Camera dei deputati - XV Legislatura - Dossier di documentazione (Versione per stampa)
Autore: Servizio Studi - Dipartimento istituzioni
Titolo: Modificazione di articoli della Parte seconda della Costituzione - P.d.l. cost. 553 e abb.-A. Documentazione per l'Assemblea
Riferimenti:
AC n. 553/XV   AC n. 1524/XV
AC n. 2335/XV   AC n. 2382/XV
AC n. 2479/XV   AC n. 2572/XV
AC n. 2574/XV   AC n. 2576/XV
AC n. 2578/XV   AC n. 2586/XV
AC n. 2715/XV   AC n. 2865/XV
Serie: Progetti di legge    Numero: 150    Progressivo: 2
Data: 19/10/2007
Organi della Camera: I-Affari Costituzionali, della Presidenza del Consiglio e interni


Camera dei deputati

XV LEGISLATURA

 

SERVIZIO STUDI

 

Progetti di legge

Modificazione di articoli
della Parte seconda della Costituzione

P.d.l. cost. 553 e abb.-A

Documentazione per l’Assemblea

 

 

 

 

n. 150/2

 

 

19 ottobre 2007

 


 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

DIPARTIMENTO istituzioni

SIWEB

Ha partecipato alla redazione del dossier la Sezione Affari regionali.

 

I dossier dei servizi e degli uffici della Camera sono destinati alle esigenze di documentazione interna per l'attività degli organi parlamentari e dei parlamentari. La Camera dei deputati declina ogni responsabilità per la loro eventuale utilizzazione o riproduzione per fini non consentiti dalla legge.

 

 

File: AC0234b.doc

 

 


INDICE

Schede di lettura

La revisione del sistema bicamerale  3

§      Il Senato federale della Repubblica e la sua composizione  3

§      L’elezione dei senatori e il Consiglio delle autonomie locali8

§      La Camera dei deputati: composizione ed elettorato passivo  12

§      I deputati e i senatori eletti all’estero  17

La funzione legislativa dello Stato  19

§      La riforma del bicameralismo in ambito legislativo  19

§      Il procedimento “bicamerale paritario”21

§      Il procedimento “a prevalenza Camera”22

§      Il procedimento “a prima lettura Senato”24

La forma di Governo  27

§      Premessa  27

§      Il potere di nomina del Presidente del Consiglio  28

§      Il potere di nomina e di revoca dei ministri31

§      Il rapporto fiduciario  33

§      Tav. 1. La forma di governo e il rapporto tra organi costituzionali secondo la Costituzione vigente  38

§      Tav. 2. La forma di governo e il rapporto tra organi costituzionali secondo l’A.C. 553 e abb.-A   39

Il Governo in Parlamento; l’esercizio del potere legislativo da parte del Governo  41

§      Il Governo e l’ordine del giorno delle Camere  41

§      La delegazione legislativa  44

§      La decretazione d’urgenza  47

Il Presidente della Repubblica  53

Altre disposizioni55

§      Lo scioglimento dei Consigli regionali e la rimozione dei Presidenti delle Giunte regionali55

§      Le disposizioni transitorie  57

§      La “clausola di salvaguardia” per le Regioni a statuto speciale  59

Testo a fronte

Raffronto tra il testo vigente della Costituzione e le modifiche apportate dal testo unificato A.C. 553 e abb.-A  63

Relazione della I Commissione (Affari costituzionali)

§      A.C. 553 e abb.-A, Modificazione di articoli della parte seconda della Costituzione, concernenti forma del Governo, composizione e funzioni del Parlamento nonché limiti di età per l'elettorato attivo e passivo per le elezioni della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica  91

 

 


Schede di lettura

 


 

La revisione del sistema bicamerale

Il Senato federale della Repubblica e la sua composizione

Due caratteristiche fondamentali e radicali connotano il «Senato federale della Repubblica» che le modifiche costituzionali qui all’esame (principalmente, gli articoli 1 e 3 del progetto di legge) designano a sostituire il «Senato» della Costituzione vigente:

§         l’abbandono della legittimazione universale e diretta (ora, art. 58 Cost.) in favore delle elezione di secondo grado ad opera dei ‘poteri locali’, poteri dei quali il Senato federale (nomen rei) diviene ‘rappresentante’ nel procedimento di formazione delle leggi;

§         l’abbandono del bicameralismo paritario, in favore della distinzione delle funzioni delle due Camere e della riconduzione unitaria alla Camera dei deputati della responsabilità politica generale (rapporto di fiducia).

Congiuntamente, i nuovi articoli 57 e 70 della Costituzione (rispettivamente, articolo 3 e articolo 7 della proposta di legge all’esame) disegnano un Senato che ha natura e funzioni di camera federale, alla quale i senatori sono eletti dai Consigli regionali e dai Consigli delle autonomie locali e nella quale i senatori partecipano alla (o, talvolta, ‘condizionano’ la) formazione delle leggi istituzionali e di quelle che incidono (formalmente) sulle potestà e sulle risorse finanziarie delle autonomie regionali e locali, ma non conferiscono la fiducia al Governo e, pertanto, non ne condizionano durata e poteri.

 

Da questo nucleo di trasformazioni si dipartono le numerose altre modifiche che incidono su altrettante disposizioni della Costituzione vigente per adattare al ‘Senato federale’ gli istituti che esse disciplinano. Così è, in primo luogo, a partire dal nome (art. 55, primo comma), dal rapporto di fiducia (art. 94 Cost.) e dalla sottrazione del Senato al potere di scioglimento del Capo dello Stato (art. 88, primo comma), rispettivamente, articoli 1, 15 e 13, comma 6, della proposta di legge all’esame.

 

Nella riconduzione delle altre disposizioni al nuovo modello del Senato federale seguono:

§         art. 4, l’abrogazione dell’articolo 58 Cost., che disciplina attualmente la legittimazione elettorale attiva e passiva;

§         art. 5, la “prorogatio” delle camere e, in particolare, degli eletti al Senato federale in ciascuna regione quando si rinnova il rispettivo Consiglio regionale;

§         art. 9, la disciplina della dichiarazione d’urgenza delle leggi, in relazione ai diversi procedimenti legislativi disciplinati dal nuovo art. 70, Cost.;

§         art. 13, comma 1, la cancellazione dei delegati regionali dal collegio dei grandi elettori del Presidente della Repubblica (art. 83 Cost., comma 2), in ragione della rappresentanza assunta direttamente dal Senato federale;

§         art. 13, comma 4, la ‘trasmigrazione’ del rango di seconda carica dello Stato dal Presidente del Senato al Presidente della Camera dei deputati (art. 86 Cost., primo comma);

§         art. 18, una nuova e omogenea disciplina dei Consigli delle autonomie locali (art. 123, Cost.), in ragione della loro nuova funzione di collegi elettorali di parte dei senatori;

§         art. 19, la cancellazione della Commissione parlamentare per le questioni regionali (art. 16, Cost.), le cui funzioni cessano con l’istituzione del Senato federale;

§         infine, gli articoli 5, 6, 11, 12, 15 e 20 della proposta di legge con  numerosi ‘aggiustamenti’ e cancellazioni del nome “Senato”, dovunque questo compare;

La composizione del Senato federale

Centoottantasei (186) senatori compongono il Senato federale della Repubblica definito dal nuovo testo dell’articolo 57 della Costituzione:

§         centoottanta (180) eletti nel territorio nazionale, secondo la nuova legittimazione elettorale passiva,

§         sei (6) eletti nella Circoscrizione estero, secondo la disciplina per essi oggi vigente (legge n. 459/2001).

Dei centoottanta (180) eletti nel territorio nazionale, centoquarantaquattro (144) sono consiglieri regionali eletti dai rispettivi consigli, in numero corrispondente alla popolazione della regione e trentasei (36) sono componenti di consigli comunali, provinciali o di città metropolitane, eletti dai Consigli delle autonomie locali della regione o provincia autonoma. Tra i componenti sono compresi, ovviamente, il sindaco, il presidente della provincia, il presidente della città metropolitana.

Possono essere eletti senatori, dunque, soltanto i componenti dei consigli di regioni, province autonome ed enti locali territoriali. Con l’abrogazione dell’articolo 58 Cost. scompare inoltre il requisito della età minima, oggi prevista in quaranta anni.

 

L’elettorato attivo è conferito - «su base regionale», così continua ad esprimersi anche il nuovo testo dell’articolo 57 - ai consiglieri regionali in carica in ciascuna regione e provincia autonoma ed ai componenti il consiglio delle autonomie locali di quella stessa regione, per il numero di seggi ad esso spettante a ciascun organo. Per questa elezione la regione Trentino-Alto Adige è ripartita in due circoscrizioni, corrispondenti alle province autonome di Trento e di Bolzano.

 

Il numero dei senatori da eleggere in ciascuna regione e provincia autonoma è stabilito dal terzo e quarto comma dell’articolo 57 (nuovo testo) per l’elezione da parte dei consigli regionali e dal quinto comma per i senatori eletti dal consiglio delle autonomie locali. Il numero dei senatori da eleggere è stabilito in base a classi di popolazione rilevata dall’ultimo censimento generale.

 

Schematicamente:

 

 

In base al censimento generale della popolazione svoltosi nel 2001 per il territorio nazionale la composizione del Senato federale risulterebbe la seguente:

 

 

Sia i consigli regionali, sia i consigli delle autonomie locali procedono alla elezione “con voto limitato” (art. 57, terzo e quinto comma); nel prescrivere un sistema di votazione inteso a consentire che siano rappresentate anche le minoranze il testo si limita alla affermazione del principio e, senza tuttavia farne menzione, lascia alla legge elettorale dello Stato - ai sensi dell’articolo 117, secondo comma, lettera f) – la determinazione della misura del voto limitato e delle altre modalità di elezione.

 

Si osserva in proposito che i consigli regionali sono caratterizzati – almeno nella loro fase attuale – da una elevata articolazione politica, accentuata dai regolamenti consiliari che consentono la formazione di ‘gruppi’ composti da un ridottissimo numero di consiglieri e, sovente, da un solo consigliere. Il ridotto numero di senatori da eleggere separatamente in ciascuna regione e la tecnica del voto limitato condizionano l’intento di garantire al Senato anche un articolato grado di rappresentatività politica, congiunta a quella territoriale che nella ratio della riforma resta primaria.

Si considera cioè che i consigli regionali e, più ancora, i consigli delle autonomie locali funzionano in questo caso come altrettanti collegi plurinominali o uninominali dove il ridotto numero di seggi in palio e l’assenza del ‘recupero dei resti’ in sede nazionale stabiliscono soglie implicite molto alte per l’elezione al Senato.

Salvo che, come è avvenuto per l’elezione dei rappresentanti regionali alla elezione del Capo dello Stato, non si raggiungano (e si rispettino) accordi fra le regioni intesi ad eleggere senatori espressione di forze politiche che non raggiungerebbero da sole quel risultato.

L’elezione del Senato federale

La norma generale è posta dall’ultimo comma dell’articolo 57 Cost., nuovo testo: alla elezione dei senatori si procede entro trenta giorni dalla prima riunione del Consiglio regionale o delle Province autonome di Trento e Bolzano. Deve intendersi la prima riunione dei consigli dopo le elezioni. Disposizione questa che si completa con quella della ‘prorogatio’, a regime, recata dall’articolo 5 e con la disposizione transitoria recata dall’articolo 21 per la prima elezione successiva all’entrata in vigore del nuovo testo della Costituzione e per l’emanazione delle leggi che disciplinano l’elezione del Senato e la composizione dei consigli delle autonomie locali.

Qualche incertezza interpretativa nella disciplina transitoria potrebbe essere determinata dalla disposizione recata dall’ultimo periodo del comma 3 dell’articolo 21, qualora non fosse chiarita la sua applicabilità solo in sede di prima applicazione, e non a regime.

 

La norma prevede che i consigli regionali e quelli delle due province autonome procedano anche alla elezione dei senatori “spettanti” ai consigli delle autonomie locali “sino alla loro costituzione”. Il fatto è che le leggi regionali sulla formazione dei consigli delle autonomie locali prevedono che essi si rinnovino, entro un determinato termine, ad ogni rinnovo degli organi regionali. Del resto le elezioni negli enti locali avvengono con cadenze e successioni che non consentono di stabilire una data univoca per il rinnovo. Il termine per il rinnovo però supera – generalmente – i trenta giorni previsti dall’ultimo comma del nuovo testo dell’articolo 57 Cost. È poco probabile che a quella data sia stato rinnovato anche il Consiglio delle autonomie locali e, dunque, quei senatori sarebbero sempre eletti dai consigli regionali.

 

Una seconda questione è rappresentata dalla disciplina dei “subentri” o, in alternativa, delle elezioni suppletive.

 

Non vi è dubbio che la carica di consigliere regionale e di consigliere locale sia una condizione necessaria per la permanenza alla carica di senatore. La legge nazionale dovrà dunque disciplinare la modalità di sostituzione dei senatori che, per qualsiasi causa, cessino dalle rispettive cariche regionali e locali; e se in questo caso debba farsi luogo ad una elezione suppletiva – con riguardo alle ragioni del voto limitato – ovvero nelle uniche elezioni debba tenersi conto di eventuali ingressi suppletivi.

 

Si ricorda per altro che i sei senatori spettanti alla circoscrizione Estero restano eletti contestualmente alla Camera dei deputati.

Per questi va osservato che – restando ferma la legislazione elettorale vigente – nei confronti degli altri senatori essi conservano una legittimazione popolare e universale (se pure limitata ai cittadini residenti all’estero) ma ne condividono le funzioni e le limitazioni; e rispetto ai dodici deputati eletti nella circoscrizione Estero essi hanno in comune la legittimazione ma questi ultimi sono titolari delle intere competenze parlamentari e del rapporto di fiducia con il Governo.

 

Nessuna modifica è apportata agli articoli 66-69 che disciplinano aspetti importanti dello status di parlamentare: il giudizio sui titoli di ammissione e  sulle cause di ineleggibilità e incompatibilità, il divieto del vincolo di mandato, le guarentigie penali, le indennità. Tuttavia non vi è dubbio che la copresenza delle due cariche e delle due funzioni pone, almeno, nuove questioni interpretative per i senatori eletti dalle Regioni e dalle autonomie locali.

 

Ora, mentre per il coordinamento delle disposizioni relative alle indennità può farsi ricorso al criterio interpretativo che emana dall’articolo 83 del T.U. sull’ordinamento degli enti locali (divieto di cumulo), già per le decisioni sulla legittimazione passiva e sulle cause di ineleggibilità e incompatibilità, va notato che la conservazione del principio di autodichia presupporrebbe che il giudizio della Camera di appartenenza (Senato federale) dovrebbe assorbire anche quello sulle cariche di origine e sottrarlo quindi ai consigli regionali e alla magistratura che vi hanno oggi causa. Ma, almeno al momento, vi osta la disciplina positiva di questi giudizi.

 

Considerazioni analoghe – senza alcun approfondimento in questa sede – possono farsi per il divieto di vincolo di mandato che diviene compresente con una carica elettiva istituzionalmente prevista a ‘rappresentanza’ dell’ente (ma, forse, anche del corpo elettorale e della comunità locale) che elegge il senatore; e ancora per le guarentigie ex art. 68 Cost., che si riferiscono ad una attività presumibilmente intesa come sostanzialmente unitaria sul piano politico, ma che potrebbe svolgersi sia nel Senato sia nel Consiglio regionale, provinciale o comunale di origine.

L’elezione dei senatori e il Consiglio delle autonomie locali

In connessione con quanto stabilito dal nuovo testo dell’articolo 57, Cost., secondo, quarto e quinto comma, sulla elezione dei senatori ad opera dei consigli delle autonomie locali, l’articolo 18 del testo in esame introduce un nuovo comma nell’articolo 123 della Costituzione e con questo attribuisce alla legge dello Stato la disciplina dei «principi fondamentali per la formazione e la composizione dei consigli delle autonomie locali ».

Va segnalato in proposito che questa disposizione dovrebbe coesistere con il comma precedente (quarto comma) il quale stabilisce che «lo statuto (regionale, n.d.r.) disciplina il Consiglio delle autonomie locali, quale organo di consultazione fra la Regione e gli enti locali». Sulla base di questa disposizione – intesa sino ad ora, senza contestazione, come competenza esclusiva della regione – molte regioni hanno scritto disposizioni che la ripetono nei propri statuti e approvato le leggi conseguenti. È ben vero che la lettura congiunta dei due commi dell’articolo 123 Cost., (quarto e quinto) nel nuovo testo potrebbe agevolmente leggersi in modo combinato come competenza (statutaria) della regione sulla funzione consultiva ‘endoregionale’ e competenza della legge statale sugli aspetti che fanno del Consiglio delle autonomie locali un collegio elettorale del Senato, e tuttavia questa interpretazione potrebbe essere più opportunamente modificando nel quarto comma la perentorietà e l’esclusività della dichiarazione di competenza dello statuto regionale.

Per altro, come dimostrano le leggi regionali sino ad ora approvate, la composizione e la formazione del consiglio delle autonomie locali è disciplina essenziale e determinante della funzione consultiva e di raccordo regione-enti locali.

 

Seguendo l’approvazione dei nuovi statuti regionali (dieci regioni su quindici ad ottobre 2007[1]) il Consiglio della autonomie locali (CAL), art. 123, comma 4, Cost., va sostituendo nell’ordinamento regionale la Conferenza permanente Regioni-autonomie locali da tempo accolta e disciplinata in tutte le regioni; è così in Calabria, Lazio, Liguria, Marche, Puglia, Toscana e Umbria[2].

Anche le regioni a statuto speciale – che hanno potestà legislativa primaria sull’ordinamento degli enti locali - adeguano la propria normativa alla natura e alle funzioni dei CAL: lo hanno già fatto il Friuli-Venezia Giulia[3], la Sardegna e la Provincia autonoma di Trento.

Oltre che per le funzioni ed i poteri che ne costituiscono prerogativa, i Consigli delle autonomie locali si differenziano dalle ‘Conferenze’ ancora presenti nelle altre regioni, principalmente, per la loro composizione interamente elettiva e per le differenze nella legittimazione elettorale attiva e passiva che ciascuna regione vi ha previsto.

La Costituzione infatti rimette allo statuto regionale la disciplina della formazione e della composizione di quest’organo; ne definisce soltanto il nome e la funzione necessaria: “organo di consultazione fra la Regione e gli enti locali”. Non sono in campo ‘principi fondamentali’ della legislazione statale, sebbene la ‘materia’ ‘funzioni fondamentali degli enti locali’ sia ascritta alla competenza esclusiva dello Stato e la ‘materia’ ordinamento degli enti locali’, nelle regioni a statuto ordinario, sia interamente disciplinata dalla legge nazionale. Tuttavia il nome e la funzione definiti dalla Costituzione determinano inequivocabilmente la natura dei Consigli delle autonomie locali. Entro questi parametri ‘teleologici’ le regioni ne fissano liberamente e variamente la composizione.

Quando però quest’organo sia chiamato ad una funzione che esula dall’ambito della “consultazione fra la Regione e gli enti locali” – quale è, sicuramente, l’elezione dei membri del Senato federale della Repubblica - le differenze che le regioni vanno stabilendo nella sua composizione assumono particolare rilievo e, segnatamente, quelle in tema di elettorato attivo e passivo. Considerando infatti le leggi regionali già emanate, il corpo elettorale del Senato federale risulta significativamente differenziato quanto ai criteri di rappresentatività degli enti locali di ciascuna regione e, più direttamente, quanto alla rappresentatività del complesso degli eletti considerati per profili territoriali e, più ancora, per appartenenza politica.

Rilevano in questo caso il numero dei componenti il CAL, le cariche che essi ricoprono negli enti locali di provenienza, la natura e l’ampiezza del corpo elettorale che li elegge.

L’adeguatezza del numero dei componenti può essere considerata in relazione al numero degli enti locali nella regione e a quello dei relativi amministratori. La Tabella n. 1, redatta per le regioni che nello statuto o nella legge hanno già determinato quel numero, mostra il raffronto con il numero dei comuni e delle province della regione (sindaci e presidenti di provincia) e il numero dei rispettivi consiglieri comunali e provinciali:

 

(Nota: per la regione Marche e per la regione Puglia la tabella non considera le province di Fermo e, rispettivamente, Barletta-Trani-Andria non ancora costituite)

Dei consiglieri comunali e provinciali è indicato sia il numero disposto dalla legislazione vigente, sia il numero previsto a partire dall’anno 2008, qualora entrino in vigore le disposizioni di riduzione proposte dall’articolo 14 del disegno di legge A.S. n. 1817, Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge finanziaria 2008).

I numeri esposti chiariscono ampiamente le differenze che intercorrono tra l’ampiezza del corpo elettorale quando all’elezione dei senatori sono chiamati soltanto i componenti dei CAL e quando invece vi siano chiamati direttamente i sindaci e i presidenti della regione o, ancor più, i consiglieri comunali e provinciali. E’ evidente inoltre il diverso rapporto percentuale che intercorre in ciascuna regione e provincia autonoma fra il numero dei componenti il CAL e l’insieme degli eletti negli enti locali.

Le differenze fra una regione e l’altra sono ulteriormente accentuate dalle diverse modalità di composizione e di elezione del Consiglio delle autonomie locali.

In primo luogo per la presenza di ‘componenti di diritto’; in molte regioni fanno parte ‘di diritto’ del CAL coloro che rivestono determinate cariche in taluni enti territoriali o nelle organizzazioni associative di enti locali della regione. Così è per:

§         i presidenti delle province ed i sindaci dei comuni capoluogo di provincia: Calabria (10), Friuli-Venezia Giulia (8), Lazio (10), Liguria (8), Marche (10), Sardegna (8), Toscana (20), Provincia autonoma di Trento (5), Umbria (17);

§         i presidenti regionali delle organizzazioni associative di enti locali: Lazio (5), Liguria (3), Provincia autonoma di Trento (1);

Sono invece tutti elettivi i 57 componenti del Consiglio delle autonomie locali della regione Puglia. Generalmente alla quota di componenti di diritto si affianca la restante parte di componenti eletti da collegi elettorali organizzati territorialmente (per provincia) e, in combinazione o alternativamente, per categorie di enti e di amministratori da eleggere: dimensione demografica dei comuni, comunità montane, consiglieri comunali, consiglieri provinciali.

Anche la legittimazione elettorale passiva è diversamente stabilita in ciascuna regione:

§         a tutti i presidenti di provincia della regione è generalmente riservato un seggio di diritto: Calabria, Friuli-Venezia Giulia, Lazio, Liguria, Sardegna, Toscana, Umbria;

§         soltanto alcune regioni riservano un seggio ‘elettivo’ ai presidenti del consiglio provinciale e ai consiglieri provinciali; l’elezione è rimessa al voto di ‘assemblee’ costituite ad hoc: Lazio, Puglia, Umbria, uno o più consiglieri per ciascun consiglio provinciale, eletti dal rispettivo consiglio; Toscana, due presidenti di consiglio provinciale eletti dalla assemblea di tutti i consiglieri provinciali della regione;

§         la gran parte dei seggi elettivi è riservata ai sindaci dei comuni non capoluogo di provincia; l’assegnazione dei seggi avviene generalmente attraverso la costituzione di specifici corpi elettorali, o attraverso l’uso del voto limitato e tiene conto della articolazione del territorio, con seggi da assegnare in proporzione al numero di comuni della provincia, e della articolazione demografica, con seggi da assegnare a sindaci dei ‘piccoli comuni’ o di ‘comuni montani’; la legge della Provincia autonoma di Trento riserva un seggio per un sindaco eletto fra quelli dei comuni nei quali sono insediate le popolazioni di lingua ladina, mochena e cimbra;

§         la legge regionale calabra riserva due seggi elettivi a presidenti di consiglio comunale mentre la legge ligure riserva un seggio a tutti presidenti di consiglio comunale la cui popolazione supera i 15.000 abitanti (11); l’elezione avviene in base ad una lista specifica;

§         soltanto nel CAL della regione Puglia 44 seggi su 57 sono riservati a consiglieri comunali eletti dalla assemblea dei consiglieri comunali della regione;

§         posti riservati, se pure elettivi, sono previsti anche per i presidenti, o rappresentanti delle comunità montane; un rappresentante delle comunità montane, non necessariamente con la carica di presidente, è eletto in Puglia; due presidenti di comunità montana sono ‘designati’ dall’UNCEM regionale in Umbria, tre presidenti sono eletti in Calabria, Lazio e Toscana, quattro in Liguria;

§         va ripetuta infine qui, tra i requisiti della legittimazione passiva, la riserva dei seggi di diritto che in talune regioni è fatta in favore dei presidenti, o rappresentanti, degli organismi associativi regionali di enti locali; così nel Lazio, la cui legge riserva cinque seggi ai presidenti di altrettante associazioni di enti locali, senza che, per altro, sia positivamente disposto che essi rivestano anche la carica di presidenti di provincia, sindaci o consiglieri; analogamente per tre seggi la regione Liguria.

Per i seggi assegnati tramite un qualche sistema di votazione, la legittimazione elettorale attiva è così articolata:

§         consiglieri comunali e sindaci;

-          nel Lazio, dove non votano i sindaci che hanno un seggio di diritto nel CAL e dove gli altri sindaci votano per categorie di enti di appartenenza (classe demografica del comune e comunità montana o di arcipelago);

-          il Puglia, l’assemblea dei consiglieri comunali vota per l’elezione di 44 membri elettivi, mentre l’assemblea dei consiglieri delle comunità montane elegge separatamente un proprio rappresentante;

§         soltanto i sindaci di tutti i comuni della regione;

-          in Calabria, dove per i seggi elettivi votano soltanto i sindaci, ripartiti in collegi provinciali e vincolati ad esprimere il numero di rappresentanti spettanti a ciascun tipo di ente;

-          in Friuli-Venezia Giulia, anche qui ripartiti per circoscrizioni provinciali e vincolati ad esprimere rappresentanti in numero corrispondente alle ‘spettanze’ disposte dalla legge;

-          in Liguria e nelle Marche, dove però le assemblee provinciali dei sindaci eleggono sindaci dei comuni che non hanno un seggio di diritto, mentre altra assemblea elettorale è costituita dai Presidenti di comunità montana che votano per i seggi ad esse spettanti;

-          in Sardegna, dove i sindaci sono articolati in un collegio regionale ed in otto collegi provinciali a seconda dei componenti da eleggere;

-          in Toscana, per l’elezione di 23 sindaci in rappresentanza dei comuni non capoluogo; anche questa legittimazione convive con quella dei presidenti dei consigli comunali e delle comunità montane per l’elezione dei rispettivi rappresentanti;

§         per l’elezione del CAL nella regione Lazio e nella regione Liguria l’assemblea dei presidenti di comunità montane e, nella regione Puglia, l’assemblea dei consiglieri delle comunità montane;

§         vanno segnalati infine i componenti del CAL che in Umbria sono ‘designati’ dall’ANCI in rappresentanza dei piccoli comuni (15) e dall’UNCEM (2) in rappresentanza delle comunità montane.

La Camera dei deputati: composizione ed elettorato passivo

L’articolo 2 del progetto di legge modifica l’articolo 56 della Costituzione intervenendo sulla composizione della Camera dei deputati e sull’età per l’eleggibilità a deputato: il numero dei deputati viene ridotto da 630 a 512 e l’età minima per poter essere candidati è portata da 25 anni a 18 anni.

La riduzione del numero dei deputati

L’articolo 2, comma 1, sostituendo il secondo comma dell’art. 56 Cost., riduce a 512 il numero di deputati, compresi i 12 deputati eletti nella circoscrizione Estero.

Si tratta di una riduzione consistente, 128 membri, pari al 20,3 per cento dell’attuale numero. Una conseguenza della diminuzione è il proporzionale aumento del peso percentuale dei deputati eletti all’estero, il cui numero viene lasciato immutato (ma si veda oltre il paragrafo dedicato a “I deputati e i senatori eletti all’estero”).

Da rilevare che la modifica interviene anche sulla formulazione testuale della disposizione: mentre l’art. 56, 2° comma, Cost. indica in primo luogo il numero totale dei deputati e poi la quota di quelli spettanti alla circoscrizione Estero (“seicentotrenta, dodici dei quali eletti nella circoscrizione Estero”), la formulazione proposta indica separatamente il numero dei deputati eletti nei collegi metropolitani da quelli eletti all’Estero (“cinquecento, oltre a dodici deputati eletti nella circoscrizione Estero”).

Sulla riduzione del numero dei deputati, si è registrato un ampio consenso in sede referente principalmente sulla base di tre esigenze:

§      snellimento delle procedure;

§      riduzione delle spese per le istituzioni;

§      allineamento agli standard internazionali[4].

 

Alcune delle diverse proposte di legge abbinate esaminate dalla Commissione prevedevano in diversa misura la diminuzione dei deputati (tra 400 e 500) e senatori (tra 200 e 250)[5].

Ancor prima dell’inizio del dibattito in sede referente, il ministro per i rapporti con il Parlamento e le riforme istituzionali, audito dalla I Commissione sulle questioni relative alla riforma delle Costituzione, aveva indicato come opportuna una riduzione dei deputati, esprimendo una preferenza per 450 deputati e 225 senatori, ma ritenendo soddisfacente anche la soluzione prospettata nel testo della riforma approvata nella XIV legislatura (518 deputati e 252 senatori)[6].

Il Governo ha ribadito questa posizione nella dichiarazione sulle riforme istituzionali deliberata dal Consiglio dei Ministri del 28 settembre 2007[7], riducendo ulteriormente il numero di parlamentari (450 deputati e 200 senatori).

La cifra indicata dai relatori nel testo unificato accolto dalla Commissione come testo di base il 21 giugno è di 500 deputati, oltre ai deputati eletti alla circoscrizione Estero, confermata nel testo finale trasmesso all’Assemblea. A tale cifra si è giunti contemperando l’esigenza della diminuzione dei deputati con la necessità sia di assicurare un’adeguata rappresentanza politica nella complessa realtà del Paese[8], sia di non compromettere la funzionalità della Camera[9].

Come si è detto, in Commissione si è registrata un’ampia convergenza sulla riduzione dei deputati. Tuttavia la disposizione è stata oggetto di un lungo dibattito[10] riguardante principalmente due aspetti:

§         i deputati eletti all’estero (v. infra);

§         l’opportunità o meno di non definire il numero dei deputati o di indicarne il limite (massimo o minimo).

Riguardo al secondo punto, la questione è stata sollevata in relazione al fatto che le determinazione di un numero fisso di deputati avrebbe condizionato la scelta del sistema elettorale, precludendo di fatto l’adozione di un sistema elettorale proporzionale ripreso dal modello tedesco (il Bundestag, infatti, ha un numero di membri che può variare da legislatura in legislatura).

Anche i sostenitori del modello tedesco hanno convenuto sulla diminuzione dei deputati, riservandosi di ripresentare in Assemblea proposte emendative volte a rendere variabile il numero di deputati[11].

 

Per quanto riguarda il confronto con altri Paesi dell’Unione europea, la riduzione prospettata porterebbe il nostro Paese, attualmente al secondo posto, al quarto posto come numero di membri della Camera bassa, dopo Regno Unito (Camera dei comuni: 659 membri), Germania (Bundestag: 613 membri), Francia (Assemblea nazionale: 577 membri). Dei Paesi europei paragonabili al nostro come popolazione, solamente la Spagna verrebbe ad avere un numero inferiore di deputati (Congresso dei deputati: 350 membri).

 

Il comma 2 dell’articolo 2 contiene una norma di coordinamento, conseguente alla diminuzione del numero dei deputati, che stabilisce che la ripartizione dei seggi tra le circoscrizioni si debba effettuare dividendo il numero degli abitanti per 500 e non più per 618. L’assegnazione dei seggi conseguente alla diminuzione del numero dei deputati (ferme restando le attuali circoscrizioni elettorali) è riportata nella tabella che segue.

 

L’abbassamento dell’età richiesta per l’elettorato passivo

Il comma 3 dell’articolo 2 in esame modifica il terzo comma dell’art. 56 Cost. portando da 25 a 18 anni l’età minima per essere eletto deputato.

In questo modo l’età richiesta per il diritto di elettorato passivo viene a coincidere con quella per il diritto di voto, prevista dall’art. 48 Cost., primo comma, con la significativa differenza che quest’ultimo fa riferimento alla “maggiore età”, mentre per l’elettorato passivo viene indicato espressamente il limite di 18 anni. Le due disposizioni, di fatto ora coincidenti, sono svincolate tra loro e un eventuale futuro abbassamento della maggiore età avrebbe effetto sul diritto di voto ma non comporterebbe automaticamente un analogo abbassamento dell’età per essere eletti.

 

La maggiore età, disciplinata dall’articolo 2 del Codice civile, fino al 1975 era fissata al compimento del ventunesimo anno.

La legge n. 39 del 1975[12] ha abbassato la soglia della maggiore età a diciotto anni e ha contestualmente modificato il testo unico sull’elettorato attivo[13] stabilendo il diritto di voto attivo per tutti coloro che hanno compiuto il diciottesimo anno di età.

 

L’abbassamento dell’età per l’eleggibilità ha, in primo luogo, l’obiettivo di favorire la partecipazione dei giovani alla politica consentendo una maggiore rappresentanza delle giovani generazioni alla Camera[14]. Inoltre, la disposizione consente di superare l’incoerenza dell’attuale sistema che permette ad es. l’elezione di un cittadino di 18 anni alla carica di Presidente di regione e non anche a quella di deputato[15].

