversione.

(21) Comma aggiunto dal comma 108 dell'art. 2, D.L. 3 ottobre 2006, n. 262, come modificato dalla relativa legge di conversione.

(22)  In deroga a quanto disposto dal presente articolo vedi l'art. 80, comma 25, L. 27 dicembre 2002, n. 289.

 

10. Comunità del parco.

1. La Comunità del parco è costituita dai presidenti delle regioni e delle province, dai sindaci dei comuni e dai presidenti delle comunità montane nei cui territori sono ricomprese le aree del parco.

2. La Comunità del parco è organo consultivo e propositivo dell'Ente parco. In particolare, il suo parere è obbligatorio:

a) sul regolamento del parco di cui all'articolo 11;

b) sul piano per il parco di cui all'articolo 12;

c) su altre questioni, a richiesta di un terzo dei componenti del Consiglio direttivo;

d) sul bilancio e sul conto consuntivo;

d-bis) sullo statuto dell'Ente parco (23).

3. La Comunità del parco delibera, previo parere vincolante del Consiglio direttivo, il piano pluriennale economico e sociale di cui all'articolo 14 e vigila sulla sua attuazione; adotta altresì il proprio regolamento.

4. La Comunità del parco elegge al suo interno un Presidente e un Vice Presidente. È convocata dal Presidente almeno due volte l'anno e quando venga richiesto dal Presidente dell'Ente parco o da un terzo dei suoi componenti.

 

(23)  Lettera aggiunta dall'art. 2, comma 27, L. 9 dicembre 1998, n. 426.

 

11. Regolamento del parco.

1. Il regolamento del parco disciplina l'esercizio delle attività consentite entro il territorio del parco ed è adottato dall'Ente parco, anche contestualmente all'approvazione del piano per il parco di cui all'articolo 12 e comunque non oltre sei mesi dall'approvazione del medesimo.

2. Allo scopo di garantire il perseguimento delle finalità di cui all'articolo 1 e il rispetto delle caratteristiche naturali, paesistiche, antropologiche, storiche e culturali locali proprie di ogni parco, il regolamento del parco disciplina in particolare:

a) la tipologia e le modalità di costruzione di opere e manufatti;

b) lo svolgimento delle attività artigianali, commerciali, di servizio e agro-silvo-pastorali;

c) il soggiorno e la circolazione del pubblico con qualsiasi mezzo di trasporto;

d) lo svolgimento di attività sportive, ricreative ed educative;

e) lo svolgimento di attività di ricerca scientifica e biosanitaria;

f) i limiti alle emissioni sonore, luminose o di altro genere, nell'ambito della legislazione in materia;

g) lo svolgimento delle attività da affidare a interventi di occupazione giovanile, di volontariato, con particolare riferimento alle comunità terapeutiche, e al servizio civile alternativo;

h) l'accessibilità nel territorio del parco attraverso percorsi e strutture idonee per disabili, portatori di handicap e anziani (24).

2-bis. Il regolamento del parco valorizza altresì gli usi, i costumi, le consuetudini e le attività tradizionali delle popolazioni residenti sul territorio, nonché le espressioni culturali proprie e caratteristiche dell'identità delle comunità locali e ne prevede la tutela anche mediante disposizioni che autorizzino l'esercizio di attività particolari collegate agli usi, ai costumi e alle consuetudini suddette, fatte salve le norme in materia di divieto di attività venatoria previste dal presente articolo (25).

3. Salvo quanto previsto dal comma 5, nei parchi sono vietate le attività e le opere che possono compromettere la salvaguardia del paesaggio e degli ambienti naturali tutelati con particolare riguardo alla flora e alla fauna protette e ai rispettivi habitat. In particolare sono vietati:

a) la cattura, l'uccisione, il danneggiamento, il disturbo delle specie animali; la raccolta e il danneggiamento delle specie vegetali, salvo nei territori in cui sono consentite le attività agro-silvo-pastorali, nonché l'introduzione di specie estranee, vegetali o animali, che possano alterare l'equilibrio naturale;

b) l'apertura e l'esercizio di cave, di miniere e di discariche, nonché l'asportazione di minerali;

c) la modificazione del regime delle acque;

d) lo svolgimento di attività pubblicitarie al di fuori dei centri urbani, non autorizzate dall'Ente parco;

e) l'introduzione e l'impiego di qualsiasi mezzo di distruzione o di alterazione dei cicli biogeochimici;

f) l'introduzione, da parte di privati, di armi, esplosivi e qualsiasi mezzo distruttivo o di cattura, se non autorizzati;

g) l'uso di fuochi all'aperto;

h) il sorvolo di velivoli non autorizzato, salvo quanto definito dalle leggi sulla disciplina del volo.

4. Il regolamento del parco stabilisce altresì le eventuali deroghe ai divieti di cui al comma 3. Per quanto riguarda la lettera a) del medesimo comma 3, esso prevede eventuali prelievi faunistici ed eventuali abbattimenti selettivi, necessari per ricomporre squilibri ecologici accertati dall'Ente parco. Prelievi e abbattimenti devono avvenire per iniziativa e sotto la diretta responsabilità e sorveglianza dell'Ente parco ed essere attuati dal personale dell'Ente parco o da persone all'uopo espressamente autorizzate dall'Ente parco stesso.

5. Restano salvi i diritti reali e gli usi civici delle collettività locali, che sono esercitati secondo le consuetudini locali. Eventuali diritti esclusivi di caccia delle collettività locali o altri usi civici di prelievi faunistici sono liquidati dal competente commissario per la liquidazione degli usi civici ad istanza dell'Ente parco.

6. Il regolamento del parco è approvato dal Ministro dell'ambiente, previo parere degli enti locali interessati, da esprimersi entro quaranta giorni dalla richiesta, e comunque d'intesa con le regioni e le province autonome interessate; il regolamento acquista efficacia novanta giorni dopo la sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana. Entro tale termine i comuni sono tenuti ad adeguare alle sue previsioni i propri regolamenti. Decorso inutilmente il predetto termine le disposizioni del regolamento del parco prevalgono su quelle del comune, che è tenuto alla loro applicazione (26).

 

(24)  Comma così modificato dall'art. 2, comma 28, L. 9 dicembre 1998, n. 426.

(25)  Comma aggiunto dall'art. 2, comma 28, L. 9 dicembre 1998, n. 426.

(26)  Comma così modificato dall'art. 2, comma 28, L. 9 dicembre 1998, n. 426.

 

11-bis. Tutela dei valori naturali storici e ambientali e iniziative per la promozione economica e sociale.

1. Il consiglio direttivo del parco e la Comunità del parco elaborano contestualmente, e attraverso reciproche consultazioni di cui agli articoli 12 e 14, il piano del parco e il piano pluriennale economico-sociale secondo le norme di cui agli stessi articoli 12 e 14 (27).

 

(27)  Articolo aggiunto dall'art. 2, comma 29, L. 9 dicembre 1998, n. 426.

 

12. Piano per il parco.

1. La tutela dei valori naturali ed ambientali nonché storici, culturali, antropologici tradizionali affidata all'Ente parco è perseguita attraverso lo strumento del piano per il parco, di seguito denominato «piano», che deve, in particolare, disciplinare i seguenti contenuti:

a) organizzazione generale del territorio e sua articolazione in aree o parti caratterizzate da forme differenziate di uso, godimento e tutela;

b) vincoli, destinazioni di uso pubblico o privato e norme di attuazione relative con riferimento alle varie aree o parti del piano;

c) sistemi di accessibilità veicolare e pedonale con particolare riguardo ai percorsi, accessi e strutture riservati ai disabili, ai portatori di handicap e agli anziani;

d) sistemi di attrezzature e servizi per la gestione e la funzione sociale del parco, musei, centri di visite, uffici informativi, aree di campeggio, attività agroturistiche;

e) indirizzi e criteri per gli interventi sulla flora, sulla fauna e sull'ambiente naturale in genere (28).

2. Il piano suddivide il territorio in base al diverso grado di protezione, prevedendo:

a) riserve integrali nelle quali l'ambiente naturale è conservato nella sua integrità;

b) riserve generali orientate, nelle quali è vietato costruire nuove opere edilizie, ampliare le costruzioni esistenti, eseguire opere di trasformazione del territorio. Possono essere tuttavia consentite le utilizzazioni produttive tradizionali, la realizzazione delle infrastrutture strettamente necessarie, nonché interventi di gestione delle risorse naturali a cura dell'Ente parco. Sono altresì ammesse opere di manutenzione delle opere esistenti, ai sensi delle lettere a) e b) del primo comma dell'articolo 31 della legge 5 agosto 1978, n. 457 ;

c) aree di protezione nelle quali, in armonia con le finalità istitutive ed in conformità ai criteri generali fissati dall'Ente parco, possono continuare, secondo gli usi tradizionali ovvero secondo metodi di agricoltura biologica, le attività agro-silvo-pastorali nonché di pesca e raccolta di prodotti naturali, ed è incoraggiata anche la produzione artigianale di qualità. Sono ammessi gli interventi autorizzati ai sensi delle lettere a), b) e c) del primo comma dell'articolo 31 della citata legge n. 457 del 1978 , salvo l'osservanza delle norme di piano sulle destinazioni d'uso;

d) aree di promozione economica e sociale facenti parte del medesimo ecosistema, più estesamente modificate dai processi di antropizzazione, nelle quali sono consentite attività compatibili con le finalità istitutive del parco e finalizzate al miglioramento della vita socio-culturale delle collettività locali e al miglior godimento del parco da parte dei visitatori.

3. Il piano è predisposto dall'Ente parco entro diciotto mesi dalla costituzione dei suoi organi, in base ai criteri ed alle finalità della presente legge. La Comunità del parco partecipa alla definizione dei criteri riguardanti la predisposizione del piano del parco indicati dal consiglio direttivo del parco ed esprime il proprio parere sul piano stesso. Il piano, approvato dal consiglio direttivo, è adottato dalla regione entro novanta giorni dal suo inoltro da parte dell'Ente parco (29).

4. Il piano adottato è depositato per quaranta giorni presso le sedi dei comuni, delle comunità montane e delle regioni interessate; chiunque può prenderne visione ed estrarne copia. Entro i successivi quaranta giorni chiunque può presentare osservazioni scritte, sulle quali l'Ente parco esprime il proprio parere entro trenta giorni. Entro centoventi giorni dal ricevimento di tale parere la regione si pronuncia sulle osservazione presentate e, d'intesa con l'Ente parco per quanto concerne le aree di cui alle lettere a), b) e c) del comma 2 e d'intesa, oltre che con l'Ente parco, anche con i comuni interessati per quanto concerne le aree di cui alla lettera d) del medesimo comma 2, emana il provvedimento d'approvazione. Qualora il piano non venga approvato entro ventiquattro mesi dalla istituzione dell'Ente parco, alla regione si sostituisce un comitato misto costituito da rappresentanti del Ministero dell'ambiente e da rappresentanti delle regioni e province autonome, il quale esperisce i tentativi necessari per il raggiungimento di dette intese; qualora le intese in questione non vengano raggiunte entro i successivi quattro mesi, il Ministro dell'ambiente rimette la questione al Consiglio dei ministri che decide in via definitiva.

5. in caso di inosservanza dei termini di cui al comma 3, si sostituisce all'amministrazione inadempiente il Ministro dell'ambiente, che provvede nei medesimi termini con un commissario ad acta.

6. Il piano è modificato con la stessa procedura necessaria alla sua approvazione ed è aggiornato con identica modalità almeno ogni dieci anni.

7. Il piano ha effetto di dichiarazione di pubblico generale interesse e di urgenza e di indifferibilità per gli interventi in esso previsti e sostituisce ad ogni livello i piani paesistici, i piani territoriali o urbanistici e ogni altro strumento di pianificazione.

8. Il piano è pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana e nel Bollettino ufficiale della regione ed è immediatamente vincolante nei confronti delle amministrazioni e dei privati.

 

(28)  Comma così modificato dall'art. 2, comma 30, L. 9 dicembre 1998, n. 426.

(29)  Comma così sostituito dall'art. 2, comma 30, L. 9 dicembre 1998, n. 426.

 

13. Nulla osta.

1. Il rilascio di concessioni o autorizzazioni relative ad interventi, impianti ed opere all'interno del parco è sottoposto al preventivo nulla osta dell'Ente parco. Il nulla osta verifica la conformità tra le disposizioni del piano e del regolamento e l'intervento ed è reso entro sessanta giorni dalla richiesta. Decorso inutilmente tale termine il nulla osta si intende rilasciato.

Il diniego, che è immediatamente impugnabile, è affisso contemporaneamente all'albo del comune interessato e all'albo dell'Ente parco e l'affissione ha la durata di sette giorni. L'Ente parco dà notizia per estratto, con le medesime modalità, dei nulla osta rilasciati e di quelli determinatisi per decorrenza del termine.

2. Avverso il rilascio del nulla osta è ammesso ricorso giurisdizionale anche da parte delle associazioni di protezione ambientale individuate ai sensi della legge 8 luglio 1986, n. 349 .

3. L'esame delle richieste di nulla osta può essere affidato con deliberazione del Consiglio direttivo ad un apposito comitato la cui composizione e la cui attività sono disciplinate dal regolamento del parco.

