Camera dei deputati - XV Legislatura - Dossier di documentazione
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Autore: | Servizio Studi - Dipartimento ambiente | ||||
Titolo: | Interventi per la riduzione del disagio abitativo per particolari categorie sociali - A.C. 1955 | ||||
Riferimenti: |
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Serie: | Progetti di legge Numero: 78 | ||||
Data: | 28/11/2006 | ||||
Descrittori: |
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Organi della Camera: | VIII-Ambiente, territorio e lavori pubblici |
Camera dei deputati
XV LEGISLATURA
SERVIZIO STUDI
Progetti di legge
Interventi per la riduzione del disagio abitativo per particolari categorie sociali
A.C. 1955
n. 78
28 novembre 2006
SIWEB
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File AM0040
INDICE
Scheda di sintesi per l’istruttoria legislativa
Elementi per l’istruttoria legislativa
§ Necessità dell’intervento con legge
§ Rispetto delle competenze legislative costituzionalmente definite
§ Rispetto degli altri princìpi costituzionali
§ Incidenza sull’ordinamento giuridico
§ Impatto sui destinatari delle norme
I precedenti interventi in materia
§ Il decreto-legge n. 240 del 2004
§ Il decreto-legge n. 86 del 2005
§ Il decreto-legge n. 23 del 2006
§ Articolo 1 (Sospensione delle procedure esecutive di rilascio)
§ Articolo 2 (Benefici fiscali)
§ Articolo 4 (Programma nazionale di edilizia residenziale pubblica)
§ Articolo 5 (Clausola di salvaguardia)
§ Articolo 6 (Copertura finanziaria)
§ A.C. N. 1955, Interventi per la riduzione del disagio abitativo per particolari categorie sociali
- Commissione 2ª e 13ª Riunite)
- Commissione (1ª) (Affari costituzionali)
- Commissione (8ª) (Lavori pubblici)
Seduta del 25 ottobre 2006 (pom.)
Normativa di riferimento
§ L. 5 agosto 1978, n. 468 Riforma di alcune norme di contabilità generale dello Stato in materia di bilancio. (artt. 7, 11-ter e 11-quater)
§ L. 27 luglio 1978, n. 392 Disciplina delle locazioni di immobili urbani.(artt. 5 e 55)
§ D.Lgs. 16-2-1996 n. 104 Attuazione della delega conferita dall'art. 3, comma 27, della L. 8 agosto 1995, n. 335, in materia di dismissioni del patrimonio immobiliare degli enti previdenziali pubblici e di investimenti degli stessi in campo immobiliare.(art. 1 )
§ L. 23-12-1996 n. 662 Misure di razionalizzazione della finanza pubblica.(art. 3 co. 109)
§ L. 9-12-1998 n. 431 Disciplina delle locazioni e del rilascio degli immobili adibiti ad uso abitativo. (art. 6)
§ L. 23-12-2000 n. 388 Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge finanziaria 2001). (art. 43 co. 18)
§ Del.CIPE 14 febbraio 2002, n. 4/2002 Legge n. 431 del 1998, art. 8 - Aggiornamento dell'elenco dei comuni ad alta tensione abitativa.
§ D.L. 20-6-2002 n. 122 Disposizioni concernenti proroghe in materia di sfratti, di edilizia e di espropriazione. (art. 1)
§ Del.CIPE 29 settembre 2002, n. 84/2002 Legge n. 431 del 1998, art. 8 - Modifica Del.CIPE 14 febbraio 2002, n. 4/2002 su aggiornamento elenco comuni ad alta tensione abitativa.
§ L. 5-6-2003 n. 131 Disposizioni per l'adeguamento dell'ordinamento della Repubblica alla L.Cost. 18 ottobre 2001, n. 3. (art. 8)
§ Del.CIPE 13 novembre 2003, n. 87/03 Aggiornamento dell'elenco dei comuni ad alta tensione abitativa (legge n. 431 del 1998, art. 8). (Deliberazione n. 87/03) (2).
§ D.L. 27-5-2005 n. 86 Misure urgenti di sostegno nelle aree metropolitane per i conduttori di immobili in condizioni di particolare disagio abitativo conseguente a provvedimenti esecutivi di rilascio. (art. 4)
§ D.L. 17-6-2005 n. 106 Disposizioni urgenti in materia di entrate. (art. 2)
§ D.L. 1-2-2006 n. 23 Misure urgenti per i conduttori di immobili in condizioni di particolare disagio abitativo, conseguente a provvedimenti esecutivi di rilascio in determinati comuni.(art.2)
Normativa e documentazione internazionale
§ L. 4 agosto1955 n. 848 Ratifica ed esecuzione della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali firmata a Roma il 4 novembre 1950 e del Protocollo addizionale alla Convenzione stessa, firmato a Parigi il 20 marzo 1952.(artt. 6 e 41 conv. e 6 Prot.)
§ Consiglio d’Europa Relazione delle sentenze della Corte europea per I diritti umani doc. N. 11020 del 18 settembre 2006
§ Consiglio d’Europa Risoluzione n. 1516/2006 Attuazione delle Sentenze della Corte Europea dei diritti dell’uomo
§ Sintesi delle pronunce 2004 – 2006 della Corte europea dei diritti dell’uomo in materia di sfratti (a cura dell’Avvocatura, nell’ambito dell’attività di Osservatorio permanente delle sentenze della Corte europea dei diritti dell’uomo)
Giurisprudenza
§ Sentenza della Corte costituzionale 25 ottobre-9 novembre 2000, n. 482
§ Sentenza della Corte costituzionale 1-7 ottobre 2003, n. 310
§ Sentenza della Corte costituzionale 24-28 maggio 2004, n. 155
Numero del progetto di legge |
A.C. 1955 |
Titolo |
Interventi per la riduzione del disagio abitativo per particolari categorie sociali |
Iniziativa |
Governativa |
Settore d’intervento |
Lavori pubblici |
Iter al Senato |
No |
Numero di articoli |
7 |
Date |
|
§ presentazione o trasmissione alla Camera |
16 novembre 2006 |
§ annuncio |
27 novembre 2006 |
§ assegnazione |
27 novembre 2006 |
Commissione competente |
VIII Commissione (Ambiente) |
Sede |
Referente |
Pareri previsti |
I Commissione (Affari costituzionali) II Commissione (Giustizia) V Commissione (Bilancio) VI Commissione (Finanze) XII Commissione (Affari sociali) Commissione per le questioni regionali |
Il disegno di legge, di iniziativa del Governo, riprende nelle linee generali il contenuto del decreto-legge n. 261 del 2006, non convertito presso l’altro ramo del Parlamento, a seguito dell’approvazione, nella seduta del 25 ottobre, di una questione pregiudiziale di costituzionalità.
Il provvedimento si compone di 7 articoli.
L’articolo 1, comma 1, dispone la sospensione, per un periodo di otto mesi, delle esecuzioni dei provvedimenti di rilascio per finita locazione degli immobili adibiti ad uso di abitazione per particolari categorie socialmente deboli residenti nei comuni capoluoghi di provincia, nei comuni limitrofi con oltre 10.000 abitanti e nei comuni ad alta tensione abitativa. In base al comma 3, il termine di sospensione è di diciotto mesi nel caso di immobili concessi in locazione ad uso abitativo da parte di alcuni enti previdenziali pubblici e di altri soggetti specificamente indicati.
Il comma 2 prevede l’autocertificazione ai fini della dimostrazione della sussistenza dei requisiti richiesti per beneficiare della sospensione e disciplina le modalità di contestazione da parte del locatore della sussistenza di tali requisiti.
Il comma 4 prevede che, per l’intero periodo di sospensione dell’esecuzione, il conduttore debba corrispondere al locatore la maggiorazione del canone del 20 per cento prevista dall’art. 6, comma 6, della legge 9 dicembre 1998, n. 431.
Il comma 5 disciplina le ipotesi di decadenza dal beneficio della sospensione, individuate nel mancato pagamento del canone e nella mancata adozione nel termine previsto da parte dei comuni dei programmi per l’edilizia sovvenzionata e agevolata di cui al successivo articolo 3.
Il comma 6, infine, esclude l’operatività della sospensione nei confronti del locatore che dimostri di trovarsi nelle stesse condizioni richieste per ottenere la sospensione medesima oppure nelle condizioni di necessità sopraggiunta dell’abitazione; la medesima disposizione estende a tutte le procedure esecutive per finita locazione in relazione a contratti stipulati ai sensi della legge n. 431 del 1998, l’applicazione del procedimento di rideterminazione della data di rilascio di cui al comma 4 dell’art. 6 della legge n. 431 del 1998.
L’articolo 2 dispone agevolazioni fiscali per i proprietari di immobili locati ai soggetti in situazione di disagio abitativo, prevedendo, al primo periodo, che, per la durata del periodo di sospensione delle procedure, il reddito dei fabbricati relativo agli immobili locati ai soggetti suddetti, non concorre alla formazione del reddito imponibile e, al secondo periodo, la facoltà per i comuni di disporre nei confronti dei medesimi proprietari riduzioni o esenzioni dell’ICI.
L’articolo 3, al comma 1, prevede la predisposizione da parte dei comuni di cui all’articolo 1, d’intesa con la regione, di un piano straordinario pluriennale per l’edilizia sovvenzionata e agevolata da inviare ai Ministeri delle infrastrutture, della solidarietà sociale e delle politiche della famiglia. I successivi commi 2 e 3 prevedono la possibilità di istituire nei medesimi comuni di cui all’articolo 1 apposite commissioni per l’eventuale graduazione delle azioni di rilascio e demandano alle prefetture la definizione del funzionamento e della composizione delle commissioni.
L’articolo 4 disciplinail programma nazionale di edilizia residenziale pubblica, predisposto da parte del Ministero delle infrastrutture, di concerto con gli altri Ministeri indicati e d’intesa con la Conferenza unificata, sulla base delle indicazioni emerse nel tavolo di concertazione generale sulle politiche abitative. Il programma è destinato a contenere gli obiettivi e gli indirizzi di carattere generale per la programmazione regionale di edilizia residenziale pubblica, nonché proposte normative in materia fiscale e per la normalizzazione del mercato immobiliare.
L’articolo 5 prevede l’applicabilità delle disposizioni del disegno di legge in esame nelle regioni a statuto speciale e nelle province autonome di Trento e Bolzano, compatibilmente con le norme dei rispettivi statuti e delle relative norme di attuazione.
L’articolo 6, ai commi 1 e 2, reca la clausola di copertura degli oneri derivanti dall’attuazione dell’articolo 2, valutati in 10,5 milioni di euro per il 2007 ed in 52,5 milioni di euro per il 2008; il comma 3 introduce una clausola di salvaguardia, prevedendo che il Ministro dell’economia e delle finanze provveda al monitoraggio di tali oneri, ai fini dell’adozione dei provvedimenti correttivi di cui all’articolo 11-ter, comma 7, della legge n. 468 del 1978 o delle misure correttive da assumere ai sensi dell’articolo 11, comma 3, lettera i-quater) della medesima legge, e dispone la trasmissione alle Camere degli eventuali decreti adottati.
L’articolo 7 disciplina l’entrata in vigore del provvedimento.
Il disegno di legge è corredato:
§ dalla relazione illustrativa;
§ dalla relazione tecnica, presentata ai sensi dell’articolo 11-ter, comma 2, della legge n. 468 del 1978;
§ dall’analisi tecnico-normativa e dall’analisi dell’impatto della regolamentazione (AIR).
Come illustrato nella scheda introduttiva, il provvedimento in esame costituisce l’ultimo di una serie di interventi, tutti realizzati con atti di rango legislativo, volti a sospendere a beneficio di alcune categorie sociali le esecuzioni dei provvedimenti di rilascio per finita locazione.
La disciplina delle locazioni – così come la disciplina processuale sul rilascio degli immobili - appartiene alla competenza legislativa esclusiva dello Stato, in quanto ricompresa all’interno dell’ambito materiale di cui alla lettera l) del comma secondo dell’art. 117 Cost. (in particolare, giurisdizione e norme processuali; ordinamento civile). Con riferimento al provvedimento in esame, che detta disposizioni a favore di categorie particolarmente svantaggiate, può inoltre venire in rilievo anche l’ambito normativo di cui alla lettera m) (determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale).
Con riferimento all’articolo 3, si osserva che, a seguito della riforma del titolo V, la materia dell’edilizia residenziale pubblica, che non è inclusa né tra le materie su cui lo Stato ha competenza legislativa esclusiva, né tra quelle in cui la competenza è concorrente, sembra poter essere ricondotta alla competenza di carattere residuale delle Regioni.
Anche rispetto a tale norma potrebbe tuttavia venire in rilievo la già richiamata competenza esclusiva dello Stato in materia di “determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale”, posto che il diritto all’abitazione costituisce “un diritto sociale fondamentale che connota la nostra forma di Stato” (sentenza n. 419 del 1991). Come affermato dalla Corte costituzionale già nella sentenza n. 282 del 2002, la competenza di cui alla lettera m) non configura una "materia" in senso stretto, ma “una competenza del legislatore statale idonea ad investire tutte le materie, rispetto alle quali il legislatore stesso deve poter porre le norme necessarie per assicurare a tutti, sull'intero territorio nazionale, il godimento di prestazioni garantite, come contenuto essenziale di tali diritti, senza che la legislazione regionale possa limitarle o condizionarle”.
In tale contesto, si segnala la previsione, contenuta nell’articolo 1, comma 5, che ricollega alla mancata iniziativa da parte dei comuni nei termini stabiliti la decadenza dal beneficio della sospensione delle procedure esecutive. Tale disposizione andrebbe valutata in relazione all’esigenza di garanzia dei livelli essenziali delle prestazioni sull’intero territorio nazionale espressa dall’articolo 117, secondo comma, lett. m). Posto, inoltre, che la decadenza dal beneficio della sospensione si verifica in situazioni in cui il disagio abitativo è ancora più grave, allorché mancano, a causa dell’inadempienza dei comuni, i programmi pluriennali di edilizia sovvenzionata e agevolata, occorre anche una riflessione circa la compatibilità della disposizione con il principio di ragionevolezza di cui all’articolo 3 della Costituzione.
Si richiamano le seguenti sentenze, nelle quali la Corte costituzionale ha esaminato la legittimità di precedenti provvedimenti di proroga degli sfratti con riferimento in particolare agli articoli 3, primo comma, 24, primo comma, e 42, secondo comma, della Costituzione:
® nella sentenza n. 310 del 2003, la Corte ha affermato che “la sospensione della esecuzione per rilascio costituisce un intervento eccezionale che può incidere solo per un periodo transitorio ed essenzialmente limitato sul diritto alla riconsegna di immobile sulla base di un provvedimento giurisdizionale legittimamente ottenuto”. La Corte ha inoltre aggiunto che il legislatore, pur dovendosi fare carico delle esigenze di coloro che si trovano in particolari situazioni di disagio “non può indefinitamente limitarsi, per di più senza alcuna valutazione comparativa, a trasferire l'onere relativo in via esclusiva a carico del privato locatore, che potrebbe trovarsi in identiche o anche peggiori situazioni di disagio”.
® la sentenza n. 155 del 2004, nella quale la Corte, richiamando la precedente sentenza del 2003, ha osservato che la violazione delle norme evocate e il pregiudizio dei diritti che esse tutelano sono “tanto più gravi in quanto non soltanto non è prevista alcuna comparazione tra la condizione del conduttore e quella del locatore, ma neppure è stabilita alcuna congrua misura che, addossando alla collettività l'onere economico inerente alla protezione degli inquilini appartenenti alle categorie svantaggiate, allevii il sacrificio dei locatori”. La Corte ha inoltre ribadito che ove le scelte adottate dal legislatore “dovessero ulteriormente seguire la logica fin qui adottata non potrebbero sottrarsi alle proposte censure d'illegittimità costituzionale (v. sentenza n. 89 del 1984), anche in considerazione del vulnus che il protrarsi delle proroghe arreca al principio della ragionevole durata del processo e alla coerenza dell'ordinamento (v. sentenza n. 108 del 1986).”
La relazione illustrativa del provvedimento sottolinea che esso, dando un segnale di discontinuità rispetto al passato, non si limita a prorogare gli sfratti, ma in ossequio alla giurisprudenza costituzionale, da un lato, contiene una «piena comparazione fra la condizione del locatore e quella del conduttore» (che si manifesta nelle previsioni che escludono l’operatività della sospensione qualora il locatore si trovi nelle condizioni di cui all’articolo 1, comma 2, nelle ipotesi di decadenza dal beneficio della sospensione di cui all’articolo 1, comma 5, nonché nella previsione della maggiorazione del canone a titolo di risarcimento danno), dall’altro prevede «congrue misure» al fine di porre a carico della collettività l’onere di protezione degli inquilini, consistenti in particolare nei benefici fiscali di cui all’articolo 2.
La relazione aggiunge che, a differenza dei precedenti provvedimenti, il disegno di legge in esame non contiene una mera proroga degli sfratti, ma disciplina all’articolo 3 programmi straordinari pluriennali da parte dei comuni per l’edilizia sovvenzionata e agevolata, la cui adozione condiziona l’operatività del beneficio della sospensione nei confronti delle categorie di cui all’articolo 1, comma 1.
Nel valutare la coerenza delle disposizioni di proroga contenute nel disegno di legge in esame con i principi affermati nelle citate pronunce della Corte, occorre anche tenere conto del fatto che esse hanno una portata più ampia rispetto alle precedenti proroghe. Ciò sia in relazione all’ambito territoriale di riferimento (che nel testo in esame comprende tutti i comuni limitrofi a capoluoghi di provincia con popolazione superiore ai 10.000 abitanti) sia alla durata della sospensione (pari a otto mesi e, in relazione alle ipotesi di cui all’articolo 1, comma 3, di diciotto mesi rispetto ai sei mesi delle precedenti proroghe).
In proposito, si ricorda che, con riferimento al disegno di legge di conversione del decreto-legge n. 86 del 2005, la Commissione affari costituzionali aveva espresso parere favorevole, anche in considerazione della riduzione della portata applicativa della proroga degli sfratti, limitata ai soli comuni nei quali il numero di procedure di rilascio sia superiore a 400 (seduta del 16 giugno 2005).
Nulla da segnalare.
Si richiama la previsione, contenuta nell’articolo 3, della predisposizione da parte dei comuni di cui all’articolo 1 di un piano straordinario pluriennale per l’edilizia sovvenzionata e agevolata da inviare ai Ministeri delle infrastrutture, della solidarietà sociale e delle politiche della famiglia. La medesima disposizione prevede inoltre che, nell’ambito dei medesimi comuni, possano essere istituite apposite commissioni per l’eventuale graduazione delle azioni di rilascio, finalizzate a favorire il passaggio da casa a casa per i cd. soggetti disagiati, nonché per le famiglie collocate utilmente nelle graduatorie comunali per l’accesso agli alloggi di e.r.p.
Si segnala che il termine di sospensione delle esecuzioni dei provvedimenti di rilascio per finita locazione disposto dall’ultimo provvedimento di proroga è scaduto lo scorso 3 agosto. Tale proroga, prevista per un periodo di sei mesi, si riferiva tuttavia ai soli comuni con più di un milioni di abitanti (Roma, Milano e Napoli) (articolo 1 del decreto-legge n. 23 del 2006)
Per quanto riguarda la platea dei soggetti beneficiari della sospensione delle esecuzioni prevista dal provvedimento, essa viene identificata secondo criteri in parte diversi rispetto a quelli previsti dai precedenti interventi in materia. In particolare, per quanto riguarda i requisiti soggettivi si segnala l’introduzione del limite del reddito annuo familiare lordo complessivo inferiore a 27.000 euro, del requisito della mancanza di un'altra abitazione nella regione di residenza, del riferimento ai figli a carico ed ai malati terminali, nonché l’individuazione della definizione di “handicap” utile ai fini dell’applicazione del provvedimento. Per quanto riguarda l’ambito territoriale di riferimento, il disegno di legge si applica oltre che nei comuni ad alta tensione abitativa e nei comuni capoluoghi di provincia, anche nei comuni limitrofi con oltre 10.000 abitanti. Tale ultima categoria di comuni non era mai stata presa in considerazione dai precedenti provvedimenti di proroga degli sfratti.
Con riferimento all’ultimo periodo dell’articolo 1, comma 2 (che impone all’ufficiale giudiziario, in caso di accesso, di tenere conto dei termini di sospensione di cui a i commi 1 e 3) occorre un chiarimento sulla finalità e sull’effettiva portata della norma, oltre che sull’opportunità della sua collocazione nell’ambito di un comma, che disciplina esclusivamente la certificazione dei requisiti soggettivi richiesti per beneficiare della sospensione. Non è chiaro in particolare se la disposizione contiene una norma transitoria volta a disciplinare procedure esecutive già iniziate; in ogni caso, occorre valutare l’opportunità di mantenere la medesima disposizione, posto che essa sembrerebbe trovare applicazione a prescindere dalla sua esplicitazione nel testo del disegno di legge.
Occorre un chiarimento anche in ordine alla portata normativa dell’articolo 1, comma 6, ultimo periodo (relativo all’applicazione del procedimento di rideterminazione della data di rilascio di cui al comma 4 dell’art. 6 della legge n. 431 del 1998 a tutte le procedure esecutive per finita locazione in relazione a contratti stipulati ai sensi della medesima legge). Non è chiaro, infatti, se tale disposizione trovi applicazione soltanto rispetto alle fattispecie per le quali, ai sensi dei commi 1 e 3, è possibile la sospensione dell’esecuzione oppure se abbia portata generale, riguardando tutte le procedure relative a contratti stipulati ai sensi della legge n. 431 del 1998.
È opportuno chiarire, infine, a quale soggetto spetta formalmente la nomina delle commissioni per l’eventuale graduazione delle azioni di rilascio di cui ai commi 2 e 3 dell’articolo 3.
Con riferimento all’articolo 6, recante la norma di copertura finanziaria, si rileva quanto segue:
§ il comma 1 dovrebbe specificare che l’onere derivante dall’attuazione dell’articolo 2 è “valutato in 10,5 milioni di euro per il 2007 ed in 52,5 milioni di euro per il 2008”;
§ la disposizione del comma 2 introduce una deroga al principio di annualità del bilancio, previsto dalla vigente disciplina contabile;
§ occorre valutare l’opportunità di escludere la disposizione del comma 2 dall’ambito di applicazione dell’articolo 1, comma 46, della legge finanziaria per il 2006 (legge 23 dicembre 2005, n. 266), che prevede una limitazione alla riassegnazione di entrate.
In base all’articolo 5, comma 3, della legge n. 400 del 1988, come novellato dalla legge n. 12 del 2006, il Presidente del Consiglio dei ministri promuove gli adempimenti di competenza governativa conseguenti alle pronunce della Corte europea dei diritti dell'uomo (CEDU) emanate nei confronti dello Stato italiano, comunica tempestivamente alle Camere le medesime pronunce ai fini dell'esame da parte delle competenti Commissioni parlamentari permanenti e presenta annualmente al Parlamento una relazione sullo stato di esecuzione delle suddette pronunce.
Con la lettera del 30 giugno 2006 indirizzata ai Presidenti delle Commissioni permanenti, il Presidente della Camera ha ribadito gli indirizzi espressi nella lettera del 30 novembre 2005 e in particolare la raccomandazione che “la valutazione di compatibilità dei progetti di legge con il diritto della CEDU, come interpretato dalla Corte europea, costituisca un criterio di riferimento nell’ambito dell’istruttoria legislativa”.
Con riferimento al provvedimento in esame, occorre valutare la compatibilità delle disposizioni che prorogano i termini delle procedure di esecuzione forzata (articolo 1, commi 1 e 3) con l’art. 1 del Protocollo addizionale n. 1 (Protezione della proprietà) e con l’art. 6 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo (CEDU) (Diritto ad un equo processo), quest’ultimo in particolare sotto il profilo della ragionevole durata del processo.
Sul punto, anche per una ricostruzione della giurisprudenza della Corte europea, si rinvia alle schede di lettura.
Al fine di fronteggiare l’emergenza abitativa nelle grandi città, nel corso della XIV legislatura sono stati adottati alcuni provvedimenti d’urgenza con la finalità, da un lato, di prorogare il termine relativo alla concessione dell’assistenza della forza pubblica per l’esecuzione dei provvedimenti di sfratto, di cui all’art. 80, comma 22, della legge 23 dicembre 2000, n. 388 (legge finanziaria 2001), dall’altro di introdurre specifiche misure a sostegno dei conduttori.
Preliminarmente, può essere utile richiamare i due distinti filoni normativi ai quali è riconducibile la tematica del blocco degli sfratti:
§ il differimento delle esecuzioni di rilascio per immobili abitativi previsto dall'art. 6 della legge n. 431 del 1998[1], che si applica ai soli contratti regolati dalla legge sull’equo canone e da quella sui patti in deroga e ai soli comuni ad alta tensione abitativa (individuati originariamente dall’art. 1 del decreto-legge n. 551 del 1988);
§ la sospensione delle esecuzioni di rilascio per immobili abitativi prevista – solo per finita locazione e non per morosità - per determinate categorie di conduttori dall'art. 80, comma 22, della legge n. 388 del 2000 (legge finanziaria 2001). Anche in questo caso, la disposizione di sospensione è comunque limitata agli immobili ubicati in comuni ad alta tensione abitativa.
L'art. 80, commi 20-22, della legge finanziaria 2001reca specifiche disposizioni volte a fronteggiare il disagio abitativo nei comuni ad alta tensione abitativa. Il comma 20, in particolare, prevede che tali comuni possano destinare fino al 10% delle somme ad essi attribuite sul Fondo nazionale per il sostegno all'accesso alle abitazioni in locazione alla locazione di immobili ad inquilini assoggettati a procedure esecutive di sfratto, purché tali soggetti abbiano nel nucleo familiare persone ultrasessantacinquenni, o handicappati gravi e non dispongano di altra abitazione o di redditi sufficienti per poter accedere alla locazione di una nuova casa. Il successivo comma 21 fa obbligo ai comuni di disporre, entro 180 giorni dall'entrata in vigore della legge (termine coincidente con il 29 giugno 2001), apposite graduatorie degli inquilini interessati. Infine, il comma 22 prevede la sospensione delle procedure esecutive di sfratto - iniziate contro inquilini che si trovavano nelle condizioni di cui al comma 20 - fino al termine assegnato ai comuni per la predisposizione delle graduatorie, al fine di consentire a tali inquilini di usufruire dei benefici previsti dalla legge finanziaria per il 2001.
I decreti-legge adottati nel corso della XIV legislatura (nonché il decreto in esame) vanno tutti collegati al secondo di tali filoni normativi.
Si segnala, inoltre, che in una prima fase della passata legislatura i provvedimenti d’urgenza adottati si sono limitati a disporre la mera proroga del termine originariamente fissato al 29 giugno 2001 dal citato art. 80, comma 22, della legge n. 388 del 2000[2].
I decreti-legge adottati nella seconda fase[3], in particolare dopo la sentenza della Corte costituzionale n. 155 del 2004, hanno, invece, ridotto la portata applicativa della proroga ed introdotto specifiche misure finalizzate ad agevolare i conduttori assoggettati a procedura esecutiva di rilascio.
Nella citata sentenza, la Corte si era pronunciata in senso sfavorevole ad una eventuale nuova proroga degli sfratti sulla base della considerazione che la sospensione “può trovare giustificazione soltanto se incide sul diritto alla riconsegna dell’immobile per un periodo transitorio ed essenzialmente limitato.
La sentenza 24-28 maggio 2004 n. 155, ha avuto origine dalla questione di legittimità costituzionale sollevata dal Tribunale di Firenze, con ordinanza emessa il 3 gennaio 2003, avente ad oggetto l’art. 1, comma 1, del decreto-legge 20 giugno 2002, n. 122 (Disposizioni concernenti proroghe in materia di sfratti, di edilizia e di espropriazione) in riferimento agli artt. 3, primo comma, 24, primo comma, 42, secondo comma, e 111, primo (recte: secondo) comma, della Costituzione.
Con la citata pronuncia, la Corte ha ribadito il proprio orientamento in materia già espresso nella sentenza n. 310 del 2003 (nella quale aveva affermato che il legislatore, pur dovendo farsi carico delle esigenze di coloro che si trovano in particolari situazioni di disagio, anche attraverso agevolazioni, non possa tuttavia “indefinitamente limitarsi, per di più senza alcuna valutazione comparativa, a trasferire l’onere relativo in via esclusiva a carico del privato locatore, che potrebbe trovarsi in identiche o anche peggiori situazioni di disagio”).
Nella sentenza n. 155, la Corte ha aggiunto che la violazione di alcune delle norme costituzionali evocate ed il pregiudizio dei diritti che esse tutelano sono “tanto più gravi in quanto non soltanto non è prevista alcuna comparazione tra la condizione del conduttore e quella del locatore, ma neppure è stabilita alcuna congrua misura che, addossando alla collettività l’onere economico inerente alla protezione degli inquilini appartenenti alle categorie svantaggiate, allevii il sacrificio dei locatori”.
Infine, la Consulta ha avvertito che se le scelte del legislatore dovessero ulteriormente seguire la logica fin qui adottata non potrebbero sottrarsi alle proposte censure d’illegittimità costituzionale, “anche in considerazione del vulnus che il protrarsi delle proroghe arreca al principio della ragionevole durata del processo e alla coerenza dell’ordinamento”.
Il decreto-legge 13 settembre 2004, n. 240, convertito in legge, con modificazioni, dall’art. 1 della legge 12 novembre 2004, n. 269, ha previsto misure in materia di locazioni ad uso abitativo, finalizzate, da un lato, ad agevolare i conduttori assoggettati a procedura esecutiva di rilascio che versano in condizioni di particolare disagio, dall’altro a modificare alcune norme procedurali relative al rilascio degli immobili.
Con riferimento al primo profilo, l’ambito soggettivo di applicazione delle nuove disposizioni è stato limitato ai soggetti appartenenti a categorie socialmente deboli, cioè anziani ultrasessantacinquenni e portatori di handicap assoggettati a procedure esecutive di rilascio che non dispongono di altra abitazione o di redditi sufficienti ad accedere alla locazione di una nuova unità immobiliare e che sono in possesso dei requisiti economici previsti dal Ministero dei lavori pubblici (ora, Ministero delle infrastrutture) ai sensi della legge n. 388 del 2000.
Sono state, quindi introdotte cinque nuove tipologie di contratti di locazione di immobili, ulteriori rispetto a quelle previste dalla legge 9 dicembre 1998, n. 431, che potevano essere stipulate dai soggetti in condizione di disagio già beneficiari delle precedenti sospensioni o dagli enti locali per soddisfare le esigenze dei soggetti suddetti. Al fine di favorire la sottoscrizione di tali contratti la legge in questione prevedeva incentivi economici per enti locali e locatori privati. Una volta effettuata, da parte del conduttore, la dichiarazione irrevocabile di avvalersi di una delle suddette tipologie di contratto, il termine per l'esecuzione del provvedimento di rilascio era differito per il tempo strettamente necessario alla stipula del contratto stesso e comunque non oltre il 31 marzo 2005. Al fine di fornire assistenza ai conduttori, con la Circolare del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti 10 marzo 2005, n. 452[4], è stata disposta la costituzione, presso i comuni interessati, di un apposito «sportello emergenza sfratti».
I comuni interessati dal provvedimento sono quelli ad alta tensione abitativa, ovvero i comuni indicati all’art. 1 del decreto-legge n. 551 del 1988 cui fa rinvio l'art. 6 della legge n. 431 del 1988.
All'aggiornamento dell'elenco dei comuni ad alta tensione abitativa provvede, ai sensi dell’art. 8, comma 4, della legge n. 431 del 1998, il CIPE con propria delibera, su proposta del Ministro dei lavori pubblici, di intesa con i Ministri dell'interno e della giustizia. Il CIPE ha aggiornato gli elenchi con una serie di delibere e, da ultimo, con delibera 13 novembre 2003, n. 87 (G.U. 18 febbraio 2004, n. 40)[5].
Il decreto ha infine introdotto anche alcune modifiche di manutenzione normativa alla legge n. 431 del 1998 (relative alla ripartizione annuale delle risorse del Fondo per le locazioni e alle modalità di erogazione dei contributi da parte dei comuni), ed all’art. 56 della legge n. 392 del 1978, relativamente alle modalità di rilascio dell’alloggio locato (obbligo di motivazione e possibilità di opposizione).
La nuova disciplina dei contratti riservati ha trovato una applicazione limitatissima. La scadenza dell’ultimo termine di proroga ha creato quindi una nuova situazione di grave emergenza, a fronte della quale il Governo ha emanato il decreto-legge 27 maggio 2005, n. 86, convertito in legge, con modificazioni, dall’art. 1 della legge 26 luglio 2005, n. 148.
Con tale decreto sono state ridisciplinate le misure a sostegno dei conduttori disagiati e sono stati previsti interventi speciali per la realizzazione di alloggi sperimentali e di alloggi di edilizia sociale nei 14 comuni capoluogo di maggiore emergenza abitativa, cui destinare le risorse non utilizzate.
Anche in questo decreto-legge la proroga veniva concessa solo al fine di favorire la fuoriuscita definitiva dalla situazione di blocco attualmente esistente e veniva circoscritta ad un numero più ristretto di comuni, come individuati dal D.M. 28 settembre 2005 (Milano, Firenze, Roma, Napoli). Le precedenti proroghe avevano, invece, riguardato la totalità dei comuni ad alta tensione abitativa.
Con riferimento alle misure a sostegno dei conduttori, il provvedimento ridestinava le risorse già previste dal decreto-legge n. 240 e ancora disponibili (pari a 104.940.000 euro) e modificava i meccanismi agevolativi previsti dal precedente decreto, in particolare disponendo che tali risorse venissero erogate, previa una distribuzione proporzionale fra i comuni interessati, direttamente ai conduttori in condizioni disagiate e che avevano già usufruito di una sospensione dello sfratto.
Si prevedeva inoltre che le risorse non utilizzate entro la data del 31 ottobre 2005 (alla luce dell’applicazione limitatissima della nuova disciplina dei contratti) venissero destinate,con apposito decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al finanziamento di interventi speciali per la realizzazione di alloggi sperimentali e di alloggi di edilizia sociale nei 14 comuni capoluogo di maggiore emergenza abitativa e nei comuni ad alta tensione abitativa confinanti (art. 1, comma 3, del decreto-legge n. 86 del 2005). La disposizione specificava che gli interventi speciali dovessero avere prioritariamente (ma non esclusivamente) come beneficiari i soggetti appartenenti a categorie socialmente deboli (anziani ultrasessantacinquenni e portatori di handicap con problemi economici, che abbiano beneficiato della proroga relativa all’esecuzione dei rilasci per finita locazione ai sensi dell’art. 80, comma 22, della legge n. 388 del 2000).
La platea dei conduttori beneficiari degli interventi speciali finalizzati ad aumentare la disponibilità di alloggi di edilizia sociale è stata successivamente ampliata con il successivo decreto-legge n. 23 del 2006 (art. 2, comma 3).In essa sono stati, infatti, ricompresi anche i conduttori che abbiano nel proprio nucleo familiare almeno un figlio di età inferiore ai tre anni o almeno due figli minorenni fiscalmente a carico, ovvero abbiano sostenuto spese mediche documentate superiori al dieci per cento del reddito annuo netto complessivo o abbiano componenti del nucleo familiare affetti da malattie invalidanti o che non ne consentono il trasferimento, purché non dispongano di altra abitazione, né di redditi sufficienti ad accedere alla locazione di un nuovo immobile.
Il decreto ministeriale previsto è stato emanato in data 16 marzo 2006[6]e con esso sono stati ripartiti 99.234.336,32 di euro tra i 14 comuni capoluogo di maggiore emergenza abitativa, sulla base del numero delle richieste delle procedure esecutive di sfratto presenti in ciascun comune. Il decreto precisa che gli interventi sono finanziati a valere sulla disponibilità accertata con contributo statale pari al 50% del costo complessivo degli stessi, mentre il restante 50% è posto a carico del singolo comune e/o della regione o degli operatori pubblici o privati aderenti alle singole iniziative.
Il decreto-legge 1° febbraio 2006, n. 23, convertito in legge, con modificazioni, dall’art. 1 della legge 3 marzo 2006 n. 86, ha ridotto ulteriormente, rispetto ai precedenti decreti n. 240 del 2004 e n. 86 del 2005, la portata applicativa della sospensionedella procedura esecutiva di sfratto .
Tale procedura, infatti, sospesa per la durata di sei mesi (fino al 3 agosto 2006), solo nei comuni con più di un milione di abitanti, vale a dire nelle città di Roma, Milano e Napoli (la precedente proroga includeva anche Firenze).
Anche l’ambito soggettivo è stato ulteriormente limitato attraverso la precisazione della definizione di handicap grave, per la quale è richiesta una invalidità superiore al 66%. Il blocco delle procedure esecutive di sfratto riguarda, pertanto, soggetti appartenenti a categorie socialmente deboli, quali anziani ultrasessantacinquenni e portatori di handicap grave che non dispongono di altra abitazione o di redditi sufficienti ad accedere alla locazione di un nuovo immobile.
Sono stati inoltre previsti due casi in cui non è possibile ricorrere alla sospensione dello sfratto: il mancato regolare pagamento del canone d'affitto e la dimostrazione da parte del proprietario di trovarsi nelle stesse condizioni richieste dall'affittuario per ottenere la sospensione.
Il decreto ha previsto, inoltre, norme agevolative dal punto di vista fiscale (disponendo che, per tutta la durata della sospensione, vengano azzerate le imposte sul reddito dovute allo Stato e ai Comuni dai proprietari degli immobili locati ai conduttori in condizioni di particolare disagio) e ha stabilito la possibilità per tutti i Comuni (non solo quindi per quelli con più di un milione di abitanti di cui all’art. 1), nel rispetto dell’equilibrio di bilancio, di concedere esenzioni o riduzioni dell'ICI e dell'addizionale comunale, per l’anno fiscale 2006, anche a quei proprietari che sospendano volontariamente per il 2006 le esecuzioni degli sfratti a conduttori che si trovano in condizioni familiari o patrimoniali particolarmente disagiate.
Il decreto, infine, come accennato in precedenza, reca, infine, una norma integrativa delle disposizioni del decreto n. 86, diretta ad ampliare la platea dei conduttori beneficiari degli interventi speciali per la realizzazione di alloggi sperimentali e di alloggi di edilizia sociale nei 14 comuni capoluogo di maggiore emergenza abitativa.
In conseguenza della scadenza del termine di sospensione delle esecuzioni forzate disposto dal decreto-legge n. 23 del 2006 (3 agosto 2006), il Consiglio dei Ministri del 4 agosto, ha esaminato il problema degli sfratti e ha stabilito che, visti i prioritari e impegnativi compiti che le Forze di polizia erano chiamate a svolgere (criminalità estiva, esiti dell’indulto e sorveglianza di obiettivi sensibili), esse non avrebbero potuto essere impegnate nell’esecuzione dei decreti di sfratto.
Subito dopo la pausa estiva, in data 29 settembre 2006, il Governo ha emanato quindi il decreto-legge n. 261 con il quale ha previsto la sospensione delle procedure esecutive di sfratto fino al 30 giugno 2007, condizionandola alla predisposizione, da parte degli stessi comuni, di un programma pluriennale di edilizia agevolata e sovvenzionata. Un termine più lungo è stato previsto nel caso di immobili concessi in locazione ad uso abitativo di alcuni enti previdenziali pubblici e di alcune “grandi proprietà”.
Lo stesso decreto-legge prevedeva, inoltre, un rinnovo per nove anni del contratto scaduto in caso di unità immobiliari oggetto di operazioni di cartolarizzazione.
I requisiti soggettivi per beneficiare della sospensione erano parzialmente diversi rispetto ai precedenti provvedimenti d’urgenza (in particolare, il decreto innalzava il requisito dell'età di cinque anni - da 65 a 70 anni – ed inseriva il riferimento ai figli a carico ed ai malati terminali). Il decreto, inoltre, ampliava l’ambito territoriale di riferimento rispetto ai due decreti-legge n. 86 del 2005 e n. 23 del 2006[7], ricomprendendovi tutti i comuni capoluogo di provincia e comuni limitrofi con oltre 10.000 abitanti. Esso, invece, non faceva riferimento ai comuni al alta tensione abitativa.
Nell’ambito del decreto-legge erano inoltre previste alcune misure a tutela del locatore, e, tra queste, agevolazioni di carattere fiscale.
Il decreto non si limitava alla mera proroga degli sfratti, ma disponeva anche l’avvio di alcuni programmi finalizzati all’aumento degli alloggi in locazione.
Il decreto, esaminato in prima lettura al Senato, è decaduto a seguito dell’approvazione, nella seduta dell’Assemblea del 25 ottobre, della questione pregiudiziale di costituzionalità presentata dai senatori Pastore e Ferrara.
Le disposizioni del decreto ritenute in contrasto con la Costituzione erano in particolare le seguenti:
§ l’ampliamento dell’ambito territoriale di riferimento (esteso ai comuni capoluogo di provincia e ai comuni limitrofi con oltre 10.000 abitanti) (art. 1, comma 1);
§ la previsione di un termine più lungo di sospensione nel caso di unità immobiliari appartenenti al patrimonio di soggetti ritenuti “grandi proprietari” (articolo 1, comma 3);
§ il riconoscimento ope legis del diritto ad un rinnovo per nove anni del contratto scaduto in caso di unità immobiliari oggetto di operazioni di cartolarizzazione (art. 1, comma 7).
Rispetto a tale ultima disposizione in particolare, la Commissione Bilancio aveva rilevato profili problematici dal punto di vista della copertura finanziaria[8]. I rilievi della Commissione bilancio erano stati ripresi in sede di illustrazione della questione pregiudiziale. Si segnalava in particolare come tale norma, attraverso la proroga di ulteriore nove anni dei contratti di locazione, avrebbe determinato una svalutazione dell'immobile che avrebbe dovuto essere indennizzata dallo Stato, stante le norme vigenti in materia di cartolarizzazione, con conseguenti effetti negativi in termini aumento del debito pubblico. Problemi di copertura erano stati rilevati anche con riferimento all’art. 5, che riduceva dal 15 al 14 per cento la deducibilità dei contratti a canone libero. Entrambe le disposizioni – art. 1, comma 7 e art. 5 - non sono state inserite nel disegno di legge governativo in esame.
Dopo l’approvazione della questione pregiudiziale, il Governo ha reso comunicazioni sulla politiche per la riduzione del disagio abitativo, cui è seguito un ampio dibattito protrattosi anche nella giornata successiva (25 e 26 ottobre 2006).
Il Ministro della solidarietà sociale Ferrero ha sostenuto la costituzionalità del decreto-legge, strutturato in modo da recepire i rilievi della Consulta. Il provvedimento, infatti, non disponeva una mera proroga, ma collegava il blocco degli sfratti ad un piano di interventi; non poneva a carico dei soli proprietari gli oneri dell'intervento sociale ma prevedeva per gli stessi la possibilità di una significativa detrazione in sede di dichiarazione dei redditi; operava infine una comparazione tra le condizioni del proprietario e quelle dell'inquilino onde evitare disparità di trattamento. Per rispondere all'emergenza degli sfratti il Governo si è reso disponibile ad eliminare il comma 7 dell'articolo 1 punto nevralgico della pregiudiziale di costituzionalità, e ad affrontare un confronto in Parlamento con un nuovo provvedimento in materia abitativa teso a superare l'emergenza e ad avviare programmi per l'edilizia residenziale.
Dal monitoraggio della giurisprudenza della Corte europea degli ultimi tre anni emergono numerose pronunce che constatano la violazione da parte dello Stato italiano dell’art. 1 Prot. n. 1, in materia di diritto alla protezione dei beni, nonché dell’art. 6 CEDU in materia di diritto ad un equo processo, soprattutto sotto il profilo della ragionevole durata. Inoltre, in relazione ad alcuni ricorsi, la Corte, constato che tra i ricorrenti e lo Stato italiano era intervenuto un regolamento amichevole, ha disposto la cancellazione della causa del ruolo.
Le sentenze della Corte europea che costituiscono precedenti di riferimento per gli orientamenti giurisprudenziali della Corte stessa in materia di sfratti sono le sentenze Immobiliare Saffi c. Italia del 28 luglio 1999 e Mascolo c. Italia del 16 dicembre 2004.
Con la sentenza Immobiliare Saffi la Corte ha stabilito che ogni ingerenza della legislazione nazionale nella sfera dell’individuo, pur consentita dal secondo paragrafo dell’art. 1 del Protocollo n. 1, deve però realizzare un “giusto equilibrio” tra le esigenze dell’interesse generale e la necessità di proteggere i diritti fondamentali individuali, in quanto deve sussistere una ragionevole relazione di proporzionalità tra i mezzi impiegati e lo scopo perseguito. Nel determinare se questa esigenza sia stata raggiunta, la Corte ha riconosciuto che lo Stato gode di un largo margine di apprezzamento in riferimento sia alla scelta dei mezzi di applicazione e sia all’accertamento se le conseguenze dell’applicazione siano giustificate dall’interesse generale. In una materia come quella degli alloggi che gioca un ruolo centrale nelle politiche sociali ed economiche delle società moderne, la Corte, nella citata sentenza, afferma l’esigenza di rispettare la valutazione posta a base di scelte legislative come manifestazione dell’interesse generale, salvo che la valutazione sia manifestamente priva di un ragionevole fondamento. La Corte ha considerato che, in teoria, il sistema italiano di scaglionare l’esecuzione delle ordinanze di sfratto emesse dei tribunali non è di per sé oggetto di critica, avendo riguardo in particolare al margine di apprezzamento permesso dal secondo paragrafo dell’art. 1. In concreto, però il sistema di scaglionamento italiano, fondato su una scala di priorità che ha consentito, di fatto, l’esecuzione degli sfratti con assistenza di forza pubblica solo nei casi prioritari, fra l’altro di numero via via crescente, ha dimostrato di soffrire di una certa rigidità. Perciò, ad avviso della Corte, tale sistema porta con sé il rischio di imporre ai locatori un eccessivo carico, in relazione alla loro capacità di disporre dei propri beni e deve, di conseguenza, prevedere alcune protezioni procedurali tali da assicurare che l’azione del sistema ed il suo impatto sui diritti di proprietà dei locatori non siano né arbitrari né imprevedibili. La Corte ha quindi constatato la violazione dell’art. 1 del Prot. n. 1, poiché - a causa del sistema di scaglionamento dell’esecuzione delle ordinanze di sfratto, della sospensione legislativa degli sfratti, nonché della mancanza di un rimedio giurisdizionale per reclamare un ristoro per l’attesa prolungata per il recupero dell’immobile – nella fattispecie non era riscontrabile il necessario equilibrio che deve sussistere tra il diritto della società ricorrente alla protezione dei propri beni e le esigenze dell’interesse pubblico. La Corte ha inoltre constato la violazione dell’art. 6, par. 1, CEDU considerando che anche l’esecuzione di pronunce giurisdizionali costituisce oggetto del diritto tutelato nell’ambito del citato articolo; inoltre, risultano in contrasto con il principio della preminenza del diritto, con riferimento ai diritti tutelati dal medesimo art. 6, la prolungata sospensione dell’esecuzione delle decisioni giudiziarie e la mancanza di un controllo giudiziario effettivo sulle decisioni amministrative in materia di esecuzione degli sfratti.
Il principio del bilanciamento degli interessi in gioco ai fini della valutazione di un’eventuale violazione dell’art. 1 Prot. n. 1, è seguito, in materia di sfratti, anche nella giurisprudenza successiva, la quale, però, tiene conto di ulteriori sviluppi intervenuti nell’ordinamento nazionale, rilevanti sia con riferimento a tale articolo che all’art.6 CEDU.
Su un piano generale, che prescinde dalla specifica materia degli sfratti, si riscontra l’emanazione della legge n. 89 del 2001, c.d. legge Pinto, che ha previsto l’equa riparazione in caso di violazione del termine ragionevole del processo, nonché la sentenza della Corte di cassazione n. 11046 del 18 giugno 2002 che ha ritenuto che anche i procedimenti per il rilascio di immobili rientrino nell’ambito applicativo della citata legge.
Con specifico riferimento alla materia degli sfratti, invece, la Corte europea prende atto della giurisprudenza nazionale riferita all’azione di danno ex art. 1591 c.c., giungendo a ritenere, quanto ai danni materiali rivendicati dai ricorrenti per violazione del diritto alla protezione dei beni, che questi, poiché derivano dal comportamento del conduttore, non sono immediatamente riferibili a comportamenti dello Stato e quindi devono essere oggetto dello specifico rimedio nazionale di cui al citato articolo 1591 c.c.. In merito ai danni per eccessiva durata del procedimento, per i ricorsi successivi alla citata sentenza della Corte di cassazione del 18 giugno 2002, la Corte ha ritenuto che debbano essere esaurite previamente le vie di ricorso interne costituite dal rimedio ex legge Pinto. In ogni caso, secondo la Corte la violazione dell’art. 6 CEDU da parte dello Stato è di ordine procedurale e successivo al comportamento del conduttore.
Questa evoluzione giurisprudenziale risulta dalle pronunce emanate con riferimento alle cause Mascolo (decisione di ricevibilità del 16 ottobre 2003 e sentenza di merito del 16 dicembre 2004) e Lo Tufo (sentenza di merito del 21 aprile 2005), ai cui principi si sono poi conformate le pronunce successive.
Nel Documento 11020 della Commissione sugli Affari giuridici e sui Diritti umani dell’Assemblea parlamentare del Consigli d’Europa, recante relazione del relatore Erik Jurgens, in materia di esecuzione delle sentenze della Corte europea, vi è una parte dedicata ai casi relativi alla mancata esecuzione di ordinanze di sfratto.
Il citato documento si articola come segue.
“Risoluzione interinale ResDH(2004)72
Questi casi riguardano principalmente la prolungata impossibilità per i ricorrenti di ottenere l’intervento della forza pubblica per dare esecuzione all’ordinanza di sfratto dei loro inquilini, fondamentalmente a causa dell’applicazione di disposizioni per il blocco o il rinvio degli sfratti (vedi doc. AS/Jur (2005) 32 pp. 10-11). La Corte europea è giunta alla conclusione che non sia stato rispettato il giusto equilibrio tra la protezione del diritto di proprietà dei ricorrenti e le esigenze di interesse generale (violazione dell’articolo 1 e del protocollo n.1 della CEDU). Nella maggior parte di questi casi, la Corte ha anche concluso che, in conseguenza della legge in questione, che ha annullato l’efficacia delle ordinanze di sfratto, i ricorrenti sono stati privati del loro diritto di ricorrere agli uffici di un giudice per risolvere la controversia, in pieno contrasto con il principio dello stato di diritto (violazione dell’articolo 6§1).
Misure a carattere individuale:
Nella Risoluzione interinale DH(2004)72, il Comitato ha deplorato il fatto che, persino in casi in cui la Corte europea per i diritti umani ha accertato violazioni, un buon numero di ricorrenti non sia ancora potuto rientrare in possesso delle rispettive proprietà e che la mancata attuazione delle ordinanze giudiziarie a loro favorevoli perdura da svariati anni. Nella maggior parte dei casi, i ricorrenti sono rientrati in possesso dei loro appartamenti in un arco di tempo tra i 4 e i 17 anni dopo che l’ordinanza di sfratto era stata emessa.
Questioni ancora in sospeso: I seguenti ricorrenti attendono ancora di rientrare in possesso dei rispettivi appartamenti dalla data indicata: Esposito Paola (sentenza del 19 dicembre 2002, dal 1992), M.P. (sentenza del 19 dicembre 2002, dal 1987), Marini (sentenza del 9 gennaio 2003, dal 1989), C.T. II (sentenza del 9 gennaio 2003, dal 1994), Carbone Anna (sentenza del 22 maggio 2003, dal 1996), Indelicato Antonio (sentenza del 6 novembre 2003, dal 1992), e Antonio Siena (sentenza del 11 marzo 2004, dal 1986). È necessario acquisire informazioni aggiornate su tutte queste singole situazioni.
Misure a carattere generale:
Valutazione della situazione:
Il problema della prolungata impossibilità per i ricorrenti di recuperare i propri appartamenti si sta riducendo progressivamente. I dati statistici pubblicati dal ministero dell’Interno per il decennio 1994-2004 mostrano sia una maggiore efficienza nell’esecuzione delle ordinanze, gli sfratti sono aumentati del 27,53%, sia una riduzione nel ricorso allo sfratto, con una riduzione del 35,19% delle richieste di sfratto e una riduzione del 35,93% delle ordinanze di sfratto emesse dai tribunali (fonte: <HTTP://pers.mininterno;it/dcds/index.htm>). I dati per il 2005 non sono ancora pervenuti.
La medesima tendenza positiva si registra nel numero di casi da esaminare presso la Corte europea; i nuovi ricorsi sono in graduale diminuzione e quelli in essere si riferiscono a situazioni pregresse piuttosto datate.
Il rinvio degli sfratti non compare più tra le cause principali di violazione accertata dalla Corte europea, i prefetti non possono più rimandare l’intervento della forza pubblica. Un'altra ragione dei ritardi, le sospensioni legislative degli sfratti, adesso sono meno sfruttate e frequenti. Nella sentenza n. 155 del 2004, la Corte costituzionale ha dichiarato che questo genere di interventi possono essere giustificati solo se attuati per limitati periodi di tempo, e da allora avvengono sotto il controllo della Corte costituzionale.
Una recente legge in materia, L. 148/2005, non sembra aver prodotto effetti pratici in termini di blocco degli sfratti, mentre un’altra, L. 86/2006, ha prodotto il blocco limitatamente a tre città: Milano, Roma, e Napoli. La sua applicazione è stata ulteriormente limitata dal fatto che solo un numero davvero ristretto di persone ha potuto beneficiare della sospensione dello sfratto: gli ultrasessantacinquenni, i portatori di handicap grave e coloro che non avevano mezzi per pagare l’affitto. Va sottolineato, inoltre, che la più recente legislazione in materia prevede anche un sostegno economico a favore degli inquilini e vantaggi fiscali per i proprietari. In base a tutto quanto detto si può concludere che dal 2005 il blocco degli sfratti ha avuto effetti trascurabili.
La via delle azioni a carattere nazionale: la situazione attuale
1) In relazione alle azioni contro gli inquilini: l’articolo 1591 del Codice civile obbliga l’inquilino a risarcire qualsiasi danno derivato dal ritardo nella restituzione dell’immobile al proprietario. Il risarcimento è pari a una somma equivalente all’ammontare dell’affitto pagato all’epoca della scadenza del contratto di locazione, indicizzata al costo della vita, e incrementata del 20% per ciascun periodo di affitto durante il quale il proprietario non ha potuto godere del bene di sua proprietà ( L. 61/1989). La Corte di cassazione ha stabilito che il danno subito dal proprietario può essere provato semplicemente richiedendo un aumento dell’affitto calcolato in base ai prezzi di mercato (sentenza n. 1032/1996), e che la disdetta per cessata locazione resta valida dalla scadenza del contratto in parola, indipendentemente dalla decisione del giudice in merito allo sfratto esecutivo (sentenza n. 10560/2002). In relazione all’articolo 1591 del Codice civile, la Corte di Strasburgo ha osservato (vedi sentenza Lo Tufo, 21Aprile 2005, §69) che il diritto italiano contempla la possibilità di compensare le conseguenze materiali delle violazioni e, di conseguenza, ha respinto le istanze miranti all’equa compensazione del danno patrimoniale.
2) In merito all’azione contro lo Stato in materia di violazioni dell’articolo 1 del protocollo n. 1: Secondo la giurisprudenza della Corte di cassazione, lo Stato deve adempiere con il massimo rigore l’obbligo di garantire l’attuazione di una ordinanza giudiziaria, e l’indennizzo del cittadino è il valore fondante del risarcimento. Nella sentenza n. 3873/2004 la Corte di cassazione ha stabilito che spettava all’amministrazione e non al proprietario, dimostrare l’impossibilità di fare ricorso alla forza pubblica per eseguire le ordinanze di sfratto, e questa impossibilità non esclude comunque la responsabilità dell’amministrazione, salvo che sia dovuta a situazioni eccezionali o imprevedibili. Le eventuali situazioni di ‘crisi permanente’, come quelle che possono affliggere la giustizia o l’amministrazione, non escludono affatto le loro responsabilità per il danno patito dai cittadini, anzi, al contrario ne rafforzano la presunzione.
3) In merito all’azione contro lo Stato in materia di violazioni dell’articolo 6§1: La responsabilità dello Stato per il danno patito a causa dell’eccessiva durata di un procedimento giudiziario è prevista dalla legge Pinto (L. n. 89/2001). La giurisprudenza della Corte di cassazione, conferma che detta legge trova applicazione in materia di ritardi o mancanze nell’esecuzione delle ordinanze di sfratto. Nel suo giudizio di irricevibilità nel caso Provvedi contro Italia, la Corte europea ha rilevato che in casi di questo genere trova applicazione la legge Pinto ai sensi dell’art. 35§1 della Convenzione, che soddisfa sia l’articolo 6§1 sia l’articolo 1 del Protocollo n.1 della Convenzione.
Si attendono informazioniin merito all’applicabilità di questo strumento ai casi in cui lo sfratto sia temporaneamente bloccato in virtù di sospensione legislativa”.
Tale documento ha costituito punto di riferimento per l’Assemblea parlamentare permanente del Consiglio d’Europa ai fini dell’approvazione della risoluzione n. 1516 (2006), con la quale la medesima Assemblea, sottolineate le questioni di attuazione delle sentenze della Corte europea, ha chiamato in causa in relazione a tali questioni, non solo gli Stati parti della Convenzione europea sui diritti dell’uomo e le libertà fondamentali in via generale, ma più in particolare anche i Parlamenti nazionali.
Articolo 1
(Sospensione delle procedure esecutive di rilascio)
Il comma 1 dispone la sospensione per un periodo di otto mesi - a decorrere dall’entrata in vigore della legge - delle esecuzioni dei provvedimenti di rilascio per finita locazione degli immobili adibiti ad uso di abitazione per particolari categorie socialmente deboli residenti nei comuni capoluoghi di provincia, nei comuni limitrofi con oltre 10.000 abitanti e nei comuni ad alta tensione abitativa. Sono esclusi dall’ambito di applicazione della norma gli sfratti per morosità.
Da dati divulgati dal Ministero dell’interno, riportati nella relazione tecnica allegata al disegno di legge, risulta che il numero totale di provvedimenti esecutivi di sfratto emessi nell’anno 2004 è pari a 43.892, di cui 12.449 per finita locazione (28 per cento); “dagli stessi dati risulta inoltre che il numero di richieste di esecuzione presentate all’ufficiale giudiziario per lo stesso anno è pari a 74.755. Applicando a questo numero la percentuale degli sfratti per finita locazione, incrementata prudenzialmente al 40 per cento per tenere conto del fatto che i dati citati, come indicato dalla fonte stessa, sono incompleti, si ottiene una stima del numero di sfratti in esecuzione per finita locazione ancora pendenti pari a circa 30.000”. Si stima, inoltre, che i conduttori con i requisiti di disagio di cui all’articolo 1, comma 1, siano pari a 15.000 (il 50 per cento) e il restante 50 per cento è rappresentato dai conduttori di cui all’art. 1, comma 3.
Per quanto riguarda l’ambito soggettivo,la sospensione delle esecuzioni opera unicamente nei confronti di conduttori la cui condizione particolarmente disagiata sia dimostrata dal possesso dei seguenti requisiti (che, in parte, differiscono da quelli previsti dai provvedimenti d’urgenza emanati fino ad oggi):
a) reddito annuo familiare lordo complessivo inferiore a 27.000 euro;
Si osserva che il requisito in questione sostituisce quello tradizionale del "reddito [non] sufficiente ad accedere alla locazione di un nuovo immobile" basato sul possesso dei requisiti economici previsti dal decreto ministeriale 7 giugno 1999, emanato in attuazione dell’art. 11, comma 4, della legge 9 dicembre 1998, n. 431.In relazione a tali requisiti, con Circolare esplicativa del 23 febbraio 2001[9], il Ministero dei lavori pubblici ha forniti chiarimenti su cosa debba intendersi per “redditi insufficienti per accedere all’affitto di una nuova casa.”
Al punto 4.3, la suddetta circolare ha in particolare previsto l’applicazione dei limiti di reddito previsti dalla lettera b) dell’art. 1 del DM 7 giugno 1999, che richiede la sussistenza, in relazione al nucleo familiare dell’assegnatario, di un reddito annuo imponibile non superiore a quello previsto dalle singole normative regionali e delle province autonome per l’assegnazione di un alloggio di edilizia residenziale pubblica (e.r.p.) (si veda l’allegato B della citata circolare). Il superamento di tali limiti di reddito è ritenuto, infatti, dal legislatore condizione sufficiente perché il locatario possa rivolgersi all’offerta di alloggi in locazione disponibili sul mercato.
I limiti di reddito previsti dalle singole normative regionali per l’assegnazione di un alloggio e.r.p. sono calcolati in maniera più articolata rispetto al nuovo limite previsto dal comma in esame; essi, infatti, tengono conto di una serie di fattori quali la natura del lavoro (autonomo e dipendente), il numero dei componenti del nucleo familiare, la base su cui viene calcolato (imponibile o netto).
Il nuovo limite di 27.000 euro sembra quindi più restrittivo dei limiti di reddito adottati nel passato; come sottolinea la relazione illustrativa, “si è inteso contenere la platea dei beneficiari della sospensione, individuando selettivamente le condizioni di difficoltà dei nuclei familiari interessati e indicando la soglia reddituale di 27.000 euro annui (da intendersi quale reddito imponibile ai fini IRPEF), che si traduce in un reddito mensile effettivamente disponibile di circa 1.200 euro, del tutto insufficiente a soddisfare le fondamentali esigenze di vita”.
b) mancanza, da parte del nucleo familiare disagiato, di un'altra abitazione dove poter vivere nella regione di residenza
Tale requisito non compariva nel testo originario del decreto-legge, non convertito, n. 261 del 2006, ma era stato introdotto durante l’esame in sede referente.
c) essere o avere nel proprio nucleo familiare:
- persone ultrasesessantacinquenni, ovvero;
- figli a carico, ovvero;
- malati terminali ovvero;
- portatori di handicap con invalidità superiore al 66 per cento;
Rispetto ai requisiti previsti nei precedenti provvedimenti d’urgenza, è stato inserito il riferimento ai figli a carico ed ai malati terminali; inoltre, rispetto al decreto-legge n. 23 del 2006, si esplicita la definizione di handicap utile ai fini del presente provvedimento, individuata non più nell’handicap grave, ma nell'handicap con invalidità superiore al 66 per cento.
Per quanto riguarda, invece, il requisito dell'età, il testo originario del decreto-legge n. 261 del 2006, faceva riferimento a “persone ultrasettantenni”, contemplava un più ristretto ambito di soggetti beneficiari. Durante l’esame in sede referente presso l’altro ramo del Parlamento, era stato approvato un emendamento che sostituiva il limite di settant’anni con quello di sessantacinque anni. Su tale emendamento la Commissione bilancio aveva, però, espresso parere contrario ex articolo 81 della Costituzione, salvo che non fosse riformulata la norma di copertura contenuta nell’articolo 6.
Per quanto concerne, infine, il concetto di "nucleo familiare" di cui all’articolo 80, comma 20, della legge n. 388 del 2000, la Corte costituzionale, nella sentenza 9-12 febbraio 2004, n. 62, ha affermato che tale locuzione non allude ad un concetto tecnico ben definito: "ai fini del soddisfacimento dell’esigenza di godere di un’abitazione il legislatore ricorre – senza pretendere di interferire nella complessità e varietà dei rapporti interpersonali, con l’operare tra di essi selezioni che suonerebbero come ingerenze in sfere strettamente personali – ad una nozione empirica di nucleo familiare, in tal modo alludendo ad un rapporto dotato di un grado di stabilità e continuità tale da consentire di definirlo, a prescindere da (meramente eventuali) relazioni di coniugio, parentela o affinità, come afferente ad un “nucleo familiare".
Per quanto riguarda l’ambito territoriale di applicazione della disposizione, il comma 1 in commento richiede che in soggetti beneficiari risiedano in uno dei seguenti comuni:
a) comuni capoluoghi di provincia;
b) comuni limitrofi con oltre 10.000 abitanti;
c) comuni ad alta tensione abitativa di cui alla delibera Cipe n. 87 del 2003.
All'aggiornamento dell'elenco dei comuni ad alta tensione abitativa provvede, ai sensi dell’art. 8, comma 4, della legge n. 431 del 1998, il CIPE con propria delibera, su proposta del Ministro dei lavori pubblici, di intesa con i Ministri dell'interno e della giustizia. Il CIPE ha provveduto ad aggiornare gli elenchi con una serie di delibere, l’ultima delle quali è la delibera 13 novembre 2003, n. 87 (G.U. 18 febbraio 2004, n. 40)[10].
Si segnala, inoltre, che l'ambito territoriale di applicazione della sospensione è variato più volte nel corso degli anni: originariamente, l'art. 80 della legge 388/2000 lo faceva coincidere con i comuni indicati dall'art. 6 della legge 431/1998 che, rinviava, a sua volta all’art. 1 del decreto-legge 30 dicembre 1988, n. 551 (Bari, Bologna, Catania, Firenze, Genova, Milano, Napoli, Palermo, Roma, Torino e Venezia, nonché i comuni confinanti con gli stessi), con gli altri comuni capoluogo di provincia e con i comuni, considerati ad alta tensione abitativa, individuati in una serie di delibere CIPE.
Successivamente la sospensione è stata limitata ai comuni di Milano, Firenze, Roma e Napoli (combinato disposto del decreto-legge n. 86 del 2005 e del D.M. 28 settembre 2005), quindi ai soli comuni di Milano, Roma e Napoli (decreto-legge n. 23 del 2006).
La disposizione in esame, oltre a prevedere il criterio dei comuni ad alta tensione abitativa (già contemplato dalla normativa succedutasi in materia), introduce il nuovo criterio comuni limitrofi con oltre 10.000 abitanti.
Per quanto riguarda i comuni capoluogo di provincia, si segnala che il punto 2 della delibera CIPE n. 4 del 2002, che demanda alle regione e alle province autonome l’individuazione dei comuni ad alta tensione abitativa entro una soglia predeterminata di popolazione, contempla il vincolo dell’inserimento dei comuni capoluogo di provincia.
Il nuovo criterio dei comuni con popolazione superiore a 10.000 abitanti si basa unicamente sulla popolazione residente e sulla contiguità con un capoluogo di provincia; i criteri dettati dalla delibera CIPE sono invece molto più articolati, in quanto sono fondati su un sistema di soglie regionali di popolazione all’interno delle quali l’individuazione dei comuni avviene mediante un coinvolgimento degli enti locali e consentono di includere nell’alta tensione abitativa piccole realtà locali in cui il problema dell’emergenza abitativa risulta prioritario.
Rispetto ai precedenti provvedimenti d’urgenza, il disegno di legge in esame amplia quindi sostanzialmente l’ambito territoriale di riferimento per l’applicazione della proroga.
Il decreto-legge n. 261 del 2006, non convertito, disponeva la proroga per i comuni capoluogo di provincia e per i comuni limitrofi con oltre 10.000 abitanti, ma non faceva riferimento ai comuni ad alta tensione abitativa; nel corso dell’iter parlamentare[11], era stato chiesto al Governo “di fornire una documentazione che consenta alla Commissione di conoscere le situazioni di tensione abitativa che giustificano l'estensione della proroga ai comuni capoluoghi di provincia e a quelli limitrofi con oltre 10.000 abitanti”. Durante l’esame in sede referente era stato approvato un emendamento[12] in cui si proponeva di sostituire il criterio dei comuni con oltre 10.000 abitanti con quello dei comuni ad alta tensione abitativa. Su tale emendamento la Commissione bilancio aveva espresso parere contrario ex articolo 81 della Costituzione, in quanto suscettibile di recare nuovi oneri, salvo una riformulazione, da parte del Governo, dell’art. 6 relativo alla copertura finanziaria[13].
Si segnala, inoltre, che nel corso dell’illustrazione delle pregiudiziali di costituzionalità presso l’Assemblea del Senato[14] era stata evidenziata la portata estensiva della disposizione, rispetto ai precedenti interventi in materia, ed era stata posta la questione della sua compatibilità con la più volte citata sentenza n. 155 del 2004.
Per quanto riguarda i termini della sospensione (decorrenti dalla data di entrata in vigore della legge)essa è fissata:
§ in otto mesi, in via generale (articolo 1, comma 1);
§ in diciotto mesi (articolo 1, comma 3), nel caso di immobili concessi in locazione ad uso abitativo dai seguenti soggetti:
o i soggetti di cui all’art. 1, comma 1, del d.lgs. n. 104 del 1996[15]che, a sua volta, fa rinvio agli enti previdenziali di natura pubblica elencati al n. 1 della tabella allegata alla legge n. 70 del1975[16] e agli enti di cui al d.lgs. n. 479 del 1994[17], nonché agli enti previdenziali pubblici successivamente istituiti;
o i soggetti di cui all’art. 3, comma 109, della legge n. 662 del1996[18], come da ultimo modificato dall’art. 43, comma 18 della legge n. 388 del 2000[19];
o le casse professionali e previdenziali;
o le compagnie di assicurazione;
o gli istituti bancari;
o le società possedute dai soggetti sopra citati ovvero che svolgono, anche indirettamente per loro conto, attività di gestione dei relativi patrimoni immobiliari.
Secondo la relazione di accompagnamento al disegno di legge in esame, fissando un termine più lungo di sospensione – pari appunto a diciotto mesi dalla data di entrata in vigore del disegno di legge in esame - si è voluto promuovere la realizzazione di accordi negoziali con riguardo a locazioni di unità immobiliari appartenenti al patrimonio di soggetti qualificabili come "grandi proprietà" per le quali l’immobile non rappresenta valore d’uso.
Rispetto al decreto-legge n. 261 del 2006, non convertito, non compare più la qualificazione delle cd. “grandi proprietà” individuate nei “soggetti fisici o giuridici detentori di oltre 100 unità immobiliari ad uso abitativo, anche se diffuse su tutto il territorio nazionale”. Durante l’illustrazione della pregiudiziale di costituzionalità presso l’altro ramo del Parlamento era stata sottolineata l’arbitrarietà del tetto di 100 unità abitative
Il termine di sospensione di otto mesi e, a maggior ragione, quello di diciotto mesi sono significativamente più lunghi rispetto ai periodi di sospensione previsti dai precedenti interventi legislativi (generalmente semestrali).
Le disposizioni che contemplano tali termini vanno tuttavia lette in combinato disposto con la previsione di cui al comma 5, che dispone la decadenza dal beneficio della sospensione nel caso in cui il comune di residenza del conduttore non provveda alla predisposizione del programma straordinario pluriennale di edilizia agevolata e sovvenzionata di cui al successivo articolo 3.
Poiché per tale adempimento è previsto un termine di quarantacinque giorni, la sospensione delle esecuzioni opera per tale periodo; per il periodo successivo è subordinata all’adozione del piano straordinario.
La relazione di accompagnamento al disegno di legge afferma che la sospensione generalizzata “è limitata a soli quarantacinque giorni, mentre l’ulteriore periodo di sospensione previsto è condizionato alla predisposizione da parte dei comuni, d’intesa con le regioni, dei programmi di edilizia indicati all’art. 3, da predisporre appunto entro quarantacinque giorni (la mancata predisposizione del programma fa decadere l’interessato dal beneficio della sospensione). Pertanto, a parte i quarantacinque giorni iniziali, l’ulteriore sospensione è solo eventuale, si verificherà presumibilmente solo per i comuni in situazioni più gravi e potrà comunque esaurirsi anche prima della scadenza prevista in attuazione di interventi nel frattempo realizzati”.
Per quanto riguarda la dimostrazione della sussistenza dei requisiti richiesti per beneficiare della sospensione di cui ai commi 1 e 3, il comma 2, dispone – analogamente a quanto già previsto dal decreto-legge n. 23 del 2006 (art. 1, comma 3) – che è sufficiente l'autocertificazione degli inquilini interessati, presentata alla cancelleria del giudice procedente che, a sua volta, ne dà comunicazione all'ufficiale giudiziario e al locatore, ai sensi dell’art. 4, commi 4 e 5, del decreto-legge 27 maggio 2005, n. 86, convertito, con modificazioni, dalla legge 26 luglio 2005, n. 148.
La sussistenza di tali requisiti può essere contestata dal locatore nelle forme previste dall'art. 1, comma 2, del decreto-legge 20 giugno 2002, n. 122.
Ai sensi dell’art. 1, comma 2, del decreto-legge n. 122 del 2002, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 185 del 2002, il locatore può contestare, previa notifica al conduttore, la sussistenza in capo a quest'ultimo dei requisiti richiesti per la sospensione dell'esecuzione. Il giudice dell'esecuzione procede con le modalità di cui all'art. 11, commi quinto e sesto, del decreto-legge 23 gennaio 1982, n. 9, disponendo o meno la prosecuzione dell'esecuzione con provvedimento da emanarsi nel termine di giorni otto dalla data di presentazione del ricorso. Avverso il decreto è ammessa opposizione al tribunale, che giudica in composizione collegiale con le modalità di cui all'articolo 618 del codice di procedura civile.
Rispetto al decreto-legge n. 261 del 2006, non convertito, la disposizione relativa alle modalità di dimostrazione dei requisiti è stata estesa oltre che agli inquilini disagiati di cui al comma 1, anche agli inquilini degli immobili dei soggetti di cui al comma 3.
L’ultimo periodo del comma 2 prevede, infine che in caso di accesso, ai fini della fissazione di una nuova data, l’ufficiale giudiziario tenga conto dei termini di cui ai commi 1 e 3 del presente articolo.
Tale disposizione non era presente nel testo originario del decreto-legge n. 261 del 2006. non convertito. Essa è stata inserita nel decreto nel corso dell’esame in sede referente.
Con riferimento all’ultimo periodo del comma 2, occorre un chiarimento sulla finalità e sull’effettiva portata della norma, oltre che sull’opportunità della sua collocazione nell’ambito di un comma, che disciplina esclusivamente la certificazione dei requisiti soggettivi richiesti per beneficiare della sospensione. Non è chiaro in particolare se la disposizione contiene una norma transitoria volta a disciplinare procedure esecutive già iniziate; in ogni caso, occorre valutare l’opportunità di mantenere tale previsione, che sembrerebbe trovare applicazione a prescindere dalla sua esplicitazione nel testo del disegno di legge.
Il comma 4 prevede che, per l’intero periodo di sospensione dell’esecuzione, il conduttore debba corrispondere al locatore la maggiorazione del canone del 20 per cento prevista dall’art. 6, comma 6, della legge 9 dicembre 1998, n. 431.
Nella relazione di accompagnamento al disegno di legge si legge che la finalità della corresponsione di tale maggiorazione è quella di prevedere una forma di risarcimento del danno per il prolungamento dell’utilizzazione dell’immobile, al fine di consentire una piena comparazione tra la condizione del locatore e quella del conduttore, in ossequio alle sentenze della Corte Costituzionale in materia.
Si ricorda, infatti, che l’art. 6, comma 6, della legge n. 431 del 1998 dispone, tra l’altro, che i conduttori sono tenuti a corrispondere, ai sensi dell'articolo 1591 del codice civile, una somma mensile pari all'ammontare del canone dovuto alla cessazione del contratto, al quale si applicano automaticamente ogni anno aggiornamenti in misura pari al settantacinque per cento della variazione, accertata dall'Istituto nazionale di statistica (ISTAT), dell'indice dei prezzi al consumo per le famiglie di operai e impiegati verificatasi nell'anno precedente; l'importo così determinato è maggiorato del venti per cento.
Il comma 5 dispone la decadenza dal beneficio della sospensione dell’esecuzione in due casi:
§ per morosità del conduttore, come già previsto nel decreto-legge n. 23 del 2006 (art. 1, comma 4, primo periodo);
§ nell’ipotesi in cui, nel termine di quarantacinque giorni, il comune di residenza del conduttore non provveda ad avviare gli interventi di edilizia sovvenzionata ed agevolata previsti dal successivo art. 3, comma 1.
Tale nuova causa di decadenza “si ricollega alla ratio complessiva del provvedimento, diretto soprattutto ad attivare le energie dei comuni per risolvere il problema abitativo, sanzionando indirettamente il comune inadempiente alla predisposizione del programma di cui all’art. 3 con la decadenza dalla sospensione a carico dei conduttori dello stesso comune, che sarebbe costretto ad un maggior impegno”.
Ai sensi del comma 6, la sospensione non opera in danno del locatore che dimostri di trovarsi nelle stesse condizioni richieste per ottenere la sospensione medesima oppure nelle condizioni di necessità sopraggiunta dell’abitazione.
Come già ricordato, la Corte costituzionale aveva sottolineato i rischi di illegittimità costituzionale delle proroghe, laddove queste non prendevano in considerazione la situazione del locatore che avrebbe potuto trovarsi in identiche o anche peggiori situazioni di disagio (sentenza n. 310 del 2003). Per tale motivo, già il decreto-legge n. 23 del 2006 (art. 1, comma 4) aveva previsto la non operatività della sospensione, nel caso in cui il locatore dimostrasse di trovarsi nelle stesse condizioni richieste per ottenere la sospensione.
La norma in commento estende la non operatività della sospensione anche al caso di necessità sopraggiunta dell'abitazione dimostrata dal locatore..
Come viene sottolineato dalla relazione di accompagnamento al disegno di legge, le disposizioni recate dai commi 4, 5 e 6, sono tutte finalizzate ad ottenere una piena comparazione tra la condizione del conduttore e quella del locatore, in ottemperanza alle citate sentenze della Corte costituzionale.
L’ultimo periodo del comma 6 prevede, infine, che a tutte le procedure esecutive per finita locazione in relazione a contratti stipulati ai sensi della legge n. 431 del 1998, si applichi quanto previsto dall’art. 6, comma 4, della medesima legge.
Il comma 4 dell’art. 6 della legge n. 431 del 1998 disciplina, limitatamente ai provvedimenti esecutivi di rilascio per finita locazione emessi dopo la data di entrata in vigore della presente legge, il procedimento di rideterminazione della data di rilascio (e l’eventuale procedura di opposizione). La disposizione, in particolare, prevede che, qualora sia già stata fissata la data di rilascio, su istanza del conduttore, sia possibile ottenere un’ulteriore dilazione, per una sola volta e per un periodo massimo di sei mesi.
Si segnala che il successivo comma 5, non richiamato dalla disposizione in commento, consente, in determinate situazioni soggettive, in parte coincidenti con queIle contemplate dalla norma in esame, consente che tale termine di sei mesi sia elevato fino a 18 mesi. Il mancato richiamo di tale previsione deve far ritenere che la disposizione in commento intenda porre in via assoluta il termine di sei mesi quale termine massimo per la rideterminazione della data di rilascio.
Le situazioni soggettive contemplate dall’articolo 6, comma 5, sono le seguenti:aver compiuto i 65 anni di età, avere cinque o più figli a carico, essere iscritto nelle liste di mobilità, percepire un trattamento di disoccupazione o di integrazione salariale, essere formalmente assegnatario di alloggio di edilizia residenziale pubblica ovvero di ente previdenziale o assicurativo o prenotatario di alloggio cooperativo in corso di costruzione, o acquirente di un alloggio in costruzione, o proprietario di alloggio per il quale abbia iniziato azione di rilascio. Il medesimo differimento del termine delle esecuzioni può essere fissato nei casi in cui il conduttore o uno dei componenti il nucleo familiare, convivente con il conduttore da almeno sei mesi, sia portatore di handicap o malato terminale.
La previsione dell’applicabilità dell’articolo 6, comma 4, che mancava nel testo originario del decreto n. 261, era stata inserita nel corso dell’esame in sede referente.
Occorre un chiarimento in ordine alla portata normativa dell’articolo 1, comma 6, ultimo periodo. Non è chiaro, infatti, se esso trovi applicazione soltanto rispetto alle fattispecie per le quali, ai sensi dei commi 1 e 3, è possibile la sospensione dell’esecuzione oppure se abbia portata generale, riguardando tutte le procedure relative a contratti stipulati ai sensi della legge n. 431 del 1998.
Si rammenta, da ultimo, che, rispetto al decreto-legge n. 261, il testo del disegno di legge in esame non contiene più la disposizione che riconosceva ai conduttori di immobili ceduti nell'ambito di operazioni di cartolarizzazione il diritto al rinnovo del contratto di locazione per la durata di nove anni (articolo 1, comma 7 del decreto).
Su tale disposizione la Commissione bilancio del Senato aveva espresso parere contrario ai sensi dell’art. 81 della Costituzione[20]; essa inoltre costituiva uno dei principali argomenti della pregiudiziale di costituzionalità approvata dal Senato nella seduta del 25 ottobre.
La disposizione prevede benefici fiscali compensativi in favore dei locatori. La finalità di tali agevolazioni, come si legge nella relazione di accompagnamento al disegno di legge, è quella di stabilire, come richiesto nella sentenza della Corte Costituzionale n. 155 del 2004, “«congrue misure» che addossano sulla collettività l’onere economico di protezione degli inquilini, alleviando il sacrificio del locatore, e che si realizzano, come per precedenti provvedimenti analoghi, con benefìci fiscali a vantaggio dei proprietari, sia da parte dello Stato che, eventualmente, dei comuni”.
Il primo periodo dell'articolo in esame richiama l'art. 2, comma 1, dell'ultimo provvedimento di proroga (decreto-legge n. 23 del 2006). Tale disposizione disponeva particolari agevolazioni fiscali per i proprietari di immobili locati ai soggetti in situazione di disagio abitativo, prevedendo in particolare che, per tutta la durata del periodo di sospensione delle procedure, il reddito dei fabbricati di cui agli art. 37 e 90 del T.U. delle imposte sui redditi, di cui al D.P.R. n. 917 del 1986, relativo agli immobili locati ai soggetti suddetti, non concorre alla formazione del reddito imponibile, ai soli fini delle imposte sul reddito delle persone fisiche e delle società.
Si ricorda che l’articolo 37 del T.U. delle imposte sui redditi interviene in materia di determinazione del reddito dei fabbricati ai fini dell’IRPEF, mentre l’articolo 90 del medesimo testo unico descrive la disciplina fiscale dei proventi immobiliari ai fini dell’IRES.
Il secondo periodo attribuisce ai singoli comuni la facoltà di disporre a favore degli stessi proprietari riduzioni o esenzioni dell’ICI.
Tale disposizione risulta più restrittiva di quella prevista dall’art. 2, comma 2, dell’ultimo decreto n. 23 del 2006 che prevedeva la sospensione o riduzione dell’ICI da parte dei comuni, non solo nei confronti dei proprietari degli immobili locati ai soggetti individuati dal decreto, ma anche nei confronti di quei proprietari disposti a sospendere volontariamente le procedure esecutive di rilascio degli immobili locati a conduttori che abbiano un figlio di età inferiore ai tre anni o almeno due figli minorenni fiscalmente a carico, ovvero sostenuto spese mediche documentate superiori al dieci per cento del reddito annuo netto complessivo o abbiano ancora componenti del nucleo familiare affetti da malattie invalidanti o che non ne consentono il trasferimento, purché non dispongano di altra abitazione, né di redditi sufficienti ad accedere alla locazione di un nuovo immobile. Inoltre, l’articolo 2, comma 2 del decreto-legge n. 23 del 2006 prevedeva, anche se con una formulazione non molto chiara, anche la possibilità di disporre riduzioni o esenzioni dall’addizionale comunale dell’IRPEF.
Si ricorda che l’addizionale comunale dell’IRPEF è stata istituita dal decreto legislativo n. 360 del 1998 ed è composta da un’aliquota divisa in due parti: un’aliquota base di compartecipazione, fissata con decreto del Ministero dell’economia e delle finanze in misura eguale per tutti i comuni (in assenza della predisposizione di tale decreto, la “parte fissa” dell’aliquota è stata determinata dall’articolo 67 della legge n. 388 del 2000 per l’anno 2002 e successivamente prorogata) ed un’ulteriore aliquota facoltativa e variabile in quanto la sua applicazione è rimessa a ciascun comune , che ne determina la misura nei limiti individuati dalla legge di un massimo di 0,5 punti percentuali, con un incremento annuo non superiore a 0,2 punti percentuali (gli effetti degli aumenti delle addizionali applicati dai comuni sono stati sospesi fino al 31 dicembre 2006 in forza di successive disposizioni contenute nelle leggi finanziarie per il 2003 e per il 2004. Da ultimo, l’articolo 6 del disegno di legge finanziaria per il 2007, attualmente all’esame del Senato, A.S. 1183, ha fatto venire meno il blocco degli effetti degli aumenti delle addizionali ed ha consentito ai comuni di aumentare l’addizionale nei limiti di 0,8 punti percentuali).
Merita ricordare che sulla medesima materia interveniva anche l’articolo 3, comma 6, del decreto-legge 13 settembre 2004, n. 240, convertito in legge con modificazioni dalla legge 12 novembre 2004 n. 269, che consentiva ai comuni di deliberare aliquote agevolate o l’esenzione totale dall’ICI relativamente agli alloggi oggetto di contratti di locazione nei confronti dei soggetti in condizioni di particolare disagio abitativo previsti dall’articolo 2 del medesimo decreto-legge.
Articolo
3
(Interventi dei comuni per
l’edilizia sovvenzionata e agevolata e per la graduazione degli sfratti)
Il comma 1 prevede che i comuni interessati dal provvedimento in esame, entro quarantacinque giorni, predispongano, d’intesa con la regione, un piano straordinario pluriennale per l’edilizia sovvenzionata e agevolata da inviare ai Ministeri delle infrastrutture, della solidarietà sociale e delle politiche della famiglia.
Nella predisposizione del piano, i comuni tengono conto del fabbisogno di alloggi di edilizia residenziale pubblica (e.r.p.), da determinare con particolare riferimento ai conduttori disagiati di cui all’art. 1 già inclusi nelle graduatorie per l’assegnazione degli alloggi di e.r.p.
Il decreto-legge n. 261 del 2006, non convertito, non prevedeva il criterio dell’inclusione dei conduttori disagiati di cui all’articolo 1 nelle graduatorie per l’assegnazione degli alloggi di e.r.p.. Esso infatti stabiliva che il fabbisogno di alloggi si determinava in base a generici elenchi dei nominativi dei conduttori disagiati predisposti dagli stessi comuni e prevedeva che nel programma fossero indicate anche le eventuali risorse finanziarie stanziate dal comune o dalla regione .
Si ricorda che con il termine di “edilizia residenziale pubblica” (e.r.p.) si intende quel complesso di attività dirette alla provvista di alloggi per i soggetti a basso reddito. Il termine e.r.p. è comprensivo degli interventi di edilizia sovvenzionata, agevolata e convenzionata.
Le leggi che hanno autorizzato la vendita di un certo numero di alloggi di e.r.p. - definendo anche quali soggetti potessero accedere all’acquisto, i criteri da adottare per scegliere gli alloggi da porre in vendita, nonché le modalità per determinare il prezzo di vendita - sono principalmente le seguenti: la legge 8 agosto 1977, n. 513 (Provvedimenti urgenti per l'accelerazione dei programmi in corso, finanziamento di un programma straordinario e canone minimo dell'edilizia residenziale pubblica) e la legge 24 dicembre 1993, n. 560 (Norme in materia di alienazione degli alloggi di edilizia residenziale pubblica).
La legge n. 513 del 1977 costituisce una delle prime leggi che hanno consentito agli assegnatari di acquistare l’alloggio. Essa ha avviato il finanziamento di un programma straordinario di intervento nel settore dell'e.r.p., fissando le condizioni generali sia per l’edilizia residenziale "agevolata" (dove per "agevolazioni" si devono intendere i contributi a parziale copertura del conto interesse dei mutui bancari), sia per l’edilizia "sovvenzionata" (dove per "sovvenzioni" si intende la copertura dei costi in conto capitale per la realizzazione dell’opera).
La legge n. 560 del 1993 ha consentito agli enti proprietari di alloggi di e.r.p. di porre in vendita parte dei patrimonio immobiliare amministrato. La disciplina introdotta con tale legge, come modificata dalla legge 30 aprile 1999, n. 136, ha definito i requisiti richiesti agli acquirenti, i criteri per la determinazione del prezzo di vendita, la destinazione delle risorse così acquisite, fissando altresì una percentuale massima, pari al settantacinque per cento, del patrimonio alienabile nel territorio di ciascuna provincia.
All’avvio della XIV legislatura, attraverso l’emanazione dei decreti attuativi[21], è stata data attuazione al maggior intervento statale nel settore dell’edilizia residenziale approvato nella legislatura precedente, la legge 8 febbraio 2001, n. 21, con la quale sono state introdotte misure volte a finanziare alcuni programmi nazionali per la riduzione del disagio abitativo mediante interventi di edilizia residenziale pubblica rivolti a categorie sociali deboli ed alla riqualificazione delle periferie. La legge ha altresì previsto che i fondi di edilizia sovvenzionata ed agevolata, già ripartiti tra le regioni, possano essere da queste riprogrammati, per rispondere alle specifiche esigenze delle singole realtà territoriali, anche senza tenere conto dei vincoli posti da precedenti delibere del CIPE.
Interventi volti alla realizzazione di alloggi sperimentali e progetti speciali per aumentare la disponibilità di alloggi di edilizia sociale nei comuni ad alta tensione abitativa e destinati prioritariamente (ma non esclusivamente) ai conduttori in condizioni particolarmente disagiate (vedi infra La scheda introduttiva) sono stati previsti in uno degli ultimi decreti-legge di proroga, vale a dire dall’art. 1, comma 3, del decreto-legge n. 86 del 2005. Tale disposizione in particolare prevedeva la destinazione delle risorse non utilizzate per le finalità di cui al precedente comma 1.Il D.M. 16 marzo 2006[22] ha destinato a tali interventi risorse pari a 99.234.336,32 di euro ripartite tra i 14 comuni capoluogo di maggiore emergenza abitativa, sulla base del numero delle richieste delle procedure esecutive di sfratto presenti in ciascun comune.
Per quanto riguarda il riparto di competenze tra Stato e Regioni, si ricorda che il decreto legislativo n. 112 del 1998 ha completato il trasferimento dell'intera materia alla competenza regionale, prevedendo la diretta attribuzione alle Regioni dei fondi volti al finanziamento degli interventi e attribuendo alle medesime anche la competenza in ordine alla fissazione dei criteri per l'assegnazione degli alloggi e per la definizione dei canoni. Allo Stato sono rimasti i compiti di semplice determinazione di principi e finalità di carattere generale, di raccolta di informazioni, di impulso, di garanzia e di sostegno delle fasce economicamente più deboli[23].
Con la riforma del Titolo V della Costituzione, la materia dell’edilizia residenziale pubblica non è stata inclusa né tra le materie su cui lo Stato ha competenza legislativa esclusiva (art. 117, secondo comma), né tra quelle in cui la competenza è concorrente (art. 117, terzo comma), sicché ai sensi del comma quarto del nuovo art. 117 della Costituzione, essa sembra appartenere alla competenza esclusiva di carattere residuale delle Regioni.
Con riferimento ai profili più strettamente collegati all’assetto del territorio può inoltre venire in rilievo la materia “governo del territorio”, assegnata dall’articolo 117, terzo comma, alla competenza regionale concorrente. In proposito, si osserva che la Corte costituzionale ha sin dall’inizio offerto un’interpretazione molto ampia della materia, includendovi tutto ciò che attiene all’uso del territorio ed alla localizzazione di impianti e attività (cfr, tra le altre, la sentenza n. 307/2003) e ritenendo che la nozione di “governo del territorio” sia più ampia di quella di “urbanistica ed edilizia”. Da ultimo, tuttavia, con la sentenza n. 383/2005, la Corte ha precisato che la competenza legislativa regionale in materia di «governo del territorio» “non può arrivare a comprendere tutta la disciplina concernente la programmazione, la progettazione e la realizzazione delle opere o l'esercizio delle attività che, per loro natura, producono un inevitabile impatto sul territorio”. La Corte ha aggiunto che “l'ambito materiale cui ricondurre le competenze relative ad attività che presentano una diretta od indiretta rilevanza in termini di impatto territoriale, va ricercato non secondo il criterio dell'elemento materiale consistente nell'incidenza delle attività in questione sul territorio, bensì attraverso la valutazione dell'elemento funzionale, nel senso della individuazione degli interessi pubblici sottesi allo svolgimento di quelle attività, rispetto ai quali l'interesse riferibile al «governo del territorio» e le connesse competenze non possono assumere carattere di esclusività, dovendo armonizzarsi e coordinarsi con la disciplina posta a tutela di tali interessi differenziati”.
In base all'art. 1, comma 5, la mancata predisposizione da parte del comune di residenza del piano straordinario, entro il termine suddetto, comporta la decadenza del conduttore in situazione di disagio dal beneficio della sospensione dell'esecuzione.
Il comma 2 prevede la possibilità di istituire nei comuni di cui all’articolo 1 apposite commissioni per l’eventuale graduazione delle azioni di rilascio, finalizzate a favorire il passaggio da casa a casa per i cd. soggetti disagiati, nonché per le famiglie collocate utilmente nelle graduatorie comunali per l’accesso agli alloggi di e.r.p.
A tal proposito, la relazione osserva che “non si tratta del ripristino delle commissioni prefettizie, ma di sperimentare, sul modello continentale (Germania, Olanda e Svezia), una procedura che collochi in una sfera pubblica o meglio concertata la risoluzione del problema abitativo del singolo in quanto problema della collettività”.
Si ricorda che le Commissioni prefettizie previste dal nostro ordinamento erano state introdotte dall’art. 4 del decreto-legge 30 dicembre 1988, n. 551, convertito, con modificazioni dalla legge 21 febbraio 1989, n. 61, con il compito di fornire periodicamente al prefetto il parere relativamente ai criteri per l'impiego della forza pubblica nella esecuzione dei provvedimenti di rilascio degli immobili urbani ad uso abitativo.
Tali commissioni hanno operato per dieci anni dal 1989 al 1998 e si sono rivelate utili per la riduzione delle tensioni sociali nelle grandi città, concertando con Comuni e proprietà immobiliare il passaggio degli sfrattati da casa a casa. Tali Commissioni sono state abrogate con l'entrata in vigore della legge n. 431 del 1998 (art. 14) di riforma delle locazioni, con la quale è mutato l'intero sistema delle esecuzioni degli sfratti: è stata, infatti, restituita al giudice ordinario la competenza a decidere - su istanza presentata dall'inquilino - il termine di proroga del rilascio, sottraendo tale compito alle Commissioni prefettizie.
