Camera dei deputati - XV Legislatura - Dossier di documentazione (Versione per stampa)
Autore: Servizio Studi - Dipartimento agricoltura
Titolo: Agricoltura biologica - A.C. 2604 - Normativa di riferimento
Riferimenti:
AC n. 2604/XV     
Serie: Progetti di legge    Numero: 190
Data: 12/06/2007
Descrittori:
AGRICOLTURA BIOLOGICA     
Organi della Camera: XIII-Agricoltura


Camera dei deputati

XV LEGISLATURA

SERVIZIO STUDI

Progetti di legge

Agricoltura biologica

A.C. n. 2604 e abb.

 

 

Normativa di riferimento

 

 

 

 

n. 190

Tomo II

12 giugno 2007

 

La documentazione predisposta per l’esame del progetto di legge A.C. 2604 e abb.  recante "Disposizioni per lo sviluppo e la competitività della produzione agricola ed agroalimentare con metodo biologico" si articola nei seguenti fascicoli:

§         dossier n. 190, Tomo I -  Schede di lettura e documentazione;

§         dossier n. 190, Tomo II -  Normativa di riferimento.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Dipartimento Agricoltura

 

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File: AG0035s2.doc

 


 

 

Normativa nazionale

Costituzione della Repubblica italiana (Art. 117)3

L. 25 novembre 1971, n. 1096 Disciplina dell'attività sementiera. 7

D.P.R. 8 ottobre 1973, n. 1065 Regolamento di esecuzione della L. 25 novembre 1971, n. 1096 , concernente la disciplina della produzione e del commercio delle sementi9

L. 20 aprile 1976, n. 195 Modifiche e integrazioni alla L. 25 novembre 1971, n. 1096, sulla disciplina della attività sementiera. 11

L. 23 agosto 1988, n. 400 Disciplina dell'attività di Governo e ordinamento della Presidenza del Consiglio dei Ministri (art. 17)13

L. 5 ottobre 1991, n. 317 Interventi per l'innovazione e lo sviluppo delle piccole imprese (art. 36)15

L. 6 dicembre 1991, n. 394 Legge quadro sulle aree protette. 17

D.Lgs. 27 gennaio 1992, n. 119 Attuazione delle direttive n. 81/851/CEE, n. 81/852/CEE, n. 87/20/CEE e n. 90/676/CEE relative ai medicinali veterinari47

L. 5 febbraio 1992, n. 102 Norme concernenti l'attività di acquacoltura. 49

D.Lgs. 17 marzo 1995, n. 220 Attuazione degli articoli 8 e 9 del regolamento n. 2092/91/CEE in materia di produzione agricola ed agro-alimentare con metodo biologico. 51

D.Lgs. 28 agosto 1997, n. 281 Definizione ed ampliamento delle attribuzioni della Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e Bolzano ed unificazione, per le materie ed i compiti di interesse comune delle regioni, delle province e dei comuni, con la Conferenza Stato-città ed autonomie locali (art. 2)59

L. 23 dicembre 1999, n. 488 Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato. (Legge finanziaria 2000) (art. 59)63

D.Lgs. 18 maggio 2001, n. 228 Orientamento e modernizzazione del settore agricolo, a norma dell'articolo 7 della L. 5 marzo 2001, n. 57 (artt. 13 e 27 – allegato 1)67

D.M. 29 ottobre 2001 Approvazione delle proposte formulate dalle regioni e dalle province autonome di Trento e Bolzano ai sensi del D.M. 3 luglio 2000, concernente il testo unico delle direttive per la concessione e l'erogazione delle agevolazioni alle attività produttive nelle aree depresse di cui alla L. n. 488/1992, in merito alle domande del bando del 2001 riferite al settore commercio. 71

D.Lgs. 30 giugno 2003, n. 196 Codice in materia di protezione dei dati personali81

D.M. 27 agosto 2004 Definizione dell'attività di vigilanza sulle strutture autorizzate a svolgere il controllo e certificazione delle produzioni agroalimentari regolamentate da norme comunitarie. 83

D.L. 22 novembre 2004, n. 279 Disposizioni urgenti per assicurare la coesistenza tra le forme di agricoltura transgenica, convenzionale e biologica (art. 3)89

D.Lgs. 27 maggio 2005, n. 102 Regolazioni dei mercati agroalimentari, a norma dell'articolo 1, comma 2, lettera e), della L. 7 marzo 2003, n. 38.91

D.L. 4 luglio 2006, n. 223 Disposizioni urgenti per il rilancio economico e sociale, per il contenimento e la razionalizzazione della spesa pubblica, nonchè interventi in materia di entrate e di contrasto all'evasione fiscale (art. 29)103

L. 6 febbraio 2007, n. 13 Disposizioni per l'adempimento di obblighi derivanti dall'appartenenza dell'Italia alle Comunità europee - Legge comunitaria 2006 (art. 3)107

Normativa comunitaria

Dir. 82/471/CEE del 30 giugno 1982 Direttiva del Consiglio relativa a taluni prodotti impiegati nell'alimentazione degli animali111

Reg. (CEE) n. 2377/90 del 26 giugno 1990 Regolamento del Consiglio che definisce una procedura comunitaria per la determinazione dei limiti massimi di residui di medicinali veterinari negli alimenti di origine animale  113

Dir. 91/414/CEE del 15 luglio 1991 Direttiva del Consiglio relativa all'immissione in commercio dei prodotti fitosanitari (art. 2)115

Reg. (CEE) 24 giugno 1991, n. 2092/91 Regolamento del Consiglio relativo al metodo di produzione biologico di prodotti agricoli e alla indicazione di tale metodo sui prodotti agricoli e sulle derrate alimentari117

Dec. 1999/468/CE del 28 giugno 1999 Decisione del Consiglio recante modalità per l'esercizio delle competenze di esecuzione conferite alla Commissione. 231

Dir. 2000/13/CE del 20 marzo 2000 Direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio relativa al ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri concernenti l'etichettatura e la presentazione dei prodotti alimentari, nonché la relativa pubblicità (art. 6)243

Dir. 2001/18/CE del 12 marzo 2001  Direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio sull'emissione deliberata nell'ambiente di organismi geneticamente modificati e che abroga la direttiva 90/220/CEE del Consiglio (art. 2)249

Reg. (CE) n. 1788/2001 del 7 settembre 2001 Regolamento della Commissione che fissa le modalità d'applicazione delle disposizioni concernenti il certificato di controllo per l'importazione di prodotti provenienti da paesi terzi ai sensi dell'articolo 11 del regolamento (CEE) n. 2092/91 del Consiglio relativo al metodo di produzione biologico di prodotti agricoli e alla indicazione di tale metodo sui prodotti agricoli e sulle derrate alimentari (art. 2)251

Reg. (CE) n. 178/2002 del 28 gennaio 2002  Regolamento del Parlamento europeo e del Consiglioche stabilisce i principi e i requisiti generali della legislazione alimentare, istituisce l'Autorità europea per la sicurezza alimentare e fissa procedure nel campo della sicurezza alimentare(artt. 2 e 3)253

Racc. 2003/556/CE del 23 luglio 2003 Raccomandazione della Commissione recante orientamenti per lo sviluppo di strategie nazionali e migliori pratiche per garantire la coesistenza tra colture transgeniche, convenzionali e biologiche. 257

Reg. (CE) n. 223/2003 del 5 febbraio 2003 Regolamento della Commissione concernente i requisiti in materia di etichettatura riferiti al metodo di produzione biologico per i mangimi, i mangimi composti per animali e le materie prime per mangimi e recante modifica del regolamento (CEE) n. 2092/91 del Consiglio  271

Reg. (CE) n. 1452/2003 del 14 agosto 2003 Regolamento della Commissione che mantiene la deroga prevista all'articolo 6, paragrafo 3, lettera a), del regolamento (CEE) n. 2092/91 per le sementi e i materiali di riproduzione vegetativa per alcune specie e stabilisce le norme procedurali e i criteri per l'applicazione della deroga. 277

Reg. (CE) n. 1831/2003 del 22 settembre 2003 Regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio sugli additivi destinati all'alimentazione animale (art. 2)285

Reg. (CE) n. 882/2004 del 29 aprile 2004 Regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio relativo ai controlli ufficiali intesi a verificare la conformità alla normativa in materia di mangimi e di alimenti e alle norme sulla salute e sul benessere degli animali287

Reg. (CE) 21 dicembre 2006, n. 1991/2006 Regolamento del Consiglio che modifica il regolamento (CEE) n. 2092/91 relativo al metodo di produzione biologico di prodotti agricoli e all'indicazione di tale metodo sui prodotti agricoli e sulle derrate alimentari353

 


Normativa nazionale

 


 

 

Costituzione della Repubblica italiana (Art. 117)

(omissis)

117. La potestà legislativa è esercitata dallo Stato e dalle Regioni nel rispetto della Costituzione, nonché dei vincoli derivanti dall'ordinamento comunitario e dagli obblighi internazionali (1).

Lo Stato ha legislazione esclusiva nelle seguenti materie:

a) politica estera e rapporti internazionali dello Stato; rapporti dello Stato con l'Unione europea; diritto di asilo e condizione giuridica dei cittadini di Stati non appartenenti all'Unione europea;

b) immigrazione;

c) rapporti tra la Repubblica e le confessioni religiose;

d) difesa e Forze armate; sicurezza dello Stato; armi, munizioni ed esplosivi;

e) moneta, tutela del risparmio e mercati finanziari; tutela della concorrenza; sistema valutario; sistema tributario e contabile dello Stato; perequazione delle risorse finanziarie;

f) organi dello Stato e relative leggi elettorali; referendum statali; elezione del Parlamento europeo;

g) ordinamento e organizzazione amministrativa dello Stato e degli enti pubblici nazionali;

h) ordine pubblico e sicurezza, ad esclusione della polizia amministrativa locale;

i) cittadinanza, stato civile e anagrafi;

l) giurisdizione e norme processuali; ordinamento civile e penale; giustizia amministrativa;

m) determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale;

n) norme generali sull'istruzione;

o) previdenza sociale;

p) legislazione elettorale, organi di governo e funzioni fondamentali di Comuni, Province e Città metropolitane;

q) dogane, protezione dei confini nazionali e profilassi internazionale;

r) pesi, misure e determinazione del tempo; coordinamento informativo statistico e informatico dei dati dell'amministrazione statale, regionale e locale; opere dell'ingegno;

s) tutela dell'ambiente, dell'ecosistema e dei beni culturali (2).

Sono materie di legislazione concorrente quelle relative a: rapporti internazionali e con l'Unione europea delle Regioni; commercio con l'estero; tutela e sicurezza del lavoro; istruzione, salva l'autonomia delle istituzioni scolastiche e con esclusione della istruzione e della formazione professionale; professioni; ricerca scientifica e tecnologica e sostegno all'innovazione per i settori produttivi; tutela della salute; alimentazione; ordinamento sportivo; protezione civile; governo del territorio; porti e aeroporti civili; grandi reti di trasporto e di navigazione; ordinamento della comunicazione; produzione, trasporto e distribuzione nazionale dell'energia; previdenza complementare e integrativa; armonizzazione dei bilanci pubblici e coordinamento della finanza pubblica e del sistema tributario; valorizzazione dei beni culturali e ambientali e promozione e organizzazione di attività culturali; casse di risparmio, casse rurali, aziende di credito a carattere regionale; enti di credito fondiario e agrario a carattere regionale. Nelle materie di legislazione concorrente spetta alle Regioni la potestà legislativa, salvo che per la determinazione dei princìpi fondamentali, riservata alla legislazione dello Stato (3).

Spetta alle Regioni la potestà legislativa in riferimento ad ogni materia non espressamente riservata alla legislazione dello Stato (4).

Le Regioni e le Province autonome di Trento e di Bolzano, nelle materie di loro competenza, partecipano alle decisioni dirette alla formazione degli atti normativi comunitari e provvedono all'attuazione e all'esecuzione degli accordi internazionali e degli atti dell'Unione europea, nel rispetto delle norme di procedura stabilite da legge dello Stato, che disciplina le modalità di esercizio del potere sostitutivo in caso di inadempienza.

La potestà regolamentare spetta allo Stato nelle materie di legislazione esclusiva, salva delega alle Regioni. La potestà regolamentare spetta alle Regioni in ogni altra materia. I Comuni, le Province e le Città metropolitane hanno potestà regolamentare in ordine alla disciplina dell'organizzazione e dello svolgimento delle funzioni loro attribuite.

Le leggi regionali rimuovono ogni ostacolo che impedisce la piena parità degli uomini e delle donne nella vita sociale, culturale ed economica e promuovono la parità di accesso tra donne e uomini alle cariche elettive.

La legge regionale ratifica le intese della Regione con altre Regioni per il migliore esercizio delle proprie funzioni, anche con individuazione di organi comuni (5).

Nelle materie di sua competenza la Regione può concludere accordi con Stati e intese con enti territoriali interni ad altro Stato, nei casi e con le forme disciplinati da leggi dello Stato (6).

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(1) Per la sostituzione del presente comma vedi l'art. 39 del testo di legge costituzionale, approvato dalla Camera dei deputati nella seduta del 20 ottobre 2005 e dal Senato della Repubblica nella seduta del 16 novembre 2005 e pubblicato nella Gazz. Uff. 18 novembre 2005, n. 269. Vedi, anche, l'art. 53 dello stesso testo.

(2) Per la modifica del presente comma vedi l'art. 39 del testo di legge costituzionale, approvato dalla Camera dei deputati nella seduta del 20 ottobre 2005 e dal Senato della Repubblica nella seduta del 16 novembre 2005 e pubblicato nella Gazz. Uff. 18 novembre 2005, n. 269. Vedi, anche, l'art. 53 dello stesso testo.

(3) Per la modifica del presente comma vedi l'art. 39 del testo di legge costituzionale, approvato dalla Camera dei deputati nella seduta del 20 ottobre 2005 e dal Senato della Repubblica nella seduta del 16 novembre 2005 e pubblicato nella Gazz. Uff. 18 novembre 2005, n. 269. Vedi, anche, l'art. 53 dello stesso testo.

(4) Per la sostituzione del presente comma vedi l'art. 39 del testo di legge costituzionale, approvato dalla Camera dei deputati nella seduta del 20 ottobre 2005 e dal Senato della Repubblica nella seduta del 16 novembre 2005 e pubblicato nella Gazz. Uff. 18 novembre 2005, n. 269. Vedi, anche, l'art. 53 dello stesso testo.

(5) Per la sostituzione del presente comma vedi l'art. 39 del testo di legge costituzionale, approvato dalla Camera dei deputati nella seduta del 20 ottobre 2005 e dal Senato della Repubblica nella seduta del 16 novembre 2005 e pubblicato nella Gazz. Uff. 18 novembre 2005, n. 269. Vedi, anche, l'art. 53 dello stesso testo.

(6) Articolo così sostituito dall'art. 3, L.Cost. 18 ottobre 2001, n. 3. Per l'attuazione delle norme contenute nel presente articolo vedi la L. 5 giugno 2003, n. 131. Il testo precedentemente in vigore era il seguente: «117. La Regione emana per le seguenti materie norme legislative nei limiti dei principi fondamentali stabiliti dalle leggi dello Stato, sempreché le norme stesse non siano in contrasto con l'interesse nazionale e con quello di altre Regioni: ordinamento degli uffici e degli enti amministrativi dipendenti dalla Regione; circoscrizioni comunali; polizia locale urbana e rurale; fiere e mercati; beneficenza pubblica ed assistenza sanitaria ed ospedaliera; istruzione artigiana e professionale e assistenza scolastica; musei e biblioteche di enti locali; urbanistica; turismo ed industria alberghiera; tramvie e linee automobilistiche di interesse regionale; viabilità, acquedotti e lavori pubblici di interesse regionale; navigazione e porti lacuali; acque minerali e termali; cave e torbiere; caccia; pesca nelle acque interne; agricoltura e foreste; artigianato. Altre materie indicate da leggi costituzionali. Le leggi della Repubblica possono demandare alla Regione il potere di emanare norme per la loro attuazione».

 

 


L. 25 novembre 1971, n. 1096
Disciplina dell'attività sementiera

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(1) Pubblicata nella Gazz. Uff. 22 dicembre 1971, n. 322.

(2)  Per il regolamento vedi il D.P.R. 8 ottobre 1973, n. 1065.

(3)  In base a quanto disposto dall'art. 2, D.Lgs. 24 aprile 2001, n. 212, ogni riferimento al concetto di «vendita», contenuto nella presente legge, si intende fatto al concetto di «commercializzazione». L'art. 1, D.Lgs. 3 novembre 2003, n. 308 ha disposto che i riferimenti alla direttiva 66/400/CEE, alla direttiva 66/403/CEE, alla direttiva 69/208/CEE, alla direttiva 70/457/CEE e alla direttiva 70/458/CEE, e a quelle che modificano le stesse, contenuti nella presente legge si intendano fatti alla direttiva 2002/53/CE, alla direttiva 2002/54/CE, alla direttiva 2002/55/CE, alla direttiva 2002/56/CE e alla direttiva 2002/57/CE.

 

(La normativa omessa è consultabile presso il Servizio Studi – Dipartimento Agricoltura)

 

 

 

 

 


 

D.P.R. 8 ottobre 1973, n. 1065
Regolamento di esecuzione della L. 25 novembre 1971, n. 1096 , concernente la disciplina della produzione e del commercio delle sementi


(1) Pubblicato nella Gazz. Uff. 10 aprile 1974, n. 95, S.O.

(2)  L'art. 1, D.Lgs. 3 novembre 2003, n. 308 ha disposto che i riferimenti alla direttiva 66/400/CEE, alla direttiva 66/403/CEE, alla direttiva 69/208/CEE, alla direttiva 70/457/CEE e alla direttiva 70/458/CEE, e a quelle che modificano le stesse, contenuti nel presente decreto si intendano fatti alla direttiva 2002/53/CE, alla direttiva 2002/54/CE, alla direttiva 2002/55/CE, alla direttiva 2002/56/CE e alla direttiva 2002/57/CE.

 

(La normativa omessa è consultabile presso il Servizio Studi – Dipartimento Agricoltura)

 


L. 20 aprile 1976, n. 195
Modifiche e integrazioni alla L. 25 novembre 1971, n. 1096, sulla disciplina della attività sementiera


(1) Pubblicata nella Gazz. Uff. 12 maggio 1976, n. 124.

(2)  In base a quanto disposto dall'art. 2, D.Lgs. 24 aprile 2001, n. 212, ogni riferimento al concetto di «vendita», contenuto nella presente legge, si intende fatto al concetto di «commercializzazione». L'art. 1, D.Lgs. 3 novembre 2003, n. 308 ha disposto che i riferimenti alla direttiva 66/400/CEE, alla direttiva 66/403/CEE, alla direttiva 69/208/CEE, alla direttiva 70/457/CEE e alla direttiva 70/458/CEE, e a quelle che modificano le stesse, contenuti nella presente legge si intendano fatti alla direttiva 2002/53/CE, alla direttiva 2002/54/CE, alla direttiva 2002/55/CE, alla direttiva 2002/56/CE e alla direttiva 2002/57/CE.


(La normativa omessa è consultabile presso il Servizio Studi – Dipartimento Agricoltura)

 

 


L. 23 agosto 1988, n. 400
Disciplina dell'attività di Governo e ordinamento della Presidenza del Consiglio dei Ministri (art. 17)


(1) Pubblicata nella Gazz. Uff. 12 settembre 1988, n. 214, S.O.

(2)  Vedi, anche, il D.Lgs. 30 luglio 1999, n. 303.


(omissis)

17. Regolamenti.

1. Con decreto del Presidente della Repubblica, previa deliberazione del Consiglio dei ministri, sentito il parere del Consiglio di Stato che deve pronunziarsi entro novanta giorni dalla richiesta, possono essere emanati regolamenti per disciplinare:

a) l'esecuzione delle leggi e dei decreti legislativi, nonché dei regolamenti comunitari (28);

b) l'attuazione e l'integrazione delle leggi e dei decreti legislativi recanti norme di principio, esclusi quelli relativi a materie riservate alla competenza regionale;

c) le materie in cui manchi la disciplina da parte di leggi o di atti aventi forza di legge, sempre che non si tratti di materie comunque riservate alla legge;

d) l'organizzazione ed il funzionamento delle amministrazioni pubbliche secondo le disposizioni dettate dalla legge;

e) [l'organizzazione del lavoro ed i rapporti di lavoro dei pubblici dipendenti in base agli accordi sindacali] (29).

2. Con decreto del Presidente della Repubblica, previa deliberazione del Consiglio dei ministri, sentito il Consiglio di Stato, sono emanati i regolamenti per la disciplina delle materie, non coperte da riserva assoluta di legge prevista dalla Costituzione, per le quali le leggi della Repubblica, autorizzando l'esercizio della potestà regolamentare del Governo, determinano le norme generali regolatrici della materia e dispongono l'abrogazione delle norme vigenti, con effetto dall'entrata in vigore delle norme regolamentari (30).

3. Con decreto ministeriale possono essere adottati regolamenti nelle materie di competenza del ministro o di autorità sottordinate al ministro, quando la legge espressamente conferisca tale potere. Tali regolamenti, per materie di competenza di più ministri, possono essere adottati con decreti interministeriali, ferma restando la necessità di apposita autorizzazione da parte della legge. I regolamenti ministeriali ed interministeriali non possono dettare norme contrarie a quelle dei regolamenti emanati dal Governo. Essi debbono essere comunicati al Presidente del Consiglio dei ministri prima della loro emanazione.

4. I regolamenti di cui al comma 1 ed i regolamenti ministeriali ed interministeriali, che devono recare la denominazione di «regolamento», sono adottati previo parere del Consiglio di Stato, sottoposti al visto ed alla registrazione della Corte dei conti e pubblicati nella Gazzetta Ufficiale.

4-bis. L'organizzazione e la disciplina degli uffici dei Ministeri sono determinate, con regolamenti emanati ai sensi del comma 2, su proposta del Ministro competente d'intesa con il Presidente del Consiglio dei ministri e con il Ministro del tesoro, nel rispetto dei princìpi posti dal decreto legislativo 3 febbraio 1993, n. 29, e successive modificazioni, con i contenuti e con l'osservanza dei criteri che seguono:

a) riordino degli uffici di diretta collaborazione con i Ministri ed i Sottosegretari di Stato, stabilendo che tali uffici hanno esclusive competenze di supporto dell'organo di direzione politica e di raccordo tra questo e l'amministrazione;

b) individuazione degli uffici di livello dirigenziale generale, centrali e periferici, mediante diversificazione tra strutture con funzioni finali e con funzioni strumentali e loro organizzazione per funzioni omogenee e secondo criteri di flessibilità eliminando le duplicazioni funzionali;

c) previsione di strumenti di verifica periodica dell'organizzazione e dei risultati;

d) indicazione e revisione periodica della consistenza delle piante organiche;

e) previsione di decreti ministeriali di natura non regolamentare per la definizione dei compiti delle unità dirigenziali nell'ambito degli uffici dirigenziali generali (31).


(28)  Lettera così modificata dall'art. 11, L. 5 febbraio 1999, n. 25.

(29)  Lettera abrogata dall'art. 74, D.Lgs. 3 febbraio 1993, n. 29, e dall'art. 72, D.Lgs. 30 marzo 2001, n. 165.

(30) La Corte costituzionale, con sentenza 7-22 luglio 2005, n. 303 (Gazz. Uff. 27 luglio 2005, n. 30, 1ª Serie speciale), ha dichiarato inammissibile la questione di legittimità costituzionale dell'art. 17, comma 2, sollevata in riferimento agli artt. 23, 70, 76 e 77 della Costituzione.

(31)  Comma aggiunto dall'art. 13, L. 15 marzo 1997, n. 59.


L. 5 ottobre 1991, n. 317
Interventi per l'innovazione e lo sviluppo delle piccole imprese (art. 36)

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(1) Pubblicata nella Gazz. Uff. 9 ottobre 1991, n. 237, S.O.


Capo VII

Disposizioni varie

(omissis)

36. Sistemi produttivi locali, distretti industriali e consorzi di sviluppo industriale (37).

1. Si definiscono sistemi produttivi locali i contesti produttivi omogenei, caratterizzati da una elevata concentrazione di imprese, prevalentemente di piccole e medie dimensioni, e da una peculiare organizzazione interna (38).

2. Si definiscono distretti industriali i sistemi produttivi locali di cui al comma 1, caratterizzati da una elevata concentrazione di imprese industriali nonché dalla specializzazione produttiva di sistemi di imprese (39).

3. Ai sensi del titolo II, capo III, del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano provvedono alla individuazione dei sistemi produttivi locali nonché al finanziamento di progetti innovativi e di sviluppo dei sistemi produttivi locali, predisposti da soggetti pubblici o privati (40).

4. I consorzi di sviluppo industriale, costituiti ai sensi della vigente legislazione nazionale e regionale, sono enti pubblici economici. Spetta alle regioni soltanto il controllo sui piani economici e finanziari dei consorzi (41).

5. I consorzi di sviluppo industriale di cui al comma 4 promuovono, nell'ambito degli agglomerati industriali attrezzati dai consorzi medesimi, le condizioni necessarie per la creazione e lo sviluppo di attività produttive nei settori dell'industria e dei servizi. A tale scopo realizzano e gestiscono, in collaborazione con le associazioni imprenditoriali e con le camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura, infrastrutture per l'industria, rustici industriali, servizi reali alle imprese, iniziative per l'orientamento e la formazione professionale dei lavoratori, dei quadri direttivi e intermedi e dei giovani imprenditori, e ogni altro servizio sociale connesso alla produzione industriale (42).

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(37)  Rubrica così sostituita dall'art. 6, L. 11 maggio 1999, n. 140.

(38)  Comma così sostituito dall'art. 6, L. 11 maggio 1999, n. 140.

(39)  Comma così sostituito dall'art. 6, L. 11 maggio 1999, n. 140.

(40)  Comma così sostituito dall'art. 6, L. 11 maggio 1999, n. 140.

(41)  Periodo aggiunto dall'art. 11, D.L. 23 giugno 1995, n. 244.

(42)  Con D.M. 21 aprile 1993 (Gazz. Uff. 22 maggio 1993, n. 118, S.O.) sono stati determinati gli indirizzi e i parametri di riferimento per l'individuazione, da parte delle regioni, dei distretti industriali. Vedi, anche, l'art. 54, L. 27 dicembre 1997, n. 449, l'art. 63, L. 23 dicembre 1998, n. 448 e il comma 369 dell'art. 1, L. 23 dicembre 2005, n. 266.

(omissis)


L. 6 dicembre 1991, n. 394
Legge quadro sulle aree protette

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(1) Pubblicata nella Gazz. Uff. 13 dicembre 1991, n. 292, S.O.

(2)  Con riferimento al presente provvedimento sono state emanate le seguenti istruzioni:

- Ministero del tesoro: Circ. 15 gennaio 1999, n. 3;

- Ministero dell'economia e delle finanze: Ris. 21 luglio 2003, n. 155/E;

- Ministero della pubblica istruzione: Circ. 17 dicembre 1996, n. 752.


TITOLO I

Principi generali

1. Finalità e ambito della legge.

1. La presente legge, in attuazione degli articoli 9 e 32 della Costituzione e nel rispetto degli accordi internazionali, detta princìpi fondamentali per l'istituzione e la gestione delle aree naturali protette, al fine di garantire e di promuovere, in forma coordinata, la conservazione e la valorizzazione del patrimonio naturale del paese.

2. Ai fini della presente legge costituiscono il patrimonio naturale le formazioni fisiche, geologiche, geomorfologiche e biologiche, o gruppi di esse, che hanno rilevante valore naturalistico e ambientale.

3. I territori nei quali siano presenti i valori di cui al comma 2, specie se vulnerabili, sono sottoposti ad uno speciale regime di tutela e di gestione, allo scopo di perseguire, in particolare, le seguenti finalità:

a) conservazione di specie animali o vegetali, di associazioni vegetali o forestali, di singolarità geologiche, di formazioni paleontologiche, di comunità biologiche, di biotopi, di valori scenici e panoramici, di processi naturali, di equilibri idraulici e idrogeologici, di equilibri ecologici;

b) applicazione di metodi di gestione o di restauro ambientale idonei a realizzare una integrazione tra uomo e ambiente naturale, anche mediante la salvaguardia dei valori antropologici, archeologici, storici e architettonici e delle attività agro-silvo-pastorali e tradizionali;

c) promozione di attività di educazione, di formazione e di ricerca scientifica, anche interdisciplinare, nonché di attività ricreative compatibili;

d) difesa e ricostituzione degli equilibri idraulici e idrogeologici.

4. I territori sottoposti al regime di tutela e di gestione di cui al comma 3 costituiscono le aree naturali protette. In dette aree possono essere promosse la valorizzazione e la sperimentazione di attività produttive compatibili.

5. Nella tutela e nella gestione delle aree naturali protette, lo Stato, le regioni e gli enti locali attuano forme di cooperazione e di intesa ai sensi dell'articolo 81 del D.P.R. 24 luglio 1977, n. 616 , e dell'articolo 27 della L. 8 giugno 1990, n. 142 . Per le medesime finalità lo Stato, le regioni, gli enti locali, altri soggetti pubblici e privati e le Comunità del parco possono altresì promuovere i patti territoriali di cui all'articolo 2, comma 203, della legge 23 dicembre 1996, n. 662 (3).

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(3)  Periodo aggiunto dall'art. 2, comma 21, L. 9 dicembre 1998, n. 426.

 


1-bis. Programmi nazionali e politiche di sistema.

1. Il Ministro dell'ambiente promuove, per ciascuno dei sistemi territoriali dei parchi dell'arco alpino, dell'Appennino, delle isole e di aree marine protette, accordi di programma per lo sviluppo di azioni economiche sostenibili con particolare riferimento ad attività agro-silvopastorali tradizionali, dell'agriturismo e del turismo ambientale con i Ministri per le politiche agricole, dell'industria, del commercio e dell'artigianato, del lavoro e della previdenza sociale e per i beni culturali e ambientali, con le regioni e con altri soggetti pubblici e privati. 2. Il Ministro dell'ambiente, sentito il parere della Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, degli Enti parco interessati e delle associazioni ambientalistiche maggiormente rappresentative, individua altresì le risorse finanziarie nazionali e comunitarie, impiegabili nell'attuazione degli accordi di programma di cui al comma 1 (4).

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(4)  Articolo aggiunto dall'art. 2, comma 22, L. 9 dicembre 1998, n. 426.


2. Classificazione delle aree naturali protette.

1. I parchi nazionali sono costituiti da aree terrestri, fluviali, lacuali o marine che contengono uno o più ecosistemi intatti o anche parzialmente alterati da interventi antropici, una o più formazioni fisiche, geologiche, geomorfologiche, biologiche, di rilievo internazionale o nazionale per valori naturalistici, scientifici, estetici, culturali, educativi e ricreativi tali da richiedere l'intervento dello Stato ai fini della loro conservazione per le generazioni presenti e future.

2. I parchi naturali regionali sono costituiti da aree terrestri, fluviali, lacuali ed eventualmente da tratti di mare prospicienti la costa, di valore naturalistico e ambientale, che costituiscono, nell'ambito di una o più regioni limitrofe, un sistema omogeneo individuato dagli assetti naturali dei luoghi, dai valori paesaggistici ed artistici e dalle tradizioni culturali delle popolazioni locali.

3. Le riserve naturali sono costituite da aree terrestri, fluviali, lacuali o marine che contengono una o più specie naturalisticamente rilevanti della flora e della fauna, ovvero presentino uno o più ecosistemi importanti per le diversità biologiche o per la conservazione delle risorse genetiche. Le riserve naturali possono essere statali o regionali in base alla rilevanza degli interessi in esse rappresentati.

4. Con riferimento all'ambiente marino, si distinguono le aree protette come definite ai sensi del protocollo di Ginevra relativo alle aree del Mediterraneo particolarmente protette di cui alla L. 5 marzo 1985, n. 127 (5), e quelle definite ai sensi della L. 31 dicembre 1982, n. 979 .

5. Il Comitato per le aree naturali protette di cui all'articolo 3 può operare ulteriori classificazioni per le finalità della presente legge ed allo scopo di rendere efficaci i tipi di protezione previsti dalle convenzioni internazionali ed in particolare dalla convenzione di Ramsar di cui al D.P.R. 13 marzo 1976, n. 448 .

6. La classificazione delle aree naturali protette di rilievo internazionale e nazionale, qualora rientrino nel territorio delle regioni a statuto speciale e delle province autonome di Trento e di Bolzano, ha luogo d'intesa con le regioni e le province stesse secondo le procedure previste dalle norme di attuazione dei rispettivi statuti d'autonomia e, per la regione Valle d'Aosta, secondo le procedure di cui all'articolo 3 della L. 5 agosto 1981, n. 453 .

7. La classificazione e l'istituzione dei parchi nazionali e delle riserve naturali statali, terrestri, fluviali e lacuali, sono effettuate d'intesa con le regioni (6).

8. La classificazione e l'istituzione dei parchi e delle riserve naturali di interesse regionale e locale sono effettuate dalle regioni.

9. Ciascuna area naturale protetta ha diritto all'uso esclusivo della propria denominazione.

9-bis. I limiti geografici delle aree protette marine entro i quali è vietata la navigazione senza la prescritta autorizzazione sono definiti secondo le indicazioni dell'Istituto idrografico della Marina e individuati sul territorio con mezzi e strumenti di segnalazione conformi alla normativa emanata dall'Association Internationale de Signalisation Maritime-International Association of Marine Aids to Navigation and Lighthouse Authorities (AISM-IALA) (7).

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(5)  Recante ratifica del protocollo relativo alle aree specialmente protette del Mediterraneo, aperto alla firma a Ginevra il 3 aprile 1982.

(6)  Comma così sostituito dall'art. 2, comma 23, L. 9 dicembre 1998, n. 426.

(7)  Comma aggiunto dall'art. 4, L. 8 luglio 2003, n. 172.

 


3. Comitato per le aree naturali protette e Consulta tecnica per le aree naturali protette.

1. È istituito il Comitato per le aree naturali protette, di seguito denominato «Comitato», costituito dai Ministri dell'ambiente, che lo presiede, dell'agricoltura e delle foreste, della marina mercantile, per i beni culturali e ambientali, dei lavori pubblici e dell'università e della ricerca scientifica e tecnologica, o da sottosegretari delegati, e da sei presidenti di regione o provincia autonoma, o assessori delegati, designati, per un triennio, dalla Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano. Alle riunioni del Comitato partecipano, con voto consultivo, i presidenti, o gli assessori delegati, delle regioni nel cui territorio ricade l'area protetta, ove non rappresentate. Alla costituzione del Comitato provvede il Ministro dell'ambiente con proprio decreto.

2. Il Comitato identifica, sulla base della Carta della natura di cui al comma 3, le linee fondamentali dell'assetto del territorio con riferimento ai valori naturali ed ambientali, che sono adottate con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro dell'ambiente, previa deliberazione del Comitato.

3. La Carta della natura è predisposta dai servizi tecnici nazionali di cui alla legge 18 maggio 1989, n. 183 , in attuazione degli indirizzi del Comitato. Essa integrando, coordinando ed utilizzando i dati disponibili relativi al complesso delle finalità di cui all'articolo 1, comma 1, della presente legge, ivi compresi quelli della Carta della montagna di cui all'articolo 14 della legge 3 dicembre 1971, n. 1102 , individua lo stato dell'ambiente naturale in Italia, evidenziando i valori naturali e i profili di vulnerabilità territoriale. La Carta della natura è adottata dal Comitato su proposta del Ministro dell'ambiente. Per l'attuazione del presente comma è autorizzata la spesa di lire 5 miliardi nel 1992, lire 5 miliardi nel 1993 e lire 10 miliardi nel 1994 (8).

4. Il Comitato svolge, in particolare, i seguenti compiti:

a) integra la classificazione delle aree protette, sentita la Consulta di cui al comma 7;

b) adotta il programma per le aree naturali protette di rilievo internazionale e nazionale di cui all'articolo 4, sentita la Consulta di cui al comma 7 del presente articolo, nonché le relative direttive per l'attuazione e le modifiche che si rendano necessarie;

c) approva l'elenco ufficiale delle aree naturali protette.

5. Il Ministro dell'ambiente convoca il Comitato almeno due volte l'anno, provvede all'attuazione delle deliberazioni adottate e riferisce sulla loro esecuzione.

6. Ove sull'argomento in discussione presso il Comitato non si raggiunga la maggioranza, il Ministro dell'ambiente rimette la questione al Consiglio dei ministri, che decide in merito.

7. È istituita la Consulta tecnica per le aree naturali protette, di seguito denominata «Consulta», costituita da nove esperti particolarmente qualificati per l'attività e per gli studi realizzati in materia di conservazione della natura, nominati, per un quinquennio, dal Ministro dell'ambiente, di cui tre scelti in una rosa di nomi presentata dalle associazioni di protezione ambientale presenti nel Consiglio nazionale per l'ambiente, tre scelti, ciascuno, sulla base di rose di nomi rispettivamente presentate dall'Accademia nazionale dei Lincei, dalla Società botanica italiana e dall'Unione zoologica italiana, uno designato dal Consiglio nazionale delle ricerche e due scelti in una rosa di nomi proposta dai presidenti dei parchi nazionali e regionali. Per l'attuazione del presente comma è autorizzata una spesa annua fino a lire 600 milioni a partire dall'anno 1991.

8. La Consulta esprime pareri per i profili tecnico-scientifici in materia di aree naturali protette, di sua iniziativa o su richiesta del Comitato o del Ministro dell'ambiente.

9. Le funzioni di istruttoria e di segreteria del Comitato e della Consulta sono svolte, nell'ambito del servizio conservazione della natura del Ministero dell'ambiente, da una segreteria tecnica composta da un contingente di personale stabilito, entro il limite complessivo di cinquanta unità, con decreto del Ministro dell'ambiente di concerto con il Ministro del tesoro e con il Ministro per gli affari regionali (9). Il predetto contingente è composto mediante apposito comando di dipendenti dei Ministeri presenti nel Comitato, delle regioni e delle province autonome di Trento e di Bolzano, nonché di personale di enti pubblici anche economici, ai quali è corrisposta una indennità stabilita con decreto del Ministro dell'ambiente di concerto con il Ministro del tesoro. Fanno parte del contingente non più di venti esperti di elevata qualificazione, assunti con contratto a termine di durata non superiore al biennio e rinnovabile per eguale periodo, scelti con le modalità di cui agli articoli 3 e 4 del decreto-legge 24 luglio 1973, n. 428 , convertito dalla legge 4 agosto 1973, n. 497. Con proprio decreto il Ministro dell'ambiente, sentiti i Ministri che fanno parte del Comitato, disciplina l'organizzazione della segreteria tecnica. Per l'attuazione del presente comma è autorizzata una spesa annua fino a lire 3,4 miliardi a partire dall'anno 1991 (10).

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(8)  Con Del. 2 dicembre 1996 (Gazz. Uff. 20 giugno 1997, n. 142) il Comitato per le aree naturali protette ha approvato il programma operativo per la Carta della natura. La Corte costituzionale, con sentenza 13-22 ottobre 1999, n. 389 (Gazz. Uff. 27 ottobre 1999, n. 43, serie speciale), ha dichiarato che non spetta allo Stato, e per esso al Comitato per le aree naturali protette, non accogliere le richieste di iscrizione nell'Elenco ufficiale delle aree naturali protette di sette parchi naturali provinciali e di dodici riserve naturali già individuati dalla Provincia di Bolzano, sotto il profilo che in tali aree «le deroghe al divieto di cui al comma 3 punto a) dell'art. 11 della legge 6 dicembre 1991, n. 394 non siano esplicitamente riconducibili a quanto indicato dal comma 4, art. 11 della legge medesima; di conseguenza ha annullato, nella parte corrispondente, la suddetta deliberazione 2 dicembre 1996».

(9)  Per l'aumento del contingente di personale della segreteria tecnica vedi l'art. 4, comma 12, L. 8 ottobre 1997, n. 344.

(10)  Per la soppressione del comitato di cui al presente articolo vedi il D.Lgs. 28 agosto 1997, n. 281.


4. Programma triennale per le aree naturali protette.

1. Il programma triennale per le aree naturali protette, di seguito denominato «programma», sulla base delle linee fondamentali di cui all'articolo 3, comma 2, dei dati della Carta della natura e delle disponibilità finanziarie previste dalla legge dello Stato:

a) specifica i territori che formano oggetto del sistema delle aree naturali protette di interesse internazionale, nazionale e regionale quali individuate nelle vigenti disposizioni di legge, statali e regionali, operando la necessaria delimitazione dei confini;

b) indica il termine per l'istituzione di nuove aree naturali protette o per l'ampliamento e la modifica di quelle esistenti, individuando la delimitazione di massima delle aree stesse;

c) definisce il riparto delle disponibilità finanziarie per ciascuna area e per ciascun esercizio finanziario, ivi compresi i contributi in conto capitale per l'esercizio di attività agricole compatibili, condotte con sistemi innovativi ovvero con recupero di sistemi tradizionali, funzionali alla protezione ambientale, per il recupero e il restauro delle aree di valore naturalistico degradate, per il restauro e l'informazione ambientali;

d) prevede contributi in conto capitale per le attività nelle aree naturali protette istituite dalle regioni con proprie risorse, nonché per progetti delle regioni relativi all'istituzione di dette aree;

e) determina i criteri e gli indirizzi ai quali debbono uniformarsi lo Stato, le regioni e gli organismi di gestione delle aree protette nell'attuazione del programma per quanto di loro competenza, ivi compresi i compiti relativi alla informazione ed alla educazione ambientale delle popolazioni interessate, sulla base dell'esigenza di unitarietà delle aree da proteggere.

2. Il programma è redatto anche sulla base delle indicazioni di cui all'articolo 1 della legge 31 dicembre 1982, n. 979 .

3. Il programma fissa inoltre criteri di massima per la creazione o l'ampliamento di altre aree naturali protette di interesse locale e di aree verdi urbane e suburbane, prevedendo contributi a carico dello Stato per la loro istituzione o per il loro ampliamento a valere sulle disponibilità esistenti.

4. La realizzazione delle previsioni del programma di cui al comma 3, avviene a mezzo di intese, eventualmente promosse dal Ministro dell'ambiente, tra regioni ed enti locali, sulla base di specifici metodi e criteri indicati nel programma triennale dell'azione pubblica per la tutela dell'ambiente di cui alla legge 28 agosto 1989, n. 305 . L'osservanza dei predetti criteri è condizione per la concessione di finanziamenti ai sensi della presente legge.

5. Proposte relative al programma possono essere presentate al Comitato da ciascun componente del Comitato stesso, dagli altri Ministri, da regioni non facenti parte del Comitato e dagli enti locali, ivi comprese le comunità montane. Le proposte per l'istituzione di nuove aree naturali protette o per l'ampliamento di aree naturali protette esistenti possono essere altresì presentate al Comitato, tramite il Ministro dell'ambiente, dalle associazioni di protezione ambientale individuate ai sensi dell'articolo 13 della legge 8 luglio 1986, n. 349 , ovvero da cinquemila cittadini iscritti nelle liste elettorali.

6. Entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, il Ministro dell'ambiente presenta la proposta di programma al Comitato il quale delibera entro i successivi sei mesi. Il programma è pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana. Il programma ha durata triennale ed è aggiornato annualmente con la stessa procedura. In sede di attuazione del primo programma triennale, il programma stesso finalizza non meno di metà delle risorse di cui al comma 9 ai parchi e riserve regionali esistenti, a quelli da istituire e a quelli da ampliare. Esso ripartisce le altre risorse disponibili per le finalità compatibili con la presente legge ed in particolare con quelle degli articoli 7, 12, 14 e 15, ed è predisposto sulla base degli elementi conoscitivi e tecnico-scientifici esistenti presso i servizi tecnici nazionali e le amministrazioni statali e regionali.

7. Qualora il programma non venga adottato dal Comitato nel termine previsto dal comma 6, si provvede con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, previa deliberazione del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro dell'ambiente.

8. In vista della formulazione del programma è autorizzata la spesa da parte del Ministero dell'ambiente di lire 22,9 miliardi per il 1991 e lire 12 miliardi per il 1992 per l'avvio delle attività connesse alla predisposizione della Carta della natura nonché per attività di informazione ed educazione ambientale.

9. Per l'attuazione del programma ed in particolare per la redazione del piano per il parco di cui all'articolo 12, per le iniziative per la promozione economica e sociale di cui all'articolo 14, per acquisti, espropriazioni e indennizzi di cui all'articolo 15, nonché per interventi connessi a misure provvisorie di salvaguardia e primi interventi di riqualificazione ed interventi urgenti per la valorizzazione e fruibilità delle aree, è autorizzata la spesa di lire 110 miliardi per il 1992, lire 110 miliardi per il 1993 e lire 92 miliardi per il 1994 (11).

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(11)  Per la soppressione del programma triennale per le aree naturali protette vedi l'art. 76, D.Lgs. 31 marzo 1998, n. 112, .


5. Attuazione del programma; poteri sostitutivi.

1. Il Ministro dell'ambiente vigila sull'attuazione del programma e propone al Comitato le variazioni ritenute necessarie. In caso di ritardi nell'attuazione del programma tali da pregiudicarne gravemente le finalità, il Ministro dell'ambiente, sentita la Consulta, indica gli adempimenti e le misure necessarie e fissa un termine per la loro adozione decorso il quale, previo parere del Comitato, rimette la questione al Consiglio dei ministri che provvede in via sostitutiva anche attraverso la nomina di commissari ad acta.

2. Il Ministro dell'ambiente provvede a tenere aggiornato l'elenco ufficiale delle aree protette e rilascia le relative certificazioni. A tal fine le regioni e gli altri soggetti pubblici o privati che attuano forme di protezione naturalistica di aree sono tenuti ad informare il Ministro dell'ambiente secondo le modalità indicate dal Comitato.

3. L'iscrizione nell'elenco ufficiale delle aree protette è condizione per l'assegnazione di contributi a carico dello Stato.


6. Misure di salvaguardia.

1. In caso di necessità ed urgenza il Ministro dell'ambiente e le regioni, secondo le rispettive competenze, possono individuare aree da proteggere ai sensi della presente legge ed adottare su di esse misure di salvaguardia. Per quanto concerne le aree protette marine detti poteri sono esercitati dal Ministro dell'ambiente di concerto con il Ministro della marina mercantile. Nei casi previsti dal presente comma la proposta d'istituzione dell'area protetta e le relative misure di salvaguardia devono essere esaminate dal Comitato nella prima seduta successiva alla pubblicazione del provvedimento di individuazione dell'area stessa. Resta fermo quanto previsto dall'articolo 5 della legge 8 luglio 1986, n. 349 , in materia di individuazione di zone di importanza naturalistica nazionale ed internazionale, nonché dall'articolo 7 della legge 3 marzo 1987, n. 59 .

2. Dalla pubblicazione del programma fino all'istituzione delle singole aree protette operano direttamente le misure di salvaguardia di cui al comma 3 nonché le altre specifiche misure eventualmente individuate nel programma stesso e si applicano le misure di incentivazione di cui all'articolo 7.

3. Sono vietati fuori dei centri edificati di cui all'articolo 18 della legge 22 ottobre 1971, n. 865 , e, per gravi motivi di salvaguardia ambientale, con provvedimento motivato, anche nei centri edificati, l'esecuzione di nuove costruzioni e la trasformazione di quelle esistenti, qualsiasi mutamento dell'utilizzazione dei terreni con destinazione diversa da quella agricola e quant'altro possa incidere sulla morfologia del territorio, sugli equilibri ecologici, idraulici ed idrogeotermici e sulle finalità istitutive dell'area protetta. In caso di necessità ed urgenza, il Ministro dell'ambiente, con provvedimento motivato, sentita la Consulta, può consentire deroghe alle misure di salvaguardia in questione, prescrivendo le modalità di attuazione di lavori ed opere idonei a salvaguardare l'integrità dei luoghi e dell'ambiente naturale. Resta ferma la possibilità di realizzare interventi di manutenzione ordinaria e straordinaria di cui alle lettere a) e b) del primo comma dell'articolo 31 della legge 5 agosto 1978, n. 457 , dandone comunicazione al Ministro dell'ambiente e alla regione interessata.

4. Dall'istituzione della singola area protetta sino all'approvazione del relativo regolamento operano i divieti e le procedure per eventuali deroghe di cui all'articolo 11.

5. Per le aree protette marine le misure di salvaguardia sono adottate ai sensi dell'articolo 7 della legge 3 marzo 1987, n. 59 .

6. L'inosservanza delle disposizioni di cui ai commi 1, 2 e 3 comporta la riduzione in pristino dei luoghi e la eventuale ricostituzione delle specie vegetali ed animali danneggiate a spese dell'inadempiente. Sono solidalmente responsabili per le spese il committente, il titolare dell'impresa e il direttore dei lavori in caso di costruzione e trasformazione di opere. Accertata l'inosservanza, il Ministro dell'ambiente o l'autorità di gestione ingiunge al trasgressore l'ordine di riduzione in pristino e, ove questi non provveda entro il termine assegnato, che non può essere inferiore a trenta giorni, dispone l'esecuzione in danno degli inadempienti secondo la procedura di cui ai commi secondo, terzo e quarto dell'articolo 27 della legge 28 febbraio 1985, n. 47 , ovvero avvalendosi del Corpo forestale dello Stato o del nucleo operativo ecologico di cui al comma 4 dell'articolo 8 della legge 8 luglio 1986, n. 349 . La nota relativa alle spese è resa esecutiva dal Ministro dell'ambiente ed è riscossa ai sensi del testo unico delle disposizioni di legge relative alla riscossione delle entrate patrimoniali dello Stato, approvato con regio decreto 14 aprile 1910, n. 639 .


7. Misure di incentivazione.

1. Ai comuni ed alle province il cui territorio è compreso, in tutto o in parte, entro i confini di un parco nazionale, e a quelli il cui territorio è compreso, in tutto o in parte, entro i confini di un parco naturale regionale è, nell'ordine, attribuita priorità nella concessione di finanziamenti dell'Unione europea, statali e regionali richiesti per la realizzazione, sul territorio compreso entro i confini del parco stesso, dei seguenti interventi, impianti ed opere previsti nel piano per il parco di cui, rispettivamente, agli articoli 12 e 25 (12):

a) restauro dei centri storici ed edifici di particolare valore storico e culturale;

b) recupero dei nuclei abitati rurali;

c) opere igieniche ed idropotabili e di risanamento dell'acqua, dell'aria e del suolo;

d) opere di conservazione e di restauro ambientale del territorio, ivi comprese le attività agricole e forestali;

e) attività culturali nei campi di interesse del parco;

f) agriturismo;

g) attività sportive compatibili;

h) strutture per la utilizzazione di fonti energetiche a basso impatto ambientale quali il metano e altri gas combustibili nonché interventi volti a favorire l'uso di energie rinnovabili.

2. Il medesimo ordine di priorità di cui al comma 1 è attribuito ai privati, singoli od associati, che intendano realizzare iniziative produttive o di servizio compatibili con le finalità istitutive del parco nazionale o naturale regionale.

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(12)  Alinea così modificato dall'art. 2, comma 8, L. 9 dicembre 1998, n. 426.


TITOLO II

Aree naturali protette nazionali

 

8. Istituzione delle aree naturali protette nazionali.

1. I parchi nazionali individuati e delimitati secondo le modalità di cui all'articolo 4 sono istituiti e delimitati in via definitiva con decreto del Presidente della Repubblica, su proposta del Ministro dell'ambiente, sentita la regione.

2. Le riserve naturali statali, individuate secondo le modalità di cui all'articolo 4, sono istituite con decreto del Ministro dell'ambiente, sentita la regione.

3. Qualora il parco o la riserva interessi il territorio di una regione a statuto speciale o provincia autonoma si procede di intesa.

4. Qualora il parco o la riserva interessi il territorio di più regioni, ivi comprese quelle a statuto speciale o province autonome, è comunque garantita una configurazione ed una gestione unitaria.

5. Con il provvedimento che istituisce il parco o la riserva naturale possono essere integrate, sino alla entrata in vigore della disciplina di ciascuna area protetta, le misure di salvaguardia introdotte ai sensi dell'articolo 6.

6. Salvo quanto previsto dall'articolo 34, commi 1 e 2, e dall'articolo 35, commi 1, 3, 4 e 5, alla istituzione di enti parco si provvede sulla base di apposito provvedimento legislativo.

7. Le aree protette marine sono istituite in base alle disposizioni di cui all'articolo 18.


9. Ente parco.

1. L'Ente parco ha personalità di diritto pubblico, sede legale e amministrativa nel territorio del parco ed è sottoposto alla vigilanza del Ministro dell'ambiente (13).

2. Sono organi dell'Ente:

a) il Presidente;

b) il Consiglio direttivo;

c) la Giunta esecutiva;

d) il Collegio dei revisori dei conti;

e) la Comunità del parco.

3. Il Presidente è nominato con decreto del Ministro dell'ambiente, d'intesa con i presidenti delle regioni o delle province autonome di Trento e di Bolzano nel cui territorio ricada in tutto o in parte il parco nazionale. Il Presidente ha la legale rappresentanza dell'Ente parco, ne coordina l'attività, esplica le funzioni che gli sono delegate dal Consiglio direttivo, adotta i provvedimenti urgenti ed indifferibili che sottopone alla ratifica del Consiglio direttivo nella seduta successiva.

4. Il Consiglio direttivo è formato dal Presidente e da dodici componenti, nominati con decreto del Ministro dell'ambiente, sentite le regioni interessate, scelti tra persone particolarmente qualificate per le attività in materia di conservazione della natura o tra i rappresentanti della Comunità del parco di cui all'articolo 10, secondo le seguenti modalità:

a) cinque, su designazione della Comunità del parco, con voto limitato;

b) due, su designazione delle associazioni di protezione ambientale individuate ai sensi dell'articolo 13 della legge 8 luglio 1986, n. 349, scelti tra esperti in materia naturalisticoambientale;

c) due, su designazione dell'Accademia nazionale dei Lincei, della Società botanica italiana, dell'Unione zoologica italiana, del Consiglio nazionale delle ricerche e delle Università degli studi con sede nelle province nei cui territori ricade il parco; in caso di designazione di un numero superiore a due la scelta tra i soggetti indicati è effettuata dal Ministro dell'ambiente;

d) uno, su designazione del Ministro dell'agricoltura e delle foreste;

e) due, su designazione del Ministro dell'ambiente.

5. Le designazioni sono effettuate entro quarantacinque giorni dalla richiesta del Ministro dell'ambiente. Qualora siano designati membri dalla Comunità del parco sindaci di un comune oppure presidenti di una comunità montana, di una provincia o di una regione presenti nella Comunità del parco, la cessazione dalla predetta carica a qualsiasi titolo comporta la decadenza immediata dall'incarico di membro del consiglio direttivo e il conseguente rinnovo della designazione. La stessa norma si applica nei confronti degli assessori e dei consiglieri degli stessi enti (14).

6. Il Consiglio direttivo elegge al proprio interno un vice presidente scelto tra i membri designati dalla Comunità del parco ed una Giunta esecutiva formata da cinque componenti, compreso il Presidente, secondo le modalità e con le funzioni stabilite nello statuto dell'Ente parco (15).

7. Il Consiglio direttivo è legittimamente insediato quando sia nominata la maggioranza dei suoi componenti.

8. Il Consiglio direttivo delibera in merito a tutte le questioni generali ed in particolare sui bilanci, che sono approvati dal Ministro dell'ambiente di concerto con il Ministro del tesoro, sui regolamenti e sulla proposta di piano per il parco di cui all'articolo 12, esprime parere vincolante sul piano pluriennale economico e sociale di cui all'articolo 14 (16).

8-bis. Lo statuto dell'Ente è deliberato dal consiglio direttivo, sentito il parere della Comunità del parco ed è trasmesso al Ministero dell'ambiente che ne verifica la legittimità e può richiederne il riesame entro sessanta giorni dal ricevimento. L'Ente parco deve controdedurre entro sessanta giorni dal ricevimento alle eventuali osservazioni di legittimità del Ministero dell'ambiente, con deliberazione del consiglio direttivo. Il Ministro dell'ambiente adotta lo statuto con proprio decreto entro i successivi trenta giorni (17).

9. Lo statuto dell'Ente definisce in ogni caso l'organizzazione interna, le modalità di partecipazione popolare, le forme di pubblicità degli atti.

10. Il Collegio dei revisori dei conti esercita il riscontro contabile sugli atti dell'Ente parco secondo le norme di contabilità dello Stato e sulla base dei regolamenti di contabilità dell'Ente parco, approvati dal Ministro del tesoro di concerto con il Ministro dell'ambiente. Il Collegio dei revisori dei conti è nominato con decreto del Ministro del tesoro ed è formato da tre componenti scelti tra funzionari della Ragioneria generale dello Stato ovvero tra iscritti nel ruolo dei revisori ufficiali dei conti. Essi sono designati: due dal Ministro del tesoro, di cui uno in qualità di Presidente del Collegio; uno dalla regione o, d'intesa, dalle regioni interessate.

11. Il direttore del parco è nominato, con decreto, dal Ministro dell'ambiente, scelto in una rosa di tre candidati proposti dal consiglio direttivo tra soggetti iscritti ad un albo di idonei all'esercizio dell'attività di direttore di parco istituito presso il Ministero dell'ambiente, al quale si accede mediante procedura concorsuale per titoli. Il presidente del parco provvede a stipulare con il direttore nominato un apposito contratto di diritto privato per una durata non superiore a cinque anni (18).

12. Gli organi dell'Ente parco durano in carica cinque anni (19).

12-bis. Ai Presidenti, ai vice presidenti e agli altri componenti dei Consigli direttivi nonché ai componenti dei Collegi dei revisori dei conti degli Enti parco, ivi compresi quelli di cui al comma 1 dell’articolo 35, spetta un’indennità di carica articolata in un compenso annuo fisso e in gettoni di presenza per la partecipazione alle riunioni del Consiglio direttivo e della Giunta esecutiva, nell’ammontare fissato con decreto del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, secondo quanto disposto dalla direttiva del Presidente del Consiglio dei Ministri 9 gennaio 2001, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 37 del 14 febbraio 2001, e con la procedura indicata nella circolare della Presidenza del Consiglio dei Ministri 4993/IV.1.1.3 del 29 maggio 2001 (20).

13. Agli Enti parco si applicano le disposizioni di cui alla legge 20 marzo 1975, n. 70; essi si intendono inseriti nella tabella IV allegata alla medesima legge.

14. La pianta organica di ogni Ente parco è commisurata alle risorse finalizzate alle spese per il personale ad esso assegnate. Per le finalità di cui alla presente legge è consentito l'impiego di personale tecnico e di manodopera con contratti a tempo determinato ed indeterminato ai sensi dei contratti collettivi di lavoro vigenti per il settore agricolo-forestale.

15. Il Consiglio direttivo può nominare appositi comitati di consulenza o avvalersi di consulenti per problemi specifici nei settori di attività dell'Ente parco (21).

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(13)  Vedi, anche, l'art. 80, comma 25, L. 27 dicembre 2002, n. 289.

(14)  Gli ultimi due periodi sono stati aggiunti dall'art. 2, comma 24, L. 9 dicembre 1998, n. 426.

(15)  Comma così modificato dall'art. 2, comma 24, L. 9 dicembre 1998, n. 426.

(16)  Comma così modificato dall'art. 2, comma 24, L. 9 dicembre 1998, n. 426.

(17)  Comma aggiunto dall'art. 2, comma 24, L. 9 dicembre 1998, n. 426.

(18)  Comma così sostituito dall'art. 2, comma 25, L. 9 dicembre 1998, n. 426. Con D.M. 2 novembre 2000 (Gazz. Uff. 29 dicembre 2000, n. 302) sono state emanate norme relative all'albo degli idonei all'esercizio dell'attività di direttore di parco.

(19)  Comma così sostituito dal comma 8 dell'art. 11-quaterdecies, D.L. 30 settembre 2005, n. 203, aggiunto dalla relativa di conversione.

(20) Comma aggiunto dal comma 108 dell'art. 2, D.L. 3 ottobre 2006, n. 262, come modificato dalla relativa legge di conversione.

(21)  In deroga a quanto disposto dal presente articolo vedi l'art. 80, comma 25, L. 27 dicembre 2002, n. 289.


10. Comunità del parco.

1. La Comunità del parco è costituita dai presidenti delle regioni e delle province, dai sindaci dei comuni e dai presidenti delle comunità montane nei cui territori sono ricomprese le aree del parco.

2. La Comunità del parco è organo consultivo e propositivo dell'Ente parco. In particolare, il suo parere è obbligatorio:

a) sul regolamento del parco di cui all'articolo 11;

b) sul piano per il parco di cui all'articolo 12;

c) su altre questioni, a richiesta di un terzo dei componenti del Consiglio direttivo;

d) sul bilancio e sul conto consuntivo;

d-bis) sullo statuto dell'Ente parco (22).

3. La Comunità del parco delibera, previo parere vincolante del Consiglio direttivo, il piano pluriennale economico e sociale di cui all'articolo 14 e vigila sulla sua attuazione; adotta altresì il proprio regolamento.

4. La Comunità del parco elegge al suo interno un Presidente e un Vice Presidente. È convocata dal Presidente almeno due volte l'anno e quando venga richiesto dal Presidente dell'Ente parco o da un terzo dei suoi componenti.

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(22)  Lettera aggiunta dall'art. 2, comma 27, L. 9 dicembre 1998, n. 426.


 

11. Regolamento del parco.

1. Il regolamento del parco disciplina l'esercizio delle attività consentite entro il territorio del parco ed è adottato dall'Ente parco, anche contestualmente all'approvazione del piano per il parco di cui all'articolo 12 e comunque non oltre sei mesi dall'approvazione del medesimo.

2. Allo scopo di garantire il perseguimento delle finalità di cui all'articolo 1 e il rispetto delle caratteristiche naturali, paesistiche, antropologiche, storiche e culturali locali proprie di ogni parco, il regolamento del parco disciplina in particolare:

a) la tipologia e le modalità di costruzione di opere e manufatti;

b) lo svolgimento delle attività artigianali, commerciali, di servizio e agro-silvo-pastorali;

c) il soggiorno e la circolazione del pubblico con qualsiasi mezzo di trasporto;

d) lo svolgimento di attività sportive, ricreative ed educative;

e) lo svolgimento di attività di ricerca scientifica e biosanitaria;

f) i limiti alle emissioni sonore, luminose o di altro genere, nell'ambito della legislazione in materia;

g) lo svolgimento delle attività da affidare a interventi di occupazione giovanile, di volontariato, con particolare riferimento alle comunità terapeutiche, e al servizio civile alternativo;

h) l'accessibilità nel territorio del parco attraverso percorsi e strutture idonee per disabili, portatori di handicap e anziani (23).

2-bis. Il regolamento del parco valorizza altresì gli usi, i costumi, le consuetudini e le attività tradizionali delle popolazioni residenti sul territorio, nonché le espressioni culturali proprie e caratteristiche dell'identità delle comunità locali e ne prevede la tutela anche mediante disposizioni che autorizzino l'esercizio di attività particolari collegate agli usi, ai costumi e alle consuetudini suddette, fatte salve le norme in materia di divieto di attività venatoria previste dal presente articolo (24).

3. Salvo quanto previsto dal comma 5, nei parchi sono vietate le attività e le opere che possono compromettere la salvaguardia del paesaggio e degli ambienti naturali tutelati con particolare riguardo alla flora e alla fauna protette e ai rispettivi habitat. In particolare sono vietati:

a) la cattura, l'uccisione, il danneggiamento, il disturbo delle specie animali; la raccolta e il danneggiamento delle specie vegetali, salvo nei territori in cui sono consentite le attività agro-silvo-pastorali, nonché l'introduzione di specie estranee, vegetali o animali, che possano alterare l'equilibrio naturale;

b) l'apertura e l'esercizio di cave, di miniere e di discariche, nonché l'asportazione di minerali;

c) la modificazione del regime delle acque;

d) lo svolgimento di attività pubblicitarie al di fuori dei centri urbani, non autorizzate dall'Ente parco;

e) l'introduzione e l'impiego di qualsiasi mezzo di distruzione o di alterazione dei cicli biogeochimici;

f) l'introduzione, da parte di privati, di armi, esplosivi e qualsiasi mezzo distruttivo o di cattura, se non autorizzati;

g) l'uso di fuochi all'aperto;

h) il sorvolo di velivoli non autorizzato, salvo quanto definito dalle leggi sulla disciplina del volo.

4. Il regolamento del parco stabilisce altresì le eventuali deroghe ai divieti di cui al comma 3. Per quanto riguarda la lettera a) del medesimo comma 3, esso prevede eventuali prelievi faunistici ed eventuali abbattimenti selettivi, necessari per ricomporre squilibri ecologici accertati dall'Ente parco. Prelievi e abbattimenti devono avvenire per iniziativa e sotto la diretta responsabilità e sorveglianza dell'Ente parco ed essere attuati dal personale dell'Ente parco o da persone all'uopo espressamente autorizzate dall'Ente parco stesso.

5. Restano salvi i diritti reali e gli usi civici delle collettività locali, che sono esercitati secondo le consuetudini locali. Eventuali diritti esclusivi di caccia delle collettività locali o altri usi civici di prelievi faunistici sono liquidati dal competente commissario per la liquidazione degli usi civici ad istanza dell'Ente parco.

6. Il regolamento del parco è approvato dal Ministro dell'ambiente, previo parere degli enti locali interessati, da esprimersi entro quaranta giorni dalla richiesta, e comunque d'intesa con le regioni e le province autonome interessate; il regolamento acquista efficacia novanta giorni dopo la sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana. Entro tale termine i comuni sono tenuti ad adeguare alle sue previsioni i propri regolamenti. Decorso inutilmente il predetto termine le disposizioni del regolamento del parco prevalgono su quelle del comune, che è tenuto alla loro applicazione (25).

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(23)  Comma così modificato dall'art. 2, comma 28, L. 9 dicembre 1998, n. 426.

(24)  Comma aggiunto dall'art. 2, comma 28, L. 9 dicembre 1998, n. 426.

(25)  Comma così modificato dall'art. 2, comma 28, L. 9 dicembre 1998, n. 426.


11-bis. Tutela dei valori naturali storici e ambientali e iniziative per la promozione economica e sociale.

1. Il consiglio direttivo del parco e la Comunità del parco elaborano contestualmente, e attraverso reciproche consultazioni di cui agli articoli 12 e 14, il piano del parco e il piano pluriennale economico-sociale secondo le norme di cui agli stessi articoli 12 e 14 (26).

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(26)  Articolo aggiunto dall'art. 2, comma 29, L. 9 dicembre 1998, n. 426.


12. Piano per il parco.

1. La tutela dei valori naturali ed ambientali nonché storici, culturali, antropologici tradizionali affidata all'Ente parco è perseguita attraverso lo strumento del piano per il parco, di seguito denominato «piano», che deve, in particolare, disciplinare i seguenti contenuti:

a) organizzazione generale del territorio e sua articolazione in aree o parti caratterizzate da forme differenziate di uso, godimento e tutela;

b) vincoli, destinazioni di uso pubblico o privato e norme di attuazione relative con riferimento alle varie aree o parti del piano;

c) sistemi di accessibilità veicolare e pedonale con particolare riguardo ai percorsi, accessi e strutture riservati ai disabili, ai portatori di handicap e agli anziani;

d) sistemi di attrezzature e servizi per la gestione e la funzione sociale del parco, musei, centri di visite, uffici informativi, aree di campeggio, attività agroturistiche;

e) indirizzi e criteri per gli interventi sulla flora, sulla fauna e sull'ambiente naturale in genere (27).

2. Il piano suddivide il territorio in base al diverso grado di protezione, prevedendo:

a) riserve integrali nelle quali l'ambiente naturale è conservato nella sua integrità;

b) riserve generali orientate, nelle quali è vietato costruire nuove opere edilizie, ampliare le costruzioni esistenti, eseguire opere di trasformazione del territorio. Possono essere tuttavia consentite le utilizzazioni produttive tradizionali, la realizzazione delle infrastrutture strettamente necessarie, nonché interventi di gestione delle risorse naturali a cura dell'Ente parco. Sono altresì ammesse opere di manutenzione delle opere esistenti, ai sensi delle lettere a) e b) del primo comma dell'articolo 31 della legge 5 agosto 1978, n. 457 ;

c) aree di protezione nelle quali, in armonia con le finalità istitutive ed in conformità ai criteri generali fissati dall'Ente parco, possono continuare, secondo gli usi tradizionali ovvero secondo metodi di agricoltura biologica, le attività agro-silvo-pastorali nonché di pesca e raccolta di prodotti naturali, ed è incoraggiata anche la produzione artigianale di qualità. Sono ammessi gli interventi autorizzati ai sensi delle lettere a), b) e c) del primo comma dell'articolo 31 della citata legge n. 457 del 1978 , salvo l'osservanza delle norme di piano sulle destinazioni d'uso;

d) aree di promozione economica e sociale facenti parte del medesimo ecosistema, più estesamente modificate dai processi di antropizzazione, nelle quali sono consentite attività compatibili con le finalità istitutive del parco e finalizzate al miglioramento della vita socio-culturale delle collettività locali e al miglior godimento del parco da parte dei visitatori.

3. Il piano è predisposto dall'Ente parco entro diciotto mesi dalla costituzione dei suoi organi, in base ai criteri ed alle finalità della presente legge. La Comunità del parco partecipa alla definizione dei criteri riguardanti la predisposizione del piano del parco indicati dal consiglio direttivo del parco ed esprime il proprio parere sul piano stesso. Il piano, approvato dal consiglio direttivo, è adottato dalla regione entro novanta giorni dal suo inoltro da parte dell'Ente parco (28).

4. Il piano adottato è depositato per quaranta giorni presso le sedi dei comuni, delle comunità montane e delle regioni interessate; chiunque può prenderne visione ed estrarne copia. Entro i successivi quaranta giorni chiunque può presentare osservazioni scritte, sulle quali l'Ente parco esprime il proprio parere entro trenta giorni. Entro centoventi giorni dal ricevimento di tale parere la regione si pronuncia sulle osservazione presentate e, d'intesa con l'Ente parco per quanto concerne le aree di cui alle lettere a), b) e c) del comma 2 e d'intesa, oltre che con l'Ente parco, anche con i comuni interessati per quanto concerne le aree di cui alla lettera d) del medesimo comma 2, emana il provvedimento d'approvazione. Qualora il piano non venga approvato entro ventiquattro mesi dalla istituzione dell'Ente parco, alla regione si sostituisce un comitato misto costituito da rappresentanti del Ministero dell'ambiente e da rappresentanti delle regioni e province autonome, il quale esperisce i tentativi necessari per il raggiungimento di dette intese; qualora le intese in questione non vengano raggiunte entro i successivi quattro mesi, il Ministro dell'ambiente rimette la questione al Consiglio dei ministri che decide in via definitiva.

5. in caso di inosservanza dei termini di cui al comma 3, si sostituisce all'amministrazione inadempiente il Ministro dell'ambiente, che provvede nei medesimi termini con un commissario ad acta.

6. Il piano è modificato con la stessa procedura necessaria alla sua approvazione ed è aggiornato con identica modalità almeno ogni dieci anni.

7. Il piano ha effetto di dichiarazione di pubblico generale interesse e di urgenza e di indifferibilità per gli interventi in esso previsti e sostituisce ad ogni livello i piani paesistici, i piani territoriali o urbanistici e ogni altro strumento di pianificazione.

8. Il piano è pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana e nel Bollettino ufficiale della regione ed è immediatamente vincolante nei confronti delle amministrazioni e dei privati.

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(27)  Comma così modificato dall'art. 2, comma 30, L. 9 dicembre 1998, n. 426.

(28)  Comma così sostituito dall'art. 2, comma 30, L. 9 dicembre 1998, n. 426.


 

13. Nulla osta.

1. Il rilascio di concessioni o autorizzazioni relative ad interventi, impianti ed opere all'interno del parco è sottoposto al preventivo nulla osta dell'Ente parco. Il nulla osta verifica la conformità tra le disposizioni del piano e del regolamento e l'intervento ed è reso entro sessanta giorni dalla richiesta. Decorso inutilmente tale termine il nulla osta si intende rilasciato.

Il diniego, che è immediatamente impugnabile, è affisso contemporaneamente all'albo del comune interessato e all'albo dell'Ente parco e l'affissione ha la durata di sette giorni. L'Ente parco dà notizia per estratto, con le medesime modalità, dei nulla osta rilasciati e di quelli determinatisi per decorrenza del termine.

2. Avverso il rilascio del nulla osta è ammesso ricorso giurisdizionale anche da parte delle associazioni di protezione ambientale individuate ai sensi della legge 8 luglio 1986, n. 349 .

3. L'esame delle richieste di nulla osta può essere affidato con deliberazione del Consiglio direttivo ad un apposito comitato la cui composizione e la cui attività sono disciplinate dal regolamento del parco.

4. Il Presidente del parco, entro sessanta giorni dalla richiesta, con comunicazione scritta al richiedente, può rinviare, per una sola volta, di ulteriori trenta giorni i termini di espressione del nulla osta.


14. Iniziative per la promozione economica e sociale.

1. Nel rispetto delle finalità del parco, dei vincoli stabiliti dal piano e dal regolamento del parco, la Comunità del parco promuove le iniziative atte a favorire lo sviluppo economico e sociale delle collettività eventualmente residenti all'interno del parco e nei territori adiacenti.

2. A tal fine la Comunità del parco, avvia contestualmente all'elaborazione del piano del parco un piano pluriennale economico e sociale per la promozione della attività compatibili, individuando i soggetti chiamati alla realizzazione degli interventi previsti eventualmente anche attraverso accordi di programma. Tale piano, sul quale esprime la propria motivata valutazione il consiglio direttivo, è approvato dalla regione o, d'intesa, dalle regioni interessate. In caso di contrasto tra Comunità del parco, altri organi dell'Ente parco e regioni, la questione è rimessa ad una conferenza presieduta dal Ministro dell'ambiente il quale, perdurando i contrasti, rimette la decisione definitiva al Consiglio dei ministri (29).

3. Il piano di cui al comma 2 può prevedere in particolare: la concessione di sovvenzioni a privati ed enti locali; la predisposizione di attrezzature, impianti di depurazione e per il risparmio energetico, servizi ed impianti di carattere turistico-naturalistico da gestire in proprio o da concedere in gestione a terzi sulla base di atti di concessione alla stregua di specifiche convenzioni; l'agevolazione o la promozione, anche in forma cooperativa, di attività tradizionali artigianali, agro-silvo-pastorali, culturali, servizi sociali e biblioteche, restauro, anche di beni naturali, e ogni altra iniziativa atta a favorire, nel rispetto delle esigenze di conservazione del parco, lo sviluppo del turismo e delle attività locali connesse. Una quota parte di tali attività deve consistere in interventi diretti a favorire l'occupazione giovanile ed il volontariato, nonché l'accessibilità e la fruizione, in particolare per i portatori di handicap.

4. Per le finalità di cui al comma 3, l'Ente parco può concedere a mezzo di specifiche convenzioni l'uso del proprio nome e del proprio emblema a servizi e prodotti locali che presentino requisiti di qualità e che soddisfino le finalità del parco.

5. L'Ente parco organizza, d'intesa con la regione o le regioni interessate, speciali corsi di formazione al termine dei quali rilascia il titolo ufficiale ed esclusivo di guida del parco.

6. Il piano di cui al comma 2 ha durata quadriennale e può essere aggiornato annualmente con la stessa procedura della sua formazione.

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(29)  Comma così modificato dall'art. 2, comma 31, L. 9 dicembre 1998, n. 426.


 

15. Acquisti, espropriazioni ed indennizzi.

1. L'Ente parco, nel quadro del programma di cui al comma 7, può prendere in locazione immobili compresi nel parco o acquisirli, anche mediante espropriazione o esercizio del diritto di prelazione di cui al comma 5, secondo le norme generali vigenti.

2. I vincoli derivanti dal piano alle attività agro-silvo-pastorali possono essere indennizzati sulla base di princìpi equitativi. I vincoli, temporanei o parziali, relativi ad attività già ritenute compatibili, possono dar luogo a compensi ed indennizzi, che tengano conto dei vantaggi e degli svantaggi derivanti dall'attività del parco. Con decreto da emanare entro dodici mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge il Ministro dell'ambiente provvede alle disposizioni di attuazione del presente comma.

3. L'Ente parco è tenuto a indennizzare i danni provocati dalla fauna selvatica del parco.

4. Il regolamento del parco stabilisce le modalità per la liquidazione e la corresponsione degli indennizzi, da corrispondersi entro novanta giorni dal verificarsi del documento.

5. L'Ente parco ha diritto di prelazione sul trasferimento a titolo oneroso della proprietà e di diritti reali sui terreni situati all'interno delle riserve e delle aree di cui all'articolo 12, comma 2, lettere a) e b), salva la precedenza a favore di soggetti privati di cui al primo comma dell'articolo 8 della legge 26 maggio 1965, n. 590 , e successive modificazioni e integrazioni.

6. L'Ente parco deve esercitare la prelazione entro tre mesi dalla notifica della proposta di alienazione. La proposta deve contenere la descrizione catastale dei beni, la data della trasmissione del possesso, l'indicazione del prezzo e delle sue modalità di pagamento. Qualora il dante causa non provveda a tale notificazione o il prezzo notificato sia superiore a quello di cessione, l'Ente parco può, entro un anno dalla trascrizione dell'atto di compravendita, esercitare il diritto di riscatto nei confronti dell'acquirente e di ogni altro successivo avente causa a qualsiasi titolo.

7. L'Ente parco provvede ad istituire nel proprio bilancio un apposito capitolo, con dotazione adeguata al prevedibile fabbisogno, per il pagamento di indennizzi e risarcimenti, formulando un apposito programma, con opportune priorità.


16. Entrate dell'Ente parco ed agevolazioni fiscali.

1. Costituiscono entrate dell'Ente parco da destinare al conseguimento dei fini istitutivi:

a) i contributi ordinari e straordinari dello Stato;

b) i contributi delle regioni e degli enti pubblici;

c) i contributi ed i finanziamenti a specifici progetti;

d) i lasciti, le donazioni e le erogazioni liberali in denaro di cui all'articolo 3 della legge 2 agosto 1982, n. 512 , e successive modificazioni e integrazioni;

e) gli eventuali redditi patrimoniali;

f) i canoni delle concessioni previste dalla legge, i proventi dei diritti d'ingresso e di privativa e le altre entrate derivanti dai servizi resi;

g) i proventi delle attività commerciali e promozionali;

h) i proventi delle sanzioni derivanti da inosservanza delle norme regolamentari;

i) ogni altro provento acquisito in relazione all'attività dell'Ente parco.

2. Le attività di cessione di materiale divulgativo, educativo e propagandistico di prodotti ecologici, nonché le prestazioni di servizi esercitate direttamente dall'Ente parco, non sono sottoposte alla normativa per la disciplina del commercio.

3. Le cessioni e le prestazioni di cui al comma 2 sono soggette alla disciplina dell'imposta sul valore aggiunto. La registrazione dei corrispettivi si effettua in base all'articolo 24 del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633 , come sostituito dall'articolo 1 del decreto del Presidente della Repubblica 29 gennaio 1979, n. 24, senza l'obbligo dell'uso dei registratori di cassa.

4. L'Ente parco ha l'obbligo di pareggio del bilancio.


 


17. Riserve naturali statali.

1. Il decreto istitutivo delle riserve naturali statali, di cui all'articolo 8, comma 2, oltre a determinare i confini della riserva ed il relativo organismo di gestione, ne precisa le caratteristiche principali, le finalità istitutive ed i vincoli principali, stabilendo altresì indicazioni e criteri specifici cui devono conformarsi il piano di gestione delle riserva ed il relativo regolamento attuativo, emanato secondo i princìpi contenuti nell'articolo 11 della presente legge. Il piano di gestione della riserva ed il relativo regolamento attuativo sono adottati dal Ministro dell'ambiente entro i termini stabiliti dal decreto istitutivo della riserva stessa, sentite le regioni a statuto ordinario e d'intesa con le regioni a statuto speciale e le province autonome di Trento e di Bolzano.

2. Sono vietati in particolare:

a) ogni forma di discarica di rifiuti solidi e liquidi;

b) l'accesso nelle riserve naturali integrali a persone non autorizzate, salvo le modalità stabilite dagli organi responsabili della gestione della riserva.


18. Istituzione di aree protette marine.

1. In attuazione del programma il Ministro dell'ambiente, d'intesa con il Ministro del tesoro, istituisce le aree protette marine, autorizzando altresì il finanziamento definito dal programma medesimo. L'istruttoria preliminare è in ogni caso svolta, ai sensi dell'articolo 26 della legge 31 dicembre 1982, n. 979 , dalla Consulta per la difesa del mare dagli inquinamenti (30).

1-bis. L'istituzione delle aree protette marine può essere sottoposta ad accordi generali fra le regioni e il Ministero dell'ambiente (31).

2. Il decreto istitutivo contiene tra l'altro la denominazione e la delimitazione dell'area, gli obiettivi cui è finalizzata la protezione dell'area e prevede, altresì, la concessione d'uso dei beni del demanio marittimo e delle zone di mare di cui all'articolo 19, comma 6.

3. Il decreto di istituzione è pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana.

4. Per il finanziamento di programmi e progetti di investimento per le aree protette marine è autorizzata la spesa di lire 5 miliardi per ciascuno degli anni 1992, 1993 e 1994.

5. Per le prime spese di funzionamento delle aree protette marine è autorizzata la spesa di lire 1 miliardo per ciascuno degli anni 1991, 1992 e 1993.

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(30)  Comma così modificato dal comma 8 dell'art. 8, L. 23 marzo 2001, n. 93. Per la soppressione della Consulta per la difesa del mare dagli inquinamenti ed il trasferimento delle relative funzioni al Ministero dell'ambiente, vedi l'art. 2, comma 14, L. 9 dicembre 1998, n. 426.

(31)  Comma aggiunto dal comma 9 dell'art. 8, L. 23 marzo 2001, n. 93.


 

19. Gestione delle aree protette marine.

1. Il raggiungimento delle finalità istitutive di ciascuna area protetta marina è assicurato attraverso l'Ispettorato centrale per la difesa del mare. Per l'eventuale gestione delle aree protette marine, l'Ispettorato centrale si avvale delle competenti Capitanerie di porto. Con apposita convenzione da stipularsi da parte del Ministro dell'ambiente, di concerto con il Ministro della marina mercantile, la gestione dell'area protetta marina può essere concessa ad enti pubblici, istituzioni scientifiche o associazioni riconosciute.

2. Qualora un'area marina protetta sia istituita in acque confinanti con un'area protetta terrestre, la gestione è attribuita al soggetto competente per quest'ultima.

3. Nelle aree protette marine sono vietate le attività che possono compromettere la tutela delle caratteristiche dell'ambiente oggetto della protezione e delle finalità istitutive dell'area. In particolare sono vietati:

a) la cattura, la raccolta e il danneggiamento delle specie animali e vegetali nonché l'asportazione di minerali e di reperti archeologici;

b) l'alterazione dell'ambiente geofisico e delle caratteristiche chimiche e idrobiologiche delle acque;

c) lo svolgimento di attività pubblicitarie;

d) l'introduzione di armi, esplosivi e ogni altro mezzo distruttivo e di cattura;

e) la navigazione a motore;

f) ogni forma di discarica di rifiuti solidi e liquidi.

4. I divieti di cui all'articolo 11, comma 3, si applicano ai territori inclusi nelle aree protette marine.

5. Con decreto del Ministro dell'ambiente, di concerto con il Ministro della marina mercantile, sentita la Consulta per la difesa del mare dagli inquinamenti (32), è approvato un regolamento che disciplina i divieti e le eventuali deroghe in funzione del grado di protezione necessario.

6. Beni del demanio marittimo e zone di mare ricomprese nelle aree protette possono essere concessi in uso esclusivo per le finalità della gestione dell'area medesima con decreto del Ministro della marina mercantile. I beni del demanio marittimo esistenti all'interno dell'area protetta fanno parte della medesima.

7. La sorveglianza nelle aree protette marine è esercitata dalle Capitanerie di porto, nonché dalle polizie degli enti locali delegati nella gestione delle medesime aree protette (33).

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(32)  Per la soppressione della Consulta per la difesa del mare dagli inquinamenti ed il trasferimento delle relative funzioni al Ministero dell'ambiente, vedi l'art. 2, comma 14, L. 9 dicembre 1998, n. 426.

(33)  Comma così modificato dall'art. 2, comma 17, L. 9 dicembre 1998, n. 426.


20. Norme di rinvio.

1. Per quanto non espressamente disciplinato dalla presente legge, ai parchi marini si applicano le disposizioni relative ai parchi nazionali. Alle riserve marine si applicano le disposizioni del titolo V della legge 31 dicembre 1982, n. 979, non in contrasto con le disposizioni della presente legge.


21. Vigilanza e sorveglianza.

1. La vigilanza sulla gestione delle aree naturali protette di rilievo internazionale e nazionale è esercitata per le aree terrestri dal Ministro dell'ambiente e per le aree marine congiuntamente dal Ministro dell'ambiente e dal Ministro della marina mercantile.

2. La sorveglianza sui territori delle aree naturali protette di rilievo internazionale e nazionale è esercitata, ai fini della presente legge, dal Corpo forestale dello Stato senza variazioni alla attuale pianta organica dello stesso. Per l'espletamento di tali servizi e di quant'altro affidato al Corpo medesimo dalla presente legge, con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, da adottare entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, su proposta del Ministro dell'ambiente e, sino all'emanazione dei provvedimenti di riforma in attuazione dell'articolo 11 della legge 15 marzo 1997, n. 59, e del decreto di cui all'articolo 4, comma 1, del decreto legislativo 4 giugno 1997, n. 143, e fermo restando il disposto del medesimo articolo 4, comma 1, di concerto con il Ministro dell'agricoltura e delle foreste, sono individuate le strutture ed il personale del Corpo da dislocare presso il Ministero dell'ambiente e presso gli Enti parco, sotto la dipendenza funzionale degli stessi, secondo modalità stabilite dal decreto medesimo (34). Il decreto determina altresì i sistemi e le modalità di reclutamento e di ripartizione su base regionale, nonché di formazione professionale del personale forestale di sorveglianza. Ai dipendenti dell'Ente parco possono essere attribuiti poteri di sorveglianza da esercitare in aggiunta o in concomitanza degli ordinari obblighi di servizio. Nell'espletamento dei predetti poteri i dipendenti assumono la qualifica di guardia giurata. Fino alla emanazione del predetto decreto alla sorveglianza provvede il Corpo forestale dello Stato, sulla base di apposite direttive impartite dal Ministro dell'ambiente, d'intesa con il Ministro dell'agricoltura e delle foreste. Nelle aree protette marine la sorveglianza è esercitata ai sensi dell'articolo 19, comma 7 (35).

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(34)  Vedi il D.P.C.M. 26 giugno 1997 e il D.P.C.M. 5 luglio 2002.

(35)  Comma così modificato dall'art. 2, comma 32, L. 9 dicembre 1998, n. 426. In deroga a quanto previsto dal presente comma vedi l'art. 80, comma 25, L. 27 dicembre 2002, n. 289.


TITOLO III

Aree naturali protette regionali

22. Norme quadro.

1. Costituiscono princìpi fondamentali per la disciplina delle aree naturali protette regionali:

a) la partecipazione delle province, delle comunità montane e dei comuni al procedimento di istituzione dell'area protetta, fatta salva l'attribuzione delle funzioni amministrative alle province, ai sensi dell'articolo 14 della legge 8 giugno 1990, n. 142 . Tale partecipazione si realizza, tenuto conto dell'articolo 3 della stessa legge n. 142 del 1990 , attraverso conferenze per la redazione di un documento di indirizzo relativo all'analisi territoriale dell'area da destinare a protezione, alla perimetrazione provvisoria, all'individuazione degli obiettivi da perseguire, alla valutazione degli effetti dell'istituzione dell'area protetta sul territorio;

b) la pubblicità degli atti relativi all'istituzione dell'area protetta e alla definizione del piano per il parco di cui all'articolo 25;

c) la partecipazione degli enti locali interessati alla gestione dell'area protetta;

d) l'adozione, secondo criteri stabiliti con legge regionale in conformità ai princìpi di cui all'articolo 11, di regolamenti delle aree protette;

e) la possibilità di affidare la gestione alle comunioni familiari montane, anche associate fra loro, qualora l'area naturale protetta sia in tutto o in parte compresa fra i beni agrosilvopastorali costituenti patrimonio delle comunità stesse.

2. Fatte salve le rispettive competenze per le regioni a statuto speciale e per le province autonome di Trento e di Bolzano, costituiscono princìpi fondamentali di riforma economico-sociale la partecipazione degli enti locali alla istituzione e alla gestione delle aree protette e la pubblicità degli atti relativi all'istituzione dell'area protetta e alla definizione del piano per il parco.

3. Le regioni istituiscono parchi naturali regionali e riserve naturali regionali utilizzando soprattutto i demani e i patrimoni forestali regionali, provinciali, comunali e di enti pubblici, al fine di un utilizzo razionale del territorio e per attività compatibili con la speciale destinazione dell'area.

4. Le aree protette regionali che insistono sul territorio di più regioni sono istituite dalle regioni interessate, previa intesa tra le stesse, e gestite secondo criteri unitari per l'intera area delimitata.

5. Non si possono istituire aree protette regionali nel territorio di un parco nazionale o di una riserva naturale statale.

6. Nei parchi naturali regionali e nelle riserve naturali regionali l'attività venatoria è vietata, salvo eventuali prelievi faunistici ed abbattimenti selettivi necessari per ricomporre squilibri ecologici. Detti prelievi ed abbattimenti devono avvenire in conformità al regolamento del parco o, qualora non esista, alle direttive regionali per iniziativa e sotto la diretta responsabilità e sorveglianza dell'organismo di gestione del parco e devono essere attuati dal personale da esso dipendente o da persone da esso autorizzate scelte con preferenza tra cacciatori residenti nel territorio del parco, previ opportuni corsi di formazione a cura dello stesso Ente (36).

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(36)  Comma così modificato dall'art. 2, comma 33, L. 9 dicembre 1998, n. 426.


 

23. Parchi naturali regionali.

1. La legge regionale istitutiva del parco naturale regionale, tenuto conto del documento di indirizzo di cui all'articolo 22, comma 1, lettera a), definisce la perimetrazione provvisoria e le misure di salvaguardia, individua il soggetto per la gestione del parco e indica gli elementi del piano per il parco, di cui all'articolo 25, comma 1, nonché i princìpi del regolamento del parco. A tal fine possono essere istituiti appositi enti di diritto pubblico o consorzi obbligatori tra enti locali od organismi associativi ai sensi della legge 8 giugno 1990, n. 142 . Per la gestione dei servizi del parco, esclusa la vigilanza, possono essere stipulate convenzioni con enti pubblici, con soggetti privati, nonché con comunioni familiari montane.


24. Organizzazione amministrativa del parco naturale regionale.

1. In relazione alla peculiarità di ciascuna area interessata, ciascun parco naturale regionale prevede, con apposito statuto, una differenziata forma organizzativa, indicando i criteri per la composizione del consiglio direttivo, la designazione del presidente e del direttore, i poteri del consiglio, del presidente e del direttore, la composizione e i poteri del collegio dei revisori dei conti e degli organi di consulenza tecnica e scientifica, le modalità di convocazione e di funzionamento degli organi statutari, la costituzione delle comunità del parco.

2. Nel collegio dei revisori dei conti deve essere assicurata la presenza di un membro designato dal Ministro del tesoro.

3. Gli enti di gestione dei parchi naturali regionali possono avvalersi sia di personale proprio che di personale comandato dalla regione o da altri enti pubblici.


25. Strumenti di attuazione.

1. Strumenti di attuazione delle finalità del parco naturale regionale sono il piano per il parco e il piano pluriennale economico e sociale per la promozione delle attività compatibili.

2. Il piano per il parco è adottato dall'organismo di gestione del parco ed è approvato dalla regione. Esso ha valore anche di piano paesistico e di piano urbanistico e sostituisce i piani paesistici e i piani territoriali o urbanistici di qualsiasi livello.

3. Nel riguardo delle finalità istitutive e delle previsioni del piano per il parco e nei limiti del regolamento, il parco promuove iniziative, coordinate con quelle delle regioni e degli enti locali interessati, atte a favorire la crescita economica, sociale e culturale delle comunità residenti. A tal fine predispone un piano pluriennale economico e sociale per la promozione delle attività compatibili. Tale piano è adottato dall'organismo di gestione del parco, tenuto conto del parere espresso dagli enti locali territorialmente interessati, è approvato dalla regione e può essere annualmente aggiornato.

4. Al finanziamento del piano pluriennale economico e sociale, di cui al comma 3, possono concorrere lo Stato, le regioni, gli enti locali e gli altri organismi interessati.

5. Le risorse finanziarie del parco possono essere costituite, oltre che da erogazioni o contributi a qualsiasi titolo, disposti da enti o da organismi pubblici e da privati, da diritti e canoni riguardanti l'utilizzazione dei beni mobili ed immobili che appartengono al parco o dei quali esso abbia la gestione.


26. Coordinamento degli interventi.

1. Sulla base di quanto disposto dal programma nonché dal piano pluriennale economico e sociale di cui all'articolo 25, comma 3, il Ministro dell'ambiente promuove, per gli effetti di cui all'articolo 27 della legge 8 giugno 1990, n. 142 , accordi di programma tra lo Stato, le regioni e gli enti locali aventi ad oggetto l'impiego coordinato delle risorse. In particolare gli accordi individuano gli interventi da realizzare per il perseguimento delle finalità di conservazione della natura, indicando le quote finanziarie dello Stato, della regione, degli enti locali ed eventualmente di terzi, nonché le modalità di coordinamento ed integrazione della procedura.


27. Vigilanza e sorveglianza.

1. La vigilanza sulla gestione delle aree naturali protette regionali è esercitata dalla regione. Ove si tratti di area protetta con territorio ricadente in più regioni l'atto istitutivo determina le intese per l'esercizio della vigilanza.

2. Il Corpo forestale dello Stato ha facoltà di stipulare specifiche convenzioni con le regioni per la sorveglianza dei territori delle aree naturali protette regionali, sulla base di una convenzione-tipo predisposta dal Ministro dell'ambiente, di concerto con il Ministro dell'agricoltura e delle foreste.


 

28. Leggi regionali.

1. Entro dodici mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge le regioni adeguano la loro legislazione alle disposizioni contenute nel presente titolo.


 


TITOLO IV

Disposizioni finali e transitorie

 

29. Poteri dell'organismo di gestione dell'area naturale protetta.

1. Il legale rappresentante dell'organismo di gestione dell'area naturale protetta, qualora venga esercitata un'attività in difformità dal piano, dal regolamento o dal nulla osta, dispone l'immediata sospensione dell'attività medesima ed ordina in ogni caso la riduzione in pristino o la ricostituzione di specie vegetali o animali a spese del trasgressore con la responsabilità solidale del committente, del titolare dell'impresa e del direttore dei lavori in caso di costruzione e trasformazione di opere.

2. In caso di inottemperanza all'ordine di riduzione in pristino o di ricostituzione delle specie vegetali o animali entro un congruo termine, il legale rappresentante dell'organismo di gestione provvede all'esecuzione in danno degli obbligati secondo la procedura di cui ai commi secondo, terzo e quarto dell'articolo 27 della legge 28 febbraio 1985, n. 47 , in quanto compatibili, e recuperando le relative spese mediante ingiunzione emessa ai sensi del testo unico delle disposizioni di legge relative alla riscossione delle entrate patrimoniali dello Stato, approvato con regio decreto 14 aprile 1910, n. 639 .

3. L'organismo di gestione dell'area naturale protetta può intervenire nei giudizi riguardanti fatti dolosi o colposi che possano compromettere l'integrità del patrimonio naturale dell'area protetta e ha la facoltà di ricorrere in sede di giurisdizione amministrativa per l'annullamento di atti illegittimi lesivi delle finalità istitutive dell'area protetta.


 

30. Sanzioni.

1. Chiunque viola le disposizioni di cui agli articoli 6 e 13 è punito con l'arresto fino a dodici mesi e con l'ammenda da lire duecentomila a lire cinquantamilioni. Chiunque viola le disposizioni di cui agli articoli 11, comma 3, e 19, comma 3, è punito con l'arresto fino a sei mesi o con l'ammenda da lire duecentomila a lire venticinquemilioni. Le pene sono raddoppiate in caso di recidiva.

1-bis. Qualora l'area protetta marina non sia segnalata con i mezzi e gli strumenti di cui all'articolo 2, comma 9-bis, chiunque, al comando o alla conduzione di un'unità da diporto, che comunque non sia a conoscenza dei vincoli relativi a tale area, violi il divieto di navigazione a motore di cui all'articolo 19, comma 3, lettera e), è soggetto alla sanzione amministrativa del pagamento di una somma da 200 euro a 1.000 euro (37).

2. La violazione delle disposizioni emanate dagli organismi di gestione delle aree protette è altresì punita con la sanzione amministrativa del pagamento di una somma da lire cinquantamila a lire duemilioni. Tali sanzioni sono irrogate, nel rispetto delle disposizioni di cui alla legge 24 novembre 1981, n. 689 , dal legale rappresentante dell'organismo di gestione dell'area protetta.

2-bis. La sanzione amministrativa pecuniaria di cui al comma 2 è determinata in misura compresa tra 25 euro e 500 euro, qualora l'area protetta marina non sia segnalata con i mezzi e gli strumenti di cui all'articolo 2, comma 9-bis, e la persona al comando o alla conduzione dell'unità da diporto non sia comunque a conoscenza dei vincoli relativi a tale area (38).

3. In caso di violazioni costituenti ipotesi di reati perseguiti ai sensi degli articoli 733 e 734 del codice penale può essere disposto dal giudice o, in caso di flagranza, per evitare l'aggravamento o la continuazione del reato, dagli addetti alla sorveglianza dell'area protetta, il sequestro di quanto adoperato per commettere gli illeciti ad essi relativi. Il responsabile è tenuto a provvedere alla riduzione in pristino dell'area danneggiata, ove possibile, e comunque è tenuto al risarcimento del danno.

4. Nelle sentenze di condanna il giudice può disporre, nei casi di particolare gravità, la confisca delle cose utilizzate per la consumazione dell'illecito.

5. Si applicano le disposizioni di cui alla legge 24 novembre 1981, n. 689 , in quanto non in contrasto con il presente articolo.

6. In ogni caso trovano applicazione le norme dell'articolo 18 della legge 8 luglio 1986, n. 349 , sul diritto al risarcimento del danno ambientale da parte dell'organismo di gestione dell'area protetta.

7. Le sanzioni penali previste dal comma 1 si applicano anche nel caso di violazione dei regolamenti e delle misure di salvaguardia delle riserve naturali statali.

8. Le sanzioni penali previste dal comma 1 si applicano anche in relazione alla violazione alle disposizioni di leggi regionali che prevedono misure di salvaguardia in vista della istituzione di aree protette e con riguardo alla trasgressione di regolamenti di parchi naturali regionali.

9. Nell'area protetta dei monti Cervati, non si applicano, fino alla costituzione del parco nazionale, i divieti di cui all'articolo 17, comma 2.

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(37)  Comma aggiunto dall'art. 4, L. 8 luglio 2003, n. 172.

(38)  Comma aggiunto dall'art. 4, L. 8 luglio 2003, n. 172.


31. Beni di proprietà dello Stato destinati a riserva naturale.

1. Fino alla riorganizzazione, ai sensi dell'articolo 9 della legge 18 maggio 1989, n. 183 , del Corpo forestale dello Stato, le riserve naturali statali sono amministrate dagli attuali organismi di gestione dell'ex Azienda di Stato per le foreste demaniali. Per far fronte alle esigenze di gestione delle riserve naturali statali indicate nel programma, entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, ed in attesa della riorganizzazione di cui all'articolo 9 della citata legge n. 183 del 1989 , la composizione e le funzioni dell'ex Azienda di Stato possono essere disciplinate con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri da emanarsi su proposta del Ministro dell'ambiente di concerto con il Ministro dell'agricoltura e delle foreste. Per l'esercizio delle attività di gestione per i primi tre anni successivi alla data di entrata in vigore della presente legge continuano ad applicarsi le disposizioni di cui alla legge 5 aprile 1985, n. 124 (39).

2. Entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, il Ministro dell'agricoltura e delle foreste, di concerto con il Ministro delle finanze, trasmette al Comitato l'elenco delle aree individuate ai sensi del decreto ministeriale 20 luglio 1987, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana n. 175 del 29 luglio 1987, e delle altre aree nella sua disponibilità con la proposta della loro destinazione ad aree naturali protette nazionali e regionali anche ai fini di un completamento, con particolare riguardo alla regione Veneto e alla regione Lombardia, dei trasferimenti effettuati ai sensi dell'articolo 68 del decreto del Presidente della Repubblica 24 luglio 1977, n. 616 .

3. La gestione delle riserve naturali, di qualunque tipologia, istituite su proprietà pubbliche, che ricadano o vengano a ricadere all'interno dei parchi nazionali, è affidata all'Ente parco (40).

4. Le direttive necessarie per la gestione delle riserve naturali statali e per il raggiungimento degli obiettivi scientifici, educativi e di protezione naturalistica, sono impartite dal Ministro dell'ambiente ai sensi dell'articolo 5 della legge 8 luglio 1986, n. 349 .

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(39)  Per la proroga del termine, vedi l'art. 3, D.L. 28 agosto 1995, n. 361.

(40)  Comma così sostituito dall'art. 2, comma 34, L. 9 dicembre 1998, n. 426.


32. Aree contigue.

1. Le regioni, d'intesa con gli organismi di gestione delle aree naturali protette e con gli enti locali interessati, stabiliscono piani e programmi e le eventuali misure di disciplina della caccia, della pesca, delle attività estrattive e per la tutela dell'ambiente, relativi alle aree contigue alle aree protette, ove occorra intervenire per assicurare la conservazione dei valori delle aree protette stesse.

2. I confini delle aree contigue di cui al comma 1 sono determinati dalle regioni sul cui territorio si trova l'area naturale protetta, d'intesa con l'organismo di gestione dell'area protetta.

3. All'interno delle aree contigue le regioni possono disciplinare l'esercizio della caccia, in deroga al terzo comma dell'articolo 15 della legge 27 dicembre 1977, n. 968 , soltanto nella forma della caccia controllata, riservata ai soli residenti dei comuni dell'area naturale protetta e dell'area contigua, gestita in base al secondo comma dello stesso articolo 15 della medesima legge.

4. L'organismo di gestione dell'area naturale protetta, per esigenze connesse alla conservazione del patrimonio faunistico dell'area stessa, può disporre, per particolari specie di animali, divieti riguardanti le modalità ed i tempi della caccia.

5. Qualora si tratti di aree contigue interregionali, ciascuna regione provvede per quanto di propria competenza per la parte relativa al proprio territorio, d'intesa con le altre regioni ai sensi degli articoli 8 e 66, ultimo comma, del decreto del Presidente della Repubblica 24 luglio 1977, n. 616 . L'intesa è promossa dalla regione nel cui territorio è situata la maggior parte dell'area naturale protetta.


33. Relazione al Parlamento.

1. Il Ministro dell'ambiente, previa deliberazione del Consiglio nazionale per l'ambiente, presenta annualmente al Parlamento una relazione sullo stato di attuazione della presente legge e sull'attività degli organismi di gestione delle aree naturali protette nazionali.


34. Istituzione di parchi e aree di reperimento.

1. Sono istituiti i seguenti parchi nazionali:

a) Cilento e Vallo di Diano (Cervati, Gelbison, Alburni, Monte Stella e Monte Bulgheria);

b) Gargano;

c) Gran Sasso e Monti della Laga;

d) Maiella;

e) Val Grande;

f) Vesuvio.

2. È istituito, d'intesa con la regione Sardegna ai sensi dell'articolo 2, comma 7, il Parco nazionale del Golfo di Orosei e del Gennargentu. Qualora l'intesa con la regione Sardegna non si perfezioni entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, con le procedure di cui all'articolo 4 si provvede alla istituzione del parco della Val d'Agri e del Lagonegrese (Monti Arioso, Volturino, Viggiano, Sirino, Raparo) o, se già costituito, di altro parco nazionale per il quale non si applica la previsione di cui all'articolo 8, comma 6 (41).

3. Entro centottanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, il Ministro dell'ambiente provvede alla delimitazione provvisoria dei parchi nazionali di cui ai commi 1 e 2 sulla base degli elementi conoscitivi e tecnico-scientifici disponibili, in particolare, presso i servizi tecnici nazionali e le amministrazioni dello Stato nonché le regioni e, sentiti le regioni e gli enti locali interessati, adotta le misure di salvaguardia, necessarie per garantire la conservazione dello stato dei luoghi. La gestione provvisoria del parco, fino alla costituzione degli Enti parco previsti dalla presente legge, è affidata ad un apposito comitato di gestione istituito dal Ministro dell'ambiente in conformità ai princìpi di cui all'articolo 9.

4. Il primo programma verifica ed eventualmente modifica la delimitazione effettuata dal Ministro dell'ambiente ai sensi del comma 3.

5. Per l'organizzazione ed il funzionamento degli Enti parco dei parchi di cui ai commi 1 e 2 si applicano le disposizioni della presente legge.

6. Il primo programma, tenuto conto delle disponibilità finanziarie esistenti, considera come prioritarie aree di reperimento le seguenti:

a) Alpi apuane e Appennino tosco-emiliano;

b) Etna;

c) Monte Bianco;

d) Picentino (Monti Terminio e Cervialto);

e) Tarvisiano;

f) Appennino lucano, Val d'Agri e Lagonegrese (Monti Arioso, Volturino, Viggiano, Sirino e Raparo);

g) Partenio;

h) Parco-museo delle miniere dell'Amiata;

i) Alpi marittime (comprensorio del massiccio del Marguareis);

l) Alta Murgia;

l-bis) Costa teatina (42).

7. Il Ministro dell'ambiente, d'intesa con le regioni, può emanare opportune misure di salvaguardia.

8. Qualora il primo programma non venga adottato entro il termine previsto dall'articolo 4, comma 6, all'approvazione dello stesso provvede il Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro dell'ambiente.

