Camera dei deputati - XV Legislatura - Dossier di documentazione
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Autore: | Servizio Studi - Dipartimento agricoltura | ||
Titolo: | Disposizioni per la valorizzazione e la promozione della ¿sfoglia emiliano-romagnola¿ e disciplina della relativa professione - A.C. 275 | ||
Riferimenti: |
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Serie: | Progetti di legge Numero: 302 | ||
Data: | 14/01/2008 | ||
Organi della Camera: | XIII-Agricoltura |
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Camera dei deputati |
XV LEGISLATURA |
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SERVIZIO STUDI |
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Progetti di legge |
Disposizioni per la valorizzazione e la promozione della “sfoglia emiliano-romagnola” e disciplina della relativa professione A.C. 275 |
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n. 302 |
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14 gennaio 2008 |
Dipartimento Agricoltura
SIWEB
I dossier del Servizio studi sono destinati alle esigenze di documentazione interna per l'attività degli organi parlamentari e dei parlamentari. La Camera dei deputati declina ogni responsabilità per la loro eventuale utilizzazione o riproduzione per fini non consentiti dalla legge.
File: Ag0090.doc
INDICE
Elementi per l’istruttoria legislativa
§ Necessità dell’intervento con legge
§ Rispetto delle competenze legislative costituzionalmente definite
§ Incidenza sull’ordinamento giuridico
Normativa nazionale
§ Cost. 27 dicembre 1947. Costituzione della Repubblica italiana . (Art. 117)
§ L. 21 dicembre 1978, n. 845. Legge-quadro in materia di formazione professionale. (Art. 14)
§ L. 5 ottobre 1991, n. 317. Interventi per l'innovazione e lo sviluppo delle piccole imprese. (Art. 36)
§ D.Lgs. 18 maggio 2001, n. 228. Orientamento e modernizzazione del settore agricolo, a norma dell'articolo 7 della L. 5 marzo 2001, n. 57. (Art. 13)
§ L. 23 dicembre 2005, n. 266. Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge finanziaria 2006). (Art. 1, co. 366-372)
Normativa comunitaria
§ Reg. (CE) 20 marzo 2006, n. 509/2006. Regolamento del Consiglio relativo alle specialità tradizionali garantite dei prodotti agricoli e alimentari
Numero del progetto di legge |
275 |
Titolo |
Disposizioni per la valorizzazione e la promozione della “foglia emiliano-romagnola” e disciplina della relativa professione |
Iniziativa |
parlamentare |
Settore d’intervento |
alimentazione |
Iter al Senato |
no |
Numero di articoli |
5 |
Date |
|
§ presentazione o trasmissione alla Camera |
28 aprile 2006 |
§ annuncio |
7 novembre 2006 |
§ assegnazione |
7 novembre 2006 |
Commissione competente |
XIII Agricoltura |
Sede |
Referente |
Pareri previsti |
I, V, VII, X, XIV e Commissione parlamentare per le questioni regionali |
La p.d.l. intende, come afferma la relazione illustrativa, “tutelare e promuovere la più antica tradizione emiliano-romagnola dell’arte di preparare la sfoglia fatta in casa e a mano”, per evitare la standardizzazione di questo alimento, che svolge anche una funzione di richiamo turistico per la regione nel mondo.
Tali finalità sono perseguite (art. 1) attraverso l’istituzione di un distretto di ristorazione, sotto forma di rete sistemica di locali costituenti laboratori d’arte gastronomica, individuati presso le osterie, le trattorie, i ristoranti, gli istituti alberghieri e le scuole di formazione.
Lo strumento organizzativo prescelto per la tutela e la promozione della sfoglia emiliano-romagnola è un Comitato (art. 2) , da istituire con Decreto del Ministro delle attività produttive (ora dello sviluppo economico), previa deliberazione della giunta regionale dell’Emilia-Romagna. Il Comitato, composto da rappresentanti del Ministero, della Provincia e del Comune di Bologna, delle organizzazioni e associazioni di categoria, ha il compito di promuovere a livello nazionale ed internazionale la diffusione della sfoglia emiliano-romagnola, di tutelarne le origini culturali e garantirne le modalità di preparazione e somministrazione in conformità ad un apposito disciplinare predisposto dal Comitato stesso.
Ai sensi dell’art. 3 il Comitato è quindi incaricato di una serie di iniziative:
- organizzare un concorso di idee per la creazione di un marchio che caratterizzi i locali ove si serve pasta fresca fatta a mano;
- predisporre e promuovere itinerari turistici, culturali e gastronomici;
- istituire una mostra-fiera annuale, articolata in una serie di laboratori pratici;
- realizzare apposite campagne di educazione del gusto;
- promuovere corsi di formazione al mestiere di sfoglina o sfoglino.
