XVII LEGISLATURA


Resoconto stenografico dell'Assemblea

Seduta n. 646 di venerdì 1 luglio 2016

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PRESIDENZA DELLA VICEPRESIDENTE MARINA SERENI

  La seduta comincia alle 9,30.

  PRESIDENTE. La seduta è aperta.
  Invito la deputata segretaria a dare lettura del processo verbale della seduta precedente.

  ANNA MARGHERITA MIOTTO, Segretaria, legge il processo verbale della seduta di ieri.

  PRESIDENTE. Se non vi sono osservazioni, il processo verbale si intende approvato.
  (È approvato).

Missioni.

  PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del Regolamento, i deputati Alfreider, Artini, Michele Bordo, Carocci, Catalano, D'Ottavio, Duranti, Epifani, Fava, Gregorio Fontana, Grillo, Marazziti, Palmieri, Gianluca Pini, Pisicchio, Rampelli, Rampi, Ravetto, Realacci, Rizzo, Rosato, Sanga, Scagliusi, Schullian, Tabacci e Zardini sono in missione a decorrere dalla seduta odierna.
  I deputati in missione sono complessivamente centodieci, come risulta dall'elenco depositato presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell’allegato A al resoconto della seduta odierna (Ulteriori comunicazioni all'Assemblea saranno pubblicate nell'allegato A al resoconto della seduta odierna).

Svolgimento di interpellanze urgenti (ore 9,35).

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca lo svolgimento di interpellanze urgenti.

(Chiarimenti in ordine alle risorse stanziate a favore del Mezzogiorno – n. 2-01409)

  PRESIDENTE. Passiamo alla prima interpellanza urgente all'ordine del giorno Scotto ed altri n. 2-01409, concernente chiarimenti in ordine alle risorse stanziate a favore del Mezzogiorno (Vedi l'allegato A – Interpellanze urgenti).
  Chiedo al deputato Scotto se intenda illustrare la sua interpellanza o se si riservi di intervenire in sede di replica.

  ARTURO SCOTTO. Sì, grazie, Presidente. Nel novembre del 2015, il Governo ha presentato le linee guida di un masterplan per il Mezzogiorno, che rappresenta il quadro di riferimento dei Patti per il Sud da sottoscrivere con regioni e città metropolitane del Mezzogiorno d'Italia. Secondo il Governo, l'obiettivo dovrebbe essere quello di definire, per ciascuna area territoriale, gli interventi prioritari e trainanti, le azioni da intraprendere per attuare e rimuovere gli ostacoli, la tempistica e tutto quello che blocca l'afflusso di risorse per le regioni a obiettivo unico.
  Il Piano prevede investimenti rilevanti, nell'ordine di 95 miliardi di euro, fino al 2023, ma non sono in gioco, come è noto, nuove risorse, risorse supplementari verso il Mezzogiorno, ma semplicemente la dotazione esistente dei Fondi strutturali 2014-2020 e quella del Fondo per lo sviluppo e la coesione. Lo stanziamento Pag. 2previsto per il Fondo sviluppo e coesione, nello stesso ciclo 2014-2020, era di 54,8 miliardi, che però sono stati poi successivamente ridotti a 38,7 miliardi perché i vari Governi hanno utilizzato questi finanziamenti per altri scopi. Dei 38,7 miliardi rimasti, solo 13,4 miliardi, specificatamente, sono stati destinati ai Patti e per di più spalmati negli anni: solo 2,7 miliardi nel 2016, 3 miliardi nel 2017, 3,1 miliardi nel 2018.
  Quanto ai Patti che finora sono stati solo in parte stipulati tra Governo e amministrazione, curiosamente, signora Presidente, alla vigilia di importanti e rilevanti campagne elettorali, in alcune città del Sud, si configurano in realtà come una riedizione dei vecchi Patti territoriali e più in generale della programmazione negoziata degli anni Novanta, e purtroppo ripropongono quelle caratteristiche, che oggi potremmo definire fallimentari, di quell'impostazione.
  Ora, di fronte a questa mole di risorse, occorrerebbe premettere che i Patti si pongono, nell'ottica del Governo, come un meccanismo finalizzato ad accelerare la spesa delle risorse disponibili a legislazione vigente, e le risorse interessano prevalentemente interventi già individuati in passato, che non sono stati finanziati o che sono stati finanziati soltanto parzialmente o non realizzati o completati. Le faccio un esempio per tutti: il rifinanziamento della metropolitana di Napoli, con lavori iniziati ben quarant'anni fa e con un costo al chilometro altissimo. Gli interventi prescelti non sono stati selezionati attraverso metodi di valutazione economica, non si può quindi stabilire né l'utilità, né la desiderabilità sociale, non si ha alcun ordine di priorità e graduatoria di progetti, né alcuna garanzia che non vi siano inclusi alcuni sbagliati, che potrebbero essere scartati. Molto spesso tutto questo sembra, come dire, fortemente condizionato anche da azioni o localistiche o di lobby.
  Una seconda caratteristica riguarda l'inserimento di progetti non sufficientemente definiti o ancora allo stadio dello studio o preliminari. Ci troviamo, quindi, di fronte ancora a una condizione, come dire, estremamente complicata e difficile da definire e da considerare in qualche modo certa e stabile.
  Vede, signor sottosegretario, il tema del Mezzogiorno non è esclusivamente una questione di risorse, lo avete detto sempre voi, avete detto, quando siete arrivati al Governo del Paese, che il Mezzogiorno, più che di risorse, aveva bisogno di nuove classi dirigenti. Se dovessi, oggi, fare una disamina delle classi dirigenti del Mezzogiorno e anche delle alleanze che avete stipulato nel Mezzogiorno, mi pare di capire che le risorse continuano a non esserci, perché sono sempre risorse legate a finanziamenti europei, e le classi dirigenti assomigliano molto a quelle che hanno contribuito a costruire, non oggi, ma prima di vent'anni fa, il disastro del Sud.
  E quindi il tema dal mio punto di vista, dal nostro punto di vista, è capire quali siano i progetti veri, le risorse, la politica infrastrutturale che volete fare, insomma capire dove sono quelli che noi abbiamo chiesto con forza, i 17 miliardi che mancano dai Patti per il Sud inseriti all'interno del masterplan, i 17 miliardi che mancano all'appello rispetto ai 31 previsti dalla tabella E della legge di stabilità del 2014, quella che vincolava le risorse 2014-2020, se li metterete nella nuova legge di bilancio e, infine se, ad oggi – nonostante le fanfare che avete in qualche modo suonato quando il Presidente del Consiglio è andato in giro per il Mezzogiorno a firmare i Patti con i governatori, con i sindaci e con tutto il resto –, esiste qualche delibera del CIPE o se avete intenzione di attivarla in tempi rapidi. Perché è chiaro che, pur mantenendo dei dubbi molto forti rispetto alle modalità di programmazione e al fatto che non si comprenda bene dove li volete indirizzare, in ogni caso bisognerebbe cominciare anche a fare presto, non basta una conferenza stampa, occorrerebbero le delibere. Tiratele fuori !

  PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei Pag. 3ministri, Claudio De Vincenti, ha facoltà di rispondere.

