Camera dei deputati - XV Legislatura - Dossier di documentazione (Versione per stampa)
Autore: Servizio Studi - Dipartimento agricoltura
Titolo: Istituzione della denominazione autenticità certificata dei prodotti agroalimentari - A.C. n. 2234
Riferimenti:
AC n. 2234/XV     
Serie: Progetti di legge    Numero: 171
Data: 16/05/2007
Descrittori:
AGRICOLTURA   DENOMINAZIONE DI ORIGINE DI PRODOTTI
PRODOTTI ALIMENTARI     
Organi della Camera: XIII-Agricoltura


Camera dei deputati

XV LEGISLATURA

SERVIZIO STUDI

Progetti di legge

Istituzione della denominazione “autenticità certificata” dei prodotti agroalimentari

 

A.C. n. 2234

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

n. 171

16 maggio 2007

 


 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Dipartimento Agricoltura

 

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File: AG0051.doc

 


Scheda di sintesi per l’istruttoria legislativa

Dati identificativi3

Struttura e oggetto  4

§      Contenuto  4

§      Relazioni allegate  4

Elementi per l’istruttoria legislativa  5

§      Rispetto delle competenze legislative costituzionalmente definite  5

§      Compatibilità comunitaria  5

§      Incidenza sull’ordinamento giuridico  10

§      Impatto sui destinatari delle norme  10

Schede di lettura

§      Contenuto della proposta di legge  13

Proposta di legge

§      A.C. N. 2234, (on. Lion), Istituzione e disciplina d’uso della denominazione autenticità certificata dei prodotti agroalimentari e disposizioni per lo sviluppo della filiera della pasta di alta qualità, dell’espresso e del cappuccino italiani23

Normativa di riferimento

Normativa nazionale

§      D.Lgs. 30 aprile 1998, n. 173 Disposizioni in materia di contenimento dei costi di produzione e per il rafforzamento strutturale delle imprese agricole, a norma dell'articolo 55, commi 14 e 15, della L. 27 dicembre 1997, n. 449 (art. 8)47

§      D.P.R. 9 febbraio 2001, n. 187 Regolamento per la revisione della normativa sulla produzione e commercializzazione di sfarinati e paste alimentari, a norma dell'articolo 50 della L. 22 febbraio 1994, n. 146  49

Normativa comunitaria

§      Reg. (CE) n. 178/2002 del 28 gennaio 2002 Regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio che stabilisce i principi e i requisiti generali della legislazione alimentare, istituisce l'Autorità europea per la sicurezza alimentare e fissa procedure nel campo della sicurezza alimentare (art. 18)59

§      Reg. (CE) n. 882/2004 del 29 aprile 2004 Regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio relativo ai controlli ufficiali intesi a verificare la conformità alla normativa in materia di mangimi e di alimenti e alle norme sulla salute e sul benessere degli animali (artt. 1-10)69

§      Reg. (CE) n. 509/2006 del 20 marzo 2006 Regolamento del Consiglio relativo alle specialità tradizionali garantite  dei prodotti agricoli e alimentari85

§      Reg. (CE) n. 510/2006 del 20 marzo 2006 Regolamento del Consiglio relativo alla protezione delle indicazioni geografiche e delle denominazioni d'origine dei prodotti agricoli e alimentari99

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Scheda di sintesi
per l’istruttoria legislativa



 

Dati identificativi

Numero del progetto di legge

A.C. 2234

Titolo

Istituzione e disciplina d’uso della denominazione “autenticità certificata” dei prodotti agroalimentari e disposizioni per lo sviluppo della filiera della pasta di alta qualità, dell’espresso e del cappuccino italiani

Iniziativa

on. Lion

Settore d’intervento

Agricoltura

Iter al Senato

No

Numero di articoli

10

Date

 

§       presentazione o trasmissione alla Camera

8 febbraio 2007

§       annuncio

12 febbraio 2007

§       assegnazione

2 marzo 2007

Commissione competente

XIII Commissione (Agricoltura)

Sede

referente

Pareri previsti

I Commissione (Affari costituzionali)

V Commissione (Bilancio)

X Commissione (Attività produttive)

XIV Commissione (Politiche dell’Unione europea)

Commissione parlamentare per le questioni regionali

 


 

Struttura e oggetto

Contenuto

La proposta di legge in esame intende introdurre in Italia una nuova denominazione attestante determinate qualità dei prodotti agroalimentari, definita come autenticità certificataedaccompagnata da un marchio di qualità.

La denominazione che si vuole introdurre è diretta ad assicurare una visibilità ed una tutela a quei prodotti agroalimentari che si caratterizzano per tipicità, riconosciuta tradizione,o per originalità. L’attribuzione della denominazione “autenticità certificata” garantirebbe al consumatore che il prodotto utilizza materie prime e metodi di produzione rispondenti a precisi requisiti ed è sottoposto ad un definito sistema di controlli ufficiali. Per detti prodotti, che debbono in ogni caso essere “realizzati in Italia”, sarà istituito un apposito registro.

La p.d.l. disciplina poi:

-              I requisiti necessari perché un prodotto possa fregiarsi della nuova denominazione (artt. 2 e 3);

-              le modalità di presentazione della domanda di registrazione (art. 4);

-              l’uso della denominazione e del relativo marchio di qualità (artt. 5 e 6);

-              il sistema dei controlli (art. 7);

-              le procedure per promuovere il riconoscimento ai prodotti di cui alla proposta delle denominazioni riconosciute in sede comunitaria (STG, DOP e IGP);

-              l’attribuzione, in sede di prima attuazione, della denominazione “autenticità certificata” ai prodotti: pasta di alta qualità, espresso e cappuccino, dei quali reca in allegato i disciplinari di produzione.

Relazioni allegate

Alla proposta è allegata la sola relazione illustrativa.


 

Elementi per l’istruttoria legislativa

Rispetto delle competenze legislative costituzionalmente definite

La proposta, istituendo una nuova denominazione attestante determinate qualità dei prodotti agroalimentari, incide sia sulle regole della concorrenza (competenza esclusiva dello Stato ai sensi dell’art. 117, secondo comma, lettera e), sia sulla materia alimentazione, attribuita alla competenza concorrente dello Stato e delle Regioni dall’art. 117, terzo comma.

 

 

Compatibilità comunitaria

Esame del provvedimento in relazione alla normativa comunitaria

La proposta di legge in esame prevede la istituzione di una denominazione di ”autenticità certificata” dei prodotti agroalimentari, la quale assolve alla funzione di garantire ai consumatori la possibilità di identificare i prodotti “realizzati in Italia” (art. 1, comma 1) attraverso un processo produttivo conforme a determinati standard di qualità.

Si tratta di un tema sul quale a livello della normativa comunitaria si confrontano due esigenze potenzialmente contrastanti: quella, relativamente nuova, che attiene alla informazione ed alla tutela dei consumatori, e l’altra invece che trova fondamento diretto nella istanza di libertà degli scambi commerciali che ha accompagnato l’intero processo di formazione della Unione Europea.

Si ricorda che l’articolo 28 TCE vieta fra gli Stati membri le restrizioni quantitative all’importazione e le misure di effetto equivalente. Tuttavia, secondo l’articolo 30 del medesimo Trattato, le restrizioni all’importazione giustificate, tra l’altro, da motivi di tutela della proprietà industriale e commerciale sono autorizzate, qualora non costituiscano un mezzo di discriminazione arbitraria, né una restrizione dissimulata al commercio tra Stati membri. In base all’interpretazione di tale normativa adottata dalla Corte di giustizia, i requisiti cui le normative nazionali assoggettano la concessione di denominazioni nazionali di qualità, a differenza di quanto accade per le denominazioni di origine e le indicazioni di provenienza, possono riguardare solo le caratteristiche qualitative intrinseche dei prodotti, indipendentemente da qualsiasi considerazione relativa all’origine o alla provenienza geografica degli stessi.

La giurisprudenza della Corte di Giustizia ritiene infatti incompatibile con il mercato unico, sulla base dell’art. 28 del Trattato, la presunzione di qualità legata alla localizzazione nel territorio nazionale di tutto o di parte del processo produttivo, “la quale di per ciò stesso limita o svantaggia un processo produttivo le cui fasi si svolgano in tutto o in parte in altri Stati membri”; a tale principio fanno eccezione solo le regole relative alle denominazioni di origine e alle indicazioni di provenienza[1], regole che peraltro la Corte di Giustizia interpreta in un modo assai limitativo delle competenze nazionali[2].

Nella sentenza della Corte UE del 12 ottobre 1978, causa 13/78, Eggers Sohn et Co. contro Città di Brema, sono stati chiaramente enucleati i motivi alla base dell’interpretazione dell’art. 28 (allora 30) del Trattato fatta dalla Corte.

In particolare, nel punto 24 della sentenza citata si afferma che “in effetti, in un mercato che deve possedere, nella misura del possibile, le caratteristiche di un mercato unico, il diritto a una denominazione di qualità per un prodotto dovrebbe dipendere – salve restando le norme da applicarsi in materia di denominazione di origine e indicazione di provenienza – unicamente dalle caratteristiche obiettive intrinseche dalle quali risulti la qualità del prodotto, rispetto allo stesso prodotto di qualità inferiore, ma non dalla localizzazione geografica di questa o di quella fase della produzione. Nel punto 25 della medesima sentenza si afferma, inoltre,   che “per quanto auspicabile, la politica di controllo della qualità da parte di uno Stato membro non può essere attuata, in ambito comunitario, se non con mezzi conformi ai principi fondamentali del Trattato; ne consegue che, se è vero che gli Stati membri sono competenti a stabilire norme di qualità dei prodotti messi in commercio sul loro territorio e possono subordinare l’uso di denominazioni di qualità al rispetto di queste norme, essi lo sono a condizione che queste norme e denominazioni, a differenza di quanto accade per le denominazioni di origine e le indicazioni di provenienza, non siano legate alla localizzazione nel territorio nazionale del processo di produzione dei prodotti in questione, bensì unicamente al possesso delle caratteristiche obiettive intrinseche che danno ai prodotti la qualità richiesta dalla legge; sempre facendo eccezione per le regole relative alle denominazioni di origine e per le indicazioni di provenienza, è incompatibile con il mercato comune la presunzione di qualità legata alla localizzazione nel territorio nazionale di tutto o di parte del processo produttivo, la quale di per ciò stesso limita o svantaggia un processo produttivo le cui fasi si svolgano in tutto o in parte in altri Stati membri (…).

 

Nella medesima prospettiva si pone, altresì, la decisione del 5 novembre 2002 (causa C-325/00), nella quale la Corte di Giustizia UE ha censurato la Repubblica Federale di Germania, per aver violato l’art. 28 del Trattato con la concessione del marchio di qualità “Markenqualität aus deutschen Landen” (qualità di marca della campagna tedesca), in quanto il messaggio pubblicitario, evidenziando la provenienza tedesca dei prodotti interessati, “può indurre i consumatori ad acquistare i prodotti che portano il marchio (…) escludendo i prodotti importati (…)”. Nella stessa sentenza si rileva, inoltre, come il fatto che l’uso del suddetto marchio sia facoltativo non elimina il potenziale effetto distorsivo sugli scambi tra gli Stati membri, posto che l’uso del marchio “favorisce, o è atto a favorire, lo smercio dei prodotti in questione rispetto ai prodotti che non possono fregiarsene” (punto 24).

Anche in materia di marchi regionali, si ricorda la decisione 6 marzo 2003 (causa C-6/02), nella quale la Corte ha affermato la responsabilità della Repubblica Francese, la quale “non avendo posto fine, entro il termine fissato nel parere motivato, alla protezione giuridica nazionale concessa alla denominazione ”Salaisons d'Auvergne” nonché ai marchi regionali ”Savoie”, ”Franche-Comté”, ”Corse”, ”Midi-Pyrénées”, ”Normandie”, ”Nord-Pas-de-Calais”, ”Ardennes de France”, ”Limousin”, ”Languedoc-Roussillon” e ”Lorraine” (…) è venuta meno agli obblighi ad essa incombenti in forza dell'art. 28 TCE”; in tale causa, la Commissione europea ha sostenuto che le disposizioni francesi che istituiscono le suddette denominazioni controverse possono avere effetti sulla libera circolazione delle merci tra Stati membri, in quanto, in particolare, esse favoriscono la commercializzazione delle merci di origine nazionale a detrimento delle merci importate e dunque la loro applicazione creerebbe di per sé una disparità di trattamento tra queste due categorie di merci.

Più recentemente, si ricorda, ancora, la citata sentenza della Corte del 17 giugno 2004 (causa c-255/03), Commissione contro il Regno del Belgio, avente ad oggetto il ricorso diretto a far dichiarare che il Regno del Belgio, avendo adottato e mantenuto in vigore una normativa che concede il “marchio di qualità Vallone” a prodotti finiti di una determinata qualità fabbricati o trasformati in Vallonia, è venuto meno agli obblighi ad esso incombenti ai sensi dell’art. 28 TCE, in quanto tra le condizioni per ottenere il suddetto marchio figura l’obbligo di trasformazione o di fabbricazione in Vallonia, mentre i presupposti che danno accesso ad una denominazione di qualità dovrebbero riferirsi esclusivamente alle caratteristiche intrinseche del prodotto, escludendo qualsiasi riferimento alla sua origine geografica.

Procedure di contenzioso in sede comunitaria
(a cura dell'Ufficio rapporti con l'Unione Europea)

Il 18 ottobre 2006la Commissione ha inviato all’Italia una lettera di messa in mora (procedura d’infrazione 2006/2299) per l’adozione del decreto “Passata di pomodoro – Origine del pomodoro fresco”, del 17 febbraio 2006.

L’articolo 1 di tale decreto rende obbligatorio indicare sull’etichetta della purea di pomodori la zona di coltivazione dei pomodori freschi utilizzati per fabbricare il prodotto in questione. Inoltre l’Italia ha adottato tale decreto non ottemperando alle modalità di notifica previste dalla normativa comunitaria vigente.

Secondo la Commissione ciò configura una violazione sia delle norme procedurali previste dalla direttiva 2000/13/CE, concernente l’etichettatura e la presentazione dei prodotti alimentari, sia delle disposizioni sostanziali in essa previste.  Pertanto, il 6 aprile 2006, la Commissione ha richiesto alle autorità italiane l’abrogazione del decreto in questione.

Nella sua risposta, l’Italia ha sottolineato che il decreto del 17 febbraio 2006 è destinato a garantire ai consumatori la maggiore tutela possibile: l’indicazione d’origine costituisce uno strumento supplementare di tutela del consumatore per quanto attiene la materia prima utilizzata, in quanto l’indicazione della zona di coltivazione costituisce un mezzo per incoraggiare i consumatori a scegliere in piena libertà e conoscenza di causa senza essere tratti in inganno circa la provenienza del prodotto.

Secondo la Commissione invece la provenienza o l’origine di un prodotto alimentare deve figurare obbligatoriamente sull’etichetta unicamente nel caso in cui i consumatori potrebbero essere indotti a ritenere a torto che il prodotto abbia una determinata origine o provenienza. 

 

Inoltre l’origine del prodotto alimentare, o quella della materia prima utilizzata per fabbricarlo, possono venire indicate volontariamente dai produttori quando il prodotto alimentare benefici di una reputazione di qualità obiettivamente giustificata dalla provenienza o dall’origine (oppure essere eventualmente  oggetto di una denominazione d’origine o di una indicazione geografica tutelata alle condizioni previste dalla legislazione comunitaria).

Mentre l’Italia, con il decreto adottato nel 2006, non ha fornito, nel preambolo al decreto stesso, una giustificazione che consenta di concludere che i consumatori italiani potrebbero essere indotti in errore né stabilisce che l’indicazione della zona di produzione dei pomodori freschi risulti necessaria ad evitare il suddetto rischio di errore.

Documenti all’esame delle Istituzioni dell’UE
(a cura dell'Ufficio rapporti con l'Unione Europea)

Il 5 e 6 febbraio 2007 si è svolta la Conferenza sulla “Certificazione di qualità alimentare – aggiungere valore al prodotto agricolo”, organizzata dalla DG agricoltura della Commissione europea ed alla quale ha partecipato il commissario per l’agricoltura Marianne Fischer Boel.

 La conferenza ha messo in evidenza la necessità di approfondire il dibattito su una etichettatura europea di qualità.

 

 

Incidenza sull’ordinamento giuridico

Riflessi sulle autonomie e sulle altre potestà normative

L’art. 8, comma 2, attribuisce alle Regioni il compito di promuovere le procedure per la registrazione in sede comunitaria, come prodotti a denominazione d’origine protetta (DOP) o a indicazione geografica protetta (IGP), dei prodotti registrati con la denominazione “autenticità certificata” ed aventi denominazioni geografiche.

L’art. 8, comma 9, attribuisce alle Regioni (oltre che al MIPAAF) il compito di incentivare la diffusione e la conoscenza dei prodotti agroalimentari registrati con la denominazione “autenticità certificata”.

Collegamento con lavori legislativi in corso

La XIII Commissione Agricoltura ha avviato in data 15 febbraio 2007 l’esame della p.d.l. A.C. 2205, Misuraca ed altri, “Sviluppo della filiera della pasta di alta qualità prodotta in Italia”, la quale presenta alcuni punti di contatto con la p.d.l. A.C. 2234.

Impatto sui destinatari delle norme

L’art. 9, al fine di sviluppare l’intera filiera della produzione della pasta di qualità, istituisce un apposito fondo di filiera, per il cui finanziamento il comma 4 del medesimo articolo 9 pone a carico dei produttori di pasta contraddistinta dal marchio di qualità previsto dalla p.d.l. un prelievo sul prezzo di fabbrica della pasta stessa; la fissazione del relativo importo è demandata al Consorzio istituito ai sensi del comma 5.

 

 


Schede di lettura


Contenuto della proposta di legge

La proposta di legge in esame intende introdurre in Italia una nuova denominazione attestante determinate qualità dei prodotti agroalimentari, definita come autenticità certificataedaccompagnata da un marchio di qualità.

La denominazione che si vuole introdurre è diretta ad assicurare una visibilità ed una tutela a quei prodotti agroalimentari che si caratterizzano per tipicità, riconosciuta tradizione,o per originalità. L’attribuzione della denominazione “autenticità certificata” garantirebbe al consumatore che il prodotto utilizza materie prime e metodi di produzione rispondenti a precisi requisiti ed è sottoposto ad un definito sistema di controlli ufficiali. Per detti prodotti, che debbono in ogni caso essere “realizzati in Italia”, sarà istituito un apposito registro.

 

Potranno beneficiare della nuova denominazione, indicativa del possesso di determinati requisiti, i seguenti prodotti agroalimentari:

-       prodotti agricoli;

-       prodotti alimentari;

-       prodotti enogastronomici.

I requisiti che a norma dell’art. 3, co. 1 consentiranno ad un prodotto di fregiarsi della nuova denominazione sono (art. 1, co. 1):

-       essere realizzato nel territorio nazionale, anche se è consentito l’utilizzo di materie prime non coltivate in Italia (cfr. art. 3, lett. f).

Che sia sufficiente, ma anche necessario, che almeno una fase del processo produttivo sia realizzata sul territorio nazionale è confermato dall’allegato II della proposta in commento, che reca il disciplinare per la registrazione della denominazione “espresso italiano” e “cappuccino italiano”. Per beneficiare dell’autenticità certificata è richiesto che siano prodotte in Italia le miscele di caffè utilizzate nella preparazione dell’espresso; per il cappuccino l’italianità è assicurata dall’utilizzo dell’espresso italiano.

-       essere ottenuto seguendo un processo produttivo controllato e certificato secondo norme ufficiali;

-       godere della reputazione di prodotto tradizionale in un determinato ambito territoriale – nazionale o regionale – oppure “rispecchiare un prototipo originale e autentico che soddisfa le attese del consumatore”, con una denominazione ormai consolidata e di diffusa notorietà.

Il prodotto deve poi rispondere ai seguenti ulteriori requisiti (art. 2, co. 2):

-       utilizzare materie prime selezionate;

-       il metodo di produzione deve essere distinto e controllato;

-       richiamarsi, qualora sia opportuno, ad un “modello originale”, al quale il prodotto fedelmente si adegui dal punto di vista degli usi o delle tecniche;

-       in alternativa, è sufficiente che il prodotto agroalimentare rientri nella categoria dei “prodotti tradizionali” individuati sulla base dall’art. 8, co. 1 del D.lgs. n. 173 del 1998[3], oppure nei prodotti registrati come “Specialità tradizionale garantita” di cui al reg. (CE) n. 509/2006.

 

I prodotti tradizionali sono disciplinati dall’art. 8 del D.lgs. n. 173/1998[4], che consente alle regioni di individuare i prodotti i quali, in ragione delle metodiche di lavorazione, conservazione e stagionatura consolidate nel tempo, possano fregiarsi della denominazione “Prodotti tradizionali”. Peraltro il regolamento di attuazione adottato con il D.M. 350/1999 precisa che le regioni debbono accertare sul proprio territorio che le metodiche di lavorazione siano diffuse in maniera omogenea e protratte nel tempo per un periodo non inferiore a 25 anni (art. 1, co. 2)

Ad un decreto del Ministro dell’agricoltura è stato demandato il compito di rendere pubblico l’elenco dei prodotti tradizionali, con cadenza annuale (art. 3, co. 3 del decreto n. 350).

La reale portata che ha per il comparto agroalimentare l’istituzione dell’elenco dei prodotti tradizionale può essere colta solo se si pongono in connessione le disposizioni di cui si è detto con quelle recate dal comma 2 del medesimo articolo 8 che, per i prodotti menzionati, prevede la definizione delle deroghe riguardanti l’igiene degli alimenti, per quanto consentito dalla normativa comunitaria, da parte del Ministro della sanità, di concerto con quello dell’agricoltura e delle attività produttive.

In proposito vale rammentare che fin dal 1993 la Comunità ha approvato con la direttiva 93/43 (ora sostituita dal reg. n. 853/2004[5]) rigorose norme sanitarie per garantire l’igiene dei prodotti alimentari. Le nuove norme igieniche hanno introdotto l’adozione della procedura aziendale denominata HACCP (Hazard analysis and critica control point), volta alla individuazione dei punti critici (a rischio di contaminazione) di ogni sistema produttivo, norme che sono state recepite sul piano interno con il decreto legislativo n. 155/1997. Tale normativa ha messo in seria difficoltà molte produzioni di piccole o piccolissime dimensioni, nonché la produzione di numerosi beni che traggono le loro caratteristiche organolettiche da procedure che potremmo definire “poco ortodosse” alla luce delle nuove disposizioni.

In merito è quindi intervenuto, in attuazione del D.Lgs. n. 173/1998, il D.M. 25/7/2000[6]. Il D.M. prevede che le deroghe per i prodotti vegetali e per quelli di origine animale siano definite, per ciascun «prodotto tradizionale», sulla base della documentazione richiesta dell'art. 4, comma 1 del decreto n. 350/99, integrata dai capitolati tecnici di produzione, tenendo altresì conto dell'igienicità della produzione ed assicurando che il prodotto finale risponda ai requisiti di salubrità e sicurezza, previsti dalla vigente normativa.

L’adattamento delle disposizioni igieniche alle caratteristiche del patrimonio gastronomico nazionale è proseguito anche con l’approvazione dell’art. 10 della legge n. 526/1999, Legge Comunitaria per il 1999, che introducendo numerose modifiche al citato D.lg. 155/97 ha sancito (comma 7) il generale divieto di esportare e commercializzare quei prodotti che, in virtù di una tradizione consolidata, richiedano lavorazioni particolari o utilizzino locali o utensili non conformi alle disposizioni igieniche del decreto 155/1997; dal divieto sono esclusi i soli  “prodotti tradizionali” di cui al D.Lgs. n. 173/1998.

E’ d’obbligo infine rammentare che a seguito dell’approvazione del Regolamento (CE) n. 2074/05, di revisione di alcune norme sull’igiene degli alimenti[7], è stata introdotta nella legislazione europea la categoria dei prodotti tradizionali, ai quali è consentito derogare ai requisiti igienici. Con il menzionato regolamento veniva rilevato come gli Stati membri avessero già concesso deroghe per numerosi alimenti con caratteristiche tradizionali nel quadro della legislazione in vigore, ma alla luce delle norme europee ciò comportava l'applicazione di una procedura di notificazione completa, comprendente un'analisi esauriente dei rischi. Poiché è sembrato che ciò comportasse per gli Stati membri un onere inutile e sproporzionato, il regolamento ha provveduto a definire gli alimenti con caratteristiche tradizionali e fissare condizioni generali di igiene alimentare applicabili a tali alimenti. Alla luce dell’art. 7 del regolamento sono pertanto prodotti con caratteristiche tradizionali quelli:

a) storicamente riconosciuti come prodotti tradizionali; o

b) fabbricati secondo riferimenti tecnici codificati o registrati al processo tradizionale o secondo metodi di produzione tradizionali; o

c) protetti come prodotti alimentari tradizionali dalla legislazione comunitaria, nazionale, regionale o locale.

 

Il reg. n. 2082/92, ora sostituito dal regolamento (CE) n. 509/2006, ha introdotto nella normativa comunitaria un sistema di tutela delle Specialità tradizionali Garantite, con l’assegnazione di una attestazione che riconosce l’esistenza in un prodotto di caratteristiche degne di tutela in ragione: dell’utilizzo di materie prime tradizionali, del metodo tradizionale di produzione o trasformazione, dell’uso di una denominazione tradizionale o consacrata dall’uso. In particolare l’applicazione di tale regolamento si estende a tutti i prodotti agricoli di cui all’allegato I del trattato, nonché ai seguenti prodotti alimentari: Birra; cioccolata e altre preparazioni alimentari contenenti cacao; prodotti della confetteria, della panetteria, della pasticceria o della biscotteria; paste alimentari anche cotte o farcite; piatti precotti; salse per condimento preparate; minestre o brodi; bevande a base di estratti di piante; gelati e sorbetti.

Con la concessione della STG la Comunità attesta che un prodotto possiede un insieme di caratteristiche specifiche conseguenti al rispetto delle regole di produzione stabilite. La specificità, peraltro, può anche collegarsi alle tradizioni di una determinata area geografica, ma l’elemento qualificante deve essere la procedura stabilita nel disciplinare relativamente alle modalità di produzione. In base all’art. 4, comma 1, infatti, il prodotto deve essere ottenuto utilizzando materie prime tradizionali oppure essere caratterizzato da una componente tradizionale o aver subito un metodo di produzione  e/o di trasformazione che rispecchia un tipo tradizionale di produzione e/o di trasformazione”.

In proposito è significativo che per definire la sostanza delle attestazioni di specificità si sia utilizzata la espressione di “ricette tradizionali”, peraltro utile anche per evidenziare come dal campo di applicazione del reg. n. 509 vengano a trovarsi esclusi i prodotti semplici come gli ortofrutticoli.

Il riconoscimento di una STG, proprio perché prescinde dalle esistenza di un legame geografico fra prodotto e territorio, diviene patrimonio dell’intera collettività comunitaria e chiunque, ovunque ubicato, produca quello specifico alimento, nel rispetto delle regole stabilite con il disciplinare, può fregiarsi della relativa denominazione accompagnata dal logo “specialità tradizionale garantita”. Il prodotto è pertanto tutelato in quanto risultato di una consolidata tradizione che ne assicura caratteri distintivi, senza che sia richiesto alcun legame con l’area dove sia eventualmente stata elaborata quella modalità di produzione. Successivamente alla registrazione, ed alla sua pubblicazione nella gazzetta comunitaria, il nome non può più essere utilizzato per quei prodotti che non rispondano al disciplinare e tutti gli Stati membri sono tenuti a garantirne la protezione giuridica contro ogni utilizzazione abusiva o fallace, e contro le contraffazioni (art. 17).

Quanto alla denominazione della quale si chiede la registrazione (articolo 4, par. 2), il provvedimento comunitario, peraltro non chiarissimo, esige che essa sia di per sé specifica, oppure indichi la specificità del prodotto; la denominazione specifica deve essere tradizionale e conforme ad una normativa nazionale o essere consacrata dall’uso. L’articolo 4, par. 1 secondo comma vieta espressamente la registrazione di una STG le cui caratteristiche risiedano nella provenienza o nell’origine geografica, può tuttavia essere autorizzato l’uso di un termine geografico, purché non vengano infrante le disposizioni che disciplinano la proprietà intellettuale, in particolare le specifiche norme sulle indicazioni geografiche (cfr. reg. 510/2006) e sui marchi.

La protezione accordata dal regolamento riguarda l’intera area comunitaria.

 

Per ottenere la nuova designazione di “autenticità registrata” la proposta di legge in esame (art. 3) richiede inoltre che il prodotto sia conforme ad un disciplinare che rechi le seguenti indicazioni:

a)   il nome del prodotto oggetto della registrazione;

b)   la descrizione del prodotto anche sotto il profilo fisico, chimico, microbiologico, sensoriale e organolettico;

c)   la descrizione del metodo di produzione, compresi, se opportuno, la natura e le caratteristiche delle materie prime o degli ingredienti utilizzati;

d)   i principali elementi atti ad individuare la specificità del prodotto ed eventualmente le referenze utilizzate;

e)   gli elementi fondamentali che attestano la “tradizionalità” o la “originalità” del prodotto;

f)     i requisiti minimi e le procedure di controllo del processo produttivo, che si estendono all’intera filiera;

g)   le modalità con le quali possono essere esercitati i controlli tesi ad accertare che le qualità sensoriali del prodotto siano rispondenti a quelle certificate;

h)   i test attraverso i quali provare che il profilo sensoriale soddisfa le attese del consumatore o “che si tratta di un modello di qualità”.

 

Nessuna redazione di un disciplinare è prevista per i prodotti tradizionali ex lege 173/1998, per i quali – come detto - è sufficiente, e necessario, che le metodiche di lavorazione siano “praticate sul territorio in maniera omogenea”, e seguendo regole protratte per almeno 25 anni.

Per le “specialità tradizionale garantita (STG)” invece, il reg. 509/2006 richiede con l’art. 6 che venga redatto un disciplinare con il seguente contenuto:

a) il nome della specialità, redatto in una o più lingue, con l'indicazione se l'associazione chiede la registrazione con o senza l'uso riservato del nome;

b) la descrizione del prodotto agricolo o alimentare, incluse le sue principali caratteristiche fisiche, chimiche, microbiologiche od organolettiche;

c) la descrizione del metodo di produzione che il produttore deve rispettare, compresi, se opportuno, la natura e le caratteristiche delle materie prime o degli ingredienti utilizzati e il metodo di elaborazione del prodotto agricolo o alimentare;

d) gli elementi chiave che definiscono la specificità del prodotto ed eventualmente le referenze utilizzate;

e) gli elementi fondamentali che attestano la tradizionalità del prodotto;

f) i requisiti minimi e le procedure di controllo della specificità.

 

L’art. 4 della p.d.l. tratta quindi della domanda di registrazione, che può essere presentata esclusivamente da una associazione, mentre gli articoli 5 e 6 disciplinano rispettivamente l’uso della denominazione “autenticità certificata” e del marchio di qualità che può distinguere gli imballaggi dei prodotti recanti la denominazione stessa.

 

I controlli sull’osservanza dei requisiti (di cui all’art.1, co.1 e art. 2, co. 2) nonché sulla presenza degli elementi richiesti dal disciplinare debbono essere attribuiti ad una autorità nazionale, che sarà individuata dal Ministero agricolo sulla base del reg. 882/2004. Il medesimo Ministero definisce anche il sistema dei controlli.

Il sistema di controllo è delineato dall’art. 7 della proposta nel seguente modo:

·         possono essere designate una o più autorità competenti, ossia autorità centrali competenti per l'organizzazione di controlli ufficiali o qualsiasi altra autorità cui è conferita tale competenza (art. 2, punto 4 reg. 882/04);

·         ad esse si affiancano organismi di controllo, da intendersi come un terzo indipendente cui l'autorità competente ha delegato certi compiti di controllo (art. 2, punto 4 reg. 882/04);

·         dei menzionato organismi di controllo deve essere reso pubblico l’elenco, corredato di nome e indirizzo;

·         l’accertamento del rispetto del disciplinare deve essere precedente alla immissione al consumo dei prodotti;

·         i costi di tali verifiche sono a carico dei soggetti controllati;

·         gli organismi di certificazione devono essere conformi alle norme di certificazione europee EN 45011 o internazionali ISO/CEI 65

·         è infine richiesto che oltre a garantire la propria terzietà gli organismi di certificazione siano provvisti di personale e risorse adeguate ai compiti.

 

Il regolamento 29 aprile 2004, n. 882[8], disciplina, in particolare, i controlli ufficiali sui mangimi e sugli alimenti, stabilendo i compiti relativi all'organizzazione dei controlli spettanti all'Unione europea, le norme da rispettare per le autorità nazionali responsabili dei controlli ufficiali e le misure da adottare in caso di inottemperanza alla legislazione comunitaria.

Le disposizioni sono volte a:

-      difendere gli esseri umani e gli animali dai rischi derivanti dall'ambiente;

-      garantire pratiche eque per il commercio dei mangimi e dei prodotti alimentari;

-      tutelare gli interessi dei consumatori, includendo l'etichettatura dei mangimi e dei prodotti alimentari e qualsiasi altro tipo di informazioni destinate ai consumatori.

