XVII LEGISLATURA


Resoconto stenografico dell'Assemblea

Seduta n. 825 di lunedì 3 luglio 2017

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE ROBERTO GIACHETTI

La seduta comincia alle 16.

PRESIDENTE. La seduta è aperta.

Invito il deputato segretario a dare lettura del processo verbale della seduta precedente.

RICCARDO FRACCARO, Segretario, legge il processo verbale della seduta del 31 maggio 2017.

PRESIDENTE. Se non vi sono osservazioni, il processo verbale si intende approvato.

  (È approvato).

Missioni.

PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del Regolamento, i deputati Gioacchino Alfano, Alli, Amendola, Amici, Baldelli, Bellanova, Bernardo, Dorina Bianchi, Biondelli, Bobba, Bocci, Bonifazi, Michele Bordo, Borletti Dell'Acqua, Boschi, Bosco, Braga, Matteo Bragantini, Bratti, Bressa, Brunetta, Caparini, Capelli, Casero, Castiglione, Catania, Causin, Censore, Antimo Cesaro, Cirielli, Costa, D'Alia, Dambruoso, De Micheli, Del Basso De Caro, Dellai, Di Gioia, Faraone, Fedriga, Ferranti, Fioroni, Gregorio Fontana, Fontanelli, Franceschini, Garofani, Gelli, Gentiloni Silveri, Giacomelli, Giancarlo Giorgetti, Gozi, La Russa, Laforgia, Locatelli, Lorenzin, Losacco, Lotti, Lupi, Madia, Manciulli, Marazziti, Marcon, Martella, Migliore, Morassut, Orlando, Pisicchio, Polverini, Portas, Rampelli, Ravetto, Realacci, Rosato, Domenico Rossi, Rughetti, Sanga, Sani, Scalfarotto, Tabacci, Tidei, Valeria Valente, Velo e Vignaroli sono in missione a decorrere dalla seduta odierna.

I deputati in missione sono complessivamente ottantasei, come risulta dall'elenco depositato presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell'allegato A al resoconto della seduta odierna (Ulteriori comunicazioni all'Assemblea saranno pubblicate nell'allegato A al resoconto della seduta odierna).

Discussione della mozione Ruocco ed altri n. 1-01594 in materia di trasparenza dei contratti derivati stipulati dal Ministero dell'economia e delle finanze (ore 16,04).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione della mozione Ruocco ed altri n. 1-01594 in materia di trasparenza dei contratti derivati stipulati dal Ministero dell'Economia e delle finanze (Vedi l'allegato A).

Avverto che lo schema recante la ripartizione dei tempi riservati alla discussione è pubblicato in calce al vigente calendario dei lavori dell'Assemblea (Vedi calendario).

Avverto che sono state altresì presentate le mozioni Melilla ed altri n. 1-01653 e Marchi, Librandi, Tabacci ed altri n. 1-01654 (Vedi l'allegato A), che, vertendo su materia analoga a quella trattata dalla mozione all'ordine del giorno, verranno svolte congiuntamente. I relativi testi sono in distribuzione.

(Discussione sulle linee generali)

PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione sulle linee generali delle mozioni.

È iscritto a parlare il deputato Daniele Pesco, che illustrerà la mozione Ruocco ed altri n. 1-01594, di cui è cofirmatario. Ne ha facoltà.

DANIELE PESCO. Presidente, oggi in quest'Aula parliamo ancora una volta di derivati, e questa volta lo facciamo con un fine particolare: quello di chiedere a tutta l'Aula di esprimere un parere favorevole ad una mozione con la quale chiediamo semplicemente al Governo, al Ministero dell'Economia e delle finanze di fare pubblicità sui contratti di strumenti finanziari derivati in atto. Ci sembra una cosa abbastanza limpida, lineare, nelle facoltà del Governo, e che potrebbe rendere un po' di giustizia, e soprattutto un po' di informazione, verso tutti i cittadini che avrebbero piacere di capire come il Ministero dell'Economia e delle finanze spende i soldi per dei contratti chiamati appunto strumenti finanziari derivati.

Dobbiamo un pochino introdurre questo argomento, perché non è di facile comprensione a chiunque. Il derivato non è altro che una scommessa che un soggetto fa con una banca, e lo si fa al fine di garantirsi, di spendere meno per un finanziamento che ha in corso. Di solito sono di questo tipo i derivati che ha stipulato lo Stato, nel senso che lo Stato si è indebitato con i suoi titoli di Stato verso degli investitori, paga dei tassi che spesso sono fissi, ogni tanto sono anche dei tassi variabili con riferimento a specifici titoli; e, quindi, per garantirsi di non spendere troppi soldi in interesse, lo Stato si è preso la briga di acquistare questi strumenti finanziari derivati.

La cosa particolare, però, è che comunque la maggior parte dei titoli di Stato, emessi appunto dalla Repubblica italiana, sono praticamente titoli a tasso fisso; e, quindi, ci si chiede come mai lo Stato abbia avuto bisogno di stipulare dei contratti derivati, visto che si sapeva e si sa fin dall'inizio quanto si andrà a spendere per la remunerazione degli investitori. Di contratti derivati il Tesoro ne ha stipulati veramente tanti, soprattutto negli anni passati, e purtroppo non smette di stipularli, continua a stipularne; e, secondo noi, lo fa non tanto per garantire la certezza delle spese future per gli interessi sui titoli di Stato, ma li stipula per speculare, per cercare di spendere meno.

Solo che, se lo si fa per speculare, e si fanno delle scommesse, c'è il rischio, queste scommesse, di perderle. E così è andata proprio negli anni passati, soprattutto negli anni tra il 2005 e il 2010. E ce lo disse proprio la responsabile del debito pubblico, la dottoressa Cannata, quando venne in audizione: ci disse che lo scopo dei derivati era quello di allungare la duration, in pratica di spostare più in là nel tempo dei problemi riferiti al pagamento di strumenti finanziari derivati oppure interessi propri del debito pubblico. È una cosa che probabilmente dava all'inizio dei benefici, perché probabilmente si sono avuti dei benefici iniziali, però sono cose che attualmente, invece, ci fanno pagare tantissimi soldi. Tant'è che appunto ogni anno, mediamente negli ultimi quattro anni, abbiamo notato che, bene o male, si spendono circa 5 miliardi di euro solo per questi contratti derivati. E il cosiddetto mark to market, cioè il valore complessivo dei derivati - ossia il valore complessivo delle perdite, perché purtroppo ormai quando parliamo di mark to market, cioè di valore dei derivati dello Stato, purtroppo possiamo parlare solo di perdite! - ebbene, a fine 2015, questo valore si aggirava intorno a 40-43 miliardi, mi sembra; e oggi non è sceso di molto, siamo sempre intorno ai 37 miliardi. Cosa vuol dire? Vuol dire che, purtroppo, ci sono delle perdite inattese; perdite inattese che possiamo vedere in modo palese sul bollettino della Banca d'Italia, dove notiamo un significativo incremento di questo valore, del mark to market, tra la fine del 2015 e i primi mesi del 2016: vediamo passare questo valore da 30 miliardi a 37 miliardi.