4. Il Presidente del parco, entro sessanta giorni dalla richiesta, con comunicazione scritta al richiedente, può rinviare, per una sola volta, di ulteriori trenta giorni i termini di espressione del nulla osta.

 

 

14. Iniziative per la promozione economica e sociale.

1. Nel rispetto delle finalità del parco, dei vincoli stabiliti dal piano e dal regolamento del parco, la Comunità del parco promuove le iniziative atte a favorire lo sviluppo economico e sociale delle collettività eventualmente residenti all'interno del parco e nei territori adiacenti.

2. A tal fine la Comunità del parco, avvia contestualmente all'elaborazione del piano del parco un piano pluriennale economico e sociale per la promozione della attività compatibili, individuando i soggetti chiamati alla realizzazione degli interventi previsti eventualmente anche attraverso accordi di programma. Tale piano, sul quale esprime la propria motivata valutazione il consiglio direttivo, è approvato dalla regione o, d'intesa, dalle regioni interessate. In caso di contrasto tra Comunità del parco, altri organi dell'Ente parco e regioni, la questione è rimessa ad una conferenza presieduta dal Ministro dell'ambiente il quale, perdurando i contrasti, rimette la decisione definitiva al Consiglio dei ministri (30).

3. Il piano di cui al comma 2 può prevedere in particolare: la concessione di sovvenzioni a privati ed enti locali; la predisposizione di attrezzature, impianti di depurazione e per il risparmio energetico, servizi ed impianti di carattere turistico-naturalistico da gestire in proprio o da concedere in gestione a terzi sulla base di atti di concessione alla stregua di specifiche convenzioni; l'agevolazione o la promozione, anche in forma cooperativa, di attività tradizionali artigianali, agro-silvo-pastorali, culturali, servizi sociali e biblioteche, restauro, anche di beni naturali, e ogni altra iniziativa atta a favorire, nel rispetto delle esigenze di conservazione del parco, lo sviluppo del turismo e delle attività locali connesse. Una quota parte di tali attività deve consistere in interventi diretti a favorire l'occupazione giovanile ed il volontariato, nonché l'accessibilità e la fruizione, in particolare per i portatori di handicap.

4. Per le finalità di cui al comma 3, l'Ente parco può concedere a mezzo di specifiche convenzioni l'uso del proprio nome e del proprio emblema a servizi e prodotti locali che presentino requisiti di qualità e che soddisfino le finalità del parco.

5. L'Ente parco organizza, d'intesa con la regione o le regioni interessate, speciali corsi di formazione al termine dei quali rilascia il titolo ufficiale ed esclusivo di guida del parco.

6. Il piano di cui al comma 2 ha durata quadriennale e può essere aggiornato annualmente con la stessa procedura della sua formazione.

 

(30)  Comma così modificato dall'art. 2, comma 31, L. 9 dicembre 1998, n. 426.

 

15. Acquisti, espropriazioni ed indennizzi.

1. L'Ente parco, nel quadro del programma di cui al comma 7, può prendere in locazione immobili compresi nel parco o acquisirli, anche mediante espropriazione o esercizio del diritto di prelazione di cui al comma 5, secondo le norme generali vigenti.

2. I vincoli derivanti dal piano alle attività agro-silvo-pastorali possono essere indennizzati sulla base di princìpi equitativi. I vincoli, temporanei o parziali, relativi ad attività già ritenute compatibili, possono dar luogo a compensi ed indennizzi, che tengano conto dei vantaggi e degli svantaggi derivanti dall'attività del parco. Con decreto da emanare entro dodici mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge il Ministro dell'ambiente provvede alle disposizioni di attuazione del presente comma.

3. L'Ente parco è tenuto a indennizzare i danni provocati dalla fauna selvatica del parco.

4. Il regolamento del parco stabilisce le modalità per la liquidazione e la corresponsione degli indennizzi, da corrispondersi entro novanta giorni dal verificarsi del documento.

5. L'Ente parco ha diritto di prelazione sul trasferimento a titolo oneroso della proprietà e di diritti reali sui terreni situati all'interno delle riserve e delle aree di cui all'articolo 12, comma 2, lettere a) e b), salva la precedenza a favore di soggetti privati di cui al primo comma dell'articolo 8 della legge 26 maggio 1965, n. 590 , e successive modificazioni e integrazioni.

6. L'Ente parco deve esercitare la prelazione entro tre mesi dalla notifica della proposta di alienazione. La proposta deve contenere la descrizione catastale dei beni, la data della trasmissione del possesso, l'indicazione del prezzo e delle sue modalità di pagamento. Qualora il dante causa non provveda a tale notificazione o il prezzo notificato sia superiore a quello di cessione, l'Ente parco può, entro un anno dalla trascrizione dell'atto di compravendita, esercitare il diritto di riscatto nei confronti dell'acquirente e di ogni altro successivo avente causa a qualsiasi titolo.

7. L'Ente parco provvede ad istituire nel proprio bilancio un apposito capitolo, con dotazione adeguata al prevedibile fabbisogno, per il pagamento di indennizzi e risarcimenti, formulando un apposito programma, con opportune priorità.

 

16. Entrate dell'Ente parco ed agevolazioni fiscali.

1. Costituiscono entrate dell'Ente parco da destinare al conseguimento dei fini istitutivi:

a) i contributi ordinari e straordinari dello Stato;

b) i contributi delle regioni e degli enti pubblici;

c) i contributi ed i finanziamenti a specifici progetti;

d) i lasciti, le donazioni e le erogazioni liberali in denaro di cui all'articolo 3 della legge 2 agosto 1982, n. 512 , e successive modificazioni e integrazioni;

e) gli eventuali redditi patrimoniali;

f) i canoni delle concessioni previste dalla legge, i proventi dei diritti d'ingresso e di privativa e le altre entrate derivanti dai servizi resi;

g) i proventi delle attività commerciali e promozionali;

h) i proventi delle sanzioni derivanti da inosservanza delle norme regolamentari;

i) ogni altro provento acquisito in relazione all'attività dell'Ente parco.

2. Le attività di cessione di materiale divulgativo, educativo e propagandistico di prodotti ecologici, nonché le prestazioni di servizi esercitate direttamente dall'Ente parco, non sono sottoposte alla normativa per la disciplina del commercio.

3. Le cessioni e le prestazioni di cui al comma 2 sono soggette alla disciplina dell'imposta sul valore aggiunto. La registrazione dei corrispettivi si effettua in base all'articolo 24 del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633 , come sostituito dall'articolo 1 del decreto del Presidente della Repubblica 29 gennaio 1979, n. 24, senza l'obbligo dell'uso dei registratori di cassa.

4. L'Ente parco ha l'obbligo di pareggio del bilancio.

 

 

17. Riserve naturali statali.

1. Il decreto istitutivo delle riserve naturali statali, di cui all'articolo 8, comma 2, oltre a determinare i confini della riserva ed il relativo organismo di gestione, ne precisa le caratteristiche principali, le finalità istitutive ed i vincoli principali, stabilendo altresì indicazioni e criteri specifici cui devono conformarsi il piano di gestione delle riserva ed il relativo regolamento attuativo, emanato secondo i princìpi contenuti nell'articolo 11 della presente legge. Il piano di gestione della riserva ed il relativo regolamento attuativo sono adottati dal Ministro dell'ambiente entro i termini stabiliti dal decreto istitutivo della riserva stessa, sentite le regioni a statuto ordinario e d'intesa con le regioni a statuto speciale e le province autonome di Trento e di Bolzano.

2. Sono vietati in particolare:

a) ogni forma di discarica di rifiuti solidi e liquidi;

b) l'accesso nelle riserve naturali integrali a persone non autorizzate, salvo le modalità stabilite dagli organi responsabili della gestione della riserva.

 

18. Istituzione di aree protette marine.

1. In attuazione del programma il Ministro dell'ambiente, d'intesa con il Ministro del tesoro, istituisce le aree protette marine, autorizzando altresì il finanziamento definito dal programma medesimo. L'istruttoria preliminare è in ogni caso svolta, ai sensi dell'articolo 26 della legge 31 dicembre 1982, n. 979 , dalla Consulta per la difesa del mare dagli inquinamenti (31).

1-bis. L'istituzione delle aree protette marine può essere sottoposta ad accordi generali fra le regioni e il Ministero dell'ambiente (32).

2. Il decreto istitutivo contiene tra l'altro la denominazione e la delimitazione dell'area, gli obiettivi cui è finalizzata la protezione dell'area e prevede, altresì, la concessione d'uso dei beni del demanio marittimo e delle zone di mare di cui all'articolo 19, comma 6.

3. Il decreto di istituzione è pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana.

4. Per il finanziamento di programmi e progetti di investimento per le aree protette marine è autorizzata la spesa di lire 5 miliardi per ciascuno degli anni 1992, 1993 e 1994.

5. Per le prime spese di funzionamento delle aree protette marine è autorizzata la spesa di lire 1 miliardo per ciascuno degli anni 1991, 1992 e 1993.

 

(31)  Comma così modificato dal comma 8 dell'art. 8, L. 23 marzo 2001, n. 93. Per la soppressione della Consulta per la difesa del mare dagli inquinamenti ed il trasferimento delle relative funzioni al Ministero dell'ambiente, vedi l'art. 2, comma 14, L. 9 dicembre 1998, n. 426.

(32)  Comma aggiunto dal comma 9 dell'art. 8, L. 23 marzo 2001, n. 93.

 

19. Gestione delle aree protette marine.

1. Il raggiungimento delle finalità istitutive di ciascuna area protetta marina è assicurato attraverso l'Ispettorato centrale per la difesa del mare. Per l'eventuale gestione delle aree protette marine, l'Ispettorato centrale si avvale delle competenti Capitanerie di porto. Con apposita convenzione da stipularsi da parte del Ministro dell'ambiente, di concerto con il Ministro della marina mercantile, la gestione dell'area protetta marina può essere concessa ad enti pubblici, istituzioni scientifiche o associazioni riconosciute.

2. Qualora un'area marina protetta sia istituita in acque confinanti con un'area protetta terrestre, la gestione è attribuita al soggetto competente per quest'ultima.

3. Nelle aree protette marine sono vietate le attività che possono compromettere la tutela delle caratteristiche dell'ambiente oggetto della protezione e delle finalità istitutive dell'area. In particolare sono vietati:

a) la cattura, la raccolta e il danneggiamento delle specie animali e vegetali nonché l'asportazione di minerali e di reperti archeologici;

b) l'alterazione dell'ambiente geofisico e delle caratteristiche chimiche e idrobiologiche delle acque;

c) lo svolgimento di attività pubblicitarie;

d) l'introduzione di armi, esplosivi e ogni altro mezzo distruttivo e di cattura;

e) la navigazione a motore;

f) ogni forma di discarica di rifiuti solidi e liquidi.

4. I divieti di cui all'articolo 11, comma 3, si applicano ai territori inclusi nelle aree protette marine.

5. Con decreto del Ministro dell'ambiente, di concerto con il Ministro della marina mercantile, sentita la Consulta per la difesa del mare dagli inquinamenti (33), è approvato un regolamento che disciplina i divieti e le eventuali deroghe in funzione del grado di protezione necessario.

6. Beni del demanio marittimo e zone di mare ricomprese nelle aree protette possono essere concessi in uso esclusivo per le finalità della gestione dell'area medesima con decreto del Ministro della marina mercantile. I beni del demanio marittimo esistenti all'interno dell'area protetta fanno parte della medesima.

7. La sorveglianza nelle aree protette marine è esercitata dalle Capitanerie di porto, nonché dalle polizie degli enti locali delegati nella gestione delle medesime aree protette (34).

 

(33)  Per la soppressione della Consulta per la difesa del mare dagli inquinamenti ed il trasferimento delle relative funzioni al Ministero dell'ambiente, vedi l'art. 2, comma 14, L. 9 dicembre 1998, n. 426.

(34)  Comma così modificato dall'art. 2, comma 17, L. 9 dicembre 1998, n. 426.

 

20. Norme di rinvio.

1. Per quanto non espressamente disciplinato dalla presente legge, ai parchi marini si applicano le disposizioni relative ai parchi nazionali. Alle riserve marine si applicano le disposizioni del titolo V della legge 31 dicembre 1982, n. 979, non in contrasto con le disposizioni della presente legge.

 

21. Vigilanza e sorveglianza.

1. La vigilanza sulla gestione delle aree naturali protette di rilievo internazionale e nazionale è esercitata per le aree terrestri dal Ministro dell'ambiente e per le aree marine congiuntamente dal Ministro dell'ambiente e dal Ministro della marina mercantile.