L’art. 4 istituisce poi la professione di sfoglina e sfoglino, alla quale accedono coloro che attualmente svolgono le relative attività nei negozi artigianali di pane e pasta, nonché coloro che conseguono il diploma rilasciato al termine dei corsi di formazione professionale indetti a tale scopo e finanziati dalla provincia di Bologna.
L’art. 5 provvede alla copertura degli oneri derivanti dall’attuazione della legge, determinati nel limite massimo di 250.000 euro annui, senza peraltro indicare la specifica destinazione dello stanziamento.
Relazioni allegate
La proposta, di iniziativa parlamentare, è corredata dalla sola
relazione illustrativa.
L’intervento con legge si rende necessario in quanto la proposta dispone l’utilizzo di stanziamenti del bilancio statale, autorizzando le conseguenti variazioni al bilancio stesso.
La proposta interviene sulla materia della alimentazione, attribuita alla competenza concorrente dello Stato e delle Regioni dall’art. 117, terzo comma, della Costituzione.
La tutela in ambito comunitario di specialità gastronomiche caratterizzate da un metodo tradizionale di produzione o trasformazione richiede un procedimento di registrazione presso le Autorità comunitarie, disciplinato da un apposito regolamento (Reg. n. 509/2006 sulla tutela delle specialità tradizionali garantite).
La proposta di legge in esame non contiene tuttavia alcun riferimento al possibile riconoscimento della “sfoglia emiliano-romagnola” quale specialità tradizionale garantita ai sensi della normativa comunitaria, e non sembra quindi poter garantire una protezione in tale ambito della denominazione che si intende tutelare.
Ciò premesso, si ricorda che il regolamento (CE) n. 2082/92, ora sostituito dal reg. 509/2006, ha introdotto un sistema di tutela delle specialità tradizionali garantite, con l’assegnazione di una attestazione di specificità che riconosce l’esistenza in un prodotto di caratteristiche degne di tutela in ragione: dell’utilizzo di materie prime tradizionali, del metodo tradizionale di produzione o trasformazione, dell’uso di una denominazione tradizionale o consacrata dall’uso. In particolare l’applicazione di tale regolamento si estende a tutti i prodotti di cui all’allegato II del trattato, nonché a quelli elencati nel regolamento stesso che include le paste alimentari anche cotte o farcite. Con la concessione della STG la Comunità attesta che un prodotto possiede un insieme di caratteristiche specifiche conseguenti al rispetto delle regole di produzione stabilite. La specificità, peraltro, può anche collegarsi alle tradizioni di una determinata area geografica, ma l’elemento qualificante deve essere la procedura stabilita nel disciplinare relativamente alle modalità di produzione, che deve avvenire in base all’art. 4, comma 1: utilizzando materie prime tradizionali, oppure avere una composizione tradizionale, oppure avere un metodo di produzione e/o trasformazione tradizionale. In proposito è significativo che per definire la sostanza delle attestazioni di specificità si sia utilizzata la espressione di “ricette tradizionali”, peraltro utile anche per evidenziare come dal campo di applicazione del reg. n. 2082 vengano a trovarsi esclusi i prodotti semplici come gli ortofrutticoli.
Il riconoscimento di una STG, proprio perché prescinde dalle esistenza di un legame geografico fra prodotto e territorio, diviene patrimonio dell’intera collettività comunitaria e chiunque, ovunque sia ubicato, produca quello specifico alimento, nel rispetto delle regole stabilite con il disciplinare, può fregiarsi della relativa denominazione accompagnata dal logo “specialità tradizionale garantita”. Il prodotto è pertanto tutelato in quanto risultato di una consolidata tradizione che ne assicura caratteri distintivi, senza che sia richiesto alcun legame con l’area dove sia eventualmente stata elaborata quella modalità di produzione.
Quanto alla denominazione (articolo 5) della quale si chiede la registrazione, il provvedimento comunitario, peraltro non chiarissimo, esige che essa sia: di per sé specifica, ossia tradizionale e conforme ad una normativa nazionale o essere consacrato dall’uso; oppure esprima la specificità del prodotto; è anche possibile proporre una denominazione con l’uso di termini geografici, purché questi non siano già utilizzati in una indicazione di provenienza protetta dal regolamento 510/2006.
Una specifica questione potrebbe porsi in rapporto alle disposizioni di cui all’art. 3, comma 3, della p.d.l., ove si prevede che il disciplinare predisposto dal Comitato indichi, tra l’altro, la provenienza delle materie prime utilizzate per la preparazione della sfoglia emiliano-romagnola; in presenza di una materia prima rispondente ai requisiti qualitativi prescritti, infatti, una discriminazione in base alla sola provenienza della materia stessa potrebbe essere considerata equivalente a restrizioni commerciali, ai sensi dell’art. 28 del Trattato U.E.
