XVII LEGISLATURA


Resoconto stenografico dell'Assemblea

Seduta n. 664 di venerdì 29 luglio 2016

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PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE SIMONE BALDELLI

  La seduta comincia alle 9,30.

  PRESIDENTE. La seduta è aperta.
  Invito il deputato segretario a dare lettura del processo verbale della seduta precedente.

  FERDINANDO ADORNATO, Segretario, legge il processo verbale della seduta del 27 luglio 2016.

  PRESIDENTE. Se non vi sono osservazioni, il processo verbale si intende approvato.
  (È approvato).

Missioni.

  PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del Regolamento, la deputata Sereni è in missione a decorrere dalla seduta odierna.
  I deputati in missione sono complessivamente novantadue, come risulta dall'elenco depositato presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell’allegato A al resoconto della seduta odierna (Ulteriori comunicazioni all'Assemblea saranno pubblicate nell'allegato A al resoconto della seduta odierna).

Annunzio di petizioni.

  PRESIDENTE. Invito il deputato segretario a dare lettura delle petizioni pervenute alla Presidenza, che saranno trasmesse alle sottoindicate Commissioni.

  FERDINANDO ADORNATO, Segretario, legge:
   PAOLO CARSETTI, da Roma, e numerosissimi altri cittadini chiedono interventi in materia di diritto all'acqua e di gestione pubblica e partecipativa del servizio idrico integrato (1144) – alla VIII Commissione (Ambiente);
   BENITO ALBERTO RUIU, da Carate Brianza (Monza e Brianza), chiede nuove norme in materia di modalità e tempi di esame delle petizioni (1145) – alla Giunta per il Regolamento;
   OVIDIO SACCO, da Ascea (Salerno), e numerosi altri cittadini chiedono iniziative per impedire la realizzazione di nuovi stabilimenti balneari sul lungomare di Marina di Ascea senza un'adeguata programmazione urbanistica (1146) – alla VI Commissione (Finanze);
   ALDO COPPOLA, da Genova, chiede:
    il potenziamento dei controlli sui contributi elargiti dalla Presidenza del Consiglio dei ministri ad associazioni e fondazioni (1147) – alla I Commissione (Affari costituzionali);
    interventi per incentivare la ricerca scientifica sugli organismi geneticamente modificati (1148) – alla VII Commissione (Cultura);
    misure per contrastare il fenomeno dell'accattonaggio da parte di cittadini stranieri (1149) – alla I Commissione (Affari costituzionali);
    norme a tutela dei prodotti agroalimentari italiani (1150) – alla XIII Commissione (Agricoltura);
   FRANCESCO DI PASQUALE, da Cancello ed Arnone (Caserta), chiede:Pag. 2
   interventi contro la pesca di frodo (1151) – alla XIII Commissione (Agricoltura);
   che nei periodi in cui sono in corso campagne elettorali nelle pubbliche amministrazioni non possano essere effettuate assunzioni (1152) – alla I Commissione (Affari costituzionali);
   misure per prevenire l'obesità dei minori attraverso un'alimentazione sana (1153) – alla XII Commissione (Affari sociali);
   iniziative per la protezione degli animali a rischio di estinzione nel continente africano (1154) – alla XIII Commissione (Agricoltura);
   iniziative per una soluzione pacifica dei conflitti in Africa (1155) – alla III Commissione (Affari esteri);
   iniziative per contrastare il fenomeno dei matrimoni con minorenni nei Paesi stranieri (1156) – alla III Commissione (Affari esteri);
   interventi in favore dei bambini siriani ospitati nei campi profughi in Turchia – (1157) – alla III Commissione (Affari esteri).

Svolgimento di interpellanze urgenti (ore 9,35).

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca lo svolgimento di interpellanze urgenti.

(Iniziative di competenza per evitare l'abolizione della continuità dell'assistenza medica territoriale 24 ore su 24 – n. 2-01435)

  PRESIDENTE. Passiamo alla prima interpellanza urgente all'ordine del giorno Brunetta ed altri n. 2-01435, concernente iniziative di competenza per evitare l'abolizione della continuità dell'assistenza medica territoriale 24 ore su 24 (Vedi l'allegato A – Interpellanze urgenti).
  L'onorevole Fabrizio Di Stefano ha facoltà di illustrare l'interpellanza di cui è cofirmatario.

  FABRIZIO DI STEFANO. Grazie, signor Presidente. Premesso che l'atto di indirizzo per il rinnovo dell'accordo collettivo nazionale dei medici convenzionati prevede una diversa articolazione della continuità dell'assistenza medica territoriale sulle 16 ore – cosiddetto «H16» –, dalle 8 alle 24, e non più sulle 24 ore come è stato fino ad adesso, di conseguenza, dalle ore 24 alle ore 8, le urgenze mediche dovrebbero essere trasferite al 118, organizzazione territoriale dell'emergenza sanitaria.
  L'atto di indirizzo discende dal Patto per la salute, che, a sua volta, è inquadrato all'interno della cornice giuridica delle leggi nazionali e regionali. La legge cosiddetta Balduzzi, come tutte le precedenti, recita che l'accordo collettivo nazionale per la medicina generale deve, però, assicurare la continuità H24. Il Patto per la salute vigente, nel rispetto delle superiori norme, non solo prevede percorsi distinti e paralleli per l'urgenza medica e l'emergenza, ma, addirittura, ne implementa l'organizzazione e l'integrazione con l'istituzione del numero unico per le urgenze – 116 e 117 – e l'organizzazione più efficiente del 118, in ragione dei progressi della diagnostica a distanza, la cosiddetta telemedicina.
  L'uno e l'altro servizio svolgono funzioni completamente diverse, pur integrate in ragione del possibile ricorso al 118 per interventi che appaiono urgenti e che, in un secondo momento, magari, acquisiscono, invece, carattere emergenziale. Analogamente, il 118 potrebbe essere allenato per interventi che sembrano soggettivamente di emergenza e, invece, rivelano il carattere dell'urgenza e dell'urgenza addirittura differibile.
  L'atto di indirizzo citato tende, quindi, surrettiziamente a modificare strutturalmente l'organizzazione dei sottosistemi, rispettivamente, dell'emergenza e dell'urgenza, addirittura andandoli ad unificare dalle ore 24 alle ore 8 del mattino, senza Pag. 3avere alcuna potestà normativa in merito, come si evince dalle norme sopra richiamate. Ancor meno questa potestà è in capo all'accordo collettivo nazionale che, invece, disciplina il rapporto di lavoro con i medici di famiglia, non già la chiusura o il ridimensionamento delle guardie mediche, tanto meno l'organizzazione dell'emergenza territoriale.
  Vi è, inoltre, nel merito, una presunzione di fondo, tutta da dimostrare, relativamente al potenziamento dell'assistenza diurna in forza del dirottamento delle ore di servizio trasferite a questa dall'assistenza notturna, come se la presenza di più medici di famiglia durante le ore diurne dovesse scongiurare il ricorso al pronto soccorso, intercettando i cosiddetti codici bianchi. È noto, infatti, dai dati rilevati in nostro possesso – in possesso anche e, soprattutto, del Ministero –, che questo assunto è un luogo comune smentito dai fatti. L'inutilità di un semplice incremento delle attività di professionisti è ampiamente dimostrata da quelle esperienze già effettuate in diverse parti d'Italia con l'istituzione di punti di guardia medica nelle ore diurne; punti che non hanno prodotto i risultati auspicati, in assenza di dotazioni diagnostiche e specialistiche adeguate.
  È evidente che i temi del riordino, da un lato, delle cure primarie, con l'epocale corollario della cronicità e, dall'altro, dei servizi di emergenza e urgenza non possono essere declinati all'interno di una regolamentazione contrattuale, ma hanno bisogno di un intervento normativo quanto mai attuale e necessario.
  L'eventuale istituzione, allora, dell’«H16» ridurrebbe significativamente l'offerta sanitaria ai cittadini e, in discontinuità con i 150 anni di storia del nostro Paese, per la prima volta dalla lontana istituzione della condotta medica, farebbe venir meno un servizio essenziale, dovendo, ovviamente, il 118 occuparsi di altro, se non si vuole pregiudicarne irrimediabilmente la funzionalità.
  Di qui, a nostro avviso, il modello ipotizzato appare approssimativo e ancora indefinito, ma è facile prevedere che avrebbe alcune evidenti, disastrose conseguenze, tra le quali il collasso dei pronto soccorso, presi d'assalto dai pazienti, un utilizzo improprio dei medici del 118 e la perdita di posti di lavoro nella continuità assistenziale. Pensiamo che un terzo dei posti di lavoro degli attuali incarichi di continuità – circa 5 mila – verrebbero meno, con un importante riverbero negativo anche sull'occupazione medica precaria. Se ci riferiamo alle statistiche, solo nello scorso anno, ci sono stati 15 milioni di interventi nell'emergenza: di questi, 3 milioni riconducibili nelle ore che vanno dalle 24 alle 8 del mattino. Quindi, questi 3 milioni di interventi andrebbero, poi, a gravare sul 118.
  Conseguentemente a questo, chiediamo al Governo quali iniziative di competenza intenda adottare il Ministro interrogato per scongiurare la soppressione della continuità assistenziale medica «H24», cioè 24 ore su 24; se sia stato valutato, anche per il tramite del rappresentante del Governo nel comitato di settore regioni-sanità, in sede di approvazione dell'atto di indirizzo di cui in premessa, il rischio dello sviluppo di un nuovo mercato speculativo dell'assistenza medica notturna in particolare nelle aree territoriali più isolate e svantaggiate, con l'introduzione delle misure sopra richiamate e se sia stata valutata la correttezza della procedura, atteso che si giungerebbe ad una modifica epocale del Sistema sanitario nazionale, senza che di ciò sia stato investito il Parlamento; infine, qualora la riforma, ahinoi, dovesse essere attuata, se non si intendano almeno assumere iniziative di competenza per apportare modifiche, integrazioni e correttivi per quelle parti più svantaggiate della nostra patria, per i centri e le isole minori, per le comunità site nelle zone montane e per i cosiddetti piccoli comuni nelle aree svantaggiate, difficilmente collegati con i centri maggiori.

  PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per la salute, Vito De Filippo, ha facoltà di rispondere.

  VITO DE FILIPPO, Sottosegretario di Stato per la salute. Grazie, Presidente. Pag. 4Inizio con una premessa di carattere generale. Il Sistema sanitario nazionale è impegnato nel fronteggiare le nuove sfide assistenziali che scaturiscono dall'invecchiamento della popolazione, con il conseguente carico di morbosità e di cronicità, e dai progressi della tecnologia e della medicina, che consentono di ridurre il ricorso al ricovero ospedaliero verso altre forme di assistenza più appropriate per i nuovi bisogni.
  In tal senso, oltre a prevedere che la continuità assistenziale sia garantita dai livelli essenziali di assistenza, il Sistema sanitario nazionale è, comunque, impegnato nel potenziamento della risposta territoriale, di cui la riforma delle cure primarie e il connesso rinnovo della convenzione della medicina generale, non più procrastinabile, è sicuramente un tassello fondamentale.
  Obiettivo principale dell'istituzione delle nuove forme organizzative delle cure primarie, sia quelle monoprofessionali (aggregazioni funzionali territoriali, meglio conosciute come AFT), nonché quelle multiprofessionali (unità complesse di cure primarie, conosciute come UCCP) è, infatti, offrire al cittadino riferimenti appropriati sul territorio e certi per tutto l'arco della settimana. I professionisti dovrebbero lavorare in modo sinergico, secondo un approccio multidisciplinare, attraverso la condivisione di obiettivi e di percorsi assistenziali, linee guida e tramite il coordinamento e l'integrazione dei medici, delle altre professionalità del Servizio sanitario nazionale, e del settore sociale, a rilevanza sanitaria, al fine di offrire al cittadino una vera e propria rete di protezione, assicurando, allo scopo, la reale presa in carica dei pazienti complessi e lo sviluppo della medicina di iniziativa. In questo modo la riorganizzazione dei modelli organizzativi e delle cure primarie renderà il servizio sicuramente più efficiente ed efficace.
  Il documento, siglato il 13 aprile ultimo scorso, citato nell'interpellanza, quello del Comitato di settore, integrativo dell'Atto di indirizzo per la medicina convenzionata approvato in data 12 febbraio 2014, si muove sostanzialmente in questa direzione, potenziando l'assistenza primaria nelle ore diurne, in cui la domanda di accessibilità è maggiore, mantenendo in ogni caso il servizio di guardia medica dalle ore 20 alle ore 24, orario in cui statisticamente si registra il maggior numero di chiamate notturne. Si otterrà, così, una maggiore presenza medica e una maggiore fruibilità del servizio nell'arco della giornata che va dalle ore 8 del mattino alle ore 24, con importanti ricadute sul numero di accessi impropri al Pronto soccorso. Questo consentirà, innanzitutto, che i medici di medicina generale, con i colleghi della continuità assistenziale, cioè quelli della guardia medica, nell'ambito delle nuove forme organizzative territoriali, in coerenza con la programmazione regionale, opereranno per tutti i giorni della settimana, coordinandosi con le reti ospedaliere e territoriali di emergenza-urgenza, che potranno così riorganizzarsi al fine di corrispondere efficacemente alla domanda di assistenza per tutto l'arco della giornata.
  Ad ogni buon fine, faccio presente che, già nell'accordo Stato-regioni del 7 febbraio 2013 (Linee di indirizzo per la riorganizzazione del sistema di emergenza-urgenza in rapporto alla continuità assistenziale) e in coerenza con la programmazione regionale, si prevedeva che, lì dove si rilevasse uno scarso numero di chiamate dalle ore 24 alle ore 8 del mattino, sarebbe stato – cito quell'accordo del 2013 – «opportuno considerare anche differenziazioni di orari di servizio che consentissero una maggiore copertura del territorio in orario diurno giornaliero e una più ridotta presenza nell'orario notturno avanzato (ore 24-8 di mattina) anche in funzione della necessaria integrazione con le forme di associazione dei medici di medicina generale ai fini della copertura H24, disciplinati con protocolli chiari e condivisi anche con il sistema di emergenza-urgenza e, quindi, con il 118». Queste previsioni di allora avevano, pertanto, l'obiettivo di evitare turni di continuità Pag. 5assistenziale nelle zone in cui statisticamente in quelle fasce orarie non vi è alcuna esigenza.
  Preciso, comunque, che, attesa la complessità e la delicatezza della questione in esame, che ha suscitato un dibattito e anche quest'atto ispettivo odierno, il Ministero ha ritenuto di dover avviare, comunque, un approfondimento sulla specifica tematica della continuità assistenziale nelle ore notturne e nei fine settimana. A seguito di tale approfondimento e tenuto conto della necessità di garantire nelle aree particolarmente critiche il servizio di continuità assistenziale in tutte le fasce orarie, il Ministero dalla salute, con nota 30 maggio ultimo scorso, ha chiesto di integrare in tal senso il documento integrativo dell'Atto di indirizzo, proponendo esplicitamente: «di chiarire che la continuità assistenziale è assicurata anche nelle ore notturne tra le ore 24 e le ore 8 – secondo gli indirizzi della programmazione regionale – nelle zone caratterizzate da particolari condizioni oro geografiche e di viabilità o da una particolare densità abitativa, nelle zone deprivate e nei piccoli comuni sprovvisti di presidio ospedaliero, avendo particolare riguardo all'assistenza soprattutto degli anziani e dei pazienti in età pediatrica» (fine della citazione della comunicazione del Ministero della salute).
  Il Comitato di settore, che ha ricevuto questa comunicazione, lo scorso 1o giugno ha fornito rassicurazioni al Ministero della salute, ritenendo le osservazioni formulate dallo stesso Dicastero coerenti con il documento integrativo dell'Atto di indirizzo per il rinnovo dell'Accordo collettivo nazionale per la medicina generale. Ha, inoltre, evidenziato che i richiami contenuti nel documento circa la copertura oraria dell'assistenza riprendono i contenuti dell'Accordo che ho citato, quello del febbraio 2013, laddove si stabilisce di considerare comunque opportune quelle «differenziazioni di orario di servizio che consentono una maggiore copertura del territorio in orario diurno giornaliero e una più ridotta presenza nell'orario notturno».
  Infine, lo stesso Comitato di settore ha comunque anticipato che «l'articolato del nuovo Accordo collettivo nazionale prevede che in particolari situazioni l'azienda possa valutare l'attivazione del servizio di continuità assistenziale in ulteriori fasce orarie rispetto a quelle individuate con il documento integrativo all'Atto di indirizzo».
  Mi preme evidenziare, da ultimo, che nel frattempo sono iniziate comunque le trattative per il rinnovo degli Accordi della medicina generale e della pediatria di libera scelta. La bozza di documento sulla quale sono state avviate le trattative prevede la possibilità, sempre e comunque, per l'azienda di valutare l'attivazione del servizio di continuità assistenziale in ulteriori fasce orarie rispetto a quelle individuate col documento integrativo all'Atto di indirizzo.

  PRESIDENTE. L'onorevole Fabrizio Di Stefano ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatto per la risposta all'interpellanza Brunetta ed altri n. 2-01435, di cui è cofirmatario.

  FABRIZIO DI STEFANO. Grazie, signor Presidente. Il sottosegretario De Filippo è sempre preciso e puntuale, io di questo più volte ho dato atto, ma purtroppo è espressione, poi, di una volontà governativa che fa delle scelte che io non condivido. Innanzitutto, perché l'Accordo Stato-regioni del 2013, come lei richiamava, prevedeva delle eccezioni e non che le eccezioni diventassero regole. È evidente che, nell'ottica di un risparmio della spesa sanitaria, laddove il servizio può essere ridotto per mancanza di fruibilità o di necessità, va rivisto, ma da qui a fare dell'eccezione la regola ne cambia. Tant’è che il sottosegretario ha citato questa deroga, che con l'ultimo atto del giugno scorso è stata introdotta, una deroga importante, ma, a mio avviso, non sufficiente, perché bisognerebbe essere più definiti nel tipo di intervento e non lasciare alle regioni questa facoltà in maniera assolutamente soggettiva, le quali molto spesso poi scaricano sulle responsabilità governative e sugli atti governativi delle volontà.
  Ci sono dei dati oggettivi di natura orografica, di natura numerica di popolazione, Pag. 6quindi demografica, che potevano e possono determinare chiaramente quali territori – mi riferisco, ad esempio, a quelli che competono ai piccoli comuni, i comuni montani, le isole, come ho citato nell'intervento precedente – andavano e vanno comunque tutelati. Né, d'altro canto, quando si citano i dati, si devono citare a pezzi, perché, come ho prima detto e ricordato, non basta quell'implementazione della guardia medica, attraverso anche i medici di famiglia, nelle ore diurne, per ridurre le esigenze della popolazione. E vi è un dato, quello dei 3 milioni di utenti che si sono riversati nelle guardie mediche, nello scorso anno, nelle ore che vanno dalle 24 alle 8, che non possono essere – seppure il Presidente Renzi ci ha abituato ai miracoli, almeno sulla carta – costretti ad avere esigenze soltanto dalle 8 del mattino alle 24 della sera, e quelle otto precedenti spostarle evidentemente secondo le proprie esigenze. Né, d'altro canto, un semplice disturbo alimentare, un'intossicazione o una indigestione può essere confinata nelle ore stabilite dal Governo. Viceversa, siccome capitano e continueranno a capitare anche dalle 24 alle 8, si ritiene assurdo che questi, che sono semplicemente interventi di pura e semplice urgenza, vadano a intralciare, invece, la necessaria disponibilità del 118, che deve essere invece focalizzato e finalizzato verso un servizio decisamente diverso e decisamente più urgente. Di qui la mia non soddisfazione per la risposta.

