XVIII LEGISLATURA


Resoconto stenografico dell'Assemblea

Seduta n. 634 di martedì 8 febbraio 2022

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE ANDREA MANDELLI

La seduta comincia alle 9,30.

PRESIDENTE. La seduta è aperta.

Invito il deputato segretario a dare lettura del processo verbale della seduta precedente.

ANDREA DE MARIA, Segretario, legge il processo verbale della seduta del 4 febbraio 2022.

PRESIDENTE. Se non vi sono osservazioni, il processo verbale si intende approvato.

(È approvato).

Missioni.

PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del Regolamento, i deputati Amitrano, Ascani, Baldelli, Barelli, Bergamini, Enrico Borghi, Boschi, Braga, Brescia, Brunetta, Bruno Bossio, Cancelleri, Carfagna, Casa, Castelli, Maurizio Cattoi, Cavandoli, Cestari, Cirielli, Colletti, Colucci, Davide Crippa, D'Inca', D'Uva, Dadone, Delmastro Delle Vedove, Luigi Di Maio, Di Stefano, Dieni, Gregorio Fontana, Ilaria Fontana, Foti, Fragomeli, Franceschini, Frassini, Frusone, Galantino, Galizia, Gallinella, Garavaglia, Gava, Gebhard, Gelmini, Giachetti, Giacomoni, Giorgetti, Grande, Grimoldi, Guerini, Lapia, Liuni, Lollobrigida, Lorefice, Losacco, Lucaselli, Lupi, Macina, Maggioni, Magi, Marattin, Marin, Martinciglio, Martino, Melilli, Migliore, Molinari, Molteni, Morelli, Mule', Mura, Nardi, Nesci, Nitti, Nobili, Orlando, Paita, Parolo, Pastorino, Perantoni, Pezzopane, Rampelli, Rizzo, Rosato, Rotta, Ruocco, Sangregorio, Sasso, Scalfarotto, Schullian, Scoma, Serracchiani, Carlo Sibilia, Silli, Sisto, Spadoni, Speranza, Tabacci, Tasso, Vignaroli, Vito, Raffaele Volpi, Zanettin e Zoffili sono in missione a decorrere dalla seduta odierna.

I deputati in missione sono complessivamente 109, come risulta dall'elenco depositato presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell'allegato A al resoconto della seduta odierna (Ulteriori comunicazioni all'Assemblea saranno pubblicate nell'allegato A al resoconto della seduta odierna).

Annunzio della presentazione di un disegno di legge di conversione e sua assegnazione a Commissione in sede referente.

PRESIDENTE. Il Ministro per i Rapporti con il Parlamento, con lettera in data 4 febbraio 2022, ha presentato alla Presidenza il seguente disegno di legge, che è stato assegnato, ai sensi dell'articolo 96-bis, comma 1, del Regolamento, in sede referente, alla XII Commissione (Affari sociali): "Conversione in legge del decreto-legge 4 febbraio 2022, n. 5, recante misure urgenti in materia di certificazioni verdi COVID-19 e per lo svolgimento in sicurezza delle attività nell'ambito del sistema educativo, scolastico e formativo" (A.C. 3457​) – Parere delle Commissioni I, II (ex articolo 73, comma 1-bis, del Regolamento, per le disposizioni in materia di sanzioni), V, VII (ex articolo 73, comma 1-bis, del Regolamento), IX, X e XIV e della Commissione parlamentare per le questioni regionali.

Il suddetto disegno di legge, ai fini dell'espressione del parere previsto dal comma 1 del predetto articolo 96-bis, è stato altresì assegnato al Comitato per la legislazione.

Modifiche nella composizione della Commissione parlamentare di inchiesta sulle attività illecite connesse al ciclo dei rifiuti e su illeciti ambientali ad esse correlati.

PRESIDENTE. Comunico che, in data 4 febbraio 2022, il Presidente della Camera ha chiamato a far parte della Commissione parlamentare di inchiesta sulle attività illecite connesse al ciclo dei rifiuti e su illeciti ambientali ad esse correlati la deputata Maria Flavia Timbro e il deputato Fabio Berardini, in sostituzione rispettivamente della deputata Rossella Muroni e della deputata Silvia Benedetti.

Discussione della mozione Molinari ed altri n. 1-00569 in materia di investimenti per progetti di rigenerazione urbana.

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione della mozione Molinari ed altri n. 1-00569 in materia di investimenti per progetti di rigenerazione urbana (Vedi l'allegato A).

La ripartizione dei tempi riservati alla discussione della mozione è pubblicata in calce al vigente calendario dei lavori dell'Assemblea (Vedi calendario).

(Discussione sulle linee generali)

PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione sulle linee generali.

È iscritto a parlare l'onorevole Invernizzi, che illustrerà anche la mozione Molinari ed altri n. 1-00569, di cui è cofirmatario. Ne ha facoltà.

CRISTIAN INVERNIZZI (LEGA). Grazie, Presidente. Onorevole sottosegretario, è evidente che con questa mozione il gruppo Lega-Salvini Premier intende porre all'attenzione dell'Aula e del Governo una tematica sicuramente importante che presenta, però, problematiche emerse, soprattutto negli ultimi mesi, a seguito di una serie di disposizioni normative inerenti a una sfida che oggi lo Stato italiano sta affrontando, insieme a tante altre; ma questa è sicuramente tra le principali. Mi riferisco al tema della rigenerazione urbana che, all'interno del PNRR, riveste sicuramente una posizione di straordinaria importanza, tanto è vero che proprio i temi del recupero e della rigenerazione di edifici e territori urbani, con particolare attenzione alle periferie e alle aree interne, vengono qualificati come obiettivi principali all'interno della Missione 5. Per fare una piccola cronistoria della situazione inerente alla rigenerazione urbana che oggi ci troviamo a dover affrontare, ricordiamo semplicemente che, tra gli interventi disposti negli ultimi anni in tema, appunto, di riqualificazione urbana, la legge n. 160 del 2019, all'articolo 1, commi 42 e 43, ha previsto, per gli anni dal 2021 al 2034, quindi per un ampio lasso di tempo, l'assegnazione - per complessivi 8,5 miliardi di euro - di contributi ai comuni per investimenti in progetti di rigenerazione urbana. In data 21 gennaio 2021 è stato emanato - in attuazione appunto dalla sopracitata normativa - il DPCM con il quale sono stati fissati i criteri di ripartizione delle sopramenzionate risorse. Questi criteri vanno ad interessare prioritariamente i comuni che presentano nel proprio territorio una maggior densità demografica, caratterizzata da condizioni di vulnerabilità sociale e materiale, individuate in base all'indice di vulnerabilità sociale e materiale (IVSM) calcolato dall'Istat. È qui che iniziano i problemi perché, con decreto del Ministero dell'Interno, di concerto con gli altri Ministeri interessati, il 30 dicembre 2021 sono stati individuati i comuni beneficiari delle risorse previste, da destinare ad investimenti in progetti di rigenerazione urbana: in particolare, per gli anni dal 2021 al 2026, i contributi in questione, che sono confluiti nel PNRR, ammontano a complessivi 3,4 miliardi di euro. Come gruppo Lega-Salvini Premier abbiamo sottolineato, già in tempi non sospetti, vale a dire quasi un anno fa, quali fossero i problemi inerenti, non tanto allo stanziamento di queste risorse o allo scopo per il quale venivano utilizzate, ma proprio agli indici sulla base dei quali sarebbe stata fatta la ripartizione. Infatti, il 29 aprile 2021, con un atto di sindacato ispettivo, avevamo sollevato il tema del carattere fortemente escludente di tali disposizioni a svantaggio dei piccoli comuni, aventi una densità demografica inferiore ai 15.000 abitanti, che però rappresentano la più ampia base dei comuni in Italia. All'epoca, il Governo rispose che per i medesimi erano previsti solo altre linee di finanziamento non equivalenti.

È evidente, signor Presidente, che vi è un problema che, infatti, ha determinato - in seguito all'emanazione dei decreti del Presidente del Consiglio dei Ministri e del Ministero dell'Interno - una sollevazione da parte dei sindaci di quelle realtà che, pur risultate ammesse a partecipare alla ridistribuzione di questi importanti fondi per la rigenerazione urbana, ne sono comunque rimaste escluse sostanzialmente per mancanza di fondi. Se guardiamo i dati pubblicati dal Ministero dell'Interno, su un totale di 2.418 progetti presentati e 2.325 opere ammesse, le opere ammesse e finanziate sono 1.784, per complessivi 483 enti locali beneficiari. Su 541 progetti che sono stati ammessi ma non finanziati - ed è qui che si pone il problema - è emerso che 210 risultano presentati da 53 comuni della regione Veneto. Se consideriamo tutto il Nord, constatiamo che il 93 per cento dei progetti risultano esclusi. È evidente che con questa operazione si dà, o si dovrebbe dare, ai comuni una possibilità di investire - e con questo entriamo proprio nello spirito del PNRR - per riqualificare tutte le aree urbane, soprattutto quelle di periferia, per quanto di periferia si possa parlare quando ci si riferisce a comuni medio-piccoli.

È altrettanto evidente che l'utilizzo dell'indice Istat, che valuta, appunto, la vulnerabilità sociale e materiale, crea un vulnus che sinceramente non può essere ammesso all'interno del tema del PNRR. Infatti, si stabilisce, all'interno del decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri citato prima, quello del 21 gennaio 2021, proprio in forma testuale, che “qualora l'entità delle richieste pervenute superi l'ammontare delle risorse disponibili, l'attribuzione è effettuata, tenendo conto della quota riferita alla progettazione esecutiva e alle opere, a favore dei comuni che presentano un valore più elevato dell'indice di vulnerabilità sociale e materiale”. Come si può constatare, siamo di fronte a un criterio suppletivo che interviene nel caso di insufficienza di risorse, privilegiando i territori che, in base a un mero calcolo aritmetico, possiedono i più bassi livelli degli indicatori di riferimento riportati nelle premesse del medesimo provvedimento. Non vi è, cioè, alcuna valutazione di premialità dei progetti presentati, ma semplicemente ci si basa su un indice, probabilmente anche alquanto anacronistico, che crea comunque un disequilibrio inerente ai comuni che hanno la medesima popolazione e che, alcune volte, presentano anche i medesimi problemi. È comodo, probabilmente per le burocrazie ministeriali fare riferimento a un indice acritico, a un indice puramente aritmetico, ma questo non risponde alle esigenze dei comuni – lo ripeto, il 93 per cento dei casi si trova nel Centro-Nord - che comunque escono con profonde cicatrici dal periodo dell'emergenza sanitaria, che - vorrei ricordarlo a tutti - segue il periodo dell'emergenza economica, che ormai continua dal 2008. Ossia, i problemi sociali non esistono soltanto nei comuni individuati dall'Istat, in questo caso prevalentemente del Sud Italia; esistono anche nei comuni del Nord, i cui sindaci guardano a questi fondi sicuramente con fiducia e con speranza, perché è sufficiente fare un giro nelle nostre periferie, nei nostri comuni per vedere quanto vi sia la necessità di avere accesso a questi fondi, non sulla fiducia, ma sulla base - vorrei ricordarlo - di progetti presentati che rientrano pienamente nello spirito del PNRR.

Sappiamo che il Governo si è già impegnato, comunque, a reperire i 900 milioni di euro che mancano per coprire, dal punto di vista dei fondi, anche questi progetti. Da voci di corridoio risulta che vi sarà un emendamento del Governo, probabilmente nel “Sostegni-ter”. Per carità, tutti noi e tutti i nostri comuni aspettiamo con viva speranza questa misura, però, ovviamente, il problema non si conclude qui, perché se continuiamo ad applicare l'indice di vulnerabilità sociale e materiale, così come calcolato dall'Istat per tutti gli altri bandi e per tutti gli altri stanziamenti, il problema si riproporrà nelle medesime forme. Non possiamo pensare sostanzialmente di escludere quasi tutti i comuni del Nord – così, proprio di principio - con popolazione inferiore ai 15 mila abitanti. Risulta che sono stati esclusi dalla destinazione di queste risorse anche parecchi comuni con popolazione superiore ai 15 mila abitanti, sulla base non della fiducia o sulla base dell'idea che vi siano problemi anche lì, ma sulla base di progetti che - ripeto - sono già stati considerati ammissibili in questo bando e che saranno sicuramente considerati ammissibili anche negli altri bandi. È evidente, signor Presidente, che questo crea un disequilibrio e una disparità che non possono essere accettati, considerato altresì che già il PNRR, di suo, destina al Sud Italia, al Meridione, una parte preponderante dei fondi. Ciò non vuol dire, ovviamente, che adesso deve partire la guerra tra comuni, la guerra tra sindaci o la guerra, anche al nostro interno, tra parlamentari di una zona o dell'altra, per portare più soldi all'una o all'altra zona. Si tratta semplicemente di individuare criteri che - ripeto - non siano meramente aritmetici, che non siano basati anche su dati sostanzialmente anacronistici, che non rispondono alla realtà dell'Italia del 2021 e che soprattutto, comunque, impegnino i sindaci e le giunte a presentare i progetti migliori dal punto di vista dell'efficacia, dal punto di vista della sostenibilità e dal punto di vista dell'efficienza. Infatti, non possiamo pensare semplicemente di dire ai nostri sindaci: “Guardate che è inutile che magari vi consorziate anche con altri per raggiungere i 15 mila abitanti, che impegnate nella realizzazione di questi progetti le migliori risorse, sia comunali sia private, del territorio, perché, alla fine, interviene quell'indice che comunque, anche di fronte a progetti belli, a progetti innovativi e a progetti che rispondono a tutti i criteri di sostenibilità previsti, ve li fa crollare miseramente, perché l'Istat e il Governo si basano su un indice che, quindi, non impegna o invita alla premialità, ma sostanzialmente, al contrario, a restar fermi, perché se si esce da quell'indice si rimane esclusi”. Quindi, è un corto circuito che evidentemente non può essere tollerato. Evidentemente, non si può, ogni volta che ci si pone di fronte all'assegnazione di questi soldi, fondamentali per il futuro del comparto Paese, vedere parlamentari di una zona o dell'altra del Paese impegnare il Governo a reperire, quasi in forma emergenziale, risorse per dare risposte ai nostri cittadini.

Pertanto noi, con questa mozione, firmata innanzitutto dal capogruppo e, a seguire, da tutti i rappresentanti del gruppo Lega all'interno dalla Camera dei deputati, chiediamo: che il Governo, innanzitutto, assuma tutte le iniziative di sua competenza al fine di integrare le risorse disponibili per gli investimenti in progetti di rigenerazione urbana, con l'obiettivo di finanziare tutti i progetti ammissibili, anche se - lo ripeto - sappiamo che ci sono state dichiarazioni pubbliche secondo le quali il Governo queste risorse le avrebbe già individuate (aspettiamo, ovviamente con urgenza, che vengano anche stanziate); in secondo luogo, invitiamo con forza il Governo ad adottare iniziative per stabilire criteri differenti da quello relativo all'indice di vulnerabilità sociale e materiale, di cui, appunto in premessa, per la ripartizione tra gli enti locali di ulteriori contributi previsti da successivi bandi che riguardano il Piano nazionale di ripresa e resilienza. È una questione fondamentale, è una questione che non possiamo fingere di non vedere, è una questione soprattutto su cui - e vedremo quanto manca alla fine di questa legislatura - non possiamo pensare di impegnare Aula, Governo e sottosegretari in un'estenuante rincorsa a fondi ulteriori, destinati - ripeto - a non essere regalati a pioggia, ma a dare risposta a gli enti locali che hanno presentato progetti che risultano ammissibili, che sono belli, che sono magari anche migliori di altri e che vengono premiati - mi duole dirlo per l'ennesima volta, ma è questo il punto - sulla base di un indice asettico.

Tale indice non guarda, pertanto, all'effettiva capacità dei nostri comuni e all'effettiva capacità delle nostre giunte di dare risposte ai cittadini, di programmare il futuro sostenibile dei nostri comuni e delle nostre periferie (Applausi dei deputati del gruppo Lega-Salvini Premier).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Zennaro. Ne ha facoltà.

ANTONIO ZENNARO (LEGA). Grazie, Presidente. Il tema della nostra mozione è stato illustrato dal collega Invernizzi. È un tema importante perché riguarda l'efficienza e l'utilizzo dei fondi del PNRR; sono fondi, sono miliardi di euro che, dopo anni di ostilità, dopo anni di tagli ai comuni, dopo anni di ristrettezze, sotto il profilo finanziario, della finanza locale, ci troviamo a poter spendere.

Ebbene, è fondamentale che questi fondi siano utilizzati bene, è fondamentale che questi fondi arrivino sui territori, è fondamentale che servano a trasformare, a creare posti di lavoro, a far uscire tante realtà da momenti di difficoltà, che ancora stiamo passando, che abbiamo passato; momenti difficili dovuti alla pandemia che ha messo in difficoltà famiglie, che ha messo in difficoltà imprese, che ha messo in difficoltà tanti comuni.

Il tema della rigenerazione urbana è strategico, sia a livello europeo sia a livello nazionale, perché per tanti comuni diventa la sfida, non solo dello sviluppo ecosostenibile, ma una sfida di sviluppo e programmazione territoriale. Anche in questo caso si rischia, con una iper burocratizzazione, di andare a sprecare questi bandi - parliamo di più di 3 miliardi di euro - con questo indice di vulnerabilità che, sostanzialmente, premia di meno la qualità dei progetti e premia di più le condizioni, la fotografia di un territorio.

Il tema della qualità dei progetti è fondamentale, perché, se vogliamo parlare di ripresa, tanto più un progetto ha una qualità, ha una progettazione, ha un elevato impatto sociale, territoriale ed economico, tanto più deve essere distribuito sul territorio. Infatti, il rischio è che, non considerando la qualità dei progetti, ma dei meri indici dell'Istat che fotografano una situazione in quel momento, si abbia un disequilibrio territoriale dal momento che i fondi dovrebbero essere distribuiti in maniera equa su tutto il territorio nazionale perché il PNRR è costruito proprio per ripartire dopo il periodo post pandemico. Non ci possono essere dei fondi che vengono concentrati su alcuni territori senza considerare l'efficienza, l'efficacia e la qualità dei progetti. Quindi, ritorniamo nella vecchia logica italiana che abbiamo visto per decenni e decenni: fondi a pioggia, che poi vengono sprecati.

Ebbene, oltre alla distribuzione, come è stato detto, dobbiamo garantire i comuni che, in un momento difficile, in un momento di ristrettezze, anche del personale, lavorano e fanno la progettazione. Laddove il progetto ha tutta una serie di caratteristiche, bisogna garantire che quei fondi arrivino sul territorio e rispondano all'obiettivo per il quale questi bandi vengono realizzati, altrimenti sprechiamo l'ennesima occasione.

Ecco perché vanno considerati tutti i comuni sotto i 15 mila abitanti, perché anche i piccoli comuni - soprattutto quelli nelle aree interne, soprattutto in determinati territori - hanno difficoltà, fanno fatica, e pertanto quelle risorse tanto più oggi sono importanti.

Poi bisogna considerare che questo indice di vulnerabilità potrebbe essere utilizzato addirittura su altri bandi, quindi con una mancanza del risultato che viene distribuito anche rispetto ad altri bandi, con una doppia beffa.

Su questo, la nostra mozione è molto puntuale, abbiamo presentato anche delle interrogazioni. Va dato atto anche che l'intervento del Ministro dell'Interno, che ha confermato lo scorrimento delle graduatorie e altre risorse, è un segnale importante, ma non basta.

Ecco perché auspichiamo che ci sia la più ampia convergenza su questa mozione, perché i fondi non hanno colore politico. L'efficienza, il risultato e l'obiettivo dei fondi del Recovery non hanno colore politico perché riguardano o il successo o la sconfitta del sistema Italia.

Come Lega siamo presenti in più di 5 mila amministrazioni in Italia; tanto più, quindi, abbiamo raccolto questa esigenza proveniente dai territori. Quindi, ribadiamo l'importanza di una modifica del principio base di questo bando, che può essere ribaltato anche su altri bandi. La Lega, come sempre, è al lavoro a tutti i livelli, come su questo tema, che è concreto e reale. Non è un tema di propaganda, non è un tema che ti fa fare, magari, l'uscita televisiva o comunicativa, ma è un tema strategico per le comunità, per i comuni, per le famiglie e per tante imprese in un momento di difficoltà.

Siamo al lavoro sulle bollette, sul costo delle materie prime, sul ritorno alla vita normale; e ribadiamo, come è stato ribadito dal nostro leader, nonostante gli attacchi, nonostante il battage mediatico a 360 gradi di queste settimane, anche sul tema sicurezza nelle nostre città, sul tema degli sbarchi, che la Lega è presente, non molla, a testa alta, e andiamo avanti (Applausi dei deputati del gruppo Lega-Salvini Premier).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Osnato. Ne ha facoltà.

MARCO OSNATO (FDI). Grazie, Presidente. Oggi discutiamo di un tema che evidentemente è sentito a tutti i livelli, ai livelli politici più elevati, come quello di questa Camera, così come ai livelli più amministrativi, visto che ha coinvolto nella discussione (per non dire polemica) anche molti sindaci e molti amministratori locali.

Parliamo di un argomento che però, come spesso capita a questi ultimi Governi, anche quando parte da un buon proposito, rischia sempre di inficiare questi buoni propositi con una loro cattiva applicazione.

È evidente a tutti, e in questo concordo con chi mi ha preceduto, che erano anni che i comuni aspettavano qualche risorsa, erano anni che i comuni - lo dice chi ha svolto anche la funzione di consigliere comunale - vedevano bilanci sempre più risicati, con trasferimenti sempre più risicati, con la necessità, per non aumentare le tassazioni locali (quando vi si riusciva), di ridurre i grandi progetti di sviluppo e di recupero per non penalizzare i servizi essenziali per i cittadini.

E allora dico che è una buona idea, un'idea anche, se vogliamo, di prospettiva, quella di andare verso la rigenerazione urbana.

Cos'è la rigenerazione urbana? Non è un tema assistenziale, è un tema di attenzione al territorio, di valutazione di un territorio che, dopo avere magari subito negli anni un'antropizzazione e uno sviluppo urbanistico che si è protratto, necessita di un aggiornamento rispetto alle peculiarità di quel territorio, alle nuove necessità delle popolazioni che ci abitano, degli insediamenti che si sono sviluppati, dell'economia che insiste su quei territori, della socialità che li anima.

Allora è chiaro che, quando si stanziano 3 miliardi e mezzo quasi di euro, quando si ammettono 2.325 domande, quando i progetti ammessi poi, alla fine, e finanziati sono 1.784 e coinvolgono 483 enti locali, bisogna identificare parametri, Presidente, che abbiano attinenza con la necessità dei territori. Quindi, risulta evidente, oggi - ma credo dovesse risultare evidente prima - che il parametro principale su cui è costruita questa graduatoria, con cui si è data poi la stura alla possibilità di finanziamento, ovvero questo indice di vulnerabilità sociale e materiale, non era il parametro che andava applicato. O, meglio, si poteva anche applicare, perché il nome sicuramente fa effetto, come molti nomi dati ultimamente da questi Governi, però evidentemente la costruzione di questo indice non rispecchia le vere necessità dei territori, perché, se è vero come è vero, come ho detto in precedenza, che la rigenerazione urbana non è un'attività di socialità pura e semplice, o non è, per meglio dire, un'attività di assistenza, non è opportuno correlarla a tutte queste puntualizzazioni, di disagio sociale, di alfabetizzazione, di affollamento dei nuclei familiari eccetera; mentre ne capirei la ratio su un provvedimento di tipo assistenziale, non la capisco su un tema di rigenerazione urbana. Evidentemente, quindi non tiene conto di alcuni aspetti, perché in tutto questo - cito un'interrogazione della collega Montaruli sul tema - dov'è la premialità? Se stiamo parlando di rigenerazione urbana, che è, come dicevo in precedenza, un'attività che contempla uno sviluppo del territorio, una presa di coscienza delle nuove necessità dei territori, dove è la premialità per quei comuni che si sono adoperati, per tempo, per tentare di migliorare la situazione dei loro territori? Dov'è l'idea di andare a colpire positivamente coloro che hanno capito che lo status quo non era più il faro sul quale crogiolarsi, ma era, invece, la necessità di cambiamento, l'opportunità per le loro popolazioni? Dov'è la presa d'atto, da parte del Governo, che esistono comuni che hanno una capacità di programmazione, che hanno una capacità di attenzione diversa dall'aspettare semplicemente che qualcosa cali dall'alto? Io credo che era un'inversione di tendenza da premiare questa e che sia anche sbagliato puntualizzare un po' troppo - ma lo capisco da parte di alcuni amici che devono recuperare antichi temi - l'idea che è più giusto dire che sono andati troppi soldi al Sud piuttosto che al Nord, piuttosto che all'Est, piuttosto che all'Ovest. Non è un problema di Nord e di Sud. È un problema di capire se questi soldi sono andati a opere che servivano (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia) a sviluppare i territori, prendendo atto che quei territori hanno bisogno di un cambiamento, che siano a Cefalù o siano a Bolzano. Infatti, Presidente, io credo che ci sia una necessità anche di capire chi rappresenta questi comuni e come li rappresenta, poiché ho letto alcune interviste del presidente dell'ANCI Decaro, in cui sostiene che ora bisogna recuperare, bisogna rifinanziare i progetti che non sono stati finanziati. Bene, ottima idea. Siamo tutti d'accordo e mi pare che anche il Governo, per fortuna, vada in quella direzione. Ma il presidente Decaro dov'era prima? Infatti, le possibilità sono due: o non se ne è accorto prima e, allora, è un grave problema dell'ANCI, che non si accorge che il Governo sta predisponendo una procedura che va a favore dei comuni e non ha la capacità o l'attenzione - le sue strutture, forse, non lo so - di capire che in qualche modo bisogna che l'ANCI intervenga su questo tema; oppure, peggio ancora, non è stato consultato e, allora, è un problema politico. Non credo che nessuna delle due situazioni sia accaduta, anzi, mi risulta che nella giunta dell'ANCI si sia affrontato il tema e che non ci fosse una unanimità di vedute su come rapportarsi sul provvedimento nei confronti del Governo. Evidentemente, quindi, si è fatto un po' il pesce in barile. Mi scuserà il presidente Decaro, se lo paragono a questa figura, però, evidentemente, non ha preso coscienza subito, o non ha voluto, o non ha saputo prendere coscienza che andava detto al Governo che non stava predisponendo la procedura migliore per rispondere alle necessità dei comuni italiani, nel loro complesso. Andava bene dire: sì, sì, dai, tanto ci stanno finanziando, come al solito, con questo atteggiamento quasi mercanteggiante: ci stanno finanziando un po' di soldi, va bene, tanto poi aggiustiamo. No, non è così che va fatto. Non è così che i comuni vanno rappresentati. Infatti, nei comuni italiani, nelle amministrazioni comunali, c'è molta più dignità di quella che traspare da questo atteggiamento.

Noi chiediamo che il Governo prenda atto che i comuni italiani sono quelli che, anche in questa situazione, anche nella situazione di pandemia, di difficoltà, dove non si capiva cosa dover fare, sono quelli che hanno tenuto in piedi la socialità dei territori italiani e, quindi, non meritano un atteggiamento di questo tipo - ripeto - che siano in Sicilia, in Piemonte, in Toscana, in Veneto.

In conclusione, Presidente, noi ovviamente siamo felici se vengono destinati gli ulteriori 900 milioni a progetti di rigenerazione urbana, però chiediamo attenzione al Governo. Considerato che grandi quantità di denaro dovranno arrivare con il Piano nazionale di ripresa e resilienza, chiediamo attenzione affinché si consideri il merito. Noi vogliamo che nella società italiana il merito ritorni a essere un elemento centrale delle valutazioni. E, se lo deve essere nella società italiana, prima di tutto deve essere il Governo italiano a tenere a mente questo valore. Quindi, lo chiediamo per tutte le prossime occasioni per le amministrazioni centrali, per le amministrazioni territoriali, per tutto quello che vedrà finanziamenti, che sono soldi degli italiani, che dovranno in gran parte anche restituire. Chiediamo che tali risorse non vengano - non voglio usare il termine “buttate a pioggia”, perché non mi pare il caso ed è anche poco elegante - destinate per opportunità politiche, ma finalmente destinate per opportunità di sviluppo dei territori (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia).

PRESIDENTE. È iscritta a parlare l'onorevole Marrocco. Ne ha facoltà.

PATRIZIA MARROCCO (FI). Grazie, Presidente. È da tempo, ormai, condivisa la necessità di individuare gli strumenti normativi più idonei per accelerare la riqualificazione e il risanamento di molte aree urbane e territori del nostro Paese, nel rispetto e nei limiti della competenza legislativa concorrente Stato-regioni in materia di governo del territorio. Sotto questo aspetto ritengo che sarebbe necessario armonizzare le leggi regionali oggi esistenti in Italia, con un intervento articolato e strutturato da parte del legislatore centrale.

Con riguardo alla rigenerazione e al recupero del patrimonio edilizio esistente, è necessario rafforzare gli interventi normativi finalizzati a una maggiore semplificazione procedurale, per favorire realmente la riqualificazione e il riuso del patrimonio immobiliare e contenere conseguentemente il consumo del suolo, senza però che questo porti a blocchi, più o meno mascherati, dall'attività edilizia, che rappresenta un comparto centrale per l'economia del nostro Paese.

La rigenerazione urbana rappresenta una straordinaria occasione per ripensare le aree urbane e rimettere al centro il benessere delle persone e, allo stesso tempo, anche una grande opportunità di rilancio, economico, sociale e culturale dell'intero Paese. Va, quindi, avviato un piano pluriennale di riqualificazione e rigenerazione urbana, che consenta di adeguare il patrimonio edilizio a criteri estetici coerenti con le tipologie dei singoli territori, con le normative antisismiche e con le più moderne tecnologie di efficientamento energetico.

Seppure in maniera troppo spesso contraddittoria e poco convincente, va dato atto che la nostra normativa di settore sta conseguentemente - ma troppo lentamente e in maniera appunto non sempre convincente - introducendo diverse misure volte a incentivare la rigenerazione urbana e il riuso del nostro patrimonio immobiliare.

Proprio al fine di favorire il recupero urbano dei nostri comuni, la legge di bilancio per il 2020 ha stanziato risorse fino all'anno 2034 per complessivi 8,5 miliardi di euro per finanziare gli investimenti in progetti di rigenerazione urbana volti alla riduzione di fenomeni di marginalizzazione e degrado sociale nonché al miglioramento della qualità del decoro urbano e del tessuto sociale ed ambientale. Con il successivo DPCM del 21 gennaio 2021 sono stati, quindi, individuati i criteri e le modalità di ammissibilità delle istanze e di assegnazione dei contributi, prevedendo che a beneficiarne fossero i comuni con popolazione superiore a 15.000 abitanti non capoluogo di provincia e dei comuni capoluogo di provincia o sede di città metropolitana. Qualora l'entità delle richieste pervenute sia superiore all'ammontare delle risorse disponibili, si prevede che l'attribuzione venga effettuata a favore dei comuni che presentano un valore più elevato dell'indice di vulnerabilità sociale e materiale, come definito dall'Istat.

Bisogna dire che era evidente - e come Forza Italia lo avevamo segnalato fin da subito - che bisognasse prevedere un'integrazione delle risorse vigenti per poter erogare i previsti contributi in favore di tutti i progetti ritenuti ammissibili. Ricordo che i progetti di rigenerazione urbana presentati per l'ammissione al finanziamento sono stati circa 2.400, per un totale di circa 650 comuni appartenenti a tutte le aree geografiche del nostro Paese. Dopodiché, con il decreto-legge n. 152 del 2021, di attuazione del PNRR, sono state integrate le risorse per 100 milioni di euro per l'anno 2022 e 200 milioni per ciascuno degli anni 2023 e 2024. Già in quella sede, come Forza Italia, avevamo presentato emendamenti proprio per estendere le risorse per la rigenerazione urbana anche ai comuni più piccoli, ossia quelli sotto i 15.000 abitanti.

La legge di bilancio per il 2022, approvata a fine dicembre dal Parlamento, ha quindi finalmente assegnato ulteriori risorse per l'anno 2022 a favore dei piccoli comuni con popolazione inferiore a 15.000 abitanti che, in forma associata, presentino una popolazione superiore a 15.000 abitanti nonché per i comuni più grandi che non beneficiano delle risorse stanziate dalla legge n. 160 del 2019, ponendo comunque un limite alle risorse attribuibili ai comuni più grandi.