  CLAUDIO DE VINCENTI, Sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei ministri. Grazie, Presidente. L'interpellanza presentata dall'onorevole Scotto e altri onorevoli deputati si sofferma su un punto, su una questione decisiva per il futuro del nostro Paese e che ha un rilievo centrale nell'azione del Governo: la questione meridionale.
  Sappiamo – ed è da qui che parte il masterplan che abbiamo avviato nell'autunno del 2015 e su cui poi tornerò – che nel periodo 2001-2013 è tornato ad allargarsi il divario di produzione e reddito tra il Mezzogiorno d'Italia e il Centro-Nord, con effetti pesanti sulla qualità della vita, sui livelli occupazionali e sullo stesso impatto che la crisi economica, scoppiata nel 2008, ha avuto: un impatto differenziale più pesante proprio sul Mezzogiorno. Da qui parte il masterplan e, contemporaneamente, parte dalla consapevolezza che nel Mezzogiorno ci sono energie, capacità positive, anzi, una vitalità economica e sociale su cui bisogna fare leva.
  I dati che, da ultimo, ci ha fornito l'ISTAT, proprio nei giorni scorsi, confermano questo punto. È un punto che non deve farci pensare che non ci sono problemi nel Mezzogiorno: no, partiamo esattamente al contrario. Partiamo dal fatto che, nel periodo 2001-2013, i dati ci dicono che c’è un accentuarsi del divario, ma, contemporaneamente, il PIL nel Mezzogiorno, nel 2015, è aumentato dell'1 per cento, nei confronti dello 0,8 medio nazionale, e l'occupazione è aumentata più, in percentuale, che nel resto del Paese, anche se partiamo sempre da un tasso di occupazione e, quindi, da un livello di occupazione più basso che nel resto del Paese.
  Quindi, senza nulla togliere ai problemi strutturali di fondo che dobbiamo affrontare, questi dati corrispondono esattamente a quello che nel masterplan abbiamo scritto e, cioè, che nel Mezzogiorno sono presenti forze vive della società civile su cui dobbiamo fare leva. E il masterplan deve essere al loro servizio, deve essere un fecondatore di iniziative che vedano i cittadini del Mezzogiorno, i lavoratori, le imprese meridionali protagonisti.
  I dati del 2015 ci dicono questo, ci dicono, appunto, della vitalità, pur in una situazione di difficoltà più pesante nel Mezzogiorno che nel resto del Paese; ci dicono anche – mi sia consentito di rivendicarlo come frutto dell'azione di Governo – che quel recupero di capacità di spesa sui fondi strutturali 2007-2013, che abbiamo realizzato negli ultimi due anni e, in particolare, proprio nel 2015, ha costituito uno degli elementi che hanno contribuito a ridare fiato alle forze vive del Mezzogiorno.
  Ricordo che, al 31 dicembre 2011 – quindi, al termine del quinto anno del periodo programmatorio 2007-2013 –, l'ammontare di fondi strutturali utilizzato era pari al 15 per cento; oggi, con i dati che abbiamo rilevato – l'ultimo caricamento è quello di aprile scorso –, siamo prossimi al 100 per cento. Teniamo conto che ci saranno altri caricamenti, che sono tuttora in corso, quindi, andremo oltre il 100 per cento di utilizzo dei fondi strutturali, con un recupero molto accelerato, ripeto, proprio negli ultimi due anni. Qui, naturalmente, c’è da fare una distinzione tra quello che abbiamo fatto per recuperare capacità di spesa sul periodo 2007-2013 e quello che dobbiamo fare sul periodo programmatorio in corso 2014-2020, che si concluderà, come sappiamo, nel 2022, così come il 2013 si è concluso nel 2015.
  La differenza molto rilevante è che – vengo ad alcune cose dette poco fa dall'onorevole Scotto – con riferimento al periodo 2007-2013 abbiamo dovuto, sostanzialmente, accelerare programmi che risalgono a programmazioni precedenti, naturalmente, facendo delle riprogrammazioni, però, concordate con la Commissione europea e, quindi, spingendo di più i programmi che mostravano maggiore capacità di realizzarsi. Quindi, spostando risorse – ripeto – in modo estremamente trasparente nel confronto con la Commissione europea, abbiamo via via concordato Pag. 4gli aggiustamenti programmatori che andavano fatti e, da questo punto di vista, segnalando anche dei limiti della programmazione 2007-2013. Adesso, invece, abbiamo davanti il nuovo periodo programmatorio, per il quale si tratta di migliorare in modo strutturale la capacità di programmazione e l'efficacia della programmazione stessa.
  Però, io, comunque, rivendico il fatto che, pur avendo dovuto basarci su una programmazione precedente, era prioritario per il Mezzogiorno e per l'Italia che, comunque, i programmi validi fossero portati a termine e, caso mai, si facesse la riprogrammazione che abbiamo fatto verso i migliori programmi, e su quelli si concentrassero le risorse. Perché, comunque, non c’è nulla di peggio che qualcosa di iniziato e lasciato a metà, naturalmente, salvo che non sia qualcosa di totalmente inutile e, in quel caso, come dicevo prima, si riprogramma e si cambiano destinazioni.
  Adesso sta a noi costruire una programmazione più efficace, più forte e più condivisa che rispecchi le reali priorità del Mezzogiorno, delle regioni, delle città metropolitane, dei cittadini del Mezzogiorno. Ed è qui che abbiamo avviato un nuovo metodo attraverso il masterplan, che non a caso parte, come dicevo prima, dal fare leva sulle forze vive del Mezzogiorno e non dal calare dall'alto scelte programmatorie e che, contemporaneamente, punta ad una forte responsabilizzazione reciproca tra amministrazioni centrali e amministrazioni regionali e locali, che è stata sperimentata, in particolare, nelle task force che l'Agenzia per la coesione territoriale, insieme con la Commissione europea, ha costruito insieme con le regioni che segnavano il maggior ritardo nella programmazione 2007-2013 e che hanno consentito quel recupero che dicevo prima.
  Partendo da questo, noi abbiamo pensato a costruire un nuovo metodo, che, però, è, insieme, una nuova concretezza: partire dai bisogni reali, dai bisogni avvertiti, dalle priorità che troviamo sul territorio, condividerle e responsabilizzarci a vicenda nel superare gli ostacoli, oltre che nel mettere le risorse. È per questo che abbiamo costituito, in base al comma 703 della legge di stabilità per il 2015, la cabina di regia Stato-regioni-città metropolitane, che è l'organismo che coordina tutta l'azione programmatoria, in un dialogo che, poi, si svolge anche con le singole regioni, con le singole città metropolitane, con le singole realtà territoriali, ma che ha in questo strumento il punto di coordinamento forte.
  La cabina di regia, naturalmente, ha un compito importantissimo, che è quello di fare sinergia, come si usa dire, tra l'utilizzo del Fondo di sviluppo e coesione e l'utilizzo dei fondi strutturali. Evitare che siano programmazioni che non si parlano: devono essere integrate in un unico disegno di sviluppo del Mezzogiorno.
  Le risorse. I fondi strutturali ammontano, per il periodo 2014-2020, a quasi 52 miliardi – 51,77 –, di cui 31 sono europei e circa 21 sono nazionali. Cofinanziamento nazionale.
  Il Fondo di sviluppo e coesione. Nella legge di stabilità 2014 – la legge di stabilità che questo Parlamento ha varato nel dicembre 2013 – venne stabilito che le risorse del Fondo di sviluppo e coesione – sono tutte risorse nazionali, come sapete – sarebbero state 54,8 miliardi, ma, in quella stessa legge di stabilità, questo Parlamento ha deciso di stanziarne 43,8, riservandosi di stanziare i restanti 11 miliardi a valere dalla legge di stabilità per il 2019, sulla base dei risultati che si sarebbero conseguiti con i primi 43,8. Quindi, vorrei prima di tutto chiarire che è nella medesima legge di stabilità 2014 che si assegnano 54,8, si programmano, in linea generale, 54,8, ma si stanziano, effettivamente, 43,8. Di quei 43,8, con provvedimenti successivi, sono stati utilizzati circa cinque miliardi, che sono andati, in parte molto significativa, a provvedimenti per il Mezzogiorno, anche questi deliberati o con, per esempio, la legge di stabilità 2016, parlo del miliardo e mezzo di credito d'imposta al Mezzogiorno, o con delibere CIPE, penso alla banda ultralarga o al dissesto idrogeologico. In particolare, hanno riguardato, con riferimento proprio al Mezzogiorno, Pag. 5il piano banda ultralarga, il piano dissesto idro-geologico nelle aree metropolitane urbane, il completamento del programma di metanizzazione del Mezzogiorno, i contratti di sviluppo per aree di crisi meridionali, la riassegnazione alle regioni meridionali dell'85 per cento delle risorse revocate del 2007- 2013, diversi interventi per i territori colpiti da eventi calamitosi e diversi interventi interessanti il territorio del Mezzogiorno in relazione a specifiche finalità, Brindisi, Bari, Taranto, Lampedusa, Reggio Calabria, Salerno e altre. A questo punto, la cabina di regia ha lavorato in questo modo, è partita dai 38,7, ha detto: l'80 per cento va al Mezzogiorno, l'80 per cento di 38,7 sono 31,3 miliardi, 7,4 al centro-nord, sto tenendo conto 80 per cento, 20 per cento, ma anche delle riassegnazioni che citavo prima. Si è tenuto conto, poi, di quanto del piano banda ultralarga, dissesto idro-geologico, eccetera eccetera, è andato già verso il Mezzogiorno e quanto al centro-nord. A questo punto, sul Mezzogiorno, di quei 38,7, scusate, di quei 31,3, sono già andati al Mezzogiorno circa 5 miliardi, assegnati al Mezzogiorno, intendo dire, su interventi che si stanno realizzando nel Mezzogiorno, quelli che ho citato prima, compreso il credito di imposta per il Mezzogiorno. Quindi restano 26,8 miliardi di euro. Di questi abbiamo scelto, per prima cosa, di dedicarne 13,4 ai Patti per il Sud, il che non significa che gli altri 11,2 resteranno non utilizzati per il Mezzogiorno, significa che, intanto, abbiamo cominciato ad occuparci di interventi che definiamo regione per regione, città metropolitana per città metropolitana, ricordo che i Patti per il Sud sono 15, otto regioni e sette città metropolitane; a questi interventi così definiti, quindi, in una programmazione che parte direttamente dalle priorità che ci esprime il territorio, che poi concordiamo insieme e sulle quali poi concentriamo alcuni strumenti di intervento bilaterali, dedichiamo 13,4 miliardi; gli altri 11,2, che sempre al Mezzogiorno vanno, sono assegnati a interventi che hanno una rilevanza maggiormente di tipo interregionale e su cui la cabina di regia sta lavorando, sempre in un confronto con le regioni meridionali, ma, appunto, in una logica più trasversale alle varie regioni e alle varie realtà territoriali meridionali. In particolare, segnalo che questi interventi si concentreranno sulle infrastrutture e trasporti, ricordo che nella programmazione europea, nel periodo programmatorio 2014-2020, le infrastrutture e i trasporti hanno avuto un ammontare di risorse minore che in altre programmazioni; si è concordato, negli anni passati, in particolare nella fase di preparazione 2012-2013, una assegnazione più concentrata su altre politiche, riservandoci di usare il Fondo sviluppo e coesione maggiormente proprio sulle infrastrutture e trasporti.
  Quindi, nei Patti per il Sud, per esempio, di quei 13,4 almeno la metà, stiamo parlando di 6,7 o 7 miliardi di euro, sono dedicati alle infrastrutture, proprio perché i Patti per il Sud combinano una serie di fonti finanziarie, Fondo sviluppo e coesione, fondi strutturali, fondi ordinari, eccetera, mentre i fondi strutturali, se vanno su politiche di sviluppo, politiche ambientali, politiche di formazione dei lavoratori, eccetera, vanno anche sulle infrastrutture, ma c'era bisogno di irrobustire molto su quel lato; quindi, il Fondo sviluppo e coesione è stato usato nei Patti per il Sud in misura significativa sulle infrastrutture ed è giusto – poi naturalmente molto dipende da patto a patto, dalle priorità regionali – ma anche molto su politiche di sviluppo economico, di servizi e così via. Allora, lo ripeto, le allocazioni su cui si sta lavorando riguardano principalmente infrastrutture, trasporti, ambiente, sviluppo economico e produttivo. Il metodo è sostanza, in questo caso, perché nei Patti per il Sud siamo partiti dai bisogni delle popolazioni e da cose molto concrete che vanno fatte, non il libro dei sogni, cose che vanno fatte, perché rispondono a ciò che i cittadini del Mezzogiorno avvertono come necessario. Anche gli altri 11,2 miliardi che dobbiamo allocare saranno allocati in una logica interregionale, ma sempre in un confronto molto forte con i territori, e la cabina di regia sta lavorando Pag. 6in questa direzione. Per esempio, proprio sul tema infrastrutture, il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti sta ormai completando, insieme con le regioni, il quadro degli interventi fondamentali anche di tipo, lo ripeto, interregionale. Quindi, un nuovo metodo che è una nuova sostanza, noi vogliamo fare le cose, questo spiega anche perché nei Patti abbiamo scelto di indicare in modo esplicito le risorse disponibili nel 2016-2017, perché noi vogliamo che sia chiaro che l'orizzonte temporale, naturalmente, è più lungo, ma già nel 2016-2017 i cittadini del Mezzogiorno devono vedere cose che si fanno, devono vedere realizzazioni, ci deve essere un segnale forte che è un segnale di credibilità, è un segnale di speranza, è un segnale di mobilitazione delle energie e, quindi, ci siamo presi l'onere di individuare, pur dentro una programmazione pluriennale, quella parte di risorse che vanno nel 2016-2017 e che, come l'interpellanza ricorda, sono, circa, un po’ meno della metà delle risorse complessive previste. È, però, un segnale di serietà, noi vogliamo che nel 2016-2017 si cominci a fare e altrettanto faremo con gli altri 11,2 miliardi. Si è obiettato da parte degli onorevoli interpellanti che finché non c’è la delibera CIPE questi fondi, ancora, è come se non ci fossero; la risposta è: non è così, perché la legge prevede esplicitamente che in CIPE noi portiamo le delibere che sono concordate in cabina di regia insieme con regioni e città metropolitane. Quindi, quello che abbiamo deciso in cabina di regia, e questa è una decisione già presa, 13,4 miliardi sui Patti, 11,2 su interventi interregionali, sarà portato al prossimo CIPE che si terrà da qui a non oltre due-tre settimane massimo, ai primi di luglio, entro metà luglio ci sarà il CIPE che assegnerà. Ma guardate che, intanto, proprio perché la legge prevede che la cabina di regia non è un optional, ma è la sede decisionale, i Patti hanno già cominciato a lavorare, ci siamo già messi intorno al tavolo con le regioni con cui abbiamo firmato, quattro regioni e quattro città metropolitane, abbiamo completato praticamente tutta la stesura degli altri Patti, quindi, procederemo alle firme che rimangono, anche qui, nei prossimi giorni, nelle prossime settimane, ma già siamo intorno al tavolo per lavorare su come si cominciano a spendere nel 2016, perciò abbiamo esplicitato che nel 2016-2017 ci sono risorse, già dal 2016 si cominciano a spendere questi soldi per fare cose. Allora, qui è la sfida fondamentale che mi consentite di sintetizzare in un termine solo rispetto a precedenti stagioni programmatorie o tentativi di programmazione. Anche questo sarà un tentativo, intendiamoci, non c’è nessuna retorica, ma c’è lavoro concreto. E, allora, vi dico che la differenza di fondo, che parte dall'idea che proprio ci muoviamo dalle energie vive del Mezzogiorno, sta nel gusto del fare. Noi dobbiamo riportare le amministrazioni pubbliche centrali, regionali e locali a voler fare le cose e vederle fatte. Basta con il perdersi dietro alle procedure. Le procedure sono importanti, assolutamente, ma hanno un senso se sboccano a qualcosa. Allora, il nostro impegno chiave è qui. I Patti per il Sud, l'interlocuzione forte che si è creata con le regioni e le città metropolitane meridionali hanno questo significato: ci si rimbocca le maniche perché i cittadini del Mezzogiorno devono vedere le cose fatte. Questo è il nostro impegno.