Nei Paesi europei cui fa riferimento la relazione, seppur con diverse modalità, le autorità locali operano in stretto coordinamento con i servizi sociali al fine di evitare, in ultima istanza, i provvedimenti di sfratto e, comunque, allo scopo di aiutare il conduttore a trovare una soluzione alternativa valida. Tali interventi possono consistere sia nel fornire un’adeguata assistenza tecnica e sociale ai conduttori in tutte le fasi della procedura di sfratto, nel prevedere un’adeguata formazione per gli operatori sociali in merito agli aspetti sociali e giuridici della procedura di sfratto, fino ad arrivare anche al pagamento dei canoni di locazione arretrati, da parte di apposite “Commissioni per il sovraindebitamento” per conto dei soggetti che non sono in grado di sostenerli (Francia, Svezia e Germania).
In particolar modo in Olanda, esistono delle “social housing associations” costituite appositamente al fine sostenere finanziariamente i conduttori nel pagamento del canone di locazione e minacciati dallo sfratto a causa dei ritardi nei pagamenti dei relativi canoni. Il sostegno viene attuato attraverso una stretta cooperazione tra le autorità locali, le social housing associations e i servizi sociali a favore dei senzatetto. Tale cooperazione consiste in una politica condivisa, sia dal punto di vista finanziario che pratico, in quanto è stato dimostrato (sempre in Olanda) che una politica di aiuto preventivo ha un costo inferiore al provvedere, invece, ad una sistemazione temporanea a favore dei senzatetto.
In Germania e in Belgio le autorità regionali hanno la responsabilità di evitare i provvedimenti di sfratto: la città di Colonia, ad esempio, sostiene tutti i costi e fornisce assistenza negoziale per evitare i provvedimenti di sfratto, mentre in Belgio sono stesse le autorità regionali locali a sostenere finanziariamente e socialmente i conduttori morosi.
Sempre in Belgio, accanto ad uno sviluppo particolare dei servizi di intermediazione sociale, una legge federale assicura “more humane evictions” (sfratti più umani). Viene, infatti, garantito che una copia dell’avviso del provvedimento di sfratto sia inviata, dall’autorità locale, anche al dipartimento dei servizi sociali che è, a sua volta, obbligato a prestare assistenza adeguata. Essa può consistere nella richiesta di un prolungamento del termine dello sfratto (non oltre un mese dalla data dello sfratto indicata dal giudice) per circostanze eccezionali, quali l’impossibilità di trovare un’appropriata sistemazione alla famiglia rispetto alla capacità economica e ai bisogni della stessa.
Il comma 3, infine, attribuisce alla discrezionalità delle prefetture la definizione del funzionamento e della composizione delle commissioni, ponendo il vincolo della presenza, oltre che del sindaco e del questore (o di loro delegati) dei rappresentanti delle organizzazioni sindacali degli inquilini e dei rappresentanti delle associazioni della proprietà edilizia.
Il decreto-legge n. 261 del 2006, non convertito, prevedeva che fossero i sindaci, e non i prefetti, a definire il funzionamento e la composizione di tali commissioni e, conseguentemente, tra i loro componenti avrebbe dovuto essere assicurata la presenza del prefetto.
Per quanto riguarda le precedenti commissioni prefettizie, esse erano composte, oltre che dal prefetto che la nominava e la presiedeva, dal sindaco e da un rappresentante sia delle organizzazioni degli inquilini sia di quelle dei proprietari nominati, di comune accordo, dalle rispettive associazioni maggiormente rappresentative a livello nazionale anche dai seguenti soggetti:
a) dal presidente dell'Istituto autonomo case popolari o da un suo delegato;
b) da un rappresentante nominato di comune accordo dalle organizzazioni sindacali dei lavoratori maggiormente rappresentative a livello nazionale;
c) da un rappresentante nominato di comune accordo dalle organizzazioni sindacali degli imprenditori maggiormente rappresentative a livello nazionale;
d) da un rappresentante nominato di comune accordo dagli enti assicurativi e previdenziali presenti nella provincia;
e) da un rappresentante dell'Associazione nazionale dei costruttori edili.
Da un punto di vista della formulazione del testo, occorre un chiarimento in ordine al soggetto cui spetta formalmente la nomina delle commissioni.
Articolo
4
(Programma nazionale di edilizia residenziale
pubblica)
L’articolo 4 prevede l’istituzione di un tavolo di concertazione finalizzato a definire un programma nazionale di edilizia residenziale pubblica.
Ai sensi del comma 1, entro due mesi dalla data di entrata in vigore del provvedimento in esame, il Ministero delle infrastrutture convoca il tavolo di concertazione generale sulle politiche abitative. Il termine per la conclusione dei lavori del tavolo è fissato in un mese.
Al tavolo nazionale partecipano i seguenti soggetti:
§ rappresentanti dei Ministeri della solidarietà sociale, dell’economia e finanze, delle politiche giovanili e attività sportive, delle politiche per la famiglia;
§ rappresentanti delle regioni e dell’Associazione nazionale dei comuni italiani (ANCI);
§ rappresentanti delle organizzazioni sindacali dei lavoratori e degli inquilini, delle associazioni della proprietà edilizia, delle associazioni dei costruttori edili e delle cooperative, nonché rappresentanti della Federcasa.
Con riferimento decreto-legge n. 261 del 2006, non convertito, la partecipazione dei rappresentanti di Federcasa era stata prevista da due emendamenti approvati nel corso dell’iter al Senato. In relazione a tali emendamenti la Commissione Bilancio[24] aveva evidenziato la necessità di “acquisire chiarimenti circa l’assenza di effetti finanziari connessi alla partecipazione di ulteriori soggetti (rappresentanti di Federcasa) al tavolo di concertazione previsto dall’articolo 4 del decreto-legge”.
Il comma 2 dispone che, sulla base delle indicazioni emerse dal tavolo di concertazione, il Ministro delle infrastrutture, con il concerto dei Ministri che hanno partecipato al tavolo di concertazione e con l’intesa della Conferenza unificata ai sensi dell’art. 8, comma 6, della legge n. 131 del 2003, predispone, entro due mesi dalla conclusione del tavolo di concertazione, il programma nazionale di edilizia residenziale pubblica.
La richiamata disposizione della legge n. 131 del 2003 prevede che il Governo promuova la stipula di intese in sede di Conferenza Stati-regioni o di Conferenza unificata, al fine di favorire l’armonizzazione delle rispettive legislazioni o il raggiungimento di posizioni comuni. In tal caso, viene esclusa l’applicazione dell’articolo dei commi 3 e 4 dell’articolo 3 del d.lgs. n. 281 del 1997, relativi alla possibilità per il Consiglio dei ministri, rispettivamente, di procedere in assenza dell’intesa in mancanza di perfezionamento della medesima nel termine di trenta giorni e, nei casi di urgenza, di adottare provvedimenti e successivamente sottoporli alla Conferenza.
Per quanto riguarda il contenuto del programma, esso differisce notevolmente rispetto a quello previsto dall’articolo 4 del decreto-legge non convertito, in quanto non fa riferimento a misure puntuali incidenti sulla materia dell’edilizia residenziale pubblica, ma piuttosto:
§ agli obiettivi e gli indirizzi generali per la programmazione regionale di e.r.p. riferita alla realizzazione, anche mediante l’acquisizione e il recupero di edifici esistenti, di alloggi in locazione a canone sociale e concordato, e alla riqualificazione di quartieri degradati;
§ a proposte legislative in materia fiscale e per la normalizzazione del mercato immobiliare.
La corrispondente disposizione del decreto-legge non convertito da un lato, non garantiva l’intesa della Conferenza unificata in sede di predisposizione del piano; dall’altro prevedeva la definizione, direttamente ad opera del piano, degli interventi straordinari di edilizia residenziale pubblica.
La formulazione della disposizione dell’articolo 4 non sembra presentare profili problematici con riferimento al rispetto delle competenze regionali, posto che la funzione del piano consiste nell’individuazione di meri indirizzi generali e obiettivi, la sua predisposizione presuppone l’intesa con la Conferenza unificata, e nel tavolo di concertazione è previsto il coinvolgimento anche di rappresentanti delle regioni e dell’ANCI. Inoltre, rispetto al tipo di intervento contemplato dalla disposizione, può venire in rilievo anche la competenza esclusiva dello Stato relativa alla “determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale” (articolo 117, secondo comma, lett. m).
Sulla rilevanza costituzionale del diritto all’abitazione, cfr. la sentenza n. 419/1991 si legge, nella quale la Corte costituzionale fa esplicito riferimento ad “un diritto sociale fondamentale all’abitazione che connota la nostra forma di Stato”. Si segnala che parte della dottrina riconosce il diritto all’abitazione quale diritto sociale da ricomprendere tra quelli richiamati dall’art. 117, comma 2, lett m).
Articolo 5
(Clausola di
salvaguardia)
La disposizione prevede che le disposizioni del disegno di legge in esame trovino applicazione nelle regioni a statuto speciale e nelle province autonome di Trento e Bolzano, compatibilmente con le norme dei rispettivi statuti e delle relative norme di attuazione.
Il testo dell’articolo in esame riproduce le disposizioni di un articolo aggiuntivo approvato nel corso dell’iter al Senato nel corso della seduta delle Commissioni 2° e 13° riunite del 24 ottobre 2006.
Per l’incidenza delle disposizioni recate dal disegno di legge in esame sul riparto di competenza tra Stato e Regioni, si rinvia al commento relativo agli articoli 3 e 4.
Articolo
6
(Copertura
finanziaria)
L’articolo 6 reca la clausola di copertura degli oneri derivanti dall’attuazione dell’articolo 2, che prevede benefici fiscali per i proprietari di immobili locati ai soggetti in situazione di disagio abitativo.
A tali oneri, valutati in 10,5 milioni di euro per il 2007 ed in 52,5 milioni di euro per il 2008, si provvede a valere sull’autorizzazione di spesa per il 2006 prevista dall’articolo 2, comma 4, del decreto-legge 17 giugno 2005, n. 106[25], autorizzazione di spesa relativa al premio di concentrazione per le imprese risultanti da processi di concentrazione ovvero di aggregazione rientranti nella definizione comunitaria di microimprese, piccole e medie imprese[26].
Si osserva che, dal punto di vista della formulazione tecnica del testo, il comma 1 dovrebbe specificare che l’onere derivante dall’attuazione dell’articolo 2 è “valutato in 10,5 milioni di euro per il 2007 ed in 52,5 milioni di euro per il 2008.”
A tal fine l’importo di 63 milioni di euro per l’anno 2006 relativo alla suddetta autorizzazione di spesa è conservato al 31 dicembre 2006 nel conto dei residui e versato in apposita contabilità speciale di tesoreria; tale importo è successivamente riversato all’entrata del bilancio dello Stato nella misura di 10,5 milioni di euro per il 2007 ed in 52,5 milioni di euro per il 2008.
Si osserva che la disposizione in esame introduce una deroga al principio di annualità del bilancio, previsto dalla vigente disciplina contabile.
Si ricorda che l’articolo 1, comma 46, della legge finanziaria per il 2006 (legge 23 dicembre 2005, n. 266) dispone che, a decorrere dall'anno 2006, l'ammontare complessivo delle riassegnazioni di entrate non può superare, per ciascuna amministrazione, l'importo complessivo delle riassegnazioni effettuate nell'anno 2005[27].
Si valuti l’opportunità di escludere la disposizione in esame dall’ambito di applicazione dell’articolo 1, comma 46, della legge 23 dicembre 2005, n. 266.
Il comma 3 introduce una clausola di salvaguardia, prevedendo che il Ministro dell’economia e delle finanze provveda al monitoraggio degli oneri derivanti dall’attuazione dell’articolo 2, ai fini dell’adozione dei provvedimenti correttivi di cui all’articolo 11-ter, comma 7, della legge n. 468/1978 o delle misure correttive da assumere ai sensi dell’articolo 11, comma 3, lettera i-quater), della medesima legge.
L’articolo 11-ter, comma 7, della legge n. 468/1978, come modificato dal decreto-legge n. 194/2002 (cd. decreto-legge “tagliaspese”), impegna i Ministri di settore ad informare tempestivamente il Ministro dell’economia e delle finanze degli eventuali scostamenti rispetto alle previsioni di spesa che si verifichino nel corso dell’attuazione di provvedimenti legislativi. Il Ministro dell’economia è quindi tenuto a riferire al Parlamento con una propria relazione, che individui le cause che hanno determinato gli scostamenti, anche ai fini di eventuali conseguenti iniziative legislative. Il Ministro dell'economia e delle finanze può promuovere la procedura suddetta allorché riscontri che l'attuazione di leggi rechi pregiudizio al conseguimento degli obiettivi di finanza pubblica indicati dal Documento di programmazione economico-finanziaria e da eventuali aggiornamenti, come approvati dalle relative risoluzioni parlamentari.
Ai sensi dell’’articolo 11, comma 3, lettera i-quater),della legge n. 468/1978, come introdotta dal decreto-legge n. 194/2002 (cd. decreto-legge “tagliaspese”), le misure correttive degli effetti finanziari di disposizioni, dalla cui attuazione siano derivati oneri maggiori a quelli previsti, possono essere inserite nella legge finanziaria[28].
E’ prevista, inoltre, sempre a fini di salvaguardia, la trasmissione alle Camere degli eventuali decreti adottati dal Ministro dell’economia e delle finanze, ai sensi dell’articolo 7, secondo comma, punto 2), della legge n. 468 del 1978.
Si tratta dei decreti mediante i quali il Ministro dell’economia e finanze provvede ad aumentare gli stanziamenti di capitoli di spesa aventi carattere obbligatorio, con risorse prelevate a valere sul Fondo di riserva per le spese obbligatorie e d'ordine[29].
CAMERA DEI DEPUTATI ¾¾¾¾¾¾¾¾ |
N. 1955 ¾
|
DISENO DI LEGGE
presentato dal ministro della solidarietà sociale
(FERRERO)
e dal ministro delle infrastrutture
(DI PIETRO)
di concerto con il ministro della giustizia
(MASTELLA)
con il ministro dell'interno
(AMATO)
con il ministro per gli affari regionali e le autonomie locali
(LANZILLOTTA)
con il ministro delle politiche per la famiglia
(BINDI)
e con il ministro dell'economia e delle finanze
(PADOA SCHIOPPA)
Interventi per la riduzione del disagio abitativo per particolari categorie sociali
Presentata il 16 novembre 2006
Onorevoli Deputati! - Il provvedimento in esame ha lo scopo di contenere il disagio abitativo di particolari categorie di soggetti svantaggiati, soprattutto nelle aree metropolitane, che non è stato risolto con gli interventi legislativi precedenti e rischia di provocare effetti sociali incontrollabili, anche per effetto della scadenza del termine fissato al 3 agosto scorso dal decreto-legge 1o febbraio 2006, n. 23, convertito, con modificazioni, dalla legge 3 marzo 2006, n. 86, relativo alle città più grandi: Roma, Milano e Napoli.
La mancanza di interventi convincenti in materia abitativa ha comportato l'aggravamento della situazione, soprattutto, ma non solo, nelle aree metropolitane, dove si registrano un'elevata concentrazione di famiglie a basso reddito, un numero di sfratti anche per morosità cresciuto in maniera esponenziale, una ridotta offerta aggiuntiva di alloggi pubblici, anche per effetto della dismissione del patrimonio immobiliare degli enti previdenziali, un'elevata percentuale di immobili non occupati, l'aumento della povertà materiale e immateriale, i processi migratori.
A fronte di questo scenario il presente provvedimento vuole dare un segnale di discontinuità rispetto al passato, non limitandosi ad un ulteriore intervento di proroga degli sfratti, ma accompagnando la necessaria sospensione con ulteriori disposizioni dirette ad avviare il problema abitativo a soluzione, attraverso la predisposizione di un piano straordinario pluriennale da parte dei comuni e l'avvio di un tavolo di concertazione da parte dello Stato per definire un piano nazionale di edilizia residenziale pubblica.
La segnalata discontinuità si impone al fine di superare le obiezioni di incostituzionalità che si porrebbero nel caso di intervento legislativo limitato ad una mera proroga in ossequio alle sentenze della Corte costituzionale in materia.
In particolare, il provvedimento proposto contiene una piena «comparazione tra la condizione del conduttore e quella del locatore» (da ultimo si confronti la sentenza della Corte costituzionale n. 155 del 2004), che si manifesta, fra l'altro, nella previsione di cui al comma 6 dell'articolo 1, secondo cui «La sospensione non opera in danno del locatore che dimostri, nelle forme di cui al comma 2, secondo periodo, di trovarsi nelle stesse condizioni richieste per ottenere la sospensione medesima o nelle condizioni di necessità sopraggiunta dell'abitazione», nella previsione della decadenza dal beneficio della sospensione nel caso di mancato pagamento del canone ai sensi del comma 5 dello stesso articolo e nella corresponsione della maggiorazione del canone a titolo di risarcimento del danno per il prolungamento dell'utilizzazione dell'immobile.
Sono stabilite, inoltre, come richiesto nella sentenza citata, «congrue misure» che addossano sulla collettività l'onere economico di protezione degli inquilini, alleviando il sacrificio del locatore, e che si realizzano, come per precedenti provvedimenti analoghi, con benefìci fiscali a vantaggio dei proprietari, sia da parte dello Stato che, eventualmente, dei comuni (articolo 2).
Quanto alla durata delle sospensioni, che possono essere giustificate secondo la Corte costituzionale «per un periodo transitorio ed essenzialmente limitato», va osservato che la sospensione generalizzata, peraltro solo per le particolari categorie sociali svantaggiate indicate all'articolo 1, è limitata a soli quarantacinque giorni, mentre l'ulteriore periodo di sospensione previsto è condizionato alla predisposizione da parte dei comuni, d'intesa con le regioni, dei piani di edilizia indicati all'articolo 3, che devono essere predisposti appunto entro quarantacinque giorni dalla data di entrata in vigore della legge (la mancata predisposizione del piano fa decadere l'interessato dal beneficio della sospensione).
Pertanto, a parte i quarantacinque giorni iniziali, l'ulteriore sospensione è solo eventuale, si verificherà presumibilmente solo per i comuni in situazioni più gravi e potrà comunque esaurirsi anche prima della scadenza prevista in attuazione di interventi nel frattempo realizzati.
Ma ciò che conta qui rilevare è che il provvedimento è ben diverso rispetto alle fattispecie considerate dalla Corte costituzionale, che esaminava decreti di mera proroga, non funzionali ad alcun ulteriore intervento. Con riguardo a quel quadro normativo era certamente giustificata l'avvertenza della Corte che, si badi, pur non ritenendo quei provvedimenti incostituzionali, segnalava che non era possibile accettare ulteriori interventi di mera proroga, seguendo «la logica fin qui adottata» (Corte costituzionale, sentenza n. 155 del 2004, citata).
Ma la logica nell'odierno provvedimento è cambiata, perché appunto non si propone una mera proroga fine a se stessa, ma una sospensione finalizzata e poi condizionata all'effettivo avvio di programmi per la soluzione del problema abitativo delle categorie interessate. In questo quadro normativo mutato, la valutazione della Corte costituzionale sarebbe ben diversa e, in ogni caso, non sono utilizzabili direttamente pronunce riferite appunto a fattispecie normative differenti.
Si passa ad illustrare il provvedimento nel dettaglio.
L'articolo 1 disciplina la sospensione delle procedure esecutive di rilascio.
Il comma 1 individua i comuni, capoluoghi di provincia, comuni limitrofi con oltre 10.000 abitanti e comuni ad alta tensione abitativa di cui alla delibera CIPE n. 87/03 del 13 novembre 2003, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 40 del 18 febbraio 2004, e le categorie sociali destinatarie del provvedimento, perché particolarmente esposte al disagio abitativo: si tratta di conduttori che siano o abbiano nel proprio nucleo familiare persone ultrasessantacinquenni, figli a carico, malati terminali o portatori di handicap con invalidità superiore al 66 per cento, comunque con reddito annuo lordo familiare complessivo inferiore a 27.000 euro.
Si è inteso contenere la platea dei beneficiari della sospensione, individuando selettivamente le condizioni di difficoltà dei nuclei familiari interessati e indicando la soglia reddituale lorda di 27.000 euro annui (da intendere quale reddito imponibile ai fini IRPEF), che si traduce in un reddito mensile effettivamente disponibile di circa 1.200 euro, del tutto insufficiente a soddisfare le fondamentali esigenze di vita.
Il provvedimento si limita a sospendere l'esecuzione dei provvedimenti fondati sulla finita locazione ed esclude, quindi, gli sfratti per morosità.
Il comma 2 riproduce il testo dell'articolo 1, comma 3, del decreto-legge 1o febbraio 2006, n. 23, convertito, con modificazioni, dalla legge 3 marzo 2006, n. 86, ai fini della dimostrazione dei requisiti previsti dal comma 1, mediante il sistema dell'autocertificazione contestabile dal locatore.
Con il comma 3 si è ritenuto di promuovere la realizzazione di accordi negoziali con riguardo a locazioni di unità immobiliari appartenenti al patrimonio di soggetti qualificabili come «grandi proprietà», per le quali l'immobile non rappresenta valore d'uso, fissando un termine più lungo di sospensione (diciotto mesi dalla data di entrata in vigore della legge).
Il comma 4 richiama l'articolo 6, comma 6, della legge 9 dicembre 1998, n. 431, imponendo al conduttore una maggiorazione del canone, al fine di evitare, come si è detto, che l'onere della sospensione venga posto a carico esclusivo del locatore.
Il comma 5 prevede due ipotesi di decadenza dal beneficio della sospensione. La prima, già prevista in precedenti disposizioni, riguarda l'ipotesi di mancato pagamento del canone nei limiti previsti dall'articolo 5 della legge 27 luglio 1978, n. 392, salva l'applicazione dell'articolo 55 della stessa legge. La seconda, nuova, si ricollega alla ratio complessiva del provvedimento diretto soprattutto ad attivare le energie dei comuni per risolvere il problema abitativo, sanzionando indirettamente il comune inadempiente alla predisposizione del piano di cui all'articolo 3, con la decadenza dalla sospensione a carico dei conduttori dello stesso comune, che sarebbe costretto ad un maggior impegno.
Il comma 6, in ossequio alle sentenze della Corte costituzionale, prevede la possibilità da parte del locatore di dimostrare di trovarsi nelle stesse condizioni personali previste nell'articolo 1, comma 1, per la sospensione o la necessità sopraggiunta dell'abitazione al fine di escludere la sospensione dell'esecuzione.
L'articolo 2 introduce benefìci fiscali compensativi in favore dei locatori, per il fatto di essere chiamati a concorrere alla realizzazione di superiori interessi di carattere generale sottesi al provvedimento di sospensione, sia da parte dello Stato che, eventualmente, dei comuni, attraverso l'esenzione o la riduzione dell'imposta comunale sugli immobili (ICI).
L'articolo 3 disciplina la predisposizione da parte dei comuni di un piano straordinario pluriennale, e prevede la possibilità di istituire apposite commissioni per l'eventuale graduazione degli sfratti, al fine di favorire il passaggio da casa a casa per i soggetti di cui all'articolo 1, comma 1, nonché per le famiglie collocate utilmente nelle graduatorie comunali per l'accesso agli alloggi di edilizia residenziale pubblica.
Non si tratta del ripristino delle commissioni prefettizie, ma di sperimentare, sul modello continentale (Germania, Olanda, Svezia) una procedura che collochi in una sfera pubblica, o meglio concertata, la risoluzione del problema abitativo del singolo in quanto problema della collettività.
L'articolo 4 disciplina la convocazione del tavolo di concertazione generale sulle politiche abitative tra istituzioni e associazioni interessate, al fine di realizzare il programma nazionale contenente gli obiettivi e gli indirizzi di carattere generale per la programmazione regionale di edilizia residenziale pubblica riferita alla realizzazione, anche mediante l'acquisizione e il recupero di edifici esistenti, di alloggi in locazione a canone sociale e concordato, e alla riqualificazione di quartieri degradati, nonché proposte normative di natura fiscale e per la normalizzazione del mercato immobiliare.
L'articolo 5 reca la clausola di salvaguardia con riferimento alle regioni a statuto speciale e alle province autonome di Trento e di Bolzano.
L'articolo 6 indica la copertura finanziaria del provvedimento, attraverso il versamento di 63 milioni di euro (a valere sull'autorizzazione di spesa di cui all'articolo 2, comma 4, del decreto-legge 17 giugno 2005, n. 106, convertito, con modificazioni, dalla legge 31 luglio 2005, n. 156), previa conservazione al 31 dicembre 2006 nel conto dei residui, ad apposita contabilità speciale di tesoreria per essere successivamente riversato all'entrata del bilancio dello Stato nella misura di 10,5 milioni di euro nell'anno 2007 e nella misura di 52,5 milioni di euro nell'anno 2008.
La disposizione contenuta nel comma 3 nasce dalla necessità di consentire al Ministro dell'economia e delle finanze, qualora nel corso dell'attuazione della legge si verifichi uno scostamento rispetto alle previsioni di spesa indicate dalla medesima legge, di assumere le conseguenti iniziative legislative. Tale previsione si rende necessaria in considerazione del fatto che i benefìci di cui all'articolo 2, comma 1, del presente provvedimento si configurano quali diritti soggettivi e quindi potenzialmente in grado di generare oneri aggiuntivi a carico del bilancio dello Stato.
RELAZIONE TECNICA
(Articolo 11-ter, comma 2, della legge 5 agosto 1978, n. 468, e successive modificazioni).
Il disegno di legge in esame prevede, all'articolo 1, comma 1, la sospensione, per un periodo di otto mesi dalla data di entrata in vigore della legge, dei provvedimenti esecutivi di rilascio per finita locazione di immobili adibiti ad abitazione, nei confronti di conduttori residenti nei comuni capoluoghi di provincia, nei comuni limitrofi con oltre 10.000 abitanti e nei comuni ad alta tensione abitativa di cui alla delibera CIPE n. 87/03 del 13 novembre 2003, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 40 del 18 febbraio 2004, che siano o abbiano nel proprio nucleo familiare persone ultrasessantacinquenni, figli a carico, malati terminali o portatori di handicap con invalidità superiore al 66 per cento, con reddito annuo lordo familiare inferiore a 27.000 euro, purché non siano in possesso di un'altra abitazione adeguata al nucleo familiare nella regione di residenza.
Nel comma 3 si prevede un prolungamento del termine di sospensione, per un periodo di diciotto mesi dalla data di entrata in vigore della legge, per i conduttori di immobili ad uso abitativo concessi in locazione dai soggetti di cui all'articolo 1, comma 1, del decreto legislativo 16 febbraio 1996, n. 104, e all'articolo 3, comma 109, della legge 23 dicembre 1996, n. 662, da casse professionali e previdenziali, compagnie di assicurazione, istituti bancari, da società possedute dai soggetti citati, ovvero che, per conto dei medesimi anche indirettamente, svolgono l'attività di gestione dei relativi patrimoni immobiliari.
Per il periodo di sospensione dell'esecuzione il conduttore dovrà corrispondere al locatore la maggiorazione di cui all'articolo 6, comma 6, della legge 9 dicembre 1998, n. 431.
All'articolo 2, comma 1, si prevede che per i proprietari degli immobili locati ai suddetti conduttori si applicano i benefìci fiscali di cui all'articolo 2, comma 1, del decreto-legge 1o febbraio 2006, n. 23, convertito, con modificazioni, dalla legge 3 marzo 2006, n. 86; quindi il relativo reddito da fabbricati previsto dall'articolo 37 del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, non concorre alla formazione del reddito imponibile, ai soli fini delle imposte sul reddito delle persone fisiche e delle società (IRPEF e IRES). Tale agevolazione risulta valida per tutta la durata della proroga del periodo di sospensione dello sfratto.
In base a dati divulgati dal Ministero dell'interno, risulta che il numero totale di provvedimenti esecutivi di sfratto emessi nell'anno 2004 è pari a 43.892, di cui 12.449 per finita locazione (28 per cento).
Dagli stessi dati risulta, inoltre, che il numero di richieste di esecuzione presentate all'ufficiale giudiziario per lo stesso anno è pari a 74.755. Applicando a questo numero la percentuale degli sfratti per finita locazione, incrementata prudenzialmente al 40 per cento per tenere conto del fatto che i dati citati, come indicato dalla fonte stessa, sono incompleti, si ottiene una stima del numero di sfratti in esecuzione per finita locazione ancora pendenti pari a circa 30.000. Ai fini della presente valutazione, in via prudenziale, si considerano tutti gli sfratti in oggetto, stimando che i conduttori con i requisiti di disagio di cui al comma 1 siano pari a 15.000 (il 50 per cento) e che i conduttori di cui al comma 3 siano pari a 15.000 (il rimanente 50 per cento).
Dai dati relativi alle dichiarazioni dei redditi delle persone fisiche presentate nel 2003, risulta un ammontare medio del canone annuo dichiarato dai locatori, al netto della vigente deduzione del 15 per cento, pari a 3.230 euro; l'estrapolazione di questo dato al 2006 porta a stimare un ammontare medio annuo del canone di locazione percepito pari a circa 3.600 euro. Considerando però che il canone medio di locazione per immobile è notevolmente più elevato nei comuni previsti dalla legge rispetto alla media nazionale, ai fini della presente valutazione verrà considerato un relativo ammontare medio annuo, al netto della deduzione prevista, pari a 5.000 euro.
Considerando un'aliquota marginale media per le persone fisiche pari al 28 per cento e un'aliquota media per le società pari anch'essa al 28 per cento, si ottengono le seguenti perdite di gettito IRPEF e IRES di competenza:
|
2006 |
2007 |
2008 |
2009 |
IRPEF |
-3 |
-11 |
0 |
0 |
IRES |
-3 |
-21,0 |
-7,5 |
0 |
Addizionale regionale |
-0,11 |
-0,44 |
0 |
0 |
Addizionale comunale |
-0,04 |
-0,11 |
0 |
0 |
Totale |
-6,15 |
-32,55 |
-7,5 |
0 |
(Dati in milioni di euro).
L'andamento del gettito di cassa, considerando i termini della proroga e ipotizzando che tali variazioni normative entrino in vigore entro il mese di dicembre 2006, sarà il seguente (in milioni di euro):
|
2006 |
2007 |
2008 |
2009 |
IRPEF |
0 |
-5,1 |
-17,2 |
+8,3 |
IRES |
0 |
-5,1 |
-34,6 |
+2,5 |
Addizionale regionale |
0 |
-0,11 |
-0,44 |
0 |
Addizionale comunale |
0 |
-0,04 |
-0,11 |
0 |
Totale |
0 |
-10,35 |
-52,35 |
+10,8 |
(Dati in milioni di euro).
Infine, la disposizione contenuta nell'articolo 6, comma 3, nasce dalla necessità di consentire al Ministro dell'economia e delle finanze, qualora nel corso dell'attuazione della legge si verifichi uno scostamento rispetto alle previsioni di spesa indicate dalla medesima legge, di assumere le conseguenti iniziative legislative.
Tale previsione si rende necessaria in considerazione del fatto che i benefìci di cui all'articolo 2, comma 1, della legge si configurano quali diritti soggettivi e quindi potenzialmente in grado di generare oneri aggiuntivi a carico del bilancio dello Stato.
ANALISI TECNICO-NORMATIVA
1. Aspetti tecnico-normativi.
A) Analisi del quadro normativo e dell'impatto normativo delle norme proposte sulla legislazione vigente.
L'esigenza di un intervento normativo nasce dalla scadenza, già avvenuta in data 3 agosto 2006, della sospensione delle procedure esecutive di rilascio disposta dal decreto-legge 1o febbraio 2006, n. 23, convertito, con modificazioni, dalla legge 3 marzo 2006, n. 86.
Pertanto, l'intervento che si propone si ricollega al precedente provvedimento, pur se riferito solo alle città più grandi, allo scopo di evitare l'immediata esecuzione di provvedimenti di rilascio nei confronti di particolari categorie di soggetti disagiati, ma si inserisce anche in un quadro normativo più complesso, nell'intento di non disporre una semplice ulteriore proroga ma di avviare a soluzione il problema abitativo, attraverso la predisposizione di programmi di edilizia sovvenzionata ed agevolata da parte dei comuni e l'avvio di un tavolo di concertazione da parte dello Stato per definire un programma nazionale di edilizia residenziale pubblica.
B) Analisi della compatibilità dell'intervento con l'ordinamento comunitario.
Non si ravvisano elementi di contrasto con l'ordinamento comunitario. Anzi, l'intervento si propone di avviare a soluzione la situazione dello Stato italiano, che attualmente si trova in palese violazione dell'articolo 31 della Carta sociale europea ratificata ai sensi della legge 9 febbraio 1999, n. 30, in merito all'impegno di prendere misure destinate a «1. Favorire l'accesso ad un'abitazione di livello sufficiente; 2. a prevenire e ridurre lo status di "senza tetto" in vista di eliminarlo gradualmente; 3. a rendere il costo dell'abitazione accessibile alle persone che non dispongono di risorse sufficienti», come risulta dalla recente decisione del Comitato europeo per i diritti sociali (CEDS) adottata il 7 dicembre 2005 e resa pubblica il 24 aprile 2006.
C) Analisi della compatibilità con le competenze costituzionali delle regioni ordinarie e a statuto speciale.
Non si ravvisano elementi di contrasto al riguardo.
D) Verifica della coerenza con le fonti legislative primarie che dispongono il trasferimento di funzioni alle regioni e agli enti locali.
Le disposizioni del provvedimento non inficiano l'autonomia degli enti locali.
2. Elementi di drafting e linguaggio normativo.
A) Verifica della correttezza dei riferimenti normativi contenuti nel progetto, individuazione di effetti abrogativi impliciti.
Il provvedimento:
contiene riferimenti legislativi corretti;
non reca abrogazioni implicite di norme vigenti;
non richiede previsione di delega per la redazione di un testo unico nella materia in oggetto.
ANALISI DELL'IMPATTO DELLA REGOLAMENTAZIONE (AIR)
A) Ambito dell'intervento; soggetti destinatari.
I destinatari del provvedimento sono i soggetti colpiti da procedure esecutive di sfratto per finita locazione e residenti nei comuni capoluoghi di provincia, nei comuni limitrofi con oltre 10.000 abitanti e nei comuni ad alta tensione abitativa di cui alla delibera CIPE n. 87/03 del 13 novembre 2003, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 40 del 18 febbraio 2004, che siano o abbiano nel proprio nucleo familiare persone ultrasessantacinquenni, figli a carico, malati terminali o portatori di handicap con invalidità superiore al 66 per cento, con reddito annuo familiare lordo complessivo inferiore a 27.000 euro lordi, pari a circa 1.200 euro netti al mese e, quindi, ai limiti della sopravvivenza.
La platea dei beneficiari è comunque limitata, in quanto esclude interventi di sospensione per gli sfratti per morosità, riguardando esclusivamente l'esecuzione degli sfratti per finita locazione. Prendendo a riferimento i dati dell'Osservatorio sfratti presso il Ministero dell'interno relativi all'anno 2004, su un totale di 43.892 sentenze di sfratto emesse, 627 erano per necessità, 30.816 per morosità e solo 12.449 per finita locazione, pari a circa il 28 per cento del totale. Nell'ambito della percentuale indicata la sospensione è prevista solo per le categorie svantaggiate previste dal provvedimento e limitatamente ai comuni sopra indicati.
B) Obiettivi e risultati attesi.
Il provvedimento ha lo scopo di contenere il disagio abitativo di particolari categorie di soggetti svantaggiati, soprattutto nelle aree metropolitane, che non è stato risolto con gli interventi legislativi precedenti e rischia di provocare effetti sociali incontrollabili, anche per la scadenza della precedente proroga, fissata al 3 agosto scorso, dal decreto-legge 1o febbraio 2006, n. 23, convertito, con modificazioni, dalla legge 3 marzo 2006, n. 86, relativo alle città più grandi (Roma, Milano e Napoli).
Peraltro, il provvedimento vuole dare un immediato segnale di discontinuità rispetto al passato, non limitandosi ad un ulteriore intervento di proroga degli sfratti, ma accompagnando la necessaria sospensione con ulteriori disposizioni dirette ad avviare il problema abitativo a soluzione, attraverso la predisposizione di piani straordinari di edilizia da parte dei comuni e l'avvio di un tavolo di concertazione da parte dello Stato per definire un programma nazionale sulla casa.
C) Valutazione dell'impatto amministrativo.
1) Ricognizione degli obiettivi del progetto e analisi dei tempi e dei mezzi individuati per il perseguimento: l'obiettivo fondamentale del progetto è la predisposizione di piani edilizi da parte dei comuni e l'avvio di un tavolo di concertazione da parte dello Stato per definire un programma nazionale sulla casa.
2) Valutazione dell'esistenza di oneri organizzativi a carico delle pubbliche amministrazioni: i comuni dovranno attivarsi per la predisposizione dei piani straordinari ai sensi dell'articolo 3, ma si tratta di un intervento che rientra nei loro compiti istituzionali e non può considerarsi, quindi, un onere aggiuntivo, se non sotto il profilo degli stretti margini per provvedere, peraltro correlati alle insostenibili condizioni di tensione abitativa. A livello centrale l'organizzazione della convocazione del tavolo di concertazione comporta un limitato onere, peraltro circoscritto nel tempo.
3) Valutazione dell'eventuale previsione della creazione di nuove strutture amministrative: non si prevede l'istituzione di nuove strutture amministrative.
4) Verifica dell'esistenza a carico di cittadini e delle imprese di oneri finanziari, organizzativi ed adempimenti burocratici: le disposizioni del provvedimento comportano oneri a carico del locatore, compensati, tuttavia, dai benefìci fiscali previsti dall'articolo 2, oltre che da eventuali benefìci comunali.
DISEGNO DI LEGGE
Art. 1.
(Sospensione delle procedure esecutive di rilascio).
1. Al fine di contenere il disagio abitativo e di favorire il passaggio da casa a casa per particolari categorie sociali, soggette a procedure esecutive di sfratto e residenti nei comuni capoluoghi di provincia, nei comuni limitrofi con oltre 10.000 abitanti e nei comuni ad alta tensione abitativa di cui alla delibera CIPE n. 87/03 del 13 novembre 2003, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 40 del 18 febbraio 2004, sono sospese, a decorrere dalla data di entrata in vigore della presente legge per un periodo di otto mesi, le esecuzioni dei provvedimenti di rilascio per finita locazione degli immobili adibiti ad uso di abitazioni, nei confronti di conduttori con reddito annuo lordo complessivo familiare inferiore a 27.000 euro, che siano o abbiano nel proprio nucleo familiare persone ultrasessantacinquenni, figli a carico, malati terminali o portatori di handicap con invalidità superiore al 66 per cento, purché non siano in possesso di altra abitazione adeguata al nucleo familiare nella regione di residenza.
2. La sussistenza dei requisiti per la sospensione della procedura esecutiva di rilascio di cui ai commi 1 e 3 del presente articolo è autocertificata dai soggetti interessati con dichiarazione resa nelle forme di cui all'articolo 4, comma 4, del decreto-legge 27 maggio 2005, n. 86, convertito, con modificazioni, dalla legge 26 luglio 2005, n. 148, e comunicata al locatore ai sensi del comma 5 del medesimo articolo 4. La sussistenza di tali requisiti può essere contestata dal locatore nelle forme di cui all'articolo 1, comma 2, del decreto-legge 20 giugno 2002, n. 122, convertito, con modificazioni, dalla legge 1o agosto 2002, n. 185. In caso di accesso, ai fini della fissazione di una nuova data, l'ufficiale giudiziario deve comunque tenere conto dei termini di cui ai commi 1 e 3.
3. Per i conduttori di immobili ad uso abitativo concessi in locazione dai soggetti indicati all'articolo 1, comma 1, del decreto legislativo 16 febbraio 1996, n. 104, e all'articolo 3, comma 109, della legge 23 dicembre 1996, n. 662, come da ultimo modificato dall'articolo 43, comma 18, della legge 23 dicembre 2000, n. 388, da casse professionali e previdenziali, da compagnie di assicurazione, da istituti bancari, da società possedute dai soggetti citati, ovvero che, per conto dei medesimi, anche indirettamente, svolgono l'attività di gestione dei relativi patrimoni immobiliari, il termine di sospensione di cui al comma 1 del presente articolo è fissato in diciotto mesi a decorrere dalla data di entrata in vigore della presente legge.
4. Per tutto il periodo di sospensione dell'esecuzione il conduttore corrisponde al locatore la maggiorazione prevista dall'articolo 6, comma 6, della legge 9 dicembre 1998, n. 431.
5. Il conduttore decade dal beneficio della sospensione della esecuzione se non provvede al pagamento del canone nei limiti indicati dall'articolo 5 della legge 27 luglio 1978, n. 392, salva l'applicazione dell'articolo 55 della medesima legge. La decadenza si verifica anche nell'ipotesi in cui il comune di residenza del conduttore non provveda all'intervento di cui all'articolo 3, comma 1, nel termine previsto.
6. La sospensione non opera in danno del locatore che dimostri, nelle forme di cui al comma 2, secondo periodo, di trovarsi nelle stesse condizioni richieste per ottenere la sospensione medesima o nelle condizioni di necessità sopraggiunta dell'abitazione. A tutte le procedure esecutive per finita locazione attivate in relazione a contratti stipulati ai sensi della legge 9 dicembre 1998, n. 431, e successive modificazioni, si applica quanto previsto dall'articolo 6, comma 4, della medesima legge.
Art. 2.
(Benefìci fiscali).
1. Per i proprietari degli immobili locati ai conduttori individuati nell'articolo 1 della presente legge si applicano, per il periodo di sospensione della procedura esecutiva, i benefìci fiscali di cui all'articolo 2, comma 1, del decreto-legge 1o febbraio 2006, n. 23, convertito, con modificazioni, dalla legge 3 marzo 2006, n. 86. A favore dei medesimi proprietari i comuni possono prevedere esenzioni o riduzioni dell'imposta comunale sugli immobili.
Art. 3.
(Interventi dei comuni per l'edilizia sovvenzionata e agevolata e per la graduazione degli sfratti).
1. Entro quarantacinque giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, i comuni individuati nell'articolo 1 predispongono, d'intesa con la regione, sulla base del fabbisogno di edilizia residenziale pubblica, con particolare riferimento alle categorie di cui al medesimo articolo 1 già presenti nelle graduatorie per l'assegnazione degli alloggi di edilizia residenziale pubblica, un piano straordinario pluriennale da inviare ai Ministeri delle infrastrutture e della solidarietà sociale e al Ministro delle politiche per la famiglia.
2. A decorrere dalla data di entrata in vigore della presente legge, nei comuni individuati nell'articolo 1 possono essere istituite apposite commissioni per l'eventuale graduazione delle azioni di rilascio, finalizzate a favorire il passaggio da casa a casa per i soggetti di cui al medesimo articolo 1, nonché per le famiglie collocate utilmente nelle graduatorie comunali per l'accesso agli alloggi di edilizia residenziale pubblica.
3. Le prefetture - uffici territoriali del Governo definiscono il funzionamento e la composizione delle commissioni di cui al comma 2, garantendo la presenza, oltre che del sindaco e del questore, o di loro delegati, dei rappresentanti delle organizzazioni sindacali degli inquilini e dei rappresentanti delle associazioni della proprietà edilizia.
Art. 4.
(Programma nazionale di edilizia residenziale pubblica).
1. Entro due mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, il Ministero delle infrastrutture convoca il tavolo di concertazione generale sulle politiche abitative, che conclude i lavori entro un mese, a cui partecipano rappresentanti dei Ministeri della solidarietà sociale e dell'economia e delle finanze, dei Ministri per le politiche giovanili e le attività sportive e delle politiche per la famiglia, delle regioni, dell'Associazione nazionale dei comuni italiani (ANCI), della Federcasa, delle organizzazioni sindacali dei lavoratori e degli inquilini, delle associazioni della proprietà edilizia e delle associazioni dei costruttori edili e delle cooperative.
2. In relazione alle indicazioni emerse dal tavolo di concertazione di cui al comma 1 del presente articolo, il Ministro delle infrastrutture, di concerto con i Ministri della solidarietà sociale, dell'economia e delle finanze, per le politiche giovanili e le attività sportive e delle politiche per la famiglia, d'intesa con la Conferenza unificata ai sensi dell'articolo 8, comma 6, della legge 5 giugno 2003, n. 131, predispone, entro due mesi dalla conclusione dei lavori del tavolo di concertazione di cui al citato comma 1, il programma nazionale contenente:
a) gli obiettivi e gli indirizzi di carattere generale per la programmazione regionale di edilizia residenziale pubblica riferita alla realizzazione, anche mediante l'acquisizione e il recupero di edifici esistenti, di alloggi in locazione a canone sociale e concordato e alla riqualificazione di quartieri degradati;
b) proposte normative in materia fiscale e per la normalizzazione del mercato immobiliare.
Art. 5.
(Clausola di salvaguardia).
1. Le disposizioni della presente legge sono applicabili nelle regioni a statuto speciale e nelle province autonome di Trento e di Bolzano compatibilmente con le norme dei rispettivi statuti e delle relative norme di attuazione.
Art. 6.
(Copertura finanziaria).
1. All'onere derivante dall'attuazione dell'articolo 2 si provvede ai sensi del comma 2 del presente articolo.
2. A valere sull'autorizzazione di spesa di cui all'articolo 2, comma 4, del decreto- legge 17 giugno 2005, n. 106, convertito, con modificazioni, dalla legge 31 luglio 2005, n. 156, l'importo di 63 milioni di euro relativo all'anno 2006 è conservato al 31 dicembre 2006 nel conto dei residui e versato ad apposita contabilità speciale di tesoreria per essere successivamente riversato all'entrata del bilancio dello Stato nella misura di 10,5 milioni di euro nell'anno 2007 e nella misura di 52,5 milioni di euro nell'anno 2008.
3. Il Ministro dell'economia e delle finanze provvede al monitoraggio degli oneri di cui alla presente legge, anche ai fini dell'adozione dei provvedimenti correttivi di cui all'articolo 11-ter, comma 7, della legge 5 agosto 1978, n. 468, e successive modificazioni, ovvero delle misure correttive da assumere, ai sensi dell'articolo 11, comma 3, lettera i-quater), della medesima legge. Gli eventuali decreti emanati ai sensi dell'articolo 7, secondo comma, numero 2), della legge 5 agosto 1978, n. 468, prima della data di entrata in vigore dei provvedimenti o delle misure di cui al presente comma, sono tempestivamente trasmessi alle Camere, corredati da apposite relazioni illustrative.
4. Il Ministro dell'economia e delle finanze è autorizzato ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio.
Art. 7.
(Entrata in vigore).
1. La presente legge entra in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale.
SENATO DELLA REPUBBLICA
XV LEGISLATURA
N. 1048
DISEGNO DI LEGGE
presentato dal Presidente del Consiglio dei ministri
(PRODI)
dal Ministro delle infrastrutture
(DI PIETRO)
e dal Ministro della solidarietà sociale
(FERRERO)
di concerto col Ministro dell’economia e delle finanze
(PADOA SCHIOPPA)
e col Ministro delle politiche per la famiglia
(BINDI)
COMUNICATO ALLA PRESIDENZA IL 29 SETTEMBRE 2006
Conversione in legge del decreto-legge 29 settembre 2006, n. 261, recante interventi urgenti per la riduzione del disagio abitativo in favore di particolari categorie sociali
Onorevoli Senatori. – L’unito decreto-legge ha lo scopo di contenere il disagio abitativo di particolari categorie di soggetti svantaggiati, soprattutto nelle aree metropolitane, che non è stato risolto con gli interventi legislativi già adottati e rischia di provocare effetti sociali incontrollabili, anche per la scadenza della precedente proroga, fissata al 3 agosto scorso, ai sensi del decreto-legge 1º febbraio 2006, n. 23, convertito, con modificazioni, dalla legge 3 marzo 2006, n. 86, relativo alle città più grandi (Roma, Milano e Napoli). Tale circostanza rende evidente la sussistenza dei requisiti di necessità ed urgenza per l’adozione di un decreto-legge.
La mancanza di interventi convincenti in materia abitativa ha comportato, infatti, l’aggravamento della situazione, soprattutto, ma non solo, nelle aree metropolitane, dove si registrano un’elevata concentrazione di famiglie a basso reddito, un numero di sfratti anche per morosità cresciuto in maniera esponenziale, una ridotta offerta aggiuntiva di alloggi pubblici, anche per effetto della dismissione del patrimonio immobiliare degli enti previdenziali, un’elevata percentuale di immobili non occupati, l’aumento della povertà materiale e immateriale, i processi migratori.
A fronte di questo scenario il provvedimento intende dare un immediato segnale di discontinuità rispetto al passato, non limitandosi ad un ulteriore intervento di proroga degli sfratti, ma accompagnando la necessaria sospensione con ulteriori disposizioni dirette ad avviare il problema abitativo a soluzione attraverso la predisposizione di programmi di edilizia sovvenzionata ed agevolata da parte dei comuni e l’avvio di un tavolo di concertazione da parte dello Stato per definire un piano nazionale di edilizia residenziale pubblica.
La segnalata discontinuità si impone al fine di superare le obiezioni di incostituzionalità che si porrebbero nel caso di intervento legislativo limitato ad una mera proroga, in ossequio alle sentenze della Corte costituzionale in materia.
In particolare il provvedimento proposto contiene una piena «comparazione tra la condizione del conduttore e quella del locatore» (da ultimo, si confronti la sentenza della Corte costituzionale n. 155 del 2004), che si manifesta, fra l’altro, nella previsione di cui al comma 6 dell’articolo 1, secondo cui «la sospensione non opera in danno del locatore che dimostri, nelle forme di cui al comma 2, secondo periodo, di trovarsi nelle stesse condizioni richieste per ottenere la sospensione medesima o nelle condizioni di necessità sopraggiunta dell’abitazione», nella previsione della decadenza del beneficio della sospensione nel caso di mancato pagamento dei canoni ai sensi del comma 5 dello stesso articolo o nella corresponsione della maggiorazione del canone a titolo di risarcimento del danno per il prolungamento dell’utilizzazione dell’immobile.
Sono stabilite inoltre, come richiesto nella sentenza citata, «congrue misure» che addossano sulla collettività l’onere economico di protezione degli inquilini, alleviando il sacrificio del locatore, e che si realizzano, come per precedenti provvedimenti analoghi, con benefìci fiscali a vantaggio dei proprietari, sia da parte dello Stato che, eventualmente, dei comuni (articolo 2).
Quanto alla durata delle sospensioni, che possono essere giustificate secondo la Corte costituzionale «per un periodo transitorio ed essenzialmente limitato», va osservato che la sospensione generalizzata, peraltro solo per le particolari categorie sociali svantaggiate indicate all’articolo 1, è limitata a soli due mesi, mentre l’ulteriore periodo di sospensione previsto è condizionato alla predisposizione da parte dei comuni, d’intesa con le regioni, dei programmi di edilizia indicati all’articolo 3, da predisporre appunto entro due mesi (la mancata predisposizione del programma fa decadere l’interessato dal beneficio della sospensione).
Pertanto, a parte i due mesi iniziali, l’ulteriore sospensione è solo eventuale, si verificherà presumibilmente solo per i comuni in situazioni più gravi e potrà comunque esaurirsi anche prima della scadenza prevista in attuazione di interventi nel frattempo realizzati.
Ma ciò che conta qui rilevare è che il provvedimento è ben diverso rispetto a quelli oggetto di precedenti sentenze della Corte costituzionale, che esaminava decreti di mera proroga, non funzionali ad alcun ulteriore intervento. Con riguardo a quel quadro normativo era certamente giustificata l’avvertenza della Corte che, si badi, pur non ritenendo quei provvedimenti incostituzionali, segnalava che non era possibile accettare ulteriori interventi di mera proroga, seguendo «la logica fin qui adottata» (Corte costituzionale, sentenza n. 155 del 2004 citata).
La logica del provvedimento in esame è cambiata, perché appunto non si propone una mera proroga fine a se stessa, ma una sospensione finalizzata e poi condizionata all’effettivo avvio di programmi per la soluzione del problema abitativo delle categorie interessate. In questo mutato quadro normativo la valutazione della Corte costituzionale sarebbe ben diversa e, in ogni caso, non sono utilizzabili direttamente pronunce riferite appunto a fattispecie normative differenti.
* * *
Il provvedimento nel dettaglio dispone quanto segue.
L’articolo 1 disciplina la sospensione delle procedure esecutive di rilascio.
Il comma 1 individua i comuni, capoluoghi di provincia e comuni limitrofi con oltre 10.000 abitanti, e le categorie sociali destinatarie del provvedimento, perché particolarmente esposte al disagio abitativo: si tratta di conduttori che siano, o abbiano nel proprio nucleo familiare, persone ultrasettantenni, figli a carico, malati terminali o portatori di handicap con invalidità superiore al 66 per cento, con reddito annuo familiare complessivo inferiore a 27.000 euro.
Si è inteso contenere la platea dei beneficiari della sospensione, individuando selettivamente le condizioni di difficoltà dei nuclei familiari interessati e indicando la soglia reddituale di 27.000 euro annui (da intendersi quale reddito imponibile ai fini IRPEF), che si traduce in un reddito mensile effettivamente disponibile di circa 1.200 euro, del tutto insufficiente a soddisfare le fondamentali esigenze di vita.
Il provvedimento si limita a sospendere l’esecuzione dei provvedimenti fondati sulla finita locazione ed esclude quindi gli sfratti per morosità.
Il comma 2 riporta l’articolo 1, comma 3, del decreto-legge 1º febbraio 2006, n. 23, convertito, con modificazioni, dalla legge 3 marzo 2006, n. 86, ai fini della dimostrazione dei requisiti previsti dal comma 1, mediante il sistema dell’autocertificazione contestabile dal locatore.
Con il comma 3 si è ritenuto di promuovere la realizzazione di accordi negoziali con riguardo a locazioni di unità immobiliari appartenenti al patrimonio di soggetti qualificabili come «grandi proprietà» per le quali l’immobile non rappresenta valore d’uso, fissando un termine più lungo di sospensione (30 giugno 2008).
Il comma 4 richiama l’articolo 6, comma 6, della legge 9 dicembre 1998, n. 431, imponendo al conduttore una maggiorazione del canone, al fine di evitare, come si è detto, che l’onere della sospensione venga posto a carico esclusivo del locatore.
Il comma 5 prevede due ipotesi di decadenza dal beneficio della sospensione. La prima, già prevista in precedenti disposizioni, riguarda l’ipotesi di mancato pagamento del canone nei limiti previsti dall’articolo 5 della legge 27 luglio 1978, n. 392, salva l’applicazione dell’articolo 55 della stessa legge. La seconda, nuova, si ricollega alla ratio complessiva del provvedimento, diretto soprattutto ad attivare le energie dei comuni per risolvere il problema abitativo, sanzionando indirettamente il comune inadempiente alla predisposizione del programma di cui all’articolo 3 con la decadenza dalla sospensione a carico dei conduttori dello stesso comune, che sarebbe costretto ad un maggior impegno.
Il comma 6, in ossequio alle decisioni della Corte costituzionale, prevede la possibilità da parte del locatore di dimostrare di trovarsi nelle stesse condizioni personali previste nell’articolo 1, comma 1, per la sospensione, o nella necessità sopraggiunta dell’abitazione, al fine di escludere la sospensione dell’esecuzione.
Il comma 7 riconosce il diritto al rinnovo del contratto di locazione per la durata di nove anni a favore dei conduttori di immobili appartenenti a particolari categorie sociali disagiate che risultino detentori, alla data di entrata in vigore del decreto-legge, di unità immobiliari appartenenti a soggetti non persone fisiche oggetto di operazioni di cartolarizzazione.
L’articolo 2 introduce benefìci fiscali compensativi in favore dei locatori per il fatto di essere chiamati a concorrere alla realizzazione di superiori interessi di carattere generale sottesi al provvedimento di sospensione, sia da parte dello Stato che dei comuni, attraverso l’esenzione o la riduzione dell’imposta comunale sugli immobili (ICI).
L’articolo 3 disciplina la predisposizione da parte dei comuni dei programmi di edilizia sovvenzionata ed agevolata, di cui si è parlato nella premessa, e prevede la possibilità di istituire commissioni per l’eventuale graduazione degli sfratti al fine di favorire il passaggio da casa a casa per i soggetti di cui all’articolo 1, comma 1, nonché per le famiglie collocate utilmente nelle graduatorie comunali per l’accesso agli alloggi di edilizia residenziale pubblica.
Non si tratta del ripristino delle commissioni prefettizie, ma di sperimentare, sul modello continentale (Germania, Olanda e Svezia), una procedura che collochi in una sfera pubblica o meglio concertata la risoluzione del problema abitativo del singolo in quanto problema della collettività.
L’articolo 4 disciplina la convocazione del tavolo di concertazione da parte dello Stato per definire un piano nazionale di edilizia residenziale pubblica.
L’articolo 5, al fine di garantire la copertura finanziaria del provvedimento con riferimento ai benefìci di cui all’articolo 2, comma 1, a parziale modifica dell’articolo 37, comma 4-bis, del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, e successive modificazioni, prevede (solo per i contratti di locazione con canone libero) che il reddito dell’unità immobiliare venga determinato in misura pari a quella del canone risultante dal contratto di locazione ridotto forfettariamente del 14 per cento.
L’articolo 6 indica la copertura finanziaria del provvedimento, richiamando appunto l’articolo 5.
L’articolo 7 fissa l’entrata in vigore del decreto-legge.
1. Aspetti tecnico-normativi
A) Analisi del quadro normativo e dell’impatto delle norme proposte sulla legislazione vigente
L’esigenza di un intervento normativo urgente, con decreto-legge, nasce dalla scadenza, in data 3 agosto 2006, della sospensione delle procedure esecutive di rilascio disposta con decreto-legge 1º febbraio 2006, n. 23, convertito, con modificazioni, dalla legge 3 marzo 2006, n. 86.
Pertanto l’intervento che si propone si ricollega al precedente provvedimento, pur se riferito solo alle città più grandi, allo scopo di evitare l’immediata esecuzione di provvedimenti di rilascio nei confronti di specifiche categorie di soggetti particolarmente disagiati, ma si inserisce anche in un quadro normativo più complesso, nell’intento di non disporre una semplice ulteriore proroga ma di avviare a soluzione il problema abitativo attraverso la predisposizione di programmi di edilizia sovvenzionata ed agevolata da parte dei comuni e l’avvio di un tavolo di concertazione da parte dello Stato per definire un piano nazionale di edilizia residenziale pubblica.
Ai fini della copertura finanziaria il provvedimento interviene anche sulla normativa relativa al reddito da fabbricati.
B) Requisiti di necessità e urgenza
Sussistono i requisiti di necessità e urgenza per l’adozione di un decreto-legge ai sensi dell’articolo 77 della Costituzione perché la mancata sospensione rischia di provocare effetti sociali incontrollabili, quantomeno con riguardo alle città più grandi (Roma, Milano e Napoli), alle quali si riferiva il precedente decreto, i cui effetti sono scaduti il 3 agosto scorso. Va rilevato che l’esecuzione degli sfratti ha avuto una sospensione di fatto nel periodo estivo, ma sta riprendendo con gravi conseguenze.
C) Analisi della compatibilità dell’intervento con l’ordinamento comunitario
Non si ravvisano elementi di contrasto con l’ordinamento comunitario, anzi l’intervento si propone di avviare a soluzione un problema dello Stato italiano, che attualmente si trova in palese violazione dell’articolo 31 della Carta sociale europea ratificata ai sensi della legge 9 febbraio 1999, n. 30, in merito all’impegno di adottare misure destinate a «favorire l’accesso ad un’abitazione di livello sufficiente, a prevenire e ridurre lo status di “senza tetto“ in vista di eliminarlo gradualmente, a rendere il costo dell’abitazione accessibile alle persone che non dispongono di risorse sufficienti», come risulta dalla recente decisione del Comitato europeo per i diritti sociali adottata il 7 dicembre 2005 e resa pubblica il 24 aprile 2006.
D) Analisi della compatibilità con le competenze costituzionali delle regioni ordinarie e a statuto speciale
Non si ravvisano elementi di contrasto al riguardo.
E) Verifica della coerenza con le fonti legislative primarie che dispongono il trasferimento di funzioni alle regioni e agli enti locali
Le disposizioni del provvedimento non inficiano l’autonomia degli enti locali.
2. Valutazione dell’impatto amministrativo
A) Ricognizione degli obiettivi del progetto e analisi dei tempi e mezzi individuati per il perseguimento
L’obiettivo fondamentale del decreto-legge è la predisposizione di programmi di edilizia sovvenzionata ed agevolata da parte dei comuni e l’avvio di un tavolo di concertazione da parte dello Stato per definire un piano nazionale di edilizia residenziale pubblica.
B) Valutazione dell’esistenza di oneri organizzativi a carico delle pubbliche amministrazioni
I comuni dovranno attivarsi per la predisposizione dei programmi di edilizia sovvenzionata ed agevolata ai sensi dell’articolo 3, ma si tratta di un intervento che rientra nei loro compiti istituzionali e non può considerarsi quindi un onere aggiuntivo, se non sotto il profilo degli stretti margini per provvedere, peraltro correlati alle insostenibili condizioni di tensione abitativa. A livello centrale, l’organizzazione della convocazione del tavolo di concertazione comporta un limitato onere, peraltro limitato nel tempo a sessanta giorni.
C) Valutazione dell’eventuale previsione della creazione di nuove strutture amministrative
Non si prevede l’istituzione di nuove strutture amministrative.
D) Verifica dell’esistenza a carico di cittadini e delle imprese di oneri finanziari, organizzativi ed adempimenti burocratici
Le disposizioni del decreto-legge comportano oneri a carico del locatore, compensati tuttavia dai benefìci fiscali previsti dall’articolo 2 del decreto stesso, oltre che da eventuali benefìci comunali.
3. Elementi di drafting e linguaggio normativo
Il provvedimento:
- contiene riferimenti legislativi corretti;
- non reca abrogazioni implicite di norme vigenti;
- non richiede previsione di delega per la redazione di un testo unico nella materia in oggetto.
Analisi dell’impatto della regolamentazione (AIR)
A) Soggetti destinatari
I destinatari del decreto-legge sono i soggetti colpiti da procedure esecutive di sfratto per finita locazione e residenti nei comuni capoluoghi di provincia e comuni limitrofi con oltre 10.000 abitanti, che siano o abbiano nel proprio nucleo familiare persone ultrasettantenni, figli a carico, malati terminali o portatori di handicap con invalidità superiore al 66 per cento, con reddito annuo familiare complessivo inferiore a 27.000 euro lordi, pari a circa 1.200 euro netti al mese e quindi ai limiti della sopravvivenza.
La platea dei beneficiari è comunque limitata, in quanto esclude interventi di sospensione per gli sfratti per morosità, riguardando esclusivamente l’esecuzione degli sfratti per finita locazione. Prendendo a riferimento i dati dell’Osservatorio sfratti presso il Ministero dell’interno relativi all’anno 2004, su un totale di 43.892 sentenze di sfratto emesse, 627 erano per necessità, 30.816 per morosità e solo 12.449 per finita locazione, pari a circa il 28 per cento del totale. Nell’ambito della percentuale indicata la sospensione è prevista solo per le categorie svantaggiate previste dal decreto e limitatamente ai comuni ad alta tensione abitativa.
B) La ratio dell’intervento
Il decreto-legge ha lo scopo di contenere il disagio abitativo di particolari categorie di soggetti svantaggiati, soprattutto nelle aree metropolitane, che non è stato risolto con gli interventi legislativi precedenti e rischia di provocare effetti sociali incontrollabili, anche per la scadenza della precedente proroga, fissata al 3 agosto scorso, ai sensi del decreto-legge 1º febbraio 2006, n. 23, convertito, con modificazioni, dalla legge 3 marzo 2006, n. 86, relativo alle città più grandi (Roma, Milano e Napoli).
Peraltro il provvedimento vuole dare un immediato segnale di discontinuità rispetto al passato, non limitandosi ad un ulteriore intervento di proroga degli sfratti, ma accompagnando la necessaria sospensione con ulteriori disposizioni dirette ad avviare il problema abitativo a soluzione, attraverso la predisposizione di programmi di edilizia sovvenzionata ed agevolata da parte dei comuni e l’avvio di un tavolo di concertazione da parte dello Stato per definire un piano nazionale di edilizia residenziale pubblica.
Articoli 1 e 2 (Sospensione delle procedure esecutive di rilascio e benefìci fiscali)
Il decreto-legge in esame prevede, all’articolo 1, comma 1, la sospensione, fino al 30 giugno 2007, dei provvedimenti esecutivi di rilascio per finita locazione di immobili adibiti ad abitazione, nei confronti di conduttori residenti nei comuni capoluoghi di provincia e comuni limitrofi con oltre 10.000 abitanti che siano o abbiano nel proprio nucleo familiare persone ultrasettantenni, figli a carico, malati terminali o portatori di handicap con invalidità superiore al 66 per cento, con reddito annuo familiare inferiore a 27.000 euro.
Nel comma 3 si prevede un prolungamento del termine di sospensione fino al 30 giugno 2008 per i conduttori di immobili ad uso abitativo concessi in locazione dai soggetti di cui all’articolo 1, comma 1, del decreto legislativo 16 febbraio 1996, n. 104, e all’articolo 3, comma 109, della legge 23 dicembre 1996, n. 662, da casse professionali e previdenziali, compagnie di assicurazione, istituti bancari, società il cui oggetto sociale comprenda la gestione di patrimoni immobiliari e soggetti fisici o giuridici detentori di oltre 100 unità immobiliari ad uso abitativo, anche se diffuse su tutto il territorio.
Per il periodo di sospensione dell’esecuzione il conduttore dovrà corrispondere al locatore la maggiorazione di cui all’articolo 6, comma 6, della legge 9 dicembre 1998, n. 431.
All’articolo 2, comma 1, si prevede che per i proprietari degli immobili locati ai suddetti conduttori si applicano i benefìci fiscali di cui all’articolo 2, comma 1, del decreto-legge 1º febbraio 2006, n. 23, convertito, con modificazioni, dalla legge 3 marzo 2006, n. 86: pertanto il relativo reddito da fabbricati, di cui all’articolo 37 del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917 (TUIR), non concorre alla formazione del reddito imponibile, ai soli fini delle imposte sul reddito delle persone fisiche e delle società. Tale agevolazione risulta valida per tutta la durata della proroga del periodo di sospensione dello sfratto.
In base a dati divulgati dal Ministero dell’interno, risulta che il numero totale di provvedimenti esecutivi di sfratto emessi nell’anno 2004 è pari a 43.892, di cui 12.449 per finita locazione (28 per cento). Dagli stessi dati risulta inoltre che il numero di richieste di esecuzione presentate all’ufficiale giudiziario per lo stesso anno è pari a 74.755. Applicando a questo numero la percentuale degli sfratti per finita locazione, incrementata prudenzialmente al 40 per cento per tenere conto del fatto che i dati citati, come indicato dalla fonte stessa, sono incompleti, si ottiene una stima del numero di sfratti in esecuzione per finita locazione ancora pendenti pari a circa 30.000. Si stima inoltre che i conduttori con i requisiti di disagio di cui all’articolo 1, comma 1, siano pari a 11.250 (il 75 per cento del 50 per cento) e che i conduttori di cui allo stesso articolo 1, comma 3, siano pari a 15.000 (il 50 per cento), per un totale di 26.250 sfratti in oggetto.
Dai dati relativi alle dichiarazioni dei redditi delle persone fisiche presentate nel 2003, risulta un ammontare medio del canone annuo dichiarato dai locatori, al netto della vigente deduzione del 15 per cento, pari a 3.230 euro; l’estrapolazione di questo dato al 2006 porta a stimare un ammontare medio annuo del canone di locazione percepito pari a circa 3.600 euro. Considerando che il canone medio di locazione per immobile è notevolmente più elevato nei comuni di cui al provvedimento in oggetto rispetto alla media nazionale, ai fini della presente valutazione verrà considerato un relativo ammontare medio annuo, al netto della deduzione prevista, pari a 5.000 euro.
Considerando un’aliquota marginale media per le persone fisiche pari al 28 per cento e un’aliquota media per le società pari anch’essa al 28 per cento (tenendo conto della caratteristica media dei soggetti locatori e delle perdite), si ottengono, nelle ipotesi previste dalla norma in esame, le seguenti perdite di gettito IRPEF e IRES di competenza (in milioni di euro), nell’ipotesi che la variazione normativa entri in vigore il 1º ottobre 2006:
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2006 |
2007 |
2008 |
IRPEF |
– 3,9 |
– 7,9 |
0 |
IRES |
– 5,3 |
– 21,0 |
– 10,5 |
Addizionale regionale |
– 0,15 |
– 0,31 |
0 |
Addizionale comunale |
– 0,04 |
– 0,08 |
0 |
Totale . . . |
– 9,4 |
– 29,3 |
– 10,5 |
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L’andamento del gettito di cassa, considerando i termini della proroga e ipotizzando che la variazione normativa entri in vigore il 1º ottobre 2006, sarà il seguente (in milioni di euro):
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2006 |
2007 |
2008 |
2009 |
IRPEF |
0 |
– 7 |
– 10,8 |
+ 6 |
IRES |
0 |
– 9,2 |
––32,8 |
– 2,6 |
Addizionale regionale |
0 |
-- 0,15 |
– 0,31 |
0 |
Addizionale comunale |
0 |
– 0,04 |
– 0,08 |
0 |
Totale . . . |
0 |
– 16,4 |
– 44,0 |
+ 3,4 |
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Articolo 5 (Reddito dei fabbricati)
All’articolo 5 del decreto-legge si prevede, a parziale modifica di quanto disposto dall’articolo 37, comma 4-bis, del TUIR, una deduzione forfetaria del 14 per cento per i contratti di locazione stipulati ai sensi dell’articolo 2, comma 1, della legge 9 dicembre 1998, n. 431 (contratti a canone «non concordato»).
La legislazione vigente, al citato articolo 37, comma 4-bis, del TUIR, prevede, per i redditi in oggetto, una deduzione forfetaria del 15 per cento; la deduzione è pari al 25 per cento per i fabbricati siti nelle città di Venezia centro e nelle isole della Giudecca e di Murano e Burano. Nel seguito si ipotizza che tale deduzione del 25 per cento rimanga invariata.
Dai dati relativi alle dichiarazioni dei redditi delle persone fisiche presentate nell’anno 2004 risulta un ammontare di redditi da locazione, estrapolato al 2006, pari a circa 18.200 milioni di euro. Questo valore risulta al netto della deduzione del 15 per cento e del 25 per cento attualmente prevista. In via prudenziale non viene preso in considerazione l’ammontare di redditi da locazione relativo alle società, che si stima comunque pari ad un ammontare di gran lunga inferiore al suddetto valore relativo alle persone fisiche.
La percentuale del valore dei redditi in oggetto relativi a Venezia centro, Giudecca, Murano e Burano è stimata, in base a dati catastali, in circa l’1 per cento del totale.
La percentuale di affitti a «canone libero» viene stimata nell’80 per cento del totale, per un ammontare pari a circa 14.560 milioni di euro al netto delle deduzioni vigenti. Il corrispondente ammontare, al lordo della deduzione del 15 per cento, è pari a circa 16.958 milioni di euro (14.560 * 99 per cento / 85 per cento).
L’ammontare delle deduzioni del 15 per cento e del 14 per cento può quindi essere stimato in circa 2.540 e 2.370 milioni di euro rispettivamente.
Applicando un’aliquota marginale media del 28 per cento per i percettori di redditi di locazione alla differenza di reddito imponibile, pari a 170 milioni di euro (2.540 – 2.370), risulta che il decreto-legge in oggetto avrebbe come effetto un recupero di gettito IRPEF, competenza 2007 e 2008, pari a circa + 47 milioni di euro, a circa + 2 milioni di euro di addizionale regionale e a circa + 0,5 milioni di euro di addizionale comunale.
L’andamento del gettito di cassa, ipotizzando che la variazione normativa entri in vigore 1º ottobre 2006 sarà il seguente (in milioni di euro):
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2006 |
2007 |
2008 |
2009 |
2010 |
IRPEF |
0 |
+ 20,6 |
+ 73 |
+ 47 |
+ 47 |
Addizionale regionale |
0 |
+ 0,5 |
+ 2 |
+ 2 |
+ 2 |
Addizionale comunale |
0 |
+ 0,1 |
+ 0,5 |
+ 0,5 |
+ 0,5 |
Totale . . . |
0 |
+ 21,2 |
+ 75,5 |
+ 49,5 |
+ 49,5 |
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1. È convertito in legge il decreto-legge 29 settembre 2006, n. 261, recante interventi urgenti per la riduzione del disagio abitativo in favore di particolari categorie sociali.
2. La presente legge entra in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale.
Decreto-legge 29 settembre 2006, n. 261, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 227 del 29 settembre 2006
Interventi urgenti per la riduzione del disagio abitativo
in favore di particolari categorie sociali
IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA
Visti gli articoli 77 e 87 della Costituzione;
Ritenuta la straordinaria necessità ed urgenza di contenere il disagio abitativo di particolari categorie di soggetti svantaggiati, soprattutto nelle aree di più alta densità abitativa, anche per la scadenza della precedente proroga, fissata al 3 agosto 2006, ai sensi del decreto-legge 1º febbraio 2006, n. 23, convertito, con modificazioni, dalla legge 3 marzo 2006, n. 86, e relativa alle città con oltre un milione di abitanti;
Vista la deliberazione del Consiglio dei Ministri, adottata nella riunione del 22 settembre 2006;
Sulla proposta del Presidente del Consiglio dei Ministri, del Ministro delle infrastrutture e del Ministro della solidarietà sociale, di concerto con i Ministri dell’economia e delle finanze e delle politiche per la famiglia;
emana
il seguente decreto-legge:
(Sospensione delle procedure esecutive di rilascio)
1. Al fine di contenere il disagio abitativo e di favorire il passaggio da casa a casa per particolari categorie sociali, soggette a procedure esecutive di sfratto e residenti nei comuni capoluoghi di provincia e comuni limitrofi con oltre 10.000 abitanti, sono sospese, fino al 30 giugno 2007, le esecuzioni dei provvedimenti di rilascio per finita locazione degli immobili adibiti ad uso di abitazione nei confronti di conduttori con reddito annuo familiare complessivo inferiore a 27.000 euro, che siano o abbiano nel proprio nucleo familiare persone ultrasettantenni, figli a carico, malati terminali o portatori di handicap con invalidità superiore al 66 per cento.
2. La sussistenza dei requisiti per la sospensione della procedura esecutiva di rilascio di cui al comma 1 è autocertificata dai soggetti interessati con dichiarazione resa nelle forme di cui all’articolo 4, comma 4, del decreto-legge 27 maggio 2005, n. 86, convertito, con modificazioni, dalla legge 26 luglio 2005, n. 148, e comunicata al locatore ai sensi del comma 5 dello stesso articolo 4. La sussistenza di tali requisiti può essere contestata dal locatore nelle forme di cui all’articolo 1, comma 2, del decreto-legge 20 giugno 2002, n. 122, convertito, con modificazioni, dalla legge 1º agosto 2002, n. 185.
3. Per i conduttori di immobili ad uso abitativo concessi in locazione dai soggetti indicati all’articolo 1, comma 1, del decreto legislativo 16 febbraio 1996, n. 104, e all’articolo 3, comma 109, della legge 23 dicembre 1996, n. 662, come modificato dall’articolo 43, comma 18, della legge 23 dicembre 2000, n. 388, da casse professionali e previdenziali, compagnie di assicurazione, istituti bancari, società il cui oggetto sociale comprenda la gestione di patrimoni immobiliari e soggetti fisici o giuridici detentori di oltre 100 unità immobiliari ad uso abitativo, anche se diffuse su tutto il territorio nazionale, il termine di sospensione di cui al comma 1 è fissato al 30 giugno 2008.
4. Per tutto il periodo di sospensione dell’esecuzione il conduttore corrisponde al locatore la maggiorazione prevista dall’articolo 6, comma 6, della legge 9 dicembre 1998, n. 431.
5. Il conduttore decade dal beneficio della sospensione dell’esecuzione se non provvede al pagamento del canone nei limiti indicati dall’articolo 5 della legge 27 luglio 1978, n. 392, salva l’applicazione dell’articolo 55 della stessa legge. La decadenza si verifica anche nell’ipotesi in cui il comune di residenza del conduttore non provveda all’intervento di cui all’articolo 3, comma 1, nel termine previsto.
6. La sospensione non opera in danno del locatore che dimostri, nelle forme di cui al comma 2, secondo periodo, di trovarsi nelle stesse condizioni richieste per ottenere la sospensione medesima o nelle condizioni di necessità sopraggiunta dell’abitazione.
7. Ai conduttori di immobili destinati ad uso abitativo ceduti a soggetti diversi dalle persone fisiche nell’ambito di operazioni di cartolarizzazione, di cui al decreto legislativo 16 febbraio 1996, n. 104, e al decreto-legge 25 settembre 2001, n. 351, convertito, con modificazioni, dalla legge 23 novembre 2001, n. 410, se appartenenti alle particolari categorie sociali di cui al comma 1, è riconosciuto il diritto al rinnovo del contratto di locazione per la durata di nove anni, non prorogabili, decorrenti dalla data di entrata in vigore del presente decreto, qualora ancora nella detenzione dell’immobile a tale data.
(Benefici fiscali)
1. Per i proprietari degli immobili locati ai conduttori individuati nell’articolo 1 si applicano, per il periodo di sospensione della procedura esecutiva, i benefici fiscali di cui all’articolo 2, comma 1, del decreto-legge 1º febbraio 2006, n. 23, convertito, con modificazioni, dalla legge 3 marzo 2006, n. 86. A favore dei suddetti proprietari i comuni possono prevedere esenzioni o riduzioni dell’imposta comunale sugli immobili.
(Interventi dei comuni per l’edilizia sovvenzionata e agevolata
e per la graduazione degli sfratti)
1. I comuni individuati nell’articolo 1, entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto, predispongono, d’intesa con la regione, un programma pluriennale di edilizia sovvenzionata e agevolata a favore dei conduttori di cui all’articolo 1, indicando il fabbisogno di alloggi sulla base degli elenchi, predisposti dagli stessi comuni, dei nominativi dei suddetti conduttori, nonché le eventuali risorse finanziarie stanziate dal comune o dalla regione, da inviare ai Ministeri delle infrastrutture e, della solidarietà sociale.
2. A decorrere dalla data di entrata in vigore del presente decreto, nei comuni individuati nell’articolo 1 possono essere istituite apposite commissioni per l’eventuale graduazione delle azioni di rilascio, finalizzate a favorire il passaggio da casa a casa per i soggetti di cui al medesimo articolo 1, nonché per le famiglie collocate utilmente nelle graduatorie comunali per l’accesso agli alloggi di edilizia residenziale pubblica.
3. I comuni definiscono il funzionamento e la composizione delle commissioni di cui al comma 2, garantendo la presenza, oltre che del prefetto e del questore, o di loro delegati, dei rappresentanti delle organizzazioni sindacali degli inquilini e dei rappresentanti delle associazioni della proprietà edilizia.
(Piano nazionale di edilizia residenziale pubblica)
1. Entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto, il Ministero delle infrastrutture convoca un tavolo di concertazione per definire, entro sessanta giorni dalla data di convocazione, il piano pluriennale nazionale straordinario di edilizia residenziale pubblica, anche mediante acquisizione, ristrutturazione o manutenzione di edifici esistenti, finalizzato all’aumento di alloggi in locazione a canone sociale e a canone concordato, al fine di garantire il passaggio da casa a casa per i soggetti di cui all’articolo 1, nonché all’avvio di un piano complessivo sulla casa con la definizione di proposte normative, strutturali e fiscali per la normalizzazione del mercato immobiliare.
2. Al tavolo nazionale partecipano il Ministro delle infrastrutture, titolare della realizzazione delle opere, i Ministri della solidarietà sociale, dell’economia e delle finanze, delle politiche per la famiglia e per le politiche giovanili e le attività sportive, o loro delegati, i rappresentanti dell’ANCI, delle regioni, delle organizzazioni sindacali dei lavoratori e degli inquilini, delle associazioni della proprietà edilizia, delle associazioni dei costruttori edili e delle cooperative.
(Reddito dei fabbricati)
1. Per i contratti di locazione stipulati ai sensi dell’articolo 2, comma 1, della legge 9 dicembre 1998, n. 431, il reddito dell’unità immobiliare è determinato ai sensi dell’articolo 37, comma 4-bis, del testo unico delle imposte sui redditi di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, e successive modificazioni, assumendo quale riduzione forfetaria del canone di locazione la percentuale del 14 per cento.
(Copertura finanziaria)
1. All’onere derivante dall’attuazione del presente decreto, pari a euro 16,4 milioni per l’anno 2007 ed a euro 44 milioni per l’anno 2008, si provvede con le maggiori entrate derivanti dalla rideterminazione dei redditi da fabbricati di cui all’articolo 5.
2. Il Ministro dell’economia e delle finanze è autorizzato ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio.
(Entrata in vigore)
1. Il presente decreto entra in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana e sarà presentato alle Camere per la conversione in legge.
Il presente decreto, munito del sigillo dello Stato, sarà inserito nella Raccolta ufficiale degli atti normativi della Repubblica italiana. È fatto obbligo a chiunque spetti di osservarlo e di farlo osservare.
Dato a Roma, addì 29 settembre 2006.
NAPOLITANO
Prodi – Di Pietro – Ferrero – Padoa Schioppa – Bindi
Visto, il Guardasigilli: Mastella
COMMISSIONI 2ª e13ª RIUNITE
2ª (Giustizia)
13ª (Territorio, ambiente, beni ambientali
MARTEDÌ 17 OTTOBRE 2006
1ª Seduta
Presidenza del Presidente della 2ª Commissione
SALVI
indi del Presidente della 13ª Commissione
SODANO
Intervengono il ministro della solidarietà sociale Ferrero e il sottosegretario di Stato per la giustizia Daniela Melchiorre.
La seduta inizia alle ore 12,10.
IN SEDE REFERENTE
(1048) Conversione in legge del decreto-legge 29 settembre 2006, n. 261, recante interventi urgenti per la riduzione del disagio abitativo in favore di particolari categorie sociali
(Esame e rinvio)
Dopo una breve introduzione del presidente SALVI, il senatore CONFALONIERI (RC-SE) , relatore per la 13ª Commissione, rileva che il decreto-legge in titolo prevede per la prima volta non solo una sospensione degli sfratti, ma anche l'avvio di un programma di edilizia agevolata e sovvenzionata per lo sviluppo e l'aumento di alloggi in locazione. La sospensione degli sfratti si è resa comunque necessaria per evitare effetti sociali incontrollabili, soprattutto nelle grandi città, visto che la sospensione precedente era scaduta il 3 agosto scorso.
Uno dei segnali più incoraggianti contenuti nel decreto-legge n. 261 del 2006 è dato dalle misure che si prospettano per affrontare il problema del disagio abitativo, determinato da una pluralità di cause: la diminuzione degli alloggi popolari; la crescita degli sfratti per morosità; l'incremento dei canoni di locazione; le politiche di privatizzazioni e cartolarizzazioni di patrimoni immobiliari che hanno ulteriormente inciso sul patrimonio abitativo. A fronte di tale quadro, le proroghe non rappresentano la soluzione dei problemi richiamati, perpetuando invece una situazione emergenziale in un settore, quello abitativo, che esige invece politiche strutturali in grado di dare certezza ad inquilini e proprietari. In tal senso, appare condivisibile la scelta del Governo di proporre un percorso che porti all'abbandono dello strumento delle mere proroghe.
Infatti, la sospensione degli sfratti prevista dal decreto-legge in esame si lega anche ad un'attività di programmazione da parte dei comuni, nonchè all'avvio di un tavolo di concertazione da parte dello Stato. Inoltre, rispetto ai provvedimenti precedenti sono state introdotte alcune novità, riguardanti le categorie dei soggetti beneficiari, l'ampliamento dei comuni interessati, nonchè la durata della stessa sospensione. Peraltro, sono stati recepiti i rilievi della Corte costituzionale anche per quanto attiene alla comparazione tra inquilino e proprietario, laddove quest'ultimo sia in condizioni simili o peggiori rispetto al primo.
Con riferimento alle singole disposizioni del decreto-legge, l'articolo 1 disciplina la sospensione delle procedure di sfratto, individuando le categorie sociali ed i comuni interessati, mentre l'articolo 2 ripropone i benefici fiscali già inseriti nei precedenti provvedimenti. L'articolo 3 disciplina i programma pluriennali che i comuni devono predisporre, prevedendo altresì l'istituzione di commissioni per l'eventuale graduazione degli sfratti. L'articolo 4 istituisce il tavolo nazionale di concertazione allo scopo di definire il piano nazionale straordinario di edilizia residenziale pubblica, mentre l'articolo 5 ha ad oggetto la determinazione del reddito dei fabbricati e l'articolo 6 reca la clausola di copertura finanziaria.
In conclusione, il provvedimento in esame costituisce una grande opportunità per affrontare la drammatica emergenza degli sfratti, abbandonando la logica legata al susseguirsi delle proroghe. L'obiettivo è quello di avviare, con il concorso delle regioni e dei comuni, una nuova politica abitativa capace di fornire risposte strutturali per gli inquilini ed i proprietari. A tal riguardo, si sta valutando, insieme al relatore della Commissione giustizia, l'eventuale presentazione di alcuni emendamenti che vengono incontro alle istanze di regioni e comuni.
Il senatore Massimo BRUTTI(Ulivo), relatore per la 2a Commissione, rileva che le norme del decreto-legge in esame incidono su due diritti fondamentali costituzionalmente garantiti: da una parte il diritto di proprietà, dall'altra il diritto all'abitazione, che trova il suo fondamento negli articoli 3, 2 e 42, comma 2, della Costituzione.
L'oratore osserva che, nel corso degli anni, la Corte costituzionale si è più volte espressa in materia di blocco degli sfratti, da ultimo con la sentenza n. 155 del 2004: in quell'occasione la Corte era stata adita per giudicare della legittimità costituzionale dell'articolo 1, comma 1, del decreto-legge 20 giugno 2002, n. 122, con il quale era stato prorogato il periodo di sospensione delle procedure esecutive di rilascio di immobili a carico di conduttori appartenenti a categorie protette.
Il relatore ricorda che la Corte costituzionale aveva censurato la disparità di trattamento tra i locatori a seconda che i loro inquilini appartenessero o meno a categorie protette, rilevando altresì che il regime della concessione delle proroghe ai termini delle procedure esecutive per gli sfratti impediva di fatto la consegna dell'immobile al legittimo proprietario, addossando esclusivamente ai locatori, nel contempo, l'onere dell'attuazione del diritto all'abitazione.
Ad avviso del relatore, il decreto in questione va incontro a tre criteri prospettati dalla Corte costituzionale: la necessità che la proroga sia limitata nel tempo, l'opportunità di una comparazione tra la condizione del locatore e quella del conduttore; la previsione - tramite vantaggi fiscali - di un compenso per il danno subito in conseguenza del mancato rilascio dell'immobile.
Il relatore entra quindi nel merito del decreto-legge in titolo, osservando che l'articolo 1, comma 1, individua le categorie svantaggiate sulla base di tre criteri: il reddito; il carico di ultrasettantenni, di figli, di portatori di handicap o di malati terminali; la residenza in comuni capoluoghi di provincia e comuni limitrofi con oltre 10.000 abitanti.
Il comma 6 dell'articolo 1, nel prevedere la non operatività della sospensione a danno del locatore che dimostri di trovarsi nelle stesse condizioni richieste per ottenere la sospensione medesima o nelle condizioni di necessità sopraggiunta dell'abitazione, viene incontro - ad avviso del senatore - alle esigenze di comparazione tra locatore e conduttore, mentre l'articolo 2, in virtù della previsione di benefici fiscali, allevia il carico economico in capo al locatore.
L'articolo 3 dispone infine una soluzione graduale del problema abitativo attraverso lo strumento dell'edilizia sovvenzionata e agevolata, mentre l'articolo 4 prevede un piano pluriennale per l'edilizia residenziale pubblica.
Ad avviso della senatrice DE PETRIS (IU-Verdi-Com) il decreto-legge n. 261 del 2006 reca alcuni elementi innovativi rispetto ai precedenti decreti-legge in materia dal momento che estende la sospensione delle procedure di sfratto ai comuni capoluoghi di provincia e ai comuni limitrofi con oltre 10.000 abitanti. Inoltre, secondo quanto previsto dal comma 5 dell'articolo 1, la durata del beneficio è legata non solo al pagamento del canone, ma anche all'intervento dei comuni di residenza che, ai sensi dell'articolo 3, sono tenuti a predisporre un programma pluriennale di edilizia sovvenzionata e agevolata. Altrettanto positiva è la previsione contenuta nel comma 3 dell'articolo 1 che fissa un temine più lungo di sospensione per le locazioni di immobili appartenenti al patrimonio di soggetti qualificabili come grande proprietà.
Tuttavia, accanto a queste misure sicuramente positive, il decreto-legge in titolo necessita di alcune modifiche, ad iniziare proprio dal collegamento che si è stabilito tra la decadenza del beneficio della sospensione e la predisposizione da parte dei comuni dei programmi pluriennali di edilizia sovvenzionata: infatti, dovrebbe essere rivisto il termine, pari a 60 giorni dalla data di entrata in vigore del decreto-legge, entro il quale i comuni sono tenuti ad elaborare tali programmi. Inoltre, il tavolo di concertazione di cui all'articolo 4 dovrebbe rappresentare l'occasione per discutere modifiche alla legge n. 431 del 1998.
Con riferimento poi all'articolo 1, non si comprende la ragione in base alla quale possono beneficiare della sospensione degli sfratti soltanto conduttori che siano o abbiano nel proprio nucleo familiare persone ultrasettantenni, quando nei precedenti provvedimenti tale limite d'età era stato posto a sessantacinque anni. Inoltre, la maggiorazione del canone pari al 20 per cento, richiamata dal comma 4 dello stesso articolo, risulta eccessiva e sarebbe da applicare soltanto a coloro che praticano canoni concordati. Più in generale, merita riflessione il dato riguardante l'elevato numero di sfratti per morosità, non oggetto del presente decreto-legge: tuttavia, tale situazione rischia di essere incontrollabile, vista anche la tendenza della crescita dei canoni di locazione. Anche per tale ragione, bisognerebbe provvedere ad un maggior finanziamento del Fondo nazionale per il sostegno agli affitti.
Il senatore CARUSO(AN), nel fare riferimento alla puntuale ricostruzione svolta dal relatore Brutti in merito alle pronunce adottate negli ultimi anni dalla Corte costituzionale sulla proroga degli sfratti, rileva che la stessa Corte costituzionale può essere considerata tra i principali responsabili grazie ad una giurisprudenza che per molti anni ha avallato decisioni di merito e provvedimenti prefettizi quanto mai discutibili del virtuale blocco degli affitti e del sostanziale tradimento della legge del 1978.
La conseguenza più grave di tale situazione è stata il congelamento del mercato degli affitti, dovuto al fatto che molti proprietari hanno preferito non dare in locazione immobili di cui temevano di non riconquistare la disponibilità, creando un vasto patrimonio immobiliare inutilizzato e sostanzialmente parassitario. Ciò ha costretto gran parte di quelle famiglie che sarebbero state le naturali fruitici del mercato degli affitti a partecipare ad una corsa all'acquisto della case che è stata fra le principali cause della incontrollata espansione urbanistica e del saccheggio del territorio degli ultimi venti anni. La compressione del mercato delle locazioni ha contribuito alla progressiva perdita di mobilità geografica della società italiana, con gravi conseguenze sul mercato del lavoro e sulla funzionalità della pubblica amministrazione.
Si tratta quindi di una problematica che si è consolidata nel tempo e che è estremamente difficile avviare a soluzione.
Il decreto-legge in titolo, così come gli analoghi provvedimenti d'urgenza emanati nella scorsa legislatura e in quella ancora precedente, appaiono veramente figli della necessità e fanno buon viso a cattivo gioco, cercando di dare progressivamente attuazione agli indirizzi più recenti della Corte costituzionale.
Il provvedimento d'urgenza appare quindi nel complesso equilibrato, e a suo parere non può essere condivisa l'obiezione, pur fondata su un argomento suggestivo, avanzata dalla senatrice De Petris circa il fatto che non si introduca una distinzione in merito alla maggiorazione del canone tra i locatori che praticano un contratto concordato e quelli che praticano un contratto libero, dal momento che si tratta in tutti i casi di contratti che sono stati ormai risolti, e per i quali vi è anzi un provvedimento giudiziale di rilascio dell'immobile.
Il senatore CENTARO (FI) palesa le sue perplessità sulla differenziazione del termine di scadenza previsto al comma 3 rispetto a quello previsto al comma 1 dell'articolo 1, differenza che appare oltretutto incongrua ed ingiustificata dal momento che si prevede una proroga più lunga proprio per i conduttori che hanno stipulato un contratto di locazione con soggetti pubblici e casse professionali, che - come noto - applicano canoni inferiori rispetto a quelli di mercato.
Ad avviso dell'oratore tanto varrebbe prevedere una estensione al 2008 di tutte le proroghe previste nel decreto legge in titolo.
Il senatore si sofferma altresì sul comma 7 dell'articolo 1, rilevando che la modifica dei contratti in corso determinata da tale norma, rischia di produrre effetti scoraggianti su eventuali nuove alienazioni di immobili di enti pubblici.
Il senatore MUGNAI (AN) osserva che l'argomento della discontinuità del presente decreto-legge - il quale, rispetto ai precedenti provvedimenti, non si limita a prevedere soltanto una sospensione degli sfratti - non appare convincente poiché, anche i precedenti provvedimenti, per superare i rilievi avanzati dalla Corte costituzionale, presentavano elementi innovativi. Inoltre, dubbi di ordine costituzionale permangono anche in merito all'indeterminatezza dei criteri in base ai quali soltanto i comuni con oltre 10.000 abitanti possono usufruire dei benefici previsti. In ordine poi alla istituzione delle commissioni di cui al comma 2 dell'articolo 3 si può ragionevolmente prevedere una dilazione sine die dei provvedimenti di rilascio, per finita locazione degli immobili.
Il senatore Massimo BRUTTI(Ulivo), relatore per la 2a Commissione, in sede di replica, rileva che la ratio della differenziazione dell'entità della proroga prevista al comma 3 e al comma 7 dell'articolo 1 risponde ad una logica perequativa proprio per quelle locazioni in cui locatore è un contraente particolarmente forte.
