Camera dei deputati - XV Legislatura - Dossier di documentazione (Versione per stampa)
Autore: Servizio Studi - Dipartimento istituzioni
Titolo: Conflitti di interessi - A.C. 1318
Riferimenti:
AC n. 1318/XV     
Serie: Progetti di legge    Numero: 40
Data: 23/08/2006
Descrittori:
INCOMPATIBILITA' ALLE CARICHE ELETTIVE AMMINISTRATIVE E DI GOVERNO     
Organi della Camera: I-Affari Costituzionali, della Presidenza del Consiglio e interni


Camera dei deputati

XV LEGISLATURA

 

 

 

 

 

SERVIZIO STUDI

Progetti di legge

 

 

 

 

 

 

 

Conflitti di interessi
(A.C. 1318)

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

n. 40

 

 

23 agosto 2006


 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

DIPARTIMENTO istituzioni

SIWEB

 

I dossier del Servizio studi sono destinati alle esigenze di documentazione interna per l'attività degli organi parlamentari e dei parlamentari. La Camera dei deputati declina ogni responsabilità per la loro eventuale utilizzazione o riproduzione per fini non consentiti dalla legge.

 

File: ac0116.doc

 


 

INDICE

Scheda di sintesi per l’istruttoria legislativa

Dati identificativi3

Struttura e oggetto  4

§      Contenuto  4

§      Relazioni allegate  5

Elementi per l’istruttoria legislativa  6

§      Necessità dell’intervento con legge  6

§      Rispetto delle competenze legislative costituzionalmente definite  6

§      Incidenza sull’ordinamento giuridico  6

§      Formulazione del testo  7

Schede di lettura

Il quadro normativo  11

§      L’attività parlamentare nelle passate legislature  11

§      La legge n. 215 del 2004  13

La proposta di legge in esame  23

§      Ambito di applicazione  23

§      Incompatibilità  23

§      Dichiarazioni e accertamenti relativi alle attività patrimoniali25

§      Autorità garante dell’etica pubblica e della prevenzione dei conflitti di interessi26

§      Adempimenti dei titolari di cariche di Governo  28

§      Gestione del patrimonio trasferito  29

§      Regime fiscale  30

§      Altre disposizioni31

Progetto di legge

§      A.C. 1318, (on. Franceschini ed altri), Disposizioni in materia di incompatibilità e di conflitti di interessi dei titolari delle cariche di Governo e istituzione dell’Autorità garante dell’etica pubblica e della prevenzione dei conflitti di interessi35

Normativa di riferimento

§      Codice civile (art. 2359)51

§      L. 23 agosto 1988, n. 400. Disciplina dell'attività di Governo e ordinamento della Presidenza del Consiglio dei Ministri. (art. 11)52

§      L. 10 ottobre 1990, n. 287. Norme per la tutela della concorrenza e del mercato. (art. 7)54

§      D.Lgs. 24 febbraio 1998, n. 58. Testo unico delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria, ai sensi degli articoli 8 e 21 della L. 6 febbraio 1996, n. 52. (art. 22)55

§      L. 20 luglio 2004, n. 215. Norme in materia di risoluzione dei conflitti di interessi.57

§      Autorità garante della concorrenza e del mercato – Delibera 16 novembre 2004. Criteri di accertamento e procedure istruttorie relativi all'applicazione della L. 20 luglio 2004, n. 215, recante norme in materia di risoluzione dei conflitti di interessi65

§      Autorità per le garanzie nelle comunicazioni – Deliberazione 13 ottobre 2005, n. 392/05/CONS. Modifiche e integrazioni al regolamento per la risoluzione dei conflitti di interessi.75

 

 


Scheda di sintesi
per l’istruttoria legislativa


Dati identificativi

Numero del progetto di legge

A.C. 1318

Titolo

Disposizioni in materia di incompatibilità e di conflitti di interessi dei titolari delle cariche di Governo e istituzione dell'Autorità garante dell' etica pubblica e della prevenzione dei conflitti di interessi

Iniziativa

on. Franceschini ed altri

Settore d’intervento

Governo; autorità di settore

Iter al Senato

No

Numero di articoli

14

Date

 

§          presentazione o trasmissione alla Camera

7 luglio 2006

§          annuncio

10 luglio 2006

§          assegnazione

31 luglio 2006

Commissione competente

I (Affari costituzionali)

Sede

Referente

Pareri previsti

Commissioni II (Giustizia, ex art. 73, co. 1-bis, reg.), V (Bilancio), VI (Finanze, ex art. 73, co. 1-bis, reg.), VII (Cultura), IX (Trasporti), X (Attività produttive), XI (Lavoro)

 


Struttura e oggetto

Contenuto

La proposta di legge mira a sostituire integralmente la disciplina oggi recata dalla L. 215/2004 (della quale prevede l’abrogazione), volta a prevenire e regolare i conflitti di interessi che possono interessare titolari di incarichi pubblici i quali siano, al contempo, titolari di attività economiche di rilevante portata.

La proposta di legge:

§         individua, quali destinatari della disciplina, i membri del Governo, i sottosegretari, i vice ministri e i commissari straordinari;

§         reca un nuovo regime delle incompatibilità tra le cariche di governo ed altre cariche, funzioni, uffici o attività pubblici o privati. Tali soggetti non possono avere nessun altro incarico, né in ambito pubblico, né privato. Ad essi è precluso lo svolgimento di attività professionali ed imprenditoriali anche per interposta persona;

§         fa obbligo ai titolari di cariche di governo di comunicare ad un’Autorità indipendente ad hoc i dati concernenti la situazione patrimoniale e le attività economiche di loro pertinenza;

§         istituisce e regola tale Autorità, denominata Autorità garante dell’etica pubblica e della prevenzione dei conflitti di interessi, caratterizzata da piena autonomia e indipendenza di giudizio e valutazione. Essa ha il compito di vigilare sul rispetto del regime di incompatibilità e dei divieti stabiliti dalla legge, promuovendo, in caso di violazioni, le iniziative conseguenti. In via generale all’Autorità spetta valutare, caso per caso, se i poteri e le funzioni attribuiti ai titolari di cariche di Governo siano suscettibili di determinare conflitti di interessi;

§         per quanto attiene alle attività patrimoniali del titolare della carica di governo, la proposta di legge individua regimi diversi a seconda che si tratti di valori mobiliari, di valori immobiliari, ovvero di partecipazioni in imprese operanti in alcuni specifici settori. Per i primi è previsto, nei casi e limiti indicati, l’affidamento ad un gestore; quanto alle altre attività patrimoniali, ove siano suscettibili di determinare un conflitto di interessi, si rimette all’interessato l’onere di trasmettere all’autorità una proposta di soluzione del conflitto stesso. Qualora non sia giudicata sufficiente, l’Autorità avanza un proprio piano. Questo può giungere a prevedere la vendita, alla quale può procedere anche l’Autorità se l’interessato non lo faccia entro il termine fissato.

Relazioni allegate

La proposta di legge, di iniziativa parlamentare, è corredata della sola relazione illustrativa.

 


Elementi per l’istruttoria legislativa

Necessità dell’intervento con legge

La proposta di legge incide su materie coperte da riserva di legge (ordinamento del Governo, organizzazione dei pubblici uffici, disciplina della proprietà e dell’iniziativa economica privata, etc.) e comunque già disciplinate da norme di rango legislativo.

Rispetto delle competenze legislative costituzionalmente definite

La proposta di legge ha ad oggetto materie annoverabili tra quelle di competenza legislativa esclusiva dello Stato, ai sensi dell’art. 117, comma secondo, della Costituzione; con particolare riguardo alle seguenti lettere:

§         lett. f) (organi dello Stato […])

§         lett. g) (ordinamento e organizzazione amministrativa dello Stato e degli enti pubblici nazionali);

§         lett. l) ([…] norme processuali; ordinamento civile […]; giustizia amministrativa);

§         lett. e) (sistema tributario e contabile dello Stato).

Incidenza sull’ordinamento giuridico

Attribuzione di poteri normativi

L’art. 12, co. 3, prevede che con D.P.R. siano stabilite le disposizioni che garantiscono al titolare della carica di governo e al gestore del suo patrimonio la piena conoscenza degli atti istruttori, il contraddittorio e la verbalizzazione nei procedimenti di accertamento e di applicazione delle sanzioni previste dal provvedimento. Il D.P.R. dev’essere emanato su proposta dell’Autorità istituita dalla legge; non è indicato un termine per l’adozione.

Coordinamento con la normativa vigente

Come si è accennato, la proposta di legge abroga e sostituisce interamente le disposizioni legislative vigenti in materia, recate dalla L. 215/2004.

Formulazione del testo

Per alcune, specifiche osservazioni si rinvia alle schede di lettura.

 


Schede di lettura

 


Il quadro normativo

L’attività parlamentare nelle passate legislature

La questione dei conflitti di interessi ha trovato una definizione legislativa nel nostro ordinamento per la prima volta nella XIV legislatura, con l’approvazione della L. 215/2004[1].

Il tentativo di disciplinare la materia, infatti, era già stato affrontato nelle precedenti due legislature senza alcun esito legislativo, nonostante l’iter parlamentare fosse giunto, in entrambi casi, a un’avanzata fase della deliberazione.

XII legislatura

Con D.P.C.M. 12 maggio 1994 il Presidente del Consiglio pro tempore Berlusconi costituisce un Comitato di esperti con il compito di studiare gli aggiornamenti e le integrazioni della legislazione vigente allo scopo di evitare qualsiasi ipotesi di commistione di interessi pubblici e privati in chi ricopre cariche di Governo.

Nel settembre 1994 il Comitato presenta un documento conclusivo, recante uno schema di articolato successivamente formalizzato dal Governo in un disegno di legge (A.S. 1082) presentato al Senato.

Approvato il 13 luglio 1995 in un testo unificato con gli abbinati disegni di legge d’iniziativa parlamentare, il disegno di legge viene trasmesso alla Camera, che non ne inizia l’esame.

XIII legislatura

Il 22 aprile 1998 la Camera approva, a larghissima maggioranza, il testo unificato (A.C. 1236 ed abb.) di quattro proposte di legge di iniziativa parlamentare. Tra queste, la proposta di legge A.C. 3612 (d’iniziativa del deputato Veltri) riproponeva in larga misura i contenuti del testo unificato approvato in prima lettura dal Senato nella precedente legislatura, e la proposta di legge A.C. 4410 (on. Berlusconi ed altri) riproduceva, con alcune modifiche, il disegno di legge presentato dallo stesso Berlusconi nella XII legislatura[2].

Al Senato il testo proveniente dalla Camera è esaminato (A.S. 3236) congiuntamente ad altre due proposte parlamentari[3], nel corso di un iter a più riprese interrotto, fino alla sua approvazione, con modificazioni, il 27 febbraio 2001, in una situazione di forte divaricazione tra maggioranza e opposizione. La Camera non ne riprende l’esame per il sopraggiunto scioglimento anticipato[4].

XIV legislatura

La L. 215/2004 prende le mosse da un’iniziativa governativa (A.C. 1707) presentata alla Camera il 4 ottobre 2001.