2. La sorveglianza sui territori delle aree naturali protette di rilievo internazionale e nazionale è esercitata, ai fini della presente legge, dal Corpo forestale dello Stato senza variazioni alla attuale pianta organica dello stesso. Per l'espletamento di tali servizi e di quant'altro affidato al Corpo medesimo dalla presente legge, con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, da adottare entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, su proposta del Ministro dell'ambiente e, sino all'emanazione dei provvedimenti di riforma in attuazione dell'articolo 11 della legge 15 marzo 1997, n. 59, e del decreto di cui all'articolo 4, comma 1, del decreto legislativo 4 giugno 1997, n. 143, e fermo restando il disposto del medesimo articolo 4, comma 1, di concerto con il Ministro dell'agricoltura e delle foreste, sono individuate le strutture ed il personale del Corpo da dislocare presso il Ministero dell'ambiente e presso gli Enti parco, sotto la dipendenza funzionale degli stessi, secondo modalità stabilite dal decreto medesimo (35). Il decreto determina altresì i sistemi e le modalità di reclutamento e di ripartizione su base regionale, nonché di formazione professionale del personale forestale di sorveglianza. Ai dipendenti dell'Ente parco possono essere attribuiti poteri di sorveglianza da esercitare in aggiunta o in concomitanza degli ordinari obblighi di servizio. Nell'espletamento dei predetti poteri i dipendenti assumono la qualifica di guardia giurata. Fino alla emanazione del predetto decreto alla sorveglianza provvede il Corpo forestale dello Stato, sulla base di apposite direttive impartite dal Ministro dell'ambiente, d'intesa con il Ministro dell'agricoltura e delle foreste. Nelle aree protette marine la sorveglianza è esercitata ai sensi dell'articolo 19, comma 7 (36).

 

(35)  Vedi il D.P.C.M. 26 giugno 1997 e il D.P.C.M. 5 luglio 2002.

(36)  Comma così modificato dall'art. 2, comma 32, L. 9 dicembre 1998, n. 426. In deroga a quanto previsto dal presente comma vedi l'art. 80, comma 25, L. 27 dicembre 2002, n. 289.

 

TITOLO III

Aree naturali protette regionali

22. Norme quadro.

1. Costituiscono princìpi fondamentali per la disciplina delle aree naturali protette regionali:

a) la partecipazione delle province, delle comunità montane e dei comuni al procedimento di istituzione dell'area protetta, fatta salva l'attribuzione delle funzioni amministrative alle province, ai sensi dell'articolo 14 della legge 8 giugno 1990, n. 142 . Tale partecipazione si realizza, tenuto conto dell'articolo 3 della stessa legge n. 142 del 1990 , attraverso conferenze per la redazione di un documento di indirizzo relativo all'analisi territoriale dell'area da destinare a protezione, alla perimetrazione provvisoria, all'individuazione degli obiettivi da perseguire, alla valutazione degli effetti dell'istituzione dell'area protetta sul territorio;

b) la pubblicità degli atti relativi all'istituzione dell'area protetta e alla definizione del piano per il parco di cui all'articolo 25;

c) la partecipazione degli enti locali interessati alla gestione dell'area protetta;

d) l'adozione, secondo criteri stabiliti con legge regionale in conformità ai princìpi di cui all'articolo 11, di regolamenti delle aree protette;

e) la possibilità di affidare la gestione alle comunioni familiari montane, anche associate fra loro, qualora l'area naturale protetta sia in tutto o in parte compresa fra i beni agrosilvopastorali costituenti patrimonio delle comunità stesse.

2. Fatte salve le rispettive competenze per le regioni a statuto speciale e per le province autonome di Trento e di Bolzano, costituiscono princìpi fondamentali di riforma economico-sociale la partecipazione degli enti locali alla istituzione e alla gestione delle aree protette e la pubblicità degli atti relativi all'istituzione dell'area protetta e alla definizione del piano per il parco.

3. Le regioni istituiscono parchi naturali regionali e riserve naturali regionali utilizzando soprattutto i demani e i patrimoni forestali regionali, provinciali, comunali e di enti pubblici, al fine di un utilizzo razionale del territorio e per attività compatibili con la speciale destinazione dell'area.

4. Le aree protette regionali che insistono sul territorio di più regioni sono istituite dalle regioni interessate, previa intesa tra le stesse, e gestite secondo criteri unitari per l'intera area delimitata.

5. Non si possono istituire aree protette regionali nel territorio di un parco nazionale o di una riserva naturale statale.

6. Nei parchi naturali regionali e nelle riserve naturali regionali l'attività venatoria è vietata, salvo eventuali prelievi faunistici ed abbattimenti selettivi necessari per ricomporre squilibri ecologici. Detti prelievi ed abbattimenti devono avvenire in conformità al regolamento del parco o, qualora non esista, alle direttive regionali per iniziativa e sotto la diretta responsabilità e sorveglianza dell'organismo di gestione del parco e devono essere attuati dal personale da esso dipendente o da persone da esso autorizzate scelte con preferenza tra cacciatori residenti nel territorio del parco, previ opportuni corsi di formazione a cura dello stesso Ente (37).

 

(37)  Comma così modificato dall'art. 2, comma 33, L. 9 dicembre 1998, n. 426.

 

23. Parchi naturali regionali.

1. La legge regionale istitutiva del parco naturale regionale, tenuto conto del documento di indirizzo di cui all'articolo 22, comma 1, lettera a), definisce la perimetrazione provvisoria e le misure di salvaguardia, individua il soggetto per la gestione del parco e indica gli elementi del piano per il parco, di cui all'articolo 25, comma 1, nonché i princìpi del regolamento del parco. A tal fine possono essere istituiti appositi enti di diritto pubblico o consorzi obbligatori tra enti locali od organismi associativi ai sensi della legge 8 giugno 1990, n. 142 . Per la gestione dei servizi del parco, esclusa la vigilanza, possono essere stipulate convenzioni con enti pubblici, con soggetti privati, nonché con comunioni familiari montane.

 

24. Organizzazione amministrativa del parco naturale regionale.

1. In relazione alla peculiarità di ciascuna area interessata, ciascun parco naturale regionale prevede, con apposito statuto, una differenziata forma organizzativa, indicando i criteri per la composizione del consiglio direttivo, la designazione del presidente e del direttore, i poteri del consiglio, del presidente e del direttore, la composizione e i poteri del collegio dei revisori dei conti e degli organi di consulenza tecnica e scientifica, le modalità di convocazione e di funzionamento degli organi statutari, la costituzione delle comunità del parco.

2. Nel collegio dei revisori dei conti deve essere assicurata la presenza di un membro designato dal Ministro del tesoro.

3. Gli enti di gestione dei parchi naturali regionali possono avvalersi sia di personale proprio che di personale comandato dalla regione o da altri enti pubblici.

 

25. Strumenti di attuazione.

1. Strumenti di attuazione delle finalità del parco naturale regionale sono il piano per il parco e il piano pluriennale economico e sociale per la promozione delle attività compatibili.

2. Il piano per il parco è adottato dall'organismo di gestione del parco ed è approvato dalla regione. Esso ha valore anche di piano paesistico e di piano urbanistico e sostituisce i piani paesistici e i piani territoriali o urbanistici di qualsiasi livello.

3. Nel riguardo delle finalità istitutive e delle previsioni del piano per il parco e nei limiti del regolamento, il parco promuove iniziative, coordinate con quelle delle regioni e degli enti locali interessati, atte a favorire la crescita economica, sociale e culturale delle comunità residenti. A tal fine predispone un piano pluriennale economico e sociale per la promozione delle attività compatibili. Tale piano è adottato dall'organismo di gestione del parco, tenuto conto del parere espresso dagli enti locali territorialmente interessati, è approvato dalla regione e può essere annualmente aggiornato.

4. Al finanziamento del piano pluriennale economico e sociale, di cui al comma 3, possono concorrere lo Stato, le regioni, gli enti locali e gli altri organismi interessati.

5. Le risorse finanziarie del parco possono essere costituite, oltre che da erogazioni o contributi a qualsiasi titolo, disposti da enti o da organismi pubblici e da privati, da diritti e canoni riguardanti l'utilizzazione dei beni mobili ed immobili che appartengono al parco o dei quali esso abbia la gestione.

 

26. Coordinamento degli interventi.

1. Sulla base di quanto disposto dal programma nonché dal piano pluriennale economico e sociale di cui all'articolo 25, comma 3, il Ministro dell'ambiente promuove, per gli effetti di cui all'articolo 27 della legge 8 giugno 1990, n. 142 , accordi di programma tra lo Stato, le regioni e gli enti locali aventi ad oggetto l'impiego coordinato delle risorse. In particolare gli accordi individuano gli interventi da realizzare per il perseguimento delle finalità di conservazione della natura, indicando le quote finanziarie dello Stato, della regione, degli enti locali ed eventualmente di terzi, nonché le modalità di coordinamento ed integrazione della procedura.

 

27. Vigilanza e sorveglianza.

1. La vigilanza sulla gestione delle aree naturali protette regionali è esercitata dalla regione. Ove si tratti di area protetta con territorio ricadente in più regioni l'atto istitutivo determina le intese per l'esercizio della vigilanza.

2. Il Corpo forestale dello Stato ha facoltà di stipulare specifiche convenzioni con le regioni per la sorveglianza dei territori delle aree naturali protette regionali, sulla base di una convenzione-tipo predisposta dal Ministro dell'ambiente, di concerto con il Ministro dell'agricoltura e delle foreste.

 

28. Leggi regionali.

1. Entro dodici mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge le regioni adeguano la loro legislazione alle disposizioni contenute nel presente titolo.

TITOLO IV

Disposizioni finali e transitorie

 

29. Poteri dell'organismo di gestione dell'area naturale protetta.

1. Il legale rappresentante dell'organismo di gestione dell'area naturale protetta, qualora venga esercitata un'attività in difformità dal piano, dal regolamento o dal nulla osta, dispone l'immediata sospensione dell'attività medesima ed ordina in ogni caso la riduzione in pristino o la ricostituzione di specie vegetali o animali a spese del trasgressore con la responsabilità solidale del committente, del titolare dell'impresa e del direttore dei lavori in caso di costruzione e trasformazione di opere.

2. In caso di inottemperanza all'ordine di riduzione in pristino o di ricostituzione delle specie vegetali o animali entro un congruo termine, il legale rappresentante dell'organismo di gestione provvede all'esecuzione in danno degli obbligati secondo la procedura di cui ai commi secondo, terzo e quarto dell'articolo 27 della legge 28 febbraio 1985, n. 47 , in quanto compatibili, e recuperando le relative spese mediante ingiunzione emessa ai sensi del testo unico delle disposizioni di legge relative alla riscossione delle entrate patrimoniali dello Stato, approvato con regio decreto 14 aprile 1910, n. 639 .

3. L'organismo di gestione dell'area naturale protetta può intervenire nei giudizi riguardanti fatti dolosi o colposi che possano compromettere l'integrità del patrimonio naturale dell'area protetta e ha la facoltà di ricorrere in sede di giurisdizione amministrativa per l'annullamento di atti illegittimi lesivi delle finalità istitutive dell'area protetta.

 

30. Sanzioni.

1. Chiunque viola le disposizioni di cui agli articoli 6 e 13 è punito con l'arresto fino a dodici mesi e con l'ammenda da lire duecentomila a lire cinquantamilioni. Chiunque viola le disposizioni di cui agli articoli 11, comma 3, e 19, comma 3, è punito con l'arresto fino a sei mesi o con l'ammenda da lire duecentomila a lire venticinquemilioni. Le pene sono raddoppiate in caso di recidiva.

1-bis. Qualora l'area protetta marina non sia segnalata con i mezzi e gli strumenti di cui all'articolo 2, comma 9-bis, chiunque, al comando o alla conduzione di un'unità da diporto, che comunque non sia a conoscenza dei vincoli relativi a tale area, violi il divieto di navigazione a motore di cui all'articolo 19, comma 3, lettera e), è soggetto alla sanzione amministrativa del pagamento di una somma da 200 euro a 1.000 euro (38).

2. La violazione delle disposizioni emanate dagli organismi di gestione delle aree protette è altresì punita con la sanzione amministrativa del pagamento di una somma da lire cinquantamila a lire duemilioni. Tali sanzioni sono irrogate, nel rispetto delle disposizioni di cui alla legge 24 novembre 1981, n. 689 , dal legale rappresentante dell'organismo di gestione dell'area protetta.

2-bis. La sanzione amministrativa pecuniaria di cui al comma 2 è determinata in misura compresa tra 25 euro e 500 euro, qualora l'area protetta marina non sia segnalata con i mezzi e gli strumenti di cui all'articolo 2, comma 9-bis, e la persona al comando o alla conduzione dell'unità da diporto non sia comunque a conoscenza dei vincoli relativi a tale area (39).

3. In caso di violazioni costituenti ipotesi di reati perseguiti ai sensi degli articoli 733 e 734 del codice penale può essere disposto dal giudice o, in caso di flagranza, per evitare l'aggravamento o la continuazione del reato, dagli addetti alla sorveglianza dell'area protetta, il sequestro di quanto adoperato per commettere gli illeciti ad essi relativi. Il responsabile è tenuto a provvedere alla riduzione in pristino dell'area danneggiata, ove possibile, e comunque è tenuto al risarcimento del danno.

4. Nelle sentenze di condanna il giudice può disporre, nei casi di particolare gravità, la confisca delle cose utilizzate per la consumazione dell'illecito.

5. Si applicano le disposizioni di cui alla legge 24 novembre 1981, n. 689 , in quanto non in contrasto con il presente articolo.