Norme importanti, ma che comunque mostrano ancora delle criticità, se è vero che le risorse complessivamente disponibili a legislazione vigente per il finanziamento di progetti di rigenerazione urbana proposti dagli enti locali, così come integrata dal decreto-legge n. 152 del 2021, ammontano a 3,4 miliardi, mentre le richieste di finanziamento di progetti attualmente avanzate dagli enti locali ammontano ad un onere complessivo di 4,3 miliardi di euro.

La lista dei comuni beneficiari dei contributi ha evidenziato come la riserva territoriale del 40 per cento, unitamente all'applicazione della priorità per i progetti dei comuni con un determinato indice Istat di vulnerabilità sociale e materiale, ha di fatto escluso dal finanziamento molti comuni che hanno presentato richieste e progetti di rigenerazione urbana. Le risorse complessivamente disponibili a legislazione vigente per il finanziamento di progetti di rigenerazione urbana proposti dagli enti locali ammontano a 3,4 miliardi, mentre le richieste di progetti attualmente sono 4,3 miliardi, come abbiamo appena detto.

Ricordo che il 30 dicembre scorso, in sede di approvazione alla Camera del disegno di legge di bilancio per il 2022, il Governo ha accolto un ordine del giorno, a firma del collega Pella, con il quale si è chiesto un impegno del Governo ad integrare ulteriormente le risorse destinate al finanziamento di progetti di rigenerazione urbana, al fine di ampliare i progetti ammessi al finanziamento. Da qui la necessità che il Governo individui risorse e modalità normative per consentire il finanziamento di tutti i progetti in corso di ammissione. È peraltro necessario rivedere il criterio dell'indice di vulnerabilità sociale e materiale, che ha finito per escludere molti comuni che hanno un livello complessivo troppo basso di tale indice.

Su queste criticità chiediamo un preciso impegno da parte del Governo per il loro superamento. Accanto a questo, è necessario un impegno ad avviare tutte le iniziative legislative volte ad attuare una semplificazione dell'attuale normativa in materia di rigenerazione urbana, al fine di favorire realmente la riqualificazione e il riuso del patrimonio edilizio esistente e contenere il consumo del suolo.

PRESIDENTE. Avverto che è stata presentata la mozione Morassut ed altri n. 1-00576 (Vedi l'allegato A). Il relativo testo è in distribuzione.

Non essendovi altri iscritti a parlare, dichiaro chiusa la discussione sulle linee generali della mozione.

Il Governo intende intervenire o si riserva di farlo successivamente?

ALESSANDRA SARTORE, Sottosegretaria di Stato per l'Economia e le finanze. Mi riservo di farlo successivamente.

PRESIDENTE. Il seguito del dibattito è rinviato alla parte pomeridiana della seduta.

Discussione della proposta di legge costituzionale: S. 83-212-938-1203-1532-1627-1632-2160 - D'iniziativa dei senatori: De Petris e Nugnes; De Petris ed altri; Collina ed altri; Perilli; Gallone; L'Abbate; Bonino; Calderoli ed altri: Modifiche agli articoli 9 e 41 della Costituzione in materia di tutela dell'ambiente (Approvata, in un testo unificato, in prima deliberazione, dal Senato e dalla Camera e approvata, in seconda deliberazione, con la maggioranza dei due terzi dei suoi componenti, dal Senato) (A.C. 3156-B​) (ore 10,15).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione della proposta di legge costituzionale, già approvata, in un testo unificato, in prima deliberazione, dal Senato e dalla Camera e approvata, in seconda deliberazione, con la maggioranza dei due terzi dei suoi componenti, dal Senato, n. 3156-B: Modifiche agli articoli 9 e 41 della Costituzione in materia di tutela dell'ambiente.

Avverto che lo schema recante la ripartizione dei tempi per la discussione generale è pubblicato in calce al vigente calendario dei lavori dell'Assemblea (Vedi calendario).

(Discussione sulle linee generali – A.C. 3156-B​)

PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione sulle linee generali.

Il presidente del gruppo parlamentare MoVimento 5 Stelle ne ha chiesto l'ampliamento.

La I Commissione (Affari costituzionali) si intende autorizzata a riferire oralmente.

Ha facoltà di intervenire la relatrice, deputata Corneli.

VALENTINA CORNELI, Relatrice. Presidente, la ringrazio. Io mi limiterò a una breve relazione, in quanto il testo, il contenuto della riforma è stato ampiamente e diffusamente discusso nel corso della prima lettura; adesso siamo arrivati, finalmente, alla quarta ed ultima lettura, quindi siamo in dirittura d'arrivo.

Come è noto, il testo interviene sull'articolo 9 della Costituzione, andando ad introdurre il principio della tutela dell'ambiente, della biodiversità e degli ecosistemi, anche per l'interesse delle future generazioni - e questo mi sembra importante sottolinearlo - oltre che ad introdurre il principio della tutela degli animali, cosa che certamente ha una rilevanza di non poco conto. Si interviene, inoltre, sull'articolo 41, relativamente alla libera iniziativa economica privata, prevedendo che la stessa non possa essere svolta in danno all'ambiente, oltre che in danno alla salute, e prevediamo che la legge possa coordinare ed indirizzare l'attività economica, pubblica e privata, anche a fini ambientali oltre che a fini sociali.

Quindi, in sostanza andiamo ad intervenire sulla prima parte della Costituzione e ce ne assumiamo la responsabilità. Però, lo facciamo a ragion veduta perché la tutela ambientale, prima, era menzionata solo nell'articolo 117 della Costituzione, ex comma 2, rispetto alla competenza esclusiva dello Stato, ed ex comma 3, attribuendo alla competenza concorrente Sato-regioni la valorizzazione dei beni culturali e ambientali; ma parliamo comunque solo di riparto delle competenze. Quindi, come abbiamo detto già durante la discussione in prima lettura, era necessario intervenire per colmare un vuoto non solo normativo bensì di principio e valoriale.

Dunque andiamo, sì, ad intervenire sui princìpi fondamentali, però integrando l'articolo 9, in quanto, lo ricordo, l'articolo 9 era già perno per la Corte costituzionale, che lo utilizzava per esplicitare il principio della tutela ambientale a Costituzione invariata. Quindi, semplicemente integriamo il principio di cui all'articolo 9 e lo facciamo con uno scopo che è quello di sgombrare il campo da possibili interpretazioni e andando a consolidare un orientamento che effettivamente già esisteva ed era già consolidato e anche, in un certo senso, risalente, perché si andava ad adeguare rispetto ad un orientamento internazionale eurounitario più che consolidato. Quindi lo scopo è di adeguamento dell'ordinamento interno all'ordinamento internazionale ed eurounitario, nonché di consolidamento rispetto ad un orientamento già ben assestato e ben consolidato.

Il principio è chiaramente quello progressista perché è questo che ci deve spingere, a maggior ragione, in un Paese come l'Italia, un Paese fortemente conservatore nel senso più deteriore del termine, fortemente ancorato a dinamiche difficili da smuovere, un Paese sostanzialmente immobile per molti aspetti.

Abbiamo parlato spesso di ecologia integrale, della necessità di modificare quei paradigmi sbagliati che sono stati perpetrati per trent'anni. Perché? Perché si è pensato al proprio interesse e non a quello delle future generazioni. Come diceva qualcuno più saggio di noi, c'è stata, purtroppo, una cattiva politica perché si è pensato alle future elezioni e non alle future generazioni. Tuttavia, mentre certa politica non cambia, il mondo cambia, anche l'Italia cambia, è evidente, ed è necessario colmare quella differenza che ormai si è esplicitata, quello scollamento, ormai evidente, tra Costituzione materiale e costituzione formale. Quindi, oggi è necessario intervenire perché - lo ripeto - il mondo cambia, l'Italia cambia, quei ragazzi che oggi sono in piazza non possono più essere ignorati, poiché hanno ereditato tutto ciò non per loro colpa. Sicuramente, è cambiata anche la coscienza. Penso agli animali, a come sono percepiti oggi dalla società: non più come oggetti ma come esseri senzienti a tutti gli effetti. Quindi dobbiamo necessariamente cambiare la nostra visione delle cose, la nostra visione del mondo anche perché qualcuno ben più saggio di noi, ancora una volta, ha detto che il grado di civiltà di un Paese si percepisce dal modo in cui tratta gli animali.

Per tutti questi motivi penso che oggi sia veramente un giorno storico. Mi auguro - e ne sono convinta - che sia possibile che questa legge costituzionale sia approvata a larghissima maggioranza, superando il quorum dei due terzi, già superato in terza lettura al Senato. Mi auguro di dare veramente un bel segnale al Paese.

PRESIDENTE. Il Governo intende intervenire? Prendo atto che si riserva di farlo successivamente.

E' iscritta a parlare l'onorevole Lapia. Ne ha facoltà.

MARA LAPIA (MISTO-CD). Grazie, Presidente. Colleghe e colleghi, il nostro Parlamento finalmente ha avvertito la necessità di inserire nella nostra Carta fondamentale la tutela dell'ambiente, la tutela della biodiversità e degli ecosistemi, demandando alla legge dello Stato la protezione degli animali. Una scelta tardiva, indubbiamente, ma che, se attuata con rigore e nell'assoluto rispetto delle norme, può trasformare la battaglia culturale di pochi in una sfida intergenerazionale di portata storica.

È nostro dovere, dunque, accompagnare la crescita sostenibile, considerando l'ambiente quale tema giuridico di interesse pubblico fondamentale, assoluto e primario, un ambiente che va protetto da chi, soprattutto in alcune regioni d'Italia, opera affari da milioni e milioni di euro, sfruttando gli incentivi messi a disposizione dallo Stato e lasciando solamente le briciole in quei comuni e quei territori dove è in atto una spaventosa pratica di sfruttamento degli ecosistemi naturali. Tra queste regioni, Presidente, vi è la mia terra, la Sardegna, che assiste ad un vero e proprio piano di invasione per un giro d'affari di almeno 4 miliardi di euro di incentivi ogni anno. Il “bancomat del vento e del sole”: così lo ha definito la stampa, una spregiudicata pratica più volte denunciata attraverso report giornalistici, inchieste e fatti giudiziari che hanno coinvolto diversi imprenditori e società operanti nel settore delle energie cosiddette rinnovabili. Affari, speculazione, intrecci con la criminalità organizzata, multinazionali finite nel mirino dell'antimafia, con sequestri ingenti per danni ambientali e paesaggistici ad oggi incalcolabili, miliardi di incentivi nelle tasche dei lobbisti e solamente pochi spiccioli a comuni e proprietari terreni. Ai cittadini sardi, invece, bollette da pagare, con maggiori oneri di sistema e con tutti i rincari a cui stiamo assistendo anche e soprattutto in queste ultime settimane. Veri e propri scempi ambientali che si sono rivelati una mera illusione per chi aveva creduto che avrebbero generato posti di lavoro e ricchezza per i cittadini e soprattutto in questo caso per i cittadini sardi. Tutto ciò viene attuato in spregio della tutela ambientale delle nostre terre e con un processo di deturpazione del paesaggio in cui gli ecosistemi di cui andiamo a parlare vengono irrimediabilmente compromessi e sacrificati sull'altare dei guadagni da parte dei cosiddetti signori del vento e del sole che hanno reso la Sardegna, nel silenzio generale, terra di conquista. Sconfinate distese di terreni vengono rese improduttive: un danno immane per interi territori che, nella nostra regione, basano la loro economia anche e soprattutto sulla produzione agricola, sull'utilizzo dei terreni per il pascolo degli animali e sui flussi turistici che scelgono la Sardegna come meta turistica proprio per il suo patrimonio ambientale. Adesso invece ci ritroviamo pale eoliche e pannelli fotovoltaici ovunque, anche in quelle zone che lambiscono siti archeologici di altissimo pregio. Porre un freno a tutto questo vuol dire tutelare l'ambiente, in un'ottica di sviluppo ecosostenibile e di utilizzo delle energie rinnovabili secondo precisi criteri standard adeguati. L'ambiente non va solamente protetto dalle emissioni di CO2 ma anche da altre pratiche umane di produzioni altamente dannose. La sua incolumità va difesa anche e soprattutto dall'eccessivo sfruttamento dei nostri territori, venduto ai cittadini come un'incredibile occasione per tutti; ma è un bluff che si è rivelato con il tempo una mera operazione di interesse economico al profitto di pochi. È dunque ora porre un freno a tutto questo ed il momento che ci apprestiamo a vivere, modificando uno dei principi fondamentali della nostra Costituzione, segna indubbiamente una pietra miliare nella storia del nostro Paese.

Lo aveva già compreso tra l'altro un nostro predecessore, l'ex senatore Marco Boato: fu proprio lui, nel 2006, a preannunciare la necessità di questa riforma. Lo rammentai nel mio discorso e nell'invito che lo scorso febbraio del 2021 rivolsi al Presidente del Consiglio Mario Draghi, durante l'insediamento del suo Governo: rendere concreta l'opportunità di allinearci agli altri Paesi europei, riprendendo in mano la modifica dell'articolo 9 della Costituzione, proteggendo la biodiversità, rispettando e tutelando gli animali.

Mi ritengo pertanto soddisfatta che quell'invito che seguì la replica del Presidente Draghi abbia finalmente trovato riscontro con l'accelerazione dei tempi e l'approvazione della presente legge di modifica costituzionale. Accanto al rispetto dell'ambiente, onorevoli colleghi, non di meno conto è l'urgenza di una puntuale normativa che riguardi anche la tutela degli animali e che disciplini le azioni umane in relazione alla loro crescita e al loro sviluppo in ecosistemi equilibrati e protetti dalla nostra Carta costituzionale.

Per quanto possano apparire differenti, le due tematiche coesistono necessariamente e si intersecano irrimediabilmente anche con la salute. Peccato solamente per non essere stati abbastanza coraggiosi. Questo lo dico alla nostra relatrice, riprendendo il discorso che ha fatto quando parla di esseri senzienti: questo non è accaduto, non è stato introdotto all'interno della modifica costituzionale che oggi ci apprestiamo ad approvare. Nella nostra modifica, infatti, le parole “esseri senzienti” non sono state introdotte. Avevo presentato un emendamento che prevedeva l'introduzione, accanto alla parola “animale”, le due parole “esseri senzienti” ed è stato bocciato. Peccato davvero, un'occasione persa. Già il Trattato di Lisbona aveva chiaramente disciplinato l'importanza del rispetto del benessere degli animali e della loro protezione, stabilendo così un vero e proprio riconoscimento di tipo giuridico che estendeva all'Unione europea e agli Stati membri le parole “esseri senzienti”.

Allora, Presidente, onorevoli colleghi, non ho l'ambizione di dire se questo sia il Governo dei migliori. Lo dirà la storia, ma una cosa è certa: questo non è il Governo dei coraggiosi, perché facciamo modifiche costituzionali parziali, non coraggiose, non ambiziose poiché non abbiamo voluto introdurre le parole “esseri senzienti”. Non posso sentire in Aula le parole “esseri senzienti” considerato che oggi non abbiamo introdotto questa modifica. Abbiamo introdotto modifiche parziali, abbiamo introdotto la parola “animale” non seguita dalle parole “esseri senzienti”. Quindi, è una modifica parziale che non ci aiuterà; sicuramente non sarà agevole con riferimento alle modifiche che andremo ad apportare nel codice penale e nel codice civile. Quindi, queste modifiche lasceranno il tempo che trovano. Saremo determinanti nelle modifiche future? Non lo sappiamo, Presidente, ma non diciamo che la modifica, con questa legge costituzionale, sarà sicuramente una buona modifica.

PRESIDENTE. È iscritta a parlare l'onorevole Montaruli. Ne ha facoltà.

AUGUSTA MONTARULI (FDI). Grazie, Presidente. È quantomeno strano, in questo periodo in cui i diritti costituzionali sono compressi, andare a modificare nuovamente la Costituzione, però auspico che il lavoro che stiamo facendo, questo dibattito in merito alla proposta di legge costituzionale ci permetta di richiamare, a chi ancora ha abbassato la guardia rispetto alla difesa dei diritti fondamentali della nostra Carta fondamentale, lo spirito autentico della Costituzione, di richiamare un moto d'orgoglio e di reazione affinché si possa realmente guardare, ancora una volta, alla Costituzione come a quella Carta che rappresenta la difesa estrema, dal punto di vista giuridico, del nostro ordinamento, dei nostri diritti, di chi siamo. Allo stesso tempo, essa è anche la custode; la custode di radici profonde, dei nostri valori più importanti, dei nostri valori fondamentali. Uso il termine radici profonde perché, anche a livello estetico, richiama il tema che stiamo affrontando. Oggi noi affrontiamo, in seconda lettura, qui alla Camera, la proposta di legge costituzionale che prevede la modifica di più articoli, in particolare dell'articolo 9 della Costituzione; un articolo che, nel testo vigente, prevede che la Repubblica promuove lo sviluppo della cultura e la ricerca scientifica e tecnica e, al secondo comma, la tutela del paesaggio e del patrimonio storico e artistico della Nazione.

I nostri padri costituenti non parlarono in maniera così esplicita di termini che noi oggi vogliamo inserire, come ambiente, biodiversità ed ecosistemi; e non lo fecero perché probabilmente non era ancora maturata la consapevolezza che oggi noi, invece, abbiamo di una società che non può considerare l'individuo come un soggetto solo sul territorio nazionale e che, in virtù di questa solitudine, ha il potere di interpretare la propria libertà come fare qualunque cosa. Oggi noi abbiamo una consapevolezza diversa; forse, sì, siamo anche soli, ma questa solitudine è integrata in un sistema, in un ambiente - da cui penso derivi anche lo spirito autentico di questa parola - con cui interagiamo costantemente, anche quando non lo vogliamo e, anche quando non lo vogliamo, ne subiamo gli effetti. Basti pensare a quello che abbiamo vissuto in questi due anni, una pandemia che molto spesso, anche quando le nostre città erano completamente vuote di noi, persone sole, ci ha dimostrato come la natura poi, alla fine, reagisca e ci venga comunque incontro; ci ha dimostrato come la natura stessa, laddove l'uomo arretra, torna e dove, invece, l'uomo va al di là delle sue reali possibilità, si ribella.

Questo spirito, questa consapevolezza arriva, sì, da radici profonde, anche per noi, persone che ci definiamo di destra, che vogliamo difendere, in maniera netta, i principi costituzionali così come stiamo facendo proprio in questo momento in cui noi riteniamo questi siano compressi, ma che, appunto, abbiamo una consapevolezza di interazione, di essere parte di un qualcosa di più ampio; se questo qualcosa lo vogliamo chiamare ambiente, questa consapevolezza, sì, per noi, persone di destra, arriva da radici profonde. In questa occasione voglio solo ricordare un uomo, che Giorgia Meloni ha anche definito un eroe, Paolo Colli (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia), un uomo che è nato, cresciuto e si è espresso nelle file della destra, che ci ha insegnato valori importanti e dato la possibilità di risvegliare quelle radici profonde. Tali valori meritavano tutela, difesa, riconoscimento e apprezzamento; li meritava chi non aveva parole, come i mari, il cielo, la terra e le generazioni future.

Su queste generazioni future deve essere incentrata in primis la nostra visione e la nostra elaborazione rispetto al provvedimento che stiamo per esaminare; è indubbio che se questa consapevolezza non l'avevano i padri costituenti, oggi, invece, essa è più che mai presente nelle giovani generazioni, da cui arriva anche questo richiamo. Questo richiamo va però affrontato senza ipocrisia, dando la possibilità alle generazioni future di vivere in un mondo sicuramente migliore, che faccia riferimento non soltanto al criterio di bello così come lo avevano inteso i nostri padri costituenti con le parole “tutela del paesaggio”, ma a un concetto ancora più ampio, che è quello di ambiente, e che non comprende solo il tema del bello, ma anche il tema del giusto. In questa consapevolezza, delle persone intese come soggetti che vivono all'interno di un ambiente, noi non possiamo non considerare come questa interazione debba trovare, nella nostra Costituzione, un punto di equilibrio, anche rispetto ad altri diritti, come quelli della libertà economica, in primis.

Da qui passo alla seconda modifica che la proposta di legge costituzionale prevede, quella dell'articolo 41, laddove, parlando di iniziativa economica privata e dopo aver espresso, in maniera netta, come questa sia libera, noi andiamo a modificare il comma 2, affermando che questa non può svolgersi in contrasto con l'utilità sociale o in modo da recare danno - e noi aggiungiamo – “alla salute, all'ambiente,”, oltre che alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana. Su questa locuzione mi permetto di sollevare una preoccupazione allo scopo anche di prevenire, in futuro, eventuali esagerazioni. Noi non possiamo interpretare questa modifica costituzionale come una norma iconica, ma neanche la tutela ambientale – come, purtroppo, spesso è già avvenuto – nel senso di un estremismo diverso, ossia come uno strumento di ostacolo rispetto alla nostra economia. Il dovere a cui siamo chiamati, subito dopo la modifica costituzionale, è pertanto quello di riguardare l'impianto delle norme affinché vi sia un reale equilibrio tra la tutela ambientale, la difesa dell'ambiente, la difesa dell'ecosistema, la difesa della biodiversità, tra questa necessaria difesa e la necessità di garantire alle nostre aziende di continuare a lavorare e, quindi, di dare opportunità di sviluppo e di occupazione sul nostro territorio, all'insegna di un rispetto maggiore del nostro ecosistema.

Però è un impegno che dobbiamo prendere in maniera profonda perché oggi le nostre norme non sono adeguate e, molto spesso, quando intervengono anche su richiami dell'Unione europea, penalizzano - rischiano di penalizzare - le nostre aziende, non dandogli il tempo di migliorare su questo piano e di trovare una propria economia (che è anche un'economia integrata all'interno dell'economia nazionale), ovvero una propria compatibilità con i nuovi principi che, sul piano costituzionale, stiamo affermando.

Su questo aspetto, però, mi preme sottolineare come, in parte, questo problema sia stato già affrontato dalla nostra Corte costituzionale, quindi dobbiamo tenerne in considerazione e non dimenticarne i richiami. Soprattutto allorquando la Corte costituzionale ha affermato, con la sentenza n. 127 del 1990, che il bene ambiente deve essere un valore determinativo del valore della vita - primario in tal senso - e che, al tempo stesso, debba essere un bene da considerare non solo come materiale ma complesso, che comprende la tutela e la salvaguardia e che vada sempre più incontro alle esigenze della persona che si sviluppano all'interno della nostra Nazione.

L'auspicio è permettere, anche in futuro, che questi nuovi temi che noi inseriamo - che nuovi non sono ma che oggi inseriamo per darne un giusto riconoscimento all'interno della Costituzione - possano trovare un autentico equilibrio rispetto agli altri diritti che nella Costituzione sono riconosciuti. La preoccupazione che, a seguito di quello che è avvenuto negli ultimi due anni a seconda delle interpretazioni molto spesso ideologiche, si possa arrivare a di situazioni di sbilanciamento è forte. L'impegno che noi dobbiamo prendere, ancora una volta, facendo un passo così importante come modificare la Carta costituzionale - che è un passo di cui noi dobbiamo avere una consapevolezza estrema - è di rinnovare la necessità che tra i diritti previsti all'interno della nostra Costituzione si trovi sempre un equilibrio; un equilibrio fondamentale che permette agli uomini e alla nostra Nazione di svilupparsi nella sua piena potenzialità, piena capacità, nei suoi pieni valori, con quelle radici profonde che non gelano mai (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Gentile. Ne ha facoltà.

ANDREA GENTILE (FI). Signor Presidente, membri del Governo, colleghi e colleghe, il progetto di legge costituzionale al nostro vaglio interviene sugli articoli 9 e 41 della Costituzione, al fine di introdurre la tutela dell'ambiente nelle relative previsioni. Nella Costituzione esiste solo dal 2001 una fugace menzione al bene ambiente tra le materie di competenza legislativa dello Stato. In realtà, attraverso diverse disposizioni, da quelle sul paesaggio a quelle che attengono alla tutela della salute, l'ambiente ha saputo conquistare nel tempo una sua autonoma collocazione nel quadro dei principi che compongono il patrimonio genetico dell'identità costituzionale italiana. Con tale proposta si intende dunque adeguare la lettera della Carta e i progressi compiuti in termini di costituzione materiale. Ciò nella convinzione che la nostra Costituzione non sia solo una fonte enunciativa di principi, ma costituisca anche e prima di tutto la Magna Charta dei valori fondanti della nostra comunità, in cui ciascuno di noi deve riconoscersi. Lo sviluppo sostenibile è quello che incontra i bisogni del presente senza compromettere il bisogno delle generazioni future.

Solo muovendo da questo assioma di civiltà giuridica possiamo approcciare la revisione ora in discussione. Infatti, con questa riforma ci confrontiamo con uno dei tratti fondamentali della materia costituzionale: la ricerca di un equo bilanciamento tra le istanze di cambiamento e le esigenze di conservazione. È innegabile, di fatti, che oggi il bene ambiente, inteso come biosfera e insieme degli ecosistemi, rappresenti per la nostra comunità un valore irrinunciabile e meritevole della più alta protezione. Siamo qui, dunque, per testimoniare un lavoro di elaborazione importante che muove dal significativo cambiamento che la società ha vissuto in relazione a questi temi. Tale revisione presenta, dunque, sia un valore certificativo al fine di adeguare la Costituzione al sentire comune, sia un valore pedagogico per spingere quanti ancora non hanno compreso l'importanza di tale fattore ad esserne coscienti, sia un valore giuridico forte per consentire la difesa in modo ancora più netto ed incisivo dell'ambiente contro eventuali interventi volti a svilirne l'importanza ad esso assegnata in qualità di principale fonte della nostra vita. L'ambiente, in questo senso, non può non trovare diritto di cittadinanza nei principi fondamentali della nostra Costituzione, essendo il presupposto di molti altri diritti in essa contemplati.

La presente riforma, che prende atto della rilevanza rivestita dalla tematica in esame e menziona anche l'interesse delle generazioni future, è una riforma coraggiosa in quanto pone l'Italia, finalmente, allo stesso livello di altri Paesi che hanno già previsto a livello costituzionale alcune clausole di tutela dell'ambiente. Il diritto all'ambiente deve quindi essere inteso come diritto alla razionale gestione delle risorse, alla salvaguardia della biodiversità, al miglioramento delle condizioni naturali dell'aria, delle acque, del suolo e del territorio complessivo in tutte le sue componenti. La tutela dell'ambiente può, peraltro, tradursi in minori spese, se ad esempio consideriamo le politiche di carattere preventivo, poiché in questo modo si fornisce una migliore protezione della vita, delle proprietà, degli edifici e delle attività delle persone, e lo si fa a costo inferiore. Dunque, la sfida attuale è anche quella di costruire una società in grado di coniugare i paradigmi della tutela dell'ambiente con lo sviluppo economico e sociale delle nostre popolazioni. La transizione dovrà avvenire nei tempi prestabiliti, ma tenendo conto delle implicazioni che un rapido cambiamento del modello di sviluppo, così come lo abbiamo conosciuto fino ad oggi, avrà inevitabilmente su una parte del mondo produttivo e dei lavoratori, maggiormente coinvolti in una obbligata ma necessaria opera di riconversione. Sotto questo aspetto, affinché la transizione sia realmente efficace, è indispensabile che gli aggiustamenti per la lotta al cambiamento climatico e la salvaguardia dell'ambiente siano equi e giusti. Oggi non ha più senso discutere sul se: il futuro è già presente; occorre piuttosto chiedersi quali direzioni imprimere alle molteplici sfide che l'ambiente pone ai decisori politici e alla società civile. Ogni risposta possibile, muovendo da tale prospettiva, deve necessariamente partire dalla bussola data dalla nostra legge fondamentale. Se vogliamo vincere la scommessa posta dal nuovo paradigma di sviluppo della tutela dell'ambiente, cogliendo tutte le opportunità che questo nuovo modello offre, dobbiamo dunque iniziare da ora, ponendo una pietra miliare sulla salvaguardia dell'ambiente in Costituzione, per poi impegnarci a garantire che detti cambiamenti epocali avvengano in modo giusto, ordinato e consapevole. Forza Italia, come sempre, ci sarà e darà il suo fattivo contributo per vincere la sfida globale della nostra epoca. È, dunque, sulla scorta di tali considerazioni che annuncio il voto favorevole di Forza Italia con riguardo alle modifiche costituzionali in oggetto (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia-Berlusconi Presidente).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole D'Ippolito. Ne ha facoltà.

GIUSEPPE D'IPPOLITO (M5S). Grazie Presidente, membri del Governo, stimata sottosegretaria Fontana, gentili colleghi, la novella costituzionale oggi al nostro esame ritorna in questa Camera per la seconda volta e ha già avuto due deliberazioni sull'identico testo da parte del Senato, di cui la seconda con la maggioranza dei due terzi.

Ci si prospetta, quindi, l'opportunità di finalizzare l'intervento parlamentare in una revisione della nostra Carta fondamentale, che entrerà immediatamente in vigore, incidendo in modo significativo e da subito sulla qualità della vita di tutti gli italiani. È significativa la sottolineatura che qui voglio proporvi: l'integrazione all'articolo 9 della Costituzione, oggetto della legge in esame, incide su uno dei principi fondamentali enunciati dalla nostra Carta, che sono rimasti immodificati dalla data della sua entrata in vigore. La totalità degli autorevoli commentatori della nostra Carta fondamentale ha affermato che da questi principi traspare la volontà del Costituente, che aveva vissuto la tragica esperienza dell'oppressione nazifascista e della guerra di liberazione, di prendere le distanze, non solo dal regime fascista, ma anche dal precedente modello di Stato liberale, le cui contraddizioni e incertezze avevano consentito l'instaurazione della dittatura. Il tipo di organizzazione statale tracciato dal Costituente è quello dello Stato sociale di diritto che, per garantire uguale libertà e dignità a tutti i cittadini, si fa carico di intervenire attivamente in prima persona nella società e nell'economia. Ma il Costituente della prima metà del secolo scorso non avvertiva ancora come pericoli alla libertà e alla dignità di tutti i cittadini i rischi e i danni per la salute derivanti dall'inquinamento, i rischi e i danni delle mutazioni nell'ecosistema cagionate dalle variazioni climatiche, i rischi e i danni dello sviluppo di un sistema economico svincolato da impegni di sostenibilità ambientale. La tutela dell'ambiente quindi non rientrava ancora nei capisaldi dello Stato sociale.

Ecco perché l'iniziativa di revisione costituzionale, da subito sposata dal MoVimento 5 Stelle - ricordo che il Presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, nel 2019, a margine dell'Assemblea generale dell'ONU a New York, aveva dichiarato: “Dobbiamo inserire nella nostra Costituzione la tutela dell'ambiente, della biodiversità e dello sviluppo sostenibile” - e poi condivisa da una larghissima maggioranza in entrambi i rami del Parlamento, adegua la nostra Carta costituzionale alla mutata realtà sociale ed economica del terzo millennio ed è significativo che ciò avvenga proprio incidendo su uno dei principi fondamentali della nostra Repubblica. Lo fa intervenendo su quell'articolo 9, che già garantiva lo sviluppo di beni immateriali come la cultura, la scienza, la tecnica e la tutela del patrimonio storico e artistico e del paesaggio, a cui oggi aggiungiamo la tutela dell'ambiente, della biodiversità e degli ecosistemi.

Si tratta di un'innovazione di portata storica, giacché finora l'ambiente non viene espressamente nominato nella Carta costituzionale, se non nell'elencazione delle materie di competenza esclusiva statale di cui all'articolo 117, secondo comma, della Costituzione. L'ambiente diventa invece ora un valore primario, costituzionalmente protetto, non solo nell'attualità, perché tale tutela è rivolta anche ai posteri, ossia alle generazioni future, secondo la previsione innovativa per un testo costituzionale, della legge oggi sottoposta alla nostra approvazione. È stato solo grazie all'intervento della giurisprudenza costituzionale e di legittimità, cui oggi ci adeguiamo, che la tutela dell'ambiente ha ricevuto affermazione. Cito la sentenza della Corte costituzionale n. 641 del 1987: “L'ambiente è protetto come elemento determinativo della qualità della vita”. Ancora, nel 1992, la Corte ha sancito che “l'integrità ambientale è un bene unitario che va salvaguardato nella sua interezza”.