 

Effettivamente, nelle regioni e negli enti locali, l’età minima per l’elettorato passivo è di 18 anni: si veda per i consiglieri comunali e provinciali l’art. 55 del testo unico del 2000; per i consiglieri delle regioni a statuto ordinario che non hanno adottato una propria legge regionale l’art. 1 della legge 154 del 1981. Anche le regioni a statuto ordinario che hanno approvato la legge elettorale regionale hanno fissato l’età minima a 18 anni.

 

A queste motivazioni, per così dire preesistenti al progetto di riforma, deve essere aggiunta la necessità di equilibrare l’età della rappresentanza tra la Camera e il nuovo Senato federale come risultante dall’art. 3 del progetto di riforma. Infatti, l’elezione indiretta del Senato da parte dei Consigli regionali e dei Consigli delle autonomie locali che eleggono i senatori al proprio interno (i primi) e tra i consiglieri degli enti locali (i secondi), apre di fatto l’elettorato passivo ai diciottenni per questo ramo del Parlamento. Il mancato abbassamento dell’età per l’eleggibilità a deputato riprodurrebbe, pertanto, a parti invertite, la differenziazione attualmente vigente dell’età minima per l’accesso a Camera e Senato.

 

Portando l’eleggibilità a 18 anni, l’Italia si allinea a quei Paesi europei che hanno da tempo scelto questo limite: la Germania (Bundestag) e la Spagna (Congresso dei deputati e Senato). Dei grandi Paesi europei che prevedono un limite superiore si ricordano la Francia (23 anni per l’Assemblea nazionale e 30 per il Senato) e il Regno Unito (21 per la Camera dei Comuni e per i Lords). Recentemente (giugno 2007) anche l’Austria ha portato a 18 anni il limite di età per essere eletti al Consiglio nazionale (prima era 19) ed ha abbassato da 18 a 16 anni l’età per votare.

I deputati e i senatori eletti all’estero

Relativamente ai deputati e ai senatori eletti nella circoscrizione Estero (prevista dall’art. 48 Cost.), il testo licenziato dalla Commissione non modifica l’attuale situazione, con riguardo alla loro presenza in entrambe le Camere, così come al numero (sei al Senato, dodici alla Camera).

Nel corso dell’esame in sede referente si è peraltro discusso dell’opportunità di un adeguamento che tenesse conto sia dell’avvenuta diversificazione tra i due rami del Parlamento, sia della consistente riduzione del numero dei parlamentari eletti sul territorio nazionale (come si è detto, i deputati si riducono a 500 mentre, in base all’attuale distribuzione della popolazione tra le Regioni, il numero dei senatori risulta di 180).

Per quanto riguarda l’opportunità della presenza dei rappresentanti degli italiani all’estero nel nuovo Senato federale, si rinvia al paragrafo sul “Il Senato federale della Repubblica e la sua composizione”.

In relazione alla seconda questione, si è osservato che la riduzione del numero di parlamentari eletti in Italia a fronte del mantenimento del numero di quelli eletti all’estero farebbe aumentare il peso percentuale di quest’ultimi, soprattutto al Senato.

Infatti, mentre attualmente i deputati e i senatori eletti all’estero incidono entrambi per l’1,9% sul numero totale dei membri elettivi della Camera di appartenenza (630 e 315), con la riforma i deputati eletti all’estero verrebbero a costituire il 2,3% del totale (12 su 512) e i senatori addirittura il 3,2% (6 su 186), rappresentando una forza che potrebbe risultare in certe situazioni, e in modo particolare al Senato, determinante per la formazione della maggioranza parlamentare.

Oltre a queste considerazioni è necessario rilevare alcuni nodi problematici e questioni irrisolte in Commissione relativi ai senatori eletti all’estero, sulle quali presumibilmente l’Assemblea dovrà confrontarsi.

Innanzitutto, manca l’indicazione dell’età minima per l’eleggibilità a senatore nella circoscrizione Estero[16]. L’articolo 4, infatti, abroga l’art. 58 Cost. che al comma 2° indica in 40 anni l’età minima per essere eletto senatore. La soppressione di tale limite si giustifica con la nuova formazione del Senato, non più eletto direttamente dal corpo elettorale, ma formato dai consiglieri regionali, provinciali e comunali eletti dai Consigli regionali e dal Consiglio delle autonomie locali. Per tutti costoro valgono dunque i limiti per l’elettorato passivo validi per le assemblee elettive regionali e locali (si veda sopra il paragrafo su “La Camera dei deputati: composizione ed elettorato passivo”): ma non per i senatori eletti nella circoscrizione Estero.

Una definizione dell’età minima per essere eletti senatori all’Estero potrebbe trovare collocazione nella legge elettorale, come avverrebbe di fatto per i senatori eletti in Italia. Si verrebbe in tal modo a sancire una differenziazione di fonti normative per la determinazione dell’elettorato passivo tra i deputati (fissata nella Costituzione), e i senatori eletti in Italia e all’estero (stabilita con legge ordinaria).

In secondo luogo, manca l’indicazione della durata del mandato dei senatori eletti all’estero. Mentre i senatori eletti in ciascuna Regione rimangono in carica fino a quando rimane in carica il Consiglio regionale della Regione in cui sono stati eletti (combinato disposto degli artt. 57, ultimo comma, e 60, secondo comma, Cost. come modificati dalla proposta in esame), manca una disposizione analoga per i senatori eletti all’estero. Anche in questo caso, la questione potrebbe essere risolta dall’intervento del legislatore elettorale al quale peraltro la Costituzione (art. 122, primo comma, Cost., non modificato) affida la determinazione della durata dei Consigli regionali. Attualmente tale durata è stabilita dalla L. 165/2004[17] in cinque anni.

Un’ulteriore questione su cui l’Assemblea sarà presumibilmente chiamata a riflettere riguarda la futura legge elettorale per i senatori eletti all’estero. In questo caso, potrebbe pacificamente essere applicata la legge esistente (L. 459/2001[18]), che prevede l’elezione dei deputati e dei senatori nella circoscrizione Estero a suffragio universale e diretto, con sistema proporzionale. Tuttavia, l’abrogazione dell’art. 58 Cost., ove si prescrive che l’elezione dei senatori avviene a suffragio universale e diretto, potrebbe far ritenere praticabile, anche per i senatori eletti all’estero, l’ipotesi di prevedere una qualche forma di elezione indiretta, in analogia con quanto previsto per quelli eletti in Italia.

 

La questione dei parlamentari eletti all’estero è stata a lungo dibattuta in Commissione senza giungere ad una soluzione condivisa. Ferma restando la convinzione di mantenere un sistema di rappresentanza degli italiani all’estero, in conformità al disposto dell’art. 48 Cost., si è deciso, pertanto, di mantenere inalterata la situazione attuale avendo presente che la questione non deve ritenersi definitiva, e rimettendo la decisione all’Assemblea[19].


La funzione legislativa dello Stato

La riforma del bicameralismo in ambito legislativo

L’articolo 7 sostituisce integralmente l’articolo 70 della Costituzione, che disciplina l’esercizio della funzione legislativa da parte delle Camere.

Nella vigente formulazione, l’art. 70 si limita a disporre che “la funzione legislativa è esercitata collettivamente dalle due Camere”. Il nuovo testo, necessariamente più articolato, mira al superamento del “bicameralismo perfetto”, in virtù del quale ciascun progetto di legge deve essere approvato, in eguale testo, da entrambi i rami del Parlamento.

 

La legittimazione del bicameralismo perfetto o paritario, così come voluto dal Costituente del 1947, è da rinvenire fondamentalmente, secondo la dottrina, nella possibilità di una maggiore riflessione sui testi legislativi, che consenta sia una decisione politicamente più ponderata sia una migliore elaborazione tecnica delle leggi: la seconda Camera, si è affermato, avrebbe pertanto la medesima funzione di garanzia che nel processo è assolta dal doppio grado di giurisdizione.

 

La nuova configurazione del procedimento di formazione delle leggi dello Stato appare strettamente correlata con le disposizioni recate dalla restante parte dell’articolato, che da un lato mutano la denominazione e la composizione del Senato, facendone la Camera rappresentativa delle realtà territoriali, dall’altro attribuiscono alla sola Camera dei deputati la titolarità del rapporto fiduciario.

Essa risponde anche al dichiarato intendimento di semplificare e velocizzare il procedimento legislativo definendo, nei limiti del possibile, i tempi di esame e limitando le ipotesi di navette tra le due Camere che spesso determinano il prolungamento dei tempi della decisione parlamentare.

 

L’esigenza di adeguare le procedure legislative ai più ristretti tempi di decisione richiesti nelle moderne democrazie è stata da tempo rilevata sia nel dibattito politico sia dalla dottrina, conducendo all’elaborazione di ipotesi di soluzione che si differenziano profondamente tra di loro e che vanno dall’abbandono del sistema bicamerale in favore di quello monocamerale, al mantenimento delle due Camere con una differenziazione, però, nella composizione o nelle funzioni (ad una Camera spetterebbe, secondo tale ultima impostazione, la funzione legislativa, all’altra quella di controllo politico sul Governo); vi è poi chi ha proposto una modifica di tipo “procedurale” del bicameralismo perfetto, con ruoli intercambiabili tra le due Camere nel procedimento legislativo.

 

Il nuovo art. 70 Cost., novellato dall’art. 7 del testo unificato, configura tre diversi procedimenti per l’esercizio della funzione legislativa dello Stato (la precisazione “dello Stato” è stata inserita in considerazione dell’esistenza di una parallela potestà legislativa regionale). Essi trovano applicazione con riguardo a distinte categorie di leggi, in ragione delle quali comportano gradi e modalità diverse di partecipazione delle due Camere:

§         un procedimento bicamerale a carattere paritario, nel quale, non diversamente da oggi, Camera e Senato federale esercitano collettivamente la funzione legislativa;

§         un procedimento bicamerale in cui il ruolo della Camera dei deputati appare prevalente, ad essa spettando sia l’esame del testo in prima lettura, sia la deliberazione definitiva sulle modifiche eventualmente apportate dal Senato federale;

§         un terzo procedimento, anch’esso bicamerale, nel quale è invece riservato al Senato l’esame del progetto di legge in prima lettura, spettando tuttavia alla Camera l’approvazione definitiva.

Nel secondo e nel terzo procedimento la Camera è chiamata a deliberare, in determinate ipotesi, a maggioranza assoluta dei componenti.

In linea di massima, e salvo alcune eccezioni, la ratio che sembra ricavabile da tale tripartizione vede l’apporto del Senato federale alla decisione legislativa pieno e del tutto parificato a quello della Camera nei casi in cui la materia trattata attiene alle scelte “di sistema”, che direttamente incidono sull’assetto costituzionale della Repubblica o che definiscono il quadro delle regole generali che presiedono ai rapporti tra lo Stato e gli altri enti che, ai sensi dell’art. 114 Cost., “costituiscono” la Repubblica (le Regioni, le Province, i Comuni, le Città metropolitane). Si tratta di scelte la cui definizione si ritiene debba essere sottratta alla piena disponibilità della sola maggioranza di Governo, richiedendo auspicabilmente un consenso più ampio, che includa la rappresentanza politica delle realtà territoriali.

 

È appena il caso di ricordare che, nel sistema delineato dal testo in esame, il Governo gode solo alla Camera dei deputati del sostegno della “sua” maggioranza politica e non ha la possibilità di indirizzare il voto del Senato federale utilizzando lo strumento della questione di fiducia.

 

Con riguardo alla restante attività legislativa, nella quale ordinariamente si attua l’indirizzo politico del Governo e della sua maggioranza, l’apporto del Senato federale resta presente, ma le sue deliberazioni non sono mai in grado di trasformarsi in un veto non superabile dalla Camera dei deputati, onde evitare che ciò paralizzi l’iter legislativo e impedisca l’attuazione del programma sul quale il Presidente del Consiglio ha ottenuto la fiducia della Camera. Il peso istituzionale delle deliberazioni del Senato federale risulta peraltro rafforzato quando l’iter legislativo abbia ad oggetto materie che più da vicino incidono sul rapporto Stato-autonomie territoriali.

Il procedimento “bicamerale paritario”

Il procedimento “bicamerale paritario”, disciplinato dal primo comma del nuovo art. 70 Cost., non presenta differenze rispetto a quello oggi in vigore: volutamente, infatti, il nuovo testo conserva l’espressione: “la funzione legislativa […] è esercitata collettivamente [dalle due Camere]”, già presente nel vigente art. 70. Esso esige pertanto che i due rami del Parlamento esaminino, in successive letture, il progetto di legge e lo approvino nel medesimo testo.

Tale procedimento trova peraltro applicazione solo per un limitato insieme di provvedimenti. Si tratta in particolare:

§         delle leggi di revisione costituzionale e delle altre leggi costituzionali: per esse resta ferma la procedura di cui all’art. 138 Cost., che richiede la doppia lettura da parte delle due Camere e consente il ricorso al referendum (lett. a));

§         per le leggi in materia elettorale (il testo sembra far riferimento sia alla disciplina delle elezioni europee, sia a quelle politiche, sia a quelle amministrative) (lett. b));

§         le leggi che disciplinano gli organi di governo e le funzioni fondamentali di Comuni, Province e Città metropolitane (lett. c));: il testo riprende qui testualmente la formulazione dell’art. 117, secondo comma, lettera p), Cost.);

§         le leggi dello Stato che disciplinano (lett. d)):

-          l’ordinamento di Roma, capitale della Repubblica, ai sensi dell’art. 114, terzo comma, Cost.[20];

-          l’attribuzione a Regioni a statuto ordinario di forme e condizioni particolari di autonomia, secondo la procedura di cui all’art. 116, terzo comma, Cost.[21];

-          le modalità procedurali e l’esercizio del potere sostitutivo dello Stato con riguardo alla partecipazione delle Regioni alla “fase ascendente” e alla “fase discendente” del diritto comunitario e all’esecuzione degli accordi internazionali (art. 117, comma quinto, Cost.[22]), nonché il “potere estero” delle Regioni (art. 117, comma nono, Cost.[23]);

-          le procedure per l’esercizio (nel rispetto dei principi di sussidiarietà e di leale collaborazione) dei poteri sostitutivi del Governo nei confronti di Regioni ed enti locali (art. 120, secondo comma[24]);

-          i princìpi fondamentali concernenti il sistema di elezione e i casi di ineleggibilità e di incompatibilità del Presidente e degli altri componenti della Giunta regionale nonché dei consiglieri regionali (art. 122, primo comma, Cost.; nel rispetto di tali princìpi, la disciplina delle materie indicate è rimessa alla legge regionale);

-          i princìpi fondamentali per la formazione e la composizione dei Consigli delle autonomie locali (art. 123, quinto comma, Cost.: si tratta di un comma introdotto dall’art. 18 del testo unificato in commento: v. al riguardo il paragrafo “Il Consiglio delle autonomie locali”);

-          il passaggio di Province o Comuni da una Regione ad un’altra (art. 132, secondo comma, Cost.[25]), il mutamento delle circoscrizioni provinciali e l’istituzione di nuove Province (art. 133, primo comma, Cost.[26]);

§         le leggi che istituiscono e disciplinano le Autorità di garanzia e di vigilanza (lett. e));

§         le leggi in materia di tutela delle minoranze linguistiche(lett. f)).

 

Quanto alla lett. e), va segnalato che tramite il richiamo alle leggi regolatrici, le Autorità indipendenti trovano per la prima volta un’esplicita menzione (e un riconoscimento) nella Carta costituzionale[27].

Il procedimento “a prevalenza Camera”

Il procedimento “normale” di esame e di approvazione delle leggi è definito dal terzo comma dell’art. 70 Cost. riformulato.

Esso prevede che la generalità dei progetti di legge ordinaria sia esaminata e approvata in prima lettura dalla Camera dei deputati. Il testo è quindi trasmesso al Senato federale della Repubblica.

Quest’ultimo ha facoltà di esaminare il testo approvato dalla Camera, ma solo se ne faccia richiesta almeno un quinto dei suoi componenti. L’esame deve ultimarsi entro trenta giorni dalla trasmissione: tale termine è ridotto alla metà per i disegni di legge di conversione di decreti-legge, ed è finalizzato all’eventuale approvazione di modifiche.

Qualora il Senato federale non avvii l’esame o, comunque, non giunga ad ultimarlo entro il termine costituzionale, il procedimento di approvazione della legge si intende concluso ed il testo approvato dalla Camera in prima (e unica) lettura è promulgato dal Capo dello Stato (salva la facoltà di rinvio ex art. 74 Cost.) e pubblicato.

Quando invece il Senato federale abbia approvato modifiche, il testo è nuovamente sottoposto all’esame della Camera dei deputati, alla quale spetta pronunciarsi in via definitiva. Dalla formulazione del comma si desume che oggetto del secondo esame non è l’intero testo, ma le sole modificazioni approvate dal Senato federale, sulle ciascuna delle quali la Camera è presumibilmente chiamata a pronunziarsi con distinte deliberazioni.

Non appare del tutto chiaro peraltro se la Camera debba limitarsi ad confermare o respingere le modifiche approvate dal Senato federale, ovvero se possa incidere su di esse modificandole, senza comunque introdurne di nuove (peraltro, il discrimine tra una modifica molto penetrante e l’introduzione di una nuova modifica può essere di non univoca interpretazione).

L’espressione “in via definitiva” sembra in ogni caso escludere l’eventualità di un ulteriore passaggio presso l’altro ramo del Parlamento; la legge così approvata è dunque avviata alla promulgazione e pubblicazione.

 

Una variante del procedimento, volta a valorizzare il ruolo del Senato federale, è prevista dal secondo periodo del comma: se le deliberazioni modificative riguardano determinate materie di precipuo interesse regionale, ad esse è attribuita un’efficacia per dir così “rinforzata”: la Camera può in tali casi discostarsi da quanto il Senato federale ha deliberato solo votando a maggioranza assoluta dei propri componenti.

Le materie su cui tale maggioranza qualificata è richiesta sono le seguenti:

§         il conferimento di funzioni amministrative ai diversi livelli di governo previsto dall’art. 118, comma secondo, Cost. e il coordinamento dell’attività amministrativa tra Stato e Regioni in materia di immigrazione, ordine pubblico e sicurezza e tutela dei beni culturali di cui all’art. 118, comma terzo, Cost.;

§         l’istituzione di un fondo perequativo per i territori con minore capacità fiscale per abitante, previsto dall’art. 119, comma terzo, Cost. quale strumento volto a realizzare l’autonomia finanziaria delle regioni e degli enti locali;

§         la destinazione da parte dello Stato di risorse aggiuntive e l’effettuazione di interventi speciali in favore di determinati enti territoriali (art. 119, comma quinto, Cost.) al fine di promuovere lo sviluppo economico, la coesione e la solidarietà sociale, rimuovere gli squilibri economici e sociali, favorire l'effettivo esercizio dei diritti della persona, o provvedere a scopi diversi dal normale esercizio delle loro funzioni;

§         la definizione dei princìpi generali relativi all’attribuzione del patrimonio delle Regioni e degli enti locali (art. 119, comma sesto, Cost.).

Il procedimento “a prima lettura Senato”

Il secondo comma del nuovo art. 70 Cost. individua una terza modalità di approvazione delle leggi, il cui il ruolo del Senato è ancor più valorizzato.

Essa è riservata unicamente alle leggi statali “che hanno lo scopo di determinare i princìpi fondamentali” nelle materie rientranti nella competenza legislativa concorrente tra Stato e Regioni, ai sensi dell’articolo 117, terzo comma, della Costituzione.

 

Com’è noto, nelle materie elencate dal comma terzo dell’art. 117 spetta alle Regioni la potestà legislativa, salvo che per la determinazione dei principi fondamentali, che è riservata alla legislazione dello Stato.

 

I relativi progetti di legge sono individuati dai Presidenti delle due Camere, d’intesa tra loro, per essere assegnati al Senato federale della Repubblica che, dunque, li esamina sempre in prima lettura.

Il testo esaminato ed eventualmente emendato dal Senato federale è trasmesso, dopo l’approvazione, alla Camera dei deputati, alla quale spetta l’esame in seconda lettura e l’approvazione in via definitiva (è dunque esclusa ogni ipotesi di “navette”).

Nel corso di tale esame la Camera può certamente modificare il testo approvato dal Senato federale: ma qualsiasi emendamento dovrà essere approvato a maggioranza assoluta dei componenti l’Assemblea.

 

Così (e non nel senso che la maggioranza qualificata sia richiesta nel solo voto finale) sembra di doversi interpretare l’espressione “può apportare modifiche solo a maggioranza assoluta”. Ciò esige indubbiamente un più alto grado di impegno al Governo e alla sua maggioranza che volessero apportare modifiche sostanziali al testo formato ed approvato dal Senato federale.

 

La prevista intesa tra i due Presidenti sembra volta a prevenire l’insorgere di conflitti di competenza, non improbabile in considerazione della non sempre univoca individuabilità della materia (o delle materie) oggetto dei disegni di legge.

È in effetti un dato di comune esperienza la compresenza, all’interno di non pochi provvedimenti legislativi statali, sia di norme afferenti a materie rientranti nella competenza esclusiva dello Stato, sia di princìpi fondamentali concernenti materie di competenza concorrente Stato-Regioni[28].

Appare in particolare presumibile che le iniziative legislative di più ampia portata (e più direttamente connesse all’attuazione del programma di Governo: si pensi alle manovre finanziarie, alle grandi riforme di settore, alle leggi comunitarie ed alle leggi annuali di semplificazione e riassetto normativo) debbano risultare escluse dall’assegnazione ai sensi del secondo comma dell’art. 70 o, in alternativa, debbano essere ripensate nella loro struttura, dovendosi articolare in più disegni di legge, da approvare “in parallelo” con procedure differenziate e secondo differenti scadenze temporali.

Può tuttavia giovare a ridurre (non a escludere del tutto) il margine di incertezza la formulazione stessa del comma (“disegni di legge che hanno lo scopo di determinare […]”) e l’esistenza di una quota di discrezionalità che traspare dalla prevista individuazione d’intesa tra i Presidenti delle due Camere, qualora da tali elementi si possa desumere che la norma intende destinare a questa particolare procedura non ogni disegno di legge che contenga, tra le altre disposizioni, uno o più princìpi fondamentali, bensì i progetti di legge preposti o destinati a definire un corpus di princìpi fondamentali in un dato settore (quelli, in altre parole, che la dottrina definiva in passato “leggi-cornice”).


La forma di Governo

Premessa

Gli articoli 14 e 15 del testo unificato intervengono rispettivamente sugli articoli 92 e 94 della Costituzione, che disciplinano la formazione del Governo e il rapporto di fiducia tra questo e il Parlamento.

La finalità perseguita è duplice: valorizzare la posizione del Presidente del Consiglio – sia nell’ambito dell’Esecutivo, sia nei rapporti con il Parlamento – e superare il bicameralismo perfetto che caratterizza la forma di governo parlamentare italiana, differenziando le due Camere sotto il profilo del rapporto fiduciario.

Tali obiettivi – come si è visto – rappresentano un elemento comune all’intero progetto di riforma costituzionale, ponendosi pertanto in relazione con altre disposizioni del progetto stesso.

In particolare, all’imputazione del rapporto fiduciario alla sola Camera dei deputati corrispondono, da un lato, la nuova composizione del Senato, che assume la natura di Camera rappresentativa delle realtà territoriali che compongono la Repubblica, e, dall’altro, le nuove modalità di esercizio della funzione legislativa, le quali prevedono che il Senato – nelle materie non demandate alla legislazione bicamerale paritaria – partecipi alle procedure legislative secondo forme che tuttavia consentano alla Camera di pronunciarsi in via definitiva sui provvedimenti (su questi temi v. supra i paragrafi “Il Senato federale della Repubblicae la sua composizione” e “La funzione legislativa dello Stato”).

Per quanto attiene al profilo del rafforzamento della posizione del Governo in Parlamento, le disposizioni in esame possono invece essere lette in connessione con l’articolo 8 del testo unificato (su cui vedi il paragrafo “Il Governo e l’ordine del giorno delle Camere”) che, aggiungendo un comma all’articolo 72 della Costituzione, consente al Governo di chiedere che un disegno di legge sia iscritto con priorità all’ordine del giorno e sia votato entro una data determinata.

 

In proposito, si rileva che le innovazioni previste in materia di forma di Governo dal progetto in esame affrontano molte delle questioni istituzionali di cui più volte il Governo ha segnalato l’urgenza nel corso della presente legislatura.

In particolare, si ricorda che nell’audizione del 23 aprile 2007 presso la I Commissione (Affari costituzionali) della Camera dei deputati, il Ministro per i rapporti con il Parlamento e le riforme istituzionali, Vannino Chiti, aveva indicato quali campi di intervento delle riforme costituzionali in materia di forma di Governo, da realizzare in stretto collegamento con l’adozione di una nuova legge elettorale:

§         la revisione dell’art. 94 Cost. nel senso di prevedere che il candidato indicato al Presidente della Repubblica dalla coalizione vincente alle elezioni riceva, sulla base della presentazione del programma di Governo, la fiducia del Parlamento;

§         la revisione dell’art. 92 Cost. nel senso di attribuire al Presidente del Consiglio dei ministri il potere di nomina e di revoca dei membri del Governo;

§         la revisione dell’articolo 94 Cost. nel senso di prevedere che la sfiducia sia condizionata all’attribuzione della fiducia ad altro candidato;

§         il superamento dell’attuale bicameralismo “paritario”, con l’attribuzione alla sola Camera dei deputati del potere di conferire la fiducia al Governo[29].

L’importanza e l’urgenza di tali temi sono state poi ulteriormente sottolineate dalla dichiarazione in materia di riforme istituzionali resa dal Governo in occasione della approvazione da parte del Consiglio dei ministri della manovra finanziaria per il 2008[30].

Il potere di nomina del Presidente del Consiglio

La prima innovazione recata al secondo comma dell’articolo 92 della Costituzione dall’articolo 14 del progetto in esame prevede che il Capo dello Stato nell’affidare l’incarico per la formazione di un nuovo Governo sia tenuto a valutare i risultati delle elezioni per il rinnovo della Camera dei deputati, con ciò introducendo nel testo costituzionale una disciplina della fase che precede la nomina formale dell’Esecutivo da parte del Presidente della Repubblica, attualmente regolamentata esclusivamente da consuetudini, convenzioni e prassi.

Il parametro di valutazione è individuato nei risultati delle elezioni per il rinnovo della Camera e non anche a quelli relativi al Senato federale, in considerazione della nuova composizione prevista per tale ramo del Parlamento e della sua esclusione dal legame fiduciario (su cui v. infra).

 

L’inciso volto a precisare che il Presidente della Repubblica valuti, nella scelta del Presidente del Consiglio, i risultati elettorali delle consultazioni per il rinnovo della Camera è stato inserito nell’ulteriore testo unificato presentato dai relatori nel corso della seduta del 21 giugno 2007 ed adottato nella medesima seduta come testo base per il seguito dell’esame.

Nell’illustrare la ratio della modifica proposta il relatore on. Bocchino ha evidenziato[31] come essa, mirando a vincolare la nomina del Presidente del Consiglio, da parte del Presidente della Repubblica, all’indicazione data dagli elettori al momento del voto, intenda contribuire al rafforzamento della figura del premier.

 

Quanto alla portata del vincolo introdotto dalla novella con riferimento al potere di nomina presidenziale, sulla base del tenore letterale della disposizione si potrebbe ritenere che esso, prevedendo l’inserimento di un parametro di valutazione che il Capo dello Stato è tenuto a considerare nell’esercizio delle proprie prerogative, costituisca essenzialmente un limite di carattere procedimentale, ma non anche un vincolo di risultato, potendosi quindi astrattamente ipotizzare che il Presidente della Repubblica eserciti comunque il potere di nomina in senso difforme da quello emergente dai risultati elettorali, qualora ritenga prevalenti valutazioni di diverso tenore.

 

Con riferimento alla portata dell’innovazione recata dalla disposizione in esame, si segnala che, nel corso dell’esame da parte della I Commissione degli emendamenti riferiti all’articolo 13 del testo base (corrispondente all’art. 14 del testo in esame)[32], l’on. Boato - concordando con quanto osservato in un precedente intervento dall’on. Franco Russo – ha rimarcato l’esigenza che in un sistema parlamentare sia comunque assicurato al Presidente della Repubblica un certo margine di discrezionalità nella scelta del Presidente del Consiglio. A tale riguardo, ha osservato tuttavia che il testo del progetto in esame non irrigidisce troppo lo spazio di intervento del Capo dello Stato, evidenziando come esso faccia riferimento ad una valutazione dei risultati da parte del Presidente e, pertanto, contenga una formula più flessibile.

Sul punto è altresì intervenuto il presidente della I Commissione, on. Violante, che ha fatto presente come il Presidente della Repubblica debba comunque tenere conto del risultato delle elezioni già oggi, pur se tale norma non è espressamente prevista in Costituzione.

 

Sempre in relazione alla portata del vincolo previsto dalla novella in esame, si ricorda che un più stringente limite del potere di nomina presidenziale era contenuto – nel quadro di un complessivo disegno volto al rafforzamento del potere esecutivo attraverso l’introduzione del c.d. “premierato” - nel progetto di riforma costituzionale approvato dalle due Camere nella scorsa legislatura e sottoposto a referendum, con esito non favorevole, il 25 e 26 giugno 2006.

La riforma approvata dal Parlamento nella scorsa legislatura prevedeva, infatti, che la nomina da parte del Presidente della Repubblica avesse luogo non già “valutati” i risultati elettorali, bensì “sulla base” dei risultati stessi. Come segnalato, la previsione si inseriva, peraltro, nell’ambito di una riforma più ampia della forma di Governo, che di fatto faceva venir meno il ruolo riconosciuto al Presidente della Repubblica nella scelta del capo dell’esecutivo, introducendo nella sostanza, una designazione del premier da parte dell’elettorato. Non si trattava però di una vera e propria elezione diretta in quanto la candidatura alla carica aveva luogo mediante collegamento con i candidati (o con una o più liste di candidati) all’elezione della Camera dei deputati.

In altre parole, nella riforma del 2005 il voto per l’elezione della Camera si traduceva in una dichiarazione di preferenza per il candidato premier formalmente e previamente collegato al candidato o alla lista prescelta. Non era espressamente richiesta (ma neppure esclusa) la pubblicazione sulla scheda elettorale del nome del candidato Primo ministro. Si stabiliva, comunque, che la legge elettorale dovesse disciplinare l’elezione dei deputati “in modo da favorire la formazione di una maggioranza, collegata al candidato alla carica di Primo ministro”.

In questo quadro, l’atto di nomina del Primo ministro sarebbe rimasto affidato al Presidente della Repubblica, ma la scelta presidenziale non avrebbe presentato significativi margini di discrezionalità.

 

Quanto ai profili applicativi della disposizione in esame nel sistema politico italiano, si osserva che la valutazione dei risultati delle consultazioni per il rinnovo della Camera pare meglio attagliarsi ad una disciplina elettorale che preveda o consenta la formazione sin dalla fase elettorale di coalizioni alternative che si candidino al Governo. In mancanza di una disciplina elettorale così caratterizzata, il vincolo derivante dalla formulazione introdotta nell’articolo 92 della Costituzione di fatto si allenterebbe, finendo in sostanza per indicare la necessità per il Presidente della Repubblica di valutare l’esistenza di una maggioranza parlamentare che sostenga il Presidente del Consiglio da lui nominato.

 

La legge vigente per l’elezione della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica (L. 270/2005)[33], sostituendo il sistema misto a carattere prevalentemente maggioritario in vigore dal 1993, ha introdotto un sistema orientato in senso proporzionale e caratterizzato dalla previsione di un premio di maggioranza e di articolate soglie di sbarramento riferite sia alle liste, sia alle coalizioni, caratteristiche tendenzialmente coerenti con la forma di governo che sarebbe stata introdotta nel nostro ordinamento costituzionale nell’eventualità di una conferma referendaria della riforma costituzionale approvata nel 2005.

In particolare, e per quanto appare di più immediato rilievo in questa sede, ai fini dell’elezione della Camera la legge ha previsto un sistema elettorale di tipo interamente proporzionale, con l’eventuale attribuzione di un premio di maggioranza in ambito nazionale, del quale si ricordano i seguenti elementi:

§         i partiti politici che intendono presentare liste di candidati possono collegarsi tra loro - ai fini della assegnazione dei seggi - in coalizioni. Le dichiarazioni di collegamento devono essere reciproche e hanno effetto per tutte le liste aventi il medesimo contrassegno. Le coalizioni – che non hanno un proprio contrassegno – concorrono alla assegnazione del premio di maggioranza (rectius, alla vittoria delle elezioni) con il totale dei voti validi ottenuti da tutte le liste che la compongono. Non vi è obbligo a che le liste collegate siano tutte presenti in tutte le circoscrizioni. Una volta accertata la regolarità delle dichiarazioni, l’elenco dei collegamenti è pubblicato sulla Gazzetta ufficiale[34];

§     i partiti o gruppi politici organizzati “che si candidano a governare” devono depositare il programma elettorale, nel quale dichiarano il nome e cognome della persona da loro indicata come capo della forza politica o della coalizione.

§     l’elettore esprime un solo voto per la lista di candidati prescelta; non è prevista l’espressione di preferenze;

§     i seggi sono ripartiti proporzionalmente in ambito nazionale[35], tra le coalizioni di liste e le liste che abbiano superato le soglie di sbarramento previste dalla legge[36];

§     alla coalizione di liste (o alla lista non coalizzata) più votata, qualora non abbia già conseguito almeno 340 seggi, è attribuito un premio di maggioranza tale da farle raggiungere tale numero di seggi.

A partire dal 29 novembre 2006, la I Commissione del Senato ha in corso l’esame in sede referente di numerose proposte di legge di riforma del sistema elettorale (A.S. 20 e abb.).