  PRESIDENTE. Il deputato Scotto ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatto per la risposta alla sua interpellanza.

  ARTURO SCOTTO. Grazie signora Presidente e grazie signor sottosegretario. Ho apprezzato soprattutto l'ultimo passaggio che lei ha fatto. Sono tentativi. Però io vorrei partire da un punto che secondo me dovrebbe essere un po’ chiaro a tutti: non c’è una lira in più rispetto ai fondi strutturali e al Fondo per lo sviluppo e la coesione per il Sud. Siamo dentro una lunga scia che ormai da vent'anni si è accumulata, dove il Mezzogiorno si regge esclusivamente sul contributo dei fondi strutturali e del Fondo per lo sviluppo e la coesione e ovviamente del cofinanziamento. Abbiamo assistito – non è soltanto Pag. 7responsabilità di questo Governo e sarebbe un errore dirlo – a un progressivo allontanamento del resto del Paese dal Sud, Governi centrali che hanno tagliato risorse e trasferimenti, ed è chiaro che, senza risorse ordinarie accanto all'intervento straordinario dei fondi strutturali, il Mezzogiorno non ce la fa ad uscire dalla crisi. Lei giustamente ha tirato fuori i dati dell'ISTAT: più 1 per cento rispetto ai dati di altre aree del Paese. Siamo ancora, purtroppo, molto bassi. Ma quel dato, come lei ben sa, è legato a due fattori sostanziali: quegli incentivi collegati al Jobs Act, che, come è noto a tutti, con la legge di stabilità di quest'anno sono stati già ridotti del 40 per cento e, quindi, avranno un effetto depressivo per il prossimo anno nel Mezzogiorno ulteriore e, secondo, un dato del turismo significativo che è legato a fattori probabilmente anche esogeni rispetto al Sud e rispetto al nostro Paese, legati anche alle crisi del Mediterraneo. Ma queste sono considerazioni su cui torneremo. Io penso che un Governo che decide di investire sul Sud non si limita a riprogrammare i fondi strutturali. Secondo: lei giustamente e finalmente dà un chiarimento di dove sono finite quelle risorse. Lei dice 11,4 miliardi e noi nell'interpellanza avevamo messo 17. I 5 miliardi, come lei ha detto, la cito testualmente perché l'ho segnato, sono andati prevalentemente al Mezzogiorno, in parte molto significativa. Ma quei 5 miliardi dovrebbero essere integralmente al Mezzogiorno, signor sottosegretario. E una parte è andata non a interventi di carattere infrastrutturale materiale o immateriale, ma sul credito d'imposta nell'ultima legge di stabilità.
  Questo che significa ? Significa che restano questi 11,4 miliardi della cabina di regia, che intervengono in una dimensione interregionale. Occorre programmarli in tempi rapidi perché il tempo non è una variabile indipendente. Inoltre, lei ha citato dei numeri: sui 58 miliardi, soltanto 43 sono stati messi tra i fondi strutturali e il cofinanziamento nel 2019. Ora, mi auguro che entro il 2019 queste risorse, visto che sono programmate per quel periodo, non vengano utilizzate a copertura di altre cose, ma su questo ho ascoltato il suo impegno e ovviamente la prendo in parola.
  Terzo punto e chiudo: CIPE. Ora, lì siamo ancora al vediamo, signor sottosegretario. Senza la delibera CIPE quei patti sono zero, non esistono e, come ben sappiamo, al CIPE si può anche intervenire e revocare quell'impianto. Fino a quando non ci sarà l'intervento del CIPE tutto è ancora revocabile. E, allora, probabilmente le delibere andrebbero fatte in tempi rapidi e andrebbe lanciato un messaggio più determinato e più veloce. Infine, io sono molto d'accordo con lei quando dice che il Mezzogiorno ha bisogno di una scossa, di fare leva sulle energie vive, su quella parte di società che non si è arresa alle mafie, alla corruzione, che non si è arresa e che non è andata via e che ha scelto di impiantarsi e di rimanere e di lottare e di resistere in un Mezzogiorno il cui paesaggio sociale è sempre più frammentato e sempre più impoverito. Non è questa l'occasione, ma occorre probabilmente introdurre delle misure eccezionali all'interno della legge di stabilità, che vadano oltre quello che è programmato nel masterplan e che vadano soprattutto a sostenere quel diritto allo studio che, come è noto a tutti, nel Mezzogiorno è un diritto prevalentemente negato. Tutto ciò se vogliamo garantire che una generazione non sia condannata, come tutti i dati dicono nel corso degli ultimi anni, ad andare via e fare altre scelte.

(Iniziative volte a garantire l'accesso all'uso compassionevole dei farmaci – n. 2-01400)

  PRESIDENTE. Passiamo all'interpellanza urgente Binetti e Bosco n. 2-01400, concernente iniziative volte a garantire l'accesso all'uso compassionevole dei farmaci (Vedi l'allegato A – Interpellanze urgenti).
  Chiedo alla deputata Binetti se intenda illustrare la sua interpellanza o se si riservi di intervenire in sede di replica.

  PAOLA BINETTI. Intendo illustrare questa interpellanza perché, dopo aver Pag. 8ascoltato quella precedente, in cui la questione economica appare fortemente rilevante, in questa interpellanza gli interventi che chiediamo al Governo non riguardano cifre economiche, non riguardano spostamenti di risorse economiche, ma riguardano piuttosto un insieme di normative che hanno creato dei vincoli di tipo burocratico per dei malati. Qui stiamo parlando di malati prevalentemente affetti da tumori, da tumori rari in fase avanzata, i quali si trovano nella necessità di poter disporre di farmaci, che possiamo considerare farmaci salvavita, avendo perfetta consapevolezza che questa loro situazione è una situazione ad alta complessità e per i quali tutta una serie di norme e di prudenza, che sono assolutamente auspicabili in altre situazioni e in altre circostanze della ricerca scientifica, in altre circostanze che riguardano la presa in carico dei malati, non servono. Mi limito a denunciarle, per poi poter ascoltare quello che dirà il Governo e intervenire su questo.
  La prima riguarda la possibilità che hanno i malati rari di accedere a farmaci che abbiano superato quella che si chiama la fase 2 di sperimentazione: esiste una legge che dice che, perché questi farmaci possano essere resi disponibili per i pazienti, devono aver completato un iter. Chiaramente è una norma che è vista come tutela e garanzia della salute dei pazienti; il tema però è che, quando ci troviamo davanti a pazienti in condizioni gravi, molto gravi, e per i quali non esiste un'alternativa di nessun farmaco, quella che è una misura di prudenza viene percepita dal malato come una misura ingiustamente crudele: mi togli l'ultima speranza che potrebbe servire, potrebbe farmi bene. D'altra parte bisogna tenere conto che, per completare l'iter sperimentale di farmaci che riguardano malati rari e molto rari, è facile per tutti comprendere che l'arruolamento di pazienti che permette a questo punto di verificare i dati è un arruolamento molto difficile, perché è la rarità del farmaco che rende difficile creare la coorte di pazienti sui quali sperimentare.
  Quando è stata approvata la legge sulle cure compassionevoli, ormai circa una decina d'anni fa, a garanzia dei malati si erano stabilite alcune premesse molto semplici: che questo farmaco avesse avuto risultati positivi e non avesse avuto controindicazioni gravi. Su questa base, che può sembrare elementare, di premessa, fare il bene ed evitare il male, che peraltro è il principio fondamentale di qualunque bioetica si voglia cavalcare, di qualunque approccio; questa verità è tale che già a livello europeo l'EMA si sta orientando in questa direzione e sta concedendo l'accesso a farmaci per uso compassionevole anche quando non abbiano ultimato tutta la sperimentazione, che – insisto – per altri casi, in altre situazioni, in altre circostanze è veramente garanzia di prudenza ed interesse per la salute dei cittadini. In questo caso basterebbe, peraltro esiste già, una sorta di procedura tra l'Aifa e il Ministero della salute, per la quale si potrebbe intervenire anche in maniera temporale, anche in maniera sperimentale; però questa è una risposta, perché noi diventiamo ogni giorno oggettivamente più bravi (ed è un omaggio al mondo scientifico) sul piano della diagnosi, ma ci troviamo ogni volta sempre più smarriti e sprovveduti, poi, sul piano degli interventi terapeutici.
  Faccio presente che le cure compassionevoli, che pure costituiscono farmaci molto cari... Chi si occupa di farmaci oncologici, sicuramente il Governo e il Ministero della salute, ha piena consapevolezza che i farmaci oncologici sono farmaci carissimi, tant’è vero che qualcuno dice che in un prossimo tempo non riusciremo più nemmeno a curarci, non perché non ci sono i farmaci, ma perché il costo di questi farmaci è talmente alto che potrebbe far saltare il «banco», come si dice. Bene: questi farmaci sono messi a disposizione gratuita ! Non li paga né il Sistema sanitario nazionale, non li pagano tanto meno, fortunatamente, i pazienti, perché sono un costo a carico delle case farmaceutiche. In questo caso, quindi, non esiste nemmeno il vincolo economico: esiste la capacità di un ragionamento semplice Pag. 9e lineare, che dice «è vero, sarebbe meglio così, ma non essendoci un'alternativa, diamo a queste persone quello di cui hanno bisogno». Prima questione.
  Seconda questione. Cosa succede quando ci troviamo davanti a malati affetti da malattie rare, a malati gravi ? Che non esiste il malato che si cura con una medicina: tutti noi siamo abituati a vedere i malati gravi con una sfilza di medicine, una sfilza di boccettine o di pasticche che prendono. Cosa significa questo ? Che, non avendo il farmaco, l'unico capace di garantire tutti gli effetti positivi, abitualmente quello a cui si ricorre è un mix di farmaci. Ora, che cosa succede ? Che, quando tu fai una sperimentazione, se lavori su un mix di farmaci e non sul farmaco su cui hai puntato tutto il tuo interesse, non sei in grado di stabilire con assoluta certezza che gli effetti che ottieni sono dovuti a quel farmaco, e non sono dovuti alla miscellanea di farmaci che stai assumendo; ma questo è normale in medicina: tutti quanti siamo abituati a vedere questa prospettiva.
  Se non che la sperimentazione, quando vuole essere scientificamente rigorosa, fortemente controllata, ti chiede, per poter immettere un farmaco, che tu di quel farmaco conosca tutti gli effetti, avendoli distinti dagli altri farmaci: altro elemento di complessità, che non ti permetterà, nel caso per di più di malati rari, di malati rari e gravi, di raggiungere quel livello di sicurezza. Noi qui stiamo barattando non solo la speranza della vita, ma ci muoviamo secondo un livello di probabilità: stiamo barattando un livello di probabilità abbastanza alto per questi pazienti con quel livello di sicurezza scientifica che non potremo avere, cioè stiamo rincorrendo un obiettivo che è irraggiungibile in queste condizioni.
  Terzo punto. Accade a volte, nella migliore delle ipotesi, che mentre un paziente sta facendo una terapia con un farmaco che rientra in questa classe di farmaci ad uso compassionevole, finalmente l'Aifa sciolga la riserva e dica: questo è un farmaco che può essere prescritto, e quindi è un farmaco che può essere assunto dal paziente. Cosa succede a questo punto ? Che la casa farmaceutica, che te lo dava gratis, smette di dartelo, perché dice: ohibò, l'Aifa dice che questo è un farmaco commerciabile, quindi lo voglio vendere. Allora noi ci troviamo davanti alla situazione che il paziente non riceve più il farmaco dalla casa farmaceutica e non lo riceve ancora dal Sistema sanitario, perché i tempi prevedono un intervallo, un lasso di tempo che lascia il paziente senza farmaco, per la semplice ragione che lui personalmente non se lo potrà mai permettere, perché – insisto – i costi sono veramente... Noi apprezziamo il Sistema sanitario nazionale in quei momenti, perché abitualmente potremmo tranquillamente in molti casi forse far fronte all'assunzione di farmaci, ma quando si arriva a quel livello, non c’è persona che possa accedere a curarsi a quelle condizioni. E quindi però noi troviamo il paziente nello sbalorditivo risultato che quel farmaco viene dimostrato utile, viene reso commerciabile ma egli non lo può comprare ! Altra cosa che rappresenta una delle contraddizioni pesanti.
  Io vorrei fermarmi qui. Come vedete, non ci sono soldi; cioè, voglio dire: non c’è una richiesta di soldi, non c’è una richiesta di risorse, c’è soltanto una valutazione del rapporto tra sicurezza scientifica e invece quello che è calcolo delle probabilità per quello che riguarda la sopravvivenza del paziente. Quando parliamo di sopravvivenza non parliamo nemmeno di guarigione: oggi come oggi il valore di un farmaco si misura anche nei mesi di vita, nell'anno di vita. Si dice: questo farmaco permette al paziente di vivere un anno in più, due anni in più, migliora la sua qualità di vita in questo anno; non stiamo parlando di un tempo assoluto, stiamo parlando di un tempo relativo. Però, per chi si trova in quelle condizioni, quel tempo relativo è la vita, ed è la speranza ed è la possibilità di farsi carico molte volte dignitosamente di quelle che sono le sue responsabilità personali, familiari, sociali, eccetera.