6. In ogni caso trovano applicazione le norme dell'articolo 18 della legge 8 luglio 1986, n. 349 , sul diritto al risarcimento del danno ambientale da parte dell'organismo di gestione dell'area protetta.

7. Le sanzioni penali previste dal comma 1 si applicano anche nel caso di violazione dei regolamenti e delle misure di salvaguardia delle riserve naturali statali.

8. Le sanzioni penali previste dal comma 1 si applicano anche in relazione alla violazione alle disposizioni di leggi regionali che prevedono misure di salvaguardia in vista della istituzione di aree protette e con riguardo alla trasgressione di regolamenti di parchi naturali regionali.

9. Nell'area protetta dei monti Cervati, non si applicano, fino alla costituzione del parco nazionale, i divieti di cui all'articolo 17, comma 2.

 

(38)  Comma aggiunto dall'art. 4, L. 8 luglio 2003, n. 172.

(39)  Comma aggiunto dall'art. 4, L. 8 luglio 2003, n. 172.

 

31. Beni di proprietà dello Stato destinati a riserva naturale.

1. Fino alla riorganizzazione, ai sensi dell'articolo 9 della legge 18 maggio 1989, n. 183 , del Corpo forestale dello Stato, le riserve naturali statali sono amministrate dagli attuali organismi di gestione dell'ex Azienda di Stato per le foreste demaniali. Per far fronte alle esigenze di gestione delle riserve naturali statali indicate nel programma, entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, ed in attesa della riorganizzazione di cui all'articolo 9 della citata legge n. 183 del 1989 , la composizione e le funzioni dell'ex Azienda di Stato possono essere disciplinate con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri da emanarsi su proposta del Ministro dell'ambiente di concerto con il Ministro dell'agricoltura e delle foreste. Per l'esercizio delle attività di gestione per i primi tre anni successivi alla data di entrata in vigore della presente legge continuano ad applicarsi le disposizioni di cui alla legge 5 aprile 1985, n. 124 (40).

2. Entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, il Ministro dell'agricoltura e delle foreste, di concerto con il Ministro delle finanze, trasmette al Comitato l'elenco delle aree individuate ai sensi del decreto ministeriale 20 luglio 1987, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana n. 175 del 29 luglio 1987, e delle altre aree nella sua disponibilità con la proposta della loro destinazione ad aree naturali protette nazionali e regionali anche ai fini di un completamento, con particolare riguardo alla regione Veneto e alla regione Lombardia, dei trasferimenti effettuati ai sensi dell'articolo 68 del decreto del Presidente della Repubblica 24 luglio 1977, n. 616 .

3. La gestione delle riserve naturali, di qualunque tipologia, istituite su proprietà pubbliche, che ricadano o vengano a ricadere all'interno dei parchi nazionali, è affidata all'Ente parco (41).

4. Le direttive necessarie per la gestione delle riserve naturali statali e per il raggiungimento degli obiettivi scientifici, educativi e di protezione naturalistica, sono impartite dal Ministro dell'ambiente ai sensi dell'articolo 5 della legge 8 luglio 1986, n. 349 .

(40)  Per la proroga del termine, vedi l'art. 3, D.L. 28 agosto 1995, n. 361.

(41)  Comma così sostituito dall'art. 2, comma 34, L. 9 dicembre 1998, n. 426.

 

32. Aree contigue.

1. Le regioni, d'intesa con gli organismi di gestione delle aree naturali protette e con gli enti locali interessati, stabiliscono piani e programmi e le eventuali misure di disciplina della caccia, della pesca, delle attività estrattive e per la tutela dell'ambiente, relativi alle aree contigue alle aree protette, ove occorra intervenire per assicurare la conservazione dei valori delle aree protette stesse.

2. I confini delle aree contigue di cui al comma 1 sono determinati dalle regioni sul cui territorio si trova l'area naturale protetta, d'intesa con l'organismo di gestione dell'area protetta.

3. All'interno delle aree contigue le regioni possono disciplinare l'esercizio della caccia, in deroga al terzo comma dell'articolo 15 della legge 27 dicembre 1977, n. 968 , soltanto nella forma della caccia controllata, riservata ai soli residenti dei comuni dell'area naturale protetta e dell'area contigua, gestita in base al secondo comma dello stesso articolo 15 della medesima legge.

4. L'organismo di gestione dell'area naturale protetta, per esigenze connesse alla conservazione del patrimonio faunistico dell'area stessa, può disporre, per particolari specie di animali, divieti riguardanti le modalità ed i tempi della caccia.

5. Qualora si tratti di aree contigue interregionali, ciascuna regione provvede per quanto di propria competenza per la parte relativa al proprio territorio, d'intesa con le altre regioni ai sensi degli articoli 8 e 66, ultimo comma, del decreto del Presidente della Repubblica 24 luglio 1977, n. 616 . L'intesa è promossa dalla regione nel cui territorio è situata la maggior parte dell'area naturale protetta.

 

33. Relazione al Parlamento.

1. Il Ministro dell'ambiente, previa deliberazione del Consiglio nazionale per l'ambiente, presenta annualmente al Parlamento una relazione sullo stato di attuazione della presente legge e sull'attività degli organismi di gestione delle aree naturali protette nazionali.

 

34. Istituzione di parchi e aree di reperimento.

1. Sono istituiti i seguenti parchi nazionali:

a) Cilento e Vallo di Diano (Cervati, Gelbison, Alburni, Monte Stella e Monte Bulgheria);

b) Gargano;

c) Gran Sasso e Monti della Laga;

d) Maiella;

e) Val Grande;

f) Vesuvio.

2. È istituito, d'intesa con la regione Sardegna ai sensi dell'articolo 2, comma 7, il Parco nazionale del Golfo di Orosei e del Gennargentu. Qualora l'intesa con la regione Sardegna non si perfezioni entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, con le procedure di cui all'articolo 4 si provvede alla istituzione del parco della Val d'Agri e del Lagonegrese (Monti Arioso, Volturino, Viggiano, Sirino, Raparo) o, se già costituito, di altro parco nazionale per il quale non si applica la previsione di cui all'articolo 8, comma 6 (42).

3. Entro centottanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, il Ministro dell'ambiente provvede alla delimitazione provvisoria dei parchi nazionali di cui ai commi 1 e 2 sulla base degli elementi conoscitivi e tecnico-scientifici disponibili, in particolare, presso i servizi tecnici nazionali e le amministrazioni dello Stato nonché le regioni e, sentiti le regioni e gli enti locali interessati, adotta le misure di salvaguardia, necessarie per garantire la conservazione dello stato dei luoghi. La gestione provvisoria del parco, fino alla costituzione degli Enti parco previsti dalla presente legge, è affidata ad un apposito comitato di gestione istituito dal Ministro dell'ambiente in conformità ai princìpi di cui all'articolo 9.

4. Il primo programma verifica ed eventualmente modifica la delimitazione effettuata dal Ministro dell'ambiente ai sensi del comma 3.

5. Per l'organizzazione ed il funzionamento degli Enti parco dei parchi di cui ai commi 1 e 2 si applicano le disposizioni della presente legge.

6. Il primo programma, tenuto conto delle disponibilità finanziarie esistenti, considera come prioritarie aree di reperimento le seguenti:

a) Alpi apuane e Appennino tosco-emiliano;

b) Etna;

c) Monte Bianco;

d) Picentino (Monti Terminio e Cervialto);

e) Tarvisiano;

f) Appennino lucano, Val d'Agri e Lagonegrese (Monti Arioso, Volturino, Viggiano, Sirino e Raparo);

g) Partenio;

h) Parco-museo delle miniere dell'Amiata;

i) Alpi marittime (comprensorio del massiccio del Marguareis);

l) Alta Murgia;

l-bis) Costa teatina (43).

7. Il Ministro dell'ambiente, d'intesa con le regioni, può emanare opportune misure di salvaguardia.

8. Qualora il primo programma non venga adottato entro il termine previsto dall'articolo 4, comma 6, all'approvazione dello stesso provvede il Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro dell'ambiente.

9. Per le aree naturali protette i cui territori siano confinanti o adiacenti ad aree di interesse naturalistico facenti parte di Stati esteri, il Ministro degli affari esteri, su proposta del Ministro dell'ambiente, sentite le regioni e le province autonome interessate, promuove l'adozione delle opportune intese o atti, al fine di realizzare forme integrate di protezione, criteri comuni di gestione e facilitazioni di accesso, ove ammesso. Le intese e gli atti possono riguardare altresì l'istituzione di aree naturali protette di particolare pregio naturalistico e rilievo internazionale sul territorio nazionale. Le disposizioni delle intese e degli atti sono vincolanti per le regioni e gli enti locali interessati.

10. Per l'istituzione dei parchi nazionali di cui ai commi 1 e 2 è autorizzata la spesa di lire 20 miliardi per l'anno 1991 e lire 30 miliardi per ciascuno degli anni 1992 e 1993.

11. Per la gestione dei parchi nazionali di cui ai commi 1 e 2 è autorizzata la spesa di lire 10 miliardi per il 1991, lire 15,5 miliardi per il 1992 e lire 22 miliardi a decorrere dal 1993.

 

(42)  Comma così modificato dall'art. 4, L. 8 ottobre 1997, n. 344. Vedi il D.P.R. 30 marzo 1998.

(43)  Lettera aggiunta dall'art. 4, L. 8 ottobre 1997, n. 344.

 

35. Norme transitorie.

1. Con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro dell'ambiente, si provvede all'adeguamento ai princìpi della presente legge, fatti salvi i rapporti di lavoro esistenti alla data di entrata in vigore della presente legge di dipendenti in ruolo, della disciplina del Parco nazionale d'Abruzzo, del Parco nazionale del Gran Paradiso, previa intesa con la regione a statuto speciale Val d'Aosta e la regione Piemonte, tenuto conto delle attuali esigenze con particolare riguardo alla funzionalità delle sedi ed alla sorveglianza. Per il Parco nazionale dello Stelvio si provvede in base a quanto stabilito dall'articolo 3 del decreto del Presidente della Repubblica 22 marzo 1974, n. 279 . Le intese ivi previste vanno assunte anche con la regione Lombardia e devono essere informate ai princìpi generali della presente legge.

2. In considerazione dei particolari valori storico-culturali ed ambientali, nonché della specialità degli interventi necessari per il ripristino e la conservazione degli importanti e delicati ecosistemi, la gestione delle proprietà demaniali statali ricadenti nei Parchi nazionali del Circeo e della Calabria sarà condotta secondo forme, contenuti e finalità, anche ai fini della ricerca e sperimentazione scientifica nonché di carattere didattico formativo e dimostrativo, che saranno definiti con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro dell'ambiente di concerto con il Ministro dell'agricoltura e delle foreste ed il Ministro dell'università e della ricerca scientifica e tecnologica, da emanarsi entro centoventi giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge.

3. Ai parchi nazionali previsti dalla lettera c) del comma 1 dell'articolo 18 della legge 11 marzo 1988, n. 67 , e dall'articolo 10 della legge 28 agosto 1989, n. 305 , si applicano le disposizioni della presente legge, utilizzando gli atti posti in essere prima dell'entrata in vigore della legge stessa in quanto compatibili.

4. Entro due anni dalla data di entrata in vigore della presente legge le regioni interessate provvedono, d'intesa con il Ministro dell'ambiente, alla istituzione del parco naturale interregionale del Delta del Po a modifica dell'articolo 10 della legge 28 agosto 1989, n. 305 , in conformità delle risultanze dei lavori della Commissione paritetica istituita in applicazione della delibera del Comitato interministeriale per la programmazione economica (CIPE) del 5 agosto 1988, pubblicata nel supplemento ordinario n. 87 alla Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana n. 215 del 13 settembre 1988. Qualora l'intesa non si perfezioni nel suddetto termine, si provvede alla istituzione di un parco nazionale in tale area a norma del comma 3 (44).

5. Nell'ipotesi in cui si istituisca il parco interregionale del Delta del Po, con le procedure di cui all'articolo 4 si procede alla istituzione del parco nazionale della Val d'Agri e del Lagonegrese (Monti Arioso, Volturino, Viggiano, Sirino, Raparo), o, se già costituito, di altro parco nazionale, per il quale non si applica la previsione di cui all'articolo 8, comma 6.

6. Restano salvi gli atti di delimitazione di riserve naturali emessi alla data di entrata in vigore della presente legge e le conseguenti misure di salvaguardia già adottate. Dette riserve sono istituite, secondo le modalità previste dalla presente legge, entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della legge stessa.

7. Ove non diversamente previsto, il termine per l'espressione di pareri da parte delle regioni ai fini della presente legge è stabilito in giorni quarantacinque.

8. Per l'attuazione del comma 1 è autorizzata la spesa di lire 2 miliardi per il 1991, lire 3 miliardi per il 1992 e lire 4 miliardi a decorrere dal 1993.

9. Per l'attuazione dei commi 3, 4 e 5 è autorizzata la spesa di lire 14 miliardi per il 1991, lire 17,5 miliardi per il 1992 e lire 21 miliardi a decorrere dal 1993.