9. Per le aree naturali protette i cui territori siano confinanti o adiacenti ad aree di interesse naturalistico facenti parte di Stati esteri, il Ministro degli affari esteri, su proposta del Ministro dell'ambiente, sentite le regioni e le province autonome interessate, promuove l'adozione delle opportune intese o atti, al fine di realizzare forme integrate di protezione, criteri comuni di gestione e facilitazioni di accesso, ove ammesso. Le intese e gli atti possono riguardare altresì l'istituzione di aree naturali protette di particolare pregio naturalistico e rilievo internazionale sul territorio nazionale. Le disposizioni delle intese e degli atti sono vincolanti per le regioni e gli enti locali interessati.

10. Per l'istituzione dei parchi nazionali di cui ai commi 1 e 2 è autorizzata la spesa di lire 20 miliardi per l'anno 1991 e lire 30 miliardi per ciascuno degli anni 1992 e 1993.

11. Per la gestione dei parchi nazionali di cui ai commi 1 e 2 è autorizzata la spesa di lire 10 miliardi per il 1991, lire 15,5 miliardi per il 1992 e lire 22 miliardi a decorrere dal 1993.

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(41)  Comma così modificato dall'art. 4, L. 8 ottobre 1997, n. 344. Vedi il D.P.R. 30 marzo 1998.

(42)  Lettera aggiunta dall'art. 4, L. 8 ottobre 1997, n. 344.


35. Norme transitorie.

1. Con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro dell'ambiente, si provvede all'adeguamento ai princìpi della presente legge, fatti salvi i rapporti di lavoro esistenti alla data di entrata in vigore della presente legge di dipendenti in ruolo, della disciplina del Parco nazionale d'Abruzzo, del Parco nazionale del Gran Paradiso, previa intesa con la regione a statuto speciale Val d'Aosta e la regione Piemonte, tenuto conto delle attuali esigenze con particolare riguardo alla funzionalità delle sedi ed alla sorveglianza. Per il Parco nazionale dello Stelvio si provvede in base a quanto stabilito dall'articolo 3 del decreto del Presidente della Repubblica 22 marzo 1974, n. 279 . Le intese ivi previste vanno assunte anche con la regione Lombardia e devono essere informate ai princìpi generali della presente legge.

2. In considerazione dei particolari valori storico-culturali ed ambientali, nonché della specialità degli interventi necessari per il ripristino e la conservazione degli importanti e delicati ecosistemi, la gestione delle proprietà demaniali statali ricadenti nei Parchi nazionali del Circeo e della Calabria sarà condotta secondo forme, contenuti e finalità, anche ai fini della ricerca e sperimentazione scientifica nonché di carattere didattico formativo e dimostrativo, che saranno definiti con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro dell'ambiente di concerto con il Ministro dell'agricoltura e delle foreste ed il Ministro dell'università e della ricerca scientifica e tecnologica, da emanarsi entro centoventi giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge.

3. Ai parchi nazionali previsti dalla lettera c) del comma 1 dell'articolo 18 della legge 11 marzo 1988, n. 67 , e dall'articolo 10 della legge 28 agosto 1989, n. 305 , si applicano le disposizioni della presente legge, utilizzando gli atti posti in essere prima dell'entrata in vigore della legge stessa in quanto compatibili.

4. Entro due anni dalla data di entrata in vigore della presente legge le regioni interessate provvedono, d'intesa con il Ministro dell'ambiente, alla istituzione del parco naturale interregionale del Delta del Po a modifica dell'articolo 10 della legge 28 agosto 1989, n. 305 , in conformità delle risultanze dei lavori della Commissione paritetica istituita in applicazione della delibera del Comitato interministeriale per la programmazione economica (CIPE) del 5 agosto 1988, pubblicata nel supplemento ordinario n. 87 alla Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana n. 215 del 13 settembre 1988. Qualora l'intesa non si perfezioni nel suddetto termine, si provvede alla istituzione di un parco nazionale in tale area a norma del comma 3 (43).

5. Nell'ipotesi in cui si istituisca il parco interregionale del Delta del Po, con le procedure di cui all'articolo 4 si procede alla istituzione del parco nazionale della Val d'Agri e del Lagonegrese (Monti Arioso, Volturino, Viggiano, Sirino, Raparo), o, se già costituito, di altro parco nazionale, per il quale non si applica la previsione di cui all'articolo 8, comma 6.

6. Restano salvi gli atti di delimitazione di riserve naturali emessi alla data di entrata in vigore della presente legge e le conseguenti misure di salvaguardia già adottate. Dette riserve sono istituite, secondo le modalità previste dalla presente legge, entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della legge stessa.

7. Ove non diversamente previsto, il termine per l'espressione di pareri da parte delle regioni ai fini della presente legge è stabilito in giorni quarantacinque.

8. Per l'attuazione del comma 1 è autorizzata la spesa di lire 2 miliardi per il 1991, lire 3 miliardi per il 1992 e lire 4 miliardi a decorrere dal 1993.

9. Per l'attuazione dei commi 3, 4 e 5 è autorizzata la spesa di lire 14 miliardi per il 1991, lire 17,5 miliardi per il 1992 e lire 21 miliardi a decorrere dal 1993.

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(43)  Per la proroga al 31 dicembre 1996 del termine previsto dal presente comma 4, vedi l'art. 6, D.L. 23 ottobre 1996, n. 548.


36. Aree marine di reperimento.

1. Sulla base delle indicazioni programmatiche di cui all'articolo 4, possono essere istituiti parchi marini o riserve marine, oltre che nelle aree di cui all'articolo 31 della legge 31 dicembre 1982, n. 979 , nelle seguenti aree:

a) Isola di Gallinara;

b) Monti dell'Uccellina - Formiche di Grosseto - Foce dell'Ombrone - Talamone;

c) Secche di Torpaterno;

d) Penisola della Campanella - Isola di Capri;

e) Costa degli Infreschi;

f) Costa di Maratea;

g) Penisola Salentina (Grotte Zinzulusa e Romanelli);

h) Costa del Monte Conero;

i) Isola di Pantelleria;

l) Promontorio Monte Cofano - Golfo di Custonaci;

m) Acicastello - Le Grotte;

n) Arcipelago della Maddalena (isole ed isolotti compresi nel territorio del comune della Maddalena);

o) Capo Spartivento - Capo Teulada;

p) Capo Testa - Punta Falcone;

q) Santa Maria di Castellabate;

r) Monte di Scauri;

s) Monte a Capo Gallo - Isola di Fuori o delle Femmine;

t) Parco marino del Piceno;

u) Isole di Ischia, Vivara e Procida, area marina protetta integrata denominata «regno di Nettuno»;

v) Isola di Bergeggi;

z) Stagnone di Marsala;

aa) Capo Passero;

bb) Pantani di Vindicari;

cc) Isola di San Pietro;

dd) Isola dell'Asinara;

ee) Capo Carbonara;

ee-bis) Parco marino «Torre del Cerrano» (44);

ee-ter) Alto Tirreno-Mar Ligure «Santuario dei cetacei» (45);

ee-quater) Penisola Maddalena-Capo Murro Di Porco (46).

2. La Consulta per la difesa del mare (47) può, comunque, individuare, ai sensi dell'articolo 26 della legge 31 dicembre 1982, n. 979 , altre aree marine di particolare interesse nelle quali istituire parchi marini o riserve marine.

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(44)  Lettera aggiunta dall'art. 4, L. 8 ottobre 1997, n. 344.

(45)  Lettera aggiunta dall'art. 2, comma 10, L. 9 dicembre 1998, n. 426.

(46)  Lettera aggiunta dal comma 4 dell'art. 8, L. 23 marzo 2001, n. 93.

(47)  Per la soppressione della Consulta per la difesa del mare dagli inquinamenti ed il trasferimento delle relative funzioni al Ministero dell'ambiente, vedi l'art. 2, comma 14, L. 9 dicembre 1998, n. 426.


37. Detrazioni fiscali a favore delle persone giuridiche e regime per i beni di rilevante interesse paesaggistico e naturale.

1. ... (48).

2. È deducibile dal reddito imponibile di qualunque soggetto obbligato, fino a un massimo del 25 per cento del reddito annuo imponibile, il controvalore in denaro, da stabilirsi a cura del competente organo periferico del Ministero per i beni culturali e ambientali, d'intesa con l'ufficio tecnico erariale competente per territorio, corrispondente a beni immobili che vengano ceduti a titolo gratuito da persone fisiche e giuridiche allo Stato ed ai soggetti pubblici e privati di cui alle lettere a) e b) del comma 2-bis dell'articolo 114 del citato testo unico delle imposte sui redditi, purché detti immobili siano vincolati ai sensi della legge 29 giugno 1939, n. 1497 , e facciano parte degli elenchi relativi ai numeri 1) e 2) dell'articolo 1 della medesima legge, o siano assoggettati al vincolo della inedificabilità in base ai piani di cui all'articolo 5 della medesima legge e al decreto-legge 27 giugno 1985, n. 312 , convertito, con modificazioni, dalla legge 8 agosto 1985, n. 431, e la donazione avvenga allo scopo di assicurare la conservazione del bene nella sua integrità, per il godimento delle presenti e delle future generazioni.

3. Le agevolazioni di cui all'articolo 5 della legge 2 agosto 1982, n. 512 , sono accordate nel caso di trasferimenti delle cose di cui ai numeri 1) e 2) dell'articolo 1 della citata legge n. 1497 del 1939 effettuati da soggetti che abbiano fra le loro finalità la conservazione di dette cose.

4. Alla copertura delle minori entrate derivanti dall'attuazione del presente articolo, valutate in lire 100 milioni per il 1991, lire 1 miliardo per il 1992 e lire 2 miliardi per il 1993, si provvede mediante corrispondente riduzione dello stanziamento iscritto, ai fini del bilancio triennale 1991-1993, al capitolo 6856 dello stato di previsione del Ministero del tesoro per il 1991, all'uopo parzialmente utilizzando l'accantonamento «Norme generali sui parchi nazionali».

5. Il Ministro delle finanze presenta annualmente al Parlamento una relazione sugli effetti finanziari del presente articolo.

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(48)  Aggiunge i commi 2-bis e 2-ter all'art. 114, D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917.


38. Copertura finanziaria.

1. All'onere derivante dalla attuazione dell'articolo 3, comma 3, pari a lire 5 miliardi per ciascuno degli anni 1992 e 1993 ed a lire 10 miliardi per l'anno 1994, si provvede mediante corrispondente riduzione dello stanziamento iscritto, ai fini del bilancio triennale 1991-1993, al capitolo 9001 dello stato di previsione del Ministero del tesoro per l'anno 1991, all'uopo parzialmente utilizzando l'accantonamento «Programma di salvaguardia ambientale e tutela dei parchi nazionali e delle altre riserve naturali».

2. All'onere derivante dall'attuazione dell'articolo 3, comma 7, pari a lire 600 milioni per ciascuno degli anni 1991, 1992 e 1993 e a regime, si provvede mediante corrispondente riduzione dello stanziamento iscritto, ai fini del bilancio triennale 1991-1993, al capitolo 6856 dello stato di previsione del Ministero del tesoro per l'anno 1991, all'uopo parzialmente utilizzando l'accantonamento «Ristrutturazione del Ministero dell'ambiente».

3. All'onere derivante dall'attuazione dell'articolo 3, comma 9, pari a lire 3,4 miliardi per ciascuno degli anni 1991, 1992 e 1993 e a regime, si provvede mediante corrispondente riduzione dello stanziamento iscritto, ai fini del bilancio triennale 1991-1993, al capitolo 6856 dello stato di previsione del Ministero del tesoro per l'anno 1991, all'uopo parzialmente utilizzando l'accantonamento «Ristrutturazione del Ministero dell'ambiente».

4. All'onere derivante dall'attuazione dell'articolo 4, comma 8, pari a lire 22,9 miliardi per l'anno 1991 ed a lire 12 miliardi per l'anno 1992, si provvede mediante corrispondente riduzione dello stanziamento iscritto, ai fini del bilancio triennale 1991-1993, al capitolo 6856 dello stato di previsione del Ministero del tesoro per l'anno 1991, all'uopo parzialmente utilizzando l'accantonamento «Norme generali sui parchi nazionali e le altre riserve naturali».

5. All'onere derivante dall'attuazione dell'articolo 4, comma 9, pari a lire 110 miliardi per ciascuno degli anni 1992 e 1993 ed a lire 92 miliardi per l'anno 1994, si provvede mediante corrispondente riduzione dello stanziamento iscritto, ai fini del bilancio triennale 1991-1993, al capitolo 9001 dello stato di previsione del Ministero del tesoro per l'anno 1991, all'uopo parzialmente utilizzando l'accantonamento «Programma di salvaguardia ambientale e tutela dei parchi nazionali e delle altre riserve naturali».

6. All'onere relativo all'attuazione dell'articolo 18, comma 4, pari a lire 5 miliardi per ciascuno degli anni 1992, 1993 e 1994, si provvede mediante corrispondente riduzione dello stanziamento iscritto, ai fini del bilancio triennale 1991-1993, al capitolo 9001 dello stato di previsione del Ministero del tesoro per l'anno 1991, all'uopo parzialmente utilizzando l'accantonamento «Programma di salvaguardia ambientale e tutela dei parchi nazionali e delle altre riserve naturali».

7. All'onere derivante dall'attuazione dell'articolo 18, comma 5, pari a lire 1 miliardo per ciascuno degli anni 1991, 1992 e 1993 e a regime, si provvede mediante corrispondente riduzione dello stanziamento iscritto, ai fini del bilancio triennale 1991-1993, al capitolo 6856 dello stato di previsione del Ministero del tesoro per l'anno 1991, all'uopo parzialmente utilizzando l'accantonamento «Norme generali sui parchi nazionali e le altre riserve naturali».

8. All'onere derivante dall'attuazione dell'articolo 34, comma 10, pari a lire 20 miliardi per l'anno 1991 ed a lire 30 miliardi per ciascuno degli anni 1992 e 1993, si provvede mediante corrispondente riduzione dello stanziamento iscritto, ai fini del bilancio triennale 1991-1993, al capitolo 9001 dello stato di previsione del Ministero del tesoro per l'anno 1991, all'uopo parzialmente utilizzando l'accantonamento «Programma di salvaguardia ambientale e tutela dei parchi nazionali e delle altre riserve naturali».

9. All'onere derivante dall'attuazione dell'articolo 34, comma 11, pari a lire 10 miliardi per l'anno 1991, lire 15,5 miliardi per l'anno 1992 ed a lire 22 miliardi per l'anno 1993 e a regime, si provvede mediante corrispondente riduzione dello stanziamento iscritto, ai fini del bilancio triennale 1991-1993, al capitolo 6856 dello stato di previsione del Ministero del tesoro per l'anno 1991, all'uopo parzialmente utilizzando l'accantonamento «Norme generali sui parchi nazionali e le altre riserve naturali».

10. All'onere derivante dall'attuazione dell'articolo 35, comma 8, pari a lire 2 miliardi per l'anno 1991, lire 3 miliardi per l'anno 1992 e lire 4 miliardi per l'anno 1993 e a regime, si provvede mediante corrispondente riduzione dello stanziamento iscritto, ai fini del bilancio triennale 1991-1993, al capitolo 6856 dello stato di previsione del Ministero del tesoro per l'anno 1991, all'uopo parzialmente utilizzando l'accantonamento «Norme generali sui parchi nazionali e le altre riserve naturali».

11. All'onere derivante dall'attuazione dell'articolo 35, comma 9, pari a lire 14 miliardi per l'anno 1991, lire 17,5 miliardi per l'anno 1992 e lire 21 miliardi per l'anno 1993 e a regime, si provvede mediante corrispondente riduzione dello stanziamento iscritto, ai fini del bilancio triennale 1991-1993, al capitolo 6856 dello stato di previsione del Ministero del tesoro per l'anno 1991, all'uopo parzialmente utilizzando l'accantonamento «Norme generali sui parchi nazionali e le altre riserve naturali».

12. Per gli oneri derivanti dall'attuazione dell'articolo 3, comma 3, dell'articolo 4, comma 9, dell'articolo 18, comma 4, e dell'articolo 34, comma 10, gli stanziamenti relativi agli anni successivi al triennio 1991-1993 saranno rimodulati ai sensi dell'articolo 11, comma 3, lettera c), della legge 5 agosto 1978, n. 468, come modificata dalla legge 23 agosto 1988, n. 362.

13. Il Ministro del tesoro è autorizzato ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio.

 

 


D.Lgs. 27 gennaio 1992, n. 119
Attuazione delle direttive n. 81/851/CEE, n. 81/852/CEE, n. 87/20/CEE e n. 90/676/CEE relative ai medicinali veterinari

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(1) Pubblicato nella Gazz. Uff. 18 febbraio 1992, n. 40, S.O.

(1/a) Il presente decreto è stato abrogato dall'art. 120, D.Lgs. 6 aprile 2006, n. 193.

(2) Vedi, anche, il D.Lgs. 4 febbraio 1993, n. 66. Le violazioni previste come reato dal presente decreto sono state trasformate in illeciti amministrativi dall'art. 1, D.Lgs. 30 dicembre 1999, n. 507, in attuazione della delega contenuta nella L. 25 giugno 1999, n. 205. Vedi, anche, l'art. 93 del suddetto decreto, nel quale sono indicate le autorità competenti ad applicare le sanzioni amministrative per le violazioni depenalizzate.

(3) Nel presente decreto le espressioni «Ministero della Sanità», «Dipartimento» e «il responsabile all'immissione in commercio» sono state sostituite, rispettivamente, dalle seguenti: «Ministero della salute», «Direzione» e «il titolare dell'autorizzazione all'immissione in commercio», ai sensi di quanto disposto dall'art. 6, D.Lgs. 9 aprile 2003, n. 71.

 

(La legge omessa è consultabile presso il Servizio Studi – Dipartimento Agricoltura)

 


L. 5 febbraio 1992, n. 102
Norme concernenti l'attività di acquacoltura


(1) Pubblicata nella Gazz. Uff. 17 febbraio 1992, n. 39.

 

1.  1. Ai fini della presente legge per attività di acquacoltura si intende l'insieme delle pratiche volte alla produzione di proteine animali in ambiente acquatico mediante il controllo, parziale o totale, diretto o indiretto, del ciclo di sviluppo degli organismi acquatici.


2.  1. L'attività di acquacoltura è considerata a tutti gli effetti attività imprenditoriale agricola quando i redditi che ne derivano sono prevalenti rispetto a quelli di altre attività economiche non agricole svolte dallo stesso soggetto.

2. Sono imprenditori agricoli, ai sensi dell'articolo 2135 del codice civile, i soggetti, persone fisiche o giuridiche, singoli o associati, che esercitano l'acquacoltura e le connesse attività di prelievo sia in acque dolci sia in acque salmastre e marine (3).


(3)  Comma così modificato dall'art. 9 L. 27 marzo 2001, n. 122.


3.  1. Le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano adottano, in conformità ai propri ordinamenti, programmi di sviluppo dell'acquacoltura in armonia con le disposizioni della presente legge.


4.  1. La presente legge entra in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana.

 

 

 


D.Lgs. 17 marzo 1995, n. 220
Attuazione degli articoli 8 e 9 del regolamento n. 2092/91/CEE in materia di produzione agricola ed agro-alimentare con metodo biologico


(1) Pubblicato nella Gazz. Uff. 5 giugno 1995, n. 129, S.O.

(2)  Con sentenza 17-24 aprile 1996, n. 126 (Gazz. Uff. 30 aprile 1996, n. 18 - Serie speciale) la Corte costituzionale ha dichiarato l'illegittimità costituzionale del presente decreto relativamente alle Province autonome di Trento e di Bolzano. Vedi, anche, l'art. 2, L. 7 marzo 2003, n. 38.

(3)  Vedi, anche, il D.M. 7 luglio 2005.


IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA

 

Visti gli articoli 76 e 87 della Costituzione;

Visto l'art. 42 della legge 22 febbraio 1994, n. 146, recante delega al Governo per l'attuazione delle disposizioni di cui agli articoli 8 e 9 del regolamento n. 2092/CEE del 24 giugno 1991 in materia di produzione agricola e agro-alimentare con metodo biologico;

Vista la preliminare deliberazione del Consiglio dei Ministri, adottata nella riunione del 17 febbraio 1995;

Sentita la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le provincie autonome di Trento e Bolzano;

Acquisiti i pareri delle competenti commissioni parlamentari della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica;

Vista la deliberazione del Consiglio dei Ministri, adottata nella riunione del 16 marzo 1995;

Sulla proposta del Ministro del bilancio e della programmazione economica incaricato per il coordinamento delle politiche dell'Unione europea e del Ministro delle risorse agricole, alimentari e forestali, di concerto con i Ministri della sanità, dell'industria, del commercio e dell'artigianato, degli affari esteri, di grazia e giustizia e del tesoro;

Emana il seguente decreto:


1. Autorità per il coordinamento.

1. Il Ministero delle risorse agricole, alimentari e forestali è l'autorità preposta al controllo ed al coordinamento delle attività amministrative e tecnico-scientifiche inerenti l'applicazione della regolamentazione comunitaria in materia di agricoltura biologica, di cui al regolamento CEE del Consiglio n. 2092/91 del 24 giugno 1991, e successive modifiche ed integrazioni.


2. Comitato di valutazione degli organismi di controllo.

1. È istituito presso il Ministero delle risorse agricole, alimentari e forestali il Comitato di valutazione degli organismi di controllo, con il compito di esprimere pareri in merito all'adozione dei provvedimenti di autorizzazione degli organismi di controllo di cui all'art. 3, e di revoca totale o parziale dei medesimi.

2. Il Comitato di cui al comma 1 è formato da nove componenti, nominati con decreto del Ministro delle risorse agricole, alimentari e forestali, di cui tre scelti tra funzionari del Ministero delle risorse agricole, alimentari e forestali, tre funzionari designati rispettivamente dai Ministeri dell'industria, del commercio e dell'artigianato, della sanità, del commercio con l'estero, tre designati dalla Conferenza dei Presidenti di cui all'art. 4 del decreto legislativo 16 dicembre 1989, n. 418 (5).

3. Al fine di esprimere il parere previsto al comma 1, il Comitato è integrato di volta in volta con un rappresentante designato da ciascuna delle regioni e provincie autonome in cui il richiedente ha dichiarato di essere presente, ai sensi dell'allegato II, parte I, punto 6.

4. Il presidente ed il segretario del Comitato sono nominati tra i rappresentanti del Ministero delle risorse agricole, alimentari e forestali. Il segretario del Comitato cura l'invio ai componenti di cui ai commi 2 e 3 dell'ordine del giorno e della relativa documentazione.


(5)  Per la composizione del Comitato di valutazione degli organismi di controllo in agricoltura biologica vedi il D.M. 29 ottobre 2003 e il D.M. 9 gennaio 2006.


3. Organismi autorizzati.

1. Gli organismi che intendono svolgere il controllo sulle attività della produzione agricola, della preparazione e dell'importazione di prodotti ottenuti secondo il metodo dell'agricoltura biologica, presentano la relativa istanza al Ministro delle risorse agricole, alimentari e forestali, ai sensi dell'allegato I al presente decreto legislativo. Il Ministro si pronuncia entro novanta giorni dal ricevimento della stessa. Ove la richiesta sia irregolare o incompleta, ne è data comunicazione al richiedente, indicandone i motivi. In tal caso il termine decorre dal ricevimento della domanda regolarizzata o completa.

2. L'autorizzazione è subordinata, oltre che all'accertamento della regolarità o completezza della domanda, alla verifica del possesso dei requisiti previsti dal regolamento CEE n. 2092/91, e successive modifiche ed integrazioni, per esercitare l'attività di controllo, e di quelli indicati negli allegati I e II al presente decreto legislativo.

3. Gli organismi di controllo sono autorizzati con decreto del Ministro delle risorse agricole, alimentari e forestali, sentito il Comitato di cui all'art. 2. Gli organismi di controllo autorizzati possono esercitare la propria attività su tutto il territorio nazionale.


4. Vigilanza sugli organismi di controllo autorizzati.

1. Gli organismi di controllo autorizzati si attengono agli obblighi previsti dal regolamento CEE n. 2092/91, e successive modifiche ed integrazioni, ed a quelli elencati nell'allegato III al presente decreto legislativo.

2. La vigilanza sugli organismi di controllo autorizzati è esercitata dal Ministero delle risorse agricole, alimentari e forestali e dalle regioni e provincie autonome, per le strutture ricadenti nel territorio di propria competenza.

3. Ciascuna regione e provincia autonoma, all'esito dei controlli di cui al comma 2, propone la revoca dell'autorizzazione qualora sia emerso che l'organismo non risulta più in possesso dei requisiti sulla base dei quali l'autorizzazione è stata concessa, ovvero nei casi previsti dall'articolo 9, comma 6, lettera d), del regolamento CEE n. 2092/91.

4. La revoca dell'autorizzazione può riguardare anche una sola delle strutture, sempre che l'organismo di controllo risulti ancora in possesso di tutti i requisiti richiesti con riferimento alle restanti strutture.

5. La revoca dell'autorizzazione è disposta con la procedura di cui all'art. 3, comma 3.


5. Controllo sugli operatori.

1. Gli organismi autorizzati effettuano i controlli previsti dalle norme comunitarie secondo un piano-tipo, predisposto annualmente dall'organismo stesso. Il piano è trasmesso entro il trenta novembre di ciascun anno per l'attività relativa all'anno successivo, alle regioni e alle provincie autonome interessate ed al Ministero delle risorse agricole, alimentari e forestali, che d'intesa con le regioni e le provincie autonome interessate, può formulare rilievi ed osservazioni entro trenta giorni dal ricevimento. L'organismo di controllo è tenuto a svolgere la propria attività secondo il piano predisposto, tenendo conto delle modifiche eventualmente apportate su richiesta del Ministero.

2. L'organismo autorizzato rilascia la certificazione, a seguito delle ispezioni di esito favorevole, ai sensi dell'allegato IV.


6. Operatori.

1. Gli operatori che producono o preparano i prodotti indicati all'art. 1 del regolamento CEE n. 2092/91, sono tenuti a notificare l'inizio delle attività, ovvero il loro prosieguo alla data di entrata in vigore del presente decreto, alle regioni e alle provincie autonome nel cui territorio è ubicata l'azienda. La notifica, sottoscritta con firma autenticata dell'operatore responsabile, è effettuata mediante lettera raccomandata, con avviso di ricevimento, utilizzando i modelli di cui all'allegato V, punto 1. Copia della notifica è trasmessa, in pari data, all'organismo di controllo autorizzato, cui l'operatore fa riferimento.

2. Gli operatori che svolgono attività di importazione sono tenuti ad inviare notifica di tale attività al Ministero delle risorse agricole, alimentari e forestali. Copia della notifica è trasmessa, in pari data, all'organismo di controllo autorizzato cui l'operatore fa riferimento.

3. Nel caso di importazioni relative a prodotti provenienti da Paesi terzi non in regime di equivalenza, gli operatori sono tenuti ad inviare al Ministero delle risorse agricole, alimentari e forestali, la notifica di cui all'allegato V, punto 5, al fine dell'esame delle condizioni di idoneità e del rilascio della relativa autorizzazione.


7. Modulistica.

1. Le notifiche dell'attività di produzione con metodo biologico, i programmi annuali di produzione, le relazioni di ispezione dell'attività di produzione e i registri aziendali sono redatti in conformità ai modelli di cui all'allegato V, punti da 1 a 5 (6).


(6)  Vedi, anche, il D.M. 7 luglio 2005.


8. Elenchi regionali.

1. Le regioni e le provincie autonome istituiscono gli elenchi degli operatori dell'agricoltura biologica, distinti in tre sezioni: «produttori agricoli», «preparatori», e «raccoglitori dei prodotti spontanei».

2. La sezione relativa ai prodotti agricoli si articola in: «aziende biologiche», «aziende in conversione» e «aziende miste».

3. Rientrano nella categoria dei preparatori gli operatori che esercitano la propria attività utilizzando prodotti provenienti da aziende ad agricoltura biologica, le cui produzioni sono già certificate.

4. Al fine di costituire l'elenco nazionale di cui all'art. 9, le regioni e le provincie autonome, entro il trentuno marzo di ogni anno, comunicano al Ministero delle risorse agricole, alimentari e forestali gli elenchi degli operatori iscritti agli elenchi regionali, nonché i relativi aggiornamenti.

5. Possono accedere agli elenchi di cui al presente articolo gli operatori che hanno effettuato la notifica ai sensi dell'art. 6 e che sono stati riconosciuti idonei dagli organismi di controllo autorizzati.

6. Gli elenchi regionali sono pubblici.


9. Elenchi nazionali.

1. È istituito, presso il Ministero delle risorse agricole, alimentari e forestali, l'elenco nazionale degli operatori dell'agricoltura biologica.

2. L'elenco di cui al comma 1 è articolato in quattro sezioni e ne fanno parte, oltre agli operatori iscritti negli elenchi di cui all'art. 8, gli importatori.

3. È istituito presso il Ministero delle risorse agricole, alimentari e forestali l'elenco degli organismi di controllo autorizzati ai sensi del presente decreto.

4. Gli elenchi di cui ai commi 1 e 3 sono pubblici.


10. Norme finali.

1. Con decreto del Ministro delle risorse agricole, alimentari e forestali, di concerto con i Ministri dell'industria, del commercio e dell'artigianato, della sanità e del commercio con l'estero, sentita la Conferenza per i rapporti permanenti tra lo Stato, le regioni e le provincie autonome di Trento e Bolzano, di cui all'art. 12 della legge 23 agosto 1988, n. 400 , si procede alla modifica e alle integrazione degli allegati al presente decreto.

2. Il presente decreto legislativo entra in vigore sei mesi dopo la sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana ad eccezione degli articoli 2, 3, 4 e 9, comma 3, che entrano in vigore il giorno successivo a quello della pubblicazione del presente decreto nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana.


Allegato I

 

RICHIESTA DI AUTORIZZAZIONE

 

La richiesta di autorizzazione allo svolgimento dell'attività di controllo è proposta dall'organismo privato di controllo al Ministero delle risorse agricole, alimentari e forestali - Direzione delle politiche agricole ed agro-industriale nazionali. La richiesta è sottoscritta, con firma autenticata, dal legale rappresentante dell'organismo stesso e corredata da:

1) documentazione che illustra il suo stato giuridico;

2) copia del verbale dell'organismo statutario competente, che autorizza il legale rappresentante a richiedere l'autorizzazione al Ministero delle risorse agricole, alimentari e forestali per lo svolgimento di attività di controllo;

3) copia del marchio dell'organismo depositato presso il Ministero dell'industria, del commercio e dell'artigianato con le caratteristiche del «LOGO» che può essere impiegato;

4) indicazione di personale qualificato (direttivo, amministrativo, tecnico) con relativo organigramma, e illustrazione delle responsabilità e dei rapporti esistenti tra i diversi momenti organizzativi;

5) indicazione dell'articolazione delle strutture operative a livello territoriale;

6) indicazione dei criteri per la fissazione del corrispettivo dovuto dagli operatori per i servizi prestati in relazione agli oneri finanziari connessi all'esercizio del controllo, e relazione recante la previsione degli oneri finanziari ed il corrispettivo dovuto dagli operatori;

7) piano tipo di controllo contenente una descrizione particolareggiata delle misure di controllo e delle misure precauzionali che gli operatori sono tenuti a rispettare;

8) illustrazione documentata delle procedure di certificazione;

9) impegno ad utilizzare, ai fini delle indagini analitiche, laboratori accreditati da Amministrazioni pubbliche o da enti privati all'uopo autorizzati, ed indicazione degli stessi;

10) atto d'impegno a consentire l'accesso nelle proprie strutture al personale incaricato di effettuare le ispezioni e i controlli di cui all'articolo 4;

11) atto d'impegno a mantenere la segretezza in ordine alle informazioni e ai dati acquisiti nell'esercizio dell'attività di controllo;

12) atto d'impegno a comunicare all'autorità competente tutte le informazioni richieste o dovute nell'ambito dei poteri di vigilanza;

13) atto di impegno ad applicare le sanzioni stabilite dal Regolamento (CEE) n. 2092/91 e successive modifiche ed integrazioni, nei casi di accertata irregolarità;

14) atto di impegno a consentire l'accesso ai propri servizi a tutti i richiedenti, in condizioni di parità, qualora tecnicamente possibile.


Allegato II

 

PARTE I

Requisiti tecnici dell'organismo di controllo

 

1. Struttura che salvaguardi l'imparzialità e che permetta la partecipazione di tutte le parti interessate ai doveri ed al funzionamento dell'organismo di controllo e certificazione;

2. organizzazione che consenta la scelta dei membri dell'organo direttivo anche tra i settori interessati alle attività di controllo e certificazione solo a condizione che sia evitata la predominanza di singoli interessi settoriali;

3. utilizzazione di personale permanente, sotto la supervisione di un soggetto responsabile nei confronti dell'organo di controllo, non legato da alcun rapporto professionale, economico e di consulenza, anche indiretto con gli operatori soggetti al controllo degli organismi di controllo;

4. utilizzazione di personale tecnico munito del diploma di laurea in scienze agrarie, forestali, scienze e tecnologie alimentari, scienza delle produzioni animali, chimica, biologia, veterinaria ed equipollenti ovvero del diploma di perito agrario, agrotecnico, perito chimico, alimentarista ed equipollenti, con competenza adeguata alle funzioni attribuite;

5. adeguata dotazione di strutture destinate all'esercizio dell'attività di controllo (sede, dotazioni tecniche, strutture informatiche);

6. struttura organizzativa in almeno quattro regioni o provincie autonome;

7. presenza, in ogni regione o provincia autonoma in cui viene esercitata l'attività, di una struttura organizzativa collegata con la sede centrale, che consenta attività di controllo a livello regionale, in relazione all'entità dell'utenza;

 

PARTE II

Requisiti dei rappresentanti e degli amministratori degli organismi di controllo

 

Coloro che rappresentano o amministrano l'organismo di controllo:

1) non devono aver riportato condanne definitive per delitti non colposi per i quali la legge commina la pena di reclusione non inferiore nel minimo a due anni o nel massimo a cinque anni, ovvero per i delitti di cui agli articoli 513, 515, 516, 517, 640 e 640 bis del codice penale, ovvero condanne che importano l'interdizione dai pubblici uffici per durata superiore a tre anni;

2) non devono essere sottoposti ad una delle misure di prevenzione nazionale ai sensi della normativa vigente;

3) non devono essere stati dichiarati falliti, né devono avere in corso procedure concorsuali.

Il requisito dell'idoneità morale è comprovato dal certificato del casellario giudiziario, di data non anteriore a tre mesi; dalla certificazione prevista dall'articolo 10-sexies della legge 31 maggio 1965, n. 575, introdotto dall'articolo 7 della legge 19 marzo 1990, n. 55, come da ultimo sostituito dall'articolo 20 del decreto-legge 13 maggio 1991, n. 152, convertito dalla legge 12 luglio 1991, n. 203; dal certificato della cancelleria del competente tribunale dal quale risulta che il richiedente non è assoggettato ad alcuna delle procedure concorsuali di cui al regio decreto 16 marzo 1942, n. 267 di data non anteriore a tre mesi.

Il requisito dell'idoneità morale si intende soddisfatto quando per le condanne penali o per la dichiarazione di fallimento sia intervenuta la riabilitazione a norma delle vigenti disposizioni di legge.


Allegato III

 

OBBLIGHI DEGLI ORGANISMI DI CONTROLLO

 

Gli organismi di controllo riconosciuti sono tenuti a:

1) dare immediatamente comunicazione alle regioni e alle provincie autonome ed al Ministero delle risorse agricole, alimentari e forestali delle violazioni commesse dai produttori, al fine della comminatoria delle relative sanzioni;

2) trasmettere alle regioni ed al Ministero delle risorse agricole, alimentari e forestali;

a) entro il trentuno gennaio di ogni anno, l'elenco dei produttori che, alla data del trentuno dicembre dell'anno precedente, hanno effettuato la notifica delle proprie attività;

 

b) entro il trentuno marzo di ciascun anno, l'elenco degli operatori riconosciuti alla data del trentuno dicembre dell'anno precedente;

 

c) entro il trentuno gennaio di ogni anno, una relazione dettagliata sull'attività esercitata, sui controlli eseguiti e sugli eventuali provvedimenti adottati d'intesa con le regioni;

3) mantenere un sistema di registrazione e di archiviazione con l'iter di ciascuna procedura di certificazione, per un periodo minimo di cinque anni;

4) fornire al personale utilizzato istruzioni documentate ed aggiornate sui propri compiti e responsabilità;

5) consegnare al Ministero delle risorse agricole, alimentari e forestali, in caso di scioglimento o revoca dell'autorizzazione, tutta la documentazione inerente il sistema di controllo e certificazione;

6) redigere e tenere aggiornato un elenco dei prodotti certificati. Ogni prodotto elencato deve essere seguito dalla denominazione del licenziatario. L'elenco deve essere disponibile al pubblico;

7) attuare verifiche interne e riesami periodici della propria conformità ai criteri esposti nella norma EN 45011. Tali riesami devono essere documentati e registrati ed essere disponibili per le persone aventi diritto all'accesso alle informazioni;

8) avere procedure documentate per il ritiro e l'annullamento di certificati e marchi di conformità;

9) conservare le informazioni sulla qualificazione ed esperienza professionale del proprio personale e tenere aggiornata una registrazione relativa alla qualifica, all'addestramento e all'esperienza di ciascuno;

10) costituire elenchi degli operatori autorizzati all'utilizzazione della dicitura «Agricoltura biologica - Regime di controllo CEE».

 

(Gli allegati che si omettono sono consultabili presso il Servizio Studi – Dipartimento agricoltura)

 


D.Lgs. 28 agosto 1997, n. 281
Definizione ed ampliamento delle attribuzioni della Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e Bolzano ed unificazione, per le materie ed i compiti di interesse comune delle regioni, delle province e dei comuni, con la Conferenza Stato-città ed autonomie locali (art. 2)

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(1) Pubblicato nella Gazz. Uff. 30 agosto 1997, n. 202.

(2)  Con riferimento al presente provvedimento sono state emanate le seguenti circolari:

- Ministero delle finanze: Circ. 4 giugno 1998, n. 141/E;

- Ministero per la pubblica istruzione: Circ. 19 febbraio 1998, n. 60.

 


IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA

Visti gli articoli 76 e 87 della Costituzione;

Vista la legge 15 marzo 1997, n. 59, recante delega al Governo per il conferimento di funzioni e compiti amministrativi alle regioni ed enti locali, per la riforma della pubblica amministrazione e per la semplificazione amministrativa;

Visto in particolare l'articolo 9 della legge 15 marzo 1997, n. 59, che conferisce al Governo la delega ad adottare apposito decreto legislativo per la definizione e l'ampliamento delle attribuzioni della Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano e la sua unificazione, per le materie ed i compiti di interesse comune delle regioni, delle province e dei comuni, con la Conferenza Stato-città ed autonomie locali;

Vista l'intesa intervenuta tra il Ministero degli affari esteri ed i presidenti delle regioni e province autonome il 23 gennaio 1997, circa le modalità del concorso delle regioni in vista della definizione della politica nazionale in sede Unione europea;

Sentita la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano;

Sentita la Conferenza Stato-città ed autonomie locali allargata ai rappresentanti delle comunità montane;

Vista la deliberazione del Consiglio dei Ministri, adottata nella riunione del 5 agosto 1997;

Sulla proposta del Presidente del Consiglio dei Ministri, di concerto con il Ministro dell'interno e con il Ministro per la funzione pubblica e gli affari regionali;

Emana il seguente decreto legislativo:


(omissis)

Capo II - Conferenza Stato-regioni

2. Compiti.

1. Al fine di garantire la partecipazione delle regioni e delle province autonome di Trento e di Bolzano a tutti i processi decisionali di interesse regionale, interregionale ed infraregionale, la Conferenza Stato-regioni:

a) promuove e sancisce intese, ai sensi dell'articolo 3;

b) promuove e sancisce accordi di cui all'articolo 4;

c) nel rispetto delle competenze del Comitato interministeriale per la programmazione economica, promuove il coordinamento della programmazione statale e regionale ed il raccordo di quest'ultima con l'attività degli enti o soggetti, anche privati, che gestiscono funzioni o servizi di pubblico interesse aventi rilevanza nell'ambito territoriale delle regioni e delle province autonome di Trento e di Bolzano;

d) acquisisce le designazioni dei rappresentanti delle regioni e delle province autonome di Trento e di Bolzano, nei casi previsti dalla legge;

e) assicura lo scambio di dati ed informazioni tra il Governo, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano secondo le modalità di cui all'articolo 6;

f) fermo quanto previsto dagli statuti speciali e dalle relative norme di attuazione, determina, nei casi previsti dalla legge, i criteri di ripartizione delle risorse finanziarie che la legge assegna alle regioni e alle province autonome di Trento e di Bolzano, anche a fini di perequazione;

g) adotta i provvedimenti che sono ad essa attribuiti dalla legge;

h) formula inviti e proposte nei confronti di altri organi dello Stato, di enti pubblici o altri soggetti, anche privati, che gestiscono funzioni o servizi di pubblico interesse;

i) nomina, nei casi previsti dalla legge, i responsabili di enti ed organismi che svolgono attività o prestano servizi strumentali all'esercizio di funzioni concorrenti tra Governo, regioni e province autonome di Trento e di Bolzano;

l) approva gli schemi di convenzione tipo per l'utilizzo da parte dello Stato e delle regioni di uffici statali e regionali (4).

2. Ferma la necessità dell'assenso del Governo, l'assenso delle regioni e delle province autonome di Trento e di Bolzano per l'adozione degli atti di cui alle lettere f), g) ed i) del comma 1 è espresso, quando non è raggiunta l'unanimità, dalla maggioranza dei presidenti delle regioni e delle province autonome di Trento e di Bolzano, componenti la Conferenza Stato-regioni, o da assessori da essi delegati a rappresentarli nella singola seduta.

3. La Conferenza Stato-regioni è obbligatoriamente sentita in ordine agli schemi di disegni di legge e di decreto legislativo o di regolamento del Governo nelle materie di competenza delle regioni o delle province autonome di Trento e di Bolzano che si pronunzia entro venti giorni; decorso tale termine, i provvedimenti recanti attuazione di direttive comunitarie sono emanati anche in mancanza di detto parere. Resta fermo quanto previsto in ordine alle procedure di approvazione delle norme di attuazione degli statuti delle regioni a statuto speciale e delle province autonome di Trento e di Bolzano (5).

4. La Conferenza è sentita su ogni oggetto di interesse regionale che il Presidente del Consiglio dei Ministri ritiene opportuno sottoporre al suo esame, anche su richiesta della Conferenza dei presidenti delle regioni e delle province autonome di Trento e di Bolzano.

5. Quando il Presidente del Consiglio dei Ministri dichiara che ragioni di urgenza non consentono la consultazione preventiva, la Conferenza Stato-regioni è consultata successivamente ed il Governo tiene conto dei suoi pareri:

a) in sede di esame parlamentare dei disegni di legge o delle leggi di conversione dei decreti-legge;

b) in sede di esame definitivo degli schemi di decreto legislativo sottoposti al parere delle commissioni parlamentari (6).

6. Quando il parere concerne provvedimenti già adottati in via definitiva, la Conferenza Stato-regioni può chiedere che il Governo lo valuti ai fini dell'eventuale revoca o riforma dei provvedimenti stessi (7).

7. La Conferenza Stato-regioni valuta gli obiettivi conseguiti ed i risultati raggiunti, con riferimento agli atti di pianificazione e di programmazione in ordine ai quali si è pronunciata.

8. Con le modalità di cui al comma 2 la Conferenza Stato-regioni delibera, altresì:

a) gli indirizzi per l'uniforme applicazione dei percorsi diagnostici e terapeutici in ambito locale e le misure da adottare in caso di mancato rispetto dei protocolli relativi, ivi comprese le sanzioni a carico del sanitario che si discosti dal percorso diagnostico senza giustificato motivo, ai sensi dell'articolo 1, comma 28, della legge 23 dicembre 1996, n. 662 ;

b) i protocolli di intesa dei progetti di sperimentazione gestionali individuati, ai sensi dell'articolo 9-bis del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502, e successive modificazioni ed integrazioni;

c) gli atti di competenza degli organismi a composizione mista Stato-regioni soppressi ai sensi dell'articolo 7.

9. La Conferenza Stato-regioni esprime intesa sulla proposta, ai sensi dell'articolo 5, comma 3, del decreto legislativo 30 giugno 1993, n. 266, del Ministro della sanità di nomina del direttore dell'Agenzia per i servizi sanitari regionali.

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(4)  La Corte costituzionale con sentenza 10-14 dicembre 1998, n. 408 (Gazz. Uff. 16 dicembre 1998, n. 50, Serie speciale), ha dichiarato non fondate, nei sensi di cui in motivazione, le questioni di legittimità costituzionale dell'art. 2, comma 1, prima parte, sollevate dalla Regione Siciliana, in riferimento agli artt. 14, 15, 17 e 20 dello Statuto siciliano ed agli artt. 3, 5, 92, 95, 114, 115, 117, 118 e 119 della Costituzione, e dalla Regione Puglia, in riferimento agli artt. 5, 76, 115, 117, 118 e 119 della Costituzione;

ha dichiarato inammissibile la questione di legittimità costituzionale dell'art. 8, commi 2 e 3, e dell'art. 9, commi 5, 6 e 7, sollevata in riferimento all'art. 76 della Costituzione;

ha dichiarato non fondate le questioni di legittimità costituzionale dell'art. 1, dell'art. 8, commi 1 e 4, e dell'art. 9, sollevate dalla Regione Siciliana, in riferimento agli artt. 14, 15, 17 e 20 dello Statuto siciliano e agli artt. 3, 5, 92, 95, 114, 115, 117, 118 e 119 della Costituzione, e dalla Regione Puglia, in riferimento agli artt. 5, 115, 117, 118 e 119 della Costituzione;

ha dichiarato non fondata, nei sensi di cui in motivazione, la questione di legittimità costituzionale dell'art. 2, commi 5 e 6, sollevata dalla Regione Puglia, in riferimento agli artt. 5, 115, 117, 118 e 119 della Costituzione;

ha dichiarato non fondata, nei sensi di cui in motivazione, la questione di legittimità costituzionale dell'art. 3, sollevata dalla Regione Puglia, in riferimento agli artt. 5, 115, 117, 118 e 119 della Costituzione.

(5)  Comma così modificato dall'art. 12, L. 5 febbraio 1999, n. 25.

(6)  La Corte costituzionale con sentenza 10-14 dicembre 1998, n. 408 (Gazz. Uff. 16 dicembre 1998, n. 50, Serie speciale), ha dichiarato non fondate, nei sensi di cui in motivazione, le questioni di legittimità costituzionale dell'art. 2, comma 1, prima parte, sollevate dalla Regione Siciliana, in riferimento agli artt. 14, 15, 17 e 20 dello Statuto siciliano ed agli artt. 3, 5, 92, 95, 114, 115, 117, 118 e 119 della Costituzione, e dalla Regione Puglia, in riferimento agli artt. 5, 76, 115, 117, 118 e 119 della Costituzione;

ha dichiarato inammissibile la questione di legittimità costituzionale dell'art. 8, commi 2 e 3, e dell'art. 9, commi 5, 6 e 7, sollevata in riferimento all'art. 76 della Costituzione;

ha dichiarato non fondate le questioni di legittimità costituzionale dell'art. 1, dell'art. 8, commi 1 e 4, e dell'art. 9, sollevate dalla Regione Siciliana, in riferimento agli artt. 14, 15, 17 e 20 dello Statuto siciliano e agli artt. 3, 5, 92, 95, 114, 115, 117, 118 e 119 della Costituzione, e dalla Regione Puglia, in riferimento agli artt. 5, 115, 117, 118 e 119 della Costituzione;

ha dichiarato non fondata, nei sensi di cui in motivazione, la questione di legittimità costituzionale dell'art. 2, commi 5 e 6, sollevata dalla Regione Puglia, in riferimento agli artt. 5, 115, 117, 118 e 119 della Costituzione;

ha dichiarato non fondata, nei sensi di cui in motivazione, la questione di legittimità costituzionale dell'art. 3, sollevata dalla Regione Puglia, in riferimento agli artt. 5, 115, 117, 118 e 119 della Costituzione.

(7)  La Corte costituzionale con sentenza 10-14 dicembre 1998, n. 408 (Gazz. Uff. 16 dicembre 1998, n. 50, Serie speciale), ha dichiarato non fondate, nei sensi di cui in motivazione, le questioni di legittimità costituzionale dell'art. 2, comma 1, prima parte, sollevate dalla Regione Siciliana, in riferimento agli artt. 14, 15, 17 e 20 dello Statuto siciliano ed agli artt. 3, 5, 92, 95, 114, 115, 117, 118 e 119 della Costituzione, e dalla Regione Puglia, in riferimento agli artt. 5, 76, 115, 117, 118 e 119 della Costituzione;

ha dichiarato inammissibile la questione di legittimità costituzionale dell'art. 8, commi 2 e 3, e dell'art. 9, commi 5, 6 e 7, sollevata in riferimento all'art. 76 della Costituzione;

ha dichiarato non fondate le questioni di legittimità costituzionale dell'art. 1, dell'art. 8, commi 1 e 4, e dell'art. 9, sollevate dalla Regione Siciliana, in riferimento agli artt. 14, 15, 17 e 20 dello Statuto siciliano e agli artt. 3, 5, 92, 95, 114, 115, 117, 118 e 119 della Costituzione, e dalla Regione Puglia, in riferimento agli artt. 5, 115, 117, 118 e 119 della Costituzione;

ha dichiarato non fondata, nei sensi di cui in motivazione, la questione di legittimità costituzionale dell'art. 2, commi 5 e 6, sollevata dalla Regione Puglia, in riferimento agli artt. 5, 115, 117, 118 e 119 della Costituzione;

ha dichiarato non fondata, nei sensi di cui in motivazione, la questione di legittimità costituzionale dell'art. 3, sollevata dalla Regione Puglia, in riferimento agli artt. 5, 115, 117, 118 e 119 della Costituzione.

(omissis)

 

 

 


L. 23 dicembre 1999, n. 488
Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato. (Legge finanziaria 2000) (art. 59)


(1) Pubblicata nella Gazz. Uff. 27 dicembre 1999, n. 302, S.O.

- Presidenza del Consiglio dei Ministri: Circ. 21 marzo 2000, n. 5/2000.


(omissis)

59.  Sviluppo dell'agricoltura biologica e di qualità.

1. Al fine di promuovere lo sviluppo di una produzione agricola di qualità ed ecocompatibile e di perseguire l'obiettivo prioritario di riduzione dei rischi per la salute degli uomini e degli animali e per l'ambiente, a decorrere dal 1° gennaio 2001 è istituito un contributo annuale per la sicurezza alimentare nella misura del 2 per cento del fatturato dell'anno precedente relativo alla vendita di prodotti fitosanitari, autorizzati ai sensi degli articoli 5, 8 e 10 del decreto legislativo 17 marzo 1995, n. 194, dei fertilizzanti da sintesi, da individuare con i decreti di cui al presente comma, e dei presidi sanitari di cui all'articolo 1 del regolamento approvato con decreto del Presidente della Repubblica 3 agosto 1968, n. 1255, ed etichettati con le sigle: R62, R60, R50, R49, R45, R40, R33, R28, R,27, R26, R25, R24, R23. Con decreti dei Ministri della sanità e delle politiche agricole e forestali, da emanare entro il 31 dicembre di ciascun anno, è determinato ed aggiornato l'elenco dei prodotti di cui al presente comma (167).

1-bis. Sono tenuti al versamento del contributo di cui al comma 1 i titolari delle autorizzazioni all'immissione in commercio dei prodotti di cui al medesimo comma 1, in base al relativo fatturato di vendita (168).

1-ter. È vietata la somministrazione agli animali da allevamento di mangimi contenenti proteine derivanti da tessuti animali incompatibili con l'alimentazione naturale ed etologica delle singole specie. Negli allevamenti ittici è consentita la somministrazione di mangimi contenenti proteine di pesce. Con decreto del Ministro della sanità, di concerto con il Ministro delle politiche agricole e forestali, da emanare entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della presente disposizione, sono definiti i criteri e le disposizioni per l'attuazione del presente comma (169).

2. È istituito il Fondo per la ricerca nel settore dell'agricoltura biologica e di qualità, alimentato dalle entrate derivanti dai contributi di cui al comma 1. Il Fondo è finalizzato al finanziamento di programmi annuali, nazionali e regionali, di ricerca in materia di agricoltura biologica, nonché in materia di sicurezza e salubrità degli alimenti, in coerenza con la comunicazione 2000/C 28/02 della Commissione europea sugli orientamenti comunitari per gli aiuti di Stato nel settore agricolo, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale delle Comunità europee n. C 28 del 1° febbraio 2000. Il Ministro delle politiche agricole e forestali, con decreto da emanare entro due mesi dalla data di entrata in vigore della presente disposizione, determina le modalità di funzionamento del Fondo e la tipologia dei soggetti, dei progetti e delle spese di ricerca ammissibili (170);

2-bis. È istituito il Fondo per lo sviluppo dell'agricoltura biologica e di qualità, alimentato da un contributo statale pari a lire quindici miliardi per ciascun anno del triennio 2001-2003. Il Fondo è finalizzato:

a) al sostegno allo sviluppo della produzione agricola biologica mediante incentivi agli agricoltori e agli allevatori che attuano la riconversione del metodo di produzione, nonché mediante adeguate misure di assistenza tecnica e codici di buona pratica agricola per un corretto uso dei prodotti fitosanitari e dei fertilizzanti;

b) all'informazione dei consumatori sugli alimenti ottenuti con metodi di produzione biologica, sugli alimenti tipici e tradizionali, nonché su quelli a denominazione di origine protetta (171);

2-ter. Il Fondo di cui al comma 2-bis è ripartito annualmente, entro il 31 dicembre di ciascun anno, con decreto del Ministro delle politiche agricole e forestali, d'intesa con i competenti organi delle regioni e delle province autonome di Trento e di Bolzano nell'àmbito di un'apposita conferenza di servizi, ai sensi dell'articolo 14 della legge 7 agosto 1990, n. 241, e successive modificazioni, sulla base:

a) delle proposte di programmi regionali che i competenti organi delle regioni e delle province autonome di Trento e di Bolzano possono presentare al Ministero delle politiche agricole e forestali entro il 30 ottobre di ciascun anno;

b) delle priorità stabilite al comma 2-bis (172).

3. Il contributo di cui al comma 1 è corrisposto in rate semestrali con scadenza il giorno 15 del mese successivo con le modalità stabilite con decreto del Ministro delle politiche agricole e forestali di concerto con il Ministro del tesoro, del bilancio e della programmazione economica (173).

3-bis. Le attività di ricezione e di ospitalità, compresa la degustazione dei prodotti aziendali e l'organizzazione di attività ricreative, culturali e didattiche svolte da aziende agricole nell'ambito della diffusione di prodotti agricoli biologici o di qualità, possono essere equiparate ai sensi di legge alle attività agrituristiche di cui all'articolo 2 della legge 5 dicembre 1985, n. 730, secondo i princìpi in essa contenuti e secondo le disposizioni emanate dalle regioni o dalle province autonome (174).

3-ter. In deroga alle disposizioni vigenti è consentita ai produttori di prodotti a denominazione di origine protette (DOP), a indicazione geografica protette (IGP) e con attenzione di specificità (AS), cui ai regolamenti (CEE) n. 2081/92 e n. 2082/92 del Consiglio, del 14 luglio 1992, ivi compresi i prodotti ammessi a tutela provvisoria, la presentazione, la degustazione e la vendita, anche per via telematica, secondo disposizioni emanate dalle regioni o dalle province autonome. Al comma 8 dell'articolo 10 della legge 21 dicembre 1999, n. 526, dopo le parole «la vendita diretta» sono inserite le seguenti: «anche per via telematica» (175).

4. Per garantire la promozione della produzione agricola biologica e di qualità, le istituzioni pubbliche che gestiscono mense scolastiche ed ospedaliere prevedono nelle diete giornaliere l'utilizzazione di prodotti biologici, tipici e tradizionali nonché di quelli a denominazione protetta, tenendo conto delle linee guida e delle altre raccomandazioni dell'Istituto nazionale della nutrizione. Gli appalti pubblici di servizi relativi alla ristorazione delle istituzioni suddette sono aggiudicati ai sensi dell'articolo 23, comma 1, lettera b), del decreto legislativo 17 marzo 1995, n. 157, e successive modificazioni, attribuendo valore preminente all'elemento relativo alla qualità dei prodotti agricoli offerti. Le predette istituzioni pubbliche, nonché le organizzazioni senza fini di lucro aventi finalità assistenziali possono altresì acquistare direttamente dall'AGEA le produzioni agricole disponibili allo stesso prezzo di acquisizione. L'AGEA è autorizzata a stipulare contratti diretti con le predette istituzioni per la cessione dei prodotti agricoli alle condizioni suddette (176).

4-bis. Presso il Ministero delle politiche agricole e forestali è istituito un comitato per la valorizzazione e la tutela del patrimonio alimentare italiano, con il compito di censire le lavorazioni alimentari tipiche italiane, nonché di tutelarle, valorizzarle e diffonderne la conoscenza in Italia e nel mondo. Del comitato fanno parte esperti di settore, rappresentanti delle categorie produttive, delle regioni e delle amministrazioni interessate. Con decreto del Ministro delle politiche agricole e forestali sono dettate le regole relative alla composizione ed al funzionamento del Comitato, che svolge anche le funzioni e le attività del comitato di cui ai commi 3, 4 e 5 dell'articolo 8 del decreto legislativo 30 aprile 1998, n. 173, che è soppresso (177).

5. A partire dal 1° gennaio 2001, il Ministro delle politiche agricole e forestali, entro il 30 aprile di ciascun anno, trasmette al Parlamento una relazione sullo stato di attuazione delle disposizioni del presente articolo, con particolare riguardo ai contributi erogati a valere sulle risorse del Fondo di cui al comma 2-bis e alla realizzazione dei programmi di cui al presente articolo (178).


(167)  Gli attuali commi 1, 1-bis e 1-ter così sostituiscono l'originario comma 1, ai sensi di quanto disposto dall'art. 123, comma 1, L. 23 dicembre 2000, n. 388. Vedi, anche, il comma 2 dello stesso articolo. Con D.M. 3 gennaio 2002 (Gazz. Uff. 18 marzo 2002, n. 65) è stato approvato l'elenco dei fertilizzanti soggetti al versamento del contributo di cui al presente comma.

(168)  Gli attuali commi 1, 1-bis e 1-ter così sostituiscono l'originario comma 1, ai sensi di quanto disposto dall'art. 123, comma 1, L. 23 dicembre 2000, n. 388.

(169)  Gli attuali commi 1, 1-bis e 1-ter così sostituiscono l'originario comma 1, ai sensi di quanto disposto dall'art. 123, comma 1, L. 23 dicembre 2000, n. 388.

(170)  L'originario comma 2 è stato sostituito con i commi 2 e 2-bis dall'art. 123, comma 1, L. 23 dicembre 2000, n. 388. Successivamente, i commi 2 e 2-bis sono stati così sostituiti dall'art. 3, L. 7 marzo 2003, n. 38.

(171)  L'originario comma 2 è stato sostituito con i commi 2 e 2-bis dall'art. 123, comma 1, L. 23 dicembre 2000, n. 388. Successivamente, i commi 2 e 2-bis sono stati così sostituiti dall'art. 3, L. 7 marzo 2003, n. 38. Vedi, anche, il comma 87 dell'art. 1, L. 30 dicembre 2004, n. 311.

(172)  Comma aggiunto dall'art. 3, L. 7 marzo 2003, n. 38.

(173)  Con D.M. 14 luglio 2000 (Gazz. Uff. 12 dicembre 2000, n. 289) sono state stabilite le modalità per la corresponsione del contributo di cui al presente comma.

(174)  Comma aggiunto dall'art. 123, comma 1, L. 23 dicembre 2000, n. 388.

(175)  Comma aggiunto dall'art. 123, comma 1, L. 23 dicembre 2000, n. 388.

(176)  Comma così modificato dall'art. 5, D.L. 9 settembre 2005, n. 182. Vedi, anche, l'art. 10-ter, comma 6, D.L. 14 marzo 2005, n. 35, nel testo integrato dalla relativa legge di conversione ed il comma 5 dell'art. 14, D.Lgs. 27 maggio 2005, n. 102.

(177)  Comma aggiunto dall'art. 123, comma 1, L. 23 dicembre 2000, n. 388. Con D.M. 28 marzo 2001 è stato costituito il Comitato per la valorizzazione del patrimonio alimentare italiano.

(178)  Comma così modificato dall'art. 3, L. 7 marzo 2003, n. 38.

(omissis)

 


D.Lgs. 18 maggio 2001, n. 228
Orientamento e modernizzazione del settore agricolo, a norma dell'articolo 7 della L. 5 marzo 2001, n. 57 (artt. 13 e 27 – allegato 1)


(1) Pubblicato nella Gazz. Uff. 15 giugno 2001, n. 137, S.O.


(omissis)

13.  Distretti rurali e agroalimentari di qualità.

1. Si definiscono distretti rurali i sistemi produttivi locali di cui all'articolo 36, comma 1, della legge 5 ottobre 1991, n. 317, e successive modificazioni, caratterizzati da un'identità storica e territoriale omogenea derivante dall'integrazione fra attività agricole e altre attività locali, nonché dalla produzione di beni o servizi di particolare specificità, coerenti con le tradizioni e le vocazioni naturali e territoriali.

2. Si definiscono distretti agroalimentari di qualità i sistemi produttivi locali, anche a carattere interregionale, caratterizzati da significativa presenza economica e da interrelazione e interdipendenza produttiva delle imprese agricole e agroalimentari, nonché da una o più produzioni certificate e tutelate ai sensi della vigente normativa comunitaria o nazionale, oppure da produzioni tradizionali o tipiche.

3. Le regioni provvedono all'individuazione dei distretti rurali e dei distretti agroalimentari (14).


(14)  Vedi, anche, il comma 369 dell'art. 1, L. 23 dicembre 2005, n. 266.


(omissis)

27.  Requisiti delle organizzazioni di produttori.

[1. Le organizzazioni di produttori devono, ai fini del riconoscimento, rappresentare un numero minimo di produttori aderenti come determinati in relazione a ciascun settore produttivo nell'allegato 1 ed un volume minimo di produzione effettivamente commercializzata determinato nel tre per cento del volume di produzione della regione di riferimento. Il numero minimo di produttori aderenti, il volume minimo, espresso, per ciascun settore o prodotto, in quantità o in valore, nonché la percentuale di cui all'articolo 26, comma 3, lettera a), numero 3), sono modificati con decreto del Ministro delle politiche agricole e forestali, sentita la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano. Le regioni possono ridurre nella misura massima del cinquanta per cento detta percentuale, nei seguenti casi:

a) qualora le regioni procedenti al riconoscimento siano individuate nell'obiettivo 1 ai sensi della normativa comunitaria;

b) qualora l'organizzazione di produttori richiedente il riconoscimento abbia almeno il 50 per cento dei soci ubicati in zone definite svantaggiate ai sensi della normativa comunitaria;

c) qualora la quota prevalente della produzione commercializzata dalla organizzazione di produttori sia certificata biologica ai sensi della vigente normativa;

c-bis) per particolari situazioni della realtà produttiva, economica e sociale della regione (30).

2. Le regioni possono, inoltre, derogare al numero minimo di produttori indicato nell'allegato 1 se l'organizzazione di produttori commercializza almeno il 50 per cento del volume di produzione della regione di riferimento. Nel caso in cui l'organizzazione di produttori chieda il riconoscimento per i vini di qualità prodotti in regioni determinate, si considera, quale soglia minima, il 30 per cento del totale del volume di produzione ed il 30 per cento dei produttori della zona classificata V.Q.P.R.D.

3. Le regioni possono stabilire limiti superiori a quelli di cui al comma 1.

4. Qualora una organizzazione di produttori sia costituita da soci le cui aziende sono ubicate in più regioni, è competente al riconoscimento la regione nel cui territorio è stato realizzato il maggior valore della produzione commercializzata. I relativi accertamenti sono effettuati dalle regioni interessate su richiesta della regione competente al riconoscimento] (31).


(30)  Comma così sostituito dal comma 13 dell'art. 6, D.Lgs. 29 marzo 2004, n. 99. La lettera c-bis) è stata aggiunta dal comma 11 dello stesso art. 6.

(31)  Articolo abrogato dall'art. 16, D.Lgs. 27 maggio 2005, n. 102. Vedi, anche, il comma 3 dello stesso articolo.

(omissis)


Allegato 1 (39)

(art. 27, comma 1)

 

Settore (°)

Numero di produttori

A

Apistico

50

B

Avicunicolo

50

C

Cerealicolo-oleaginoso

100

D

Florovivaistico

50

E

Olivicolo

50

F

Pataticolo

100

G

Sementiero

100

H

Sughericolo

200

I

Tabacchicolo

100

J

Vitivinicolo

100

K

Zootecnico

100

L

L1 - Produzioni bovine

100

 

L2 - Produzioni ovicaprine

100

 

L3 - Produzioni suine

100

 

L4 - Produzioni lattiero-casearie

100

M

Altri settori

50

 

 

 


(39)  Per la riduzione del numero dei produttori di cui al presente allegato vedi il comma 12 dell'art. 6, D.Lgs. 29 marzo 2004, n. 99.


D.M. 29 ottobre 2001
Approvazione delle proposte formulate dalle regioni e dalle province autonome di Trento e Bolzano ai sensi del D.M. 3 luglio 2000, concernente il testo unico delle direttive per la concessione e l'erogazione delle agevolazioni alle attività produttive nelle aree depresse di cui alla L. n. 488/1992, in merito alle domande del bando del 2001 riferite al settore commercio

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(1) Pubblicato nella Gazz. Uff. 6 novembre 2001, n. 258.


IL MINISTRO

DELLE ATTIVITÀ PRODUTTIVE

 

Visto il decreto-legge 22 ottobre 1992, n. 415, convertito, con modificazioni, dalla legge 19 dicembre 1992, n. 488, in materia di disciplina dell'intervento straordinario nel Mezzogiorno;

Visto l'art. 5, comma 1, del decreto legislativo 3 aprile 1993, n. 96, che attribuisce al Ministero dell'industria, del commercio e dell'artigianato la competenza in materia di adempimenti tecnici, amministrativi e di controllo per la concessione delle agevolazioni alle attività produttive;

Visto il decreto ministeriale 20 ottobre 1995, n. 527, concernente le modalità e le procedure per la concessione ed erogazione delle agevolazioni in favore delle attività produttive nelle aree depresse del Paese di cui alla citata legge n. 488/1992, già modificato e integrato dal decreto ministeriale 31 luglio 1997, n. 319 e, da ultimo, modificato e integrato dal decreto ministeriale 9 marzo 2000, n. 133;

Visto il decreto ministeriale 3 luglio 2000, concernente il testo unico delle direttive per la concessione e l'erogazione delle agevolazioni alle attività produttive nelle aree depresse ai sensi della predetta legge n. 488/1992, che prevede, in particolare, una rilevante partecipazione delle regioni e delle province autonome nella programmazione ed assegnazione delle risorse finanziarie e nel procedimento di formazione delle graduatorie;

Considerato, in particolare, che, secondo le condizioni ed i termini indicati nelle predette direttive, ciascuna delle regioni e province autonome può formulare proprie proposte relative a settori di attività o aree ritenuti prioritari, ai fini della formazione di una graduatoria regionale speciale, nonché a specifiche priorità, con riferimento a particolari aree del territorio, specifici settori merceologici e tipologie di investimento, sia in relazione alla graduatoria ordinaria che a quella speciale, ai fini della determinazione del punteggio relativo all'indicatore di cui al punto 5, lettera c5.4) delle predette direttive;

Visto il decreto ministeriale 30 marzo 2001 con il quale è stato definito il piano programmatico di assegnazione delle risorse finanziarie tra le regioni e le province autonome di Trento e Bolzano per il bando del «settore commercio» dell'anno 2001 della legge n. 488/1992;

Viste le proposte avanzate dalle regioni e province autonome;

Considerato che l'art. 1-bis del citato decreto ministeriale n. 527/1995, e successive modifiche e integrazioni, prevede che il Ministero delle attività produttive promuova un più stretto raccordo con le amministrazioni regionali interessate per l'esame degli interessi pubblici coinvolti e, in particolare, per la valutazione delle proposte regionali, tramite ricorso agli strumenti procedimentali di coordinamento di cui agli articoli 14 e 15 della legge 7 agosto 1990, n. 241;

Considerato che l'art. 6-bis del medesimo decreto ministeriale prevede che il Ministro delle attività produttive valutata la compatibilità delle proposte avanzate dalle singole regioni e province autonome con lo sviluppo di tutte le aree interessate oltre che con le disposizioni del medesimo decreto, le approvi ai fini della formazione delle graduatorie;

Viste le determinazioni concordate tra il Ministero delle attività produttive e le richiamate regioni e province autonome nel corso della riunione del 10 settembre 2001, convocata ai sensi del citato art. 1-bis per le valutazioni di cui al citato art. 6-bis;

 

Decreta:


Articolo unico.

1. Sono approvate le proposte formulate dalle regioni e dalle province autonome di Trento e Bolzano ai sensi del decreto ministeriale 3 luglio 2000, concernente il testo unico delle direttive per la concessione e l'erogazione delle agevolazioni alle attività produttive nelle aree depresse ai sensi della predetta legge n. 488/1992, in merito alle domande del bando del 2001 riferite al «settore commercio»; tali proposte, concernenti la formazione delle graduatorie speciali e le risorse finanziarie alle stesse destinate nonché le priorità regionali ed i relativi punteggi utili per l'indicatore regionale di cui al punto 5.c5.4 del detto testo unico, sia con riferimento alle graduatorie regionali ordinarie che speciali, sono riportate, rispettivamente, negli allegati numeri 1 e 2 al presente decreto.

2. Per le regioni e le province autonome che non hanno proposto la graduatoria speciale, viene formata la sola graduatoria regionale ordinaria. Per le regioni e le province autonome che non hanno avanzato alcuna proposta di priorità con i relativi punteggi finalizzata all'indicatore di cui al comma 1, quest'ultimo assume valore pari a zero per tutte le iniziative della corrispondente graduatoria, ordinaria o speciale. Analogamente assumono valore pari a zero le singole priorità non espresse.

3. Il presente decreto sarà pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana.

 


Allegato n. 1

Legge n. 488/1992 - Proposte regionali relative alla formazione di graduatorie speciali ed alle risorse finanziarie alle stesse destinate per il bando del «settore commercio» del 2001 sulla base del piano programmatico di riparto delle risorse di cui al decreto ministeriale 30 marzo 2001.

Regione

Tipo di graduatoria speciale

Misura delle risorse disponibili destinata alla graduatoria speciale

 

 

 

Piemonte

Attività

50%

Valle D'Aosta

Nessuna

-

Lombardia

Attività

50%

Provincia autonoma di Trento

Nessuna

-

Provincia autonoma di Bolzano

Nessuna

-

Veneto

Attività

30%

Friuli-Venezia-Giulia

Nessuna

-

Liguria

Attività

40%

Emilia-Romagna

Nessuna

-

Toscana

Area

25%

Umbria

Area

30%

Marche

Area

30%

Lazio

Attività

35%

Abruzzo

Area

30%

Molise

Attività

40%

Campania

Attività

40%

Puglia

Attività

50%

Basilicata

Nessuna

-

Calabria

Attività

50%

Sicilia

Area

50%

Sardegna

Attività

50%

 

 

 

 


Allegato n. 2

 

Elenco dei punteggi regionali 4° indicatore

 

Graduatoria ordinaria regione Piemonte

Priorità

Conferma delle proposte indicate per il bando del 2000, di cui all'allegato 2 al decreto ministeriale 23 aprile 2001, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 108 dell'11 maggio 2001.

 

Graduatoria speciale per attività regione Piemonte

Attività e priorità

Conferma delle proposte indicate per il bando del 2000, di cui all'allegato 2 al decreto ministeriale 23 aprile 2001, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 108 dell'11 maggio 2001.

 

Graduatoria ordinaria regione Valle D'Aosta

Priorità

Nessuna.

 

Graduatoria ordinaria regione Lombardia

Priorità

Conferma delle proposte indicate per il bando del 2000, di cui all'allegato n. 2 al decreto ministeriale 23 aprile 2001, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 108 dell'11 maggio 2001.

 

Graduatoria speciale per attività regione Lombardia

Attività e priorità

Conferma delle proposte indicate per il bando del 2000, di cui all'allegato n. 2 al decreto ministeriale 23 aprile 2001, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 108 dell'11 maggio 2001.

 

Graduatoria ordinaria provincia autonoma di Trento

Priorità

Nessuna.

 

Graduatoria ordinaria provincia autonoma di Bolzano

Priorità

Nessuna.

 

Graduatoria ordinaria regione Veneto

Priorità

Conferma delle proposte indicate per il bando del 2000, di cui all'allegato n. 2 al decreto ministeriale 23 aprile 2001, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 108 dell'11 maggio 2001.

 

Graduatoria speciale per area geografica regione Veneto

Area e priorità

Conferma delle proposte indicate per il bando del 2000, di cui all'allegato n. 2 al decreto ministeriale 23 aprile 2001, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 108 dell'11 maggio 2001.

 

Graduatoria ordinaria regione Friuli-Venezia Giulia

Priorità

Conferma delle proposte indicate per il bando del 2000, di cui all'allegato n. 2 al decreto ministeriale 23 aprile 2001, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 108 dell'11 maggio 2001.

 

Graduatoria ordinaria regione Liguria

Priorità

Conferma delle proposte indicate per il bando del 2000, di cui all'allegato n. 2 al decreto ministeriale 23 aprile 2001, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 108 dell'11 maggio 2001.

 

Graduatoria speciale per attività regione Liguria

Attività e priorità

Conferma delle proposte indicate per il bando del 2000, di cui all'allegato n. 2 al decreto ministeriale 23 aprile 2001, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 108 dell'11 maggio 2001.

 

Graduatoria ordinaria regione Emilia-Romagna

Priorità

Conferma delle proposte indicate per il bando del 2000, di cui all'allegato n. 2 al decreto ministeriale 23 aprile 2001, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 108 dell'11 maggio 2001.

 

Graduatoria ordinaria regione Toscana

Priorità

Conferma delle proposte indicate per il bando del 2000, di cui all'allegato n. 2 al decreto ministeriale 23 aprile 2001, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 108 dell'11 maggio 2001.

 

Graduatoria speciale per area geografica regione Toscana

Area e priorità

Conferma delle proposte indicate per il bando del 2000, di cui all'allegato n. 2 al decreto ministeriale 23 aprile 2001, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 108 dell'11 maggio 2001.

 

Graduatoria ordinaria regione Umbria

Priorità

Conferma delle proposte indicate per il bando del 2000, di cui all'allegato n. 2 al decreto ministeriale 23 aprile 2001, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 108 dell'11 maggio 2001.

 

Graduatoria speciale per area geografica regione Umbria

Area e priorità

Conferma delle proposte indicate per il bando del 2000, di cui all'allegato n. 2 al decreto ministeriale 23 aprile 2001, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 108 dell'11 maggio 2001.

 

Graduatoria ordinaria regione Marche

Priorità

Conferma delle proposte indicate per il bando del 2000, di cui all'allegato n. 2 al decreto ministeriale 23 aprile 2001, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 108 dell'11 maggio 2001.

 

Graduatoria speciale per area geografica regione Marche

Area e priorità

Conferma delle proposte indicate per il bando del 2000, di cui all'allegato n. 2 al decreto ministeriale 23 aprile 2001, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 108 dell'11 maggio 2001.

 

Graduatoria ordinaria regione Lazio

Priorità

Conferma delle proposte indicate per il bando del 2000, di cui all'allegato n. 2 al decreto ministeriale 23 aprile 2001, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 108 dell'11 maggio 2001.

 

Graduatoria speciale per attività regione Lazio

Attività e priorità

Conferma delle proposte indicate per il bando del 2000, di cui all'allegato n. 2 al decreto ministeriale 23 aprile 2001, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 108 dell'11 maggio 2001.

 

Graduatoria ordinaria regione Abruzzo

Priorità

Conferma delle proposte indicate per il bando del 2000, di cui all'allegato n. 2 al decreto ministeriale 23 aprile 2001, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 108 dell'11 maggio 2001.

 

Graduatoria speciale per area geografica regione Abruzzo

Area e priorità

Conferma delle proposte indicate per il bando del 2000, di cui all'allegato n. 2 al decreto ministeriale 23 aprile 2001 pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 108 dell'11 maggio 2001.

 

Graduatoria ordinaria regione Molise

Priorità

Conferma delle proposte indicate per il bando del 2000, di cui all'allegato n. 2 al decreto ministeriale 23 aprile 2001, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 108 dell'11 maggio 2001.

 

Graduatoria speciale per attività regione Molise

Attività e priorità

Conferma delle proposte indicate per il bando del 2000, di cui all'allegato n. 2 al decreto ministeriale 23 aprile 2001, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 108 dell'11 maggio 2001.

 

Graduatoria ordinaria regione Campania

Priorità

Conferma delle proposte indicate per il bando del 2000, di cui all'allegato n. 2 al decreto ministeriale 23 aprile 2001, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 108 dell'11 maggio 2001.

 

Graduatoria speciale per attività regione Campania

Attività e priorità

Conferma delle proposte indicate per il bando del 2000, di cui all'allegato n. 2 al decreto ministeriale 23 aprile 2001 pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 108 dell'11 maggio 2001.

 

Graduatoria ordinaria regione Puglia

Priorità

Conferma delle proposte indicate per il bando del 2000, di cui all'allegato n. 2 al decreto ministeriale 23 aprile 2001, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 108 dell'11 maggio 2001.

 

Graduatoria speciale per attività regione Puglia

Attività e priorità

Conferma delle proposte indicate per il bando del 2000, di cui all'allegato n. 2 al decreto ministeriale 23 aprile 2001, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 108 dell'11 maggio 2001.

 

Graduatoria ordinaria regione Basilicata

Priorità

Nessuna.

 

Graduatoria ordinaria regione Calabria

Priorità

Conferma delle proposte indicate per il bando del 2000, di cui all'allegato n. 2 al decreto ministeriale 23 aprile 2001, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 108 dell'11 maggio 2001.

 

Graduatoria speciale per attività regione Calabria

Attività e priorità

Conferma delle proposte indicate per il bando del 2000, di cui all'allegato n. 2 al decreto ministeriale 23 aprile 200l, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 108 dell'11 maggio 2001.

 

Graduatoria ordinaria regione Sicilia

Priorità

Conferma delle proposte indicate per il bando del 2000, di cui all'allegato n. 2 al decreto ministeriale 23 aprile 2001, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 108 dell'11 maggio 2001.

 

Graduatoria speciale per area geografica regione Sicilia

Area e priorità

Conferma delle proposte indicate per il bando del 2000, di cui all'allegato n. 2 al decreto ministeriale 23 aprile 2001, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 108 dell'11 maggio 2001.

 

Graduatoria ordinaria regione Sardegna

Priorità

Conferma delle proposte indicate per il bando del 2000, di cui all'allegato n. 2 al decreto ministeriale 23 aprile 2001, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 108 dell'11 maggio 2001.

 

Graduatoria speciale per attività regione Sardegna

Attività e priorità

Conferma delle proposte indicate per il bando del 2000, di cui all'allegato n. 2 al decreto ministeriale 23 aprile 2001, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 108 dell'11 maggio 2001.

 

 

 

 

 

 

 


D.Lgs. 30 giugno 2003, n. 196
Codice in materia di protezione dei dati personali


(1) Pubblicato nella Gazz. Uff. 29 luglio 2003, n. 174, S.O.

(2)  Per l'attuazione nelle pubbliche amministrazioni delle disposizioni contenute nel presente decreto, con particolare riguardo alla gestione delle risorse umane, vedi la Dir.Min. 11 febbraio 2005, n. 1/2005.

(La normativa omessa può essere consultata presso il Servizio Studi – Dipartimento agricoltura)

 

 

 

 


D.M. 27 agosto 2004
Definizione dell'attività di vigilanza sulle strutture autorizzate a svolgere il controllo e certificazione delle produzioni agroalimentari regolamentate da norme comunitarie

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(1) Pubblicato nella Gazz. Uff. 12 novembre 2004, n. 266.


IL MINISTRO DELLE POLITICHE AGRICOLE E FORESTALI

Visto il regolamento (CEE) n. 1906/90 del 26 giugno 1990 del Consiglio che stabilisce talune norme di commercializzazione per le carni di pollame, e in particolare l'art. 8 che prevede che gli Stati membri designino le autorità competenti incaricate di controllare l'osservanza delle disposizioni del regolamento stesso;

Visto il regolamento (CEE) n. 1538/91 del 5 giugno 1991 del Consiglio recante disposizioni di applicazione del regolamento (CEE) n. 1906/90, e in particolare l'art. 12 che prevede che vi siano strutture di controllo aventi il compito di garantire l'osservanza delle disposizioni contenute nei regolamenti;

Visto il decreto ministeriale 10 settembre 1999, n. 465, con il quale è stato adottato il regolamento recante norme per l'applicazione di disposizioni comunitarie concernenti l'uso di particolari diciture in materia di commercializzazione delle carni di pollame ai sensi del regolamento (CEE) n. 1538/91 citato in precedenza, ed in particolare l'art. 7 che prevede che l'attività di vigilanza sulle strutture di controllo è esercitata dal Ministero delle politiche agricole e forestali e dalle regioni e province autonome;

Visto il regolamento (CEE) n. 2092/91 del 24 giugno 1991 del Consiglio relativo al metodo di produzione biologico di prodotti agricoli e alla indicazione di tale metodo sui prodotti agricoli e sulle derrate alimentari, e in particolare l'art. 9 che prevede vi siano strutture di controllo aventi il compito di garantire che le aziende assoggettate al sistema di controllo, che producono secondo i metodi di produzione biologica siano conformi ai requisiti di cui all'art. 5 del citato regolamento, e successive integrazioni e modifiche;

Visto il decreto legislativo 17 marzo 1995, n. 220 recante attuazione degli articoli 8 e 9 del regolamento (CEE) n. 2092/91 in materia di produzione agricola ed agroalimentare con metodo biologico, in particolare l'art. 4, comma 2 in cui è definito che la vigilanza sugli organismi di controllo autorizzati è esercitata dal Ministero delle risorse agricole, alimentari e forestali e dalle regioni e province autonome, per le strutture ricadenti nel territorio di propria competenza;

Visto il regolamento (CEE) n. 2081/92 del 14 luglio 1992 del Consiglio relativo alla protezione delle indicazioni geografiche e delle denominazioni d'origine dei prodotti agricoli ed alimentari, e in particolare l'art. 10 del che prevede che vi siano strutture di controllo aventi il compito di garantire che i prodotti agricoli e alimentari aventi una Denominazione di origine protetta (D.O.P.) o una Indicazione geografica protetta (I.G.P.) rispondano ai requisiti del disciplinare di produzione;

Visto il regolamento (CEE) n. 2082/92 del 14 luglio 1992 del Consiglio relativo alle attestazioni di specificità dei prodotti agricoli ed alimentari, e in particolare l'art. 14 che prevede che vi siano strutture di controllo aventi il compito di garantire che i prodotti agricoli o alimentari aventi un'attestazione di specificità (S.T.G.) rispondano ai requisiti del disciplinare di produzione;

Visto l'art. 14 della legge 21 dicembre 1999, n. 526, che prevede che la vigilanza sulle strutture autorizzate/designate per il controllo sui prodotti aventi denominazione di origine protetta (D.O.P.), una Indicazione geografica protetta (I.G.P.) o un'attestazione di specificità (S.T.G.), sia esercitata dal Ministero delle politiche agricole e forestali e dalle regioni o province autonome per le strutture ricadenti nel territorio di propria competenza;

Visto il regolamento (CE) n. 1760/2000 del 17 luglio 2000 del Parlamento europeo e del Consiglio che istituisce un sistema di identificazione e di registrazione dei bovini e relativo all'etichettatura delle carni bovine e dei prodotti a base di carni bovine, e in particolare l'art. 8 che prevede che vi siano strutture di controllo aventi il compito di garantire l'osservanza delle disposizioni contenute nel citato regolamento;

Visto il regolamento (CE) n. 1825/2000 del 25 agosto 2000 della Commissione recante modalità d'applicazione del regolamento (CE) n. 1760/2000 del Parlamento europeo e del Consiglio per quanto riguarda l'etichettatura delle carni bovine e dei prodotti a base di carni bovine;

Visto l'art. 15 del D.M. 30 agosto 2000 recante indicazione e modalità applicative del regolamento (CE) n. 1760/2000, in cui viene definito che la vigilanza sulla corretta applicazione della normativa relativa all'etichettatura delle carni bovine, ferme restando le competenze in materia igienico-sanitaria attribuite al Servizio sanitario nazionale, viene svolta dal Ministero delle politiche agricole e forestali quale «Autorità competente» in collaborazione con le regioni e province autonome;

Visto il decreto ministeriale 29 maggio 2001 che prevede che i controlli sulla produzione dei vini di qualità prodotti in regioni determinate (V.Q.P.R.D.) sia effettuato dai consorzi di tutela riconosciuti, appositamente incaricati dal Ministero delle politiche agricole e forestali a svolgere tale attività, o in loro assenza, da strutture autorizzate/designate dal Ministero con le procedure previste dall'art. 14 della legge 21 dicembre 1999, n. 526;

Visto, in particolare, l'art. 5 del succitato decreto ministeriale 29 maggio 2001, che prevede che la vigilanza sui consorzi di tutela riconosciuti autorizzati a svolgere attività di controllo sia esercitata dal Ministero delle politiche agricole e forestali e dalle regioni e province autonome territorialmente interessate;

Ritenuta l'opportunità di definire in maniera precisa ed univoca l'attività di vigilanza sulle strutture autorizzate/designate per il controllo su tutte le produzioni di cui alla normativa citata e di individuare una struttura cui attribuire la competenza a svolgere la predetta attività di vigilanza;

Visto il parere favorevole della Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e Bolzano, in data 15 luglio 2004;

Decreta:


1. Istituzione e compiti dell'Unità nazionale di coordinamento della vigilanza.

1. È istituita, presso il Ministero delle politiche agricole e forestali, in connessione con il competente ufficio del Dipartimento per la qualità dei prodotti agroalimentari e dei servizi, l'Unità nazionale di coordinamento della vigilanza (UNCV) con i seguenti compiti:

a) coordinare l'attività di vigilanza svolta dalle amministrazioni regionali e dalle province autonome;

b) monitorare l'efficacia e l'efficienza del sistema di vigilanza;

c) proporre delle linee guida finalizzate alla armonizzazione dell'attività di vigilanza su tutto il territorio nazionale;

d) esprimere un parere sulla proposta di revoca per le organizzazioni di cui al successivo art. 3, comma 1, che operano su produzioni interregionali e interprovinciali;

e) valutare le misure da adottare a livello nazionale a seguito delle infrazioni rilevate dalle regioni o dalle province autonome e trasmettere al competente ufficio del Dipartimento per l'irrogazione delle relative sanzioni;

f) definire una procedura in cui, in caso di sospensione o revoca dell'autorizzazione/designazione alle organizzazioni di cui al successivo art. 3, comma 1, provveda a garantire il mantenimento dell'attività oggetto dell'incarico/autorizzazione.

2. Nei casi in cui ricorrano le fattispecie di cui alla lettera f) del comma 1, a seguito della valutazione dell'Unità nazionale di coordinamento della vigilanza, il competente ufficio del Dipartimento per la qualità dei prodotti agroalimentari e dei servizi individua il personale degli uffici periferici dell'Ispettorato centrale repressione frodi e delle regioni competenti per territorio da adibire temporaneamente alle attività di controllo e certificazione già svolte dalla struttura sospesa o revocata.

3. Per le valutazioni di cui al comma precedente l'UNCV viene integrata con l'ispettore generale capo dell'ICRF ed i responsabili delle unità territoriali di vigilanza competenti per territorio.

4. Qualora la struttura di controllo sospesa o revocata operi sull'intero territorio nazionale la valutazione di cui al comma 2 verrà effettuata dall'UNCV appositamente integrata con l'ispettore generale capo dell'ICRF.


2. Istituzione e compiti delle Unità centrale e territoriali di vigilanza.

1. Ciascuna regione e provincia autonoma entro dodici mesi dalla pubblicazione del presente decreto deve attivare l'unità territoriale di vigilanza (UTV) secondo criteri e modalità definiti dai singoli enti.

2. Per lo svolgimento delle funzioni di cui al successivo art. 3, ciascuna regione e provincia autonoma deve individuare, entro novanta giorni dalla pubblicazione del presente decreto, il personale da destinare all'UTV ed il relativo responsabile, mediante atto pubblico, secondo criteri e modalità definiti dai singoli enti ed avvalendosi di pubblici dipendenti.

3. Per le attività di competenza esclusiva del Ministero per le politiche agricole e forestali nonché in ossequio al principio di sussidiarietà di cui al successivo comma 4, il Ministero istituisce, entro dodici mesi dalla pubblicazione del presente decreto l'Unità centrale di vigilanza (UCV).

4. In forza del principio della sussidiarietà il Ministero delle politiche agricole e forestali può intervenire qualora gli obiettivi dell'attività di vigilanza non sono raggiunti da parte delle regioni e delle province autonome.

5. Sono comunque fatte salve le specifiche competenze ed attribuzioni di cui agli statuti delle province autonome di Trento e Bolzano.


3. Funzioni della UTV.

1. L'UTV deve svolgere attività di vigilanza sulle organizzazioni autorizzate/designate dal Ministero delle politiche agricole e forestali per il controllo sulle produzioni di cui alla normativa elencata nelle premesse. La vigilanza si articola su due livelli:

a) sull'operatività delle organizzazioni autorizzate/designate per il controllo, al fine di verificare che:

i) gli organismi privati autorizzati/designati adempiano e mantengano le condizioni stabilite in sede di autorizzazione e/o previste dalla norma UNI EN 45011;

ii) le autorità pubbliche designate adempiano e mantengano le condizioni stabilite in sede di autorizzazione, comprese l'imparzialità e la terzietà nell'àmbito dei controlli effettuati;

iii) i consorzi di tutela dei vini di qualità prodotti in regioni determinate (V.Q.P.R.D.) affidatari dell'incarico di controllo ai sensi del decreto ministeriale 29 maggio 2001 mantengano la disponibilità di una struttura idonea destinata all'attività di controllo;

b) sulla corretta attuazione del/della piano/procedura di controllo approvato/a e il rispetto della normativa di riferimento.

2. L'UTV mantiene un sistema di trasmissione costante ed informatizzata dei dati e degli elementi ritenuti necessari dall'UNCV al fine di permettere il raggiungimento dei compiti previsti dall'art. 1.


4. Composizione del coordinamento.

1. L'Unità nazionale di coordinamento della vigilanza (UNCV) di cui all'art. 1 è costituita da sei rappresentanti del Ministero, di cui quattro del Dipartimento per la qualità dei prodotti agroalimentari e dei servizi e due dell'Ispettorato centrale repressione frodi e sei rappresentanti della Conferenza dei presidenti delle regioni e delle province autonome.

2. Il coordinatore dell'UNCV viene individuato fra i componenti designati dal Dipartimento per la qualità dei prodotti agroalimentari e dei servizi di cui al comma 1 del presente articolo.

3. Le funzioni di segreteria e la gestione della documentazione sono svolte dal Dipartimento della qualità dei prodotti agroalimentari e dei servizi del Ministero delle politiche agricole e forestali.

4. I componenti dell'UNCV, di cui al precedente comma 1, sono nominati con decreto del Ministro delle politiche agricole e forestali, da emanare entro novanta giorni dalla pubblicazione del presente decreto.

5. L'UNCV approva il regolamento di funzionamento interno, entro novanta giorni dalla pubblicazione del decreto di nomina.


5. Linee guida.

1. L'UNCV, entro novanta giorni dalla pubblicazione del decreto di nomina, elabora e propone al Ministro delle politiche agricole e forestali le linee guida per l'organizzazione ed il funzionamento delle UTV.

2. Per i compiti previsti dal precedente comma, l'UNCV si può avvalere della collaborazione di enti e soggetti esperti, qualificati nel settore e che non svolgano attività di controllo delle produzioni regolamentate di cui alla normativa elencata in premessa.

3. Il Ministro adotta e pubblica le linee guida con decreto.


6. Manuale di organizzazione e funzionamento dell'UTV.

1. Le singole Unità territoriali di vigilanza (UTV) elaborano entro centoventi giorni dalla nomina, un manuale di organizzazione e di funzionamento per l'esercizio dell'attività di vigilanza sulle organizzazioni individuate all'art. 2, che assicuri la conformità alle linee guida di cui all'art. 5, comma 1.

2. Il manuale di cui al comma precedente deve essere valutato conformemente alle linee guida dall'UNCV, e può essere successivamente approvato con provvedimento regionale o provinciale.

3. Nel caso in cui non venga adottato il manuale di cui ai commi precedenti, ovvero si accerti un impedimento oggettivo dell'Unità territoriale di vigilanza (UTV) a svolgere le funzioni definite nel corrispondente manuale di organizzazione e di funzionamento, la regione o provincia autonoma ne dà comunicazione all'UNCV che adotta le misure necessarie del caso.


7. Norme transitorie.

1. Qualora la regione o la provincia autonoma sia già dotata di una struttura di vigilanza alla data di pubblicazione del presente decreto o intenda attivarla prima della pubblicazione del decreto contenente le linee guida di cui all'art. 5, può operare con le proprie procedure, che dovranno successivamente essere adeguate entro sei mesi dalla pubblicazione delle linee guida.

2. Qualora la regione o la provincia autonoma rilevi oggettivi impedimenti all'individuazione del personale da destinare all'UTV, entro il termine previsto dall'art. 2, può avvalersi temporaneamente di altri enti pubblici o del personale di enti strumentali che non svolgano attività di controllo delle produzioni regolamentate di cui alla normativa elencata in premessa. A tale scopo, specifica convenzione della durata non superiore di dodici mesi e non rinnovabile, deve essere stipulata entro centoventi giorni dalla pubblicazione del presente decreto, e trasmessa all'UNCV.

3. Nel caso ricorrano le condizioni di cui al comma precedente, gli enti individuati devono operare in conformità ad un proprio manuale di organizzazione e di funzionamento per l'esercizio dell'attività di vigilanza, da adottare entro novanta giorni dalla stipula della convenzione, previa valutazione della conformità alle linee guida da parte dell'UNCV.

 

 

 


D.L. 22 novembre 2004, n. 279
Disposizioni urgenti per assicurare la coesistenza tra le forme di agricoltura transgenica, convenzionale e biologica (art. 3)

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(1) Pubblicato nella Gazz. Uff. 29 novembre 2004, n. 280.

(2) Convertito in legge, con modificazioni, dall'art. 1, L. 28 gennaio 2005, n. 5 (Gazz. Uff. 28 gennaio 2005, n. 22), entrata in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione.


IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA

Visti gli articoli 77, 87 e 117, secondo comma, lettere e) e s), della Costituzione;

Ritenuta la straordinaria necessità ed urgenza di definire un quadro normativo minimo che consenta l'attuazione delle misure necessarie per garantire l'effettiva coesistenza tra le diverse forme di colture che attualmente possono essere praticate, in considerazione dell'imminente approvvigionamento delle sementi per la prossima campagna di semina;

Vista la deliberazione del Consiglio dei Ministri, adottata nella riunione dell'11 novembre 2004;

Sulla proposta del Presidente del Consiglio dei Ministri, del Ministro delle politiche agricole e forestali, del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio, del Ministro delle attività produttive, di concerto con i Ministri per le politiche comunitarie, per gli affari regionali, dell'economia e delle finanze e della salute;

Emana il seguente decreto-legge:


(omissis)

3. Applicazione delle misure di coesistenza.

1. Al fine di prevenire il potenziale pregiudizio economico e l'impatto della commistione tra colture transgeniche, biologiche e convenzionali, con decreto del Ministro delle politiche agricole e forestali di natura non regolamentare, d'intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, emanato previo parere delle competenti Commissioni parlamentari, sono definite le norme quadro per la coesistenza, anche con riferimento alle aree di confine tra regioni, sulla base delle linee guida predisposte dal Comitato di cui all'articolo 7. Il suddetto decreto è notificato alla Commissione europea nell'àmbito della procedura prevista dalla direttiva 98/34/CE del 22 giugno 1998 del Consiglio (8).

2. Nell'àmbito dei piani regionali di coesistenza le regioni e le province autonome, in coerenza con la Raccomandazione della Commissione 2003/556/CE, del 23 luglio 2003, possono individuare nel loro territorio una o più aree omogenee (9).

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(8)  Comma così modificato dalla legge di conversione 28 gennaio 2005, n. 5.

(9)  La Corte costituzionale, con sentenza 8-17 marzo 2006, n. 116 (Gazz. Uff. 22 marzo 2006, n. 12 - Prima serie speciale), ha dichiarato, tra l'altro, l'illegittimità degli articoli 3, 4, 6, comma 1, e 7 e la conseguente illegittimità degli articoli 5, commi 3 e 4, 6, comma 2, e 8 del presente decreto-legge.

(omissis)

 

 

 

 


 

 

 

D.Lgs. 27 maggio 2005, n. 102
Regolazioni dei mercati agroalimentari, a norma dell'articolo 1, comma 2, lettera e), della L. 7 marzo 2003, n. 38.


(1) Pubblicato nella Gazz. Uff. 15 giugno 2005, n. 137.


IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA

Visti gli articoli 76 e 87 della Costituzione;

Visto l'articolo 1, comma 1, della legge 7 marzo 2003, n. 38;

Visto l'articolo 2, comma 11, della legge 27 luglio 2004, n. 186;

Vista la preliminare deliberazione del Consiglio dei Ministri adottata, nella riunione del 18 febbraio 2005;

Acquisito il parere della Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, reso nella seduta del 3 marzo 2005;

Acquisito il parere delle competenti Commissioni della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica;

Vista la deliberazione del Consiglio dei Ministri, adottata nella riunione del 20 maggio 2005;

Sulla proposta del Ministro delle politiche agricole e forestali, di concerto con i Ministri dell'economia e delle finanze, della giustizia, per gli affari regionali e per le politiche comunitarie;

Emana il seguente decreto legislativo:


Capo I - Soggetti economici

1. Definizioni.

1. Ai fini del presente decreto legislativo si intende per:

a) «prodotti agricoli»: i prodotti elencati nell'Allegato I del Trattato istitutivo della Comunità europea, negli Allegati I e II del regolamento (CEE) n. 2081/92, come modificato dal regolamento (CE) n. 692/2003, e gli altri prodotti qualificati agricoli dal diritto comunitario;

b) «produttori»: gli imprenditori agricoli di cui all'articolo 2135 del codice civile aderenti ad una organizzazione dei produttori che conferiscono a quest'ultima la propria produzione affinché venga da essa commercializzata;

c) «organizzazioni di produttori»: i soggetti di cui all'articolo 2;

d) «organizzazioni di imprese di trasformazione, distribuzione e commercializzazione»: organizzazioni di imprese della trasformazione, distribuzione e commercializzazione dei prodotti di cui alla lettera a), che abbiano ricevuto dalle imprese stesse mandato e potere di impegnarle per la stipula di contratti quadro;

e) «intesa di filiera»: l'intesa stipulata ai sensi dell'articolo 9 che ha come scopo l'integrazione di filiera e la valorizzazione dei prodotti agricoli ed agroalimentari;

f) «contratto quadro»: il contratto concluso ai sensi e per gli scopi di cui agli articoli 10 e 11 tra i soggetti di cui alle lettere c) e d) relativo ad uno o più prodotti agricoli avente per oggetto, senza che derivi l'obbligo di praticare un prezzo determinato, la produzione, la trasformazione, la commercializzazione, la distribuzione dei prodotti, nonché i criteri e le condizioni generali che le parti si impegnano a rispettare;

g) «contratti-tipo»: i modelli contrattuali (contratti di coltivazione, allevamento e di fornitura) aventi per oggetto la disciplina dei rapporti contrattuali tra imprenditori agricoli, trasformatori, distributori e commercianti ed i relativi adempimenti in esecuzione di un contratto quadro, nonché la garanzia reciproca di fornitura e di accettazione delle relative condizioni e modalità.


2. Organizzazioni di produttori.

1. Le organizzazioni di produttori hanno come scopo principale la commercializzazione della produzione dei produttori aderenti per i quali sono riconosciute ed in particolare di:

a) assicurare la programmazione della produzione e l'adeguamento della stessa alla domanda, sia dal punto di vista quantitativo che qualitativo;

b) concentrare l'offerta e commercializzare direttamente la produzione degli associati;

c) partecipare alla gestione delle crisi di mercato;

d) ridurre i costi di produzione e stabilizzare i prezzi alla produzione;

e) promuovere pratiche colturali e tecniche di produzione rispettose dell'ambiente e del benessere degli animali, allo scopo di migliorare la qualità delle produzioni e l'igiene degli alimenti, di tutelare la qualità delle acque, dei suoli e del paesaggio e favorire la biodiversità, nonché favorire processi di rintracciabilità, anche ai fini dell'assolvimento degli obblighi di cui al regolamento (CE) n. 178/2002;

f) assicurare la trasparenza e la regolarità dei rapporti economici con gli associati nella determinazione dei prezzi di vendita dei prodotti;

g) realizzare iniziative relative alla logistica;

h) adottare tecnologie innovative;

i) favorire l'accesso a nuovi mercati, anche attraverso l'apertura di sedi o uffici commerciali.

2. Per la realizzazione di programmi finalizzati all'attuazione degli scopi di cui al comma 1, le organizzazioni di produttori costituiscono fondi di esercizio alimentati da contributi degli aderenti, calcolati in base ai quantitativi o al valore dei prodotti effettivamente commercializzati, con possibili integrazioni di finanziamenti pubblici, in conformità a quanto disposto in materia di aiuti di Stato, nell'àmbito delle risorse allo scopo finalizzate a legislazione vigente.


3. Requisiti delle organizzazioni di produttori.

1. Le organizzazioni di produttori devono assumere una delle seguenti forme giuridiche societarie:

a) società di capitali aventi per oggetto sociale la commercializzazione dei prodotti agricoli, il cui capitale sociale sia sottoscritto da imprenditori agricoli o da società costituite dai medesimi soggetti o da società cooperative agricole e loro consorzi;

b) società cooperative agricole e loro consorzi;

c) società consortili di cui all'articolo 2615-ter del codice civile, costituiti da imprenditori agricoli o loro forme societarie.

2. Gli statuti delle organizzazioni di produttori devono prevedere espressamente:

a) l'obbligo per i soci di:

1) applicare in materia di produzione, commercializzazione, tutela ambientale le regole dettate dall'organizzazione;

2) aderire, per quanto riguarda la produzione oggetto dell'attività della organizzazione, ad una sola di esse;

3) far vendere almeno il 75 per cento della propria produzione direttamente dall'organizzazione, con facoltà di commercializzare in nome e per conto dei soci fino al venticinque per cento del prodotto;

4) mantenere il vincolo associativo per almeno un triennio e, ai fini del recesso, osservare il preavviso di almeno sei mesi dall'inizio della campagna di commercializzazione;

b) disposizioni concernenti:

1) regole atte a garantire ai soci il controllo democratico dell'organizzazione ed evitare qualsiasi abuso di potere o di influenza di uno o più produttori in relazione alla gestione e al funzionamento;

2) le sanzioni in caso di inosservanza degli obblighi statutari e, in particolare, di mancato pagamento dei contributi finanziari o delle regole fissate dalle organizzazioni;

3) le regole contabili e di bilancio necessarie per il funzionamento dell'organizzazione.

3. Ai fini del riconoscimento, le organizzazioni di produttori devono avere un numero minimo di produttori aderenti ed un volume minimo di produzione, conferita dagli associati, commercializzata stabiliti con decreto del Ministro delle politiche agricole e forestali, d'intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, da adottare entro dodici mesi dalla data di entrata in vigore del presente decreto. Fino alla data di entrata in vigore del predetto decreto del Ministro delle politiche agricole e forestali, ai fini del riconoscimento, le organizzazioni di produttori devono avere un numero minimo di cinque produttori aderenti ed un volume minimo di produzione, conferita dagli associati, commercializzata direttamente pari a 3 milioni di euro.

4. Nel caso in cui un'organizzazione di produttori sia costituita, in tutto o in parte, da aderenti persone giuridiche composte esclusivamente da produttori, il numero minimo di produttori di cui al comma 3 è calcolato in base al numero di produttori aderenti a ciascuna delle persone giuridiche.

5. Le regioni possono stabilire limiti superiori a quelli di cui al comma 3.

6. Sono fatte salve le disposizioni specifiche in materia di organizzazioni di produttori recate dalla normativa discendente dalle singole organizzazioni comuni di mercato.


4. Riconoscimento delle organizzazioni di produttori.

1. Le regioni riconoscono le organizzazioni di produttori sulla base dei requisiti di cui all'articolo 3. Con il decreto di cui all'articolo 3, comma 3, possono essere definite le modalità di riconoscimento in caso di mancata adozione da parte regionale, entro termini da definire nel predetto decreto, di un provvedimento espresso di diniego.

2. Il riconoscimento delle organizzazioni dei produttori all'Albo nazionale delle organizzazioni dei produttori, istituito presso il Ministero delle politiche agricole e forestali è comunicato dalle regioni tramite il Sistema informativo agricolo nazionale (SIAN). L'iscrizione delle organizzazioni dei produttori riconosciute al predetto Albo, oltre alle funzioni di certificazione anagrafica ed a quelle previste dalle leggi speciali, ha l'efficacia di cui all'articolo 2193 del codice civile.

3. Con decreto del Ministro delle politiche agricole e forestali, d'intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, sono definite le modalità per il controllo e per la vigilanza delle organizzazioni dei produttori, ai fine di accertare il rispetto dei requisiti per il riconoscimento. Il decreto definisce altresì le modalità per la revoca del riconoscimento.

4. Le organizzazioni di produttori riconosciute ai sensi dell'articolo 26 del decreto legislativo 18 maggio 2001, n. 228, mantengono l'iscrizione all'Albo di cui al comma 2.

