XVIII LEGISLATURA


Resoconto stenografico dell'Assemblea

Seduta n. 651 di venerdì 4 marzo 2022

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE ETTORE ROSATO

La seduta comincia alle 9,30.

PRESIDENTE. La seduta è aperta.

Invito la deputata segretaria a dare lettura del processo verbale della seduta precedente.

FEDERICA DAGA, Segretaria, legge il processo verbale della seduta di ieri.

PRESIDENTE. Se non vi sono osservazioni, il processo verbale si intende approvato.

(È approvato).

Missioni.

PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del Regolamento, i deputati Baldelli, Brescia, Gregorio Fontana, Franceschini, Gebhard, Giachetti, Maggioni, Marin, Pastorino, Perantoni, Schullian, Suriano, Zanettin e Zoffili sono in missione a decorrere dalla seduta odierna.

I deputati in missione sono complessivamente 96, come risulta dall'elenco depositato presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell'allegato A al resoconto della seduta odierna (Ulteriori comunicazioni all'Assemblea saranno pubblicate nell'allegato A al resoconto della seduta odierna).

Irrogazione di sanzioni ai sensi dell'articolo 60 del Regolamento.

PRESIDENTE. Comunico che l'Ufficio di Presidenza, nella riunione di ieri, ha preso in esame l'episodio verificatosi nel corso della seduta dell'Assemblea del 23 febbraio 2022.

Al riguardo, visti gli articoli 12 e 60 del Regolamento della Camera dei deputati, ha deliberato di irrogare la sanzione della censura con interdizione di partecipare ai lavori parlamentari per un periodo di quattro giorni di seduta ai deputati Giuliodori e Trano, con decorrenza 4 marzo 2022.

Ricordo che, ai sensi dell'articolo 60, comma 3, del Regolamento, le decisioni in tema di sanzioni adottate dall'Ufficio di Presidenza sono comunicate all'Assemblea e in nessun caso possono essere oggetto di discussione.

I deputati Giuliodori e Trano non sono presenti, quindi non li invito a lasciare l'Aula.

Modifica nella composizione di gruppi parlamentari.

PRESIDENTE. Comunico che, con lettera pervenuta in data 3 marzo 2021, la deputata Angela Ianaro, già iscritta al gruppo parlamentare MoVimento 5 Stelle, ha dichiarato di aderire al gruppo parlamentare Partito Democratico.

La Presidenza di tale gruppo, con lettera pervenuta in pari data, ha comunicato di aver accolto la richiesta.

Svolgimento di interpellanze urgenti.

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca lo svolgimento di interpellanze urgenti.

(Chiarimenti ed intendimenti in merito all'adozione del decreto per la realizzazione della piattaforma digitale per la raccolta delle firme per i referendum di cui agli articoli 75 e 138 della Costituzione e per la presentazione dei progetti di legge di iniziativa popolare - n. 2-01431)

PRESIDENTE. Passiamo alla prima interpellanza urgente all'ordine del giorno Magi e Schullian n. 2-01431 (Vedi l'allegato A).

Il deputato Magi ha facoltà di illustrare la sua interpellanza. Prego.

RICCARDO MAGI (MISTO-A-+E-RI). Grazie, Presidente e sottosegretari. L'interpellanza a mia firma, riguarda la realizzazione della piattaforma digitale per la raccolta delle firme necessarie per i referendum, di cui agli articoli 75 e 138 della Costituzione, nonché per le leggi di iniziativa popolare, di cui all'articolo 71.

La realizzazione di questa piattaforma è stata disposta dall'articolo 1, comma 341, della legge n. 178 del 2020, che ha anche istituito un Fondo di 100.000 euro annui per la realizzazione della piattaforma.

La legge prevedeva che questa piattaforma entrasse in funzione entro il 31 dicembre 2021 - il termine quindi è decorso - e che vi fosse poi un decreto adottato dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri, di concerto con il Ministero della Giustizia e sentito il Garante per la protezione dei dati personali, per definire le caratteristiche tecniche, l'architettura generale, i requisiti di sicurezza, le modalità di funzionamento e di accesso alla piattaforma stessa.

Questi sono i punti delle domande che vado a fare, però mi preme riassumere anche alcune fasi di come si è arrivati a quella legge. Si è arrivati a quella legge anche grazie a un emendamento a prima firma dell'interpellante, cioè del sottoscritto, nel “decreto Semplificazioni”, che ha stabilito una fase transitoria, nella quale, nelle more della realizzazione della piattaforma, è stato possibile raccogliere le firme per i referendum e le leggi di iniziativa popolare anche mediante un documento informatico sottoscritto con firma elettronica qualificata.

Sappiamo che, grazie a questa modalità, l'estate scorsa è stato possibile per più di un milione di cittadini raccogliere le firme per i referendum, ma dobbiamo anche sottolineare che questa modalità, cioè la modalità transitoria, non può garantire quello che potrà garantire la piattaforma. Basti pensare che la modalità transitoria prevede che vi siano delle spese ingenti e significative a carico dei promotori delle iniziative popolari: si tratta di spese derivanti dai contratti con le società che gestiscono le raccolte firme, appunto garantendone tutte le caratteristiche previste dalla legge.

Sotto il profilo più giuridico e democratico, mi preme sottolineare come il 29 novembre 2019 il Comitato diritti umani delle Nazioni Unite, nel caso Staderini-De Lucia, aveva dichiarato che l'Italia aveva agito in violazione del patto sui diritti civili e politici. In particolare, aveva ritenuto violati i diritti dei ricorrenti di partecipare alla vita politica del Paese attraverso i referendum e le leggi popolari per via di irragionevoli ostacoli. Gli ostacoli sono quelli previsti dalla legge ordinaria n. 352 del 1970, inerenti le modalità di autenticazione delle firme che sono un onere a carico dei proponenti, rispetto al quale però poi non c'è, da parte delle amministrazioni comunali e in generale dell'amministrazione pubblica, la fornitura ai proponenti degli strumenti per autenticare le firme.

Inoltre, sono state documentate le inadempienze di molti comuni rispetto a questi obblighi. Il Comitato dei diritti umani aveva individuato per l'Italia nella fine del 2020 il termine entro cui prendere misure per evitare il ripetersi di queste violazioni.

È importante sottolineare che, anche nell'ambito delle raccolte firme che si sono tenute l'estate scorsa e quindi con riferimento a quelle proposte referendarie che sono state depositate presso l'Ufficio centrale per il referendum della Corte di cassazione nel 2021, sono stati lamentati e documentati dei ritardi e delle inadempienze da parte dei comuni, i quali, in diversi casi, non hanno provveduto a fornire i certificati di iscrizione nelle liste elettorali dei firmatari delle proposte.

Sotto questo punto di vista, sarà particolarmente importante l'integrazione tra la piattaforma digitale di cui stiamo parlando e la piattaforma dell'Anagrafe nazionale della popolazione residente, che renderebbe non più necessaria la fase di verifica delle iscrizioni nelle liste elettorali da parte dei comuni. Quindi, così, si supererebbe definitivamente questo ostacolo che, chi ha esperienza di raccolta firme, sa essere un ostacolo molte volte insormontabile perché semplicemente, se i comuni non forniscono nei tempi necessari al deposito delle proposte i certificati elettorali, i comitati promotori si trovano nell'impossibilità di rispettare la legge.

Arriviamo proprio alle caratteristiche della piattaforma. Il 24 gennaio 2022 è stata inviata ai destinatari della presente interpellanza una lettera, a prima firma di Mario Staderini, che era lo stesso ricorrente in sede di Comitato diritti umani dell'ONU, per chiedere che la piattaforma avesse determinate caratteristiche, in particolare perché il Governo, nella memoria depositata al Comitato diritti umani dell'ONU, aveva dato informazioni che ci preoccupano: intanto, che la piattaforma non garantirebbe un accesso universale, nel senso che l'accesso sarebbe limitato ai cittadini che hanno un'identità digitale SPID: oggi sono circa 25-27 milioni, su 50 milioni, di cittadini maggiorenni. Da questo punto di vista, paradossalmente, rispetto alla modalità transitoria, che noi abbiamo utilizzato, vi sarebbe un passo indietro, perché con le piattaforme private, che noi abbiamo attivato come promotori, c'era la possibilità di accedere anche per i cittadini che non hanno un'identità digitale, ma si poteva pagare un costo per un servizio di identificazione tramite, ad esempio, un operatore TrustPro. Non sono note, infine, le altre caratteristiche su cui sarà progettata la piattaforma, che saranno fondamentali per garantire un pieno esercizio del diritto a promuovere i referendum.

Intanto, chiediamo: se la piattaforma avrà queste caratteristiche di accesso universale; se consentirà ai sottoscrittori di un referendum di dare il consenso al trattamento dei dati personali da parte dei comitati promotori e anche di effettuare donazioni agli stessi per le spese complessive della campagna, caratteristica oggi possibile nelle piattaforme private che sono state utilizzate nella via transitoria; se sarà possibile la presentazione di proposte a pacchetto, ovvero più iniziative referendarie riconducibili a una proposta sistematica in un determinato settore; infine, se ci si vorrà avvalere di un confronto, con una modalità di apertura da parte del Ministero, che spesso viene utilizzata anche con esperti, inclusi i firmatari della lettera che ho citato prima. Ovviamente, prima di tutto, chiediamo quale sia la comunicazione formale che il Ministero e il Governo ci possono dare in questa sede rispetto ai tempi effettivi di realizzazione, visto che il termine previsto dalla legge è già spirato.

PRESIDENTE. La sottosegretaria di Stato alla Presidenza del Consiglio dei Ministri, Assuntela Messina, ha facoltà di rispondere.

ASSUNTELA MESSINA, Sottosegretaria di Stato alla Presidenza del Consiglio dei Ministri. Grazie, Presidente. Onorevoli deputate e deputati, ringrazio gli interpellanti per darmi l'occasione di fornire aggiornamenti sullo stato di un progetto che stiamo portando avanti con particolare attenzione e determinazione.

Il decreto attuativo, cui si riferiscono gli interpellanti, è già stato trasmesso al Ministero della Giustizia, ai fini dell'acquisizione del concerto, nonché al Garante per la protezione dei dati personali per l'espressione del prescritto parere. Prevediamo che l'iter di adozione sia concluso entro la fine di marzo 2022.

Dal punto di vista tecnico, si conferma che la piattaforma Referendum e Iniziative popolari, realizzata avvalendosi della Sogei Spa, è in fase di primo rilascio.

Con riferimento all'integrazione della piattaforma con l'anagrafe nazionale della popolazione residente (ANPR), si rappresenta che la stessa è prevista già in fase di primo rilascio. Ciò consentirà, in fase di accesso, la verifica dei dati anagrafici del cittadino interessato a sostenere una richiesta referendaria, ovvero a sottoscrivere una proposta di legge di iniziativa popolare.

Tra le funzionalità della piattaforma è già prevista, inoltre, anche la verifica dell'iscrizione nelle liste elettorali del cittadino. Durante la fase di sviluppo della piattaforma, infatti, il Dipartimento per la trasformazione digitale e il Ministero dell'Interno hanno lavorato alla predisposizione del decreto attuativo, previsto dall'articolo 62, comma, 2-ter, del CAD, per l'integrazione nell'anagrafe nazionale della popolazione residente (ANPR) delle liste elettorali. Tale decreto è attualmente in fase di adozione e si prevede che le attività di inserimento nell'anagrafe nazionale dei dati elettorali trasmessi dai comuni potranno iniziare già nel secondo semestre 2022, in linea con la progettualità del Piano nazionale di ripresa e resilienza.

Non appena sarà completata l'integrazione delle liste elettorali in ANPR, la piattaforma sarà in grado di verificare automaticamente il dato elettorale del cittadino.

Con riferimento alle modalità di accesso, si conferma che la piattaforma - accessibile tramite l'interfaccia web www.firmereferendum.gov.it e organizzata in un'“area pubblica” e in un'“area privata” - consentirà a tutti i cittadini, dotati di identità digitale e registrati in ANPR, di accedere all'area privata per esprimere il proprio sostegno alle richieste di referendum o alle proposte di legge di iniziativa popolare in corso. Pertanto, per l'utilizzo dell'area privata della piattaforma non sarà necessario il possesso della firma digitale, ma esclusivamente quello dell'identità digitale.

La consultazione dell'area pubblica della piattaforma, con l'accesso ai quesiti referendari e alle proposte di legge d'iniziativa popolare in corso e la verifica del numero delle sottoscrizioni raggiunte, sarà, invece, consentita anche ai soggetti non in possesso di identità digitale. Gli stessi, però, non potranno esprimere il proprio sostegno alle richieste di referendum o alle proposte di legge di iniziativa popolare in corso.

I dati personali dei sottoscrittori, nel rispetto della disciplina in materia di tutela dei dati personali, sono trattati esclusivamente per le finalità inerenti la raccolta delle firme.

La piattaforma non offre servizi dedicati alle donazioni. Una specifica funzionalità della piattaforma, però, consentirà ai soggetti promotori di indicare un sito web dove il cittadino interessato potrà trovare ulteriori informazioni, tra cui eventualmente anche quelle relative alla possibilità di effettuare donazioni a favore del comitato promotore.

Le singole iniziative di richiesta referendaria dovranno essere presentate dai soggetti promotori. Al cittadino sono rese disponibili funzioni di ricerca avanzata per reperire agevolmente il referendum e le leggi di iniziativa popolare di specifico interesse.

In merito all'opportunità di avviare un confronto con i soggetti indicati dagli interpellanti, si manifesta, naturalmente, la più ampia disponibilità.

Lo sviluppo della piattaforma è avvenuto anche a seguito del confronto con i competenti uffici del Ministero della Giustizia e della Cassazione.

Come noto, inoltre, l'articolo 1, comma 344, della legge n. 178 del 2020, detta una disciplina transitoria per la raccolta elettronica delle sottoscrizioni con modalità telematica, valida fino alla data di operatività della piattaforma.

PRESIDENTE. Il collega Magi ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatto per la risposta alla sua interpellanza.