 

Al fine di valutare compiutamente la portata applicativa della novella costituzionale in esame, paiono infine meritevoli di approfondimento le implicazioni del vincolo per il Presidente della Repubblica di operare una valutazione dei risultati elettorali qualora egli debba procedere in corso di legislatura alla nomina del Presidente del Consiglio, a seguito di una crisi di Governo.

In base alla formulazione letterale della norma, pare infatti doversi concludere che anche in questo caso il Capo dello Stato sia tenuto a valutare i risultati della consultazione elettorale per il rinnovo della Camera, e pertanto sembrerebbe doversi ritenere che – di fronte ad una crisi di Governo – il Presidente della Repubblica debba comunque prioritariamente valutare se la coalizione uscita vincitrice dalle elezioni sia in grado di formare un Governo che goda della fiducia della Camera.

Il potere di nomina e di revoca dei ministri

L’articolo 14 del testo proposto dalla Commissione conferisce al Presidente del Consiglio il potere di proporre al Capo dello Stato la revoca (oltre che la nomina) dei ministri.

Secondo il vigente secondo comma dell’art. 92 Cost., “Il Presidente della Repubblica nomina il Presidente del Consiglio dei ministri e, su proposta di questo, i Ministri”. La novella apportata a tale comma prevede che la proposta del Presidente del Consiglio possa avere ad oggetto sia la nomina, sia la revoca dei ministri.

 

La disposizione, come già evidenziato, mia a valorizzare il ruolo di direzione della politica generale del Governo attribuito dall’art. 95 della Costituzione al Presidente del Consiglio, rafforzandone i poteri nei confronti dei singoli ministri, in linea con quanto previsto dalle disposizioni costituzionali di alcuni dei principali Paesi europei.

Al riguardo, la Costituzione francese prevede, infatti, all’art. 8 che “il Presidente della Repubblica nomina il Primo Ministro […] Su proposta del Primo Ministro nomina e revoca gli altri membri del Governo”[37]. Analogamente, il § 1 dell’art. 64 del Grungesetz tedesco prevede che “i ministri federali vengono nominati e revocati dal Presidente federale su proposta del Cancelliere federale”[38].

Anche la Costituzione spagnola reca una disposizione di tenore corrispondente, prevedendo (art. 100) che “Gli altri membri del Governo [diversi dal Presidente del Governo] saranno nominati e revocati dal Re su proposta del Presidente del Governo”[39].

 

Il testo non pone limiti espliciti al nuovo potere di (proporre la) revoca di un ministro. Ne consegue il riconoscimento al Presidente del Consiglio dei ministri della facoltà di sostituire uno o più ministri non solo quando lo impongano esigenze esterne (quale, ad es., l’approvazione di una mozione di sfiducia nei confronti di un singolo ministro) ovvero in accordo con il ministro interessato (il quale normalmente evidenzia tale volontà rassegnando le dimissioni), ma in ogni caso in cui il Presidente del Consiglio valuti necessario od opportuno un avvicendamento.

Resta comunque ferma in capo al Presidente della Repubblica la competenza ad assumere la relativa decisione, accogliendo (ovvero, in casi presumibilmente eccezionali, respingendo) la proposta di revoca: non si è infatti voluto modificare o indebolire quella funzione di controllo (in senso lato) e di mediazione istituzionale che il Capo dello Stato ha occasione di esercitare (con modalità informali e di norma riservate) in un passaggio particolarmente delicato quale quello che conduce a una modifica nella composizione del Governo.

 

In ordine all’esistenza già nel vigente quadro costituzionale, accanto al potere di nomina, di un correlativo potere di revoca dei ministri, esercitabile secondo analoghe modalità (ovvero con atto complesso, in cui concorrano la proposta del Presidente del Consiglio e la determinazione del Presidente della Repubblica), la dottrina ha assunto orientamenti non unanimi.

Da più parti si è sostenuto[40] che il silenzio del testo costituzionale vale ad escludere tale ipotesi, costituendo al riguardo una consapevole omissione, e che il potere di revoca non può conciliarsi con la collegialità che – secondo tali orientamenti – il disegno costituzionale (e in particolare l’art. 95) attribuisce all’Esecutivo quale carattere preminente, negando al Presidente del Consiglio un ruolo gerarchicamente sovraordinato a quello dei ministri.

Non sono mancate peraltro opinioni diametralmente opposte[41], che vedono il potere di revoca implicitamente previsto dall’art. 92 Cost., in quanto naturalmente correlato a quello di nomina, o che lo desumono dalla particolare responsabilità sussistente in capo al Presidente del Consiglio nella direzione della politica generale del Governo e in relazione al mantenimento del rapporto fiduciario.

La prassi è costantemente apparsa conforme al primo dei due orientamenti, non essendosi mai provveduto alla sostituzione di un ministro in assenza delle dimissioni del ministro uscente; pur se è vero che, in alcuni casi, il Presidente del Consiglio ha invitato alle dimissioni il ministro.

Una significativa eccezione è costituita dalla vicenda originata dall’approvazione da parte del Senato – il 19 ottobre 1995 – di una mozione di sfiducia individuale nei confronti del ministro di grazia e giustizia pro tempore Mancuso. Non essendo sopravvenute le dimissioni del ministro a seguito del voto parlamentare il Presidente della Repubblica, con decreto in data 19 ottobre 1995, conferì al Presidente del Consiglio dei ministri pro tempore Dini, su sua proposta, la titolarità ad interim del Ministero di grazia e giustizia.

Il giudizio per conflitto di attribuzione sorto nell’occasione venne definito dalla Corte costituzionale con la sentenza n. 7 del 1996. In essa la Corte dichiarò che spetta al Presidente della Repubblica, su proposta del Presidente del Consiglio dei ministri, sostituire il Ministro nei cui confronti una Camera abbia approvato una mozione di sfiducia, quando questi non si sia dimesso.

Nella sentenza, la Corte conferma, in primo luogo, la conformità a Costituzione dello strumento della mozione di sfiducia nei confronti di un singolo ministro, e ricorda come, a seguito dell’approvazione di tale mozione, le dimissioni del ministro costituiscano atto dovuto. Ne consegue che, poiché la revoca della fiducia, che esaurisce i suoi effetti nell’ambito del rapporto Parlamento-Governo, non comporta la caducazione dell’atto di nomina, in mancanza delle dimissioni il Presidente della Repubblica, nell’esercizio dei poteri tipici del ruolo suo proprio di garante della Costituzione, all’esito di un procedimento complesso – attivato dalla presa d’atto della sfiducia espressa dal Parlamento nei confronti del Ministro della giustizia, e su iniziativa del Presidente del Consiglio dei Ministri –, investito della proposta di sostituzione, solleva il Ministro dall’incarico e provvede alla sua sostituzione in conformità.

Il rapporto fiduciario

L’articolo 15 del progetto in esameintroduce modifiche alla disciplina del rapporto fiduciario tra Governo e Parlamento recata dall’articolo 94 della Costituzione, in linea con le più volte richiamate linee direttrici della riforma, rappresentate dalla valorizzazione della posizione del Presidente del Consiglio e della stabilità del Governo, nonché dal superamento del bicameralismo perfetto, intervenendo tanto sul momento costitutivo del rapporto di fiducia che sulla disciplina della mozione di sfiducia.

Con riferimento alla costituzione del rapporto di fiducia la riscrittura dell’art. 94 operata dal testo della Commissione introduce due rilevanti elementi di novità:

§      la fiducia iniziale viene accordata non più al Governo (come prevede il testo della Costituzione vigente), bensì al Presidente del Consiglio dei ministri, che a tal fine presenta il Governo alla Camera entro dieci giorni dalla sua formazione;

§      la fiducia è accordata o revocata non più da entrambe le Camere, bensì dalla sola Camera dei deputati.

In sintesi, il rapporto fiduciario non intercorre più tra l’Esecutivo e ciascuna delle due Camere, bensì tra il Presidente del Consiglio e la Camera dei deputati.

Il primo elemento innovativo sembra ricollegabile a quello introdotto dall’articolo 14 del progetto in esame con riferimento al potere di revoca dei ministri. Entrambe le innovazioni paiono infatti caratterizzarsi per la comune finalità di rafforzare la posizione del Presidente del Consiglio sia nell’ambito della compagine governativa sia nel rapporto con le forze politiche – e le relative rappresentanze parlamentari – che lo sostengono.

 

In proposito può osservarsi che la dottrina che si oppone all’ammissibilità nell’ordinamento costituzionale vigente del riconoscimento della possibilità per il Presidente della Repubblica di revocare, su proposta del Presidente del Consiglio, i ministri ha sostenuto che la revoca sarebbe preclusa su un piano sistematico proprio dalla circostanza che, successivamente alla nomina, con l’approvazione della mozione di fiducia, il rapporto fiduciario si instaura tra il Parlamento ed il Governo nel suo complesso, e non rispetto ai singoli ministri.

Il voto di fiducia, in questa ricostruzione, sarebbe quindi indissolubilmente legato alla composizione del Governo cui la fiducia è accordata e, di conseguenza, ogni modificazione a detta composizione comporterebbe una novazione del rapporto fiduciario.

 

Si può infatti affermare che, secondo il dettato costituzionale novellato, il Governo che formerebbe oggetto del voto di fiducia sarebbe identificato non più (o non tanto) dalla sua composizione, bensì dall’identità del Presidente del Consiglio.

 

Se questa lettura è corretta – si può rilevare per inciso – diviene assai dubbia la configurabilità, nel nuovo sistema, dello strumento della mozione di sfiducia nei confronti di un singolo ministro.

 

A tale riguardo deve peraltro osservarsi che, in base alla formulazione della novella, il dibattito parlamentare e il voto sulla fiducia interverrebbero, non diversamente da quanto avviene oggi, solo successivamente alla formazione del Governo: in base al terzo comma dell’art. 94 Cost., come modificato dalla disposizione in esame, infatti, il Presidente del Consiglio si presenterebbe alla Camera per ottenerne la fiducia “entro dieci giorni dalla formazione del Governo”.

La composizione della compagine di Governo non sembra inoltre rappresentare, sempre sulla base del tenore letterale della disposizione in esame, un elemento del tutto estraneo alla concreta determinazione del contenuto del legame fiduciario tra il Presidente del Consiglio e la Camera dei deputati, in quanto il Presidente del Consiglio per ottenere la fiducia “presenta il Governo alla Camera”

Peraltro, dalla lettura del combinato disposto delle modifiche introdotte dal progetto in esame agli articoli 92 e 94 della Costituzione, che attribuiscono al Presidente del Consiglio il potere di proporre la revoca dei ministri e la titolarità del rapporto fiduciario con la Camera, pare senz’altro potersi ricavare un accrescimento del potere riconosciuto al Presidente del Consiglio di modificare nel corso della legislatura la composizione del Governo, procedendo alla sostituzione di singoli ministri o a veri e propri rimpasti (su cui v. subito infra), in costanza del rapporto fiduciario.

 

Con il termine rimpasto, che costituisce probabilmente un calco dell’inglese reshuffle, si definisce comunemente un mutamento parziale della compagine governativa senza che ne venga alterata la struttura fondamentale, né che si interrompa il rapporto di fiducia. Ciò non esclude che venga rinnovato il rapporto fiduciario tra il Parlamento e il Governo, dopo un dibattito parlamentare.

È di seguito riportata una tipologia delle modificazioni della compagine governativa a secondo del loro impatto sulla struttura del Governo e sulla maggioranza parlamentare:

§         sostituzione di un ministro per  motivazioni non politiche (decesso, dimissione per motivi personali, assunzione di altri incarichi): solitamente la sostituzione è risolta con un rimpasto, o l’affidamento dell’incarico ad interim;

§         sostituzione di uno o più ministri a causa di divergenze del singolo ministro o di una delegazione di ministri sull’indirizzo politico del Governo;

§         dimissioni del Presidente del Consiglio e dell’intero Gabinetto, accettate dal Presidente della Repubblica che incarica lo stesso Presidente dimissionario di formare un nuovo Governo (Governo – bis);

§         dimissioni del Presidente del Consiglio, cui segue la formazione di un Governo da parte di un nuovo Presidente del Consiglio.

La prassi costituzionale in tali casi è discontinua. È comunque possibile individuare una serie di elementi ricorrenti.

La dottrina prevalente ritiene che non sussista obbligo del Governo di sottoporsi ad un voto di fiducia nel caso di rimpasto, anche se il Governo potrebbe in ogni caso chiedere alle Camere di verificare la permanenza del rapporto di fiducia. Spetta alle Camere, in seguito alla comunicazione del Governo, aprire un dibattito parlamentare, ove venga considerato necessario, ed eventualmente accertare attraverso gli strumenti costituzionali e regolamentari il sussistere del rapporto di fiducia.

Solitamente il Presidente del Consiglio dà comunicazione alle Camere dell’avvenuto rimpasto. Quando le Camere sono riunite, l’annuncio viene dato dal Presidente del Consiglio oralmente o tramite un ministro; quando sono chiuse si fa ricorso a comunicazione per lettera ai Presidenti delle due Camere, senza dover attendere la ripresa dei lavori parlamentari.

 

In virtù del secondo elemento di novità introdotto nell’art. 94 Cost., il Senato federale risulta escluso dal rapporto di fiducia. Tale significativa innovazione si inserisce, come si è più volte rilevato, nel quadro del più complessivo disegno volto al superamento del bicameralismo “paritario”, che costituisce uno dei tratti unificanti del progetto in esame e ne caratterizza alcuni aspetti fondamentali (in particolare, la composizione del Senato federale ed il ruolo da esso giocato nel procedimento legislativo).

In questo quadro, particolare rilevanza assume – ai fini del corretto funzionamento del sistema politico-istituzionale – la definizione dei campi e delle forme di intervento del Senato federale nel procedimento legislativo, dal momento che nei confronti di tale ramo del Parlamento non può esser fatto valere alcun vincolo fiduciario.

Il permanere del sistema all’interno del perimetro delle forme di governo parlamentare sembra esigere infatti che la definizione delle politiche in cui si traduca il programma di Governo sia affidato a forme e procedure legislative che comunque consentano alla maggioranza politica che accorda la fiducia all’esecutivo di pronunciarsi in via definitiva, se del caso superando la contrarietà o le proposte alternative dell’altro ramo del Parlamento. Da ciò consegue la scelta di affidare alla legislazione bicamerale “paritaria” delle due Camere i soli interventi estranei all’indirizzo politico governativo, riferibili a scelte “di sistema” (sul punto v. comunque supra la scheda “La funzione legislativa dello Stato”).

 

In stretta correlazione con l’esclusione del Senato dal rapporto fiduciario si pone, infine, la modifica apportata al primo comma dell’articolo 88 Cost. dall’articolo 13 del progetto in esame, con la quale si è limitato alla sola Camera dei deputati il potere di scioglimento attribuito al Presidente della Repubblica (sul punto v. anche la scheda “Il Presidente della Repubblica”).

 

In conseguenza dell’imputazione esclusiva del rapporto fiduciario in capo alla Camera dei deputati, prevista dalla nuova formulazione del primo comma dell’articolo 94 Cost. introdotta dalla disposizione in esame, sono conseguentemente modificati i riferimenti contenuti negli altri commi dello stesso articolo.

In questo quadro, si segnala che, nel testo risultante dal progetto in esame, il quarto comma dell’articolo 94 Cost. prevede che “Il voto contrario della Camera dei deputati su una proposta del Governo non importa obbligo di dimissioni”. Una lettura sistematica della disposizione consente di escludere che essa possa intendersi nel senso che il voto contrario del Senato federale possa invece comportare l’obbligo di dimissioni del Governo, dovendosi piuttosto attribuire la mancata menzione dei voti espressi al Senato al fatto che tali voti in nessun caso possono influire sulle sorti dell’esecutivo, collocandosi detto ramo del Parlamento al di fuori del rapporto fiduciario con il Presidente del Consiglio.

Quanto alle innovazioni previste in materia di mozione di sfiducia, la disposizione in esame modifica il quinto comma dell’articolo 94 Cost., introducendo due rilevanti novità. La mozione di sfiducia, infatti, dovrà essere:

§         firmata da almeno un terzo dei componenti della Camera dei deputati, anziché da un decimo dei componenti stessi, come previsto nel testo vigente;

§         approvata dalla maggioranza assoluta dei componenti della Camera. Il testo vigente del quinto comma dell’articolo 94 Cost. non richiede invece un particolare quorum per l’approvazione di tale mozione.

Su un piano sistematico, è da notare che per l’approvazione della mozione che costituisce il vincolo fiduciario tra la Camera e il Presidente del Consiglio, resta sufficiente la maggioranza dei presenti, non essendo richiesto dal nuovo testo dell’articolo 94 Cost. alcun particolare quorum, mentre per la risoluzione di tale vincolo la disposizione in esame richiede che la mozione di sfiducia sia approvata da una maggioranza qualificata (maggioranza assoluta dei componenti della Camera).

Anche queste ultime modifiche appaiono finalizzate a un rafforzamento della stabilità dell’esecutivo.

 


Tav. 1. La forma di governo e il rapporto tra organi costituzionali secondo la Costituzione vigente

 

 

 


Tav. 2. La forma di governo e il rapporto tra organi costituzionali secondo l’A.C. 553 e abb.-A

 

 

 


Il Governo in Parlamento;
l’esercizio del potere legislativo da parte del Governo

Il Governo e l’ordine del giorno delle Camere

L’articolo 8, aggiungendo un comma all’articolo 72 della Costituzione, attribuisce al Governo il potere di incidere sui tempi parlamentari di esame e di approvazione delle leggi.

In particolare, viene data facoltà al Governo di chiedere che un disegno di legge sia iscritto con priorità all’ordine del giorno di ciascuna Camera e che, soprattutto, sia votato entro una data determinata.

Ai regolamenti parlamentari spetta l’individuazione dei limiti e dei modi per l’esercizio di tale facoltà. Una modalità (o piuttosto un limite) è indicata dalla medesima disposizione, laddove stabilisce che il termine temporale fissato per il voto deve essere in ogni caso sufficiente per consentire un “adeguato” esame del disegno di legge da parte del Parlamento.

 

L’art. 72 Cost. regola la fase centrale del procedimento legislativo, stabilendo in primo luogo la procedura normale di esame dei disegni di legge: esame da parte delle Commissioni e poi del plenum e approvazione articolo per articolo e con votazione finale (1° comma). In deroga alla procedura normale, sono consentiti due sistemi per velocizzare l’esame: la previsione di procedimenti abbreviati per i disegni di legge dei quali è stata dichiarata l’urgenza (2° comma) e un esame affidato esclusivamente alle Commissioni (che operano in “sede legislativa” o secondo la dizione del regolamento del Senato, “deliberante”), senza passaggio per il plenum, ferma restando la possibilità di “rimessione alla Camera” ai fini dell’esame o della sola approvazione finale da parte dell’Assemblea (3° comma). In ogni caso le modalità applicative sono demandate ai regolamenti parlamentari. La procedura normale di esame, con l’approvazione da parte del plenum, deve sempre essere adottata per determinate categorie di disegni di legge: quelli in materia costituzionale ed elettorale, quelli recanti delega legislativa, di autorizzazione alla ratifica di trattati internazionali, di approvazione di bilanci e consuntivi (4° comma).

 

Nessuna tra le proposte di legge abbinate che hanno originato il provvedimento in esame prevedeva una disposizione analoga a quella dell’articolo 8. Essa appare nella prima proposta di testo unificato presentato dai relatori il 12 giugno e viene poi confermata nel testo adottato come testo base il 21 giugno.

La disposizione, si è affermato nel corso del dibattito, tende ad assicurare la certezza della decisione[42] e risponde alla finalità di snellire e razionalizzare le procedure[43]. Essa, inoltre, potrebbe fornire al Governo un mezzo alternativo al ricorso al voto di fiducia, spesso utilizzato per assicurare l’approvazione in tempi determinati di provvedimenti quali i disegni di legge di conversione di decreti-legge soggetti a decadenza se non approvati celermente.

In ogni caso, viene affidato al Governo il potere di condizionare in misura determinante il dibattito parlamentare e per bilanciare tale innovazione, la disposizione prevede l’intervento dei regolamenti parlamentari per individuare limiti e modalità di esercizio di questo potere.

 

Un limite potrebbe essere desunto dallo stesso dettato costituzionale, dove si riserva alla procedura normale (esame in Commissione e in Assemblea e approvazione articolo per articolo e con votazione finale) una serie di importanti provvedimenti indicati dall’ultimo comma del vigente art. 72 Cost. Ciò anche in considerazione del fatto che la nuova procedura accelerata potrebbe incidere sul procedimento legislativo comprimendo, per esempio, la fase referente, o impedendo la conclusione dell’esame in Commissione.

Tuttavia, la prassi parlamentare ha registrato, anche negli ultimi anni, numerosi casi di accelerazione e di non conclusione dell’esame in Commissione di disegni di legge (anche rientranti tra quelli indicati al 4° comma dell’art. 72 Cost.), in considerazione della loro iscrizione all’ordine del giorno dell’Assemblea.

La disposizione in esame, dunque, potrebbe avere come conseguenza la formalizzazione di questa prassi parlamentare, con la differenza fondamentale consistente nella previsione di un formale intervento del Governo volto ad esercitare il proprio indirizzo politico attraverso la determinazione del calendario parlamentare.

Da un altro punto di vista, però, il meccanismo delineato porrebbe anche uno strumento importante nelle mani della maggioranza parlamentare, o di una parte di essa, che potrebbe richiedere l’esercizio da parte del Governo del potere di attivare la nuova procedura.

 

È da rilevare che la richiesta volta ad ottenere l’iscrizione all’ordine del giorno e la votazione entro termini certi può essere avanzata sia alla Camera sia al Senato federale. Benché, dunque, il Senato sia estraneo al rapporto di fiducia con il Governo, questo mantiene un incisivo potere di intervento nel procedimento legislativo anche della nuova Assemblea federale, utile a superare le eventuali situazioni di inerzia, nei casi in cui la funzione legislativa è esercitata paritariamente dalle due Camere, con riguardo alle importanti materie indicate nel nuovo art. 70, primo comma, Cost.; ovvero quando, ai sensi del secondo comma dello stesso articolo, è attribuito al Senato l’esame in prima lettura del disegno di legge.

 

Nei regolamenti parlamentari in vigore si rintracciano alcune disposizioni tese ad agevolare il procedimento legislativo. Tra queste assume particolare rilievo, in relazione alla norma in commento, la determinazione da parte della Conferenza dei presidenti dei gruppi parlamentari del tempo complessivamente disponibile per la discussione degli argomenti iscritti nel calendario dei lavori dell’Assemblea (art. 24, co. 7, Reg. Camera) e della data entro cui gli argomenti iscritti nel calendario devono essere posti in votazione (art. 55, co. 5, Reg. Senato).

La novità sostanziale contenuta nel disegno di legge costituzionale in esame è tuttavia il conferimento ad un organo esterno al Parlamento (il Governo) del potere di indicare una data certa nella conclusione del procedimento legislativo, senza alcun intervento parlamentare, come avviene invece in altri ordinamenti.

 

Ad esempio, il Governo britannico (vedi oltre) può imporre la chiusura del dibattito su un determinato disegno di legge, previa approvazione, da parte della Camera dei comuni, di una mozione.

Si ricorda che una disposizione analoga a quella in esame era contenuta nel testo della legge di riforma della II Parte della Costituzione approvato nella scorsa legislatura e respinto dal referendum del giugno 2006 (art. 16 del testo di legge di modifica dell’art. 72 Cost.).

Tuttavia, quella disposizione oltre a prevedere l’iscrizione all’ordine del giorno e la fissazione dei tempi di conclusione dei disegni di legge dietro richiesta del Governo, conteneva una norma di chiusura simile al “voto bloccato” francese (vedi oltre) secondo la quale, nel caso di decorso del termine prefissato, la (sola) Camera dei deputati avrebbe dovuto deliberare sul testo del Governo.

La disposizione concludeva, infine, affidando ai regolamenti parlamentari il compito di stabilire procedure per favorire l’esame delle proposte delle minoranze parlamentari.

 

Come accennato sopra, la disposizione in esame presenta alcune analogie con istituti parlamentari propri di Paesi caratterizzati dall’attribuzione di rilevanti poteri del Governo nel procedimento legislativo, quali il Regno Unito e la Francia.

Nella Camera dei comuni la composizione delle divergenze tra maggioranza e opposizione in ordine alla definizione del calendario dei lavori vengono normalmente affrontate e risolte informalmente. In caso di disaccordo, il Governo può presentare una mozione denominata Allocation of Time Motion, più nota come “mozione ghigliottina”, che fissa tempi certi per la conclusione di determinate fasi del procedimento legislativo, in genere l’esame in commissione e la terza lettura, ossia il dibattito del plenum sul provvedimento nel suo complesso e votazione finale. L’utilizzo della “mozione ghigliottina” avviene solitamente quando provvedimenti che il Governo ritiene prioritari non procedono con speditezza, oppure per contrastare l’ostruzionismo dell’opposizione. Il ricorso di questo strumento non è stato frequente nella storia parlamentare inglese e negli ultimi anni è ulteriormente diminuito anche per l’introduzione di un nuovo strumento volto ad accelerare l’esame dei disegni di legge del Governo.

Si tratta della Programme motion introdotta a partire dalla sessione 1997-1998 inizialmente in via sperimentale. A differenza della norma “ghigliottina”, che interviene in fase avanzata del procedimento legislativo, prevalentemente in connessione all’ostruzionismo, la Programme motion viene utilizzata per definire i tempi di esame di un disegno di legge prima dell’inizio dell’esame parlamentare. La mozione è presentata subito dopo la seconda lettura (in realtà la fase iniziale del procedimento)[44], e fissa i tempi di conclusione delle successive fasi: esame in commissione, report stage (esame in Aula del testo approvato in commissione ed esame di ulteriori emendamenti), terza lettura (dibattito sul provvedimento nel suo complesso e votazione finale).

La mozione di programma solitamente non è preceduta da dibattito, mentre per la mozione ghigliottina è consentito un dibattito di non più di tre ore[45].

La Costituzione francese del 1958 ha conferito al Governo una posizione di preminenza nell’ambito delle procedure legislative parlamentari. Tra queste, qui rileva in primo luogo la priorità assegnata al Governo per la formazione dell’ordine del giorno delle Camere. Infatti, l’art. 48 Cost. prevede che l’ordine del giorno delle assemblee comporta “in via prioritaria e nell’ordine stabilito dal Governo, la discussione dei disegni di legge presentati dal Governo e delle proposte di legge da esso accettate”.

Inoltre, il Governo può attivare le procedure abbreviate previste dal regolamento, quali la procedura semplificata con dibattito limitato (art. 106 Reg. Ass. naz.) oppure imporre il “voto bloccato” sull’insieme o su una parte del testo: esso comporta l’espressione di un solo voto, senza emendamenti o con i soli emendamenti proposti o accettati dal Governo (art. 44 Cost.).

La delegazione legislativa

Gli articoli 10 e 11 del testo in esame introducono ulteriori strumenti di garanzia a favore dell’istituzione parlamentare, limitando o sottoponendo a controllo l’esercizio del potere legislativo da parte del Governo nelle due ipotesi in cui la Costituzione lo consente: la delegazione legislativa e la decretazione d’urgenza.

In particolare, l’articolo 10, aggiungendo un comma all’articolo 76 della Costituzione, stabilisce che tutti gli schemi di decreti legislativi predisposti dal Governo siano sottoposti al parere delle Commissioni parlamentari competenti.

 

L’art. 76 Cost. consente l’esercizio della funzione legislativa da parte del Governo su delega del Parlamento, imponendo peraltro rigorose limitazioni: la delega può essere disposta soltanto per un tempo limitato e per oggetti definiti, e deve determinare i principi e criteri direttivi per il suo esercizio.

 

Il nuovo comma introdotto generalizza e costituzionalizza un obbligo, quello del parere parlamentare, oggi previsto unicamente a livello di legislazione ordinaria e solo in determinati casi, dalle rispettive leggi di delega.

Una disposizione di ordine generale è peraltro recata dall’art. 14, co. 4, della L. 400/1988[46], che prevede un doppio parere parlamentare sugli schemi di decreti delegati, che il Governo deve richiedere in tutti i casi in cui il termine finale per l’esercizio della delega ecceda i due anni.

 

Il primo parere – precisa la disposizione – è espresso dalle Commissioni permanenti delle due Camere competenti per materia entro sessanta giorni dalla richiesta. Esso indica specificamente le eventuali disposizioni non ritenute corrispondenti alle direttive della legge di delegazione. Il Governo, nei trenta giorni successivi, esaminato il parere, ritrasmette, con le sue osservazioni e con eventuali modificazioni, i testi alle Commissioni per il parere definitivo che deve essere espresso entro trenta giorni.

 

La regola introdotta a livello costituzionale intende dunque coinvolgere stabilmente le Camere nel procedimento di emanazione dei decreti legislativi.

 

Potrebbe peraltro porsi la questione se, con riferimento alle leggi di delega approvate con procedimento bicamerale a prevalenza Camera (e per le quali il Senato federale non abbia esercitato la facoltà di richiamo), il parere debba essere reso solo dalla Commissione parlamentare competente della Camera dei deputati, o anche da quella del Senato federale.

 

Quanto alla natura del parere parlamentare, poiché esso è da ritenersi obbligatorio, la sua mancata richiesta da parte del Governo potrebbe determinare un vizio procedurale nell’adozione del decreto legislativo.

 

L’ipotesi di attribuire al parere efficacia vincolante è stata avanzata nel corso dell’esame in Commissione[47]. Al riguardo, si è peraltro rilevato che il carattere vincolante del parere espresso dalle Commissioni parlamentari, oltre a mutare la natura dell’apporto di queste alla formazione dell’atto (esse svolgerebbero infatti una funzione non più consultiva ma sostanzialmente legislativa), potrebbe apparire inopportuno in considerazione del fatto che spetta comunque alla Corte costituzionale intervenire sui decreti legislativi al fine di valutarne la corrispondenza con i princìpi e criteri direttivi della legge di delega[48].

L’emendamento finalizzato a rendere vincolante il parere parlamentare è stato in ultimo ritirato, con la riserva di riproporre la questione nel corso dell’esame in Assemblea, prevedendo, anche alternativamente, una norma con cui si stabilisca che il mancato rispetto dei principi e criteri direttivi debba essere motivato adeguatamente dal Governo[49].

 

In proposito si ricorda che la Corte costituzionale ha ritenuto che non sussiste per il Governo un obbligo di motivazione in caso di mancato recepimento del parere (sent. 156/1985[50]).

Peraltro, a partire dalla legge 7 aprile 2003, n. 80, recante delega al Governo per la riforma del sistema fiscale, è stato previsto, in alcune deleghe, un procedimento articolato e a volte alquanto complesso per l’adozione dei relativi decreti legislativi.

A titolo esemplificativo di questa tendenza, si ricorda l’art. 1, co. 4 della L. 131/2003[51], recante una delega per la ricognizione dei princìpi fondamentali che si traggono dalle leggi vigenti, nelle materie di competenza legislativa concorrente. Ai sensi della disposizione, i relativi schemi “sono trasmessi alle Camere per l'acquisizione del parere da parte delle competenti Commissioni parlamentari, compreso quello della Commissione parlamentare per le questioni regionali, da rendersi entro sessanta giorni dall'assegnazione alle Commissioni medesime. Acquisiti tali pareri, il Governo ritrasmette i testi, con le proprie osservazioni e con le eventuali modificazioni, alla Conferenza Stato-Regioni ed alle Camere per il parere definitivo, da rendersi, rispettivamente, entro trenta e sessanta giorni dalla trasmissione dei testi medesimi. Il parere parlamentare definitivo è reso dalla Commissione parlamentare per le questioni regionali. Gli schemi di decreto legislativo sono esaminati rilevando se in essi non siano indicati alcuni dei princìpi fondamentali ovvero se vi siano disposizioni che abbiano un contenuto innovativo dei princìpi fondamentali, e non meramente ricognitivo ai sensi del presente comma, ovvero si riferiscano a norme vigenti che non abbiano la natura di principio fondamentale. In tal caso il Governo può omettere quelle disposizioni dal decreto legislativo, oppure le può modificare in conformità alle indicazioni contenute nel parere o, altrimenti, deve trasmettere ai Presidenti delle Camere e al Presidente della Commissione parlamentare per le questioni regionali una relazione nella quale sono indicate le specifiche motivazioni di difformità dal parere parlamentare”.

Un altro esempio è offerto dalla L. 243/2004[52], il cui art. 1, co. 45, stabilisce che, una volta espressi i pareri da parte delle Commissioni parlamentari competenti, entro i trenta giorni successivi il Governo, ove non intenda conformarsi alle condizioni in essi eventualmente formulate relativamente all’osservanza dei princìpi e dei criteri direttivi recati dalla legge di delega, nonché con riferimento all’esigenza di garantire il rispetto dell’articolo 81, quarto comma, della Costituzione, ritrasmette alle Camere i testi, corredati dai necessari elementi integrativi di informazione, per i pareri definitivi delle Commissioni competenti, che sono espressi entro trenta giorni dalla data di trasmissione.

 

 

La decretazione d’urgenza

L’articolo 11 del progetto di legge sostituisce interamente l’art. 77 della Costituzione, che disciplina la decretazione d’urgenza, pur conservando alcuni degli elementi che ne caratterizzano la vigente stesura.

Benché riformulato, il primo comma dell’articolo 77 resta immutato quanto al significato sostanziale.

In particolare, viene mantenuto l’espresso divieto al Governo di emanare decreti che abbiano valore di legge ordinaria; divieto già oggi posto dal primo comma dell’articolo 77, che attribuisce natura derogatoria alla disciplina recata dai commi successivi. Tale divieto non si applica, secondo quanto già attualmente previsto, pur con diversa formulazione, ai decreti con valore di legge adottati dal Governo nell’esercizio della funzione legislativa ad esso delegata ai sensi dell’art. 76 Cost..