Al disegno di legge governativo sono abbinate, durante l’esame in sede referente presso la Commissione affari costituzionali, le proposte di iniziativa parlamentare A.C. 210 (on. Piscitello), A.C. 1865 (on. Bressa ed altri), A.C. 2148 (on. Soda), A.C. 2191 (on. Bertinotti ed altri) e A.C. 2214 (on. Rutelli ed altri).

Nel corso dell’esame, la I Commissione svolge, nelle sedute del 28 e 29 gennaio 2002, alcune audizioni volte ad approfondire le problematiche inerenti la disciplina per la risoluzione dei conflitti di interessi.

Accanto alla relazione di maggioranza, presentata dalla I Commissione il 22 febbraio 2002 sul testo licenziato per l’Assemblea (A.C. 1707-A), vengono presentate due relazioni di minoranza (A.C. 1707-A-bis ed A.C. 1707-A-ter).

L’articolato, approvato dall’Assemblea della Camera il 28 febbraio 2002, è trasmesso al Senato (A.S. 1206); ad esso sono abbinati sette disegni di legge di iniziativa parlamentare[5]. La 1ª Commissione del Senato ha presentato, il 18 giugno 2002, una relazione di maggioranza (A.S. 1206-A) ed una di minoranza (A.S. 1206-A-bis).

L’Assemblea del Senato approva il disegno di legge, con modificazioni, nella seduta del 4 luglio 2002.

Il disegno di legge è dunque nuovamente approvato dalla Camera dei deputati, con ulteriori modifiche relative alle sole modalità di copertura finanziaria, il 22 luglio 2003 (A.C. 1707-B). Nel successivo passaggio al Senato, giunto a conclusione il 10 marzo 2004, viene approvata una modifica che richiede un’ulteriore trasmissione alla Camera, ove il testo (A.C. 1707-D) è definitivamente approvato il 13 luglio 2004[6].

Pubblicata nella Gazzetta ufficiale n. 193 del 18 agosto 2004, la L. 215/2004 è entrata in vigore il quindicesimo giorno successivo.

La legge n. 215 del 2004

Composta da dieci articoli, la legge 20 luglio 2004 n. 215 affronta il tema dei conflitti di interessi che possono riguardare determinati titolari di incarichi pubblici i quali siano, al contempo, titolari di attività economiche di rilevante portata.

Ambito di applicazione

Preliminarmente, la legge individua (articolo 1) i destinatari della disciplina nei “titolari di cariche di Governo”, nel cui ambito sono ricompresi (comma 2):

§         il Presidente del Consiglio dei ministri,

§         i ministri,

§         i vice ministri,

§         i sottosegretari di Stato,

§         i commissari straordinari del Governo.

 

L’art. 10, co. 3, della L. 400/1988[7] dispone che a non più di dieci sottosegretari di Stato può essere attribuito il titolo di vice ministro, se ad essi sono conferite deleghe relative ad aree o progetti di competenza di una o più strutture dipartimentali ovvero di più direzioni generali. In tale caso la delega, conferita dal ministro competente, è approvata dal Consiglio dei ministri, su proposta del Presidente del Consiglio.

Ai sensi dell’art. 11 della medesima legge, possono essere nominati commissari straordinari del Governo al fine di realizzare specifici obiettivi determinati in relazione a programmi o indirizzi deliberati dal Parlamento o dal Consiglio dei ministri o per particolari e temporanee esigenze di coordinamento operativo tra amministrazioni statali. La nomina è disposta con D.P.R. su proposta del Presidente del Consiglio, previa deliberazione del Consiglio dei ministri. Del conferimento dell'incarico è data immediata comunicazione al Parlamento e notizia nella Gazzetta ufficiale. Sull'attività del commissario straordinario riferisce al Parlamento il Presidente del Consiglio o un ministro delegato.

 

La legge impone a tali soggetti di dedicarsi esclusivamente alla cura degli interessi pubblici e di astenersi dal compimento di atti – inclusa la partecipazione a deliberazioni collegiali – “in situazione di conflitto di interessi” (comma 1).

La definizione di conflitto di interessi, ai fini dell’individuazione degli atti dai quali è obbligatorio astenersi, è resa dal successivo art. 3 (v. infra).

Ai sensi del comma 3, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano adottano disposizioni idonee ad assicurare il rispetto del principio di cui al comma 1.

Incompatibilità

La disciplina delle incompatibilità è recata dall’articolo 2, in cui sono elencate le cariche, gli uffici e le attività la cui titolarità o il cui esercizio risulta incompatibile con la titolarità di cariche di Governo. La disposizione colma una lacuna dell’ordinamento che, a livello nazionale, prevedeva cause di incompatibilità per i soli parlamentari ma non anche per i componenti del Governo.

L’incompatibilità riguarda:

§      ogni carica o ufficio pubblico, ad eccezione delle cariche o uffici inerenti alle funzioni svolte dal soggetto in quanto titolare di cariche di Governo; del mandato parlamentare; delle cariche che risultano compatibili con il mandato parlamentare ai sensi dell’art. 1, secondo comma, della L. 60/1953[8];

§         cariche, uffici o funzioni in enti di diritto pubblico, anche economici;

§         cariche, uffici, funzioni o compiti di gestione in società aventi fini di lucro o in attività di rilievo imprenditoriale, o in associazioni o società tra professionisti. L’imprenditore individuale provvede a nominare uno o più institori, ai sensi del codice civile[9];

§         l’esercizio di attività professionali o di lavoro autonomo in materie connesse con la carica di Governo;

§         l’esercizio di qualsiasi tipo di impiego o lavoro sia pubblico, sia privato.

Per effetto della successiva L. 88/2005[10], di conversione del D.L. 44/2005, è venuta meno l’incompatibilità tra le cariche di Governo e quella di amministratore locale: l’art. 3-ter del decreto, introdotto in sede di conversione, novella infatti il comma 1, lett. a) dell’art. 2 in commento per aggiungere alle eccezioni ivi elencate quella relativa alla carica di amministratore di enti locali, come definita dall’art. 77, co. 2, del Testo unico sugli enti locali[11].

 

Tale disposizione individua come segue gli amministratori degli enti locali:

§       i sindaci, anche metropolitani, e i presidenti delle province;

§       i consiglieri dei comuni anche metropolitani e delle province;

§       i componenti delle giunte comunali, metropolitane e provinciali;

§       i presidenti dei consigli comunali, metropolitani e provinciali;

§       i presidenti, i consiglieri e gli assessori delle comunità montane;

§       i componenti degli organi delle unioni di comuni e dei consorzi fra enti locali;

§       i componenti degli organi di decentramento.

 

Gli incarichi e le funzioni incompatibili cessano con effetto dalla data del giuramento relativo agli incarichi di Governo e comunque dalla data di effettiva assunzione delle cariche.

 

Dal tenore letterale della norma parrebbe configurarsi una cessazione ipso iure degli incarichi, uffici o funzioni; si segnala tuttavia che il successivo articolo 6 sembra invece richiedere o presupporre un apposito atto, prevedendo che sia l’Autorità garante della concorrenza e del mercato a promuovere, presso gli enti o organismi competenti, la rimozione o la decadenza dalla carica o dall’ufficio.

 

Dagli incarichi e funzioni incompatibili non può derivare, per tutta la durata della carica di Governo, alcuna forma di retribuzione o vantaggio per il titolare. Dopo il termine dell’incarico di Governo, l’incompatibilità sussiste per ulteriori dodici mesi nei confronti di cariche in enti di diritto pubblico e in società con fini di lucro che operano in settori connessi con la carica ricoperta. Quanto ai rapporti d’impiego o di lavoro pubblico o privato, è previsto il collocamento in aspettativa (o analoga posizione prevista dai rispettivi ordinamenti).

Definizione di conflitto di interessi

La legge individua quindi le situazioni in cui si determina il conflitto di interessi (articolo 3).

Esso sussiste quando il titolare di cariche di Governo partecipa all’adozione di un atto – anche formulando la proposta – o omette un atto dovuto:

§         trovandosi in situazione di incompatibilità ai sensi del precedente art. 2, ovvero

§         avendo l’atto o l’omissione un’“incidenza specifica e preferenziale” sul patrimonio del titolare, del coniuge o dei parenti entro il secondo grado, o delle imprese o società da essi controllate, con danno per l’interesse pubblico.

A fini interpretativi, giova rimarcare che:

§         la situazione di conflitto non concerne (solo) l’adozione di atti, bensì la partecipazione a tale adozione: può dunque trattarsi di deliberazioni collegiali ovvero di atti conseguenti all’adozione di un procedimento al quale il titolare di cariche di governo prende parte, anche attraverso la formulazione della proposta;

§         la situazione di conflitto può derivare anche da un’omissione, quando essa abbia ad oggetto un atto dovuto (non sembra dunque rilevare l’omissione di un atto qualora residui un margine di discrezionalità in ordine alla sua adozione);

§         l’incidenza patrimoniale dell’atto o dell’omissione dev’essere non solo specifica ma “preferenziale”.

 

Tale aggettivo sembra richiedere un diverso (e migliore) effetto patrimoniale nei confronti del titolare (o dei parenti), rispetto alla generalità dei soggetti in atto o potenzialmente destinatari dell’atto o dell’omissione. A tale riguardo, la delibera del 16 novembre 2004 dell’Autorità garante della concorrenza e del mercato, applicativa della legge, precisa (art. 5, co. 2) che “nell'accertamento dell'incidenza specifica e preferenziale l'Autorità prende in considerazione qualsiasi vantaggio che in modo particolare, ancorché non esclusivo, si può determinare nel patrimonio dei soggetti di cui all'art. 3 della legge, anche se l'azione di governo è formalmente destinata alla generalità o ad intere categorie di soggetti”;

 

§         l’incidenza dell’atto o dell’omissione può riguardare non solo il patrimonio (personale) del titolare, coniuge o dei parenti entro il secondo grado, ma anche quello delle imprese o società da essi controllate. Il concetto di “controllo” è definito mediante rinvio all’art. 7 della L. 287/1990[12].

 

Ai sensi dell’art. 7 citato, si ha controllo:

§         nei casi contemplati dall’art. 2359 c.c., il quale considera controllate le società in cui un’altra società:

-          dispone della maggioranza dei voti esercitabili nell’assemblea ordinaria;

-          dispone di voti sufficienti per esercitare un’influenza dominante nell’assemblea ordinaria[13];

-          esercita un’influenza dominante in virtù di particolari vincoli contrattuali;

§         in presenza di diritti, contratti o altri rapporti giuridici che conferiscono, da soli o congiuntamente, e tenuto conto delle circostanze di fatto e di diritto, la possibilità di esercitare un’influenza determinante sulle attività di un’impresa, anche attraverso:

-          diritti di proprietà o di godimento sulla totalità o su parti del patrimonio;

-          diritti, contratti o altri rapporti giuridici che conferiscono un’influenza determinante sulla composizione, sulle deliberazioni o sulle decisioni degli organi.

Il controllo è acquisito dal soggetto che sia titolare o beneficiario dei rapporti giuridici suddetti ovvero che, pur non essendo titolare o beneficiario, abbia il potere di esercitare i diritti che ne derivano.