Il regolamento stabilisce:

1.    gli obblighi da parte delle autorità competenti riguardanti i controlli ufficiali[9] in materia di mangimi e alimenti, in attuazione dei principi fondamentali in materia di responsabilità delle autorità degli Stati membri, previsti dal regolamento 28 gennaio 2002, n. 178, del Parlamento europeo e del Consiglio, in cui sono stabiliti i principi e i requisiti generali della legislazione alimentare[10];

2.    le misure amministrative (l’assistenza e la cooperazione tra gli Stati membri per effettuare i controlli suddetti; i Piani nazionali di controllo[11]; i controlli comunitari negli Stati membri e in paesi terzi; la formazione del personale preposto ai controlli; le misure nazionali di attuazione dei controlli[12] e le misure coercitive a livello comunitario[13]).

In particolare, i principali obblighi in materia di controlli ufficiali prevedono:

·       la designazione delle autorità competenti da parte degli Stati membri;

·       la trasparenza e la riservatezza[14] delle informazioni di interesse pubblico, riguardanti il rischio derivante da un prodotto alimentare o da un mangime per la salute umana o animale, detenute dalle autorità competenti;

·       i metodi di campionamento e di analisi dei prodotti;

·       l’elaborazione di piani d'emergenza, specificanti le autorità amministrative da coinvolgere unitamente ai loro poteri e responsabilità;

·       il controllo dei prodotti provenienti da paesi terzi[15] (comprendente, almeno, la documentazione, l’identità e, se del caso, il controllo fisico del prodotto[16]);

·       l’adeguato finanziamento dei controlli ufficiali da parte degli Stati membri[17].

·       la procedura, a seconda dei casi e delle condizioni, per il rilascio della certificazione ufficiale;

·       i laboratori di riferimento[18].

Il regolamento[19] è entrato in vigore il 20 maggio 2004 ed è applicabile a decorrere dal 1 gennaio 2006, ad eccezione degli articoli 27 (Tasse o diritti) e 28 (Spese derivanti da controlli ufficiali supplementari), applicabili unicamente a decorrere dal 1 gennaio 2007.

 

La proposta di legge attribuisce poi rispettivamente al dicastero agricolo ed alle regioni il compito di “promuovere le procedure” affinché i prodotti tradizionali di cui al D.lgs. n. 173/1998 ottengano il riconoscimento STG e i prodotti che avranno l’autenticità certificata ottengano la DOP o la IGP.

Si ricorda che per l’attribuzione delle menzionate denominazioni protette la domanda può essere presentata esclusivamente da una associazione (art. 7 del reg. 509/2006 per una STG e art. 5 del reg. 510/2006 per le DOP e IGP).

 

Infine, la proposta in sede di prima attuazione attribuisce la denominazione “autenticità certificata” ai prodotti pasta alta qualità, espresso, e cappuccino, dei quali reca in allegato i disciplinari di produzione.

 

Per la promozione della sola “pasta alta qualità” è costituito un fondo di filiera, alimentato da un prelievo sulla produzione della pasta che si fregia della menzionata denominazione. L’entità del contributo ed il suo riparto fra le diverse componenti della filiera sarà determinata da un consorzio, dotato di personalità giuridica di diritto privato ma retto da uno statuto approvato dal dicastero agricolo con il concerto di quello dello sviluppo economico.

 

 

 

 

 


 

Proposta di legge

 


CAMERA DEI DEPUTATI

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N. 2234

¾

 

PROPOSTA DI LEGGE

d'iniziativa del deputati

d'iniziativa del deputato LION

         

Istituzione e disciplina d'uso della denominazione «autenticità certificata» dei prodotti agroalimentari e disposizioni per lo sviluppo della filiera della pasta di alta qualità, dell'espresso e del cappuccino italiani

                       

Presentata l’8 febbraio 2007

                       

 


Onorevoli Colleghi! - Se grazie alla recente regolamentazione europea in materia di protezione delle denominazioni di origine dei prodotti agricoli e alimentari negli ultimi anni si è riusciti ad invertire un pericoloso processo di abusi e di speculazioni sull'uso commerciale dei nomi geografici che designano i prodotti agricoli e alimentari originari di tali aree geografiche, altrettanto non può affermarsi per le produzioni tipiche e per le preparazioni originali, antesignane di quelle che oggi sono diventate vaste categorie merceologiche che, per assenza di tutele, hanno assunto la qualifica di indicazioni «generiche» (vedi la pasta, la pizza, la mozzarella, l'aceto eccetera).

      Non solo a livello europeo, ma anche nel nostro Paese si assiste con preoccupazione ad una generale tendenza alla perdita del patrimonio e della cultura agroalimentare ed eno-gastronomica, seguita dalla banalizzazione dell'offerta dei prodotti alimentari.

      Alcuni prodotti tipici sono a rischio e non si trovano più nei mercati; la conoscenza di alcuni piatti e ricette rimane spesso limitata a pochissime persone e non si trasmette alle giovani generazioni; si tende a identificare un territorio con alcuni famosi prodotti e ricette sottovalutando l'enorme ricchezza che lo stesso avrebbe invece da offrire; gli operatori della filiera turistico-ricettivo-culturale stanno in parte perdendo i loro saperi; la stessa idea di competenza è legata più agli aspetti tecnici che a quelli della cultura e dell'identità.

      Tutto ciò contribuisce alla perdita dell'identità culturale del territorio.

      In questo scenario, non certo soddisfacente, è costretto ad operare il consumatore il quale, il più delle volte, nell'incertezza delle qualità o delle concrete specificità dei prodotti che deve acquistare, finisce per scegliere gli alimenti meno autentici e più standardizzati che, seppure omologati, offrono affidabilità costanti in ragione della loro notorietà e della loro presenza costante tra gli alimenti dell'industria alimentare.

      In questo caso, però, viene penalizzata enormemente la soddisfazione sensoriale e qualitativa del pubblico, sempre più relegato alla condizione di non poter gustare e sentire i sapori autentici degli alimenti artigianali, realizzati secondo regole e discipline uniche che si tramandano da generazioni, o di non ritrovare nel cibo le essenze particolari dei luoghi di produzione, ma anche di non saper distinguere le differenze variegate che possono avere gli alimenti a seconda della tipicità locale che li caratterizza.

      Purtroppo, soprattutto a causa dell'assenza di una vera cultura alimentare e per la progressiva perdita della memoria storica delle nostre più autentiche tradizioni rurali, accade frequentemente di non riuscire a individuare i prodotti alimentari secondo quelle originali forme che essi hanno assunto al momento in cui sono stati inizialmente realizzati.

      Capita anche di designare con nomi tradizionali prodotti che non posseggono alcun riferimento con le tradizioni e che sono del tutto diversi da quelli autentici, per i quali le denominazioni classiche sono state originariamente utilizzate. Si assiste, cioè, alla dissociazione delle accezioni merceologiche e si finisce per acquisire come per autentici gusti e caratteri sensoriali assolutamente diversi da quelli posseduti dal prodotto originale.

      In altri casi, a causa di periodi estremamente lunghi in cui si è fatto un uso improprio delle denominazioni dei prodotti agroalimentari, è avvenuta la mistificazione naturale degli alimenti, nel senso che, nell'uso comune, si sono consapevolmente e convintamene indicati con nomi autorevoli e prestigiosi di antiche derrate prodotti del tutto lontani da quelli legittimi.

      A tale proposito, come esempio di questa perdita di identità semantica, è interessante citare il caso del cappuccino, bevanda che ai tempi d'oggi consta di una miriade di varietà produttive e di tipologie di presentazione, mentre esiste un unico e autentico alimento che in origine è stato denominato cappuccino, assolutamente unico per bontà, sapore, consistenza, freschezza e qualità, e di cui le preparazioni attuali sono dei malriusciti succedanei.

      Possiamo allora affermare che per tutelare i marchi ed i prodotti agroalimentari italiani non è sufficiente esercitare solo la funzione normativa per approvare regole di protezione contro le frodi, le imitazioni o le cosiddette «piraterie alimentari», ma è necessario anche intervenire a monte e a valle di tale attività legislativa, segnatamente attraverso l'approvazione di misure che promuovano la conoscenza delle nostre tradizioni e delle relative culture alimentari e di azioni che favoriscano la piena informazione e la distinzione evidenti dei prodotti di qualità, così che il consumatore possa sempre operare scelte consapevoli e corrette. Siamo certi che se il pubblico è messo in condizione di distinguere, prima dell'acquisto, i prodotti autenticamente di qualità da quelli falsi, non solo sarà difeso nelle scelte, ma soprattutto potrà consumare alimenti genuini e di eccellenza, e di seguito sarà egli stesso a richiedere tali prodotti a discapito degli altri di bassa imitazione, contro cui oggi si tenta di difendersi con normative di protezione.

      Il lavoro necessario per ripristinare un minimo di lealtà tra prodotti autentici e relative denominazioni specifiche è certamente difficile e lungo, ma non impossibile. Esistono, infatti, metodi di intervento che soddisfano queste necessità. Uno dei principali è la certificazione del processo produttivo applicata a tutte le fasi che caratterizzano la realizzazione di un prodotto autentico che, nel dettaglio, è costituita dalle seguenti fasi:

          1) l'effettuazione di test sul consumatore per rindividuare i modelli di qualità;           2) la descrizione in laboratorio dei modelli di qualità mediante le regole scientifiche dell'analisi sensoriale;

          3) la creazione di un archivio storico per definire i modelli di conformità all'archetipo che più risponde ai desideri dei consumatori;

          4) la definizione dei profili di conformità;

          5) la certificazione dei profili di conformità.

      A corollario di queste cinque fasi metodologiche di lavoro, bisogna necessariamente aggiungere quella inderogabile di prevedere che la certificazione adottata consideri prioritariamente le attese del consumatore, perché la qualità modernamente intesa segue questo approccio. In passato ciò era difficile da attuare, sia perché il consumatore chiedeva di essere garantito soprattutto sotto il profilo della genuinità (intesa nel senso più ampio della parola) e della salubrità, sia perché mancavano i metodi di analisi sensoriale per definire il percepito di un prodotto. Oggi, però, tali limiti sono superati e la certificazione è un valido alleato per valorizzare e proteggere gli autentici prodotti tipici, tradizionali e di qualità.

      Alla luce di quanto descritto, al fine di porre un freno e di arrestare l'attuale fenomeno della banalizzazione e della genericizzazione delle nostre più famose produzioni agroalimentari di qualità, si presenta questa proposta di legge che mira a promuovere e a valorizzare le produzioni autenticamente nazionali, di alta qualità e che, soprattutto in un periodo di globalizzazione quale quello che stiamo vivendo, si pongono come simbolo internazionale dell'alimentazione semplice, sana e genuina. Le norme proposte non contrastano con la vigente normativa comunitaria sulla protezione delle denominazioni di origine e delle specialità tradizionali, ma anzi mirano, ex ante ed ex post, a completarne l'efficacia, in quanto vogliono fornire al consumatore gli strumenti di riconoscimento più efficaci per identificare e per acquistare prodotti agroalimentari tipici delle tradizioni italiane, evitandogli di subire costosi imbrogli, inganni e truffe di vario genere. Si tratta, in definitiva, di costruire dei segni distintivi, lessicali e grafici, da inserire solo sui prodotti concretamente originali, scrupolosamente controllati e certificati, grazie ai quali i consumatori potranno sia distinguere i veri prodotti agroalimentari di qualità dalle imitazioni e dai falsi, sia effettuare scelte consapevoli e soddisfacenti potendo conoscere ogni informazione che riguardi gli alimenti che acquistano.

      Il mezzo con cui si intende perseguire tali scopi è l'istituzione di una denominazione che attesta l'autenticità delle produzioni su cui sarà apposta. La denominazione «autenticità certificata» servirà a distinguere i prodotti tipici, tradizionali e originali autenticamente italiani e sarà utilizzabile solo su quelle produzioni che saranno iscritte in un apposito registro, ottenute osservando disciplinari di produzione che rispettano l'autenticità del prodotto e che, prima di entrare in commercio, avranno superato controlli ufficiali per garantire la loro conformità al relativo disciplinare.


PROPOSTA DI LEGGE

 

Art. 1.

(Finalità e oggetto).

      1. La presente legge, attraverso la realizzazione di azioni e di operazioni dirette al sostegno, alla produzione, alla diffusione e alla commercializzazione, tutelando gli usi e le tradizioni locali in un contesto di filiera, è volta a promuovere e a valorizzare la rinomanza e la distinzione, nei mercati, dei prodotti agricoli, alimentari ed enogastronomici, di seguito denominati «prodotti agroalimentari», realizzati in Italia attraverso un processo produttivo controllato e certificato secondo norme ufficiali, aventi una riconosciuta tradizionalità a livello nazionale o regionale, o che rispecchiano un prototipo originale e autentico che soddisfa le attese del consumatore e le cui denominazioni godono di una consolidata e diffusa notorietà.

      2. I prodotti agroalimentari conformi alle caratteristiche di cui al comma 1 del presente articolo e al relativo disciplinare predisposto ai sensi dell'articolo 3 sono designati con la denominazione «autenticità certificata».

 

Art. 2.

(Registro).

      1. Per le finalità di cui all'articolo 1, comma 1, è istituito presso il Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali il registro dei prodotti agroalimentari contraddistinti dalla denominazione «autenticità certificata» ai sensi della presente legge.

      2. Per essere iscritto nel registro di cui al comma 1, un prodotto agroalimentare deve avere caratteristiche specifiche e, in particolare, deve essere ottenuto con materie prime selezionate, osservare metodi di produzione distinti e controllati, fare riferimento, se opportuno, ad usi e a tecniche fedeli a un modello originale, ovvero possedere delle specificità tradizionali ai sensi dell'articolo 8, comma 1, del decreto legislativo 30 aprile 1998, n. 173, o del regolamento (CE) n. 509/2006 del Consiglio, del 20 marzo 2006.

 

Art. 3.

(Disciplinare).

      1. Per essere registrato con la denominazione «autenticità certificata», un prodotto agroalimentare, oltre a possedere le caratteristiche previste dagli articoli 1, comma 1, e 2, comma 2, deve essere conforme ad un disciplinare predisposto ai sensi del comma 2 del presente articolo.

      2. Il disciplinare deve comprendere i seguenti elementi:

          a) il nome originario del prodotto agroalimentare;

          b) la descrizione del prodotto agroalimentare, incluse le sue principali caratteristiche fisiche, chimiche, microbiologiche, sensoriali e organolettiche;

          c) la descrizione del metodo di produzione che il produttore deve rispettare, compresi, se opportuno, la natura e le caratteristiche delle materie prime o degli ingredienti utilizzati e il metodo di elaborazione del prodotto agricolo o alimentare;

          d) gli elementi principali atti a definire l'autenticità, le particolarità qualificative del prodotto agroalimentare e, eventualmente, le referenze utilizzate;

          e) gli elementi fondamentali che attestano la tradizionalità o l'originalità del prodotto agroalimentare;

          f) i requisiti minimi e le procedure di controllo del processo produttivo. Tali procedure devono riguardare l'intera filiera del prodotto e, qualora sia costituito da materie prime coltivate in Italia, estendersi dalla produzione agricola alla distribuzione al consumatore;

          g) qualora sia prevista l'analisi sensoriale, i metodi e le modalità di controllo per accertare che il profilo sensoriale sia conforme a quello certificato;

          h) se opportuno, la prova, ottenuta attraverso appositi test, che il profilo sensoriale certificato risponde alle caratteristiche desiderate dal consumatore ovvero che si tratta di un modello di qualità.

 

Art. 4.

(Domanda di registrazione).

      1. La domanda di registrazione della denominazione «autenticità certificata» può essere presentata esclusivamente da un'associazione. Per associazione si intende qualsiasi organizzazione, a prescindere dalla sua forma giuridica o dalla sua composizione, di produttori o di trasformatori che trattano il medesimo prodotto agroalimentare, comprese le persone fisiche e giuridiche. Dell'associazione possono, comunque, fare parte anche soggetti terzi che sono interessati a partecipare.

      2. Un'associazione può presentare domanda di registrazione esclusivamente per i prodotti agroalimentari che essa stessa produce, elabora o fornisce o, in casi eccezionali, rappresenta.

      3. La domanda di registrazione comprende almeno:

          a) il nome e l'indirizzo dell'associazione richiedente;

          b) il disciplinare predisposto ai sensi dell'articolo 3;

          c) il nome e l'indirizzo delle autorità o degli organismi che verificano il rispetto delle disposizioni del disciplinare, e i relativi compiti specifici, ai sensi dell'articolo 7;

          d) i documenti che comprovano la tradizionalità, l'autenticità o l'originalità del prodotto. Art. 5.

(Nomi, indicazione e simbolo).

      1. Soltanto i produttori e gli utilizzatori che rispettano il relativo disciplinare predisposto ai sensi dell'articolo 3 possono fare riferimento a un prodotto recante sull'etichetta la denominazione «autenticità certificata» nella pubblicità, nella fornitura e nei documenti relativi al medesimo prodotto.

      2. Sull'etichetta di un prodotto agroalimentare, qualora si faccia riferimento all'autenticità, deve figurare il nome registrato, accompagnato dalla denominazione «autenticità certificata» e dall'eventuale marchio di qualità di cui all'articolo 6.

 

Art. 6.

(Marchio di qualità).

      1. Gli imballaggi dei prodotti agroalimentari recanti la denominazione «autenticità certificata» possono essere contraddistinti con un marchio di qualità del prodotto.

      2. Il Ministro dello sviluppo economico, di concerto con il Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, stabilisce, sulla base delle proposte avanzate dalle associazioni interessate di cui all'articolo 4 o, se disponibili, dei marchi o contrassegni distintivi da esse già posseduti, il modello del marchio di qualità previsto dal comma 1 e le relative caratteristiche, nel rispetto delle norme comunitarie vigenti in materia di marchi e di etichettatura dei prodotti agroalimentari.

 

Art. 7.

(Controlli e verifica del rispetto del disciplinare).

      1. Il Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali designa l'autorità o le autorità competenti incaricate dei controlli sull'osservanza degli obblighi stabiliti dalla presente legge ai sensi del regolamento (CE) n. 882/2004 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 29 aprile 2004, e provvede affinché gli operatori che ottemperano alle disposizioni della presente legge siano soggetti a un sistema di controlli ufficiali.

      2. Il Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali pubblica un elenco recante il nome e l'indirizzo delle autorità e degli organismi di cui ai commi 1 e 3 e provvede al suo aggiornamento periodico.

      3. La verifica del rispetto del disciplinare deve essere effettuata, anteriormente all'immissione sul mercato del prodotto agroalimentare, da una o più delle autorità competenti di cui al comma 1 del presente articolo e da uno o più degli organismi di controllo definiti ai sensi dell'articolo 2, secondo paragrafo, numero 5), del citato regolamento (CE) n. 882/2004, che operano come organismi di certificazione dei prodotti agroalimentari. L'associazione di cui all'articolo 4 che richiede la registrazione della denominazione «autenticità certificata» indica gli organismi cui affidare lo svolgimento dei controlli sui propri prodotti agroalimentari registrati.

      4. I costi relativi alla verifica del rispetto del disciplinare sono posti a carico dei soggetti sottoposti a tale controllo.

      5. Gli organismi di certificazione dei prodotti agroalimentari di cui ai commi 1 e 3 devono essere conformi alla norma europea EN 45011 o alla guida ISO/CEI 65 recante i requisiti generali relativi agli organismi che gestiscono sistemi di certificazione dei prodotti.

      6. Qualora gli organismi di certificazione dei prodotti agroalimentari di cui ai commi 1 e 3 abbiano deciso di verificare il rispetto del disciplinare, essi devono offrire adeguate garanzie di obiettività e di imparzialità e disporre di personale qualificato nonché delle risorse necessarie allo svolgimento delle loro funzioni.

 

Art. 8.

(Registrazione delle STG, DOP e IGP e misure di promozione).

      1. Entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, il Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali promuove le necessarie procedure affinché i prodotti agroalimentari tradizionali già individuati ai sensi dell'articolo 8, comma 1, del decreto legislativo 30 aprile 1998, n. 173, e in possesso dei requisiti stabiliti dal citato regolamento (CE) n. 509/2006, siano registrati con la denominazione di specialità tradizionale garantita (STG).

      2. Le regioni, relativamente ai prodotti agroalimentari registrati con la denominazione «autenticità certificata» e con denominazioni geografiche, promuovono le procedure per la registrazione dei medesimi prodotti come a denominazione d'origine protetta (DOP) o a indicazione geografica protetta (IGP) ai sensi del regolamento (CE) n. 510/2006 del Consiglio, del 20 marzo 2006.

      3. Il Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali e le regioni, nell'ambito delle rispettive competenze e a valere sugli ordinari stanziamenti di bilancio, incentivano, con iniziative mirate di propaganda e di informazione rivolte agli operatori, ai produttori, agli esercenti e ai consumatori, la diffusione e la conoscenza dei prodotti agroalimentari registrati con la denominazione «autenticità certificata».

 

Art. 9.

(Norme finali).

      1. In sede di prima attuazione della presente legge, la denominazione «autenticità certificata» è attribuita:

          a) alla pasta di alta qualità prodotta in Italia, ai sensi di quanto stabilito nel disciplinare di cui all'allegato I annesso alla presente legge;

          b) all'espresso e al cappuccino italiani, ai sensi di quanto stabilito nel disciplinare di cui all'allegato II annesso alla presente legge. Al fine di cui alla presente lettera, l'Istituto nazionale espresso italiano è altresì riconosciuto quale associazione ai sensi dell'articolo 4 e il marchio del medesimo Istituto è utilizzato quale marchio di qualità dell'espresso e del cappuccino italiani ai sensi dell'articolo 6.

        2. Al fine di sviluppare l'intera filiera della produzione della pasta di alta qualità ad «autenticità certificata», contraddistinta dal relativo marchio di qualità, è istituito un apposito fondo di filiera.

        3. Il fondo di cui al comma 2 è destinato al finanziamento di interventi volti a favorire, in particolare, la diffusione delle varietà di grano duro aventi i requisiti definiti dal disciplinare di cui all'allegato I annesso alla presente legge, la promozione dei marchi di qualità della pasta di alta qualità ad «autenticità certificata» e la formazione professionale degli operatori della filiera.

        4. Il fondo è alimentato da un prelievo, il cui importo è stabilito ogni anno dal consorzio di cui al comma 5, sul prezzo di fabbrica della pasta di semola di grano duro contraddistinta dal marchio di qualità, versato da parte dei produttori di pasta al fondo medesimo. La ripartizione del prelievo tra i componenti della filiera è effettuata con delibera del citato consorzio.

        5. Il fondo è amministrato da un consorzio, con personalità giuridica di diritto privato, retto da uno statuto approvato con decreto del Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, di concerto con il Ministro dello sviluppo economico, da adottare entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge. Il comitato di gestione del consorzio è costituito da rappresentanti delle associazioni riconosciute dei produttori agricoli, degli stoccatori, dei mugnai, dei pastai e della distribuzione.

 

Art. 10.

(Entrata in vigore).

      1. La presente legge entra in vigore sei mesi dopo la data della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale.

 


 

 

Allegato I  

Articolo 9, comma 1, lettera a)

Disciplinare di filiera per la produzione della pasta di alta qualità registrata con la denominazione «autenticità certificata».

        1. Per pasta di alta qualità ad «autenticità certificata» si intende il prodotto ottenuto, ai sensi dell'articolo 6, comma 2, del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 9 febbraio 2001, n. 187, attraverso un procedimento di trafilazione, laminazione e conseguente essiccazione di impasti preparati esclusivamente con acqua e con semola di grani duri coltivati in Italia, rispondenti ai requisiti elencati al punto 3.  

        2. Tutte le fasi della produzione della pasta di alta qualità ad «autenticità certificata», dalla produzione agricola alla distribuzione al consumatore, sono certificate in conformità con gli standard tecnici internazionali adottati in materia.  

      3. Le varietà di grano duro utilizzate nella produzione finale della pasta di alta qualità ad «autenticità certificata», anche al fine di garantirne la tracciabilità e la rintracciabilità di filiera, devono rispettare i seguenti requisiti tecnici, definiti con le modalità di cui al punto 4:

            a) requisiti di prodotto:

                1) di sicurezza: assenza di residui, basso contenuto di metalli pesanti;

                2) nutrizionali: contenuto in termini di macronutrienti, di micronutrienti e di composti bioattivi;

                3) tecnologici: contenuto proteico, indice di giallo, indice di glutine, peso ettolitrico;

            b) requisiti del contesto produttivo:

                1) zona di produzione;

                2) usi e tradizioni locali;

                3) rispetto dell'ambiente, con particolare riferimento alla produzione integrata o biologica;

            c) requisiti di garanzia:

                1) marchio di qualità: DOP, IGP, marchio collettivo;

                2) rintracciabilità ai sensi dell'articolo 18 del regolamento (CE) n. 178/2002 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 28 gennaio 2002.

        4. I requisiti previsti dal punto 3 sono definiti dal consorzio di cui all'articolo 9, comma 5, della presente legge, sentiti l'Istituto sperimentale per la cerealicoltura e i rappresentanti delle organizzazioni di categoria maggiormente rappresentative della filiera.

 

Allegato II  

Articolo 9, comma 1, lettera b)

Disciplinare tecnico per la registrazione della denominazione

«autenticità certificata» dell'espresso e del cappuccino italiani

1.  Motivazioni e obiettivi della denominazione «autenticità certificata».

        L'esigenza di attribuire la denominazione «autenticità certificata» all'espresso e al cappuccino italiani nasce dall'opportunità di assicurare al consumatore la qualità del caffè espresso e del cappuccino italiani serviti nei pubblici esercizi.  

        La qualità percepita dal consumatore è di fatto quella che ne determina il livello di soddisfazione e nei prodotti agroalimentari tipici è strettamente correlata con la percezione sensoriale. Gli obiettivi specifici di tale registrazione sono i seguenti:

          a) certificare attraverso un organismo terzo indipendente operante secondo la norma EN 45011 che il caffè espresso dotato del marchio di qualità dell'Istituto nazionale espresso italiano è prodotto secondo miscele e attrezzature conformi al presente disciplinare;

          b) certificare attraverso un organismo terzo indipendente operante secondo la norma EN 45011 che l'intera filiera di produzione del caffè espresso dotato del marchio di qualità dell'Istituto nazionale espresso italiano è costantemente monitorata per assicurare la conformità a quanto previsto dal presente disciplinare;

          c) certificare attraverso un organismo terzo indipendente operante secondo la norma EN 45011 che il caffè espresso dotato del marchio di qualità dell'Istituto nazionale espresso italiano mantiene costante una determinata fisionomia organolettica delineata secondo le regole scientifiche dell'analisi sensoriale e controllata attraverso le medesime;

          d) certificare attraverso un organismo terzo indipendente operante secondo la norma EN 45011 che il cappuccino somministrato in locali abilitati è prodotto con espresso italiano ad «autenticità certificata» e con latte vaccino fresco intero.

        La registrazione della denominazione «autenticità certificata» dell'espresso italiano dotato del marchio di qualità dell'Istituto nazionale espresso italiano è soggetta a periodiche verifiche per accertare il grado di soddisfazione del consumatore e le caratteristiche sensoriali del cappuccino italiano da esso derivato.  

 2. Espresso italiano ad «autenticità certificata».

2.1. Oggetto.

        L'espresso italiano registrato con la denominazione «autenticità certificata» è il caffè dotato del marchio di qualità dell'Istituto nazionale espresso italiano e rispondente ai seguenti requisiti:

          a) miscele: devono essere utilizzate miscele di caffè in grani indirizzate al canale professionale, prodotte in Italia, macinate direttamente nel punto vendita e sottoposte a trattamento di infusione sotto pressione, che originino un caffè espresso di 25 millilitri (ml) avente le caratteristiche sensoriali indicate al punto 2.2;

          b) attrezzature (macchine e macinadosatori): le attrezzature per la produzione di caffè espresso, utilizzando miscele conformi alla certificazione, devono essere in grado di dare un caffè espresso di 25 ml avente le caratteristiche sensoriali indicate al punto 2.2;

          c) personale abilitato e modalità di preparazione: gli esercizi pubblici devono utilizzare miscele e macchine qualificate con personale che ha ottenuto l'abilitazione alla preparazione dell'espresso italiano ad «autenticità certificata» e del cappuccino italiano ad «autenticità certificata». L'abilitazione è conseguita con le modalità stabilite dall'Istituto nazionale espresso italiano e in conformità a quanto prescritto dal presente disciplinare.

2.2. Descrizione del prodotto.

2.2.1. Definizione di caffè espresso ad «autenticità certificata».

        Il caffè espresso è la bevanda in tazza ottenuta facendo attraversare la polvere di caffè da acqua calda sottoposta a idonea pressione. Il caffè per la preparazione dell'espresso italiano ad «autenticità certificata» è una miscela di grani tostati di diversa origine e la polvere è ottenuta dall'operatore al momento della preparazione della bevanda attraverso la macinatura o la comminuzione. Il caffè per la preparazione dell'espresso italiano ad «autenticità certificata» non deve contenere additivi e deve essere esente da acqua aggiunta artificialmente, fatta eccezione per una piccola quantità di acqua da ascrivere all'igroscopicità del prodotto.  

        L'espresso italiano ad «autenticità certificata» ha le seguenti caratteristiche sensoriali:

Sensazioni visive (aspetto della crema).

            Colore. Crema di tonalità nocciola tendente alla testa di moro con riflessi rossicci ornati e striature chiare che creano una tigratura uniforme.

            Consistenza. Crema a maglie strette con occhiatura molto fine o assente, altezza di 2-4 millimetri.             Persistenza. Crema che permane a lungo sulla superficie del liquido senza screziarsi o aprirsi nella parte centrale; è consentito che la crema formi una corona sulla tazzina al termine del consumo della bevanda.

Sensazioni olfattive (per via diretta e per via retronasale).

            Intensità. Ha un aroma potente, prestante, forte, generoso, espanso.

            Finezza. È aristocratico, elegante, nobile, sensuale, soave, godibile, rigoroso, pulito, schietto, netto, sincero. Sul fondale aromatico creato dal tostato si stagliano note di cioccolato, fiori, pantostato.

            Ricchezza. È ampio, ricco, vivido, valoroso, fragrante, progressivo nell'esprimere in successione note di gusto sempre differenti che portano il fruitore alla ricerca di sempre nuove emozioni sensoriali.

            Persistenza. Durevole, consistente, nutrito e lineare nei toni fragranti, floreali e speziati.

Sensazioni gustative.

            Equilibrio dei sapori. I sapori sono fusi con l'unica eccezione di una sensazione caratteristica amara, equilibrata, netta e pulita.

            Equilibrio tattile. È strutturato, ha un corpo consistente, rotondo, composto. Risulta morbido e vellutato.

2.2.2.  Caratteristiche regolamentari e normative non certificabili (implicite).

    Sono le caratteristiche richieste dalla vigente normativa nazionale e comunitaria in materia di miscele e di attrezzature per la preparazione del caffè espresso.

2.2.3.  Caratteristiche del caffè espresso certificate e oggetto di comunicazione.

        Esse sono: il mantenimento costante, dell'espresso italiano ad «autenticità certificata» di una determinata fisionomia sensoriale, delineata secondo le regole scientifiche dell'analisi sensoriale e controllata attraverso le medesime.

        L'obiettivo viene raggiunto attraverso:

            a) la verifica del profilo di conformità sensoriale delle miscele sottoposte a infusione in condizioni standardizzate;

            b) la verifica delle prestazioni delle attrezzature per la preparazione dell'espresso mediante test su caffè ottenuti da miscele con accertata conformità sensoriale;             c) la verifica delle conoscenze e della capacità degli operatori addetti alla preparazione dell'espresso italiano.

3. Cappuccino italiano ad «autenticità certificata».

3.1. Definizione di cappuccino.

        Il cappuccino è la bevanda in tazza prodotta con un caffè espresso sul quale viene versato del latte montato mediante acqua surriscaldata erogata da una macchina per espresso attraverso apposito dispositivo fino a ottenere una montatura cremosa in cui in 100 ml di latte sono inglobati circa 25 ml di aria.  

        Secondo la sperimentazione condotta dall'Istituto nazionale espresso italiano il cappuccino ad «autenticità certificata», rispettoso della tradizione, è composto da 25 ml di espresso e da 125 ml di latte montato con vapore partendo da latte freddo (3-5oC) e portato attraverso il processo a una temperatura di circa 55oC per essere poi versato sull'espresso in una tazza della capacità di 150-160 ml.  

        Il cappuccino così realizzato può essere di due tipi, classico o decorato, ed evidenzia le seguenti caratteristiche sensoriali:

Sensazioni visive (aspetto della crema).

        Di colore bianco, ornato da bordo marrone più o meno spesso nel cappuccino classico, con disegni che vanno dal marrone al nocciola nel cappuccino decorato.  

        La crema ha maglie strette con occhiatura molto fine o assente.

Sensazioni olfattive (per via diretta e per via retronasale).

        Ha un aroma intenso in cui ai soffusi sentori di fiori e di frutta si aggiungono quelli più prestanti di latte, di tostato (cereali, caramello), cioccolato (cacao, vaniglia) e frutta secca. Sono assenti odori empireumatici e biochimici negativi.

Sensazioni gustative.

        Il corpo è importante e si esprime con una sensazione suadente, di panna e di elevata percezione sferica, supportato da un sapore amaro tenue e da una bilanciata acidità, quasi impercettibile. L'astringenza è praticamente assente.