Il 18 ottobre 2006 la Commissione ha inviato all’Italia una lettera di messa in mora[1] (procedura d’infrazione 2006/2299) per l’adozione del decreto “Passata di pomodoro – Origine del pomodoro fresco”, del 17 febbraio 2006.
L’articolo 1 di tale decreto rende obbligatorio indicare sull’etichetta della purea di pomodori la zona di coltivazione dei pomodori freschi utilizzati per fabbricare il prodotto in questione. Inoltre l’Italia ha adottato tale decreto non ottemperando alle modalità di notifica previste dalla normativa comunitaria vigente.
Secondo la Commissione ciò configura una violazione sia delle norme procedurali previste dalla direttiva 2000/13/CE, concernente l’etichettatura e la presentazione dei prodotti alimentari, sia delle disposizioni sostanziali in essa previste. Pertanto, il 6 aprile 2006, la Commissione ha richiesto alle autorità italiane l’abrogazione del decreto in questione.
Nella sua risposta, l’Italia ha sottolineato che il decreto del 17 febbraio 2006 è destinato a garantire ai consumatori la maggiore tutela possibile: l’indicazione d’origine costituisce uno strumento supplementare di tutela del consumatore per quanto attiene la materia prima utilizzata, in quanto l’indicazione della zona di coltivazione costituisce un mezzo per incoraggiare i consumatori a scegliere in piena libertà e conoscenza di causa, senza essere tratti in inganno circa la provenienza del prodotto.
Secondo la Commissione invece la provenienza o l’origine di un prodotto alimentare deve figurare obbligatoriamente sull’etichetta unicamente nel caso in cui i consumatori potrebbero essere indotti a ritenere a torto che il prodotto abbia una determinata origine o provenienza. Inoltre l’origine del prodotto alimentare, o quella della materia prima utilizzata per fabbricarlo, possono venire indicate volontariamente dai produttori quando il prodotto alimentare benefici di una reputazione di qualità obiettivamente giustificata dalla provenienza o dall’origine (oppure essere eventualmente oggetto di una denominazione d’origine o di una indicazione geografica tutelata alle condizioni previste dalla legislazione comunitaria).
Al contrario l’Italia, con il decreto adottato nel 2006, non ha fornito, nel preambolo al decreto stesso, una giustificazione che consenta di concludere che i consumatori italiani potrebbero essere indotti in errore né stabilisce che l’indicazione della zona di produzione dei pomodori freschi risulti necessaria ad evitare il suddetto rischio di errore.
Il 5 e 6 febbraio 2007 si è svolta la Conferenza sulla “Certificazione di qualità alimentare – aggiungere valore al prodotto agricolo”, organizzata dalla DG agricoltura della Commissione europea ed alla quale ha partecipato il commissario per l’agricoltura Marianne Fischer Boel.
La conferenza ha messo in evidenza la necessità di approfondire il dibattito su una etichettatura europea di qualità.
La qualità dei prodotti agricoli rientra tra le priorità individuate dalla Commissione nel programma legislativo e di lavoro per il 2008 (COM(2007)640). Su tale questione la Commissione intende presentare, nel corso del 2008, un libro verde che esaminerà le varie opzioni a disposizione di agricoltori e produttori che vogliano orientare la loro produzione alla qualità al fine di meglio rispondere alle richieste dei consumatori e di conferire un valore aggiunto ai propri prodotti; il libro verde si baserà sui risultati della citata Conferenza ed inviterà inoltre le parti interessate ad esprimere il loro parere sullo sviluppo degli attuali sistemi di qualità CE per le indicazioni geografiche e le specialità tradizionali.
La Commissione è impegnata a sviluppare un sistema europeo di crediti per l’istruzione e la formazione professionale (ECVET)[2] inteso a facilitare il trasferimento, la capitalizzazione e il riconoscimento dei risultati dell’apprendimento in Europa.
In particolare, l’ECVET si propone di rendere i risultati dell’apprendimento più facilmente trasferibili da un contesto di apprendimento e/o da un sistema di qualifica ad un altro. L’ECVET propone una metodologia che descrive ogni qualifica in termini di unità dei risultati dell’apprendimento (conoscenze, abilità e competenze) ai quali sono associati dei punti di credito che possono essere capitalizzabili e riconoscibili in tutta Europa. L’ECVET si propone di essere adattabile a qualsiasi contesto di apprendimento in quanto facilita la validazione e il trasferimento dei risultati dell’apprendimento non formale e informale e contribuisce a migliorare l’accesso alle qualifiche per ogni persona, nel corso di tutta la vita, contribuendo a migliorare la mobilità nell’ambito della formazione professionale iniziale e continua, nonché a migliorare la trasparenza delle qualifiche.