Ora, mi chiedo io: al Ministero dell'Economia e delle finanze penso che ci sia gente abbastanza competente per stimare in modo preciso quali sono le future perdite dovute a dei contratti derivati; com'è possibile che tra un mese e l'altro ci possa essere un incremento di questa stima di 7 miliardi? È una cosa, secondo me, inaudita.

So bene che molti ci risponderanno: molte ipotesi non sono avallate da certezza, e quindi purtroppo la stima non è mai sicura, soprattutto perché nei derivati vi sono le cosiddette swaption. Che cosa sono le swaption? Sono quelle opzioni che la banca, o in questo caso il Ministero, può attuare a seconda di cosa ritenga in quel momento più conveniente; questa è la base della speculazione finanziaria, praticamente.

In pratica, alcune banche hanno fatto valere delle swaption; ma se una banca ha nelle sue facoltà quella di far valere delle opzioni, secondo me, ma secondo il punto di vista direi abbastanza basilare della stesura di una stima riferita ai derivati, se tra due opzioni ce n'è una che fa spendere più soldi, io a bilancio devo mettere logicamente quella che fa spendere più soldi alla nazione; e, quindi, questi 37 miliardi non capisco perché un mese prima erano 30 miliardi. Quindi, vuol dire che, secondo noi, i calcoli che vengono operati sui derivati non sono calcoli abbastanza sinceri, abbastanza reali; e questo è molto grave, perché vuol dire che probabilmente questo valore mark to market magari è anche molto più alto, e la cosa ci lascia veramente molto perplessi.

Dei derivati abbiamo iniziato ad occuparci praticamente durante la stabilità del 2014 per l'anno 2015, laddove è stato deciso che lo Stato può inserire, può creare delle garanzie per le banche con le quali ha sottoscritto dei derivati. Ora, è giusto fornire delle garanzie con le persone o con i soggetti con cui stipuli dei contratti di questo tipo, finanziari; ma, secondo noi, non è giusto che lo faccia la Repubblica italiana, in quanto fino a prova contraria siamo uno Stato sovrano, che gode di una certa credibilità, e quindi secondo noi non è opportuno che lo Stato (e l'abbiamo sempre detto) vada a versare direttamente, ancor prima che gli eventi rendano liquidabile un derivato, somme ingenti sotto forma di titoli di Stato, sotto forma di liquidità, sui conti delle banche. Però questo è stato deciso! E badate bene, non è stato deciso solo per i contratti nuovi: queste garanzie verranno siglate, sottoscritte e versate anche per i contratti vecchi; cioè, veramente, come se fossimo i peggiori pagatori della storia! Lo Stato italiano è stato costretto a fare questa cosa, una cosa secondo me veramente indicibile.

Da quel momento, abbiamo iniziato ad occuparci dei derivati; e abbiamo iniziato, quindi, a chiedere al Ministero dell'Economia e delle finanze di fornirci bene o male i contratti, anche i più importanti contratti dei derivati da esso stipulati. Questi contratti non ce li avete mai voluti dare, perché vi sono delle clausole, ci dite, di riservatezza, e perché nessuno al mondo fornisce i dati dei propri derivati in modo così dettagliato. A me sembra che in Danimarca, invece, un po' più di trasparenza su questi contratti l'abbiano fatta! E guarda caso all'estero, adesso non mi ricordo se in Danimarca o in Olanda, qualche Paese riesce anche a guadagnare con i derivati; purtroppo, in Italia questo non è consentito, ci perdiamo praticamente sempre.

Oltre a questo avvenimento, successo nel 2014, è successo un altro avvenimento qualche anno prima, a fine 2011, quando lo Stato ha pagato 3,1 miliardi ad una importante banca, Morgan Stanley, con la quale aveva siglato dei derivati. In questo caso la storia è un pochino più complessa, perché in pratica la banca Morgan Stanley ha fatto valere una clausola, che diciamo di early termination, con la quale ha potuto far chiudere in modo immediato un contratto di uno strumento finanziario derivato che aveva con lo Stato. Questa clausola non era contenuta in quel contratto che è stato chiuso in modo diretto, ma era compresa in altri contratti. La storia è un pochino complessa: in pratica lo Stato, per realizzare la linea ad alta velocità, il Frecciarossa, si è indebitato per 15 miliardi; su questi 15 miliardi ha stipulato 5 miliardi di derivati con una banca, appunto con Morgan Stanley. Ebbene, questo derivato ad un certo punto è passato dalla famosa società, che si chiamava Ispa, nel novero degli strumenti finanziari del Governo, appunto, quando la società è stata incamerata dal Ministero dell'economia e delle finanze, e su quei contratti, praticamente, è stata fatta valere un'opzione, diciamo così, di chiusura anticipata dei termini che la banca aveva siglato con il Ministero dell'economia e delle finanze su altri contratti. Praticamente, una clausola che era molto pesante e molto significativa per alcuni contratti è stata estesa a contratti molto più onerosi, tant'è che al Tesoro neanche se la ricordavano questa clausola; è stata estesa, e la banca Morgan Stanley, appena ha avuto la possibilità di utilizzare questa clausola, l'ha utilizzata, e ha fatto spendere al nostro Governo, al nostro Stato, 3,1 miliardi di euro, proprio nel momento in cui si decideva la legge Fornero. Quindi, quando i pensionati venivano vessati, a un'importante banca americana venivano praticamente fatti guadagnare un sacco di soldi; e su questo contratto diciamo che ci sono delle cause in ballo, tant'è che la Corte dei conti ha iniziato a indagare, ha riconosciuto anche delle responsabilità per chi, in quel momento, ad esempio la dottoressa Cannata, doveva stare attento e notare se effettivamente su quei contratti vi erano delle clausole particolarmente penalizzanti per lo Stato. Sappiamo che le indagini, comunque, sono ancora in corso.