 

Al di fuori delle ipotesi di incompatibilità, per le quali l’insorgenza del conflitto è in re ipsa, il conflitto è configurato, come si è detto, in termini di “incidenza specifica e preferenziale” sul patrimonio del titolare e degli altri soggetti individuati: assume dunque rilievo la sola natura patrimoniale degli interessi. Ulteriore condizione che deve ricorrere perché si abbia conflitto è la sussistenza di un danno per l’interesse pubblico in conseguenza dell’atto.

La sussistenza di una situazione di conflitto di interessi (potenziale, deve intendersi) fa sorgere nel titolare della carica di governo l’obbligo di astensione di cui all’art. 1.

 

Viene ribadita la validità delle norme generali poste a tutela della concorrenza[14] (articolo 4), stabilendo, tra l’altro, che la violazione del divieto di atti e comportamenti che costituiscano o mantengano una posizione dominante nel settore delle comunicazioni (ai sensi dell’art. 2 della L. 249/1997[15] e dell’art. 14 della L. 112/2004[16]) è sanzionata anche quando sia compiuta dall’impresa facente capo al titolare di cariche di Governo avvalendosi di atti posti in essere dal titolare medesimo. Resta altresì ferma, in presenza dei rispettivi presupposti, l’applicabilità delle norme civili, penali, amministrative e disciplinari vigenti.

 

Il riferimento alla L. 112/2004 è stato introdotto nell’articolo in esame dal successivo D.L. 233/2004[17], che ha inteso adeguare e coordinare alcuni passaggi della L. 215/2004 con il dettato della L. 112/2004 (così detta “legge Gasparri”), che regola l’assetto del sistema radiotelevisivo e introduce, in particolare, il concetto di “sistema integrato delle comunicazioni”.

Il decreto-legge, nello specifico, ha novellato la legge in esame in soli due punti (artt. 4 e 7) con il dichiarato intento di introdurre richiami alla “legge Gasparri” o in sostituzione di norme superate, o in aggiunta a norme che restano in vigore, ma che sono divenute insufficienti a regolare le funzioni previste dalla legge sul conflitto di interessi in materia di comunicazione.

Obblighi di dichiarazione

Chi assume la titolarità di cariche di Governo ha l’obbligo di rendere note (articolo 5) all’Autorità garante della concorrenza e del mercato (così detta “Anti-trust”):

§         l’eventuale titolarità di cariche o attività incompatibili;

§         tutti i dati relativi alle attività patrimoniali di cui sia titolare, o di cui sia stato titolare nei tre mesi precedenti.

Il termine per la presentazione della dichiarazione, complessivamente pari a 90 giorni, è sdoppiato in 30 giorni per la dichiarazione delle situazioni di incompatibilità, e in ulteriori 60 giorni per quella concernente le attività patrimoniali. Si precisa inoltre che tra le attività patrimoniali da dichiarare sono comprese le partecipazioni azionarie. Le successive variazioni dei dati patrimoniali sono anch’esse oggetto di dichiarazione.

Gli obblighi di dichiarazione sono estesi al coniuge ed ai parenti entro il secondo grado.

Le dichiarazioni sono rese anche all’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni, quando le incompatibilità o i dati patrimoniali afferiscano a settori di sua competenza. Le dichiarazioni incomplete o non veritiere o la mancata effettuazione delle dichiarazioni stesse costituiscono reato.

Le due menzionate Autorità di garanzia provvedono agli accertamenti di competenza, con le modalità di cui ai successivi artt. 6 e 7, entro i 30 giorni successivi al ricevimento delle dichiarazioni.

Competenze delle Autorità di garanzia

L’articolo 6 individua le nuove funzioni assegnate dalla legge all’Autorità garante della concorrenza e del mercato in materia di conflitti di interessi.

Nel dettaglio, l’Autorità è competente ad accertare la sussistenza di:

§         situazioni d’incompatibilità, di cui all’art. 2 della legge;

§         situazioni di conflitto d’interesse, ai sensi dell’art. 3.

Nel primo caso, l’Autorità promuove, nei casi d’inosservanza, gli adempimenti volti a superare la situazione di incompatibilità, eseguiti poi dagli organi di volta in volta competenti, e ne dà comunicazione ai Presidenti delle due Camere.

 

In particolare, l’Autorità, accertata la situazione di incompatibilità, promuove:

§         la rimozione o la decadenza dalla carica o dall’ufficio ad opera dell’Amministrazione competente o di quella vigilante l’ente o l’impresa;

§         la sospensione del rapporto di impiego o di lavoro pubblico o privato

§         la sospensione dall’iscrizione in albi e registri professionali, che deve essere richiesta agli ordini professionali per gli atti di loro competenza.

 

Nella seconda ipotesi, l’Autorità non ha poteri diretti nei confronti del titolare di cariche di Governo, ma comunica ai Presidenti delle Camere gli accertamenti svolti, indicando la situazione di privilegio. L’“Anti-trust” può invece diffidare ed eventualmente infliggere sanzioni pecuniarie alle imprese che pongano in essere comportamenti volti ad avvantaggiarsi degli atti adottati in situazioni di conflitto d’interesse.

La legge attribuisce all’Autorità anti-trust un potere di esame, controllo e verifica degli effetti dell’azione del titolare della carica di governo. Tale attività deve essere focalizzata a rilevare l’eventuale incidenza specifica e preferenziale, con danno per l’interesse pubblico, dell’azione del titolare della carica di governo sul proprio assetto patrimoniale, su quello del coniuge o dei parenti entro il secondo grado nonché su quello delle imprese o società da essi controllate.

È in ogni caso fatto salvo l’obbligo di denunzia all’autorità giudiziaria, quando i fatti abbiano rilievo penale.

Vengono indicate le modalità degli accertamenti dell’Anti-trust, che procede d’ufficio alle verifiche di competenza, valutate preventivamente e specificatamente le condizioni di proponibilità ed ammissibilità della questione.

 

A tale fine, l’Autorità corrisponde e collabora con gli organi delle Amministrazioni, acquisisce i pareri delle altre Autorità amministrative indipendenti competenti e le informazioni necessarie per l’espletamento dei compiti che il disegno di legge le affida, con i limiti opponibili all’autorità giudiziaria.

Nell’esercizio di tali funzioni, l’Autorità si avvale dei poteri riconosciuti dalla L. 287/1990, in quanto compatibili.

 

È garantita la partecipazione procedimentale dell’interessato ai sensi della L. 241/1990[18], ma viene fatto salvo quanto previsto dell’art. 14, co. 3, della L. 287/1990, che stabilisce che le notizie, le informazioni o i dati riguardanti le imprese oggetto di istruttoria da parte dell’Autorità sono tutelati dal segreto d’ufficio anche nei riguardi delle pubbliche amministrazioni.

Come si anticipava, a seguito degli accertamenti o dell’irrogazione di sanzioni pecuniarie previsti dall’articolo in esame, l’Anti-trust deve effettuare una comunicazione motivata diretta ai Presidenti del Senato della Repubblica e della Camera dei deputati.

Tale comunicazione deve indicare:

§         i contenuti della situazione di privilegio;

§         gli effetti distorsivi realizzatisi sul mercato;

§         le conseguenze della situazione di privilegio;

§         le eventuali sanzioni inflitte alle imprese.

 

All’Anti-trust viene inoltre attribuito un potere regolatorio in riferimento alle procedure istruttorie, ai criteri di accertamento per lo svolgimento dei compiti ad essa assegnati dal provvedimento in esame, nonché in relazione alle modifiche organizzative interne. Tale potere è stato esercitato con l’adozione della Deliberazione del 16 novembre 2004, su Criteri di accertamento e procedure istruttorie relativi all’applicazione della legge 20 luglio 2004, n. 215, recante norme in materia di risoluzione dei conflitti di interessi[19].

 

Il successivo articolo 7 attribuisce anche all’Autorità per le garanzie nelle comunicazionispecifici compiti nella materia in esame.

Tali compiti – di vigilanza, di accertamento e sanzionatori – sono indirizzati non al titolare di cariche di governo ed ai suoi comportamenti, bensì ai comportamenti delle imprese che facciano capo al titolare medesimo – ovvero al coniuge o ai parenti entro il secondo grado, o che siano da essi controllate – qualora tali imprese operino nei settori del sistema integrato delle comunicazioni di cui all’art. 2, co. 1, lett. g) della L. 112/2004[20]: si tratta del “settore economico che comprende le seguenti attività: stampa quotidiana e periodica; editoria annuaristica ed elettronica anche per il tramite di Internet; radio e televisione; cinema; pubblicità esterna; iniziative di comunicazione di prodotti e servizi; sponsorizzazioni”[21].

Oggetto del controllo sono gli (eventuali) comportamenti che:

§         forniscano un “sostegno privilegiato” al titolare di cariche di governo;

§         vìolino, al contempo, le disposizioni di cui alla L. 223/1990[22], alla L. 249/1997[23], alla L. 28/2000[24], nonché alla citata L. 112/2004.

 

Tali leggi costituiscono i principali provvedimenti di ordine generale volti a disciplinare l’esercizio dell’attività radiotelevisiva, l’assetto complessivo del settore delle comunicazioni e la comunicazione politica attraverso i mezzi di informazione. Ciascuna di esse reca una pluralità di specifici obblighi e divieti a carico delle imprese operanti nel settore, nonché di sanzioni per la violazione dei medesimi, e pone in capo all’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni specifiche competenze afferenti alla regolazione del settore, alla vigilanza, all’accertamento delle infrazioni ed all’irrogazione di sanzioni.

 

L’articolo in esame fa rinvio alle leggi sopra richiamate anche per definire i poteri attribuiti all’Autorità, le procedure che essa deve seguire e le sanzioni da questa irrogabili. In aggiunta a ciò, estende all’Autorità quanto già disposto nel precedente art. 6 con riguardo ai poteri ed alle modalità di accertamento dell’Autorità garante della concorrenza e del mercato.

Anche l’Autorità per le comunicazioni, come già previsto per l’Anti-trust, qualora accerti che l’impresa abbia adottato comportamenti che forniscono un sostegno privilegiato al titolare di cariche di governo in violazione delle disposizioni di cui alle quattro leggi sopra citate, ha il potere di comminare, previa diffida, le sanzioni specificamente previste per tali infrazioni dalle leggi medesime: le sanzioni pecuniarie, peraltro, sono aumentate sino a un terzo.

L’Autorità informa il Parlamento degli accertamenti effettuati e delle eventuali sanzioni irrogate.

La legge attribuisce anche all’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni un potere regolatorio in ordine alle procedure istruttorie, ai criteri di accertamento per lo svolgimento dei compiti ad essa assegnati dal provvedimento in esame, nonché in relazione alle modifiche organizzative interne. Tale potere è stato esercitato con l’adozione della Deliberazione del 1 dicembre 2004, Regolamento per la risoluzione dei conflitti di interessi[25], successivamente abrogata e sostituita dalla Deliberazione del 13 ottobre 2005, Modifiche e integrazioni al regolamento per la risoluzione dei conflitti di interessi[26].

 

Le due Autorità comunicano ogni sei mesi alle Camere, attraverso apposite relazioni, lo stato delle attività di controllo e vigilanza che sono ad esse attribuite (articolo 8).