RICCARDO MAGI (MISTO-A-+E-RI). Grazie, Presidente. Voglio ringraziare davvero la sottosegretaria e, tramite lei, la Presidenza del Consiglio, in particolare del Ministero della Transizione digitale, perché sono a conoscenza del lavoro, dell'attenzione che è stata messa nel perseguire questo obiettivo e degli ostacoli che vi sono stati, perché il Governo su questa questione, anche in occasione del voto dell'estate scorsa nell'esame del “decreto Semplificazioni”, non ha avuto un'indicazione unanime. In particolare, il Ministero dell'Interno e il Ministero della Giustizia, ad esempio, avevano espresso un parere contrario sull'emendamento che ha portato alla realizzazione della modalità transitoria con la quale i cittadini hanno potuto firmare. Sottolineo questo non per polemica, ma semplicemente per ricordare a tutti noi - anche ai cittadini che ci ascoltano - che c'è sempre una resistenza rispetto all'innovazione, perché l'innovazione fa paura e molto spesso, suscita, in maniera quasi spontanea, resistenze, in particolare quando l'innovazione riguarda aspetti di funzionamento delle istituzioni e della democrazia.

Io credo, invece, che noi dobbiamo fare lo sforzo, tutti quanti insieme, di comprendere che l'innovazione digitale sempre di più deve essere messa al servizio dell'esercizio dei diritti politici dei cittadini, anche perché l'altra versione di uso da parte delle istituzioni dell'innovazione non ci piace affatto. E' la versione che vede questi strumenti al servizio della sorveglianza dei cittadini e, in qualche modo, della violazione della loro privacy, anziché verso un allargamento degli spazi di democrazia.

In particolare, rispetto alle risposte - e ringrazio la sottosegretaria per la chiarezza - siamo ovviamente soddisfatti del fatto che si annunci oggi che la piattaforma sarà rilasciata entro la fine di questo mese. È particolarmente importante che i tempi siano rapidi anche per l'integrazione della piattaforma con l'Anagrafe nazionale dei residenti, proprio per quanto dicevo nell'illustrazione e per quanto ha sottolineato la stessa sottosegretaria; in questo modo, noi riusciremo a dare vita ad una effettiva semplificazione di tutta la procedura, anche sgravando le amministrazioni comunali, oltre che i comitati promotori, di una fase davvero onerosa e peraltro tutta eseguita, in molti casi, in cartaceo. Quindi, qualcosa di davvero dispendioso e anche inutile, se poi consideriamo quanto siano pochi nel nostro Paese i cittadini che non godono dell'esercizio dei diritti politici. Quindi, in realtà, il comitato promotore chiede ai comuni la certificazione per poi consegnarla a un'altra amministrazione dello Stato, che è quella della giustizia, attraverso l'Ufficio centrale per il referendum, per verificare che i cittadini godano dei diritti politici, quando noi sappiamo che il 99 per cento dei cittadini sono in questa condizione.

Ritengo anche importante la notazione che ci sia la possibilità nello spazio della piattaforma per i comitati promotori di indicare un sito web, che rimanda, quindi, ad informazioni più diffuse e anche alla possibilità per i cittadini di interagire con i promotori; mentre credo che sia un po' una nota più negativa quella dell'accesso alla parte riservata proprio alla firma, e quindi al sostegno alla sottoscrizione, solamente per chi è dotato di un'identità digitale.

Da questo punto di vista, spero vi sia la possibilità di interagire e, magari, di arrivare ad ulteriori modifiche. Sappiamo che l'altro lavoro da fare è quello di incentivare sempre di più da parte dei cittadini l'accesso all'identità digitale, che tra l'altro nel nostro Paese vede una distribuzione, da un punto di vista sia geografico che anagrafico, molto significativa; quindi, probabilmente c'è, da questo punto di vista, un'attività del Governo da fare per incentivare l'accesso, e incentivare quindi i cittadini a dotarsi dell'identità digitale.

L'altro aspetto, l'altra nota negativa dal punto di vista di chi parla, e quindi dei comitati promotori, è quella di non potere utilizzare i dati dei cittadini stessi, ovviamente dopo il consenso rilasciato dai cittadini. Questo crea un ulteriore passaggio: i cittadini dovrebbero andare poi sul sito del comitato promotore e rilasciare lì i dati.

In conclusione, mi preme comunque sottolineare come, attraverso questo strumento - speriamo migliorabile anche con l'interlocuzione alla quale oggi il Governo si è dichiarato disponibile, anche informale e in sede più operativa - noi stiamo facendo una piccola grande rivoluzione, che non è contro il Parlamento e le prerogative del Parlamento - chi parla non ha certo questa intenzione -, ma serve proprio ad attuare quella parte della Costituzione relativa agli istituti di partecipazione popolare che è rimasta per molti anni, per molti decenni mortificata, e a far vivere quel rapporto virtuoso tra partecipazione popolare e prerogative del Parlamento, che è un po' quello che avevano pensato i nostri costituenti.

Mancherebbe a questo punto - e concludo - un'altra parte: l'auspicio di chi parla è che, nel nuovo Regolamento della Camera, ci sia la previsione di tempi certi per affrontare e per trattare le leggi di iniziativa popolare, che oggi sono quasi sempre ignorate e anche in qualche modo umiliate, perché i cittadini raccolgono decine di migliaia di firme senza avere poi neanche la soddisfazione di vedere che in Aula si avvii un dibattito.

Le forze politiche devono poter magari respingere, magari stravolgere, emendare, ma certo non sottrarsi almeno al dibattito e all'assunzione di una responsabilità pubblica sui temi che i cittadini vogliono sottoporre.

Infine, l'ultimo auspicio - ma qui andiamo su un altro tema - è anche che vi sia una revisione del tipo di giudizio di ammissibilità e dei criteri con cui viene dato un giudizio di ammissibilità dalla Corte costituzionale. Ma questo è un altro tema e un'altra partita. Intanto è importante che riusciamo a realizzare davvero la piattaforma e renderla il più possibile funzionale per gli obiettivi che ha.

(Iniziative di competenza, in ambito europeo, volte alla rimozione del divieto di esportazione delle carni suine dalla Sardegna, alla luce dei significativi risultati dell'azione di contrasto alla diffusione della peste suina africana - n. 2-01410)

PRESIDENTE. Passiamo all'interpellanza urgente Deidda ed altri n. 2-01410 (Vedi l'allegato A).

Chiedo al collega Deidda se intenda illustrare la sua interpellanza o se si riservi di intervenire in sede di replica.

SALVATORE DEIDDA (FDI). Grazie, Presidente. Sarò veloce nella premessa e la ringrazio anche perché, quando presiede lei, di solito il Governo pro tempore mi dà sempre belle notizie, e spero che oggi il sottosegretario…

PRESIDENTE. È organizzato apposta!

SALVATORE DEIDDA (FDI). …confermi questa tradizione.

Signor sottosegretario, presento questa interpellanza perché da circa 4 anni in Sardegna non c'è più traccia della peste suina africana; tenga conto che comparve in Sardegna dal 1978 e purtroppo flagella i nostri allevamenti. La peste suina non è del tipo che sta ovviamente dilagando nel Nord Italia o nel resto d'Europa, ma dal 1978 abbiamo dovuto lottare strenuamente contro questa malattia, che non colpisce l'uomo, ma colpisce in maniera veramente dura gli animali, i cinghiali, gli allevamenti.

Da circa 12 anni, purtroppo, l'Unione Europea - dico purtroppo - ha dovuto imporre un embargo durissimo. Noi non possiamo esportare le nostre carni suine, se non ovviamente di importazione, di altri territori o secondo una data normativa. Sono migliaia i capi abbattuti, ci siamo messi d'impegno, è stata veramente una lotta dura, e i sindaci in prima linea hanno subito anche gli effetti di questa lotta. C'è chi ha subito un attentato, come il sindaco di Desulo, Gigi Littarru, qualche tempo fa; lo ricordo sempre con dispiacere, perché poi i sindaci si trovavano davanti al dover abbattere allevamenti per contrastare questa malattia e c'era chi perdeva tutto. Con un animale infetto in un allevamento più vasto, bisognava abbattere tutti gli animali.

Bene, da 4 anni noi non abbiamo più traccia in Sardegna della malattia, e quindi chiediamo al Ministero di supportare la lotta - e ringrazio qui l'Unità di progetto della regione Sardegna, che sta portando avanti, ripeto, una lotta veramente senza risparmiarsi - affinché finalmente l'Unione Europea tolga questo embargo totale sull'intero territorio regionale.

PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per la Salute, Pierpaolo Sileri, ha facoltà di rispondere.

PIERPAOLO SILERI, Sottosegretario di Stato per la Salute. Ringrazio l'onorevole Deidda e tutti coloro che hanno presentato questa interpellanza. La gestione della peste suina nella regione Sardegna, negli anni recenti, grazie all'implementazione delle misure di controllo previste, e questo lo ha ben sottolineato l'onorevole Deidda, dal Programma straordinario di attività, nonché al coordinamento dell'Unità di progetto con l'autorità centrale, è sensibilmente migliorata in termini epidemiologici, con la risoluzione di molte delle annose criticità che ne avevano ostacolato o rallentato l'eradicazione, quali, principalmente, il ricorso alla pratica dell'allevamento brado.

I favorevoli progressi ottenuti sono stati riconosciuti in ambito comunitario, anche a seguito della missione conoscitiva che è stata effettuata nel mese di giugno del 2019.

La Commissione europea, tuttavia, anche al fine di poter rivalutare l'attuale classificazione della regione Sardegna nell'ambito dei territori sottoposti a restrizione, ha ulteriormente approfondito alcune tematiche, ed in particolare quelle concernenti la gestione delle residue popolazioni di suini bradi, attraverso una valutazione specifica ed una verifica dell'efficacia delle misure attuate nel territorio regionale, tramite l'effettuazione di un audit a cura del Food and Veterinary Office, che si è svolto fra il 9 e il 19 novembre del 2021.

Gli esiti della missione sono in linea generale soddisfacenti e nel report definitivo sono state formulate alcune raccomandazioni, cui le competenti autorità regionali nel contesto dell'UdP, in collaborazione con il Ministero, stanno provvedendo a fornire un puntuale riscontro.

Ciò, in particolare, in relazione alla modulazione della sorveglianza passiva nel domestico, anche alla luce delle recenti positività rilevate nell'ambito delle attività di depopolamento dei suini bradi illegali - per le quali sono in corso ulteriori approfondimenti volti a chiarire la situazione epidemiologica - nonché in riferimento alla sorveglianza passiva nel settore del selvatico, tenuto conto anche delle sieropositività riscontrate in alcuni campioni che sono stati raccolti nell'ambito della stagione venatoria.

Analogamente, saranno approfonditi e modulati, in base alle raccomandazioni, anche gli altri aspetti rilevati dai funzionari comunitari, al fine di fornire, proprio in sede comunitaria, elementi e dati utili a supportare il processo di rivalutazione e, quindi, un'eventuale modifica della classificazione della Sardegna nell'ambito dell'Allegato 1 del Regolamento di esecuzione (UE) 2021/605, che stabilisce misure speciali di controllo della peste suina e identifica e categorizza le zone infette in base alla diffusione della malattia nel territorio e dell'interessamento solo di animali selvatici (quindi, cinghiali) o anche di suini domestici. In relazione a tale possibile riclassificazione, segnalo che, in sede comunitaria, nel corso dei diversi comitati per la salute animale, è stato più volte rappresentato dal Ministero della Salute un atteggiamento restrittivo rispetto ai territori europei, diversamente classificati, a fronte di una situazione epidemiologica più critica.

Siamo consapevoli che la permanenza dell'intero territorio della regione Sardegna nella parte III dell'Allegato al Regolamento appena citato comporta misure eccessivamente condizionanti per il territorio sardo, specialmente in considerazione degli apprezzamenti verificati ed attestati dalla stessa Commissione e nonostante l'esiguo numero di focolai della malattia, che, comunque, purtroppo attestano ancora una sussistenza della circolazione virale. In ogni caso, preciso che l'evoluzione favorevole della situazione gestionale ed epidemiologica della malattia ha avuto ripercussioni positive anche sul comparto regionale, con l'aumento del numero di ditte autorizzate ad espletare in deroga le attività commerciali di esportazione extra-regionale.

Proprio in considerazione delle esigenze del settore commerciale, già in applicazione della decisione della Commissione 2014/709/UE e dopo l'entrata in vigore del Regolamento (UE) 2021/605, è stato possibile ricorrere al regime derogatorio previsto dalle suddette norme, il quale consente, anche agli stabilimenti che lavorano e manipolano carni provenienti dalle zone sottoposte a restrizione, di commercializzare i propri prodotti di origine suina in ambito nazionale e comunitario, laddove la materia prima sia stata sottoposta a un adeguato trattamento, finalizzato all'eliminazione dell'eventuale presenza del virus della peste suina. Resta, invece, senza limitazioni la possibilità della commercializzazione da parte degli stabilimenti che, pur situati nella zona di restrizione, utilizzino materie prime di derivazione esterna alla medesima zona.

Rassicuro che saranno avviate, appena possibile, tutte le iniziative riguardo alla riclassificazione della regione Sardegna nella parte II dell'Allegato 1 del Regolamento (UE) 2021/605, per consentire agli allevamenti di esportare i propri prodotti senza limitazione. Da ultimo, segnalo che rimane alta l'attenzione nel nostro Paese sulla gestione della malattia e ricordo che il 17 febbraio scorso è stato adottato il decreto-legge n. 9 recante misure urgenti per arrestare la peste suina, in fase di conversione al Senato.

PRESIDENTE. Il deputato Deidda ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatto per la risposta alla sua interpellanza.

SALVATORE DEIDDA (FDI). Grazie, Presidente. Purtroppo, non posso, perché, nel documento che ha letto il Vice Ministro, segnalo un errore che ci sta danneggiando ancora una volta. Noi non abbiamo zone infette in Sardegna. Io le dico che, nell'ultima stagione venatoria che si è appena chiusa, su 11.500 cinghiali nessuno era positivo. Per quanto riguarda la zona considerata, anche il Ministero - purtroppo, lo dico con dispiacere - si associa all'Unione europea, seguendo in maniera cieca ciò che afferma: su 2.927 cinghiali, 18 erano, sì, sieropositivi, il che non vuol dire - lei è un medico, lo sa meglio di me - che abbiano l'infezione della malattia; hanno tracce nel DNA, poiché hanno conosciuto quella malattia, ma ciò non significa che siano infetti. Noi contestiamo questo. Se in un comune, in un territorio comunale, ci sono questi sieropositivi, perché punire tutta la regione?

Da 4 anni chiediamo di poter esportare e sa qual è il pericolo di questa beffa? C'è il rischio, adesso che abbiamo eliminato la malattia e dobbiamo importare carni dal cosiddetto continente e dall'Europa, che arrivi l'altro tipo di PSA. Per noi, questa sarebbe una beffa inaccettabile.