(Iniziative di competenza a tutela dei lavoratori della Croce rossa italiana – n. 2-01440)

  PRESIDENTE. Passiamo all'interpellanza urgente Kronbichler e Scotto n. 2-01440, concernente iniziative di competenza a tutela dei lavoratori della Croce rossa Italiana (Vedi l'allegato A – Interpellanze urgenti).
  Chiedo all'onorevole Kronbichler se intenda illustrare la sua interpellanza o se si riservi di intervenire in sede di replica.

  FLORIAN KRONBICHLER. Grazie, Presidente, buongiorno, signor sottosegretario; ci siamo spostati qui per poter interloquire meglio e risparmiarle un torcicollo... Nell'ambito della conversione del decreto cosiddetto milleproroghe 2016, sono state previste alcune modifiche ed integrazioni alla disciplina della riorganizzazione dell'associazione della Croce rossa italiana, in particolare per quanto riguarda la configurazione dell'ente strumentale che sarà operativo fino all'inizio del 2018, al 1o gennaio, quando sarà soppresso. In primis, viene esteso anche all'ente strumentale della Croce rossa italiana il diritto di fruire dell'Avvocatura dello Stato; in secondo luogo, viene sancita un'anticipazione di liquidità allo stesso ente strumentale; inoltre, nell'ambito delle medesime modifiche operate dalla Camera, è previsto che la riduzione dei finanziamenti attualmente previsti sia vincolata al rimborso dell'anticipazione di liquidità.
  Alle criticità di natura gestionale-amministrativa si aggiungono, poi, ulteriori problemi in relazione alla deriva dei costi che la già parziale privatizzazione dell'ente ha definito nell'ultimo triennio, caratterizzata da un aumento incontrollato del deficit di bilancio, con conseguenti ripercussioni sulla qualità dei servizi resi ai cittadini con grave nocumento anche e soprattutto dei lavoratori. Inoltre, si palesano forti dubbi di costituzionalità delle misure introdotte, allorché si priva di un diritto essenziale il lavoratore, ovvero quello della difesa dei suoi diritti e dei suoi interessi attraverso il ricorso alla giustizia e il diritto al legittimo ristoro in caso di accoglimento di istanza: diritto che è un principio inderogabile, appunto, della Costituzione. Ad esempio di questo svolgimento, mi permetto di espletare un caso di straordinaria gravità che conosco poiché occorso a una persona delle mie parti: il tribunale del lavoro di Bolzano con sentenza del 30 gennaio 2015 ha condannato la Croce rossa al pagamento di oltre 100 mila euro, a titolo di differenze salariali, a favore di un certo Christian Putzer, residente nella provincia di Bolzano ed ex Pag. 7dipendente della Croce rossa, poi licenziato in seguito alla chiusura di una sede, la sede di Bressanone. Questa sentenza di primo grado è stata poi confermata dalla corte d'appello di Trento con sentenza del 10 febbraio 2016, rigettando l'impugnazione proposta da parte della Croce rossa italiana. Ecco, ora viene il botto, il botto in forma di un passeggero cieco nell'ultimo vagone; con legge di stabilità 2016, esattamente, articolo 1, comma 397, si stabilisce che: «Fino alla conclusione delle procedure di cui al presente comma non possono essere intraprese o proseguite azioni esecutive, atti di sequestro o di pignoramento presso il conto di tesoreria della Croce rossa italiana dell'ente ovvero presso terzi, per la riscossione coattiva di somme liquidate ai sensi della normativa vigente in materia. Tutti gli atti esecutivi sono nulli». Questa sentenza è stata, proprio nei passati giorni, insomma, riconfermata da una espressione del tribunale di Roma. Così facendo sono state congelate tutte le azioni esecutive nei confronti della Croce rossa dirette a conseguire i crediti già accertati giudizialmente a favore dei lavoratori, a giudizio dell'interpellante, ledendo gravemente i loro diritti garantiti da tutte le fonti di diritto, creando gravi disagi agli stessi lavoratori e, ovviamente, alle loro famiglie.
  Chiedo, quindi, al signor sottosegretario, e mi attendo una risposta esaustiva, se il Ministero interpellato non intenda urgentemente porre rimedio, e in che modo, alla gravissima situazione sociale creatasi con il blocco degli atti esecutivi nei confronti della Croce Rossa Italiana; poi, se non ritenga urgente assumere iniziative affinché possano essere fatti valere i diritti riconosciuti in sede giudiziaria ai lavoratori di cui in premessa, ripristinando, così, nientemeno che lo stato di diritto e, infine, se il Governo intenda prevedere un piano di intervento a sostegno dei lavoratori della Croce Rossa Italiana, segnatamente per quanto attiene ai profili in mobilità, per garantire un equo percorso e la giusta ricollocazione di dipendenti che hanno, nel tempo, maturato professionalità e qualifiche che non meritano di essere disperse. Signor sottosegretario, la ringrazio.

  PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato, Vito De Filippo, ha facoltà di rispondere.

  VITO DE FILIPPO, Sottosegretario di Stato per la salute. Rispondo all'interpellanza, ricordando innanzitutto che l'articolo 7, comma 2-bis, del decreto-legge n. 192 del 2014, convertito con modificazioni dalla legge 27 febbraio 1015, n. 11, ha esteso al personale dell'ente strumentale della Croce Rossa Italiana tutte quelle disposizioni della legge 23 dicembre 2014, n. 190, che disciplinano la ricollocazione del personale delle province in mobilità. Al riguardo mi preme segnalare che in attuazione di quanto previsto dall'articolo 6, comma 1, del decreto legislativo 28 settembre 2012, n. 178, è stato registrato, proprio in data 24 giugno, ultimo scorso, dalla Corte dei conti, il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, adottato il 25 marzo 2016, recante i criteri e le modalità di equiparazione del personale già appartenente anche al corpo militare, al personale civile dalla stessa Croce Rossa Italiana. Questo provvedimento è di fondamentale importanza ai fini dell'applicazione, al predetto personale dell'ente strumentale della Croce Rossa Italiana, della procedura di mobilità in questione già avviata dal dipartimento della funzione pubblica. A questo proposito comunico che sono stati recentemente pubblicati, proprio sul portale Mobilità del suddetto dipartimento della funzione pubblica, la graduatoria nazionale provvisoria ed i risultati dell'incrocio tra domanda e offerta dei posti resi disponibili dalle amministrazioni, relativi anche al personale dipendente della Croce Rossa Italiana. Sempre ai sensi dell'articolo 6 del decreto legislativo n. 178 del 2012, al fine di coordinare e di supportare il processo di mobilità del personale è operante la sede di confronto istituita presso il dipartimento della funzione pubblica alla quale partecipano i rappresentanti dello stesso dipartimento, dei Ministeri della salute, dell'economia e Pag. 8delle finanze e della difesa e dell'ente strumentale della Croce Rossa Italiana e dell'Associazione Croce Rossa Italiana, delle regioni, delle organizzazioni sindacali e dello stesso personale della Croce Rossa Italiana. Ritengo opportuno rammentare, altresì, che l'articolo 7 del citato decreto legislativo n. 178 del 2012 prevede che gli enti e le aziende del Servizio sanitario nazionale, anche delle regioni sottoposte ai piani di rientro dai deficit sanitari e ai programmi operativi in prosecuzione degli stessi piani di rientro, sono tenuti ad assumere con procedura di mobilità, anche in posizione di sovrannumero e ad esaurimento, il personale con rapporto di lavoro a tempo indeterminato della Croce Rossa Italiana, e quindi dell'ente, con funzioni di autista soccorritore, di autisti soccorritori senior, limitatamente a coloro che abbiano prestato servizio in attività convenzionate con gli enti medesimi per un periodo non inferiore a cinque anni. Agli enti e alle aziende citate è fatto divieto di assumere personale corrispondente fino al totale assorbimento del personale della Croce Rossa Italiana, ovvero anche del suddetto ente dalla stessa Croce Rossa. Questi sono gli elementi a garanzia del personale sia dell'ente che della Croce Rossa Italiana che anche con un tempo un po’ più lento rispetto a quello che avevamo previsto si stanno realizzando a tutela proprio di questi lavoratori.

  PRESIDENTE. L'onorevole Kronbichler ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatto per la risposta alla sua interpellanza urgente.

  FLORIAN KRONBICHLER. Presidente, ringrazio il sottosegretario per la sua gentilezza. Ovviamente questa miriade di citazioni, di articoli e articoletti mi ha confuso un po’, quindi vorrei pregarla di poter poi avere la risposta scritta in modo da poterla leggere e capirla pure. Però, forse lei mi dà atto del fatto che la Croce Rossa è un capitolo proprio nero: dietro al motto che si è sempre detto del «non si spara sulla Croce Rossa», dietro a questo paravento, si è avuta un'amministrazione che definire allegra è usare un eufemismo, perché è stata proprio criminale. La gente, anche tutta quella che forse verrebbe sistemata negli anni, viene poi ad essere punita, come il personaggio, il caso che ho citato, che in buona fede si è orientato e si è dato da fare per trovare un nuovo lavoro, proprio puntando e credendo di ottenere quei soldi a cui ha diritto e che il tribunale ha proprio confermato, quei 100 mila euro, che poi alla fine non riescono neanche a rientrare nei modi che lei ha prospettato. Quindi non sono soddisfatto della situazione, di cui non è responsabile nemmeno lei. La ringrazio e resto insoddisfatto.

(Iniziative di competenza volte a salvaguardare la situazione contrattuale dei lavoratori impiegati nelle attività di manutenzione ordinaria e straordinaria del verde pubblico del comune di Taranto – n. 2-01437)

  PRESIDENTE. Passiamo all'interpellanza urgente Duranti ed altri n. 2-01437, concernente iniziative di competenza volte a salvaguardare la situazione contrattuale dei lavoratori impiegati nelle attività di manutenzione ordinaria e straordinaria del verde pubblico del comune di Taranto (Vedi l'allegato A – Interpellanze urgenti).
  Chiedo all'onorevole Duranti se intenda illustrare la sua interpellanza o se si riservi di intervenire in sede di replica.

  DONATELLA DURANTI. Signor Presidente, sì, illustro l'interpellanza di cui sono prima firmataria. Voglio fare una premessa: l'interpellanza fa riferimento ad un appalto del comune di Taranto – una città che in queste ore il Presidente del Consiglio sta visitando –, una città che dà, intanto dal punto di vista lavorativo, quindi dai dati sull'occupazione o meglio sulla disoccupazione, sulla precarietà, un quadro di sofferenza molto alto: il tasso di disoccupazione della provincia di Taranto si attesta, nel 2015, al 18,9 per cento; un dato ancora più allarmante è quello che Pag. 9riguarda il tasso di disoccupazione dei giovani tra i 15 e i 24 anni, che sale al 60,6 per cento.
  Vi sono poi i dati del Servizio agenzia lavoro e formazione professionale della provincia di Taranto, aggiornati al 30 giugno 2016: a quella data risultano disoccupati nella provincia di Taranto 77.953 cittadini. A questi va sommato il numero degli inoccupati, che, sempre al 30 giugno 2016, si attesta intorno alle 38.694 unità. Ma oltre a questi dati, che sono già allarmanti, c’è un dato che riguarda anche la qualità del lavoro, le diffuse forme contrattuali di tipo precario presenti nella provincia di Taranto; un dato su tutti: il 90,52 per cento delle forme contrattuali sono a tempo determinato, per quello che riguarda gli avviamenti al lavoro. Quindi, un dato che attiene appunto alla qualità del lavoro che è preoccupante, che dice di una diffusa e costante precarietà di condizioni di lavoro e quindi precarietà di vita.
  Ho voluto fare questa premessa perché questa interpellanza riguarda appunto la condizione lavorativa di 54 lavoratori che si trovano in una condizione di precarietà, nonostante le intenzioni e la volontà dell'amministrazione comunale di dare una possibilità di uscire da tale stato, in una città peraltro dove la crisi economica morde il corpo vivo della società in maniera sicuramente maggiore rispetto ad altri territori.
  Il comune di Taranto, con l'appalto n. 13 del 2015, ha aperto la procedura per l'affidamento di manutenzione ordinaria e straordinaria del verde pubblico sul territorio di competenza comunale con scadenza di presentazione delle offerte fissata al 10 dicembre 2015, disponendo, come risorse, 1,5 milioni di euro, quindi una somma molto, molto consistente. Vincitrice del suddetto appalto, del suddetto bando, è risultata la A.T.I. Bitella – A.V.I.M. – Chemipull Italiana, che ha fatto un'offerta pari a 1,2 milioni di euro. L'affidamento del bando è avvenuto il 30 giugno 2016. In merito voglio sottolineare che da tempo il sindacato aveva chiesto di poter verificare le condizioni lavorative, lo sviluppo delle condizioni lavorative e delle condizioni contrattuali presso le sedi istituzionali preposte, richiesta reiterata anche alla data del 30 giugno, ma c’è stata l'impossibilità di verificare le condizioni di lavoro, le condizioni contrattuali e il loro sviluppo, per l'indisponibilità dei rappresentanti dell'ATI, che il giorno successivo appunto dovevano cominciare i lavori e quindi si sono detti indisponibili a perdere ulteriore tempo per un confronto – che io considero non solo legittimo ma assolutamente necessario – con il sindacato.
  L'appalto di cui parliamo è frutto anche di un confronto politico, che è avvenuto però tra le organizzazioni sindacali e l'amministrazione comunale. L'obiettivo comune era quello di stabilizzare appunto i lavoratori che precedentemente operavano in stato di precarietà – quindi c'era questo obiettivo primario – e di efficientare il servizio di manutenzione del verde tramite la quotidianità degli interventi. Quindi, il secondo obiettivo era quello di garantire un servizio ai cittadini e alle cittadine di Taranto che fosse di qualità. Gli obiettivi congiunti di cui appunto parlavo si sarebbero dovuti tradurre in alcuni punti; voglio citarne alcuni: clausola sociale per la continuità per i lavoratori operanti sul verde; contratti a tempo indeterminato, unica forma contrattuale che in qualche maniera può garantire la fuoriuscita dalla precarietà; monte di 130 ore mensili; contratto collettivo nazionale di lavoro multiservizi, con livello corrispondente alla declaratoria per le lavorazioni realmente effettuate. Quindi, un obiettivo comune tra le organizzazioni sindacali e l'amministrazione comunale.
  Ovviamente questi punti trovavano corrispondenza nel bando dell'amministrazione comunale, che metteva in gara, come ho già detto, 1,5 milioni di euro, inseriva la clausola sociale e indicava una serie di lavorazioni prefiguranti costanza e quotidianità degli interventi. Sottolineo la costanza e la quotidianità degli interventi degli interventi previsti, perché appunto essi non hanno certo un carattere di stagionalità. Inoltre, la durata dell'appalto, fissata in un anno con possibile proroga di Pag. 10sei mesi, ha reso assolutamente congrua la cifra stanziata con l'aumento delle ore per i lavoratori coinvolti.
  Voglio ricordare che, precedentemente all'appalto in questione, sul verde cittadino lavoravano 76 dipendenti dell'Ancora Service, al costo per l'amministrazione comunale di circa 54 mila euro mensili; di questi 76 dipendenti, 22 sono transitati nell'appalto spiagge, gli altri 54 sono alle dipendenze della ATI, che dispone, a differenza del passato, di circa 100 mila euro mensili. Per quanto a nostra conoscenza, nei mesi di aprile, maggio e giugno, durante i quali c’è stato un mini affidamento di appalto, questo mini affidamento garantiva a questi lavoratori 14 giorni lavorativi a sei ore e mezzo, per un monte complessivo di 91 ore mensili. Come vedremo, oggi le ore mensili sono 78, quindi inferiori rispetto alle condizioni del mini affidamento, nonostante il mini affidamento avesse somme stanziate sicuramente inferiori. Per quanto a nostra conoscenza, i suddetti lavoratori, dopo l'assegnazione della gara, sono stati contrattualizzati con contratto agricolo per 12 giorni al mese, quindi neppure 14 come era previsto per il mini-affidamento, e per 6 ore e mezzo al giorno. Vi è cioè una differenza lavorativa sostanziale fra il previsto contratto multiservizio a 130 ore, e il contratto agricolo effettivamente applicato assegnato di 78 ore mensili: ovviamente ci sarà una perdita di salario per questi lavoratori, nonostante le risorse assegnate all'azienda siano sicuramente maggiori rispetto al passato.
  Voglio però ricordare anche che, a differenza del contratto multiservizi, nel contratto agricolo sono ricomprese anche la tredicesima e la quattordicesima mensilità. Inoltre, voglio sottolineare sommessamente che si tratta di un appalto comunale, quindi di soldi pubblici, in questo caso dell'amministrazione comunale; peraltro, il contratto agricolo applicato a questi lavoratori prevede la possibilità di accedere alla disoccupazione agricola, e quindi in qualche maniera la ATI, che ha vinto questo appalto, godrebbe non solo delle somme pubbliche dell'amministrazione comunale di Taranto, ma anche dei soldi pubblici, che appunto sono i soldi dell'INPS che eroga la disoccupazione agricola.
  Infine, tale contratto ha scadenza trimestrale, nonostante l'appalto sia annuale; e questa è una cosa, per quello che mi riguarda, davvero incomprensibile, come sia possibile applicare un contratto trimestrale a seguito di un appalto annuale, anzi, di un appalto che probabilmente durerà un anno e mezzo. Non consentirà, questo tipo di contratto trimestrale, sicuramente la fuoriuscita dalla precarietà, e non ha giustificazione rispetto al carattere continuativo delle attività che questi lavoratori si trovano a svolgere.
  L'assegnazione di 12 giornate mensili si tramuta quindi secondo noi in un vero e proprio lavoro a chiamata, che per quello che ci riguarda non è rispettoso della dignità dei lavoratori, che sono privati della minima possibilità di organizzare anche il proprio tempo di vita, e sicuramente continuano a trovarsi in una situazione di difficoltà e di precarietà che mette a rischio non solo loro stessi, ma il presente e il futuro delle loro famiglie. Inoltre ci è stato riferito che in molti casi i lavoratori all'avvio dei lavori non erano adeguatamente dotati dei dispositivi di protezione individuale.
  Alla luce di questo, di quanto è stato descritto nel capitolato speciale del comune di Taranto, l'impiego di ore di lavoro previste con il contratto agricolo risulta non congruo con gli obiettivi del capitolato stesso (lo voglio ricordare: manutenzione ordinaria e straordinaria del verde pubblico), e in particolare riguardo ai fattori strategici, alla gestione tecnica e alla manutenzione ordinaria e a quella straordinaria.
  La non congruità di cui sopra risulta ingiustificata, oltretutto, stante il margine di profitto dell'ATI stessa: in base ad un calcolo effettuato con delle tabelle precise dalle organizzazioni sindacali, l'azienda per le cosiddette spese vive impiegherebbe circa il 60 per cento dei fondi assegnati al comune, con un conseguente margine di profitto del 40 per cento, che, insomma, Pag. 11noi consideriamo alto, molto alto rispetto alla media di impresa italiana, che ci risulta essere tra il 25 e il 30 per cento. Ci risulta inoltre che alla data del 16 luglio alcune unità lavorative, alcuni lavoratori, fra questi alcuni portatori di particolare fragilità, non siano stati ancora chiamati a svolgere il loro servizio: col rischio ovviamente di non riuscire ad effettuare le previste 12 giornate di lavoro, che consentirebbero loro di percepire il compenso per intero nel mese di agosto.
  Per quanto detto – vado alle conclusioni – il servizio oggetto dell'appalto risulta essere oggettivamente inefficiente: il complessivo monte ore assegnato ad ogni dipendente – lo ricordo: 78 ore per 54 lavoratori – è insufficiente rispetto alle lavorazioni previste; si sono già registrate, da quello che ci risulta, anche rimostranze della cittadinanza circa lo stato della manutenzione del verde (è evidente che 54 lavoratori che lavorino per 78 otto ore mensili, per chi conosce soprattutto la realtà delle periferie di Taranto, non possono svolgere come vorrebbero il loro lavoro, e come previsto dal bando).
  Ai dipendenti vengono assegnati interventi non inerenti all'appalto stesso: ci risulta che a loro venga chiesto anche di svolgere attività di raccolta differenziata; e ci risulta anche la non costante raccolta dei residui di lavorazione. Insomma, un mancato rispetto, a mio giudizio, delle condizioni previste dall'appalto. Vorremmo quindi sapere se il Ministro sia a conoscenza di quello di cui abbiamo detto in premessa, e che cosa intenda fare – noi pensiamo che ci sia anche una responsabilità in qualche maniera del Ministero del lavoro e delle politiche sociali – perché sia rispettata la normativa vigente, che a mio parere in questo caso non è invece rispettata, e la dignità dei lavoratori, per mantenere i livelli occupazionali, e anche per garantire loro un reddito che sia dignitoso e che li metta in condizioni un po’ più tranquille e serene, dopo tanti anni di precarietà e di condizioni di grande difficoltà economica.

  PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato, Vito De Filippo, ha facoltà di rispondere.

  VITO DE FILIPPO, Sottosegretario di Stato per la salute. Presidente, passo ad illustrare questo atto parlamentare, sulla base di elementi che mi sono stati trasmessi dal Ministero del lavoro e delle politiche sociali, che concerne la situazione occupazionale dei lavoratori della società ATI Bitella – AVIM, vincitrice, come diceva l'onorevole Duranti, dell'appalto per la manutenzione del verde pubblico nel comune di Taranto. Premetto che nell'ambito dell'istruttoria che è stata condotta dal Ministero del lavoro e delle politiche sociali per rispondere all'interpellanza urgente, si è reso necessario assumere elementi informativi presso la competente direzione territoriale del lavoro, nonché elementi più specifici presso l'amministrazione comunale che ha bandito la gara d'appalto. Dalle informazioni che sono state acquisite si evince che il comune di Taranto ha proceduto ad esternalizzare il servizio di manutenzione del verde pubblico, già reso dalla società AMIU Spa, che è una società in house totalmente partecipata dal comune, che per espletare il servizio affidava a sua volta parte dei lavori a più imprese. A tal fine, con specifico bando di gara, è stata avviata la procedura di affidamento del servizio; per favorire la continuità occupazionale dei lavoratori operanti alle dipendenze di imprese che precedentemente avevano svolto attività inerenti alla manutenzione del verde pubblico, è stato inserito l'articolo 5 nel capitolato d'oneri, che recita testualmente: «l'obbligo di utilizzare in via prioritaria i lavoratori del precedente affidamento, a condizione che il numero e la qualifica degli stessi siano armonizzabili con l'organizzazione di impresa della ditta aggiudicataria e con le esigenze tecnico-organizzative previste per l'organizzazione del servizio».
  Faccio presente che il comune di Taranto ha specificato che la base d'asta riferita dagli interpellanti è inferiore al costo complessivamente sostenuto dall'ente Pag. 12per il servizio reso dalla società AMIU Spa, la quale sosteneva, oltre agli oneri generali per assicurare il servizio, il costo del proprio personale e quello derivante dai rapporti con le imprese di settore, cui affidava parte delle lavorazioni necessarie per l'espletamento del servizio medesimo. Il comune di Taranto ha inoltre sottolineato che il servizio attualmente reso viene svolto con mezzi ed attrezzature assolutamente incomparabili per numero e tipologia con quelli precedentemente utilizzati, con rilevanti riflessi sulla organizzazione complessiva. Il comune di Taranto ha inoltre precisato, altresì, che il capitolato non prevedeva obblighi in ordine all'applicazione del contratto collettivo nazionale del lavoro agricoltura e florovivaismo; e che la tipologia del servizio esternalizzato non ha la caratteristica della quotidianità, poiché le lavorazioni richieste – continua il comune di Taranto – sono periodiche e stagionali, come ad esempio le potature che vengono effettuate tra novembre e marzo, e vengono in ogni caso effettuate sempre nel rispetto della tabella delle frequenze che è allegata proprio al capitolato tecnico. Nell'evidenziare la rilevanza locale della questione segnalata comunque, in conclusione, il Ministero del lavoro assicura che continuerà a monitorare la situazione occupazionale dei lavoratori in argomento anche nella prospettiva di esaminare le principali criticità che sono state segnalate dall'atto ispettivo.

  PRESIDENTE. L'onorevole Duranti ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatta per la risposta alla sua interpellanza.

  DONATELLA DURANTI. Grazie, signor Presidente. Ovviamente ringrazio il sottosegretario per essere venuto qui questa mattina a rispondere alla nostra interpellanza urgente ma, per dir così, non penso che lei abbia grandi competenze rispetto al ruolo che riveste, perché lei è sottosegretario al Ministero della salute. Credo che non abbia competenze rispetto alla questione che abbiamo posto e che riguarda il Ministero del lavoro. Ci saremmo aspettati che un sottosegretario al Ministero del lavoro stamattina fosse disponibile a risponderci. Invece mi rendo conto che lei ha dovuto leggere un compitino che le hanno sottoposto i funzionari e, quindi, è anche difficile per noi avere un'interlocuzione. No, non sono soddisfatta, signor Presidente. Non lo sono perché il signor sottosegretario mi ha riferito dati che erano di mia conoscenza: io ho qui il capitolato dell'appalto di cui stiamo parlando e devo dire che mi sarei aspettata che ci fosse stata un'interlocuzione per esempio con la DTL della provincia di Taranto, con la prefettura della provincia di Taranto che si è occupata di questo caso e che proprio in questi giorni sta seguendo la situazione con particolare attenzione. Vede, signor sottosegretario, lei mi ha riferito alcune notizie che ha ricevuto dal comune di Taranto: francamente non so se qualcuno al Ministero ha capito male oppure se il comune di Taranto ha davvero dichiarato quello che lei mi ha riferito. Io voglio leggerle solo un passaggio. L'appalto riguarda operazioni di manutenzione ordinaria vale a dire «manutenzioni periodiche, programmabili, atte a mantenere in condizioni d'uso, secondo standard qualitativi definiti dai requisiti minimi che la proposta di gestione del servizio di cui al successivo articolo 9 deve contenere e compatibili con il budget, di beni secondo la loro destinazione. La manutenzione programmata comprende la gestione e la manutenzione ordinaria delle aree a verde pubblico, delle aiuole a verde, delle alberature stradali, dei parchi e giardini compresi i vialetti, arredo urbano, di tutte le aree a verde comprese nelle strutture pubbliche (scuole, uffici giudiziari, ecc). La manutenzione comprende altresì il monitoraggio delle fitopatologie eventualmente presenti nelle aree a verde e sui singoli alberi e/o aiuole e la cura delle stesse attraverso l'utilizzo di farmaci idonei prescritti solo ed unicamente da un dottore agronomo o forestale con obbligo di registro di carico e scarico dei farmaci utilizzati, nonché gli interventi contro la processionaria, il punteruolo rosso e tutte le lotte obbligatorie». In più il capitolato Pag. 13prevede la manutenzione straordinaria sempre del verde pubblico. Ho grande difficoltà a immaginare che si tratti di lavori di tipo stagionale o con caratteristiche esclusivamente periodiche perché mi sembra difficile poter credere che la cura del decoro urbano e del verde urbano, peraltro esteso praticamente a tutti i siti della città di Taranto, aiuole, alberi, uffici giudiziari, scuole, eccetera, non abbia invece carattere di quotidianità. Questa è la ragione per cui l'azienda, l'A.T.I., vincitrice dell'appalto, sostiene di essere legittimata a contrattualizzare i lavoratori per tre mesi perché appunto i lavori hanno carattere stagionale. Così non è: se appunto queste sono le risultanze di una relazione che lei ha avuto, che il Ministero ha avuto con il comune di Taranto devo dire che le cose non stanno così.
  Poi mi sarei aspettata – ma capisco che non posso chiederlo a lei, visto che non è sottosegretario al Ministero del lavoro e politiche sociali – che qualcosa qui mi si venisse a dire rispetto alle condizioni di lavoro di quei 54 lavoratori che considero piuttosto gravi, così come è previsto. Ho anche allegato all'interpellanza tutta una serie di documenti che ho acquisito dalle organizzazioni sindacali in cui è evidente quali sono le condizioni lavorative di questi 54 lavoratori e mi aspettavo che qualcosa si dicesse. Un monitoraggio, come un ordine del giorno, non si nega a nessuno. La conclusione che lei ha dato alla sua risposta, che il Ministero si farà carico di monitorare la situazione, è una risposta assolutamente insufficiente perché, in questa risposta e nella relazione tra il Governo e il Parlamento, in questo caso con i sottoscrittori di questa interpellanza urgente, è mancata la volontà di approfondire davvero il tema e di provare a proporre soluzioni di fronte a un'amministrazione comunale che impiega risorse vive molto importanti e ad una condizione lavorativa poco dignitosa, da un lato, e ad un profitto molto, molto vantaggioso dall'altro. Pertanto non solo non sono soddisfatta, ma penso che ritornerò sulla questione soprattutto perché quei lavoratori aspettano una risposta dalle istituzioni. Ritengo che il nostro Paese, che ha una Costituzione molto, molto bella, in cui l'impresa è libera e la proprietà privata è libera, si debba ricordare che nell'articolo 1 c’è anche il diritto al lavoro e soprattutto che le imprese possono fare profitto, certo, ma lo debbano fare in maniera equa, rispettando e mai calpestando la dignità dei lavoratori. Questo è un caso che va in una direzione assolutamente contraria e per quello che ci riguarda noi non lasceremo soli quei lavoratori.

(Elementi ed iniziative per garantire alla rete ferroviaria regionale gli standard di sicurezza nazionali ed europei e chiarimenti in ordine alle risorse destinate a tali interventi – n. 2-01433)

  PRESIDENTE. Su richiesta del Governo e con l'accordo degli interpellanti passiamo all'interpellanza urgente De Lorenzis ed altri n. 2-01433, concernente elementi ed iniziative per garantire alla rete ferroviaria regionale gli standard di sicurezza nazionali ed europei e chiarimenti in ordine alle risorse destinate a tali interventi (Vedi l'allegato A – Interpellanze urgenti).
  Chiedo all'onorevole De Lorenzis se intenda illustrare la sua interpellanza o se si riservi di intervenire in sede di replica.