L’ECVET dovrebbe essere sviluppato e attuato gradualmente su base volontaria, senza obblighi legali, in quanto non ha funzione di norma. L’applicazione dell’ECVET nei Paesi che prenderanno la decisione di adozione dovrà tenere conto della legislazione nazionale o regionale e/o dei regolamenti settoriali esistenti che riguardano le qualifiche.
Sulla base dei risultati di un ampio processo consultivo che si è svolto su un documento della Commissione (SEC(2006)1431) e si è concluso nel 2007, la Commissione potrebbe decidere ulteriori iniziative per perfezionare l’introduzione dell’ECVET.
La proposta prevede numerosi adempimenti, anche onerosi, a carico della Regione Emilia Romagna e della Provincia e del Comune di Bologna.
La proposta intende perseguire le finalità indicate all’art. 1 attraverso “l’istituzione di un distretto di ristorazione”, sotto forma di rete sistemica di locali costituenti laboratori d’arte gastronomica, individuati presso le osterie, le trattorie, i ristoranti, gli istituti alberghieri e le scuole di formazione.
Essa non contiene tuttavia alcun riferimento alla normativa vigente in materia di distretti ed alla eventuale applicazione delle agevolazioni previste in materia.
Si ricorda a questo proposito che il decreto legislativo 18 maggio 2001, n. 228 “Orientamento e modernizzazione del settore agricolo, a norma dell'articolo 7 della L. 5 marzo 2001, n. 57” all'articolo 13 reca la definizione dei "distretti rurali e agroalimentari di qualità", affidandone peraltro la concreta individuazione alle regioni. I primi sono i sistemi produttivi locali di cui all'articolo 36, comma 1, della legge 5 ottobre 1991, n. 317 caratterizzati dalla sussistenza di un'identità storica e territoriale omogenea derivante dall'integrazione fra attività agricole e altre attività locali, nonché dalla produzione di beni o servizi di particolare specificità, coerenti con le tradizioni e le vocazioni naturali e territoriali. I distretti agroalimentari di qualità sono invece i sistemi produttivi locali, anche a carattere interregionale, caratterizzati da significativa presenza economica e da interrelazione e interdipendenza produttiva delle imprese agricole e agroalimentari, nonché da una o più produzioni certificate e tutelate ai sensi della vigente normativa comunitaria o nazionale, oppure da produzioni tradizionali o tipiche.
Ai distretti disciplinati dal D.Lgs. n. 228/2001 si applicano le agevolazioni di carattere fiscale ed amministrativo previste dalla legge finanziaria 2006 (art. 1, commi 366 e seguenti), destinate peraltro ad essere inizialmente applicate in via sperimentale ad alcune realtà campione. .
I riferimenti al Ministro ed al Ministero delle Attività produttive (artt. 1 e 5) dovrebbero essere aggiornati alla attuale dizione di Ministero dello sviluppo economico.
All’art. 4, comma 1, appare impropria la dizione: ”è istituita la professione…”, la quale sembrerebbe postulare un implicito rinvio alla normativa recata dall’art. 2229 del codice civile, ai sensi del quale la legge determina le professioni intellettuali per l’esercizio delle quali è necessaria l’iscrizione in appositi albi.
Dal momento che la professionalità in questione si consegue (art. 4, comma 2) al termine di specifici corsi di formazione professionale, sembra opportuno invece fare riferimento alle nozioni di “qualifica professionale” e di “attestato di qualifica” previste dalla vigente normativa quadro in materia di formazione professionale (legge 21 dicembre 1978, n. 845, in particolare l’art. 14).
All’art. 5 si prevede un finanziamento annuale a carico del bilancio statale per l’attuazione della legge, senza peraltro indicare, come sembra necessario, la specifica destinazione e le modalità di utilizzazione di tale finanziamento, nell’ambito delle finalità generali del provvedimento.
N. 275
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CAMERA DEI DEPUTATI ______________________________ |
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PROPOSTA DI LEGGE |
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d’iniziativa dei deputati GRILLINI, ALBONETTI, BERTOLINI, BRANDOLINI, CHICCHI, DE BRASI, FINCATO, FOGLIARDI, FORLANI, GHIZZONI, GIULIETTI, GOZI, LAGANÀ FORTUGNO, LENZI, MARCHI, MIGLIOLI, MOTTA, MURA, OTTONE, PEDULLI, RAISI, REALACCI, RUGGERI, ZANOTTI ¾ |
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Disposizioni per la valorizzazione e la promozione della «sfoglia emiliano-romagnola» e disciplina della relativa professione |
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Presentata il28 aprile 2006
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Onorevoli Colleghi! - In principio, era la sfoglia l'ingrediente-base di molti piatti tipici della cucina tradizionale emiliana, che merita - secondo l'Artusi - una riverenza: «È un modo di cucinare un po' grave, se vogliamo, perché il clima così richiede; ma succulento, di buon gusto e salubre».