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  PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per la salute, Vito De Filippo, ha facoltà di rispondere.

  VITO DE FILIPPO, Sottosegretario di Stato per la salute. Presidente, nello scorso mese di aprile si sono aperti gli Stati generali della ricerca sanitaria; parto da qui per dare un quadro delle attività sulle quali si sta lavorando, e si sta approfondendo anche una nuova metodologia. Quell'iniziativa, che come è noto è stata fortemente voluta dal Ministero della salute ed ha coinvolto istituzioni, autorità accademiche e scientifiche, ricercatori e rappresentanti delle associazioni dei pazienti, rappresentanti del mondo industriale e della finanza, è stata organizzata per fare il punto sulla ricerca in sanità, sulle prospettive future del settore e sul loro ruolo dell'Italia nel contesto europeo e internazionale. L'Agenzia italiana del farmaco ha preso parte ai lavori, portando il proprio contributo sui temi dell'innovazione terapeutica e dell'accesso ai nuovi farmaci: una sessione era stata dedicata ad «Industria e biomedicina», una alle nuove sfide collegate alla diffusione delle tecnologie digitali in sanità (sessione «Salute e smart technology. Nuovi strumenti per la ricerca biomedica: sfide ed opportunità»), e sul rilancio della ricerca indipendente (nella sessione «Il ricercatore e le sfide della ricerca: competitività e progressione professionale»).
   Tra le iniziative in corso il Ministero della salute, l'Aifa e l'Istituto superiore di sanità stanno lavorando da tempo all'istituzione di una procedura veloce (cosiddetta fast track) per le valutazioni delle sperimentazioni dei farmaci e dei dispositivi medici per assicurare tempi più certi e anche misurabili ai pazienti.
  Inoltre l'Aifa ha avviato un progetto pilota per la riorganizzazione strutturale e funzionale alla prossima applicazione del regolamento UE n. 536/2014 che è relativo proprio alla sperimentazione clinica dei medicinali.
  L'Aifa è impegnata nell'individuazione e nel coordinamento di un sistema di valutazione nazionale dell'efficacia, della sicurezza e dell'impatto economico, etico e sociale delle tecnologie della salute, per garantire l'accesso ai farmaci, assicurandone la sostenibilità economica, in particolare proprio per i farmaci innovativi.
   In questa prospettiva un obiettivo prioritario è il rilancio della ricerca indipendente, in grado di intercettare i bisogni di salute, orientare la programmazione sanitaria e contribuire alla sostenibilità del Servizio sanitario nazionale.
   Grazie alla ricerca indipendente è possibile studiare le popolazioni trascurate dalla ricerca profit, dirimere le incertezze sui farmaci presenti nel mercato, analizzare l'incidenza degli eventi avversi su ampie popolazioni, migliorare l'appropriatezza prescrittiva e l'aderenza alla terapia farmacologica.
   Svolte le considerazioni che sono solo per una parte di aspetto generale, con riguardo specifico alle richieste contenute nell'interpellanza urgente, si fa presente che la modifica dei criteri di accesso al cosiddetto uso compassionevole dei medicinali, che sono oggetto di sperimentazione clinica, disciplinati dal decreto ministeriale del 2003, Uso terapeutico di medicinale sottoposto a sperimentazione clinica, non è stata ancora ultimata e spiego perché.
   Questo decreto disciplina l'accesso a terapie farmacologiche sperimentali, cioè prive dell'autorizzazione all'immissione in commercio, per un uso al di fuori della sperimentazione clinica e per pazienti che sono affetti da malattie grave o rare, e che si trovano in pericolo di vita, in assenza, a giudizio del medico, di valide alternative terapeutiche.
   Quel decreto del 2003 prevede, come la legge n. 648 per gli usi dei farmaci cosiddetti off label, il vincolo della disponibilità di studi conclusi e positivi almeno di Fase II, nella medesima indicazione terapeutica.
   La normativa vigente, che regolamenta l'accesso ai farmaci non autorizzati, pone come ostacolo maggiore per i pazienti con tumori rari il requisito di studi clinici completi di Fase II, in considerazione delle difficoltà oggettive nel condurre la ricerca clinica in tale ambito, ma che sono finalizzate, Pag. 11altresì, a garantire la massima sicurezza nell'uso del farmaco sperimentale sul paziente.
   Per studiare le problematiche relative a questi aspetti, presso il Ministero dalla salute è stato istituito da tempo il gruppo tecnico di lavoro per lo studio delle problematiche relative alla cura dei tumori rari (Gruppo di lavoro tumori rari, Rete nazionale tumori rari) tra i cui obiettivi tra l'altro vi è proprio quello finalizzato ad elaborare proposte per aumentare l'accesso ai farmaci nel trattamento dei tumori rari.
  Sotto questo aspetto, si inquadrano le proposte di modifica proprio del decreto del maggio 2003, che costituisce un po’ la richiesta dell'onorevole Binetti, ancora alla valutazione del gruppo di lavoro, tra cui la possibilità di intervenire proprio sul limite rappresentato dall'attuale disposizione al fine dell'autorizzazione al trattamento sperimentale per i tumori rari, purché sussistano studi conclusi di Fase II.
  Pertanto le proposte del gruppo di lavoro vanno proprio nella direzione di rendere quel criterio di accesso alle cure compassionevoli meno stringente per le patologie considerate.
  Studi di fase Ib/IIa completati in altre indicazioni, se associati ad un valido razionale farmacodinamico o a case reports positivi, potrebbero essere sufficienti secondo l'elaborazione del gruppo di lavoro, per consentire l'accesso al farmaco per uso compassionevole, nell'ambito di criteri clinici esclusivamente appartenenti però a network qualificati.
   Un ulteriore intervento potrebbe essere quello di prevedere la razionalizzazione degli usi off label nei tumori rari, attraverso il riferimento a centri clinici inseriti in reti collaborative, nelle quali sia garantita l'adeguatezza dei percorsi diagnostici, consentendo il miglioramento della qualità delle cure e del ricorso a prescrizioni off label in modo strutturato e, soprattutto, omogeneo. Questi sono i punti sui quali si sta chiudendo l'attività del gruppo di lavoro, che non mi sembrano punti semplici e nemmeno francamente da sottovalutare, anche per la sicurezza dei pazienti.
  Quanto alla possibilità di utilizzare in combinazione farmaci non ancora registrati e farmaci già in commercio, si sta discutendo se quella fattispecie debba formare oggetto di una specifica previsione, dal momento che non mancano esperienze in cui ciò è stato già fatto, e anche con successo, nell'attuale quadro regolatorio (caso dei BRAF e MEK inibitori: dabrabenib/trametinib e vemurafenib/cobimetinib).
  Più in generale, occorre ricordare che l'accordo Stato-regioni del 22 novembre 2012, che ha delineato, tra l'altro, l'attività di coordinamento strategico dell'azione e della rete nazionale dei tumori rari, ha attribuito proprio a quel gruppo tecnico un'attività importante, che io anche sinteticamente ho descritto.
  Pertanto, con decreto ministeriale 14 febbraio 2013, è stato istituito presso il Ministero proprio questo gruppo, che ha concluso la propria attività in data 20 aprile 2015.
   I mandati ricevuti dal gruppo tecnico erano: fornire indirizzi per la progettazione e la valutazione dei progetti regionali attuativi; formulare proposte per il pieno raggiungimento degli scopi della rete; elaborare proposte per aumentare l'accesso ai farmaci nel trattamento dei tumori rari; stabilire criteri e metodi per la classificazione nosologica degli stessi tumori rari.
   Sulla base dei lavori del gruppo, il Ministero dalla salute ha intrapreso una serie di azioni, tra le quali acquista un particolare rilievo proprio l'attività preparatoria dell'intesa Stato-regioni per l'istituzione della Rete nazionale dei tumori rari. Colgo quindi l'occasione per comunicare che il Ministero, proprio nel rispetto degli impegni assunti in esito all'approvazione, che è citata nell'interpellanza, in data 3 dicembre 2015 delle mozioni in questa stessa sede parlamentare, che concernevano lo sviluppo di una serie di iniziative per la cura dei tumori rari, ha da tempo, come sintetizzo in Pag. 12conclusione della mia risposta, avviato ed implementato tutte le iniziative che in quella circostanza furono assunte come impegno.