5. Le associazioni di produttori riconosciute ai sensi della legge 20 ottobre 1978, n. 674, devono, entro il 31 dicembre 2005, trasformarsi in una delle forme societarie previste dall'articolo 3, comma 1. Gli atti e le formalità posti in essere ai fini della trasformazione sono assoggettati, in luogo dei relativi tributi, all'imposta sostitutiva determinata nella misura di 1.500 euro. In mancanza di trasformazione le regioni revocano il riconoscimento alle predette associazioni.


5. Forme associate delle organizzazioni di produttori.

1. Le organizzazioni dei produttori riconosciute possono costituire una organizzazione comune, nelle forme societarie di cui all'articolo 3, comma 1, per il perseguimento dei seguenti scopi:

a) concentrare e valorizzare l'offerta dei prodotti agricoli sottoscrivendo i contratti quadro al fine di commercializzare la produzione delle organizzazioni dei produttori;

b) gestire le crisi di mercato;

c) costituire fondi di esercizio per la realizzazione di programmi;

d) coordinare le attività delle organizzazioni di produttori;

e) promuovere e realizzare servizi per il miglioramento qualitativo e la valorizzazione del prodotto e progetti di interesse comune per le organizzazioni associate allo scopo di rendere più funzionale l'attività delle stesse;

f) svolgere azioni di supporto alle attività commerciali dei soci, anche mediante la creazione di società di servizi.

2. Le Unioni nazionali delle organizzazioni dei produttori riconosciute alla data di entrata in vigore del presente decreto legislativo, qualora perseguano gli scopi di cui al comma 1, lettere a), b) e c), devono costituirsi nelle forme societarie di cui all'articolo 3, comma 1.

3. Spettano al Ministero delle politiche agricole e forestali i compiti di riconoscimento, controllo, vigilanza e sostegno delle forme associate di organizzazioni di produttori, ai sensi dell'articolo 33, comma 3, del decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 300.

4. Con decreto del Ministro delle politiche agricole e forestali, sentita la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, possono essere definiti i requisiti minimi differenziati delle forme associate di organizzazioni di produttori ai fini del loro riconoscimento.


6. Requisiti per il riconoscimento delle forme associate di organizzazioni di produttori.

1. Gli statuti delle organizzazioni comuni di cui all'articolo 5 devono prevedere espressamente:

a) l'obbligo per le organizzazioni dei produttori aderenti almeno di:

1) aderire ad una sola organizzazione comune;

2) versare contributi finanziari per la realizzazione delle finalità istituzionali;

3) mantenere il vincolo associativo per almeno un triennio e, ai fini del recesso, osservare il preavviso di almeno sei mesi dall'inizio della campagna di commercializzazione;

b) disposizioni concernenti:

1) regole atte a garantire alle associate il controllo democratico dell'organizzazione ed evitare qualsiasi abuso di posizione dominante o di influenza di una o più organizzazione in relazione alla gestione e al funzionamento;

2) le sanzioni in caso di inosservanza degli obblighi statutari e, in particolare, di mancato pagamento dei contributi finanziari o delle regole fissate dall'organizzazione comune.

2. L'organizzazione comune deve:

a) essere costituita da organizzazioni di produttori riconosciute che commercializzano complessivamente un volume minimo di produzione di sessanta milioni di euro;

b) disporre di personale dipendente qualificato e di strutture idonee;

c) prevedere nel proprio statuto, l'imposizione alle organizzazioni socie di contributi finanziari necessari per il funzionamento dell'organizzazione comune.

3. Con decreto del Ministro delle politiche agricole e forestali, sentita la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, possono essere definiti, ai fini del riconoscimento, requisiti minimi differenziati delle organizzazioni comuni.

4. Le organizzazioni comuni devono, per il riconoscimento, iscriversi all'Albo di cui all'articolo 4, comma 2, presentando al Ministero una istanza corredata dalle dichiarazioni sostitutive di certificazione o atto di notorietà, ai sensi degli articoli 46 e 47 del decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445, attestanti il possesso dei prescritti requisiti ivi compresi la sussistenza di eventuali requisiti tecnici. Decorsi trenta giorni dalla ricezione dell'istanza, se il Ministero delle politiche agricole e forestali non emana un provvedimento espresso di diniego, l'organizzazione comune interessata si intende riconosciuta ai sensi della normativa vigente, fatti salvi i poteri di controllo del Ministero.

5. Il Ministero delle politiche agricole e forestali esercita il controllo sulla organizzazione comune tramite l'acquisizione di dati inerenti la loro attività, anche su base informatica, nonché con controlli in loco a cadenza almeno annuale.

6. Il Ministero procede, previa diffida, alla revoca del riconoscimento, nei seguenti casi:

a) perdita di uno o più requisiti previsti per il riconoscimento;

b) gravi infrazioni delle norme vigenti e statutarie;

c) inadempienza nella fornitura dei dati richiesti dal Ministero ai fini del controllo;

d) irregolarità gravi in ordine alla gestione dell'organizzazione comune, tali da impedire il conseguimento delle finalità istituzionali.


7. Programmi operativi delle organizzazioni di produttori e delle loro forme associate.

1. Le organizzazioni di produttori e le loro forme associate costituiscono un fondo di esercizio alimentato dai contributi dei soci ed eventualmente integrato da finanziamenti pubblici, calcolati in base ai quantitativi o al valore dei prodotti effettivamente commercializzati, per la realizzazione di programmi operativi finalizzati alla valorizzazione della produzione agricola italiana e del suo legame con il territorio, nonché ad assicurare la trasparenza dei processi produttivi e commerciali sino al consumatore. In particolare i programmi debbono prevedere:

a) azioni rivolte al miglioramento qualitativo ed alla valorizzazione commerciale dei prodotti agricoli ottenuti nei territori italiani, alla loro promozione presso i consumatori, al sostegno della diffusione di sistemi di certificazione della qualità e della tracciabilità dei prodotti, alla creazione di linee di prodotti biologici, alla promozione della produzione ottenuta mediante metodi rispettosi dell'ambiente;

b) misure destinate a promuovere l'utilizzo, da parte degli associati, di tecniche rispettose dell'ambiente, nonché l'impiego delle risorse umane e tecniche necessarie per l'accertamento dell'osservanza della normativa vigente;

c) azioni rivolte alla realizzazione e sviluppo di contratti quadro, o qualsivoglia ulteriore azione volta al perseguimento delle proprie finalità.

2. Le forme associate possono gestire i fondi di esercizio e realizzare i programmi delle organizzazioni aderenti ed, in tale caso, gli eventuali finanziamenti pubblici destinati al cofinanziamento dei medesimi fondi sono erogati alle organizzazioni comuni.

3. Le regioni ed il Ministero delle politiche agricole e forestali possono concedere rispettivamente, alle organizzazioni di produttori ed alle loro forme associate aiuti di avviamento o di ampliamento delle attività, conformemente agli orientamenti comunitari sugli aiuti di Stato nel settore agricolo.


8. Gestione delle crisi di mercato.

1. Se il mercato di un prodotto manifesta o rischia di manifestare squilibri generalizzati e di carattere strutturale che determinano o possono determinare conseguenze significative in termini di prezzi e di redditi percepiti dai produttori, le organizzazioni di produttori, le relative forme associate che hanno costituito il fondo di esercizio, hanno facoltà di non commercializzare, per i volumi ed i periodi che giudicano opportuni il prodotto in questione conferito dagli aderenti.

2. La presenza di squilibri generalizzati e di carattere strutturale di cui al comma 1 è verificata ai sensi dell'articolo 1-bis del decreto-legge 28 febbraio 2005, n. 22, convertito, con modificazioni, dalla legge 29 aprile 2005, n. 71.

3. Le organizzazioni di produttori, le relative forme associate stabiliscono la destinazione dei prodotti ritirati dal mercato, in modo da non ostacolare il normale smaltimento della produzione, salvaguardando l'ambiente, la qualità delle acque e del paesaggio rurale.

4. Le organizzazioni di produttori, le relative forme associate versano ai produttori associati una indennità di ritiro, corrispondente alla perdita di reddito, utilizzando il fondo di esercizio, per un quantitativo massimo corrispondente al 20 per cento del volume del commercializzato dalla medesima organizzazione.

5. In caso di una situazione di grave sovrapproduzione con conseguente rischio di destabilizzazione del mercato per un determinato prodotto accertata con le modalità di cui al comma 2, trovano applicazione le misure comunitarie e nazionali volte ad incidere sulla produzione, sui consumi, sulle possibili destinazioni del prodotto eccedentario (stoccaggio, trasformazione industriale, ecc.), anche attraverso programmi straordinari di ristrutturazione degli impianti produttivi.

6. Ai fini dell'applicazione del comma 5, le organizzazioni di produttori, le relative forme associate predispongono e trasmettono al Ministero ai fini dell'approvazione appositi piani di intervento contenenti le misure ritenute idonee per il prodotto in causa.

7. In caso di grave squilibrio del mercato, l'Agenzia per le erogazioni in agricoltura (AGEA), nell'àmbito dei compiti istituzionali stabiliti dall'articolo 4 del decreto legislativo 27 maggio 1999, n. 165, e delle risorse finanziarie disponibili a legislazione vigente, può stipulare contratti con le forme associate di organizzazioni di produttori per la gestione delle crisi di mercato, al fine di riassorbire una temporanea sovracapacità produttiva per ristabilire l'equilibrio del mercato.


Capo II - Intese per l'integrazione di filiera

9. Intesa di filiera.

1. L'intesa di filiera ha lo scopo di favorire l'integrazione di filiera e la valorizzazione dei prodotti agricoli e agroalimentari, tenendo conto degli interessi della filiera e dei consumatori. L'intesa può definire:

a) azioni per migliorare la conoscenza e la trasparenza della produzione e del mercato;

b) azioni per un migliore coordinamento dell'immissione dei prodotti sul mercato;

c) modelli contrattuali compatibili con la normativa comunitaria da utilizzare nella stipula dei contratti di coltivazione, allevamento e fornitura;

d) modalità di valorizzazione e tutela delle denominazioni di origine, indicazioni geografiche e marchi di qualità;

e) criteri per la valorizzazione del legame delle produzioni al territorio di provenienza;

f) azioni al fine di perseguire condizioni di equilibrio e stabilità del mercato attraverso informazioni e ricerche per l'orientamento della produzione agricola alla domanda e alle esigenze dei consumatori;

g) metodi di produzione rispettosi dell'ambiente.

2. L'intesa di filiera è stipulata nell'àmbito del Tavolo agroalimentare, di cui all'articolo 20 del decreto legislativo 18 maggio 2001, n. 228, tra gli organismi maggiormente rappresentativi a livello nazionale nei settori della produzione, della trasformazione, del commercio e della distribuzione dei prodotti agricoli e agroalimentari, presenti o rappresentati nel Consiglio nazionale dell'economia e del lavoro. A tale fine, i predetti organismi indicano la rappresentanza di filiera a livello nazionale per il settore di appartenenza. Con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro delle politiche agricole e forestali, da adottarsi entro tre mesi dalla data di entrata in vigore del presente decreto, sono definite le modalità per la stipula delle intese di filiera, nonché quelle di costituzione e di funzionamento dei tavoli di filiera (2).

3. Le intese possono, inoltre, essere stipulate dalle Organizzazioni interprofessionali riconosciute ai sensi all'articolo 12 del decreto legislativo 30 aprile 1998, n. 173.

4. Le intese non possono comportare restrizioni della concorrenza ad eccezione di quelli che risultino da una programmazione previsionale e coordinata della produzione in funzione degli sbocchi di mercato o da un programma di miglioramento della qualità che abbia come conseguenza diretta una limitazione del volume di offerta.

5. Le intese sono comunicate al Ministero delle politiche agricole e forestali entro i quindici giorni dalla loro sottoscrizione che ne verifica la compatibilità con la normativa comunitaria e nazionale. Le intese di cui al comma 4 sono approvate con decreto del Ministro delle politiche agricole e forestali (3).


(2)  In attuazione di quanto disposto dal presente comma vedi il D.P.C.M. 5 agosto 2005 e il D.P.C.M. 23 febbraio 2006.

(3)  Vedi, anche, l'art. 2-bis, D.L. 9 settembre 2005, n. 182, aggiunto dalla relativa legge di conversione.


Capo III - Regolazione di mercato

10. Contratti quadro.

1. Nell'àmbito delle finalità di cui all'articolo 33 del Trattato istitutivo della Comunità europea e nei limiti di cui all'articolo 2, comma 1, del regolamento (CEE) n. 26/1962 del 4 aprile 1962, del Consiglio, e successive modificazioni, i soggetti economici di cui al capo I possono sottoscrivere contratti quadro aventi i seguenti obiettivi:

a) sviluppare gli sbocchi commerciali sui mercati interno ed estero, e orientare la produzione agricola per farla corrispondere, sul piano quantitativo e qualitativo, alla domanda, al fine di perseguire condizioni di equilibrio e stabilità del mercato;

b) garantire la sicurezza degli approvvigionamenti;

c) migliorare la qualità dei prodotti con particolare riguardo alle diverse vocazioni colturali e territoriali e alla tutela dell'ambiente;

d) ridurre le fluttuazioni dei prezzi ed assicurare le altre finalità perseguite dall'articolo 33 del Trattato sulla Comunità europea;

e) prevedere i criteri di adattamento della produzione all'evoluzione del mercato.

2. Con decreto del Ministro delle politiche agricole e forestali possono essere definite, per singole filiere, modalità di stipula dei contratti quadro in mancanza di intesa di filiera, che prevedano una rappresentatività specifica, determinata in percentuale al volume di produzione commercializzata, da parte dei soggetti economici di cui al capo I.


11. Modalità.

1. Il contratto quadro definisce il prodotto, le attività e l'area geografica nei cui confronti è applicabile; nel contratto quadro devono essere indicate la durata e le condizioni del suo rinnovo.

2. Ai contratti quadro si applicano i seguenti princìpi generali:

a) confronto preventivo delle previsioni della produzione e degli sbocchi commerciali del prodotto in vista della loro armonizzazione;

b) definizione di prescrizioni al fine di adeguare il prodotto oggetto del contratto quadro alle esigenze dell'immissione sul mercato, con riferimento anche alle caratteristiche qualitative del prodotto ed ai servizi logistici che incidono sulla determinazione del prezzo di commercializzazione;

c) obbligo per gli acquirenti di rifornirsi del prodotto oggetto del contratto quadro tramite un contratto di coltivazione, allevamento e fornitura, o tramite altro contratto, comunque denominato, da stipulare per iscritto, che rispetti i contenuti del contratto quadro e ne preveda espressamente l'applicazione anche nei confronti degli imprenditori agricoli non aderenti alle organizzazioni stipulanti, ai sensi dell'articolo 13. Il rispetto delle condizioni stabilite nei contratti quadro deve essere garantito dalla previsione espressa, contenuta negli accordi stessi e confermata nei contratti-tipo e nei contratti individuali, che considera, ai fini degli articoli 1453 e 1455 del codice civile, di grave importanza ogni sua violazione, con diritto al risarcimento degli eventuali danni;

d) definizione dei criteri per la valutazione delle diversificazioni di prezzo da stabilire in relazione al processo produttivo applicato e alle caratteristiche qualitative dei prodotti considerati per assicurare il raggiungimento delle finalità dell'articolo 33 del Trattato istitutivo della Comunità europea.

3. Sono esclusi dai contratti quadro i quantitativi di prodotto conferiti dai soci alle cooperative agricole ed ai loro consorzi per la raccolta, la lavorazione, la trasformazione e la commercializzazione sul mercato delle produzioni agricole ed agroalimentari. È facoltà delle cooperative agricole e dei loro consorzi aderire ai contratti quadro.

4. I contratti quadro devono contenere, per ogni prodotto, disposizioni relative a:

a) il riconoscimento delle cause di forza maggiore che giustificano il mancato rispetto parziale o totale delle reciproche obbligazioni delle parti nei singoli contratti;

b) l'individuazione di un collegio arbitrale terzo rispetto alle parti al quale rimettere ogni controversia fra le organizzazioni firmatarie degli accordi quadro, in ordine alla interpretazione o all'esecuzione degli stessi, e di rimettere a tale organo indicato in ciascun contratto quadro ogni controversia tra gli imprenditori che siano interessati direttamente alla esecuzione dei contratti o che siano parti dei contratti da essi regolati. La determinazione del risarcimento del danno derivante dalla violazione di quanto disposto dal comma 2, la lettera c), deve essere anch'essa rimessa alla decisione di un collegio arbitrale nominato nei modi e con le modalità di procedura previsti nella presente lettera b). Il danno è liquidato con valutazione equitativa;

c) le modalità di corresponsione, da parte di ciascun produttore, trasformatore, commerciante e distributore alle rispettive organizzazioni firmatarie, di contributi, ove previsto dai contratti quadro, per le spese previste dagli accordi finalizzate a favorire la stabilizzazione del mercato e - attraverso studi, controlli tecnici ed economici, ed azioni per la promozione e lo sviluppo delle vendite - la valorizzazione dei prodotti oggetto dei contratti quadro. Il contributo può essere determinato da una quota percentuale del prezzo del prodotto oggetto dei singoli contratti;

d) la previsione delle sanzioni e degli indennizzi in caso di inadempimento parziale o totale delle obbligazioni, anche in relazione alle ipotesi disciplinate dagli articoli 12 e 13.

5. I contratti quadro stabiliscono il contratto-tipo, che deve essere adottato nella stipulazione dei contratti di coltivazione, allevamento e fornitura.

6. I contratti quadro e il contratto-tipo sono depositati, a cura delle parti contraenti, entro dieci giorni dalla stipulazione presso il Ministero delle politiche agricole e forestali, il quale, entro trenta giorni dal deposito, può formulare osservazioni circa la rappresentatività delle parti contraenti e la conformità degli accordi alla normativa comunitaria e nazionale. Decorso tale termine senza osservazioni, i contratti quadro ed il contratto-tipo si intendono efficaci e sono pubblicati sul sito del Ministero delle politiche agricole e forestali e su quelli delle regioni interessate.


12. Recesso, cessione di azienda, e privilegio.

1. Ciascuno dei contraenti può recedere dal contratto di coltivazione, allevamento e fornitura mediante preavviso di un anno e dopo che sia trascorsa almeno una campagna completa di consegne.

2. In caso di cessione totale o parziale dell'azienda da parte di un imprenditore che ha sottoscritto un contratto individuale di coltivazione, allevamento e fornitura in esecuzione di un contratto quadro, il cedente è tenuto a dichiarare nell'atto di cessione l'esistenza di tale contratto, ed il cessionario deve impegnarsi a rispettarne le clausole ed a garantirne l'esecuzione.

3. In caso di violazione degli obblighi previsti dai commi 1 e 2, l'inadempiente è obbligato al risarcimento dei danni, da liquidarsi con valutazione equitativa in mancanza di esatta determinazione, ed è assoggettato alle sanzioni ed agli indennizzi fissati dai contratti quadro. Gli obblighi suddetti gravano, nel caso di cessione dell'azienda, solidalmente sul cessionario e sul cedente.

4. I crediti degli imprenditori agricoli nei confronti dei trasformatori, commercianti e dei distributori acquirenti dei prodotti in forza di contratti stipulati nel rispetto del presente decreto, hanno privilegio generale sui mobili, con il grado previsto dall'articolo 2751-bis, primo comma, n. 4), del codice civile.


13. Obblighi degli acquirenti.

1. Le parti acquirenti aderenti ad organizzazioni che abbiano stipulato un contratto quadro sono obbligate ad applicare tutte le condizioni in esso previste ai contratti di coltivazione, allevamento e fornitura e ad ogni altro contratto che riguardi prodotti di provenienza nazionale contemplati nell'accordo, anche se stipulati con imprenditori agricoli non aderenti alle organizzazioni firmatarie del contratto quadro.

2. Gli imprenditori agricoli non aderenti alle organizzazioni firmatarie di contratti quadro, ove concludano contratti di coltivazione, allevamento e fornitura che riguardi prodotti contemplati in un contratto quadro, possono pretendere l'applicazione in loro favore delle clausole contenute in detto accordo, e sono in tal caso obbligati a corrispondere alle organizzazioni firmatarie i contributi di cui all'articolo 11, comma 4, lettera c).

3. La violazione degli obblighi di cui ai precedenti commi costituisce, ai fini degli articoli 1453 e 1455 del codice civile, grave inadempienza, con diritto delle organizzazioni dei produttori o loro forme associate firmatarie del contratto quadro e dei singoli imprenditori agricoli che ne hanno richiesto l'applicazione, di richiedere il risarcimento degli eventuali danni.

4. Alle controversie relative alle fattispecie previste ai commi precedenti si applica quanto disposto dall'articolo 11, comma 4, lettera b).


14. Incentivi.

1. Nel rispetto delle norme comunitarie, la stipula di singoli contratti di coltivazione, di allevamento e fornitura conformi ai contratti quadro costituisce criterio di preferenza, secondo le modalità stabilite in ciascun bando di partecipazione, per attribuire contributi statali per l'innovazione e la ristrutturazione delle imprese agricole, agroalimentari e di commercializzazione e vendita dei prodotti agricoli. I contratti di conferimento sottoscritti tra le cooperative agricole e loro consorzi ed i rispettivi associati sono equiparati ai contratti di coltivazione, allevamento e fornitura qualora perseguano gli obiettivi dei contratti quadro di cui all'articolo 10.

2. Le amministrazioni pubbliche assumono le opportune iniziative per promuovere e valorizzare i contratti di cui al comma 1.

3. Costituisce priorità nell'accesso ai regimi di aiuti di cui all'articolo 66, commi 1 e 2, della legge 27 dicembre 2002, n. 289, la stipula di contratti di cui al comma 1.

4. Le regioni possono attribuire priorità nell'erogazione di contributi alle imprese di cui al comma 1.

5. Il valore preminente previsto dall'articolo 59, comma 4, della legge 23 dicembre 1999, n. 488, nell'aggiudicazione degli appalti pubblici è esteso anche alle produzioni agricole oggetto di contratti quadro.


15. Altri accordi del sistema agroalimentare.

1. Gli accordi realizzati tra produttori agricoli o fra produttori agricoli ed imprese, che beneficino di una stessa denominazione di origine protetta (DOP), indicazione geografica protetta (IGP) e attestazione di specificità (AS) riconosciuta ai sensi del regolamento (CEE) n. 2081/92 del 14 luglio 1992 e del regolamento (CEE) n. 2082/92 del 14 luglio 1992, entrambi del Consiglio, o che siano integrati nella stessa filiera di produzione avente la dicitura di «agricoltura biologica» ai sensi del regolamento (CE) n. 2092/91, del 24 giugno 1991 del Consiglio, sono approvati dal Ministero delle politiche agricole e forestali. Tali accordi devono essere stipulati per iscritto, per un periodo determinato che non può essere superiore a tre anni e possono riguardare soltanto:

a) una programmazione previsionale e coordinata della produzione in funzione del mercato;

b) un piano di miglioramento della qualità dei prodotti, avente come conseguenza diretta una limitazione del volume di offerta;

c) una concentrazione dell'offerta e dell'immissione sui mercati della produzione degli aderenti.

2. In caso di grave squilibrio del mercato, gli accordi realizzati fra produttori agricoli, o fra produttori agricoli ed imprese di approvvigionamento o di trasformazione e le disposizioni autolimitatrici, adottate dalle organizzazioni di produttori agricoli riconosciute ai sensi del regolamento (CE) n. 2200/96 del 28 ottobre 1996 del Consiglio, e del regolamento (CE) n. 952/97 del 20 maggio 1997 del Consiglio, e le organizzazioni interprofessionali di cui all'articolo 12, destinati a riassorbire una temporanea sovracapacità produttiva per ristabilire l'equilibrio del mercato, devono essere autorizzati dal Ministero delle politiche agricole e forestali. Tali misure devono essere adeguate a superare gli squilibri e non possono in alcun caso riguardare la materia dei prezzi. La durata degli accordi non può eccedere un anno.

3. Gli accordi di cui ai commi 1 e 2 non possono in ogni caso prevedere restrizioni non strettamente necessarie al raggiungimento degli scopi indicati nei medesimi commi, né possono eliminare la concorrenza da una parte sostanziale del mercato.

4. Le disposizioni di cui ai commi 1 e 2 non costituiscono deroghe a quanto previsto dall'articolo 2 della legge 10 ottobre 1990, n. 287.


16. Disposizioni finali e abrogazione di norme.

1. A decorrere dalla data di entrata in vigore del presente decreto legislativo la legge 16 marzo 1988, n. 88, è abrogata.

2. A decorrere dalla data di entrata in vigore del presente decreto legislativo sono soppresse le seguenti norme:

a) articoli 26, 27, 28 e 29 del decreto legislativo 18 maggio 2001, n. 228, e successive modificazioni;

b) articolo 11 del decreto legislativo 30 aprile 1998, n. 173.

3. Fino alla data di entrata in vigore delle disposizioni contenute nei decreti ministeriali previsti dal presente decreto legislativo si osservano, in quanto applicabili, le disposizioni precedentemente vigenti.

4. Nel settore bieticolo-saccarifero, in deroga a quanto previsto dall'articolo 1, comma 1, lettera f), i contratti quadro sono sottoscritti, in rappresentanza degli imprenditori agricoli, dalle associazioni nazionali maggiormente rappresentative dei produttori bieticoli. A tali contratti si applicano le norme di cui al presente decreto.

5. All'articolo 12 del decreto legislativo 30 aprile 1998, n. 173, dopo il comma 1, sono inseriti i seguenti:

«1-bis. Possono costituire un'Organizzazione interprofessionale gli organismi maggiormente rappresentativi a livello nazionale nei settori della produzione, della trasformazione, del commercio e della distribuzione dei prodotti agricoli e agroalimentari. Sono considerati rappresentativi a livello nazionale gli organismi che sono presenti o rappresentati nel Consiglio nazionale dell'economia e del lavoro.

1-ter. Il Ministero delle politiche agricole e forestali svolge i compiti di riconoscimento, controllo e vigilanza delle Organizzazioni interprofessionali. Con decreto del Ministro delle politiche agricole e forestali, sentita la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, sono definiti i criteri e le modalità per:

a) il riconoscimento ed i controlli delle organizzazioni interprofessionali;

b) la nomina degli amministratori;

c) la definizione delle condizioni per estendere anche alle imprese non aderenti le regole approvate ai sensi del comma 2, sempreché l'organizzazione interprofessionale dimostri di rappresentare almeno il 66 per cento della produzione o della commercializzazione sul territorio nazionale.».

6. Il comma 2-quater dell'articolo 12 del decreto legislativo 30 aprile 1998, n. 173, è soppresso.

7. Dall'attuazione del presente decreto non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.

 


D.L. 4 luglio 2006, n. 223
Disposizioni urgenti per il rilancio economico e sociale, per il contenimento e la razionalizzazione della spesa pubblica, nonchè interventi in materia di entrate e di contrasto all'evasione fiscale(art. 29)

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(1) Pubblicato nella Gazz. Uff. 4 luglio 2006, n. 153.

(2) Convertito in legge, con modificazioni, dall’art. 1, L. 4 agosto 2006, n. 248 (Gazz. Uff. 11 agosto 2006, n. 186, S.O.), entrata in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione.


IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA


Visti gli articoli 77 e 87 della Costituzione;

Ritenuta la straordinaria necessità ed urgenza di rafforzare la libera scelta dei consumatori e di rendere più concorrenziali gli assetti di mercato, favorendo anche il rilancio dell'economia e dell'occupazione;

Ritenuta altresì la straordinaria necessità ed urgenza di adottare interventi intesi a razionalizzare e contenere i livelli di spesa pubblica, nonchè in tema di entrate e di contrasto all'evasione ed elusione fiscale;

Vista la deliberazione del Consiglio dei Ministri, adottata nella riunione del 30 giugno 2006;

Sulla proposta del Presidente del Consiglio dei Ministri, del Ministro dell'economia e delle finanze e del Ministro dello sviluppo economico;


Emana il seguente decreto-legge:


(omissis)

29. Contenimento spesa per commissioni comitati ed altri organismi.

1. Fermo restando il divieto previsto dall'articolo 18, comma 1, della legge 28 dicembre 2001, n. 448, la spesa complessiva sostenuta dalle amministrazioni pubbliche di cui all'articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, e successive modificazioni, per organi collegiali e altri organismi, anche monocratici, comunque denominati, operanti nelle predette amministrazioni, è ridotta del trenta per cento rispetto a quella sostenuta nell'anno 2005. Ai suddetti fini le amministrazioni adottano con immediatezza, e comunque entro 30 giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto, le necessarie misure di adeguamento ai nuovi limiti di spesa. Tale riduzione si aggiunge a quella prevista dall'articolo 1, comma 58, della legge 23 dicembre 2005, n. 266.

2. Per realizzare le finalità di contenimento delle spese di cui al comma 1, per le amministrazioni statali si procede, entro centoventi giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto, al riordino degli organismi, anche mediante soppressione o accorpamento delle strutture, con regolamenti da emanare ai sensi dell'articolo 17, comma 2, della legge 23 agosto 1988, n. 400, per gli organismi previsti dalla legge o da regolamento e, per i restanti, con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, su proposta del Ministro competente. I provvedimenti tengono conto dei seguenti criteri:

a) eliminazione delle duplicazioni organizzative e funzionali;

b) razionalizzazione delle competenze delle strutture che svolgono funzioni omogenee;

c) limitazione del numero delle strutture di supporto a quelle strettamente indispensabili al funzionamento degli organismi;

d) diminuzione del numero dei componenti degli organismi;

e) riduzione dei compensi spettanti ai componenti degli organismi;

e-bis) indicazione di un termine di durata, non superiore a tre anni, con la previsione che alla scadenza l'organismo è da intendersi automaticamente soppresso (68);

e-ter) previsione di una relazione di fine mandato sugli obiettivi realizzati dagli organismi, da presentare all'amministrazione competente e alla Presidenza del Consiglio dei Ministri (69);

2-bis. La Presidenza del Consiglio dei Ministri valuta, prima della scadenza del termine di durata degli organismi individuati dai provvedimenti previsti dai commi 2 e 3, di concerto con l'amministrazione di settore competente, la perdurante utilità dell'organismo proponendo le conseguenti iniziative per l'eventuale proroga della durata dello stesso (70).

3. Le amministrazioni non statali sono tenute a provvedere, entro lo stesso termine e sulla base degli stessi criteri di cui al comma 2, con atti di natura regolamentare previsti dai rispettivi ordinamenti, da sottoporre alla verifica degli organi interni di controllo e all'approvazione dell'amministrazione vigilante, ove prevista. Nelle more dell'adozione dei predetti regolamenti le stesse amministrazioni assicurano il rispetto del limite di spesa di cui al comma 1 entro il termine ivi previsto.

4. Ferma restando la realizzazione degli obiettivi di risparmio di spesa di cui al comma 1, gli organismi non individuati dai provvedimenti previsti dai commi 2 e 3 entro il 15 maggio 2007 sono soppressi. A tale fine, i regolamenti ed i decreti di cui al comma 2, nonchè gli atti di natura regolamentare di cui al comma 3, devono essere trasmessi per l'acquisizione dei prescritti pareri, ovvero per la verifica da parte degli organi interni di controllo e per l'approvazione da parte dell'amministrazione vigilante, ove prevista, entro il 28 febbraio 2007 (71).

5. Scaduti i termini di cui ai commi 1, 2 e 3 senza che si sia provveduto agli adempimenti ivi previsti è fatto divieto alle amministrazioni di corrispondere compensi ai componenti degli organismi di cui al comma 1.

6. Le disposizioni del presente articolo non trovano diretta applicazione alle regioni, alle province autonome, agli enti locali e agli enti del Servizio sanitario nazionale, per i quali costituiscono disposizioni di principio ai fini del coordinamento della finanza pubblica.

7. Le disposizioni del presente articolo non si applicano ai commissari straordinari del Governo di cui all'articolo 11 della legge 23 agosto 1988, n. 400, e agli organi di direzione, amministrazione e controllo (72) (73).

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(68)  Lettera aggiunta dalla legge di conversione 4 agosto 2006, n. 248.

(69)  Lettera aggiunta dalla legge di conversione 4 agosto 2006, n. 248.

(70) Comma aggiunto dalla legge di conversione 4 agosto 2006, n. 248.

(71) Comma prima sostituito dalla legge di conversione 4 agosto 2006, n. 248, poi modificato dalcomma 177 dell'art. 2, D.L. 3 ottobre 2006, n. 262, come modificato dalla relativa legge di conversione, ed infine così sostituito dal comma 1 dell'art. 4, D.L. 28 dicembre 2006, n. 300.

(72) Comma così modificato dal comma 421 dell'art. 1, L. 27 dicembre 2006, n. 296.

(73) Vedi, anche, il comma 22-bis dell'art. 1, D.L. 18 maggio 2006, n. 181, come modificato dal comma 424 dell'art. 1, L. 27 dicembre 2006, n. 296.

(omissis)


L. 6 febbraio 2007, n. 13
Disposizioni per l'adempimento di obblighi derivanti dall'appartenenza dell'Italia alle Comunità europee - Legge comunitaria 2006 (art. 3)

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(1) Pubblicata nella Gazz. Uff. 17 febbraio 2007, n. 40, S.O.


(omissis)

3. Delega al Governo per la disciplina sanzionatoria di violazioni di disposizioni comunitarie.

1. Al fine di assicurare la piena integrazione delle norme comunitarie nell'ordinamento nazionale, il Governo, fatte salve le norme penali vigenti, è delegato ad adottare, entro due anni dalla data di entrata in vigore della presente legge, disposizioni recanti sanzioni penali o amministrative per le violazioni di direttive comunitarie attuate in via regolamentare o amministrativa, ai sensi delle leggi comunitarie vigenti, e di regolamenti comunitari vigenti alla data di entrata in vigore della presente legge, per le quali non siano già previste sanzioni penali o amministrative.

2. La delega di cui al comma 1 è esercitata con decreti legislativi adottati ai sensi dell'articolo 14 della legge 23 agosto 1988, n. 400, su proposta del Presidente del Consiglio dei Ministri o del Ministro per le politiche europee e del Ministro della giustizia, di concerto con i Ministri competenti per materia. I decreti legislativi si informano ai princìpi e criteri direttivi di cui all'articolo 2, comma 1, lettera c).

3. Gli schemi di decreto legislativo di cui al presente articolo sono trasmessi alla Camera dei deputati e al Senato della Repubblica per l'espressione del parere da parte dei competenti organi parlamentari con le modalità e nei termini previsti dai commi 3 e 9 dell'articolo 1.

(omissis)

 

 

 

 


Normativa comunitaria

 


Dir. 82/471/CEE del 30 giugno 1982
Direttiva del Consiglio relativa a taluni prodotti impiegati nell'alimentazione degli animali

 

(La legge che si omette è consultabile presso il Servizio Studi – dipartimento Agricoltura)

 

 


Reg. (CEE) n. 2377/90 del 26 giugno 1990
Regolamento del Consiglio che definisce una procedura comunitaria per la determinazione dei limiti massimi di residui di medicinali veterinari negli alimenti di origine animale

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(1) Pubblicato nella G.U.C.E. 18 agosto 1990, n. L 224. Entrato in vigore il 1° gennaio 1992.

 

 

(La normativa omessa può essere consultata presso il Servizio Studi – Dipartimento Agricoltura)

 

 


 

 

Dir. 91/414/CEE del 15 luglio 1991
Direttiva del Consiglio relativa all'immissione in commercio dei prodotti fitosanitari(art. 2)

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(1) Pubblicata nella G.U.C.E. 19 agosto 1991, n. L 230. Entrata in vigore il 26 luglio 1991.

(2) Termine di recepimento: 26 luglio 1993. Direttiva recepita con D.Lgs. 17 marzo 1995, n. 194, con D.M. 3 novembre 1998, con L. 3 febbraio 2003, n. 14 (legge comunitaria 2002) e con la L. 18 aprile 2005, n. 62 (legge comunitaria 2004). Si veda anche la circolare 3 settembre 1990, n. 20 (in Gazz. Uff. 15 agosto 1990, n. 216) e la L. 29 dicembre 2000, n. 422 (legge comunitaria 2000).


(omissis)

Definizioni

Articolo 2

Ai fini della presente direttiva si intende per:

1. Prodotti fitosanitari

Le sostanze attive e i preparati contenenti una o più sostanze attive, presentate nella forma in cui vengono consegnate all'utilizzatore e destinate a:

1.1. proteggere i vegetali o i prodotti vegetali da tutti gli organismi nocivi o a prevenirne gli effetti, ove tali sostanze o preparazioni non siano altrimenti definite nelle successive disposizioni;

1.2. influire sui processi vitali dei vegetali, senza peraltro fungere da fertilizzanti (ad esempio, i regolatori di crescita);

1.3. conservare i prodotti vegetali, sempreché tali sostanze o prodotti non siano disciplinati da disposizioni speciali del Consiglio o della Commissione in materia di conservanti;

1.4. eliminare le piante indesiderate o

1.5. eliminare parti di vegetali, frenare o evitare un indesiderato accrescimento di questi ultimi.

2. Residui di prodotti fitosanitari

Una o più sostanze presenti in o su vegetali o prodotti di origine vegetale, prodotti animali commestibili, o altrove nell'ambiente, e costituenti residui dell'impiego di un prodotto fitosanitario, compresi i loro metaboliti e i prodotti derivanti dalla degradazione o dalla reazione.

3. Sostanze

Gli elementi chimici ed i loro composti, allo stato naturale o sotto forma di prodotti industriali, inclusa qualsiasi impurità che deriva inevitabilmente dal procedimento di fabbricazione.

4. Sostanze attive

Le sostanze o i microrganismi, compresi i virus, aventi un'azione generale o specifica:

4.1. sugli organismi nocivi o

4.2. su vegetali, parti di vegetali o prodotti vegetali.

5. Preparati

Le miscele o le soluzioni composte da due o più sostanze, di cui almeno una sostanza attiva, destinate ad essere utilizzate come prodotti fitosanitari.

6. Vegetali

Piante vive o parti vive di piante, compresi frutti freschi e sementi.

7. Prodotti vegetali

Prodotti di origine vegetale non trasformati o sottoposti a trattamenti semplici quali la macinazione, l'essiccazione o la compressione, sempreché non si tratti di vegetali quali definiti al paragrafo 6.

8. Organismi nocivi

Parassiti dei vegetali o dei prodotti vegetali, appartenenti ai regni animale o vegetale, nonché i virus, i batteri, i micoplasmi o altri agenti patogeni.

9. Animali

Animali di specie normalmente alimentate e allevate o consumate dall'uomo.

10. Immissione in commercio

Qualsiasi consegna a terzi, sia a titolo oneroso sia a titolo gratuito, esclusa la consegna per il magazzinaggio e la successiva spedizione al di fuori del territorio della Comunità. L'importazione di un prodotto fitosanitario nel territorio della Comunità è considerata immissione in commercio ai sensi della presente direttiva.

11. Autorizzazione di un prodotto fitosanitario

Atto amministrativo mediante il quale l'autorità competente di uno Stato membro, a seguito di una domanda inoltrata da un richiedente, autorizza l'immissione in commercio di un prodotto fitosanitario nel suo territorio o in una parte di esso.

12. Ambiente

Acqua, aria, terra, specie della flora e fauna selvatiche e relative interrelazioni, nonché le relazioni tra tali elementi e gli organismi viventi.

13. Lotta integrata

L'applicazione razionale di un complesso di misure biologiche, biotecnologiche, chimiche, colturali o di selezione vegetale con cui si limita al minimo indispensabile l'impiego di prodotti fitosanitari chimici per mantenere i parassiti a livelli inferiori a quelli che provocano danni o perdite economicamente inaccettabili.

(omissis)

 


Reg. (CEE) 24 giugno 1991, n. 2092/91
Regolamento del Consiglio relativo al metodo di produzione biologico di prodotti agricoli e alla indicazione di tale metodo sui prodotti agricoli e sulle derrate alimentari


(1) Pubblicato nella G.U.C.E. 22 luglio 1991, n. L 198. Entrato in vigore il 22 luglio 1991.

(2)  Gli articoli 8 e 9 del presente regolamento sono stati recepiti con D.Lgs. 17 marzo 1995, n. 220.

(3)  Si vedano anche il regolamento (CEE) n. 94/92 ed il regolamento (CE) n. 1900/98.


Il Consiglio delle Comunità europee,

visto il trattato che istituisce la Comunità economica europea, in particolare l'articolo 43,

vista la proposta della Commissione,

visto il parere del Parlamento europeo,

visto il parere del Comitato economico e sociale,

considerando che i consumatori richiedono in misura sempre maggiore prodotti agricoli e derrate alimentari ottenuti con metodi biologici; che questo fenomeno sta quindi creando un nuovo mercato per i prodotti agricoli;

considerando che questi prodotti sono venduti sul mercato ad un prezzo più elevato, mentre il metodo di produzione richiede un impiego meno intensivo della terra; che tale metodo di produzione può quindi svolgere una funzione nel quadro del riorientamento della politica agricola comune per quanto attiene alla realizzazione di un migliore equilibrio tra l'offerta e la domanda di prodotti agricoli, la tutela dell'ambiente e la conservazione dello spazio rurale;

considerando che, in seguito alla crescente domanda, vengono immessi sul mercato prodotti agricoli e derrate alimentari recanti indicazioni che informano l'acquirente o lo inducono a ritenere che essi siano stati ottenuti con metodi biologici o senza l'impiego di prodotti chimici di sintesi;

considerando che alcuni Stati membri hanno già introdotto disposizioni regolamentari e controlli concernenti l'utilizzazione di tali indicazioni;

considerando che un quadro normativo comunitario in materia di produzione, di etichettatura e di controllo è necessario per la tutela della coltura biologica in quanto garantisce condizioni di concorrenza leale fra i produttori dei prodotti che recano tali indicazioni, oltre a contrastare una tendenza all'anonimato sul mercato dei prodotti biologici, assicurando la trasparenza a tutti i livelli della produzione e della preparazione e rendendo questi prodotti più credibili agli occhi dei consumatori;

considerando che il sistema di produzione biologico costituisce un metodo particolare di produzione al livello delle aziende agricole; che occorre pertanto disporre che sull'etichettatura dei prodotti trasformati le indicazioni concernenti il metodo di produzione biologico siano legate alle indicazioni relative agli ingredienti ottenuti mediante tale metodo di produzione;

considerando che per l'attuazione delle disposizioni prospettate è necessario istituire procedimenti flessibili che consentano di adeguare, di integrare o di definire talune modalità tecniche o determinate misure alla luce dell'esperienza acquisita; che il presente regolamento sarà completato entro un termine appropriato con disposizioni concernenti la produzione animale;

considerando che è necessario stabilire, nell'interesse dei produttori e degli acquirenti dei prodotti che recano indicazioni concernenti il metodo di produzione biologico, i princìpi minimi che devono essere soddisfatti affinché i prodotti possano essere presentati con tali indicazioni;

considerando che il metodo di produzione biologico implica restrizioni importanti per quanto concerne l'utilizzazione di fertilizzanti o antiparassitari che possono avere conseguenze nocive per l'ambiente o dare origine a residui nei prodotti agricoli; che quindi occorre rispettare le tecniche accettate nella Comunità al momento dell'adozione del presente regolamento secondo le prassi in essa vigenti in detto momento; che inoltre è opportuno, per il futuro, stabilire i princìpi che disciplinano l'autorizzazione di prodotti che possono essere utilizzati in questo tipo di agricoltura;

considerando inoltre che l'agricoltura biologica fa ricorso a tecniche colturali di vario tipo ed all'apporto limitato di concimi e di ammendamenti di origine non chimica e poco solubili; che occorre definire in modo preciso tali tecniche e stabilire le condizioni di impiego di taluni prodotti non chimici di sintesi;

considerando che le procedure previste permettono di completare, ove necessario, l'allegato I con disposizioni più specifiche intese ad evitare la presenza di taluni residui di prodotti chimici di sintesi provenienti da fonti diverse dall'agricoltura (inquinamento ambientale) nei prodotti ottenuti con metodi biologici;

considerando che il controllo sull'osservanza delle norme di produzione richiede, in linea di massima, controlli in tutte le fasi della produzione e della commercializzazione;

considerando che tutti gli operatori che producono, preparano, importano o commercializzano prodotti recanti indicazioni sul metodo di produzione biologico devono essere assoggettati ad un regime di controllo regolare, conforme ai requisiti minimi comunitari e effettuato da istanze all'uopo designate e/o da organismi riconosciuti e controllati; che è opportuno che un'indicazione comunitaria di controllo possa figurare sull'etichetta dei prodotti sottoposti a questo regime di controllo,

ha adottato il presente regolamento:


 


Campo di applicazione

Articolo 1 (4)

1. Il presente regolamento si applica ai prodotti sotto indicati, nella misura in cui rechino o siano destinati a recare indicazioni concernenti il metodo di produzione biologico:

a) i prodotti agricoli vegetali non trasformati; anche gli animali e i prodotti animali non trasformati, nella misura in cui i principi che regolano la produzione e le norme specifiche di controllo applicabili figurino negli allegati I e III;

b) i prodotti agricoli vegetali e animali trasformati destinati all'alimentazione umana composti essenzialmente di uno o più ingredienti di origine vegetale e/o animale;

c) i mangimi, i mangimi composti per animali e le materie prime per mangimi, non contemplati dalla lettera a) con effetto dall'entrata in vigore del regolamento della Commissione di cui al paragrafo 3.

2. In deroga al paragrafo 1, qualora l'allegato I non fissi norme dettagliate di produzione per talune specie animali, si applicano le norme in materia di etichettatura e di controllo previste rispettivamente all'articolo 5 e agli articoli 8 e 9 per tali specie e i relativi prodotti, ad eccezione dell'acquacoltura e dei prodotti dell'acquacoltura. In attesa dell'inserimento di norme dettagliate di produzione si applicano norme nazionali o, in mancanza di queste, norme private, accettate o riconosciute dagli Stati membri.

3. Entro il 24 agosto 2001, la Commissione presenta, conformemente alla procedura di cui all'articolo 14, una proposta di regolamento sui requisiti in materia di etichettatura e di controllo e le misure cautelative per i prodotti menzionati al paragrafo 1, lettera c) , purché tali requisiti si riferiscano al metodo di produzione biologico.

In attesa dell'adozione del regolamento di cui al primo comma, ai prodotti di cui al paragrafo 1, lettera c) si applicano norme nazionali in conformità della legislazione comunitaria o, in mancanza di queste, norme private accettate o riconosciute dagli Stati membri.


(4)  Articolo inizialmente modificato dall'articolo 1 del regolamento (CE) n. 1935/95 e successivamente così sostituito dall'articolo 1 del regolamento (CE) n. 1804/1999.

 


(giurisprudenza)

Articolo 2 (5)

Ai fini del presente regolamento si considera che un prodotto reca indicazioni concernenti il metodo di produzione biologico quando, nell'etichettatura, nella pubblicità o nei documenti commerciali, il prodotto stesso, i suoi ingredienti o le materie prime per mangimi sono descritti con termini che suggeriscono all'acquirente che il prodotto, i suoi ingredienti o le materie prime per mangimi sono stati ottenuti conformemente alle norme di produzione di cui all'articolo 6. In particolare, i termini in appresso o i corrispondenti termini derivati (come bio, eco, ecc.) o diminutivi in uso, soli o combinati, sono considerati indicazioni concernenti il metodo di produzione biologico in tutta la Comunità e in ogni sua lingua, salvo che essi non si applichino ai prodotti agricoli contenuti nelle derrate alimentari o nei mangimi o non abbiano in modo evidente alcun rapporto con tale metodo di produzione:

- in italiano: biologico (6),


(5)  Articolo inizialmente modificato dall'allegato I al trattato di adesione del Regno di Norvegia, della Repubblica d'Austria, della Repubblica di Finlandia e del Regno di Svezia all'Unione europea, nella versione adattata dalla decisione 95/1/CE in seguito alla mancata adesione del Regno di Norvegia, successivamente dall'articolo 1 del regolamento (CE) n. 1935/95, dall'articolo 1 del regolamento (CE) n. 1804/1999 e, da ultimo, così sostituito dall'articolo 1 del regolamento (CE) n. 392/2004 e modificato, nelle parti omesse, dall'allegato II dell'atto di adesione 16 aprile 2003.

(6)  Si riportano soltanto i termini in lingua italiana.

 


Articolo 3 (7)

Il presente regolamento si applica, fatte salve le altre disposizioni comunitarie o nazionali, in conformità del diritto comunitario riguardante i prodotti specificati all'articolo 1, quali le disposizioni che disciplinano la produzione, la preparazione, la commercializzazione, l'etichettatura e il controllo, compresa la normativa in materia di prodotti alimentari e di alimentazione degli animali.


(7)  Articolo così sostituito dall'articolo 1 del regolamento (CE) n. 1804/1999.

 


Definizioni

Articolo 4

Ai fini del presente regolamento, si intende per:

1) "etichettatura": le diciture, le indicazioni, i marchi di fabbrica o di commercio, le immagini o i simboli presenti su imballaggi, documenti, cartoncini, etichette, nastri e fascette che accompagnano o concernono i prodotti di cui all'articolo 1;

2) "produzione": le operazioni effettuate in un'azienda agricola volte alla produzione, all'imballaggio e alla prima etichettatura, quali prodotti ottenuti con metodo biologico, di prodotti agricoli ottenuti in tale azienda (8);

3) "preparazione": le operazioni di conservazione e/o di trasformazione di prodotti agricoli (compresa la macellazione e il sezionamento per i prodotti animali) nonché il condizionamento e/o modifiche apportate all'etichettatura relativamente alla presentazione del metodo di produzione biologico apportate all'etichettatura dei prodotti freschi, conservati e/o trasformati (9);

4) "commercializzazione": la detenzione o l'esposizione a scopo di vendita, la messa in vendita, la vendita, la consegna o qualsiasi altro modo di immissione in commercio;

5) "operatore": la persona fisica o giuridica che produce, prepara o importa da Paesi terzi i prodotti di cui all'articolo 1 ai fini della loro commercializzazione, o che commercializza tali prodotti;

6) "ingredienti": le sostanze (compresi gli additivi) usate per la preparazione dei prodotti di cui all'articolo 1, paragrafo 1, lettera b), definiti all'articolo 6, paragrafo 4, della direttiva 79/112/CEE relativa al ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri concernenti l'etichettatura e la presentazione dei prodotti alimentari destinati al consumatore finale, nonché la relativa pubblicità (10);

7) "prodotti fitosanitari": i prodotti definiti nell'articolo 2, punto 1, della direttiva 79/117/CEE del Consiglio, del 21 dicembre 1978, relativa al divieto di immettere in commercio e impiegare prodotti fitosanitari contenenti determinate sostanze attive, modificata da ultimo dalla direttiva 89/365/CEE;

8) "detergenti": le sostanze e i preparati ai sensi della direttiva 73/404/CEE del Consiglio, del 22 novembre 1973, concernente il ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri relative ai detergenti, modificata da ultimo dalla direttiva 86/94/CEE, destinati alla pulitura di taluni prodotti contemplati dall'articolo 1, paragrafo 1, lettera a);

9) "prodotto alimentare in imballaggio preconfezionato": ogni singolo prodotto quale definito all'articolo 1, paragrafo 3, lettera b), della direttiva 79/112/CEE (11);

10) "elenco degli ingredienti": l'elenco degli ingredienti di cui all'articolo 6 della direttiva 79/112/CEE (12).

11) "produzioni animali": le produzioni di animali terrestri, domestici o addomesticati (inclusi gli insetti) e di specie acquatiche allevate in acqua dolce, salata o salmastra. I prodotti della caccia e della pesca di animali selvatici non sono considerati come provenienti da produzioni biologiche (13);

12) "organismo geneticamente modificato (OGM)": qualsiasi organismo cui si applica la definizione di cui all'articolo 2 della direttiva 90/220/CEE del Consiglio, del 23 aprile 1990, sull'emissione deliberata nell'ambiente di organismi geneticamente modificati (14);

13) "derivato di OGM": una sostanza prodotta con/o a partire da OGM, ma che non ne contiene (15);

14) "uso di OGM e di derivati di OGM": il loro uso quali prodotti alimentari, ingredienti alimentari (compresi gli additivi e gli aromatizzanti), coadiuvanti tecnologici (compresi i solventi di estrazione), alimenti, mangimi composti, materie prime per mangimi, additivi per mangimi, coadiuvanti tecnologici per mangimi, taluni prodotti utilizzati nell'alimentazione per gli animali di cui alla direttiva 82/471/CEE, prodotti fitosanitari, prodotti medicinali veterinari, concimi, ammendanti del terreno, sementi, materiale di moltiplicazione vegetale e animale (16);

15) "medicinali veterinari": i prodotti cui si applica la definizione di cui all'articolo 1, paragrafo 1, della direttiva 65/65/CEE del Consiglio, del 26 gennaio 1965, per il ravvicinamento delle disposizioni legislative, regolamentari ed amministrative relative alle specialità medicinali (17);

16) "medicinali omeopatici veterinari": i prodotti definiti all'articolo 1, paragrafo 1, della direttiva 92/74/CEE del Consiglio, del 22 settembre 1992, che amplia il campo d'applicazione della direttiva 81/851/CEE concernente il ravvicinamento delle disposizioni legislative, regolamentari ed amministrative relative ai medicinali veterinari e che fissa disposizioni complementari per i medicinali omeopatici veterinari (18);

17) "mangimi": i prodotti definiti all'articolo 2, lettera a), della direttiva 79/373/CEE del Consiglio, del 2 aprile 1979 relativa alla commercializzazione dei mangimi composti per animali (19);

18) "materie prime per mangimi": i prodotti definiti all'articolo 2, lettera a), della direttiva 96/25/CE del Consiglio, del 29 aprile 1996, relativa alla circolazione delle materie prime per alimenti degli animali, che modifica le direttive 70/524/CEE, 74/63/CEE, 82/471/CEE e 93/74/CEE e abroga la direttiva 77/101/CEE) (20);

19) "mangimi composti per animali": i prodotti definiti all'articolo 2, lettera b), della direttiva 79/373/CEE del Consiglio, del 2 aprile 1979, relativa alla commercializzazione dei mangimi composti per animali (21);

20) "additivi per mangimi": i prodotti definiti all'articolo 2, lettera a), della direttiva 70/524/CEE, del Consiglio, del 23 novembre 1970, relativa agli additivi nell'alimentazione degli animali (22);

21) "taluni prodotti impiegati nell'alimentazione degli animali": prodotti nutrizionali ai sensi della direttiva 82/4717CEE del Consiglio, del 30 giugno 1982, relativa a taluni prodotti impiegati nell'alimentazione degli animali (23);

22) "unità/azienda/azienda di allevamento con metodo di produzione biologico": l'unità o l'azienda o l'azienda di allevamento conforme alle norme del presente regolamento (24);

23) "mangimi/materie prime per mangimi ottenuti con metodo di produzione biologico": i mangimi/le materie prime per mangimi prodotti conformemente alle norme di produzione di cui all'articolo 6 (25);

24) "mangimi/materie prime per mangimi di conversione": i mangimi/le materie prime per mangimi che rispondono alle norme di produzione di cui all'articolo 6, eccetto per il periodo di conversione in cui dette norme si applicano per almeno un anno prima della raccolta (26);

25) "mangimi/materie prime per mangimi convenzionali": i mangimi/le materie prime per mangimi che non rientrano nelle categorie di cui ai punti 23 e 24 (27).


(8)  Punto 2) così sostituito dall'articolo 1 del regolamento (CE) n. 1935/95.

(9)  Definizione inizialmente modificata dall'articolo 1 del regolamento (CE) n. 1935/95 e successivamente così sostituita dall'articolo 1 del regolamento (CE) n. 1804/1999.

(10)  Punto 6) così sostituito dall'articolo 1 del regolamento (CE) n. 1935/95.

(11)  Numero aggiunto dall'articolo 1 del regolamento (CE) n. 1935/95.

(12)  Numero aggiunto dall'articolo 1 del regolamento (CE) n. 1935/95.

(13)  Definizione aggiunta dall'articolo 1 del regolamento (CE) n. 1804/1999.

(14)  Definizione aggiunta dall'articolo 1 del regolamento (CE) n. 1804/1999.

(15)  Definizione aggiunta dall'articolo 1 del regolamento (CE) n. 1804/1999.

(16)  Definizione aggiunta dall'articolo 1 del regolamento (CE) n. 1804/1999.

(17)  Definizione aggiunta dall'articolo 1 del regolamento (CE) n. 1804/1999.

(18)  Definizione aggiunta dall'articolo 1 del regolamento (CE) n. 1804/1999.

(19)  Definizione aggiunta dall'articolo 1 del regolamento (CE) n. 1804/1999.

(20)  Definizione aggiunta dall'articolo 1 del regolamento (CE) n. 1804/1999.

(21)  Definizione aggiunta dall'articolo 1 del regolamento (CE) n. 1804/1999.

(22)  Definizione aggiunta dall'articolo 1 del regolamento (CE) n. 1804/1999.

(23)  Definizione aggiunta dall'articolo 1 del regolamento (CE) n. 1804/1999.

(24)  Definizione aggiunta dall'articolo 1 del regolamento (CE) n. 1804/1999.

(25)  Definizione aggiunta dall'articolo 1 del regolamento (CE) n. 1804/1999.

(26)  Definizione aggiunta dall'articolo 1 del regolamento (CE) n. 1804/1999.

(27)  Definizione aggiunta dall'articolo 1 del regolamento (CE) n. 1804/1999.

 


Etichettatura

Articolo 5 (28)

1. Nell'etichettatura o nella pubblicità dei prodotti di cui all'articolo 1, paragrafo 1, lettera a), si può fare riferimento al metodo di produzione biologico unicamente se:

a) le indicazioni in questione evidenziano che si tratta di un metodo di produzione agricolo;

b) il prodotto è stato ottenuto secondo le norme di cui all'articolo 6 o è stato importato da Paesi terzi nell'ambito del regime di cui all'articolo 11 (29);

c) il prodotto è stato ottenuto o importato da un operatore assoggettato alle misure di controllo di cui agli articoli 8 e 9;

d) per i prodotti preparati dopo il 1° gennaio 1997, l'etichettatura reca menzione del nome e/o del numero di codice dell'autorità o dell'organismo di controllo cui il produttore è assoggettato. La scelta della menzione del nome e/o del numero di codice spetta allo Stato membro che notifica la sua decisione alla Commissione (30).

2. ... (31).

3. Nell'etichettatura e nella pubblicità di un prodotto di cui all'articolo 1, paragrafo 1, lettera b), possono essere riportate, nella descrizione del prodotto, indicazioni relative ai metodi di produzione biologica unicamente se:

a) almeno il 95% degli ingredienti di origine agricola del prodotto è o proviene da prodotti ottenuti secondo le norme di cui all'articolo 6 o importati da Paesi terzi secondo le modalità specificate all'articolo 11;

b) tutti gli altri ingredienti di origine agricola del prodotto sono indicati nell'allegato VI, parte C, o sono stati provvisoriamente autorizzati da uno Stato membro conformemente a misure d'applicazione adottate se del caso ai sensi del paragrafo 7;

c) il prodotto contiene solo sostanze elencate nell'allegato VI, parte A, come ingredienti di origine non agricola;

d) il prodotto o i suoi ingredienti di origine agricola di cui alla lettera a) non sono stati sottoposti a trattamenti comportanti l'utilizzazione di sostanze non elencate nell'allegato VI, parte B;

e) il prodotto o i suoi ingredienti non sono stati sottoposti a trattamenti comportanti radiazioni ionizzanti;

f) il prodotto è stato preparato o importato da un operatore assoggettato alle misure di controllo di cui agli articoli 8 e 9;

g) per i prodotti preparati dopo il 1° gennaio 1997, l'etichettatura comporta la menzione del nome e/o del numero di codice dell'autorità o dell'organismo di controllo cui è assoggettato l'operatore che ha effettuato l'ultima operazione di preparazione. La scelta della menzione del nome e/o del numero di codice spetta allo Stato membro che notifica la sua decisione alla Commissione;

h) il prodotto è stato ottenuto senza l'impiego di organismi geneticamente modificati e/o prodotti derivati da tali organismi (32).

Le indicazioni concernenti i metodi di produzione biologica devono specificare chiaramente che esse riguardano un metodo di produzione agricola e devono essere corredate di un riferimento agli ingredienti di origine agricola in questione, a meno che tale riferimento venga indicato chiaramente nell'elenco degli ingredienti (33).

3 bis. In deroga ai paragrafi da 1 a 3, i marchi che portano un'indicazione di cui all'articolo 2 possono continuare ad essere utilizzati fino al 1° luglio 2006 per l'etichettatura e la pubblicità di prodotti che non soddisfano il presente regolamento, a condizione che:

- la domanda di registrazione del marchio sia stata presentata prima del 22 luglio 1991 - salvo l'applicazione del secondo comma - e sia conforme alla prima direttiva 89/104/CEE del Consiglio, del 21 dicembre 1988, sul ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri in materia di marchi d'impresa, e

- il marchio sia sempre riprodotto con un'indicazione chiara, evidente e facilmente leggibile che i prodotti non sono conformi al metodo di produzione biologico prescritto dal presente regolamento.

La data di applicazione di cui al primo trattino del primo comma è, per la Finlandia, l'Austria e la Svezia, il 1° gennaio 1995 e, per la Repubblica ceca, l'Estonia, Cipro, la Lettonia, la Lituania, l'Ungheria, Malta, la Polonia, la Slovenia e la Slovacchia, il 1° maggio 2004 (34).

4. Nell'allegato VI, parte C, possono essere inclusi ingredienti di origine agricola solo se sia stato dimostrato che si tratta di ingredienti di origine agricola e che non sono prodotti in quantità sufficiente nelle Comunità secondo le norme di cui all'articolo 6, o che non possono essere importati da Paesi terzi conformemente alle norme di cui all'articolo 11 (35).

5. I prodotti agricoli etichettati o pubblicizzati in conformità del paragrafo 1 o 3 possono recare indicazioni concernenti la conversione all'agricoltura biologica purché (36):

a) siano pienamente soddisfatti i requisiti previsti rispettivamente al paragrafo 1 o al paragrafo 3, eccettuato il requisito relativo alla durata del periodo di conversione di cui all'allegato I, punto 1;

b) prima del raccolto sia trascorso un periodo di conversione di almeno dodici mesi;

c) le indicazioni in questione non traggano in errore l'acquirente sulla diversa natura del prodotto rispetto ai prodotti conformi a tutti i requisiti di cui ai paragrafi 1 o 3; dopo il 1° gennaio 1996, tali indicazioni devono consistere nelle parole "prodotto in conversione all'agricoltura biologica" e devono essere presentate con colore, dimensione e tipo di caratteri che non abbiano più risalto di quelli della denominazione di vendita del prodotto; in tale indicazione le parole "agricoltura biologica" non abbiano più risalto delle parole "prodotto in conversione";

d) il prodotto contenga solo un ingrediente vegetale di origine agricola (37);

e) per i prodotti preparati dopo il 1° gennaio 1997, l'etichettatura comporti la menzione del nome e/o del numero di codice dell'autorità o dell'organismo di controllo cui è assoggettato l'operatore che ha effettuato l'ultima operazione di produzione o di preparazione. La scelta della menzione del nome e/o del numero di codice spetta allo Stato membro che notifica la sua decisione alla Commissione (38);

f) il prodotto sia stato ottenuto senza l'impiego di organismi geneticamente modificati e/o prodotti derivati da tali organismi (39).

5 bis. Fatte salve le disposizioni di cui al paragrafo 3, nell'etichettatura e nella pubblicità di un prodotto di cui all'articolo 1, paragrafo 1, lettera b), possono essere riportate indicazioni riguardanti i metodi di produzione biologici solo a condizione che:

a) almeno il 70% degli ingredienti di origine agricola sia o provenga da prodotti ottenuti secondo le norme di cui all'articolo 6 o importati da Paesi terzi conformemente alle modalità di cui all'articolo 11;

b) tutti gli altri ingredienti di origine agricola del prodotto siano inclusi nell'allegato VI, parte C, o siano stati provvisoriamente autorizzati da uno Stato membro conformemente a misure di esecuzione adottate se del caso ai sensi del paragrafo 7;

c) le indicazioni concernenti il metodo di produzione biologico compaiano nell'elenco degli ingredienti e in chiaro rapporto soltanto con gli ingredienti ottenuti secondo le norme dell'articolo 6 o importati da Paesi terzi conformemente alle modalità di cui all'articolo 11; esse figurino con lo stesso colore e con le stesse dimensioni e stesso tipo di caratteri delle altre indicazioni nell'elenco degli ingredienti. Queste indicazioni devono inoltre figurare in una frase distinta nello stesso campo visivo della descrizione del prodotto in cui sia indicata la percentuale di ingredienti di origine agricola o derivati di ingredienti di origine agricola ottenuti secondo le norme di cui all'articolo 6 o importati da Paesi terzi conformemente alle modalità di cui all'articolo 11. Tale frase non può essere presentata con colore, formato o caratteri che le diano maggior risalto rispetto alla descrizione del prodotto; la frase sarà così redatta: "x% degli ingredienti di origine agricola è stato ottenuto conformemente alle norme della produzione biologica";

d) il prodotto contenga soltanto sostanze elencate nell'allegato VI, parte A, quali ingredienti di origine non agricola;

e) il prodotto o i suoi ingredienti di origine agricola di cui alla lettera a) non siano stati sottoposti a trattamenti comportanti l'utilizzazione di sostanze non elencate nell'allegato VI, parte B;

f) il prodotto o i suoi ingredienti non siano stati sottoposti a trattamenti comportanti l'utilizzazione di radiazioni ionizzanti;

g) il prodotto sia stato preparato o importato da un operatore assoggettato alle misure di controllo di cui agli articoli 8 e 9;

h) per i prodotti preparati dopo il 1° gennaio 1997, l'etichettatura comporti la menzione del nome e/o del numero di codice dell'autorità o dell'organismo di controllo al quale l'operatore che ha effettuato l'ultima operazione di preparazione è assoggettato. La scelta della menzione del nome e/o del numero di codice spetta allo Stato membro che notifica la sua decisione alla Commissione (40);

i) il prodotto sia stato ottenuto senza l'impiego di organismi geneticamente modificati e/o prodotti derivati da tali organismi (41).

6. Nel corso di un periodo transitorio con scadenza 31 dicembre 1997, nell'etichettatura e nelle pubblicità di un prodotto di cui all'articolo 1, paragrafo 1, lettera b), preparato in parte con ingredienti non conformi ai requisiti di cui al paragrafo 3, lettera a), si può fare riferimento al metodo di produzione biologico solo a condizione che:

a) almeno il 50% degli ingredienti di origine agricola sia conforme ai requisiti di cui al paragrafo 3, lettera a);

b) i prodotti siano conformi ai requisiti indicati nel paragrafo 3, lettere c), d), e) ed f);

c) le indicazioni concernenti i metodi di produzione biologici:

- figurino solo nell'elenco degli ingredienti quale previsto dalla direttiva 79/112/CEE, modificata da ultimo dalla direttiva 89/395/CEE;

- si riferiscano chiaramente solo agli ingredienti ottenuti conformemente alle norme definite all'articolo 6, o importati conformemente alle modalità di cui all'articolo 11;

d) gli ingredienti e i rispettivi contenuti figurino nell'elenco degli ingredienti in ordine decrescente di peso;

e) le indicazioni nell'elenco degli ingredienti abbiano colore, formato e caratteri identici (42).

7. Si possono definire le modalità dettagliate di applicazione delle disposizioni del presente articolo secondo la procedura dell'articolo 14.

8. Sono stabiliti nell'allegato VI, parti A, B e C, secondo la procedura di cui all'articolo 14 elenchi limitativi delle sostanze e dei prodotti di cui ai paragrafi 3, lettere b), c) e d), e 5-bis, lettere b), d) ed e) (43).

Possono essere precisati le modalità d'uso e i requisiti della composizione di questi ingredienti e di queste sostanze.

Se uno Stato membro ritiene che un prodotto dovrebbe essere aggiunto ai suddetti elenchi o che occorrerebbe modificare detti elenchi, esso fa in modo che un fascicolo contenente la motivazione dell'aggiunta o delle modifiche sia trasmesso ufficialmente agli altri Stati membri e alla Commissione che lo presenta al Comitato di cui all'articolo 14.

9. Per il calcolo delle percentuali di cui ai paragrafi 3 e 6 si applicano le modalità previste agli articoli 6 e 7 della direttiva 79/112/CEE (44).

10. In un prodotto di cui all'articolo 1, paragrafo 1, lettere a) e b), un ingrediente ottenuto secondo le norme di cui all'articolo 6 non deve essere presente unitamente allo stesso ingrediente non ottenuto secondo tali norme (45).

11. Anteriormente al 1° luglio 1999, la Commissione riesamina le disposizioni del presente articolo 10 e presenta le eventuali opportune proposte di modificazione (46).


(28)  Le norme dettate dal presente articolo sono applicabili a decorrere dal 1° gennaio 1993, secondo quanto disposto dall'articolo 1 del regolamento (CEE) n. 2083/92.

(29)  Lettera così modificata dall'articolo 1 del regolamento (CE) n. 1935/95.

(30)  Lettera aggiunta dall'articolo 1 del regolamento (CE) n. 1935/95.

(31)  Paragrafo soppresso dall'articolo 1 del regolamento (CE) n. 1935/95.

(32)  Lettera aggiunta dall'articolo 1 del regolamento (CE) n. 1804/1999.

(33)  Paragrafo così sostituito dall'articolo 1 del regolamento (CE) n. 1935/95.

(34)  Paragrafo aggiunto dall'articolo 1 del regolamento (CE) n. 1804/1999 e così sostituito dall'allegato II dell'atto di adesione 16 aprile 2003.

(35)  Paragrafo così sostituito dall'articolo 1 del regolamento (CE) n. 1935/95.

(36)  Frase introduttiva così modificata dall'articolo 1 del regolamento (CE) n. 1804/1999.

(37)  Lettera così sostituita dall'articolo 1 del regolamento (CE) n. 1804/1999.

(38)  Paragrafo inizialmente modificato dall'articolo 1 del regolamento (CE) n. 1468/94 e, successivamente così sostituito dall'articolo 1 del regolamento (CE) n. 1935/95.

(39)  Lettera aggiunta dall'articolo 1 del regolamento (CE) n. 1804/1999.

(40)  Paragrafo aggiunto dall'articolo 1 del regolamento (CE) n. 1935/95.

(41)  Lettera aggiunta dall'articolo 1 del regolamento (CE) n. 1804/1999.

(42)  Paragrafo così sostituito dall'articolo 1 del regolamento (CE) n. 1935/95.

(43)  Comma così modificato dall'articolo 1 del regolamento (CE) n. 1935/95.

(44)  Paragrafo dapprima modificato dall'articolo 1 del regolamento (CEE) n. 2083/92 e successivamente così sostituito dall'articolo 1 del regolamento (CE) n. 1935/95.

(45)  Paragrafo aggiunto dall'articolo 1 del regolamento (CE) n. 1935/95 e successivamente così sostituito dall'articolo 1 del regolamento (CE) n. 1804/1999.

(46)  Paragrafo aggiunto dall'articolo 1 del regolamento (CE) n. 1935/95.

 


Norme di produzione

Articolo 6 (47)

1. Il metodo di produzione biologico implica che per la produzione dei prodotti di cui all'articolo 1, paragrafo 1, lettera a) diversi dalle sementi e dai materiali di moltiplicazione vegetativa:

a) devono essere osservate almeno le disposizioni dell'allegato I e, se del caso, le relative modalità di applicazione;

b) soltanto i prodotti costituiti dalle sostanze menzionate nell'allegato I o elencate nell'allegato II possono essere utilizzati come prodotti fitosanitari, concimi, ammendanti del terreno, mangimi, materie prime per mangimi, mangimi composti, additivi per mangimi, le sostanze impiegate nell'alimentazione degli animali di cui alla direttiva 82/471/CEE, prodotti per la pulizia e la disinfezione dei locali di stabulazione e degli impianti, prodotti per la lotta contro organismi nocivi o malattie nei locali di stabulazione e negli impianti o per qualsiasi altro scopo specificato nell'allegato II per taluni prodotti. Possono essere utilizzati solo alle condizioni specifiche stabilite negli allegati I e II nella misura in cui la corrispondente utilizzazione è autorizzata nell'agricoltura generale dello Stato membro in questione in virtù delle pertinenti disposizioni comunitarie o delle disposizioni nazionali in conformità della normativa comunitaria;

c) sono utilizzati soltanto sementi o materiali di moltiplicazione vegetativa prodotti con il metodo biologico di cui al paragrafo 2;

d) non devono essere utilizzati organismi geneticamente modificati e/o prodotti derivati da tali organismi, ad eccezione dei medicinali veterinari (48).

2. Per le sementi e i materiali di riproduzione vegetativa, il metodo di produzione biologico implica che la pianta porta-seme per le sementi e la/le piante/e porta-marze per i materiali di riproduzione vegetativa sono stati ottenuti:

a) senza l'impiego di organismi geneticamente modificati e/o prodotti derivati da tali organismi e

b) conformemente al paragrafo 1, lettere a) e b), per almeno una generazione o, in caso di colture perenni, per almeno due cicli colturali (49).

3. a) In deroga al paragrafo 1, lettera c), le sementi e i materiali di riproduzione vegetativa non ottenuti conformemente al metodo di produzione biologico possono essere utilizzati, durante un periodo transitorio che termina il 31 dicembre 2003 (50) e su autorizzazione dell'autorità competente dello Stato membro, se l'utilizzatore di tale materiale di riproduzione può dimostrare in modo soddisfacente all'organismo o all'autorità di controllo dello Stato membro che non gli era possibile procurarsi sul mercato comunitario materiale di riproduzione di una varietà appropriata della specie in questione che soddisfacesse i requisiti di cui al paragrafo 2. In tal caso deve essere utilizzato, se reperibile sul mercato, materiale di riproduzione non trattato con prodotti non inclusi nell'allegato II, parte B. Gli Stati membri informano gli altri Stati membri e la Commissione in merito alle autorizzazioni concesse in conformità del presente paragrafo (51).

b) In conformità della procedura di cui all'articolo 14 possono essere decisi:

- l'introduzione, entro il 31 dicembre 2003 (52), di restrizioni della misura transitoria di cui alla lettera a) per quanto concerne talune specie e/o tipi di materiali di riproduzione e/o l'assenza di trattamento chimico;

- il mantenimento, dopo il 31 dicembre 2000, della deroga di cui alla lettera a) per quanto concerne talune specie e/o tipi di materiali di riproduzione e relativamente all'intera Comunità o ad alcune sue parti;

- l'introduzione di criteri e norme procedurali circa la deroga di cui alla lettera a) e le relative informazioni comunicate ai settori economici interessati, agli altri Stati membri e alla Commissione.

4. Entro il 31 dicembre 2002 (53) la Commissione riesamina le disposizioni del presente articolo, in particolare del paragrafo 1, lettera c), e del paragrafo 2, presentando, ove necessario, le opportune proposte di revisione.


(47)  Articolo così sostituito dall'articolo 1 del regolamento (CE) n. 1935/95.

(48)  Paragrafo così sostituito dall'articolo 1 del regolamento (CE) n. 1804/1999.

(49)  Paragrafo così sostituito dall'articolo 1 del regolamento (CE) n. 1804/1999.

(50)  Data così sostituita dall'articolo 1 del regolamento (CE) n. 1804/1999.

(51)  Per il mantenimento della deroga di cui alla presente lettera e i criteri della sua applicazione, vedi il regolamento (CE) n. 1452/2003.

(52)  Data così sostituita dall'articolo 1 del regolamento (CE) n. 1804/1999.

(53)  Data così sostituita dall'articolo 1 del regolamento (CE) n. 1804/1999.

 


Articolo 6-bis (54)

1. Ai fini del presente articolo, per "piante" si intendono le piante intere destinate ad essere piantate per la produzione di vegetali.

2. Il metodo di produzione biologico implica che, allorché i produttori utilizzano delle piante, queste ultime devono essere state prodotte conformemente all'articolo 6.

3. In deroga al paragrafo 2, le piante non ottenute secondo il metodo di produzione biologico possono essere utilizzate durante un periodo transitorio che scade il 31 dicembre 1997 purché siano soddisfatte le seguenti condizioni:

a) l'autorità competente dello Stato membro ne ha autorizzato l'impiego dopo che l'utilizzatore di tale materiale ha dimostrato in modo soddisfacente all'organismo o all'autorità di controllo dello Stato membro che non gli era possibile procurarsi sul mercato comunitario una varietà appropriata della specie in questione;

b) le piante sono state trattate, dopo la semina, unicamente con prodotti elencati nell'allegato II, parti A e B;

c) le piante provengono da un produttore che ha accettato un sistema di controllo equivalente al regime di cui all'articolo 9 e che ha accettato di applicare la restrizione di cui alla lettera b); tale disposizione entra in vigore il 1° gennaio 1996;

d) dopo essere state piantate, le piante sono state coltivate conformemente alle disposizioni dell'articolo 6, paragrafo 1, lettere a) e b), durante un periodo minimo di sei settimane prima del raccolto;

e) l'etichettatura di qualsiasi prodotto contenente ingredienti provenienti da siffatte piante non menziona l'indicazione di cui all'articolo 10;

f) fatte salve le restrizioni risultanti dalla procedura di cui al paragrafo 4, le autorizzazioni concesse in virtù del presente paragrafo sono ritirate non appena cessi la carenza e scadono al più tardi il 31 dicembre 1997.

4. a) Lo Stato membro che concede un'autorizzazione in forza del paragrafo 3, notifica immediatamente agli altri Stati membri ed alla Commissione:

- la data dell'autorizzazione

- il nome della varietà e della specie in questione

- le quantità necessarie con relative pezze giustificative

- il periodo di carenza

- qualsiasi altra informazione chiesta dalla Commissione o dagli Stati membri.

b) Qualora da informazioni comunicate da uno Stato membro alla Commissione e allo Stato membro che ha concesso l'autorizzazione risulti che durante il periodo di carenza è possibile rifornirsi di una varietà appropriata, lo Stato membro interessato valuta se revocare l'autorizzazione o ridurne il periodo di validità ed informa la Commissione e gli altri Stati membri sulle misure prese entro dieci giorni dalla data di ricezione di dette informazioni.

c) Su richiesta di uno Stato membro o su iniziativa della Commissione, la questione è sottoposta all'esame del comitato di cui all'articolo 14. Può essere deciso, conformemente alla procedura specificata nel suddetto articolo, che l'autorizzazione sia revocata o che il suo periodo di validità sia modificato.


(54)  Articolo aggiunto dall'articolo 1 del regolamento (CE) n. 1935/95.

 


Articolo 7

1. Prodotti che non erano autorizzati alla data di adozione del presente regolamento per un'utilizzazione di cui all'articolo 6, paragrafo 1, lettera b), possono essere inclusi nell'allegato II se sono soddisfatte le condizioni seguenti (55):

a) quando sono utilizzati per la lotta contro organismi nocivi o malattie dei vegetali oppure per la pulizia e la disinfezione dei locali di stabulazione e degli impianti:

- quando sono essenziali per la lotta contro un organismo nocivo o una particolare malattia, per i quali non sono disponibili altre alternative biologiche, colturali, fisiche o relative alla selezione dei vegetali; e

- le condizioni della loro utilizzazione escludono qualsiasi contatto diretto con le sementi, i vegetali o i prodotti vegetali e con gli animali e i prodotti animali; tuttavia, nel caso di vegetali vivaci, il contatto diretto può aver luogo, ma soltanto al di fuori della stagione di crescita delle parti commestibili (frutti) fintantoché l'applicazione del prodotto non induce indirettamente la presenza di residui del prodotto nelle parti commestibili; e

- la loro utilizzazione non produce effetti inaccettabili per l'ambiente o non contribuisce a contaminarlo (56);

b) quando sono utilizzati per la concimazione o il trattamento del terreno:

- sono essenziali per esigenze nutritive specifiche dei vegetali, ovvero per obiettivi specifici in materia di trattamento del terreno, che non possono essere soddisfatti con le tecniche di cui all'allegato I, e

- la loro utilizzazione non produce effetti inaccettabili per l'ambiente e non contribuisce a contaminarlo.

1 bis. Le condizioni previste al paragrafo 1 non si applicano ai prodotti che prima dell'adozione del presente regolamento erano di uso corrente secondo le prassi di agricoltura biologica seguite nella Comunità (57).

1 ter. Per le sostanze minerali e gli oligoelementi impiegati nell'alimentazione degli animali, nell'allegato II possono essere inserite altre fonti di tali prodotti, purché essi siano di origine naturale o, altrimenti, di sintesi, nella stessa forma dei prodotti naturali (58).

2. Se del caso, per un prodotto che figura nell'allegato II possono essere precisati gli elementi seguenti:

- la descrizione particolareggiata del prodotto;

- le condizioni di utilizzazione e i requisiti in materia di composizione e/o di solubilità, per garantire in particolare che lascino la minor quantità possibile di residui nelle parti commestibili delle colture e nei prodotti delle colture commestibili e che la loro incidenza sull'ambiente sia ridotta al minimo;

- le prescrizioni particolari di etichettatura per i prodotti di cui all'articolo 1 quando questi siano ottenuti con l'ausilio di taluni prodotti di cui all'allegato II.

3. Le modifiche all'allegato II, sia che si tratti dell'incorporazione o della soppressione di prodotti di cui al paragrafo 1, o dell'incorporazione o di modifiche delle specifiche di cui al paragrafo 2, sono adottate dalla Commissione secondo la procedura di cui all'articolo 14.

4. Qualora uno Stato membro ritenga che un prodotto debba essere inserito nell'allegato II o che occorra apportarvi modifiche, esso provvede affinché un fascicolo che giustifichi l'inserimento o la modifica siano trasmessi ufficialmente agli altri Stati membri e alla Commissione che la sottopone al Comitato di cui all'articolo 14.


(55)  Frase introduttiva così sostituita dall'articolo 1 del regolamento (CE) n. 1804/1999.

(56)  Lettera così sostituita dall'articolo 1 del regolamento (CE) n. 1804/1999.

(57)  Paragrafo aggiunto dall'articolo 1 del regolamento (CE) n. 1935/95.

(58)  Paragrafo inserito dall'articolo 1 del regolamento (CE) n. 1804/1999.

 


Sistema di controllo

Articolo 8

1. Gli operatori che producono, preparano, immagazzinano o importano da un paese terzo i prodotti di cui all'articolo 1 ai fini della loro commercializzazione, o che commercializzano tali prodotti devono:

a) notificare tale attività all'autorità competente dello Stato membro in cui l'attività è esercitata; la notifica comprende i dati di cui all'allegato IV;

b) assoggettare la loro azienda al sistema di controllo di cui all'articolo 9.

Gli Stati membri possono esentare dall'applicazione del presente paragrafo gli operatori che rivendono tali prodotti direttamente al consumatore o utilizzatore finale e che non li producono, non li preparano, li immagazzinano solo in connessione con il punto di vendita o non li importano da un paese terzo.

L'operatore che subappalti a terzi una delle attività di cui al primo comma è nondimeno soggetto ai requisiti di cui alle lettere a) e b) e le attività subappaltate sono soggette al sistema di controllo di cui all'articolo 9 (59).

2. Gli Stati membri designano un'autorità o un organismo per la ricezione delle notifiche.

Gli Stati membri possono disporre che vengano comunicate eventuali informazioni complementari da essi ritenute indispensabili ai fini di un controllo efficace degli operatori.

3. L'autorità competente ha cura che un elenco aggiornato contenente i nomi e gli indirizzi degli operatori soggetti al sistema di controllo sia reso disponibile agli interessati.


(59)  Paragrafo così sostituito dall'articolo 1 del regolamento (CE) n. 392/2004, a decorrere dal 1° luglio 2005. L'originario paragrafo 1, le cui norme sono applicabili a decorrere dal 1° gennaio 1993, secondo quanto previsto dall'articolo 1 del regolamento (CEE) n. 2083/92, in vigore fino al 30 giugno 2005 recita:

"1. Gli operatori che producono, preparano o importano da un Paese terzo i prodotti di cui all'articolo 1 ai fini della loro commercializzazione devono:

a) notificare tale attività all'autorità competente dello Stato membro in cui l'attività stessa è esercitata; la notifica comprende i dati ripresi nell'allegato IV;

b) assoggettare la loro azienda al regime di controllo di cui all'articolo 9."

 


Articolo 9

1. Gli Stati membri istituiscono un sistema di controllo gestito da una o più autorità di controllo designate e/o da organismi privati riconosciuti ai quali devono essere soggetti gli operatori di cui all'articolo 8, paragrafo 1 (60).

2. Gli Stati membri prendono le misure necessarie affinché un operatore che rispetti le disposizioni del presente regolamento e paghi il contributo alle spese di controllo goda della garanzia di accesso al sistema di controllo.

3. Il sistema di controllo comprende quanto meno le misure di controllo e le misure precauzionali figuranti all'allegato III.

4. Per l'attuazione del sistema di controllo affidato ad organismi privati, gli Stati membri designano un'autorità incaricata del riconoscimento e della sorveglianza di tali organismi.

5. Per il riconoscimento di un organismo di controllo privato sono presi in considerazione gli elementi seguenti:

a) il piano tipo di controllo elaborato dall'organismo, contenente una descrizione particolareggiata delle misure di controllo e delle misure precauzionali che detto organismo s'impegna ad imporre agli operatori che controlla;

b) le sanzioni che l'organismo prevede di imporre nei casi in cui si accertino irregolarità e/o infrazioni (61);

c) le risorse adeguate di personale qualificato e di attrezzature di carattere amministrativo e tecnico, nonché l'esperienza in materia di controllo e l'affidabilità;

d) l'obiettività dell'organismo di controllo nei confronti degli operatori da esso controllati.

6. Quando un organismo di controllo è stato riconosciuto, l'autorità competente provvede a:

a) garantire l'obiettività dei controlli effettuati dall'organismo di controllo;

b) accertare l'efficienza dei controlli;

c) prendere conoscenza delle irregolarità e/o infrazioni accertate e delle sanzioni comminate (62);

d) revocare il riconoscimento di un organismo di controllo qualora questo non soddisfi i requisiti di cui alle lettere a) e b), non sia più conforme ai criteri di cui al paragrafo 5 o non soddisfi i requisiti di cui ai paragrafi 7, 8, 9 e 11 (63).

6 bis. Anteriormente al 1° gennaio 1996 gli Stati membri attribuiscono un numero di codice ad ogni organismo o autorità di controllo riconosciuti o designati conformemente alle disposizioni del presente articolo. Essi ne informano gli altri Stati membri e la Commissione, che pubblicherà tali numeri di codice nell'elenco di cui all'ultimo comma dell'articolo 15 (64).

7. L'autorità di controllo e gli organismi di controllo riconosciuti di cui al paragrafo 1:

a) procurano che siano applicate, nelle aziende da essi controllate, almeno le misure di controllo e le misure precauzionali di cui all'allegato III;

b) comunicano le informazioni e i dati che essi acquisiscono a seguito degli interventi di controllo esclusivamente al responsabile dell'azienda e alle autorità pubbliche competenti. Tuttavia, su richiesta debitamente giustificata dalla necessità di garantire che i prodotti siano stati ottenuti ai sensi del presente regolamento, essi scambiano con altre autorità di controllo o con altri organismi di controllo riconosciuti informazioni pertinenti sui risultati del loro controllo. Essi possono inoltre scambiare le suddette informazioni di loro propria iniziativa (65).

8. Gli organismi di controllo riconosciuti:

a) consentono all'autorità competente, ai fini d'ispezione, il libero accesso ai loro uffici e impianti, comunicano qualsiasi informazione e forniscono tutta la collaborazione ritenuta necessaria dall'autorità competente per l'adempimento degli obblighi ad essa incombenti in forza del presente regolamento;

b) trasmettono entro il 31 gennaio di ogni anno all'autorità competente dello Stato membro l'elenco degli operatori da essi controllati al 31 dicembre dell'anno precedente e le presentano una breve relazione annuale.

9. L'autorità di controllo e gli organismi di controllo di cui al paragrafo 1 devono:

a) ove sia accertata un'irregolarità nell'applicazione degli articoli 5 e 6 o delle disposizioni di cui agli articoli 3 e 4 del regolamento (CE) n. 223/2003 della Commissione, del 5 febbraio 2003, concernente i requisiti in materia di etichettatura riferiti al metodo di produzione biologico per i mangimi, i mangimi composti per animali e le materie prime per mangimi, o delle misure di cui all'allegato III, far sopprimere le indicazioni di cui all'articolo 2 per l'intera partita o per l'intera produzione interessata dall'irregolarità (66);

b) qualora venga accertata un'infrazione manifesta o avente effetti prolungati, ritirare all'operatore in questione il diritto di commercializzare prodotti con indicazioni concernenti il metodo di produzione biologico per un periodo da convenirsi con l'autorità competente dello Stato membro.

10. Possono essere adottate ai sensi della procedura di cui all'articolo 14:

a) le modalità di applicazione relative ai requisiti di cui al paragrafo 5 e le misure di cui al paragrafo 6;

b) le modalità di applicazione relative alle misure di cui al paragrafo 9.

11. A decorrere dal 1° gennaio 1998 e fatti salvi i paragrafi 5 e 6, gli organismi di controllo riconosciuti devono soddisfare i requisiti di cui alle condizioni della norma EN 45011 [del 26 giugno 1989] (67) (68).

12. a) Per le produzioni di carni animali, fatte salve le disposizioni dell'allegato III, gli Stati membri assicurano che i controlli interessino tutte le fasi di produzione, macellazione, sezionamento, e eventuali altre preparazioni fino alla vendita al consumatore, onde garantire per quanto tecnicamente possibile la rintracciabilità dei prodotti animali durante tutto il ciclo di produzione, trasformazione e ogni altra eventuale preparazione, dall'unità di produzione degli animali fino all'unità di condizionamento e/o etichettatura finali. Essi informano la Commissione, anche con la relazione di supervisione di cui all'articolo 15, delle misure adottate e della loro applicazione.

b) Per gli altri prodotti animali diversi dalle carni, nell'allegato III verranno stabilite altre disposizioni per assicurarne la rintracciabilità, per quanto tecnicamente possibile.

c) Ad ogni modo, le misure adottate in virtù dell'articolo 9 assicurano che i consumatori ricevano garanzie che il prodotto è ottenuto in conformità alle disposizioni del presente regolamento (69).


(60)  Paragrafo inizialmente modificato dall'articolo 1 del regolamento (CE) n. 1935/95 e successivamente così sostituito dall'articolo 1 del regolamento (CE) n. 392/2004.

(61)  Lettera così modificata dall'articolo 1 del regolamento (CE) n. 1935/95.

(62)  Lettera così modificata dall'articolo 1 del regolamento (CE) n. 1935/95.

(63)  Lettera così modificata dall'articolo 1 del regolamento (CE) n. 1935/95.

(64)  Paragrafo aggiunto dall'articolo 1 del regolamento (CE) n. 1935/95.

(65)  Frase aggiunta dall'articolo 1 del regolamento (CE) n. 392/2004.

(66)  Lettera inizialmente modificata dall'articolo 1 del regolamento (CE) n. 1935/95 e successivamente così sostituita dall'articolo 1 del regolamento (CE) n. 392/2004.

(67)  Termini cancellati dall'articolo 1 del regolamento (CE) n. 1804/1999.

(68)  Paragrafo aggiunto dall'articolo 1 del regolamento (CE) n. 1935/95.

(69)  Paragrafo inserito dall'articolo 1 del regolamento (CE) n. 1804/1999.

 


Indicazione di conformità al regime di controllo

Articolo 10

1. L'indicazione e/o il logo figuranti nell'allegato V secondo cui i prodotti sono conformi al regime di controllo possono essere menzionati sull'etichettatura dei prodotti di cui all'articolo 1 unicamente se:

a) sono conformi ai requisiti di cui all'articolo 5, paragrafi 1 o 3;

b) per l'intera durata del processo di produzione e di preparazione sono stati soggetti al sistema di controllo di cui all'articolo 9 o, nel caso di prodotti importati, a misure equivalenti; nel caso di prodotti importati a norma dell'articolo 11, paragrafo 6, l'attuazione del sistema di controllo soddisfa requisiti equivalenti a quelli di cui all'articolo 9 e, in particolare, al paragrafo 4 dello stesso (70);

c) sono venduti direttamente in imballaggi sigillati dal produttore o preparatore al consumo finale o sono immessi sul mercato come prodotti alimentari in imballaggi preconfezionati; in caso di vendita diretta dal produttore o preparatore al consumatore finale non è prescritto un imballaggio sigillato se l'etichetta consente di identificare chiaramente e senza ambiguità il prodotto interessato da questa indicazione;

d) recano sull'etichetta il nome e/o la ragione sociale del produttore, preparatore o venditore nonché il nome o il numero di codice dell'autorità di controllo o dell'organismo di controllo e le debite indicazioni ai sensi della normativa in materia di etichettatura dei prodotti alimentari, conformemente alla legislazione comunitaria (71).

2. Nell'etichettatura o nella pubblicità non possono essere contenute affermazioni che suggeriscano all'acquirente che l'indicazione di cui all'allegato V costituisce una garanzia di qualità organolettica, nutritiva o sanitaria superiore.

3. L'autorità di controllo e gli organismi di controllo di cui all'articolo 9, paragrafo 1, devono:

a) ove sia accertata un'irregolarità nell'applicazione delle disposizioni degli articoli 5, e 6 o nell'applicazione delle misure di cui all'allegato III, far sopprimere l'indicazione per l'intera partita o per l'intera produzione interessata dall'irregolarità (72);

b) qualora venga accertata un'infrazione manifesta o avente un effetto prolungato, ritirare all'operatore in questione il diritto di usare l'indicazione di cui all'allegato V per un periodo da convenirsi con l'autorità competente dello Stato membro.

4. Possono essere definite, secondo la procedura di cui all'articolo 14, le modalità del ritiro dell'indicazione di cui all'allegato V in caso di accertamento di talune infrazioni alle disposizioni degli articoli 5, 6 e 7 o alle disposizioni dell'allegato III.


(70)  Lettera così sostituita dall'articolo 1 del regolamento (CE) n. 392/2004.

(71)  Paragrafo così sostituito dall'articolo 1 del regolamento (CE) n. 1935/95.

(72)  Lettera così modificata dall'articolo 1 del regolamento (CE) n. 1935/95.

 


Misure generali d'applicazione (73)

Articolo 10-bis (74)

1. Qualora uno Stato membro constati, su un prodotto proveniente da un altro Stato membro e recante le indicazioni di cui all'articolo 2 e/o all'allegato V, irregolarità o infrazioni circa l'applicazione del presente regolamento, esso ne informa lo Stato membro che ha nominato l'autorità di controllo o riconosciuto l'organismo di controllo e la Commissione.

2. Gli Stati membri prendono le misure necessarie per evitare l'uso fraudolento delle indicazioni di cui all'articolo 2 e/o all'allegato V.


(73)  Aggiunto dall'articolo 1 del regolamento (CE) n. 1935/95.

(74)  Aggiunto dall'articolo 1 del regolamento (CE) n. 1935/95; i paragrafi del presente articolo sostituiscono i precedenti paragrafi 5, 6 e 7 dell'articolo 10.

 


Importazione da Paesi terzi

Articolo 11 (75)

1. Fatto salvo l'articolo 5, i prodotti di cui all'articolo 1 importati da un Paese terzo possono essere commercializzati unicamente quando:

a) sono originari di un Paese terzo figurante in un elenco da stabilire con decisione della Commissione secondo la procedura di cui all'articolo 14 e provengono da una regione o da un'unità di produzione, o sono stati controllati da un organismo di controllo, se del caso, menzionati esplicitamente nella decisione concernente tale Paese terzo;

b) l'autorità o l'organismo competente del Paese terzo ha rilasciato un certificato di controllo attestante che la partita indicata nel certificato:

- è stata ottenuta in un sistema di produzione in cui sono applicate norme equivalenti a quelle di cui all'articolo 6 (76); e

- è stata sottoposta ad un sistema di controllo la cui equivalenza è stata riconosciuta all'atto dell'esame previsto dal paragrafo 2, lettera b) (77).

2. Per decidere se, per taluni prodotti di cui all'articolo 1, un Paese terzo possa, su sua richiesta, essere iscritto nell'elenco di cui al paragrafo 1, lettera a), si tiene conto in particolare:

a) delle garanzie che il Paese terzo può offrire, almeno per la produzione destinata alla Comunità, quanto all'applicazione di norme equivalenti a quelle di cui all'articolo 6 (78);

b) dell'efficacia delle misure di controllo adottate, le quali, almeno per la produzione destinata alla Comunità, devono essere equivalenti a quelle del sistema di controllo di cui agli articoli 8 e 9, al fine di garantire l'osservanza delle disposizioni della lettera a).

Sulla base dei suddetti elementi, nella decisione, la Commissione può precisare le ragioni o le unità di produzione di origine o gli organismi il cui controllo è considerato equivalente.

3. Il certificato di cui al paragrafo 1, lettera b), deve:

a) accompagnare la merce nell'esemplare originale fino all'azienda del primo destinatario; l'importatore deve, successivamente, tenerlo a disposizione dell'organismo di controllo e/o dell'autorità di controllo per almeno due anni (79);

b) essere compilato secondo le modalità e secondo un modello stabiliti con la procedura di cui all'articolo 14.

4. Norme d'attuazione dettagliate per il presente articolo possono essere stabilite secondo la procedura prevista all'articolo 14.

5. Nell'esame della domanda di un Paese terzo, la Commissione esige che quest'ultimo fornisca tutti i ragguagli necessari; essa può inoltre incaricare esperti di eseguire, sotto la sua autorità, un esame in loco delle norme di produzione e delle misure di controllo effettivamente applicate nel Paese terzo in questione.

6. a) In deroga al paragrafo 1, l'importatore o gli importatori di uno Stato membro sono autorizzati dall'autorità competente dello Stato membro a commercializzare fino al 31 dicembre 2006 (80) prodotti importati da un Paese terzo che non figura nell'elenco di cui al paragrafo 1, lettera a), purché forniscano all'autorità competente dello Stato membro importatore prove sufficienti che i prodotti in questione sono stati ottenuti secondo norme di produzione equivalenti a quelle definite all'articolo 6, sono stati sottoposti a misure di controllo equivalenti a quelle di cui agli articoli 8 e 9, e l'applicazione delle misure di ispezione precitate è permanente ed effettiva (81).

L'autorizzazione è valida soltanto se resta provato che le condizioni summenzionate sono soddisfatte.

Essa scade al momento della decisione di inserire il Paese terzo nell'elenco di cui al paragrafo 1, lettera a), a meno che essa riguardi un prodotto che è stato ottenuto in una regione non specificata nella decisione di cui al paragrafo 1, lettera a), e che non è stato esaminato nell'ambito della domanda presentata dal Paese terzo, laddove detto Paese terzo sia d'accordo sulla prosecuzione del regime di autorizzazione di cui al presente paragrafo (82).

b) Se uno Stato membro ha ricevuto prove sufficienti da parte di un importatore, esso comunica immediatamente alla Commissione ed agli altri Stati membri il nome del Paese terzo da cui importa i prodotti e fornisce loro indicazioni particolareggiate sulle modalità di produzione e di ispezione, nonché sulle garanzie relative all'applicazione permanente ed effettiva di dette modalità.

c) Su richiesta di uno Stato membro o su iniziativa della Commissione, la questione è sottoposta all'esame del Comitato di cui all'articolo 14. Qualora risulti da tale esame che i prodotti importati non sono ottenuti secondo norme di produzione equivalenti e/o modalità di ispezione di efficacia equivalente, la Commissione invita lo Stato membro che ha concesso l'autorizzazione a ritirarla. Può essere deciso, conformemente alla procedura di cui all'articolo 14, il divieto delle importazioni in questione o la loro continuazione a condizione che vengano modificate determinate condizioni entro un certo termine.

d) La notifica di cui alla lettera b) non è necessaria qualora riguardi modalità di produzione e di ispezione già notificate da un altro Stato membro conformemente alla lettera b) tranne nei casi in cui la presentazione di nuovi elementi di prova importanti giustifichi una revisione dell'esame e della decisione di cui alla lettera c).

Anteriormente al 31 luglio 1994, la Commissione riesamina le disposizioni del paragrafo 1 e presenta qualsiasi proposta adeguata ai fini della loro eventuale revisione (83).

7. La Commissione può, in conformità della procedura di cui all'articolo 14, su richiesta di uno Stato membro, concedere il riconoscimento ad un organismo di controllo di un Paese terzo, preventivamente sottoposto a valutazione da parte dello Stato membro interessato, ed aggiungerlo all'elenco di cui al paragrafo 1, lettera a). La Commissione comunica la richiesta al Paese terzo interessato (84).


(75)  Vedi, per le modalità di applicazione relative al certificato di controllo previsto dal presente articolo, il regolamento (CE) n. 1788/2001, a decorrere dal 1° luglio 2002.

(76)  Trattino così modificato dall'articolo 1 del regolamento (CE) n. 1935/95.

(77)  Le norme dettate dal presente paragrafo sono applicabili a decorrere dal 1° gennaio 1993, secondo quanto previsto dall'articolo 1 del regolamento (CEE) n. 2083/92. Vedi anche quanto disposto dal regolamento (CEE) n. 3457/92. L'articolo 1 del regolamento (CE) n. 529/95 ha successivamente rinviato per un periodo di dodici mesi, decorrenti dal 1° marzo 1995, l'applicazione del disposto del presente paragrafo, limitatamente ai Paesi indicati nel citato articolo 1.

(78)  Lettera così modificata dall'articolo 1 del regolamento (CE) n. 1935/95.

(79)  Lettera così modificata dall'articolo 1 del regolamento (CE) n. 1935/95.

(80)  Data inizialmente sostituita dall'articolo 1 del regolamento (CE) n. 1804/1999 e successivamente così sostituita dall'articolo 1 del regolamento (CE) n. 1567/2005.

(81)  Lettera così modificata dall'articolo 1 del regolamento (CE) n. 1935/95.

(82)  Periodo così modificato dall'articolo 1 del regolamento (CE) n. 1935/95.

(83)  Paragrafo aggiunto dall'articolo 1 del regolamento (CEE) n. 2083/92.

(84)  Paragrafo aggiunto dall'articolo 1 del regolamento (CE) n. 1935/95.

 


Libera circolazione nella Comunità

Articolo 12

Gli Stati membri non possono, per motivi concernenti l'etichettatura, il metodo di produzione o la indicazione dello stesso, vietare o limitare la commercializzazione dei prodotti che sono previsti all'articolo 1 e che sono conformi alle disposizioni del presente regolamento.

Tuttavia, tenuto conto delle norme di cui all'allegato I, parte B sulla produzione animale, gli Stati membri possono applicare norme più rigorose agli animali e ai prodotti animali provenienti dal loro territorio, purché tali norme siano conformi al diritto comunitario e non vietino né limitino la commercializzazione di altri animali o prodotti animali che soddisfano i requisiti del presente regolamento (85).


(85)  Comma aggiunto dall'articolo 1 del regolamento (CE) n. 1804/1999.

 


Disposizioni amministrative e applicazione

Articolo 13 (86)

Possono essere adottate, secondo la procedura prevista all'articolo 14:

- le modalità di applicazione del presente regolamento;

- le modifiche da apportare agli allegati I, II, III, IV, VI, VII e VIII;

- le modifiche da apportare all'allegato V per definire un logo comunitario da utilizzare in associazione con l'indicazione di conformità al regime di controllo o in sostituzione di tale indicazione;

- le restrizioni e misure applicative ai fini dell'applicazione della deroga di cui all'articolo 6, paragrafo 1, lettera d) per i medicinali veterinari;

- le misure applicative sulla base dell'evidenza scientifica o del progresso tecnico ai fini dell'applicazione del divieto di impiego di OGM o di derivati di OGM, con particolare riguardo ad una soglia minima per contaminazioni inevitabili, che non deve essere superata.


(86)  Articolo inizialmente modificato dall'articolo 1 del regolamento (CE) n. 1935/95 e successivamente così sostituito dall'articolo 1 del regolamento (CE) n. 1804/1999.

 


Articolo 14 (87)

1. La Commissione è assistita da un comitato.

2. Nei casi in cui è fatto riferimento al presente articolo, si applicano gli articoli 5 e 7 della decisione 1999/468/CE.

Il periodo di cui all'articolo 5, paragrafo 6, della decisione 1999/468/CE è fissato a tre mesi.

3. Il comitato adotta il proprio regolamento interno.


(87)  Articolo così sostituito dall'allegato III del regolamento (CE) n. 806/2003.

 


Articolo 15

Gli Stati membri informano la Commissione ogni anno, anteriormente al 1° luglio, delle misure prese durante l'anno precedente ai fini dell'attuazione del presente regolamento e trasmettono, in particolare:

- l'elenco degli operatori che, al 31 dicembre dell'anno precedente, hanno fatto la notifica di cui all'articolo 8, paragrafo 1, lettera a), e che sono assoggettati al regime di controllo di cui all'articolo 9;

- una relazione concernente la supervisione esercitata a norma dell'articolo 9, paragrafo 6.

Inoltre gli Stati membri comunicano ogni anno alla Commissione, entro il 31 marzo, l'elenco degli organismi di controllo riconosciuti al 31 dicembre dell'anno precedente, la loro struttura giuridica e funzionale, il loro piano tipo di controllo, il loro sistema di sanzioni ed eventualmente il loro marchio.

La Commissione provvede ogni anno a pubblicare nella serie C della Gazzetta Ufficiale delle Comunità europee gli elenchi degli organismi riconosciuti che le sono stati comunicati entro il termine previsto nel secondo comma (88).


(88)  Vedi, per gli elenchi degli organismi riconosciuti, la comunicazione 21 ottobre 1993, la comunicazione 22 ottobre 1999, la comunicazione 9 dicembre 2000 e la comunicazione 20 gennaio 2005.

 


Articolo 15-bis (89)

Con riferimento alle misure istituite nel presente regolamento, in particolare quelle che la Commissione deve attuare per raggiungere gli obiettivi fissati agli articoli 9 e 11, e gli allegati tecnici, gli stanziamenti necessari vengono assegnati ogni anno nell'ambito della procedura di bilancio.


(89)  Articolo inserito dall'articolo 1 del regolamento (CE) n. 1804/1999.

 


Articolo 16

1. Il presente regolamento entra in vigore il giorno della pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale delle Comunità europee.

2. Gli Stati membri mettono in applicazione gli articoli 8 e 9 entro il termine di 9 mesi a decorrere dall'entrata in vigore del presente regolamento.