Per quanto riguarda l’ambito di intervento dei decreti-legge (secondo comma), il Governo può ricorrere alla loro adozione soltanto in casi straordinari di necessità ed urgenza. Tale requisito costituzionale è identico a quello richiesto dall'attuale art. 77, così come l’obbligo per il Governo di presentare immediatamente i provvedimenti d’urgenza per la loro conversione in legge alle Camere, che devono riunirsi entro cinque giorni.

È da ritenere che il Governo, non diversamente da quanto accade oggi, possa decidere in merito al ramo del Parlamento presso cui presentare il decreto-legge quando esso ha per oggetto alcune delle materie alle quali si applica il procedimento legislativo “bicamerale paritario”, di cui al primo comma del nuovo articolo 70 della Costituzione.

 

In particolare, il Governo sembra poter esercitare tale opzione per i decreti-legge riferibili alle materie riguardanti:

§       gli organi di governo e le funzioni fondamentali di Comuni, Province e Città metropolitane;

§       le norme che stabiliscono le regole concernenti l’assetto generale dei rapporti tra lo Stato e le autonomie (anche se potrebbero essere avanzati dubbi circa l’opportunità di adottare provvedimenti d’urgenza in tale materia);

§       l’istituzione e la disciplina delle Autorità di garanzia e di vigilanza;

§       la tutela delle minoranze linguistiche.

 

Resta incerta la fattispecie di cui al secondo comma dell’articolo, relativa all’esame dei disegni di legge che hanno lo scopo di determinare i principi fondamentali nelle materie di competenza concorrente, poiché per essi l’esame in prima lettura è riservato al Senato, ma solo previa individuazione e assegnazione ad opera dei Presidenti delle due Camere, d’intesa tra loro.

La generalità dei progetti di legge (e conseguentemente dei disegni di legge di conversione dei decreti-legge), ai sensi del riformulato terzo comma dell’articolo 70 della Costituzione, è invece esaminata e approvata in prima lettura dalla Camera dei deputati. Il Senato federale, al quale è trasmesso il testo approvato, su richiesta di un quinto dei suoi componenti può esaminarlo e modificarlo, spettando comunque alla Camera dei deputati pronunciarsi su tali modifiche in via definitiva. La medesima disposizione stabilisce che, per i disegni di legge di conversione dei decreti-legge, il cui procedimento di approvazione è caratterizzato da tempi più ristretti a causa della prevista decadenza dei decreti in caso di mancata conversione entro sessanta giorni dalla pubblicazione, il termine per tale esame, ordinariamente di trenta giorni, è ridotto alla metà.

Anche il secondo comma del riformulato art. 77 Cost., relativo ai presupposti necessari per l’emanazione a alla conversione dei decreti-legge, non presenta dunque innovazioni, ad eccezione della previsione secondo cui è la sola Camera dei deputati che, anche se sciolta, è appositamente convocata per la conversione. Il nuovo testo non prevede altrettanto per il Senato federale in quanto, nel sistema delineato, esso è un organo non suscettibile di scioglimento (si veda in tal senso il primo comma dell’art. 88 Cost. novellato).

Le innovazioni più rilevanti sono contenute nel quarto comma dell’articolo 77, come riformulato dall’articolo 11 del disegno di legge costituzionale.

La disposizione in questione delimita l’esercizio del potere del Governo di adottare provvedimenti d’urgenza, recependo tra l’altro a livello costituzionale alcuni dei vincoli attualmente posti dall’art. 15 della L. 400/1988, ai quali si è di fatto talvolta derogato, in quanto posti con legge ordinaria.

In particolare, con il decreto-legge non è possibile:

§         rinnovare disposizioni di decreti non convertiti in legge;

§         ripristinare l'efficacia di disposizioni dichiarate illegittime dalla Corte costituzionale;

§         conferire deleghe legislative;

§         attribuire poteri regolamentari in materie già disciplinate con legge (quest’ultimo limite non è previsto dall’art. 15 della L 400/1988).

 

In base all’art. 15, co. 2, della L. 400/1988 il decreto-legge non può:

§       contenere deleghe legislative ai sensi dell'articolo 76 della Costituzione

§       intervenire in materia costituzionale, elettorale, di autorizzazione alla ratifica di trattati internazionali, di bilanci e consuntivi;

§       riprodurre il contenuto di altro decreto-legge di cui sia stata negata, col voto di una Camera, la conversione in legge;

§       regolare i rapporti giuridici sorti in base a decreti non convertiti;

§       riprodurre norme dichiarate costituzionalmente illegittime per vizio di sostanza.

La L. 400/1988 pone inoltre limiti al contenuto del decreto-legge, stabilendo che deve essere specifico, omogeneo e corrispondente al titolo, nonché di immediata applicazione (art. 15, co. 3).

L’art. 4 della L. 212/2000[53] (statuto dei diritti del contribuente) stabilisce un ulteriore vincolo alla decretazione d’urgenza, stabilendo che non si può disporre con decreto-legge l’istituzione di nuovi tributi né estendere l’applicazione di quelli esistenti ad altre categorie di soggetti.

 

Per quanto riguarda la reiterazione dei decreti–legge, la Corte costituzionale, con la sentenza n. 360 del 1996, ha posto fine ad una prassi che si ripeteva, a partire dagli anni ’80, con sempre maggiore frequenza.

Nella pronuncia citata la Corte ha ritenuto che nel testo dell'art. 77 Cost. possa leggersi un implicito divieto per il Governo di iterare o reiterare in tutto o in parte i provvedimenti d'urgenza non convertiti. Successivi decreti su materie analoghe a quelle fatte oggetto di provvedimenti decaduti potranno essere ritenuti legittimi secondo la Corte solo se sussiste almeno una delle seguenti due condizioni:

§       i nuovi provvedimenti siano caratterizzati da contenuti normativi sostanzialmente diversi rispetto a quelli dei decreti decaduti;

§       i nuovi decreti siano fondati su autonomi (e pur sempre straordinari) motivi di necessità e urgenza, motivi che in ogni caso “non potranno essere ricondotti al solo fatto del ritardo conseguente alla mancata conversione del precedente decreto”.

Il divieto di conferire deleghe legislative ai sensi dell’articolo 76 della Costituzione è di norma rispettato dal Governo in sede di emanazione dei decreti-legge; esso ha trovato qualche eccezione durante l’iter parlamentare di conversione, durante il quale il contenuto dei disegni di legge di conversione è stato a volte integrato con disposizioni concernenti il conferimento di nuove deleghe o, più spesso, la proroga o il differimento dei termini per l’esercizio di deleghe già attribuite da precedenti leggi.

Il Comitato per la legislazione della Camera dei deputati, nell’ambito della sua attività consultiva, ha costantemente richiamato il divieto di inserire deleghe al Governo nella legge di conversione del decreto-legge, ponendo nei propri pareri condizioni volte alla soppressione delle norme relative.

Il Presidente della Repubblica, il 29 marzo 2002, ha rinviato alle Camere[54] la legge di conversione del decreto-legge 25 gennaio 2002, n. 4, recante disposizioni urgenti finalizzate a superare lo stato di crisi per il settore zootecnico, per la pesca e per l’agricoltura, sollevando alcuni rilievi in merito all’utilizzo della decretazione d’urgenza. Tra i motivi del rinvio il Capo dello Stato segnala l'inserimento di un articolo nella legge di conversione, che proroga un termine già scaduto per l'esercizio di una delega legislativa. Il Presidente della Repubblica, inoltre, si sofferma sulle numerose norme introdotte in sede di conversione, “sia ad iniziativa del Governo, sia per emendamenti parlamentari”, verificando l’assenza di due requisiti fondamentali: quelli costituzionali di straordinaria necessità ed urgenza; l’attinenza alle disposizioni dell’atto originario. “Questo modo di procedere – argomenta il Presidente – configura uno stravolgimento dell’istituto del decreto-legge non conforme al principio consacrato nel ricordato articolo 77 della Costituzione e alle norme dettate in proposito dalla legge n. 400 del 1988 che, pur essendo una legge ordinaria, ha valore ordinamentale in quanto è preposta all’ordinato impiego della decretazione d’urgenza e deve quindi essere, del pari, rigorosamente osservata”.

 

È da notare che la disposizione non introduce nel testo costituzionale tutti i limiti fissati dalla L. 400/1988, presumibilmente perché alcuni di essi sono ritenuti implicitamente ricavabili da una lettura sistematica del testo costituzionale.

Ci si riferisce più specificamente all’esclusione dall’ambito di intervento della decretazione d’urgenza delle materie coperte da riserva di Assemblea ai sensi dell’articolo 72, quarto comma, della Costituzione (materia costituzionale ed elettorale, autorizzazione alla ratifica di trattati internazionali, approvazione di bilanci e consuntivi), determinata anche in via di interpretazione e di prassi, che è diventata una sorta di consuetudine.

 

D’altra parte, si osserva che si verificherebbe una illogica commistione dei ruoli se il Governo con decreto-legge autorizzasse (sostanzialmente se stesso) a ratificare un trattato o ad approvare il bilancio o il rendiconto consuntivo.

 

L’ultimo divieto posto dal quarto comma riguarda l’attribuzione di poteri regolamentari al Governo in materie disciplinate dalla legge.

Tale previsione sembra fare riferimento all’ipotesi di autorizzazione al Governo all’esercizio della potestà regolamentare mediante regolamenti di delegificazione.

 

L’art. 17, co. 2, della citata L. 400/1988 prevede che siano disciplinate con D.P.R. le materie non coperte da riserva assoluta di legge per le quali la legge, autorizzando l’esercizio della potestà regolamentare, determini le norme generali regolatrici della materia e disponga l’abrogazione delle norme vigenti, con effetto dall’entrata in vigore delle norme regolamentari.

 

L’introduzione del divieto in questione potrebbe trovare fondamento nel fatto che la delegificazione è uno strumento con cui si possono ottenere risultati in qualche misura paragonabili a quelli della delega legislativa, in quanto essa consente di attribuire poteri normativi al Governo in materie già regolate dalla legge, con la possibilità di abrogare norme di rango legislativo (sostituendole con regolamenti governativi), in assenza peraltro di termini perentori per l’esercizio dell’autorizzazione e (a volte) senza che vengano puntualmente individuate le norme generali regolatrici della materia.

 

Non risulta che il Comitato per la legislazione abbia mai formulato rilievi in merito alla opportunità di disporre autorizzazioni alla delegificazione mediante decreti-legge.

 

Il quinto comma dell’articolo 77, infine, precisa che la conversione in legge deve essere effettuata secondo i procedimenti legislativi di volta in volta previsti dall’articolo 70 per la materia oggetto del decreto-legge (sul punto, v. supra)[55].


Il Presidente della Repubblica

L’articolo 13 del testo in esame apporta varie modifiche agli articoli da 83 a 88 della Costituzione, tutti inclusi nel Titolo II della Parte seconda, che tratta la figura del Presidente della Repubblica.

 

La modifica che appare più rilevante e innovativa è quella recata dal comma 2 dell’articolo all’art. 84 Cost.. In virtù di essa l’età minima che (insieme alla cittadinanza e al godimento dei diritti civili e politici) costituisce il solo requisito per l’elezione alla carica di Presidente della Repubblica è abbassata dagli attuali cinquanta a quaranta anni.

 

Si ricorda che l’abbassamento a quaranta anni dell’età minima per l’elezione del Presidente della Repubblica era prevista anche dal testo della legge di riforma della II Parte della Costituzione approvato nella scorsa legislatura e respinto dal referendum del giugno 2006 (art. 23 del testo di legge di modifica dell’art. 84 Cost.).

 

La disposizione appare ricollegabile al parallelo abbassamento dell’età minima per l’accesso alle cariche parlamentari espressamente disposto, per la Camera dei deputati, dall’art. 2 e conseguente in via implicita dalla nuova composizione del Senato federale della Repubblica di cui all’art. 3 (v. sul punto la scheda “La revisione del sistema bicamerale”).

 

Tra le altre modifiche introdotte dall’articolo si ricordano in particolare le seguenti.

Il comma 1 abroga il secondo comma dell’articolo 83 della Costituzione, ove si prevede che il Parlamento in seduta comune, in occasione dell’elezione del Capo dello Stato, sia integrato con la presenza di tre delegati per ogni Regione (uno per la Valle d’Aosta), eletti dal Consiglio regionale.

La partecipazione dei delegati regionali non è infatti apparsa più necessaria, in presenza di un Senato federale i cui componenti sono la diretta espressione delle assemblee elettive regionali e delle rappresentanze locali.

Il comma 4, riformulando l’articolo 86 della Costituzione, attribuisce al Presidente della Camera dei deputati – anziché, come oggi, al Presidente del Senato – le funzioni di supplenza in caso di temporaneo impedimento del Capo dello Stato. Anche questa modifica appare consequenziale al nuovo ruolo e alla diversa composizione attribuite al Senato federale dal testo in commento.

Il comma 6 novella infine il primo comma dell’articolo 88, limitando l’esercizio del potere di scioglimento presidenziale alla sola Camera dei deputati. Il Presidente della Repubblica può dunque, sentito il suo Presidente (non più i Presidenti di entrambi i rami del Parlamento), sciogliere la Camera dei deputati. Il Senato federale, organo di rappresentanza indiretta, a rinnovo parziale, e svincolato dal rapporto di fiducia, non è invece soggetto a scioglimento.

Le modifiche recate dagli altri commi dell’articolo 13 hanno mera finalità di coordinamento testuale.

 

 


Altre disposizioni

Lo scioglimento dei Consigli regionali e la rimozione dei Presidenti delle Giunte regionali

L’articolo 19 del progetto di legge modifica il primo comma dell’articolo 126 della Costituzione[56], relativo allo scioglimento dei Consigli regionali e alla rimozione dei Presidenti delle Giunte regionali.

 

Il vigente articolo 126 dispone che, con decreto motivato del Presidente della Repubblica, siano disposti lo scioglimento del Consiglio regionale e la rimozione del Presidente della Giunta nei casi in cui siano stati compiuti atti contrari alla Costituzione o gravi violazioni di legge, nonché per ragioni di sicurezza nazionale. Il decreto è adottato sentita una Commissione di deputati e senatori costituita, per le questioni regionali, nei modi stabiliti con legge della Repubblica. Si tratta dell’attuale Commissione parlamentare per le questioni regionali.

 

Il parere sul decreto di scioglimento, precedentemente espresso dalla Commissione per le questioni regionali, dovrà essere richiesto ai Presidenti delle Camere.

 

La Commissione parlamentare per le questioni regionali è l’unico organo bicamerale espressamente previsto dalla Costituzione.

Istituita dall’art. 52 della L. 62/1953[57], come modificato dall’art. 32 della L. 775/1970[58]: è composta da venti deputati e venti senatori nominati d’intesa dai Presidenti delle rispettive Camere, su designazione dei gruppi, con criteri di rappresentanza proporzionale.

Oltre alla funzione consultiva prevista dalla Costituzione, la legislazione ordinaria ha attribuito alla Commissione numerose altre competenze. Tra quelle consultive, si menzionano quelle assegnate dal D.P.R. 616/1977 relative all’espressione di un parere al Governo nel caso in cui un’accertata inattività di organi regionali comporti inadempimento agli obblighi comunitari[59] nonché la previsione di un parere qualora, nella progettazione di opere pubbliche, non si raggiunga l’intesa tra l’amministrazione centrale competente e gli enti locali interessati[60]. L’art. 12 della L.400/1988[61] prevede che il Presidente del Consiglio dei ministri (o il ministro competente o appositamente delegato) riferisca alla Commissione circa l’attività della Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome. Successivamente la L. 549/1995[62] ha previsto all’art. 2, comma 52, l’espressione del parere della Commissione sugli schemi di decreti legislativi di cui ai commi da 46 a 51 del medesimo articolo. La legge 59/1997 ha inoltre previsto il parere della Commissione sui decreti legislativi volti a conferire alle regioni e agli enti locali funzioni e compiti amministrativi (articoli 6 e 11). L’art. 8 della stessa legge attribuisce una ulteriore competenza consultiva nel procedimento per l’adozione di atti di indirizzo e coordinamento delle funzioni amministrative regionali, di atti di coordinamento tecnico, e delle direttive relative all’esercizio delle funzioni delegate, qualora non si perfezioni entro 45 giorni la procedura normale dell’intesa con la Conferenza Stato-regioni o con la singola regione interessata.

L’articolo 1, comma 3, della L. 422/2000[63] prevede poi il parere della Commissione sugli schemi di decreti legislativi di cui all’allegato B della citata legge, che riguardino materie di interesse regionale.

 

Del tutto rilevante il ruolo della Commissione prefigurato dall’articolo 11 della Legge Costituzionale n. 3 del 2001[64]. Tale disposizione prevede infatti che sino alla revisione delle norme del Titolo I della parte seconda della Costituzione, i regolamenti della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica possano prevedere la partecipazione di rappresentanti delle Regioni, delle Province autonome e degli enti locali alla Commissione parlamentare per le questioni regionali. Quando un progetto di legge riguardante le materie di cui al nuovo terzo comma dell’articolo 117 (competenza concorrente) e al nuovo articolo 119 (autonomia finanziaria delle regioni e degli enti locali e fondo perequativo) della Costituzione, contenga disposizioni sulle quali la Commissione parlamentare per le questioni regionali, integrata nei termini di cui sopra, abbia espresso parere contrario o parere favorevole condizionato all’introduzione di modificazioni specificamente formulate, e la Commissione che ha svolto l’esame in sede referente non vi si sia adeguata, sulle corrispondenti parti del progetto di legge l’Assemblea delibera a maggioranza assoluta dei suoi componenti.

Tale possibilità, attribuita ai regolamenti parlamentari, non ha però trovato attuazione, ed è da ritenere che il menzionato art. 11 sarebbe destinato a perdere efficacia con l’entrata in vigore della legge costituzionale in commento, la quale – come prefigurato dal medesimo art. 11 – opera una revisione delle norme del Titolo I della parte seconda della Costituzione, cioè del sistema bicamerale.

 

Negli ultimi anni la L. 131/2003[65] ha previsto pareri sugli schemi di decreti legislativi meramente ricognitivi dei princìpi fondamentali che si traggono dalle leggi vigenti, nelle materie previste dall’articolo 117, terzo comma, della Costituzione (art. 1) e sugli schemi di decreti legislativi recanti testi unici meramente compilativi delle disposizioni legislative residue, per ambiti omogenei, nelle materie di legislazione concorrente (art. 3).

Infine, la L. 112/2004[66] ha previsto che la Commissione esprima un parere sullo schema di decreto legislativo recante il testo unico delle disposizioni legislative in materia di radiotelevisione.

Per quanto riguarda i regolamenti parlamentari: l’articolo 40, comma 9, del Regolamento del Senato, prevede che i progetti di legge contenenti disposizioni sulle materie indicate dall’articolo 117 della Costituzione, o di competenza delle regioni a statuto speciale, o che riguardino l’attività legislativa ed amministrativa delle regioni, siano trasmessi, oltre che a quelle di merito, anche alla Commissione parlamentare per le questioni regionali; analoga previsione è ora contenuta nell’articolo 102, comma 3 del Regolamento della Camera, a seguito di una modifica approvata il 16 dicembre 1998; l’articolo 118-bis, comma 1. del Regolamento della Camera, e l’articolo 125-bis di quello del Senato, ne prevedono il parere, o le osservazioni, sul documento di programmazione economico-finanziaria.

 

La modifica dell’art. 126, con la cancellazione della norma relativa alla Commissione per le questioni regionali e la conseguente perdita dell’ancoraggio costituzionale, nonché la previsione della formazione di un Senato federale della Repubblica, espressione delle Regioni e delle autonomie locali, con competenze specifiche, richiede una valutazione sull’opportunità di mantenere inalterata la disciplina relativa all’organismo bicamerale. La questione potrebbe formare oggetto di una previsione da includere tra le norme transitorie, o essere tout-court rimessa alla legislazione ordinaria di attuazione della riforma.

 

Come rileva la discussione seguita all’esposizione dell’articolo – intervenuta giovedì 11 ottobre – si è concordato sull’opportunità di rinviare ad una fase di esame successiva la definizione della disciplina relativa al seguito dello scioglimento dei Consigli regionali e alla rimozione degli organi. Ugualmente, la richiesta di parere ai Presidenti delle Camere è apparsa opportuna e preferibile rispetto alla prima ipotesi di assegnazione al Senato federale della Repubblica del parere sul decreto presidenziale, ritenuta impraticabile, in quanto per lo scioglimento del Consiglio avrebbero potuto votare anche i senatori eletti all’interno dello stesso.

Le disposizioni transitorie

L’articolo 21 del progetto di legge reca la disciplina relativa alle modalità e ai tempi di attuazione della riforma.

Il primo comma dell’articolo dispone che quanto previsto dal provvedimento in esame trovi applicazione dalla legislatura successiva a quella in cui lo stesso provvedimento diverrà vigente (cioè dall’inizio della prossima legislatura). Resta inteso che già prima dell’inizio della nuova legislatura nella quale il nuovo sistema andrà a regime, dovranno necessariamente essere predisposti gli strumenti normativi necessari alla sua operatività, con specifico riguardo alla disciplina richiesta per l’elezione del Parlamento nella nuova composizione. Questo appare il significato dell’ inciso “e con riferimento alle relative elezioni delle due Camere”.

Sin dall’entrata in vigore della legge di riforma, dovrà in particolare avviarsi l’esame parlamentare delle leggi ordinarie volte a:

§         modificare la disciplina per l’elezione della Camera dei deputati al fine di tener conto della riduzione del numero dei deputati e dell’abbassamento della soglia di età per l’attribuzione dell’elettorato passivo;

§         definire le modalità di elezione del Senato federale della Repubblica, come previsto dal primo comma del nuovo art. 57 Cost.;

§         determinare i princìpi fondamentali per la formazione e la composizione dei Consigli delle autonomie locali (come stabilito dall’art. 18 della riforma che interviene sull’art. 123 Cost.); a tale legge statale dovrà far seguito l’adeguamento della disciplina (legislativa e, se del caso, statutaria) delle Regioni, sulla base della quale dovranno quindi essere ricostituiti i Consigli delle autonomie locali nella nuova composizione;

§         adeguare (se risulterà necessario) la disciplina legislativa e regolamentare per l’elezione dei parlamentari nella circoscrizione Estero.

Come specificato al comma 3 dell’articolo in esame, le leggi statali di cui agli artt. 57 e 123 Cost. dovranno essere approvate entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della legge costituzionale.

 

In caso di approvazione ed entrata in vigore della riforma, al termine della corrente legislatura la Camera dei deputati sarà eletta secondo la nuova disciplina costituzionale: conterà cinquecento deputati oltre quelli eletti all’estero e potranno essere eletti anche coloro che nel giorno delle elezioni abbiano compiuto i diciotto anni d’età.

Il comma 2 dell’articolo in esame prevede che in tale occasione – in sede di prima applicazione – si procederà contestualmente all’elezione del Senato federale della Repubblica.

Entro venti giorni dalla data di svolgimento delle elezioni della Camera dei deputati, i Consigli regionali, i Consigli provinciali delle Province autonome di Trento e di Bolzano e ciascun Consiglio delle autonomie locali dovranno eleggere i rispettivi senatori, nel numero fissato dall’art. 57 Cost. così come modificato, e secondo le modalità fissate dalle leggi dello Stato.

Nel caso in cui a tale data un Consiglio regionale o di Provincia autonoma risulti sciolto, l’elezione dei relativi senatori sarà differita così da poter essere effettuata dal nuovo Consiglio: essa dovrà avvenire entro trenta giorni dalla prima riunione di questo. Il termine più lungo tiene conto dei tempi d’avvio del nuovo organo.

 

Il comma 3, oltre a stabilire che le norme necessarie alla fissazione delle modalità d’elezione del Senato e per la composizione e il funzionamento dei Consigli delle autonomie locali siano approvate entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della riforma, detta la disciplina applicabile nel caso in cui non vengano tempestivamente soddisfatte le condizioni relative alla costituzione, nella nuova composizione, dei Consigli delle autonomie locali.

Quando, in assenza della norma disciplinatrice o per ritardo nei successivi adempimenti, i Consigli risultino non ancora costituiti alla data delle elezioni – e nelle sole Regioni in cui ciò avvenga – i senatori in rappresentanza delle autonomie locali saranno eletti dal Consiglio regionale (o della Provincia autonoma).

La disposizione potrebbe determinare qualche incertezza interpretativa, qualora non fosse chiarita la sua applicabilità solo in sede di prima applicazione (fino alla prima costituzione dei nuovi Consigli, in conformità alla disciplina statale) e non a regime. (si rinvia in proposito al paragrafo “L’elezione del Senato federale”).

La “clausola di salvaguardia” per le Regioni a statuto speciale

L’articolo 22 del testo in esame introduce (e ‘riproduce’) la cosiddetta clausola di migliore trattamento delle regioni a statuto speciale, clausola già posta dall’articolo 10 della legge costituzionale n. 3 del 2001 per tutte le modifiche allora apportate alle competenze e all’ordinamento regionale.

 

Con la clausola di miglior trattamento “il legislatore costituzionale del 2001 ha [...] perseguito [...] l'obbiettivo di evitare che il rafforzamento del sistema delle autonomie delle Regioni ordinarie, attuato dalla riforma del titolo V, potesse determinare un divario rispetto a quelle Regioni che godono di forme e condizioni particolari di autonomia” (così, da ultimo, C. cost., sent. 370/2006). Il principio è affermato sin dai decreti delegati del 1972 e del 1976, anche quando quelli non contenevano una clausola espressa di estensione o di maggior favore[67].

 

Fermo il principio che la clausola pone – nessuna reformatio in pejus delle potestà delle regioni a statuto speciale e piena applicazione delle disposizioni che accrescono o ampliano quelle potestà – resta altrettanto fermo il principio secondo cui le modifiche alla forma di governo nazionale, al procedimento legislativo nazionale e agli organi del Parlamento non possono certamente applicarsi limitatamente al territorio ed ai poteri delle regioni a statuto ordinario.

La clausola potrebbe impattare allora sulla disciplina della composizione dei consigli delle autonomie locali, perché su di essa le Regioni a statuto speciale e le due Province autonome potrebbero rivendicare la propria competenza legislativa esclusiva o primaria; e, a ben vedere, su altri aspetti dell’elezione del Senato federale: se, ad esempio, la riduzione del numero dei senatori possa disattendere la cosiddetta “misura 111” del pacchetto di autonomia della Provincia autonoma di Bolzano, sebbene la costituzione della circoscrizione in quella Provincia potrebbe forse essere intesa come ugualmente satisfattiva.

 

Durante l’esame in Commissione si è discusso della conformità della soluzione prescelta per la regione Trentino Alto-Adige con lo spirito della misura 111 del “pacchetto” in favore delle popolazioni altoatesine, ove si prevede che la definizione delle circoscrizioni elettorali per le elezioni del Senato favorisca la partecipazione al Parlamento dei rappresentanti dei gruppi linguistici italiano e tedesco della Provincia di Bolzano, in proporzione alla consistenza dei gruppi stessi.

La questione è stata da ultimo rimessa a un ulteriore approfondimento, da effettuare in occasione dell’esame in Assemblea.

 

 


Testo a fronte

 


 

Raffronto tra il testo vigente della Costituzione
e le modifiche apportate dal testo unificato A.C. 553 e abb.-A

Nella tabella che segue il testo vigente della Parte II della Costituzione è posto a confronto con quello risultante dalle modifiche proposte dal testo unificato delle proposte di legge costituzionale A.C. 553 e abbinate-A.

Sono riportate in carattere neretto le modifiche apportate al testo della Costituzione vigente. È indicato in carattere corsivo, nella colonna di destra, l’articolo del testo unificato che opera la modifica.

 

Costituzione:
testo vigente

Costituzione:
testo risultante dalle modifiche proposte
dall’A.C. 553 e abb.-A

[…]

[…]

PARTE II
ORDINAMENTO
DELLA REPUBBLICA

PARTE II
ORDINAMENTO
DELLA REPUBBLICA

TITOLO I
IL PARLAMENTO

TITOLO I
IL PARLAMENTO

Sezione I
Le Camere

Sezione I
Le Camere

Art. 55

Art. 55

 

Il Parlamento si compone della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica.

art. 1

Il Parlamento si compone della Camera dei deputati e del Senato federale della Repubblica.

Il Parlamento si riunisce in seduta comune dei membri delle due Camere nei soli casi stabiliti dalla Costituzione.

Il Parlamento si riunisce in seduta comune dei membri delle due Camere nei soli casi stabiliti dalla Costituzione.

Art. 56

Art. 56

La Camera dei deputati è eletta a suffragio universale e diretto.

La Camera dei deputati è eletta a suffragio universale e diretto.

 

Il numero dei deputati è di seicentotrenta, dodici dei quali eletti nella circoscrizione Estero.

art. 2, co. 1

Il numero dei deputati è di cinquecento, oltre a dodici deputati eletti nella circoscrizione Estero.

 

Sono eleggibili a deputati tutti gli elettori che nel giorno della elezione hanno compiuto i venticinque anni di età.

art. 2, co. 2

Sono eleggibili a deputati tutti gli elettori che nel giorno della elezione hanno compiuto i diciotto anni di età.

 

La ripartizione dei seggi tra le circoscrizioni, fatto salvo il numero dei seggi assegnati alla circoscrizione Estero, si effettua dividendo il numero degli abitanti della Repubblica, quale risulta dall’ultimo censimento generale della popolazione, per seicentodiciotto e distribuendo i seggi in proporzione alla popolazione di ogni circoscrizione, sulla base dei quozienti interi e dei più alti resti.

art. 2, co. 3

La ripartizione dei seggi tra le circoscrizioni, fatto salvo il numero dei seggi assegnati alla circoscrizione Estero, si effettua dividendo il numero degli abitanti della Repubblica, quale risulta dall’ultimo censimento generale della popolazione, per cinquecento e distribuendo i seggi in proporzione alla popolazione di ogni circoscrizione, sulla base dei quozienti interi e dei più alti resti.

Art. 57

Art. 57

 

Il Senato della Repubblica è eletto a base regionale, salvi i seggi assegnati alla circoscrizione Estero.

art. 3

Il Senato federale della Repubblica è eletto, secondo modalità stabilite dalla legge, su base regionale, salvi sei seggi assegnati alla circoscrizione Estero.

Il numero dei senatori elettivi è di trecentoquindici, sei dei quali eletti nella circoscrizione Estero.

[Soppresso].

Nessuna Regione può avere un numero di senatori inferiore a sette; il Molise ne ha due, la Valle d’Aosta uno.

[Soppresso].

La ripartizione dei seggi fra le Regioni, fatto salvo il numero dei seggi assegnati alla circoscrizione Estero, previa applicazione delle disposizioni del precedente comma, si effettua in proporzione alla popolazione delle Regioni, quale risulta dall’ultimo censimento generale, sulla base dei quozienti interi e dei più alti resti.

[Soppresso].

 

In ciascuna Regione i senatori sono eletti dal Consiglio regionale, al proprio interno, e dal Consiglio delle autonomie locali tra i componenti dei Consigli dei Comuni, delle Province e delle Città metropolitane.

 

Il Consiglio regionale elegge, con voto limitato:

cinque senatori nelle Regioni sino a un milione di abitanti;

sette senatori nelle Regioni con più di un milione di abitanti e fino a tre milioni;

nove senatori nelle Regioni con più di tre milioni di abitanti e fino a cinque milioni;

dieci senatori nelle Regioni con più di cinque milioni di abitanti e fino a sette milioni;

dodici senatori nelle Regioni con più di sette milioni di abitanti.

 

I Consigli regionali della Valle d'Aosta/Vallée d’Aoste e del Molise eleggono un senatore per ciascuna Regione; i Consigli provinciali delle Province autonome della Regione Trentino-Alto Adige/Südtirol eleggono, con voto limitato, due senatori per ciascuna provincia.

 

In ciascuna Regione il Consiglio delle autonomie locali elegge:

un senatore nelle Regioni sino a un milione di abitanti;

due senatori nelle Regioni con più di un milione di abitanti, con voto limitato.

 

I Consigli delle autonomie locali delle Province autonome della Regione Trentino-Alto Adige/ Südtirol eleggono un senatore per ciascuna Provincia.

 

L'elezione ha luogo entro trenta giorni dalla prima riunione del Consiglio regionale o delle Province autonome della Regione Trentino-Alto Adige/ Südtirol

Art. 58

Art. 58

 

I senatori sono eletti a suffragio universale e diretto dagli elettori che hanno superato il venticinquesimo anno di età.

art. 4

[Soppresso].

Sono eleggibili a senatori gli elettori che hanno compiuto il quarantesimo anno.

[Soppresso].

Art. 59

Art. 59

È senatore di diritto e a vita, salvo rinunzia, chi è stato Presidente della Repubblica.

[Identico].

Il Presidente della Repubblica può nominare senatori a vita cinque cittadini che hanno illustrato la Patria per altissimi meriti nel campo sociale, scientifico, artistico e letterario.

 

Art. 60

Art. 60

 

La Camera dei deputati e il Senato della Repubblica sono eletti per cinque anni.

art. 5

La Camera dei deputati è eletta per cinque anni.

 

I senatori eletti in ciascuna Regione e nelle Province autonome di Trento e di Bolzano rimangono in carica fino alla data della proclamazione dei nuovi senatori della medesima Regione o Provincia autonoma.

La durata di ciascuna Camera non può essere prorogata se non per legge e soltanto in caso di guerra.