Così pure la Cassazione ha già asserito che la tutela giuridica dell'ambiente trova la sua fonte genetica, che oggi diventa fonte espressa, direttamente nella Costituzione e che quindi l'ambiente in senso unitario assurge a bene pubblico immateriale. Ma non può ben intendersi il valore dell'odierna novella costituzionale se non si riflette sulla natura del bene immateriale ambiente, da tutelare in questo momento storico. La tutela dell'ambiente è una vera e propria emergenza globale, che non risparmia l'Italia, e che è sorta ben prima dell'emergenza pandemica di questo periodo. Essa è nata già in epoca postindustriale, coinvolgendo ogni aspetto della vita umana e dell'ecosistema vegetale e animale. L'inquinamento, i mutamenti climatici, il consumo del suolo, l'esaurimento di fonti di energia, o comunque dannose e non rinnovabili, sono tutti elementi di cui universalmente si riconosce l'origine antropica. Essi hanno trovato un humus fertile nella debolezza delle regole, nella loro contraddittorietà, spesso nella loro tardività e soprattutto nell'assenza di principi generali saldi e inderogabili, che oggi introduciamo nella nostra Carta fondamentale con la revisione costituzionale che ci si appresta ad approvare.

La questione ecologica, la coscienza ecologica, che per il MoVimento 5 Stelle ha sempre rappresentato la bussola del proprio agire, impongono urgenti interventi per garantire la sopravvivenza sul pianeta terra degli ecosistemi, degli individui, di gran parte delle specie vegetali e animali e della stessa specie umana. Siamo stati sollecitati in tal senso dalla comunità internazionale, che ancora fatica a trovare quell'unità di intenti necessaria, se non indispensabile, per invertire la rotta da un percorso che porta ineluttabilmente verso l'autodistruzione. Siamo stati sollecitati nel maggio del 2015 da Papa Francesco, nell'enciclica Laudato si', dove si affronta, con rigore scientifico e religiosità moderna, la necessità per tutti gli umani, per ogni sapiens, credente e non credente, di tornare all'armonia con la terra, tenendo conto del contesto postindustriale in cui ci troviamo. Scrive Francesco: “Quando parliamo di ambiente facciamo riferimento anche una particolare relazione: quella tra la natura e la società che la abita. Questo ci impedisce di considerare la natura come qualcosa di separato da noi, o come una mera cornice della nostra vita. Siamo inclusi in essa, siamo parti di essa e ne siamo compenetrati”. Non ci sono due crisi separate, una ambientale e un'altra sociale, bensì una sola complessiva crisi socioambientale. Infine, siamo stati sollecitati, non più tardi di pochi giorni fa, dal nostro Presidente Mattarella che, all'atto del suo rinnovato giuramento a Camere riunite, ci ha ammonito: “Dobbiamo rilanciare l'economia all'insegna della sostenibilità (…). I tempi duri che siamo stati costretti a vivere ci hanno lasciato una lezione: dobbiamo dotarci di strumenti nuovi per prevenire futuri possibili pericoli globali, per gestirne le conseguenze, per mettere in sicurezza i nostri concittadini (…), in un'Italia impegnata nella tutela dell'ambiente, della biodiversità, degli ecosistemi, consapevoli della responsabilità nei confronti delle future generazioni”. È a queste sollecitazioni che rispondiamo oggi, integrando appunto l'articolo 9 della nostra Costituzione, con l'affermazione di un nuovo principio fondamentale della Repubblica: la tutela dell'ambiente, della biodiversità e degli ecosistemi. Ma lo facciamo anche rinviando alla legge ordinaria la tutela degli animali e aggiornando l'articolo 41, specificando che l'iniziativa economica non può recare danno alla salute e all'ambiente e che l'attività economica pubblica e privata deve essere indirizzata dalla legge non solo a fini sociali ma anche ambientali.

Ma il nostro compito di legislatori è tutt'altro che finito, anzi, possiamo dire che dopo la revisione costituzionale oggi si rinnova e si rivitalizza. Occorre adeguare la legislazione vigente ai nuovi principi e valori, occorre esercitare la riserva di legge sulla tutela degli animali, occorre introdurre una legislazione di dettaglio che renda il nuovo principio costituzionale materia viva e applicabile, e non solo un mero, benché altissimo, enunciato.

Iniziamo col definire i confini di quell'ambiente da tutelare, in modo da renderne uniforme e omogenea l'applicazione sui territori. Nella nostra Camera esiste già una proposta di legge incardinata in VIII Commissione che tale finalità si pone, perché la novella costituzionale rende ancora più evidente la necessità di promuovere una definizione legislativa della nozione di ambiente. La necessità dell'intervento del legislatore ordinario è dettata oggi dalla circostanza che gli interpreti si orientano altrimenti verso parametri applicativi diversi, indotti dall'utilizzazione, nel processo ermeneutico, di esperienze e di nozioni di altre branche del sapere, soprattutto delle scienze naturali, e ciò porta, inevitabilmente, a risultati non sempre puntuali e uniformi. L'intenzione è affermare il principio che l'ambiente deve essere tutelato, conservato e preservato, non solo perché esso ha un valore intrinseco in sé, ma anche per il valore strumentale che esso possiede per gli esseri umani. Dobbiamo superare la questione del valore da assegnare alla natura, ma anche convincerci dell'impraticabilità di un trattamento differenziato della natura rispetto agli esseri umani.

Cari colleghi, affermare i principi fondamentali che la Repubblica tutela l'ambiente, la biodiversità e gli ecosistemi - articolo 9 - e collegare l'ambiente all'uomo e alle sue attività nella tutela costituzionale - articolo 41 - significa promuovere interventi di salvaguardia e di tutela del primo, cioè l'ambiente, anche perché essi rappresentano soprattutto la salvaguardia e la tutela del secondo, cioè l'uomo.

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole D'Ettore. Ne ha facoltà.

FELICE MAURIZIO D'ETTORE (CI). Grazie, Presidente. Una revisione costituzionale, con le letture che già ci sono state del testo, richiede evidentemente a tutti noi, oltre alle riflessioni già fatte in Commissione affari costituzionali e nelle Aule per i precedenti passaggi, comprese quelle del Senato, una riflessione su quale sia la portata di una riforma, di una revisione di questo tipo.

Premesso il nostro voto favorevole, bisogna, però, chiarire che ci sono aspetti di novità nel testo che sono da considerare, in alcuni passaggi, non del tutto congruenti con un sistema costituzionale così come noi attualmente lo conosciamo.

L'articolo 1 della proposta di legge costituzionale aggiunge all'articolo 9 della Costituzione: “Tutela l'ambiente, la biodiversità e gli ecosistemi, anche nell'interesse delle future generazioni. La legge dello Stato disciplina i modi e le forme di tutela degli animali”.

Altra modifica - direi integrazione - riguarda, con l'articolo 2, l'articolo 41 della Carta costituzionale, laddove si ricorda e si statuisce che l'iniziativa economica privata deve svolgersi in modo da non recare danno alla salute e all'ambiente, oltre ai già previsti limiti della sicurezza, della libertà e della dignità umana, e che l'attività economica pubblica e privata può essere indirizzata e coordinata ai fini ambientali oltre che ai già previsti fini sociali.

Come già in Commissione affari costituzionali ho ribadito, ci sono passaggi, riferimenti, termini, parole ed enunciati del dettato costituzionale che non sono indifferenti a una serie di effetti e di conseguenze anche sulla legge ordinaria. Noi sappiamo, in base alle conoscenze della dottrina e della giurisprudenza costituzionale, che la legge ordinaria è sostenuta da un cosiddetto vincolo interno. Come ricordava il professor Zagrebelsky, nella prima versione del testo sulla giustizia costituzionale, questo vincolo interno è il risultato dei valori più intimi della Carta costituzionale e ogni norma di legge ordinaria mantiene questo vincolo, al di là – a volte - dello stesso intento del legislatore, e, quindi, viene interpretata e applicata sulla base della tavola dei valori propri del sistema costituzionale.

È chiaro, quindi, che un richiamo così speciale alla biodiversità, ad esempio, è un richiamo a un concetto e a un termine determinato; anche in Commissione affari costituzionali, insieme con i colleghi - in particolare con il collega Ceccanti; non so se in questi giorni il professor Ceccanti le abbia trovate - spesso ci siamo messi a cercare comparazioni costituzionali sull'utilizzo di questo termine, così come il riferimento alle finalità ambientali, oltre che a quelle sociali, nell'ambito dell'esercizio dell'attività economica privata, determina un cambiamento significativo anche nell'approccio che poi sarà previsto dalla legislazione ordinaria, non c'è dubbio di ciò. Come la funzione sociale della proprietà, i fini sociali per l'iniziativa economica privata sono il risultato di una costruzione importante della nostra Carta, che funzionalizza sia i titoli dominicali e la proprietà sia l'iniziativa economica privata alle finalità non esclusivamente economiche, ma a quelle, di più ampio respiro e di prospettiva, date dall'orizzonte del sistema costituzionale e dai valori sociali propri della Carta costituzionale. Valori sociali e, quindi, ora anche fini ambientali, ossia la finalizzazione ambientale. Tutto questo era sconosciuto nel nostro ordinamento? No, non era sconosciuto. Già nell'ambito della revisione dell'articolo 117 della Costituzione la legislazione riservata allo Stato faceva espresso riferimento alla tutela dell'ambiente e agli ecosistemi. La Corte costituzionale aveva più volte ricordato che l'articolo 9, riguardo alla tutela del paesaggio e del patrimonio storico del Paese, implicava anche la tutela ambientale. La norma sul danno ambientale del 1986 - legge ordinaria - inserì nel nostro ordinamento, sulla base anche di un forbito e sostanzioso dibattito costituzionale, un nuovo elemento di valutazione. Quindi, si trattava di una norma che, rispetto all'articolo 2043 del codice civile sul risarcimento del danno, inseriva una specialità della fattispecie da valutare sul piano del danno. Sub specie damni, il danno ambientale diventava elemento proprio di una specifica valutazione del cosiddetto danno extracontrattuale.

Era, cioè, tutto un insieme di conoscenze e di applicazioni che, nel tempo, si sono realizzate. Non era, quindi, sconosciuto al nostro ordinamento. Sia nell'ambito della giurisprudenza costituzionale, che è quella di legittimità, sia in quello della giurisprudenza amministrativa non era sconosciuta questa affermazione della tutela ambientale, sia come norma, quindi come disposizione espressa, sia come elemento costruito nell'ambito dei principi generali del sistema. È evidente, però, che ora lo sanzioniamo - brutta questa parola nell'ambito della Costituzione, però è come una sanzione, una determinazione nuova -, e lo facciamo con questa prospettiva di determinare vincoli interni e orizzonti di prospettiva sulla legislazione ordinaria, su ciò che noi, come legislatori, faremo o faranno coloro i quali ci saranno anche nelle prossime legislature. È un tema importante nel definirlo, perché in Commissione affari costituzionali il dibattito c'è stato.

Poi ci sono questi passaggi parlamentari, ma, da ultimo, noi, più volte, ci siamo occupati di revisioni costituzionali; lo facciamo come se fosse una normale attività di disciplina modificativa, integrativa o innovativa di carattere ordinario. No, non lo è. Non c'è un'attenzione profonda, anche se il dibattito nella Commissione affari costituzionali c'è stato, nelle Aule, ma è un passaggio quasi - scusate - burocratico. No, quando il Parlamento si occupa di revisione costituzionale, il passaggio è importante; e l'avere denunciato anche da parte del nostro gruppo, da parte mia in particolare, questa parcellizzazione del sistema costituzionale nel momento della revisione, cioè la revisione per monade, la revisione per parcelle, per singole questioni, non è la cosa migliore che si possa fare. Non essendoci un complessivo disegno costituzionale, la tecnica spesso ricorda quella propria della legislazione ordinaria.

Cioè, quasi il virus della decretazione d'urgenza e dell'emendamento o del maxiemendamento, questa tecnica volgare che noi, via via, abbiamo assunto, la spostiamo, con lo stesso criterio, modalità, approccio, sensibilità, alla revisione costituzionale. Questo è ciò che più impressiona. So già che, se avrà tempo, il collega Ceccanti - qui spesso facciamo dialoghi fra varie parti - dirà: ma non è proprio così, c'è un'elevata valutazione del termine costituzionale nell'ambito del sistema. Sì, ma, in realtà, ci siamo resi conto tutti, anche nelle ultime sedute della Commissione affari costituzionali, che quella che una volta era la revisione costituzionale e la passione, l'impegno, la sensibilità che nascevano dall'approccio alla revisione costituzionale, oggi sono derubricati a un passaggio che è quasi ordinario, dimenticando il valore, l'importanza di una disciplina di questo tipo.

Sentivo prima il collega dire: ora ci adeguiamo alla Costituzione materiale. Si dice di tutto; ormai gli uffici legislativi fanno il fogliettino per il parlamentare e si può parlare di qualsiasi cosa, di qualsiasi termine: Costituzione vivente, materiale, formale e chi più ne ha, più ne metta, a caso. Mi verrebbe da dire una parola un pochino più volgare, ma non è utilizzabile, soprattutto in questa sede, e scadrei rispetto a quello, però è percepibile cosa ho in mente. La Costituzione è una cosa seria e utilizziamo anche termini e valutazioni serie, non perché c'è chi ne sa qualcosa in più. Studiatevela meglio, non leggete i fogliettini che vi danno dagli uffici legislativi, con tutto il rispetto! Molti di noi non ci saranno nelle prossime legislature, ma almeno lasciate la traccia di un impegno, e non perché io, Ceccanti o altri vogliamo fare i professori, però a volte è bene farlo, non fa mica male andare a scuola. Non è che siamo nella DAD costituzionale qui, non è la didattica a distanza costituzionale.

Siamo nell'Aula del Parlamento, affrontiamo temi di una certa rilevanza e dobbiamo avere anche dubbi, perplessità, pur condividendo l'impianto nel suo complesso; dubbi e perplessità che vengono da un portato di discussioni, di impegni. E ascoltiamo anche quello che dicono le minoranze, come hanno fatto in Commissione affari costituzionali rispetto alle capacità integrative. Non è un passaggio formale e burocratico: è la revisione costituzionale! Tocchiamo la Carta costituzionale nell'ambito dei principi fondamentali, all'articolo 9! Inseriamo norme nell'articolo 41 sull'iniziativa economica privata, l'utilità sociale, i fini sociali, i fini ambientali! Cambiamo il sistema, noi! Noi lo cambiamo, perché è la nostra competenza, la nostra capacità. Come diceva il Presidente Mattarella, attenzione:, sì alle riforme, ma attenzione al modello, alla penna delle riforme. Quindi, qualche perplessità, lo dico chiaramente.

Non dobbiamo rappresentare questa riforma, questa revisione importante, che, ripeto, voteremo perché è giusto e corretto sul piano costituzionale che il termine ambiente entri espressamente, anche se già c'era, ma entri attraverso una norma propria, come quella dell'articolo 9, in qualche modo esplicitando quello che era un percorso che è proprio della Corte costituzionale, ma non lo facciamo perché, come ho sentito dire, “ora le imprese dovranno avere un limite in più, il fine ambientale”. Ma perché, la salubrità ambientale non era già prevista nella giurisprudenza di legittimità costituzionale? Salubrità ambientale che non è solo salute del singolo individuo. Dell'articolo 32 e del tema della salubrità ambientale se ne discute - pensate un po' - dagli anni Sessanta, non stiamo inventando niente!

Però i fini ambientali non sono un limite all'iniziativa economica privata; sono un elemento proprio dello sviluppo armonico dell'attività imprenditoriale in un contesto di rapporti con gli interessi di carattere generale, ma non sono un limite, un impedimento, un nuovo vincolo, non devono essere intesi in questo modo. Così ho sentito che qualcuno lo intende. Dobbiamo dare il messaggio che non è che l'iniziativa economica privata viene limitata, viene impedita; nella Carta costituzionale si esplicita una finalità ulteriore che era già propria, nella sua interpretazione applicativa della giurisprudenza in materia. Interpretazione applicativa che non nasce dal nulla, ma nasce dall'affermazione dei cosiddetti principi generali del nostro ordinamento anche nella giurisprudenza di legittimità e, come dicevo prima, amministrativa. Se questo è l'indirizzo politico e l'intento che esprimiamo - senza fare il nome, mi rivolgo a un collega -, e lo facciamo perché i lavori preparatori sono importanti per interpretare l'intento del legislatore, anche costituzionale, allora questa norma ha un significato più ampio e un contenuto di significato è coerente con il sistema. Esplicita, esprime un percorso già realizzato nel tempo. Altra questione è quella della disciplina, che lo Stato dovrà realizzare nei modi e nelle forme che riterrà conformi alla Carta, di tutela degli animali. Anche questa è una novità importante, corretta, è stata inserita nell'ambito dei lavori anche del Senato, cioè un nuovo modo di intendere il rapporto con il sistema e con riguardo alla protezione degli animali, perché questo è il senso della norma, protezione, la tutela degli animali nel senso iniziale, principale. Cioè, il significato del precetto normativo è quello della protezione in particolare.

Non è la stessa cosa. Così come è scritto, è chiaro che l'intento può essere più ampio, la tutela nel senso più ampio, molto più diversificata, senza alcuna distinzione fra le specie animali, come è evidente, ma che parte innanzitutto dalla disciplina di protezione, che è quella che più, in questo momento, deve essere presente. Conosciamo anche casi rilevanti in questo senso, non solo di maltrattamenti, ma di situazioni nelle quali il mondo animale è stato soprattutto - anche nel nostro Paese, e non solo - considerato di minor momento rispetto alle esigenze dell'economia e della ricerca.

Sul tema della ricerca, attenzione: protezione degli animali non significa impedire la ricerca scientifica, che purtroppo coinvolge anche la sperimentazione animale. La tutela degli animali, con il riferimento alla protezione, deve circoscrivere anche un ambito - e ci sono altre norme - un altro equilibrio ragionevole - e va trovato -, un contemperamento con altri principi e norme della Carta costituzionale anche ai fini della tutela della ricerca scientifica. Ma diciamolo, perché nella nostra discussione generale rimane agli atti: io penso sia questo l'intendimento del legislatore, in questo momento.

Infine, l'ultima questione, che non penso sia irrilevante, ma che determina ulteriori riflessioni, è il rapporto fra questa revisione costituzionale e il contesto normativo proprio dell'Unione europea. È chiaro che, in parte, questo testo si riferisce alle procedure di infrazione promosse dalla Commissione europea che hanno riguardato l'Italia, al fine di proteggere adeguatamente gli habitat naturali e le specie minacciate nel nostro territorio, e anche altre indicazioni e atti dell'Unione, ricordando il primato e la supremazia del diritto europeo rispetto agli ordinamenti nazionali. In questo campo la supremazia è di tutta rilevanza, in particolare con riguardo a prodotti di tutela ambientale propri dell'Unione europea. Sì, supremazia, primato: a qualcuno non piacciono. Ferma restando l'immutabilità dei principi fondamentali della nostra Carta e la loro resistenza anche rispetto agli indirizzi propri dalla disciplina europea, è chiaro tuttavia che esiste un primato e una supremazia di questa disciplina, che ancor più si realizza e si manifesta in questi ambiti, quello ambientale e di tutela degli habitat naturali. Nessuno può dimenticare che nella nozione di ambiente e nella tutela ambientale, a livello europeo, si qualificano in termini unitari la gestione dei rifiuti, la tutela delle acque dall'inquinamento, la gestione delle risorse idriche, la difesa del suolo, la tutela dell'aria, la riduzione delle emissioni in atmosfera. Tutto ciò trova esplicito riferimento, come noi sappiamo, nell'articolo 37 della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea. Oggi, in piena transizione ecologica, questi temi, indirizzi e precetti propri del contesto europeo devono trovare una sicura collocazione nel confine determinato dai principi fondamentali della Carta costituzionale. Anche su questo tema io mi sarei permesso di fare un richiamo alla disciplina dell'Unione europea. Mi sarei permesso anche, così come avviene nell'ambito dell'articolo 117 della Costituzione, di ricordare che esiste questo quadro. Bisognerà, infatti, trovare un equilibrio ragionevole, rispetto al vincolo interno, proprio per la legislazione ordinaria che deriverà dalla modifica dell'articolo 9, principio fondamentale, e dell'articolo 41, nei rapporti economici, rispetto alla supremazia e al primato del diritto dell'Unione su quegli ambiti che avevo definito, sui quali andrà a incidere direttamente la nostra revisione costituzionale. Forse un richiamo, così come c'è, in parte, all'articolo 117, poteva essere utile.

Parimenti poteva essere utile effettuare una più approfondita comparazione con altri ordinamenti costituzionali, nel richiamare norme come quelle della biodiversità, ormai “norme”, norma costituzionale. La tutela della biodiversità è norma costituzionale, bisogna stabilire esattamente cosa si intende. Non sono norme in bianco, sono norme che hanno un contenuto di significato: l'enunciato del legislatore costituzionale, in forma compiuta, ha un contenuto di significato che noi esprimiamo nel precetto costituzionale, che è di immediata applicazione. Il tema della biodiversità aprirà un'ampia discussione, anche con riguardo, appunto, al versante europeo, al dialogo tra gli ordinamenti, quel dialogo armonioso da cui, poi, nascono le tradizioni giuridiche comuni ai Paesi europei. E l'Italia è una delle fonti principali di queste tradizioni giuridiche comuni - sì, l'Italia - insieme ad altri Paesi, costituenti, dell'Unione. Quindi, anche questo elemento, questa norma, questo precetto, questo richiamo alla biodiversità determinerà una ricerca di un contenuto di significato molto ampio, che forse era opportuno collocare diversamente in questa norma.

Ripeto, sono perplessità che nascono dalla convinzione che bisogna procedere in questo senso, ma sulla base di un ragionamento, di una riflessione e di uno studio che deve essere portato all'interno delle Aule parlamentari - scusate se lo dico - senza leggere le veline degli uffici legislativi. Sennò, uno si astiene, non parla, sta a casa, fa la parte del costituzionale da un'altra parte.

Questo è il tema sul quale richiamo, tutti, a una riflessione. Ormai questo è il testo che noi approveremo, ma su di esso ci sono elementi che saranno rimessi - chiaramente, come spesso accade ed è accaduto fin dalla determinazione dei testi unificati, dei codici, quando gli stessi venivano poi emanati e i relatori delle commissioni dicevano: questa norma sarà rimessa anche all'applicazione giurisprudenziale - all'affinamento, alla determinazione dei contenuti di significato, alla specificazione dei princìpi generali. Ma, quando, nella Carta costituzionale, noi esprimiamo, esattamente, in un enunciato in forma compiuta, formale, un termine o una parola, sappiamo che quella è una dichiarazione importante, che indirizza e determina la legislazione ordinaria e - ritornando all'inizio del mio intervento - pone quel vincolo interno, che è poi espressione delle attività delle Aule parlamentari, che avranno la centralità, soprattutto all'inizio dell'applicazione di queste norme, nella determinazione e nell'applicazione interpretativa di questa nuova disciplina costituzionale. Poi, piano piano, interverranno la giurisprudenza costituzionale, la giurisprudenza italiana; e, in questo momento di critica, io dico: meno male che c'è la giurisprudenza italiana, che ha costruito tantissimo e che costruirà molto. Della Corte costituzionale, la Corte di cassazione, il Consiglio di Stato, i TAR, i nostri giudici, si parla solo nella ricerca di conflitti.

No! Si tratta di nostri giudici che hanno costruito in maniera sagace gli orientamenti e gli indirizzi di quella Costituzione realizzata nei valori che, come diceva il professor Grossi, sono i valori propri del nostro humus sociale e culturale, quella giurisprudenza fatta di giudici, ai quali ci affidiamo anche nella determinazione di queste norme; non i nemici, ma coloro i quali, nel dialogo con il Parlamento e con la costruzione legislativa e costituzionale, porteranno ad applicazione e interpretazione princìpi e norme che presentano alcune difficoltà sicuramente interpretative, ma ci affidiamo anche a loro, oltre che alla centralità del Parlamento, il quale, dalla revisione costituzionale, con la legislazione ordinaria sarà tenuto a dare un'applicazione coerente al sistema costituzionale, avendo noi adottato il sistema delle riforme e revisioni costituzionali a pezzi, a monadi, a parcellizzazioni. Molto sarà fatto, quindi, dalla giurisprudenza costituzionale, di legittimità, amministrativa, di merito, alla quale rivolgiamo in questo momento anche il nostro sguardo rispetto a questa disciplina che adottiamo sul piano costituzionale e che tanto ci ha impegnato in questi mesi per giungere al voto dell'Aula della Camera.

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Ceccanti. Ne ha facoltà. Onorevole, magari proviamo a cambiare microfono, perché con questo non la sentiamo. Proviamo quello a fianco, facciamo una prova.

STEFANO CECCANTI (PD). Ecco, va bene?

PRESIDENTE. Adesso sì, la sentiamo. Se può riprendere, grazie.

STEFANO CECCANTI (PD). Sì, riprendo. Sul merito puntuale della revisione costituzionale parlerà la collega Ciampi in dichiarazione di voto. La relatrice Corneli ha già inquadrato chiaramente la questione, così come avevano fatto i colleghi senatori. Ovviamente, ogni formulazione è sempre opinabile; come ha sottolineato il collega D'Ettore, in particolare lo è, come ha sempre chiarito lui, il livello di specificità a cui deve arrivare una norma costituzionale.

A me spetta, però, credo, rispondere qui ad una non improvvisata ma seria obiezione di fondo: perché intervenire per la prima volta sui primi dodici articoli della Costituzione, sul cuore della prima parte? È necessario? È opportuno? Sono domande riprese da una parte della dottrina costituzionale, con varie obiezioni, e in ultimo dal professor Tommaso Frosini sulla bella rivista federalismi.it, fondata dal professor Beniamino Caravita, recentemente scomparso e che abbiamo ricordato anche qui in Aula, e che meritano una risposta argomentata.

Questa domanda viene relativamente da lontano, almeno dagli anni Novanta, quando ci sia giustamente concentrati sugli aggiornamenti possibili sulla seconda parte della Costituzione, che evidenzia maggiormente i limiti del tempo e che è diventata per molti aspetti disfunzionale rispetto al perseguimento dei fini elevati della prima parte. Tuttavia, l'aspra polemica politica tra gli schieramenti ha portato erroneamente a vedere il rapporto tra le due parti della Costituzione come due compartimenti stagni, proibendo interventi sulla prima, il che appare eccessivo. Sappiamo bene che, a differenza della seconda parte, la prima ha bisogno solo di eventuali interventi puntuali, incrementali, evitando comunque un'inflazione di modifiche, una banalizzazione della revisione costituzionale, mantenendo una maggiore prudenza. Le due parti, però, non possono essere considerate a compartimenti stagni e l'articolo 138 sulla revisione, a differenza di altre Costituzioni, non differenzia le procedure per modificarle.

Se guardiamo bene, questo atteggiamento equilibrato è stato a lungo prevalente: basta risalire agli anni Ottanta, alla Commissione Bozzi. Quei parlamentari, tra cui sedevano ancora allora esponenti dell'Assemblea costituente e delle prime legislature repubblicane, non solo avevano previsto un intervento analogo per la valorizzazione del diritto all'ambiente, ma anche tutta una serie di ulteriori revisioni che avrebbero toccato gli articoli 21, 24, 25, 27, 29, 32, 36, 37, 39 e 49, oltre all'introduzione di vari articoli aggiuntivi, 21-bis, 21-ter, 32-bis.

In ogni caso, anche volendo collegare in modo stringente la nozione di princìpi supremi coi primi dodici articoli della Costituzione, un conto è il concetto dei princìpi supremi e un altro conto la loro concreta formulazione, che può sempre evolvere, salva, nel caso, la garanzia offerta dalla Corte costituzionale perché si evolva in positivo e non regredisca.

Nessun atteggiamento sacrale, quindi, ma un'impostazione sanamente pragmatica: restiamo dei nani sulle spalle di quei giganti che hanno scritto il testo, specialmente i primi dodici articoli, ma spesso, con interventi prudenti, anche i nani sono chiamati a fare il loro dovere e aggiornare quanto fatto dai giganti, ed è quello che stiamo facendo con questa revisione costituzionale (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Non vi sono altri iscritti a parlare e pertanto dichiaro chiusa la discussione sulle linee generali.

(Repliche - A.C. 3156-B​)

PRESIDENTE. Hanno facoltà di replicare la relatrice e il Governo. Prendo atto che rinunciano.

Il seguito del dibattito è rinviato alla parte pomeridiana della seduta.

Discussione del testo unificato delle proposte di legge: Gadda ed altri; Cenni e Incerti; Parentela ed altri; Golinelli ed altri: Disposizioni per la tutela, lo sviluppo e la competitività della produzione agricola, agroalimentare e dell'acquacoltura con metodo biologico (Approvate, in un testo unificato, dalla Camera e modificate dal Senato) (A.C. 290​-410​-1314​-1386-B​) (ore 11,36).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione del testo unificato delle proposte di legge, già approvate in un testo unificato, dalla Camera e modificate dal Senato, nn. 290-410-1314-1386-B: Disposizioni per la tutela, lo sviluppo e la competitività della produzione agricola, agroalimentare e dell'acquacoltura con metodo biologico.

Avverto che lo schema recante la ripartizione dei tempi è pubblicato in calce al vigente calendario dei lavori dell'Assemblea (Vedi calendario).

(Discussione sulle linee generali - Testo unificato - A.C. 290-B​)

PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione sulle linee generali.

Il presidente del gruppo parlamentare MoVimento 5 Stelle ne ha chiesto l'ampliamento.

La XIII Commissione (Agricoltura) si intende autorizzata a riferire oralmente.

Ha facoltà di intervenire il relatore, onorevole Pasquale Maglione.

PASQUALE MAGLIONE , Relatore. Grazie, Presidente. Onorevoli colleghi, onorevoli colleghe, siamo qui a presentare la norma recante - e ripeto il titolo che già ha pronunciato lei, Presidente - “Disposizioni per la tutela, lo sviluppo e la competitività della produzione agricola, agroalimentare e dell'acquacoltura con metodo biologico”. Intendo sottolineare il titolo di questa norma proprio perché è importante definire l'alveo in cui si muove la norma stessa, che è appunto quello della promozione dell'agricoltura biologica. Un comparto che - prendo qualche cifra che ho a mia disposizione - dal 2010 al 2019 ha avuto un incremento di quasi 879 mila ettari, con un prodotto in termini economici per l'economia italiana di circa 4,3 miliardi di euro e un export che è uguale, circa l'8 per cento, dal 2019. Quindi un comparto in netta crescita, che rientra all'interno delle strategie, sia nazionali che europee, e anche all'interno della dimensione delle Nazioni Unite, che guardano verso uno sviluppo sostenibile all'interno del territorio comunitario, ma anche all'interno del territorio nazionale.

Nella PAC del post 2020 verranno individuati degli eco-schemi, quindi delle risorse aggiuntive per questi eco-schemi, che sono degli schemi di agricoltura che, in qualche modo, cavalcano e sottolineano l'importanza della transizione e della sostenibilità anche nel campo dell'agricoltura, e tra questi eco-schemi c'è l'agricoltura biologica.

Nelle linee guide dell'Agenda 2030, Obiettivi per lo sviluppo sostenibile delle Nazioni Unite, ancora una volta si richiamano le pratiche dell'agricoltura biologica: questo a testimoniare quanto sia importante questo comparto, sia dal punto di vista economico, con i dati che già ho esposto, sia dal punto di vista della nuova filosofia europea del green new deal, e soprattutto anche in quella che è la strategia del Farm to fork, dove, per quanto riguarda la sostenibilità lungo tutta la filiera, ci viene chiesto di aumentare di un altro milione gli ettari di biologico all'interno del territorio nazionale.