Andiamo avanti: quindi, vediamo che i contratti derivati sono contratti molto molto particolari; ma sono molto particolari anche perché sono stati siglati con delle banche particolari. Quali sono queste banche particolari? Sono le banche che hanno la possibilità di andare sul mercato primario a comprare i nostri titoli di Stato; sarebbero gli specialisti in titoli di Stato. Quindi, solo queste banche possono fare contratti derivati con il nostro Ministero dell'economia e delle finanze; quindi, già notiamo un primo conflitto di interesse abbastanza serio: le banche che possono comprare i nostri titoli sono le stesse banche che ci vendono i derivati. Un po' come se ci puntassero la pistola alla tempia e ci dicessero: o ti compri il derivato oppure io non ti compro più il titolo di Stato, sapendo che verrebbero innescate delle conseguenze ben pesanti, perché potrebbero verificarsi degli aumenti dei titoli di Stato. Quindi, una cosa veramente spiacevole; però non è neanche bello il fatto di essere ricattati in questo modo. Purtroppo, nessuna procura della Repubblica riconosce questo fatto, soprattutto quando noi depositiamo gli esposti sui derivati, perché ne abbiamo già depositati parecchi e continueremo a farli. L'ultimo che abbiamo depositato è quello riferito alla truffa Euribor. Sì, perché tra questi specialisti in titoli di Stato ci sono otto banche, di cui sette sono state sicuramente sanzionate, l'ottava non mi ricordo, dalla Corte di giustizia europea per aver fatto un cartello sul famoso tasso Euribor. Il tasso Euribor è un tasso di riferimento, è un benchmark così detto nel mercato finanziario, perché è il tasso che tutti guardano, anche gli Stati sovrani quando devono emettere i titoli di Stato; quindi, un tasso veramente importante. E come viene creato questo tasso? Viene creato attraverso la comunicazione che alcune tra le più importanti banche fanno all'agenzia Reuters sui tassi che fanno pagare alle altre banche nel momento in cui si scambiano delle somme di denaro. Quindi, capite quanto sia significativo questo tasso di riferimento. Ebbene, sette banche sicuramente trasferivano all'agenzia Reuters delle comunicazioni fatte in modo da riuscire a creare un tasso Euribor a loro più conveniente. Ma sul tasso Euribor sappiamo che ci sono moltissimi prodotti finanziari collegati, in primis mi vengono in mente i mutui delle famiglie, e quindi moltissime famiglie, negli anni tra il 2005 e il 2008, probabilmente hanno speso più soldi di quelli che avrebbero dovuto spendere solo perché le banche, magari le stesse banche con cui hanno fatto il mutuo, hanno taroccato - lasciatemi utilizzare questa parola - il tasso di riferimento. Ma non solo le famiglie, anche lo Stato: lo Stato ha fior fiore di strumenti finanziari derivati legati al tasso Euribor. E, quindi, abbiamo presentato un'interrogazione al Ministero dell'economia e delle finanze e abbiamo chiesto quanti di questi contratti siano stati stipulati in quegli anni, dal 2005 al 2008. La risposta l'abbiamo avuta: su alcuni derivati, appunto, è stato segnalato che vi è stata un'operazione ristrutturata, una da un miliardo è stata chiusa anticipatamente ed è stato anche garantito un introito per la nostra nazione di 45,8 milioni di euro. Quindi, qualcosina ci abbiamo guadagnato, però si fa anche presente di averne stipulati nuovi per sei miliardi di valore nozionale e di averne stipulati per 7,978 miliardi di euro sempre in termini di valore nozionale. Quindi, in quegli anni sono stati fatti almeno otto miliardi, quasi, di contratti finanziari derivati legati all'Euribor. Ora, sicuramente ci abbiamo guadagnato 45,8 milioni di euro su alcuni, ma non sappiamo quanto ci abbiamo perso sugli altri.

Ma la cosa veramente che più ci dovrebbe far riflettere è il fatto che, se avevamo dei prodotti finanziari derivati legati a un tasso che si è dimostrato essere stato, diciamo così, modificato in modo improprio e in modo fraudolento, quei contratti dovrebbero essere nulli, e quindi, anche se ci abbiamo guadagnato qualcosa su uno di questi contratti, noi dovremmo andare dai carabinieri, noi Governo, dico, il Governo dovrebbe prendere questi contratti, andare dai carabinieri e dire: questi contratti sono nulli perché il tasso di riferimento a cui sono stati siglati è un tasso che è stato modificato negli anni in modo improprio, in modo fraudolento, tant'è che alcune banche, sette, sono state sanzionate per questo. E, quindi, questi contratti sono nulli: se abbiamo guadagnato su qualcuno di questi, ebbene, questi soldi li dobbiamo restituire, perché non erano soldi dovuti; se, invece, ci abbiamo perso un sacco di soldi, bene, questi soldi dovremmo incamerarli, perché questi contratti sono nulli. Lo ripeto ancora, quei contratti sono nulli.

E, se il Governo non fa niente, vuole dire che il Governo è complice di queste banche nel non far niente e nel non rispettare gli interessi dei cittadini, perché chi sta pagando in questo momento sui titoli di Stato, sui derivati, sono i cittadini; spesso, ogni tanto, ce lo dimentichiamo. Quindi, questo va ricordato, e veramente do questo consiglio al Governo: di prendere questi contratti, andare ai carabinieri e fare una denuncia, perché quei contratti sono nulli; e, se non lo si fa, vuol dire, lo ripeto, che si è complici, una cosa veramente grave. Di derivati se ne parla tantissimo, non li fa solo lo Stato, però lo Stato spesso fa anche degli interventi per salvare alcune banche oppure per ricapitalizzare alcune banche.

Abbiamo visto cosa sta succedendo con il decreto “salva Veneto”, dove andiamo a fornire 5 miliardi di liquidità e 12 di garanzie a Banca Intesa, la più grande banca italiana, e siamo molto perplessi; quando andremo a fare una ricapitalizzazione precauzionale di un'altra banca molto importante, quale Banca Monte dei Paschi, una banca della politica, la banca del PD. Su questa banca a breve arriverà la ricapitalizzazione, visto che è stato approvato il piano, ci sono tutte le carte in regola per poter andare avanti. Guarda caso, però, anche qui si parla di derivati; se ne è parlato tantissimo per i derivati Alexandria e Santorini, ai quali per noi sono anche legati fatti incresciosi, di cui ora non voglio parlare, però è curioso il fatto che il presidente della Banca Monte dei Paschi abbia un notevole pacchetto di azioni della banca - azioni, logicamente, che oggi non valgono più nulla - e, guarda caso, anche quelle azioni erano protette da un derivato.