3. L'articolo 5, l'articolo 8, paragrafo 1, e l'articolo 11, paragrafo 1, diventano applicabili il 1° gennaio 1993 (90).

Il termine per l'entrata in vigore dell'articolo 11, paragrafo 1, può essere prorogato, secondo la procedura di cui all'articolo 14, per un determinato periodo per quanto riguarda le importazioni provenienti da un Paese terzo qualora, a seguito della domanda del Paese terzo in questione, lo stato d'avanzamento dell'esame della questione non consenta al Consiglio di adottare una decisione sull'iscrizione di tale Paese nell'elenco previsto all'articolo 11, paragrafo 1, lettera a), prima della scadenza del termine di cui al primo comma.

Per il rispetto del periodo di conversione di cui all'allegato I, punto 1, si prende in considerazione il periodo trascorso prima dell'entrata in vigore del presente regolamento, nella misura in cui l'operatore possa dimostrare, con soddisfazione dell'organismo di controllo, che la propria produzione, durante questo periodo, era conforme alle disposizioni nazionali in vigore o, in mancanza di queste, alle norme internazionali riconosciute in materia di produzione biologica.

4. Durante un periodo di dodici mesi che decorre dall'entrata in vigore del presente regolamento, gli Stati membri possono, in deroga all'articolo 6, paragrafo 1, autorizzare l'impiego sul proprio territorio di prodotti contenenti sostanze che non sono enumerate nell'allegato II e per cui considerano che siano soddisfatti i requisiti figuranti nell'articolo 7, paragrafo 1.

5. Durante un periodo che scade dodici mesi dopo la compilazione dell'allegato VI conformemente all'articolo 5, paragrafo 7, gli Stati membri possono continuare ad autorizzare, conformemente alle rispettive disposizioni nazionali, l'impiego di sostanze che non figurano nell'allegato VI precitato.

6. Gli Stati membri comunicano agli altri Stati membri ed alla Commissione le sostanze autorizzate in applicazione dei paragrafi 4 e 5.

Il presente regolamento è obbligatorio in tutti i suoi elementi e direttamente applicabile in ciascuno degli Stati membri.

Fatto a Lussemburgo, addì 24 giugno 1991.

Per il Consiglio

il presidente

J.-C. Juncker


(90)  Testo così modificato dall'articolo 1 del regolamento (CEE) n. 2083/92.

 


Allegato I (91)

Norme per la produzione biologica a livello aziendale

A. Vegetali e prodotti vegetali (92)

1.1. Le norme di produzione di cui all'articolo 6, paragrafo 1, lettere a), b) e d), figuranti nel presente allegato devono di regola essere state applicate negli appezzamenti per un periodo di conversione di almeno due anni prima della semina o, nel caso di pascoli, di almeno due anni prima della loro utilizzazione come alimenti per animali ottenuti dall'agricoltura biologica o ancora, nel caso delle colture perenni diverse dai prati, di almeno tre anni prima del primo raccolto dei prodotti di cui all'articolo 1, paragrafo 1, lettera a). Il periodo di conversione decorre non prima della data in cui il produttore ha notificato la propria attività, ai sensi dell'articolo 8, e sottoposto la propria azienda al regime di controllo di cui all'articolo 9 (93).

1.2. L'autorità o l'organismo di controllo può tuttavia decidere, d'intesa con l'autorità competente, di riconoscere retroattivamente come facenti parte del periodo di conversione eventuali periodi anteriori durante i quali:

a) gli appezzamenti facevano parte di un programma di applicazione del regolamento (CEE) n. 2078/92 del Consiglio, del 30 giugno 1992, relativo a metodi di produzione agricola compatibili con le esigenze di protezione dell'ambiente e con la cura dello spazio naturale, o del capo VI del regolamento (CE) n. 1257/1999 del Consiglio, del 17 maggio 1999, sul sostegno allo sviluppo rurale da parte del Fondo europeo agricolo di orientamento e di garanzia (FEAOG) e che modifica ed abroga taluni regolamenti ovvero nel quadro di un altro programma ufficiale, a condizione che i programmi di cui trattasi garantiscano che nessun prodotto non compreso nell'allegato II, parti A e B, sia stato utilizzato su detti appezzamenti;

b) gli appezzamenti erano superfici agricole o allo stato naturale non trattate con nessuno dei prodotti non compresi nell'allegato II, parti A e B. Tale periodo potrà essere preso in considerazione retroattivamente soltanto qualora l'autorità o l'organismo di controllo abbia ottenuto prove sufficienti che le condizioni suddette erano soddisfatte per un periodo di almeno tre anni (94).

1.3. L'autorità o l'organismo di controllo può decidere, con il consenso dell'autorità competente, che in certi casi il periodo di conversione sia prolungato oltre la durata stabilita al punto 1.1, tenuto conto dell'utilizzazione anteriore degli appezzamenti (95).

1.4. Per gli appezzamenti già convertiti o in corso di conversione all'agricoltura biologica che sono trattati con un prodotto non figurante nell'allegato II, lo Stato membro ha facoltà di ridurre il periodo di conversione ad una durata inferiore a quella stabilita al punto 1.1 nei due casi seguenti:

a) per gli appezzamenti trattati con un prodotto non compreso nell'allegato II, parte B, nel quadro di un'azione di lotta contro una malattia o un parassita resa obbligatoria per una determinata coltura vegetale dall'autorità competente dello Stato membro nel suo territorio o in alcune parti di esso;

b) per gli appezzamenti trattati con un prodotto non compreso nell'allegato II, parte A o B, nel quadro di prove scientifiche approvate dall'autorità competente dello Stato membro.

La durata del periodo di conversione è fissata tenendo conto di tutti gli elementi seguenti:

- la decomposizione del fitofarmaco in causa deve garantire, alla fine del periodo di conversione, un livello insignificante di residui nel suolo, nonché nel vegetale ove si tratti di coltura perenne,

- il raccolto successivo al trattamento non può essere commercializzato con un riferimento al modo di produzione biologico,

- lo Stato membro interessato deve informare gli altri Stati membri e la Commissione della propria decisione di effettuare il trattamento obbligatorio (96).

2.1. La fertilità e l'attività biologica del suolo devono essere mantenute o aumentate in primo luogo mediante:

a) la coltivazione di leguminose, di concimi verdi o di vegetali aventi un apparato radicale profondo nell'ambito di un adeguato programma di rotazione pluriennale;

b) l'incorporazione di letame proveniente da allevamenti biologici, nel rispetto delle disposizioni e delle restrizioni di cui alla parte B, punto 7.1, del presente allegato;

c) l'incorporazione di altro materiale organico, compostato o meno, prodotto da aziende che operano nel rispetto delle norme del presente regolamento (97).

2.2. L'integrazione con altri concimi organici o minerali di cui all'allegato II è consentita a titolo eccezionale qualora:

- un nutrimento adeguato dei vegetali in rotazione o il condizionamento del terreno non possano essere ottenuti con i soli mezzi indicati al precedente paragrafo, lettera a), b) e c),

- per quanto riguarda i prodotti dell'allegato II relativi a concime e/o escrementi di animali: l'impiego di tali prodotti è consentito solo se, in combinazione con il concime animale di cui al precedente paragrafo 2.1, lettera b), sono rispettate le limitazioni di cui alla parte B, sezione 7.1, del presente allegato (98).

2.3. Per l'attivazione del compost possono essere utilizzate preparazioni appropriate a base di vegetali o di microrganismi non geneticamente modificati ai sensi dell'articolo 4, punto 12. Ai fini contemplati dal presente paragrafo e dal paragrafo 2.1 possono essere utilizzate anche le cosiddette "preparazioni biodinamiche", a base di polveri di roccia, letame o piante (99).

2.4. È consentita l'utilizzazione di preparazioni appropriate di microrganismi non geneticamente modificati ai sensi dell'articolo 4, punto 12, autorizzate in agricoltura generale nello Stato membro interessato, per migliorare le condizioni generali del terreno o la disponibilità di nutrienti nel terreno o nelle colture, qualora la necessità di tale utilizzazione sia stata riconosciuta dall'organismo di controllo o dall'autorità di controllo (100).

3. La lotta contro i parassiti, le malattie e le piante infestanti si impernia sul seguente complesso di misure:

- scelta di specie e varietà adeguate;

- programma di rotazione appropriato;

- coltivazione meccanica;

- protezione dei nemici naturali dei parassiti, grazie a provvedimenti ad essi favorevoli (ad esempio siepi, posti per nidificare, diffusione di predatori);

- eliminazione delle malerbe mediante bruciatura.

Possono essere utilizzati i prodotti di cui all'allegato II soltanto in caso di pericolo immediato che minacci le colture.

4. La raccolta di vegetali commestibili e delle loro parti, che crescono naturalmente nelle aree naturali, nelle foreste e nelle aree agricole, è considerata metodo di produzione biologico, sempreché:

- queste aree non abbiano subito trattamenti con prodotti diversi da quelli indicati nell'allegato II per un periodo di tre anni precedente la raccolta;

- la raccolta non comprometta l'equilibrio dell'habitat naturale e la conservazione delle specie nella zona di raccolta (101).

5. Per la produzione di funghi, possono essere utilizzati substrati composti esclusivamente dei seguenti materiali (102):

5.1. concime animale e deiezioni animali (compresi i prodotti di cui all'allegato II, parte A, primo, secondo, terzo e quarto trattino, del regolamento (CEE) n. 2092/91):

a) provenienti da aziende che applicano il metodo di produzione biologico, oppure

b) rispondenti ai requisiti stabiliti nell'allegato II, parte A, primo, secondo, terzo e quarto trattino, del regolamento (CEE) n. 2092/91, entro il limite massimo del 25% [*], e unicamente qualora il prodotto di cui al punto 5.1 a) non sia disponibile (103);

5.2. prodotti di origine agricola, diversi da quelli menzionati al punto 5.1 (per esempio paglia), provenienti da aziende che applicano il metodo di produzione biologico (104);

5.3. torba non trattata chimicamente (105);

5.4. legno non trattato con sostanze chimiche dopo il taglio; 5.5. minerali di cui all'allegato II, parte A del regolamento (CEE) n. 2092/91, acqua e terra (106).

__________

[*] Questa percentuale è calcolata sul peso totale dell'insieme dei componenti del substrato - escluso il materiale di copertura - prima del compostaggio e senza aggiunta di acqua.

[Animali e prodotti animali (107)

In attesa che venga adottata la proposta di cui all'articolo 1, paragrafo 2, e ai fini della preparazione di ingredienti menzionati all'articolo 5, paragrafo 3, lettera a), gli animali devono essere allevati secondo le norme nazionali che disciplinano la zootecnia biologica o, in mancanza di tali norme, secondo pratiche riconosciute a livello internazionale.] (108).


(91)  Allegato modificato dal regolamento (CEE) n. 1535/92, dal regolamento (CEE) n. 2608/93, dal regolamento (CE) n. 1202/95, dal regolamento (CE) n. 1900/98, dal regolamento (CE) n. 1804/1999, dal regolamento (CE) n. 1073/2000 e, da ultimo, così modificato dall'allegato del regolamento (CE) n. 473/2002. Per ulteriori precisazioni si rimanda agli articoli 2 e 3 di quest'ultimo regolamento.

(92)  Titolo così sostituito dall'articolo 1 del regolamento (CE) n. 1804/1999.

(93)  Il testo del punto 1 modificato dall'articolo 1 del regolamento (CE) n. 1202/95 è stato così sostituito (dai punti da 1.1 a 1.4) dall'allegato del regolamento (CE) n. 473/2002. Per ulteriori precisazioni si rimanda agli articoli 2 e 3 di quest'ultimo regolamento.

(94)  Il testo del punto 1 modificato dall'articolo 1 del regolamento (CE) n. 1202/95 è stato così sostituito (dai punti da 1.1 a 1.4) dall'allegato del regolamento (CE) n. 473/2002. Per ulteriori precisazioni si rimanda agli articoli 2 e 3 di quest'ultimo regolamento.

(95)  Il testo del punto 1 modificato dall'articolo 1 del regolamento (CE) n. 1202/95 è stato così sostituito (dai punti da 1.1 a 1.4) dall'allegato del regolamento (CE) n. 473/2002. Per ulteriori precisazioni si rimanda agli articoli 2 e 3 di quest'ultimo regolamento.

(96)  Il testo del punto 1 modificato dall'articolo 1 del regolamento (CE) n. 1202/95 è stato così sostituito (dai punti da 1.1 a 1.4) dall'allegato del regolamento (CE) n. 473/2002. Per ulteriori precisazioni si rimanda agli articoli 2 e 3 di quest'ultimo regolamento.

(97)  Il testo del punto 2, inizialmente modificato dall'articolo 1 del regolamento (CEE) n. 2608/93, è stato così sostituito dai punti 2.1, 2.2, 2.3 e 2.4 in base all'allegato del regolamento (CE) n. 1073/2000 a decorrere dal 24 agosto 2000.

(98)  Il testo del punto 2, inizialmente modificato dall'articolo 1 del regolamento (CEE) n. 2608/93, è stato così sostituito dai punti 2.1, 2.2, 2.3 e 2.4 in base all'allegato del regolamento (CE) n. 1073/2000 a decorrere dal 24 agosto 2000.

(99)  Il testo del punto 2, inizialmente modificato dall'articolo 1 del regolamento (CEE) n. 2608/93, è stato così sostituito dai punti 2.1, 2.2, 2.3 e 2.4 in base all'allegato del regolamento (CE) n. 1073/2000.

(100)  Il testo del punto 2, inizialmente modificato dall'articolo 1 del regolamento (CEE) n. 2608/93, è stato così sostituito dai punti 2.1, 2.2, 2.3 e 2.4 in base all'allegato del regolamento (CE) n. 1073/2000.

(101)  Paragrafo aggiunto dall'articolo 1 del regolamento (CEE) n. 2608/93.

(102)  Punto inserito dall'allegato al regolamento (CE) n. 1900/98.

(103)  Punto inserito dall'allegato al regolamento (CE) n. 1900/98.

(104)  Punto inserito dall'allegato al regolamento (CE) n. 1900/98.

(105)  Punto inserito dall'allegato al regolamento (CE) n. 1900/98.

(106)  Punto inserito dall'allegato al regolamento (CE) n. 1900/98.

(107)  Voce aggiunta dall'articolo 1 del regolamento (CEE) n. 1535/92.

(108)  Comma soppresso dall'allegato del regolamento (CE) n. 1804/1999.

 


B. Animali e prodotti animali delle seguenti specie: bovini (comprese le specie bubalus e bison), suini, ovini, caprini, equidi e pollame (109)

1. Principi generali (110)

1.1. Le produzioni animali rappresentano una componente dell'attività di numerose aziende agricole operanti nel settore dell'agricoltura biologica.

1.2. Le produzioni animali devono contribuire all'equilibrio dei sistemi di produzione agricola rispondendo alle esigenze di elementi nutritivi delle colture e migliorando la sostanza organica del suolo. Esse contribuiscono in tal modo a creare e a mantenere rapporti di complementarità fra terra e vegetale, vegetale e animali, animale e terra. Quale parte di questo concetto, la produzione senza terra non è conforme alle norme del presente regolamento.

1.3. Impiegando risorse naturali rinnovabili (deiezioni zootecniche, colture di leguminose, colture foraggere), il binomio coltura-allevamento e i sistemi di pascolo consentono la salvaguardia e il miglioramento della fertilità del suolo a lungo termine e contribuiscono allo sviluppo di un'agricoltura sostenibile.

1.4. L'allevamento praticato nel quadro dell'agricoltura biologica è una produzione legata alla terra. Tranne qualora esista un'autorizzazione eccezionale del presente allegato, gli animali devono disporre di un'area di pascolo. Il numero di capi per unità di superficie sarà limitato in misura tale da consentire una gestione integrata delle produzioni animali e vegetali a livello di unità di produzione e in modo da ridurre al minimo ogni forma di inquinamento, in particolare del suolo e delle acque superficiali e sotterranee. La consistenza del patrimonio zootecnico sarà essenzialmente connessa alla superficie disponibile al fine di evitare i problemi del sovrappascolo e dell'erosione e di consentire lo spargimento delle deiezioni animali onde escludere danni all'ambiente. Nel capitolo 7 figurano norme dettagliate per l'uso di deiezioni organiche.

1.5. Nell'agricoltura biologica, tutti gli animali appartenenti ad una stessa unità di produzione devono essere allevati nel rispetto delle norme contenute nel presente regolamento.

1.6. Tuttavia è ammessa nell'azienda la presenza di animali che non sono allevati secondo le disposizioni del presente regolamento purché l'allevamento di questi animali abbia luogo in un'unità distinta, provvista di stalle e pascoli nettamente separati da quelli adibiti alla produzione conforme alle norme del presente regolamento, e a condizione che si tratti di animali di specie diversa.

1.7. In deroga a questo principio, gli animali che non sono allevati secondo le disposizioni del presente regolamento possono utilizzare, ogni anno per un periodo limitato di tempo, il pascolo di unità conformi al regolamento stesso, purché tali animali provengano da allevamenti estensivi [come definito all'articolo 6, paragrafo 5, del regolamento (CE) n. 950/97 e, ove si tratti di specie non menzionate in tale regolamento, il numero di animali per ettaro sia equivalente a 170 kg di azoto per ettaro all'anno come definito nell'allegato VII del presente regolamento] e nessun altro animale soggetto alle prescrizioni del presente regolamento sia presente sullo stesso pascolo nello stesso tempo. Questa deroga è subordinata all'autorizzazione preventiva dell'organismo o dell'autorità di controllo.

1.8. In forza di una seconda deroga a questo principio, gli animali allevati secondo le prescrizioni del presente regolamento possono utilizzare un'area di pascolo comune purché:

a) l'area non sia stata trattata con prodotti diversi da quelli previsti all'allegato II del presente regolamento per un periodo di almeno tre anni;

b) qualsiasi animale che utilizzi il pascolo in questione e non sia soggetto alle prescrizioni del presente regolamento provenga da allevamenti estensivi, quali definiti all'articolo 6, paragrafo 5, del regolamento (CE) n. 950/97; oppure, ove si tratti di specie non menzionate in tale regolamento, il numero di animali per ettaro sia equivalente a 170 kg di azoto per ettaro all'anno come definito nell'allegato VII del presente regolamento;

c) i prodotti animali derivanti da animali allevati secondo le disposizioni del presente regolamento, nel periodo in cui utilizzavano il pascolo comune, non siano considerati di origine biologica, a meno che si dimostri in modo soddisfacente all'organismo o all'autorità di controllo che essi sono stati nettamente separati da altri animali non rispondenti ai requisiti del presente regolamento.

2. Conversione (111)

2.1. Conversione di aree associate a produzioni animali biologiche

2.1.1. In caso di conversione di un'unità di produzione, l'intera superficie dell'unità utilizzata per l'alimentazione degli animali deve rispondere alle norme di produzione dell'agricoltura biologica, utilizzando i periodi di conversione stabiliti nella parte A del presente allegato "Vegetali e prodotti vegetali".

2.1.2. In deroga a questo principio, il periodo di conversione può essere ridotto di 1 anno per i pascoli, i parchetti all'aperto e gli spiazzi liberi utilizzati da specie non erbivore. Detto periodo può essere ridotto a 6 mesi se le aree interessate non sono state sottoposte, in anni recenti, a trattamenti con prodotti diversi da quelli previsti nell'allegato II del presente regolamento. Questa deroga deve essere autorizzata dall'organismo o dall'autorità di controllo.

2.2. Conversione di animali e prodotti animali

2.2.1. I prodotti animali possono essere venduti con la denominazione biologica soltanto se gli animali sono stati allevati secondo le norme del presente regolamento per un periodo di almeno:

- 12 mesi per gli equini ed i bovini (comprese le specie Bubalus e Bison) destinati alla produzione di carne ed in ogni caso per almeno tre quarti della loro vita;

- 6 mesi per i piccoli ruminanti ed i suini; tuttavia, per un periodo transitorio che scade il 24 agosto 2003, il periodo per i suini è di 4 mesi;

- 6 mesi per gli animali da latte; tuttavia per un periodo transitorio che scade il 24 agosto 2003, il periodo è di 3 mesi;

- 10 settimane per il pollame introdotto prima dei 3 giorni di età e destinato alla produzione di carne;

- 6 settimane per le ovaiole.

2.2.2. In deroga al paragrafo 2.2.1 e per la costituzione del patrimonio, i vitelli e i piccoli ruminanti che sono destinati alla produzione di carne possono essere venduti con la denominazione biologica per un periodo transitorio che scade il 31 dicembre 2003, purché:

- provengano da un allevamento estensivo;

- siano stati allevati nell'unità biologica fino al momento della vendita o della macellazione per un periodo minimo di 6 mesi per i vitelli e di 2 mesi per i piccoli ruminanti;

- l'origine degli animali sia conforme alle condizioni di cui al quarto e quinto trattino del paragrafo 3.4.

2.3. Conversione simultanea

2.3.1. In deroga ai punti 2.2.1, 4.2 e 4.4 nel caso di conversione simultanea dell'intera unità di produzione - compresi animali, pascoli e/o area utilizzata per il foraggio - il periodo totale di conversione combinato per tutti questi elementi è ridotto a 24 mesi, fatte salve le condizioni seguenti:

a) la deroga si applica soltanto agli animali esistenti e alla loro progenie e nel contempo anche all'area utilizzata per foraggio/pascolo prima dell'inizio della conversione;

b) gli animali sono nutriti principalmente con prodotti dell'unità di produzione.

3. Origine degli animali (112)

3.1. Nella scelta delle razze o delle varietà si deve tener conto della capacità degli animali di adattarsi alle condizioni locali nonché della loro vitalità e resistenza alle malattie. Inoltre le razze e le varietà devono essere selezionate al fine di evitare malattie specifiche o problemi sanitari connessi con alcune razze e varietà utilizzate nella produzione intensiva (ad es. sindrome da stress dei suini, PME, morte improvvisa, aborto spontaneo, nascita difficoltosa con taglio cesareo, ecc.), dando la preferenza a razze e varietà autoctone.

3.2. Gli animali devono provenire da unità di produzione che osservino le norme di produzione di cui all'articolo 6 e al presente allegato ed essere mantenuti per tutta la loro vita in questo sistema di produzione.

3.3. Come prima deroga e previa autorizzazione dell'organismo o dell'autorità di controllo, il bestiame esistente nell'unità di produzione che non è conforme alle norme del presente regolamento può essere convertito.

3.4. Come seconda deroga, in caso di prima costituzione del patrimonio e in mancanza di un numero sufficiente di animali allevati con metodo biologico, possono essere introdotti nelle unità di produzione biologiche animali allevati con metodi non biologici alle seguenti condizioni:

- pollastrelle destinate alla produzione di uova e pollame destinato alla produzione di carne di meno di tre giorni di età (113),

- giovani bufali destinati alla riproduzione di meno di 6 mesi di età,

- vitelli e puledri destinati alla riproduzione, allevati secondo le norme del presente regolamento subito dopo lo svezzamento e in ogni caso di meno di 6 mesi di età,

- agnelli e capretti destinati alla riproduzione, allevati secondo le norme del presente regolamento subito dopo lo svezzamento e in ogni caso di meno di 60 giorni di età,

- suinetti destinati alla riproduzione, allevati secondo le norme del presente regolamento subito dopo lo svezzamento e di peso inferiore a 35 kg (114).

3.5. La suddetta deroga deve essere preventivamente autorizzata dall'organismo o dall'autorità di controllo (115).

3.6. Come terza deroga, il rinnovo o la ricostituzione del patrimonio sono autorizzati dall'organismo o dall'autorità di controllo in mancanza di animali allevati con metodi biologici e nei seguenti casi:

a) elevata mortalità degli animali a causa di problemi sanitari o di catastrofi;

b) pollastrelle destinate alla produzione di uova e pollame destinato alla produzione di carne di meno di tre giorni di età;

c) suinetti destinati alla riproduzione, da allevare in conformità alle disposizioni del presente regolamento, subito dopo lo svezzamento e di peso inferiore a 35 kg.

I casi di cui alla lettera c) sono autorizzati durante un periodo transitorio che scade il 31 luglio 2006 (116).

3.7. Fatte salve le disposizioni di cui ai punti 3.4 e 3.6, in mancanza di pollastrelle allevate con metodi biologici, possono essere introdotte in unità di produzione animale biologica pollastrelle destinate alla produzione di uova, di età non superiore a 18 settimane e allevate con metodi non biologici, alle seguenti condizioni:

- previa autorizzazione dell'autorità competente e

- a decorrere dal 31 dicembre 2005, le disposizioni di cui ai paragrafi 4 (mangimi) e 5 (profilassi e cure veterinarie) del presente allegato I si applicano alle pollastrelle allevate con metodi non biologici destinate ad essere introdotte in unità di produzione animale biologica (117).

3.8. Come quarta deroga, al fine di completare l'incremento naturale e di garantire il rinnovo del patrimonio, in mancanza di animali ottenuti con metodi biologici e unicamente con l'autorizzazione dell'organismo o dell'autorità di controllo, possono essere introdotti annualmente, entro un massimo del 10% del bestiame bovino o equino adulto (comprese le specie Bubalus e Bison) e del 20% del bestiame suino, ovino o caprino adulto dell'azienda, animali - ad esempio animali di sesso femminile (nullipari) - provenienti da allevamenti non biologici.

3.9. Le percentuali previste dalla suddetta deroga non si applicano alle unità di produzione di meno di dieci equini o bovini, o di meno di cinque suini, ovini o caprini. Per tali unità qualsiasi rinnovo di cui sopra è limitato al massimo di un capo all'anno.

3.10. Dette percentuali possono essere incrementate, fino al 40%, dietro parere favorevole dell'organismo o dell'autorità di controllo nei seguenti casi particolari:

- estensione significativa dell'azienda,

- cambiamento di razza,

- avviamento di un nuovo indirizzo produttivo,

- razze minacciate di abbandono; gli animali appartenenti a tali razze non devono necessariamente essere nullipari (118).

3.11. Come quinta deroga, l'introduzione di maschi riproduttori provenienti da allevamenti non biologici è autorizzata a condizione che gli animali vengano successivamente allevati e nutriti per il resto della loro vita secondo le norme enunciate nel presente regolamento.

3.12. Qualora gli animali provengano da unità non conformi al presente regolamento, secondo le condizioni e i limiti indicati ai punti da 3.3 a 3.11, i relativi prodotti potranno essere venduti come prodotti biologici soltanto se saranno stati rispettati i periodi indicati al punto 2.2.1; nel corso di detti periodi devono essere osservate tutte le norme enunciate nel presente regolamento.

3.13. Nel caso di animali ottenuti da unità non conformi al presente regolamento si deve rivolgere particolare attenzione alle norme sanitarie. L'organismo o l'autorità di controllo può prescrivere, a seconda della situazione locale, disposizioni particolari come controlli preventivi e periodi di quarantena.

3.14. La Commissione presenterà una relazione entro il 31 dicembre 2003 relativa alla disponibilità di animali allevati con metodi biologici per presentare, se del caso, una proposta al comitato permanente, volta ad assicurare che tutta la produzione di carne con metodi biologici provenga da animali nati e cresciuti in aziende che praticano il metodo di produzione biologico.

4. Alimentazione (119)

4.1. L'alimentazione è finalizzata a una produzione di qualità piuttosto che a massimizzare la produzione stessa, rispettando nel contempo le esigenze nutrizionali degli animali nei vari stadi fisiologici. Le pratiche di ingrasso sono autorizzate nella misura in cui sono reversibili in qualsiasi stadio dell'allevamento. È vietata l'alimentazione forzata.

4.2. Gli animali devono essere alimentati con alimenti biologici.

4.3. Inoltre gli animali devono essere allevati in conformità delle norme del presente allegato, con alimenti prodotti dall'unità o, qualora ciò non sia possibile, con alimenti provenienti da altre unità o imprese conformantisi alle disposizioni del presente regolamento. Nel caso degli erbivori, fatta eccezione per i periodi di ogni anno in cui gli animali sono in transumanza, almeno il 50% degli alimenti proviene dall'unità di produzione stessa o, qualora ciò non sia possibile, è ottenuto in cooperazione con altre aziende che applicano il metodo di produzione biologico (120).

4.4. L'incorporazione nella razione alimentare di alimenti in fase di conversione è autorizzata fino ad un massimo del 30% in media della formula alimentare. Allorché gli alimenti in fase di conversione provengono da un'unità della propria azienda, la percentuale può arrivare al 60%. Tali percentuali sono espresse in percentuale di sostanza secca degli alimenti di origine agricola (121).

4.5. L'alimentazione di base dei mammiferi giovani è il latte naturale, di preferenza quello materno. Tutti i mammiferi devono essere nutriti con latte naturale per un periodo minimo che dipende dalle varie specie: 3 mesi per bovini (incluse le specie Bubalus e Bison) ed equini, 45 giorni per ovini e caprini e 40 giorni per i suini.

4.6. Se del caso, gli Stati membri designano le zone o le regioni in cui è praticabile la transumanza (compresi gli spostamenti di animali verso i pascoli montani), fatte salve le disposizioni sull'alimentazione degli animali di cui al presente allegato.

4.7. Per gli erbivori, i sistemi di allevamento devono basarsi in massima parte sul pascolo, tenuto conto delle disponibilità di pascoli nei vari periodi dell'anno. Almeno il 60% della materia secca di cui è composta la razione giornaliera deve essere costituito da foraggi freschi, essiccati o insilati. Tuttavia l'autorità o l'organismo di controllo può permettere, per gli animali da latte, la riduzione al 50% per un periodo massimo di 3 mesi all'inizio della lattazione.

4.8. In deroga al punto 4.2, è autorizzato l'impiego in proporzioni limitate di mangimi convenzionali, qualora gli allevatori possano dimostrare, con piena soddisfazione dell'organismo o dell'autorità di controllo dello Stato membro, che non sono in grado di procurarsi alimenti esclusivamente ottenuti con metodo di produzione biologica.

La percentuale massima autorizzata di mangimi convenzionali per ciascun periodo di 12 mesi è:

a) per gli erbivori: 5% nel periodo dal 25 agosto 2005 al 31 dicembre 2007;

b) per le altre specie:

- 15% nel periodo dal 25 agosto 2005 al 31 dicembre 2007,

- 10% nel periodo dal 1° gennaio 2008 al 31 dicembre 2009,

- 5% nel periodo dal 1° gennaio 2010 al 31 dicembre 2011.

Dette percentuali sono calcolate annualmente in percentuale di sostanza secca dei mangimi di origine agricola. La percentuale massima autorizzata di mangimi convenzionali nella razione giornaliera, fatta eccezione per i periodi di transumanza, è pari al 25%, calcolata in percentuale di sostanza secca (122).

4.9. In deroga al paragrafo 4.8, nei casi di perdita della produzione foraggiera, di focolai di malattie infettive, di contaminazione ad opera di sostanze tossiche o in seguito a incendi, le autorità competenti degli Stati membri possono autorizzare, per un periodo di tempo limitato e per una zona determinata, una percentuale più alta di mangimi convenzionali sempreché tale autorizzazione sia giustificata. Previa approvazione dell'autorità competente, l'autorità o l'organismo di controllo applica la presente deroga a singoli operatori. Gli Stati membri si informano reciprocamente e informano la Commissione in merito alle deroghe concesse (123).

[4.10. Per il pollame la razione utilizzata nella fase d'ingrasso deve contenere almeno il 65% di un miscuglio di cereali, colture proteiche e semi oleosi (124).] (125).

4.11. I foraggi freschi, essiccati o insilati devono essere aggiunti alla razione giornaliera di suini e pollame.

4.12. Solo i prodotti elencati nell'allegato II, parte D, sezioni 1.5 e 3.1 possono essere usati rispettivamente come additivi e come ausiliari di fabbricazione di insilati.

4.13. Le materie prime di origine agricola per mangimi convenzionali possono essere usate per l'alimentazione degli animali solo se elencate nell'allegato II, parte C, sezione C.1 (materie prime di origine vegetale per mangimi), fatte salve le restrizioni quantitative previste dal presente allegato, e solo se sono prodotte o preparate senza uso di solventi chimici.

4.14. Le materie prime di origine animale per mangimi (convenzionali, prodotte biologicamente) elencate nell'allegato II, parte C, sezione C. 2, possono essere usate solo nel rispetto delle restrizioni quantitative previste dal presente allegato.

4.15. Al più tardi il 24 agosto 2003, la parte C, sezioni 1, 2, 3 e la parte D dell'allegato II sono rivedute allo scopo di ritirarne in particolare le materie prime convenzionali di mangimi di origine agricola prodotti in quantità sufficiente nella comunità secondo il metodo di produzione biologico.

4.16. Per soddisfare le esigenze nutrizionali degli animali, possono essere usati per l'alimentazione animale solo i prodotti elencati nell'allegato II, parte C, sezione 3 (materie prime di origine minerale per mangimi), e la parte D, sezioni 1.1 (elementi in tracce) e 1.2 (vitamine, provitamine e sostanze di effetto analogo chimicamente ben definite).

4.17. Solo i prodotti elencati nell'allegato II, parte D, sezioni 1.3 (enzimi), 1.4 (microrganismi), 1.5 (conservanti), 1.6 (agenti leganti, antiagglomeranti e coagulanti), 1.7 (sostanze antiossidanti), 1.8 (additivi per insilati), 2 (alcuni prodotti utilizzati nell'alimentazione animale) e 3 (ausiliari di fabbricazione dei mangimi) possono essere usati nell'alimentazione degli animali per gli scopi indicati per le suddette categorie. Antibiotici, coccidiostatici, medicinali, stimolanti della crescita o altre sostanze intese a stimolare la crescita o la produzione non devono essere utilizzati nell'alimentazione degli animali (126).

4.18. Alimenti, materie prime per mangimi, mangimi composti, additivi per mangimi, ausiliari di fabbricazione dei mangimi e certi prodotti usati nell'alimentazione animale non devono essere stati prodotti con l'impiego di organismi geneticamente modificati o di prodotti da essi derivati.

5. Profilassi e cure veterinarie (127)

5.1. La profilassi nella zootecnica biologica è basata sui seguenti principi:

a) scelta delle razze o delle linee e ceppi appropriati di animali, come specificato nel capitolo 3;

b) applicazione di pratiche di allevamento adeguate alle esigenze di ciascuna specie che stimolino un'elevata resistenza alle malattie ed evitino le infezioni;

c) uso di alimenti di alta qualità, abbinato a movimento regolare fisico e accesso ai pascoli, stimolando così le difese immunologiche naturali degli animali;

d) adeguata densità degli animali, evitando così il sovraffollamento e qualsiasi problema sanitario che ne potrebbe derivare.

5.2. I suddetti principi dovrebbero limitare i problemi sanitari, in modo da tenerli sotto controllo essenzialmente mediante prevenzione.

5.3. Se, malgrado le suddette misure preventive, un animale è malato o ferito, esso deve essere curato immediatamente e, se necessario, isolato in appositi locali.

5.4. L'uso di medicinali veterinari nell'agricoltura biologica deve essere conforme ai seguenti principi:

a) i prodotti fitoterapici (ad es. estratti vegetali - esclusi gli antibiotici - essenze, ecc.), omeopatici (ad es. sostanze vegetali, animali o minerali), gli oligoelementi e i prodotti elencati all'allegato II, parte C, sezione 3, sono preferiti agli antibiotici o ai medicinali veterinari allopatici ottenuti per sintesi chimica, purché abbiano efficacia terapeutica per la specie animale e tenuto conto delle circostanze che hanno richiesto la cura;

b) qualora l'uso dei suddetti prodotti non sia verosimilmente efficace, o non si dimostri tale per le malattie o le ferite, e qualora la cura sia essenziale per evitare sofferenze o disagi all'animale, possono essere utilizzati antibiotici o medicinali veterinari allopatici ottenuti per sintesi chimica sotto la responsabilità di un veterinario;

c) è vietato l'uso di medicinali veterinari allopatici ottenuti per sintesi chimica o di antibiotici per trattamenti preventivi.

5.5. Oltre ai suddetti principi, si applicano le seguenti norme:

a) è vietato l'impiego di sostanze destinate a stimolare la crescita o la produzione (compresi antibiotici, coccidiostatici e altri stimolanti artificiali della crescita) nonché l'uso di ormoni o sostanze analoghe destinati a controllare la riproduzione (ad es. al fine di indurre o sincronizzare gli estri) o ad altri scopi. Tuttavia possono essere somministrati ormoni a singoli animali nell'ambito di trattamenti terapeutici veterinari;

b) sono autorizzati le cure veterinarie degli animali, nonché i trattamenti degli edifici, delle attrezzature e dei locali prescritti dalla normativa nazionale o comunitaria, compreso l'impiego di sostanze immunologiche ad uso veterinario se è riconosciuta la presenza di malattie nella zona in cui è situata l'unità di produzione.

5.6. Qualora debbano essere impiegati medicinali veterinari è necessario specificare in modo chiaro: il tipo di prodotto (indicando anche i principi attivi in esso contenuti) e i dettagli della diagnosi; la posologia; il metodo di somministrazione; la durata del trattamento e il tempo di sospensione stabilito dalla legge. Queste informazioni devono essere dichiarate all'autorità o all'organismo di controllo prima che gli animali o i prodotti animali siano commercializzati con la denominazione biologica. Gli animali trattati devono essere chiaramente identificati, singolarmente per il bestiame di grandi dimensioni; singolarmente o a gruppi per il pollame e il bestiame di piccole dimensioni.

5.7. Il tempo di sospensione tra l'ultima somministrazione di medicinali veterinari allopatici ad un animale in condizioni normali di utilizzazione e la produzione di derrate alimentari ottenuta con metodi biologici da detti animali deve essere di durata doppia rispetto a quello stabilito dalla legge o, qualora tale tempo non sia precisato, di 48 ore.

5.8. Ad eccezione delle vaccinazioni, delle cure antiparassitarie e dei piani obbligatori di eradicazione attuati negli Stati membri, nel caso in cui un animale o un gruppo di animali sia sottoposto a più di due o massimo tre cicli di trattamenti con medicinali veterinari allopatici ottenuti per sintesi chimica o antibiotici in un anno (o a più di un ciclo di trattamenti se la sua vita produttiva è inferiore a un anno), gli animali interessati o i prodotti da essi derivati non possono essere venduti come prodotti ottenuti conformemente alle disposizioni del presente regolamento. Tali animali devono essere sottoposti ai periodi di conversione previsti al capitolo del presente allegato, con il consenso dell'autorità o dell'organismo di controllo.

6. Metodi di gestione zootecnica, trasporto ed identificazione dei prodotti animali (128)

6.1. Metodi zootecnici

6.1.1. In linea di principio, la riproduzione di animali allevati biologicamente deve basarsi su metodi naturali. È tuttavia consentita l'inseminazione artificiale. Sono invece vietate altre forme di riproduzione artificiale o assistita (ad es. il trapianto di embrioni) .

6.1.2. Operazioni quali l'applicazione di anelli di gomma alle code degli ovini, la recisione della coda o dei denti, la spuntatura del becco o la decornazione non devono essere praticate sistematicamente sugli animali nell'agricoltura biologica. Alcune di queste operazioni possono tuttavia essere autorizzate dall'autorità o dall'organismo di controllo per motivi di sicurezza (ad esempio decornazione degli animali giovani) o al fine di migliorare la salute, il benessere o l'igiene degli animali. Tali operazioni devono essere effettuate all'età più opportuna da personale qualificato, riducendo al minimo ogni sofferenza per gli animali.

6.1.3. La castrazione è consentita per mantenere la qualità dei prodotti e le pratiche tradizionali di produzione (suini, manzi, capponi, ecc.) ma solo alle condizioni stabilite nell'ultima frase del punto 6.1.2.

6.1.4. È vietata la stabulazione fissa. Ciò nondimeno, in deroga a tale principio, l'autorità o l'organismo di controllo può autorizzare tale prassi su un singolo animale, previa motivazione da parte dell'operatore che ciò è necessario per ragioni di sicurezza o benessere dell'animale e che tale prassi viene applicata solo per un limitato periodo di tempo.

6.1.5. In deroga alle disposizioni del punto 6.1.4, la stabulazione fissa può essere praticata in edifici esistenti prima del 24 agosto 2000, purché sia previsto regolare movimento fisico e l'allevamento avvenga conformemente ai requisiti in materia di benessere degli animali, con zone confortevoli provviste di lettiera nonché gestione individuale. Tale deroga, che dev'essere autorizzata dall'autorità o dall'organismo di controllo, si applica per un periodo transitorio che scade il 31 dicembre 2010.

6.1.6. Con un'ulteriore deroga, nelle piccole aziende è permessa la stabulazione fissa se non è possibile allevare gli animali in gruppi adeguati ai requisiti di comportamento, purché almeno due volte alla settimana abbiano accesso a pascoli o a spazi liberi all'aperto. Tale deroga, che dev'essere autorizzata dall'autorità o dall'organismo di controllo, si applica ad aziende che soddisfano le norme nazionali in materia di zootecnia biologica vigenti fino al 24 agosto 2000, in mancanza, le norme private accettate o riconosciute dagli Stati membri.

6.1.7. Anteriormente al 31 dicembre 2006 la Commissione presenta una relazione sull'attuazione del punto 6.1.5.

6.1.8. Se gli animali vengono allevati in gruppo, la dimensione di quest'ultimo deve essere commisurata alle fasi di sviluppo e alle esigenze comportamentali delle specie interessate. È vietato tenere gli animali in condizioni, o sottoporli ad un regime alimentare, che possano indurre anemia.

6.1.9. L'età minima per la macellazione del pollame è di:

81 giorni per i polli,

150 giorni per i capponi,

49 giorni per le anatre di Pechino,

70 giorni per le femmine di anatra muta,

84 giorni per i maschi di anatra muta,

92 giorni per le anatre bastarde,

94 giorni per le faraone,

140 giorni per i tacchini e le oche.

Ove i produttori non rispettino queste età minime per la macellazione, devono usare ceppi a crescita lenta.

6.2. Trasporto

6.2.1. Il trasporto degli animali deve effettuarsi in modo da affaticare il meno possibile gli animali, conformemente alla normativa nazionale o comunitaria in vigore. Le operazioni di carico e scarico devono svolgersi con cautela e senza usare alcun tipo di stimolazione elettrica per costringere gli animali. È vietato l'uso di calmanti allopatici prima e nel corso del trasporto.

6.2.2. Nella fase che porta alla macellazione e al momento della macellazione gli animali devono essere trattati in modo da ridurre al minimo lo stress.

6.3. Identificazione dei prodotti animali

6.3.1. L'identificazione degli animali e dei prodotti animali deve essere garantita per tutto il ciclo di produzione, preparazione, trasporto e commercializzazione.

7. Deiezioni zootecniche (129)

7.1. Il quantitativo totale impiegato nell'azienda di deiezioni zootecniche secondo la definizione della direttiva 91/676/CEE non può superare 170 kg N per ettaro all'anno di superficie agricola utilizzata, quantitativo previsto nell'allegato III della suddetta direttiva. Se necessario, la densità totale degli animali sarà ridotta per evitare il superamento dei limiti sopracitati.

7.2. Per determinare la appropriata densità degli animali di cui sopra le unità di bestiame adulto equivalenti a 170 kg N/ha per anno di superficie agricola utilizzata per le varie categorie di animali saranno determinate dalle autorità competenti degli Stati membri tenendo conto, a titolo orientativo, della tabella riportata nell'allegato VII.

7.3. Gli Stati membri comunicano alla Commissione e agli altri Stati membri qualsiasi variazione rispetto alla tabella e le ragioni che giustificano tali modifiche. Tale prescrizione si riferisce soltanto al calcolo del numero massimo di animali, allo scopo di garantire che il limite di 170 kg di azoto da deiezioni zootecniche/ha/anno non sia superato. Ciò lascia impregiudicata la densità del bestiame ai fini della salute e del benessere degli animali di cui al capitolo 8 e nell'allegato VIII.

7.4. Le aziende che praticano il metodo di produzione biologico possono stabilire una cooperazione esclusivamente (130) con altre aziende ed imprese soggette alle disposizioni di cui al presente regolamento ai fini dello spargimento delle deiezioni in eccesso prodotto con metodi biologici. Il limite massimo di 170 kg di azoto di effluenti/ha/anno di superficie agricola utilizzata sarà calcolato in base all'insieme delle unità di produzione biologica che partecipano alla cooperazione.

7.5. Gli Stati membri possono stabilire limiti inferiori a quelli specificati nei punti da 7.1 a 7.4, tenendo conto delle caratteristiche della zona in questione, dell'applicazione di altri fertilizzanti azotati al terreno e dell'apporto di azoto alle colture mediante assorbimento dal suolo.

7.6. Gli impianti destinati allo stoccaggio di deiezioni zootecniche devono essere di capacità tale da impedire l'inquinamento delle acque per scarico diretto o ruscellamento e infiltrazione nel suolo.

7.7. Onde garantire la corretta gestione della fertilizzazione, gli impianti per le deiezioni zootecniche devono avere una capacità di stoccaggio superiore a quella richiesta per il periodo più lungo dell'anno nel quale la concimazione del terreno non è opportuna (conformemente alle corrette prassi agricole stabilite dagli Stati membri) o è vietata, nel caso in cui le unità di produzione siano situate in una zona definita vulnerabile per i nitrati.

8. Aree di pascolo e edifici zootecnici (131)

8.1. Principi generali

8.1.1. Le condizioni di stabulazione degli animali devono rispondere alle loro esigenze biologiche ed etologiche (per es. quelle di carattere comportamentale per quanto concerne libertà di movimento e benessere adeguati). Gli animali devono disporre di un accesso agevole alle mangiatoie e agli abbeveratoi. L'isolazione, il riscaldamento e l'aerazione dei locali di stabulazione devono garantire che la circolazione dell'aria, i livelli di polvere, la temperatura, l'umidità relativa dell'aria e la concentrazione di gas siano mantenuti entro limiti non nocivi per gli animali. I locali devono consentire un'abbondante ventilazione e illuminazione naturale.

8.1.2. I pascoli, gli spiazzi liberi e i parchetti all'aria aperta devono all'occorrenza offrire, in funzione delle condizioni climatiche locali e delle razze in questione, un riparo sufficiente dalla pioggia, dal vento, dal sole e dalle temperature estreme.

8.2. Densità del bestiame e protezione della vegetazione da un pascolo eccessivo

8.2.1. Non è obbligatorio prevedere locali di stabulazione nelle regioni aventi condizioni climatiche che consentono agli animali di vivere all'aperto.

8.2.2. La densità di bestiame nelle stalle deve assicurare il conforto e il benessere degli animali in funzione, in particolare, della specie, della razza e dell'età degli animali. Si terrà conto altresì delle esigenze comportamentali degli animali, che dipendono essenzialmente dal sesso e dall'entità del gruppo. La densità ottimale sarà quella che garantisce il massimo benessere agli animali, offrendo loro una superficie sufficiente per stare in piedi liberamente, sdraiarsi, girarsi, pulirsi, assumere tutte le posizioni naturali e fare tutti i movimenti naturali, ad esempio sgranchirsi e sbattere le ali.

8.2.3. Le superfici minime delle stalle e degli spiazzi liberi all'aperto e le altre caratteristiche di stabulazione per le varie specie e categorie di animali sono riportate nell'allegato VIII.

8.2.4. La densità del bestiame tenuto all'aperto in pascoli, altri terreni erbosi, lande, paludi, brughiere e altri habitat naturali o seminaturali deve essere sufficientemente bassa in modo da evitare che il suolo diventi fangoso e la vegetazione sia eccessivamente brucata.

8.2.5. I fabbricati, i recinti, le attrezzature e gli utensili devono essere puliti e disinfettati per evitare contaminazioni e la proliferazione di organismi patogeni. Soltanto i prodotti elencati nell'allegato II, parte E, possono essere utilizzati per la pulizia e disinfezione delle stalle e degli impianti zootecnici. Le feci, le urine, gli alimenti non consumati o frammenti di esso devono essere rimossi con la necessaria frequenza, al fine di limitare gli odori ed evitare di attirare insetti o roditori. Soltanto i prodotti elencati nell'allegato II, parte B, sezione 2, possono essere utilizzati per l'eliminazione di insetti e altri parassiti nei fabbricati e negli altri impianti dove viene tenuto il bestiame.

8.3. Mammiferi

8.3.1. Fatte salve le disposizioni del punto 5.3, tutti i mammiferi devono avere accesso a pascoli o a spiazzi liberi o a parchetti all'aria aperta che possono essere parzialmente coperti, e devono essere in grado di usare tali aree ogniqualvolta lo consentano le loro condizioni fisiologiche, le condizioni climatiche e lo stato del terreno, a meno che vi siano requisiti comunitari o nazionali relativi a specifici problemi di salute degli animali che lo impediscano. Gli erbivori devono avere accesso ai pascoli ogniqualvolta lo consentano le condizioni.

8.3.2. Nei casi in cui gli erbivori hanno accesso ai pascoli durante il periodo del pascolo e quando il sistema di stabulazione invernale permette agli animali la libertà di movimento, si può derogare all'obbligo di prevedere spiazzi liberi o parchetti all'aria aperta nei mesi invernali.

8.3.3. Fatta salva l'ultima frase del punto 8.3.1, i tori di più di un anno di età devono avere accesso a pascoli o a spiazzi liberi o a parchetti all'aria aperta.

8.3.4. In deroga al punto 8.3.1, la fase finale di ingrasso dei bovini, dei suini e delle pecore per la produzione di carne può avvenire in stalla, purché il periodo in stalla non superi un quinto della loro vita e comunque per un periodo massimo di tre mesi.

8.3.5. I locali di stabulazione devono avere pavimenti lisci ma non sdrucciolevoli. Almeno metà della superficie totale del pavimento deve essere solida, il che significa né grigliato, né graticciato.

8.3.6. I locali di stabulazione devono avere a disposizione un giaciglio/area di riposo confortevole, pulito e asciutto con una superficie sufficiente, costituito da una costruzione solida non fessurata. L'area di riposo deve comportare una lettiera ampia e asciutta, costituita da paglia o da materiali naturali adatti. La lettiera può essere depurata e arricchita con tutti i prodotti minerali autorizzati come concime nell'agricoltura biologica ai sensi dell'allegato II, parte A.

8.3.7. Per quanto riguarda l'allevamento di vitelli, a decorrere dal 24 agosto 2000, tutte le aziende senza eccezioni si conformano alla direttiva 91/629/CEE del Consiglio che stabilisce le norme minime per la protezione dei vitelli. È tuttavia vietato l'allevamento di vitelli in box individuali dopo una settimana di età.

8.3.8. Per quanto riguarda l'allevamento dei suini, a decorrere dal 24 agosto 2000, tutte le aziende si conformano alla direttiva 91/630/CEE del Consiglio, che stabilisce le norme minime per la protezione dei suini. Tuttavia le scrofe devono essere tenute in gruppi, salvo che nelle ultime fasi della gestazione e durante l'allattamento. I lattonzoli non possono essere tenuti in batterie iaflat decksli o in gabbie apposite. Gli spazi riservati al movimento devono permettere le deiezioni per consentire agli animali di grufolare. Per grufolare possono essere usati diversi substrati.

8.4. Pollame

8.4.1. Il pollame deve essere allevato all'aperto e non può essere tenuto in gabbie.

8.4.2. Gli uccelli acquatici devono avere accesso a un corso d'acqua, a uno stagno o a un lago ogniqualvolta le condizioni climatiche lo consentano per rispettare le esigenze di benessere degli animali o le condizioni igieniche.

8.4.3. I ricoveri per il pollame devono soddisfare le seguenti condizioni minime:

- almeno un terzo deve essere solido, vale a dire non composto da assicelle o da graticciato, e dev'essere ricoperto di lettiera composta ad esempio di paglia, trucioli di legno, sabbia o torba;

- nei fabbricati adibiti all'allevamento di galline ovaiole una parte sufficiente della superficie accessibile alle galline deve essere destinata alla raccolta degli escrementi;

- devono disporre di un numero sufficiente di posatoi di dimensione adatta all'entità del gruppo e alla taglia dei volatili come stabilito nell'allegato VIII.

- devono essere dotati di uscioli di entrata/uscita di dimensioni adeguate ai volatili, la cui lunghezza cumulata è di almeno 4 m per 100 m2 della superficie utile disponibile per i volatili;

- ciascun ricovero non deve contenere più di:

4.800 polli,

3.000 galline ovaiole,

5.200 faraone,

4.000 femmine di anatra muta o di Pechino,

3.200 maschi di anatra muta o di Pechino o altre anatre,

2.500 capponi, oche o tacchini.

- la superficie totale utilizzabile dei ricoveri per il pollame allevato per la produzione di carne per ciascuna unità di produzione non supera i 1.600 m2.

8.4.4. Per le galline ovaiole la luce naturale può essere completata con illuminazione artificiale in modo da mantenere la luminosità per un massimo di 16 ore giornaliere, con un periodo continuo di riposo notturno senza luce artificiale di almeno 8 ore.

8.4.5. Il pollame deve poter accedere a parchetti all'aperto ogniqualvolta le condizioni climatiche lo consentano e, nei limiti del possibile, per almeno un terzo della sua vita. I parchetti devono essere in maggior parte ricoperti di vegetazione, essere dotati di dispositivi di protezione e consentire agli animali un facile accesso ad un numero sufficiente di abbeveratoi e mangiatoie.

8.4.6. Nell'intervallo tra l'allevamento di due gruppi di volatili si procederà ad un vuoto sanitario, operazione che comporta la pulizia e la disinfezione del fabbricato e dei relativi attrezzi. Parimenti, al termine dell'allevamento di un gruppo di volatili, il parchetto sarà lasciato a riposo per il tempo necessario alla ricrescita della vegetazione e per operare un vuoto sanitario. Gli Stati membri stabiliscono il periodo in cui il parchetto deve essere lasciato a riposo e comunicano la loro decisione alla Commissione e agli altri Stati membri. Questi requisiti non si applicano a piccole quantità di pollame che non sia chiuso in un parchetto e che sia libero di razzolare tutto il giorno.

8.4.7. Nonostante le disposizioni contenute nei punti 8.4.2 e 8.4.5, il pollame può essere tenuto al chiuso qualora determinate restrizioni, anche di ordine veterinario, introdotte sulla base della normativa comunitaria al fine di proteggere la salute pubblica o animale, vietino o limitino l'accesso del pollame a parchetti all'aperto.

Il pollame tenuto al chiuso ha permanentemente accesso a quantità sufficienti di foraggi grossolani e di materiali adatti a soddisfare le sue necessità etologiche.

La Commissione esamina entro il 15 ottobre 2006 l'applicazione del presente paragrafo, con particolare riguardo ai requisiti in materia di benessere degli animali (132).

8.5. Deroga generale in merito alla stabulazione del bestiame

8.5.1. In deroga ai requisiti di cui ai punti 8.3.1, 8.4.2, 8.4. 3 e 8.4.5, e alle densità di stabulazione di cui all'allegato VIII, le autorità competenti degli Stati membri possono concedere deroghe ai requisiti di detti punti e dell'allegato VIII per un periodo transitorio che scade il 31 dicembre 2010. Tale deroga si applica esclusivamente alle aziende dedite all'allevamento aventi edifici preesistenti, costruiti anteriormente al 24 agosto 1999 e nella misura in cui tali edifici adibiti all'allevamento soddisfano le norme nazionali concernenti la produzione biologica in vigore anteriormente a tale data o, in mancanza, le norme private accettate o riconosciute dagli Stati membri.

8.5.2. Gli operatori che beneficiano di tale deroga presentano all'autorità o all'organo di ispezione un piano contenente le misure che garantiscono, fino al termine della deroga, il rispetto delle disposizioni contenute nel presente regolamento.

8.5.3. Anteriormente al 31 dicembre 2006 la Commissione presenta una relazione sull'attuazione del punto 8.5.1.


(109)  Rubrica aggiunta dall'allegato del regolamento (CE) n. 1804/1999.

(110)  Sezione aggiunta dall'articolo 1 del regolamento (CE) n. 1804/1999.

(111)  Sezione aggiunta dall'articolo 1 del regolamento (CE) n. 1804/1999.

(112)  Sezione aggiunta dall'articolo 1 del regolamento (CE) n. 1804/1999.

(113)  Primo e secondo trattino così sostituiti dall'allegato del regolamento (CE) n. 2254/2004.

(114)  Punto così sostituito dall'allegato del regolamento (CE) n. 2277/2003.

(115)  Punto inizialmente sostituito dall'allegato del regolamento (CE) n. 2277/2003 e successivamente così sostituito dall'allegato del regolamento (CE) n. 2254/2004.

(116)  Punto inizialmente sostituito dall'allegato del regolamento (CE) n. 2277/2003 e successivamente così sostituito dall'allegato del regolamento (CE) n. 2254/2004.

(117)  Punto inizialmente modificato dalla rettifica pubblicata nella G.U.C.E. 8 settembre 1999, n. L 237 e successivamente così sostituito dall'allegato del regolamento (CE) n. 2254/2004.

(118)  Punto così sostituito dall'allegato del regolamento (CE) n. 2277/2003.

(119)  Sezione aggiunta dall'articolo 1 del regolamento (CE) n. 1804/1999.

(120)  Punto così sostituito dall'allegato del regolamento (CE) n. 2277/2003.

(121)  Frase aggiunta dall'allegato del regolamento (CE) n. 223/2003.

(122)  Punto inizialmente sostituito dall'allegato del regolamento (CE) n. 2277/2003 e successivamente così sostituito dall'allegato del regolamento (CE) n. 1294/2005, con decorrenza indicata al suo articolo 2.

(123)  Punto così sostituito dall'allegato del regolamento (CE) n. 473/2002. Per ulteriori precisazioni si rimanda agli articoli 2 e 3 del regolamento suddetto.

(124)  Punto così sostituito dall'allegato del regolamento (CE) n. 599/2003.

(125)  Punto soppresso così sostituito dall'allegato del regolamento (CE) n. 2277/2003.

(126)  Punto così sostituito dall'allegato del regolamento (CE) n. 2277/2003.

(127)  Sezione aggiunta dall'articolo 1 del regolamento (CE) n. 1804/1999.

(128)  Sezione aggiunta dall'articolo 1 del regolamento (CE) n. 1804/1999.

(129)  Sezione aggiunta dall'articolo 1 del regolamento (CE) n. 1804/1999.

(130)  Il termine "esclusivamente" è stato inserito dall'allegato del regolamento (CE) n. 473/2002. Per ulteriori precisazioni si rimanda agli articoli 2 e 3 del regolamento suddetto.

(131)  Sezione aggiunta dall'articolo 1 del regolamento (CE) n. 1804/1999.

(132)  Punto 8.4.7 aggiunto dall'articolo 1 del regolamento (CE) n. 699/2006.

 


C. Apicoltura e prodotti dell'apicoltura (133)

1. Principi generali (134)

1.1. L'apicoltura è un'attività importante che contribuisce alla protezione dell'ambiente e alla produzione agroforestale attraverso l'azione pronuba delle api.

1.2. La qualificazione dei prodotti dell'apicoltura come ottenuti con metodo di produzione biologica è strettamente connessa sia alle caratteristiche dei trattamenti per arnie che alla qualità dell'ambiente. Detta qualificazione dipende inoltre dalle condizioni di estrazione, trasformazione e stoccaggio dei prodotti dell'apicoltura.

1.3. Qualora un operatore gestisca varie unità apicole nella medesima area, tutte le unità devono essere conformi alle disposizioni del presente regolamento. In deroga a tale principio, un operatore può gestire unità non conformi al presente regolamento a condizione che siano rispettate le disposizioni dello stesso salvo quelle enunciate al punto 4.2 per l'ubicazione degli apiari. In tal caso, il prodotto non può essere venduto con riferimenti al metodo di produzione biologica.

2. Periodo di conversione (135)

2.1. I prodotti dell'alveare possono essere venduti con riferimenti al metodo di produzione biologica soltanto se le condizioni del presente regolamento sono state rispettate per almeno un anno. Durante il periodo di conversione la cera deve essere sostituita conformemente ai requisiti di cui al punto 8. 3.

3. Origine delle api (136)

3.1. Nella scelta delle razze occorre tener conto della capacità degli animali di adattarsi alle condizioni locali, della loro vitalità e della loro resistenza alle malattie. È privilegiato l'uso di razze europee di apis mellifera e dei loro ecotipi locali.

3.2. Gli apiari devono essere costituiti attraverso la divisione di colonie o l'acquisto di alveari o sciami provenienti da unità conformi alle disposizioni del presente regolamento.

3.3. Come prima deroga, previa approvazione dell'autorità o dell'organismo di ispezione, gli apiari esistenti nell'unità di produzione che non sono conformi alle norme contenute nel presente regolamento possono essere convertiti.

3.4. Come seconda deroga, l'acquisto di sciami nudi provenienti da allevamenti convenzionali è autorizzato per un periodo transitorio che termina il 24 agosto 2002 fatto salvo l'obbligo di osservare il periodo di conversione.

3.5. Come terza deroga, la ricostituzione di apiari è autorizzata dall'autorità o dall'organismo di controllo in caso di elevata mortalità degli animali a causa di problemi sanitari o di catastrofi, quando non siano disponibili apiari conformi al presente regolamento, con l'obbligo di rispettare un periodo di conversione.

3.6. Come quarta deroga, per il rinnovo degli apiari il 10% all'anno di api regine e sciami non conformi alle disposizioni del presente regolamento può essere incorporato nell'unità di produzione biologica a condizione che le api regine e gli sciami siano collocati in alveari con favi o fogli cerei provenienti da unità di produzione biologica. In tal caso non si applica il periodo di conversione.

4. Ubicazione degli apiari (137)

4.1. Gli Stati membri possono designare le regioni o le zone in cui non è praticabile l'apicoltura che risponda ai requisiti posti dal presente regolamento. L'apicoltore fornisce all'autorità o all'organismo di controllo un inventario cartografico su scala adeguata dei siti di impianto delle arnie, come previsto all'allegato III, parte A1, sezione 2, primo trattino. In mancanza di tale designazione, l'apicoltore è tenuto a fornire all'autorità o all'organismo di controllo adeguate prove documentali, incluse eventuali analisi appropriate, per dimostrare che le aree di bottinatura accessibili alle sue colonie rispondono ai criteri previsti dal presente regolamento.

4.2. L'ubicazione degli apiari deve:

a) garantire fonti naturali di nettare, melata e polline sufficienti e l'accesso all'acqua per le api;

b) essere tale che nel raggio di 3 km a far centro dalla postazione dell'apiario le fonti di bottinaggio siano costituite essenzialmente da coltivazioni con metodo di produzione biologico e/o flora spontanea, conformemente a quanto previsto dall'articolo 6 e dall'articolo 6 e dall'allegato I del presente regolamento e da coltivazioni non soggette alle disposizioni del presente regolamento ma sottoposte a cure colturali di basso impatto ambientale quali, ad esempio, quelle descritte nei programmi concepiti ai sensi del regolamento (CEE) n. 2078/92, prive di un'influenza significativa sulla qualificazione della produzione apicola come ottenuta con metodo di produzione biologica;

c) mantenere una distanza sufficiente da qualsiasi fonte di produzione non agricola potenzialmente contaminanti quali centri urbani, autostrade, aree industriali, discariche, inceneritori di rifiuti, ecc. Le autorità o gli organismi di controllo stabiliscono misure volte ad assicurare il rispetto di tale requisito.

I requisiti suesposti non si applicano alle aree che non sono in periodo di fioritura o quando gli alveari sono inoperosi.

5. Nutrizione (138)

5.1. Alla fine della stagione produttiva agli alveari devono essere lasciate scorte abbondanti di miele e di polline, sufficienti per superare il periodo invernale.

5.2. La nutrizione artificiale delle colonie è autorizzata qualora sia in pericolo la sopravvivenza dell'alveare a causa di condizioni climatiche estreme. Essa deve essere effettuata con miele biologico, preferibilmente della stessa unità biologica.

5.3. Come prima deroga al punto 5.2 le autorità competenti degli Stati membri possono autorizzare per la nutrizione artificiale l'uso di sciroppo o melassa di zucchero ottenuti con metodo di produzione biologico in luogo del miele ottenuto con metodo di produzione biologico, segnatamente quando ciò sia richiesto dalle condizioni climatiche che provocano la cristallizzazione del miele.

5.4. Come seconda deroga l'autorità o l'organismo di controllo possono autorizzare per la nutrizione artificiale, per un periodo transitorio che termina il 24 agosto 2002 l'uso di sciroppo di zucchero, melassa di zucchero e miele non conformi alle disposizioni del presente regolamento.

5.5. Nel registro degli apiari devono essere indicate le seguenti informazioni relative all'uso di nutrizione artificiale: tipo di prodotto, date, quantità e arnie interessate.

5.6. Non è consentito nell'apicoltura che risponde ai requisiti di cui al presente regolamento l'utilizzo di prodotti diversi da quelli indicati nei punti da 5.1 a 5.4.

5.7. La nutrizione artificiale è autorizzata soltanto tra l'ultima raccolta di miele e 15 giorni prima dell'inizio del successivo periodo di flusso del nettare o della melata.

6. Profilassi e cure veterinarie (139)

6.1. La profilassi nel settore apicolo si basa sui seguenti principi:

a) selezione di opportune razze resistenti;

b) applicazione di talune pratiche che favoriscono un'elevata resistenza alle malattie e la prevenzione delle infezioni, ad esempio: periodico rinnovo delle regine, sistematica ispezione degli alveari al fine di individuare situazioni anomale dal punto di vista sanitario, controllo della covata maschile negli alveari, periodica disinfezione dei materiali e delle attrezzature, distruzione del materiale contaminato o delle sue fonti, periodico rinnovo della cera e sufficienti scorte di polline e miele nelle arnie.

6.2. Se, malgrado le suddette misure preventive, le colonie sono ammalate o infestate, esse devono essere curate immediatamente ed eventualmente isolate in apposito apiario.

6.3. L'uso di medicinali veterinari nell'apicoltura che risponde ai requisiti di cui al presente regolamento deve essere conforme ai seguenti principi:

a) essi possono essere utilizzati se la loro corrispondente utilizzazione è autorizzata nello Stato membro interessato secondo la pertinente normativa comunitaria o secondo la normativa nazionale in conformità del diritto comunitario;

b) i prodotti fitoterapici ed omeopatici sono preferiti ai medicinali allopatici ottenuti per sintesi chimica, purché abbiano efficacia terapeutica tenuto conto delle circostanze che hanno richiesto la cura;

c) qualora l'uso dei suddetti prodotti non sia verosimilmente efficace, o non si dimostri tale per debellare una malattia o un'infestazione che rischia di distruggere le colonie, possono essere utilizzati medicinali allopatici ottenuti per sintesi chimica sotto la responsabilità di un veterinario o di altre persone autorizzate dallo Stato membro, fatti salvi i principi di cui alle lettere a) e b);

d) è vietato l'uso di medicinali allopatici ottenuti per sintesi chimica per trattamenti preventivi;

e) fatto salvo il principio di cui alla lettera a) nei casi di infestazione da Varroa jacobsoni possono essere usati l'acido formico, l'acido lattico, l'acido acetico e l'acido ossalico nonché le seguenti sostanze: mentolo, timolo, eucaliptolo o canfora.

6.4. In aggiunta ai suddetti principi sono autorizzati i trattamenti veterinari o i trattamenti per arnie, favi ecc. che sono obbligatori ai sensi del diritto comunitario o nazionale.

6.5. Durante un trattamento in cui siano applicati prodotti allopatici ottenuti per sintesi chimica le colonie trattate devono essere isolate in apposito apiario e la cera deve essere completamente sostituita con altra cera conforme alle disposizioni del presente regolamento. Successivamente esse saranno soggette a un periodo di conversione di un anno.

6.6. I requisiti di cui al precedente punto non si applicano ai prodotti menzionati al punto 6.3, lettera e).

6.7. Qualora debbano essere impiegati medicinali veterinari è necessario specificare in modo chiaro e dichiarare all'organismo o autorità di controllo, prima che i prodotti siano commercializzati con la denominazione biologica, il tipo di prodotto (indicando anche i principi attivi in esso contenuti) e i dettagli della diagnosi; la posologia; il metodo di somministrazione; la durata del trattamento e il periodo di attesa raccomandato.

7. Metodi di gestione zootecnica e identificazione (140)

7.1. È vietata la distruzione delle api nei favi come metodo associato alla raccolta dei prodotti dell'apicoltura.

7.2. È vietata la spuntatura delle ali delle api regine.

7.3. È permessa la sostituzione della regina attraverso la soppressione della vecchia regina.

7.4. È ammessa la pratica della soppressione della covata maschile solo per contenere l'infestazione da Varroa jacobsoni.

7.5. È vietato l'uso di repellenti chimici sintetici durante le operazioni di smielatura.

7.6. Nel registro è indicata la zona in cui è situato l'apiario e sono identificate le arnie. Si deve informare l'organo o l'autorità di controllo circa lo spostamento di apiari entro un termine convenuto con l'organo o l'autorità in questione.

7.7. Si prenderà particolare cura nell'assicurare un'adeguata estrazione e trasformazione ed un adeguato stoccaggio dei prodotti dell'apicoltura. Tutte le misure prese per soddisfare tali requisiti saranno registrate.

7.8. L'asportazione dei melari e le operazioni di smielatura devono essere registrate nel registro dell'apiario.

8. Caratteristiche delle arnie e materiali utilizzati nell'apicoltura (141)

8.1. Le arnie devono essere costituite essenzialmente da materiali naturali che non presentino rischi di contaminazione per l'ambiente o i prodotti dell'apicoltura.

8.2. Ad eccezione dei prodotti menzionati al punto 6.3, lettera e), nelle arnie possono essere utilizzate solo sostanze naturali quali propoli, cera e oli vegetali.

8.3. La cera per i nuovi telaini deve provenire da unità di produzione biologica. A titolo di deroga, in particolare nel caso di nuovi impianti, o durante il periodo di conversione la cera convenzionale può essere autorizzata dall'organo o dall'autorità di controllo in circostanze eccezionali, qualora la cera prodotta biologicamente non sia disponibile in commercio e purché provenga da opercoli.

8.4. È vietato l'impiego di favi che contengano covate per l'estrazione del miele.

8.5. Per la protezione dei materiali (telaini, arnie, favi), in particolare dai parassiti, sono consentiti soltanto i prodotti elencati nell'allegato II, parte B. sezione 2.

8.6. Sono ammessi trattamenti fisici come il vapore o la fiamma diretta.

8.7. Per pulire e disinfettare materiali, edifici, attrezzature, utensili o prodotti usati nell'apicoltura sono permesse soltanto le sostanze appropriate elencate nell'allegato II, parte E.


(133)  Rubrica aggiunta dall'articolo 1 del regolamento (CE) n. 1804/1999.

(134)  Sezione aggiunta dall'articolo 1 del regolamento (CE) n. 1804/1999.

(135)  Sezione aggiunta dall'articolo 1 del regolamento (CE) n. 1804/1999.

(136)  Sezione aggiunta dall'articolo 1 del regolamento (CE) n. 1804/1999.

(137)  Sezione aggiunta dall'articolo 1 del regolamento (CE) n. 1804/1999.

(138)  Sezione aggiunta dall'articolo 1 del regolamento (CE) n. 1804/1999.

(139)  Sezione aggiunta dall'articolo 1 del regolamento (CE) n. 1804/1999.

(140)  Sezione aggiunta dall'articolo 1 del regolamento (CE) n. 1804/1999.

(141)  Sezione aggiunta dall'articolo 1 del regolamento (CE) n. 1804/1999.

 


Allegato II (142)

A. Prodotti per la concimazione e l'ammendamento

A. Prodotti per la concimazione e l'ammendamento

Condizioni generali applicabili a tutti i prodotti:

- impiego consentito solo se sono soddisfatti e requisiti dell'allegato I,

- impiego consentito solo in conformità delle disposizioni della normativa concernente la commercializzazione e l'utilizzazione dei prodotti interessati applicabile in agricoltura generale nello Stato membro in cui il prodotto è utilizzato (143).

Nome

Descrizione, requisiti in materia di composizione, condizioni per l'uso

Prodotti composti o contenenti unicamente le sostanze riportate nell'elenco seguente:

 

 

 

- Letame

Prodotto costituito dal miscuglio di escrementi animali e da materiali vegetali (lettiera).

 

Necessità riconosciuta dall'organismo di controllo o dall'autorità di controllo.

 

Indicazione delle specie animali.

 

Proveniente unicamente da allevamenti estensivi ai sensi dell'articolo 6, paragrafo 4, del regolamento (CEE) n. 2328/91 del Consiglio, modificato da ultimo dal regolamento (CE) n. 3669/93.

- Letame essiccato e deiezioni avicole disidratate

Necessità riconosciuta dall'organismo di controllo o dall'autorità di controllo.

 

Indicazione delle specie animali.

 

Proveniente unicamente da allevamenti estensivi ai sensi dell'articolo 6, paragrafo 4, del regolamento (CEE) n. 2328/91.

- Deiezioni animali, composte, inclusa la pollina ed il letame

Necessità riconosciuta dall'organismo di controllo o dall'autorità di controllo.

 

Indicazione delle specie animali.

 

Provenienti da allevamenti industriali.

- Escrementi liquidi di animali (liquame, urina, ecc.)

Impiego previa fermentazione controllata e/o diluizione adeguata.

 

Necessità riconosciuta dall'organismo di controllo o dall'autorità di controllo.

 

Indicazione delle specie animali.

 

Proibiti se provenienti da allevamenti industriali.

Rifiuti domestici compostati o fermentati (144)

Prodotto ottenuto da rifiuti domestici separati alla fonte, sottoposti a compostaggio o a fermentazione anaerobica per la produzione di biogas

 

Solo rifiuti domestici vegetali e animali

 

Solo se prodotti all'interno di un sistema di raccolta chiuso e sorvegliato, ammesso dallo Stato membro

 

Concentrazioni massime in mg/kg di materia secca: cadmio: 0,7; rame: 70; nickel: 25; piombo: 45; zinco: 200; mercurio: 0,4; cromo (totale): 70; cromo (VI): 0 [*]

 

Necessità riconosciuta dall'organismo di controllo o dall'autorità di controllo

 

[Soltanto per un periodo che scade il 31 marzo 2006 (145)] (146)

 

 

- Torba

Impiego limitato all'orticoltura (colture orticole, floricole, arboricole, vivai).

Argille (perlite, vermiculite, ecc.)

 

 

 

- Residui di fungaie

La composizione iniziale del substrato deve essere limitata ai prodotti del presente elenco.

- Deiezioni di vermi (Vermicompost) e di insetti

 

- Guano

Necessità riconosciuta dall'organismo di controllo o dall'autorità di controllo.

Miscela di materiali vegetali compostata o fermentata (147)

Prodotto ottenuto da miscele di materiali vegetali sottoposte a compostaggio o a fermentazione anaerobica per la produzione di biogas

 

Necessità riconosciuta dall'organismo di controllo o dall'autorità di controllo

- I prodotti o sottoprodotti di origine animale citati di seguito:

Necessità riconosciuta dall'organismo di controllo o dall'autorità di controllo

- farina di sangue

 

- polvere di zoccoli

 

- polvere di corna

 

- polvere di ossa, anche degelatinata

 

[- nero animale (carbone animale)] (148)

 

- farina di pesce

 

- farina di carne

 

- pennone

 

- lana

 

- pellami

Concentrazione massima in mg/kg di materia secca di cromo (VI): 0 [*]

- pelli e crini

 

- prodotti lattireo-caseari

 

- Prodotti e sottoprodotti organici di origine vegetale per la fertilizzazione

 

(ad esempio: farina di panelli di semi oleosi, guscio di cacao, radichette di malto, ecc.)

 

- Alghe e prodotti a base di alghe

Se ottenuti direttamente mediante:

 

 

 

i) processi fisici comprendenti disidratazione, congelamento e macinazione;

 

ii) estrazione con acqua o soluzione acida e/o alcalina;

 

iii) fermentazione;

 

 

 

necessità riconosciuta dall'organismo di controllo o dall'autorità di controllo.

- Segatura e trucioli di legno

Legname non trattato chimicamente dopo l'abbattimento.

- Cortecce compostate

Legname non trattato chimicamente dopo l'abbattimento.

- Cenere di legno

Proveniente da legname non trattato chimicamente dopo l'abbattimento.

- Fosfato naturale tenero

Prodotto definito dalla direttiva 76/116/CEE del Consiglio, modificata dalla direttiva 89/284/CEE.

 

Tenore di cadmio inferiore o pari a 90 mg/kg di P205.

- Fosfato alluminio-calcico

Prodotto definito dalla direttiva 76/116/CEE modificata dalla direttiva 89/284/CEE.

 

Tenore di cadmio inferiore o pari a 90 mg/kg di P205.

 

Impiego limitato ai terreni basici (pH > 7,5).

- Scorie di defosforazione

Necessità riconosciuta dall'organismo di controllo o dall'autorità di controllo.

- Sale grezzo di potassio

Necessità riconosciuta dall'organismo di controllo o dall'autorità

(ad esempio: kainite, silvinite, ecc.)

di controllo.

Solfato di potassio, che può contenere sale di magnesio (149)

Prodotto ottenuto da sale grezzo di potassio mediante un processo di estrazione fisica e che può contenere anche sali di magnesio

 

Necessità riconosciuta dall'organismo di controllo o dall'autorità di controllo

- Borlande ed estratti di borlande

Escluse le borlande estratte con sali ammoniacali

- Carbonato di calcio di origine naturale

 

(ad esempio: creta, marna, calcare macinato, litotamnio, maerl, creta fosfatica, ecc.).

 

- Carbonato di calcio e magnesio di origine naturale

 

(ad esempio: creta magnesiaca, calcare magnesiaco macinato, ecc.)

 

- Solfato di magnesio

Unicamente di origine naturale.

(ad esempio: kierserite)

Necessità riconosciuta dall'organismo di controllo o dall'autorità di controllo.

- Soluzione di cloruro di calcio

Trattamento fogliare su melo, dopo che sia stata messa in evidenza una carenza di calcio.

 

Necessità riconosciuta dall'organismo di controllo o dall'autorità di controllo.

- Solfato di calcio (gesso)

Prodotto definito dalla direttiva 76/116/CEE modificata dalla direttiva 89/284/CEE.

 

Unicamente di origine naturale.

Fanghi industriali provenienti da zuccherifici (150)

Necessità riconosciuta dall'organismo di controllo o dall'autorità di controllo

Fanghi industriali risultanti dalla produzione di sale mediante estrazione per dissoluzione (151)

Sottoprodotto della produzione di sale mediante estrazione per dissoluzione da salamoie naturali presenti in zone montane

 

Necessità riconosciuta dall'organismo di controllo o dall'autorità di controllo

- Zolfo elementare

Prodotto definito dalla direttiva 76/116/CEE modificata dalla direttiva 89/284/CEE.

 

Necessità riconosciuta dall'organismo di controllo o dall'autorità di controllo.

- Oligoelementi

Oligoelementi inclusi nella direttiva 89/530/CEE

 

Necessità riconosciuta dall'organismo di controllo o dall'autorità di controllo.

- Cloruro di sodio

Unicamente salgemma.

 

Necessità riconosciuta dall'organismo di controllo o dall'autorità di controllo.

- Farina di roccia

 

 

[*] Limite di determinazione.

 

 

 


(142)  Allegato modificato dal regolamento (CEE) n. 2608/93, dal regolamento (CE) n. 2381/94, così modificato dal regolamento (CE) n. 1488/97, dall'allegato al regolamento (CE) n. 436/2001 che ha modificato anche le versioni in lingua danese, tedesca, greca, olandese, svedese, finlandese e portoghese e dall'allegato del regolamento (CE) n. 473/2002. Per ulteriori precisazioni si rimanda agli articoli 2 e 3 di quest'ultimo regolamento.

(143)  Testo così sostituito dall'allegato del regolamento (CE) n. 1073/2000.

(144)  Disposizioni così sostituite dall'allegato al regolamento (CE) n. 436/2001.

(145)  Data così sostituita dall'allegato del regolamento (CE) n. 473/2002. Per ulteriori precisazioni si rimanda agli articoli 2 e 3 del regolamento suddetto.

(146)  Parole soppresse dall'allegato del regolamento (CE) n. 592/2006.

(147)  Disposizioni così sostituite dall'allegato al regolamento (CE) n. 436/2001.

(148)  Prodotto soppresso dall'allegato del regolamento (CE) n. 1073/2000. Vedi, per la decorrenza della modifica, l'articolo 2 del regolamento sopra citato.

(149)  Le disposizioni concernenti il nome e le condizioni specifiche del solfato di potassio sono state così sostituite dall'allegato del regolamento (CE) n. 1073/2000.

(150)  Disposizioni così sostituite dall'allegato al regolamento (CE) n. 436/2001.

(151)  Voce inserita dall'allegato del regolamento (CE) n. 1318/2005.

 


B. Antiparassitari

1. Prodotti fitosanitari (152)

Condizioni generali applicabili per tutti i prodotti composti o contenenti le sostanze attive appresso indicate:

- impiego in conformità ai requisiti dell'allegato I,

- soltanto in conformità delle disposizioni specifiche della normativa sui prodotti fitosanitari applicabile nello Stato membro in cui il prodotto è utilizzato [ove pertinente [*]].

I. Sostanze di origine vegetale o animale

 

 

Nome

Descrizione, requisiti di composizione, condizioni per l'uso

 

 

 

 

Azadiractina estratta da Azadirachta indica (albero

Insetticida

del neem) (153)

Necessità riconosciuta dall'organismo di controllo o dall'autorità di controllo

 

 

 

 

[*] Cera d'api

Protezione potatura

 

 

 

 

Gelatina

Insetticida

 

 

 

 

[*] Proteine idrolizzate

Sostanze attrattive;

 

solo in applicazioni autorizzate in combinazione con altri prodotti adeguati del presente allegato II, parte B

 

 

 

 

Lecitina

Fungicida

 

 

 

 

Estratto (soluzione acquosa) di Nicotiana tabacum

Insetticida;

 

solo contro gli afidi in alberi da frutta subtropicali (ad es. aranci, limoni) e in colture tropicali (ad es. banani) utilizzabile solo all'inizio del periodo vegetativo

 

 

 

Necessità riconosciuta dall'organismo di controllo o dall'autorità di controllo

 

 

 

Utilizzabile soltanto durante un periodo che termina il 31 marzo 2002

 

 

 

 

Oli vegetali (ad es., olio di menta, olio di pino, olio di carvi)

Insetticida, acaricida, fungicida e inibitore della germogliazione

 

 

 

 

Piretrine estratte da Chrysanthemum

Insetticida

cinerariaefolium (154)

 

 

Necessità riconosciuta dall'organismo di controllo o dell'autorità di controllo

 

 

 

 

Quassia estratta da Quassia amara

Insetticida, repellente

 

 

 

 

Rotenone estratto da Derris spp, Loncho carpus spp e Therphrosia spp.

Insetticida

 

Necessità riconosciuta dall'organismo di controllo o dall'autorità di controllo

 

 

 

 

__________

[*] In alcuni Stati membri i prodotti contrassegnati con asterisco non sono considerati prodotti fitosanitari e non sono soggetti alle disposizioni della legislazione in materia di prodotti fitosanitari.

2. Prodotti per la lotta contro i parassiti e le malattie nei locali di stabulazione e negli impianti:

Prodotti elencati nella sezione 1

Rodenticidi (155)

II. Microorganismi utilizzati nella lotta biologica contro i parassiti

 

 

Nome

Descrizione, requisiti di composizione, condizioni per l'uso

 

 

 

 

Microorganismi (batteri, virus e funhi), ad es. Bacillus thuringensis, Granulosis virus, ecc.

Solo prodotti non geneticamente modificati ai sensi della direttiva 90/220/CEE del Consiglio

 

 

 

 

III. Sostanze da utilizzare solo in trappole e/o distributori automatici

Condizioni generali:

- le trappole e/o i distributori automatici devono impedire la penetrazione delle sostanze nell'ambiente e il contatto delle stesse con le coltivazioni in atto;

- le trappole devono essere raccolte dopo l'utilizzazione e riposte al sicuro.

 

 

Nome

Descrizione, requisiti di composizione, condizioni per l'uso

 

 

 

 

[*] Fosfato di diammonio

Sostanza attrattiva

 

Soltanto in trappole

 

 

 

 

Metaldeide

Molluschicida

 

 

 

Soltanto in trappole contenenti un repellente per specie animali superiori

 

Utilizzabile soltanto per un periodo che termina il 31 marzo 2006 (156)

 

 

 

 

Feromoni (157)

Sostanze attrattive; sostanze che alterano il comportamento sessuale

 

Solo in trappole e distributori automatici

 

 

 

 

Piretroidi (solo deltametrina o lambda-

Insetticida;

cialotrina)

 

 

solo in trappole con sostanze specifiche attrattive

 

 

 

Solo contro Batrocera oleae e Ceratitis capitata wied

 

 

 

Necessità riconosciuta dall'organismo di controllo o dall'autorità di controllo

 

 

 

Solo per un periodo che termina il 31 marzo 2002 (158)

 

 

 

 

__________

[*] In alcuni Stati membri i prodotti contrassegnati con asterisco non sono considerati prodotti fitosanitari e non sono soggetti alle disposizioni della legislazione in materia di prodotti fitosanitari.

III bis. Preparazioni da spargere in superficie tra le piante coltivate (159):

 

 

Designazione

Descrizione, requisiti di composizione, condizioni per l'uso

 

 

 

 

Ortofosfato di ferro (III)

Molluschicida

 

 

 

 

IV. Altre sostanze di uso tradizionale in agricoltura biologica

 

 

Nome

Descrizione, requisiti di composizione, condizioni per l'uso

 

 

 

 

Rame, nella forma di idrossido di rame,

Fungicida

ossicloruro di rame, solfato di rame (tribasico),

 

ossido rameoso (160)

Fino al 31 dicembre 2005, nel limite massimo di 8 kg di rame per ettaro per anno e dal 1° gennaio 2006, nel limite massimo di 6 kg di rame per ettaro per anno, fatte salve disposizioni specifiche più restrittive previste dalla legislazione sui prodotti fitosanitari dello Stato membro in cui il prodotto sarà utilizzato.

 

Per le colture perenni, gli Stati membri possono disporre, in deroga al disposto del paragrafo precedente, che i tenori massimi siano applicati come segue:

 

- il quantitativo totale massimo utilizzato a decorrere dal 23 marzo 2002 fino al 31 dicembre 2006 non deve superare 38 kg di rame per ettaro

 

- a decorrere dal 1° gennaio 2007, il quantitativo massimo che può essere utilizzato ogni anno sarà calcolato detraendo i quantitativi effettivamente utilizzati nei quattro anni precedenti dal quantitativo totale massimo di, rispettivamente, 36, 34, 32 e 30 kg di rame per ettaro per gli anni 2007, 2008, 2009 e 2010 e per gli anni successivi

 

Necessità riconosciuta dall'organismo di controllo o dall'autorità di controllo

 

 

 

 

[*] Etilene (161)

Sverdimento di banane, kiwi e cachi; induzione della fioritura dell'ananas

 

Necessità riconosciuta dall'organismo di controllo o dall'autorità di controllo

 

 

 

 

Sale di potassio di acidi grassi (sapone molle)

Insetticida

 

 

 

 

[*] Allume di potassio (Calinite)

Prevenzione della maturazione delle banane

 

 

 

 

Zolfo calcico (polisolfuro di calcio) (162)

Fungicida, insetticida, acaricida;

 

Necessità riconosciuta dall'organismo di controllo o dall'autorità di controllo

 

 

 

 

Olio di paraffina

Insetticida, acaricida

 

 

 

 

Oli minerali

Insetticida, fungicida,

 

 

 

solo in alberi da frutta, viti, ulivi e colture tropicali (ad esempio, banani)

 

 

 

Solo per un periodo che termina il 31 marzo 2002 (163)

 

 

 

Necessità riconosciuta dall'organismo di controllo o dall'autorità di controllo

 

 

 

 

Permanganato di potassio

Fungicida, battericida;

 

 

 

solo in alberi da frutta, ulivi e viti

 

 

 

 

[*] Sabbia di quarzo

Repellente

 

 

 

 

Zolfo

Fungicida, acaricida, repellente

 

 

 

[*] In alcuni Stati membri i prodotti contrassegnati con asterisco non sono considerati prodotti fitosanitari e non sono soggetti alle disposizioni della legislazione in materia di prodotti fitosanitari.

 

 

 

V. Altre sostanze (164)

 

 

Nome

Descrizione, requisiti di composizione, condizioni per l'uso

 

 

 

 

Idrossido di calcio

Fungicida

 

Solo in alberi da frutta, compresi i vivai, per combattere la Nectria galligena

 

 

 

 


(152)  Il titolo della presente parte B è stato così sostituito dall'allegato del regolamento (CE) n. 1804/1999.

(153)  Le disposizioni concernenti il nome e le condizioni specifiche dell'azadiractina sono state così sostituite dall'allegato del regolamento (CE) n. 1073/2000.

(154)  Disposizioni così sostituite dall'allegato al regolamento (CE) n. 436/2001.

(155)  Testo inserito dall'allegato del regolamento (CE) n. 1804/1999.

(156)  Data così sostituita dall'allegato del regolamento (CE) n. 473/2002. Per ulteriori precisazioni si rimanda agli articoli 2 e 3 del regolamento suddetto.

(157)  Le disposizioni concernenti il nome e le condizioni specifiche dei feromoni sono state così sostituite dall'allegato del regolamento (CE) n. 1073/2000.

(158)  La restrizione per l'impiego dei piretroidi per un periodo che scade il 31 marzo 2002 è stata soppressa dall'allegato del regolamento (CE) n. 473/2002. Per ulteriori precisazioni si rimanda agli articoli 2 e 3 del regolamento suddetto.

(159)  La tabella III bis denominata "Preparazioni da spargere in superficie tra le piante coltivate" è stata aggiunta dall'allegato del regolamento (CE) n. 473/2002. Per ulteriori precisazioni si rimanda agli articoli 2 e 3 del regolamento suddetto.

(160)  Le disposizioni relative al rame sono state così sostituite dall'allegato del regolamento (CE) n. 473/2002. Per ulteriori precisazioni si rimanda agli articoli 2 e 3 del regolamento suddetto.

(161)  Voce così sostituita dall'allegato del regolamento (CE) n. 1318/2005.

(162)  Le disposizioni concernenti il nome e le condizioni specifiche dello zolfo calcico sono state così sostituite dall'allegato del regolamento (CE) n. 1073/2000.

(163)  Il termine massimo del 31 marzo 2002 consentito per l'impiego degli oli minerali è stato soppresso dall'allegato del regolamento (CE) n. 473/2002. Per ulteriori precisazioni si rimanda agli articoli 2 e 3 del regolamento suddetto.

(164)  Tabella inserita dall'allegato del regolamento (CE) n. 1318/2005.

 


C. Materie prime per mangimi (165)

1. Materie di origine vegetale per mangimi

1.1. Cereali, granaglie, loro prodotti e sottoprodotti. Sono incluse nella categoria unicamente le seguenti sostanze:

avena sotto forma di grani, fiocchi, cruschello e crusca; orzo sotto forma di grani, proteine e farinetta; riso sotto forma di panello di germe; miglio sotto forma di grani; segale sotto forma di grani e farinetta; sorgo sotto forma di grani; frumento sotto forma di grani, farinetta, crusca, farina glutinata, glutine e germe; spelata sotto forma di grani; triticale sotto forma di grani; granturco sotto forma di grani, crusca, farinetta, panello di germe e glutine; radichette di malto; borlande (trebbie) di birreria.

1.2. Semi oleosi, frutti oleosi, loro prodotti e sottoprodotti. Sono incluse nella categoria unicamente le seguenti sostanze:

semi di colza sotto forma di semi, panello e buccette; semi di soia sotto forma di semi, semi tostati, panello e buccette; semi di girasole sotto forma di semi e panello; cotone sotto forma di semi e panelli; semi di lino sotto forma di semi e panelli; semi di sesamo sotto forma di panello; palmisti sotto forma di panelli; semi di zucca sotto forma di panello; olive, sansa di oliva; oli vegetali (ottenuti per estrazione fisica).

1.3. Semi di leguminose, loro prodotti e sottoprodotti. Sono incluse nella categoria unicamente le seguenti sostanze:

ceci sotto forma di semi, cruschetta e crusca; vecciolo sotto forma di semi, cruschetta e crusca; cicerchia sotto forma di semi sottoposti a trattamento termico, cruschetta e crusca; piselli sotto forma di semi, cruschetta e crusca; fave da orto sotto forma di semi, cruschetta e crusca; fave e favette sotto forma di semi, cruschetta e crusca, veccia sotto forma di semi, cruschetta e crusca e lupini sotto forma di semi, cruschetta e crusca.

1.4. Tuberi, radici, loro prodotti e sottoprodotti. Sono incluse nella categoria unicamente le seguenti sostanze:

polpa di barbabietola da zucchero, patate, patata dolce come tubero, polpa di patate (residuo solido della fecola di patate), fecola di patate, proteina di patate e manioca.

1.5. Altri semi e frutti, loro prodotti e sottoprodotti. Sono incluse nella categoria unicamente le seguenti sostanze:

carrube, semi e farina di carrube, zucche, pastazzo di agrumi; mele, melecotogne, pere, pesche, fichi, uva e relativo residuo; castagne, panelli di noci comuni, panelli di nocciole; gusci e panelli di cacao; ghiande.

1.6. Foraggi e foraggi grossolani. Sono incluse nella categoria unicamente le seguenti sostanze:

erba medica, farina di erba medica, trifoglio, farina di trifoglio, graminacee (ottenute da piante da foraggio), farina di graminacee, fieno, insilato, paglia di cereali e ortaggi a radice da foraggio.

1.7. Altri vegetali, loro prodotti e sottoprodotti. Sono incluse nella categoria unicamente le seguenti sostanze:

melassa, farina di alghe marine (ottenuta con l'essiccazione e la frantumazione delle alghe marine e lavata per ridurre il tenore di iodio), polveri ed estratti vegetali, estratti proteici vegetali (da somministrare esclusivamente ai giovani animali), spezie e aromi.

1.8. I seguenti mangimo possono essere utilizzati fino al 30 giugno 2004: riso sotto forma di grani, rotture di riso, crusca di riso, cruschetta di segale, crusca di segale, semi di ravizzone sotto forma di panello, buccette e tapioca.

2. Materie di origine animale per mangimi

2.1. Latte e prodotti lattiero-caseari. Sono incluse nella categoria unicamente le seguenti sostanze:

latte crudo definito all'articolo 2 della direttiva 92/46/CEE del Consiglio, latte in polvere, latte scremato, latte scremato in polvere, latticello, latticello in polvere, siero di latte, siero di latte in polvere, siero di latte in polvere parzialmente delattosato, proteina di siero di latte in polvere (estratta mediante trattamento fisico), caseina in polvere, lattosio in polvere, cagliata e latte acido.

2.2. Pesci, altri animali marini, loro prodotti e sottoprodotti. Sono incluse nella categoria unicamente le seguenti sostanze:

pesce, olio di pesce e olio di fegato di merluzzo non raffinato; autolisati, idrolisati e proteolisati di pesce, di molluschi e di crostacei ottenuti per via enzimatica, sotto forma solubile e non, somministrati esclusivamente ai giovani animali; farina di pesce.

2.3. Uova e ovoprodotti destinati all'alimentazione del pollame, provenienti di preferenza dalla stessa azienda.

3. Materie di origine minerale per mangimi

Sono incluse nella categoria unicamente le seguenti sostanze:

Sodio:

sale marino non raffinato

salgemma grezzo estratto da giacimenti

solfato di sodio

carbonato di sodio

bicarbonato di sodio

cloruro di sodio

Potassio:

cloruro di potassio

Calcio:

litotamnio e maerl

conchiglie di animali acquatici (inclusi ossi di seppia)

carbonato di calcio

lattato di calcio

gluconato di calcio

Fosforo:

fosfato bicalcico defluorato

fosfato monocalcico defluorato

fosfato monosodico

fosfato di calcio e di magnesio

fosfato di calcio e di sodio

Magnesio:

ossido di magnesio (magnesio anidro)

solfato di magnesio

cloruro di magnesio

carbonato di magnesio

fosfato di magnesio

Zolfo:

Solfato di sodio

I fosfati bicalcici precipitati d'ossa possono essere utilizzati fino al 30 giugno 2004.


(165)  Parte C inizialmente sostituita dall'allegato del regolamento (CE) n. 1804/1999, successivamente modificata dall'allegato del regolamento (CE) n. 599/2003 e da ultimo così sostituita dall'allegato del regolamento (CE) n. 2277/2003.

 


D. Additivi alimentari, alcune sostanze utilizzate nell'alimentazione degli animali di cui alla direttiva 82/471/CEE e ausiliari di fabbricazione nei mangimi (166)

1. Additivi alimentari

1.1. Elementi in tracce. Sono incluse nella categoria unicamente le seguenti sostanze:

E1 Ferro:

carbonato ferroso (II)

solfato ferroso (II) monoidrato e/o eptaidrato

ossido ferrico (III)

E2 Iodio:

iodato di calcio, anidro

iodato di calcio, esaidrato

ioduro di sodio

E3 Cobalto:

solfato di cobalto (II) monoidrato e/o eptaidrato

carbonato basico di cobalto (II) monoidrato

E4 Rame:

ossido rameico (II)

carbonato basico di rame (II) monoidrato

solfato di rame (II) pentaidrato

E5 Manganese:

carbonato manganoso (II)

ossido manganoso e ossido manganico

solfato manganoso (II) mono e/o tetraidrato

E6 Zinco:

carbonato di zinco

ossido di zinco

solfato di zinco mono e/o eptaidrato

E7 Molibdeno:

molibdato di ammonio, molibdato di sodio

E8 Selenio:

selenato di sodio

selenito di sodio.

1.2. Vitamine, provitamine e sostanze di effetto analogo chimicamente ben definite. Solo le seguenti sostanze sono incluse nella categoria:

vitamine autorizzate ai sensi del regolamento (CE) n. 1831/2003 del Parlamento europeo e del Consiglio:

- vitamine derivate da materie prime naturalmente presenti nei mangimi,

- vitamine di sintesi identiche alle vitamine naturali per gli animali monogastrici,

- con l'autorizzazione previa dell'autorità competente dello Stato membro, vitamine di sintesi A, D ed E identiche alle vitamine naturali per i ruminanti (167).

1.3. Enzimi. Sono incluse nella categoria unicamente le seguenti sostanze:

gli enzimi autorizzati ai sensi della direttiva 70/524/CEE.

1.4. Microrganismi. Sono incluse nella categoria unicamente i seguenti microrganismi:

i microrganismi autorizzati ai sensi della direttiva 70/524/CEE.

1.5. Conservanti. Sono incluse nella categoria unicamente le seguenti sostanze:

E 200 Acido sorbico

E 236 Acido formico

E 260 Acido acetico

E 270 Acido lattico

E 280 Acido propionico

E 330 Acido citrico.

L'impiego di acido lattico, formico, propionico e acetico per la produzione di insilati è autorizzato soltanto quando le condizioni meteorologiche non consentono una fermentazione sufficiente.

1.6. Agenti leganti, antiagglomeranti e coagulanti. Sono incluse nella categoria unicamente le seguenti sostanze:

E 470 Stearato di calcio di origine naturale

E 551b Silice colloidale

E 551c Kieselgur

E 558 Bentonite

E 559 Argilla caolinitica

E 560 Miscele naturali di steatiti e di clorite

E 561 Vermiculite

E 562 Sepiolite

E 599 Perlite.

1.7. Sostanze antiossidanti. Sono incluse nella categoria unicamente le seguenti sostanze:

E 306 Estratti d'origine naturale ricchi di tocoferolo.

1.8. Additivi per insilati. Sono incluse nella categoria unicamente le seguenti sostanze:

A decorrere dal 19 ottobre 2004, gli enzimi, i lieviti e i batteri autorizzati dal regolamento (CE) n. 1831/2003 sugli additivi nell'alimentazione animale.

2. Alcuni prodotti utilizzati nell'alimentazione animale

Sono inclusi nella categoria unicamente i seguenti prodotti:

lieviti di birra.

3. Ausiliari di fabbricazione utilizzati per i mangimi

3.1. Ausiliari di fabbricazione di insilati. Sono incluse nella categoria unicamente le seguenti sostanze:

- sale marino, salgemma grezzo estratto da giacimenti, siero di latte, zucchero, polpa di barbabietola da zucchero, farina di cereali e melassa,

- sino al 18 ottobre 2004, enzimi, lieviti e batteri lattici, acetici, formici e propionici.

____________

[*] La direttiva 70/524/CEE sarà abrogata con effetto a decorrere dal 19 ottobre 2004. Il regolamento (CE) n. 1831/2003 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 22 settembre 2003, sugli additivi destinati all'alimentazione animale, sarà applicabile a partire da tale data.


(166)  Parte D aggiunta dall'allegato del regolamento (CE) n. 1804/1999, successivamente modificata dall'allegato del regolamento (CE) n. 599/2003 e da ultima così sostituita dall'allegato del regolamento (CE) n. 2277/2003.

(167)  Punto 1.2 così sostituito dall'allegato del regolamento (CE) n. 1916/2005.

 


E. Prodotti autorizzati per la pulizia e la disinfezione dei locali di stabulazione e degli impianti (ad es. Attrezzatura e utensili) (168)

Saponi a base di sodio e di potassio

Acqua e vapore

Latte di calce

Calce

Calce viva

Ipoclorito di sodio (ad es. candeggina)

Soda caustica

Potassa caustica

Acqua ossigenata

Essenze naturali di vegetali

Acido citrico, peracetico, formico, lattico, ossalico e acetico

Alcole

Acido nitrico (attrezzatura da latteria)

Acido fosforico (attrezzatura da latteria)

Formaldeide

Prodotti per la pulizia e la disinfezione delle mammelle e attrezzature per la mungitura

Carbonato di sodio


(168)  Parte E aggiunta dall'allegato del regolamento (CE) n. 1804/1999.

 


F. Altri prodotti (169)

(169)  Parte F aggiunta dall'allegato del regolamento (CE) n. 1804/1999.

 


Allegato III (170)

Requisiti minimi di controllo e misure precauzionali previste nell'ambito del regime di controllo di cui agli articoli 8 e 9

Disposizioni generali

Le disposizioni generali contenute nel presente allegato si applicano a tutti gli operatori di cui all'articolo 8, paragrafo 1, nella misura in cui dette disposizioni si riferiscono ad attività svolte dall'operatore di cui trattasi.

Agli operatori che svolgono le attività menzionate nel titolo di ciascuna sezione si applicano, oltre alle disposizioni generali, anche le disposizioni specifiche corrispondenti (171).

Disposizioni generali

1. Requisiti minimi di controllo

I requisiti relativi al controllo stabiliti nel presente allegato si applicano fatte salve le misure adottate dagli Stati membri per garantire la tracciabilità dei prodotti, di cui all'articolo 9, paragrafo 12, lettere a) e c), durante tutto il ciclo di produzione, nonché il rispetto delle disposizioni del presente regolamento.

2. Attuazione

Gli operatori già in attività alla data indicata all'articolo 2 del regolamento (CE) n. 2491/2001 sono inoltre soggetti alle disposizioni di cui al punto 3 e a quelle relative al controllo iniziale di cui alle parti A, B, C, D ed E delle disposizioni specifiche del presente allegato (172).

3. Controllo iniziale (173)

La prima volta che si applica il regime di controllo, l'operatore responsabile è tenuto a redigere:

- una descrizione completa dell'unità, degli stabilimenti e dell'attività,

- una descrizione delle misure concrete che devono essere adottate a livello dell'unità, degli stabilimenti o dell'attività per garantire il rispetto delle disposizioni del presente regolamento, in particolare dei requisiti descritti nel presente allegato,

- le misure precauzionali da prendere per ridurre il rischio di contaminazione da parte di sostanze o prodotti non autorizzati e le misure di pulizia da prendere nei luoghi di magazzinaggio e lungo tutta la catena di produzione dell'operatore.

Se del caso, la descrizione e le misure suddette possono rientrare nell'ambito di un sistema di qualità istituito dall'operatore.

La descrizione e le misure pratiche suddette devono essere contenute in una dichiarazione firmata dall'operatore responsabile.

Nella dichiarazione deve figurare altresì l'impegno dell'operatore a:

- effettuare le operazioni conformemente al disposto degli articoli 5, 6 e 6 bis e, se del caso, dell'articolo 11 del presente regolamento e/o del regolamento (CE) n. 223/2003,

- accettare, in caso di infrazioni o irregolarità, che siano applicate le misure di cui all'articolo 9, paragrafo 9, e, se del caso, all'articolo 10, paragrafo 3, del presente regolamento, e

- accettare di informare per iscritto gli acquirenti del prodotto per far sì che le indicazioni relative al metodo di produzione biologico siano soppresse da tale produzione.

La dichiarazione di cui sopra deve essere verificata dall'organismo o dall'autorità di controllo, i quali compilano una relazione che indica le eventuali carenze o la mancata osservanza delle disposizioni del presente regolamento. L'operatore è tenuto a controfirmare la relazione e ad adottare le misure necessarie per ovviare alle inadempienze constatate.

4. Comunicazioni (174)

L'operatore responsabile deve notificare in tempo debito all'organismo o all'autorità di controllo qualsiasi cambiamento della descrizione o delle misure concrete di cui al punto 3 e delle misure del controllo iniziale previste dalle parti A, B, C, D ed E delle disposizioni specifiche del presente allegato.

5. Visite di controllo (175)

L'organismo o l'autorità di controllo effettuano almeno una volta all'anno un controllo fisico completo di tutti gli operatori. L'organismo o l'autorità di controllo può prelevare campioni per la ricerca di prodotti non autorizzati in virtù del presente regolamento o per individuare tecniche di produzione non conformi al presente regolamento. Possono essere inoltre prelevati e analizzati campioni per scoprire eventuali contaminazioni da parte di prodotti non autorizzati. Tuttavia tali analisi sono obbligatorie qualora si sospetti l'utilizzazione di prodotti non autorizzati. Dopo ogni visita è compilata una relazione di ispezione, controfirmata dal responsabile dell'unità sottoposta al controllo o dal suo rappresentante.

Inoltre, l'organismo o l'autorità di controllo eseguono visite di controllo a campione, con o senza preavviso, sulla base di una valutazione generale del rischio di inosservanza del presente regolamento e del regolamento (CE) n. 223/2003, tenendo conto almeno dei risultati dei precedenti controlli, della quantità di prodotti interessati e del rischio di scambio di prodotti.