Questo a significare l'importanza di questa norma - e quanto sia importante che questo Parlamento arrivi alla sua approvazione - che, ripeto, è in terza lettura rispetto al processo legislativo, una lettura che ha visto già nel 2018 la Camera impegnata su questo testo e anche il Senato, che ha licenziato a maggio del 2021 la stessa norma. In tutti e due i passaggi è doveroso sottolineare che vi è stato un ciclo completo di audizioni e di approfondimento rispetto ai temi contenuti all'interno della norma stessa, che ha portato, in ambedue le votazioni, ad avere una maggioranza quasi totale del Parlamento. Ricordo solo che al Senato è stato approvato all'unanimità, ad eccezione di un solo voto contrario e di un astenuto, quindi con una volontà specifica che non lascia alcun dubbio rispetto all'intenzione del legislatore; intenzione del legislatore, che, ripeto, è concentrata unicamente nell'andare ad approfondire e a sostenere il comparto legato al biologico, cioè tutte le tecniche agronomiche che si rifanno ai regolamenti europei che disciplinano il biologico; e solo in quest'alveo questa norma va ad intervenire.

Detto questo, voglio solo

Detto questo, voglio solo aggiungere un ulteriore dato, che sta a significare l'importanza di questa norma rispetto al settore. Si tratta di una norma che, nei prossimi anni, tra PNRR e risorse della PAC, prevede uno stanziamento per il comparto biologico di oltre 2 miliardi di euro, quindi è importante che, rispetto a questo ingente esborso di risorse economiche pubbliche, a livello nazionale, vi sia una norma che vada a disciplinare, tutelare e valorizzare il comparto stesso.

Fatte queste premesse, entro nel merito della norma, partendo dall'articolo 1, modificato dal Senato, che disciplina l'oggetto e le finalità del provvedimento e, in particolare, interviene nei settori della produzione agricola, agroalimentare e dell'acquacoltura con metodo biologico. Si riferisce, inoltre, ai seguenti oggetti: il sistema delle autorità nazionali e locali e degli organismi competenti; i distretti biologici e l'organizzazione della produzione e del mercato, compresa l'aggregazione tra i produttori e gli altri soggetti della filiera; le azioni per la salvaguardia, la promozione e lo sviluppo della produzione agricola, agroalimentare e dell'acquacoltura con metodo biologico, compresi la semplificazione amministrativa e i mezzi finanziari per il sostegno alla ricerca e alle iniziative per lo sviluppo della produzione biologica, la realizzazione di campagne di informazione e di comunicazione istituzionale, nonché la promozione dell'utilizzo di prodotti ottenuti con il metodo biologico da parte degli enti pubblici e delle istituzioni; l'uso di un marchio nazionale che contraddistingue i prodotti ottenuti con il metodo biologico, realizzati con materie prime coltivate o allevate in Italia (questa è un'importante evoluzione perché, in questo momento, si ha la possibilità di dare una definizione specifica al comparto biologico italiano e, quindi, aiuterebbe ancora di più l'economia legata al biologico in Italia).

Ai sensi del comma 2, la produzione biologica è definita come un sistema globale di gestione dell'azienda agricola e di produzione alimentare, basato sull'interazione tra le migliori prassi in materia di ambiente e azione per il clima e di salvaguardia delle risorse naturali e, grazie all'applicazione di norme rigorose di produzione, contribuisce alla qualità dei prodotti, alla sicurezza alimentare, al benessere degli animali, allo sviluppo rurale, alla tutela dell'ambiente e dell'ecosistema, alla salvaguardia delle biodiversità e al raggiungimento degli obiettivi di riduzione dell'intensità delle emissioni di gas a effetto serra e fornisce in tale ambito appositi servizi eco-sistemici, contribuendo al raggiungimento degli obiettivi dell'Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile, nel rispetto dei vincoli derivanti dall'ordinamento dell'Unione europea e delle competenze delle regioni e delle province autonome di Trento e di Bolzano. Lo Stato promuove e sostiene la produzione con metodo biologico anche attraverso interventi volti a incentivare la costituzione di organismi, punti e piattaforme di aggregazione del prodotto e di filiere biologiche.

Ai fini della presente proposta di legge, i metodi di produzione basati su preparati e specifici disciplinari, applicati nel rispetto delle disposizioni dei regolamenti dell'Unione europea e delle norme nazionali in materia di agricoltura biologica, sono equiparati al metodo di agricoltura biologica. Questo forse è uno dei passaggi più importanti della norma, proprio per dissipare qualunque tipo di criticità rispetto alla norma stessa, perché la norma dice specificatamente che sono considerati “agricoltori biologici” tutti coloro che rispettano il regolamento europeo, che è l'unico regolamento in termini di normativa che disciplina il biologico.

L'articolo 2, non modificato dal Senato, reca le definizioni di “produzione biologica”, “prodotti biologici” e di aziende con metodo biologico.

L'articolo 3, modificato solo nella nuova denominazione del Ministero, designa l'Autorità nazionale per svolgere l'attività di indirizzo e di coordinamento che viene individuata nel Ministero delle Politiche agricole alimentari e forestali, per superare la dizione precedente che riportava anche la dizione di turismo.

L'articolo 4 non è stato modificato e prevede le autorità locali chiamate a svolgere le attività tecnico-scientifiche ed amministrative, individuandole nelle regioni e nelle province autonome di Trento e di Bolzano.

L'articolo 5, modificato solo per aggiornare, al comma 1, la nuova definizione del Mipaaf e, al comma 3, del Ministro della Transizione ecologica, che nomina uno dei componenti del Tavolo tecnico, istituisce presso il Mipaaf il tavolo tecnico per la produzione biologica, al quale viene affidato il compito di delineare indirizzi e definire le priorità del Piano nazionale per l'agricoltura biologica; esprimere pareri sui provvedimenti di carattere nazionale ed europeo in merito alla produzione biologica; proporre attività di promozione del biologico; individuare strategie per favorire l'ingresso e la conversione delle aziende convenzionali al biologico.

Le modalità di funzionamento del suddetto tavolo sono definite con decreto del Ministro delle Politiche agricole alimentari e forestali. Ai partecipanti allo stesso non spettano compensi, indennità, gettoni di presenza, rimborsi di spese o altri emolumenti, comunque denominati. L'articolo 6, modificato solo nei riferimenti normativi relativi alla disciplina dell'Unione europea, istituisce il marchio biologico italiano per quei prodotti biologici ottenuti da materia prima italiana.

L'articolo 7, modificato dal Senato, prevede l'adozione da parte del Ministro delle Politiche agricole alimentari e forestali, previa intesa in sede di Conferenza Stato-regioni, del Piano d'azione nazionale per la produzione biologica e i prodotti biologici, con decreto da emanarsi entro 90 giorni dall'entrata in vigore della legge. Contiene, inoltre, interventi per agevolare la conversione al biologico, con particolare riferimento alle imprese agricole convenzionali con reddito fino a 7.000 euro (ciò si riallaccia alle necessità evidenziate in relazione agli obiettivi dell'indirizzo del Farm to fork, quindi di aumentare la superficie di biologico presente in Italia); sostenere la costituzione di forme associative e contrattuali per rafforzare la filiera del biologico; incentivare il consumo dei prodotti biologici attraverso iniziative di informazione, formazione ed educazione, anche ambientale e alimentare, con particolare riferimento alla ristorazione collettiva; monitorare l'andamento del settore; sostenere e promuovere i distretti biologici (che sono appunto disciplinati in un articolo specifico all'interno della norma stessa e, come vedremo più avanti, quando si parla di distretti biologici, si parla di armonia tra quello che deve essere appunto lo sviluppo dell'agricoltura sostenibile ma anche del territorio che riceve quell'agricoltura stessa); favorire l'insediamento di nuove aziende biologiche nelle aree rurali montane (oggi sono una realtà molto importante, che sta soprattutto coinvolgendo i giovani e, quindi, a questi giovani va data una risposta che, certo, non possono più aspettare perché sono giovani che stanno investendo le proprie risorse che necessitano il supporto dello Stato); favorire, quindi migliorare il sistema di controllo e di certificazione a garanzia della qualità dei prodotti biologici attraverso la semplificazione della normativa, l'utilizzo di strumenti informatici e la predisposizione di interventi di formazione; stimolare gli enti pubblici a utilizzare il biologico nella gestione del verde e a prevedere il consumo di prodotti biologici nelle mense pubbliche e in quelle private in regime di convenzione; incentivare e sostenere la ricerca e l'innovazione in materia; promuovere progetti di tracciabilità dei prodotti biologici provenienti dai distretti biologici, finalizzati alla condivisione dei dati relativi alle diverse fasi produttive, nonché all'informazione sulla sostenibilità ambientale, sulla salubrità del terreno, sulla lontananza da impianti inquinanti, sull'utilizzo di prodotti fitosanitari ecocompatibili e sulle tecniche di lavorazione e di imballaggio dei prodotti utilizzate; valorizzare le produzioni tipiche italiane biologiche; promuovere la sostenibilità ambientale con azioni per l'incremento della fertilità del suolo, l'uso di metodi di conservazione, packaging e distribuzione rispettosi dell'ambiente. Il Ministro delle Politiche agricole alimentari e forestali presenta annualmente alle Camere una relazione sullo stato di attuazione del Piano.

L'articolo 8, modificato dal Senato, prevede l'adozione del Piano nazionale delle sementi biologiche entro sei mesi dall'entrata in vigore della legge e, sottolineo, del Piano nazionale delle sementi biologiche, e non di altro.

L'articolo 9, modificato dal Senato, istituisce il Fondo per lo sviluppo della produzione biologica. Con decreto del Ministero delle Politiche agricole alimentari e forestali, da emanarsi entro due mesi dall'entrata in vigore della legge, previa intesa in sede di Conferenza Stato-regioni, sono definiti le modalità di funzionamento del Fondo, nonché i requisiti e i criteri per la definizione dei soggetti e delle iniziative che possono essere finanziate con le risorse del Fondo medesimo. Il Ministro, con proprio decreto, aggiornato anche annualmente, determina la quota della dotazione del Fondo da destinare, con separata evidenza contabile, alla realizzazione del marchio biologico italiano, al finanziamento del Piano nazionale delle sementi biologiche nonché, sentito il Ministero dell'Università e della ricerca, al finanziamento dei programmi di ricerca e innovazione che già in molti istituti universitari sono in atto e che riguardano diverse tipologie di agricoltura biologica. Sottolineo che, ad oggi, sia il tavolo sia le risorse per il biologico sono già, dal 2016, in testa alle decisioni del Ministero delle Politiche agricole alimentari e forestali e del Ministero dell'Economia e delle finanze, e la legge, anche in questo caso, va a disciplinare questo tipo di erogazioni.

L'articolo 10, non modificato dal Senato, prevede strumenti di integrazione degli operatori della filiera biologica che lo Stato sostiene, consistenti nella facoltà di stipulare contratti di rete, costituire cooperative e sottoscrivere contratti di filiera tra gli operatori del settore. Ciò al fine di favorire l'aggregazione imprenditoriale e l'integrazione tra le diverse fasi della filiera dei prodotti biologici.

L'articolo 11, modificato solo formalmente in relazione a due denominazioni, disciplina il sostegno alla ricerca tecnologica e applicata nel settore, prevedendo la promozione di specifici percorsi formativi, la destinazione di quota parte delle risorse dell'attività del Consiglio nazionale delle ricerche alla ricerca in campo biologico (e, sottolineo, in campo biologico), la previsione di specifiche azioni di ricerca nel Piano triennale del Consiglio per la ricerca in agricoltura, CREA, nonché la destinazione, come già accennato, di almeno il 30 per cento delle risorse del Fondo per lo sviluppo dell'agricoltura biologica alla ricerca del settore. Quindi, anche questa norma è molto precisa e prevede appunto il sostegno solo alle aziende e alle ricerche che, in qualche modo, si muovono nell'alveo del biologico e che hanno avuto come riconoscimento la denominazione di biologico, in virtù dell'ossequioso rispetto dei parametri previsti all'interno del regolamento europeo.

L'articolo 12, modificato dal Senato, regolamenta la formazione professionale.

L'articolo 13, modificato solo formalmente, disciplina i distretti biologici che, come dicevo prima, diventano un aggregato di sostenibilità, da tutti i punti di vista. Dove si fa agricoltura biologica, ci vuole anche un territorio che sia sostenibile per favorire lo sviluppo di quell'agricoltura che, ripeto, è al centro dell'iniziativa europea nel campo della transizione e della sostenibilità.

Nei distretti biologici devono essere significativi la coltivazione, l'allevamento, la trasformazione e la preparazione alimentare, all'interno del territorio individuato dal biodistretto, di prodotti biologici conformemente alla normativa vigente in materia, e la produzione primaria e biologica che insiste in un territorio sovracomunale, ovverosia comprendente aree appartenenti a più comuni. I distretti biologici si caratterizzano, inoltre, per l'integrazione con le altre attività economiche presenti nell'area del distretto stesso e per la presenza di aree paesisticamente rilevanti; quello che dicevamo prima: una coerenza tra l'indirizzo del legislatore e quello che è il territorio stesso.

L'articolo 14 disciplina le organizzazioni interprofessionali. L'articolo 15, che non è stato modificato dal Senato, regola gli accordi-quadro da parte delle associazioni di categoria maggiormente rappresentative a livello nazionale e aventi ad oggetto la disciplina dei contratti di cessione dei prodotti biologici, prevedendo un corrispettivo a favore dei produttori pari almeno ai costi medi di produzione. Quindi, anche in questo caso interveniamo affinché al produttore sia riconosciuto un equo compenso rispetto al lavoro e ai prodotti agricoli che produce.

L'articolo 16 istituisce il Tavolo di filiera per i prodotti biologici. L'articolo 17 prevede il riconoscimento delle organizzazioni dei produttori biologici da parte delle regioni o del MiPAAF, secondo criteri che vengono definiti con decreto del Ministro delle Politiche agricole, d'intesa con la Conferenza Stato-regioni. L'articolo 18 reca disposizioni sulle sementi biologiche. Esso prevede che per la commercializzazione di materiale riproduttivo eterogeneo biologico - ripeto, ancora una volta, biologico -, ancorché non registrato, incluse le sementi, si applicano le disposizioni di cui all'articolo 13 del Regolamento relativo alla produzione biologica e all'etichettatura dei prodotti biologici. Agli agricoltori che producono sementi biologiche di varietà inserite nell'anagrafe nazionale della biodiversità di interesse agricolo e alimentare sono riconosciuti il diritto di vendere direttamente ad altri agricoltori. Anche in questo caso cerchiamo di sostenere gli agricoltori che intendono conservare e sostenere la biodiversità. L'articolo 19 reca una delega al Governo per la revisione, l'armonizzazione e la razionalizzazione della normativa sui controlli per produzione agricola e agroalimentare biologica. Questo è un aspetto importante perché si va a disciplinare la normativa dei controlli riguardo ad un settore molto importante, sempre all'interno di quella che è l'agricoltura biologica.

L'articolo 20 si occupa di recare una serie di abrogazioni in riferimento a norme già presenti che vengono sostituite dalla presente norma. Infine, l'articolo 21 prevede le cosiddette clausole di salvaguardia.

Nel chiudere il mio intervento, ritengo, per quello che è stato il lavoro fatto dalla Commissione, che ha approfondito tutti gli aspetti, sia quelli normativi, sia quelli tecnici, sia quelli costituzionali, che la norma abbia fatto un percorso di maturità all'interno del Parlamento che vada riconosciuto dal Parlamento stesso. Mi auguro, quindi, che si riesca a portare finalmente a compimento una norma fortemente richiesta dal settore, a cui logicamente il Parlamento, il legislatore non può più voltare le spalle.

PRESIDENTE. Ha facoltà di intervenire il Governo, che si riserva. È iscritta a parlare l'onorevole Ciaburro. Ne ha facoltà.

MONICA CIABURRO (FDI). Grazie Presidente, l'agricoltura in Italia, come ben sappiamo e come bene è stato delineato, ha la potenza ed il valore di una grande industria: l'intero sistema agroalimentare vale oltre 500 miliardi di euro; il settore primario si trasforma quindi in secondario e muove il terziario, imponendosi come un vero e proprio modello industriale che gran parte dell'Europa ci invidia e, molte e troppe volte, ci attacca.

L'agricoltura biologica è un metodo agricolo volto a produrre alimenti con sostanze e processi naturali; si fonda sulla promozione di pratiche agricole a basso impatto ambientale e sulla tutela della biodiversità. In questo senso - e i colleghi della Commissione agricoltura lo sanno bene -l'Unione europea si è mossa da tempo anche con la nuova programmazione della politica agricola comune verso un ruolo più ampio della produzione biologica con l'obiettivo di trasformare il sistema alimentare europeo in un'ottica di paradigma sostenibile, equa e rispettosa dell'ambiente. Ad esempio, va in questa direzione la nuova PAC 2021-2027, alcune linee di intervento del PNRR e la strategia Farm to fork di portata decennale. Il punto politico, che vorrei limitarmi ad accennare con la speranza di poterlo poi recuperare in discussioni anche di più ampio respiro, è che questa transizione verde ha dei costi, a volte enormi, sia sulle imprese sia sui cittadini. Basti pensare all'inflazione, ai rincari delle materie prime, ai costi dell'energia, alle imprese agricole che vedono paralizzato un intero ciclo produttivo perché i costi dei carburanti sono ormai insostenibili.

Anche questi sono temi che, quando parliamo di transizione ecologica dovrebbero trovare degna e debita considerazione. Credo sia anche opportuno ricordare colleghi che la transizione ecologica non è un pranzo di gala, Farm to fork, Green New Deal, sono strategie di ambito europeo che prevedono da un lato l'incremento della superficie agricola destinata al biologico e dall'altro una riduzione del ricorso a prodotti climalteranti con impatto sulla CO2.

Sarebbe tutto effettivamente molto interessante se non fosse che comunque un terreno convertito a biologico ha una resa, almeno nel breve periodo, inferiore e ha dei costi non indifferenti, anche sommersi, che soprattutto in un periodo critico come questo possono fare la differenza. Certo non si può che accogliere con grande soddisfazione l'approvazione di una proposta di legge come questa di origine parlamentare e non si può che apprezzare una normativa a tutela di un'eccellenza come il biologico italiano, ma ci saremmo aspettati da tutti e, quindi dalla maggioranza, visto che c'è dentro quasi tutto, ogni gruppo parlamentare, maggiore sensibilità sui rincari di energia, materie prime e costi fissi, invece viviamo nella confusione più assoluta con l'inflazione vicina al 5 per cento, fertilizzanti sempre più costosi e gasolio raddoppiato. Questo blocca la logistica, blocca le imprese, blocca l'agricoltura e blocca l'Italia ed arresta quel poco di crescita che siamo riusciti a ritagliarci.

Tornando al testo in esame, l'Italia è una delle Nazioni europee più ricche di biodiversità con un 15-16 per cento della superficie agricola nazionale destinata ad uso biologico, ben al di sopra della media europea dell'8 per cento e ben al di sopra dell'8,5 della Francia, nostro principale competitor di riferimento. Non siamo, dunque, certamente noi, tornando alla digressione precedente, a dover sostenere nuovi costi per incrementare la superficie destinata a produzioni bio; la produzione agroalimentare biologica rappresenta un segmento economico in continua crescita e con un fortissimo dinamismo nei mercati internazionali e come tale non può essere trascurata. È anche certamente vero che il testo che siamo chiamati ad esaminare rappresenta una parte di tutto l'universo agroalimentare che da noi si aspetta tanta innovazione e visione strategica: la terra è una risorsa di per sé limitata in natura e vivere con la prospettiva che il fabbisogno di persone da sfamare globalmente supererà i 7 miliardi deve o dovrebbe obbligarci a fare delle riflessioni. Ci serve dunque una visione globale dell'agricoltura e del settore primario; dobbiamo investire nelle nuove tecnologie per ottimizzare la resa di terreni, per attirare i giovani in questo mondo che di per sé si sta mostrando già estremamente dinamico ed attrattivo, dobbiamo reinventare un nuovo paradigma per l'agricoltura di domani. L'agricoltura ci insegna dopotutto che l'innovazione è compatibile con la tradizione ed anzi che non vi è nulla di più innovativo che rendere la tradizione fruibile e compatibile con i moderni modelli economici. Il testo in esame è stato in un certo qual modo ereditato dalla scorsa legislatura dove purtroppo la proposta di legge per lo sviluppo e la competitività del settore biologico non riuscì ad essere approvata in tempo, ma il terzo passaggio, oggi in discussione qui, dimostra che l'ampia discussione che si è fatta sul testo nei due rami del Parlamento è riuscita ad apportare quelle modifiche per migliorarlo e costituisce un'importante novità nel nostro panorama legislativo in quanto si occupa di dare una cornice, un perimetro di riferimento, alla produzione ed ai prodotti biologici, riconoscendo in capo al MiPAAF il ruolo di coordinamento in materia. L'istituzione inoltre di un tavolo tecnico per la produzione biologica va certamente nella direzione di favorire un intervento nazionale per garantire la sovranità alimentare e l'impostazione di politiche agricole di natura strategica, in particolar modo nell'ottica di una futura e maggiore conversione delle aziende del settore primario al metodo biologico e per valorizzare l'operato nazionale in sede europea. Stante l'importanza del biologico per il nostro export e la necessità di valorizzare le produzioni made in Italy è anche di fondamentale importanza l'istituzione di un marchio biologico italiano, che in ottica di sistema possa rappresentare, anche insieme a tutti i nostri marchi di tutela, uno strumento di rilancio delle produzioni agroalimentari italiane nel mondo e sempre riconoscibili.

In generale, l'intero articolato, in questa versione definitiva del testo, risponde alle esigenze del settore, fornendo tutti gli strumenti necessari per poter disporre di una politica agricola nazionale, anche rispetto alla produzione biologica. Il testo è, quindi, certamente valido e condivisibile, ma non posso esimermi dall'esprimere un dubbio - quello che il relatore, invece, non ha e che non ha avuto l'intera maggioranza - per cui, al Senato prima e alla Camera poi, hanno rifiutato le nostre proposte emendative, finalizzate ad eliminare quell'equiparazione, quel ricondurre l'agricoltura biologica all'agricoltura biodinamica, frutto di un'autoregolamentazione privata che non risponde ad alcuna indicazione normativa nazionale, né europea. Potremmo parlare a lungo di come si rischi di dare la stessa dignità a un modello produttivo sostenibile, ad una serie di tecniche produttive basate su pratiche sciamaniche, anche di dubbio gusto, e potremmo parlare a lungo di come i disciplinari del biodinamico corrispondano ad una multinazionale estera alla quale si pagano royalty per l'utilizzo di tecniche produttive dagli effetti quantomeno antiscientifici.

Il comparto agricolo sta mostrando un esempio di resilienza a tutta l'economia nazionale, andando avanti nonostante tutto, ma, proprio quando la nostra economia ha più bisogno di noi, decidiamo di concedere gli aiuti di Stato ad una multinazionale estera che commercia disciplinari al di fuori di ogni tipo di regolamentazione nazionale. Colleghi, in tutta onestà, il problema non è che ci sia chi persegue modelli di agricoltura alternativi, come chi adotta pratiche biodinamiche; siamo, almeno in teoria - di questi tempi non si sa più -, un Paese libero, ed è quindi logico che ciascuno faccia impresa come ritiene. Il problema sorge nel momento in cui noi permettiamo che le risorse pubbliche, cioè i soldi dei cittadini, diventino un aiuto di Stato destinato alle casse di una multinazionale tedesca. Il testo che abbiamo di fronte è, come dicevo, perfettibile, può essere ancora migliorato e, strada facendo, lo si potrà fare; ci sono aspetti che sicuramente non possono essere ignorati, né trascurati, soprattutto dopo la celebrazione ormai universale del ruolo indispensabile della scienza. Anche nell'elaborazione delle politiche pubbliche non sarebbe in questo senso certamente coerente affermare che la scienza abbia valore quando si parla di COVID, ma non se si parla di agricoltura. Tutto ciò detto e premesso, al netto delle evidenti storture presenti, la proposta di legge in esame va sicuramente nella direzione giusta per garantire la nostra sovranità alimentare e deve costituire un punto di partenza per un operato politico più ampio e più ambizioso (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia).

PRESIDENTE. È iscritta a parlare l'onorevole Spena. Ne ha facoltà.

MARIA SPENA (FI). Grazie Presidente. Onorevoli colleghi, finalmente, dopo un lungo e travagliato percorso, siamo giunti all'approvazione di una legge che darà maggiori certezze alle 80 mila aziende che operano nel campo del biologico: è ciò che ci chiedono e che attendono da anni i nostri agricoltori. Infatti, il settore biologico italiano continua a consolidarsi e a rafforzarsi grazie alla capacità dei nostri agricoltori, non soltanto nella componente dell'agroalimentare nazionale, ma anche a livello internazionale. L'Italia, negli anni, ha raggiunto consumi record, con introiti pari a 3 miliardi di euro, senza contare il settore dell'Horeca. Nel 2020, nonostante la pandemia, si è registrato un trend positivo per l'e-commerce, registrando, così, l'acquisto online di prodotti biologici per un valore pari al 12 per cento del totale delle vendite. Infatti, in Italia la produzione del biologico è molto estesa, tanto che siamo il sesto Paese per superficie investita a biologico, sfiorando i 2 milioni di ettari, che rappresentano il 16 per cento dell'intera superficie agricola utilizzata. Il settore del biologico fattura circa 40 miliardi di euro e ciò testimonia il fatto che la nostra struttura produttiva si è molto rafforzata; crescono i produttori, i trasformatori, i consumatori, sempre più sensibili al consumo di cibo sicuro sulle nostre tavole (cibo salubre, soprattutto), grazie anche ad un aumento degli importatori dei prodotti biologici; per questo motivo, è necessario disciplinare il settore con normativa dedicata.

Oggi, sicuramente siamo più consapevoli dei numerosi benefici derivanti dall'uso del metodo biologico, soprattutto di carattere ambientale; ciò ha contribuito a far espandere il comparto. I tanti impegni sovranazionali e nazionali - mi riferisco al Green New Deal, al Farm to Fork, alla nuova PAC, al PNRR - puntano fortemente sullo sviluppo dell'agricoltura biologica. Il piano di sviluppo Green Deal, lanciato dalla Commissione europea per un'Europa sempre più sostenibile, si affida alle comunicazioni Farm to Fork (F2F) e Biodiversità 2030. Tra gli obiettivi, nella strategia c'è anche quello del raggiungimento del 25 per cento della superficie agricola europea coltivata con metodo biologico entro il 2030, ma dobbiamo dire, comunque, che l'Italia è già vicina al conseguimento di tale obiettivo, perché, già ad oggi, l'Italia ha raggiunto il 15 per cento della produzione biologica. Inoltre, nonostante le varie traversie dovute alla pandemia, che non ha risparmiato di certo il settore dell'agricoltura, potremmo disporre di ulteriori risorse dedicate. Infatti, la nuova PAC prevede stanziamenti specifici, perché l'agricoltura biologica è considerata una tecnica di produzione privilegiata per il raggiungimento di tutti gli obiettivi ambientali previsti. Lo stesso PNRR, nell'ambito degli interventi per i contratti di filiera e di distretto, prevede fondi per lo sviluppo e il rafforzamento dell'agricoltura biologica con un fine aggiuntivo, cioè contribuire al contrasto della perdita della biodiversità. Devo dire, in verità, Presidente, che tutta l'agricoltura italiana, non soltanto quella biologica, grazie ai suoi primati green, riconosciuti dalle Istituzioni europee, è un punto di forza e svolge un ruolo strategico nella transizione ecologica del nostro Paese. La nostra agricoltura, nel suo complesso, è tra le più rispettose dell'ambiente e dell'intero ecosistema. Come dissi anche durante il precedente esame, è un vanto per l'Italia avere l'agricoltura più green d'Europa che, plasticamente, sappiamo essere rappresentata dai 5 mila prodotti alimentari tradizionali censiti: le 297 specialità DOP e IGP, i 415 vini DOC e DOCG, riconosciuti a livello comunitario. Abbiamo criticato - è vero - questo provvedimento nella prima lettura, in particolare, il gruppo di Forza Italia; sappiamo che ci fu un voto non favorevole in quest'Aula, soprattutto perché ritenevamo insufficienti i sistemi di controllo. Ebbene, questi sono stati potenziati durante l'esame al Senato grazie alla previsione di un articolo ad hoc, l'articolo 9, che attribuisce una delega al Governo per provvedere alla realizzazione di un sistema sicuramente più trasparente che risolva il conflitto di interessi esistente tra controllori e controllati. Di ciò, chiaramente, beneficeranno tutti i produttori, i consumatori, il mercato in generale, verso una sana concorrenza. Forza Italia sosterrà con decisione ogni azione del Governo volta al riordino della disciplina dei controlli per perfezionare la disciplina di contrasto alle frodi alimentari. I distretti biologici, all'articolo 14, già previsti nel testo iniziale, saranno ancora di più sostenuti e promossi; anche questo è servito, quindi, a migliorare formalmente il testo iniziale. Così anche per quanto riguarda l'articolo 18, che prevede la disciplina delle sementi biologiche. Ricordiamo che è stato fatto un lungo lavoro, con tante audizioni.

Abbiamo ascoltato i tanti attori interessati e il testo che stiamo per approvare mi sembra quindi abbastanza sufficiente, in particolare un po' per tutti gli aspetti che - ripeto - sono stati fortificati durante l'esame al Senato e anche grazie al lavoro della Commissione agricoltura della Camera.

Ribadisco, ancora una volta, l'importanza che assume per Forza Italia l'introduzione dell'articolo 19, in materia di controlli per le produzioni agricole e agroalimentari, volti ad assicurare una maggiore trasparenza e tutela della concorrenza e il rafforzamento di tutti gli strumenti di tutela dei consumatori. Ciò si ottiene mediante la previsione dell'obbligo di fornitura di tutte le informazioni circa la provenienza, la qualità e la tracciabilità dei prodotti biologici, così si daranno maggiori garanzie di terzietà dei soggetti autorizzati al controllo e si rafforzerà chiaramente tutto il sistema. Così potremo garantire la giusta redditività dei nostri agricoltori biologici e metterli al riparo da odiose forme di concorrenza.

La previsione poi del tavolo di filiera, di cui all'articolo 16 per i prodotti biologici, aiuterà nella promozione e nell'organizzazione di un mercato efficiente dei prodotti stessi e garantirà la stipulazione dei cosiddetti contratti di filiera.

È importante anche l'articolo 6, che prevede la creazione di un marchio biologico italiano, per i prodotti ottenuti utilizzando esclusivamente materie prime italiane, come mi pare ugualmente importante l'aver previsto, all'articolo 9, la possibilità di formazione, la possibilità di studiare e la possibilità di aggiornarsi continuamente per ottenere quella formazione professionale, teorica e pratica, necessaria ai tecnici e agli operatori del settore che si vogliono affacciare a questo nuovo tipo di produzione.

Nel contempo, potremo anche migliorare la produzione. Infatti, la normativa prescrive la necessità di garantire maggiore ricerca e innovazione, anche al fine di aumentare le rese, per non dipendere dalle importazioni estere. Infatti, se la ricerca non accompagnasse l'evoluzione del metodo biologico, si avrebbero due effetti negativi: da una parte, i prezzi dei prodotti bio sarebbero sempre più alti rispetto a quelli convenzionali e, dall'altra parte, si correrebbe il rischio che l'agricoltura tradizionale, a causa della conversione verso le modalità biologiche, possa rendere il Paese ancora più dipendente dalle importazioni, con effetti negativi sulla qualità del cibo consumato e del made in Italy più in generale.

Voglio ringraziare, Presidente, i colleghi di Forza Italia e di tutti i gruppi politici, che hanno lavorato con forza, tenacia e perseveranza affinché gli operatori del settore ottenessero, dopo tanti anni, uno strumento legislativo adeguato: il lavoro è stato sicuramente lungo e tortuoso, ma abbiamo raggiunto un testo che oggi può essere votato e finalmente trasformato in legge, come ci chiedevano gli agricoltori e i consumatori insieme, visto che il buon cibo, quel cibo salubre e di qualità, torna ad essere centrale nello stile di vita italiano

PRESIDENTE. È iscritta a parlare l'onorevole Fregolent. Ne ha facoltà.

SILVIA FREGOLENT (IV). Grazie, signor Presidente, rappresentanti del Governo e colleghi.

Dopo molti anni di discussione, in Parlamento è finalmente giunta in dirittura d'arrivo la legge per la tutela, lo sviluppo e la competitività della produzione agricola, agroalimentare e dell'acquacoltura con metodo biologico.