  DIEGO DE LORENZIS. Grazie, Presidente. Il 12 luglio 2016, quindi appena due settimane fa o poco più, alle ore 11,38 si è verificato uno scontro frontale tra due convogli, come ormai tutti sanno, sulla linea ferroviaria tra Bari e Barletta, nel tratto appunto da Andria a Corato. In questo scontro sono praticamente decedute 23 persone e c’è stato il conseguente ferimento di altri 50 passeggeri. La linea è gestita dalla Ferrotramviaria Spa, che è una società a totale capitale privato, e nell'informativa resa dal Ministro si è quasi provato a immaginare che questa fosse una delle cause di questo disastro. Ma faccio notare che Ferrovie Sud Est, le Ferrovie Appulo-Lucane ed altre, hanno in realtà come socio unico il Ministero delle Pag. 14infrastrutture e dei trasporti, quindi sono società assolutamente al 100 per cento pubbliche e che godono, se vogliamo dir così, degli stessi standard di sicurezza. La procura di Trani ha proceduto ovviamente a iscrivere nel registro degli indagati le prime persone, imputando a costoro i reati di omicidio colposo plurimo, lesioni colpose e disastro ferroviario. Il procuratore di Trani, però, ha specificato che parlare di un errore umano è assolutamente riduttivo. La procura di Trani, quindi, sta ovviamente facendo tutti gli accertamenti del caso per accertare eventuali responsabilità anche all'interno degli uffici del Ministero. La tragedia, Presidente – noi non la chiamiamo «incidente», perché un incidente è qualcosa che non si può prevenire e non si può prevedere – si è verificata in queste reti secondarie la cui costruzione ed esercizio erano affidati dallo Stato ad operatori privati o misti. Negli anni questi soggetti sono rientrati, poi, nella sfera di competenza delle regioni e degli altri enti locali, che stipulano, appunto, con queste società contratti di servizio. La gestione delle infrastrutture e dell'esercizio su tali linee è, quindi, in capo alle società esercenti.
  Queste reti hanno un'estensione, in Italia, di oltre 3.700 chilometri e, nell'ambito di queste reti, quelle che hanno il binario unico hanno un'estensione di 2.700 chilometri. Questo lo dico non per mettere in allarme tutti quei cittadini italiani che usano ogni giorno il binario unico, ma per far capire che quel tipo di rete è, in realtà, molto, molto diffusa ed ovviamente la sicurezza non è legata soltanto alla presenza del binario unico o di un binario raddoppiato – quindi, alla possibilità di aumentare la capacità dei treni –, ma è legata molto di più al numero di dispositivi di sicurezza, di adeguamenti tecnologici che possono intervenire in una pila, in una successione, in modo che, al fallimento di un primo dispositivo di sicurezza, possa intervenire quello successivo.
  Tra questi dispositivi di sicurezza, ovviamente, il sistema del consenso o blocco telefonico è quello – come è riconosciuto anche dal Ministro – tra i meno evoluti. Si tratta, fondamentalmente, di uno scambio telefonico tra due persone, di una telefonata tra i due capostazione, che, quindi, si accertano che il binario sia libero. Ovviamente, questo accordo verbale è soggetto ad errore umano.
  Presidente, nella tratta gestita dalla Rete Ferroviaria Italiana, quindi, dalla società del gruppo Ferrovie dello Stato, sulla rete nazionale sono stati investiti, dal 2000 – quindi, in quindici anni –, circa 7 miliardi proprio per adeguare questa rete nazionale ai più moderni sistemi di sicurezza. Quindi, a fronte di un intervento che è durato praticamente quindici anni su oltre 16 mila chilometri di rete, noi siamo qui anche a chiedere che questi interventi vengano fatti sui restanti 3.700 chilometri delle reti secondarie.
  Queste reti sono gestite, come abbiamo detto, da società pubbliche e private – sono circa trentaquattro –, ma hanno queste reti anche un'altra peculiarità: quella di essere sotto il controllo non dell'Agenzia nazionale della sicurezza delle ferrovie, come succede per la rete nazionale, ma di organi periferici di controllo, i cosiddetti USTIF, che sono una diretta emanazione del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti.
  La procura ha detto che bastava un investimento di poco meno di 2 milioni di euro per evitare l'incidente: quindi, dotare la linea di un sistema automatizzato di blocco del treno. Noi, ovviamente, riteniamo che queste cifre verranno accertate, ma un punto è chiaro: che non si può fare una discriminazione in termini di sicurezza tra i servizi a mercato, quindi, quelli che si pagano interamente con il biglietto, e i servizi universali, quelli dove, in particolare, lo Stato e gli enti locali contribuiscono con fondi pubblici e, quindi, tra le tratte regionali e quelle nazionali.
  Quello che si è verificato in Puglia, quindi, mostra, secondo noi, ancora una volta, un generale fallimento delle politiche del Governo, di questo Governo e dei precedenti, nelle politiche dei trasporti e delle infrastrutture. Questo lo diciamo con cognizione di causa, perché sappiamo che c’è un abbandono fondamentale della programmazione Pag. 15degli interventi e delle risorse, una inadeguatezza degli stessi stanziamenti in termini economici proprio per questi ammodernamenti e per questi adeguamenti e, ovviamente, gli interventi sul trasporto pubblico urbano ed extraurbano sono sotto gli occhi di tutti in molte realtà italiane.
  Questa sarebbe soltanto la cronistoria di quello che è già accaduto e di quello che oggi tutti conoscono per mezzo della stampa e dei telegiornali, ma noi diamo qualche informazione in più, Presidente. Il decreto legislativo del 15 luglio del 2015, n. 112, ha esteso le competenze dell'Agenzia nazionale per la sicurezza delle ferrovie alle reti regionali. Quindi, ad oggi, i 3.700 chilometri dovrebbero già essere di competenza dell'Agenzia nazionale per la sicurezza delle ferrovie, soltanto che l'Agenzia non si prende la responsabilità proprio perché non ha, poi, la possibilità, la capacità di intervenire su quei soggetti che quegli investimenti per l'ammodernamento in sicurezza dovrebbero fare.
  Il 30 gennaio del 2013 – quindi, sono passati già tre anni –, la Commissione europea ha presentato il quarto pacchetto ferroviario, cioè quella serie di misure – appunto, per la quarta volta – volte a completare lo spazio ferroviario europeo. Questi provvedimenti sono stati approvati, in sede europea, il 15 giugno del 2016: sono due direttive e un regolamento. Questo pacchetto di norme prevede il completamento dell'area ferroviaria europea e la semplificazione dell'entrata di nuovi operatori nel mercato.
  In particolare, si vuole garantire l'interoperabilità ferroviaria, ma, ovviamente, per far questo serve uno schema armonizzato per la sicurezza: cioè, per fare andare qualunque treno su qualunque rete ferroviaria europea, è ovvio che gli stessi standard di sicurezza devono essere garantiti su tutte le reti ferroviarie.
  Una di queste direttive sull'interoperabilità dovrà essere recepita dal nostro Paese entro il 16 giugno del 2019 e questo permetterà, quindi, da una parte, di elevare gli stessi standard di sicurezza su tutto il territorio nazionale e su tutto il territorio europeo e, dall'altra parte, di pretendere che l'Agenzia nazionale vigili e monitori la sicurezza su tutte le reti, anche su quelle regionali.
  Però, Presidente, c’è da dire che la direttiva 2016/798/UE prevede anche la possibilità che ciascuno Stato membro – quindi, tra questi, anche l'Italia – applichi le disposizioni per l'implementazione degli stessi standard di sicurezza anche alle reti metropolitane e tranviarie e a quelle ferroviarie locali. Quindi, non c’è alcuna esclusione normativa che impedisca al nostro Paese di dare gli stessi standard di sicurezza a tutte le reti ferroviarie.
  Ovviamente, Rete ferroviaria italiana avrebbe tutte le conoscenze, tutte le competenze e anche le capacità e le risorse finanziarie per fare questi investimenti e, quindi, per ammodernare tutte le reti secondarie. Noi auspichiamo un coinvolgimento della società di Ferrovie dello Stato, che possa dare, appunto, un contributo decisivo per una risoluzione rapida del problema.
  C’è un altro provvedimento, Presidente, che è il caso di citare: è il decreto ministeriale n. 28/T del 5 agosto 2005, che prevede l'individuazione delle reti ferroviarie e dei criteri relativi alla determinazione dei canoni di accesso ed all'assegnazione della capacità di infrastruttura da adottarsi riguardo alle predette reti, dei criteri relativi alla gestione delle licenze e delle modalità di coordinamento delle funzioni dello Stato e delle regioni con riguardo alle questioni inerenti la sicurezza della circolazione ferroviaria. Questo provvedimento elenca le reti ferroviarie locali e regionali che presentano almeno una interconnessione con la rete nazionale, consentendo, quindi, tecnicamente e funzionalmente l'interscambio. Cioè, sono quelle reti dove, teoricamente, potrebbero circolare treni di qualunque vettore, perché, appunto, non ci dovrebbe essere distinzione alcuna, secondo l'Unione europea, tra pochi anni, tra i treni che circolano sulle reti locali e quelli che circolano sulle reti nazionali.
  Il decreto ministeriale n. 81/T del 19 marzo 2008 – quindi, stiamo parlando di Pag. 16un provvedimento di otto anni fa –, la direttiva sulla sicurezza della circolazione ferroviaria, emanata dal Ministero dei trasporti, stabilisce che i gestori delle reti regionali interconnesse alla rete nazionale – quindi, quelle elencate nel precedente provvedimento – devono entro tre anni – quindi, avrebbero dovuto farlo entro il 2011 –, attrezzare le linee ferroviarie di propria competenza con sistemi di prevenzione della marcia del treno atti a garantire i medesimi livelli di sicurezza e, entro lo stesso termine, fare in modo che anche i treni che circolano su quelle reti regionali debbano essere attrezzati con sistemi di bordo compatibili con i sistemi previsti sui binari.
  Questo, Presidente, lo dico proprio perché, nel 2008, c'era un provvedimento della Repubblica italiana – del Ministero –, che prevedeva già l'adeguamento entro tre anni, entro il 2011, stabilendo che tutte le reti regionali interconnesse con la rete nazionale dovessero avere gli stessi standard di sicurezza. Quindi, noi, per una volta, eravamo addirittura avanti rispetto ai provvedimenti che oggi l'Unione europea ci impone. In realtà, abbiamo evidentemente perso, dal 2011 al 2016, ben cinque anni in sicurezza ferroviaria.
  Vengo, poi, ad un altro capitolo, Presidente: le risorse annunciate dal Governo. Il Ministro Delrio, nel corso dei giorni successivi a quella tragedia, quella relativa ad Andria e Corato, negli interventi che ha svolto alle Camere – quindi, sia qui alla Camera dei Deputati sia al Senato della Repubblica – ha più volte richiamato la presenza di risorse ingenti pari a circa 18 miliardi, 9 nel 2015 e 9 nel 2016, riferendosi, quindi, in maniera assolutamente non chiara a queste risorse, che immagino siano quelle stabilite nel contratto di programma RFI per il suo aggiornamento, che però, appunto, riguardano in massima parte la rete nazionale e non quelle secondarie come il Ministro ha voluto far intendere. E poi, nel corso dell'informativa, il Ministro ha citato anche un ulteriore miliardo e 800 milioni, concordati proprio quel giorno con il sottosegretario De Vincenti. Quindi, si è parlato di queste risorse senza alcun minimo accenno ai provvedimenti e al dettaglio di queste risorse.
  Ora, ieri c’è stato un Consiglio dei ministri e noi non abbiamo notizie che, appunto, nel Consiglio dei ministri appena utile dopo quel dramma, ci siano stati questi stanziamenti di risorse.
  Ma io, Presidente, rincaro la dose: al di là degli annunci che il Ministro ha voluto fare in quella sede, qui c'era da stabilire, il giorno dopo, due priorità: la prima è di rimpinguare il Fondo nazionale per il trasporto pubblico, che ha una dotazione di 5 miliardi, di un ulteriore miliardo e mezzo, perché ogni anno, a fronte di una spesa degli enti locali, delle regioni e delle società che fanno trasporto pubblico, questi costi sono pari a 6 miliardi e mezzo e lo Stato eroga 5 miliardi. Questo si traduce inevitabilmente in tagli di servizi, evidentemente, oppure in aumenti tariffari. E una parte di questi costi coprono i costi di manutenzione della rete, quindi è evidente che questi gestori, se continuano a fare manutenzione ordinaria, taglieranno sugli investimenti, che sono ammodernamenti e, ovviamente, elevazione degli standard di sicurezza. Quindi, questo era il minimo sindacale che il Ministro avrebbe dovuto dire in Aula: non una misura straordinaria, ma garantire ai cittadini italiani le risorse ordinarie.
  E poi c’è un altro tema, come dicevo, che il Ministro avrebbe dovuto sollevare in quel momento, e cioè quello della prescrizione, Presidente: il Ministro, nell'informativa, ha annunciato una Commissione di inchiesta interna, con lo scopo di accertare le cause. Ma io mi chiedo, Presidente: nel momento in cui, il 29 giugno del 2009, a Viareggio, c’è stata un'altra strage ferroviaria, in cui la stazione di Viareggio si è trasformata letteralmente in un inferno, Presidente, e concludo, con 30 morti, e dopo appena praticamente sei anni, sette anni, il processo di primo grado rischia la prescrizione, quindi rischiamo come collettività, come Paese, di dimenticarci assolutamente...

  PRESIDENTE. Concluda.

Pag. 17

  DIEGO DE LORENZIS. ...di dimenticarci assolutamente – concludo – la responsabilità di quella strage, mi chiedo perché ancora oggi, al Senato della Repubblica, questo Governo fa un accordo al ribasso con Alfano e Verdini proprio sui tempi della prescrizione, Presidente. Quindi, chiediamo chiarimenti su questo.

  PRESIDENTE. La sottosegretaria di Stato per le infrastrutture e i trasporti, Simona Vicari, ha facoltà di rispondere.

  SIMONA VICARI, Sottosegretaria di Stato per le infrastrutture e i trasporti. Grazie, Presidente. Sui contenuti dell'atto di sindacato ispettivo in discussione, segnalo preliminarmente che il 27 luglio la IX Commissione (Trasporti) ha approvato una risoluzione sul tema in argomento, che è stata accolta dal Governo ed è stata condivisa da tutte le forze politiche, a dimostrazione che, su un tema così importante come la sicurezza, non vi è prevalenza tra gruppi politici o tra gli stessi e il Governo, ma vi è comune condivisione sul miglioramento della qualità del trasporto locale in termini di sicurezza.
  Ciò premesso, in relazione al primo quesito, nell'ordine dell'interpellanza, confermo la volontà del Governo di adottare le iniziative necessarie per pervenire quanto prima all'estensione delle competenze relative alla vigilanza sulla sicurezza dell'Agenzia nazionale per la sicurezza delle ferrovie alle reti ferroviarie regionali non isolate, anche in considerazione dell'apporto che l'Agenzia stessa potrà fornire con riferimento alla programmazione e attuazione degli interventi di adeguamento delle dotazioni tecnologiche di sicurezza delle suddette reti.
  In riferimento alla richiesta di recepimento anticipato delle norme europee, che costituiscono il cosiddetto «pilastro tecnico» del quarto pacchetto ferroviario, faccio presente che le nuove direttive non introducono particolari novità nel campo della sicurezza e dei relativi standard rispetto, invece, a quanto è stato già introdotto con le vigenti direttive europee. Infatti, le principali novità riguardano le nuove competenze dell'Agenzia europea, per esempio il rilascio dei certificati di sicurezza, che fino ad oggi era di sola competenza delle agenzie nazionali, e l'individuazione, con maggiore dettaglio, dei soggetti monitorati e delle loro responsabilità nella gestione della sicurezza. Sul punto segnalo che il Governo sta lavorando affinché, nei tempi adeguati, si giunga al recepimento di tali norme europee.
  Sul punto 2, si segnala che è intenzione del Governo avviare una ricognizione, finalizzata non solo a fare il punto sulle condizioni di sicurezza delle cosiddette linee minori, ma anche a quantificare gli investimenti necessari all'adeguamento della sicurezza nel suo complesso.
  Quanto al quesito in tema di prescrizione del reato, il Ministero della giustizia osserva come ogni iniziativa di riforma dell'istituto della prescrizione non possa prescindere dalla necessità di contemperare diverse esigenze: da un lato, quella di assicurare alla giurisdizione tempi congrui allo svolgimento delle attività di accertamento dei fatti di reato, onde evitare che le legittime pretese punitive vengano frustrate; dall'altro, quella di garantire la ragionevole durata del processo (articolo 111 della Costituzione e articolo 6 della Convenzione europea dei diritti dell'uomo), conservando alla prescrizione la sua attuale funzione di impulso.
  Nella piena consapevolezza della delicatezza del tema, il Governo ha presentato alle Camere, come è noto, il disegno di legge a cui lei faceva riferimento, l'Atto Senato 2067, recante modifiche al codice penale e al codice di procedura penale per il rafforzamento delle garanzie difensive e la durata ragionevole dei processi, nonché all'ordinamento penitenziario per l'effettività rieducativa della pena, nel cui ambito è inserita, appunto, anche la riforma dell'istituto della prescrizione.
  Le disposizioni del disegno di legge intendono modificare la disciplina della prescrizione, in vista di un opportuno contemperamento dell'esigenza di evitare che il decorso del termine impedisca, di Pag. 18fatto, all'accertamento processuale di potersi svolgere in tempi compatibili con l'accertamento dei reati e di quella, propria dell'imputato, di essere tutelato dalla eventualità di rimanere sottoposto al procedimento penale per una durata irragionevole.
  In estrema sintesi, il nucleo della riforma si incentra sulla funzione assegnata alla sentenza di condanna di primo grado, che, affermando la responsabilità dell'imputato, deve essere opportunamente valutata in relazione alla efficacia interruttiva della prescrizione.
  Di conseguenza, sono state previste specifiche parentesi di sospensione, affinché il giudizio di impugnazione disponga di un congruo tempo di svolgimento. Opportuni contemperamenti sono introdotti per i casi in cui la sentenza di condanna sia riformata o annullata.
  Ulteriori disposizioni disciplinano un'ulteriore causa di sospensione, in caso di rogatoria internazionale, e precisano i confini del periodo di sospensione nei casi, già previsti, di richieste di autorizzazione a procedere e di deferimento della questione ad altro giudizio.
  Il disegno di legge prevede, poi, un'opportuna disciplina transitoria, in ossequio al principio di irretroattività delle norme sostanziali sfavorevoli, stabilito dall'articolo 2 del codice penale e di immediata derivazione costituzionale.
  L'iniziativa riformatrice in materia di prescrizione interviene, pertanto, sui meccanismi della interruzione e della sospensione del tempo complessivo di estinzione del reato, che, come è noto, è invece commisurato al limite edittale della pena prevista per ciascuna fattispecie incriminatrice.
  Il delitto di disastro ferroviario, previsto dall'articolo 430 del codice penale, è attualmente punito con la reclusione da cinque a quindici anni ed è, pertanto, in riferimento a tale cornice sanzionatoria che dovrà essere computato il termine di prescrizione.
  La questione, invece, delle risorse destinate a opere e a manutenzione riguarda in maniera specifica le reti regionali. Invece, sulla rete ferroviaria nazionale gestita da RFI, le risorse destinate agli investimenti, compresi quelli inerenti la sicurezza della circolazione e quelli destinati alla manutenzione, sia ordinaria che straordinaria, sono, come è noto, regolate da due diversi contratti di programma: l'uno relativo agli investimenti per lo sviluppo della rete, l'altro relativo ai servizi di manutenzione ordinaria e straordinaria.
  Per l'attuazione degli interventi previsti nel solo contratto di programma, parte Investimenti, con RFI, negli anni 2015 e 2016, sono stati stanziati, dalle rispettive leggi di stabilità e da altre disposizioni di spesa, tra cui quelle del fondo sviluppo e coesione, complessivamente circa venti miliardi di cui una parte estremamente significativa legata alla sicurezza.
  Sulla trasparenza e pubblicità dei finanziamenti, informo che la trasparenza dei dati relativi ai finanziamenti riportati nei contratti di programma con RFI è garantita sia dalla pubblicazione finale sul sito web del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti dei contratti stessi una volta che sono stati approvati definitivamente, sia dalle norme vigenti che stabiliscono un complesso iter che precede la stipula di detti atti. La procedura di informazione viene regolarmente seguita sia per i contratti di programma che per i loro aggiornamenti.
  Per il sesto quesito, riprendo proprio il contenuto della risoluzione a cui facevo riferimento all'inizio, approvata il 27 luglio scorso, si ribadisce l'intenzione del Governo ad assumere ogni iniziativa volta a provvedere ad una ricognizione da parte del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti delle condizioni di sicurezza delle reti ferroviarie locali e regionali, isolate e non isolate, adibite al trasporto passeggeri, delle reti ferroviarie adibite alla prestazione di servizi passeggeri urbani e suburbani e delle infrastrutture ferroviarie, anche private, adibite alle operazioni merci, sprovviste di sistemi di controllo automatizzati, dei relativi regimi di circolazione e dei progetti di ammodernamento, potenziamento e messa in sicurezza, Pag. 19incluso lo stato dei passaggi a livello e tutto quello che riguarda la sicurezza ferroviaria di dette reti regionali.
  Ribadisco, inoltre, l'intenzione di assumere conseguentemente tutte le iniziative utili per individuare, in accordo e in piena collaborazione con le regioni, gli interventi necessari per garantire, sulle reti ferroviarie regionali, adeguati livelli tecnologici di sicurezza, mediante l'installazione di sistemi automatici di controllo e per definire, anche attraverso un vero e proprio piano di adeguamento dei livelli tecnologici e di sicurezza delle reti ferroviarie regionali, tempi certi, prestabiliti anche di effettuazione dei suddetti interventi; di superare completamente il sistema del meccanismo del segnalamento telefonico, in modo da garantire il diritto alla sicurezza per coloro che viaggiano nelle tratte ferroviarie regionali, adottando tecnologie moderne e avanzate come quelle utilizzate per la sicurezza della rete ferroviaria nazionale.
  Infine, in merito al coinvolgimento di RFI informo, inoltre, che sono in corso contatti tra alcune regioni e la stessa RFI al fine di individuare modalità che consentano una proficua collaborazione e un efficace utilizzo delle risorse stanziate per l'adeguamento, appunto, dei sistemi di sicurezza.

  PRESIDENTE. L'onorevole De Lorenzis ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatto per la risposta alla sua interpellanza, con la preghiera di attenersi ai tempi.