Ora, la domanda che ci facciamo è questa: con la ricapitalizzazione precauzionale che farà lo Stato per Monte dei Paschi andremo anche a salvare quelle azioni, cioè sarà la stessa Banca Monte dei Paschi a garantire quel derivato, a garantire che il presidente della banca sia remunerato rispetto a tutti gli altri azionisti? Perché, se fosse così, veramente, allora, cosa dobbiamo fare? Che cosa dobbiamo fare per garantire un po' di giustizia verso gli azionisti o persone che comunque in quella banca ci hanno creduto, quando il loro stesso presidente, diciamo così, non rischia nulla perché è riuscito a farsi un derivato che probabilmente pagherà la stessa banca, e la banca sarà ricapitalizzata con i soldi pubblici. Ecco, su questo noi abbiamo non solo perplessità, ma anche indignazione, quando, invece, un presidente dovrebbe fare veramente gli interessi della banca e non sperare che le cose vadano male per riuscire a guadagnarci.

Quindi, su questo faremo sicuramente atti di sindacato ispettivo per capire se i soldi pubblici saranno utilizzati anche per pagare quel derivato, e noi speriamo di no. In sostanza, che cosa chiediamo? Chiediamo che ai contratti pubblici dei derivati fatti dal Ministero dell'economia e delle finanze con le banche specialiste in titoli di Stato venga data pubblicità, che venga fatto capire ai cittadini che cosa c'è scritto in quei contratti, quali sono i contratti legati all'Euribor e quali no, quali sono effettivamente le perdite effettive di ogni contratto. È un atto, secondo noi, di giustizia, di lealtà nei confronti dei cittadini, per far capire quali sono le scelte che il Ministero dell'economia e delle finanze ha fatto in questi anni; secondo noi è importante saperlo. Sappiamo bene che è difficile, perché le banche su questi contratti hanno fatto indicare delle clausole di riservatezza, ma noi dovremmo veramente riuscire ad andare oltre queste clausole di riservatezza, e, visto che stiamo pagando per contratti che sono nulli, secondo noi, sarebbe veramente una cosa elementare, anche nei confronti della banca, nei confronti dei cittadini, rendere noto che cosa c'è scritto in quei contratti (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Giampaolo Galli, che illustrerà anche la mozione Marchi, Librandi, Tabacci ed altri n. 1-01654, di cui è cofirmatario. Ne ha facoltà.

GIAMPAOLO GALLI. Grazie, Presidente. Parto dalla fine del ragionamento che vorrei fare sul merito delle questioni che sono state sollevate. La richiesta di maggiore trasparenza nell'utilizzo e negli effetti degli strumenti derivati sulla finanza pubblica ritengo debba essere accolta, ma non nella misura e nei modi in cui è stata formulata, lo abbiamo sentito ora, nella mozione del MoVimento 5 Stelle. Alcuni dei modi in cui tale trasparenza può essere realizzata sono stati discussi nel corso delle audizioni del 2015 presso la Commissione finanze della Camera. Soprattutto, come detto nella mozione depositata dal mio gruppo, credo sia necessario avere uno schema chiaro che consenta di capire gli effetti della gestione dei derivati sul debito pubblico.

Oggi c'è parecchia confusione e accade che anche persone di una certa esperienza facciano grossolani errori.

Dico subito che non penso sia ragionevole chiedere che vengano resi noti i singoli contratti: per quello che ne so, nessun Paese al mondo fa questo e ci sono validi motivi. Innanzitutto, rendendo noti i contratti, si dà un vantaggio informativo alle banche che sono potenzialmente interessate a trattare con il Tesoro; il secondo motivo è che la conoscenza di determinate condizioni contrattuali, a cominciare, ad esempio, dalle date di scadenza di certe operazioni, può aiutare il mercato a fare operazioni speculative a danno del Tesoro e, dunque, di tutti noi.

Questi sono gli stessi motivi per i quali le banche centrali, che fanno operazioni per ammontare enormemente più grandi di quelli di cui stiamo parlando oggi, non rendono noti i contratti nemmeno nei Paesi come Stati Uniti e Regno Unito, che sono fra i più esigenti in termini di trasparenza e accountability.

Trovo molto strano che partiti politici che si caratterizzano per la scarsa dichiarata simpatia verso gli operatori finanziari vogliano fare questo grande favore alle grandi banche di investimento a scapito del Tesoro, ossia dei contribuenti.

Voglio anche dire che il contesto - lo abbiamo sentito adesso - in cui si colloca la richiesta - in sé, ripeto, giustificata - di maggiore trasparenza è un contesto in cui si tende a mettere sul banco degli imputati gli strumenti derivati e anche le persone che hanno avuto la responsabilità della loro gestione presso il Tesoro. Puntare il dito o additare al pubblico ludibrio queste persone, a mio avviso, non è giustificato.

Dunque, è bene ripetere alcuni concetti, che sono stati peraltro ben illustrati nel corso delle audizioni in Commissione Finanze.

Gli strumenti derivati non sono scommesse, non sono speculazioni. Sono strumenti assicurativi sostanzialmente: servono per allungare la durata finanziaria del debito pubblico e farlo più rapidamente a costi inferiori rispetto all'alternativa che consiste nel modificare la composizione dei titoli fra breve e lungo termine. Gli swap in cui il Tesoro incassa a breve e paga a lungo hanno avuto l'effetto di una polizza assicurativa per evitare che un aumento dei tassi gravasse sull'onere del debito e dunque sul disavanzo. Tali contratti sono importanti, perché il rischio per il Tesoro è assolutamente asimmetrico: se i tassi aumentano, come già adesso sta iniziando ad accadere per effetto della prevedibile fine del QE da parte della Banca centrale europea, l'Italia con il terzo debito pubblico al mondo rischia una crisi. Quindi, è giusto vedere un aumento dei tassi come un rischio grave, un rischio da cui mettersi al riparo.

Se i tassi di interesse diminuiscono, come è successo negli ultimi anni, non succede nulla di grave: la copertura assicurativa si paga se e quando i tassi sono bassi ed è questo il motivo principale per cui il valore di mercato dei nostri derivati è negativo per 36,4 miliardi a fine 2016, secondo i dati resi noti pochi giorni fa dalla Corte dei conti.

È importante osservare che la immunizzazione del portafoglio rispetto ad aumenti dei tassi avrebbe potuto essere realizzata senza i derivati non emettendo titoli a breve ed emettendo solo titoli a lungo termine o con operazioni di swap fra titoli, ma in questo modo i costi per il Tesoro sarebbero stati più alti, perché si sarebbe rinunciato a soddisfare una domanda di titoli a breve, BOT o indicizzati, CCT, che nel mercato esiste.