Dopo che, nella scorsa legislatura, un provvedimento organico era stato approvato da un solo ramo del Parlamento, si concretizza adesso un impianto normativo fondamentale per supportare la transizione agroecologica e permettere di allineare l'Italia agli obiettivi ambiziosi del Green Deal europeo e delle strategie Farm to fork e Biodiversità 2030, che puntano a triplicare la superficie coltivata a biologico e a ridurre del 50 per cento l'uso di pesticidi e antibiotici e del 20 per cento quello di fertilizzanti entro il 2030.

Questa legge - come è stato già ricordato - rivela una forte attenzione per la produzione italiana: il biologico italiano ha oggi una marcia in più, confermata dalla creazione e valorizzazione di un marchio del bio made in Italy: siamo i primi in Europa a farlo.

La legge introduce poi altri elementi particolarmente significativi a sostegno del biologico, come la possibilità di istituire distretti biologici, che consentano di sviluppare l'agricoltura e l'economia dei territori rurali e di adottare un piano nazionale per sostenere lo sviluppo del biologico italiano come metodo avanzato dell'approccio agroecologico.

Viene inoltre assegnata una delega specifica al Governo per la revisione e la razionalizzazione della normativa sui controlli, che rafforza il sistema delle verifiche, all'insegna di una maggiore trasparenza, grazie anche all'impiego di piattaforme digitali e alla semplificazione delle norme.

Il provvedimento rafforza inoltre la ricerca tecnologica e applicata nel settore, prevedendo la promozione di specifici percorsi formativi, lo stanziamento di apposite risorse e la regolamentazione della formazione professionale, teorica e pratica, di tecnici e operatori del comparto.

La necessità di una legge-quadro sull'agricoltura biologica riflette quindi l'importanza di un settore strategico del Paese, che negli ultimi anni si è sviluppato in maniera esponenziale. Con una superficie agricola utilizzata del 15,8 per cento, contro una media europea del 7,8 per cento, il biologico è l'elemento di punta del sistema agroalimentare italiano. Negli ultimi dieci anni ha fatto registrare trend di crescita a doppia cifra: le superfici bio in Italia, circa 2 milioni di ettari, sono aumentate del 79 per cento, mentre le aziende bio, che attualmente sono oltre 80.000, del 69 per cento. Sono ancora in crescita le vendite complessive del biologico, che sul mercato interno si assestano a poco più di 4,6 miliardi di euro, registrando un aumento del 5 per cento rispetto allo scorso anno.

Anche l'export bio made in Italy continua la sua corsa, è l'11 per cento in più rispetto allo scorso anno, raggiungendo 2,9 miliardi di euro di vendite sui mercati internazionali.

Nel mercato interno la parte più rilevante riguarda i consumi domestici, con quasi 3,9 miliardi di euro, aumentati del 4 per cento rispetto allo stesso periodo del 2020. In crescita anche i consumi fuori casa che, grazie alle progressive riaperture, segnano un aumento del 10 per cento, raggiungendo 701 milioni di euro di vendite.

Va poi aggiunto che nel 2020 il mercato del biologico ha raggiunto 6,9 miliardi di euro, di cui 4,3 miliardi relativi al mercato interno, con un incremento del 142 per cento rispetto al 2010.

Questi dati confermano una trasformazione del modo di produrre e consumare cibo, che la pandemia ha ulteriormente accentuato, mettendo ancora di più in evidenza la stretta connessione tra la salute dell'uomo e quella del pianeta.

Gli operatori biologici in Italia superano nel 2019 quota 80.000 unità. Sono entrati nel sistema di certificazione per l'agricoltura biologica circa 1.600 nuovi operatori, per un totale di 80.643 imprese registrate, il 2 per cento in più rispetto al 2018. Di questi, 58.697 sono produttori esclusivi, aziende agricole che, rispetto all'annualità precedente, registrano una lieve flessione (meno 0,4 per cento), 9.576 preparatori esclusivi, che incrementano del 3 per cento il segmento, 11.843 produttori preparatori, che aumentano del 14 per cento, e 527 importatori totali, per una crescita del 12 per cento.

Quello della produzione biologica è un comparto significativo e competitivo, che è stato anche più capace, rispetto ad altri, di resistere alla crisi di questi anni; è un settore che ha ancora grandi potenzialità e che attende da anni una normativa compiuta.

I benefici dell'agricoltura biologica non sono chiaramente relativi solo all'economia o all'occupazione, ma riguardano appunto - come abbiamo già accennato - la salute e la salvaguardia dell'ambiente. Indagini accurate hanno dimostrato come gli alimenti biologici siano qualitativamente migliori, da un punto di vista nutrizionale, rispetto a quelli derivanti da tecniche produttive tradizionali. È altrettanto appurato poi, da appositi studi, come la produzione e il consumo di alimenti biologici abbia effetti positivi sulla vita umana, limitando gli impatti negativi delle attività agricole su aria, suolo e biodiversità, riducendo i consumi di fertilizzanti, acqua ed energia. L'agricoltura biologica contribuisce infatti a preservare la biodiversità. Le fattorie, che passano dagli attuali metodi di agricoltura a quelli biologici, vedono in breve tempo l'aumento di biodiversità, misurata come incremento del numero di specie presenti, dai batteri alle piante, fino ai mammiferi e agli uccelli.

Il metodo di produzione biologico esplica, pertanto, una duplice funzione: rispondere alla domanda da parte dei consumatori di alimenti e cibi salubri e sicuri; dall'altro fornire beni pubblici che contribuiscano alla tutela dell'ambiente, al benessere degli animali e allo sviluppo rurale.

Un ultimo accenno lo dedico infine - e mi avvio a concludere - alla polemica strumentale che ha accompagnato in queste settimane l'approvazione della legge. Mi riferisco alla norma che equipara l'agricoltura biodinamica a quella biologica. In verità, sono tutti i metodi di produzione basati su preparati e specifici disciplinari applicati nel rispetto delle disposizioni dei regolamenti dell'Unione europea e delle norme nazionali in materia di agricoltura biologica ad essere equiparati al metodo di agricoltura biologica. Riferimenti all'agricoltura biodinamica sono già esistenti, peraltro, in alcuni atti normativi. Alcuni esponenti delle comunità scientifiche hanno, però, parlato di pratiche esoteriche. Personalmente, vorrei citare le parole di uno di questi, scettico, ma obiettivo. Si tratta di Maurizio Gily, docente universitario di scienze gastronomiche, che ha ricordato come le aziende biodinamiche non inquinano, sono sostenibili e hanno un approccio agronomico piuttosto interessante: “Magari le pratiche biodinamiche non servono a molto, ma sicuramente fanno meno danni di molteplici trattamenti chimici nel terreno”. L'importante è non fare da cassa di risonanza a chi utilizza queste polemiche soltanto con l'obiettivo di affossare l'intera legge sul biologico.

In fondo, è anche la legge di mercato a stabilire i consumi degli italiani. Se non vogliono consumare prodotti derivanti dall'agricoltura biodinamica non lo faranno, ma non si può non ricordare, invece, come siano ben altre le produzioni alimentari che creano disastri ambientali nel nostro Paese. Vogliamo ricordare, ad esempio, la morìa di api avvenuta in Italia, che ha determinato non solo il calo della produzione di miele ma anche messo a rischio l'intera tutela della nostra biodiversità? Diserbanti e pesticidi usati ancora in maniera indiscriminata hanno forti responsabilità sull'aumento della mortalità di questa specie indispensabile, generando un impatto molto serio sulla produzione del cibo in Europa e sulla stabilità ambientale visto che la maggior parte delle piante viene impollinata proprio dalle api.

Con quasi due italiani su tre - il 64 per cento - che mettono i prodotti bio nel carrello, occorre difendere produttori e consumatori e garantire la trasparenza degli acquisti approvando subito la legge nazionale sul biologico: è quanto chiesto, con urgenza, da molte associazioni di categoria (cito, tra le altre, Coldiretti, Codacons, FederBio, Legambiente e Slow Food), utilizzando anche l'impiego di piattaforme digitali, per garantire una piena informazione circa la provenienza, la qualità e la tracciabilità dei prodotti, con una delega al Governo per rivedere la normativa sui controlli e garantire, appunto, le vendite biototali. Nell'ultimo anno, l'Italia, con 70 mila produttori, è leader in Europa. Pertanto, per numerose imprese impegnate nel biologico la legge che stiamo per approvare diventa non più urgente, ma assolutamente indispensabile.

Vorrei ringraziare anch'io i colleghi che hanno seguito la materia, tra cui la mia collega Maria Chiara Gadda, la prima firmataria della proposta di legge, e tutti coloro che vogliono un dibattito libero anche magari da manipolazioni che arrivano da chi, come i produttori di fertilizzanti, non hanno interesse a che questa legge venga approvata (Applausi dei deputati dei gruppi Italia Viva e MoVimento 5 Stelle).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Pignatone. Ne ha facoltà.

DEDALO COSIMO GAETANO PIGNATONE (M5S). Signor Presidente, rappresentanti del Governo, oggi stiamo discutendo un provvedimento atteso dal mondo agricolo e imprenditoriale ormai da diversi anni, forse da troppi anni. Si tratta di un testo che affronta un tema di grande rilevanza per il settore che già ora pone l'Italia tra i leader mondiali, ossia disposizioni per la tutela, lo sviluppo e la competitività della produzione agricola e agroalimentare e dell'acquacoltura con metodo biologico.

Evidenzio che, dall'analisi dei dati, emerge che l'Italia già oggi ha una superficie coltivata con pratica biologica di circa il 16 per cento. Il nostro Paese, infatti, è uno dei principali attori nel comparto biologico mondiale. Grazie alla posizione e alla conformazione della nostra penisola, la biodiversità in Italia esiste per natura.

Mi soffermo anche sul fatto che le coltivazioni biologiche comportano anche vantaggi indiretti, che, in molti casi, coincidono con le altre attività agricole e altre volte, invece, hanno peculiarità proprie. Mi riferisco a vantaggi quali la gestione e manutenzione del territorio, la lotta al dissesto idrogeologico e allo spopolamento, il favorire la biodiversità, la riduzione dell'uso degli agrofarmaci, il favorire l'antropizzazione delle zone rurali e marginali e il benessere animale. Sono vantaggi che, dunque, esulano dal mero dato agricolo e si estendono anche all'ambiente, alla salute umana, alla comunità.

Lo dico chiaramente, senza giri di parole: dentro questo Parlamento vi è ancora chi individua e relega il biologico a un'agricoltura limitata e di nicchia. Ritengo che tale visione non tenga conto dei benefici che si accompagnano a questo modo di fare agricoltura. Si girano le spalle ai tanti imprenditori agricoli che fanno reddito e pagano le tasse allo Stato italiano.

La centralità dell'agricoltura biologica viene anche ribadita in maniera netta e forte anche dagli obiettivi della Comunità europea sanciti nel Green New Deal e nel Farm to fork. Se vogliamo realizzare questa rivoluzione verde è indispensabile dotarci di un corpo organico di norme. Evidenzio, inoltre, come proprio tra gli obiettivi principali indicati dalla Commissione europea vi siano il raggiungimento del 25 per cento delle superfici coltivate a metodo biologico e la riduzione di almeno il 50 per cento degli agrofarmaci. Sono due assi strategici in cui l'Italia avrà un ruolo fondamentale, appunto grazie all'agricoltura biologica.

Ma è doveroso fare un accenno anche all'aspetto economico-imprenditoriale legato all'agricoltura biologica. Il nostro è il primo Paese in Europa e il secondo al mondo per le esportazioni di prodotti biologici (circa il 6 per cento di tutto l'export agroalimentare nazionale). Quindi, parliamo di un settore economico produttivo vitale e in crescita. Lo Stato e noi legislatori abbiamo il dovere di proteggere e di tutelare questo importante settore trainante.

La recente emanazione del bando per la ricerca sul biologico, con uno stanziamento di 5 milioni di euro a partire già da quest'anno, previsto nella legge di bilancio 2020, per la promozione del settore, dimostra quanto si stia puntando sulla sostenibilità ambientale dell'agricoltura (soprattutto aver dedicato 300 milioni di euro al comparto biologico e alla destinazione di contratti di filiera e di distretto, così come previsto dal Fondo connesso al PNRR).

Fatta questa premessa, necessaria per evidenziare l'importanza della norma in discussione, voglio concentrarmi su alcuni aspetti che reputo fondamentali. Ricordo, ad esempio, l'articolo 2, secondo cui lo Stato promuove e sostiene la produzione con metodo biologico anche attraverso interventi volti a incentivare la costituzione di organismi, punti e piattaforme di aggregazione del prodotto e di filiere biologiche, anche attraverso la costituzione del tavolo tecnico per la produzione biologica istituito presso il Ministero delle Politiche agricole.

L'articolo 6 istituisce il marchio biologico italiano per i prodotti biologici ottenuti da materia prima italiana. Quindi, diamo più valore e attenzione alla produzione made in Italy, cosa che darà maggiori vantaggi anche in termini di esportazione nei mercati internazionali.

L'articolo 7 contiene interventi per agevolare la conversione al biologico e sostenere la costituzione di forme associative e contrattuali per rafforzare la filiera del biologico, incentivare il consumo dei prodotti biologici attraverso iniziative di informazione, formazione ed educazione anche ambientale ed alimentare, con particolare riferimento alla ristorazione collettiva. È da rilevare, inoltre, la circostanza per cui il Ministro delle Politiche agricole alimentari e forestali presenta annualmente alle Camere una relazione sullo stato di attuazione del Piano. Poi, ancora, il sostegno alla ricerca tecnologica e applicata nel settore, prevedendo la promozione di specifici percorsi formativi e la disciplina dei distretti biologici, nonché il tavolo di filiera per prodotti biologici al fine di promuovere l'organizzazione del mercato e la stipulazione di intese di filiera. Inoltre, abbiamo le disposizioni sulle sementi biologiche.

Devo sottolineare come, ad esempio, gli agricoltori che producono varietà di sementi biologiche iscritte nel registro nazionale delle varietà da conservazione avranno diritto alla vendita in ambito locale e potranno procedere al libero scambio delle stesse. Sono contento di poter dire che questa norma rispecchia uno degli obiettivi che il MoVimento si era dato. Ricordo le parole dell'ex Premier Giuseppe Conte proprio nel giorno del voto di fiducia del suo secondo Governo, dove si evidenziò come è necessario sviluppare la filiera agricola biologica, le migliori pratiche agronomiche, accrescere la qualità del territorio, sostenere le aziende, investire nella ricerca sulle coltivazioni, con particolare attenzione all'uso efficiente della risorsa idrica (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

PRESIDENTE. È iscritta a parlare l'onorevole Loss. Ne ha facoltà.

MARTINA LOSS (LEGA). Presidente, onorevoli colleghi, membri del Governo, entriamo oggi nel mondo dell'agricoltura biologica con un disegno di legge che è stato già approvato dalla Camera dei deputati l'11 dicembre 2018, quindi dal Senato nel maggio 2021 e che ritorna oggi in terza lettura alla Camera con un testo unificato, che si compone di 21 articoli. Il settore dell'agricoltura biologica è un settore in continua crescita, con 16,5 milioni di ettari coltivati in Europa, che costituiscono il 23 per cento di tutta la superficie coltivata, e in Italia con oltre 2 milioni di ettari coltivati da 80 mila aziende. Come ettari coltivati, per esempio, ci superano solo la Spagna e la Francia.

In materia di superficie agricola dedicata il biologico mostra una crescita di oltre 50 mila ettari all'anno e raggiunge oggi il 16 per cento della superficie agricola utilizzata in Italia destinata all'agricoltura biologica. Il biologico cresce anche sul mercato e nei consumi dei cittadini, con un tasso di oltre il 100 per cento negli ultimi 8 anni. Non dimentichiamo che l'Italia è anche il terzo Paese dell'Unione europea per consistenza del mercato interno biologico, con 3,6 miliardi di euro di fatturato. Nel solo 2020, anche a causa dell'emergenza sanitaria, il consumo del biologico è cresciuto anche nella grande distribuzione organizzata e nei discount di oltre il 20 per cento. Inoltre, grazie alla crescita continua della produzione dell'Italia, stiamo anche assistendo a una riduzione dell'importazione di biologico da altri Paesi che avevamo fino a qualche anno fa. Questo ci consente di dare sempre maggior valore al prodotto italiano, anche nel biologico, che cresce nella richiesta anche dall'estero con un aumento dell'export.

L'agricoltura biologica, grazie alla grande crescita sia per quanto riguarda i consumi sia la produzione, è in grado oggi di generare nuova occupazione e, soprattutto, di attivare imprenditoria giovanile. Ricordiamo che oltre il 20 per cento dei giovani imprenditori agricoli si sta avvicinando a questo settore. Non dobbiamo dimenticare, inoltre, che per molti territori del nostro Paese l'agricoltura biologica è vista come possibilità concreta di crescita nella loro attività economica, perché senza il metodo biologico molti territori, soprattutto quelli marginali di collina e delle aree pedemontane e montane, non avrebbero nei fatti prospettive economicamente sostenibili, soprattutto se confrontate all'agricoltura intensiva di pianura. La grande sfida dell'agricoltura di oggi, infatti, è quella di trovare i metodi più adatti, secondo il potenziale dei territori e le tipicità locali, per valorizzare al massimo i prodotti regionali, sostenendo così le comunità anche negli ambiti più difficili dal punto di vista geografico e climatico.

Vorrei portare qui l'esempio del Trentino, terra di eccellenze nel mondo agricolo con un contesto territoriale difficile, che ospita diverse produzioni eroiche. Ebbene, proprio l'anno scorso il Trentino ha scelto di promuovere il sistema dell'agricoltura biologica con un provvedimento dedicato, che, tra le molte iniziative, ha introdotto anche i distretti biologici, intesi come sistemi produttivi locali integrati a vocazione agricola caratterizzati da una presenza significativa della produzione biologica, dalla tutela delle produzioni e delle metodologie colturali, di allevamento e di trasformazioni tipiche locali, dall'integrazione tra le attività agricole e le altre attività economiche presenti nell'ambito del distretto, nonché dalla presenza di aree paesaggisticamente rilevanti, anticipando così il recepimento della nuova regolamentazione europea in materia di agricoltura biologica.

La norma che oggi è in discussione può dare quindi un valore aggiunto al mondo agricolo, sostenendo prodotti nazionali di elevata qualità che rappresentano la risposta moderna alle tradizioni locali, che provengono dalle radici della cultura e dell'identità dei territori attraverso le tipicità agroalimentari. Tutto questo avviene in un contesto nel quale l'Unione europea, con le politiche del cosiddetto Green Deal europeo e la strategia Farm to Fork, ovvero dal produttore al consumatore, si è posta l'obiettivo di arrivare entro il 2030 al 25 per cento di superficie coltivata da agricoltura biologica. L'Unione Europea conta inoltre di investire a partire dall'anno prossimo oltre 40 milioni di euro nella promozione del metodo dell'agricoltura biologica perché ravvede in questa tipologia di agricoltura uno strumento per accentuare la lotta ai cambiamenti climatici, per la tutela e la salvaguardia della biodiversità e per un'agricoltura più sostenibile. Il piano d'azione punta a sostenere i consumi e ad aumentare la produzione e la conversione sul territorio di tutta l'Europa.

Tra l'altro, prevede anche a partire dal 2022 un nuovo regolamento che introdurrà semplificazioni procedurali, un'ulteriore rivisitazione dei controlli, un rafforzamento forte dei controlli del biologico che arriva da Paesi terzi e una semplificazione delle procedure per la certificazione dell'agricoltura biologica. Questo si inserisce all'interno di un quadro più generale di politiche agricole e ambientali europee che punta alla riduzione del 50 per cento dell'utilizzo di fitofarmaci, del 50 per cento della perdita di nutrienti per un miglioramento della qualità dei suoli e sempre del 50 per cento dell'utilizzo di antimicrobici nella cura degli animali. Entrando nel dettaglio della proposta di legge, il testo rimarca come la produzione biologica sia un sistema globale di gestione dell'azienda agricola e di produzione alimentare basato sull'interazione fra le migliori prassi in materia di ambiente e azione per il clima e di salvaguardia delle risorse naturali.

Grazie all'applicazione di norme rigorose di produzione, contribuisce alla qualità dei prodotti, alla sicurezza alimentare, al benessere degli animali, allo sviluppo rurale, alla tutela dell'ambiente e dell'ecosistema, alla salvaguardia delle biodiversità e al raggiungimento degli obiettivi di riduzione dell'intensità delle emissioni di gas a effetto serra. In questo ambito fornisce appositi servizi ecosistemici, contribuendo al raggiungimento degli obiettivi dell'Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile. Con questa norma lo Stato promuove e sostiene la produzione con metodo biologico anche attraverso interventi volti a incentivare la costituzione di organismi, punti e piattaforme di aggregazione del prodotto e di filiere biologiche. Per chiarire con precisione i confini dell'appartenenza al mondo biologico e le possibili equiparazioni di altri metodi a quello dell'agricoltura biologica il Senato ha ritenuto di modificare la norma originaria approvata alla Camera indicando che tutti i metodi di produzione basati su preparati e specifici disciplinari che siano applicati nel rispetto delle disposizioni dei regolamenti dell'Unione europea e delle norme nazionali in materia di agricoltura biologica potranno essere equiparati al metodo di agricoltura biologica qui riconosciuto.

Di conseguenza, quando rispettino le disposizioni in materia di agricoltura biologica, potranno esservi equiparati anche il metodo dell'agricoltura biodinamica ed ogni altro metodo che ne faccia richiesta secondo le procedure che saranno fissate dal Ministero delle Politiche agricole, alimentari e forestali. Per chiarezza vogliamo poi ribadire che, per sostenere appieno il sistema produttivo agricolo italiano, non devono esserci contrapposizioni tra agricoltura cosiddetta tradizionale e quella biologica o altri sistemi. Piuttosto il nostro compito come legislatori è quello di tutelare produttori e consumatori indicando la via della qualità e del rispetto dell'ambiente. Tra le altre novità normative presenti nel testo sull'agricoltura biologica vi è l'introduzione di un marchio BIO italiano, così da distinguere tutti i prodotti biologici realizzati con materie prime coltivate e allevate nel nostro Paese.

Questa proposta, introdotta dalla proposta di legge della Lega a prima firma dell'onorevole Golinelli, confluita poi nel testo integrato, è un modo per garantire la massima trasparenza sull'origine e sulla filiera dei prodotti, e per rendere maggiormente consapevoli i consumatori, che potranno scegliere con maggiore semplicità un prodotto tutto italiano anche nel biologico.

Con questo testo viene poi istituito un tavolo tecnico presso il MiPAAF, che coinvolgerà gli esperti del settore, e viene rafforzata la filiera biologica attraverso la promozione dell'aggregazione fra produttori. Per migliorare il testo, infine, in Senato è stato inserito un nuovo articolo che specifica come, attraverso lo strumento della delega legislativa, il Governo dovrà provvedere, con l'introduzione di un sistema più trasparente, a risolvere il conflitto di interesse fra controllori e controllati a beneficio del mercato e della concorrenza, a rafforzare le tutele nei confronti dei consumatori, nonché a riordinare la disciplina delle lotte contro le frodi alimentari.

L'auspicio è, dunque, che questa nuova norma possa contribuire a sostenere un importante sistema agricolo nazionale con grandi prospettive per il futuro. Starà poi ad ognuno di noi rendersi sempre più consapevoli del valore e della qualità delle produzioni della nostra terra, da inserire sempre in cima alle scelte per la nostra tavola (Applausi dei deputati del gruppo Lega-Salvini Premier).

PRESIDENTE. È iscritta a parlare l'onorevole Incerti. Ne ha facoltà.

ANTONELLA INCERTI (PD). La ringrazio, Presidente. Rappresentanti del Governo, colleghe e colleghi, come ha sottolineato chi mi ha preceduto; ringrazio il relatore Maglione, sempre per la puntuale relazione, così come tutti i componenti della Commissione agricoltura della Camera per il lavoro di condivisione svolto. Questo è il terzo passaggio di un provvedimento, il testo unico della produzione agricola con metodo biologico, dopo alcune migliorative modifiche che sono state approvate in Senato, giusto il maggio scorso. È una legge attesa da molti anni, che si è avvalsa anche in questa legislatura di precedenti provvedimenti - ricordo, già dal lontano 2008 - nonché di una precedente legge approvata proprio in questo ramo del Parlamento nella scorsa legislatura. Dunque, è una legge attesa e utile perché, finalmente, offre un sistematico quadro normativo complessivo di un settore che non possiamo di certo più definire o qualificare come di nicchia, ma che è, piuttosto, espressione di una dinamicità e di un'inesorabile crescita, sulla scorta di una attenzione particolare da parte dei cittadini al tema della salute, alla qualità del cibo, alla sicurezza alimentare, che si è peraltro accentuata proprio in questi ultimi due anni di pandemia. I numeri, come hanno ricordato tanti colleghi, stanno a dimostrarlo; questi sono fatti. Il settore dell'agricoltura è di grande importanza economica: lo è in Europa per gli ettari coltivati e lo è nel nostro Paese, con 2 milioni di ettari, un 3 per cento di crescita negli ultimi due anni, una crescita che supera i 50 mila ettari all'anno di coltivazione e un 16 per cento della superficie agricola utilizzata nel nostro Paese proprio per l'agricoltura biologica. Un'espansione, naturalmente, a cui ha corrisposto un aumento delle aziende, una crescita che, come si ricordava, si registra anche sul mercato e sull'offerta di mercato nei consumi dei cittadini italiani. È un settore cresciuto più del 100 per cento negli ultimi otto anni nella grande distribuzione, così come nei discount di un buon 20 per cento; dunque, un settore leader del nostro Paese; dunque, un mercato interno che cresce.

Questo avviene in un contesto ben preciso, in cui l'Unione europea con il Green New Deal e la Farm to Fork, con la biodiversità, ha tracciato un orizzonte e un impegno preciso: il contrasto ai cambiamenti climatici, la riduzione delle emissioni di gas serra, la salvaguardia della biodiversità, un sistema di produzione del cibo meno impattante per l'ambiente. Veniva ricordato in questo orizzonte che la Comunità europea chiede la riduzione del 50 per cento dell'utilizzo dei fitofarmaci, del 50 per cento della perdita di nutrienti per il miglioramento della qualità del suolo, del 50 per cento dell'utilizzo degli antimicrobici nella cura degli animali e punta al raggiungimento del 25 per cento, entro il decennio, di agricoltura biologica, avendo ben chiaro che questo modello è la prospettiva che avranno molti territori, anche i più marginali delle nostre colline, come della montagna, che diversamente non avrebbero prospettive economicamente sostenibili; così come, naturalmente, l'Europa investirà per la promozione di questo metodo e lavorerà su regolamenti più fluidi, a partire proprio dai prossimi anni. Aggiungo, inoltre, che il Piano nazionale di ripresa e resilienza e che la stessa Politica agricola comunitaria (PAC) ha negli ecoschemi la stessa matrice di indirizzo, destinando un quarto dei pagamenti diretti agli ecoschemi e almeno il 35 per cento dei fondi per lo sviluppo rurale a misure ad alto valore ambientale. È semplicemente in questo contesto che si muove questa legge ed è parte integrante, un altro tassello, di un'opera di riforma di tutto il settore agroalimentare, portato avanti già nella scorsa legislatura: penso alla legge sulla biodiversità agraria (voglio ricordare che questo è sempre motivo di valore aggiunto di competitività per il nostro Paese); penso all'agricoltura sociale; penso alla legge sulla riduzione degli sprechi alimentari (tra l'altro ricordata dalla giornata festeggiata due giorni fa). È su tutto questo che poggia questa legge, che non sta chiusa in un recinto, ma è parte della costruzione di una maggiore consapevolezza del valore del cibo, del suo consumo sicuro e responsabile. Ciò è stato fatto in un ampio articolato, migliorato al Senato, definendo con precisione e senza equivoci in cosa consiste il sistema globale di gestione dell'azienda agricola e di produzione alimentare biologica, su quale rigoroso rispetto di norme e regolamenti comunitari si basi e come lo Stato possa promuoverne e sostenerne la produzione. Si indica nel Ministero delle Politiche agricole, alimentari e forestali l'autorità nazionale di indirizzo e di coordinamento, così come il coinvolgimento nel governo del settore di regioni e province. Questa legge indica gli strumenti di promozione, come il marchio dell'agricoltura biologica, i piani di azione nazionali per incentivarne il consumo, per favorirne la conversione, per incentivare le forme aggregative, per favorire l'insediamento di nuove aziende, soprattutto in quelle aree a cui facevo riferimento prima, e sostiene i distretti biologici che, lo voglio ricordare, oggi nel nostro Paese sono più di 50. Questo è uno stimolo a un approccio territoriale, perché non è solo un tema di singole aziende ma un tema di territori. C'è il piano delle sementi biologiche e sappiamo quanto questo sia un tema cruciale per l'agricoltura biologica. C'è il tema della disciplina della ricerca e della formazione, con il supporto delle maggiori istituzioni scientifiche, quali il CNR e il CREA. Qui vorrei sottolineare un aspetto dell'agricoltura biologica in tema di innovazione e non tanto nel rivedere paesaggi lontani, perché l'equilibrio si gioca proprio su questa frontiera: aumentare la resistenza delle colture agricole, la fertilità del suolo e l'utilizzo delle risorse. Da questo punto di vista, l'innovazione e l'utilizzo dell'agricoltura di precisione sarà fondamentale per l'agricoltura biologica; sono già in campo numerose esperienze in questo senso, che compiono scelte agro-economiche legate proprio all'agricoltura di precisione.

C'è, poi, l'articolo 19, un articolo importante per noi perché riguarda il controllo, che reca la delega al Governo per rivedere, armonizzare e razionalizzare le normative sui controlli per la produzione agricola biologica; questa è una richiesta che arriva direttamente da questo settore per salvaguardarne proprio l'importanza. Quindi, questo è un articolo che punta sulla garanzia di terzietà dei soggetti che saranno addetti al controllo, rafforzandone il sistema e assicurando, ovviamente, maggiore trasparenza, quindi tutela dei consumatori, perché obbliga a delle informazioni precise sulla tracciabilità dei prodotti biologici e in tema di tutela dalle frodi alimentari, fissando delle sanzioni, comprese quelle della revoca del marchio, proprio al fine di tutelare i consumatori.

Questo articolo, tra l'altro, ci consente qualche precisazione su alcuni passaggi rispetto ad alcune modalità di coltivazione, come ad esempio quelle biodinamiche. Premesso che siamo ben lontani da legittimare pratiche non scientifiche, c'è stato nella formulazione, lo voglio ricordare, un lavoro molto attento e accurato, con decine di audizioni e con confronti esterni.

Il biodinamico è preso in considerazione - mi attengo semplicemente alla realtà - non solo perché prevede nei disciplinari di certificazione il pieno rispetto dei regolamenti comunitari e; non solo perché oggi è un comparto del biologico di tutto rispetto che esiste e va regolamentato. Ci sono 4.500 aziende in Italia con un fatturato medio, ad ettaro, che supera i 13 mila euro, molto legato all'export in alcuni Paesi, specie nel Nord Europa, perché ha una grande credibilità internazionale. Ciò non solo perché i preparati biodinamici usati tranquillamente da anni sono concessi proprio al biologico e regolamentati da alcuni regolamenti - io cito il Regolamento (CEE) n. 2092/1991, all'Allegato I, nella parte 2.3, che parla espressamente della possibilità, anzi dell'uso utile e consentito al biologico di questi preparati - ma poi soprattutto perché nel nostro Paese, per poter essere biodinamico, devi essere solo biologico: se non hai la certificazione biologica, non potrai utilizzare né risorse, né strumenti previsti, come è stabilito in questa legge; e ciò è a maggior garanzia proprio del settore biologico.

Tra l'altro, questa è una posizione anche in qualche modo sostenuta dall'Ispettorato centrale della tutela della qualità e della repressione frodi dei prodotti agroalimentari, che è un dipartimento del Mipaaf, proprio perché, oltre alla certificazione, sarebbe regolamentata da una legge e quindi darebbe ulteriore garanzia proprio rispetto alla tutela della credibilità del settore biologico e ovviamente anche dei consumatori.