Io vengo proprio da quei territori - sono originario della Barbagia - e siamo stati additati come quelli che avevano il pascolo brado, sempre. Oggi, con il rincaro dei mangimi del 30 per cento, visto che, come qualcuno ha denunciato, non c'è più grano, non c'è mais, qual è l'allevamento più sano? Quello semi brado, quello controllato, specializzato, con i recinti, o quello intensivo? È una lotta e noi dobbiamo preservare l'allevamento semi brado. In questo, la regione Sardegna e i sardi devono avere a fianco il Ministero, che non deve seguire ciecamente quello che dicono i funzionari dell'Unione europea, che, evidentemente, non conoscono bene il nostro territorio e le nostre tradizioni; soprattutto, hanno paura che un prosciutto o prodotti derivanti da una produzione suina facciano concorrenza, magari, alla Spagna o ad altri Paesi. Noi abbiamo quel mercato e potremmo aiutare, oggi, con i nostri prodotti e con i nostri animali, anche le regioni colpite.

Spero vivamente, sottosegretario, che il Governo si faccia sentire in Europa su questa tematica e non aspetti molto a rimuovere l'embargo, perché le posso assicurare che, dopo 4 o 5 anni di duro lavoro, dove gli allevatori hanno visto abbattere i propri animali, magari per 1 solo positivo, la pazienza sta finendo, perché poi c'è la fame derivante dalla crisi. Ci sono 30 mila aziende suinicole in Sardegna, serve l'allevamento del maiale per aiutare il reddito; ci sono pastori di ovini, ci sono altri tipi di aziende, qui c'è la tradizione di poter produrre il nostro prosciutto e i nostri prodotti attraverso l'allevamento casalingo, normato. Non possiamo più aspettare, sinceramente, che l'Unione europea confonda ancora i piani, dopo che, in tutta Europa, è dilagato un altro tipo di peste suina; a noi, invece, ci ha tenuto legati, nonostante 4 anni di dura lotta abbiano fatto scomparire la peste suina.

(Iniziative in ordine all'accesso con capienza massima di riempimento a bordo delle autovetture adibite a servizi di noleggio con conducente - n. 2-01422)

PRESIDENTE. Passiamo all'interpellanza urgente Spena e D'Attis n. 2-01422 (Vedi l'allegato A).

Chiedo alla collega Spena se intenda illustrare la sua interpellanza o se si riservi di intervenire in sede di replica.

MARIA SPENA (FI). Grazie, Presidente, la illustro. Sottosegretario, noi sappiamo che già dall'8 dicembre 2021, grazie all'approvazione della legge n. 205, la capienza consentita agli autobus adibiti a noleggio con conducente era del 100 per cento; invece, per le autovetture adibite sempre allo stesso servizio la capienza è rimasta limitata al 50 per cento. Quindi, sottosegretario, ritengo che questa disparità tra veicoli che sono adibiti allo stesso servizio non sembri più giustificarsi alla luce, sia degli ultimi dati epidemiologici, sia di motivazioni ideologiche. Oltretutto, sappiamo bene, lei in primis, che, sin dall'11 febbraio, così come con i provvedimenti presi ultimamente, risalenti al 10 marzo, le restrizioni si sono notevolmente riallentate, vista, appunto, la positività dei risultati di tutta la campagna vaccinale in corso. Quindi, ritengo necessario ritornare ad una normalità, anche se, di normalità, oggi, sicuramente non si può più parlare; quanto meno, non ritengo ancora necessario che il settore del trasporto privato debba continuare a subire restrizioni che oggi non avrebbero più senso, anche alla luce dell'approvazione (quindi con parere favorevole) di un ordine del giorno a mia prima firma, in sede di conversione in legge dell'ultimo “decreto COVID”, durante la seduta del 24 febbraio.

Mi scusi, sottosegretario, dicevo, anche alla luce dell'approvazione del mio ordine del giorno nella seduta del 24 febbraio, quindi nella conversione dell'ultimo “decreto COVID”, chiedo che sin dalle prossime settimane - e auspicavo la data del 10 marzo, in cui in quello stesso decreto che noi abbiamo convertito in legge pochi giorni fa si sarebbero presi provvedimenti per fare in modo che molte restrizioni venissero eliminate - venga eliminata la capienza, così limitata, del 50 per cento delle autovetture di noleggio con conducente.

PRESIDENTE. Il Sottosegretario di Stato per la Salute, Pierpaolo Sileri, ha facoltà di rispondere.

PIERPAOLO SILERI, Sottosegretario di Stato per la Salute. Grazie. In merito all'interpellanza, si rappresenta quanto segue. Come rilevato dagli onorevoli interpellanti, è evidente che si sia avviata una fase di graduale riapertura di servizi e attività, a seguito del netto miglioramento della curva epidemiologica.

L'impegno del Governo, che qui confermo nuovamente con forza, è di non prorogare ulteriormente lo stato di emergenza per motivi sanitari oltre il 31 marzo - e questo è un fatto - e di procedere con la predisposizione di un cronoprogramma per un graduale e progressivo ulteriore allentamento delle diverse e più svariate limitazioni che oggi interessano la nostra quotidianità.

Fra queste svariate limitazioni, protocolli, eccetera, è evidente che l'allentamento avverrà anche con riferimento alla capienza per le autovetture adibite al servizio di noleggio con conducente, analogamente a quanto già previsto in sede di conversione del decreto-legge n. 139 del 2021, e quindi autobus adibiti a servizio di noleggio con conducente.

È, quindi, evidente che in questo cronoprogramma si arriverà a ridurre progressivamente e gradualmente, in linea con ciò che osserviamo con la diffusione del virus, tutte queste disposizioni.

A fronte del predetto quadro regolamentare, che ho citato, ovviamente senza entrare nello specifico, tutte queste limitazioni funzionali alla prevenzione e diffusione del contagio progressivamente verranno meno e qui c'è l'impegno pieno del Governo.

PRESIDENTE. La collega Spena ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatta per la risposta alla sua interpellanza.

MARIA SPENA (FI). La mia domanda era ben precisa, mi scusi, sottosegretario, tutti quanti noi sappiamo che il 31 marzo lo stato di emergenza decade, però, quando lei parla di progressività e di gradualità di decisioni e provvedimenti, temo che forse una volontà precisa o una programmazione ben precisa ancora non c'è.

Noi nel TPL abbiamo una capienza dell'80 per cento, per i bus turistici abbiamo una capienza del 100 per cento e per le autovetture, invece, del 50 per cento. Quindi, mi sembra una gradualità che oggi non ha più senso, anche perché - lei mi insegna - quando noi prendiamo per esempio NCC, un minivan, di solito è un nucleo familiare che usa quel mezzo, casomai, per recarsi in aeroporto o, comunque, per un servizio da prendere in gruppo. Quindi, quella stessa autovettura che poteva portare 9 persone, oggi ne può portare soltanto la metà.

Quindi, ripeto, lei mi parla di progressività e di gradualità, ci mancherebbe altro, però lei sa bene, perché sono provvedimenti che riguardano il suo Dicastero, che già dal 10 marzo molte restrizioni saranno eliminate - finalmente direi - e quindi pensiamo anche a questo comparto, a questo segmento delle nostre attività economiche, che sono state già duramente colpite da un abbattimento del turismo, che sono oggi colpite da motivazioni geopolitiche che sono sotto gli occhi di tutti, con un caro carburante che ha colpito il segmento degli autotrasporti, con le scadenze di tutti quanti i leasing e i mutui, che sicuramente noi, come provvedimenti di finanza, non abbiamo sostenuto.

Quindi, ritengo, sottosegretario, che lei oggi qui potrebbe prendere a cuore ciò, perché anche di quello si tratta, affinché già dalle prossime settimane questa sia una delle restrizioni che potrà decadere, perché non ha più senso di esistere: non possiamo avere un 100 per cento, un 80 per cento e un 50 per cento di capienza di mezzi che erogano lo stesso servizio.

Quindi, sottosegretario, spero che lei prenda in considerazione questa mia interpellanza, che proviene chiaramente da un grido di dolore di un comparto che, così come lei prima parlava di quotidianità, è un servizio quotidiano a favore dei cittadini.

(Intendimenti ed iniziative di competenza in ordine alla ricognizione del fabbisogno e delle condizioni lavorative del personale sanitario e sociosanitario, anche al fine della stabilizzazione del personale precario e del riconoscimento di forme di incentivazione economica - n. 2-01430)

PRESIDENTE. Passiamo all'interpellanza urgente Grippa ed altri n. 2-01430 (Vedi l'allegato A).

Chiedo alla collega Grippa se intenda illustrare la sua interpellanza o se si riservi di intervenire in sede di replica.

CARMELA GRIPPA (M5S). Grazie, Presidente. Sottosegretario, intervengo ancora una volta per parlare della grave carenza di personale infermieristico dei nostri presìdi ospedalieri - personale che, in questa pandemia, ricordiamo, ha dimostrato di essere fondamentale per la salute dei nostri concittadini - e del grave allarme che si sta venendo a creare in questo periodo di abbassamento della curva dei contagi per quanto riguarda l'organizzazione dei turni nei reparti, a causa delle esigue risorse di personale a disposizione. Un rilievo che si è registrato nella gestione anche della quarta ondata dell'emergenza, che, purtroppo, nonostante tutti i provvedimenti emergenziali adottati dall'Esecutivo, ancora una volta ha travolto in pieno gli operatori sanitari, con un quadro a dir poco preoccupante: infermieri che ormai da due anni, incessantemente, con scarsi presìdi, ferie sospese, spostamenti improvvisi di reparti, sovraccarico di lavoro e carenze di personale, si sacrificano per salvare la vita dei cittadini e attraverso il loro lavoro sostengono la ripresa economica del Paese e favoriscono la difesa della libertà, senza alcun riconoscimento economico.

Ma vi è di più, sottosegretario, perché la carenza di infermieri, nella delicata situazione post COVID, evidenzia una maggiore difficoltà, sia nell'organizzazione e nella programmazione di ferie estive, sia per la qualità assistenziale e ritorno alla normalità. In questo periodo tantissimi servizi come le consulenze, le visite diagnostiche e le attività di routine, hanno subito una riduzione importante e le ASL garantiscono esclusivamente urgenze a livello specialistico. Insomma, l'evidente mancanza di personale costringe gli infermieri a non poter garantire una turnazione adeguata per godere delle ferie, da intendersi non come “vacanza”, ma come “meritato riposo”.

Tale situazione, sulla quale si chiede un'attenta riflessione, è stata descritta anche dalla Commissione UE nel suo State of the health in the EU, nel profilo della sanità 2021 dell'Italia, nel quale si lanciava e si sottolineava un dato, purtroppo, ben noto durante la pandemia e anche prima: l'Italia impiega meno infermieri rispetto a quasi tutti i Paesi dell'Unione europea occidentale e il loro numero - 6,2 per mille abitanti - è inferiore del 25 per cento alla media dell'Unione europea. Considerata la diminuzione del numero di infermieri laureati nel 2014, le carenze di personale in questo settore sono destinate ad aggravarsi in futuro.

Tra l'altro, secondo un'analisi della Fondazione Gimbe, almeno il 50 per cento dei tagli è stato scaricato sul personale dipendente e, in particolar modo, si sarebbe compiuta una riduzione radicale di medici e infermieri (circa 42.800 dipendenti a tempo indeterminato). L'OPI (Ordine professioni infermieristiche) denuncia una carenza di personale, a livello nazionale e in Abruzzo, di circa 1.700 figure professionali; deficit ormai cronico, sia per il numero insufficiente annuale di posti disponibili nei corsi universitari sia perché questa professione sarebbe poco attrattiva per i giovani.

La legge del 30 dicembre 2021, n. 234 - la legge di bilancio pluriennale per il triennio 2022-2024 - ai commi 268 e 269, dispone una procedura di stabilizzazione del personale sanitario precario, più precisamente, che: “Al fine di rafforzare strutturalmente i servizi sanitari regionali, anche per il recupero delle liste d'attesa e di consentire la valorizzazione della professionalità acquisita dal personale che ha prestato servizio anche durante l'emergenza COVID-19 (…), a partire dal 1° luglio 2022 fino al 31 dicembre 2023, possono assumere a tempo indeterminato, in coerenza con il piano triennale dei fabbisogni, il personale del ruolo sanitario e gli operatori sociosanitari, anche qualora non più in servizio, che siano stati reclutati a tempo determinato con procedure concorsuali (…) e che abbiano maturato alla data del 30 giugno 2022 alle dipendenze di un ente del Servizio sanitario nazionale almeno 18 mesi di servizio, anche non continuativo, e di cui almeno 6 mesi nel periodo compreso tra il 31 gennaio 2020 e il 30 giugno 2022”.

Le disposizioni prevedono, altresì, di reinternalizzare i servizi appaltati ed evitare differenze retributive a parità di prestazioni lavorative, in coerenza con il piano triennale dei fabbisogni, con una riserva di posti non superiore al 50 per cento di quelli disponibili del personale impiegato in mansioni sanitarie e sociosanitarie corrispondenti ai servizi esternalizzati, per il periodo compreso tra il 31 gennaio 2020 e il 31 dicembre 2021 e con almeno 3 anni di servizio.

Pertanto, chiediamo al Governo se intenda richiedere una situazione maggiormente dettagliata delle condizioni in cui si trova il personale citato nelle premesse e, sulla base di tali elementi, non intenda porre in essere azioni affinché si proceda in maniera più efficace alla stabilizzazione del personale del ruolo sanitario e degli operatori sociosanitari precari ovvero attivarsi, anche per il tramite della Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome, al fine di trovare azioni e soluzioni utili per disegnare un reale piano di assunzioni e adeguare e uniformare gli stipendi del personale sanitario a quelli europei; se i Ministri interpellati non intendano adottare gli opportuni provvedimenti, sulla base delle relative attribuzioni, con lo scopo di individuare forme di incentivazione economica regionale per il personale sanitario, per una reale e meritoria valorizzazione salariale e professionale, nonché dare impulso alla immediata attivazione della ricognizione propedeutica del personale precario dei vari ruoli sanitari e sociosanitari in dotazione attualmente e in aderenza al programma triennale del fabbisogno.

PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per la Salute, Pierpaolo Sileri, ha facoltà di rispondere.