(44)  Per la proroga al 31 dicembre 1996 del termine previsto dal presente comma 4, vedi l'art. 6, D.L. 23 ottobre 1996, n. 548.

36. Aree marine di reperimento.

1. Sulla base delle indicazioni programmatiche di cui all'articolo 4, possono essere istituiti parchi marini o riserve marine, oltre che nelle aree di cui all'articolo 31 della legge 31 dicembre 1982, n. 979 , nelle seguenti aree:

a) Isola di Gallinara;

b) Monti dell'Uccellina - Formiche di Grosseto - Foce dell'Ombrone - Talamone;

c) Secche di Torpaterno;

d) Penisola della Campanella - Isola di Capri;

e) Costa degli Infreschi;

f) Costa di Maratea;

g) Penisola Salentina (Grotte Zinzulusa e Romanelli);

h) Costa del Monte Conero;

i) Isola di Pantelleria;

l) Promontorio Monte Cofano - Golfo di Custonaci;

m) Acicastello - Le Grotte;

n) Arcipelago della Maddalena (isole ed isolotti compresi nel territorio del comune della Maddalena);

o) Capo Spartivento - Capo Teulada;

p) Capo Testa - Punta Falcone;

q) Santa Maria di Castellabate;

r) Monte di Scauri;

s) Monte a Capo Gallo - Isola di Fuori o delle Femmine;

t) Parco marino del Piceno;

u) Isole di Ischia, Vivara e Procida, area marina protetta integrata denominata «regno di Nettuno»;

v) Isola di Bergeggi;

z) Stagnone di Marsala;

aa) Capo Passero;

bb) Pantani di Vindicari;

cc) Isola di San Pietro;

dd) Isola dell'Asinara;

ee) Capo Carbonara;

ee-bis) Parco marino «Torre del Cerrano» (45);

ee-ter) Alto Tirreno-Mar Ligure «Santuario dei cetacei» (46);

ee-quater) Penisola Maddalena-Capo Murro Di Porco (47).

2. La Consulta per la difesa del mare (48) può, comunque, individuare, ai sensi dell'articolo 26 della legge 31 dicembre 1982, n. 979 , altre aree marine di particolare interesse nelle quali istituire parchi marini o riserve marine.

(45)  Lettera aggiunta dall'art. 4, L. 8 ottobre 1997, n. 344.

(46)  Lettera aggiunta dall'art. 2, comma 10, L. 9 dicembre 1998, n. 426.

(47)  Lettera aggiunta dal comma 4 dell'art. 8, L. 23 marzo 2001, n. 93.

(48)  Per la soppressione della Consulta per la difesa del mare dagli inquinamenti ed il trasferimento delle relative funzioni al Ministero dell'ambiente, vedi l'art. 2, comma 14, L. 9 dicembre 1998, n. 426.

 

37. Detrazioni fiscali a favore delle persone giuridiche e regime per i beni di rilevante interesse paesaggistico e naturale.

1. ... (49).

2. È deducibile dal reddito imponibile di qualunque soggetto obbligato, fino a un massimo del 25 per cento del reddito annuo imponibile, il controvalore in denaro, da stabilirsi a cura del competente organo periferico del Ministero per i beni culturali e ambientali, d'intesa con l'ufficio tecnico erariale competente per territorio, corrispondente a beni immobili che vengano ceduti a titolo gratuito da persone fisiche e giuridiche allo Stato ed ai soggetti pubblici e privati di cui alle lettere a) e b) del comma 2-bis dell'articolo 114 del citato testo unico delle imposte sui redditi, purché detti immobili siano vincolati ai sensi della legge 29 giugno 1939, n. 1497 , e facciano parte degli elenchi relativi ai numeri 1) e 2) dell'articolo 1 della medesima legge, o siano assoggettati al vincolo della inedificabilità in base ai piani di cui all'articolo 5 della medesima legge e al decreto-legge 27 giugno 1985, n. 312 , convertito, con modificazioni, dalla legge 8 agosto 1985, n. 431, e la donazione avvenga allo scopo di assicurare la conservazione del bene nella sua integrità, per il godimento delle presenti e delle future generazioni.

3. Le agevolazioni di cui all'articolo 5 della legge 2 agosto 1982, n. 512 , sono accordate nel caso di trasferimenti delle cose di cui ai numeri 1) e 2) dell'articolo 1 della citata legge n. 1497 del 1939 effettuati da soggetti che abbiano fra le loro finalità la conservazione di dette cose.

4. Alla copertura delle minori entrate derivanti dall'attuazione del presente articolo, valutate in lire 100 milioni per il 1991, lire 1 miliardo per il 1992 e lire 2 miliardi per il 1993, si provvede mediante corrispondente riduzione dello stanziamento iscritto, ai fini del bilancio triennale 1991-1993, al capitolo 6856 dello stato di previsione del Ministero del tesoro per il 1991, all'uopo parzialmente utilizzando l'accantonamento «Norme generali sui parchi nazionali».

5. Il Ministro delle finanze presenta annualmente al Parlamento una relazione sugli effetti finanziari del presente articolo.

 

(49)  Aggiunge i commi 2-bis e 2-ter all'art. 114, D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917.

 

38. Copertura finanziaria.

1. All'onere derivante dalla attuazione dell'articolo 3, comma 3, pari a lire 5 miliardi per ciascuno degli anni 1992 e 1993 ed a lire 10 miliardi per l'anno 1994, si provvede mediante corrispondente riduzione dello stanziamento iscritto, ai fini del bilancio triennale 1991-1993, al capitolo 9001 dello stato di previsione del Ministero del tesoro per l'anno 1991, all'uopo parzialmente utilizzando l'accantonamento «Programma di salvaguardia ambientale e tutela dei parchi nazionali e delle altre riserve naturali».

2. All'onere derivante dall'attuazione dell'articolo 3, comma 7, pari a lire 600 milioni per ciascuno degli anni 1991, 1992 e 1993 e a regime, si provvede mediante corrispondente riduzione dello stanziamento iscritto, ai fini del bilancio triennale 1991-1993, al capitolo 6856 dello stato di previsione del Ministero del tesoro per l'anno 1991, all'uopo parzialmente utilizzando l'accantonamento «Ristrutturazione del Ministero dell'ambiente».

3. All'onere derivante dall'attuazione dell'articolo 3, comma 9, pari a lire 3,4 miliardi per ciascuno degli anni 1991, 1992 e 1993 e a regime, si provvede mediante corrispondente riduzione dello stanziamento iscritto, ai fini del bilancio triennale 1991-1993, al capitolo 6856 dello stato di previsione del Ministero del tesoro per l'anno 1991, all'uopo parzialmente utilizzando l'accantonamento «Ristrutturazione del Ministero dell'ambiente».

4. All'onere derivante dall'attuazione dell'articolo 4, comma 8, pari a lire 22,9 miliardi per l'anno 1991 ed a lire 12 miliardi per l'anno 1992, si provvede mediante corrispondente riduzione dello stanziamento iscritto, ai fini del bilancio triennale 1991-1993, al capitolo 6856 dello stato di previsione del Ministero del tesoro per l'anno 1991, all'uopo parzialmente utilizzando l'accantonamento «Norme generali sui parchi nazionali e le altre riserve naturali».

5. All'onere derivante dall'attuazione dell'articolo 4, comma 9, pari a lire 110 miliardi per ciascuno degli anni 1992 e 1993 ed a lire 92 miliardi per l'anno 1994, si provvede mediante corrispondente riduzione dello stanziamento iscritto, ai fini del bilancio triennale 1991-1993, al capitolo 9001 dello stato di previsione del Ministero del tesoro per l'anno 1991, all'uopo parzialmente utilizzando l'accantonamento «Programma di salvaguardia ambientale e tutela dei parchi nazionali e delle altre riserve naturali».

6. All'onere relativo all'attuazione dell'articolo 18, comma 4, pari a lire 5 miliardi per ciascuno degli anni 1992, 1993 e 1994, si provvede mediante corrispondente riduzione dello stanziamento iscritto, ai fini del bilancio triennale 1991-1993, al capitolo 9001 dello stato di previsione del Ministero del tesoro per l'anno 1991, all'uopo parzialmente utilizzando l'accantonamento «Programma di salvaguardia ambientale e tutela dei parchi nazionali e delle altre riserve naturali».

7. All'onere derivante dall'attuazione dell'articolo 18, comma 5, pari a lire 1 miliardo per ciascuno degli anni 1991, 1992 e 1993 e a regime, si provvede mediante corrispondente riduzione dello stanziamento iscritto, ai fini del bilancio triennale 1991-1993, al capitolo 6856 dello stato di previsione del Ministero del tesoro per l'anno 1991, all'uopo parzialmente utilizzando l'accantonamento «Norme generali sui parchi nazionali e le altre riserve naturali».

8. All'onere derivante dall'attuazione dell'articolo 34, comma 10, pari a lire 20 miliardi per l'anno 1991 ed a lire 30 miliardi per ciascuno degli anni 1992 e 1993, si provvede mediante corrispondente riduzione dello stanziamento iscritto, ai fini del bilancio triennale 1991-1993, al capitolo 9001 dello stato di previsione del Ministero del tesoro per l'anno 1991, all'uopo parzialmente utilizzando l'accantonamento «Programma di salvaguardia ambientale e tutela dei parchi nazionali e delle altre riserve naturali».

9. All'onere derivante dall'attuazione dell'articolo 34, comma 11, pari a lire 10 miliardi per l'anno 1991, lire 15,5 miliardi per l'anno 1992 ed a lire 22 miliardi per l'anno 1993 e a regime, si provvede mediante corrispondente riduzione dello stanziamento iscritto, ai fini del bilancio triennale 1991-1993, al capitolo 6856 dello stato di previsione del Ministero del tesoro per l'anno 1991, all'uopo parzialmente utilizzando l'accantonamento «Norme generali sui parchi nazionali e le altre riserve naturali».

10. All'onere derivante dall'attuazione dell'articolo 35, comma 8, pari a lire 2 miliardi per l'anno 1991, lire 3 miliardi per l'anno 1992 e lire 4 miliardi per l'anno 1993 e a regime, si provvede mediante corrispondente riduzione dello stanziamento iscritto, ai fini del bilancio triennale 1991-1993, al capitolo 6856 dello stato di previsione del Ministero del tesoro per l'anno 1991, all'uopo parzialmente utilizzando l'accantonamento «Norme generali sui parchi nazionali e le altre riserve naturali».

11. All'onere derivante dall'attuazione dell'articolo 35, comma 9, pari a lire 14 miliardi per l'anno 1991, lire 17,5 miliardi per l'anno 1992 e lire 21 miliardi per l'anno 1993 e a regime, si provvede mediante corrispondente riduzione dello stanziamento iscritto, ai fini del bilancio triennale 1991-1993, al capitolo 6856 dello stato di previsione del Ministero del tesoro per l'anno 1991, all'uopo parzialmente utilizzando l'accantonamento «Norme generali sui parchi nazionali e le altre riserve naturali».

12. Per gli oneri derivanti dall'attuazione dell'articolo 3, comma 3, dell'articolo 4, comma 9, dell'articolo 18, comma 4, e dell'articolo 34, comma 10, gli stanziamenti relativi agli anni successivi al triennio 1991-1993 saranno rimodulati ai sensi dell'articolo 11, comma 3, lettera c), della legge 5 agosto 1978, n. 468, come modificata dalla legge 23 agosto 1988, n. 362.

13. Il Ministro del tesoro è autorizzato ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio.


D.Lgs. 30 marzo 2001 n. 165
Norme generali sull'ordinamento del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche. (art. 6)

Pubblicato nella Gazz. Uff. 9 maggio 2001, n. 106, S.O. 

(omissis)

6.  Organizzazione e disciplina degli uffici e dotazioni organiche.

(Art. 6 del D.Lgs. n. 29 del 1993, come sostituito prima dall'art. 4 del D.Lgs. n. 546 del 1993 e poi dall'art. 5 del D.Lgs. n. 80 del 1998 e successivamente modificato dall'art. 2 del D.Lgs. n. 387 del 1998)

1. Nelle amministrazioni pubbliche l'organizzazione e la disciplina degli uffici, nonché la consistenza e la variazione delle dotazioni organiche sono determinate in funzione delle finalità indicate all'articolo 1, comma 1, previa verifica degli effettivi fabbisogni e previa consultazione delle organizzazioni sindacali rappresentative ai sensi dell'articolo 9. Nell'individuazione delle dotazioni organiche, le amministrazioni non possono determinare, in presenza di vacanze di organico, situazioni di soprannumerarietà di personale, anche temporanea, nell'ambito dei contingenti relativi alle singole posizioni economiche delle aree funzionali e di livello dirigenziale. Ai fini della mobilità collettiva le amministrazioni effettuano annualmente rilevazioni delle eccedenze di personale su base territoriale per categoria o area, qualifica e profilo professionale. Le amministrazioni pubbliche curano l'ottimale distribuzione delle risorse umane attraverso la coordinata attuazione dei processi di mobilità e di reclutamento del personale (9).