In riferimento alle osservazioni del senatore Mugnai, il relatore fa presente che il decreto legge in titolo manifesta un'effettiva discontinuità rispetto al provvedimento del 2003, in particolare perché le iniziative che pure tale provvedimento prevedeva, dirette ad incrementare l'offerta abitativa, apparivano giustapposte al provvedimento di proroga, mentre il testo in esame punta a una armonizzazione che renda la sospensione degli sfratti funzionale ad un processo di superamento dell'esigenza abitativa.
Il senatore CONFALONIERI(RC-SE), relatore per la 13ª Commissione, fa presente che alcune osservazioni emerse nel corso della discussione generale sono già oggetto di approfondimento, anche al fine di presentare eventuali ipotesi emendative.
Il ministro FERRERO - in sede di replica - rileva che il decreto non solo tiene conto dei rilievi della corte costituzionale in materia, ma agisce anche con una graduazione simmetrica e proporzionale degli interventi, testimoniata dalle diverse previsioni di proroghe ivi contenute.
Per quanto concerne la previsione, fra i criteri di individuazione dei soggetti deboli, del carico di soggetti ultrasettantenni, il Ministro osserva di non essere pregiudizialente contrario alla proposta avanzata dalla senatrice De Petris di ritornare alla originaria disposizione che prevedeva il carico degli ultrasessantacinquenni, ma rileva che la disposizione de qua nasceva da un'esigenza di equilibrio tra molteplici bisogni confliggenti ed osserva inoltre che l'eventuale ritorno a 65 anni potrebbe determinare effetti fiscali rilevanti.
Il sottosegretario Danela MELCHIORRE ripercorre le ragioni che hanno indotto il governo - con l'emanazione del decreto-legge, ad aderire agli indirizzidella corte costituzionale.
Si sofferma poi sui commi 1, 3, 7 del decreto legge dell'articolo 1, la cui comune ispirazione è la tutela dei soggetti più deboli.
Il sottosegretario fornisce infine alcuni chiarimenti su taluni profili legati alla copertura finanziaria.
Il presidente SALVI rinvia il seguito dell'esame alla prossima seduta, fissando il termine per la presentazione degli emendamenti alle ore 12 di domani, mercoledì 18 ottobre 2006.
La seduta termina alle ore 13,30.
COMMISSIONI 2ª e13ª RIUNITE
2ª (Giustizia)
13ª (Territorio, ambiente, beni ambientali
MARTEDÌ 24 OTTOBRE 2006
2ª Seduta
Presidenza del Presidente della 2ª Commissione
SALVI
indi del Presidente della 13ª Commissione
SODANO
Intervengono il ministro della solidarietà sociale Ferrero e il sottosegretario di Stato per la giustizia Daniela Melchiorre.
La seduta inizia alle ore 15,30.
IN SEDE REFERENTE
(1048) Conversione in legge del decreto-legge 29 settembre 2006, n. 261, recante interventi urgenti per la riduzione del disagio abitativo in favore di particolari categorie sociali
(Seguito e conclusione dell'esame)
Riprende l'esame, sospeso nella seduta del 17 ottobre scorso.
Il PRESIDENTE ricorda che nella seduta del 17 ottobre si è conclusa la discussione generale ed hanno avuto luogo le repliche dei relatori e del rappresentante del Governo. Avverte quindi che l'esame prosegue con l'illustrazione degli emendamenti riferiti all'articolo 1del testo del decreto-legge da convertire.
Il senatore CONFALONIERI(RC-SE), relatore per la 13a Commissione, nell'illustrare l'emendamento 1.5, rileva l'opportunità di estendere il regime della proroga previsto nel decreto ai soggetti residenti in tutti i comuni considerati ad alta tensione abitativa ai sensi della delibera CIPE del 13 novembre 2003, n. 87. Illustra altresì l'emendamento 1.10.
Dopo brevi illustrazioni degli emendamenti 1.4, 1.9, 1.14 e 1.21, da parte della senatrice DE PETRIS(IU-Verdi-Com), prende la parola il senatore CARUSO (AN) per illustrare l'emendamento 1.18, volto ad escludere dal regime di proroga biennale le società il cui oggetto sociale comprenda la gestione di patrimoni immobiliari e i soggetti fisici e giuridici detentori di oltre cento unità immobiliari ad uso abitativo. Ad avviso dell'oratore occorre infatti distinguere fra quelle persone giuridiche che detengono il patrimonio immobiliare quale strumento di garanzia delle obbligazioni assunte nei confronti degli utenti e quelle per le quali gli immobili costituiscono invece l'oggetto dell'attività di impresa. Il senatore Caruso illustra altresì l'emendamento 1.28, diretto ad estendere ai teatri la disciplina di favore prevista dagli articoli 27, 28 e 29 della legge n. 392 del 1978 per i locatari che svolgono attività alberghiera. Tale emendamento tiene conto, oltre che di una esigenza di promozione delle attività teatrali e culturali nel nostro Paese, anche del fatto che la speciale disciplina dettata dalla legge sugli affitti degli immobili urbani a favore di esercenti di attività alberghiere muoveva dalla considerazione del lungo periodo necessario per garantire l'ammortamento degli elevati investimenti effettuati per questo genere di attività; rispetto alla situazione esistente nel 1978, le normative che si sono succedute in tema di sicurezza hanno reso certamente altrettanto onerosa la realizzazione di strutture destinate allo svolgimento dell'attività teatrale.
Prima di passare alla votazione degli emendamenti, il PRESIDENTE rende noto che la Commissione bilancio ha espresso parere di nulla osta sul testo del disegno di legge, ad eccezione che sul comma 7 dell'articolo 1 del decreto-legge, per il quale il parere è contrario ex articolo 81 della Costituzione.
Parimenti contrario ex articolo 81 della Costituzione è il parere sugli emendamenti 1.4, 1.5, 1.10, 5.4, 1.9, 4.13, 5.1, 5.2, 5.5 e 5.6.
Si passa quindi alla votazione degli emendamenti riferiti all'articolo 1 del testo del decreto-legge testè illustrati.
Posti ai voti, con separate votazioni, previo parere contrario dei RELATORI e del rappresentante del GOVERNO, risultano respinti gli emendamenti 1.1, 1.2, 1.3, 1.4.
Posto ai voti, con il parere favorevole dei RELATORI e del rappresentante del GOVERNO, è approvato l'emendamento 1.5.
Posti ai voti con il parere contrario dei RELATORI e del rappresentante del GOVERNO, risultano altresì respinti gli emendamenti 1.6 e 1.7.
Previa dichiarazione di voto del senatore D'ALI'(FI), con il parere contrario dei RELATORI e del rappresentante del GOVERNO, risulta respinto l'emendamento 1.8.
Previa dichiarazione di voto contraria del senatore D'ALI', posto ai voti con il parere favorevole del relatore e del rappresentante del governo, risulta approvato l'emendamento 1.9.
L'emendamento 1.10, risulta pertanto assorbito.
I relatori Massimo BRUTTI (Ulivo) e CONFALONIERI (RC-SE) esprimono parere favorevole sull'emendamento 1.11, a condizione che sia riformulato nel senso di escludere dal blocco degli sfratti le famiglie che siano in possesso di altra abitazione adeguata al nucleo familiare nella regione di residenza.
Concorda il rappresentante del GOVERNO.
Il senatore LEONI (LNP) accoglie la formulazione proposta e l'emendamento 1.11, posto ai voti nel suo nuovo testo è approvato.
Posti ai voti con il parere contrario dei RELATORI e del rappresentante del GOVERNO, risultano respinti gli emendamenti 1.12 e 1,13 mentre, posto ai voti con il parere favorevole dei relatori e del rappresentante del Governo, risulta approvato l'emendamento 1.14.
Posti ai voti con il parere contrario dei RELATORI e del rappresentante del GOVERNO, risultano respinti gli emendamenti 1.15, 1.16, 1.17,1.18, 1.19, 1.20. 1.21, 1.22 e 1.23.
Il PRESIDENTE avverte che verranno posti in votazione gli identici emendamenti 1.24, 1.25 e 1.26.
Prende la parola in dichiarazione di voto il senatore D'ALI'(FI), il quale osserva che l'alienazione di immobili di proprietà pubblica ha rappresentato in questi anni un importante strumento di politica finanziaria tanto per i Governi di centro sinistra tanto per quelli di centro destra. La disposizione recata dal comma 7 dell'articolo 1, di cui gli emendamenti in votazione chiedono la soppressione rischia di pregiudicare il buon esito di nuove alienazioni che dovessero essere disposte in futuro.
Dopo che il PRESIDENTE ha ricordato che sul comma del quale gli emendamenti propongono la soppressione vi è il parere contrario della Commissione bilancio ex articolo 81 della Costituzione, questi, posti ai voti con il parere contrario dei RELATORI e del rappresentante del GOVERNO, risultano respinti.
Posti ai voti con il pare contrario dei RELATORI e del rappresentante del GOVERNO, risultano altresì respinti gli emendamenti 1.25, 1.26 e 1.27.
Poto ai voti con i parere favorevole dei RELATORI e del rappresentante del GOVERNO, risultano approvati gli emendamenti 1.28. e 1.29.
Il PRESIDENTE avverte che l'esame proseguirà con l'illustrazione degli emendamenti riferiti all'articolo 3 del testo del decreto-legge da convertire.
Dopo che il senatore CONFALONIERI(RC-SE), relatore per la 13a Commissione, ha brevemente illustrato gli emendamenti 3.2, e 3.4 e il senatore D'ALI' (FI) ha illustrato gli emendamenti 3.3, 3.6 e 3.8, il PRESIDENTE avverte che si passerà alla votazione degli emendamenti.
La senatrice DE PETRIS (IU-Verdi-Com) ritira l'emendamento 3.1.
Posto ai voti con il parere favorevole dei RELATORI e del rappresentante del GOVERNO, risultano approvati gli identici emendamenti 3.2 e 3.3, nonché l'emendamento 3.4. L'emendamento 3.5 risulta assorbito.
Posti ai voti con il parere contrario dei RELATORI e del rappresentante del GOVERNO, risultano respinti gli emendamenti 3.6, 3.7 e 3.8.
Posto ai voti con il parere favorevole dei RELATORI e del rappresentante del GOVERNO, risulta approvato l'emendamento 3.9.
Il PRESIDENTE avverte che si passerà all'illustrazione degli emendamenti riferiti all'articolo 4 del testo del decreto-legge da convertire.
Constatato che tutti i presentatori hanno rinunciato all'illustrazione, il PRESIDENTE comunica che si passerà alla votazione degli emendamenti:
Posti ai voti con il parere favorevole dei RELATORI e del rappresentante del GOVERNO, risultano approvati gli identici emendamenti 4.1 4.2, nonché l'emendamento 4.3.
Posto ai voti con il parere contrario dei RELATORI e del rappresentante del GOVERNO, risulta respinto l'emendamento 4.4.
Posti separatamente ai voti con il parere favorevole dei RELATORI e del rappresentante del GOVERNO, risultano approvati gli emendamenti 4.5 e 4.6, identico all'emendamento 4.7, nonché gli emendamenti 4.8 e 4.9, risultando pertanto assorbito l'emendamento 4.10.
Previa dichiarazione di voto del senatore CARUSO(AN), che chiede ai presentatori il ritiro degli emendamenti, gli identici emendamenti 4.11 e 4.12, posti ai voti con il parere favorevole dei RELATORI e del rappresentante del GOVERNO, sono approvati, risultando altresì ritirato l'emendamento 4.13.
Il PRESIDENTE avverte che si passerà all'esame degli emendamenti riferiti all'articolo 5 del testo del decreto-legge da convertire.
Constatato che tutti i presentatori hanno rinunciato all'illustrazione, avverte che verranno posti in votazione gli identici emendamenti 5.1 e 5.2
Previa dichiarazione di voto favorevole del senatore D'ALI'(FI) - il quale osserva che con la disposizione di cui all'articolo 5 la copertura degli oneri recati dal decreto-legge viene posta a carico di quegli stessi soggetti sociali che sono indubbiamente danneggiati dal carattere dirigistico di questo provvedimento - gli emendamenti, posti in votazione con il parere contrario dei RELATORI e del rappresentante del GOVERNO sono respinti.
Posti in votazione con il parere contrario dei RELATORI e del rappresentante del GOVERNO, sono altresì respinti gli emendamenti 5.3 e 5.4, mentre risultano preclusi gli emendamenti 5.5 e 5.6.
Il senatore Massimo BRUTTI(Ulivo), relatore per la 2a Commissione, esprime una valutazione favorevole all'esigenza di tutelare la sopravvivenza delle comunità urbane della laguna veneta rappresentata dall'emendamento 5.7, e tuttavia ritiene che la deduzione forfetaria del canone proposta sia troppo elevata e pertanto ritiene che la questione possa essere meglio affrontata in Assemblea.
Concordano il senatore CONFALONIERI(RC-SE), relatore per la 13a Commissione e il rappresentante del GOVERNO.
Poiché il senatore LEONI (LNP) insiste per la votazione l'emendamento posto ai voti è respinto.
Il PRESIDENTE avverte che si passerà alla votazione dell'emendamento 5.0.1, diretto ad inserire una articolo aggiuntivo dopo l'articolo 5 del testo del decreto-legge da convertire.
L'emendamento, posto ai voti con il parere favorevole dei RELATORI e del rappresentante del GOVERNO, è approvato.
Le Commissioni riunite conferiscono quindi mandato ai relatori di riferire favorevolmente in Assemblea.
La seduta termina alle ore 16,20.
Allegato
EMENDAMENTI AL DISEGNO DI LEGGE (AL TESTO DEL DECRETO-LEGGE)
N° 1048
Art. 1
1.1
D'ALI', SCOTTI
Sopprimere l'articolo
1.2
D'ALI', SCOTTI
Sopprimere il comma 1.
1.3
LEONI
Al comma 1, sostituire le parole: «nei comuni capoluoghi di provincia e comuni limitrofi con oltre 10.000 abitanti», con le seguenti: «in comuni con più di un milione di abitanti».
1.4
DE PETRIS, BULGARELLI, PALERMI, COSSUTTA, DONATI, PECORARO SCANIO, PELLEGATTA, RIPAMONTI, ROSSI FERNANDO, SILVESTRI, TIBALDI
Al comma 1, sostituire le parole da: «capoluoghi», fino ad: «abitanti», con le seguenti: «ad alta tensione abitativa di cui all'Allegato A della delibera CIPE 13 novembre 2003, n. 87, pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale del 18 febbraio 2004, n. 40».
Conseguentemente:
a) all'articolo 5 comma 1, sostituire le parole: «14 per cento», con le seguenti: «13 per cento»
b) all'articolo 6, comma 1, sopprimere l'inciso: «, pari a euro 16,4 milioni per l'anno 2007 ed a euro 44 milioni per l'anno 2008,».
1.5
CONFALONIERI, BRUTTI MASSIMO, relatori
Al comma 1 sostituire le parole: «limitrofi con 10.000 abitanti», con le seguenti: «considerati ad alta tensione abitativa di cui alla delibera CIPE del 13 novembre 2003, n. 87»
1.6
D'ALI', SCOTTI
Al comma sostituire la cifra: «10.000», con: «100.000».
1.7
LEONI
Al comma 1, sosstituire le parole: «a 27.000 euro», con le seguenti: «quello previsto per l'accesso ai contributi del Fondo nazionale per il sostegno all'accesso alle abitazioni in locazione».
1.8
D'ALI', SCOTTI
Al comma 1, sostituire le parole da: «che siano», siano alla fine del comma con le seguenti: «che siano ultrasettantenni, malati terminali o persone diversamente abili con invalidità superiore al 66 per cento o che abbiano nel proprio nucleo familiare persone ultrasettantenni a carico, figli a carico, malati terminali o persone diversamente abili con invalidità superiore al 66 per cento».
1.9
DE PETRIS, BULGARELLI, PALERMI, COSSUTTA, DONATI, PECORARO SCANIO, PELLEGATTA, RIPAMONTI, ROSSI FERNANDO, SILVESTRI, TIBALDI
Al comma 1, sostituire la parola: «ultrasettantenni», con la seguente: «ultrasessantacinquenni».
Conseguentemente:
a) all'articolo 5 comma 1, sostituire le parole: «14 per cento», con le seguenti: «13 per cento»
b) all'articolo 6, comma 1, sopprimere l'inciso: «, pari a euro 16,4 milioni per l'anno 2007 ed a euro 44 milioni per l'anno 2008,».
1.10
CONFALONIERI, BRUTTI MASSIMO, relatori
Al comma 1, sostituire la parola: «ultrasettantenni», con la seguente: «ultrasessantacinquenni».
1.11
LEONI
Al comma 1, aggiungere, in fine, le seguenti parole: «purché non dispongano di altra abitazione».
1.11 (nuovo testo)
LEONI
Al comma 1, aggiungere, in fine, le seguenti parole: «purché non siano in possesso di altra abitazione adeguata al nucleo familiare nella Regione di residenza».
1.12
D'ALI', SCOTTI
Sopprimere il comma 2
1.13
D'ALI', SCOTTI
Sostituire il comma 2, con il seguente:
«2. La sussistenza dei requisiti per la sospensione della procedura esecutiva di rilascio di cui al comma 1 è certificata dai competenti uffici comunali entro 15 giorni dell'istanza del conduttore».
1.14
DE PETRIS, BULGARELLI, PALERMI, COSSUTTA, DONATI, PECORARO SCANIO, PELLEGATTA, RIPAMONTI, ROSSI FERNANDO, SILVESTRI, TIBALDI
Al comma 2, aggingere in fine, il seguente periodo: «In caso di accesso, ai fini della fissazione di una nuova data l'ufficiale giudiziario deve comunque tenere conto dei termini di cui ai commi 1 e 3 del presente articolo».
1.15
D'ALI', SCOTTI
Sopprimere il comma 3.
1.16
LEONI
Sopprimere il comma 3.
1.17
CENTARO
Al comma 3, dopo le parole: «ad uso abitativo» sono aggiunte le seguenti: «se appartenenti alle particolari categorie sociali di cui al comma 1».
1.18
CARUSO, MATTEOLI, MANTICA, MUGNAI
Al comma 3, sopprimere le parole: «società il cui oggetto sociale comprenda la gestione di patrimoni immobiliari e soggetti fisici o giuridici detentori di oltre 100 unità immobiliari ad uso abitativo, anche se diffuse su tutto il territorio nazionale».
1.19
CENTARO
Al comma 3, sopprimere dalle parole: «società il cui oggetto sociale» alle seguenti: «ad uso abitativo».
1.20
CENTARO
Al comma 3, sostituire la parola: «2008» con la seguente: «2007».
1.21
DE PETRIS, BULGARELLI, PALERMI, COSSUTTA, DONATI, PECORARO SCANIO, PELLEGATTA, RIPAMONTI, ROSSI FERNANDO, SILVESTRI, TIBALDI
Al comma 4, aggiungere in fine, il seguente periodo: «Tale maggiorazione non è dovuta nel caso di contratti stipulati ai sensi dell'articolo 2 comma 1 della legge 9 dicembre1998 n. 431 e successive modificazioni».
1.22
LEONI
Al comma 5, sopprimere il secondo periodo.
1.23
LEONI
Al comma 6, sopprimere la seguente parola: «sopraggiunta».
1.24
D'ALI', SCOTTI
Sopprimere il comma 7.
1.25
LEONI
Sopprimere il comma 7.
1.26
CENTARO
Sopprimere il comma 7.
1.27
CENTARO
Al comma 7 sostituire la parola: «nove» con la seguente: «quattro».
1.28
CARUSO, MATTEOLI, MANTICA, MUGNAI
Dopo il comma 7, aggiungere i seguenti:
«7-bis. Al comma 3 dell'articolo 27 della legge 27 luglio 1978, n. 392, dopo la parola: ''alberghiere'' sono aggiunte le seguenti: ''o all'esercizio di attività teatrali''.
7-ter. Al comma 1 dell'articolo 28 della legge 27 luglio 1978, n. 39, dopo la parola: ''alberghiere'' sono aggiunte le seguenti: ''o all'esercizio di attività teatrali''.
7-quater. Le disposizioni di cui ai commi 7-bis e 7-ter si applicano anche gli immobili adibiti all'esercizio di attività teatrali per i quali, alla data di entrata in vigore della presente legge, siano stati stipulati contratti di locazione aventi scadenza successiva alla detta data, salvo che, per gli stessi, non sia stata pronunciata convalida di sfratto per morosità. I detti contratti, alla prima scadenza successiva all'entrata in vigore della presente legge, sono rinnovati di diritto per un periodo di anni nove, salva la facoltà delle parti di pattuire un adurata maggiore. È facoltà del locatore di richiedere, nel corso del detto periodo, la maggiorazione prevista nel comma 4. Alla scadenza dello stesso si applicano al contratto le disposizioni dell'articolo 28 della legge 27 luglio 1978, n. 392.»
1.29
DE PETRIS, BULGARELLI, PALERMI, COSSUTTA, DONATI, PECORARO SCANIO, PELLEGATTA, RIPAMONTI, ROSSI FERNANDO, SILVESTRI, TIBALDI
Dopo il comma 7, aggiungere il seguente:
«7-bis. A tutte le procedure esecutive per finita locazione attivate in relazione a contratti stipulati ai sensi della legge 9 dicembre 1998, n. 431 e successive modificazioni, si applica quanto previsto dall'articolo 6 comma 4 della legge medesima».
Art. 3
3.1
DE PETRIS, BULGARELLI, PALERMI, COSSUTTA, DONATI, PECORARO SCANIO, PELLEGATTA, RIPAMONTI, ROSSI FERNANDO, SILVESTRI, TIBALDI
Al comma 1, sostituire le parole: «entro» fino a: «presente decreto» con le seguenti: «entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto-legge».
3.2
CONFALONIERI, BRUTTI MASSIMO, relatori
Al comma 1, sostituire le parole: «entrata in vigore» con le seguenti: «conversione in legge».
3.3
D'ALI', SCOTTI
Al comma 1 dopo le parole: «entrata in vigore» inserire le seguenti: «della legge di conversione».
3.4
CONFALONIERI, BRUTTI MASSIMO, relatori
Al comma 1, sostituire le parole da: «di alloggi sulla base» fino a: «conduttori» con le seguenti: «e la tipologia di alloggi sulla bse del numero delle famiglie interessate, la quantificazione delle risorse necessarie per l'attuazione del piano,».
3.5
DE PETRIS, BULGARELLI, PALERMI, COSSUTTA, DONATI, PECORARO SCANIO, PELLEGATTA, RIPAMONTI, ROSSI FERNANDO, SILVESTRI, TIBALDI
Al comma 1, sostituire le parole: «dei nominativi dei suddetti conduttori,» con le seguenti: «contenenti il numero di famiglie interessate».
3.6
D'ALI', SCOTTI
Sopprimere i commi 2 e 3.
3.7
LEONI
Sopprimere i commi 2 e 3.
3.8
D'ALI', SCOTTI
Sostituire i commi 2 e 3 con il seguente:
«2. Nello stesso termine di cui al comma 1, i comuni individuati nell'articolo 1 istituiscono apposite graduatorie per l'accesso agli alloggi di edilizia residenziale pubblica per i soggetti di cui al medesimo articolo 1».
3.9
D'ALI', SCOTTI
Al comma 2, dopo le parole: «entrata in vigore» inserire le seguenti: «della legge di conversione».
Art. 4
4.1
CONFALONIERI, BRUTTI MASSIMO, relatori
Al comma 1, sostituire le parole: «entrata in vigore» con le seguenti: «conversione in legge».
4.2
D'ALI', SCOTTI
Al comma 1, dopo le parole: «entrata in vigore» inserire le seguenti: «della legge di conversione».
4.3
CONFALONIERI, BRUTTI MASSIMO, relatori
Al comma 1, dopo le parole: «per definire» aggiungere le seguenti: «anche sulla base del programma di cui all'articolo 3».
4.4
LEONI
Al comma 1, sostituire le parole: «il piano pluriennale nazionale straordinario» con le seguenti: «le linee generali per la definizione da parte delle regioni e dei comuni di un piano pluriennale».
4.5
CONFALONIERI, BRUTTI MASSIMO, relatori
Al comma 1, dopo le parole: «edifici esistenti» aggiungere le seguenti: «e la riqualificazione di quartieri degradati,».
4.6
DE PETRIS, BULGARELLI, PALERMI, COSSUTTA, DONATI, PECORARO SCANIO, PELLEGATTA, RIPAMONTI, ROSSI FERNANDO, SILVESTRI, TIBALDI
Al comma 1, dopo le parole: «soggetti di cui all'articolo 1» aggiungere le seguenti: «fatte salve le graduatorie vigenti per l'assegnazione di alloggio di edilizia residenziale pubblica».
4.7
BRUTTI MASSIMO, CONFALONIERI, relatori
Al comma 1, dopo le parole: «di cui all'articolo 1» aggiungere le seguenti: «fatte salve le graduatorie vigenti per l'assegnazione di alloggio di edilizia residenziale pubblica».
4.8
BRUTTI MASSIMO, CONFALONIERI, relatori
Al comma 2, premettere le parole seguenti: «Fatte salve le prerogative delle regioni».
4.9
BRUTTI MASSIMO, CONFALONIERI, relatori
Al comma 2, sopprimere le parole: «titolare della realizzazione delle opere».
4.10
DE PETRIS, BULGARELLI, PALERMI, COSSUTTA, DONATI, PECORARO SCANIO, PELLEGATTA, RIPAMONTI, ROSSI FERNANDO, SILVESTRI, TIBALDI
Al comma 2, sostituire la parola: «titolare» con la seguente: «coordinatore».
4.11
DE PETRIS, BULGARELLI, PALERMI, COSSUTTA, DONATI, PECORARO SCANIO, PELLEGATTA, RIPAMONTI, ROSSI FERNANDO, SILVESTRI, TIBALDI
Al comma 2, dopo le parole: «delle regioni» inserire le seguenti: «di Federcasa».
4.12
BRUTTI MASSIMO, CONFALONIERI, relatori
Al comma 2, dopo le parole: «delle regioni» aggiungere le seguenti: «di Federcasa».
4.13
BRUTTI MASSIMO, CONFALONIERI, relatori
Dopo il comma 2 aggiungere i seguenti:
2-bis. Le Regioni, entro tre mesi dalla predisposizione del piano di cui al comma 1, approvano i piani operativi.
2-ter. Entro 30 giorni dalla definizione del piano di cui al presente articolo i Ministeri delle Infrastrutture, dell'Economia e finanze e della Solidarietà sociale, d'intesa con la conferenza Unificata, assegnano ai comuni di cui all'articolo 1 le risorse necessarie, a cui si aggiungono le eventuali risorse dei comuni e delle regioni».
Art. 5
5.1
D'ALI', SCOTTI
Sopprimere l'articolo.
5.2
LEONI
Sopprimere l'articolo.
5.3
CENTARO
Sostituire l'articolo con il seguente:
«Art. 5
Limitatamente ai periodi di imposta 2007 e 2008, per i contratti di locazione stipulati ai sensi dell'articolo 2, comma 1, della legge 9 dicembre 1998, n. 431, il reddito dell'unità immobiliare è determinato ai sensi dell'articolo 37, comma 4-bis, del testo unico delle imposte sui redditi di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, e successive modificazioni, assumendo quale riduzione forfetaria del canone di locazione la percentuale del 14 per cento».
5.4
D'ALI', SCOTTI
Al comma 1 sostituire le parole: «14 per cento» con le seguenti: «20 per cento».
5.5
DE PETRIS, BULGARELLI, PALERMI, COSSUTTA, DONATI, PECORARO SCANIO, PELLEGATTA, RIPAMONTI, ROSSI FERNANDO, SILVESTRI, TIBALDI
Al comma 1 sostituire le parole: «14 per cento» con le seguenti: «13 per cento».
Conseguentemente, all'articolo 6, comma 1, sopprimere l'inciso: «pari a euro 16,4 milioni per l'anno 2007 ed a euro 44 milioni per l'anno 2008,»
5.6
BRUTTI MASSIMO, CONFALONIERI, relatori
Al comma 1 sostituire le parole: «14 per cento» con le seguenti: «13 per cento».
Conseguentemente, all'articolo 6, comma 1, sostituire le parole: «44 milioni» con le seguenti: «80 milioni»
5.7
LEONI
Al comma 1, aggiungere, in fine, il seguente periodo: «Per i fabbricati siti nella città di Venezia centro e nellle isole della Giudecca, di Murano e di Burano, la deduzione forfetaria del canone di locazione resta nella percentuale del 25 per cento».
5.0.1
THALER AUSSERHOFER
Dopo l'articolo 5, inserire il seguente:
«Art. 5-bis.
(Clausola di salvaguardia)
1. Le disposizioni del presente decreto sono appllicabili nelle regioni a statuto speciale e nelle Provincie autonome di Trento e di Bolzano compatibilmente con le norme dei rispettivi statuti e delle relative norme di attuazione».
AFFARI COSTITUZIONALI (1ª)
MERCOLEDÌ 4 OTTOBRE 2006
34ª Seduta (pomeridiana)
Presidenza del Presidente
BIANCO
Intervengono i sottosegretari di Stato per la giustizia Daniela Melchiorre e per la difesa Verzaschi.
La seduta inizia alle ore 14,35.
IN SEDE CONSULTIVA
(omissis)
(1048) Conversione in legge del decreto-legge 29 settembre 2006, n. 261, recante interventi urgenti per la riduzione del disagio abitativo in favore di particolari categorie sociali
(Parere alle Commissioni 2a e 13a riunite, ai sensi dell'articolo 78, comma 3, del regolamento. Esame e rinvio)
Il relatore MALABARBA (RC-SE) illustra i motivi di necessità e urgenza del decreto-legge n. 261, volto a contenere il disagio abitativo di particolari categorie di soggetti svantaggiati, soprattutto nelle aree di più alta densità abitativa, anche per la scadenza della precedente proroga, fissata al 3 agosto 2006, e relativa alle città con oltre 1 milione di abitanti. Ricorda che la Corte costituzionale, in una recente sentenza (n. 255 del 2004) ha sottolineato la necessità di una piena comparazione tra la condizione del conduttore e quella del locatore. A ciò provvede, tra l'altro, la previsione di cui all'articolo 1, comma 6 del decreto-legge, in base al quale la sospensione non opera in danno del locatore che dimostri di trovarsi nelle stesse condizioni richieste per ottenere la sospensione medesima o nelle condizioni di necessità sopraggiunta dell'abitazione e nella decadenza del beneficio della sospensione in caso di mancato pagamento dei canoni, ai sensi del comma 5 dello stesso articolo, nonché nella corresponsione della maggiorazione del canone a titolo di risarcimento del danno per il prolungato utilizzo dell'immobile.
Rammenta anche le istanze provenienti da tutte le forze politiche in favore di un provvedimento urgente volto a ridurre il disagio abitativo soprattutto nelle grandi città.
Conclude, proponendo di esprimere un parere favorevole sulla sussistenza dei presupposti costituzionali.
A seguito di una richiesta specifica del senatore STORACE (AN), precisa che un chiarimento in merito alla situazione che si è venuta a determinare dalla scadenza della precedente proroga (3 agosto 2006) ad oggi potrà essere fornito dal rappresentante del Governo, mentre sottolinea l'urgenza di affrontare la grave situazione che si è determinata nel momento in cui hanno riacquisito la loro efficacia i provvedimenti di sfratto.
Il seguito dell'esame è quindi rinviato.
AFFARI COSTITUZIONALI (1ª)
MARTEDÌ 10 OTTOBRE 2006
36ª Seduta
Presidenza del Presidente
BIANCO
Intervengono i sottosegretari di Stato alla Presidenza del Consiglio dei ministri Levi e per la giustizia Daniela Melchiorre
La seduta inizia alle ore 14,35.
IN SEDE CONSULTIVA
(omissis)
(1048) Conversione in legge del decreto-legge 29 settembre 2006, n. 261, recante interventi urgenti per la riduzione del disagio abitativo in favore di particolari categorie sociali
(Parere alle Commissioni 2ª e 13ª riunite, ai sensi dell'articolo 78, comma 3, del Regolamento. Seguito dell'esame e rinvio)
Prosegue l'esame, sospeso nella seduta pomeridiana del 4 ottobre.
Il PRESIDENTE ricorda che nella seduta precedente il relatore, senatore Malabarba, aveva proposto un parere favorevole.
Il senatore PASTORE (FI) ritiene che la sussistenza dei presupposti costituzionali sia smentita dalla palese incostituzionalità di alcune disposizioni, che si desume dalle più recenti sentenze della Corte costituzionale, secondo le quali le politiche sociali non possono essere realizzate a danno di alcune componenti della collettività. Ricorda che proprio per rispettare tale principio, nella scorsa legislatura, il Governo aveva istituito un fondo destinato a sostenere le politiche di contrasto del disagio abitativo.
Contesta, in particolare, la legittimità dell'articolo 1, comma 1, che estende in misura irragionevole a tutti i capoluoghi di provincia e ai comuni limitrofi con oltre 10.000 abitanti la sospensione delle procedure esecutive di rilascio; inoltre, considera illegittima e comunque priva dei requisiti dell'urgenza e della necessità la norma di cui al successivo comma 3, che proroga con un termine maggiore le sospensioni riguardanti gli immobili di casse professionali e previdenziali, compagnie di assicurazione, istituti bancari e società immobiliari. Infine, il comma 7 incide a suo avviso sul regime giuridico della proprietà, rinnovando per nove anni la durata dei contratti riguardanti gli immobili ceduti nell'ambito di operazioni di cartolarizzazione a soggetti diversi dalle persone fisiche.
Il senatore PALMA (FI) condivide le osservazioni svolte dal senatore Pastore. In particolare, trova irragionevole la disposizione dell'articolo 1, comma 3, che proroga in misura diversa la sospensione della procedura esecutiva di rilascio in base alla condizione soggettiva, non del conduttore, bensì del locatore.
Il senatore VILLONE (Ulivo) ritiene che l'urgenza del provvedimento derivi dalla stessa immediata esecutività delle procedure di rilascio.
Quanto ai ritenuti profili di dubbia costituzionalità, che secondo il senatore Pastore potrebbero incidere sulla valutazione della sussistenza dei presupposti di necessità e urgenza, osserva che l'estensione territoriale della proroga, più ampia rispetto ad analoghi provvedimenti assunti in passato, si giustifica per la tensione abitativa che caratterizza non solo le grandi città ma anche altre parti del territorio.
Quanto alle perplessità sollevate sul contenuto dei commi 3 e 7 dell'articolo 1, sottolinea l'opportunità di prevedere un termine di sospensione maggiore in ragione della diversa forza economica che connota le categorie indicate.
Il senatore SAPORITO (AN) reputa inopportune le norme che dispongono interventi ulteriori rispetto alla semplice proroga del termine di sospensione delle procedure esecutive di rilascio.
Pertanto, preannuncia un voto contrario sulla proposta di parere avanzata dal relatore.
Il sottosegretario Daniela MELCHIORRE, a nome del Governo, auspica un voto favorevole sulla sussistenza dei presupposti costituzionali e ricorda che il provvedimento, in omaggio alle più recenti pronunce della Corte costituzionale, non si limita alla sospensione delle procedure esecutive ma avvia a soluzione le cause della tensione abitativa nei comuni di maggiori dimensioni.
In particolare, gli articoli 3 e 4 prevedono rispettivamente programmi pluriennali di edilizia sovvenzionata e agevolata e un metodo di concertazione per definire un piano pluriennale nazionale finalizzato all'aumento di alloggi in locazione, a canone sociale e concordato, con l'avvio di un piano complessivo sulla casa. Inoltre, l'articolo 1 dispone una sospensione, ma stabilisce che il conduttore decade dal beneficio non solo se non adempie al pagamento del canone, ma anche se il comune di residenza non provvede nel termine previsto a predisporre il programma pluriennale di edilizia sovvenzionata e agevolata. Infine, il comma 6 dell'articolo 1 prescrive che la sospensione non opera in danno del locatore che dimostri di trovarsi nelle stesse condizioni che danno titolo al conduttore di chiedere la sospensione, mentre il comma 4 prevede la maggiorazione del canone per il periodo di sospensione della procedura di rilascio.
Il senatore PASTORE (FI) propone di esprimere un parere contrario su alcune, specifiche disposizioni del decreto-legge, e segnatamente sui commi 1, 3 e 7 dell'articolo 1, precisando che la proposta va intesa distintamente per ciascuno di tali commi. Chiede, inoltre, che il Governo fornisca una documentazione che consenta alla Commissione di conoscere le situazioni di tensione abitativa che giustificano l'estensione della proroga ai comuni capoluoghi di provincia e a quelli limitrofi con oltre 10.000 abitanti.
Si passa dunque alla votazione della proposta di parere contrario sulla sussistenza dei presupposti costituzionali dell'articolo 1, comma 1.
Il relatore MALABARBA (RC-SE) esprime un parere contrario sulle proposte avanzate dal senatore Pastore, confermando la sua proposta di esprimere un parere favorevole sull'intero provvedimento.
Il senatore STORACE (AN) sostiene la proposta di parere contrario avanzata dal senatore Pastore.
Il senatore VILLONE (Ulivo) preannuncia il voto contrario del suo Gruppo alla proposta di parere negativo sull'articolo 1, comma 3, ma condivide la richiesta rivolta al Governo di fornire un'ampia informativa sulle situazioni di tensione abitativa.
Il senatore PASTORE (FI) annuncia il voto favorevole del suo Gruppo alla proposta di parere negativo sull'articolo 1, comma 3.
Accertata la presenza del prescritto numero di senatori, la proposta di parere contrario sulla sussistenza dei presupposti costituzionali dell'articolo 1, comma 1, è posta in votazione e risulta non approvata.
Si procede quindi alla votazione della proposta di parere contrario sulla sussistenza dei presupposti costituzionali dell'articolo 1, comma 3.
Il senatore SAPORITO (AN) propone di sospendere l'esame per acquisire maggiori elementi di informazione da parte del Governo.
Il senatore VILLONE (Ulivo), dichiarando il voto contrario del suo Gruppo, osserva che una sospensione dell'esame non è compatibile con la procedura in corso.
Il senatore QUAGLIARIELLO (FI) chiede che il seguito dell'esame sia rinviato per consentire ai componenti della Commissione di intervenire puntualmente nella seduta dell'Assemblea che sta per cominciare. Il rinvio dell'esame potrà consentire di acquisire ulteriori informazioni da parte del Governo.
Il senatore SARO (DC-PRI-IND-MPA) dichiara il voto favorevole del suo Gruppo sulla proposta di parere contrario avanzata dal senatore Pastore. A suo avviso il provvedimento contiene norme, come quelle di cui ai commi 3 e 7 dell'articolo 1, che sono del tutto irragionevoli e si traducono in un autentico esproprio degli immobili.
Il senatore VILLONE (Ulivo) chiede che si proceda senz'altro alla votazione delle proposte di parere.
Il PRESIDENTE, considerato l'imminente inizio della seduta dell'Assemblea e che sono ancora iscritti a parlare per dichiarazione di voto i senatori Maffioli, Storace, Palma e, in dissenso dal proprio Gruppo, il senatore Mantovano, dispone che il seguito dell'esame sia rinviato alla seduta già convocata per domani, che sarà anticipata dalle ore 14,30 alle ore 14, per consentire alla Commissione di pronunciare il proprio parere.
La Commissione prende atto, con il dissenso del senatore SAPORITO (AN), che contesta l'anticipazione della seduta di domani.
ANTICIPAZIONE DELLA SEDUTA DI DOMANI E INTEGRAZIONE DELL'ORDINE DEL GIORNO
Il presidente BIANCO avverte che la seduta di domani, mercoledì 11 ottobre, già convocata alle ore 14,30, avrà inizio alle ore 14.
L'ordine del giorno sarà integrato con l'esame, in sede consultiva, per il parere sulla sussistenza dei presupposti costituzionali del disegno di legge n. 1069, recante "Conversione in legge del decreto-legge 9 ottobre 2006, n. 263, recante misure straordinarie per fronteggiare l'emergenza nel settore dei rifiuti nella regione Campania".
La Commissione prende atto.
La seduta termina alle ore 16,30.
AFFARI COSTITUZIONALI (1ª)
GIOVEDÌ 12 OTTOBRE 2006
38ª Seduta
Presidenza del Presidente
BIANCO
Intervengono i sottosegretari di Stato per i rapporti con il Parlamento e le riforme istituzionali D'Andrea e per la solidarietà sociale Cristina De Luca.
La seduta inizia alle ore 15,15.
IN SEDE CONSULTIVA
(1048) Conversione in legge del decreto-legge 29 settembre 2006, n. 261, recante interventi urgenti per la riduzione del disagio abitativo in favore di particolari categorie sociali
(Parere alle Commissioni 2a e 13a riunite, ai sensi dell'articolo 78, comma 3, del Regolamento. Seguito e conclusione dell'esame. Parere favorevole)
Prosegue l'esame, sospeso nella seduta del 10 ottobre.
Si procede alla votazione della proposta di parere contrario al riconoscimento dei presupposti costituzionali dell'articolo 1, comma 3, avanzata dal senatore Pastore nella seduta precedente.
Il senatore MAFFIOLI (UDC) preannuncia il voto favorevole del suo Gruppo, osservando che il comma 3 dell'articolo 1 determina una immotivata disparità di trattamento, prevedendo una proroga più lunga per i conduttori di immobili di cui siano proprietari alcuni particolari enti. Sottolinea, inoltre, l'incongruità delle norme che prevedono la predisposizione di programmi pluriennali di edilizia sovvenzionata e agevolata da parte dei Comuni senza provvedere le necessarie risorse.
Il senatore PALMA (FI) preannuncia il voto favorevole del suo Gruppo. A suo giudizio, il testo del comma 3 dovrebbe essere riformulato se, come sostenuto dal senatore Villone, deve intendersi riferito alle categorie di conduttori di cui al comma 1. Infatti, tale precisazione è inserita nel successivo comma 7 e dunque, in mancanza di una correzione, il comma 3 potrebbe essere interpretato nel senso che il più ampio termine di sospensione si applica indipendentemente dalle condizioni soggettive di necessità dei conduttori.
Il senatore MANTOVANO (AN) ritiene che il provvedimento in titolo determini una irragionevole limitazione del diritto di proprietà, tutelato dall'articolo 42 della Costituzione. A suo avviso, inoltre, l'ulteriore proroga delle procedure esecutive di rilascio avrà come effetto una contrazione dell'offerta nel mercato delle locazioni.
Preannuncia pertanto il voto favorevole del suo Gruppo.
Il senatore POLLEDRI (LNP) dichiara il voto favorevole del suo Gruppo sulla proposta di parere parzialmente contrario formulata dal senatore Pastore. Ritiene ingiustificata la disparità di trattamento fra conduttori, a seconda della proprietà degli immobili locati.
Chiede quindi chiarimenti sulla copertura finanziaria della norma di cui all'articolo 2, che autorizza i Comuni a prevedere esenzioni o riduzioni dell'imposta comunale sugli immobili a favore dei locatori danneggiati dalla sospensione delle procedure di sfratto.
Il parere contrario sulla sussistenza dei presupposti costituzionali dell'articolo 1, comma 3, è quindi posto in votazione e risulta non accolto.
Si procede quindi alla votazione della proposta di parere contrario al riconoscimento dei presupposti costituzionali dell'articolo 1, comma 7, presentata dal senatore Pastore.
Il senatore PASTORE (FI), dichiarando il voto favorevole del suo Gruppo, sottolinea l'insussistenza dei presupposti costituzionali di una disposizione come quella di cui al comma 7, che dispone un rinnovo automatico del contratto di locazione per la durata di nove anni.
Il senatore POLLEDRI (LNP) preannuncia il voto favorevole del suo Gruppo in considerazione delle conseguenze negative che la disposizione di cui al comma 7 può avere sulle operazioni di cartolarizzazione già compiute. Osserva inoltre che il rinnovo automatico dei contratti di locazione scoraggia ogni iniziativa volta a promuovere l'acquisto della casa da parte dei conduttori.
Il presidente BIANCO richiama l'attenzione sull'oggetto dell'esame che riguarda la sussistenza dei presupposti di necessità e urgenza del decreto-legge. Altre considerazioni circa la compatibilità costituzionale o il merito del provvedimento potranno essere trattate in sede di esame della costituzionalità ovvero in sede referente nella Commissione competente.
Osserva, inoltre, che in considerazione del breve termine concesso alla Commissione per pronunciarsi sulla sussistenza dei presupposti costituzionali dei decreti-legge, in caso di una procedura come quella in corso connotata dalla presentazione di proposte articolate di parere contrario riguardanti singole disposizioni del provvedimento, egli dovrà riconsiderare l'organizzazione dei lavori per garantire che l'esame si concluda tempestivamente, considerando il termine fissato dal Regolamento.
Il senatore MANTOVANO (AN) ritiene che gli argomenti trattati, anche se non strettamente connessi alla valutazione dei presupposti costituzionali, la influenzino. Pertanto chiede che il rappresentante del Governo fornisca i chiarimenti richiesti dal senatore Polledri e dagli altri senatori intervenuti.
Il PRESIDENTE ricorda che la Commissione è in fase di votazione.
Il parere contrario sulla sussistenza dei presupposti costituzionali dell'articolo 1, comma 7, è posto in votazione e risulta non accolto.
Il senatore SAPORITO (AN), commentando le osservazioni svolte dal Presidente prima della precedente votazione, ricorda che la sua parte politica non è contraria a riconoscere i requisiti dell'urgenza e della necessità del provvedimento in esame, ma ha indicato alcune lacune e problematiche, i cui effetti potrebbero determinare un aggravio di oneri per lo Stato. È per questo che ritiene indispensabile che il rappresentante del Governo fornisca le informazioni relative alla copertura finanziaria di alcune disposizioni.
Il PRESIDENTE precisa che la copertura finanziaria sarà esaminata nelle sedi proprie. In qualità di relatore, conferma la proposta di esprimere un parere favorevole sulla sussistenza dei presupposti costituzionali.
Si procede quindi alla votazione della proposta di parere favorevole sulla sussistenza dei presupposti costituzionali del decreto-legge n. 261, riguardo all'articolo 1, commi 2, 4, 5, 6, nonché agli articoli da 2 a 7.
Il senatore POLLEDRI (LNP) dichiara il voto contrario del suo Gruppo. Ritiene che non possa riconoscersi la necessità e l'urgenza, in particolare per la norma di cui all'articolo 2, che concede la facoltà ai Comuni di prevedere esenzioni o riduzioni dell'ICI: infatti tale facoltà è già prevista in una norma vigente inserita nelle legge finanziaria per il 2006.
Anche la complessa procedura per la definizione di un piano pluriennale nazionale straordinario di edilizia pubblica, prevista dall'articolo 4, testimonia, a suo avviso, il difetto di urgenza.
Il senatore PALMA (FI) dichiarando il voto contrario del suo Gruppo, osserva che una lettura formalistica delle norme regolamentari, come quella prospettata dal Presidente, circa la distinzione della valutazione dei presupposti costituzionali dall'esame di costituzionalità del decreto-legge potrebbe indurre a riconoscere i requisiti previsti dalla Costituzione anche quando le norme del decreto-legge siano in palese contrasto con altre disposizioni costituzionali.
Ribadisce la necessità di correggere la formulazione del comma 3 dell'articolo 1 e richiama l'attenzione sull'assoluta carenza di urgenza e necessità per la previsione di benefici fiscali a favore dei proprietari, di cui all'articolo 2.
Il senatore MANTOVANO (AN) ricorda che la revisione degli estimi catastali contenuta nel disegno di legge finanziaria per il 2007 determinerà una riduzione dell'imposta comunale sugli immobili: chiede al rappresentante del Governo di chiarire quali ulteriori effetti di riduzione del gettito potranno derivare dai benefici fiscali previsti all'articolo 2 del decreto-legge, in termini di esenzioni o riduzioni dell'ICI.
Infine, si sofferma sull'articolo 4 che prevede la definizione di un piano pluriennale nazionale straordinario di edilizia residenziale pubblica: si tratta a suo avviso di un disegno strategico per affrontare la questione abitativa che non può essere costretto nell'ambito di un provvedimento d'urgenza del Governo.
Il senatore SARO (DC-PRI-IND-MPA) dichiara il voto contrario del suo Gruppo. In particolare, ritiene inopportuno inserire in un provvedimento di proroga norme che dovrebbero essere esaminate attraverso le procedure della legislazione ordinaria.
Esprime quindi un giudizio critico sulla norma di cui all'articolo 1, comma 7, che riconosce il diritto al rinnovo del contratto di locazione per la durata di nove anni ai conduttori di immobili ceduti nell'ambito di operazioni di cartolarizzazione, dalla quale potrebbero derivare gravi conseguenze sul bilancio dello Stato.
Il senatore MANTOVANO (AN) preannuncia il voto contrario del suo Gruppo, in particolare per la mancata risposta del rappresentante del Governo alla richiesta di chiarimenti avanzata da lui e dal senatore Polledri.
La proposta di parere favorevole del relatore, limitatamente alle parti non considerate nelle proposte di parere contrario precedentemente votate, è infine posta in votazione e risulta accolta.
BILANCIO (5ª)
MARTEDÌ 17 OTTOBRE 2006
12ª Seduta
Presidenza del Presidente
MORANDO
Interviene il sottosegretario di Stato per l'economia e le finanze Casula.
La seduta inizia alle ore 16,05.
IN SEDE CONSULTIVA
(1048) Conversione in legge del decreto-legge 29 settembre 2006, n. 261, recante interventi urgenti per la riduzione del disagio abitativo in favore di particolari categorie sociali
(Parere alle Commissioni riunite 2a e 13a. Esame e rinvio)
Il relatore TECCE (RC-SE) illustra il provvedimento in titolo, segnalando, per quanto di competenza, che all’articolo 1, la sospensione, fino al 30 giugno 2007, delle procedure esecutive di rilascio per finita locazione di immobili locati a categorie svantaggiate, con un possibile prolungamento della sospensione al 30 giugno 2008 per i conduttori di immobili ad uso abitativo concessi in locazione da enti, società, istituti bancari e assicurativi ed altre persone giuridiche aventi quale oggetto sociale la gestione di patrimoni immobiliari ovvero da parte di persone fisiche o giuridiche detentori di oltre 100 unità immobiliari. Per quanto di competenza segnala che, secondo anche quanto evidenziato nella nota di lettura n. 11 del 2006 del Servizio di bilancio cui si rinvia, la sospensione in parola potrebbe determinare un’incidenza pregiudizievole a carico dei profili finanziari e contabili delle operazioni di cartolarizzazione dei proventi della dismissione del patrimonio immobiliare pubblico, posto che gli immobili interessati presentano, ove locati, un valore ridotto rispetto a quelli liberi e possono risultare di più difficile collocazione. Al riguardo, considerato peraltro che il decreto legge, all’articolo 1, comma 7, conferisce ai conduttori di immobili ceduti a persone giuridiche nell’ambito delle operazioni di cartolarizzazione e che si trovino in condizioni disagiate il diritto al rinnovo del contratto per la durata di nove anni, non prorogabili, a decorrere dall’entrata in vigore del decreto legge, ritiene opportuno acquisire chiarimenti in ordine ai possibili effetti del provvedimento in relazione allo stato di attuazione delle operazioni di cartolarizzazione SCIP 2 e SCIP 3. In particolare, come segnalato dal servizio del Bilancio, osserva la necessità di chiarire le eventuali ripercussioni negative che potrebbero coinvolgere il rimborso alle scadenze dei bond dell’operazione SCIP 2 ancora in circolazione, nonché rallentare la generazione di plusvalenze connesse all’operazione medesima, e volte a ripagare alle banche il prestito di 800 milioni di euro contratto nel 2004 con garanzia dello Stato, e recare pregiudizio alla partenza dell'operazione SCIP 3, legata agli immobili della Difesa. In relazione a tali profili, segnala inoltre che la legge n. 104 del 2004 ha previsto una facoltà per la SCIP (la società veicolo incaricata della cartolarizzazione) di richiedere un indennizzo allo Stato in caso di decremento del valore patrimoniale degli immobili da collocare nel mercato, per cui chiarimenti in ordine agli effetti del decremento patrimoniale degli immobili si rendono necessari anche sotto il profilo di eventuale contenzioso. In base all’articolo 2 del decreto-legge in conversione, viene previsto a favore dei proprietari degli immobili locati ai conduttori individuati nell'articolo 1, per tutto il periodo di sospensione, il beneficio fiscale di cui all’articolo 1, comma 2, del decreto legge n. 23 del 2006, convertito con legge n. 86 del 2006, per cui il relativo reddito da fabbricati di cui all’articolo 37 del Testo unico delle imposte sui redditi non concorre alla formazione del reddito imponibile, ai soli fini delle imposte sui redditi delle persone fisiche e delle società. Al riguardo, chiarimenti si rendono necessari in ordine ai criteri di quantificazione adottati nella relazione tecnica per la stima della perdita di gettito che ne deriva, con particolare riferimento ai parametri assunti come base di calcolo per la determinazione del canone medio annuo che, secondo quanto evidenziato dalla nota del Servizio del bilancio cui si rinvia per gli specifici aspetti di quantificazione, viene ricostruito sulla scorta dei dati relativi all’anno di imposta 2003, sebbene risultino disponibili dati più aggiornati (banca dati SINTESI del Ministero dell’economia e delle finanze contenente i dati delle dichiarazioni presentate nel 2004). Si segnala inoltre l’opportunità di un chiarimento e una valutazione da parte del Governo circa gli effetti conseguenti al combinato disposto tra la norma del provvedimento all’esame ed il richiamato articolo 1, comma 2, del decreto legge n. 23 del 2006, atteso che quest’ultimo fa riferimento ai soli redditi imponibili riferiti al 2006, e dunque sembrerebbe limitare l’ambito di efficacia della nuova disposizione al solo periodo del 2006 e non anche alla parte dell’anno 2007 che risulta invece interessata dalla sospensione dell’esecuzione degli sfratti. In merito all’articolo 4 del decreto-legge, ritiene necessario acquisire chiarimenti circa i profili di costi amministrativi connessi alla creazione di un tavolo di concertazione, convocato dal Ministro delle infrastrutture, volto a definire, entro 60 giorni dalla convocazione, il piano pluriennale nazionale straordinario di edilizia residenziale pubblica finalizzato all'aumento di alloggi in locazione a canone sociale e a canone concordato, atteso che la relazione tecnico-normativa annessa al provvedimento associa alla realizzazione del tavolo di concertazione un onere, sia pur limitato nell’importo e nel tempo.
L’articolo 5 stabilisce un abbattimento della quota percentuale deducibile dei canoni di locazione relativi a contratti di locazione stipulati ai sensi dell'articolo 2, comma 1, della legge 9 dicembre 1998, n. 431 (cd. contratti a canone libero o "non concordati"), assumendo la percentuale di deduzione del 14 - anziché del 15 - per cento. Tale previsione, che costituisce, ai sensi dell’articolo 6, lo strumento di copertura degli oneri connessi al provvedimento, se in prima analisi appare determinare effetti positivi in termini di maggiori entrate, va tuttavia valutata per i possibili effetti in termini di spostamento delle preferenze dei proprietari di immobili, che potrebbero optare per la stipula di contratti con canone concordato. Osserva quindi l’esigenza di acquisire chiarimenti circa la valutazione del rischio di determinazione di tali possibili effetti di disincentivo alla sottoscrizione di contratti "non concordati", di senso contrario all’intento della norma, atteso peraltro, come evidenziato dalla nota del Servizio del bilancio, il più favorevole regime fiscale per i contratti a canone concordato. Appare opportuno, infine, acquisire chiarimenti in ordine alla portata della modifica di percentuale di deducibilità ivi prevista, che sembrerebbe prevista a regime, senza limitazione temporale al solo periodo di sospensione operata dal provvedimento, a fronte di un minor gettito che risulta invece circoscritto e limitato nel tempo, in termini di cassa, al solo periodo 2007-2008.
Il presidente MORANDO invita il Governo a fornire quanto prima le risposte ai problemi evidenziati dal relatore, con particolare riguardo alla questione dell’impatto delle disposizioni in esame sulle operazioni di cartolarizzazione degli immobili pubblici già in essere o che stanno per essere avviate.
Il senatore VEGAS (FI) concorda sull’esigenza che il Governo chiarisca il possibile impatto del provvedimento in esame sulle cartolarizzazioni, osservando che eventuali effetti negativi su tali operazioni rischierebbero anche di peggiorare il rating del Paese.
Il seguito dell’esame viene, infine, rinviato.
La seduta termina alle ore 16,25.
BILANCIO (5ª)
MARTEDÌ 24 OTTOBRE 2006
14ª Seduta
Presidenza del Presidente
MORANDO
Interviene il sottosegretario di Stato per l'economia e le finanze Casula.
La seduta inizia alle ore 16,05.
IN SEDE CONSULTIVA
La seduta inizia alle ore 14,10.
(1048) Conversione in legge del decreto-legge 29 settembre 2006, n. 261, recante interventi urgenti per la riduzione del disagio abitativo in favore di particolari categorie sociali
(Parere alle Commissioni 2a e 13a riunite su testo ed emendamenti. Seguito e conclusione dell'esame del testo. Parere in parte non ostativo, in parte contrario, ai sensi dell’articolo 81 della Costituzione. Esame degli emendamenti. Parere in parte non ostativo, in parte contrario, ai sensi dell’articolo 81 della Costituzione)
Riprende l’esame del testo sospeso nella seduta del 17 ottobre scorso.
Il sottosegretario CASULA, in relazione alle richieste di chiarimenti formulate nel corso dell’illustrazione del provvedimento, chiarisce che la quantificazione effettuata con riferimento all’articolo 2 del decreto-legge in conversione risulta di natura meramente informativa e presenta carattere prudenziale. Al riguardo, dà lettura di una specifica nota, che deposita agli atti della Commissione, con la quale vengono definiti i criteri assunti e la natura della stima effettuata. Aggiunge inoltre che, in linea con quanto affermato nella relazione tecnica, viene confermata la percentuale di deducibilità del 25 per cento del canone di locazione degli immobili siti nelle zone di Venezia, Giudecca, Murano e Burano. Con riferimento all’articolo 1, comma 7, del provvedimento ritiene necessaria la soppressione della disposizione in ragione delle problematiche ad essa connesse, già osservate nella relazione sul provvedimento ed altresì evidenziate dal Servizio del bilancio, in termini di rischio di contenzioso e dei possibili effetti riguardo alle società incaricate della cartolarizzazione degli immobili di revisione della valutazione da parte delle società di rating.
Il senatore FERRARA (FI) in ordine alle modalità di copertura individuate con l’articolo 5 del provvedimento, manifesta la necessità di ulteriori chiarimenti da parte del Governo in merito ai criteri di stima assunti in relazione al decreto-legge. In particolare, il rappresentante del Governo dichiara che si è considerata una percentuale di contratti a canone libero pari all’80 per cento, anziché al 98 per cento, rispetto ai livelli di mercato, in relazione ai possibili effetti di spostamento delle preferenze verso la stipula di contratti a canone concordato. Tale affermazione non appare sufficiente e non è dato comprendere quale criterio sia stato assunto in relazione alla stima dichiarata. Si rendono dunque necessari ulteriori chiarimenti al riguardo.
Il Rappresentante del GOVERNO sottolinea che tale profilo presenta una limitata incidenza rispetto alla copertura del provvedimento, rinviando alla nota depositata per ulteriori approfondimenti e ribadisce il carattere prudenziale della stima effettuata.
Il relatore TECCE (RC-SE) richiama l’attenzione sui due principali problemi che sono stati sollevati in relazione al provvedimento. In primo luogo, in ordine all’articolo 1, comma 7, del decreto-legge in conversione, rileva che il rappresentante del Governo ha chiesto l’eliminazione della disposizione, le cui conseguenze erano state sollevate in termini critici nel corso dell’illustrazione nonché nell’approfondimento predisposto dal Servizio del bilancio. La posizione espressa dal rappresentante del Governo risulta dunque positiva per le finalità rilevate, ponendosi tuttavia, per quanto attiene ai profili di merito, una preoccupazione per la posizione che verranno ad assumere gli inquilini degli immobili interessati. In ordine ai benefici fiscali previsti dall’articolo 2 del decreto-legge, prende atto dei chiarimenti forniti dal Governo in merito al carattere prudenziale della stima effettuata, che fa riferimento a una quota di contratti concordati pari all’80 per cento anziché al 98 per cento. Alla luce dei chiarimenti forniti, propone dunque di esprimere un parere favorevole sul testo del provvedimento, sul presupposto che l’articolo 5, relativo alla maggiorazione della quota di deducibilità del canone di locazione, sia stato oggetto di stima prudenziale da parte del Governo. Propone invece di esprimere un parere contrario, ai sensi dell’articolo 81 della Costituzione, in merito all’articolo 1, comma 7.
Il senatore FERRARA (FI) interviene in dichiarazione di voto per esprimere il proprio rammarico in ordine alla posizione espressa dal relatore sull’articolo 5 del decreto-legge in esame, rilevando che la relazione tecnica presenta una stima di carattere presuntivo che non è in linea con le previsioni della legge di contabilità. Pur esprimendo la propria condivisione con riferimento a quanto emerso in relazione al comma 7 dell’articolo 1 ed in particolare alla richiesta di soppressione della disposizione formulata dal Governo, formula osservazioni critiche in merito alla copertura prevista dal provvedimento. Deve infatti considerarsi il possibile effetto di diminuzione del gettito riconducibile all’eventuale spostamento delle preferenze verso la stipula di contratti di locazione a canone non concordato. Permangono profili non chiariti su tale punto e sussiste dunque il rischio che il provvedimento possa rivelarsi scoperto.
Il PRESIDENTE, preso atto che non vi sono ulteriori interventi, pone dunque ai voti la proposta di parere formulata dal Relatore che risulta approvata.
Si passa dunque all’esame degli emendamenti.
Il relatore TECCE (RC-SE) illustra gli emendamenti relativi al disegno di legge in titolo, segnalando, per quanto di propria competenza, che occorre valutare l’opportunità di acquisire una quantificazione debitamente verificata degli effetti finanziari derivanti dall’emendamento 1.4, che amplia l’ambito dei comuni interessati dal provvedimento, non più limitato ai capoluoghi di provincia, bensì al più ampio elenco di cui all’Allegato A della Delibera C.I.P.E. 13 novembre 2003, n. 87, prevedendo, a copertura di ciò, la ulteriore riduzione, al 13 per cento, della quota percentuale deducibile dei canoni di locazione relativi a contratti di locazione cd. a canone libero o "non concordati" e la conseguente soppressione della previsione di spesa e della relativa copertura di cui all’articolo 6, comma 1, del decreto-legge in conversione. Occorrerebbe altresì valutare, anche in relazione al testo, gli effetti in termini di un possibile spostamento delle preferenze verso la stipula di contratti di locazione a canone concordato, soggetti ad un più favorevole regime fiscale. Inoltre, si rammenta che la soppressione della previsione di spesa e della relativa copertura di cui all’articolo 6, comma 1, del decreto-legge in conversione, prevista dall’emendamento in parola, non risulta in linea con la previsione dell’articolo 11-ter, comma 1, della legge n. 468 del 1978, che anzi impone l’indicazione della previsione di spesa e relativa copertura nonché la definizione di apposita clausola di salvaguardia. Segnala che appaiono suscettibili di produrre nuovi o maggiori oneri le proposte emendative 1.5 e 1.10 (che ampliano la platea dei soggetti interessati, intervenendo rispettivamente sull’ambito dei comuni interessati e sui limiti d’età per la fruizione del beneficio), nonché l’emendamento 5.4 (che aumenta la quota di deducibilità del canone di locazione, con conseguenti effetti di minor gettito). Occorre poi valutare gli effetti finanziari dell’emendamento 1.9 che amplia la platea dei soggetti beneficiari, prevedendo, a copertura di tale estensione, la ulteriore riduzione al 13 per cento della percentuale deducibile dei canoni di locazione cd. non concordati e la soppressione dell’articolo 6, comma 1 e della relativa previsione di spesa, per cui occorre acquisire chiarimenti in ordine alla quantificazione, secondo quanto già segnalato con riferimento all’emendamento 1.4. Con riferimento all’emendamento 1.21 occorre valutare se possano determinarsi effetti finanziari in conseguenza della esclusione della maggiorazione del canone prevista per i contratti stipulati ai sensi dell’articolo 2, comma 1, della legge n. 431 del 1998. Occorre inoltre valutare gli eventuali effetti finanziari derivanti dall’emendamento 1.29, atteso che la richiamata norma di cui all’articolo 6, comma 4 della legge n. 431 del 1998, in combinato disposto con il comma 5 della disposizione medesima, potrebbe determinare effetti di possibili ulteriori differimenti del termine di esecuzione. In relazione alle proposte emendative 4.11 e 4.12, occorre acquisire chiarimenti circa l’assenza di effetti finanziari connessi alla partecipazione di ulteriori soggetti (rappresentanti di Federcasa) al tavolo di concertazione previsto dall’articolo 4 del decreto-legge. Con riferimento all’emendamento 4.13, occorre valutare quali risorse si intendano destinare a favore dei comuni di cui all’articolo 1 del decreto-legge per le finalità previste dalla proposta emendativa, dato che le stesse non sembrano risultare comprese nelle norme di copertura finanziaria del provvedimento. In relazione agli emendamenti 5.1 e 5.2, segnala che gli stessi sopprimono la disposizione del decreto-legge deputata a fornire la copertura del provvedimento in relazione al testo. Segnala, infine, che l’emendamento 5.5, nell’operare una riduzione della percentuale di deducibilità del canone di locazione, sopprime conseguentemente la previsione di spesa di cui all’articolo 6, comma 1, del decreto, con ciò risultando non in linea con il richiamato articolo 11-ter della legge n. 468 del 1978 che impone l’indicazione della previsione di spesa e della relativa copertura. Chiarimenti si rendono necessari con riferimento all’emendamento 5.6, che sostituisce, in conseguenza della modifica della percentuale di deducibilità, la previsione di spesa dell’articolo 6, comma 1, che passa, per il 2008, da 44 milioni di euro a 80 milioni (e non a 88 milioni, come sarebbe prevedibile a fronte di un raddoppio, dall’uno al due per cento, della maggiorazione di deducibilità), ma che resta invece invariata a 16,4 milioni per l’anno 2007, nonostante la prevista modifica della quota deducibile. Infine, in relazione all’emendamento 5.7, occorre acquisire chiarimenti circa l’assenza di effetti finanziari connessi alla proposta, atteso che la previsione in tal senso risulta già contenuta nella relazione tecnica. Rileva, infine, che non vi sono osservazioni sui restanti emendamenti.
Il rappresentante del GOVERNO chiarisce che l’emendamento 1.4 prevede la sospensione dell’esecuzione delle procedure di rilascio per i conduttori residenti nei comuni ad alta tensione abitativa di cui alla delibera CIPE indicata. Dà lettura di una nota che deposita agli atti contenente in dettaglio la posizione del Governo e le relative tabelle esplicative inerenti agli effetti di gettito connessi alla ulteriore riduzione, al 13 per cento, della quota di deducibilità del canone di locazione relativo ai contratti a canone libero. Al riguardo, chiarisce gli effetti di gettito rispetto alla originaria stima contenuta nella relazione tecnica e riferita ad una riduzione al 14 per cento di tale quota, affermando che non si considerano in tale ulteriore stima gli eventuali effetti derivanti dallo spostamento dai contratti a canone libero ai contratti a canone concordato in quanto già ampiamente considerati in sede di originaria relazione tecnica. Esprime dunque avviso favorevole all’emendamento in esame, a condizione che siano espunte le lettere a) e b) della proposta emendativa e sia conseguentemente riformulato l’articolo 6, comma 1, del decreto-legge.
Il presidente MORANDO esprime perplessità circa tale ultimo argomento del Governo, rilevando che la valutazione in termini prudenziali effettuata con riferimento al testo e con riguardo agli effetti di possibile spostamento verso la stipula di contratti concordati non può ritenersi acquisita con riguardo all’emendamento in esame. L’ulteriore riduzione ivi prevista della percentuale di deducibilità non consente di ritenere sufficienti i chiarimenti forniti rispetto al testo, atteso che potrebbe determinarsi un ulteriore effetto di spiazzamento e di convenienza nella scelta di diverse tipologie contrattuali rispetto a quelle per cui si dispone la riduzione della quota di deducibilità. Dichiara dunque la propria posizione contraria all’emendamento in questione, sul quale, in assenza di una relazione vistata dalla Ragioneria che chiarisca i profili critici rilevati, propone un voto contrario, ai sensi dell’articolo 81 della Costituzione.
Il senatore AZZOLLINI (FI) concorda con quanto rilevato dal Presidente, sottolineando come esistano nei meccanismi economici profili di anelasticità nelle scelte di preferenza.
Il senatore FERRARA (FI), richiamando le osservazioni critiche svolte in ordine ai profili di copertura con riferimento al testo, ribadisce la propria posizione critica rispetto alla formulazione della copertura come prevista dal provvedimento e rileva la necessità di chiarimenti da parte del Governo circa i criteri che vengono adottati nella stima degli effetti connessi alla riduzione della percentuale di deducibilità, anche per quanto attiene ai profili temporali e alla considerazione dei tempi necessari per la produzione di eventuali effetti di preferenza. La posizione assunta da parte del Governo in relazione all’emendamento in esame non può dunque che confermare le criticità rilevate con riferimento al sistema di copertura delineato dal provvedimento.
Si passa all’esame degli emendamenti 1.5 e 1.10.
Il rappresentante del GOVERNO esprime il proprio avviso favorevole a condizione che venga riformulato l’articolo 6, comma 1, del decreto-legge in conversione, nei termini della conseguente rideterminazione della previsione di spesa connessa alla eventuale modifica. Esprime avviso contrario, ai sensi dell’articolo 81 della Costituzione, sull’emendamento 5.4 in quanto comporta maggiori oneri, mentre sull’emendamento 1.9 dà lettura di una nota esplicativa che deposita agli atti, contenente chiarimenti in ordine agli effetti di gettito connessi alla proposta, su cui esprime avviso favorevole, analogamente a quanto rilevato rispetto all’emendamento 1.4. Esprime inoltre avviso contrario, ai sensi dell’articolo 81 della Costituzione, sugli emendamenti 4.13, in quanto produttivo di maggiori oneri non quantificati, 5.1 e 5.2, rispetto ai quali si associa ai rilievi formulati dal relatore, nonché sull’emendamento 5.5, in quanto soppressivo della previsione di spesa di cui all’articolo 6 del provvedimento, e sull’emendamento 5.6.
Il senatore FERRARA (FI) evidenzia la necessità di formulare un parere contrario sull’emendamento 5.5 in quanto non in linea con la legge di contabilità.
Il RELATORE si associa alle osservazioni del Governo rilevando tuttavia, con riferimento all’emendamento 5.5, che emerge una contraddizione nella posizione espressa dal Governo, che si è dichiarato favorevole alla ulteriore riduzione della quota di deducibilità, esprimendo tuttavia avviso poi contrario in ordine all’emendamento in questione. Esprime parere conforme all’avviso del Governo sull’emendamento 1.4.
Il PRESIDENTE, con riferimento all’emendamento 1.4, evidenzia la necessità di porre ai voti una proposta di riformulazione riferita all’articolo 6, comma 1, del decreto-legge in conversione, secondo quanto richiesto dal Governo, non potendosi altrimenti votare la richiesta governativa di riformulazione della disposizione citata, senza che vi sia evidenza dei termini in cui operare la riformulazione medesima.
Al riguardo ricorda che in assenza di tale riformulazione non si può che esprimere un parere contrario ai sensi dell’articolo 81 della Costituzione, potendosi comunque il Governo riservare di proporre la riformulazione in questione per l’esame in Assemblea.
Il senatore MORGANDO (Ulivo), riferendosi anche al relatore, rileva come l’attuale testo della proposta emendativa in questione richieda una relazione tecnica che chiarisca gli aspetti di quantificazione e di conseguente adeguatezza della copertura. Risulta dunque necessario esprimere un parere contrario sull’attuale formulazione, anche considerato che lo stesso Governo profila la possibilità di una diversa copertura connessa alla modifica della percentuale di deducibilità, fermo restando che tale copertura dovrà essere esplicitata dallo stesso Governo.
Il senatore FERRARA (FI) rileva, sul piano procedurale, che il contemporaneo esame degli emendamenti presentati presso l’Assemblea e presso le Commissioni di merito ha determinato la richiesta di relazione tecnica al Governo affinché venisse fornita idonea copertura anche con riferimento alle proposte emendative. L’emendamento 1.4 risulta tuttavia privo di relazione tecnica e non è dato dunque evincere con chiarezza quali siano i profili di copertura della disposizione.
Il RELATORE dichiara di aderire alle ragioni richiamate dal Presidente nell’auspicio che il Governo possa dare soluzione al problema con la riformulazione dell’articolo 6.
Dopo un intervento del presidente MORANDO che rileva come lo stesso avviso del Governo in ordine all’emendamento 1.4 dovrebbe indurre all’espressione di un parere contrario, salva una successiva eventuale riformulazione della norma di copertura del provvedimento, il relatore TECCE (RC-SE) propone dunque di esprimere parere contrario, ai sensi dell’articolo 81 della Costituzione, sugli emendamenti 1.4, 1.5, 1.10, 5.4, 1.9, 4.13, 5.1, 5.2, 5.5 e 5.6, nonché parere di nulla osta sui restanti emendamenti.
Posta ai voti, la proposta di parere risulta approvata.
(1048) Conversione in legge del decreto-legge 29 settembre 2006, n. 261, recante interventi urgenti per la riduzione del disagio abitativo in favore di particolari categorie sociali
(Parere all'Assemblea su emendamenti. Esame. Parere in parte non ostativo, in parte contrario, ai sensi dell’articolo 81 della Costituzione)
Il relatore TECCE (RC-SE) illustra gli emendamenti trasmessi dall’Assemblea relativi al disegno di legge in titolo, segnalando, per quanto di competenza, che occorre valutare l’opportunità di acquisire una quantificazione debitamente verificata degli effetti finanziari derivanti dall’emendamento 1.101, che amplia l’ambito dei comuni interessati dal provvedimento, non più limitato ai capoluoghi di provincia, bensì al più ampio elenco di cui all’Allegato A della Delibera C.I.P.E. 13 novembre 2003, n. 87, prevedendo, a copertura di ciò, la ulteriore riduzione, al 13 per cento, della quota percentuale deducibile dei canoni di locazione relativi a contratti di locazione cd. a canone libero o "non concordati" e la conseguente soppressione della previsione di spesa e della relativa copertura di cui all’articolo 6, comma 1, del decreto-legge in conversione. Occorrerebbe altresì valutare, anche in relazione al testo, gli effetti in termini di un possibile spostamento delle preferenze verso la stipula di contratti di locazione a canone concordato, soggetti ad un più favorevole regime fiscale. Inoltre, rammenta che la soppressione della previsione di spesa di cui all’articolo 6, comma 1, del decreto-legge in conversione, prevista dall’emendamento in parola, non risulta in linea con la previsione dell’articolo 11-ter, comma 1, della legge n. 468 del 1978, che anzi impone l’indicazione della previsione di spesa e della relativa copertura nonché la definizione di apposita clausola di salvaguardia. Segnala che appaiono suscettibili di produrre nuovi o maggiori oneri le proposte emendative 1.102 e 1.105 (che ampliano la platea dei soggetti interessati, intervenendo rispettivamente sull’ambito dei comuni interessati e sui limiti d’età per la fruizione del beneficio), nonché gli emendamenti 2.100 (che interviene in materia di determinazione dell’imposta comunale sugli immobili), 1.206 (che ha l’effetto di estendere la platea dei beneficiari delle agevolazioni fiscali) e 5.202 (che aumenta la quota di deducibilità del canone di locazione, con conseguenti effetti di minor gettito). Occorre valutare gli effetti finanziari dell’emendamento 1.104 che amplia la platea dei soggetti beneficiari, prevedendo, a copertura di tale estensione, la ulteriore riduzione al 13 per cento della percentuale deducibile dei canoni di locazione cd. non concordati e la soppressione dell’articolo 6, comma 1 e della relativa previsione di spesa, per cui occorre acquisire chiarimenti in ordine alla quantificazione, secondo quanto già segnalato con riferimento all’emendamento 1.101.
In relazione alle proposte emendative 4.108 e 4.109 occorre acquisire chiarimenti circa l’assenza di effetti finanziari connessi alla partecipazione di ulteriori soggetti (rappresentanti di Federcasa) al tavolo di concertazione previsto dall’articolo 4 del decreto-legge. Con riferimento all’emendamento 4.110, occorre valutare quali risorse si intendano destinare a favore dei comuni di cui all’articolo 1 del decreto-legge per le finalità previste dalla proposta emendativa, dato che le stesse non sembrano risultare comprese nelle norme di copertura finanziaria del provvedimento. In relazione agli emendamenti 5.100 e 5.200, segnala che gli stessi sopprimono la disposizione del decreto-legge deputata a fornire la fonte di copertura del provvedimento in relazione al testo. Chiarimenti si rendono necessari con riferimento all’emendamento 5.102, che sostituisce, in conseguenza della modifica della percentuale di deducibilità, la previsione di spesa dell’articolo 6, comma 1, che passa per il 2008 da 44 milioni di euro a 80 milioni (e non a 88 milioni, come sarebbe prevedibile a fronte di un raddoppio dall’uno al due per cento della maggiore deducibilità), ma che resta invece invariata a 16,4 milioni per l’anno 2007 nonostante la prevista modifica della quota deducibile. Segnala poi che l’emendamento 5.103, nell’operare una riduzione della percentuale di deducibilità del canone di locazione, sopprime conseguentemente la previsione di spesa e la relativa copertura di cui all’articolo 6, comma 1, del decreto, con ciò non risultando in linea con il richiamato articolo 11-ter della legge n. 468 del 1978 che impone l’indicazione della previsione di spesa e della relativa copertura. Infine, in relazione all’emendamento 5.104, occorre acquisire chiarimenti circa l’assenza di effetti finanziari connessi alla proposta, atteso che la previsione in tal senso risulta già contenuta nella relazione tecnica. Rileva, infine, che non vi sono osservazioni sui restanti emendamenti.
Il PRESIDENTE dà per acquisito l’avviso del Governo e del Relatore sugli emendamenti di tenore identico alle esaminate proposte emendative presentate presso le Commissioni di merito ad eccezione degli emendamenti 2.100 e 1.206 non presentati in Commissione.
Sugli emendamenti 2.100 e 1.206 il rappresentante del GOVERNO esprime avviso contrario, ai sensi dell’articolo 81 della Costituzione, in quanto comportanti maggiori oneri.
Il RELATORE propone dunque di esprimere un parere contrario, ai sensi dell’articolo 81 della Costituzione, sugli emendamenti 1.101, 1.102, 1.105, 2.100, 1.206, 5.202, 1.104, 4.110, 5.100, 5.200, 5.102 e 5.103, nonché parere di nulla osta sulle restanti proposte.
Posta ai voti, la Commissione approva la proposta di parere.
La seduta termina alle ore 15,30.
LAVORI PUBBLICI, COMUNICAZIONI (8ª)
MARTEDÌ 10 OTTOBRE 2006
3ª Seduta
Presidenza del Presidente
FILIPPI
Interviene il sottosegretario di Stato per l'economia e le finanze Casula.
La seduta inizia alle ore 16,05.
IN SEDE CONSULTIVA
La Sottocommissione ha adottato la seguente deliberazione per il provvedimento deferito:
alla Commissioni 2a e 13a riunite:
(1048) Conversione in legge del decreto-legge 29 settembre 2006, n. 261, recante interventi urgenti per la riduzione del disagio abitativo in favore di particolari categorie sociali : parere favorevole.
SENATO DELLA REPUBBLICA
XV LEGISLATURA
61ª SEDUTA PUBBLICA
RESOCONTO
SOMMARIO E STENOGRAFICO
MERCOLEDI’ 25 OTTOBRE 2006
(Antimeridiana)
Presidenza del vice presidente BACCINI,
indi del vice presidente ANGIUS
e del presidente MARINI
Discussione del disegno di legge:
(1048) Conversione in legge del decreto-legge 29 settembre 2006, n. 261, recante interventi urgenti per la riduzione del disagio abitativo in favore di particolari categorie sociali (Relazione orale) (ore 9,45)
Approvazione di questione pregiudiziale
PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione del disegno di legge n. 1048.
Prima di dare la parola ai relatori, vorrei invitare il Governo ad osservare con maggiore scrupolo l'orario dei lavori del Senato per evitare in futuro sospensioni determinate da ritardi.
I relatori, senatori Brutti Massimo e Confalonieri, hanno chiesto l'autorizzazione a svolgere la relazione orale. Non facendosi osservazioni, la richiesta si intende accolta.
Pertanto, ha facoltà di parlare il relatore, senatore Confalonieri.
CONFALONIERI, relatore. Signor Presidente, onorevoli senatrici e onorevoli senatori, signor Ministro, ci apprestiamo oggi a convertire in legge il decreto-legge n. 261 recante interventi urgenti per la riduzione del disagio abitativo, un provvedimento legislativo che ha suscitato e sta suscitando molte aspettative, sia per il tema che tratta che per le modalità con cui lo tratta; aspettative ed ampi consensi dalla maggior parte dei soggetti interessati: dagli inquilini ai Comuni, dalle Regioni alle associazioni sindacali e di categoria.
Debbo anzi dire che, seppure in un tempo ristretto, il rapporto con questi interlocutori istituzionali e sociali ha portato a modificare in talune parti il decreto medesimo, rendendolo ancora più pregnante negli scopi che si prefigge. Stiamo parlando infatti di un provvedimento legislativo che si propone di affrontare il disagio abitativo per particolari categorie sociali, guardando oltre l'emergenza sfratti. Stiamo parlando di un decreto innovativo che prevede per la prima volta non solo la proroga, ma anche un avvio, con tempi certi e determinati, di un programma di edilizia agevolata e sovvenzionata per lo sviluppo e l'aumento di alloggi in locazione.
Naturalmente, una sospensione degli sfratti - così come previsto - si è resa necessaria e urgente per evitare pesanti effetti sociali, quantomeno con riguardo alle grandi città (Roma, Milano e Napoli) alle quali si riferiva il precedente decreto, i cui effetti sono scaduti il 3 agosto scorso: l'esecuzione degli sfratti, che ha avuto una flessione nel periodo estivo, sta infatti riprendendo, con gravi conseguenze sociali. (Brusìo).
PRESIDENTE. Mi scusi, senatore Confalonieri. Prego i colleghi di ascoltare questa interessante relazione su un argomento così importante e, comunque, di evitare dialoghi ad alta voce per dare un minimo di dignità a quest'Aula. Prego, senatore Confalonieri.
CONFALONIERI, relatore. Il decreto affronta tale questione nel contesto più ampio del disagio abitativo così come diffuso in Italia. Basti pensare che sono 600.000 i nuclei familiari collocati nelle graduatorie per l'accesso alle case popolari.
Alcuni dati indicano le cause che hanno portato a tale situazione. Nel 1984 si costruivano in Italia circa 36.000 case popolari, nel 2004 queste erano scese a 1.900. Dal 1997 la morosità è diventata la principale motivazione di sfratto, tanto che oggi rappresenta il 70-80 per cento del totale. I canoni di locazione in pochi anni hanno visto aumenti stratosferici, spingendo nella precarietà abitativa persino fette consistenti di famiglie di ceto medio che hanno un reddito troppo alto per poter anche solo partecipare ai bandi per l'assegnazione di alloggi popolari, ma troppo basso per sostenere sia il mercato della locazione a canone libero, sia il mercato della compravendita. Si calcola che l'indebitamento degli italiani per acquistare la casa superi i 200 miliardi di euro.
Le politiche di privatizzazione e di cartolarizzazione di grandi patrimoni immobiliari negli ultimi anni hanno azzerato anche quella parte di patrimonio abitativo che si frapponeva fra gli alloggi di edilizia sovvenzionata e il libero mercato. In Italia gli alloggi sociali rappresentano il 4 per cento del patrimonio costruito, mentre in Europa la media è del 16 per cento. (Brusìo).
PRESIDENTE. Mi scusi nuovamente, senatore Confalonieri. Prego tutti i colleghi presenti in Aula di adottare un atteggiamento di ascolto e di mantenere comunque un livello di brusìo accettabile, perché il relatore fa fatica a parlare e noi ad ascoltare. Quindi, vi esorto ad abbassare il tono del brusìo perché è inammissibile.
Continui, senatore, riproviamo.
CONFALONIERI, relatore. Riproviamo.
Se tutto ciò corrisponde al vero, non è certo con la politica delle proroghe e degli sfratti che si può pensare di affrontare tale questione abitativa. Questa tende, anzi, a perpetuare una situazione emergenziale in un campo che abbisogna, al contrario, di politiche strutturali in grado di dare certezza a inquilini e proprietari.
La scelta del Governo in tale contesto è stata quella di proporre un percorso che porti all'abbandono delle proroghe per le proroghe. Si è fatta così una scelta avanzata anche rispondendo agli ammonimenti della Corte costituzionale enunciati nella sentenza n. 155 del 2004, nella quale, pur non ritenendo incostituzionale la proroga per cui era stato presentato il ricorso, si faceva presente al legislatore che non erano più accettabili simili provvedimenti destinati a tradursi, senza interventi capaci di affrontare la questione, in ulteriori proroghe fini a sé stesse.
Il provvedimento al nostro esame è così finalizzato a dare inizio ad un percorso, attraverso la programmazione dei Comuni in termini certi e l'avvio di un tavolo di concertazione da parte dello Stato, capace di avviare risposte strutturali e non puramente emergenziali.
Si sottolinea, in particolare, che rispetto all'ultimo decreto di sospensione degli sfratti sono state apportate sostanziali modifiche: si sono introdotti, tra i soggetti interessati, i nuclei familiari con figlio a carico e malati terminali, oltre che con portatori di handicap e ultrasessantacinquenni; si è definito un limite di reddito pari a 27.000 euro lordi; si è infine ampliato il numero dei Comuni interessati. Nel precedente decreto erano solo quelli con più di un milione di abitanti.
La durata della sospensione delle esecuzioni di sfratto si protrae al 30 giugno 2007 per i piccoli proprietari e al 30 giugno 2008 per la grande proprietà, in quei Comuni che entro tre mesi presenteranno ai Ministri delle infrastrutture e della solidarietà sociale un piano nel quale dovranno essere indicati quanti sono i soggetti interessati e il numero di alloggi necessari, siano essi di edilizia sovvenzionata o agevolata destinati alla locazione.
Il decreto-legge, anche in questo caso rispondendo ai rilievi della Corte costituzionale, prevede all'articolo 1, comma 6, una comparazione tra inquilino e proprietario e, laddove il proprietario abbia condizioni simili o peggiori dell'inquilino, egli può chiedere al giudice di non accordare la sospensione.
Nel dettaglio, l'articolo 1 disciplina la sospensione delle procedure di sfratto, individua i Comuni interessati, indica le categorie sociali destinatarie del provvedimento, prevede la possibilità per il proprietario, sussistendo determinate condizioni, di chiedere al giudice di non accordare la sospensione, riconosce il diritto al rinnovo per 9 anni del contratto di locazione a conduttori di immobili appartenenti a soggetti oggetto di operazioni di cartolarizzazione.
L'articolo 2 riporta i benefici fiscali già previsti dalla precedente legge; l'articolo 3 riguarda i programmi pluriennali che i Comuni devono predisporre d'intesa con la Regione; l'articolo 4 istituisce il tavolo nazionale di concertazione. Con l'articolo 5 si compensano le spese per la copertura dell'articolo 2, riducendo la detrazione forfetaria prevista per coloro che affittano a canone libero. L'articolo 6, infine, indica la copertura finanziaria del provvedimento richiamando l'articolo 5.
In conclusione, la conversione in legge del decreto 29 settembre 2006, n. 261, rappresenta una grande opportunità per affrontare l'annosa e a volte drammatica questione degli sfratti uscendo dall'ottica puramente emergenziale delle proroghe. Si tratta di avviare, e questo decreto lo fa, con il concorso decisivo delle Regioni e dei Comuni, una nuova stagione per una politica abitativa, in particolar modo nel campo della locazione, capace di risposte strutturali e sicure sia per gli inquilini che per i proprietari.
Onorevoli senatrici, onorevoli senatori, sono certo che a tutti noi non sfugge la drammaticità del disagio abitativo per migliaia di famiglie nel nostro Paese, né l'importanza di superare l'emergenza all'interno della quale da anni è collocata. Questo decreto apre una strada nuova e convincente che prelude alla necessità di affrontare la questione abitativa nel nostro Paese assumendola come una delle priorità per il prossimo futuro.
Per queste ragioni e con molta convinzione sono a chiedervi il voto favorevole per la conversione in legge del decreto-legge n. 261 del 29 settembre 2006. (Applausi dai Gruppi RC-SE, Ulivo e IU-Verdi-Com).
PRESIDENTE. Ha facoltà di parlare il relatore, senatore Brutti Massimo.
BRUTTI Massimo, relatore. Signor Presidente, il collega senatore Confalonieri ha già riferito sui contenuti e sulle finalità del decreto-legge. Voglio soltanto richiamare un aspetto: le norme in esame incidono su due diritti fondamentali costituzionalmente garantiti, da una parte il diritto di proprietà, dall'altra il diritto all'abitazione, che trova il suo fondamento negli articoli 2 e 3 della Costituzione e la cui configurazione può determinarsi anche sulla base dell'articolo 42, secondo comma, della Costituzione stessa, che riguarda - come è noto - il diritto di proprietà, i suoi limiti, la sua funzionalizzazione per finalità sociali.
Nel corso degli anni la Corte costituzionale si è più volte espressa in materia di blocco degli sfratti, da ultimo con la sentenza n. 155 del 2004. Allora la Corte era stata adita per giudicare della legittimità costituzionale dell'articolo 1, comma 1, del decreto-legge 20 giugno 2002, n. 122, con il quale era stato prorogato il periodo di sospensione delle procedure esecutive di rilascio di immobili a carico di conduttori appartenenti a categorie protette.
La Corte costituzionale aveva censurato la disparità di trattamento tra i locatori titolari di un diritto a ottenere la restituzione dell'abitazione a seconda che gli inquilini soggetti passivi di tale rapporto e di tale diritto appartenessero o meno a categorie protette. Essa aveva rilevato che il regime della concessione delle proroghe ai termini delle procedure esecutive per gli sfratti impediva, di fatto, la consegna dell'immobile al legittimo proprietario, addossando esclusivamente ai locatori l'onere dell'attuazione del diritto all'abitazione.
Ora, questo decreto-legge tiene conto delle indicazioni della giurisprudenza costituzionale e, da ultimo, della sentenza che ho appena citato. La giurisprudenza costituzionale ha insistito sul fatto che il regime di proroga non potesse essere che transitorio. Ebbene, il decreto-legge va incontro a tre criteri prospettati dalla Corte costituzionale: in primo luogo, la necessità che la proroga sia limitata nel tempo; in secondo luogo, il reddito di conduttori con a carico persone anziane (ultrasettantenni o ultrasessantacinquenni, a seconda della scelta che compiremo in sede di conversione del decreto), con figli a carico, portatori di handicap o malati terminali; infine - terzo criterio - la residenza nei Comuni capoluoghi di Provincia e Comuni limitrofi con oltre 10.000 abitanti (quale era la stesura originaria del decreto-legge) oppure (come meglio credo possa determinarsi nella logica della norma come approvata in Commissione) prevedendo la possibilità di estendere tale disciplina alle situazioni di particolare tensione o densità abitativa.
Il comma 6 dell'articolo 1, nel prevedere la non operatività della sospensione in danno del locatore che dimostri di trovarsi nelle stesse condizioni richieste per ottenere la sospensione o nelle condizioni di necessità sopraggiunta dell'abitazione, viene incontro alle esigenze di comparazione tra la posizione del locatore e la posizione del conduttore, mentre l'articolo 2, in virtù della previsione di benefici fiscali, allevia il carico economico in capo al locatore.
L'articolo 3 dispone una soluzione graduale del problema abitativo attraverso lo strumento dell'edilizia sovvenzionata e agevolata, mentre l'articolo 4 prevede un piano pluriennale per l'edilizia residenziale pubblica. Dunque, la proroga disposta viene strettamente agganciata ad una prospettiva di graduale risoluzione del problema abitativo.
Desidero richiamare l'attenzione ancora su due aspetti. Il primo concerne la differenziazione dell'entità della proroga prevista ai commi 3 e 7 dell'articolo 1. In questo caso, vi è una proroga più estesa nel tempo sulla base di una logica perequativa. Infatti, la proroga più lunga si riferisce alle locazioni in cui il locatore è un contraente particolarmente forte. In particolare, il comma 7 dell'articolo 1 prevede una garanzia a favore di conduttori di abitazioni coinvolte nel processo di cartolarizzazione. In sostanza, si tratta di una garanzia a favore di conduttori deboli.
È questo il quadro normativo che emerge dal decreto-legge e dai lavori svolti nelle Commissioni riunite ambiente e giustizia.
Mi trovo però di fronte, signor Presidente, signor rappresentante del Governo, ad un problema che desidero immediatamente evidenziare e che - a mio giudizio - deve trovare soluzione. La questione fondamentale è che in particolare su due punti qualificanti - a giudizio dei relatori - della normativa contenuta in questo provvedimento la Commissione bilancio ha espresso parere contrario.
Mi riferisco al parere contrario sugli emendamenti 1.101 e 1.102 e al parere della stessa Commissione che ci indurrebbe ad approvare gli emendamenti soppressivi 1.111, 1.214 e 1.215, presentati da senatori dell'opposizione, facendo così saltare il comma 7 dell'articolo 1, quello che introduce garanzie a favore degli inquilini delle abitazioni oggetto delle procedure di cartolarizzazione.
A nostro giudizio, questa è una garanzia irrinunciabile, poiché riguarda ceti popolari, poiché riguarda conduttori deboli. È necessario garantire agli inquilini di queste case, che sono degli enti previdenziali - e la periferia di Roma, ma anche di altre grandi città, è piena di simili abitazioni - un periodo di tempo, soprattutto quando si trovino nelle condizioni di disagio indicate all'inizio dell'articolo 1. Non è possibile sbattere gli inquilini fuori di casa da un giorno all'altro. Ripeto, il comma 7 è un elemento qualificante di queste norme.
Chiedo quindi una pausa affinché il Governo indichi una copertura finanziaria che ci consenta di approvare i due emendamenti censurati dalla 5a Commissione e, soprattutto, di tenere fermo il comma 7 dell'articolo 1, che consideriamo qualificante. (Applausi del senatore Confalonieri).