PIERPAOLO SILERI, Sottosegretario di Stato per la Salute. Grazie. Ringrazio l'onorevole Grippa e i colleghi per questa interpellanza. Fin dall'inizio della pandemia, in questi due anni, sono state adottate specifiche misure per reclutare professionisti in tempi rapidissimi e sono state stanziate apposite risorse per potenziare i servizi. È stata data la possibilità alle aziende e agli enti del SSN di assumere, con rapporti di lavoro flessibile, anche tramite procedure semplificate e in deroga ai vincoli di spesa vigenti, tutte le figure professionali utili a combattere la pandemia, nonché, laddove necessario, anche laureati in medicina e chirurgia abilitati all'esercizio della professione medica e medici e infermieri che erano già in quiescenza, misure che sono state prorogate per tutto il 2021.

Le disposizioni che consentono la stipula dei contratti a tempo determinato e la stipula di contratti libero professionali con i medici in formazione specialistica sono state prorogate per tutto il 2022.

Inoltre, con il decreto-legge n. 34 del 2020, sono state adottate ulteriori specifiche misure di potenziamento del territorio e, con l'obiettivo di tutelare la maggiore vulnerabilità dei soggetti fragili, anche specifiche disposizioni sull'Assistenza domiciliare integrata; a tal fine, nel rispetto dell'autonomia regionale in materia di organizzazione dei servizi domiciliari, le regioni e le province autonome sono state autorizzate a incrementare la spesa del personale.

In particolare, l'articolo 1, comma 5, del decreto-legge appena citato ha previsto la presenza di infermieri di famiglia o di comunità sul territorio da reclutare in prima istanza, per l'anno 2020, con rapporti di lavoro flessibile e, successivamente, a decorrere dal 2021, con rapporto di lavoro subordinato a tempo indeterminato, in numero non superiore a 8 unità ogni 50 mila abitanti. Questa norma consente, pertanto, l'assunzione di 9.600 infermieri di famiglia, con l'obiettivo di potenziare non solo la presa in carico dei soggetti affetti da COVID-19, ma anche di tutte le persone fragili, la cui condizione risulta aggravata dall'emergenza in corsa.

I professionisti reclutati sul territorio nazionale ai sensi delle citate disposizioni risultano, purtroppo, ancora al di sotto dei 9.600 attesi, ma la figura dell'infermiere di famiglia, istituita nel contesto emergenziale, troverà un'apposita collocazione nell'ambito di misure strutturali di riorganizzazione e potenziamento dell'assistenza territoriale in atto, anche in attuazione della Missione 6 del PNRR.

Questa Missione ha previsto un forte investimento per rafforzare le prestazioni erogate sul territorio: in tale contesto, si collocano il potenziamento e la creazione di strutture e presidi territoriali, il rafforzamento dell'assistenza domiciliare, lo sviluppo della telemedicina e una più efficace integrazione tra tutti i servizi sociosanitari.

Per assicurare il potenziamento dell'assistenza territoriale, l'articolo 1, comma 274, della legge di bilancio 2022, per la spesa del personale dipendente e per quello convenzionato, ha autorizzato una spesa massima di 90,9 milioni di euro per il 2022, di 150,1 milioni di euro per il 2023, di 328,3 milioni di euro per il 2024, di 591,5 milioni di euro per il 2025 e di un 1.015,3 milioni di euro a decorrere dal 2026, a valere sul finanziamento del SSN. Tali misure avranno anche l'effetto di meglio bilanciare la domanda di servizi tra ospedale e territorio, alleggerendo la pressione sugli ospedali.

Sulla carenza di professionisti sanitari, occorre considerare che, a seguito della pandemia, negli ultimi due anni si è assistito ad un incremento significativo della richiesta di prestazioni sanitarie, di conseguenza il fabbisogno formativo di professionisti sanitari è fortemente aumentato nell'ultimo anno accademico, in particolare per la professione di infermiere.

In particolare, con riferimento agli ultimi 5 anni accademici, il fabbisogno determinato con specifici accordi Stato-regioni, è aumentato di oltre 67 punti percentuali ed è imputabile in larga parte all'incremento registrato nell'ultimo anno, pari a 8.297 unità, più del 55 per cento. Parallelamente, negli ultimi 5 anni, il numero di posti per le immatricolazioni è cresciuto complessivamente di oltre il 20 per cento e l'aumento maggiore si è registrato proprio nell'ultimo anno accademico, nel quale gli atenei hanno messo a bando 17.394 posti, in particolare 1.394 in più rispetto all'anno precedente, con un incremento del 9 per cento in un solo anno. Mentre dall'anno accademico 2017-2018 all'anno accademico 2020-2021 il numero di posti disponibili è stato sempre superiore al fabbisogno rappresentato dalle regioni, per il corrente anno accademico la capacità formativa delle università non si è rivelata sufficiente a coprire interamente il fabbisogno in crescita. Tuttavia, nel caso della regione Abruzzo, nell'anno accademico 2021-2022, il fabbisogno formativo è stato definito in 331 unità, valore inferiore rispetto al numero di posti resi disponibili presso gli atenei della stessa regione per l'accesso ai corsi di laurea in infermieristica, che era di 396 unità.

Nella consapevolezza delle criticità citate nell'interpellanza, questo Ministero sta partecipando attivamente al Tavolo tecnico interistituzionale per il potenziamento dell'offerta formativa, istituito presso il Ministero dell'Università e della ricerca, i cui lavori hanno avuto inizio nel mese di settembre 2021.

Per quanto attiene alla formazione medico-specialistica, il Ministero, già in tempi antecedenti all'emergenza COVID, ha posto in essere una serie di azioni di valore strategico volte ad aumentare le risorse finanziarie destinate ai contratti statali per le scuole di formazione medico-specialistica. Con l'investimento 2.2 della Missione 6-M6C2.2 “Formazione, ricerca scientifica e trattamento tecnologico” del PNRR è stato garantito il finanziamento di ulteriori 4.200 contratti di formazione medico-specialistica, per un ciclo completo di studi, rispetto ai 13.200 inizialmente previsti. Le risorse per la formazione specialistica sono state ulteriormente incrementate per gli anni dal 2022 al 2027 con la legge di bilancio per il 2022. Quanto alle iniziative che il Governo intende adottare allo scopo di individuare forme di incentivazione economica per il personale sanitario per una reale e meritoria valorizzazione salariale e professionale, preciso che iniziative normative in tal senso sono state già poste in essere, anche in risposta alle specifiche esigenze connesse alla situazione emergenziale in corso, in particolare con l'obiettivo di riconoscere e valorizzare il ruolo strategico degli infermieri dipendenti delle aziende e dagli enti del SSN, reso ancora più evidente durante la pandemia. L'articolo 1, comma 409, della legge 30 dicembre 2020, n. 178 ha previsto il riconoscimento di un'indennità professionale specifica, quale parte del trattamento economico fondamentale.

Un'indennità è stata inoltre riconosciuta alle professioni sanitarie della riabilitazione, della prevenzione, nonché tecnico-sanitarie e di ostetrica, alla professione di assistente sociale, nonché agli operatori socio-sanitari dall'articolo 1, comma 414, della medesima legge. La disciplina delle predette indennità è demandata alla contrattazione collettiva nazionale. Da ultimo, al fine di riconoscere le particolari condizioni di lavoro del personale sanitario operante nei servizi di pronto soccorso, l'articolo 1, comma 293, della legge 30 dicembre 2021, n. 234 ha riconosciuto a tale personale, con decorrenza dal 1° gennaio, un'apposita indennità di natura accessoria con apposite risorse.

PRESIDENTE. La deputata Grippa ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatta per la risposta alla sua interpellanza.

CARMELA GRIPPA (M5S). Ringrazio il sottosegretario, per la risposta. Capiamo e sappiamo gli sforzi che ha fatto il Governo durante questa crisi pandemica e i fondi stanziati appunto per l'assunzione anche del personale infermieristico e sanitario. Tuttavia, ciò premesso, le faccio presente che la situazione - parlo soprattutto della mia regione, l'Abruzzo - è molto critica, perché noi abbiamo purtroppo delle situazioni al collasso nelle varie ASL, in quanto non si riescono a coprire i turni, c'è carenza di medici e nella mia città addirittura mancano gli anestesisti, quindi capisce che la situazione è veramente drammatica. Probabilmente, ci potrebbero essere maggiori sforzi da parte del Governo, penso ad esempio allo sblocco relativamente alle liste bloccate per accedere ai corsi universitari ed io spero che si avvii l'iter di stabilizzazione del personale, anche perché negli anni ci sono stati diversi programmi per le stabilizzazioni - parliamo delle graduatorie già esistenti di concorsi già espletati, delle stabilizzazioni della “legge Madia”, delle stabilizzazioni per il periodo COVID -, per cui forse limitare il numero chiuso per le iscrizioni alle università faciliterebbe le assunzioni ed il turnover del personale medico. Le faccio presente, a tal proposito, che proprio ieri è stata pubblicata una delibera della regione Abruzzo, che ha autorizzato in deroga l'assunzione a tempo determinato di professionisti sanitari e operatori sociosanitari dei Paesi extra-Unione europea, con la motivazione che le vigenti graduatorie di avviso a tempo determinato e di concorso pubblico non sono sufficienti a garantire il fabbisogno richiesto dalle strutture assunzionali. Quindi - come lei potrà ben capire - la situazione è davvero al paradosso.

Senza nulla togliere agli operatori provenienti dai Paesi extra-UE, io penso che probabilmente si poteva fare accesso alle graduatorie esistenti anche a livello nazionale; se non vi erano graduatorie sufficienti a livello regionale. Le faccio altresì presente che in Abruzzo sono stati sospesi due concorsi dal TAR e, tra l'altro, non sono state fissate delle nuove date. Quindi, Vice Ministro, io lancio un appello affinché si riesca a sbloccare, quanto prima, questa situazione per dare al personale la possibilità del turnover e di godere del meritato riposo, di cui ormai da due anni non riesce a fruire - non parliamo di ferie per andare in vacanza, ma di meritato riposo – ; peraltro, con questi spostamenti di reparto da un giorno all'altro, capisce che la situazione è davvero insostenibile. Per quanto riguarda poi l'ulteriore rimborso economico, il premio economico, in realtà non si tratta di un premio, ma di dare il giusto compenso a chi si è speso in questi anni e ha garantito la tutela della nostra salute.

(Iniziative di competenza, anche normative, volte ad una piena applicazione del Piano ambientale del Parco dei Colli Euganei, nonché all'esclusione dell'utilizzo di combustibili derivati dal trattamento di rifiuti urbani o speciali in aree naturali protette e siti di particolare interesse - n. 2-01391)

PRESIDENTE. Passiamo all'interpellanza urgente Rotta ed altri n. 2-01391 (Vedi l'allegato A).

La collega Rotta ha facoltà di illustrare la sua interpellanza.

ALESSIA ROTTA (PD). Grazie, Presidente, Governo e sottosegretaria Fontana. L'interpellanza che oggi discutiamo serve a capire se finalmente una delle bellezze naturali d'Europa, quella dei Colli Euganei, possa trovare la giusta strada per coniugare la necessaria tutela ambientale e lo sviluppo produttivo delle attività che vi sono attive. La cementeria di Monselice, un impianto industriale di proprietà di Buzzi Unicem SpA per la produzione di clinker e leganti idraulici, opera sulla base dell'autorizzazione integrata ambientale della provincia di Padova n. 223. L'impianto però insiste nell'ambito del Parco regionale dei Colli Euganei e, segnatamente, all'interno delle aree di riconversione fisica e funzionale, di cui all'articolo 5 delle norme tecniche di attuazione del Piano ambientale del Parco, in zona classificata urbanisticamente in parte come industriale, in parte come agricola. L'area è interessata dall'attività della cementeria, ma è un'area tutelata, destinata specificamente ad attività di tutela ambientale, ma anche di turismo, di termalismo e di agricoltura. Infatti, non è solo un'area vincolata dal punto di vista ambientale: il Parco regionale dei Colli Euganei è una zona sito di interesse comunitario, è una zona Natura 2000 del Monte Ricco; sui terreni adiacenti la cementeria vi sono anche viticoltura e olivicoltura di pregio, la presenza del laghetto di Arquà Petrarca, sito tutelato dall'UNESCO, nonché unica risorsa dalla quale si prelevano i fanghi naturali destinati alle cure del grande centro termale di Abano Terme.

Il Piano ambientale del Parco, approvato nell'ottobre del 1998 dal consiglio regionale del Veneto, prevede, all'articolo 19, sulle attività e gli impianti incompatibili ad alto impatto ambientale, che i cementifici sono incompatibili con le finalità e lo sviluppo del Parco e prevede altresì che, per quanto concerne le cementerie esistenti, per le quali è prevista l'approvazione di progetti di intervento unitario, ai sensi dell'articolo 36, l'ente potrà sollecitare la conclusione di accordi di programma con la regione, il Ministero dell'Ambiente - ecco perché oggi interroghiamo il MiTE - i comuni e gli altri soggetti pubblici competenti, per il coordinamento dell'azione di contenimento dell'impatto ambientale paesistico e per concertare con le aziende stesse strategie di adeguamento ed eventuale riconversione o ricollocazione delle attività e degli impianti. È chiaro che il suddetto accordo di programma relativo alla cementeria Buzzi dovrebbe essere partecipato anche dal nuovo Ministero della Transizione ecologica. Il consiglio comunale di Monselice, lo scorso settembre ha approvato all'unanimità la delibera “approvazione schema di convenzione con ditta Buzzi Unicem, ai sensi dell'articolo 19 (norme di attuazione del Piano ambientale del Parco Colli Euganei)”, fissando come obiettivi l'impegno a non produrre il CSS, cioè combustibile derivato dai rifiuti nel ciclo produttivo e a presentare un piano di investimenti per la riconversione dell'attività prima della scadenza dell'attuale autorizzazione integrata ambientale, l'AIA, che è al 2029.

Tuttavia non è chiaro il percorso che la cementeria intenda seguire, dato che ha comunicato di non voler sottoscrivere la convenzione e che non sembra interessata a discutere nemmeno a lungo termine il percorso di riconversione di questo impianto. Dunque, al momento, non risulta che nel cementificio sia in uso il CSS combustibile, ma gli impianti per la produzione di cemento rientrano tra le opere per cui è prevista la valutazione di incidenza, così come disciplinate dal decreto legislativo n. 152 del 2006. Questo comporta che, anche se la normativa vigente non esclude a priori la compatibilità di tale attività con gli obiettivi di tutela ambientale di un sito Natura 2000, tuttavia richiede che siano svolte delle valutazioni specifiche, caso per caso, al riguardo.