2. Per le amministrazioni dello Stato, anche ad ordinamento autonomo, si applica l'articolo 17, comma 4-bis, della legge 23 agosto 1988, n. 400. La distribuzione del personale dei diversi livelli o qualifiche previsti dalla dotazione organica può essere modificata con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del ministro competente di concerto con il Ministro del tesoro, del bilancio e della programmazione economica, ove comporti riduzioni di spesa o comunque non incrementi la spesa complessiva riferita al personale effettivamente in servizio al 31 dicembre dell'anno precedente.

3. Per la ridefinizione degli uffici e delle dotazioni organiche si procede periodicamente e comunque a scadenza triennale, nonché ove risulti necessario a seguito di riordino, fusione, trasformazione o trasferimento di funzioni. Ogni amministrazione procede adottando gli atti previsti dal proprio ordinamento.

4. Le variazioni delle dotazioni organiche già determinate sono approvate dall'organo di vertice delle amministrazioni in coerenza con la programmazione triennale del fabbisogno di personale di cui all'articolo 39 della legge 27 dicembre 1997, n. 449, e successive modificazioni ed integrazioni, e con gli strumenti di programmazione economico-finanziaria pluriennale. Per le amministrazioni dello Stato, la programmazione triennale del fabbisogno di personale è deliberata dal Consiglio dei ministri e le variazioni delle dotazioni organiche sono determinate ai sensi dell'articolo 17, comma 4-bis, della legge 23 agosto 1988, n. 400.

5. Per la Presidenza del Consiglio dei ministri, per il Ministero degli affari esteri, nonché per le amministrazioni che esercitano competenze istituzionali in materia di difesa e sicurezza dello Stato, di polizia e di giustizia, sono fatte salve le particolari disposizioni dettate dalle normative di settore. L'articolo 5, comma 3, del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 503, relativamente al personale appartenente alle Forze di polizia ad ordinamento civile, si interpreta nel senso che al predetto personale non si applica l'articolo 16 dello stesso decreto. Restano salve le disposizioni vigenti per la determinazione delle dotazioni organiche del personale degli istituti e scuole di ogni ordine e grado e delle istituzioni educative. Le attribuzioni del Ministero dell'università e della ricerca scientifica e tecnologica, relative a tutto il personale tecnico e amministrativo universitario, ivi compresi i dirigenti, sono devolute all'università di appartenenza. Parimenti sono attribuite agli osservatori astronomici, astrofisici e vesuviano tutte le attribuzioni del Ministero dell'università e della ricerca scientifica e tecnologica in materia di personale, ad eccezione di quelle relative al reclutamento del personale di ricerca.

6. Le amministrazioni pubbliche che non provvedono agli adempimenti di cui al presente articolo non possono assumere nuovo personale, compreso quello appartenente alle categorie protette.

 

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(9)  Comma così modificato dall'art. 11, D.L. 10 gennaio 2006, n. 4.

 


Deliberazione della Giunta
n. 1180 del 18 aprile 2006

8^ legislatura

 

Presidente

V. Presidente

 

Giancarlo

Luca

 

Galan

Zaia

 

Assessori

 

Renato

Giancarlo

Marialuisa

Oscar

Antonio

Elena

Fabio

Massimo

Renzo

Flavio

Stefano Antonio

Chisso

Conta

Coppola

De Bona

De Poli

Donazzan

Gava

Giorgetti

Marangon

Tosi

Valdegamberi

Segretario

 

Antonio

 

Menetto

OGGETTO: Rete ecologica europea Natura 2000. Aggiornamento banca dati.

 

L’Assessore alle Politiche degli Enti Locali e del Personale, Stefano Antonio Valdegamberi, di concerto con l’Assessore alle Politiche per il Territorio, Renzo Marangon, riferisce quanto segue:

"A seguito della posizione ufficiale assunta dalla Commissione Europea riguardo l'aggiornamento della banca dati Natura 2000, il Ministero dell'Ambiente e della Tutela del Territorio, con nota prot. n. DPN/5D/2005/18772 in data 21 luglio 2005, ha informato Regioni  e Province autonome che entro il mese di aprile 2006 gli Stati membri possono trasmettere alla Commissione eventuali modifiche dei dati relativi ai formulari standard dei siti della rete ecologica europea.

Con la citata nota il Ministero ha inoltre segnalato il permanere di incongruenze tra le banche dati regionali e quella considerata ufficiale a livello nazionale e comunitario, evidenziando la necessità di sanare tale situazione al fine di evitare il verificarsi di problemi nel futuro, relativamente alla formazione dei piani di gestione, al monitoraggio dei SIC e alle valutazioni di incidenza di piani e interventi.

Per quanto riguarda il perimetri dei siti, il Ministero ha comunicato che le variazioni proposte dalle Regioni devono limitarsi alla correzione di errori tecnici (sono segnalate, tra l'altro, incongruenze relative a siti di regioni confinanti) o a modeste ridelimitazioni per meglio adattare i confini ad elementi del paesaggio, mentre la riduzione di perimetro può essere  giustificata solo da dimostrabili errori scientifici effettuati al momento di identificazione del  sito; solide e incontrovertibili motivazioni scientifiche devono giustificare anche la modifica dei  contenuti delle schede Natura 2000, mentre l'eliminazione di siti esistenti deve essere limitata ai casi eccezionali di sviluppi naturali che non possono ragionevolmente essere evitati o prevenuti applicando le opportune misure di conservazione.

Con deliberazione n.4360 del 30 dicembre 2003, la Giunta Regionale ha attivato la costituzione  della banca dati regionale per la rete Natura 2000.

La fase di avvio della banca dati ha comportato la sistematizzazione delle informazioni contenute nelle schede formulario standard  relative ad ogni SIC e ZPS; successivamente, il lavoro è proseguito con la verifica, l'integrazione e la correzione, con la collaborazione degli stessi consulenti che avevano redatto  gli elaborati approvati con le DGR n.448 e n.449 del 21 febbraio 2003 e n.2673 del 6 agosto 2004, delle incongruenze rilevate. Tale lavoro di revisione è stato approvato con decreto del Presidente della Giunta Regionale n. 241 in data 18 maggio 2005, ratificato con D.R.G. n. 1262 del 7 giugno 2005.

Oltre alla ricerca ed elaborazione dei dati naturalistici e all'approfondimento dell'analisi territoriale degli ambiti di S.I.C. e Z.P.S., le attività di studio e ricerca effettuate dalla Regione  per una corretta attuazione della rete Natura 2000, hanno riguardato, successivamente, la predisposizione di una metodologia per l’individuazione degli habitat di cui alla direttiva 92/43/CEE e per la formulazione di indirizzi gestionali in coerenza con le linee guida ministeriali.

Tale metodologia, elaborata e sperimentata dal CINSA (Consorzio Interuniversitario Nazionale per le Scienze Ambientali) su nove SIC pilota, ha consentito di verificare in dettaglio la presenza, la consistenza e lo stato di conservazione degli habitat di interesse comunitario, evidenziando l'opportunità di procedere, in alcuni casi, alla modificazione dei perimetri e delle relative schede Natura 2000 dei siti oggetto di analisi. In considerazione della citata nota del Ministero, di ulteriori contatti con i competenti uffici ministeriali e delle regioni confinanti, si ritiene opportuno procedere all'aggiornamento della banca dati Natura 2000 coerentemente con i risultati delle rilevazioni e indagini sopra citate.

Le modificazioni proposte, come risulta dalla relazione illustrativa costituente Allegato A alla presente deliberazione, sono supportate da motivazioni scientifiche o, nel caso della modificazione del perimetro del S.I.C. IT3230005 "Gruppo Marmolada", dalle decisioni relative  alla modificazione dei limiti amministrativi regionali come concordata dai comuni interessati.

Le variazioni riguardano, in sintesi, l'esclusione di alcune zone marginali intensamente  insediate, l'inclusione di alcuni ambiti di interesse naturalistico e l'accorpamento in un unico S.I.C. dei tre siti precedentemente individuati nei Colli Euganei, con un ampliamento della  superficie complessiva dello stesso sito all'interno del parco regionale.

A conclusione del lavoro di aggiornamento si è quindi pervenuti alla formulazione di un nuovo  elenco dei siti di importanza comunitaria con l'inclusione del S.I.C. IT3260017 "Colli Euganei -Monte Lozzo - Monte Ricco", che viene a coincidere con la Z.P.S., e alla conseguente eliminazione dei S.I.C. IT3260010, IT3260011 e IT3260019, alla conferma dell'elenco delle  Zone di Protezione Speciale, alla rappresentazione cartografica che vede la modificazione di perimetro di 15 siti Natura 2000 e alla nuova compilazione delle schede formulario standard relative alle aree S.I.C. e Z.P.S. modificati. Tali elaborati sono costituiscono i seguenti allegati al presente provvedimento:

- Allegato B - elenco dei S.I.C.;

- Allegato C - elenco delle Z.P.S.;

- Allegato D - rappresentazione cartografica in scala 1:250.000 - n. 1 tavola e, su base cartografica IGM, in scala 1:50.000, n. 10 tavole riportanti i perimetri S.I.C., acquisiti su  Carta Tecnica Regionale in scala 1:10.000;

- Allegato E - rappresentazione cartografica in scala 1:250.000 - n. 1 tavola e, su base cartografica IGM in scala 1:50.000 - n. 10 tavole riportanti i perimetri Z.P.S., acquisiti su Carta Tecnica Regionale in scala 1:10.000;

- Allegato F - schede relative ai S.I.C. aggiornati, compilate nei formulari standard Natura 2000;

- Allegato G - schede relative alle Z.P.S. aggiornate, compilate nei formulari standard  Natura 2000."

Il relatore conclude la propria relazione e propone all’approvazione della Giunta Regionale il seguente provvedimento.

LA GIUNTA REGIONALE

UDITO il relatore, incaricato dell’istruzione dell’argomento in questione ai sensi dell’articolo 33, secondo comma, dello Statuto, il quale dà atto che la Struttura competente ha attestato  l’avvenuta regolare istruttoria della pratica, anche in ordine alla compatibilità con la vigente  legislazione statale e regionale;

VISTE le direttive 79/49/CEE e 92/43/CEE;

VISTO il D.P.R. 8 settembre 1997, n.357 come successivamente integrato e modificato;

VISTO il Decreto del Presidente della Giunta Regionale 18 maggio 2005 n.241, ratificato con D.G.R. 7 giugno 2005, n. 1262;

VISTA la nota del Ministero dell'Ambiente e della Tutela del Territorio prot. n. DPN/5D/2005/18772 in data 21 luglio 2005;

DELIBERA

1) di approvare l'aggiornamento della banca dati Natura 2000 a seguito delle analisi e ricognizioni descritte in premessa e della nota del Ministero dell'Ambiente e della Tutela del Territorio prot. n. DPN/5D/2005/18772 in data 21 luglio 2005, come risultante dai seguenti  allegati alla presente deliberazione:

- Allegato A - relazione illustrativa;

- Allegato B - elenco dei S.I.C.;

- Allegato C - elenco delle Z.P.S.;

- Allegato D - rappresentazione cartografica in scala 1:250.000 - n. 1 tavola e, su base cartografica IGM, in scala 1:50.000, n. 10 tavole riportanti i perimetri S.I.C., acquisiti su  Carta Tecnica Regionale in scala 1:10.000;

- Allegato E - rappresentazione cartografica in scala 1:250.000 - n. 1 tavola e, su base cartografica IGM in scala 1:50.000 - n. 10 tavole riportanti i perimetri Z.P.S., acquisiti su Carta Tecnica Regionale in scala 1:10.000;

- Allegato F - schede relative ai S.I.C. aggiornati, compilate nei formulari standard Natura 2000;

- Allegato G - schede relative alle Z.P.S. aggiornate, compilate nei formulari standard  Natura 2000;

2) di dare mandato alla Direzione Pianificazione Territoriale e Parchi della Segreteria Regionale all'Ambiente e Territorio della trasmissione al Ministero dell'Ambiente e della Tutela del Territorio della documentazione di cui al precedente punto 1);

3) di prendere atto che il presente provvedimento costituisce adempimento degli obblighi  derivanti dall'appartenenza dell'Italia all'Unione Europea;

4) di disporre la pubblicazione del presente provvedimento nel B.U.R. in base al disposto della L.R. 8.5.1989, n. 14. art.2.

Sottoposto a votazione, il presente provvedimento risulta approvato a voti unanimi e palesi.

IL SEGRETARIO                                                     IL PRESIDENTE

- Dott. Antonio Menetto -

On. Dott. Giancarlo Galan



Giurisprudenza

 


SENTENZA N.422

ANNO 2002

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

composta dai signori:

- Cesare RUPERTO Presidente

- Riccardo CHIEPPA Giudice

- Gustavo ZAGREBELSKY "

- Valerio ONIDA "

- Carlo MEZZANOTTE "

- Fernanda CONTRI "

- Guido NEPPI MODONA "

- Piero Alberto CAPOTOSTI "

- Annibale MARINI "

- Franco BILE "

- Giovanni Maria FLICK "

- Francesco AMIRANTE "

- Ugo DE SIERVO "

- Romano VACCARELLA "

 

ha pronunciato la seguente

 

SENTENZA

 

nel giudizio di legittimità costituzionale dell’art. 8, comma 3, della legge 23 marzo 2001, n. 93 (Disposizioni in campo ambientale), promosso con ricorso della Regione Abruzzo, notificato il 4 maggio 2001, depositato in cancelleria il 10 successivo e iscritto al n. 27 del registro ricorsi 2001.