La sfoglia può dirsi elemento principe di quel patrimonio culturale che ha reso la regione del Carducci simbolo nazionale e internazionale della pasta.
La sfoglia impastata manualmente è una specialità antichissima, densa di evocazioni culturali e di elementi simbolici e deriva da tradizioni alimentari poverissime. È il prodotto geniale di un'epoca caratterizzata da miseria, ingegno, capacità di offrire in tavola sempre qualcosa di gustoso e di nutriente, in grado di fornire gioia al palato e sollievo dopo una dura giornata di lavoro. Farina e uova sono i pochi e poveri elementi con cui infatti è stata da sempre «impastata» la sfoglia.
Non si conosce con esattezza il periodo in cui è nata o a chi è possibile farla risalire, ma pare che la sfoglia fosse già conosciuta dagli etruschi nel IV secolo avanti Cristo.
I romani mangiavano laganum, parola che in alcuni dialetti del sud Italia identifica la pasta. La sfoglia, sotto forma di lasagna, ebbe grande successo nei secoli. Verso la fine del '300 arriva il «torteleto», nonno di quello che conosciamo come tortellino. La paternità fu attribuita dall'ingegnere Ceri, di origine toscana, a un fantomatico oste di Castelfranco Emilia, il quale avrebbe voluto così emulare l'ombelico di Venere, per mettere pace fra Bologna e Modena. La sfoglia raggiunse il massimo grado di creatività culinaria nel XVI secolo grazie a Messisburgo, direttore di mensa alla Corte d'Este; dopo di lui altri (Scappi, Stefani e altri) si prodigarono in consigli e in ricette sulla lavorazione della sfoglia.
La regione Emilia-Romagna, ricchissima di scambi e di ispirazioni, con «l'oste di Castelfranco» è legata intimamente alle vicende storico-gastronomiche della sfoglia che è oggi confezionata «a mano» in tutto il territorio.
La sfoglia è base indispensabile per una serie di primi piatti ormai famosi e prodotti in tutto il mondo, come lasagne, tagliatelle, maltagliati, tagliolini, tortellini, eccetera.
Questa proposta di legge ha lo scopo di tutelare e di promuovere la più antica tradizione emiliano-romagnola dell'arte di preparare la sfoglia fatta in casa e a mano, per evitare che la standardizzazione di un prodotto come la pasta, così legato alla sua terra, possa sottrarre gusto al cibo e dignità ad un alimento che è arte, tradizione e forte biglietto da visita turistico per la regione nel mondo.
È indubbio che la primogenitura della pasta all'uovo fatta in casa vada attribuita alla città delle due torri. «Hai fatto una buona sfoglia quando sollevandola controluce vedi san Luca» (il santuario che domina la città dal colle della Guardia) dicono le «azdore», massaie bolognesi.
La ricetta più antica per fare la sfoglia è la seguente: è necessario disporre su un tagliere della farina bianca di grano tenero per pasta (non è importante il grado di macinazione). Si predispone la farina in forma circolare creando al centro uno spazio dove si dovranno rompere le uova. La proporzione è un etto di farina per ogni uovo. Non essendo il grado di umidità omogeneo per tutte le farine e non essendo le uova necessariamente tutte regolari, sarà l'esperienza della/o sfoglina/o a suggerire se vadano aggiunti farina o un albume d'uovo per modulare il grado di consistenza dell'impasto, che dovrà risultare «né tenero, né duro» ma morbido ed elastico. Mai e poi mai aggiungere acqua, che è solo un palliativo momentaneo per modulare la consistenza. Per impastare, rompere le uova nello spazio creato al centro, sbattendole con una forchetta e facendo attenzione a non fare fuoriuscire il composto dal mucchio di farina. Lavorare per 15-20 minuti rigorosamente a mano finché l'impasto non sarà liscio, poroso, elastico e senza grumi. Il segreto di una buona sfoglia sta tutto in questa fase di lavorazione che darà il tocco e il sapore a tutti i piatti.
La sfoglia andrà quindi «tirata» (stesa) - come vuole la tradizione - con un «matterello» di spessore variabile, a seconda del tipo di pasta che si vuole preparare.
Questa, l'estrema semplificazione di un'arte culinaria antica, che va ben oltre la ricetta ed il semplice miscelare ingredienti; tanto che il mestiere della «sfoglina» o dello «sfoglino» - termine con cui si indica una donna o un uomo particolarmente abili nell'ottenere la sfoglia - è uno dei più antichi e tradizionali della regione.