La durata della Camera dei deputati, di ciascun Consiglio regionale e dei Consigli delle Province autonome di Trento e di Bolzano non può essere prorogata se non per legge dello Stato e soltanto in caso di guerra. Con la proroga di ciascun Consiglio regionale o dei Consigli delle Province autonome di Trento e di Bolzano è prorogato anche il mandato dei senatori in carica.

Art. 61

Art. 61

 

Le elezioni delle nuove Camere hanno luogo entro settanta giorni dalla fine delle precedenti. La prima riunione ha luogo non oltre il ventesimo giorno dalle elezioni.

art. 6, co. 1

L’elezione della nuova Camera dei deputati ha luogo entro settanta giorni dalla fine della precedente. La prima riunione ha luogo non oltre il ventesimo giorno dall’elezione.

Finché non siano riunite le nuove Camere sono prorogati i poteri delle precedenti.

Finché non sia riunita la nuova Camera dei deputati sono prorogati i poteri della precedente.

Art. 62

Art. 62

Le Camere si riuniscono di diritto il primo giorno non festivo di febbraio e di ottobre.

[Identico].

Ciascuna Camera può essere convocata in via straordinaria per iniziativa del suo Presidente o del Presidente della Repubblica o di un terzo dei suoi componenti.

 

Quando si riunisce in via straordinaria una Camera, è convocata di diritto anche l'altra.

 

Art. 63

Art. 63

 

Ciascuna Camera elegge fra i suoi componenti il Presidente e l'Ufficio di presidenza.

art. 6, co. 2

Ciascuna Camera elegge fra i suoi componenti il Presidente e l'Ufficio di presidenza. Il regolamento del Senato federale della Repubblica disciplina le modalità di rinnovo dell’Ufficio di Presidenza.

Quando il Parlamento si riunisce in seduta comune, il Presidente e l'Ufficio di presidenza sono quelli della Camera dei deputati.

Quando il Parlamento si riunisce in seduta comune, il Presidente e l'Ufficio di presidenza sono quelli della Camera dei deputati.

Art. 64

Art. 64

Ciascuna Camera adotta il proprio regolamento a maggioranza assoluta dei suoi componenti.

[Identico].

Le sedute sono pubbliche: tuttavia ciascuna delle due Camere e il Parlamento a Camere riunite possono deliberare di adunarsi in seduta segreta.

 

Le deliberazioni di ciascuna Camera e del Parlamento non sono valide se non è presente la maggioranza dei loro componenti, e se non sono adottate a maggioranza dei presenti, salvo che la Costituzione prescriva una maggioranza speciale.

 

I membri del Governo, anche se non fanno parte delle Camere, hanno diritto, e se richiesti obbligo, di assistere alle sedute. Devono essere sentiti ogni volta che lo richiedono.

 

Art. 65

Art. 65

La legge determina i casi di ineleggibilità e di incompatibilità con l'ufficio di deputato o di senatore.

[Identico].

Nessuno può appartenere contemporaneamente alle due Camere.

 

Art. 66

Art. 66

Ciascuna Camera giudica dei titoli di ammissione dei suoi componenti e delle cause sopraggiunte di ineleggibilità e di incompatibilità.

[Identico].

Art. 67

Art. 67

Ogni membro del Parlamento rappresenta la Nazione ed esercita le sue funzioni senza vincolo di mandato.

[Identico].

Art. 68

Art. 68

I membri del Parlamento non possono essere chiamati a rispondere delle opinioni espresse e dei voti dati nell'esercizio delle loro funzioni.

[Identico].

Senza autorizzazione della Camera alla quale appartiene, nessun membro del Parlamento può essere sottoposto a perquisizione personale o domiciliare, né può essere arrestato o altrimenti privato della libertà personale, o mantenuto in detenzione, salvo che in esecuzione di una sentenza irrevocabile di condanna, ovvero se sia colto nell'atto di commettere un delitto per il quale è previsto l'arresto obbligatorio in flagranza.

 

Analoga autorizzazione è richiesta per sottoporre i membri del Parlamento ad intercettazioni, in qualsiasi forma, di conversazioni o comunicazioni e a sequestro di corrispondenza.

 

Art. 69

Art. 69

I membri del Parlamento ricevono una indennità stabilita dalla legge.

[Identico].

Sezione II
La formazione delle leggi

Sezione II
La formazione delle leggi

Art. 70

Art. 70

 

La funzione legislativa è esercitata collettivamente dalle due Camere.

art. 7

La funzione legislativa dello Stato è esercitata collettivamente dalla Camera dei deputati e dal Senato federale della Repubblica nei seguenti casi:

 

a) leggi di revisione della Costituzione e altre leggi costituzionali;

 

b) leggi in materia elettorale;

 

c) leggi in materia di organi di governo e di funzioni fondamentali di Comuni, Province e Città metropolitane;

 

d) leggi concernenti l’esercizio delle competenze legislative dello Stato indicate negli articoli 114, terzo comma; 116, terzo comma; 117, commi quinto e nono; 120, secondo comma; 122, primo comma; 123, quinto comma; 132, secondo comma, e 133, primo comma;

 

e) leggi concernenti l’istituzione e la disciplina delle Autorità di garanzia e di vigilanza;

 

 

f) leggi in materia di tutela delle minoranze linguistiche.

 

Il Presidente della Camera dei deputati e il Presidente del Senato federale della Repubblica, d’intesa tra loro, individuano al fine dell’assegnazione al Senato federale della Repubblica i disegni di legge che hanno lo scopo di determinare i principi fondamentali nelle materie di cui all’articolo 117, terzo comma. Dopo l’approvazione da parte del Senato federale, tali disegni di legge sono trasmessi alla Camera dei deputati che delibera in via definitiva e può apportare modifiche solo a maggioranza assoluta dei suoi componenti.

 

In tutti gli altri casi, dopo l’approvazione da parte della Camera dei deputati, i disegni di legge sono trasmessi al Senato federale della Repubblica che, entro trenta giorni, su richiesta di un quinto dei suoi compo-nenti, può approvare modifiche sulle quali la Camera dei deputati si pronuncia in via definitiva. Se le modifiche approvate riguardano le materie di cui all’articolo 118, commi secondo e terzo, o 119, commi terzo, quinto e sesto, la Camera può ulteriormente modificarle o respingerle solo a maggioranza assoluta dei propri componenti. Qualora il Senato federale non approvi modifiche entro il termine previsto, la legge può essere promulgata. Il termine è ridotto della metà per i disegni di legge di conversione dei decretiemanati ai sensi dell’articolo 77.

Art. 71

Art. 71

L'iniziativa delle leggi appartiene al Governo, a ciascun membro delle Camere ed agli organi ed enti ai quali sia conferita da legge costituzionale.

[Identico].

Il popolo esercita l'iniziativa delle leggi, mediante la proposta, da parte di almeno cinquantamila elettori, di un progetto redatto in articoli.

 

Art. 72

Art. 72

Ogni disegno di legge, presentato ad una Camera è, secondo le norme del suo regolamento, esaminato da una commissione e poi dalla Camera stessa, che l’approva articolo per articolo e con votazione finale.

Ogni disegno di legge, presentato ad una Camera è, secondo le norme del suo regolamento, esaminato da una commissione e poi dalla Camera stessa, che l’approva articolo per articolo e con votazione finale.

Il regolamento stabilisce procedimenti abbreviati per i disegni di legge dei quali è dichiarata l’urgenza.

Il regolamento stabilisce procedimenti abbreviati per i disegni di legge dei quali è dichiarata l’urgenza.

Può altresì stabilire in quali casi e forme l’esame e l’approvazione dei disegni di legge sono deferiti a commissioni, anche permanenti, composte in modo da rispecchiare la proporzione dei gruppi parlamentari. Anche in tali casi, fino al momento della sua approvazione definitiva, il disegno di legge è rimesso alla Camera, se il Governo o un decimo dei componenti della Camera o un quinto della Commissione richiedono che sia discusso e votato dalla Camera stessa oppure che sia sottoposto alla sua approvazione finale con sole dichiarazioni di voto. Il regolamento determina le forme di pubblicità dei lavori delle commissioni.

Può altresì stabilire in quali casi e forme l’esame e l’approvazione dei disegni di legge sono deferiti a commissioni, anche permanenti, composte in modo da rispecchiare la proporzione dei gruppi parlamentari. Anche in tali casi, fino al momento della sua approvazione definitiva, il disegno di legge è rimesso alla Camera, se il Governo o un decimo dei componenti della Camera o un quinto della Commissione richiedono che sia discusso e votato dalla Camera stessa oppure che sia sottoposto alla sua approvazione finale con sole dichiarazioni di voto. Il regolamento determina le forme di pubblicità dei lavori delle commissioni.

La procedura normale di esame e di approvazione diretta da parte della Camera è sempre adottata per i disegni di legge in materia costituzionale ed elettorale e per quelli di delegazione legislativa, di autorizzazione a ratificare trattati internazionali, di approvazione di bilanci e consuntivi.

La procedura normale di esame e di approvazione diretta da parte della Camera è sempre adottata per i disegni di legge in materia costituzionale ed elettorale e per quelli di delegazione legislativa, di autorizzazione a ratificare trattati internazionali, di approvazione di bilanci e consuntivi.

 

art. 8

Il Governo può chiedere che un disegno di legge sia iscritto con priorità all’ordine del giorno di ciascuna Camera e sia votato entro una data determinata, nei limiti e secondo le modalità stabilite dai regolamenti. Il termine deve in ogni caso consentire un adeguato esame del disegno di legge.

Art. 73

Art. 73

Le leggi sono promulgate dal Presidente della Repubblica entro un mese dall'approvazione.

Le leggi sono promulgate dal Presidente della Repubblica entro un mese dall'approvazione.

 

Se le Camere, ciascuna a maggioranza assoluta dei propri componenti, ne dichiarano l'urgenza, la legge è promulgata nel termine da essa stabilito.

art. 9

Se la Camera dei deputati o, per i disegni di legge previsti dal primo comma dell’articolo 70, entrambe le Camere, ne dichiarano l’urgenza a maggioranza assoluta dei componenti, la legge è promulgata nel termine da essa stabilito.

Le leggi sono pubblicate subito dopo la promulgazione ed entrano in vigore il quindicesimo giorno successivo alla loro pubblicazione, salvo che le leggi stesse stabiliscano un termine diverso.

Le leggi sono pubblicate subito dopo la promulgazione ed entrano in vigore il quindicesimo giorno successivo alla loro pubblicazione, salvo che le leggi stesse stabiliscano un termine diverso.

Art. 74

Art. 74

Il Presidente della Repubblica, prima di promulgare la legge, può con messaggio motivato alle Camere chiedere una nuova deliberazione.

[Identico].

Se le Camere approvano nuovamente la legge, questa deve essere promulgata.

 

Art. 75

Art. 75

È indetto referendum popolare per deliberare l'abrogazione, totale o parziale, di una legge o di un atto avente valore di legge, quando lo richiedono cinquecentomila elettori o cinque Consigli regionali.

[Identico].

Non è ammesso il referendum per le leggi tributarie e di bilancio, di amnistia e di indulto, di autorizzazione a ratificare trattati internazionali.

 

Hanno diritto di partecipare al referendum tutti i cittadini chiamati ad eleggere la Camera dei deputati.

 

La proposta soggetta a referendum è approvata se ha partecipato alla votazione la maggioranza degli aventi diritto, e se è raggiunta la maggioranza dei voti validamente espressi.

 

La legge determina le modalità di attuazione del referendum.

 

Art. 76

Art. 76

L’esercizio della funzione legislativa non può essere delegato al Governo se non con determinazione di principi e criteri direttivi e soltanto per tempo limitato e per oggetti definiti.

L’esercizio della funzione legislativa non può essere delegato al Governo se non con determinazione di principi e criteri direttivi e soltanto per tempo limitato e per oggetti definiti.

 

art. 10

Gli schemi dei decreti legislativi, predisposti dal Governo, sono sottoposti al parere delle Commissioni parlamentari competenti.

Art. 77

Art. 77

 

Il Governo non può, senza delegazione delle Camere, emanare decreti che abbiano valore di legge ordinaria.

art. 11

Fatta eccezione per quanto previsto dall'articolo 76, il Governo non può emanare decreti che abbiano valore di legge ordinaria.

Quando, in casi straordinari di necessità e d’urgenza, il Governo adotta, sotto la sua responsabilità, provvedimenti provvisori con forza di legge, deve il giorno stesso presentarli per la conversione alle Camere che, anche se sciolte, sono appositamente convocate e si riuniscono entro cinque giorni.

Quando, in casi straordinari di necessità e d'urgenza, il Governo adotta, sotto la sua responsabilità, provvedimenti provvisori con forza di legge, deve il giorno stesso presentarli per la conversione alle Camere che si riuniscono entro cinque giorni. La Camera dei deputati, anche se sciolta, è appositamente convocata.

I decreti perdono efficacia sin dall’inizio, se non sono convertiti in legge entro sessanta giorni dalla loro pubblicazione. Le Camere possono tuttavia regolare con legge i rapporti giuridici sorti sulla base dei decreti non convertiti.

I decreti perdono efficacia sin dall'inizio, se non sono convertiti in legge entro sessanta giorni dalla loro pubblicazione. Si possono regolare con legge i rapporti giuridici sorti sulla base dei decreti non convertiti.

 

Il Governo non può, mediante decreto, rinnovare disposizioni di decreti non convertiti in legge, ripristinare l'efficacia di disposizioni dichiarate illegittime dalla Corte costituzionale, conferire deleghe legislative, attribuire poteri regolamentari in materie già disciplinate con legge.

 

Al procedimento di conversione si applica la disciplina di cui all'articolo 70.

Art. 78

Art. 78

Le Camere deliberano lo stato di guerra e conferiscono al Governo i poteri necessari.

[Identico].

Art. 79

Art. 79

 

L'amnistia e l'indulto sono concessi con legge deliberata a maggioranza dei due terzi dei componenti di ciascuna Camera, in ogni suo articolo e nella votazione finale.

art. 12, co. 1

L'amnistia e l'indulto sono concessi con legge deliberata a maggioranza dei due terzi dei componenti della Camera dei deputati, in ogni suo articolo e nella votazione finale.

La legge che concede l'amnistia o l'indulto stabilisce il termine per la loro applicazione.

La legge che concede l'amnistia o l'indulto stabilisce il termine per la loro applicazione.

In ogni caso l'amnistia e l'indulto non possono applicarsi ai reati commessi successivamente alla presentazione del disegno di legge.

In ogni caso l'amnistia e l'indulto non possono applicarsi ai reati commessi successivamente alla presentazione del disegno di legge.

Art. 80

Art. 80

 

Le Camere autorizzano con legge la ratifica dei trattati internazionali che sono di natura politica, o prevedono arbitrati o regolamenti giudiziari, o importano variazioni del territorio od oneri alle finanze o modificazioni di leggi.

art. 12, co. 2

È autorizzata con legge la ratifica dei trattati internazionali che sono di natura politica, o prevedono arbitrati o regolamenti giudiziari, o importano variazioni del territorio od oneri alle finanze o modificazioni di leggi.

Art. 81

Art. 81

 

Le Camere approvano ogni anno i bilanci e il rendiconto consuntivo presentati dal Governo.

art. 12, co. 3

Sono approvati ogni anno con legge i bilanci e il rendiconto consuntivo dello Stato presentati dal Governo.

L'esercizio provvisorio del bilancio non può essere concesso se non per legge e per periodi non superiori complessivamente a quattro mesi.

L'esercizio provvisorio del bilancio non può essere concesso se non per legge e per periodi non superiori complessivamente a quattro mesi.

Con la legge di approvazione del bilancio non si possono stabilire nuovi tributi e nuove spese.

Con la legge di approvazione del bilancio non si possono stabilire nuovi tributi e nuove spese.

Ogni altra legge che importi nuove e maggiori spese deve indicare i mezzi per farvi fronte.

Ogni altra legge che importi nuove e maggiori spese deve indicare i mezzi per farvi fronte.

Art. 82

Art. 82

Ciascuna Camera può disporre inchieste su materie di pubblico interesse.

[Identico].

A tale scopo nomina fra i propri componenti una commissione formata in modo da rispecchiare la proporzione dei vari gruppi. La commissione di inchiesta procede alle indagini e agli esami con gli stessi poteri e le stesse limitazioni della Autorità giudiziaria.

 

TITOLO II
IL PRESIDENTE
DELLA REPUBBLICA

TITOLO II
IL PRESIDENTE
DELLA REPUBBLICA

Art. 83

Art. 83

Il Presidente della Repubblica è eletto dal Parlamento in seduta comune dei suoi membri.

Il Presidente della Repubblica è eletto dal Parlamento in seduta comune dei suoi membri.

 

All'elezione partecipano tre delegati per ogni Regione eletti dal Consiglio regionale in modo che sia assicurata la rappresentanza delle minoranze. La Valle d'Aosta ha un solo delegato.

art. 13, co. 1

[Soppresso].

L'elezione del Presidente della Repubblica ha luogo per scrutinio segreto a maggioranza di due terzi della assemblea. Dopo il terzo scrutinio è sufficiente la maggioranza assoluta.

L'elezione del Presidente della Repubblica ha luogo per scrutinio segreto a maggioranza di due terzi della assemblea. Dopo il terzo scrutinio è sufficiente la maggioranza assoluta.

Art. 84

Art. 84

 

Può essere eletto Presidente della Repubblica ogni cittadino che abbia compiuto cinquanta anni di età e goda dei diritti civili e politici.

art. 13, co. 2

Può essere eletto Presidente della Repubblica ogni cittadino che abbia compiuto quaranta anni di età e goda dei diritti civili e politici.

L'ufficio di Presidente della Repubblica è incompatibile con qualsiasi altra carica.

L'ufficio di Presidente della Repubblica è incompatibile con qualsiasi altra carica.

L'assegno e la dotazione del Presidente sono determinati per legge.

L'assegno e la dotazione del Presidente sono determinati per legge.

Art. 85

Art. 85

Il Presidente della Repubblica è eletto per sette anni.

Il Presidente della Repubblica è eletto per sette anni.

 

Trenta giorni prima che scada il termine il Presidente della Camera dei deputati convoca in seduta comune il Parlamento e i delegati regionali, per eleggere il nuovo Presidente della Repubblica.

art. 13, co. 3

Trenta giorni prima che scada il termine, il Presidente della Camera dei deputati convoca in seduta comune il Parlamento, per eleggere il nuovo Presidente della Repubblica.

Se le Camere sono sciolte, o manca meno di tre mesi alla loro cessazione, la elezione ha luogo entro quindici giorni dalla riunione delle Camere nuove. Nel frattempo sono prorogati i poteri del Presidente in carica.

Se la Camera dei deputati è sciolta, o manca meno di tre mesi alla sua cessazione, la elezione ha luogo entro quindici giorni dalla riunione della Camera nuova. Nel frattempo sono prorogati i poteri del Presidente in carica.

Art. 86

Art. 86

 

Le funzioni del Presidente della Repubblica, in ogni caso che egli non possa adempierle, sono esercitate dal Presidente del Senato.

art. 13, co. 4

Le funzioni del Presidente della Repubblica, in ogni caso che egli non possa adempierle, sono esercitate dal Presidente della Camera dei deputati.

In caso di impedimento permanente o di morte o di dimissioni del Presidente della Repubblica, il Presidente della Camera dei deputati indice la elezione del nuovo Presidente della Repubblica entro quindici giorni, salvo il maggior termine previsto se le Camere sono sciolte o manca meno di tre mesi alla loro cessazione.

In caso di impedimento permanente o di morte o di dimissioni del Presidente della Repubblica, il Presidente della Camera dei deputati indice la elezione del nuovo Presidente della Repubblica entro quindici giorni, salvo il maggior termine previsto se la Camera è sciolta o manca meno di tre mesi alla sua cessazione.

Art. 87

Art. 87

Il Presidente della Repubblica è il capo dello Stato e rappresenta l'unità nazionale.

Il Presidente della Repubblica è il capo dello Stato e rappresenta l'unità nazionale.

Può inviare messaggi alle Camere.

Può inviare messaggi alle Camere.

 

Indice le elezioni delle nuove Camere e ne fissa la prima riunione.

art. 13, co. 5

Indice le elezioni della nuova Camera dei deputati e ne fissa la prima riunione.

Autorizza la presentazione alle Camere dei disegni di legge di iniziativa del Governo.

Autorizza la presentazione alle Camere dei disegni di legge di iniziativa del Governo.

Promulga le leggi ed emana i decreti aventi valore di legge e i regolamenti.

Promulga le leggi ed emana i decreti aventi valore di legge e i regolamenti.

Indice il referendum popolare nei casi previsti dalla Costituzione.

Indice il referendum popolare nei casi previsti dalla Costituzione.

Nomina, nei casi indicati dalla legge, i funzionari dello Stato.

Nomina, nei casi indicati dalla legge, i funzionari dello Stato.

Accredita e riceve i rappresentanti diplomatici, ratifica i trattati internazionali, previa, quando occorra, l'autorizzazione delle Camere.

Accredita e riceve i rappresentanti diplomatici, ratifica i trattati internazionali, previa, quando occorra, l'autorizzazione con legge.

Ha il comando delle Forze armate, presiede il Consiglio supremo di difesa costituito secondo la legge, dichiara lo stato di guerra deliberato dalle Camere.

Ha il comando delle Forze armate, presiede il Consiglio supremo di difesa costituito secondo la legge, dichiara lo stato di guerra deliberato dalle Camere.

Presiede il Consiglio superiore della magistratura.

Presiede il Consiglio superiore della magistratura.

Può concedere grazia e commutare le pene.

Può concedere grazia e commutare le pene.

Conferisce le onorificenze della Repubblica.

Conferisce le onorificenze della Repubblica.

Art. 88

Art. 88

 

Il Presidente della Repubblica può, sentiti i loro Presidenti, sciogliere le Camere o anche una sola di esse.

art. 13, co. 6

Il Presidente della Repubblica può, sentito il suo Presidente, sciogliere la Camera dei deputati.

Non può esercitare tale facoltà negli ultimi sei mesi del suo mandato, salvo che essi coincidano in tutto o in parte con gli ultimi sei mesi della legislatura.

Non può esercitare tale facoltà negli ultimi sei mesi del suo mandato, salvo che essi coincidano in tutto o in parte con gli ultimi sei mesi della legislatura.

Art. 89

Art. 89

Nessun atto del Presidente della Repubblica è valido se non è controfirmato dai ministri proponenti, che ne assumono la responsabilità.

[Identico].

Gli atti che hanno valore legislativo e gli altri indicati dalla legge sono controfirmati anche dal Presidente del Consiglio dei ministri.

 

Art. 90

Art. 90

Il Presidente della Repubblica non è responsabile degli atti compiuti nell'esercizio delle sue funzioni, tranne che per alto tradimento o per attentato alla Costituzione.

[Identico].

In tali casi è messo in stato di accusa dal Parlamento in seduta comune, a maggioranza assoluta dei suoi membri.

 

Art. 91

Art. 91

Il Presidente della Repubblica, prima di assumere le sue funzioni, presta giuramento di fedeltà alla Repubblica e di osservanza della Costituzione dinanzi al Parlamento in seduta comune.

[Identico].

TITOLO III
IL GOVERNO

TITOLO III
IL GOVERNO

Sezione I
Il Consiglio dei Ministri

Sezione I
Il Consiglio dei Ministri

Art. 92

Art. 92

Il Governo della Repubblica è composto del Presidente del Consiglio e dei ministri, che costituiscono insieme il Consiglio dei ministri.

Il Governo della Repubblica è composto del Presidente del Consiglio e dei ministri, che costituiscono insieme il Consiglio dei ministri.

 

Il Presidente della Repubblica nomina il Presidente del Consiglio dei ministri e, su proposta di questo, i Ministri.

art. 14

Il Presidente della Repubblica, valutati i risultati delle elezioni per la Camera dei deputati, nomina il Presidente del Consiglio dei ministri e, su proposta di questo, nomina e revoca i Ministri.

Art. 93

Art. 93

Il Presidente del Consiglio dei ministri e i Ministri prima di assumere le funzioni, prestano giuramento nelle mani del Presidente della Repubblica.

[Identico].

Art. 94

Art. 94

 

Il Governo deve avere la fiducia delle due Camere.

art. 15

Il Presidente del Consiglio dei ministri deve avere la fiducia della Camera dei deputati.

Ciascuna Camera accorda o revoca la fiducia mediante mozione motivata e votata per appello nominale.

La Camera dei deputati accorda o revoca la fiducia mediante mozione motivata e votata per appello nominale.

Entro dieci giorni dalla sua formazione il Governo si presenta alle Camere per ottenerne la fiducia.

Entro dieci giorni dalla formazione del Governo, il Presidente del Consiglio dei ministri presenta il Governo alla Camera dei deputati per ottenerne la fiducia.

Il voto contrario di una o di entrambe le Camere su una proposta del Governo non importa obbligo di dimissioni.

Il voto contrario della Camera dei deputati su una proposta del Governo non importa obbligo di dimissioni.

La mozione di sfiducia deve essere firmata da almeno un decimo dei componenti della Camera e non può essere messa in discussione prima di tre giorni dalla sua presentazione.

La mozione di sfiducia deve essere firmata da almeno un terzo dei componenti della Camera dei deputati, non può essere messa in discussione prima di tre giorni dalla sua presentazione ed è approvata a maggioranza assoluta dei suoi componenti.

Art. 95

Art. 95

Il Presidente del Consiglio dei ministri dirige la politica generale del Governo e ne è responsabile. Mantiene la unità di indirizzo politico ed amministrativo, promovendo e coordinando l'attività dei Ministri.

[Identico].

I Ministri sono responsabili collegialmente degli atti del Consiglio dei ministri, e individualmente degli atti dei loro dicasteri.

 

La legge provvede all'ordinamento della Presidenza del Consiglio e determina il numero, le attribuzioni e l'organizzazione dei Ministeri.

 

Art. 96

Art. 96

 

Il Presidente del Consiglio dei ministri e i Ministri, anche se cessati dalla carica, sono sottoposti, per i reati commessi nell’esercizio delle loro funzioni, alla giurisdizione ordinaria, previa autorizzazione del Senato della Repubblica o della Camera dei Deputati, secondo le norme stabilite con legge costituzionale.

art. 16

Il Presidente del Consiglio dei ministri e i Ministri, anche se cessati dalla carica, sono sottoposti, per i reati commessi nell’esercizio delle loro funzioni, alla giurisdizione ordinaria, previa autorizzazione del Senato federale della Repubblica o della Camera dei deputati, secondo le norme stabilite con legge costituzionale.

Sezione II
La Pubblica Amministrazione

Sezione II
La Pubblica Amministrazione

[…]

[…]

Sezione III
Gli organi ausiliari

Sezione III
Gli organi ausiliari

[…]

[…]

TITOLO IV
LA MAGISTRATURA

TITOLO IV
LA MAGISTRATURA

Sezione I
Ordinamento giurisdizionale

Sezione I
Ordinamento giurisdizionale

[…]

[…]

Sezione II
Norme sulla giurisdizione

Sezione II
Norme sulla giurisdizione

[…]

[…]

TITOLO V
LE REGIONI, LE PROVINCE,
I COMUNI

TITOLO V
LE REGIONI, LE PROVINCE,
I COMUNI

Art. 114

Art. 114

La Repubblica è costituita dai Comuni, dalle Province, dalle Città metropolitane, dalle Regioni e dallo Stato.

[Identico].

I Comuni, le Province, le Città metropolitane e le Regioni sono enti autonomi con propri statuti, poteri e funzioni secondo i principi fissati dalla Costituzione.

 

Roma è la capitale della Repubblica. La legge dello Stato disciplina il suo ordinamento.

 

Art. 115

 

[Abrogato].

 

Art. 116

Art. 116

Il Friuli Venezia Giulia, la Sardegna, la Sicilia, il Trentino-Alto Adige/Südtirol e la Valle d'Aosta/Vallée d'Aoste dispongono di forme e condizioni particolari di autonomia, secondo i rispettivi statuti speciali adottati con legge costituzionale.

[Identico].

La Regione Trentino-Alto Adige/Südtirol è costituita dalle Province autonome di Trento e di Bolzano.

 

Ulteriori forme e condizioni particolari di autonomia, concernenti le materie di cui al terzo comma dell'articolo 117 e le materie indicate dal secondo comma del medesimo articolo alle lettere l), limitatamente all'organizzazione della giustizia di pace, n) e s), possono essere attribuite ad altre Regioni, con legge dello Stato, su iniziativa della Regione interessata, sentiti gli enti locali, nel rispetto dei principi di cui all'articolo 119. La legge è approvata dalle Camere a maggioranza assoluta dei componenti, sulla base di intesa fra lo Stato e la Regione interessata.

 

Art. 117

Art. 117

La potestà legislativa è esercitata dallo Stato e dalle Regioni nel rispetto della Costituzione, nonché dei vincoli derivanti dall'ordinamento comunitario e dagli obblighi internazionali.

[Identico].

Lo Stato ha legislazione esclusiva nelle seguenti materie:

 

a) politica estera e rapporti internazionali dello Stato; rapporti dello Stato con l'Unione europea; diritto di asilo e condizione giuridica dei cittadini di Stati non appartenenti all'Unione europea;

 

b) immigrazione;

 

c) rapporti tra la Repubblica e le confessioni religiose;

 

d) difesa e Forze armate; sicurezza dello Stato; armi, munizioni ed esplosivi;

 

e) moneta, tutela del risparmio e mercati finanziari; tutela della concorrenza; sistema valutario; sistema tributario e contabile dello Stato; perequazione delle risorse finanziarie;

 

f) organi dello Stato e relative leggi elettorali; referendum statali; elezione del Parlamento europeo;

 

g) ordinamento e organizzazione amministrativa dello Stato e degli enti pubblici nazionali;

 

h) ordine pubblico e sicurezza, ad esclusione della polizia amministrativa locale;

 

i) cittadinanza, stato civile e anagrafi;

 

l) giurisdizione e norme processuali; ordinamento civile e penale; giustizia amministrativa;

 

m) determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale;

 

n) norme generali sull'istruzione;

 

o) previdenza sociale;

 

p) legislazione elettorale, organi di governo e funzioni fondamentali di Comuni, Province e Città metropolitane;

 

q) dogane, protezione dei confini nazionali e profilassi internazionale;

 

r) pesi, misure e determinazione del tempo; coordinamento informativo statistico e informatico dei dati dell'amministrazione statale, regionale e locale; opere dell'ingegno;

 

s) tutela dell'ambiente, dell'ecosistema e dei beni culturali.

 

Sono materie di legislazione concorrente quelle relative a: rapporti internazionali e con l'Unione europea delle Regioni; commercio con l'estero; tutela e sicurezza del lavoro; istruzione, salva l'autonomia delle istituzioni scolastiche e con esclusione della istruzione e della formazione professionale; professioni; ricerca scientifica e tecnologica e sostegno all'innovazione per i settori produttivi; tutela della salute; alimentazione; ordinamento sportivo; protezione civile; governo del territorio; porti e aeroporti civili; grandi reti di trasporto e di navigazione; ordinamento della comunicazione; produzione, trasporto e distribuzione nazionale dell'energia; previdenza complementare e integrativa; armonizzazione dei bilanci pubblici e coordinamento della finanza pubblica e del sistema tributario; valorizzazione dei beni culturali e ambientali e promozione e organizzazione di attività culturali; casse di risparmio, casse rurali, aziende di credito a carattere regionale; enti di credito fondiario e agrario a carattere regionale. Nelle materie di legislazione concorrente spetta alle Regioni la potestà legislativa, salvo che per la determinazione dei principi fondamentali, riservata alla legislazione dello Stato.

 

Spetta alle Regioni la potestà legislativa in riferimento ad ogni materia non espressamente riservata alla legislazione dello Stato.

 

Le Regioni e le Province autonome di Trento e di Bolzano, nelle materie di loro competenza, partecipano alle decisioni dirette alla formazione degli atti normativi comunitari e provvedono all'attuazione e all'esecuzione degli accordi internazionali e degli atti dell'Unione europea, nel rispetto delle norme di procedura stabilite da legge dello Stato, che disciplina le modalità di esercizio del potere sostitutivo in caso di inadempienza.

 

La potestà regolamentare spetta allo Stato nelle materie di legislazione esclusiva, salva delega alle Regioni. La potestà regolamentare spetta alle Regioni in ogni altra materia. I Comuni, le Province e le Città metropolitane hanno potestà regolamentare in ordine alla disciplina dell'organizzazione e dello svolgimento delle funzioni loro attribuite.

 

Le leggi regionali rimuovono ogni ostacolo che impedisce la piena parità degli uomini e delle donne nella vita sociale, culturale ed economica e promuovono la parità di accesso tra donne e uomini alle cariche elettive.

 

La legge regionale ratifica le intese della Regione con altre Regioni per il migliore esercizio delle proprie funzioni, anche con individuazione di organi comuni.

 

Nelle materie di sua competenza la Regione può concludere accordi con Stati e intese con enti territoriali interni ad altro Stato, nei casi e con le forme disciplinati da leggi dello Stato.

 

Art. 118

Art. 118

Le funzioni amministrative sono attribuite ai Comuni salvo che, per assicurarne l'esercizio unitario, siano conferite a Province, Città metropolitane, Regioni e Stato, sulla base dei principi di sussidiarietà, differenziazione ed adeguatezza.

[Identico].

I Comuni, le Province e le Città metropolitane sono titolari di funzioni amministrative proprie e di quelle conferite con legge statale o regionale, secondo le rispettive competenze.

 

La legge statale disciplina forme di coordinamento fra Stato e Regioni nelle materie di cui alle lettere b) e h) del secondo comma dell'articolo 117, e disciplina inoltre forme di intesa e coordinamento nella materia della tutela dei beni culturali.