Faccio presente come la competenza in materia di autorizzazione degli impianti di incenerimento e co-incenerimento dei rifiuti, compresa una loro eventuale modifica, sia in carico alle amministrazioni regionali. In relazione all'utilizzo del CSS, la disciplina vigente prevede, in ogni caso, una tutela per i cittadini e per il territorio, prevedendo che, anche nel caso di semplice sostituzione del combustibile tradizionale con il CSS, l'autorità competente ha sempre la possibilità di chiedere il rilascio di una nuova autorizzazione e che la modifica del tipo di combustibile utilizzato non potrà avvenire sino al rilascio di nuova autorizzazione.

Inoltre, è il caso di ricordare come la normativa riconosca la possibilità, già oggi, di applicare misure più rigorose di quelle ottenibili con le migliori tecniche disponibili in relazione ad autorizzazioni da concedere ad impianti localizzati in una determinata area. In particolare, l'amministrazione ambientale competente lo rappresenta in sede di conferenza dei servizi per il rilascio dell'autorizzazione. Le medesime disposizioni sono ugualmente applicabili anche in sede di revisione del rinnovo dell'autorizzazione.

Dato che, nonostante la definizione del quadro regolatorio, non si è stati comunque in grado di garantire una composizione degli interessi, tra cui mi pare che il prevalente debba essere la tutela ambientale, così come predisposto dal fatto che qui, sottosegretaria, siamo in presenza di un parco regionale che ha regole precise, chiediamo, con questa interpellanza, di sapere; quali iniziative intenda adottare il Ministero della Transizione ecologica per favorire la piena applicazione delle prescrizioni del piano ambientale del Parco regionale dei Colli Euganei, garantendo la propria partecipazione alla definizione dell'accordo di programma per il coordinamento dell'azione di contenimento dell'impatto ambientale e per concertare strategie di adeguamento ed eventuale riconversione, come naturalmente auspichiamo, o rilocalizzazione delle attività; se non ritenga anche di adottare iniziative per consentire che le amministrazioni competenti possano utilizzare al meglio la normativa vigente, che già oggi consentirebbe di poter deliberare l'esclusione dell'utilizzo dei CSS, comunque questi siano classificati, negli impianti siti in determinate aree tutelate in base alla normativa vigente.

Voglio anche ricordare quante e quali risorse sta investendo il Governo, in particolare il Ministero, nel Piano nazionale di ripresa e resilienza che è proprio dedicato alla tutela ambientale e alla transizione ecologica nel nostro Paese.

PRESIDENTE. La sottosegretaria di Stato per la Transizione ecologica, Ilaria Fontana, ha facoltà di rispondere.

ILARIA FONTANA, Sottosegretaria di Stato per la Transizione ecologica. Grazie, Presidente. Ringrazio la presidente Rotta e i colleghi, perché ci permettono di fare chiarezza su una tematica così importante.

Per quanto concerne l'istanza che il cementificio ha avanzato al comune di Monselice, la regione Veneto rappresenta che, in data 22 novembre 2019, è stata presentata allo sportello unico per le attività produttive del comune la richiesta di permesso a costruire e di autorizzazione paesaggistica concernente la realizzazione di un impianto di ricezione e dosaggio di minerali di ferro e/o silicati di ferro.

La regione Veneto specifica, altresì, che, successivamente, il Parco Colli Euganei, il 7 febbraio 2021, sulla base di suddetta istanza, ha rilasciato l'autorizzazione paesaggistica, rimandando, altresì, alla stipula di un'apposita convenzione tra l'ente parco, i comuni interessati e la società istante per la realizzazione dell'impianto in questione quale intervento eccedente la manutenzione e l'adeguamento degli impianti e delle strutture esistenti, secondo quanto previsto all'articolo 19 del piano ambientale del Parco regionale dei Colli Euganei. Tale articolo subordina, appunto, alla stipula di un'apposita convenzione la prosecuzione o meno di attività, quali quelle relative alla produzione di cemento.

A tale proposito, la regione Veneto specifica che il comune di Monselice ha convocato, in due occasioni, ossia il 26 luglio e il 22 settembre 2021, la conferenza dei servizi, al fine di trovare un accordo fra tutte le parti interessate circa il contenuto della convenzione. Non avendo le parti concordato una versione condivisa della convenzione, il TAR Veneto, con sentenza n. 1178 del 2021, ha condannato il comune di Monselice a concludere il procedimento entro 90 giorni. Pertanto, il 15 dicembre 2021 si è svolta una nuova conferenza dei servizi al termine della quale il comune di Monselice e la società Buzzi non hanno trovato un accordo riguardo alla bozza di convenzione.

La regione Veneto rappresenta che il mancato accordo deriva dalla previsione contenuta nella bozza predisposta dal comune di Monselice per cui la società rinunci in via preventiva alla possibilità di introdurre combustibili CSS nel ciclo produttivo della cementeria, ipotesi comunque non accettata dalla società in questione. Al momento, non risulta che nel cementificio in questione venga utilizzato il CSS combustibile, così come rappresentato da nota della Buzzi inoltrata sia al nostro Ministero che alla provincia di Padova e all'ARPAV.

Si ricorda che la competenza in materia di autorizzazione degli impianti di incenerimento e co-incenerimento dei rifiuti, compresa la loro modifica, è in carico alle amministrazioni regionali, ai sensi dell'articolo 196, comma 1, lettere d) ed e), del decreto legislativo n. 152 del 2006.

Per il caso specifico, è utile evidenziare che la disciplina vigente circa il rilascio dei titoli autorizzativi prevede che, nel caso in cui uno strumento di programmazione o di pianificazione ambientale riconosca la necessità di applicare ad impianti, localizzati in una determinata area, misure più rigorose di quelle ottenibili con le migliori tecniche disponibili, al fine di assicurare in tale area il rispetto delle norme di qualità ambientale, l'amministrazione ambientale competente lo rappresenti in sede di conferenza di servizi per il rilascio dell'autorizzazione. Le medesime disposizioni sono ugualmente applicabili anche in sede di revisione dell'autorizzazione o all'atto del rinnovo.

Per quanto concerne un eventuale accordo di programma finalizzato al contenimento dell'impatto ambientale e paesistico o al concertamento di strategie di adeguamento con l'azienda stessa ed eventuale riconversione, così come sollecitato dagli interroganti, si specifica che, ai sensi dell'articolo 19 del piano ambientale del parco regionale dei Colli Euganei, è l'ente stesso che ha la facoltà di coinvolgere il Ministero e gli altri soggetti interessati nella stesura e definizione di tale accordo, per la cui eventualità questo Ministero si rende disponibile a prendere parte al procedimento.

Infine, questa amministrazione auspica, sin da ora, che le parti in causa possano trovare al più presto una convergenza definitiva sul testo della convenzione fra il comune di Monselice e la proprietà circa gli interventi eccedenti la manutenzione, l'adeguamento degli impianti e delle strutture e le ristrutturazioni interne, così come previsto dallo stesso piano ambientale del parco in oggetto.

Quanto alla possibilità di adottare iniziative normative per escludere l'utilizzazione dei combustibili solidi secondari negli impianti siti in aree naturali protette e nei siti di particolare interesse, questo Ministero, ovviamente, è comunque disponibile a valutare le proposte normative che il Parlamento vorrà presentare.

PRESIDENTE. La deputata Alessia Rotta ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatta per la risposta alla sua interpellanza.

ALESSIA ROTTA (PD). Grazie, Presidente. La prendo in parola, naturalmente, e parto dalla fine della risposta della sottosegretaria Fontana, che ovviamente ringrazio. Sicuramente ci muoveremo in questo senso, perché noi crediamo che sia scontato e ovvio. Noi pensiamo che in un parco non possa risiedere un impianto che fa emissioni e un impianto che rilascia le emissioni derivanti dalla combustione del CSS. Quindi, coglieremo sicuramente la palla al balzo.

Voglio aggiungere che, fatte salve le competenze che sono state adeguatamente ricordate dalla sottosegretaria Fontana circa le competenze della regione, io leggo questa risposta e la indirizzerò alla regione Veneto, perché è la regione Veneto che deve non solo autorizzare ma anche vigilare rispetto al proprio parco, che è un parco regionale, ma proprio in virtù dell'articolo 19, come ricordato, la regione Veneto può coinvolgere il Ministero, perché questa dovuta attenzione maggiore ad un parco regionale - lo ripeto e l'ho ribadito nell'interpellanza - è perché l'interesse è riconosciuto non solo a livello nazionale ma anche a livello internazionale. L'etichetta dell'UNESCO non è un'etichetta di facciata riguardo al laghetto. La viticoltura e l'olivicoltura non sono, diciamo, delle attività da considerarsi non di pregio, ma tutto il contrario. Inoltre, voglio ricordare anche la presenza nelle vicinanze di una scuola e voglio ricordare la presenza di un parco riconosciuto come tale.

Pertanto, credo che dovremmo avere sempre in mente - i legislatori e i cittadini lo hanno bene in mente - una gerarchia degli interventi. Certamente, la convivenza tra attività produttive e ambiente è la strada da perseguire, ma, laddove c'è una tutela già prevista da anni e anni, come l'istituzione del parco rappresenta in maniera piuttosto evidente, dobbiamo dare le giuste priorità, che sono, appunto, quelle che il nostro Paese deve, in generale, perseguire. Così come abbiamo sottoscritto negli ultimi accordi recenti della COP26, così come abbiamo preso l'impegno investendo tutti i miliardi che stiamo investendo per il Piano di transizione ecologica, questo apparirebbe ai nostri occhi evidentemente un nonsense. Abbiamo bisogno - e la sottosegretaria Fontana lo sa molto bene - di aumentare le nostre aree protette, le aree protette del nostro Paese; ne abbiamo bisogno, perché dobbiamo ridurre le emissioni di CO2, dobbiamo ridurre le nostre emissioni in atmosfera; per farlo, quindi, abbiamo bisogno di più, e non di meno, aree tutelate, e questo è nelle intenzioni del Governo. È di tutta evidenza che questo non è un parco nazionale, ma un parco regionale, però, a questo obiettivo, devono concorrere obbligatoriamente tutti i territori, tutte le regioni, tutte le amministrazioni che hanno competenza.

(Elementi ed iniziative di competenza in ordine alla mancata o parziale trasmissione delle informazioni per la stesura del Piano per la transizione energetica sostenibile delle aree idonee (Pitesai) da parte delle regioni, con particolare riferimento alla Basilicata e al Molise - n. 2-01439)

PRESIDENTE. Passiamo all'interpellanza urgente Cillis ed altri n. 2-01439 (Vedi l'allegato A).

Chiedo al collega Cillis se intenda illustrare la sua interpellanza o se si riservi di intervenire in sede di replica.

LUCIANO CILLIS (M5S). Grazie, Presidente, la illustro. Lo scorso 11 febbraio è stato pubblicato in Gazzetta Ufficiale il Piano per la transizione energetica sostenibile delle aree idonee, acronimo Pitesai, che definisce l'ambito territoriale di riferimento all'interno del quale, in base a criteri di sostenibilità ambientale, sociale ed economica, sono state individuate le aree idonee e non idonee per lo svolgimento e la prosecuzione delle attività di ricerca e di estrazione di idrocarburi. I principi cardine cui si è ispirato il Piano sono riassumibili nel rispetto della sostenibilità ambientale, sociale ed economica. Come si legge nella parte introduttiva del Pitesai, la predisposizione del Piano parte, infatti, dalla finalità espressa all'articolo 11-ter del “decreto Semplificazioni” n. 135 del 2018. Cito testualmente: “Individuare un quadro definito di riferimento delle aree ove è consentito lo svolgimento delle attività di prospezione, ricerca e coltivazione di idrocarburi sul territorio nazionale, volto a valorizzare la sostenibilità ambientale, sociale ed economica delle stesse”.

L'intento è, pertanto, quello di offrire un quadro territoriale di riferimento, definito e pienamente condiviso con le regioni, tramite la Conferenza unificata, rispetto al quale pianificare sul territorio nazionale la sostenibilità ambientale, sociale ed economica, e con l'obiettivo di accompagnare la transizione del sistema energetico nazionale verso la decarbonizzazione. A tal fine, il Piano deve tener conto delle caratteristiche del territorio, sociali, industriali, urbanistiche, agricole e morfologiche, con particolare riferimento all'assetto idrogeologico e alle vigenti pianificazioni, anche interregionali e regionali, e, per quanto riguarda le aree marine, principalmente considerare i possibili effetti sull'ecosistema. Ampie porzioni di territorio non possono essere ritenute idonee, in quanto caratterizzate dalla presenza di aree di estrazione di acqua ad uso umano, di siti di interesse regionale, di aree vincolate dal Ministero della Cultura, di aree di ricarica delle falde acquifere, e così via.

In particolare, su un totale di 25 richieste da parte del Ministero, la sola regione Basilicata è risultata interessata da ben 17 di esse, e solo per 3 è stata fornita tutta la documentazione, per 2 di esse è stata fornita documentazione parziale o in fase di elaborazione, mentre per le rimanenti 12 non è stata trasmessa alcuna documentazione. Si ritiene che la mancanza o carenza delle informazioni necessarie alla corretta elaborazione del Piano abbia generato una rappresentazione distorta e non fedele delle caratteristiche territoriali della regione Basilicata, e questo vale anche per la vicina regione Molise, dove insistono parchi nazionali, aree di ricarica delle falde acquifere, zone SIC e ZPS, a cui si aggiunge il fatto che gran parte della regione risulta essere nella fascia alta di pericolosità sismica. Infatti, anche per altre regioni, come il Molise, gli strati informativi risultano parziali o mancanti, in quanto ancora non pervenuti dalle amministrazioni a cui sono stati richiesti.

Chiediamo, quindi, se siano state avviate tutte le procedure necessarie ad accertare le motivazioni della mancata trasmissione da parte della regione Basilicata, della regione Molise e di altre regioni degli strati informativi richiesti dal Ministero e necessari alla corretta stesura e rappresentazione del Pitesai. Inoltre, vorremmo sapere come intenda procedere alla sollecita acquisizione dei dati e della documentazione non ancora prodotti, al fine di integrare e completare il quadro conoscitivo del Pitesai, che, ad oggi, risulta carente dei dati e delle informazioni relativi alle categorie ambientali, e, dunque, non coerente con i piani sinora esposti.