BOCCIA Antonio (Ulivo). Domando di parlare. (Brusìo).
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
BOCCIA Antonio (Ulivo). Signor Presidente, nella confusione che c'è in Aula...
PRESIDENTE. Invito i colleghi ad abbassare il livello del brusìo.
BOCCIA Antonio (Ulivo). ...forse non è stata percepita bene la richiesta avanzata dai relatori. Su alcuni emendamenti presentati al provvedimento la 5a Commissione ha espresso un parere contrario ai sensi dell'articolo 81, comma quarto, della Costituzione, il che crea dei problemi seri alla validità del provvedimento, a prescindere da maggioranza e opposizione. E' stata quindi chiesta una pausa per consentire al Governo di individuare le coperture necessarie.
Allora, signor Presidente, è inutile, a mio avviso, procedere nell'iter ordinario dei lavori parlamentari se prima non sappiamo qual è il testo del quale dobbiamo discutere. Chiedo dunque che si prenda in considerazione la richiesta dei relatori di una breve pausa per consentire alle Commissioni e al Governo di trovare un punto di chiusura sulle questioni che riguardano gli emendamenti 1.102 e 1.104 e, soprattutto, gli emendamenti 1.111, 1.214 e 1.215, presentati, rispettivamente, dai senatori Leoni, Centaro e D'Alì e Scotti, che chiedono la soppressione del comma 7.
PRESIDENTE. Informo i colleghi senatori che, a prescindere dal dibattito, sono state presentate due questioni pregiudiziali che, come sappiamo, hanno il diritto di precedenza su tutto.
D'ALI' (FI). Domando di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
D'ALI' (FI). Signor Presidente, credo sarebbe il caso di procedere, come lei ha detto, con le questioni pregiudiziali. Il presupposto della richiesta di sospensione non è rappresentato dai tre emendamenti da noi presentati, ma dal parere contrario della 5a Commissione sul comma 7 dell'articolo 1. Noi possiamo essere anche favorevoli ad una sospensione, ma sempre dopo avere esaminato le pregiudiziali, se il Governo annuncia il ritiro del comma 7. Diversamente sarebbe, come già successo purtroppo in Commissione, un precedente gravissimo.
Ho solo una breve esperienza governativa, però mai un Governo o una maggioranza in Commissione si erano permessi non solo di ignorare il parere della 5a Commissione ai sensi dell'articolo 81 della Costituzione, ma addirittura di dichiarare che quel parere non rilevava ai fini delle valutazioni della volontà della maggioranza. E il Governo non è intervenuto!
Sappiamo benissimo - ne parleremo nel corso della discussione delle questioni pregiudiziali - che questo parere impone al Capo dello Stato di non firmare il provvedimento.
Pertanto, signor Presidente, ci dichiariamo assolutamente favorevoli alla sua proposta di esaminare subito le questioni pregiudiziali e favorevoli ad un'eventuale sospensione solo nel caso in cui il Governo annunci il ritiro del comma 7 dell'articolo 1; diversamente, chiediamo di procedere.
PRESIDENTE. Mi sembra che le argomentazioni esposte non incidano sull'ordine dei lavori della seduta. Come tutti sappiamo, le questioni pregiudiziali sono state presentate dai senatori Pastore e Ferrara. Pertanto, a termini di Regolamento, procediamo con la loro illustrazione.
PASTORE (FI). Domando di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
PASTORE (FI). Vorrei ricordare ai colleghi che, in parte, ci siamo già occupati di tali questioni quando abbiamo sollevato in Aula il problema dei presupposti di necessità e urgenza del provvedimento in esame.
Dopo la relazione del collega Brutti ci sarebbe poco da aggiungere, perché in realtà le perplessità che trasparivano dalle sue parole costituiscono, a mio parere, un macigno sulla strada del provvedimento.
Per quanto riguarda il cuore del provvedimento, ossia il comma 1 dell'articolo 1, vorrei far presente ai colleghi che, dopo la sentenza della Corte ricordata dal collega Brutti, il legislatore ha proceduto in modo da rendere sempre meno rilevanti, da un punto di vista soggettivo, i provvedimenti di sospensione degli sfratti, "caricando" - tra virgolette - sulla solidarietà sociale, e quindi sugli interventi pubblici, la soluzione di questi gravissimi problemi umani, che non vogliamo certamente sottovalutare e che non sottovalutiamo. Ma essi, come ci ha insegnato la Corte, vanno risolti o avviati a soluzione a carico della fiscalità generale e non certamente a carico del malcapitato proprietario, che ha la legittima aspettativa di riavere la disponibilità dell'immobile di sua proprietà.
Vi è stato un percorso che ha portato alla riduzione dell'incidenza di provvedimenti di questo tipo; infatti, l'ultimo provvedimento di proroga di sospensione degli sfratti si limitava alle città con popolazione non inferiore a un milione di abitanti. Il decreto‑legge in esame estende invece a macchia d'olio la ricaduta del provvedimento, stabilendo che si applichi nei Comuni capoluoghi di provincia, che probabilmente non hanno situazioni così gravi da non poter essere risolte con gli ordinari strumenti di solidarietà previsti dal nostro ordinamento, e nei Comuni limitrofi con oltre 10.000 abitanti.
Noi abbiamo chiesto al Governo - e mi sembra che gli emendamenti presentati dalla stessa maggioranza dimostrino di aver colto nel segno - di spiegarci quale estensione avrebbe avuto tale provvedimento. L'estensione, evidentemente, era così ampia da indurre alla presentazione dei due emendamenti che fanno riferimento ai Comuni ad alta tensione abitativa, che sono certamente di entità ridotta rispetto a quelli indicati nel comma 1.
Rimane comunque la pregiudiziale sul testo del provvedimento. Noi - lo ripeto - invochiamo il rispetto della sentenza della Corte e, soprattutto, il rispetto di un percorso che avrebbe dovuto portarci a rendere assolutamente neutrale per la proprietà l'esistenza delle situazioni di grave disagio, facendone invece carico alla collettività.
Vi sono altre due questioni che riguardano l'articolo 1. Il comma 3, con normativa alquanto originale, prevede che per particolari soggetti, probabilmente ritenuti non meritevoli di tutela (tra questi i soggetti che fanno del reddito e della proprietà immobiliare una fonte di equilibrio finanziario, come gli enti di previdenza), il termine di sospensione, invece che al 30 giugno 2007, sia fissato al 30 giugno 2008. Viene poi stabilito per le grandi proprietà il tetto di 100 unità abitative che indubbiamente è assolutamente discrezionale, per non dire arbitrario, perché potrebbero essere anche 90 o 190: in realtà si tratta di una scelta senza alcuna logica di base.
Tuttavia è l'ultimo punto, quello già richiamato delle questioni di copertura, concernente il comma 7, da ritenersi in contrasto sostanziale con la Costituzione. Tale comma prevede - credo che i colleghi debbano rendersene conto - che per gli alloggi che hanno formato oggetto di transazioni nell'ambito delle procedure delle famose SCIP (operazioni di vendita di immobili pubblici per ristorare le casse dello Stato sulla base di precise regole, che hanno indotto le società e gli enti acquirenti a fare precisi e fondati calcoli economici) non si applica il comma 1 di questo decreto-legge. Quindi non vi è la sospensione degli sfratti, laddove vi siano sfratti esecutivi, ma addirittura il rinnovo di contratti già scaduti, e non per la durata di quattro anni, come prevedeva la materia dell'equo canone, non per sei anni, come per gli esercizi commerciali, ma addirittura per nove anni.
In sostanza, si prevede un rinnovo per legge dei contratti di locazione per nove anni, prescindendo dall'applicazione o meno del comma 1 dell'articolo 1 perché si potrebbe applicare in questo caso tale norma colpendo anche situazioni di equilibrio economico-finanziario di soggetti che si sono fidati e hanno confidato nel rispetto delle regole da parte dello Stato. Il comma 7 è uno schiaffo alla certezza del diritto, ma soprattutto alla serietà di un legislatore che promette ad alcuni che incasseranno, ma poi con una mano toglie dal portafoglio di chi già ha dato.
Questo è il punto forse più grave del provvedimento in esame, anche perché vi sono collegamenti con questioni di copertura, delle quali non mi occupo, ma che ritengo assolutamente rilevanti.
FERRARA (FI). Domando di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
FERRARA (FI). Signor Presidente, la questione di cui trattiamo preoccupa per i suoi effetti dispositivi; quindi, la pregiudiziale di costituzionalità trova ulteriore se non maggiore fondamento nella contrarietà che rileva sotto il profilo della legge sulla contabilità pubblica e, quindi, sotto il profilo dell'articolo 81 della Costituzione.
Nel provvedimento - come è stato già detto dal relatore e dal senatore Pastore - sussistono due disposizioni, una al comma 7 dell'articolo 1 e, aggiungo, una all'articolo 5, che è un articolo di copertura, che sono palesemente incostituzionali.
Il comma 7 dell'articolo 1 è volto ad attribuire ai conduttori - ripetiamo ancora una volta in quest'Aula - di immobili destinati ad uso abitativo oggetto della cartolarizzazione SCIP, se appartenenti a particolari categorie, il diritto di rinnovo per nove anni del contratto di locazione di cui sono titolari. Ma cosa succede? Questa introduzione dispositiva determina una scopertura oltremodo patente delle norme. Cerchiamo di spiegare il perché.
Se così fosse, se cioè i locatari potessero prorogare il contratto di locazione di nove anni, così come disposto dal comma 7, rispetto al valore stimato dalla società di cartolarizzazione, cioè dalla SCIP, si andrebbe incontro ad una svalutazione evidente dell'immobile: più sono gli immobili che possono essere detenuti in locazione, più il loro valore sarebbe svalutato sul mercato per un periodo maggiore di tempo.
Cosa succede? È obbligatorio da parte dello Stato che questa svalutazione, per gli effetti delle disposizioni vigenti, venga indennizzata. Ricordiamo e leggiamo che il decreto ministeriale del 21 ottobre 2002, attuativo delle disposizioni in ordine alle autorizzazioni di cartolarizzazione degli immobili, oggetto del provvedimento, stabilisce che al momento del trasferimento degli immobili dagli enti previdenziali alla SCIP, la società di cartolarizzazione versi un prezzo iniziale a titolo definitivo, e corrisponda all'importo effettivamente incassato, sempre dalla stessa SCIP, a fronte della emissione di titoli, un importo commisurato all'85 per cento - lo sottolineo poiché è un punto molto importante del ragionamento che sto per fare - del valore stimato nel mese di novembre 2002.
Inoltre, lo stesso decreto ministeriale stabilisce che si determineranno oneri per lo Stato nell'eventualità in cui il ricavato della vendita degli immobili sul mercato non sia sufficiente alla società di cartolarizzazione per far fronte agli obblighi derivanti dai prestiti contratti. È più che evidente che il valore di un immobile libero è valutato dal prezzo di mercato; invece, nel caso vengano prorogati i contratti, l'immobile detenuto in locazione sarebbe svalutato e quindi, qualora le società di cartolarizzazione potessero vendere l'immobile (bisogna infatti verificare se ciò sia possibile), immobile per il quale nell'incontro tra domanda e offerta il mercato comunque individuerebbe un valore, il prezzo sarebbe di gran lunga inferiore all'85 per cento, con un pericolo ben più che ipotetico di una riforma che, in sede comunitaria, potrebbe essere fatta sul debito pubblico.
Perché? Bisogna ricordare tale aspetto che non è stato ancora affrontato nelle Commissioni di pertinenza anche se risulta dai documenti: ricordiamo che le società SCIP hanno emesso dei bond sulle operazioni, con il conseguente interessamento bancario garantito dallo Stato. Se, però, registrassimo un abbassamento della percentuale, superiore al limite dell'85 per cento dettato dal decreto ministeriale del 21 novembre 2002 allora, per decisione EUROSTATdel 2005, l'indennizzo sarebbe valutato - così come tutta l'operazione - come un elemento dello stock di debito.
Vi è una conseguenza non solo sotto il profilo del dettato dell'articolo 81 della Costituzione e per quanto attiene alla legge di contabilità; esiste un pericolo molto, molto più grave, cioè la revisione del debito pubblico dello Stato. È una questione che deve essere affrontata perché, ancorché venisse coperta dal Governo l'entità della risorsa valutata da una relazione tecnica, che ora non c'è, sul comma 7 dell'articolo 1, se la copertura fosse pari ad una cifra superiore all'85 per cento, rimarrebbe sempre possibile una riforma del debito pubblico, che determinerebbe non solo una conseguenza sotto il profilo della costituzionalità, ma anche una conseguenza evidente per la strutturazione propria del sistema a supporto della conduzione del Tesoro.
Bisogna poi aggiungere che se il comma 7 comporta due effetti, uno certo, cioè la necessità che la norma deve essere coperta ex articolo 11 della legge di contabilità, l'altro, pericolosamente possibile, è la riclassificazione del debito pubblico: questo non è detto soltanto dall'opposizione e dalla minoranza, ma dallo stesso relatore in Commissione bilancio. Era infatti il relatore in Commissione bilancio a chiedere al Governo di fornire chiarimenti sullo stato delle operazioni di cartolarizzazione e, in particolare, proprio come stiamo continuando a dire, sulle eventuali ripercussioni negative che potessero coinvolgere il rimborso dei bond da parte della SCIP. Ancora, non è soltanto l'articolo 1, al comma 7, che ha patenti profili di incostituzionalità.
Vi è nel provvedimento in esame l'articolo 5 che abbassa dal 15 al 14 per cento la deducibilità dei contratti di locazione, se stipulati a canone libero, cioè il cosiddetto canone non concordato. Si dà la possibilità di una valutazione da parte del locatore di passare dal canone non concordato a quello concordato, che, come sappiamo, ha un migliore trattamento ai fini fiscali. Cioè il locatore che vedesse la possibilità di una riduzione della deduzione dal 15 al 14 per cento potrebbe decidere di passare dal canone libero al canone concordato, perché avrebbe un maggiore beneficio dal punto di vista fiscale.
Ma tale beneficio a livello fiscale si traduce in un minor gettito per lo Stato, e se c'è un minore gettito per lo Stato questa norma deve essere coperta. Il Governo la copre con il ragionamento per cui anche se i canoni non concordati, che sono oggi del 2 per cento, passassero al 20 per cento, la cifra individuata dalla relazione tecnica, per gli effetti dell'articolo 5 del provvedimento, sarebbe ben superiore al necessario.
Ma è evidente che esistono due motivi di contrarietà: innanzitutto l'estrapolazione fatta nella relazione tecnica non indica come la valutazione del 2004 si possa riportare al 2006; in secondo luogo, la relazione tecnica non dice nulla, così come invece disposto dalla legge di contabilità, sui dati e sui metodi utilizzati per la quantificazione e, in particolare, sul cosiddetto sistema economico adottato per dichiarare il 20 per cento bastevole al fine di conseguire l'obiettivo di compensazione degli effetti contabili. In definitiva, la norma non risponde al contenuto dell'articolo 11-ter, comma 2, della legge di contabilità, e quindi deve essere respinta così come la Commissione bilancio ha fatto.
In conclusione, il provvedimento determina evidentemente una voragine nei conti pubblici e, anche se coperto, per quanto abbiamo argomentato sullo stock, influenzerebbe molto negativamente il rating dello Stato. E proprio alla luce di quanto è stato deciso negli ultimi giorni sul rating dello Stato, che sia ulteriormente abbassato per una decisione del Governo, di un provvedimento così mal fatto non abbiamo certamente bisogno. (Applausi dal Gruppo FI).
PRESIDENTE. Ricordo che nella discussione sulle questioni pregiudiziali può prendere la parola non più di un rappresentante per ogni Gruppo parlamentare, per non più di dieci minuti.
*VILLONE (Ulivo). Domando di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
VILLONE (Ulivo). Signor Presidente, intervengo per esprimere la nostra convinzione che sussistano i presupposti di necessità ed urgenza e che quindi la posizione espressa dai colleghi dell'opposizione non debba essere accolta.
Credo che le due relazioni iniziali svolte dai colleghi Confalonieri e Brutti Massimo abbiano ampiamente illustrato che, in questo caso, il decreto-legge risponde davvero ad un'emergenza in atto, un'emergenza certamente antica, ma non per questo meno seria, e che anzi si sta aggravando.
In particolare, il collega Confalonieri ha tratteggiato come vi siano varie concause che determinano... (Brusìo)
PRESIDENTE. Scusi, senatore Villone; pregherei i colleghi di accomodarsi. Prego, senatore Forte, si accomodi!
VILLONE (Ulivo). Dicevo che il collega Confalonieri ha tratteggiato come vi siano varie concause che determinano la situazione nella quale ci troviamo: il venir meno dei programmi di costruzione di case popolari; l'aumento forte ed indiscriminato dei canoni e la conseguenza che ormai la gran parte delle questioni che sorgono riguarda sfratti per morosità; la svendita sostanziale del patrimonio immobiliare pubblico che storicamente è stato un tampone ed ha fatto da ammortizzatore alla domanda di abitazione.
In realtà, in questo Paese da tempo non abbiamo più politiche pubbliche strutturali per la domanda abitativa. Di tali politiche c'è bisogno. Il punto è che per metterle in campo si richiedono tempi non brevi. Di qui la scelta opportuna del decreto-legge, che interviene, da un lato, tamponando l'emergenza in atto - i numeri sono noti, le famiglie che rischiano di andare per strada sono tante - e, dall'altro, mettendo in campo una prima idea, un avvio, di politica strutturale. Non c'è dubbio che da questo punto di vista sussistano i presupposti di necessità e urgenza. Nel merito, siamo di fronte a un provvedimento che è anche strettamente mirato nei suoi requisiti soggettivi e oggettivi.
Gli argomenti che portano i colleghi dell'opposizione, in realtà, attengono a supposti profili di incostituzionalità di questo o quel punto del testo. Ciò però non incide sulla sussistenza dei presupposti di necessità e urgenza (si tratta di una confusione abituale che fanno i colleghi dell'opposizione). Capisco che si possa dire che un decreto-legge non può essere necessario e urgente se è incostituzionale: ma dovrebbe trattarsi di un'incostituzionalità talmente palese e talmente inoppugnabile del decreto nel suo complesso da non poter reggere l'adozione in sé. Tale certamente non è il caso di questo decreto.
Non è vero, come si dice, che sia troppo esteso nell'ambito di applicazione: comunque è l'emergenza abitativa quella che esso intende affrontare. Non c'è alcun atteggiamento discriminatorio a carico di questa o quella categoria. Va anche detto che sono pienamente soddisfatti i parametri posti dalla giurisprudenza della Corte costituzionale, che nelle sue sentenze ha detto in sostanza due cose: in primo luogo, non ci possono essere proroghe continue a tempo indeterminato e a catena, e, in secondo luogo, non può farsi carico il solo locatore della necessità di soddisfare il diritto all'abitazione.
Questo è esattamente quanto si fa con tale decreto, che non solo avvia la prospettiva del superamento dell'emergenza ma prevede discipline differenziate a carico del locatore per condizioni allo stesso inerenti. Questo è evidente quando si fa una disciplina diversa per la grande proprietà immobiliare. Non c'è dubbio alcuno che ci sia una situazione diversa per la grande proprietà immobiliare rispetto al piccolo proprietario e non c'è dubbio che questa sia una disciplina differenziata che non guarda solo alle condizioni soggettive di chi prende in affitto l'immobile ma parte invece dalla condizione diversa di chi ne dispone in qualità di proprietario.
Quindi, l'impianto di tale decreto è chiaramente nel solco della giurisprudenza della Corte costituzionale. Fa poi sorridere l'argomento che in questo modo si turberebbe addirittura l'equilibrio finanziario di tali enti, in particolare di quelli previdenziali. Si può mai pensare che tale equilibrio sia turbato dal fatto che qualche poveraccio non va a finire per strada e non va a dormire sotto i ponti, o piuttosto tale equilibrio è stato turbato dalle dissennate politiche di svendita del patrimonio che ha fatto il centro-destra per anni, le quali hanno letteralmente dissipato il patrimonio immobiliare di tali enti e ne hanno messo - loro sì, con le loro scelte politiche - a rischio l'equilibrio finanziario?
Infine, per quanto riguarda il punto degli emendamenti non coperti è evidente che esso non ha a che fare con i presupposti di costituzionalità.
Non so quello che deciderà di fare la Presidenza o il Governo, ma è chiaro che su questi emendamenti si voterà, in ogni caso, secondo il Regolamento. Noto, tuttavia, che sarebbe davvero singolare che l'avere avanzato un emendamento nel corso della discussione del decreto-legge determinasse ora qui in Aula la decisione sulla esistenza dei presupposti che, lo ricordo sempre ai colleghi, comporta la decadenza immediata del decreto. Quindi, un emendamento che non è ancora parte del testo, che non è ancora stato approvato dall'Aula, che non esiste normativamente, dovrebbe indurre quest'Aula a far decadere immediatamente il decreto nella sua interezza, come accadrebbe se dall'argomento che è stato posto noi arrivassimo alla conclusione di un voto negativo sull'esistenza dei presupposti.
È del tutto evidente che questa sarebbe cosa insensata. Quindi, a prescindere dalle decisioni da assumere nel merito specifico di questi emendamenti, è del tutto ovvio che la cosa non deve riguardarci adesso, nel momento in cui votiamo sui presupposti di necessità e di urgenza.
Credo, signor Presidente che, come sempre, la questione risieda nel bilanciamento degli interessi. Anche in questo caso, esiste un bilanciamento di interessi; per una volta si bilancia a favore dei deboli e di chi versa in condizioni di difficoltà. Non mi stupisco che i colleghi del centro-destra siano, come sempre, dalla parte opposta.
Personalmente, ritengo che questa maggioranza stia dalla parte giusta e debba sostenere le ragioni della necessità e dell'urgenza.
RUBINATO (Aut). Domando di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
RUBINATO (Aut). Signor Presidente, onorevoli colleghi, chi mi ha preceduto ha già ampiamente motivato la insussistenza delle prospettate questioni di pregiudizialità costituzionale. In ogni caso, anch'io cercherò di argomentare al riguardo.
Credo che il decreto-legge che ci accingiamo a convertire rappresenti un forte segnale di discontinuità rispetto al passato proprio nel senso dell'attuazione dei principi costituzionali. Sappiamo che in materia le norme vanno ad incidere su due diritti fondamentali garantiti dalla nostra Costituzione: da una parte il diritto di proprietà, dall'altra il diritto all'abitazione, appunto, che trova fondamento negli articoli 2, 3, e 42, comma secondo, della Costituzione.
La Corte costituzionale ha avuto modo di esprimersi in materia di blocco di sfratti plurime volte. Vorrei qui ricordare i passaggi più rilevanti di due sentenze in materia che indicano la rotta che, in qualche modo, questo decreto-legge cerca di seguire.
Nel 2003 la Corte ebbe a rilevare in modo molto chiaro che il legislatore deve certo farsi carico «delle esigenze di coloro che si trovano in particolari situazioni di disagio, in quanto appartenenti a categoria protetta, ricorrendo ad iniziative del settore pubblico o accordando agevolazioni o ricorrendo ad ammortizzatori sociali; ma non può indefinitamente limitarsi, per di più senza alcuna valutazione comparativa, a trasferire l'onere relativo in via esclusiva a carico del privato locatore che potrebbe trovarsi in identiche o anche peggiori situazioni di disagio».
Successivamente, nel 2004, con la sentenza n. 155, la Corte ha ribadito ulteriormente che la sospensione delle procedure di rilascio di immobili può trovare giustificazione soltanto se incide sul diritto alla riconsegna dell'immobile per un periodo transitorio ed essenzialmente limitato. La Corte ha altresì fatto presente che, ove le scelte del legislatore dovessero ulteriormente seguire la logica del susseguirsi di proroghe e differimenti del termine di sospensione delle procedure di rilascio, queste «non potrebbero sottrarsi alle proposte censure d'illegittimità costituzionale, anche in considerazione del vulnus che il protrarsi delle proroghe arreca al principio della ragionevole durata del processo e alla coerenza dell'ordinamento».
Ebbene, con questo provvedimento si prevengono le censure di disparità di trattamento dei locatori, si previene la censura relativa all'indiscriminata sospensione e proroga degli sfratti e si prevedono dei meccanismi compensativi per il danno subito dai locatori in conseguenza del mancato rilascio dell'immobile. Un provvedimento, dunque, che finalmente va nella direzione di ottemperare i precetti costituzionali.
La segnalata discontinuità in particolare si rileva nella previsione di cui all'articolo 1, comma 6, il quale dispone che «la sospensione non opera in danno del locatore che dimostri, nelle forme di cui al comma 2, secondo periodo, di trovarsi nelle stesse condizioni richieste per ottenere la sospensione medesima o nelle condizioni di necessità sopraggiunta dell'abitazione»; nella previsione della decadenza del beneficio della sospensione nel caso di mancato pagamento dei canoni, ai sensi del comma 5 dello stesso articolo; nella corresponsione della maggiorazione del canone a titolo di risarcimento del danno per il prolungamento dell'utilizzazione dell'immobile. In questo testo di legge, dunque, ritroviamo le norme che consentono di ottenere la piena comparazione tra la condizione del conduttore e quella del locatore, come imposta dalla Corte costituzionale e quindi dalla nostra Costituzione.
All'articolo 2 sono stabilite congrue misure che addossano alla collettività l'onere economico di proteggere gli inquilini, alleviando il sacrificio del locatore, con benefici fiscali a vantaggio dei proprietari, sia da parte dello Stato che, eventualmente, dei Comuni.
Per quanto attiene infine al profilo della durata della sospensione, la sospensione generalizzata è limitata a soli due mesi, mentre l'ulteriore periodo di sospensione previsto è condizionato alla predisposizione da parte dei Comuni, di intesa con le Regioni, dei programmi di edilizia indicati all'articolo 3, che va predisposto entro due mesi.
Ebbene - per quanto ho cercato di sintetizzare - il provvedimento è ben diverso rispetto a quelli che sono stati oggetto più volte di precedenti sanzioni e censure da parte della Corte costituzionale che esaminava decreti di mera proroga e non funzionali ad alcun intervento strutturale e sostanziale. Certamente, la logica del provvedimento in esame cambia radicalmente la prospettiva perché non si propone una mera proroga fine a sé stessa, ma una sospensione finalizzata e condizionata all'effettivo avvio di programmi per la soluzione del problema abitativo delle categorie interessate.
In proposito, mi soffermo brevemente anche sull'ultimo rilievo di pregiudizialità costituzionale, ovvero sulla sussistenza dei requisiti di necessità e urgenza per l'adozione di un decreto-legge. Ebbene, il presente decreto-legge ha lo scopo, comune a una numerosissima serie di altri decreti-legge, di contenere il disagio abitativo di particolari categorie di soggetti svantaggiati, soprattutto nelle aree metropolitane. La norma che ci accingiamo a convertire è la conseguenza del fatto che non ci sono stati, con gli interventi legislativi adottati in precedenza, soluzioni strutturali a un problema che è innegabile e che rischia di provocare effetti sociali incontrollabili, anche vista la prossima scadenza al 3 agosto della precedente proroga. Questo - a mio avviso - comprova la sussistenza, nel caso in esame, dei requisiti di necessità e urgenza per l'adozione del decreto-legge.
Vorrei qui rilevare - l'ha già fatto bene chi mi ha preceduto - la responsabilità anche da parte del legislatore di aver portato la situazione a tale aggravamento soprattutto, ma non solo, nelle aree metropolitane, dove abbiamo un'elevata concentrazione di famiglie a basso reddito, un numero di sfratti, anche per morosità, cresciuto in maniera esponenziale, un'offerta di alloggi pubblici del tutto ridotta, anche per effetto - com'è stato ben ricordato - della dismissione del patrimonio immobiliare degli enti previdenziali, un'elevata percentuale di immobili non occupati, l'aumento della povertà materiale e immateriale, senza contare i processi migratori e le difficoltà cui assistiamo quotidianamente nelle nostre aule giudiziarie in questa materia.
A fronte di questo scenario, noi pensiamo che il decreto‑legge in esame dia un'immediata risposta ai problemi che ho cercato di evidenziare e lo faccia in ottemperanza ai precetti costituzionali. (Applausi dal Gruppo Aut).
BARBATO (Misto-Pop-Udeur). Domando di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
BARBATO (Misto-Pop-Udeur). Signor Presidente, colleghi senatori, siamo contrari alla questione pregiudiziale posta dall'opposizione perché essa ha un carattere meramente ostruzionistico.
La maggioranza si trova a dover affrontare un problema che è stato lasciato insoluto dai cinque anni di Governo del centro-destra. Per questo, ci sorprende che l'opposizione, su una questione così delicata e che coinvolge direttamente la vita di molti cittadini che si trovano ad affrontare situazioni di autentico bisogno, non senta il dovere di dare il proprio contributo.
Il decreto in esame, non contenendo mere proroghe degli sfratti, ma entrando nel merito delle soluzioni al disagio abitativo, è un decreto nel pieno dei requisiti di necessità ed urgenza, che non corre il rischio di affrontare valutazioni contrarie della Corte costituzionale, come qualcuno ha paventato. Il regime di proroghe è transitorio in quanto è limitato nel tempo, legato a precisi parametri di reddito e tiene conto del carico di figli e portatori di handicap. Esso tiene inoltre conto della popolazione: Comuni con almeno 10.000 abitanti in cui si verificano situazioni di particolare disagio.
Il Governo è arrivato all'emanazione di un decreto proprio per evitare i gravi effetti sociali che sarebbero derivati dallo sfratto di centinaia di famiglie, ma soprattutto perché senza di esso città come Milano, Roma e Napoli non avrebbero potuto trovare soluzioni abitative alternative poiché neanche i Comuni avrebbero potuto nell'immediato dare un tetto a chi ne aveva bisogno.
Le Commissioni competenti hanno già abbondantemente esaminato il provvedimento nel merito e hanno apportato modifiche opportune per dare prima soluzione ad un tema che l'opposizione, se solo provasse ad approfondirlo, si renderebbe conto di quanto vasto e delicato sia. È ovvio che questa maggioranza intende tornare ad affrontare tutte le questioni connesse al disagio abitativo nelle sedi opportune e con soluzioni che non siano solo temporanee, ma che tengano nella dovuta considerazione tutto quanto ruota attorno al mondo della casa.
Il mercato immobiliare, ormai incontrollabile e ingovernabile, pone un ulteriore problema: le soluzioni abitative di tutti quei nuclei familiari che già vivono un enorme disagio. La soluzione - è ovvio - è quella di poter disporre di un numero maggiore di alloggi. E' necessario quindi un piano di edilizia pubblica di lungo periodo che, con il contributo fondamentale dei Comuni, ponga soluzione al problema, che è enorme, sia nelle grandi città, sia nei centri di media grandezza.
Ci rendiamo conto che, accanto al problema di chi è in affitto e chiede una casa, esiste anche il problema dei proprietari, spesso piccoli proprietari che hanno investito i propri risparmi nel mattone e che devono poter disporre legittimamente del proprio investimento, quasi sempre frutto dei sacrifici di un'intera vita.
Riteniamo che le misure oggi in esame debbano essere approvate dall'Aula. La nostra valutazione sulla questione pregiudiziale è pertanto certamente negativa, per il metodo e per il merito della stessa. Ci saremmo aspettati un atteggiamento più responsabile da parte dell'opposizione che, invece, si oppone ostruzionisticamente a tutto, senza distinzione di tema e senza entrare nel merito dei provvedimenti. Ancora una volta l'opposizione, con questo atteggiamento, ignora un legame con il Paese su un tema importante ed urgente, da porre come priorità della politica di un Paese moderno.
Queste sono le ragioni per cui il nostro Gruppo voterà contro la questione pregiudiziale. (Applausi dal Gruppo Ulivo).
D'ALI' (FI). Domando di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
D'ALI' (FI). Signor Presidente, noi voteremo in maniera molto convinta a favore delle questioni pregiudiziali, non solamente per il merito delle stesse, al quale mi rifaccio (merito che è stato illustrato dai senatori Pastore e Ferrara e che il Gruppo di Forza Italia perfettamente condivide), ma anche per una grande preoccupazione in ordine ai nostri lavori parlamentari.
Il senatore Villone ha parlato di emendamenti; noi siamo entrati nel merito del provvedimento. Siamo in presenza, signor Presidente, onorevoli colleghi, di un parere contrario della 5ª Commissione bilancio, convintamente sostenuto da membri della maggioranza in ordine a una parte del provvedimento.
Innanzitutto, è singolare che un disegno di legge recante la firma del Ministro dell'economia - spero che il collega Pinza mi ascolti - attiri il parere contrario della 5ª Commissione del Senato, ma è assolutamente allarmante che in Commissione la maggioranza e il Governo, nonostante tale parere, decidano deliberatamente di andare avanti, di ignorarlo e di portare in Aula il testo nella sua interezza.
Non si tratta di discutere sul merito del provvedimento (lo hanno già fatto egregiamente i colleghi Pastore e Ferrara), che riteniamo profondamente incostituzionale: qui si tratta di difendere le prerogative dell'intera Assemblea del Senato, di maggioranza ed opposizione. (Applausi dei senatori Amato e Pastore).
Non si era mai verificato che un Governo e una maggioranza, in presenza di un parere contrario della 5a Commissione ex articolo 81 della Costituzione, non apportassero direttamente in Aula o correttivi o stralci della parte del disegno di legge bocciata dalla 5ª Commissione.
Onorevoli colleghi, è un problema di difesa delle prerogative di questa Assemblea. Se la maggioranza e il Governo ritengono di andare anche contro se stessi, ignorando il suddetto parere, noi non possiamo che essere non solamente sorpresi, ma estremamente preoccupati. Il voto favorevole alla questione pregiudiziale, oltre a riguardare, a nostro parere, il merito del provvedimento, concerne la difesa di tutti noi: le prerogative dei Gruppi, delle Commissioni e dell'iter procedurale delle nostre leggi. Ripeto: se dovesse essere posto in discussione il provvedimento nella sua interezza, comprese le parti giudicate incostituzionali, ciò verrebbe a significare l'inutilità che ogni provvedimento - come prevede il Regolamento - sia esaminato dalla 5ª Commissione per il giudizio di merito e, come in questo caso, per il giudizio sulla costituzionalità.
Pertanto, collega Villone, non interveniamo adesso sugli emendamenti, ma lo faremo nella sede opportuna; interveniamo sul testo e lei lo sa benissimo. Il nostro non è un atteggiamento ostruzionistico, senatore Barbato; al contrario, è prevaricatore e sprezzante quello della maggioranza e del Governo, è un modo di agire preoccupante. (Applausi dal Gruppo FI).
Il voto sulla questione pregiudiziale, in questo caso, non è solo sul merito del provvedimento, ma sulla difesa delle prerogative del Parlamento. Il Governo ieri ha taciuto in maniera inquietante sul parere di non costituzionalità espresso dalla 5ª Commissione ai sensi dell'articolo 81 della Costituzione. Rammento che, anche per casi di gran lunga meno rilevanti, il Capo dello Stato si è sempre rifiutato di apporre la sua firma su provvedimenti recanti tale giudizio contrario; esso non mancherà di essere ricordato oggi, dinanzi a quest'Aula, nella fase della lettura dei pareri.
Penso in ogni caso che, qualora la maggioranza dovesse ritenere di appoggiare se stessa da un parte e di autosmentirsi dall'altra, sostenendo l'inquietante silenzio del Governo sul provvedimento e bocciando le questioni di pregiudizialità, sarà sicuramente necessario presentare - lo annuncio sin d'ora - una proposta di non passaggio agli articoli, affinché tale situazione possa essere sottoposta alla nostra attenzione, nell'interesse - ripeto - di tutti.
Tutti noi (la maggioranza, prima ancora che l'opposizione) abbiamo interesse che i provvedimenti siano adottati nell'osservanza della Costituzione e che i pareri espressi in difesa della stessa vengano rispettati. Non approvare oggi la questione pregiudiziale sarebbe un oltraggio alla Costituzione e alla 5ª Commissione, la quale, certamente, dovrebbe trarne le conseguenze attraverso la decisione di dimissioni di parte dei suoi componenti. L'intero Parlamento sarebbe privato del diritto di esercitare il controllo sugli atti del Governo e sarebbe sottoposto all'obbligo di approvarli senza esprimere un suo giudizio critico. (Applausi dai Gruppi FI e AN).
SAPORITO (AN). Domando di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
SAPORITO (AN). Signor Presidente, onorevoli rappresentanti del Governo, onorevoli senatori, nella passata legislatura sono stati approvati provvedimenti finalizzati a risolvere il problema sociale, politico e umano dell'emergenza abitativa, a far data dalla legge finanziaria 2001, il cui articolo 80, comma 22, sancì la sospensione per sei mesi delle procedure esecutive di sfratto nei confronti degli inquilini nel cui nucleo familiare vi fossero soggetti ultrasessantacinquenni o portatori di handicap grave e che non disponessero di altre abitazioni o di redditi sufficienti ad accedere all'affitto di nuova casa. Quindi, nessuno può accusarci e accusare il Governo Berlusconi di non essere stato sensibile ai problemi socialmente importanti quale quello in discussione oggi in quest'Aula.
Successivamente, però, vi sono state diverse proroghe su cui è intervenuta la Corte costituzionale che, con la sentenza n. 310 del 2003, ha sancito l'eccezionalità dei provvedimenti di sospensione dell'esecuzione per il rilascio, chiedendo al legislatore di rendere più leggera e meno punitiva la norma eccezionale, per non ridurre il diritto dei soggetti proprietari provvisti di titolo esecutivo giurisdizionale.
Sulla linea di questo orientamento era legittimo attendersi dal Governo Prodi un provvedimento legislativo più leggero, meno punitivo del privato proprietario di immobili, soprattutto con l'avvio di iniziative nel settore pubblico, ricorrendo ad agevolazioni e ad ammortizzatori sociali per non far ricadere tutto l'onere dell'intervento sociale sui proprietari di case. Nel decreto-legge 29 settembre 2006, n. 261, di cui stiamo oggi discutendo, si va in una direzione del tutto opposta alla decisione della Corte costituzionale che, con successiva sentenza n. 155 del 2004, ha stabilito che ulteriori differimenti del termine di sospensione delle procedure di rilascio «non potrebbero sottrarsi alle proposte censure di illegittimità costituzionale».
In tale quadro, sono d'accordo - e lo affermo a nome del mio partito - con i colleghi senatori Pastore e Ferrara, che hanno correttamente sollevato questioni pregiudiziali all'ulteriore prosieguo dell'esame del provvedimento, che anziché alleggerire il rapporto tra bisogni sociali e diritti dei soggetti in causa lo aggrava, aumentando il numero dei Comuni interessati anziché ridurlo, facendo diventare ancora più divaricante l'equilibrio tra il diritto dei proprietari e le aspettative delle categorie da proteggere.
Per tali motivi, il Gruppo di Alleanza Nazionale voterà a favore dell'accoglimento delle questioni pregiudiziali.
Preciso che il mio partito e il mio Gruppo non sono contrari ad ulteriori iniziative di proroga, tenuto conto dell'antica, forte e consolidata attenzione del mio partito ai problemi delle categorie più deboli del nostro ordinamento, ma a condizione - lo hanno affermato altri colleghi e lo ribadisco a nome del mio Gruppo - che il provvedimento d'urgenza venga armonizzato con il quadro indicato dalla Corte costituzionale e delineato dalle proposte emendative presentate dalla Casa delle Libertà nelle Commissioni consultive e di merito. (Applausi dai Gruppi AN e FI).
TECCE (RC-SE). Domando di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
TECCE (RC-SE). Signor Presidente, quello al nostro esame è un decreto-legge sicuramente indifferibile ed urgente: la relazione allegata al provvedimento e i due relatori, senatori Confalonieri e Brutti, lo hanno richiamato. Aggiungo anche che esso è di rilevante interesse pubblico, vista sia la situazione delle grandi aree metropolitane come Milano, Roma, Torino, Napoli e Firenze, sia quella di tanti Comuni ad alta densità abitativa.
Vorrei richiamare i pronunciamenti dei sindaci, al di là dei colori politici, e quelli dell'ANCI, organismo che rappresenta tutti i Comuni italiani, che con forza - è bene ricordarlo - a fine luglio, quando si avvicinava la scadenza del precedente provvedimento, prevista per il 3 agosto scorso, chiedevano al Governo di fare presto. Ricordo di avere personalmente sollecitato i Ministeri competenti in relazione alla situazione drammatica della città di Napoli, che ben conosco.
Ebbene, nessuno faccia finta di dimenticare che migliaia di cittadini più deboli senza questo decreto-legge oggi non vedrebbero risolta la loro problematica abitativa. Si tratta - lo ricordo - di persone il cui reddito familiare complessivo è inferiore ai 27.000 euro, che sono o hanno a carico persone ultrasettantenni, figli, portatori di handicap. Stiamo parlando, in sostanza, delle donne e degli uomini più deboli di questo Paese.
In secondo luogo, l'aspetto positivo di questo provvedimento è che, a differenza di tutti gli altri (senza polemizzare con i decreti-legge presentati dall'allora vice ministro Martinat), non soltanto risolve un problema oggettivamente urgente - ripeto, si è verificato un rischio di scopertura tra il 3 agosto e la data di presentazione di questo decreto-legge - ma addirittura lo fa nell'ottica dei due rilievi espressi nelle varie sentenze della Corte costituzionale. Si passa, cioè, dall'emergenza ad un inizio di nuova programmazione dell'edilizia. E ciò riguarda la stessa durata delle sospensioni.
Per conferire maggiore responsabilità alle Regioni e ai Comuni al tavolo di concertazione di cui all'articolo 4 del provvedimento, è stabilito che la proroga sarà legata ai tempi nei quali essi definiranno i piani. Sia chiaro: quei Comuni che non predisporranno, entro sessanta giorni, un programma di edilizia faranno decadere i benefici.
Inoltre - altro aspetto di rilievo - gli interessi del conduttore e del locatore questa volta sono ben individuati. Non è vero che saranno i proprietari a dover pagare la proroga. Ci sono evidenti vantaggi per i locatori, sia attraverso la maggiorazione del canone del 20 per cento sia da parte della fiscalità generale, mediante la riduzione forfetaria al 14 per cento del canone del reddito - mi riferisco all'articolo 4 - assunto come base imponibile. E' questa la copertura finanziaria del provvedimento a cui si provvede proprio con le maggiori entrate derivanti dalla rideterminazione dei redditi da fabbricati di cui all'articolo 5.
Pur essendo in fase di esame di una questione pregiudiziale sul testo, senatore D'Alì, da parte di qualche collega si è fatto riferimento agli emendamenti. Mi sembra del tutto logico che, se anche la stessa Commissione bilancio ha detto che la copertura - affronterò poi l'obiezione che fa lei - assumendo la percentuale del 14 per cento va bene, diventa molto faticoso sostenere che se con un emendamento si allarga la platea dei beneficiari dai settantenni ai sessantacinquenni, dai Comuni capoluogo e Comuni limitrofi al di sopra dei 10.000 abitanti a quelli invece compresi nell'elenco della delibera CIPE n. 87 del 2003 e si abbassa al 13 per cento la percentuale forfetaria, con ciò determinandosi un raddoppio delle entrate, le cose non siano chiare. E' bene che il Governo faccia luce se questo rischia di ampliare la platea dei beneficiari e, nel rischio, si possono creare cambiamenti di preferenza tra contratti liberi e contratti concordati, ma mi sembra che un chiarimento del Governo, come da me più volte sollecitato in 5a Commissione, possa dissipare i dubbi sollevati dalla Commissione bilancio sui commi 4 e 5.
Quanto al parere contrario, esso riguarda esclusivamente una formulazione del Governo in Aula. Il sottosegretario Casula ha chiesto di ritirare l'attuale comma 7 dell'articolo 1 ed eventualmente procedere ad una sua nuova formulazione. Quindi, la 5a Commissione ha espresso un parere ai sensi dell'articolo 81 della Costituzione semplicemente perché il Governo aveva detto che non era possibile mantenere l'attuale formulazione. I tempistretti non hanno permesso di attenderne una nuova. Se però essa sarà presentata in Aula, se ne terrà conto.
Quanto all'ultimo aspetto della vicenda, vi è da fare una valutazione politica. L'opposizione deve dire se, nei territori ad alta densità abitativa, come, ad esempio, Milano, ritiene utile un provvedimento di legge per uscire dall'emergenza abitativa. Credo che se c'è spirito di collaborazione si possono tranquillamente superare questioni interpretative che anche da parte della Commissione bilancio sono state affrontate con particolare rigore.
Ma c'è un punto innegabile. Questo decreto, rispetto agli altri che vengono citati nelle relazioni, esce dalle fasi delle proroghe sic et simpliciter e prevede una proroga differenziata per Comuni, tra quelli che faranno un programma per uscire dall'emergenza e quelli che non lo faranno, una proroga i cui oneri non ricadranno solo a carico dei proprietari. Infatti, sia con interventi agevolativi dei Comuni sia con interventi di fiscalità generale, ci sono evidenti vantaggi per i locatori proprietari.
Se c'è una preoccupazione che noi esprimiamo, è che l'eventuale inadempienza dei Comuni e delle Regioni possa penalizzare i cittadini, non in relazione al loro reddito, non in relazione alla loro drammatica condizione abitativa, ma alla maggiore o minore capacità dei Comuni, che diventa un parametro dei tempi della proroga.
Ecco perché convintamente, non solo e non tanto come Rifondazione Comunista-Sinistra Europea, ma come Unione, voteremo contro la questione pregiudiziale che riteniamo, dal punto di vista della incostituzionalità, totalmente infondata, perché raramente ci sono stati provvedimenti così urgenti e così indifferibili (per avere degli interessi costituiti e un rilevante interesse pubblico) e raramente c'è stata una tale adesione nel provvedimento alle preoccupazioni e alle indicazioni espresse dalla Corte costituzionale. (Applausi dal Gruppo RC-SE. Congratulazioni).
DE PETRIS (IU-Verdi-Com). Domando di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
DE PETRIS (IU-Verdi-Com). Signor Presidente, il nostro Gruppo ritiene che le questioni poste alla base delle pregiudiziali oggi presentate siano assolutamente infondate; quindi, voterà contro.
Vorrei ricordare che questo è il primo decreto sugli sfratti e sul disagio abitativo che va incontro ai rilievi formulati dalla Corte costituzionale, che aveva invece espresso una serie di osservazioni significative, senza comunque giungere ad una dichiarazione di incostituzionalità, sui provvedimenti precedenti. In questa occasione ciò non accade, perché le proroghe non sono fini a se stesse, ma sono collegate ad un piano delle Regioni e dei Comuni sul disagio abitativo, ma soprattutto perché tiene conto anche dei diritti del locatore (argomento oggetto invece in passato di rilievi da parte della Corte costituzionale).
In merito al parere contrario espresso dalla 5a Commissione sul comma 7 dell'articolo 1, vorrei far presente al senatore D'Alì, che forse era distratto, anche perché arrivato in ritardo in Commissione, che non è assolutamente vero che in quella sede la questione non sia stata posta. Nelle Commissioni riunite in sede referente, il parere della 5a Commissione è stato correttamente letto da parte del Presidente. Se i membri delle Commissioni hanno poi deciso, come poi è accaduto anche sugli emendamenti, di andare avanti e di confermare il loro voto, hanno semplicemente esercitato la loro prerogativa. Non è la prima volta che accade, anzi, anzi, anzi.
Il suo ragionamento, senatore D'Alì, avrebbe potuto avere validità se noi avessimo ignorato il parere, ma i membri della 5a Commissione erano pienamente coscienti e, in piena coscienza, esercitando le loro prerogative di parlamentari, hanno deciso diversamente. Peraltro sono assolutamente convinta di una certa infondatezza di quel parere contrario, ma poi ne discuteremo e troveremo - credo - anche delle soluzioni. Basterebbe andare a vedere il parere sul decreto-legge n. 351 del 2001.
Respingendo le pregiudiziali difendiamo dunque le prerogative dei parlamentari che, in scienza e coscienza, decidono di andare avanti sul provvedimento, di trovare soluzioni. D'altronde, lei sa perfettamente che il relatore aver chiesto una sospensione proprio per trovare una soluzione e superare così una serie di rilievi.
Per tali motivi, ribadisco l'infondatezza delle questioni pregiudiziali. Mi rivolgo al presidente Baccini, che in questo momento presiede l'Aula: lei sa perfettamente, signor Presidente, qual è la situazione drammatica che si verrebbe a creare non solo a Roma, ma in tutte le grandi città e nell'intero Paese se questo decreto dovesse oggi trovare una battuta d'arresto. Abbiamo trovato una situazione seria che si è incancrenita col passare degli anni, perché non si è fatto assolutamente nulla dal punto di vista degli interventi.
Le cartolarizzazioni, il punto di cui al comma 7, hanno creato ulteriori problemi e disagio facendo venir meno un patrimonio pubblico su cui si poteva intervenire per far fronte alle esigenze dei cittadini più bisognosi. Il decreto in esame non solo prevede una proroga, ma mette in atto una serie di provvedimenti; rappresenta l'inizio di un percorso per cominciare ad affrontare tali problemi.
Per queste ragioni, invito l'Aula a respingere le pregiudiziali, avvalendosi anzi, a maggior ragione, delle proprie prerogative di parlamentari. (Applausi dai Gruppi IU-Verdi-Com e RC-SE).
ANDREOTTI (Misto). Domando di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
ANDREOTTI (Misto). Signor Presidente, credo che se questo decreto-legge fosse bloccato creeremmo una situazione obiettiva di grande disagio in quella parte della popolazione interessata dal provvedimento.
Vorrei ricordare però - ho chiesto la parola proprio per questo - che nell'immediato dopoguerra, per anni, abbiamo sempre avuto all'ordine del giorno il problema della carenza di abitazioni e quello di una certa regola limitatrice da porre ai canoni di affitto. Abbiamo avuto ministri benemeriti a mio avviso (Fanfani, Alvisio, Tupini) che, o con le "case Fanfani" o favorendo le cooperative, hanno consentito a un numero notevole di famiglie italiane di non avere più il problema di come fronteggiare la condizione di inquilini.
Oggi però - e per questo ho preso la parola - ci troviamo in una situazione di emergenza nata da un fenomeno che, nella mia limitatezza mentale, non so spiegarmi. Perché molti istituti di previdenza, che avevano le loro riserve in immobili (quindi quello che è considerato il modo migliore di disporre di una riserva), hanno massicciamente proceduto ad una smobilitazione, permettendo il formarsi di un potentato immobiliare italiano - mi riferisco adesso al problema romano che conosco - che è alla base di tanti sfratti che sono stati eseguiti negli ultimi tempi? Forse il Governo dovrebbe aiutarci a dare una spiegazione a questo fenomeno, che penso possa essere giustamente considerato inquietante.
Ci sono poi gli aspetti che riguardano l'articolo 81 della Costituzione e il parere della Commissione bilancio, ma se ne occuperanno i colleghi tecnici. Personalmente volevo solo richiamare l'attenzione su tale aspetto, perché la stessa configurazione sociale della nostra società nazionale ha avuto motivi di inquietudine per quanto sta succedendo. Non è un fatto limitato ad una città o ad alcune città.
Quindi, avere qualche mese per poter approfondire questo problema e decidere tutti, senza pregiudiziali e con maggiore serenità di coscienza, credo che sia indispensabile. (Applausi dal Gruppo Ulivo e del senatore Bonadonna).
D'ONOFRIO (UDC). Domando di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
D'ONOFRIO (UDC). Signor Presidente, onorevoli colleghi, relatori, onorevoli rappresentanti del Governo, ho chiesto di intervenire, per la verità, dopo aver ascoltato l'illustrazione delle questioni pregiudiziali fatta in quest'Aula e, in particolare dopo le considerazioni del collega D'Alì, alle quali in qualche misura è stata data una risposta politico-sociale e non costituzionale dai colleghi De Petris e Andreotti. Ma non voglio sfuggire di fronte alla questione che è stata posta.
È evidente che se dovessimo scegliere tra la tutela del diritto alla casa come valore, e la tutela dell' inquilino permanente sceglieremmo la tutela del diritto alla casa. Questa è stata la battaglia storica della Democrazia Cristiana e dei suoi alleati dal 1948 in poi. Lo dico ai colleghi di sinistra: la scelta tra proprietà di casa e non proprietà di casa, di questo si è trattato e ha fatto bene il senatore Andreotti a ricordare i meriti straordinari che Ministri di parte democristiana, e non solo di tale parte, hanno conseguito in ordine alla tutela della proprietà dell'immobile destinato a casa. Abbiamo visto questa posizione contrastata da coloro i quali invece per anni hanno finito con il sostenere che l'inquilino era un valore in sé; mancava una politica dell'accesso alla proprietà dell'immobile casa.
Oggi non possiamo essere presi per il cuore e dire che c'è il problema della casa di alcuni; o ci si dice da parte della maggioranza di Governo - ecco la questione posta da D'Alì - che il diritto ad acquisire la proprietà di casa è un diritto costituzionalmente e politicamente tutelato, allora la pregiudiziale non è una pregiudiziale contro la proprietà dell'immobile destinato a casa, ma è una pregiudiziale per consentire l'accesso alla proprietà di casa e, allora, noi vinceremmo una battaglia storica in questo Parlamento. Non è questione dei diritti dei parlamentari; è questione di uno scontro sociale drammatico che per oltre 30 anni ha visto contrapposti i partiti alleati con la Democrazia Cristiana e i partiti della sinistra in questo Paese. Dico questo alla collega De Petris.
Sono stato candidato alle elezioni comunali di Roma qualche anno fa e avevo come manifesto di base «Giù le mani dalla prima casa»; mi sono scontrato anche allora con colleghi della sinistra, presenti oggi in Aula, che sostenevano che non esisteva il diritto alla proprietà dell'immobile destinato alla casa; di questo tema oggi si sta ancora una volta trattando. Allora, sarebbe opportuno da parte della maggioranza politica e del Governo una dichiarazione del ritiro di quel famoso comma, in modo che non si possa più considerare irrilevante il parere della Commissione bilancio dalla maggioranza e dal Governo: di questo si tratta, non del diritto dei singoli parlamentari, collega De Petris. È il diritto della maggioranza a dirci una volta per tutte in modo chiaro se c'è o no il diritto alla proprietà dell'immobile. Non possono esserci da parte della maggioranza di Governo due proposte! (Applausi dai Gruppi UDC e FI).
Alla commissione sugli sfratti si è parlato del problema del cuore, dell'immobile, dei problemi sociali; il Ministero dell'economia ha risposto che non ci sono soldi. Si dica una volta per tutte se c'è una maggioranza che sul diritto alla casa ha una politica o due! Per questa ragione, la pregiudiziale è un fatto politico di rilievo; il Gruppo dell'UDC, se il Governo ritirerà il comma in oggetto, chiederà ai colleghi di ritirare la pregiudiziale, ma se il Governo non lo farà l'UDC voterà a favore della pregiudiziale stessa. Attendiamo una risposta del Governo, il quale non può tacere a lungo su tale questione. (Applausi dal Gruppo UDC).
BRUTTI Massimo, relatore. Domando di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
BRUTTI Massimo, relatore. Signor Presidente, i relatori esprimono parere contrario sulle questioni pregiudiziali. Richiamo brevemente i princìpi che emergono dalla giurisprudenza costituzionale e che riguardano la materia.
La Corte costituzionale ha stabilito come primo principio che le proroghe, cui si è più volte fatto ricorso, debbano trovare un limite: la proroga deve essere limitata nel tempo. Secondo principio, occorre prevedere una comparazione tra la condizione del conduttore e quella del locatore. Terzo principio, occorre una misura di equità che stabilisca a carico della collettività un onere economico inerente alla protezione degli inquilini che appartengono alle categorie svantaggiate al fine di alleviare il sacrificio dei locatori. Infine, dalla giurisprudenza costituzionale emerge una esigenza che pienamente condividiamo e che trova espressione nel decreto legge: quella di uscire dalla emergenza.
Presidenza del vice presidente ANGIUS (ore 11,17)
(Segue BRUTTI Massimo, relatore). Negli articoli 3 e 4 del decreto-legge si inserisce una norma volta a collocare in una sfera pubblica, o meglio concertata, le iniziative volte ad una graduale risoluzione del problema abitativoed una norma che prevede l'avvio di un piano nazionale dell'edilizia residenziale pubblica. Il decreto-legge quindi si colloca esattamente nella prospettiva indicata dalla giurisprudenza costituzionale. Poiché esso prevede una proroga, è evidente che ricorrono in questo caso i requisiti di necessità e di urgenza. La proroga è agganciata ad un meccanismo, volto a far uscire il problema del disagio abitativo dall'emergenza.
Questi argomenti mi sembra siano sufficienti a respingere le pregiudiziali che in termini generali si riferiscono ad una pretesa incostituzionalità del decreto o che comunque negano la sussistenza dei requisiti di necessità e di urgenza.
Ho ascoltato sia nell'intervento del collega Ferrara, sia nell'intervento del senatore D'Alì altre argomentazioni. Essi hanno fatto riferimento alle questioni poste dalla 5a Commissione e al parere negativo che riguarda alcuni emendamenti e poi al parere positivo che riguarda gli emendamenti soppressivi del comma 7 dell'articolo 1. Le questioni poste dalla 5a Commissione verranno risolte, come è nella fisiologia dei lavori parlamentari, secondo le regole e sarà l'Assemblea, proprio questa Assemblea del Senato, le cui prerogative in modo così vibrante difende il senatore D'Alì, a decidere in ultima istanza sulle questioni poste.
Vorrei anche sottolineare che vi sono nelle norme di questo decreto-legge alcune scelte di valore, alle quali i relatori sono particolarmente sensibili, convinti che le norme che si riferiscono alla tutela dei conduttori deboli e quelle che dispongono una comparazione tra la posizione del conduttore e quella del locatore siano norme di equità che devono essere sostenute e, se corrispondono ad una concezione del diritto all'abitazione, esse corrispondono al programma del centro-sinistra.
Tuttavia, permettetemi di chiedere a ciascuno dei senatori dell'opposizione di guardare dietro di sé poiché qui abbiamo a che fare con forze politiche che hanno un ampio elettorato, quindi anche popolare. Mi permetto di chiedere a ciascun senatore dell'opposizione di guardare alle condizioni di vita, ai diritti, alle esigenze di coloro che li hanno eletti poiché tra coloro che li hanno eletti vi sono ceti popolari.
Tanto per fare un esempio, le abitazioni coinvolte nei processi di cartolarizzazione sono nella stragrande maggioranza, nella quasi totalità, abitazioni di ceti popolari, di famiglie con redditi bassi, di famiglie nell'ambito delle quali vi sono persone anziane, pensionati al minimo. Allora, ciascuno di voi si domandi se questi interessi non meritino oggi tutela e garanzie, soprattutto quando il locatore è forte, quando si tratta di una grande proprietà o quando si tratta delle società che sono state costituite da enti bancari, per l'acquisizione di quelle case nell'ambito dei processi di cartolarizzazione.
Invito il Governo a fare tutto quello che è nelle sue possibilità per garantire che il comma 7 dell'articolo 1 non vada incontro a censure e possa essere conservato e mantenuto nel testo che ci accingiamo a convertire in legge, perché quella norma introduce garanzie a favore di conduttori deboli che hanno di fronte grandi società, grandi enti bancari. Posso allora comprendere che il senatore D'Alì consapevolmente e puntualmente dica che vi è un'esigenza di tutela degli interessi di quei grandi enti.
La maggioranza sceglie in questo caso di garantire i conduttori deboli ed io chiedo a ciascun senatore dell'opposizione di domandare a se stesso se, in questo caso, non sia necessario stare dalla parte dei conduttori deboli. (Applausi dal Gruppo RC-SE).
PRESIDENTE. Chiedo al rappresentante del Governo se intende pronunciarsi sulla questione pregiudiziale in esame. (Cenni di diniego da parte del ministro Ferrero).
Poiché il Ministro non intende intervenire, rimettendosi all'intervento svolto dal relatore Brutti Massimo, metto ai voti, mediante procedimento elettronico senza registrazione dei nomi, la questione pregiudiziale, avanzata, con diverse motivazioni, dai senatori Pastore e Ferrara.
Per comodità di calcolo del voto, al fine di evitare contestazioni, invito i colleghi senatori ad accomodarsi ciascuno al proprio posto e a rimanere seduti.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).
BAIO (Ulivo). (Rivolgendosi ad un senatore di AN). Siediti!
PRESIDENTE. Prego i colleghi di sedersi, evitiamo contestazioni e lungaggini! (Alcuni senatori della maggioranza segnalano luci accese sui banchi del Gruppo AN cui non corrisponderebbe la presenza di senatori). Dichiaro chiusa la votazione.
Il Senato approva. (Vivi applausi dai Gruppi FI, AN, UDC, LNP e DC-PRI-IND-MPA. Commenti e proteste dai banchi della maggioranza).
Colleghi, sospendo ora la seduta per cinque minuti, perché dobbiamo verificare il passaggio all'altro punto dell'ordine del giorno.
LUSI (Ulivo). Domando di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
LUSI (Ulivo). Signor Presidente, le chiedo innanzitutto di comunicarci l'esito della votazione.
PRESIDENTE. Posso senz'altro rispondere a questa sua richiesta, senatore Lusi.
LUSI (Ulivo). La ringrazio, Presidente. In secondo luogo, vorrei segnalare che nel penultimo banco in alto... (Proteste dai banchi dell'opposizione). Posso parlare?
PRESIDENTE. Senatore Lusi, questa sua segnalazione non corrisponde a ciò che i senatori segretari, che hanno seguito attentamente la votazione, hanno sostenuto.
LUSI (Ulivo). Allora lo dirò ai senatori segretari.
MATTEOLI (AN). Domando di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
MATTEOLI (AN). Signor Presidente, mi sembra che lei abbia risolto il problema in maniera un po' troppo semplice, chiedendo una sospensione di cinque minuti.
PRESIDENTE. Mi scusi, senatore Matteoli, per dire la verità l'ho chiesto più per me che per i colleghi, perché devo effettuare alcune verifiche in merito al secondo punto all'ordine del giorno dopo quello che stiamo espletando. Soltanto questo. Lo chiedo soltanto come forma di cortesia da parte del Senato.
MATTEOLI (AN). Signor Presidente, lungi da me voler criticare la sua decisione, però non possiamo non sottolineare l'aspetto politico di quanto accaduto... (Commenti dai banchi del centro-sinistra. Proteste dai banchi del centro-destra).
PRESIDENTE. Senatore Matteoli, di questo aspetto politico avremo modo di discutere alla ripresa della discussione (Commenti del senatore Matteoli). Scusi, senatore Matteoli, le darò nuovamente la parola alla ripresa della seduta.
Poiché la questione fondamentale che mi è stata posta mi sembra invece quella dell'interesse dell'Aula a conoscere esattamente l'andamento e l'esito del voto, non ho alcuna difficoltà a fornire il risultato della votazione: presenti 299; votanti 298; maggioranza 150; voti favorevoli 151; voti contrari 147; astenuti nessuno. Questo è l'esito del voto. (Applausi dal Gruppo FI).
Come ho detto, sospendo la seduta per cinque minuti. Pregherei i colleghi di attenersi al tempo stabilito.
(La seduta, sospesa alle ore 11,28, è ripresa alle ore 11,35).
La seduta è ripresa.
Comunico che, avendo sentito il Presidente del Senato in merito anche all'evoluzione che i nostri lavori hanno avuto dopo la votazione che si è conclusa poco fa, procederemo ora con il successivo punto all'ordine del giorno relativo alla votazione sulle dimissioni reiterate dai senatori Bubbico e Pinza. Successivamente è convocata, naturalmente d'intesa con i Presidenti dei Gruppi, la Conferenza dei Capigruppo.
(omissis)
Sulle questioni politiche connesse all'approvazione della questione pregiudiziale
sul disegno di legge n. 1048
D'ONOFRIO (UDC). Domando di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
D'ONOFRIO (UDC). Signor Presidente, siamo chiamati a votare sulla richiesta di dimissioni di due colleghi senatori. Ho motivo di conoscere molto sommariamente il collega Bubbico, lucano; conosco di più il collega Pinza. Mi sembra però che vi sia una connessione politica tra le vicende che hanno caratterizzato il voto dell'Aula di qualche minuto fa e la prossima richiesta di votazione delle dimissioni.
Chiedo al collega Pinza come può onestamente chiedere di dimettersi da senatore dopo aver concorso a non sciogliere il nodo politico, oltre che costituzionale, che avevamo di fronte. Il nodo era come il governo dell'economia, da parte di questa maggioranza, considera il problema della proprietà dell'immobile destinato a casa. Le dimissioni - alle quali non avrei avuto difficoltà a dare il mio consenso - in questo caso rappresentano una fuga dalle proprie responsabilità di parlamentare della maggioranza.
Sono queste le ragioni per le quali voterò contro le dimissioni del collega Pinza; lascio da parte il collega Bubbico, contro cui non ho motivazioni particolari. Peraltro, si tratta di votazioni con libertà di coscienza, quindi non do istruzioni di voto.
Domando anche come possa il collega Pinza immaginare di chiedere a quest'Aula, che ha votato poco fa esattamente a tutela delle sue posizioni contro quelle di una parte della maggioranza, di accogliere le sue dimissioni. Siamo contrari alla fuga dal Senato dei membri del Governo. In questo caso sono contrarissimo al fatto che il collega Pinza chieda le dimissioni e mi chiedo come possa insistere in una richiesta così clamorosamente smentita dal voto dell'Aula.
Chiederei che il collega Pinza - se lo ritiene opportuno - illustrasse ancora una volta le ragioni delle dimissioni, dopo il voto dell'Aula di poco fa, perché la mia opinione contraria alle sue dimissioni la confermo rafforzata dopo il voto dell'Aula di qualche minuto fa. (Applausi dai Gruppi UDC e FI).
MATTEOLI (AN). Domando di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
MATTEOLI (AN). Signor Presidente, ero fuori alla ripresa dei lavori perché lei ha sospeso i lavori veramente poco più di cinque minuti. Chiedo scusa.
Credo che i lavori per quest'oggi dovrebbero essere sospesi non su richiesta del Parlamento, ma - auspicavo - del Governo.
PRESIDENTE. Intervengo per aiutarla nel suo intervento. Forse le è sfuggito: ho detto che dopo le votazioni sulle dimissioni reiterate dei senatori Bubbico e Pinza è convocata la Conferenza dei Capigruppo.
MATTEOLI (AN). Siccome i motivi delle dimissioni sono legati all'azione di Governo e mi pare che il Governo abbia incassato un voto contrario su un provvedimento di una certa importanza, vorrei capire se questi due colleghi confermano le dimissioni per un Governo che in questo momento - mi pare - debba chiarire se c'è ancora o meno. (Applausi dal centro-destra).
Da cosa si dimettono questi due colleghi se questo Governo, allo stato, mi pare che abbia delle difficoltà a dire che esiste ancora? Il provvedimento non era marginale, era di una certa importanza e non voglio nascondermi dietro un dito - era un provvedimento, signor Presidente e signori del Governo, che aveva, per alcuni aspetti, anche una valenza sociale e la sua mancata approvazione per alcuni può rappresentare un grosso problema. Voglio sottolineare questo aspetto. (Applausi ironici dai Gruppi Ulivo e IU-Verdi-Com).
PRESIDENTE. Colleghi, desidererei fosse consentito al senatore Matteoli, presidente del Gruppo di Alleanza Nazionale, di svolgere il suo intervento.
MATTEOLI (AN). Colleghi della maggioranza, voglio mutuare una battuta del collega Storace: quando si va alla guerra, bisogna avere gli eserciti sufficienti per farla. (Applausi dai Gruppi AN e FI). Mi pare che voi non abbiate avuto l'esercito sufficiente per farla. Visto che non avete l'esercito, il Governo ci dica se vuol continuare a svolgere la funzione di Governo minoritario nel Paese, oppure se vuole dimettersi. Ma passare ora alla votazione sulle dimissione dei due colleghi, con la motivazione che hanno comunicato in tutto il Paese da alcuni mesi, mi pare un fuor luogo.
Pertanto, chiedo che sia sospesa la seduta ora e che il Governo, dopo lo svolgimento della Conferenza dei Capigruppo, torni in Senato a riferire se intende proseguire nella sua azione o meno. (Applausi dai Gruppi AN e FI).
BOCCIA Antonio (Ulivo). Domando di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
BOCCIA Antonio (Ulivo). Signor Presidente, l'opposizione è prevalsa nel voto e questo è un fatto politico che nessun intervento può sminuire. È accaduto, c'è. Però, signor Presidente, mi consenta di osservare che si introducono adesso nella riflessione che è stata fatta, anche ultimamente, dall'autorevole capogruppo Matteoli, elementi che impongono una qualche precisazione.
Signor Presidente, nelle partite di calcio, quando un giocatore si infortuna, normalmente la squadra avversaria butta il pallone fuori e si sospende il gioco. I colleghi dell'opposizione sanno bene che nelle fila della maggioranza ci sono ben quattro colleghi ricoverati in ospedale. Non era proprio il caso di approfittare di questa circostanza per una prova di forza. (Vivaci commenti dai banchi dell'opposizione). Ripeto: non era proprio il caso di approfittare di questa circostanza per una prova di forza. (Vivaci commenti dai banchi dell'opposizione).
PRESIDENTE. Colleghi, per cortesia, il senatore Boccia sta svolgendo un intervento, che tra l'altro è abbastanza sintonico, nelle conseguenze e nelle propositive, a quello del senatore Matteoli. Prego, senatore Boccia.
BOCCIA Antonio (Ulivo). Signor Presidente, i colleghi dell'opposizione sanno bene - e direi che la questione si pone anche in termini più generali - che ci sono almeno quattro colleghi (Dini, Casson, Pollastri e Sinisi) che sono in missione, in rappresentanza del Senato. Sono andati a rappresentare, non la maggioranza, ma sono andati a rappresentare... (Vivaci commenti dai banchi dell'opposizione).
PRESIDENTE. Prego i colleghi di lasciar svolgere e concludere il suo intervento al senatore Boccia.
BOCCIA Antonio (Ulivo). Dicevo che questi colleghi sono andati a rappresentare tutto il Senato.
Allora, signor Presidente, io non penso ci sia molto da enfatizzare se il senso di responsabilità verso le istituzioni e se la situazione contingente determinano certi effetti, cioè se, per casi di oggettiva malattia e per missioni in nome e per conto del Senato, la maggioranza ha qualche numero in meno.
Vorrei quindi chiedere ai colleghi di esultare per il successo, ma di non dare alcun significato politico ad un risultato che dipende da fattori estranei ai rapporti di forza. (Applausi dal Gruppo Ulivo. Commenti dai banchi dell'opposizione).
PRESIDENTE. Senatore Boccia, se ho capito bene lei, in sostanza, ha avanzato la proposta di una sospensione della seduta. È così o sto sbagliando?
BOCCIA Antonio (Ulivo). Signor Presidente, è evidente che dal mio punto di vista, non sussistendo un fatto politico ma soltanto un incidente di percorso...
PRESIDENTE. Questo l'ho capito.
BOCCIA Antonio (Ulivo). ...l'unica cosa che la Presidenza deve valutare, per dare certezza ai nostri lavori, dal momento che la votazione sulle dimissioni dei senatori era prevista al termine della seduta, è se, accogliendo alcune delle richieste formulate, non sia il caso di fissare un orario per la suddetta votazione.
PRESIDENTE. La ringrazio per la sua precisazione, senatore Boccia.
STRACQUADANIO (DC-PRI-IND-MPA). Domando di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
STRACQUADANIO (DC-PRI-IND-MPA). Signor Presidente, vorrei ricordare al collega Antonio Boccia che la Nota di aggiornamento al DPEF è passata per un voto mentre due senatori dell'opposizione erano in ospedale. Quindi, non avanzerei un'analoga giustificazione al risultato di oggi.
Signor Presidente, siamo di fronte ad un fatto molto rilevante che è di natura politica. Il Governo si è visto respingere un decreto-legge, un atto che ha considerato straordinario e urgente: i Governi un tempo cadevano, quando i decreti-legge erano respinti, venivano in Parlamento e presentavano le loro dimissioni. (Applausi dai Gruppi DC-PRI-IND-MPA, FI e AN).
Non è possibile che si cerchi di sottovalutare un fatto di questa rilevanza attribuendolo a incidenti di percorso. Infatti, signor Presidente, anche i senatori che erano in missione a rappresentare il Senato sapevano benissimo quale fosse il calendario dei lavori e non si poteva certo pensare - come non si è mai potuto - che l'opposizione in quest'Aula facesse sconti.
Pertanto, signor Presidente, chiedo che si sospendano i lavori, si chiami il Governo e gli si chieda di rispondere di questo momento politico determinante, perché in passato - lo ricordo - sui decreti-legge che non passavano in Parlamento i Governi si dimettevano. (Applausi dai Gruppi DC-PRI-IND-MPA, FI e AN).
STORACE (AN). Domando di parlare. (Commenti dei senatori Sodano e Russo Spena).
PRESIDENTE. Stanno intervenendo senatori dei diversi Gruppi. Senatore Storace, essendo intervenuto già il senatore Matteoli a nome del suo Gruppo...
STORACE (AN). Io intervengo sulla proposta del senatore Antonio Boccia.
PRESIDENTE. Capisco, però è già intervenuto il senatore Matteoli; la prego quindi di svolgere un intervento stringato.
STORACE (AN). Se vuole non parlo.
PRESIDENTE. No, le ho dato la parola per parlare, non per tacere.
STORACE (AN). Signor Presidente, credo che il senatore Boccia abbia introdotto un argomento interessante: ovvero, di non considerare questo voto un dato politico. Da ciò il senatore Boccia fa discendere l'elementare constatazione che, non essendo un dato politico, possiamo tranquillamente fermarci e aspettare l'orario in cui era previsto si votasse sulle dimissioni dei senatori.
La proposta che mi permetto di avanzare è di votare dopo le determinazioni della Conferenza dei Capigruppo, proprio perché il ragionamento di Boccia non è convincente ed è affatto sintomatico - con le tesi del collega Matteoli - per almeno tre ordini di motivi, Presidente. Innanzitutto per i nostri lavori: senatore Boccia, lei ha detto che ci sono alcuni senatori in missione: ma i senatori in missione, da quando è iniziata la presente legislatura, appartengono a entrambi gli schieramenti.
Lei ha citato la metafora del calcio: è vero, se un giocatore si infortuna, la squadra che beneficia del mancato impiego di quel giocatore infortunato, butta la palla fuori campo. Ma quanto dura tale infortunio? Cioè, per quanto tempo ci sarà questa malattia? E poi, davvero conviene introdurre questo argomento? Come ha dimostrato il collega Stracquadanio, può capitare, capita anche a noi. Il problema non è la malattia di un senatore, ma è la salute del Governo, caro senatore Boccia.
Di fronte alla bocciatura secca di un decreto, qualunque esso sia, poiché il Governo ha scelto tale strada e si è visto bocciare dal Senato un decreto-legge varato per sua stessa scelta, volete che facciamo finta di nulla? Se ora andiamo a votare sulle dimissioni dei senatori Pinza e Bubbico, posto che possiamo intervenire tutti per dichiarazione di voto, vorrei sapere: rientrano i quattro colleghi in missione?
Rientrano i quattro malati? Siete sicuri che passino le dimissioni? Ma davvero vogliamo ridurre quest'Aula - lo dico alla presidente Finocchiaro - in condizioni di irrespirabilità?
Siete stati voi ad approfittare delle nostre assenze quando vi è convenuto: consentiteci di chiedere al Governo un timeout - per restare nel gergo sportivo - e di farci sapere se ritiene di andare avanti nonostante tutto! Questa è una richiesta elementare che può fare l'opposizione e per questo chiedo al Presidente di riprendere i nostri lavori dopo che lo avrà deciso la Conferenza dei Capigruppo.
PRESIDENTE. Dato il rilievo politico della votazione di poc'anzi, credo sia giusto interpretare il Regolamento - mi assumo questa responsabilità - dando la parola a diversi senatori. Tuttavia, date le decisioni che dobbiamo prendere e il fatto che deve essere convocata la Conferenza dei Capigruppo, pregherei tutti i colleghi di esprimere le loro opinioni e valutazioni, che peraltro mi sembrano convergenti nella sostanza conclusiva e deliberativa, nell'arco del tempo necessario, in un tempo congruo con le decisioni che dobbiamo assumere.
CASTELLI (LNP). Domando di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
CASTELLI (LNP). Signor Presidente, intervengo rapidamente anche sulla proposta del senatore Storace. Intanto vorrei chiosare le parole dell'intervento del collega Antonio Boccia per dire che evidentemente avrebbe dovuto - pur capendo che questo è un momento così problematico per lui - riordinare le idee. È infatti riuscito a dire nello stesso intervento che era accaduto un grave fatto politico e subito dopo a dichiarare che non era accaduto alcun fatto politico, perché la maggioranza è andata sotto semplicemente perché vi erano quattro senatori all'ospedale, a cui ovviamente auguro pronta guarigione (su questo non c'è dubbio).
Credo che il punto sia proprio questo, perché, se fosse accaduto quello che probabilmente accadrà fra poco e che è accaduto le volte scorse, ovvero che un pezzo di opposizione vota contro un provvedimento, come probabilmente accadrà per le dimissioni (in proposito chiedo veramente ai due colleghi di ripensarci e di sospendere la loro richiesta), il Governo potrebbe dire: su questo particolare provvedimento non abbiamo la maggioranza, è stato bocciato, però andiamo avanti. È già accaduto altre volte che il Governo venisse battuto in Aula, che su un provvedimento particolare venisse battuto nella sostanza, ma qui la situazione è un'altra ed è molto più grave: voi non avete la possibilità di governare in questo ramo del Parlamento perché basta, come dice il senatore Boccia, che qualcuno sia malato e voi non potete più governare. Questo è il dato fondamentale!
Vorrei segnalare che pochi minuti fa è uscita un'agenzia nella quale si legge che il senatore Cossiga ha dichiarato che, per il bene del Paese, i senatori a vita - non so se parlava per tutti o era un auspicio - avrebbero votato a favore della finanziaria. Ebbene, invito i senatori a vita a non assumersi questa responsabilità, che è tutta politica e che verrebbe assunta da persone che non sono state elette. (Applausi dai Gruppi LNP, FI e AN). Penso che i senatori a vita debbano giocare in maniera diversa il loro ruolo. Questo - e mi rivolgo ai colleghi della Casa delle Libertà - dobbiamo sottolinearlo con civiltà, ma con grande fermezza (Applausi dai Gruppi LNP, FI e AN),affinché il destino del Paese non sia in mano a persone che il Paese non ha votato. Credo che questo sia assolutamente da sottolineare fin d'ora; poi avremo tutto il tempo per sviluppare altri ragionamenti politici in Aula e fuori.
Non ritengo di poter addivenire alla richiesta del senatore Storace. Per prima cosa invito, come ha fatto il senatore D'Onofrio, i colleghi a ripensarci e a ritirare, in questo momento così delicato, le loro dimissioni. Ma, se non ci ripensano, credo sia il caso di votare immediatamente. (Applausi dai Gruppi LNP e FI).
PETERLINI (Aut). Domando di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
PETERLINI (Aut). Signor Presidente, senza voler gettare ulteriore benzina sul fuoco, desidero però evidenziare un fatto che deve stare a cuore a tutti e che finora non ha trovato soluzione, pur essendo stato posto anche in sede di Conferenza dei Capigruppo. L'Italia è rappresentata, con delegazioni composte da colleghi di maggioranza e di opposizione, in vari organi internazionali, ad esempio in Consiglio d'Europa, dove ci onoriamo di avere un nostro rappresentante.
Ora, questo non è un caso singolare che si presenta oggi, ma avviene continuamente, e quindi svolgo tale rilievo a prescindere dalla giornata odierna e dalle assenze che abbiamo sentito essere determinanti per garantire il numero legale in Aula. Dobbiamo decidere se partecipare attivamente all'attività di questi organi o non parteciparvi più. Perché se vi partecipiamo dobbiamo trovare una regola che consenta alla maggioranza e all'opposizione di essere equamente presenti, senza mettere ogni volta in difficoltà i lavori dell'Aula.
Non è più possibile che accada quanto avvenuto l'ultima volta alla seduta inaugurale dell'Assemblea del Consiglio d'Europa in cui il nostro collega Pinzger, membro della delegazione italiana, è rimasto solo proprio nel momento ufficiale della riunione, quando bisognava procedere all'insediamento delle commissioni; di tutta la delegazione non c'era più nessun italiano. Mi chiedo che figura stiamo facendo in Europa e in tutti gli altri organi internazionali. Non siamo più capaci di garantire la presenza degli italiani negli organi internazionali. Non può accadere questo. (Commenti dal Gruppo AN. Brusìo).
Questa osservazione va oltre quanto accaduto in questo momento. Sottopongo pertanto nuovamente alla Presidenza il problema, che è di fondo e che dovrebbe stare a cuore a tutti, non solo alla maggioranza. Dovrebbe interessare tutti noi che rappresentiamo il Senato, il Parlamento intero e il popolo italiano.
STORACE (AN). Ma che pretende dall'opposizione?
PETERLINI (Aut). Non è possibile fare queste figure in sede europea, perché l'alternativa per la maggioranza è dire - come è accaduto anche oggi che si tiene l'Assemblea parlamentare del Consiglio d'Europa a Parigi - state tutti qui perché altrimenti non possiamo garantire il numero legale. Questa non può essere la soluzione. Pertanto, il mio è un appello che rivolgo a tutti, indipendentemente dal colore politico, e chiedo nuovamente che la questione sia sottoposta ai Capigruppo.
DE PETRIS (IU-Verdi-Com). Domando di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
DE PETRIS (IU-Verdi-Com). Signor Presidente, desidero ritornare alla vera questione e a quanto accaduto oggi, ricordando che all'interno delle Commissioni competenti - colgo l'occasione per rispondere anche al senatore Castelli - vi era stato un assoluto atteggiamento di disponibilità e di collaborazione nei riguardi di questo provvedimento. Ai colleghi dell'opposizione dico che quando si tratta di esaminare provvedimenti che affrontano, come nel caso specifico, il disagio sociale presente nel nostro Paese e che riguardano tanta povera gente bisognerebbe avere tutti uno spirito di collaborazione.
Ora, stiamo discutendo delle conseguenze politiche di quanto accaduto, ma io desidero evidenziare soprattutto le ricadute dal punto di vista sociale. Nei cinque anni precedenti (Brusio. Richiami del Presidente) tutti i vostri decreti di proroga degli sfratti... (Brusio. Richiami del Presidente). Chi vi parla credo abbia condotto per cinque anni una durissima battaglia in quest'Aula...
STORACE (AN). È vero.
DE PETRIS (IU-Verdi-Com). Questo non è mai accaduto, anzi c'è sempre stato un clima di collaborazione, soprattutto in materia di sfratti.
STORACE (AN). Ma quando mai?
DE PETRIS (IU-Verdi-Com). In realtà, non avete voluto proseguire in quell'atteggiamento di ampia collaborazione, dimostrato anche dall'accoglimento di emendamenti dell'opposizione in Commissione, per portare a buon fine questo decreto-legge. (Commenti dal Gruppo AN).
PRESIDENTE. Per favore, colleghi, non è possibile continuare così. Stiamo discutendo della decisione di quando votare, eventualmente se votare o sospendere la seduta. Non vorrei essere costretto a decidere io, unilateralmente.
DE PETRIS (IU-Verdi-Com). Quindi, ritornando alle responsabilità, vorrei richiamarvi - questa volta sommessamente - alle vostre e alle conseguenze derivanti dal fatto di non aver voluto trovare soluzioni che sarebbero venute incontro ai problemi veri di questo Paese.
È bello, e lo dico a molti di voi che hanno fatto manifesti contro gli sfratti e contro le cartolarizzazioni. Adesso vorrei sapere cosa andate a raccontare.
SAPORITO (AN). Devi dirlo al Governo!
DE PETRIS (IU-Verdi-Com). Ognuno si deve assumere le proprie responsabilità in quest'Aula (Commenti dai banchi dell'opposizione), come noi ce le siamo assunte sui decreti che riguardavano problemi generali del Paese.
PRESIDENTE. Inviterei i colleghi... (Commenti del senatore Storace). Non accetto richiami di alcun genere da parte di alcuno.
STORACE (AN). Chiedevo solo chiarificazioni.
PRESIDENTE. Dicevo, inviterei i colleghi ad ascoltare le argomentazioni che vengono portate, come è stato fatto, e a contrastarle con altrettanti interventi. Bisogna avere la pazienza dell'ascolto, cosa forse più faticosa del pronunciamento della parola. Ma questo dovreste saperlo tutti.
DE PETRIS (IU-Verdi-Com). Invito tutti a riflettere sull'assunzione di responsabilità per una questione molto delicata. Con quel decreto discutevamo infatti della vita delle persone, del futuro e del diritto alla casa di tantissime famiglie nel nostro Paese. Ovviamente sono anch'io favorevole ad una sospensione. (Applausi dai Gruppi IU-Verdi-Com, Ulivo e RC-SE).
PRESIDENTE. In questa discussione, che ha numerosi aspetti politici, inviterei i colleghi ad avere un confronto di opinioni, sicuramente diversissime, in un ambito, non solo di correttezza, ma anche di un minimo di reciproco ascolto.
BUTTIGLIONE (UDC). Domando di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà. Senatore Buttiglione, mi dia una mano a portare la calma.
BUTTIGLIONE (UDC). Signor Presidente, molto volentieri. Però ho l'obbligo di assicurare la collega De Petris del fatto che l'UDC e l'opposizione tutta in quest'Aula non hanno minore coscienza sociale e minore preoccupazione per la situazione di chi non ha casa, o rischia di perderla, di quanta ne abbia il Governo. (Applausi dai Gruppi UDC, FI, AN, LNP e DC-PRI-IND-MPA)
TECCE (RC-SE). Non ci crede nessuno.
BUTTIGLIONE (UDC). È inaccettabile il ricatto morale di chi prima fa un pessimo provvedimento, tecnicamente mal congegnato, che si espone a dubbi di incostituzionalità, che genera divisioni nella maggioranza stessa, perché quel che sto dicendo lo pensano molti di voi (Applausi dai Gruppi UDC, FI, AN e LNP), e poi accusa di mancanza di coscienza civile l'opposizione, anzi, non l'opposizione, ma il Senato, il Parlamento, dove risiede la sovranità del popolo italiano, perché lo boccia.
È chiaro ed evidente a tutti che non siamo contro un provvedimento che intervenga per risolvere la situazione del disagio - e che disagio! - che peraltro si prolunga da tempo immemorabile, di chi rischia di dover lasciare la casa, ma anche di tanti proprietari che non possono disporre di un bene che loro appartiene. Non siamo contrari ad un provvedimento che risolva il problema, siamo contrari a questo provvedimento, perché non risolve il problema. Questo a futuro memoria.
Vorrei poi dire al senatore Peterlini che condivido interamente le sue preoccupazioni. Ha ragione. Però quando penso al prestigio internazionale dell'Italia, più dei deprecabili eventi cui lui fa riferimento, mi preoccupa il decreto suicida in materia di fusione Autostrade-Abertis fatto da un Ministro di questo Governo (Applausi dal Gruppo UDC); mi preoccupa di più la sentenza negativa che abbiamo incassato senza transare, quando era il tempo di farlo, in materia di IVA sulle automobili (Commenti delle senatrici De Petris e Donati); mi preoccupa di più il giudizio del "Financial Times" sulla legge finanziaria; mi preoccupa di più il declassamento del debito italiano da parte dalle agenzie Fitch e Standard & Poor's...
GARRAFFA (Ulivo). Ma dal 2001 al Governo ci siete stati voi.
BUTTIGLIONE (UDC). ...che vuol dire più soldi che il contribuente italiano dovrà pagare per lo stesso ammontare di debito pubblico. Mi preoccupa di più il fatto che il Presidente del Consiglio prima deteriori i rapporti con la Russia fino al punto cui sono arrivati e poi assista silente, senza sentire il dovere di contraddire o di alzarsi e andarsene, quando Putin insulta l'Italia in sede di G8. (Applausi dai Gruppi UDC, FI e AN). Mi pare che questi siano aspetti più gravi di quelli cui il senatore Peterlini ha fatto riferimento.
Quanto al tema più immediato, cari colleghi, non si può affermare che questa vicenda non abbia rilievo politico, e ringrazio il Presidente per aver detto chiaramente che essa abbia rilievo politico. Tuttavia, se si ritiene che la questione non abbia rilievo politico e che non bisogna chiedere al Governo di venire in Aula a spiegare le sue ragioni (se ne ha), allora si deve votare immediatamente. Non si capisce quale sia il motivo di sospendere i lavori se non vi è un fatto politico rilevante ed importante. Inoltre, come qualcuno ha ricordato in quest'Aula: tutto è fatto politico rilevante, considerati i rapporti che esistono tra maggioranza ed opposizione.
Pertanto, o si decide una sospensione perché vi è un fatto politico, e il Governo viene in Senato, oppure si vota immediatamente. (Applausi dai Gruppi UDC e FI).
RUSSO SPENA (RC-SE). Domando di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
RUSSO SPENA (RC-SE). Signor Presidente, vorrei fare tre brevi e pacate osservazioni, riprendendo anche elementi emersi dal dibattito.
La prima è la seguente: credo che non dobbiamo continuare a parlare, né a polemizzare di malati, di assenti e di componenti del Senato in missione. Peraltro, sono per la medicina preventiva e sono anche abituato a ritenere che una maggioranza debba sapersi gestire. Ciò allude a problemi tattici, se ve ne sono. Per quanto riguarda il nostro Gruppo, esso ha deciso, ma ciò rientra nella facoltà di ogni Gruppo, che nei giorni in cui si riunisce l'Aula non si va in missione e quindi i nostri componenti non vanno in missione. Riguarda le questioni tattiche se vi siano o non vi siano ammalati; anche noi oggi abbiamo un componente del Gruppo in ospedale, in genere siamo 27 su 27.
Credo però che, in questo senso, la maggioranza abbia bisogno di un'accortezza tattica maggiore. Ovviamente, si tratta soprattutto di un'autocritica in prima persona, perché credo che non bisogna mai aspettarsi che l'avversario politico - non il nemico, ma l'avversario - butti la palla in fallo laterale quando l'uomo è a terra. Sono un tifoso del Napoli e del grande Maradona. Con la «mano di Dio» di Maradona l'Argentina ha vinto un campionato del mondo, quindi non mi attendo mai che la palla venga buttata in fallo laterale. Bisogna risolvere i propri problemi da sé.
La seconda osservazione riguarda quanto affermato dai colleghi Matteoli, Storace ed altri, ossia che è avvenuto un fatto politico. Io credo che un fatto politico sia certamente avvenuto: ho troppo rispetto per le istituzioni e per il Senato per non comprendere che un voto negativo, peraltro su una pregiudiziale e non sul merito del provvedimento, sia un fatto politico. Ma non mi pare, rispetto all'inizio della legislatura e alla composizione di quest'Aula, che sia avvenuto un fatto politico nuovo che comporti, come addirittura un collega dell'opposizione ha prima dichiarato, la necessità delle dimissioni del Governo.
Credo che siamo di fronte ad un problema, ad un intralcio, ad una ricerca necessaria, ma non ad un fatto nuovo. Altre volte ho sostenuto in quest'Aula che dobbiamo abituarci, come maggioranza e quindi anche come opposizione, a dei voti alternati. Tante volte, vista la composizione numerica dell'Aula, questa maggioranza sarà sconfitta. Non sempre queste sconfitte determinano un condizionamento, uno sfibramento e una debolezza del programma del Governo tali da portare alle dimissioni. A volte sì, e credo che allora abbiamo la coscienza per dirlo, e a volte invece no.
Chiudo il mio intervento con una terza osservazione. Perché questa volta ritengo di dire di no? Perché siamo di fronte a un provvedimento che, se non fossimo in qualche modo tutti - e non voglio accusare nessuno in particolare - oscurati nella nostra lucidità, senatore Buttiglione, un po' dalla propaganda e dalla demagogia (lo ricordava prima il senatore Andreotti, la cui esperienza ed intelligenza rispetto sempre), avremmo dovuto votare tutti insieme, magari con degli emendamenti o cambiando alcuni aspetti. Questo è infatti un provvedimento che attiene ad un tema sociale su cui le vostre e le nostre file hanno prodotto una grande campagna di massa; non sono solo i manifesti di Alleanza Nazionale e dei suoi giovani a Roma, ma tutti siamo all'interno dei comitati di difesa dagli sfratti.
Credo che un provvedimento che attiene non ad una semplice proroga, ma che coglie lo spirito della Corte costituzionale per tentare di portare avanti in qualche modo con i requisiti certi di un decreto, che sono quelli immediati di necessità ed urgenza, anche a favore del locatore - senatore Buttiglione, se ha letto il provvedimento -, non una semplice proroga, avrebbe dovuto vedere quest'Aula attenta alla connessione sociale e politica del problema; non tanto alla sconfitta sulla pregiudiziale.
Non vorrei, senatore Matteoli (mi riferisco a lei perché ha fatto un intervento che politicamente ho apprezzato), che le destre oggi avessero vinto in quest'Aula, ma di fronte al Paese e alla società avessero conseguito una vittoria di Pirro, cioè la caduta di un provvedimento sociale che tanti poveri, tanti sfrattati e tanti locatori si aspettano. Andremo, comunque, nelle strade e nelle piazze a dire che il provvedimento caduto era un provvedimento a favore della società. (Applausi dai Gruppi RC-SE, IU-Verdi-Com e Misto-IdV).
ANDREOTTI (Misto). Domando di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
ANDREOTTI (Misto). Signor Presidente, l'osservazione fatta dal collega Castelli non è tale da configurare un fatto personale, altrimenti chiederei la parola alla fine della seduta. Essa ha, tuttavia, posto un problema di principio che vorrei solo accennare, cioè lo status dei senatori a vita. Un giorno forse si stabilirà diversamente - tra l'altro abbiamo pendente una proposta del senatore Cossiga - con una manovra che ci manterrà in vita, togliendoci però il diritto di voto; comunque ciò si vedrà nella sede propria.
Per il resto, mi sia consentito di dire, non per fare delle discriminazioni tra noi senatori a vita, ma il giorno in cui ho avuto l'onore di essere trasferito, nel 1991, a Palazzo Madama, non mi sono sentito diverso da quello che per 45 anni ero stato, mandato dal popolo alla Camera dei deputati. (Applausi dai Gruppi Ulivo, RC-SE, IU-Verdi-Com, Aut, Misto-IdV e Misto-Pop-Udeur).