 

Visto l’atto di costituzione del Presidente del Consiglio dei ministri;

 

udito nell’udienza pubblica del 4 giugno 2002 il Giudice relatore Gustavo Zagrebelsky;

 

uditi l’avvocato Francesco Carli per la Regione Abruzzo e l’Avvocato dello Stato Maurizio Fiorilli per il Presidente del Consiglio dei ministri.

 

Ritenuto in fatto

1. – Con atto notificato il 4 maggio 2001 e depositato il successivo 10 maggio la Regione Abruzzo ha proposto "ricorso per dichiarazione di incostituzionalità e, comunque, per conflitto di attribuzioni tra poteri dello Stato", avente a oggetto l’art. 8, comma 3, della legge 23 marzo 2001, n. 93 (Disposizioni in campo ambientale), in relazione agli artt. 5, 117 e 118 della Costituzione.

Premette la ricorrente che il legislatore, con la legge 6 dicembre 1991, n. 394 (Legge quadro sulle aree protette), ha regolato la tutela, l’istituzione e la gestione delle aree naturali protette, prevedendo in particolare: a) che, ai sensi dell’art. 4, la programmazione dell’istituzione delle aree naturali protette sia stabilita con cadenza triennale, mediante la realizzazione di intese, eventualmente promosse dal Ministro dell’ambiente, tra Regioni ed enti locali, sulla base dei metodi e criteri indicati nel programma triennale di azione pubblica definito dalla legge 28 agosto 1989, n. 305 (Programmazione triennale per la tutela dell’ambiente); b) che, secondo l’art. 8, comma 1, l’individuazione e la delimitazione dei parchi nazionali avvengano previa acquisizione del parere della Regione interessata; c) che, secondo l’art. 34, la delimitazione dei parchi nazionali e l’adozione delle misure di salvaguardia ad essi relative siano disposte d’intesa con le Regioni e, comunque, sentite le Regioni e gli enti locali interessati.

Ad avviso della Regione Abruzzo, dalle richiamate disposizioni della legge quadro emergerebbe la necessità, per la realizzazione di nuovi parchi nazionali, di un "procedimento concertativo" tra Stato e Regioni al fine di garantire la giusta delimitazione delle aree interessate e la corretta gestione degli enti istituiti.

Tali principi troverebbero conferma: a) nella legge 8 ottobre 1997, n. 344 (Disposizioni per lo sviluppo e la qualificazione degli interventi e dell’occupazione in campo ambientale), che ha subordinato l’istituzione dei Parchi della Costa Teatina e Torre del Cerrano a un’istruttoria che il Ministro dell’ambiente avrebbe dovuto compiere entro il 30 giugno 1998, sentiti la Regione e gli enti locali competenti; b) nell’art. 77 del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112 (Conferimento di funzioni e compiti amministrativi dello Stato alle regioni ed agli enti locali, in attuazione del capo I della legge 15 marzo 1997, n. 59), che prevede che l’individuazione, l’istituzione e la disciplina generale dei parchi e delle riserve nazionali avvenga "sentita la Conferenza unificata".

Posto il quadro anzidetto, secondo la ricorrente l’art. 8, comma 3, della legge n. 93 del 2001, istituendo nel territorio della Regione Abruzzo il Parco nazionale Costa Teatina senza l’acquisizione della previa intesa o di un parere della Regione stessa, sarebbe costituzionalmente illegittimo per violazione degli artt. 5, 117 e 118 della Costituzione, in quanto – non rispettando le procedure cooperative imposte dalla legge quadro e dalle altre disposizioni richiamate – avrebbe determinato lo svuotamento del ruolo e della funzione costituzionalmente riconosciuti alla Regione Abruzzo.

La denunciata violazione del principio di leale cooperazione si sarebbe inoltre tradotta, ad avviso della ricorrente, nella menomazione delle sue prerogative costituzionali, dando luogo ad un "conflitto di attribuzioni".

La Regione Abruzzo propone infine istanza di sospensione cautelare degli effetti della disposizione impugnata, poiché essa inciderebbe pesantemente sulla disciplina e sulla gestione di un’ampia porzione del territorio regionale e renderebbe possibile l’adozione di misure di salvaguardia, caratterizzate da "importanti effetti vincolistici", in assenza di preventive indicazioni da parte della Regione.

2. – E’ intervenuto in giudizio il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato.

L’interveniente, qualificando il giudizio promosso dalla Regione Abruzzo in primo luogo come conflitto di attribuzioni tra Stato e Regione, rileva che la disposizione impugnata non indica la perimetrazione del Parco nazionale in questione, limitandosi ad integrare l’art. 34 della legge n. 394 del 1991 e a stabilire la dotazione finanziaria dell’ente gestore.

Inoltre, considerato che l’art. 2 della legge quadro articola le aree naturali protette in tre distinte tipologie sulla base delle loro caratteristiche e degli interessi coinvolti (i parchi nazionali previsti dal comma 1, i parchi naturali regionali indicati dal comma 2 e le riserve naturali di cui al comma 3), l’Avvocatura dello Stato sostiene che nessuna disposizione di rango costituzionale garantisce alle Regioni l’uso esclusivo del proprio territorio; pertanto, anche in base alla disciplina dettata dal citato art. 34, le modalità attraverso le quali esso può essere gestito da parte delle Regioni sono modulate secondo le competenze attribuite dalla Costituzione. Da ciò consegue – secondo l’Avvocatura – che non necessariamente le iniziative volte a soddisfare un interesse unitario devono essere precedute dall’intesa con la Regione nel cui ambito territoriale è previsto l’intervento statale.

Nella fattispecie la collaborazione tra il Ministero dell’ambiente e la Regione Abruzzo sarebbe regolata dall’art. 34 della legge n. 394 del 1991 e la violazione delle procedure previste da tale disposizione non darebbe luogo ad un conflitto di attribuzioni, ma eventualmente alla illegittimità dei provvedimenti ministeriali, dovendosi in definitiva escludere ogni violazione dei parametri costituzionali invocati.

L’Avvocatura conclude chiedendo che il ricorso sia respinto per carenza di presupposti, ove lo si qualifichi come conflitto di attribuzioni, o comunque che sia rigettato ove sia inteso quale atto introduttivo di un giudizio di legittimità costituzionale in via principale.

3. – In prossimità dell’udienza la Regione Abruzzo ha depositato una memoria nella quale sostiene che la disposizione impugnata ha un triplice contenuto normativo, in quanto: a) dispone "in via immediata" l’istituzione del Parco Nazionale della Costa Teatina; b) dispone, sempre in via immediata, il finanziamento del Parco, prevedendo l’iscrizione nel bilancio dello Stato di un impegno finanziario sin dall’anno 2001; c) rinvia ad un provvedimento successivo la delimitazione territoriale del Parco.

Sulla base di tali considerazioni, la Regione ricorrente ribadisce, contestando le affermazioni dell’Avvocatura dello Stato, che il Parco nazionale della Costa Teatina è stato istituito con l’art. 8, comma 3, della legge n. 93 del 2001, senza alcuna previa intesa e pertanto in violazione del principio di leale collaborazione tra Stato e Regione, oltre che "in aperto contrasto" con l’art. 77 del decreto legislativo n. 112 del 1998 e con l’art. 8 della legge n. 394 del 1991.

 

Considerato in diritto

 

1. – La Regione Abruzzo solleva questione di legittimità costituzionale – tale può essere ritenuta, per sua non equivoca sostanza, la domanda della Regione, nonostante l’incertezza manifestata nel qualificare l’atto introduttivo "ricorso per dichiarazione di incostituzionalità e, comunque, per conflitto di attribuzioni tra poteri dello Stato" - dell’art. 8, comma 3, della legge 23 marzo 2001, n. 93 (Disposizioni in campo ambientale), che così recita: "Con decreto del Presidente della Repubblica, su proposta del Ministro dell’ambiente, d’intesa con la regione interessata, è istituito il Parco nazionale "Costa teatina". Il Ministro dell’ambiente procede ai sensi dell’art. 34, comma 3, della legge 6 dicembre 1991, n. 394, entro centottanta giorni a decorrere dalla data di entrata in vigore della presente legge. L’istituzione ed il funzionamento del Parco nazionale "Costa teatina" sono finanziati nei limiti massimi di spesa di lire 1.000 milioni a decorrere dall’anno 2001". Ritiene la Regione ricorrente che la norma denunciata, istitutiva del Parco nazionale per determinazione unilaterale dello Stato, comporti violazione degli artt. 5, 117 e 118 della Costituzione, in particolare sotto il profilo della mancata attivazione di una procedura di "leale cooperazione" con la Regione Abruzzo stessa, nel territorio della quale il Parco in questione è situato.

Con il medesimo ricorso, la Regione ricorrente insta per la sospensione dell’efficacia della disposizione legislativa impugnata.

2. – La questione di costituzionalità è stata sollevata anteriormente all’entrata in vigore della legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3 (Modifiche al Titolo V della parte seconda della Costituzione), con riferimento alle norme costituzionali allora vigenti ed è stata promossa al fine di ottenere il riconoscimento, tramite l’annullamento della legge statale denunciata, delle competenze regionali che si pretendono fondate su quelle medesime norme, per il tempo in cui esse erano vigenti. La presente questione ha dunque da essere decisa esclusivamente alla stregua delle norme costituzionali del Titolo V della Parte II della Costituzione nella formulazione originaria – quali in effetti invocate dalla ricorrente -, non rilevando, in questa circostanza, il sopravvenuto mutamento di quadro costituzionale operato con la legge costituzionale menzionata.

L’esito del giudizio, quale che esso sia, non pregiudica l’ambito delle competenze, rispettivamente dello Stato e della Regione, determinate dalla nuova normativa costituzionale. E ciò non solo – come è ovvio - nel caso in cui, con l’accoglimento della questione, la legge dello Stato sia annullata e quindi, per così dire, sia azzerata la situazione normativa in contestazione; ma anche nel caso di rigetto della medesima, con la permanente vigenza della norma impugnata anche al di là del momento di entrata in vigore della legge di riforma costituzionale, permanente vigenza che è conseguenza della necessaria continuità dell’ordinamento giuridico. In entrambi i casi, il rinnovato assetto delle competenze legislative potrà essere fatto valere dallo Stato e dalle Regioni tramite nuovi atti di esercizio delle medesime, attraverso i quali essi possono prendere ciò che la Costituzione dà loro, senza necessità di rimuovere previamente alcun impedimento normativo. Perciò, le norme che definiscono le competenze legislative statali e regionali contenute nel nuovo Titolo V della Parte II della Costituzione potranno, di norma, trovare applicazione nel giudizio di costituzionalità promosso dallo Stato contro leggi regionali e dalle Regioni contro leggi statali soltanto in riferimento ad atti di esercizio delle rispettive potestà legislative, successivi alla loro nuova definizione costituzionale.

3. – Nel merito, la questione non è fondata.

La Regione ricorrente si duole della legge impugnata perché avrebbe istituito il Parco nazionale "Costa teatina" senza una partecipazione della Regione stessa, conforme al principio di leale cooperazione. Questa doglianza, peraltro, si basa su un’inesatta valutazione dei termini normativi della questione.

La norma impugnata, infatti, non istituisce, propriamente, il Parco nazionale in questione ma ne prevede l’istituzione a opera di un decreto del Presidente della Repubblica, su proposta del Ministro dell’ambiente, d’intesa con la Regione. Essa promuove un procedimento e, al tempo stesso, fornisce la base legale del provvedimento istitutivo del Parco, con il quale il procedimento stesso è destinato a concludersi.

Come questa Corte ha numerose volte affermato (v. ad esempio sentenze n. 175 del 1976 e n. 1031 del 1988), l’istituzione di parchi nazionali coinvolge varie competenze, sia dello Stato che delle Regioni, le quali si atteggiano differentemente nei diversi momenti in cui la procedura di istituzione si svolge (decisione istitutiva; individuazione, provvisoria e definitiva, delle aree e determinazione dei confini; stabilimento delle misure di salvaguardia; creazione di enti o autorità di gestione, e così via) a seconda dell’incidenza delle relative determinazioni sulle competenze statali e regionali. Quando si abbia a che fare con competenze necessariamente e inestricabilmente connesse, il principio di "leale collaborazione" - che proprio in materia di protezione di beni ambientali e di assetto del territorio trova un suo campo privilegiato di applicazione – richiede la messa in opera di procedimenti nei quali tutte le istanze costituzionalmente rilevanti possano trovare rappresentazione.