3.2.  Caratteristiche regolamentari e normative non certificabili (implicite).

        Sono le caratteristiche richieste dalla vigente normativa nazionale e comunitaria in materia di miscele e di attrezzature per la preparazione del caffè espresso.

3.3.  Caratteristiche del cappuccino certificate e oggetto di comunicazione.

      Consistono nella preparazione:

            a) con espresso italiano ad «autenticità certificata»;             b) con aggiunta di latte vaccino fresco avente un contenuto di proteine minimo del 3,2 per cento e di grassi del 3,5 per cento montato con vapore;

            c) eseguita da personale abilitato.

4. Verifiche ispettive e soddisfazione del consumatore.

        Le verifiche ispettive si estrinsecano in:

            a) visite ispettive annuali compiute dall'ente di certificazione all'Istituto nazionale caffè espresso;

            b) visite ispettive annuali interne compiute dal responsabile assicurazione qualità all'Istituto nazionale caffè espresso;

            c) visite ispettive annuali rivolte ai soci produttori compiute dall'Istituto nazionale caffè espresso congiuntamente all'ente di certificazione;

            d) verifica annuale, nel corso della visita di sorveglianza dell'Istituto nazionale caffè espresso e dell'ente di certificazione, dei prodotti qualificati, quando possibile di tutti o comunque di un numero non inferiore a un terzo, della rispondenza sensoriale al profilo di conformità attraverso il panel del socio produttore;

            e) visite ispettive ai pubblici esercizi da parte del socio produttore responsabile con cadenza minima annuale o comunque in caso di variazione di uno degli elementi portanti della qualificazione;

            f) visite ispettive straordinarie dell'Istituto nazionale caffè espresso e dell'ente di certificazione, anche disgiuntamente, a tutti i livelli della filiera. L'Istituto può inoltre eseguire test sui prodotti in qualsiasi momento sia per verificare il mantenimento della conformità, sia per rilevare che ci sia ancora la rispondenza alle attese del consumatore;

            g) le visite ispettive e le altre misure di sorveglianza sono finalizzate a garantire una sempre maggiore soddisfazione del consumatore verso l'espresso italiano ad «autenticità certificata», nonché ad assicurare un generale miglioramento della qualità dei soci produttori e dei prodotti. Alle medesime finalità rispondono le specifiche competenze richieste agli ispettori dell'Istituto nazionale caffè espresso e dell'ente di certificazione.

5. Non conformità e reclami, azioni correttive.

5.1. Non conformità.

        La non conformità può essere segnalata da un ispettore dell'Istituto nazionale caffè espresso o dell'ente di certificazione durante le visite ispettive e può riguardare:

            a) il prodotto;

            b) il pubblico esercizio;

            c) la documentazione.

        Inoltre la non conformità può essere segnalata da qualunque operatore durante lo svolgimento delle proprie attività di competenza.

5.2. Reclami.

        I reclami possono provenire dall'utente finale dell'espresso italiano ad «autenticità certificata», nel caso non sia soddisfatto del prodotto che gli è stato servito. Il segretario generale dell'Istituto nazionale caffè espresso deve registrare il reclamo nell'apposito modulo e, accertata l'attendibilità del reclamo, provvedere alle relative azioni correttive nei modi e nei tempi stabiliti.

5.3. Azioni correttive.

        A seguito di non conformità o di reclami sono intraprese le relative azioni correttive.

 


Normativa nazionale

 


 

D.Lgs. 30 aprile 1998, n. 173
Disposizioni in materia di contenimento dei costi di produzione e per il rafforzamento strutturale delle imprese agricole, a norma dell'articolo 55, commi 14 e 15, della L. 27 dicembre 1997, n. 449 (art. 8)

 

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(1) Pubblicato nella Gazz. Uff. 5 giugno 1998, n. 129.


 

(omissis)

8. Valorizzazione del patrimonio gastronomico.

1. Per l'individuazione dei «prodotti tradizionali», le procedure delle metodiche di lavorazione, conservazione e stagionatura il cui uso risulta consolidato dal tempo, sono pubblicate con decreto del Ministro per le politiche agricole, d'intesa con il Ministro dell'industria, del commercio e dell'artigianato, e con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano. Le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, entro 6 mesi dalla suddetta pubblicazione predispongono, con propri atti, l'elenco dei «prodotti tradizionali» (8).

2. Con decreto del Ministro della sanità, di concerto con il Ministro per le politiche agricole e con il Ministro dell'industria, del commercio e dell'artigianato, sono definite le deroghe, relative ai «prodotti tradizionali» di cui al comma 1, riguardanti l'igiene degli alimenti, consentite dalla regolamentazione comunitaria (9).

3. Allo scopo di promuovere e diffondere le produzioni agroalimentari italiane tipiche e di qualità e per accrescere le capacità concorrenziali del sistema agroalimentare nazionale, nell'ambito di un programma integrato di valorizzazione del patrimonio culturale, artigianale e turistico nazionale, è costituito, senza oneri, presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri, un Comitato, composto da un rappresentante della Presidenza del Consiglio dei Ministri, che lo presiede, da quattro rappresentanti designati, uno per ciascuno, dai Ministri per le politiche agricole, per i beni culturali e ambientali, per l'industria, il commercio e l'artigianato, per il commercio con l'estero e da quattro rappresentanti delle regioni designati dalla Conferenza dei Presidenti delle regioni e delle province autonome di Trento e di Bolzano (10).

4. Il Comitato, nominato con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, può essere integrato da rappresentanti di enti ed associazioni pubbliche o private e da persone particolarmente esperte nel settore della diffusione del marketing agroalimentare (11).

5. Il Comitato ha il compito di redigere una guida tecnica per la catalogazione, per ogni singola regione italiana, di produzioni e beni agroalimentari a carattere di tipicità, con caratteristiche tradizionali, ai fini della redazione di un Atlante del patrimonio gastronomico, integrato con i riferimenti al patrimonio culturale, artigianale e turistico (12).

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(8)  Per il regolamento, vedi il D.M. 8 settembre 1999, n. 350.

(9)  In attuazione di quanto disposto nel presente comma, vedi il D.M. 25 luglio 2000.

(10)  Con D.M. 28 marzo 2001, è stato costituito il Comitato per la valorizzazione del patrimonio alimentare italiano.

(11)  Con D.M. 28 marzo 2001, è stato costituito il Comitato per la valorizzazione del patrimonio alimentare italiano.

(12)  Con D.M. 28 marzo 2001, è stato costituito il Comitato per la valorizzazione del patrimonio alimentare italiano.

(omissis)

 


D.P.R. 9 febbraio 2001, n. 187
Regolamento per la revisione della normativa sulla produzione e commercializzazione di sfarinati e paste alimentari, a norma dell'articolo 50 della L. 22 febbraio 1994, n. 146

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(1) Pubblicato nella Gazz. Uff. 22 maggio 2001, n. 117.


 

IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA

Visto l'articolo 87, comma quinto, della Costituzione;

Visto l'articolo 17, comma 2, della legge 23 agosto 1988, n. 400;

Vista la legge 22 febbraio 1994, n. 146, ed in particolare l'articolo 50, il quale prevede che, con la procedura di cui all'articolo 4, comma 5, della legge 9 marzo 1989, n. 86, possono essere emanate norme regolamentari per rivedere la produzione e la commercializzazione dei prodotti alimentari conservati e non, anche se disciplinati con legge;

Vista la legge 4 luglio 1967, n. 580;

Visto il decreto legislativo 27 gennaio 1992, n. 109;

Visto il D.M. 27 febbraio 1996, n. 209 del Ministro della sanità;

Visto il decreto legislativo 26 maggio 1997, n. 155;

Vista la legge 24 aprile 1998, n. 128, ed in particolare l'articolo 48, il quale stabilisce, tra l'altro, che le disposizioni concernenti la produzione e la commercializzazione degli sfarinati e delle paste alimentari di cui alla legge n. 580 del 1967 non si applicano ai prodotti legalmente fabbricati e commercializzati negli altri Stati membri dell'Unione europea o negli altri Paesi contraenti l'Accordo sullo spazio economico europeo, introdotti e posti in vendita nel territorio nazionale;

Vista la legge 15 marzo 1997, n. 59, ed in particolare l'articolo 20-bis, il quale stabilisce, tra l'altro, che i regolamenti di delegificazione possono disciplinare anche i procedimenti amministrativi che prevedono obblighi la cui violazione costituisce illecito amministrativo e possono, in tale caso, se riproducono i predetti obblighi, contenere apposite disposizioni di rinvio per applicare le sanzioni amministrative previste dalle norme legislative alle violazioni delle corrispondenti norme delegificate;

Vista la notifica alla Commissione europea effettuata ai sensi della direttiva del Consiglio n. 98/34/CE;

Udito il parere del Consiglio di Stato, espresso dalla sezione consultiva per gli atti normativi nelle adunanze del 22 febbraio 1999, del 10 maggio 1999 e del 4 dicembre 2000;

Vista la deliberazione del Consiglio dei Ministri, adottata nella riunione del 19 gennaio 2001;

Sulla proposta del Ministro per le politiche comunitarie e del Ministro dell'industria, del commercio e dell'artigianato e del commercio con l'estero, di concerto con i Ministri della giustizia, delle finanze, delle politiche agricole e forestali e della sanità;

Emana il seguente regolamento:


 

Capo I - Sfarinati

1.  Farine di grano tenero.

1. È denominato «farina di grano tenero» il prodotto ottenuto dalla macinazione e conseguente abburattamento del grano tenero liberato dalle sostanze estranee e dalle impurità.

2. È denominato «farina integrale di grano tenero» il prodotto ottenuto direttamente dalla macinazione del grano tenero liberato dalle sostanze estranee e dalle impurità.

3. Le farine di cui ai commi 1 e 2 destinate al commercio sono prodotte nei tipi e con le caratteristiche seguenti:

 

 

 

Su cento parti di sostanza secca

Tipo e denominazione

Umidità

Ceneri

Proteine min.

 

massima %

minimo

massimo

(azoto x 5,70)

Farina di grano tenero tipo 00

14,50

-

0,55

9,00

Farina di grano tenero tipo 0

14,50

-

0,65

11,00

Farina di grano tenero tipo 1

14,50

-

0,80

12,00

Farina di grano tenero tipo 2

14,50

-

0,95

12,00

Farina integrale di grano tenero

14,50

1,30

1,70

12,00

 

 

 

 

 

4. Le disposizioni del comma 3 non si applicano alle farine destinate ad utilizzazioni diverse dalla panificazione.

5. La farina tipo 00 può essere prodotta anche sotto forma di sfarinato granulare (granito).

6. Nella farina tipo 1 le ceneri non possono contenere più dello 0,3 per cento di parte insolubile in acido cloridrico.

7. È tollerata l'immissione al consumo di farine di grano tenero con tenore di umidità fino al 15,50 per cento, a condizione che sulla relativa etichetta figuri la dicitura umidità massima 15,50 per cento.


2.  Sfarinati di grano duro.

1. È denominato «semola di grano duro», o semplicemente «semola», il prodotto granulare a spigolo vivo ottenuto dalla macinazione e conseguente abburattamento del grano duro, liberato dalle sostanze estranee e dalle impurità.

2. È denominato «semolato di grano duro», o semplicemente «semolato», il prodotto ottenuto dalla macinazione e conseguente abburattamento del grano duro liberato dalle sostanze estranee e dalle impurità, dopo l'estrazione della semola.

3. È denominato «semola integrale di grano duro», o semplicemente «semola integrale», il prodotto granulare a spigolo vivo ottenuto direttamente dalla macinazione del grano duro liberato dalle sostanze estranee e dalle impurità.

4. È denominato «farina di grano duro» il prodotto non granulare ottenuto dalla macinazione e conseguente abburattamento del grano duro liberato dalle sostanze estranee e dalle impurità.

5. Gli sfarinati di grano duro destinati al commercio sono prodotti nei tipi e con le caratteristiche seguenti:

 

 

 

Su cento parti di sostanza secca

Tipo e denominazione

Umidità

Ceneri

Proteine min.

 

massima %

minimo

massimo

(azoto x 5,70)

Semola*

14,50

-

0,90

10,50

Semolato

14,50

0,90

1,35

11,50

Semola integrale di grano duro

14,50

1,40

1,80

11,50

Farina di grano duro

14,50

1,36

1,70

11,50

 

 

 

 

 

* Valore granulometrico alla prova di setacciatura: passaggio staccio con maglie di millimetri 0,180 di luce, massimo 25 per cento.

6. È consentita la produzione, da destinare esclusivamente alla panificazione ed al consumatore, di semola e di semolato rimacinati nonché di farina di grano duro.

7. Negli sfarinati di cui ai commi 5 e 6 è tollerata la presenza di farina di grano tenero in misura non superiore al 3 per cento.

8. È tollerata l'immissione al consumo di sfarinati di grano duro con tenore di umidità fino al 15,50 per cento, a condizione che sulla relativa etichetta figuri la dicitura umidità massima 15,50 per cento.


3.  Miscele.

1. Le farine di cereali diversi dal grano, se miscelate con sfarinati di grano in qualsiasi proporzione, devono essere poste in vendita con la chiara indicazione della denominazione di cereale da cui proviene la farina miscelata con quella di grano.


4.  Divieti.

1. È vietata l'aggiunta di sostanze organiche ed inorganiche di qualsiasi natura, nonché qualsiasi trattamento degli sfarinati con agenti fisici o chimici, salvi i competenti provvedimenti del Ministero della sanità, emanati a norma della legge 30 aprile 1962, n. 283.

2. È vietato vendere, detenere per vendere, nonché impiegare per la panificazione, pastificazione o altri usi alimentari, sfarinati aventi caratteristiche diverse da quelle stabilite dal presente regolamento.

3. È altresì vietato vendere, detenere per vendere, nonché impiegare per la panificazione, pastificazione o altri usi alimentari, sfarinati comunque alterati, adulterati, sofisticati o invasi da parassiti animali o vegetali.


 

5.  Confezionamento.

1. Gli sfarinati devono essere posti in vendita in imballaggi preconfezionati chiusi all'origine.

2. Restano salve le disposizioni, relative alla consegna delle farine o delle semole alla rinfusa in carri cisterna ed il loro deposito e conservazione presso gli utilizzatori, previste dal decreto del Ministro per l'agricoltura e le foreste in data 1° aprile 1968, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana n. 103 del 22 aprile 1968, come integrato dal decreto del medesimo Ministro in data 17 febbraio 1972, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana n. 125 del 15 maggio 1972.


Capo II - Pasta

6.  Pasta.

1. Sono denominati «pasta di semola di grano duro» e «pasta di semolato di grano duro» i prodotti ottenuti dalla trafilazione, laminazione e conseguente essiccamento di impasti preparati rispettivamente ed esclusivamente:

a) con semola di grano duro ed acqua;

b) con semolato di grano duro ed acqua.

2. È denominato «pasta di semola integrale di grano duro» il prodotto ottenuto dalla trafilazione, laminazione e conseguente essiccamento di impasto preparato esclusivamente con semola integrale di grano duro ed acqua.

3. La pasta destinata al commercio è prodotta soltanto nei tipi e con le caratteristiche seguenti:

 

 

 

Su cento parti di sostanza secca

Acidità

Tipo e denominazione

Umidità

Ceneri

Proteine min.

massima in

 

massima %

minimo

massimo

(azoto x 5,70)

gradi*

Pasta di semola di grano duro

12,50

-

0,90

10,50

4

Pasta di semola di grano duro

12,50

0,90

1,35

11,50

5

Pasta di semola di grano duro

12,50

1,40

1,80

11,50

6

 

 

 

 

 

 

* Il grado di acidità è espresso dal numero di centimetri cubici di soluzione alcalina normale occorrente per neutralizzare 100 grammi di sostanza secca.

4. Salvo quanto previsto dall'articolo 12, commi 1 e 4, è vietata la fabbricazione di pasta secca preparata con sfarinati di grano tenero.

5. Nei tipi di pasta di cui al comma 3 e agli articoli 7 e 8 è tollerata la presenza di farine di grano tenero in misura non superiore al 3 per cento.

6. Nella produzione delle paste, delle paste speciali e della pasta all'uovo è ammesso il reimpiego, nell'àmbitodello stesso stabilimento di produzione, di prodotto o parti di esso provenienti dal processo produttivo o di confezionamento. Fermo restando quanto previsto dal decreto legislativo 26 maggio 1997, n. 155, con decreto del Ministro della sanità, di concerto con i Ministri dell'industria del commercio e dell'artigianato e delle politiche agricole e forestali, possono essere fissate particolari modalità di applicazione.

7. Le disposizioni di cui ai commi 3, 4, 5 e 6 si applicano anche ai prodotti preparati a base di sfarinati di grano duro ed acqua, comunque riconducibili merceologicamente alla pasta.

8. La pasta prodotta in altri Paesi in tutto o in parte con sfarinati di grano tenero e posta in vendita in Italia deve riportare una delle denominazioni di vendita seguenti:

a) pasta di farina di grano tenero, se ottenuta totalmente da sfarinati di grano tenero;

b) pasta di semola di grano duro e di farina di grano tenero, se ottenuta dalla miscelazione dei due prodotti con prevalenza della semola;

c) pasta di farina di grano tenero e di semola di grano duro, se ottenuta dalla miscelazione dei due prodotti con prevalenza della farina di grano tenero.


7.  Paste speciali.

1. È consentita la produzione di paste speciali. Per paste speciali si intendono le paste di cui all'articolo 6 contenenti ingredienti alimentari, diversi dagli sfarinati di grano tenero, rispondenti alle norme igienico-sanitarie.

2. Le paste speciali devono essere poste in vendita con la denominazione pasta di semola di grano duro completata dalla menzione dell'ingrediente utilizzato e, nel caso di più ingredienti, di quello o di quelli caratterizzanti.

3. Qualora nella preparazione dell'impasto sono utilizzate uova, la pasta speciale deve rispondere ai requisiti previsti dall'articolo 8.


8.  Pasta all'uovo.

1. La pasta all'uovo deve essere prodotta esclusivamente con semola e almeno quattro uova intere di gallina, prive di guscio, per un peso complessivo non inferiore a duecento grammi di uovo per ogni chilogrammo di semola. Le uova possono essere sostituite da una corrispondente quantità di ovoprodotto liquido fabbricato esclusivamente con uova intere di gallina, rispondente ai requisiti prescritti dal decreto legislativo 4 febbraio 1993, n. 65.

2. La pasta di cui al comma 1 deve essere posta in vendita con la sola denominazione pasta all'uovo e deve avere le seguenti caratteristiche: umidità massima 12,50 per cento, contenuto in ceneri non superiore a 1,10 su cento parti di sostanza secca, proteine (azoto x 5,70) in quantità non inferiore a 12,50 su cento parti di sostanza secca, acidità massima pari a 5 gradi.

3. L'estratto etereo ed il contenuto degli steroli non devono risultare inferiori, rispettivamente, a 2,80 grammi e 0,145 grammi, riferiti a cento parti di sostanza secca.

4. Il limite massimo delle ceneri per la pasta all'uovo con più di 4 uova è elevato mediamente, su cento parti di sostanza secca, di 0,05 per ogni uovo o quantità corrispondente di ovoprodotto in più rispetto al minimo prescritto.


9.  Paste alimentari fresche e stabilizzate.

1. È consentita la produzione di paste alimentari fresche e stabilizzate secondo le prescrizioni stabilite dagli articoli 6, 7 e 8, eccetto che per l'umidità e l'acidità.

2. È consentito l'impiego delle farine di grano tenero.

3. L'acidità non deve superare il limite di 7 gradi.

4. Le paste alimentari fresche, poste in vendita allo stato sfuso, devono essere conservate, dalla produzione alla vendita, a temperatura non superiore a + 4 °C, con tolleranza di 3 °C durante il trasporto e di 2 °C negli altri casi; durante il trasporto dal luogo di produzione al punto di vendita devono essere contenute in imballaggi, non destinati al consumatore finale, che assicurino un'adeguata protezione dagli agenti esterni e che rechino la dicitura «paste fresche da vendersi sfuse». [La durabilità non può essere superiore a giorni cinque dalla data di produzione] (3).

5. Le paste alimentari fresche, poste in vendita in imballaggi preconfezionati, devono possedere i seguenti requisiti:

a) avere un tenore di umidità non inferiore al 24 per cento;

b) avere un'attività dell'acqua libera (Aw) non inferiore a 0,92 né superiore a 0,97;

c) essere state sottoposte al trattamento termico equivalente almeno alla pastorizzazione;

d) essere conservate, dalla produzione alla vendita, a temperatura non superiore a +4 °C, con una tolleranza di 2 °C.

6. Sono denominate paste stabilizzate le paste alimentari che hanno un tenore di umidità non inferiore al 20 per cento e un'attività dell'acqua libera (Aw) non superiore a 0,92 e che sono state sottoposte a trattamenti termici e a tecnologie di produzione che consentono il trasporto e la conservazione a temperatura ambiente.

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(3)  Periodo soppresso dall'art. 36, L. 1° marzo 2002, n. 39 - Legge comunitaria 2001.


10.  Deroghe.

1. Le farine di grano tenero e gli sfarinati di grano duro, utilizzati nella preparazione di prodotti alimentari diversi dal pane e dalle paste alimentari, possono essere designati, nell'elenco degli ingredienti del prodotto finito, con la sola dicitura farina di frumento.


11.  Divieti.

1. Salvo quanto previsto dall'articolo 12, commi 1 e 4, e dall'articolo 48 della legge 24 aprile 1998, n. 128, è vietato vendere o detenere per vendere, anche negli stabilimenti di produzione, pasta avente caratteristiche diverse da quelle stabilite dal presente regolamento.

2. È altresì vietato vendere o detenere per vendere pasta alterata, adulterata, sofisticata o infestata da parassiti animali o vegetali.


Capo III - Disposizioni transitorie e finali

12.  Disposizioni transitorie e finali.

1. È consentita la produzione di sfarinati e paste alimentari aventi requisiti diversi da quelli prescritti dalle norme del presente regolamento e dei provvedimenti dell'autorità amministrativa previsti dal presente regolamento, quando è diretta alla successiva spedizione verso altri Paesi dell'Unione europea o verso gli altri Paesi contraenti l'accordo sullo spazio economico europeo, a condizione che non siano nocivi alla salute umana ed il produttore, di volta in volta, invii preventivamente, a mezzo raccomandata fornita di ricevuta di ritorno indirizzata al Ministero delle politiche agricole e forestali, una comunicazione scritta nella quale siano indicate le merci ed il quantitativo da produrre, i requisiti di difformità dalle norme del presente regolamento, la quantità, il tipo e le caratteristiche delle materie prime e delle sostanze che si intendono utilizzare, la data di inizio della lavorazione e la durata della medesima, nonché il Paese di destinazione finale.

2. La lavorazione degli sfarinati e delle paste alimentari di cui al comma 1 va effettuata in modo da rendere possibile il diretto, immediato controllo da parte degli organi di vigilanza, specie se tale lavorazione si effettua contemporaneamente a quella dei prodotti destinati al consumo nazionale. Le materie prime e le sostanze diverse da quelle impiegabili nella produzione di sfarinati e paste alimentari destinate al consumo nazionale, nonché i prodotti destinati alla spedizione verso altri Paesi dell'Unione europea o verso gli altri Paesi contraenti l'accordo sullo spazio economico europeo o alla esportazione ed aventi requisiti diversi da quelli prescritti, vanno immagazzinati in appositi locali sulla porta dei quali deve essere affisso un cartello recante la scritta a caratteri ben visibili: «Deposito di materie prime e di prodotti finiti non destinati al mercato nazionale» (4).

3. Le singole materie prime di base con requisiti diversi da quelli prescritti dalle norme del presente regolamento, nonché le sostanze delle quali non è autorizzato l'impiego per la produzione degli sfarinati e delle paste alimentari ai sensi del presente regolamento, che, invece, si intendono utilizzare per la fabbricazione di sfarinati e paste alimentari di cui al comma 1, vanno annotate in apposito registro di carico e scarico il quale deve riportare le stesse indicazioni prescritte quando si intendono utilizzare le stesse materie e sostanze per la fabbricazione degli sfarinati e delle paste alimentari destinate all'esportazione, di cui al comma 4 (5).

4. È, altresì, consentita la produzione di sfarinati e paste alimentari aventi requisiti diversi da quelli prescritti dalle norme del presente regolamento e dei provvedimenti dell'autorità amministrativa previsti dal presente regolamento, purché si tratti di prodotti destinati all'esportazione e non nocivi alla salute umana, previa autorizzazione da concedersi con le modalità fissate con apposito decreto del Ministro delle politiche agricole e forestali, di concerto con i Ministri dell'industria, del commercio e dell'artigianato e della sanità. Fino all'emanazione del predetto decreto continua ad applicarsi il decreto del Ministro per l'agricoltura e le foreste in data 9 agosto 1969, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana n. 8 del 10 gennaio 1970, fermo restando che i richiami alla legge 4 luglio 1967, n. 580, in esso contenuti, con riferimento agli sfarinati ed alle paste alimentari, sono sostituiti con i richiami al presente regolamento (6).

5. Salvo quanto previsto dall'articolo 48 della legge 24 aprile 1998, n. 128, e dall'articolo 9 del decreto del Presidente della Repubblica 30 novembre 1998, n. 502, è vietata l'importazione di sfarinati e paste alimentari aventi requisiti diversi da quelli prescritti dalle norme del presente regolamento e dei provvedimenti dell'autorità amministrativa previsti dal presente regolamento.

6. Fino al 30 giugno 2002 è consentita l'utilizzazione di etichette ed imballaggi non conformi, purché conformi alle disposizioni della legge 4 luglio 1967, n. 580 e del decreto legislativo 27 gennaio 1992, n. 109 (7).

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(4)  Vedi, anche, il D.M. 26 aprile 2002.

(5)  Vedi, anche, il D.M. 26 aprile 2002.

(6)  Vedi, anche, il D.M. 26 aprile 2002.

(7)  Comma così modificato dall'art. 8-sexies, D.L. 23 novembre 2001, n. 411, nel testo integrato dalla relativa legge di conversione.


13.  Disposizioni di rinvio.

1. Salvo che il fatto costituisca reato:

a) nel caso di violazione delle disposizioni di cui agli articoli 4, commi 1 e 3, 11, comma 2, si applica la sanzione amministrativa prevista dall'articolo 44, comma primo, lettera a), della legge 4 luglio 1967, n. 580;

b) nel caso di violazione delle disposizioni di cui agli articoli 1, comma 7, 2 comma 8, e 9 comma 6, lettera a), si applica la sanzione amministrativa prevista dall'articolo 44, comma primo, lettera b), della legge 4 luglio 1967, n. 580;

c) nel caso di violazione delle norme del presente regolamento diverse da quelle indicate nelle lettere a) e b), nonché dei provvedimenti amministrativi previsti dal presente regolamento, si applica la sanzione amministrativa prevista dall'articolo 44, comma primo, lettera c), della legge 4 luglio 1967, n. 580.

2. Si applicano, altresì, le altre disposizioni contenute nel titolo VIII della citata legge n. 580 del 1967, connesse all'applicazione delle sanzioni di cui al comma 1.


14.  Abrogazioni.

1. Dalla data di entrata in vigore del presente regolamento cessano di avere efficacia le seguenti disposizioni:

a) gli articoli 6, 7, 8, 9, 10, 11, 12, 13, 28, 29, 30, 31, 32, 33, 34, 35, 36 e 50, primo comma, della legge 4 luglio 1967, n. 580;

b) il decreto 27 aprile 1998, n. 264 del Ministro della sanità.

2. ... (8).

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(8)  Sostituisce il secondo comma dell'art. 50, L. 4 luglio 1967, n. 580.

 

 

 


Normativa comunitaria

 


Reg. (CE) n. 178/2002 del 28 gennaio 2002
Regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio che stabilisce i principi e i requisiti generali della legislazione alimentare, istituisce l'Autorità europea per la sicurezza alimentare e fissa procedure nel campo della sicurezza alimentare(art. 18)

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(1) Pubblicato nella G.U.C.E. 1 febbraio 2002, n. L 31. Entrata in vigore: 21 febbraio 2002.

(2) Vedi, per le modalità di applicazione del presente regolamento, il regolamento (CE) n. 2230/2004.


Il Parlamento europeo e il Consiglio dell'Unione europea,

visto il trattato che istituisce la Comunità europea, in particolare l'articolo 37, l'articolo 95, l'articolo 133 e l'articolo 152, paragrafo 4, lettera b),

vista la proposta della Commissione (3),

visto il parere del Comitato economico e sociale (4),

visto il parere del Comitato delle regioni (5),

deliberando secondo la procedura di cui all'articolo 251 del trattato (6),

considerando quanto segue:

(1) La libera circolazione di alimenti sicuri e sani è un aspetto fondamentale del mercato interno e contribuisce in maniera significativa alla salute e al benessere dei cittadini, nonché ai loro interessi sociali ed economici.

(2) Occorre garantire un livello elevato di tutela della vita e della salute umana nell'esecuzione delle politiche comunitarie.

(3) La libera circolazione degli alimenti e dei mangimi all'interno della Comunità può essere realizzata soltanto se i requisiti di sicurezza degli alimenti e dei mangimi non presentano differenze significative da uno Stato membro all'altro.

(4) Esistono notevoli differenze in relazione ai concetti, ai principi e alle procedure tra le legislazioni degli Stati membri in materia di alimenti. Nell'adozione di misure in campo alimentare da parte degli Stati membri, tali differenze possono ostacolare la libera circolazione degli alimenti, creare condizioni di concorrenza non omogenee e avere quindi un'incidenza diretta sul funzionamento del mercato interno.

(5) Occorre pertanto procedere al ravvicinamento di tali concetti, principi e procedure in modo da costituire una base comune per le disposizioni adottate in materia di alimenti e di mangimi dagli Stati membri e a livello comunitario. È tuttavia necessario prevedere un periodo di tempo sufficiente per adeguare le eventuali disposizioni contrastanti della legislazione vigente, a livello sia nazionale che comunitario e, in attesa di tale adeguamento, prevedere altresì che la legislazione pertinente sia applicata in base ai principi stabiliti nel presente regolamento.

(6) L'acqua viene ingerita, come ogni altro alimento, direttamente o indirettamente, contribuendo così al rischio complessivo al quale si espongono i consumatori attraverso l'ingestione di sostanze, tra cui contaminanti chimici e microbiologici. Tuttavia, dato che la qualità delle acque destinate al consumo umano è già disciplinata dalle direttive del Consiglio 80/778/CEE e 98/83/CE, è sufficiente considerare l'acqua nei punti in cui i valori devono essere rispettati, come stabilito all'articolo 6 della direttiva 98/83/CE.

(7) Nel contesto della legislazione alimentare devono essere inclusi requisiti relativi ai mangimi, fra cui requisiti relativi alla produzione e all'utilizzo dei mangimi quando questi siano riservati agli animali destinati alla produzione alimentare. Ciò non pregiudica i requisiti simili che sono stati applicati finora e che saranno applicati in futuro nella legislazione sui mangimi applicabile a tutti gli animali, inclusi gli animali da compagnia.

(8) La Comunità ha scelto di perseguire un livello elevato di tutela della salute nell'elaborazione della legislazione alimentare, che essa applica in maniera non discriminatoria a prescindere dal fatto che gli alimenti o i mangimi siano in commercio sul mercato interno o su quello internazionale.

(9) Occorre far sì che i consumatori, gli altri soggetti interessati e le controparti commerciali abbiano fiducia nei processi decisionali alla base della legislazione alimentare, nel suo fondamento scientifico e nella struttura e nell'indipendenza delle istituzioni che tutelano la salute e altri interessi.

(10) L'esperienza ha dimostrato che è necessario adottare disposizioni atte a garantire che gli alimenti a rischio non siano immessi sul mercato e a predisporre meccanismi per individuare i problemi di sicurezza degli alimenti e reagire ad essi, onde permettere l'adeguato funzionamento del mercato interno e tutelare la salute umana. Sarebbe opportuno affrontare questioni analoghe per quanto riguarda la sicurezza dei mangimi.

(11) Per affrontare il problema della sicurezza alimentare in maniera sufficientemente esauriente e organica è opportuno assumere una nozione lata di "legislazione alimentare", che abbracci un'ampia gamma di disposizioni aventi un'incidenza diretta o indiretta sulla sicurezza degli alimenti e dei mangimi, tra cui disposizioni sui materiali e gli oggetti a contatto con gli alimenti, sui mangimi e su altri mezzi di produzione agricola a livello di produzione primaria.

(12) Per garantire la sicurezza degli alimenti occorre considerare tutti gli aspetti della catena di produzione alimentare come un unico processo, a partire dalla produzione primaria inclusa, passando per la produzione di mangimi fino alla vendita o erogazione di alimenti al consumatore inclusa, in quanto ciascun elemento di essa presenta un potenziale impatto sulla sicurezza alimentare.

(13) L'esperienza ha dimostrato che, per tale motivo, occorre prendere in considerazione la produzione, la trasformazione, il trasporto e la distribuzione dei mangimi con i quali vengono nutriti gli animali destinati alla produzione alimentare, compresa la produzione di animali che potrebbero essere utilizzati come mangimi negli allevamenti di pesci, dato che contaminazioni accidentali o intenzionali dei mangimi, adulterazioni o pratiche fraudolente o altre pratiche scorrette in relazione ad essi possono avere un'incidenza diretta o indiretta sulla sicurezza degli alimenti.