 

Le Autorità hanno sinora presentato alle Camere le seguenti relazioni:

§         Doc. CCXXII, n. 1, Relazione sullo stato delle attività di controllo e vigilanza in materia di conflitti di interessi (periodo 1° gennaio – 30 giugno 2005), trasmessa dal Presidente dell’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni il 15 luglio 2005.

§         Doc. CCXXII, n. 2, Relazione sullo stato delle attività di controllo e vigilanza in materia di conflitti di interessi (periodo 1° luglio – 31 dicembre 2005), trasmessa dal Presidente dell’Autorità garante della concorrenza e del mercato il 22 dicembre 2005.

§         Doc. CCXXII, n. 3, Relazione sullo stato delle attività di controllo e vigilanza in materia di conflitti di interessi (periodo 1° gennaio – 30 giugno 2005), trasmessa dal Presidente dell’Autorità garante della concorrenza e del mercato il 28 dicembre 2005.

§         Doc. CCXXII-bis, n. 1, Relazione sullo stato delle attività di controllo e vigilanza in materia di conflitti di interessi (secondo semestre 2005), trasmessa dal Presidente dell’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni l’8 maggio 2006.

§         Doc. CCXXII, n. 1, Relazione sullo stato delle attività di controllo e vigilanza in materia di conflitti di interessi (primo semestre 2006), trasmessa dal Presidente dell’Autorità garante della concorrenza e del mercato il 24 luglio 2006.

 

Le violazioni agli obblighi di dichiarazione di cui al precedente art. 5 (dichiarazioni di denuncia delle situazioni di incompatibilità e dei dati relativi alle proprie attività patrimoniali), di cui si siano resi responsabili i titolari delle cariche di Governo sono tutte sanzionate ai sensi dell’art. 328 del codice penale[27].

 

Si prevedono le seguenti ipotesi di violazione degli obblighi di dichiarazione:

§         la mancata effettuazione della dichiarazione;

§         l’effettuazione di dichiarazione non veritiera;

§         l’effettuazione di dichiarazione incompleta

 

Un’ulteriore condizione per l’applicazione dell’art. 328 c.p. si verifica quando l’interessato non ottemperi ad una specifica richiesta dell’autorità competente in un termine stabilito dalla stessa autorità, e comunque non inferiore a 30 giorni. Le autorità competenti sono l’Autorità per le comunicazioni, nel caso le dichiarazioni relative alle incompatibilità o ai dati patrimoniali riguardino il settore delle comunicazioni, e l’Autorità anti-trust negli altri casi.

Entrambe le Autorità, una volta verificate le irregolarità, ne danno comunicazione documentata sia all’autorità giudiziaria competente, sia ai Presidenti delle Camere.

Altre disposizioni

L’articolo 9 dispone un incremento del ruolo organico di ciascuna Autorità, in conseguenza dei nuovi compiti ad esse attribuiti in materia di conflitti di interessi.

 

L’articolo 10 reca, infine, alcune disposizioni transitorie.


La proposta di legge in esame

Il testo in esame ripropone sostanzialmente quello della proposta di legge A.C. 2214, recante Norme in materia di conflitto di interessi, presentata nel corso della XIV legislatura dagli onn. Rutelli ed altri e risultata assorbita dall’approvazione della L. 215/2004 (su cui, v. supra).

Esso mira a sostituire integralmente la disciplina oggi recata dalla L. 215/2004, della quale dispone l’abrogazione.

Ambito di applicazione

L’articolo 1, non diversamente dal vigente art. 1 della L. 215/2004, individua, ai fini dell’applicazione della legge, i “titolari delle cariche di governo” nei seguenti soggetti:

§         Presidente del Consiglio dei ministri;

§         ministri;

§         vice ministri;

§         sottosegretari di Stato;

§         commissari straordinari del Governo.

Incompatibilità

L’articolo 2 detta il regime delle incompatibilità per i titolari di cariche di governo.

Ai sensi del comma 1, l’incompatibilità si estende ad ogni impiego pubblico e privato, nonché ad ogni carica o ufficio pubblico diversi dal mandato parlamentare e non inerenti alla funzione svolta. Per i dipendenti pubblici e privati è previsto il collocamento in aspettativa, applicandosi la disciplina prevista per il mandato parlamentare.

 

La disciplina di rango primario in materia di collocamento in aspettativa degli eletti alla carica parlamentare è dettata, per quanto concerne i dipendenti pubblici, dall’art. 88 del testo unico delle leggi elettorali per la Camera, approvato con D.P.R. 30 marzo 1957, n. 361, come modificato dall’art. 4 della L. 1261/1965[28], che ha stabilito il collocamento d’ufficio in aspettativa, dettando un regime particolare per i professori universitari, posti in aspettativa su domanda. Ai dipendenti in aspettativa era corrisposta una parte degli assegni. Disposizioni particolari per talune qualifiche di dipendenti statali sono previste dalla L. 425/1966[29].

Per quanto concerne i dipendenti privati, l’art. 31 del c.d. “Statuto dei lavoratori” (L. 300/1970[30]) stabilisce la possibilità per gli eletti di essere collocati in aspettativa non retribuita, su richiesta.

Il quadro normativo è stato poi parzialmente modificato dalle disposizioni dettate dall’art. 71 del D.Lgs. 29/1993[31] (ora confluito nel D.Lgs. 165/2001[32], art. 68), che ha introdotto anche per i dipendenti pubblici il regime dell’aspettativa senza assegni[33].

 

Considerato che per il mandato parlamentare non è attualmente previsto il collocamento obbligatorio in aspettativa per i dipendenti privati, potrebbe valutarsi l’opportunità di novellare il citato art. 31 dello Statuto dei lavoratori, al fine di contemplare in modo espresso, oltre al caso del mandato parlamentare (da cui consegue il collocamento su richiesta) anche il caso dell’assunzione di una carica di Governo (che comporta il collocamento in aspettativa obbligatorio).

Il comma 2 dell’articolo precisa ed integra la portata delle incompatibilità disciplinate in via generale dal comma 1.

La disposizione fa divieto di esercitare attività imprenditoriali, anche per interposta persona, o di ricoprire funzioni che comportano responsabilità amministrative o di controllo, o funzioni di consulenza o arbitrali in enti pubblici, imprese o società e prevede la cessazione dagli incarichi a decorrere dal giorno del giuramento.

Non essendo previsto il giuramento per i commissari straordinari di Governo (cfr. art. 11, L. 400/1988), per i titolari di tale carica sarebbe opportuno individuare una diversa data di decorrenza, quale la data di emanazione del decreto presidenziale di nomina.

Come già rilevato per l’analoga disposizione recata dalla L. 215/2004, benché il tenore letterale della norma sembri configurare una cessazione ipso iure degli incarichi, uffici o funzioni, la formulazione del successivo art. 4 (v. infra) pare invece richiedere o presupporre un apposito atto, da adottare eventualmente su impulso dell’Autorità di cui all’art. 5.

Il comma 3 vieta l’esercizio di attività professionali, anche in forma associata o all’estero, per i titolari di cariche di governo iscritti in albi o elenchi professionali.

Dichiarazioni e accertamenti relativi alle attività patrimoniali

Quanto alle attività patrimoniali possedute, l’articolo 3 dispone che l’Autorità istituita e disciplinata dai successivi artt. 5 e 6 (v. infra), esaminata la dichiarazione di cui all’art. 4 e sentite l’Autorità garante della concorrenza e del mercato e le altre autorità di settore eventualmente competenti, accerta caso per caso se la situazione sia suscettibile di suscitare conflitti di interessi.

L’articolo introduce criteri, riferiti alla natura ed all’entità dei beni posseduti, che ne limitano l’assoggettabilità alla disciplina recata dal provvedimento; di converso, definisce ipso iure suscettibile di determinare conflitti di interessi – salvo motivato orientamento dell’Autorità – la partecipazione rilevante in imprese operanti in determinati settori: difesa, energia, servizi erogati in concessione o autorizzazione, pubblicità, informazione giornalistica e radio-televisiva a livello nazionale (comma 4).

In particolare, per i beni immobiliari, al comma 2, si prevede che essi siano assoggettati alla disciplina recata dalla legge solo ove siano strumentali rispetto ad una attività di impresa.

Per i valori mobiliari, al comma 3, la disciplina si applica solo sopra la soglia di 10 milioni di euro.

Per quanto concerne, invece, la partecipazione in imprese, essa è definita rilevante (e, pertanto soggetta alla disciplina recata dalla legge) in presenza delle condizioni di controllo o collegamento societario, di cui all’art. 2359, primo e terzo comma, c.c. ed all’art. 7 della L. 287/1990.

 

Della nozione di controllo societario si è già detto in precedenza.

Sono considerate collegate (ex art. 2359, terzo comma, c.c.) le società sulle quali un'altra società esercita un'influenza notevole. L'influenza si presume quando nell'assemblea ordinaria può essere esercitato almeno un quinto dei voti ovvero un decimo se la società ha azioni quotate in mercati regolamentati.

 

L’articolo 4 fa obbligo ai titolari di cariche di governo, entro 20 giorni dall’assunzione della carica, di comunicare all’Autorità i dati necessari all’accertamento delle eventuali situazioni di incompatibilità e quelli relativi alla propria situazione patrimoniale. Vanno analogamente comunicate le variazioni successivamente intercorse.

Se, a seguito dell’accertamento operato entro i successivi 30 giorni, l’Autorità riscontra l’incompletezza o la non veridicità delle dichiarazioni, provvede a richiedere un’integrazione all’interessato e, in caso di permanente violazione, informa i soggetti competenti affinché sia risolta l’incompatibilità attraverso la rimozione o la decadenza dalla carica o dall’ufficio, la risoluzione del rapporto di lavoro ovvero la sospensione dall’abilitazione professionale o, ancora, la revoca dell’eventuale concessione, autorizzazione o licenza alla quale sia soggetta l’attività imprenditoriale svolta.

Nelle lettere da a) a d) del comma 2sono individuate espressamente, in relazione alla diversa posizione ricoperta dal soggetto interessato, le diverse soluzioni.

Alla lett. a), tuttavia, potrebbe risultare utile chiarire a quali posizioni si faccia riferimento ove si prevede la rimozione ad opera del Presidente della Repubblica o dei Presidenti delle Camere.

Autorità garante dell’etica pubblica e della prevenzione dei conflitti di interessi

L’articolo 5 prevede l’istituzione di un’autorità indipendente denominata Autorità garante dell’etica pubblica e della prevenzione dei conflitti di interessi.

L’Autorità, dotata di autonomia operativa, organizzativa e di spesa, è costituita entro due mesi dall’entrata in vigore della legge (comma 4).

L’Autorità è un organo collegiale composto da cinque membri, il cui mandato ha durata settennale e non è rinnovabile.

I componenti l’Autorità non possono esercitare attività professionali o di consulenza o altri uffici pubblici o privati durante l’esercizio del loro mandato (comma 3). Nei due anni successivi alla cessazione delle loro funzioni non possono assumere cariche pubbliche non elettive.