  DIEGO DE LORENZIS. Presidente, io, ovviamente, non posso dirmi soddisfatto. La sottosegretaria Vicari ha citato la risoluzione che ovviamente in parte è stata scritta anche da noi, ci sono quei tre impegni che citavo prima. Quello sulla prescrizione è un tema assolutamente non affrontato dalla risposta della sottosegretaria, perché il meccanismo che lei cita è esattamente l'opposto; in questi casi, le persone che sono condannate in primo grado chiedono ovviamente di andare in appello proprio perché sanno che i tempi della prescrizione sono a loro favore e, quindi, in qualche modo non si raggiungerà mai la certezza delle responsabilità, in questi casi, e soprattutto in questi casi di disastro ferroviario. Per questo tipo di reati l'istituto della prescrizione dovrebbe essere proprio abrogato.
  Come dicevo, Presidente, nella risoluzione si parla di risorse ordinarie. Io ho chiesto di sapere se il Fondo nazionale per il trasporto pubblico locale sarà dotato dei 6 miliardi e mezzo di cui ha bisogno, al di là delle politiche di efficienza che gli enti locali e le società devono mettere in campo.
  Poi, Presidente, la sottosegretaria mi ha detto che, ovviamente, il Governo farà di tutto per recepire le direttive europee.
  E, voglio dire, mi sembra una banalità, le direttive europee sono fatte per essere recepite, e dire «nel più breve tempo possibile», tenuto conto che siamo nel 2016 e il recepimento ha scadenza a giugno 2019, in realtà, vuol dire, semplicemente, fare la scoperta dell'acqua calda; io speravo un termine perentorio, mi sarei anche accontentato della fine del 2017, insomma, un termine che anticipasse quello già previsto dalle norme europee.
  Ancora, Presidente, non posso dirmi soddisfatto, perché avevamo praticamente chiesto come garantire la trasparenza. Noi, a distanza di tre anni, quando il mio collega ha presentato la prima interrogazione sulle risorse e sui finanziamenti per quella tratta, per il raddoppio e l'ammodernamento di quella tratta, Corato-Andria, abbiamo dovuto attendere tre anni, proprio perché quelle risorse, così come vengono stanziate, non sono assolutamente reperibili su nessun sito, da nessuna parte, quindi, quando il Governo e i sottosegretari poi non vengono in Aula a dare risposte ai deputati, è ovvio che si parla molto di trasparenza, ma, ovviamente, non è possibile immaginare che la trasparenza sia applicata. Avevamo chiesto, anche, di sapere, in maniera molto chiara, quali fossero le regioni che stanno facendo accordi con RFI e se fosse possibile avere la possibilità di estendere questi accordi a tutte le regioni. Nella risposta della sottosegretaria non c’è alcuna risposta a questo quesito; quindi, Pag. 20anche qui, in realtà, c’è stato un giro di parole, tanto per, praticamente, non dire nulla. Nella nostra interpellanza chiedevamo anche se erano previsti dei poteri sostitutivi per quelle società, per quegli enti che non fanno gli ammodernamenti previsti, in modo da essere certi che tutti i cittadini italiani, in merito alla sicurezza ferroviaria, vengano trattati allo stesso modo. Non c’è stato neanche un accenno a ciò nella risposta data dal Governo, quindi, come è possibile dirsi soddisfatti di queste risposte, Presidente ?
  Avevamo chiesto chiarezza sui diciotto miliardi assegnati nel contratto di programma nelle leggi di stabilità, per sapere su quali interventi sono state assegnate queste risorse. Chiedevamo di sapere, con puntualità, queste risorse, e soprattutto il miliardo e ottocento milioni che il Ministro Delrio ha assicurato in Aula proprio per far fronte a queste esigenze, dove siano, dove siano state allocate queste risorse o se siano la solita promessa di questo Governo. Sappiamo che ieri c’è stato un Consiglio dei ministri e di questa misura, annunciata due settimane fa dal Ministro, non dal MoVimento 5 Stelle, non c’è alcuna traccia. Purtroppo, non è possibile fare slogan sulla sicurezza dei cittadini italiani. Ci dispiace, veramente, constatare che il Governo ha perso un'altra occasione, non soltanto per dare informazioni, ma per mettere in atto dei cambiamenti concreti che diano delle risposte certe ai cittadini italiani con delle date, con dei tempi di realizzazione assolutamente sicuri. Questa è stata, quindi, un'ennesima farsa, mi perdoni, sottosegretario, ma, sinceramente, ci saremmo aspettati da lei e dal Governo che rappresenta ben altre risposte.

(Chiarimenti ed iniziative in ordine alla disciplina relativa all'alienazione delle reti e degli impianti di distribuzione del gas naturale, con particolare riferimento alle disparità tra la valutazione dei cespiti dell'ente locale e quella dei cespiti del gestore privato uscente – n. 2-01415)

  PRESIDENTE. Passiamo all'interpellanza urgente Fabrizio Di Stefano e Occhiuto n. 2-01415, concernente chiarimenti ed iniziative in ordine alla disciplina relativa all'alienazione delle reti e degli impianti di distribuzione del gas naturale, con particolare riferimento alle disparità tra la valutazione dei cespiti dell'ente locale e quella dei cespiti del gestore privato uscente (Vedi l'allegato A – Interpellanze urgenti).
  Chiedo all'onorevole Di Stefano se intenda illustrare la sua interpellanza o se si riservi di intervenire in sede di replica.

  FABRIZIO DI STEFANO. Signor Presidente, è una interpellanza piuttosto complessa, cercherò di renderla più esplicativa possibile. Premesso che il decreto legislativo n. 164 del 2000, all'articolo 14, comma 4, dispone che: «Alla scadenza del periodo di affidamento del servizio, le reti, nonché gli impianti e le dotazioni dichiarati reversibili, rientrano nella piena disponibilità dell'ente locale». Le reti del gas sono configurabili, infatti, quali beni del cosiddetto patrimonio indisponibile e, ai sensi dell'articolo 826 del codice civile, «non possono essere sottratti alla loro destinazione, se non nei modi stabiliti dalle leggi che li riguardano». Tale previsione non impedisce che questi beni possano, però, essere oggetto di negozi giuridici, vietando solo di sottrarli alla funzione pubblica a cui sono destinati. Ai sensi, quindi, dell'articolo 15, comma 5, del decreto legislativo n.164 del 2000, già citato, e di tutte le sue successive modificazioni, si stabilisce che il valore di rimborso al gestore uscente deve essere calcolato nel rispetto di quanto stabilito nelle convenzioni o nei contratti, purché stipulati prima della data di entrata in vigore del regolamento di cui al decreto stesso, a quello successivo del novembre 2011 e, per quanto non desumibile dalla volontà delle parti nonché per gli aspetti non disciplinati delle medesime convenzioni.
  Il decreto del 2000, insomma, non disciplina come valutare le reti e gli impianti di proprietà dell'ente locale, né quello successivo, quello del 2011 (regolamento per i criteri di gara per la valutazione dell'offerta e dell'affidamento), in quanto Pag. 21tratta solo la valutazione dei cespiti dei proprietà del gestore uscente. Il Ministero dello sviluppo economico, a questo punto, con decreto del 22 maggio 2014, ha approvato le linee guida sui criteri modalità applicative per la valutazione del valore dei rimborsi degli impianti di distribuzione di gas naturale. Queste linee guida, al capitolo 19, specificano le informazioni e i documenti che il gestore uscente è tenuto a condividere con l'ente; tra questi, l'amministrazione comunale deve procedere, in contraddittorio con il gestore uscente, per determinare il valore industriale residuo, cosiddetto VIR, ad esso spettante, quindi calcolato con le norme sopra esposte.
  Il comune, alla comunicazione dei dati fisici ed economici dei cespiti di proprietà del gestore uscente, se interessato a cedere le sue proprietà, dovrà comunicare alla stazione appaltante la volontà di mettere in gara anche gli impianti del gas di proprietà del comune. L'ente locale, quindi, si trova a dover condivide la valutazione degli impianti del gestore uscente a valore di VIR e a dover approvare la valutazione dei suoi impianti a valore di RAB (Regulatory Asset Base), consapevole della diversità di trattamento, con evidente sottovalutazione dei suoi cespiti, cosa che potrebbe fare intravedere, anche da parte della Corte dei conti, un danno patrimoniale a carico degli amministratori che lo hanno approvato. Di tutta risposta, il Ministero, a un chiarimento, una FAQ chiesta dall'ANCI Lombardia, circa la possibilità per gli enti locali di alienare il proprio asset costituito appunto dalla rete e dagli impianti di distribuzione del gas naturale, risponde: «Tenuto conto della circostanza della prossimità delle gare d'ambito per l'affidamento del servizio della distribuzione del gas naturale, si ritiene che la tutela di interessi pubblici quali la trasparenza e l'ampio confronto competitivo alle gare, nonché la tutela del consumatore finale da rialzi del prezzo della fornitura, indichino quale sede più opportuna per l'eventuale alienazione dei beni patrimoniali nella titolarità dell'ente locale, proprio le future gare d'ambito; in questa sede, per via dei limiti sopra espressi, i beni patrimoniali in dotazione all'ente locale potranno essere ceduti in concomitanza della gara, inserendoli nel bando di gara e trasferendoli al soggetto privato aggiudicatario del servizio». Pertanto, ad avviso del Ministero, si deduce che la vendita di reti e di impianti di proprietà pubblica, contestualmente alla gara per l'affidamento del servizio distribuzione gas, non solo appare legittima, ma diviene addirittura la soluzione ottimale per procedere all'alienazione degli stessi cespiti.
  Ancora, nella risposta del Ministero si conclude spiegando che, in conformità con lo spirito delle norme vigenti, il valore di trasferimento è pari al valore delle immobilizzazioni nette di località del servizio di distribuzione. In buona sostanza, vengono alienati in conto capitale i contributi privati relativi al cespite del cosiddetto RAB, come riconosciuto dall'Autorità nella tariffa valida per la gestione. È chiaro che le norme sopra esposte si prestano a una criticità non di poco conto.
  Non si comprende infatti per quale ragione, nel caso in cui ad alienare le reti sia un soggetto privato, questi debba percepire il VIR, mentre, qualora questo avvenga da parte dell'ente pubblico, l'ente pubblico stesso debba percepire la RAB, con una disparità di costi evidentissima, perché tutto quanto questo viene calcolato al netto dei contributi pubblici e privati relativi alla sua costituzione e dei degradi in base alla vetustà dello stesso. L'ente locale, in buona sostanza, si trova in una insostenibile posizione, in quanto dovrà condividere la valutazione a VIR dei cespiti di proprietà del gestore uscente e valutare i suoi cespiti a RAB, consapevole della considerevole differenza di prezzo applicata ai due asset, il tutto a favore del gestore uscente, quindi del privato.
  In buona sostanza: se vende il pubblico, vale uno, se vende il privato, vale tre. L'articolo 7, comma 2, del decreto n. 226 del 2011, disciplina appunto queste modalità di cessione degli impianti, e ribadisce che il gestore uscente cede la proprietà Pag. 22della propria porzione di impianto al gestore subentrante alla valutazione del cosiddetto VIR, valore di rimborso.
  L'articolo 8, invece, modifica la modalità di remunerazione pubblica, c’è quindi una disparità di remunerazione del relativo capitale investito ai fini tariffari, in questo caso la RAB. Inoltre, si invita a tenere conto che i gestori hanno inserito nei sistemi RAB, messi a loro disposizione dall'Autorità per l'energia elettrica, il gas e il sistema idrico anche i valori dei beni di proprietà dell'ente locale, senza aver chiesto ad essi i relativi costi sostenuti. La RAB, in buona sostanza, è gestita esclusivamente dal gestore, l'ente locale non conosce il valore che l'autorità riconosce alle sue proprietà, anzi l'Autorità per l'energia elettrica, il gas e il sistema idrico lo mette a disposizione del solo gestore, sia per le sue proprietà che per quelle del comune in fase di gara all'ente appaltante.
  È chiaro che le norme in materia hanno stabilito, sulla base della risposta FAQ del Ministero dello sviluppo economico, che chiaramente non ha portata normativa, che le tariffe possono aumentare anche a causa dell'incremento del valore dei cespiti di proprietà del gestore (VIR) rispetto alla sua attuale RAB, ma non possono avere lo stesso trattamento per i cespiti di proprietà dell'ente locale anche se la RAB relativa ai suoi impianti non è stata inserita o da essa verificata nella sua correttezza.
  Quanto asserito nella FAQ dal Ministero dello sviluppo economico, che non ha portata normativa, è in evidente contrasto, secondo noi, con il dettato della Costituzione, che impone all'amministrazione pubblica di valorizzare i propri beni e di ricavarne il massimo importo percepibile. Quindi, secondo quanto riportato nel sito del Ministero con la predetta FAQ, che non ha portata normativa, vale la pena evidenziare: se ad alienare le reti gas è un gestore, questi ha diritto a percepire il VIR, valore industriale residuo; se invece ad alienare le reti gas è un comune, quindi un ente pubblico, questi ha diritto a percepire la RAB, corrispondente al valore a libro contabile delle reti gas, cioè un valore decisamente e nettamente inferiore.
  La risposta FAQ del Ministero dello sviluppo economico, contrariamente ad ogni logica, stabilisce che il valore ai cespiti degli impianti del gas viene assegnato in funzione non del valore stesso ma di chi è il proprietario; non è il cespite che ha il suo valore ma chi lo cede o l'acquista; addirittura, se è del gestore, il valore viene calcolato in base al suo costo attuale di ricostruzione, a nulla rilevando le differenze costruttive del momento della sua reale realizzazione. Infatti, questi non si trova nell'esplicazione di una propria funzione pubblicistica, si trova invece in una situazione di carattere privatistico, cioè quella di un titolare di un cespite che intende alienare.
  Si tiene, inoltre, a mettere in evidenza che il gestore uscente, durante tutta la pluriennale durata della concessione, ha avuto già il riconoscimento dell'importo degli investimenti, calcolati al lordo dei contributi, con la relativa remunerazione in tariffa – quindi è già stato pagato questo investimento –, anche per i cespiti di proprietà dell'ente locale. Inoltre, sempre il gestore uscente, negli anni di durata della concessione ha perfino fiscalmente avuto il riconoscimento dell'ammortamento dei suddetti costi di realizzazione degli impianti, calcolato sempre al lordo dei contributi percepiti. Di tutto questo, invece, non ha beneficio l'ente locale, in quanto rimasto ad esclusivo beneficio del gestore.
  Ora, in fase di gara, a fronte di un cespite del gestore uscente, forse – io dico sicuramente – già totalmente ammortizzato e forse totalmente ulteriormente remunerato, sia dalla tariffa che dai contributi pubblici e privati degli utenti, gli viene riconosciuto un valore partendo dalla base del costo di ricostruzione ad oggi, anche se gli impianti sono stati realizzati con norme diverse e meno onerose. Solo a titolo esemplificativo, potremmo pensare che è cambiata la profondità dell'intubamento dei tubi: oggi è a 1 metro, mentre nel 1984 era a 0,60 metri; per calcolare il VIR da riconoscere al gestore uscente viene considerato Pag. 23come se il tubo fosse tutto posato a un metro sottoterra, anziché a 0,60.
  È evidente che il riempimento dello scavo in precedenza veniva effettuato principalmente con il materiale di scavo, ora invece bisogna attenersi a nuove disposizioni e regolamenti, per sabbia, inerti e misto cementato. È chiaro anche tutto quanto cambia in termini di valore: valore che al privato viene riconosciuto, e al pubblico no !
  Le stazioni appaltanti, ritenendo valida la predetta FAQ, ritengono di mettere eventualmente in vendita nella gara d'ambito le proprietà dell'ente a valore RAB e le proprietà del gestore a valore VIR: è evidente la disparità di trattamento, per quanto risulta agli interpellanti. Ma non solo agli interpellanti, anche ad alcuni amministratori locali: cito il sindaco di Lecco, il sindaco di Venezia, che nel marzo e nel maggio di quest'anno rispettivamente hanno inoltrato al Presidente del Consiglio una missiva nella quale si chiede appunto di intervenire in tal senso.
  Alla luce di tutto quanto questo noi siamo a chiedere quali siano le norme che supportano quanto affermato nella risposta FAQ del Ministero dello sviluppo economico richiamata in premessa; se si intenda rimuovere il chiarimento pubblicato sul sito Internet del Ministero dello sviluppo economico prima citato; se si intenda adottare ogni opportuna iniziativa volta a modificare il decreto ministeriale n. 226 del 2011, in modo da permettere ai comuni di alienare le reti per la distribuzione del gas al VIR, quindi con un valore superiore, o come per i gestori uscenti, perché questa disparità di valutazione è assurda; se si intendano quindi assumere iniziative per eliminare comunque la disparità di trattamento che attualmente sussiste tra gestore uscente ed ente locale, ponendosi così in linea con i principi costituzionali; e se infine, in virtù di tutto quanto sopra esposto, le dichiarazioni richiamate in premessa siano compatibili con la normativa comunitaria, e in particolar modo se non si possa ravvisare, attraverso questa disparità, un particolare riferimento alla disciplina degli aiuti di Stato.

  PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per lo sviluppo economico, Ivan Scalfarotto, ha facoltà di rispondere.

  IVAN SCALFAROTTO, Sottosegretario di Stato per lo sviluppo economico. Signor Presidente, con l'interpellanza dell'onorevole Di Stefano si chiede il motivo dell'indicazione operata dal Ministero dello sviluppo economico nelle proprie FAQ, cioè le frequently asked questions, le risposte alle domande più frequenti sul sito web, circa l'utilizzo della metodologia di valorizzazione a RAB (regulatory asset base), cioè il valore degli asset di una società regolata al costo storico rivalutato, degli asset della distribuzione del gas naturale, laddove tali beni siano di proprietà dell'ente locale che decide di alienarli. Si chiede, altresì, se questo metodo di valorizzazione sia discriminante nei confronti degli enti locali, atteso che i concessionari uscenti vedono invece valorizzato il proprio assetto al più alto valore di VIR, cioè il valore industriale residuo.
  Per inquadrare la questione, si deve premettere che la facoltà di alienazione del patrimonio disponibile dei comuni non è prevista dall'attuale normativa sugli enti pubblici locali, ma deriva unicamente da una recente elaborazione giurisprudenziale che presenta un'evoluzione dell'interpretazione del concetto di indisponibilità dei beni pubblici, che argomenta che essi possano essere alienati «fatto salvo il vincolo di destinazione degli stessi», ossia in questo caso lo svolgimento del servizio pubblico locale di distribuzione del gas naturale.
  Partendo da questa necessaria premessa, la pagina con le domande più poste di questo Ministero, le FAQ, ha dato una lettura in chiave sistematica del quadro normativo esistente, che nulla dice espressamente a tale riguardo, tenuto conto anche dell'approssimarsi delle gare per l'affidamento del servizio di distribuzione del gas. In particolare, il Ministero ha Pag. 24individuato nelle prossime gare d'ambito la sede più opportuna per procedere all'eventuale alienazione delle reti di proprietà comunale, laddove il comune, assumendosene le responsabilità a seguito di tale interpretazione giurisprudenziale, si sia così determinato, proprio per assicurare il vincolo di destinazione dei beni con il loro passaggio al vincitore della gara d'ambito stessa.
  Il Mise ha dato altresì un'indicazione, basata sull'assetto regolatorio esistente, in merito al valore di riferimento per la valorizzazione della rete: che è in tal caso la RAB, quindi regulatory asset base, ossia il valore che tali beni hanno ai fini tariffari, anche rivalutata se il suo valore sia anormalmente basso, in quanto l'ente locale non ha in passato provveduto ad una corretta imputazione in essa della consistenza della rete.
  Il decreto legislativo n. 164 del 2000, infatti, ha previsto la valorizzazione della rete ceduta al VIR, valore industriale residuo, che è in genere superiore alla RAB: lo ha fatto solo per i distributori uscenti come forma di compensazione del fatto che la loro concessione di distribuzione è stata interrotta ex lege prima della sua scadenza, per permettere lo svolgimento delle gare pubbliche, ed essi si sono quindi trovati a dover cedere obbligatoriamente la loro rete a quello che sarà il nuovo gestore d'ambito aggiudicatario della gara.
  Si ritiene quindi che non vi sia alcuna discriminazione tra enti locali e società di distribuzione, poiché le situazioni comparate non sono invero sullo stesso piano. Se il comune infatti decide autonomamente di cedere la propria rete in occasione della gara di ambito, si vedrà corrispondere il valore di RAB, corrispondente a quanto poi verrà riconosciuto dal regolatore in tariffa al nuovo gestore, che diverrà titolare della stessa rete, valore che in ogni caso verrebbe riconosciuto in tariffa all'ente locale, se non cedesse la rete. Al contrario, qualora in un bando di gara la rete comunale fosse valorizzata a VIR e l'aggiudicatario corrispondesse all'ente locale tale valore invece della RAB, la differenza tra VIR e RAB non verrebbe a comunque riconosciuta in tariffa dall'Autorità per l'energia elettrica ed il gas, e quindi rimarrebbe a carico dell'aggiudicatario: questo comporterebbe un forte disincentivo a partecipare alle gare di ambito.
  Infine, relativamente alla specifica richiesta di verifica della compatibilità della normativa richiamata nell'interpellanza con il diritto dell'Unione europea in materia di aiuti di Stato, faccio presente che le norme richiamate non presentano profili di incompatibilità: infatti l'indennizzo VIR, che viene corrisposto al gestore uscente al momento del subentro nella concessione del servizio da parte del nuovo gestore vincitore della gara d'ambito, corrisponde al valore industriale residuo degli impianti di cui esso è titolare, senza che esso arrechi alcun beneficio economico al soggetto. Evidenzio che il requisito del beneficio economico o vantaggio è uno dei requisiti, insieme alla selettività, al trasferimento di risorsa pubblica e all'incidenza sul mercato dell'Unione, necessari affinché, secondo il diritto dell'Unione europea ed il conforme diritto interno, una misura economica possa essere definita quale aiuto di Stato.