(14) Per lo stesso motivo occorre prendere in considerazione altre pratiche e mezzi di produzione agricoli a livello di produzione primaria e i loro effetti potenziali sulla sicurezza generale degli alimenti.

(15) Il collegamento in rete di laboratori di eccellenza a livello regionale e/o interregionale, allo scopo di assicurare il controllo continuo della sicurezza alimentare, potrebbe svolgere un importante ruolo per quanto riguarda la prevenzione dei potenziali rischi per la salute dei cittadini.

(16) Le misure adottate dagli Stati membri e dalla Comunità in materia di alimenti e di mangimi dovrebbero basarsi generalmente sull'analisi del rischio, tranne quando ciò non sia confacente alle circostanze o alla natura del provvedimento. Il ricorso all'analisi del rischio prima dell'adozione di tali misure dovrebbe agevolare la prevenzione di ostacoli ingiustificati alla libera circolazione degli alimenti.

(17) Quando la legislazione alimentare è intesa a ridurre, eliminare o evitare un rischio per la salute, le tre componenti interconnesse dell'analisi del rischio, vale a dire la valutazione, gestione e comunicazione del rischio, forniscono una metodologia sistematica per definire provvedimenti, o altri interventi a tutela della salute, efficaci, proporzionati e mirati.

(18) Affinché vi sia un clima di fiducia nel fondamento scientifico della legislazione alimentare, le valutazioni del rischio devono essere svolte in modo indipendente, obiettivo e trasparente ed essere basate sulle informazioni e sui dati scientifici disponibili.

(19) È generalmente riconosciuto che, in alcuni casi, la sola valutazione scientifica del rischio non è in grado di fornire tutte le informazioni su cui dovrebbe basarsi una decisione di gestione del rischio e che è legittimo prendere in considerazione altri fattori pertinenti, tra i quali aspetti di natura societale, economica, tradizionale, etica e ambientale nonché la realizzabilità dei controlli.

(20) Per garantire la tutela della salute nella Comunità ci si è avvalsi del principio di precauzione, creando ostacoli alla libera circolazione degli alimenti e dei mangimi. È pertanto necessario adottare una base uniforme in tutta la Comunità per l'uso di tale principio.

(21) Nei casi specifici in cui vi è un rischio per la vita o per la salute, ma permane una situazione di incertezza sul piano scientifico, il principio di precauzione costituisce un meccanismo per determinare misure di gestione del rischio o altri interventi volti a garantire il livello elevato di tutela della salute perseguito nella Comunità.

(22) La sicurezza degli alimenti e la tutela degli interessi dei consumatori sono fonte di crescente preoccupazione per i cittadini, le organizzazioni non governative, le associazioni professionali, le controparti commerciali internazionali e le organizzazioni commerciali. Occorre far sì che la fiducia dei consumatori e delle controparti commerciali sia garantita attraverso l'elaborazione aperta e trasparente della legislazione alimentare e attraverso interventi adeguati da parte delle autorità pubbliche per informare i cittadini qualora vi siano ragionevoli motivi per sospettare che un alimento comporti un rischio per la salute.

(23) La sicurezza e la fiducia dei consumatori della Comunità e dei paesi terzi rivestono un'importanza capitale. La Comunità è tra i più importanti protagonisti del commercio mondiale di alimenti e mangimi e, in tale veste, ha stipulato accordi commerciali internazionali, contribuisce all'elaborazione di norme internazionali a sostegno della legislazione alimentare e sostiene i principi del libero commercio di mangimi sicuri e di alimenti sani e sicuri in maniera non discriminatoria, all'insegna di pratiche commerciali leali e moralmente corrette.

(24) Occorre assicurare che gli alimenti e i mangimi esportati o riesportati dalla Comunità siano conformi alla normativa comunitaria o ai requisiti stabiliti dal paese importatore. In altre circostanze detti alimenti e mangimi possono essere esportati o riesportati soltanto a condizione che il paese importatore vi abbia acconsentito espressamente. Tuttavia, anche qualora lo Stato importatore abbia dato il suo consenso, occorre assicurare che non vengano esportati o riesportati alimenti dannosi per la salute o mangimi a rischio.

(25) Occorre stabilire i principi generali in base ai quali si possono commerciare gli alimenti e i mangimi, nonché gli obiettivi e i principi del contributo della Comunità all'elaborazione di norme e accordi commerciali internazionali.

(26) Alcuni Stati membri hanno adottato normative orizzontali nel campo della sicurezza alimentare, imponendo in particolare agli operatori economici l'obbligo generale di immettere sul mercato solo alimenti sicuri. Tali Stati membri applicano tuttavia criteri fondamentali diversi per determinare la sicurezza degli alimenti. Tali impostazioni divergenti e la mancanza di una normativa di tipo orizzontale in altri Stati membri potrebbero far sorgere ostacoli al commercio dei prodotti alimentari. Ostacoli analoghi potrebbero sorgere per quanto riguarda il commercio dei mangimi.

(27) Occorre pertanto stabilire requisiti generali affinché soltanto gli alimenti e i mangimi sicuri siano immessi sul mercato, allo scopo di permettere l'adeguato funzionamento del mercato interno di tali prodotti.

(28) L'esperienza ha dimostrato che l'impossibilità di ricostruire il percorso compiuto da alimenti e mangimi può mettere in pericolo il funzionamento del mercato interno di tali prodotti. Occorre quindi predisporre un sistema generale per la rintracciabilità dei prodotti che abbracci il settore dei mangimi e alimentare, onde poter procedere a ritiri mirati e precisi o fornire informazioni ai consumatori o ai funzionari responsabili dei controlli, evitando così disagi più estesi e ingiustificati quando la sicurezza degli alimenti sia in pericolo.

(29) Occorre fare in modo che le imprese alimentari e del settore dei mangimi, comprese le imprese importatrici, siano in grado di individuare almeno l'azienda che ha fornito loro l'alimento, il mangime, l'animale o la sostanza che può entrare a far parte di un dato alimento o di un dato mangime, per fare in modo che la rintracciabilità possa essere garantita in ciascuna fase in caso di indagine.

(30) Gli operatori del settore alimentare sono in grado, meglio di chiunque altro, di elaborare sistemi sicuri per l'approvvigionamento alimentare e per garantire la sicurezza dei prodotti forniti; essi dovrebbero pertanto essere legalmente responsabili, in via principale, della sicurezza degli alimenti. Sebbene tale principio sia affermato in alcuni Stati membri e in alcuni settori della legislazione alimentare, in altri settori esso non è esplicito o la responsabilità viene assunta dalle autorità competenti dello Stato membro attraverso lo svolgimento di attività di controllo. Tali disparità possono creare ostacoli al commercio e distorsioni della concorrenza tra operatori del settore alimentare di Stati membri diversi.

(31) Analoghe condizioni dovrebbero riguardare i mangimi ed essere imposte agli operatori del settore dei mangimi.

(32) Il fondamento tecnico e scientifico della normativa comunitaria in materia di sicurezza degli alimenti e dei mangimi dovrebbe contribuire al conseguimento di un livello elevato di tutela della salute nella Comunità. La Comunità deve poter contare su un'assistenza scientifica e tecnica indipendente, efficiente e di elevata qualità.

(33) Le questioni scientifiche e tecniche riguardanti la sicurezza degli alimenti e dei mangimi stanno diventando sempre più importanti e complesse. L'istituzione di un'Autorità europea per la sicurezza alimentare (in prosieguo: "l'Autorità") dovrebbe rafforzare l'attuale sistema di assistenza scientifica e tecnica che non è più in grado di soddisfare le crescenti esigenze.

(34) Conformemente ai principi generali della legislazione alimentare, l'Autorità dovrebbe fungere da punto di riferimento scientifico indipendente nella valutazione del rischio e contribuire in tal modo a garantire il regolare funzionamento del mercato interno. Deve poter essere invitata a formulare pareri su questioni scientifiche oggetto di controversia, consentendo così alle istituzioni comunitarie e agli Stati membri di adottare, ai fini della gestione del rischio, decisioni consapevoli necessarie a garantire la sicurezza degli alimenti e dei mangimi, contribuendo al tempo stesso a evitare la frammentazione del mercato interno dovuta alla creazione di ostacoli, ingiustificati o non necessari, alla libera circolazione degli alimenti e dei mangimi.

(35) L'Autorità dovrebbe essere una fonte scientifica indipendente di consulenza, informazione e comunicazione del rischio per accrescere la fiducia dei consumatori. Tuttavia, per garantire una maggiore coerenza tra le funzioni di valutazione, gestione e comunicazione del rischio, si dovrebbe creare un più stretto collegamento tra i responsabili della valutazione del rischio e i responsabili della gestione del rischio.

(36) L'Autorità dovrebbe fornire un quadro scientifico completo e indipendente relativo alla sicurezza e ad altri aspetti dell'intera catena di approvvigionamento degli alimenti e dei mangimi, il che comporta ampie competenze per l'Autorità. Dovrebbero rientrarvi anche le questioni aventi un impatto diretto o indiretto sulla sicurezza delle catene di approvvigionamento degli alimenti e dei mangimi, sulla salute e il benessere degli animali e sulla salute dei vegetali. Occorre tuttavia far sì che l'Autorità si concentri sulla sicurezza alimentare e si limiti a fornire pareri scientifici per quanto riguarda le questioni attinenti alla salute e al benessere degli animali e alla salute dei vegetali non connesse con la sicurezza della catena di approvvigionamento alimentare. Tra i compiti dell'Autorità dovrebbero rientrare anche la consulenza scientifica e l'assistenza tecnica e scientifica in materia di nutrizione umana ai fini della normativa comunitaria, nonché l'assistenza alla Commissione, su richiesta di quest'ultima, per la comunicazione connessa con i programmi comunitari nel settore della sanità.

(37) Dal momento che alcuni prodotti autorizzati dalla legislazione alimentare, quali i pesticidi o gli additivi per i mangimi, possono comportare rischi per l'ambiente o per la sicurezza dei lavoratori, l'Autorità dovrebbe altresì valutare alcuni aspetti legati all'ambiente e alla protezione dei lavoratori in conformità della legislazione pertinente.

(38) Per evitare inutili ripetizioni di valutazioni scientifiche e di pareri scientifici connessi sugli organismi geneticamente modificati, l'Autorità dovrebbe inoltre formulare pareri scientifici su prodotti diversi dagli alimenti e dai mangimi riconducibili a organismi geneticamente modificati, quali definiti dalla direttiva 2001/18/CE e fatte salve le procedure ivi stabilite.

(39) L'Autorità, attraverso l'assistenza fornita su questioni scientifiche, dovrebbe contribuire al ruolo svolto dalla Comunità e dagli Stati membri nell'elaborazione e nella definizione di norme in materia di sicurezza alimentare e accordi commerciali internazionali.

(40) È fondamentale che le istituzioni comunitarie, i cittadini e le parti interessate abbiano fiducia nell'Autorità: indipendenza, elevata qualità scientifica, trasparenza ed efficienza sono perciò fondamentali. È altresì indispensabile la collaborazione con gli Stati membri.

(41) A tal fine, il consiglio di amministrazione dovrebbe essere nominato in modo da garantire i più alti livelli di competenza, una vasta gamma di pertinenti conoscenze specialistiche, ad esempio in materia di gestione e di amministrazione pubblica, e la distribuzione geografica più ampia possibile all'interno dell'Unione. Questo dovrebbe essere agevolato mediante una rotazione dei vari paesi d'origine dei membri del consiglio di amministrazione senza che sia riservato alcun posto ai cittadini di uno Stato membro specifico.

(42) L'Autorità dovrebbe disporre dei mezzi per svolgere tutti i compiti necessari all'adempimento delle sue funzioni.

(43) Il consiglio di amministrazione dovrebbe disporre dei poteri necessari per formare il bilancio, verificarne l'attuazione, elaborare il regolamento interno, adottare il regolamento finanziario, nominare i membri del comitato scientifico e dei gruppi di esperti scientifici e nominare il direttore esecutivo.

(44) L'Autorità dovrebbe collaborare strettamente con gli organi competenti degli Stati membri al fine di operare in maniera efficace. Dovrebbe essere istituito un comitato consultivo al fine di consigliare il direttore esecutivo, costituire un sistema per lo scambio di informazioni e garantire una stretta collaborazione, in particolare per quanto riguarda il sistema di collegamento in rete. La cooperazione e l'opportuno scambio di informazioni dovrebbero inoltre ridurre al minimo la possibilità di avere opinioni scientifiche divergenti.

(45) L'Autorità dovrebbe rilevare il compito, finora affidato ai comitati scientifici istituiti in seno alla Commissione, di formulare pareri scientifici nei settori di sua competenza.

Occorre riorganizzare detti comitati per garantire maggiore coerenza scientifica in relazione alla catena di approvvigionamento alimentare e per consentire loro di lavorare in maniera più efficace. Per formulare i pareri scientifici dovrebbero pertanto essere istituiti in seno all'Autorità un comitato scientifico e gruppi permanenti di esperti scientifici.

(46) A garanzia dell'indipendenza, i membri del comitato scientifico e dei gruppi di esperti scientifici dovrebbero essere scienziati indipendenti selezionati in base a una procedura aperta di presentazione delle candidature.

(47) La funzione di punto di riferimento scientifico indipendente che l'Autorità deve assolvere implica che non soltanto la Commissione, ma anche il Parlamento europeo e gli Stati membri possano chiederle pareri scientifici. Per assicurare la gestibilità e la coerenza del processo di consulenza scientifica, l'Autorità deve essere in grado di rifiutare o modificare una richiesta giustificando la sua posizione e sulla base di criteri predeterminati. Occorre inoltre adottare disposizioni per contribuire ad evitare pareri scientifici discordanti ed istituire apposite procedure che consentano, in caso di pareri scientifici discordanti tra organi scientifici, di rettificare la discordanza o fornire ai responsabili della gestione del rischio una base di informazione scientifica trasparente.

(48) L'Autorità dovrebbe altresì essere in grado di commissionare studi scientifici necessari all'espletamento dei propri compiti, facendo in modo che i collegamenti da essa stabiliti con la Commissione e gli Stati membri evitino inutili sovrapposizioni. Ciò dovrebbe avvenire in modo aperto e trasparente e l'Autorità terrà conto delle competenze e delle strutture comunitarie esistenti.

(49) È condivisa l'idea che rappresenti una grave lacuna la mancanza di un sistema efficace per la raccolta e l'analisi a livello comunitario dei dati relativi alla catena di approvvigionamento alimentare. È quindi opportuno istituire, sotto forma di rete coordinata dall'Autorità, un sistema per la raccolta e l'analisi dei dati pertinenti nei settori di competenza dell'Autorità stessa. È necessaria una revisione delle reti comunitarie già esistenti per la raccolta dei dati nei settori di competenza dell'Autorità.

(50) Una migliore individuazione dei rischi emergenti potrebbe rivelarsi, a lungo termine, un fondamentale strumento di prevenzione a disposizione degli Stati membri e della Comunità nell'applicazione delle sue politiche. Occorre pertanto assegnare all'Autorità un compito preventivo di raccolta di informazioni e di vigilanza, nonché di valutazione e di informazione circa i rischi emergenti al fine di prevenirli.

(51) L'istituzione dell'Autorità dovrebbe permettere agli Stati membri di essere maggiormente coinvolti nelle procedure scientifiche. A tal fine è pertanto opportuna una stretta collaborazione tra l'Autorità e gli Stati membri. In particolare, l'Autorità deve poter assegnare alcuni specifici compiti ad organizzazioni operanti negli Stati membri.

(52) Occorre fare in modo che venga raggiunto un equilibrio tra l'esigenza di ricorrere ad organi nazionali per lo svolgimento di compiti per conto dell'Autorità e l'esigenza che, per fini di coerenza generale, tali compiti vengano svolti conformemente ai criteri stabiliti in relazione ad essi. Sarà opportuno riesaminare entro un anno le procedure esistenti per l'assegnazione di compiti scientifici agli Stati membri, in particolare per quanto riguarda la valutazione dei fascicoli presentati dalle imprese per l'autorizzazione di determinate sostanze, prodotti o procedure, nell'intento di tenere conto dell'istituzione dell'Autorità e delle nuove strutture che essa offre, mentre le procedure di valutazione saranno non meno rigorose che in precedenza.

(53) La Commissione conserva la piena responsabilità di comunicare le misure relative alla gestione del rischio. Sono pertanto necessari adeguati scambi di informazioni tra l'Autorità e la Commissione. È inoltre necessaria una stretta collaborazione tra l'Autorità, la Commissione e gli Stati membri onde assicurare la coerenza di tutto il processo di comunicazione.

(54) Data l'indipendenza dell'Autorità e il suo compito di informare i cittadini, è opportuno che essa sia in grado di comunicare in maniera autonoma nei settori di sua competenza, onde poter fornire informazioni obiettive, affidabili e di facile comprensione.

(55) Per tener conto di ogni parametro regionale e di ogni correlazione con la politica sanitaria, è necessaria un'adeguata collaborazione con gli Stati membri e con le altre parti interessate nell'ambito specifico delle campagne di informazione dei cittadini.

(56) Oltre a seguire principi operativi basati sull'indipendenza e la trasparenza, l'Autorità dovrebbe essere un'organizzazione aperta ai contatti con i consumatori e con altri gruppi interessati.

(57) L'Autorità dovrebbe essere finanziata dal bilancio generale dell'Unione europea. Tuttavia, alla luce dell'esperienza acquisita, in particolare in relazione all'esame dei fascicoli di autorizzazione presentati dalle imprese, entro tre anni dall'entrata in vigore del presente regolamento dovrebbe essere esaminata la possibilità che i servizi da essa forniti vengano remunerati. Per quanto riguarda ogni forma di sovvenzione a carico del bilancio generale dell'Unione europea, continua ad applicarsi la procedura di bilancio comunitaria. La revisione contabile dovrebbe inoltre essere svolta dalla Corte dei conti.

(58) Occorre consentire la partecipazione di paesi europei non membri dell'Unione europea che hanno concluso accordi che li obbligano a recepire e applicare il "corpus" legislativo comunitario nel campo disciplinato dal presente regolamento.

(59) La direttiva 92/59/CEE del Consiglio, del 29 giugno 1992, relativa alla sicurezza generale dei prodotti ha già previsto un sistema di allarme rapido. Il sistema esistente interessa gli alimenti e i prodotti industriali, ma non i mangimi. Le recenti crisi alimentari hanno dimostrato la necessità di istituire un sistema di allarme rapido migliore e più ampio, che interessi gli alimenti e i mangimi. Tale sistema rivisto dovrebbe essere gestito dalla Commissione e comprendere tra i membri della rete gli Stati membri, la Commissione e l'Autorità. Esso non dovrebbe riguardare le modalità comunitarie di uno scambio rapido di informazioni in caso di emergenza radioattiva, quali definite dalla decisione 87/600/Euratom del Consiglio.

(60) Recenti episodi connessi alla sicurezza degli alimenti hanno dimostrato che, nelle situazioni di emergenza, occorre disporre di misure adeguate per garantire che tutti gli alimenti, a prescindere dal tipo e dall'origine, e tutti i mangimi possano essere soggetti a misure comuni in caso di grave rischio per la salute umana o degli animali o per l'ambiente. Tale impostazione d'insieme in fatto di misure di emergenza per la sicurezza alimentare dovrebbe consentire di intervenire con efficacia e di evitare di trattare in modo artificiosamente diverso un grave rischio relativo agli alimenti o ai mangimi.

(61) Le recenti crisi alimentari hanno inoltre dimostrato i vantaggi, per la Commissione, di disporre di procedure opportunamente congegnate e più rapide per la gestione delle crisi. Tali procedure organizzative dovrebbero permettere di coordinare meglio gli sforzi e di determinare le misure più efficaci sulla base delle informazioni scientifiche più accurate. Le procedure riviste dovrebbero pertanto tener conto delle competenze dell'Autorità e prevedere un'assistenza scientifica e tecnica sotto forma di consulenza in caso di crisi alimentare.

(62) Per garantire un'impostazione globale e più efficace delle questioni riguardanti la catena alimentare dovrebbe essere istituito un comitato per la catena alimentare e la salute degli animali in sostituzione del comitato veterinario permanente, del comitato permanente per i prodotti alimentari e del comitato permanente degli alimenti per animali. Pertanto devono essere abrogate le decisioni del Consiglio 68/361/CEE, 69/414/CEE e 70/372/CEE. Per lo stesso motivo, il comitato per la catena alimentare e la salute degli animali dovrebbe sostituire anche il comitato fitosanitario permanente per quanto riguarda le competenze [direttive 76/895/CEE, 86/362/CEE, 86/363/CEE, 90/642/CEE e 91/414/CEE]sui prodotti fitosanitari e sulla fissazione di quantità massime di residui.

(63) Le misure necessarie per l'applicazione del presente regolamento devono essere adottate in conformità della decisione 1999/468/CE del Consiglio, del 28 giugno 1999, recante modalità per l'esercizio delle competenze di esecuzione conferite alla Commissione.

(64) È necessario che gli operatori dispongano di tempo sufficiente per adeguarsi ad alcuni dei requisiti stabiliti dal presente regolamento e che l'Autorità europea per la sicurezza alimentare cominci ad essere operativa il 1° gennaio 2002.

(65) È importante evitare confusione tra i compiti dell'Autorità e quelli dell'Agenzia europea di valutazione dei medicinali, istituita dal regolamento (CEE) n. 2309/93 del Consiglio. Occorre pertanto che il presente regolamento faccia salve le competenze conferite a detta Agenzia dalla legislazione comunitaria, comprese quelle conferite dal regolamento (CEE) n. 2377/90 del Consiglio, del 26 giugno 1990, che definisce una procedura comunitaria per la determinazione dei limiti massimi di residui di medicinali veterinari negli alimenti di origine animale.

(66) Per realizzare lo scopo fondamentale del presente regolamento è necessario e opportuno prevedere il ravvicinamento di concetti, principi e misure che costituiscono una base comune per la legislazione alimentare nella Comunità ed istituire un'Autorità europea per la sicurezza alimentare. In base al principio di proporzionalità di cui all'articolo 5 del trattato, il presente regolamento non va al di là di quanto necessario per conseguire tale scopo,

hanno adottato il presente regolamento:

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(3) Pubblicata nella G.U.C.E. 27 marzo 2001, n. C 96 E.

(4) Pubblicato nella G.U.C.E. 29 maggio 2001, n. C 155.

(5) Parere espresso il 14 giugno 2001.

(6) Parere del Parlamento europeo del 12 giugno 2001, posizione comune del Consiglio del 17 settembre 2001 e decisione del Parlamento europeo dell'11 dicembre 2001. Decisione del Consiglio del 21 gennaio 2002.


(omissis)

Articolo 18

Rintracciabilità.

1. È disposta in tutte le fasi della produzione, della trasformazione e della distribuzione la rintracciabilità degli alimenti, dei mangimi, degli animali destinati alla produzione alimentare e di qualsiasi altra sostanza destinata o atta a entrare a far parte di un alimento o di un mangime.

2. Gli operatori del settore alimentare e dei mangimi devono essere in grado di individuare chi abbia fornito loro un alimento, un mangime, un animale destinato alla produzione alimentare o qualsiasi sostanza destinata o atta a entrare a far parte di un alimento o di un mangime.

A tal fine detti operatori devono disporre di sistemi e di procedure che consentano di mettere a disposizione delle autorità competenti, che le richiedano, le informazioni al riguardo.

3. Gli operatori del settore alimentare e dei mangimi devono disporre di sistemi e procedure per individuare le imprese alle quali hanno fornito i propri prodotti. Le informazioni al riguardo sono messe a disposizione delle autorità competenti che le richiedano.

4. Gli alimenti o i mangimi che sono immessi sul mercato della Comunità o che probabilmente lo saranno devono essere adeguatamente etichettati o identificati per agevolarne la rintracciabilità, mediante documentazione o informazioni pertinenti secondo i requisiti previsti in materia da disposizioni più specifiche.

5. Le disposizioni per l'applicazione in settori specifici del presente articolo possono essere adottate secondo la procedura di cui all'articolo 58, paragrafo 2.

(omissis)


Reg. (CE) n. 882/2004 del 29 aprile 2004
Regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio relativo ai controlli ufficiali intesi a verificare la conformità alla normativa in materia di mangimi e di alimenti e alle norme sulla salute e sul benessere degli animali(artt. 1-10)

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(1) Pubblicato nella G.U.U.E. 30 aprile 2004, n. L 165. Entrato in vigore il 20 maggio 2004. Il testo del presente regolamento è stato così sostituito dalla rettifica pubblicata nella G.U.U.E. 28 maggio 2004, n. L 191.

(2) Per le disposizioni transitorie per l'attuazione del presente regolamento, vedi il capo IV del regolamento (CE) n. 2076/2005.


Il Parlamento europeo ed il Consiglio dell'Unione europea,

visto il trattato che istituisce la Comunità europea, in particolare gli articoli 37, 95 e 152, paragrafo 4, lettera b),

vista la proposta della Commissione,

visto il parere del Comitato economico e sociale europeo (3),

visto il parere del Comitato delle regioni (4),

deliberando secondo la procedura di cui all'articolo 251 del trattato (5),

considerando quanto segue:

(1) I mangimi e gli alimenti devono essere sicuri e sani. La normativa comunitaria comprende una serie di norme per garantire il raggiungimento di tale obiettivo. Queste regole interessano anche la produzione e la commercializzazione dei mangimi e degli alimenti.

(2) Le norme fondamentali per quanto concerne la normativa sui mangimi e sugli alimenti sono contenute nel regolamento (CE) n. 178/2002 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 28 gennaio 2002, che stabilisce i principi e i requisiti generali della legislazione alimentare, istituisce l'Autorità europea per la sicurezza alimentare e fissa procedure nel campo della sicurezza alimentare.

(3) Oltre alle suddette norme fondamentali, una normativa più specifica in materia di alimenti e mangimi disciplina diversi settori quali l'alimentazione degli animali compresi i mangimi medicati, l'igiene dei mangimi e degli alimenti, le zoonosi, i sottoprodotti animali, i residui e i contaminanti, il controllo e l'eradicazione di malattie degli animali aventi un impatto sulla salute pubblica, l'etichettatura dei mangimi e degli alimenti, i pesticidi, gli additivi dei mangimi e degli alimenti, le vitamine, i sali minerali, gli oligoelementi ed altri additivi, i materiali che sono a contatto con gli alimenti, i requisiti di qualità e composizione, l'acqua potabile, la ionizzazione, i nuovi alimenti e gli organismi geneticamente modificati (OGM).

(4) La normativa comunitaria in materia di mangimi e di alimenti si basa sul principio che gli operatori del settore dei mangimi e degli alimenti, in tutte le fasi della produzione, trasformazione e distribuzione nell'ambito delle aziende sotto il loro controllo sono responsabili di assicurare che i mangimi e gli alimenti soddisfino i requisiti della normativa sui mangimi e sugli alimenti aventi rilevanza per le loro attività.

(5) La salute e il benessere degli animali sono fattori importanti che contribuiscono alla qualità e alla sicurezza degli alimenti, alla prevenzione della diffusione delle malattie degli animali e a un trattamento umano degli animali. Le norme che disciplinano tali materie sono stabilite in vari atti. Detti atti specificano gli obblighi delle persone fisiche e giuridiche riguardo alla salute e al benessere degli animali nonché i doveri delle autorità competenti.

(6) Gli Stati membri dovrebbero applicare la normativa in materia di mangimi e di alimenti e le norme sulla salute e il benessere degli animali nonché controllare e verificare il rispetto delle pertinenti disposizioni delle medesime da parte degli operatori del settore in tutte le fasi della produzione, della trasformazione e della distribuzione. A tal fine si dovrebbero organizzare i controlli ufficiali.

(7) E pertanto opportuno definire a livello comunitario un quadro armonizzato di norme generali per l'organizzazione dei succitati controlli. E altresì opportuno valutare, alla luce dell'esperienza, se tale quadro generale funzioni correttamente, in particolare nel settore della salute e del benessere degli animali. E quindi opportuno che la Commissione presenti una relazione corredata, se del caso, delle proposte necessarie.

(8) Di norma tale quadro comunitario non dovrebbe comprendere i controlli ufficiali concernenti gli organismi nocivi ai vegetali o ai prodotti vegetali poiché tali controlli sono già adeguatamente assicurati dalla direttiva 2000/29/CE del Consiglio, dell'8 maggio 2000, concernente le misure di protezione contro l'introduzione nella Comunità di organismi nocivi ai vegetali o ai prodotti vegetali e contro la loro diffusione nella Comunità. Certi aspetti del presente regolamento dovrebbero tuttavia applicarsi anche al settore della fitosanità e in particolare quelli riguardanti la messa a punto di piani di controllo nazionali pluriennali e di ispezioni comunitarie negli Stati membri e nei paesi terzi. E quindi appropriato modificare di conseguenza la direttiva 2000/29/CE.

(9) Il regolamento (CEE) n. 2092/91 del Consiglio, del 24 giugno 1991, relativo al metodo di produzione biologico di prodotti agricoli e alla indicazione di tale metodo sui prodotti agricoli e sulle derrate alimentari, il regolamento (CEE) n. 2081/92 del Consiglio, del 14 luglio 1992, relativo alla protezione delle indicazioni geografiche e delle denominazioni di origine dei prodotti agricoli ed alimentari, e il regolamento (CEE) n. 2082/92 del Consiglio, del 14 luglio 1992, relativo alle attestazioni di specificità dei prodotti agricoli ed alimentari contengono misure specifiche per la verifica della conformità ai requisiti in essi contenuti. I requisiti del presente regolamento dovrebbero essere sufficientemente flessibili per tener conto della specificità di tali ambiti.

(10) Per la verifica della conformità alle norme sull'organizzazione comune dei mercati dei prodotti agricoli (seminativi, vino, olio d'oliva, ortofrutticoli, luppolo, latte e prodotti a base di latte, carne di manzo e di vitello, carni ovine e caprine e miele) esiste già un sistema collaudato e specifico di controllo. Il presente regolamento non dovrebbe quindi applicarsi a tali ambiti, tanto più che i suoi obiettivi sono diversi da quelli perseguiti dai meccanismi di controllo relativi all'organizzazione comune dei mercati dei prodotti agricoli.

(11) Le autorità competenti per l'esecuzione di controlli ufficiali dovrebbero soddisfare un certo numero di criteri operativi in modo da assicurare la loro imparzialità ed efficacia. Esse dovrebbero disporre di un numero sufficiente di personale adeguatamente qualificato ed esperto e disporre di adeguate strutture e attrezzature per ben espletare i loro compiti.

(12) Controlli ufficiali andrebbero effettuati utilizzando tecniche appropriate sviluppate a tal fine, compresi controlli rutinari di sorveglianza e controlli più intensivi quali ispezioni, verifiche, audit, campionamenti e l'esame di campioni. La corretta attuazione di queste tecniche esige un'adeguata formazione del personale addetto ai controlli ufficiali. Occorre anche una formazione per assicurare che le autorità competenti prendano decisioni in modo uniforme, in particolare per quanto concerne l'attuazione dei principi HACCP (analisi di rischio e punti critici di controllo).

(13) La frequenza dei controlli ufficiali dovrebbe essere regolare e proporzionata al rischio, tenendo conto dei risultati dei controlli eseguiti dagli operatori del settore dei mangimi e degli alimenti in virtù di programmi di controllo basati su HACCP o di programmi di garanzia della qualità, laddove tali programmi sono concepiti per soddisfare i requisiti della normativa in materia di mangimi e di alimenti e delle norme sulla salute e benessere degli animali. Si dovrebbero effettuare controlli ad hoc laddove emerga il sospetto di non conformità. Potrebbero inoltre essere effettuati in ogni momento controlli ad hoc anche quando non vi sia il sospetto di non conformità.

(14) I controlli ufficiali dovrebbero svolgersi sulla base di procedure documentate in modo da assicurare che essi siano condotti uniformemente e siano costantemente di alto livello.

(15) Le autorità competenti dovrebbero assicurare che ove diverse unità di controllo siano coinvolte nell'esecuzione dei controlli ufficiali vi siano appropriate procedure di coordinamento e vengano efficacemente applicate.

(16) Le autorità competenti dovrebbero anche assicurare che, qualora la competenza ad eseguire controlli ufficiali sia stata delegata dal livello centrale al livello regionale o locale, vi sia un coordinamento efficace ed efficiente tra il livello centrale e il livello regionale o locale.

(17) I laboratori che partecipano all'analisi di campioni ufficiali dovrebbero operare secondo procedure approvate internazionalmente o a norme di efficienza basate su criteri e usare metodi di analisi che siano stati convalidati nei limiti del possibile. Detti laboratori dovrebbero in particolare disporre di attrezzature che consentano la corretta determinazione di standard quali i livelli massimi di residui fissati dalla normativa comunitaria.

(18) La designazione di laboratori di riferimento comunitari e nazionali deve contribuire ad assicurare un'elevata qualità e uniformità dei risultati analitici. Tale obiettivo può essere raggiunto mediante attività quali l'applicazione di metodi analitici convalidati, l'assicurazione che siano disponibili materiali di riferimento, l'organizzazione di test comparativi e la formazione del personale di laboratorio.