 

Stato, Regioni, Città metropolitane, Province e Comuni favoriscono l'autonoma iniziativa dei cittadini, singoli e associati, per lo svolgimento di attività di interesse generale, sulla base del principio di sussidiarietà.

 

Art. 119

Art. 119

I Comuni, le Province, le Città metropolitane e le Regioni hanno autonomia finanziaria di entrata e di spesa.

[Identico].

I Comuni, le Province, le Città metropolitane e le Regioni hanno risorse autonome. Stabiliscono e applicano tributi ed entrate propri, in armonia con la Costituzione e secondo i principi di coordinamento della finanza pubblica e del sistema tributario. Dispongono di compartecipazioni al gettito di tributi erariali riferibile al loro territorio.

 

La legge dello Stato istituisce un fondo perequativo, senza vincoli di destinazione, per i territori con minore capacità fiscale per abitante.

 

Le risorse derivanti dalle fonti di cui ai commi precedenti consentono ai Comuni, alle Province, alle Città metropolitane e alle Regioni di finanziare integralmente le funzioni pubbliche loro attribuite.

 

Per promuovere lo sviluppo economico, la coesione e la solidarietà sociale, per rimuovere gli squilibri economici e sociali, per favorire l'effettivo esercizio dei diritti della persona, o per provvedere a scopi diversi dal normale esercizio delle loro funzioni, lo Stato destina risorse aggiuntive ed effettua interventi speciali in favore di determinati Comuni, Province, Città metropolitane e Regioni.

 

I Comuni, le Province, le Città metropolitane e le Regioni hanno un proprio patrimonio, attribuito secondo i principi generali determinati dalla legge dello Stato. Possono ricorrere all'indebitamento solo per finanziare spese di investimento. E' esclusa ogni garanzia dello Stato sui prestiti dagli stessi contratti.

 

Art. 120

Art. 120

La Regione non può istituire dazi di importazione o esportazione o transito tra le Regioni, nè adottare provvedimenti che ostacolino in qualsiasi modo la libera circolazione delle persone e delle cose tra le Regioni, nè limitare l'esercizio del diritto al lavoro in qualunque parte del territorio nazionale.

[Identico].

Il Governo può sostituirsi a organi delle Regioni, delle Città metropolitane, delle Province e dei Comuni nel caso di mancato rispetto di norme e trattati internazionali o della normativa comunitaria oppure di pericolo grave per l'incolumità e la sicurezza pubblica, ovvero quando lo richiedono la tutela dell'unità giuridica o dell'unità economica e in particolare la tutela dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali, prescindendo dai confini territoriali dei governi locali. La legge definisce le procedure atte a garantire che i poteri sostitutivi siano esercitati nel rispetto del principio di sussidiarietà e del principio di leale collaborazione.

 

Art. 121

Art. 121

Sono organi della Regione: il Consiglio regionale, la Giunta e il suo Presidente.

[Identico].

Il Consiglio regionale esercita le potestà legislative attribuite alla Regione e le altre funzioni conferitegli dalla Costituzione e dalle leggi. Può fare proposte di legge alle Camere.

 

La Giunta regionale è l'organo esecutivo delle Regioni.

 

Il Presidente della Giunta rappresenta la Regione; dirige la politica della Giunta e ne è responsabile; promulga le leggi ed emana i regolamenti regionali; dirige le funzioni amministrative delegate dallo Stato alla Regione, conformandosi alle istruzioni del Governo della Repubblica.

 

Art. 122

Art. 122

Il sistema di elezione e i casi di ineleggibilità e di incompatibilità del Presidente e degli altri componenti della Giunta regionale nonchè dei consiglieri regionali sono disciplinati con legge della Regione nei limiti dei princìpi fondamentali stabiliti con legge della Repubblica, che stabilisce anche la durata degli organi elettivi.

Il sistema di elezione e i casi di ineleggibilità e di incompatibilità del Presidente e degli altri componenti della Giunta regionale nonchè dei consiglieri regionali sono disciplinati con legge della Regione nei limiti dei princìpi fondamentali stabiliti con legge della Repubblica, che stabilisce anche la durata degli organi elettivi.

 

Nessuno può appartenere contemporaneamente a un Consiglio o a una Giunta regionale e ad una delle Camere del Parlamento, ad un altro Consiglio o ad altra Giunta regionale, ovvero al Parlamento europeo.

art. 17

Nessuno può appartenere contemporaneamente a un Consiglio o a una Giunta regionale e alla Camera dei deputati, ad un altro Consiglio o ad altra Giunta regionale, ovvero al Parlamento europeo.

Il Consiglio elegge tra i suoi componenti un Presidente e un ufficio di presidenza.

Il Consiglio elegge tra i suoi componenti un Presidente e un ufficio di presidenza.

I consiglieri regionali non possono essere chiamati a rispondere delle opinioni espresse e dei voti dati nell'esercizio delle loro funzioni.

I consiglieri regionali non possono essere chiamati a rispondere delle opinioni espresse e dei voti dati nell'esercizio delle loro funzioni.

Il Presidente della Giunta regionale, salvo che lo statuto regionale disponga diversamente, è eletto a suffragio universale e diretto. Il Presidente eletto nomina e revoca i componenti della Giunta.

Il Presidente della Giunta regionale, salvo che lo statuto regionale disponga diversamente, è eletto a suffragio universale e diretto. Il Presidente eletto nomina e revoca i componenti della Giunta.

Art. 123

Art. 123

Ciascuna Regione ha uno statuto che, in armonia con la Costituzione, ne determina la forma di governo e i principi fondamentali di organizzazione e funzionamento. Lo statuto regola l'esercizio del diritto di iniziativa e del referendum su leggi e provvedimenti amministrativi della Regione e la pubblicazione delle leggi e dei regolamenti regionali.

Ciascuna Regione ha uno statuto che, in armonia con la Costituzione, ne determina la forma di governo e i principi fondamentali di organizzazione e funzionamento. Lo statuto regola l'esercizio del diritto di iniziativa e del referendum su leggi e provvedimenti amministrativi della Regione e la pubblicazione delle leggi e dei regolamenti regionali.

Lo statuto è approvato e modificato dal Consiglio regionale con legge approvata a maggioranza assoluta dei suoi componenti, con due deliberazioni successive adottate ad intervallo non minore di due mesi. Per tale legge non è richiesta l'apposizione del visto da parte del Commissario del Governo. Il Governo della Repubblica può promuovere la questione di legittimità costituzionale sugli statuti regionali dinanzi alla Corte costituzionale entro trenta giorni dalla loro pubblicazione.

Lo statuto è approvato e modificato dal Consiglio regionale con legge approvata a maggioranza assoluta dei suoi componenti, con due deliberazioni successive adottate ad intervallo non minore di due mesi. Per tale legge non è richiesta l'apposizione del visto da parte del Commissario del Governo. Il Governo della Repubblica può promuovere la questione di legittimità costituzionale sugli statuti regionali dinanzi alla Corte costituzionale entro trenta giorni dalla loro pubblicazione.

Lo statuto è sottoposto a referendum popolare qualora entro tre mesi dalla sua pubblicazione ne faccia richiesta un cinquantesimo degli elettori della Regione o un quinto dei componenti il Consiglio regionale. Lo statuto sottoposto a referendum non è promulgato se non è approvato dalla maggioranza dei voti validi.

Lo statuto è sottoposto a referendum popolare qualora entro tre mesi dalla sua pubblicazione ne faccia richiesta un cinquantesimo degli elettori della Regione o un quinto dei componenti il Consiglio regionale. Lo statuto sottoposto a referendum non è promulgato se non è approvato dalla maggioranza dei voti validi.

In ogni Regione, lo statuto disciplina il Consiglio delle autonomie locali, quale organo di consultazione fra la Regione e gli enti locali.

In ogni Regione, lo statuto disciplina il Consiglio delle autonomie locali, quale organo di consultazione fra la Regione e gli enti locali.

 

art. 18

La legge dello Stato determina i principi fondamentali per la formazione e la composizione dei Consigli delle autonomie locali.

Art. 124

 

[Abrogato].

 

Art. 125

Art. 125

Nella Regione sono istituiti organi di giustizia amministrativa di primo grado, secondo l'ordinamento stabilito da legge della Repubblica. Possono istituirsi sezioni con sede diversa dal capoluogo della Regione.

[Identico].

Art. 126

Art. 126

 

Con decreto motivato del Presidente della Repubblica sono disposti lo scioglimento del Consiglio regionale e la rimozione del Presidente della Giunta che abbiano compiuto atti contrari alla Costituzione o gravi violazioni di legge. Lo scioglimento e la rimozione possono altresì essere disposti per ragioni di sicurezza nazionale. Il decreto è adottato sentita una Commissione di deputati e senatori costituita, per le questioni regionali, nei modi stabiliti con legge della Repubblica.

art. 19

Con decreto motivato del Presidente della Repubblica, sentiti i Presidenti delle Camere, sono disposti lo scioglimento del Consiglio regionale e la rimozione del Presidente della Giunta che abbiano compiuto atti contrari alla Costituzione o gravi violazioni di legge. Lo scioglimento e la rimozione possono altresì essere disposti per ragioni di sicurezza nazionale.

Il Consiglio regionale può esprimere la sfiducia nei confronti del Presidente della Giunta mediante mozione motivata, sottoscritta da almeno un quinto dei suoi componenti e approvata per appello nominale a maggioranza assoluta dei componenti. La mozione non può essere messa in discussione prima di tre giorni dalla presentazione.

Il Consiglio regionale può esprimere la sfiducia nei confronti del Presidente della Giunta mediante mozione motivata, sottoscritta da almeno un quinto dei suoi componenti e approvata per appello nominale a maggioranza assoluta dei componenti. La mozione non può essere messa in discussione prima di tre giorni dalla presentazione.

L'approvazione della mozione di sfiducia nei confronti del Presidente della Giunta eletto a suffragio universale e diretto, nonché la rimozione, l'impedimento permanente, la morte o le dimissioni volontarie dello stesso comportano le dimissioni della Giunta e lo scioglimento del Consiglio. In ogni caso i medesimi effetti conseguono alle dimissioni contestuali della maggioranza dei componenti il Consiglio.

L'approvazione della mozione di sfiducia nei confronti del Presidente della Giunta eletto a suffragio universale e diretto, nonché la rimozione, l'impedimento permanente, la morte o le dimissioni volontarie dello stesso comportano le dimissioni della Giunta e lo scioglimento del Consiglio. In ogni caso i medesimi effetti conseguono alle dimissioni contestuali della maggioranza dei componenti il Consiglio.

Art. 127

Art. 127

Il Governo, quando ritenga che una legge regionale ecceda la competenza della Regione, può promuovere la questione di legittimità costituzionale dinanzi alla Corte costituzionale entro sessanta giorni dalla sua pubblicazione.

[Identico].

La Regione, quando ritenga che una legge o un atto avente valore di legge dello Stato o di un'altra Regione leda la sua sfera di competenza, può promuovere la questione di legittimità costituzionale dinanzi alla Corte costituzionale entro sessanta giorni dalla pubblicazione della legge o dell'atto avente valore di legge.

 

Art. 128

 

[Abrogato].

 

Art. 129

 

[Abrogato].

 

Art. 130

 

[Abrogato].

 

Art. 131

Art. 131

Sono costituite le seguenti Regioni:

[Identico].

Piemonte;

 

Valle d'Aosta;

 

Lombardia;

 

Trentino-Alto Adige;

 

Veneto;

 

Friuli-Venezia Giulia;

 

Liguria;

 

Emilia-Romagna;

 

Toscana;

 

Umbria;

 

Marche;

 

Lazio;

 

Abruzzi;

 

Molise;

 

Campania;

 

Puglia;

 

Basilicata;

 

Calabria;

 

Sicilia;

 

Sardegna.

 

Art. 132

Art. 132

Si può, con legge costituzionale, sentiti i Consigli regionali, disporre la fusione di Regioni esistenti o la creazione di nuove Regioni con un minimo di un milione di abitanti, quando ne facciano richiesta tanti Consigli comunali che rappresentino almeno un terzo delle popolazioni interessate, e la proposta sia approvata con referendum dalla maggioranza delle popolazioni stesse.

[Identico].

Si può, con l'approvazione della maggioranza delle popolazioni della Provincia o delle Province interessate e del Comune o dei Comuni interessati espressa mediante referendum e con legge della Repubblica, sentiti i Consigli regionali, consentire che Provincie e Comuni, che ne facciano richiesta, siano staccati da una Regione e aggregati ad un'altra.

 

Art. 133

Art. 133

Il mutamento delle circoscrizioni provinciali e la istituzione di nuove Province nell'ambito di una Regione sono stabiliti con leggi della Repubblica, su iniziative dei Comuni, sentita la stessa Regione.

[Identico].

La Regione, sentite le popolazioni interessate, può con sue leggi istituire nel proprio territorio nuovi comuni e modificare le loro circoscrizioni e denominazioni.

 

TITOLO VI
GARANZIE COSTITUZIONALI

TITOLO VI
GARANZIE COSTITUZIONALI

Sezione I
La Corte Costituzionale

Sezione I
La Corte Costituzionale

Art. 134

Art. 134

La Corte costituzionale giudica:

[Identico].

sulle controversie relative alla legittimità costituzionale delle leggi e degli atti, aventi forza di legge, dello Stato e delle Regioni;

 

sui conflitti di attribuzione tra i poteri dello Stato e su quelli tra lo Stato e le Regioni, e tra le Regioni;

 

sulle accuse promosse contro il Presidente della Repubblica, a norma della Costituzione.

 

Art. 135

Art. 135

La Corte costituzionale è composta di quindici giudici nominati per un terzo dal Presidente della Repubblica, per un terzo dal Parlamento in seduta comune e per un terzo dalle supreme magistrature ordinaria ed amministrative.

La Corte costituzionale è composta di quindici giudici nominati per un terzo dal Presidente della Repubblica, per un terzo dal Parlamento in seduta comune e per un terzo dalle supreme magistrature ordinaria ed amministrative.

I giudici della Corte costituzionale sono scelti fra i magistrati anche a riposo delle giurisdizioni superiori ordinaria ed amministrative, i professori ordinari di università in materie giuridiche e gli avvocati dopo venti anni di esercizio.

I giudici della Corte costituzionale sono scelti fra i magistrati anche a riposo delle giurisdizioni superiori ordinaria ed amministrative, i professori ordinari di università in materie giuridiche e gli avvocati dopo venti anni di esercizio.

I Giudici della Corte costituzionale sono nominati per nove anni, decorrenti per ciascuno di essi dal giorno del giuramento, e non possono essere nuovamente nominati.

I Giudici della Corte costituzionale sono nominati per nove anni, decorrenti per ciascuno di essi dal giorno del giuramento, e non possono essere nuovamente nominati.

Alla scadenza del termine il giudice costituzionale cessa dalla carica e dall'esercizio delle funzioni.

Alla scadenza del termine il giudice costituzionale cessa dalla carica e dall'esercizio delle funzioni.

La Corte elegge tra i suoi componenti, secondo le norme stabilite dalla legge, il Presidente, che rimane in carica per un triennio, ed è rieleggibile, fermi in ogni caso i termini di scadenza dall' ufficio di giudice.

La Corte elegge tra i suoi componenti, secondo le norme stabilite dalla legge, il Presidente, che rimane in carica per un triennio, ed è rieleggibile, fermi in ogni caso i termini di scadenza dall' ufficio di giudice.

L'ufficio di giudice della Corte è incompatibile con quello di membro del Parlamento, di un Consiglio regionale, con l'esercizio della professione di avvocato e con ogni carica ed ufficio indicati dalla legge.

L'ufficio di giudice della Corte è incompatibile con quello di membro del Parlamento, di un Consiglio regionale, con l'esercizio della professione di avvocato e con ogni carica ed ufficio indicati dalla legge.

 

Nei giudizi d'accusa contro il Presidente della Repubblica intervengono, oltre i giudici ordinari della Corte, sedici membri tratti a sorte da un elenco di cittadini aventi i requisiti per l'eleggibilità a senatore, che il Parlamento compila ogni nove anni mediante elezione con le stesse modalità stabilite per la nomina dei giudici ordinari.

art. 20

Nei giudizi d'accusa contro il Presidente della Repubblica intervengono, oltre i giudici ordinari della Corte, sedici membri tratti a sorte da un elenco di cittadini aventi i requisiti per l'eleggibilità a deputato, che il Parlamento compila ogni nove anni mediante elezione con le stesse modalità stabilite per la nomina dei giudici ordinari.

Art. 136

Art. 136

Quando la Corte dichiara l'illegittimità costituzionale di una norma di legge o di un atto avente forza di legge, la norma cessa di avere efficacia dal giorno successivo alla pubblicazione della decisione.

[Identico].

La decisione della Corte è pubblicata e comunicata alle Camere ed ai Consigli regionali interessati, affinché, ove lo ritengano necessario provvedano nelle forme costituzionali.

 

Art. 137

Art. 137

Una legge costituzionale stabilisce le condizioni, le forme, i termini di proponibilità dei giudizi di legittimità costituzionale, e le garanzie d'indipendenza dei giudici della Corte.

[Identico].

Con legge ordinaria sono stabilite le altre norme necessarie per la costituzione e il funzionamento della Corte.

 

Contro le decisioni della Corte costituzionale non è ammessa alcuna impugnazione.

 

Sezione II
Revisione della Costituzione.
Leggi costituzionali

Sezione II
Revisione della Costituzione.
Leggi costituzionali

Art. 138

Art. 138

Le leggi di revisione della Costituzione e le altre leggi costituzionali sono adottate da ciascuna Camera con due successive deliberazioni ad intervallo non minore di tre mesi, e sono approvate a maggioranza assoluta dei componenti di ciascuna Camera nella seconda votazione.

[Identico].

Le leggi stesse sono sottoposte a referendum popolare quando, entro tre mesi dalla loro pubblicazione, ne facciano domanda un quinto dei membri di una Camera o cinquecentomila elettori o cinque Consigli regionali. La legge sottoposta a referendum non è promulgata se non è approvata dalla maggioranza dei voti validi.

 

Non si fa luogo a referendum se la legge è stata approvata nella seconda votazione da ciascuna delle Camere a maggioranza di due terzi dei suoi componenti.

 

Art. 139

Art. 139

La forma repubblicana non può essere oggetto di revisione costituzionale.

[Identico].

 

 

 

 


 

 

Articoli del testo unificato A.C. 553 e abb.-A
non recanti modifiche al testo della Costituzione

Art. 21

1. Le disposizioni della presente legge costituzionale si applicano a decorrere dalla prima legislatura successiva a quella in corso alla data della sua entrata in vigore e con riferimento alle relative elezioni delle due Camere.

2. In sede di prima applicazione, l’elezione del Senato federale della Repubblica ai sensi dell’articolo 57 della Costituzione, come modificato dall’articolo 3 della presente legge costituzionale, ha luogo contestualmente all’elezione della Camera dei deputati nella composizione di cui all’articolo 56 della Costituzione, come modificato dall’articolo 2 della presente legge costituzionale. Ciascun Consiglio regionale, i Consigli provinciali delle Province autonome di Trento e di Bolzano e ciascun Consiglio delle autonomie locali eleggono i rispettivi senatori entro venti giorni dalla data di svolgimento dell’elezione della Camera dei deputati. Nel caso in cui a tale data sia già stata indetta l’elezione per il rinnovo di un Consiglio regionale o di provincia autonoma, l’elezione dei rispettivi senatori ha luogo entro trenta giorni dalla prima riunione del nuovo Consiglio.

3. Le leggi di cui agli articoli 57, primo comma, e 123, quinto comma, della Costituzione, nel testo modificato dalla presente legge costituzionale, sono approvate entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge costituzionale. Sino alla costituzione del Consiglio delle autonomie locali, i senatori di cui all’art. 57, quinto e sesto comma, della Costituzione, nel testo modificato dall’articolo 3 della presente legge costituzionale, sono eletti in ciascuna Regione o Provincia autonoma dal rispettivo Consiglio regionale o provinciale.

Art. 22

1. Sino all'adeguamento dei rispettivi statuti di autonomia, le disposizioni della presente legge costituzionale si applicano anche alle Regioni a statuto speciale e alle Province autonome di Trento e di Bolzano per le parti in cui prevedono forme di autonomia più ampie rispetto a quelle già attribuite.

 

 

 

 


Relazione della I Commissione
(Affari costituzionali)

 


 

N. 553-1524-2335-2382-2479-2572-2574-2576-2578-2586-2715-2865-3139-3151-A(*)

¾

CAMERA DEI DEPUTATI

______________________________

RELAZIONE DELLA I COMMISSIONE PERMANENTE

(AFFARI COSTITUZIONALI, DELLA PRESIDENZA DEL CONSIGLIO E INTERNI)

 

 

presentata alla Presidenza il 17 ottobre 2007

 

 

(Relatori: AMICI e BOCCHINO)

 

Sulle

 

PROPOSTE DI LEGGE COSTITUZIONALE

 

n. 553, d'iniziativa del deputato SCOTTO

 

Modifiche alla Costituzione in materia di limiti di età per l'elettorato attivo e passivo dei giovani

 

Presentata l'8 maggio 2006

 

 

n. 1524, d'iniziativa del deputato BIANCHI

 

Modifiche agli articoli 56 e 58 della Costituzione in materia di limiti di età per l'elezione a parlamentare

 

Presentata il 31 luglio 2006

 

 

n. 2335, d'iniziativa del deputato BOATO

 

Modifiche agli articoli 92 e 94 della Costituzione in materia di forma del Governo

Presentata il 7 marzo 2007

 

 

n. 2382, d'iniziativa del deputato BIANCO

 

Modifica degli articoli 88, 92, 93, 94 e 95 e introduzione degli articoli 70-bis e 77-bis della Costituzione, in materia di disciplina del Governo, competenza e formazione delle leggi, nonché di scioglimento delle Camere

 

Presentata il 15 marzo 2007

 

 

n. 2479, d'iniziativa dei deputati

 

ZACCARIA, VIOLANTE, BOATO, BELISARIO, GOZI

 

Modifiche agli articoli 92 e 94 della Costituzione in materia di forma di Governo

Presentata il 29 marzo 2007

 

 

n. 2572, d'iniziativa dei deputati

 

FRANCO RUSSO, MASCIA, FRIAS

 

Modifiche agli articoli 48, 56, 57, 67, 70, 71, 72, 73, 74, 77, 80, 81, 83, 85, 86, 87, 88, 96, 116, 117, 118 e 126 e abrogazione degli articoli 58 e 59 della Costituzione, in materia di composizione e funzioni della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica nonché di disciplina del procedimento legislativo e delle competenze legislative dello Stato

 

Presentata il 2 maggio 2007

 

 

n. 2574, d'iniziativa dei deputati

 

LENZI, LEDDI MAIOLA, BARATELLA, BRANDOLINI, BURCHIELLARO, FIANO, CINZIA MARIA FONTANA, FRANCI, FRONER, GHIZZONI, GRILLINI, INTRIERI, LOVELLI, MARCHI, MARIANI, MORRI, MOTTA, NACCARATO, NANNICINI, SAMPERI, SANGA, SCOTTO, VANNUCCI, VELO

 

Modifiche agli articoli 56 e 58 della Costituzione in materia di elettorato attivo e passivo per le elezioni della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica

 

Presentata il 2 maggio 2007

 

 

n. 2576, d'iniziativa dei deputati

 

FRANCO RUSSO, MASCIA, FRIAS

 

Modifiche agli articoli 92 e 94 della Costituzione, in materia di nomina e revoca dei ministri e di disciplina della mozione di sfiducia nei riguardi del Governo

 

Presentata il 2 maggio 2007

 

 

n. 2578, d'iniziativa del deputato D'ALIA

 

Modifiche agli articoli 56, 92 e 94 della Costituzione in materia di composizione e di elezione della Camera dei deputati nonché di forma del Governo

 

Presentata il 2 maggio 2007

 

 

n. 2586, d'iniziativa del deputato BOATO

 

Modifiche agli articoli 56, 57 e 58 della Costituzione in materia di composizione della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica e di elettorato attivo e passivo

 

Presentata il 3 maggio 2007

 

 

n. 2715, d'iniziativa del deputato BOATO

 

Modifica dell'articolo 77 della Costituzione in materia di decretazione d'urgenza

 

Presentata il 31 maggio 2007

 

 

n. 2865, d'iniziativa del deputato CASINI

 

Modifiche agli articoli 56 e 57 della Costituzione per la riduzione del numero dei parlamentari

 

Presentata il 4 luglio 2007

 

 

n. 3139, d'iniziativa dei deputati

 

DI SALVO, D'ANTONA, NICCHI, LEONI, FUMAGALLI, BANDOLI, BUFFO, ZANOTTI, SASSO, TRUPIA, SCOTTO, AURISICCHIO, ATTILI, BARATELLA, LOMAGLIO, MADERLONI, PETTINARI, ROTONDO, CIALENTE

 

Modifiche agli articoli 56, 57 e 92 della Costituzione, in materia di composizione della Camera dei deputati, del Senato della Repubblica e del Governo

 

Presentata il 10 ottobre 2007

 

 

n. 3151 d'iniziativa dei deputati

 

DILIBERTO, SGOBIO, LICANDRO, GALANTE, BELLILLO, CANCRINI, CESINI, CRAPOLICCHIO, DE ANGELIS, LONGHI, NAPOLETANO, PAGLIARINI, FERDINANDO BENITO PIGNATARO, SOFFRITTI, TRANFAGLIA, VACCA, VENIER

 

Modifiche alla parte seconda della Costituzione. Istituzione dell'Assemblea nazionale e soppressione del Consiglio nazionale dell'economia e del lavoro nonché delle province

 

Presentata il 15 ottobre 2007

 

¾

 

 

 

 


Onorevoli Colleghi! - Il testo recante modifiche alla seconda parte della Costituzione approvato dalla Commissione affari costituzionali va anzitutto collocato nel dibattito sull'adeguamento della Costituzione repubblicana, che vanta ormai una storia più che ventennale. Riconoscere la necessità dell'adeguamento, anche formale, della Carta di cui ricorre - fra due mesi - il sessantesimo anniversario dell'approvazione da parte dell'Assemblea costituente (avvenuta il 22 dicembre 1947) implica una duplice constatazione.

Da un lato, infatti, ragionando di un adeguamento del testo costituzionale e non di una sua riforma radicale, si intende riconoscere la validità della Carta costituzionale dell'Italia post-bellica.

D'altro lato, riconoscere l'esigenza di un adeguamento significa prendere atto che alcune scelte compiute oltre mezzo secolo fa dai padri costituenti in materia di ordinamento della Repubblica accusano l'usura del tempo e richiedono un aggiornamento. Certo, quest'ultimo ha continuamente luogo anche in forme diverse dalla modifica formale, in ragione dell'apertura del progetto costituzionale, percepibile non solo nei principi previsti nella prima parte, ma anche nell'essenziale profilo del governo parlamentare previsto nella seconda. Tuttavia, proprio per quanto attiene all'organizzazione costituzionale dello Stato, il lungo dibattito sulle riforme svoltosi dall'inizio degli anni ottanta ad oggi ha isolato alcuni punti di consenso, su due temi fra loro distinti, ma anche in un certo modo connessi.

Se, infatti, si ripercorre il lungo cammino segnato dal «decalogo Spadolini» (1982), dal Comitato Riz-Bonifacio (VIII legislatura), dalla Commissione Bozzi (IX legislatura), dalla Commissione De Mita Iotti (XI legislatura), dal Comitato Speroni (1994), dalla Commissione D'Alema (XIII legislatura), dalla riforma del titolo V nel 2001 e dal disegno di legge approvato dalle Camere nel 2005 e respinto dal corpo elettorale nel referendum confermativo del 2006, si individuano alcuni fili conduttori comuni, che attraversano progetti di riforma costituzionale pur molto diversi tra loro per vari aspetti.

Tali fili conduttori attengono a due grandi questioni: da un lato l'esigenza di superare il bicameralismo paritario, individuando nel Senato una istanza di rappresentanza territoriale; dall'altro il rafforzamento del Presidente del Consiglio dei ministri all'interno del potere esecutivo. Certo, non si può negare che i vari progetti di revisione costituzionale sin qui succedutisi abbiano individuato soluzioni fra loro molto diverse ai problemi ora accennati. Né si può tacere che tali progetti si sono fra loro differenziati per il grado di incisività delle riforme che proponevano, o per la dimensione dello scostamento dall'ispirazione originaria della Costituzione. Tuttavia, pur fra queste differenze, si possono scorgere alcuni contenuti minimi comuni: ed è proprio su questi contenuti - sui quali si può forse ritenere che si sia formato un consenso «per intersezione» fra le varie forze politiche - che il presente testo tenta di intervenire.

Il metodo seguito ha privilegiato l'adozione di interventi mirati e limitati, pur se dalla portata fortemente innovativa. Questa scelta caratterizza la presente proposta rispetto ai precedenti tentativi di realizzare una «grande riforma» onnicomprensiva. Il testo è perciò il frutto di un metodo pragmatico e graduale, che non impedisce affatto di affrontare, nei tempi e con il respiro necessario, le altre grandi questioni istituzionali che il Paese si trova dinanzi. Dall'esperienza delle precedenti legislature ci giunge una lezione precisa, che è stata anch'essa adottata quale metodo: occorre evitare di complicare ulteriormente il funzionamento di un sistema già oggi sin troppo complesso. Tutti gli interventi mirano quindi a semplificare e a snellire il funzionamento delle istituzioni, e questo riteniamo debba essere il criterio fondamentale da adottare anche per migliorare e perfezionare il testo in esame, mirando altresì a conservare la sintesi e l'essenzialità che sono il pregio di un testo costituzionale.

Il bicameralismo paritario, ben noto nel costituzionalismo meno recente, è stato via via abbandonato in gran parte degli ordinamenti liberaldemocratici, fino a costituire, oggi, una vera e propria rarità costituzionale. Esso, inoltre, se continua a sopravvivere nell'ordinamento statunitense ed in quello elvetico, che sono caratterizzati dall'assenza del rapporto fiduciario fra Esecutivo e Legislativo, si rivela ancor più problematico laddove coinvolge non solo il procedimento legislativo, ma anche la formazione e la rimozione dei Governi: e ciò si verifica oggi solo nel regime parlamentare italiano, oltre che in quello (peraltro corretto con elementi di tipo semipresidenziale) in vigore in Romania sulla base della recente Costituzione del 1991. Anche il bicameralismo apparentemente paritario previsto nell'ordinamento canadese è poi stemperato da una serie di convenzioni costituzionali le quali da un lato escludono il Senato dal rapporto di fiducia e dall'altro fanno sì che la seconda Camera non insista sulle sue posizioni quando vi è un chiaro orientamento della Camera politica in una certa direzione.

Il bicameralismo paritario è, com'è noto, fonte di lentezza e di scarsa efficienza dell'azione di governo. Ciò è ancor più visibile nel contesto attuale della democrazia bipolare e maggioritaria, ove il bicameralismo paritario rischia di paralizzare il funzionamento fisiologico delle istituzioni in presenza di (possibili, anche se improbabili) maggioranze contrastanti nelle due Assemblee parlamentari.

L'esigenza di riformare il Senato si salda, d'altro canto, con un'istanza relativa all'assetto del sistema regionale italiano, rimasto incompleto a seguito della riforma del titolo V della parte II della Costituzione approvata nel 2001. Tale riforma preannunciava una ulteriore riforma della parte della Costituzione relativa alla composizione del Parlamento, con una formula - contenuta nell'articolo 11 della legge costituzionale n. 3 del 2001 - che è stata considerata come una «promessa costituzionale». A tale promessa il testo in esame tenta di dare adempimento.

La trasformazione del Senato in un vero e proprio Senato federale della Repubblica, eletto su base regionale, dai Consigli regionali e dai Consigli delle autonomie locali è una scelta di grande rilievo, non priva certo di qualche controindicazione, ma finalizzata all'obiettivo di dare una voce ben identificata alle Regioni nel Parlamento nazionale e, in particolare, nel procedimento legislativo. La modalità di elezione del Senato tiene conto, d'altro canto, della forma data alla Repubblica dall'articolo 114 della Costituzione, come riformato nel 2001: si tratta di un sistema che - pur attribuendo alle Regioni una posizione privilegiata nella legislazione - valorizza fortemente anche il ruolo delle autonomie locali. A questa impostazione corrisponde la scelta di far eleggere i senatori dai Consigli regionali e in misura minore dal Consiglio delle autonomie locali. Quest'ultimo organo dovrà d'altronde essere oggetto di alcune norme statali che ne prescrivano una omogeneità minima che gli statuti regionali dovranno rispettare. A parte la novità rappresentata dai senatori eletti dalle autonomie locali, questo metodo di elezione del Senato riprende il noto modello del Bundesrat austriaco (ma il Senato delineato in questo progetto è ben più forte del Senato paritario), praticato anche in altri Paesi: in Spagna (peraltro solo per una minoranza dei senatori), negli Stati Uniti sino al 1913 e in India (articolo 80, quarto comma, della Costituzione del 1950).

Al superamento del bicameralismo paritario si accompagnano altre importanti modifiche che concorrono a razionalizzare la forma di governo e a consentire al Parlamento, e in particolare alla Camera dei deputati, di svolgere al meglio quella funzione di indirizzo politico e di normazione primaria che la Costituzione gli assegna. Del resto, come si accennava sopra, quello del rafforzamento del Presidente del Consiglio all'interno del Governo, della stabilità dell'Esecutivo e dell'efficacia della sua azione è l'altro filo rosso che attraversa il lungo dibattito sulle riforme costituzionali in Italia.