  PRESIDENTE. La deputata Binetti ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatta per la risposta alla sua interpellanza.

  PAOLA BINETTI. Mi sembra che molte delle conclusioni a cui il gruppo di lavoro sui tumori rari, presente presso il Ministero della salute, è arrivato potrebbero contenere elementi di convergenza per risolvere questi problemi. Ma certamente il passaggio dall'elaborazione concettuale di tutto questo all'applicazione concreta e reale, che significa per i malati la disponibilità reale dei farmaci, mi sembra che ancora rappresenti un nodo da sciogliere.
  Il livello della mia soddisfazione non è evidentemente nei confronti della risposta, che di per sé può anche essere soddisfacente, ma la soddisfazione del paziente scaturisce nel momento in cui il farmaco, di cui ha bisogno, è disponibile.
  Riguardo ai rilievi che il sottosegretario ha fatto con molta precisione e molta puntualità, compresa la rapidità, noi abbiamo una legge del 2013, la famosa legge dei cento giorni, che però è tutt'altro che applicata. Non abbiamo bisogno di uno strumento normativo, non abbiamo bisogno di definire i principi, abbiamo semplicemente necessità che, per esempio, nel caso specifico, l'AIFA si faccia carico di questo e, come previsto dalla norma, in cento giorni approvi questa cosa.
  D'altra parte, questo ripensamento, lo capisco perfettamente, è tutt'altro che irrilevante, ossia il tema della sicurezza del paziente, il tema della sperimentazione. Quando c’è stato questo fatto di cui il Ministero ha, come dire, tratto vanto positivamente e concretamente: ricordo il caso di ebola, in cui a questo paziente furono somministrate terapie al di fuori di ogni schema, ma lì subentrava che cosa ? La vita di quel paziente, e non c’è dubbio, ma per noi i pazienti sono tutti rari, preziosi e meritano tutte le attenzioni e tutte le cure. Probabilmente c'era tutta l'ondata mediatica in giro che concentrava le attenzioni su questo e faceva di questa cosa una delle punte di eccellenza del Sistema sanitario nazionale, ma le vite sono tutte uguali e la vita di quell'uomo è uguale alla vita di quest'altro e alla vita di quest'altra e alla vita di quest'altro, per il quale il solo sapere che quel farmaco non nuoce e che potrebbe far bene fa sì che queste persone si offrano alla sperimentazione.
  Ora, io credo che il lavoro istruito e sicuramente le giornate, gli stati generali della ricerca, sono stati un grande evento, un evento molto positivo, molto interessante e ricco di suggestioni, ma il problema è: come facciamo a passare oggi da quelle suggestioni alle risposte concrete ? Perché, in fondo, di questo si parla.
  Giustissimamente lei fa riferimento al fatto che ci siano, come dire, dei network qualificati; ci mancherebbe altro, sono i network qualificati che abbiamo visto rispetto al grande tema, adesso, dei centri europei per la presa in carico delle malattie rare e vogliamo tutti stare bene alla larga da quelli che sono santoni, guaritori. Abbiamo visto, tanto per citarne solo due, il caso Di Bella piuttosto che il caso Stamina, o anche altri casi di invenzioni.
  Nessuno vuole sottoporre i pazienti a uno stato di cavia, non se ne vuole dire, come spesso potrebbe essere accaduto: tanto non c’è più niente da fare, sperimentiamolo su questo paziente. Non è questo, non è questa carenza totale di etica della salute quella che noi stiamo invocando. Stiamo invocando una diversa interpretazione del principio di responsabilità e del principio della prudenza. In questo caso, proprio la prudenza potrebbe richiedere, come dire, una maggiore elasticità, che, peraltro, mi sembra essere compresa nelle conclusioni del sottosegretario.
  Ora io, però, per dichiararmi soddisfatta, dovrei semplicemente porre una ulteriore domanda: quando ? Quando queste affermazioni di principio ? Perché non c’è dubbio che la mia interpellanza segue di sei mesi esattamente l'approvazione, a cui lei stesso ha fatto riferimento, della Pag. 13mozione approvata all'unanimità dalla Camera su questo tema, in cui queste richieste erano implicitamente contenute. In sei mesi, sicuramente, il livello dell'elaborazione burocratico-istituzionale ha fatto dei passi avanti, ma non li ha fatti nella percezione e nel vissuto dei pazienti, e noi, devo dire, più da medici che da parlamentari ci preoccupiamo più di loro che non della elaborazione strettamente teorica delle cose.
  Però, poiché gli strumenti ci sono, sono conclusioni di una Commissione, ma non hanno ancora valore precettivo e normativo, noi ci auguriamo che questo passaggio ulteriore – che sarà quello che lo mette di fatto a disposizione e non permetto a nessuno di sottrarsi a questa responsabilità – possa essere fatto quanto prima.

(Elementi in ordine ai piani di definizione del fabbisogno del personale sanitario da parte delle regioni, anche al fine di garantire la continuità nell'erogazione dei livelli essenziali delle prestazioni – n. 2-01410)

  PRESIDENTE. Passiamo all'interpellanza urgente Colonnese ed altri n. 2-01410, concernente elementi in ordine ai piani di definizione del fabbisogno del personale sanitario da parte delle regioni, anche al fine di garantire la continuità nell'erogazione dei livelli essenziali delle prestazioni (Vedi l'allegato A – Interpellanze urgenti).
  Chiedo alla deputata Silvia Giordano se intenda illustrare l'interpellanza di cui è cofirmataria o se si riservi di intervenire in sede di replica.