Quattro dei cinque membri sono eletti, in numero di due da ciascuna Camera, tra “persone di notoria indipendenza” scelte tra i magistrati, i professori universitari ordinari di materie giuridiche o economiche, o personalità altamente specializzate provenienti dai settori economici.

La disposizione prevede espressamente la modalità di voto di tali soggetti da parte delle Camere (voto limitato ad un solo nominativo).

Il quinto membro del collegio è il presidente, il quale viene designato dai quattro membri elettivi entro venti giorni a decorrere dal decreto presidenziale di nomina.

Qualora i membri dell’Autorità non designino il presidente entro il termine stabilito, si prevede che esso sia designato mediante sorteggio tra i giudici costituzionali in carica.

Con riguardo a quest’ultima previsione, si osserva che l’art. 7 della legge 11 marzo 1953, n. 87, Norme sulla costituzione e sul funzionamento della Corte costituzionale, stabilisce che i giudici della Corte costituzionale non possono assumere o conservare altri uffici o impieghi pubblici o privati, né esercitare attività professionali, commerciali o industriali, funzioni di amministratore, o sindaco in società che abbiano fine di lucro. La stessa proposta di legge in esame, al comma 3 dell’articolo in commento, prevede l’incompatibilità tra il ruolo di membro dell’Autorità e qualunque altro ufficio pubblico.

Le indennità e, più in generale, lo status dei membri dell’Autorità sono equiparati a quelli dei giudici costituzionali.

Sembra dubbio che tale estensione possa intendersi comprensiva di talune prerogative attribuite ai giudici della Corte da norme di rango costituzionale (come ad es. l’immunità per essi disposta dall’art. 3, comma secondo, della L.Cost. 1/1948[34]).

Per quanto attiene all’organizzazione, il comma 4 prevede che entro tre mesi dalla costituzione l’Autorità deliberi le norme riguardanti la propria organizzazione, il funzionamento, il trattamento economico e giuridico del personale, nonché la gestione delle spese, anche in deroga alle norme sulla contabilità generale dello Stato. In sede di prima applicazione, è stabilito che essa si avvalga (delle strutture)dell’Autorità anti-trust e di un ufficio composto al massimo da quindici dipendenti dello Stato e di altre amministrazioni, in posizione di comando. L’ufficio è coordinato da un segretario generale, scelto tra i magistrati ordinari, amministrativi, contabili o tra gli avvocati dello Stato.

Il successivo comma 5 regola lo status di tale personale, oltre a consentire all’Autorità di avvalersi di sino a 15 unità di personale con contratto a tempo determinato.

 

Il comma 1 dell’articolo 6 individua le funzioni dell’Autorità. Essa è tenuta a:

§         accertare le situazioni di incompatibilità disciplinate della legge;

§         vigilare sul rispetto dei divieti e degli adempimenti cui sono tenuti i titolari di cariche di Governo (ai sensi dell’articolo 7 della p.d.l.);

§         promuovere l’esercizio dell’attività sanzionatoria prevista dalla legge stessa, fatte salve in ogni caso le eventuali conseguenze penali o disciplinari delle relative violazioni.

Il comma 2 prevede, inoltre, che l’Autorità possa esprimere, su richiesta del Governo, pareri sui disegni di legge e sulle proposte di legge, e sugli schemi di atti normativi.

La disposizione, tuttavia, non precisa i profili o i parametri rispetto ai quali l’Autorità è chiamata ad esprimere i pareri in questione.

 

Particolare rilievo assume l’articolo 12, concernente le procedure istruttorie per l’adozione degli atti dell’Autorità e la relativa tutela giurisdizionale.

Il comma 1 prevede che per l’espletamento delle funzioni proprie, l’Autorità possa chiedere “a qualsiasi organo della pubblica amministrazione, e ad ogni altro soggetto pubblico”, nonché a società private dati e notizie “concernenti la materia disciplinata dalla legge”.

La disposizione prevede che tale potere si esplica “nei limiti di competenza consentiti dall’ordinamento”.

Dal tenore dell’inciso non risulta precisato se i soggetti cui la richiesta è rivolta siano tenuti a fornire le informazioni o possano adempiervi discrezionalmente. Conseguentemente, se e quali limiti siano posti all’Autorità nell’acquisizione di tale documentazione.

Il riferimento, per quanto riguarda i soggetti privati, solo alle società, sembrerebbe precludere la possibilità di avanzare la richiesta a privati (e, dunque anche alle persone fisiche) che non abbiano forma societaria.

Il richiamo ai poteri attribuiti all’Autorità dalla normativa vigente, al momento, sembra potersi riferire solo ai poteri attribuiti dal medesimo provvedimento qui in esame.

Il comma 2 prevede, implicitamente, che l’Autorità oltre alla richiesta delle informazioni (di cui al comma 1) possa espletare indagini, verifiche, accertamenti. Qualora l’Autorità intendesse svolgere queste attività, la disposizione stabilisce che può avvalersi della collaborazione di amministrazioni ed enti pubblici.

Il comma 3 prevede l’adozione di modalità per garantire ai titolari delle cariche di Governo e ai gestori interessati la piena conoscenza degli atti istruttori. In particolare si stabilisce che tali disposizioni siano fissate, su proposta dell’Autorità, con decreto del Presidente della Repubblica.

 

La previsione di un D.P.R. per l’emanazione di una deliberazione dell’Autorità risulta innovativa rispetto alla normativa vigente, in quanto le delibere delle esistenti autorità non necessitano solitamente di tale emanazione. Il regime di adozione degli atti presidenziali è individuato dall’art. 89 della Costituzione.

 

Il comma 4 stabilisce, in via generale, l’obbligo di motivazione per ogni provvedimento adottato dall’Autorità in applicazione della legge.

Il comma 5 dispone sul regime di impugnazione degli atti dell’Autorità. Si stabilisce che “gli atti di accertamento” e i provvedimenti adottati sono impugnabili dinanzi ad un collegio costituito da tre giudici estratti a sorte all’inizio di ogni legislatura tra i magistrati di Corte d’appello. La decisione del Collegio è impugnabile con ricorso in Cassazione, che decide entro trenta giorni in sezione composta dal primo presidente e da quattro giudici estratti a sorte tra i magistrati della Corte stessa.

Quest’ultimo comma, in considerazione del suo contenuto specifico, potrebbe trovare collocazione in un articolo autonomo.

Adempimenti dei titolari di cariche di Governo

L’articolo 7 indica le forme attraverso le quali si perviene alla prevenzione del conflitto di interessi e si assicura la non conoscenza da parte del titolare delle cariche di Governo della composizione del proprio patrimonio.

Il comma 1 prevede che i valori mobiliari facenti parte di tale patrimonio, per i quali si applichi la disciplina prevista dalla legge medesima (art. 3, co. 3 e 4), siano conferiti – entro il termine stabilito dall’Autorità – ad una gestione fiduciaria disciplinata secondo quanto previsto dal successivo art. 8.

Il comma 2 detta, invece, la disciplina per le attività patrimoniali del titolare delle cariche di Governo che siano ritenute suscettibili di determinare conflitti di interessi. La disposizione prevede che il titolare di una carica di Governo, che versi nelle condizioni espressamente previste dall’art. 3, presenti all’Autorità, entro 20 giorni dall’assunzione della carica, una proposta relativa alle misure idonee a prevenire il conflitto di interessi (comma 2, primo periodo).

L’Autorità, entro i successivi 30 giorni, può:

§         accettare le proposte dell’interessato, oppure

§         stabilire, dopo aver sentito l’Autorità anti-trust ed eventualmente la Consob e le autorità di settore, indicare al titolare della carica pubblica modalità alternative per prevenire il conflitto di interessi.

Tra le modalità alternative potrebbe essere prevista la vendita. In tale eventualità, l’Autorità fissa il termine entro il quale la vendita stessa deve essere completata. Trascorso tale termine vi provvede l’Autorità stessa anche con un’offerta pubblica di vendita (comma 2, ultimo periodo).

Sembrerebbe opportuno chiarire meglio il rapporto tra i commi 1 e 2 dell’articolo. Ai sensi del comma 1, i valori mobiliari posseduti, se rilevanti ai sensi dell’art. 3, sono comunque conferiti a una gestione fiduciaria; il tenore letterale del comma 2 non sembra tuttavia escludere l’applicabilità anche ad essi di una diversa soluzione, prospettata ai sensi di tale comma, qualora tali attività restino – a giudizio dell’Autorità – suscettibili di determinare conflitti di interessi.

Con riferimento al primo periodo del comma 2, potrebbe valutarsi l’opportunità di inserire la disposizione all’art. 4, dopo il comma 1. Si tratta infatti di un adempimento eventuale che deve essere compiuto negli stessi termini temporali.

Gestione del patrimonio trasferito

L’articolo 8 disciplina la gestione del patrimonio trasferito.

Come già anticipato, la proposta di legge all’art. 3 prevede il trasferimento dei valori mobiliari ad una gestione fiduciaria. Il comma 1 dell’articolo 8 stabilisce che tale trasferimento ha luogo mediante la conclusione di un contratto di gestione.

Il gestore è individuato con determinazione del presidente dell’Autorità garante, dopo avere sentito il titolare della carica di Governo interessato, e i presidenti della Consob e delle Autorità di settore competenti.

Trova applicazione l’art. 22 del testo unico in materia di intermediazione finanziaria, di cui al D.Lgs. 58/1998[35]. L’articolo richiamato reca disposizioni a garanzia della separazione patrimoniale nella prestazione dei servizi di investimento. Alla cessazione della carica, il soggetto interessato riacquista (sembra da intendere, ipso iure) la titolarità del proprio patrimonio (comma 2).

Ai sensi del comma 3, il gestore deve, al contempo, perseguire le finalità proprie della legge (prevenzione dei conflitti di interessi tramite la non conoscenza da parte del titolare delle cariche di Governo della composizione del proprio patrimonio) ed agire nell’interesse del patrimonio trasferito.

Nel perseguimento di entrambe le finalità, esso può anche disporre, in tutto o in parte, dei beni che compongono il patrimonio trasferito.

È fatto divieto al gestore di comunicare, anche indirettamente, la natura degli investimenti al proprietario titolare della carica di Governo. Il gestore deve altresì astenersi dal richiedere indicazioni sulle modalità di gestione.

Il titolare della carica di governo interessato ha diritto di essere informato con periodicità trimestrale, attraverso l’Autorità, del solo risultato economico complessivo della gestione, e di percepire ogni semestre il reddito maturato. Ha inoltre diritto a ottenere un rendiconto contabile della gestione al momento della cessazione della carica (commi 3 e 4).

L’Autorità garante vigila sull’osservanza, nella gestione del patrimonio, dei principi stabiliti dalla legge e sull’effettività della separazione della gestione (comma 5).

Regime fiscale

L’articolo 9 assoggetta le plusvalenze conseguenti alle eventuali operazioni di dismissione operate dal titolare o dal gestore al regime fiscale proprio delle partecipazioni non qualificate detenute da persone fisiche (comma 1), e stabilisce un regime di neutralità fiscale per le operazioni finalizzate sia al trasferimento dell’impresa al gestore, sia alla successiva restituzione al proprietario (comma 2).