SCHIFANI (FI). Domando di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
SCHIFANI (FI). Signor Presidente, innanzitutto la ringrazio per aver consentito a tutti i Gruppi, anche con più di un intervento, di poter parlare questa mattina sulla vicenda che si è determinata. È una vicenda che ha delle refluenze e riteniamo delle ricadute politiche non indifferenti.
Nella precedente legislatura non era mai successo che un decreto-legge venisse bocciato con una pregiudiziale di costituzionalità e che decadesse; si tratta di un fatto politico. Sono tra coloro i quali non ritengono che questa vicenda possa essere archiviata così, sic et simpliciter, come un incidente d'Aula. È un fatto politico che si verifica nel momento in cui vi è un Governo e una maggioranza in difficoltà sull'iter della finanziaria; le contraddizioni all'interno della stessa coalizione esplodono, anzi implodono. Tanto è vero che ci accingevamo addirittura a votare un testo sul quale la stessa Commissione bilancio aveva manifestato delle perplessità sulla copertura; nonostante ciò, la Commissione di merito, la Commissione ambiente, a colpi di maggioranza, intendeva andare avanti contro la stessa maggioranza e la Commissione bilancio.
Ho ascoltato con attenzione e interesse i precedenti interventi dei colleghi della maggioranza, però, a coloro i quali lamentano la scarsa rappresentatività del Parlamento, e quindi del Senato, in sede internazionale, mi permetto di rimandare questa preoccupazione allo stesso Presidente del Consiglio e alle sue parole, quando la notte delle elezioni ebbe a dire, davanti a milioni di italiani, che avrebbe governato il Paese perché in Parlamento, quindi sia alla Camera che al Senato, vi era una robusta maggioranza che gli avrebbe consentito di guidare il Paese. Inviterei allora i colleghi della maggioranza a rivolgersi al Presidente del Consiglio, non certo a questa opposizione che, quando era maggioranza nella precedente legislatura, non ha avuto nessuno sconto, nemmeno sul numero legale (Applausi dal Gruppo FI), nemmeno sui testi dove vi era condivisione nel merito.
Si è detto: voi siete maggioranza, avete il dovere di garantire il numero legale; se tenete il numero legale, noi eventualmente valuteremo di votare a favore se siamo d'accordo. Vogliamo introdurre il voto per delega per gli ammalati, vogliamo arrivare a questo? Non credo. Vogliamo impedire le missioni? Signor Presidente, ho partecipato assieme a lei, su posizioni diverse, al ruolo di grande responsabilità che sono stato chiamato a ricoprire come Capogruppo, e sapevo per certo che nel corso del tempo sarebbero iniziate le missioni, che si sarebbero verificati inconvenienti in Aula, dovuti all'assenza per malattia di alcuni colleghi che - bontà loro - non possono stare sempre bene! È fisiologico nella legislatura! Di questa fisiologia - che avrebbe portato ad una caduta di un decreto-legge e quindi alla crisi di un Governo, credo che il Presidente del Consiglio avrebbe dovuto tener conto, quando quella notte ebbe a dichiarare: io governerò il Paese perché ho una maggioranza in Parlamento! (Applausi dal Gruppo FI).
Allora non vogliamo né infierire né criticare: prendiamo atto del fatto che la crisi del Governo Prodi si è aperta oggi, per cui torniamo a chiedere all'unisono che il Governo e la maggioranza prendano atto di questa crisi, che l'Esecutivo ci faccia sapere cosa intende fare, non tanto nell'ambito di una Conferenza dei Capigruppo, ma con una dichiarazione politica in Aula, circa la prosecuzione dei lavori del Parlamento e la sua agenda politica.
Archivio in serie B il voto sulle dimissioni dei Ministri o dei Sottosegretari; non mi innamoro di questa tesi. Se la maggioranza se la sente di andare al voto segreto sulle dimissioni dei senatori, già rigettate tante volte, lo faccia! Noi riteniamo che sarebbe opportuno, signor Presidente, sospendere l'attività dei lavori dell'Assemblea di questa mattina, in presenza di una dichiarazione politica del Governo e della maggioranza che prendano atto del fatto che in Aula è accaduto un fatto politicamente grave. (Applausi dal Gruppo FI).
PRESIDENTE. Mi pare che ci stiamo avviando alla conclusione della seduta.
CALDEROLI (LNP). Domando di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà. La prego di essere molto breve.
CALDEROLI (LNP). Signor Presidente, credo che nelle pregiudiziali non ci sia solo una valutazione di merito, ma soprattutto di costituzionalità. Se la 5a Commissione esprime dei dubbi sulla copertura di un comma di un decreto-legge, se vengono approvati degli emendamenti con il parere contrario della 5a Commissione, evidentemente il provvedimento non è coperto e quindi non è costituzionalmente riconosciuto. Quindi, ben venga una pregiudiziale che bocci un decreto non coperto!
Entrando nel merito, che nessuno si sogni - lo dico in relazione agli ultimi interventi - di poter attribuire la responsabilità all'opposizione per quello che di buono poteva esserci in quel provvedimento, perché se si prende il tabulato dei voti ci si rende conto che oggi mancavano 11 senatori della maggioranza, il che non può essere considerato un incidente, ma un fatto politico! È inutile poi appellarsi a qualche soccorso esterno. La responsabilità è di chi non c'era e, se fossi stato della maggioranza oggi, avrei chiesto un voto elettronico nominale per capire chi oggi non c'era e chi ha fatto il sabotaggio del Governo, ma sabotaggio del decreto-legge e del Governo siede di là; non di qua! (Applausi dai Gruppi LNP, FI e AN).
FINOCCHIARO (Ulivo). Domando di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
FINOCCHIARO (Ulivo). Signor Presidente, proprio per togliere dalle condizioni di irrespirabilità - come dice il senatore Storace - la discussione di quest'oggi, vorrei innanzitutto fare gli auguri di pronta guarigione ai colleghi di maggioranza e di opposizione che non sono presenti in Aula per motivi di salute. Non mi è sembrato elegante il modo con cui ci siamo accaniti sulle disgrazie altrui.
La seconda questione è che certamente quello di oggi è un voto politico per due ordini di ragioni. Il primo ordine di ragione è che si tratta di un voto politico perché la maggioranza è andata sotto su una questione pregiudiziale. È un decreto-legge, però un dato politico è un dato politico sempre. Ciascuno di noi qui fa il suo mestiere di sostegno o di opposizione al Governo; vorrei però sommessamente ricordare che nella scorsa legislatura solo alla Camera dei deputati, dove godeva di una maggioranza vastissima, il Governo Berlusconi andò sotto cento volte: due volte, in particolare, su pregiudiziali di costituzionalità, una delle quali era una pregiudiziale di costituzionalità ad un decreto.
C'è poi un fatto politico e forse questo è uno di quei rari momenti in cui veramente tutti siamo chiamati a responsabilità: il fatto politico è che il Parlamento non approverà, nei tempi che si era dato, un provvedimento che riguarda il disagio abitativo di milioni di famiglie italiane. Si tratta di un fatto politico che ci inchioda tutti. Naturalmente non condivido, anche se posso comprendere, le ragioni che hanno mosso i colleghi dell'opposizione a sostenere la pregiudiziale di costituzionalità, ma il fatto politico resta immenso: milioni di famiglie italiane che guardavano all'approvazione di questo decreto-legge come un momento di sollievo rispetto a una situazione di precarietà in relazione al bene primario dell'abitazione, sono riprecipitate in una situazione di angoscia e viva preoccupazione.
Dico questo, colleghi, perché da questo momento in poi, nella mia gerarchia delle questioni politiche, il primo problema non sarà discutere sugli 11 tra senatori a vita, senatori malati o inviati in missione e su ciò che questo significa per il Governo Prodi, perché altrimenti avremmo dovuto concludere, da quelle cento sconfitte alla Camera, che il Governo Berlusconi abbia governato "illegittimamente": si tratta naturalmente di una stupidata. Il problema politico che abbiamo davanti è invece come i Gruppi del Senato, il Governo e la Camera dei deputati si attrezzano rispetto a questa enorme questione politica che riguarda non noi, non la maggioranza e l'opposizione, ma milioni di famiglie italiane. (Applausi dai Gruppi Ulivo, IU-Verdi-Com e RC-SE).
Se è così, penso che tutte le argomentazioni qui adoperate verranno rivisitate, dovranno essere rivisitate e francamente me lo auguro, non perché io tenda sempre all'unanimità sui provvedimenti - ovviamente mi conviene, facendo il mestiere che faccio ora - ma perché credo che tocca a tutti cercare di comprendere come riuscire a dare risposta a questo problema politico che interpella nello stesso modo e con la stessa aggressività sia la maggioranza che l'opposizione.
Allora a questo punto forse la cosa migliore da fare è convocare la Conferenza dei Capigruppo e in tal senso avanziamo una richiesta alla Presidenza del Senato, perché in Conferenza si torni a ragionare su questo fatto politico, con la presenza del Governo, e si ragioni anche sul punto originariamente previsto all'ordine del giorno della seduta odierna, cioè la votazione sulle dimissioni presentate dai colleghi Bubbico e Pinza. (Applausi dai Gruppi Ulivo e IU-Verdi-Com).
PRESIDENTE. Dopo la discussione qui svolta e sentito anche il parere del Presidente del Senato, sospendo la seduta fino alla conclusione dei lavori della Conferenza dei Capigruppo, convocata per le ore 12,30.
(La seduta, sospesa alle ore 12,25, è ripresa alle ore 14,26).
Presidenza del presidente MARINI
Sui lavori del Senato
PRESIDENTE. Riprendiamo i nostri lavori.
A seguito della Conferenza dei Capigruppo, vi comunico che il Governo è già stato sollecitato, ma la Presidenza si impegna a contattare l'Esecutivo affinché nella mattinata di domani venga in Aula per riferire e proporre come questo problema sociale, rimasto aperto con la caduta del decreto-legge, possa essere risolto, possibilmente in collaborazione con il Parlamento. C'è stato accordo su questo. Il Governo ha qualche ora di tempo per vedere gli eventuali orientamenti da assumere, sentendo anche le forze politiche e parlamentari.
(omissis)
SENATO DELLA REPUBBLICA
XV LEGISLATURA
62ª SEDUTA PUBBLICA
RESOCONTO
SOMMARIO E STENOGRAFICO
MERCOLEDI’ 25 OTTOBRE 2006
(Pomeridiana)
Presidenza del vice presidente CALDEROLI,
indi del presidente MARINI
e del vice presidente CAPRILI
(omissis)
Comunicazioni del Governo sulle politiche per la riduzione del disagio abitativo
e conseguente discussione (ore 19,34)
PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca: «Comunicazioni del Governo sulle politiche per la riduzione del disagio abitativo».
Ha facoltà di parlare il ministro della solidarietà sociale, onorevole Ferrero.
FERRERO, ministro della solidarietà sociale. Signor Presidente, nella discussione e nei fatti di stamattina sono state poste questioni su piani diversi. Prima di passare alle proposte sul merito, è opportuno intervenire a questo proposito.
La prima questione, il primo punto che è stato posto, è stato il nodo politico di questa mattina. La nostra opinione è che stamattina si sia verificata non una modifica della condizione politica in cui ci troviamo, ma semplicemente una situazione in cui l'assenza giustificata di alcuni senatori della maggioranza ha determinato, in virtù delle determinazioni assunte dall'opposizione, il risultato che conosciamo: non si tratta di una novità, ma di una conferma delle condizioni numeriche in cui ci troviamo al Senato.
Dal punto di vista invece del merito della votazione di questa mattina, è evidente che la situazione che ci troviamo a fronteggiare è la seguente. La bocciatura della conversione in legge del decreto sulgli sfratti determina un doppio problema: il primo è quello dei soggetti deboli che venivano tutelati dal decreto e in particolare dei malati terminali, degli ultrasettantenni, degli invalidi al di sopra del 66 per cento e delle famiglie con minori che, a questo punto, dopo la bocciatura del provvedimento, rischiano concretamente, a fine novembre, di essere coinvolti dalle procedure di sfratto.
Il secondo elemento di gravità che deriva dalla bocciatura di questa mattina è che quel decreto conteneva anche la predisposizione di un piano, d'intesa con i Comuni e le Regioni, per ricostruire un intervento sul versante dell'edilizia residenziale pubblica, che era strettamente connessa al blocco degli sfratti. Anche questo intervento viene a cadere in una situazione che è, come tutti voi sapete, grave su questo versante, non solo perché circa 600.000 famiglie sono presenti negli elenchi dell'edilizia residenziale pubblica e non hanno, ad oggi, ricevuto alcuna risposta al loro bisogno abitativo, ma anche per l'assenza di politiche sulla casa che è andata avanti per anni.
Infatti, confrontando i dati dell'ultimo ventennio, osserviamo che nel 1984 si costruivano 35.000 alloggi all'anno in qualche modo sovvenzionati dal pubblico, mentre nel 2004 se ne sono costruiti 1.900.
Viviamo una situazione unica in Europa, in quanto il nostro patrimonio abitativo pubblico rappresenta il 4 per cento del totale, a fronte di una media europea del 16 per cento. La bocciatura del decreto ha determinato che, su entrambi questi fronti (quello dell'emergenza sfratti e quello della predisposizione di un piano di edilizia residenziale pubblica), siamo oggi in una condizione di empasse.
Nel merito sono stati avanzati problemi relativamente alla costituzionalità del decreto. Io voglio sottolineare determinati elementi che poi ci permetteranno di ragionare su come andare avanti. La Corte costituzionale, nel 2004, aveva avanzato alcuni rilievi rispetto al cosiddetto decreto di proroga degli sfratti del 2004 su tre profili: la prima questione, diceva la Corte costituzionale, è che non si può proseguire con mere proroghe degli sfratti.
Devo dire che il decreto in discussione questa mattina in Aula era stato costruito in modo da non essere una mera proroga, ma collegava il blocco degli sfratti per le categorie di cittadini particolarmente disagiate ad un piano da costruire con i Comuni e le Regioni; quindi, il rilievo di costituzionalità non poteva toccare questo decreto perché, a differenza dei decreti degli anni precedenti, non prevedeva una mera proroga degli sfratti. (Commenti del senatore Storace).
Assolutamente no. Il voto è valido e non è contestabile. Sto spiegando le motivazioni sottese al decreto, che porteranno alla proposta che avanzerò alla fine.
Inoltre, il secondo rilievo di costituzionalità avanzato dalla Corte costituzionale riguardava il fatto che non fosse possibile scaricare sul solo proprietario l'onere di un beneficio sociale più ampio, cioè che non si potesse scaricare sul singolo individuo proprietario che si trovava ad avere in una casa di sua proprietà un inquilino non sottoponibile a sfratto l'onere del medesimo. Per venire incontro a questa obiezione, nel decreto si era introdotta la possibilità per il proprietario che si veniva a trovare in queste condizioni di praticare una detrazione significativa dalla propria dichiarazione dei redditi, pari all'affitto pagato dall'inquilino maggiorato del 20 per cento.
In ultimo, il terzo rilievo di costituzionalità riguardava la mancata comparazione, nel decreto del 2004, delle condizioni tra il proprietario e l'inquilino. Ci si poteva infatti trovare nella situazione in cui un proprietario malato terminale poteva non essere nella condizione di rientrare nel possesso pieno dell'alloggio di sua proprietà perché affittato ad un inquilino malato terminale e, giustamente, la Corte costituzionale segnalava una disparità di trattamento. Anche in questo caso, nel decreto è stato previsto espressamente che, in caso di parità di condizioni, ci fosse la disponibilità dell'alloggio per il proprietario.
Dico questo perché a me pare che il decreto fosse costruito esattamente per rispondere ai nodi di costituzionalità sollevati in precedenza dalla Corte costituzionale.
Infine, c'è un punto su cui il Governo, in caso le votazioni fossero proseguite, avrebbe espresso parere favorevole ed era la cassazione dell'articolo 1, comma 7, in cui non era prevedibile l'esito sulle quotazioni delle società in oggetto. Il Governo sarebbe addivenuto alla cancellazione dell'articolo 1, comma 7, non perché mancasse il finanziamento del decreto, che invece era previsto in altre forme, ma per evitare di intervenire su altre voci del bilancio dello Stato in una modalità non prevedibile, che mi pare fosse uno dei rilievi avanzati da più voci dell'opposizione.
STORACE (AN). Del Senato!
FERRERO, ministro della solidarietà sociale. Chiedo scusa. In questo caso, ho sentito le voci stamattina, nel dibattito cui ho partecipato e a quelle mi riferisco.
PRESIDENTE. Il senatore Storace è implacabile.
STORACE (AN). Semplicemente, è il Senato che ha bocciato il decreto, non l'opposizione.
FERRERO, ministro della solidarietà sociale. Ma io non parlavo di chi lo ha bocciato e, in ogni caso, tutti i rilievi di tipo istituzionale non possono che trovarmi concorde sulla precisione del rilievo medesimo.
Ciò detto, stiamo verificando con gli uffici quale sia la strada migliore per far fronte al bisogno sociale cui il decreto intendeva rispondere e quindi come si riesca, entro la fine di novembre, a risolvere il problema del blocco degli sfratti per queste categorie di persone e a incardinare la costruzione del piano.
Per quanto ci riguarda, a partire dalle posizioni dette, stiamo per verificare se sia possibile la strada del decreto. Stiamo verificando l'aspetto della costituzionalità; ovviamente non è possibile reiterare un decreto che abbia la stessa natura di quello bocciato e quindi stiamo verificando quali modifiche siano necessarie e se si tratti di modifiche che comunque preservino l'efficacia di un eventuale decreto oppure no.
Nel caso in cui le verifiche risultassero negative, evidentemente bisognerebbe passare ad un'ipotesi di disegno di legge.
Per quanto ci riguarda, come Governo, così come siamo stati disponibili nel percorso che ci ha portato fino ad oggi, siamo disponibili e interessati a svolgere un dibattito parlamentare - in sede di Commissione o in qualsiasi altra sede si ritenga opportuno - per verificare come risolvere il problema sociale presente, come riuscire, cioè, in tempi brevi (nell'arco di un mese), a bloccare gli sfratti per i soggetti deboli e ad incardinare la costruzione di un piano per dar soluzione al problema della casa.
Quindi, a questa sera il Governo non ha ancora scelto la strada (se ripresentare, cioè, un decreto-legge o passare ad un disegno di legge), ma la sta verificando, essendo del tutto evidente che quella più breve sarebbe la prima: è molto difficile, infatti, ipotizzare la possibilità di approvare un disegno di legge, nei due rami del Parlamento, nell'arco di 30 giorni (in tempo utile, quindi, per evitare gli sfratti). Tali verifiche, però, ad oggi, a quest'ora, non sono concluse.
Pertanto, nelle prossime ore, vedremo quale sarà la strada percorribile. In ogni caso, ribadisco che, per quanto ci riguarda, l'unico punto politico decisivo è la soluzione di questi due problemi, al fine di rinvenire la strada per non trovarci nella condizione di aggiungere a situazioni sociali e a sofferenze particolarmente gravi e pesanti problemi addirittura di ordine pubblico.
Non sfugge a nessuno, infatti, il rischio che le forze dell'ordine si producano nel determinare sgomberi di case i cui inquilini si trovino nelle condizioni previste dal decreto‑legge: ne risulterebbe, per il nostro Paese tutto, un alto grado di inciviltà.
Per questi motivi, per quanto riguarda il Governo, nella definizione dell'una o dell'altra strada, l'unico problema è tentare di fornire una risposta alla questione, oltre che di incardinare un percorso strutturale, al fine di ricominciare a realizzare una politica sulla casa mirante a fornire una risposta, appunto, strutturale al problema questione. (Applausi dai Gruppi RC-SE, Ulivo e IU-Verdi-Com).
PRESIDENTE. Ringrazio il ministro della solidarietà sociale Ferrero per il suo intervento.
Dichiaro aperta la discussione sulle comunicazioni del Governo.
È iscritto a parlare il senatore Franco Paolo. Ne ha facoltà.
FRANCO Paolo (LNP). Signor Presidente, questo non è certo un question time, ma un intervento che dovrebbe essere conseguente a quanto avvenuto oggi in Aula: mi dichiaro, però, comunque, non assolutamente soddisfatto dell'intervento del Ministro, perché la questione non risiede certo nella spiegazione dell'importanza - a suo dire fondamentale, ma della quale, ad un certo punto, potremmo anche discutere, perché, comunque, non ci vede d'accordo - del decreto-legge, che era in discussione e che è decaduto, in quanto bocciato dal Senato (quindi, non certo dall'una o dall'altra maggioranza).
Non è tanto nel merito che voglio entrare, in questo intervento, ma nella conseguenza. Mi auguravo che il Ministro non venisse a farci la lezioncina sul contenuto del decreto (che, naturalmente, conoscevamo già). Il problema è politico; il problema, signor Ministro, non è quanto vi era scritto nel decreto, che - ripeto - non era coperto, all'interno della propria normativa prevedeva ovvietà e riportava considerazioni assolutamente non attinenti alla risoluzione del problema in maniera drastica ed efficace.
La questione sta nel fatto che il decreto - e quindi il suo Governo, cui lei appartiene - è stato cassato, in quanto è stata approvata da quest'Aula la questione pregiudiziale di costituzionalità: il decreto, pertanto, è decaduto e così com'è non sarà convertito nel conseguente disegno di legge.
Mi auguravo che il Ministro, invece di venire a farci - ripeto - la lezioncina sull'importanza di tale decreto, esprimesse anche una considerazione di carattere politico. È evidente, signor Ministro (e questo non è un incidente di percorso!), che quanto di bello ci ha riferito sull'importanza di tale provvedimento non gode di una maggioranza parlamentare.
Quindi, lei dice che, per altri versi, per altre vie, con altri strumenti, lei e il Governo che rappresenta in questo momento verrete e tenterete di dare una risposta, secondo il vostro avviso. Ho visto anche oggi, nelle agenzie di stampa, risposte in maniera inusitata roboanti, sotto questo profilo, ad un problema molto rilevante, al quale noi, nella scorsa legislatura, in più occasioni abbiamo dato risposte, che hanno visto i voti contrari anche della senatrice De Petris, che oggi con tanta cortesia ci ha ricordato la responsabilità che dovrebbe soggiacere all'approvazione di questo decreto.
La conclusione è questa: queste belle idee che lei ci ha espresso avranno una maggioranza che permetterà loro di tradursi in un provvedimento legislativo concreto ed efficace? Quello che io chiedo e che la Lega Nord chiede, signor Ministro, è se, dietro alla bocciatura di oggi, ci sia ancora una maggioranza ed un Governo in grado di governare il Paese.
Quando si parla, come abbiamo fatto oggi, di responsabilità, mi chiedo: la responsabilità sta in chi fa rilevare quello che già si sapeva (che non c'è una maggioranza in grado di governare questo Paese, almeno in Senato) o l'irresponsabilità sta in chi finge che non ci siano le condizioni per prendere decisioni drastiche e non si accorge che quindi l'unico che deve essere sfrattato è il presidente del Consiglio Prodi?
Sappiamo benissimo che la Costituzione dice che non è un voto contrario ad un provvedimento del Governo, da parte di una o di entrambe le Camere, che ne costringa obbligatoriamente le dimissioni. Non è così, questo è evidente e lo dice anche la Costituzione. Ma non è il primo caso: è successo già sull'ordinamento giudiziario ed in altre occasioni importanti; questa è una di quelle. Non è un caso fortuito o unico.
Lei non ci ha dato una risposta; forse non poteva, forse non sapeva, forse, all'interno della collegialità del Governo, non è stata data una risposta e si attendono tempi migliori. È tuttavia gravissima la responsabilità che sta dietro a questo fingere che non ci sia la questione di una maggioranza che sostiene il Governo, cercando di nasconderla dietro ai valori di un decreto che prorogava gli sfratti e che attuava una miriade di interventi, a vostro dire importanti sotto questo profilo.
Il Paese di cosa ha bisogno? Ha bisogno di un Governo che si piange addosso, signor Ministro, come ha fatto lei stasera, e ci dice che in un modo nell'altro cercherà, per amor di patria, di risolvere questo problema o ha bisogno di un Governo che prenda atto che non ha una maggioranza in grado di permettergli di governare in uno dei due rami del Parlamento? Qual è la responsabilità vera?
La responsabilità o l'irresponsabilità è quella vostra. È l'irresponsabilità di chi cerca di dimenticarsi (magari grazie anche al fatto che c'è un po' di sciopero in giro nell'informazione), di far passare la nottata, come dicono in certe parti, in modo che domani ci si dimentichi e che, a fronte di qualche altro voto positivo, possa essere superata questa pseudo, finta crisi parlamentare. Non è vero.
La realtà dei fatti sta in quello che è successo oggi e la risposta che ci deve dare questo Governo non è come riuscirà a risolvere questo problema né come intende agire nei confronti di questo provvedimento, se lo reitererà (vedremo in che maniera, perché sappiamo che non è possibile farlo per i decreti) o se presenterà un disegno di legge, come ci ha gentilmente spiegato lei. Il punto è la risposta politica che il Governo intende dare al Paese per far fronte gli impegni elettorali che si è assunto, allo scopo, secondo l'illustrazione che ci ha fatto lei anche stasera, di continuare a governare.
Questa è la domanda. Lei dovrebbe far capire all'Aula se la politica che intende attuare questo Governo ha un sostegno parlamentare o no. Come? Non lo so. Ce lo dica lei se c'è una maggioranza diversa che può sostenere questo Governo, se d'incanto i parlamentari malati o in missione si ripresenteranno in Aula e saranno sempre presenti; ma sappiamo sia lei che noi che non sarà così.
Questa è la risposta che ci attendiamo: e quale altra? Ci dica se lei sarà in grado di approvare un provvedimento in questi termini: se, senza la fiducia, il decreto fiscale che ci sta arrivando dalla Camera in questi giorni sarà convertito in legge: no! Nonostante le belle intenzioni e le considerazioni di principio, non c'è una risposta a tale quesito. Questo volevo attendere e sapere. Per carità, poteva essere una risposta assolutamente politica e di buone intenzioni; un richiamo alla pseudomaggioranza di centro-sinistra ad essere presente, a votare e ad archiviare quanto successo oggi come un incidente di percorso.
Spettava a lei, come rappresentante del Governo, venire a riferire in Aula. Invece, non ho sentito nulla sotto questo profilo. Quindi, temo, signor Presidente, che la conduzione politica, la gestione del Governo continuerà facendo orecchie da mercante ai fatti parlamentari che occorrono e che accadono, cercando più o meno di far leva dove sarà possibile in caso di emergenza con il voto di fiducia. Non so quante volte abbiate intenzione di chiederlo. Sempre a questo punto è meglio al Senato far leva sul voto dei senatori a vita, sulla loro assistenza politica e sociale - lei ha parlato dell'importanza sociale di questo provvedimento - il voto dei quali diventa ovviamente una assistenza sociale ai provvedimenti del Governo, che voi ritenete così fondamentali.
La realtà è questa: non abbiamo avuto risposta al quesito per il quale avevamo chiesto al Governo di presentarsi in Aula. Non abbiamo avuto una risposta univoca, chiara che dovrebbe venire anche dalle altre parti della maggioranza, per chiarire quali sono le politiche che intendete fare a livello parlamentare affinché non succeda quanto successo adesso. Altrimenti, in caso contrario ed opposto, signor Ministro - questo è un messaggio che le voglio adesso comunicare, visto che lei non ci ha dato alcuna indicazione in questo senso - significa che questa è la via della irresponsabilità: continuerete, facendo - ripeto - orecchie da mercante, tirando la palla lunga alla «spera in Dio» o alla «viva il parroco», che qualcosa succeda!
Succederà ancora, signor Ministro, che i decreti verranno bocciati, che i disegni di legge passeranno solo con la fiducia. Quindi, accadrà che il Paese alla fine dovrà pagare in maniera molto cara la irresponsabilità che lei oggi ha dimostrato, non parlando delle questioni politiche, e che evidentemente sta dimostrando il Governo Prodi. (Applausi dal Gruppo LNP).
PRESIDENTE. È iscritta a parlare la senatrice De Petris. Ne ha facoltà.
DE PETRIS (IU-Verdi-Com). Signor Presidente, ringrazio ed apprezzo le dichiarazioni del Ministro perché ci riporta tutti - mi dispiace che il richiamo di stamani al senso di responsabilità possa essere frainteso - alla questione davanti a noi: come oggi, cioè, il Governo intende affrontare l'emergenza che si è creata. Il decretoa questo punto decadrà naturalmente il 29 novembre.
È chiaro che in questi 30 giorni bisogna trovare una soluzione - mi permettodi avanzarne alcune - che venga incontro alla risoluzione del problema. Le pregiudiziali - vorrei ricordare ai colleghi dell'opposizione - non fanno in alcun modo riferimento ai presupposti di necessità ed urgenza del decreto, in base all'articolo 77 della Costituzione. Quindi, è evidente a tutti che, anche se sono state approvate dal Senato le pregiudiziali, il non aver esse riguardato i presupposti della necessità ed urgenza del decreto, riconsegna al Governo la possibilità appunto di poter e di dover intervenire per necessità ed urgenza. Spesso abbiamo assistito anche nella scorsa legislatura ad un utilizzo smisurato dei decreti, che non avevano nulla a che fare con l'articolo 77 della Costituzione: non erano cioè certamente basati sui presupposti di necessità ed urgenza. Questo lo era, eccome!
Si tratta, infatti, di un decreto-legge che rispetto alla mera proroga degli sfratti faceva uno sforzo in più e su tale punto vorrei richiamare la vostra attenzione. Lo sforzo maggiore era finalizzato proprio a venire incontro alla sentenza della Corte costituzionale n. 155 del 2004 in due modi: introducendo una parità tra il locatore e il conduttore (pur sapendo che nel caso delle grandi proprietà tale parità non esiste ma forniva gli strumenti per superare anche una possibile disparità) e, cosa più importante, legando le proroghe a piani abitativi affidati ai Comuni, ai quali veniva riconosciuto un periodo di tempo per realizzare programmi di edilizia e censire il fabbisogno abitativo; tutto questo allo scopo di arrivare ad un piano nazionale sul problema dell'emergenza casa e quindi di edilizia residenziale pubblica.
Questo rappresentava un grande passo in avanti - lo voglio ricordare con forza - proprio perché il decreto non si basava unicamente sulla proroga di termini. Pertanto, il danno arrecato è abbastanza grave. Se non poniamo rimedio ci troveremo di fronte ad una situazione di grande disagio per moltissime famiglie con gravi problemi. Come sapete, i beneficiari dell'articolo 1 del decreto-legge in questione sono soprattutto anziani, malati terminali, portatori di handicap e persone con gravi necessità.
Signor Ministro, vorrei sottolineare che nella stessa discussione che oggi ha riguardato le pregiudiziali possiamo individuare gli elementi per intervenire con necessità ed urgenza, la qualcosa non è stata affatto messa in discussione dalle pregiudiziali.
Credo sia ancora possibile e sacrosanto intervenire con un decreto-legge, che certamente dovrà essere compatibile con l'articolo 15, comma 2, della legge n. 400 del 1988, in base al quale il Governo non può rinnovare le disposizioni di un decreto-legge decaduto. Ma proprio perché il provvedimento non riguardava solo ed unicamente le proroghe ma individuava anche la strada dei piani su cui intervenire, credo che il Governo in questi 30 giorni possa ancora emanare un provvedimento con i presupposti di necessità ed urgenza per dare risposta ai problemi in essere. Tanti, infatti, erano i motivi che avevano portato il Governo ad emanare un decreto-legge.
Vorrei anche ricordare la necessità e l'urgenza di intervenire per definire i rapporti giuridici posti in essere in questo mese, che rendono auspicabile l'emanazione di un decreto. Vorrei, altresì, ricordare al Ministro che nella scorsa legislatura si è verificato un caso analogo. Il decreto-legge 29 marzo 2004, n. 81, recante interventi urgenti per fronteggiare situazioni di pericolo per la salute pubblica, di fatto non fu convertito alla Camera. Immediatamente dopo il Governo ha presentato un altro decreto-legge che solo in pochissime parti differiva dal decreto decaduto.
Tra l'altro, vorrei far presente che quel decreto era decaduto alla Camera proprio a seguito dell'approvazione di due pregiudiziali di costituzionalità, che, tra l'altro, facevano riferimento ai presupposti di necessità e urgenza. Nonostante ciò esso è stato poi reiterato, con gli stanziamenti praticamente identici.
Da questo punto di vista, quindi, abbiamo la possibilità di intervenire anche rapidamente. Soprattutto vorrei sottolineare la responsabilità di tutti noi. Capisco che l'opposizione voglia ovviamente tentare strumentalmente di averne un beneficio politico da tutta questa vicenda, però - lo ripeto stasera che siamo tutti più pacati - vorrei invitare i colleghi del centro-destra ad intervenire e a dare il proprio contributo. Il problema è tutto dinanzi a noi: è nelle città e nella gravità della situazione che si è venuta a creare.
Vorrei dire anche con altrettanta chiarezza che dovremmo ancora una volta riprendere lo spirito del decreto-legge, che era quello di andare avanti e di andare oltre rispetto alla vera proroga. È un aspetto al quale credo dovremmo essere tutti interessati per poter finalmente cominciare in questo Paese, dopo cinque anni in cui il dramma della casa si è solo aggravato, a trovare e a mettere finalmente in atto tutti gli strumenti necessari a riavviare una seria politica della casa nel nostro Paese. (Applausi dai Gruppi IU-Verdi-Com, Ulivo, RC-SE e dal senatore Formisano).
PRESIDENTE. È iscritto a parlare il senatore Cutrufo. Ne ha facoltà.
CUTRUFO (DC-PRI-IND-MPA). Signor Presidente, penso che la Provvidenza stamattina ci abbia messo mano, perché, senatrice De Petris, questo provvedimento non è affatto un buon provvedimento. Siamo purtroppo abituati a vedere le cose dal punto di vista della nostra convenienza politica. C'è un passaggio del programma di Prodi che riguarda l'emergenza abitativa e le sue soluzioni.
Ebbene, se la soluzione è quella di questo decreto-legge per fortuna esso non esiste più, grazie a un voto del Senato. È un decreto che mette povera gente contro povera gente; è un decreto non soltanto ingiusto ma dal punto di vista sociale - questo sì - è un mezzo per aizzare le folle.
Perché non ci convinciamo una volta per tutte che è vero che esiste un'emergenza abitativa e che delle persone e delle famiglie hanno la necessità del supporto dello Stato? Parlo di supporto dello Stato, colleghi senatori, non di altri privati; lo Stato costringe, da qualche anno, gruppi di privati a sostenere mancanze di altri gruppi di privati, che noi condividiamo essere mancanze gravi. Come non pensare al pensionato che con lacrime e sangue si è fatto una seconda casetta, o che magari sta in affitto e si è fatto finalmente una casa di proprietà, e al quale viene requisita l'abitazione da un altro privato, grazie alle leggi di questo Stato?
In relazione a questa problematica si passa, ormai da decenni, di proroga in proroga, immaginando che da una parte vi siano sono alcuni stolti e sciocchi ricchi che debbono dare ad altri e, fra questi, alcuni molto furbi e nemmeno poveri.
Basta pensare allo scandalo degli IACP. A tal proposito, voglio sapere se il Ministro ha la stessa esperienza di altri qui dentro che magari hanno fatto gli amministratori locali, anche in grande metropoli come Roma, per esempio. Lo scandalo dello IACP che, quando nacque, grazie alla Democrazia Cristiana, riuscì...
BONADONNA (RC-SE). Prima della Democrazia Cristiana.
CUTRUFO (DC-PRI-IND-MPA). Con Mussolini, molto prima.
BONADONNA (RC-SE). Ancora prima di Mussolini.
CUTRUFO (DC-PRI-IND-MPA). Ma poi lo attuò la Democrazia Cristiana e continuò con la legge Fanfani e con la legge Tupini, se si vogliono proprio precisare le vicende della casa e della Democrazia Cristiana, rendendo proprietari in Italia circa l'80 per cento dei cittadini italiani. Ancora molti degli abitanti dei cosiddetti IACP, gli istituti autonomi delle case popolari, sono gli stessi entrati nel 1950, nel 1956, nel 1965, nel 1970.
Oggi i loro figli sono affermati dentisti, professionisti, ingegneri, avvocati, ed è giusto che sia così, proprio grazie a quella politica. Sono ancora lì dentro, però, a sottrarre la casa, la prima abitazione, a chi oggi ha realmente bisogno, alle famiglie di oggi che vogliono nascere e non hanno la possibilità. Allora, cosa fa lo Stato? Anche con il suo provvedimento, Ministro, chiede di nuovo ai privati di avere pazienza, di lasciare le cose così come stanno perché le case gli servono ancora, perché, come negli anni Cinquanta, Sessanta e Settanta, non si riesce a risolvere l'emergenza abitativa.
Voglio segnalare, a proposito del sindaco Veltroni, che dopo circa 25 anni tornano le baracche - mi dispiace che non sia presente il senatore Bettini, ma c'è la senatrice De Petris - nel comune di Roma. Sempre riguardo a questo provvedimento, Ostia che cos'è? Un quartiere di Roma o una cittadina di villeggiatura? Anche lì ci sono le famiglie povere; ci sono, ci sono, lo so bene. Ma quanti furbi sono annidati dietro una dichiarazione di 10.000 euro all'anno per rientrare nella no tax area quando invece non sono affatto bisognosi di una casa e stanno alle spalle di un altro privato che magari è bisognoso, dentro il suo appartamento. Si tratta di una legge truffa per questi cittadini italiani che hanno gli stessi diritti di coloro i quali hanno l'esigenza di avere una casa, ma non la loro.
Allora, intanto ristabiliamo un principio di equità e di eguaglianza tra i cittadini italiani e finalmente lo facciamo, perché non è il torto di questo Ministro, è una vicenda che si trascina negli anni e in questi governi. Smobilitiamo gli IACP, ad esempio; utilizziamo quei soldi per costruire nuove case per chi veramente ha bisogno, oppure facciamo un buono affitto con quei soldi di 300-400 euro al mese. Liberalizziamo il mercato degli affitti e vedrete come crolleranno i prezzi d'affitto delle case quando stabiliremo con la normativa - ed è una prima proposta che le faccio, Ministro - una cosa sola: una data certa e non la finita locazione dopo quattro anni, rinnovabili per altri quattro. Tutto passa per anni di cause e qui sono scritte cose - mi scusi se uso questo termine - anche un po' furbescamente, perché si dice che le cause per finita locazione, ma passate in giudicato, sono 12.000.
Lei ha idea di quante centinaia di migliaia di cause ci sono per finita locazione che giacciono nei tribunali intasando la giustizia civile - come lei sa bene - e non trovano soluzione da 10-20 anni? Non è vera, quindi, nemmeno questa dichiarazione.
Senatore Bonadonna, lei che si è occupato di casa, qui ci sono delle cifre non veritiere. Vogliamo approfittare dell'incidente avvenuto stamattina? Allora, parliamo di finita locazione con chiavi in mano al proprietario di casa senza passare per i tribunali e diamo noi una soluzione alternativa. Vedrete come crolla il mercato perché qualunque proprietario di casa, se ha la certezza di rientrare in possesso della propria abitazione dopo quattro o cinque anni, è disponibile anche a diminuire del 30 per cento il valore del contratto di affitto dell'appartamento.
Si tratta soltanto di ribadire un principio - e non so se sono tutti d'accordo sul punto - la proprietà privata non è un furto e lo Stato non può approfittare della presunta agiatezza di altri cittadini per risolvere i problemi di chi ritiene essere più povero, ma insisto sulla furbizia di questa fascia. Quanti realmente bisognosi, tra quelli che occupano case di terzi, sono meritevoli di questa attenzione da parte dello Stato?
Dovremmo approfondire un'indagine patrimoniale su questi cittadini, perché poi sono quelli che hanno in garage macchine di grossa cilindrata.
Ricordo un episodio che ha fatto storia a Spinaceto, una zona della città di Roma che non tutti conoscono. Santoro strumentalizzava, intervistando dallo Zen, e chiedeva: «Ma questa è la situazione dell'Italia?», e gli rispondevano: «Sì, purtroppo qui moriamo tutti di fame». Ricordate la trasmissione «Il rosso e il nero»? Era il più grande disinformatore nella storia della televisione italiana.
Io, che a ventisette anni ero presidente dell'associazione commercianti del Laurentino 38 - e chi conosce questa zona sa che è lo Zen di Roma - ero anche il presidente della squadra di calcio del Laurentino 38 ed ero anche un punto di riferimento in quel quartiere, so bene quali bisogni e quali mancanze vi fossero e da buon democristiano me ne sono sempre occupato: siamo arrivati anche alla demolizione di alcuni ponti, perché totalmente nelle mani della malavita.
Vorrei fare un confronto con Santoro su queste vere informazioni: cosa hanno fatto lo Stato o il Comune per risolvere realmente questo conflitto d'interessi che c'è tra povero e povero?
Dobbiamo agire più in profondità, Ministro. Se vuole realmente approfittare dell'occasione, non risolva il problema dicendo «Facciamo un'altra proroga degli sfratti», perché ci saranno migliaia di persone che a queste parole avranno un brivido lungo la schiena, come del resto alcune altre migliaia lo avranno se questa proroga non ci sarà. Allora diamo tempi certi e diamo soluzioni immediate.
Quando vedo che si vuole fare un provvedimento del genere senza copertura economica, capisco che non c'è una vera buona fede, perché senza una copertura economica, i Comuni che dovrebbero individuare le zone da destinare alla costruzione di alloggi a carattere economico o popolare ai sensi della legge n. 167 del 1962 - anche in questo caso mi dispiace che non siano presenti i senatori Bettini e Montino - non possono farlo; a Roma, ad esempio, migliaia di ettari di terreni agricoli sono stati trasformati in terreni edificabili senza che fossero individuate le aree di cui alla legge n. 167.
Parliamo di questo e con queste carte andiamo a prendere il giudizio di queste che noi definiamo oggi persone che hanno bisogno, ed hanno veramente bisogno.
E allora dotiamo i Comuni anche degli strumenti economici, per risolvere soprattutto i problemi delle grandi metropoli; distinguiamo aree ed aree e non facciamo di tutta l'erba un fascio, perché ci sono Comuni come Rapallo che sono effettivamente Comuni turistici, anche di un certo livello, che secondo questa normativa avrebbero anch'essi case bloccate, magari da qualche furbo. (Congratulazioni).
PRESIDENTE. È iscritto a parlare il senatore Matteoli. Ne ha facoltà.
MATTEOLI (AN). Signor Presidente, onorevoli senatori, onorevole Ministro, lei è stato mandato qui - uso un termine che non vuole essere assolutamente offensivo - e come ha affrontato questo suo intervento? Tornando a discutere del contenuto del decreto, ma non è questo l'argomento, non è questo il motivo per cui l'Assemblea del Senato ha chiesto la presenza del Governo.
Noi abbiamo chiesto la presenza del Governo perché il Governo doveva dimostrare, attraverso il suo intervento, di avere ancora una maggioranza. Me lo consenta, non è sua competenza specifica, è sua competenza in quanto - mi scusi il bisticcio di parole - è componente di un Governo, ma non è competenza sua.
Se affrontiamo l'argomento ed entriamo nel merito, vediamo che in Italia - questo lo diciamo - ci sono stati Governi di centro-sinistra, di centro-destra e centristi, ma non si è mai risolto il problema di fondo su chi deve ricadere il costo dell'abitazione. In Italia, da questo punto di vista, il costo ricade sul proprietario della casa, ricade sull'affittuario quando paga l'affitto o ricade sulla mano pubblica? È un miscuglio che non è mai stato risolto. Ma questo era un argomento da affrontare durante il dibattito sul decreto: un decreto che non c'è più, signor Ministro, perché il Senato l'ha bocciato.
Lei, iniziando il suo intervento, ha dichiarato (forse le è scappato, mi passi il termine poco parlamentare) che il voto del Senato è grave. Non esistono voti del Senato gravi: i senatori votano liberamente e questa volta hanno votato in un modo diverso da quello che lei auspicava.
È venuto ad illustrare ancora una volta il decreto, mentre ci aspettavamo che venisse ad avanzare una proposta. Ha detto invece che state studiando e «a questa sera» - cito le sue parole - «il Governo non ha ancora scelto la strada».
Non voglio entrare nel merito del decreto. Il decreto non c'è e non può essere reiterato. L'argomento oggetto della discussione, ripeto, è un altro: siete in condizione di continuare a governare? Se volevate entrare nel merito non del decreto ma del problema (perché è questo l'argomento), vi dovevate rivolgere all'opposizione, oggi diventata maggioranza almeno su questo argomento.
Era necessaria umiltà, tesa a contattare i leader dell'opposizione, oggi maggioranza, per trovare insieme una soluzione. Nessuno vuole, infatti, tanto meno noi, mettere cittadini in mezzo alla strada. Sarebbe veramente criminale se, della mancata conversione di un decreto di questa natura, ne facessero le spese proprio i meno abbienti. Non è questo l'obiettivo che vogliamo raggiungere. Se vi fosse stata più umiltà, si sarebbe trovata una soluzione. Il problema, ripeto, è politico.
Ma non ci sono novità: anche la giornata odierna si è aperta all'insegna della confusione e della contraddittorietà di opinioni all'interno del Governo, tra Governo e maggioranza e all'interno della stessa maggioranza. Ha cominciato questa mattina il sottosegretario alla Presidenza del Consiglio, l'onorevole Enrico Letta che, probabilmente per rimediare all'impatto mediatico negativo sulla questione del 45 per cento di tasse per i redditi più alti, è sceso nella sala stampa di Montecitorio per chiarire che il Governo non condivideva l'emendamento presentato dall'Ulivo.
Poco dopo, il ministro Damiano (Enrico Letta e Damiano fanno parte dello stesso Governo) in una dichiarazione ha, invece, affermato che l'aliquota del 45 per cento è una buona idea. Per carità, discutiamo pure, ma mettetevi d'accordo: quale delle due strade volete seguire?
Successivamente si è proseguito con una ben nota bocciatura del Governo sul decreto sugli sfratti, un provvedimento che - intendo qui sottolinearlo - non presentava la copertura finanziaria: questo, infatti, è il motivo della bocciatura. Il decreto era, quindi, incostituzionale e non era stato concordato, come gli altri decreti-legge, con l'opposizione.
Il collega Baldassarri - che se ne intende certamente più di me - in una sua dichiarazione afferma che il decreto è «palesemente privo di copertura finanziaria, tanto che la stessa Commissione bilancio del Senato ha espresso parere contrario in Aula. Così l'Aula del Senato ha battuto il Governo votando una sacrosanta pregiudiziale di incostituzionalità».
Ebbene, la maggioranza è stata battuta, in maniera clamorosa, dall'opposizione, divenuta quest'oggi maggioranza, almeno su questo argomento. Ma la cosa più grave è che il Governo era rappresentato in Aula da tanti Sottosegretari e da alcuni Ministri, tra cui il Ministro di riferimento, che era lei, onorevole Ferrero (ho visto il suo imbarazzo questa mattina: ha preferito prendere la porta e uscire), e nessuno ha ritenuto di dover prendere la parola e spiegare cosa intendesse fare, come intendesse proseguire e come volesse rimediare ad una questione che presenta profili sociali che debbono essere affrontati e risolti.
È veramente curiosa l'accusa che viene rivolta dai colleghi dell'estrema sinistra nei confronti dei banchi della destra: la colpa è vostra - cioè nostra - se è caduto il decreto che risolveva i problemi abitativi della povera gente. Ma come? Quando vi rivolgete alla destra ci tacciate da padroni della ferriere e ora ci riconoscete una forte sensibilità sociale, tanto che vi meravigliate che abbiamo bocciato il decreto? (Applausi del senatore Storace). Il decreto non l'ha bocciato un'opposizione, ma il Senato, perché tredici assenti hanno compiuto una scelta diversa.
Un po' di rispetto - lo dico soprattutto all'estrema sinistra - per la vostra storia politica e anche per la vostra propaganda. Diceva Lenin che una bugia ripetuta mille volte diventa realtà; ebbene, voi per mille volte avete ripetuto che la destra non si occupava del sociale; questa mattina, però, tanti interventi erano del tenore: ma come, voi che andate nelle periferie, a difendere gli sfrattati, ora votate contro questo decreto‑legge? Un po' di coerenza, colleghi della maggioranza, oggi opposizione.
Il Governo è fuggito dall'Aula lasciando soli i Presidenti dei Gruppi della maggioranza. Ho apprezzato molto - lo dico senza nessuna ironia, credetemi, perché sono un uomo politico da tanti anni e, quindi, conosco questi passaggi - il fatto che oggi i Presidenti dei Gruppi della maggioranza, oggi minoranza, abbiano ricoperto tre ruoli: quello istituzionale che compete loro come Presidenti dei Gruppi di appartenenza, quello di segretari di partito e quello di rappresentanti del Governo.
C'è stato, infatti, il silenzio di tutti i segretari di partito nei confronti del Governo e nessun rappresentante dell'Esecutivo ha parlato fino a quando è intervenuto il ministro Ferrero, che ringrazio. Egli, tuttavia, è venuto a riproporci un dibattito sul decreto-legge che non c'entra più, l'argomento è un altro. Avete parlato solo voi perché siete stati lasciati soli dalla vostra maggioranza, dal Governo e dai leader di partito, perché non sanno più cosa dire per difendersi, tant'è vero che il senatore Salvi - come ho detto in un precedente intervento - parla di «una conduzione da parte del Governo che denuncia un agire con un po' di dilettantismo».
Il vice presidente del Consiglio Rutelli, raggiunto dai giornalisti che gli chiedono un parere sull'argomento, dice di non sapere nulla e di essersi occupato di libri. Si è occupato di libri, non dei problemi degli sfrattati. D'Alema, ancora più curioso di tutti, fa affermazioni del seguente tenore: non sono io che ho convocato la riunione di sabato e non sarò io a fare la relazione; chiedetelo al presidente Prodi. Subito dopo, alla domanda se sia vero che al Governo dell'Unione manca lo spirito del 1996, come ha affermato il vice premier D'Alema, il presidente Prodi è netto e risponde: «Nego alla base la verità di questa affermazione: non è vero che non c'è lo spirito del '96. La Fabrica del programma...»(Commenti del senatore Morando).
PRESIDENTE. Ognuno interviene come ritiene, senatore Morando. Deve, però, concludere, senatore Matteoli. (Commenti del senatore Buccico. Richiami del Presidente).
MATTEOLI (AN). Il presidente Prodi risponde con ironia; tutto si può concedere al presidente del Consiglio Prodi, ma che sia capace di fare ironia è un po' difficile; ebbene, qui ci ha provato e ha detto: «E tutto il resto è musica. Andatelo a dire a Vasco Rossi, non a me».
Di fronte a questo, signor Ministro, noi ci aspettavamo una sua presa di posizione nei confronti del Governo per chiarire se avete ancora una maggioranza, se siete nelle condizioni di poter continuare a governare.
Il problema del decreto-legge non esiste più: esso non c'è più, è stato bocciato. Siamo disponibili ad esaminare insieme a voi la possibilità di risolvere il problema degli alloggi, soprattutto per gli aspetti sociali molto forti che ne conseguono, ma dovete essere voi a chiederlo, certamente non possiamo essere noi a proporlo. (Applausi dal Gruppo AN).
PRESIDENTE. È iscritto a parlare il senatore Formisano. Ne ha facoltà.
FORMISANO (Misto-IdV). Signor Presidente, svolgerò solo poche e brevi considerazioni, non saranno neanche necessari i dieci minuti a mia disposizione.
Un aspetto che mi ha colpito negli interventi che mi hanno preceduto è che tutti i colleghi di centro-destra hanno teso a mettere in evidenza il fatto che il decreto-legge fosse stato bocciato dal Senato, tentando quasi di evitare che si dicesse che ciò è accaduto perché loro hanno votato in un certo modo.
Allora, non è una provocazione, ma è quasi come se avessero paura che l'opinione pubblica venisse a conoscenza del fatto che questo provvedimento in Senato è stato bocciato perché un certo numero di senatori di una certa parte politica ha votato contro.
Io facevo l'avvocato civilista. Se avessi continuato a fare questo lavoro domani avrei preso il «Corriere della Sera» o «Il Sole 24 Ore» e ai clienti che mi avessero chiesto quale fosse la fine dei provvedimenti di sfratto esecutivo e passivo alla data del 29 novembre, avrei risposto che non era più operante un decreto-legge in vigore fino al 28 novembre in quanto ritenuto non costituzionale e che bisognava quindi aspettare l'intervento del Parlamento in materia. Se mi fosse stato chiesto come mai il Senato avesse bocciato questo decreto-legge, avrei risposto che una maggioranza composta da questi partiti aveva ritenuto di agire in tal modo.
La mia, dunque, non è una provocazione; credo però che molte volte noi perdiamo il senso di quanto facciamo in quest'Aula in rapporto a quanto avviene fuori di essa. Questa è la mia preoccupazione.
Per la verità, signor Ministro, se la sua precisazione sul comma 7 fosse intervenuta questa mattina, probabilmente molto sarebbe cambiato. Infatti, ho capito che quello era uno dei punti nodali, sul quale si sviluppava la discussione e si attagliavano le critiche maggiori dei colleghi dell'opposizione. Probabilmente, staremmo ora discutendo in positivo e non in negativo.
Quali sono le mie conclusioni in base all'esperienza di questa vicenda? Innanzitutto, ringrazio il Ministro per avere indicato quali saranno le linee guida dell'azione di Governo nei prossimi giorni per evitare di arrivare al 28 novembre con una totale scopertura. Soltanto chi non vuole vedere, non riesce a capire cosa possa significare l'assenza di un provvedimento al momento della scadenza dell'efficacia di questo decreto.
Ho capito che si tiene, si teneva e si terrà nella debita considerazione tutta la serie di rilievi posti dalla Corte costituzionale. Quella è la strada da perseguire anche con l'adozione di un ulteriore atto avente forza legislativa. A questo punto non so quale possa essere tale atto, ma non escludo che, d'intesa con il Quirinale, si possa procedere ulteriormente a decretazione, fatta in un certo modo. È chiaro, però, che vanno compiuti passi in tal senso.
Quanto al provvedimento, in Conferenza dei Capigruppo ho mostrato al presidente Matteoli, ovviamente mettendolo in difficoltà, le dichiarazioni di Alemanno risalenti a poco prima delle elezioni. Egli dichiarava che tale provvedimento andava adottato per incontrare le esigenze dei cittadini. È ovvio che su provvedimenti del genere non c'è colore o parte politica che tengano. Siamo tutti d'accordo che su di essi si debba procedere in un certo modo e trovo strano che in questa occasione non siamo riusciti a fare quanto fatto, anche pochi giorni fa, su altre questioni sulle quali tutti ritenevamo di dover essere d'accordo.
Senza che ciò suoni a provocazione, ma ho quasi la sensazione che qualcuno si sia pentito di aver impedito il decorso di questo decreto-legge anche attraverso evidenti - dal vostro punto di vista - miglioramenti del testo. Probabilmente in Aula stamattina c'è stata fretta nell'incardinare questioni pregiudiziali e sospensive quando da più parti, non soltanto dalle opposizioni, provenivano richieste di un maggiore approfondimento e di una sospensione.
Ciò mi serve semplicemente per dire che secondo me in questo bipolarismo molte volte le prove muscolari, che pure hanno senso, nel merito non sempre producono gli effetti voluti. Questo vale per voi ma anche per noi, in quanto questo Senato ha dimostrato nei giorni scorsi di saper fare cose buone in modo intelligente e con amplissima convergenza. Allora, la prossima volta non facciamo prove muscolari su argomenti così direttamente incidenti su quanto gli italiani subiranno quale risultato di esse.
Probabilmente, in alcuni di voi si è determinato il convincimento di aver sbagliato ad impedire che questo provvedimento seguisse il suo iter fino alla conclusione, anche attraverso miglioramenti che l'Aula e le Commissioni hanno dimostrato di saper fare.
Ringrazio ancora il Ministro perché è venuto a riferirci come il Governo si muoverà al riguardo. Sono convinto che non ci sia tempo da perdere perché il 28 novembre è dietro l'angolo. Purtroppo, l'unico di voi che ha parlato di incidente è stato il senatore Cutrufo, che probabilmente ha capito lo spirito nel quale alcuni di noi si sono mossi. Altri invece hanno voluto per forza di cose rimarcare che si trattava del Senato, mentre io affermo che era il Senato in una sua componente ben precisa.
Probabilmente la recriminazione è che forse era meglio consentire il miglioramento di questo provvedimento in Commissione e poi in Aula, piuttosto che esporci a quella che potrebbe essere - e alcuni lo hanno già fatto - una facile messa in campo di iniziative politiche contro chi, eventualmente, si sia reso artefice di una iniziativa parlamentare che non blocca più gli sfratti dal 29 novembre.
Personalmente non farò questo, né lo farà il mio Gruppo politico, però la prossima volta le prove muscolari facciamole su provvedimenti che hanno minore incidenza diretta sui cittadini italiani. Forse riusciremo a recuperare il clima che avevamo qualche settimana fa, quando, sempre su temi che hanno a che fare con la giustizia, siamo riusciti a produrre una buona norma, abbiamo mostrato una buona capacità di produzione normativa nella quale ci siamo riconosciuti in tanti.
PONTONE (AN). Allora imparate a scrivere le leggi!
PRESIDENTE. È iscritto a parlare il senatore D'Onofrio. Ne ha facoltà.
D'ONOFRIO (UDC). Signor Presidente, onorevole Ministro, onorevoli colleghi, credo che le considerazioni da svolgere sulla vicenda che si è verificata oggi al Senato siano essenzialmente due, una di ordine politico generale (e mi auguro che il Ministro possa riferirla al Presidente del Consiglio) e l'altra di ordine più specifico, concernente la questione oggetto del decreto-legge sul quale si è registrato il voto contrario del Senato. Per carità, non ho alcuna preoccupazione che quel voto sia stato espresso prevalentemente dal centro-destra: assumo il merito per questo motivo e dico anche per quale ragione è motivo di merito.
Signor Ministro, la prima considerazione di ordine politico: da quando il Governo si è formato, è chiaro che non è possibile governare il Paese avendo in quest'Aula un contesto politico che consente come fatto normale la imprevedibilità di ogni voto su qualunque provvedimento. Questa è la questione politica. Oggi non è un fatto eccezionale il voto contrario a questo decreto-legge, è un fatto del tutto normale.
BOCCIA Antonio (Ulivo). È la legge elettorale!
D'ONOFRIO (UDC). È capitato su questo, poteva capitare ieri, addirittura sull'assestamento di bilancio, su cui il Governo ha avuto la maggioranza perché qualche collega dell'opposizione ha sbagliato a votare, potrà capitare domani su altri provvedimenti importanti.
Quindi, la questione politica di fondo, non è il voto contrario di oggi su questo decreto-legge: non è questa l'eccezionalità. L'eccezionalità consiste nel fatto che siamo in presenza di un Governo che afferma di voler governare l'Italia per cinque anni, in un contesto nel quale non ci fa capire come intenda affrontare il problema politico del Senato, non il problema giuridico-parlamentare. Questa è una questione seria.
Lei è qui stasera per questa ragione signor Ministro (giustamente lo ha detto poco fa il collega Matteoli): non solo e non tanto per la questione degli sfratti - arriverò alla questione specifica, ma fra un attimo - ma per la questione politica generale. Siamo in attesa di conoscere come il Governo intenda affrontare il problema della governabilità del Paese sulla base del suo programma, sapendo che in ogni momento, su qualunque argomento del suo programma, dal bilancio all'assestamento, alla finanziaria, alle case, alla politica internazionale si corre il rischio di avere una maggioranza che diventa minoranza.
Questo è il problema politico. Non dica che si è verificata oggi una situazione eccezionale: oggi è stato colpito, per circostanze fortuite, un pezzo importante della politica del Governo. Ieri poteva essere colpito addirittura l'assestamento di bilancio: lei capisce cosa avrebbe significato questo? Se ieri i nostri colleghi, che hanno sbagliato a votare, avessero votato come avrebbero politicamente dovuto, sarebbe stato bocciato l'assestamento di bilancio e non so con quali conseguenze politiche generali.
Il problema politico che le chiedo di riferire al Presidente del Consiglio, signor Ministro, e sul quale la invito a svolgere una riflessione sua, come membro del Governo, e della parte politica alla quale lei appartiene, è il seguente: è di tutta evidenza che questo programma di Governo, in quanto tale, non è in grado di andare avanti nelle due Camere, soprattutto al Senato, per la imprevedibilità dell'esito delle votazioni, tranne che del voto di fiducia, ammesso che i senatori a vita sulla fiducia decidano di votare in un certo modo anziché, come può capitare, valutare di volta in volta. Vale a dire che questa maggioranza non è maggioranza strutturale al Senato.
Signor Ministro, questo è il problema politico: siamo 322 componenti del Senato, la maggioranza è rappresentata da 162 voti, che la maggioranza in questo momento non ha. Questo è il problema strutturale del Senato ed il problema politico fondamentale.
Detto questo, mantengo il rammarico di non aver avuto neanche un accenno di risposta al riguardo da parte sua e preciso che non ho mai ritenuto che fosse in gioco il Governo in quanto tale oggi; ho ritenuto che oggi fosse accaduto un ulteriore episodio di grande rilievo politico. Non era in discussione questo Governo oggi, ma evidentemente in questo momento il Governo stesso sa di non avere, al Senato, la maggioranza sulle basi fondamentali del suo programma: non su singoli punti, ma su provvedimenti a caso; oggi è capitato sul decreto-legge sugli sfratti, domani può capitare su un'altra cosa.
Questo è il problema politico che la giornata del 25 ottobre 2006 pone in evidenza; questo problema non ha ricevuto nessuna risposta e non credo che essa sarà data sabato dall'incontro del vertice cosiddetto di maggioranza del Presidente del Consiglio con i segretari dei partiti che ufficialmente sostengono il Governo e che, se anche lo sostenessero tutti, in modo totale, presenti sempre, non formerebbero la maggioranza strutturale al Senato. Questo è il problema politico che noi abbiamo posto.
Vengo alla conseguenza del ragionamento politico: quali parti fondamentali del suo programma il Governo - se ancora non lo ha capito è bene che lo capisca - corre il rischio di vedere bocciate? Quelle sulle quali la sua maggioranza è divisa, perché, come lei ha visto essendo presente oggi in Senato, onorevole Ministro, noi non abbiamo votato la pregiudiziale in quanto, per un colpo di fortuna, abbiamo avuto la maggioranza; abbiamo chiesto fino alla fine ed io per primo (credo che se rilegge il mio intervento lo ritrova) ho chiesto che il Governo ritirasse il comma 7 dell'articolo 1 del decreto-legge che era quello sul quale si era dimostrato lo scontro interno alla maggioranza. È una maggioranza che per un verso ci chiede di approvare un decreto che comporta spese, per un altro verso ci dice che quelle spese non le può sopportare.
Questo è il problema di questo Governo: ci sono due filosofie politiche di fondo sul rapporto con la proprietà. Questo riguarda le pensioni, la politica sociale, la finanziaria, la politica estera e quindi anche il decreto di cui lei è sostanzialmente il protagonista principale. Le due filosofie di fondo sull'istituto della proprietà privata sono due filosofie che vengono a scontrarsi in Aula per la semplice ragione che su questo scontro l'opposizione non farà sconti al Governo, è bene che lo capisca.
E allora la domanda è questa: è in grado il Governo di trovare un punto di equilibrio al suo interno su tale problema, visto che questo decreto‑legge è giunto in Aula con due diverse posizioni, alternative, della maggioranza sul punto fondamentale? Lo risolve questo problema? Dopo ci dirà con quale strumento, disegno di legge, decreto-legge o altro.
Comunque, quando avrà risolto il problema interno alla sua maggioranza, risorgerà quello politico generale: su questi temi, con l'opposizione, vuole avere un rapporto preventivo o no? I temi non sono quelli generici di questo o quell'argomento, non sono materie da cosiddetto «inciucio», come ho detto nel mio intervento non si tratta di allargamento della maggioranza o di sostituzione della maggioranza con pezzi da una parte e dall'altra, non c'è nessuna intenzione - parlo come Capogruppo dell'UDC - di fare questo.
La domanda è: sulle questioni strutturali questa maggioranza, che è divisa dal punto di vista fondamentale, con l'opposizione si vuole confrontare cercando il punto di intesa, al quale forse faceva riferimento il collega Formisano prima? Allora potrebbe ottenere una larghissima maggioranza. Lo abbiamo tentato positivamente sul tema della religiosità, pochi giorni fa, approvando all'unanimità una mozione su un tema straordinariamente difficile, sul quale non ho motivo di dubitare che la maggioranza abbia opinioni diverse dall'opposizione e all'interno della maggioranza e dell'opposizione ci siano opinioni diverse; ciononostante abbiamo votato all'unanimità. Lo abbiamo fatto in materia di giustizia a proposito di due decreti sui quali il Governo chiedeva la sospensione, quello sull'ordinamento delle procure e quello sulla disciplina dei magistrati, e l'abbiamo fatto con una larghissima maggioranza.
Siamo in grado di trovare l'intesa anche sul decreto sugli sfratti. Ma ovviamente è possibile a una condizione: che la maggioranza ci dica cosa vuol fare della proprietà privata della casa. Deve decidere cosa fare, se cioè ritiene che il proprietario della casa è un delinquente e l'inquilino è una persona per bene, secondo modelli paleomarxisti. (Commenti del ministro Ferrero). Il decreto-legge su questo è caduto. Ministro, lei deve sapere che, se ci ripropone questo decreto, o lo approva la sua maggioranza o cade nuovamente. Il fatto dev'essere molto chiaro: non serve l'appello al buon cuore nei confronti degli sfrattati, l'ha detto il senatore Cutrufo prima.
Occorre capire: siamo in presenza di una politica che vuol far giungere tutti gli italiani alla proprietà dell'immobile destinato alla casa? Allora, si affronti questa emergenza. O vuole, invece, tenere una quantità di italiani in condizioni di non proprietà per un tempo indefinito, per ragioni strutturali che sono anche di consenso politico e, quindi, di agitazione sociale? Questo il problema, queste le due componenti politiche dell'attuale maggioranza. (Richiami del Presidente).
Quando avrà risolto il problema all'interno della sua maggioranza, ci venga a dire, in un altro contesto, che cosa vuol fare con l'opposizione, sapendo che, se il problema è quello delle due culture opposte sul tema della proprietà della casa, voteremo contro. Se, invece, troverete un punto d'intesa accettabile, che risolva l'emergenza, avrete il nostro consenso, sapendo che, però, si va verso la proprietà generalizzata con una politica della casa quale quella seguita da gran parte dei Governi democristiani (prima ancora, durante il ventennio fascista, si è tentato di fare cose che non erano pensabili; in Italia si è giunti a una proprietà privata della casa spaventosa, considerata un bene dal Paese). Se, dunque, il Governo si muove in questo senso, trova il nostro consenso; se si muove contro, invece, no.
Questa è la questione che, quindi, dal punto di vista del merito del decreto-legge, avrei piacere che lei ci riferisse, signor Ministro non pretendevo che oggi, in quattro o cinque ore, il Governo risolvesse un problema che è di struttura della sua maggioranza. Non vorrei che ci impiegasse un mese né, soprattutto, che facesse finta di non capire che questa è la questione politica di fondo, perché nascondersi dietro un dito non serve a nessuno: certamente non serve al Governo, ma non serve neanche a lei.
Questo il problema, questo il punto fondamentale: o saltate il fossato, cercando su questo - come su altri punti - un'intesa strategica con l'opposizione, o dovrete esserci solo voi per approvare i vostri decreti.
FERRARA (FI). Domando di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
FERRARA (FI). Signor Presidente, vi sono ancora quattro iscritti a parlare e abbiamo a disposizione quindici minuti, per cui, chiaramente, dovremo terminare domani mattina. Lo faccio per il senatore Bonadonna e per gli altri colleghi: forse, lo svolgimento di questi interventi si potrebbe rimandare a domattina.
PRESIDENTE. Quindi, senatore Ferrara, lei propone - e mi pare che l'accordo sia unanime - di proseguire domani mattina il seguito della discussione.
FERRARA (FI). Esatto. Ho chiesto tempestivamente la parola, signor Presidente, perché, se fossi intervenuto dopo il senatore Buonadonna, l'avrei fatto prima del discorso del senatore Pastore.
PRESIDENTE. Della sua correttezza ero sicuro, senatore Ferrara.
RUSSO SPENA (RC-SE). Domando di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
RUSSO SPENA (RC-SE). Signor Presidente, innanzi tutto sono d'accordo con il fatto che la decisione spetti alla Presidenza.
PRESIDENTE. Certo, questo va da sé.
RUSSO SPENA (RC-SE). Bisogna inchinarsi, in questo momento, all'autorevolezza del Presidente.
Poi, però, senatore Ferrara, dipende anche un po' dal Ministro, che non so se ha impegni che gli impediscano di essere qui domattina, perché sarebbe importante che il dibattito si concludesse con la sua presenza.
PRESIDENTE. Il Ministro, ovviamente, è a disposizione del Senato.
RUSSO SPENA (RC-SE). Allora, se il Presidente è d'accordo, lo siamo anche noi.
PASTORE (FI). Il Ministro è a disposizione!
PRESIDENTE. Poiché non si fanno osservazioni, rinvio il seguito della discussione sulle comunicazioni del Governo ad altra seduta.
(omissis)
SENATO DELLA REPUBBLICA
XV LEGISLATURA
63ª SEDUTA PUBBLICA
RESOCONTO
SOMMARIO E STENOGRAFICO
GIOVEDI’ 26 OTTOBRE 2006
(Antimeridiana)
Presidenza del vice presidente BACCINI,
indi del vice presidente CAPRILI
e del presidente MARINI
Seguito della discussione sulle comunicazioni del Governo in ordine alle politiche per la riduzione del disagio abitativo (ore 9,34)
PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca il seguito della discussione sulle comunicazioni del Governo in ordine alle politiche per la riduzione del disagio abitativo.
Ricordo che nella seduta pomeridiana di ieri è intervenuto il Ministro della solidarietà sociale ed ha avuto inizio la discussione sulle sue comunicazioni.
È iscritto a parlare il senatore Bonadonna. Ne ha facoltà.
BONADONNA (RC-SE). Signor Presidente, credo sia stato un atto di grande sensibilità e lealtà da parte del Governo e del ministro Ferrero venire ieri pomeriggio in Aula a riprendere il filo del ragionamento nel merito di un provvedimento molto atteso e peraltro socialmente significativo che riguarda la tutela del diritto alla casa per una fascia debole della popolazione sottoposta allo sfratto. Si tratta di un provvedimento che, oltre ad intervenire nell'emergenza degli sfratti, per la prima volta, fin dal suo primo articolo, si pone l'obiettivo - sempre ribadito, ma mai concretizzato in un provvedimento - della garanzia del trasferimento da casa a casa.
Penso che tutti si siano resi conto che ieri in quest'Aula c'è stato un cortocircuito tra un dichiarato ed esplicito consenso alla finalità di assicurare una condizione di garanzia per la tipologia di famiglie sottoposte a sfratto, quelle particolarmente deboli, e la necessità dell'opposizione di cogliere l'occasione di segnalare la debolezza della maggioranza, possibilmente dando un colpo anche al Governo, obiettivo assolutamente legittimo conseguito attraverso la presentazione di una questione pregiudiziale, sollevata, alimentata e in qualche modo legittimata da un voto della Commissione bilancio, che per molti versi ha dell'incredibile.
Ho visto gli atti della Commissione e francamente è incredibile che il Sottosegretario al bilancio sia venuto a dire in quella sede che vi sono problemi di copertura di un provvedimento che è stato presentato dal Ministro dell'economia e delle finanze, di concerto con il Ministro della solidarietà sociale e il Ministro delle infrastrutture. Poiché non è la prima volta che in Commissione bilancio si propongono correzioni o si fanno dichiarazioni dello stesso tipo da parte del Ministero, mi chiedo se ci troviamo di fronte ad una sorta di coazione a reiterare provvedimenti, che vengono presentati quasi con l'obiettivo di essere affondati.
Voglio dire che la Commissione bilancio ha alzato una palla talmente bella che l'opposizione avrebbe fatto un errore gravissimo a non coglierla e a non schiacciarla contro il Governo. Non è però di questo argomento che voglio parlare adesso, ma del fatto che abbiamo il dovere, entro il 29 novembre, di assicurare a queste famiglie una condizione di garanzia, perché sulla questione dell'abitazione e del diritto all'abitare convergiamo tutti. Ho ascoltato tutti gli interventi svolti nella mattinata e anche ieri sera che hanno affrontato questo aspetto. Non c'è dubbio che il decreto che ieri è decaduto aveva il pregio di avviare un piano per l'edilizia residenziale pubblica, un piano per la casa.
Ieri il senatore Andreotti ricordava come la politica della casa, a partire dal piano Fanfani, sia stata una delle costanti, cioè lo Stato si è preoccupato di garantire alle fasce più deboli, ai lavoratori, ai cittadini in condizioni di indigenza, il diritto alla casa, il diritto costituzionale all'abitazione. Voglio ricordare che c'era alla base di questo anche uno strumento, che è stato poi cancellato un po' più di dieci anni fa: mi riferisco alla GESCAL, ovvero uno strumento finanziario che aveva anche una funzione per certi versi redistributiva e solidaristica, che finanziava i piani di edilizia residenziale pubblica, la gestione per le case ai lavoratori.
Con la privatizzazione degli enti previdenziali, la GESCAL è stata sciolta, i suoi fondi sono stati distribuiti alle Regioni. (Brusìo).
PRESIDENTE. Mi scusi, senatore Bonadonna, mi consenta; pregherei i colleghi di prendere posto perché è difficile per il senatore Bonadonna intervenire, c'è un brusìo inaccettabile. (Brusìo). Colleghi senatori, pregherei di abbassare il tono della voce, altrimenti è impossibile parlare in questo contesto. (Brusìo). Non ci siamo capiti, forse. Senatore Bordon, la prego, prenda posto. Invito i colleghi a sgombrare l'emiciclo; per favore, senatore Martone, sottosegretario Vernetti.
Ristabiliamo un po' d'ordine, capisco che i colleghi stanno entrando, ma possibilmente lasciamo l'emiciclo libero e abbassiamo il tono della voce per consentire a tutti di ascoltare e di parlare. Senatore Cabras, per cortesia, cerchiamo di recuperare un po' di ordine.
Prego, senatore Bonadonna, e mi scusi.
BONADONNA (RC-SE). Grazie, Presidente. Evidentemente, non essendoci la tensione verso uno scontro squisitamente politico e politicista, l'attenzione dell'Assemblea cala.
Dicevo, improvvidamente è stata cancellata la GESCAL e nel 1992 sono stati sostanzialmente distribuiti i suoi fondi alle Regioni.
Il fatto è che questo Paese, oltre ad avere il 4 per cento di edilizia residenziale pubblica contro il 16 per cento della media europea (come ricordava anche ieri il Ministro), si trova da ben quindici anni a non avere alcun finanziamento per l'edilizia residenziale pubblica. Questo rappresenta un elemento gravissimo su cui bisogna intervenire.
Nell'esposizione fatta ieri dal ministro Ferrero si propone un percorso: il Governo sta studiando la possibilità di produrre un nuovo decreto, cosa che ritengo e che riteniamo assolutamente possibile perché la questione ha i requisiti dell'urgenza, tanto più che il Ministro ha dichiarato che già ieri il Governo era pronto a ritirare il comma 7 dell'articolo 1, quello tanto contestato; quindi lo strumento del decreto a nostro avviso può essere utilizzato e, se ho capito bene, grazie alla sensibilità dimostrata anche da interventi che sono venuti ieri dall'opposizione (mi riferisco in modo particolare all'intervento del presidente Matteoli), anche con una corsia preferenziale accelerata che produca un intervento fattivo entro il 29 novembre, in modo da garantire... (Il microfono si disattiva automaticamente).
PRESIDENTE. Senatore Bonadonna, concluda, prego.
BONADONNA (RC-SE). Ho concluso, Presidente.
L'importante è che tutti noi abbiamo la consapevolezza che c'è una priorità: il diritto alla casa per i cittadini; poi c'è pure la difesa degli interessi delle società immobiliari, ma mi permetto di dire che non solo queste vengono dopo, ma che anche in questo decreto sarebbero state abbondantemente ristorate dagli sgravi fiscali contemplati per coloro i quali avessero continuato a mantenere l'inquilino, il conduttore dell'alloggio, così come all'articolo 2 del decreto decaduto era previsto. (Applausi dal Gruppo RC-SE).
PRESIDENTE. È iscritto a parlare il senatore Pastore. Ne ha facoltà.
PASTORE (FI). Signor Presidente, onorevoli colleghi, signor Ministro, mi rifaccio al suo intervento perché ho colto alcuni elementi, naturalmente dal suo punto di vista assolutamente comprensibili, che possono così riassumersi: è stato un intervento riduttivo sul valore politico della pregiudiziale di costituzionalità; pochi cenni sul da farsi; e una enfatizzazione degli effetti sociali collegati al blocco di questo provvedimento.
Pur comprendendo, naturalmente, le ragioni che le hanno ispirato questo suo modo di porgere la questione all'Aula, devo però dissentire profondamente, perché il voto di ieri ha un notevole valore politico; naturalmente, quando dico «notevole valore politico» non intendo riferirmi a possibili crisi di Governo, a divisioni o ad altro, ma sicuramente il voto di ieri è stato, per usare una formula pugilistica, un uppercut, un colpo allo stomaco al Governo, che credo ne abbia fortemente risentito.
Vede, signor Ministro, anche la questione delle presenze in Aula va vista nella sua giusta ottica: abbiamo registrato, in questo inizio di legislatura, parecchie vicende nelle quali la maggioranza ha prevalso per un voto, in assenza di senatori dell'opposizione per le ragioni più varie, per lo più per ragioni giustificate; eppure, in quei casi noi avremmo potuto accampare queste assenze per sostenere che in quell'ipotesi la maggioranza sarebbe andata sotto e quindi avrebbe dovuto lasciare gli scranni del potere. In democrazia i voti si contano, non si pesano e i voti o i non voti hanno valore prescindendo dalle ragioni del loro esserci o del loro non esserci.
Il dato importante, però, che abbiamo potuto verificare è che ieri vi è stata una flebile mobilitazione dei banchi della maggioranza o probabilmente una debole risposta alla mobilitazione per occupare i banchi della maggioranza.
Dico ciò, cari colleghi, perché questo decreto-legge, al di là delle misure sociali in esso contenute, era assolutamente ideologico, alla sua base vi erano ragioni ideologiche ed esso, utilizzando il pericolo degli sfratti esecutivi, cercava di introdurre nel nostro ordinamento una serie di norme punitive per la proprietà e per la proprietà delle abitazioni in particolare.
Questa volontà politica, questa scelta ideologica ha determinato le forzature costituzionali che noi abbiamo lamentato, cioè l'estensione praticamente a quasi tutto il territorio nazionale del provvedimento, l'esaltazione, quasi, di valori pauperistici ed antiborghesi contenuti nel provvedimento, che certamente la sinistra radicale ha imposto alla maggioranza della quale fa parte.
Signor Ministro, sappiamo benissimo che questo decreto‑legge fa parte del pacchetto preteso dalla sinistra radicale, magari per ingoiare qualche altro rospo da parte della maggioranza della quale è costitutiva e parte fondamentale.
Credo che in questo decreto-legge vi siano tutti questi segnali, tutti questi elementi, non ultimo lo svuotamento del valore degli immobili delle SCIP, cioè del patrimonio pubblico acquisito dalle società che hanno partecipato a queste operazioni, e che è dettato, non da ragioni funzionali alla tutela delle famiglie disagiate, ma da ragioni puramente ideologiche. Si è voluto infatti quasi punire chi ha osato acquisire, a prezzi di mercato, il patrimonio pubblico per metterlo a disposizione della collettività.
Signor Ministro, colleghi, questo è un provvedimento che guarda al passato perché è frutto di una visione della proprietà immobiliare e della proprietà in generale che non è propria di quest'epoca: è una visione ottocentesca, o della prima metà del Novecento. Questa visione è però fatta propria da una parte fondante della maggioranza, cioè dalla sinistra radicale, dimenticando che in questi anni vi sono stati un boom dell'edilizia e, soprattutto, una diffusione della proprietà immobiliare grazie alla quale i problemi sociali sono enormemente diminuiti; non dico che non ve ne siano più, ma, ripeto, sono enormemente diminuiti. Questo è un dato di fatto: quasi il 90 per cento delle famiglie italiane è proprietario della casa nella quale abita e questo è un dato che non possiamo assolutamente dimenticare. Ogni azione diretta contro la proprietà degli immobili e in particolare dell'abitazione, è pertanto un'azione socialmente negativa perché colpisce tutti e soprattutto, in questo caso, le famiglie più deboli.
Il secondo capitolo è cosa fare per il futuro. Noi non vogliamo naturalmente sminuire l'importanza soprattutto della prima parte del provvedimento, l'importanza di venire incontro a famiglie che si trovano in situazioni di gravissima difficoltà. Ricordo che il Governo Berlusconi, nel febbraio di quest'anno ha emanato l'ultimo suo decreto-legge proprio per venire incontro a queste situazioni di disagio. È però chiaro che il prosieguo, nelle Aule parlamentari, dell'iter di un provvedimento analogo a quello che ieri abbiamo bloccato, è una risposta che devono dare il Governo e la maggioranza.
Noi - ripeto - non siamo contrari ad un provvedimento a favore delle famiglie disagiate, ma vogliamo che il provvedimento sia rigoroso e, quindi, rispettoso alla lettera dei precetti contenuti nella Costituzione e sviluppati dalla Corte costituzionale; vogliamo che sia funzionale a risolvere quei problemi, vogliamo cioè che non vi siamo ampliamenti nel provvedimento che siano punitivi per la proprietà immobiliare.
Occorre quindi anche verificare quali e quante situazioni di disagio sono presenti nel nostro territorio. Ho ascoltato ieri l'intervento del Presidente del Gruppo dell'Ulivo, che ha parlato di milioni di famiglie; il Ministro ci parla di 600.000; altri dati ci parlano di 40.000-50.000 casi.
Vorremmo sapere con una certa esattezza quali sono i casi ai quali occorre provvedere.
Infine, dev'essere un provvedimento equilibrato, che non sacrifichi le famiglie, i proprietari di immobili che si trovino costretti a vedere il rapporto di locazione prolungato nel tempo, ma che vada a carico della fiscalità generale, di tutti e non a carico della fiscalità relativa alla sola proprietà immobiliare. Diversamente, il precetto della Corte costituzionale per cui non si può scaricare sul proprietario l'onere della funzione sociale, in questo caso, della proprietà, sarebbe disatteso; alla fine sarebbe sempre la proprietà immobiliare a pagare le conseguenze: devono pagarle, invece, tutti i cittadini.
Annuncio anche che Forza Italia ha presentato ieri un disegno di legge a prima firma del senatore Schifani in questa direzione, un provvedimento rigoroso, funzionale ed equilibrato.
PRESIDENTE. È iscritto a parlare il senatore Brutti Massimo. Ne ha facoltà.
BRUTTI Massimo (Ulivo). Signor Presidente, il ministro Ferrero ha enunciato le preoccupazioni del Governo, che il Gruppo dell'Ulivo condivide, in ordine alla bocciatura del decreto-legge in materia di disagio abitativo. Ha anche indicato una via possibile per introdurre nuove norme in tema di edilizia abitativa, norme che dovranno guardare - noi ci auguriamo - oltre l'emergenza, puntando sulla prospettiva dei piani di edilizia residenziale pubblica ed anche su misure equitative a favore dei conduttori deboli.
In questo quadro, credo che si dovrà intervenire con una misura a tempo sulle situazioni di particolare disagio, che sono quelle nelle quali è in corso una procedura di sfratto nei confronti di persone e famiglie appartenenti alle categorie più disagiate e alle fasce sociali più deboli.
Ci accingevamo ieri ad affrontare i singoli problemi posti da questa normativa e, tra l'altro, a sciogliere le questioni che erano state sollevate dalla 5a Commissione con i suoi pareri: sfavorevoli a due degli emendamenti e favorevoli ad un emendamento soppressivo del comma 7 dell'articolo 1. La pausa di riflessione che avevo chiesto non c'è stata, il Governo si apprestava a presentare emendamenti che avrebbero reso necessaria la fissazione di un termine per eventuali subemendamenti. In quel momento, dopo le nostre relazioni, la scelta dell'opposizione nel suo insieme è stata quella di puntare sull'approvazione di una pregiudiziale tale da far colare a picco l'insieme del decreto-legge.
Avremmo potuto risolvere secondo le procedure parlamentari le questioni relative alla copertura di quelle norme e attendevamo la proposta del Governo su questo tema. Invece no: approfittando di una situazione nella quale vi era una temporanea lieve maggioranza a favore delle forze di opposizione, la scelta che avete compiuto è stata di liquidare nel loro insieme queste norme.
Voglio rispondere alle questioni poste ieri dal collega Matteoli (che non vedo nei banchi di Alleanza Nazionale), il quale ha sollevato quesiti ai quali è necessario, da parte nostra, fornire una risposta. Il senatore Matteoli ha chiesto se il Governo ha una maggioranza. Ebbene, parliamoci chiaro: voi sapete quali sono i rapporti di forza dentro quest'Aula e come sia ristretto il margine del quale possiamo disporre. Tuttavia, vorrei serenamente rispondere al collega Matteoli: sì, il Governo ha una maggioranza e lo ha dimostrato in un voto politico, qual era quello di ieri pomeriggio sulle dimissioni di uno dei nostri colleghi che fanno parte del Governo; lo ha dimostrato a voto segreto di avere una maggioranza.
Naturalmente, il percorso di approvazione di norme delicate e oggetto di discussione è sempre accidentato. Capiterà che voi riusciate, facendo leva su qualche assenza, ad avere una maggioranza momentanea in quest'Aula. È successo ieri e, con realismo, dobbiamo prevedere che possa accadere altre volte. Ieri avevate varie possibilità di utilizzare quella posizione di vantaggio nella quale per il volgere di mezza giornata vi siete trovati: lasciatemi dire che avete scelto il modo peggiore per usare quella posizione.
Non eravate d'accordo sul comma 7 dell' articolo 1, come ha detto in Aula il senatore D'Onofrio? Potevate aspettare le votazioni su quegli emendamenti soppressivi, tra l'altro assistiti dal parere favorevole della 5a Commissione, per far valere il vostro punto di vista. Non eravate d'accordo su altri aspetti di quelle norme? Potevate far valere questo vostro dissenso. Avete invece scelto la via della pregiudiziale per affossare il complesso del decreto.
STORACE (AN). Leggi la rassegna stampa.
BRUTTI Massimo (Ulivo). Mi fa piacere sollecitare qualche reazione, invece che parlare nella disattenzione generale. Le reazioni sono benvenute. (Commenti del senatore Storace).
PRESIDENTE. Prosegua, senatore Brutti, non accetti provocazioni. Senatore Storace, per cortesia. (Commenti del senatore Cursi). Senatore Cursi!
BRUTTI Massimo (Ulivo). Avete scelto quella strada nonostante alcuni di noi avessero richiamato la vostra attenzione sulla natura e sui contenuti di quelle norme. Potevate comunque tutelare e salvare le norme riguardanti i ceti popolari. (Il senatore Matteoli rientra in Aula).
Collega Matteoli, sono contento di poterle rivolgere direttamente la parola, data la sua presenza in Aula. Potevate fare questa scelta e non perché, appellandomi alla vostra attenzione, io formulassi un giudizio di valore sulle posizioni o sulla cultura dell'una o dell'altra forza politica. Vede, collega Matteoli, l'atteggiamento da tenere, a mio giudizio, nei nostri dibattiti e nella lotta politica di cui noi siamo parte e protagonisti, dev'essere sempre improntato al rispetto nei confronti degli avversari. Rispettare gli avversari significa anche, in qualche misura, rispettare sé stessi.
Allora, nel pieno rispetto delle vostre posizioni io mi sono limitato ad osservare, e ancora oggi su questo richiamo la vostra attenzione, che le famiglie colpite dall'affossamento del decreto sono le famiglie dei ceti popolari, la gente delle periferie. Siccome i vostri partiti prendono un certo numero di voti è inevitabile che nel vostro elettorato siano presenti anche quelle famiglie e quei ceti popolari. Vi chiedevo di tenerne conto e avreste potuto farlo votando contro le parti del decreto sulle quali non eravate d'accordo! (Applausi dal Gruppo Ulivo). Invece, per una scelta di schieramento voi affossate il decreto rendendo impossibile in questo momento una proroga congrua della sospensione degli sfratti. Questo è il dato politico! Questo è il rilievo della scelta compiuta ieri da voi approfittando della posizione di vantaggio in cui vi trovavate!
Il Governo ha assunto degli impegni e la maggioranza farà tutto quel che può affinché norme nuove che corrispondano agli interessi, alle esigenze, ai diritti di quelle persone, di quelle famiglie siano varate quanto prima dal Parlamento italiano.
Voglio rassicurare il collega D'Onofrio: non è in discussione il diritto di proprietà. In quelle norme equilibrate ieri in discussione era perfino recepito dalla giurisprudenza costituzionale il principio della comparazione tra la posizione del locatore e la posizione del conduttore. Certo, vi erano maggiori garanzie per i conduttori deboli quando la parte locatrice era una grande proprietà; ma questo corrisponde all'articolo 3 della Costituzione repubblicana ed anche all'articolo 42, secondo comma, della Costituzione repubblicana. Il collega D'Onofrio lo sa bene.
Non vi era quindi scontro ideologico su quelle norme e avremmo potuto comunque trovare un'intesa, anche accogliendo esigenze ed emendamenti da voi posti, come, del resto in Commissione avevamo accolto all'unanimità l'emendamento proposto dal collega Caruso. Avete voluto la rottura per ragioni politiche e di schieramento e di questa scelta dovrete rispondere all'elettorato! (Applausi dal Gruppo Ulivo).
PRESIDENTE. Essendo terminati tutti gli interventi nella discussione sulle comunicazioni del Governo in ordine alle politiche per la riduzione del disagio abitativo, passerei al prossimo punto all'ordine del giorno.
BALDASSARRI (AN). Domando di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
BALDASSARRI (AN). Signor Presidente, vorrei intervenire sull'ordine dei lavori.
Passando alla votazione delle reiterate dimissioni presentate dal senatore Pinza, faccio notare che abbiamo dedicato ampio spazio al dibattito in merito al decreto-legge sugli sfratti, ma che tecnicamente era già emerso, in sede di Commissione bilancio, che quel provvedimento era privo di copertura finanziaria. Capisco che la Costituzione qualche volta possa essere bypassata ... (Commenti dal Gruppo Ulivo).
PRESIDENTE. Senatore Baldassarri, la prego di attenersi al Regolamento.
BALDASSARRI (AN). Il dato politico è l'insipienza tecnica di un Governo che sapeva già, quarantotto ore prima, di presentare un decreto-legge privo di copertura finanziaria.
PRESIDENTE. Senatore Baldassarri, la prego di intervenire sull'ordine dei lavori.
BALDASSARRI (AN). Sull'ordine dei lavori, signor Presidente. Visto che dobbiamo procedere alla votazione delle dimissioni del vice ministro Pinza, desidero chiedere ancora una volta al Governo se quella delle dimissioni dei membri di Governo è una regola generale o se dobbiamo procedere, anche in futuro, caso per caso.
STORACE (AN). Domando di parlare.
PRESIDENTE. Su che cosa, senatore Storace?
STORACE (AN). Letteralmente sull'ordine dei lavori, Presidente. Conosco il Regolamento.
PRESIDENTE. Non ho dubbi, senatore. (Brusìo).
STORACE (AN). Lo dico per portare un contributo alla sua conduzione dell'Assemblea, anche se è difficile parlare in queste condizioni. Si tratta di una questione delicata, dal momento che lei ha detto che adesso passeremo al successivo punto all'ordine del giorno.
Ora, non conosco - e di questo mi scuso con lei e con il Presidente del Senato - le determinazioni della Conferenza dei Capigruppo sul dibattito seguito alle dichiarazioni del ministro Ferrero. C'è un particolare: il Ministro e i Gruppi sono intervenuti. La questione che pongo è la seguente: è prevista o meno la replica del rappresentante del Governo?
Lo chiedo per un motivo molto semplice. Ho apprezzato la disponibilità del Ministro per arrivare ad una strada possibilmente condivisa; poi se ci arriveremo si vedrà. Vedo però da parte del Capogruppo del maggior Gruppo di maggioranza un'aggressione all'opposizione. Allora vorrei capire qual è la linea: se il Ministro intende ribadire quella di un tentativo di persuasione o quella dell'aggressione nei confronti dell'opposizione parlamentare, perché altrimenti non ci siamo.
PRESIDENTE. Senatore Storace, non è prevista la replica del Governo, che peraltro non è stata nemmeno richiesta. Prendiamo atto del suo intervento.
Ringrazio il Ministro per la sua presenza così costante in Aula.
Passiamo ora al successivo punto all'ordine del giorno.
Normativa di riferimento
L. 5 agosto 1978, n. 468
Riforma di alcune norme di contabilità
generale dello Stato in materia di bilancio. (artt. 7,
11-ter e 11-quater)
Pubblicata nella Gazz. Uff. 22 agosto 1978, n. 233.
(omissis)
7. Fondo di riserva per le spese obbligatorie e di ordine.
Nello stato di previsione della spesa del Ministero del tesoro è istituito, nella parte corrente, un «Fondo di riserva per le spese obbligatorie e d'ordine» le cui dotazioni sono annualmente determinate, con apposito articolo, dalla legge di approvazione del bilancio.
Con decreti del Ministro del tesoro, da registrarsi alla Corte dei conti, sono trasferite dal predetto fondo ed iscritte in aumento sia delle dotazioni di competenza che di cassa dei competenti capitoli le somme necessarie:
1) per il pagamento dei residui passivi di parte corrente, eliminati negli esercizi precedenti per perenzione amministrativa, [in caso di richiesta da parte degli aventi diritto, con reiscrizione ai capitoli di provenienza, ovvero a capitoli di nuova istituzione nel caso in cui quello di provenienza sia stato nel frattempo soppresso] (41);
2) per aumentare gli stanziamenti dei capitoli di spesa aventi carattere obbligatorio o connessi con l'accertamento e la riscossione delle entrate.
Allo stato di previsione della spesa del Ministero del tesoro è allegato l'elenco dei capitoli di cui al precedente numero 2), da approvarsi, con apposito articolo, dalla legge di approvazione del bilancio.
(41) Le parole tra parentesi quadre sono state abrogate dall'art. 6, D.P.R. 24 aprile 2001, n. 270.