6. Documenti contabili (176)

L'unità o gli stabilimenti di produzione devono tenere una contabilità di magazzino e una contabilità finanziaria che consentano all'operatore e all'organismo o all'autorità di controllo di identificare:

- il fornitore o, se diverso, il venditore o l'esportatore dei prodotti,

- la natura e la quantità dei prodotti agricoli di cui all'articolo 1, che sono stati loro consegnati e, se del caso, di tutti i materiali acquistati, indicando la destinazione data a tali materiali e, se del caso, la formulazione dei mangimi composti per animali,

- la natura e la quantità dei prodotti di cui all'articolo 1, immagazzinati negli stabilimenti,

- la natura, la quantità, i destinatari e, se differenti da questi ultimi, gli acquirenti, diversi dai consumatori finali, dei prodotti di cui all'articolo 1 che hanno lasciato l'unità o gli stabilimenti o i magazzini del primo destinatario,

- nel caso di operatori che non si occupano del magazzinaggio o della movimentazione fisica di tali prodotti, la natura e la quantità dei prodotti di cui all'articolo 1 acquistati o venduti e i fornitori o, se diversi, i venditori o gli esportatori e gli acquirenti o, se diversi da questi ultimi, i destinatari.

La documentazione contabile deve includere anche i risultati della verifica al momento del ricevimento dei prodotti e qualsiasi altra informazione richiesta dall'organismo o dall'autorità di controllo ai fini di un corretto controllo delle operazioni.

I dati che figurano nella contabilità devono essere documentati con gli opportuni giustificativi.

Nella contabilità deve esserci corrispondenza tra i quantitativi in entrata e in uscita.

7. Imballaggio e trasporto dei prodotti verso altri operatori o unità (177)

Gli operatori garantiscono che i prodotti di cui all'articolo 1 possano essere trasportati ad altre unità, compresi i grossisti e i dettaglianti, solo in imballaggi, contenitori o veicoli chiusi in modo che il contenuto non possa essere sostituito se non manipolando o danneggiando i sigilli e a condizione che sia apposta un'etichetta che, oltre alle altre indicazioni eventualmente previste dalla legge, indichi:

a) il nome e l'indirizzo dell'operatore e, se diverso da quest'ultimo, del proprietario o venditore del prodotto;

b) il nome del prodotto o, per i mangimi composti per animali, la loro descrizione, compresa un'indicazione del metodo di produzione biologico, in base a quanto disposto, a seconda del caso, dall'articolo 5 del presente regolamento o dall'articolo 3 del regolamento (CE) n. 223/2003 (178);

c) il nome o il numero di codice dell'organismo o dell'autorità di controllo da cui dipende l'operatore e

d) se del caso, l'identificazione della partita attraverso un sistema di marcatura approvato a livello nazionale, o dall'autorità o organismo di controllo, che permetta di mettere in relazione la partita con la contabilità descritta al punto 6.

Le informazioni di cui alle lettere a), b), c) e d) possono anche figurare in un documento di accompagnamento che deve inequivocabilmente corrispondere all'imballaggio, al contenitore o al mezzo di trasporto del prodotto. Il documento di accompagnamento deve contenere informazioni sul fornitore e/o il trasportatore.

Non è richiesta la chiusura di imballaggi, contenitori o veicoli qualora:

- il trasporto avvenga direttamente tra un produttore e un altro operatore, entrambi assoggettati al regime di controllo di cui all'articolo 9,

- i prodotti siano muniti di un documento di accompagnamento indicante le informazioni richieste al comma precedente, e

- l'organismo o l'autorità di controllo dell'operatore speditore e dell'operatore destinatario siano stati informati di tali operazioni di trasporto e abbiano dato il loro consenso. Tale accordo può riguardare una o più operazioni di trasporto.

7 bis. Ricevimento di prodotti da altre unità o da altri operatori (179)

Al ricevimento di prodotti contemplati all'articolo 1, l'operatore verifica la chiusura dell'imballaggio o del contenitore, se richiesta, nonché la presenza delle indicazioni di cui al punto 7. L'operatore confronta le informazioni figuranti sull'etichetta di cui al punto 7 con le informazioni figuranti nei documenti di accompagnamento. Il risultato di tali verifiche deve essere esplicitamente indicato nei documenti contabili di cui al punto 6.

8. Magazzinaggio dei prodotti (180)

Le aree destinate al magazzinaggio dei prodotti devono essere gestite in modo tale da garantire l'identificazione delle partite ed evitare che i prodotti vengano mescolati od entrino in contatto con prodotti o sostanze non rispondenti alle disposizioni del presente regolamento. I prodotti di cui all'articolo 1 devono essere chiaramente identificabili in qualsiasi momento.

9. Prodotti che si sospetta non rispettino i requisiti previsti dal regolamento

L'operatore che ritenga o sospetti che un prodotto da lui ottenuto, preparato, importato, o consegnatogli da un altro operatore, non sia conforme al presente regolamento, avvia le procedure necessarie per togliere da tale prodotto ogni riferimento al metodo di produzione biologico, o per separare e identificare il prodotto stesso. Egli può destinare tale prodotto alla trasformazione, all'imballaggio o alla commercializzazione soltanto dopo aver eliminato ogni dubbio sulla sua origine, a meno che il prodotto sia immesso sul mercato senza alcuna indicazione relativa al metodo di produzione biologico. Qualora possano sussistere dubbi l'operatore informa immediatamente l'organismo o l'autorità di controllo. L'organismo o l'autorità di controllo può richiedere che il prodotto non sia immesso sul mercato con indicazioni relative al metodo di produzione biologico finché le informazioni ricevute dall'operatore consentano di appurare che il dubbio è stato eliminato.

Se un organismo o un'autorità di controllo ha un sospetto fondato che un operatore intenda immettere sul mercato un prodotto non conforme al presente regolamento, recante tuttavia un riferimento al metodo di produzione biologico, l'organismo o l'autorità di controllo può esigere che, in via provvisoria, l'operatore non commercializzi il prodotto recante tale riferimento. La decisione deve inoltre prevedere l'obbligo di togliere da tale prodotto ogni riferimento al metodo di produzione biologico se l'organismo o l'autorità di controllo sono certi che il prodotto non soddisfi i requisiti del presente regolamento. Tuttavia, se i sospetti non trovano conferma, la decisione di cui sopra deve essere annullata entro un termine che deve essere stabilito dall'organismo o dall'autorità di controllo. L'operatore deve garantire la sua completa collaborazione con l'organismo o l'autorità di controllo al fine di chiarire i casi dubbi.

10. Accesso agli impianti

Ai fini dell'ispezione l'operatore dà all'organismo o all'autorità di controllo libero accesso ad ogni reparto dell'unità e degli stabilimenti, ai libri contabili e ai relativi documenti giustificativi. Egli comunica all'organismo o all'autorità di controllo tutte le informazioni ritenute necessarie ai fini dell'ispezione.

Su richiesta dall'organismo o dall'autorità di controllo, l'operatore presenta i risultati delle ispezioni e dei programmi di campionatura che ha eseguito volontariamente.

Inoltre, gli importatori e i primi destinatari sono tenuti a presentare le autorizzazioni di importazione eventualmente ricevute a norma dell'articolo 11, paragrafo 6 e i certificati di controllo per le importazioni dai paesi terzi.

11. Scambio di informazioni

Se l'operatore e i subappaltatori sono controllati da organismi o autorità di controllo diversi, nella dichiarazione di cui al punto 3 l'operatore deve acconsentire, per conto proprio e dei subappaltatori, a che i vari organismi di controllo si scambino informazioni sulle operazioni soggette al loro controllo, definendo le modalità di tale scambio di informazioni.


(170)  Allegato inizialmente modificato dal regolamento (CEE) n. 1535/92, dal regolamento (CEE) n. 2608/93, dal regolamento (CE) n. 1202/95, e dal regolamento (CE) n. 1804/1999 e, da ultimo, così sostituito dall'allegato del regolamento (CE) n. 2491/2001, con decorrenza indicata all'articolo 2 di quest'ultimo regolamento.

(171)  Testo inserito dall'allegato del regolamento (CE) n. 1336/2005.

(172)  Testo così sostituito dall'allegato del regolamento (CE) n. 223/2003.

(173)  Punto 3 inizialmente modificato dall'allegato del regolamento (CE) n. 223/2003 e successivamente così sostituito dall'allegato del regolamento (CE) n. 1336/2005.

(174)  Punto 4 inizialmente modificato dall'allegato del regolamento (CE) n. 223/2003 e successivamente così sostituito dall'allegato del regolamento (CE) n. 1336/2005.

(175)  Punto 5 così sostituito dall'allegato del regolamento (CE) n. 1336/2005.

(176)  Punto 6 inizialmente modificato dall'allegato del regolamento (CE) n. 223/2003 e successivamente così sostituito dall'allegato del regolamento (CE) n. 1336/2005.

(177)  Titolo così sostituito dall'allegato del regolamento (CE) n. 1336/2005.

(178)  Lettera così sostituita dall'allegato del regolamento (CE) n. 223/2003.

(179)  Punto 7 bis inserito dall'allegato del regolamento (CE) n. 1336/2005.

(180)  Punto 8 così sostituito dall'allegato del regolamento (CE) n. 1336/2005.

 


Disposizioni specifiche

A. Produzione di vegetali, prodotti vegetali, animali e/o prodotti animali

La presente parte si applica a tutte le unità coinvolte nella produzione, quale definita all'articolo 4, punto 2, dei prodotti di cui all'articolo 1, paragrafo 1, lettera a) per conto proprio o per conto di un altro operatore.

La produzione deve avvenire in un'unità in cui la zona di produzione, gli appezzamenti, i pascoli, gli spiazzi liberi, i parchetti all'aperto, i locali di stabulazione e, ove del caso, i locali adibiti al magazzinaggio dei vegetali, dei prodotti vegetali, dei prodotti animali, delle materie prime e dei fattori di produzione, siano nettamente separati da quelli di qualsiasi altra unità la cui produzione non risponda alle norme previste dal presente regolamento.

La trasformazione, l'imballaggio e/o la commercializzazione possono avere luogo presso l'unità di produzione, se sono limitate ai prodotti agricoli ivi ottenuti.

I quantitativi venduti direttamente al consumatore finale sono contabilizzati quotidianamente.

È vietato il magazzinaggio, nell'unità di produzione, di materie prime diverse da quelle autorizzate a norma dell'articolo 6, paragrafo 1, lettere b) e c) e paragrafo 3, lettera a).

[Al ricevimento di prodotti contemplati all'articolo 1, l'operatore verifica la chiusura dell'imballaggio o del contenitore, se richiesta, nonché la presenza delle indicazioni di cui al punto 7 delle disposizioni generali del presente allegato. Il risultato di tale verifica deve essere esplicitamente indicato nei documenti contabili di cui al punto 6 delle disposizioni generali.] (181).

A.1. Vegetali e prodotti vegetali ottenuti dalla produzione agricola o dalla raccolta

1. Controllo iniziale

La descrizione completa dell'unità di cui al punto 3 delle disposizioni generali del presente allegato deve:

- essere redatta anche se il produttore limita la propria attività alla raccolta di piante selvatiche,

- indicare i luoghi di magazzinaggio e di produzione, gli appezzamenti e/o le zone di raccolta e, se del caso gli stabilimenti in cui hanno luogo alcune operazioni di trasformazione e/o imballaggio e

- la data dell'ultima applicazione, sugli appezzamenti e/o sulle zone di raccolta, dei prodotti il cui impiego non è conforme alle disposizioni dell'articolo 6, paragrafo 1, lettera b).

In caso di raccolta di piante selvatiche, le misure pratiche indicate al punto 3 delle disposizioni generali del presente allegato devono comprendere le garanzie fornite da terzi che il produttore è in grado di presentare per dimostrare il rispetto delle disposizioni di cui all'allegato I, parte A, punto 4.

2. Comunicazioni

Ogni anno, anteriormente alla data indicata dall'organismo o dall'autorità di controllo, il produttore deve notificare a tale organismo o autorità il proprio programma di produzione di prodotti vegetali, con una descrizione analitica a livello dei singoli appezzamenti.

3. Operatori che gestiscono più unità di produzione

Qualora un operatore gestisca varie unità di produzione nella stessa zona, sono soggette allo stesso regime generale di controllo stabilito nelle disposizioni generali del presente allegato e nelle disposizioni specifiche di controllo di cui ai punti 1, 2, 3, 4 e 6 delle disposizioni generali anche le unità che producono prodotti vegetali non contemplati dall'articolo 1, insieme ai relativi locali di magazzinaggio dei mezzi di produzione (come fertilizzanti, fitofarmaci, sementi).

In queste unità non possono essere prodotti vegetali appartenenti alla stessa varietà dei vegetali prodotti nell'unità di cui alla sezione A, secondo comma, o ad una varietà non facilmente distinguibile da quest'ultima.

Nei casi sotto descritti, i produttori possono tuttavia derogare alla disposizione di cui all'ultima frase del comma precedente:

a) in caso di colture perenni (alberi da frutto, vite e luppolo), sempreché siano soddisfatte le condizioni seguenti:

1) la produzione interessata fa parte di un piano di conversione per il quale il produttore si impegna formalmente e che prevede che la conversione dell'ultima parte della zona interessata alla produzione biologica cominci prima possibile e comunque entro cinque anni;

2) sono state adottate misure adeguate per garantire che i prodotti di ciascuna unità interessata restino separati in modo permanente dai prodotti di altre unità;

3) l'organismo o l'autorità di controllo è informato con almeno 48 ore di anticipo di ogni operazione di raccolta dei prodotti interessati;

4) a raccolta ultimata, il produttore comunica immediatamente all'organismo o all'autorità di controllo dati precisi sui quantitativi raccolti nell'unità interessata, nonché tutte le caratteristiche che consentono di identificare la produzione (qualità, colore, peso medio, ecc.), confermando inoltre che le misure decise per tener separati i prodotti delle diverse unità sono state effettivamente applicate;

5) il piano di conversione e le misure di cui ai punti 1 e 3 delle disposizioni generali sono stati approvati dall'organismo o autorità di controllo; tale approvazione dev'essere confermata ogni anno dopo l'avvio del piano di conversione;

b) nel caso di superfici destinate alla ricerca agronomica con l'accordo delle autorità competenti degli Stati membri, sempreché siano rispettate le condizioni precisate ai punti 2, 3 e 4 della lettera a), nonché la parte pertinente del punto 5;

c) in caso di produzione di sementi, piante da trapianto e materiali di moltiplicazione vegetativa, sempreché siano rispettate le condizioni precisate ai punti 2, 3 e 4 della lettera a), nonché la parte pertinente del punto 5;

d) in caso di terreni utilizzati esclusivamente per il pascolo.

A.2. Animali e prodotti animali ottenuti dall'allevamento

1. Controllo iniziale

La prima volta che si applica il regime di controllo riguardante le produzioni animali, la descrizione completa dell'unità di cui al punto 3 delle disposizioni generali del presente allegato comprende:

- compilare una descrizione completa dei locali di stabulazione, dei pascoli, degli spiazzi liberi, dei parchetti all'aperto, ecc., nonché, se del caso, dei locali adibiti al magazzinaggio, al condizionamento e alla trasformazione degli animali, dei prodotti animali, delle materie prime e dei fattori produttivi

- una descrizione completa degli impianti per lo stoccaggio delle deiezioni animali.

Le misure pratiche di cui al punto 3 delle disposizioni generali del presente allegato comprendono:

- elaborare un piano di spargimento delle deiezioni animali di concerto con l'organismo o con l'autorità di controllo, unitamente a una descrizione completa delle superfici destinate alle colture,

- se del caso, per quanto riguarda lo spargimento delle deiezioni animali, le disposizioni contrattuali scritte concordate con altre aziende, alle condizioni previste dal presente regolamento,

- un piano di gestione per le unità zootecniche biologiche (ad esempio gestione in materia di alimentazione e di riproduzione, misure sanitarie, ecc.).

2. Identificazione degli animali

Gli animali devono essere identificati in forma permanente, per mezzo di tecniche adatte a ciascuna specie, individualmente per i grandi mammiferi, individualmente o a partite per il pollame e i piccoli mammiferi.

3. Dati relativi agli animali

I dati relativi agli animali devono essere annotati in un registro e tenuti permanentemente a disposizione dell'organismo o dell'autorità di controllo presso la sede sociale dell'azienda.

Detti registri, che forniscono una descrizione completa delle modalità di conduzione dell'allevamento, devono contenere i seguenti dati:

- per ciascuna specie gli animali in entrata: origine, data di entrata, periodo di conversione, marchio d'identificazione, precedenti veterinari,

- gli animali in uscita: età, numero di capi, peso in caso di macellazione, marchio d'identificazione e destinazione,

- le eventuali perdite di animali e la relativa giustificazione,

- alimentazione: tipo di alimenti, inclusi gli integratori alimentari, proporzione dei vari ingredienti della razione, periodo di accesso ai parchetti, periodi di transumanza in caso di limitazioni,

- profilassi, trattamenti e cure veterinarie: data del trattamento, diagnosi, natura dei prodotti somministrati, modalità di trattamento, prescrizioni del veterinario con relativa giustificazione e periodi di attesa imposti per la commercializzazione dei prodotti animali.

4. Operatori che gestiscono più unità di produzione

Quando un allevatore, conformemente alla parte B, punto 1.6 e alla parte C, punto 1.3 dell'allegato I, gestisce più unità di produzione, le unità di produzione di animali o prodotti animali non contemplati all'articolo 1 sono parimenti soggette al regime di controllo per quanto riguarda il punto 1, della presente sezione relativa agli animali e ai prodotti animali, nonché alle disposizioni relative al programma di allevamento, ai registri e alle norme per il magazzinaggio dei prodotti utilizzati per l'allevamento.

L'organismo o l'autorità di controllo, d'accordo con l'autorità competente dello Stato membro, può concedere una deroga per quanto riguarda la disposizione relativa alle diverse specie interessate di cui all'allegato I, parte B, punto 1.6, alle aziende che effettuano ricerche nel settore agricolo, purché siano rispettate le seguenti condizioni:

- sono state adottate misure adeguate, d'accordo con l'organismo o l'autorità di controllo, per garantire la separazione permanente tra gli animali, i prodotti animali, le deiezioni e i mangimi di ciascuna unità,

- il produttore comunica anticipatamente all'organo o all'autorità di controllo ogni consegna o vendita di animali o prodotti animali,

- l'operatore comunica anticipatamente all'organismo o all'autorità di controllo i quantitativi esatti prodotti nelle unità, nonché tutte le caratteristiche che consentono di identificare i prodotti e conferma di aver attuato le misure previste per separare i prodotti.

5. Altre disposizioni

In deroga a tali disposizioni, medicinali veterinari allopatici e antibiotici possono essere immagazzinati nelle aziende, purché siano stati prescritti da un veterinario nell'ambito di trattamenti previsti all'allegato I, siano stati immagazzinati in un luogo sorvegliato e siano iscritti nel registro dell'azienda.

B. Unità di preparazione di prodotti vegetali e animali e di derrate alimentari contenenti prodotti vegetali e animali (182)

La presente parte si applica a tutte le unità coinvolte nella preparazione, quale definita all'articolo 4, punto 3, dei prodotti di cui all'articolo 1, paragrafo 1, per conto proprio o per conto di un altro operatore e, in particolare alle seguenti unità:

- unità incaricate dell'imballaggio e/o del reimballaggio dei prodotti in questione,

- unità incaricate dell'etichettatura e/o della rietichettatura dei prodotti in questione.

1. Controllo iniziale

La descrizione completa dell'unità di cui al punto 3 delle disposizioni generali del presente allegato deve riferirsi alle installazioni utilizzate per il ricevimento, la trasformazione, l'imballaggio, l'etichettatura e il magazzinaggio dei prodotti agricoli prima e dopo le operazioni, nonché alle procedure di trasporto dei prodotti.

2. Unità di preparazione che trattano anche prodotti non ottenuti con metodo di produzione biologico

Quando nell'unità sono anche preparati, condizionati o immagazzinati prodotti che non sono previsti all'articolo 1:

- l'unità deve disporre di zone separate, fisicamente o nel tempo, all'interno dei locali di magazzinaggio dei prodotti di cui all'articolo 1, prima e dopo le operazioni,

- le operazioni devono essere eseguite in cicli completi, separate fisicamente o nel tempo da operazioni analoghe effettuate su prodotti che non rientrano nell'articolo 1,

- qualora dette operazioni non vengano eseguite regolarmente o in date fisse, esse devono essere preannunciate entro termini fissati d'accordo con l'organismo o l'autorità di controllo,

- devono essere prese tutte le misure necessarie per garantire l'identificazione delle partite e per evitare mescolanze o scambi con prodotti non ottenuti conformemente alle norme previste dal presente regolamento,

- le operazioni eseguite sui prodotti conformemente alle norme previste dal presente regolamento devono essere svolte soltanto dopo una pulizia degli impianti di produzione. L'efficacia delle misure di pulizia deve essere verificata e registrata.

3. Condizionamento e trasporto dei prodotti nelle unità di preparazione

Il latte, le uova e i prodotti a base di uova ottenuti dall'agricoltura biologica sono raccolti separatamente dai prodotti non ottenuti in conformità del presente regolamento. In deroga a tale disposizione e con l'autorizzazione preventiva dell'organismo o dell'autorità di controllo, la raccolta può avvenire simultaneamente soltanto se sono adottate misure adeguate per impedire ogni possibile mescolanza o scambio con prodotti non ottenuti in conformità del presente regolamento e per garantire l'identificazione dei prodotti ottenuti in conformità del presente regolamento. L'operatore mantiene a disposizione dell'organismo o dell'autorità di controllo i dati relativi ai giorni e alle ore di raccolta, al circuito, alla data e all'ora del ricevimento dei prodotti.

C. Importazione di vegetali, prodotti vegetali, animali, prodotti animali e derrate alimentari composte di prodotti vegetali e/o animali, mangimi, mangimi composti per animali e materie prime per mangimi in provenienza da paesi terzi (183)

La presente sezione si applica a tutti gli operatori coinvolti, come importatori e/o primi destinatari, nella importazione e/o nel ricevimento dei prodotti di cui all'articolo 1, paragrafo 1, per conto proprio o per conto di un altro operatore. Ai fini della presente parte, si intende per:

- "importatore": la persona fisica o giuridica, all'interno della Comunità europea, che presenta una partita ai fini della sua immissione in libera pratica nella Comunità, per conto proprio o tramite un rappresentante,

- "primo destinatario": la persona fisica o giuridica ai sensi dell'articolo 11, paragrafo 3, lettera a), a cui è consegnata la partita e che si incarica di effettuare una preparazione supplementare e/o di commercializzarla.

1. Controllo iniziale

Importatori

- La descrizione completa dell'unità, di cui al punto 3 delle disposizioni generali del presente allegato, deve riguardare gli stabilimenti dell'importatore e le sue attività di importazione, indicare i punti di entrata dei prodotti nella Comunità e le eventuali altre strutture che l'importatore intenda utilizzare per immagazzinare i prodotti importati fino alla loro consegna al primo destinatario.

- Inoltre, la dichiarazione di cui al punto 3 delle disposizioni generali deve comprendere un impegno dell'importatore di fare in modo che le eventuali strutture che utilizzerà per immagazzinare i prodotti siano sottoposte ai controlli effettuati o dall'organismo o autorità di controllo oppure, se situati in un'altra regione o in un altro Stato membro, da un'autorità o organismo di controllo che tale Stato membro o regione ha designato per il controllo stesso.

Primo destinatario

- La descrizione completa dell'unità di cui al punto 3 delle disposizioni generali deve indicare gli impianti utilizzati per il ricevimento e il magazzinaggio. Laddove vengano effettuate anche altre attività come trasformazione, condizionamento, etichettatura e magazzinaggio dei prodotti agricoli prima e dopo le operazioni relative a tali prodotti e alle procedure di trasporto degli stessi, si applicano le pertinenti disposizioni della parte B.

Se l'importatore e il primo destinatario sono la stessa persona giuridica e operano in una sola unità, le relazioni di cui al punto 3 delle disposizioni generali possono essere unite in una sola relazione.

2. Documenti contabili

Se l'importatore e il primo destinatario non operano nella stessa unità, hanno entrambi l'obbligo di tenere una contabilità finanziaria e di magazzino.

A richiesta dell'autorità o organismo di controllo, devono essere forniti dettagli relativi agli accordi di trasporto intervenuti tra il trasportatore del paese terzo e il primo destinatario e tra gli impianti del primo destinatario o dai suoi magazzini fino al destinatario all'interno della Comunità europea.

3. Informazioni sulle partite importate

Entro la data in cui il certificato è presentato all'autorità competente dello Stato membro conformemente all'articolo 4, punto 1, del regolamento (CE) n. 1788/2001 della Commissione, del 7 settembre 2001, che fissa le modalità d'applicazione delle disposizioni concernenti il certificato di controllo per l'importazione di prodotti provenienti da paesi terzi ai sensi dell'articolo 11 del regolamento (CEE) n. 2092/91 del Consiglio relativo al metodo di produzione biologico di prodotti agricoli e alla indicazione di tale metodo sui prodotti agricoli e sulle derrate alimentari, l'importatore deve informare l'organismo o l'autorità di controllo riguardo a ciascuna partita importata nella Comunità, indicando:

- il nome e l'indirizzo del primo destinatario,

- qualsiasi informazione richiesta dall'organismo o dall'autorità di controllo, come ad esempio una copia del certificato d'ispezione per i prodotti importati ottenuti con metodo di produzione biologico. Su richiesta dell'organismo o dell'autorità di controllo da cui dipende l'importatore, quest'ultimo deve trasmettere le informazioni all'organismo o all'autorità di controllo da cui dipende il primo destinatario.

4. Importatori e primi destinatari che trattano anche prodotti non ottenuti con metodi di produzione biologici

Qualora i prodotti di cui all'articolo 1 vengano immagazzinati in impianti adibiti anche al magazzinaggio di altri prodotti agricoli o alimentari:

- i prodotti di cui all'articolo 1 vanno tenuti separati dagli altri prodotti agricoli e/o alimentari,

- devono essere prese tutte le misure necessarie per garantire l'identificazione delle consegne e per evitare mescolanze o scambi con prodotti non ottenuti conformemente alle norme previste dal presente regolamento.

5. Visite di controllo

L'organismo o l'autorità di controllo deve controllare la contabilità di magazzino e la contabilità finanziaria di cui alla parte C, punto 2, e i certificati indicati all'articolo 11, paragrafo 1, lettera b), e paragrafo 3 e le cui modalità di applicazione sono state definite dal regolamento (CE) n. 1788/2001.

L'importatore che effettui le operazioni di importazione in diverse unità e impianti deve fornire, su richiesta, le relazioni di cui ai punti 3 e 5 delle disposizioni generali del presente allegato per ognuno degli impianti.

6. Ricevimento di prodotti da un paese terzo

I prodotti di cui all'articolo 1 devono essere importati dai paesi terzi in imballaggi o contenitori adeguati, chiusi in modo da impedire la sostituzione del contenuto, muniti di un'identificazione dell'esportatore e di qualsiasi altro contrassegno o numero che consenta di identificare la partita con riferimento ai dati del certificato di controllo per l'importazione da paesi terzi.

Una volta ricevuto il prodotto di cui all'articolo 1, importato da un paese terzo, il primo destinatario verifica la chiusura dell'imballaggio o del contenitore, nonché la corrispondenza dell'identificazione della partita con il certificato di cui al regolamento (CE) n. 1788/2001. L'esito di tale verifica va esplicitamente indicato nella contabilità di cui al punto 2 della parte C.

D. Unità coinvolte nella produzione, nella preparazione o nell'importazione di prodotti di cui all'articolo 1, paragrafo 1, e che hanno parzialmente o interamente subappaltato tali operazioni terzi

Controllo iniziale

Per le operazioni date in subappalto a terzi, la descrizione completa di cui al punto 3 delle disposizioni generali deve contenere:

- un elenco dei subappaltatori con una descrizione delle loro attività e l'indicazione degli organismi o delle autorità di controllo da cui dipendono; tali subappaltatori devono avere accettato che le loro aziende siano sottoposte al regime di controllo di cui all'articolo 9, in conformità delle sezioni corrispondenti dell'allegato III,

- tutte le misure pratiche, compreso, ad esempio, un adeguato sistema di contabilità documentale, da adottare al livello dell'unità per garantire che possano essere identificati i fornitori e, se diversi da questi, i venditori, nonché i destinatari e, se diversi da questi, gli acquirenti dei prodotti che l'operatore immette sul mercato.

E. Unità coinvolte nella preparazione di mangimi, mangimi composti per animali e materie prime per mangimi (184)

La presente sezione si applica a tutte le unità coinvolte nella preparazione, quale definita all'articolo 4, punto 3, dei prodotti di cui all'articolo 1, paragrafo 1, lettera c), per conto proprio o per conto di un altro operatore e, in particolare alle seguenti unità:

1. Ispezione iniziale

La descrizione completa dell'unità di cui al punto 3 delle disposizioni generali del presente allegato deve:

- indicare gli impianti utilizzati per il ricevimento, la preparazione e il magazzinaggio dei prodotti destinati all'alimentazione degli animali prima e dopo le operazioni,

- indicare gli impianti utilizzati per il magazzinaggio di altri prodotti utilizzati per la preparazione dei mangimi,

- indicare gli impianti utilizzati per il magazzinaggio dei prodotti per la pulizia e la disinfezione,

- indicare, se del caso, la descrizione dei mangimi composti per animali, conformemente alla disposizione di cui all'articolo 5, paragrafo 1, lettera a), della direttiva 79/373/CEE, che l'operatore intende preparare nonché la specie animale o la categoria di animali alla quale il mangime composto è destinato,

- indicare, se del caso, il nome delle materie prime per animali che l'operatore intende preparare.

Le misure menzionate al punto 3 delle disposizioni generali del presente allegato che l'operatore deve adottare per garantire il rispetto del regolamento devono comprendere:

- in particolare le misure cautelative da adottare per ridurre i rischi di contaminazione da sostanze o prodotti non autorizzati nonché le misure di pulizia attuate e il controllo della loro efficacia,

- l'identificazione di aspetti determinanti delle loro attività per garantire in qualsiasi momento la conformità al presente regolamento e al regolamento (CE) n. 223/2003 dei prodotti di cui all'articolo 1, paragrafo 1, lettera c), preparati nelle unità in questione,

- la definizione, l'attuazione, il rispetto e l'aggiornamento di procedure adeguate, fondandosi sui principi del sistema HACCP (analisi del rischio e punti critici di controllo) .

L'autorità o l'organismo di controllo si fonda su tali procedure per valutare in modo generale i rischi connessi a ciascuna unità di preparazione e definire un piano di controllo. Quest'ultimo deve prevedere un numero minimo di prelievi casuali a fini di analisi in funzione dei rischi presunti.

2. Documenti contabili

Ai fini di un corretto controllo delle operazioni, i documenti contabili menzionati al punto 6 delle disposizioni generali del presente allegato devono comprendere informazioni sull'origine, la natura e la quantità di materie prime per mangimi e di additivi, nonché informazioni sulle vendite dei prodotti finiti.

3. Unità di preparazione

Al momento della preparazione dei prodotti, l'operatore provvede affinché:

a) i mangimi ottenuti secondo il metodo di produzione biologico o da essi derivati, i mangimi in conversione all'agricoltura biologica o da essi derivati e i mangimi convenzionali siano fisicamente separati in modo efficace;

b) gli impianti utilizzati nelle unità che preparano i mangimi composti disciplinati dal presente regolamento siano completamente separati dagli impianti utilizzati per i mangimi composti non disciplinati dal presente regolamento.

In deroga alle disposizioni di cui al primo comma, lettera b) e fino al 31 dicembre 2007, le operazioni possono essere svolte negli stessi impianti, purché:

- venga operata una separazione temporale e che prima di avviare la produzione dei prodotti disciplinati dal presente regolamento sia stata effettuata una pulizia adeguata, di cui sia stata controllata l'efficacia; l'operatore sia obbligato a documentare tali operazioni,

- l'operatore si adoperi affinché sia messa in atto ogni misura necessaria, in funzione dei rischi valutati secondo le disposizioni di cui al punto 1 e, se del caso, assicuri che i prodotti non conformi non possano trovarsi sul mercato con un'indicazione riferita all'agricoltura biologica.

La deroga di cui al secondo comma è subordinata all'autorizzazione preventiva dell'organismo o dell'autorità di controllo. Tale autorizzazione può riguardare unicamente una o più operazioni di preparazione.

Entro il 31 dicembre 2003 la Commissione avvierà l'esame delle disposizioni previste al primo comma, lettera b). Al termine di tale esame, la data del 31 dicembre 2007 potrà, se del caso, essere riconsiderata.

4. Ispezioni

Oltre al sopralluogo completo annuale, l'organismo o l'autorità di controllo deve procedere ad un sopralluogo mirato fondato su una valutazione generale dei rischi potenziali di non conformità con il presente regolamento; l'organismo o l'autorità di controllo rivolge particolare attenzione ai punti critici di controllo evidenziati dall'operatore al fine di stabilire se le operazioni di sorveglianza e di verifica si svolgono come prescritto; tutti i locali utilizzati dall'operatore nell'ambito della sua attività possono essere ispezionati con cadenza correlata ai rischi connessi.

5. Trasporto dei prodotti in altre unità di produzione/preparazione o altri locali di magazzinaggio

L'operatore deve assicurare il rispetto delle seguenti condizioni:

a) durante il trasporto i mangimi ottenuti secondo il metodo di produzione biologico o da essi derivati, i mangimi in conversione all'agricoltura biologica o da essi derivati e i mangimi convenzionali siano fisicamente separati in modo efficace;

b) i veicoli e/o i contenitori che hanno trasportato prodotti non disciplinati dal presente regolamento possono essere utilizzati per il trasporto di prodotti disciplinati dal presente regolamento a condizione che:

- sia stata effettuata una pulizia adeguata, di cui sia stata controllata l'efficacia, prima di effettuare il trasporto dei prodotti disciplinati dal presente regolamento; l'operatore sia obbligato a documentare tali operazioni,

- l'operatore si adoperi affinché sia messa in atto ogni misura necessaria, in funzione dei rischi valutati secondo le disposizioni di cui al punto 1 e, se del caso, assicuri che i prodotti non conformi non possano trovarsi sul mercato con un'indicazione riferita all'agricoltura biologica,

- l'organismo o l'autorità di controllo dell'operatore siano stati informati di tali operazioni di trasporto e abbiano dato il loro consenso. Tale consenso può riguardare unicamente una o più operazioni di trasporto;

c) i prodotti finiti disciplinati dal presente regolamento siano trasportati separatamente, fisicamente o temporalmente, dagli altri prodotti finiti;

d) al momento del trasporto, la quantità di prodotti all'inizio del trasporto e i quantitativi consegnati ad ogni tappa del giro di consegne devono essere registrati.

[6. Ricevimento dei prodotti

Al ricevimento di un prodotto di cui all'articolo 1, l'operatore verifica la chiusura dell'imballaggio o del contenitore, nei casi richiesti, nonché la presenza delle indicazioni di cui al punto 7 delle disposizioni generali del presente allegato. L'operatore deve effettuare un controllo incrociato delle informazioni figuranti sull'etichettatura di cui al punto 7 delle disposizioni generali rispetto alle informazioni figuranti sui documenti di accompagnamento. Il risultato di tale verifica dev'essere indicato esplicitamente nella contabilità di cui al punto 6 delle disposizioni generali.] (185).


(181)  Comma soppresso dall'allegato del regolamento (CE) n. 1336/2005.

(182)  Parte B così sostituita dall'allegato del regolamento (CE) n. 1336/2005.

(183)  Il titolo della presente parte C è stato così sostituito dall'allegato del regolamento (CE) n. 223/2003.

(184)  Parte E aggiunta dall'allegato del regolamento (CE) n. 223/2003.

(185)  Punto 6 soppresso dall'allegato del regolamento (CE) n. 1336/2005.

 


Allegato IV

Elementi che devono figurare nella notifica di cui all'articolo 8, paragrafo 1, lettera a)

a) Nome e indirizzo dell'operatore;

b) ubicazione delle località in cui sono effettuate le operazioni e, se del caso, indicazione degli appezzamenti (dati catastali);

c) natura delle operazioni e dei prodotti;

d) impegno dell'operatore ad eseguire le operazioni conformemente agli articoli 5, 6, 7 e/o 11;

e) quando si tratta di un'azienda agricola, indicazione della data in cui il produttore ha cessato di utilizzare, negli appezzamenti in causa, i prodotti il cui impiego non è conforme all'articolo 6, paragrafo 1, lettera b), e all'articolo 7;

f) nome dell'organismo riconosciuto cui l'operatore ha affidato il controllo della propria azienda, qualora nello Stato membro in questione il sistema di controllo sia stato introdotto mediante riconoscimento di siffatti organismi.


 


Allegato V (186)

Parte A: Indicazione di conformità al regime di controllo

L'indicazione di conformità al regime di controllo deve essere redatta nella(e) stessa(e) lingua(e) utilizzata(e) per l'etichettatura.

IT: Agricoltura biologica - Regime di controllo CE (187)


(186)  Allegato inizialmente modificato dall'allegato I al trattato di adesione del Regno di Norvegia, della Repubblica d'Austria, della Repubblica di Finlandia e del Regno di Svezia all'Unione europea, nella versione adattata dalla decisione 95/1/CE in seguito alla mancata adesione del Regno di Norvegia, successivamente così sostituito dall'allegato del regolamento (CE) n. 331/2000, modificato dall'articolo 1 del regolamento (CE) n. 746/2004 e, nelle parti di testo omesse, dall'allegato II dell'atto di adesione 16 aprile 2003.

(187)  Si riporta soltanto l'etichettatura in lingua italiana.

 


Parte B: Logo comunitario

B.1. Condizioni per la presentazione e l'utilizzazione del logo comunitario

B.1.1. Il succitato logo comunitario comprende i modelli elencati nella parte B.2 del presente allegato.

B.1.2. Le indicazioni che devono essere incluse nel logo sono elencate nella parte B.3 del presente allegato. Nel logo può figurare anche la dicitura riportata nella parte A del presente allegato.

B.1.3. Per l'utilizzazione del logo comunitario e delle indicazioni di cui alla parte B.3 del presente allegato è necessario rispettare le norme tecniche di riproduzione riportate nel manuale grafico di cui alla parte B.4 del presente allegato.

B.2 Modelli (188)

B.3. Indicazioni da inserire nel logo comunitario

B.3.1 Indicazione unica (189):

ES: AGRICULTURA ECOLÓGICA

CS: EKOLOGICKÉ ZEMÌDÌLSTVÍ

DA: ØKOLOGISK JORDBRUG

DE: BIOLOGISCHE LANDWIRTSCHAFT, ÖKOLOGISCHER LANDBAU

ET: MAHEPÕLLUMAJANDUS, ÖKOLOOGILINE PÕLLUMAJANDUS

EL: ... (190)

EN: ORGANIC FARMING

FR: AGRICULTURE BIOLOGIQUE

IT: AGRICOLTURA BIOLOGICA

LV: BIOLOÐISKA LAUKSAIMNIECIBA

LT: EKOLOGINIS ZEMES UKIS

HU: ÖKOLÓGIAI GAZDÁLKODÁS

MT: AGRIKULTURA ORGANIKA

NL: BIOLOGISCHE LANDBOUW

PL: ROLNICTWO EKOLOGICZNE

PT: AGRICULTURA BIOLÓGICA

SK: EKOLOGICKÉ POL'NOHOSPODÁRSTVO

SL: EKOLOŠKO KMETIJSTVO

FI: LUONNONMUKAINEN MAATALOUSTUOTANTO

SV: EKOLOGISKT JORDBRUK

B.3.2. Combinazione di due indicazioni

Sono ammesse combinazioni di due indicazioni nelle versioni linguistiche di cui al punto B.3.1, purché sia rispettata la seguente presentazione:

NL/FR: BIOLOGISCHE LANDBOUW - AGRICULTURE BIOLOGIQUE

FI/SV: LUONNONMUKAINEN MAATALOUSTUOTANTO - EKOLOGISKT JORDBRUK

FR/DE: AGRICULTURE BIOLOGIQUE - BIOLOGISCHE LANDWIRTSCHAFT

B.4. Manuale grafico

1. INTRODUZIONE

Il manuale grafico è uno strumento a disposizione degli operatori per la riproduzione del logo.

2. UTILIZZAZIONE GENERALE DEL LOGO

2.1. LOGO A COLORI (colori di riferimento)

Se a colori, il logo deve essere presentato in colore diretto (Pantone) o in quadricromia. I colori di riferimento sono indicati qui di seguito.

2.2. LOGO A UN COLORE: LOGO IN BIANCO E NERO

Il logo in bianco e nero può essere utilizzato nel modo seguente:

2.3. CONTRASTO CON COLORI DELLO SFONDO

Se il logo viene utilizzato a colori su sfondi colorati che ne rendono difficile la lettura, si dovrà tracciare un circolo che delimiti il contorno del logo per migliorarne il contrasto rispetto ai colori dello sfondo, come di seguito indicato.

2.4. TIPOGRAFIA (191)

Il carattere utilizzato per la scritta è il Frutiger o Myriad bold condensed (maiuscolo). La dimensione delle lettere della scritta sarà ridotta secondo le norme di cui al punto 2.6.

2.5. VERSIONE LINGUISTICA

Si potranno utilizzare la versione o le versioni linguistiche del logo in conformità con le specifiche di cui al punto B.3.

2.6. FORMATI RIDOTTI

Se l'applicazione del logo su diversi tipi di etichette rende necessario ridurne le dimensioni, è prescritto il seguente formato minimo:

a) per un logo con un'indicazione unica: diametro minimo di 20 mm

b) per un logo con una combinazione di due indicazioni: diametro minimo di 40 mm

2.7. CONDIZIONI PARTICOLARI PER L'UTILIZZO DEL LOGO

L'utilizzazione del logo conferisce ai prodotti un valore specifico. L'applicazione più efficace del logo è quindi a colori, poiché in questo modo viene messo maggiormente in risalto ed è riconosciuto più facilmente e rapidamente dal consumatore.

L'uso del logo a un colore (bianco e nero) conformemente al punto 2.2 è raccomandato soltanto nel caso in cui l'applicazione a colori non sia possibile.

3. STAMPA FOTOGRAFICA

3.1. SELEZIONE DI DUE COLORI

- Una indicazione in tutte le versioni linguistiche (192)

ITALIANO

- Esempi di combinazioni delle versioni linguistiche di cui al punto B.3.2 (193).

3.2. LINEE DI CONTORNO

3.3. LOGO A UN COLORE: LOGO IN BIANCO E NERO

3.4. CAMPIONI DI COLORI


(188)  Si riporta soltanto il logo con l'indicazione in lingua italiana. La parte B.2 è stata così sostituita dall'articolo 1 del regolamento (CE) n. 746/2004.

(189)  La parte B.3.1 è stata sostituita dall'articolo 1 del regolamento (CE) n. 746/2004 così come rettificata dalla rettifica pubblicata nella G.U.U.E. 20 novembre 2004, n. L 344.

(190)  Si omette il testo in lingua greca.

(191)  Punto 2.4 così sostituito dall'articolo 1 del regolamento (CE) n. 1481/2004.

(192)  Si riporta l'esempio grafico della sola versione italiana.

(193)  Si omettono le versioni linguistiche non italiane.

 


Allegato VI (194)

(N.d.R.: Testo in vigore dal 1° dicembre 2007)

Introduzione

Ai fini del presente allegato, si applicano le definizioni che seguono:

1. Ingredienti: le sostanze definite all'articolo 4 del regolamento, con le restrizioni di cui all'articolo 6, paragrafo 4, della direttiva 79/112/CEE del Consiglio, del 18 dicembre 1992 relativa al ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri concernenti l'etichettatura e la presentazione dei prodotti alimentari destinati al consumatore finale, nonché la relativa pubblicità.

2. Ingredienti di origine agricola:

a) singoli prodotti agricoli e loro derivati ottenuti con adeguati procedimenti di lavaggio, di pulitura, meccanici e/o termici o con altri procedimenti fisici intesi a ridurre l'umidità del prodotto;

b) prodotti derivati da quelli citati alla lettera a) con altri procedimenti utilizzati nella fabbricazione di alimenti, a meno che gli stessi prodotti non vengano considerati come additivi o aromi definiti ai punti 5 e 7 che seguono.

3. Ingredienti di origine non agricola: ingredienti diversi da quelli di origine agricola ed appartenenti ad almeno una delle seguenti categorie:

3.1. Additivi alimentari, ivi compresi gli eccipienti per additivi quali definiti ai punti 5 e 6 in appresso;

3.2. Aromi, quali definiti al punto 7 in appresso;

3.3. Acqua e sale;

3.4. Preparazioni microorganiche;

3.5. Oligoelementi e vitamine.

4. Ausiliari di fabbricazione: sostanze definite all'articolo 1, paragrafo 3, lettera a), della direttiva 89/107/CEE del Consiglio, del 21 dicembre 1988, per il ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri concernenti gli additivi autorizzati nei prodotti alimentari destinati al consumo umano.

5. Additivi alimentari: sostanze definite all'articolo 1, paragrafi 1 e 2, della direttiva 89/107/CEE e disciplinati da detta direttiva oppure da una direttiva globale di cui all'articolo 3, paragrafo 1, della direttiva 89/107/CEE.

6. Eccipienti, ivi compresi i relativi solventi: additivi alimentari usati per sciogliere, diluire, disperdere, o altrimenti modificare fisicamente un additivo alimentare senza alterarne la funzione tecnologica, allo scopo di facilitarne la manipolazione, l'applicazione o l'impiego.

7. Aromi: sostanze e prodotti definiti all'articolo 1, paragrafo 2, della direttiva 88/388/CEE del Consiglio, del 22 gennaio 1988, sul ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri nel settore degli aromi destinati ad essere impiegati nei prodotti alimentari e nei materiali di base per la loro preparazione e disciplinati dalla medesima.

Princìpi generali

Le parti A, B e C comprendono gli ingredienti e gli ausiliari di fabbricazione che possono essere usati nella preparazione di prodotti alimentari composti essenzialmente di uno o più ingredienti di origine vegetale e/o animale di cui all'articolo 1, paragrafo 1, lettera b), del presente regolamento, fatta eccezione per i vini contemplati dal regolamento (CE) n. 1493/1999 del Consiglio.

I prodotti di origine animale recanti indicazioni concernenti il metodo di produzione biologico, prodotti a norma di legge prima della data di applicazione del regolamento (CE) n. 780/2006 della Commissione possono essere commercializzati fino ad esaurimento delle scorte (195).

Quando un prodotto alimentare è composto di ingredienti di origine vegetale e animale, si applicano le disposizioni dell'articolo 3 della direttiva 95/2/CE del Parlamento europeo e del Consiglio.

L'inclusione nel punto A.1 del nitrito di sodio e del nitrato di potassio sarà riesaminata anteriormente al 31 dicembre 2007 allo scopo di limitare o vietare l'uso dei suddetti additivi (196).

Il riferimento ad un ingrediente delle sezioni A e C o agli ausiliari di fabbricazione della sezione B lascia impregiudicato l'obbligo di rispettare, in tutti i procedimenti di fabbricazione, come ad esempio nell'affumicatura, e nell'utilizzazione di un ingrediente o di un ausiliario di fabbricazione la normativa comunitaria in materia e/o la normativa compatibile con il trattato e, in assenza di detta normativa, i principi di buona pratica in materia di fabbricazione di derrate alimentari (197). In particolare, gli additivi devono essere utilizzati conformemente alle disposizioni della direttiva 89/107/CEE e, se del caso, a quelle di una direttiva globale di cui all'articolo 3, paragrafo 1, della succitata direttiva; gli aromi devono essere utilizzati conformemente alle disposizioni della direttiva 88/388/CEE e i solventi devono essere utilizzati conformemente alle disposizioni della direttiva 88/344/CEE del Consiglio, del 13 giugno 1988, per il ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri riguardanti i solventi da estrazione impiegati nella preparazione dei prodotti alimentari e dei loro ingredienti.

Sezione A - Ingredienti di origine non agricola [di cui all'articolo 5, paragrafo 3c e all'articolo 5, paragrafo 5 lettere a) e d), del regolamento (CEE) n. 2092/91] (198)

A.1. Additivi alimentari, ivi compresi gli eccipienti (199)

 

 

 

 

 

Codice

Denominazione

Preparazione di prodotti alimentari di origine vegetale

Preparazione di prodotti alimentari di origine animale

Condizioni specifiche

 

 

 

 

 

E 153

Carbone vegetale

 

X

Formaggio caprino alla cenere

 

 

 

 

Formaggio Morbier

E 160b

Annatto, Bixin, Norbixin

 

X

Formaggi Red Leicester,

 

 

 

 

Double Gloucester,

 

 

 

 

Scottish cheddar,

 

 

 

 

Mimolette

E 170

Carbonato di calcio

X

X

Escluso l'utilizzo come colorante o per l'arricchimento in calcio di prodotti

E 220

Anidride solforosa

X

X

In vini di frutta [*] senza aggiunta di zucchero (compresi il sidro di mele

oppure

 

 

 

e il sidro di pere) o

E 224

Metabisolfito di

X

X

nell'idromele:

 

potassio

 

 

50 mg [a]

 

 

 

 

Per il sidro di mele e il sidro di pere preparati con aggiunta di zuccheri o di succo concentrato dopo la fermentazione: 100 mg [a]

 

 

 

 

[a] Tenore massimo disponibile, di qualsiasi origine, espresso in mg/l di SO2

 

 

 

 

[*] In questo contesto, per "vino di frutta" si intende vino ottenuto da frutta diversa dall'uva

E 250

Nitrito di sodio

 

X

Prodotti a base di carne [2]

oppure

 

 

 

Per E 250: tenore massimo indicativo espresso in NaNO2: 80 mg/kg

E 252

Nitrato di potassio

 

X

 

 

 

 

 

Per E 252: tenore massimo residuo espresso in NaNO3: 80 mg/kg

 

 

 

 

Pour E 250: tenore massimo residuo espresso in NaNO2: 50 mg/kg

 

 

 

 

Per E 252: tenore massimo residuo espresso in NaNO3: 50 mg/kg

E 270

Acido lattico

X

X

 

E 290

Biossido di carbonio

X

X

 

E 296

Acido malico

X

 

 

E 300

Acido ascorbico

X

X

Prodotti a base di carne [1]

E 301

Ascorbato di sodio

 

X

Prodotti a base di carne in associazione con nitriti o nitrati [1]

E 306

Estratto ricco in tocoferolo

X

X

Antiossidante per grassi e oli

E 322

Lecitine

X

X

Prodotti lattiero-caseari [1]

E 325

Lattato di sodio

 

X

Prodotti lattiero-caseari e prodotti a base di carne

E 330

Acido citrico

X

 

 

E 331

Citrati di sodio

 

X

 

E 333

Citrati di calcio

X

 

 

E 334

Acido tartarico [L(+)-]

X

 

 

E 335

Tartrati di sodio

X

 

 

E 336

Tartrati di potassio

X

 

 

E 341 (i)

Fosfato monocalcico

X

 

Agente lievitante per farina fermentante

E 400

Acido alginico

X

X

Prodotti lattiero-caseari [1]

E 401

Alginato di sodio

X

X

Prodotti lattiero-caseari [1]

E 402

Alginato di potassio

X

X

Prodotti lattiero-caseari [1]

E 406

Agar-agar

X

X

Prodotti lattiero-caseari e prodotti a base di carne [1]

E 407

Carragenina

X

X

Prodotti lattiero-caseari [1]

E 410

Farina di semi di carrube

X

X

 

E 412

Gomma di guar

X

X

 

E 414

Gomma arabica

X

X

 

E 415

Gomma di xantano

X

X

 

E 422

Glicerolo

X

 

Per estratti vegetali

E 440 (i)

Pectina

X

X

Prodotti lattiero-caseari [1]

E 464

Idrossipropilmetil-cellulosa

X

X

Materiale da incapsulamento per capsule

E 500

Carbonati di sodio

X

X

"Dulce de leche" [*] e burro di panna acida [1]

 

 

 

 

[*] Per "Dulce de leche" o "Confettura di latte" si intende una crema di colore bruno, soffice e molto dolce, ottenuta da latte zuccherato e addensato

E 501

Carbonati di potassio

X

 

 

E 503

Carbonati di ammonio

X

 

 

E 504

Carbonati di magnesio

X

 

 

E 509

Cloruro di calcio

 

X

Coagulante del latte

E 516

Solfato di calcio

X

 

Eccipiente

E 524

Idrossido di sodio

X

 

Trattamento superficiale del " Laugengebäck"

E 551

Biossido di silicio

X

 

Antiagglomerante per erbe e spezie

E 553b

Talo

X

X

Agente di rivestimento per prodotti a base di carne

E 938

Argon

X

X

 

E 939

Elio

X

X

 

E 941

Azoto

X

X

 

E 948

Ossigeno

X

X

 

 

[1] Limitazione riguardante unicamente i prodotti animali.

[2] Additivo il cui uso è autorizzato soltanto qualora sia stato dimostrato, in modo soddisfacente per l'autorità competente, che non esiste alcun metodo tecnologico alternativo in grado di offrire le stesse garanzie sanitarie e/o di preservare le peculiari caratteristiche del prodotto.

 

 

 

 

 

 

A.2. Aromi ai sensi della direttiva 88/388/CEE

Sostanze e prodotti definiti all'articolo 1, paragrafo 2, lettera b), punto I), e all'articolo 1, paragrafo 2, lettera c), della direttiva 88/388/CEE ed etichettati come sostanze aromatizzanti naturali o preparazioni aromatiche naturali conformemente all'articolo 9, paragrafo 1, lettera d), e paragrafo 2 della stessa direttiva.

A.3. Acqua e sali

Acqua potabile

Sale (con cloruro di sodio o di potassio come componente di base) usualmente utilizzato nella fabbricazione degli alimenti.

A.4. Preparazioni microorganiche

Le preparazioni a base di microorganismi normalmente impiegate nei processi di fabbricazione degli alimenti, fatta eccezione dei microorganismi geneticamente modificati ai sensi della direttiva 2001/18/CE del Parlamento europeo e del Consiglio (200).

A.5 Sostanze minerali (anche oligoelementi), vitamine, aminoacidi e altri composti azotati

Sostanze minerali (anche oligoelementi), vitamine, aminoacidi e altri composti azotati sono autorizzati soltanto se il loro impiego è previsto per legge negli alimenti in cui vengono incorporati.

A.6. Impiego di taluni coloranti per la stampigliatura dei prodotti (201)

Qualora vengano utilizzate sostanze coloranti per la stampigliatura di gusci d'uovo, si applica l'articolo 2, paragrafo 9, della direttiva 94/36/CE del Parlamento europeo e del Consiglio .

Parte B - Ausiliari di fabbricazione ed altri prodotti che possono essere utilizzati nella trasformazione di ingredienti di origine agricola ottenuti con metodi biologici di cui all'articolo 5, paragrafo 3, lettera d), e all'articolo 5, paragrafo 5 bis, lettera e), del regolamento (CEE) n. 2092/91 (202)

 

 

 

 

Denominazione

Preparazione di prodotti alimentari di origine vegetale

Preparazione di prodotti alimentari di origine animale

Condizioni specifiche

 

 

 

 

Acqua

X

X

Acqua potabile ai sensi della direttiva 98/83/CE del Consiglio (*)

Cloruro di calcio

X

 

Coagulante

Carbonato di calcio

X

 

 

Idrossido di calcio

X

 

 

Solfato di calcio

X

 

Coagulante

Cloruro di magnesio (o nigari)

X

 

Coagulante

Carbonato di potassio

X

 

Essiccazione dell'uva

Carbonato di sodio

X

 

Produzione di zucchero/i

Acido citrico

X

 

Produzione di olio e idrolisi dell'amido

Idrossido di sodio

X

 

Produzione di zucchero

 

 

 

Produzione di olio di semi di colza ( Brassica spp.)

Acido solforico

X

 

Produzione di zucchero/i

Isopropanolo (propan-2-ol)

X

 

Nel processo di cristallizzazione nella fabbricazione dello zucchero; nel rispetto delle disposizioni della direttiva 88/344/CEE del Consiglio, fino al 31.12.2006

Biossido di carbonio

X

X

 

Azoto

X

X

 

Etanolo

X

X

Solvente

Acido tannico

X

 

Ausiliare di filtrazione

Albumina d'uovo

X

 

 

Caseina

X

 

 

Gelatina

X

 

 

Colla di pesce

X

 

 

Oli vegetali

X

X

Lubrificante, distaccante o antischiumogeno

Biossido di silicio in gel o in soluzione colloidale

X

 

 

Carbone attivato

X

 

 

Talco

X

 

 

Bentonite

X

X

Collante per idromele [1]

Caolino

X

X

Propoli [1]

Terra di diatomee

X

 

 

Perlite

X

 

 

Gusci di nocciole

X

 

 

Farina di riso

X

 

 

Cera d'api

X

 

Distaccante

Cera carnauba

X

 

Distaccante

 

[1] Limitazione riguardante unicamente i prodotti animali.

Preparazioni a base di microrganismi ed enzimi:

Tutte le preparazioni a base di microrganismi ed enzimi normalmente impiegate quali ausiliari nei processi di fabbricazione degli alimenti, fatta eccezione per i microrganismi geneticamente modificati e gli enzimi derivati da organismi geneticamente modificati ai sensi della direttiva 2001/18/CE.

[*] G.U.C.E. L 330 del 5.12.1998.

 

 

 

 

 

Parte C: ingredienti di origine agricola non prodotti biologicamente, di cui all'articolo 5, paragrafo 4, del regolamento (CEE) n. 2092/91 (203)

C.1.

Prodotti vegetali non trattati e prodotti da questi ottenuti mediante processi indicati al punto 2, lettera a), dell'introduzione del presente allegato:

 

 

 

C.1.1.

Frutti e semi commestibili

 

 

Ghiande

Quercus spp

 

Noci di cola

Cola acuminata

 

Uva spina

Ribes uva-crispa

 

Frutti della passione

Passiflora edulis

 

Lamponi (essiccati)

Rubus idaeus

 

Ribes rosso (essiccato)

Ribes rubrum

 

 

 

C.1.2.

Spezie ed erbe commestibili

 

 

Noce moscata

Myristica fragrans, fino al 31 dicembre 2000

 

Pepe verde

Piper nigrum, fino al 30 aprile 2001

 

Pepe (del Perù)

Schinus molle L.

 

Semi di rafano

Armoracia rusticana

 

Alpinia o galanga minore

Alpinia officinarum

 

Fiori di cartamo

Carthamus tinctorius

 

Crescione acquatico

Nasturtium officinale

 

 

 

C.1.3.

Prodotti vari

 

 

Alghe, comprese quelle marine, autorizzate nella preparazione di prodotti alimentari tradizionali

 

 

 

C.2.

Prodotti vegetali trattati mediante processi indicati al punto 2, lettera b), dell'introduzione del presente allegato:

 

 

 

C.2.1.

Grassi ed oli, anche raffinati, ma non modificati chimicamente, ottenuti da piante diverse da:

 

Cacao

Theobroma cacao

 

Cocco

Cocos nucifera

 

Olivo

Olea europaea

 

Girasole

Helianthus annuus

 

Palma

Elaeis guineensis

 

Colza

Brassica napus, rapa

 

Cartamo

Carthamus tinctorius

 

Sesamo

Sesamum indicum

 

Soia

Glycine max

 

 

 

C.2.2.

I seguenti zuccheri, fecola e amido e altri prodotti ottenuti da cereali e tuberi:

 

Zucchero di barbabietola, fino al 1° aprile 2003

 

 

Fruttosio

 

 

Cialde di riso

 

 

Sfoglie di pane azzimo

 

 

Amido di riso e granturco ceroso, chimicamente non modificato

 

 

 

 

C.2.3.

Prodotti vari:

 

 

Coriandolo, affumicato

Coriandrum sativum, fino al 31 dicembre 2000

 

Proteina di piselli

Pisum spp

 

Rum: ottenuto esclusivamente da succo di canna da zucchero

 

Kirsch preparato a base di frutti e sostanze aromatiche come indicato alla sezione A.2 del presente allegato

 

Miscugli di vegetali autorizzati nella preparazione di prodotti alimentari tradizionali e che conferiscono colore e sapore ai dolciumi, unicamente per la preparazione di "Gummi Bärchen", fino al 30 settembre 2000

 

Miscugli delle seguenti specie di pepe: Piper nigrum, Schinus molle e Schinus terebinthifolium, fino al 31 dicembre 2000

 

 

 

C.3.

Prodotti di origine animale:

 

 

Organismi acquatici, diversi dai prodotti dell'acquacoltura, autorizzati nella preparazione di prodotti alimentari tradizionali

 

Latticello in polvere

fino al 31 agosto 2001

 

Gelatina

 

 

Miele

fino al 28 febbraio 2001

 

Lattosio

fino al 31 agosto 2001

 

Siero di latte disidratato "herasuola".

 

 

Involucri animali

[soltanto fino al 1° aprile 2004] (204) (205)

 

 

 

 

 

Allegato VI (206)

(N.d.R.: Testo in vigore fino al 30 novembre 2007)

Introduzione

Ai fini del presente allegato, si applicano le definizioni che seguono:

1. Ingredienti: le sostanze definite all'articolo 4 del regolamento, con le restrizioni di cui all'articolo 6, paragrafo 4, della direttiva 79/112/CEE del Consiglio, del 18 dicembre 1992 relativa al ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri concernenti l'etichettatura e la presentazione dei prodotti alimentari destinati al consumatore finale, nonché la relativa pubblicità.

2. Ingredienti di origine agricola:

a) singoli prodotti agricoli e loro derivati ottenuti con adeguati procedimenti di lavaggio, di pulitura, meccanici e/o termici o con altri procedimenti fisici intesi a ridurre l'umidità del prodotto;

b) prodotti derivati da quelli citati alla lettera a) con altri procedimenti utilizzati nella fabbricazione di alimenti, a meno che gli stessi prodotti non vengano considerati come additivi o aromi definiti ai punti 5 e 7 che seguono.

3. Ingredienti di origine non agricola: ingredienti diversi da quelli di origine agricola ed appartenenti ad almeno una delle seguenti categorie:

3.1. Additivi alimentari, ivi compresi gli eccipienti per additivi quali definiti ai punti 5 e 6 in appresso;

3.2. Aromi, quali definiti al punto 7 in appresso;

3.3. Acqua e sale;

3.4. Preparazioni microorganiche;

3.5. Oligoelementi e vitamine.

4. Ausiliari di fabbricazione: sostanze definite all'articolo 1, paragrafo 3, lettera a), della direttiva 89/107/CEE del Consiglio, del 21 dicembre 1988, per il ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri concernenti gli additivi autorizzati nei prodotti alimentari destinati al consumo umano.

5. Additivi alimentari: sostanze definite all'articolo 1, paragrafi 1 e 2, della direttiva 89/107/CEE e disciplinati da detta direttiva oppure da una direttiva globale di cui all'articolo 3, paragrafo 1, della direttiva 89/107/CEE.

6. Eccipienti, ivi compresi i relativi solventi: additivi alimentari usati per sciogliere, diluire, disperdere, o altrimenti modificare fisicamente un additivo alimentare senza alterarne la funzione tecnologica, allo scopo di facilitarne la manipolazione, l'applicazione o l'impiego.

7. Aromi: sostanze e prodotti definiti all'articolo 1, paragrafo 2, della direttiva 88/388/CEE del Consiglio, del 22 gennaio 1988, sul ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri nel settore degli aromi destinati ad essere impiegati nei prodotti alimentari e nei materiali di base per la loro preparazione e disciplinati dalla medesima.

Princìpi generali

Le parti A, B e C comprendono tutti gli ingredienti e gli ausiliari di fabbricazione che possono essere usati nella preparazione di tutti i prodotti alimentari composti essenzialmente di uno o più ingredienti di origine vegetale di cui all'articolo 1, paragrafo 1, lettera b), del presente regolamento, fatta eccezione per i vini.

In attesa dell'adozione delle norme di cui alle sezioni A e B del presente allegato e per contemplare specificamente la preparazione di derrate alimentari composte di uno o più prodotti animali, si applicano le norme nazionali (207).

Il riferimento ad un ingrediente delle sezioni A e C o agli ausiliari di fabbricazione della sezione B lascia impregiudicato l'obbligo di rispettare, in tutti i procedimenti di fabbricazione, come ad esempio nell'affumicatura, e nell'utilizzazione di un ingrediente o di un ausiliario di fabbricazione la normativa comunitaria in materia e/o la normativa compatibile con il trattato e, in assenza di detta normativa, i principi di buona pratica in materia di fabbricazione di derrate alimentari (208). In particolare, gli additivi devono essere utilizzati conformemente alle disposizioni della direttiva 89/107/CEE e, se del caso, a quelle di una direttiva globale di cui all'articolo 3, paragrafo 1, della succitata direttiva; gli aromi devono essere utilizzati conformemente alle disposizioni della direttiva 88/388/CEE e i solventi devono essere utilizzati conformemente alle disposizioni della direttiva 88/344/CEE del Consiglio, del 13 giugno 1988, per il ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri riguardanti i solventi da estrazione impiegati nella preparazione dei prodotti alimentari e dei loro ingredienti.

Sezione A - Ingredienti di origine non agricola [di cui all'articolo 5, paragrafo 3c e all'articolo 5, paragrafo 5 lettere a) e d), del regolamento (CEE) n. 2092/91] (209)

A.1. Additivi alimentari, ivi compresi gli eccipienti

Denominazione

Condizioni specifiche [1]

E 170 Carbonati di calcio

Escluso l'utilizzo come colorante (210)

E 270 Acido lattico

-

E 290 Anidride carbonica

-

E 296 Acido malico

-

E 300 Acido ascorbico

-

E 306 Estratto ricco di tocoferolo

antiossidante per grassi ed oli

E 322 Lecitine

-

E 330 Acido citrico

-

E 333 Citrati di calcio

-

E 334 Acido tartarico (L (+) -)

-

E 335 Tartrato di sodio

-

E 336 Tartrato di potassio

-

E 341 Monofosfato di calcio

agente lievitante per farina fermentante

E 400 Acido alginico

-

E 401 Alginato di sodio

-

E 402 Alginato di potassio

-

E 406 Agar

-

E 407 Carraginani

-

E 410 Farina di semi di carrube

-

E 412 Farina di semi di guar

-

E 413 Gomma adragante

-

E 414 Gomma arabica

-

E 415 Gomma xanthan

-

E 416 Gomma karaga

-

E 422 Glicerolo

Estratti vegetali (211)

E 440 (i) Pectina

-

E 500 Carboni di sodio

-

E 501 Carboni di potassio

-

E 503 Carboni di ammonio

-

E 504 Carboni di magnesio

-

E 516 Solfato di calcio

Eccipiente (212)

E 524 Idrossido di sodio

trattamento superficiale di Laugengebäck

E 551 Biossido di silicio

Antiagglomerante per erbe e spezie (213)

E 938 Argo

-

E 941 Azoto

-

E 948 Ossigeno

-

 

 

A.2. Aromi ai sensi della direttiva 88/388/CEE

Sostanze e prodotti definiti all'articolo 1, paragrafo 2, lettera b), punto I), e all'articolo 1, paragrafo 2, lettera c), della direttiva 88/388/CEE ed etichettati come sostanze aromatizzanti naturali o preparazioni aromatiche naturali conformemente all'articolo 9, paragrafo 1, lettera d), e paragrafo 2 della stessa direttiva.

A.3. Acqua e sali

Acqua potabile

Sale (con cloruro di sodio o di potassio come componente di base) usualmente utilizzato nella fabbricazione degli alimenti.

A.4. Preparazioni microorganiche

I) Le preparazioni a base di microorganismi normalmente impiegate nei processi di fabbricazione degli alimenti, fatta eccezione dei microorganismi geneticamente modificati ai sensi dell'articolo 2, paragrafo 2, della direttiva 90/220/CEE;

[II) microorganismi geneticamente modificati ai sensi dell'articolo 2, paragrafo 2, della direttiva 90/220/CEE: se inclusi qui di seguito conformemente alla procedura di cui all'articolo 14.] (214).

A.5 Sostanze minerali (anche oligoelementi), vitamine, aminoacidi e altri composti azotati

Sostanze minerali (anche oligoelementi), vitamine, aminoacidi e altri composti azotati sono autorizzati soltanto se il loro impiego è previsto per legge negli alimenti in cui vengono incorporati.

Sezione B - Ausiliari di fabbricazione ed altri prodotti che possono essere utilizzati nella trasformazione di ingredienti di origine agricola ottenuti con metodi biologici di cui all'articolo 5, paragrafo 3, lettera d) e all'articolo 5, paragrafo 5, lettere a) ed e), del regolamento (CEE) n. 2092/91 (215)

Denominazione

Condizioni specifiche

Acqua

 

Cloruro di calcio

coagulante

Carbonato di calcio

 

Carbonato di sodio

produzione dello zucchero

Acido citrico

Produzione di olio e idrolisi di amido

Idrossido di sodio

- produzione di zucchero,

 

- produzione di olio da semi di colza (Brassica spp) per un periodo che termina il 31 marzo 2002 (216)

Acido solforico

produzione dello zucchero

Isopropanolo (propan-2-ol)

Nel processo di cristallizzazione nella fabbricazione dello zucchero

 

Nel rispetto delle disposizioni della direttiva 88/344/CEE, modificata da ultimo dalla direttiva 97/60/CEE

 

Per un periodo [. . . ] fino al 31. 12. 2006 (217)

Idrossido di calcio

 

Solfato di calcio

coagulante

Cloruro di magnesio (o nigari)

coagulante

Carbonato di potassio

essiccazione dell'uva

Biossido di carbonio

 

Azoto

 

Etanol

solvente

Acido tannico

ausiliare di filtrazione

Albumina d'uovo

 

Caseina

 

Gelatina

 

Colla di pesce

 

Oli vegetali

lubrificante, distaccante o antischiumogeno

Biossido di silicio in gel o in soluzione colloidale

 

Carbone attivato

 

Talco

 

Bentonite

 

Caolino

 

Terra di diatome perlite

 

Gusci di nocciole

 

Farina di riso

 

Cera d'api

distaccante

Cera di carnauba

distaccante

 

 

Preparazioni a base di microrganismi ed enzimi:

Tutte le preparazioni a base di microrganismi ed enzimi normalmente impiegate quali ausiliari nei processi di fabbricazione degli alimenti, fatta eccezione dei microrganismi geneticamente modificati ai sensi dell'articolo 2, paragrafo 2, della direttiva 90/220/CEE e degli enzimi derivati da organismi geneticamente modificati ai sensi dell'articolo 2, paragrafo 2, della direttiva 90/220/CEE (218).

Parte C: ingredienti di origine agricola non prodotti biologicamente, di cui all'articolo 5, paragrafo 4, del regolamento (CEE) n. 2092/91 (219)

C.1.

Prodotti vegetali non trattati e prodotti da questi ottenuti mediante processi indicati al punto 2, lettera a), dell'introduzione del presente allegato:

 

 

 

C.1.1.

Frutti e semi commestibili

 

 

Ghiande

Quercus spp

 

Noci di cola

Cola acuminata

 

Uva spina

Ribes uva-crispa

 

Frutti della passione

Passiflora edulis

 

Lamponi (essiccati)

Rubus idaeus

 

Ribes rosso (essiccato)

Ribes rubrum

 

 

 

C.1.2.

Spezie ed erbe commestibili

 

 

Noce moscata

Myristica fragrans, fino al 31 dicembre 2000

 

Pepe verde

Piper nigrum, fino al 30 aprile 2001

 

Pepe (del Perù)

Schinus molle L.

 

Semi di rafano

Armoracia rusticana

 

Alpinia o galanga minore

Alpinia officinarum

 

Fiori di cartamo

Carthamus tinctorius

 

Crescione acquatico

Nasturtium officinale

 

 

 

C.1.3.

Prodotti vari

 

 

Alghe, comprese quelle marine, autorizzate nella preparazione di prodotti alimentari tradizionali

 

 

 

C.2.

Prodotti vegetali trattati mediante processi indicati al punto 2, lettera b), dell'introduzione del presente allegato:

 

 

 

C.2.1.

Grassi ed oli, anche raffinati, ma non modificati chimicamente, ottenuti da piante diverse da:

 

Cacao

Theobroma cacao

 

Cocco

Cocos nucifera

 

Olivo

Olea europaea

 

Girasole

Helianthus annuus

 

Palma

Elaeis guineensis

 

Colza

Brassica napus, rapa

 

Cartamo

Carthamus tinctorius

 

Sesamo

Sesamum indicum

 

Soia

Glycine max

 

 

 

C.2.2.

I seguenti zuccheri, fecola e amido e altri prodotti ottenuti da cereali e tuberi:

 

Zucchero di barbabietola, fino al 1° aprile 2003

 

 

Fruttosio

 

 

Cialde di riso

 

 

Sfoglie di pane azzimo

 

 

Amido di riso e granturco ceroso, chimicamente non modificato

 

 

 

 

C.2.3.

Prodotti vari:

 

 

Coriandolo, affumicato

Coriandrum sativum, fino al 31 dicembre 2000

 

Proteina di piselli

Pisum spp

 

Rum: ottenuto esclusivamente da succo di canna da zucchero

 

Kirsch preparato a base di frutti e sostanze aromatiche come indicato alla sezione A.2 del presente allegato

 

Miscugli di vegetali autorizzati nella preparazione di prodotti alimentari tradizionali e che conferiscono colore e sapore ai dolciumi, unicamente per la preparazione di "Gummi Bärchen", fino al 30 settembre 2000

 

Miscugli delle seguenti specie di pepe: Piper nigrum, Schinus molle e Schinus terebinthifolium, fino al 31 dicembre 2000

 

 

 

C.3.

Prodotti di origine animale:

 

 

Organismi acquatici, diversi dai prodotti dell'acquacoltura, autorizzati nella preparazione di prodotti alimentari tradizionali

 

Latticello in polvere

fino al 31 agosto 2001

 

Gelatina

 

 

Miele

fino al 28 febbraio 2001

 

Lattosio

fino al 31 agosto 2001

 

Siero di latte disidratato "herasuola".

 

 

Involucri animali

[soltanto fino al 1° aprile 2004] (220) (221)

 

 

 

 

 


(194)  L'allegato VI, il cui contenuto, qui riportato, è definito dal regolamento (CEE) n. 207/93, è stato modificato dal regolamento (CE) n. 468/94, dal regolamento (CE) n. 1201/95, dal regolamento (CE) n. 418/96, dal regolamento (CE) n. 1488/97, dall'allegato al regolamento (CE) n. 330/1999, dal regolamento (CE) n. 1804/1999, dall'allegato al regolamento (CE) n. 1073/2000, dall'allegato al regolamento (CE) n. 1437/2000, dall'allegato del regolamento (CE) n. 2020/2000 e, da ultimo, dall'allegato del regolamento (CE) n. 473/2002. Per ulteriori precisazioni si rimanda agli articoli 2 e 3 di quest'ultimo regolamento.

(195)  Capoverso così sostituito dall'allegato del regolamento (CE) n. 780/2006, con decorrenza indicata al suo articolo 2.

(196)  Paragrafo inserito dall'allegato del regolamento (CE) n. 1804/1999 e successivamente così sostituito dall'allegato del regolamento (CE) n. 780/2006, con decorrenza indicata al suo articolo 2.

(197)  Frase così sostituita dall'allegato del regolamento (CE) n. 1073/2000.

(198)  Titolo così sostituito dall'allegato del regolamento (CE) n. 1073/2000.

(199)  Punto A.1 inizialmente modificato dall'allegato del regolamento (CE) n. 1073/2000 e successivamente così sostituito dall'allegato del regolamento (CE) n. 780/2006, con decorrenza indicata al suo articolo 2.

(200)  Punto A.4 inizialmente modificato dall'allegato del regolamento (CE) n. 1073/2000 e successivamente così sostituito dall'allegato del regolamento (CE) n. 780/2006, con decorrenza indicata al suo articolo 2.

(201)  Punto A.6 aggiunto dall'allegato del regolamento (CE) n. 780/2006, con decorrenza indicata al suo articolo 2.

(202)  Parte B inizialmente modificata dall'allegato del regolamento (CE) n. 1073/2000, successivamente modificata dall'allegato del regolamento (CE) n. 473/2002 a cui si rimanda, per ulteriori precisazioni, agli articoli 2 e 3 del regolamento suddetto, e da ultimo così sostituita dall'allegato del regolamento (CE) n. 780/2006, con decorrenza indicata al suo articolo 2.

(203)  La parte C del presente allegato è stata inizialmente sostituita dall'allegato al regolamento (CE) n. 330/1999, successivamente modificata dall'allegato del regolamento (CE) n. 1073/2000, sostituita dall'allegato del regolamento (CE) n. 1437/2000 e, da ultimo, così sostituita dall'allegato del regolamento (CE) n. 2020/2000, secondo quanto disposto dal suo articolo 2.

(204)  Frase soppressa dall'articolo 1 del regolamento (CE) n. 1481/2004.

(205)  Testo aggiunto dall'allegato del regolamento (CE) n. 473/2002. Per ulteriori precisazioni si rimanda agli articoli 2 e 3 del regolamento suddetto.

(206)  L'allegato VI, il cui contenuto, qui riportato, è definito dal regolamento (CEE) n. 207/93, è stato modificato dal regolamento (CE) n. 468/94, dal regolamento (CE) n. 1201/95, dal regolamento (CE) n. 418/96, dal regolamento (CE) n. 1488/97, dall'allegato al regolamento (CE) n. 330/1999, dal regolamento (CE) n. 1804/1999, dall'allegato al regolamento (CE) n. 1073/2000, dall'allegato al regolamento (CE) n. 1437/2000, dall'allegato del regolamento (CE) n. 2020/2000 e, da ultimo, dall'allegato del regolamento (CE) n. 473/2002. Per ulteriori precisazioni si rimanda agli articoli 2 e 3 di quest'ultimo regolamento.

(207)  Paragrafo inserito dall'allegato del regolamento (CE) n. 1804/1999.

(208)  Frase così sostituita dall'allegato del regolamento (CE) n. 1073/2000.

(209)  Titolo così sostituito dall'allegato del regolamento (CE) n. 1073/2000.

(210)  Le disposizioni concernenti i carbonati di calcio sono state così sostituite dall'allegato del regolamento (CE) n. 1073/2000. Vedi, per la decorrenza della modifica, l'articolo 2 del regolamento sopra citato.

(211)  Prodotto inserito dall'allegato del regolamento (CE) n. 1073/2000.

(212)  Le disposizioni concernenti il solfato di calcio sono state così sostituite dall'allegato del regolamento (CE) n. 1073/2000.

(213)  Prodotto inserito dall'allegato del regolamento (CE) n. 1073/2000.

(214)  Punto soppresso dall'allegato del regolamento (CE) n. 1073/2000.

(215)  Titolo così sostituito dall'allegato del regolamento (CE) n. 1073/2000.

(216)  Il termine massimo del 31 marzo 2002 consentito per l'impiego dell'idrossido di sodio è stato soppresso dall'allegato del regolamento (CE) n. 473/2002. Per ulteriori precisazioni si rimanda agli articoli 2 e 3 del regolamento suddetto.

(217)  Prodotto inserito dall'allegato del regolamento (CE) n. 1073/2000.

(218)  Testo così sostituito dall'allegato del regolamento (CE) n. 1073/2000.

(219)  La parte C del presente allegato è stata inizialmente sostituita dall'allegato al regolamento (CE) n. 330/1999, successivamente modificata dall'allegato del regolamento (CE) n. 1073/2000, sostituita dall'allegato del regolamento (CE) n. 1437/2000 e, da ultimo, così sostituita dall'allegato del regolamento (CE) n. 2020/2000, secondo quanto disposto dal suo articolo 2.

(220)  Frase soppressa dall'articolo 1 del regolamento (CE) n. 1481/2004.

(221)  Testo aggiunto dall'allegato del regolamento (CE) n. 473/2002. Per ulteriori precisazioni si rimanda agli articoli 2 e 3 del regolamento suddetto.

 


Allegato VII (222)

 

 

Numero massimo di animali per ettaro

Numero massimo di animali per

Classe o specie

ettaro (equivalente a 170 kg

 

N/ha/anno)

 

 

 

 

Equini di oltre 6 mesi

2

Vitelli da ingrasso

5

Altri bovini di meno di 1 anno

5

Bovini maschi da 1 a meno di 2 anni

3,3

Bovini femmine da 1 a meno di 2 anni

3,3

Bovini maschi di 2 anni e oltre

2

Giovenche da allevamento

2,5

Giovenche da ingrasso

2,5

Vacche da latte

2

Vacche lattifere da riforma

2

Altre vacche

2,5

Coniglie riproduttrici

100

Pecore

13,3

Capre

13,3

Suinetti

74

Scrofe riproduttrici

6,5

Suini da ingrasso

14

Altri suini

14

Polli da tavola

580

Galline ovaiole

230

 

 

 

 


(222)  Allegato aggiunto dall'allegato del regolamento (CE) n. 1804/1999.

 


Allegato VIII (223)

Superfici minime coperte e scoperte ed altre caratteristiche di stabulazione per i differenti tipi e specie di produzione

1. BOVINI, OVINI E SUINI

 

Superfici coperte

Superfici scoperte

 

(superficie netta disponibile per gli animali)

(spiazzi liberi, esclusi i

 

 

pascoli)

 

Peso vivo minimo (kg)

m 2 /per capo

(m 2 /per capo)

 

 

 

 

 

 

 

 

Bovini e equini da allevamento

fino a 100

1,5

1,1

e destinati all'ingrasso

fino a 200

2,5

1,9

 

fino a 350

4,0

3

 

oltre 350

5 con un minimo di 1 m2 /100 kg

3,7 con un numero di 0,75 m2/100 kg

 

 

 

 

 

 

 

 

Vacche da latte

 

6

4,5

 

 

 

 

 

 

 

 

Tori da allevamento

 

10

30

 

 

 

 

 

 

 

 

Pecore e capre

 

1,5 per pecora/capra

2,5

 

 

0,35 per agnello/capretto

con 0,5 per agnello/capretto

 

 

 

 

 

 

 

 

Scrofe in allattamento con suinetti fino a 40 giorni

 

7,5 per scrofa

2,5

 

 

 

 

 

 

 

 

Suini da ingrasso

fino a 50

0,8

0,6

 

fino a 85

1,1

0,8

 

fino a 110

1,3

1

 

 

 

 

 

 

 

 

Suinetti

oltre 40 giorni e fino a 30 kg

0,6

0,4

 

 

 

 

 

 

 

 

Suini da allevamento

 

2,5 per femmina

1,9

 

 

6 per maschio

8,0

 

 

 

 

 

 

 

 

2. POLLAME

 

Superfici coperte

Superfici scoperte (m 2 in

 

(superficie netta disponibile per gli animali)

rotazione di superficie

 

Numero di animali per m 2

cm di posatoio per animale

per nido

disponibile per capo)

 

 

 

 

 

Galline ovaiole

6

18

8 galline ovaiole per nido o in caso di nido comune 120 cm2 per volatile

4, a condizione che non sia superato il limite di 170 kg, di N/ha/anno

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Pollame da ingrasso (in ricoveri fissi)

10, con un massimo di 21 kg di peso vivo per m2

20 (solo per faraone)

 

4 polli da ingrasso e faraone

 

 

 

 

4,5 anatre

 

 

 

 

10 tacchini

 

 

 

 

15 oche

 

 

 

 

In tutte le specie summenzionate non deve essere superato il limite di 170 kg di N/ha/anno

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Pollame da ingrasso (in ricoveri mobili)

16 [*] in ricoveri mobili con un massimo di 30 kg di peso vivo per m2

 

 

2,5, a condizione che non sia superato il limite di 170 kg N/ha/anno

 

 

 

 

 

 

[*] Solo nel caso di ricoveri mobili con pavimento di superficie non superiore a 150 m2 che restano aperti di notte.

 

 

 

 

 

 


(223)  Allegato aggiunto dall'allegato del regolamento (CE) n. 1804/1999.

 

 

 


Dec. 1999/468/CE del 28 giugno 1999
Decisione del Consiglio recante modalità per l'esercizio delle competenze di esecuzione conferite alla Commissione

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(1) Pubblicata nella G.U.C.E. 17 luglio 1999, n. L 184.

(2) Vedi la dichiarazione relativa alla decisione 1999/468/CE del 28 giugno 1999 del Consiglio e l'accordo 10 ottobre 2000 fra Parlamento europeo e Commissione relativo alle modalità di applicazione della presente decisione.

Vedi anche gli atti elencati negli allegati I, II e III del regolamento (CE) n. 806/2003, gli atti elencati negli allegati I, II e III del regolamento (CE) n. 807/2003 e gli atti elencati negli allegati I, II e III del regolamento (CE) n. 1882/2003, adeguati alle corrispondenti disposizioni della presente decisione.


Il Consiglio dell'Unione europea,

visto il trattato che istituisce la Comunità europea, in particolare l'articolo 202, terzo trattino,

vista la proposta della Commissione (3),

visto il parere del Parlamento europeo (4),

considerando quanto segue:

(1) il Consiglio conferisce alla Commissione, negli atti che esso adotta, le competenze di esecuzione delle norme che stabilisce; il Consiglio può sottoporre l'esercizio di tali competenze a determinate modalità e può anche riservarsi, in casi specifici e motivati, di esercitare direttamente competenze di esecuzione;

(2) il Consiglio ha adottato la decisione 87/373/CEE del 13 luglio 1987 che stabilisce le modalità per l'esercizio delle competenze di esecuzione conferite alla Commissione, tale decisione prevedeva un numero limitato di procedure per l'esercizio di tali competenze;

(3) con la dichiarazione n. 31 allegata all'atto finale della conferenza intergovernativa che ha adottato il trattato di Amsterdam, la Commissione è stata invitata a presentare al Consiglio una proposta di modificazione della suddetta decisione;

(4) per motivi di chiarezza si è ritenuto più opportuno sostituire, anziché modificare, la decisione 87/373/CEE con una nuova decisione, abrogando quindi la decisione 87/373/CEE;

(5) la presente decisione mira in primo luogo a stabilire dei criteri per la scelta delle procedure di comitato, fermo restando che questi non sono vincolanti, affinché la scelta del tipo di comitato sia più coerente e prevedibile ad eccezione di quelle che regolano la procedura di regolamentazione con controllo (5);

(6) al riguardo dovrebbe essere seguita la procedura di gestione per quanto attiene a misure di gestione come quelle relative all'applicazione della politica agricola comune e della politica comune della pesca o all'attuazione di programmi che hanno rilevanti implicazioni di bilancio; siffatte misure dovrebbero essere adottate dalla Commissione secondo una procedura atta a garantire che le decisioni siano prese in tempi adeguati; tuttavia, allorché al Consiglio sono sottoposte misure non urgenti, la Commissione dovrebbe avvalersi della sua facoltà di rinviare l'applicazione di tali misure;

(7) conviene seguire la procedura di regolamentazione per quanto riguarda le misure di portata generale intese ad applicare le disposizioni essenziali di atti di base, ivi comprese le misure concernenti la salute o la sicurezza delle persone, degli animali o delle piante, nonché quelle intese ad adeguare o aggiornare talune disposizioni non essenziali di un atto di base; siffatte misure di esecuzione dovrebbero essere adottate secondo una procedura efficace, nel pieno rispetto del diritto di iniziativa della Commissione in materia legislativa;

(7bis) È necessario ricorrere alla procedura di regolamentazione con controllo per le misure di portata generale intese a modificare elementi non essenziali di un atto adottato secondo la procedura di cui all'articolo 251 del trattato, anche sopprimendo taluni di questi elementi, o completandolo con l'aggiunta di nuovi elementi non essenziali. Tale procedura deve consentire ai due rami dell'autorità legislativa di effettuare un controllo preliminare all'adozione di siffatte misure. Gli elementi essenziali di un atto legislativo possono essere modificati soltanto dal legislatore in base al trattato (6);

(8) conviene seguire la procedura consultiva in tutti i casi in cui questa sia considerata la procedura più appropriata; la procedura consultiva continuerà ad essere seguita nei casi in cui è applicata attualmente;

(9) la decisione mira, in secondo luogo, a semplificare le modalità per l'esercizio delle competenze di esecuzione conferite alla Commissione nonché a rafforzare la partecipazione del Parlamento europeo nei casi in cui l'atto di base che conferisce le competenze di esecuzione alla Commissione è stato adottato secondo la procedura di cui all'articolo 251 del trattato; si è pertanto ritenuto opportuno ridurre il numero delle procedure nonché adattarle tenendo conto delle competenze rispettive delle istituzioni interessate, e segnatamente dare al Parlamento europeo la possibilità di fare in modo che la Commissione o il Consiglio tengano conto dei suoi pareri nei casi in cui ritiene che un progetto di misure presentato ad un comitato o, rispettivamente, una proposta presentata al Consiglio secondo la procedura di regolamentazione eccedano le competenze di esecuzione previste dall'atto di base;

(10) La presente decisione mira, in terzo luogo, a migliorare l'informazione del Parlamento europeo disponendo che la Commissione informi periodicamente il Parlamento europeo dei lavori dei comitati, che la Commissione gli trasmetta documenti connessi con i lavori dei comitati e che lo informi quando trasmette al Consiglio misure o progetti di misure da adottare; sarà prestata particolare attenzione all'informazione del Parlamento europeo circa i lavori dei comitati nell'ambito della procedura di regolamentazione con controllo, per fare in modo che il Parlamento europeo possa prendere una decisione entro i termini previsti (7);

(11) la decisione mira, in quarto luogo, a migliorare l'informazione del pubblico circa le procedure di comitato e a rendere pertanto applicabili ai comitati i principi e le condizioni, relativi all'accesso del pubblico ai documenti, che si applicano alla Commissione, a disporre che siano pubblicati un elenco di tutti i comitati che assistono la Commissione nell'esercizio delle sue competenze di esecuzione ed una relazione sui lavori dei comitati come pure a disporre che siano resi pubblici, in un registro, tutti i riferimenti a documenti connessi con i comitati che sono stati trasmessi al Parlamento europeo;

(12) la presente decisione non si applica alle procedure specifiche di comitati istituiti nell'ambito dell'attuazione della politica commerciale comune e delle regole di concorrenza previste dai trattati che non si basano attualmente sulla decisione 87/373/CEE,

decide:

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(3) Pubblicata nella G.U.C.E. 8 settembre 1998, n. C 279.

(4) Parere espresso il 6 maggio 1999.

(5) Considerando così modificato dall'articolo 1 della decisione 2006/512/CE.

(6) Considerando inserito dall'articolo 1 della decisione 2006/512/CE.

(7) Considerando così sostituito dall'articolo 1 della decisione 2006/512/CE.


Articolo 1

Salvi casi specifici e motivati, nei quali l'atto di base riserva al Consiglio il diritto di esercitare direttamente talune competenze di esecuzione, queste sono conferite alla Commissione conformemente alle pertinenti disposizioni dell'atto di base. Tali disposizioni precisano gli elementi essenziali delle competenze così conferite.

Quando l'atto di base sottopone l'adozione delle misure di esecuzione a determinate modalità procedurali, queste sono conformi alle procedure previste agli articoli 3, 4, 5, 5bis e 6 (8).

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(8) Comma così modificato dall'articolo 1 della decisione 2006/512/CE.


Articolo 2

1. Fatto salvo il paragrafo 2 la scelta delle modalità procedurali per l'adozione delle misure di esecuzione è improntata ai seguenti criteri (9):

a) Le misure di gestione, come quelle relative all'applicazione della politica agricola comune e della politica comune della pesca, o quelle relative all'attuazione di programmi che hanno rilevanti implicazioni di bilancio, dovrebbero essere adottate secondo la procedura di gestione.

b) Le misure di portata generale intese a dare applicazione alle disposizioni essenziali di un atto di base, ivi comprese le misure concernenti la salute o la sicurezza delle persone, degli animali o delle piante, dovrebbero essere adottate secondo la procedura di regolamentazione.

Quando un atto di base prevede che talune disposizioni non essenziali di tale atto possono essere adeguate o aggiornate tramite procedure di esecuzione, dette misure dovrebbero essere adottate secondo la procedura di regolamentazione.

c) Fatta salva l'applicazione delle lettere a) e b), la procedura consultiva è applicata ogniqualvolta si ritenga che sia la più appropriata.

2. Quando un atto di base adottato secondo la procedura di cui all'articolo 251 del trattato prevede l'adozione di misure di portata generale intese a modificare elementi non essenziali di tale atto, anche sopprimendo taluni di questi elementi, o di completarlo tramite l'aggiunta di nuovi elementi non essenziali, tali misure sono adottate secondo la procedura di regolamentazione con controllo (10).

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(9) Testo così modificato dall'articolo 1 della decisione 2006/512/CE.

(10) Paragrafo aggiunto dall'articolo 1 della decisione 2006/512/CE.


Articolo 3

Procedura consultiva.

1. La Commissione è assistita da un comitato consultivo composto dei rappresentanti degli Stati membri e presieduto dal rappresentante della Commissione.

2. Il rappresentante della Commissione sottopone al comitato un progetto delle misure da adottare. Il comitato esprime il parere sul progetto entro un termine che il presidente può stabilire in funzione dell'urgenza della questione in esame, procedendo eventualmente a votazione.

3. Il parere è messo a verbale; inoltre, ciascuno Stato membro ha il diritto di chiedere che la sua posizione sia messa a verbale.

4. La Commissione tiene in massima considerazione il parere del comitato. Essa lo informa del modo in cui ha tenuto conto del parere.

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Articolo 4 (11)

Procedura di gestione.

1. La Commissione è assistita da un comitato di gestione composto dei rappresentanti degli Stati membri e presieduto dal rappresentante della Commissione.

2. Il rappresentante della Commissione sottopone al comitato un progetto delle misure da adottare. Il comitato esprime il parere sul progetto entro un termine che il presidente può stabilire in funzione dell'urgenza della questione in esame. Il parere è formulato alla maggioranza prevista dall'articolo 205, paragrafi 2 e 4, del trattato per l'adozione delle decisioni che il Consiglio deve prendere su proposta della Commissione. Nelle votazioni in seno al comitato, ai voti dei rappresentanti degli Stati membri è attribuita la ponderazione definita nell'articolo citato. Il presidente non partecipa al voto (12).

3. La Commissione adotta, fatto salvo l'articolo 8, misure che sono immediatamente applicabili. Tuttavia, se tali misure non sono conformi al parere del comitato, la Commissione le comunica immediatamente al Consiglio. In quest'ultimo caso, la Commissione può differire l'applicazione delle misure da essa decise per un periodo da stabilire in ciascun atto di base ma che in nessun caso può essere superiore a tre mesi a decorrere da tale comunicazione (13).

4. Il Consiglio, deliberando a maggioranza qualificata, può prendere una decisione diversa entro il termine di cui al paragrafo 3.

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(11) Vedi, per l'applicazione del presente articolo, l'articolo 25 del regolamento (CE) n. 1035/2001, a decorrere dal 20 giugno 2001 e l'articolo 8 del regolamento (CE) n. 2165/2001.

(12) Paragrafo così modificato dall'articolo 1 della decisione 2006/512/CE.

(13) Vedi, per la fissazione del periodo di cui al presente paragrafo, l'art. 25 del reg. (CE) n. 1035/2001, l'art. 18 del reg. (CE) n. 1051/2001, l'art. 10 del reg. (CEE) n. 3677/90, così come sostituito dall'art. 1 del reg. (CE) n. 1116/2001 e poi rettificato in G.U.C.E. 9 agosto 2001, n. L 215, l'art. 24 della dec. 2001/431/CE, l'art. 11 del reg. (CE) n. 1259/1999, così come sostituito dall'art. 1 del reg. (CE) n. 1244/2001, l'art. 23 del reg. (CE) n. 1452/2001, l'art. 35 del reg. (CE) n. 1453/2001, l'art. 21 del reg. (CE) n. 1454/2001, l'art. 38 del reg. n. 136/66/CEE, così come sostituito dall'art. 1 del reg. (CE) n. 1513/2001, l'art. 20 del reg. (CE) n. 1696/71, così come sostituito dall'art. 1 del reg. (CE) n. 1514/2001, l'art. 7 del reg. (CE) n. 1724/2001, l'art. 6 del reg. (CE) n. 1725/2001, l'art. 21 della dir. 66/401/CEE così come sostituito dall'art. 1 della dir. 2001/64/CE, l'art. 21 della dir. 66/402/CEE così come sostituito dall'art. 2 della dir. 2001/64/CE, l'art. 24 del reg. (CE) n. 1936/2001, l'art. 18 del reg. (CE) n. 2130/2001, l'art. 8 del reg. (CE) n. 2165/2001, l'art. 9 della dec. 2001/792/CE/Euratom, gli artt. 3 e 5 del reg. (CE) n. 2248/2001, al cui art. 8 si rimanda per l'applicazione, l'art. 13 della dir. 2001/81/CE, l'art. 14, paragrafo 3 del reg. (CE) n. 1267/1999 così come sostituito dall'art. 1 del reg. (CE) n. 2382/2001, l'art. 5 del reg. (CE) n. 2424/2001, l'art. 25 del reg. (CE) n. 2529/2001, l'art. 10 del reg. (CE) n. 2500/2001, l'art. 4 e l'art. 6 della dec. 2001/916/CE, della dec. 2001/917/CE, della dec. 2001/918/CE, della dec. 2001/919/CE e della dec. 2001/920/CE, l'art. 27 del reg. (CEE) n. 404/93 così come sostituito dall'art. 1 del reg. (CE) n. 2587/2001, l'art. 8 della dec. n. 50/2002/CE, l'art. 8 della dir. 2001/109/CE, l'art. 11 del reg. (CEE) n. 2358/71 così come sostituito dall'art. 1 del reg. (CE) n. 154/2002, l'art. 2 del reg. (CE) n. 284/2002, l'art. 13 bis del reg. (CEE) n. 2019/93 così come aggiunto dall'art. 1 del reg. (CE) n. 442/2002, l'art. 5 della dec. 2002/309/CE/Euratom, l'art. 13 del reg. (CE) n. 743/2002, l'art. 8 del reg. (CE) n. 1659/98 così come sostituito dall'art. 1 del reg. (CE) n. 955/2002, l'art. 13 della dec. 2002/463/CE, l'art. 3 del reg. (CE) n. 1151/2002, l'art. 28 della dir. 2002/54/CE, l'art. 25 della dir. 2002/56/CE, l'art. 25 della dir. 2002/57/CE, l'art. 7 della dec. 1999/311/CE così come sostituito dall'art. 1 della dec. 2002/601/CE, l'art. 3 del reg. (CE) n. 1361/2002, l'art. 3 del reg. (CE) n. 1362/2002, l'art. 3 del reg. (CE) n. 1408/2002, l'art. 9 della dec. n. 1786/2002/CE, l'art. 7 della dec. 2002/834/CE, l'art. 7 della dec. 2002/835/CE, l'art. 12 della dec. n. 1720/1999/CE così come sostituito dall'art. 1 della dec. n. 2045/2002/CE, l'art. 8 della dec. n. 1719/1999/CE così come sostituito dall'art. 1 della dec. n. 2046/2002/CE, l'art. 14 della dec. n. 2235/2002/CE, l'art. 2 della dec. 2002/981/CE, gli artt. 6 e 7 del reg. (CE) n. 2286/2002, l'art. 11 del reg. (CE) n. 2347/2002, l'art. 22 del reg. (CE) n. 2368/2002, l'art. 30 del reg. (CE) n. 2371/2002, l'art. 9 del reg. (CE) n. 2372/2002, l'art. 5 della dec. 2003/17/CE, l'art. 5 della dec. 2003/18/CE, l'art. 18 della dec. n. 253/2003/CE, l'art. 5 del reg. (CE) n. 278/2003, l'art. 6 del reg. (CE) n. 312/2003, l'art. 12 del reg. (CE) n. 670/2003, l'art. 5 della dec. 2003/263/CE, l'art. 5 della dec. 2003/285/CE, l'art. 5 della dec. 2003/286/CE, l'art. 6 della dec. 2003/298/CE, l'art. 6 della dec. 2003/299/CE, l'art. 10 del reg. (CE) n. 882/2003, l'art. 8 del reg. (CE) n. 975/2003, l'art. 5 del reg. (CE) n. 999/2003, l'art. 7 del reg. (CE) n. 1039/2003, l'art. 5 della dec. 2003/452/CE, l'art. 5 della dec. 2003/463/CE, l'art. 47 del reg. (CE) n. 1260/1999 come modificato dall'art. 1 del reg. (CE) n. 1105/2003, l'art. 7 della dec. n. 1152/2003/CE, l'art. 8 del reg. (CE) n. 1086/2003, l'art. 5 del reg. (CE) n. 1087/2003, l'art. 7 del reg. (CE) n. 1088/2003, l'art. 8 del reg. (CE) n. 1089/2003, l'art. 8 del reg. (CE) n. 1090/2003, l'art. 8 della dec. n. 1230/2003/CE, l'art. 12 del reg. (CE) n. 1382/2003, l'art. 21 del reg. (CE) n. 1383/2003, l'art. 6 del reg. (CE) n. 1500/2003, l'art. 13 del reg. (CE) n. 1567/2003, l'art. 13 del reg. (CE) n. 1568/2003, l'art. 144 del reg. (CE) n. 1782/2003, l'art. 25 del reg. (CE) n. 1784/2003, l'art. 26 del reg. (CE) n. 1785/2003, l'art. 18 del reg. (CE) n. 1786/2003, l'art. 23 del reg. (CE) n. 1788/2003, l'art. 8 del reg. (CE) n. 1890/2003, l'art. 12 del reg. (CE) n. 1984/2003, l'art. 6 della dec. n. 2256/2003/CE, l'art. 8 della dec. n. 2317/2003/CE, l'art. 6 della dec. n. 2318/2003/CE, l'art. 3 della dec. 2003/913/CE, l'art. 3 della dec. 2003/914/CE, l'art. 3 della dec. 2003/917/CE, l'art. 15 del reg. (CE) n. 273/2004, l'art. 9 del reg. (CE) n. 491/2004, l'art. 20 del reg. (CE) n. 600/2004, l'art. 37 del reg. (CE) n. 601/2004, l'art. 5 del reg. (CE) n. 639/2004, l'art. 6 del reg. (CE) n. 797/2004, l'art. 87 del reg. (CE) n. 726/2004, l'art. 7 della dec. n. 792/2004/CE, l'art. 7 della dec. n. 803/2004/CE, l'art. 14 del reg. (CE) n. 806/2004, l'art. 11 della dec. 2004/387/CE, l'art. 18 del reg. (CE) n. 865/2004, l'art. 15 del reg. (CE) n. 870/2004, l'art. 5 della dec. 2004/484/CE, l'art. 5 della dec. 2004/512/CE, l'art. 6 del reg. (CE) n. 1385/2004, l'art. 15 del reg. (CE) n. 1590/2004, l'art. 11 del reg. (CE) n. 1655/2000 così come modificato dall'art. 1 del reg. (CE) n. 1682/2004, l'art. 6 del reg. (CE) n. 1762/2004, l'art. 4 della dec. 2004/859/CE, l'art. 11 della dec. 2004/904/CE, l'art. 13 del reg. (CE) n. 975/1999 così come modificato dall'art. 1 del reg. (CE) n. 2240/2004, l'art. 14 del reg. (CE) n. 976/1999 così come modificato dall'art. 1 del reg. (CE) n. 2242/2004, l'art. 30 del reg. (CE) n. 111/2005, l'art. 4 della dec. n. 456/2005/CE, l'art. 4 della dec. 2005/854/CE, l'art. 4 della dec. 2005/430/CE/Euratom, l'art. 4 della dec. 2005/431/CE/Euratom, l'art. 90 del reg. (CE) n. 1698/2005, l'art. 10 del reg. (CE) n. 1947/2005, l'art. 3 della dec. 2005/834/CE, l'art. 16 del reg. (CE) n. 1952/2005, l'art. 3 del reg. (CE) n. 1964/2005, l'art. 11 del reg. (CE) n. 2173/2005, l'art. 3 della dec. 2005/959/CE, l'art. 3 della dec. 2006/67/CE, l'art. 26 del reg. (CE) n. 247/2006, l'art. 7 del reg. (CE) n. 266/2006, l'art. 39 del reg. (CE) n. 318/2006, l'art. 18 della dir. 2006/12/CE, gli artt. 3 e 4 della dec. 2006/324/CE, l'art. 3 della dec. 2006/333/CE, l'art. 3 della dec. 2006/398/CE, l'art. 30 del reg. (CE) n. 861/2006, l'art. 10 del reg. (CE) n. 1028/2006, l'art. 103 del reg. (CE) n. 1083/2006, gli artt. 3 e 14 del reg. (CE) n. 1085/2006, l'art. 3 della dec. 2006/545/CE, l'art. 15 del reg. (CE) n. 1405/2006, l'art. 4 del reg. (CE) n. 1544/2006, l'art. 12 del reg. (CE) n. 1616/2006, l'art. 26 del reg. (CE) n. 1638/2006, l'art. 46 della dec. n. 1639/2006/CE, l'art. 13 della dec. n. 1672/2006/CE, l'articolo 10 del reg. (CE) n. 1692/2006, l'art. 22 del reg. (CE) n. 1717/2006, l'art. 11 della dec. n. 1718/2006/CE, l'art. 9 della dec. n. 1719/2006/CE e l'art. 10 della dec. n. 1720/2006/CE.


Articolo 5 (14)

Procedura di regolamentazione.

1. La Commissione è assistita da un comitato di regolamentazione composto dei rappresentanti degli Stati membri e presieduto dal rappresentante della Commissione.

2. Il rappresentante della Commissione sottopone al comitato un progetto delle misure da adottare. Il comitato esprime il suo parere sul progetto entro un termine che il presidente può fissare in funzione dell'urgenza della questione in esame. Il parere è formulato alla maggioranza prevista dall'articolo 205, paragrafi 2 e 4, del trattato per l'adozione delle decisioni che il Consiglio deve prendere su proposta della Commissione. Nelle votazioni del comitato, ai voti dei rappresentanti degli Stati membri è attribuita la ponderazione definita all'articolo precitato. Il presidente non partecipa al voto (15).