  PRESIDENTE. L'onorevole Fabrizio Di Stefano ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatto per la risposta alla sua interpellanza.

  FABRIZIO DI STEFANO. Signor Presidente, evidentemente sono assolutamente insoddisfatto, perché non si chiarisce. O meglio, purtroppo si è chiarita la ratio di questa scelta, che non è sfuggita al Ministero ma è voluta; nascondendosi dietro questi inutili, a mio avviso, anglicismi, di cui dovremmo privare almeno il nostro sistema normativo (FAQ, RAB), ricorrendo ad acronimi inglesi quando almeno VIR è un acronimo di lingua italiana, che è molto più lineare e più bello, e anche più comprensibile per chi ci ascolta.
  Io credo che sia chiara la disparità di trattamento. Per farci capire anche da chi questa materia così complessa giustamente non la mastica, questi impianti furono Pag. 25realizzati – parliamo di 20, 30 anni fa – soprattutto in aree svantaggiate dell'Italia, e furono realizzati quasi interamente con capitale pubblico. Nel Mezzogiorno d'Italia furono realizzati al 96 per cento con capitale pubblico da soggetti privati ! Il soggetto che li ha realizzati ha portato in detrazione fiscale anche tutta la somma, compresa quella che gli veniva da un fortissimo incentivo statale. Dopodiché avrebbe dovuto ammortizzare la somma residua da lui investita: e se no che impresa sarebbe, se non investe e se non si assume rischio d'impresa ? Nella tariffa è evidente che se in 20, 30, 40 anni di tariffa non ha ammortizzato questi costi, non solo non li ha ammortizzati, ma non li ha addirittura resi remunerativi: mi sembra assurdo !
  Ebbene, nonostante questo adesso il Ministero afferma che in virtù del fatto che loro hanno affrontato un rischio d'impresa 30, 40, 50 anni fa, bisogna riconoscere loro un valore superiore per ammortizzare il fatto che viene interrotto questo servizio ! Non ricalcoliamo il tutto, e visto che i costi di realizzazione sono stati già ampiamente ammortizzati in tutti questi anni di gestione, visto che questa valutazione non tiene presente il fatto che prima le norme erano più morbide e, quindi, permettevano all'impresa realizzatrice di scavare di meno, di andare meno in profondità, di procurarsi materiali per riempire a minor costo, magari di non dover asfaltare, come oggi sono tutte le strade italiane. Nonostante questo, gli riconosciamo un ulteriore vantaggio: tutto per compensarli di questa interruzione dopo trenta-quaranta anni di gestione. Non solo ma tutto questo non viene riconosciuto all'ente pubblico che magari in maniera sana e in maniera morigerata ha pensato opportunamente che un bene primario fosse gestito direttamente dall'ente stesso per tutelare i consumatori, quindi i propri cittadini. No, quelli vengono penalizzati e vengono remunerati secondo la VIR, quindi con una valutazione che, come ho detto in premessa, può in qualche caso essere un terzo più bassa del valore che, invece, verrebbe realizzato dal gestore privato. Tutto questo senza tener conto che, sebbene non condivida la definizione di non difformità degli aiuti di Stato, sicuramente credo sia condivisibile da tutti il fatto che un sindaco può essere tranquillamente richiamato dalla Corte dei conti perché la disparità di prezzo di mercato tra il bene venduto dal comune e quello venduto dal gestore privato è evidente. È come se si dicesse, per esplicitare tutto, che questa penna se venduta dal comune vale 10, se venduta dal gestore privato vale 30 ma sempre questa è la penna. Per quale motivo ci sia questa disparità ancora non l'abbiamo capito, se non per il fatto che evidentemente il gestore privato è molto più tutelato dell'ente pubblico.

(Chiarimenti circa i finanziamenti pubblici erogati alla Ericsson ed iniziative di competenza per la salvaguardia dei livelli produttivi ed occupazionali degli stabilimenti di Genova e Pisa – n. 2-01432)

  PRESIDENTE. Passiamo alla interpellanza urgente Quaranta ed altri n. 2-01432, concernente chiarimenti circa i finanziamenti pubblici erogati alla Ericsson ed iniziative di competenza per la salvaguardia dei livelli produttivi ed occupazionali degli stabilimenti di Genova e Pisa (Vedi l'allegato A – Interpellanze urgenti).
  Chiedo all'onorevole Quaranta se intenda illustrare la sua interpellanza o se si riservi di intervenire in sede di replica.

  STEFANO QUARANTA. Grazie, Presidente. Sottosegretario Scalfarotto, parliamo di Ericsson il cui recente piano industriale, come lei sa, prevede 385 esuberi in Italia su 4000 dipendenti, di cui 147 tra il 2016 e il 2017 nella sede di Genova. Insomma potremmo dire che lo stillicidio continua nel senso che abbiamo avuto diversi snellimenti dal punto di vista della tutela occupazionale nell'azienda in questi ultimi nove anni. Nella sede di Genova, che è quella sicuramente più penalizzata in questa lunga vicenda, siamo passati da 1100 lavoratori a 600. Eppure le Pag. 26premesse dell'impegno di Ericsson nel nostro Paese erano sembrate positive quando nel 2006 si acquisì la gloriosa e importante Marconi, uno dei punti di eccellenza dell'industria italiana e genovese. E poi ancora quando, il 24 maggio 2012, si firmò l'accordo di programma che vedeva sostanzialmente protagonisti qualche giorno prima, dopo l'inaugurazione della nuova sede nel Parco scientifico e tecnologico di Erzelli, tutti gli enti locali (comune, provincia e regione) e i Ministeri (il Mise e il Miur) che, nella sostanza, elargivano 42 milioni di euro (24 del Miur, 7 del Mise e 11 della regione Liguria) volti alla realizzazione di un nuovo centro di ricerca e di sviluppo. Il contributo pubblico era motivato anche nelle richieste dell'azienda dal fatto di voler sviluppare nuovi progetti di ricerca e ovviamente far crescere l'occupazione nel territorio. Poi cosa è accaduto ? La stessa Ericsson, nei primi mesi del 2014, sostanzialmente decide di non portare avanti i progetti che erano previsti da questo accordo e la regione Liguria contemporaneamente decide di detrarre 9 degli 11 milioni di euro che erano stati previsti. Più incerta e nebulosa, una delle domande che oggi poniamo, è la sorte dei fondi che fanno riferimento invece al Mise. Ora nel nuovo piano industriale che recentemente Ericsson ha presentato, cui facevo riferimento, oltre al tema grave degli esuberi vi è però in maniera manifesta ed esplicita una dichiarazione di interesse rispetto al progetto del Governo che riguarda la banda ultralarga.
  Ora sappiamo che il Mise intende investire ingenti risorse su questo progetto e certamente Ericsson avrebbe le competenze a partire dai lavoratori di Genova e di Pisa per potere essere protagonista di questa vicenda. Ora, nel frattempo, anche per il fatto che il Ministero stesso ha chiesto di prendere più tempo per rispondere a questa interpellanza urgente, sono scaduti i 45 giorni previsti per legge che consentivano di raggiungere un accordo tra azienda e sindacati e sono scaduti in maniera infruttuosa anche perché il 21 giugno l'azienda, senza dare alcuna spiegazione, ha pensato bene di non presentarsi al tavolo che era già stato fissato presso il Ministero dello sviluppo economico. Ora le domande a questo punto sono molto semplici e sono le due seguenti. La prima: chiarezza sui contributi del Mise rispetto ad Ericsson in questi anni e, nel caso, se gli investimenti fatti hanno rispettato l'accordo di programma. Seconda domanda: considerate le alte competenze presenti in particolare nella sede genovese e di Pisa, il Governo intende attivarsi seriamente per far ritirare gli esuberi da queste sedi e utilizzare le competenze importanti presenti magari per competere in maniera positiva e proficua nelle future gare che si svolgeranno nell'assegnazione dei progetti di banda ultralarga.

  PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per lo sviluppo economico, Ivan Scalfarotto, ha facoltà di rispondere.

  IVAN SCALFAROTTO, Sottosegretario di Stato per lo sviluppo economico. Grazie, Presidente. Il 20 aprile 2009 è stato siglato un protocollo di intesa tra il Ministero dello sviluppo economico e il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, la regione Liguria, la provincia e il comune di Genova e Ericsson Telecomunicazioni S.p.A. per la realizzazione nel territorio di Genova, località Erzelli, di un nuovo centro di ricerca e sviluppo di apparati e sistemi di telecomunicazioni. L'iniziativa si inseriva nel più ampio programma industriale genovese del polo tecnologico-scientifico «Progetto Leonardo» finalizzato alla riconversione di un'area interessata da crisi industriale siderurgica attraverso l'insediamento di grandi aziende dell’hi-tech e della facoltà di ingegneria dell'Università di Genova per dar vita a spin-off e a start-up tecnologiche. In data 18 maggio 2012, dando seguito al protocollo sopradetto, è stato firmato l'accordo di programma con l'obiettivo di contribuire allo sviluppo dell'area Erzelli mediante l'adozione di un articolato programma di interventi consistenti nella realizzazione da parte di Ericsson di progetti di ricerca industriale e sviluppo sperimentale Pag. 27per un costo complessivo di 73 milioni di euro dei quali 6.900.000 euro costituenti fonti di finanziamento Mise (FIT); 24 milioni di finanziamento Miur (FAR) e 11 milioni di finanziamento della regione Liguria. Preme far presente al riguardo che l'accordo non prevedeva agevolazioni relative ad investimenti industriali e, conseguentemente, non poteva imporre obblighi in capo all'impresa riguardo al mantenimento della capacità produttiva e dei livelli occupazionali. In attuazione dell'accordo, per quanto di competenza Miur, Ericsson Telecomunicazioni S.p.A. ha presentato tre progetti ai sensi dell'articolo 13 del decreto ministeriale n. 593 del 2000, di cui il primo (DM n. 64174 del 22 agosto 2012) con fondi a carico del Miur è attualmente sospeso in attesa che il Ministero in parola riceva dalla regione Liguria la disponibilità a reintegrare la somma originariamente prevista in accordo. Il secondo (DM n. 64439 del 14 marzo 2013) con fondi a carico sempre del Miur e della regione Liguria non è stato avviato per carenza di fondi a causa del definanziamento operato dalla regione Liguria. Il terzo (DM n. 64462) del 3 giugno 2013, ammesso al finanziamento con risorse che gravano in parte sul FAR e in parte sul POR-FESR Asse 1, Misura 1.1 2007-2013 della regione Liguria, è stato concluso e saldato. Sempre in attuazione dell'accordo per quanto di competenza del Mise, la società Ericsson ha presentato due progetti ai sensi della direttiva 10 luglio 2008. Quanto al primo, ha un lungo codice, non glielo dico tutto, però il titolo del progetto è «FENICE – Framework evoluto per NMS integrato configurabile ed espandibile per reti multitecnologia», quindi questo primo progetto «FENICE», dal costo complessivo di 19.500.000 euro, che prevede un contributo di spesa di 3.899.750 euro, e un contributo in conto interessi di 532.088 euro e, quindi, per questo progetto le attività di ricerca e sviluppo sono ancora in corso.
  Quanto al secondo, ha sempre con lungo codice, ma il titolo è «EPICO – Evoluzione SDN del piano di controllo per apparati di telecomunicazioni in tecnologia mista IP e DWDM», del costo complessivo di 3.800.000 euro e con un contributo alla spesa di 763.080 euro e un contributo in conto interessi di 111.378 euro. Ebbene, per questo progetto «EPICO» non sono state erogate agevolazioni in quanto l'impresa non ha avanzato alcuna richiesta, sebbene le attività di ricerca e sviluppo si siano concluse il 30 giugno scorso.
  Per quanto riguarda gli aspetti occupazionali e i provvedimenti di CIGS (Cassa integrazione straordinaria), il Ministero del lavoro e delle politiche sociali comunica che, con lettera del 13 giugno 2016, pervenuta agli uffici dello stesso il 15 giugno 2016, la società ha avviato una procedura di licenziamento collettivo, dichiarando un esubero pari a 291 dipendenti, di cui 30 dirigenti, 83 quadri e 178 impiegati. Attualmente, è in corso la fase di trattativa sindacale della suddetta procedura, il cui esito, ad oggi, non è stato comunicato al Ministero citato.
  Nel caso in cui detta fase si concluda con un mancato accordo, il Ministero del lavoro sarà investito dell'espletamento della fase amministrativa della procedura in atto.
  La stessa amministrazione comunica, altresì, che non risultano interventi di ammortizzatori sociali autorizzati per il corrente anno né risultano istanze recenti per la sede di Genova della Ericsson Telecomunicazioni, mentre, per quanto riguarda gli anni precedenti, la situazione è quella che è di seguito riportata.
  Con il DD n. 88482 dell'11 marzo 2015, a seguito della sottoscrizione di un contratto di solidarietà, è stata autorizzata la concessione del trattamento di integrazione salariale straordinaria, per il periodo dall'8 luglio 2014 al 7 aprile 2015, in favore di 1.456 unità dipendenti delle diverse sedi, ivi compresa Genova, su un organico complessivo di 3.903 dipendenti.
  Per completezza, il Ministero del lavoro rappresenta altresì che con il DD n. 89381 del 15 aprile 2015 è stato approvato il programma di proroga di ristrutturazione aziendale per complessità dei processi produttivi per il periodo dall'11 giugno Pag. 282014 al 10 giugno 2015 per la sede di Marcianise, in provincia di Caserta, e, contestualmente, è stato autorizzato il trattamento di CIGS in favore di un numero massimo di 467 unità lavorative dipendenti presso la sede coinvolta dal programma.
  Inoltre, tale ultima sede aziendale è stata di recente interessata da un processo di fusione per incorporazione da parte della società Jabil Circuit Caserta Srl. Per tale ultima società, con unità produttiva sita in Marcianise di Caserta, è stato emesso il DD n. 96161 del 10 giugno 2016 che approva il programma di proroga di ristrutturazione aziendale per complessità dei processi produttivi per il periodo che va dall'11 giugno 2015 al 10 giugno 2016 e, contestualmente, autorizza la concessione del trattamento di CIGS in favore di un numero massimo di 360 dipendenti.
  Di seguito, con il DD n. 95577 del 6 maggio 2016, è stata autorizzata la concessione di CIGS per la causale di crisi aziendale in favore della medesima sede, con il coinvolgimento di un numero massimo di 533 lavoratori per il periodo dal 27 dicembre 2015 al 10 giugno 2016.
  Allo stato, sempre per la sede di Marcianise, risulta pervenuta istanza per accesso alla CIGS per la causale di contratto di solidarietà per il periodo dall'11 giugno 2016 al 10 giugno 2017.
  Da ultimo, mi preme far presente che, nel mese di settembre prossimo venturo, è prevista la riunione del comitato tecnico, di cui all'articolo 6 dell'accordo, per la verifica annuale dello stato di attuazione dello stesso. In tale occasione, l'impresa verrà invitata a relazionare sull'andamento delle attività e sulla situazione delle strutture di ricerca e sviluppo addette allo svolgimento di tale attività nello stabilimento di Erzelli.

  PRESIDENTE. L'onorevole Quaranta ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatto per la risposta alla sua interpellanza.

  STEFANO QUARANTA. Grazie, Presidente. Sottosegretario, lei ha fatto tutta una lunga illustrazione dei vari progetti, ma io mi sarei aspettato qualche informazione un po’ più circostanziata rispetto a dati e cifre. Voi siete così prodighi e generosi di cifre quando si tratta di dire quanto risparmieremo con la riforma del Senato – cosa del tutto teorica – e, invece, qui non c’è un mezzo dato rispetto a cose che dovrebbero essere nella vostra disponibilità e su cui si dovrebbero avere delle certezze.
  Anche per quanto riguarda la risposta sul lavoro, non è che può essere una cosa burocratica, nel senso che, se succederà, ci occuperemo, vedremo e faremo. Io vorrei capire se il Governo intende esercitare un ruolo attivo per scongiurare il fatto che, ancora una volta, si debba patire dal punto di vista dei posti di lavoro rispetto ad un'azienda che ha avuto sostanziose elargizioni dal punto di vista economico da soggetti pubblici.
  In più, vorrei aggiungere che, mentre noi qui stiamo a chiacchierare delle cose che stanno succedendo come se fossimo spettatori passivi, Ericsson, nel frattempo, ha acquisito, in Spagna, una ditta di 500 persone per la gestione della fibra ottica, che sembra proprio essere funzionale al business della banda ultralarga.
  Le istituzioni locali, anche qui, mentre si cincischia a livello nazionale, hanno prodotto pochi giorni fa un ordine del giorno in consiglio comunale a Genova, di concerto anche con la regione Liguria, che, in particolare, chiede proprio un ruolo attivo per evitare ancora dei licenziamenti nella nostra realtà; così come chiede che, negli investimenti che riguarderanno la banda ultralarga, vi siano dei chiari vincoli all'occupazione.
  E qui veniamo a due ragionamenti che le propongo, che sono, invece, più di fondo. Il primo: lei dice che negli accordi non erano previste anche le tutele occupazionali. Male, molto male. Io penso che bisognerebbe, da questo punto di vista, un po’ svegliarsi: cioè, deve essere fondamentale che, nei bandi che si faranno prossimamente, ci debba essere una garanzia del fatto che ci siano investimenti sul territorio, che il tema dell'occupazione sia legato in maniera forte al fatto di ricevere delle Pag. 29risorse o di partecipare a dei bandi pubblici, altrimenti io non capisco che tipo di ruolo vuole esercitare il Governo da questo punto di vista.
  E ancora: ma vogliamo ragionare, prima o poi, di politica industriale in questo Paese ? A me piacerebbe capire se, in queste risposte che spesso hanno un tono un po’ burocratico, ahimè, c’è un ragionamento su quali sono le priorità e quali sono i settori strategici per il nostro Paese, rispetto ai quali il Governo vuole esercitare un ruolo attivo, non di notaio, come è successo già in tante altre circostanze, perché lo fanno tutti i principali Paesi europei, a partire dalla Germania. Io vorrei capire se, da questo punto di vista, si pensa di fare qualcosa. Trovo paradossale che siano i sindacati che, per funzione devono innanzitutto difendere i lavoratori, ad essere coloro che, quotidianamente, invocano una politica industriale da parte del Governo, quando io penso che dovrebbe essere la vostra priorità.
  Quindi, purtroppo, devo dire che il mio livello di soddisfazione è lo stesso di quando lei, sottosegretario, si occupava di riforme costituzionali: devo dire che è prossimo allo zero. Io spero che, da questo punto di vista, si possano fare dei passi avanti, perché nella mia città, che è una città in crisi dal punto di vista occupazionale, era stato fatto un investimento importante scommettendo su un parco scientifico tecnologico, ma che ha bisogno per funzionare, in un momento di crisi come questo, di un ruolo attivo delle istituzioni, che non possono limitarsi a fare i notai, ma devono assumersi delle responsabilità, perché ne va nel destino occupazionale e della tenuta sociale ed economica del nostro Paese e di molte delle nostre città.