11-ter. Copertura finanziaria delle leggi.
1. In attuazione dell'articolo 81, quarto comma, della Costituzione, ciascuna legge che comporti nuove o maggiori spese indica espressamente, per ciascun anno e per ogni intervento da essa previsto, la spesa autorizzata, che si intende come limite massimo di spesa, ovvero le relative previsioni di spesa, definendo una specifica clausola di salvaguardia per la compensazione degli effetti che eccedano le previsioni medesime. La copertura finanziaria delle leggi che importino nuove o maggiori spese, ovvero minori entrate, è determinata esclusivamente attraverso le seguenti modalità (57):
a) mediante utilizzo degli accantonamenti iscritti nei fondi speciali previsti dall'articolo 11-bis, restando precluso sia l'utilizzo di accantonamenti del conto capitale per iniziative di parte corrente, sia l'utilizzo per finalità difformi di accantonamenti per regolazioni contabili e per provvedimenti in adempimento di obblighi internazionali;
b) mediante riduzione di precedenti autorizzazioni legislative di spesa; ove dette autorizzazioni fossero affluite in conti correnti o in contabilità speciali presso la Tesoreria statale, si procede alla contestuale iscrizione nello stato di previsione della entrata delle risorse da utilizzare come copertura;
c) [a carico o mediante riduzione di disponibilità formatesi nel corso dell'esercizio sui capitoli di natura non obbligatoria, con conseguente divieto, nel corso dello stesso esercizio, di variazioni volte ad incrementare i predetti capitoli. Ove si tratti di oneri continuativi pluriennali, nei due esercizi successivi al primo, lo stanziamento di competenza dei suddetti capitoli, detratta la somma utilizzata come copertura, potrà essere incrementato in misura non superiore al tasso di inflazione programmato in sede di relazione previsionale e programmatica. A tale forma di copertura si può fare ricorso solo dopo che il Governo abbia accertato, con la presentazione del disegno di legge di assestamento del bilancio, che le disponibilità esistenti presso singoli capitoli non debbano essere utilizzate per far fronte alle esigenze di integrazione di altri stanziamenti di bilancio che in corso di esercizio si rivelino sottostimati. In nessun caso possono essere utilizzate per esigenze di altra natura le economie che si dovessero realizzare nella categoria «interessi» e nei capitoli di stipendi del bilancio dello Stato. Le facoltà di cui agli articoli 9 e 12, primo comma, non possono essere esercitate per l'iscrizione di somme a favore di capitoli le cui disponibilità siano state in tutto o in parte utilizzate per la copertura di nuove o maggiori spese disposte con legge] (58);
d) mediante modificazioni legislative che comportino nuove o maggiori entrate; resta in ogni caso esclusa la copertura di nuove e maggiori spese correnti con entrate in conto capitale.
2. I disegni di legge, gli schemi di decreto legislativo e gli emendamenti di iniziativa governativa che comportino conseguenze finanziarie devono essere corredati da una relazione tecnica, predisposta dalle amministrazioni competenti e verificata dal Ministero del tesoro, del bilancio e della programmazione economica sulla quantificazione delle entrate e degli oneri recati da ciascuna disposizione, nonché delle relative coperture, con la specificazione, per la spesa corrente e per le minori entrate, degli oneri annuali fino alla completa attuazione delle norme e, per le spese in conto capitale, della modulazione relativa agli anni compresi nel bilancio pluriennale e dell'onere complessivo in relazione agli obiettivi fisici previsti. Nella relazione sono indicati i dati e i metodi utilizzati per la quantificazione, le loro fonti e ogni elemento utile per la verifica tecnica in sede parlamentare secondo le norme da adottare con i regolamenti parlamentari (59).
3. Le Commissioni parlamentari competenti possono richiedere al Governo la relazione di cui al comma 2 per tutte le proposte legislative e gli emendamenti al loro esame ai fini della verifica tecnica della quantificazione degli oneri da essi recati.
4. I disegni di legge di iniziativa regionale e del CNEL devono essere corredati, a cura dei proponenti, da una relazione tecnica formulata nei modi previsti dal comma 2.
5. Per le disposizioni legislative in materia pensionistica la relazione di cui ai commi 2 e 3 contiene un quadro analitico di proiezioni finanziarie almeno decennali, riferite all'andamento delle variabili collegate ai soggetti beneficiari. Per le disposizioni legislative in materia di pubblico impiego la relazione contiene i dati sul numero dei destinatari, sul costo unitario, sugli automatismi diretti e indiretti che ne conseguono fino alla loro completa attuazione, nonché sulle loro correlazioni con lo stato giuridico ed economico di categorie o fasce di dipendenti pubblici omologabili. Per le disposizioni legislative recanti oneri a carico dei bilanci di enti appartenenti al settore pubblico allargato la relazione riporta la valutazione espressa dagli enti interessati.
6. Ogni quattro mesi la Corte dei conti trasmette al Parlamento una relazione sulla tipologia delle coperture adottate nelle leggi approvate nel periodo considerato e sulle tecniche di quantificazione degli oneri. La Corte riferisce, inoltre, su richiesta delle Commissioni parlamentari competenti nelle modalità previste dai Regolamenti parlamentari, sulla congruenza tra le conseguenze finanziarie dei decreti legislativi e le norme di copertura recate dalla legge di delega (60).
6-bis. Le disposizioni che comportano nuove o maggiori spese hanno effetto entro i limiti della spesa espressamente autorizzata nei relativi provvedimenti legislativi. Con decreto dirigenziale del Ministero dell'economia e delle finanze - Dipartimento della Ragioneria generale dello Stato, da pubblicare nella Gazzetta Ufficiale, è accertato l'avvenuto raggiungimento dei predetti limiti di spesa. Le disposizioni recanti espresse autorizzazioni di spesa cessano di avere efficacia a decorrere dalla data di pubblicazione del decreto per l'anno in corso alla medesima data (61).
6-ter. Per le Amministrazioni dello Stato, il Ministero dell'economia e delle finanze - Dipartimento della Ragioneria generale dello Stato, anche attraverso gli uffici centrali del bilancio e le ragionerie provinciali dello Stato, vigila sulla corretta applicazione delle disposizioni di cui al comma 6-bis. Per gli enti ed organismi pubblici non territoriali gli organi interni di revisione e di controllo provvedono agli analoghi adempimenti di vigilanza e segnalazione al Parlamento e al Ministero dell'economia e delle finanze (62).
7. Qualora nel corso dell'attuazione di leggi si verifichino o siano in procinto di verificarsi scostamenti rispetto alle previsioni di spesa o di entrata indicate dalle medesime leggi al fine della copertura finanziaria, il Ministro competente ne dà notizia tempestivamente al Ministro dell'economia e delle finanze, il quale, anche ove manchi la predetta segnalazione, riferisce al Parlamento con propria relazione e assume le conseguenti iniziative legislative. La relazione individua le cause che hanno determinato gli scostamenti, anche ai fini della revisione dei dati e dei metodi utilizzati per la quantificazione degli oneri autorizzati dalle predette leggi. Il Ministro dell'economia e delle finanze può altresì promuovere la procedura di cui al presente comma allorché riscontri che l'attuazione di leggi rechi pregiudizio al conseguimento degli obiettivi di finanza pubblica indicati dal Documento di programmazione economico-finanziaria e da eventuali aggiornamenti, come approvati dalle relative risoluzioni parlamentari. La stessa procedura è applicata in caso di sentenze definitive di organi giurisdizionali e della Corte costituzionale recanti interpretazioni della normativa vigente suscettibili di determinare maggiori oneri (63) (64).
(57) Alinea così modificato dal comma 1 dell'art. 1, D.L. 6 settembre 2002, n. 194, come sostituito dalla relativa legge di conversione
(58) Lettera abrogata dall'art. 1-bis, D.L. 20 giugno 1996, n. 323, nel testo aggiunto dalla relativa legge di conversione.
(59) Comma così modificato dall'art. 3, L. 25 giugno 1999, n. 208.
(60) Comma così modificato dall'art. 13, L. 29 luglio 2003, n. 229.
(61) Comma aggiunto dal comma 1 dell'art. 1, D.L. 6 settembre 2002, n. 194, come sostituito dalla relativa legge di conversione. In attuazione di quanto disposto dal presente comma vedi il Decr. 5 maggio 2003, il Decr. 15 luglio 2003 e il Decr. 1° giugno 2006.
(62) Comma aggiunto dal comma 1 dell'art. 1, D.L. 6 settembre 2002, n. 194, come sostituito dalla relativa legge di conversione.
(63) Comma così modificato dal comma 2 dell'art. 1, D.L. 6 settembre 2002, n. 194, come modificato dalla relativa legge di conversione.
(64) Articolo aggiunto dall'art. 7, L. 23 agosto 1988, n. 362 (Gazz. Uff. 25 agosto 1988, n. 199, S.O.).
11-quater. Leggi di spesa pluriennale e a carattere permanente.
1. Le leggi pluriennali di spesa in conto capitale quantificano la spesa complessiva, l'onere per competenza relativo al primo anno di applicazione, nonché le quote di competenza attribuite a ciascuno degli anni considerati nel bilancio pluriennale; la legge finanziaria può annualmente rimodulare le quote previste per ciascuno degli anni considerati nel bilancio pluriennale, nei limiti dell'autorizzazione complessiva a norma dell'articolo 11, comma 3, lettera c).
2. Le amministrazioni e gli enti pubblici possono stipulare contratti o comunque assumere impegni nei limiti dell'intera somma indicata dalle leggi di cui al comma 1 ovvero nei limiti indicati nella legge finanziaria. I relativi pagamenti devono, comunque, essere contenuti nei limiti delle autorizzazioni annuali di bilancio.
3. Le leggi di spesa a carattere permanente quantificano l'onere annuale previsto per ciascuno degli esercizi compresi nel bilancio pluriennale. Esse indicano inoltre l'onere a regime ovvero, nel caso in cui non si tratti di spese obbligatorie, possono rinviare le quantificazioni dell'onere annuo alla legge finanziaria a norma dell'articolo 11, comma 3, lettera d).
4. Il disegno di legge finanziaria indica, in apposito allegato, per ciascuna legge di spesa pluriennale di cui all'articolo 11, comma 3, lettera c), i residui di stanziamento in essere al 30 giugno dell'anno in corso e, ove siano previsti versamenti in conti correnti o contabilità speciali di tesoreria, le giacenze in essere alla medesima data (65).
(65) Aggiunto dall'art. 8, L. 23 agosto 1988, n. 362 (Gazz. Uff. 25 agosto 1988, n. 199, S.O.).
L. 27 luglio 1978, n. 392
Disciplina delle locazioni di immobili
urbani.(artt. 5 e 55)
Pubblicata nella Gazz. Uff. 29 luglio 1978, n. 211.
(omissis)
5. Inadempimento del conduttore.
Salvo quanto previsto dall'articolo 55, il mancato pagamento del canone decorsi venti giorni dalla scadenza prevista, ovvero il mancato pagamento, nel termine previsto, degli oneri accessori quando l'importo non pagato superi quello di due mensilità del canone, costituisce motivo di risoluzione, ai sensi dell'articolo 1455 del codice civile (6).
(6) La Corte costituzionale, con ordinanza 15-28 dicembre 1998, n. 448 (Gazz. Uff. 7 gennaio 1999, n. 1, Serie speciale), ha dichiarato la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell'art. 5, sollevata in riferimento agli artt. 3 e 42 della Costituzione.
(omissis)
55. Termine per il pagamento dei canoni scaduti.
La morosità del conduttore nel pagamento dei canoni o degli oneri di cui all'articolo 5 può essere sanata in sede giudiziale per non più di tre volte nel corso di un quadriennio se il conduttore alla prima udienza versa l'importo dovuto per tutti i canoni scaduti e per gli oneri accessori maturati sino a tale data, maggiorato degli interessi legali e delle spese processuali liquidate in tale sede dal giudice.
Ove il pagamento non avvenga in udienza, il giudice, dinanzi a comprovate condizioni di difficoltà del conduttore, può assegnare un termine non superiore a giorni novanta.
In tal caso rinvia l'udienza a non oltre dieci giorni dalla scadenza del termine assegnato.
La morosità può essere sanata, per non più di quattro volte complessivamente nel corso di un quadriennio, ed il termine di cui al secondo comma è di centoventi giorni, se l'inadempienza, protrattasi per non oltre due mesi, è conseguente alle precarie condizioni economiche del conduttore, insorte dopo la stipulazione del contratto e dipendenti da disoccupazione, malattie o gravi, comprovate condizioni di difficoltà.
Il pagamento, nei termini di cui ai commi precedenti, esclude la risoluzione del contratto (84).
(84) La Corte costituzionale, con sentenza 18-21 gennaio 1999, n. 3 (Gazz. Uff. 27 gennaio 1999, n. 4, Serie speciale), ha dichiarato non fondata, nei sensi di cui in motivazione, la questione di legittimità costituzionale dell'art. 55, sollevata in riferimento agli artt. 3 e 24 della Costituzione. La stessa Corte costituzionale, con successiva ordinanza 3-14 dicembre 2001, n. 410 (Gazz. Uff. 19 dicembre 2001, n. 49, serie speciale), ha dichiarato la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell'art. 55 sollevata in riferimento agli artt. 3 e 24 della Costituzione.
D.Lgs. 16-2-1996 n. 104
Attuazione della delega conferita
dall'art. 3, comma 27, della L. 8 agosto 1995, n. 335, in materia di
dismissioni del patrimonio immobiliare degli enti previdenziali pubblici e di
investimenti degli stessi in campo immobiliare.(art. 1 )
Pubblicato nella Gazz. Uff. 2 marzo 1996, n. 52, S.O.
1. Ambito di applicazione e finalità.
1. Il presente decreto legislativo, in attuazione delle norme di cui all'art. 3, comma 27, della legge 8 agosto 1995, n. 335 , disciplina l'attività in campo immobiliare degli enti previdenziali di natura pubblica elencati al numero 1 della tabella allegata alla legge 20 marzo 1975, n. 70 , ed altresì di quelli di cui al decreto legislativo 30 giugno 1994, n. 479, e di enti previdenziali pubblici successivamente istituiti, per quanto attiene alla gestione dei beni, alle forme del trasferimento della proprietà degli stessi e alle forme di realizzazione di nuovi investimenti immobiliari secondo princìpi di trasparenza, economicità e congruità di valutazione economica (4).
2. Le norme del presente decreto, relative al trasferimento della proprietà, non trovano applicazione riguardo ai beni di proprietà degli enti che gli stessi utilizzano quali sede di uffici propri o di enti o soggetti con i quali gli enti proprietari sono stabilmente collegati o ai quali partecipano in vista del raggiungimento delle proprie finalità istituzionali. Nell'individuazione dei predetti immobili si tiene conto dei piani di riorganizzazione e decentramento degli enti, definiti anche in collaborazione fra gli stessi al fine di una possibile unificazione di sedi e sportelli aperti al pubblico in modo da migliorare il servizio all'utenza.
3. In presenza di disposizioni legislative che vincolano gli enti a costituire riserve a garanzia degli obblighi di prestazione a favore dei beneficiari della tutela previdenziale e ad investire quote delle riserve in immobili, a copertura di tali quote si pongono i beni individuati dagli enti, previo parere dell'Osservatorio sul patrimonio immobiliare degli enti previdenziali di cui all'articolo 10, relativi in particolare alle seguenti tipologie:
a) immobili la cui alienazione determinerebbe gravi ripercussioni di carattere sociale in relazione alle specifiche caratteristiche del mercato immobiliare e delle zone di ubicazione degli immobili, anche con riferimento alla tipologia reddituale e alle caratteristiche medie di composizione del nucleo familiare proprie dei relativi conduttori;
b) immobili di particolare pregio storico-monumentale per i quali possono essere previsti specifici programmi di valorizzazione;
c) immobili di cui al comma 2;
d) immobili ad uso non abitativo interessati da specifici progetti che assicurino, nel periodo massimo di tre anni, una redditività in linea con quella di mercato; i progetti sono sottoposti a preventiva verifica dell'Osservatorio di cui all'art. 10 che accerta anche i presupposti della effettiva redditività. In caso di mancato raggiungimento degli obiettivi di redditività ipotizzati, gli enti sono tenuti ad inserire gli immobili nei piani di cessione.
4. La copertura delle riserve tecniche può in ogni caso essere realizzata anche attraverso la sottoscrizione di titoli rappresentativi di beni immobili.
(4) Per l'interpretazione autentica del presente comma vedi il comma 38 dell'art. 1, L. 23 agosto 2004, n. 243.
(omissis)
L. 23-12-1996 n. 662
Misure di razionalizzazione della
finanza pubblica.(art. 3 co. 109)
Pubblicata nella Gazz. Uff. 28 dicembre 1996, n. 303, S.O.
(omissis)
Articolo 3
(omissis)
Comma 109. Le amministrazioni pubbliche che non rispondono alla legge 24 dicembre 1993, n. 560, la Concessionaria servizi assicurativi pubblici Spa (CONSAP) e le società derivanti da processi di privatizzazione nelle quali, direttamente o indirettamente, la partecipazione pubblica è uguale o superiore al 30 per cento del capitale espresso in azioni ordinarie, procedono alla dismissione del loro patrimonio immobiliare con le seguenti modalità (359):
a) è garantito, nel caso di vendita frazionata e in blocco, anche a cooperative di abitazione di cui siano soci gli inquilini, il diritto di prelazione ai titolari dei contratti di locazione in corso ovvero di contratti scaduti e non ancora rinnovati purché si trovino nella detenzione dell'immobile, e ai loro familiari conviventi, sempre che siano in regola con i pagamenti al momento della presentazione della domanda di acquisto (360);
b) è garantito il rinnovo del contratto di locazione, secondo le norme vigenti, agli inquilini titolari di reddito familiare complessivo inferiore ai limiti di decadenza previsti per la permanenza negli alloggi di edilizia popolare. Per famiglie di conduttori composte da ultrasessantacinquenni o con componenti portatori di handicap, tale limite è aumentato del venti per cento;
c) [il diritto di prelazione di cui alla lettera a) e la garanzia del rinnovo del contratto di locazione di cui alla lettera b), nonché le modalità di determinazione del prezzo di vendita di cui alla lettera d) si applicano anche nel caso di dismissione del patrimonio immobiliare da parte delle società privatizzate o di società da queste controllate] (361);
d) per la determinazione del prezzo di vendita degli alloggi è preso a riferimento il prezzo di mercato degli alloggi liberi diminuito del trenta per cento fatta salva la possibilità, in caso di difforme valutazione, di ricorrere ad una stima dell'Ufficio tecnico erariale;
e) i soggetti alienanti di cui al presente comma, sentite le organizzazioni sindacali rappresentative degli inquilini, disciplinano le modalità di presentazione delle domande di acquisto per gli immobili posti in vendita e di accesso ad eventuali mutui agevolati;
f) il 10 per cento del ricavato della dismissione degli immobili appartenenti alle amministrazioni statali è versato su un apposito capitolo dello stato di previsione dell'entrata; il Ministro del tesoro è autorizzato ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio (362);
f-bis) gli alloggi in edifici di pregio sono definiti con circolare del Ministro del lavoro e della previdenza sociale. Si considerano comunque di pregio gli immobili che sorgono in zone nelle quali il valore unitario medio di mercato degli immobili è superiore del 70 per cento rispetto al valore di mercato medio rilevato nell'intero territorio comunale. Tali alloggi sono offerti in vendita ai titolari di contratti di locazione in corso ovvero di contratti scaduti non ancora rinnovati purché si trovino nella detenzione dell'immobile, e ai loro familiari conviventi, in regola con i pagamenti al momento della presentazione della domanda di acquisto, ad un prezzo di vendita pari al prezzo di mercato degli alloggi liberi, con le modalità di cui alle lettere a), b) e c) del presente comma. All'offerta degli immobili si provvede mediante lettera raccomandata, con avviso di ricevimento, recante indicazione del prezzo di vendita dell'alloggio, inviata dall'ente proprietario ai soggetti di cui alla lettera a). Entro sessanta giorni dalla data di ricevimento della lettera raccomandata i soggetti presentano domanda di acquisto per gli alloggi offerti. Decorso inutilmente tale termine gli immobili sono posti in vendita con asta pubblica al migliore offerente (363).
(359) Alinea così modificato dall'art. 43, comma 18, L. 23 dicembre 2000, n. 388.
(360) Lettera così modificata dall'art. 2, comma 5, L. 23 dicembre 1999, n. 488.
(361) Lettera prima modificata dall'art. 2, comma 5, L. 23 dicembre 1999, n. 488 e poi abrogata dall'art. 43, comma 18, L. 23 dicembre 2000, n. 388.
(362) Vedi, anche, l'art. 4, comma 14, L. 23 dicembre 1999, n. 488.
(363) Lettera aggiunta dall'art. 2, comma 2, L. 23 dicembre 1999, n. 488.
L. 9-12-1998 n. 431
Disciplina delle locazioni e del
rilascio degli immobili adibiti ad uso abitativo. (art. 6)
Pubblicata nella Gazz. Uff. 15 dicembre 1998, n. 292, S.O.
(omissis)
Capo III - Esecuzione dei provvedimenti di rilascio degli immobili adibiti ad uso abitativo
6. Rilascio degli immobili.
1. Nei comuni indicati all'articolo 1 del decreto-legge 30 dicembre 1988, n. 551 (9), convertito, con modificazioni, dalla legge 21 febbraio 1989, n. 61, e successive modificazioni, le esecuzioni dei provvedimenti di rilascio di immobili adibiti ad uso abitativo per finita locazione sono sospese per un periodo di centottanta giorni a decorrere dalla data di entrata in vigore della presente legge.
2. Il locatore ed il conduttore di immobili adibiti ad uso abitativo, per i quali penda provvedimento esecutivo di rilascio per finita locazione, avviano entro il termine di sospensione di cui al comma 1, a mezzo di lettera raccomandata con avviso di ricevimento, anche tramite le rispettive organizzazioni sindacali, trattative per la stipula di un nuovo contratto di locazione in base alle procedure definite all'articolo 2 della presente legge.
3. Trascorso il termine di cui al comma 1 ed in mancanza di accordo fra le parti per il rinnovo della locazione, i conduttori interessati possono chiedere, entro e non oltre i trenta giorni dalla scadenza del termine fissato dal comma 1, con istanza rivolta al pretore competente ai sensi dell'articolo 26, primo comma, del codice di procedura civile, che sia nuovamente fissato il giorno dell'esecuzione. Si applicano i commi dal secondo al settimo dell'articolo 11 del decreto-legge 23 gennaio 1982, n. 9, convertito, con modificazioni, dalla legge 25 marzo 1982, n. 94. Avverso il decreto del pretore è ammessa opposizione al tribunale che giudica con le modalità di cui all'articolo 618 del codice di procedura civile. Il decreto con cui il pretore fissa nuovamente la data dell'esecuzione vale anche come autorizzazione all'ufficiale giudiziario a servirsi dell'assistenza della forza pubblica.
4. Per i provvedimenti esecutivi di rilascio per finita locazione emessi dopo la data di entrata in vigore della presente legge, il conduttore può chiedere una sola volta, con istanza rivolta al pretore competente ai sensi dell'articolo 26, primo comma, del codice di procedura civile, che sia nuovamente fissato il giorno dell'esecuzione entro un termine di sei mesi salvi i casi di cui al comma 5. Si applicano i commi dal secondo al settimo dell'articolo 11 del citato decreto-legge n. 9 del 1982, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 94 del 1982. Avverso il decreto del pretore il locatore ed il conduttore possono proporre opposizione per qualsiasi motivo al tribunale che giudica con le modalità di cui all'articolo 618 del codice di procedura civile.
5. Il differimento del termine delle esecuzioni di cui ai commi 3 e 4 può essere fissato fino a diciotto mesi nei casi in cui il conduttore abbia compiuto i 65 anni di età, abbia cinque o più figli a carico, sia iscritto nelle liste di mobilità, percepisca un trattamento di disoccupazione o di integrazione salariale, sia formalmente assegnatario di alloggio di edilizia residenziale pubblica ovvero di ente previdenziale o assicurativo, sia prenotatario di alloggio cooperativo in corso di costruzione, sia acquirente di un alloggio in costruzione, sia proprietario di alloggio per il quale abbia iniziato azione di rilascio. Il medesimo differimento del termine delle esecuzioni può essere fissato nei casi in cui il conduttore o uno dei componenti il nucleo familiare, convivente con il conduttore da almeno sei mesi, sia portatore di handicap o malato terminale (10).
6. Durante i periodi di sospensione delle esecuzioni di cui al comma 1 del presente articolo e al comma quarto dell'articolo 11 del citato decreto-legge n. 9 del 1982 (11), convertito, con modificazioni, dalla legge n. 94 del 1982, nonché per i periodi di cui all'articolo 3 del citato decreto-legge n. 551 del 1988 (12), convertito, con modificazioni, dalla legge n. 61 del 1989, come successivamente prorogati, e comunque fino all'effettivo rilascio, i conduttori sono tenuti a corrispondere, ai sensi dell'articolo 1591 del codice civile, una somma mensile pari all'ammontare del canone dovuto alla cessazione del contratto, al quale si applicano automaticamente ogni anno aggiornamenti in misura pari al settantacinque per cento della variazione, accertata dall'Istituto nazionale di statistica (ISTAT), dell'indice dei prezzi al consumo per le famiglie di operai e impiegati verificatasi nell'anno precedente; l'importo così determinato è maggiorato del venti per cento. La corresponsione di tale maggiorazione esime il conduttore dall'obbligo di risarcire il maggior danno ai sensi dell'articolo 1591 del codice civile. Durante i predetti periodi di sospensione sono dovuti gli oneri accessori di cui all'articolo 9 della legge 27 luglio 1978, n. 392, e successive modificazioni. In caso di inadempimento, il conduttore decade dal beneficio, comunque concesso, della sospensione dell'esecuzione del provvedimento di rilascio, fatto salvo quanto previsto dall'articolo 55 della citata legge n. 392 del 1978 (13) (14/cost).
7. Fatto salvo quanto previsto dai commi 2-bis e 2-ter dell'articolo 1 del citato decreto-legge n. 551 del 1988 (12), convertito, con modificazioni, dalla legge n. 61 del 1989, nonché quanto previsto dai commi primo, secondo e terzo dell'articolo 17 del citato decreto-legge n. 9 del 1982 (11), convertito, con modificazioni, dalla legge n. 94 del 1982, è data priorità ai destinatari di provvedimenti di rilascio con data di esecuzione fissata entro il termine di tre mesi (13/a).
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(9) Riportato al n. D/XIV.
(10) Vedi, anche, l'art. 1, D.L. 25 febbraio 2000, n. 32, nel testo modificato dalla relativa legge di conversione.
(11) Riportato alla voce Case popolari ed economiche.
(12) Riportato al n. D/XIV.
(13) La Corte costituzionale, con sentenza 25 ottobre-9 novembre 2000, n. 482 (Gazz. Uff. 15 novembre 2000, n. 47 - Serie speciale), ha dichiarato l'illegittimità del presente comma, nella parte in cui esime il conduttore dall'obbligo di risarcire il maggior danno, ai sensi dell'art. 1591 del codice civile, anche nel periodo successivo alla scadenza del termine di sospensione della esecuzione stabilito ope legis o di quello giudizialmente fissato per il rilascio dell'immobile.
(14/cost) La Corte costituzionale, con ordinanza 28 gennaio-6 febbraio 2002, n. 19 (Gazz. Uff. 13 febbraio 2002, n. 7, serie speciale), ha dichiarato manifestamente inammissibile la questione di legittimità costituzionale dell'art. 6, comma 6, sollevata in riferimento agli articoli 3, 24 e 42, secondo comma, della Costituzione.
(12) Riportato al n. D/XIV.
(11) Riportato alla voce Case popolari ed economiche.
(13/a) Vedi, anche, l'art. 80, commi 20, 21 e 22, L. 23 dicembre 2000, n. 388.
L. 23-12-2000 n. 388
Disposizioni per la formazione del
bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge finanziaria 2001). (art. 43
co. 18)
Pubblicata nella Gazz. Uff. 29 dicembre 2000, n. 302, S.O.
(omissis)
Capo IX - Disposizioni in materia di vendite di immobili e di alloggi
43. Dismissione di beni e diritti immobiliari.
(omissis)
Comma 18. Al comma 109 dell'articolo 3 della legge 23 dicembre 1996, n. 662, sono apportate le seguenti modificazioni:
a) all'alinea, le parole: «le società a prevalente partecipazione pubblica» sono sostituite dalle seguenti: «le società derivanti da processi di privatizzazione nelle quali, direttamente o indirettamente, la partecipazione pubblica è uguale o superiore al 30 per cento del capitale espresso in azioni ordinarie»;
b) la lettera c) è abrogata.
Del.CIPE 14 febbraio 2002, n. 4/2002
Legge n. 431 del 1998, art. 8 -
Aggiornamento dell'elenco dei comuni ad alta tensione abitativa.
------------------------
(1) Pubblicata nella Gazz. Uff. 26 agosto 2002, n. 199.
(2) Il presente provvedimento è anche citato, per coordinamento, in nota al comma 4 dell'art. 8, L. 9 dicembre 1998, n. 431 e in nota al comma 2 dell'art. 13, D.L. 23 gennaio 1982, n. 9.
IL COMITATO INTERMINISTERIALE
PER LA PROGRAMMAZIONE ECONOMICA
Visto l'art. 13 del decreto-legge 23 gennaio 1982, n. 9, convertito, con modificazioni, nella legge 25 marzo 1982, n. 94, che rimetteva a questo Comitato l'individuazione dei comuni compresi nelle aree in cui era da ravvisare una situazione di particolare tensione abitativa in relazione agli elementi indicati nella norma stessa;
Visto l'art. 5 del decreto-legge 7 febbraio 1985, n. 12, convertito, con modificazioni, nella legge 5 aprile 1985, n. 118, che demandava a questo Comitato, sentite le regioni ed alla stregua di criteri predeterminati, di procedere all'eventuale integrazione dell'elenco dei comuni ad alta tensione abitativa, predisposto con la Del.CIPE 29 luglio 1982, in attuazione delle disposizioni di cui al precedente capoverso;
Visto l'art. 1, comma 2, del decreto-legge 29 ottobre 1986, n. 708, convertito, con modificazioni, nella legge 23 dicembre 1986, n. 899, che disponeva l'integrale revisione, a cura di questo Comitato e sempre sentite le regioni, della Del.CIPE 30 maggio 1985 adottata ai sensi della menzionata legge n. 118 del 1985;
Visto il decreto-legge 30 dicembre 1988, n. 551, convertito, con modificazioni, nella legge 21 febbraio 1989, n. 61, e successive modificazioni, che, all'art. 1, dispone la sospensione dell'esecuzione dei provvedimenti di rilascio di immobili urbani adibiti ad uso abitativo nei comuni di Bari, Bologna, Catania, Firenze, Genova, Milano, Napoli, Palermo, Roma, Torino e Venezia e nei comuni con essi confinanti, negli altri comuni capoluogo di provincia, negli ulteriori comuni individuati nella citata Del.CIPE 30 maggio 1985 e nella successiva Del.CIPE 8 aprile 1987, n. 152, nonché in tutti i comuni terremotati della Campania e della Basilicata;
Vista la legge 9 dicembre 1998, n. 431, recante «Disciplina delle locazioni e del rilascio degli immobili adibiti ad uso abitativo» che, all'art. 8, prevede l'applicazione di agevolazioni fiscali a favore dei proprietari che stipulino contratti di locazione secondo la modalità «concertata» nei comuni di cui al richiamato art. 1 della legge n. 61 del 1989 e che rimette a questo Comitato l'aggiornamento biennale del relativo elenco su proposta dell'allora Ministro dei lavori pubblici, formulata d'intesa con i Ministri dell'interno e di grazia e giustizia e avendo riguardo alle risultanze dell'attività dell'Osservatorio della condizione abitativa;
Vista la legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3, che modifica il titolo V della parte seconda della Costituzione improntandolo a princìpi di federalismo ed includendo comunque, tra le funzioni riservate allo Stato, la determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali da garantire su tutto il territorio nazionale;
Vista la legge 8 gennaio 2002, n. 2, con la quale sono state apportate modifiche alle disposizioni sulla «contrattazione concertata»;
Vista la nota 5 novembre 2001, n. 488/Segr., con la quale il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti ha trasmesso alla segreteria della Conferenza permanente tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e Bolzano uno schema di intesa tra il Ministero stesso, le regioni e le suddette province autonome al fine di definire i criteri per l'aggiornamento dell'elenco dei comuni ad alta tensione abitativa;
Vista la nota 30 novembre 2001, n. 5931/01/3.4.2.4, con la quale la Presidenza del Consiglio dei Ministri - Conferenza unificata ha comunicato che la predetta Conferenza Stato-regioni nella seduta del 22 novembre 2001, su sollecitazione del presidente dell'ANCI, aveva ritenuto opportuno che della problematica in questione venisse investita la Conferenza unificata, in considerazione della particolare rilevanza che il tema riveste per le amministrazioni comunali, ed ha convocato apposita riunione tecnica per il 18 dicembre 2001;
Vista la nota 13 febbraio 2002, n. 91/LD, con la quale il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, in coerenza con le risultanze della riunione del 12 febbraio 2002, preparatoria della seduta di questo Comitato del 14 stesso mese, ha trasmesso la documentazione da sottoporre alla suddetta Conferenza unificata e che già recepiva le modifiche concordate nella citata riunione tecnica del 18 dicembre 2001;
Visto il parere favorevole reso il 14 febbraio 2002 dalla Conferenza unificata;
Considerato che il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, sulla base di specifica ricerca, aveva predisposto una prima ipotesi di aggiornamento dell'elenco di cui trattasi sulla quale aveva acquisito le intese previste dall'art. 8 della legge n. 431 del 1998 e che considerava, oltre ai tradizionali indicatori del disagio abitativo quali numero degli sfratti, pendolarismo, condizioni di lavoro e di occupazione, composizione del mercato abitativo, ecc., anche ulteriori parametri intesi a rappresentare, con la maggiore aderenza possibile, i connotati di tensione abitativa, tra cui il valore positivo del saldo migratorio e la presenza di immigrati stranieri;
Considerato che il citato Ministero, con nota 6 aprile 2001, n. 40/2001, aveva inoltrato la predetta ipotesi alla segreteria della Conferenza permanente tra lo Stato, le regioni e le province autonome, ritenendo opportuno acquisire il parere della Conferenza stessa, anche se non previsto dalla menzionata normativa;
Considerato che la citata ipotesi è stata valutata in sede tecnica e che, nell'occasione, alcune regioni avevano ritenuto che la proposta di revisione non risultasse del tutto adeguata rispetto alla necessità di cogliere le specificità delle singole realtà territoriali, mentre il Ministero dell'economia e delle finanze aveva espresso riserve in relazione al possibile aumento dei beneficiari delle agevolazioni fiscali;
Considerato che la proposta di revisione conseguentemente rielaborata dal Ministero delle infrastrutture e dei trasporti ed esposta nella bozza di intesa sopra richiamata tiene conto delle risultanze delle predette riunioni tecniche e, in particolare, riserva un ruolo più incisivo alle regioni, limitandosi a definire intanto criteri e procedure per l'aggiornamento dell'elenco in questione, e nel contempo mira ad assicurare che non si registri incremento della popolazione potenzialmente interessata dalle agevolazioni fiscali quale calcolata sulla base delle rilevazioni ISTAT 2000;
Considerato che l'iter adottato dal Ministero delle infrastrutture e dei trasporti appare in linea con il processo federalista tracciato dalla legge costituzionale n. 3 del 2001, sia per quanto attiene al coinvolgimento di regioni ed enti locali nella fase preliminare della definizione dei criteri per l'aggiornamento dell'elenco dei comuni ad alta tensione abitativa, sia nella fase di concreta individuazione dei comuni stessi;
Considerato peraltro che, in ossequio al dettato di legge, l'iter medesimo deve trovare conclusione in una delibera di questo Comitato in cui traslare i contenuti della bozza di intesa di cui sopra;
Considerato che il menzionato art. 8 della legge n. 431 del 1998 dispone che, qualora le determinazioni di questo Comitato comportino un aumento delle agevolazioni fiscali stabilite al comma 1 del medesimo articolo, venga corrispondentemente elevata, con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, la percentuale di determinazione della base imponibile prevista allo stesso comma, precisando che l'aumento non si applica ai contratti stipulati prima dell'entrata in vigore del predetto decreto;
Considerato che l'Osservatorio della condizione abitativa, alle risultanze della cui attività fa riferimento la legge da ultimo citata, non è ancora pienamente operativo;
Considerato che l'Agenzia delle entrate non ha fornito dati circa l'entità delle agevolazioni effettivamente fruite al titolo all'esame;
Considerato che le recenti modifiche alla legge n. 431 del 1998 muovono dal dichiarato presupposto della scarsa diffusione dell'istituto della «contrattazione concertata»;
Considerato che l'ipotesi di revisione dell'elenco dei comuni ad alta tensione abitativa, da ultimo predisposta dal Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, interessa potenzialmente - tenendo conto dei dati ISTAT 2000 - una popolazione di 31.197.509 abitanti, inferiore cioè di oltre 340.000 unità a quella ricompresa nei comuni attualmente inclusi nell'elenco e che il Ministero stesso indica in 31.537.598 unità;
Considerato che i modelli relativi alla dichiarazione dei redditi attinenti all'anno 2001 consentono la rilevazione del minor gettito fiscale conseguente alla stipula di contatti di locazione con la modalità «concertata»;
Preso atto che, con nota 12 febbraio 2002, n. 4/12, il Ministero della giustizia ha formulato l'intesa sulla proposta all'esame;
Preso atto che nella suddetta seduta preparatoria di questo Comitato in data 12 febbraio 2002 il Sottosegretario di Stato all'interno ha comunicato l'intesa del proprio Ministero sulla proposta in discorso;
Ritenuto, per le considerazioni sopra esposte, che la proposta di cui trattasi possa essere recepita in modo da definire intanto criteri e procedura per l'aggiornamento degli elenchi dei comuni ad alta tensione abitativa;
Ritenuto che l'art. 8 della legge n. 431 del 1998, nel rimettere ad un successivo decreto l'adozione di adeguate misure nell'ipotesi che le determinazioni di questo Comitato comportino un aumento del numero dei beneficiari e nel fare salvi gli effetti dei contratti stipulati prima dell'emanazione di detto decreto, sia riferito alla valutazione dell'impatto reale dell'aggiornamento dell'elenco in questione, puntualmente verificabile solo a posteriori;
Ritenuto che maggiori indicazioni sul disagio abitativo potranno essere disponibili a seguito della conclusione delle procedure di assegnazione dei finanziamenti attribuiti ai comuni a carico del «Fondo nazionale di sostegno per l'accesso alle abitazioni in locazione» previsto dall'art. 11 della medesima legge n. 431 del 1998, e che dette indicazioni potranno essere utilizzate in vista della successiva revisione biennale dell'elenco;
Ritenuto, comunque, di invitare il predetto Ministero a riferire a questo Comitato, entro il termine massimo del dicembre 2002, sullo stato di attuazione delle disposizioni di cui all'art. 8 della legge n. 431 del 1998 e sui conseguenti riflessi fiscali, anche ai fini dell'eventuale adozione delle misure di riequilibrio;
Delibera:
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1. Ai fini della predisposizione dell'elenco dei comuni ad alta tensione abitativa, a ciascuna regione e provincia autonoma è attribuita una soglia di «popolazione interessata» determinata, con riferimento ai dati ISTAT 2000, in base al totale della popolazione dei comuni capoluogo di provincia e dei comuni con popolazione superiore ai 30.000 abitanti: detta soglia è riportata alla colonna B del prospetto allegato, che forma parte integrante della presente delibera.
2. Nell'àmbito della soglia di cui al punto precedente le regioni e le province autonome, d'intesa con l'ANCI regionale, individuano i comuni ad alta tensione abitativa. Nell'elenco di detti comuni sono comunque ricompresi i comuni capoluogo di provincia.
3. Le regioni e le province autonome possono incrementare la soglia di «popolazione interessata» specificata al punto 1 di un ulteriore 20% (percentuale questa riportata alla colonna C del citato allegato) ed integrare l'elenco dei comuni ad alta tensione abitativa di cui al punto 2 sino alla concorrenza con il valore così ottenuto, che viene definito «peso totale attribuibile» ed è indicato alla colonna D dell'allegato medesimo.
Le regioni e le province autonome - solo nel caso che il «peso totale attribuibile» di cui alla menzionata colonna D risulti inferiore al 36% della popolazione residente nel rispettivo àmbito territoriale, sempre calcolata con riferimento ai dati ISTAT 2000 - possono integrare ulteriormente l'elenco dei comuni ad alta tensione abitativa sino alla concorrenza con tale valore percentuale (3).
4. Entro novanta giorni (4) dalla data di pubblicazione della presente delibera nella Gazzetta Ufficiale le regioni e le province autonome trasmettono al Ministero delle infrastrutture e dei trasporti - Direzione generale per l'edilizia residenziale e le politiche abitative - Osservatorio della condizione abitativa, l'elenco integrale dei comuni a tensione abitativa, predisposto sulla base dei criteri di cui ai punti precedenti.
5. Nel rispetto delle attribuzioni stabilite nei rispettivi statuti regionali, resta ferma la facoltà delle province autonome di Trento e Bolzano di individuare i comuni ad alta tensione abitativa anche in deroga a quanto stabilito ai punti richiamati.
6. Il citato Ministero, verificata la rispondenza degli elenchi trasmessi da regioni e province autonome ai criteri enunciati e fermo restando il disposto del punto 5, predispone l'elenco complessivo dei comuni ad alta tensione abitativa e lo trasmette a questo Comitato per la formale approvazione ai sensi dell'art. 8, comma 4, della legge n. 431 del 1998 (5).
Impegna
il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti a riferire a questo Comitato, entro il 31 dicembre di ciascun anno, sullo stato di attuazione delle disposizioni recate dall'art. 8 della legge n. 431 del 1998, nonché delle iniziative poste in essere dal Ministero stesso e concernenti agevolazioni per l'accesso al bene casa ai meno abbienti, in modo da consentire a questo Comitato una valutazione complessiva dei risultati della politica del settore.
La prima relazione verrà presentata entro il 31 dicembre 2002 e - anche sulla base delle indicazioni rilevabili dalle dichiarazioni dei redditi relativi al 2001 e che il predetto Dicastero provvederà ad acquisire presso il Dipartimento delle politiche fiscali del Ministero dell'economia e delle finanze, nonché presso l'Agenzia delle entrate, che provvederà a renderli tempestivamente disponibili - esporrà i dati sul ricorso allo strumento della «contrattazione concertata», sull'impatto dell'istituto in termini di minori entrate fiscali e sul conseguente grado di utilizzo degli stanziamenti recati al riguardo dalla legge n. 431 del 1998.
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(3) Punto così sostituito dalla Del.CIPE 29 settembre 2002, n. 84/2002.
(4) Per la proroga, del termine vedi la Del.CIPE 29 settembre 2002, n. 84/2002.
(5) Per l'elenco dei comuni ad alta tensione abitativa vedi la Del.CIPE 13 novembre 2003, n. 87/03.
Allegato
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A |
B |
C |
D |
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Regione o provincia |
Popolazione residente |
Popolazione comuni capoluogo |
Incremento 20% |
Peso totale attribuibile |
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(dati ISTAT 2000) |
e comuni > 30.000 abitanti |
(su colonna B) |
(B+C) |
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(dati ISTAT 2000) |
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Piemonte |
4.289.731 |
|
1.777.505 |
|
355.501 |
|
2.133.006 |
|
|
Valle d'Aosta |
120.589 |
|
34.644 |
|
6.929 |
|
41.573 |
|
|
Lombardia |
9.121.714 |
|
3.348.033 |
|
669.607 |
|
4.017.640 |
|
|
Prov. Trento |
477.859 |
|
140.141 |
|
28.028 |
|
168.169 |
|
|
Prov. Bolzano |
465.264 |
|
131.536 |
|
26.307 |
|
157.843 |
|
|
Veneto |
4.540.853 |
|
1.289.500 |
|
257.900 |
|
1.547.400 |
|
|
Friuli-Venezia Giulia |
1.188.594 |
|
396.287 |
|
79.257 |
|
475.544 |
|
|
Liguria |
1.621.016 |
|
885.594 |
|
177.119 |
|
1.062.713 |
|
|
Emilia-Romagna |
4.008.663 |
|
1.893.038 |
|
378.608 |
|
2.271.646 |
|
|
Toscana |
3.547.604 |
|
1.743.037 |
|
348.607 |
|
2.091.644 |
|
|
Umbria |
840.482 |
|
426.390 |
|
85.278 |
|
511.668 |
|
|
Marche |
1.469.195 |
|
540.074 |
|
108.015 |
|
648.089 |
|
|
Lazio |
5.302.302 |
|
3.777.158 |
|
755.432 |
|
4.532.590 |
|
|
Abruzzo |
1.281.283 |
|
445.828 |
|
89.166 |
|
534.994 |
|
|
Molise |
327.177 |
|
103.082 |
|
20.616 |
|
123.698 |
|
|
Campania |
5.782.244 |
|
3.075.420 |
|
615.084 |
|
3.690.504 |
|
|
Puglia |
4.086.608 |
|
2.052.993 |
|
410.599 |
|
2.463.592 |
|
|
Basilicata |
604.807 |
|
126.966 |
|
25.393 |
|
152.359 |
|
|
Calabria |
2.043.288 |
|
623.191 |
|
124.638 |
|
747.829 |
|
|
Sicilia |
5.076.700 |
|
2.646.824 |
|
529.365 |
|
3.176.189 |
|
|
Sardegna |
1.648.044 |
|
540.683 |
|
108.137 |
|
648.820 |
|
|
|
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TOTALE |
57.844.017 |
|
25.997.924 |
|
5.199.585 |
|
31.197.509 |
|
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D.L. 20-6-2002 n. 122
Disposizioni concernenti proroghe in
materia di sfratti, di edilizia e di espropriazione. (art. 1)
Pubblicato nella Gazz. Uff. 21 giugno 2002, n. 144 e convertito in legge, con modificazioni, dall'art. 1, L. 1° agosto 2002, n. 185.
1. 1. La sospensione delle procedure esecutive di rilascio per finita locazione, da ultimo disposta per gli immobili adibiti ad uso abitativo, ai sensi dell'articolo 1, comma 1, del decreto-legge 27 dicembre 2001, n. 450, convertito, con modificazioni, dalla legge 27 febbraio 2002, n. 14, è prorogata fino al 30 giugno 2003 (2) (3).
2. Su ricorso del locatore, notificato al conduttore, che contesti la sussistenza in capo a quest'ultimo dei requisiti richiesti per la sospensione dell'esecuzione, il giudice dell'esecuzione procede con le modalità di cui all'articolo 11, commi quinto e sesto del decreto-legge 23 gennaio 1982, n. 9, convertito, con modificazioni, dalla legge 25 marzo 1982, n. 94, disponendo o meno la prosecuzione dell'esecuzione con provvedimento da emanarsi nel termine di giorni otto dalla data di presentazione del ricorso. Avverso il decreto è ammessa opposizione al tribunale, che giudica in composizione collegiale con le modalità di cui all'articolo 618 del codice di procedura civile (4).
(2) Per l'ulteriore proroga del termine vedi l'art. 1, D.L. 24 giugno 2003, n. 147.
(3) La Corte costituzionale, con sentenza 24-28 maggio 2004, n. 155 (Gazz. Uff. 3 giugno 2004, Ediz. Str.), ha dichiarato non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 1, comma 1, convertito, con modificazioni, nella legge 1° agosto 2002, n. 185, sollevata in riferimento agli artt. 3, primo comma, 24, primo comma, 42, secondo comma, e 111, secondo comma, della Costituzione.
(4) La Corte costituzionale, con ordinanza 11-19 gennaio 2005, n. 25 (Gazz. Uff. 26 gennaio 2005, n. 4, 1ª Serie speciale), ha dichiarato la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell'art. 1, comma 2, convertito, con modificazioni, dall'art. 1 della legge 1° agosto 2002, n. 185, sollevata in riferimento all'art. 3 della Costituzione.
(omissis)
Del.CIPE 29 settembre 2002, n. 84/2002
Legge n. 431 del 1998, art. 8 -
Modifica Del.CIPE 14 febbraio 2002, n. 4/2002 su aggiornamento elenco comuni ad
alta tensione abitativa.
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(1) Pubblicata nella Gazz. Uff. 29 novembre 2002, n. 280.
(2) Il presente provvedimento è anche citato, per coordinamento, in nota all'art. 8, L. 9 dicembre 1998, n. 431 e in nota all'art. 13, D.L. 23 gennaio 1982, n. 9.
IL COMITATO INTERMINISTERIALE
PER LA PROGRAMMAZIONE ECONOMICA
Vista la legge 9 dicembre 1998, n. 431, recante «disciplina delle locazioni e del rilascio degli immobili adibiti ad uso abitativo» che, all'art. 8, prevede l'applicazione di agevolazioni fiscali a favore dei proprietari che stipulino contratti di locazione secondo la modalità «concertata» nei comuni di cui all'art. 1 del decreto-legge 30 dicembre 1988, n. 551, convertito, con modificazioni, nella legge 21 febbraio 1989, n. 61, e che rimette a questo Comitato l'aggiornamento biennale del relativo elenco su proposta dell'allora Ministro dei lavori pubblici, formulata d'intesa con i Ministri dell'interno e di grazia e giustizia e avendo riguardo alle risultanze dell'attività dell'osservatorio della condizione abitativa;
Vista la propria Del.CIPE 14 febbraio 2002, n. 4/2002 (Gazzetta Ufficiale n. 199/2002), che stabilisce criteri e procedure per la revisione dell'elenco dei comuni ad alta tensione abitativa, demandando a regioni e province autonome l'individuazione di detti comuni entro una soglia predeterminata di popolazione e con il vincolo di inserire comunque in elenco i comuni capoluogo di provincia, e che rinvia ad una successiva delibera l'approvazione dell'elenco complessivo che sarà elaborato dal Ministero delle infrastrutture sulla base degli elenchi di cui sopra;
Vista la nota n. 707 del 10 settembre 2002, inviata dalla regione Piemonte, coordinatrice delle regioni in materia di edilizia residenziale, che ha segnalato difficoltà interpretative del deliberato, chiedendo in particolare una riformulazione del testo in questione in modo da offrire un'interpretazione univoca che risulti coerente con l'intesa raggiunta il 14 febbraio 2002 in sede di conferenza unificata;
Vista la nota n. 11464 del 18 settembre 2002, con la quale il Ministero delle infrastrutture ha fatto propria la suddetta richiesta;
Preso atto che, in assenza di dati specifici sull'utilizzo dello stanziamento recato dalla legge n. 431 del 1998, i criteri dettati nella richiamata delibera sono intesi ad evitare un incremento della popolazione potenzialmente interessata dalle agevolazioni fiscali, calcolata sulla base delle rilevazioni ISTAT 2000;
Preso atto che l'interpretazione sostenuta nelle note menzionate soddisfa comunque alla suddetta esigenza;
Ritenuto di aderire alle richieste di cui alle note medesime e di far decorrere i termini per la trasmissione degli elenchi da parte delle regioni e province autonome dalla data di pubblicazione della presente delibera, che mira a definire in modo inequivoco la «soglia» di popolazione entro cui procedere all'individuazione dei comuni ad alta tensione abitativa;
Delibera:
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1. (3).
2. Il termine previsto al punto 4, della citata delibera ai fini della trasmissione, da parte delle regioni e province autonome, dell'elenco dei comuni ad alta tensione abitativa decorre dalla data di pubblicazione della presente delibera.
L. 5-6-2003 n. 131
Disposizioni per l'adeguamento
dell'ordinamento della Repubblica alla L.Cost. 18 ottobre 2001, n. 3. (art. 8)
Pubblicata nella Gazz. Uff. 10 giugno 2003, n. 132.
(omissis)
8. Attuazione dell'articolo 120 della Costituzione sul potere sostitutivo.
1. Nei casi e per le finalità previsti dall'articolo 120, secondo comma, della Costituzione, il Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro competente per materia, anche su iniziativa delle Regioni o degli enti locali, assegna all'ente interessato un congruo termine per adottare i provvedimenti dovuti o necessari; decorso inutilmente tale termine, il Consiglio dei ministri, sentito l'organo interessato, su proposta del Ministro competente o del Presidente del Consiglio dei ministri, adotta i provvedimenti necessari, anche normativi, ovvero nomina un apposito commissario. Alla riunione del Consiglio dei ministri partecipa il Presidente della Giunta regionale della Regione interessata al provvedimento.
2. Qualora l'esercizio del potere sostitutivo si renda necessario al fine di porre rimedio alla violazione della normativa comunitaria, gli atti ed i provvedimenti di cui al comma 1 sono adottati su proposta del Presidente del Consiglio dei ministri o del Ministro per le politiche comunitarie e del Ministro competente per materia. L'articolo 11 della legge 9 marzo 1989, n. 86, è abrogato.
3. Fatte salve le competenze delle Regioni a statuto speciale, qualora l'esercizio dei poteri sostitutivi riguardi Comuni, Province o Città metropolitane, la nomina del commissario deve tenere conto dei princìpi di sussidiarietà e di leale collaborazione. Il commissario provvede, sentito il Consiglio delle autonomie locali qualora tale organo sia stato istituito.
4. Nei casi di assoluta urgenza, qualora l'intervento sostitutivo non sia procrastinabile senza mettere in pericolo le finalità tutelate dall'articolo 120 della Costituzione, il Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro competente, anche su iniziativa delle Regioni o degli enti locali, adotta i provvedimenti necessari, che sono immediatamente comunicati alla Conferenza Stato-Regioni o alla Conferenza Stato-Città e autonomie locali, allargata ai rappresentanti delle Comunità montane, che possono chiederne il riesame.
5. I provvedimenti sostitutivi devono essere proporzionati alle finalità perseguite.
6. Il Governo può promuovere la stipula di intese in sede di Conferenza Stato-Regioni o di Conferenza unificata, dirette a favorire l'armonizzazione delle rispettive legislazioni o il raggiungimento di posizioni unitarie o il conseguimento di obiettivi comuni; in tale caso è esclusa l'applicazione dei commi 3 e 4 dell'articolo 3 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281. Nelle materie di cui all'articolo 117, terzo e quarto comma, della Costituzione non possono essere adottati gli atti di indirizzo e di coordinamento di cui all'articolo 8 della legge 15 marzo 1997, n. 59, e all'articolo 4 del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112 (15).
(15) In attuazione di quanto disposto dal presente comma vedi l'Acc. 14 luglio 2005, n. 863/CU. Vedi, anche, il Provv. 16 marzo 2006, n. 2540.
Del.CIPE 13 novembre 2003, n. 87/03
Aggiornamento
dell'elenco dei comuni ad alta tensione abitativa (legge n. 431 del 1998, art. 8). (Deliberazione n. 87/03) (2).
(1) Pubblicata nella Gazz. Uff. 18 febbraio 2004, n. 40.
(2) Il presente provvedimento è anche citato, per coordinamento, in nota al comma 4 dell'art. 8, L. 9 dicembre 1998, n. 431 e in nota al comma 2 dell'art. 13, D.L. 23 gennaio 1982, n. 9.
IL COMITATO INTERMINISTERIALE
PER LA PROGRAMMAZIONE ECONOMICA
Vista la legge 9 dicembre 1998, n. 431, recante «Disciplina delle locazioni e del rilascio degli immobili adibiti ad uso abitativo», che all'art. 8, prevede l'applicazione di agevolazioni fiscali a favore dei proprietari che stipulino o rinnovino contratti di locazione secondo la modalità «concertata» nei Comuni di cui all'art. 1 del decreto-legge 30 dicembre 1988, n. 551, convertito con modificazioni nella legge 21 febbraio 1989, n. 61, e che rimette a questo comitato l'aggiornamento biennale del relativo elenco su proposta dell'allora Ministro dei lavori pubblici, formulata d'intesa con i Ministri dell'interno e di grazia e giustizia e avendo riguardo alle risultanze dell'attività dell'Osservatorio della condizione abitativa;
Viste le proprie Del.CIPE 14 febbraio 2002, n. 4 (Gazzetta Ufficiale n. 199/2002) e Del.CIPE 29 settembre 2002, n. 84 (Gazzetta Ufficiale n. 280/2002), emanate anche sulla base del parere favorevole reso dalla Conferenza unificata nella seduta del 14 febbraio 2002, che stabiliscono criteri e procedure per la revisione dell'elenco dei Comuni ad alta tensione abitativa, demandando alle Regioni e Province autonome l'individuazione - d'intesa con l'ANCI regionale - di detti Comuni entro una soglia predeterminata di popolazione, con il vincolo di inserire comunque in elenco i Comuni capoluogo di provincia e ferma restando la facoltà delle Province autonome di Trento e di Bolzano di procedere a detta individuazione anche in deroga ai criteri stabiliti nelle delibere menzionate;
Considerato che in adempimento alle richiamate delibere, le Regioni e le Province autonome hanno trasmesso al Ministero delle infrastrutture e dei trasporti gli elenchi dei Comuni ad alta tensione abitativa rientranti nell'àmbito di competenza, anche se si sono registrati ritardi nell'invio da parte di alcune Regioni rispetto al termine come da ultimo stabilito nella Del.CIPE n. 84 del 2002;
Considerato che il predetto Ministero con nota 8 ottobre 2003, n. 777, ha trasmesso a questo Comitato, ai fini dell'approvazione, l'elenco complessivo dei Comuni da considerare ad alta tensione abitativa, specificando di aver effettuato in conformità al disposto del punto 6 della Del.CIPE n. 4 del 2002 la verifica della rispondenza degli elenchi trasmessi dalle Regioni e Province autonome ai criteri fissati da questo Comitato stesso nelle citate delibere;
Considerato che, come illustrato dal Ministero di settore, la popolazione compresa nel suddetto elenco è pari a 31.390.224 abitanti e, sebbene superiore al «peso massimo attribuibile» indicato nella Del.CIPE n. 4 del 2002, è comunque inferiore di 147.374 unità rispetto a quella ricadente nei Comuni ad alta tensione abitativa attualmente inclusi nell'elenco;
Ritenuto che la proposta del Ministero di settore risulti nella sostanza rispondente al prefissato obiettivo di non superare, in sede di revisione degli elenchi in argomento, la soglia di popolazione interessata attualmente alle agevolazioni fiscali recate dalla legge n. 431 del 1998, obiettivo che in mancanza di dati conoscitivi provenienti dall'Osservatorio della condizione abitativa sul ricorso all'istituto della contrattazione concordata e dall'Agenzia delle entrate sull'utilizzo dello stanziamento previsto dalla legge n. 431 del 1998 è stata assunta come unico parametro idoneo ad assicurare coerenza con gli stanziamenti stessi;
Preso atto che, in attuazione della Del.CIPE n. 4 del 2002, il Ministero competente ha presentato una prima relazione sullo stato di attuazione della legge n. 431 del 1998 e sulle agevolazioni previste per l'accesso al bene casa, nella quale si evidenzia, tra l'altro, come secondo le risultanze di un'apposita indagine conoscitiva, riferita soprattutto alle Città metropolitane ed ai Comuni capoluogo di Regione le famiglie che vivono in abitazioni in locazione rappresentino circa il 28% del totale e come il ricorso al canale della contrattazione concertata sia marginale (2,2%), ma in crescita, raggiungendo il 5,7% sul totale dei contratti stipulati negli ultimi due anni;
Preso atto che nella predetta relazione, pur sottolineando come i dati sull'utilizzo degli stanziamenti per le relative agevolazioni fiscali siano desumibili solo dalle dichiarazioni dei redditi presentate agli uffici fiscali, il predetto Ministero conclude nel senso che gli stanziamenti stessi (pari a 360 miliardi di lire dal 2004, equivalenti a 186 Meuro circa) sono da ritenere non completamente utilizzati;
Delibera:
1. È approvato l'elenco dei Comuni ad alta tensione abitativa di cui all'allegato a), che forma parte integrante della presente delibera. La tabella riepilogativa, con l'indicazione dei dati complessivi sulla popolazione considerata nelle proposte regionali, è riportata nell'allegato b).
2. Nei Comuni definiti ad alta tensione abitativa, di cui al citato allegato a), gli effetti previsti dalla normativa in materia di locazioni ad uso abitativo dettata dalla legge n. 431 del 1998 decorrono dal 1° gennaio 2004 o dalla data di pubblicazione della presente delibera nella Gazzetta Ufficiale, se successiva.
Impegna:
Il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti:
a presentare - entro il 31 dicembre 2004 - a questo Comitato una relazione aggiornata sullo stato di attuazione delle disposizioni recate dall'art. 8 della legge n. 431 del 1998, nonché sullo stato delle iniziative adottate per favorire l'accesso al bene casa ai meno abbienti, in modo da consentire a questo Comitato una valutazione complessiva dei risultati della politica nel settore abitativo;
ad aggiornare la suddetta relazione entro il 31 dicembre degli anni successivi;
Il Ministro dell'economia e delle finanze:
ad adottare tutte le iniziative affinché vengano posti tempestivamente a disposizione del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, ai fini della redazione della relazione di cui sopra, dati sull'utilizzo degli stanziamenti recati dalla legge n. 431 del 1998 per le agevolazioni a favore dei proprietari che ricorrono alle locazioni a canone concordato nei Comuni ad alta tensione abitativa.
Allegato A
ELENCO COMUNI AD ALTA TENSIONE ABITATIVA
PIEMONTE
Acqui Terme
Alba
Alessandria
Alpignano
Asti
Beinasco
Biella
Borgaro Torinese
Borgosesia
Bra
Casale Monferrato
Chieri
Collegno
Cossato
Cuneo
Domodossola
Druento
Grugliasco
Ivrea
Moncalieri
Nichelino
Novara
Novi Ligure
Orbassano
Pianezza
Pinerolo
Racconigi
Rivalta di Torino
Rivoli
Savigliano
Settimo Torinese
Torino
Tortona
Venaria Reale
Verbania
Vercelli
VALLE D'AOSTA
Aosta
Chatillon
Morgex
Verres
LOMBARDIA
Agrate Brianza
Arese
Bergamo
Bollate
Bovisio-Masciago
Brescia
Bresso
Buccinasco
Busto Arsizio
Busto Garolfo
Canegrate
Carate Brianza
Caronno Pertusella
Cassano d'Adda
Cassina Dè Pecchi
Castellanza
Cernusco sul Naviglio
Cerro Maggiore
Cesano Boscone
Cesano Maderno
Cinisello Balsamo
Cologno Monzese
Como
Concesio
Cormano
Corsico
Cremona
Cusano Milanino
Dalmine
Desio
Fagnano Olona
Garbagnate Milanese
Gardone Val Trompia
Giussano
Gorgonzola
Gussago
Lecco
Legnano
Lentate sul Seveso
Limbiate
Lissone
Lodi
Lumezzane
Malnate
Mantova
Meda
Melzo
Milano
Monza
Muggiò
Nova Milanese
Novate Milanese
Opera
Paderno Dugnano
Parabiago
Pavia
Pero
Peschiera Borromeo
Pieve Emanuele
Pioltello
Porto Mantovano
Rescaldina
Rezzato
Rho
Rozzano
San Donato Milanese
San Giuliano Milanese
Saronno
Segrate
Senago
Seregno
Seriate
Sesto San Giovanni
Settimo Milanese
Seveso
Sondrio
Tone Boldone
Tradate
Trezzano sul Naviglio
Trezzo sull'Adda
Varedo
Varese
Vimercate
Vimodrone
Virgilio
Prov. Aut. TRENTO
Arco
Pergine Valsugana
Riva del Garda
Rovereto
Trento
Prov. Aut. BOLZANO
Appiano sulla Strada del Vino
Bolzano
Lagundo
Laives
Lana
Merano
VENETO
Abano Terme
Arzignano
Bassano del Grappa
Belluno
Bussolengo
Castelfranco Veneto
Chioggia
Conegliano
Iesolo
Legnago
Mira
Mogliano Veneto
Montebelluna
Padova
Paese
Rovigo
San Donà di Piave
San Giovanni Lupatoto
San Martino Buon Albergo
Schio
Selvazzano Dentro
Spinea
Treviso
Valdagno
Venezia
Verona
Vicenza
Villafranca di Verona
Vittorio Veneto
FRIULI VENEZIA GIULIA
Basiliano
Cervignano del Friuli
Duino-Aurisina
Gorizia
Monfalcone
Muggia
Pordenone
Tavagnacco
Trieste
Udine
LIGURIA
Albenga
Arcola
Bordighera
Camporosso
Chiavari
Diano Marina
Genova
Imperia
La Spezia
Ortonovo
Rapallo
Sanremo
Santo Stefano di Magra
Savona
Taggia
Vallecrosia
Ventimiglia
EMILIA ROMAGNA
Anzola dell'Emilia
Bologna
Calderara di Reno
Campogalliano
Carpi
Casalecchio di Reno
Casalgrande
Castel Maggiore
Castelfranco Emilia
Castenaso
Cattolica
Cento
Cesena
Cesenatico
Correggio
Faenza
Ferrara
Fidenza
Fiorenzuola d'Arda
Forlì
Formigine
Granarolo dell'Emilia
Imola
Lugo
Modena
Montecchio Emilia
Parma
Piacenza
Pianoro
Ravenna
Reggio Emilia
Riccione
Rimini
Rubiera
San Lazzaro di Savena
Sasso Marconi
Sassuolo
Scandiano
Zola Predosa
TOSCANA
Agliana
Arezzo
Bagno a Ripoli
Calenzano
Camaiore
Campi Bisenzio
Capannori
Capolona
Carrara
Cascina
Castiglion Fibocchi
Castiglione della Pescaia
Civitella in Val di Chiana
Collesalvetti
Empoli
Firenze
Follonica
Grosseto
Impruneta
Lastra a Signa
Livorno
Lucca
Massa
Massarosa
Montale
Monte San Savino
Montemurlo
Montignoso
Piombino
Pisa
Pistoia
Poggibonsi
Pontedera
Prato
Quarrata
Rosignano Marittimo
San Giuliano Terme
Scandicci
Scarlino
Sesto Fiorentino
Siena
Signa
Subbiano
Viareggio
UMBRIA
Amelia
Città di Castello
Corciano
Foligno
Gubbio
Narni
Orvieto
Perugia
Spoleto
Terni
Todi
Umbertide
MARCHE
Ancona
Ascoli Piceno
Civitanova Marche
Colbordolo
Fabriano
Fano
Fermignano
Grottammare
Macerata
Monte Urano
Montegranaro
Montelabbate
Monteprandone
Pesaro
Porto Sant'Elpidio
Potenza Picena
Recanati
San Benedetto del Tronto
Sant'Angelo in Lizzola
Senigallia
Urbino
LAZIO
Alatri
Albano Laziale
Anagni
Anguillara Sabazia
Anzio
Aprilia
Ardea
Ariccia
Artena
Bracciano
Campagnano di Roma
Cassino
Castel Gandolfo
Ceccano
Cerveteri
Ciampino
Cisterna di Latina
Civita Castellana
Civitavecchia
Colleferro
Colonna
Cori
Fara in Sabina
Ferentino
Fiumicino
Fondi
Formello
Formia
Frascati
Frosinone
Gaeta
Gallicano nel Lazio
Genzano di Roma
Grottaferrata
Guidonia Montecelio
Isola del Liri
Ladispoli
Lariano
Latina
Marcellina
Marino
Mentana
Minturno
Monte Porzio Catone
Monte San Giovanni Campano
Montecompatri
Montefiascone
Monterotondo
Nettuno
Orte
Palestrina
Palombara Sabina
Poli
Pomezia
Pontecorvo
Pontinia
Priverno
Riano
Rieti
Ripi
Rocca di Papa
Rocca Priora
Roma
Sabaudia
Sacrofano
San Cesareo
Santa Marinella
Sezze
Sora
Tarquinia
Terracina
Tivoli
Valmontone
Velletri
Veroli
Vetralla
Viterbo
Zagarolo
ABRUZZO
Avezzano
Chieti
Francavilla al Mare
Lanciano
L'Aquila
Montesilvano
Ortona
Pescara
Spoltore
Sulmona
Teramo
Vasto
MOLISE
Campobasso
Campodipietra
Campomarino
Ferrazzano
Guardialfiera
Isernia
Jelsi
Macchia d'Isernia
Oratino
Ripalimosani
Sant'Agapito
Termoli
CAMPANIA
Acerra
Afragola
Agropoli
Aiello del Sabato
Angri
Apollosa
Ariano Irpino
Arzano
Atripalda
Avellino
Aversa
Bacoli
Baronissi
Battipaglia
Bellizzi
Benevento
Brusciano
Caivano
Campagna
Capaccio
Capriglia Irpina
Capua
Cardito
Casagiove
Casal di Principe
Casalnuovo di Napoli
Casandrino
Casavatore
Caserta
Casoria
Castel Morrone
Castel San Giorgio
Castel Volturno
Castellammare di Stabia
Castelpoto
Castiglione del Genovesi
Cava dè Tirreni
Contrada
Eboli
Fisciano
Foglianise
Forio
Fragneto Monforte
Frattamaggiore
Frattaminore
Giffoni Valle Piana
Giugliano in Campania
Gragnano
Grottolella
Grumo Nevano
Ischia
Lusciano
Maddaloni
Manocalzati
Marano di Napoli
Marcianise
Marigliano
Massa Lubrense
Melito di Napoli
Mercato San Severino
Mercogliano
Mondragone
Monte di Procida
Monteforte Irpino
Montefredane
Montesarchio
Mugnano di Napoli
Napoli
Nocera Inferiore
Nocera Superiore
Nola
Orta di Atella
Ospedaletto d'Alpinolo
Paduli
Pagani
Palma Campania
Pellezzano
Pesco Sannita
Piano di Sorrento
Pietrelcina
Poggiomarino
Pomigliano d'Arco
Pontecagnano Faiano
Pozzuoli
Qualiano
Quarto
Sala Consilina
Salerno
San Cipriano d'Aversa
San Cipriano Picentino
San Felice a Cancello
San Leucio del Sannio
San Mango Piemonte
San Nicola la Strada
San Nicola Manfredi
San Prisco
Santa Maria a Vico
Santa Maria Capua Vetere
Sant'Angelo a Cupolo
Sant'Antimo
Sant'Antonio Abate
Sant'Arpino
Sarno
Saviano
Scafati
Sessa Aurunca
Sorrento
Summonte
Teano
Torrecuso
Trentola-Ducenta
Valle di Maddaloni
Vico Equense
Vietri sul Mare
Villaricca
Volla
PUGLIA
Adelfia
Altamura
Andria
Arnesano
Ascoli Satriano
Bari
Barletta
Bisceglie
Bitonto
Bitritto
Brindisi
Capurso
Carapelle
Carovigno
Castellaneta
Castelluccio dei Sauri
Cavallino
Cellino San Marco
Cerignola
Corato
Crispiano
Faggiano
Foggia
Giovinazzo
Gravina in Puglia
Grottaglie
Latiano
Lecce
Leporano
Lizzanello
Lucera
Manfredonia
Martina Franca
Massafra
Mesagne
Modugno
Mola di Bari
Molfetta
Monopoli
Monteiasi
Montemesola
Monteroni di Lecce
Mottola
Noicattaro
Novoli
Ordona
Orta Nova
Palagiano
Pulsano
Rignano Garganico
San Cesario di Lecce
San Donaci
San Giorgio Jonico
San Giovanni Rotondo
San Marco in Lamis
San Pietro Vernotico
San Severo
San Vito dei Normanni
Squinzano
Stornara
Stornarella
Surbo
Taranto
Tequile
Trani
Trepuzzi
Triggiano
Troia
Valenzano
Vernole
BASILICATA
Avigliano
Lavello
Matera
Melfi
Nova Siri
Pignola
Policoro
Potenza
Rapolla
Tito
Venosa
CALABRIA
Acri
Cassano allo Jonio
Castrovillari
Catanzaro
Corigliano Calabro
Cosenza
Crotone
Gioia Tauro
Lamezia Terme
Montalto Uffugo
Palmi
Reggio Calabria
Rende
Rossano
San Giovanni in Fiore
Vibo Valentia
SICILIA
Aci Castello
Acireale
Acquedolci
Adrano
Agrigento
Alcamo
Altofonte
Augusta
Avola
Bagheria
Barcellona Pozzo di Gotto
Brolo
Caltagirone
Caltanissetta
Camporotondo Etneo
Canicattì
Canicattini Bagni
Capaci
Capo D'Orlando
Carlentini
Castelvetrano
Catania
Enna
Erice
Ficarazzi
Floridia
Gaggi
Gela
Gravina di Catania
Isola delle Femmine
Licata
Malvagna
Marsala
Mazara del Vallo
Melilli
Merì
Messina
Milazzo
Misilmeri
Misterbianco
Modica
Monreale
Montelepre
Motta Camastra
Motta Sant'Anastasia
Noto
Pace del Mela
Paceco
Palazzolo Acreide
Palermo
Paternò
Porto Empedocle
Priolo Gargallo
Ragusa
San Filippo del Mela
San Giovanni La Punta
San Gregorio di Catania
San Pietro Clarenza
Santa Lucia del Mela
Sant'Agata di Militello
Sant'Agata Li Battiati
Scaletta Zanclea
Sciacca
Siracusa
Solarino
Spadafora
Taormina
Torregrotta
Torretta
Trabia
Trapani
Tremestieri Etneo
Valdina
Valverde
Venetico
Viagrande
Villabate
Villafranca Tirrena
Vittoria
SARDEGNA
Alghero
Cagliari
Carbonia
Iglesias
Macomer
Monserrato
Nuoro
Olbia
Oristano
Ozieri
Porto Torres
Quartu Sant'Elena
Sassari
Tempio Pausania
Allegato B
Tabella riepilogativa nazionale
|
A |
B |
C |
|||
REGIONE |
Popolazione residente |
Peso totale attribuibile |
Popolazione considerata nelle |
|||
|
(Dati Istat 2000) |
(Delibere Cipe n. 4/2002 |
proposte regionali |
|||
|
|
e n. 84/2002) |
(Dati Istat 2000) |
|||
|
|
|
|
|||
PIEMONTE |
4.289.731 |
|
2.133.006 |
|
2.120.016 |
|
VALLE D'AOSTA |
120.589 |
|
* 43.412 |
|
43.917 |
|
LOMBARDIA |
9.121.714 |
|
4.017.640 |
|
4.011.729 |
|
Prov. Aut. TRENTO |
477.859 |
|
* 172.029 |
|
185.839 |
|
Prov. Aut. BOLZANO |
465.264 |
|
* 167.495 |
|
172.895 |
|
VENETO |
4.540.853 |
|
* 1.634.707 |
|
1.632.146 |
|
FRIULI V. GIULIA |
1.188.594 |
|
475.544 |
|
475.340 |
|
LIGURIA |
1.621.016 |
|
1.062.713 |
|
1.062.231 |
|
EMILIA-ROMAGNA |
4.008.663 |
|
2.271.646 |
|
2.271.589 |
|
TOSCANA |
3.547.604 |
|
2.091.644 |
|
2.088.306 |
|
UMBRIA |
840.482 |
|
511.668 |
|
525.720 |
|
MARCHE |
1.469.195 |
|
648.089 |
|
636.675 |
|
LAZIO |
5.302.302 |
|
4.532.590 |
|
4.532.082 |
|
ABRUZZO |
1.281.283 |
|
534.994 |
|
534.831 |
|
MOLISE |
327.177 |
|
123.698 |
|
124.212 |
|
CAMPANIA |
5.782.244 |
|
3.690.504 |
|
3.759.534 |
|
PUGLIA |
4.086.608 |
|
2.463.592 |
|
2.432.444 |
|
BASILICATA |
604.807 |
|
* 217.731 |
|
219.887 |
|
CALABRIA |
2.043.288 |
|
747.829 |
|
759.974 |
|
SICILIA |
5.076.700 |
|
3.176.189 |
|
3.151.959 |
|
SARDEGNA |
1.648.044 |
|
648.820 |
|
648.989 |
|
TOTALE |
57.844.017 |
|
31.365.540 |
|
31.390.224 |
|
|
|
|
|
|
|
|
D.L. 27-5-2005 n. 86
Misure urgenti di sostegno nelle aree
metropolitane per i conduttori di immobili in condizioni di particolare disagio
abitativo conseguente a provvedimenti esecutivi di rilascio. (art. 4)
Pubblicato nella Gazz. Uff. 30 maggio 2005, n. 124 e convertito in legge, con modificazioni dall'art. 1, L. 26 luglio 2005, n. 148 (Gazz. Uff. 29 luglio 2005, n. 175), entrata in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione.
(omissis)
4. Rilascio degli immobili.
1. I contratti di locazione stipulati ai sensi dell'articolo 2, comma 2, lettera a), dai conduttori in possesso dei requisiti di cui all'articolo 1, comma 1, con i rispettivi locatori che abbiano richiesto la procedura esecutiva di rilascio, sospesa ai sensi dell'articolo 80, comma 22, della legge 23 dicembre 2000, n. 388, e successivi differimenti e proroghe, non fanno venire meno l'esecutività del titolo di rilascio già in possesso del locatore per lo stesso immobile, che rimane pienamente azionabile al termine del nuovo contratto. In tale caso il conduttore mantiene il punteggio e la eventuale collocazione in graduatoria per l'assegnazione di un alloggio di edilizia residenziale pubblica (10).
2. Con decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, da adottarsi entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto, sono individuati, sulla base delle indicazioni pervenute al Ministero dalle prefetture - uffici territoriali del Governo interessate, tra i comuni di cui all'articolo 1, comma 2, i comuni che abbiano un numero di procedure esecutive di rilascio di immobili, relative a conduttori di cui all'articolo 1, comma 1, superiore a 400 (11).
3. Nei comuni individuati con il decreto di cui al comma 2, effettuata la dichiarazione irrevocabile da parte del conduttore di avvalersi di una delle disposizioni di cui all'articolo 2, comma 2, il termine per l'esecuzione del provvedimento di rilascio, di cui all'articolo 1, comma 1, del decreto-legge 24 giugno 2003, n. 147, convertito, con modificazioni, dalla legge 1° agosto 2003, n. 200, è differito per il tempo strettamente necessario per avvalersi delle predette disposizioni e comunque non oltre il 30 settembre 2005.
4. La dichiarazione irrevocabile di cui al comma 3 è comunicata alla cancelleria del giudice procedente con raccomandata con avviso di ricevimento che è esibita all'ufficiale giudiziario procedente, ovvero con dichiarazione resa allo stesso ufficiale giudiziario che ne redige processo verbale.
5. La cancelleria del giudice procedente, ovvero l'ufficiale giudiziario, danno immediata comunicazione al locatore della dichiarazione irrevocabile e del conseguente differimento degli atti della procedura.
(10) Periodo aggiunto dalla legge di conversione 26 luglio 2005, n. 148.
(11) Comma così modificato dalla legge di conversione 26 luglio 2005, n. 148. In attuazione di quanto disposto dal presente comma vedi il D.M. 28 settembre 2005.
D.L. 17-6-2005 n. 106
Disposizioni urgenti in materia di
entrate. (art. 2)
Pubblicato nella Gazz. Uff. 17 giugno 2005, n. 139 e convertito in legge con modificazioni, dall'art. 1, L. 31 luglio 2005, n. 156 (Gazz. Uff. 9 agosto 2005, n. 184), entrata in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione.
(omissis)
2. Premio di concentrazione.
1. Alle imprese risultanti da processi di concentrazione ovvero di aggregazione rientranti nella definizione comunitaria di microimprese, piccole e medie imprese, di cui alla raccomandazione n. 2003/361/CE della Commissione, del 6 maggio 2003, è attribuito un premio di concentrazione nel rispetto delle seguenti condizioni:
a) il processo di concentrazione o di aggregazione deve essere ultimato, avuto riguardo agli effetti civili, nel periodo compreso tra la data in cui interviene l'approvazione da parte della Commissione europea ai sensi dell'articolo 88, paragrafo 3, del Trattato istitutivo della Comunità europea, e i ventiquattro mesi successivi;
b) le imprese che prendono parte al processo di concentrazione ovvero di aggregazione, comunque operato, devono rientrare nella definizione di microimprese e di piccole imprese di cui alla predetta raccomandazione n. 2003/361/CE (10);
c) tutte le imprese che partecipano al processo di concentrazione o di aggregazione devono aver esercitato attività omogenee nei due periodi d'imposta precedenti alla data in cui è ultimato il predetto processo ed essere residenti in Stati membri dell'Unione europea, ovvero dello Spazio economico europeo.
2. Il premio di concentrazione spetta a condizione che la concentrazione o la aggregazione abbia durata almeno pari a tre anni e consiste in un contributo nella forma del credito di imposta utilizzabile esclusivamente in compensazione ai sensi del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241, a decorrere dal periodo di imposta nel quale interviene l'approvazione da parte della Commissione europea ai sensi dell'articolo 88, paragrafo 3, del Trattato istitutivo della Comunità europea, ed è pari al dieci per cento dell'importo risultante dalla differenza tra:
a) la somma dei valori della produzione netta risultanti dalle dichiarazioni presentate ai fini dell'imposta regionale sulle attività produttive di tutte le imprese che partecipano alla concentrazione o alla aggregazione; e
b) il maggiore dei valori della produzione netta dichiarati ai fini dell'imposta regionale sulle attività produttive da ciascuna delle imprese che partecipano alla concentrazione o alla aggregazione.
3. Ai fini del comma 2, si fa riferimento al valore della produzione netta risultante dalle dichiarazioni presentate relativamente al secondo periodo d'imposta precedente a quello in cui la concentrazione o l'aggregazione è ultimata. Per le imprese residenti in Stati membri dell'Unione europea, si fa riferimento al valore della produzione netta, determinato sulla base delle disposizioni del decreto legislativo 15 dicembre 1997, n. 446.
4. Per fruire del contributo, l'impresa concentrataria inoltra un'apposita istanza in via telematica al Centro operativo di Pescara dell'Agenzia delle entrate, che ne rilascia, in via telematica e con procedura automatizzata, certificazione della data di avvenuta presentazione. L'Agenzia delle entrate esamina le istanze secondo l'ordine cronologico di presentazione, fino ad esaurimento dei fondi stanziati, pari a 120 milioni di euro per l'anno 2005, 242 milioni di euro per l'anno 2006 e 122 milioni di euro per l'anno 2007, e comunica, in via telematica, entro trenta giorni dalla presentazione dell'istanza, il diniego del contributo per carenza dei presupposti desumibili dall'istanza, ovvero per l'esaurimento dei fondi stanziati.
5. Con provvedimento del Direttore dell'Agenzia delle entrate, di concerto con il Ministero delle attività produttive, è approvato entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto il modello da utilizzare per la redazione dell'istanza e sono stabiliti i dati in esso contenuti, nonché i termini di presentazione delle istanze medesime. Dell'avvenuto esaurimento dei fondi stanziati è data notizia con successivo provvedimento del Direttore della medesima Agenzia (11).
6. Si applicano le disposizioni di cui ai commi 2, 5, 6 e 7 dell'articolo 9 del decreto-legge 14 marzo 2005, n. 35, convertito, con modificazioni, dalla legge 14 maggio 2005, n. 80.
7. Gli stanziamenti di parte corrente autorizzati dalla tabella C della legge 30 dicembre 2004, n. 311, sono ridotti, a decorrere dall'anno 2005, per gli importi indicati dall'allegato 1.
8. All'onere recato dal comma 4, pari a 120 milioni di euro per l'anno 2005, 242 milioni di euro per l'anno 2006 e 122 milioni di euro per l'anno 2007, si provvede mediante riduzione delle autorizzazioni di spesa di cui al comma 7.
9. Il Ministro dell'economia e delle finanze è autorizzato ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio.
(10) Lettera così sostituita dalla legge di conversione 31 luglio 2005, n. 156.
(11) Comma così modificato dalla legge di conversione 31 luglio 2005, n. 156.
D.L. 1-2-2006 n. 23
Misure urgenti per i conduttori di
immobili in condizioni di particolare disagio abitativo, conseguente a
provvedimenti esecutivi di rilascio in determinati comuni.(art.2)
Pubblicato nella Gazz. Uff. 2 febbraio 2006, n. 27.
(omissis)
2. Benefici fiscali.
1. Per i proprietari degli immobili locati ai conduttori individuati nell'articolo 1, il relativo reddito dei fabbricati di cui agli articoli 37 e 90 del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, e successive modificazioni, riferito all'anno 2006, non concorre alla formazione del reddito imponibile, ai soli fini delle imposte sul reddito delle persone fisiche e delle società, per tutta la durata del periodo di sospensione legale dell'esecuzione ai sensi dell'articolo 1.
2. Tutti i comuni, nel rispetto dell'equilibrio di bilancio, possono prevedere, per i proprietari degli immobili locati a soggetti aventi i requisiti di cui all'articolo 1, nonché per i proprietari che sospendono volontariamente per l'anno 2006 le procedure esecutive di rilascio degli immobili locati a conduttori che abbiano nel proprio nucleo familiare almeno un figlio di età inferiore ai tre anni o almeno due figli minorenni fiscalmente a carico, ovvero che nell'àmbito del proprio nucleo familiare abbiano sostenuto spese mediche documentate superiori al dieci per cento del reddito annuo netto complessivo o abbiano componenti del nucleo familiare affetti da malattie invalidanti o che non ne consentono il trasferimento, purché non dispongano di altra abitazione, né di redditi sufficienti ad accedere alla locazione di un nuovo immobile, esenzioni o riduzioni dell'imposta comunale sugli immobili, nonché dell'addizionale comunale, per l'anno fiscale 2006.
3. All'articolo 1, comma 3, del decreto-legge 27 maggio 2005, n. 86, convertito, con modificazioni, dalla legge 26 luglio 2005, n. 148, dopo le parole: «ai soggetti in possesso dei requisiti di cui al comma 1,» sono inserite le seguenti: «nonché ai conduttori che abbiano nel proprio nucleo familiare almeno un figlio di età inferiore ai tre anni o almeno due figli minorenni fiscalmente a carico, ovvero che nell'àmbito del proprio nucleo familiare abbiano sostenuto spese mediche documentate superiori al dieci per cento del reddito annuo netto complessivo o abbiano componenti del nucleo familiare affetti da malattie invalidanti o che non ne consentono il trasferimento, purché non dispongano di altra abitazione, né di redditi sufficienti ad accedere alla locazione di un nuovo immobile».
------------------------
(3) Sostituisce il punto 3, Del.CIPE 14 febbraio 2002, n. 4/2002.
L. 4 agosto1955 n. 848
Ratifica ed esecuzione della
Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà
fondamentali firmata a Roma il 4 novembre 1950 e del Protocollo addizionale
alla Convenzione stessa, firmato a Parigi il 20 marzo 1952.(artt. 6 e
41 conv. e 6 Prot.)
Pubblicata nella Gazz. Uff. 24 settembre 1955, n. 221.
(omissis)
Convenzione
(omissis)
Articolo 6 – Diritto ad un processo equo
1. Ogni persona ha diritto ad un’equa e pubblica udienza entro un termine ragionevole, davanti a un tribunale indipendente e imparziale costituito per legge, al fine della determinazione sia dei suoi diritti e dei suoi doveri di carattere civile, sia della fondatezza di ogni accusa penale che gli venga rivolta. La sentenza deve essere resa pubblicamente, ma l’accesso alla sala d’udienza può essere vietato alla stampa e al pubblico durante tutto o una parte del processo nell’interesse della morale, dell’ordine pubblico o della sicurezza nazionale in una società democratica, quando lo esigono gli interessi dei minori o la tutela della vita privata delle parti nel processo, nella misura giudicata strettamente necessaria dal tribunale quando, in speciali circostanze, la pubblicità potrebbe pregiudicare gli interessi della giustizia.
2. Ogni persona accusata di un reato è presunta innocente sino a quando la sua colpevolezza non sia stata legalmente accertata.
3. Ogni accusato ha segnatamente diritto a:
a. essere informato, nel più breve tempo possibile, in una lingua a lui comprensibile e in un modo dettagliato, della natura e dei motivi dell’accusa elevata a suo carico;
b. disporre del tempo e delle facilitazioni necessarie per preparare la sua difesa;
c. difendersi da sé o avere l’assistenza di un difensore di propria scelta e, se non ha i mezzi per ricompensare un difensore, poter essere assistito gratuitamente da un avvocato d’ufficio quando lo esigano gli interessi della giustizia;
d. interrogare o far interrogare i testimoni a carico ed ottenere la convocazione e l’interrogazione dei testimoni a discarico nelle stesse condizioni dei testimoni a carico;
e. farsi assistere gratuitamente da un interprete se non comprende o non parla la lingua impiegata nell’udienza.
(omissis)
Articolo 41 – Equa soddisfazione
Se la Corte dichiara che vi è stata una violazione della Convenzione o dei suoi Protocolli e se il diritto interno dell’Alta Parte contraente interessata non permette che una parziale riparazione della violazione, la Corte, se necessario, accorda alla parte lesa un’equa soddisfazione.
(omissis)
Protocollo
(omissis)
Articolo 1 – Protezione della proprietà
Ogni persona fisica o giuridica ha diritto al rispetto dei suoi beni. Nessuno può essere privato della sua proprietà se non per causa di pubblica utilità e nelle condizioni previste dalla legge e dai principi generali del diritto internazionale.
Le disposizioni precedenti non portano pregiudizio al diritto degli Stati di porre in vigore le leggi da essi ritenute necessarie per disciplinare l’uso dei beni in modo conforme all’interesse generale o per assicurare il pagamento delle imposte o di altri contributi o delle ammende.
(omissis)
Consiglio d’Europa
Assemblea Parlamentare
Doc. 11020
18 settembre 2006
Attuazione delle sentenze della Corte europea per i diritti umani
Relazione della Commissione sugli Affari giuridici e sui Diritti umani
Relatore Erik Jurgens, Paesi Bassi, Gruppo socialista
v. Italia
a. Situazione generale: seri problemi di non ottemperanza
30. Nel novembre 2004, l’Assemblea ha adottato la Raccomandazione 1684 (2004) e la Risoluzione 1411 (2004) incentrate sui problemi di attuazione, e ha richiesto all’Italia e al Comitato dei Ministri di intraprendere un’azione adeguata per garantire una rapida ottemperanza alle sentenze della Corte.
31. A quanto pare, il problema della non-ottemperanza da parte dell’Italia alle sentenze della Corte resta preoccupante, in merito sia al numero dei casi da tempo pendenti davanti al Comitato dei Ministri (i casi italiani costituiscono oltre la metà del totale) sia al numero e all’entità dei problemi strutturali che restano ancora da risolvere per conformarsi alle sentenze (circa il 12% dei problemi strutturali riguardano l’Italia).
32. Il Comitato dei Ministri ha adottato una serie di Risoluzioni interinali, chiedendo reiteratamente all’Italia di conformarsi alle sentenze e suggerendo misure specifiche. Nonostante questi sforzi, però, i progressi effettivi e validi da parte dell’Italia permangono insufficienti.
33. In questa relazione figura una serie di questioni e casi problematici all’uopo selezionati (vedi AS/Jur(2005)32)3. È incoraggiante rilevare che alcuni di questi hanno trovato nel frattempo soluzione (p.es. la causa Grande Oriente contro Italia, che ha visto la regione Marche emendare la propria legislazione, contestata dalla Corte perché restrittiva della libertà di associazione). Si registrano inoltre progressi in altri settori, come illustrato dalla recenti informazioni rese pubbliche dal Comitato dei Ministri (vedi appendice III, Parte V). Tuttavia, destano ancora molta preoccupazione i seguenti problemi:
· Carenze strutturali a livello del sistema giudiziario comportano un eccessivo prolungarsi dei procedimenti, con particolare riferimento alle cause civili, (Risoluzione interinale DH (2005)114 del CM), e, conseguentemente, una scarsa protezione di un’ampia gamma di diritti sostanziali; dette carenze sono all’origine di una serie di reiterate violazioni della Convenzione europea dei diritti dell'uomo (CEDU) e rappresentano un grave pericolo per lo stato di diritto e il buon governo in Italia;
· La legge italiana non permette ancora la riapertura dei procedimenti penali nazionali impugnati dalla Corte; quindi, a tutt’oggi l’Italia non ha adempiuto ai propri obblighi in relazione al caso Dorigo, e, a più di sei anni di distanza dalla contestazione della violazione, il ricorrente sopporta ancora le gravi conseguenze derivanti da un processo penale iniquo;
· Un altro problema frequente è rappresentato dalla pratica dell’“espropriazione indiretta” indebitamente operata dalle autorità locali pregiudicando, ai sensi della CEDU, i diritti di proprietà dei ricorrenti.
b. Misure recenti per migliorare la capacità dell’Italia di attuare le sentenze della Corte
34.Al fine di rispondere alle preoccupazioni dell’Assemblea, nel gennaio 2006, il Parlamento italiano ha adottato un testo di legge presentato dall’allora Presidente della delegazione italiana presso l’Assemblea, Claudio Azzolini. Questa legge fornisce la base giuridica per una procedura speciale di supervisione dell’attuazione delle sentenze da parte del Governo e del Parlamento. Inoltre i Presidenti di Camera e Senato hanno emesso una serie di circolari insistendo sull’importanza della sistematica verifica di compatibilità con la Convenzione europea delle proposte di legge, in modo da prevenire e scongiurare in maniera più efficace il prodursi di violazioni.
35.Oltre a quanto detto, sembrerebbe che il neo-eletto Parlamento abbia recentemente ricevuto un progetto di legge sulla riapertura dei processi impugnati dalla Corte; il relatore, però, ha avuto in merito notizie contrastanti. Parallelamente, si evidenzia che la magistratura italiana starebbe elaborando una giurisprudenza contraria alla esecuzione delle sanzioni comminate in violazione della CEDU. In attesa dell’entrata in vigore della riforma legislativa, bisogna sostenere fortemente questi sviluppi.
c. Visita in Italia del relatore
36. Nel corso della sua visita del 5-7 luglio 2006, il relatore ha avuto modo di apprezzare il nuovo atteggiamento costruttivo delle autorità italiane, nonché del Presidente della delegazione presso l’Assemblea parlamentare del Consiglio d’Europa, e la loro consapevolezza dell’urgente necessità che l’Italia migliori la sua prassi di attuazione delle sentenze della Corte. Il relatore ha inoltre osservato l’approccio positivo dimostrato dal capo del servizio Affari legislativi e giuridici della Presidenza del Consiglio, dei funzionari del ministero di Grazia e Giustizia e dei membri del Consiglio Superiore della Magistratura.