Non era infatti raro, fino a qualche tempo fa, vedere nelle cucine delle trattorie la «azdora» intenta a preparare la sfoglia con il «matterello» sul «tagliere». Come molte tradizioni, anche quella della sfoglina si sta purtroppo perdendo. Anche la sfoglia è oggi preparata per lo più industrialmente, ma il risultato è assai lontano da quel «monumento della civiltà alimentare nazionale» che coincide con un altrettanto singolare laboratorio gastronomico d'arte culinaria, qual è l'Emilia-Romagna con le sue osterie, trattorie, ristoranti e scuole culinarie.
Tuttavia, negli ultimi tempi, si è assistito a un rilancio e a un rinnovato interesse per l'antica ed artigianale tradizione culinaria anche grazie al prezioso lavoro di associazioni come «slow food».
È cresciuta quindi, a volte anche tumultuosamente, la richiesta di cibi sani, non industriali, legati alla storia e ai sapori di un passato assai vicino per tradizione, memoria e parentela. Così è sempre più frequente trovare nei panifici e nelle pasticcerie bolognesi l'offerta di prodotti tradizionali di fattura artigianale e manuale tra cui gli immancabili tortellini e le notissime tagliatelle.
Si è persino assistito a un rilancio della «sfoglia» fatta a mano e sono nate scuole di formazione come ad esempio quella di Bologna, «La vecchia scuola», che nel corso di dodici anni di vita ha formato oltre 500 sfogline/i, soprattutto stranieri, a dimostrazione che la «sfoglia» rappresenta uno dei biglietti da visita della cultura enograstronomica del nostro Paese nel mondo.
Passando all'articolato della presente proposta di legge, si evidenzia che essa trova fondamento nella contestuale presenza di due realtà sul territorio: la grande tradizione culturale e artistica della regione e la grande tradizione gastronomica della pasta, con l'alta concentrazione di osterie, trattorie, ristoranti e scuole di riconosciuta eccellenza.
Non a caso, le guide gastronomiche più prestigiose collocano alcuni ristoranti emiliani ai vertici della cucina mondiale e non a caso le città emiliane sono associate, nel mondo, alla buona cucina e all'alimentazione di qualità.
L'articolo 1 del testo chiarisce che si vogliono promuovere la tutela e la valorizzazione della sfoglia emiliano-romagnola, e della sua ricetta originale, non come un mero prodotto agroalimentare o gastronomico da commercializzare, ma come ingrediente base di numerosi piatti tradizionali: un prodotto da proteggere non solo con l'«indicazione geografica tipica» dei prodotti agricoli e alimentari, ma anche con l'attivazione degli strumenti moderni della politica industriale, del turismo e del commercio. Per questa ragione, la tutela della sfoglia è ricercata con l'istituzione di un distretto di ristorazione, inteso appunto come una rete sistemica di «cucine» locali, veri laboratori d'arte gastronomica: osterie, trattorie, ristoranti e scuole.
In sostanza, non si vuole solo tutelare la «sfoglia emiliano-romagnola» in sé, ma anche attraverso la valorizzazione dei ristoratori che la preparano e ne permettono la degustazione nei loro locali.
L'articolo 2 prevede come costituire il Comitato per la tutela della «sfoglia» riservandone la gestione ai ristoratori e alle scuole.
L'articolo 3 descrive come attivare il distretto di ristorazione, tramite l'inserimento nell'offerta turistica locale, con l'obiettivo di considerare la cucina emiliano-romagnola come uno dei motivi per cui è bene visitare le città della regione: cioè la buona tavola. Una cultura turistica sbagliata tratta troppo spesso la cucina come un mero servizio di ricettività e non come un fatto culturale primario di autentica ospitalità.
Inoltre - dichiarato che l'obiettivo delle attività del Comitato di promozione è la valorizzazione della cucina emiliano-romagnola - viene precisato che gli itinerari turistici devono far conoscere anche quelle osterie, trattorie, ristoranti e scuole che non sono stati valorizzati sinora dai circuiti dell'offerta turistica. Ciò permetterà di far conoscere anche i cuochi, gli chef e i maestri non conosciuti, non titolati o non presenti nei ristoranti di prestigio.
L'ultimo comma dell'articolo 3 propone, infine, che nel programma annuale delle attività del Comitato si attivino, fra le altre, due iniziative in particolare. La prima riguarda la promozione e l'istituzione di una mostra-fiera annuale in cui radunare a Bologna ristoratori provenienti da tutto il mondo per preparare, cucinare e fare degustare al pubblico i prodotti della sfoglia fatta a mano. Lo scopo non è quello del concorso ma della rassegna, della vetrina e della pubblicità di ciascuna impresa ristoratrice. La seconda iniziativa riguarda la necessità e l'urgenza di iniziare a pensare alle strategie adatte per salvaguardare il mestiere di «sfoglina/o». In questo caso, l'attività va rivolta ai giovani e nelle scuole per sensibilizzarli ed educarli al gusto. È inoltre necessaria una forte campagna di sensibilizzazione e di pubblicizzazione dei prodotti artigianali a base di «sfoglia» fresca, soprattutto in una fase in cui si è quotidianamente sottoposti o minacciati da presunte catastrofi alimentari (come l'influenza aviaria) che rischiano sempre più di mettere in serio pericolo le aziende avicole italiane.