Tuttavia, il primo momento del procedimento, cioè la decisione iniziale che attiva le procedure in vista della creazione di uno specifico parco nazionale (decisione che prelude ma non è ancora, come detto, la "istituzione"), attenendo alla cura di un interesse non frazionabile Regione per Regione, rileva essenzialmente della competenza statale, quale espressione di tale interesse. Tale competenza, il cui esercizio è finalizzato alla tutela dei valori protetti dall’art. 9 della Costituzione, può essere organizzata in modo che trovino espressione punti di vista regionali e locali, quale integrazione degli elementi valutativi a disposizione dell’istanza nazionale decidente e contributi in vista di soluzioni condivise. Sarebbe tuttavia contraddittorio, rispetto al carattere nazionale dell’interesse ambientale e naturalistico da proteggere, ritenere che sia costituzionalmente dovuto l’assenso o l’intesa regionali o locali dotati di forza giuridicamente condizionante.

In questo senso, la legge 6 dicembre 1991, n. 394 (Legge quadro sulle aree protette), per l’individuazione dei parchi naturali nazionali, dopo avere affermato, in principio (art. 1, comma 5), che "nella tutela e nella gestione delle aree naturali protette, lo Stato, le regioni e gli enti locali attuano forme di cooperazione e di intesa ai sensi dell’articolo 81 del decreto del Presidente della Repubblica 24 luglio 1977, n. 616, e dell’art. 27 della legge 8 giugno 1990, n. 142", e dopo avere stabilito (art. 2, comma 7) che la classificazione e la istituzione dei parchi nazionali è effettuata "d’intesa" con le Regioni, ha previsto procedure complesse di dimensione nazionale, facenti capo agli organi dello Stato. Secondo l’art. 8, comma 1, con decreto del Presidente della Repubblica, su proposta del Ministro dell’ambiente, sentita la Regione, si provvede all’istituzione e alla delimitazione definitiva dei parchi nazionali individuati e delimitati secondo le modalità di cui all’art. 4 della stessa legge. Tale ultima disposizione prevedeva un "programma triennale per le aree naturali protette", nel cui ambito era approvato (art. 5) l’elenco ufficiale delle aree naturali protette. Il programma triennale e l’elenco ufficiale erano adottati dal Comitato per le aree naturali protette previsto dall’art. 3, come organo nazionale, costituito con decreto del Ministro dell’ambiente e da esso presieduto, e formato da esponenti dell’amministrazione centrale e da rappresentanti delle Regioni; in mancanza dell’approvazione del programma entro il termine stabilito dall’art. 4, comma 6, si provvedeva direttamente con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, previa deliberazione del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro dell’ambiente (art. 4, comma 7). Il programma triennale e, conseguentemente, la procedura incentrata su di esso sono stati successivamente aboliti con l’art. 76 del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112 (Conferimento di funzioni e compiti amministrativi dello Stato alle regioni ed agli enti locali, in attuazione del capo I della legge 15 marzo 1997, n. 59), il quale poi, all’art. 77, riconosce rilievo nazionale ai compiti e alle funzioni in materia di parchi naturali statali attribuiti allo Stato dalla legge quadro n. 394 del 1991 e, su questa premessa, li esclude dal conferimento alle Regioni e agli enti locali, a norma dell’art. 1, comma 4, lettera c), della legge 15 marzo 1997, n. 59, aggiungendo però, al comma 2, che l’individuazione, oltre che l’istituzione e la disciplina generale dei parchi nazionali, è operata "sentita la Conferenza unificata".

Parallelamente alla procedura amministrativa, la legge quadro sulle aree protette, nelle sue Disposizioni finali, prevede per l’intanto direttamente la "istituzione" di alcuni parchi nazionali (art. 34, commi 1 e 2), disciplinando, al comma 3, le procedure attuative. All’elenco dei parchi nazionali ivi inizialmente menzionati, la legge impugnata ha successivamente aggiunto il Parco della Costa Teatina, già considerato dalla legge quadro "prioritaria area di reperimento", ai fini dell’adozione di misure di salvaguardia indicate (commi 6 – come integrato dall’art. 4 della legge 8 ottobre 1997, n. 344 – e 7 dell’art. 34 citato). L’individuazione di parchi nazionali direttamente per legge, anziché tramite procedimento amministrativo, è espressione della posizione eminente del Parlamento nel rappresentare l’interesse nazionale. Essa indubbiamente non consente di inserire formalmente nel procedimento legislativo che conduce alla decisione di istituire il parco la partecipazione delle Regioni e degli enti locali interessati; ma, fino a tanto che non si abbia una distorsione degli apprezzamenti del legislatore e un evidente abuso della sua funzione, con l’attribuzione ad aree evidentemente prive di valore ambientale e naturalistico di importanza nazionale della qualificazione di parco nazionale – ciò che nella specie non viene contestato –, non vi è motivo di negare al legislatore il potere di provvedere direttamente.

D’altro canto, il provvedimento legislativo di istituzione del parco non comporta di per sé ancora, come si è detto, l’interferenza concreta con specifiche competenze regionali. E, per quanto riguarda il seguito, a norma dell’art. 34, comma 3, della legge n. 394 del 1991, richiamato dalla legge impugnata, per la delimitazione provvisoria del parco, il Ministro dell’ambiente procede sulla base degli elementi conoscitivi tecnico-scientifici disponibili, in particolare, oltre che presso i servizi tecnici nazionali e le amministrazioni dello Stato, presso le Regioni; per l’adozione delle necessarie misure di salvaguardia, poi, il Ministro dell’ambiente procede previa consultazione delle Regioni e degli enti locali interessati; la delimitazione in via definitiva è stabilita con decreto del Presidente della Repubblica, su proposta del Ministro dell’ambiente, sentita la Regione (art. 8, comma 1, della legge n. 394 del 1991); il decreto istitutivo del Presidente della Repubblica, infine, è adottato d’intesa con la Regione. Il principio di leale collaborazione, al quale la Regione ricorrente impropriamente fa appello per contestare la legittimità costituzionale della determinazione legislativa, potrà invece utilmente essere invocato in relazione a sue eventuali violazioni che in ipotesi si verifichino in tali momenti amministrativi successivi.

4. – Il rigetto della questione di costituzionalità proposta rende superflua ogni pronuncia, di ammissibilità e di merito, circa la richiesta sospensione dell’efficacia del provvedimento legislativo denunciato.

per questi motivi

 

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 8, comma 3, della legge 23 marzo 2001, n. 93 (Disposizioni in campo ambientale), sollevata, in riferimento agli artt. 5, 117 e 118 della Costituzione (questi ultimi, nella versione anteriore alla riforma operata dalla legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3), dalla Regione Abruzzo, con il ricorso indicato in epigrafe.

 

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 7 ottobre 2002.

 

Cesare RUPERTO, Presidente

Gustavo ZAGREBELSKY, Redattore

 

Depositata in Cancelleria il 18 ottobre 2002.

 



[1]    I successivi articoli 77 e 78 del decreto legislativo n. 112 hanno operato il conferimento di funzioni amministrative a regioni ed enti locali rinviando sostanzialmente al quadro delle competenze delineato dalla legge n. 394.

[2]    A partire dall’elenco di parchi nazionali istituiti con la stessa legge n. 394 del 1991 (art. 34), a sua volta novellata successivamente dalla legge n. 344 del 1997 che ha aggiunto una nuova voce all’elenco.

[3]    L’indirizzo espresso in tale sentenza è stato successivamente ribadito nelle sentenze n. 307 del 2003, n. 222 del 2003 e n. 214 del 2005.

[4]    Con tale sentenza la Corte Costituzionale ha dichiarato non fondata la questione di legittimità costituzionale sollevata dalla Regione Abruzzo per far valere l'incostituzionalità dell'art. 8, comma 3, della legge 23 marzo 2001, n. 93 ("Disposizioni in campo ambientale") che avrebbe istituito il Parco nazionale "Costa Teatina" senza l'acquisizione di una previa intesa o di un parere dell'Ente locale stesso.

[5]    Sul punto, vedi anche il successivo paragrafo riflessi sulle autonomie e sulle altre potestà normative.

[6]    Per quanto riguarda l’Italia, la strategia nazionale per lo sviluppo sostenibile è stata approvata dal CIPE il 2 agosto 2002 (Deliberazione n. 57) e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 255 del 30 ottobre 2002, supplemento ordinario n. 205.

 

[7]    Procedura 2003/4762. L’articolo 226 del Trattato che istituisce la Comunità europea (TCE) prevede che la Commissione, quando reputi che uno Stato membro abbia mancato ad uno degli obblighi a lui incombenti in virtù di detto Trattato, possa porlo, attraverso l’invio di una lettera di messa in mora, in condizione di presentare le sue osservazioni. La procedura d’infrazione può proseguire con l’invio di un parere motivato, che rappresenta la seconda e ultima fase della procedura d’infrazione, prima che la Commissione europea proceda al deferimento formale dello Stato membro davanti alla Corte di giustizia, affinché accerti la sussistenza di una violazione del diritto comunitario.

[8] Dalla relazione al PALAV approvato dalla giunta regionale  veneta nel novembre 1995, pag. 33 consultabile al sito internet http://www.ptrc.it/www.lagunaveneta.ptrc.it/download/relazione.pdf

[9] In particolare una porzione di Valle Averto (200 ha), quale Zona umida di importanza internazionale, per effetto del D.M. Ambiente del 10 febbraio 1989 e la rimanente parte di Valle Averto (300 ha) quale Zona di importanza nazionale ed internazionale, per effetto del D. M. Ambiente del 15 settembre 1989.

[10] GU n. 135 del 13 giugno 2007.

[11] http://www.sitiunesco.it/index.phtml?id=51

[12]   S.O. n. 167 alla G.U. 24 luglio 2007, n. 170, S.O.

[13] Tale legge è stata parzialmente abrogata dall’art. 49 della legge regionale 23 aprile 2004, n. 11 recante  Norme per il governo del territorio.

[14]http://www.ptrc.it/www.lagunaveneta.ptrc.it/download/DGR_7091_86.pdf

[15] Al riguardo si ricorda che sia il legislatore statale che quello regionale hanno dettato discipline modificative ed integrative della disciplina speciale per Venezia: in particolare la legge n. 360 del 1991 che ha modificato la legge n. 171 del 1973 e la legge regionale n. 17 del 1990 che ha per oggetto la materia del disinquinamento della laguna.

[16]http://www.ptrc.it/www.lagunaveneta.ptrc.it/download/DGR_7529_91.pdf

[17]http://www.ptrc.it/www.lagunaveneta.ptrc.it/files/atti2.php, la cui relazione è consultabile al sito http://www.ptrc.it/www.lagunaveneta.ptrc.it/download/relazione.pdf. Successivamente il Consiglio regionale ha apportato anche alcune varianti al PALAV con delibera del 5 agosto 1997 http://www.ptrc.it/www.lagunaveneta.ptrc.it/download/DGR_2802_97.pdf e delibera del 21 ottobre 1999 http://www.ptrc.it/www.lagunaveneta.ptrc.it/download/DCR_70_99.pdf

[18]http://www.ptrc.it/www.lagunaveneta.ptrc.it/download/DGR_7529_91.pdf

[19]http://www.ambiente.venezia.it/nuovo/pagina.asp?id_pagina=47

[20]www.parcolagunavenezia.it 

[21]   Con tale sentenza la Corte Costituzionale ha dichiarato non fondata la questione di legittimità costituzionale sollevata dalla Regione Abruzzo in relazione all’art. 8, comma 3, della legge 23 marzo 2001, n. 93 ("Disposizioni in campo ambientale") che avrebbe istituito il Parco nazionale "Costa Teatina" senza l'acquisizione di una previa intesa o di un parere dell'Ente locale stesso.

[22]   In base a tale disposizione, sono esclusi dall'applicazione della legge gli enti pubblici economici, gli enti locali e territoriali e loro consorzi, le istituzioni pubbliche di assistenza e beneficenza, gli enti ospedalieri e gli enti ecclesiastici, le università e gli istituti di istruzione, gli istituti di educazione, le opere universitarie, le scuole di ostetricia autonome, gli osservatori astronomici e vulcanologici, gli istituti geologici, le deputazioni di storia patria e in genere le accademie e gli istituti culturali di cui al decreto legislativo 27 marzo 1948, n. 472, e successive modificazioni, salvo quelli compresi nella parte VII della tabella allegata alla legge, gli ordini e i collegi professionali, le camere di commercio e gli enti di patronato per l'assistenza dei lavoratori, la Cassa per il Mezzogiorno

[23]   Avvenuta il 2 aprile 1975, ovvero il giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale.

[24]   G.U. n. 156 del 7 luglio 2005

[25]   S.O. n. 167 alla G.U. 24 luglio 2007, n. 170, S.O.

[26]   Per le cartografie dei siti individuati si veda, sul sito web del Ministero dell’ambiente, l’indirizzo www2.minambiente.it/sito/settori_azione/scn/rete_natura2000/banche_dati/banche_dati.asp.

[27]   Recante Norme generali sull'ordinamento del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche.

[28]   http://caccia.provincia.venezia.it/v_caccia.asp?M=13,0&P=14

[29]   Consiglio di Stato, sez. VI, sentenza 8 gennaio 2003, n. 2 (Comportamenti di rilievo penale e posizione di comando del dipendente pubblico – nota di Rossella Bocci) ,in “Il lavoro nelle pubbliche amministrazioni”, n. 1, an.2003.

[30]   Legge n.689/1981, recante “Modifiche al sistema penale”.