3. La Commissione adotta, fatto salvo l'articolo 8, le misure previste qualora siano conformi al parere del comitato.

4. Se le misure previste non sono conformi al parere del comitato, o in assenza di parere, la Commissione sottopone senza indugio al Consiglio una proposta in merito alle misure da prendere e ne informa il Parlamento europeo.

5. Se il Parlamento europeo ritiene che una proposta presentata dalla Commissione in virtù di un atto di base adottato secondo la procedura di cui all'articolo 251 del trattato eccede le competenze di esecuzione previste da tale atto di base, esso informa il Consiglio circa la sua posizione.

6. Il Consiglio può, se del caso alla luce di tale eventuale posizione, deliberare sulla proposta a maggioranza qualificata entro un termine che sarà fissato in ciascun atto di base ma che non può in nessun caso superare tre mesi a decorrere dalla data in cui gli è stata presentata la proposta.

Se entro tale termine il Consiglio ha manifestato a maggioranza qualificata la sua opposizione alla proposta, la Commissione la riesamina. Essa può presentare al Consiglio una proposta modificata, ripresentare la propria proposta ovvero presentare una proposta legislativa in base al trattato.

Se allo scadere di tale termine il Consiglio non ha adottato l'atto di esecuzione proposto ovvero non ha manifestato la sua opposizione alla proposta relativa alle misure di esecuzione, la Commissione adotta l'atto di esecuzione proposto (16).

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(14) Vedi, per l'applicazione del presente articolo, l'articolo 25 del regolamento (CE) n. 1035/2001, a decorrere dal 20 giugno 2001 e l'articolo 6 della direttiva 2001/56/CE.

Vedi anche, per la fissazione del periodo di cui al presente articolo, l'articolo 11 della direttiva 98/70/CE così come sostituito dall'articolo 1 della direttiva 2003/17/CE.

(15) Paragrafo così modificato dall'articolo 1 della decisione 2006/512/CE.

(16) Vedi, per la fissazione del periodo di cui al presente paragrafo, l'art. 23 della dir. 2001/25/CE, l'art. 19 del reg. (CE) n. 973/2001, l'art. 25 del reg. (CE) n. 1035/2001, l'art. 9 ter della dir. 95/50/CE, così come integrata dall'art. 1 della dir. 2001/26/CE, l'art. 20 della dir. 76/308/CEE, così come sostituito dall'art. 1 della dir. 2001/44/CE, l'art. 109 della dir. 2001/34/CE, l'art. 10 della dir. 2001/37/CE, l'art. 7 del reg. (CEE) n. 3528/86 così come sostituito dall'art. 1 del reg. (CE) n. 1484/2001, l'art. 9 del reg. (CEE) n. 2158/92, così come sostituito dall'art. 1 del reg. (CE) n. 1485/2001, l'art. 4 della dir. 2001/43/CE, l'art. 6 della dir. 2001/56/CE, l'art. 9 della dec. 2001/792/CE/Euratom, l'art. 89 della dir. 2001/82/CE, l'art. 121 della dir. 2001/83/CE, l'allegato III, articolo 39 della dec. 2001/822/CE, l'art. 10 della dir. 91/630/CEE così come sostituito dall'art. 1 della dir. 2001/88/CE, gli artt. 26 e 27 della dir. 2001/89/CE, l'art. 5 del reg. (CE) n. 2424/2001 e l'art. 8 della dec. 2001/916/CE, della dec. 2001/917/CE, della dec. 2001/918/CE, della dec. 2001/919/CE, della dec. 2001/920/CE, l'art. 38 del reg. (CE) n. 2501/2001, l'art. 109 del reg. (CE) n. 6/2002, l'art. 7 della dir. 2001/110/CE, l'art. 5 della dir. 2001/111/CE, l'art. 8 della dir. 2001/112/CE, l'art. 6 della dir. 2001/113/CE, l'art. 15 della dir. 2001/95/CE, l'art. 14 della dir. 2001/96/CE, a decorrere dal 5 febbraio 2002, l'art. 6 della dir. 2001/114/CE, l'art. 7 della dir. 94/57/CE così come sostituito dall'art. 1 della dir. 2001/105/CE, l'art. 18 della dir. 95/21/CE così come sostituito dall'art. 1 della dir. 2001/106/CE, l'art. 58 del reg. (CE) n. 178/2002, l'art. 53 bis della dir. 85/611/CEE così come inserito dall'art. 1 della dir. 2001/108/CE, l'art. 7 della dir. 2001/85/CE, l'art. 6 del reg. (CE) n. 1683/95, così come sostituito, dall'art. 1 del reg. (CE) n. 334/2002, l'art. 17 della dir. 68/193/CEE, così come sostituito dall'art. 1 della dir. 2002/11/CE, l'art. 10 del reg. (CE) n. 417/2002, l'art. 13 della dir. 2002/3/CE, l'art. 6 della dir. 2002/6/CE, l'art. 3 della dec. n. 676/2002/CE, l'art. 14 della dir. 2002/19/CE, l'art. 22 della dir. 2002/21/CE, l'art. 37 della dir. 2002/22/CE, l'art. 6 del reg. (CE) n. 733/2002, l'art. 18 della dir. 2002/24/CE, l'art. 4 della dec. 2002/358/CE, gli artt. 11 e 12 della dir. 2002/32/CE, l'art. 7 del reg. (CE) n. 1030/2002, l'art. 12 della dir. 2002/44/CE, l'art. 13 della dir. 2002/46/CE, l'art. 13 della dir. 2002/49/CE, l'art. 25 del reg. (CE) n. 517/94, così come sostituito dall'art. 1 del reg. (CE) n. 1309/2002, gli artt. 23 e 24 della dir. 2002/60/CE, l'art. 23 della dir. 2002/53/CE, l'art. 46 della dir. 2002/55/CE, l'art. 8 della dec. n. 1336/97/CE così come sostituito dall'art. 1 della dec. n. 1376/2002/CE, l'art. 28 della dir. 2002/59/CE, l'art. 54 del reg. (CE) n. 1592/2002, l'art. 6 del reg. (CE) n. 1606/2002, l'art. 33 del reg. (CE) n. 1774/2002, l'art. 7 della dec. 2002/834/CE, l'art. 8 del reg. (CE) n. 577/98 così come sostituito dall'art. 1 del reg. (CE) n. 1991/2002, l'art. 3 del reg. (CE) n. 2099/2002, l'art. 6 del reg. (CE) n. 613/91 così come sostituito dall'art. 8 del reg. (CE) n. 2099/2002, l'art. 7 del reg. (CE) n. 2978/94 così come sostituito dall'art. 9 del reg. (CE) n. 2099/2002, l'art. 10 del reg. (CE) n. 3051/95 così come sostituito dall'art. 10 del reg. (CE) n. 2099/2002, l'art. 12 della dir. 93/75/CEE così come sostituito dall'art. 2 della dir. 2002/84/CE, l'art. 18 della dir. 96/98/CE così come sostituito dall'art. 5 della dir. 2002/84/CE, l'art. 9 della dir. 97/70/CE così come sostituito dall'art. 6 della dir. 2002/84/CE, l'art. 9 della dir. 98/18/CE così come sostituito dall'art. 7 della dir. 2002/84/CE, l'art. 13 della dir. 98/41/CE così come sostituito dall'art. 8 della dir. 2002/84/CE, l'art. 16 della dir. 1999/35/CE così come sostituito dall'art. 9 della dir. 2002/84/CE, l'art. 7 del reg. (CE) n. 2150/2002, l'art. 65 della dir. 2002/83/CE, l'art. 9 del reg. (CE) n. 2320/2002, l'art. 18 della dir. 2000/29/CE così come sostituito dall'art. 1 della dir. 2002/89/CE, l'art. 30 del reg. (CE) n. 2371/2002, l'art. 14 della dir. 2002/91/CE, l'art. 24 del reg. (CE) n. 58/2003, l'art. 11 del reg. (CE) n. 91/2003, l'art. 12 della dir. 2002/99/CE, l'art. 28 della dir. 2002/98/CE, l'art. 21 della dir. 2002/87/CE, l'art. 15 della dir. 97/68/CE così come sostituito dall'art. 1 della dir. 2002/88/CE, l'art. 7 della dir. 2002/95/CE, l'art. 14 della dir. 2002/96/CE, l'art. 13 della dir. 2003/10/CE, l'art. 27 del reg. (CE) n. 343/2003, l'art. 24 del reg. (CE) n. 304/2003, l'art. 11 del reg. (CE) n. 437/2003, l'art. 10 della dir. 76/768/CEE così come sostituito dall'art. 1 della dir. 2003/15/CE, l'art. 12 del reg. (CE) n. 450/2003, l'art. 17 della dir. 2003/6/CE, l'art. 15 del reg. (CE) n. 2081/92 così come sostituito dall'art. 1 del reg. (CE) n. 692/2003, l'art. 9 del reg. (CE) n. 782/2003, l'art. 7 ter della dir. 91/671/CEE così come inserito dall'art. 1 della dir. 2003/20/CE, l'art. 11 della dir. 2003/25/CE, l'art. 6 della dir. 2003/30/CE, l'art. 10 del reg. (CE) n. 882/2003, l'art. 5 del reg. (CE) n. 953/2003, l'art. 18 della dir. 88/407/CEE così come sostituito dall'art. 1 della dir. 2003/43/CE, l'art. 24 del reg. (CE) n. 998/2003, l'art. 7 del reg. (CE) n. 1059/2003, l'art. 14 del reg. (CE) n. 1177/2003, l'art. 10 della dir. 2003/42/CE, l'art. 20 della dir. 2003/37/CE, l'art. 13 del reg. (CE) n. 1228/2003, l'art. 10 della dec. n. 1229/2003/CE, l'art. 4 del reg. (CE/Euratom) n. 1287/2003, l'art. 6 bis della dir. 94/25/CE così come inserito dall'art. 1 della dir. 2003/44/CE, l'art. 12 della dir. 2003/59/CE, l'art. 4 della dec. n. 1608/2003/CE, l'art. 24 ter della dir. 86/609/CEE così come inserito dall'art. 1 della dir. 2003/65/CE, l'art. 44 del reg. (CE) n. 1798/2003, l'art. 35 del reg. (CE) n. 1829/2003, l'art. 10 del reg. (CE) n. 1830/2003, l'art. 22 del reg. (CE) n. 1831/2003, l'art. 23 della dir. 2003/87/CE, l'art. 27 della dir. 2003/96/CE, l'art. 158 del reg. (CE) n. 40/94 così come rinumerato dall'art. 1 del reg. (CE) n. 1992/2003, l'art. 32 del reg. (CE) n. 2003/2003, l'art. 89 della dir. 2003/85/CE, l'art. 19 del reg. (CE) n. 2065/2003, l'art. 9 della dir. 2003/110/CE, l'art. 17 del reg. (CE) n. 2152/2003, l'art. 14 del reg. (CE) n. 2160/2003, l'art. 12 della dir. 2003/99/CE, l'art. 24 della dir. 2003/71/CE, l'art. 13 del reg. (CE) n. 21/2004, l'art. 8 del reg. (CE) n. 48/2004, l'art. 7 della dir. 94/35/CE così come sostituito dall'art. 1 della dir. 2003/115/CE, l'art. 9 della dec. n. 280/2004/CE, l'art. 14 della dir. 2004/8/CE, l'art. 7 della dir. 2004/9/CE, l'art. 5 del reg. (CE) n. 549/2004, l'art. 20 del reg. (CE) n. 600/2004, l'art. 14 del reg. (CE) n. 638/2004, l'art. 29 della dir. 2004/23/CE, l'art. 18 della dir. 2004/25/CE, l'art. 12 del reg. (CE) n. 648/2004, l'art. 11 del reg. (CE) n. 725/2004, l'art. 87 del reg. (CE) n. 726/2004, l'art. 9 del reg. (CE) n. 785/2004, l'art. 7 del reg. (CE) n. 789/2004, l'art. 13 del reg. (CEE) n. 95/93 così come sostituito dall'art. 1 del reg. (CE) n. 793/2004, l'art. 17 del reg. (CEE) n. 2236/95 così come sostituito dall'art. 1 del reg. (CE) n. 807/2004, l'art. 9 del reg. (CE) n. 808/2004, l'art. 10 della dir. 2004/36/CE, l'art. 64 della dir. 2004/39/CE, l'art. 12 della dir. 2004/42/CE, l'art. 14 del reg. (CE) n. 852/2004, come sostituito dalla rettifica pubblicata nella G.U.U.E. 25 giugno 2004, n. L 226, l'art. 12 del reg. (CE) n. 853/2004, come sostituito dalla rettifica pubblicata nella G.U.U.E. 25 giugno 2004, n. L 226, l'art. 19 del reg. (CE) n. 854/2004, come sostituito dalla rettifica pubblicata nella G.U.U.E. 25 giugno 2004, n. L 226, l'art. 11 della dir. 2004/40/CE, l'art. 15 del reg. (CE) n. 868/2004, l'art. 14 della dir. 2004/68/CE, come sostituito dalla rettifica pubblicata nella G.U.U.E. 25 giugno 2004, n. L 226, l'art. 26 della dir. 92/65/CEE sostituito dall'art. 16 della dir. 2004/68/CE come rettificato dalla rettifica pubblicata nella G.U.U.E. 25 giugno 2004, n. L 226, l'art. 62 del reg. (CE) n. 882/2004, come sostituito dalla rettifica pubblicata nella G.U.U.E. 28 maggio 2004, n. L 191, l'art. 5 della dir. 2004/52/CE, come sostituito dalla rettifica pubblicata nella G.U.U.E. 7 giugno 2004, n. L 200, l'art. 17 della dir. 2004/54/CE, come sostituito dalla rettifica pubblicata nella G.U.U.E. 7 giugno 2004, n. L 201, l'art. 5 della dec. 2004/512/CE, l'art. 27 della dir. 2004/49/CE, come sostituito dalla rettifica pubblicata nella G.U.U.E. 21 giugno 2004, n. L 220, l'art. 21 della dir. 96/48/CE, sostituito dall'art. 1 della dir. 2004/50/CE, come sostituito dalla rettifica pubblicata nella G.U.U.E. 21 giugno 2004, n. L 220, gli artt. 16 e 17 del reg. (CE) n. 850/2004, come sostituiti dalla rettifica pubblicata nella G.U.U.E. 29 giugno 2004, n. L 229, l'art. 23 del reg. (CE) n. 1935/2004, l'art. 34 del reg. (CE) n. 2073/2004, l'art. 19 del reg. (CE) n. 2006/2004, l'art. 5 del reg. (CE) n. 2252/2004, l'art. 31 del reg. (CE) n. 1/2005, l'art. 6 della dir. 2004/107/CE, l'art. 31 del reg. (CE) n. 183/2005, l'art. 11 del reg. (CE) n. 184/2005, l'art. 45 del reg. (CE) n. 396/2005, l'art. 12 della dir. 2005/1/CE, l'art. 4 del reg. (CE) n. 673/2005, l'art. 28 del reg. (CE) n. 980/2005, l'art. 8 del reg. (CE) n. 1161/2005, l'art. 19 della dir. 2005/32/CE, l'art. 9 della dir. 1999/32/CE così come sostituito dall'art. 1 della dir. 2005/32/CE, l'art. 15 del reg. (CE) n. 1236/2005, l'art. 14 del reg. (CE) n. 1552/2005, l'art. 13 della dir. 2005/35/CE, l'art. 58 della dir. 2005/36/CE, l'art. 11 della dir. 2005/44/CE, l'art. 14 del reg. (CE) n. 1775/2005, l'art. 41 della dir. 2005/60/CE, l'art. 15 della dir. 2005/65/CE, l'art. 55 della dir. 2005/68/CE, l'art. 15 del reg. (CE) n. 2111/2005, l'art. 11 del reg. (CE) n. 2173/2005, l'art. 64 della dir. 2005/94/CE, l'art. 19 del reg. (CE) n. 166/2006, l'art. 26 del reg. (CE) n. 247/2006, l'art. 12 del reg. (CE) n. 336/2006, l'art. 16 della dir. 2006/7/CE, l'art. 18 del reg. (CE) n. 509/2006, l'art. 15 del reg. (CE) n. 510/2006, l'art. 23 della dir. 2006/21/CE, l'art. 12 della dir. 2006/22/CE, l'art. 18 della dir. 2006/12/CE, l'art. 17 della dir. 2006/23/CE, l'art. 16 della dir. 2006/32/CE, l'art. 9 quater della dir. 1999/62/CE così come inserito dall'articolo 1 della direttiva 2006/38/CE, l'art. 22 della dir. 2006/42/CE, l'art. 48 della dir. 2006/43/CE, l'art. 12 del reg. (CE) n. 842/2006, l'art. 58 del reg. (CE) n. 1013/2006, l'art. 14 della dec. n. 1364/2006/CE, l'art. 10 del reg. (CE) n. 1365/2006, l'art. 13 della dir. 2006/44/CE, l'art. 24 della dir. 2006/66/CE e l'art. 16 del reg. (CE) n. 1781/2006.


Articolo 5 bis (17)

Procedura di regolamentazione con controllo.

1. La Commissione è assistita da un comitato di regolamentazione con controllo composto dei rappresentanti degli Stati membri e presieduto dal rappresentante della Commissione.

2. Il rappresentante della Commissione sottopone al comitato un progetto delle misure da adottare. Il comitato esprime il suo parere sul progetto entro un termine che il presidente può fissare in funzione dell'urgenza della questione in esame. Il parere è formulato alla maggioranza prevista dall'articolo 205, paragrafi 2 e 4 del trattato per l'adozione delle decisioni che il Consiglio deve prendere su proposta della Commissione. Nelle votazioni del comitato, ai voti dei rappresentanti degli Stati membri è attribuita la ponderazione definita nell'articolo precitato. Il presidente non partecipa al voto.

3. Se le misure previste dalla Commissione sono conformi al parere del comitato, si applica la procedura seguente:

a) la Commissione sottopone senza indugio il progetto di misure al Parlamento europeo e al Consiglio per controllo;

b) il Parlamento europeo, deliberando a maggioranza dei membri che lo compongono, o il Consiglio, deliberando a maggioranza qualificata, possono opporsi all'adozione di detto progetto da parte della Commissione, adducendo a motivo della loro opposizione il fatto che il progetto di misure sottoposto dalla Commissione eccede le competenze di esecuzione previste nell'atto di base o che il progetto non è compatibile con il fine o il contenuto dell'atto di base o non rispetta i principi di sussidiarietà o di proporzionalità;

c) se entro tre mesi da quando è stata loro presentata la proposta, il Parlamento europeo o il Consiglio si oppongono al progetto di misure, la Commissione non le adotta. In tal caso la Commissione può sottoporre al comitato un progetto di misure modificato o presentare una proposta legislativa in base al trattato;

d) se allo scadere di tale termine né il Parlamento europeo né il Consiglio si sono opposti al progetto di misure, la Commissione adotta le misure.

4. Se le misure previste dalla Commissione non sono conformi al parere del comitato, o in assenza di parere, si applica la procedura seguente:

a) la Commissione sottopone senza indugio al Consiglio una proposta relativa alle misure da adottare e la trasmette al tempo stesso al Parlamento europeo;

b) il Consiglio delibera a maggioranza qualificata sulla proposta entro due mesi da quando la stessa gli è stata presentata;

c) se entro questo termine il Consiglio si oppone a maggioranza qualificata alle misure proposte, queste ultime non sono adottate. In tal caso la Commissione può sottoporre al Consiglio una proposta modificata o presentare una proposta legislativa in base al trattato;

d) se il Consiglio prevede di adottare le misure proposte, le sottopone senza indugio al Parlamento europeo. Se il Consiglio non delibera entro il suddetto termine di due mesi, la Commissione sottopone senza indugio le misure al Parlamento europeo;

e) il Parlamento europeo, deliberando a maggioranza dei membri che lo compongono entro un termine di quattro mesi dalla trasmissione della proposta conformemente alla lettera a), può opporsi all'adozione delle misure in questione, adducendo a motivo della sua opposizione il fatto che le misure proposte eccedono le competenze di esecuzione previste dall'atto di base o che le misure non sono compatibili con il fine o il contenuto dell'atto di base o non rispettano i principi di sussidiarietà e di proporzionalità;

f) se entro questo termine il Parlamento europeo si oppone alle misure proposte, queste ultime non sono adottate. In tal caso la Commissione può sottoporre al comitato un progetto di misure modificato o presentare una proposta legislativa in base al trattato;

g) se allo scadere di tale termine il Parlamento europeo non si è opposto alle misure proposte, queste sono adottate dal Consiglio o dalla Commissione, a seconda dei casi.

5. In deroga ai paragrafi 3 e 4, in casi eccezionali debitamente motivati, un atto di base può prevedere:

a) che i termini di cui al paragrafo 3, lettera c ) e al paragrafo 4, lettere b ) ed e) siano prorogati di un mese qualora la complessità delle misure lo giustifichi; oppure

b) che i termini di cui al paragrafo 3, lettera c ), e al paragrafo 4, lettere b) ed e) siano ridotti qualora ragioni di efficienza lo giustifichino.

6. Un atto di base può prevedere che, nel caso in cui, per imperativi motivi di urgenza, non possano essere rispettati i termini della procedura di regolamentazione con controllo di cui ai paragrafi 3, 4 e 5, si applichi la procedura seguente:

a) se le misure previste dalla Commissione sono conformi al parere del comitato, la Commissione adotta tali misure, che sono immediatamente messe in atto, e le comunica senza indugio al Parlamento europeo ed al Consiglio;

b) entro un mese da detta comunicazione, il Parlamento europeo, deliberando a maggioranza dei membri che lo compongono, o il Consiglio, deliberando a maggioranza qualificata, possono opporsi alle misure adottate dalla Commissione, adducendo a motivo della loro opposizione il fatto che le misure eccedono le competenze di esecuzione previste nell'atto di base o che le misure non sono compatibili con il fine o il contenuto dell'atto di base o non rispettano i principi di sussidiarietà o di proporzionalità;

c) in caso di opposizione del Parlamento europeo o del Consiglio la Commissione abroga le misure. Essa può tuttavia mantenere in vigore le misure a titolo provvisorio se ciò è giustificato da ragioni di tutela della salute, della sicurezza o dell'ambiente. In tal caso essa presenta senza indugio al comitato un progetto di misure modificato o una proposta legislativa in base al trattato. Le misure provvisorie restano in vigore sino alla loro sostituzione con un atto definitivo.

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(17) Articolo inserito dall'articolo 1 della decisione 2006/512/CE.


Articolo 6 (18)

Procedura di salvaguardia.

Allorché l'atto di base conferisce alla Commissione la competenza a decidere su misure di salvaguardia può essere seguita la procedura seguente:

a) La Commissione notifica al Consiglio e agli Stati membri le decisioni relative a misure di salvaguardia. Può essere previsto che, prima di adottare la sua decisione, la Commissione consulti gli Stati membri secondo modalità da definirsi in ciascun caso.

b) Ogni Stato membro può deferire al Consiglio la decisione della Commissione entro il termine che sarà fissato nell'atto di base di cui trattasi (19).

c) Il Consiglio, deliberando a maggioranza qualificata può decidere diversamente entro il termine che sarà fissato nell'atto di base di cui trattasi. In alternativa, può essere disposto nell'atto di base che il Consiglio, deliberando a maggioranza qualificata, può confermare, modificare o abrogare la decisione adottata dalla Commissione e che, qualora il Consiglio non abbia deciso entro il precitato termine, la decisione della Commissione si considera abrogata (20).

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(18) Vedi, per la fissazione del periodo di cui al presente articolo, l'articolo 11 della direttiva 98/70/CE così come sostituito dall'articolo 1 della direttiva 2003/17/CE.

(19) Vedi, per una scadenza di cui alla presente lettera, l'articolo 25 del regolamento (CE) n. 517/94, così come sostituito dall'articolo 1 del regolamento (CE) n. 1309/2002, l'articolo 54 del regolamento (CE) n. 1592/2002 e l'articolo 11 del regolamento (CE) n. 725/2004.

(20) Vedi, per il periodo previsto dalla presente lettera, l'articolo 11 del regolamento (CE) n. 725/2004.


Articolo 7 (21)

1. Ogni comitato adotta il proprio regolamento interno su proposta del presidente, basandosi su un regolamento di procedura tipo che sarà pubblicato nella Gazzetta ufficiale delle Comunità europee.

I comitati attualmente esistenti adattano, per quanto necessario, i loro regolamenti interni al regolamento di procedura tipo.

2. Ai comitati si applicano i principi e le condizioni relativi all'accesso del pubblico ai documenti che si applicano alla Commissione.

3. Il Parlamento europeo è periodicamente informato dalla Commissione dei lavori dei comitati con modalità che assicurano la trasparenza del sistema di trasmissione e l'identificazione delle informazioni trasmesse e delle varie fasi della procedura (22). A tale scopo riceve gli ordini del giorno delle riunioni dei comitati, i progetti sottoposti ai comitati relativi a misure di esecuzione degli atti adottati secondo la procedura di cui all'articolo 251 del trattato nonché i risultati delle votazioni e i resoconti sommari delle riunioni, come pure gli elenchi degli organismi cui appartengono le persone designate dagli Stati membri a rappresentarli. Il Parlamento europeo è parimenti tenuto informato ogniqualvolta la Commissione trasmette al Consiglio misure o proposte relative alle misure da adottare (23).

4. Entro sei mesi dalla decorrenza dell'efficacia della decisione, la Commissione pubblica, nella Gazzetta ufficiale delle Comunità europee, un elenco dei comitati che assistono la Commissione nell'esercizio delle sue competenze di esecuzione. Nell'elenco sono specificati, per ciascun comitato, l'atto o gli altri atti di base in virtù dei quali sono istituiti i comitati. A decorrere dal 2000 la Commissione pubblica inoltre una relazione annuale sui lavori dei comitati.

5. I riferimenti di tutti i documenti trasmessi al Parlamento europeo a norma del paragrafo 3 sono resi pubblici in un registro che sarà istituito nel 2001.

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(21) Vedi, per l'applicazione del presente articolo, l'articolo 25 del regolamento (CE) n. 1035/2001, a decorrere dal 20 giugno 2001, l'articolo 6 della direttiva 2001/56/CE, l'articolo 8 del regolamento (CE) n. 2165/2001 e l'articolo 6 del regolamento (CE) n. 333/2002.

(22) Frase così modificata dall'articolo 1 della decisione 2006/512/CE.

(23) Vedi, per una disposizione riguardante il presente paragrafo, il punto A della dichiarazione 22 luglio 2006 (pubblicata nella G.U.U.E. 22 luglio 2006, n. C 171).


Articolo 8

Qualora il Parlamento europeo indichi, con risoluzione motivata, che un progetto di misure d'esecuzione, di cui è prevista l'adozione e che è stato sottoposto ad un comitato in virtù di un atto di base adottato secondo la procedura di cui all'articolo 251 del trattato, eccederebbe le competenze di esecuzione previste in detto atto di base, la Commissione riesamina il progetto. La Commissione, tenuto conto della citata risoluzione, può presentare al comitato, rispettando i termini del procedimento in corso, un nuovo progetto di misure, continuare il procedimento ovvero presentare al Parlamento europeo ed al Consiglio una proposta in base al trattato.

La Commissione informa il Parlamento europeo e il comitato, motivando la sua decisione, del seguito che intende dare alla risoluzione del Parlamento europeo.


Articolo 9

La decisione 87/373/CEE è abrogata.

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Articolo 10

La presente decisione ha effetto il giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale delle Comunità europee.

Fatto a Lussemburgo, addì 28 giugno 1999.

Per il Consiglio

il Presidente

M. Naumann

 

 


Dir. 2000/13/CE del 20 marzo 2000
Direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio relativa al ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri concernenti l'etichettatura e la presentazione dei prodotti alimentari, nonché la relativa pubblicità (art. 6)

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(1) Pubblicata nella G.U.C.E. 6 maggio 2000, n. L 109. Entrata in vigore il 26 maggio 2000.

(2) Direttiva recepita con L. 1° marzo 2002, n. 39 (legge comunitaria 2001) e con D.Lgs. 23 giugno 2003, n. 181.


Articolo 6

1. Gli ingredienti devono essere elencati ai sensi delle disposizioni del presente articolo e degli allegati I, II, III e III bis (7).

2. L'indicazione degli ingredienti non è richiesta nel caso:

a) - degli ortofrutticoli freschi, comprese le patate, che non siano stati sbucciati, tagliati o che non abbiano subito trattamenti analoghi,

- delle acque gassificate, dalla cui denominazione si rilevi quest'ultima caratteristica,

- degli aceti di fermentazione provenienti esclusivamente da un solo prodotto di base e purché non siano stati aggiunti altri ingredienti;

b) - dei formaggi,

- del burro,

- del latte e delle creme di latte fermentati,

purché non siano stati aggiunti ingredienti diversi da sostanze del latte, enzimi e colture di microrganismi necessari alla fabbricazione o ingredienti diversi dal sale necessario alla fabbricazione di formaggi che non siano freschi o fusi;

c) dei prodotti costituiti da un solo ingrediente,

- a condizione che la denominazione di vendita sia identica al nome dell'ingrediente, o

- a condizione che la denominazione di vendita consenta di determinare la natura dell'ingrediente senza rischio di confusione.

3. Per quanto riguarda le bevande con contenuto alcolico superiore all'1,2% in volume il Consiglio stabilisce, su proposta della Commissione, entro il 22 dicembre 1982, le norme per l'etichettatura degli ingredienti.

3 bis Fatte salve le norme per l'etichettatura da adottare ai sensi del paragrafo 3, un ingrediente, quale definito nel paragrafo 4, lettera a), ed elencato nell'allegato III bis, deve essere indicato nell'etichettatura se presente nelle bevande di cui al paragrafo 3. L'indicazione comporta il termine "contiene" seguito dal nome dell'ingrediente o degli ingredienti in questione. Tuttavia, tale indicazione non è necessaria se l'ingrediente figura già, con il suo nome specifico, nell'elenco degli ingredienti o nella denominazione di vendita della bevanda.

Ove necessario possono essere adottate modalità dettagliate per la presentazione dell'indicazione di cui al primo comma secondo le seguenti procedure:

a) per i prodotti di cui all'articolo 1, paragrafo 2, del regolamento (CE) n. 1493/1999 del Consiglio, del 17 maggio 1999, relativo all'organizzazione comune del mercato vitivinicolo, secondo la procedura di cui all'articolo 75 del medesimo;

b) per i prodotti di cui all'articolo 2, paragrafo 1, del regolamento (CEE) n. 1601/91 del Consiglio, del 10 giugno 1991, che stabilisce le regole generali relative alla definizione, alla designazione e alla presentazione dei vini aromatizzati, delle bevande aromatizzate a base di vino e dei cocktail aromatizzati di prodotti vitivinicoli, secondo la procedura di cui all'articolo 13 del medesimo;

c) per i prodotti di cui all'articolo 1, paragrafo 2, del regolamento (CEE) n. 1576/89 del Consiglio, del 29 maggio 1989, che stabilisce le regole generali relative alla definizione, alla designazione e alla presentazione delle bevande spiritose, secondo la procedura di cui all'articolo 14 del medesimo;

d) per gli altri prodotti, secondo la procedura di cui all'articolo 20, paragrafo 2, della presente direttiva (8).

4. a) Per ingrediente s'intende qualsiasi sostanza, compresi gli additivi, utilizzata nella fabbricazione o nella preparazione di un prodotto alimentare, ancora presente nel prodotto finito, eventualmente in forma modificata.

b) Quando un ingrediente di un prodotto alimentare è stato a sua volta elaborato a partire da più ingredienti, questi sono considerati ingredienti di detto prodotto.

c) Tuttavia non sono considerati ingredienti:

i) i componenti di un ingrediente che, durante il processo di fabbricazione, siano stati temporaneamente tolti per esservi immessi successivamente in quantità non superiore al tenore iniziale;

ii) gli additivi:

- la cui presenza nel prodotto alimentare è dovuta unicamente al fatto che erano contenuti in uno o più ingredienti di detto prodotto, purché essi non svolgano più alcuna funzione tecnologica nel prodotto finito,

- che sono utilizzati come ausiliari tecnologici;

iii) le sostanze utilizzate, nelle dosi strettamente necessarie, come solventi o supporti per gli additivi e gli aromi;

iv) sostanze che non sono additivi ma sono utilizzate secondo le stesse modalità e con gli stessi fini dei coadiuvanti tecnologici e che rimangono presenti nel prodotto finito, anche se in altra forma (9).

d) Secondo la procedura dell'articolo 20, paragrafo 2 può essere deciso in certi casi se le condizioni previste alla lettera c) ii) e iii) siano soddisfatte.

5. L'elenco degli ingredienti è costituito dall'enumerazione di tutti gli ingredienti del prodotto alimentare, in ordine di peso decrescente al momento della loro utilizzazione. Esso è preceduto da un'indicazione appropriata contenente la parola "ingredienti".

Tuttavia:

- l'acqua aggiunta e gli ingredienti volatili sono indicati nell'elenco in funzione del loro peso nel prodotto finito. La quantità di acqua aggiunta come ingrediente in un prodotto alimentare è determinata sottraendo dalla quantità totale del prodotto finito la quantità totale degli altri ingredienti adoperati. Si può non tener conto di questa quantità se essa non supera, in peso, il 5% del prodotto finito,

- gli ingredienti utilizzati in forma concentrata o disidratata e ricostituiti al momento della fabbricazione possono essere indicati nell'elenco in base al loro peso prima della concentrazione o della disidratazione,

- nel caso degli alimenti concentrati o disidratati cui va aggiunta dell'acqua, l'enumerazione può rispettare l'ordine delle proporzioni nel prodotto ricostituito, sempre che l'elenco degli ingredienti sia accompagnato da un'indicazione del tipo "ingredienti del prodotto ricostituito" o "ingrediente del prodotto pronto per il consumo",

- quando tipi diversi di frutta, ortaggi o funghi, nessuno dei quali abbia una predominanza di peso significativa, utilizzati in proporzioni variabili, sono utilizzati, in miscuglio, come ingredienti di un prodotto alimentare, essi possono essere raggruppati nell'elenco degli ingredienti sotto la denominazione comune di "frutta", "ortaggi" o "funghi" seguita dalla menzione "in proporzione variabile", immediatamente seguita dall'enumerazione dei tipi di frutta, ortaggi o funghi presenti; in tal caso, il miscuglio è indicato nell'elenco degli ingredienti, a norma del primo comma, in funzione del peso dell'insieme della frutta, degli ortaggi o dei funghi presenti (10),

- nel caso di miscugli di spezie o i piante aromatiche in cui nessuna predominanza di peso significativa, tali ingredienti possono essere elencati in un altro ordine, purché il loro elenco sia accompagnato da un'indicazione del tipo "in proporzione variabile",

- gli ingredienti che costituiscono meno del 2% nel prodotto finito possono essere elencati in un ordine differente dopo gli altri ingredienti (11),

- quando ingredienti simili o sostituibili tra loro sono suscettibili di essere utilizzati nella fabbricazione o nella preparazione di un prodotto alimentare senza alterarne la composizione, la natura o il valore percepito, è possibile, purché costituiscano meno del 2% del prodotto finito, indicarli nell'elenco degli ingredienti con la menzione "contiene ~ e/o ~", qualora almeno uno su al massimo due ingredienti sia presente nel prodotto finito. Questa disposizione non si applica agli additivi o agli ingredienti elencati nell'allegato III bis (12).

6. Gli ingredienti sono designati con il loro specifico, eventualmente in conformità delle norme previste dall'articolo 5.

Tuttavia:

- gli ingredienti che appartengono a una delle categorie elencate all'allegato I e che rientrano nella composizione di un altro prodotto alimentare possono essere designati con il solo nome di tale categoria; modifiche all'elenco delle categorie che figurano all'allegato I possano essere decise secondo la procedura di cui all'articolo 20;

tuttavia, la designazione "amido(i)" che figura all'allegato I deve sempre essere completata dall'indicazione della sua origine vegetale specifica, qualora tale ingrediente possa contenere glutine;

- gli ingredienti che appartengono a una delle categorie elencate all'allegato II sono obbligatoriamente designati con il nome di tale categoria, seguito dal loro nome specifico o dal loro numero CE; qualora un ingrediente appartenga a più categorie, è indicata quella che corrisponde alla sua funzione principale per il prodotto alimentare in questione;

le modifiche da apportare al predetto allegato in funzione dell'evoluzione delle conoscenze scientifiche e tecniche sono decise secondo la procedura di cui all'articolo 20, paragrafo 2;

tuttavia, la designazione "amidi modificati" che figura all'allegato II deve sempre essere completata dall'indicazione della sua origine vegetale specifica, qualora tale ingrediente possa contenere glutine;

- gli aromi sono denominati conformemente all'allegato III (13),

- le disposizioni comunitarie specifiche che determinano l'impiego della dicitura al trattamento con radiazioni ionizzanti di un ingrediente saranno stabilite successivamente, conformemente all'articolo 95 del trattato.

7. Le disposizioni comunitarie e, in loro mancanza, le disposizioni nazionali possono prevedere, per taluni prodotti alimentari, che la denominazione di vendita sia accompagnata dall'indicazione di uno o più ingredienti determinati.

La procedura prevista all'articolo 19 si applica alle eventuali disposizioni nazionali.

Le disposizioni comunitarie di cui al presente paragrafo sono adottate secondo la procedura prevista all'articolo 20, paragrafo 2.

8. Nel caso di cui al paragrafo 4, lettera b), un ingrediente composto può nell'elenco degli ingredienti sotto la propria denominazione, se questa è prevista dalla regolamentazione o consacrata dall'uso, in funzione del suo peso globale, purché sia immediatamente seguito dall'enumerazione dei propri ingredienti.

L'enumerazione prevista al primo comma non è obbligatoria nei casi seguenti:

a) quando la composizione dell'ingrediente composto è specificata secondo la normativa comunitaria in vigore, purché l'ingrediente composto costituisca meno del 2% del prodotto finito; detta disposizione non si applica tuttavia agli additivi, salvo il disposto del paragrafo 4, lettera c);

b) per gli ingredienti composti costituiti da miscugli di spezie e/o erbe che costituiscono meno del 2% del prodotto finito, ad eccezione degli additivi, salvo il disposto del paragrafo 4, lettera c);

c) quando l'ingrediente composto è un prodotto alimentare per il quale la normativa comunitaria non rende obbligatorio indicare l'elenco degli ingredienti (14).

9. In deroga al paragrafo 5, l'indicazione dell'acqua non è richiesta:

a) se l'acqua è utilizzata, nel processo di fabbricazione unicamente per consentire la ricostituzione, nel suo stato d'origine, di un ingrediente utilizzato in forma concentrata o disidratata;

b) nel caso del liquido di copertura che non viene normalmente consumato.

10. In deroga al paragrafo 2, al paragrafo 6, secondo comma, e al paragrafo 8, secondo comma, gli ingredienti utilizzati nella produzione di un prodotto alimentare e presenti nel prodotto finito anche se in altra forma, elencati nell'allegato III bis o derivati da un ingrediente elencato nell'allegato III bis devono essere riportati sull'etichetta indicando chiaramente il nome dell'ingrediente in questione.

L'indicazione di cui al primo comma non è necessaria nel caso in cui la denominazione di vendita del prodotto indichi chiaramente l'ingrediente interessato.

In deroga al paragrafo 4, lettera c), punti ii), iii) e iv), le sostanze utilizzate nella produzione di un prodotto alimentare e presenti nel prodotto finito anche se in altra forma, derivate da ingredienti elencati nell'allegato III bis devono essere considerate come ingredienti ed essere riportate sull'etichetta indicando chiaramente il nome dell'ingrediente da cui derivano (15).

11. L'elenco dell'allegato III bis è sistematicamente riesaminato e, all'occorrenza, aggiornato sulla base delle più recenti conoscenze scientifiche. Il primo riesame ha luogo al più tardi il 25 novembre 2005.

L'aggiornamento potrebbe altresì consistere nell'esclusione dall'allegato III bis degli ingredienti di cui sia stato scientificamente provato che non possono produrre reazioni indesiderate. A tal fine, la Commissione può essere informata fino al 25 agosto 2004 degli studi attualmente in corso volti a stabilire se ingredienti o sostanze, derivati da ingredienti elencati nell'allegato III bis, non siano suscettibili, in circostanze specifiche, di produrre reazioni indesiderate. La Commissione, non oltre il 25 novembre 2004, previa consultazione con l'Autorità europea per la sicurezza alimentare, approva un elenco di ingredienti o sostanze, che saranno di conseguenza esclusi dall'allegato III bis, in attesa dei risultati finali degli studi notificati, o al più tardi fino al 25 novembre 2007.

Fatto salvo il secondo comma, l'allegato III bis può essere modificato secondo la procedura di cui all'articolo 20, paragrafo 2, previo parere dell'Autorità europea per la sicurezza alimentare emesso sulla base dell'articolo 29 del regolamento (CE) n. 178/2002 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 28 gennaio 2002, che stabilisce i principi e i requisiti generali della legislazione alimentare, istituisce l'Autorità europea per la sicurezza alimentare e fissa procedure nel campo della sicurezza alimentare.

Ove necessario, possono essere impartite direttive tecniche per l'interpretazione dell'elenco dell'allegato III bis secondo la procedura di cui all'articolo 20, paragrafo 2 (16).

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(7) Paragrafo così sostituito dall'articolo 1 della direttiva 2003/89/CE.

(8) Paragrafo inserito dall'articolo 1 della direttiva 2003/89/CE.

(9) Punto aggiunto dall'articolo 1 della direttiva 2003/89/CE.

(10) Trattino così sostituito dall'articolo 1 della direttiva 2003/89/CE.

(11) Trattino aggiunto dall'articolo 1 della direttiva 2003/89/CE.

(12) Trattino aggiunto dall'articolo 1 della direttiva 2003/89/CE.

(13) Per una deroga al presente trattino vedi l'articolo 1 della direttiva 2002/67/CE, con decorrenza indicata all'articolo 5 della suddetta direttiva.

(14) Comma così sostituito dall'articolo 1 della direttiva 2003/89/CE.

(15) Paragrafo aggiunto dall'articolo 1 della direttiva 2003/89/CE.

(16) Paragrafo aggiunto dall'articolo 1 della direttiva 2003/89/CE.

 


Dir. 2001/18/CE del 12 marzo 2001
Direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio sull'emissione deliberata nell'ambiente di organismi geneticamente modificati e che abroga la direttiva 90/220/CEE del Consiglio (art. 2)

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(1) Pubblicata nella G.U.C.E. 17 aprile 2001, n. L 106. Entrata in vigore il 17 aprile 2001.

(2) Termine di recepimento: 17 ottobre 2002. Direttiva recepita con D.Lgs. 8 luglio 2003, n. 224.

(3) Per le disposizioni dettagliate per il funzionamento dei registri destinati alla conservazione delle informazioni sulle modificazioni genetiche degli OGM di cui alla presente direttiva, vedi la decisione 2004/204/CE.


(omissis)

Articolo 2

Definizioni.

Ai fini della presente direttiva si intende per:

1) "organismo", qualsiasi entità biologica capace di riprodursi o di trasferire materiale genetico;

2) "organismo geneticamente modificato (OGM)", un organismo, diverso da un essere umano, il cui materiale genetico è stato modificato in modo diverso da quanto avviene in natura con l'accoppiamento e/o la ricombinazione genetica naturale.

Ai fini della presente definizione:

a) una modificazione genetica è ottenuta almeno mediante l'impiego delle tecniche elencate nell'allegato I A, parte 1;

b) le tecniche elencate nell'allegato I A, parte 2 non sono considerate tecniche che hanno per effetto una modificazione genetica;

3) "emissione deliberata", qualsiasi introduzione intenzionale nell'ambiente di un OGM o una combinazione di OGM per la quale non vengono usate misure specifiche di confinamento, al fine di limitare il contatto con la popolazione e con l'ambiente e per garantire un livello elevato di sicurezza per questi ultimi;

4) "immissione in commercio", la messa a disposizione di terzi, dietro compenso o gratuitamente;

Non costituiscono immissione in commercio le seguenti operazioni:

- la messa a disposizione di microrganismi geneticamente modificati per attività disciplinate dalla direttiva 90/219/CEE del Consiglio, del 23 aprile 1990 sull'impiego confinato di organismi geneticamente modificati, comprese le attività che comportano collezioni di colture,

- la messa a disposizione di OGM diversi dai microrganismi di cui al primo trattino, destinati ad essere impiegati unicamente in attività in cui si attuano misure rigorose e specifiche di confinamento atte a limitare il contatto di questi organismi con la popolazione e con l'ambiente e a garantire un livello elevato di sicurezza per questi ultimi; tali misure dovrebbero basarsi sugli stessi principi di confinamento stabiliti dalla direttiva 90/219/CE,

- la messa a disposizione di OGM da utilizzarsi esclusivamente per emissioni deliberate a norma della parte B della presente direttiva;

5) "notifica", la presentazione all'autorità competente di uno Stato membro delle informazioni prescritte dalla presente direttiva;

6) "notificante", la persona che presenta la notifica;

7) "prodotto", un preparato costituito da OGM o contenente OGM, che viene immesso sul mercato;

8) "valutazione del rischio ambientale", la valutazione, condotta a norma dell'allegato II, dei rischi per la salute umana e per l'ambiente, diretti o indiretti, immediati o differiti, che possono essere connessi all'emissione deliberata o all'immissione in commercio di OGM.

 


Reg. (CE) n. 1788/2001 del 7 settembre 2001
Regolamento della Commissione che fissa le modalità d'applicazione delle disposizioni concernenti il certificato di controllo per l'importazione di prodotti provenienti da paesi terzi ai sensi dell'articolo 11 del regolamento (CEE) n. 2092/91 del Consiglio relativo al metodo di produzione biologico di prodotti agricoli e alla indicazione di tale metodo sui prodotti agricoli e sulle derrate alimentari (art. 2)

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(1) Pubblicato nella G.U.C.E. 13 settembre 2001, n. L 243. Entrata in vigore: 20 settembre 2001.


Articolo 2

Ai fini del presente regolamento si intende per:

1) "certificato di controllo": il certificato di controllo relativo ad una spedizione previsto all'articolo 11, paragrafo 1, lettera b), del regolamento (CEE) n. 2092/91 e all'articolo 3, all'articolo 4 e all'allegato I, del presente regolamento;

2) "spedizione": il quantitativo di prodotti di uno o più codici della nomenclatura combinata, scortato da un unico certificato di controllo, inoltrato con lo stesso mezzo di trasporto e proveniente dallo stesso paese terzo;

3) "verifica della spedizione": la verifica operata dalle competenti autorità nazionali sul certificato di controllo in applicazione dell'articolo 4, paragrafo 2, nonché, qualora dette autorità lo ritengano opportuno, sui prodotti stessi per quanto riguarda l'osservanza dei requisiti del regolamento (CEE) n. 2092/91;

4) "immissione in libera pratica nella Comunità": lo sdoganamento ad opera delle autorità doganali per consentire la libera circolazione della spedizione nella Comunità;

5) "competenti autorità nazionali": le autorità doganali o altre autorità, designate dallo Stato membro.

 

 


 

Reg. (CE) n. 178/2002 del 28 gennaio 2002
Regolamento del Parlamento europeo e del Consiglioche stabilisce i principi e i requisiti generali della legislazione alimentare, istituisce l'Autorità europea per la sicurezza alimentare e fissa procedure nel campo della sicurezza alimentare(artt. 2 e 3)

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(1) Pubblicato nella G.U.C.E. 1 febbraio 2002, n. L 31. Entrata in vigore: 21 febbraio 2002.

(2) Vedi, per le modalità di applicazione del presente regolamento, il regolamento (CE) n. 2230/2004.


(omissis)

Articolo 2

Definizione di "alimento".

Ai fini del presente regolamento si intende per "alimento" (o "prodotto alimentare", o "derrata alimentare") qualsiasi sostanza o prodotto trasformato, parzialmente trasformato o non trasformato, destinato ad essere ingerito, o di cui si prevede ragionevolmente che possa essere ingerito, da esseri umani.

Sono comprese le bevande, le gomme da masticare e qualsiasi sostanza, compresa l'acqua, intenzionalmente incorporata negli alimenti nel corso della loro produzione, preparazione o trattamento. Esso include l'acqua nei punti in cui i valori devono essere rispettati come stabilito all'articolo 6 della direttiva 98/83/CE e fatti salvi i requisiti delle direttive 80/778/CEE e 98/83/CE.

Non sono compresi:

a) i mangimi;

b) gli animali vivi, a meno che siano preparati per l'immissione sul mercato ai fini del consumo umano;

c) i vegetali prima della raccolta;

d) i medicinali ai sensi delle direttive del Consiglio 65/65/CEE e 92/73/CEE;

e) i cosmetici ai sensi della direttiva 76/768/CEE del Consiglio;

f) il tabacco e i prodotti del tabacco ai sensi della direttiva 89/622/CEE del Consiglio;

g) le sostanze stupefacenti o psicotrope ai sensi della convenzione unica delle Nazioni Unite sugli stupefacenti del 1961 e della convenzione delle Nazioni Unite sulle sostanze psicotrope del 1971;

h) residui e contaminanti.

 

Articolo 3

Altre definizioni.

Ai fini del presente regolamento si intende per:

1) "legislazione alimentare", le leggi, i regolamenti e le disposizioni amministrative riguardanti gli alimenti in generale, e la sicurezza degli alimenti in particolare, sia nella Comunità che a livello nazionale; sono incluse tutte le fasi di produzione, trasformazione e distribuzione degli alimenti e anche dei mangimi prodotti per gli animali destinati alla produzione alimentare o ad essi somministrati;

2) "impresa alimentare", ogni soggetto pubblico o privato, con o senza fini di lucro, che svolge una qualsiasi delle attività connesse ad una delle fasi di produzione, trasformazione e distribuzione degli alimenti;

3) "operatore del settore alimentare", la persona fisica o giuridica responsabile di garantire il rispetto delle disposizioni della legislazione alimentare nell'impresa alimentare posta sotto il suo controllo;

4) "mangime" (o "alimento per animali"), qualsiasi sostanza o prodotto, compresi gli additivi, trasformato, parzialmente trasformato o non trasformato, destinato alla nutrizione per via orale degli animali;

5) "impresa nel settore dei mangimi", ogni soggetto pubblico o privato, con o senza fini di lucro, che svolge una qualsiasi delle operazioni di produzione, lavorazione, trasformazione, magazzinaggio, trasporto o distribuzione di mangimi, compreso ogni produttore che produca, trasformi o immagazzini mangimi da somministrare sul suo fondo agricolo ad animali;

6) "operatore del settore dei mangimi", la persona fisica o giuridica responsabile di garantire il rispetto delle disposizioni della legislazione alimentare nell'impresa di mangimi posta sotto il suo controllo;

7) "commercio al dettaglio", la movimentazione e/o trasformazione degli alimenti e il loro stoccaggio nel punto di vendita o di consegna al consumatore finale, compresi i terminali di distribuzione, gli esercizi di ristorazione, le mense di aziende e istituzioni, i ristoranti e altre strutture di ristorazione analoghe, i negozi, i centri di distribuzione per supermercati e i punti di vendita all'ingrosso;

8) "immissione sul mercato", la detenzione di alimenti o mangimi a scopo di vendita, comprese l'offerta di vendita o ogni altra forma, gratuita o a pagamento, di cessione, nonché la vendita stessa, la distribuzione e le altre forme di cessione propriamente detta;

9) "rischio", funzione della probabilità e della gravità di un effetto nocivo per la salute, conseguente alla presenza di un pericolo;

10) "analisi del rischio", processo costituito da tre componenti interconnesse: valutazione, gestione e comunicazione del rischio;

11) "valutazione del rischio", processo su base scientifica costituito da quattro fasi: individuazione del pericolo, caratterizzazione del pericolo, valutazione dell'esposizione al pericolo e caratterizzazione del rischio;

12) "gestione del rischio", processo, distinto dalla valutazione del rischio, consistente nell'esaminare alternative d'intervento consultando le parti interessate, tenendo conto della valutazione del rischio e di altri fattori pertinenti e, se necessario, compiendo adeguate scelte di prevenzione e di controllo;

13) "comunicazione del rischio", lo scambio interattivo, nell'intero arco del processo di analisi del rischio, di informazioni e pareri riguardanti gli elementi di pericolo e i rischi, i fattori connessi al rischio e la percezione del rischio, tra responsabili della valutazione del rischio, responsabili della gestione del rischio, consumatori, imprese alimentari e del settore dei mangimi, la comunità accademica e altri interessati, ivi compresi la spiegazione delle scoperte relative alla valutazione del rischio e il fondamento delle decisioni in tema di gestione del rischio;

14) "pericolo" o "elemento di pericolo", agente biologico, chimico o fisico contenuto in un alimento o mangime, o condizione in cui un alimento o un mangime si trova, in grado di provocare un effetto nocivo sulla salute;

15) "rintracciabilità", la possibilità di ricostruire e seguire il percorso di un alimento, di un mangime, di un animale destinato alla produzione alimentare o di una sostanza destinata o atta ad entrare a far parte di un alimento o di un mangime attraverso tutte le fasi della produzione, della trasformazione e della distribuzione;

16) "fasi della produzione, della trasformazione e della distribuzione", qualsiasi fase, importazione compresa, a partire dalla produzione primaria di un alimento inclusa fino al magazzinaggio, al trasporto, alla vendita o erogazione al consumatore finale inclusi e, ove pertinente, l'importazione, la produzione, la lavorazione, il magazzinaggio, il trasporto, la distribuzione, la vendita e l'erogazione dei mangimi;

17) "produzione primaria", tutte le fasi della produzione, dell'allevamento o della coltivazione dei prodotti primari, compresi il raccolto, la mungitura e la produzione zootecnica precedente la macellazione e comprese la caccia e la pesca e la raccolta di prodotti selvatici;

18) "consumatore finale", il consumatore finale di un prodotto alimentare che non utilizzi tale prodotto nell'ambito di un'operazione o attività di un'impresa del settore alimentare.

(omissis)

 


Racc. 2003/556/CE del 23 luglio 2003
Raccomandazione della Commissione recante orientamenti per lo sviluppo di strategie nazionali e migliori pratiche per garantire la coesistenza tra colture transgeniche, convenzionali e biologiche

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(1) Pubblicata nella G.U.U.E. 29 luglio 2003, n. L 189.

(2) Notificata con il numero C(2003) 2624.


La Commissione delle Comunità europee,

visto il trattato che istituisce la Comunità europea, in particolare l'articolo 211,

vista la comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale e al Comitato delle regioni dal titolo "Le scienze della vita e la biotecnologia - Una strategia per l'Europa" (3), in particolare l'azione 17,

considerando quanto segue:

(1) Nell'Unione europea non deve essere esclusa alcuna forma di agricoltura, convenzionale, biologica o che si avvale di OMG.

(2) La capacità di mantenere filiere di produzione agricola separate costituisce un presupposto indispensabile per poter offrire un'ampia scelta ai consumatori.

(3) La coesistenza attiene alla capacità degli agricoltori di operare una libera scelta tra agricoltura convenzionale, biologica o transgenica, nel rispetto degli obblighi legali materia di etichettatura e di norme di purezza.

(4) La procedura di concessione definitiva dell'autorizzazione prevista dalla direttiva 2001/18/CE del Parlamento europeo e del Consiglio comprende, se del caso, misure specifiche in materia di coesistenza miranti alla protezione della salute umana e dell'ambiente, la cui applicazione è obbligatoria.

(5) L'aspetto della coesistenza preso in esame nella presente raccomandazione riguarda il potenziale pregiudizio economico e l'impatto della commistione tra colture transgeniche e non transgeniche, nonché le misure di gestione più idonee che possono essere adottate per minimizzare il rischio di commistione.

(6) Le strutture aziendali e i metodi di produzione agricola, insieme alle condizioni economiche e naturali in cui operano gli agricoltori nell'Unione europea sono estremamente diverse tra loro, per cui l'efficienza e l'efficacia economica delle misure relative alla coesistenza variano notevolmente nelle diverse regioni dell'Unione europea.

(7) La Commissione europea considera opportuno che gli Stati membri elaborino e diano attuazione a misure relative alla coesistenza.

(8) La Commissione europea ha il compito di sostenere e guidare gli Stati membri in questo contesto, elaborando orientamenti sulla coesistenza.

(9) È opportuno che tali orientamenti contengano un elenco di principi generali ed elementi che permettano di elaborare strategie nazionali e migliori pratiche applicabili alla coesistenza.

(10) Due anni dopo la pubblicazione della presente raccomandazione nella Gazzetta ufficiale dell'Unione europea, in base ai dati forniti dagli Stati membri, la Commissione presenterà al Consiglio e al Parlamento europeo una relazione sull'esperienza maturata negli Stati membri con l'applicazione delle misure relative alla coesistenza e, se del caso, una valutazione di tutti i provvedimenti che è possibile e necessario adottare,

raccomanda:

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(3) COM(2002) 27 def. Trattasi della comunicazione 2 marzo 2002.


1. Nell'elaborare strategie nazionali e migliori pratiche in materia di coesistenza, gli Stati membri si attengono agli orientamenti figuranti nell'allegato della presente raccomandazione.

2. Gli Stati membri sono destinatari della presente raccomandazione.

Fatto a Bruxelles, il 23 luglio 2003.

Per la Commissione

Franz Fischler

membro della Commissione


Allegato

Indice

1. Introduzione

1.1. Il concetto di coesistenza

1.2. Aspetti economici della coesistenza e aspetti ambientali e sanitari

1.3. La tavola rotonda sulla coesistenza

1.4. Sussidiarietà

1.5. Obiettivi e ambito di applicazione degli orientamenti

2. Principi generali

2.1. Principi per l'elaborazione di strategie relative alla coesistenza

2.1.1. Trasparenza e coinvolgimento dei soggetti interessati

2.1.2. Decisioni basate su un fondamento scientifico

2.1.3. Basarsi sulle pratiche e sui metodi di separazione già collaudati

2.1.4. Proporzionalità

2.1.5. Scelta del livello appropriato

2.1.6. Specificità delle misure

2.1.7. Applicazione delle misure

2.1.8. Strumenti strategici

2.1.9. Regole di responsabilità

2.1.10. Monitoraggio e valutazione

2.1.11.Comunicazione e scambio di informazioni a livello europeo

2.1.12. Ricerca e condivisione dei risultati della ricerca

2.2. Fattori da prendere in considerazione

2.2.1. Livello di coesistenza da raggiungere

2.2.2. Fonti di commistione accidentale

2.2.3. Indicazione dei valori soglia nell'etichettatura

2.2.4. Peculiarità delle specie e varietà vegetali

2.2.5. Produzione di piante o di sementi

2.2.6. Aspetti regionali

2.2.7. Barriere all'ibridazione genetica (allofecondazione)

3. Catalogo indicativo di misure per la coesistenza

3.1. Cumulatività delle misure

3.2. Misure da adottare nelle aziende agricole

3.2.1. Preparazione delle operazioni di semina, di impianto e di lavorazione del suolo

3.2.2. Trattamento delle superfici durante e dopo il raccolto

3.2.3. Trasporto e magazzinaggio

3.2.4. Monitoraggio degli appezzamenti

3.3. Collaborazione tra aziende limitrofe

3.3.1. Informazione sui piani di semina

3.3.2. Coordinamento delle misure di gestione

3.3.3. Accordi volontari tra agricoltori operanti in zone specializzate in una data filiera di produzione

3.4. Sistemi di monitoraggio

3.5. Catasto

3.6. Tenuta di registri

3.7. Corsi di formazione e programmi di divulgazione

3.8. Scambio di informazioni e servizi di consulenza

3.9. Procedura di conciliazione in caso di controversie


1. Introduzione

1.1. Il concetto di coesistenza

La coltivazione di organismi geneticamente modificati (OMG) nell'Unione europea non sarà priva di implicazioni sull'organizzazione della produzione agricola. Da un lato, la possibile presenza accidentale (involontaria) di colture transgeniche in colture non geneticamente modificate e viceversa induce a interrogarsi su come si potrà garantire ai produttori la facoltà di scegliere tra le diverse filiere di produzione. In linea di massima gli agricoltori dovrebbero poter scegliere liberamente quale tipo di coltura praticare, convenzionale, transgenica o biologica e nessuna di queste forme di agricoltura dovrebbe essere esclusa nell'Unione europea.

D'altro canto, questa problematica è legata anche alle scelte dei consumatori: per offrire ai consumatori europei una reale possibilità di scelta tra cibi transgenici e non transgenici, è necessario non solo poter contare su un sistema efficace di etichettatura e di tracciabilità, ma anche su un settore agricolo in grado di fornire questi diversi tipi di prodotti. La capacità dell'industria alimentare di offrire un'ampia possibilità di scelta ai consumatori va di pari passo con la capacità del settore agricolo di mantenere filiere di produzione separate.

La coesistenza si riferisce alla possibilità per i conduttori agricoli di praticare una scelta tra colture geneticamente modificate, produzione convenzionale e biologica, nel rispetto degli obblighi regolamentari in materia di etichettatura o di standard di purezza.

Se in un dato prodotto agricolo destinato a non contenere OMG la presenza accidentale di OMG supera la tolleranza stabilita nella normativa comunitaria, è obbligatorio indicare nell'etichetta che si tratta di un prodotto contenente OMG. In questo caso può derivarne una perdita di reddito connessa a prezzi di mercato inferiori o a difficoltà di vendita di tali prodotti. Inoltre, è probabile che gli agricoltori debbano sostenere spese supplementari per applicare sistemi di sorveglianza e misure intese a rendere minimo il rischio di commistione tra colture modificate o non modificate geneticamente. Ne consegue che la coesistenza ha attinenza, da un lato, con il potenziale impatto economico della commistione tra colture OGM o non OGM e, dall'altro, con l'individuazione di misure di gestione praticabili volte a minimizzare il rischio di commistione e con il costo di tali misure.

La coesistenza di diverse filiere di produzione non è una novità in agricoltura. I produttori di sementi, ad esempio, vantano una lunga esperienza in fatto di pratiche di gestione agricola atte a garantire la purezza delle sementi. Un altro esempio di separazione tra diverse linee di produzione agricola è costituito dal granturco indentato destinato all'alimentazione degli animali, che nell'ambito dell'agricoltura europea è coesistito senza difficoltà con vari tipi di granturco speciale coltivato per il consumo umano e il granturco ceroso destinato all'industria dell'amido.

1.2. Aspetti economici della coesistenza e aspetti ambientali e sanitari

Appare importante distinguere chiaramente tra gli aspetti economici della coesistenza e gli aspetti ambientali e sanitari, i quali sono stati affrontati dalla direttiva 2001/18/CE sull'emissione deliberata nell'ambiente di organismi geneticamente modificati.

Secondo la procedura stabilita dalla direttiva 2001/18/CE, l'autorizzazione a emettere OGM nell'ambiente è subordinata ad una valutazione completa del rischio ambientale. In esito alla valutazione si possono presentare i casi seguenti:

- l'autorizzazione è rifiutata qualora sia identificato un rischio di effetto negativo per l'ambiente o la salute che non può essere gestito,

- non si individuano rischi di effetti negativi per l'ambiente e la salute, nel qual caso l'autorizzazione è rilasciata senza subordinarla a misure di gestione supplementari rispetto a quelle espressamente previste dalla normativa,

- si individuano rischi che possono essere gestiti attraverso idonee misure di gestione (ad esempio separazione fisica e/o sorveglianza); in questo caso l'autorizzazione sarà abbinata all'obbligo di attuare misure di gestione del rischio ambientale.

Qualora si individui un rischio ambientale o sanitario dopo la concessione dell'autorizzazione, nell'ambito della clausola di salvaguardia di cui all'articolo 23 della direttiva può essere avviata una procedura di revoca dell'autorizzazione o di modifica delle condizioni per il suo rilascio.

Poiché nell'Unione europea possono essere coltivati solo OMG autorizzati [1] e gli aspetti ambientali e sanitari sono già contemplati dalla direttiva 2001/18/CEE, restano da affrontare nel quadro della coesistenza soltanto gli aspetti economici connessi alla commistione tra colture transgeniche e non transgeniche.

______________

[1] Per poter essere coltivati nell'UE, gli OGM devono essere esplicitamente autorizzati per la coltivazione nell'ambito della direttiva 2001/18/CE.

1.3. La tavola rotonda sulla coesistenza

Il 24 aprile 2003 la Commissione ha ospitato a Bruxelles una tavola rotonda sui risultati più recenti della ricerca in materia di coesistenza tra colture OGM e non OGM. I temi principali affrontati dal dibattito sulla coesistenza traevano spunto dall'introduzione del granturco e della colza oleaginosa geneticamente modificati nell'agricoltura europea. Le risultanze scientifiche sono state illustrate da gruppi di esperti e quindi sottoposte ad un dibattito al quale hanno partecipato molti soggetti interessati provenienti dal settore agrario, dall'industria, rappresentanti delle ONG, dei consumatori e di altri ambienti interessati. Lo scopo della tavola rotonda era quello di fornire una base scientifica e tecnica basata sull'esperienza pratica degli agricoltori, per tutte le misure agronomiche o di altra natura che si rivelino necessarie per agevolare una coesistenza sostenibile delle varie filiere di produzione agricola.

I presenti orientamenti si basano sui risultati della tavola rotonda, di cui è disponibile una relazione di sintesi redatta da alcuni scienziati partecipanti, che può essere consultata sul sito Internet: http://europa.eu.int/comm/research/biosociety/index

1.4. Sussidiarietà

Gli agricoltori europei operano in condizioni estremamente diverse tra loro. L'agricoltura europea è caratterizzata da una grande variabilità di dimensioni delle aziende agricole e delle superfici coltivate, tra i sistemi di produzione, i tipi di rotazione colturale e i modelli colturali, per non parlare delle diversissime condizioni naturali.

Questa variabilità deve essere presa in considerazione nell'elaborare, attuare, controllare e coordinare le misure attinenti alla coesistenza, le quali devono essere specifiche e funzionali alle strutture aziendali, ai sistemi di produzione, ai metodi colturali e alle condizioni naturali precipue di una determinata regione.

Per questi motivi la Commissione, nella riunione del 5 marzo 2003, si è espressa a favore di una soluzione che lascerebbe agli Stati membri il compito di elaborare e attuare misure di gestione relative alla coesistenza. La Commissione avrebbe il ruolo di raccogliere e coordinare le informazioni pertinenti, basate sugli studi in corso a livello comunitario e nazionale, nonché quello di fornire consulenza e pubblicare orientamenti per aiutare gli Stati membri a elaborare le migliori pratiche in materia di coesistenza.

Le strategie e le migliori pratiche devono essere elaborate e attuate livello nazionale o regionale, con la partecipazione attiva degli agricoltori e degli altri soggetti interessati e tenendo conto di fattori nazionali e regionali.

1.5. Obiettivi e ambito di applicazione degli orientamenti

I presenti orientamenti, sotto forma di raccomandazioni non vincolanti rivolte agli Stati membri, vanno letti proprio in questo contesto: il loro campo di applicazione si estende dalla produzione agricola a livello dell'azienda fino al primo punto di vendita, ossia "dal seme al silo [1]".

Il presente documento è destinato ad aiutare gli Stati membri a sviluppare strategie e politiche nazionali in materia di coesistenza. Incentrati principalmente sugli aspetti tecnici e procedurali, gli orientamenti contengono un elenco di principi generali e di elementi che aiuteranno gli Stati membri a stabilire le migliori pratiche per la coesistenza.

Il documento non intende presentare una serie dettagliata di misure da applicare direttamente a livello nazionale. Molti dei fattori determinanti per l'elaborazione delle migliori pratiche per la coesistenza, che devono essere ispirati a criteri di efficienza ed efficacia economica, variano in funzione delle condizioni nazionali e regionali.

Inoltre, l'elaborazione di sistemi di gestione della coesistenza e di migliori pratiche costituisce un processo dinamico e perfettibile nel tempo tenendo conto di nuovi sviluppi connessi ai progressi in campo scientifico e tecnologico.

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[1] Gli orientamenti riguardano la produzione commerciale di sementi e le colture. Non sono prese in considerazione le emissioni sperimentali di piante geneticamente modificate.


2. Principi generali

Nella presente sezione sono elencati i principi generali e gli elementi che gli Stati membri sono invitati a prendere in considerazione nell'elaborare strategie nazionali e migliori pratiche in materia di coesistenza.

2.1. Principi per l'elaborazione di strategie relative alla coesistenza

2.1.1. Trasparenza e coinvolgimento dei soggetti interessati

È opportuno che le strategie nazionali e le migliori pratiche in materia di coesistenza siano elaborate in cooperazione con tutti i soggetti interessati e secondo criteri di trasparenza. Gli Stati membri devono garantire un'adeguata divulgazione delle informazioni sulle misure relative alla coesistenza che decidono di attuare.

2.1.2. Decisioni basate su un fondamento scientifico

Le misure di gestione relative alla coesistenza dovranno rispecchiare i migliori risultati scientifici disponibili sulla probabilità e sulle fonti di commistione tra colture transgeniche e non transgeniche. È opportuno permettere entrambi i tipi di coltura, garantendo tuttavia che i prodotti ottenuti da colture non geneticamente modificate contengano un tenore di OGM inferiore alle soglie legali previste per l'etichettatura e le norme di purezza applicabili ai prodotti alimentari, ai mangimi e alle sementi geneticamente modificati, quali definite nella normativa comunitaria.

I risultati scientifici disponibili dovranno essere sottoposti ad una valutazione e ad un aggiornamento costanti per tener conto dei risultati degli studi di monitoraggio sulla coltivazione di piante geneticamente modificate a fini sperimentali e commerciali, nonché delle risultanze di nuovi studi e modelli convalidati dalle esperienze sul campo.

2.1.3. Basarsi sulle pratiche e sui metodi di separazione già collaudati

Le misure di gestione relative alla coesistenza devono fondarsi sulle pratiche e sui metodi di separazione già collaudati e tenere conto dell'esperienza acquisita in materia di manipolazione di prodotti agricoli di origine garantita e di metodi di produzione delle sementi.

2.1.4. Proporzionalità

Le misure relative alla coesistenza devono rispondere a criteri di efficienza ed efficacia economica ed essere proporzionate. Occorre evitare che esse siano più rigide del necessario per garantire che i residui accidentali di OGM si mantengano al di sotto delle soglie di tolleranza fissate dalla normativa comunitaria. Occorre altresì evitare di creare oneri non necessari a carico degli agricoltori, dei produttori di sementi, delle cooperative e degli altri operatori delle diverse filiere di produzione.

Nella scelta delle misure occorrerà tener conto delle particolari situazioni e dei vincoli regionali e locali, nonché della specificità della coltura.

2.1.5. Scelta del livello appropriato

Tra le opzioni disponibili occorrerà dare la precedenza innanzitutto alle misure di gestione specifiche per le aziende agricole e alle misure di coordinamento tra aziende limitrofe.

Occorrerà prendere in considerazione misure di portata regionale, da applicarsi esclusivamente alle specie vegetali la cui coltivazione sarebbe incompatibile con la coesistenza. La portata geografica di queste ultime misure dovrà essere il più limitata possibile. Le misure su scala regionale dovranno essere prese in considerazione esclusivamente nel caso in cui non sia possibile conseguire un livello sufficiente di purezza con altri mezzi. Tali misure dovranno essere giustificate separatamente per ciascuna coltura e ciascun tipo di produzione (per esempio produzione di sementi o di colture vegetali).

2.1.6. Specificità delle misure

Le migliori pratiche in materia di coesistenza dovranno tener conto delle differenze tra le specie e varietà vegetali coltivate e i vari tipi di produzione (colture o sementi). Per garantire l'idoneità delle misure occorrerà tener conto anche delle differenze a livello regionale (condizioni climatiche, topografia, modelli produttivi, sistemi di rotazione, strutture aziendali, quota di colture GM in una data regione) che possono influenzare il grado di commistione tra colture GM e non GM.

Gli Stati membri dovranno concentrarsi innanzitutto sulle colture le cui varietà transgeniche sono già state o stanno per essere autorizzate e saranno probabilmente coltivate su larga scala a livello nazionale.

2.1.7. Applicazione delle misure

Le strategie nazionali per la coesistenza dovranno garantire un giusto equilibrio tra gli interessi degli agricoltori dediti a ciascuna filiera di produzione. È opportuno incoraggiare la collaborazione tra gli agricoltori.

Gli Stati membri sono invitati a creare dispositivi per favorire il coordinamento degli accordi volontari tra aziende limitrofe e a specificare le procedure e le regole da seguire in caso di disaccordo tra i conduttori agricoli riguardo all'attuazione delle misure previste.

Come principio generale, nel corso della fase di introduzione di un nuovo tipo di produzione in una data regione, gli operatori (agricoltori) che introducono il nuovo tipo di produzione saranno responsabili dell'attuazione delle misure di gestione aziendale necessarie per limitare il flusso genico.

È opportuno dare la possibilità a tutti gli agricoltori di scegliere il tipo di produzione che preferiscono, senza che risulti necessario modificare i sistemi di produzione preesistenti nelle zone circostanti.

Gli agricoltori che prevedano di introdurre colture geneticamente modificate nella loro azienda dovranno comunicare la loro intenzione alle aziende limitrofe.

È opportuno che gli Stati membri attuino una cooperazione transfrontaliera con i paesi vicini per garantire l'efficace funzionamento delle misure relative alla coesistenza nelle zone di confine.

2.1.8. Strumenti strategici

A priori non esiste uno strumento specifico che possa essere raccomandato per affrontare la problematica della coesistenza. È opportuno lasciare agli Stati membri la possibilità di ricorrere a vari tipi di strumenti, come accordi volontari, disposizioni non giuridicamente vincolanti o normative più rigide e di scegliere la combinazione di strumenti e il livello regolamentare che ritengono più idoneo per garantire un'attuazione, un monitoraggio, una valutazione e un controllo efficaci delle misure.

2.1.9. Regole di responsabilità

Il tipo di strumento adottato può avere un impatto sull'applicazione delle regole nazionali in materia di responsabilità qualora la commistione accidentale comporti un pregiudizio economico. Si invitano gli Stati membri ad esaminare il proprio diritto interno in materia di responsabilità civile per appurare se le norme in vigore a livello nazionale contemplino possibilità eque e sufficienti al riguardo. Gli agricoltori, i fornitori di sementi e gli altri operatori devono essere pienamente informati sui criteri in materia di responsabilità in vigore nel loro paese in caso di pregiudizio economico causato dalla commistione.

In tale contesto, è possibile che gli Stati membri desiderino esplorare la fattibilità e l'utilità di un eventuale adattamento dei sistemi assicurativi in vigore oppure di istituire nuovi sistemi.

2.1.10. Monitoraggio e valutazione

È necessario sottoporre a un monitoraggio e ad una valutazione costanti le misure di gestione e gli strumenti adottati, in modo da verificarne l'efficacia e trarne le informazioni necessarie per migliorare le misure nel tempo.

Gli Stati membri hanno il compito di istituire adeguati sistemi di controllo e di ispezione in modo da garantire il corretto funzionamento delle misure relative alla coesistenza.

È altresì opportuno rivedere periodicamente le migliori pratiche relative alla coesistenza per tener conto dei progressi tecnici e scientifici in grado di agevolare la coesistenza.

2.1.11. Comunicazione e scambio di informazioni a livello europeo

Ferma restando la vigente normativa e le vigenti procedure comunitarie in materia di notificazione, gli Stati membri dovranno informare la Commissione in merito alle strategie nazionali per la coesistenza e alle misure adottate, nonché in merito ai risultati del monitoraggio e della valutazione. La Commissione coordinerà lo scambio di informazioni sulle misure, le esperienze e le migliori pratiche comunicate dagli Stati membri. Il regolare scambio di informazioni può creare sinergie e contribuire ad evitare inutili duplicazioni nei vari Stati membri.

2.1.12. Ricerca e condivisione dei risultati della ricerca

È opportuno che gli Stati membri incoraggino e sostengano, in collaborazione con i soggetti interessati, le attività di ricerca volte a migliorare la conoscenza delle modalità più idonee a garantire la coesistenza. Gli Stati membri dovrebbero informare la Commissione circa le attività di ricerca in corso e programmate in questo settore. È opportuno altresì incoraggiare caldamente la condivisione dei risultati della ricerca tra gli Stati membri.

Le ricerche in materia di coesistenza possono essere inoltre finanziate nell'ambito del Sesto programma quadro di ricerca comunitario. Il Centro Comune di Ricerca eseguirà inoltre studi complementari sulla coesistenza.

La Commissione agevolerà gli scambi di informazioni sui progetti di ricerca in corso o programmati a livello comunitario nazionale. Lo scambio di informazioni potrà migliorare il coordinamento delle attività di ricerca livello nazionale tra gli Stati membri e di quelle eseguite nell'ambito del Sesto programma quadro di ricerca comunitario.

2.2. Fattori da prendere in considerazione

La presente sezione contiene un elenco non esaustivo dei fattori da prendere in considerazione nell'elaborazione di strategie nazionali e migliori pratiche in materia di coesistenza.

2.2.1. Livello di coesistenza da raggiungere

Il problema della coesistenza di colture GM e non GM può sorgere a vari livelli, ad esempio:

- produzione di colture GM e non GM simultanea o in anni successivi nella stessa azienda,

- produzione di colture GM e non GM in aziende limitrofe nel corso dello stesso anno,

- filiere di produzione GM e non GM presenti nella stessa regione, ma in aziende separate da una certa distanza.

Le misure relative alla coesistenza dovrebbero essere funzionali al livello di coesistenza da raggiungere.

2.2.2. Fonti di commistione accidentale

Esistono varie fonti di commistione accidentale tra colture GM e non GM, ad esempio:

- dispersione di polline tra particelle limitrofe, a distanze più o meno grandi (in funzione delle specie e di altri fattori che possono incidere sul trasferimento genetico),

- mescolanza di colture durante il raccolto o nelle operazioni che seguono il raccolto,

- trasferimento di sementi o di altro materiale vegetale vitale nel corso del raccolto, del trasporto e del magazzinaggio e, in una certa misura, ad opera di animali;

- piante spontanee (le sementi rimangono nel terreno dopo il raccolto e producono nuove piante spontanee nelle annate successive). Questa fonte di commistione può essere maggiore per talune specie vegetali (ad esempio la colza oleaginosa) rispetto ad altre, in funzione tra l'altro delle condizioni climatiche (ad esempio le sementi di granturco possono non sopravvivere al gelo),

- impurezze nelle sementi.

È importante determinare l'effetto cumulato delle varie fonti di commistione, compreso l'effetto cumulato, nel tempo, sullo stock di sementi o sull'impiego di sementi prodotte in azienda.

2.2.3. Indicazione dei valori soglia nell'etichettatura

Le strategie nazionali e le migliori pratiche relative alla coesistenza dovranno fare riferimento alle soglie legali per l'etichettatura e alle norme applicabili materia di purezza per i prodotti alimentari, i mangimi e le sementi geneticamente modificati.

Attualmente, il regolamento (CE) n. 1139/98 del Consiglio, quale modificato da ultimo dal regolamento (CE) n. 49/2000 della Commissione, definisce un valore limite per l'etichettatura dell'1% nel caso dei prodotti alimentari. Future soglie per l'etichettatura dei prodotti alimentari e dei mangimi sono definite nel regolamento relativo agli alimenti e ai mangimi geneticamente modificati. Si tratta di soglie applicabili indistintamente ai prodotti agricoli convenzionali e biologici. Non esistono invece soglie legali per la presenza accidentale di organismi non transgenici in organismi transgenici. Per le sementi di varietà GM si applicano i requisiti generali in materia di norme di purezza della produzione di sementi, che variano in funzione di ciascuna coltura.

Il regolamento relativo al metodo di produzione biologico [1] contempla il divieto assoluto di impiego di OGM nella produzione biologica. Pertanto, non possono essere utilizzati i materiali, incluse le sementi, la cui etichetta indichi che contengono OGM. Resta il fatto, però, che possono essere utilizzate le partite di sementi che contengono una percentuale di sementi GM inferiore alla soglia in vigore (che non è obbligatorio indicare nell'etichetta come contenenti OGM). Il regolamento sull'agricoltura biologica permette la fissazione di una soglia specifica riguardo alla presenza tecnicamente inevitabile di OGM, ma finora non è stata fissata alcuna soglia: in altre parole, in assenza di una soglia specifica si applicano le soglie generali.

_____________

[1] Regolamento (CE) n. 1804/1999 del Consiglio.

2.2.4. Peculiarità delle specie e varietà vegetali

- Il grado di allofecondazione: ad esempio, il frumento, l'orzo e la soia sono in generale piante autogame, mentre il granturco, la barbabietola da zucchero e la segale sono allogame,

- le forme di impollinazione incrociata peculiari di una data varietà (ad esempio anemofila ed entomofila),

- la predisposizione specifica di una varietà a formare piante spontanee e il periodo di tempo in cui i semi restano vitali nel terreno,

- il potenziale di impollinazione incrociata con parenti stretti peculiare della specie e delle varietà, sia coltivate che selvatiche; esso dipende, tra l'altro il grado di impollinazione autogama o incrociata, dalla recettività dei fiori al momento del rilascio del polline e dalla compatibilità tra il polline e lo stile della pianta che lo riceve,

- i periodi di fioritura delle piante che emettono il polline e delle piante che lo ricevono: grado di sovrapposizione dei rispettivi periodi di fioritura,

- la durata della vitalità del polline, in funzione della specie vegetale, della varietà, delle condizioni ambientali, come l'umidità atmosferica,

- il grado di competizione tra pollini, che dipende dalla produzione di polline nella popolazione ricevente e dalla pressione originata dal polline della popolazione emittente; tale grado può variare in funzione della varietà. Nella produzione di piante ibride si può ottenere un numero elevato di piante maschili sterili che non sono in grado di produrre polline da sole e sono quindi più vulnerabili alla pressione del polline proveniente dall'esterno,

- la produzione di foraggio o di cereali (ad esempio granturco da insilamento e granturco alimentare): differenza nei metodi colturali e nella durata della coltivazione,

- la misura in cui lo scambio genetico attraverso il flusso di polline influenza la percentuale di commistione nel raccolto. Ad esempio, non c'è alcuna influenza nel caso di raccolta di patate o barbabietole. Nella produzione di granturco da insilamento, il materiale raccolto è composto in varia misura di pannocchie, sulle quali si esercita l'influenza dello scambio genetico, e di piante che invece non ne risentono le conseguenze.

2.2.5. Produzione di piante o di sementi

- Le soglie per l'etichettatura dovranno variare a seconda che si tratti di produzioni vegetali o di sementi,

- per le sementi la Commissione sta attualmente elaborando una normativa specifica.

2.2.6. Aspetti regionali

- Quota di colture GM nella regione,

- numero e tipo di varietà vegetali (GM e non GM) che devono coesistere in una data regione,

- configurazione e dimensioni delle particelle agricole in una data regione. Gli appezzamenti più piccoli sono più soggetti all'importazione di polline rispetto ai campi di più vaste dimensioni,

- frammentazione e dispersione geografica delle superfici appartenenti alle singole aziende,

- pratiche regionali di gestione delle aziende agricole,

- sistemi di rotazione delle colture e tipi di colture praticate in una data regione, tenendo conto della longevità delle sementi propria ad una data specie,

- attività, comportamento e dimensione della popolazione degli impollinatori (insetti ecc.),

- condizioni climatiche (ad esempio pluviometria, umidità, direzione e forza del vento, temperatura dell'aria e del suolo) che influenzano l'attività degli impollinatori e la dispersione di polline attraverso l'aria e possono influenzare il tipo di coltura, la data di inizio e la lunghezza del processo colturale, il numero annuo di cicli di produzione ecc.,

- topografia (ad esempio, la presenza di vallate o corsi d'acqua o laghi influenza le correnti d'aria e la forza dei venti),

- strutture circostanti, come siepi, foreste, zone incolte e ubicazione delle superfici coltivate.

2.2.7. Barriere all'ibridazione genetica (allofecondazione)

Determinati metodi biologici destinati a ridurre il flusso di geni possono far diminuire il rischio di impollinazione incrociata (ad esempio: apomixis [ossia produzione asessuale di sementi], sterilità maschile citoplasmatica, trasformazione dei cloroplasti).


3. Catalogo indicativo di misure per la coesistenza

La presente sezione contiene un elenco aperto di misure di gestione aziendale e di altre misure relative alla coesistenza che, in varia misura e variamente combinate, possono far parte delle strategie nazionali e migliori pratiche in materia di coesistenza.

3.1. Cumulatività delle misure

Le misure intese ad evitare la dispersione di polline nei campi vicini sono in una certa misura cumulative e possono avere effetti sinergici. Ad esempio, le distanze minime di isolamento tra particelle agricole investite ad una stessa coltura possono essere ridotte se, nello stesso tempo, si applicano misure di altro tipo (scaglionamento dei periodi di fioritura, impiego di varietà con una produzione di polline ridotta, trappole per il polline, siepi ecc.).

L'efficienza e l'efficacia economica delle misure risentiranno dell'influenza dei fattori elencati nella sezione 2.2 e possono variare in misura considerevole da una coltura all'altra e da una regione all'altra.

3.2. Misure da adottare nelle aziende agricole

3.2.1. Preparazione delle operazioni di semina, di impianto e di lavorazione del suolo

- Distanze di isolamento tra campi su cui si coltivano colture GM e campi con colture non GM della stessa specie e, se del caso, dello stesso genere [1]:

- occorre fissare le distanze di isolamento in funzione del potenziale di allofecondazione della coltura. Per le colture e le piante a impollinazione allogama, come la colza oleaginosa, sono necessarie distanze maggiori. Nel caso delle colture e piante autogame il cui raccolto non è costituito da sementi, come ad esempio le barbabietole e le patate, sono possibili distanze minori. Le distanze di isolamento sono in grado di ridurre al minimo, ma non necessariamente di eliminare, il flusso di geni attraverso la dispersione del polline. L'obiettivo è garantire un livello di presenza accidentale inferiore alla soglia di tolleranza,

- qualora esistano soglie diverse, ad esempio per la produzione di piante o di sementi, occorrerà adattare di conseguenza le distanze di isolamento,

- creare zone cuscinetto, in alternativa o come misura complementare alle distanze di isolamento (compresa la possibilità di ritiro delle superfici agricole dalla produzione),

- installare trappole e barriere per il polline (impianto di siepi),

- applicare sistemi di rotazione colturale (ad esempio allungare il periodo di rotazione introducendo una coltura primaverile le cui piante spontanee non possono fiorire oppure inserire intervalli di tempo minimi tra colture di varietà GM e non GM della stessa specie e anche tra specie diverse dello stesso genere),

- pianificare il ciclo di produzione vegetale (scaglionare le date di impianto per ottenere periodi di fioritura e di raccolta diversi),

- ridurre le dimensioni dello stock di sementi attraverso l'efficace lavorazione del terreno (evitare gli aratri a versoio dopo la raccolta della colza oleaginosa),

- gestire le popolazioni ai bordi degli appezzamenti applicando metodi colturali appropriati, ricorrendo all'uso di erbicidi selettivi o di tecniche integrate di lotta contro le piante infestanti,

- scegliere le date di semina ottimali e le tecniche colturali più idonee per minimizzare la ricrescita delle piante (stoloni),

- manipolare le sementi con attenzione per evitare mescolanze, imballarle separatamente, etichettarle individualmente e conservarle in locali separati,

- utilizzare varietà che producono poco polline o varietà maschiosterili,

- pulire le macchine seminatrici prima e dopo l'uso per evitare che vi rimangano sementi dell'operazione precedente e la dispersione indesiderata di sementi nell'azienda,

- condividere l'uso di seminatrici soltanto con agricoltori che si dedicano allo stesso tipo di produzione,

- evitare fuoriuscite accidentali di sementi durante il percorso per recarsi e per tornare dall'appezzamento e lungo i suoi confini,

- combattere e distruggere le piante spontanee, abbinare questa misura a periodi di semina pianificati in modo da prevenire la crescita di piante spontanee nella stagione successiva.

______________

[1] Il genere è una suddivisione tassonomica che si riferisce a un gruppo di specie affini.

3.2.2. Trattamento delle superfici durante e dopo il raccolto

- Conservare soltanto sementi provenienti da appezzamenti e da superfici idonei (ad esempio dalla parte centrale degli appezzamenti),

- ridurre le perdite di sementi durante raccolto (ad esempio ottimizzare il periodo di raccolta in modo da minimizzare la caduta di sementi),

- pulire i macchinari utilizzati per la raccolta prima e dopo l'uso per evitare che vi rimangano sementi dell'operazione precedente e la dispersione indesiderata di sementi,

- condividere l'uso di macchinari per la raccolta soltanto con agricoltori che si dedicano allo stesso tipo di produzione,

- qualora altri tipi di misure siano ritenute insufficienti per mantenere la presenza accidentale di sotto della soglia di etichettatura, occorrerà effettuare il raccolto sui bordi degli appezzamenti separatamente dal resto del campo. In tal caso questo raccolto sarà tenuto separato dal raccolto della parte centrale dell'appezzamento.

3.2.3. Trasporto e magazzinaggio

- Garantire la separazione fisica di colture GM e non GM dopo il raccolto fino al primo punto di vendita,

- applicare sistemi e metodi adeguati per il magazzinaggio delle sementi,

- evitare perdite di raccolto durante il trasporto fino all'azienda e dall'azienda fino al primo punto di vendita.

3.2.4. Monitoraggio degli appezzamenti

Sorvegliare le zone, le particelle, i bordi delle particelle in cui possano essere state versate sementi per controllare la crescita di piante spontanee.

3.3. Collaborazione tra aziende limitrofe

3.3.1. Informazione sui piani di semina

Occorrerà notificare alle aziende situate all'interno dello stesso perimetro i periodi di semina e di impianto previsti per la stagione successiva. Tali notifiche dovranno essere trasmesse prima di ordinare le sementi per la campagna successiva.

3.3.2. Coordinamento delle misure di gestione

- Raggruppamento volontario di appezzamenti appartenenti ad aziende diverse per coltivare varietà simili (GM, convenzionali o biologiche) all'interno di una data zona di produzione,

- uso di varietà che presentano periodi di fioritura diversi,

- concordare date di semina scaglionate per evitare l'impollinazione incrociata durante la fioritura,

- coordinare la rotazione colturale.

3.3.3. Accordi volontari tra agricoltori operanti in zone specializzate in una data filiera di produzione

Gli agricoltori di una data zona possono riuscire a ridurre in misura significativa i costi connessi alle misure di isolamento tra filiere di produzione di colture transgeniche e non transgeniche se si raggruppano e coordinano la propria produzione in base ad accordi volontari.

3.4. Sistemi di monitoraggio

- Elaborare sistemi di notifica per incoraggiare gli agricoltori a far presenti i problemi o le situazioni impreviste nell'attuazione delle misure relative alla coesistenza,

- utilizzare le informazioni ottenute grazie al monitoraggio per un ulteriore adattamento ed approfondimento delle strategie nazionali e delle migliori pratiche relative alla coesistenza,

- istituire sistemi/organismi di controllo efficaci, focalizzati su determinati punti critici di controllo per garantire il corretto funzionamento delle misure di gestione relative alla coesistenza.

3.5. Catasto

- Il registro istituito a norma dell'articolo 31, paragrafo 3, lettera b), della direttiva 2001/18/CE può rivelarsi uno strumento utile per controllare l'andamento delle colture transgeniche e per aiutare gli agricoltori a coordinare i metodi di produzione a livello locale e a sorvegliare gli sviluppi della situazione relativa alle diverse filiere. Si potrebbe affiancare al registro una mappa topografica basata sul sistema di posizionamento globale (GPS) degli appezzamenti investiti a colture transgeniche e non transgeniche. Quest'informazione può essere messa a disposizione del pubblico attraverso Internet o altri mezzi di comunicazione,

- creare un sistema di identificazione degli appezzamenti investiti a colture GM.

3.6. Tenuta di registri

Elaborare disposizioni sulla tenuta di registri aziendali contenenti informazioni relative:

- al processo colturale e alla manipolazione, al magazzinaggio, al trasporto e alla commercializzazione di colture GM; gli agricoltori avranno l'obbligo legale di porre in essere un sistema di identificazione dei fornitori da cui acquistano OGM e dei clienti a cui essi stessi forniscono OGM, comprese le colture e le sementi transgeniche, non appena sarà adottata la proposta legislativa sulla tracciabilità e l'etichettatura degli OGM [1],

- alle pratiche di gestione della coesistenza applicate in azienda.

______________

[1] Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio concernente la tracciabilità e l'etichettatura degli organismi geneticamente modificati, la tracciabilità di prodotti alimentari e mangimi prodotti a partire da organismi geneticamente modificati, nonché recante modifica della direttiva 2001/18/CE [COM(2001) 182 def.].

3.7. Corsi di formazione e programmi di divulgazione

Gli Stati membri sono invitati a promuovere corsi di formazione per gli agricoltori, obbligatori o facoltativi, e programmi di divulgazione allo scopo di sensibilizzare gli agricoltori e gli altri interessati e fornire loro le necessarie conoscenze tecniche per l'attuazione delle misure relative alla coesistenza. Si può prevedere anche la formazione di formatori specializzati i quali dovranno fornire consulenza ai conduttori agricoli in merito alle misure di gestione relative alla coesistenza.

3.8. Scambio di informazioni e servizi di consulenza

- È opportuno che gli Stati membri garantiscano la più completa informazione degli agricoltori sulle conseguenze dell'adozione di una determinata filiera di produzione (GM o non GM), in particolare per quanto riguarda la loro responsabilità nell'attuazione delle misure relative alla coesistenza e le regole in materia di responsabilità civile applicabili in caso di pregiudizio economico derivante dalla commistione,

- è necessario che tutti gli operatori interessati siano sufficientemente informati delle misure specifiche di coesistenza che sono tenuti ad applicare. Per garantire la divulgazione di tale informazione specifica si potrebbe per esempio fare obbligo al fornitore di sementi ad apporre quest'informazione sulla partita di sementi,

- gli Stati membri devono incoraggiare lo scambio e la messa in rete regolare ed efficace di informazioni tra agricoltori e altri soggetti interessati,

- gli Stati membri dovrebbero valutare l'opportunità di creare servizi di informazione telefonica (ad esempio "linea verde OGM") o via Internet, per rispondere a domande specifiche di informazione e fornire consulenza agli agricoltori e agli altri operatori sugli aspetti tecnici, commerciali e legali relativi agli OGM.

3.9. Procedura di conciliazione in caso di controversie

Si raccomanda agli Stati membri di prendere provvedimenti per istituire procedure di conciliazione per la risoluzione di eventuali controversie tra agricoltori confinanti circa l'attuazione delle misure relative alla coesistenza.


Reg. (CE) n. 223/2003 del 5 febbraio 2003
Regolamento della Commissione concernente i requisiti in materia di etichettatura riferiti al metodo di produzione biologico per i mangimi, i mangimi composti per animali e le materie prime per mangimi e recante modifica del regolamento (CEE) n. 2092/91 del Consiglio

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(1) Pubblicato nella G.U.U.E. 6 febbraio 2003, n. L 31. Entrato in vigore il 26 febbraio 2003.

(2) Testo rilevante ai fini del SEE.


La Commissione delle Comunità europee,

visto il trattato che istituisce la Comunità europea,

visto il regolamento (CEE) n. 2092/91 del Consiglio, del 24 giugno 1991, relativo al metodo di produzione biologico di prodotti agricoli e all'indicazione di tale metodo sui prodotti agricoli e sulle derrate alimentari, modificato da ultimo dal regolamento (CE) n. 473/2002 della Commissione, in particolare l'articolo 1, paragrafo 3, e l'articolo 13, secondo trattino,

considerando quanto segue:

(1) In applicazione dell'articolo 1, paragrafo 3, del regolamento (CEE) n. 2092/91, deve essere adottato un regolamento sui requisiti in materia di etichettatura e di controllo e sulle misure cautelative per i mangimi, i mangimi composti e le materie prime per mangimi, purché tali requisiti si riferiscano al metodo di produzione biologico.

(2) Il mercato dei mangimi destinati agli animali familiari e agli animali allevati per la loro pelliccia è distinto dal mercato dei mangimi destinati ad altri animali d'allevamento. Inoltre, le norme di produzione, etichettatura e ispezione previste rispettivamente all'articolo 5, all'articolo 6 e agli articoli 8 e 9 del regolamento (CEE) n. 2092/91 non si applicano agli animali di acquacoltura né ai prodotti dell'acquacoltura. Pertanto, il presente regolamento si applica soltanto ai mangimi destinati agli animali allevati secondo il metodo di produzione biologico, e non ai mangimi destinati agli animali familiari, agli animali allevati per la loro pelliccia o agli animali d'acquacoltura.

(3) Le misure specifiche relative all'etichettatura dei mangimi destinati agli animali allevati secondo il metodo di produzione biologico devono consentire ai produttori di identificare i mangimi che possono essere utilizzati a norma delle disposizioni relative al metodo di produzione biologico. L'indicazione facente riferimento al metodo di produzione biologico non dovrebbe essere presentata in maniera tale da metterla in maggiore risalto rispetto alla descrizione o al nome del mangime di cui rispettivamente alla direttiva 79/373/CEE del Consiglio, del 2 aprile 1979, relativa alla commercializzazione degli alimenti composti per gli animali, modificata da ultimo dalla direttiva 2002/2/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, e alla direttiva 96/25/CE del Consiglio, del 29 aprile 1996, relativa alla circolazione di materie prime per mangimi, che modifica le direttive 70/524/CEE, 74/63/CEE, 82/471/CEE e 93/74/CEE e che abroga la direttiva 77/101/CEE, modificata da ultimo dalla direttiva 2001/46/CE del Parlamento europeo e del Consiglio.

(4) Inoltre, il contenuto in materie prime ottenute da agricoltura biologica, il contenuto in prodotti in conversione all'agricoltura biologica e il contenuto complessivo nei mangimi di origine agricola dovrebbero essere indicati ed espressi in peso di sostanza secca per consentire ai produttori di rispettare le razioni giornaliere previste nell'allegato I, parte B, del regolamento (CEE) n. 2092/91. Per tale motivo occorre inoltre adeguare l'allegato I, parte B, del summenzionato regolamento.

(5) Diversi marchi commerciali di prodotti destinati all'alimentazione degli animali che non soddisfano il regolamento (CEE) n. 2092/91 recano indicazioni che l'operatore può interpretare come un riferimento al metodo di produzione biologico. Occorre prevedere un periodo transitorio per consentire ai detentori di tali marchi di adeguarsi alle nuove norme. Tuttavia, tale periodo transitorio deve essere accordato ai marchi recanti le indicazioni summenzionate soltanto qualora sia stata presentata una domanda di registrazione prima della pubblicazione del regolamento (CE) n. 1804/1999 del Consiglio, del 19 luglio 1999, che completa, per le produzioni animali, il regolamento (CEE) n. 2092/91 e purché l'operatore sia pienamente informato del fatto che i prodotti non sono stati ottenuti secondo il metodo di produzione biologico.

(6) I requisiti minimi in materia di controllo e le misure cautelative applicabili alle unità di preparazione di mangimi richiedono l'attuazione di misure specifiche che devono essere introdotte nell'allegato III del regolamento (CEE) n. 2092/91.

(7) Il principio in base al quale gli impianti utilizzati nelle unità che preparano mangimi composti per animali ottenuti dall'agricoltura biologica sono separati dagli impianti utilizzati nella stessa unità per preparare mangimi composti per animali convenzionali è considerato un mezzo efficace per impedire la presenza di sostanze o prodotti non autorizzati secondo il metodo di produzione biologico. Tale principio deve quindi essere integrato nelle disposizioni dell'allegato III del regolamento (CEE) n. 2092/91. È tuttavia prevedibile che l'attuazione immediata di tale disposizione possa avere un impatto economico rilevante sull'industria dei mangimi composti per animali in diversi Stati membri e quindi sul settore dell'agricoltura biologica. Per tale motivo, e per consentire alla filiera biologica di adeguarsi alla nuova regola delle catene di produzione separate, occorre prevedere la possibilità di derogare a tale disposizione per un periodo di cinque anni. Inoltre il problema deve essere riesaminato in maniera approfondita prossimamente sulla base di altre informazioni e dell'esperienza acquisita.

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(8) Occorre pertanto modificare il regolamento (CEE) n. 2092/91.

(9) Le misure previste dal presente regolamento sono conformi al parere del comitato di cui all'articolo 14 del regolamento (CEE) n. 2092/91,

ha adottato il presente regolamento:


Articolo 1

Il presente regolamento si applica ai mangimi, ai mangimi composti per animali e alle materie prime per mangimi di cui all'articolo 1, paragrafo 1, lettera c), del regolamento (CEE) n. 2092/91 purché tali prodotti rechino o siano destinati a recare indicazioni concernenti il metodo di produzione biologico. Il presente regolamento non si applica ai mangimi destinati agli animali familiari, agli animali allevati per la loro pelliccia e agli animali d'acquacoltura.


Articolo 2

Ai fini del presente regolamento si applicano le definizioni di cui all'articolo 4 del regolamento (CEE) n. 2092/91.

Inoltre si intende per:

1) «materie prime per mangimi ottenuti da agricoltura biologica»: materie prime per mangimi ottenute da agricoltura biologica o preparate sulla base di queste;

2) «materie prime per mangimi ottenuti da prodotti in conversione all'agricoltura biologica»: materie prime per mangimi in conversione all'agricoltura biologica o preparate sulla base di queste.


Articolo 3

1. Nell'etichettatura, nella pubblicità o nei documenti commerciali concernenti i mangimi di cui all'articolo 1, si può fare riferimento al metodo di produzione biologico purché:

a) i prodotti siano stati fabbricati, preparati o importati da un operatore assoggettato alle misure di controllo di cui agli articoli 8 e 9 del regolamento (CEE) n. 2092/91;

b) i prodotti, comprese le materie prime che li compongono e le eventuali altre sostanze utilizzate per la loro preparazione, non siano stati sottoposti a trattamenti mediante raggi ionizzanti;

c) siano soddisfatti, se del caso, i requisiti di cui all'allegato I, parte B, punti 4.12, 4.13, 4.14, 4.16, 4.17 e 4.18, del regolamento (CEE) n. 2092/91;

d) le materie prime per mangimi provenienti dall'agricoltura biologica non entrino, in concomitanza con le stesse materie prime convenzionali, nella composizione del prodotto;

e) le materie prime per mangimi provenienti da prodotti in conversione all'agricoltura biologica non entrino, in concomitanza con le stesse materie prime convenzionali, nella composizione del prodotto.

2. Fatte salve le disposizioni di cui agli articoli 4 e 5, il riferimento al metodo di produzione biologico di cui al paragrafo 1 avviene unicamente con l'indicazione seguente:

a) «da agricoltura biologica» quando almeno il 95% della sostanza secca del prodotti è costituito da materia(e) prima(e) per mangimi ottenuti da agricoltura biologica;

b) «può essere utilizzato in agricoltura biologica, conformemente al regolamento (CEE) n. 2092/91» per i prodotti che comprendono materie prime ottenute da agricoltura biologica e/o altre materie prime ottenute da prodotti in conversione all'agricoltura biologica e/o materie prime convenzionali, in quantità variabili.


Articolo 4

1. L'indicazione di cui all'articolo 3, paragrafo 2:

a) deve essere separata dalle menzioni di cui all'articolo 5 della direttiva 79/373/CEE o all'articolo 5, paragrafo 1, della direttiva 96/25/CE;

b) non può essere presentata in un colore, formato o stile grafico che la pongano maggiormente in risalto rispetto alla descrizione o al nome del mangime di cui, rispettivamente, all'articolo 5, paragrafo 1, lettera a), della direttiva 79/373/CEE e all'articolo 5, paragrafo 1, lettera b), della direttiva 96/25/CE;

c) deve essere corredata, nello stesso campo visivo, di una menzione indicata in peso di sostanza secca, riferita:

i) al contenuto in materia(e) prima(e) ottenuta(e) da agricoltura biologica;

ii) al contenuto in materia(e) prima(e) ottenuta(e) da prodotti in conversione all'agricoltura biologica;

iii) al contenuto totale dei mangimi di origine agricola;

d) deve essere corredata dell'indicazione del nome e/o del numero di codice dell'autorità o dell'organismo di controllo cui è soggetto l'operatore che ha effettuato l'ultima operazione di preparazione;

e) deve essere corredata di un elenco dei nomi delle materie prime per mangimi ottenute da agricoltura biologica;

f) deve essere corredata di un elenco dei nomi delle materie prime per mangimi ottenute da prodotti in conversione all'agricoltura biologica.

2. L'indicazione di cui all'articolo 3, paragrafo 2, può essere corredata dal riferimento all'obbligo di impiegare i mangimi conformemente alle disposizioni dell'allegato I, parte B, del regolamento (CEE) n. 2092/91 relative alla composizione delle razioni giornaliere.

3. La decisione di indicare il nome e/o il numero di codice dell'autorità o dell'organismo di controllo di cui al paragrafo 1, lettera d), spetta allo Stato membro interessato, che la comunica alla Commissione.


Articolo 5

Le denominazioni di vendita e i marchi commerciali recanti un'indicazione di cui all'articolo 2 del regolamento (CEE) n. 2091/91 possono essere utilizzati soltanto se almeno il 95% della sostanza secca del prodotto è costituito da materia(e) prima(e) per mangimi ottenuta(e ) da agricoltura biologica.


Articolo 6

In deroga agli articoli 3, 4 e 5, i marchi commerciali recanti un'indicazione di cui all'articolo 2 del regolamento (CEE) n. 2092/91 possono continuare ad essere utilizzati fino al 1° luglio 2006 per l'etichettatura e la pubblicità dei prodotti di cui all'articolo 1 che non soddisfano il regolamento a condizione che:

a) la domanda di registrazione del marchio sia stata presentata anteriormente al 24 agosto 1999 e il marchio sia conforme alla direttiva 89/104/CEE del Consiglio e

b) il marchio sia sempre riprodotto con un'indicazione, chiara, evidente e facilmente leggibile, che i prodotti non sono conformi al metodo di produzione biologico prescritto dal regolamento (CEE) n. 2092/91.

Per la Repubblica ceca, Cipro, l'Estonia, l'Ungheria, la Lettonia, la Lituania, Malta, la Polonia, la Slovacchia e la Slovenia la data ultima per la presentazione della domanda di cui al primo comma, lettera a) è il 1° maggio 2004 (3).