Quindi siamo a una legge quadro attesa da vent'anni, ci abbiamo lavorato con attenzione, pensiamo che possa essere una modalità di produzione che va nella direzione di una transizione ecologica del ruolo che dovrà avere l'agricoltura per concorrere a un cambiamento dei nostri sistemi alimentari meno impattanti, e che possa essere, soprattutto per le nostre aziende di piccola dimensione e per i nostri territori che sappiamo e conosciamo, lo strumento per garantire reddito, per garantire un uso attento del territorio.

Proprio per questo motivo, in questa logica di approccio integrato e di sviluppo sostenibile, costituisce una risposta vera e concreta ai molti abbandoni delle nostre aree rurali (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Non vi sono altri iscritti a parlare e pertanto dichiaro chiusa la discussione sulle linee generali.

(Repliche - Testo unificato - A.C. 290-B​)

PRESIDENTE. Ha facoltà di replicare il relatore, onorevole Pasquale Maglione. Ha 3 minuti e 40 secondi.

PASQUALE MAGLIONE, Relatore. Grazie, Presidente. Innanzitutto era doveroso fare un passaggio su quella che è - alcuni dei colleghi in Aula l'hanno richiamata - la polemica che si è generata in questi mesi, che purtroppo non trova riscontro nella norma, in quanto la norma, ripeto e leggo il titolo per cercare di fugare ogni dubbio, reca: “Disposizioni per la tutela, lo sviluppo e la competitività della produzione agricola, agroalimentare e dell'acquacoltura con metodo biologico”. Quindi, questa norma non è chiamata a riconoscere alcun altro tipo di tecnica agronomica, se non quella del biologico. E questa norma è chiara già nell'articolo 1, al comma 3, quando dice che l'equiparazione alla norma avviene solo e solamente se è completamente rispettato il Regolamento europeo.

Ciò, a chiarimento degli equivoci che sono sorti in questi mesi sugli organi di stampa. Ed è una norma, ripeto, che, nella sua definizione, non fa altro che tutelare e supportare un comparto che è in netta crescita, così come hanno riconosciuto tutti i gruppi.

A me fa piacere che, in questa discussione generale, tutti i gruppi parlamentari abbiano riconosciuto l'utilità e la necessità di approvare questa norma; tutti, ripeto: in questo momento, su questa norma, non c'è opposizione, quindi è giusto che il Parlamento ascolti, è giusto che il Parlamento raccolga le riflessioni che arrivano dall'esterno, è giusto tutto, ma io ricordo che il percorso di formazione di questa norma ha passato due letture parlamentari e in tutte e due le letture parlamentari c'è stato un dibattito, un confronto, un ascolto di tutte le categorie interessate, dei settori scientifici e via dicendo. E in base a questi tipi di discussione si è maturata una norma che, nella discussione generale, ripeto, è apprezzata da tutti i gruppi parlamentari.

Allora è giusto che il Parlamento ascolti, è giusto che il Parlamento faccia le sue riflessioni, ma il Parlamento deve muoversi all'interno delle sue prerogative. E le sue prerogative sono quelle di dare una norma di settore ad un comparto che ce la sta chiedendo; prerogative che si basano, ripeto, su un percorso lineare di confronto, che non presenta nodi costituzionali, non presenta alcun tipo di criticità, ma semplicemente accoglie le richieste che arrivano dal territorio.

Quindi, io mi auguro che nelle prossime ore questo Parlamento intervenga, ascoltando il territorio e tenendo ben presenti le riflessioni che arrivano anche dal mondo accademico, rispetto al quale però è doveroso sottolineare che, dal 2016, il Ministero dell'Agricoltura, attraverso norme non primarie, in qualche modo sostiene l'agricoltura biologica, e nel sostenere l'agricoltura biologica sostiene anche l'agricoltura biodinamica. Quindi, non è un problema di questa norma, perché questa norma ancora non fa parte del comparto normativo nazionale. Però, ripeto, il Parlamento ha fatto il suo percorso, il Parlamento è sovrano e spesso ho sentito dire che, in qualche modo, il Parlamento deve richiamare alla sua legittimità di legiferare e su questa norma, da quello che raccolgo dall'Aula, non mi sembra che ci siano criticità. Tutti i gruppi si sono espressi; chiaramente le osservazioni vanno acquisite e vanno anche rispettate.

Come diceva un collega prima, le norme non sono granitiche, ma possono essere in qualche modo rielaborate e rivisitate nei passaggi successivi. Quindi, io mi auguro che questo percorso si concluda nel più breve tempo possibile e mi auguro soprattutto che il Parlamento sappia dare una risposta al territorio (Applausi).

PRESIDENTE. Il Governo si riserva di intervenire successivamente. Il seguito del dibattito è rinviato alla parte pomeridiana della seduta.

Sospendiamo a questo punto la seduta, che riprenderà alle ore 15.

La seduta, sospesa alle 13, è ripresa alle 15.

PRESIDENTE. La seduta è ripresa.

Missioni.

PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del Regolamento, i deputati Avossa, Berlinghieri, Galizia e Invernizzi sono in missione a decorrere dalla ripresa pomeridiana della seduta.

I deputati in missione sono complessivamente 111, come risulta dall'elenco depositato presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell'allegato A al resoconto della seduta odierna.

Modifica nella composizione della Commissione parlamentare di inchiesta sulle attività illecite connesse al ciclo dei rifiuti e su illeciti ambientali ad esse correlati.

PRESIDENTE. Comunico che in data odierna il Presidente della Camera ha chiamato a far parte della Commissione parlamentare di inchiesta sulle attività illecite connesse al ciclo dei rifiuti e su illeciti ambientali ad esse correlati il deputato Andrea Casu, in sostituzione del deputato Fausto Raciti, dimissionario.

Preavviso di votazioni elettroniche (ore 15,05).

PRESIDENTE. Poiché nel corso della seduta potranno aver luogo votazioni mediante procedimento elettronico, decorrono da questo momento i termini di preavviso di cinque e venti minuti previsti dall'articolo 49, comma 5, del Regolamento.

Sull'ordine dei lavori.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare sull'ordine dei lavori la deputata Simona Suriano. Ne ha facoltà.

SIMONA SURIANO (MISTO-M-PP-RCSE). Grazie, Presidente. Intervengo per chiedere che il Governo, nella persona del Ministro dello Sviluppo economico, venga a riferire in Aula, perché è notizia di questi giorni dell'ennesimo licenziamento collettivo, questa volta perpetrato dalla Pfizer. La stessa Pfizer - che si è arricchita, ha fatturato nell'ultimo anno ben 42 miliardi di dollari solo per la produzione dei vaccini - adesso ha pensato bene di disinvestire sul nostro territorio, licenziando 210 lavoratori nella fabbrica catanese, territorio già depresso, già desertificato, che soffre. Ed è stato previsto con un semplice messaggino WhatsApp il licenziamento di 210 lavoratori, uomini e donne, che vedono dall'oggi al domani sacrificato tutto il loro impegno, tutta la loro vita; anzi, addirittura gli è stato offerto di trasferirsi nella sede di Ascoli Piceno, come se un lavoratore, dall'oggi al domani, possa trasferire la propria famiglia, la propria vita in un'altra regione.

Quindi, chiedo che il Governo venga a riferire su quale sia la sua politica industriale. Se la politica industriale di questo Governo è far fallire tutto il tessuto imprenditoriale italiano, che ce lo venga a dire, che ci metta la faccia. Siamo di fronte all'ennesimo licenziamento da parte di una multinazionale che viene a depredare e a desertificare i nostri territori - e noi gli stendiamo i tappeti rossi - per poi lasciare il deserto intorno a sé.

Pertanto, chiedo che il Ministro Giorgetti venga a riferire su quali siano le intenzioni di questo Governo di fronte all'ennesimo licenziamento collettivo (Applausi di deputati del gruppo Misto).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare sull'ordine dei lavori l'onorevole Vianello. Ne ha facoltà.

GIOVANNI VIANELLO (MISTO-A). Grazie, Presidente. Chiedo che il Presidente del Consiglio, Mario Draghi, venga a riferire in Aula in merito alla posizione espressa dal Governo italiano presso la Commissione europea sulla tassonomia verde.

La posizione espressa dal Governo italiano ignora completamente gli esiti di due referendum e, inoltre, chiede di aumentare i limiti di emissione di gas. Questa seconda circostanza fortunatamente è stata rifiutata anche dalla Commissione europea, pensate un po'!

Presidente, non è tanto nel merito, ma nel metodo che il Presidente Draghi deve venire qui in Aula a riferire, perché, senza alcun mandato parlamentare, il Governo italiano ha espresso una posizione che non rispetta la volontà del Parlamento sovrano. E' davvero molto grave, perché sono mesi che diverse forze politiche hanno presentato mozioni per parlare, per discutere in questo luogo - legittimo - la posizione italiana sulla tassonomia verde e il Governo italiano ha ignorato tutto questo ed ha portato una propria posizione a favore delle lobby, contro i referendum, contro ancora il buon senso.

Contestualmente, Presidente, oltre a chiedere che il dottor Draghi venga qui in Aula a riferire, annunciamo anche, per conto della componente Alternativa, la mozione di sfiducia nei confronti del Ministro della Transizione ecologica, ma dovremmo dire della finzione ecologica, Roberto Cingolani (Applausi dei deputati del gruppo Misto-Alternativa).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare sull'ordine dei lavori l'onorevole Albano. Ne ha facoltà.

LUCIA ALBANO (FDI). Grazie Presidente, intervengo in questa sede per denunciare un fatto accaduto questa notte nelle Marche, a Fermo.

È stata devastata la sede storica di Fratelli d'Italia di via Recanati, a Fermo. I vandali sono entrati, sfondando col piede di porco: hanno devastato, hanno strappato libri, hanno distrutto documenti d'epoca, testimonianze di uomini e di storie, fino a prelevare dati personali e riservati.

Sabato, proprio in quella sede, si sarebbe dovuta tenere una manifestazione organizzata da Gioventù nazionale, in occasione del 10 febbraio, il “Giorno del Ricordo”, in memoria dell'esodo giuliano-dalmata e delle vittime delle Foibe; incontro-testimonianza con esuli da Pola e da Fiume e con i giovani per non far cadere quella verità storica nell'oblio e non dimenticare quella terribile pagina di storia italiana. Ebbene, i manifesti di quell'incontro sono stati distrutti, triturati con particolare accanimento. Su quei manifesti c'era anche il nome di mio padre, il Maggiore Giovanni Battista Albano, profugo da Fiume (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia), testimone oculare e studioso di quei fatti che avrebbe dovuto partecipare e testimoniare a quell'incontro.

Tutto questo è certamente anche frutto del negazionismo e del revisionismo che, ultimamente, viene consentito ad esimi rettori dell'università, ad associazioni che si oppongono all'intitolazione dei giardini, per esempio, a Norma Cossetto, che intervengono nelle scuole, in consessi culturali con una narrazione revisionista e negazionista che in qualche modo infanga la memoria dei martiri delle Foibe e dei 350 mila profughi italiani (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia) in terra di Patria che a tutto hanno rinunciato, pur di conservare la cosa più preziosa ed importante che avevano: la propria identità, la lingua italiana e la cittadinanza italiana.

A rendere più grave questo fatto - in sé già esecrabile - è che ci si è accaniti contro l'unico partito di opposizione. Questo non è un bel segnale, non può essere tollerato; è seriamente preoccupante perché rischia di vedere un decadimento di un dibattito che scivola terribilmente verso epoche buie della storia.

Certo, noi andremo avanti, non ci faremo intimidire dall'odio politico, si è già al lavoro per organizzare di nuovo l'incontro e mi auguro che questo Parlamento condanni senza se e senza ma l'ennesimo attacco nei confronti di una sede di Fratelli d'Italia (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia), non solo a tutela della democrazia, ma anche nel rispetto della verità storica - e di quegli uomini e di quelle donne del confine orientale, martiri ed esuli - già a lungo negata e così gravemente violata, per ricordare la quale è stato necessario scrivere, emanare una legge, in tempi moderni, la legge n. 92 del 2004, firmata dal Presidente Napolitano (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Romaniello. Su che cosa, onorevole?

CRISTIAN ROMANIELLO (MISTO). Sull'ordine dei lavori.

PRESIDENTE. In merito a cosa, onorevole?

CRISTIAN ROMANIELLO (MISTO). Vorrei chiedere che il Governo venga a riferire su un fatto molto grave, accaduto nelle scorse settimane in una trasmissione televisiva. Riporto fedelmente ciò che ha scritto il Corriere della Sera, le parole che sono state pronunciate dal sottosegretario Pierpaolo Sileri a Di Martedì, su La7: “Noi per tutelare gli italiani vi renderemo la vita difficile come stiamo facendo perché il non vaccinato e chi non rispetta le regole è pericoloso”.

La dichiarazione è estremamente grave perché un sottosegretario, ossia un membro del Governo ha dichiarato che il Governo rende e renderà la vita difficile ad alcuni cittadini che non rispettano le regole, quando sappiamo benissimo che non c'è l'obbligo vaccinale, se non sopra i cinquant'anni. Quindi, ci sono persone che non stanno violando la legge.

Io voglio che il Presidente del Consiglio e il Ministro della Salute vengano in Aula a riferire, perché voglio sapere - credo sia interesse di tutti noi e non so perché una frase così grave non abbia scandalizzato molti altri -, se il Governo ritenga che il suo compito sia quello di rendere la vita difficile ad alcuni cittadini. Se oggi per un motivo rende la vita difficile ad un gruppo di cittadini, domani potrebbe farlo con altri e sono cose che questo Parlamento e che un Governo non dovrebbero permettersi mai.

Mi permetto anche un suggerimento: se stiamo cercando di convincere le persone a vaccinarsi, se è l'obiettivo del Governo, non credo sia questo il modo. In questo modo, si radicalizzano di più solo le posizioni di chi assolutamente non si vuole vaccinare perché si sta prendendo una categoria di persone e le si sta dicendo: “A voi renderemo la vita difficile”.

Allora, se ci sono effetti positivi del vaccino, si trovino altri modi per convincere le persone a vaccinarsi ma io credo sia intollerabile per tutti che un sottosegretario resti dove è, dopo aver detto una frase di questo tipo. Se avesse un briciolo di dignità, il sottosegretario Sileri si dimetterebbe in tronco da solo, senza continuare a fare passerelle in tutti i possibili talk show. Qualora il Presidente del Consiglio o, in generale, il Consiglio dei Ministri non decidesse di prendere provvedimenti su queste affermazioni, quali, ad esempio, rimuovere le deleghe o quanto si ritenga necessario, allora credo debba venire in quest'Aula a spiegarci il perché.

PRESIDENTE. Non essendo ancora decorso il termine di preavviso di venti minuti previsto per le votazioni con procedimento elettronico, sospendo la seduta che riprenderà alle ore 15,30.

La seduta, sospesa alle 15,10, è ripresa alle 15,30.

Rinvio del seguito della discussione della mozione Molinari ed altri n. 1-00569 in materia di investimenti per progetti di rigenerazione urbana.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare sull'ordine dei lavori l'onorevole Ziello. Ne ha facoltà.

EDOARDO ZIELLO (LEGA). Grazie, Presidente. Chiediamo di rinviare il seguito della discussione della mozione Molinari ed altri n. 1-00569 in materia di investimenti per progetti di rigenerazione urbana alla seduta di domani, per cercare di arrivare, come gruppi politici, alla più ampia convergenza; una convergenza che deve essere funzionale ad un testo unitario (Applausi dei deputati del gruppo Lega-Salvini Premier).

PRESIDENTE. Sulla proposta di rinvio del seguito della discussione della mozione Molinari ed altri n. 1-00569 in materia di investimenti per progetti di rigenerazione urbana alla seduta di domani darò la parola, ai sensi dell'articolo 41, comma 1, del Regolamento, ad un deputato contro e ad uno a favore per non più di 5 minuti ciascuno. Chiede di parlare contro l'onorevole Zucconi. Ne ha facoltà.

RICCARDO ZUCCONI (FDI). Grazie, Presidente. Al di là del rinvio di questa specifica mozione che, lo ricordo, riguarda una tematica importantissima che, da tempo, è ormai pendente in calendario in Aula alla Camera, qui si prefigura il rinvio di altri provvedimenti. Quindi, si portano in Aula provvedimenti, quali il testo unificato per la tutela, lo sviluppo e la competitività della produzione agricola e agroalimentare, le mozioni concernenti iniziative volte al sostegno dei settori produttivi maggiormente interessati dai processi di transizione ecologica, cioè provvedimenti su temi fondamentali in una settimana dove questo avremmo dovuto fare, perché per la prossima settimana, si sa già, il calendario prevede l'esame, sempre sbrigativo e sotto fiducia naturalmente, di vari decreti che vanno in conversione. Allora, qui bisogna che vi mettiate d'accordo, perché se fate un calendario d'Aula, poi dovete trovare il modo assolutamente di essere seri (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia), organici e di far trattare al Parlamento, alla Camera in questo caso, temi che, ripeto, sono rigenerazione urbana, transizione ecologica e sostegno per gli allevamenti biologici. La nostra contrarietà, prima ancora che sullo specifico argomento, è sull'andamento e sull'organizzazione generale di questa Camera, esautorata e male organizzata (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia).

PRESIDENTE. Qualcuno vuole parlare a favore? Non mi pare, quindi passiamo ai voti.

Pongo in votazione, mediante procedimento elettronico, senza registrazione di nomi, la proposta di rinvio del seguito della discussione della mozione in materia di investimenti per progetti di rigenerazione urbana alla seduta di domani. Resta, ovviamente, inteso che tale seguito sarà iscritto all'ordine del giorno della seduta di domani quale primo argomento.

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

Aspettiamo che i colleghi entrino in aula.

Dichiaro chiusa la votazione.

La Camera approva, per 274 voti di differenza.

Seguito della discussione della proposta di legge costituzionale: S. 83-212-938-1203-1532-1627-1632-2160 - D'iniziativa dei senatori: De Petris e Nugnes; De Petris ed altri; Collina ed altri; Perilli; Gallone; L'Abbate; Bonino; Calderoli ed altri: Modifiche agli articoli 9 e 41 della Costituzione in materia di tutela dell'ambiente (Approvata, in un testo unificato, in prima deliberazione, dal Senato e dalla Camera e approvata, in seconda deliberazione, con la maggioranza dei due terzi dei suoi componenti, dal Senato) (A.C. 3156-B​).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca il seguito della discussione della proposta di legge costituzionale, già approvata in un testo unificato in prima deliberazione dal Senato e dalla Camera, e approvata in seconda deliberazione, con la maggioranza dei due terzi dei suoi componenti, dal Senato, n. 3156-B: Modifiche agli articoli 9 e 41 della Costituzione in materia di tutela dell'ambiente.

Ricordo che nella parte antimeridiana della seduta si è conclusa la discussione generale e la relatrice e il rappresentate del Governo hanno rinunciato a intervenire in sede di replica.

Avverto che trattandosi di seconda deliberazione su una proposta di legge costituzionale, a norma del comma 3 dell'articolo 99 del Regolamento si procederà direttamente alla votazione finale.

(Dichiarazioni di voto finale - A.C. 3156-B​)

PRESIDENTE. Passiamo quindi alle dichiarazioni di voto finale.

Ha chiesto di parlare l'onorevole Ermellino. Ne ha facoltà.

ALESSANDRA ERMELLINO (MISTO-CD). Grazie, Presidente. Centro Democratico non può che avallare l'inserimento di un indirizzo per la tutela ambientale tra i principi fondamentali della Costituzione. Un intervento necessario, viste le condizioni di rischio a cui è soggetto il territorio nazionale e, probabilmente, anche tardivo rispetto al cambiamento di paradigma culturale ed etico del quale il nostro Paese ha sempre maggiore bisogno. Crediamo sia ormai ineludibile il riconoscimento tra i nostri valori fondativi di una direzione che vada oltre la generica conservazione del patrimonio naturale e provi a rispondere al grido di dolore della nostra “Casa comune”, per usare un termine caro a Papa Francesco. Raccogliere questa istanza, che, tra l'altro, è stata più volte e in diverse forme rappresentata dal Parlamento negli ultimi anni, è per noi naturale. Significa cercare di fare nostro l'orizzonte immaginato anche dal Pontefice nell'enciclica Laudato si' e imprimere nelle future generazioni la convinzione che la difesa dell'ambiente, della biodiversità e degli ecosistemi italiani non sia soltanto un mero esercizio di alto valore civico ma, piuttosto, uno dei pilastri, tra gli altri, su cui si fonda il patto che ci lega e nel quale ci riconosciamo reciprocamente come cittadini della Repubblica. Aggiungere queste poche righe nella Costituzione non è una velleità, né un'operazione di green washing, utile ad adeguare la Carta ai tempi che corrono, perché la questione ambientale - credo che ormai sia chiaro a tutti - è strettamente legata anche a quella sociale ed economica, e offre un contributo irrinunciabile alla lotta contro le diseguaglianze, cui ha fatto riferimento il Capo dello Stato proprio nel suo discorso di insediamento. Ho seguito con attenzione i lavori delle settimane sociali dei cattolici a Taranto, la mia città; una città scelta non casualmente, ma proprio perché porta su di sé i segni di uno sviluppo industriale che non ha saputo coniugare il diritto al lavoro con il diritto alla salute e alla tutela dell'ambiente; una città resa miope dalla logica del profitto e da un agire predatorio che lascia dietro di sé soltanto macerie, sempre più distante da quell'idea di dignità a cui il Presidente della Repubblica ci ha richiamato in modo così energico. Un'impresa che si pone agli antipodi del concetto di ecologia integrale su cui Papa Francesco sta costruendo parte del suo magistero e alla quale non possiamo evitare di guardare, se vogliamo davvero lasciare ai nostri figli un Paese in cui valga la pena di vivere, crescere, partecipare e diventare cittadini nel senso davvero più alto del termine. Taranto è un luogo che racconta ferite certe, come certe, però, sono le meraviglie e le risorse offuscate dai fumi e da un racconto che non ci rende giustizia, come ha avuto modo di dire il vescovo della mia città, monsignor Filippo Santoro; ma proprio per questa sua fragilità sono convinta che possa offrire il miglior banco di prova possibile per misurare la nostra capacità di imprimere finalmente un cambiamento, un inversione di marcia che, spero, le modifiche di oggi in discussione possano accompagnare e rafforzare. Presidente, ne approfitto per un inciso, visto che il “decreto Mille proroghe” da domani incomincia il suo iter in Commissione; mi auguro che tutto avvenga e segua questo stesso percorso, che è ormai tracciato.

Ciò premesso, credo non ci sia bisogno di ribadire la nostra totale disponibilità alla modifica prevista anche per l'articolo 41 e spero che ciò serva finalmente a svegliare una società di persone sole, di consumatori bulimici, di spettatori assuefatti, dagli orizzonti corti e frammentati, come la definiva Alex Langer.

È nostro compito, come politici, favorire modelli di consumo responsabile, ma anche, credo, l'uso di parole e termini in grado di accompagnarli e di assecondare le trasformazioni che tutti auspichiamo. Come dice monsignor Santoro e come è stato ribadito più volte durante le settimane sociali di Taranto, con un hashtag ormai diventato virale: tutto è connesso.

PRESIDENTE. Prima di dare la parola all'onorevole Vianello, vorrei pregarvi davvero di abbassare un po' i toni della conversazione; chi non è interessato a seguire, può uscire, altrimenti diventa veramente difficile, per chi vuole ascoltare e per chi deve parlare, farlo bene.

Ha chiesto di intervenire l'onorevole Vianello. Ne ha facoltà. Se fate un po' di silenzio… Grazie.

GIOVANNI VIANELLO (MISTO-A). Scusi Presidente, sento ancora comunque del chiacchiericcio, il che non rende giustizia…

PRESIDENTE. Aspettiamo qualche secondo, se magari i colleghi finiscono, così nel dopo pranzo...

GIOVANNI VIANELLO (MISTO-A). Presidente, vedo che il suo invito all'Aula viene completamente ignorato!

PRESIDENTE. Che devo fare? Li riprendo uno ad uno?

GIOVANNI VIANELLO (MISTO-A). Non lo so, lei è il Presidente: chiede a me cosa fare?

Io le chiedo cosa devo fare io…

PRESIDENTE. Le ho chiesto di avere cortesia un secondo; vedrà che il tono del brusio…

GIOVANNI VIANELLO (MISTO-A). Bene, allora aspetto di parlare appena ci sarà silenzio.

PRESIDENTE. Esattamente quello che le avevo detto io: aspetti un secondo. Onorevole Labate, onorevole Bella, se vi volete sedere, se state seduti, così possiamo sentire l'intervento dell'onorevole Vianello, altrimenti noi non cominciamo; quando avete finito ce lo dite e riprendiamo con calma.

GIOVANNI VIANELLO (MISTO-A). Grazie, Presidente. È indubbio che è una riforma costituzionale che preveda la tutela ambientale, la biodiversità, la tutela degli animali, degli habitat, dell'ecosistema è sicuramente un provvedimento da accettare, perché nella nostra sacra Carta costituzionale entrano principi che dovrebbero guidare questo e tutti gli altri Governi e Parlamenti a seguire. È per questo motivo che sicuramente voteremo favorevolmente a questa introduzione, seppur siano soltanto norme di principio che, in qualche modo, già la giurisprudenza consolidata aveva fatte salve; però è bene specificarlo.

Tuttavia, questa riforma costituzionale non deve essere un greenwashing, esattamente come è stato per Sanremo, dove l'ENI ha fatto un'azione di greenwashing parlando di sostenibilità, quando è, invece, un'azienda legata agli idrocarburi, tra gli applausi generali. Purtroppo, tra gli applausi generali di questo Parlamento, noi stiamo assistendo al Governo Draghi che sta puntualmente smantellando il nostro ambiente e il nostro habitat. Questa situazione è talmente vera che, se facciamo una lista degli innumerevoli provvedimenti che sono stati approvati, la transizione ecologica non esiste ed è un attacco costante al nostro ambiente e ai nostri habitat: dov'è la tutela dell'ambiente quando si bruciano rifiuti, quando si fanno norme per semplificare la combustione dei rifiuti? Dove è la tutela dell'ambiente quando non si proroga una moratoria contro le trivelle e gli airgun? Dov'è la tutela dell'ambiente, quando il Governo toglie 700 milioni di euro per le bonifiche delle aree inquinate dall'Ilva, per darli alla continuità produttiva (Applausi dei deputati del gruppo Misto-Alternativa)? Transizione ecologica? No, ormai è evidente una finzione ecologica; una finzione ecologica come quella a cui abbiamo assistito in merito alla cosiddetta tassonomia verde UE. Lo abbiamo ripetuto prima, chiedendo l'intervento del Presidente Draghi qui in Aula, affinché venga a riferire, poiché il Governo italiano ha portato una posizione che ignora completamente ben due referendum sul nucleare! Non si è battuta, l'Italia, per far rispettare questo principio, anche a livello europeo! L'hanno fatta altre Nazioni questa azione; l'ha fatta la Germania, l'Austria, la Spagna, il Portogallo. Alcune di queste Nazioni hanno il nucleare e si sono opposte a inserirlo in tassonomia verde! L'Italia, nonostante due referendum popolari, no! Si è lavata le mani, come Ponzio Pilato! Addirittura, sul gas la posizione italiana è ancora più raccapricciante, perché seppure era prevista nell'atto delegato della tassonomia verde, l'Italia ha chiesto di aumentare i limiti sul gas: di innalzarli! La questione è davvero vergognosa, perché non si può parlare di tutela ambientale, fare post, comunicati e tutto il resto quando, dall'altra parte, l'azione del Governo italiano mira proprio a smantellare l'ambiente, ad attaccare l'ambiente, a usurpare l'ambiente, a sfruttarlo fino in fondo. Quelle risorse ci servono e le dobbiamo preservare per le generazioni future. Invece, vengono depredate e messe al soldo delle multinazionali, dei grandi gruppi di potere, delle lobby delle fonti fossili perché, alla faccia della transizione ecologica, chi continua a governare in Italia sono proprio le lobby delle fonti fossili. L'abbiamo visto, addirittura, con il CCS, un progetto che la Chevron, una multinazionale, ha anche definito fallimentare. L'Italia non solo cerca di finanziarlo e di dargli semplificazioni normative, ma cerca di farlo passare come un investimento sostenibile! È una cosa davvero abbastanza raccapricciante, direi. Nonostante tutto questo, nonostante la riforma costituzionale vada bene, nei fatti però – nei fatti! - il Governo e il Parlamento non la stanno onorando, perché fanno l'esatto contrario (Applausi dei deputati del gruppo Misto-Alternativa). Questo non è possibile, se vogliamo essere onesti almeno intellettualmente. Bisogna riconoscere gli atti del Governo Draghi e del Ministro della Transizione ecologica, che non è transizione ecologica, ma è una finzione ecologica, perché è una continuità produttiva del fossile. Questo è!

Presidente, concludo brevemente, perché tanto poi lasceremo lo spazio alla retorica, ai titoloni e ai comunicati roboanti, “abbiamo salvato l'ambiente”, quando, in realtà, non è vero nulla. C'è davvero grande dispiacere.

Noi voteremo a favore di questa riforma costituzionale, ma ciò non discolpa nessuno di tutti i politici che, in Parlamento o al Governo, in questo anno e mezzo di Governo Draghi hanno sabotato il nostro ambiente, il nostro habitat, i nostri beni comuni (Applausi dei deputati del gruppo Misto-Alternativa).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Timbro. Ne ha facoltà.

MARIA FLAVIA TIMBRO (LEU). Grazie, Presidente. Oggi, come diceva giustamente lei, torniamo ad occuparci, in seconda lettura, di questo progetto di legge di riforma costituzionale che reca modifiche agli articoli 9 e 41 della Costituzione, modifiche che oggi ci appaiono più che mai - lo si è detto anche in precedenza - necessarie ad introdurre, laddove mancasse, e ad ampliare il principio della tutela dell'ambiente. Già in sede di discussione in prima lettura, come gruppo, abbiamo manifestato e motivato nel merito il nostro voto favorevole, quindi la nostra convinta adesione a questa proposta di legge di revisione costituzionale. Oggi, in aggiunta alle considerazioni che abbiamo già svolto, alcuni concetti intendo ribadirli.

Innanzitutto, le tematiche ambientali, così come oggi le conosciamo, non solo finora non avevano trovato alcuna precisa definizione nel nostro ordinamento, ma non potevano nemmeno contare su una solida previsione di riferimento che fosse in qualche modo esaustiva della loro complessità. L'obiettivo, oggi, è quello di giungere a una riforma costituzionale che introduca la tutela dell'ambiente quale principio primario, fondamentale della nostra Repubblica. Si introduce il tema ambiente nella Carta costituzionale che, fino ad oggi, è stata caratterizzata da una serie di risentimenti, di questioni ideologico-politiche basate sulla convinzione, se vogliamo, della superfluità, se non addirittura dell'inutilità, di una previsione costituzionale che andasse oltre la tutela del paesaggio. Ci si era finora limitati solo a questo.

Oggi, grazie alle contaminazioni che vengono dalle diverse culture e dalle diverse esperienze internazionali e grazie all'evoluzione della giurisprudenza e anche alla crescita della nostra comunità, ci troviamo a riconoscere, invece, in capo a ciascuno dei nostri cittadini l'esistenza di un nuovo diritto fondamentale, quello ad un ambiente sicuro, pulito e sano. Sappiamo, oggi, che vivere in un ambiente insalubre accresce le diseguaglianze economiche e sociali all'interno delle comunità. Sappiamo che gli effetti dei cambiamenti climatici hanno un impatto non solo sul paesaggio e sulla sua morfologia, ma anche e soprattutto sulla salute economica e sociale degli agglomerati e dei loro abitanti.

Quindi, attraverso questo progetto di legge, che consta sostanzialmente di tre articoli, confermiamo che la tutela dell'ambiente, in quanto valore complesso e trasversale, riguarda tutte le questioni che attengono alla vita sul nostro pianeta.