(Chiarimenti in ordine alle imprese beneficiarie dei finanziamenti di Simest e Sace ed ai relativi criteri di selezione – n. 2-01439)

  PRESIDENTE. Passiamo all'interpellanza urgente Crippa ed altri n. 2-01439, concernente chiarimenti in ordine alle imprese beneficiarie di finanziamenti di Simest e Sace ed ai relativi criteri di selezione (Vedi l'allegato A – Interpellanze urgenti).
  Chiedo all'onorevole Crippa se intenda illustrare la sua interpellanza o se si riservi di intervenire in sede di replica.

  DAVIDE CRIPPA. Grazie, Presidente. Stiamo parlando di Sace e Simest, due importanti finanziarie italiane aventi il compito di agevolare l'internazionalizzazione delle imprese, in particolare delle piccole e medie. Sono società per azioni controllate da Cassa depositi e prestiti, che è partecipata, ricordo, per l'80,1 per cento dal Ministero dell'economia e delle finanze. SIMEST è stata creata nel 1990, con il compito di promuovere il processo di internazionalizzazione delle imprese italiane, di fornire servizi di assistenza e consulenza agli imprenditori nelle loro attività all'estero.
  Una delle principali attività di SIMEST è la partecipazione al capitale di Società estere costituite da imprese italiane o di Società costituite all'interno dell'Unione europea, Italia inclusa. La finanziaria può affiancare le imprese italiane che decidano di costituire Società all'estero, sottoscrivendo fino al 49 per cento del capitale, al fine di condividere il rischio potenziale della nuova impresa e di costituire una garanzia per il partner estero.
  Per conto del Governo italiano, SIMEST gestisce una serie di finanziamenti agevolati. Queste agevolazioni sono riservate all'esportazione italiana di beni, quali macchinari, impianti, mezzi di trasporto pubblico, infrastrutture, coprono al massimo l'85 per cento dell'importo della fornitura e sono erogate per un periodo uguale o superiore a 24 mesi.
  SIMEST detiene 191 partecipazioni in termini di contributi in Paesi extra UE, mentre detiene 237 partecipazioni societarie in Paesi UE, 10 in Paesi extra UE e 10 in paesi UE. Nel 2014 sono stati approvati, dal consiglio di amministrazione della società, 62 progetti per un impegno complessivo di 129,6 milioni di euro; 68 progetti per 139 milioni di euro erano stati approvati nel 2013; di questi 62 del 2014, Pag. 3053 sono nuove partecipazioni, con un impegno finanziario di SIMEST di 124,9 milioni di euro e nuovi piani di sviluppo rispetto a progetti già avviati. Dei 53 progetti, 42, per complessivi 69,3 milioni di euro, riguardano investimenti in Paesi extra UE; 11, per complessivi 55,6 milioni di euro, riguardano investimenti in Paesi UE; tra le iniziative che riguardano l'UE, 10 riguardano l'Italia, con un significativo aumento delle partecipazioni nazionali, che passano da 7, per 33,5 milioni di euro, approvate nel 2013, alle 10 attuali, per 47,5 milioni di euro.
  Attraverso il Fondo Venture Capital, nell'anno 2014, sono state approvate dal Comitato di indirizzo e rendicontazione 33 nuove partecipazioni per un impegno complessivo di 22 milioni di euro, oltre ai 3 di aumento di capitale per un ulteriore impegno di 1,6 milioni di euro. Attraverso il Fondo Start-up, nel 2014, sono state approvate dal Comitato di indirizzo e controllo, organismo interministeriale deliberante sulle operazioni, 3 nuove partecipazioni, per un impegno complessivo di 600 mila euro. Attraverso il Fondo 295.73 a carattere rotativo vengono erogati contributi sugli interessi bancari per il finanziamento di investimenti all'estero e per il finanziamento delle esportazioni di beni strumentali.
  Nel 2014, il Comitato agevolazioni, organismo interministeriale deliberante sulle operazioni, ha accolto 34 operazioni, per un importo di 78,3 milioni di euro, in favore soprattutto della grande impresa, quindi l'87,5 per cento dell'importo, alla faccia della necessità di contribuire a sostenere le piccole e medie imprese, i dati testimoniano altro.
  Invece, per quanto riguarda e attiene il gruppo SACE, SACE offre prodotti e coperture assicurative, una grande varietà di eventi, rischi relativi ai crediti di breve e lungo termine, rilascio di cauzioni collegate a gare e appalti, rischi legati al blocco di merci e attrezzature. Inoltre, SACE fornisce garanzie per diversi tipi di finanziamento all'internazionalizzazione che le banche offrono alle piccole e medie imprese, grazie ai quali gli istituti bancari possono mettere a disposizione dei propri clienti un volume di credito più elevato.
  Gli impegni assicurativi di SACE, deliberati nell'anno 2015, risultano pari a quasi 10 miliardi delle vecchie lire. I nuovi impegni si sono diretti principalmente verso l'Unione europea, il Medio Oriente, il Nord Africa e gli altri Paesi europei. Non c’è dubbio che sia SIMEST che SACE gestiscono una quantità di risorse pubbliche decisamente importanti ai fini istituzionali e alle quali sono preposte.
  È anche vero, però – e questo fa parte di una nostra richiesta –, che alcune società che hanno beneficiato dei finanziamenti suddetti sono state coinvolte in inchieste giudiziarie, vedi il caso Parmacotto, oppure casi di operazioni di delocalizzazione all'estero di imprese italiane: Montefibre Spa, che nel 2009 mette in cassa integrazione 290 dipendenti e ne licenzia 10, mentre la Simest partecipa con 2 milioni di euro all'apertura di uno stabilimento in Cina; Marcegaglia Spa: 134 dipendenti in mobilità nel 2013 e un contributo di 32 milioni di euro da Simest per stabilimenti in Russia, Brasile, Cina; la Ducati Energia, ex Ministro Guidi, che dal 2005 al 2009 avrebbe mandato in cassa integrazione 95 dipendenti e avrebbe ricevuto una partecipazione di Simest di 6 milioni di euro per investimenti in Croazia e Italia.
  Considerato che, a parere degli interpellanti, la Simest dovrebbe seguire specifici criteri dell'investimento e non supportare con soldi pubblici aziende in crisi, sarebbe opportuno rendere pubblici i beneficiari dei finanziamenti delle società Simest e SACE. Si intende sapere, pertanto, quali sono le imprese beneficiarie dei finanziamenti di Simest e SACE negli ultimi dieci anni, specificando il dato in modo puntuale e non aggregato, così come riportato sulla documentazione che spesso viene consegnata. Vorremmo sapere veramente i nomi delle aziende e gli importi erogati, perché, casualmente, ogni volta che si va a verificare o c’è una indagine della magistratura, come nel caso della Parmacotto, si va a vedere che l'operato di Simest non è proprio così regolare e ben Pag. 31gestito. Intendiamo anche sapere quali sono i processi decisionali che attivano le linee di credito a favore delle società, in particolare con quali garanzie e a seguito di quale tipo di indagine sui dati finanziari industriali. Ci auguriamo che sia una risposta alquanto esaustiva, visto che la domanda è molto semplice: quanti e quali siano le aziende. Speriamo in un elenco dettagliato.

  PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per lo sviluppo economico, onorevole Scalfarotto, ha facoltà di rispondere.

  IVAN SCALFAROTTO, Sottosegretario di Stato per lo sviluppo economico. Grazie, Presidente. La Società italiana per le imprese all'estero, Simest Spa, è una società controllata da Cassa depositi e prestiti Spa (CDP), che detiene una partecipazione pari al 76 per cento circa del capitale; il restante 24 per cento, circa, è detenuto da istituti e aziende di credito, grandi imprese e associazioni di categoria, industriali e/o imprenditoriali. CDP ha acquistato la partecipazione in Simest a partire dal 9 novembre 2012: in precedenza, tale partecipazione di controllo era in capo al Ministero dello sviluppo economico.
  La Società ha per oggetto la partecipazione ad imprese e società all'estero, promosse o partecipate da imprese italiane, oltre alla promozione ed al sostegno finanziario, tecnico-economico ed organizzativo di specifiche iniziative di investimento e di collaborazione commerciale ed industriale all'estero da parte di imprese italiane, nonché, ai sensi del decreto legislativo n. 143 del 1998, la gestione degli interventi di sostegno finanziario all'internazionalizzazione del sistema produttivo nazionale, di rilievo per la competitività dell'economia nazionale. Ad oggi, la Corte dei conti continua a esercitare un controllo sull'attività di Simest.
  Gli interventi della Società possono essere effettuati a valere su fondi propri, nonché su fondi pubblici che Simest gestisce per conto del Ministero dello sviluppo economico, in forza di apposite convenzioni che demandano a competenti organismi interministeriali le decisioni di merito sulla base di proposte della Simest Spa in qualità di ente gestore. Sulle attività di Simest, vengono presentate al Parlamento due relazioni annuali: la prima è la relazione sullo stato di attuazione della legge n. 100 del 1990, recante norme sulla promozione della partecipazione a società e imprese all'estero, presentata dal Ministro dello sviluppo economico, e la seconda è la relazione sull'attività svolta quale gestore dei fondi per il sostegno finanziario all'esportazione e all'internazionalizzazione del sistema produttivo italiano, presentata dal Ministro dell'economia e delle finanze.
  La relazione del Ministero dello sviluppo economico indica puntualmente i risultati conseguiti da Simest con le informazioni e i dati relativi alle partecipazioni, sia in nuove acquisizioni che in portafoglio, recando in allegato il bilancio di Simest, dove sono riportati analiticamente gli investimenti approvati e le partecipazioni acquisite.
  La Società citata opera in un contesto normativo definito che affronta in maniera esplicita anche il tema dei potenziali rischi di delocalizzazione e di depauperamento di know-how produttivo e/o tecnologico. In particolare, non è consentita alcuna attività di delocalizzazione, ai sensi dell'articolo 1, comma 12, del decreto-legge n. 35 del 2005, convertito poi dalla legge n. 80 del 2005. Tale disposizione normativa, espressamente finalizzata dal legislatore proprio a disincentivare le imprese interessate ai fenomeni di delocalizzazione, prevede testualmente che: «i benefici e le agevolazioni previste ai sensi della legge 24 aprile 1990, n. 100, del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 143 e della legge 12 dicembre 2002, n. 273 non si applicano ai progetti delle imprese che, investendo all'estero, non prevedano il mantenimento sul territorio nazionale delle attività di ricerca, sviluppo, direzione commerciale, nonché di una parte sostanziale delle attività produttive» e con questo chiudo la citazione. Pertanto è previsto il mantenimento in Italia delle parti più importanti e qualificate sotto il profilo Pag. 32tecnologico e del know-how specifico, della produzione interessata dal progetto di investimento. Inoltre, ai sensi della legge n. 100 del 1990, gli interventi di Simest, in ogni caso, devono essere basati su rigorosi criteri di validità economica delle iniziative partecipate e, quindi, non possono riguardare consolidamenti delle passività delle imprese, né operazioni per il salvataggio e/o la ristrutturazione di imprese in difficoltà. Pertanto, la partecipazione di Simest non può riguardare né aziende in crisi né aziende che delocalizzano all'estero.
  Semmai è possibile che nella congiuntura economica straordinaria degli ultimi anni un'azienda in fase di sviluppo possa riscontrare difficoltà di mercato con conseguente ricorso temporaneo alla cassa integrazione. Il Ministero dell'economia e delle finanze, interrogato al riguardo, evidenzia quali siano i processi decisionali di attivazione delle linee di credito Simest. In particolare viene indicata di seguito l'attuale procedura adottata da Simest per la valutazione delle iniziative di investimento. Gli investimenti di Simest nella forma di quasi equity prevedono, in sede di acquisizione della partecipazione, l'impegno al riacquisto a termine della partecipazione da parte dell'impresa proponente, il cosiddetto partner; tale impegno può essere garantito da fideiussioni bancarie, assicurative e/o corporate o da garanzie reali. Successivamente alla richiesta di partecipazione da parte di una società, viene avviata la fase di valutazione attraverso uno screening iniziale sul partner e sul progetto, che valuta anche l'andamento economico e patrimoniale del proponente, la coerenza dimensionale e settoriale del partner e del progetto e il rispetto delle condizioni per l'eventuale partecipazione di Simest. Qualora questo screening abbia esito positivo, viene avviata la fase di istruttoria con modalità distinte in funzione dell'esposizione complessiva nei confronti della controparte. Le attività di istruttoria consistono, tra l'altro, nell'esecuzione delle seguenti verifiche: compilazione di un'apposita check list, da parte della società partner, in relazione al tipo di intervento richiesto, per esempio, può essere richiesta la costituzione di una nuova società, un aumento di capitale in una società preesistente, l'acquisizione diretta di partecipazioni e così via. Può esserci la verifica dei requisiti previsti dalle disposizioni statutarie di Simest, le verifiche sulla proprietà e sulla struttura del gruppo, la valutazione dei documenti societari, inclusi i bilanci, la valutazione del business plan relativo all'iniziativa che si intende realizzare, nonché, per operazioni di investimento di maggiore esposizione, vengono avviate ulteriori verifiche che tengono conto anche di altre informazioni, come la scheda del Paese relativo all'iniziativa di investimento, il profilo normativo, settoriale e di mercato, la verifica e la valutazione di strategie, obiettivi aziendali, piani industriali e finanziari della società partner, le analisi dei fattori di rischio legati al potenziale investimento. Quindi, durante la fase istruttoria si procede alla determinazione del rating del partner e, ove rilevante, della società target e degli eventuali garanti. Come da prassi nel settore finanziario, al fine di assicurare la segregazione nelle attività di valutazione, nella fase istruttoria viene coinvolta la funzione di risk management, che individua e valuta ex ante i rischi relativi all'iniziativa di investimento, segnalando eventuali aspetti di criticità, e che procede alla convalida del rating del partner o alla determinazione di un nuovo rating sulla base dell'analisi dei rischi dell'operazione. Le istruttorie vengono, quindi, sottoposte ad un comitato investimenti interno a Simest che rende un parere motivato sulle operazioni di investimento, sulle garanzie richieste e sul pricing dell'operazione, ai fini della successiva presentazione delle proposte di investimento all'organo deliberante.
  Per quello che riguarda, invece, i processi decisionali di attivazione delle linee di credito SACE, che è la Servizi assicurativi del commercio estero, ricordo che nel 2004 la stessa è stata trasformata in società per azioni, avviando una fase di crescita costante, basata su princìpi di sostenibilità economico-finanziaria, senza Pag. 33ricevere alcun contributo pubblico per l'esercizio delle proprie attività. Dal 2012, SACE è interamente partecipata da Cassa depositi e prestiti. SACE sostiene le imprese italiane nel processo di crescita e internazionalizzazione, guidandole nella scelta dei mercati e nella gestione dei rischi connessi all'operatività in geografie nuove e, spesso, poco conosciute. Oltre a strumenti di copertura dei rischi di mancato pagamento e di protezione degli investimenti diretti all'estero, SACE garantisce a condizioni di mercato finanziamenti erogati dal sistema bancario per l'internazionalizzazione delle imprese. L'approccio valutativo al rischio di controparte privata è effettuato su singola transazione, quindi, caso per caso, e prevede le seguenti fasi: la raccolta delle informazioni, l'analisi del merito di credito e l'attribuzione del merito di credito interno.
  Partiamo dalla raccolta di informazioni. Questo processo di valutazione comincia con la raccolta, appunto, di tutte le informazioni utili all'analisi della controparte. Il livello qualitativo e quantitativo delle fonti raccolte e della valutazione varia in funzione della complessità dell'operazione, dell'importo a rischio e della natura della controparte. Le informazioni sono reperite sia internamente sia esternamente tramite il supporto di information provider e di società di rating; e comprendono, a titolo di elenco esemplificativo e non esaustivo, le condizioni di assicurabilità e di valutazione del rischio Paese, l'esposizione del gruppo SACE verso quella controparte, le esperienze precedenti, quindi, il track record, le eventuali informazioni fornite anche dalla rete internazionale SACE, i bilanci ufficiali – i bilanci di esercizio, nel caso di controparti estere ove disponibili devono essere redatti secondo i principi contabili internazionali –, il business plan che rappresenta il piano industriale e le proiezioni finanziarie della società con utili indicazioni in merito alle assumption adottate, le fonti informative che derivano dai principali information provider, le agenzie internazionali di rating, Standard e Poor's, Moody's e Fitch forniscono report completi che contengono informazioni rilevanti ai fini dell'analisi del merito di credito delle società, altre informazioni generiche, Internet, rassegna stampa, pubblicazioni varie, e poi c’è Bloomberg che è il portale che fornisce dati economico-finanziari, notizie sull'andamento dei mercati azionari e obbligazionari nonché le principali informazioni di carattere finanziario.
  Nel processo di valutazione del merito del credito di una controparte segue l'analisi qualitativa, che ha un ruolo fondamentale e comprende una pluralità di aspetti d'indagine, spesso ritagliati sulla singola azienda e decisi in relazione alla peculiarità della stessa. Quindi, si analizzano, in particolare, il settore di attività, il mercato di riferimento dell'azienda, la qualità del management, la compagine azionaria. Relativamente al settore industriale di appartenenza, l'analisi consiste nella raccolta di informazioni riguardanti l'azienda e il suo mercato di riferimento, partendo da un corretto inquadramento dell'impresa nel suo settore produttivo, tenendo conto sia della categoria merceologica del prodotto sia anche del suo mercato di sbocco finale. Riguardo alla posizione di mercato dell'azienda, dopo aver identificato il settore di appartenenza, si posiziona l'azienda rispetto alla concorrenza. In altre parole si tratta di inquadrare i fattori principali della controparte valutata in riferimento ai valori medi delle aziende appartenenti allo stesso settore.
  Riguardo alla gestione della società, laddove le dimensioni della transazione in corso di valutazione o l'esposizione in essere presso il debitore siano significative, è raccomandabile anche avere un incontro diretto col management dell'azienda. Il controllo dell'azionariato dell'azienda, infine, determina la catena di controllo della società debitrice, individuando gli shareholder e quale sia l’ultimate owner, quindi, l'ultimo proprietario dell'eventuale catena, e l'eventuale presenza di un gruppo di società collegate e controllate.
  L'analisi quantitativa dei dati aziendali è il secondo aspetto dell'analisi del merito Pag. 34del credito. L'analisi di bilancio è basata sugli aspetti che seguono: un aspetto patrimoniale, analisi del grado di liquidità dell'attivo e la struttura finanziaria del passivo, un'analisi reddituale, appunto, l'analisi della redditività e dei margini industriali dell'azienda, si valutano i flussi di cassa, quindi la valutazione dell'azienda e della sua capacità di generare cassa e, poi, i ratio economico-finanziari, il calcolo dei ratio per la composizione dei dati reddituali e patrimoniali e la realizzazione di una peer analysis con altre società del settore. Infine, abbiamo l'attribuzione del credito interno. Il merito di credito della società analizzata viene attribuito mediante un modello interno di tipo esperienziale e deterministico, costituito da elementi quantitativi, la riclassifica di bilancio con eventuali aggiustamenti, e anche qualitativi legati soprattutto al settore di appartenenza. Viene, inoltre, effettuato un monitoraggio periodico e sistematico sulle principali operazioni presenti in portafoglio, finalizzato ad un adeguato presidio delle stesse.
  Per quanto, invece, concerne la richiesta ad indicare quali siano le imprese beneficiarie dei finanziamenti concessi a valere dalle risorse gestite da entrambe le suddette società negli ultimi dieci anni, si evidenzia che ogni esigenza informativa sull'attività di Simest può essere soddisfatta mediante la consultazione delle relazioni annuali al Parlamento che ho già citato in precedenza. Va rilevato, al riguardo, che la relazione del Ministero dello sviluppo economico indica puntualmente i risultati conseguiti da Simest, con le informazioni e i dati relativi alle partecipazioni, sia in nuove acquisizioni sia in portafoglio, recando in allegato il bilancio della società, dove sono stati riportati analiticamente tutti gli investimenti approvati e le partecipazioni acquisite: elenco che in questa sede sarebbe veramente molto lungo precisare, quindi rimando ai documenti di cui ho parlato.