37.Il relatore ha preso atto con interesse del fatto che il nuovo governo abbia già organizzato la prima riunione di un gruppo di monitoraggio e coordinamento incaricato di assicurare la corretta attuazione della legge Azzolini e incoraggi vivamente l’attuazione di questa legge che può rivestire un ruolo decisivo nella soluzione dei gravissimi problemi strutturali che affliggono l’Italia.
38.Il relatore incoraggia il ministro di Grazia e Giustizia a portare a termine la propria azione tesa a migliorare la legge Pinto e a consentire la riapertura dei procedimenti giudiziari a fronte di una contestazione da parte della Corte di Strasburgo.
39.In termini più generali, è risultato incoraggiante apprendere, da svariate fonti dell’apparato dello Stato, che la soluzione del problema dell’eccessiva durata dei processi è finalmente considerata una questione di assoluta priorità. Sarebbe importante avviare un’analisi approfondita delle cause che stanno alla base di questo allarmante fenomeno in Italia, con particolare riferimento alle posizioni degli attori principali (giudici, avvocati, cittadini). Da questo punto di vista, il relatore ha riscontrato nel Consiglio Superiore della Magistratura la piena consapevolezza della necessità di migliorare le capacità manageriali e amministrative di giudici e procuratori, in modo da cambiarne la cultura professionale e la percezione delle rispettive responsabilità.
40.Il relatore sottolinea che la complessità dei problemi di fondo è tale da richiedere sforzi ulteriori e concertati da parte di tutti gli attori dell’ordinamento giudiziario. In questo senso restano ancora da stabilire delle strategie riformatrici rigorose. Il relatore fa affidamento su una forte partecipazione del Parlamento a questo processo.
PARTE V: Visita in Italia del relatore
1) Programma della visita
Mercoledì 5 luglio 2006
15:00 Incontro con Filippo Patroni Griffi, capo del servizio Affari legislativi e giuridici della Presidenza del Consiglio dei Ministri.
Giovedì 6 luglio 2006
9:00 Incontro con il Comitato esecutivo del Consiglio Superiore della Magistratura
10:30 Incontro con il Presidente del Consiglio di Stato
12:12:00 Incontro con i membri della delegazione italiana presso l’Assemblea parlamentare del Consiglio d’Europa, e pranzo di lavoro offerto da Claudio Azzolini, Presidente della delegazione
15:00 Incontro con il Presidente e il Vicepresidente delle Commissioni Affari costituzionali, Giustizia, Affari esteri e Ambiente della Camera dei Deputati; e delle Commissioni Affari costituzionali, Giustizia, Affari esteri e Ambiente del Senato della Repubblica. Presente anche Carla Ciuffetti dell’“Osservatorio permanente” del Parlamento italiano
Venerdì 7 luglio 2006
11:00 Incontro con i rappresentanti del dipartimento degli Affari giuridici del ministero di Grazia e Giustizia
2) Stato di attuazione di alcune sentenze della Corte16
2183 casi relativi alla eccessiva durata dei procedimenti giudiziari
(per ulteriori dettagli vedi: CM/Inf/DH(2005)31 e appendici 1 e 2, CM/Inf/DH(2005)33, CM/Inf/DH(2005)39, Risoluzioni interinali DH(97)336, DH(99)436, DH(99)437 e ResDH(2000)135).
Nelle numerosissime sentenze emesse contro Italia, la Corte europea ha accertato violazioni all’articolo 6§1 della CEDU, in materia di eccessiva durata dei processi: si tratta sostanzialmente di 2183 casi, così distribuiti: 1517 cause civili, 364 cause del lavoro, 7 giudizi di delibazione, una causa civile con esigenze di diligenza eccezionale, 122 cause penali e 118 cause amministrative. Il Comitato dei Ministri ha inoltre esaminato all’incirca altre 180 cause conclusesi con una transazione amichevole. I dettagli di queste e di altre cause si trovano nel documento AS/Jur (2005) 55 rev, pagg. 8-11.
Misure a carattere individuale:
Sono ancora pendenti i processi relativi a 707 casi, di cui: 531 cause civili, 109 cause di lavoro, 1 giudizio di delibazione, 23 cause penali e 43 cause amministrative. Le autorità italiane hanno dichiarato che le contestazioni di violazione dovuta a eccessiva durata dei processi sono state portate all’attenzione dei tribunali interessati allo scopo di accelerare l’andamento dei procedimenti stessi. L’ultimo elenco di casi rilevati è stato trasmesso alle autorità italiane il 27 maggio 2005, e siamo in attesa di ricevere notizie sull’andamento di quei processi.
Misure di carattere generale:
1) Condizioni poste delle sentenze - Risoluzione interinale ResDH(2000)135
Le speciali procedure di controllo attivate ai sensi della Risoluzione interinale ResDH(2000)135 prevedono che il Comitato dei Ministri valuti i progressi compiuti sulla base di relazioni annuali trasmesse dalle autorità italiane in cui si illustrano le misure adottate o previste: 1) per migliorare l’efficienza del sistema giudiziario; 2) per risolvere le cause in corso da troppo tempo; e 3) per indennizzare le vittime di eccessive lungaggini processuali.
2) Le relazioni annuali delle autorità italiane
Il Comitato ha esaminato le relazioni annuali per il 2001 (CM/Inf(2001)37), e per il 2002 (CM/Inf(2002)47. A seguito dell’esame della relazione 2003 (CM/Inf(2003)20), il Comitato, rilevando una carenza di risultati soddisfacenti (vedi Comunicato stampa n. 466 (2004), e l documento CM/Inf/DH(2004)23rev.), ha deciso di riprendere la valutazione dei vari casi al più tardi entro aprile 2005 sulla base della relazione annuale 2004 e di un piano d’azione supplementare volto a garantire il raggiungimento degli obiettivi d’attuazione previsti.
L’esame della relazione per il 2004 (CM/Inf/DH(2005)31 e Appendice), programmato per aprile 2005, in attesa di avere a disposizione le prime informazioni, è stato rinviato alla data della 928ª seduta (giugno 2005 – vedi Comunicato stampa n, 190 (2005)) dell’8/04/2005) , ed è proseguito nella 933ª seduta (luglio 2005) quando è stato presentato il piano d’azione (CM/Inf/DH(2005)39).
In quell’occasione, i delegati hanno: (i) invitato le autorità italiane a presentare anche un piano di azione per la giustizia amministrativa; (ii) hanno preso atto delle difficoltà, causate da alcune incongruenze nei dati statistici presentati, a pervenire a una corretta valutazione dei progressi compiuti e (iii) hanno incoraggiato le autorità italiane, in cooperazione con il Consiglio d'Europa, a sviluppare validi strumenti di controllo per valutare l’efficienza della giustizia in modo da poter individuare i settori responsabili dei problemi strutturali e le misure da adottare per risolverli.
3) Valutazione delle misure adottate
Nella relazione annuale 2004 e nel piano di azione (CM/Inf/DH(2005)31, e Appendici 1 e 2, CM/Inf/DH(2005)39) sono illustrate le misure seguenti:
a. Misure di carattere generale in materia di giustizia civile e penale
- un notevole impegno finanziario (p.es. 11.439.245euro quale indennizzo riconosciuto, ai sensi della legge Pinto, alle vittime di processi eccessivamente lunghi);
- riforma dell’ordinamento giudiziario allo scopo di migliorare la professionalità dei magistrati: tramite procedure di selezione più rigide, avanzamenti di carriera basati sul merito, l’istituzione di una scuola indipendente per la formazione dei magistrati e la copertura delle posizioni direttive con incarichi a tempo determinato;
- aumento di 158 unità del personale della Corte d’appello;
- miglioramento della gestione dei mandati di comparizione (accordo tra il ministero di Grazia e Giustizia e i servizi postali);
- promozione di buone prassi giudiziarie.
b. Misure per la giustizia civile
Con l’adozione della legge sulla libera concorrenza (Legge 14 maggio 2005, n.80), il Parlamento italiano ha operato vari interventi sul sistema giudiziario (con misure a effetto immediato o conferendo delega al governo per l’introduzione di una riforma generale entro il novembre 2005), in particolare ha:
- riformato i meccanismi di arbitrato per incoraggiare il ricorso a questa forma di soluzione delle controversie;
- modificato il codice di procedura civile in materia di udienze e di adduzione delle prove;
- modificato le procedure d’esecuzione, di modo che i magistrati, durante i processi, possano avvalersi dell’assistenza di professionisti;
- incrementato l’impiego della tecnologia dell’informazione nell’ambito delle comunicazioni giudiziarie;
- riformato le procedure fallimentari;
- riformato le procedure presso alla Corte di Cassazione.
c. Misure per la giustizia penale
Sono state istituite due commissioni incaricate di predisporre la riforma del Codice penale e del Codice di procedura penale. Le autorità italiane prevedono un medio o lungo termine per poter valutare i benefici apportati da queste misure.
d. Misure per la giustizia amministrativa
Le autorità italiane non hanno presentato nessun piano di azione in questo settore. Tuttavia, hanno evidenziato che:
(i) entro la metà del 2006, sarà istallato un nuovo sistema informatico;
(ii) è in corso il reclutamento di 32 coadiutori giudiziari;
(iii) si sta valutando un programma che consenta l’impiego di giovani che prestano il servizio civile in mansioni atte a ridurre l’arretrato.
Le misure annunciate nelle precedenti relazioni annuali sono state portate a termine: in particolare, il personale giudiziario è stato rafforzato con 77 nuovi magistrati e 39 amministrativi, e prima dell’abolizione del servizio militare obbligatorio intervenuta il 1° gennaio 2005, gli obiettori di coscienza erano assegnati ai tribunali amministrativi quali rinforzi temporanei. La rete informatica dei tribunali amministrativi è stata consolidata ed è stato realizzato un sito internet che contiene oltre 400.000 documenti a disposizione del pubblico.
La situazione attuale In base ai dati statistici: permangono problemi di valutazione a causa delle incongruenze rilevate dai Delegati (vedi le raccomandazioni formulate nel corso della 993ª seduta del luglio 2005) e sono necessari chiarimenti in merito a come calcolare la durata media dei processi in modo affidabile e costante. Nondimeno, è possibile esprimere qualche valutazione sulla base delle informazioni fornite dalle autorità italiane, con particolare riferimento al livello degli arretrati:
- Nella settore della giustizia civile, tra l’inizio del 2001 e la fine del 2004, l’arretrato complessivo presso i tribunali di prima istanza si è ridotto all’in circa del 18%, grazie principalmente al sistema delle sezioni stralcio, cioè il ricorso eccezionale a magistrati specifici incaricati di smaltire i casi più datati. Questa riduzione, però, non ha investito anche i processi “ordinari”, il cui arretrato è migliorato appena di quasi l’1%. Nello stesso periodo, l’arretrato presso i giudici di pace, che trattano il 21% di tutti i procedimenti di prima istanza, è di fatto aumentato del 64%. Ancora più allarmante è l’arretrato accumulatosi presso le corti d’appello, che è cresciuto del 122%, mentre presso la Corte di cassazione si è attestato al 33%.
- Nel settore della giustizia penale, l’arretrato è aumentato del 16% per la fase istruttoria, del 60% presso le preture, del 24% presso le corti d’appello e del 4% in Cassazione.
- Nel settore della giustizia amministrativa, non abbiamo ricevuto dati sulla durata media dei procedimenti. Le autorità italiane hanno sottolineato che nel 40% dei casi le misure temporanee, adottate nell’arco di 35-40 giorni, hanno reso possibile limitare i danni derivanti dalla durata eccessiva. La Legge n.205 del 2000 ha contribuito a velocizzare i procedimenti e ha attribuito al ricorrente il diritto di chiedere la priorità della trattazione del proprio caso. L’arretrato rimane consistente anche se, nel caso dei tribunali amministrativi di prima istanza, se ne può apprezzare una graduale riduzione: dai 850.567 processi del 2002 ai 777.285 del 2004.
Valutazione Le misure adottate, per quanto numerose e diverse, non hanno fino a oggi prodotto miglioramenti significativi nell’efficienza della giustizia penale e civile italiana. Nonostante investimenti notevoli, l’attuazione delle riforme strutturali annunciate è stata solo parziale e lenta: per esempio, il programma per il reclutamento di nuovi giudici non è stato portato a termine e le Sezioni stralcio, che avrebbero dovuto smaltire l’arretrato delle cause civili entro la fine del 2004, non hanno svolto il proprio lavoro nei tempi previsti. La legge Pinto, entrata in vigore nel 2001, ha introdotto la possibilità di richiesta di indennizzo in caso di processi eccessivamente lunghi e, nel gennaio 2004, la Corte di cassazione ha allineato determinati criteri di ammissibilità a quelli della Corte di Strasburgo. La legge, però, non ha avuto ricadute sulla velocizzazione delle cause ancora pendenti e in corso da troppo tempo. Infine, nella quarta relazione annuale compaiono citate incidentalmente alcune cause strutturali, e cioè: l’obbligatorietà dell’azione penale; la mancanza di strumenti adeguati per filtrare l’accesso alla giustizia civile ovvero di meccanismi atti a prevenire o sanzionare efficacemente le tattiche dilatorie; l’onere dell’arretrato già accumulato e il fallimento delle procedure di conciliazione extragiudiziale.
Il 30 novembre 2005, i, Comitato dei Ministri ha adottato una nuova Risoluzione interinale ResDH(2005)114, in cui richiama il fatto che: “da quasi vent’anni il Comitato esamina i notevoli problemi strutturali alla base delle [moltissime] violazioni allo scopo di verificare che il sistema giudiziario italiano si conformi alle disposizioni della Convenzione […]Negli anni Novanta, gli sforzi già compiuti dalle autorità italiane per risolvere questi problemi avevano indotto il Comitato a ritenere conclusa l’azione di controllo in base al presupposto che le misure complessive adottate avrebbero portato a risultati soddisfacenti (in materia di cause civili, si veda per esempio la Risoluzione DH(95)82 relativa al caso Zanghi)”. Più avanti, osserva che: “non essendo stato risolto il problema dell’eccessiva durata dei procedimenti giudiziari in Italia, è stato necessario riavviare l’azione di controllo sul problema delle misure generali e individuali necessarie per sanare le violazioni riscontrate e prevenirne la reiterazione […] [e ha] FA[TTO] APPELLO alle autorità competenti affinché attuino una politica nazionale efficace e coordinata ai massimi livelli governativi, al fine di conseguire una soluzione generale del problema e presentare entro, al più tardi, la fine del 2006 un nuovo piano di azione, sulla scorta dei risultati già raggiunti, comprensivo di un approccio efficace per la sua attuazione” (Il testo integrale è reperibile sul sito internet del Comitato dei Ministri).
Il relatore oggi sollecita quindi decisamente gli organi sia esecutivi sia parlamentari direttamente coinvolti nell’applicazione della legge Azzolini (Legge 9 gennaio 2006, n.12) a fare in modo, come in effetti gli fu promesso durante la sua visita a Roma il 5-7 luglio 2006, che la questione dell’ “eccessiva durata dei procedimenti giudiziari” sia affrontata con priorità e al massimo livello politico.
Dorigo Paolo, sentenza del 28/01/1999
Risoluzioni interinali DH(99)258 del 15/04/99 (contestazione di violazione), ResDH(2002)30, ResDH(2004)13 e ResDH(2005)85 (adozione di misure individuali), CM/Inf/DH(2005)13.
Il caso riguarda la non equità di un procedimento penale conclusosi nel 1994 con la condanna del ricorrente a oltre tredici anni di prigione per il suo presunto coinvolgimento in un attentato terroristico a una base militare della NATO nel 1993. La condanna si fondava esclusivamente sulle dichiarazioni rese prima del processo da tre coimputati ‘pentiti’, senza che il ricorrente avesse potuto prendere o far prendere visione di queste dichiarazioni, in conformità con le disposizioni di legge vigenti all’epoca dei fatti (violazione dell’articolo 6§1 e articolo 6§3d della CEDU).
Misure a carattere individuale e generale:
1) La situazione del ricorrente: il ricorrente ha proposto ricorso alla Corte di appello di Bologna per il riesame della sua condanna. Il 13 marzo 2006, questa corte ha sollevato la questione di legittimità costituzionale della legislazione nazionale in quanto non permette la riapertura di un processo sulla base di una contestazione di violazione emessa dalla Corte europea. In attesa di una decisione della Corte costituzionale, la condanna di Dorigo è stata sospesa e il ricorrente è stato liberato.
2) Misure richieste da tempo: E’ dal 1999 che il Comitato dei Ministri insiste in merito all’obbligo dell’Italia di adottare misure individuali. Il Comitato ha in particolare tenuto conto delle gravi conseguenze negative per il ricorrente provocate dalla violazione contestata, conseguenze che non possono essere compensate dal pagamento di un equo indennizzo che copra i danni subiti fino al 1999. Inoltre, l’accertata violazione dei diritti di difesa getta seri dubbi sulla fondatezza della condanna del ricorrente.
3) Iniziative del Comitato dei Ministri e dell’Assemblea Parlamentare
● Il Comitato dei Ministri ha adottato numerose Risoluzioni interinali (ResDH(2002)30 del 19 febbraio 2002, ResDH(2004)13 del 10 febbraio 2004, e ResDH(2005)85 del 12 ottobre 2005). Il Comitato a richiamato decisamente l’obbligo per tutte le autorità interessate di garantire l’adozione di misure appropriate a favore del ricorrente e ha sollecitato una legge che preveda la riapertura del caso.
● Il Presidente, il 18 gennaio 2005, ha scritto al Ministro degli Esteri italiano chiedendo la pronta adozione di misure concrete a favore del ricorrente.
● L’Assemblea Parlamentare, per parte sua, ha sollecitato l’Italia a sanare le conseguenze della violazione: vedi la Raccomandazione 1684 (2004), e la Risoluzione 1411 (2004) del 23 novembre 2004 e le interrogazioni orali n.14 di Jurgens (autore della presente relazione) del 5 ottobre 2004, n.15 di Bemelmans-Videc del 26 gennaio 2005, e n.13 di Lloyd del 22 giugno 2005.
4) Soluzioni prospettate dal Comitato dei Ministri
Il Comitato dei Ministri ha preso in considerazione le seguenti soluzioni:
a) Il ricorso alla grazia del Presidente della Repubblica: è stato suggerito nella seduta del Comitato del luglio 2004. La delegazione italiana, però, ha successivamente chiarito che le possibilità per il ricorrente di ottenere la grazia in tempi rapidi erano piuttosto esigue. Di conseguenza, questa ipotesi è apparsa poco utile, quand’anche combinata con misure complementari adatte, e, quindi, i Delegati hanno deciso di non prenderla in considerazione.
b) La riapertura del processo non equo: L’ordinamento giuridico italiano non consente ancora la riapertura dei processi per conformarsi alle sentenze della Corte. Le Risoluzioni interinali: ResDH(2002)30 del 19 febbraio 2002, ResDH(2004)13 del 10 febbraio 2004, e ResDH(2005)85 del 12 ottobre 2005 tutte sottolineano che, in questo caso, la riapertura del procedimento contestato resta lo strumento più efficace per ottenere la restitutio in integrum.
c) Più recentemente,le autorità giudiziarie hanno tentato di riaprire i procedimenti penali in questione per conformarsi alle disposizioni della Convenzione: la Corte d’appello di Bologna (vedi sopra), e la Corte d’assise di Udine hanno sollevato la questione di legittimità costituzionale. Siamo in attesa di ricevere notizie sull’andamento di questi processi.
5) Ultime decisioni del Comitato e azioni future: I Delegati hanno preso atto del fatto che i recenti tentativi delle autorità giudiziarie di riaprire i procedimenti penali in questione non avevano ancora prodotto i risultati sperati e hanno espresso l’augurio che tutti questi sforzi possono portare a una situazione conforme alle disposizioni della Convenzione. In particolare, nella 960ª seduta (marzo 2006) hanno esortato le autorità italiane a trovare gli strumenti, giudiziari o legislativi, al fine di sanare le conseguenze della violazione subite dal ricorrente e di evitare il riproporsi, in futuro, di problemi simili .
6) Altre misure di carattere generale: A parte i persistenti problemi derivanti dalla mancanza di una legislazione adatta che preveda la riapertura dei processi (vedi sopra), i problemi sollevati da questo caso sembrano aver trovato soluzione. Nel 1999, 2000 e 2001 sono stati introdotti vari emendamenti costituzionali e legislativi per garantire il rispetto del principio del contraddittorio e impedire così il riproporsi di nuove violazioni al diritto al giusto processo penale sul genere di quella accertata in questo caso. Per ulteriori dettagli vedi la Risoluzione ResDH(2005)28, adottata nel caso Craxi contro Italia n. 2).
F.C.B. sentenza del 28/08/91
Risoluzione DH (93)6, e Risoluzione interinale ResDH(2002)30
Il caso riguarda la non equità di un procedimento penale: il ricorrente è stato condannato, in contumacia nel 1984, a ventiquattro anni di prigione senza che il tribunale avesse accertato la reale volontà dell’imputato di rinunciare a comparire e a difendersi (violazione degli articoli 6§1 e 6§3.c della CEDU).
Nel marzo 1993, i Delegati adottarono la Risoluzione DH(93)6, concludendo l’esame di questo caso sulla base delle informazioni fornite dal governo italiano in merito alle misure di carattere generale assunte.
Misure a carattere individuale e generale:
1) La questione della riapertura Nel 1999, il Comitato ha deciso di riprendere in considerazione il caso in relazione alle misure di carattere individuale, in quanto il ricorrente lamentava che, contrariamente a quanto indicato nel 1993, nulla era stato fatto per rimediare alle conseguenze derivategli dalla violazione accertata; anzi, le autorità italiane avevano chiesto la sua estradizione dalla Grecia in modo da porre in esecuzione la pena che gli era stata comminata a conclusione del processo contestato.
Questo ha riproposto la questione della riapertura dei processi. Nel settembre 2000, le autorità italiane hanno ritirato la richiesta di estradizione, e hanno comunicato di stare valutando una legge per l’autorizzazione alla riapertura dei processi penali viziati da violazioni alle disposizioni della Convenzione. Tuttavia, nonostante le numerose proteste del Comitato dei Ministri, ripetutesi nel corso degli anni, e svariati infruttuosi tentativi di adottare la legislazione necessaria, l’ordinamento giuridico italiano non prevede ancora la riapertura dei processi svolti in violazione della Convenzione. Ultimamente, però, si sono avuti dei tentativi di risolvere la questione della riapertura per via giurisprudenziale (vedi sopra, il caso Dorigo). Di conseguenza, a seguito dell’arresto in Italia del ricorrente per via di altri reati, è stato emesso un ordine di esecuzione relativo alla condanna contestata come ingiusta dalla Corte europea; ciò significa che il ricorrente corre ancora il rischio di scontare la pena detentiva a cui è stato condannato in violazione della Convenzione. Nondimeno, la Corte d’appello non ha modificato l’ordine di esecuzione e la questione è stata portata davanti alla Corte di cassazione. Detto questo, il Comitato dei Ministri ha preso atto delle recenti iniziative miranti a risolvere il problema per via giurisprudenziale. Si attendono notizie sugli sviluppi di questo procedimento giudiziario per poter definire quali debbano essere i passi successivi del Comitato dei Ministri in merito a questo caso.
2) Altre misure di carattere generale: trattate in occasione dell’adozione della Risoluzione interinale iniziale.
Il 4-5 luglio 2006, nel corso della 970ª seduta, i Delegati dei ministri hanno adottato una decisione relativa al problema della riapertura dei processi contestati, che riguarda anche i casi Dorigo e F.C.B. Il testo della decisione recita:
I Delegati,
1. ricordando che le sentenze della Corte comportano, ai sensi dell’articolo 46 della Convenzione, l’obbligo giuridico di cancellare, per quanto possibile, le conseguenze causate al ricorrente dalle violazioni accertate e prevenirne l’ulteriore ripetersi;
2. osservato che in numerosi casi simili sottoposti al controllo del Comitato dei Ministri lo strumento più adatto per cancellare le conseguenze della violazione del diritto a un giusto processo è la riapertura del procedimento nazionale contestato (casi Dorigo, F.C.B., R.R., Bracci e Sedjovic);
3. preso atto con grande interesse dei recenti sforzi giurisprudenziali compiuti in relazione ai casi Dorigo e F.C.B. al fine di riaprire i procedimenti impugnati, ma rilevato che purtroppo nonostante gli sforzi, i ricorrenti subiscono ancora, e dopo tanti anni, le conseguenze delle violazioni;
4. invitate le autorità italiane a portare a compimento i propri sforzi al fine di garantire, sia per via giurisprudenziale sia con una riforma legislativa, che le conseguenze, derivanti da procedimenti contestati perché in violazione della Convenzione, in tutti i casi interessati, possano essere rapidamente sanate conformemente agli obblighi giuridici dell’Italia;
5. ha deciso di riprendere l’esame dei progressi compiuti nell’attuazione delle sentenze e delle decisioni in questione nella 976ª seduta ( 17-18 ottobre 2006),, sulla base delle ulteriori informazioni che le autorità forniranno in merito alle misure a carattere individuale e generale previste.
Casi relativi alla mancata esecuzione di ordinanze di sfratto di affittuari
Risoluzione interinale ResDH(2004)72
Questi casi riguardano principalmente la prolungata impossibilità per i ricorrenti di ottenere l’intervento della forza pubblica per dare esecuzione all’ordinanza di sfratto dei loro inquilini, fondamentalmente a causa dell’applicazione di disposizioni per il blocco o il rinvio degli sfratti (vedi doc. AS/Jur (2005) 32 pp. 10-11). La Corte europea è giunta alla conclusione che non sia stato rispettato il giusto equilibrio tra la protezione del diritto di proprietà dei ricorrenti e le esigenze di interesse generale (violazione dell’articolo 1 e del protocollo n.1 della CEDU). Nella maggior parte di questi casi, la Corte ha anche concluso che, in conseguenza della legge in questione, che ha annullato l’efficacia delle ordinanze di sfratto, i ricorrenti sono stati privati del loro diritto di ricorrere agli uffici di un giudice per risolvere la controversia, in pieno contrasto con il principio dello stato di diritto (violazione dell’articolo 6§1).
Misure a carattere individuale:
Nella Risoluzione interinale DH(2004)72, il Comitato ha deplorato il fatto che, persino in casi in cui la Corte europea per i diritti umani ha accertato violazioni, un buon numero di ricorrenti non sia ancora potuto rientrare in possesso delle rispettive proprietà e che la mancata attuazione delle ordinanze giudiziarie a loro favorevoli perdura da svariati anni. Nella maggior parte dei casi, i ricorrenti sono rientrati in possesso dei loro appartamenti in un arco di tempo tra i 4 e i 17 anni dopo che l’ordinanza di sfratto era stata emessa.
Questioni ancora in sospeso: I seguenti ricorrenti attendono ancora di rientrare in possesso dei rispettivi appartamenti dalla data indicata: Esposito Paola (sentenza del 19 dicembre 2002, dal 1992), M.P. (sentenza del 19 dicembre 2002, dal 1987), Marini (sentenza del 9 gennaio 2003, dal 1989), C.T. II (sentenza del 9 gennaio 2003, dal 1994), Carbone Anna (sentenza del 22 maggio 2003, dal 1996), Indelicato Antonio (sentenza del 6 novembre 2003, dal 1992), e Antonio Siena (sentenza del 11 marzo 2004, dal 1986). È necessario acquisire informazioni aggiornate su tutte queste singole situazioni.
Misure a carattere generale:
Valutazione della situazione:
Il problema della prolungata impossibilità per i ricorrenti di recuperare i propri appartamenti si sta riducendo progressivamente. I dati statistici pubblicati dal ministero dell’Interno per il decennio 1994-2004 mostrano sia una maggiore efficienza nell’esecuzione delle ordinanze, gli sfratti sono aumentati del 27,53%, sia una riduzione nel ricorso allo sfratto, con una riduzione del 35,19% delle richieste di sfratto e una riduzione del 35,93% delle ordinanze di sfratto emesse dai tribunali (fonte: <HTTP://pers.mininterno;it/dcds/index.htm>). I dati per il 2005 non sono ancora pervenuti.
La medesima tendenza positiva si registra nel numero di casi da esaminare presso la Corte europea; i nuovi ricorsi sono in graduale diminuzione e quelli in essere si riferiscono a situazioni pregresse piuttosto datate.
Il rinvio degli sfratti non compare più tra le cause principali di violazione accertata dalla Corte europea, i prefetti non possono più rimandare l’intervento della forza pubblica. Un'altra ragione dei ritardi, le sospensioni legislative degli sfratti, adesso sono meno sfruttate e frequenti. Nella sentenza n. 155 del 2004, la Corte costituzionale ha dichiarato che questo genere di interventi possono essere giustificati solo se attuati per limitati periodi di tempo, e da allora avvengono sotto il controllo della Corte costituzionale.
Una recente legge in materia, L. 148/2005, non sembra aver prodotto effetti pratici in termini di blocco degli sfratti, mentre un’altra, L. 86/2006, ha prodotto il blocco limitatamente a tre città: Milano, Roma, e Napoli. La sua applicazione è stata ulteriormente limitata dal fatto che solo un numero davvero ristretto di persone ha potuto beneficiare della sospensione dello sfratto: gli ultrasessantacinquenni, i portatori di handicap grave e coloro che non avevano mezzi per pagare l’affitto. Va sottolineato, inoltre, che la più recente legislazione in materia prevede anche un sostegno economico a favore degli inquilini e vantaggi fiscali per i proprietari. In base a tutto quanto detto si può concludere che dal 2005 il blocco degli sfratti ha avuto effetti trascurabili.
La via delle azioni a carattere nazionale: la situazione attuale
1) In relazione alle azioni contro gli inquilini: l’articolo 1591 del Codice civile obbliga l’inquilino a risarcire qualsiasi danno derivato dal ritardo nella restituzione dell’immobile al proprietario. Il risarcimento è pari a una somma equivalente all’ammontare dell’affitto pagato all’epoca della scadenza del contratto di locazione, indicizzata al costo della vita, e incrementata del 20% per ciascun periodo di affitto durante il quale il proprietario non ha potuto godere del bene di sua proprietà ( L. 61/1989). La Corte di cassazione ha stabilito che il danno subito dal proprietario può essere provato semplicemente richiedendo un aumento dell’affitto calcolato in base ai prezzi di mercato (sentenza n. 1032/1996), e che la disdetta per cessata locazione resta valida dalla scadenza del contratto in parola, indipendentemente dalla decisione del giudice in merito allo sfratto esecutivo (sentenza n. 10560/2002). In relazione all’articolo 1591 del Codice civile, la Corte di Strasburgo ha osservato (vedi sentenza Lo Tufo, 21Aprile 2005, §69) che il diritto italiano contempla la possibilità di compensare le conseguenze materiali delle violazioni e, di conseguenza, ha respinto le istanze miranti all’equa compensazione del danno patrimoniale.
2) In merito all’azione contro lo Stato in materia di violazioni dell’articolo 1 del protocollo n. 1: Secondo la giurisprudenza della Corte di cassazione, lo Stato deve adempiere con il massimo rigore l’obbligo di garantire l’attuazione di una ordinanza giudiziaria, e l’indennizzo del cittadino è il valore fondante del risarcimento. Nella sentenza n. 3873/2004 la Corte di cassazione ha stabilito che spettava all’amministrazione e non al proprietario, dimostrare l’impossibilità di fare ricorso alla forza pubblica per eseguire le ordinanze di sfratto, e questa impossibilità non esclude comunque la responsabilità dell’amministrazione, salvo che sia dovuta a situazioni eccezionali o imprevedibili. Le eventuali situazioni di ‘crisi permanente’, come quelle che possono affliggere la giustizia o l’amministrazione, non escludono affatto le loro responsabilità per il danno patito dai cittadini, anzi, al contrario ne rafforzano la presunzione.
3) In merito all’azione contro lo Stato in materia di violazioni dell’articolo 6§1: La responsabilità dello Stato per il danno patito a causa dell’eccessiva durata di un procedimento giudiziario è prevista dalla legge Pinto (L. n. 89/2001). La giurisprudenza della Corte di cassazione, conferma che detta legge trova applicazione in materia di ritardi o mancanze nell’esecuzione delle ordinanze di sfratto. Nel suo giudizio di irricevibilità nel caso Provedi contro Italia, la Corte europea ha rilevato che in casi di questo genere trova applicazione la legge Pinto ai sensi dell’art. 35§1 della Convenzione, che soddisfa sia l’articolo 6§1 sia l’articolo 1 del Protocollo n.1 della Convenzione.
Si attendono informazioniin merito all’applicabilità di questo strumento ai casi in cui lo sfratto sia temporaneamente bloccato in virtù di sospensione legislativa.
La sentenza della Corte europea relativa al caso Immobiliare Saffi è stata pubblicata sulla rivista giuridica universitaria Rivista internazionale dei diritti dell'uomo, n. 1/2000, pp. 252 - 265.
Casi relativi a “espropriazione indiretta”
Tutti questi casi riguardano l’espropriazione di fatto di terreni, di proprietà dei ricorrenti, a seguito della loro occupazione per urgente necessità successivamente prorogata dalle autorità pubbliche. Non è stato possibile verificare la liceità di questa espropriazione poiché non vi era nessuna necessità ufficiale che giustificasse un passaggio di proprietà e a causa della lentezza dei successivi procedimenti giudiziari. La Corte europea ha determinato l’incompatibilità di questa situazione con l’esercizio, da parte del ricorrente, del diritto al pacifico godimento del proprio bene (violazione dell’articolo 1 e del protocollo n.1 della CEDU).
Sin dagli anni Settanta, è invalsa, da parte delle autorità locali italiane, la pratica di occupare terreni per urgente necessità senza esperire le debite procedure di esproprio. I tribunali a fronte di questa situazione hanno elaborato la norma giurisprudenziale dell’“espropriazione indiretta”, in base alla quale le autorità pubbliche possono acquisire titolo su un terreno senza una formale procedura di esproprio se, successivamente all’espropriazione, e a prescindere dalla liceità della stessa, sulla proprietà in questione sia stata compiuta un’opera pubblica, Questa giurisprudenza è stata riconosciuta e modificata da vari provvedimenti legislativi, tra i quali la più recente è il “Testo Unico delle disposizioni sull’espropriazione”
Nelle prime sentenze del 2000 (vedi i casi Belvedere Alberghiera, e Carbonara e Ventura) la Corte di Strasburgo ha rilevato che la dottrina dell’“espropriazione indiretta” non soddisfaceva alla condizione di legalità, e ha posto in evidenza alcune applicazioni contraddittorie nella giurisprudenza italiana di questa dottrina. La Corte, inoltre, ha osservato che il principio di espropriazione indiretta consente all’amministrazione pubblica di eludere la normativa ordinaria sugli espropri con il conseguente rischio di esiti imprevedibili o arbitrari per il cittadino. L’espropriazione indiretta rende di fatto possibile occupare un terreno e apportarvi modifiche irreversibili senza la produzione di un atto di cessione. Di conseguenza, in mancanza di una dichiarazione ufficiale delle pubbliche autorità, l’unica strada percorribile per risolvere legalmente la situazione è il ricorso alla giustizia per una pronuncia di illegalità. Per giungere a questo, è necessaria una causa che deve essere intentata dalla vittima e che probabilmente durerà per anni.
La Corte europea ha inoltre rilevato che l’espropriazione indiretta consente alle autorità pubbliche di occupare e trasformare una proprietà senza pagare contestualmente il dovuto indennizzo. Questo indennizzo deve essere reclamato dalla vittima entro cinque anni; ma, se il tribunale fissa retroattivamente l’inizio della decorrenza dei cinque anni, il diritto all’indennizzo può essere dichiarato prescritto per decadenza dei termini, frustrando così qualsiasi speranza di ottenere un risarcimento (vedi sentenza Carbonara e Ventura §71).
Misure a carattere individuale:
In pendenza di giudizio in merito al giusto indennizzo (che la Corte europea fino ad allora si era riservata nella maggior parte dei casi), le autorità italiane sono state invitate a trovare con la massima urgenza strumenti adeguati per compensare gli effetti permanenti delle violazioni accertate.
La determinazione di misure a carattere individuale può essere parte della soluzione del problema generale dell’espropriazione indiretta (vedi sotto) poiché richiede la creazione di un meccanismo nazionale efficace che garantisca la restituzione della proprietà di fatto espropriata,e/o il pagamento di un giusto indennizzo relativo all’espropriazione o al danno subito.
Misure a carattere generale:
Il DPR 8 giugno 2001, n. 327, entrato in vigore nel luglio 2003, ha codificato le disposizioni esistenti in materia d’espropriazione ed i principi elaborati dalla giurisprudenza in materia. In particolare, l’articolo 43 prevede che, a seguito di occupazione indebita di un terreno, ove questa sia giustificata da ragioni di interesse pubblico, l’amministrazione può emanare un decreto di espropriazione in modo da sanare l’irregolarità della situazione.
La Corte di cassazione, a sezioni riunite e dopo l’entrata in vigore del Testo unico ha stabilito (sentenze5902/2003, e 11096/2004) che le disposizioni della legge nazionale in materia di espropriazione indiretta erano sufficientemente accessibili, precise, e plausibili e che non vi era nessun rischio di conflitto con la Convenzione.
Il Consiglio di stato, in seduta plenaria, (decisione 2/2005) ha sottolineato che a seguito dell’adozione del Testo unico, le espropriazioni in Italia non sarebbero più state la mera conseguenza di una situazione di fatto, bensì sarebbero derivate da atti formali e motivati da parte dell’amministrazione, anche se a posteriori. Ha inoltre aggiunto che, in mancanza di detti atti, il cittadino ha il diritto primario alla restituzione della proprietà e l’amministrazione non può rifiutarsi adducendo a motivo il fatto che vi sia stata compiuta un’opera pubblica.
L’efficacia delle misure contestate dalla Corte europea:
Nella sentenza Prenna contro Italia del 9 febbraio 2006 (§§64-65) la Corte di Strasburgo ha osservato che:
- l’esistenza di una cornice giuridica in quanto tale non è sufficiente a soddisfare il principio di legalità, e che si dovrebbe prestare più attenzione alla qualità della legge;
- storicamente, la giurisprudenza italiana in materia è contraddittoria;
- esistono inoltre contraddizioni tra la dottrina giuridica e il il corpus delle leggi;
- l’espropriazione indiretta è un mezzo per legittimare atti illeciti commessi dall’amministrazione, di modo che questa possa trarre vantaggio dai medesimi illeciti.
La Corte ha rilevato che, quand’anche derivante da dottrina giurisprudenziale o da leggi scritte come l’art.43 del Testo unico, l’“espropriazione indiretta” non può essere considerata una valida alternativa all’espropriazione propriamente detta e condotta nei termini di legge.
Alla luce della recente sentenza della Corte di Strasburgo, sono necessarie ulteriori informazioni:
A quanto pare, il modo migliore per risolvere la situazione all’origine di queste violazioni è l’adozione di una nuova legislazione a garanzia che l’amministrazione sia almeno fortemente scoraggiata dal ricorre a questo genere di espropriazione. Si attendono notizie in merito. In particolare, sono necessarie informazioni sulle misure previste per mettere in atto un meccanismo nazionale efficace che preveda un equo indennizzo per tutte le persone che si trovano nella posizione dei ricorrenti (vedi sopra, Misure a carattere individuale).
Il 4 luglio 2006, nel corso della 970ª seduta, i Delegati hanno adottato la seguente decisione:
I Delegati,
1. avendo notato con preoccupazione il crescente numero di casi sottoposti al controllo del Comitato dei Ministri e relativi a violazioni della Convenzione, verificatesi in Italia attraverso la pratica dell’espropriazione indiretta, e il fatto che il complesso problema all’origine delle violazioni non ha ancora trovato soluzione, come dimostrato dalle recenti sentenze della Corte europea;
2. avendo invitato le autorità italiane a intraprendere tutti i passi necessari per l’adozione delle misure a carattere individuale e generale richieste e a garantire al più presto una valida riparazione a livello nazionale delle violazioni già accertate in relazione ai ricorrenti;
3. hanno deciso di riprendere in considerazione tutte le misure necessarie per l’attuazione di queste sentenze nel corso della 976ª seduta (17-18 ottobre 2006) sulla base della bozza di Risoluzione interinale distribuita dal Segretariato e degli eventuali commenti delle autorità italiane,
Casi relativi principalmente a varie questioni collegate alla reclusione
Labita, sentenza del 06/04/00
Indelicato Rosario, sentenza del 18/10/01 definitiva il 18/01/02.
Questi casi riguardano la mancanza di indagini approfondite ed esaurienti in merito a presunti maltrattamenti subiti dai ricorrenti durante la loro detenzione nel carcere di Pianosa nel 1992 (violazione dell’articolo 3, CEDU); il caso Labita riguarda inoltre vari aspetti della detenzione in attesa di giudizio e delle condizioni di rilascio del ricorrente.
Le informazioni generali relative ad ambedue i casi sono reperibili nel documento AS/Jur (2005) 32, pp 12-13.
Ulteriori informazioni: Si sta attualmente esaminando l’efficacia delle misure adottate. In merito alla violazione dell’articolo 8 della CEDU, vedi la Risoluzione ResDH(2005)55 adottata nel caso Calogero Diana, che illustra le misure adottate per prevenire nuove violazioni simili. Vedi inoltre la Risoluzione ResDH(2005)90, adottata nel caso Vaccaro, che illustra le misure adottate per prevenire nuove violazioni simili con riferimento alla violazione dell’articolo 5§3 della CEDU.
41576/98 Ganci, sentenza del 30/10/03, definitiva il 30/01/04.
56317/00 Argenti, sentenza del 10/11/2005, definitiva il 10/02/2006.
60915/00 Bifulco, sentenza del 08/02/2005, definitiva il 08/05/2005, Risoluzione interinale ResDH(2005)56
53723/00 Gallico, sentenza del 28/06/2005, definitiva il 28/09/2005.
25498/94 Messina Antonio n. 2, sentenza del 28/09/00, definitiva il 28/12/00, Risoluzione interinale ResDH(2001)178
42285/98 Salvatore, sentenza del 06/12/2005, definitiva il 06/03/2006.
I casi riguardano omissioni, o ritardi, nelle decisioni del magistrato sul merito dei ricorsi dei detenuti contro la decisione del ministero di sottoporli al regime di detenzione speciale previsto dall’articolo 41 bis della legge sull’organizzazione penitenziaria ( violazione dell’articolo 6§1). Il caso Messina si riferisce anche alla mancanza di efficaci mezzi di tutela a riguardo (violazione dell’articolo 13).
Anche i casi Argenti, Salvatore, e Messina n. 2 riguardano la mancanza di chiarezza della legge italiana, vigente all’epoca dei fatti, in materia di controllo della corrispondenza dei detenuti, L. n. 354/75. Questa legge lascia troppa discrezionalità alle autorità pubbliche, specialmente in relazione alla durata dei controlli e alle ragioni che li giustificano (violazione dell’articolo 8).
Misure a carattere individuale: Non sono necessarie misure a carattere individuale poiché nessuno dei ricorrenti è più soggetto al regime speciale.
Misure a carattere generale:
1) Violazioni dell’articolo 8: L’Italia ha adottato una serie di misure a carattere generale studiate appositamente per sanare i problemi strutturali all’origine di queste violazioni (vedi in particolare la Risoluzione finale adottata il 5 luglio 2005 nel caso Calogero Diana, Risoluzione ResDH(2005)55).
2) Violazioni degli articoli 6§1, e 13: Lo stesso giorno Il Comitato dei Ministri ha adottato una Risoluzione interinale ( ResDH(2005)56 relativa al diritto a un efficace mezzo di tutela contro il controllo della corrispondenza e contro altre restrizioni ai diritti dei detenuti.; misure a carattere generale nei casi Messina n. 2, Ganci e Bifulco. In questa risoluzione, il Comitato dei Ministri ha preso atto di numerose misure legislative e giurisprudenziali che hanno in qualche modo cercato di risolvere i problemi evidenziati dalla Corte europea. Ha, però, osservato, non senza preoccupazione, che il problema della lentezza del controllo giudiziario persiste e che i dieci giorni stabiliti come termine massimo per il controllo sono sistematicamente elusi dai tribunali nazionali.
I problemi che rimangono irrisolti, in particolare le violazioni all’articolo 6, costituiscono un aspetto peculiare del problema persistente e ben più profondo dell’eccessiva durata dei processi in Italia.
12 casi sintomatici di vari problemi nei processi per fallimento.
P.G. II
Risoluzione interinale DH(97)18 del 28/01/97 (contestazione di violazione) e ResDH(2002)58 del 16/04/02 (questioni relative a misure a carattere generale)
Il caso riguarda l’impossibilità a norma del diritto italiano di riabilitare, prima che siano trascorsi almeno cinque anni, una persona dichiarata fallita (Articolo 143 della legge fallimentare). Per questo, il ricorrente si era vista rifiutare la riabilitazione anticipata, nonostante il fatto che fosse minorenne all’epoca della dichiarazione di fallimento e che, quindi, non aveva nominato né un curatore né un legale rappresentante. Sicché fino alla chiusura del fallimento (cioè dall’età di 16 anni fino ai 22), il ricorrente è stato sottoposto al controllo della corrispondenza e non ha potuto allontanarsi dalla sua residenza senza l’autorizzazione del giudice delegato. Per di più fino alla riabilitazione, ottenuta all’età di 27 anni, è stato privato del diritto di voto attivo e passivo, di esercitare funzioni giudiziarie, di svolgere attività di curatore, gestore, amministratore, liquidatore o revisore dei conti di una società per azioni o di appartenere a un ordine professionale (violazione dell’articolo 8).
Misure a carattere individuale: Non sono state richieste misure a carattere individuale poiché, prima che la violazione fosse accertata, il termine di 5 anni dalla chiusura del fallimento del ricorrente era già trascorso.
Misure a carattere generale:
Il decreto legislativo 5/2006 ha introdotto una riforma essenziale della legge sul fallimento. Le autorità italiane sottolineano che sono state apportate parecchie modifiche per riparare alle violazioni accertate nei casi in esame presso il Comitato dei Ministri. In particolare, il Pubblico registro dei fallimenti e le condizioni di riabilitazione sono stati aboliti (artt. 50 e 143 della legge fallimentare). È variata la procedura di controllo della corrispondenza del fallito (art.48): mentre prima l’intera corrispondenza era trasferita direttamente al curatore; adesso il fallito, o il legale rappresentante di una organizzazione o società fallita, deve sottoporre al curatore solo quella riguardante il procedimento fallimentare. In relazione alla libertà di movimento (art.49), l’obbligo di residenza è diventato obbligo per il fallito di comunicare alle autorità competenti qualsiasi cambio di residenza. Il giudice può autorizzare un fallito a farsi rappresentare in caso di giustificato impedimento a comparire o su presentazione di richiesta motivata. Infine, a miglior tutela del fallito, sono state emendate le norme relative ai reclami avverso le decisioni del giudice in materia di corrispondenza, libera circolazione e alienazione dei beni (artt. 26 e 36).
Casi relativi a violazioni del diritto di ricorrere alla giustizia
Nordica Leasing S.p.a
S.B.F. S.p.a. Risoluzione interinale DH(97)599
Il Comitato dei Ministri ha deciso di concludere la vigilanza su queste sentenze.
Questi casi sono relativi a violazioni al diritto di chiedere il fallimento. Le società ricorrenti non avevano potuto recuperare somme a loro dovute in un’azione legale promossa per ottenere la dichiarazione di fallimento nei confronti dei loro debitori. La legge allora applicabile (l’art.10 del Regio decreto 16 marzo 1942, n. 267) prevedeva che un debitore potesse essere dichiarato fallito entro un anno dalla cessazione della sua attività.
In ambedue questi casi, la guardia di finanza aveva impiegato talmente tanto tempo per verificare l’esatta data di cessazione dell’attività che quando il tribunale aveva emesso il verdetto, i termini erano già scaduti. Per la precisione, nel caso S.B.F., il termine scadeva il 11/01/93, e il tribunale emise la sentenza il 12/05/93; mentre nel caso della Nordica Leasing il termine ultimo era il 1/07/98, e la sentenza del tribunale giunse il 10/03/99 (violazione dell’articolo 6§1).
Misure a carattere individuale: Nessuna, poiché le società ricorrenti avrebbero potuto recuperare i loro crediti ricorrendo ad altri strumenti a loro disposizione, in particolare con un esecuzione processuale forzata (vedi §35 della sentenza Nordica Leasing in cui si spiega perché la Corte europea non ha riconosciuto alcun indennizzo per il danno materiale).
Misure a carattere generale:
La sentenza della Corte europea relativa al caso Nordica Leasing è stata tradotta e trasmessa ai tribunali italiani, compresa la Corte di cassazione, corredata di una nota esplicativa sulle violazioni accertate. Sebbene la violazione non fosse stata determinata da un difetto della legge, la Corte costituzionale, nella sua decisione n.319 del 2000, ha criticato l’articolo 10 del succitato regio decreto in quanto prevedeva che il termine decorresse dalla cessazione dell'attività invece che dalla data di cancellazione della società interessata dal registro delle imprese. Questa decisione fissa una data di partenza ufficiale ben più facilmente rintracciabile e verificabile con una semplice ricerca informatica.
Caso Bottaro e altri casi relativi a processi per fallimento
7503/02 Neroni, sentenza del 20/04/2004, definitiva il 10/11/2004.
52985/99 S.C., V.P., F.C. ed E.C. sentenza del 6/11/03, definitiva il 6/02/04.
56298/00 Bottaro, sentenza del 17/07/03, definitiva il 17/10/03.
32190/96 Luordo, sentenza del 17/07/03, definitiva il 17/10/03.
44521/98 Peroni, sentenza del 06/11/03, definitiva il 06/02/04.
47778/99 Bassani, sentenza del 11/12/03, definitiva il 11/03/04.
51703/99 Vadalà, sentenza del 20/04/2004, definitiva il 20/07/2004.
55984/00 Goffi, sentenza del 24/03/2005, definitiva il 06/07/2005.
Questi casi riguardano limitazioni incongrue ai diritti dei ricorrenti in processi per fallimento eccessivamente lunghi. Al fine di tutelare i diritti dei creditori, il Regio decreto 16 marzo 1942 n. 267 prevede che il fallito sia, tra l’altro, privato dei suoi diritti all'amministrazione e alla disponibilità dei suoi beni; che la sua corrispondenza debba essere controllata; che gli sia inibito comparire in giudizio; che non possa allontanarsi dalla sua residenza senza l’autorizzazione del giudice delegato. Tutte queste restrizioni non sono passibili di critiche in quanto tali, ma quando la durata del processi per bancarotta diventa eccessiva, come nei casi in oggetto (tra i 12 e i 24 anni) creano una pesante disparità tra l’interesse generale al pagamento dei creditori del fallito e gli interessi dell’individuo. La Corte europea ha quindi accertato la violazione all’esercizio, da parte dei ricorrenti, del diritto al pacifico godimento dei propri beni (violazione dell’articolo 1 del protocollo n. 1), al diritto di ricorso al tribunale (violazione dell’articolo 6§1), alla libertà di circolazione (violazione dell’articolo 2 del protocollo n. 4), e al diritto di riservatezza della corrispondenza (violazione dell’articolo 8). Inoltre, non vi è previsione per un ricorso effettivo in relazione all’ultimo di questi diritti (violazione dell’articolo 13 nei casi Bottaro e Neroni).
Misure a carattere individuale: La necessità di accelerare i processi per fallimento e di alleggerire le restrizioni ancora gravanti sui ricorrenti è stata più volte sottolineata presso il Comitato dei Ministri; stando all’ultima informativa ricevuta dalla delegazione italiana, il procedimento per il caso S.C., V.P., F.C. e E.C., in corso da 14 anni, è ancora pendente e i ricorrenti sono ancora sottoposti alle restrizioni previste. Siamo in attesa di ricevere notizie sull’andamento del caso Vadalà.
Misure a carattere generale:
Il decreto legislativo 5/2006 ha introdotto una riforma essenziale della legge fallimentare. Le autorità italiane sottolineano che sono state apportate parecchie modifiche per riparare alle violazioni accertate nei casi in esame presso il Comitato dei Ministri. in particolare, In particolare, il Pubblico registro dei fallimenti e le condizioni di riabilitazione sono stati aboliti (artt. 50 e 143 della legge fallimentare). È variata la procedura di controllo della corrispondenza del fallito (art.48): mentre prima l'intera corrispondenza era trasferita direttamente al curatore; adesso il fallito, o il legale rappresentante di una organizzazione o società fallita, deve sottoporre al curatore solo quella riguardante il procedimento fallimentare. In relazione alla libertà di movimento (art.49) L'obbligo di residenza è diventato obbligo per il fallito di comunicare alle autorità competenti qualsiasi cambio di residenza. Il giudice può autorizzare un fallito a farsi rappresentare in caso di giustificato impedimento a comparire o su presentazione di richiesta motivata. Infine, a miglior tutela del fallito, sono state emendate le norme relative ai reclami avverso le decisioni del giudice in materia di corrispondenza, libera circolazione e alienazione dei beni (artt. 26 e 36).
Le sentenze Luordo, e Bottaro sono state pubblicate in italiano sul Bollettino Ufficiale del ministero di Grazia e Giustizia, n. 1 del 15/01/2004 e sono state portate all’attenzione delle autorità competenti.
Caso Saggio, sentenza del 25/10/01, definitiva il 25/01/02.
Il Comitato dei Ministri ha deciso di concludere la vigilanza su questa sentenza.
Il caso si riferisce alla mancanza di efficaci mezzi di tutela contro una società in amministrazione straordinaria, con particolare riferimento all’azione per ottenere il pagamento degli stipendi arretrati dovuti al ricorrente, un vecchio dipendente, e per impugnare gli atti compiuti dal commissario liquidatore. All’epoca dei fatti, la norma della legislazione applicabile, successivamente emendata, prevedeva la possibilità di ricorso solo dopo l’avvenuto deposito del bilancio finale della liquidazione e del piano di riparto (violazione dell’articolo 13).
Misure a carattere individuale:
Il ricorrente è stato privato di un efficace mezzo di tutela per una parte del procedimento amministrativo di liquidazione. Stando alle informazioni fornite dalla delegazione italiana il 07/02/2005, il ricorrente avrebbe potuto opporre ricorso dopo l’avvenuto deposito del bilancio finale della liquidazione e del piano di riparto, il 13/10/1999, ma non lo ha fatto. Non avendo presentato reclamo, a norma di legge, il bilancio finale della liquidazione e il piano di riparto sono diventati incontestabili per il ricorrente.
Misure a carattere generale:
La legge n.95/79 sull’amministrazione straordinaria, che era all’origine della violazione, è stata emendata con il decreto legislativo n.270, in vigore dall’agosto 1999. Questo decreto ha introdotto nuove regole nelle procedure per l’amministrazione straordinaria, e in particolare consente a qualsiasi creditore di proporre reclamo in tribunale contro gli atti del commissario giudiziale (articolo 17).
La sentenza Saggio è stata pubblicata sul Bollettino Ufficiale del ministero di Grazia e Giustizia, n. 13 del 17/07/2002, portata all’attenzione delle autorità giudiziarie italiane.
F.L. sentenza del 20/12/01, definitiva il 20/03/02.
Il caso si riferisce alla mancanza di efficaci mezzi di tutela in un procedimento amministrativo per la liquidazione di una società insolvente, e, in particolare, alla mancanza di efficaci mezzi di tutela per reclamare il pagamento di crediti privilegiati o di contestare gli atti dei liquidatori. A norma della legge applicabile (Regio decreto 16 marzo 1942 n. 267), il ricorso giudiziario era possibile solo dopo la conclusione delle procedure di deposito del bilancio finale della liquidazione e del piano di riparto che, nel caso in esame, andavano ancora avanti dopo oltre 16 anni (violazione dell’articolo 13).
Misure a carattere individuale:
Il ricorrente non ha avuto un efficace mezzo di tutela per una parte del procedimento amministrativo di liquidazione. Stando alle informazioni fornite dalla delegazione italiana il 7/02/2005, dopo l’avvenuto deposito del bilancio finale della liquidazione e del piano di riparto nel 1991, il ricorrente non ha opposto ricorso pur avendone titolo. Di conseguenza, il bilancio finale della liquidazione e il piano di riparto, a norma di legge, sono diventati incontestabili per il ricorrente.
Misure a carattere generale:
Le disposizioni del Regio decreto 16 marzo 1942 n. 267, all’origine della violazione, non sono state emendate. Le autorità italiane sono state invitate a trovare una soluzione per questo problema e per prevenire nuove violazioni simili. Sono attualmente in corso scambi di informazioni.
Grande Oriente d'Italia di Palazzo Giustiniani, sentenza del 02/08/01, definitiva il 12/12/01, Risoluzione interinale ResDH(2004)71
Il Comitato dei Ministri ha deciso di concludere la vigilanza su questa sentenza.
Il caso riguarda in particolare una incongrua interferenza nella libertà di associazione della ricorrente, una società massonica italiana affiliata alla Massoneria universale, per via dell’obbligo imposto ai candidati a una carica pubblica nella regione Marche di dichiarare la loro non appartenenza a una loggia massonica. La Corte europea ha concluso che questa limitazione, determinata dall’articolo 5 della legge regionale n. 34 del 1996 delle Marche, non aveva ragioni di necessità in una società democratica e non era giustificata dal carattere pubblico della carica di cui a detta legge (violazione dell’articolo 11).
Misure a carattere individuale:
La società ricorrente, con lettere del 29/01/2003 e del 17/05/2004, denunciava il fatto che avrebbe continuato a sopportare restrizioni contrarie alla Convenzione, finché la legge all’origine della violazione non fosse stata emendata e, di conseguenza, sollecitava l’adozione di opportune misure a carattere generale (vedi sotto). Questo problema ha ancora trovato soluzione con l’adozione di una nuova legge il 1/12/2005.
Misure a carattere generale:
Dopo aver atteso l’abrogazione o la modifica dell’articolo 5 comma 2 alinea (a) della legge regionale n. 34/1996 delle Marche, sin dal dicembre 2001, l’8/12/2004 il Comitato dei Ministri ha adottato la Risoluzione interinale ResDH(2004)71 in cui: sollecita le autorità italiane competenti a intraprende le misure necessarie a garantire i diritti riconosciuti dall’articolo 11 della Convenzione riguardanti le nomine a determinate cariche nella Regione Marche.
A seguito di ciò, il 1/12/2005, le Marche hanno approvato la legge regionale n. 27/2005 che emendava l’articolo 5 comma 2 alinea (a) abolendo l’obbligo imposto ai candidati a una carica pubblica nella regione Marche di dichiarare la loro non appartenenza a una loggia massonica. La nuova legge escludeva dai pubblici uffici della regione tutti coloro che appartenessero a società segrete vietate dall’articolo 18 della Costituzione, ove tale appartenenza fosse stabilita da una decisione avente validità di cosa giudicata.
La delegazione italiana ha successivamente chiarito che, a quanto consta, analoghe leggi vigenti nelle altre regioni italiane non sollevano gli stessi problemi accertati dalla Corte in questo caso.
Scozzari e altri, sentenza del 13/07/00 – Grande Camera
Risoluzione interinale ResDH(2001)65, e ResDH(2001)151
Il caso è relativo a due violazioni dell’articolo 8: la prima riguarda l’affidamento a una comunità, Il Forteto, di due minori in carico ai servizi sociali, mentre la seconda riguarda la mancata attenzione da parte delle autorità nel favorire il ristabilimento dei legami familiari tra i bambini e la loro madre (prima ricorrente) in particolare tramite l’organizzazione di visite regolari. I dettagli relativi a questo caso si trovano nel documento AS/Jur (2005) 32, pp 17-18.
La situazione attuale dei bambini: Il figlio più grande ha raggiunto la maggiore età nel 2005, mentre il più piccolo è nato nel 1994 e, quindi, sarà maggiorenne solo nel 2012. Quest’ultimo, al momento, è affidato alle cure della stessa coppia di coniugi, che lo seguiva all’epoca dei fatti, e continua a vivere al Forteto.
Le informazioni fornite dalle autorità italiane in relazione a varie questioni collegate all’esecuzione di questo caso (vedi in particolare ResDH(2001)65, e ResDH(2001)151), e in risposta alle proteste diplomatiche delle autorità belghe, sono riassunte a seguire.
Misure a carattere individuale:
- In riferimento alla sistemazione del bambino presso Il Forteto: Nel luglio 2001, il tribunale di Firenze, invocando la sentenza della Corte europea, modificava la propria decisione relativamente all’affidamento dei bambini, cosicché non erano più affidati al Forteto, ma direttamente alla coppia di coniugi che, all’interno del Forteto, li aveva seguiti all’epoca dei fatti; correggeva, inoltre, la mancanza di un termine assegnato per la durata dell’affidamento che a quel punto fissava in tre anni. La Corte d’appello di Firenze, investita nel 2002, stabiliva a giugno 2003 il termine per l’affidamento dei bambini. Le autorità italiane non accoglievano la proposta di trasferire i bambini in Belgio (la madre ha la doppia cittadinanza italiana/belga). Più recentemente, nel settembre 2005, il tribunale di Firenze, giudicando soddisfacenti le condizioni di affido del figlio più giovane, ha prorogato i termini fino a settembre 2007. Nella sua decisione, il tribunale sottolinea che, anche se i coniugi affidatari vivono all’interno di quella comunità, la loro custodia del bambino è “esclusiva e diretta” e la loro responsabilità è legata singolarmente al bambino, su cui la comunità nel suo insieme non esercita nessuna custodia o tutela. Stando alle informazioni disponibili, su questa decisione è stato interposto appello.
- In riferimento alla costante influenza di determinate persone presso il Forteto, successivamente alla sentenza della Corte europea: i rapporti 2001-2002 delle autorità regionali toscane informavano che gli ex dirigenti del Forteto, giudicati colpevoli di illeciti penali, non facevano più parte della direzione della cooperativa e non avevano più nessuna funzione nell’educazione dei bambini. Queste notizie sono state confermate dalla delegazione italiana nel settembre 2002. Inoltre il Consiglio Superiore della Magistratura ha comunicato che le persone in questione non avevano più nessun contatto con i bambini.
- In riferimento agli incontri tra la madre e i bambini: Per aiutare la ricorrente a ricostruire rapporti validi con i suoi figli, sono stati predisposti programmi di sostegno psicologico. Dal dicembre 2001 in poi, sono state organizzate visite regolari, inizialmente una volta al mese, poi (a seguito della sentenza del tribunale dei Minori, dell’ottobre 2002) tre volte al mese e, quindi, in ottemperanza di una sentenza del 2004, ogni settimana con l’ulteriore possibilità di svolgere l’incontro al di fuori del Forteto.
Nel gennaio 2005, a causa di un presunto tentativo di rapimento, le visite sono state sospese in attesa delle risultanze dell’inchiesta. Nel settembre 2005, il tribunale ha autorizzato la ripresa degli incontri tra la madre e il figlio più piccolo, in un ambiente sorvegliato e con adeguati interventi di sostegno psicologico.
- In riferimento al controllo sulla corretta attuazione delle decisioni del tribunale inerenti le visite autorizzate: Poco tempo dopo la sentenza della Corte europea, gli assistenti sociali incaricati di seguire il caso sono stati sostituiti. In una decisione del settembre 2005, il tribunale di Firenze ha valutato l’evoluzione dei rapporti tra la madre e i figli relativamente agli obblighi dell’Italia derivati dalla sentenza della Corte. Ha riscontrato che il controllo sull’attuazione delle decisioni relative alle visite era stato validamente effettuato. In questo contesto, il tribunale ha sottolineato i cambiamenti intervenuti nel personale dei servizi sociali e anche che il caso era stato assegnato ad altri magistrati.
Nel corso della 960ª seduta (marzo 2006) I Delegati hanno preso atto degli sforzi ancora prodotti dalle autorità italiane per risolvere il caso. È stato dato mandato al segretariato di chiarire con le autorità italiane alcune questioni ancora in sospeso e di valutare la possibilità di chiudere il caso.
Misure a carattere generale:
Nel 2001, la nuova legge n.149/2001 ha modificato le regole relative all’affido di minori in presenza di problemi familiari che ne consigliano l’allontanamento. Anche se in effetti il caso in oggetto riguardava un tipo di custodia differente, legata all’opposizione all’affidamento da parte dei genitori, nonostante la causa fossero i maltrattamenti inflitti ai figli, i principi enunciati nella nuova legge possono essere utili per un’interpretazione complessiva. Va quindi notato che la nuova legge rafforza il principio che il minore ha “diritto ad avere una famiglia”, un diritto che deve essere garantito senza distinzioni di sesso, origine etnica, età, lingua o fede religiosa, e nel pieno rispetto dell’identità culturale del minore. Le ordinanze di affido devono indicare chiaramente tempi e modi in cui la famiglia affidataria deve esercitare i poteri tutelari attribuitile, nonché quelli in cui la famiglia naturale deve mantenere i propri rapporti con il minore. Devono inoltre indicare la probabile durata dell’affido, che deve essere determinata tenendo conto di tutte le misure destinate a promuovere la riunificazione della famiglia. I servizi sociali, responsabili dell’assistenza e del controllo durante il periodo di affidamento, devono informare il giudice di ogni evenienza significativa e devono produrre un rapporto semestrale sull’evoluzione del programma di assistenza, della sua probabile durata e di ogni progresso compiuto per risolvere le difficoltà della famiglia di origine. I servizi sociali devono facilitare i contatti tra la famiglia naturale e il minore, sempre con l’obiettivo finale del suo rientro in famiglia.
Nel 2003, il Consiglio Superiore della Magistratura, in un suo parere, ha osservato che il sistema di controllo rafforzato indotto dalla legge 149/2003 è risultato nel complesso soddisfacente; e ha, inoltre, raccomandato che, nel caso in cui un minore fosse dato in affido a persone con precedenti penali, il tribunale dei minori deve (a) porre particolare attenzione e vigilanza, (b) motivare convenientemente le decisioni relative all’affido, (c) esaminare attentamente l’opportunità di rendere l’affidamento permanente e (d) tenere in debito conto le legittime preoccupazione di tutti gli interessati.
Le autorità italiane hanno comunicato di avere organizzato una serie di seminari per sensibilizzare i giovani magistrati e gli assistenti sociali in merito alle disposizioni della Convenzione, come interpretate dalla giurisprudenza di Strasburgo, in materia di diritto di famiglia.
C.A.R. srl, Risoluzione interinale DH(98)154
Il Comitato dei Ministri ha deciso di concludere la vigilanza sull’esecuzione di questa sentenza.
Il caso riguarda una violazione del diritto della società ricorrente al pacifico godimento dei propri beni, a causa del fatto che, al fine di tutelare l’ordine pubblico, il prefetto di Latina, dal 1991 al 1994, si è costantemente rifiutato di fare intervenire la forza pubblica per sgombrare un gruppo di somali che avevano occupato abusivamente locali di proprietà del ricorrente; e ciò nonostante fosse stata emessa un’ordinanza di sgombero. La Commissione europea dei diritti dell'uomo (Rapporto del 10 settembre 1997) ha osservato che la mancanza di un indennizzo per i danni materiali subiti dalla società ricorrente infrange il necessario equilibrio tra la tutela del diritto di proprietà della società ricorrente e le esigenze di ordine pubblico (violazione dell’articolo 1 del protocollo n. 1, accertata dal Comitato dei Ministri nella Risoluzione interinale DH(98)154).
Misure a carattere individuale:
I danni patrimoniali e non patrimoniali patiti dalla società ricorrente sono stati indennizzati con decisione del Comitato dei Ministri di riconoscere al ricorrente un giusto risarcimento sulla base di una transazione amichevole conclusa tra le parti grazie ai buoni uffici del presidente dei Delegati dei Ministri.
Misure a carattere generale:
Dall’epoca degli eventi all’origine del caso, vi sono stati vari sviluppi nella legislazione e nella giurisprudenza che hanno reso possibile ottenere risarcimenti per i danni conseguenti al mancato intervento delle forze dell’ordine in esecuzione di una ordinanza di sgombero; e cioè:
(a) La Corte di cassazione, nelle sentenze nn. 2478 del 18/03/1988, 5233 del 26/05/1998, e 3873 del 26/02/2004 in applicazione delle norme generali del Codice Civile (articolo 2043) ha progressivamente stabilito il principio che il risarcimento rappresenta il minimo garantito obbligatorio per la tutela di qualsiasi diritto individuale violato in ragione di un interesse pubblico tutelato dalla Costituzione. È il caso, tra gli altri, dell’esecuzione di un atto giudiziario (articolo 24 della Costituzione, relativo al ricorso alla giustizia per la difesa dei diritti) , poiché la possibilità di adire le vie legali si estende anche all’esecuzione di una ordinanza irrevocabile e vincolante (in conformità con la giurisprudenza della Corte europea).
Una volta accettato, nel 1988, il principio, la Corte di cassazione lo ha progressivamente affinato e applicato, definendo gli obblighi dell’amministrazione in materia di risarcimenti. In particolare ha sovvertito l’onere della prova, per cui ora spetta alla pubblica amministrazione, e non più al proprietario ricorrente, dimostrare l’impossibilità di fare intervenire le forze dell’ordine per imporre l’esecuzione di un’ordinanza del giudice. Tale impossibilità deve essere valutata con estremo rigore. La Corte di Cassazione ha, inoltre, specificato che la responsabilità dell’amministrazione non può venire meno tranne che in circostanze eccezionali o imprevedibili.
(b) la legge Pinto (L. n. 89 del 2001) prevede un giusto indennizzo nei casi di procedimenti giudiziari eccessivamente lunghi in violazione dell’articolo 6§1 della Convenzione. La Corte di cassazione nelle sue sentenze nn.11046, e 14885 del 2002 ha sottolineato che la legge Pinto trova applicazione anche nei casi di mancata o ritardata esecuzione di un’ordinanza di sgombero. I tribunali italiani di prima istanza, effettivamente, hanno applicato la legge Pinto in casi di mancata esecuzione di un’ordinanza di sgombero (vedi p.es. il giudizio di irricevibilità della Corte europea nel caso Provedi contro Italia, 02/12/04).
http://www.assembly.coe.int/Main.asp?link=/Documents/WorkingDocs/Doc06/EDOC11020.htm#P5
CONSIGLIO D’EUROPA
ASSEMBLEA PARLAMENTARE
RISOLUZIONE N. 1516 (2006)*[30]
Attuazione delle Sentenze della Corte Europea dei diritti dell’uomo
1. L’Assemblea parlamentare sottolinea che il rispetto della Convenzione europea dei Diritti dell’Uomo (CEDU), che comprende il riconoscimento della giurisdizione obbligatoria della Corte europea dei diritti dell’uomo (Corte) e del carattere vincolante delle sue sentenze, è la chiave di volta dell’ordine pubblico europeo, che garantisce la pace, la democrazia e il buon governo in seno alla Grande Europa. E’ quindi essenziale che l’Assemblea si interessi da vicino ai differenti aspetti del sistema della CEDU e in particolare all’effettiva attuazione delle sentenze, da cui dipende l’autorità della Corte.
2. L’Assemblea nota che l’attuazione delle sentenze della Corte è un processo giuridico e politico complesso il cui fine è quello di porre rimedio alle violazioni constatate e di evitare che non si producano violazioni nuove o simili. Questa attuazione, condotta sotto la sorveglianza del Comitato di Ministri (CM), può essere facilitata attraverso una stretta collaborazione tra le istituzioni nazionali e le altre, ivi compresi l’Assemblea e i Parlamenti degli Stati membri.
3. Sebbene, in virtù dell’art. 46 CEDU (effetto obbligatorio ed esecuzione delle sentenze), sia il Comitato dei ministri a sorvegliare l’esecuzione delle sentenze, tuttavia l’Assemblea contribuisce sempre di più all’attuazione delle pronunce della Corte. Dal 2000, essa ha adottato cinque rapporti e risoluzioni, nonché quattro raccomandazioni specificamente dedicate all’esecuzione delle sentenze. Inoltre, essa ha regolarmente sollevato problemi di attuazione attraverso altri strumenti, in particolare attraverso le interrogazioni parlamentari orali e scritte. Molti casi complessi di attuazione sono stati risolti con l’aiuto dell’Assemblea, dei Parlamenti nazionali e delle Delegazioni parlamentari.
4. Tenuto conto della decisione adottata in occasione del summit del Consiglio d’Europa del maggio 2005, secondo la quale tutti gli Stati membri devono eseguire più rapidamente e completamente le sentenze della Corte, tenuto inoltre conto della Dichiarazione del 19 maggio 2006 del Comitato dei Ministri che indica che l’Assemblea parlamentare sarà associata alla redazione di una raccomandazione in merito agli strumenti più efficaci da azionare a livello interno per una rapida attuazione delle decisioni della Corte, l’Assemblea ritiene che sia suo compito indagare ulteriormente con riferimento ai principali problemi di non esecuzione delle sentenze della Corte.
5. La Commissione delle questioni giuridiche e dei diritti dell’uomo dell’Assemblea ha pertanto adottato un approccio più proattivoe ha dato la priorità all’esame dei maggiori problemi strutturali riguardanti affari nei quali l’esecuzione della sentenza ha raggiunto un ritardo inaccettabile, cosa che al momento riguarda cinque Stati membri: l’Italia, la Federazione Russa, la Turchia, l’Ucraina e il Regno Unito. Il relatore si è recato in questi Paesi per esaminare con le autorità nazionali i motivi della non esecuzione di sentenze e per sottolineare l’urgente necessità di trovare soluzioni ai problemi constatati. Una attenzione particolare è stata prestata al miglioramento dei meccanismi interni che favoriscono l’esecuzione delle sentenze della Corte.
6. In altri otto Stati Membri – Bulgaria, Francia, Germania, Grecia, Lettonia, Moldova, Polonia e Romania – i motivi della non esecuzione delle sentenze e gli strumenti per regolare le questioni sospese sono stati esaminati attraverso scambi di documentazione con le delegazioni nazionali all’Assemblea parlamentare.
7. L’Assemblea accoglie positivamente gli sforzi con i quali la maggioranza dei tredici Stati Membri interessati e le loro delegazioni parlamentari nazionali collaborano con la Commissione delle questioni giuridiche e dei diritti dell’uomo. Tuttavia deplora l’insufficienza delle risposte di alcune delle delegazioni parlamentari (per esempio la Francia e l’Ucraina) alle domande di informazioni scritte.
8. Vi sono in particolare tre Stati membri che meritano degli elogi per i loro tentativi diretti a disciplinare specifici problemi di attuazione migliorando i meccanismi interni:
8.1. l’ Italia, che, adottando la legge Azzolini del 2006, ha creato il fondamento giuridico di una procedura speciale di supervisione dell’esecuzione delle sentenze da parte del Governo e del Parlamento;
8.2. l’ Ucraina, che, nel 2006, ha adottato una legge che prevede un meccanismo di coordinamento, posto sotto la supervisione dell’agente del Governo presso la Corte, destinato a garantire l’adeguata attuazione delle sentenze della Corte;
8.3 il Regno Unito, che ha introdotto nel marzo 2006 una nuova prassi consistente in periodici rapporti sull’esecuzione delle sentenze della Corte presentati dalla Commissione mista sui diritti dell’uomo del Parlamento britannico.
9. Con riferimento ai problemi di attuazione affrontati dall’Assemblea, risultano particolarmente decisivi i progressi realizzati nei seguenti affari:
9.1. SlivenKo c. Lettonia, causa in cui i diritti dei ricorrenti a risiedere permanentemente in Lettonia sono stati recentemente ribaditi, in conformità alle richieste del Comitato dei ministri. La Lettonia ha quindi rimosso gli effetti del’espulsione dei ricorrenti in Russia, misura che la Corte aveva ritenuto contraria alla CEDU;
9.2. Broniowski c. Polonia, prima sentenza “pilota” della Corte, in seguito alla quale il Parlamento polacco ha adottato una nuova legge (in vigore dal 7 ottobre 2005), che disciplina la questione delle richieste di indennizzo relative a beni situati al di là del fiume Boug, in conformità alle indicazioni della Corte e ad una risoluzione interinale del Comitato dei ministri;
9.3. Dogan c. Turchia, sentenza che solleva anch’essa un importante problema strutturale: in seguito a questa pronuncia, la Turchia ha adottato una nuova legge in materia di indennizzo che costituisce, per tutte le persone trasferite all’interno del paese, un ricorso interno effettivo che permette loro di ottenere una riparazione per la distruzione dei loro beni (senza pregiudizio del loro diritto al ritorno).
10. Al contempo, l’Assemblea è vivamente preoccupata per la persistenza di grosse carenze strutturali, che causano numerose constatazioni di violazioni ripetitive della CEDU e rappresentano una grave minaccia per il principio della preminenza del diritto nei Paesi interessati. I problemi sono i seguenti:
10.1. la durata eccessiva dei processi in Italia (risoluzione interinale ResDH (2005) 114 del CM), che rende anche non effettiva la protezione di un’ampia gamma di altri diritti sostanziali;
10.2. le più rilevanti carenze che riguardano l’organizzazione giudiziaria e le procedure nella Federazione Russa, di cui le più importanti sono:
10.2.1. l’insufficiente controllo giudiziario in materia di detenzione provvisoria che ne provoca la durata eccessiva, nonché il sovraffollamento dei centri di detenzione (Risoluzione interinale RESDH(2003)123 del CM);
10.2.2. la cronica non esecuzione delle decisioni giudiziarie nazionali emanate nei confronti dello Stato (CM/Inf(2006)19);
10.2.3. le violazioni del principio di certezza legale causate dall’annullamento massiccio di decisioni giudiziali definitive nell’ambito della procedura del nazdor[31](Risoluzione interinale RESDH(2006)1 del CM);
10.3. numerosi problemi strutturali di carattere similare in Ucraina aggravati da importanti interferenze sull’indipendenza del potere giudiziario (risoluzione interinale ResDH [2004] 14 del CM).
11. L’Assemblea deplora inoltre che i seguenti importanti problemi di attuazione, che essa stessa e il Comitato dei Ministri hanno già sollevato più volte, non siano stati ancora risolti, cosa che fa perdurare la situazione di non rispetto delle sentenze della Corte:
11.1. In Italia, e, in una certa misura, in Turchia, la legge non prevede ancora la riapertura dei processi penali per i quali la Corte abbia constatato violazioni alla CEDU e questi due Stati non hanno adottato altre misure per ripristinare il diritto dei ricorrenti ad un equo processo malgrado le domande pressanti e ripetute del Comitato dei Ministri e dell’Assemblea (tra numerosi altri casi Dorigo c. Italia e Hulki Gunes c. Turchia);
11.2. nessun progresso è stato realizzato per ciò che riguarda la liberazione di due ricorrenti, ancora detenuti nella Repubblica molava di Transnistria (causa Ilascu ed altri, c. Moldova e Federazione Russa; ultima risoluzione interinale del CMDH (2006) 26); in particolare la Russia ha affermato di non avere alcuna influenza in Transnistria, affermazione che non può essere seriamente accettata;
11.3. la Grecia non ha presentato alcun progetto complessivo per risolvere il problema strutturale del sovraffollamento dei centri di detenzione (sentenza Dougoz e Peers, Risoluzione interinale RESDH(2005)2 della CM), che è stata di nuovo posta in evidenza in un’altra sentenza (Kaja c. Grecia del 27 luglio 2006);
11.4. L’Italia ha dato prova di una mancanza di progressi nella soluzione del problema strutturale delle espropriazioni indirette, prassi abusiva delle autorità locali – equivalente di fatto ad una confisca illegale – che costituisce un attentato ai diritti di proprietà dei ricorrenti ai sensi della CEDU;
11.5. la Romania non ha riportato alcun recente progresso nella riforma in corso della legislazione sulla sicurezza nazionale e su altri testi connessi, avviata in seguito all’emanazione della sentenza Rotare (Risoluzione interinale ResDH(2005)57 del CM.
12. L’Assemblea ribadisce che, se è ben comprensibile che gli Stati incontrino all’inizio obiettive difficoltà, ciò però non li esonera dall’obbligo di superare tali difficoltà e di risolvere senza ritardo i menzionati problemi al fine di rendere conformi gli ordinamenti nazionali alla CEDU. Il fatto che queste situazioni di non rispetto siano perduranti compromette l’efficacia del meccanismo della CEDU e dovrebbe essere considerato come un’inadempimento degli Stati ai sensi della CEDU e dello Statuto del Consiglio d’Europa.
13. L’Assemblea accorda una attenzione particolare all’attuazione da parte della Federazione Russa, della Turchia e del Regno Unito delle sentenze riguardanti gli abusi commessi dalle forze di sicurezza e/o l’assenza di una inchiesta effettiva su tali abusi. Inoltre accoglie positivamente i progressi che la Turchia e il Regno Unito hanno raggiunto nel disciplinare i problemi strutturali sottostanti, così come la volontà delle autorità russe di fare altrettanto, volontà di cui è testimone la prima parte del piano di azione che tali autorità hanno presentato al Comitato dei Ministri. L’Assemblea incoraggia le autorità russe a trarre partito dall’esperienza di altri Stati e ad attuare nel più breve termine le sentenze riguardanti l’azione delle forze di sicurezza, in particolare nella Repubblica Cecena.
14. Inoltre, l’Assemblea pone l’accento sul fatto che spetta a tutti gli Stati contro i quali le sentenze richiamate al paragrafo 13 sono state rese, rimediare alle precise lacune che la Corte ha constatato in materia di inchieste interne, affinché i ricorrenti possano ottenere una riparazione effettiva. Nessuno dei tre Stati in questione è ancora giunto a risultati concludenti sotto questo aspetto.
15. La questione del rispetto da parte della Turchia delle sentenze della Corte in diversi ambiti è oggetto di un’attenzione particolare da parte dell’Assemblea (vedere le Risoluzioni 1297 (2002) e 1831 (2004), nonché la Raccomandazione 1576 (2002)); in generale, i progressi ad oggi registrati sono molto incoraggianti. Numerosi problemi posti in evidenza dalla Corte sono stati risolti, ma la soluzione di quelli che perdurano richiede sforzo ulteriore. La Turchia dovrebbe in particolare impegnarsi a meglio prevenire la violazione di violazioni del diritto alla libertà di espressione, poiché non è sempre sicuro che le autorità nazionali interpretino le nuove disposizioni in conformità alla CEDU.
16. Inoltre, la Turchia è tuttora obbligata al pieno rispetto delle sentenze della Corte relative alla questione delle persone scomparse a Cipro, sospesa ormai da lungo tempo, nonché ad una serie di violazioni dei diritti dei Ciprioti greci dell’enclave. La questione dei beni delle persone scomparse è anch’essa oggetto di preoccupazione. L’Assemblea annette un’importanza particolare alle misure già adottate o che ancora devono esserlo a seguito di sentenza della Corte di Strasburgo; tali misure dovrebbero, in effetti, apprtare un contributo tangibile alla complessiva sistemazione della questione cipriota.
17. Risulta da una valutazione globale da parte dell’Assemblea che i casi in cui gli Stati convenuti tardano ad eseguire le sentenze della Corte o le attuano imperfettamente, debbono essere oggetto di una più ampia visibilità politica, sia nell’ambito del Consiglio d’Europa che nei Paesi membri. Di conseguenza, l’Assemblea ritiene che dovrebbe rimanere investita di tale questione per garantire un seguito parlamentare costante e rigoroso dell’attuazione delle sentenze sia a livello europeo che nazionale. Le prime iniziative adottate in questo senso da alcuni parlamenti nazionali sono incoraggianti, ma resta molto da fare.
18. Una delle principali ragioni di difficoltà di esecuzione delle decisioni della Corte di Strasburgo è l’assenza di procedure e di meccanismi interni effettivi che permettano l’applicazione rapida delle misure richieste, che spesso necessitano una azione coordinata di più autorità nazionali. Non è raro che, negli Stati membri, i responsabili ignorino le esigenze derivanti dall’esecuzione di sentenze sottolineate dal Comitato dei Ministri, o non dispongano delle necessarie procedure interne per una azione concertata efficace.
19. Bisognerebbe quindi modificare i metodi e le procedure del Comitato dei Ministri e degli Stati membri per garantire la comunicazione immediate delle informazioni a tutti i responsabili nazionali interessati e la loro partecipazione alla fase di esecuzione, se necessario con l’aiuto del Consiglio d’Europa.
20. L’Assemblea nota con interesse il fatto che nel Piano d’azione del summit del 2005 la Banca di sviluppo del Consiglio d’Europa sia stata invitata a facilitare, attraverso i suoi mezzi di intervento, l’attuazione di politiche negli ambiti ricoperti dalla CEDU. L’Assemblea incoraggia vivamente la Banca dello sviluppo e gli Stati interessati a usare questa possibilità quando ciò possa consentire la rapida esecuzione delle sentenze che rivelano importanti problemi strutturali.
21. L’Assemblea prende ugualmente nota, con interesse, della recente instaurazione della procedura di “sentenze pilota”, procedura messa in atto dalla Corte per trattare problemi strutturali. Essa tuttavia osserva con una certa inquietudine che questa procedura è applicata a problemi strutturali complessi sulla base di una sola causa che non mette forse in evidenza tutti gli aspetti del problema esaminato. In questo caso la procedura pilota non può consentire una valutazione completa del problema stesso e, restando “congelati” tutte le altre cause simili, rischia di ritardare la piena attuazione della CEDU invece che accelerarla. L’Assemblea constata anche che l’efficacia della procedura pilota non può essere garantita se il Comitato dei Ministri non adempie attivamente il suo compito di stabilire se le misure di esecuzione adottate dagli Stati convenuti sono adeguate e sufficienti.
22. Tenuto conto di quanto sopra, l’Assemblea:
22.1. Invita tutti i parlamenti nazionali ad instaurare meccanismi e procedure per garantire un controllo parlamentare effettivo dell’esecuzione delle sentenze della Corte fondato su periodici rapporti dei ministeri competenti;
22.2. Chiede agli Stati membri di creare, con strumenti legislativi o di altro tipo, meccanismi interni che permettano la rapida esecuzione delle sentenze della Corte e di fare in modo che un organo con poteri decisionali situato al più alto livello politico nell’ambito del Governo possa assumere la piena responsabilità di tutti gli aspetti del processo nazionale di attuazione e possa coordinarli;
22.3. Decide di verificare periodicamente se questi meccanismi sono stati effettivamente adottati dagli Stati membri e, in caso affermativo, se sono efficaci;
22.4. Chiede con urgenza ai Governi dei tredici Stati interessati di risolvere senza ritardo i problemi di attuazione rilevati nel rapporto della Commissione delle questioni giuridiche e dei diritti dell’uomo;
22.5. Chiede in particolare ai Governi della Grecia, dell’Italia, della Romania, della Federazione Russa, della Turchia, del Regno Unito e dell’Ucraina di porre al vertice delle priorità politiche la disciplina dei problemi di esecuzione di particolare importanza menzionati nella presente risoluzione;
22.6. Invita le delegazioni parlamentari degli Stati in cui il relatore si è recato a presentare all’Assemblea, attraverso la Commissione delle questioni giuridiche dei diritti dell’uomo, nel termine di sei mesi, i risultati ottenuti in materia di disciplina dei problemi strutturali evidenziati nel rapporto, o prove dell’elaborazione di realistici piani d’azione che prevedano l’adozione delle misure richieste;
22.7. Si riserva il diritto di utilizzare i mezzi di cui dispone, in particolare quelli previsti all’art. 8 del suo Regolamento (contestazione dei poteri di una delegazione nazionale), se lo Stato interessato continua a non adottare le misure richieste da sentenze della Corte o se il parlamento nazionale non esercita le pressioni necessarie sul governo affinché si conformi alla sentenza della Corte;
22.8. Decide di mantenere la questione al suo esame e accoglie con favore le recenti proposte del Comitato dei Ministri di rinforzare gli scambi di informazione con l’Assemblea e di associare l’Assemblea stessa nell’elaborazione di una raccomandazione agli Stati membri sugli strumenti da mettere in opera a livello interno per una rapida esecuzione delle sentenze della Corte;
22.9. In vista dell’imperativa esigenza che gli Stati membri accelerino l’attuazione delle sentenze della Corte e le rispettino pienamente, decide di continuare un regolare monitoraggio della situazione e invita la Commissione delle questioni giuridiche e dei diritti dell’uomo a riferire all’Assemblea quando lo riterrà necessario.
Sintesi delle pronunce 2004 – 2006[32] della Corte europea
dei diritti dell’uomo in materia di sfratti
(a cura dell’Avvocatura, nell’ambito dell’attività di Osservatorio permanente delle sentenze della Corte europea dei diritti dell’uomo)
2.1 Sentenze 2004
Fatto: ricorsi proposti per violazione dell’art. 1 Prot. 1 (protezione della proprietà) e dell’art. 6 CEDU (diritto ad un equo processo) in relazione ai procedimenti avviati dai proprietari per ottenere il rilascio di quattro immobili da parte dei conduttori. I menzionati procedimenti erano iniziati nel 1987 e i proprietari erano rientrati nel possesso degli immobili il 3 giugno 2001.
Decisione: la Corte ha disposto la cancellazione delle cause dal ruolo considerato che:
· i ricorrenti e lo Stato italiano sono pervenuti ad un regolamento amichevole delle controversie, nel rispetto e ai sensi delle disposizioni degli artt. 37 e 39 CEDU e della disp. 62 delle Norme della Corte;
· la natura e l’ambito delle obbligazioni sorte in capo allo Stato italiano sono già stati stabiliti in precedenti pronunce (nella materia fa stato la sentenza Immobiliare Saffi c/Italia del 28 luglio 1999) emanate in materia analoga e la verifica della loro esecuzione è all’esame del Comitato dei Ministri.
Fatto: ricorso proposto per violazione dell’art. 1 Prot. 1 (protezione della proprietà) e dell’art. 6 CEDU (diritto ad un equo processo sotto il profilo della ragionevole durata del procedimento) in relazione a procedimenti di rilascio di cinque immobili. Tali procedimenti, iniziati nel 1992, erano terminati tra il 1999 e il 2000 e solo poco prima della loro conclusione la proprietaria aveva ripreso possesso degli immobili, dopo numerosi ed infruttuosi tentativi effettuati dall’ufficiale giudiziario in assenza di intervento della forza pubblica.
Decisione: ai fini della pronuncia la Corte ha preliminarmente esaminato la legislazione nazionale in materia di locazioni, dalle disposizioni dell’art. 1591 c.c., alle leggi n. 392 del 1978, c.d. di equo canone, n. 431 del 1998, di liberalizzazione del settore e ai numerosi provvedimenti di proroga degli sfratti. La Corte ha altresì preso atto della giurisprudenza costituzionale in materia, con speciale riferimento alla sentenza della Corte costituzionale n. 482 del 2000. Ha, inoltre, ritenuto meritevole di considerazione il rilievo del Governo italiano in merito all’ esigenza di evitare tensioni sociali e turbative dell’ordine pubblico conseguenti all’ esecuzione contemporanea di numerosi provvedimenti di sfratto. La Corte ha quindi ricordato[33] che le disposizioni dell’art. 1 del Protocollo n. 1 mirano al raggiungimento di un equo compromesso tra le esigenze di tutela dell’interesse pubblico e le istanze di protezione dei diritti individuali fondamentali; vi è, perciò, una relazione di proporzionalità tra i mezzi impiegati e lo scopo perseguito e lo Stato gode di un ampio margine di discrezionalità sia nella scelta degli strumenti di attuazione dei provvedimenti, sia nell’accertare se le conseguenze dell’attuazione si giustificano nella prospettiva dell’interesse pubblico all’attuazione della legge. Pertanto, le scelte legislative nazionali in merito all’interesse pubblico da perseguire devono essere tenute in considerazione, a meno che non siano manifestamente prive di ragionevole fondamento. La Corte ha quindi considerato che, in linea di principio, il sistema italiano di scaglionamento dell’attuazione degli sfratti non è di per sé suscettibile di critica, avendo in particolare riguardo ai margini di apprezzamento consentiti a livello nazionale dal secondo paragrafo dell’art. 1 del Protocollo n. 1. Tuttavia, è insito in tale sistema il rischio di porre a carico dei locatori un eccessivo peso dal punto di vista della facoltà di disporre della proprietà e occorre, conseguentemente, approntare garanzie procedurali di salvaguardia per evitare conseguenze arbitrarie ed imprevedibili sul diritto di proprietà dei locatori.
Con riferimento all’art. 6 CEDU, la Corte ha osservato che il diritto alla tutela giurisdizionale di cui al citato articolo comprende anche il diritto all’attuazione dei provvedimenti giurisdizionali divenuti definitivi, attuazione che non può essere indebitamente ritardata. Tuttavia, una sospensione nell’esecuzione dei provvedimenti può essere giustificata, in circostanze eccezionali, per consentire una soluzione soddisfacente dei problemi di ordine pubblico.
Sulla base di quanto esposto, per uno dei cinque procedimenti di sfratto - preso atto del fatto che la ricorrente non era stata in grado di indicare esattamente la data di reimmissione nel possesso e che le limitazioni al godimento della proprietà si erano presumibilmente protratte per un periodo di tempo compreso tra i tre e i quattro anni dopo il primo tentativo dell’ufficiale giudiziario - la Corte ha ritenuto non esservi stata violazione dell’art. 1 del Protocollo n. 1. Né ha riscontrato la violazione dell’art. 6 CEDU, poiché il periodo sopra indicato non sarebbe stato tale da privare il provvedimento di sfratto di ogni utile effetto o di sminuirne la portata, anche considerati i problemi di ordine pubblico che lo Stato italiano aveva dovuto fronteggiare in materia di locazioni.
Per gli altri quattro procedimenti di sfratto, la Corte - rilevata nella fattispecie in esame la violazione del disposto degli artt. 1 del Prot. n. 1 e 6 della CEDU - ha pronunciato, in via equitativa in applicazione dell’art. 41 CEDU, sentenza di condanna dello Stato italiano al pagamento in favore della ricorrente:
• di 6.000 euro a titolo di risarcimento dei danni pecuniari;
• di 3.000 euro a titolo di risarcimento dei danni non pecuniari,
• di 5.800 euro per costi e spese di giudizio con riferimento al procedimento nazionale e di 2.000 euro per costi e spese di giudizio per il procedimento avanti la Corte.
• degli interessi da calcolare con riferimento al tasso marginale di prestito della BCE, con l’aggiunta di tre punti percentuali.
Fatto: ricorso proposto per violazione dell’art. 1 Prot. 1 (protezione della proprietà) e dell’art. 6 CEDU (diritto ad un equo processo sotto il profilo della ragionevole durata del procedimento) in relazione al procedimento avviato dalla proprietaria per ottenere il rilascio di un immobile da parte del conduttore. Il suddetto procedimento era iniziato nel 1988 e la proprietaria era rientrata nel possesso dell’ immobile il 1° settembre 2000.