Si afferma un principio di tutela ambientale e lo si fa articolandolo attraverso una specifica previsione della tutela dell'ambiente, della biodiversità e dell'ecosistema svolta anche nell'interesse delle future generazioni. Oggi, per la prima volta, si certifica un patto intergenerazionale. Alla visione dell'ambiente come tutela del paesaggio si aggiunge la tutela dell'ambiente e dell'ecosistema. Non è più una tutela intesa con finalità estetiche ma, piuttosto, si ha la consapevolezza che il suolo sia una risorsa naturale non rinnovabile, essenziale ai fini dell'equilibrio ambientale, capace di esprimere una funzione sociale che incorpora una pluralità di interessi e soprattutto di utilità collettive che interessano tutte le generazioni, tutte le classi sociali. In questa prospettiva, assumono importanza per noi, da oggi, anche i paesaggi degradati, quelli privi di pregio, si introduce una riserva di legge statale che si farà carico di disciplinare forme e modi per la tutela degli animali. Da ultimo - questo ci sembra importante ribadirlo - si verifica, si accerta e si attesta che l'iniziativa economica privata si mantiene libera ma non può essere svolta in contrasto con l'utilità sociale o in modo da recare danno alla sicurezza, alla libertà, alla dignità e, da oggi, finalmente anche alla salute e all'ambiente. Il provvedimento di riforma in esame - lo hanno detto anche alcuni colleghi che mi hanno preceduto - certamente non è risolutivo delle questioni poste ma prova a tracciare una linea, quantomeno dà una visione e, nel farlo, apporta sostanziali e necessarie conferme al sistema dei principi sul quale deve poggiare il nostro ordinamento.

Per questa ragione e per tutte quelle già esplicitate ribadisco il voto favorevole del gruppo Liberi e Uguali alla proposta di legge in esame (Applausi dei deputati del gruppo Liberi e Uguali).

PRESIDENTE. Se riusciste davvero a rendere un po' più agevole il percorso di chi deve intervenire e ad ascoltare, vi sarei grato. Abbiamo ancora tantissimi interventi prima del voto finale; quindi, se qualcuno vuole uscire, può farlo senza problema.

Ha chiesto di parlare l'onorevole D'Ettore. Ne ha facoltà.

FELICE MAURIZIO D'ETTORE (CI). Grazie, Presidente. Anche se non richiama alcuno è uguale; ci sono abituato. Poi, ispira anche di più un po' di chiacchiericcio intorno, in un momento in cui trattiamo della revisione costituzionale.

PRESIDENTE. La accontenterò, onorevole.

FELICE MAURIZIO D'ETTORE (CI). Grazie, Presidente, non faccia alcun richiamo perché un po' di movimento in Aula non fa male, dà vita a quest'Aula.

La questione della revisione costituzionale è così rilevante che oggi, in discussione generale, mi sono permesso di dire che è opportuno che i colleghi non leggano le veline degli uffici legislativi e non si consideri la revisione costituzionale come un mero passaggio burocratico o poco più di un passaggio che noi ormai abbiamo tipizzato, con la decretazione d'urgenza, di subordinazione da parte del Parlamento. La revisione costituzionale è proprio la centralità del Parlamento. Il procedimento di cui all'articolo 138 è pure distrazione in questi giorni, come se non fosse così rilevante. Oggi facciamo una cosa prima, la facciamo dopo. Io mi rimetto alla discussione generale, all'intervento anche più tecnico. Oggi voglio fare questo accenno al fatto che non c'è alcuna attenzione e tocchiamo i principi fondamentali della Carta costituzionale. Oggi, il professor Ceccanti - collega col quale ci confrontiamo spesso e che anche oggi ha voluto confrontarsi con me, e anch'io con lui, come abbiamo fatto in Commissione affari costituzionali - ricordava che per la prima volta i principi fondamentali dell'ordinamento vengono a essere toccati da una revisione. Andiamo a incidere sull'articolo 41, oltre che sull'articolo 9, sui rapporti economici, aggiungendo la finalità ambientale alle finalità sociali, all'utilità sociale dell'iniziativa economica privata. Facciamo tutto questo e abbiamo già discusso in Commissione affari costituzionali a lungo, abbiamo riflettuto su questi temi. Qui siamo ad altri passaggi. Abbiamo qui, ora, tanti Ministri, il Ministro dell'Economia. Questa revisione costituzionale è storica. Qualche altro collega l'ha detto in altri momenti.

Io ho alcune perplessità. Il nostro gruppo voterà a favore, ma ci sono perplessità, che ho espresso in discussione generale, ad esempio su questo richiamo alla biodiversità. Tocchiamo i principi fondamentali e lo facciamo inserendo contenuti di significato e norme che, nell'enunciato in forma compiuta della disposizione, producono un effetto generale sul sistema. Noi spesso parcellizziamo, andiamo per monadi nella revisione costituzionale, non con un sistema; in questo caso, tocchiamo l'articolo 9 dei principi fondamentali. La biodiversità: nella comparazione con altri sistemi, non è facile ritrovare termini come questo. Qual è il contenuto di significato che poi sarà un vincolo interno alla successiva legislazione ordinaria? Noi - o chi ci sarà nella prossima legislatura - produrremo norme di rango ordinario che sono trattenute da questo vincolo interno, di cui parlavo oggi, dai valori costituzionali che orienteranno l'azione di Governo e la nostra azione di controllo degli atti di Governo e degli atti che sono fonte diretta del nostro lavoro. Non sono termini messi a caso. Come diceva sempre anche il collega Ceccanti, lo facciamo noi, nani, rispetto ai giganti che hanno costruito la Carta costituzionale, soprattutto la prima parte. È vero, non è intoccabile la prima parte. Da molto tempo c'è un dibattito sulla possibilità o meno di incidere sul nucleo fondamentale della Carta costituzionale, sulle prime norme, sui principi fondamentali, mentre si dice che la seconda parte si può toccare. Sui rapporti economici, sull'articolo 41 si può anche incidere, si può anche muovere con la revisione costituzionale. Tuttavia, dire che c'è una finalità sociale e, oltre alla finalità sociale, anche una finalità ambientale, che l'utilità sociale dell'iniziativa economica privata si aggiunge anche alla finalità ambientale non è cosa da poco e non deve essere interpretata come un limite all'iniziativa economica privata. Non è questo il significato della finalità ambientale. Così come, con riferimento all'inserimento, sempre all'articolo 41, dei riferimenti alla salute e all'ambiente, ricordo che non sono una scoperta del nostro Parlamento. Già un portato di giurisprudenza costituzionale, amministrativa, di legittimità, di merito ha costruito le questioni relative all'ambiente e alla salubrità ambientale; sono temi già presenti nella legislazione ordinaria anche rinforzata, che hanno un riferimento all'articolo 9 che riguarda non solo la tutela del paesaggio, ma anche l'habitat naturale, come ci dice, da tempo, la Corte costituzionale.

Ed allora, siccome ho già detto in premessa che non voglio dilungarmi, chiedo solo, Presidente, non quella attenzione burocratica dovuta al fatto che siamo qui a discutere e qualcuno parla, ma l'attenzione al tema della revisione costituzionale, il compito più alto che abbiamo come Parlamento (Applausi dei deputati del gruppo Coraggio Italia), il compito più alto! E non è di poco momento quello che stiamo facendo. Mi rimetto al mio intervento in discussione generale, e mi scuso per come mi sono rivolto a qualche collega. Qualcuno è anche venuto dicendo: studiati qualcosa prima di parlare in Parlamento o altrimenti fai la DAD costituzionale, vai in didattica a distanza e buonanotte. Ma siccome trattiamo di temi seri - non voglio più dire questo, altrimenti qualcuno poi si offende - trattiamoli con il giusto interesse e controllo. Il nostro dibattito è seguito - sapete - anche da tanti studenti, da tanti professori universitari e non solo; è seguito perché c'è una revisione costituzionale che riguarda l'ambiente, la protezione degli animali, la biodiversità, temi nuovi, ma temi già conosciuti nel dibattito costituzionale, non solo italiano ed europeo. Ho concluso l'intervento in discussione generale, ricordando e sperando che l'interpretazione e l'applicazione del contenuto e significato di queste nuove norme sia soprattutto svolto, come è normale che avvenga, dalla Corte costituzionale, dal legislatore ordinario, dalla giurisprudenza italiana, sia amministrativa sia di legittimità ma anche di merito.

Ai giudici, come dicevo oggi, quelli di cui parliamo sempre in un conflitto permanente, ad essi, come la Carta costituzionale, è rimesso l'ulteriore affinamento, nonché l'interpretazione e l'applicazione di questi principi che sono inseriti nella Carta costituzionale, addirittura nella parte dei principi fondamentali, dei princìpi supremi dell'ordinamento. E' in questo senso anche il rapporto fra questa disciplina innovativa e il contesto europeo. Quindi, Presidente, constatando che quello che dico – sto parlando di revisione costituzionale - interessa molto e che il dibattito continua come quando convertiamo in legge qualche decreto-legge, spero che almeno il Ministro abbia seguito con qualche minima soddisfazione: ho visto un piccolo cenno e la ringrazio Ministro che almeno lei abbia fatto qualche cenno, quindi l'ha seguito. So che l'onorevole Ceccanti mi segue normalmente, perché dibattiamo, non ci troviamo mai d'accordo ma, alla fine, troviamo una soluzione. Però noi voteremo in senso favorevole, mi rimetto al mio intervento in discussione generale e spero che questa sensibilità venga a tutti stasera, guardando il telegiornale, dove sarà detto che abbiamo fatto una revisione costituzionale sui principi fondamentali della Carta, su temi fondamentali - in questo momento si parla di transizione ecologica - per il futuro del Paese (Applausi dei deputati del gruppo Coraggio Italia).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Del Barba. Ne ha facoltà.

MAURO DEL BARBA (IV). Grazie Presidente. Onorevoli colleghi, storico, me lo sono scritto, non ho sbagliato, storico: è e sarà questo l'aggettivo con cui tutti definiranno l'attuale provvedimento e sarà un aggettivo usato, ma anche abusato, per definire la modifica costituzionale a cui oggi ci accingiamo e che, per la verità, non vede folle di giornalisti fuori da Montecitorio, segno che forse oggi la storia non passa da queste aule, eppure sarebbe sicuramente storico. Ci troviamo a modificare, lo ricordava il collega poc'anzi, niente di meno che i princìpi fondamentali della nostra Costituzione e per la prima volta da quando i nostri padri costituenti li scolpirono prima di tutto nelle coscienze degli italiani.

E' dunque di qualche rilevanza ciò che ci accingiamo a compiere, addirittura dovrebbe essere solenne e potrebbe, forse dovrebbe, avrebbe dovuto segnare le sorti future delle prossime generazioni per altri 75 anni. Tuttavia, sappiamo bene che non è così e per onorare la nostra Costituzione e la scelta odierna, è bene che ce lo diciamo, cari colleghi, altrimenti tra non molto ricorderemo questo passaggio solamente come una storica occasione mancata. Qual è il punto? La Costituzione più bella del mondo non aveva la parola ambiente nel suo testo, tranne la modifica del 2001 sulla potestà legislativa. Nata sulle macerie della guerra, non poteva prevederla, men che meno tra i suoi principi fondamentali, come facciamo oggi, dove pure ritroviamo il concetto di paesaggio, che però - ne discutiamo ormai da cinquant'anni - non è certo il concetto di ambiente. Senza tanti proclami, allora, chiediamoci se questo intervento a cuore aperto nel testo della nostra Costituzione migliorerà la tutela a cui si richiama, cioè, cambieranno le leggi o la loro interpretazione? Cambierà il nostro modo di legiferare? Vi saranno effetti giuridici? Dopo i festeggiamenti, la baldoria che alcuni vorranno attuare, sarà rafforzata nella coscienza degli italiani la protezione dell'ambiente? Ecco, stiamo mettendo mano ai principi fondamentali della Costituzione per far fronte a una nuova fase storica, come dovremmo, o per continuare, forse concludere, un dibattito storico di cui potremmo fare a meno oggi? Sono semplici domande che riteniamo giusto affidare a questo dibattito e che oggi, per la verità, non troveranno risposte, come non le ho trovate consultando gli stenografici delle varie Commissioni. Sarebbe, tuttavia, sterile limitarsi a porre dubbi, laddove, con molto rammarico, ci sentiamo parte di un processo a cui non intendiamo abdicare. Il rammarico, cari colleghi, sta nel fatto che se con questo voto chiudiamo un dibattito decennale, avremmo potuto e dovuto farlo usando tutta la conoscenza che l'intero mondo sta sviluppando e condividendo sul tema oggi, laddove la tutela dell'ambiente non può e non deve essere disgiunta dall'applicazione dei principi di sviluppo sostenibile (Applausi dei deputati del gruppo Italia Viva).

Noi non potremo dire, come fu 75 anni fa per i padri costituenti, che queste evidenze non erano sul tavolo. Lo sono con forza e da molto tempo. Lo hanno visto, ad esempio, i polacchi, allorquando nella loro Costituzione, all'articolo 5, dicono che garantiscono la protezione dell'ambiente naturale secondo i principi dello sviluppo sostenibile, ma lo abbiamo addirittura già visto noi, questo Parlamento, laddove il nostro Parlamento ratificando, almeno per l'Italia, la Costituzione europea ha potuto leggere e approvare l'articolo 37, “Tutela dell'ambiente”: “Un livello elevato di tutela dell'ambiente e il miglioramento della sua qualità devono essere integrati nelle politiche dell'Unione e garantiti conformemente al principio dello sviluppo sostenibile”. E sono passati quasi vent'anni e non vent'anni di dibattiti sterili, come potrebbe essere inteso questo, ma di conferme autorevoli, anche drammatiche, della necessaria centralità dello sviluppo sostenibile, affinché sia la vera base di qualsiasi forma di tutela dell'ambiente e sociale. Ecco, allora, perché oggi l'aggettivo “storico” deve risuonare in quest'Aula e vogliamo che risuoni con tutta la sua gravità. Ci domandiamo ancora oggi, ad esempio, perché nel testo base non siano state accolte le nostre proposte in tal senso e perché i nostri reiterati emendamenti abbiano trovato il voto contrario in Commissione, prima al Senato e poi alla Camera. Non so come risponderemo alle domande poste poco fa, ma so come avremmo risposto se avessimo avuto questa lucidità e questa consapevolezza della storia. Avremmo risposto così: sì, con lo sviluppo sostenibile in Costituzione le nostre leggi sarebbero cambiate; sì, il nostro modo di legiferare sarebbe cambiato, a partire dalla legge di bilancio e sino a tutti i provvedimenti economici che ancora oggi affrontiamo nella nostra agenda, perché ogni progetto di sviluppo e ogni euro speso avrebbero dovuto orientarsi a ciò. I colleghi delle Commissioni ambiente e affari sociali avrebbero sempre più avuto voce in capitolo anche in V Commissione, bilancio, tesoro e programmazione, e forse, come avrei sperato, avremmo addirittura cambiato il nome a queste tre Commissioni, creandone una per lo sviluppo sostenibile e magari collegandola alla programmazione economica e alla transizione ecologica.

Tuttavia il nostro rammarico oggi non vuole essere recriminazione, ma semplicemente una presa d'atto delle nostre collettive capacità e la volontà di non limitarci a celebrare un risultato tardivo bensì spronarci ad utilizzarlo come se lo avessimo ottenuto pieno. Partiamo dal fatto che per lo meno abbiamo inserito nei principi fondamentali della nostra Costituzione il riferimento alle future generazioni. Un giorno la giurisprudenza forse stabilirà che sì noi oggi volevamo inserire lo sviluppo sostenibile ma c'è scappata via la penna. Ecco, questo può essere un motivo per non rammaricarsi in maniera recriminatoria. È per questo impegno che dobbiamo a noi stessi, ma soprattutto alle future generazioni, con la consapevolezza che non occorre attardarsi in nessun modo, nemmeno con le polemiche, e con la certezza che la sostenibilità troverà da parte di tutti i colleghi la centralità che anche noi le dobbiamo attribuire già oggi, che dichiaro il voto favorevole di Italia Viva. Solo in questo modo, Presidente e colleghi, solo in questo modo, mettendo a verbale queste parole ma soprattutto esortandoci a mettere in atto le impellenti azioni di sostenibilità a cui siamo chiamati, potremo oggi votare questo passaggio e definirlo con qualche ragione storico (Applausi dei deputati del gruppo Italia Viva).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Prisco. Ne ha facoltà.

EMANUELE PRISCO (FDI). Grazie, Presidente. Fratelli d'Italia lascerà, come già la scorsa volta, libertà di voto su questo provvedimento, essendo un provvedimento che trova la condivisione generale dei princìpi che lo ispirano, pur avendo rilevato, anche nei lavori di Commissione, tanto alla Camera quanto al Senato, e con gli emendamenti che abbiamo proposto, alcuni pericoli interpretativi - chiamiamoli così - sulle modalità con cui questo intervento viene scritto. Lo ha ricordato, prima di me, anche il collega D'Ettore, che oltre a essere un collega deputato è anche un giurista, il quale ha rilevato alcune domande, considerazioni e rischi di interpretazioni possibili del provvedimento, che forse avrebbe richiesto un maggiore approfondimento, una maggiore ponderazione, pur arrivando a una riflessione che traduce dei principi condivisi in questo Parlamento, condivisi fortemente anche da noi e che fanno parte, come la tutela dell'ambiente, del DNA e della storia della destra italiana, non certamente da oggi. In tal senso, sul punto abbiamo presentato anche una proposta, a prima firma di Giorgia Meloni, per l'inserimento della tutela ambientale tra i principi fondamentali della Costituzione, una proposta, tra l'altro, poi abbinata anche a questo provvedimento, auspicando un confronto più approfondito che valutasse i temi che sono emersi e che ha ricordato anche prima di me il collega D'Ettore; tale confronto, tuttavia, non c'è stato, almeno alla Camera.

Presidente, il rischio è che questa norma, che all'apparenza ovviamente è giusta, potrebbe diventare quella che i giuristi definiscono una norma cosiddetta iconica, cioè un manifesto che va bene per i social media, che va bene per i titoli dei giornali, che va bene per i comizi elettorali, ma che poi potrebbe avere, nella sua fase attuativa - o peggio - un utilizzo interpretativo contro comparti importanti o strategici dell'economia nazionale. Faccio un esempio sul principio relativo alla tutela della biodiversità e dell'ecosistema, che ovviamente è un principio giusto, legittimo e sacrosanto. Per come è scritta, questa norma potrebbe avere un uso distorto nelle valutazioni, per esempio, dell'impatto ambientale delle opere pubbliche, che, per definizione, hanno un impatto ambientale: anche il Colosseo ha avuto un impatto ambientale, ma ovviamente è uno dei principali monumenti che caratterizzano non solo la città dove ci troviamo ma anche la nostra Nazione. Qual è, quindi, la previsione rispetto alle nuove generazioni - mi domando - di un'opera pubblica dal punto di vista dell'impatto ambientale?

Analoga questione c'è, per esempio, sul tema del paesaggio. Il rischio è quello, anche qui, di una norma iconica che non corrisponda realmente a un bisogno di diritto costituzionale (almeno così come potrebbe essere interpretata e così come è scritta). Per esempio, non si introduce il rapporto tra lo sviluppo economico - quindi, con la norma dell'articolo 41 - e il concetto di sviluppo sostenibile. Lo sviluppo sostenibile lo potevamo e lo possiamo già fare a Costituzione vigente, ma non mi pare che, al di là dei titoli e del cambio di nomi ai Ministeri, si siano fatti passi in avanti, né sotto il profilo della tutela ambientale, né tanto meno sotto il profilo dello sviluppo, e ce ne stiamo rendendo conto in questi giorni.

Allo stesso modo, per esempio, c'è la questione del danno ambientale, che prende ispirazione dal regolamento dell'Unione europea n. 852 del 2020, in cui si specifica - e si inserisce come principio europeo - che il danno deve essere significativo. È evidente, quindi, che un danno non rilevante - facevo l'esempio prima dell'impatto ambientale - non può essere considerato danno. Quindi, come dicevo prima, ho provato anche in Commissione a rappresentare alcune riflessioni che forse andavano fatte e domande che anche altri colleghi hanno posto, perché si aprono dei punti interrogativi in sede di interpretazione quando poi si va a mettere a terra questo provvedimento.

La norma inserisce all'articolo 9 - quindi tra i princìpi fondamentali della Costituzione - la tutela ambientale ed è giusto; però vale la pena ricordare a questa Assemblea che la Costituzione già prevede la tutela ambientale; faccio riferimento al comma 2 dell'articolo 117, laddove si riserva allo Stato la tutela ambientale, dell'ecosistema e dei beni culturali. È questa una conseguenza, come sanno certamente i colleghi, della copiosa giurisprudenza costituzionale che dal 1982 a oggi ha portato all'inserimento di questo principio nella Carta costituzionale, però si è voluto inserire ciò tra i principi fondamentali: ben venga. Faccio un ulteriore esempio e penso a tutta la questione che ruota intorno al tema del paesaggio. Per alcune persone, per esempio, il ritorno al carbone è considerata una scelta green, ma non lo è, per esempio, per me. Penso alle questioni dell'impiantistica eolica o fotovoltaica sul modello francese, quindi a terra, che personalmente ritengo dannose nei confronti del paesaggio (paesaggio che, lo ricordo, è anch'esso tutelato al comma 2 dell'articolo 9); per alcuni queste sono scelte in termini di ecosostenibilità. Questo testo, che ha ovviamente principi condivisi e sacrosanti come la tutela ambientale o il rimando alle norme per la tutela degli animali (che, peraltro e per fortuna, sono difesi già anche da norme penali), mi auguro che non diventi una copertura sostanziale rispetto a norme, da un lato, magari di difficile attuazione o, peggio, a interpretazioni distoniche. Così come, il paesaggio, che è un elemento qualificante e anche di sviluppo economico da preservare, da difendere, ma è anche un elemento di sviluppo economico perfettamente sostenibile, nonché ricchezza naturale della nostra Nazione. Affido a questa Assemblea queste riflessioni - se ne potrebbero fare altre e altre sono state svolte da alcuni colleghi prima di me o in altre circostanze - che ci portano comunque a lasciare libertà di voto su questo provvedimento, che, come dicevo, reca principi condivisi ma, in alcuni settori, a cominciare dalla tutela del paesaggio, dello sviluppo economico o di parte della nostra economia, si potrebbe prestare a distoniche interpretazioni (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Brambilla, che non vedo, neanche nell'emiciclo; magari deve raggiungerci. Ha chiesto di parlare l'onorevole Ciampi. Ne ha facoltà.

LUCIA CIAMPI (PD). Presidente, rappresentanti del Governo, onorevoli colleghe e colleghi, soltanto tre mesi fa in quest'Aula annunciavamo un passaggio storico che oggi concretizziamo definitivamente: la tutela dell'ambiente, della biodiversità e degli ecosistemi, anche nell'interesse delle future generazioni, viene inserita tra i principi fondamentali della Carta costituzionale. Il testo che discutiamo oggi è lo stesso approvato in precedenza dall'Aula di Montecitorio. Si tratta di principi che il Partito Democratico ha già sostenuto convintamente e ritiene imprescindibili per cambiare il presente e costruire il futuro. Abbiamo già rimarcato in precedenza i tre fattori chiave alla base di questo passaggio. In primo luogo, va rafforzata anche nelle istituzioni la consapevolezza e la necessità di lasciare un pianeta sano e vivibile a chi verrà dopo di noi. Viviamo da tempo al di sopra delle possibilità della nostra Terra. È ormai chiaro a tutti che l'estinzione di alcune specie, una maggiore diffusione delle malattie, l'innalzamento delle temperature, il collasso degli ecosistemi, l'innalzamento dei mari e altri possibili diversi impatti climatici diventeranno sempre più frequenti e devastanti nei prossimi trent'anni.

Più di una decina di anni fa gli scienziati dell'IPCC, cioè del Gruppo intergovernativo sul cambiamento climatico delle Nazioni Unite, cercarono di definire una serie di tipping points per il riscaldamento globale, vale a dire dei punti di non ritorno oltre i quali sarebbe stato impossibile mantenere lo stato del clima. Queste sentinelle dello stato di salute della Terra sono ad esempio la calotta glaciale della Groenlandia, i ghiacciai alpini, le aree desertificate e le barriere coralline. Secondo studi internazionali alcuni di questi punti di non ritorno sarebbero già stati raggiunti, ma non oltrepassati. Occorre agire perché la situazione non diventi irreversibile. Il secondo principio riguarda la tutela degli animali: da oggi la Costituzione riconoscerà il benessere animale. Su queste tematiche il nostro Paese è da sempre all'avanguardia. Nel 1991 l'Italia divenne la prima Nazione al mondo a riconoscere con una legge quadro il diritto alla vita e alla tutela degli animali randagi, vietandone la soppressione se non in casi di gravi malattie, malattie incurabili o comprovata pericolosità.

Oggi questo quadro normativo si allarga, si rafforza e coinvolge la Carta costituzionale. Sappiamo che dal benessere fisico degli animali e dalla tutela degli ecosistemi deriva innanzitutto il benessere umano; da due anni questo legame ce lo ricorda purtroppo ogni giorno la pandemia che stiamo vivendo. Il COVID sta dimostrando come ambiente e uomo siano parte del medesimo ecosistema e che, come ha ricordato in numerose occasioni anche Papa Francesco, non possiamo pretendere di essere sani in un mondo malato. Le ferite causate alla nostra Madre Terra sono ferite che sanguinano anche in noi. Dalla tutela degli ecosistemi e dal benessere animale, è bene sottolinearlo, non dipende però soltanto la salute. La tutela degli ecosistemi e il benessere animale è spesso garante della tenuta economica di interi settori produttivi. Con il proliferare di nuove malattie che colpiscono le specie selvatiche, anche qualora non fossero immediatamente trasmissibili all'uomo, appare oggi evidente che tutelare il benessere animale significa preservare anche interi settori economici ed occupazionali, come quello agroalimentare e quello turistico ricettivo, per noi fondamentali. Per fare un esempio esauriente, basta ricordare come la peste suina registrata recentemente in alcuni territori dopo anni di assenza ha già portato negli scorsi anni in Cina all'abbattimento di centinaia di milioni di capi con pesanti conseguenze sui listini mondiali delle carni suine. Per essere chiari, solo il fatturato estero per i salumi italiani è di circa 1,7 miliardi di euro, e non è difficile immaginare le conseguenze disastrose che potrebbero ripercuotersi sulla filiera nazionale se questa epidemia non venisse contrastata con efficacia e in tempi brevi.

Il terzo principio, che voglio sottolineare, alla base della legge che affrontiamo oggi è diretta conseguenza degli altri due appena espressi. Promuovere il benessere animale e tutelare gli ecosistemi significa porre le basi per costruire nuovi modelli di società capaci di coniugare ambiente, risorse, biodiversità e attività umane; non paesaggi statici, ma paesaggi, come abbiamo avuto già modo di evidenziare, sostenibili. Il grado di interferenza della componente umana negli ecosistemi è andato aumentando con il crescere della pressione demografica e tecnologica. Le esigenze legate ai fabbisogni di sussistenza e di sviluppo delle attività umane come l'agricoltura, l'industrializzazione, l'urbanizzazione e i trasporti hanno contribuito in modo determinante a modificare gli ecosistemi originari, apportando alterazioni strutturali e funzionali che documentano il grado di interferenza dell'azione umana. Occorrono modelli di ecosistemi in cui l'uomo consolidi il suo ruolo di custode, non di mero sfruttatore, modellando e preservando la natura. Con le modifiche che apportiamo oggi, la Carta costituzionale si evolve, ma non perde, anzi, rafforza il suo spirito originario. Il suo obiettivo fu quello di costruire una democrazia moderna in un Paese diviso. Nel 1947 la sua forza ispiratrice fu, come la definì Pietro Nenni, lo spirito del 2 giugno, uno spirito che scaturiva dal permanere nel tessuto sociale della forza di quei valori di solidarietà, che avevano ispirato la Resistenza e che inducevano alla ricerca di una nuova etica civile e comune. Quella nuova etica si rinnova oggi, sancendo la necessità per la Repubblica di garantire la tutela dell'ambiente, della biodiversità e degli ecosistemi, con un riferimento espresso all'interesse delle future generazioni. Questa legge per essere approvata necessitava di quattro passaggi parlamentari; averli portati a termine tutti in pochi mesi, in una legislatura oggettivamente complicata ed in piena pandemia, rappresenta un successo della buona politica, che, a nome di tutti noi, voglio oggi rimarcare. È con questa consapevolezza che annuncio il voto favorevole del Partito Democratico (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Vi invito ancora, cortesemente, a moderare il volume della voce, perché diventa veramente difficile per i colleghi. Ha chiesto di parlare l'onorevole Maturi. Ne ha facoltà.

FILIPPO MATURI (LEGA). Grazie, Presidente. L'epoca della procrastinazione, delle mezze misure, del mitigare, degli espedienti inutili e del differire sta giungendo al termine. Ora entriamo in un periodo di conseguenze, non possiamo evitare questo periodo, ci siamo dentro adesso. Queste parole non sono state pronunciate da un attivista per il clima, ma da Winston Churchill nel lontano novembre 1936, alla Camera dei comuni, circa la minaccia nazista che incombeva sull'Europa. Per tutta risposta, in quell'epoca, fu preso per un mitomane, un esagitato, qualcuno con la tendenza ad ingigantire i problemi, proprio come oggi vengono bollati gli attivisti per il clima. Il voto che siamo chiamati ad esprimere oggi è certamente una tappa fondamentale per il nostro Paese e il futuro che vogliamo riservare ai nostri figli, un passaggio per il quale è giusto gioire ed accoglierlo con entusiasmo e soddisfazione, ma anche con una giusta dose di preoccupazione.

Da Rio 1992 sono passati ben trent'anni e quindici da Lisbona 2007. Nel 1992 si svolse a Rio quello che sarebbe dovuto essere un vero e proprio spartiacque per il clima: 1.700 scienziati, tra cui molti premi Nobel, firmarono il primo allarme all'umanità in relazione al degrado ambientale; venticinque anni dopo, nel 2017, è stato pubblicato il secondo avvertimento all'umanità in relazione al degrado ambientale, questa volta sottoscritto da 15.364 tra ricercatori e docenti, per poi salire a 20 mila nel 2018. Oggi, a febbraio 2022, stiamo iniziando ad intravvedere la luce dopo una pandemia terribile, che ha piegato l'umanità intera, che ha causato milioni di morti e stravolto le nostre vite per sempre. Iniziamo ad intravedere la luce proprio grazie alla scienza, quella scienza che da ormai trent'anni ci avvisa, o meglio, lancia uno straziante grido d'allarme sulla situazione climatica sul nostro pianeta, quella scienza che riempie le pagine dei giornali e di programmi televisivi quando si parla di COVID, ma che viene costantemente dimenticata e relegata ai margini quando parla di clima.

Anche il Santo Padre ci ha ricordato l'importanza della tutela di madre Terra con l'enciclica Laudato si' nel 2015 e, proprio l'altra sera, in diretta nazionale sulla televisione di Stato, ha ribadito l'importanza della difesa del creato, la salvaguardia della biodiversità e l'educazione delle future generazioni in tal senso. Non possiamo continuare ad ignorare l'urgenza.

Quando si parla di cambiamenti climatici, perdita di biodiversità e del rapporto malato tra uomo e mondo animale, si pensa spesso che tutto ciò accada dall'altra parte del mondo, quasi la cosa, in fondo, non ci riguardi. In realtà, oltre a essere tutto collegato in un unico, globale ecosistema, molto avviene sotto i nostri occhi, giornalmente. L'Italia è il sesto Paese del G20 maggiormente a rischio circa la perdita di biodiversità ed è un fenomeno che riguarda tanto il mondo animale, quanto quello vegetale. Secondo i dati forniti dal report quinquennale della Comunità europea sulla “direttiva Habitat”, delle 570 specie italiane protette dalla direttiva stessa, solo il 43 per cento ha una conservazione effettiva favorevole, il 36 per cento inadeguata e il 16 per cento sfavorevole. Oltre l'80 per cento delle specie di pesci e il 64 per cento delle specie anfibie è a rischio. Per quanto concerne i mammiferi, solo quattro specie su dieci sono protette efficacemente, un dato che diventa pesante come un macigno se contestualizzato nel rapporto uomo-natura. Sul pianeta Terra il 30 per cento del mondo animale è rappresentato dall'uomo, il 60 per cento da animali da reddito e solo il 10 per cento da animali selvatici: tutti gli animali selvatici! Lo scorso anno sono state dichiarate estinte 22 ulteriori specie animali e oltre un milione sono a rischio di estinzione. Ciò vuol dire che, solo nel 2021, abbiamo defraudato le generazioni future dalla possibilità di venire mai in contatto con ben 22 specie di animali, più tutte quelle alla cui estinzione abbiamo già contribuito.