  PRESIDENTE. L'onorevole Crippa ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatto per la risposta alla sua interpellanza.

  DAVIDE CRIPPA. No, Presidente, ovviamente non sono soddisfatto, ma tengo anche a sottolineare queste modalità di risposta quando vengono chieste delle informazioni: il Governo ripresenta le premesse dell'interrogazione per almeno i tre quarti della risposta, lasciando poi l'ultima parte dell'intervento a un laconico «sarebbe troppo lungo elencare i destinatari, pertanto non lo facciamo e rimandiamo al bilancio».
  Sottosegretario Scalfarotto, mi sembra che stiamo cercando di girare intorno al problema: non c’è e non esiste all'interno del bilancio una visualizzazione puntuale; «puntuale» vuol dire non aggregata, non per tipologie di impresa: nome e cognome delle singole imprese, non imprese meccaniche o imprese agroalimentari; quell'accorpamento c’è, a noi piacerebbe sapere nomi e cognomi dei beneficiari. Non è una mancanza solo nostra, quella di non conoscere queste informazioni; e qui Presidente pregherei anche lei, se possibile, di prendere nota di questo, perché un anno fa, a una nostra richiesta avanzata al Servizio studi della Camera rispetto alle modalità operative di SACE, al sottoscritto è arrivata una risposta, direttamente poi, girando una e-mail di Sace stessa, in cui SACE risponde nella figura del customer care, dicendo: «Con riferimento ai dati da lei richiesti, cioè chi e dove fossero i destinatari dei benefici di SACE, desideriamo far presente che le informazioni inerenti la nostra clientela sono coperti da accordi di riservatezza». Allora, ci sono o non ci sono gli accordi di riservatezza ? Infatti, o il bilancio è trasparente, e riusciamo a capire a chi vanno questi soldi, o c’è qualcuno che non viene a raccontare degnamente, all'interno di un'Aula parlamentare, una verità. È possibile sapere l'elenco puntuale dei beneficiari ? Noi reitereremo questa richiesta fino quando ci arriverà una risposta: o non è possibile, o un elenco dettagliato. Ciò perché a nostro avviso è inutile perdere otto minuti del suo prezioso tempo, sottosegretario Scalfarotto, nel dover elencare come si fanno le procedure e ignorando il fatto che, ad esempio, una settimana fa, in una risposta a Pag. 35un'interrogazione presentata al Ministero dello sviluppo economico in X Commissione sul caso Parmacotto-Simest, è emerso un dato allarmante, che la deve fare solo preoccupare e in qualche modo vergognare della risposta che lei oggi ci ha fornito.
  Infatti, nella risposta che voi avete fornito agli interroganti c'era scritto che, per gli 11 milioni di euro erogati da Simest a Parmacotto nel dicembre 2010, il bilancio non facesse emergere difficoltà finanziarie del gruppo. Questa è stata la risposta scritta; peccato che poi, se non ci fosse stato un intervento della magistratura, nessuno sarebbe stato in grado di tutelare i soldi pubblici destinati a Parmacotto, perché oggi quegli 11 milioni di euro sono stati oggetto dell'interessamento della Guardia di finanza. Sono passati sei anni; è possibile che di tutte le procedure che lei fino ad adesso ci ha elencato, tutti gli equilibri finanziari e commerciali di tutti gli operatori del mondo in grado di allarmare sulla quotidiana gestione, ad esempio, dell'azienda Parmacotto, nessuno di questi, in sei anni, abbia detto alla Simest: scusate, ma c’è qualcosa che non va ?
  Tanto è vero che, sempre nella risposta, viene detto come sia stata Simest, con delibera del proprio consiglio di amministrazione del 28 gennaio 2016, ad approvare la ristrutturazione del debito. Cioè: sei anni dopo averlo erogato, ristruttura un debito. In sei anni, c’è stato un sonno completo all'interno della procedura che lei ci ha decantato fino a pochi minuti fa ? Chi controlla la veridicità di questi finanziamenti e dove vanno ? Mi viene detto che il finanziamento non viene erogato per delocalizzare l'azienda: ci mancherebbe altro, ma è un dato di fatto che oggi, avendo dato dei finanziamenti per l'internazionalizzazione, magari anche di alcuni prodotti agroalimentari, l'azienda apre uno stabilimento produttivo in un altro Paese e poi, come conseguenza, che lei oggi ci illustra come conseguenza della crisi, metta in realtà in cassa integrazione i cittadini dello Stato italiano, che hanno finanziato quell'operazione.
  Mi viene il dubbio che, in un certo modo, questo diventi anche un modus operandi che va quanto meno regolato e vigilato un po’ più attentamente dal Ministero che lei oggi qui rappresenta, perché non è ammissibile pensare che passi questo concetto: io ti do i soldi, tu inizi a delocalizzare, poi metti in cassa integrazione gli operai in Italia, chiudi lo stabilimento in Italia, che magari fino all'altro ieri esportava quel prodotto, lo vai a produrre da un'altra parte, con il beneplacito di un investimento anche supportato dal Ministero dell'economia e delle finanze, e dall'altro lato noi paghiamo la cassa integrazione straordinaria per quei lavoratori che si sono visti sottrarre alla fine il lavoro.
  È ovvio che nel progetto iniziale sottoposto a Simest non ci fosse stato scritto che sarebbe stato chiuso lo stabilimento in Italia, ma è anche una conseguenza oggettiva di un'analisi dei dati. Prendete le aziende che oggi hanno un tavolo aperto al Ministero dello sviluppo economico e andate a verificare quali di quelle hanno effettivamente percepito un contributo da parte di Simest. Non è che, magari, in qualche modo, sia da rivedere questo meccanismo per cui, sì, si partecipa all'internazionalizzazione, ma questa internazionalizzazione, dopo qualche anno, poi diventa un campanello d'allarme di delocalizzazione della realtà produttiva ? Ciò perché, il mercato, in quel caso, è un mercato estero, e allora, presumibilmente, venendo a mancare le commesse in Italia, perché le si soddisfa con un altro impianto, l'impianto in Italia tende a essere meno competitivo di quello aperto in altri Paesi.
  Allora mi viene il dubbio: secondo lei, sottosegretario Scalfarotto, è normale che lo Stato italiano finanzi l'apertura, da parte di gruppi imprenditoriali, di società all'estero in mercati che poi vanno in concorrenza con il mercato italiano e che quindi porteranno poi a un'analisi di economicità di produzione di quel pezzo, se quel pezzo mi costa meno all'estero per costo del lavoro e costo dell'energia ? Lo Stato italiano è responsabile dell'aver contribuito Pag. 36finanziariamente alla delocalizzazione di quell'attività ? Da un lato do i soldi e, dall'altro, li do alla cassa integrazione straordinaria: c’è qualcosa che non mi torna.
  Io vorrei, e per questo presenteremo di nuovo un'interrogazione in merito, l'elenco puntuale delle aziende. A questo punto andremo a vedere con la risposta che lei oggi ci ha dato, e segnaleremo al Servizio studi della Camera la risposta che lei ci ha fornito; di conseguenza, vedremo insieme alle strutture operative, se effettivamente troviamo l'elenco che lei oggi ci ha delineato, perché in qualche modo, come le ho letto pochi minuti fa, la Sace ci diede un'altra risposta, cioè che c'era un vincolo di riservatezza. Io, questa riservatezza, su 250 milioni di euro l'anno di soldi pubblici, credo che non debba esistere; voglio sapere, non dalla magistratura, perché purtroppo lì arriviamo un po’ troppo tardi, dove quei soldi sono stati fino ad adesso allocati e comprendere se oggi ci sia questo meccanismo per cui, in alcuni casi, soprattutto delle grandi aziende, questa non possa essere una modalità per agevolare qualche grossa impresa amica.
  Tra l'altro, ricordo che citavo in premessa la Ducati Energia: non mi è stata data nessun tipo di informazione, di smentita, di quello che noi andavamo a elencare, ed essendo la Guidi un ex ministro, qualche perplessità sul fatto che questo modus operandi agevoli qualcuno ce l'ho di sicuro. Di sicuro non agevola le tasche dei cittadini italiani, con le loro contribuzioni che continuano a erogare per una mancanza totale di politica industriale, di sostegno alle piccole e medie imprese. In realtà assistiamo sempre di più a uno svilente tentativo di dimostrare l'indimostrabile, come oggi il collega sottosegretario Scalfarotto ci è venuto a illustrare, illustrandoci una procedura che, come risulta dai fatti, è fallimentare. Infatti, se nel caso Parmacotto non fosse intervenuta la Guardia di Finanza, la Simest avrebbe continuato a dormire i suoi sonni belli tranquilli.
  È allarmante che, sempre nella risposta, mi venga citato che la Simest ha altresì informato che la stessa, in qualità di parte offesa, si è apprestata a tutelare i propri interessi nelle sedi opportune, dopo che la magistratura ovviamente ha aperto un'indagine. Ma qualche campanello d'allarme sui conti non era possibile averlo prima ?
  Concludo dicendo: questo è un esempio. Spero che tutte le aziende non abbiano questa modalità di gestione; ma non si può dire che il bilancio nel 2010 non faceva emergere difficoltà finanziarie, salvo poi apprendere che nel 2013 perdeva 75 milioni di euro ! È evidente che non c’è un personale, una struttura in grado di segnalare dei campanelli d'allarme sul fatto che ci siano delle perdite evidenti rispetto ad un finanziamento erogato: chi controlla lo stato dell'arte ? Noi non vorremmo ancora una volta dover segnalare che c’è sempre un'inefficienza da parte del Governo nel tutelare e nel mantenere operativi quelli che sono gli interessi dello Stato italiano nel mantenere quei soldi attivi e attenti, di come vengono investiti. Non è che perché sono soldi di tutti devono essere scialacquati !

  PRESIDENTE. È così esaurito lo svolgimento delle interpellanze urgenti all'ordine del giorno.

Sui lavori dell'Assemblea (ore 12,10).

  PRESIDENTE. Avverto che, secondo le intese intercorse tra tutti i gruppi, all'ordine del giorno della seduta di lunedì 1o agosto, dopo la discussione generale del disegno di legge n. 3976 in materia di equilibrio dei bilanci delle regioni e degli enti locali, sarà iscritta la discussione generale della mozione Manlio Di Stefano ed altri n. 1-01331 sulle linee della politica europea ed estera dell'Italia alla luce delle recenti emergenze internazionali. Il seguito della discussione di tale mozione sarà iscritto all'ordine del giorno a partire dalla seduta di martedì 2 agosto, dopo gli argomenti già previsti dal vigente calendario dei lavori. L'organizzazione dei tempi relativa al disegno di Pag. 37legge n. 3976 ed alla predetta mozione sarà pubblicata in calce al resoconto stenografico della seduta odierna.

Ordine del giorno della prossima seduta.

  PRESIDENTE. Comunico l'ordine del giorno della prossima seduta.

  Lunedì 1o agosto 2016, alle 15:

  1. – Discussione sulle linee generali del disegno di legge:
   S. 2344 – Modifiche alla legge 24 dicembre 2012, n. 243, in materia di equilibrio dei bilanci delle regioni e degli enti locali (Approvato dal Senato) (C. 3976).
  — Relatore: Marchi.

  2. – Discussione sulle linee generali della mozione Manlio Di Stefano ed altri n. 1-01331 sulle linee della politica europea ed estera dell'Italia alla luce delle recenti emergenze internazionali.

  La seduta termina alle 12,15.

Pag. 38

ORGANIZZAZIONE DEI TEMPI DI ESAME: DDL N. 3976 E MOZIONE N. 1-01331

Ddl n. 3976 – Modifiche alla legge 24 dicembre 2012, n. 243, in materia di equilibrio dei bilanci delle regioni e degli enti locali

Tempo complessivo: 14 ore e 30 minuti, di cui:
• discussione generale: 7 ore e 30 minuti;
• seguito dell'esame: 7 ore.

Discussione generale Seguito dell'esame
Relatore 20 minuti 20 minuti
Governo 20 minuti 20 minuti
Richiami al Regolamento 10 minuti 10 minuti
Tempi tecnici 30 minuti
Interventi a titolo personale 1 ora e 14 minuti (con il limite massimo di 15 minuti per ciascun deputato) 1 ora e 2 minuti (con il limite massimo di 8 minuti per il complesso degli interventi di ciascun deputato)
Gruppi 5 ore e 26 minuti 4 ore e 38 minuti
 Partito Democratico 50 minuti 1 ora e 6 minuti
 MoVimento 5 Stelle 30 minuti 42 minuti
 Forza Italia – Il Popolo della
 Libertà – Berlusconi Presidente
30 minuti 29 minuti
 Sinistra Italiana – Sinistra
 Ecologia Libertà
30 minuti 23 minuti
 Area Popolare (NCD-UDC) 32 minuti 20 minuti
 Lega Nord e Autonomie – Lega
 dei Popoli – Noi con Salvini
30 minuti 19 minuti
 Scelta Civica per l'Italia 31 minuti 18 minuti
 Democrazia Solidale –
 Centro Democratico
31 minuti 17 minuti
 Fratelli d'Italia – Alleanza
 Nazionale
30 minuti 16 minuti Pag. 39
 Misto: 32 minuti 28 minuti
  Conservatori e Riformisti 6 minuti 7 minuti
  Alternativa Libera - Possibile 6 minuti 5 minuti
  Alleanza Liberalpopolare Autonomie ALA – MAIE-Movimento Associativo Italiani all'Estero 6 minuti 5 minuti
  Minoranze Linguistiche 4 minuti 3 minuti
  FARE! - Pri 3 minuti 2 minuti
  USEI-IDEA (Unione Sudamericana Emigrati Italiani) 3 minuti 2 minuti
  Movimento PPA – Moderati 2 minuti 2 minuti
  Partito Socialista Italiano (PSI) – Liberali per l'Italia (PLI) 2 minuti 2 minuti

Mozione n. 1-01331 – Sulle linee della politica europea ed estera dell'Italia alla luce delle recenti emergenze internazionali

Tempo complessivo, comprese le dichiarazioni di voto: 6 ore (*).

Governo 25 minuti
Richiami al Regolamento 10 minuti
Tempi tecnici 5 minuti
Interventi a titolo personale 56 minuti (con il limite massimo di 7 minuti per il complesso degli interventi di ciascun deputato)
Gruppi 4 ore e 24 minuti
 Partito Democratico 1 ora e 17 minuti
 MoVimento 5 Stelle 32 minuti
 Forza Italia – Popolo della Libertà
 – Berlusconi Presidente
24 minuti
 Sinistra Italiana – Sinistra
 Ecologia Libertà
20 minuti
 Area Popolare (NCD - UDC) 20 minuti
 Lega Nord e Autonomie – Lega
 dei Popoli – Noi con Salvini
17 minuti
 Scelta Civica per l'Italia 17 minuti
 Democrazia Solidale –
 Centro Democratico
16 minuti
 Fratelli d'Italia – Alleanza Nazionale 15 minuti Pag. 40
 Misto: 26 minuti
  Conservatori e Riformisti 5 minuti
  Alternativa Libera - Possibile 5 minuti
  Alleanza Liberalpopolare Autonomie ALA – MAIE-Movimento Associativo Italiani all'Estero 5 minuti
  Minoranze Linguistiche 3 minuti
  FARE! - Pri 2 minuti
  USEI-IDEA (Unione Sudamericana Emigrati Italiani) 2 minuti
  Movimento PPA – Moderati 2 minuti
  Partito Socialista Italiano (PSI) –
  Liberali per l'Italia (PLI)
2 minuti

(*) Al tempo sopra indicato si aggiungono 5 minuti per l'illustrazione della mozione.