 

In base a quanto disposto dall’art. 67 del testo unico delle imposte sui redditi (D.P.R. 917/1986)[36], costituisce “cessione di partecipazioni qualificate” la cessione di azioni, o altre partecipazioni al capitale o al patrimonio di società, che rappresentino, complessivamente, una percentuale di diritti di voto esercitabili nell'assemblea ordinaria superiore al 2 o al 20 per cento ovvero una partecipazione al capitale od al patrimonio superiore al 5 o al 25 per cento, secondo che si tratti di titoli negoziati in mercati regolamentati o di altre partecipazioni. Gli utili relativi alle partecipazioni qualificate, in base all’articolo 68 del Testo unico sulle imposte sui redditi emanato con il D.P.R. 917/1986, detenute da persone fisiche non imprenditori residenti, rientrano nella base imponibile IRPEF per il 40 per cento Gli utili relativi a partecipazioni non qualificate, ossia complessivamente inferiori alle percentuali sopra indicate, corrisposti a persone fisiche residenti non imprenditori sono soggetti, ai sensi dell’art. 27 del D.P.R. 600/1973[37], ad una ritenuta alla fonte a titolo d’imposta definitiva con aliquota pari al 12,5%.

 

La disposizione in commento, pertanto, modifica il regime fiscale delle plusvalenze derivanti da cessioni di partecipazioni qualificate detenute dai titolari di cariche di Governo, prevedendo anche per questa fattispecie l’applicazione della ritenuta alla fonte con aliquota pari al 12,5 per cento, anziché l’inserimento delle plusvalenze nella base imponibile IRPEF per il 40 per cento.

Il comma 2 prevede inoltre che il trasferimento del patrimonio al gestore non costituisca realizzo di plusvalenza o minusvalenza. Vengono inoltre previste l’esenzione da ogni imposta indiretta degli atti e contratti stipulati ai fini del trasferimento al gestore; l’imputazione dei proventi derivanti dal patrimonio trasferito direttamente al titolare del patrimonio e l’applicazione da parte del gestore delle ritenute e delle imposte sostitutive dovute.

Altre disposizioni

L’articolo 10 prevede specifiche ipotesi di estensione della disciplina di cui al provvedimento in commento anche ad alcune altre situazioni.

In particolare, la disciplina è estesa all’ipotesi che il titolare della carica di Governo abbia ceduto i propri beni dopo il conferimento della carica, o nei tre mesi precedenti, ad uno dei seguenti soggetti:

§         coniuge, parente o affine entro il quarto grado;

§         società collegata, ai sensi dell’art. 2359 c.c.;

§         persona fisica o giuridica, a cui il patrimonio venga ceduto allo scopo di eludere la disciplina.

 

L’articolo 11 dispone, in caso di violazione degli obblighi o divieti recati dal provvedimento, la decadenza della concessione (o di analoghi atti di assenso da parte della pubblica amministrazione) alla quale sia eventualmente subordinato l’esercizio dell’attività economica (comma 1).

Il comma 2 pone il divieto per le imprese in cui i titolari di cariche di governo abbiano partecipazioni rilevanti di instaurare alcun rapporto giuridico con amministrazioni pubbliche, e di ottenere concessioni o altri atti di assenso.

 

L’articolo 13 reca la copertura finanziaria del provvedimento. Essa è quantificata, a decorrere dal 2006, in 5 milioni di euro annui (comma 1) ed è riferita all’accantonamento nel Fondo speciale di parte corrente relativo al Ministero dell’economia e delle finanze.

Il comma 2 autorizza il ministro dell’economia e delle finanze ad apportare con proprio decreto, le necessarie variazioni di bilancio.

 

Il comma 1 dell’articolo 14 abroga integralmente la L. 215/2004, che attualmente disciplina la materia.

Il comma 2 dispone che la legge entri in vigore dopo 180 giorni dalla data della sua pubblicazione nella Gazzetta ufficiale.

 


Progetto di legge

 


 

N. 1318

¾

CAMERA DEI DEPUTATI

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PROPOSTA DI LEGGE

 

d’iniziativa dei deputati

FRANCESCHINI, MIGLIORE, DONADI, VILLETTI, BONELLI, SGOBIO, FABRIS, BRUGGER, SERENI, BRESSA, ZACCARIA, MASCIA, BELISARIO, ANGELO PIAZZA, BOATO, LICANDRO, ADENTI, ZELLER

¾

 

Disposizioni in materia di incompatibilità e di conflitti di interessi dei titolari delle cariche di Governo e istituzione dell'Autorità garante dell'etica pubblica e della prevenzione dei conflitti di interessi

 

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Presentata il 7 luglio 2006

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Onorevoli Colleghi! - È da molto tempo ormai che la materia del conflitto di interessi è al centro del dibattito politico, nonché all'attenzione dell'opinione pubblica, degli organi di informazione e anche della comunità internazionale. Nella scorsa legislatura è stata approvata la legge n. 215 del 2004, che a nostro giudizio è del tutto inadeguata alla soluzione dei conflitti di interessi che potrebbero sorgere per i titolari di cariche di Governo. Per questo motivo, con la presente iniziativa, che riprende la proposta di legge già presentata nella XIV legislatura (atto Camera n. 2214), intendiamo aprire il dibattito parlamentare per giungere all'approvazione di una normativa che sia equa ed efficace.

Stabilire un regime di incompatibilità tra cariche di Governo e l'esercizio di attività professionali o imprenditoriali, o il possesso di attività patrimoniali suscettibili di determinare conflitti di interessi, nonché impedire che le decisioni di Governo possano essere condizionate da interessi propri o privati facenti capo ai soggetti che le assumono, è condizione determinante per il corretto funzionamento di una compiuta democrazia. A maggior ragione una legge si rende necessaria ove i membri del Governo possiedano partecipazioni rilevanti nel settore dell'informazione e delle comunicazioni di massa, nel quale l'esistenza di tali posizioni può alterare il libero formarsi del consenso politico, minando alla base i meccanismi della democrazia rappresentativa.

La presente proposta di legge intende, dunque, colmare una profonda lacuna legislativa e adeguare l'ordinamento dell'Italia a quello di altre grandi democrazie occidentali che da tempo si sono dotate di norme e organismi capaci di risolvere i casi di conflitti di interessi dei titolari di cariche pubbliche. La proposta di legge prevede l'istituzione di un'Autorità garante che, svolgendo il proprio ruolo in assoluta indipendenza di giudizio e valutazione, abbia il compito di individuare le attività degli interessati suscettibili di generare un conflitto di interessi e, laddove necessario, il potere di intervenire efficacemente per prevenire o sanare tale conflitto, con un insieme flessibile e articolato di strumenti adottati caso per caso in relazione alla natura delle attività dell'interessato.

La proposta di legge si ispira alle esperienze già maturate in altri Paesi, e in primo luogo a quella degli Stati Uniti d'America, che a un'etica pubblica particolarmente attenta e severa con i casi di commistione di interesse privato e ruolo pubblico, unisce norme e istituzioni che hanno mostrato di sapere assicurare il conseguimento dell'obiettivo di prevenire l'insorgenza del fenomeno.



 


proposta di legge

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Art. 1.

(Ambito di applicazione).

1. Agli effetti della presente legge per titolari delle cariche di Governo si intendono il Presidente del Consiglio dei ministri, i Ministri, i Vice Ministri, i Sottosegretari di Stato e i commissari straordinari del Governo di cui all'articolo 11 della legge 23 agosto 1988, n. 400.

 

Art. 2.

(Incompatibilità).

1. È incompatibile con le cariche di Governo ogni impiego pubblico e privato, nonché ogni carica o ufficio pubblico diversi dal mandato parlamentare e non inerenti alla funzione svolta. I dipendenti pubblici e privati che assumono cariche di Governo sono collocati in aspettativa con decorrenza dal giorno del giuramento, e comunque dall'effettiva assunzione della carica, senza pregiudizio della propria posizione professionale e di carriera. Si applicano le disposizioni concernenti l'aspettativa per mandato parlamentare vigenti nei rispettivi ordinamenti.

2. I titolari delle cariche di Governo non possono esercitare, anche per interposta persona, attività imprenditoriali, né ricoprire in enti di diritto pubblico, anche economici, in imprese o società a prevalente partecipazione pubblica, in imprese che hanno rapporti di concessione con pubbliche amministrazioni, in enti soggetti al controllo pubblico nonché in imprese o enti privati, aventi per oggetto anche non principale lo svolgimento di attività imprenditoriali, funzioni di presidente, amministratore, liquidatore, sindaco o revisore, né analoghe funzioni di responsabilità comunque denominate, ovvero assumere, per tali enti e imprese, incarichi di consulenza e incarichi arbitrali di qualsiasi natura. Essi cessano dai predetti incarichi e funzioni a decorrere dal giorno del giuramento e non possono, per la durata della carica di Governo, percepire alcuna forma di retribuzione né fruire di alcun vantaggio relativi a tali incarichi o funzioni.

3. I titolari delle cariche di Governo iscritti ad albi o elenchi professionali non possono esercitare attività professionali, nemmeno in forma associata, in Italia o all'estero; in ragione di tali attività essi possono percepire unicamente proventi per prestazioni svolte prima dell'assunzione della carica.

 

Art. 3.

(Attività patrimoniali).

1. L'Autorità di cui all'articolo 5, esaminata la dichiarazione delle attività patrimoniali di cui all'articolo 4, comma 1, sentite per quanto di competenza l'Autorità garante della concorrenza e del mercato e le eventuali Autorità di settore, accerta caso per caso se i poteri e le funzioni attribuiti ai titolari di cariche di Governo sono suscettibili di determinare conflitti di interessi.

2. I beni immobiliari posseduti, anche per interposta persona, da titolari di cariche di Governo ricadono nell'ambito di applicazione della presente legge solo se essi sono strumentali ad una attività di impresa.

3. I valori mobiliari posseduti, anche per interposta persona, dai titolari di cariche di Governo ricadono nell'ambito di applicazione della presente legge solo se essi superano il valore complessivo di 10 milioni di euro.

4. Il possesso, anche per interposta persona, di partecipazioni rilevanti in imprese operanti nei settori della difesa, energia, servizi erogati in concessione o autorizzazione, nonché concessionarie di pubblicità e imprese dell'informazione giornalistica e radio-televisiva editrici di testate a diffusione nazionale, è in ogni caso suscettibile di determinare conflitti di interessi, salvo che l'Autorità di cui all'articolo 5, sentite l'Autorità garante della concorrenza e del mercato nonché le Autorità di settore eventualmente competenti, motivatamente attesti la posizione marginale dell'impresa nel relativo settore di attività o la sua non rilevanza in relazione alle specifiche funzioni e poteri inerenti all'incarico di Governo esercitato.

5. Alle attività patrimoniali suscettibili di determinare conflitti di interessi si applicano le disposizioni di cui all'articolo 7.

6. Ai fini del presente articolo, si ha partecipazione rilevante in una impresa quando sussistono le condizioni di cui all'articolo 2359, primo o terzo comma, del codice civile e all'articolo 7 della legge 10 ottobre 1990, n. 287.

 

Art. 4.

(Dichiarazione degli incarichi, delle attività e del patrimonio. Sanzioni).