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(3) Comma aggiunto dall'articolo 5 del regolamento (CE) n. 746/2004.


Articolo 7

L'allegato I, parte B e l'allegato III del regolamento (CEE) n. 2092/91 sono modificati conformemente all'allegato del presente regolamento.


Articolo 8

Il presente regolamento entra in vigore il ventesimo giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell'Unione europea.

Esso si applica a decorrere dal 6 febbraio 2003.

Il presente regolamento è obbligatorio in tutti i suoi elementi e direttamente applicabile in ciascuno degli Stati membri.

Fatto a Bruxelles, il 5 febbraio 2003.

Per la Commissione

Franz Fischler

membro della Commissione


Allegato

1. All'allegato I, parte B, del regolamento (CEE) n. 2092/91 alla fine del punto 4.4 è aggiunta la frase seguente:

(4)

2. L'allegato III del regolamento (CEE) n. 2092/91 è modificato come segue.

2.1. Il testo al punto 2 delle disposizioni generali è sostituito dal seguente:

(5)

2.2. Il testo al punto 4 delle disposizioni generali è sostituito dal seguente:

(6)

2.3. Al punto 3, paragrafo 3, primo trattino, delle disposizioni generali, dopo «dell'articolo 11» sono aggiunti i termini:

(7)

2.4. Al punto 6, alla fine del secondo trattino delle disposizioni generali, sono aggiunti i termini:

(8)

2.5. Il testo al punto 7, lettera b), delle disposizioni generali, è sostituito dal seguente:

(9)

2.6. Il titolo della parte C delle disposizioni specifiche è sostituito dal seguente:

(10)

2.7. È aggiunta la parte E seguente:

(11)

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(4) Il testo omesso è riportato in modifica al regolamento (CEE) n. 2092/91.

(5) Il testo omesso è riportato in modifica al regolamento (CEE) n. 2092/91.

(6) Il testo omesso è riportato in modifica al regolamento (CEE) n. 2092/91.

(7) Il testo omesso è riportato in modifica al regolamento (CEE) n. 2092/91.

(8) Il testo omesso è riportato in modifica al regolamento (CEE) n. 2092/91.

(9) Il testo omesso è riportato in modifica al regolamento (CEE) n. 2092/91.

(10) Il testo omesso è riportato in modifica al regolamento (CEE) n. 2092/91.

(11) Il testo omesso è riportato in modifica al regolamento (CEE) n. 2092/91.

 


Reg. (CE) n. 1452/2003 del 14 agosto 2003
Regolamento della Commissione che mantiene la deroga prevista all'articolo 6, paragrafo 3, lettera a), del regolamento (CEE) n. 2092/91 per le sementi e i materiali di riproduzione vegetativa per alcune specie e stabilisce le norme procedurali e i criteri per l'applicazione della deroga

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(1) Pubblicato nella G.U.U.E. 15 agosto 2003, n. L 206. Entrata in vigore: 4 settembre 2003.


La Commissione delle Comunità europee,

visto il trattato che istituisce la Comunità europea,

visto il regolamento (CEE) n. 2092/91 del Consiglio, del 24 giugno 1991, relativo al metodo di produzione biologico di prodotti agricoli e all'indicazione di tale metodo sui prodotti agricoli e sulle derrate alimentari, modificato da ultimo dal regolamento (CE) n. 599/2003 della Commissione, in particolare l'articolo 6, paragrafo 3, lettera b), secondo e terzo trattino,

considerando quanto segue:

(1) L'articolo 6, paragrafo 3, del regolamento (CEE) n. 2092/91 prevede una deroga in virtù della quale gli Stati membri possono autorizzare per la produzione biologica l'utilizzazione, durante un periodo transitorio che termina il 31 dicembre 2003, di sementi e di materiali di riproduzione vegetativa non ottenuti conformemente al metodo di produzione biologico se i produttori non hanno potuto procurarsi materiali di riproduzione ottenuti con il metodo di produzione biologico.

(2) A norma dell'articolo 3 del regolamento (CEE) n. 2092/91 si applicano anche le disposizioni comunitarie che disciplinano le sementi e i materiali di riproduzione vegetativa.

(3) La salvaguardia della biodiversità è un principio importante dell'agricoltura biologica ed è pertanto opportuno accertarsi che gli agricoltori dispongano di un'ampia gamma di cultivar e varietà, anche locali, tra cui scegliere.

(4) È evidente che per alcune specie coltivate nella Comunità non vi saranno quantitativi sufficienti di sementi e di materiali di riproduzione vegetativa ottenuti con il metodo biologico dopo il 31 dicembre 2003.

(5) Occorre quindi mantenere la possibilità di utilizzare sementi e materiali di riproduzione vegetativa non ottenuti con il metodo di produzione biologico, qualora non sia possibile ottenere sementi o materiali di riproduzione vegetativa di origine biologica.

(6) Per le specie per le quali in futuro saranno disponibili quantità sufficienti di sementi o di materiali di riproduzione vegetativa ottenuti con il metodo di produzione biologico di un numero considerevole di varietà, non dovrebbe essere autorizzata l'utilizzazione di sementi o di materiali di riproduzione vegetativa non ottenuti con il metodo di produzione biologico. Pertanto occorre stilare un elenco delle specie escluse dall'ambito di applicazione della deroga.

(7) L'applicazione della deroga ai materiali di riproduzione vegetativa diversi dai tuberi-seme di patate dovrebbe essere disciplinata dagli stessi Stati membri sino a quando non saranno adottati criteri adeguati a livello comunitario.

(8) È importante rendere più trasparente il meccanismo di domanda e di offerta delle sementi e dei materiali di riproduzione vegetativa ottenuti con il metodo di produzione biologico per incentivare la produzione e l'utilizzazione di sementi e di materiali di riproduzione ottenuti con tale metodo.

(9) Ciascuno Stato membro deve provvedere affinché venga creata e messa a disposizione degli utilizzatori una base dati nella quale possano essere registrate le sementi e i tuberi-seme di patate ottenuti con il metodo di produzione biologico e conformi ai criteri generali per la produzione delle sementi e dei materiali di riproduzione vegetativa. A tale riguardo e per agevolare l'accesso alle informazioni, è opportuno predisporre un modello uniforme per il modulo di registrazione che i fornitori di sementi debbono utilizzare per registrare le sementi e i tuberi-seme nelle basi dati.

(10) Ciascuno Stato membro deve provvedere alla pubblicazione di una relazione sulla concessione delle autorizzazioni, ad informazione degli operatori del settore, degli Stati membri e della Commissione.

(11) Il regime deve formare oggetto di un approfondito riesame dopo i primi due anni di applicazione per valutare in quale misura gli agricoltori abbiano utilizzato sementi e materiali di riproduzione vegetativa ottenuti con il metodo di produzione biologico. A tale riguardo la Commissione dovrebbe valutare la possibilità di creare una base dati a livello comunitario.

(12) Le misure previste dal presente regolamento sono conformi al parere del comitato costituito conformemente all'articolo 14 del regolamento (CEE) n. 2092/91,

ha adottato il presente regolamento:


Capitolo I

Disposizioni generali

Articolo 1

Mantenimento della deroga.

1. La deroga di cui all'articolo 6, paragrafo 3, lettera a), del regolamento (CEE) n. 2092/91, in virtù della quale gli Stati membri possono autorizzare l'utilizzazione di sementi o di materiali di riproduzione vegetativa non ottenuti con il metodo di produzione biologico, subordinatamente alle condizioni stabilite dall'articolo summenzionato, è mantenuta dopo il 31 dicembre 2003 con riguardo alle specie che non figurano nell'allegato del presente regolamento.

Le norme procedurali e i criteri per l'applicazione della deroga di cui al primo comma per quanto riguarda le sementi o i tuberi-seme di patate sono stabiliti negli articoli da 3 a 14.

2. Nell'allegato del presente regolamento sono elencate le specie per le quali viene stabilito, conformemente alla procedura di cui all'articolo 14 del regolamento (CEE) n. 2092/91, che le sementi o i tuberi-seme di patate ottenuti con il metodo di produzione biologico sono disponibili in quantità sufficienti e per un numero significativo di varietà nell'intero territorio della Comunità.

Le specie elencate nell'allegato non possono beneficiare di autorizzazioni a norma della deroga di cui al paragrafo 1, a meno che ciò non sia giustificato da uno degli scopi indicati all'articolo 5, paragrafo 1, lettera d).


Articolo 2

Definizioni.

Ai fini del presente regolamento:

a) si applicano le definizioni di cui al regolamento (CEE) n. 2092/91;

b) per «fornitore» si intende un operatore che vende sementi o tuberi-seme di patate ad altri operatori.


Capitolo II

Applicazione della deroga

Articolo 3

Utilizzazione di sementi o di tuberi-seme di patate non ottenuti con il metodo di produzione biologico.

Gli Stati membri possono, conformemente alla procedura prevista all'articolo 5, autorizzare l'utilizzazione di sementi o di tuberi-seme di patate non ottenuti con il metodo di produzione biologico, purché tali sementi o tuberi-seme di patate:

a) non siano trattati con prodotti fitosanitari diversi da quelli ammessi per il trattamento delle sementi nell'allegato II, parte B, del regolamento (CEE) n. 2092/91, a meno che l'autorità competente nello Stato membro non prescriva, per motivi fitosanitari, un trattamento chimico a norma della direttiva 2000/29/CE del Consiglio per tutte le varietà di una determinata specie nella zona in cui saranno utilizzate le sementi o i tuberi-seme di patate, e

b) siano ottenuti senza l'uso di organismi geneticamente modificati e/o prodotti derivati da tali organismi.


Articolo 4

Organismi o autorità responsabili della concessione di autorizzazioni.

Le autorità o gli organismi di controllo di cui all'articolo 9 del regolamento (CEE) n. 2092/91 sono responsabili della concessione dell'autorizzazione di cui all'articolo 5 del presente regolamento, a meno che lo Stato membro non designi altri organismi o autorità posti sotto il suo controllo.


Articolo 5

Requisiti per la concessione di autorizzazioni.

1. L'autorizzazione ad utilizzare sementi o tuberi-seme di patate non ottenuti con il metodo di produzione biologico può essere concessa unicamente nei casi seguenti:

a) nessuna varietà della specie che l'utilizzatore vuole procurarsi è registrata nella base dati di cui all'articolo 6;

b) il fornitore non è in grado di consegnare le sementi o i tuberi-seme prima della semina o della piantagione, nonostante l'utilizzatore abbia ordinato le sementi o i tuberi-seme per tempo;

c) la varietà che l'utilizzatore delle sementi vuole procurarsi non è registrata nella base dati e l'utilizzatore può dimostrare che nessuna delle varietà alternative della stessa specie registrate nella base dati è adeguata e che l'autorizzazione è quindi importante per la sua produzione;

d) l'autorizzazione è giustificata per scopi di ricerca e sperimentazione nell'ambito di esperimenti in pieno campo su scala ridotta o per scopi di conservazione della varietà, riconosciuti dall'autorità competente dello Stato membro.

2. L'autorizzazione è concessa prima della semina della coltura.

3. L'autorizzazione è concessa unicamente ai singoli utilizzatori per un periodo vegetativo alla volta e l'autorità o l'organismo responsabile delle autorizzazioni registrano i quantitativi di sementi o di tuberi-seme richiesti.

4. In deroga al paragrafo 3, l'autorità competente dello Stato membro può concedere a tutti gli utilizzatori un'autorizzazione generale per una determinata

- specie, qualora e nei limiti in cui sia rispettato il requisito indicato al paragrafo 1, lettera a), oppure

- varietà, qualora e nei limiti in cui sia rispettato il requisito indicato al paragrafo 1, lettera c).

Le autorizzazioni sono chiaramente segnalate nella base dati.

5. L'autorizzazione è concessa unicamente durante periodi per i quali la base dati viene aggiornata conformemente all'articolo 7, paragrafo 3.


Capitolo III

Norme sulla registrazione delle sementi o dei tuberi-seme di patate ottenuti con il metodo di produzione biologico

Articolo 6

Base dati.

1. Ogni Stato membro provvede alla costituzione di una base dati informatizzata che elenca le varietà disponibili sul proprio territorio di sementi o di tuberi-seme di patate ottenuti con il metodo di produzione biologico prescritto all'articolo 6, paragrafo 2, del regolamento (CEE) n. 2092/91.

2. La base dati sarà amministrata dall'autorità competente dello Stato membro oppure da un organismo o da un'autorità designati a tal scopo dallo Stato membro, in appresso «gestore della base dati». Gli Stati membri possono altresì designare un'autorità o un organismo privato in un altro Stato membro.

3. Ogni Stato membro comunica alla Commissione e agli altri Stati membri l'autorità competente o l'organismo privato designati per la gestione della base dati.


Articolo 7

Registrazione.

1. Le varietà per le quali sono disponibili sementi o tuberiseme di patate ottenuti con il metodo di produzione biologico vengono registrate nella base dati su richiesta del fornitore.

2. Le varietà che non sono state registrate nella base dati sono considerate non disponibili per quanto riguarda l'applicazione dell'articolo 5 del presente regolamento.

3. Ciascuno Stato membro fissa il periodo dell'anno nel quale la base dati deve essere regolarmente aggiornata per ciascuna specie o gruppo di specie coltivate nel proprio territorio. La base dati contiene le relative informazioni.


Articolo 8

Requisiti per la registrazione.

1. Ai fini della registrazione il fornitore deve poter:

a) dimostrare che egli o l'ultimo operatore, qualora il fornitore abbia a che fare unicamente con sementi o tuberi-seme preconfezionati, è stato soggetto al regime di controllo di cui all'articolo 9 del regolamento (CEE) n. 2092/91;

b) dimostrare che le sementi o i tuberi-seme da commercializzare soddisfano i requisiti generali applicabili alle sementi e ai materiali di riproduzione vegetativa;

c) mettere a disposizione tutte le informazioni prescritte all'articolo 9 del presente regolamento ed aggiornare tali informazioni su richiesta del gestore della base dati oppure ogni qual volta sia necessario aggiornare la base dati per mantenere affidabili le informazioni.

2. Il gestore della base dati può, previa approvazione dell'autorità competente dello Stato membro, rifiutare la domanda di registrazione presentata dal fornitore o sopprimere una registrazione già accettata se il fornitore non soddisfa i requisiti stabiliti nel paragrafo 1.


Articolo 9

Informazioni registrate.

1. Per ciascuna varietà registrata e per ciascun fornitore la base dati contiene almeno le seguenti informazioni:

a) il nome scientifico della specie e la denominazione della varietà;

b) il nome del fornitore o del suo rappresentante e i dati utili per contattarli;

c) la zona nella quale il fornitore può consegnare le sementi o i tuberi-seme di patate all'utilizzatore nel tempo solitamente necessario per la consegna;

d) il paese o la regione nella quale la varietà viene sperimentata e approvata ai fini del catalogo comune delle varietà delle specie di piante agricole e di ortaggi;

e) la data a partire dalla quale saranno disponibili le sementi o i tuberi-seme di patate;

f) il nome e/o il numero di codice dell'autorità o dell'organismo incaricato di controllare l'operatore di cui all'articolo 9 del regolamento (CEE) n. 2092/91.

2. Il fornitore deve informare tempestivamente il gestore della base dati se alcune delle varietà registrate non sono più disponibili. Le modifiche devono essere registrate nella base dati.

3. Oltre alle informazioni specificate al paragrafo 1, la base dati contiene l'elenco delle specie indicate nell'allegato.


Articolo 10

Accesso all'informazione.

1. Le informazioni contenute nella base dati sono rese disponibili gratuitamente agli utilizzatori delle sementi o dei tuberiseme di patate e al pubblico attraverso Internet. Gli Stati membri possono decidere che gli utilizzatori registrati a norma dell'articolo 8, paragrafo 1, lettera a), del regolamento (CEE) n. 2092/91 possano ottenere dal gestore della base dati, su richiesta, un estratto dei dati relativi ad uno o più gruppi di specie.

2. Lo Stato membro si assicura che tutti gli utilizzatori registrati a norma dell'articolo 8, paragrafo 1, lettera a), del regolamento (CEE) n. 2092/91 siano informati, almeno una volta l'anno, del sistema e delle modalità per ottenere le informazioni contenute nella base dati.


Articolo 11

Diritto di registrazione.

Ogni registrazione può essere soggetta alla riscossione di un diritto per l'inserimento e il mantenimento dell'informazione nella base dati. L'autorità competente dello Stato membro approva l'importo del diritto applicato dal gestore della base dati.


Capitolo IV

Relazione e disposizioni finali

Articolo 12

Relazione annuale.

1. L'autorità o l'organismo designato per la concessione delle autorizzazioni conformemente all'articolo 4 registrano tutte le autorizzazioni e rendono disponibili tali informazioni in una relazione indirizzata all'autorità competente e al gestore della base dati.

Per ciascuna specie oggetto di un'autorizzazione a norma dell'articolo 5, paragrafo 1, la relazione deve contenere i dati seguenti:

a) il nome scientifico della specie e la denominazione della varietà;

b) la giustificazione dell'autorizzazione indicata da un riferimento all'articolo 5, paragrafo 1, lettere a), b), c) o d);

c) il numero totale di autorizzazioni;

d) il quantitativo totale di sementi o di tuberi-seme di patate in questione;

e) il trattamento chimico per motivi fitosanitari di cui all'articolo 3, lettera a).

2. Per le autorizzazioni a norma dell'articolo 5, paragrafo 4, la relazione deve contenere i dati di cui al paragrafo 1, lettera a), nonché il periodo di validità dell'autorizzazione.


Articolo 13

Relazione di sintesi.

Entro il 31 marzo di ogni anno l'autorità competente dello Stato membro raccoglie le relazioni e trasmette alla Commissione e agli Stati membri una relazione succinta su tutte le autorizzazioni concesse nell'anno civile precedente. La relazione suddetta comprende le informazioni previste dall'articolo

12. Tali informazioni sono pubblicate nella base dati. L'autorità competente può delegare al gestore della base dati il compito di raccogliere le relazioni.


Articolo 14

Informazioni su richiesta.

Su richiesta di uno degli Stati membri o della Commissione, informazioni dettagliate sulle autorizzazioni concesse in casi individuali sono fornite agli altri Stati membri o alla Commissione.


Articolo 15

Revisione.

Entro il 31 luglio 2006 la Commissione valuta la disponibilità e l'utilizzazione delle sementi o dei materiali di riproduzione vegetativa ottenuti con il metodo di produzione biologico e l'efficace attuazione del presente regolamento e, se del caso, adotta le necessarie modifiche.


Articolo 16

Entrata in vigore e applicazione.

Il presente regolamento entra in vigore il ventesimo giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell'Unione europea.

Esso è applicabile dal 1° gennaio 2004.

Il presente regolamento è obbligatorio in tutti i suoi elementi e direttamente applicabile in ciascuno degli Stati membri.

Fatto a Bruxelles, il 14 agosto 2003.

Per la Commissione

Franz Fischler

membro della Commissione


Allegato

La Commissione sta attualmente esaminando la questione insieme agli Stati membri al fine di stilare un elenco delle specie da includere nell'allegato, conformemente al parere del comitato istituito ai sensi dell'articolo 14 del regolamento (CEE) n. 2092/91.

 

 

 

 


 

 

Reg. (CE) n. 1831/2003 del 22 settembre 2003
Regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio sugli additivi destinati all'alimentazione animale (art. 2)

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(1) Pubblicato nella G.U.U.E. 18 ottobre 2003, n. L 268. Entrata in vigore: 7 novembre 2003.

(2) Testo rilevante ai fini del SEE.

(3) Vedi, per le modalità di applicazione del presente regolamento, il regolamento (CE) n. 378/2005.


(omissis)

Articolo 2

Definizioni.

1. Ai fini del presente regolamento si applicano le definizioni di «mangime» («alimento per animali»), «impresa nel settore dei mangimi», «operatore del settore dei mangimi», «immissione sul mercato» e «rintracciabilità» di cui al regolamento (CE) n. 178/2002.

2. Si applicano inoltre le seguenti definizioni:

a) «additivi per mangimi»: sostanze, microrganismi o preparati, diversi dai mangimi e dalle premiscele che sono intenzionalmente aggiunti agli alimenti per animali o all'acqua al fine di svolgere, in particolare, una o più tra le funzioni di cui all'articolo 5, paragrafo 3.

b) «materie prime per mangimi»: i prodotti definiti all'articolo 2, lettera a), della direttiva 96/25/CE del Consiglio, del 29 aprile 1996, relativa alla circolazione di materie prime per mangimi;

c) «mangimi composti»: i prodotti definiti all'articolo 2, lettera b), della direttiva 79/373/CEE;

d) «mangimi complementari»: i prodotti definiti all'articolo 2, lettera e), della direttiva 79/373/CEE;

e) «premiscele»: le miscele di additivi per mangimi o le miscele di uno o più additivi per mangimi con materie prime per mangimi o acqua, utilizzate come supporto, non destinate ad essere somministrate direttamente agli animali;

f) «razione giornaliera»: la quantità totale di mangimi, nella base di un tasso di umidità del 12 %, necessaria in media al giorno ad un animale di una specie, di una categoria d'età e di un rendimento determinati, per soddisfare tutti i suoi bisogni;

g) «mangimi completi»: prodotti quali definiti all'articolo 2, lettera c), della direttiva 1999/29/CE del Consiglio, del 22 aprile 1999, relativa alle sostanze e ai prodotti indesiderabili nell'alimentazione degli animali;

h) «coadiuvanti tecnologici»: tutte le sostanze non consumate direttamente come alimenti per animali utilizzate deliberatamente nella trasformazione di alimenti per animali o materie prime per mangimi per conseguire un determinato obiettivo tecnologico durante il trattamento o la trasformazione, che possono dar luogo alla presenza, non intenzionale ma tecnicamente inevitabile, di residui delle sostanze stesse o di loro derivati nel prodotto finale, a condizione che questi residui non abbiano un'incidenza negativa sulla salute degli animali, sulla salute umana o sull'ambiente e non abbiano effetti tecnologici sul prodotto finito;

i) «agenti antimicrobici»: sostanze prodotte sinteticamente o naturalmente utilizzate per uccidere o inibire la crescita di microrganismi, compresi batteri, virus o funghi, o parassiti, in particolare protozoi;

j) «antibiotico»: un agente antimicrobico prodotto o derivato da un microrganismo, che distrugge o inibisce la crescita di altri microrganismi;

k) «coccidiostatici» e «istomonostatici»: sostanze destinate a uccidere o inibire la crescita di protozoi;

l) «limite massimo per i residui»: la concentrazione massima per un residuo risultante dall'uso di un additivo nell'alimentazione degli animali che può essere accettata dalla Comunità e può dunque essere ammessa per legge o riconosciuta accettabile in o su un alimento;

m) «microrganismo»: microrganismi che formano colonie;

n) «prima immissione sul mercato»: l'immissione iniziale sul mercato di un additivo dopo la sua fabbricazione, l'importazione di un additivo o, qualora un additivo sia stato incorporato in un mangime senza essere stato immesso sul mercato, la prima immissione sul mercato di quel mangime.

3. Ove necessario, si può determinare, conformemente alla procedura stabilita all'articolo 22, paragrafo 2, se una sostanza, un microrganismo o un preparato sia un additivo per mangimi che rientra nel campo di applicazione del presente regolamento.

 


Reg. (CE) n. 882/2004 del 29 aprile 2004
Regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio relativo ai controlli ufficiali intesi a verificare la conformità alla normativa in materia di mangimi e di alimenti e alle norme sulla salute e sul benessere degli animali

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(1) Pubblicato nella G.U.U.E. 30 aprile 2004, n. L 165. Entrato in vigore il 20 maggio 2004. Il testo del presente regolamento è stato così sostituito dalla rettifica pubblicata nella G.U.U.E. 28 maggio 2004, n. L 191.

(2) Per le disposizioni transitorie per l'attuazione del presente regolamento, vedi il capo IV del regolamento (CE) n. 2076/2005.


Il Parlamento europeo ed il Consiglio dell'Unione europea,

visto il trattato che istituisce la Comunità europea, in particolare gli articoli 37, 95 e 152, paragrafo 4, lettera b),

vista la proposta della Commissione,

visto il parere del Comitato economico e sociale europeo (3),

visto il parere del Comitato delle regioni (4),

deliberando secondo la procedura di cui all'articolo 251 del trattato (5),

considerando quanto segue:

(1) I mangimi e gli alimenti devono essere sicuri e sani. La normativa comunitaria comprende una serie di norme per garantire il raggiungimento di tale obiettivo. Queste regole interessano anche la produzione e la commercializzazione dei mangimi e degli alimenti.

(2) Le norme fondamentali per quanto concerne la normativa sui mangimi e sugli alimenti sono contenute nel regolamento (CE) n. 178/2002 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 28 gennaio 2002, che stabilisce i principi e i requisiti generali della legislazione alimentare, istituisce l'Autorità europea per la sicurezza alimentare e fissa procedure nel campo della sicurezza alimentare.

(3) Oltre alle suddette norme fondamentali, una normativa più specifica in materia di alimenti e mangimi disciplina diversi settori quali l'alimentazione degli animali compresi i mangimi medicati, l'igiene dei mangimi e degli alimenti, le zoonosi, i sottoprodotti animali, i residui e i contaminanti, il controllo e l'eradicazione di malattie degli animali aventi un impatto sulla salute pubblica, l'etichettatura dei mangimi e degli alimenti, i pesticidi, gli additivi dei mangimi e degli alimenti, le vitamine, i sali minerali, gli oligoelementi ed altri additivi, i materiali che sono a contatto con gli alimenti, i requisiti di qualità e composizione, l'acqua potabile, la ionizzazione, i nuovi alimenti e gli organismi geneticamente modificati (OGM).

(4) La normativa comunitaria in materia di mangimi e di alimenti si basa sul principio che gli operatori del settore dei mangimi e degli alimenti, in tutte le fasi della produzione, trasformazione e distribuzione nell'ambito delle aziende sotto il loro controllo sono responsabili di assicurare che i mangimi e gli alimenti soddisfino i requisiti della normativa sui mangimi e sugli alimenti aventi rilevanza per le loro attività.

(5) La salute e il benessere degli animali sono fattori importanti che contribuiscono alla qualità e alla sicurezza degli alimenti, alla prevenzione della diffusione delle malattie degli animali e a un trattamento umano degli animali. Le norme che disciplinano tali materie sono stabilite in vari atti. Detti atti specificano gli obblighi delle persone fisiche e giuridiche riguardo alla salute e al benessere degli animali nonché i doveri delle autorità competenti.

(6) Gli Stati membri dovrebbero applicare la normativa in materia di mangimi e di alimenti e le norme sulla salute e il benessere degli animali nonché controllare e verificare il rispetto delle pertinenti disposizioni delle medesime da parte degli operatori del settore in tutte le fasi della produzione, della trasformazione e della distribuzione. A tal fine si dovrebbero organizzare i controlli ufficiali.

(7) E pertanto opportuno definire a livello comunitario un quadro armonizzato di norme generali per l'organizzazione dei succitati controlli. E altresì opportuno valutare, alla luce dell'esperienza, se tale quadro generale funzioni correttamente, in particolare nel settore della salute e del benessere degli animali. E quindi opportuno che la Commissione presenti una relazione corredata, se del caso, delle proposte necessarie.

(8) Di norma tale quadro comunitario non dovrebbe comprendere i controlli ufficiali concernenti gli organismi nocivi ai vegetali o ai prodotti vegetali poiché tali controlli sono già adeguatamente assicurati dalla direttiva 2000/29/CE del Consiglio, dell'8 maggio 2000, concernente le misure di protezione contro l'introduzione nella Comunità di organismi nocivi ai vegetali o ai prodotti vegetali e contro la loro diffusione nella Comunità. Certi aspetti del presente regolamento dovrebbero tuttavia applicarsi anche al settore della fitosanità e in particolare quelli riguardanti la messa a punto di piani di controllo nazionali pluriennali e di ispezioni comunitarie negli Stati membri e nei paesi terzi. E quindi appropriato modificare di conseguenza la direttiva 2000/29/CE.

(9) Il regolamento (CEE) n. 2092/91 del Consiglio, del 24 giugno 1991, relativo al metodo di produzione biologico di prodotti agricoli e alla indicazione di tale metodo sui prodotti agricoli e sulle derrate alimentari, il regolamento (CEE) n. 2081/92 del Consiglio, del 14 luglio 1992, relativo alla protezione delle indicazioni geografiche e delle denominazioni di origine dei prodotti agricoli ed alimentari, e il regolamento (CEE) n. 2082/92 del Consiglio, del 14 luglio 1992, relativo alle attestazioni di specificità dei prodotti agricoli ed alimentari contengono misure specifiche per la verifica della conformità ai requisiti in essi contenuti. I requisiti del presente regolamento dovrebbero essere sufficientemente flessibili per tener conto della specificità di tali ambiti.

(10) Per la verifica della conformità alle norme sull'organizzazione comune dei mercati dei prodotti agricoli (seminativi, vino, olio d'oliva, ortofrutticoli, luppolo, latte e prodotti a base di latte, carne di manzo e di vitello, carni ovine e caprine e miele) esiste già un sistema collaudato e specifico di controllo. Il presente regolamento non dovrebbe quindi applicarsi a tali ambiti, tanto più che i suoi obiettivi sono diversi da quelli perseguiti dai meccanismi di controllo relativi all'organizzazione comune dei mercati dei prodotti agricoli.

(11) Le autorità competenti per l'esecuzione di controlli ufficiali dovrebbero soddisfare un certo numero di criteri operativi in modo da assicurare la loro imparzialità ed efficacia. Esse dovrebbero disporre di un numero sufficiente di personale adeguatamente qualificato ed esperto e disporre di adeguate strutture e attrezzature per ben espletare i loro compiti.

(12) Controlli ufficiali andrebbero effettuati utilizzando tecniche appropriate sviluppate a tal fine, compresi controlli rutinari di sorveglianza e controlli più intensivi quali ispezioni, verifiche, audit, campionamenti e l'esame di campioni. La corretta attuazione di queste tecniche esige un'adeguata formazione del personale addetto ai controlli ufficiali. Occorre anche una formazione per assicurare che le autorità competenti prendano decisioni in modo uniforme, in particolare per quanto concerne l'attuazione dei principi HACCP (analisi di rischio e punti critici di controllo).

(13) La frequenza dei controlli ufficiali dovrebbe essere regolare e proporzionata al rischio, tenendo conto dei risultati dei controlli eseguiti dagli operatori del settore dei mangimi e degli alimenti in virtù di programmi di controllo basati su HACCP o di programmi di garanzia della qualità, laddove tali programmi sono concepiti per soddisfare i requisiti della normativa in materia di mangimi e di alimenti e delle norme sulla salute e benessere degli animali. Si dovrebbero effettuare controlli ad hoc laddove emerga il sospetto di non conformità. Potrebbero inoltre essere effettuati in ogni momento controlli ad hoc anche quando non vi sia il sospetto di non conformità.

(14) I controlli ufficiali dovrebbero svolgersi sulla base di procedure documentate in modo da assicurare che essi siano condotti uniformemente e siano costantemente di alto livello.

(15) Le autorità competenti dovrebbero assicurare che ove diverse unità di controllo siano coinvolte nell'esecuzione dei controlli ufficiali vi siano appropriate procedure di coordinamento e vengano efficacemente applicate.

(16) Le autorità competenti dovrebbero anche assicurare che, qualora la competenza ad eseguire controlli ufficiali sia stata delegata dal livello centrale al livello regionale o locale, vi sia un coordinamento efficace ed efficiente tra il livello centrale e il livello regionale o locale.

(17) I laboratori che partecipano all'analisi di campioni ufficiali dovrebbero operare secondo procedure approvate internazionalmente o a norme di efficienza basate su criteri e usare metodi di analisi che siano stati convalidati nei limiti del possibile. Detti laboratori dovrebbero in particolare disporre di attrezzature che consentano la corretta determinazione di standard quali i livelli massimi di residui fissati dalla normativa comunitaria.

(18) La designazione di laboratori di riferimento comunitari e nazionali deve contribuire ad assicurare un'elevata qualità e uniformità dei risultati analitici. Tale obiettivo può essere raggiunto mediante attività quali l'applicazione di metodi analitici convalidati, l'assicurazione che siano disponibili materiali di riferimento, l'organizzazione di test comparativi e la formazione del personale di laboratorio.

(19) Le attività dei laboratori di riferimento dovrebbero coprire tutti gli ambiti della normativa in materia di mangimi e di alimenti e di salute degli animali, in particolare quelli in cui vi e la necessità di risultati analitici e diagnostici precisi.

(20) Per diverse attività legate ai controlli ufficiali, il Comitato europeo di normalizzazione (CEN) ha sviluppato norme europee (norme EN) appropriate ai fini del presente regolamento. Questi norme EN concernono in particolare il funzionamento e la valutazione dei laboratori che eseguono i test e il funzionamento e l'accreditamento degli organismi di controllo. Norme internazionali sono state anche elaborate dall'Organizzazione internazionale per la standardizzazione (ISO) e dall'Unione internazionale di chimica pura e applicata (IUPAC). Queste norme possono in certi casi ben definiti essere appropriate ai fini del presente regolamento, tenendo conto che criteri di efficienza sono fissati nella normativa sui mangimi e sugli alimenti per assicurare la flessibilità e l'efficienza rispetto ai costi.

(21) Per la delega di competenza a eseguire compiti specifici di controllo da parte dell'autorità competente a un organismo di controllo si dovrebbero prendere disposizioni specificando anche le condizioni a cui tale delega può avvenire.

(22) Dovrebbero essere disponibili procedure appropriate per la cooperazione delle autorità competenti negli e tra gli Stati membri, in particolari allorché i controlli ufficiali rivelano che problemi legati ai mangimi e agli alimenti interessano più di uno Stato membro. Per agevolare tale cooperazione gli Stati membri dovrebbero designare uno o più organi di collegamento aventi il ruolo di coordinare la trasmissione e la ricezione delle richieste di assistenza.

(23) A norma dell'articolo 50 del regolamento (CE) n. 178/2002, gli Stati membri informano la Commissione qualora dispongano di informazioni relative all'esistenza di un rischio serio, diretto o indiretto, per la salute umana derivante da mangimi o alimenti.

(24) E importante creare procedure uniformi per il controllo dei mangimi e degli alimenti provenienti da paesi terzi e introdotti nel territorio della Comunità, tenendo conto del fatto che procedure armonizzate di importazione sono già state stabilite per gli alimenti di origine animale ai sensi della direttiva 97/78/CE del Consiglio e per gli animali vivi ai sensi della direttiva 91/496/CEE del Consiglio. Tali procedure esistenti sono valide e andrebbero mantenute.

(25) I controlli dei mangimi e degli alimenti provenienti da paesi terzi di cui alla direttiva 97/78/CE si limitano agli aspetti veterinari. Occorre integrare tali controlli con controlli ufficiali su aspetti non coperti dai controlli veterinari come ad esempio quelli relativi agli additivi, all'etichettatura, alla tracciabilità, all'irradiazione di prodotti alimentari e ai materiali a contatto con gli alimenti.

(26) La normativa comunitaria stabilisce anche procedure per il controllo dei mangimi importati ai sensi della direttiva 95/53/CE del Consiglio, del 25 ottobre 1995, che fissa i principi relativi all'organizzazione dei controlli ufficiali nel settore dell'alimentazione animale. Tale direttiva contiene i principi e le procedure da applicarsi a cura degli Stati membri allorché autorizzano alla libera circolazione i mangimi importati.

(27) E opportuno stabilire regole comunitarie al fine di assicurare che i mangimi e gli alimenti provenienti da paesi terzi siano sottoposti a controlli ufficiali prima di essere immessi in libera pratica nella Comunità. Una particolare attenzione dovrebbe essere riservata ai controlli all'importazione di mangimi e alimenti per i quali può esservi un rischio accresciuto di contaminazione.

(28) Si dovrebbe inoltre predisporre l'organizzazione di controlli ufficiali dei mangimi e degli alimenti introdotti nel territorio della Comunità in regimi doganali diversi da quello della libera circolazione e in particolare le merci introdotte nei regimi doganali di cui all'articolo 4, paragrafo 16, lettere da b) a f), del regolamento (CEE) n. 2913/92 del Consiglio, del 12 ottobre 1992, che istituisce un codice doganale comunitario, come anche la loro immissione in una zona franca o in un magazzino franco. Ciò comprende l'introduzione di mangimi e alimenti provenienti da paesi terzi ad opera di passeggeri di mezzi di trasporto internazionali e mediante pacchi inviati per via postale.

(29) Ai fini dei controlli ufficiali dei mangimi e degli alimenti e necessario definire il territorio della Comunità in cui si applicano le regole per assicurare che i mangimi e gli alimenti introdotti in detto territorio siano sottoposti ai controlli stabiliti dal presente regolamento. Tale territorio non e necessariamente identico a quello di cui all'articolo 229 del trattato né a quello definito all'articolo 3 del regolamento (CEE) n. 2913/92.

(30) Per assicurare un'organizzazione più efficiente dei controlli ufficiali dei mangimi e degli alimenti provenienti da pesi terzi e per agevolare i flussi commerciali può essere necessario designare specifici punti di entrata nel territorio della Comunità per i mangimi e gli alimenti provenienti da paesi terzi. Analogamente, può essere necessario richiedere una notifica previa dell'arrivo dei beni sul territorio della Comunità. Occorre far si che ciascun punto di entrata designato abbia accesso alle strutture necessarie per effettuare i controlli in tempi ragionevoli.

(31) All'atto di definire le regole per i controlli ufficiali dei mangimi e degli alimenti provenienti da paesi terzi si dovrebbe assicurare che le autorità competenti e i servizi doganali operino di concerto tenendo conto del fatto che regole a tal fine sono già contenute nel regolamento (CEE) n. 339/93 del Consiglio, dell'8 febbraio 1993, relativo ai controlli sulla conformità delle merci importate da paesi terzi alle norme in materia di sicurezza dei prodotti.

(32) Per organizzare i controlli ufficiali dovrebbero essere disponibili adeguate risorse finanziarie. Le autorità competenti degli Stati membri dovrebbero pertanto essere in grado di riscuotere tasse o diritti per coprire i costi sostenuti per i controlli ufficiali. In questo contesto, le autorità competenti degli Stati membri avranno la facoltà di stabilire le tasse e i diritti come importi forfettari basati sui costi sostenuti e tenendo conto della situazione specifica degli stabilimenti. Se si impongono tasse agli operatori, dovrebbero essere applicati principi comuni. E quindi opportuno stabilire i criteri per la fissazione dei livelli delle tasse di ispezione. Per quanto concerne le tasse applicabili ai controlli alle importazioni, e opportuno stabilire direttamente gli importi per i principali beni d'importazione, al fine di assicurare la loro applicazione uniforme e evitare distorsioni agli scambi.

(33) La normativa comunitaria in materia di mangimi e di alimenti prevede la registrazione o il riconoscimento di certe aziende del settore dei mangimi e degli alimenti da parte dell'autorità competente. Ciò vale in particolare per il regolamento (CE) n. 852/2004 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 29 aprile 2004, sull'igiene dei prodotti alimentari, il regolamento (CE) n. 853/2004 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 29 aprile 2004, che stabilisce norme specifiche in materia d'igiene per i prodotti alimentari di origine animale, la direttiva 95/69/CE del Consiglio, del 22 dicembre 1995, che fissa le condizioni e le modalità per il riconoscimento e la registrazione di taluni stabilimenti e intermediari operanti nel settore dell'alimentazione degli animali, e il futuro regolamento sull'igiene dei mangimi. Si dovrebbero porre in atto procedure per assicurare che la registrazione e il riconoscimento delle aziende del settore dei mangimi e degli alimenti vengano effettuati in modo efficace e trasparente.

(34) Per realizzare un approccio uniforme e globale in materia di controlli ufficiali, gli Stati membri dovrebbero stabilire e applicare piani di controllo nazionali pluriennali conformemente a orientamenti generali elaborati a livello comunitario. Questi orientamenti dovrebbero promuovere strategie nazionali coerenti, identificare le priorità in base ai rischi nonché le procedure di controllo più efficaci. Una strategia comunitaria dovrebbe applicare un approccio completo e integrato ai sistemi di controllo. Considerato il carattere non vincolante di taluni orientamenti tecnici da adottare, e opportuno stabilirli mediante una procedura di comitato consultivo.

(35) I piani di controllo nazionali pluriennali dovrebbero coprire la normativa in materia di mangimi e di alimenti nonché le norme sulla salute e sul benessere degli animali.

(36) I piani di controllo nazionali pluriennali dovrebbero costituire una salda base per i servizi ispettivi della Commissione al fine di effettuare i controlli negli Stati membri. I piani di controllo dovrebbero consentire ai servizi ispettivi della Commissione di verificare se i controlli ufficiali negli Stati membri sono organizzati conformemente ai criteri stabiliti nel presente regolamento. Ove necessario e, in particolare, nel caso in cui l'audit cui sono sottoposti gli Stati membri rispetto ai piani di controllo nazionali pluriennali riveli lacune o carenze, si dovrebbero effettuare ispezioni e audit dettagliati.

(37) Gli Stati membri dovrebbero essere tenuti a presentare alla Commissione una relazione annuale contenente informazioni sull'attuazione dei piani di controllo nazionali pluriennali. Tale relazione dovrebbe contenere i risultati dei controlli ufficiali e degli audit effettuati durante il precedente anno e, ove necessario, un aggiornamento del piano di controllo iniziale in funzione di questi risultati.

(38) I controlli comunitari negli Stati membri dovrebbero consentire ai servizi di controllo della Commissione di verificare se la normativa in materia di mangimi e di alimenti e le norme sulla salute e sul benessere degli animali sono attuate in modo uniforme e corretto in tutta la Comunità.

(39) Controlli comunitari nei paesi terzi sono necessari per verificare la conformità o l'equivalenza alla normativa comunitaria in materia di mangimi e di alimenti, nonché alle norme sulla salute e, ove opportuno, sul benessere degli animali. I paesi terzi possono essere anche sollecitati a fornire informazioni sui loro sistemi di controllo. Tali informazioni, che dovrebbero essere strutturate sulla base di orientamenti comunitari, dovrebbero costituire la base per successivi controlli della Commissione da effettuarsi in un quadro multidisciplinare che copra i principali settori che esportano verso la Comunità. Ciò dovrebbe consentire una semplificazione dell'attuale regime, accrescere un'efficace cooperazione sul piano dei controlli e quindi facilitare i flussi commerciali.

(40) Per assicurare che le merci importate siano conformi o siano equivalenti alla normativa comunitaria in materia di mangimi e di alimenti e necessario stabilire procedure che consentano la definizione delle condizioni di importazione e dei requisiti di certificazione a seconda dei casi.

(41) Violazioni alla normativa in materia di mangimi e di alimenti e alle norme sulla salute e sul benessere degli animali possono costituire una minaccia per la salute umana, la salute degli animali e il benessere degli animali. Tali violazioni dovrebbero essere quindi oggetto di misure efficaci, dissuasive e proporzionate a livello nazionale in tutta la Comunità.

(42) Tali misure dovrebbero comprendere un'azione amministrativa ad opera delle autorità competenti negli Stati membri che dovrebbero disporre di procedure a tal fine. Il vantaggio di tali procedure e che consentono di intervenire rapidamente al fine di correggere la situazione.

(43) Gli operatori dovrebbero avere diritto di impugnazione avverso le decisioni prese dalle autorità competenti in seguito ai controlli ufficiali ed essere informati di tale diritto.

(44) E opportuno tener conto delle esigenze specifiche dei paesi in via di sviluppo e in particolare di quelli meno sviluppati, e introdurre misure a tale fine. La Commissione dovrebbe impegnarsi a fornire un sostegno ai paesi in via di sviluppo per quanto attiene alla sicurezza dei mangimi e degli alimenti, che assume un'importanza essenziale per la salute umana e lo sviluppo degli scambi. Tale sostegno dovrebbe trovare il suo spazio nell'ambito della politica comunitaria di cooperazione allo sviluppo.

(45) Le regole contenute nel presente regolamento corroborano l'approccio integrato e orizzontale necessario per attuare una coerente politica di controllo della sicurezza dei mangimi e degli alimenti nonché della salute e del benessere degli animali. Tuttavia vi deve essere libertà di manovra per sviluppare regole specifiche in materia di controlli ove necessario, ad esempio per quanto concerne la fissazione di livelli massimi di residui per taluni contaminanti a livello comunitario. Analogamente, si devono mantenere le regole più specifiche già esistenti nel campo dei controlli dei mangimi e degli alimenti e in materia di salute e benessere degli animali. Queste comprendono in particolare i seguenti atti:

Direttiva 96/22/CE, direttiva 96/23/CE, regolamento (CE) n. 854/2004, regolamento (CE) n. 999/2001, regolamento (CE) n. 2160/2003, direttiva 86/362/CEE, direttiva 90/642/CEE e le regole di attuazione da essa risultanti, direttiva 92/1/CEE, direttiva 92/2/CEE, e atti relativi al controllo delle malattie degli animali quali l'afta epizootica, la peste suina ecc., nonché prescrizioni relative ai controlli ufficiali sul benessere degli animali.

(46) Il presente regolamento copre ambiti già coperti in certi atti attualmente in vigore. E quindi opportuno abrogare in particolare i seguenti atti in materia di controlli dei mangimi e degli alimenti e rimpiazzarli con le norme del presente regolamento: direttiva 70/373/CEE, direttiva 85/591/CEE, direttiva 89/397/CEE, direttiva 93/99/CEE, decisione 93/383/CEE, direttiva 95/53/CE, direttiva 96/43/CE, decisione 98/728/CE, decisione 1999/313/CE.

(47) Alla luce del presente regolamento, la direttiva 96/23/CE, la direttiva 97/78 CE e la direttiva 2000/29/CE dovrebbero essere modificate.

(48) Poiché lo scopo del presente regolamento, cioè di assicurare un approccio armonizzato in materia di controlli ufficiali non può essere realizzato in misura sufficiente dagli Stati membri e può dunque, a causa della sua complessità, del suo carattere transfrontaliero, e, con riferimento alle importazioni di mangimi e di alimenti, del suo carattere internazionale, essere realizzato meglio a livello comunitario, la Comunità può intervenire, in base al principio di sussidiarietà sancito dall'articolo 5 del trattato. Il presente regolamento si limita a quanto e necessario per conseguire tali scopi in ottemperanza al principio di proporzionalità enunciato nello stesso articolo.

(49) Le misure necessarie per l'attuazione del presente regolamento sono adottate secondo la decisione 1999/468/CE del Consiglio, del 28 giugno 1999, recante modalità per l'esercizio delle competenze di esecuzione conferite alla Commissione,

hanno adottato il presente regolamento: (6)

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(3) Pubblicato nella G.U.U.E. 30 settembre 2003, n. C 234.

(4) Pubblicato nella G.U.U.E. 27 gennaio 2004, n. C 23.

(5) Parere del Parlamento europeo del 9 marzo 2004 e decisione del Consiglio del 26 aprile 2004.

(6) Il testo del presente regolamento è stato così sostituito dalla rettifica pubblicata nella G.U.U.E. 28 maggio 2004, n. L 191.


TITOLO I

Oggetto, campo di applicazione e definizioni.

Articolo 1 (7)

Oggetto e campo di applicazione.

1. Il presente regolamento fissa le regole generali per l'esecuzione dei controlli ufficiali intesi a verificare la conformità alle normative volte, segnatamente, a

a) prevenire, eliminare o ridurre a livelli accettabili i rischi per gli esseri umani e gli animali, siano essi rischi diretti o veicolati dall'ambiente; e

b) garantire pratiche commerciali leali per i mangimi e gli alimenti e tutelare gli interessi dei consumatori, comprese l'etichettatura dei mangimi e degli alimenti e altre forme di informazione dei consumatori.

2. Il presente regolamento non si applica ai controlli ufficiali volti a verificare la conformità alle norme sull'organizzazione comune del mercato dei prodotti agricoli.

3. Il presente regolamento lascia impregiudicate disposizioni comunitarie specifiche relative ai controlli ufficiali.

4. L'esecuzione dei controlli ufficiali ai sensi del presente regolamento lascia impregiudicata la responsabilità legale, in via principale, degli operatori del settore per la sicurezza dei mangimi e degli alimenti, come previsto dal regolamento (CE) n. 178/2002 e la responsabilità civile o penale risultante dalla violazione dei loro obblighi.

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(7) Il testo del presente regolamento è stato così sostituito dalla rettifica pubblicata nella G.U.U.E. 28 maggio 2004, n. L 191.


Articolo 2 (8)

Definizioni.

Ai fini del presente regolamento si applicano le definizioni di cui agli articoli 2 e 3 del regolamento (CE) n. 178/2002.

Inoltre si applicano le definizioni seguenti:

1) «controllo ufficiale»: qualsiasi forma di controllo eseguita dall'autorità competente o dalla Comunità per la verifica della conformità alla normativa in materia di mangimi e di alimenti e alle norme sulla salute e sul benessere degli animali;

2) «verifica»: il controllo, mediante esame e considerazione di prove obiettive, volto a stabilire se siano stati soddisfatti requisiti specifici;

3) «normativa in materia di mangimi»: le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative che disciplinano i mangimi in generale e la sicurezza dei mangimi in particolare, a livello comunitario o nazionale; essa copre qualsiasi fase della produzione, della trasformazione, della distribuzione e dell'uso dei mangimi;

4) «autorità competente»: l'autorità centrale di uno Stato membro competente per l'organizzazione di controlli ufficiali o qualsiasi altra autorità cui e conferita tale competenza o anche, secondo i casi, l'autorità omologa di un paese terzo;

5) «organismo di controllo»: un terzo indipendente cui l'autorità competente ha delegato certi compiti di controllo;

6) «audit»: un esame sistematico e indipendente per accertare se determinate attività e i risultati correlati siano conformi alle disposizioni previste, se tali disposizioni siano attuate in modo efficace e siano adeguate per raggiungere determinati obiettivi;

7) «ispezione»: l'esame di qualsiasi aspetto relativo ai mangimi, agli alimenti, alla salute e al benessere degli animali per verificare che tali aspetti siano conformi alle prescrizioni di legge relative ai mangimi, agli alimenti, alla salute e al benessere degli animali;

8) «monitoraggio»: la realizzazione di una sequenza predefinita di osservazioni o misure al fine di ottenere un quadro d'insieme della conformità alla normativa in materia di mangimi e di alimenti, di salute e di benessere degli animali;

9) «sorveglianza»: l'osservazione approfondita di una o più aziende del settore dei mangimi e degli alimenti, di operatori del settore dei mangimi e degli alimenti, oppure delle loro attività;

10) «non conformità»: la mancata conformità alla normativa in materia di mangimi o di alimenti, e alle norme per la tutela della salute e del benessere degli animali;

11) «campionamento per l'analisi»: il prelievo di un mangime o di un alimento oppure di una qualsiasi altra sostanza (anche proveniente dall'ambiente) necessaria alla loro produzione, trasformazione e distribuzione o che interessa la salute degli animali, per verificare, mediante analisi, la conformità alla normativa in materia di mangimi e di alimenti e alle norme sulla salute degli animali;

12) «certificazione ufficiale»: la procedura per cui l'autorità competente o gli organismi di controllo autorizzati ad agire in tale qualità rilasciano un'assicurazione scritta, elettronica o equivalente relativa alla conformità;

13) «blocco ufficiale»: la procedura con cui l'autorità competente fa si che i mangimi o gli alimenti non siano rimossi o manomessi in attesa di una decisione sulla loro destinazione; include il magazzinaggio da parte degli operatori del settore dei mangimi e degli alimenti conformemente alle disposizioni emanate dall'autorità competente;

14) «equivalenza»: la capacità di sistemi o misure diversi di raggiungere gli stessi obiettivi; «equivalente» indica sistemi o misure diversi atti a raggiungere gli stessi obiettivi;

15) «importazione»: l'immissione in libera pratica di alimenti o mangimi o l'intenzione di immettere in libera pratica mangimi o alimenti, ai sensi dell'articolo 79 del regolamento (CEE) n. 2913/92, in uno dei territori di cui all'allegato I;

16) «introduzione»: l'importazione definita al punto 15 e l'immissione di merci in uno dei regimi doganali di cui all'articolo 4, paragrafo 16, lettere da b) a f), del regolamento (CEE) n. 2913/92, nonché il loro ingresso in una zona franca o in un magazzino franco;

17) «controllo documentale»: l'esame dei documenti commerciali e, se del caso, dei documenti richiesti dalla normativa in materia di mangimi e di alimenti che accompagnano la partita;

18) «controllo di identità»: un'ispezione visuale per assicurare che i certificati o altri documenti di accompagnamento della partita coincidano con l'etichettatura e il contenuto della partita stessa;

19) «controllo materiale»: un controllo del mangime o dell'alimento stesso che può comprendere controlli sui mezzi di trasporto, sugli imballaggi, sull'etichettatura e sulla temperatura, il campionamento a fini di analisi e prove di laboratorio e qualsiasi altro controllo necessario per verificare la conformità alla normativa in materia di mangimi e di alimenti;

20) «piano di controllo»: una descrizione elaborata dall'autorità competente contenente informazioni generali sulla struttura e l'organizzazione dei sistemi di controllo ufficiale.

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(8) Il testo del presente regolamento è stato così sostituito dalla rettifica pubblicata nella G.U.U.E. 28 maggio 2004, n. L 191.


TITOLO II

Controlli ufficiali ad opera degli stati membri

Capo I

Obblighi generali

Articolo 3 (9)

Obblighi generali in relazione all'organizzazione di controlli ufficiali.

1. Gli Stati membri garantiscono che i controlli ufficiali siano eseguiti periodicamente, in base ad una valutazione dei rischi e con frequenza appropriata, per raggiungere gli obiettivi del presente regolamento, tenendo conto:

a) dei rischi identificati associati con gli animali, con i mangimi o con gli alimenti, con le aziende del settore dei mangimi e degli alimenti, con l'uso dei mangimi o degli alimenti o con qualsiasi trasformazione, materiale, sostanza, attività o operazione che possano influire nella sicurezza dei mangimi o degli alimenti, sulla salute o sul benessere degli animali;

b) dei dati precedenti relativi agli operatori del settore dei mangimi e degli alimenti per quanto riguarda la conformità alla normativa in materia di mangimi e di alimenti e alle norme sulla salute e sul benessere degli animali;

c) l'affidabilità dei propri controlli già eseguiti;

e

d) qualsiasi informazione che possa indicare un'eventuale non conformità.

2. I controlli ufficiali sono eseguiti senza preavviso, salvo qualora sia necessaria una notifica preliminare dell'operatore del settore dei mangimi e degli alimenti, come nel caso degli audit.

I controlli ufficiali possono inoltre essere eseguiti su base ad hoc.

3. I controlli ufficiali sono eseguiti in qualsiasi fase della produzione, della trasformazione e della distribuzione dei mangimi o degli alimenti e degli animali e dei prodotti di origine animale. In ciò rientrano i controlli sulle aziende del settore dei mangimi e degli alimenti, sull'uso dei mangimi e degli alimenti, sul magazzinaggio dei mangimi e degli alimenti, su qualsiasi trasformazione, materiale, sostanza, attività o operazione, compreso il trasporto, relativi ai mangimi o agli alimenti e sugli animali vivi, richiesti per raggiungere gli obiettivi del presente regolamento.

4. I controlli ufficiali vengono effettuati, con la stessa accuratezza, sulle esportazioni fuori dalla Comunità, sulle immissioni sul mercato nella Comunità, e sulle introduzioni da paesi terzi nei territori di cui all'allegato I.

5. Gli Stati membri adottano tutte le misure necessarie a garantire che i prodotti destinati ad essere inviati in un altro Stato membro siano controllati con la stessa accuratezza di quelli destinati ad essere immessi sul mercato nel proprio territorio.

6. L'autorità competente dello Stato membro di destinazione può verificare la conformità dei mangimi e degli alimenti alla normativa in materia di mangimi e di alimenti mediante controlli di natura non discriminatoria. Nella misura strettamente necessaria per l'organizzazione dei controlli ufficiali, gli Stati membri possono chiedere agli operatori cui sono recapitate merci provenienti da un altro Stato membro di segnalare l'arrivo di dette merci.

7. Uno Stato membro che, nel corso di un controllo effettuato nel luogo di destinazione o durante il magazzinaggio o il trasporto, accerti una non conformità adotta le misure appropriate, che possono includere il rinvio allo Stato membro di origine.

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(9) Il testo del presente regolamento è stato così sostituito dalla rettifica pubblicata nella G.U.U.E. 28 maggio 2004, n. L 191.


Capo II

Autorità competenti

Articolo 4 (10)

Designazione delle autorità competenti e criteri operativi.

1. Gli Stati membri designano le autorità competenti responsabili in relazione alle finalità e ai controlli ufficiali stabiliti dal presente regolamento.

2. Le autorità competenti assicurano quanto segue:

a) l'efficacia e l'appropriatezza dei controlli ufficiali su animali vivi, mangimi e alimenti in tutte le fasi della produzione, trasformazione e distribuzione, nonché riguardo all'uso dei mangimi sono garantite;

b) il personale che effettua i controlli ufficiali e libero da qualsiasi conflitto di interesse;

c) esse dispongono di un'adeguata capacità di laboratorio o vi hanno accesso ai fini di eseguire test e dispongono di un numero sufficiente di personale adeguatamente qualificato ed esperto per far si che i controlli ufficiali e gli obblighi in materia di controlli possano essere espletati in modo efficace ed efficiente;

d) esse dispongono di strutture e attrezzature appropriate e in adeguato grado di manutenzione per assicurare che il personale possa eseguire i controlli ufficiali in modo efficace ed efficiente;

e) esse hanno facoltà di effettuare i controlli ufficiali e di adottare le misure previste nel presente regolamento;

f) esse dispongono di piani di emergenza e sono pronte a gestire questi piani in casi di emergenza;

g) gli operatori del settore dei mangimi e degli alimenti sono tenuti a sottoporsi ad ogni ispezione effettuata a norma del presente regolamento e a coadiuvare il personale dell'autorità competente nell'assolvimento dei suoi compiti.

3. Se uno Stato membro conferisce la competenza di effettuare i controlli ufficiali ad un'altra autorità o ad altre autorità che non siano l'autorità centrale competente, in particolare quelle a livello regionale o locale, si deve assicurare un coordinamento efficace ed efficiente tra tutte le autorità competenti interessate, anche, ove opportuno, in materia di protezione dell'ambiente e della salute.

4. Le autorità competenti assicurano l'imparzialità, la qualità e la coerenza dei controlli ufficiali a tutti i livelli. I criteri elencati al paragrafo 2 devono essere pienamente rispettati da ogni autorità a cui e stata conferita la competenza di effettuare i controlli ufficiali.

5. Se, nell'ambito di un'autorità competente, vi sono più unità competenti a effettuare i controlli ufficiali, si deve assicurare il coordinamento e la cooperazione efficaci ed efficienti tra queste diverse unità.

6. Le autorità competenti procedono a audit interni o possono far eseguire audit esterni, e prendono le misure appropriate alla luce dei loro risultati, per verificare che si stiano raggiungendo gli obiettivi del presente regolamento. Tali audit sono soggetti ad un esame indipendente e sono svolti in modo trasparente (11).

7. Norme dettagliate per l'applicazione del presente articolo possono essere adottate secondo la procedura di cui all'articolo 62, paragrafo 3.

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(10) Il testo del presente regolamento è stato così sostituito dalla rettifica pubblicata nella G.U.U.E. 28 maggio 2004, n. L 191.

(11) Vedi, per le linee guida che definiscono i criteri di esecuzione degli audit di controlli ufficiali per verificare la conformità alla normativa in materia di mangimi e di alimenti e alle norme sulla salute e sul benessere degli animali di cui al presente paragrafo, l'allegato della decisione 2006/677/CE.


Articolo 5 (12)

Delega di compiti specifici riguardanti i controlli ufficiali.

1. L'autorità competente può delegare compiti specifici riguardanti i controlli ufficiali a uno o più organismi di controllo, a norma dei paragrafi 2, 3 e 4.

Un elenco di compiti che possono o meno essere delegati può essere stabilito secondo la procedura di cui all'articolo 62, paragrafo 3.

Tuttavia, le attività di cui all'articolo 54 non sono oggetto di tale delega.

2. Le autorità competenti possono delegare compiti specifici ad un dato organismo di controllo soltanto nei seguenti casi:

a) vi e una descrizione accurata dei compiti che l'organismo di controllo può espletare e delle condizioni a cui può svolgerli;

b) e comprovato che l'organismo di controllo:

i) possiede l'esperienza, le attrezzature e le infrastrutture necessarie per espletare i compiti che gli sono stati delegati;

ii) dispone di un numero sufficiente di personale adeguatamente qualificato ed esperto;

iii) e imparziale e libero da qualsiasi conflitto di interessi per quanto riguarda l'espletamento dei compiti che gli sono stati delegati;

c) l'organismo di controllo opera ed e accreditato conformemente alla norma europea EN 45004 «Criteri generali per il funzionamento di diversi tipi di organismi che eseguono ispezioni» e/o a un'altra norma se più pertinente, dati i compiti che gli sono stati delegati;

d) i laboratori operano conformemente alle norme di cui all'articolo 12, paragrafo 2;

e) l'organismo di controllo comunica i risultati dei controlli effettuati all'autorità competente su base regolare e in qualsiasi momento quest'ultima ne faccia richiesta. Se i risultati dei controlli rivelano una non conformità o sollevano il sospetto della stessa, l'organismo di controllo ne informa immediatamente l'autorità competente;

f) vi e un coordinamento efficiente ed efficace tra l'autorità competente che da la delega e l'organismo di controllo.

3. Le autorità competenti che delegano compiti specifici agli organismi di controllo organizzano audit o ispezioni di questi ultimi a seconda delle necessità. Se, a seguito di audit o ispezioni, risultano carenze da parte di tali organismi nell'espletamento dei compiti loro delegati, l'autorità competente che conferisce la delega può ritirarla. La delega e ritirata senza indugio se l'organismo di controllo non adotta correttivi appropriati e tempestivi.

4. Lo Stato membro che desideri delegare un compito specifico di controllo a un organismo di controllo ne informa la Commissione.

Tale notifica contiene una descrizione dettagliata:

a) dell'autorità competente che vorrebbe conferire la delega;

b) del compito da delegarsi;

c) dell'organismo di controllo cui il compito sarebbe delegato.

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(12) Il testo del presente regolamento è stato così sostituito dalla rettifica pubblicata nella G.U.U.E. 28 maggio 2004, n. L 191.


Articolo 6 (13)

Personale che esegue controlli ufficiali.

L'autorità competente assicura che tutto il suo personale che esegue controlli ufficiali:

a) riceva, per il proprio ambito di competenza, una formazione adeguata che gli consenta di espletare i propri compiti con competenza e svolgere i controlli ufficiali in modo coerente. Tale formazione copre, a seconda dei casi, gli ambiti di cui all'allegato II, capo I;

b) si mantenga aggiornato nella sua sfera di competenze e riceva, se del caso, un'ulteriore formazione su base regolare;

c) abbia la capacità di praticare la cooperazione multidisciplinare.

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(13) Il testo del presente regolamento è stato così sostituito dalla rettifica pubblicata nella G.U.U.E. 28 maggio 2004, n. L 191.


Articolo 7

Trasparenza e riservatezza.

1. Le autorità competenti si impegnano a svolgere le proprie attività con un livello elevato di trasparenza. A tal fine le informazioni pertinenti in loro possesso sono messe a disposizione del pubblico al più presto. In generale il pubblico ha accesso:

a) alle informazioni concernenti le attività di controllo delle autorità competenti e la loro efficacia;

b) alle informazioni ai sensi dell'articolo 10 del regolamento (CE) n. 178/2002.

2. L'autorità competente prende iniziative per garantire che i membri del proprio personale siano tenuti a non divulgare le informazioni ottenute nell'espletamento dei loro compiti di controllo ufficiali che per la loro natura sono coperte dal segreto professionale in casi debitamente giustificati. La tutela del segreto professionale non preclude la divulgazione da parte delle autorità competenti delle informazioni di cui al paragrafo 1, lettera b). Le norme della direttiva 95/46/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 24 ottobre 1995, relativa alla tutela delle persone fisiche con riguardo al trattamento dei dati personali, nonché alla libera circolazione di tali dati rimangono impregiudicate.

3. Le informazioni coperte dal segreto professionale includono in particolare:

- la riservatezza delle indagini preliminari o dei procedimenti giudiziari in corso,

- dei dati personali,

- i documenti oggetto di un'eccezione di cui al regolamento (CE) n. 1049/2001 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 30 maggio 2001, relativo all'accesso del pubblico ai documenti del Parlamento europeo, del Consiglio e della Commissione,

- le informazioni tutelate dalla legislazione nazionale e dalla normativa comunitaria concernenti segnatamente il segreto professionale, la riservatezza delle deliberazioni, le relazioni internazionali e la difesa nazionale.


Articolo 8 (14)

Procedure di controllo e verifica.

1. I controlli ufficiali ad opera delle autorità competenti sono eseguiti secondo procedure documentate. Dette procedure comportano informazioni e istruzioni per il personale che esegue i controlli ufficiali in relazione, tra l'altro, agli ambiti di cui all'allegato II, capo II.

2. Gli Stati membri assicurano che esse dispongono di procedure giuridiche intese a garantire al personale delle autorità competenti l'accesso alle infrastrutture ed alla documentazione mantenuta dagli operatori del settore dei mangimi e degli alimenti, cosi da essere in grado di svolgere adeguatamente i loro compiti.

3. Le autorità competenti devono prevedere procedure per:

a) verificare l'efficacia dei controlli ufficiali da esse eseguiti;

b) assicurare che siano adottati i correttivi eventualmente necessari e che la documentazione di cui al paragrafo 1 sia opportunamente aggiornata.

4. La Commissione può elaborare orientamenti per i controlli ufficiali secondo la procedura di cui all'articolo 62, paragrafo 2.

Questi orientamenti possono comprendere, in particolare, raccomandazioni per i controlli ufficiali in materia di:

a) applicazione dei principi HACCP;

b) sistemi di gestione attuati dagli operatori del settore dei mangimi e degli alimenti al fine di ottemperare ai requisiti della normativa in materia di mangimi e di alimenti;

c) sicurezza microbiologica, fisica e chimica dei mangimi e degli alimenti.

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(14) Il testo del presente regolamento è stato così sostituito dalla rettifica pubblicata nella G.U.U.E. 28 maggio 2004, n. L 191.


Articolo 9 (15)

Relazioni.

1. L'autorità competente elabora relazioni sui controlli ufficiali da essa effettuati.

2. Le relazioni comprendono una descrizione degli obiettivi dei controlli ufficiali, dei metodi di controllo applicati, dei risultati dei controlli ufficiali e, se del caso, l'indicazione degli interventi da adottarsi a cura dell'operatore interessato.

3. L'autorità competente rilascia una copia della relazione di cui al paragrafo 2 all'operatore interessato, almeno in caso di non conformità.

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(15) Il testo del presente regolamento è stato così sostituito dalla rettifica pubblicata nella G.U.U.E. 28 maggio 2004, n. L 191.


Articolo 10 (16)

Attività, metodi e tecniche di controllo.

1. I compiti correlati ai controlli ufficiali sono eseguiti, in generale, usando metodi e tecniche di controllo appropriati quali monitoraggio, sorveglianza, verifica, audit, ispezione, campionamento e analisi.

2. I controlli ufficiali sui mangimi e sugli alimenti comprendono, tra l'altro, le seguenti attività:

a) l'esame di tutti i sistemi di controllo posti in atto dagli operatori del settore dei mangimi e degli alimenti e i risultati cosi ottenuti;

b) l'ispezione di:

i) impianti dei produttori primari, aziende del settore dei mangimi e degli alimenti, compresi adiacenze, locali, uffici, attrezzature, installazioni e macchinari, trasporti, nonché di mangimi e alimenti;

ii) materie prime, ingredienti, coadiuvanti tecnologici e altri prodotti utilizzati per la preparazione e la produzione di mangimi e alimenti;

iii) prodotti semilavorati;

iv) materiali e articoli destinati ad entrare in contatto con i prodotti alimentari;

v) prodotti e procedimenti di pulizia e di manutenzione e antiparassitari;

vi) etichettatura, presentazione e pubblicità dei prodotti alimentari;

c) controlli delle condizioni igieniche nelle aziende del settore dei mangimi e degli alimenti;

d) valutazione delle procedure in materia di buone prassi di fabbricazione (GMP), buone prassi igieniche (GHP), corrette prassi agricole e HACCP, tenendo conto dell'uso delle guide a tal fine stabilite in conformità della normativa comunitaria;

e) esame di materiale scritto e di altre registrazioni che possano avere pertinenza per la valutazione della conformità alla normativa in materia di mangimi o di alimenti;

f) interviste con gli operatori del settore dei mangimi e degli alimenti e con il loro personale;

g) lettura dei valori registrati dagli strumenti di misurazione degli operatori del settore dei mangimi o degli alimenti;

h) controlli effettuati con gli strumenti propri dell'autorità competente per verificare le misure degli operatori del settore dei mangimi o degli alimenti;

i) qualsiasi altra attività richiesta per assicurare l'attuazione degli obiettivi del presente regolamento.

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(16) Il testo del presente regolamento è stato così sostituito dalla rettifica pubblicata nella G.U.U.E. 28 maggio 2004, n. L 191.


Capo III

Campionamento e analisi

Articolo 11 (17)

Metodi di campionamento e di analisi.

1. I metodi di campionamento e di analisi utilizzati nel contesto dei controlli ufficiali sono conformi alle pertinenti norme comunitarie oppure:

a) se tali norme non esistono, a norme o protocolli riconosciuti internazionalmente, ad esempio quelli accettati dal Comitato europeo di normalizzazione (CEN) o quelli accettati dalla legislazione nazionale; oppure

b) in assenza, ad altri metodi utili al raggiungimento degli obiettivi o sviluppati conformemente a protocolli scientifici.

2. Allorquando il paragrafo 1 non è d'applicazione, i metodi di analisi possono essere convalidati in un unico laboratorio conformemente ad un protocollo riconosciuto internazionalmente.

3. I metodi di analisi devono essere caratterizzati, quando possibile, dai criteri opportuni elencati nell'allegato III.

4. Le seguenti misure di attuazione possono essere adottate secondo la procedura di cui all'articolo 62, paragrafo 3:

a) metodi di campionamento e di analisi, compresi i metodi di conferma o di riferimento da usarsi in caso di controversia;

b) criteri di efficienza, parametri di analisi, incertezza della misura e procedure di convalida dei metodi di cui alla lettera a);

e

c) norme sull'interpretazione dei risultati.

5. Le autorità competenti fissano procedure adeguate atte a garantire il diritto degli operatori del settore dei mangimi e degli alimenti i cui prodotti sono oggetto di campionamento e di analisi di chiedere un ulteriore parere di esperti, fatto salvo l'obbligo delle autorità competenti di intervenire rapidamente in caso di emergenza.

6. In particolare, esse vigilano affinché gli operatori del settore dei mangimi e degli alimenti possano ottenere un numero sufficiente di campioni per un ulteriore parere di esperti, a meno che ciò sia impossibile nel caso di prodotti altamente deperibili o dello scarsissimo quantitativo di substrato disponibile.

7. I campioni devono essere manipolati ed etichettati in modo tale da garantirne la validità dal punto sia giuridico che analitico.

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(17) Il testo del presente regolamento è stato così sostituito dalla rettifica pubblicata nella G.U.U.E. 28 maggio 2004, n. L 191.


Articolo 12 (18)

Laboratori ufficiali.

1. L'autorità competente designa i laboratori che possono eseguire l'analisi dei campioni prelevati durante i controlli ufficiali.

2. Le autorità competenti, tuttavia, possono designare soltanto i laboratori che operano, sono valutati e accreditati conformemente alle seguenti norme europee:

a) EN ISO/IEC 17025 su «Criteri generali sulla competenza dei laboratori di prova e di taratura»;

b) EN 45002 su «Criteri generali per la valutazione dei laboratori di prova»;

c) EN 45003 su «Sistemi di accreditamento dei laboratori di taratura e di prova - requisiti generali per il funzionamento e il riconoscimento»,

tenendo conto dei criteri per i diversi metodi di prova stabiliti nella normativa comunitaria in materia di mangimi e di alimenti.

3. L'accreditamento e la valutazione dei laboratori di prova di cui al paragrafo 2 possono riguardare singole prove o gruppi di prove.

4. L'autorità competente può annullare la designazione di cui al paragrafo 1 se le condizioni di cui al paragrafo 2 non sono più rispettate.

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(18) Il testo del presente regolamento è stato così sostituito dalla rettifica pubblicata nella G.U.U.E. 28 maggio 2004, n. L 191.


Capo IV

Gestione delle crisi

Articolo 13 (19)

Piani di emergenza per i mangimi e gli alimenti.

1. Per l'attuazione del piano generale per la gestione delle crisi di cui all'articolo 55 del regolamento (CE) n. 178/2002, gli Stati membri elaborano piani operativi di emergenza in cui si stabiliscono le misure da attuarsi senza indugio allorché risulti che mangimi o alimenti presentano un serio rischio per gli esseri umani o gli animali, direttamente o tramite l'ambiente.

2. I piani di emergenza specificano:

a) le autorità amministrative da coinvolgere;

b) i loro poteri e responsabilita;

c) i canali e le procedure per trasmettere informazioni tra gli attori pertinenti.

3. Gli Stati membri rivedono tali piani di emergenza a seconda delle necessità, in particolare alla luce dei cambiamenti nell'organizzazione dell'autorità competente e dell'esperienza, compresa l'esperienza acquisità a seguito di esercizi di simulazione.

4. Se del caso, possono essere adottate misure di attuazione secondo la procedura di cui all'articolo 62, paragrafo 3. Tali misure possono fissare norme armonizzate per i piani di emergenza nella misura necessaria a far si che questi ultimi siano compatibili con il piano generale per la gestione delle crisi di cui all'articolo 55 del regolamento (CE) n. 178/2002. In esse e indicato anche il ruolo dei soggetti interessati all'elaborazione e gestione dei piani di emergenza.

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(19) Il testo del presente regolamento è stato così sostituito dalla rettifica pubblicata nella G.U.U.E. 28 maggio 2004, n. L 191.


Capo V

Controlli ufficiali sull'introduzione di mangimi e alimenti provenienti da paesi terzi

Articolo 14 (20)

Controlli ufficiali sui mangimi e sugli alimenti di origine animale.

1. Il presente regolamento lascia impregiudicate le disposizioni relative ai controlli veterinari sui mangimi e gli alimenti di origine animale previsti dalla direttiva 97/78/CE. Tuttavia, l'autorità competente designata a norma della direttiva 97/78/CE svolge, se del caso, controlli ufficiali integrativi per la verifica della conformità agli aspetti della normativa in materia di mangimi e di alimenti non coperti da tale direttiva, compresi gli aspetti di cui al titolo VI, capo II, del presente regolamento.

2. Le norme generali di cui agli articoli da 18 a 25 del presente regolamento si applicano anche ai controlli ufficiali su tutti i mangimi e gli alimenti, compresi quelli di origine animale.

3. I risultati soddisfacenti dei controlli sulle merci:

a) poste in uno dei regimi doganali di cui all'articolo 4, paragrafo 16, lettere da b) a f), del regolamento (CEE) n. 2913/92; oppure

b) destinate ad essere manipolate in zone franche o in magazzini franchi, come definiti nell'articolo 4, paragrafo 15, lettera b), del regolamento (CEE) n. 2913/92, non esentano gli operatori del settore dei mangimi e degli alimenti dall'obbligo di conformità di tali prodotti alla normativa in materia di mangimi e di alimenti dal momento dell'immissione in libera pratica, né osta a che successivamente vengano eseguiti controlli ufficiali sui mangimi o gli alimenti interessati.

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(20) Il testo del presente regolamento è stato così sostituito dalla rettifica pubblicata nella G.U.U.E. 28 maggio 2004, n. L 191.


Articolo 15 (21)

Controlli ufficiali sui mangimi e sugli alimenti di origine non animale.

1. L'autorità competente esegue controlli ufficiali regolari sui mangimi e gli alimenti di origine non animale non inclusi nel campo di applicazione della direttiva 97/78/CE, importati nei territori di cui all'allegato I. Essa organizza detti controlli sulla base del piano di controllo nazionale pluriennale elaborato a norma degli articoli da 41 a 43 e sulla base dei rischi potenziali. I controlli coprono tutti gli aspetti della normativa in materia di mangimi e di alimenti.

2. I controlli si svolgono in un luogo appropriato, compreso il punto di entrata delle merci in uno dei territori di cui all'allegato I, il punto di immissione in libera pratica, i magazzini, gli stabilimenti dell'operatore del settore dei mangimi e degli alimenti che li importa o in altri punti della catena alimentare animale e umana.

3. Tali controlli possono essere effettuati anche su merci:

a) poste in uno dei regimi doganali di cui all'articolo 4, paragrafo 16, lettere da b) a f), del regolamento (CEE) n. 2913/92;

o

b) destinate ad entrare in zone franche o in magazzini franchi, quali definiti all'articolo 14, paragrafo 15, lettera b), del regolamento (CEE) n. 2913/92.

4. I risultati soddisfacenti dei controlli di cui al paragrafo 3 non esentano gli operatori del settore dei mangimi e degli alimenti dall'obbligo di conformità di tali prodotti alla normativa in materia di mangimi e di alimenti dal momento dell'immissione in libera pratica, né ostano a che successivamente vengano eseguiti controlli ufficiali sui mangimi o gli alimenti interessati.

5. Secondo la procedura di cui all'articolo 62, paragrafo 3, e predisposto e aggiornato un elenco dei mangimi e degli alimenti di origine non animale che, sulla base dei rischi noti o emergenti, deve essere oggetto di un livello accresciuto di controlli ufficiali nel punto di entrata nei territori di cui all'allegato I. La frequenza e la natura di tali controlli sono stabilite secondo la stessa procedura. Nel contempo le tasse relative a tali controlli possono essere fissate secondo la stessa procedura.

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(21) Il testo del presente regolamento è stato così sostituito dalla rettifica pubblicata nella G.U.U.E. 28 maggio 2004, n. L 191.


Articolo 16 (22)

Tipi di controlli sui mangimi e sugli alimenti di origine non animale.

1. I controlli ufficiali di cui all'articolo 15, paragrafo 1, comprendono almeno un controllo documentale sistematico, un controllo di identità per campionamento e, se del caso, un controllo fisico.

2. I controlli fisici sono effettuati con una frequenza che dipende da:

a) i rischi associati ai diversi tipi di alimenti e mangimi;

b) la cronistoria della conformità alle norme per il prodotto in questione del paese terzo e dello stabilimento d'origine, nonché degli operatori del settore dei mangimi e degli alimenti che importano ed esportano il prodotto;

c) i controlli effettuati dall'operatore del settore dei mangimi e degli alimenti che importa il prodotto;

d) le garanzie fornite dall'autorità competente del paese terzo d'origine.

3. Gli Stati membri assicurano che i controlli fisici sono effettuati in condizioni appropriate e in un luogo che abbia accesso alle appropriate infrastrutture di controllo, che consenta di svolgere adeguatamente le indagini, di prelevare un numero di campioni adeguato alla gestione dei rischi e di manipolare in modo igienico i mangimi e gli alimenti. I campioni devono essere manipolati in modo tale da garantirne la validità dal punto di vista sia giuridico che analitico. Gli Stati membri garantiscono che le attrezzature e le metodologie siano idonee a misurare i valori limite previsti dalla normativa comunitaria o dalla legislazione nazionale.

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(22) Il testo del presente regolamento è stato così sostituito dalla rettifica pubblicata nella G.U.U.E. 28 maggio 2004, n. L 191.


Articolo 17 (23)

Punti di entrata e notifica previa.

1. Per l'organizzazione dei controlli ufficiali di cui all'articolo 15, paragrafo 5, gli Stati membri devono:

- designare particolari punti di entrata nel loro territorio che abbiano accesso alle appropriate infrastrutture di controllo per i vari tipi di mangimi e alimenti,

e

- richiedere agli operatori del settore dei mangimi e degli alimenti responsabili delle partite di notificare anticipatamente l'arrivo e la natura di una partita.

Gli Stati membri possono applicare le stesse norme ad altri mangimi di origine non animale.

2. Gli Stati membri informano la Commissione e gli altri Stati membri di qualsiasi misura da essi adottata a norma del paragrafo 1.

Tali misure sono concepite in modo da evitare inutili turbative degli scambi.

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(23) Il testo del presente regolamento è stato così sostituito dalla rettifica pubblicata nella G.U.U.E. 28 maggio 2004, n. L 191.


Articolo 18 (24)

Azione in casi sospetti.

In caso di sospetta non conformità oppure se sussistono dubbi quanto all'identità o all'effettiva destinazione della partita, o alla corrispondenza tra la partita e le sue garanzie certificate, l'autorità competente effettua controlli ufficiali per confermare il sospetto o il dubbio ovvero dimostrarlo infondato. L'autorità competente dispone il blocco ufficiale della partita interessata fino all'ottenimento dei risultati dei controlli ufficiali.

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(24) Il testo del presente regolamento è stato così sostituito dalla rettifica pubblicata nella G.U.U.E. 28 maggio 2004, n. L 191.


Articolo 19 (25)

Azioni in seguito ai controlli ufficiali dei mangimi e degli alimenti provenienti da paesi terzi.

1. L'autorità competente dispone il blocco ufficiale dei mangimi o degli alimenti provenienti da paesi terzi che non sono conformi alla normativa in materia di mangimi o di alimenti e, consultati gli operatori del settore dei mangimi e degli alimenti responsabili della partita, prende le seguenti misure per quanto riguarda siffatti mangimi o alimenti:

a) ordina che detti mangimi o alimenti siano distrutti, sottoposti a trattamento speciale a norma dell'articolo 20 o rinviati al di fuori della Comunità a norma dell'articolo 21; può anche prendere altre misure appropriate quali l'uso di mangimi o alimenti per fini diversi da quelli originariamente previsti;

b) se i mangimi o gli alimenti sono già stati immessi sul mercato, procede al loro monitoraggio o, se del caso, ne ordina il richiamo o il ritiro prima di prendere una delle misure di cui sopra;

c) si accerta che i mangimi o gli alimenti non causino nessun effetto nocivo per la salute degli esseri umani e degli animali, né direttamente né tramite l'ambiente, nel corso dell'attuazione delle misure di cui alle lettere a) e b), oppure in attesa della medesima.

2. Tuttavia, se:

a) i controlli ufficiali di cui agli articoli 14 e 15 indicano che una partita e nociva per la salute degli esseri umani o degli animali o non sicura, l'autorità competente dispone il blocco ufficiale della partita in questione in attesa della sua distruzione o qualsiasi altra misura appropriata necessaria a tutelare la salute degli esseri umani e degli animali;

b) i mangimi o gli alimenti di origine non animale soggetti a un livello accresciuto di controlli a norma dell'articolo 15, paragrafo 5, non sono presentati per i controlli ufficiali, o non sono presentati conformemente ai requisiti specifici stabiliti a norma dell'articolo 17, l'autorità competente ordina che siano richiamati e ne dispone il blocco ufficiale senza indugio, decidendone in seguito la distruzione oppure il rinvio, a norma dell'articolo 21.

3. Allorché non permette l'introduzione di mangimi o alimenti, l'autorità competente informa la Commissione e gli altri Stati membri delle sue constatazioni e dell'identità dei prodotti in questione, secondo la procedura di cui all'articolo 50, paragrafo 3, del regolamento (CE) n. 178/2002, e notifica le sue decisioni ai servizi doganali, unitamente alle informazioni relative alla destinazione finale della partita.

4. Le decisioni sulle partite sono soggette al diritto di ricorso di cui all'articolo 54, paragrafo 3.

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(25) Il testo del presente regolamento è stato così sostituito dalla rettifica pubblicata nella G.U.U.E. 28 maggio 2004, n. L 191.


Articolo 20 (26)

Trattamenti speciali.

1. I trattamenti speciali di cui all'articolo 19 possono comprendere:

a) il trattamento o la lavorazione, per mettere i mangimi o gli alimenti in conformità con i requisiti della normativa comunitaria o con i requisiti di un paese terzo di rinvio, compresa la decontaminazione, se del caso, ma esclusa la diluizione;

b) il trattamento in qualsiasi altro modo adeguato a fini diversi dal consumo animale o umano.

2. L'autorità competente assicura che i trattamenti speciali siano eseguiti in stabilimenti sotto il suo controllo o sotto il controllo di un altro Stato membro e conformemente alle condizioni previste secondo la procedura di cui all'articolo 62, paragrafo 3, o, in mancanza di tali condizioni, alle norme nazionali.

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(26) Il testo del presente regolamento è stato così sostituito dalla rettifica pubblicata nella G.U.U.E. 28 maggio 2004, n. L 191.


Articolo 21 (27)

Rinvio di partite.

1. L'autorità competente autorizza il rinvio di partite solo nei casi in cui:

a) la destinazione sia stata convenuta con l'operatore del settore dei mangimi e degli alimenti, responsabile della partita;

b) l'operatore del settore dei mangimi e degli alimenti abbia informato prima l'autorità competente del paese terzo di origine o del paese di destinazione se diverso dei motivi e delle circostanze per cui i mangimi o gli alimenti in questione non hanno potuto essere immessi sul mercato della Comunità;

e

c) quando il paese terzo di destinazione non e il paese terzo d'origine, l'autorità competente del paese terzo di destinazione abbia notificato all'autorità competente la sua disponibilità ad accettare la partita.

2. Fatte salve le regole nazionali applicabili rispetto ai termini previsti per chiedere un ulteriore parere di esperti e qualora i risultati dei controlli ufficiali non lo precludano, il rinvio avviene, in linea generale, entro un massimo di 60 giorni dal giorno in cui l'autorità competente ha deciso sulla destinazione della partita a meno che non sia stata avviata un'azione legale. Se, allo scadere del periodo di 60 giorni il rinvio non avviene, la partita e distrutta, a meno che il ritardo sia giustificato.

3. In attesa del rinvio delle partite o della conferma dei motivi del rifiuto, l'autorità competente dispone il blocco ufficiale delle partite in questione.

4. Secondo la procedura di cui all'articolo 50, paragrafo 3, del regolamento (CE) n. 178/2002, l'autorità competente informa la Commissione e gli altri Stati membri e notifica le sue decisioni ai servizi doganali. Le autorità competenti cooperano conformemente al titolo IV per adottare le ulteriori misure necessarie a garantire che non sia possibile reintrodurre nella Comunità le partite respinte.

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(27) Il testo del presente regolamento è stato così sostituito dalla rettifica pubblicata nella G.U.U.E. 28 maggio 2004, n. L 191.


Articolo 22 (28)

Costi.

L'operatore del settore dei mangimi e degli alimenti responsabile delle partite o il suo rappresentante sono responsabili dei costi sostenuti dalle autorità competenti per le attività di cui agli articoli 18, 19, 20 e 21.

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(28) Il testo del presente regolamento è stato così sostituito dalla rettifica pubblicata nella G.U.U.E. 28 maggio 2004, n. L 191.


Articolo 23 (29)

Approvazione dei controlli pre-esportazione ad opera dei paesi terzi.

1. I controlli specifici pre-esportazione che un paese terzo effettua su mangimi e alimenti immediatamente prima della loro esportazione verso la Comunità al fine di verificare che i prodotti esportati soddisfino i requisiti della Comunità possono essere approvati secondo la procedura di cui all'articolo 62, paragrafo 3. L'approvazione si applica soltanto ai mangimi e agli alimenti provenienti dal paese terzo in questione e può essere concessa per uno o più prodotti.

2. Qualora sia stata concessa una simile approvazione, la frequenza dei controlli alle importazioni di mangimi o alimenti può essere ridotta di conseguenza. Tuttavia, gli Stati membri effettuano controlli ufficiali dei mangimi e degli alimenti importati conformemente all'approvazione di cui al paragrafo 1 per assicurare che i controlli pre-esportazione effettuati nel paese terzo rimangano efficaci.

3. L'approvazione di cui al paragrafo 1 può essere concessa ai paesi terzi soltanto se:

a) un audit comunitario ha dimostrato che i mangimi o gli alimenti esportati verso la Comunità soddisfano i requisiti comunitari ovvero requisiti equivalenti;

b) i controlli effettuati nel paese terzo prima dell'invio sono ritenuti sufficientemente efficaci ed efficienti da sostituire o ridurre i controlli documentali, d'identità e fisici stabiliti dalla normativa comunitaria.

4. L'approvazione di cui al paragrafo 1 specifica quale e l'autorità competente del paese terzo sotto la cui responsabilità vengono effettuati i controlli pre-esportazione e, ove necessario l'organismo di controllo cui tale autorità competente può delegare alcuni compiti. Tale delega può essere approvata soltanto se sono soddisfatti i criteri di cui all'articolo 5 o condizioni equivalenti.

5. L'autorità competente e qualsiasi organismo di controllo specificati nell'approvazione sono responsabili dei contatti con la Comunità.

6. L'autorità competente o l'organismo di controllo del paese terzo assicura la certificazione ufficiale di ciascuna partita controllata prima della sua entrata in uno dei territori di cui all'allegato I. L'approvazione di cui al paragrafo 1 specifica un modello per tali certificati.

7. Fatto salvo l'articolo 50, paragrafo 3, del regolamento (CE) n. 178/2002, quando i controlli ufficiali delle importazioni soggette alla procedura di cui al paragrafo 2 mettono in luce non conformità significative, gli Stati membri informano immediatamente la Commissione e gli altri Stati membri nonché gli operatori interessati, secondo la procedura di cui al titolo IV del presente regolamento; gli Stati membri aumentano il numero di partite controllate e, ove necessario per consentire un adeguato esame analitico della situazione, conservano un numero appropriato di campioni in condizioni di magazzinaggio appropriate.

8. Qualora risulti che, in un numero significativo di partite, le merci non corrispondono alle informazioni contenute nei certificati rilasciati dall'autorità competente o dall'organismo di controllo del paese terzo, la ridotta frequenza di cui al paragrafo 2 non si applica più.

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(29) Il testo del presente regolamento è stato così sostituito dalla rettifica pubblicata nella G.U.U.E. 28 maggio 2004, n. L 191.


Articolo 24 (30)

Autorità competenti e servizi doganali.

1. Per l'organizzazione dei controlli ufficiali di cui al presente capo, le autorità competenti e i servizi doganali collaborano strettamente.

2. Per quanto concerne le partite di mangimi e alimenti di origine animale e di mangimi e alimenti di cui all'articolo 15, paragrafo 5, i servizi doganali non ne consentono l'introduzione né la manipolazione in zone franche o in magazzini franchi senza l'accordo dell'autorità competente.

3. Quando sono prelevati campioni, l'autorità competente informa i servizi doganali e gli operatori interessati e indica se le merci possono o meno essere messe in uscità prima che siano disponibili i risultati delle analisi dei campioni, purché sia garantità la tracciabilità della partita.

4. In caso di immissione in libera pratica, le autorità competenti e i servizi doganali collaborano ai sensi delle disposizioni di cui agli articoli da 2 a 6 del regolamento (CEE) n. 339/93.

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(30) Il testo del presente regolamento è stato così sostituito dalla rettifica pubblicata nella G.U.U.E. 28 maggio 2004, n. L 191.


Articolo 25 (31)

Misure di attuazione.

1. Le misure necessarie per assicurare l'attuazione uniforme dei controlli ufficiali sull'introduzione di mangimi e alimenti sono stabilite secondo la procedura di cui all'articolo 62, paragrafo 3.

2. In particolare possono essere stabilite norme dettagliate per:

a) i mangimi e gli alimenti importati o posti in uno dei regimi doganali di cui all'articolo 4, paragrafo 16, lettere da b) a f), del regolamento (CEE) n. 2913/92 o destinati a essere manipolati in zone franche o in magazzini franchi, quali definiti nell'articolo 4, paragrafo 15, lettera b), del regolamento (CEE) n. 2913/92;

b) gli alimenti destinati all'approvvigionamento dell'equipaggio e dei passeggeri di mezzi internazionali di trasporto;

c) mangimi e alimenti ordinati a distanza (per esempio per lettera, telefono o internet) e recapitati al consumatore;

d) mangimi destinati agli animali domestici o ai cavalli e alimenti trasportati dai passeggeri e dall'equipaggio di mezzi di trasporto internazionali;

e) condizioni specifiche o esenzioni concernenti certi territori di cui all'articolo 3 del regolamento (CEE) n. 2913/92 in modo da tener conto dei vincoli naturali specifici di tali territori;

f) il fine di assicurare la coerenza delle decisioni prese dalle autorità competenti in materia di mangimi e alimenti provenienti da paesi terzi nel quadro dell'articolo 19;

g) le partite aventi origine comunitaria rispedite da un paese terzo;

h) i documenti che devono accompagnare le partite quando sono stati prelevati i campioni.

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(31) Il testo del presente regolamento è stato così sostituito dalla rettifica pubblicata nella G.U.U.E. 28 maggio 2004, n. L 191.


Capo VI

Finanziamento dei controlli ufficiali

Articolo 26 (32)

Principi generali.

Gli Stati membri garantiscono che per predisporre il personale e le altre risorse necessarie per i controlli ufficiali siano resi disponibili adeguati finanziamenti con ogni mezzo ritenuto appropriato, anche mediante imposizione fiscale generale o stabilendo diritti o tasse.

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(32) Il testo del presente regolamento è stato così sostituito dalla rettifica pubblicata nella G.U.U.E. 28 maggio 2004, n. L 191.


Articolo 27 (33)

Tasse o diritti.

1. Gli Stati membri possono riscuotere tasse o diritti a copertura dei costi sostenuti per i controlli ufficiali.

2. Tuttavia, per quanto riguarda le attività di cui all'allegato IV, sezione A, e all'allegato V, sezione A, gli Stati membri assicurano la riscossione di una tassa.

3. Fatti salvi i paragrafi 4 e 6, le tasse riscosse per quanto riguarda le attività specifiche di cui all'allegato IV, sezione A, e all'allegato V, sezione A, non sono inferiori agli importi minimi specificati nell'allegato IV, sezione B, e nell'allegato V, sezione B. Tuttavia, per un periodo transitorio fino al 1° gennaio 2008, per quanto riguarda le attività di cui all'allegato IV, sezione A, gli Stati membri possono continuare a utilizzare gli importi attualmente applicati ai sensi della direttiva 85/73/CEE.

Gli importi di cui all'allegato IV, sezione B, e all'allegato V, sezione B, sono aggiornati almeno ogni due ann secondo la procedura di cui all'articolo 62, paragrafo 3, in particolare per tenere conto dell'inflazione.

4. Le tasse riscosse ai fini di controlli ufficiali a norma dei paragrafi 1 o 2:

a) non sono superiori ai costi sostenuti dalle autorità competenti in relazione ai criteri elencati all'allegato VI;

e

b) possono essere fissate forfettariamente sulla base dei costi sostenuti dalle autorità competenti in un determinato arco di tempo o, ove applicabili, agli importi stabiliti all'allegato IV, sezione B, o all'allegato V, sezione B.

5. Nel fissare le tasse gli Stati membri tengono conto dei seguenti elementi:

a) il tipo di azienda del settore interessata e i relativi fattori di rischio;

b) gli interessi delle aziende del settore a bassa capacità produttiva;

c) i metodi tradizionali impiegati per la produzione, il trattamento e la distribuzione di alimenti;

d) le esigenze delle aziende del settore situate in regioni soggette a particolari difficoltà di ordine geografico.

6. Qualora, in considerazione dei sistemi dei controlli effettuati in proprio, e di rintracciamento attuati dalle aziende del settore dei mangimi e degli alimenti, nonché del livello di conformità rilevato durante lo svolgimento dei controlli ufficiali, per quanto riguarda un determinato tipo di mangime o alimento o di attività, i controlli ufficiali si effettuino con frequenza ridotta, oppure al fine di tenere conto dei criteri di cui al paragrafo 5, lettere b), c) e d), gli Stati membri possono fissare la tassa per i controlli ufficiali ad un livello inferiore all'importo minimo di cui al paragrafo 4, lettera b), a condizione che lo Stato membro interessato trasmetta alla Commissione una relazione in cui si specifica:

a) il tipo di mangime, alimento o attività interessato;

b) i controlli effettuati nell'azienda del settore degli alimenti e dei mangimi interessata; e

c) il metodo di calcolo della riduzione della tassa.

7. L'autorità competente che effettui contemporaneamente diversi controlli ufficiali in un solo stabilimento, li considera quale attività unica e riscuote un'unica tassa.

8. Le tasse per il controllo sulle importazioni sono pagate dall'operatore o dal suo rappresentante all'autorità competente incaricata dei controlli sulle importazioni.

9. Le tasse non vengono rimborsate, direttamente o indirettamente, a meno che non sono state indebitamente riscosse.

10. Fatti salvi i costi derivanti dalle spese di cui all'articolo 28, gli Stati membri non percepiscono nessun'altra tassa oltre a quelle previste nel presente articolo in attuazione del presente regolamento.

11. Gli operatori o altre pertinenti aziende o i loro rappresentanti ricevono prova del loro pagamento delle tasse.

12. Gli Stati membri pubblicano il metodo di calcolo delle tasse e lo comunicano alla Commissione. La Commissione esamina se le tasse sono conformi ai requisiti fissati nel presente regolamento.

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(33) Il testo del presente regolamento è stato così sostituito dalla rettifica pubblicata nella G.U.U.E. 28 maggio 2004, n. L 191.


Articolo 28 (34)

Spese derivanti da controlli ufficiali supplementari.

Se la rilevazione dei casi di non conformità porta a effettuare controlli ufficiali che vanno al di la della normale attività di controllo dell'autorità competente, quest'ultima addebita le spese determinate da tali controlli ufficiali supplementari agli operatori del settore dei mangimi e degli alimenti responsabili della non conformità o, eventualmente al titolare o al depositario dei prodotti al momento in cui i controlli ufficiali supplementari sono eseguiti. Le attività normali di controllo consistono nella consueta attività di controllo richiesta dalla normativa comunitaria o dalla legislazione nazionale e in particolare quella descritta nel piano di cui all'articolo 41. Le attività che esulano dalle normali attività di controllo comprendono il prelievo e l'analisi di campioni come anche altri controlli necessari per accertare l'entità del problema e verificare se sia stato effettuato un intervento correttivo, o per individuare e/o provare casi di non conformità.

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(34) Il testo del presente regolamento è stato così sostituito dalla rettifica pubblicata nella G.U.U.E. 28 maggio 2004, n. L 191.


Articolo 29 (35)

Livello delle spese.

All'atto di fissare il livello delle spese di cui all'articolo 28 si tiene conto dei principi di cui all'articolo 27.

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(35) Il testo del presente regolamento è stato così sostituito dalla rettifica pubblicata nella G.U.U.E. 28 maggio 2004, n. L 191.


Capo VII

Altre disposizioni

Articolo 30 (36)

Certificazione ufficiale.

1. Fatti salvi i requisiti di certificazione ufficiale adottati per la salute e il benessere degli animali, possono essere adottati requisiti secondo la procedura di cui all'articolo 62, paragrafo 3, in materia di:

a) circostanze nelle quali e necessaria una certificazione ufficiale;

b) modelli dei certificati;

c) qualificazioni dei funzionari certificanti;

d) principi da rispettarsi per assicurare una certificazione affidabile, compresa la certificazione elettronica;

e) procedure da seguire in caso di ritiro dei certificati e di certificati di sostituzione;

f) partite suddivise in partite più piccole o che sono mescolate con altre partite;

g) documenti che devono accompagnare le merci una volta effettuati i controlli ufficiali.

2. Quando e richiesta questa certificazione ufficiale si assicura che:

a) sussista una correlazione tra il certificato e la partita;

b) l'informazione riportata sul certificato sia accurata e autentica.

3. Un modello unico di certificato unisce, se del caso, i requisiti riguardanti la certificazione ufficiale dei mangimi e degli alimenti ad altri requisiti di certificazione ufficiale.

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(36) Il testo del presente regolamento è stato così sostituito dalla rettifica pubblicata nella G.U.U.E. 28 maggio 2004, n. L 191.


Articolo 31 (37)

Registrazione/riconoscimento degli stabilimenti del settore dei mangimi e degli alimenti.

1. a) Le autorità competenti stabiliscono le procedure che devono seguire gli operatori del settore dei mangimi e degli alimenti che chiedono la registrazione del loro stabilimento a norma del regolamento (CE) n. 852/2004, della direttiva 95/69/CE e del futuro regolamento sull'igiene dei mangimi.

b) Esse elaborano e tengono aggiornato un elenco degli operatori del settore dei mangimi e degli alimenti che sono stati registrati. Se simile elenco esiste già per altri fini, può essere anche usato ai fini del presente regolamento.

2. a) Le autorità competenti stabiliscono le procedure che gli operatori del settore dei mangimi e degli alimenti devono seguire per il riconoscimento del loro stabilimento a norma del regolamento (CE) n. 852/2004 e (CE) n. 854/2004, o della direttiva 95/69/CE e del futuro regolamento sull'igiene dei mangimi.

b) Al ricevimento di una domanda di riconoscimento presentata da un operatore del settore dei mangimi e degli alimenti l'autorità competente effettua una visità in loco.

c) L'autorità competente procede al riconoscimento dello stabilimento per le attività interessate soltanto se l'operatore del settore dei mangimi e degli alimenti ha dimostrato di soddisfare i pertinenti requisiti della normativa in materia di mangimi e di alimenti.

d) L'autorità competente può concedere un riconoscimento condizionato qualora risulti che lo stabilimento soddisfa tutti i requisiti relativi alle infrastrutture e alle attrezzature. Essa concede il riconoscimento definitivo soltanto qualora da un nuovo controllo ufficiale dello stabilimento, effettuato entro 3 mesi dalla concessione del riconoscimento condizionato, risulti che lo stabilimento soddisfa gli altri requisiti della normativa in materia di mangimi o di alimenti. Se sono stati compiuti progressi evidenti ma lo stabilimento non soddisfa ancora tutti i requisiti in questione, l'autorità competente può prorogare il riconoscimento condizionato, la cui durata non può tuttavia superare in totale sei mesi.

e) L'autorità competente riesamina il riconoscimento degli stabilimenti in occasione dei controlli ufficiali. Qualora l'autorità competente individui gravi mancanze o debba arrestare la produzione di uno stabilimento ripetutamente e l'operatore del settore dei mangimi e degli alimenti non sia in grado di fornire garanzie adeguate per la produzione futura, l'autorità competente avvia le procedure per revocare il riconoscimento dello stabilimento. Tuttavia, l'autorità competente può sospendere il riconoscimento di uno stabilimento se l'operatore del settore dei mangimi e degli alimenti può garantire che esso ovviera alle mancanze entro un ragionevole lasso di tempo.

f) Le autorità competenti tengono elenchi aggiornati degli stabilimenti riconosciuti, e li rendono accessibili agli altri Stati membri e al pubblico con modalità che possono essere definite secondo la procedura di cui all'articolo 62, paragrafo 3 (38).

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(37) Il testo del presente regolamento è stato così sostituito dalla rettifica pubblicata nella G.U.U.E. 28 maggio 2004, n. L 191.

(38) Per i requisiti concernenti gli elenchi di stabilimenti di cui alla presente lettera, vedi l'articolo 5 e l'allegato V del regolamento (CE) n. 2074/2005.


TITOLO III

Laboratori di riferimento

Articolo 32 (39)

Laboratori comunitari di riferimento.

1. I laboratori comunitari di riferimento per i mangimi e gli alimenti di cui all'allegato VII sono responsabili di:

a) fornire ai laboratori nazionali di riferimento dettagli sui metodi di analisi, compresi i metodi di riferimento;

b) coordinare l'applicazione, ad opera dei laboratori nazionali di riferimento, dei metodi di cui alla lettera a), in particolare organizzando test comparativi e assicurando un appropriato follow-up di questi ultimi conformemente a protocolli internazionalmente accettati, se disponibili;

c) coordinare, nel loro ambito di competenza, le disposizioni pratiche necessarie per applicare nuovi metodi di analisi e informare i laboratori nazionali di riferimento dei progressi in tale ambito;

d) condurre corsi di formazione iniziale e avanzata a beneficio del personale dei laboratori nazionali di riferimento e di esperti dei paesi in via di sviluppo;

e) fornire assistenza scientifica e tecnica alla Commissione, particolarmente nei casi in cui gli Stati membri contestano i risultati delle analisi;

f) collaborare con i laboratori responsabili delle analisi dei mangimi e degli alimenti nei paesi terzi.

2. I laboratori comunitari di riferimento nel settore della salute degli animali sono responsabili di:

a) coordinare i metodi di diagnosi delle malattie negli Stati membri;

b) apportare un aiuto efficace all'identificazione dei focolai delle malattie negli Stati membri mediante lo studio degli isolati dell'agente patogeno loro inviati per conferma della diagnosi, individuazione delle caratteristiche e studi epizooziologici;

c) facilitare la formazione iniziale o ulteriore degli esperti in diagnosi di laboratorio al fine di armonizzare le tecniche diagnostiche in tutta la Comunità;

d) collaborare, per quanto concerne i metodi diagnostici delle malattie degli animali che rientrano nel loro ambito di competenza, con i laboratori competenti dei paesi terzi in cui tali malattie sono diffuse;

e) condurre corsi di formazione iniziale e avanzata a beneficio del personale dei laboratori nazionali di riferimento e di esperti dei paesi in via di sviluppo.

3. L'articolo 12, paragrafi 2 e 3, si applica ai laboratori comunitari di riferimento.

4. I laboratori comunitari di riferimento devono soddisfare i requisiti seguenti. Essi devono:

a) disporre di personale adeguatamente qualificato e formato alle tecniche diagnostiche e di analisi applicate nel loro ambito di competenze;

b) possedere le attrezzature e i prodotti necessari per espletare i compiti loro assegnati;

c) disporre di un'appropriata infrastruttura amministrativa;

d) assicurare che il personale rispetti la natura riservata di certe tematiche, risultati o comunicazioni;

e) avere sufficiente conoscenza delle norme e delle prassi internazionali;

f) disporre, se del caso, di un elenco aggiornato delle sostanze di riferimento e dei reagenti disponibili e di un elenco aggiornato dei fabbricanti e dei fornitori di tali sostanze e reagenti;

g) tenere conto delle attività di ricerca a livello nazionale e comunitario;

h) disporre di personale qualificato a cui far ricorso in situazioni di emergenza nell'ambito della Comunità.