Se si fosse fatto questo, ossia si fosse smesso di soddisfare la domanda di titoli a breve, avremmo oggi un debito più costoso; non avremmo avuto quasi nessun beneficio dal QE, ma nessuno indagherebbe sui derivati, perché non ci sarebbero i derivati.

In alcune circostanze il Tesoro è costretto ad accorciare le scadenze, non ad allungarle: ciò accade in situazioni di tensione sui mercati o di crisi finanziaria. Quando si accorciano le scadenze, ci si espone naturalmente a maggiori rischi di mercato, ma si sfrutta il fatto che l'emissione a breve è meno costosa di quella a lunga. Questa stessa politica può essere fatta usando i derivati, ma, anche in questo caso, se si usano i derivati, si accende l'attenzione di qualcuno; se, invece, si emette a breve, non succede assolutamente nulla. Naturalmente, se l'operazione viene fatta per brevi periodi a cavallo di un esercizio, si configura come una pratica indubbiamente scorretta, che peraltro le nuove regole europee non consentono più di fare.

Vi sono alcuni Paesi che usano i derivati privilegiando benefici di breve periodo, che premiano particolarmente in un contesto di tassi in discesa. Nei giorni scorsi abbiamo visto magnificare il caso dell'Olanda, che ha costruito degli swap in cui paga il variabile e riceve il fisso: il contrario di quello che facciamo noi. Questo è un approccio di maggiore propensione al rischio, che in qualche modo scommette su un ribasso dei tassi di interesse. Gli olandesi probabilmente hanno fatto bene a farlo, perché se lo possono permettere e il mercato è girato a loro favore, perché i tassi sono effettivamente scesi ai minimi storici, ma anche perché l'Olanda è un Paese con la tripla A e un debito al 62 per cento del PIL, meno della metà del nostro. Si può dunque permettere di fare questo tipo di scommesse.

Noi siamo costretti a mantenere sempre o quasi sempre il nostro portafoglio immunizzato rispetto a un rischio potenzialmente esiziale, che è quello di un rialzo dei tassi di interesse. Credo che dobbiamo essere grati a chi ha fatto queste operazioni. Dobbiamo avere paura dei funzionari che non firmano nulla e non si assumono alcuna responsabilità; non dobbiamo avere paura o, peggio, criminalizzare i funzionari che firmano e si assumono responsabilità.

Ovviamente non mi riferisco all'indagine della magistratura contabile, di cui non possiamo che attendere l'esito. Mi riferisco a ciò che è stato detto e scritto sui media e anche nelle Aule di questo Parlamento. Sappiamo che c'è un procedimento giudiziario in corso, al quale è stato fatto riferimento sulla questione della chiusura anticipata di alcuni contratti di Morgan Stanley: al momento c'è solo un avviso alle parti affinché presentino le loro controdeduzioni, avviso che, fra l'altro, non avrebbe mai dovuto arrivare ai media.

Siamo dunque ancora a monte della decisione se procedere oppure archiviare e, quand'anche ci fosse una decisione di non archiviare, non sarebbe giustificata una richiesta di dimissioni. Sono stupefatto che, invece, qualcuno abbia già espresso una sentenza di condanna sui giornali e chieda le dimissioni. Non siamo al rinvio a giudizio e, a maggior ragione, non c'è una sentenza neanche di primo grado. Tutti gli attori della vicenda sono innocenti fino a prova contraria, altrimenti facciamo il solito garantismo a corrente alterna.

Aggiungo che la sanzione che è stata chiesta a dirigenti e funzionari, piuttosto noti peraltro per la loro onestà e diligenza, dimostra quanto sia rischioso il mestiere che fanno o hanno fatto. Dopo una richiesta di danni per un miliardo di euro ad un singolo funzionario - richiesta che, ripeto, mai avrebbe dovuto arrivare sui giornali - vorrei sapere chi mai avrà voglia di andare a fare il mestiere di gestore del nostro debito pubblico. Eppure, qualcuno lo deve fare e, dato che ora sappiamo quali rischi si corrano assumendosi delle responsabilità, dobbiamo essere doppiamente grati a chi lo ha fatto fino adesso, perché in generale ha fatto le cose giuste e le ha fatte assumendosi - oggi lo sappiamo - rischi anche legali davvero enormi.

Quando il polverone mediatico si sarà posato, al di là dei risultati dell'indagine, sono sicuro che molti dovranno chiedere scusa.

Senza entrare nel merito delle indagini, vorrei aggiungere che clausole di early termination che sono state esercitate anche nel 2016, come ci ha riferito il Ministro Padoan, non sono una stranezza o, peggio, un favore fatto alle banche. Tali clausole possono esserci o non esserci, ma, se ci sono, hanno una giustificazione nel fatto che una banca ha l'obbligo morale e regolamentare di diversificare i rischi e i contratti derivati rappresentano un'esposizione verso un dato Paese, che non può essere prefissato in anticipo, perché varia al variare delle condizioni di mercato.

Ad esempio, se i tassi scendono, il valore di mercato del Tesoro diventa negativo, che significa che il valore di mercato della banca controparte diventa positivo. Questo valore, o MtM positivo, che cresce ma mano che i tassi si riducono, è un'esposizione verso il rischio Paese. Questa clausola è stata esercitata a fine 2011, quando l'Italia era in una crisi gravissima e non solo i mercati, ma, con tutta evidenza, anche le autorità degli altri Paesi dubitavano dell'Italia e chiedevano alle loro banche di limitare l'esposizione verso l'Italia. Dobbiamo chiederci perché siamo arrivati a quel punto nel 2011 e come si può evitare di tornarci.

Dobbiamo chiederci perché le autorità americane abbiano chiesto a Morgan Stanley di ridurre l'esposizione verso l'Italia e, invece, ci accaniamo - mi riferisco agli aspetti mediatici - contro chi ha svolto il compito ingrato di gestire un debito pubblico che era sull'orlo del default.

Torno al tema della trasparenza per dire due cose: primo, il problema si pone nel mondo, non solo in Italia, anche a seguito di recenti cambiamenti nelle pratiche internazionali relative alla contabilizzazione dei derivati. In Europa, i cambiamenti sono intervenuti a partire dal SEC 2010, entrato in vigore nel 2014, che ha modificato le statistiche negli anni successivi. Attualmente - e questo è il secondo punto - i derivati stanno in diverse voci dei conti pubblici, non sono raggruppati in un'unica voce; uno swap, per esempio, entra in almeno quattro voci della contabilità pubblica; solo due di queste quattro voci sono esplicitate nei documenti ufficiali con cui l'ISTAT notifica all'Eurostat i dati rilevanti per la procedura dei deficit eccessivi.