1. Entro venti giorni dall'assunzione della carica di Governo, gli interessati dichiarano all'Autorità di cui all'articolo 5 di quali cariche o attività comprese nell'elenco di cui all'articolo 2 sono titolari; trasmettono altresì l'ultima dichiarazione dei redditi, nonché tutti i dati relativi alle attività patrimoniali di cui sono titolari, o sono stati titolari nei sei mesi precedenti, anche per interposta persona. Essi devono effettuare analoghe dichiarazioni per ogni successiva variazione dei dati in precedenza forniti, entro venti giorni dai fatti che l'hanno determinata.

2. L'Autorità di cui all'articolo 5, entro i trenta giorni successivi alla scadenza dei termini di cui al comma 1, provvede agli accertamenti necessari e, qualora le dichiarazioni di cui al medesimo comma 1 non siano state effettuate ovvero risultino non veritiere o incomplete, ne informa immediatamente il titolare della carica di Governo interessato affinché provveda entro dieci giorni alla integrazione della propria dichiarazione. Decorso tale termine, laddove a giudizio dell'Autorità permanga una violazione, essa ne informa gli organi o i soggetti competenti affinché vengano disposte:

a) la rimozione o la decadenza dalla carica o dall'ufficio da parte del Presidente della Repubblica, del Presidente della Camera dei deputati o del Senato della Repubblica, dell'amministrazione competente, dell'ente o dell'impresa;

b) la risoluzione del rapporto di impiego pubblico o privato;

c) la sospensione dall'abilitazione professionale da parte degli ordini o collegi professionali competenti;

d) nel caso di attività imprenditoriale soggetta ad autorizzazione, licenza, abilitazione, nulla osta, permesso o altro atto di consenso comunque denominato o svolta in regime di concessione, la revoca del relativo provvedimento da parte dell'amministrazione pubblica competente.

 

Art. 5.

(Autorità garante dell'etica pubblica e della prevenzione dei conflitti di interessi).

1. È istituita l'Autorità garante dell'etica pubblica e della prevenzione dei conflitti di interessi, di seguito denominata «Autorità». L'Autorità opera in piena autonomia e con indipendenza di giudizio e di valutazione.

2. L'Autorità è organo collegiale costituito da cinque componenti nominati con decreto del Presidente della Repubblica. Due componenti sono designati dalla Camera dei deputati e due dal Senato della Repubblica tra persone di notoria indipendenza, da individuare tra magistrati, professori universitari ordinari di materie economiche o giuridiche e personalità provenienti da settori economici dotate di alta esperienza e riconosciuta professionalità, con voto limitato a un solo nominativo. Il Presidente dell'Autorità è designato dai quattro componenti eletti dalle Camere entro venti giorni dalla pubblicazione del decreto di nomina. A tale fine essi sono convocati dal Presidente della Camera dei deputati. Qualora entro il termine di venti giorni essi non abbiano provveduto alla designazione del Presidente, questi viene designato mediante sorteggio tra i giudici costituzionali in carica.

3. I componenti dell'Autorità sono nominati per sette anni con incarico non rinnovabile, non possono esercitare attività professionale o di consulenza, né ricoprire altri uffici pubblici o privati. I componenti dell'Autorità non possono nei due anni successivi alla cessazione dell'incarico assumere cariche pubbliche non elettive. Le indennità spettanti ai membri dell'Autorità e il loro status sono equiparati a quelli dei giudici costituzionali.

4. L'Autorità è costituita entro due mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge. Entro i successivi tre mesi essa delibera le norme riguardanti la propria organizzazione, il proprio funzionamento, il trattamento giuridico del personale, nonché la gestione delle spese, anche in deroga alle disposizioni sulla contabilità generale dello Stato. In sede di prima applicazione della presente legge essa si avvale dell'Autorità garante della concorrenza e del mercato, nonché di un proprio ufficio composto da dipendenti dello Stato e di altre amministrazioni pubbliche, in posizione di comando, in conformità ai rispettivi ordinamenti. Il relativo contingente è determinato, in misura non superiore a quindici unità, su proposta del Presidente dell'Autorità, con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, entro un mese dalla nomina del Presidente dell'Autorità. L'ufficio è coordinato da un segretario generale, scelto tra magistrati ordinari, amministrativi, contabili o avvocati dello Stato, per il quale è disposto il collocamento in posizione di fuori ruolo, secondo le disposizioni dell'amministrazione di provenienza.

5. I soggetti di cui al comma 4 conservano lo stato giuridico e il trattamento economico dell'amministrazione di appartenenza con oneri a carico di quest'ultima. Il servizio prestato ai sensi del presente articolo è equiparato ad ogni effetto di legge a quello prestato nelle rispettive amministrazioni di appartenenza. Agli stessi è corrisposto, comunque, a carico dell'Autorità, il trattamento accessorio nelle misure previste per il personale della Presidenza del Consiglio dei ministri. L'Autorità si avvale, altresì, di un contingente di personale con contratto a tempo determinato in misura non superiore a quindici unità. L'Autorità stabilisce l'indennità da corrispondere al segretario generale.

 

Art. 6.

(Funzioni dell'Autorità).

1. L'Autorità accerta le situazioni di incompatibilità di cui all'articolo 2, vigila sul rispetto dei divieti conseguenti e degli adempimenti di cui all'articolo 7 e promuove, nei casi di inosservanza di tali divieti e adempimenti, le sanzioni di cui all'articolo 4, comma 2. Sono fatte salve in ogni caso le conseguenze di carattere penale o disciplinare previste dalle normative vigenti.

2. A richiesta del Governo l'Autorità esprime pareri sui disegni e sulle proposte di legge nonché sugli schemi di altri atti normativi.

 

Art. 7.

(Adempimenti dei titolari
di cariche di Governo).

1. Al fine di prevenire i conflitti di interessi e di assicurare la non conoscenza da parte del titolare delle cariche di Governo della composizione del proprio patrimonio, i valori mobiliari di cui all'articolo 3 sono conferiti, entro il termine fissato dall'Autorità, a una gestione fiduciaria ai sensi dell'articolo 8.

2. Per le attività patrimoniali di cui all'articolo 3, qualora suscettibili di determinare conflitti di interessi, i titolari di cariche di Governo propongono all'Autorità, nei termini di cui all'articolo 4, comma 1, misure idonee a prevenire il conflitto di interessi. Entro i termini di cui al medesimo articolo 4, comma 2, l'Autorità accetta le proposte dell'interessato o stabilisce, sentita l'Autorità garante della concorrenza e del mercato, ed eventualmente la Commissione nazionale per le società e la borsa (CONSOB) e le competenti Autorità di settore, modalità alternative. Qualora tali modalità comprendano la vendita, l'Autorità fissa il termine massimo entro il quale essa deve essere completata. Decorso tale termine l'Autorità provvede anche tramite un'offerta pubblica di vendita.

 

Art. 8.

(Gestione del patrimonio trasferito).

1. Il trasferimento dei valori mobiliari di cui all'articolo 3 ha luogo mediante la conclusione di un contratto di gestione con un soggetto, di seguito denominato «gestore», scelto con determinazione adottata dal Presidente dell'Autorità, sentiti il titolare della carica di Governo nonché i Presidenti della CONSOB e delle Autorità di settore eventualmente competenti.

2. Al patrimonio trasferito al gestore si applica l'articolo 22 del testo unico delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria, di cui al decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58, e successive modificazioni. In caso di cessazione dalla carica per qualsiasi ragione, il titolare della carica di Governo riacquista di diritto la titolarità del patrimonio.

3. Il gestore persegue le finalità di cui all'articolo 7, comma 1, e l'interesse del patrimonio trasferito, e può a tali fini disporre in tutto o in parte dei beni che lo compongono. Il gestore non può comunicare al titolare della carica di Governo, neanche per interposta persona, la natura e l'entità degli investimenti e dei disinvestimenti né consultarlo in ordine alla gestione. I soggetti di cui all'articolo 1 non possono chiedere o ricevere dal gestore informazioni concernenti la natura e l'entità delle attività di gestione. Essi hanno diritto di conoscere, per il tramite dell'Autorità, ogni tre mesi, il risultato economico complessivo dell'amministrazione, nonché di ricevere ogni semestre, su richiesta, il reddito derivante dalla gestione del loro patrimonio.

4. Alla data di cessazione dalla carica, il gestore dà rendiconto contabile della gestione al titolare della carica di Governo.

5. L'Autorità vigila sull'osservanza, nella gestione del patrimonio, dei princìpi e dei criteri stabiliti dalla presente legge, nonché sull'effettiva separazione della gestione.

 

Art. 9.

(Regime fiscale).

1. Alle plusvalenze realizzate attraverso eventuali operazioni di dismissione dei valori mobiliari posseduti dai titolari di cariche di Governo eseguite dall'interessato o dal gestore in attuazione della presente legge si applicano in ogni caso le aliquote di imposta relative alle partecipazioni non qualificate detenute da persone fisiche.

2. L'eventuale trasferimento in gestione fiduciaria di attività economiche ai sensi della presente legge e la loro successiva restituzione all'interessato non costituiscono realizzo di plusvalenze o di minusvalenze. Tutti gli atti e i contratti stipulati ai fini del trasferimento al gestore e della successiva restituzione all'interessato sono esenti da ogni imposta indiretta. I proventi derivanti dal patrimonio trasferito sono imputati al titolare del patrimonio, secondo quanto previsto dalle norme relative alla categoria nella quale rientrano. Il gestore applica le ritenute e le imposte sostitutive dovute.

 

Art. 10.

(Cessioni patrimoniali a congiunti, a società collegate o a fini elusivi).

1. La disciplina di cui alla presente legge si applica anche in caso di cessione a terzi dei cespiti e delle attività patrimoniali intervenuta dopo il conferimento della carica di Governo o nei tre mesi antecedenti, quando il destinatario della  cessione si trova, riguardo al titolare della carica di Governo o ad impresa da questi controllata ai sensi dell'articolo 3, comma 6, in una delle seguenti condizioni:

a) coniuge, parente o affine entro il quarto grado;

b) società collegata ai sensi dell'articolo 2359 del codice civile;

c) persona interposta allo scopo di eludere l'applicazione della stessa disciplina ovvero società o altro ente comunque costituito o utilizzato allo stesso fine.

 

Art. 11.

(Imprese in concessione).

1. La violazione degli obblighi e dei divieti di cui alla presente legge comporta in ogni caso la decadenza dell'atto di concessione o di altro atto di assenso di amministrazioni pubbliche, comunque denominato, cui è subordinato l'esercizio della relativa attività economica.

2. Le imprese in cui i titolari di cariche di Governo hanno partecipazioni rilevanti ai sensi dell'articolo 3, comma 6, non possono ottenere dalle amministrazioni pubbliche concessioni o altri atti di assenso, comunque denominati, cui è subordinato l'esercizio della relativa attività. Non possono, inoltre, stipulare contratti con le amministrazioni pubbliche, né instaurare con esse alcun altro rapporto giuridico inerente o connesso all'esercizio dell'attività propria o di società controllata, controllante o collegata.

 

Art. 12.

(Procedure istruttorie e tutela giurisdizionale per gli atti dell'Autorità).