5. Altri laboratori di riferimento comunitari pertinenti per i campi di cui all'articolo 1 possono essere inseriti nell'allegato VII secondo la procedura di cui all'articolo 62, paragrafo 3. L'allegato VII può essere aggiornato secondo la stessa procedura.

6. Responsabilità e compiti supplementari per i laboratori comunitari di riferimento possono essere stabiliti secondo la procedura di cui all'articolo 62, paragrafo 3.

7. I laboratori comunitari di riferimento possono ottenere un contributo finanziario della Comunità a norma dell'articolo 28 della decisione 90/424/CEE, del 26 giugno 1990, relativa a talune spese nel settore veterinario.

8. I laboratori comunitari di riferimento possono essere oggetto di controlli comunitari per verificarne la conformità ai requisiti stabiliti nel presente regolamento. Se da tali controlli risulta che un laboratorio non e conforme a tali requisiti o non espleta i compiti per i quali i laboratori sono stati designati, possono essere adottate le necessarie misure secondo la procedura di cui all'articolo 62, paragrafo 3.

9. I paragrafi da 1 a 7 si applicano lasciando impregiudicate norme più specifiche, e in particolare il capo VI del regolamento (CE) n. 999/2001 e l'articolo 14 della direttiva 96/23/CE.

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(39) Il testo del presente regolamento è stato così sostituito dalla rettifica pubblicata nella G.U.U.E. 28 maggio 2004, n. L 191.


Articolo 33 (40)

Laboratori nazionali di riferimento.

1. Gli Stati membri predispongono che per ciascun laboratorio comunitario di riferimento di cui all'articolo 32 siano designati uno o più laboratori nazionali di riferimento. Uno Stato membro può designare un laboratorio situato in un altro Stato membro o in un paese membro dell'Associazione europea di libero scambio (EFTA) e un singolo laboratorio può essere il laboratorio nazionale di riferimento di più di uno Stato membro.

2. Questi laboratori nazionali di riferimento:

a) collaborano con il laboratorio comunitario di riferimento nel loro ambito di competenza;

b) coordinano, nella loro sfera di competenza, le attività dei laboratori ufficiali responsabili dell'analisi dei campioni a norma dell'articolo 11;

c) se del caso, organizzano test comparativi tra i laboratori nazionali ufficiali e assicurano un adeguato follow-up dei test comparativi effettuati;

d) assicurano la trasmissione all'autorità competente e ai laboratori nazionali ufficiali delle informazioni fornite dai laboratori comunitari di riferimento;

e) offrono assistenza scientifica e tecnica all'autorità competente per l'attuazione di piani di controllo coordinati adottati a norma dell'articolo 53;

f) hanno la responsabilità di effettuare altri compiti specifici previsti secondo la procedura di cui all'articolo 62, paragrafo 3, fatti salvi ulteriori compiti nazionali previsti.

3. L'articolo 12, paragrafi 2 e 3, si applica ai laboratori nazionali di riferimento.

4. Gli Stati membri comunicano la denominazione e l'indirizzo di ciascun laboratorio nazionale di riferimento alla Commissione, al pertinente laboratorio comunitario di riferimento e agli altri Stati membri.

5. Gli Stati membri che hanno più di un laboratorio nazionale di riferimento per un laboratorio comunitario di riferimento, devono far si che questi laboratori operino in stretta collaborazione in modo da assicurare un efficiente coordinamento tra di loro, con gli altri laboratori nazionali e con il laboratorio comunitario di riferimento.

6. Responsabilità e compiti supplementari per i laboratori nazionali di riferimento possono essere fissati secondo la procedura di cui all'articolo 62, paragrafo 3.

7. I paragrafi da 1 a 5 si applicano lasciando impregiudicate norme più specifiche, in particolare il capo VI del regolamento (CE) n. 999/2001 e l'articolo 14 della direttiva 96/23/CE.

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(40) Il testo del presente regolamento è stato così sostituito dalla rettifica pubblicata nella G.U.U.E. 28 maggio 2004, n. L 191.


TITOLO IV

Assistenza e cooperazione amministrativa nei settori dei mangimi e degli alimenti

Articolo 34 (41)

Principi generali.

1. Se i risultati dei controlli ufficiali sui mangimi e sugli alimenti richiedono l'intervento in più di uno Stato membro, le autorità competenti degli Stati membri interessati si prestano reciprocamente assistenza amministrativa.

2. Le autorità competenti forniscono assistenza amministrativa a richiesta o spontaneamente se necessario per l'andamento delle indagini. L'assistenza amministrativa può comprendere, se del caso, la partecipazione a controlli in loco effettuati dall'autorità competente di un altro Stato membro.

3. Gli articoli da 35 a 40 non pregiudicano le norme nazionali applicabili per il rilascio di documenti che sono oggetto di procedimenti giudiziari o vi hanno attinenza, né volte e a tutelare gli interessi commerciali di persone fisiche o giuridiche.

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(41) Il testo del presente regolamento è stato così sostituito dalla rettifica pubblicata nella G.U.U.E. 28 maggio 2004, n. L 191.


Articolo 35 (42)

Organo di collegamento.

1. Ciascuno Stato membro designa uno o più organi di collegamento per assicurare gli eventuali contatti con gli organi di collegamento degli altri Stati membri. Gli organi di collegamento hanno il compito di curare e coordinare la comunicazione tra autorità competenti, in particolare la trasmissione e il ricevimento delle domande di assistenza.

2. Gli Stati membri comunicano alla Commissione e agli altri Stati membri tutti i dati utili relativi agli organi di collegamento da essi designati e le eventuali modifiche apportate a tali dati.

3. Fatto salvo il paragrafo 1, la designazione di organismi di collegamento non preclude contatti diretti, scambi di informazioni o cooperazione tra il personale delle autorità competenti nei vari Stati membri.

4. Le autorità competenti cui si applica la direttiva 89/608/CEE del Consiglio, del 21 novembre 1989, relativa alla mutua assistenza tra le autorità amministrative degli Stati membri e alla collaborazione tra queste e la Commissione per assicurare la corretta applicazione delle legislazioni veterinaria e zootecnica assicurano, se del caso, i contatti con le autorità che operano ai sensi del presente titolo.

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(42) Il testo del presente regolamento è stato così sostituito dalla rettifica pubblicata nella G.U.U.E. 28 maggio 2004, n. L 191.


Articolo 36 (43)

Assistenza a richiesta.

1. Alla ricezione di una richiesta motivata, l'autorità competente che riceve la richiesta assicura che l'autorità competente che l'ha inoltrata riceva tutte le informazioni e tutti i documenti necessari a consentirle di verificare la conformità alla normativa in materia di mangimi e di alimenti nell'ambito della sua giurisdizione. A tal fine, l'autorità competente dello Stato membro che riceve la richiesta predispone lo svolgimento delle eventuali indagini amministrative necessarie per ottenere tali informazioni e documenti.

2. Le informazioni e i documenti di cui al paragrafo 1 sono inviati senza indebito ritardo. I documenti possono essere trasmessi in originale o in copia.

3. Previo accordo tra l'autorità che ha inoltrato la richiesta e l'autorità che riceve la richiesta, il personale designato dalla prima può presenziare alle indagini amministrative.

Tali indagini sono sempre effettuate dal personale dell'autorità che ha ricevuto la richiesta.

Il personale dell'autorità che ha inoltrato la richiesta non può, di propria iniziativa, esercitare i poteri di indagine conferiti ai funzionari dell'autorità che ha ricevuto la richiesta. Detto personale ha tuttavia accesso agli stessi locali e agli stessi documenti di questi ultimi, per il loro tramite e ai soli fini dell'indagine amministrativa in corso.

4. Il personale dell'autorità che ha inoltrato la richiesta presente in un altro Stato membro a norma del paragrafo 3 deve essere sempre in grado di esibire un mandato scritto contenente le indicazioni della propria identità e del proprio ruolo ufficiale.

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(43) Il testo del presente regolamento è stato così sostituito dalla rettifica pubblicata nella G.U.U.E. 28 maggio 2004, n. L 191.


Articolo 37 (44)

Assistenza spontanea.

1. Un'autorità competente che venga a conoscenza di una non conformità che potrebbe avere implicazioni per un altro Stato membro o per altri Stati membri trasmette tale informazione all'altro Stato membro o agli altri Stati membri senza che ne abbia ricevuto richiesta e senza indugio.

2. Gli Stati membri che ricevono tali informazioni indagano sulla materia e informano lo Stato membro che ha fornito le informazioni sui risultati delle indagini e, se del caso, sulle misure adottate.

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(44) Il testo del presente regolamento è stato così sostituito dalla rettifica pubblicata nella G.U.U.E. 28 maggio 2004, n. L 191.


Articolo 38 (45)

Assistenza in caso di non conformità.

1. L'autorità competente dello Stato membro di destinazione che, nel corso di un controllo ufficiale effettuato nel luogo di destinazione delle merci o durante il loro trasporto, accerti che le merci non soddisfano i requisiti della normativa in materia di mangimi e di alimenti in modo da creare un rischio per la salute umana o degli animali o da costituire una seria violazione della normativa stessa, si mette immediatamente in contatto con l'autorità competente dello Stato membro d'invio.

2. L'autorità competente dello Stato membro d'invio indaga in merito, prende tutte le misure necessarie e notifica all'autorità competente dello Stato membro di destinazione la natura delle indagini e dei controlli ufficiali effettuati, le decisioni prese e le relative motivazioni.

3. Qualora l'autorità competente dello Stato membro di destinazione nutra il timore che tali misure non siano adeguate, le autorità competenti dei due Stati membri esaminano insieme i mezzi per ovviare alla situazione, se del caso con un'ispezione congiunta in loco effettuata a norma dell'articolo 36, paragrafi 3 e 4. Esse informano la Commissione se non sono in grado di concordare misure appropriate.

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(45) Il testo del presente regolamento è stato così sostituito dalla rettifica pubblicata nella G.U.U.E. 28 maggio 2004, n. L 191.


Articolo 39 (46)

Relazioni con i paesi terzi.

1. Quando un paese terzo comunica all'autorità competente di uno Stato membro informazioni da cui risulta una non conformità e/o un rischio per la salute umana o degli animali, questa e tenuta a trasmetterle alle autorità competenti degli Stati membri se ritiene che possano esservi interessate oppure su loro richiesta. Tali informazioni sono anche comunicate alla Commissione ove rivestano interesse a livello comunitario.

2. Se il paese terzo ha assunto l'impegno giuridico di fornire l'assistenza necessaria per raccogliere gli elementi comprovanti l'irregolarità di operazioni che sono o appaiono contrarie alla pertinente normativa in materia di mangimi e di alimenti, le informazioni ottenute a norma del presente regolamento possono essergli comunicate, con il consenso delle autorità competenti che le hanno fornite e nel rispetto delle norme relative al trasferimento di dati personali a paesi terzi.

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(46) Il testo del presente regolamento è stato così sostituito dalla rettifica pubblicata nella G.U.U.E. 28 maggio 2004, n. L 191.


Articolo 40 (47)

Assistenza coordinata e follow-up della Commissione.

1. La Commissione coordina senza ritardo l'azione intrapresa dagli Stati membri allorché, in seguito a informazioni ricevute dagli Stati membri o da altre fonti, viene a conoscenza di attività che sono o appaiono contrarie alla normativa in materia di mangimi o di alimenti e che sono di particolare interesse a livello comunitario, in particolare se:

a) tali attività hanno o possono avere ramificazioni in più Stati membri;

b) si presume che siano state condotte attività analoghe in diversi Stati membri;

c) gli Stati membri non sono in grado di concordare un'azione appropriata in caso di non conformità.

2. Se i controlli ufficiali a destinazione evidenziano casi ripetuti di non conformità o altri rischi per la salute umana, delle piante o degli animali, derivanti dai mangimi o dagli alimenti direttamente o tramite l'ambiente, l'autorità competente dello Stato membro di destinazione informa senza indugio la Commissione e le autorità competenti degli altri Stati membri.

3. La Commissione ha facoltà di:

a) in collaborazione con lo Stato membro interessato, inviare un gruppo di ispettori per effettuare un controllo ufficiale in loco;

b) chiedere all'autorità competente dello Stato membro di invio di intensificare i suoi controlli ufficiali in merito e di riferire sull'azione e sulle misure intraprese.

4. Allorché le misure di cui ai paragrafi 2 e 3 sono prese per affrontare casi di ripetuta non conformità da parte di un'azienda del settore dei mangimi e degli alimenti, l'autorità competente addebita tutte le spese derivanti da tali misure all'azienda in questione.

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(47) Il testo del presente regolamento è stato così sostituito dalla rettifica pubblicata nella G.U.U.E. 28 maggio 2004, n. L 191.


TITOLO V

Piani di controllo

Articolo 41 (48)

Piani di controllo nazionali pluriennali.

Al fine di garantire l'effettiva attuazione dell'articolo 17, paragrafo 2, del regolamento (CE) n. 178/2002, delle norme sulla salute e sul benessere degli animali e dell'articolo 45 del presente regolamento, ciascuno Stato membro elabora un unico piano integrato di controllo nazionale pluriennale.

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(48) Il testo del presente regolamento è stato così sostituito dalla rettifica pubblicata nella G.U.U.E. 28 maggio 2004, n. L 191.


Articolo 42 (49)

Principi per l'elaborazione dei piani di controllo nazionali pluriennali.

1. Gli Stati membri:

a) attuano il piano di cui all'articolo 41 per la prima volta entro il 1° gennaio 2007;

b) lo aggiornano regolarmente alla luce dei pertinenti sviluppi;

c) forniscono, a richiesta, alla Commissione la versione più recente del piano.

2. Ciascun piano di controllo nazionale pluriennale contiene informazioni generali sulla struttura e sull'organizzazione dei sistemi di controllo dei mangimi e degli alimenti e della salute e del benessere degli animali nello Stato membro interessato, in particolare:

a) sugli obiettivi strategici del piano di controllo e sul modo in cui le priorità dei controlli e lo stanziamento delle risorse rispecchiano tali obiettivi;

b) sulla categorizzazione del rischio delle attività interessate;

c) sulla designazione delle autorità competenti e sui loro compiti a livello centrale, regionale e locale, nonché sulle risorse di cui esse dispongono;

d) sull'organizzazione generale e la gestione dei controlli ufficiali a livello nazionale, regionale e locale, compresi i controlli ufficiali in singoli stabilimenti;

e) sui sistemi di controllo applicati ai diversi settori e sul coordinamento tra i diversi servizi delle autorità competenti incaricati dei controlli ufficiali in tali settori;

f) se del caso, sulla delega di compiti a organismi di controllo;

g) sui metodi per assicurare la conformità ai criteri operativi di cui all'articolo 4, paragrafo 2;

h) sulla formazione dei funzionari che eseguono i controlli ufficiali di cui all'articolo 6;

i) sulle procedure documentate di cui agli articoli 8 e 9;

j) sull'organizzazione e sul funzionamento di piani di emergenza in caso di emergenze per malattie di origine animale o alimentare, contaminazioni di mangimi e di alimenti e altri rischi per la salute umana;

k) sull'organizzazione della cooperazione e dell'assistenza reciproca.

3. I piani di controllo nazionali pluriennali possono essere adattati durante la loro applicazione. Modifiche possono essere apportate in considerazione dei seguenti fattori o per tenerne conto:

a) nuova normativa;

b) il manifestarsi di nuove malattie o di altri rischi per la salute;

c) cambiamenti significativi nella struttura, nella gestione o nel funzionamento delle autorità nazionali competenti;

d) i risultati dei controlli ufficiali effettuati dagli Stati membri;

e) i risultati dei controlli comunitari a norma dell'articolo 45;

f) qualsiasi modifica degli orientamenti di cui all'articolo 43;

g) i risultati scientifici;

h) il risultato di audit effettuati da un paese terzo in uno Stato membro.

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(49) Il testo del presente regolamento è stato così sostituito dalla rettifica pubblicata nella G.U.U.E. 28 maggio 2004, n. L 191.


Articolo 43 (50)

Orientamenti per i piani di controllo nazionali pluriennali.

1. I piani di controllo nazionali pluriennali di cui all'articolo 41 tengono conto degli orientamenti fissati dalla Commissione secondo la procedura di cui all'articolo 62, paragrafo 2. Essi devono in particolare:

a) promuovere un approccio coerente, completo e integrato ai controlli ufficiali dei mangimi e degli alimenti, della normativa sulla salute e sul benessere degli animali e abbracciare tutti i settori e tutte le fasi della catena alimentare animale e umana, comprese l'importazione e l'introduzione;

b) individuare le priorità in funzione dei rischi e i criteri per la categorizzazione del rischio delle attività interessate e le procedure di controllo più efficaci;

c) individuare altre priorità e le procedure di controllo piu efficaci;

d) individuare le fasi della produzione, trasformazione e distribuzione degli alimenti e dei mangimi, compreso l'impiego dei mangimi, che possono fornire le informazioni più affidabili e indicative sulla conformità alla normativa in materia di mangimi e di alimenti;

e) incoraggiare l'adozione delle migliori pratiche a tutti i livelli del sistema di controllo;

f) incoraggiare lo sviluppo di controlli efficaci sui sistemi di rintracciabilita;

g) fornire consulenza sullo sviluppo di sistemi per registrare l'efficacia e i risultati delle azioni di controllo;

h) rispecchiare le norme e le raccomandazioni emanate dai pertinenti organismi internazionali per quanto concerne l'organizzazione e il funzionamento dei servizi ufficiali;

i) fissare criteri per l'esecuzione degli audit di cui all'articolo 4, paragrafo 6;

j) stabilire la struttura delle relazioni annuali prescritte all'articolo 44 e le informazioni che devono contenere;

k) segnalare i principali indicatori di efficienza da applicarsi all'atto della valutazione dei piani di controllo nazionali pluriennali.

2. Laddove necessario, gli orientamenti sono adattati alla luce dell'analisi delle relazioni annuali presentate dagli Stati membri a norma dell'articolo 44, o dei controlli comunitari effettuati a norma dell'articolo 45.

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(50) Il testo del presente regolamento è stato così sostituito dalla rettifica pubblicata nella G.U.U.E. 28 maggio 2004, n. L 191.


Articolo 44 (51)

Relazioni annuali.

1. Un anno dopo l'avvio dei piani di controllo nazionali pluriennali, e successivamente con cadenza annuale, gli Stati membri presentano alla Commissione una relazione comprendente:

a) qualsiasi modifica dei piani di controllo nazionali pluriennali per tener conto dei fattori di cui all'articolo 42, paragrafo 3;

b) i risultati dei controlli e degli audit effettuati nell'anno precedente secondo le disposizioni del piano di controllo nazionale pluriennale;

c) il tipo e il numero di casi di mancata conformità accertati;

d) le azioni volte ad assicurare il funzionamento efficace dei piani di controllo nazionali pluriennali, comprese le azioni per farli rispettare e i loro risultati.

2. Per favorire una presentazione coerente della relazione e in particolare dei risultati dei controlli ufficiali, le informazioni di cui al paragrafo 1 tengono conto degli orientamenti stabiliti dalla Commissione secondo la procedura di cui all'articolo 62, paragrafo 2.

3. Gli Stati membri mettono a punto le loro relazioni e le trasmettono alla Commissione entro sei mesi dalla fine dell'anno cui esse si riferiscono.

4. Alla luce delle relazioni di cui al paragrafo 1, del risultato dei controlli comunitari effettuati a norma dell'articolo 45 e di qualsiasi altra informazione pertinente, la Commissione elabora una relazione annuale sul funzionamento generale dei controlli ufficiali negli Stati membri che può, se del caso, comprendere raccomandazioni su:

a) eventuali miglioramenti ai sistemi di controllo ufficiali e di audit negli Stati membri, compreso il loro campo di applicazione, la loro gestione e attuazione;

b) azioni specifiche di controllo concernenti settori o attività, a prescindere dal fatto se questi siano coperti o meno dai piani di controllo nazionali pluriennali;

c) piani coordinati volti ad affrontare questioni d'interesse particolare.

5. I piani di controllo nazionali pluriennali e i relativi orientamenti vengono adattati, ove opportuno, sulla base delle conclusioni e raccomandazioni contenute nella relazione della Commissione.

6. La Commissione presenta tale relazione al Parlamento europeo e al Consiglio e la rende disponibile al pubblico.

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(51) Il testo del presente regolamento è stato così sostituito dalla rettifica pubblicata nella G.U.U.E. 28 maggio 2004, n. L 191.


TITOLO VI

Attività comunitarie

Capo I

Controlli comunitari

Articolo 45 (52)

Controlli comunitari negli Stati membri.

1. Esperti della Commissione effettuano audit generali e specifici negli Stati membri. La Commissione può nominare esperti degli Stati membri che assistano i propri esperti. Gli audit generali e specifici sono organizzati in cooperazione con le autorità competenti degli Stati membri. Gli audit sono effettuati su base regolare. L'obiettivo principale e di verificare che globalmente i controlli ufficiali negli Stati membri si svolgano conformemente ai piani di controllo nazionali pluriennali di cui all'articolo 41 e alla normativa comunitaria. A tal fine e per promuovere l'efficienza e l'efficacia degli audit, la Commissione, prima di effettuarli, può chiedere agli Stati membri di fornire, non appena possibile, copie aggiornate dei piani di controllo nazionali.

2. Gli audit specifici e le ispezioni in uno o più campi specifici possono completare gli audit generali. Gli audit specifici e le ispezioni servono in particolare a:

a) verificare l'attuazione del piano di controllo nazionale pluriennale, della normativa in materia di mangimi e di alimenti e di quella sulla salute e sul benessere degli animali e possono comprendere, a seconda dei casi, ispezioni in loco di servizi ufficiali e di strutture attinenti al settore sottoposto a audit;

b) verificare il funzionamento e l'organizzazione delle autorità competenti;

c) indagare su problemi importanti o ricorrenti negli Stati membri;

d) indagare su situazioni di emergenza, problemi emergenti o nuovi sviluppi negli Stati membri.

3. La Commissione stila, per ciascun controllo effettuato, una relazione sui risultati. Tale relazione, se del caso, contiene raccomandazioni agli Stati membri per una migliore conformità alla normativa in materia di mangimi e di alimenti e alle norme sulla salute e sul benessere degli animali. La Commissione rende le relazioni disponibili al pubblico. Per le relazioni sui controlli effettuati in uno Stato membro, la Commissione fornisce alla pertinente autorità competente un progetto di relazione per eventuali osservazioni, delle quali tiene conto nella stesura della relazione definitiva e che pubblica insieme a quest'ultima.

4. La Commissione stabilisce un programma di controllo annuale, lo comunica anticipatamente agli Stati membri e riferisce sui suoi risultati. La Commissione può modificare il programma per tener conto degli sviluppi della situazione nel campo della sicurezza dei mangimi e degli alimenti, della salute e del benessere degli animali e della fitosanità.

5. Gli Stati membri:

a) assicurano un appropriato follow-up delle raccomandazioni risultanti dai controlli comunitari;

b) forniscono tutta l'assistenza necessaria e tutta la documentazione e ogni altro sostegno tecnico richiesto dagli esperti della Commissione per consentire loro di eseguire i controlli in modo efficiente ed effettivo;

c) assicurano che gli esperti della Commissione abbiano accesso a tutti i locali o parti di locali e a tutte le informazioni, compresi i sistemi informatici, pertinenti per l'esecuzione dei loro compiti.

6. Norme dettagliate sui controlli comunitari negli Stati membri possono essere stabilite o modificate secondo la procedura di cui all'articolo 62, paragrafo 3.

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(52) Il testo del presente regolamento è stato così sostituito dalla rettifica pubblicata nella G.U.U.E. 28 maggio 2004, n. L 191.


Articolo 46 (53)

Controlli comunitari nei paesi terzi.

1. Esperti della Commissione possono effettuare controlli ufficiali in paesi terzi al fine di verificare, sulla base delle informazioni di cui all'articolo 47, paragrafo 1, la conformità o l'equivalenza della legislazione e dei sistemi del paese terzo alla normativa comunitaria in materia di mangimi e di alimenti e a quella sulla salute degli animali. La Commissione può nominare esperti degli Stati membri che assistano i propri esperti. Tali controlli ufficiali prendono in considerazione, in particolare:

a) la legislazione del paese terzo;

b) l'organizzazione delle autorità competenti del paese terzo, i poteri di cui loro dispongono e il loro livello di indipendenza, la supervisione cui sono sottoposte nonché l'autorità di cui esse godono per far rispettare effettivamente la legislazione pertinente;

c) la formazione del personale per l'esecuzione dei controlli ufficiali;

d) le risorse di cui dispongono le autorità competenti, comprese le strutture diagnostiche;

e) l'esistenza e il funzionamento di procedure di controllo documentate e di sistemi di controllo basati su priorita;

f) se del caso, la situazione riguardante la salute degli animali, le zoonosi e la fitosanità, nonché le procedure di notifica ai servizi della Commissione e agli organismi internazionali pertinenti in caso di insorgenza di malattie degli animali e delle piante;

g) l'entità e il funzionamento dei controlli ufficiali sulle importazioni di animali, piante e di prodotti da essi derivati;

h) le assicurazioni che il paese terzo può fornire in materia di conformità o di equivalenza ai requisiti comunitari.

2. Per promuovere l'efficienza e l'efficacia dei controlli in un paese terzo la Commissione, prima di effettuare tali controlli, può richiedere che il paese terzo presenti le informazioni di cui all'articolo 47, paragrafo 1, nonché, se del caso, le registrazioni scritte dell'attuazione di siffatti controlli.

3. La frequenza dei controlli comunitari nei paesi terzi e determinata sulla base dei seguenti elementi:

a) una valutazione del rischio presentato dai prodotti esportati verso la Comunità;

b) le disposizioni della normativa comunitaria;

c) il volume e la natura delle importazioni dal paese in questione;

d) i risultati dei controlli già effettuati dai servizi della Commissione o da altri organi ispettivi;

e) i risultati dei controlli all'importazione e degli altri eventuali controlli eseguiti dalle autorità competenti degli Stati membri;

f) le informazioni ricevute dall'Autorità europea per la sicurezza alimentare o da organismi analoghi;

g) le informazioni ricevute da organismi internazionalmente riconosciuti come ad esempio l'OMS, il Codex Alimentarius della Commissione e l'Organizzazione mondiale della sanità animale (OIE), o da altre fonti;

h) prove di emergenti situazioni di malattia o altre circostanze che possono dar luogo all'importazione di animali vivi, piante vive, mangimi o alimenti da un paese terzo che presenta rischi per la salute;

i) la necessità di indagare o reagire riguardo a situazioni di emergenza in singoli paesi terzi.

I criteri per determinare i rischi ai fini della valutazione del rischio di cui alla lettera a) vengono decisi secondo la procedura di cui all'articolo 62, paragrafo 3.

4. Le modalità e le norme dettagliate per i controlli nei paesi terzi possono essere determinate o modificate secondo la procedura di cui all'articolo 62, paragrafo 3.

Vi rientrano in particolare modalità e norme dettagliate per:

a) controlli nei paesi terzi nel contesto di un accordo bilaterale;

b) controlli in altri paesi terzi.

Le tasse relative ai suddetti controlli possono essere stabilite su base reciproca, secondo la medesima procedura.

5. Se durante un controllo comunitario si individua un rischio serio per la salute umana o degli animali, la Commissione prende immediatamente tutte le misure di emergenza necessarie a norma dell'articolo 53 del regolamento (CE) n. 178/2002 o alle disposizioni in materia di salvaguardia previste da altri strumenti pertinenti del diritto comunitario.

6. La Commissione riferisce sui risultati di ciascun controllo comunitario effettuato. Se del caso la relazione contiene raccomandazioni.

La Commissione mette le relazioni a disposizione del pubblico.

7. La Commissione comunica anticipatamente agli Stati membri il suo programma di controlli nei paesi terzi e riferisce sui suoi risultati. Puo modificare il programma per tener conto degli sviluppi della situazione nel campo della sicurezza dei mangimi e degli alimenti, della salute degli animali e della fitosanità.

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(53) Il testo del presente regolamento è stato così sostituito dalla rettifica pubblicata nella G.U.U.E. 28 maggio 2004, n. L 191.


Capo II

Condizioni di importazione

Articolo 47 (54)

Condizioni generali di importazione.

1. Spetta alla Commissione chiedere ai paesi terzi che intendono esportare merci nella Comunità di fornire le seguenti informazioni accurate e aggiornate sull'organizzazione generale e sulla gestione dei sistemi di controllo sanitario:

a) i regolamenti di ordine sanitario o fitosanitario adottati o proposti sul suo territorio;

b) le procedure di controllo e d'ispezione, di produzione e di quarantena, le procedure di approvazione della tolleranza ai pesticidi e degli additivi alimentari in vigore sul suo territorio;

c) le procedure di valutazione del rischio, i fattori di cui si tiene conto nonché la determinazione dell'adeguato livello di protezione sanitaria o fitosanitaria;

d) se del caso il follow-up dato alle raccomandazioni fatte in seguito ai controlli di cui all'articolo 46.

2. Le informazioni di cui al paragrafo 1 devono essere proporzionate alla natura delle merci e possono tenere conto della situazione specifica e della struttura del paese terzo e della natura dei prodotti esportati verso la Comunità. Esse si riferiscono almeno alle merci destinate ad essere esportate verso la Comunità.

3. Le informazioni di cui al paragrafo 1 e 2 possono anche riguardare:

a) i risultati dei controlli nazionali effettuati sulle merci destinate all'esportazione nella Comunità;

b) importanti cambiamenti che sono stati apportati alla struttura e al funzionamento dei pertinenti sistemi di controllo, in particolare per soddisfare i requisiti o le raccomandazioni comunitari.

4. Allorché un paese terzo non fornisce le suddette informazioni oppure queste risultino inadeguate, possono essere fissate specifiche condizioni di importazione in conformità della procedura di cui all'articolo 62, paragrafo 3, su base strettamente temporanea e caso per caso, in seguito a consultazioni con il paese terzo interessato.

5. Gli orientamenti che specificano come le informazioni di cui ai paragrafi 1, 2 e 3 debbono essere elaborate e presentate alla Commissione, nonché le misure transitorie che consentono ai paesi terzi di avere il tempo necessario per preparare queste informazioni, sono stabiliti in conformità delle procedure di cui all'articolo 62, paragrafo 2.

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(54) Il testo del presente regolamento è stato così sostituito dalla rettifica pubblicata nella G.U.U.E. 28 maggio 2004, n. L 191.


Articolo 48 (55)

Condizioni specifiche di importazione.

1. Nella misura in cui le condizioni e le procedure dettagliate da rispettare all'atto di importare merci da paesi terzi o da regioni degli stessi non siano previste dalla normativa comunitaria, e in particolare dal regolamento (CE) n. 854/2004 esse sono stabilite, se necessario, secondo la procedura di cui all'articolo 62, paragrafo 3.

2. Le condizioni e le procedure dettagliate di cui al paragrafo 1 possono comprendere:

a) l'elaborazione di un elenco di paesi terzi da cui possono essere importati prodotti specifici in uno dei territori di cui all'allegato I;

b) la definizione di modelli di certificati di accompagnamento delle partite;

c) condizioni speciali di importazione a seconda del tipo di prodotto o di animale e degli eventuali rischi ad esso associati.

3. I paesi terzi figurano nell'elenco di cui al paragrafo 2, lettera a), soltanto se le loro autorità competenti forniscono garanzie adeguate per quanto concerne la conformità o l'equivalenza alla normativa comunitaria in materia di mangimi e di alimenti e alle norme sulla salute degli animali.

4. All'atto di elaborare o aggiornare gli elenchi, si prendono in considerazione in particolare i seguenti criteri:

a) la legislazione del paese terzo nel settore in questione;

b) la struttura e l'organizzazione dell'autorità competente del paese terzo e dei suoi servizi di controllo, nonché i poteri di cui dispongono e le garanzie che possono essere fornite per quanto concerne l'attuazione della legislazione in materia;

c) l'esistenza di adeguati controlli ufficiali;

d) la regolarità e rapidità delle informazioni fornite dal paese terzo sulla presenza di rischi potenziali nei mangimi e negli alimenti e negli animali vivi;

e) le garanzie fornite da un paese terzo che:

i) le condizioni applicate agli stabilimenti da cui i mangimi e gli alimenti possono essere importati verso la Comunità sono conformi o equivalenti ai requisiti fissati nella normativa comunitaria in materia di mangimi e di alimenti;

ii) esiste ed e tenuto aggiornato un elenco di tali stabilimenti;

iii) l'elenco degli stabilimenti e le sue versioni aggiornate sono comunicati alla Commissione senza indugio;

iv) gli stabilimenti sono oggetto di controlli regolari ed efficaci da parte delle autorità competenti del paese terzo.

5. Nell'adottare le condizioni speciali di importazione di cui al paragrafo 2, lettera c), si tiene conto delle informazioni presentate dai paesi terzi interessati e, se del caso, dei risultati dei controlli comunitari effettuati in tali paesi terzi. Condizioni speciali di importazione possono essere definite per un singolo prodotto o per un gruppo di prodotti e possono applicarsi a un singolo paese terzo, a regioni dello stesso o a un gruppo di paesi terzi.

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(55) Il testo del presente regolamento è stato così sostituito dalla rettifica pubblicata nella G.U.U.E. 28 maggio 2004, n. L 191.


Articolo 49 (56)

Equivalenza.

1. In seguito all'attuazione di un accordo di equivalenza o ad un audit soddisfacente, può essere presa una decisione, secondo la procedura di cui all'articolo 62, paragrafo 3, che riconosca che le misure applicate in settori specifici da un paese terzo o da una regione dello stesso offrono garanzie equivalenti a quelle applicate nella Comunità se il paese terzo fornisce prove oggettive in proposito.

2. La decisione di cui al paragrafo 1 stabilisce le condizioni che disciplinano le importazioni da tale paese terzo o regione di paese terzo.

Queste condizioni possono comprendere:

a) la natura e il contenuto dei certificati che devono accompagnare il prodotto;

b) requisiti specifici applicabili alle importazioni verso la Comunità;

c) se del caso, procedure per l'elaborazione e la modifica di elenchi di regioni o di stabilimenti da cui le importazioni sono consentite.

3. La decisione di cui al paragrafo 1 e revocata secondo la stessa procedura e senza indugio se una qualsiasi delle condizioni per il riconoscimento dell'equivalenza stabilità al tempo della sua adozione cessa di essere soddisfatta.

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(56) Il testo del presente regolamento è stato così sostituito dalla rettifica pubblicata nella G.U.U.E. 28 maggio 2004, n. L 191.


Articolo 50 (57)

Sostegno ai paesi in via di sviluppo.

1. Secondo la procedura di cui all'articolo 62, paragrafo 3, possono essere adottate e mantenute, fintantoché abbiano effetti comprovati, le seguenti misure atte ad assicurare che i paesi in via di sviluppo siano in grado di conformarsi alle disposizioni del presente regolamento:

a) introduzione progressiva dei requisiti di cui agli articoli 47 e 48 per i prodotti esportati verso la Comunità. I progressi compiuti nel soddisfacimento di tali requisiti sono valutati e presi in considerazione all'atto di stabilire se per un periodo di tempo limitato si rendano necessarie deroghe specifiche, parziali o totali a detti requisiti. L'introduzione progressiva tiene altresì conto dei progressi realizzati nella creazione della capacità istituzionale di cui al paragrafo 2;

b) assistenza per la fornitura delle informazioni di cui all'articolo 47, se del caso ad opera di esperti comunitari;

c) promozione di progetti comuni tra paesi in via di sviluppo e Stati membri;

d) elaborazione di orientamenti per aiutare i paesi in via di sviluppo ad organizzare controlli ufficiali sui prodotti esportati verso la Comunità;

e) invio di esperti comunitari nei paesi in via di sviluppo per fornire assistenza nell'organizzazione dei controlli ufficiali;

f) partecipazione del personale dei paesi in via di sviluppo preposto ai controlli ai corsi di formazione di cui all'articolo 51.

2. Nel contesto della politica comunitaria di cooperazione allo sviluppo, la Commissione promuove il sostegno ai paesi in via di sviluppo per quanto riguarda la sicurezza dei mangimi e degli alimenti in generale e il rispetto delle norme relative ai mangimi e agli alimenti in particolare, allo scopo di rafforzare la capacità istituzionale richiesta per soddisfare i requisiti di cui agli articoli 5, 12, 47 e 48.

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(57) Il testo del presente regolamento è stato così sostituito dalla rettifica pubblicata nella G.U.U.E. 28 maggio 2004, n. L 191.


Capo III

Formazione del personale preposto ai controlli

Articolo 51 (58)

Formazione del personale preposto ai controlli.

1. La Commissione può organizzare corsi di formazione per il personale delle autorità competenti degli Stati membri responsabile dei controlli ufficiali di cui al presente regolamento. Tali corsi di formazione servono a sviluppare un approccio armonizzato ai controlli ufficiali negli Stati membri e possono comprendere in particolare una formazione:

a) sulla normativa comunitaria in materia di mangimi e alimenti e sulle norme sulla salute e sul benessere degli animali;

b) sui metodi e sulle tecniche di controllo, come l'audit dei sistemi concepiti dagli operatori per conformarsi alla normativa in materia di mangimi e di alimenti ed alle norme sulla salute e sul benessere degli animali;

c) sui controlli da effettuarsi sulle merci importate nella Comunità;

d) sui metodi e sulle tecniche di produzione, trasformazione e commercializzazione dei mangimi e degli alimenti.

2. I corsi di formazione di cui al paragrafo 1 possono essere aperti a partecipanti di paesi terzi, in particolare dei paesi in via di sviluppo.

3. Norme dettagliate per l'organizzazione di corsi di formazione possono essere fissate secondo la procedura di cui all'articolo 62, paragrafo 3.

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(58) Il testo del presente regolamento è stato così sostituito dalla rettifica pubblicata nella G.U.U.E. 28 maggio 2004, n. L 191.


Capo IV

Altre attività comunitarie

Articolo 52 (59)

Controlli dei paesi terzi negli Stati membri.

1. Su richiesta delle autorità competenti degli Stati membri e in cooperazione con esse, esperti della Commissione possono assistere gli Stati membri nel corso di controlli effettuati da paesi terzi.

2. In tal caso, gli Stati membri sul cui territorio un paese terzo deve effettuare un controllo informano la Commissione sulla relativa programmazione, portata e documentazione e comunicano qualsiasi altra informazione pertinente che consenta alla Commissione di partecipare efficacemente al controllo.

3. L'assistenza della Commissione serve in particolare a:

a) chiarire la normativa comunitaria in materia di mangimi e di alimenti e le norme sulla salute e sul benessere degli animali;

b) fornire informazioni e dati disponibili a livello comunitario che possano essere utili per il controllo effettuato dal paese terzo;

c) assicurare l'uniformità per quanto concerne i controlli effettuati dai paesi terzi.

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(59) Il testo del presente regolamento è stato così sostituito dalla rettifica pubblicata nella G.U.U.E. 28 maggio 2004, n. L 191.


Articolo 53 (60)

Piani coordinati di controllo.

La Commissione può raccomandare piani coordinati secondo la procedura di cui all'articolo 62, paragrafo 2. Tali piani sono:

a) organizzati annualmente conformemente a un programma;

b) se ritenuto necessario, organizzati ad hoc in particolare al fine di stabilire la prevalenza di rischi potenziali associati a mangimi, alimenti o animali.

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(60) Il testo del presente regolamento è stato così sostituito dalla rettifica pubblicata nella G.U.U.E. 28 maggio 2004, n. L 191.


TITOLO VII

Misure di attuazione

Capo I

Misure nazionali di attuazione

Articolo 54 (61)

Azioni in caso di non conformità alla normativa.

1. L'autorità competente che individui una non conformità interviene per assicurare che l'operatore ponga rimedio alla situazione. Nel decidere l'azione da intraprendere, l'autorità competente tiene conto della natura della non conformità e dei dati precedenti relativi a detto operatore per quanto riguarda la non conformità.

2. Tale azione comprende, a seconda dei casi, le seguenti misure:

a) l'imposizione di procedure di igienizzazione o di qualsiasi altra azione ritenuta necessaria per garantire la sicurezza del mangime e degli alimenti o la conformità alla normativa in materia di mangimi e di alimenti e alle norme sulla salute e sul benessere degli animali;

b) la restrizione o il divieto dell'immissione sul mercato, dell'importazione o dell'esportazione di mangimi, alimenti o animali;

c) il monitoraggio e, se necessario, la decisione del richiamo, del ritiro e/o della distruzione di mangimi o alimenti;

d) l'autorizzazione dell'uso di mangimi o di alimenti per fini diversi da quelli originariamente previsti;

e) la sospensione delle operazioni o la chiusura in toto o in parte dell'azienda interessata per un appropriato periodo di tempo;

f) la sospensione o il ritiro del riconoscimento dello stabilimento;

g) le misure di cui all'articolo 19 sulle partite provenienti da paesi terzi;

h) qualsiasi altra misura ritenuta opportuna dall'autorità competente.

3. L'autorità competente trasmette all'operatore interessato o a un suo rappresentante:

a) notifica scritta della sua decisione concernente l'azione da intraprendere a norma del paragrafo 1, unitamente alle relative motivazioni;

b) informazioni sui diritti di ricorso avverso tali decisioni e sulla procedura e sui termini applicabili.

4. Se del caso, l'autorità competente notifica la sua decisione anche all'autorità competente dello Stato membro d'invio.

5. Tutti i costi sostenuti a norma del presente articolo sono a carico dell'operatore del settore dei mangimi e degli alimenti responsabile.

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(61) Il testo del presente regolamento è stato così sostituito dalla rettifica pubblicata nella G.U.U.E. 28 maggio 2004, n. L 191.


Articolo 55 (62)

Sanzioni.

1. Gli Stati membri stabiliscono le regole in materia di sanzioni applicabili in caso di violazione della normativa sui mangimi e sugli alimenti e di altre disposizioni comunitarie concernenti la tutela della salute e del benessere degli animali e prendono tutte le misure necessarie per assicurare che siano attuate. Le sanzioni previste devono essere effettive, proporzionate e dissuasive.

2. Gli Stati membri notificano senza indugio alla Commissione le disposizioni applicabili in caso di violazione della normativa in materia di mangimi e di alimenti e qualsiasi successiva modifica.

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(62) Il testo del presente regolamento è stato così sostituito dalla rettifica pubblicata nella G.U.U.E. 28 maggio 2004, n. L 191.


Capo II

Misure comunitarie di attuazione

Articolo 56 (63)

Misure di salvaguardia.

1. Sono adottate misure secondo le procedure stabilite all'articolo 53 del regolamento (CE) n. 178/2002:

a) se la Commissione ha la prova di una grave carenza nei sistemi di controllo di uno Stato membro;

b) se tale carenza può costituire un rischio eventuale e diffuso per la salute umana, la salute o il benessere degli animali, direttamente o tramite l'ambiente.

2. Tali misure sono adottate soltanto dopo che:

a) i controlli comunitari hanno indicato e segnalato la non conformità alla normativa comunitaria;

b) lo Stato membro interessato non ha corretto la situazione a richiesta della Commissione e entro i termini da essa fissati.

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(63) Il testo del presente regolamento è stato così sostituito dalla rettifica pubblicata nella G.U.U.E. 28 maggio 2004, n. L 191.


TITOLO VIII

Adattamento della normativa comunitaria

Articolo 57 (64)

Modifica della direttiva 96/23/CE.

La direttiva 96/23/CE e modificata come segue:

1) All'articolo 14, il paragrafo 2 è sostituito dal seguente:

«2. I laboratori comunitari di riferimento sono quelli di cui al pertinente punto dell'allegato VII del regolamento (CE) n. 882/2004 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 29 aprile 2004, relativo ai controlli ufficiali intesi a verificare la conformità alla normativa in materia di mangimi e di alimenti e alle norme sulla salute e sul benessere degli animali.»

2) All'articolo 30, la frase del paragrafo 1 che inizia con le parole «Qualora da questi nuovi controlli risulti ...» e che termina con le parole «... o l'utilizzazione per altri scopi autorizzati dalla normativa comunitaria, senza però avere diritto a indennizzi o compensazioni», e sostituita dalla seguente:

«Qualora i controlli dimostrino la presenza di sostanze o prodotti non autorizzati o siano stati superati i limiti massimi, si applicano le disposizioni degli articoli da 19 a 22 del regolamento (CE) n. 882/2004.»

3) L'allegato V è abrogato.

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(64) Il testo del presente regolamento è stato così sostituito dalla rettifica pubblicata nella G.U.U.E. 28 maggio 2004, n. L 191.


Articolo 58 (65)

Modifica della direttiva 97/78/CE.

La direttiva 97/78/CE e modificata come segue:

1) L'articolo 1 è sostituito dal seguente:

«Articolo 1

Controlli veterinari sui prodotti provenienti dai paesi terzi introdotti in uno dei territori elencati nell'allegato I sono effettuati dagli Stati membri a norma della presente direttiva e del regolamento (CE) n. 882/2004 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 29 aprile 2004, relativo ai controlli ufficiali intesi a verificare la conformità alla normativa in materia di mangimi e di alimenti e alle norme sulla salute e sul benessere degli animali.»

2) All'articolo 2, paragrafo 2, la lettera a) è sostituita dalla seguente:

«a) "prodotti": i prodotti di origine animale di cui alle direttive 89/662/CEE e 90/425/CEE, al regolamento (CE) n. 1774/2002 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 3 ottobre 2002, recante norme sanitarie relative ai sottoprodotti di origine animale non destinati al consumo umano, alla direttiva 2002/99/CE del Consiglio, del 16 dicembre 2002, che stabilisce norme di polizia sanitaria per la produzione, la trasformazione, la distribuzione e l'introduzione di prodotti di origine animale destinati al consumo umano e al regolamento (CE) n. 854/2004 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 29 aprile 2004, che stabilisce norme specifiche per l'organizzazione dei controlli ufficiali sui prodotti di origine animale destinati al consumo umano; sono inclusi anche i prodotti vegetali di cui all'articolo 19;»

3) All'articolo 7, paragrafo 3, le parole «le spese d'ispezione previste dalla direttiva 85/73/CEE del Consiglio, del 29 gennaio 1985, relativa al finanziamento delle ispezioni e dei controlli sanitari contemplati nelle direttive 89/662/CEE, 90/425/CEE, 90/675/CEE e 91/496/CEE (modificata e codificata)» sono sostituite da:

«le spese d'ispezione di cui al regolamento (CE) n. 882/2004».

4) All'articolo 10, paragrafo 1, lettera b), sono soppresse le seguenti parole: «o, nel caso di stabilimenti autorizzati ai sensi della decisione 95/408/CE del Consiglio, del 22 giugno 1995, sulle condizioni di elaborazione, per un periodo transitorio, degli elenchi provvisori di stabilimenti di paesi terzi dai quali gli Stati membri sono autorizzati ad importare determinati prodotti di origine animale, prodotti della pesca o molluschi bivalvi vivi, da stabilimenti che siano stati oggetto di una ispezione comunitaria o nazionale.»

5) All'articolo 12, il paragrafo 9 è abrogato.

6) All'articolo 15, il paragrafo 5 è abrogato.

7) All'articolo 16 è inserito il paragrafo seguente:

«4. Norme dettagliate per l'introduzione di prodotti di origine animale destinati all'approvvigionamento dell'equipaggio e dei passeggeri di mezzi internazionali di trasporto, nonché di prodotti di origine animale ordinati a distanza (per esempio per lettera, telefono o Internet) e recapitati al consumatore sono stabilite a norma dell'articolo 25 del regolamento (CE) n. 882/2004.»

8) L'articolo 21 è abrogato.

9) L'articolo 23 è abrogato.

10) All'articolo 24, paragrafo 1, secondo trattino, le parole «conformemente all'articolo 17, paragrafo 2, lettere a) e b)» sono sostituite dalle parole «conformemente all'articolo 17».

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(65) Il testo del presente regolamento è stato così sostituito dalla rettifica pubblicata nella G.U.U.E. 28 maggio 2004, n. L 191.


Articolo 59 (66)

Modifica della direttiva 2000/29/CE.

Nella direttiva 2000/29/CE e inserito l'articolo seguente:

«Articolo 27 bis

Ai fini della presente direttiva e fatto salvo l'articolo 21 si applicano, secondo il caso, gli articoli da 41 a 46 del regolamento (CE) n. 882/2004 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 29 aprile 2004, relativo ai controlli ufficiali intesi a verificare la conformità alla normativa in materia di mangimi e di alimenti e alle norme sulla salute e sul benessere degli animali.»

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(66) Il testo del presente regolamento è stato così sostituito dalla rettifica pubblicata nella G.U.U.E. 28 maggio 2004, n. L 191.


Articolo 60 (67)

Modifica del regolamento (CE) n. 854/2004.

Il regolamento (CE) n. 854/2004 è modificato come segue:

1) All'articolo 1 è aggiunto il paragrafo seguente:

«1 bis. Il presente regolamento si applica ad integrazione del regolamento (CE) n. 882/2004 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 29 aprile 2004, relativo ai controlli ufficiali intesi a verificare la conformità alla normativa in materia di mangimi e di alimenti e alle norme sulla salute e sul benessere degli animali.»

2) All'articolo 2:

a) al paragrafo 1, le lettere a), b), d) ed e) sono abrogate;

e

b) al paragrafo 2, è aggiunta la seguente lettera:

«b bis) Regolamento (CE) n. 882/2004.»

3) All'articolo 3:

a) il paragrafo 1 è sostituito dal seguente:

«1. Le autorità competenti riconoscono gli stabilimenti nel momento e alle condizioni specificate all'articolo 31, paragrafo 2, del regolamento (CE) n. 882/2004.»;

b) il paragrafo 4, lettere a) e b), e il paragrafo 6 sono abrogati.

4) L'articolo 9 è abrogato.

5) L'articolo 10 è sostituito dal seguente:

«Articolo 10

Per garantire l'applicazione uniforme dei principi e delle condizioni stabiliti all'articolo 11 del regolamento (CE) n. 178/2002 e del titolo VI, capo II, del regolamento (CE) n. 882/2004 si applicano le procedure descritte nel presente capitolo.»

6) All'articolo 11:

a) il paragrafo 2 è sostituito dal seguente:

«2. Un paese terzo figura in tale elenco solo se vi e stato effettuato un controllo comunitario il quale dimostri che la sua autorità competente fornisce garanzie adeguate come previsto all'articolo 48, paragrafo 3, del regolamento (CE) n. 882/2004. Tuttavia, un paese terzo può figurare in siffatto elenco senza che sia stato effettuato alcun controllo comunitario se:

a) il rischio determinato in conformità dell'articolo 46, paragrafo 3, lettera a), del regolamento (CE) n. 882/2004 non e tale da giustificarlo;

b) al momento di decidere di aggiungere un particolare paese terzo ad un elenco, a norma del paragrafo 1, si determina che altre informazioni indicano che l'autorità competente fornisce le necessarie garanzie.»;

b) al paragrafo 4 la parte iniziale è sostituita dalla seguente:

«4. Nel compilare o aggiornare gli elenchi si tiene conto in particolare dei criteri elencati nell'articolo 46 e nell'articolo 48, paragrafo 3, del regolamento (CE) n. 882/2004. Si tiene inoltre conto di quanto segue:»

c) le lettere da b) a h) del paragrafo 4 sono abrogate.

7) L'articolo 14, paragrafo 2, la lettera b) è sostituita dalla seguente:

«b) le eventuali condizioni specifiche di importazione fissate a norma dell'articolo 48 del regolamento (CE) n. 882/2004.»

8) All'articolo 18, i punti da 17 a 20 sono abrogati.

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(67) Il testo del presente regolamento è stato così sostituito dalla rettifica pubblicata nella G.U.U.E. 28 maggio 2004, n. L 191.


Articolo 61 (68)

Abrogazione di atti comunitari.

1. Le direttive 70/373/CEE, 85/591/CEE, 89/397/CEE, 93/99/CEE e 95/53/CE e le decisioni 93/383/CE, 98/728/CE e 1999/313/CE sono abrogate con effetto dal 1° gennaio 2006. La direttiva 85/73/CEE è abrogata con effetto dal 1° gennaio 2008.

2. Tuttavia, le norme di attuazione adottate sulla base di tali atti, in particolare quelle riportate nell'elenco dell'allegato VIII, rimangono in vigore nella misura in cui non sono in contraddizione col presente regolamento, in attesa dell'adozione delle disposizioni necessarie sulla base del presente regolamento.

3. I riferimenti agli atti abrogati si intendono fatti al presente regolamento.

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(68) Il testo del presente regolamento è stato così sostituito dalla rettifica pubblicata nella G.U.U.E. 28 maggio 2004, n. L 191.


TITOLO IX

Disposizioni generali

Articolo 62 (69)

Procedura del comitato.

1. La Commissione e assistita dal comitato permanente per la catena alimentare e la salute degli animali istituito dall'articolo 58 del regolamento (CE) n. 178/2002 oppure, per le questioni che riguardano principalmente aspetti fitosanitari, dal comitato fitosanitario permanente istituito con decisione 76/894/CEE del Consiglio.

2. Nei casi in cui e fatto riferimento al presente paragrafo, si applicano gli articoli 3 e 7 della decisione 1999/468/CE, tenendo conto delle disposizioni dell'articolo 8 della stessa.

3. Nei casi in cui e fatto riferimento al presente paragrafo, si applicano gli articoli 5 e 7 della decisione 1999/468/CE, tenendo conto delle disposizioni dell'articolo 8 della stessa.

Il periodo di cui all'articolo 5, paragrafo 6, della decisione 1999/468/CE e fissato a tre mesi.

4. Il comitato adotta il proprio regolamento interno.

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(69) Il testo del presente regolamento è stato così sostituito dalla rettifica pubblicata nella G.U.U.E. 28 maggio 2004, n. L 191.


Articolo 63 (70)

Misure di attuazione e misure transitorie.

1. Le misure di attuazione e le misure transitorie necessarie per assicurare l'applicazione uniforme del presente regolamento possono essere stabilite secondo la procedura di cui all'articolo 62, paragrafo 3.

Ciò si applica in particolare:

a) alla delega di compiti di controllo agli organismi di controllo di cui all'articolo 5, se tali organismi di controllo erano già funzionanti prima dell'entrata in vigore del presente regolamento;

b) a qualsiasi deviazione riguardante le norme menzionate all'articolo 12, paragrafo 2;

c) alla non conformità di cui all'articolo 28 che ha generato spese determinate da controlli ufficiali supplementari;

d) alle spese sostenute in applicazione dell'articolo 54;

e) alle norme relative alle analisi microbiologiche, fisiche e/o chimiche nell'ambito dei controlli ufficiali, in particolare in caso di sospetto rischio e anche alla sorveglianza della sicurezza dei prodotti importati da paesi terzi;

f) alla definizione dei mangimi che, ai fini del presente regolamento, devono essere considerati mangimi di origine animale.

2. Per tener conto della specificità dei regolamenti (CEE) n. 2092/91, (CEE) n. 2081/92 e (CEE) n. 2082/92, misure specifiche da adottare secondo la procedura di cui all'articolo 62, paragrafo 3, possono prevedere le necessarie deroghe e modifiche alle norme stabilite nel presente regolamento.

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(70) Il testo del presente regolamento è stato così sostituito dalla rettifica pubblicata nella G.U.U.E. 28 maggio 2004, n. L 191.


Articolo 64 (71)

Modifica degli allegati e riferimenti a norme europee.

Secondo la procedura di cui all'articolo 62, paragrafo 3:

1) gli allegati del presente regolamento possono essere aggiornati, a eccezione dell'allegato I, dell'allegato IV e dell'allegato V, senza pregiudizio dell'articolo 27, paragrafo 3, in particolare per tener conto delle modifiche di carattere amministrativo e del progresso scientifico e/o tecnologico;

2) i riferimenti alle norme europee di cui al presente regolamento possono essere aggiornati nel caso in cui il CEN modifichi tali riferimenti.

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(71) Il testo del presente regolamento è stato così sostituito dalla rettifica pubblicata nella G.U.U.E. 28 maggio 2004, n. L 191.


Articolo 65 (72)

Relazione al Parlamento europeo e al Consiglio.

1. Entro il 20 maggio 2007, la Commissione presenta una relazione al Parlamento europeo e al Consiglio.

2. La relazione riesamina in particolare l'esperienza acquisita nell'applicazione del presente regolamento e prende segnatamente in considerazione i seguenti elementi:

a) nuova valutazione del campo di applicazione, con riferimento alla salute e al benessere degli animali;

b) garanzia del contributo dato al finanziamento dei controlli ufficiali da altri settori attraverso l'ampliamento dell'elenco di attività di cui all'allegato IV, sezione A, e all'allegato V, sezione A, e attraverso la presa in considerazione, in particolare, dell'impatto della legislazione comunitaria in materia di igiene dei mangimi e degli alimenti dopo la sua adozione;

c) fissazione di importi minimi aggiornati per le tasse di cui all'allegato IV, sezione B, e all'allegato V, sezione B, tenendo conto in particolare i fattori di rischio.

3. La Commissione, se del caso, correda la relazione di pertinenti proposte.

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(72) Il testo del presente regolamento è stato così sostituito dalla rettifica pubblicata nella G.U.U.E. 28 maggio 2004, n. L 191.


Articolo 66 (73)

Sostegno finanziario della Comunità.

1. Gli stanziamenti necessari per:

a) le spese di viaggio e di soggiorno sostenute dagli esperti degli Stati membri designati dalla Commissione per assistere i propri esperti a norma dell'articolo 45, paragrafo 1, e dell'articolo 46, paragrafo 1;

b) la formazione del personale di controllo di cui all'articolo 51;

c) il finanziamento di altre misure necessarie per assicurare l'applicazione del presente regolamento,

sono autorizzati annualmente nell'ambito della procedura di bilancio.

2. Le misure di cui al paragrafo 1, lettera c), comprendono in particolare l'organizzazione di conferenze, la creazione di basi di dati, la pubblicazione di informazioni, l'organizzazione di studi e l'organizzazione di riunioni per preparare le sessioni del comitato permanente per la catena alimentare e la salute degli animali.

3. Un sostegno tecnico e un contributo finanziario della Comunità per l'organizzazione delle attività di cui all'articolo 50 possono essere concessi entro i limiti delle risorse umane e finanziarie di cui dispone la Commissione.

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(73) Il testo del presente regolamento è stato così sostituito dalla rettifica pubblicata nella G.U.U.E. 28 maggio 2004, n. L 191.


TITOLO X

Disposizioni finali

Articolo 67 (74)

Entrata in vigore.

Il presente regolamento entra in vigore il ventesimo giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell'Unione europea.

Esso si applica a decorrere dal 1° gennaio 2006.

Tuttavia, gli articoli 27 e 28 si applicano a decorrere dal 1° gennaio 2007.

Il presente regolamento e obbligatorio in tutti i suoi elementi e direttamente applicabile in ciascuno degli Stati membri.

Fatto a Strasburgo, addì 9 aprile 2004.

Per il Parlamento europeo

Il presidente

P. COX

Per il Consiglio

Il presidente

M. McDOWELL

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(74) Il testo del presente regolamento è stato così sostituito dalla rettifica pubblicata nella G.U.U.E. 28 maggio 2004, n. L 191.


Allegato I (75)

Territori di cui all'articolo 2, paragrafo 15

1. Il territorio del Regno del Belgio.

2. Il territorio del Regno di Danimarca, ad eccezione delle Isole Faroer e della Groenlandia.

3. Il territorio della Repubblica federale di Germania.

4. Il territorio del Regno di Spagna, ad eccezione di Ceuta e Melilla.

5. Il territorio della Repubblica ellenica.

6. Il territorio della Repubblica francese.

7. Il territorio dell'Irlanda.

8. Il territorio della Repubblica italiana.

9. Il territorio del Granducato di Lussemburgo.

10. Il territorio del Regno dei Paesi Bassi in Europa.

11. Il territorio della Repubblica portoghese.

12. Il territorio del Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord.

13. Il territorio della Repubblica d'Austria.

14. Il territorio della Repubblica di Finlandia.

15. Il territorio del Regno di Svezia.

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(75) Il testo del presente regolamento è stato così sostituito dalla rettifica pubblicata nella G.U.U.E. 28 maggio 2004, n. L 191.


Allegato II (76)

Autorità competenti

CAPO I: TEMATICHE PER LA FORMAZIONE DEL PERSONALE CHE ESEGUE I CONTROLLI UFFICIALI

1. Varie tecniche di controllo, come realizzazione di audit, campionamento e ispezione.

2. Procedure di controllo.

3. Normativa in materia di mangimi e di alimenti.

4. Le diverse fasi della produzione, trasformazione e distribuzione e i possibili rischi per la salute umana nonché, se del caso, per la salute degli animali, delle piante e per l'ambiente.

5. Valutazione della non conformità alla normativa in materia di mangimi e di alimenti.

6. Pericoli inerenti alla zootecnia e alla produzione di mangimi e di alimenti.

7. La valutazione dell'applicazione delle procedure relative ad analisi di rischio e punti critici di controllo (HACCP).

8. Sistemi di gestione, ad esempio programmi di garanzia della qualità gestiti dalle aziende del settore dei mangimi e degli alimenti e valutazione degli stessi nella misura pertinente ai requisiti fissati nella normativa in materia di mangimi e di alimenti.

9. Sistemi ufficiali di certificazione.

10. Provvedimenti da adottare in caso di emergenza, compresa la comunicazione tra Stati membri e Commissione.

11. Procedimenti giudiziari e implicazioni dei controlli ufficiali.

12. Esame di materiale scritto, documenti e altre registrazioni, compresi quelli legati a test di efficienza, accreditamento e valutazione del rischio che possono essere pertinenti per la valutazione della conformità alla normativa in materia di mangimi e di alimenti; ciò può comprendere aspetti finanziari e commerciali.

13. Qualsiasi altro settore, compreso quello della salute e del benessere degli animali, si ritenga necessario per assicurare che i controlli siano condotti conformemente al presente regolamento.

CAPO II: SETTORI PER LE PROCEDURE DI CONTROLLO

1. L'organizzazione dell'autorità competente e la relazione tra le autorità centrali competenti e le autorità cui e stato conferito il compito di eseguire i controlli ufficiali.

2. La relazione tra le autorità competenti e gli organismi di controllo cui sono stati delegati compiti connessi ai controlli ufficiali.

3. La dichiarazione sugli obiettivi da raggiungere.

4. I compiti, le responsabilità e gli obblighi del personale.

5. La procedura di campionamento, i metodi e le tecniche di controllo, l'interpretazione dei risultati e le successive decisioni.

6. I programmi di monitoraggio e sorveglianza.

7. L'assistenza reciproca qualora i controlli ufficiali richiedano l'intervento di più di uno Stato membro.

8. Le attività da svolgere a seguito dei controlli ufficiali.

9. La collaborazione con altri servizi o dipartimenti che possano avere responsabilità in materia.

10. La verifica dell'adeguatezza dei metodi di campionamento e di analisi e dei test di rilevamento.

11. Qualsiasi altra attività o informazione necessaria per il buon funzionamento dei controlli ufficiali.

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(76) Il testo del presente regolamento è stato così sostituito dalla rettifica pubblicata nella G.U.U.E. 28 maggio 2004, n. L 191.


Allegato III (77)

Caratterizzazione dei metodi di analisi

1. I metodi di analisi devono essere caratterizzati dai seguenti criteri:

a) esattezza;

b) applicabilità (matrice e gamma di concentrazione);

c) limite di rilevazione;

d) limite di determinazione;

e) precisione;

f) ripetibilita;

g) riproducibilita;

h) recupero;

i) selettivita;

j) sensibilita;

k) linearita;

l) incertezza delle misurazioni;

m) altri criteri a scelta.

2. I valori di precisione di cui al punto 1, lettera e), sono ottenuti in seguito a una prova interlaboratorio condotta conformemente a un protocollo internazionalmente riconosciuto sulle prove interlaboratorio (ad esempio ISO 5725:1994 o protocollo internazionale armonizzato dell'IUPAC) oppure, qualora si siano stabiliti criteri di efficienza per i metodi analitici, sono basati su prove di conformità ai criteri. I valori di ripetibilità e riproducibilità sono espressi in forma internazionalmente riconosciuta (ad esempio con intervalli di confidenza del 95 % secondo quanto definito dalla norma ISO 5725:1994 oppure dall'IUPAC). I risultati della prova interlaboratorio sono pubblicati o disponibili senza restrizioni.

3. Occorre dare la preferenza a metodi di analisi uniformemente applicabili a più categorie di prodotti, rispetto a quelli che si applicano soltanto a singoli prodotti.

4. Nel caso in cui i metodi di analisi possono essere convalidati soltanto nell'ambito di un singolo laboratorio, essi devono essere convalidati, per esempio, conformemente agli orientamenti armonizzati dell'IUPAC oppure, qualora si siano stabiliti criteri di efficienza per i metodi analitici, sulla base di prove di conformità ai criteri.

5. I metodi di analisi adottati ai sensi del presente regolamento vanno enunciati secondo la presentazione standard dei metodi di analisi raccomandata dall'Organizzazione internazionale per la standardizzazione (ISO).

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(77) Il testo del presente regolamento è stato così sostituito dalla rettifica pubblicata nella G.U.U.E. 28 maggio 2004, n. L 191.


Allegato IV (78)

Attività e importi minimi delle tasse o degli oneri relativi ai controlli ufficiali concernenti gli stabilimenti comunitari

SEZIONE A: ATTIVITÀ

1. Le attività contemplate dalle direttive 89/662/CEE, 90/425/CEE, 93/119/CE e 96/23/CE per le quali gli Stati membri riscuotono attualmente tasse ai sensi della direttiva 85/73/CEE.

2. L'approvazione degli stabilimenti di mangimi.

SEZIONE B: IMPORTI MINIMI

Per i controlli relativi al seguente elenco di prodotti, gli Stati membri riscuotono almeno gli importi minimi di tasse o oneri corrispondenti.

Capo I

Importi minimi delle tasse o degli oneri applicabili alle ispezioni dei mattatoi

a) Carni bovine:  

 

- bovini adulti:  

5 EUR/capo 

- bovini giovani:  

2 EUR/capo 

b) Solipedi/equidi:  

3 EUR/capo 

c) Carni suine: animali con carcassa di peso:  

 

- inferiore a 25 kg:  

0,5 EUR/capo 

- pari o superiore a 25 kg:  

1 EUR/capo 

d) Carni ovine e caprine: animali con carcassa di peso:  

 

- inferiore a 12 kg:  

0,15 EUR/capo 

- pari o superiore a 12 kg:  

0,25 EUR/capo 

e) Pollame:  

 

- pollame del genere Gallus e faraone:  

0,005 EUR/capo 

- anatre e oche:  

0,01 EUR/capo 

- tacchini:  

0,025 EUR/capo 

- carni di conigli di allevamento:  

0,005 EUR/capo 

 

 

Capo II

Importi minimi delle tasse o degli oneri applicabili ai controlli degli impianti di sezionamento

Per tonnellata di carne:  

 

- carni bovine, suine, equine, ovine e caprine:  

2 EUR 

- carni di pollame e di conigli di allevamento:  

1,5 EUR 

- carni di selvaggina di allevamento e selvatica:  

 

- piccola selvaggina di penna e di pelo:  

1,5 EUR 

- carni di ratiti (struzzo, emu, nandu):  

3 EUR 

- cinghiali e ruminanti:  

2 EUR 

Capo III

Importi minimi delle tasse o degli oneri applicabili ai centri di lavorazione della selvaggina.

a) Piccola selvaggina di penna:  

0,005 EUR/capo 

b) Piccola selvaggina di pelo:  

0,01 EUR/capo 

c) Ratiti:  

0,5 EUR/capo 

d) Mammiferi terrestri:  

 

- cinghiali:  

1,5 EUR/capo 

- ruminanti:  

0,5 EUR/capo 

Capo IV

Importi minimi delle tasse o degli oneri applicabili alla produzione di latte

- 1 EUR per 30 tonnellatte, e

- 0,5 EUR per tonnellata supplementare.

Capo V

Importi minimi delle tasse o degli oneri applicabili alla produzione e all'immissione in commercio dei prodotti della pesca e dell'acquicoltura

a) Prima immissione in commercio di prodotti della pesca e dell'acquicoltura:

- 1 EUR/tonnellata per le prime 50 tonnellate del mese,

- 0,5 EUR per tonnellata supplementare.

b) Prima vendita nel mercato del pesce:

- 0,5 EUR/tonnellata per le prime 50 tonnellate del mese,

- 0,25 EUR per tonnellata supplementare.

c) Prima vendita in caso di mancanza o insufficienza del grado di freschezza e/o delle dimensioni, conformemente ai regolamenti (CEE) n. 103/76 e (CEE) n. 104/76:

- 1 EUR/tonnellata per le prime 50 tonnellate del mese,

- 0,5 EUR per tonnellata supplementare.

Le tasse riscosse sulle specie di cui all'allegato II del regolamento (CEE) n. 3703/85 della Commissione non devono superare i 50 EUR per partita.

Gli Stati membri riscuoteranno 0,5 EUR/tonnellata per la lavorazione di prodotti della pesca e dell'acquicoltura.

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(78) Il testo del presente regolamento è stato così sostituito dalla rettifica pubblicata nella G.U.U.E. 28 maggio 2004, n. L 191.


Allegato V (79)

Attività e importi minimi delle tasse o degli oneri relativi ai controlli ufficiali concernenti le merci e gli animali vivi introdotti nella Comunità

SEZIONE A: ATTIVITÀ O CONTROLLI

Le attività contemplate dalle direttive 97/78/CE e 91/496/CEE per le quali gli Stati membri riscuotono attualmente tasse ai sensi della direttiva 85/73/CEE

SEZIONE B: TASSE O ONERI

Capo I

Tasse applicabili alle carni importate

L'importo minimo della tassa per il controllo ufficiale all'importazione di una partita di carni e fissato a:

- 55 EUR per partita, fino a 6 tonnellate,

e

- 9 EUR per tonnellata, fino alle successive 46 tonnellate, oppure

- 420 EUR per partita, oltre le 46 tonnellate.

Capo II

Tasse applicabili ai prodotti della pesca importati

1. L'minimo della tassa per il controllo ufficiale all'importazione di una partita di prodotti della pesca e stabilito a:

- 55 EUR per partita, fino a 6 tonnellate,

e

- 9 EUR per tonnellata, fino alle successive 46 tonnellate, oppure

- 420 EUR per partita, oltre le 46 tonnellate.

2. Il suddetto importo per il controllo ufficiale all'importazione di una partita di prodotti della pesca trasportati come carico alla rinfusa e pari a:

- 600 EUR per peschereccio, con un carico di prodotti della pesca fino a 500 tonnellate,

- 1 200 EUR per peschereccio, con un carico di prodotti della pesca fino a 1 000 tonnellate,

- 2 400 EUR per peschereccio, con un carico di prodotti della pesca fino a 2 000 tonnellate,

- 3 600 EUR per peschereccio, con un carico di prodotti della pesca superiore a 2 000 tonnellate.

3. Nel caso di prodotti della pesca catturati nel loro habitat naturale e direttamente sbarcati da una nave battente la bandiera di un paese terzo, si applicano le disposizioni di cui all'allegato IV, sezione B, capo V, lettera a).

Capo III

Tasse o oneri applicabili ai prodotti a base di carne, alle carni di pollame, di selvaggina selvatica, di coniglio, di selvaggina di allevamento, ai sottoprodotti e ai mangimi di origine animale

1. La tassa minima per il controllo ufficiale all'importazione di una partita di prodotti di origine animale diversi da quelli di cui ai capi I e II, o di una partita di sottoprodotti di origine animale o di una partita di mangimi e fissata a:

- 55 EUR per partita, fino a 6 tonnellate,

e

- 9 EUR per tonnellata, fino alle successive 46 tonnellate, oppure

- 420 EUR per partita, oltre le 46 tonnellate.

2. L'importo suddetto per il controllo ufficiale all'importazione di una partita di prodotti di origine animale diversi da quelli di cui ai capi I e II, di una partita di sottoprodotti di origine animale o di una partita di mangimi trasportati come carico alla rinfusa e pari a:

- 600 EUR per nave, con un carico di prodotti fino a 500 tonnellate,

- 1 200 EUR per nave, con un carico di prodotti fino a 1 000 tonnellate,

- 2 400 EUR per nave, con un carico di prodotti fino a 2 000 tonnellate,

- 3 600 EUR per nave, con un carico di prodotti superiore a 2 000 tonnellate.

Capo IV

Tasse applicabili al transito attraverso la comunità di merci e di animali vivi

L'importo delle tasse o degli oneri per il controllo ufficiale del transito di merci e di animali vivi attraverso la Comunità e fissato a un livello minimo di 30 EUR, maggiorato di 20 EUR per quarto d'ora di lavoro svolto da ogni addetto.

Capo V

Tasse applicabili all'importazione di animali vivi

1. La tassa per il controllo ufficiale all'importazione di una partita di animali vivi e fissata:

a) per bovini, equini, suini, ovini, caprini, volatili da cortile, conigli e piccola selvaggina di penna o di pelo e per i seguenti mammiferi terrestri: cinghiali e ruminanti, a:

- 55 EUR per partita, fino a 6 tonnellate,

e

- 9 EUR per tonnellata, fino alle successive 46 tonnellate, oppure

- 420 EUR per partita, oltre le 46 tonnellate;

b) per gli animali di altre specie, al costo effettivo dell'ispezione per capo o per tonnellata importata, a:

- 55 EUR per partita, fino a 46 tonnellate, oppure

- 420 EUR per partita, oltre le 46 tonnellate.

Resta inteso che questo importo minimo non si applica alle importazioni di specie di cui alla decisione 92/432/CEE della Commissione.

2. Su richiesta di uno Stato membro, corredata di adeguati documenti giustificativi e secondo la procedura di cui all'articolo 18 della direttiva 86/662/CEE, alle importazioni da taluni paesi terzi si possono applicare tasse di importo inferiore.

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(79) Il testo del presente regolamento è stato così sostituito dalla rettifica pubblicata nella G.U.U.E. 28 maggio 2004, n. L 191.


Allegato VI (80)

Criteri da prendere in considerazione per il calcolo delle tasse

1. Stipendi del personale partecipante ai controlli ufficiali.

2. Costi per il personale addetto ai controlli ufficiali, ivi compresi strutture, strumenti, attrezzatura, formazione, costi di viaggio e costi correlati.

3. Costi di analisi di laboratorio e di campionamento.

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(80) Il testo del presente regolamento è stato così sostituito dalla rettifica pubblicata nella G.U.U.E. 28 maggio 2004, n. L 191.


Allegato VII (81)

Laboratori comunitari di riferimento

I. Laboratori comunitari di riferimento per i mangimi e gli alimenti

1. Laboratorio comunitario di riferimento per il latte e i prodotti a base di latte

AFSSA - Laboratoire d'études et de recherches sur la qualité des aliments et sur les procédés agroalimentaires (LERQAP)

F-94700 Maisons-Alfort

Francia

2. Laboratorio comunitario di riferimento per l'analisi ed il test delle zoonosi (salmonella)

Rijksinstituut voor Volksgezondheid en Milieu (RIVM)

3720 BA Bilthoven

Paesi Bassi

3. Laboratorio comunitario di riferimento per il monitoraggio delle biotossine marine

Agencia Española de Seguridad Alimentaria (AESA)

E-36200 Vigo

Spagna

4. Laboratorio comunitario di riferimento per il controllo delle contaminazioni virali e batteriologiche dei molluschi bivalvi

The laboratory of the Centre for Environment, Fisheries and Aquaculture Science (CEFAS)

Weymouth

Dorset DT4 8UB

Regno Unito

5. Laboratorio comunitario di riferimento per Listeria monocitogenes

AFSSA - Laboratoire d'études et de recherches sur la qualité des aliments et sur les procédés agroalimentaires (LERQAP)

F-94700 Maisons-Alfort

Francia

6. Laboratorio comunitario di riferimento per lo Stafilococco coagulase positivo, compreso Staphylococccus aureus

AFSSA - Laboratoire d'études et de recherches sur la qualité des aliments et sur les procédés agroalimentaires

(LERQAP)

F-94700 Maisons-Alfort

Francia

7. Laboratorio comunitario di riferimento per Escherichia coli, compreso Verotoxigenic E. Coli (VTEC)

Istituto Superiore di Sanità (ISS)

I-00161 Roma

Italia

8. Laboratorio comunitario di riferimento per Campylobacter

Statens Veterinärmedicinska Anstalt (SVA)

S-751 89 Uppsala

Svezia

9. Laboratorio comunitario di riferimento per parassiti (in particolare Trichinella, Echinococcus e Anisakis)

Istituto Superiore di Sanità (ISS)

I-00161 Roma

Italia

10. Laboratorio comunitario di riferimento per la resistenza antimicrobica

Danmarks Fødevareforskning (DFVF)

DK-1790 København V

Danimarca

11. Laboratorio comunitario di riferimento per le proteine nei mangimi

Centre wallon de recherches agronomiques (CRA-W)

B-5030 Gembloux

Belgio

12. Laboratori comunitari di riferimento per residui di medicinali veterinari e contaminanti in alimenti di origine animale

a) Per i residui indicati nell'allegato I, categoria A 1, 2, 3, 4 e categoria B 2 (d) e B 3 (d) della direttiva 96/23/CE

Rijksinstituut voor Volksgezondheid en Milieu (RIVM)

3720 BA Bilthoven

Paesi Bassi

b) Per i residui indicati nell'allegato I, categoria B 1 e B 3 (e) della direttiva 96/23/CE per i residui di carbadox e olaquindox

Laboratoire d'études et de recherches sur les médicaments vétérinaires et les désinfectants

AFSSA - site de Fougères

BP 90203

Francia

c) Per i residui indicati nell'allegato I, categoria A 5 e categoria B 2 (a), (b), (e) della direttiva 96/23/CE

Bundesamt für Verbraucherschutz und Lebensmittelsicherheit (BVL)

D-12277 Berlin

Germania

d) Per i residui indicati nell'allegato I, categoria B 3 (c) della direttiva 96/23/CE

Instituto Superiore di Sanità

I-00161 Roma

Italia

13. Laboratorio comunitario di riferimento per le encefalopatie spongiformi trasmissibili (TSE)

Il laboratorio di cui all'allegato X, capo B del regolamento (CE) n. 999/2001

The Veterinary Laboratories Agency

Woodham Lane

New Haw

Addlestone

Surrey KT15 3NB

Regno Unito

14. Laboratorio comunitario di riferimento per gli additivi impiegati nell'alimentazione degli animali

Il laboratorio di cui all'allegato II del regolamento (CE) n. 1831/2003 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 22 settembre 2003, sugli additivi destinati all'alimentazione animale (82)

Centro comune di ricerca della Commissione europea

Geel

Belgio

15. Laboratorio comunitario di riferimento per gli organismi geneticamente modificati (OGM)

Il laboratorio di cui all'allegato del regolamento (CE) n. 1829/2003 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 22 settembre 2003, relativo agli alimenti ai mangimi geneticamente modificati (83)

Centro comune di ricerca della Commissione europea

Ispra

Italia

16. Laboratorio comunitario di riferimento per i materiali destinati a venire in contatto con gli animali

Centro comune di ricerca della Commissione europea

Ispra

Italia

17. Laboratori comunitari di riferimento per i residui di pesticidi

a) Cereali e mangimi

Danmarks Fødevareforskning (DFVF)

DK-1790 København V

Danimarca

b) Prodotti alimentari di origine animale e alimenti con un alto contenuto di grassi

Chemisches und Veterinäruntersuchungsamt (CVUA) Freiburg

Postfach 100462

D-79123 Freiburg

Germania

c) Frutta e verdura, compresi alimenti con alto contenuto di acqua e acido

Laboratorio Agrario de la Generalitat Valenciana (LAGV)

Grupo de Residuos de Plaguicidas de la Universidad de Almería (PRRG)

LAGV: E-46100 Burjassot-Valencia

PRRG: E-04120 Almería

Spagna

d) Metodiche monoresiduo

Chemisches und Veterinäruntersuchungsamt (CVUA) Stuttgart

Postfach 1206

D-70702 Fellbach

Germania

18. Laboratorio comunitario di riferimento per metalli pesanti in mangimi e alimenti per animali

Centro comune di ricerca della Commissione europea

Geel

Belgio

19. Laboratorio comunitario di riferimento per microtossine

Centro comune di ricerca della Commissione europea

Geel

Belgio

20. Laboratorio comunitario di riferimento per idrocarburi policiclici aromatici (IPA)

Centro comune di ricerca della Commissione europea

Geel

Belgio

21. Laboratorio comunitario di riferimento per diossine e PCB in mangimi e alimenti per animali

Chemisches und Veterinäruntersuchungsamt (CVUA) Freiburg

Postfach 100462

D-79123 Freiburg

Germania

II. Laboratori comunitari di riferimento per la salute degli animali e per gli animali vivi

1. Laboratorio comunitario di riferimento per la peste suina classica

Direttiva 2001/89/CE del Consiglio, del 23 ottobre 2001, relativa a misure comunitarie di lotta contro la peste suina classica (84).

2. Laboratorio comunitario di riferimento per la peste equina

Direttiva 92/35/CEE del Consiglio, del 29 aprile 1992, che fissa le norme di controllo e le misure di lotta contro la peste equina (85).

3. Laboratorio comunitario di riferimento per l'influenza aviaria

Direttiva 2005/94/CE del Consiglio, del 20 dicembre 2005, relative a misure comunitarie di lotta contro l'influenza aviaria e che abroga la direttiva 92/40/CEE (86).

4. Laboratorio comunitario di riferimento per la malattia di Newcastle

Direttiva 92/66/CEE del Consiglio, del 14 luglio 1992, che istituisce misure comunitarie di lotta contro la malattia di Newcastle (87).

5. Laboratorio comunitario di riferimento per la malattia vescicolare dei suini

Direttiva 92/119/CEE del Consiglio, del 17 dicembre 1992, che introduce misure generali di lotta contro alcune malattie degli animali nonché misure specifiche per la malattia vescicolare dei suini (88).

6. Laboratorio comunitario di riferimento per le malattie dei pesci

Direttiva 93/53/CEE del Consiglio, del 24 giugno 1993, recante misure comunitarie minime di lotta contro talune malattie dei pesci (89).

7. Laboratorio comunitario di riferimento per le malattie dei molluschi bivalvi

Direttiva 95/70/CE del Consiglio, del 22 dicembre 1995, che istituisce misure comunitarie minime di lotta contro talune malattie dei molluschi bivalvi (90).

8. Laboratorio comunitario di riferimento per il controllo dell'azione dei vaccini antirabbici

Decisione del Consiglio 2000/258/CE, del 20 marzo 2000, che designa un istituto specifico responsabile per la fissazione dei criteri necessari alla standardizzazione dei test sierologici di controllo dell'azione dei vaccini antirabbici (91).

9. Laboratorio comunitario di riferimento per la febbre catarrale degli ovini

Direttiva 2000/75/CE del Consiglio, del 20 novembre 2000, che stabilisce disposizioni specifiche relative alle misure di lotta e di eradicazione della febbre catarrale degli ovini (92).

10. Laboratorio comunitario di riferimento per la peste suina africana

Direttiva 2002/60/CE del Consiglio, del 27 giugno 2002, recante disposizioni specifiche per la lotta contro la peste africana e recante modifica della direttiva 92/119/CEE per quanto riguarda la malattia di Teschen e la peste suina africana (93).

11. Laboratorio comunitario di riferimento per la zootecnia

Decisione del Consiglio 96/463/CEE, del 23 luglio 1996, che designa l'organismo di riferimento incaricato di collaborare all'uniformazione dei metodi di prova e della valutazione dei risultati delle prove dei bovini riproduttori di razza pura (94).

12. Laboratorio comunitario di riferimento per l'afta epizootica

Direttiva 2003/85/CE del Consiglio, del 29 settembre 2003, relativa a misure comunitarie di lotta contro l'afta epizootica, che abroga la direttiva 85/511/CEE e le decisioni 89/531/CEE e 91/665/CEE e recante modifica della direttiva 92/46/CEE (95).

13. Laboratorio comunitario di riferimento per la brucellosi

AFSSA - Laboratoire d'études et de recherches en pathologie animale et zoonoses

F-94700 Maisons-Alfort

Francia

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(81) Il testo del presente regolamento è stato così sostituito dalla rettifica pubblicata nella G.U.U.E. 28 maggio 2004, n. L 191. Allegato da ultimo così sostituito dall'allegato del regolamento (CE) n. 776/2006.

(82) [Nota ufficiale] (1) GU L 268 del 18.10.2003, pag. 29. Regolamento modificato dal regolamento (CE) n. 378/2005 della Commissione (GU L 59 del 5.3.2005, pag. 8).

(83) [Nota ufficiale] (2) GU L 268 del 18.10.2003, pag. 1.

(84) [Nota ufficiale] (3) GU L 316 dell'1.12.2001, pag. 5. Direttiva modificata dall'atto di adesione del 2003.

(85) [Nota ufficiale] (4) GU L 157 del 10.6.1992, pag. 19. Direttiva modificata da ultimo dal regolamento (CE) n. 806/2003 (GU L 122 del 16.5.2003, pag. 1).

(86) [Nota ufficiale] (5) GU L 10 del 14.1.2006, pag. 16.

(87) [Nota ufficiale] (6) GU L 260 del 5.9.1992, pag. 1. Direttiva modificata da ultimo dal regolamento (CE) n. 806/2003.

(88) [Nota ufficiale] (7) GU L 62 del 15.3.1993, pag. 69. Direttiva modificata da ultimo dal regolamento (CE) n. 806/2003.

(89) [Nota ufficiale] (8) GU L 175 del 19.7.1993, pag. 23. Direttiva modificata dall'atto di adesione del 2003.

(90) [Nota ufficiale] (9) GU L 332 del 30.12.1995, pag. 33. Direttiva modificata da ultimo dal regolamento (CE) n. 806/2003.

(91) [Nota ufficiale] (10) GU L 79 del 30.3.2000, pag. 40. Decisione modificata da ultimo dalla decisione 2003/60/CE della Commissione (GU L 23 del 28.1.2003, pag. 30).

(92) [Nota ufficiale] (11) GU L 327 del 22.12.2000, pag. 74.

(93) [Nota ufficiale] (12) GU L 192 del 20.7.2002, pag. 27. Direttiva modificata da ultimo dall'atto di adesione del 2003.

(94) [Nota ufficiale] (13) GU L 192 del 2.8.1996, pag. 19.

(95) [Nota ufficiale] (14) GU L 306 del 22.11.2003, pag. 1. Direttiva modificata dalla decisione 2005/615/CE della Commissione (GU L 213 del 18.8.2005, pag. 14).


Allegato VIII (96)

Norme di attuazione che restano in vigore ai sensi dell'articolo 61

1. Norme di attuazione basate sulla direttiva 70/373/CEE relativa all'introduzione di modi di prelievo di campioni e di metodi di analisi comunitari per il controllo ufficiale degli alimenti per animali.

a) Prima direttiva 71/250/CEE della Commissione, del 15 giugno 1971, che fissa i metodi d'analisi comunitari per controlli ufficiali degli alimenti per gli animali.

b) Seconda direttiva 71/393/CEE della Commissione, del 18 novembre 1971, che fissa i metodi d'analisi comunitari per i controlli ufficiali degli alimenti per gli animali.

c) Terza direttiva 72/199/CEE della Commissione, del 27 aprile 1972, che fissa i metodi di analisi comunitari per i controlli degli alimenti per gli animali.

d) Quarta direttiva 73/46/CEE della Commissione, del 5 dicembre 1972, che fissa i metodi d'analisi comunitari per i controlli ufficiali degli alimenti per gli animali.

e) Prima direttiva 76/371/CEE della Commissione, del 1° marzo 1976, che fissa i modi comunitari di prelevamento dei campioni per il controllo ufficiale degli alimenti per gli animali.

f) Settima direttiva 76/372/CEE della Commissione, del 1° marzo 1976, che fissa i metodi d'analisi comunitari per i controlli ufficiali degli alimenti per gli animali.

g) Ottava direttiva 78/633/CEE della Commissione, del 15 giugno 1978, che fissa i metodi d'analisi comunitari per il controllo ufficiale degli alimenti per gli animali.

h) Nona direttiva 81/715/CEE della Commissione, del 31 luglio 1981, che fissa i metodi d'analisi comunitari per il controllo ufficiale degli alimenti per animali.

i) Decima direttiva 84/425/CEE della Commissione, del 25 luglio 1984, che fissa i metodi d'analisi comunitari per il controllo ufficiale degli alimenti per animali.

j) Undicesima direttiva 93/70/CEE della Commissione, del 28 luglio 1993, che fissa i metodi d'analisi comunitari per il controllo degli alimenti per animali.

k) Dodicesima direttiva 93/117/CE della Commissione, del 17 dicembre 1993, che fissa i metodi d'analisi comunitari per il controllo ufficiale degli alimenti per animali.

l) Direttiva 98/64/CE della Commissione, del 3 settembre 1998, che fissa i metodi di analisi comunitari per la determinazione degli amminoacidi, delle materie grasse grezze e dell'olaquindox negli alimenti per animali.

m) Direttiva 2003/126/CE della Commissione, del 23 dicembre 2003, che stabilisce il metodo analitico per la determinazione dei costituenti di origine animale nell'ambito del controllo ufficiale degli alimenti per animali.

n) Direttiva 1999/27/CE della Commissione, del 20 aprile 1999, che fissa i metodi di analisi comunitari per la determinazione dell'amprolium, del diclazuril e del carbadox negli alimenti per animali.

o) Direttiva 1999/76/CE della Commissione, del 23 luglio 1999, che fissa i metodi di analisi comunitari per la determinazione del lasalocid sodico negli alimenti per animali.

p) Direttiva 2000/45/CE della Commissione, del 6 luglio 2000, che fissa i metodi di analisi comunitari per la determinazione della vitamina A, della vitamina E e del triptofano negli alimenti per animali.

q) Direttiva 2002/70/CE della Commissione, del 26 luglio 2002, che stabilisce i requisiti per la determinazione dei livelli di diossine e PCB diossina-simili nei mangimi.

2. Norme di attuazione basate sulla direttiva 95/53/CE, del 25 ottobre 1995, che fissa i principi relativi all'organizzazione dei controlli ufficiali nel settore dell'alimentazione animale.

Direttiva 98/68/CE della Commissione, del 10 settembre 1998, che stabilisce il modello di documento di cui all'articolo 9, paragrafo, della direttiva 95/53/CE del Consiglio nonché talune modalità relative ai controlli, all'entrata nella Comunità, di alimenti per animali provenienti da paesi terzi.

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(96) Il testo del presente regolamento è stato così sostituito dalla rettifica pubblicata nella G.U.U.E. 28 maggio 2004, n. L 191.

 


Reg. (CE) 21 dicembre 2006, n. 1991/2006
Regolamento del Consiglio che modifica il regolamento (CEE) n. 2092/91 relativo al metodo di produzione biologico di prodotti agricoli e all'indicazione di tale metodo sui prodotti agricoli e sulle derrate alimentari

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(1) Pubblicato nella G.U.U.E. 30 dicembre 2006, n. L 411.

(2) Il presente regolamento è entrato in vigore il 6 gennaio 2007.

(3)  Testo rilevante ai fini del SEE.

(4) Il testo del presente regolamento è stato così sostituito in base alla rettifica pubblicata nella G.U.U.E. 2 febbraio 2007, n. L 27.


IL CONSIGLIO DELL'UNIONE EUROPEA,

visto il trattato che istituisce la Comunità europea, in particolare l'articolo 37,

vista la proposta della Commissione,

visto il parere del Parlamento europeo (5),

considerando quanto segue:

(1) È necessario portare avanti l'attuazione del piano d'azione europeo per l'agricoltura biologica e gli alimenti biologici mediante misure concrete tendenti a favorire la semplificazione e la coerenza d'insieme.

(2) I prodotti biologici importati nella Comunità dovrebbero essere autorizzati ad essere immessi sul mercato comunitario etichettati con un riferimento all'agricoltura biologica, se sono stati ottenuti secondo norme di produzione e soggetti a un regime di controllo conformi o equivalenti a quelli previsti dalla normativa comunitaria.

(3) I paesi terzi le cui norme di produzione e i cui regimi di controllo sono equivalenti a quelli vigenti nella Comunità dovrebbero essere riconosciuti e ne dovrebbe essere pubblicato un elenco. Gli organismi o le autorità di controllo competenti ad eseguire controlli nei paesi che non figurano nell'elenco dei paesi terzi riconosciuti dovrebbero anch'essi essere riconosciuti ed elencati. Gli operatori dei paesi terzi che producono in conformità alla normativa comunitaria dovrebbero essere autorizzati a sottoporre le proprie attività agli organismi e alle autorità di controllo riconosciuti dalla Commissione a tal fine.

(4) Il regolamento (CEE) n. 2092/91 del Consiglio, del 24 giugno 1991, relativo al metodo di produzione biologico di prodotti agricoli e alla indicazione di tale metodo sui prodotti agricoli e sulle derrate alimentari , prevede la facoltà per gli Stati membri di concedere fino al 31 dicembre 2006, a determinate condizioni, autorizzazioni agli importatori per l'immissione sul mercato comunitario di singoli prodotti. È quindi opportuno modificare sostituendo detto regime d'importazione con un regime applicabile dopo tale data.

(5) Per non perturbare gli scambi internazionali, è necessario prorogare la facoltà degli Stati membri di continuare a concedere autorizzazioni caso per caso agli importatori per l'immissione sul mercato comunitario di prodotti, finché non siano adottate le misure necessarie per il funzionamento del nuovo regime d'importazione, in particolare per quanto riguarda il riconoscimento degli organismi e delle autorità di controllo competenti ad eseguire controlli nei paesi che non figurano nell'elenco dei paesi terzi riconosciuti.

(6) Il regolamento (CEE) n. 2092/91 dovrebbe pertanto essere modificato di conseguenza,

HA ADOTTATO IL PRESENTE REGOLAMENTO (6):

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(5)  Parere del 28 settembre 2006 (non ancora pubblicato nella Gazzetta ufficiale).

(6) Il testo del presente regolamento è stato così sostituito in base alla rettifica pubblicata nella G.U.U.E. 2 febbraio 2007, n. L 27.


Articolo 1 (7)

Il regolamento (CEE) n. 2092/91 è modificato come segue:

1) all'articolo 10, paragrafo 1, la lettera b) è sostituita dalla seguente:

«b) sono stati soggetti al sistema di controllo di cui all'articolo 9 o sono stati importati a norma dell'articolo 11; tuttavia, nel caso di prodotti importati a norma dell'articolo 11, paragrafo 6, l'attuazione del regime di controllo soddisfa requisiti equivalenti a quelli di cui all'articolo 9 e in particolare al paragrafo 4 dello stesso.»;

2) l'articolo 11 è sostituito dal seguente:

«Articolo 11

1. Un prodotto importato da un paese terzo può essere immesso sul mercato comunitario etichettato come prodotto recante indicazioni sul metodo di produzione biologico nei seguenti casi:

a) il prodotto in questione è conforme alle disposizioni di cui agli articoli 5 e 6 del presente regolamento;

b) tutti gli operatori, compresi gli esportatori, hanno sottoposto le loro attività ad un organismo o a un'autorità di controllo riconosciuti conformemente al paragrafo 2; e

c) gli operatori interessati sono in grado di fornire in ogni momento agli importatori o alle autorità nazionali un documento giustificativo, che consenta di identificare l'operatore che ha eseguito l'ultima operazione e il tipo o la serie di prodotti soggetti al suo controllo e che consenta altresì di verificare la conformità da parte dell'operatore alle lettere a) e b) e il periodo di validità.

2. La Commissione riconosce, secondo la procedura di cui all'articolo 14, paragrafo 2, che gli organismi e le autorità di controllo di cui al paragrafo 1, lettera b), compresi gli organismi e le autorità di controllo di cui all'articolo 9, sono competenti a effettuare controlli e a rilasciare il documento giustificativo di cui al paragrafo 1, lettera c), nei paesi terzi e compila un elenco degli organismi e autorità di controllo suddetti.

Gli organismi di controllo sono accreditati secondo la pertinente norma europea EN 45011 o la guida ISO 65 “Requisiti generali relativi agli organismi che gestiscono sistemi di certificazione di prodotti”, nella versione più recente pubblicata nella Gazzetta ufficiale dell'Unione europea, serie C. Gli organismi di controllo sono sottoposti regolarmente a valutazione, controllo e rivalutazione pluriennale in loco delle loro attività da parte dell'organismo di accreditamento.

All'atto dell'esame delle domande di riconoscimento, la Commissione invita l'organismo o l'autorità di controllo a fornire tutte le informazioni necessarie. La Commissione può inoltre incaricare degli esperti di esaminare in loco le norme di produzione e le attività di controllo espletate nel paese terzo dall'organismo o dall'autorità di controllo interessati.

Gli organismi o le autorità di controllo riconosciuti forniscono le relazioni di valutazione elaborate dall'organismo di accreditamento o, se opportuno, dall'autorità competente in

materia di valutazione, sorveglianza e rivalutazione pluriennale regolari in loco delle loro attività.

Sulla base delle relazioni di valutazione, la Commissione, assistita dagli Stati membri, assicura l'appropriata supervisione degli organismi e delle autorità di controllo riconosciuti riesaminando regolarmente il loro riconoscimento. Il tipo di supervisione è determinato sulla base di una valutazione del rischio di irregolarità o di violazioni delle disposizioni stabilite nel presente regolamento o in applicazione di esso.

3. Un prodotto importato da un paese terzo può essere anche immesso sul mercato comunitario etichettato come prodotto recante indicazioni sul metodo di produzione biologico nei seguenti casi:

a) il prodotto in questione è stato ottenuto secondo norme di produzione equivalenti a quelle di cui agli articoli 5 e 6 per la produzione biologica nella Comunità;

b) l'operatore è stato soggetto a misure di controllo di efficacia equivalente a quelle di cui agli articoli 8 e 9 e siffatte misure di controllo sono state applicate in modo continuo ed efficiente;

c) in tutte le fasi della produzione, della preparazione e della distribuzione nel paese terzo, gli operatori hanno sottoposto le proprie attività ad un sistema di controllo riconosciuto ai sensi del paragrafo 4 o ad un organismo o ad un'autorità di controllo riconosciuti ai sensi del paragrafo 5; e

d) il prodotto è munito di un certificato di controllo rilasciato dalle autorità competenti o da organismi o autorità di controllo del paese terzo riconosciuti ai sensi del paragrafo 4, o da un organismo o da un'autorità di controllo riconosciuti ai sensi del paragrafo 5, e attestante che il prodotto soddisfa le condizioni di cui al presente paragrafo. L'originale del certificato deve accompagnare la merce fino all'azienda del primo destinatario. L'importatore deve, successivamente, tenerlo a disposizione dell'organismo di controllo e, se del caso, dell'autorità di controllo per almeno due anni.

4. La Commissione può riconoscere, secondo la procedura di cui all'articolo 14, paragrafo 2, i paesi terzi il cui sistema di produzione soddisfa le norme equivalenti a quelle di cui agli articoli 5 e 6 e i cui regimi di controllo sono di efficacia equivalente a quelli di cui agli articoli 8 e 9 e può compilare un elenco di detti paesi. La valutazione dell'equivalenza tiene conto delle linee guida del Codex Alimentarius CAC/GL 32.

In sede di esame delle domande di riconoscimento, la Commissione invita il paese terzo a fornire tutte le informazioni necessarie. La Commissione può affidare ad esperti il compito di verificare sul posto le norme di produzione e il regime di controllo del paese terzo interessato.

Entro il 31 marzo di ogni anno, i paesi terzi riconosciuti trasmettono alla Commissione una relazione annuale sintetica relativa all'attuazione e all'esecuzione del loro regime di controllo.

Sulla base delle informazioni di dette relazioni annuali, la Commissione, assistita dagli Stati membri, assicura l'appropriata supervisione dei paesi terzi riconosciuti tramite il riesame su base regolare del loro riconoscimento. La natura della supervisione è determinata sulla base di una valutazione del rischio del verificarsi di irregolarità o di infrazioni delle disposizioni stabilite nel presente regolamento o in applicazione di esso.

5. Per i prodotti non importati ai sensi del paragrafo 1 e non importati da un paese terzo riconosciuto ai sensi del paragrafo 4, la Commissione può, secondo la procedura di cui all'articolo 14, paragrafo 2, riconoscere gli organismi e le autorità di controllo, inclusi gli organismi e le autorità di controllo di cui all'articolo 9, competenti ad eseguire controlli e a rilasciare certificati nei paesi terzi, ai fini del paragrafo 3, e compilare un elenco di detti organismi e autorità di controllo. La valutazione dell'equivalenza tiene conto delle linee guida del Codex Alimentarius CAC/GL 32.

La Commissione esamina le domande di riconoscimento presentate dagli organismi o dalle autorità di controllo dei paesi terzi.

In sede di esame delle domande di riconoscimento, la Commissione invita l'organismo o l'autorità di controllo a fornire tutte le informazioni necessarie. Gli organismi e le autorità di controllo sono sottoposti a regolare valutazione, controllo e rivalutazione in loco pluriennale delle loro attività da parte di un organismo di accreditamento o, se del caso, di una autorità competente. La Commissione può affidare ad esperti il compito di esaminare in loco le norme di produzione e le attività di controllo espletate nel paese terzo dall'organismo o dall'autorità di controllo interessati.

Gli organismi o le autorità di controllo riconosciuti forniscono relazioni di valutazione rilasciate dall'organismo di accreditamento o, se del caso, dall'autorità competente sulla regolare valutazione, controllo e rivalutazione in loco pluriennale delle loro attività.

Sulla base di dette relazioni di valutazione la Commissione, assistita dagli Stati membri, assicura l'appropriata supervisione degli organismi e delle autorità di controllo riconosciuti tramite il riesame regolare del loro riconoscimento. La natura della supervisione è determinata sulla base di una valutazione del rischio del verificarsi di irregolarità o di infrazioni delle disposizioni stabilite nel presente regolamento o in applicazione di esso.

6. Per un periodo che ha inizio il 1° gennaio 2007 e termina dodici mesi dopo la pubblicazione del primo elenco degli organismi e delle autorità di controllo riconosciuti ai sensi del paragrafo 5, l'autorità competente di uno Stato membro può autorizzare gli importatori dello stesso Stato membro in cui l'importatore ha notificato la sua attività ai sensi dell'articolo 8, paragrafo 1, ad immettere sul mercato prodotti importati da paesi terzi che non figurano nell'elenco di cui al paragrafo 4, purché l'importatore fornisca prove sufficienti del rispetto delle condizioni di cui al paragrafo 3, lettere a) e b). Se tali condizioni non sono più soddisfatte, l'autorizzazione è immediatamente revocata. Le autorizzazioni scadono al più tardi 24 mesi dopo la pubblicazione del primo elenco degli organismi e delle autorità di controllo riconosciuti ai sensi del paragrafo 5. Il prodotto importato è munito di un certificato di controllo rilasciato dall'autorità o dall'organismo che è stato accettato per il rilascio del certificato di controllo da parte dell'autorità competente dello Stato membro che concede l'autorizzazione. L'originale del certificato deve accompagnare la merce fino all'azienda del primo destinatario; l'importatore deve, successivamente, tenerlo a disposizione dell'organismo di controllo e, se del caso, dell'autorità di controllo per almeno due anni.

Ciascuno Stato membro informa gli altri Stati membri e la Commissione di ogni autorizzazione concessa a norma del presente paragrafo, fornendo ragguagli sulle norme di produzione e sui regimi di controllo di cui trattasi.

Su richiesta di uno Stato membro o su iniziativa della Commissione, un'autorizzazione concessa a norma del presente paragrafo è sottoposta all'esame del comitato di cui all'articolo 14. Se tale esame rileva che le condizioni di cui al paragrafo 3, lettere a) e b), del presente articolo non sono soddisfatte, la Commissione invita lo Stato membro che ha concesso l'autorizzazione a revocarla.

Le autorizzazioni a commercializzare prodotti importati da un paese terzo, concesse prima del 31 dicembre 2006 dall'autorità competente del rispettivo Stato membro ad un importatore ai sensi del presente paragrafo, scadono al più tardi il 31 dicembre 2007.

7. La Commissione adotta, secondo la procedura di cui all'articolo 14, paragrafo 2, modalità di applicazione del presente articolo, con particolare riguardo:

a) ai criteri e alle procedure per il riconoscimento dei paesi terzi e degli organismi e delle autorità di controllo, compresa la pubblicazione degli elenchi dei paesi terzi e degli organismi e delle autorità di controllo riconosciuti; e

b) al documento giustificativo di cui al paragrafo 1 e al certificato di cui al paragrafo 3, lettera d), e al paragrafo 6 del presente articolo, tenendo conto dei vantaggi della certificazione elettronica inclusa la maggiore protezione contro la frode.»;

3) il secondo comma dell'articolo 16, paragrafo 3, è soppresso;

4) la parte C dell'allegato III è modificata come segue:

a) al primo comma il secondo trattino è sostituito dal seguente:

«- “primo destinatario”: la persona fisica o giuridica di cui all'articolo 11, paragrafo 3, lettera d), e all'articolo 11, paragrafo 6, a cui è consegnata la partita e che si incarica di effettuare una preparazione supplementare o di immetterla sul mercato comunitario.»;

b) al punto 5, il primo comma è sostituito dal seguente:

«L'organismo o l'autorità di controllo deve controllare la contabilità di magazzino e la contabilità finanziaria di cui alla parte C, punto 2, e il certificato d'ispezione di cui all'articolo 11, paragrafo 3, lettera d), o all'articolo 11, paragrafo 6, ed il documento giustificativo di cui all'articolo 11, paragrafo 1.»

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(7) Il testo del presente regolamento è stato così sostituito in base alla rettifica pubblicata nella G.U.U.E. 2 febbraio 2007, n. L 27.


Articolo 2 (8)

Il presente regolamento entra in vigore il settimo giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell'Unione europea.

Esso si applica a decorrere dal 1° gennaio 2007.

Il presente regolamento è obbligatorio in tutti i suoi elementi e direttamente applicabile in ciascuno degli Stati membri.

Fatto a Bruxelles, addì 21 dicembre 2006.

Per il Consiglio

Il presidente

J. KORKEAOJA

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(8) Il testo del presente regolamento è stato così sostituito in base alla rettifica pubblicata nella G.U.U.E. 2 febbraio 2007, n. L 27.