(19) Le attività dei laboratori di riferimento dovrebbero coprire tutti gli ambiti della normativa in materia di mangimi e di alimenti e di salute degli animali, in particolare quelli in cui vi e la necessità di risultati analitici e diagnostici precisi.

(20) Per diverse attività legate ai controlli ufficiali, il Comitato europeo di normalizzazione (CEN) ha sviluppato norme europee (norme EN) appropriate ai fini del presente regolamento. Questi norme EN concernono in particolare il funzionamento e la valutazione dei laboratori che eseguono i test e il funzionamento e l'accreditamento degli organismi di controllo. Norme internazionali sono state anche elaborate dall'Organizzazione internazionale per la standardizzazione (ISO) e dall'Unione internazionale di chimica pura e applicata (IUPAC). Queste norme possono in certi casi ben definiti essere appropriate ai fini del presente regolamento, tenendo conto che criteri di efficienza sono fissati nella normativa sui mangimi e sugli alimenti per assicurare la flessibilità e l'efficienza rispetto ai costi.

(21) Per la delega di competenza a eseguire compiti specifici di controllo da parte dell'autorità competente a un organismo di controllo si dovrebbero prendere disposizioni specificando anche le condizioni a cui tale delega può avvenire.

(22) Dovrebbero essere disponibili procedure appropriate per la cooperazione delle autorità competenti negli e tra gli Stati membri, in particolari allorché i controlli ufficiali rivelano che problemi legati ai mangimi e agli alimenti interessano più di uno Stato membro. Per agevolare tale cooperazione gli Stati membri dovrebbero designare uno o più organi di collegamento aventi il ruolo di coordinare la trasmissione e la ricezione delle richieste di assistenza.

(23) A norma dell'articolo 50 del regolamento (CE) n. 178/2002, gli Stati membri informano la Commissione qualora dispongano di informazioni relative all'esistenza di un rischio serio, diretto o indiretto, per la salute umana derivante da mangimi o alimenti.

(24) E importante creare procedure uniformi per il controllo dei mangimi e degli alimenti provenienti da paesi terzi e introdotti nel territorio della Comunità, tenendo conto del fatto che procedure armonizzate di importazione sono già state stabilite per gli alimenti di origine animale ai sensi della direttiva 97/78/CE del Consiglio e per gli animali vivi ai sensi della direttiva 91/496/CEE del Consiglio. Tali procedure esistenti sono valide e andrebbero mantenute.

(25) I controlli dei mangimi e degli alimenti provenienti da paesi terzi di cui alla direttiva 97/78/CE si limitano agli aspetti veterinari. Occorre integrare tali controlli con controlli ufficiali su aspetti non coperti dai controlli veterinari come ad esempio quelli relativi agli additivi, all'etichettatura, alla tracciabilità, all'irradiazione di prodotti alimentari e ai materiali a contatto con gli alimenti.

(26) La normativa comunitaria stabilisce anche procedure per il controllo dei mangimi importati ai sensi della direttiva 95/53/CE del Consiglio, del 25 ottobre 1995, che fissa i principi relativi all'organizzazione dei controlli ufficiali nel settore dell'alimentazione animale. Tale direttiva contiene i principi e le procedure da applicarsi a cura degli Stati membri allorché autorizzano alla libera circolazione i mangimi importati.

(27) E opportuno stabilire regole comunitarie al fine di assicurare che i mangimi e gli alimenti provenienti da paesi terzi siano sottoposti a controlli ufficiali prima di essere immessi in libera pratica nella Comunità. Una particolare attenzione dovrebbe essere riservata ai controlli all'importazione di mangimi e alimenti per i quali può esservi un rischio accresciuto di contaminazione.

(28) Si dovrebbe inoltre predisporre l'organizzazione di controlli ufficiali dei mangimi e degli alimenti introdotti nel territorio della Comunità in regimi doganali diversi da quello della libera circolazione e in particolare le merci introdotte nei regimi doganali di cui all'articolo 4, paragrafo 16, lettere da b) a f), del regolamento (CEE) n. 2913/92 del Consiglio, del 12 ottobre 1992, che istituisce un codice doganale comunitario, come anche la loro immissione in una zona franca o in un magazzino franco. Ciò comprende l'introduzione di mangimi e alimenti provenienti da paesi terzi ad opera di passeggeri di mezzi di trasporto internazionali e mediante pacchi inviati per via postale.

(29) Ai fini dei controlli ufficiali dei mangimi e degli alimenti e necessario definire il territorio della Comunità in cui si applicano le regole per assicurare che i mangimi e gli alimenti introdotti in detto territorio siano sottoposti ai controlli stabiliti dal presente regolamento. Tale territorio non e necessariamente identico a quello di cui all'articolo 229 del trattato né a quello definito all'articolo 3 del regolamento (CEE) n. 2913/92.

(30) Per assicurare un'organizzazione più efficiente dei controlli ufficiali dei mangimi e degli alimenti provenienti da pesi terzi e per agevolare i flussi commerciali può essere necessario designare specifici punti di entrata nel territorio della Comunità per i mangimi e gli alimenti provenienti da paesi terzi. Analogamente, può essere necessario richiedere una notifica previa dell'arrivo dei beni sul territorio della Comunità. Occorre far si che ciascun punto di entrata designato abbia accesso alle strutture necessarie per effettuare i controlli in tempi ragionevoli.

(31) All'atto di definire le regole per i controlli ufficiali dei mangimi e degli alimenti provenienti da paesi terzi si dovrebbe assicurare che le autorità competenti e i servizi doganali operino di concerto tenendo conto del fatto che regole a tal fine sono già contenute nel regolamento (CEE) n. 339/93 del Consiglio, dell'8 febbraio 1993, relativo ai controlli sulla conformità delle merci importate da paesi terzi alle norme in materia di sicurezza dei prodotti.

(32) Per organizzare i controlli ufficiali dovrebbero essere disponibili adeguate risorse finanziarie. Le autorità competenti degli Stati membri dovrebbero pertanto essere in grado di riscuotere tasse o diritti per coprire i costi sostenuti per i controlli ufficiali. In questo contesto, le autorità competenti degli Stati membri avranno la facoltà di stabilire le tasse e i diritti come importi forfettari basati sui costi sostenuti e tenendo conto della situazione specifica degli stabilimenti. Se si impongono tasse agli operatori, dovrebbero essere applicati principi comuni. E quindi opportuno stabilire i criteri per la fissazione dei livelli delle tasse di ispezione. Per quanto concerne le tasse applicabili ai controlli alle importazioni, e opportuno stabilire direttamente gli importi per i principali beni d'importazione, al fine di assicurare la loro applicazione uniforme e evitare distorsioni agli scambi.

(33) La normativa comunitaria in materia di mangimi e di alimenti prevede la registrazione o il riconoscimento di certe aziende del settore dei mangimi e degli alimenti da parte dell'autorità competente. Ciò vale in particolare per il regolamento (CE) n. 852/2004 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 29 aprile 2004, sull'igiene dei prodotti alimentari, il regolamento (CE) n. 853/2004 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 29 aprile 2004, che stabilisce norme specifiche in materia d'igiene per i prodotti alimentari di origine animale, la direttiva 95/69/CE del Consiglio, del 22 dicembre 1995, che fissa le condizioni e le modalità per il riconoscimento e la registrazione di taluni stabilimenti e intermediari operanti nel settore dell'alimentazione degli animali, e il futuro regolamento sull'igiene dei mangimi. Si dovrebbero porre in atto procedure per assicurare che la registrazione e il riconoscimento delle aziende del settore dei mangimi e degli alimenti vengano effettuati in modo efficace e trasparente.

(34) Per realizzare un approccio uniforme e globale in materia di controlli ufficiali, gli Stati membri dovrebbero stabilire e applicare piani di controllo nazionali pluriennali conformemente a orientamenti generali elaborati a livello comunitario. Questi orientamenti dovrebbero promuovere strategie nazionali coerenti, identificare le priorità in base ai rischi nonché le procedure di controllo più efficaci. Una strategia comunitaria dovrebbe applicare un approccio completo e integrato ai sistemi di controllo. Considerato il carattere non vincolante di taluni orientamenti tecnici da adottare, e opportuno stabilirli mediante una procedura di comitato consultivo.

(35) I piani di controllo nazionali pluriennali dovrebbero coprire la normativa in materia di mangimi e di alimenti nonché le norme sulla salute e sul benessere degli animali.

(36) I piani di controllo nazionali pluriennali dovrebbero costituire una salda base per i servizi ispettivi della Commissione al fine di effettuare i controlli negli Stati membri. I piani di controllo dovrebbero consentire ai servizi ispettivi della Commissione di verificare se i controlli ufficiali negli Stati membri sono organizzati conformemente ai criteri stabiliti nel presente regolamento. Ove necessario e, in particolare, nel caso in cui l'audit cui sono sottoposti gli Stati membri rispetto ai piani di controllo nazionali pluriennali riveli lacune o carenze, si dovrebbero effettuare ispezioni e audit dettagliati.

(37) Gli Stati membri dovrebbero essere tenuti a presentare alla Commissione una relazione annuale contenente informazioni sull'attuazione dei piani di controllo nazionali pluriennali. Tale relazione dovrebbe contenere i risultati dei controlli ufficiali e degli audit effettuati durante il precedente anno e, ove necessario, un aggiornamento del piano di controllo iniziale in funzione di questi risultati.

(38) I controlli comunitari negli Stati membri dovrebbero consentire ai servizi di controllo della Commissione di verificare se la normativa in materia di mangimi e di alimenti e le norme sulla salute e sul benessere degli animali sono attuate in modo uniforme e corretto in tutta la Comunità.

(39) Controlli comunitari nei paesi terzi sono necessari per verificare la conformità o l'equivalenza alla normativa comunitaria in materia di mangimi e di alimenti, nonché alle norme sulla salute e, ove opportuno, sul benessere degli animali. I paesi terzi possono essere anche sollecitati a fornire informazioni sui loro sistemi di controllo. Tali informazioni, che dovrebbero essere strutturate sulla base di orientamenti comunitari, dovrebbero costituire la base per successivi controlli della Commissione da effettuarsi in un quadro multidisciplinare che copra i principali settori che esportano verso la Comunità. Ciò dovrebbe consentire una semplificazione dell'attuale regime, accrescere un'efficace cooperazione sul piano dei controlli e quindi facilitare i flussi commerciali.

(40) Per assicurare che le merci importate siano conformi o siano equivalenti alla normativa comunitaria in materia di mangimi e di alimenti e necessario stabilire procedure che consentano la definizione delle condizioni di importazione e dei requisiti di certificazione a seconda dei casi.

(41) Violazioni alla normativa in materia di mangimi e di alimenti e alle norme sulla salute e sul benessere degli animali possono costituire una minaccia per la salute umana, la salute degli animali e il benessere degli animali. Tali violazioni dovrebbero essere quindi oggetto di misure efficaci, dissuasive e proporzionate a livello nazionale in tutta la Comunità.

(42) Tali misure dovrebbero comprendere un'azione amministrativa ad opera delle autorità competenti negli Stati membri che dovrebbero disporre di procedure a tal fine. Il vantaggio di tali procedure e che consentono di intervenire rapidamente al fine di correggere la situazione.

(43) Gli operatori dovrebbero avere diritto di impugnazione avverso le decisioni prese dalle autorità competenti in seguito ai controlli ufficiali ed essere informati di tale diritto.

(44) E opportuno tener conto delle esigenze specifiche dei paesi in via di sviluppo e in particolare di quelli meno sviluppati, e introdurre misure a tale fine. La Commissione dovrebbe impegnarsi a fornire un sostegno ai paesi in via di sviluppo per quanto attiene alla sicurezza dei mangimi e degli alimenti, che assume un'importanza essenziale per la salute umana e lo sviluppo degli scambi. Tale sostegno dovrebbe trovare il suo spazio nell'ambito della politica comunitaria di cooperazione allo sviluppo.

(45) Le regole contenute nel presente regolamento corroborano l'approccio integrato e orizzontale necessario per attuare una coerente politica di controllo della sicurezza dei mangimi e degli alimenti nonché della salute e del benessere degli animali. Tuttavia vi deve essere libertà di manovra per sviluppare regole specifiche in materia di controlli ove necessario, ad esempio per quanto concerne la fissazione di livelli massimi di residui per taluni contaminanti a livello comunitario. Analogamente, si devono mantenere le regole più specifiche già esistenti nel campo dei controlli dei mangimi e degli alimenti e in materia di salute e benessere degli animali. Queste comprendono in particolare i seguenti atti:

Direttiva 96/22/CE, direttiva 96/23/CE, regolamento (CE) n. 854/2004, regolamento (CE) n. 999/2001, regolamento (CE) n. 2160/2003, direttiva 86/362/CEE, direttiva 90/642/CEE e le regole di attuazione da essa risultanti, direttiva 92/1/CEE, direttiva 92/2/CEE, e atti relativi al controllo delle malattie degli animali quali l'afta epizootica, la peste suina ecc., nonché prescrizioni relative ai controlli ufficiali sul benessere degli animali.

(46) Il presente regolamento copre ambiti già coperti in certi atti attualmente in vigore. E quindi opportuno abrogare in particolare i seguenti atti in materia di controlli dei mangimi e degli alimenti e rimpiazzarli con le norme del presente regolamento: direttiva 70/373/CEE, direttiva 85/591/CEE, direttiva 89/397/CEE, direttiva 93/99/CEE, decisione 93/383/CEE, direttiva 95/53/CE, direttiva 96/43/CE, decisione 98/728/CE, decisione 1999/313/CE.

(47) Alla luce del presente regolamento, la direttiva 96/23/CE, la direttiva 97/78 CE e la direttiva 2000/29/CE dovrebbero essere modificate.

(48) Poiché lo scopo del presente regolamento, cioè di assicurare un approccio armonizzato in materia di controlli ufficiali non può essere realizzato in misura sufficiente dagli Stati membri e può dunque, a causa della sua complessità, del suo carattere transfrontaliero, e, con riferimento alle importazioni di mangimi e di alimenti, del suo carattere internazionale, essere realizzato meglio a livello comunitario, la Comunità può intervenire, in base al principio di sussidiarietà sancito dall'articolo 5 del trattato. Il presente regolamento si limita a quanto e necessario per conseguire tali scopi in ottemperanza al principio di proporzionalità enunciato nello stesso articolo.

(49) Le misure necessarie per l'attuazione del presente regolamento sono adottate secondo la decisione 1999/468/CE del Consiglio, del 28 giugno 1999, recante modalità per l'esercizio delle competenze di esecuzione conferite alla Commissione,

hanno adottato il presente regolamento: (6)

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(3) Pubblicato nella G.U.U.E. 30 settembre 2003, n. C 234.

(4) Pubblicato nella G.U.U.E. 27 gennaio 2004, n. C 23.

(5) Parere del Parlamento europeo del 9 marzo 2004 e decisione del Consiglio del 26 aprile 2004.

(6) Il testo del presente regolamento è stato così sostituito dalla rettifica pubblicata nella G.U.U.E. 28 maggio 2004, n. L 191.


(omissis)

TITOLO I

Oggetto, campo di applicazione e definizioni.

Articolo 1 (7)

Oggetto e campo di applicazione.

1. Il presente regolamento fissa le regole generali per l'esecuzione dei controlli ufficiali intesi a verificare la conformità alle normative volte, segnatamente, a

a) prevenire, eliminare o ridurre a livelli accettabili i rischi per gli esseri umani e gli animali, siano essi rischi diretti o veicolati dall'ambiente; e

b) garantire pratiche commerciali leali per i mangimi e gli alimenti e tutelare gli interessi dei consumatori, comprese l'etichettatura dei mangimi e degli alimenti e altre forme di informazione dei consumatori.

2. Il presente regolamento non si applica ai controlli ufficiali volti a verificare la conformità alle norme sull'organizzazione comune del mercato dei prodotti agricoli.

3. Il presente regolamento lascia impregiudicate disposizioni comunitarie specifiche relative ai controlli ufficiali.

4. L'esecuzione dei controlli ufficiali ai sensi del presente regolamento lascia impregiudicata la responsabilità legale, in via principale, degli operatori del settore per la sicurezza dei mangimi e degli alimenti, come previsto dal regolamento (CE) n. 178/2002 e la responsabilità civile o penale risultante dalla violazione dei loro obblighi.

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(7) Il testo del presente regolamento è stato così sostituito dalla rettifica pubblicata nella G.U.U.E. 28 maggio 2004, n. L 191.


Articolo 2 (8)

Definizioni.

Ai fini del presente regolamento si applicano le definizioni di cui agli articoli 2 e 3 del regolamento (CE) n. 178/2002.

Inoltre si applicano le definizioni seguenti:

1) «controllo ufficiale»: qualsiasi forma di controllo eseguita dall'autorità competente o dalla Comunità per la verifica della conformità alla normativa in materia di mangimi e di alimenti e alle norme sulla salute e sul benessere degli animali;

2) «verifica»: il controllo, mediante esame e considerazione di prove obiettive, volto a stabilire se siano stati soddisfatti requisiti specifici;

3) «normativa in materia di mangimi»: le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative che disciplinano i mangimi in generale e la sicurezza dei mangimi in particolare, a livello comunitario o nazionale; essa copre qualsiasi fase della produzione, della trasformazione, della distribuzione e dell'uso dei mangimi;

4) «autorità competente»: l'autorità centrale di uno Stato membro competente per l'organizzazione di controlli ufficiali o qualsiasi altra autorità cui e conferita tale competenza o anche, secondo i casi, l'autorità omologa di un paese terzo;

5) «organismo di controllo»: un terzo indipendente cui l'autorità competente ha delegato certi compiti di controllo;

6) «audit»: un esame sistematico e indipendente per accertare se determinate attività e i risultati correlati siano conformi alle disposizioni previste, se tali disposizioni siano attuate in modo efficace e siano adeguate per raggiungere determinati obiettivi;

7) «ispezione»: l'esame di qualsiasi aspetto relativo ai mangimi, agli alimenti, alla salute e al benessere degli animali per verificare che tali aspetti siano conformi alle prescrizioni di legge relative ai mangimi, agli alimenti, alla salute e al benessere degli animali;

8) «monitoraggio»: la realizzazione di una sequenza predefinita di osservazioni o misure al fine di ottenere un quadro d'insieme della conformità alla normativa in materia di mangimi e di alimenti, di salute e di benessere degli animali;

9) «sorveglianza»: l'osservazione approfondita di una o più aziende del settore dei mangimi e degli alimenti, di operatori del settore dei mangimi e degli alimenti, oppure delle loro attività;

10) «non conformità»: la mancata conformità alla normativa in materia di mangimi o di alimenti, e alle norme per la tutela della salute e del benessere degli animali;

11) «campionamento per l'analisi»: il prelievo di un mangime o di un alimento oppure di una qualsiasi altra sostanza (anche proveniente dall'ambiente) necessaria alla loro produzione, trasformazione e distribuzione o che interessa la salute degli animali, per verificare, mediante analisi, la conformità alla normativa in materia di mangimi e di alimenti e alle norme sulla salute degli animali;

12) «certificazione ufficiale»: la procedura per cui l'autorità competente o gli organismi di controllo autorizzati ad agire in tale qualità rilasciano un'assicurazione scritta, elettronica o equivalente relativa alla conformità;

13) «blocco ufficiale»: la procedura con cui l'autorità competente fa si che i mangimi o gli alimenti non siano rimossi o manomessi in attesa di una decisione sulla loro destinazione; include il magazzinaggio da parte degli operatori del settore dei mangimi e degli alimenti conformemente alle disposizioni emanate dall'autorità competente;

14) «equivalenza»: la capacità di sistemi o misure diversi di raggiungere gli stessi obiettivi; «equivalente» indica sistemi o misure diversi atti a raggiungere gli stessi obiettivi;

15) «importazione»: l'immissione in libera pratica di alimenti o mangimi o l'intenzione di immettere in libera pratica mangimi o alimenti, ai sensi dell'articolo 79 del regolamento (CEE) n. 2913/92, in uno dei territori di cui all'allegato I;

16) «introduzione»: l'importazione definita al punto 15 e l'immissione di merci in uno dei regimi doganali di cui all'articolo 4, paragrafo 16, lettere da b) a f), del regolamento (CEE) n. 2913/92, nonché il loro ingresso in una zona franca o in un magazzino franco;

17) «controllo documentale»: l'esame dei documenti commerciali e, se del caso, dei documenti richiesti dalla normativa in materia di mangimi e di alimenti che accompagnano la partita;

18) «controllo di identità»: un'ispezione visuale per assicurare che i certificati o altri documenti di accompagnamento della partita coincidano con l'etichettatura e il contenuto della partita stessa;

19) «controllo materiale»: un controllo del mangime o dell'alimento stesso che può comprendere controlli sui mezzi di trasporto, sugli imballaggi, sull'etichettatura e sulla temperatura, il campionamento a fini di analisi e prove di laboratorio e qualsiasi altro controllo necessario per verificare la conformità alla normativa in materia di mangimi e di alimenti;

20) «piano di controllo»: una descrizione elaborata dall'autorità competente contenente informazioni generali sulla struttura e l'organizzazione dei sistemi di controllo ufficiale.

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(8) Il testo del presente regolamento è stato così sostituito dalla rettifica pubblicata nella G.U.U.E. 28 maggio 2004, n. L 191.


TITOLO II

Controlli ufficiali ad opera degli stati membri

Capo I

Obblighi generali

Articolo 3 (9)

Obblighi generali in relazione all'organizzazione di controlli ufficiali.

1. Gli Stati membri garantiscono che i controlli ufficiali siano eseguiti periodicamente, in base ad una valutazione dei rischi e con frequenza appropriata, per raggiungere gli obiettivi del presente regolamento, tenendo conto:

a) dei rischi identificati associati con gli animali, con i mangimi o con gli alimenti, con le aziende del settore dei mangimi e degli alimenti, con l'uso dei mangimi o degli alimenti o con qualsiasi trasformazione, materiale, sostanza, attività o operazione che possano influire nella sicurezza dei mangimi o degli alimenti, sulla salute o sul benessere degli animali;

b) dei dati precedenti relativi agli operatori del settore dei mangimi e degli alimenti per quanto riguarda la conformità alla normativa in materia di mangimi e di alimenti e alle norme sulla salute e sul benessere degli animali;

c) l'affidabilità dei propri controlli già eseguiti;

e

d) qualsiasi informazione che possa indicare un'eventuale non conformità.

2. I controlli ufficiali sono eseguiti senza preavviso, salvo qualora sia necessaria una notifica preliminare dell'operatore del settore dei mangimi e degli alimenti, come nel caso degli audit.

I controlli ufficiali possono inoltre essere eseguiti su base ad hoc.

3. I controlli ufficiali sono eseguiti in qualsiasi fase della produzione, della trasformazione e della distribuzione dei mangimi o degli alimenti e degli animali e dei prodotti di origine animale. In ciò rientrano i controlli sulle aziende del settore dei mangimi e degli alimenti, sull'uso dei mangimi e degli alimenti, sul magazzinaggio dei mangimi e degli alimenti, su qualsiasi trasformazione, materiale, sostanza, attività o operazione, compreso il trasporto, relativi ai mangimi o agli alimenti e sugli animali vivi, richiesti per raggiungere gli obiettivi del presente regolamento.

4. I controlli ufficiali vengono effettuati, con la stessa accuratezza, sulle esportazioni fuori dalla Comunità, sulle immissioni sul mercato nella Comunità, e sulle introduzioni da paesi terzi nei territori di cui all'allegato I.

5. Gli Stati membri adottano tutte le misure necessarie a garantire che i prodotti destinati ad essere inviati in un altro Stato membro siano controllati con la stessa accuratezza di quelli destinati ad essere immessi sul mercato nel proprio territorio.

6. L'autorità competente dello Stato membro di destinazione può verificare la conformità dei mangimi e degli alimenti alla normativa in materia di mangimi e di alimenti mediante controlli di natura non discriminatoria. Nella misura strettamente necessaria per l'organizzazione dei controlli ufficiali, gli Stati membri possono chiedere agli operatori cui sono recapitate merci provenienti da un altro Stato membro di segnalare l'arrivo di dette merci.

7. Uno Stato membro che, nel corso di un controllo effettuato nel luogo di destinazione o durante il magazzinaggio o il trasporto, accerti una non conformità adotta le misure appropriate, che possono includere il rinvio allo Stato membro di origine.

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(9) Il testo del presente regolamento è stato così sostituito dalla rettifica pubblicata nella G.U.U.E. 28 maggio 2004, n. L 191.


Capo II

Autorità competenti

Articolo 4 (10)

Designazione delle autorità competenti e criteri operativi.

1. Gli Stati membri designano le autorità competenti responsabili in relazione alle finalità e ai controlli ufficiali stabiliti dal presente regolamento.

2. Le autorità competenti assicurano quanto segue:

a) l'efficacia e l'appropriatezza dei controlli ufficiali su animali vivi, mangimi e alimenti in tutte le fasi della produzione, trasformazione e distribuzione, nonché riguardo all'uso dei mangimi sono garantite;

b) il personale che effettua i controlli ufficiali e libero da qualsiasi conflitto di interesse;

c) esse dispongono di un'adeguata capacità di laboratorio o vi hanno accesso ai fini di eseguire test e dispongono di un numero sufficiente di personale adeguatamente qualificato ed esperto per far si che i controlli ufficiali e gli obblighi in materia di controlli possano essere espletati in modo efficace ed efficiente;

d) esse dispongono di strutture e attrezzature appropriate e in adeguato grado di manutenzione per assicurare che il personale possa eseguire i controlli ufficiali in modo efficace ed efficiente;

e) esse hanno facoltà di effettuare i controlli ufficiali e di adottare le misure previste nel presente regolamento;

f) esse dispongono di piani di emergenza e sono pronte a gestire questi piani in casi di emergenza;

g) gli operatori del settore dei mangimi e degli alimenti sono tenuti a sottoporsi ad ogni ispezione effettuata a norma del presente regolamento e a coadiuvare il personale dell'autorità competente nell'assolvimento dei suoi compiti.

3. Se uno Stato membro conferisce la competenza di effettuare i controlli ufficiali ad un'altra autorità o ad altre autorità che non siano l'autorità centrale competente, in particolare quelle a livello regionale o locale, si deve assicurare un coordinamento efficace ed efficiente tra tutte le autorità competenti interessate, anche, ove opportuno, in materia di protezione dell'ambiente e della salute.

4. Le autorità competenti assicurano l'imparzialità, la qualità e la coerenza dei controlli ufficiali a tutti i livelli. I criteri elencati al paragrafo 2 devono essere pienamente rispettati da ogni autorità a cui e stata conferita la competenza di effettuare i controlli ufficiali.

5. Se, nell'ambito di un'autorità competente, vi sono più unità competenti a effettuare i controlli ufficiali, si deve assicurare il coordinamento e la cooperazione efficaci ed efficienti tra queste diverse unità.

6. Le autorità competenti procedono a audit interni o possono far eseguire audit esterni, e prendono le misure appropriate alla luce dei loro risultati, per verificare che si stiano raggiungendo gli obiettivi del presente regolamento. Tali audit sono soggetti ad un esame indipendente e sono svolti in modo trasparente (11).

7. Norme dettagliate per l'applicazione del presente articolo possono essere adottate secondo la procedura di cui all'articolo 62, paragrafo 3.

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(10) Il testo del presente regolamento è stato così sostituito dalla rettifica pubblicata nella G.U.U.E. 28 maggio 2004, n. L 191.

(11) Vedi, per le linee guida che definiscono i criteri di esecuzione degli audit di controlli ufficiali per verificare la conformità alla normativa in materia di mangimi e di alimenti e alle norme sulla salute e sul benessere degli animali di cui al presente paragrafo, l'allegato della decisione 2006/677/CE.


Articolo 5 (12)

Delega di compiti specifici riguardanti i controlli ufficiali.

1. L'autorità competente può delegare compiti specifici riguardanti i controlli ufficiali a uno o più organismi di controllo, a norma dei paragrafi 2, 3 e 4.

Un elenco di compiti che possono o meno essere delegati può essere stabilito secondo la procedura di cui all'articolo 62, paragrafo 3.

Tuttavia, le attività di cui all'articolo 54 non sono oggetto di tale delega.

2. Le autorità competenti possono delegare compiti specifici ad un dato organismo di controllo soltanto nei seguenti casi:

a) vi e una descrizione accurata dei compiti che l'organismo di controllo può espletare e delle condizioni a cui può svolgerli;

b) e comprovato che l'organismo di controllo:

i) possiede l'esperienza, le attrezzature e le infrastrutture necessarie per espletare i compiti che gli sono stati delegati;

ii) dispone di un numero sufficiente di personale adeguatamente qualificato ed esperto;

iii) e imparziale e libero da qualsiasi conflitto di interessi per quanto riguarda l'espletamento dei compiti che gli sono stati delegati;

c) l'organismo di controllo opera ed e accreditato conformemente alla norma europea EN 45004 «Criteri generali per il funzionamento di diversi tipi di organismi che eseguono ispezioni» e/o a un'altra norma se più pertinente, dati i compiti che gli sono stati delegati;

d) i laboratori operano conformemente alle norme di cui all'articolo 12, paragrafo 2;

e) l'organismo di controllo comunica i risultati dei controlli effettuati all'autorità competente su base regolare e in qualsiasi momento quest'ultima ne faccia richiesta. Se i risultati dei controlli rivelano una non conformità o sollevano il sospetto della stessa, l'organismo di controllo ne informa immediatamente l'autorità competente;

f) vi e un coordinamento efficiente ed efficace tra l'autorità competente che da la delega e l'organismo di controllo.

3. Le autorità competenti che delegano compiti specifici agli organismi di controllo organizzano audit o ispezioni di questi ultimi a seconda delle necessità. Se, a seguito di audit o ispezioni, risultano carenze da parte di tali organismi nell'espletamento dei compiti loro delegati, l'autorità competente che conferisce la delega può ritirarla. La delega e ritirata senza indugio se l'organismo di controllo non adotta correttivi appropriati e tempestivi.

4. Lo Stato membro che desideri delegare un compito specifico di controllo a un organismo di controllo ne informa la Commissione.

Tale notifica contiene una descrizione dettagliata:

a) dell'autorità competente che vorrebbe conferire la delega;

b) del compito da delegarsi;

c) dell'organismo di controllo cui il compito sarebbe delegato.

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(12) Il testo del presente regolamento è stato così sostituito dalla rettifica pubblicata nella G.U.U.E. 28 maggio 2004, n. L 191.


Articolo 6 (13)

Personale che esegue controlli ufficiali.

L'autorità competente assicura che tutto il suo personale che esegue controlli ufficiali:

a) riceva, per il proprio ambito di competenza, una formazione adeguata che gli consenta di espletare i propri compiti con competenza e svolgere i controlli ufficiali in modo coerente. Tale formazione copre, a seconda dei casi, gli ambiti di cui all'allegato II, capo I;

b) si mantenga aggiornato nella sua sfera di competenze e riceva, se del caso, un'ulteriore formazione su base regolare;

c) abbia la capacità di praticare la cooperazione multidisciplinare.

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(13) Il testo del presente regolamento è stato così sostituito dalla rettifica pubblicata nella G.U.U.E. 28 maggio 2004, n. L 191.


Articolo 7

Trasparenza e riservatezza.

1. Le autorità competenti si impegnano a svolgere le proprie attività con un livello elevato di trasparenza. A tal fine le informazioni pertinenti in loro possesso sono messe a disposizione del pubblico al più presto. In generale il pubblico ha accesso:

a) alle informazioni concernenti le attività di controllo delle autorità competenti e la loro efficacia;

b) alle informazioni ai sensi dell'articolo 10 del regolamento (CE) n. 178/2002.

2. L'autorità competente prende iniziative per garantire che i membri del proprio personale siano tenuti a non divulgare le informazioni ottenute nell'espletamento dei loro compiti di controllo ufficiali che per la loro natura sono coperte dal segreto professionale in casi debitamente giustificati. La tutela del segreto professionale non preclude la divulgazione da parte delle autorità competenti delle informazioni di cui al paragrafo 1, lettera b). Le norme della direttiva 95/46/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 24 ottobre 1995, relativa alla tutela delle persone fisiche con riguardo al trattamento dei dati personali, nonché alla libera circolazione di tali dati rimangono impregiudicate.

3. Le informazioni coperte dal segreto professionale includono in particolare:

- la riservatezza delle indagini preliminari o dei procedimenti giudiziari in corso,

- dei dati personali,

- i documenti oggetto di un'eccezione di cui al regolamento (CE) n. 1049/2001 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 30 maggio 2001, relativo all'accesso del pubblico ai documenti del Parlamento europeo, del Consiglio e della Commissione,

- le informazioni tutelate dalla legislazione nazionale e dalla normativa comunitaria concernenti segnatamente il segreto professionale, la riservatezza delle deliberazioni, le relazioni internazionali e la difesa nazionale.


Articolo 8 (14)

Procedure di controllo e verifica.

1. I controlli ufficiali ad opera delle autorità competenti sono eseguiti secondo procedure documentate. Dette procedure comportano informazioni e istruzioni per il personale che esegue i controlli ufficiali in relazione, tra l'altro, agli ambiti di cui all'allegato II, capo II.

2. Gli Stati membri assicurano che esse dispongono di procedure giuridiche intese a garantire al personale delle autorità competenti l'accesso alle infrastrutture ed alla documentazione mantenuta dagli operatori del settore dei mangimi e degli alimenti, cosi da essere in grado di svolgere adeguatamente i loro compiti.