Decisione: la Corte ha disposto la cancellazione delle cause dal ruolo avendo considerato che:
• la ricorrente e lo Stato italiano sono pervenuti ad un regolamento amichevole della controversia, ai sensi degli artt. 37 e 39 CEDU e nel rispetto della disp. 62 delle Norme della Corte.;
• la natura e l’ambito delle obbligazioni sorte in capo allo Stato italiano sono già stati stabiliti in precedenti pronunce (nella materia fa stato la sentenza Immobiliare Saffi c Italia del 28 luglio 1999 emanate in materia analoga e la verifica della loro esecuzione è all’esame del Comitato dei Ministri;
Fatto: ricorso proposto per violazione dell’art. 1 Prot. 1 (protezione della proprietà) e dell’art. 6 CEDU (diritto ad un equo processo, sotto il profilo della ragionevole durata del procedimento) in relazione al procedimento avviato dal proprietario per ottenere il rilascio di un immobile da parte del conduttore. Il suddetto procedimento era iniziato nel 1984 e il proprietario era rientrato nel possesso dell’immobile il 30 aprile 2002.
Decisione: la Corte, sulla scorta di argomentazioni analoghe a quelle svolte nella sentenza emanata nella causa Sorrentino Prota c/Italia (v. supra) ha rilevato la violazione del disposto degli artt. 1 del Prot. n. 1 e 6 della CEDU e, decidendo in via equitativa ai sensi dell’art. 41 CEDU, ha condannato lo Stato italiano al pagamento, in favore del ricorrente:
• di 3.000 euro a titolo di risarcimento dei danni non pecuniari, non pronunciandosi sui danni pecuniari in quanto la relativa richiesta non era stata avanzata in conformità alle prescrizioni di cui all’art. 60 delle Norme della Corte;
• di 4.500 euro per costi e spese di giudizio;
• degli interessi da calcolare con riferimento al tasso marginale di prestito della BCE, con l’aggiunta di tre punti percentuali.
Fatto: ricorso proposto per violazione dell’art. 1 del Prot. 1 (protezione della proprietà) e dell’art. 6 CEDU (diritto ad un equo processo, sotto il profilo della ragionevole durata), in relazione al procedimento per ottenere il rilascio di quattro immobili di loro proprietà da parte dei rispettivi conduttori. I suddetti procedimenti erano iniziati nel 1987 e i proprietari erano rientrati nel possesso degli immobili tra il 1998 e il 2002.
Decisione: previa disamina della legislazione e della giurisprudenza costituzionale italiana in materia di locazioni - dall’entrata in vigore della legge n. 392 del 1978, c.d. di equo canone, ispirata a criteri vincolistici, fino alla legge n. 431 del 1998, di liberalizzazione del settore, considerando anche i provvedimenti di proroga dell’esecuzione degli sfratti nonché le disposizioni dell’art. 1591 c.c. e le decisioni adottate in merito a tale articolo dalla Corte costituzionale italiana, con la sentenza n. 482 del 2000 - la Corte europea ha rilevato la violazione del disposto degli artt. 1 del Prot. n. 1 (protezione della proprietà) e 6 della CEDU (diritto ad un equo processo, sotto il profilo della ragionevole durata del procedimento) e, decidendo in via equitativa in applicazione dell’art. 41 CEDU, ha condannato lo Stato italiano al pagamento, in favore dei ricorrenti:
• dei danni pecuniari, da liquidare nella misura corrispondente alla differenza tra il reale valore di mercato degli affitti e le somme effettivamente versate dai conduttori;
• di 3.000 euro per ciascuno dei proprietari per danni non pecuniari;
• di 1.700 euro per ciascuno dei proprietari costi e spese di giudizio;
• degli interessi, da calcolare con riferimento al tasso marginale di prestito della BCE, con l’aggiunta di tre punti percentuali.
La Corte europea dei diritti dell’uomo ha ribadito i medesimi principi di diritto enunciati nel precedente caso Fossi e Mignolli c/ Italia, sia pure statuendo diversamente in ordine alla quantificazione pecuniaria dei danni subiti dai proprietari degli immobili locati con le seguenti pronunce:
Fatto: ricorso proposto per violazione dell’art. 6 CEDU (diritto a un equo processo, sotto il profilo della ragionevole durata), in relazione al procedimento diretto ad ottenere il rilascio di un immobile, in carenza di assistenza della forza pubblica e per violazione dei diritti alla vita privata coniugale (conseguente alla necessità di convivere con altro familiare nel periodo di mancata disponibilità dell’immobile di proprietà).
Decisione: la Corte ha cancellato la causa dal ruolo avendo preso atto delle obbligazioni a carico dello Stato italiano nonché dell’intervenuto regolamento amichevole tra le parti ai sensi dell’articolo 39 della Convenzione (conseguente al versamento di una somma da parte del Governo italiano ai ricorrenti, a titolo di risarcimento materiale e morale, nonché per le spese di giudizio).
Fatto: ricorso proposto per violazione dell’art. 6 CEDU (diritto a un equo processo, sotto il profilo della ragionevole durata), in relazione al procedimento diretto ad ottenere il rilascio di un immobile. Il suddetto procedimento era iniziato nel 1983 e la proprietaria era rientrata nel possesso dell’ immobile il 5 ottobre 2000.
Decisione: la Corte ha disposto la cancellazione delle cause dal ruolo avendo considerato che:
• la ricorrente e lo Stato italiano sono pervenuti ad un regolamento amichevole della controversia, ai sensi degli artt. 37 e 39 CEDU e della disp. 62 delle Norme della Corte;
• la natura e l’ambito delle obbligazioni sorte in capo allo Stato italiano sono già stati stabiliti in precedenti pronunce (nella materia fa stato la sentenza Immobiliare Saffi c. Italia 28 luglio 1999) emanate in materia analoga e la verifica della loro esecuzione è all’esame del Comitato dei Ministri;
Fatto: ricorso proposto per violazione dell’art. 1 del Prot. 1 (protezione della proprietà) e dell’art. 6 CEDU (diritto ad un equo processo, sotto il profilo della ragionevole durata), in relazione al procedimento per ottenere il rilascio di un immobile, rilascio effettuato da parte del conduttore, dopo 7 anni e 7 mesi dal primo tentativo di sfratto e senza assistenza della forza pubblica più volte invocata.
Decisione. Nella preliminare ricognizione del diritto interno di riferimento la Corte ha analizzato la legislazione italiana in materia di locazioni ed in particolare l’art. 1591 del codice civile e l’art. 6 della legge n. 61 del 1989[35] che ha posto un limite all’indennizzo previsto dal citato articolo del codice civile. Dopo aver ricordato la giurisprudenza costituzionale in materia, giurisprudenza che ha ritenuto la legittimità costituzionale delle proroghe, delle sospensioni e degli scaglionamenti degli sfratti in considerazione del loro carattere transitorio e limitato,[36]nonché la legittimità costituzionale della limitazione dell’indennizzo in favore del proprietario, in quanto stabilita nell’ambito di una legislazione di tipo eccezionale[37], la Corte europea si è soffermata sulla giurisprudenza della Corte di cassazione sull’art. 1591 del codice civile, in particolare sulla prova del danno, nonché sulla questione dell’assistenza della forza pubblica. In merito alla prova del danno, la giurisprudenza prevalente della Suprema Corte italiana è nel senso di ritenere necessaria la prova da parte del locatore, risultando circoscritta la limitazione dell’indennizzo per il proprietario solo per i periodi di sospensione degli sfratti stabilita dalla legge; inoltre, con la sentenza n. 10560 del 2002, la Corte di cassazione ha stabilito il principio per cui la messa in mora del conduttore sussiste, indipendentemente dalla data stabilita dal giudice per l’esecuzione forzata, dalla scadenza del contratto quale emerge nell’ambito del giudizio. Sul punto dell’assistenza della forza pubblica, la Corte europea ha ricordato la sentenza n. 3873 del 2004 della Corte di cassazione, che, sulla base di una ricognizione di precedenti pronunce - con le quali era stato già affermato il diritto del proprietario, che dispone di un titolo giudiziario esecutivo, di ottenere l’ausilio della forza pubblica per eseguire la decisione a lui favorevole - ha stabilito che spetta all’autorità competente dimostrare l’impossibilità di prestare l’ausilio della forza pubblica e che tale impossibilità non esclude la responsabilità dell’amministrazione, salva la sopravvenienza di esigenze straordinarie e non prevedibili. In questo contesto, eventuali situazioni di crisi permanente, come quelle che possono riguardare la giustizia o l’amministrazione, non escludono la responsabilità per i danni causati agli individui, ma, al contrario possono esserne l’origine. In particolare, la “crisi” della giustizia non ha impedito che lo Stato sia condannato più volte dalla Corte europea per la durata eccessiva delle procedure giudiziarie e non impedisce che lo sia da parte dei giudici nazionali ai sensi della legge n. 89 del 2001.
La Corte europea ha quindi respinto, in via preliminare, l’osservazione avanzata dal Governo - secondo la quale, poiché la sospensione degli sfratti non esclude la responsabilità del conduttore per i danni da rilascio tardivo e il ricorrente non aveva adito il giudice nazionale invocando l’art. 1591 del codice civile, il danno da questi risentito non poteva essere imputato allo Stato – ritenendola preclusa; infatti, costituendo un’eccezione avente ad oggetto il non esaurimento delle vie di ricorso interne, doveva essere presentata, ad avviso della Corte europea, in fase di ricevibilità.
Pertanto, constatato che il ricorrente aveva dovuto attendere oltre sette anni dal primo tentativo di espulsione da parte dell’ufficiale giudiziario prima di rientrare in possesso dell’appartamento, la Corte ha rilevato la violazione dell’art. 1 del Prot. n. 1 e dell’art. 6 della CEDU, affermando però che “la violazione del diritto del ricorrente al rispetto dei propri beni è prima di tutto la conseguenza del comportamento illegale del conduttore”. Perciò, la violazione dell’articolo 6 CEDU “da parte dello Stato è di ordine procedurale e successivo al comportamento del conduttore”. Conseguentemente, quanto ai danni materiali, la Corte ha constatato che le disposizioni contenute nell’art. 1591 del codice civile consentono di cancellare le conseguenze materiali della violazione e, quindi, ha rigettato la domanda di equa soddisfazione. Quanto ai danni morali, ritenendo che il ricorrente avesse subito un torto morale certo, ha accordato, decidendo in equità, la somma di € 3000, nonché 700 euro per spese di procedimento a livello nazionale.
Sentenze 2005
Causa Lo Tufo c. Italia – (ricorso n. 64663/01 )- sentenza 21 aprile 2005.
Fatto. Ricorso proposto per violazione dell’art. 6 CEDU (diritto ad un processo equo) e dell’art. 1 del Prot. n. 1 (protezione della proprietà) in relazione al procedimento intentato dalle proprietarie di un appartamento, acquistato dalle medesime già occupato, per ottenerne il rilascio da parte del conduttore. Il procedimento era iniziato nel 1990 e, nel corso del medesimo, una delle ricorrenti aveva dichiarato l’esigenza di utilizzare per sé l’appartamento. Concluso il procedimento di rilascio in favore delle ricorrenti, dopo sedici tentativi dell’ufficiale giudiziario di espulsione del conduttore, effettuati in mancanza di assistenza della forza pubblica, il conduttore stesso aveva chiesto e ottenuto la sospensione della procedura di sfratto ai sensi dell’art. 6 della legge n. 431 del 1998 e, nel 2000, aveva spontaneamente lasciato l’appartamento. Con il ricorso alla Corte europea, le proprietarie avevano chiesto il risarcimento di danni materiali per una somma pari al totale delle seguenti voci: differenza tra un affitto a prezzo di mercato e quello versato dal conduttore per un periodo di 72 mesi; spese sopportate da una delle proprietarie per reperire altri alloggi; spese di restauro dell’appartamento dopo la restituzione, effettuate per rimediare al degrado in cui l’appartamento stesso era stato lasciato dal conduttore.
Decisione. La sentenza reca una ricognizione del diritto e della giurisprudenza nazionali in materia di locazioni analoga a quella contenuta nella sentenza Mascolo del 16 dicembre 2004,[38] Anche in questo arresto, come nella citata sentenza Mascolo, la Corte ha respinto, in via preliminare, l’osservazione avanzata dal Governo italiano - secondo la quale, poiché la sospensione degli sfratti non esclude la responsabilità del conduttore per i danni da rilascio tardivo e le ricorrenti non avevano adito il giudice nazionale invocando l’art. 1591 del codice civile, il danno da queste risentito non poteva essere imputato allo Stato - ritenendo che, avendo ad oggetto tale eccezione il non esaurimento delle vie di ricorso interne e non essendo stata presentata in fase di ricevibilità, dovesse ritenersi ormai preclusa.
Pertanto, constatato che le ricorrenti avevano dovuto attendere circa cinque anni dal primo tentativo di espulsione da parte dell’ufficiale giudiziario prima di rientrare in possesso dell’appartamento, la Corte ha rilevato la violazione dell’art. 1 del Prot. n. 1 e dell’art. 6 della CEDU, affermando però – come nella precedente sentenza Mascolo, già citata - che “la violazione del diritto delle ricorrenti al rispetto del proprio bene è prima di tutto la conseguenza del comportamento illegale del conduttore”. Perciò, la violazione dell’articolo 6 CEDU “da parte dello Stato è di ordine procedurale e successivo al comportamento del conduttore”. Conseguentemente, quanto ai danni materiali, la Corte ha constatato che le disposizioni contenute nell’art. 1591 del codice civile consentono di cancellare le conseguenze materiali della violazione e, quindi, ha rigettato la domanda di equa soddisfazione. Quanto ai danni morali, ritenendo che le ricorrenti avessero subito un torto morale certo, ha accordato ad ognuna, decidendo secondo equità, la somma di € 5000.
Ai sensi dell’articolo 45 CEDU alla sentenza è allegata l’opinione concordante del giudice Spielmann, alla quale aderisce il giudice Loucaides, che ha ritenuto che la motivazione della sentenza Lo Tufo sollevi una questione di interpretazione dell’articolo 41 CEDU, di rilievo tale da richiedere che ne fosse investita la Grande Camera. Secondo tale opinione, il principio sotteso alla concessione di un’equa soddisfazione è quello di porre il ricorrente in una situazione equivalente a quella in cui si troverebbe in assenza di violazioni della Convenzione e i danni di cui la Corte dispone il risarcimento devono conseguire alle violazioni stesse, poiché uno Stato non potrebbe essere chiamato a rispondere di danni di cui non è responsabile. Perciò, non viene condivisa la motivazione della sentenza nella parte in cui si afferma che “la violazione del diritto delle ricorrenti al rispetto del proprio bene è prima di tutto la conseguenza del comportamento illegale del conduttore” poiché, con tale affermazione, la Corte riconoscerebbe che la violazione non è esclusivamente conseguenza di quel comportamento. Inoltre, non è condivisa la motivazione nella parte in cui si considera la violazione dell’articolo 6 CEDU da parte dello Stato di ordine procedurale e successiva al comportamento del conduttore, poiché proprio la non esecuzione dell’ordinanza di espulsione avrebbe consentito al conduttore di restare nell’appartamento. Perciò la violazione dell’articolo 6 della CEDU da parte dello Stato è du moins in parte anteriore e perfino parallela alla condotta del conduttore; quindi, quest’ultimo e lo Stato sono solidalmente responsabili del pregiudizio causato, con la conseguenza che le ricorrenti hanno la possibilità di scegliere se agire contro lo Stato o contro il conduttore, in quest’ultimo caso con un processo in base all’art. 1591 del codice civile che rischia di concludersi in tempi lunghi potendo implicare tre gradi di giudizio. D’altronde, nella misura in cui l’esecuzione di una sentenza è parte del “processo” ai sensi dell’articolo 6 CEDU la medesima esecuzione non può considerarsi un’obbligazione accessoria dello Stato. Secondo il giudice Spielmann, l’articolo 1591 del codice civile non avrebbe dovuto costituire un limite all’esame di merito della causa, risultando, inoltre, contraddittorio l’aver dapprima respinto l’eccezione del non esaurimento delle vie di ricorso interne avanzata dal Governo in base all’articolo 1591 del codice civile e poi l’aver ritenuto che tale articolo offra uno strumento di ricorso adeguato. La motivazione della sentenza sarebbe, quindi, ad avviso del giudice Spielmann, in contraddizione con la consolidata interpretazione dell’art. 41 CEDU che si ricava dalla giurisprudenza della Corte[39], secondo la quale, inoltre, il carattere adeguato di un ricorso dipende anche dal livello dell’indennizzo che con esso si può ottenere.
Causa Stornelli e Sacchi c. Italia – (ricorso n. 68706/01) - sentenza 28 luglio 2005.
Fatto. Ricorso proposto per violazione dell’art. 1 del Prot. 1 (protezione della proprietà) e dell’art. 6 CEDU (diritto ad un equo processo, sotto il profilo della ragionevole durata), in relazione ad un procedimento per ottenere dal conduttore il rilascio di un immobile di proprietà dei ricorrenti. Il suddetto procedimento era iniziato il 21 novembre 1989 (a partire dall’8 marzo 1993, invece, erano cominciati i tentativi dell’Ufficiale giudiziario, non assistiti però dalla forza pubblica) ed era terminato il 14 maggio 2001 (data in cui il conduttore aveva spontaneamente lasciato l’appartamento locato).
Decisione. Dopo aver ricordato – riferendosi per relationem alla causa Mascolo c. Italia – la legislazione e la giurisprudenza italiana in materia di sfratti, la Corte ha ritenuto che nel caso concreto vi sia stata violazione sia dell’art. 1 del Prot. 1 (protezione della proprietà) sia dell’art. 6 CEDU (diritto ad un equo processo, sotto il profilo della ragionevole durata), in quanto dal primo tentativo di sgombero effettuato dall’Ufficiale giudiziario (8 marzo 1993) fino all’effettivo rilascio dell’immobile (10 maggio 2001) erano trascorsi più di sette anni.
La Corte, tuttavia, ha reputato di non dover disporre il pagamento da parte dello Stato italiano dei danni pecuniari lamentati dai ricorrenti (differenza tra l’importo del canone di mercato e quanto invece effettivamente pagato negli anni dal conduttore) in quanto costoro hanno ancora la possibilità, secondo la legge italiana (art. 1591 c.c.), di pretendere dal locatario il maggior danno subito a seguito della (illecitamente) ritardata restituzione dell’immobile.
La Corte invece ha ritenuto di dover liquidare a favore di ciascuno dei ricorrenti i danni non pecuniari (€ 1.025) nonché quelli derivanti dalle spese di giudizio (€ 1000).
***
La Corte europea ha ribadito i medesimi principi di diritto sopra enunciati nelle seguenti controversie aventi ad oggetto la medesima contestazione: Molteni e Ghisi c. Italia (ric. n. 67911/01; sent. 28 luglio 2005); Giovanna Sciortino c. Italia (ric. n. 69834/01; sent. 28 luglio 2005); Gamberini Mongenet c. Italia (ric. n. 68707/01; sent. 28 luglio 2005); Cima c. Italia (ric. n. 55161/00; sent. 28 luglio 2005).
In analoghe procedure in cui veniva lamentata la violazione sia dell’art. 1 del Prot. 1 sia dell’art. 6 CEDU per l’eccessiva durata dei procedimenti di effettivo rilascio di immobili locati, la Corte ha convalidato le “composizioni amichevoli” raggiunte tra il Governo italiano ed i ricorrenti interessati, ai sensi dell’art. 39 della Convenzione. Si tratta dei casi: Brocco c. Italia (ric. n. 68074/01); Accardo c. Italia (ric. n. 62913/00); Papini c. Italia (ric. n. 69308/01); Del Duce c. Italia (ric. n. 65674/01).
Cause Quattrini c. Italia (ricorso n. 68189); Cecere Paolo c. Italia (ricorso n. 68344/01); Cecere Enrico c. Italia (ricorso n. 70585/01) – sentenze del 24 novembre 2005.
Le sentenze - pronunciate nell’ambito di procedimenti promossi sulla base della doglianza dell’eccessiva durata della procedura di espulsione di locatari e dell’impossibilità prolungata per i ricorrenti di entrare nella disponibilità dei propri appartamenti – hanno disposto la radiazione della causa dal ruolo in considerazione della composizione amichevole della controversia. Infatti, il Governo italiano ha offerto una somma (di € 11.711,10 per il primo ricorrente e di € 10.000 per ciascuno degli altri due ricorrenti a titolo di danni morali, materiali e spese legali) ai ricorrenti, che hanno accettato.
Causa Cecere Enrico c. Italia – (ricorso n. 70585/01) - sentenza 24 novembre 2005.
Fatto. Ricorso per violazione dell’articolo 1 del Protocollo addizionale n. 1 (protezione della proprietà). Nel 1990 i comproprietari di un immobile residenziale avevano informato il locatario dell’intenzione di interrompere il rapporto locativo per fine locazione al termine del contratto al 31/12/1991, invitandolo a liberare i locali per tale data. Nel dicembre 1990 il ricorrente era divenuto proprietario dell’immobile e intervenuto nell’intercorsa procedura di sfratto per finita locazione. Tra il 1991 e il 2000 l’Ufficiale giudiziario aveva proceduto a plurimi tentativi di dare esecuzione allo sfratto, resi vani dalla mancata assistenza della forza pubblica. Nel dicembre 2000 il ricorrente era entrato in possesso del suo immobile.
Decisione. La Corte ha preso atto dell’intervenuto accordo tra il ricorrente e il Governo italiano per il pagamento concordato di un risarcimento di € 10.000 e ha quindi cancellato la causa dal ruolo.
Cause Federici c. Italia n. 2 (ricorso n. 66327/01 e 66556/01); Frateschi c. Italia (ricorso n. 68008/01); Cuccaro Granatelli c. Italia (ricorso n. 19830/03) – sentenze dell’8 dicembre 2005.
Fatto. Ricorsi presentati per violazione dell’art. 6 CEDU (eccessiva durata del processo) e dell’art. 1 del Prot. n. 1 (protezione della proprietà) in relazione ai procedimenti di rilascio di appartamenti avviati in sede nazionale dai ricorrenti. Questi avevano censurato l’impossibilità prolungata di rientrare in possesso dei loro appartamenti per mancata assistenza della forza pubblica in sede di espulsione dei conduttori e avevano chiesto il risarcimento di danni materiali e morali nonché il pagamento delle spese legali.
Decisione. Nei casi Federici e Frateschi il Governo italiano ha avanzato l’eccezione del previo esaurimento delle vie di ricorso interne, avendo rilevato che i ricorrenti non avevano agito in sede nazionale per far valere il diritto al risarcimento del danno nei confronti del conduttore ai sensi dell’art. 1591 del codice civile. Tale osservazione non è stata accolta dalla Corte che ha ritenuto l’eccezione del previo esaurimento delle vie di ricorso interne riservata alla fase dell’ammissibilità. In tutti e tre i casi la Corte ha rilevato che le fattispecie concrete non si discostavano da quelle già esaminate nell’ambito della stessa materia e ha quindi constatato la violazione dell’art. 6 CEDU e dell’art. 1 del Prot. n. 1. Inoltre, facendo riferimento alle sentenze Mascolo del 2004 e Lo Tufo del 2005 (v. supra), ha constatato che il Governo non aveva formulato alcuna osservazione in merito alla possibilità – adombrata dalla giurisprudenza della Corte di cassazione italiana – di intentare un procedimento di risarcimento danni nei confronti dello Stato per mancata concessione dell’assistenza della forza pubblica in sede di espulsione del conduttore. La Corte ha altresì considerato che i ricorrenti avrebbero potuto agire in sede nazionale, ai sensi dell’art. 1591 del codice civile, nei confronti del conduttore per il risarcimento del danno materiale derivante dal comportamento illegale dello stesso locatario. La lesione del diritto dei ricorrenti al rispetto dei propri beni è prima di tutto, secondo la Corte, la conseguenza del comportamento illegale del locatario. Quindi la violazione dell’art. 6 CEDU, constatata dalla Corte e imputabile allo Stato, è di ordine procedurale e posteriore alla condotta del locatario. Conseguentemente, la Corte ha rigettato la domanda di risarcimento dei danni materiali poiché ha considerato che il diritto interno consente di eliminare le conseguenze dannose della violazione[40]. Sono stati quindi accordati: euro 8.000 per il danno morale e € 3.500 per spese legali nel caso Cuccaro Granatelli; euro 10.000 per il danno morale e € 2.000 per spese legali nel caso Frateschi; euro 12.000 per il danno morale e euro 5.000 per spese legali nel caso Federici.
Sentenze 2006[41]
Causa Mazzei c. Italia (ricorso n. 69502/01) - sentenza 6 aprile 2006.
Fatto. Ricorso proposto per violazione dell’art. 6 CEDU (diritto ad un processo equo) e dell’art. 1 del Prot. 1 ( protezione della proprietà) in relazione al procedimento intentato dai proprietari di un appartamento per ottenerne il rilascio da parte del conduttore. Il procedimento era iniziato nel 1986 e si era concluso in favore dei proprietari che, dopo ventidue tentativi di espulsione da parte dell’ufficiale giudiziario senza assistenza della forza pubblica, avevano recuperato l’appartamento nel 2000.
Decisione. Richiamate le precedenti sentenze emanate in materia, a partire da quella relativa al caso Immobiliare Saffi c Italia del 28 luglio 1999, la Corte ha proseguito nell'orientamento già adottato nella sentenza Mascolo c/Italia del 2004 e nella sentenza Lo Tufo c/Italia del 2005.
Infatti la Corte ha affermato la possibilità per i ricorrenti di avvalersi del rimedio offerto dall’ordinamento nazionale di cui all'art. 1591 del codice civile e ha ritenuto che la violazione della proprietà è prima di tutto conseguenza del comportamento illecito del conduttore, mentre la violazione del diritto alla durata ragionevole del processo è di natura procedurale e successivo al comportamento dello stesso conduttore.
Perciò, considerato che l'ordinamento italiano consente di eliminare le conseguenze materiali della violazione, la Corte ha rigettato la richiesta di equa riparazione per i danni materiali, concedendo a questo titolo solo il parziale ristoro delle spese per la procedura di esecuzione, limitatamente alle spese per il ritardo nell'espulsione.
Quindi a ciascun ricorrente sono stati concessi 320 euro per danni materiali, nonché 3000 euro ciascuno per danni morali e complessivi 2000 euro per spese di procedimento avanti la Corte.
Cause Ciucci c. Italia (ricorso n. 68345 /01), Magherini c. Italia (ricorso n. 69143/01) e Mosconi c. Italia ( ricorso n. 68011/01) – sentenze 1° giugno 2006.
Causa Federici Mario (ricorsi n. 67917/01, n. 688591) - sentenza 15 giugno 2006.
Fatto: Ricorsi presentati per violazione dell’art. 1 Prot. 1 (protezione della proprietà), nonché, per le cause Ciucci, Magherini e Federici, dell’art. 6 CEDU (diritto ad un equo processo, sotto il profilo della ragionevole durata), in relazione a procedimenti intentati in sede nazionale dai ricorrenti in titolo per ottenere il rilascio degli immobili di loro proprietà.
Tale rilascio è avvenuto, per la causa Ciucci, dopo circa nove anni e cinque mesi a decorrere dal primo tentativo posto in essere dall’ufficiale giudiziario; per la causa Magherini dopo circa otto anni e cinque mesi, dal primo tentativo posto in essere dall’ufficiale giudiziario; per la causa Mosconi, che riguarda due immobili, rispettivamente dopo oltre sette anni, a decorrere dal primo tentativo posto in essere dall’ufficiale giudiziario; per la causa Federici, che riguarda anch’essa due immobili, dopo circa sette e nove anni.
Nel caso Federici il rilascio degli immobili era avvenuto a seguito del versamento di somme da parte del ricorrente in favore del conduttore e, in considerazione di ciò il ricorrente affermava di non aver potuto adire la via giurisdizionale ai sensi dell’art. 1591 del codice civile.
In nessuno dei procedimenti menzionati era stato disposto l’intervento della forza pubblica.
Diritto. In via preliminare la Corte, nelle sentenze Ciucci e Magherini, ha respinto l’eccezione del Governo italiano relativa al non esaurimento da parte dei ricorrenti delle vie di ricorso interne, con riferimento al rimedio offerto dalla legge Pinto. Infatti - come nel caso cui si riferisce la decisione Mascolo del 16 ottobre 2003, le cui argomentazioni hanno trovato applicazione anche nei casi in esame in fase di valutazione dell’ammissibilità dei ricorsi – i ricorrenti non erano più in termine per avvalersi del rimedio interno, reso percorribile anche per i procedimenti di rilascio dalla sentenza della Corte di cassazione del 28 giugno 2004. Inoltre l’eccezione, proposta in fase di merito, non poteva rimettere in discussione la decisione di ammissibilità già emanata dalla Corte europea in fase, appunto, di ammissibilità dei ricorsi.
Sempre in via preliminare, per tutti i ricorsi, la Corte ha respinto l’eccezione del Governo italiano relativa al non esaurimento del rimedio interno costituito dall’azione ex art. 1591 c.c. per ottenere il risarcimento dei danni nei confronti del conduttore: la Corte, infatti, premesso che nel caso Magherini tale azione era stata comunque intrapresa, ha ritenuto l’eccezione riservata alla fase dell’ammissibilità e, quindi, non proponibile in fase di merito.
Ricordato che il diritto e la prassi nazionale in materia di sfratti erano state illustrate nelle sentenze Mascolo c. Italia del 16 dicembre 2004 e Lo Tufo c. Italia del 21 aprile 2005, la Corte ha quindi richiamato precedenti pronunce emanate in materia, la prima delle quali è costituita dalla sentenza Immobiliare Saffi c. Italia del 23 luglio 1999 e, preso atto della durata dei procedimenti nazionali per il rilascio degli immobili, ha constatato la violazione degli articoli 1 del Prot. n.1 e 6 CEDU nelle cause Ciucci, Magherini e Federici e dell’art. 6 CEDU nella causa Mosconi.
La Corte, in tutte le sentenze in titolo, prende atto del fatto che le argomentazioni del Governo italiano non recano alcuna considerazione in merito alla possibilità, che appare sviluppata nella giurisprudenza della Corte di cassazione, di avviare un’azione per il risarcimento dei danni nei confronti dello Stato in sede nazionale in conseguenza dell’assenza non motivata dell’assistenza della forza pubblica.
Nella sentenza Federici, la Corte fa presente di non poter compiere valutazioni in merito nè alla data in cui gli immobili sarebbero stati recuperati se non fossero state versate somme da parte del locatore al conduttore, nè all’adeguatezza delle suddette somme. Inoltre, non risulta provato da parte del ricorrente che il versamento di tali somme fosse conseguenza diretta della non esecuzione dell’ordine di espulsione. Ad avviso della Corte, poi, il ricorrente poteva agire ai sensi dell’art. 1591 c.c. per ottenere il risarcimento del danno subito per la restituzione tardiva degli immobili.
In tutte le cause in titolo la Corte ha constatato che il diritto nazionale – il riferimento è al citato art. 1591 c.c. – consente di risarcire i danni materiali risentiti nelle fattispecie e, perciò, ha respinto le richieste di risarcimento di danni materiali avanzate da tutti i ricorrenti.
Nella sentenza Ciucci non ha disposto la corresponsione di alcuna somma, in quanto il ricorrente non aveva avanzato la relativa richiesta nel prescritto termine.
Nella sentenza Magherini ha disposto la corresponsione, a ciascuno dei due ricorrenti, di 9000 euro a titolo di danno morale e di 1500 euro per spese giudiziarie.
Nella sentenza Mosconi ha disposto la corresponsione di 6000 euro a titolo di danno morale e di 1000 euro per spese giudiziarie.
Nella sentenza Federici ha disposto la corresponsione di 10000 euro a titolo di danno morale e di 5000 euro per spese giudiziarie.
N. 482
SENTENZA 25 OTTOBRE-9 NOVEMBRE 2000
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori: Presidente: Cesare MIRABELLI; Giudici: Francesco GUIZZI, Massimo VARI, Cesare RUPERTO, Riccardo CHIEPPA, Gustavo ZAGREBELSKY, Valerio ONIDA, Fernanda CONTRI, Guido NEPPI MODONA, Piero Alberto CAPOTOSTI, Annibale MARINI, Franco BILE, Giovanni Maria FLICK;
ha pronunciato la seguente
Sentenza
nei giudizi di legittimità costituzionale dell'art. 6, comma 6, della legge 9 dicembre 1998, n. 431 (Disciplina delle locazioni e del rilascio degli immobili adibiti ad uso abitativo), promossi con ordinanze emesse il 29 aprile 1999 dal pretore di Napoli nel procedimento civile vertente tra Fiengo Raffaele e Triola Clementina, iscritta al n. 421 del registro ordinanze 1999 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 36, 1ª serie speciale, dell'anno 1999 e il 1° luglio 1999 dal tribunale di Milano nel procedimento civile vertente tra Albertoni Valeria e Cadamosti Crespi Ines, iscritta al n. 606 del registro ordinanze 1999 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 44, 1ª serie speciale, dell'anno 1999.
Visti l'atto di costituzione di Albertoni Valeria nonché gli atti di intervento del Presidente del Consiglio dei Ministri;
Udito nell'udienza pubblica del 4 luglio 2000 il giudice relatore Fernanda Contri;
Uditi gli avvocati Vittorio Angiolini e Nicolò Zanon per Albertoni Valeria e l'avvocato dello Stato Paolo Cosentino per il Presidente del Consiglio dei Ministri.
Ritenuto in fatto
1. - Il pretore di Napoli, nel corso di un giudizio in materia di locazione - nel quale il convenuto locatore aveva proposto domanda riconvenzionale per ottenere il risarcimento dei danni da ritardato rilascio dell'immobile locato ad uso abitativo, quantificandoli nella differenza tra il canone di mercato e quello effettivamente corrisposto dal conduttore - con ordinanza emessa il 29 aprile 1999, ha sollevato, in riferimento agli artt. 3, 24 e 42, secondo comma, della Costituzione, questione di legittimità costituzionale dell'art. 6, comma 6, della legge 9 dicembre 1998, n. 431 (Disciplina delle locazioni e del rilascio degli immobili adibiti ad uso abitativo), nella parte in cui esime il conduttore dall'obbligo di risarcire il maggior danno, ai sensi dell'art. 1591 del codice civile, allorché sia corrisposta la maggiorazione del venti per cento dell'importo del canone.
Il rimettente osserva anzitutto che la norma impugnata, applicabile anche alle controversie pendenti alla data di entrata in vigore della nuova legge, stabilisce l'entità del corrispettivo dovuto dal conduttore dopo la cessazione del contratto in tutte le ipotesi in cui il locatore non abbia potuto porre in esecuzione il titolo per il rilascio dell'immobile, a causa delle sospensioni della esecuzione o della graduazione degli sfratti previste da normative precedenti o da disposizioni della stessa legge n. 431 del 1998; il richiamo alle normative previgenti, contenuto nella disposizione impugnata, dimostra che il legislatore ha voluto introdurre, con effetto retroattivo, una limitazione al risarcimento del danno da ritardato rilascio dell'immobile, determinandolo in una somma mensile pari all'ammontare del canone dovuto alla cessazione del contratto, con applicazione automatica degli aggiornamenti annuali nella misura del settantacinque per cento della variazione dell'indice dei prezzi al consumo per le famiglie di operai e impiegati verificatasi nell'anno precedente e con l'ulteriore maggiorazione del venti per cento sull'importo aggiornato.
Ad avviso del giudice rimettente, l'art. 6, comma 6, della legge n. 431 del 1998, predeterminando in maniera forfettaria il maggior danno subito dal locatore, si porrebbe in contrasto con il criterio di ragionevolezza nelle scelte legislative, poiché non consentirebbe la dimostrazione dell'entità dell'effettivo pregiudizio cagionato dal comportamento illecito del conduttore ed esporrebbe quindi il locatore al rischio di ottenere un risarcimento solo parziale del danno subito, soprattutto nelle ipotesi in cui il canone corrisposto dal conduttore sia largamente inferiore a quello di mercato.
La norma censurata contrasterebbe anche con l'art. 24 della Costituzione, in quanto al locatore sarebbe negata la possibilità di far valere in giudizio il diritto ad ottenere un risarcimento in misura superiore a quella predeterminata dalla norma stessa.
Sussisterebbe, infine, ad avviso del rimettente, una violazione della garanzia costituzionale del diritto di proprietà, poiché la norma impugnata non consentirebbe al proprietario di ottenere un pieno ristoro del suo patrimonio, depauperato dal comportamento illecito del conduttore.
2. - È intervenuto nel giudizio il Presidente del Consiglio dei Ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, sostenendo l'infondatezza della questione.
La difesa erariale osserva anzitutto che il bilanciamento di interessi costituzionalmente protetti spetta al legislatore, il quale, nel caso di specie, ha attribuito prevalenza all'interesse del conduttore rispetto a quello del locatore alla reintegrazione del proprio patrimonio.
Tale prevalenza, ad avviso dell'Avvocatura, non sarebbe che una conseguenza della scelta legislativa di prorogare l'esecuzione degli sfratti, la quale scelta non appare irragionevole se posta in relazione sia alla situazione del mercato immobiliare - caratterizzato da canoni elevati, in ragione della penuria dell'offerta di abitazioni, cui fa riscontro un modesto reddito pro capite - sia alla transitorietà della disciplina della proroga degli sfratti.
3. - Il tribunale di Milano, nel giudizio di appello avverso una sentenza pretorile - con la quale la conduttrice di un immobile adibito ad uso abitativo era stata condannata a risarcire il danno per ritardato rilascio nella misura del venti per cento del canone contrattuale, ai sensi dell'art. 1-bis della legge n. 61 del 1989, e con la quale era stata rigettata la più ampia domanda di risarcimento proposta dal locatore - ha sollevato, con ordinanza emessa il 1° luglio 1999, questione di legittimità costituzionale dell'art. 6, comma 6, della legge 9 dicembre 1998, n. 431 (Disciplina delle locazioni e del rilascio degli immobili adibiti ad uso abitativo), in riferimento agli artt. 3 e 42 della Costituzione.
Il tribunale rimettente censura la disposizione contenuta nell'art. 6, comma 6, della citata legge, con argomentazioni analoghe a quelle svolte dal pretore di Napoli, ponendo in particolare risalto l'incoerenza del meccanismo risarcitorio stabilito dalla disposizione impugnata e deducendo la violazione del principio di eguaglianza che deriverebbe dalla parificazione di situazioni diverse.
4. - Nel giudizio davanti alla Corte si è costituita la locatrice appellante, che ha sostenuto la tesi della illegittimità costituzionale della norma impugnata.
5. - Anche in questo giudizio è intervenuto il Presidente del Consiglio dei Ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, sostenendo l'infondatezza della questione sulla base delle medesime considerazioni svolte in relazione alla questione sollevata dal pretore di Napoli.
Considerato in diritto
1. - Il pretore di Napoli ed il tribunale di Milano dubitano della legittimità costituzionale dell'art. 6, comma 6, della legge 9 dicembre 1998, n. 431 (Disciplina delle locazioni e del rilascio degli immobili adibiti ad uso abitativo), nella parte in cui esime il conduttore dall'obbligo di risarcire il maggior danno, ai sensi dell'art. 1591 del codice civile, allorché sia corrisposta la maggiorazione del venti per cento dell'importo del canone, prevista dalla medesima norma.
Ad avviso dei giudici rimettenti, la predeterminazione del maggior danno subito dal locatore, così come stabilita nella disposizione censurata, non solo si porrebbe in contrasto con il criterio di ragionevolezza nelle scelte legislative, non consentendo la dimostrazione dell'entità dell'effettivo pregiudizio cagionato dal comportamento illecito del conduttore ed equiparando situazioni diverse, ma darebbe luogo anche ad una violazione della garanzia costituzionale del diritto di proprietà, in quanto il proprietario non potrebbe ottenere il pieno ristoro del suo patrimonio, depauperato dal comportamento illecito del conduttore. Il pretore di Napoli assume a parametro anche l'art. 24 della Costituzione, affermando che al locatore sarebbe negata la possibilità di far valere in giudizio il diritto ad ottenere un risarcimento in misura superiore a quella prestabilita dalla norma stessa.
La sostanziale identità delle questioni sollevate consente la riunione dei giudizi affinché siano decisi con un'unica sentenza.
2. - La questione è fondata nei limiti di seguito indicati.
3. - La legge n. 431 del 1998, recante la nuova disciplina delle locazioni e del rilascio degli immobili adibiti ad uso abitativo, rappresenta sotto più profili il superamento dei precedenti regimi vincolistici necessitati dalla grave situazione del mercato immobiliare e particolarmente di quello locativo, che per oltre un quarantennio ha rappresentato una delle più rilevanti cause di tensione e di conflitto sociale.
Le disastrose condizioni economiche in cui versava il Paese all'indomani della seconda guerra mondiale provocarono una serie di provvedimenti legislativi i quali, prorogando i contratti ovvero sospendendo le esecuzioni degli sfratti, contribuirono a rendere meno aspro il confronto sociale in quella severa contingenza storica, assicurando la permanenza dei conduttori negli immobili locati, in attesa di un'opera di ricostruzione che si preannunciava lenta e difficile.
La carenza di alloggi si rivelò però come un fenomeno non transeunte né limitato agli anni del dopoguerra: essa si protrasse nel tempo, segnatamente nelle città verso le quali fu maggiore il flusso migratorio interno.
La riforma delle locazioni, emanata con la legge n. 392 del 1978, prende atto che ancora a quell'epoca non erano maturate le condizioni economico-sociali per porre termine al regime vincolistico.
Un significativo graduale ritorno all'autonomia contrattuale nella determinazione del canone si poté realizzare con l'art. 11 del d.l. n. 333 del 1992 (Misure urgenti per il risanamento della finanza pubblica), convertito, con modifiche, dalla legge n. 359 del 1992, che consentì alle parti di stipulare o rinnovare contratti in deroga alle disposizioni limitative del canone contenute nella legge n. 392 del 1978. Con la nuova tipologia di contratti (cd. "patti in deroga"), destinata peraltro ad avere applicazione fino alla revisione della disciplina delle locazioni, si volle perseguire la finalità di dare impulso al mercato delle locazioni, arricchendolo di quegli immobili rimasti per lungo tempo al di fuori di esso a causa della reazione opposta dai proprietari ai vincoli relativi alla determinazione del canone; e ciò per rendere più agevole il passaggio dal vecchio regime vincolistico ai nuovi modelli locativi delineati poi dalla legge n. 431 del 1998.
La nuova disciplina delle locazioni ha avuto per scopo, come risulta dalla relazione alla Camera dei deputati, di superare "il complesso di norme transitorie, temporanee o derogatorie ad altre normative, che non hanno più riscontro nella realtà" e la "liberalizzazione controllata del settore delle locazioni a fini abitativi".
Il raggiungimento dei detti obiettivi non avrebbe potuto attuarsi senza la emanazione di norme temporanee e destinatez ad agevolare la transizione al nuovo regime delle locazioni, come quella impugnata nel presente giudizio.
4. - L'art. 6 della legge n. 431 del 1998, che disciplina il rilascio degli immobili, si caratterizza per la limitazione temporale e spaziale dei suoi effetti, poiché contiene disposizioni evidentemente volte a regolare e a definire situazioni sorte nel vigore delle precedenti normative e circoscrive il proprio ambito di operatività ai comuni ad alta tensione abitativa, di cui all'art. 1 del d.l. 30 dicembre 1988, n. 551 (Misure urgenti per fronteggiare l'eccezionale carenza di disponibilità abitative), convertito, con modificazioni, dalla legge 21 febbraio 1989, n. 61.
Tali peculiarità assumono rilievo essenziale nella valutazione di costituzionalità della norma impugnata, la quale, al comma 6, statuisce, in relazione ai periodi di sospensione dell'esecuzione specificamente indicati e fino all'effettivo rilascio, la misura del risarcimento del danno per ritardata restituzione dell'immobile, quantificandola in una somma corrispondente al canone dovuto alla cessazione del contratto, a cui si applicano automaticamente ogni anno aggiornamenti in misura pari al settantacinque per cento della variazione dell'indice dei prezzi al consumo per le famiglie di operai e impiegati verificatasi nell'anno precedente, e disponendo che l'importo così determinato è maggiorato del venti per cento. La corresponsione di tale maggiorazione esime il conduttore dall'obbligo di risarcire il maggior danno ai sensi dell'art. 1591 del codice civile.
La norma, pur risultando formulata in termini analoghi a quelli dell'art. 1-bis del d.l. n. 551 del 1988, che predeterminava in base ad identici parametri la somma mensile dovuta dal conduttore, ai sensi dell'art. 1591 cod. civ., durante il periodo di sospensione dell'esecuzione, chiarisce tuttavia che la quantificazione legale del danno opera fino all'effettivo rilascio dell'immobile, e ciò nel palese intendimento di superare i contrasti giurisprudenziali insorti nel vigore del citato d.l. in ordine all'applicabilità della disposizione nel periodo compreso tra la cessazione della sospensione dell'esecuzione e l'effettivo rilascio.
Il legislatore del 1998, nella già rilevata finalità di agevolare la transizione al nuovo regime locativo, ha disposto la sospensione dell'esecuzione dei provvedimenti di rilascio durante il periodo di centoottanta giorni dall'entrata in vigore della legge, quantificando correlativamente l'importo delle somme dovute dal conduttore nel detto periodo e negli altri periodi di sospensione delle esecuzioni, di cui all'art. 11, comma quarto, del d.l. n. 9 del 1982 e all'art. 3 del d.l. n. 551 del 1988.
Le due misure consistenti nella sospensione dell'esecuzione e nella determinazione del quantum sono dunque strettamente connesse, in quanto alla sospensione ex lege dell'esecuzione corrisponde, quale previsione altrettanto eccezionale e temporanea, la determinazione parimenti ex lege dell'indennità relativa allo stesso periodo.
Non vi è alcun elemento di contrasto con il canone della ragionevolezza nella previsione normativa che disponendo, attraverso la sospensione delle esecuzioni, uno spostamento del termine di rilascio provvede anche a stabilire la misura dell'indennità da corrispondersi nello stesso periodo, poiché essa costituisce il risultato di una equilibrata valutazione di contrapposti interessi ed esigenze, i cui caratteri di eccezionalità e temporaneità pongono la norma stessa al riparo dalle censure di incostituzionalità dedotte dai giudici rimettenti.
La ragionevolezza della norma risiede quindi nel suo stesso motivo ispiratore, consistente nel definire quei rapporti locativi sorti e sviluppatisi in epoche di seria e spesso drammatica emergenza che ha dato origine a tutta la legislazione vincolistica in materia; non si tratta perciò di un regime ordinario bensì di un provvedimento a carattere temporaneo, che esplica i propri effetti nella fase del graduale passaggio alla nuova disciplina delle locazioni.
Questa Corte ha già avuto modo di affermare che i limiti legali al diritto di proprietà, previsti dall'art. 42 della Costituzione al fine di assicurarne la funzione sociale, consentono di ritenere legittima la disciplina vincolistica a condizione che essa abbia un carattere straordinario e temporaneo (sent. n. 108 del 1986). Il medesimo principio deve riaffermarsi con riferimento a quella parte della norma impugnata che pone in correlazione la limitazione risarcitoria ai periodi di sospensione ex lege delle esecuzioni, riconoscendosi ad essa quella finalità temporanea e di emergenza, che giustifica e rende legittimo l'intervento legislativo in esame (sentenza n. 148 del 1999 con riferimento al limite del risarcimento del danno nelle occupazioni appropriative).
Nel contemperamento dei confliggenti interessi delle parti, il legislatore ha tuttavia mitigato le sfavorevoli conseguenze economiche derivanti per il locatore dalla predeterminazione della misura del risarcimento, introducendo a suo favore una presunzione di notevole rilievo sotto il profilo probatorio: infatti la norma in esame per un verso esonera il conduttore dall'obbligo di risarcire il danno oltre il limite prestabilito ma per altro verso esonera il locatore stesso dall'onere della prova del danno da ritardato rilascio, presumendone l'esistenza e determinandone l'ammontare.
Anche sotto tale aspetto la norma appare dotata di intrinseca coerenza.
Le censure mosse dai giudici rimettenti non possono perciò condividersi: il parametro dell'art. 42 della Costituzione non è certamente invocabile nella specie, poiché la funzione sociale della proprietà, intesa quale "dovere di partecipare alla soddisfazione di interessi generali" (sentenza n. 108 del 1986), legittima interventi legislativi finalizzati all'attuazione di esigenze di carattere primario; né tantomeno può valere il richiamo all'art. 24 della Costituzione, poiché la tutela giurisdizionale dei diritti è garantita a condizione che i diritti stessi siano riconosciuti e attribuiti da norme sostanziali (tra le tante, sentenza n. 420 del 1998).
5. - La disposizione censurata contrasta tuttavia con il canone della ragionevolezza, là dove estende i suoi effetti al periodo successivo alla scadenza del termine di sospensione o di quello giudizialmente fissato per l'esecuzione, prolungando l'esenzione fino all'effettivo rilascio dell'immobile.
Occorre considerare che mentre la predeterminazione legale del danno risulta, nei limiti della temporaneità già sottolineati, una misura coerente alla sospensione ope legis dell'esecuzione, non altrettanto può ritenersi nelle ipotesi in cui essa sia svincolata da un termine di esecuzione legislativamente o giudizialmente fissato. Potendosi verificare la mancata coincidenza tra la scadenza del termine di rilascio ed il momento dell'effettiva riconsegna dell'immobile ed essendo altresì ipotizzabile che tra i due momenti intercorra un periodo di tempo anche considerevole, l'incongruenza del sistema che disciplina gli obblighi risarcitori al di fuori del controllo giudiziale emerge con tutta evidenza.
Nelle anzidette ipotesi viene meno l'equilibrato componimento dei contrapposti interessi, in quanto la limitazione dell'entità del risarcimento non è più sorretta dalla ragione giustificatrice sopra illustrata e rappresentata dalla temporaneità della esenzione in relazione ai soli periodi di sospensione della esecuzione. La conseguente protrazione sine die dell'esenzione del conduttore dall'obbligo di risarcire il danno secondo le regole ordinarie, essendo il termine del rilascio ormai sottratto alla valutazione del giudice, costituisce un elemento gravemente perturbatore di quell'equilibrio in precedenza menzionato: in esso si sostanzia la irragionevolezza della norma.
Nel periodo successivo alla scadenza del termine di sospensione legale ovvero di quello fissato dal giudice e fino all'effettivo rilascio non vi è motivo per cui non debba operare il regime ordinario, che regola il risarcimento del maggior danno secondo la disciplina dell'art. 1591 cod. civ. e che ne rimette al giudice la determinazione sulla base degli elementi probatori che il locatore sarà in grado di offrire secondo le regole ordinarie.
È quindi costituzionalmente illegittimo l'art. 6, comma 6, della legge n. 431 del 1998, nella parte in cui esime il conduttore dall'obbligo di risarcire il maggior danno, ai sensi dell'art. 1591 del codice civile, anche nel periodo successivo alla scadenza del termine di sospensione della esecuzione stabilito ope legis o di quello giudizialmente fissato per il rilascio dell'immobile.
per questi motivi
LA CORTE COSTITUZIONALE
Riuniti i giudizi,
Dichiara l'illegittimità costituzionale dell'art. 6, comma 6, della legge 9 dicembre 1998, n. 431 (Disciplina delle locazioni e del rilascio degli immobili adibiti ad uso abitativo), nella parte in cui esime il conduttore dall'obbligo di risarcire il maggior danno, ai sensi dell'art. 1591 del codice civile, anche nel periodo successivo alla scadenza del termine di sospensione della esecuzione stabilito ope legis o di quello giudizialmente fissato per il rilascio dell'immobile.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 25 ottobre 2000.
Il Presidente: Mirabelli
Il redattore: Contri
Il cancelliere: Di Paola
Depositata in cancelleria il 9 novembre.
Il direttore della cancelleria: Di Paola
N. 310
SENTENZA 1° - 7 OTTOBRE 2003
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori: Presidente: Riccardo CHIEPPA; Giudici: Gustavo ZAGREBELSKY, Valerio ONIDA, Carlo MEZZANOTTE, Fernanda CONTRI, Guido NEPPI MODONA, Piero Alberto CAPOTOSTI, Annibale MARINI, Franco BILE, Giovanni Maria FLICK, Ugo DE SIERVO, Romano VACCARELLA, Paolo MADDALENA, Alfio FINOCCHIARO,
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 1 del decreto-legge 27 dicembre 2001, n. 450 (Proroga di termini in materia di sospensione di procedure esecutive per particolari categorie di locatari e di copertura assicurativa per le imprese nazionali di trasporto aereo), convertito in legge 27 febbraio 2002, n. 14, promosso con ordinanza del 26 aprile 2002 dal Tribunale di Firenze nel procedimento civile vertente tra Mattonai Marino e Massetani Simonetta, iscritta al n. 416 del registro ordinanze 2002 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 39, prima serie speciale, dell'anno 2002.
Visti l'atto di costituzione di Massetani Simonetta, nonché l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;
udito nell'udienza pubblica dell'11 febbraio 2003 il Giudice relatore Riccardo Chieppa;
uditi l'avvocato Nino Scripelliti per Massetani Simonetta e l'Avvocato dello Stato Paolo Cosentino per il Presidente del Consiglio dei ministri.
Ritenuto in fatto
1.- Il Tribunale di Firenze, nel corso di un procedimento di opposizione all'esecuzione di un provvedimento di rilascio per finita locazione, in cui il conduttore-opponente aveva dedotto di essere nelle condizioni, previste dall'art. 80, comma 22, della legge 23 dicembre 2000, n. 388 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato - legge finanziaria 2001) per ottenere la sospensione dell'esecuzione medesima (e cioè aver superato il sessantacinquesimo anno di età ed essere sprovvisto di un reddito sufficiente ad accedere alla locazione di altro immobile), con ordinanza emessa il 26 aprile 2002, ha sollevato, in riferimento agli articoli 3, primo comma, 24, primo comma, e 42, secondo comma, della Costituzione, questione di legittimità costituzionale dell'art. 1 del decreto-legge 27 dicembre 2001, n. 450 (Proroga di termini in materia di sospensione di procedure esecutive per particolari categorie di locatari e di copertura assicurativa per le imprese nazionali di trasporto aereo), convertito, con modificazioni, in legge 27 febbraio 2002, n. 14, che ha prorogato fino al 30 giugno 2002 la sospensione delle procedure esecutive di rilascio degli immobili adibiti ad uso abitativo.
Il giudice a quo chiarisce che nei confronti del conduttore era stata convalidata, in data 12 aprile 1994, licenza per finita locazione per la scadenza del 31 dicembre 1995 ed era stata fissata come data dell'esecuzione il 30 giugno 1996; che la norma applicabile alla fattispecie al momento del deposito del ricorso andava individuata nell'art. 1 del decreto-legge 2 luglio 2001, n. 247 (Disposizioni in materia di rilascio di immobili adibiti ad uso abitativo), convertito nella legge 4 agosto 2001, n. 332, che aveva appunto differito al 31 dicembre 2001 le esecuzioni in favore dei soggetti in possesso degli anzidetti requisiti reddituali ed anagrafici (di cui all'art. 80, comma 20, della citata legge n. 388 del 2000), e che l'esecuzione era stata appunto sospesa fino a tale data ex art. 624 c.p.c. Successivamente il conduttore aveva chiesto un ulteriore differimento, invocando l'art. 1 del d.l. 27 dicembre 2001, n. 450, per effetto del quale le esecuzioni restavano sospese fino al 30 giugno 2002: tale istanza era stata accolta dal Giudicante con ordinanza del 25 febbraio 2002.
Il Tribunale osserva, in punto di rilevanza, che le condizioni economiche del conduttore opponente risultano documentalmente e che l'esclusione dal beneficio della sospensione prevista dall'art. 6, comma 6, della legge 9 dicembre 1998, n. 431 (Disciplina delle locazioni e del rilascio degli immobili adibiti ad uso abitativo) per il caso di morosità (in cui verserebbe il conduttore secondo l'assunto della locatrice-opposta) non riguarderebbe la particolare categoria protetta dei conduttori ultrasessantacinquenni in condizioni particolarmente disagiate. In caso di declaratoria d'illegittimità costituzionale della norma impugnata, l'opposizione - a parere del rimettente - dovrebbe essere rigettata in quanto l'applicabilità delle sospensione rappresenta l'unico motivo addotto a sostegno dell'azione.
Nel merito il Tribunale motiva la non manifesta infondatezza osservando anzitutto come la norma determini una ingiustificata disparità di trattamento fra esecutanti, penalizzando coloro che chiedano il rilascio a conduttori appartenenti alle categorie svantaggiate di cui al citato art. 80, comma 22, della legge n. 388 del 2000, posto che delle esigenze abitative dei soggetti più deboli non debbono farsi carico i locatori, bensì i Comuni, come evidenziato anche dalla norma da ultimo richiamata.
Inoltre - osserva il giudice a quo - la sospensione disposta dalla censurata disposizione è il terzo provvedimento di tale natura, che ha portato la sospensione complessiva a ben 18 mesi (da aggiungersi agli altri periodi sospensivi accordati dall'art. 6 della legge n. 431 del 1998) e ciò, valutando anche la dilazione dell'esecuzione di cui all'art. 56 della legge n. 392 del 1978, avrebbe di fatto condotto, per un consistente periodo di tempo, alla paralisi della tutela esecutiva, la quale gode della stessa garanzia costituzionale del processo di cognizione.
Infine, quanto al profilo attinente all'art. 42 della Costituzione, rileva il rimettente come le misure vincolistiche si giustifichino soltanto in ragione del loro carattere straordinario e temporaneo, che sarebbe viceversa escluso dalla loro continua reiterazione, espressione questa di una tendenza legislativa ad utilizzare lo strumento della sospensione come ordinaria soluzione del problema degli alloggi.
Il giudice a quo conclude osservando, a margine delle suesposte motivazioni, come un ulteriore consolidamento della tendenza legislativa a rendere difficoltosa, se non impossibile, l'esecuzione a carico di conduttori anziani o handicappati (ovvero che annoverino nel nucleo familiare soggetti in tali condizioni) potrebbe penalizzare costoro nella ricerca di un'abitazione da locare, per l'ovvia preferenza accordata dai locatori ai soggetti non protetti.
2.- È intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri rappresentato e difeso dall'Avvocatura dello Stato, che ha concluso per l'infondatezza della questione in ragione dell'eccezionalità della censurata disposizione, la cui reiterazione sarebbe dipesa dalla lentezza riscontrata nel portare a regime le legge n. 431 del 1998.
Fino all'emanazione di quest'ultima, rileva la difesa erariale intervenuta, l'esecuzione degli sfratti era rimasta sempre bloccata (attraverso una serie ininterrotta di proroghe), ma, nel quadro della liberalizzazione del mercato locatizio contenuta in tale legge, erano state individuate delle categorie protette in favore delle quali differire il termine delle esecuzioni, termine poi ulteriormente prorogato dai provvedimenti successivi.
3.- Nel giudizio dinanzi a questa Corte si è costituita la parte privata, chiedendo il trasferimento della censura sull'art. 1 del decreto-legge 20 giugno 2002, n. 122 "e successiva legge di conversione" (legge 1° agosto 2002, n. 185).
Considerato in diritto
1.- La questione di legittimità costituzionale sollevata in via incidentale riguarda l'art. 1 del decreto-legge 27 dicembre 2001, n. 450 (Proroga di termini in materia di sospensione di procedure esecutive per particolari categorie di locatari e di copertura assicurativa per le imprese nazionali di trasporto aereo), convertito, con modificazioni, nella legge 27 febbraio 2002, n. 14, che ha prorogato (per la terza volta) la sospensione delle procedure di esecuzione forzata di rilascio di immobili ad uso abitativo nei confronti di inquilini appartenenti a determinate categorie ritenute suscettibili di particolare protezione. Dette categorie sono individuate attraverso i requisiti indicati dall'art. 80, comma 20, della legge 23 dicembre 2000, n. 388 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato - legge finanziaria 2001), e consistenti nell'annoverare nel proprio nucleo familiare ultrasessantacinquenni o handicappati gravi, e nel non disporre di altra abitazione o di redditi sufficienti ad accedere all'affitto di una nuova casa.
L'ordinanza del Tribunale di Firenze censura la disposizione denunciata invocando tre parametri costituzionali:
l'art. 3, primo comma, della Costituzione, per l'ingiustificata disparità di trattamento introdotta in danno di chi avvii l'esecuzione a carico delle anzidette categorie di soggetti, rispetto agli altri locatori procedenti in via esecutiva nei confronti della generalità dei conduttori;
l'art. 24, primo comma, della Costituzione, per la sostanziale vanificazione della tutela esecutiva derivante da una prolungata paralisi della stessa (a fortiori in presenza di ulteriori possibilità di dilazionare l'esecuzione, previste da altre norme in favore del conduttore);
l'art. 42, secondo comma, della Costituzione, per la compressione del diritto di proprietà conseguente al venire meno del carattere straordinario e temporaneo delle proroghe delle sospensioni.
2.- La questione non è fondata.
Deve preliminarmente essere rilevata l'ininfluenza, ai fini del richiesto trasferimento della questione prospettata, dell'art. 1 del sopravvenuto decreto-legge 20 giugno 2002, n. 122 (Disposizioni concernenti proroghe in materia di sfratti, di edilizia e di espropriazione), convertito, con modificazioni, nella legge 1° agosto 2002, n. 185, in quanto si tratta di normativa che si è limitata a dilazionare solo il termine di cessazione della sospensione, ed ha confermato una prassi procedurale (del resto seguita nel giudizio per cui si discute) in ordine alla competenza del giudice dell'esecuzione a provvedere sulla prosecuzione o meno della esecuzione forzata per rilascio, con previsione della possibilità di opposizione secondo le modalità previste dal codice di procedura civile.
Del resto, la contestazione della legittimità della norma denunciata attiene al momento in cui il giudice a quo doveva provvedere sulla sospensione della esecuzione avendo riguardo alla normativa allora vigente, la cui eventuale illegittimità costituzionale avrebbe travolto le successive mere proroghe della scadenza della sospensione.
3.- Sui profili della denunciata illegittimità costituzionale è necessario sottolineare che la norma de qua può trovare una giustificazione nella fase transitoria di passaggio dal precedente regime vincolistico al nuovo sistema delle locazioni e nelle iniziali esigenze di approntamento delle misure atte ad incrementare la disponibilità di edilizia abitativa per i meno abbienti in situazione di particolare difficoltà; ciò al fine di consentire loro di trovare un idoneo alloggio in base alla propria capacità finanziaria, con il concorso di istituti predisposti o agevolati dalle pubbliche autorità preposte e responsabili del settore.
La sospensione della esecuzione per rilascio costituisce un intervento eccezionale che può incidere solo per un periodo transitorio ed essenzialmente limitato sul diritto alla riconsegna di immobile sulla base di un provvedimento giurisdizionale legittimamente ottenuto.
In tale periodo transitorio (con oneri, si noti, come nella specie, a carico di soggetti privati) può rientrare la proroga, stabilita con la disposizione contestata.
4.- In altri termini, la procedura esecutiva, attivata da parte del singolo soggetto provvisto di titolo esecutivo giurisdizionale, non può essere paralizzata indefinitamente con una serie di pure e semplici proroghe, oltre un ragionevole limite di tollerabilità.
Non si intende con ciò negare che il legislatore debba farsi carico delle esigenze di coloro che si trovano in particolari situazioni di disagio, in quanto appartenenti a categoria protetta, ricorrendo ad iniziative del settore pubblico o accordando agevolazioni o ricorrendo ad ammortizzatori sociali; ma non può indefinitamente limitarsi, per di più senza alcuna valutazione comparativa, a trasferire l'onere relativo in via esclusiva a carico del privato locatore, che potrebbe trovarsi in identiche o anche peggiori situazioni di disagio.
per questi motivi
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 1 del decreto-legge 27 dicembre 2001, n. 450 (Proroga di termini in materia di sospensione di procedure esecutive per particolari categorie di locatari e di copertura assicurativa per le imprese nazionali di trasporto aereo), convertito, con modificazioni, nella legge 27 febbraio 2002, n.14, sollevata, in riferimento agli artt. 3, primo comma, 24, primo comma, e 42, secondo comma, della Costituzione, dal Tribunale di Firenze con l'ordinanza indicata in epigrafe.
Così deciso in Roma nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, l'1 ottobre 2003.
F.to:
Riccardo CHIEPPA, Presidente e Redattore
Giuseppe DI PAOLA, Cancelliere
Depositata in Cancelleria il 7 ottobre 2003.
Il Direttore della Cancelleria
F.to: DI PAOLA
N. 155
SENTENZA 24 - 28 MAGGIO 2004
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori: Presidente: Gustavo ZAGREBELSKY; Giudici: Valerio ONIDA, Carlo MEZZANOTTE, Fernanda CONTRI, Guido NEPPI MODONA, Piero Alberto CAPOTOSTI, Annibale MARINI, Franco BILE, Giovanni Maria FLICK, Francesco AMIRANTE, Ugo DE SIERVO, Romano VACCARELLA, Paolo MADDALENA, Alfonso QUARANTA,
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 1, comma 1, del decreto-legge 20 giugno 2002, n. 122 (Disposizioni concernenti proroghe in materia di sfratti, di edilizia e di espropriazione), convertito, con modificazioni, nella legge 1° agosto 2002, n. 185, promosso con ordinanza del 3 gennaio 2003 dal Tribunale di Firenze nel procedimento civile vertente tra G. B. e G. L., iscritta al n. 477 del registro ordinanze 2003 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 32, prima serie speciale, dell'anno 2003.
Visti l'atto di costituzione di G. L., nonché l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;
udito nella camera di consiglio del 7 aprile 2004 il Giudice relatore Francesco Amirante.
Ritenuto in fatto
1.-- Il Tribunale di Firenze, con ordinanza emessa il 3 gennaio 2003, ha sollevato, in riferimento agli artt. 3, primo comma, 24, primo comma, 42, secondo comma, e 111, primo (recte: secondo) comma, della Costituzione, questione di legittimità costituzionale dell'art. 1, comma 1, del decreto-legge 20 giugno 2002, n. 122 (Disposizioni concernenti proroghe in materia di sfratti, di edilizia e di espropriazione), convertito, con modificazioni, nella legge 1° agosto 2002, n. 185.
Premette il giudice a quo che in un procedimento di opposizione all'esecuzione (in corso dinanzi a lui) relativa a convalida di sfratto pronunziata in data 11 marzo 1993 per la scadenza del 30 giugno 1991, per la quale l'esecuzione era stata fissata all'11 marzo 1994 e successivamente, in base all'art. 6 della legge 9 dicembre 1998, n. 431, nuovamente fissata, con intervento della forza pubblica, per il giorno 2 aprile 2003, il conduttore-opponente - deducendo di essere ultrasessantacinquenne e di non disporre di un reddito sufficiente per prendere in locazione altra abitazione - aveva invocato la sospensione delle esecuzioni per rilascio prevista inizialmente dall'art. 80, comma 22, della legge 23 dicembre 2000, n. 388, e prorogata fino al 30 giugno 2003 dall'art. 1, comma 1, del d.l. n. 122 del 2002, convertito, con modificazioni, nella legge n. 185 del 2002.
Il Tribunale specifica di aver ritenuto l'istanza meritevole di accoglimento e di aver sospeso l'esecuzione fino al 30 giugno 2003, aggiungendo di aver già sollevato, con ordinanza del 26 aprile 2002, analoga questione in relazione all'art. 1 del decreto-legge 27 dicembre 2001, n. 450, convertito, con modificazioni, nella legge 27 febbraio 2002, n. 14, che prorogava fino al 30 giugno 2002 la sospensione a suo tempo disposta dall'art. 80, comma 22, della legge n. 388 del 2000.
Dopo aver precisato, in punto di rilevanza, che il possesso dei requisiti anagrafici e reddituali in capo all'opponente risulta documentalmente provato, per cui la richiesta opposizione dovrebbe trovare accoglimento se non fosse dichiarata l'illegittimità costituzionale della norma impugnata, il giudice a quo richiama il contenuto della propria precedente ordinanza di remissione, osservando innanzitutto come la norma determini una ingiustificata disparità di trattamento fra esecutanti, in quanto penalizza coloro che agiscono nei confronti di conduttori appartenenti alle categorie svantaggiate di cui al citato art. 80, comma 22, della legge n. 388 del 2000, posto che delle esigenze abitative dei soggetti più deboli non dovrebbero farsi carico i locatori, bensì i Comuni.
Inoltre, osserva il remittente, la circostanza che la sospensione di cui al d.l. n. 450 del 2001, convertito, con modificazioni, nella legge n. 14 del 2002, fosse già la terza del genere (in precedenza vi erano state quelle disposte dall'art. 80, comma 22, della legge n. 388 del 2000 e dall'art. 1 del decreto-legge 2 luglio 2001, n. 247, convertito, con modificazioni, nella legge 4 agosto 2001, n. 332), in tal modo protraendo il periodo sospensivo complessivamente a diciotto mesi (senza considerare le sospensioni in precedenza previste dall'art. 6 della legge n. 431 del 1998), se da un lato aggravava già prima il sospetto di illegittimità costituzionale sotto il profilo dell'art. 3 Cost., dall'altro contribuiva ad evidenziare il contrasto della normativa in esame con gli artt. 24 e 42 Cost.; a fortiori il dubbio di illegittimità costituzionale della norma ora impugnata, che da ultimo ha prorogato la sospensione al 30 giugno 2003, risulta ancor più grave in considerazione del fatto che la durata della sospensione (inizialmente prevista in giorni centottanta) è stata portata a ben due anni e mezzo: e ciò non consentirebbe di qualificare come straordinaria e contenuta in un periodo di tempo ragionevole la sospensione stessa.
Quanto all'art. 42 della Costituzione, rileva il Tribunale come le misure vincolistiche si giustifichino soltanto in ragione del loro carattere straordinario e temporaneo, che sarebbe viceversa escluso dalla loro continua reiterazione, espressione questa di una tendenza legislativa ad utilizzare lo strumento della sospensione come ordinaria soluzione del problema degli alloggi.
Il giudice a quo osserva poi che un ulteriore consolidamento della tendenza legislativa a rendere difficoltosa, se non impossibile, l'esecuzione degli sfratti a carico di conduttori anziani o handicappati (ovvero che annoverino nel nucleo familiare soggetti in tali condizioni) potrebbe penalizzare costoro nella ricerca di un'abitazione da prendere in locazione, per l'ovvia preferenza accordata dai locatori ai soggetti non protetti.
Il Tribunale prospetta infine il contrasto della norma impugnata con il principio di ragionevole durata del processo di cui all'art. 111 della Costituzione che non potrebbe non riferirsi anche al processo esecutivo.
2.-- È intervenuto in giudizio il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, che ha concluso per l'inammissibilità, ovvero per l'infondatezza della questione. Tali conclusioni sono state ribadite in una memoria depositata nell'imminenza della camera di consiglio, ove si sottolinea come la norma impugnata sia dettata a tutela di specifiche categorie di conduttori meritevoli di una speciale protezione e di diritti costituzionalmente garantiti, il cui valore dovrebbe essere bilanciato con quelli espressi dagli evocati parametri costituzionali.
Considerato in diritto
1.-- Il Tribunale di Firenze dubita della legittimità costituzionale dell'art. 1, comma 1, del decreto-legge 20 giugno 2002, n. 122 (Disposizioni concernenti proroghe in materia di sfratti, di edilizia e di espropriazione), convertito, con modificazioni, nella legge 1° agosto 2002, n. 185, in quanto, nel prorogare fino al 30 giugno 2003 la sospensione delle procedure esecutive di rilascio a carico dei conduttori appartenenti alle categorie protette, risulterebbe lesivo degli artt. 3, primo comma, 24, primo comma, 42, secondo comma, e 111, secondo comma, della Costituzione. Secondo il giudice a quo la norma impugnata introdurrebbe un'ingiustificata disparità di trattamento in danno di chi agisca nei confronti di conduttori appartenenti alle dette categorie svantaggiate rispetto agli altri locatori procedenti nei confronti della generalità dei conduttori, paralizzerebbe sostanzialmente la tutela esecutiva, comprimerebbe il diritto di proprietà ed infine comprometterebbe il principio di ragionevole durata del processo.
2.-- La questione non è fondata.
Questa Corte è stata investita della medesima questione, sollevata dallo stesso Tribunale con riguardo al previgente art. 1 del d.l. n. 450 del 2001, convertito, con modificazioni, nella legge n. 14 del 2002 (che aveva prorogato fino al 30 giugno 2002 la sospensione a suo tempo disposta dall'art. 80, comma 22, della legge n. 388 del 2000). Nella recente sentenza n. 310 del 2003, la Corte ha osservato come il legislatore, pur dovendo farsi carico delle esigenze di coloro che si trovano in particolari situazioni di disagio, anche attraverso agevolazioni, non possa tuttavia «indefinitamente limitarsi, per di più senza alcuna valutazione comparativa, a trasferire l'onere relativo in via esclusiva a carico del privato locatore, che potrebbe trovarsi in identiche o anche peggiori situazioni di disagio».
Tale ordine di considerazioni è stato sottolineato, da ultimo, nella sentenza n. 62 del 2004, ove si è rilevato che «la sospensione automatica delle procedure per il tempo fissato dalla legge risponde alla logica del (nominalmente) cessato regime c.d. vincolistico», anche in ragione del fatto che l'art. 80, comma 22, della legge n. 388 del 2000 non esaurisce la sua efficacia allo scadere dei centottanta giorni dalla sua entrata in vigore ma mira ad avviare un meccanismo permanente di reperimento da parte dei Comuni di immobili da destinare a persone bisognose soggette a sfratti, e che è altrettanto indubbio che i successivi provvedimenti di proroga investono la norma in tutta la sua portata “permanente”.
In particolare, la Corte ha affermato, nella prima sentenza citata, che la sospensione in argomento può trovare giustificazione soltanto se incide sul diritto alla riconsegna dell'immobile «per un periodo transitorio ed essenzialmente limitato». Infatti la violazione di alcune delle norme costituzionali evocate ed il pregiudizio dei diritti che esse tutelano sono tanto più gravi in quanto non soltanto non è prevista alcuna comparazione tra la condizione del conduttore e quella del locatore, ma neppure è stabilita alcuna congrua misura che, addossando alla collettività l'onere economico inerente alla protezione degli inquilini appartenenti alle categorie svantaggiate, allevii il sacrificio dei locatori.
Si osserva tuttavia che la citata sentenza n. 310 del 2003 è cronologicamente successiva all'ultimo dei provvedimenti di proroga della sospensione de qua, adottato con il decreto-legge 24 giugno 2003, n. 147, convertito, con modificazioni, nella legge 1° agosto 2003, n. 200, che ha differito al 30 giugno 2004 il termine di cui alla norma impugnata. Sicché i rilievi di cui sopra, che vanno qui integralmente ribaditi, non hanno potuto spiegare effetti sulle scelte del legislatore. Ove queste ultime dovessero ulteriormente seguire la logica fin qui adottata non potrebbero sottrarsi alle proposte censure d'illegittimità costituzionale (v. sentenza n. 89 del 1984), anche in considerazione del vulnus che il protrarsi delle proroghe arreca al principio della ragionevole durata del processo e alla coerenza dell'ordinamento (v. sentenza n. 108 del 1986).
per questi motivi
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 1, comma 1, del decreto-legge 20 giugno 2002, n. 122 (Disposizioni concernenti proroghe in materia di sfratti, di edilizia e di espropriazione), convertito, con modificazioni, nella legge 1° agosto 2002, n. 185, sollevata, in riferimento agli artt. 3, primo comma, 24, primo comma, 42, secondo comma, e 111, secondo comma, della Costituzione, dal Tribunale di Firenze con l'ordinanza indicata in epigrafe.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 24 maggio 2004.
F.to:
Gustavo ZAGREBELSKY, Presidente
Francesco AMIRANTE, Redattore
Giuseppe DI PAOLA, Cancelliere
Depositata in Cancelleria il 28 maggio 2004.
Il Direttore della Cancelleria
F.to: DI PAOLA
[1] Legge 9 dicembre 1998, n. 431, Disciplina delle locazioni e del rilascio degli immobili adibiti ad uso abitativo.
[2] Tale termine del 29 giugno 2001 è stato, infatti, differito:
§ al 31 dicembre 2001 (art. 1, comma 1, del decreto-legge 2 luglio 2001, n. 247);
§ al 30 giugno 2002 (art. 1, comma 1, del decreto-legge 27 dicembre 2001, n. 450);
§ al 30 giugno 2003 (art. 1, comma 1, del decreto-legge 20 giugno 2002, n. 122);
§ al 30 giugno 2004 (art. 1, comma 1, del decreto-legge 24 giugno 2003, n. 147).
[3] Si tratta dei decreti-legge n. 240 del 2004, n. 86 del 2005 e n. 23 del 2006.
[4] Pubblicata in G.U. 17 marzo 2005, n. 63.
[5] L’elenco dei comuni è consultabile sul sito internet: http://www.confedilizia.it/ELENCO%20COMUNI%20ALTA%20TENSIONE%20ABITATIVA.htmQuanto ai problemi applicativi posti dall’aggiornamento degli elenchi dei comuni ad alta tensione abitativa, si ricorda che, per i differimenti ex art. 6 della legge n. 431, il termine temporale di riferimento, ai fini della presenza del comune all’interno degli elenchi è quello della richiesta al giudice, indipendentemente dal fatto che si tratti di comune già ricompreso nel previgente elenco o meno. Per i comuni espunti dall'elenco, si ritiene che possa essere presentata al giudice dell'esecuzione istanza di revoca dei differimenti eventualmente già concessi. Quanto alla sospensione delle esecuzioni disposta dall’art. 80, comma 22, della legge finanziaria per il 2001, la stessa è applicabile alle sole esecuzioni già in corso prima del 1° gennaio 2001 (data di riferimento del primo blocco, poi – semplicemente – sempre prorogato) e già allora sospese. Il “blocco”, quindi, continuerebbe in tutto e per tutto per gli sfratti in località che erano (e sono) ricomprese in Comuni ad alta tensione abitativa.
[6] GU 27 luglio 2006, n. 173
[7] Il primo si riferiva ai comuni di Milano, Firenze, Roma e Napoli; il secondo ai soli comuni di Milano, Roma e Napoli
[8] Parere contrario della Commissione Bilancio del 24 ottobre 2006.
[9] GU del 30 marzo 2001, n. 75, S.O. n. 64
[10]L’elenco dei comuni è consultabile sul sito internet: http://www.confedilizia.it/ELENCO%20COMUNI%20ALTA%20TENSIONE%20ABITATIVA.htmQuanto ai problemi applicativi posti dall’aggiornamento degli elenchi dei comuni ad alta tensione abitativa, si ricorda che, per i differimenti ex art. 6 della legge n. 431, il termine temporale di riferimento, ai fini della presenza del comune all’interno degli elenchi è quello della richiesta al giudice, indipendentemente dal fatto che si tratti di comune già ricompreso nel previgente elenco o meno. Per i comuni espunti dall'elenco, si ritiene che possa essere presentata al giudice dell'esecuzione istanza di revoca dei differimenti eventualmente già concessi. Quanto alla sospensione delle esecuzioni disposta dall’art. 80, comma 22, della legge finanziaria per il 2001, la stessa è applicabile alle sole esecuzioni già in corso prima del 1° gennaio 2001 (data di riferimento del primo blocco, poi – semplicemente – sempre prorogato) e già allora sospese. Il “blocco”, quindi, continuerebbe in tutto e per tutto per gli sfratti in località che erano (e sono) ricomprese in Comuni ad alta tensione abitativa.
[11] Seduta della 1° Commissione del 10 ottobre 2006.
[12] Si tratta dell’emendamento 1.5 dei relatori, seduta Commissioni riunite 2° e 13° del 24 ottobre 2006.
[13] Seduta della Commissione Bilancio del 17 ottobre 2006.
[14] Seduta dell’Assemblea del senato del 25 ottobre 2006.
[15] "Attuazione della delega conferita dall'art. 3, comma 27, della legge 8 agosto 1995, n. 335, in materia di dismissioni del patrimonio immobiliare degli enti previdenziali pubblici e di investimenti degli stessi in campo immobiliare".
[16] "Disposizioni sul riordinamento degli enti pubblici e del rapporto di lavoro del personale dipendente". Si tratta dei seguenti enti: Cassa nazionale del notariato; Istituto nazionale assistenza dipendenti enti locali (INADEL); Istituto nazionale della previdenza sociale (INPS); Istituto nazionale assicurazione contro le malattie (INAM); Istituto nazionale assicurazione contro gli infortuni sul lavoro (INAIL); Ente nazionale di previdenza ed assistenza per i dipendenti statali (ENPAS); Ente nazionale di previdenza dipendenti enti di diritto pubblico (ENPDEDP); Ente nazionale assistenza agenti rappresentanti commercio (ENASARCO); Servizio per i contributi agricoli unificati (SCAU); Istituto nazionale previdenza giornalisti italiani (INPGI); Federazione nazionale casse mutue malattia per i coltivatori diretti e casse mutue provinciali; Federazione nazionale casse mutue di malattia per gli artigiani e casse mutue provinciali; Federazione nazionale casse mutue di malattia per gli esercenti attività commerciali e casse mutue provinciali; Istituto nazionale previdenza dirigenti aziende industriali (INPDAI); Ente nazionale previdenza ed assistenza farmacisti (ENPAF); Ente nazionale di previdenza ed assistenza medici (ENPAM); Ente nazionale previdenza ed assistenza per i lavoratori dello spettacolo (ENPALS); Ente nazionale di previdenza ed assistenza dei veterinari (ENPAV); Ente nazionale previdenza ed assistenza per gli impiegati dell'agricoltura (ENPAIA); Ente nazionale di previdenza e di assistenza per le ostetriche (ENPAO); Cassa marittima adriatica; Cassa marittima tirrena; Cassa marittima meridionale; Cassa nazionale previdenza ed assistenza ingegneri ed architetti; Cassa nazionale di previdenza e di assistenza a favore dei geometri; Cassa nazionale di previdenza e assistenza a favore dei ragionieri; Cassa nazionale di previdenza e assistenza a favore degli avvocati; Cassa nazionale di previdenza e assistenza a favore dei dottori commercialisti; Opera previdenza assistenza ferrovieri dello Stato (OPAFS); Istituto postelegrafonici; Ente nazionale assistenza orfani lavoratori italiani (ENAOLI); Opera nazionale pensionati d'Italia (ONPI); Associazione nazionale fra mutilati ed invalidi del lavoro (ANMIL); Ente nazionale di previdenza e assistenza per i consulenti del lavoro.
[17] "Attuazione della delega conferita dall'art. 1, comma 32, della legge 24 dicembre 1993, n. 537, in materia di riordino e soppressione di enti pubblici di previdenza e assistenza". Si tratta dei seguenti enti:Istituto nazionale di previdenza per i dipendenti dell'amministrazione pubblica (INPDAP); Istituto nazionale della previdenza sociale (INPS); Istituto nazionale per l'assicurazione contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali (INAIL); Istituto di previdenza per il settore marittimo (IPSEMA).
[18] "Misure di razionalizzazione della finanza pubblica". La disposizione indicata riguarda le modalità di dismissione del patrimonio immobiliare delle amministrazioni pubbliche che non rispondono alla legge 24 dicembre 1993, n. 560 (recante "Norme in materia di alienazione degli alloggi di edilizia residenziale pubblica"), della concessionaria servizi assicurativi pubblici S.p.a. (CONSAP) e delle società derivanti da processi di privatizzazione nelle quali, direttamente o indirettamente, la partecipazione pubblica è uguale o superiore al 30 per cento del capitale espresso in azioni ordinarie.
[19] “Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge finanziaria 2001)”.
[20] Seduta del 17 ottobre 2006.
[21] Si tratta dei tre decreti del 27 dicembre 2001 che hanno riguardato:
§ l’avvio di un programma, "Ventimila abitazioni in affitto", destinato alla realizzazione ed al recupero di alloggi da concedere in locazione a canone convenzionato;
§ la realizzazione di un piano di edilizia residenziale per anziani, “Alloggi in affitto per gli anziani del 2000", con affitti agevolati permanenti;
§ l’avvio di “Programmi innovativi in ambito urbano”, volti alla riqualificazione di quartieri periferici o comunque degradati di comuni e città dove è più forte il disagio abitativo.
Al fine di garantire la piena realizzazione di tali programmi, sono stati successivamente adottati anche diversi decreti ministeriali.
[22] G.U. 27 luglio 2006, n. 173.
[23]Il decreto legislativo n. 112 (artt. 59-64) ha altresì previsto la soppressione del Comitato per l'edilizia residenziale pubblica (CER) e la diretta attribuzione alle Regioni dei fondi volti al finanziamento degli interventi e della competenza in ordine alla fissazione dei criteri per l'assegnazione degli alloggi e per la definizione dei canoni. La ripartizione di competenze operata dal decreto legislativo n. 112 presenta carattere di marcata novità rispetto alla precedente che aveva mantenuto allo Stato le funzioni di programmazione nazionale dei finanziamenti dell’edilizia residenziale pubblica (DPR n. 616 del 1977). Nel ristretto e definito nucleo di competenze mantenute allo Stato dall’art. 59 del decreto n. 112, non compare più infatti tale funzione, mentre al successivo art. 60, fra le funzioni conferite alle regioni viene indicata la “programmazione delle risorse finanziarie destinate al settore” (programmazione/localizzazione). Tali norme vengono integrate dal successivo art. 61 che reca l’insieme delle disposizioni di dettaglio necessarie a rendere effettivo l’accreditamento alle singole regioni delle risorse finanziarie previste dalle numerose leggi vigenti che hanno previsto finanziamenti di interventi di edilizia residenziale pubblica.
[24] Seduta del 24 ottobre 2006.
[25] Convertito, con modificazioni, dalla legge 31 luglio 2005, n. 156.
[26] Ai sensi dell’articolo 2 del decreto-legge n. 106/2005, recante disposizioni urgenti in materia di entrate, alle imprese risultanti da processi di concentrazione ovvero di aggregazione rientranti nella definizione comunitaria di microimprese, piccole e medie imprese, è attribuito un premio di concentrazione nel rispetto delle seguenti condizioni: a) il processo di concentrazione o di aggregazione deve essere ultimato nel periodo compreso tra la data in cui interviene l'approvazione da parte della Commissione europea e i ventiquattro mesi successivi; b) le imprese che prendono parte al processo di concentrazione ovvero di aggregazione devono rientrare nella definizione di microimprese e di piccole imprese di cui alla raccomandazione n. 2003/361/CE; c) tutte le imprese che partecipano al processo di concentrazione o di aggregazione devono aver esercitato attività omogenee nei due periodi d'imposta precedenti alla data in cui è ultimato il predetto processo ed essere residenti in Stati membri dell'Unione europea, ovvero dello Spazio economico europeo. Il premio di concentrazione spetta a condizione che la concentrazione o la aggregazione abbia durata almeno pari a tre anni e consiste in un contributo nella forma del credito di imposta utilizzabile esclusivamente in compensazione, pari al dieci per cento dell'importo risultante dalla differenza tra: a) la somma dei valori della produzione netta risultanti dalle dichiarazioni presentate ai fini dell’IRAP di tutte le imprese che partecipano alla concentrazione o alla aggregazione; e b) il maggiore dei valori della produzione netta dichiarati ai fini dell’IRAP da ciascuna delle imprese che partecipano alla concentrazione o alla aggregazione.
[27] La limitazione non si applica alle riassegnazioni per le quali l'iscrizione della spesa non ha impatto sul conto economico consolidato delle pubbliche amministrazioni, nonché a quelle riguardanti l'attuazione di interventi cofinanziati dall'Unione europea.
[28] Si ricorda peraltro che la procedura volta a definire un intervento legislativo specifico in caso di scostamenti dalle autorizzazioni di spesa formulate in termini di previsioni, con l’intervento del Ministro dell’economia in Parlamento, non ha mai trovato concreta applicazione. A partire dalla legge finanziaria per il 2004, l’attuazione del decreto-legge “tagliaspese” si è risolta nell’inserimento, fra gli allegati della legge finanziaria, della tabella delle ccdd. “eccedenze di spesa”, con la quale, a valere sul complesso delle risorse reperite dalla legge finanziaria medesima, sono stabiliti gli stanziamenti necessari per far fronte ai maggiori oneri determinatisi rispetto a specifiche autorizzazioni di spesa.
[29] Si ricorda che allo stato di previsione della spesa del Ministero dell’economia e finanze è allegato l'elenco dei capitoli relativi a spese obbligatorie, per i quali è possibile l’utilizzo del Fondo di riserva delle spese obbligatorie e d’ordine.
*Traduzione non ufficiale a cura degli Uffici della Camera dei deputati.
[30] Testo discusso e adottato dall’Assemblea il 2 ottobre 2006 (24° seduta).
[31] Procedura di controllo in vista di una revisione.
[32] Aggiornate, per il 2006, alle sentenze emanate fino al 16 novembre.
[33] A tal fine svolgendo considerazioni analoghe a quelle contenute nella sentenza Immobiliare Saffi c./Italia del 1993 di cui alla precedente nota, che fa stato in materia di locazioni.
[34] Il ricorso Mascolo era stato ritenuto ricevibile con decisione del 16 ottobre 2003, nella quale la Corte europea aveva, da un lato, preso atto dell’orientamento della Corte di cassazione contenuto nella sentenza n.11046 del 18 giugno 2002 – con la quale si era ritenuto che nell’ambito applicativo della legge n. 89 del 2001 rientrasse anche il procedimento di esecuzione forzata – e, dall’altro, ricordato la propria consolidata interpretazione dell’art. 35 CEDU. Infatti, se ai sensi di tale articolo i ricorrenti sono tenuti a seguire previamente le vie di ricorso interne, d’altro canto tali ricorsi devono essere adeguati ed effettivi nella realtà come nella teoria, non prestandosi tale articolo ad una applicazione automatica, né presentando la regola in esso contenuta un carattere assoluto. Perciò, condividendo l’avviso manifestato dal Governo italiano, secondo il quale la violazione del diritto di proprietà è strettamente legata alla durata del procedimento di cui è una conseguenza indiretta, la Corte ha ritenuto che “è dunque probabilmente nel quadro del rimedio previsto dalla legge Pinto che i ricorrenti possono far valere le loro pretese relative alle ripercussioni economiche che la lunghezza eccessiva del procedimento ha avuto sul loro diritto di proprietà, in particolare per ciò che riguarda il mancato guadagno in termini di affitti o il fatto di aver dovuto affittare un altro appartamento in attesa di tornare in possesso di quello per il quale era stata fatta una dichiarazione di urgente necessità”. Con questa decisione il ricorso è stato ritenuto ricevibile poiché il ricorrente non aveva più la possibilità di adire la competente Corte d’appello ai sensi della legge n. 89 del 2001, poiché il termine ivi previsto era scaduto ben prima della citata sentenza della Corte di cassazione del 18 giugno 2002.
[35] Successivamente abrogato dall’art. 14 della legge n. 431 del 1998.
[36] Fra le altre, la Corte europea ha ricordato la sentenza della Corte costituzionale n. 155 del 2004, nella quale si invitava il legislatore a darsi carico delle persone in condizioni particolari di indigenza - non potendo più limitarsi a trasferire all’infinito questo peso esclusivamente sul proprietario, poiché quest’ultimo potrebbe trovarsi a sua volta nella stessa situazione di bisogno - avvertendo che, in futuro, non si sarebbe più potuto continuare a considerare legittimo il mantenimento di una tale politica legislativa.
[37] Rilevando che, comunque, come compensazione di tale limitazione, il proprietario era dispensato dall’onere di provare l’esistenza del danno.
[38] Occorre ricordare che, in ambito legislativo nazionale, successivamente all’emanazione della citata sentenza Mascolo, è intervenuto il decreto legge n. 86 del 2005, convertito dalla legge n. 148, che non si è limitato a fronteggiare l’emergenza abitativa determinatasi in alcune aree urbane a seguito della scadenza – 30 giugno 2004 – del termine di sospensione generale degli sfratti per inquilini disagiati nelle aree ad alta tensione abitativa; infatti, tale decreto intervenuto anche sulla disciplina che il Governo aveva già varato con il decreto legge n. 240 del 2004, convertito con modificazioni dalla legge n. 269 del 2004. Anche questo testo non si limitava - come in passato - alla mera proroga della sospensione disposta dall’art. 80, comma 22, della legge finanziaria per il 2001, perché ha introdotto misure finalizzate ad agevolare i conduttori assoggettati a procedura esecutiva di rilascio, introducendo nuove forme contrattuali riservate a tali inquilini e incentivando il ricorso a queste nuove forme contrattuali attraverso agevolazioni fiscali e contributi diretti; ha poi previsto che solo per gli inquilini che avessero aderito ai nuovi contratti di locazione fosse prorogata ulteriormente la sospensione dello sfratto. Infine, con il decreto legge n. 23 del 2006 è stata disposta una proroga di 6 mesi delle procedure esecutive di sfratto per alcune categorie disagiate nelle città con più di un milione di abitanti e sono state previste, allo stesso tempo, agevolazioni fiscali per i proprietari interessati dalla proroga.
[39] In merito il giudice Spielmann richiama la sentenza della Corte del 10 marzo 1972, resa nell’ambito dell’affare “Vagabondage”, nonché la recente decisione di ricevibilità del 24 febbraio 2005 nella causa Coggiola e Alba c. Italia, nella quale la Corte, respingendo l’eccezione del non esaurimento delle vie di ricorso interne avanzata dal Governo in base all’art. 1591 del codice civile, ha ritenuto tale mezzo di ricorso non efficace per consentire allo Stato di riconoscere la violazione e di riparare economicamente il danno (riconoscimento e riparazione che costituiscono gli elementi che consentono ai ricorrenti di perdere lo status di vittima ai sensi dell’art. 34 CEDU), in quanto limitato ai soli danni materiali, per di più con i vincoli derivanti dall’ art. 6 della legge n. 61 del 1989.
[40] Così disponendo la Corte, nella sentenza Cuccaro, ha fatto riferimento ai due precedenti Mascolo del 2004 e Lo Tufo del 2005.
[41] Il 9 febbraio 2006 la Corte ha disposto la cancellazione dal ruolo delle cause Comellini (ricorso n. 15491/02) e De Luca (ricorso n. 17644/03) per composizione amichevole della controversia tra i ricorrenti e lo Stato italiano.