PRESIDENTE. La sottosegretaria di Stato per la Transizione ecologica, Ilaria Fontana, ha facoltà di rispondere.

ILARIA FONTANA, Sottosegretaria di Stato per la Transizione ecologica. Grazie, Presidente. Ringrazio il collega Cillis e i colleghi firmatari, perché ci permettono di fare un ulteriore approfondimento su un tema così importante, anche in questo particolare momento. Si rileva che, con decreto del Ministro della Transizione ecologica n. 548 del 2021, è stato adottato il Pitesai, ovvero il Piano per la transizione energetica sostenibile delle aree idonee. Il suddetto Piano è stato approvato a seguito di un processo ampio e partecipato. A tal fine, infatti, è stata svolta la procedura di VAS, ossia di valutazione ambientale strategica, e successivamente acquisita l'intesa della Conferenza unificata, nel rispetto di quanto stabilito dal legislatore, al fine di garantire la compartecipazione, per la parte del Piano relativa ai giacimenti su terraferma, di tutti i soggetti interessati: regioni, province, comuni e comunità montane.

Con il Piano, che costituisce lo strumento nazionale di pianificazione e razionalizzazione delle attività in materia di idrocarburi, sono state determinate le aree a terra e a mare ove sarà o meno consentito lo svolgimento di eventuali future attività di prospezione, ricerca e coltivazione di idrocarburi, nonché le aree rispetto alle quali le attività di ricerca e coltivazione attualmente in essere risultano compatibili con il territorio interessato, in base ai criteri definiti ed illustrati nel dettaglio nel Piano, per valorizzare la sostenibilità ambientale, economica e sociale delle stesse, secondo le previsioni normative del citato articolo 11-ter. In particolare, per la definizione delle aree potenzialmente idonee alle eventuali future attività di ricerca e coltivazione di idrocarburi sono stati valutati, come prevalenti, nell'ambito del Piano, i criteri ambientali. Sono stati, quindi, considerati i vincoli ambientali assoluti, che risultano essere 7, quali vincoli normativi che già prevedono restrizioni di vario tipo per le attività upstream, nonché i vincoli aggiuntivi di esclusione, che risultano essere 30, quali vincoli di salvaguardia, tutela e valorizzazione del patrimonio ambientale, culturale, territoriale ed economico, che precludono, di fatto, le specifiche attività operative di prospezione, ricerca e coltivazione di idrocarburi nelle aree interessate.

In ultimo, sono stati presi in considerazione i vincoli di attenzione/approfondimento, che sono 15, che non determinano a priori la non idoneità dell'area, ma che devono essere comunque considerati nelle successive fasi valutative sito-specifiche, tra cui le Vinca e le VIA del progetto nel sito specifico, che si renderanno necessarie prima di approvare la realizzazione delle specifiche attività di prospezione, ricerca e coltivazione degli idrocarburi. Sommando i predetti vincoli cartografabili, ad eccezione di quelli di attenzione/approfondimento, la maggior parte dei quali sono stati resi disponibili da diverse amministrazioni nazionali, regioni, autorità competenti e ARPA, in esito a specifiche richieste da parte degli uffici preposti del Ministero, così come ampiamente dettagliato all'interno dell'Allegato 2 del Piano stesso, si è ottenuta, sia la carta delle aree idonee e non idonee per le attività di prospezione e di ricerca, sia la carta delle aree idonee e non idonee per le attività di coltivazione, entrambe pubblicate e consultabili sul sito istituzionale del Ministero della Transizione ecologica, oltre che sul sito della piattaforma SINACLOUD gestita da ISPRA.

In base alle elaborate carte sopra citate risulta che, per quanto concerne la regione Basilicata, il 28,71 per cento dell'area del territorio regionale è idoneo per quanto riguarda le attività di coltivazione, mentre il 28,63 per cento è idoneo per quanto riguarda le attività di ricerca e prospezione.

Per quanto concerne la regione Molise, risulta che il 100 per cento del territorio regionale non è idoneo per dette attività, secondo i criteri ambientali considerati. Inoltre, la regione Molise ha rappresentato che, in riferimento al procedimento di VAS, ha interessato tutti gli uffici dell'amministrazione potenzialmente in possesso delle informazioni richieste, costituite per la maggior parte da cartografie digitali. La stessa regione informa che i risultati acquisiti a livello regionale, attraverso l'Agenzia regionale per lo sviluppo agricolo, rurale e della pesca e, a livello nazionale, attraverso l'Autorità di bacino meridionale e ISPRA, sono stati messi nelle disponibilità del MiTE.

Si evidenzia che nel Piano per la definizione delle aree ove sarà, invece, possibile proseguire nei procedimenti e/o nelle attività di ricerca e di coltivazione già in essere, è stata effettuata un'analisi più complessa, integrata dei criteri ambientali e socioeconomici, volta a determinare la compatibilità delle attività in parola con il contesto di riferimento. A tal riguardo, va evidenziato e precisato che, con riferimento specifico alle attività connesse ai permessi di ricerca, queste ultime potranno proseguire nelle aree che risulteranno idonee dall'applicazione del Piano soltanto con riferimento al gas, con esclusione, dunque, degli altri idrocarburi.

Sono stati, quindi, indicati e descritti i vari criteri socio-economici considerati e, in particolare, il potenziale minerario, la produttività o improduttività delle attività minerarie già in essere, la metodologia di analisi costi-benefici, quale strumento di supporto alle decisioni, al fine di individuare le concessioni vigenti in terraferma che, a scadenza del titolo minerario, converrebbe prorogare oppure portare a scadenza con successiva dismissione degli impianti e ripristino dei luoghi.

Ciò premesso, si rappresenta che, al fine di garantire la massima trasparenza dell'attività condotta dal Ministero tramite gli uffici preposti per la predisposizione del Pitesai e relativamente alla fase di raccolta dei dati per la costruzione del sistema informativo geografico pubblicato sul web pertinente la definizione delle aree idonee, nel Piano sono state elencate, con specifico dettaglio, tutte le note inviate a tal fine da questo Ministero alle altre amministrazioni interessate, comprese le regioni Basilicata e Molise, come è stato richiesto nell'interpellanza.

Si specifica che il Ministero ha attuato ogni possibile misura al fine di completare l'acquisizione dei dati necessari alla predisposizione del Piano, anche in riferimento a dati relativi a Parchi regionali, SIC e ZPS. In particolare, si precisa ulteriormente che il Piano stesso prevede che i dati cartografati per la costruzione delle mappe delle aree idonee siano da considerarsi tali sia se forniti dalle regioni e dalle amministrazioni coinvolte e competenti, che se forniti in formato vettoriale, come specificato nelle note di richiesta degli strati informativi inviate dal Ministero, e comunque ritenuti atti all'identificazione e mappatura di ulteriori vincoli da considerare. Occorre, inoltre, precisare che altri vincoli, anche se i relativi dati non sono stati direttamente richiesti alla regione Basilicata, sono stati comunque mappati, in quanto forniti da altre amministrazioni a carattere nazionale. Infine, come chiarito nel Piano medesimo e così come emerso nella fase di VAS, i criteri ambientali dovranno essere considerati, ove applicabili, come dinamici e adattativi. Pertanto, in ottemperanza a questa considerazione, il Ministero aggiornerà tali criteri sulla base delle comunicazioni di aggiornamento che le diverse amministrazioni coinvolte saranno tenute ad effettuare agli uffici competenti del Ministero, proprio al fine di consentire le suddette dinamicità ed adattività. Dunque, il Ministero effettuerà comunque annualmente una richiesta in tal senso alle amministrazione pertinenti, al fine di richiamare tale adempimento per le finalità di aggiornamento del Piano.

Infine, si specifica che le regioni potranno in qualsiasi momento fornire alle strutture preposte del Ministero eventuali dati ritenuti rilevanti, sinora non resi disponibili per diversi motivi, quali la non momentanea disponibilità o, ancora, la non utilizzabilità informatica del formato del documento stesso. Tali dati, pertanto, saranno ulteriormente considerati nell'attuazione del Piano e nelle conseguenti fasi di aggiornamento dello stesso.

PRESIDENTE. Il collega Cillis ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatto per la risposta alla sua interpellanza.

LUCIANO CILLIS (M5S). Grazie, Presidente. Ringrazio, a nome mio e di tutti gli altri interpellanti, la sottosegretaria che, come al solito, ha esaurientemente dato informazioni e completato il quadro normativo riguardante una materia non semplice, di non facile gestione, come quella del Pitesai. Come la sottosegretaria ricordava, lo scopo del Pitesai è stabilire i criteri che devono essere adottati per l'individuazione delle aree ritenute idonee per lo svolgimento delle attività di ricerca e di estrazione di idrocarburi. Deve essere considerato, pertanto, come un atto di pianificazione, le cui finalità devono consentire l'individuazione di un quadro di riferimento ben definito per le aree del territorio italiano dove saranno consentite le attività che sono state appena descritte, atto di pianificazione che, al netto della legislazione nazionale vigente, deve essere condiviso con le regioni e con la Conferenza nazionale, tenendo conto delle caratteristiche sociali, industriali, urbanistiche e morfologiche del territorio e deve avere una particolare attenzione all'assetto idrogeologico e alle vigenti pianificazioni regionali.

La pianificazione in accordo con le regioni è, secondo noi, l'anello debole di tutta la struttura della catena di informazione dell'aspetto che, nello specifico, nella regione Basilicata, purtroppo, siamo stati costretti ad evidenziare, perché, se in questa prima e delicatissima fase di costruzione del Piano la regione ha fatto mancare un consistente contributo relativamente alle richieste fatte dal Ministero, nutriamo, purtroppo, dubbi che possa farlo in futuro; noi ci aspettiamo che l'assessore e tutta la struttura della regione Basilicata vengano incalzati anche da questo atto di indirizzo affinché possano dare completa esecuzione e informazioni al MiTE per portare a compimento il Piano. Dagli allegati e appendici al Pitesai, ad oggi, la regione Basilicata su ben 17 richieste ha fornito documentazioni in tre casi, in un caso ha fornito documentazione parziale, in uno la documentazione risulta ancora in fase di elaborazione, per ben 12 richieste non ha fornito alcuna documentazione. Il risultato di tutto questo è che, ad oggi, come la sottosegretaria ricordava, poco più del 57 per cento del territorio lucano è potenzialmente idoneo alla coltivazione, alla ricerca e all'estrazione di idrocarburi. Con la documentazione completa il risultato sarebbe stato diverso? Non lo so.

Infine, constatiamo che, finalmente, con il Pitesai si cerca di portare un po' di chiarezza, anche normativa, in un settore che per troppi anni è stato in balia di cavilli e di interpretazioni. Vedete, se avessimo avuto prima il Pitesai, avremmo avuto la certezza di tutto quello che si poteva o non si poteva fare in un determinato territorio; avremmo saputo, ad esempio, che in territori ricchi di bacini idrici, in territori altamente pericolosi dal punto di vista sismico, in presenza di parchi nazionali e Zone speciali di protezione, di dighe per la raccolta delle acque ad uso umano ed irriguo non si poteva trivellare; la descrizione, insomma, di tutto quello che in Val d'Agri non andava fatto. Pertanto, mi ritengo pienamente soddisfatto della risposta ottenuta.

(Iniziative di competenza volte alla revisione della valutazione delle emissioni degli impianti di combustione dei rifiuti e a ciclo combinato, con particolare riferimento all'inceneritore “Silla 2”, nella città di Milano - n. 2-01432)

PRESIDENTE. Passiamo all'interpellanza urgente Zolezzi ed altri n. 2-01432 (Vedi l'allegato A). Chiedo al deputato Zolezzi se intenda illustrare la sua interpellanza o se si riservi di intervenire in sede di replica. La richiamo io, quando sono 15 minuti.

ALBERTO ZOLEZZI (M5S). Grazie, Presidente. Ringrazio la sottosegretaria Ilaria Fontana. Parliamo in Aula di un tema che è comunque di interesse, nonostante i tempi che corrono. Parliamo di come terminare il ciclo e la filiera dei rifiuti. Abbiamo visto prima il tema del combustibile solido secondario, anche qui probabilmente per cercare una soluzione alla gestione dei rifiuti, però è necessario comprendere come ci siano altre soluzioni, che non siano la combustione. Soprattutto è necessario prima cercare la soluzione e poi evitare, magari, di fare voti, come quelli del “decreto Semplificazioni”, che hanno portato alla semplificazione dell'utilizzo del CSS, basta andare a vedere quali gruppi politici hanno votato gli emendamenti.

Con questa specifica interpellanza, mi riferisco allo studio dell'Agenzia per la tutela della salute di Milano, una delle parti un po' anomale della riforma regionale sanitaria lombarda, che ha studiato l'inceneritore definito Silla 2 nel territorio di Milano, per quanto riguarda la valutazione dello stato di salute della popolazione residente intorno all'inceneritore. Si tratta della zona nord-est di Milano, che può trattare oltre 500 mila tonnellate di rifiuti.

Tale impianto è simile a molti di quelli presenti sul territorio nazionale per la combustione dei rifiuti a ciclo combinato ed è stato scelto come caso emblematico in merito ai sistemi di valutazione delle emissioni e del reale impatto ambientale degli impianti.

Questo inceneritore, fra l'altro, nel 2018 ha bruciato oltre 572 mila tonnellate di rifiuti, di cui oltre 28 mila provenienti da fuori regione. È salita la percentuale nel 2020, quando i rifiuti da fuori regione sono stati oltre 48 mila su 557 mila tonnellate bruciate, quindi c'è stato un aumento del 70 per cento dei rifiuti che sono arrivati da fuori regione.

In sostanza, però, c'è stata una riduzione totale dei rifiuti bruciati del 2,6 per cento, nonostante ci sia stata, soprattutto nel 2019, una progressione del prodotto interno lordo nazionale, ma soprattutto del prodotto interno lordo locale.

In Italia, dal 2017 al 2019, anche grazie al fatto che abbiamo eliminato gli incentivi alla produzione energetica dell'incenerimento dei rifiuti, gli inceneritori si sono ridotti da 437 a 385. Con riferimento al 2020, non abbiamo ancora i dati, perché abbiamo solo i dati per gli inceneritori dei rifiuti solidi urbani, che sono 37, ed erano 39 nel 2017.