3. Le autorità competenti devono prevedere procedure per:

a) verificare l'efficacia dei controlli ufficiali da esse eseguiti;

b) assicurare che siano adottati i correttivi eventualmente necessari e che la documentazione di cui al paragrafo 1 sia opportunamente aggiornata.

4. La Commissione può elaborare orientamenti per i controlli ufficiali secondo la procedura di cui all'articolo 62, paragrafo 2.

Questi orientamenti possono comprendere, in particolare, raccomandazioni per i controlli ufficiali in materia di:

a) applicazione dei principi HACCP;

b) sistemi di gestione attuati dagli operatori del settore dei mangimi e degli alimenti al fine di ottemperare ai requisiti della normativa in materia di mangimi e di alimenti;

c) sicurezza microbiologica, fisica e chimica dei mangimi e degli alimenti.

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(14) Il testo del presente regolamento è stato così sostituito dalla rettifica pubblicata nella G.U.U.E. 28 maggio 2004, n. L 191.


Articolo 9 (15)

Relazioni.

1. L'autorità competente elabora relazioni sui controlli ufficiali da essa effettuati.

2. Le relazioni comprendono una descrizione degli obiettivi dei controlli ufficiali, dei metodi di controllo applicati, dei risultati dei controlli ufficiali e, se del caso, l'indicazione degli interventi da adottarsi a cura dell'operatore interessato.

3. L'autorità competente rilascia una copia della relazione di cui al paragrafo 2 all'operatore interessato, almeno in caso di non conformità.

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(15) Il testo del presente regolamento è stato così sostituito dalla rettifica pubblicata nella G.U.U.E. 28 maggio 2004, n. L 191.


Articolo 10 (16)

Attività, metodi e tecniche di controllo.

1. I compiti correlati ai controlli ufficiali sono eseguiti, in generale, usando metodi e tecniche di controllo appropriati quali monitoraggio, sorveglianza, verifica, audit, ispezione, campionamento e analisi.

2. I controlli ufficiali sui mangimi e sugli alimenti comprendono, tra l'altro, le seguenti attività:

a) l'esame di tutti i sistemi di controllo posti in atto dagli operatori del settore dei mangimi e degli alimenti e i risultati cosi ottenuti;

b) l'ispezione di:

i) impianti dei produttori primari, aziende del settore dei mangimi e degli alimenti, compresi adiacenze, locali, uffici, attrezzature, installazioni e macchinari, trasporti, nonché di mangimi e alimenti;

ii) materie prime, ingredienti, coadiuvanti tecnologici e altri prodotti utilizzati per la preparazione e la produzione di mangimi e alimenti;

iii) prodotti semilavorati;

iv) materiali e articoli destinati ad entrare in contatto con i prodotti alimentari;

v) prodotti e procedimenti di pulizia e di manutenzione e antiparassitari;

vi) etichettatura, presentazione e pubblicità dei prodotti alimentari;

c) controlli delle condizioni igieniche nelle aziende del settore dei mangimi e degli alimenti;

d) valutazione delle procedure in materia di buone prassi di fabbricazione (GMP), buone prassi igieniche (GHP), corrette prassi agricole e HACCP, tenendo conto dell'uso delle guide a tal fine stabilite in conformità della normativa comunitaria;

e) esame di materiale scritto e di altre registrazioni che possano avere pertinenza per la valutazione della conformità alla normativa in materia di mangimi o di alimenti;

f) interviste con gli operatori del settore dei mangimi e degli alimenti e con il loro personale;

g) lettura dei valori registrati dagli strumenti di misurazione degli operatori del settore dei mangimi o degli alimenti;

h) controlli effettuati con gli strumenti propri dell'autorità competente per verificare le misure degli operatori del settore dei mangimi o degli alimenti;

i) qualsiasi altra attività richiesta per assicurare l'attuazione degli obiettivi del presente regolamento.

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(16) Il testo del presente regolamento è stato così sostituito dalla rettifica pubblicata nella G.U.U.E. 28 maggio 2004, n. L 191.

(omissis)

 


Reg. (CE) n. 509/2006 del 20 marzo 2006
Regolamento del Consiglio relativo alle specialità tradizionali garantite
dei prodotti agricoli e alimentari

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(1) Pubblicato nella G.U.U.E. 31 marzo 2006, n. L 93. Entrato in vigore il 20 aprile 2006.


IL CONSIGLIO DELL'UNIONE EUROPEA,

visto il trattato che istituisce la Comunità europea, in particolare l'articolo 37,

vista la proposta della Commissione,

visto il parere del Parlamento europeo (2),

considerando quanto segue:

(1) La produzione, la fabbricazione e la distribuzione dei prodotti agricoli e alimentari occupa un posto di rilievo nell'economia della Comunità.

(2) Occorre favorire la diversificazione della produzione agricola.

La promozione di prodotti tradizionali aventi precise specificità può rappresentare una carta vincente per il mondo rurale, in particolare nelle zone svantaggiate o periferiche, sia per accrescere il reddito degli agricoltori, sia per mantenere la popolazione rurale in tali zone.

(3) Per il buon funzionamento del mercato interno nel settore dei prodotti alimentari, è opportuno mettere a disposizione degli operatori economici strumenti atti a valorizzare i loro prodotti e, nel contempo, tutelare il consumatore contro eventuali abusi e garantire la lealtà delle transazioni commerciali.

(4) Il regolamento (CEE) n. 2082/92 del Consiglio, del 14 luglio 1992, relativo alle attestazioni di specificità dei prodotti agricoli ed alimentari (3), definisce le attestazioni di specificità e il regolamento (CEE) n. 1848/93 della Commissione (4) che stabilisce modalità d'applicazione del regolamento (CEE) n. 2082/92, ha introdotto la dicitura di «specialità tradizionale garantita». Le attestazioni di specificità, più spesso designate come «specialità tradizionali garantite» permettono di rispondere alla domanda dei consumatori di prodotti tradizionali con caratteristiche specifiche. Di fronte alla varietà di prodotti commercializzati e alla moltitudine di informazioni al loro riguardo, il consumatore per poter orientare meglio le sue scelte dovrebbe disporre di informazioni chiare e succinte che indichino con precisione tali caratteristiche specifiche.

(5) Per chiarezza appare opportuno non fare più riferimento all'espressione «attestazione di specificità», ma esclusivamente all'espressione più facilmente comprensibile di «specialità tradizionale garantita» e, per rendere più esplicito l'oggetto del presente regolamento agli occhi dei produttori e dei consumatori, occorre precisare la definizione di «specificità» e adottare una definizione del termine «tradizionale».

(6) Alcuni produttori desiderano valorizzare determinati prodotti agricoli o alimentari tradizionali che si distinguono nettamente da altri prodotti simili per certe caratteristiche peculiari. Per la tutela del consumatore, è opportuno che la specialità tradizionale garantita sia controllata. Per consentire infatti agli operatori di far conoscere la qualità di un prodotto agricolo o alimentare a livello comunitario, tale sistema volontario dovrebbe offrire tutte le garanzie che i riferimenti alla qualità che possono essere fatti in commercio sono giustificati.

(7) Per quanto riguarda l'etichettatura, i prodotti agricoli e alimentari sono soggetti alle norme generali fissate dalla direttiva 2000/13/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 20 marzo 2000, relativa al ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri concernenti l'etichettatura e la presentazione dei prodotti alimentari, nonché la relativa pubblicità (5). Data la loro specificità è tuttavia opportuno adottare disposizioni particolari complementari per le specialità tradizionali garantite. Per rendere più agevole e più rapida l'identificazione delle specialità tradizionali garantite prodotte sul territorio comunitario occorre rendere obbligatoria l'utilizzazione dell'indicazione di «specialità tradizionale garantita» o del simbolo comunitario associato sull'etichetta di tali specialità, lasciando tuttavia agli operatori un periodo di tempo ragionevole per conformarsi a tale obbligo.

(8) Per garantire il rispetto e la costanza delle specialità tradizionali garantite, sarebbe necessario che i produttori membri di associazioni definiscano essi stessi tali specificità all'interno di un disciplinare. I produttori dei paesi terzi dovrebbero anch'essi avere la possibilità di registrare una specialità tradizionale garantita.

(9) Le specialità tradizionali garantite protette sul territorio comunitario dovrebbero beneficiare di un regime di controllo, basato sul regolamento (CE) n. 882/2004 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 29 aprile 2004, relativo ai controlli ufficiali intesi a verificare la conformità alla normativa in materia di mangimi e di alimenti e alle norme sulla salute e sul benessere degli animali (6), nonché su un sistema di controllo inteso a garantire che gli operatori hanno rispettato le disposizioni del disciplinare prima della commercializzazione dei prodotti agricoli e alimentari.

(10) Per beneficiare di una protezione, le specialità tradizionali garantite dovrebbero essere registrate a livello comunitario. L'iscrizione in un registro dovrebbe altresì garantire l'informazione degli operatori del settore e dei consumatori.

(11) È opportuno che le autorità nazionali dello Stato membro interessato esaminino ogni domanda di registrazione nel rispetto di disposizioni comuni minime, comprendenti una procedura di opposizione a livello nazionale, per garantire che il prodotto agricolo o alimentare è tradizionale e ha caratteristiche specifiche. La Commissione dovrebbe successivamente avviare l'esame, per garantire un trattamento uniforme, delle domande di registrazione trasmesse dagli Stati membri e delle domande presentate direttamente dai produttori di paesi terzi.

(12) Per una maggiore efficacia della procedura di registrazione è opportuno evitare di dover esaminare opposizioni dilatorie o infondate e precisare i motivi in base ai quali la Commissione valuta la ricevibilità delle opposizioni che le vengono trasmesse. Andrebbe attribuito il diritto di opposizione ai cittadini di paesi terzi che abbiano un interesse legittimo, secondo gli stessi criteri applicabili ai produttori comunitari. Tali criteri andrebbero valutati con riferimento al territorio delle Comunità. L'esperienza indica che è opportuno adattare il periodo previsto per le consultazioni in caso di opposizione.

(13) È opportuno prevedere disposizioni che chiariscano la portata della protezione accordata ai sensi del presente regolamento e sanciscano in particolare che l'applicazione di quest'ultimo non pregiudica le norme vigenti in materia di marchi e indicazioni geografiche.

(14) Per non falsare le condizioni di concorrenza, ogni produttore, anche di un paese terzo, dovrebbe avere la possibilità di utilizzare un nome registrato, abbinato ad un'indicazione particolare e, se del caso, al simbolo comunitario associato all'indicazione «specialità tradizionali garantite» oppure un nome registrato come tale, purché il prodotto agricolo o alimentare che produce o trasforma sia conforme al disciplinare corrispondente e il produttore si avvalga dei servizi di autorità od organismi di verifica, in conformità delle disposizioni del presente regolamento.

(15) Le indicazioni relative alla specificità di un prodotto agricolo o alimentare tradizionale dovrebbero godere di una protezione giuridica e formare oggetto di controlli che le rendano attraenti per il produttore e affidabili per il consumatore.

(16) Occorre autorizzare gli Stati membri a imporre una tassa a copertura delle spese sostenute.

(17) Le misure necessarie all'attuazione del presente regolamento dovrebbero essere adottate in conformità della decisione 1999/468/CE del Consiglio, del 28 giugno 1999, recante modalità per l'esercizio delle competenze di esecuzione conferite alla Commissione (7).

(18) È opportuno individuare le disposizioni del presente regolamento che si applicano alle domande di registrazione pervenute alla Commissione prima della sua entrata in vigore. È opportuno inoltre concedere agli operatori un periodo ragionevole per l'adeguamento degli organismi privati di controllo e dell'etichettatura dei prodotti agricoli e alimentari commercializzati come specialità tradizionali garantite.

(19) Per motivi di chiarezza e trasparenza è opportuno abrogare il regolamento (CEE) n. 2082/92 e sostituirlo con il presente regolamento,

HA ADOTTATO IL PRESENTE REGOLAMENTO:

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(2) [Nota ufficiale] (1) Non ancora pubblicato nella Gazzetta ufficiale.

(3) [Nota ufficiale] (2) GU L 208 del 24.7.1992, pag. 9. Regolamento modificato da ultimo dal regolamento (CE) n. 806/2003 (GU L 122 del 16.5.2003, pag. 1).

(4) [Nota ufficiale] (3) GU L 168 del 10.7.1993, pag. 35. Regolamento modificato da ultimo dal regolamento (CE) n. 2167/2004 (GU L 371 del 18.12.2004, pag. 8).

(5) [Nota ufficiale] (4) GU L 109 del 6.5.2000, pag. 29. Direttiva modificata da ultimo dalla direttiva 2003/89/CE (GU L 308 del 25.11.2003, pag. 15).

(6) [Nota ufficiale] (1) GU L 165 del 30.4.2004, pag. 1; rettifica nella GU L 191 del 28.5.2004, pag. 1.

(7) [Nota ufficiale] (2) GU L 184 del 17.7.1999, pag. 23.


Articolo 1

Campo di applicazione.

1. Il presente regolamento stabilisce le norme per il riconoscimento di una specialità tradizionale garantita per i seguenti prodotti:

a) i prodotti agricoli elencati nell'allegato I del trattato, destinati all'alimentazione umana;

b) i prodotti alimentari elencati nell'allegato I del presente regolamento.

L'allegato I del presente regolamento può essere modificato secondo la procedura prevista all'articolo 18, paragrafo 2.

2. Il presente regolamento si applica ferme restando altre specifiche disposizioni comunitarie.

3. La direttiva 98/34/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 22 giugno 1998, che prevede una procedura d'informazione nel settore delle norme e delle regolamentazioni tecniche (8), non si applica alle specialità tradizionali garantite oggetto del presente regolamento.

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(8) [Nota ufficiale] (1) GU L 204 del 21.7.1998, pag. 37.


Articolo 2

Definizioni.

1. Ai fini del presente regolamento si intende per:

a) «specificità», l'elemento o l'insieme di elementi che distinguono nettamente un prodotto agricolo o alimentare da altri prodotti o alimenti analoghi appartenenti alla stessa categoria;

b) «tradizionale», un uso sul mercato comunitario attestato da un periodo di tempo che denoti un passaggio generazionale; questo periodo di tempo dovrebbe essere quello generalmente attribuito ad una generazione umana, cioè almeno 25 anni;

c) «specialità tradizionale garantita», prodotto agricolo o alimentare tradizionale la cui specificità è riconosciuta dalla Comunità attraverso la registrazione in conformità del presente regolamento;

d) «associazione», qualsiasi associazione, a prescindere dalla sua forma giuridica o dalla sua composizione, di produttori o di trasformatori che trattano il medesimo prodotto agricolo o alimentare.

2. L'elemento o l'insieme degli elementi di cui al paragrafo 1, lettera a), possono riferirsi alle caratteristiche intrinseche del prodotto, come le caratteristiche fisiche, chimiche, microbiologiche od organolettiche, o al metodo di produzione del prodotto, oppure a condizioni specifiche che prevalgono nel corso della produzione.

La presentazione di un prodotto agricolo o alimentare non è considerata un elemento ai sensi del paragrafo 1, lettera a).

La specificità definita al paragrafo 1, lettera a), non può essere ridotta ad una composizione qualitativa o quantitativa, o a un metodo di produzione, definiti dalla legislazione nazionale o comunitaria, da norme emanate da organismi normativi o da norme volontarie; tuttavia questa disposizione non si applica quando la legislazione e le norme suddette sono state stabilite allo scopo di definire la specificità di un prodotto.

Altre parti interessate possono partecipare all'associazione ai sensi del paragrafo 1, lettera d).


Articolo 3

Registro.

La Commissione tiene un registro aggiornato delle specialità tradizionali garantite riconosciute a livello comunitario a norma del presente regolamento.

Il registro distingue due elenchi di specialità tradizionali garantite, a seconda che l'uso del nome del prodotto o dell'alimento sia o meno riservato ai produttori che rispettano il relativo disciplinare.


Articolo 4

Requisiti relativi ai prodotti e ai nomi.

1. Per figurare nel registro di cui all'articolo 3, un prodotto agricolo o alimentare deve essere ottenuto utilizzando materie prime tradizionali oppure essere caratterizzato da una composizione tradizionale o aver subito un metodo di produzione e/o di trasformazione che rispecchia un tipo tradizionale di produzione e/o di trasformazione.

Non è consentita la registrazione di un prodotto agricolo o alimentare la cui specificità risieda nella provenienza o nell'origine geografica. L'utilizzazione di termini geografici è autorizzata fermo restando quanto stabilito nell'articolo 5, paragrafo 1.

2. Per essere registrato, il nome deve:

a) essere di per sé specifico; oppure

b) indicare la specificità del prodotto agricolo o del prodotto alimentare.

3. Il nome specifico di cui al paragrafo 2, lettera a), deve essere tradizionale e conforme a disposizioni nazionali oppure consacrato dall'uso.

Il nome che indica la specificità, di cui al paragrafo 2, lettera b), non può essere registrato se:

a) fa unicamente riferimento ad affermazioni di carattere generale, utilizzate per un insieme di prodotti agricoli o di prodotti alimentari, ovvero previste da una particolare normativa comunitaria;

b) è ingannevole, soprattutto se fa riferimento a una caratteristica evidente del prodotto o se non corrisponde al disciplinare e di conseguenza rischia di indurre in errore il consumatore in merito alle caratteristiche del prodotto.


Articolo 5

Restrizioni all'uso dei nomi.

1. Il presente regolamento si applica ferme restando le disposizioni comunitarie o degli Stati membri che disciplinano la proprietà intellettuale e in particolare di quelle relative alle indicazioni geografiche e ai marchi.

2. Il nome di una varietà vegetale o di una razza animale può essere utilizzato nella denominazione di una specialità tradizionale garantita, purché non induca in errore sulla natura del prodotto.


Articolo 6

Disciplinare.

1. Per beneficiare della denominazione «specialità tradizionale garantita (STG)» un prodotto agricolo o alimentare deve essere conforme ad un disciplinare.

2. Il disciplinare comprende i seguenti elementi:

a) il nome di cui all'articolo 4, paragrafo 2, redatto in una o più lingue, con l'indicazione che l'associazione chiede la registrazione, con o senza l'uso riservato del nome, precisando se chiede di beneficiare del disposto dell'articolo 13, paragrafo 3;

b) la descrizione del prodotto agricolo o alimentare, incluse le sue principali caratteristiche fisiche, chimiche, microbiologiche od organolettiche;

c) la descrizione del metodo di produzione che il produttore deve rispettare, compresi, se opportuno, la natura e le caratteristiche delle materie prime o degli ingredienti utilizzati e il metodo di elaborazione del prodotto agricolo o alimentare;

d) gli elementi chiave che definiscono la specificità del prodotto ed eventualmente le referenze utilizzate;

e) gli elementi fondamentali che attestano la tradizionalità del prodotto, ai sensi dell'articolo 4, paragrafo 1, primo comma;

f) i requisiti minimi e le procedure di controllo della specificità.


Articolo 7

Domanda di registrazione.

1. La domanda di registrazione della specialità tradizionale garantita può essere presentata esclusivamente da un'associazione.

Una domanda di registrazione può essere presentata insieme da varie associazioni originarie di Stati membri o paesi terzi diversi.

2. Un'associazione può presentare domanda di registrazione esclusivamente per i prodotti agricoli o alimentari che essa stessa produce o elabora.

3. La domanda di registrazione comprende almeno:

a) il nome e l'indirizzo dell'associazione richiedente;

b) il disciplinare di cui all'articolo 6;

c) il nome e l'indirizzo delle autorità o degli organismi che verificano il rispetto delle disposizioni del disciplinare, e i relativi compiti specifici;

d) i documenti che comprovano la specificità e la tradizionalità del prodotto.

4. Se l'associazione è situata in uno Stato membro, la domanda è presentata a tale Stato membro.

Lo Stato membro esamina la domanda con i mezzi appropriati per stabilire se sia giustificata e soddisfi le condizioni previste dal presente regolamento.

5. Nel corso dell'esame di cui al paragrafo 4, secondo comma, lo Stato membro avvia una procedura nazionale di opposizione che garantisca l'adeguata pubblicazione della domanda e preveda un periodo ragionevole nel corso del quale ogni persona fisica o giuridica avente un interesse legittimo e stabilita o residente sul suo territorio possa fare opposizione alla domanda.

Lo Stato membro esamina la ricevibilità delle dichiarazioni di opposizione ricevute alla luce dei criteri di cui all'articolo 9, paragrafo 3, primo comma.

6. Lo Stato membro, se ritiene soddisfatti i requisiti di cui agli articoli 4, 5 e 6, trasmette alla Commissione:

a) il nome e l'indirizzo dell'associazione richiedente;

b) il disciplinare di cui all'articolo 6;

c) il nome e l'indirizzo delle autorità o degli organismi che verificano il rispetto delle disposizioni del disciplinare, e i relativi compiti specifici;

d) una dichiarazione dello Stato membro in cui quest'ultimo afferma che la domanda presentata dall'associazione soddisfa le condizioni del presente regolamento e le disposizioni adottate per la sua applicazione.

7. Se proviene da un'associazione di un paese terzo, la domanda relativa ad un prodotto agricolo o alimentare è trasmessa alla Commissione direttamente oppure per il tramite delle autorità del paese terzo e contiene gli elementi indicati nel paragrafo 3.

8. I documenti di cui al presente articolo sono trasmessi alla Commissione redatti in una lingua ufficiale delle istituzioni dell'Unione europea o accompagnati da una traduzione certificata in una di tali lingue.


Articolo 8

Esame da parte della Commissione.

1. La Commissione esamina con i mezzi appropriati la domanda presentata ai sensi dell'articolo 7 per stabilire se sia giustificata e soddisfi le condizioni previste dal presente regolamento.

Detto esame dovrebbe essere effettuato entro il termine di 12 mesi.

La Commissione rende pubblico ogni mese l'elenco delle denominazioni oggetto di una domanda di registrazione nonché la data di presentazione alla Commissione.

2. Se a seguito dell'esame effettuato ai sensi del primo comma del paragrafo 1 la Commissione considera soddisfatte le condizioni previste dal presente regolamento essa pubblica nella Gazzetta ufficiale dell'Unione europea le informazioni di cui all'articolo 7, paragrafo 3, lettere a), b) e c).

In caso contrario la Commissione decide, secondo la procedura di cui all'articolo 18, paragrafo 2, di respingere la domanda di registrazione.


Articolo 9

Opposizione.

1. Nel termine di sei mesi dalla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell'Unione europea, di cui all'articolo 8, paragrafo 2, primo comma, ogni Stato membro o paese terzo può opporsi alla registrazione proposta, presentando alla Commissione una dichiarazione debitamente motivata.

2. Anche ogni persona fisica o giuridica, che abbia un interesse legittimo, stabilita o residente in uno Stato membro diverso da quello in cui è chiesta la registrazione oppure in un paese terzo, può opporsi alla registrazione proposta mediante presentazione di una dichiarazione debitamente motivata.

Per le persone fisiche o giuridiche stabilite o residenti in uno Stato membro, tale dichiarazione è presentata allo Stato membro in questione entro un termine che permetta l'opposizione di cui al paragrafo 1.

Per le persone fisiche o giuridiche stabilite o residenti in un paese terzo, la dichiarazione è presentata alla Commissione, o direttamente, o per il tramite delle autorità di tale paese terzo, nel termine fissato al paragrafo 1.

3. Sono ricevibili soltanto le dichiarazioni di opposizione pervenute alla Commissione entro il termine fissato al paragrafo 1, le quali:

a) dimostrano la mancata osservanza delle disposizioni previste agli articoli 2, 4 e 5; oppure,

b) nel caso di una domanda conforme all'articolo 13, paragrafo 2, dimostrano che il nome è utilizzato legittimamente, notoriamente e in modo economicamente significativo per prodotti agricoli o alimentari analoghi.

La Commissione esamina la ricevibilità delle opposizioni.

I criteri di cui al primo comma sono valutati con riferimento al territorio della Comunità.

4. Se non riceve opposizioni ricevibili ai sensi del paragrafo 3, la Commissione procede alla registrazione del nome.

La registrazione è pubblicata sulla Gazzetta ufficiale dell'Unione europea.

5. Se l'opposizione è ricevibile ai sensi del paragrafo 3, la Commissione invita gli interessati ad avviare idonee consultazioni.

Se giungono ad un accordo entro sei mesi, gli interessati comunicano alla Commissione tutti gli elementi che hanno permesso di raggiungere tale accordo, compreso il parere del richiedente e dell'opponente. Se gli elementi pubblicati a norma dell'articolo 8, paragrafo 2, non hanno subito modifiche o hanno subito soltanto modifiche minori, la Commissione procede a norma del paragrafo 4 del presente articolo. Negli altri casi essa ripete l'esame previsto all'articolo 8, paragrafo 1.

Qualora non si raggiunga un accordo, la Commissione prende una decisione secondo la procedura di cui all'articolo 18, paragrafo 2, tenendo conto degli usi leali e tradizionali e degli effettivi rischi di confusione.

La decisione è pubblicata nella Gazzetta ufficiale dell'Unione europea.

6. I documenti di cui al presente articolo sono trasmessi alla Commissione redatti in una delle lingue ufficiali delle istituzioni dell'Unione europea o accompagnati da una traduzione certificata in una di tali lingue.


Articolo 10

Cancellazione.

Quando, conformemente alle norme particolareggiate di cui all'articolo 19, paragrafo 1, lettera f), ritiene che il rispetto delle condizioni del disciplinare di un prodotto agricolo o alimentare che beneficia della registrazione di specialità tradizionale garantita non sia più assicurato, la Commissione provvede, secondo la procedura di cui all'articolo 18, paragrafo 2, alla cancellazione della registrazione e la pubblica nella Gazzetta Ufficiale dell'Unione europea.


Articolo 11

Modifica del disciplinare.

1. Una modifica del disciplinare può essere chiesta da uno Stato membro, a richiesta di un'associazione stabilita sul suo territorio, oppure da un'associazione stabilita in un paese terzo.

In quest'ultimo caso la domanda è trasmessa alla Commissione o direttamente o per il tramite delle autorità del paese terzo.

La domanda deve comprovare un interesse economico legittimo e descrivere le modifiche richieste e i motivi pertinenti.

La domanda di approvazione di una modifica è soggetta alla procedura di cui agli articoli 7, 8 e 9.

Tuttavia, se si tratta di modifiche minori, la Commissione decide in merito all'approvazione senza ricorrere alla procedura di cui all'articolo 8, paragrafo 2, e all'articolo 9.

La Commissione pubblica, se del caso, le modifiche minori nella Gazzetta ufficiale dell'Unione europea.

2. Gli Stati membri provvedono a che il produttore o il trasformatore che applica il disciplinare per il quale è stata chiesta una modifica sia informato della pubblicazione. Oltre alle dichiarazioni di opposizione di cui all'articolo 9, paragrafo 3, sono ricevibili le dichiarazioni di opposizione che dimostrano un interesse economico nella produzione della specialità tradizionale garantita.

3. Qualora la modifica riguardi un cambiamento temporaneo del disciplinare risultante dall'imposizione di misure obbligatorie di carattere sanitario o fitosanitario da parte delle pubbliche autorità, la domanda è presentata alla Commissione dallo Stato membro a richiesta di un'associazione di produttori, oppure da un'associazione stabilita in un paese terzo. Si applica la procedura di cui al paragrafo 1, quarto comma.


Articolo 12

Nomi, indicazione e simbolo.

1. Soltanto i produttori che rispettano il disciplinare possono fare riferimento a una specialità tradizionale garantita sull'etichetta, nella pubblicità e nei documenti relativi a un prodotto agricolo o alimentare.

2. Sull'etichetta di un prodotto agricolo o alimentare prodotto nel territorio comunitario, qualora si faccia riferimento a una specialità tradizionale garantita, deve figurare il nome registrato, accompagnato o dal simbolo comunitario o dall'indicazione «specialità tradizionale garantita».

3. L'indicazione di cui al paragrafo 2 è facoltativa sulle etichette delle specialità tradizionali garantite prodotte fuori del territorio comunitario.


Articolo 13

Modalità relative al nome registrato.

1. A decorrere dalla pubblicazione prevista all'articolo 9, paragrafo 4 o 5, il nome iscritto nel registro di cui all'articolo 3 può essere utilizzato per identificare il prodotto agricolo o alimentare corrispondente al disciplinare come specialità tradizionale garantita esclusivamente secondo le modalità previste all'articolo 12. Tuttavia i nomi registrati possono continuare ad essere utilizzati nell'etichettatura dei prodotti che non corrispondono al disciplinare registrato, ma in tal caso non è possibile apporre l'indicazione «specialità tradizionale garantita», né la sua abbreviazione «STG», né il relativo simbolo comunitario.

2. Una specialità tradizionale garantita può tuttavia essere registrata con riserva del nome a favore del prodotto agricolo o alimentare corrispondente al disciplinare pubblicato, a condizione che l'associazione richiedente l'abbia esplicitamente chiesto nella domanda di registrazione e che la procedura di cui all'articolo 9 non dimostri che il nome è utilizzato legittimamente, notoriamente e in modo economicamente significativo per prodotti agricoli o alimentari analoghi. A decorrere dalla pubblicazione di cui all'articolo 9, paragrafo 4 o 5, il nome non può più essere utilizzato nell'etichettatura di prodotti agricoli o alimentari analoghi, che non corrispondono al disciplinare registrato, nemmeno se non è accompagnato dall'indicazione «specialità tradizionale garantita», dall'abbreviazione «STG» o dal relativo simbolo comunitario.

3. Per i nomi la cui registrazione è richiesta in una sola lingua, l'associazione può prevedere nel disciplinare che all'atto della commercializzazione, oltre al nome del prodotto in lingua originale, l'etichetta contenga un'indicazione nelle altre lingue ufficiali da cui risulta che il prodotto è stato ottenuto secondo la tradizione della regione, dello Stato membro o del paese terzo di cui è originaria la domanda.


Articolo 14

Controlli ufficiali.

1. Gli Stati membri designano l'autorità o le autorità competenti incaricate dei controlli in relazione agli obblighi stabiliti dal presente regolamento a norma del regolamento (CE) n. 882/2004.

2. Gli Stati membri provvedono affinché gli operatori che ottemperano alle disposizioni del presente regolamento siano coperti da un sistema di controlli ufficiali.

3. La Commissione pubblica il nome e l'indirizzo delle autorità e degli organismi di cui al paragrafo 1 o all'articolo 15 e ne aggiorna periodicamente l'elenco.


Articolo 15

Verifica del rispetto del disciplinare.

1. Per quanto riguarda i prodotti agricoli e alimentari prodotti all'interno della Comunità, la verifica del rispetto del disciplinare è effettuata anteriormente all'immissione sul mercato da:

- una o più delle autorità competenti di cui all'articolo 14, e

- uno o più organismi di controllo ai sensi dell'articolo 2 del regolamento (CE) n. 882/2004 che opera come organismo di certificazione dei prodotti.

I costi di tale verifica del rispetto del disciplinare sono a carico degli operatori soggetti a tale controllo.

2. Per quanto riguarda i prodotti agricoli e alimentari prodotti in un paese terzo, la verifica del rispetto del disciplinare è effettuata anteriormente all'immissione sul mercato da:

- una o più autorità pubbliche designate dal paese terzo, e

- uno o più organismi di certificazione dei prodotti.

3. Gli organismi di certificazione dei prodotti di cui ai paragrafi 1 e 2 sono conformi alla norma europea EN 45011 o alla guida ISO/CEI 65 (Requisiti generali relativi agli organismi che gestiscono sistemi di certificazione dei prodotti) e, a decorrere dal 1o maggio 2010, sono accreditati in conformità delle stesse.

4. Qualora, le autorità di cui ai paragrafi 1 e 2, abbiano deciso di verificare il rispetto del disciplinare, esse devono offrire adeguate garanzie di obiettività ed imparzialità e disporre di personale qualificato e delle risorse necessarie allo svolgimento delle loro funzioni.


Articolo 16

Dichiarazione dei produttori alle autorità od organismi designati.

1. I produttori di uno Stato membro, anche se membri dell'associazione inizialmente richiedente, che prevedano di produrre per la prima volta una specialità tradizionale garantita, ne informano per tempo le autorità o gli organismi designati di cui all'articolo 14, paragrafo 3, dello Stato membro di stabilimento, su indicazione delle autorità competenti di cui all'articolo 14, paragrafo 1.

2. I produttori di un paese terzo, anche se membri dell'associazione inizialmente richiedente, che prevedano di produrre per la prima volta una specialità tradizionale garantita, ne informano per tempo le autorità o gli organismi designati di cui all'articolo 14, paragrafo 3, eventualmente su un'indicazione dell'associazione di produttori o dell'autorità del paese terzo.


Articolo 17

Protezione.

1. Gli Stati membri prendono le misure necessarie per garantire la protezione giuridica contro ogni utilizzazione abusiva o fallace della dicitura «specialità tradizionale garantita», dell'abbreviazione «STG» e del relativo simbolo comunitario, nonché contro ogni contraffazione dei nomi registrati e riservati in conformità dell'articolo 13, paragrafo 2.

2. I nomi registrati sono protetti contro ogni pratica tale da indurre in errore il consumatore, comprese le pratiche che inducono a credere che il prodotto agricolo o alimentare sia una specialità tradizionale garantita riconosciuta dalla Comunità.