Va anzitutto evidenziato che il passaggio ad un sistema bicamerale non paritario consente di per sé una notevole razionalizzazione e semplificazione del processo decisionale politico. Il Governo e il suo leader ne risultano indirettamente rafforzati.

Del resto, il progetto prevede ulteriori e specifiche misure di rafforzamento del potere esecutivo. Queste possono essere distinte in due tipi.

Da un lato il testo in esame prevede che il rapporto di fiducia si instauri non più fra il Governo e le due Camere, ma fra il Presidente del Consiglio dei ministri e la Camera dei deputati, come accade in vari Paesi europei (ad esempio Svezia, Spagna, Germania, Francia). La fiducia verrebbe concessa al Presidente del Consiglio, sia pure dopo la formazione del Governo (e quindi con una valutazione della Camera che avrà ad oggetto, oltre alla persona del Presidente del Consiglio, anche quelle dei ministri e il programma dell'Esecutivo). Per la sfiducia viene invece innalzato il quorum per la presentazione della relativa mozione e previsto il requisito della maggioranza assoluta per l'approvazione.

D'altro canto il progetto di legge in esame prevede uno status costituzionale per il «Governo in Parlamento» ben più ricco dell'attuale. L'articolo 8 del testo della Commissione, che modifica l'articolo 72 della Costituzione, stabilendo che «Il Governo può chiedere che un disegno di legge sia iscritto con priorità all'ordine del giorno di ciascuna Camera e sia votato entro una data determinata, nei limiti e secondo le modalità stabilite dai regolamenti. Il termine deve in ogni caso consentire un adeguato esame del disegno di legge» si muove certo sulla linea di tendenze emerse nel quadro delle riforme dei regolamenti parlamentari dell'ultimo ventennio, ma precisa con chiarezza che un ruolo formale spetta al governo nella concreta configurazione dell'agenda parlamentare. Libero l'organo rappresentativo di non sostenere le misure che l'Esecutivo reputa centrali per l'attuazione del suo programma, ma nel quadro di un'agenda di lavori che tenga adeguatamente conto delle priorità fissate dall'Esecutivo, che si vede così riconosciuto formalmente il ruolo di «comitato direttivo» della maggioranza parlamentare.

Scopo principale del progetto è la modernizzazione del sistema politico. Questo termine, un po' abusato, in materia istituzionale vuol dire procedure semplici e decisioni veloci, nel rispetto, naturalmente, dei princìpi di rappresentanza e di pluralismo. Il sistema originario, quello di cui ancora oggi disponiamo, era fondato sulla mancanza di alternanza al governo del Paese, sul primato dello Stato nazionale e sulla centralità della legge. Oggi c'è l'alternanza, le decisioni degli Stati nazionali sono inserite entro un sistema globale per la vita quotidiana; è centrale, accanto alla legge, la decisione esecutiva. Occorre adeguare le regole al mutato contesto politico-istituzionale.

Si illustrano ora le opzioni normative in cui questi orientamenti di fondo vengono tradotti.

 

La revisione del sistema bicamerale.

Il testo, pur ritenendo necessario conservare al nostro ordinamento i caratteri di un sistema bicamerale, ha inteso procedere nel senso di un deciso superamento dell'attuale bicameralismo paritario, differenziando le due Camere con riguardo al titolo di legittimazione, alla composizione, alle modalità di partecipazione al procedimento legislativo, alla sussistenza del rapporto fiduciario con il Governo.

La trasformazione più profonda, come si dirà subito, riguarda il Senato della Repubblica, ma anche la Camera dei deputati è oggetto di rilevanti interventi modificativi, con particolare riguardo alla composizione.

L'articolo 2 del testo della Commissione, novellando l'articolo 56 della Costituzione, incide infatti sul numero dei deputati, che viene ridotto da 630 a 500, oltre al numero dei deputati eletti nella circoscrizione Estero.

Non viene modificata la disciplina dell'elettorato attivo, per il quale resta il «suffragio universale e diretto»; quanto all'elettorato passivo, l'età minima per essere eletti si abbassa invece dai 25 ai 18 anni.

Venendo al Senato della Repubblica, questo - come dispone l'articolo 1 del testo della Commissione, che riscrive il primo comma dell'articolo 55 della Costituzione - muta il suo nome in «Senato federale della Repubblica». La nuova denominazione evidenzia la volontà di individuare nel Senato l'organo costituzionale che connota la scelta in senso federalista del progetto di riforma, e l'organo nel quale si intende realizzare il raccordo tra le potestà legislative e normative delle autonomie territoriali e dello Stato - enti costitutivi della Repubblica, ai sensi dell'articolo 114 della Costituzione - e la partecipazione del sistema politico regionale e locale alle funzioni «alte» dell'ordinamento costituzionale.

Riflette con chiarezza questa scelta la composizione del Senato federale, come definita dall'articolo 3 del testo della Commissione, che sostituisce integralmente l'articolo 57 della Costituzione. Suo carattere innovativo fondamentale è l'abbandono dell'elezione a suffragio universale e diretto (il successivo articolo 4 abroga in conseguenza l'articolo 58 della Costituzione) in favore dell'elezione di secondo grado ad opera delle assemblee elettive regionali e dei consigli delle autonomie locali. Di tali soggetti istituzionali, e delle relative comunità, il Senato federale diviene interprete nel procedimento di formazione delle leggi. Sono parallelamente ricondotte alla sola Camera dei deputati la rappresentanza politica generale nascente dalla diretta legittimazione popolare, e la correlativa responsabilità che trova la sua espressione nel rapporto di fiducia.

La maggior parte dei senatori è eletta da ciascun Consiglio regionale, tra i propri componenti, con voto limitato al fine di garantire la rappresentanza delle minoranze. Le modalità di elezione saranno definite da una legge dello Stato.

Il numero degli eletti in ciascuna Regione varia in base alla popolazione, ma la natura dell'organo ha suggerito di abbandonare un criterio di stretta proporzionalità. In particolare, i Consigli regionali eleggono:

cinque senatori nelle Regioni con popolazione sino a un milione di abitanti;

sette senatori nelle Regioni con più di un milione e fino a tre milioni di abitanti;

nove senatori nelle Regioni con più di tre milioni e fino a cinque milioni di abitanti;

dieci senatori nelle Regioni con più di cinque milioni e fino a sette milioni di abitanti;

dodici senatori nelle Regioni con più di sette milioni di abitanti.

Nelle regioni Valle d'Aosta/Vallée d'Aoste e Molise i rispettivi Consigli regionali eleggono un solo senatore.

Un'ulteriore quota di senatori (uno nelle Regioni sino a un milione di abitanti; due nelle Regioni con popolazione superiore, anche in questo caso con voto limitato) è eletta in rappresentanza delle autonomie locali. Sono eleggibili i componenti dei Consigli dei Comuni, delle Province e delle Città metropolitane; il corpo elettorale è invece individuato nel Consiglio delle autonomie locali.

Com'è noto, il Consiglio delle autonomie locali è un organo di recente introduzione nell'ordinamento: esso è previsto dal quarto comma dell'articolo 123 della Costituzione, nel testo riformulato dalla legge di riforma del titolo V della parte II della Costituzione, che lo definisce «organo di consultazione fra la Regione e gli enti locali» e ne rimette la disciplina ai singoli statuti regionali.

Nelle Regioni che hanno sin qui dato attuazione al disposto costituzionale la composizione di tale organo, pur sempre elettiva, presenta differenze anche sostanziali con riguardo al numero dei componenti, alla legittimazione elettorale attiva e passiva, alla presenza di «membri di diritto». Questo è del tutto naturale; quando però il Consiglio sia chiamato ad una funzione che esula da quella meramente consultiva, qual è l'elezione dei membri del Senato federale della Repubblica, è di tutta evidenza la necessità di introdurre criteri di omogeneità nella sua composizione, al fine di evitare che differenze troppo marcate incidano sulla rappresentatività dell'organo parlamentare. A tal fine, l'articolo 18 del testo della Commissione aggiunge un comma all'articolo 123 della Costituzione, rimettendo a una legge dello Stato la determinazione dei principi fondamentali per la formazione e la composizione dei Consigli delle autonomie locali.

Particolari disposizioni sono previste per la Regione Trentino-Alto Adige/Südtirol. In questa Regione sono i Consigli delle Province autonome di Trento e di Bolzano ad eleggere, con voto limitato, due senatori per ciascuna Provincia. Un ulteriore senatore per ciascuna Provincia autonoma sarà eletto dai rispettivi Consigli delle autonomie locali. Durante l'esame in Commissione si è discusso della conformità di tale soluzione con lo spirito della misura 111 del «pacchetto» in favore delle popolazioni altoatesine, ove si prevede che la definizione delle circoscrizioni elettorali per le elezioni del Senato favorisca la partecipazione al Parlamento dei rappresentanti dei gruppi linguistici italiano e tedesco della Provincia autonoma di Bolzano, in proporzione alla consistenza dei gruppi stessi. La questione merita un approfondimento, che si ritiene possa aver luogo nel corso dell'esame in Assemblea.

In ciascuna Regione, tutti i senatori sono eletti entro trenta giorni dalla prima riunione del rispettivo Consiglio regionale (o provinciale, per le Province autonome di Trento e di Bolzano), successiva all'elezione.

Ai sensi del successivo articolo 60 della Costituzione, riformulato dall'articolo 5 del testo della Commissione, i senatori eletti in ciascuna Regione o Provincia autonoma restano in carica fino alla data della proclamazione dei nuovi senatori della medesima Regione o Provincia autonoma. A tale contestualità, connaturata alla composizione dell'organo, consegue che il Senato non ha più una durata predefinita ma è soggetto a rinnovi parziali, più o meno ampi, in occasione del rinnovo dei singoli Consigli regionali o delle due Province autonome.

 

La funzione legislativa dello Stato.

La nuova configurazione del procedimento di formazione delle leggi dello Stato appare una necessaria risultante della già menzionata scelta di fondo in favore del superamento del bicameralismo paritario, operata dal progetto di riforma attribuendo a un ramo del Parlamento la natura di Camera rappresentativa delle realtà territoriali, e all'altro ramo la titolarità del rapporto di fiducia con il Governo.

L'obiettivo perseguito è quello di assicurare una significativa partecipazione del nuovo Senato federale a tutte le procedure legislative, rafforzando anzi il peso istituzionale delle sue deliberazioni nelle materie che più da vicino incidono sul rapporto Stato-autonomie territoriali, e mantenendo il suo ruolo paritario nell'adozione delle scelte «di sistema»; senza peraltro consentire che, nella restante attività legislativa, tale peso si trasformi in un veto non superabile, tale da paralizzare l'iter legislativo e impedire l'attuazione del programma sul quale il Presidente del Consiglio abbia ottenuto la fiducia della Camera.

Contestualmente, si è cercato di semplificare e snellire il procedimento legislativo definendo, per quanto possibile, i tempi di esame e limitando le ipotesi di navette tra le due Camere.

È risultato necessario, a tal fine, dare all'articolo 70 della Costituzione una formulazione più articolata dell'attuale, che oggi si limita a disporre che «la funzione legislativa è esercitata collettivamente dalle due Camere».

Il nuovo articolo 70 - come novellato dall'articolo 7 del testo della Commissione - configura quattro distinti procedimenti legislativi:

un procedimento che potrebbe definirsi «bicamerale paritario», nel quale, non diversamente da oggi, Camera e Senato federale esercitano collettivamente la funzione legislativa;

un procedimento «bicamerale a prevalenza Camera», nel quale il testo approvato, in prima lettura, dalla Camera dei deputati può essere modificato dal Senato federale, ferma restando in capo alla Camera la deliberazione sul testo definitivo;

un terzo procedimento, secondo il quale, dopo l'approvazione da parte della Camera dei deputati, se le modifiche approvate dal Senato riguardano le materie di cui all'articolo 118, commi secondo e terzo, o 119, commi terzo, quinto e sesto, la Camera può ulteriormente modificarle o respingerle solo a maggioranza assoluta dei propri componenti;

un quarto procedimento, nel quale è invece riservato al Senato l'esame del progetto di legge in prima lettura, spettando comunque alla Camera l'approvazione definitiva.

Il procedimento «bicamerale paritario», di cui al primo comma del nuovo articolo 70 della Costituzione, non presenta differenze rispetto a quello oggi in vigore (non a caso il nuovo testo conserva il termine «collettivamente», già presente nel vigente articolo 70). Esso richiede che i due rami del Parlamento esaminino, in successive letture, il progetto di legge e lo approvino nel medesimo testo.

Tale procedimento trova peraltro applicazione solo per alcune categorie di provvedimenti. Si tratta di quelli che direttamente incidono sull'assetto costituzionale, o definiscono il quadro delle regole generali che presiedono ai rapporti tra lo Stato e gli altri enti costitutivi della Repubblica (Regioni, Province, Comuni, Città metropolitane: ai sensi dell'articolo 114 della Costituzione):

le leggi costituzionali (per le quali resta ferma la procedura di cui all'articolo 138 della Costituzione, che richiede la doppia lettura da parte delle due Camere e consente il ricorso al referendum) e quelle in materia elettorale;

le leggi che disciplinano:

gli organi di governo e le funzioni fondamentali di Comuni, Province e Città metropolitane (il testo riprende qui il dettato dell'articolo 117, secondo comma, lettera p), della Costituzione);

l'ordinamento di Roma, capitale della Repubblica (articolo 114, terzo comma, della Costituzione);

l'attribuzione a Regioni a statuto ordinario di forme e condizioni particolari di autonomia (articolo 116, terzo comma, della Costituzione);

le procedure e l'esercizio del potere sostitutivo con riguardo alla partecipazione delle Regioni alla «fase ascendente» e «discendente» del diritto comunitario e all'esecuzione degli accordi internazionali (articolo 117, comma quinto, della Costituzione), nonché il «potere estero» delle Regioni (articolo 117, comma nono, della Costituzione);

le procedure per l'esercizio (nel rispetto dei principi di sussidiarietà e di leale collaborazione) dei poteri sostitutivi del Governo nei confronti di Regioni ed enti locali (articolo 120, secondo comma, della Costituzione);

i princìpi fondamentali concernenti il sistema di elezione e i casi di ineleggibilità e di incompatibilità del Presidente e degli altri componenti della Giunta regionale nonché dei consiglieri regionali (articolo 122, primo comma, della Costituzione);

i princìpi fondamentali per la formazione e la composizione dei Consigli delle autonomie locali (articolo 123, quinto comma, della Costituzione, introdotto dall'articolo 18 del testo della Commissione);

il passaggio di Province o Comuni da una Regione ad un'altra (articolo 132, secondo comma, della Costituzione), il mutamento delle circoscrizioni provinciali e l'istituzione di nuove Province (articolo 133, primo comma, della Costituzione);

le leggi che istituiscono e disciplinano le Autorità di garanzia e di vigilanza (che in questa sede, e per la prima volta, trovano un riconoscimento a livello costituzionale);

le leggi in materia di tutela delle minoranze linguistiche.

La generalità degli altri progetti di legge, ai sensi del riformulato terzo comma dell'articolo 70 della Costituzione, è invece esaminata e approvata in prima lettura dalla Camera dei deputati. Il Senato federale della Repubblica, al quale è trasmesso il testo approvato, su richiesta di un quinto dei suoi componenti può esaminarlo e (entro trenta giorni dalla trasmissione, termine ridotto alla metà per i disegni di legge di conversione di decreti-legge) può modificarlo.

Spetta comunque alla Camera dei deputati pronunciarsi su tali modifiche in via definitiva.

Se, tuttavia, le modifiche riguardano materie di precipuo interesse regionale, esse hanno un valore per dir così «rinforzato»: la Camera può infatti discostarsi da quanto il Senato federale ha deliberato solo votando a maggioranza assoluta dei propri componenti.

Le materie su cui tale maggioranza qualificata è richiesta sono le seguenti:

il conferimento di funzioni amministrative ai diversi livelli territoriali di governo (articolo 118, comma secondo, della Costituzione) e il coordinamento dell'attività amministrativa tra Stato e Regioni in determinate materie (articolo 118, comma terzo, della Costituzione);

l'istituzione di un fondo perequativo per i territori con minore capacità fiscale (articolo 119, comma terzo, della Costituzione);

gli interventi speciali dello Stato in favore di determinati enti territoriali (articolo 119, comma quinto, della Costituzione);

i princìpi generali di attribuzione del patrimonio a Regioni ed enti locali (articolo 119, comma sesto, della Costituzione).

Il secondo comma del nuovo articolo 70 della Costituzione individua una terza modalità di approvazione, riservata unicamente alle leggi che hanno lo scopo di determinare i principi fondamentali nelle materie rientranti nella competenza legislativa concorrente tra Stato e Regioni ai sensi dell'articolo 117, terzo comma, della Costituzione.

I relativi progetti di legge sono individuati dai Presidenti delle due Camere, d'intesa tra loro, per essere assegnati al Senato federale della Repubblica che, dunque, li esamina sempre in prima lettura.

Il testo esaminato ed eventualmente emendato dal Senato federale è trasmesso, dopo l'approvazione, alla Camera dei deputati, alla quale spetta l'esame in seconda lettura e l'approvazione in via definitiva. La Camera può dunque certamente modificare il testo approvato dal Senato: ma qualsiasi emendamento dovrà in tal caso essere approvato a maggioranza assoluta dei componenti l'Assemblea.

 

La forma di Governo e i rapporti Governo-Parlamento.

Gli articoli 14 e 15 del progetto di legge costituzionale intervengono rispettivamente sugli articoli 92 e 94 della Costituzione, che disciplinano la formazione del Governo e il rapporto di fiducia tra questo e il Parlamento. La finalità perseguita è duplice: valorizzare la posizione del Presidente del Consiglio - sia nell'ambito dell'Esecutivo, sia nei rapporti con il Parlamento - e superare il bicameralismo perfetto che caratterizza anche la forma di governo parlamentare italiana, differenziando le due Camere sotto il profilo del rapporto fiduciario; ciò in correlazione con gli altri articoli del progetto di legge costituzionale, dei quali si è detto, che investono sia la composizione delle due Camere sia le modalità di esercizio della funzione legislativa.

L'articolo 15 introduce nel secondo comma dell'articolo 92 della Costituzione due sostanziali novità.

La prima consiste nell'esplicito collegamento tra l'esercizio del potere di nomina del Presidente del Consiglio dei ministri da parte del Capo dello Stato e la volontà espressa dal corpo elettorale. Il testo novellato dispone infatti che la nomina abbia luogo «valutati i risultati delle elezioni per la Camera dei deputati».

La formulazione adottata mira ad evidenziare e rendere anche formalmente necessario tale collegamento senza, tuttavia, intaccare le prerogative costituzionali del Capo dello Stato né ridurre la flessibilità necessaria in un così delicato passaggio istituzionale.

Il secondo fattore di novità consiste nel conferimento al Presidente del Consiglio dei ministri del potere di proporre al Capo dello Stato la revoca - oltre che la nomina - dei ministri.

Il testo non pone limiti espliciti a tale potere: ne consegue il chiaro riconoscimento al Presidente del Consiglio della facoltà di proporre la sostituzione di uno o più ministri non solo quando lo impongano esigenze esterne, ma in ogni caso in cui questi valuti necessario od opportuno un avvicendamento.

La riscrittura dell'articolo 94 della Costituzione operata dall'articolo 15 del testo della Commissione introduce anch'essa due elementi di novità:

la fiducia è accordata non più al Governo, bensì al Presidente del Consiglio dei ministri, che presenta il suo Governo alla Camera;

la fiducia è accordata o revocata non più da entrambe le Camere, bensì dalla sola Camera dei deputati; è dunque solo con quest'ultima che intercorre il rapporto fiduciario.

Il primo elemento innovativo, al pari del descritto potere di revoca dei ministri, ha la finalità di rafforzare la posizione del Presidente del Consiglio sia nell'ambito della compagine governativa sia nel rapporto con le forze politiche che lo sostengono; il secondo elemento di novità ha l'effetto di escludere il Senato federale dal rapporto di fiducia, coerentemente con la sua nuova composizione che ne fa la sede parlamentare di rappresentanza delle autonomie territoriali.

Un'ulteriore modifica è apportata alla disciplina della mozione di sfiducia, di cui al quinto comma dell'articolo 94 della Costituzione: essa deve essere firmata da almeno un terzo - e non più un decimo - dei componenti la Camera dei deputati e deve essere approvata a maggioranza assoluta dei suoi componenti. Anche tale modifica mira a rafforzare la stabilità dell'Esecutivo.

A rafforzare la posizione del Governo in Parlamento, onde consentirgli una più efficiente attuazione del suo programma, è finalizzato anche l'articolo 8 del testo della Commissione, che aggiungendo un comma all'articolo 72 della Costituzione consente al Governo di chiedere che un disegno di legge sia iscritto con priorità all'ordine del giorno e sia votato entro una data determinata.

I limiti e le modalità di esercizio di tale prerogativa sono peraltro rimessi ai regolamenti delle due Camere, alle quali è garantito in ogni caso il tempo necessario a consentire un adeguato esame del disegno di legge.

Altre disposizioni introducono ulteriori strumenti di garanzia a favore dell'istituzione parlamentare, limitando o sottoponendo a controllo l'esercizio del potere legislativo da parte del Governo nelle due ipotesi in cui la Costituzione lo consente: la delegazione legislativa e la decretazione d'urgenza.

Quanto alla prima, l'articolo 10 del testo della Commissione aggiunge un comma all'articolo 76 della Costituzione, disponendo che tutti gli schemi di decreti legislativi predisposti dal Governo siano trasmessi alle Camere per essere sottoposti al parere delle Commissioni parlamentari competenti; è in tal modo generalizzato e costituzionalizzato un obbligo oggi previsto solo in alcuni casi dalle leggi di delega.

Quanto alla seconda, l'articolo 11 riformula l'articolo 77 della Costituzione introducendo espliciti limiti di contenuto al potere del Governo di adottare decreti-legge. In particolare, non è possibile con tale strumento:

rinnovare disposizioni di decreti non convertiti in legge;

ripristinare l'efficacia di disposizioni dichiarate illegittime dalla Corte costituzionale;

conferire deleghe legislative;

attribuire poteri regolamentari in materie già disciplinate con legge.

Sono in tal modo elevati a rango di norma costituzionale anche alcuni limiti alla decretazione d'urgenza già presenti nell'ordinamento (all'articolo 15 della legge n. 400 del 1988), ma troppo facilmente derogabili in quanto disposti con legge ordinaria.

 

Il Presidente della Repubblica.

Tra le varie modifiche apportate dall'articolo 13 del testo in esame al titolo II della parte II della Costituzione, che tratta la figura del Presidente della Repubblica, alcune - pur rilevanti - rispondono ad esigenze di coordinamento. Ci si riferisce principalmente:

all'abrogazione del secondo comma dell'articolo 83 della Costituzione, che prevede l'integrazione del Parlamento in seduta comune con delegati regionali in occasione dell'elezione del Capo dello Stato. La presenza di tali delegati non appare più necessaria in presenza di un Senato federale i cui componenti sono la diretta espressione delle assemblee elettive regionali e delle rappresentanze locali;

all'attribuzione al Presidente della Camera dei deputati delle funzioni di supplenza in caso di temporaneo impedimento del Capo dello Stato (articolo 86 della Costituzione);

all'esercizio del potere di scioglimento (articolo 88 della Costituzione), che viene limitato alla sola Camera dei deputati.

Costituisce invece una sostanziale, ulteriore novità la modifica apportata all'articolo 84 della Costituzione, in virtù della quale l'età minima che (insieme alla cittadinanza e al godimento dei diritti civili e politici) costituisce il solo requisito per l'elezione alla carica di Presidente della Repubblica è abbassata dagli attuali cinquanta a quaranta anni.

 

Le disposizioni di coordinamento e la disciplina transitoria.

Gli articoli 6, 9, 12, 16, 17, 19 e 20 recano tutte disposizioni necessarie al coordinamento tra le modifiche apportate dal progetto di legge e le restanti parti del testo costituzionale.

Va in particolare segnalato l'articolo 19, che modifica il primo comma dell'articolo 126 della Costituzione, relativo allo scioglimento dei Consigli regionali e alla rimozione dei Presidenti delle Giunte regionali per atti contrari alla Costituzione o gravi violazioni di legge, o per ragioni di sicurezza pubblica. Il testo vigente richiede che il decreto motivato di scioglimento sia adottato dal Presidente della Repubblica «sentita una Commissione di deputati e senatori costituita, per le questioni regionali, nei modi stabiliti con legge della Repubblica». Tenuto conto della composizione del Senato federale, in cui le istanze regionali trovano diretta espressione, la previsione costituzionale di tale Commissione - si tratta della Commissione parlamentare per le questioni regionali - è apparsa superflua; si prevede pertanto che il parere sia reso dai Presidenti delle due Camere.

Gli ultimi due articoli del testo recano la disciplina transitoria necessaria per condurre a regime la riforma costituzionale. Tale disciplina dovrà naturalmente essere adeguata in relazione alle eventuali ulteriori modifiche che l'Assemblea riterrà di apportare al testo.

L'articolo 21, al comma 1, prevede che le disposizioni introdotte dalla riforma trovino applicazione a decorrere dalla legislatura successiva a quella in corso, «e con riferimento alle relative elezioni delle due Camere». Quest'ultimo inciso mira a chiarire che, sin dall'entrata in vigore della legge costituzionale, dovranno tempestivamente predisporsi gli strumenti legislativi necessari alla sua successiva operatività, con particolare riguardo:

alle modifiche alla disciplina per l'elezione della Camera necessarie per tener conto della riduzione del numero dei deputati e dell'abbassamento della soglia di età per l'attribuzione dell'elettorato passivo;

all'adozione della legge statale che detti le modalità di elezione del Senato federale della Repubblica;

all'adozione della legge dello Stato e della successiva disciplina regionale atta a definire le nuove modalità di formazione e composizione dei Consigli delle autonomie locali.

La disciplina elettorale dovrà essere approvata - secondo quanto dispone il comma 3 dell'articolo - entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della legge di riforma.

Il comma 2 disciplina la prima elezione del Senato federale della Repubblica: questa avrà luogo contestualmente all'elezione della Camera dei deputati (anch'essa nella nuova composizione) al termine della corrente legislatura, ad opera dei Consigli regionali in carica. Nelle Regioni i cui Consigli risultassero sciolti a tale data, l'elezione sarebbe differita per essere effettuata dal Consiglio neoeletto. I senatori così eletti resteranno in carica sino al rinnovo dei rispettivi Consigli regionali.

I Consigli delle autonomie locali, precisa infine il secondo periodo del comma 3, provvederanno ad eleggere i senatori di propria competenza solo quando saranno ricostituiti in conformità ai princìpi uniformi di composizione definiti con legge dello Stato; sino ad allora, anche l'elezione di tali senatori sarà effettuata dai Consigli regionali.

L'articolo 22 reca una «clausola di salvaguardia» per le Regioni a statuto speciale, la cui formulazione è del tutto simile a quella di cui all'articolo 10 della legge costituzionale n. 3 del 2001, di revisione del Titolo V. Essa prevede che, sino all'adeguamento dei rispettivi statuti di autonomia (da effettuare con legge costituzionale), le disposizioni introdotte dalla riforma si applichino anche alle Regioni a statuto speciale e alle Province autonome di Trento e di Bolzano per le parti in cui prevedono forme di autonomia più ampie rispetto a quelle già attribuite.


 

 


 

PARERE DELLA V COMMISSIONE PERMANENTE

(Bilancio, tesoro e programmazione)

 

La V Commissione,

considerato che la definizione, nel nuovo testo dell'articolo 70 della Costituzione, sostituito dall'articolo 7 della proposta di legge in esame, di procedure differenziate di approvazione dei progetti di legge potrebbe ingenerare incertezze quanto all'individuazione dell'iter applicabile a provvedimenti che, come accade tipicamente nel caso del disegno dì legge finanziaria, si caratterizzano per l'ampiezza dei contenuti, tra i quali, nell'esperienza degli ultimi anni, confluisce anche la determinazione di principî fondamentali nelle materie di cui all'articolo 117, terzo comma, della Costituzione, tradottasi nelle regole del Patto di stabilità interno;

ritenuto che quanto sopra rilevato conferma l'esigenza di rimettere mano alla disciplina contabile recata alla legge n. 468 del 1978, al fine di adottare una normativa relativa al coordinamento della finanza pubblica che regoli in maniera tendenzialmente stabile i rapporti tra lo Stato e le autonomie territoriali sottraendo, per quanto possibile, tale materia alla decisione di bilancio annuale, anche al fine di contribuire ad una delimitazione dei contenuti della legge finanziaria,

esprime

NULLA OSTA

 


 

PARERE DELLA COMMISSIONE PARLAMENTARE PER LE QUESTIONI REGIONALI

 

La Commissione parlamentare per le questioni regionali,

esaminato il testo unificato della proposta di legge costituzionale C. 553 ed abbinate, in corso di esame presso la I Commissione della Camera, recante modificazione di articoli della parte seconda della Costituzione, concernenti forma del Governo, composizione e funzioni del Parlamento, nonché limiti di età per l'elettorato attivo e passivo per le elezioni della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica;

considerato che il testo introduce nel sistema parlamentare il Senato federale della Repubblica, eletto, secondo modalità stabilite dalla legge, su base regionale, salvi sei seggi assegnati alla circoscrizione Estero, secondo quanto prescritto all'articolo 3 del provvedimento; rilevato inoltre che, in ciascuna Regione, i senatori sono eletti dal consiglio regionale al proprio interno e dal consiglio delle autonomie locali tra i componenti dei consigli dei Comuni, delle Province e delle Città metropolitane;

evidenziato quanto disposto dall'articolo 5 del testo, secondo cui i senatori eletti in ciascuna Regione e nelle Province autonome di Trento e di Bolzano rimangono in carica fino alla data della proclamazione dei nuovi senatori della medesima Regione o Provincia autonoma; considerato inoltre che la durata della Camera dei deputati, di ciascun Consiglio regionale e dei Consigli delle Province autonome di Trento e di Bolzano non può essere prorogata se non per legge dello Stato e soltanto in caso di guerra e che con la proroga di ciascun consiglio regionale o dei consigli delle Province autonome di Trento e di Bolzano è prorogato anche il mandato dei senatori in carica;

rilevate le previsioni recate dall'articolo 7 del testo, per cui la funzione legislativa è esercitata collettivamente dalla Camera dei deputati e dal Senato federale della Repubblica nel caso di disegni di legge di revisione della Costituzione e disegni di legge costituzionale, disegni di legge in materia elettorale, di organi di governo e di funzioni fondamentali di Comuni, Province e Città metropolitane, di esercizio delle funzioni dello Stato indicate negli articoli 114, terzo comma; 116, terzo comma; 117, commi quinto e nono; 120, secondo comma; 122, primo comma; 123, quinto comma; 132, secondo comma, e 133, primo comma; di istituzione e disciplina delle Autorità di garanzia e di vigilanza, di tutela delle minoranze linguistiche;

evidenziata la disposizione per cui il Presidente della Camera dei deputati ed il Presidente del Senato federale della Repubblica, d'intesa tra loro, individuano, al fine dell'assegnazione al Senato federale della Repubblica, i disegni di legge che determinano i princìpi fondamentali nelle materie di cui all'articolo 117, terzo comma; considerata la disciplina prospettata per tali disegni di legge, che dopo l'approvazione da parte del Senato federale sono trasmessi alla Camera, che delibera in via definitiva e può apportare modifiche solo a maggioranza assoluta dei suoi componenti, mentre in tutti gli altri casi, dopo l'approvazione da parte della Camera, i disegni di legge sono trasmessi al Senato federale della Repubblica che, su richiesta di un quinto dei suoi componenti, può approvare modifiche sulle quali la Camera si pronuncia in via definitiva; rilevato altresi che se le modifiche approvate riguardano le materie di cui all'articolo 118, commi secondo e terzo, o 119, commi terzo, quinto e sesto, la Camera può ulteriormente modificarle o respingerle solo a maggioranza assoluta dei propri componenti, mentre qualora il Senato federale non approvi modifiche la legge è promulgata;

considerate, ai sensi degli articoli 18 e 19 del testo, le disposizioni che apportano modifiche, rispettivamente, all'articolo 123 della Costituzione, disponendo che la legge dello Stato disciplina i princìpi fondamentali per la formazione e la composizione dei Consigli delle autonomie locali, ed all'articolo 126 della Costituzione, stabilendo che, con decreto motivato del Presidente della Repubblica, sentiti i Presidenti delle Camere, e non invece la Commissione per le questioni regionali come attualmente previsto, sono disposti lo scioglimento del Consiglio regionale e la rimozione del Presidente della Giunta che abbiano compiuto atti contrari alla Costituzione o gravi violazioni di legge;

rilevato quanto statuito dall'articolo 22 del testo, secondo cui le disposizioni recate dal provvedimento si applicano, sino all'adeguamento dei rispettivi statuti, anche alle Regioni a statuto speciale e alle Province autonome di Trento e di Bolzano per le parti in cui prevedono forme di autonomia più ampie rispetto a quelle loro già attribuite,

esprime

PARERE FAVOREVOLE

con le seguenti osservazioni:

a) valuti la Commissione di merito l'opportunità di introdurre eventuali meccanismi istituzionali di garanzia tesi a superare il profilo di criticità, connesso al prospettato sistema dell'elezione indiretta del Senato, costituito dall'immediata decadenza dei senatori (con conseguenti rischi di alterazione della composizione politica del Senato) nei casi di dimissioni dei presidenti delle regioni che li hanno eletti;

b) valuti la Commissione l'opportunità di considerare se non sia preferibile adottare il sistema del vincolo di mandato per i soli componenti del Senato federale della Repubblica, come previsto in taluni ordinamenti federali, in quanto chiamati a rappresentare le autonomie territoriali di cui sono espressione;

c) valuti la Commissione l'opportunità di introdurre, all'articolo 18, un'apposita modifica dell'articolo 123 della Costituzione per la quale il Consiglio delle autonomie locali non sia qualificato come organo di mera consultazione tra Regioni ed enti locali, attesa la distinta ulteriore funzione assegnatagli in materia di elezione dei componenti del Senato federale;

d) valuti la Commissione, all'articolo 19, l'opportunità di modificare l'articolo 126 della Costituzione contemplando il parere della Commissione per le questioni regionali nei casi dì scioglimento del Consiglio regionale e di rimozione del Presidente della Giunta che abbiano compiuto atti contrari alla Costituzione o gravi violazioni di legge, al fine di introdurre nel procedimento prospettato una valutazione, non vincolante, derivante da un organo parlamentare collegiale che assuma, con funzioni consultive, il ruolo di sintesi e raccordo dei contrapposti orientamenti statale e regionali, eventualmente prevedendosi, nella fattispecie, l'obbligatoria astensione dei componenti senatori eletti dalla Regione oggetto della procedura ivi delineata.