L'articolo 4 propone di istituire la figura professionale della/o sfoglina/o al fine di dare certezza a una antichissima professione sempre sottovalutata perché ritenuta di carattere domestico e quindi data per scontata come molte professioni ed abilità ritenute di prevalenza femminile.
L'articolo 5, individua la copertura finanziaria.
L'allegato 1 reca, infine la ricetta originale della «sfoglia emiliana-romagnola».
Parlando di Bologna, Artusi conclude: «Nessuno apparentemente vuol dare importanza al mangiare e la ragione è facile a comprendersi: ma poi, messa da parte l'ipocrisia, tutti si lagnano di un desinare cattivo o di una indigestione per cibi mal preparati. La nutrizione essendo il primo bisogno della vita, è cosa ragionevole l'occuparsene per soddisfarlo meno peggio che sia possibile».
Questa proposta di legge è dedicata alla memoria di Mafalda Nanetti, madre del primo firmatario e provetta sfoglina.
proposta di legge ¾¾¾
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Art. 1. (Finalità). 1. La presente legge promuove la tutela e la valorizzazione dell'ingrediente gastronomico denominato «sfoglia emiliano-romagnola», attraverso l'istituzione di un distretto di ristorazione, realizzato sotto forma di una rete sistemica di «cucine» locali costituenti laboratori d'arte gastronomica e individuati nelle osterie, nelle trattorie, nei ristoranti, negli istituti alberghieri e nelle scuole di formazione. 2. La sfoglia emiliana-romagnola, preparata secondo la ricetta originale di cui all'allegato 1 annesso alla presente legge, è un prodotto del patrimonio gastronomico della regione Emilia-Romagna, e di Bologna in particolare, le cui origini risalgono all'antica tradizione dell'arte culinaria. Art. 2. (Comitato per la tutela della sfoglia emiliano-romagnola). 1. Entro un mese dalla data di entrata in vigore della presente legge, previa deliberazione della giunta regionale dell'Emilia-Romagna, con decreto del Ministro delle attività produttive, è istituito il Comitato per la tutela della sfoglia emiliano-romagnola di seguito denominato «Comitato». 2. Il Comitato è composto da: a) un rappresentante del Ministero delle attività produttive, designato dal Ministro stesso; b) tre soggetti designati dal presidente della regione Emilia-Romagna, di cui uno quale rappresentante della provincia, uno quale rappresentante del comune di Bologna e uno quale rappresentante degli organismi pubblici o pubblico-privati che operano nei settori del turismo, dell'enogastronomia e dell'agricoltura; c) un rappresentante della provincia di Bologna, designato dal presidente della provincia; d) un rappresentante del comune di Bologna, designato dal sindaco; e) un rappresentante delle associazioni enogastronomiche; f) sei ristoratori designati dalle associazioni e dagli organismi regionali di categoria. 3. Il Comitato elabora e approva un proprio regolamento, ed elegge al proprio interno, a maggioranza semplice, il presidente che lo rappresenta. 4. Il Comitato ha il compito di promuovere la diffusione della sfoglia emiliano-romagnola a livello nazionale e internazionale, di tutelare le origini culturali del prodotto gastronomico individuate ai sensi dell'articolo 1, comma 2, nonché di garantire le modalità della sua preparazione e somministrazione in conformità al disciplinare predisposto ai sensi dell'articolo 3, comma 3. 5. Il Comitato è dotato di autonomia gestionale e contabile e la sua attività è finanziata tramite appositi fondi pubblici e privati; i membri del Comitato svolgono la loro opera a titolo gratuito, salvo il rimborso delle spese sostenute per viaggi necessari alle attività di promozione. Art. 3. (Promozione del turismo). 1. Il Comitato, con l'ausilio della provincia, del comune e della regione nonché delle camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura, provvede ad organizzare un concorso di idee fra le scuole professionali per creare un marchio che caratterizzi e individui con chiarezza i ristoranti e le osterie che servono ai loro clienti pasta fresca fatta a mano. 2. Il Comitato, nell'ambito delle attività di tutela, valorizzazione e promozione della «sfoglia emiliano-romagnola», provvede alla predisposizione di itinerari turistici, culturali e gastronomici, costituiti da una rete di operatori della ristorazione aventi sede nella regione Emilia-Romagna e nelle province limitrofe, anche al fine di far emergere e valorizzare l'attività dei ristoratori non inseriti negli esistenti circuiti di promozione turistica tradizionale. 3. L'attività degli operatori di cui al comma 1 è regolata da un apposito disciplinare di base redatto dal Comitato e recante l'indicazione dettagliata delle materie prime per la preparazione della sfoglia emililano-romagnola, della loro provenienza, delle relative dosi e delle modalità di presentazione finale, nonché misure per la tutela dei consumatori. 