  SILVIA GIORDANO. Grazie, Presidente. Qualche giorno fa mi ha telefonato una sindacalista dipendente di un ospedale di Napoli, tutta allarmata perché in campagna molti ospedali rischiano la chiusura.
  Il mio pensiero è andato immediatamente al Piano di riorganizzazione della rete ospedaliera varato dal Presidente della regione, Vincenzo De Luca, amico e convinto sostenitore del Premier.
  Poi, però, mi sono ricordata che, nonostante l'amicizia e le varie visite istituzionali che i due si sono scambiati perfino sul web nel programma Matteo risponde, il Piano di rientro della sanità in Campania non è stato ancora approvato dal Ministero. Strano, sono passati quasi due mesi, ma da Roma nessuno risponde all'amico De Luca.
  Dunque, ho dovuto, per forza di cose e mio malgrado, attribuire la responsabilità del rischio chiusura ad altri, e gli altri siete voi, membri dell'Esecutivo di questo Governo, che, a mio parere, avete trovato un buon éscamotage per continuare a tagliare sulla sanità, un éscamotage che rientra perfettamente nei limiti di legge, e vi spiego perché. Basta citare la legge n. 161 del 2014, quella con cui questo Governo ha dovuto necessariamente applicare la legge europea 2013-bis. Cosa ha deciso l'Unione europea ? Lo sappiamo tutti, ma forse è meglio ricordarlo. La legge 2013-bis ha stabilito che gli orari di lavoro in ambito sanitario debbono essere uniformi in tutti i Paesi membri, dunque Italia compresa. Il nostro Paese, però, anche stavolta, non è passato inosservato quanto a disorganizzazione e inottemperanza delle regole del vivere civile.
  La Commissione europea, infatti, ha ripreso l'Italia sull'applicazione dell'orario di lavoro e ha chiesto alle autorità italiane di essere informata sull'attuazione della direttiva nel settore sanitario in tutto il territorio italiano. In particolare, la Commissione europea, nella lettera inviata all'Italia, ha chiesto informazioni relativamente al rapporto tra riposi, guardie e reperibilità, alla durata massima settimanale dell'orario di lavoro e al periodo di riferimento in cui effettuare il calcolo medio, e alla modalità di calcolo delle ore di lavoro prestate in libera professione a favore dell'azienda sanitaria. Ed ecco, quindi, la risposta del Governo: l'articolo 14 della legge 30 ottobre 2014, n. 161, che recita appunto: «Disposizioni per l'adempimento degli obblighi derivanti dall'appartenenza dell'Italia all'Unione europea – Legge europea 2013-bis».Pag. 14
  Questo articolo ha disposto l'abrogazione, decorsi dodici mesi dalla data di entrata in vigore della legge, delle norme che escludono l'applicazione, per il personale delle aree dirigenziali degli enti ed aziende del Servizio sanitario nazionale, della disciplina generale relativa al riposo giornaliero e, per il solo personale del ruolo sanitario del Servizio sanitario nazionale, di quelle in materia di durata media massima dell'orario di lavoro settimanale (rispettivamente articoli 7 e 4 del decreto legislativo n. 66 del 2003). Successivamente, il medesimo articolo 14 ha previsto la conseguente abrogazione anche delle disposizioni contrattuali.
  E, ancora, il succitato articolo 14 prevede, inoltre, che, per far fronte alle esigenze derivanti dalle abrogazioni citate, le regioni garantiscono la continuità nell'erogazione dei servizi sanitari e l'ottimale funzionamento delle strutture, senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica, attraverso una più efficiente allocazione delle risorse umane disponibili, attuando, a tal fine, appositi processi di riorganizzazione e razionalizzazione delle strutture e dei servizi dei propri enti sanitari. In altre parole, basta con gli straordinari pagati fior di quattrini, perché si deve risparmiare, ma è obbligatorio continuare ad elargire le medesime prestazioni di assistenza, perché è della salute dei cittadini che stiamo parlando e non si può di certo violare la Costituzione.
  Infatti, continua a recitare l'articolo 14, che questo Governo ha scritto, che, al fine di garantire la continuità nell'erogazione dei livelli essenziali delle prestazioni, i contratti collettivi nazionali di lavoro del comparto sanità disciplinano le deroghe alle disposizioni in materia di riposo giornaliero del personale del Servizio sanitario nazionale preposte ai servizi relativi all'accettazione, al trattamento e alle cure, prevedendo equivalenti periodi di riposo compensativo immediatamente successivi al periodo di lavoro da compensare, ovvero, in casi eccezionali in cui la concessione di tali periodi equivalenti di riposo compensativo non sia possibile per ragioni oggettive, adeguate misure di protezione del personale stesso. Quindi, in parole semplici, addio turni massacranti di lavoro, addio lamentele del personale sanitario, addio straordinari strapagati e buste paga gonfiate.
  Tutto, finalmente, anche in Italia torna alla normalità: non c’è che dire, siamo davvero un Paese europeo. Ma poi ci pensano la FEMS, la Federazione europea dei medici salariati, e la ANAOO Assomed a fare infrangere il sogno: sia l'una che l'altra, infatti, hanno ricevuto numerose segnalazioni di medici e dirigenti sanitari. Il problema è questo: il nostro Paese – cito – fatica ad adeguare l'orario di lavoro alla normativa europea, emergendo in modo eclatante come modelli di organizzazione in varie realtà ospedaliere disattendano l'applicazione della legge n. 161 del 30 ottobre 2014, entrata in vigore dal 25 novembre 2015, sulla durata del riposo minimo giornaliero e sul tempo di lavoro massimo settimanale.
  Secondo la ANAOO Assomed, infatti, servono almeno 6 mila medici per coprire le carenze di dotazione organica che, attualmente, impediscono una corretta applicazione della normativa europea e, senza un confronto in sede contrattuale, come previsto dall'articolo 14, comma 3, della legge n. 161 del 2014, per disciplinare le eventuali deroghe al riposo giornaliero, il rischio che il procedimento di infrazione venga rinviato è altissimo. Non solo. Di fronte ad una diffusa e persistente disapplicazione della normativa europea in materia di organizzazione del lavoro, sarà inevitabile aprire il contenzioso anche presso le direzioni territoriali del lavoro.
  Ma dove li avranno presi questi dati ? Lo sanno queste due organizzazioni che, se così fosse, l'Italia rischierebbe una nuova procedura di infrazione da parte dell'Unione europea, l'ennesima, tanto per cambiare ? Forse, i dati sono stati inviati dalle regioni stesse.
  Dimenticavo che proprio per garantire il rispetto delle disposizioni dell'Unione europea in materia di articolazione dell'orario di lavoro, il comma 541, lettera b), della legge di stabilità 2016, ha disposto che, entro il 29 febbraio 2016, le regioni e Pag. 15le province autonome definissero un piano concernente il fabbisogno di personale contenente l'esposizione delle modalità organizzative del personale, tale da garantire il rispetto delle norme vigenti, che hanno recepito quelle dell'Unione europea in maniera di articolazione dell'orario di lavoro attraverso una più efficiente allocazione delle risorse umane disponibili.
  Mi dispiace tanto, non vorrei deludere di certo questo Governo «del fare», però, vi devo dire che la scadenza del 29 febbraio non è stata affatto rispettata. Le regioni sono state cattive e irriverenti e, forse, anche superficiali, perché avrebbero potuto finalmente denunciare le carenze di organico che attanagliano il settore della sanità in tutti gli ospedali italiani e, chissà, avrebbero potuto procedere a nuove assunzioni per sopperire alla mancanza.
  Del resto, nella circolare inviata dal Ministero il 25 febbraio 2016, le regioni erano state invitate ad inviare le informazioni e, a loro volta, le informazioni erano necessarie per poter dare attuazione al comma 543 della legge di stabilità 2016, relativo ai concorsi per procedere a nuove assunzioni, di cui il 50 per cento dei posti riservabile a personale già in servizio.
  E invece no. Nulla su assunzioni in sanità è scritto nel Documento di economia e finanza da poco esaminato dalle Camere. Come meravigliarsi ? Del resto, il Governo non si è preoccupato di come trovare un equilibrio tra uniformità dell'orario di lavoro, carenza di organico e garanzia dei LEA. E anche quando, già durante la discussione della legge di stabilità, il MoVimento 5 Stelle, ritenendo inconsistente l'impegno puramente formale dell'Esecutivo, che non aveva stanziato un solo euro, aveva proposto una copertura da 300 milioni di euro per l'assunzione di 3 mila medici e 3 mila infermieri su tutto il territorio nazionale, voi, signori dell'Esecutivo, avete fatto cadere la proposta nel dimenticatoio. Non avete neanche avuto la premura di chiedervi come avrebbero fatto le regioni sottoposte a piano di rientro ad adeguarsi sulla normativa europea.
  Anche quando sono montate le proteste in tutta Italia per i reparti che rischiavano la chiusura, voi non avete battuto ciglio. Eppure, avreste potuto benissimo rispolverare la mozione del MoVimento 5 Stelle sullo sblocco del turnover, approvata alla Camera, all'unanimità, nel giugno 2015. Quella mozione, infatti, sarebbe una boccata d'ossigeno anche per le regioni sottoposte a piano di rientro e sarebbe la salvezza per i cittadini italiani, che hanno diritto di essere curati nelle strutture pubbliche.
  E, invece, cosa succede ? Succede che il pubblico rischia di chiudere per mancanza di personale, che i cittadini rischiano di non essere curati perché il medico è tenuto, per legge, a rispettare il suo turno di riposo, che in Italia, quando si parla di sanità, ci ricordiamo solo delle bagarre politiche tra quale partito debba scegliere il suo direttore generale. Ecco perché la legge n. 161 del 2014 è, secondo me, l’éscamotage legale trovato dal Governo per risparmiare in sanità. Senza medici, un ospedale non può lavorare e, allora, che senso ha tenerlo aperto ? Neanche per pagare le bollette della luce !
  E, poi, se gli ospedali cominciano a chiudere, si potrebbe evitare anche l'ennesimo rimprovero dell'Unione europea in sanità. E noi in Europa non possiamo fare di certo brutta figura ! Renzi non ce lo permetterebbe mai ! In Italia, invece, possiamo continuare a raccontare le barzellette: siamo abituati a sentirle da vent'anni e, per fortuna, nonostante il cambio della guardia in quest'Aula, l'andazzo resta sempre lo stesso.
  È per questo, sottosegretario, che noi abbiamo chiesto, come MoVimento 5 Stelle, se il Ministro interpellato, che non vediamo da tempo, non ritenga di dover informare circa lo stato della trasmissione dei piani di definizione dei fabbisogni del personale da parte delle regioni e rendere pubblici i documenti trasmessi dalle regioni medesime e così rendersi garante della sicurezza, delle cure e della continuità nell'erogazione dei livelli essenziali delle prestazioni e della corretta applicazione Pag. 16nella normativa europea, nonché rispondere adeguatamente ai moniti della Commissione europea.

  PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per la salute, Vito De Filippo, ha facoltà di rispondere.