Credo che sia giusto chiedere che questa complessità sia riducibile ad un unico numero, che risponda ad una domanda che può essere formulata in questo modo: in assenza di quel derivato, come sarebbe variato il debito? Pure volta in positivo: posta una condizione ceteris paribus, come quel derivato ha contribuito a variare il debito pubblico, assumendo dunque che null'altro cambi riguardo, ad esempio, la composizione del debito?

Al momento, una risposta chiara ed univoca mi pare non ci sia e, nelle audizioni che si sono tenute in Commissione Finanze, sono state portate diverse fonti di dati, ISTAT, MEF, Banca d'Italia, Eurostat, eccetera, che non sempre si raccordano agevolmente fra di loro. Questo dà luogo ad equivoci del tutto comprensibili. Quindi, la richiesta di trasparenza, in questo senso, è giustificata.

Infine, va notato che alcune voci hanno un effetto sulla cassa, altre un effetto importante, ma soltanto contabile. Così, se mi riferisco alla mozione del MoVimento 5 Stelle, con riferimento al 2016, il saldo di 4,2 miliardi fra pagamenti e incassi sugli swap è cassa, come lo è il miliardo corrisposto ad una banca che ha esercitato una clausola di early termination, ma i 3,2 miliardi di debito emerso a causa dell'esercizio di una swaption, che non è una scommessa, sono debito solo dal punto di vista contabile.

Concludo, dicendo che molto è già stato fatto a seguito delle richieste di trasparenza espresse negli anni scorsi; in particolare, c'è un capitolo dedicato alla gestione dei derivati nel rapporto annuale sul debito pubblico, ci sono informazioni nel DEF, ci sono le informazioni che abbiamo nel rapporto annuale della Corte dei conti, che dedica uno specifico capitolo al tema. Si può fare di più e in questo senso si è anche espresso il direttore generale del Tesoro nella sua audizione di fronte alla Commissione Finanze.

In questo mio intervento ho provato a motivare le ragioni per le quali una maggiore trasparenza è possibile e auspicabile. Aggiungo solo che l'Italia non è diversa dagli altri Paesi o, meglio, dai migliori Paesi, in termini di trasparenza. I problemi concettuali che si pongono in Italia - e concludo - si pongono in altri Paesi e dovremmo cercare di risolverli insieme agli altri, ma tutto ciò deve andare di pari passo con un atteggiamento radicalmente diverso nei confronti di questi strumenti e delle persone che li gestiscono.

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Palese. Ne ha facoltà.

ROCCO PALESE. Signor Presidente, si torna a parlare, ad analizzare e discutere in Aula, oggi, attraverso le mozioni che i singoli gruppi hanno presentato, la prima è quella dei colleghi del MoVimento 5 Stelle, su un problema estremamente dedicato, che è quello dei derivati, e, in particolare, dei derivati che sono stati stipulati nel tempo, alcuni chiusi e altri ancora in essere, da parte dello Stato.

È estremamente limitativo fermarsi a questo, perché poi c'è una partita tutta aperta ancora rispetto a questo argomento, che riguarda il nostro Paese, ossia la finanza pubblica degli enti locali e delle regioni. A onor del vero, per quanto riguarda le regioni, attraverso una serie di norme proposte dal Governo e adottate da parte del Parlamento, alcuni contratti sono stati quasi tutti risolti, per lo meno rispetto ai contratti in essere. Ed è fin troppo evidente che lo spaccato riguarda soprattutto ciò che è successo prima del 2007 e ciò che è successo dopo il 2007, dopo la crisi, esplosa soprattutto negli Stati Uniti, l'esplosione della finanza su finanza, l'utilizzo di strumenti, ritenuti essenziali, spesso e ben volentieri, per la stabilizzazione dei tassi, come assicurazioni e tutte le altre cose, e di cui, invece, c'è stato un utilizzo distorto. L'utilizzo distorto di questo strumento è sfociato nella crisi enorme del contesto della finanza internazionale e, soprattutto, in ciò che fino all'epoca era impensabile, cioè il fallimento di una delle più grandi banche d'affari del mondo, quella che fu la Lehman Brothers.

Ora, a quel punto, si apre tutto un discorso che riguarda un'attenzione particolare su questi strumenti derivati ed essenzialmente anche su altri aspetti e altri tipi di situazioni. Ad onor del vero, nel nostro Paese, qualche avvisaglia su altre situazioni si era avuta con lo scandalo Cirio, con lo scandalo Parmalat e quant'altro, anche qualche anno prima. Detto questo, nessuno immaginava una dimensione tale da mettere in ginocchio l'intero sistema finanziario mondiale, perché noi parliamo di questo, forse abbiamo un po' dimenticato quello che accadde in quel periodo: finì nel panico totale un po' tutto; gli Stati Uniti, sostanzialmente, dettero vita a una riforma a 360 gradi per evitare che episodi del genere potessero ripetersi; secondo me, questo è uno dei punti centrali che, oggi, noi dovremmo cercare di affrontare, perché molti passi sono stati fatti in questo senso.

Ora, io penso che nel momento di stipula da parte dello Stato dei contratti e di questi strumenti, forse anche oggi si pone un problema, signor Presidente, sicuramente quello della trasparenza, quello di renderli noti - poi ne parleremo nei dettagli - ma ciò che allarma, a tutt'oggi, è un aspetto; vogliamo porci una domanda seria: il MEF, a tutt'oggi, è veramente attrezzato di professionalità tali da mettere al riparo dal rischio di una situazione del genere? Il MEF ha una struttura adeguata, nella sua grande pletora di funzionari, di ingegneri finanziari, di persone che comprendono e che sono esperte veramente a livello internazionale in materia? Perché questo è uno degli argomenti principali in riferimento all'utilizzo di questi strumenti e anche perché, così come è stato ricordato dai colleghi, rispetto a quelli in essere, a quelli stipulati a tuttora, noi abbiamo un'esposizione negativa per 37,8 miliardi di euro, ora.