 


 


TESTO

unificato della Commissione

¾¾¾

 

 

Modificazione di articoli della parte seconda della Costituzione, concernenti forma del Governo, composizione e funzioni del Parlamento nonché limiti di età per l'elettorato attivo e passivo per le elezioni della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica.

 

 

Art. 1.

1. Al primo comma dell'articolo 55 della Costituzione, le parole: «Senato della Repubblica» sono sostituite dalle seguenti: «Senato federale della Repubblica».

 

Art. 2.

1. Il secondo comma dell'articolo 56 della Costituzione è sostituito dal seguente: «Il numero dei deputati è di cinquecento, oltre a dodici deputati eletti nella circoscrizione Estero».

2. Al terzo comma dell'articolo 56 della Costituzione, la parola: «venticinque» è sostituita dalla seguente: «diciotto».

3. Al quarto comma dell'articolo 56 della Costituzione, la parola: «seicentodiciotto» è sostituita dalla seguente: «cinquecento».

 

Art. 3.

1. L'articolo 57 della Costituzione è sostituito dal seguente:

«Art. 57. - Il Senato federale della Repubblica è eletto, secondo modalità stabilite dalla legge, su base regionale, salvi sei seggi assegnati alla circoscrizione Estero.

 In ciascuna Regione i senatori sono eletti dal Consiglio regionale, al proprio interno, e dal Consiglio delle autonomie locali tra i componenti dei Consigli dei Comuni, delle Province e delle Città metropolitane.

Il Consiglio regionale elegge, con voto limitato:

cinque senatori nelle Regioni sino a un milione di abitanti;

sette senatori nelle Regioni con più di un milione di abitanti e fino a tre milioni;

nove senatori nelle Regioni con più di tre milioni di abitanti e fino a cinque milioni;

dieci senatori nelle Regioni con più di cinque milioni di abitanti e fino a sette milioni;

dodici senatori nelle Regioni con più di sette milioni di abitanti.

I Consigli regionali della Valle d'Aosta/Vallée d'Aoste e del Molise eleggono un senatore per ciascuna Regione; i Consigli provinciali delle Province autonome della Regione Trentino-Alto Adige/Südtirol eleggono, con voto limitato, due senatori per ciascuna provincia.

In ciascuna Regione il Consiglio delle autonomie locali elegge:

un senatore nelle Regioni sino a un milione di abitanti;

due senatori nelle Regioni con più di un milione di abitanti, con voto limitato.

I Consigli delle autonomie locali delle Province autonome della Regione Trentino-Alto Adige/ Südtirol eleggono un senatore per ciascuna provincia.

L'elezione ha luogo entro trenta giorni dalla prima riunione del Consiglio regionale o delle Province autonome della Regione Trentino-Alto Adige/Südtirol».

 

Art. 4.

1. L'articolo 58 della Costituzione è abrogato.

 

Art. 5.

1. L'articolo 60 della Costituzione è sostituito dal seguente:

«Art. 60. - La Camera dei deputati è eletta per cinque anni.

I senatori eletti in ciascuna Regione e nelle Province autonome di Trento e di Bolzano rimangono in carica fino alla data della proclamazione dei nuovi senatori della medesima Regione o Provincia autonoma.

La durata della Camera dei deputati, di ciascun Consiglio regionale e dei Consigli delle Province autonome di Trento e di Bolzano non può essere prorogata se non per legge dello Stato e soltanto in caso di guerra. Con la proroga di ciascun Consiglio regionale o dei Consigli delle Province autonome di Trento e di Bolzano è prorogato anche il mandato dei senatori in carica».

 

Art. 6.

1. L'articolo 61 della Costituzione è sostituito dal seguente:

«Art. 61. - L'elezione della nuova Camera dei deputati ha luogo entro settanta giorni dalla fine della precedente. La prima riunione ha luogo non oltre il ventesimo giorno dall'elezione.

Finché non sia riunita la nuova Camera dei deputati sono prorogati i poteri della precedente».

2. All'articolo 63, primo comma, della Costituzione, è aggiunto, in fine, il seguente periodo: «Il regolamento del Senato federale della Repubblica disciplina le modalità di rinnovo dell'Ufficio di Presidenza».

 

Art. 7.

1. L'articolo 70 della Costituzione è sostituito dal seguente:

«Art. 70. - La funzione legislativa dello Stato è esercitata collettivamente dalla Camera dei deputati e dal Senato federale della Repubblica nei seguenti casi:

a) leggi di revisione della Costituzione e altre leggi costituzionali;

b) leggi in materia elettorale;

c) leggi in materia di organi di governo e di funzioni fondamentali dei Comuni, delle Province e delle Città metropolitane;

d) leggi concernenti l'esercizio delle competenze legislative dello Stato indicate negli articoli 114, terzo comma; 116, terzo comma; 117, commi quinto e nono; 120, secondo comma; 122, primo comma; 123, quinto comma; 132, secondo comma, e 133, primo comma;

e) leggi concernenti l'istituzione e la disciplina delle Autorità di garanzia e di vigilanza;

f) leggi in materia di tutela delle minoranze linguistiche.

Il Presidente della Camera dei deputati e il Presidente del Senato federale della Repubblica, d'intesa tra loro, individuano al fine dell'assegnazione al Senato federale della Repubblica i disegni di legge che hanno lo scopo di determinare i princìpi fondamentali nelle materie di cui all'articolo 117, terzo comma. Dopo l'approvazione da parte del Senato federale, tali disegni di legge sono trasmessi alla Camera dei deputati che delibera in via definitiva e può apportare modifiche solo a maggioranza assoluta dei suoi componenti.

In tutti gli altri casi, dopo l'approvazione da parte della Camera dei deputati, i disegni di legge sono trasmessi al Senato federale della Repubblica che, entro trenta giorni, su richiesta di un quinto dei suoi componenti, può approvare modifiche sulle quali la Camera dei deputati si pronuncia in via definitiva. Se le modifiche approvate riguardano le materie di cui all'articolo 118, commi secondo e terzo, o 119, commi terzo, quinto e sesto, la Camera può ulteriormente modificarle o respingerle solo a maggioranza assoluta dei propri componenti. Qualora il Senato federale non approvi modifiche entro il termine previsto, la legge può essere promulgata. Il termine è ridotto della metà per i disegni di legge di conversione dei decreti emanati ai sensi dell'articolo 77».

 

Art. 8.

1. All'articolo 72 è aggiunto, in fine, il seguente comma:

«Il Governo può chiedere che un disegno di legge sia iscritto con priorità all'ordine del giorno di ciascuna Camera e sia votato entro una data determinata, nei limiti e secondo le modalità stabilite dai regolamenti. Il termine deve in ogni caso consentire un adeguato esame del disegno di legge».

 

Art. 9.

1. Il secondo comma dell'articolo 73 della Costituzione è sostituito dal seguente:

«Se la Camera dei deputati o, per i disegni di legge previsti dal primo comma dell'articolo 70, entrambe le Camere, ne dichiarano l'urgenza a maggioranza assoluta dei componenti, la legge è promulgata nel termine da essa stabilito».

 

Art. 10.

1. All'articolo 76 della Costituzione è aggiunto, in fine, il seguente comma:

«Gli schemi dei decreti legislativi, predisposti dal Governo, sono sottoposti al parere delle Commissioni parlamentari competenti».

 

Art. 11.

1. L'articolo 77 della Costituzione è sostituito dal seguente:

«Art. 77. - Fatta eccezione per quanto previsto dall'articolo 76, il Governo non può emanare decreti che abbiano valore di legge ordinaria.

Quando, in casi straordinari di necessità e d'urgenza, il Governo adotta, sotto la sua responsabilità, provvedimenti provvisori con forza di legge, deve il giorno stesso presentarli per la conversione alle Camere, che si riuniscono entro cinque giorni. La Camera dei deputati, anche se sciolta, è appositamente convocata.

I decreti perdono efficacia sin dall'inizio, se non sono convertiti in legge entro sessanta giorni dalla loro pubblicazione. Si possono regolare con legge i rapporti giuridici sorti sulla base dei decreti non convertiti.

Il Governo non può, mediante decreto, rinnovare disposizioni di decreti non convertiti in legge, ripristinare l'efficacia di disposizioni dichiarate illegittime dalla Corte costituzionale, conferire deleghe legislative, attribuire poteri regolamentari in materie già disciplinate con legge.

Al procedimento di conversione si applica la disciplina di cui all'articolo 70».

 

Art. 12.

1. Al primo comma dell'articolo 79 della Costituzione, le parole: «di ciascuna Camera» sono sostituite dalle seguenti: «della Camera dei deputati».

2. All'articolo 80 della Costituzione, le parole: «Le Camere autorizzano» sono sostituite dalle seguenti: «È autorizzata».

3. All'articolo 81 della Costituzione, il primo comma è sostituito dal seguente:

«Sono approvati ogni anno con legge i bilanci e il rendiconto consuntivo dello Stato presentati dal Governo».

 

Art. 13.

1. Il secondo comma dell'articolo 83 della Costituzione è abrogato.

2. Al primo comma dell'articolo 84 della Costituzione, le parole: «cinquant'anni» sono sostituite dalle seguenti: «quarant'anni».

3. L'articolo 85 della Costituzione è sostituito dal seguente:

«Art. 85. - Il Presidente della Repubblica è eletto per sette anni.

Trenta giorni prima che scada il termine, il Presidente della Camera dei deputati convoca in seduta comune il Parlamento, per eleggere il nuovo Presidente della Repubblica.

Se la Camera dei deputati è sciolta, o manca meno di tre mesi alla sua cessazione, l'elezione ha luogo entro quindici giorni dalla riunione della nuova Camera. Nel frattempo sono prorogati i poteri del Presidente in carica».

4. L'articolo 86 della Costituzione è sostituito dal seguente:

«Art. 86. - Le funzioni del Presidente della Repubblica, in ogni caso che egli non possa adempierle, sono esercitate dal Presidente della Camera dei deputati.

In caso di impedimento permanente o di morte o di dimissioni del Presidente della Repubblica, il Presidente della Camera dei deputati indice l'elezione del nuovo Presidente della Repubblica entro quindici giorni, salvo il maggiore termine previsto se la Camera è sciolta o manca meno di tre mesi alla sua cessazione».

5. All'articolo 87 della Costituzione sono apportate le seguenti modificazioni:

a) al terzo comma, le parole: «delle nuove Camere» sono sostituite dalle seguenti: «della nuova Camera dei deputati»;

 b) l'ottavo comma è sostituito dal seguente:

«Accredita e riceve i rappresentanti diplomatici, ratifica i trattati internazionali, previa, quando occorra, l'autorizzazione con legge».

6. Il primo comma dell'articolo 88 della Costituzione è sostituito dal seguente:

«Il Presidente della Repubblica può, sentito il suo Presidente, sciogliere la Camera dei deputati».

 

Art. 14.

1. Il secondo comma dell'articolo 92 della Costituzione è sostituito dal seguente:

«Il Presidente della Repubblica, valutati i risultati delle elezioni per la Camera dei deputati, nomina il Presidente del Consiglio dei ministri e, su proposta di questo, nomina e revoca i ministri».

 

Art. 15.

1. L'articolo 94 della Costituzione è sostituito dal seguente:

«Art. 94. - Il Presidente del Consiglio dei ministri deve avere la fiducia della Camera dei deputati.

La Camera dei deputati accorda e revoca la fiducia mediante mozione motivata e votata per appello nominale.

Entro dieci giorni dalla formazione del Governo, il Presidente del Consiglio dei ministri presenta il Governo alla Camera dei deputati per ottenerne la fiducia.

Il voto contrario della Camera dei deputati su una proposta del Governo non importa obbligo di dimissioni.

La mozione di sfiducia deve essere firmata da almeno un terzo dei componenti della Camera dei deputati, non può essere messa in discussione prima di tre giorni dalla sua presentazione ed è approvata a maggioranza assoluta dei suoi componenti».

 

Art. 16.

1. Al primo comma dell'articolo 96 della Costituzione, le parole: «Senato della Repubblica» sono sostituite dalle seguenti: «Senato federale della Repubblica».

 

Art. 17.

1. Al secondo comma dell'articolo 122 della Costituzione, le parole: «ad una delle Camere del Parlamento» sono sostituite dalle seguenti: «alla Camera dei deputati».

 

Art. 18.

1. All'articolo 123 della Costituzione è aggiunto, in fine, il seguente comma:

«La legge dello Stato determina i princìpi fondamentali per la formazione e la composizione dei Consigli delle autonomie locali».

Art. 19.

1. Il primo comma dell'articolo 126 della Costituzione è sostituito dal seguente:

«Con decreto motivato del Presidente della Repubblica, sentiti i Presidenti delle Camere, sono disposti lo scioglimento del Consiglio regionale e la rimozione del Presidente della Giunta che abbiano compiuto atti contrari alla Costituzione o gravi violazioni di legge. Lo scioglimento e la rimozione possono altresì essere disposti per ragioni di sicurezza nazionale».

 

Art. 20.

1. Al settimo comma dell'articolo 135 della Costituzione, la parola: «senatore» è sostituita dalla seguente: «deputato».

 

Art. 21.

1. Le disposizioni della presente legge costituzionale si applicano a decorrere dalla prima legislatura successiva a quella in corso alla data della sua entrata in vigore e con riferimento alle relative elezioni delle due Camere.

2. In sede di prima applicazione, l'elezione del Senato federale della Repubblica ai sensi dell'articolo 57 della Costituzione, come sostituito dall'articolo 3 della presente legge costituzionale, ha luogo contestualmente all'elezione della Camera dei deputati nella composizione di cui all'articolo 56 della Costituzione, come modificato dall'articolo 2 della presente legge costituzionale. Ciascun Consiglio regionale, i Consigli provinciali delle Province autonome di Trento e di Bolzano e ciascun Consiglio delle autonomie locali eleggono i rispettivi senatori entro venti giorni dalla data di svolgimento dell'elezione della Camera dei deputati. Nel caso in cui a tale data sia già stata indetta l'elezione per il rinnovo di un Consiglio regionale o di provincia autonoma, l'elezione dei rispettivi senatori ha luogo entro trenta giorni dalla prima riunione del nuovo Consiglio.

3. Le leggi di cui agli articoli 57, primo comma, e 123, quinto comma, della Costituzione, nel testo modificato dalla presente legge costituzionale, sono approvate entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge costituzionale. Sino alla costituzione del Consiglio delle autonomie locali, i senatori di cui all'articolo 57, quinto e sesto comma, della Costituzione, come sostituito dall'articolo 3 della presente legge costituzionale, sono eletti in ciascuna Regione o Provincia autonoma dal rispettivo Consiglio regionale o provinciale.

 

Art. 22.

1. Sino all'adeguamento dei rispettivi statuti di autonomia, le disposizioni della presente legge costituzionale si applicano anche alle Regioni a statuto speciale e alle Province autonome di Trento e di Bolzano per le parti in cui prevedono forme di autonomia più ampie rispetto a quelle già attribuite.

 

 

 


 

 

 

 



[1]     Abruzzo, Calabria, Emilia-Romagna, Lazio, Liguria, Marche, Piemonte, Puglia, Toscana, Umbria.

[2]     Calabria, L.R. 5 gennaio 2007, n. 1, Istituzione e disciplina del Consiglio regionale delle autonomie locali; Lazio, L.R. 26 febbraio 2007, n. 1, Disciplina del Consiglio delle autonomie locali; Liguria, L.R. 26 maggio 2006, n. 13, Disciplina del Consiglio delle autonomie locali; Marche, L.R. 19 aprile 2007, n. 4, Disciplina del Consiglio delle autonomie locali; Puglia, L.R. 26 ottobre 2006, n. 29, Disciplina del Consiglio delle autonomie locali; Toscana, L.R. 21 marzo 2000, n. 36, Nuova disciplina del Consiglio delle autonomie locali; Umbria, L.R. 14 ottobre 1998, n. 34, Criteri e modalità per il conferimento di funzioni amministrative agli enti locali e per l'organizzazione e l'esercizio delle stesse a livello locale. Modificazioni e integrazioni legge regionale 10 aprile 1995, n. 28, art. 5, legge successivamente modificata e integrata dalla L.R. 9 luglio 2007, n. 23, Riforma del sistema amministrativo regionale e locale - Unione europea e relazioni internazionali - Innovazione e semplificazione.

[3]     Friuli-Venezia Giulia, L.R. 9 gennaio 2006, n. 1, Principi e norme fondamentali del sistema Regione-autonomie locali nel Friuli-Venezia Giulia, art. 31; Sardegna, L.R. 17 gennaio 2005, n. 1, Istituzione del Consiglio delle autonomie locali e della Conferenza permanente Regione-enti locali; Provincia autonoma di Trento, L.P. 15 giugno 2005, n. 7, Istituzione e disciplina del Consiglio delle autonomie locali.

[4]     Le motivazioni della riduzione del numero dei deputati sono così sintetizzate nella relazione illustrativa della pdl A.C. 2586.

[5]     A.C. 2572, 2586 e 2586.

[6]     Il Ministro è ritornato sul punto nel corso dell’esame in sede referente (seduta del 3 ottobre 2007).

[7]     Disponibile all’indirizzo internet:

www.governo.it/GovernoInforma/Dossier/finanziaria_2008/riforme.pdf.

[8]     On. Boato, 4 ottobre 2007.

[9]     Relazione illustrativa A.C. 2572.

[10]    Si vedano soprattutto le sedute del 25 e 26 luglio 2007.

[11]    Si veda l’intervento dell’on. Russo nella seduta del 31 luglio 2007.

[12]    L. 8 marzo 1975 n. 39, Attribuzione della maggiore età ai cittadini che hanno compiuto il diciottesimo anno e modificazione di altre norme relative alla capacità di agire e al diritto di elettorato.

[13]    D.P.R. 20 marzo 1967, n. 223, Approvazione del testo unico delle leggi per la disciplina dell’elettorato attivo e per la tenuta e la revisione delle liste elettorali.

[14]    Si vedano le relazioni illustrative delle pdl A.C. 553, 1524 e 2586.

[15]    Si veda in questo senso la relazione illustrativa della pdl A.C. 2586 e l’intervento del relatore on. Bocchino nella seduta del 12 giugno 2007 della I Commissione.

[16]    In realtà manca anche l’indicazione dell’età minima per l’esercizio dell’elettorato attivo, conseguente all’abrogazione del primo comma dell’art. 58. Ma in assenza di una indicazione specifica (come per la Camera) vale quanto stabilito dall’art. 48, primo comma, Cost. (non modificato) che prescrive l’elettorato attivo ai maggiorenni.

[17]    L. 2 luglio 2004, n. 165, Disposizioni di attuazione dell’articolo 122, primo comma, della Costituzione.

[18]    L. 27 dicembre 2001, n. 459, Norme per l’esercizio del diritto di voto dei cittadini italiani residenti all’Estero.

[19]    Si veda l’intervento del Presidente della I Commissione on. Violante il 4 ottobre 2007.

[20]    “Roma è la capitale della Repubblica. La legge dello Stato disciplina il suo ordinamento”.

[21]    Il comma citato consente l’attribuzione a tali Regioni di ulteriori forme e condizioni particolari di autonomia in determinate materie (quelle di competenza concorrente Stato-Regioni; l'organizzazione della giustizia di pace; le norme generali sull'istruzione; la tutela dell'ambiente, dell'ecosistema e dei beni culturali), con legge dello Stato, su iniziativa della Regione interessata, sentiti gli enti locali, nel rispetto dei principi sull’autonomia finanziaria cui all'art. 119. La legge è approvata dalle Camere a maggioranza assoluta dei componenti, sulla base di intesa fra lo Stato e la Regione interessata.

[22]    Art. 117, co. 5°: “Le Regioni e le Province autonome di Trento e di Bolzano, nelle materie di loro competenza, partecipano alle decisioni dirette alla formazione degli atti normativi comunitari e provvedono all'attuazione e all'esecuzione degli accordi internazionali e degli atti dell'Unione europea, nel rispetto delle norme di procedura stabilite da legge dello Stato, che disciplina le modalità di esercizio del potere sostitutivo in caso di inadempienza”.

[23]    Art. 117, co. 9°: “Nelle materie di sua competenza la Regione può concludere accordi con Stati e intese con enti territoriali interni ad altro Stato, nei casi e con le forme disciplinati da leggi dello Stato”.

[24]    “Il Governo può sostituirsi a organi delle Regioni, delle Città metropolitane, delle Province e dei Comuni nel caso di mancato rispetto di norme e trattati internazionali o della normativa comunitaria oppure di pericolo grave per l'incolumità e la sicurezza pubblica, ovvero quando lo richiedono la tutela dell'unità giuridica o dell'unità economica e in particolare la tutela dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali, prescindendo dai confini territoriali dei governi locali. La legge definisce le procedure atte a garantire che i poteri sostitutivi siano esercitati nel rispetto del principio di sussidiarietà e del principio di leale collaborazione”.

[25]    “Si può, con l'approvazione della maggioranza delle popolazioni della Provincia o delle Province interessate e del Comune o dei Comuni interessati espressa mediante referendum e con legge della Repubblica, sentiti i Consigli regionali, consentire che Provincie e Comuni, che ne facciano richiesta, siano staccati da una Regione e aggregati ad un'altra”.

[26]    “Il mutamento delle circoscrizioni provinciali e la istituzione di nuove Province nell'ambito di una Regione sono stabiliti con leggi della Repubblica, su iniziative dei Comuni, sentita la stessa Regione”.

[27]    Il testo di riforma della Parte II della Costituzione approvato nella XIV legislatura prevedeva in un apposito articolo (art. 98-bis Cost.) la figura delle Autorità indipendenti, limitandone l’ambito di intervento allo svolgimento di attività di garanzia o di vigilanza su diritti di libertà garantiti dalla Costituzione e su materie riservate alla potestà legislativa esclusiva dello Stato; era affidata al Capo dello Stato la nomina dei relativi presidenti.

[28]    Anche la giurisprudenza costituzionale ha evidenziato (sul versante della ripartizione di competenze tra Stato e Regioni) il possibile verificarsi, in determinati ambiti di disciplina legislativa, di una inscindibile “concorrenza di competenze” (cosa diversa dalla “competenza concorrente”) tra Stato e Regioni, spesso non risolvibile neppure ricorrendo a criteri di prevalenza (cfr. C.Cost., sentt. 50/2005 e 151/2005).

[29]   Camera dei deputati – I Commissione (Affari costituzionali) – resoconto stenografico della seduta di lunedì 23 aprile 2007. Audizione del Ministro per i rapporti con il Parlamento e le riforme istituzionali, Vannino Chiti, in ordine alle questioni relative alle riforme della Costituzione e del sistema elettorale.

[30]    http://www.governo.it/GovernoInforma/Dossier/finanziaria_2008/riforme.pdf.

[31]   Camera dei deputati – I Commissione (Affari costituzionali) – resoconto sommario della seduta di giovedì 21 giugno 2007.

[32]    Camera dei deputati – I Commissione (Affari costituzionali) – resoconto sommario della seduta di mercoledì 10 ottobre 2007.

[33]    L. 21 dicembre 2005, n. 270, Modifiche alle norme per l’elezione della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica.

[34]   Art. 14-bis delD.P.R. 30 marzo 1957, n. 361, Approvazione del testo unico delle leggi recanti norme per la elezione della Camera dei deputati, introdotto dall’art. 1, comma 5, della L. 270/2005.

[35]    Con il metodo “del quoziente intero e dei più alti resti”.

[36]    Sono previste soglie di sbarramento per le coalizioni nel loro complesso (10% del totale dei voti validi), per le liste che non facciano parte di una coalizione ammessa alla ripartizione (4%), e per le liste che ne facciano parte, ai fini della ripartizione dei seggi già assegnati alla coalizione (2%). È inoltre ammessa alla ripartizione la lista che ha ottenuto il risultato migliore tra quelle che non hanno raggiunto la soglia del 2%. Particolari disposizioni regolano l’accesso al riparto delle liste rappresentative di minoranze linguistiche riconosciute.

[37]     “Le Président de la République nomme le Premier Ministre. […] Sur la proposition du Premier Ministre, il nomme les autres membres du Gouvernement et met fin à leurs fonctions”.

[38]     “Die Bundesminister werden auf Vorschlag des Bundeskanzlers vom Bundespräsidenten ernannt und entlassen”.

[39]     “Los demás miembros del Gobierno serán nombrados y separados por el Rey, a propuesta de su Presidente”

[40]     Tra gli altri, Guarino, Il Presidente della Repubblica italiana, in Rivista trimestrale di diritto pubblico, 1951, p. 908; Paladin, Governo italiano, in Enciclopedia del diritto, XIX, Milano 1970, p. 694 e segg.; Villone Art. 94 in Commentario della Costituzione, Bologna – Roma 1994 p. 273 e segg.

[41]     Tra gli altri, Galizia, Studi sui rapporti tra Parlamento e Governo, Milano 1972, p. 120; Mortati, Istituzioni di diritto pubblico, I, Padova 1975, p. 553.

[42]    On. Violante, Presidente della I Commissione (seduta del 9 ottobre 2007).

[43]    On. Bocchino, relatore (seduta del 9 ottobre 2007).

[44]    La seconda lettura corrisponde al dibattito dell’Aula sui principi generali che nel sistema inglese precede l’esame in commissione.

[45]    Le informazioni qui riportate sono tratte dalla pubblicazione Programming of Governement Bills  del gennaio 2004 a cura della Camera dei comuni (www.parliament.uk).

[46]    L. 23 agosto 1988, n. 400, Disciplina dell'attività di Governo e ordinamento della Presidenza del Consiglio dei Ministri.

[47]    Emendamento 9,60 (Franco Russo, Mascia, Frias), sul quale si è espresso favorevolmente il relatore on. Bocchino, secondo il quale non appare eccessiva, nel quadro di un potenziamento del ruolo dell’Esecutivo, la previsione di un rafforzamento del Parlamento in sede di verifica del rispetto da parte del Governo dei principi e criteri direttivi contenuti nella legge delega.

[48]   Camera dei deputati, Commissione affari costituzionali, seduta del 9 ottobre 2007, intervento dell’on. Violante (Bollettino delle Giunte e Commissioni parlamentari, pag. 29).

[49]   Camera dei deputati, Commissione affari costituzionali, seduta del 9 ottobre 2007, intervento dell’on. Franco Russo (Bollettino delle Giunte e Commissioni parlamentari, pag. 32).

[50]   La Corte era stata chiamata a giudicare sul presunto contrasto tra una disposizione contenuta in un decreto legislativo (l’art. 27 del d.P.R. n. 739 del 1981) e l’art. 76 della Costituzione, nella parte in cui la norma in questione fissa il limite di età per i componenti delle commissioni tributarie, limite stabilito malgrado il parere contrario dell’apposita commissione parlamentare, violando così, secondo i remittenti, senza una adeguata motivazione i principi e i criteri direttivi stabiliti dal legislatore delegante con l’art. 17, primo comma, della legge n. 825 del 1971. Secondo la Corte “il Governo, nell’adottare il decreto n. 739 del 1981, ha preventivamente richiesto il parere della Commissione parlamentare, così come prescriveva la legge di delega. Poiché tale parere non era però vincolante, il solo fatto che il legislatore delegato non abbia dato motivazione della ragione per cui se ne è discostato, non può costituire motivo di incostituzionalità”.

[51]    L. 5 giugno 2003, n. 131, Disposizioni per l'adeguamento dell'ordinamento della Repubblica alla L.Cost. 18 ottobre 2001, n. 3.

[52]   L. 23 agosto 2004, n. 243, Norme in materia pensionistica e deleghe al Governo nel settore della previdenza pubblica, per il sostegno alla previdenza complementare e all’occupazione stabile e per il riordino degli enti di previdenza ed assistenza obbligatoria.

[53]   L. 27 luglio 2000, n. 212, Disposizioni in materia di statuto dei diritti del contribuente.

[54]   Camera dei deputati, XIV legislatura, Doc. I, n. 1.

[55]   Camera dei deputati, Commissione affari costituzionali, seduta del 9 ottobre 2007, interventi dell’on. Violante (Bollettino delle Giunte e Commissioni parlamentari, pagg. 32-33).

      La previsione nel testo del riferimento all’articolo 70 è sembrata superflua all’on. Boato, che ne ha chiesto la soppressione. L’on. Violante si è invece pronunciato a favore del suo mantenimento, al fine di precisare che per i decreti-legge l’esame dovrà seguire un procedimento legislativo differenziato a seconda della materia cui il provvedimento d’urgenza si riferisce e di evitare che possa conferirsi carattere di specialità al procedimento di conversione dei decreti-legge.

[56]    L’articolo 126 era stato già stato modificato dall’art. 4 della Legge costituzionale 18 ottobre 2001, n.3. In proposito si rileva che il testo originario dell’articolo 126 disciplinava la gestione ordinaria degli organi di cui era disposto lo scioglimento. Tale disciplina risulta assente nella riforma del 1999 e nell’articolo riformato in esame.

[57]    L. 10 Febbraio 1953, n.62, Costituzione e funzionamento degli organi regionali.

[58]    L. 28 ottobre 1970, n.775, Modifiche ed integrazioni alla Legge 18 marzo 1968, n. 249.

[59]    Art. 6 del D.P.R. 24 luglio 1977, n.616, Attuazione della delega di cui all’art. 1 della legge 22 luglio 1975, n. 382.

[60]    Art. 81 del citato D.P.R. 616/1977.

[61]    L. 23 agosto 1988, n. 400, Disciplina dell’attività di governo e ordinamento della Presidenza del Consiglio dei Ministri.

[62]    L. 28 dicembre 1995, n. 549, Misure di razionalizzazione della finanza pubblica.

[63]    L. 29 dicembre 2000, n. 422, Disposizioni per l’adempimento di obblighi derivanti dall’appartenenza dell’Italia alle Comunità europee (Legge comunitaria 2000).

[64]    L.C. 18 ottobre 2001, n. 3, Modifiche al titolo V della parte seconda della Costituzione.

[65]    L. 5 giugno 2003 n. 131, Disposizioni per l’adeguamento dell’ordinamento della Repubblica alla L.Cost. 18 ottobre 2001, n. 3.

[66]    L. 3 maggio 2004 n. 112, Norme di principio in materia di assetto del sistema radiotelevisivo e della RAI-Radiotelevisione italiana S.p.a., nonché delega al Governo per l’emanazione del testo unico della radiotelevisione.

[67]    La chiara affermazione del principio non dissolve tuttavia le incertezze che derivano, in primo luogo, dalla incoerenza che si è determinata fra la definizione e ripartizione delle potestà legislative poste nel nuovo testo dell’articolo 117 della Costituzione ed i cataloghi di limiti e materie contenuti negli statuti speciali. “Incoerenti” sono divenute anche altre disposizioni degli statuti speciali che trovavano riscontro nella precedente formulazione dell’articolo 118 e, a ben vedere, dell’articolo 114, se si ha riguardo alla potestà legislativa in materia di enti locali. Gli è per questo che Stato e Regioni a statuto speciale contendono su molti aspetti e conseguenze di quella clausola che, tuttavia, ha trovato attuazione e definizione in un’ampia giurisprudenza della Corte costituzionale.

      Questa si ispira costantemente al principio sopra ricordato:

§          la clausola di migliore trattamento si applica con riferimento esclusivo al complesso delle potestà dell’ente Regione a statuto speciale o della provincia autonoma; la comparazione di vantaggio non può essere fatta perciò con riferimento all’ordinamento dei rispettivi enti locali, o di altro soggetto presente nell’ordinamento di quella Regione;

§          la nuova definizione (ripartizione) della potestà legislativa va interpretata come capace soltanto di “aggiungere” nuove o più ampie competenze a quelle già definite dagli statuti speciali senza che queste possano essere modificate o interpretate riduttivamente in forza del nuovo testo dell’articolo 117 Cost. o di altra disposizione recata dalla legge costituzionale n. 3 del 2001;

§          Nei molti casi sottoposti al giudizio della Corte, questa è dunque andata definendo una serie di princìpi interpretativi che consentono di dirimere e sistematizzare molte delle questioni poste in questa fase “transitoria”; principi che – assunti dal legislatore intento alla riforma degli statuti speciali – potranno costituire il quadro di riferimento. Il che, peraltro, nella migliore interpretazione possibile, costituisce una razionalizzazione della “parificazione” (verso l’alto) delle autonomie speciali alle ordinarie. Per questo è possibile che i principi interpretativi elaborati dalla Corte per la fase transitoria (sino all’adeguamento degli statuti speciali) non siano ritenuti sufficienti alla (nuova) specialità.