Ridurre gli inceneritori aumentando e migliorando il resto della filiera è assolutamente possibile e auspicabile.

In totale, in Italia, si è passati da 9,9 a 9,45 milioni di tonnellate di rifiuti bruciati, comprendendo impianti per rifiuti urbani e rifiuti produttivi speciali, dal 2017 al 2019. Abbiamo il dato per i rifiuti urbani solidi nel 2020: si è passati, in 3 anni, da 5,57 a 5,32 milioni di tonnellate bruciate, con la riduzione del 4,4 per cento; pensando alla produzione di un anno prima, comunque, c'è un aumento del prodotto interno lordo in questo stesso periodo.

Va segnalato che abbiamo una capacità residua di incenerimento per gli impianti, per le autorizzazioni classiche, di 2,5 milioni di tonnellate, quindi si potrebbero bruciare altri 2,5 milioni; abbiamo una capacità di fuoco di quasi 13 milioni di tonnellate di rifiuti in Italia, che sale, in realtà, a 4 milioni, conteggiando il massimo carico termico con una stima.

Va detto che in Italia, dal 2018 al 2020, la raccolta differenziata è salita dal 55 al 63 per cento, cioè un modello Italia che funziona meglio.

Torniamo allo studio dell'ATS del 2019 che ha preso in considerazione le emissioni nell'anno solare del 2015, una anno caratterizzato da un minor numero di regimi transitori e minori ore in stato di fermo, con una quantità di rifiuti bruciati forse un pochino maggiore rispetto agli anni precedenti. Il sistema di monitoraggio continuo delle emissioni è definito SME e valida i dati soltanto in condizione di regime stazionario e non acquisisce le concentrazioni nei regimi transitori, quando l'inceneritore si spegne e riparte. Sebbene queste coinvolgano poche ore di esercizio, possono risultare da 1 a 3 ordini di grandezza superiori alle concentrazioni in regime stazionario (J. Obaid ha fatto uno studio su questo nel 2017).

Pertanto, contrariamente a quanto si dice nello studio dell'Agenzia di tutela della salute (ATS) di Milano, è probabile che nel 2015 l'inceneritore considerato abbia disperso meno inquinanti in ragione del verificarsi del minor numero di regimi transitori.

Gli impianti con sistemi di campionamento in continuo dei microinquinanti, quali diossine e policlorobifenili (PCB), hanno come limite il non funzionamento nelle condizioni transitorie, che sono quelle, però, di massima emissione. Estendendo a tutte le condizioni impiantistiche, si otterrebbe il reale impatto ambientale e si potrebbero stabilire l'impatto sulla salute ed eventuali correzioni costruttive e di gestione.

Per quanto riguarda la ricaduta al suolo degli inquinanti, manca una determinazione dell'altezza reale del camino e il calcolo dell'umidità assoluta media. Alcuni parametri tecnici, ad esempio l'innalzamento del pennacchio, del fumo, andrebbe sommato all'altezza di progetto dal suolo della sorgente; l'umidità assoluta nei fumi di un inceneritore può essere mediamente superiore al 10 per cento e la capacità termica dei fiumi si innalza in modo rilevante, così come il pennacchio; questo deve essere tenuto in considerazione per avere un corretto modello diffusionale.

Dal documento, si evince la presenza di 3 camini con 2,2 metri di diametro, per una superficie di 11,3 metri quadrati: moltiplicandola per la velocità dei fumi di 13 metri al secondo, si calcola una portata di 150 mila metri cubi lineari al secondo e 543 mila metri cubi lineari all'ora; normalizzando la temperatura a 20 gradi, la portata sarebbe di 583 mila metri cubi lineari all'ora Ma lo studio riporta solo 107 mila metri cubi, che non corrispondono neanche alla portata di un singolo camino, per cui il calcolo dell'emissione dei camini dovrebbe essere fatto correttamente per avere un corretto modello di ricaduta al suolo degli inquinanti.

È un dato importante anche per quanto riguarda la valutazione che fa l'Agenzia regionale per la protezione ambientale, l'ARPA, per valutare le emissioni, dove stima intorno al 5 per cento della gestione dei rifiuti, ma se tutti gli impianti sono calcolati così, può esserci una sottostima molto forte.

Il particolato totale sospeso, il PTS, quando ricade al suolo, dovrebbe essere conteggiato sulla base della dimensione, con frazioni molto simili: il particolato fine e ultrafine, quello sotto a 1 micron, si comporta come un gas, mentre il particolato più grande e grossolano ha ricadute in funzione della caratterizzazione dei fumi, per cui non si può conteggiare un particolato di dimensioni simili.

Va rilevato che le centraline di ARPA Lombardia intorno all'inceneritore a Rho-Pero mostrano, da anni, il risultato “999”, che vuol dire semplicemente che non funzionano. Quindi, ARPA non ci dice cosa accada lì intorno, a parte misurazioni dedicate che però poi non sono pubbliche fino a quando, magari, dopo 5 anni, ci danno questi risultati.

Da quelle parti, penso alla mia Mantova, ci sono già stati 27 superamenti del PM10 in 2 mesi nel 2022: 35 è il massimo annuale consentito e in 2 mesi siamo già a 27. Per quanto riguarda il PM2,5, i valori sono stati quasi tutti i giorni sopra a 25 e l'OMS chiede 5: qui siamo, ogni anno, pressappoco, a 25 di media.

Per quanto riguarda gli idrocarburi policiclici aromatici (IPA) in aria, si rivela che gli artefatti dovuti a degradazioni ossidative possono compromettere la misurazione e il campionamento e dare sottostima. Si suggerisce e sarebbe necessario un denuder, un sistema diffusivo catalitico, che abbatta l'ozono troposferico (scrubber), prima che entri in contatto con il particolato raccolto sul filtro. Anche questo, è stato già attenzionato nel recepimento delle procedure europee (decreto ministeriale 5 maggio 2015), dove è menzionato questo sistema per valutare l'ozono in presenza e assenza di luce solare. E. Menichini, in uno studio del 2009, mostra che la perdita di benzo(a)pirene, e quindi di questi idrocarburi policiclici, può essere dal 20 al 55 per cento e, in concentrazioni elevate di ozono, si può arrivare ad una sottostima anche del 100 per cento. Abbiamo da queste parti 70-90 giorni all'anno di superamento di 120 microgrammi di ozono, quindi abbiamo l'area cancerogena, pressappoco, un giorno su due, fra PM2,5 e ozono, da queste parti.

Per cui chiedo se il Ministro interrogato intenda adottare iniziative volte a disporre la valutazione delle emissioni in tutte le condizioni di esercizio, transitori compresi, per valutare il reale impatto ambientale degli impianti di combustione dei rifiuti a ciclo combinato; se intenda adottare iniziative volte a disporre la valutazione della ricaduta al suolo degli inquinanti tramite dati sulla reale altezza del camino, sull'umidità e sulla densità dei fumi nei medesimi impianti; se intenda promuovere, per quanto di competenza, una revisione dei calcoli della portata e della dispersione dell'inceneritore “Silla 2” e di altri impianti analoghi; se intenda promuovere una revisione dei metodi di calcolo della ricaduta del particolato totale sospeso in funzione della distribuzione dimensionale del particolato; se intenda adottare iniziative al fine di favorire l'inclusione, nel sistema di campionamento degli IPA, di un sistema diffusivo catalitico per ridurre le possibili sottostime, riferibili in particolare all'ozono, ricordando che in questo periodo si sta scrivendo un documento, tra l'altro, importantissimo, il Programma nazionale per la gestione dei rifiuti, che dovrebbe tener conto degli impatti di questa filiera, impatti non solo ambientali, ma anche economici e sanitari.

PRESIDENTE. La sottosegretaria di Stato per la Transizione ecologica, Ilaria Fontana, ha facoltà di rispondere.

ILARIA FONTANA, Sottosegretaria di Stato per la Transizione ecologica. Grazie, Presidente. Con riferimento alla questione posta dall'onorevole interpellante, per quanto concerne l'impianto di termovalorizzazione dei rifiuti “Silla 2”, ubicato nel comune di Milano, si rappresenta quanto segue.

“Silla 2” è un impianto di termovalorizzazione dei rifiuti rientrante al punto 5.2 dell'allegato VIII alla Parte Seconda del decreto legislativo n. 152 del 2006 ed è pertanto soggetto ad autorizzazione integrata ambientale (AIA).

L'autorizzazione è rilasciata sulla base della normativa nazionale, stabilendo tutte le condizioni tecnico-gestionali che tali impianti devono rispettare nell'ambito del loro esercizio, ivi incluse la fissazione dei valori limite, la gestione delle fasi diverse dal normale funzionamento (transitori), nonché le modalità di monitoraggio e controllo delle emissioni.

La suddetta normativa rimanda, per gli aspetti di natura più analitica, alle norme tecniche di derivazione comunitaria per quanto concerne, ad esempio, i metodi di campionamento dei vari parametri inquinanti, nonché le condizioni di “normalizzazione” dei parametri di funzionamento degli impianti rispetto alle condizioni ambientali: temperatura, umidità e tenore di ossigeno, aspetti citati proprio da lei, onorevole Zolezzi.

Per quanto attiene la valutazione delle emissioni degli inceneritori, le norme nazionali e comunitarie prevedono che i valori limite facciano riferimento alle condizioni di normale funzionamento, tuttavia va specificato che sono definite le condizioni di funzionamento in modalità diverse, in particolare, quindi, anche con una normativa specifica.

È, inoltre, opportuno ricordare che per gli inceneritori è previsto il monitoraggio in continuo di molti parametri di processo ed emissivi, oltre che dei macroinquinanti. I sistemi di monitoraggio in continuo alle emissioni (SME) devono soddisfare una serie di requisiti finalizzati all'acquisizione, elaborazione e registrazione dei dati in tutte le condizioni di esercizio degli impianti; pertanto, fermo restando che il rispetto dei valori limite è connesso alle fasi di normale funzionamento dell'impianto, è opportuno sottolineare che i dati emissivi vengono acquisiti, attraverso lo SME, in continuo sulle 24 ore, incluse, quindi, le fasi transitorie.

Inoltre, la regione Lombardia rappresenta che ha emanato disposizioni finalizzate a limitare ulteriormente gli impatti ambientali degli impianti di incenerimento dei rifiuti. In particolare, si riferisce alla deliberazione di giunta regionale n. 3019 del 2012, con cui sono stati stabiliti limiti alle emissioni più restrittivi di quelli previsti a livello nazionale. La regione segnala, altresì, l'emanazione dei decreti n. 1024 del 2004 e n. 14338 del 2017, finalizzati a fornire specifiche disposizioni per la gestione dei sistemi di monitoraggio in continuo alle emissioni (SME) degli inceneritori e delle fasi transitorie quali anomalie, guasti e fermo impianto.

Ulteriormente, la regione rappresenta che tutti gli impianti di incenerimento di RSU lombardi, incluso quindi “Silla 2”, oltre ad essere dotati di SME, sono collegati alla rete SME di ARPA, istituita con delibera di giunta n. 11352 del 2010. Infatti, tale rete costituisce un sistema di trattamento dati parallelo al sistema SME, attraverso il quale ARPA Lombardia acquisisce giornalmente i dati direttamente dagli analizzatori del gestore e li elabora con proprio software, relativi a tutte le condizioni di funzionamento dell'impianto, comprese le fasi transitorie.

Quanto appena descritto consente di migliorare ulteriormente la disponibilità e la diffusione dei dati forniti dagli SME, nell'ottica del confronto e dell'analisi statistica degli stessi, nonché l'efficienza del sistema di controllo delle emissioni più significative dal punto di vista quantitativo.

Tutti gli aspetti di carattere generale previsti dalle normative sopra richiamate sono stati recepiti nell'autorizzazione di “Silla 2”, che prevede, quindi, anche per la gestione dei transitori specifiche prescrizioni, in linea con quanto previsto dalla normativa nazionale e comunitaria. L'impianto è autorizzato con atto della regione Lombardia n. 7479 del 2021 ed è costituito da tre linee, per una capacità di trattamento giornaliera complessiva di circa 1.740 tonnellate di rifiuti.

Sulla base di quanto previsto dalle norme regionali, l'autorizzazione in essere prevede per alcuni parametri - in particolare, gli ossidi di azoto - limiti più restrittivi di quelli previsti dalla normativa nazionale e già in linea con le BAT di recente emanazione.

Inoltre, ognuna delle tre linee dell'impianto è collegata alla rete SME gestita da ARPA Lombardia, che consente di acquisire in continuo i parametri impiantistici ed emissivi, nonché i dati funzionali a determinare i flussi di massa, quali portata, temperatura e umidità dei fumi.

Pertanto, ai fini della valutazione delle prestazioni e degli impatti, questo Ministero ha altresì interpellato ARPA Lombardia, la quale conferma che, per ciascuna linea di incenerimento, è presente un sistema di campionamento su lungo termine di diossine e furani.

Inoltre, per quanto concerne le “portate”, l'ente rappresenta anche, attraverso specifiche tabelle, i dati riepilogativi dei flussi di massa, relativi al funzionamento degli impianti sia in marcia regolare, nonché le fermate per manutenzione, guasto, avviamento e spegnimento.

L'impianto di incenerimento opera a ciclo continuo, sulle 24 ore e sull'anno - a differenza di altri impianti industriali, quali, ad esempio, le centrali di produzione di energia -, non necessitando, quindi, di frequenti accensioni o spegnimenti, e con una elevata efficacia di funzionamento.

Sulla base degli ultimi dati disponibili, forniti da ARPA relativi all'anno 2020, risulta che ogni linea dell'impianto in argomento è stata in esercizio per oltre 8 mila ore l'anno e la durata dei transitori è mediatamente attestata a circa 118 ore per linea e per anno, pari, dunque, a circa l'1 per cento nelle ore complessive di funzionamento annue, pertanto ragionevolmente trascurabile rispetto all'esercizio complessivo dell'impianto.

Per quanto concerne i rilievi inerenti alla misura della portata in rapporto all'umidità e i relativi criteri di normalizzazione, si rappresenta che esiste una specifica norma tecnica comunitaria che ne delinea le modalità di misura. Si ricorda, altresì, che i dati di portata, oltre che essere verificati in campo da ARPA, sono anche acquisiti in continuo attraverso la rete SME, come abbiamo detto anche in precedenza.

Inoltre, con riferimento al campionamento in continuo delle diossine, così come citato dall'interpellante, è stato previsto sull'impianto “Silla 2” già a partire dal 2005, anticipando quanto indicato proprio nelle BAT adottate nel 2019.