Questo è un elemento dirimente in riferimento a questo tipo di situazioni, perché è fin troppo evidente che, se si continua ad avere la possibilità di utilizzare, così come si è andati avanti finora, come advisor, le stesse banche, si è in pieno conflitto di interessi. È questo l'argomento essenziale del perché, poi, si sono avute tante storture, perché gli strumenti assicurativi sicuramente mirano alla stabilizzazione dei tassi d'interesse, di alcune operazioni per ingenti masse di denaro, per poter avere costi inferiori e trattasi di uno strumento assicurativo.

Il problema è che tipo di contratti sono stati stipulati, perché quello che è emerso poi anche dalle inchieste della magistratura ordinaria che sono state fatte su alcune situazioni di regioni, ma anche, in particolare, rispetto a quello che evidenzia la Corte dei conti a più riprese, riguarda i contratti dove emergono costi occulti, clausole contrattuali vessatorie nei confronti degli enti che li stipulano o dello Stato che li ha stipulati e, poi, una mancata trasparenza e mancata proiezione rispetto ai rischi negativi che comportano o che potrebbero comportare questi strumenti.

Ora, davanti a una situazione del genere, è fin troppo evidente che se noi prendiamo ciò che è successo dal 2007 in poi nel nostro Paese si impone un problema di trasparenza rispetto ai contratti in essere e, soprattutto, rispetto a quanto poi è successo in questi anni. È fin troppo evidente che il Governo, quando c'è stato il Governo Monti, è stato messo in mora da alcune banche d'affari che tenevano contratti stipulati perché potessero essere addirittura chiusi, anche se non erano in scadenza, e chiusi alle condizioni loro.

Perché il problema - accerterà la Corte dei conti se, dove e quando ci saranno eventuali responsabilità in questo - è che questo non è un caso di un contratto derivato che è andato a scadenza con risultato negativo, su cui, poi, lo Stato o il Ministero dell'economia sono dovuti intervenire. Qui si tratta, invece, di una questione del tutto anomala - per quelle che sono le nostre notizie -, per cui su input, su richiesta proprio delle banche è stato chiuso, senza che ci fosse la scadenza, con un costo enorme per i cittadini italiani: circa 3 miliardi di euro.

Così come, man mano che stanno scadendo, le informazioni che abbiamo noi, tutte da verificare, riguardano il fatto che i vantaggi che il nostro Paese sta avendo, come tutto il resto della zona euro, per i tassi di interesse che sul debito pubblico si mantengono bassi, vengono tutto sommato vanificati dal costo della chiusura dei vari contratti che, man mano, scadono rispetto ai derivati che teniamo in essere.

Per questo motivo, io penso che sia necessario rendere noto tutto ciò che è possibile rendere noto, perché la trasparenza, come strumento rispetto all'informazione e rispetto a ciò che era in essere fino a qualche anno fa, sicuramente è migliorata, però non è sufficiente: non sono sufficienti le regole attualmente in essere, signor Presidente, perché - lo ridico - fin tanto che il Ministero dell'economia e delle finanze non avrà una struttura degna di questo nome, con degli ingegneri finanziari, con degli esperti, come ce l'hanno gli altri Stati, noi correremo sempre questo rischio, e noi rischiamo sempre di essere messi sotto scacco da parte di tutte le banche d'affari. Questo è un punto essenziale.

Non è possibile che non si sia proceduto in tanti anni ad avere una struttura dedicata esclusivamente a questo tipo di attività, che se ne assume le responsabilità, che faccia le proiezioni, che faccia gli algoritmi, tutto quello che è necessario e che fanno negli altri Paesi e che è stato determinante per quello che riguarda la stretta che c'è stata, poi, negli Stati Uniti. Noi non possiamo avere analisi o convenienze o meno della chiusura, anche a condizione di un derivato oppure ad altro tipo di situazioni, sulla scorta di quello che viene fornito dalla banca di turno che viene interessata a fare l'advisor, perché in questa maniera, purtroppo, abbiamo esperienze del tutto negative.

Io penso che questo sia un problema centrale, oltre che avere le informazioni. Le informazioni sono necessarie rispetto soprattutto a quello che è l'andamento complessivo: noi lo abbiamo, ma vogliamo capire e comprendere, soprattutto, se, in riferimento ad alcune clausole di contratti esistenti attualmente, il MEF o il Governo abbiano, signor Presidente, vagliato la possibilità per esempio di instaurare, se sono clausole vessatorie, un contenzioso; un contenzioso tale da poter determinare, poi, dei vantaggi o anche delle transazioni nei confronti di queste banche, senza aspettare, poi, che la situazione arrivi ad essere completamente incancrenita e completamente a sfavore da parte dello Stato, perché, poi, sono miliardi e miliardi di euro, perché qui i costi sono veramente altissimi.

Ritengo che debba esserci da parte del Governo un impegno del tutto dedicato rispetto a quello che si chiede: il gruppo di Forza Italia, due anni fa, è stato costretto a fare addirittura l'accesso agli atti ai sensi della legge n. 241 per avere informazioni di questa importanza, che poi, peraltro, non sono state neanche date.

Questa è una battaglia che Forza Italia conduce da diversi anni in riferimento a quello che deve essere uno strumento utilizzato con correttezza e che, invece, emerge sia dai dati reali sia pure, soprattutto, dall'inerzia nel voler legiferare, perché l'unica cosa che è stata fatta è che è stato fatto divieto agli enti locali e alle regioni di poter continuare a stipulare e ad utilizzare questo tipo di strumenti.

Lo Stato, invece, continua in un contesto di assoluta mancanza di regole rispetto alle precedenti: le uniche regole che sono in essere sono quelle del mercato, senza però una valutazione dei rischi, di una struttura alle dirette dipendenze dello Stato, che giuri fedeltà allo Stato, come tutti i dipendenti pubblici hanno il dovere di fare allo Stato e alla Costituzione. Invece, noi ci affidiamo al mercato e anche alle banche e bisogna, poi, attenersi a quello che dicono o che certificano le banche stesse.

Finora i risultati sono stati abbastanza deludenti, per non dire dannosi, nei confronti del nostro Paese, perché siamo vulnerabili e non siamo attrezzati, non solo per l'enorme massa del debito pubblico e quant'altro, ma anche perché continuiamo a non darci delle regole precise, a non avere esattamente contezza di quello che può essere questo problema. È fin troppo evidente che davanti ad una situazione del genere, il Parlamento, poi, è chiamato a pronunciarsi, volta per volta, rispetto a quelle che sono le leggi di stabilità, in cui c'è un'autorizzazione al debito pubblico e autorizzazioni che riguardano complessivamente l'approvazione del bilancio, con delle cifre enormi che vengono, poi, messe a disposizione per la chiusura, ahimè, quasi sempre con dati negativi di questi strumenti.