3. Gli Stati membri prendono le opportune misure per evitare che le denominazioni di vendita utilizzate a livello nazionale ingenerino confusione con i nomi registrati e riservati ai sensi dell'articolo 13, paragrafo 2.


Articolo 18

Procedure di comitato.

1. La Commissione è assistita dal comitato permanente per le specialità tradizionali garantite.

2. Nei casi in cui è fatto riferimento al presente paragrafo, si applicano gli articoli 5 e 7 della decisione 1999/468/CE.

Il periodo di cui all'articolo 5, paragrafo 6, della decisione 1999/468/CE è fissato a tre mesi.

3. Il comitato adotta il proprio regolamento interno.


Articolo 19

Modalità di applicazione e disposizioni transitorie.

1. Le modalità di applicazione del presente regolamento sono adottate secondo la procedura di cui all'articolo 18, paragrafo 2. Esse comprendono in particolare:

a) le informazioni che devono essere incluse nel disciplinare di cui all'articolo 6, paragrafo 2;

b) la presentazione di una domanda di registrazione, a norma dell'articolo 7, paragrafo 1, da parte di associazioni stabilite negli Stati membri o in paesi terzi distinti;

c) la trasmissione alla Commissione delle domande di cui all'articolo 7, paragrafi 3 e 6, e all'articolo 7, paragrafo 7, nonché delle domande di modifica di cui all'articolo 11;

d) il registro delle specialità tradizionali garantite di cui all'articolo 3;

e) le opposizioni di cui all'articolo 9, comprese le modalità relative alle idonee consultazioni tra le parti interessate;

f) la cancellazione della registrazione di una specialità tradizionale garantita, di cui all'articolo 10;

g) l'indicazione e il simbolo, di cui all'articolo 12;

h) una definizione del carattere minore delle modifiche, di cui all'articolo 11, paragrafo 1, quarto comma;

i) le condizioni di controllo del rispetto del disciplinare.

2. I nomi già registrati in virtù del regolamento (CEE) n. 2082/92 alla data di entrata in vigore del presente regolamento sono iscritti automaticamente nel registro di cui all'articolo 3. I corrispondenti disciplinari sono equiparati ai disciplinari previsti dall'articolo 6, paragrafo 1.

3. Per quanto concerne le domande, le dichiarazioni e le richieste pendenti presentate alla Commissione anteriormente alla data di entrata in vigore del presente regolamento:

a) non si applica la procedura di cui all'articolo 7;

b) qualora il disciplinare includa elementi che non figurano nell'elenco di cui all'articolo 6, la Commissione può richiedere una nuova versione del disciplinare compatibile con il suddetto articolo, se necessario al fine di poter procedere all'esame della domanda.


Articolo 20

Tasse.

Gli Stati membri possono esigere il pagamento di una tassa destinata a coprire le loro spese, comprese quelle sostenute in occasione dell'esame delle domande di registrazione, delle dichiarazioni di opposizione, delle domande di modifica e delle richieste di cancellazione presentate a norma del presente regolamento.


Articolo 21

Abrogazione.

Il regolamento (CEE) n. 2082/92 è abrogato.

I riferimenti al regolamento abrogato si intendono fatti al presente regolamento e vanno letti secondo la tavola di concordanza di cui all'allegato II.


Articolo 22

Entrata in vigore.

Il presente regolamento entra in vigore il ventesimo giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell'Unione europea.

Tuttavia, le disposizioni di cui all'articolo 12, paragrafo 2, si applicano a decorrere dal 1o maggio 2009, ad eccezione dei prodotti immessi sul mercato prima di tale data.

Il presente regolamento è obbligatorio in tutti i suoi elementi e direttamente applicabile in ciascuno degli Stati membri.

Fatto a Bruxelles, addì 20 marzo 2006.

Per il Consiglio

Il presidente

J. PRÖLL


ALLEGATO I

Prodotti alimentari di cui allarticolo 1, paragrafo 1, lettera b)

- Birra,

- cioccolata e altre preparazioni alimentari contenenti cacao,

- prodotti della confetteria, della panetteria, della pasticceria o della biscotteria,

- paste alimentari anche cotte o farcite,

- piatti precotti,

- salse per condimento preparate,

- minestre o brodi,

- bevande a base di estratti di piante,

- gelati e sorbetti.

 

 

ALLEGATO II

TAVOLA DI CONCORDANZA

Regolamento (CEE) n. 2082/92  

Presente regolamento 

Articolo 1, paragrafo 1, primo comma 

Articolo 1, paragrafo 1, primo comma 

Articolo 1, paragrafo 1, secondo comma 

Articolo 1, paragrafo 1, secondo comma 

Articolo 1, paragrafi 2 e 3 

Articolo 1, paragrafi 2 e 3 

Articolo 2, paragrafo 1, primo comma 

Articolo 2, paragrafo 1, lettera a) 

Articolo 2, paragrafo 1, secondo comma 

Articolo 2, paragrafo 2, secondo comma 

Articolo 2, paragrafo 1, terzo comma 

Articolo 2, paragrafo 2, terzo comma 

Articolo 2, paragrafo 2, prima frase 

Articolo 2, paragrafo 1, lettera d) 

Articolo 2, paragrafo 2, seconda frase 

Articolo 2, paragrafo 2, quarto comma 

Articolo 2, paragrafo 3 

Articolo 2, paragrafo 1, lettera c) 

Articolo 2, paragrafo 1, lettera b) 

Articolo 2, paragrafo 2, primo comma 

Articolo 3 

Articolo 3 

Articolo 4, paragrafo 1 

Articolo 4, paragrafo 1, primo comma 

Articolo 4, paragrafo 2 

Articolo 4, paragrafo 1, secondo comma 

Articolo 5, paragrafo 1 

Articolo 4, paragrafo 2 

Articolo 5, paragrafo 2 

Articolo 4, paragrafo 3, secondo comma 

Articolo 5, paragrafo 3 

Articolo 4, paragrafo 3, primo comma 

Articolo 5, paragrafo 4 

Articolo 4, paragrafo 1, seconda frase del secondo comma 

Articolo 5 

Articolo 6, paragrafo 1 

Articolo 6, paragrafo 1 

Articolo 6, paragrafo 2 

Articolo 6, paragrafo 2 

Articolo 7, paragrafo 1 

Articolo 7, paragrafo 1 

Articolo 7, paragrafo 2 

Articolo 7, paragrafo 3 

Articolo 7, paragrafo 6 

Articolo 7, paragrafi 7 e 8 

Articolo 7, paragrafo 2 

Articolo 7, paragrafo 3 

Articolo 7, paragrafi 4 e 5 

Articolo 8, paragrafo 1 

Articolo 8, paragrafo 1, primo comma  

Articolo 8, paragrafo 1, secondo comma 

Articolo 8, paragrafo 2, primo comma 

Articolo 8, paragrafo 2  

Articolo 8, paragrafo 3 

Articolo 9, paragrafi 1 e 2 

Articolo 9, paragrafo 3 

Articolo 9, paragrafo 1 

Articolo 9, paragrafo 4 

Articolo 9, paragrafo 2 

Articolo 9, paragrafo 5 

Articolo 10 

Articolo 10 

Articolo 11, paragrafo 1 

Articolo 11, paragrafo 1, primo comma 

Articolo 11, paragrafo 2, primo comma 

Articolo 11, paragrafo 1, terzo comma 

Articolo 11, paragrafo 1, secondo comma 

Articolo 11, paragrafo 2, secondo comma 

Articolo 11, paragrafo 2 

Articolo 12 

Articolo 19, paragrafo 1, lettera g) 

Articolo 13, paragrafo 1 

Articolo 13, paragrafo 1 

Articolo 13, paragrafo 2 

Articolo 13, paragrafo 2 

Articolo 13, paragrafo 3 

Articolo 14 

Articoli 14 e 15 

Articolo 15, paragrafo 1 

Articolo 12, paragrafo 1 

Articolo 12, paragrafi 2 e 3 

Articolo 15, paragrafo 2 

Articolo 16, paragrafo 1 

Articolo 15, paragrafo 3  

Articolo 16  

Articolo 17 

Articolo 17, paragrafi 1 e 2 

Articolo 18 

Articolo 17, paragrafo 3 

Articolo 19 

Articolo 18 

Articolo 20 

Articolo 19 

Articolo 21  

Articolo 21 

Articolo 22 

Articolo 22 

Allegato 

Allegato I 

Allegato II 

 

 


Reg. (CE) n. 510/2006 del 20 marzo 2006
Regolamento del Consiglio relativo alla protezione delle indicazioni geografiche e delle denominazioni d'origine dei prodotti agricoli e alimentari

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(1) Pubblicato nella G.U.U.E. 31 marzo 2006, n. L 93. Entrato in vigore il 31 marzo 2006.

(2) Vedi, per le modalità di applicazione del presente regolamento, il regolamento (CE) n. 1898/2006.


IL CONSIGLIO DELL'UNIONE EUROPEA,

visto il trattato che istituisce la Comunità europea, in particolare l'articolo 37,

vista la proposta della Commissione,

visto il parere del Parlamento europeo (3),

considerando quanto segue:

(1) La produzione, la fabbricazione e la distribuzione dei prodotti agricoli e alimentari svolge un ruolo rilevante nell'economia della Comunità.

(2) È opportuno favorire la diversificazione della produzione agricola al fine di ottenere un migliore equilibrio fra l'offerta e la domanda sui mercati. La promozione di prodotti di qualità aventi determinate caratteristiche può essere un notevole vantaggio per l'economia rurale, in particolare nelle zone svantaggiate o periferiche, sia per l'accrescimento del reddito degli agricoltori, sia per l'effetto di mantenimento della popolazione rurale in tali zone.

(3) Un numero sempre crescente di consumatori annette maggiore importanza alla qualità anziché alla quantità nell'alimentazione. Questa ricerca di prodotti specifici genera una domanda di prodotti agricoli o alimentari aventi un'origine geografica identificabile.

(4) Di fronte alla grande varietà di prodotti commercializzati e alla moltitudine di informazioni al loro riguardo il consumatore dovrebbe disporre di un'informazione chiara e succinta sull'origine del prodotto, in modo da potersi meglio orientare nella scelta.

(5) L'etichettatura dei prodotti agricoli e alimentari è soggetta alle norme generali fissate nella direttiva 2000/13/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 20 marzo 2000, relativa al ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri concernenti l'etichettatura e la presentazione dei prodotti alimentari, nonché la relativa pubblicità (4). Tenuto conto della loro specificità, è opportuno adottare disposizioni particolari complementari per i prodotti agricoli e alimentari provenienti da una zona geografica delimitata che impongano ai produttori di utilizzare sul condizionamento le diciture o i simboli comunitari appropriati. È opportuno rendere obbligatorio l'utilizzo di detti simboli o le diciture per le denominazioni comunitarie allo scopo, da un lato, di far conoscere meglio ai consumatori questa categoria di prodotti e le relative garanzie e, dall'altro, di permettere una identificazione più facile di questi prodotti sui mercati per facilitarne i controlli. È opportuno prevedere un termine ragionevole affinché gli operatori si adeguino a tale obbligo.

(6) È opportuno prevedere un approccio comunitario per le denominazioni d'origine e le indicazioni geografiche. Un quadro normativo comunitario che contempli un regime di protezione consente di sviluppare le indicazioni geografiche e le denominazioni d'origine poiché garantisce, tramite un approccio più uniforme, condizioni di concorrenza uguali tra i produttori dei prodotti che beneficiano di siffatte diciture, migliorando la credibilità dei prodotti agli occhi dei consumatori.

(7) È opportuno che le norme previste siano applicate nel rispetto della normativa comunitaria vigente relativa ai vini e alle bevande spiritose.

(8) Il campo d'applicazione del presente regolamento dovrebbe limitarsi ai prodotti agricoli e alimentari per i quali esiste un legame fra le caratteristiche del prodotto o dell'alimento e la sua origine geografica. Tuttavia, detto campo d'applicazione potrebbe essere esteso ad altri prodotti agricoli o alimentari.

(9) Tenuto conto delle prassi esistenti, è opportuno definire due diversi tipi di riferimento geografico, ossia le indicazioni geografiche protette e le denominazioni di origine protette.

(10) Un prodotto agricolo o alimentare che beneficia di uno dei tipi di riferimento summenzionati dovrebbe soddisfare determinate condizioni elencate in un disciplinare.

(11) Per usufruire della protezione negli Stati membri, le indicazioni geografiche e le denominazioni d'origine dovrebbero essere registrate a livello comunitario. L'iscrizione in un registro fornirebbe altresì l'informazione degli operatori del settore e dei consumatori. Per garantire che le denominazioni comunitarie registrate soddisfino le condizioni stabilite nel presente regolamento è opportuno che le domande siano esaminate dalle autorità nazionali dello Stato membro interessato, nel rispetto di disposizioni comuni minime comprensive di una procedura nazionale di opposizione. La Commissione successivamente dovrebbe partecipare ad un esame volto a verificare il rispetto delle condizioni stabilite nel presente regolamento e a garantire l'uniformità di approccio fra gli Stati membri.

(12) L'accordo sugli aspetti dei diritti di proprietà intellettuale attinenti al commercio (accordo TRIPS 1994, che figura all'allegato 1C dell'accordo che istituisce l'Organizzazione mondiale del commercio), comprende disposizioni specifiche relative all'esistenza, all'acquisizione, alla portata, al mantenimento dei diritti di proprietà intellettuale nonché ai mezzi per farli rispettare.

(13) La protezione mediante registrazione, prevista nel presente regolamento, dovrebbe essere aperta alle indicazioni geografiche dei paesi terzi che siano già protette nel loro paese d'origine.

(14) La procedura di registrazione dovrebbe permettere a qualsiasi persona fisica o giuridica che abbia un interesse legittimo, in uno Stato membro o in un paese terzo, di fare valere i suoi diritti notificando la propria opposizione.

(15) È opportuno disporre di procedure che, successivamente alla registrazione, consentano di adeguare il disciplinare, a richiesta di gruppi che abbiano un interesse legittimo, sulla scorta dell'evoluzione delle conoscenze tecnologiche e di cancellare l'indicazione geografica o la denominazione d'origine relativa a un prodotto agricolo o alimentare che non sia più conforme al disciplinare in virtù del quale aveva potuto beneficiare segnatamente dell'indicazione geografica o della denominazione d'origine.

(16) Le denominazioni d'origine e le indicazioni geografiche protette sul territorio comunitario dovrebbero essere oggetto di un sistema di monitoraggio costituito di controlli ufficiali, fondato su un sistema di controlli in linea con il regolamento (CE) n. 882/2004 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 29 aprile 2004, relativo ai controlli ufficiali intesi a verificare la conformità alla normativa in materia di mangimi e di alimenti e alle norme sulla salute e sul benessere degli animali (5), nonché su un sistema di controlli diretto ad assicurare il rispetto del disciplinare dei prodotti agricoli e alimentari interessati.

(17) Occorre autorizzare gli Stati membri ad imporre una tassa a copertura delle spese sostenute.

(18) Le misure necessarie per l'attuazione del presente regolamento andrebbero adottate a norma della decisione 1999/468/CE del Consiglio, del 28 giugno 1999, recante modalità per l'esercizio delle competenze di esecuzione conferite alla Commissione (6).

(19) Le denominazioni già registrate ai sensi del regolamento (CEE) n. 2081/92 del Consiglio, del 14 luglio 1992, relativo alla protezione delle indicazioni geografiche e delle denominazioni d'origine dei prodotti agricoli e alimentari (7) alla data di entrata in vigore del presente regolamento dovrebbero continuare a beneficiare della protezione prevista nel presente regolamento e figurare automaticamente nel registro. È opportuno poi prevedere misure transitorie applicabili alle domande di registrazione pervenute alla Commissione precedentemente all'entrata in vigore del presente regolamento.

(20) A fini di maggiore chiarezza e trasparenza è opportuno abrogare il regolamento (CEE) n. 2081/92 e sostituirlo con il presente regolamento,

HA ADOTTATO IL PRESENTE REGOLAMENTO:

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(3) [Nota ufficiale] (1) Non ancora pubblicato nella Gazzetta ufficiale.

(4) [Nota ufficiale] (2) GU L 109 del 6.5.2000, pag. 29. Direttiva modificata da ultimo dalla direttiva 2003/89/CE (GU L 308 del 25.11.2003, pag. 15).

(5) [Nota ufficiale] (3) GU L 165 del 30.4.2004, pag. 1; rettifica nella GU L 191 del 28.5.2004, pag. 1.

(6) [Nota ufficiale] (4) GU L 184 del 17.7.1999, pag. 23.

(7) [Nota ufficiale] (5) GU L 208 del 24.7.1992, pag. 1. Regolamento modificato da ultimo dal regolamento (CE) n. 806/2003 (GU L 122 del 16.5.2003, pag. 1).


Articolo 1

Campo di applicazione.

1. Il presente regolamento stabilisce le norme relative alla protezione delle denominazioni d'origine e delle indicazioni geografiche dei prodotti agricoli destinati all'alimentazione umana elencati nell'allegato I del trattato e dei prodotti alimentari elencati nell'allegato I del presente regolamento, nonché dei prodotti agricoli elencati nell'allegato II del presente regolamento.

Il presente regolamento non si applica tuttavia ai prodotti del settore vitivinicolo, ad eccezione degli aceti di vino, né alle bevande spiritose. Il presente paragrafo non pregiudica l'applicazione del regolamento (CE) n. 1493/1999 del Consiglio, del 17 maggio 1999, relativo all'organizzazione comune del mercato vitivinicolo (8).

Gli allegati I e II del presente regolamento possono essere modificati secondo la procedura di cui all'articolo 15, paragrafo 2.

2. Il presente regolamento si applica senza pregiudizio di altre disposizioni comunitarie particolari.

3. La direttiva 98/34/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 22 giugno 1998, che prevede una procedura d'informazione nel settore delle norme e delle regolamentazioni tecniche (9) non si applica né alle denominazioni d'origine né alle indicazioni geografiche oggetto del presente regolamento.

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(8) [Nota ufficiale] (6) GU L 179 del 14.7.1999, pag. 1.

(9) [Nota ufficiale] (7) GU L 204 del 21.7.1998, pag. 37.


Articolo 2

Denominazione d'origine e indicazione geografica.

1. Ai fini del presente regolamento, si intende per:

a) «denominazione d'origine», il nome di una regione, di un luogo determinato o, in casi eccezionali, di un paese che serve a designare un prodotto agricolo o alimentare:

- originario di tale regione, di tale luogo determinato o di tale paese,

- la cui qualità o le cui caratteristiche sono dovute essenzialmente o esclusivamente ad un particolare ambiente geografico, inclusi i fattori naturali e umani, e

- la cui produzione, trasformazione e elaborazione avvengono nella zona geografica delimitata;

b) «indicazione geografica», il nome di una regione, di un luogo determinato o, in casi eccezionali, di un paese che serve a designare un prodotto agricolo o alimentare:

- come originario di tale regione, di tale luogo determinato o di tale paese e

- del quale una determinata qualità, la reputazione o altre caratteristiche possono essere attribuite a tale origine geografica e

- la cui produzione e/o trasformazione e/o elaborazione avvengono nella zona geografica delimitata.

2. Sono altresì considerate come denominazioni d'origine o indicazioni geografiche le denominazioni tradizionali, geografiche o meno, che designano un prodotto agricolo o alimentare e che soddisfino i requisiti di cui al paragrafo 1.

3. In deroga al paragrafo 1, lettera a), sono equiparate a denominazioni d'origine talune designazioni geografiche qualora le materie prime dei prodotti da esse designati provengano da una zona geografica più ampia della zona di trasformazione, o diversa da essa, purché siano soddisfatte le seguenti condizioni:

a) la zona di produzione delle materie prime sia delimitata;

b) sussistano condizioni particolari per la produzione delle materie prime;

c) esista un regime di controllo atto a garantire l'osservanza delle condizioni di cui alla lettera b).

Le designazioni suddette devono essere state riconosciute come denominazioni d'origine nel paese d'origine anteriormente al 1° maggio 2004.


Articolo 3

Genericità, conflitti con i nomi di varietà vegetali, di razze animali, degli omonimi e dei marchi.

1. Le denominazioni divenute generiche non possono essere registrate.

Ai fini del presente regolamento, si intende per «denominazione divenuta generica» il nome di un prodotto agricolo o alimentare che, pur collegato col nome del luogo o della regione in cui il prodotto agricolo o alimentare è stato inizialmente prodotto o commercializzato, è divenuto il nome comune di un prodotto agricolo o alimentare nella Comunità.

Per determinare se una denominazione sia divenuta generica o meno, si tiene conto di tutti i fattori, in particolare:

a) della situazione esistente negli Stati membri e nelle zone di consumo;

b) delle pertinenti legislazioni nazionali o comunitarie.

2. Un nome non può essere registrato come denominazione d'origine o indicazione geografica qualora sia in conflitto con il nome di una varietà vegetale o di una razza animale e possa, pertanto, indurre in errore il consumatore quanto alla vera origine del prodotto.

3. La registrazione di una denominazione omonima o parzialmente omonima di una denominazione già registrata ai sensi del presente regolamento, tiene debitamente conto degli usi locali e tradizionali e dei rischi effettivi di confusione. In particolare:

a) una denominazione omonima che induca erroneamente il consumatore a pensare che i prodotti sono originari di un altro territorio non è registrata, benché sia esatta per quanto attiene al territorio, alla regione o alla località di cui sono originari i prodotti agricoli o alimentari;

b) l'impiego di una denominazione omonima registrata è autorizzato esclusivamente in condizioni pratiche tali da assicurare che la denominazione omonima registrata successivamente sia sufficientemente differenziata da quella registrata in precedenza, tenuto conto della necessità di garantire un trattamento equo ai produttori interessati e di non indurre in errore il consumatore.

4. Una denominazione d'origine o un'indicazione geografica non è registrata qualora, tenuto conto della reputazione di un marchio, della notorietà e della durata di utilizzazione dello stesso, la registrazione è tale da indurre in errore il consumatore quanto alla vera identità del prodotto.


Articolo 4

Disciplinare.

1. Per beneficiare di una denominazione d'origine protetta (DOP) o di un'indicazione geografica protetta (IGP), un prodotto agricolo o alimentare deve essere conforme ad un disciplinare.

2. Il disciplinare comprende almeno i seguenti elementi:

a) il nome del prodotto agricolo o alimentare che comprende la denominazione d'origine o l'indicazione geografica;

b) la descrizione del prodotto agricolo o alimentare mediante indicazione delle materie prime, se del caso, e delle principali caratteristiche fisiche, chimiche, microbiologiche o organolettiche del prodotto agricolo o alimentare;

c) la delimitazione della zona geografica e, se del caso, gli elementi che indicano il rispetto delle condizioni di cui all'articolo 2, paragrafo 3;

d) gli elementi che comprovano che il prodotto agricolo o alimentare è originario della zona geografica delimitata di cui all'articolo 2, paragrafo 1, lettera a) o b), a seconda dei casi;

e) la descrizione del metodo di ottenimento del prodotto agricolo o alimentare e, se del caso, i metodi locali, leali e costanti, nonché gli elementi relativi al condizionamento, quando l'associazione richiedente, ai sensi dell'articolo 5, paragrafo 1, stabilisce e motiva che il condizionamento deve aver luogo nella zona geografica delimitata per salvaguardare la qualità o garantire l'origine o assicurare il controllo;

f) gli elementi che giustificano:

i) il legame fra la qualità o le caratteristiche del prodotto agricolo o alimentare e l'ambiente geografico di cui all'articolo 2, paragrafo 1, lettera a) o, a seconda dei casi,

ii) il legame fra una determinata qualità, la reputazione o un'altra caratteristica del prodotto agricolo o alimentare e l'origine geografica di cui all'articolo 2, paragrafo 1, lettera b);

g) il nome e l'indirizzo delle autorità o degli organismi che verificano il rispetto delle disposizioni del disciplinare, e i relativi compiti specifici;

h) qualsiasi regola specifica per l'etichettatura del prodotto agricolo o alimentare in questione;

i) gli eventuali requisiti da rispettare in virtù di disposizioni comunitarie o nazionali (10).

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(10) Per l'approvazione della modifica del disciplinare relativo ad un'indicazione geografica figurante nel registro delle denominazioni d'origine protette e delle indicazioni geografiche protette [Nocciola di Giffoni (IGP)] di cui al presente paragrafo, vedi il regolamento (CE) n. 1257/2006.


Articolo 5

Domanda di registrazione.

1. La domanda di registrazione può essere presentata esclusivamente da un'associazione.

Ai fini del presente regolamento si intende per «associazione» qualsiasi organizzazione, a prescindere dalla sua forma giuridica o dalla sua composizione, di produttori o di trasformatori che trattano il medesimo prodotto agricolo o il medesimo prodotto alimentare. Altre parti interessate possono far parte dell'associazione. Una persona fisica o giuridica può essere equiparata ad una associazione conformemente alle norme particolareggiate di cui all'articolo 16, lettera c).

Nel caso di una denominazione che designi una zona geografica transfrontaliera o una denominazione tradizionale connessa ad una zona geografica transfrontaliera, diverse associazioni possono presentare una domanda comune, conformemente alle norme particolareggiate di cui all'articolo 16, lettera d).

2. Un'associazione può presentare domanda di registrazione esclusivamente per i prodotti agricoli o alimentari che essa stessa produce o elabora.

3. La domanda di registrazione comprende almeno:

a) il nome e l'indirizzo dell'associazione richiedente,

b) il disciplinare di cui all'articolo 4;

c) un documento unico limitato agli elementi seguenti:

i) gli elementi principali del disciplinare: la denominazione, la descrizione del prodotto, incluse eventualmente le norme specifiche applicabili al suo condizionamento e alla sua etichettatura, e la descrizione concisa della delimitazione della zona geografica;

ii) la descrizione del legame del prodotto con l'ambiente geografico o con l'origine geografica di cui all'articolo 2, paragrafo 1, lettera a) o b), a seconda dei casi, inclusi, eventualmente, gli elementi specifici della descrizione del prodotto o del metodo di ottenimento che giustifica il legame.

4. La domanda di registrazione è inviata allo Stato membro sul cui territorio è situata la zona geografica.

Lo Stato membro esamina la domanda con i mezzi appropriati per stabilire se sia giustificata e soddisfi le condizioni previste dal presente regolamento.

5. Nel corso dell'esame di cui al paragrafo 4, secondo comma, lo Stato membro avvia una procedura nazionale di opposizione che garantisca l'adeguata pubblicazione della domanda e preveda un periodo ragionevole nel corso del quale ogni persona fisica o giuridica avente un interesse legittimo e stabilita o residente sul suo territorio possa fare opposizione alla domanda.

Lo Stato membro esamina la ricevibilità delle dichiarazioni di opposizione ricevute in base ai criteri di cui all'articolo 7, paragrafo 3, primo comma.

Qualora lo Stato membro ritenga che i requisiti del presente regolamento sono soddisfatti, esso adotta una decisione favorevole e trasmette alla Commissione la documentazione di cui al paragrafo 7 per la decisione definitiva. In caso contrario, esso decide di rigettare la domanda.

Lo Stato membro assicura che la decisione favorevole sia resa pubblica e ogni persona fisica o giuridica avente un interesse legittimo disponga di mezzi di ricorso.

Lo Stato membro assicura che la versione del disciplinare oggetto della decisione favorevole sia pubblicata e assicura l'accesso per via elettronica al disciplinare.

6. A decorrere dalla data della presentazione della domanda alla Commissione il medesimo Stato membro può accordare solo in via transitoria alla denominazione una protezione ai sensi del presente regolamento a livello nazionale, nonché, se del caso, un periodo di adattamento.

Il periodo di adattamento di cui al primo comma può essere previsto solo a condizione che le imprese interessate abbiano legalmente commercializzato i prodotti in questione utilizzando in modo continuativo tali denominazioni almeno per i cinque anni precedenti e abbiano sollevato questo problema nel corso della procedura nazionale di opposizione di cui al paragrafo 5, primo comma.

La protezione nazionale transitoria cessa a decorrere dalla data in cui è adottata una decisione sulla registrazione in virtù del presente regolamento.

Le conseguenze della protezione nazionale transitoria, nel caso in cui la denominazione non venga registrata ai sensi del presente regolamento, sono responsabilità esclusiva dello Stato membro interessato.

Le misure adottate dagli Stati membri in virtù del primo comma hanno efficacia solo a livello nazionale e non devono ostacolare gli scambi intracomunitari o internazionali.

7. Per ogni decisione favorevole di cui al paragrafo 5, terzo comma, adottata dallo Stato membro, quest'ultimo fa pervenire alla Commissione:

a) il nome e l'indirizzo dell'associazione richiedente;

b) il documento unico di cui al paragrafo 3, lettera c);

c) una dichiarazione dello Stato membro che la domanda presentata dall'associazione e che beneficia della decisione favorevole soddisfa, a suo giudizio, le condizioni del presente regolamento e le relative disposizioni di applicazione;

d) il riferimento della pubblicazione del disciplinare, di cui al paragrafo 5, quinto comma.

8. Gli Stati membri mettono in vigore le disposizioni legislative, regolamentari ed amministrative necessarie per l'osservanza dei paragrafi da 4 a 7 entro il 31 marzo 2007.

La Bulgaria e la Romania mettono in vigore le suddette disposizioni legislative, regolamentari e amministrative entro un anno dalla data di adesione (11).

9. La domanda di registrazione che riguarda una zona geografica situata in un paese terzo è composta dagli elementi previsti al paragrafo 3, nonché dagli elementi che comprovano che la denominazione è protetta nel suo paese di origine.

La domanda è trasmessa alla Commissione direttamente oppure per il tramite delle autorità del paese terzo interessato.

10. I documenti di cui al presente articolo sono trasmessi alla Commissione, redatti in una delle lingue ufficiali delle istituzioni dell'Unione europea o accompagnati da una traduzione certificata in una di tali lingue.

11. Per la Bulgaria e la Romania la protezione nazionale delle indicazioni geografiche e delle denominazioni d'origine esistente alla data della loro adesione può continuare per un periodo di dodici mesi dalla data di adesione.

Quando una domanda di registrazione ai sensi del presente regolamento è trasmessa alla Commissione entro la fine del periodo summenzionato, tale protezione cessa alla data di adozione di una decisione in merito alla registrazione ai sensi del regolamento stesso.

Le conseguenze di una tale protezione nazionale, nel caso in cui la denominazione non fosse registrata ai sensi del presente regolamento, sono responsabilità esclusiva dello Stato membro interessato (12).

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(11) Comma aggiunto dall'allegato del regolamento (CE) n. 1791/2006.

(12) Paragrafo aggiunto dall'allegato del regolamento (CE) n. 1791/2006.


Articolo 6

Esame da parte della Commissione.

1. La Commissione esamina con i mezzi appropriati la domanda presentata ai sensi dell'articolo 5 per stabilire se sia giustificata e soddisfi le condizioni previste dal presente regolamento. Detto esame dovrebbe essere effettuato entro il termine di 12 mesi.

La Commissione rende pubblico ogni mese l'elenco delle denominazioni oggetto di una domanda di registrazione, nonché la data di presentazione alla Commissione.

2. Quando, in base all'esame effettuato ai sensi del paragrafo 1, primo comma, ritiene soddisfatte le condizioni del presente regolamento, la Commissione pubblica nella Gazzetta ufficiale dell'Unione europea il documento unico e il riferimento della pubblicazione del disciplinare, di cui all'articolo 5, paragrafo 5, quinto comma.

In caso contrario, la Commissione decide di respingere la domanda secondo la procedura di cui all'articolo 15, paragrafo 2.


Articolo 7

Opposizione e decisione sulla registrazione.

1. Nel termine di sei mesi dalla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell'Unione europea, di cui all'articolo 6, paragrafo 2, primo comma, ogni Stato membro o paese terzo può opporsi alla registrazione proposta, presentando alla Commissione una dichiarazione debitamente motivata.

2. Anche ogni persona fisica o giuridica che abbia un interesse legittimo, stabilita o residente in uno Stato membro diverso da quello in cui è stata chiesta la registrazione oppure in un paese terzo, può opporsi alla registrazione proposta mediante presentazione di una dichiarazione debitamente motivata.

Per le persone fisiche o giuridiche stabilite o residenti in uno Stato membro, tale dichiarazione è presentata allo Stato membro in questione entro un termine che permetta l'opposizione di cui al paragrafo 1.

Per le persone fisiche o giuridiche stabilite o residenti in un paese terzo, la dichiarazione è presentata alla Commissione, o direttamente, o per il tramite delle autorità di tale paese terzo, nel termine fissato al paragrafo 1.

3. Sono ricevibili soltanto le dichiarazioni di opposizione pervenute alla Commissione entro il termine fissato al paragrafo 1, le quali:

a) dimostrano la mancata osservanza delle condizioni di cui all'articolo 2; oppure b) dimostrano che la registrazione della denominazione proposta sarebbe contraria all'articolo 3, paragrafi 2, 3 e 4; oppure c) dimostrano che la registrazione della denominazione proposta danneggerebbe l'esistenza di una denominazione omonima o parzialmente omonima o di un marchio oppure l'esistenza di prodotti che si trovano legalmente sul mercato da almeno cinque anni prima della data di pubblicazione di cui all'articolo 6, paragrafo 2; oppure d) precisano gli elementi sulla cui base si può concludere che la denominazione di cui si chiede la registrazione è generica, ai sensi dell'articolo 3, paragrafo 1.