Infine, per quanto concerne il parametro IPA, il metodo utilizzato per le analisi a camino ai fini della verifica del rispetto dei valori limite, è quello previsto da una norma tecnica comunitaria del 2021, diversamente da altri metodi che si riferiscono alla determinazione di concentrazione di IPA nell'aria, pertanto non connesse a una sorgente specifica, ma alla pluralità di sorgenti che insistono nell'area in cui è ubicata la centralina.

Tanto premesso, desidero ribadire, anche in questa circostanza, che il Ministero della Transizione ecologica conferma il suo impegno nella realizzazione degli ambiziosi obiettivi di recupero di materia confermati nel recepimento del pacchetto dell'economia circolare, attraverso misure finalizzate alla prevenzione, al riuso e al riciclo quali ambiti prioritari nell'ambito di una gestione delle risorse sostenibili.

PRESIDENTE. Il collega Zolezzi ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatto per la risposta alla sua interpellanza.

ALBERTO ZOLEZZI (M5S). Io ringrazio la sottosegretaria Fontana, sono molto soddisfatto di questa interlocuzione e sono soddisfatto di quello che ha detto, però rimane il fatto che credo sia importante provare a incidere sul piano nazionale gestione rifiuti e, in generale, comunque, sulla normativa di settore. Sono aspetti decisamente tecnici che ha citato la sottosegretaria, su cui mi riservo, poi, di proseguire anche, magari informalmente, l'interlocuzione.

Voglio ricordare che, per quanto riguarda il sistema di monitoraggio SME, la specifica tecnica EN 1948-5 non mi risulta validata rispetto al metodo di riferimento EN 1948-1. Questo è un sistema usato dal 2005 al 2015, ma è un tipo di campionamento, da un punto di vista metodologico, non validato ed è stato standardizzato solo dopo il 2015. In realtà, non è mai stato validato da un punto di vista tecnico: era stato approvato dalla Commissione europea nel 2015 con l'atto n. 264. Per cui le prove, a mio parere, non sono assolutamente corrette e regione Lombardia ha fatto un errore continuando a dire che va bene così.

È vero che lo SME valuta dati in continuo ma ciò non avviene per i microinquinanti organici e i metalli liberati durante i transitori, e questo può delineare un errore in fase di costruzione dei modelli; restituisce conclusioni non reali e ciò vale per tutti gli inceneritori italiani. Ho portato i dati in aula per questo motivo, perché sono rilievi che valgono per tutti gli inceneritori italiani.

Per quanto riguarda la superficie dei camini, non ho percepito risposta e quindi probabilmente c'è davvero una carenza di stima della portata, se acquisita davvero con quel metodo, che porta a un errore di analisi dei dati e conteggi errati che non stimano le ricadute sul territorio.

Viene poi citato l'articolo 237-octies, comma 11, del testo unico ambientale che stabilisce che durante la fase di avviamento non devono essere bruciati i rifiuti; non riguarda, a mio parere, però, le emissioni; invece l'articolo 237-duodecies, comma 4, parla dei risultati delle misurazioni effettuate per verificare l'osservanza dei valori limite di emissione di cui al comma 1, che sono normalizzati alle condizioni descritte all'allegato 1, lettera b), del presente titolo. E l'allegato 1 (paragrafo 5) esclude le fasi di accensione e arresto dai limiti di emissione. Quindi, il riferimento all'articolo 237-octies non mi è assolutamente chiaro.

Parlare dell'1 per cento di ore in transitorio, 118 su 8 mila, a mio parere non ha senso, nel senso che può essere un impatto comunque importante, anche perché vengono escluse le misure fuori scala, secondo l'allegato 1, parte c), paragrafo 1, lettera d).

È utile conoscere anche il numero dei transitori e non solo le ore totali, perché è l'inizio del percorso di transitorio che porta a un maggiore inquinamento. Le centraline ARPA, come si è detto, sono insufficienti; è inutile avere una rete di monitoraggio se non viene pubblicata; mi riferisco a Rho, Pero e altre.

Per l'ozono, per quanto riguarda in particolare idrocarburi policiclici aromatici, sarebbe importante avere il denuder per il campionamento in “aria ambiente” non solo “al camino”; rimane, a mio parere, l'incompletezza del metodo attuale che non prevede il denuder per l'ozono, anche perché - ripeto - siamo quasi a cento superamenti dell'ozono in queste zone e quindi va valutato tutto il resto.

Questi sono parametri confondenti che suggerisco di verificare per il Piano nazionale gestione rifiuti. Sono anche spunti per la Commissione ambiente della Camera. Era prima presente la presidente Rotta; c'è una risoluzione in questo momento sulla qualità dell'aria, ma bisogna prima capire come viene valutata per decidere cosa modificare. La speciazione, la composizione, la formazione del particolato discendono dal sapere quanto ne viene prodotto e chi lo produce.

Io penso che sia importante parlare di inceneritori anche in relazione a un concetto diverso. Noi siamo riusciti a prevedere il superbonus che dà 17 mila posti di lavoro per miliardo investito. Una gestione dei rifiuti adeguata può portare a un numero di posti di lavoro decisamente importante. Secondo Friends of the Earth, incenerendo rifiuti do un posto di lavoro ogni 1000 tonnellate; secondo l'ente di protezione ambientale americano EPA, un posto ogni 10 mila tonnellate. In ogni caso, sono pochissimi posti. Con il riuso del materiale la stessa EPA stima 296 posti, altri studi riportano 56 posti.

In Italia dalla gestione dei rifiuti urbani e speciali, che in qualche modo può arrivare anche all'incenerimento, si potrebbero generare in cinque anni circa 442 mila posti di lavoro partendo dallo stato attuale.

Il passaggio alla raccolta differenziata porta a porta, secondo un report ISPRA del 2021, potrebbe portare ad oltre 9.900 posti di lavoro con 350 operatori in più per milione di abitanti, nelle aree d'Italia che non sono ancora servite dalla raccolta porta a porta.

La tendenza al riciclo spinta, secondo lo studio di Althesys, comprendendo prodotti assorbenti, pannolini (un milione di tonnellate di pannolini), plastiche, oli (200 mila tonnellate di oli di cucina), la carta e altri materiali può portare a 195 mila posti di lavoro in cinque anni.

La gestione dei rifiuti organici, con il compostaggio di comunità, può portare a 15 mila posti di lavoro; la gestione dell'amianto ne può portare 20 mila; quella dei rifiuti sanitari a rischio infettivo, privilegiando la sterilizzazione in situ che tanto ha aiutato durante questa pandemia, può portare a oltre 2.200 lavoratori (anche solo gestendone la metà con la sola sterilizzazione in situ). Il retrofit autoveicoli, leggeri, medi e pesanti, la depurazione delle acque, secondo quanto affermato dal Ministro Cingolani, sarebbero un investimento da dieci miliardi; secondo l'ONU, sono 100 mila posti di lavoro; le bonifiche dei SIN ne possono portare altri 100 mila, con 10 miliardi investiti.

Oltre ai posti di lavoro, ripeto 442 mila in tutto, cifra credo interessante, c'è il discorso delle bollette. Visto che si parla tanto delle bollette del gas, voglio ricordare che, fino al 2020, le bollette del gas erano rimaste stabili dal 1995. Va detto che le bollette dei rifiuti, in realtà, sono aumentate di oltre tre volte, dal 1995 al 2020, arrivando, nel 2020, a circa 322 euro a famiglia, secondo Federconsumatori.

Anche per quanto riguarda l'acqua, le bollette sono aumentate di oltre quattro volte, dal 1995 al 2020, arrivando, nel 2020, a 424 euro a famiglia. Sommando i costi dell'acqua e dei rifiuti, si supera la bolletta dell'energia elettrica; quindi sono bollette da attenzionare con cura.

Il costo del gas non era salito, ma, adesso, purtroppo, sta salendo. Al riguardo, occorre prestare attenzione ad una considerazione. Pensare di ottenere energia dai rifiuti non ha senso: secondo il monitoraggio biologico, eseguito da Zero Waste Europe, a Kaunas in Lituania, si è visto che l'83 per cento delle uova prodotte nei dintorni dell'inceneritore erano contaminate da una dose di diossine che faceva superare la dose settimanale di diossine assumibile come composti organici persistenti.

Questo è un inceneritore, di nuovissima generazione scandinavo, partito nel novembre 2020. C'è da dire che le diossine derivavano per il 27 per cento da combustione di rifiuti sanitari, per il 5 per cento da incenerimento dei rifiuti in Italia; nella stessa Unione europea, pochi anni dopo, per il 26 per cento derivavano da incenerimento di rifiuti e per il 14 per cento da rifiuti sanitari. Quindi, le diossine, che sono interferenti endocrini cancerogeni, non possono essere scambiate con l'energia.

Il materiale effettivamente rinnovabile e incenerito non è più del 30 per cento di quello che viene bruciato e l'effetto serra, legato all'incenerimento, è di 650 grammi di anidride carbonica fossile per ogni kWh prodotto, mentre la produzione energetica media è di circa 250.

Per cui, occorre fare attenzione, adesso in queste fasi di guerra, a voler cercare energia dai rifiuti, poiché a sua volta può causare la morte.

Secondo uno studio su The Lancet, nel 2017, nel mondo 9 milioni di persone sono morte per inquinamento dell'aria; 7 milioni per il fumo di tabacco; 4,4 milioni per la dieta ad eccesso di sodio; 3,2 milioni per AIDS, malaria e tubercolosi; 2,6 milioni per alcol e droghe; 1,8 milioni per malnutrizione; l'1,7 milioni per incidente stradale e 200 mila sono morte per la guerra.

La guerra fa schifo; la guerra va rifiutata, però bisogna tenere conto che, nel 2017, ha dato 45 volte meno morti rispetto all'inquinamento. In Italia, i morti per il solo inquinamento dell'aria, secondo l'Agenzia europea ambientale, sono oltre 63 mila anche nel 2020. Siamo in un periodo di guerra, bisogna perseguire la pace e fare tutto il possibile, come ha detto questo Parlamento, ma attenzione a non affrontare la guerra con un nuovo inquinamento perché anche questo può dare morte e sofferenza.

PRESIDENTE. È così esaurito lo svolgimento delle interpellanze urgenti all'ordine del giorno.

Ordine del giorno della prossima seduta.

PRESIDENTE. Comunico l'ordine del giorno della prossima seduta.

Martedì 8 marzo 2022 - Ore 9,30:

1. Discussione sulle linee generali dei disegni di legge:

Ratifica ed esecuzione dell'Accordo tra il Governo della Repubblica italiana e l'Istituto forestale europeo riguardante lo stabilimento in Italia di un ufficio sulla forestazione urbana, con Allegato, fatto a Helsinki il 15 luglio 2021. (C. 3318-A​)

Relatrice: DI STASIO.

Ratifica ed esecuzione della Convenzione di Stoccolma sugli inquinanti organici persistenti, con Allegati, fatta a Stoccolma il 22 maggio 2001. (C. 2806-A​)

e delle abbinate proposte di legge: MURA; BENEDETTI ed altri. (C. 531​-1360​)

Relatore: OLGIATI.

2. Discussione sulle linee generali della mozione Meloni ed altri n. 1-00485 concernente iniziative a sostegno del settore della moda .

(ore 15)

3. Seguito della discussione del testo unificato delle proposte di legge:

D'INIZIATIVA POPOLARE; ZAN ed altri; CECCONI e MAGI; ROSTAN ed altri; SARLI ed altri; ALESSANDRO PAGANO ed altri; SPORTIELLO ed altri; TRIZZINO: Disposizioni in materia di morte volontaria medicalmente assistita. (C. 2​-1418​-1586​-1655​-1875​-1888​-2982​-3101-A​)

Relatori: BAZOLI, per la II Commissione; PROVENZA, per la XII Commissione.

4. Seguito della discussione dei disegni di legge:

Ratifica ed esecuzione dell'Accordo tra il Governo della Repubblica italiana e l'Istituto forestale europeo riguardante lo stabilimento in Italia di un ufficio sulla forestazione urbana, con Allegato, fatto a Helsinki il 15 luglio 2021. (C. 3318-A​)

Relatrice: DI STASIO.

Ratifica ed esecuzione della Convenzione di Stoccolma sugli inquinanti organici persistenti, con Allegati, fatta a Stoccolma il 22 maggio 2001. (C. 2806-A​)

e delle abbinate proposte di legge: MURA; BENEDETTI ed altri. (C. 531​-1360​)

Relatore: OLGIATI.

5. Seguito della discussione della mozione Meloni ed altri n. 1-00485 concernente iniziative a sostegno del settore della moda .

6. Seguito della discussione delle mozioni Molinari ed altri n. 1-00572, Porchietto ed altri n. 1-00580, Benamati ed altri n. 1-00582, Chiazzese ed altri n. 1-00583, Lollobrigida ed altri n. 1-00587 e Moretto ed altri n. 1-00595 concernenti misure a sostegno del comparto automobilistico .

7. Seguito della discussione del testo unificato delle proposte di legge:

BRUNO BOSSIO e MAGI; FERRARESI ed altri; DELMASTRO DELLE VEDOVE ed altri; PAOLINI ed altri: Modifiche alla legge 26 luglio 1975, n. 354, al decreto-legge 13 maggio 1991, n. 152, convertito, con modificazioni, dalla legge 12 luglio 1991, n. 203, e alla legge 13 settembre 1982, n. 646, in materia di divieto di concessione dei benefici penitenziari nei confronti dei detenuti o internati che non collaborano con la giustizia. (C. 1951​-3106​-3184​-3315-A​)

Relatore: PERANTONI.

8. Seguito della discussione del testo unificato delle proposte di legge:

FERRARI ed altri; DEIDDA ed altri; GIOVANNI RUSSO ed altri; DEL MONACO ed altri; DEL MONACO ed altri; FERRARI ed altri: Disposizioni di revisione del modello di Forze armate interamente professionali, di proroga del termine per la riduzione delle dotazioni dell'Esercito italiano, della Marina militare, escluso il Corpo delle capitanerie di porto, e dell'Aeronautica militare, nonché in materia di avanzamento degli ufficiali. Delega al Governo per la revisione dello strumento militare nazionale. (C. 1870​-1934​-2045​-2051​-2802​-2993-A​)

Relatori: ARESTA e FERRARI.

La seduta termina alle 11,40.