  VITO DE FILIPPO, Sottosegretario di Stato per la salute. Grazie, Presidente. Non vi è dubbio che, negli ultimi anni, nel settore sanitario si è registrata la carenza di diverse figure professionali per effetto proprio dei vincoli assunzionali che sono stati riferiti anche poc'anzi dall'onorevole interpellante. In tale contesto, la maggior parte delle realtà regionali ha segnalato la carenza di personale sanitario per la difficoltà di assicurare la programmazione dei turni di lavoro secondo standard minimi, come la copertura delle assenze per malattie, per gravidanza, eccetera.
  Questa problematica ha assunto connotati ancora più rilevanti all'indomani dell'entrata in vigore della nuova disciplina sull'orario di lavoro applicabile al personale delle aree dirigenziali del ruolo del Sistema sanitario, in virtù delle modifiche introdotte proprio dall'articolo 14 della legge n. 161. In particolare, come è noto, quella disposizione ha definito l'abrogazione, a decorrere dal 25 novembre 2015, delle norme contenute nel comma 6-bis dell'articolo 17 del decreto legislativo del 2003, che stabilivano la disapplicazione, nei confronti del personale del ruolo sanitario, del sistema sanitario, delle disposizioni in materia di durata massima dell'orario di lavoro e di riposo giornaliero.
  Al riguardo, per consentire alle aziende sanitarie di superare le difficoltà che incontrano nell'organizzazione dei servizi e nell'erogazione delle prestazioni sanitarie ai pazienti, anche a causa delle criticità che sono state evidenziate, sono state inserite nella legge di stabilità per il 2016 specifiche disposizioni volte a favorire un processo straordinario di assunzioni nel Servizio sanitario nazionale, al fine di assicurare, attraverso una più efficiente collocazione delle risorse umane, la continuità nell'erogazione dei servizi sanitari e dei livelli essenziali di assistenza, anche nel rispetto delle disposizioni europee in materia di articolazione dell'orario di lavoro.
  In particolare, il più volte citato comma 541, e a seguire, dell'articolo 1 della legge di stabilità, la n. 208 del 2015, ha disposto che le regioni definiscano i propri fabbisogni di personale, tenendo conto sicuramente della cornice finanziaria programmatica e delle disposizioni vigenti in materia del costo del personale, facendo riferimento a tutte le professionalità sanitarie per le quali abbiano rilevato effettive esigenze assunzionali. Laddove sulla base del piano del fabbisogno del personale emergano criticità, gli enti del Servizio sanitario nazionale possono indire, entro il 31 dicembre 2016, e concludere, entro il 31 dicembre 2017, procedure concorsuali straordinarie per l'assunzione di personale medico tecnico-professionale e infermieristico necessarie a far fronte alle eventuali esigenze assunzionali che siano emerse proprio da questa ricognizione.
  Nell'ambito delle medesime procedure concorsuali, gli enti del Sistema sanitario – prevedemmo in quel comma – possono riservare i posti disponibili, nella misura massima del 50 per cento, al personale medico tecnico-professionale e infermieristico in servizio al 1o gennaio 2016, che abbia maturato, alla data di pubblicazione del bando, almeno tre anni, anche non continuativi, negli ultimi cinque anni, non solo con contratti a tempo determinato – questa fu la novità – ma anche con contratti di Cococo o con altre forme di rapporto di lavoro flessibile che i medesimi enti, nel corso della storia degli stessi, avevano utilizzato.
  In particolare, relativamente alla valutazione dei fabbisogni definiti dalle regioni, la stessa è stata demandata dal legislatore al tavolo di verifica degli adempimenti e al Comitato permanente per la verifica dell'erogazione dei livelli essenziali di assistenza, nonché al tavolo per il monitoraggio dell'attuazione del regolamento, di cui al decreto del Ministero della Pag. 17salute 2 aprile 2015, n. 70, che è quello sugli standard della rete ospedaliera. Mi consentirà l'onorevole Giordano, più che chiedere – ed è anche quello utile, probabilmente – soldi in più, ci sono situazioni di ridondanza, di duplicazione e, anche, sicuramente, di non programmazione della rete ospedaliera che il decreto n. 70 sugli standard prevede e che potrebbero consentire una riallocazione sicuramente straordinaria, in molte parti del Paese, di personale.
  Quindi, bisogna guardare la riorganizzazione, la proposta, anche alla luce della riorganizzazione della rete territoriale, della rete ospedaliera, perché il decreto n. 70, condiviso, valutato, ampiamente condiviso, lungamente condiviso anche dalle regioni, è ancora ampiamente non applicato in molte parti del nostro Paese. I tavoli congiunti – non a caso la norma richiama i tavoli congiunti, quella del rispetto dei livelli essenziali di assistenza e anche il decreto n. 70 – hanno già avviato la relativa attività istruttoria, nell'ambito della quale sono state già rese alcune indicazioni operative e, attualmente, si sta procedendo proprio alla disamina di tutti i documenti trasmessi dalle regioni, che riassumerò in conclusione della mia risposta, ovviamente, sinteticamente.
  Occorre, peraltro, evidenziare che la Commissione europea ha richiesto, sicuramente, nuovi elementi informativi all'Italia, al fine di conoscere l'attuazione sul territorio delle norme sull'orario di lavoro del personale sanitario, proprio relative alla comunicazione EU Pilot n. 8414 del 2016. Al riguardo, il Ministero della salute ha provveduto a richiedere alle regioni e alle province informazioni in ordine al quadro giuridico e alle prassi adottate a livello locale, in particolare, quelle concernenti la durata settimanale massima di lavoro e i relativi periodi di riferimento, il calcolo delle ore lavorative prestate in regime di attività libero-professionale e di riposo giornaliero. Dalle informazioni che abbiamo acquisito è emerso che le regioni hanno provveduto ad adottare atti di indirizzo finalizzati ad assicurare l'uniforme attuazione sul territorio di riferimento delle prescrizioni previste dalla normativa europea e da quella nazionale di recepimento. Non ci sembrano, ad oggi, pertanto, sussistere casi generalizzati di violazione delle disposizioni sull'orario di lavoro e, pertanto, eventuali ipotesi che si potrebbero accertare nel corso dei prossimi mesi di una non corretta applicazione sono verosimilmente circoscritte a casi isolati sul territorio nazionale.
  Inoltre, sempre sulla tematica in argomento, in attuazione di quanto disposto dalle disposizioni normative sopra riferite, il Ministero della salute, sulla base delle risultanze del tavolo tecnico per la verifica degli adempimenti e del comitato LEA, con il supporto dell'istruttoria condotta dal tavolo per il monitoraggio dell'attuazione del regolamento del decreto ministeriale n. 70, ha trasmesso formalmente a tutte le regioni le modalità operative attraverso quella apposita circolare che è stata citata e che è stata diramata proprio il 25 febbraio del 2016, che bisognerebbe commentare in tutta la sua articolazione, come circolare. Nel rispetto della cornice finanziaria e programmatica e delle disposizioni vigenti in materia del costo del personale, è stato richiesto alle regioni e alle province autonome esattamente entro il 29 febbraio 2016, attraverso un apposito flusso documentale, il piano di definizione del fabbisogno del personale, di cui al citato comma 541 della legge di stabilità, lettera b), dando evidenza alle seguenti informazioni: la prima, fabbisogno di personale necessario all'applicazione della legge n. 161, con particolare riferimento, soprattutto, alle aree di emergenza-urgenza e della terapia intensiva; seconda, il fabbisogno del personale correlato alla riorganizzazione della rete ospedaliera e dell'emergenza-urgenza effettuata ai sensi proprio del decreto ministeriale n. 70, il piano deve essere corredato dalle relative metodologie di calcolo; alle regioni e alle province autonome è stato, inoltre, richiesto di comunicare, ai sensi dell'articolo 1, comma 542, della legge di stabilità, entro sempre la stessa data, l'eventuale ricorso alle forme di lavoro flessibili, dettagliando Pag. 18il numero di unità reclutate, il profilo ricoperto e la tipologia di contratto con la relativa durata.
  Inoltre, ai fini di effettuare l'istruttoria di cui all'articolo 1, comma 541, della stessa legge e per l'eventuale applicazione di quanto previsto dal comma 543, è stata anche comunicata la tipologia dettagliata di informazioni che le regioni dovranno predisporre a corredo del proprio piano di fabbisogno del personale. La mancanza della trasmissione della soprariportata documentazione non permetterà l'avvio dell'istruttoria di cui all'articolo 1, comma 541, ai fini dell'eventuale applicazione di quanto previsto proprio dal successivo comma 543 che prevede alcune iniziative nel caso della non comunicazione.
  Nella circolare inviata a tutte le regioni e alle province autonome è stato anche stabilito che, in considerazione della necessità di definire gli standard di personale ospedaliero e territoriale a livello nazionale, entro il 30 settembre 2016, le stesse dovranno trasmettere le dotazioni di personale, alla data del 31 dicembre 2014, entro il 31 marzo proprio del 2016. La documentazione acquisita è attualmente in istruttoria presso il tavolo per il monitoraggio dell'attuazione del regolamento di cui al decreto ministeriale n. 70 del 2015.
  Lascio anche a disposizione degli onorevoli interpellanti la tabella che riporta nel dettaglio la tipologia di documentazioni che, ad oggi, le regioni hanno trasmesso. Per citarle: la regione Emilia Romagna, la Basilicata, la Sicilia, il Friuli Venezia Giulia, il Veneto, il Molise, la Puglia, il Lazio, le Marche, il Piemonte e l'Umbria hanno trasmesso il piano di determinazione del fabbisogno del personale. Il Molise, la Liguria e la Campania hanno trasmesso la richiesta di assunzione di personale con forme di lavoro flessibile; l'Emilia Romagna, la Sicilia, la Toscana, la Lombardia, il Veneto, il Molise, la Puglia, la Liguria, il Lazio, le Marche, il Piemonte e l'Umbria hanno trasmesso la rilevazione della consistenza del personale in quelle regioni.

  PRESIDENTE. La deputata Colonnese ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatta per la risposta alla sua interpellanza.

  VEGA COLONNESE. Ovviamente, no, perché devo informare il Governo e il sottosegretario che in questo momento si sta attuando una chiusura di ospedali proprio perché sono in affanno. Sono in affanno, perché non c’è personale, vengono spostati posti letto e in più si sta arrivando alla deriva pericolosissima per cui si sta spingendo verso la privatizzazione del sistema sanitario. Questa cosa è pericolosa, perché ? Perché l'Italia doveva vantare un sistema sanitario che poteva garantire la salute di tutti e in questo momento non lo sta garantendo.
  Nell'illustrazione che ha fatto la mia collega Giordano, noi abbiamo anche illustrato le proposte che erano state fatte dal MoVimento per cercare di adempiere correttamente a una direttiva su cui si era già in ritardo di 13 anni, quindi, ci domandiamo come ha potuto, il Governo italiano, essere così in ritardo e non aver avuto una risposta pronta. Noi il piano l'avevamo fatto, avevamo stanziato dei soldi, avevamo fatto la richiesta, durante la legge di stabilità, che era la legge che doveva rendere stabile il Paese, ma, ovviamente, la risposta è stata un «no» netto.
  Poi c’è stata un'illusione: sempre nella legge di stabilità era stato disposto che il piano di assunzione del personale sanitario, naturalmente in maniera formale, avrebbe dovuto essere trasmesso entro il 29 febbraio 2016; anche questa scadenza è stata disattesa. Questo, cosa ha creato ? Ha creato quel caos che adesso stanno vivendo i cittadini, perché ogni risposta mancata da parte del Governo è una risposta che manca nella vita e rende impossibile la vita delle persone.
  Noi abbiamo fatto anche un esempio ben preciso; perché abbiamo utilizzato la Campania, ad esempio ? Perché la Campania, in questo momento, non solo è una regione in piano di rientro, ma è anche commissariata; la sanità della Campania è commissariata, quindi c’è una responsabilità Pag. 19diretta da parte del Governo. In più c’è un governatore che è molto vicino a Renzi, quindi, dovrebbe avere la possibilità di assumere e riuscire a dare una risposta netta, precisa.
  In questo momento, oggi, probabilmente, verrà chiuso un altro ospedale in Campania. Quindi, questa risposta è stata sempre disattesa. Che cosa succede in questa regione (che è una regione dell'Italia, quindi possiamo fingere che sia una questione di costume il fatto che la gente muore in Campania, ma in realtà non lo è, è una mancata risposta da parte del Governo) ? Siamo nel Paese in cui ci sono 11 milioni di persone che hanno rinunciato a curarsi; la Campania ha il primato, come regione, della più bassa speranza di vita alla nascita e del tasso di mortalità infantile più alto rispetto alla media nazionale.
  Questa cosa qui dovrebbe fare in modo che il Governo e soprattutto il Ministero – mi rivolgo al sottosegretario, ma ovviamente le nostre considerazioni sono dirette al Ministro – cerchino una soluzione. Le ripeto, noi la soluzione l'abbiamo fatta in due modi: l'abbiamo fatta sia in legge di stabilità, sia con una mozione che è stata votata all'unanimità. Quindi, questa cosa qui è un'altra risposta disattesa ed è disattesa verso l'intero Paese.
  Noi abbiamo fatto un esempio particolare perché è un esempio in cui non si può demandare la responsabilità alle regioni, ma è una responsabilità diretta del commissario. Quindi, o il commissario è inadeguato o qui il Governo non sta agendo in maniera adeguata. Sono queste le risposte. C’è un problema di inefficacia lampante ed evidente.
  E noi che cosa abbiamo chiesto ? C’è una questione: nel Paese degli sprechi bisogna utilizzare le risorse economiche per riuscire a garantire la salute dei cittadini. In un Paese in cui è stato tolto il diritto al lavoro, è stato tolto il diritto di poter campare in maniera adeguata, almeno la salute è un diritto che deve essere garantito. Queste cose possono sembrare banali, ma sono state indicate dalla Commissione europea che non credo abbia buon cuore, ma analizza gli Stati membri e le politiche degli Stati membri e continua a ripetere che vi sono tredici anni di ritardo per l'adempimento di una direttiva europea. Siamo tutti filoeuropei nei nostri discorsi. Soprattutto credo che l'incompetenza di un Governo che doveva essere europeista sia lampante.
  Noi le soluzioni ve le abbiamo date e deve esserci la volontà netta e chiara da parte del Governo di rispondere. Si potrebbe iniziare, ad esempio, dalla Campania che ha una situazione così disastrosa, senza fingere che sia un problema di costume avere un governatore completamente padrone di una regione, avere un commissario che si sta dimostrando del tutto incapace di affrontare la situazione visto che, ripeto, in questo momento si sta chiudendo uno dei centri che è stato un'eccellenza dal punto di vista delle nascite in Campania, che è l'Annunziata. Ma questo è uno dei tanti. C’è la sanità proprio nella provincia del governatore De Luca, a Salerno, che sta ancora aspettando di avere veramente delle risposte dal punto di vista dei presidi sanitari che possono essere degni di questo nome. E c’è lo scempio dell'Ospedale del Mare che è l'esempio lampante di come si devono buttare i soldi.
  Noi continueremo a fare le nostre proposte e ci sarà un'altra legge di stabilità. Noi continueremo a chiedere di stanziare i soldi nel modo corretto. Continueremo a verificare che le leggi europee vengano correttamente adempiute, non con l'ansia dell'infrazione, ma con un programma serio, un programma che possa dare una risposta adeguata soprattutto a chi ha votato le persone che adesso dovrebbero rappresentarle e che probabilmente non le voterà più perché non ha avuto queste risposte. E l'esempio della Campania continuo a citarlo perché c’è un governatore che fa parte del partito di maggioranza di questo Governo, che fa parte dell’establishment di chi dovrebbe governare questo Paese e, soprattutto, c’è un commissario che, continuo a dire, è completamente incompetente.Pag. 20
  Ringrazio il sottosegretario, invece, delle tabelle che ci ha fornito; ce le studieremo attentamente, ma ho il sentore che ci dovremo risentire molto presto per altre questioni che sottolineeranno l'incompetenza del Governo in ambito sanitario.