La Commissione esamina la ricevibilità delle opposizioni.

I criteri di cui al primo comma, lettere b), c) e d), sono valutati con riferimento al territorio della Comunità, che per quanto riguarda i diritti di proprietà intellettuale si riferisce solo al territorio o ai territori in cui detti diritti sono tutelati.

4. Se non riceve opposizioni ricevibili ai sensi del paragrafo 3, la Commissione procede alla registrazione della denominazione.

La registrazione è pubblicata sulla Gazzetta ufficiale dell'Unione europea.

5. Se l'opposizione è ricevibile ai sensi del paragrafo 3, la Commissione invita gli interessati ad avviare idonee consultazioni.

Se giungono ad un accordo entro sei mesi, gli interessati comunicano alla Commissione tutti gli elementi che hanno permesso di raggiungere tale accordo, compreso il parere del richiedente e dell'opponente. Se gli elementi pubblicati a norma dell'articolo 6, paragrafo 2, non hanno subito modifiche o hanno subito soltanto modifiche minori, da definire secondo l'articolo 16, lettera h), la Commissione procede a norma del paragrafo 4 del presente articolo. Negli altri casi essa ripete l'esame previsto all'articolo 6, paragrafo 1.

Qualora non si raggiunga un accordo, la Commissione prende una decisione secondo la procedura di cui all'articolo 15, paragrafo 2, tenendo conto degli usi leali e tradizionali e degli effettivi rischi di confusione.

La decisione è pubblicata nella Gazzetta ufficiale dell'Unione europea.

6. La Commissione tiene un registro aggiornato delle denominazioni di origine protette e delle indicazioni geografiche protette.

7. I documenti di cui al presente articolo sono trasmessi alla Commissione redatti in una delle lingue ufficiali delle istituzioni dell'Unione europea o accompagnati da una traduzione certificata in una di tali lingue.


Articolo 8

Denominazioni, diciture e simboli.

1. Una denominazione registrata secondo il presente regolamento può essere utilizzata da ogni operatore che commercializza prodotti agricoli o alimentari conformi al disciplinare corrispondente.

2. Le diciture «denominazione d'origine protetta» e «indicazione geografica protetta» o i simboli comunitari ad esse associati devono figurare sull'etichettatura dei prodotti agricoli e alimentari, originari della Comunità, che sono commercializzati con una denominazione registrata conformemente al presente regolamento.

3. Le diciture di cui al paragrafo 2 e i simboli comunitari ad esse associati possono anche figurare sull'etichettatura dei prodotti agricoli e alimentari, originari dei paesi terzi, che sono commercializzati con una denominazione registrata conformemente al presente regolamento.


Articolo 9

Approvazione di una modifica del disciplinare.

1. Un'associazione legittimamente interessata che soddisfa le condizioni previste dall'articolo 5, paragrafi 1 e 2, può chiedere l'approvazione di una modifica di un disciplinare, in particolare per tener conto dell'evoluzione delle conoscenze scientifiche e tecniche o per rivedere la delimitazione della zona geografica di cui all'articolo 4, paragrafo 2, lettera c).

La domanda descrive le modifiche che ne costituiscono l'oggetto e le relative motivazioni.

2. Quando la modifica comporta una o più modifiche del documento unico, la domanda di approvazione di una modifica è sottoposta alla procedura prevista dagli articoli 5, 6 e 7. Tuttavia, se si tratta di modifiche minori, la Commissione decide in merito all'approvazione senza ricorrere alla procedura di cui all'articolo 6, paragrafo 2, e all'articolo 7 e, in caso di approvazione, procede alla pubblicazione degli elementi di cui all'articolo 6, paragrafo 2.

3. Quando la modifica non comporta alcuna modifica del documento unico, si applicano le seguenti regole:

i) se la zona geografica è situata in uno Stato membro, quest'ultimo si pronuncia sull'approvazione della modifica e, in caso di parere positivo, pubblica il disciplinare modificato e informa la Commissione delle modifiche approvate e delle relative motivazioni;

ii) se la zona geografica è situata in un paese terzo, la Commissione si pronuncia sull'approvazione della modifica proposta.

4. Quando la modifica riguarda una modifica temporanea del disciplinare a seguito dell'imposizione di misure sanitarie o fitosanitarie obbligatorie da parte delle autorità pubbliche, si applicano le procedure di cui al paragrafo 3.


Articolo 10

Controlli ufficiali.

1. Gli Stati membri designano l'autorità o le autorità competenti incaricate dei controlli in relazione agli obblighi stabiliti dal presente regolamento a norma del regolamento (CE) n. 882/2004.

2. Gli Stati membri provvedono affinché gli operatori che ottemperano alle disposizioni del presente regolamento siano coperti da un sistema di controlli ufficiali.

3. La Commissione pubblica il nome e l'indirizzo delle autorità e degli organismi di cui al paragrafo 1 o all'articolo 11 e ne aggiorna periodicamente l'elenco.


Articolo 11

Verifica del rispetto del disciplinare.

1. Per quanto riguarda le indicazioni geografiche e le denominazioni d'origine relative a zone geografiche all'interno della Comunità, la verifica del rispetto del disciplinare è effettuata anteriormente all'immissione del prodotto sul mercato da:

- una o più delle autorità competenti di cui all'articolo 10, e/o

- uno o più organismi di controllo ai sensi dell'articolo 2 del regolamento (CE) n. 882/2004 che opera come organismo di certificazione dei prodotti.

I costi di tale verifica del rispetto del disciplinare sono a carico degli operatori soggetti a tale controllo.

2. Per quanto riguarda le indicazioni geografiche e le denominazioni d'origine relative a zone geografiche di un paese terzo, la verifica del rispetto del disciplinare è effettuata anteriormente all'immissione del prodotto sul mercato da:

- una o più autorità pubbliche designata/e dal paese terzo, e/o

- uno o più organismi di certificazione dei prodotti.

3. Gli organismi di certificazione dei prodotti di cui ai paragrafi 1 e 2 sono conformi alla norma europea EN 45011 o alla guida ISO/CEI 65 (Requisiti generali relativi agli organismi che gestiscono sistemi di certificazione dei prodotti) e, a decorrere dal 1o maggio 2010, sono accreditati in conformità delle stesse.

4. Qualora le autorità di cui ai paragrafi 1 e 2, abbiano deciso di verificare il rispetto del disciplinare, esse devono offrire adeguate garanzie di obiettività e imparzialità e disporre di personale qualificato e delle risorse necessarie allo svolgimento delle loro funzioni.


Articolo 12

Cancellazione.

1. Quando, conformemente alle norme particolareggiate di cui all'articolo 16, lettera k), ritiene che il rispetto delle condizioni del disciplinare di un prodotto agricolo o alimentare che beneficia di una denominazione protetta non sia più garantito, la Commissione procede alla cancellazione della registrazione, secondo la procedura dell'articolo 15, paragrafo 2, e ne fa pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell'Unione europea.

2. Ogni persona fisica o giuridica che abbia un interesse legittimo può chiedere la cancellazione della registrazione, motivando la richiesta.

La procedura di cui agli articoli 5, 6 e 7 si applica mutatis mutandis.


Articolo 13

Protezione.

1. Le denominazioni registrate sono tutelate contro:

a) qualsiasi impiego commerciale diretto o indiretto di una denominazione registrata per prodotti che non sono oggetto di registrazione, nella misura in cui questi ultimi siano comparabili ai prodotti registrati con questa denominazione o nella misura in cui l'uso di tale denominazione consenta di sfruttare la reputazione della denominazione protetta;

b) qualsiasi usurpazione, imitazione o evocazione, anche se l'origine vera del prodotto è indicata o se la denominazione protetta è una traduzione o è accompagnata da espressioni quali «genere», «tipo», «metodo», «alla maniera», «imitazione» o simili;

c) qualsiasi altra indicazione falsa o ingannevole relativa alla provenienza, all'origine, alla natura o alle qualità essenziali dei prodotti usata sulla confezione o sull'imballaggio, nella pubblicità o sui documenti relativi ai prodotti considerati nonché l'impiego, per il condizionamento, di recipienti che possono indurre in errore sull'origine;

d) qualsiasi altra prassi che possa indurre in errore il consumatore sulla vera origine dei prodotti.

Se una denominazione registrata contiene il nome di un prodotto agricolo o alimentare che è considerato generico, l'uso di questo nome generico sui corrispondenti prodotti agricoli o alimentari non è considerato contrario al primo comma, lettera a) o b).

2. Le denominazioni protette non possono diventare generiche.

3. Per quanto riguarda le denominazioni la cui registrazione è richiesta ai sensi dell'articolo 5, può essere previsto un periodo transitorio non superiore a cinque anni, a norma dell'articolo 7, paragrafo 5, solo nel caso in cui un'opposizione sia stata dichiarata ricevibile in quanto la registrazione del nome proposto danneggerebbe l'esistenza di una denominazione omonima o parzialmente omonima o l'esistenza di prodotti che si trovano legalmente sul mercato da almeno cinque anni prima della data di pubblicazione di cui all'articolo 6, paragrafo 2.

Può inoltre essere stabilito un periodo transitorio per imprese stabilite nello Stato membro o nel paese terzo dove si trova la zona geografica, a condizione che dette imprese abbiano legalmente commercializzato i prodotti di cui trattasi utilizzando in modo continuativo tali denominazioni per almeno i cinque anni che precedono la data di pubblicazione di cui all'articolo 6, paragrafo 2, e che il problema sia stato sollevato nel corso della procedura nazionale di opposizione di cui all'articolo 5, paragrafo 5, primo e secondo comma, o della procedura comunitaria di opposizione di cui all'articolo 7, paragrafo 2. In totale, il cumulo del periodo transitorio di cui al presente comma e del periodo di adattamento di cui all'articolo 5, paragrafo 6, non può superare cinque anni. Qualora il periodo di adattamento di cui all'articolo 5, paragrafo 6, superi cinque anni, non può essere concesso alcun periodo transitorio.

4. Fatto salvo l'articolo 14, la Commissione può decidere, secondo la procedura di cui all'articolo 15, paragrafo 2, di far coesistere una denominazione registrata e una denominazione non registrata che designa un luogo di uno Stato membro o di un paese terzo, qualora questa denominazione sia identica alla denominazione registrata, purché tutte le seguenti condizioni siano soddisfatte:

a) la denominazione identica non registrata sia stata legalmente utilizzata durante almeno i venticinque anni precedenti il 24 luglio 1993, in base ad usi leali e costanti;

b) sia provato che tale uso non abbia inteso sfruttare, in alcun momento, la reputazione della denominazione registrata e che non abbia indotto né abbia potuto indurre in errore il consumatore quanto alla vera origine del prodotto;

c) il problema relativo alla denominazione identica sia stato sollevato prima della registrazione della denominazione.

La coesistenza della denominazione registrata e della denominazione identica non registrata può durare al massimo per un periodo di quindici anni, trascorso il quale la denominazione non registrata non può più essere utilizzata.

L'impiego della denominazione geografica non registrata è autorizzato solamente se lo Stato di origine è chiaramente e visibilmente indicato sull'etichetta.


Articolo 14

Relazioni fra marchi, denominazioni di origine e indicazioni geografiche.

1. Qualora una denominazione d'origine o un'indicazione geografica sia registrata conformemente al presente regolamento, la domanda di registrazione di un marchio corrispondente ad una delle situazioni di cui all'articolo 13 e concernente lo stesso tipo di prodotto viene respinta, se la domanda di registrazione del marchio è presentata posteriormente alla data di presentazione della domanda di registrazione presso la Commissione.

I marchi registrati in violazione del primo comma sono annullati.

2. Nel rispetto del diritto comunitario, l'uso di un marchio corrispondente ad una delle situazioni di cui all'articolo 13, depositato, registrato o, nei casi in cui ciò sia previsto dalla normativa pertinente, acquisito con l'uso in buona fede sul territorio comunitario, anteriormente alla data di protezione della denominazione d'origine o dell'indicazione geografica nel paese d'origine, o precedentemente al 1o gennaio 1996, può proseguire, nonostante la registrazione di una denominazione d'origine o di un'indicazione geografica, qualora il marchio non incorra nella nullità o decadenza per i motivi previsti dalla prima direttiva 89/104/CEE del Consiglio, del 21 dicembre 1988, sul ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri in materia di marchi d'impresa (13) o dal regolamento (CE) n. 40/94 del Consiglio, del 20 dicembre 1993, sul marchio comunitario (14).

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(13) [Nota ufficiale] (8) GU L 40 dell'11.2.1989, pag. 1.

(14) [Nota ufficiale] (9) GU L 11 del 14.1.1994, pag. 1.


Articolo 15

Procedura di comitato.

1. La Commissione è assistita dal comitato permanente per le indicazioni geografiche e le denominazioni d'origine protette.

2. Nei casi in cui è fatto riferimento al presente paragrafo, si applicano gli articoli 5 e 7 della decisione 1999/468/CE.

Il periodo di cui all'articolo 5, paragrafo 6, della decisione 1999/468/CE è fissato a tre mesi.

3. Il comitato adotta il proprio regolamento interno.


Articolo 16

Modalità d'applicazione.

Ai fini dell'attuazione del presente regolamento, sono adottate modalità di applicazione secondo la procedura di cui all'articolo 15, paragrafo 2. Esse comprendono in particolare:

a) un elenco delle materie prime di cui all'articolo 2, paragrafo 3;

b) modalità relative agli elementi costitutivi del disciplinare, di cui all'articolo 4, paragrafo 2;

c) le condizioni alle quali una persona fisica o giuridica può essere equiparata ad una associazione;

d) modalità relative alla presentazione di una domanda di registrazione di una denominazione che designa una zona geografica transfrontaliera, di cui all'articolo 5, paragrafo 1, terzo comma;

e) modalità relative al contenuto e alla trasmissione alla Commissione dei documenti di cui all'articolo 5, paragrafi 7 e 9;

f) modalità relative alle opposizioni, di cui all'articolo 7, comprese le modalità relative alle idonee consultazioni tra le parti interessate;

g) modalità relative alle diciture e ai simboli, di cui all'articolo 8;

h) modalità relative alle modifiche minori di cui all'articolo 7, paragrafo 5, secondo comma e all'articolo 9, paragrafo 2, tenendo presente che una modifica minore non può riguardare né le caratteristiche essenziali del prodotto né alterare il legame;

i) modalità relative al registro delle denominazioni d'origine e indicazioni geografiche, di cui all'articolo 7, paragrafo 6;

j) modalità relative alle condizioni di controllo del rispetto del disciplinare;

k) modalità relative alle condizioni di cancellazione della registrazione.


Articolo 17

Disposizioni transitorie.

1. Le denominazioni che, alla data di entrata in vigore del presente regolamento figurano nell'allegato del regolamento (CE) n. 1107/96 della Commissione (15) e quelle che figurano nell'allegato del regolamento (CE) n. 2400/96 della Commissione (16) sono automaticamente iscritte nel registro di cui all'articolo 7, paragrafo 6, del presente regolamento. I disciplinari corrispondenti sono equiparati ai disciplinari di cui all'articolo 4, paragrafo 1. Restano d'applicazione le disposizioni transitorie specifiche associate a tali registrazioni.

2. Per quanto concerne le domande, le dichiarazioni e le richieste pendenti presentate alla Commissione anteriormente alla data di entrata in vigore del presente regolamento:

a) non si applicano le procedure di cui all'articolo 5 senza pregiudizio dell'articolo 13, paragrafo 3; e

b) la scheda riepilogativa del disciplinare elaborata in conformità del regolamento (CE) n. 383/2004 della Commissione (17) sostituisce il documento unico di cui all'articolo 5, paragrafo 3, lettera c).

3. La Commissione può adottare, se necessario, altre disposizioni transitorie secondo le procedure previste all'articolo 15, paragrafo 2.

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(15) [Nota ufficiale] (10) Regolamento (CE) n. 1107/96 della Commissione, del 12 giugno 1996, relativo alla registrazione delle indicazioni geografiche e delle denominazioni di origine nel quadro della procedura di cui all'articolo 17 del regolamento (CEE) n. 2081/92 del Consiglio (GU L 148 del 21.6.1996, pag. 1). Regolamento modificato da ultimo dal regolamento (CE) n. 704/2005 (GU L 118 del 5.5.2005, pag. 14).

(16) [Nota ufficiale] (11) Regolamento (CE) n. 2400/96 della Commissione, del 17 dicembre 1996, relativo all'iscrizione di alcune denominazioni nel Registro delle denominazioni di origine protette e delle indicazioni geografiche protette di cui al regolamento (CEE) n. 2081/92 del Consiglio relativo alla protezione delle indicazioni geografiche e delle denominazioni di origine dei prodotti agricoli e alimentari (GU L 327 del 18.12.1996, pag. 11). Regolamento modificato da ultimo dal regolamento (CE) n. 417/2006 (GU L 72 dell'11.3.2006, pag. 8).

(17) [Nota ufficiale] (12) Regolamento (CE) n. 383/2004 della Commissione, del 1o marzo 2004, recante modalità d'applicazione del regolamento (CEE) n. 2081/92 del Consiglio per quanto concerne la scheda riepilogativa dei principali elementi dei disciplinari (GU L 64 del 2.3.2004, pag. 16).


Articolo 18

Tasse.

Gli Stati membri possono esigere il pagamento di una tassa destinata a coprire le loro spese, comprese quelle sostenute in occasione dell'esame delle domande di registrazione, delle dichiarazioni di opposizione, delle domande di modifica e delle richieste di cancellazione presentate a norma del presente regolamento.


Articolo 19

Abrogazione.

Il regolamento (CEE) n. 2081/92 è abrogato.

I riferimenti al regolamento abrogato si intendono fatti al presente regolamento e vanno letti secondo la tavola di concordanza di cui all'allegato III.


Articolo 20

Entrata in vigore.

Il presente regolamento entra in vigore il giorno della sua pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell'Unione europea.

Tuttavia le disposizioni di cui all'articolo 8, paragrafo 2, si applicano a decorrere dal 1° maggio 2009, ad eccezione dei prodotti immessi sul mercato prima di tale data.

Il presente regolamento è obbligatorio in tutti i suoi elementi e direttamente applicabile in ciascuno degli Stati membri.

Fatto a Bruxelles, addì 20 marzo 2006.

Per il Consiglio

Il presidente

J. PRÖLL


ALLEGATO I

Prodotti alimentari di cui all'articolo 1, paragrafo 1

- birre,

- bevande a base di estratti di piante,

- prodotti della panetteria, della pasticceria, della confetteria o della biscotteria,

- gomme e resine naturali,

- pasta di mostarda,

- paste alimentari.


ALLEGATO II

Prodotti agricoli di cui all'articolo 1, paragrafo 1

- fieno,

- oli essenziali,

- sughero,

- cocciniglia (prodotto grezzo di origine animale),

- fiori e piante ornamentali,

- lana,

- vimini,

- lino stigliato.


 

 

ALLEGATO III

TAVOLA DI CONCORDANZA

Regolamento (CEE) n. 2082/92  

Presente regolamento 

Articolo 1, paragrafo 1, primo comma 

Articolo 1, paragrafo 1, primo comma 

Articolo 1, paragrafo 1, secondo comma 

Articolo 1, paragrafo 1, secondo comma 

Articolo 1, paragrafi 2 e 3 

Articolo 1, paragrafi 2 e 3 

Articolo 2, paragrafo 1, primo comma 

Articolo 2, paragrafo 1, lettera a) 

Articolo 2, paragrafo 1, secondo comma 

Articolo 2, paragrafo 2, secondo comma 

Articolo 2, paragrafo 1, terzo comma 

Articolo 2, paragrafo 2, terzo comma 

Articolo 2, paragrafo 2, prima frase 

Articolo 2, paragrafo 1, lettera d) 

Articolo 2, paragrafo 2, seconda frase 

Articolo 2, paragrafo 2, quarto comma 

Articolo 2, paragrafo 3 

Articolo 2, paragrafo 1, lettera c) 

Articolo 2, paragrafo 1, lettera b) 

Articolo 2, paragrafo 2, primo comma 

Articolo 3 

Articolo 3 

Articolo 4, paragrafo 1 

Articolo 4, paragrafo 1, primo comma 

Articolo 4, paragrafo 2 

Articolo 4, paragrafo 1, secondo comma 

Articolo 5, paragrafo 1 

Articolo 4, paragrafo 2 

Articolo 5, paragrafo 2 

Articolo 4, paragrafo 3, secondo comma 

Articolo 5, paragrafo 3 

Articolo 4, paragrafo 3, primo comma 

Articolo 5, paragrafo 4 

Articolo 4, paragrafo 1, seconda frase del secondo comma 

Articolo 5 

Articolo 6, paragrafo 1 

Articolo 6, paragrafo 1 

Articolo 6, paragrafo 2 

Articolo 6, paragrafo 2 

Articolo 7, paragrafo 1 

Articolo 7, paragrafo 1 

Articolo 7, paragrafo 2 

Articolo 7, paragrafo 3 

Articolo 7, paragrafo 6 

Articolo 7, paragrafi 7 e 8 

Articolo 7, paragrafo 2 

Articolo 7, paragrafo 3 

Articolo 7, paragrafi 4 e 5 

Articolo 8, paragrafo 1 

Articolo 8, paragrafo 1, primo comma 

Articolo 8, paragrafo 1, secondo comma 

Articolo 8, paragrafo 2, primo comma 

Articolo 8, paragrafo 2 

Articolo 8, paragrafo 3 

Articolo 9, paragrafi 1 e 2 

Articolo 9, paragrafo 3 

Articolo 9, paragrafo 1 

Articolo 9, paragrafo 4 

Articolo 9, paragrafo 2 

Articolo 9, paragrafo 5 

Articolo 10 

Articolo 10 

Articolo 11, paragrafo 1 

Articolo 11, paragrafo 1, primo comma 

Articolo 11, paragrafo 2, primo comma 

Articolo 11, paragrafo 1, terzo comma 

Articolo 11, paragrafo 1, secondo comma 

Articolo 11, paragrafo 2, secondo comma 

Articolo 11, paragrafo 2 

Articolo 12 

Articolo 19, paragrafo 1, lettera g) 

Articolo 13, paragrafo 1 

Articolo 13, paragrafo 1 

Articolo 13, paragrafo 2 

Articolo 13, paragrafo 2 

Articolo 13, paragrafo 3 

Articolo 14 

Articoli 14 e 15 

Articolo 15, paragrafo 1 

Articolo 12, paragrafo 1 

Articolo 12, paragrafi 2 e 3 

Articolo 15, paragrafo 2 

Articolo 16, paragrafo 1 

Articolo 15, paragrafo 3 

Articolo 16 

Articolo 17 

Articolo 17, paragrafi 1 e 2 

Articolo 18 

Articolo 17, paragrafo 3 

Articolo 19 

Articolo 18 

Articolo 20 

Articolo 19 

Articolo 21 

Articolo 21 

Articolo 22 

Articolo 22 

Allegato 

Allegato I 

Allegato II 

 

 

 

 

 


Pubblicistica


S. Stranieri, “Politiche agro-alimentari per la tutela della qualità: il caso francese”, in Nuovo Diritto Agrario, n. 3/2004


A. Di Lauro (commento di) “Promozione del sistema agroalimentare italiano (art. 17 d.lgs. 29 marzo 2004, n. 99)”, in Le nuove leggi civili commentate, n. 4/2004


P. Borghi, “Il Made in Italy nella disciplina italiana e comunitaria, con particolare riferimento agli alimenti”, in Diritto & Diritti

 


S. Masini, “Sulla funzione delle specialità tradizionali garantite: una nomenclatura tra tradizione e delocalizzazione”, in Diritto e giurisprudenza agraria, alimentare e dell’ambiente, n. 9/2006



[1]     La materia è disciplinata a livello comunitariosino dal 1992, quando il Consiglio ha adottato i seguenti regolamenti:

      Regolamento (CEE) n. 2081/92, relativo alla protezione delle indicazioni geografiche e delle denominazioni di origine dei prodotti agricoli ed alimentari;

      Regolamento (CEE) n. 2082/92, relativo alle specialità tradizionali garantite dei prodotti agricoli ed alimentari.

I due regolamenti, che non si applicano al settore vitivinicolo, per il quale esiste una specifica normativa, sono stati più volte modificati e da ultimo interamente abrogati e sostituiti, rispettivamente, dai seguenti :

      Regolamento (CEE) n. 510/2006, relativo alla protezione delle indicazioni geografiche e delle denominazioni di origine dei prodotti agricoli ed alimentari;

      Regolamento (CEE) n. 509/2006, relativo alle specialità tradizionali garantite dei prodotti agricoli ed alimentari.

      Le modifiche apportate con la nuova versione dei due regolamenti attengono essenzialmente alle procedure per il riconoscimento delle IGP e delle DOP, che dovrebbero risultare semplificate e abbreviate. Restano invece invariate le relative definizioni, che sono le seguenti:

-        denominazione d’origine: il nome di una regione, di un luogo determinato o, in casi eccezionali, di un paese che serve a designare un prodotto agricolo o alimentare originario di tale regione, di tale luogo determinato o di tale paese, la cui qualità o le cui caratteristiche sono dovute essenzialmente o esclusivamente ad un particolare ambiente geografico, inclusi i fattori naturali ed umani, e la cui produzione, trasformazione ed elaborazione avvengono nella zona geografica delimitata;

-        indicazione geografica: il nome di una regione, di un luogo determinato o, in casi eccezionali, di un paese che serve a designare un prodotto agricolo o alimentare come originario di tale regione, di tale luogo determinato o di tale paese, del quale una determinata qualità, la reputazione o altre caratteristiche possono essere attribuite a tale origine geografica, e la cui produzione e/o trasformazione e/o elaborazione avvengono nella zona geografica delimitata.

      Come si vede, le due definizioni coincidono per larga parte, differenziandosi per un legame con l’ambiente di provenienza che è più stretto nella DOP, per la quale si richiede che le qualità o le caratteristiche del prodotto, nel loro complesso, siano riconducibili “essenzialmente o esclusivamente” ad un particolare ambiente geografico e che tutte le fasi della lavorazione avvengano nella zona geografica delimitata. Nella IGP, invece, è sufficiente che una determinata qualità, la reputazione o un’altra caratteristica “possano essere attribuite” a tale origine geografica, e che anche una sola delle fasi di lavorazione avvenga nell’area geografica di riferimento. In ogni caso, la protezione assicurata dalle norme comunitarie alle due fattispecie è identica.

      Infine, la definizione di “specialità tradizionali garantite dei prodotti agricoli o alimentari” è ricavabile dall’art. 4 del Regolamento (CE) n. 509/2006, ai sensi del quale un prodotto agricolo o alimentare, per figurare nel relativo registro, deve “essere ottenuto utilizzando materie prime tradizionali oppure essere caratterizzato da una componente tradizionale o aver subito un metodo di produzione e/o di trasformazione che rispecchia un tipo tradizionale di produzione e/o di trasformazione”.

[2]     Si veda al riguardo l’articolo di Paolo Borghi, “Il Made in Italy nella disciplina italiana e comunitaria, con particolare riferimento agli alimenti”, riportato in questo dossier. Commentando la giurisprudenza della Corte in materia di DOP e IGP, nota come “Warsteiner”, dal caso della omonima birra tedesca, l’Autore infatti così conclude, sintetizzando l’orientamento che emerge dalla giurisprudenza medesima: “quasi a dire -o, almeno, così parrebbe- che per i prodotti appartenenti ai generi merceologici tutelabili con DOP e IGP l’ordinamento europeo non ammette forme di protezione della qualità geografica del prodotto diverse (parallele e/o concorrenti) con il sistema delle stesse DOP e IGP”.

 

[3]    Il regolamento per l’individuazione dei “prodotti tradizionali” è stato approvato con il D.M. 8 settembre 1999, n. 350 cui ha fatto seguito la compilazione del primo elenco redatto dal MIPAF, con il decreto 18 luglio 2000. Tale elenco è stato più volte aggiornato, da ultimo, e per la sesta volta, con il decreto direttoriale 10 luglio 2006.

[4]    D.Lgs. 30 aprile 1998, n. 173 “Disposizioni in materia di contenimento dei costi di produzione e per il rafforzamento strutturale delle imprese agricole, a norma dell'articolo 55, commi 14 e 15, della L. 27 dicembre 1997, n. 449”.

[5]    Reg. (CE) n. 852/2004 “Regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio sull'igiene dei prodotti alimentari”.

[6]    D.M. 25 luglio 2000 “Definizione delle deroghe relative ai prodotti tradizionali in attuazione del comma 2 dell'art. 8 del D.Lgs. 30 aprile 1998, n. 173”.

[7]    Reg. (CE), n. 2074/2005 “Regolamento della Commissione recante modalità di attuazione relative a taluni prodotti di cui al regolamento (CE) n. 853/2004 del Parlamento europeo e del Consiglio e all'organizzazione di controlli ufficiali a norma dei regolamenti del Parlamento europeo e del Consiglio (CE) n. 854/2004 e (CE) n. 882/2004, deroga al regolamento (CE) n. 852/2004 del Parlamento europeo e del Consiglio e modifica dei regolamenti (CE) n. 853/2004 e (CE) n. 854/2004”.

[8]    Il Regolamento n. 776/2006 della Commissione del 23 maggio 2006 ha modificato l’allegato VII del regolamento n. 882 del 2004, per quanto riguarda i laboratori comunitari di riferimento per i controlli.

[9]    Si intende per controllo ufficiale qualsiasi forma di controllo eseguita dall'autorità competente o dalla Comunità per la verifica della conformità alla normativa in materia di mangimi e di alimenti e alle norme sulla salute e sul benessere degli animali.

[10]   Tale regolamento ha istituito, altresì, l'Autorità europea per la sicurezza alimentare e fissato le procedure nel campo della sicurezza alimentare.

[11]  Gli Stati membri devono elaborare un piano di controllo nazionale pluriennale integrato, da attuare entro il 1 gennaio 2007, in cui illustrare il sistema di controllo nazionale e le attività connesse.

[12]   In caso di rilevata infrazione, l'autorità competente interessata adotta le misure del caso, tenendo conto della natura dell'infrazione e dei precedenti dell'operatore inadempiente. Dette misure consistono in provvedimenti sanzionatori (ritiro dal mercato, distruzione del prodotto, chiusura di un'azienda, ritiro dello status approvato dello stabilimento, ecc.), che devono essere efficaci, dissuasivi e proporzionati.

[13]   Il presente regolamento aggiunge una nuova dimensione alle misure di salvaguardia previste dal regolamento n. 178 del 2002 e consente quindi alla Commissione di intervenire laddove vi sia la prova che il sistema di controllo di uno Stato membro presenta gravi carenze. Le misure in questione, che possono comportare la sospensione della commercializzazione di determinati mangimi o alimenti oppure la fissazione di condizioni speciali per la loro distribuzione, sono assunte se i controlli comunitari dimostrano una mancata conformità alla legislazione comunitaria e se gli Stati interessati non adottato interventi correttivi a richiesta della Commissione ed entro i termini fissati dalla medesima.

[14]   Il personale delle autorità competenti è tenuto a non divulgare le informazioni ottenute nell'esercizio delle sue attività di controllo che, per loro natura, sono soggette al segreto professionale.

[15]   Il presente regolamento completa le disposizioni della direttiva 97/78/CE, che riguarda unicamente i controlli applicabili ai mangimi e ai prodotti alimentari di origine animale, stabilendo i seguenti principi: regolarità del controllo da parte degli Stati membri, sui mangimi e sugli alimenti di origine non animale importati nell'Unione europea; redazione ed aggiornamento di un elenco di mangimi e di prodotti alimentari a rischio; controlli ufficiali dei mangimi e degli alimenti provenienti da paesi terzi in zone franche e in magazzini franchi o in fase di transito.

[16]   In caso di mancato rispetto della normativa, i prodotti interessati possono essere sequestrati o confiscati e distrutti, sottoposti a trattamento speciale o rispediti fuori della Comunità a spese dell'operatore responsabile della partita oggetto del controllo.

[17]   in caso di applicazione di tasse d'ispezione per gli operatori del settore dei mangimi e di quello degli alimenti, i principi previsti devono essere comuni per fissare il livello di tali tasse; inoltre i metodi e i dati usati per il calcolo di tali tasse sono pubblicati o resi altrimenti disponibili al pubblico.

[18]   In forza della legislazione comunitaria vigente sono stati istituiti diversi laboratori comunitari di riferimento (LCR) (vedi, l’allegato V del presente regolamento). Essi possono ottenere un contributo finanziario dell'UE e hanno il compito di: fornire ai laboratori nazionali di riferimento indicazioni sui metodi di analisi; organizzare test comparativi e coordinare, nella loro sfera di competenza, le attività pratiche e scientifiche necessarie per ottenere nuovi metodi di analisi; condurre corsi di formazione; fornire assistenza tecnica alla Commissione. Gli Stati membri assicurano che per ciascun LCR siano designati uno o più laboratori nazionali di riferimento. Questi ultimi fungono da punto di comunicazione tra l'LCR e tutti i laboratori ufficiali negli Stati membri.

[19]   Il testo del presente regolamento è stato sostituito dalla rettifica pubblicata nella G.U.U.E. 28 maggio 2004, n. L 191.