1. L'Autorità, per l'espletamento delle funzioni ad essa attribuite dalla presente legge, può chiedere a qualsiasi organo della pubblica amministrazione, e ad ogni altro soggetto pubblico o società privata, nei limiti di competenza consentiti dall'ordinamento, i dati e le notizie concernenti la materia disciplinata dalla legge stessa, avvalendosi dei poteri ad essa attribuiti dalla normativa vigente.

2. Per l'espletamento delle indagini, delle verifiche e degli accertamenti che ritiene opportuni, l'Autorità può avvalersi della collaborazione di amministrazioni ed enti pubblici.

3. Con decreto del Presidente della Repubblica, su proposta dell'Autorità, sono stabilite le disposizioni che garantiscono ai titolari delle cariche di Governo e ai gestori di volta in volta interessati la piena conoscenza degli atti istruttori, il contraddittorio e la verbalizzazione nei procedimenti di accertamento e di applicazione di eventuali sanzioni.

4. Ogni provvedimento adottato dalla Autorità in applicazione della presente legge deve essere motivato.

5. Gli atti di accertamento e i provvedimenti adottati dall'Autorità ai sensi della presente legge sono impugnabili esclusivamente dinanzi a un collegio giudicante composto da tre giudici estratti a sorte all'inizio di ogni legislatura tra i magistrati di corte d'appello. Il collegio decide in camera di consiglio entro due mesi dall'impugnazione. La decisione del collegio è impugnabile con ricorso alla Corte di cassazione, che provvede entro un mese, in sezione composta dal primo presidente e da quattro giudici estratti a sorte tra i magistrati della Corte stessa.

 

Art. 13.

(Copertura finanziaria).

1. Agli oneri derivanti dall'attuazione della presente legge, pari a 5 milioni di euro a decorrere dall'anno 2006, si provvede mediante corrispondente riduzione dello stanziamento iscritto, ai fini del bilancio triennale 2006-2008, nell'ambito dell'unità previsionale di base di parte corrente «Fondo speciale» dello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze per l'anno 2006, allo scopo parzialmente utilizzando l'accantonamento relativo al medesimo Ministero. 2. Il Ministro dell'economia e delle finanze è autorizzato ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio.

 

 

Art. 14.

(Abrogazione. Entrata in vigore).

1. La legge 20 luglio 2004, n. 215, e successive modificazioni, è abrogata.

2. La presente legge entra in vigore decorsi centottanta giorni dalla data della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale.

 

 

 


 



[1]     L. 20 luglio 2004, n. 215, Norme in materia di risoluzione dei conflitti di interessi.

[2]     Le altre due proposte erano l’A.C. 1236 (on. Caparini ed altri) e l’A.C. 4488 (on Piscitello ed altri).

[3]     A.S. 236 (sen. Passigli ed altri) e A.S. 4465 (sen. Co’ ed altri).

[4]     I lavori parlamentari relativi all’esame nella XIII Legislatura dei progetti di legge recanti disciplina dei conflitti di interesse (A.C. 1236 e abb.) sono raccolti nel Dossier provvedimento n. 627/1 (XIII legislatura – 4 voll.) del Servizio studi.

[5]     A.S. 9 (sen. Angius e altri), A.S. 36 (sen. Cambursano), A.S. 203 (sen. Cavallaro e altri), A.S. 1017 (sen. Ripamonti), A.S. 1174 (sen. Malabarba e altri), A.S. 1250 (sen. Angius e altri) ed A.S. 1255 (sen. Villone e altri).

[6]     I lavori preparatori della L. 215/2004 sono raccolti nel Dossier progetti di legge n. 94/2 (XIV legislatura – 6 voll.) del Servizio studi.

      Si segnala che il 30 marzo 2006, durante il periodo di scioglimento delle Camere, è stata presentata al Senato la proposta A.S. 3799 (Passigli) volta a introdurre nuove norme in materia di risoluzione dei conflitti di interessi e ad abrogare la L. 215/2004.

[7]     L. 23 agosto 1988, n. 400, Disciplina dell'attività di Governo e ordinamento della Presidenza del Consiglio dei Ministri.

[8]     L. 13 febbraio 1953, n. 60, Incompatibilità parlamentari. Si tratta delle “cariche in enti culturali, assistenziali, di culto e in enti-fiera, nonché [di] quelle conferite nelle Università degli studi o negli Istituti di istruzione superiore a seguito di designazione elettiva dei Corpi accademici”.

[9]     Ai sensi dell’art. 2203 c.c., “è institore colui che è preposto dal titolare all’esercizio di un’impresa commerciale”. L’institore (art. 2204 c.c.) può compiere tutti gli atti pertinenti all’esercizio dell’impresa (salve le limitazioni contenute nella procura) e può stare in giudizio in nome del preponente, ma non può alienare o ipotecare i beni immobili senza espressa autorizzazione.

[10]    L. 31 maggio 2005, n. 88, Conversione in legge, con modificazioni, del D.L. 31 marzo 2005, n. 44, recante disposizioni urgenti in materia di enti locali.

[11]    D.lgs. 18 agosto 2000, n. 267, Testo unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali.

[12]    L. 10 ottobre 1990, n. 287, Norme per la tutela della concorrenza e del mercato.

[13]    Ai fini dell'applicazione di questo e del precedente punto si computano anche i voti spettanti a società controllate, a società fiduciarie e a persona interposta: non si computano i voti spettanti per conto di terzi.

[14]    Si tratta, in particolare, delle vigenti disposizioni volte a prevenire e reprimere l’abuso di posizione dominante da parte delle imprese, recate dall’art. 3 della L. 287/1990, istitutiva dell’Autorità garante della concorrenza e del mercato.

[15]    L. 31 luglio 1997, n. 249, Istituzione dell’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni e norme sui sistemi delle telecomunicazioni e radiotelevisivo. Il richiamato art. 2, relativo al divieto di posizioni dominanti, è stato dapprima ampiamente modificato dalla L. 112/2004 e poi abrogato dall’art. 54 del Testo unico della radiotelevisione di cui al D.Lgs. 31 luglio 2005, n. 177; le corrispondenti disposizioni sono ora contenute negli artt. 22 e 43 del Testo unico.

[16]    L. 3 maggio 2004, n. 112, Norme di principio in materia di assetto del sistema radiotelevisivo e della RAI - Radiotelevisione italiana Spa, nonché delega al Governo per l’ emanazione del testo unico della radiotelevisione. L’art. 14 è relativo all’accertamento della sussistenza di posizioni dominanti nel sistema integrato delle comunicazioni.

[17]    D.L. 6 settembre 2004, n. 233 (conv. con mod. in L. 5 novembre 2004, n. 261), Modificazioni alla legge 20 luglio 2004, n. 215, in materia di risoluzione dei conflitti di interessi.

[18]    L. 7 agosto 1990, n. 241, Nuove norme in materia di procedimento amministrativo e di diritto di accesso ai documenti amministrativi.

[19]    Pubblicata nella G.U. 1 dicembre 2004, n. 282.

[20]    Si ricorda che l’articolo richiamato è stato abrogato dall’art. 54 del Testo unico della radiotelevisione di cui al D.Lgs. 31 luglio 2005, n. 177. Le disposizioni ivi recate sono ora contenute nell’art. 2, co. 1, lett. l) del citato Testo unico.

[21]    Il riferimento al settore integrato delle comunicazioni è stato introdotto dal D.L. 233/2004, già richiamato nel testo.

[22]    L. 6 agosto 1990, n. 223, Disciplina del sistema radiotelevisivo pubblico e privato (cd. “legge Mammì”).

[23]    L. 31 luglio 1997, n. 249, Istituzione dell’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni e norme sui sistemi delle telecomunicazioni e radiotelevisivo (cd. “legge Maccanico”).

[24]    L. 22 febbraio 2000, n. 28, Disposizioni per la parità di accesso ai mezzi di informazione durante le campagne elettorali e referendarie e per la comunicazione politica (cd. “legge sulla par condicio”).

[25]    Deliberazione n. 417/04/CONS, pubblicata nella G.U. del 23 dicembre 2004, n. 300.

[26]    Deliberazione n. 392/05/CONS, pubblicata nella G.U. del 23 dicembre 2005, n. 298.

[27]    Ai sensi del quale:

      “1. Il pubblico ufficiale o l’incaricato di un pubblico servizio, che indebitamente rifiuta un atto del suo ufficio che, per ragioni di giustizia o di sicurezza pubblica, o di ordine pubblico o di igiene e sanità, deve essere compiuto senza ritardo, è punito con la reclusione da sei mesi a due anni.

2. Fuori dei casi previsti dal primo comma il pubblico ufficiale o l’incaricato di un pubblico servizio, che entro trenta giorni dalla richiesta di chi vi abbia interesse non compie l’atto del suo ufficio e non risponde per esporre le ragioni del ritardo, è punito con la reclusione fino ad un anno o con la multa fino a lire due milioni. Tale richiesta deve essere redatta in forma scritta ed il termine di trenta giorni decorre dalla ricezione della richiesta stessa”.

[28]    L. 31 ottobre 1965, n. 1261, Determinazione dell'indennità spettante ai membri del Parlamento.

[29]    L. 8 giugno 1966, n. 425, Norme in materia di provvisorio collocamento fuori ruolo di alcune categorie di dipendenti dello Stato.

[30]    L. 20 maggio 1970, n. 300, Norme sulla tutela della libertà e dignità dei lavoratori, della libertà sindacale e dell'attività sindacale nei luoghi di lavoro e norme sul collocamento.

[31]    D.Lgs. 3 febbraio 1993, n. 29, Razionalizzazione dell’organizzazione delle amministrazioni pubbliche e revisione della disciplina in materia di pubblico impiego.

[32]    D.Lgs. 20 marzo 2001, n. 165, Norme generali sull’ordinamento del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche.

[33]    Norme di interpretazione autentica delle disposizioni di cui all’art. 71 del D.Lgs. 29/1993 e all’art. 31 della L. 300/1970 sono state dettate dall’art. 22, co. 38 e 39, della L. 23 dicembre 1994, n. 724, Misure di razionalizzazione della finanza pubblica, estendendo in particolare l’applicazione dell’art. 71 ai professori e ricercatori universitari. In ogni caso, restano applicabili per tale categoria alcune disposizioni particolari previste dal D.P.R. 11 luglio 1980, n. 382, Riordinamento della docenza universitaria (in particolare si veda l’art. 13).

[34]    L.Cost. 9 febbraio 1948, n. 1, Norme sui giudizi di legittimità costituzionale e sulle garanzie d'indipendenza della Corte costituzionale. Il comma citato recita: “Finché durano in carica, i giudici della Corte costituzionale godono della immunità accordata nel secondo comma dell'art. 68 della Costituzione ai membri delle due Camere. L'autorizzazione ivi prevista è data dalla Corte costituzionale”.

[35]    D.Lgs. 24 febbraio 1998, n. 58, Testo unico delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria, ai sensi degli articoli 8 e 21 della legge 6 febbraio 1996, n. 52.

[36]    D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, Approvazione del testo unico delle imposte sui redditi.

[37]    D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, Disposizioni comuni in materia di accertamento delle imposte sui redditi.