4. Il Comitato redige un regolamento recante i criteri e le modalità per l'inserimento degli operatori della ristorazione negli itinerari di cui al comma 2, nonché opportune misure di controllo finalizzate a garantire che la loro attività sia conforme a quanto stabilito dal disciplinare di cui al comma 3. 5. Il regolamento di cui al comma 4 reca altresì norme per la promozione degli itinerari di cui al comma 2, a livello locale, nazionale e internazionale, prevedendo a tale fine adeguate iniziative in collaborazione con i servizi turistici italiani ed esteri. 6. Il Comitato redige un programma annuale recante l'indicazione delle attività e degli interventi finalizzati alla promozione e alla tutela dell'arte gastronomica emiliano-romagnola. In particolare, il programma prevede: a) l'istituzione di una mostra-fiera, da tenere ogni anno a cura della provincia di Bologna, finalizzata a consentire l'incontro e lo scambio di esperienze dei ristoratori, provenienti dall'Italia e dai Paesi esteri, e incentrata sul tema della sfoglia emiliano romagnola. La mostra è articolata in una serie di laboratori pratici nei quali si procede alla preparazione e alla successiva degustazione da parte del pubblico di prodotti gastronomici della cucina tradizionale emiliana confezionati con la sfoglia emiliano-romagnola al fine di promuoverne l'impiego e la diffusione; b) la realizzazione di apposite campagne di educazione del gusto e di informazione sul patrimonio gastronomico tradizionale, rivolte ai consumatori e, in particolare, agli studenti delle scuole di ogni ordine e grado e alle giovani coppie; c) di promuovere e sostenere il mestiere di sfoglina o di sfoglino con appositi corsi. Art. 4. (Istituzione della professione di «sfoglina» e di «sfoglino»). 1. Al fine di tutelare e di promuovere la sfoglia emiliano-romagnola è istituita la professione di sfoglina e di sfoglino, nella quale sono ricompresi tutti gli sfoglini e le sfogline che attualmente lavorano nei ristoranti e nei negozi artigianali di pane e di pasta. 2. La professionalità di cui al comma 1 si consegue con il diploma rilasciato al termine dei corsi di formazione professionale indetti a tale scopo e finanziati dalla provincia di Bologna in collaborazione con le competenti scuole esistenti. 3. La durata dei corsi di cui al comma 2 è stabilita con un apposito regolamento emanato dal presidente della provincia di Bologna, sentite le associazioni di settore. Art. 5. (Copertura finanziaria). 1. All'onere derivante dall'attuazione della presente legge, determinato nel limite massimo di 250.000 euro annui a decorrere dall'anno 2006, si provvede mediante corrispondente riduzione dello stanziamento iscritto, ai fini del bilancio triennale 2006-2008, nell'ambito dell'unità previsionale di base di parte corrente «Fondo speciale» dello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze per l'anno 2006, allo scopo parzialmente utilizzando l'accantona-mento relativo al Ministero delle attività produttive. 2. Il Ministro dell'economia e delle finanze è autorizzato ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio. |
Allegato 1
(Articolo 1, comma 2)
Ricetta originale della sfoglia emiliano-romagnola.
La sfoglia emiliano-romagnola è preparata secondo la seguente ricetta originale:
a) la sfoglia emiliano-romagnola è il risultato finale della lavorazione di un impasto di farina di grano tipo 00 e di uova fresche;
b) la proporzione è di circa un etto di farina per ogni uovo;
c) l'impasto avviene attraverso la rottura delle uova nello spazio creato in modo circolare al centro della farina;
d) la lavorazione avviene per circa 20 minuti rigorosamente a mano finché non si ottiene un impasto elastico e senza grumi;
e) la sfoglia viene stesa con un matterello di legno su di un tagliere, parimenti di legno.
[1] L’articolo 226 del Trattato che istituisce la Comunità europea (TCE) prevede che la Commissione, quando reputi che uno Stato membro abbia mancato a uno degli obblighi a lui incombenti in virtù di detto Trattato, possa porlo, attraverso l’invio di una lettera di messa in mora, in condizione di presentare le sue osservazioni. La procedura d’infrazione può proseguire con l’invio di un parere motivato, che rappresenta la seconda e ultima fase della procedura d’infrazione, prima che la Commissione europea proceda al deferimento formale dello Stato membro davanti alla Corte di giustizia, affinché accerti la sussistenza di una violazione del diritto comunitario.
[2] ECVET: European Credit System for Vocational Education and Training.