Se gli animali selvatici paiono ancora qualcosa di lontano, forse giova soffermarsi su quelli domestici. Nel Trattato di Lisbona, sottoscritto anche dal nostro Paese, venivano riconosciuti gli animali, tutti gli animali, come esseri senzienti e si vincolavano gli Stati aderenti a tenere pienamente conto delle esigenze del loro benessere: quattordici anni fa (Applausi dei deputati del gruppo Lega-Salvini Premier)!

Qual è, oggi, la situazione in Italia? Il codice civile inquadra gli animali come beni mobili e la tutela penale non riguarda la soggettività dell'animale stesso, ma il sentimento di affezione che noi umani proviamo per loro, alla stregua di un qualsiasi oggetto. Altro che soggettività. Penso, nello specifico, ai cani e gatti, con i quali abbiamo costanti rapporti d'affezione, che in molti casi sono veri e propri membri della famiglia, considerati giuridicamente come meri oggetti. Lo trovo incivile e ipocrita (Applausi dei deputati del gruppo Lega-Salvini Premier). Ad oggi, nel nostro Paese, chi commette un reato contro un animale, picchiandolo, seviziandolo o addirittura uccidendolo, ha pressoché la certezza di non passare un solo giorno in carcere. Lo dico chiaramente: occorre urgentemente una legge che inasprisca le pene per chi si macchia di crimini orribili contro gli animali, che preveda il carcere per chi abbandona o maltratta gli animali, con pene severe e certe.

Sempre più Stati in Europa stanno bandendo gli animali dei circhi, mentre in Italia si continua ad assistere al vergognoso sfruttamento di animali, costretti ad una vita di sofferenze e umiliazioni per il solo piacere degli spettatori e il guadagno dei gestori. Se è vero che la tradizione circense va preservata, è bene farlo tutelando gli animali, vietandone finalmente la detenzione e l'uso nei circhi, trasmettendo ai bambini l'insegnamento che gli animali selvatici devono vivere liberi nella natura e non sono pupazzi al servizio dell'uomo (Applausi dei deputati del gruppo Lega-Salvini Premier).

Riconoscere la dignità degli animali significa anche affrontare e risolvere, una volta per tutte, il problema del randagismo in Italia. Centinaia di migliaia di cani sono detenuti, vita natural durante, in strutture di freddo ferro e duro cemento, ergastolani innocenti. La soluzione c'è ed è anche abbastanza semplice da adottare. Una su tutte: sterilizzare. Finché non verrà messa in campo una campagna seria di sterilizzazione, continueranno ad esserci i randagi e i canili saranno pieni, con il loro carico di sofferenza e l'ingente spesa per la collettività. In un Paese civile non è davvero più tollerabile (Applausi dei deputati del gruppo Lega-Salvini Premier).

È necessaria una rivoluzione culturale, un nuovo approccio alla salvaguardia della biodiversità, un radicale mutamento del nostro rapporto con gli animali - e intendo tutti gli animali -, un impegno serio e concreto per contrastare i cambiamenti climatici. Occorre passare dalla transazione ecologica alla transizione ecologica. Nel 2019 la produzione energetica dell'Unione era coperta dal 20 per cento da energie rinnovabili; occorre fare di più. Dal 2001 ad oggi si sono registrati 16 dei 17 anni più caldi della terra da quando, a metà dell'Ottocento, si è iniziato a registrare questi dati. L'80 per cento dei disastri naturali, che hanno già duramente colpito, e continuano a colpire, anche il nostro Paese, è legato ai cambiamenti climatici. Entro il 2100, oltre 5.500 chilometri di coste italiane potrebbero essere sommerse, intere comunità verrebbero sfollate, interi borghi e comuni sommersi, spariti per sempre. Purtroppo, l'evoluzione scientifica è stata più veloce di quella culturale, consegnando all'umanità tecnologie per le quali non era ancora pronta e il loro utilizzo spregiudicato ci sta portando dritti verso un pianeta inabitabile. Nessuna azione umana sarebbe possibile in un mondo diventato inospitale.

Ecco, dunque, che la transizione ecologica non è una scelta, ma una necessità. Davanti a noi abbiamo solo due possibilità: o affrontare la transizione ecologica oggi - che, badate, avrà un costo alto e rappresenterà la principale sfida del nostro presente, anche più del COVID, perché, purtroppo, per il cambiamento climatico non c'è vaccino - oppure affrontare la transizione ecologica più avanti, ma con costi enormemente superiori e con perdite, in termini di opportunità, ecosistemi e biodiversità, non più recuperabili.

Abbiamo contratto un debito con le nuove generazioni, in termini di futuro, qualità della vita, salute, ecosistema e ambiente, che non riusciremo mai a ripianare. Con che diritto? Voglio ricordare a me stesso una definizione illuminante di sostenibilità: la capacità di soddisfare le esigenze delle persone del pianeta oggi, senza compromettere tale capacità per le generazioni future (Applausi dei deputati del gruppo Lega-Salvini Premier).

Votare oggi una legge che preveda l'inserimento in Costituzione della tutela dell'ambiente e degli animali è una svolta importante, della quale siamo orgogliosi, consapevoli, però, che, se a ciò non seguiranno leggi concrete in tale direzione, si sarà trattato solamente di greenwashing di Stato. Ciò premesso, annuncio che il voto della Lega sarà convintamente favorevole (Applausi dei deputati del gruppo Lega-Salvini Premier).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Brambilla. Ne ha facoltà. Colleghi, se facciamo intervenire l'onorevole Brambilla, vi sono grato.

MICHELA VITTORIA BRAMBILLA (FI). Signor Presidente, onorevoli colleghi, giovedì scorso, parlando in quest'Aula, il Presidente Mattarella ha chiesto il concorso di tutti per iniziare a costruire l'Italia del dopo emergenza. Di questa Patria più forte ha disegnato un ritratto dalle molte e ricche sfaccettature, indicando al Parlamento e al Paese la via da seguire: rinnovamento del patto costituzionale tra gli italiani e le istituzioni democratiche, riaffermazione del nostro ruolo nel processo di integrazione europea, lotta alle disuguaglianze, opportunità di studio e di lavoro per i giovani, contrasto al declino demografico, valorizzazione dei nostri beni culturali e - ha sottolineato - un'Italia impegnata nella difesa dell'ambiente, della biodiversità, degli ecosistemi, consapevole della responsabilità nei confronti delle future generazioni.

Credo che non vi possa essere miglior viatico per il voto che ci accingiamo a dare, in quarta ed ultima lettura, a un testo di riforma costituzionale di portata oggettivamente storica, contenente la prima modifica in assoluto apportata ai princìpi fondamentali, dal 1948 ad oggi. Inserire in Costituzione, in quella posizione, la tutela dell'ambiente, della biodiversità, degli ecosistemi e degli animali vuol dire finalmente rispondere, in sostanziale continuità con la vitale creazione dei nostri padri e madri costituenti, con la crescita e il consolidamento di una specifica giurisprudenza costituzionale, ad esigenze profondamente sentite anche nella società italiana, sull'onda di un dibattito internazionale ed europeo avviato negli anni Settanta del secolo scorso.

Non vi è qui il tempo, né è questo il luogo per riassumere la storia dall'epocale Rapporto sui limiti dello sviluppo del Club di Roma, del 1972, fino alla diffusa consapevolezza dei rischi fatali che l'umanità corre nel secolo XXI.

Sembravano alcune arcane profezie di pochi futurologi, ormai sono preoccupazioni che echeggiano anche nelle conversazioni al bar. Conta sottolineare il punto cui oggi arriviamo, con ritardo rispetto alle formulazioni di altri Paesi - penso alla Germania, all'Austria, alla Svizzera - e ai concreti indirizzi delle politiche dell'Unione europea. La tutela ambientale non è una materia o un diritto soggettivo, ma la riconosciamo - e lo scriviamo nella Costituzione del nostro Paese - come valore di rango primario, trasversale, che interessa vari aspetti dell'agire e chiama in causa la responsabilità di ciascuno di noi, anche come cittadini. Responsabilità: dobbiamo esserne convinti, è davvero la parola chiave.

Ormai, tutto intorno a noi ci parla degli errori e degli abusi che gli uomini hanno compiuto sul pianeta per irresponsabilità. Possiamo misurare gli effetti del riscaldamento globale, abbiamo sperimentato sulla nostra pelle le conseguenze della pandemia e sappiamo per certo che l'invasione umana di ogni habitat, in quello che giustamente è stato definito antropocene, cioè l'era dell'uomo, porta con sé il rischio di tragiche repliche, magari ben peggiori della prima. Abbiamo vissuto, per non allontanarci troppo da casa nostra, le catastrofi ambientali dell'amianto o dell'Ilva. Perfino i rifiuti che si accumulano per le vie silenziosamente ci ammoniscono. Se non fosse per la vigile attenzione di gruppi di attivisti, sfuggirebbe ai più che un'importantissima parte dell'inquinamento deriva dalla filiera degli allevamenti intensivi, dove si compiono sprechi enormi, si generano elevate quantità di gas serra e si tengono gli animali in condizioni inenarrabili. Dunque non siamo noi che decidiamo di tutelare la natura, ma è la natura che ci dice basta.

Con la riforma degli articoli 9 e 41 finalmente ne prendiamo atto nella forma più solenne e anche nell'interesse delle future generazioni e facciamo della tutela dell'ambiente e degli animali un valore obiettivo della nostra Repubblica. Questo ci aiuterà a rafforzare e a indirizzare il cambiamento che, per convinzione e per forza di cose, è già iniziato nei nostri comportamenti personali, nelle abitudini delle famiglie, nel modus operandi delle imprese. Da questo punto di vista - vorrei qui sottolinearlo con forza - le modifiche dell'articolo 41 non rappresentano un freno alla crescita economica ma definiscono un equilibrio più corretto e più avanzato tra i legittimi interessi nella nostra società.

Merita, infine, qualche considerazione - me lo concederete, dopo decenni di militanza animalista - anche la specifica previsione della tutela degli animali, introdotta con il secondo periodo del comma aggiuntivo all'articolo 9. Ricorderete che diverse possibili formulazioni del testo sono state considerate durante il dibattito parlamentare. Non nascondo che avrei preferito il riferimento agli animali quali esseri senzienti, come quello contenuto nell'articolo 13 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea, ma l'importante era ottenere per la prima volta il riconoscimento costituzionale degli animali, sia pure prevedendo che la legge dello Stato ne disciplina i modi e le forme di tutela. Oggi questa aspirazione diventa realtà.

Poc'anzi parlavo della responsabilità come concetto cardine nella nostra relazione con l'ambiente, gli ecosistemi, la biodiversità e gli animali. Non è questo - sento il bisogno di ricordarlo in un momento così importante - patrimonio solo dei laici. La Chiesa, da ultimo attraverso il magistero di Papa Francesco, ha riconosciuto che la questione ambientale e quella animale non sono estranee al messaggio che, come istituzione, è chiamata a trasmettere: il progetto di Dio riguarda non solo l'uomo ma tutto il creato e tutte le creature. La Bibbia non contiene un'autorizzazione alla sopraffazione. Dio, infatti, non delega l'uomo come padrone, ma come amministratore che ha principalmente il compito di mantenere e, se possibile, di incrementare il patrimonio. Questo è il vero significato del dominium terrae e questo è il più rilevante punto d'incontro, da una prospettiva di fede o laica, tra quanti condividono le preoccupazioni per il futuro del pianeta, la conservazione della biodiversità e la convivenza tra l'uomo e gli animali. Alla fine, l'ecologia integrale di San Francesco d'Assisi, per usare un'espressione proprio dell'Enciclica Laudato si', ha soppiantato la tradizionale prospettiva dell'uomo signore del creato. Un signore che spesso e volentieri si è creduto padrone e si è, ahimè, regolato di conseguenza (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia-Berlusconi Presidente). Quindi, signor Presidente, onorevoli colleghi, dell'aggettivo “storico” spesso si abusa anche in quest'Aula e credo di aver spiegato a sufficienza il perché. A mio giudizio, oggi possiamo farne serenamente e propriamente uso. Arriviamo a questo traguardo grazie alla passione, alla dedizione, alla diligenza di tanti. Ancora una volta, ringrazio le colleghe e i colleghi dell'Intergruppo parlamentare per i diritti degli animali, che ho l'onore di presiedere, per l'impegno profuso nella stesura, nella calendarizzazione e nell'esame del testo.

Ringrazio i colleghi di Forza Italia, senatori e deputati, la collega Stefania Prestigiacomo, che tanto ha lavorato su questo tema, per aver sostenuto la riforma in tutti i passaggi. Con emozione pari alla convinzione, annuncio, anche in quest'ultima lettura, il voto favorevole del gruppo di Forza Italia (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia-Berlusconi Presidente).

PRESIDENTE. Visto che si tratta dell'ultimo intervento, vi chiederei cortesemente di sciogliere i capannelli alla mia sinistra nell'emiciclo. Colleghi, così è veramente impossibile! Onorevole Barelli, onorevole Barelli! È l'ultimo intervento, se ci date la possibilità di svolgerlo. Ce la facciamo? Ce la facciamo a fare un po' di silenzio? Non è proprio possibile, mi richiamate a invitare al silenzio ma se ognuno, nel suo scranno, continua a parlare con il vicino non andiamo da nessuna parte. Mi rendo conto, ma questo è un intervento sulla Costituzione. Se facciamo anche un po' il nostro dovere, male non ci fa.

Ha chiesto di parlare l'onorevole Zolezzi. E' l'ultimo intervento. Ne ha facoltà.

ALBERTO ZOLEZZI (M5S). Grazie, Presidente. La Costituzione è l'atto normativo fondamentale di ogni Stato democratico moderno. La Costituzione italiana è nata per ricostruire uno Stato dopo una guerra, dopo una dittatura. L'Assemblea, nel dicembre del 1947, approvò il testo definitivo e lo consegnò al Capo provvisorio dello Stato, Enrico De Nicola, per la promulgazione. La Costituzione è entrata in vigore il 1° gennaio 1948.

Risulta dagli aneddoti che De Nicola si fece riparare il cappotto. La “cultura dello scarto” c'era anche agli albori della Costituzione. Costituzione ha anche un altro significato: l'insieme delle qualità di un corpo, di un oggetto, il modo con cui un corpo è costituito. Io credo che anche oggi stiamo ricostruendo lo Stato dopo la guerra della pandemia. Io credo che oggi stiamo chiarendo che lo Stato italiano è costituito anche dal suo ambiente.

Questo secondo passaggio alla Camera potrà essere definitivo, inserendo finalmente modifiche ai principi fondamentali. All'articolo 9 della Costituzione inseriamo un principio di tutela ambientale con l'articolo 1 della proposta; attribuiamo alla Repubblica anche la tutela dell'ambiente, della biodiversità e degli ecosistemi; inseriamo un principio di tutela degli animali attraverso la previsione di una riserva di legge che ne disciplinerà forme e modi. Ricordo, sulla base degli interventi dei colleghi, che al Senato, da tre anni è ferma la proposta di legge “Perilli” - e non a causa degli emendamenti del MoVimento 5 Stelle che vuole inasprire le sanzioni per il maltrattamento degli animali - che auspico si possa presto sbloccare (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

La tutela dell'ambiente viene ampliata e resa sistemica - ambiente, ecosistema, biodiversità - verso il principio “One Health”, contenuto anche nel PNRR.

La formulazione del testo ha preso spunto dagli orientamenti affermati dalla Corte costituzionale quando, all'articolo 117, si parla di tutela del paesaggio che passa da materia competenziale a valore primario e sistemico. Nella sentenza n. 179 del 2019 si parla del suolo quale risorsa naturale ecosistemica non rinnovabile, essenziale ai fini dell'equilibrio ambientale; si parla di stoccaggio del carbonio, con funzione sociale di natura intergenerazionale, per cui capiamo bene che dovremo affrontare, a breve, il tema del consumo di suolo, del recupero di sostanza e di materia organica.

Con l'articolo 2 della proposta modifichiamo l'articolo 41 della Costituzione per cui l'iniziativa economica privata non si potrà realizzare in danno alla salute e all'ambiente, oltre al danno alla sicurezza, alla libertà e alla dignità umana. Con l'articolo 41 modifichiamo anche il terzo comma di questo articolo, indirizzando e coordinando l'attività economica pubblica e privata a fini, non solo sociali, ma anche ambientali. Sono principi davvero importanti, di cui ha parlato anche Papa Francesco nell'Enciclica Laudato si'; ha parlato di ecologia integrale, di “cultura dello scarto”.

Già questo Parlamento, nelle scorse legislature e in questa attuale, ha prodotto importanti provvedimenti. Penso alla legge n. 68 del 2015 sugli ecoreati. Secondo i dati di Legambiente, oltre 34 mila ecoreati sono stati scoperti e vi sono stati 11.427 sequestri e 329 arresti grazie a questa legge. Penso, poi, alla legge n. 29 del 2019 che istituisce la Rete nazionale dei registri dei tumori e del referto epidemiologico, ancora da attuare, per studiare meglio i rapporti fra ambiente e salute. Penso alla raccolta differenziata che è salita dal 55 al 61 per cento in Italia dal 2015 al 2019. Penso allo stop agli incentivi agli inceneritori grazie alla legge di delegazione europea 2019: si è passati da 437 a 385 inceneritori, in Italia (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

Zero Waste Europe, in uno studio svolto insieme a TOXicology NETwork, ha riscontrato che il 73 per cento delle uova degli allevamenti vicino all'inceneritore di Kaunas, in Lituania era contaminato da diossine. Questo inceneritore ha iniziato a lavorare a fine 2020; questo vuol dire che non esistono inceneritori salubri per la salute e per l'economia. Penso alla sterilizzazione dei rifiuti sanitari a rischio infettivo. Grazie alle norme di semplificazione che abbiamo introdotto, si può spendere meno, si possono emettere meno diossine; oggi il 25 per cento delle diossine deriva dall'incenerimento dei rifiuti sanitari; le diossine provocano un danno epigenetico e intergenerazionale; quindi, dobbiamo assolutamente ridurre le emissioni di diossine.

Penso alle leggi sui fanghi di depurazione, al famoso articolo 41 del “decreto Genova”, che è la norma più restrittiva in tutta l'Unione europea. Nessuno Stato dell'Unione europea cerca gli idrocarburi C10-C40 nei fanghi; nessuno cerca i PCB; nessuno ha parametri di diossine più restrittivi dell'Italia in tutta l'Unione europea. Vuol dire che, prima della legge del 2018, ben 156 milioni di tonnellate di fanghi sono stati sparsi sui suoli italiani senza cercare e senza limitare questi idrocarburi. Ora si cercano e si limitano e, con il “decreto Semplificazioni”, nel 2021 è stata migliorata la tracciabilità anche nei gessi di defecazione. Bisogna finire questo percorso su cui credo vi sia piena concordanza del Ministro Cingolani - che ringrazio -, qui presente. Penso a ciò che ha fatto il Ministro per quanto riguarda i fondi per le bonifiche: 400 milioni per i siti orfani.

Sono tutti principi che denotano la volontà di economia circolare “dalla culla alla culla” che, tra l'altro, potrebbero portare anche a oltre 500 mila posti di lavoro. Penso alle varie relazioni fatte dalle Commissioni d'inchiesta: 10 solo dalla Commissione ecomafie. L'ultima è stata sui Pfas, sulle sostanze perfluoralchiliche, dove si scrive chiaramente che i Pfas riducono la risposta ai vaccini, quindi è chiaro che bisogna intervenire presto sulle autorizzazioni.

Per quanto riguarda l'ecologia integrale, la tutela ambientale, penso al superbonus 110 per cento. Penso ai raddoppi ferroviari e ringrazio il Ministro Giovannini qui presente, ai suoi piani che ne prevedono altri.

Questo testo pone l'attenzione sull'ecosistema, sui rapporti fra uomo e ambiente, penso che non c'è solo una pandemia ma ci sono in giro varie patologie degli animali, varie epizoozie che rischiano, come nel caso della peste suina, di diventare una panzoozia, che è semplicemente il corrispondente della pandemia per gli animali. Quindi, è bene che siano stati vietati gli allevamenti di animali da pelliccia in Italia, con la legge di bilancio. Bisogna, lo dico sommessamente, ragionare - ci ha invitato a farlo Greenpeace, nell'audizione sul PNRR - sul numero dei capi allevati. È da valutare in senso positivo anche il regolamento n. 6 del 2019, entrato in vigore il 28 gennaio 2022, regolamento dell'Unione europea che limita l'uso degli antibiotici negli allevamenti, recepito in quest'Aula con la legge di delegazione europea: si stimano 140 mila decessi, in Italia, all'anno, nel 2050 se non si interviene sulla resistenza antibiotica.

È bene poi che le future generazioni entrino in Costituzione, siamo fondati su di loro e dobbiamo legiferare per loro. Il nostro Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, all'atto del suo rinnovato giuramento di fronte alle Camere riunite, ci ha ammonito: dobbiamo rilanciare l'economia all'insegna della sostenibilità e dell'innovazione, nell'ambito della transizione ecologica e digitale. I tempi che stiamo vivendo ci hanno lasciato un insegnamento; dobbiamo dotarci di strumenti nuovi per prevenire futuri e possibili pericoli globali, per gestirne le conseguenze e per mettere in sicurezza i nostri concittadini, auspicando un'Italia impegnata nella tutela dell'ambiente e degli ecosistemi e della biodiversità, consapevole della responsabilità nei confronti delle future generazioni.

Cari colleghi, affermare che, fra i principi fondamentali, la Repubblica tutela l'ambiente e la biodiversità e gli ecosistemi e collegare l'ambiente all'uomo e alle sue attività nella tutela costituzionale significa promuovere interventi di salvaguardia e tutela del primo, l'ambiente, anche perché essi rappresentano anche la salvaguardia e la tutela del secondo, l'uomo.

Siamo nel secondo mese dell'anno 2022; con questo voto, potremmo essere il Paese numero 22 dell'Unione europea a inserire la tutela dell'ambiente in Costituzione; il 2 è un numero femminile, rappresentato dalla bambina nella “smorfia”, è un simbolo della sapienza e della saggezza. Penso che il voto favorevole a questo provvedimento sia un segno di saggezza e di lungimiranza ed è con grande soddisfazione che annuncio il voto favorevole del MoVimento 5 Stelle a questo provvedimento (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

PRESIDENTE. Sono così esaurite le dichiarazioni di voto finale.

(Votazione finale ed approvazione – A.C. 3156-B​)

PRESIDENTE. Passiamo alla votazione finale.

Indìco la votazione nominale finale, mediante procedimento elettronico, sulla proposta di legge costituzionale n. 3156-B:

S. 83-212-938-1203-1532-1627-1632-2160 - "Modifiche agli articoli 9 e 41 della Costituzione in materia di tutela dell'ambiente" (Approvata, in un testo unificato, in prima deliberazione, dal Senato e dalla Camera e approvata, in seconda deliberazione, con la maggioranza dei due terzi dei suoi componenti, dal Senato).

Ricordo che per l'approvazione occorre la maggioranza assoluta dei componenti della Camera.

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.

La Camera approva (Vedi votazione n. 1) (Applausi).

Risulta, pertanto, raggiunta non solo la maggioranza assoluta, ma anche la maggioranza dei due terzi dei componenti la Camera, di cui l'articolo 138, terzo comma, della Costituzione.

Sui lavori dell'Assemblea.

PRESIDENTE. Avverto che, secondo le intese intercorse, l'esame del testo unificato delle proposte di legge in materia di tutela, sviluppo e competitività della produzione agricola, agroalimentare e dell'acquacoltura con metodo biologico si intende rinviato alla seduta di domani, mercoledì 9 febbraio.

Dovremmo ora passare al seguito dell'esame del testo unificato delle proposte di legge in materia di morte volontaria medicalmente assistita; poiché, tuttavia, la Commissione bilancio non ha ancora espresso il prescritto parere e non si è ancora svolto il Comitato dei nove, il seguito dell'esame di tale provvedimento è rinviato alla seduta di domani.

Ha chiesto di intervenire sull'ordine dei lavori l'onorevole D'Attis. Ne ha facoltà.

MAURO D'ATTIS (FI). Grazie Presidente, intervengo sul punto che riguarda le mozioni Prestigiacomo, Fregolent, Galli, Ruffino ed altri n. 1-00542 per chiederne un rinvio a domani giustificato dal fatto che i testi delle mozioni probabilmente saranno unificati in un unico testo e sarà necessario avere il parere del Governo anche sulle mozioni dell'opposizione.

Siccome questo lavoro è in progress ed obiettivamente non erano previsti cambi dell'ordine del giorno, come poi è accaduto per altre ragioni che non dipendono dal punto all'ordine del giorno numero 8, per queste ragioni, Presidente, ne chiedo il rinvio a domani, secondo l'ordine del giorno già definito.

PRESIDENTE. Sulla proposta di rinvio del seguito della discussione delle mozioni concernenti iniziative volte al sostegno dei settori produttivi maggiormente interessati dai processi di transizione ecologica a domani, darò ora la parola a un deputato contro e ad uno a favore, a norma dell'articolo 41, comma 1, del Regolamento. L'onorevole Zucconi chiede di parlare contro. Prego.

RICCARDO ZUCCONI (FDI). Presidente, le motivazioni che sono state portate dal collega D'Attis non ci hanno convinto e noi ribadiamo che questo della transizione ecologica, come sostegno ai settori produttivi, è un argomento da trattare assolutamente, che è già all'ordine del giorno dei lavori dell'Aula da tempo. Non vorremmo che poi domani venga fuori che manca un altro parere, un'altra relazione o qualcos'altro. Fratelli d'Italia su questi punti dirimenti di una politica industriale che, in Italia, non c'è non fa sconti a nessuno, per cui il nostro voto sarà contrario.

PRESIDENTE. Qualcuno chiede di parlare a favore? Non mi pare, quindi passiamo ai voti.

Pongo in votazione con procedimento elettronico, senza registrazione di nomi, la proposta di rinvio del seguito della discussione delle mozioni concernenti iniziative volte al sostegno dei settori produttivi maggiormente interessati dai processi di transizione ecologica alla seduta di domani.

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.

La Camera approva per 322 voti di differenza.

Sospendiamo a questo punto la seduta, che riprenderà al termine della Conferenza dei presidenti di gruppo convocata per le ore 19. La seduta è sospesa.

La seduta, sospesa alle 17,06, è ripresa alle 20,25.

Sui lavori dell'Assemblea.

PRESIDENTE. Comunico che la Conferenza dei presidenti di gruppo, riunitasi in data odierna, preso atto della disponibilità comunicata dal Governo, ha convenuto sullo svolgimento - nella seduta di mercoledì 2 marzo, alle ore 15 - di interrogazioni a risposta immediata con la partecipazione del Presidente del Consiglio dei Ministri.

Annunzio della formazione di una componente politica nell'ambito del gruppo parlamentare Misto.

PRESIDENTE. Comunico che, a seguito della richiesta pervenuta in data 28 gennaio 2022, è stata autorizzata in data odierna, ai sensi dell'articolo 14, comma 5, del Regolamento, la formazione della componente politica denominata “Manifesta, Potere al Popolo, Partito della Rifondazione Comunista - Sinistra Europea” nell'ambito del gruppo parlamentare Misto, cui aderiscono le deputate: Doriana Sarli, Simona Suriano, Yana Chiara Ehm e Silvia Benedetti.

La deputata Simona Suriano ne è stata designata rappresentante.

Avverto che, a seguito della costituzione di una nuova componente politica nell'ambito del gruppo Misto, nell'allegato A al resoconto stenografico della seduta odierna sarà pubblicata la nuova organizzazione dei tempi per l'esame degli argomenti iscritti nel calendario dei lavori per il mese di febbraio.

Interventi di fine seduta.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Maggioni. Ne ha facoltà.

MARCO MAGGIONI (LEGA). Grazie, signor Presidente. Intervengo in fine seduta per sollecitare il Ministro Di Maio a rispondere a una mia interrogazione, per l'esattezza l'interrogazione n. 4-10633, che ho depositato l'8 novembre scorso, in cui chiedo chiarimenti in merito ad un fondo da 2,7 milioni di euro. I fondi sono stati stanziati con la legge n. 8 del 2020; fondi stanziati ma, ahimè, mai erogati, nonostante siano destinati a sostenere l'internazionalizzazione delle imprese. In un momento come questo, dove per le nostre imprese è difficile produrre, l'idea di non aiutarle a vendere all'estero credo meriti più di una riflessione. Quindi, questa mia interrogazione ha proprio questo obiettivo, ossia fare chiarezza su questi fondi stanziati e mai erogati.

Ordine del giorno della prossima seduta.

PRESIDENTE. Comunico l'ordine del giorno della prossima seduta.

Mercoledì 9 febbraio 2022 - Ore 9,30:

(ore 9.30, ore 16 e al termine del punto 6)

1. Seguito della discussione delle mozioni Molinari ed altri n. 1-00569, Morassut ed altri n. 1-00576, Lollobrigida ed altri n. 1-00577, Pella e D'Attis n. 1-00578 e Baldino ed altri n. 1-00579 in materia di investimenti per progetti di rigenerazione urbana .

2. Seguito della discussione del testo unificato delle proposte di legge:

GADDA ed altri; CENNI e INCERTI; PARENTELA ed altri; GOLINELLI ed altri: Disposizioni per la tutela, lo sviluppo e la competitività della produzione agricola, agroalimentare e dell'acquacoltura con metodo biologico (Approvate, in un testo unificato, dalla Camera e modificate dal Senato). (C. 290​-410​-1314​-1386-B​)

Relatore: MAGLIONE.

3. Seguito della discussione del testo unificato delle proposte di legge:

D'INIZIATIVA POPOLARE; ZAN ed altri; CECCONI e MAGI; ROSTAN ed altri; SARLI ed altri; ALESSANDRO PAGANO ed altri; SPORTIELLO ed altri; TRIZZINO: Disposizioni in materia di morte volontaria medicalmente assistita. (C. 2​-1418​-1586​-1655​-1875​-1888​-2982​-3101-A​)

Relatori: BAZOLI, per la II Commissione; PROVENZA, per la XII Commissione.

4. Seguito della discussione delle mozioni Prestigiacomo, Fregolent, Galli, Ruffino ed altri n. 1-00542, Pezzopane ed altri n. 1-00561, Foti ed altri n. 1-00562, Davide Crippa ed altri n. 1-00565 e Vianello ed altri n. 1-00570 concernenti iniziative volte al sostegno dei settori produttivi maggiormente interessati dai processi di transizione ecologica .

(ore 15)

5. Svolgimento di interrogazioni a risposta immediata .

(ore 18,30)

6. Informativa urgente del Governo sui fatti occorsi in occasione di recenti manifestazioni di studenti relative alla morte del giovane Lorenzo Parelli.

La seduta termina alle 20,30.

SEGNALAZIONI RELATIVE ALLE VOTAZIONI EFFETTUATE NEL CORSO DELLA SEDUTA

Nel corso della seduta sono pervenute le seguenti segnalazioni in ordine a votazioni qualificate effettuate mediante procedimento elettronico (vedi Elenchi seguenti):

nella votazione n. 1 i deputati Deidda e Ferro hanno segnalato che hanno erroneamente espresso voto favorevole mentre avrebbero voluto astenersi dal voto.

VOTAZIONI QUALIFICATE EFFETTUATE MEDIANTE PROCEDIMENTO ELETTRONICO

INDICE ELENCO N. 1 DI 1 (VOTAZIONI DAL N. 1 AL N. 1)
Votazione O G G E T T O Risultato Esito
Num Tipo Pres Vot Ast Magg Fav Contr Miss
1 Nominale Pdl cost. 3156-B - voto finale 475 469 6 316 468 1 71 Appr.

F = Voto favorevole (in votazione palese). - C = Voto contrario (in votazione palese). - V = Partecipazione al voto (in votazione segreta). - A = Astensione. - M = Deputato in missione. - T = Presidente di turno. - P = Partecipazione a votazione in cui é mancato il numero legale. - X = Non in carica.
Le votazioni annullate sono riportate senza alcun simbolo. Ogni singolo elenco contiene fino a 13 votazioni. Agli elenchi é premesso un indice che riporta il numero, il tipo, l'oggetto, il risultato e l'esito di ogni singola votazione.