Io penso che occorre, invece, ben altro, occorre fare il punto, occorre fare un quadro generale di tutti questi contratti: se ci sono delle situazioni, delle clausole particolari che potrebbero procurare addirittura, come si dice, un danno, possono essere dati dei dati parziali, però almeno che ci sia contezza di quanti contratti in essere ci sono, di quello che è l'aspetto principale rispetto alle scadenze. Di tutto questo io penso che il Parlamento debba avere contezza, contratto per contratto, e vedere pure l'interlocuzione possibile in riferimento a tutto ciò.

Tutto questo, signor Presidente - mi avvio alla conclusione -, non è slegato per niente dalle modalità con cui il nostro Paese sta affrontando tutte le crisi degli istituti bancari. Non dobbiamo dimenticare per niente che si tiene tutto rispetto a questa situazione che si è venuta a determinare: noi, come sistema Paese - quindi, non solo come sistema politico-istituzionale e quant'altro, ma come sistema Paese -, abbiamo sottovalutato e affrontato malissimo tutta la situazione che riguarda le crisi del sistema bancario, non solo per quello che è successo nel 2012, ma a seguire. Non è possibile che con riferimento alle cosiddette riforme, come, per esempio, quella delle banche popolari o quella delle BCC, riforme assolutamente necessarie, ci possano essere stati dei suggerimenti che sono venuti da parte delle audizioni e anche da parte di tanti e tanti emendamenti formalizzati di maggioranza e di opposizione, che il Governo abbia respinto.

Ahimè, quelle riforme non solo non stanno dando i frutti sperati, perché rispetto alla situazione delle banche popolari non mi sembra che ci siano stati investitori dall'estero o tutto quello che si pensava potesse venire, tutta una situazione generale di questo tipo, ma, peggio ancora, anche qualche banca che non era in difficoltà è stata messa in difficoltà.

Non sto qui a ripetere tutta la storia, che è veramente raccapricciante da questo punto di vista, per non parlare, poi, anche rispetto agli obiettivi della riforma delle BCC, che si era detto che poteva essere quella di avere un'unica holding e quant'altro, poi, si sono divisi in due.

Quindi, tutti gli obiettivi di queste riforme, pur necessarie, che il Governo si è prefissato, sono falliti, perché poi debbono intervenire sulle popolari il Consiglio di Stato, la Corte costituzionale e quant'altro. Ora, davanti a una situazione del genere, penso che questa mozione possa essere un elemento costruttivo e positivo, ove il Governo dovesse accettare le istanze che non possono che essere quelle di una maggiore trasparenza in questo tipo di strumenti derivati e finanziari, perché sull'intero sistema credito-derivati-finanza pubblica-gestione del debito e quant'altro, ci sono molti miliardi di euro di risorse degli italiani che vengono dissipati con una gestione alquanto discutibile da parte del Governo.

Ecco perché ritengo e mi auguro che la questione che pongono tutte le mozioni, quella di impegnare il Governo a che ci sia, contratto per contratto, derivato per derivato, una maggiore trasparenza per andare a vederne gli effetti, avere contezza degli effetti, sia un dovere nei confronti del Parlamento e del Paese.

PRESIDENTE. Non vi sono altri iscritti a parlare e pertanto dichiaro chiusa la discussione sulle linee generali delle mozioni.

Ha facoltà di parlare il Vice Ministro dell'Economia e delle finanze, Enrico Morando.

ENRICO MORANDO, Vice Ministro dell'Economia e delle finanze. Presidente, mi riservo di intervenire pronunciando, poi, il giudizio sulle mozioni, che darò successivamente, quando questo punto tornerà all'ordine del giorno.

PRESIDENTE. Avverto che l'onorevole Locatelli ha testé sottoscritto la mozione Marchi, Librandi, Tabacci ed altri n. 1-01654 e, con il consenso degli altri sottoscrittori, ne è diventata la quarta firmataria.

Il seguito della discussione è rinviato ad altra seduta.

Ordine del giorno della seduta di domani.

PRESIDENTE. Comunico l'ordine del giorno della seduta di domani.

  Martedì 4 luglio 2017, alle 11,30:

1.  Svolgimento di interpellanze e interrogazioni.

  (ore 15)

2.  Esame e votazione delle questioni pregiudiziali riferite al disegno di legge:

Conversione in legge del decreto-legge 25 giugno 2017, n. 99, recante disposizioni urgenti per la liquidazione coatta amministrativa di Banca Popolare di Vicenza S.p.A. e di Veneto Banca S.p.A. (C. 4565)

3.  Seguito della discussione della proposta di legge:

SERENI ed altri: Modifica alla legge 20 dicembre 2012, n. 238, per il sostegno e la valorizzazione del festival Umbria Jazz. (C. 4102-A)

Relatrice: ASCANI.

4.  Seguito della discussione delle mozioni Simonetti ed altri n. 1-01553, Brunetta ed altri n. 1-01560, Civati ed altri n. 1-01646, Nesci ed altri n. 1-01647, Melilla ed altri n. 1-01648, Altieri ed altri 1-01649, Rampelli ed altri n. 1-01650 e Rosato ed altri n. 1-01652 concernenti iniziative volte a garantire il funzionamento delle province.

5.  Seguito della discussione della proposta di legge:

S. 10-362-388-395-849-874-B - D'INIZIATIVA DEI SENATORI: MANCONI ed altri; CASSON ed altri; BARANI; DE PETRIS e DE CRISTOFARO; BUCCARELLA ed altri; TORRISI: Introduzione del delitto di tortura nell'ordinamento italiano (Approvata, in un testo unificato, dal Senato, modificata dalla Camera e nuovamente modificata dal Senato). (C. 2168-B)

Relatori: VAZIO, per la maggioranza; FERRARESI, di minoranza.

6.  Seguito della discussione della proposta di legge:

DAMBRUOSO ed altri: Misure per la prevenzione della radicalizzazione e dell'estremismo violento di matrice jihadista. (C. 3558-A)

Relatori: POLLASTRINI, per la maggioranza; LA RUSSA, di minoranza.

7.  Seguito della discussione delle mozioni Ruocco ed altri n. 1-01594, Melilla ed altri n. 1-01653, Marchi, Librandi, Tabacci, Locatelli, Gebhard ed altri n. 1-01654 e Brunetta ed altri n. 1-01655 in materia di trasparenza dei contratti derivati stipulati dal Ministero dell'economia e delle finanze.

La seduta termina alle 16,55.