(Iniziative di competenza per semplificare la consegna di documenti redatti in lingua slovena, nell'ambito delle procedure per la dichiarazione dei redditi, con riferimento ai cittadini del Friuli Venezia Giulia – n. 2-01408)

  PRESIDENTE. Passiamo all'interpellanza urgente Pellegrino ed altri n. 2-01408, concernente iniziative di competenza per semplificare la consegna di documenti redatti in lingua slovena, nell'ambito delle procedure per la dichiarazione dei redditi, con riferimento ai cittadini del Friuli Venezia Giulia (Vedi l'allegato A – Interpellanze urgenti).
  Chiedo alla deputata Pellegrino se intenda illustrare la sua interpellanza o se si riservi di intervenire in sede di replica.

  SERENA PELLEGRINO. Grazie, Presidente e sottosegretario. L'oggetto della mia interpellanza riguarda un'evidente discriminazione tra cittadini italiani per quanto attiene la detrazione per le spese mediche effettuate all'estero, così com’è prevista nella dichiarazione dei redditi.
  Secondo le regole vigenti, le spese mediche sono detraibili dalla dichiarazione dei redditi per cifre che superano i 129,11 euro. Anche le spese mediche sostenute all'estero sono detraibili. Quello che conta è che le cure siano state effettuate dal dichiarante o dai familiari a carico. Non importa il luogo di effettuazione della prestazione. Potremmo, quindi, affermare che le spese mediche all'estero sono soggette alle stesse norme che regolano quelle effettuate in Italia, ma purtroppo non è così.
  Le istruzioni per la compilazione della dichiarazione dei redditi 2015, con la quale sono alle prese in questi giorni moltissimi cittadini italiani, così recitano: «Le spese mediche sostenute all'estero sono soggette allo stesso regime di quelle analoghe sostenute in Italia. Anche per queste deve essere conservata a cura del dichiarante la documentazione debitamente quietanzata». E procede ancora così: «Se la documentazione sanitaria è in lingua originale, va corredata da una traduzione in italiano. In particolare, se la documentazione è redatta in inglese, francese, tedesco o spagnolo la traduzione può essere eseguita a cura del contribuente e da lui sottoscritta. Se è redatta in una lingua diversa da quelle indicate, va corredata da una traduzione giurata». Il testo ulteriormente precisa: «Per i contribuenti aventi domicilio fiscale in Valle d'Aosta e nella provincia di Bolzano non è necessaria la traduzione se la documentazione è scritta, rispettivamente, in francese o in tedesco. La documentazione sanitaria straniera, eventualmente redatta in sloveno, può essere corredata da una traduzione italiana non giurata, ma solo se il contribuente residente nella regione Friuli Venezia Giulia appartiene alla minoranza slovena».
  È del tutto evidente che queste prescrizioni dell'Agenzia delle entrate producono molteplici discriminazioni. La prima riguarda la possibilità per il contribuente di effettuare la traduzione dei documenti per solo quattro lingue quando l'Unione europea di cui facciamo parte conta almeno ventiquattro lingue ufficiali. Ricordo che, tra l'altro, i documenti dell'Unione europea vengono normalmente redatti in inglese, francese e tedesco, non in spagnolo. Se una scelta andava effettuata, sottosegretario, il criterio doveva, secondo logica, riguardare innanzitutto, tra le altre, le lingue che vengono utilizzate nelle relazioni transfrontaliere e parlate dalle minoranze delle aree di confine. La seconda disparità riguarda la discriminazione tra contribuenti delle aree di confine. In Valle d'Aosta e in provincia di Bolzano non è necessaria la traduzione di documenti redatti in francese e in tedesco; in Friuli Pag. 21Venezia Giulia, tutte le ricevute di spese sanitarie effettuate in Slovenia devono essere oggetto di traduzione giurata.
  Signor sottosegretario, mi fa piacere che sia proprio lei oggi a rispondere perché si tratta di temi sanitari, quindi non prettamente e solo fiscali e, quindi, la sanità dovrebbe essere uguale veramente per tutti. Stiamo parlando dello sloveno, non dello swahili o del cinese o di qualsiasi altra lingua che non abbia il nostro alfabeto o che sia parlata dall'altra parte del mondo. E stiamo parlando di una nazione come la Slovenia.
  Presidente, voglio ricordare che il Muro di Berlino non c’è più. Tra Friuli Venezia Giulia e Slovenia, entrata nell'Unione europea nel 2004, corre un confine di ben 232 chilometri lungo il quale le comunità italiane e slovene interagiscono quotidianamente. Le strutture sanitarie della vicina Repubblica di Slovenia vantano eccellenze mediche e tecnologiche sanitarie in molteplici settori, con costi decisamente inferiori per gli utenti e, quindi, sono numerosi i cittadini italiani, anche non residenti nelle aree di confine, che scelgono di farsi assistere oltre confine.
  Tra i comuni di Gorizia, Nova Gorica e Šempeter-Vrtojba è operativo un GECT, Gruppo europeo di cooperazione territoriale, costituito nel 2010 a Gorizia, di cui lei sicuramente, sottosegretario, è a conoscenza. Tra gli obiettivi del GECT, nell'ambito della progettualità per la costruzione di un network di servizi sanitari transfrontalieri, è prevista anche l'integrazione socio-sanitaria con la realizzazione di un centro transfrontaliero di prenotazione dei servizi socio-sanitari che includa tutti gli operatori sui due lati del confine e consenta agli utenti un migliore accesso ai servizi sociali e sanitari (CUP), e una casa del parto transfrontaliera.
  Ricordo che in Italia li stiamo chiudendo i punti nascita, a uno a uno. Questo progetto transfrontaliero ha ottenuto un finanziamento di 5 milioni di euro e prevede l'attivazione di una task force di coordinamento che si affianchi al GECT con l'apporto di professionisti del settore e la destinazione alla gestione del progetto stesso di personale degli enti pubblici, inclusa l'azienda sanitaria. Tutto ciò alla luce delle problematiche descritte, con l’handicap anacronistico che le prestazioni sanitarie rese delle strutture slovene, per essere rendicontate dai cittadini in sede di dichiarazione dei redditi, dovranno essere di traduzione giurata. La gestione transfrontaliera riguarda poi un'infinità di settori della vita economica, politica, culturale, ambientale, ed è evidente come in questo caso la valutazione dell'appartenenza alla minoranza linguistica sia del tutto arbitraria.
  Signor sottosegretario, è evidente che potremmo considerare questa una norma beffa, per l'aggravio di tempo e di costi per la traduzione giurata, che il più delle volte non sono giustificabili dall'effettivo peso della detrazione: infatti, la documentazione che consente di accedere alla detrazione, se redatta in lingua slovena, deve essere corredata da una traduzione giurata, che può essere ottenuta solo da un notaio, a pagamento; o in alternativa, in tribunale o dal giudice di pace.
  L'ordinamento vigente appare del tutto incongruo, incoerente, e mi si permetta, anche arbitrario sino al paradosso; siamo infatti alla discriminazione tra cittadini italiani: è evidente la disparità che si crea per il diverso trattamento tra contribuenti, quelli della minoranza slovena e quelli che non vi fanno parte. Non è pensabile che ci possano essere lotte tra etnie differenti, selezione che non ha criteri oggettivi sulla base dei quali è stata effettuata.
  Queste discriminazioni derivanti dall'applicazione delle direttive dell'Agenzia delle entrate sono incomprensibili e ingiustificabili, sia per quanto riguarda l'uguaglianza dei cittadini italiani, norma costituzionale, sia per quanto riguarda la tutela delle minoranze linguistiche: entrambi i diritti giustamente sanciti e garantiti dalla nostra Costituzione. E queste disparità sono inaccettabili, anche nella prospettiva europea dell'integrazione socio-sanitaria, anche perché producono spese e aggravi ai cittadini del Friuli Venezia Giulia che si rivolgono agli ospedali, ai professionisti medici e alle farmacie in Slovenia.Pag. 22
  Per questi motivi chiediamo al Governo quali iniziative intenda assumere per abolire questa assurda discriminazione, e se non ritenga giusto diramare in tempi brevi un'opportuna circolare al fine di includere, in parallelo con quanto previsto nella zona della Valle d'Aosta e della provincia di Bolzano, lo sloveno tra le lingue per le quali non è necessario allegare la traduzione; o in subordine, se intenda estendere a tutti i cittadini del Friuli Venezia Giulia il diritto a consegnare agli uffici dell'Agenzia delle entrate documenti con allegata traduzione non giurata.

  PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per la salute, Vito De Filippo, ha facoltà di rispondere.

  VITO DE FILIPPO, Sottosegretario di Stato per la salute. Presidente, rispondo con gli elementi che mi sono stati forniti dal Ministero dell'economia e delle finanze.
  Con il documento in esame, presentato testé dall'onorevole Pellegrino, gli onorevoli interpellanti rilevano che le istruzioni per la compilazione della dichiarazione dei redditi del 2015 delle persone fisiche contengono delle presunte indicazioni discriminatorie tra i contribuenti, con riferimento alla lingua da utilizzare nei documenti giustificativi degli oneri detraibili e deducibili riportati nelle dichiarazioni dei redditi.
  In particolare, gli onorevoli interpellanti censurano le seguenti indicazioni contenute nell'appendice alle istruzioni del Modello 730 e del Modello Unico, fascicolo 1: «Le spese mediche sostenute all'estero sono soggette allo stesso regime di quelle analoghe sostenute in Italia; anche per queste deve essere conservata a cura del dichiarante la documentazione debitamente quietanzata (...); se la documentazione sanitaria è in lingua originale va corredata da una traduzione in italiano; in particolare, se la documentazione è redatta in inglese, francese, tedesco o spagnolo la traduzione può essere eseguita cura del contribuente e da lui sottoscritta; se è redatta in una lingua diversa da quelle indicate va corredata da una traduzione giurata. Per i contribuenti aventi domicilio fiscale in Val d'Aosta e nella provincia di Bolzano non è necessaria la traduzione se la documentazione è scritta, rispettivamente, in francese o in tedesco. La documentazione sanitaria straniera eventualmente redatta in sloveno può essere corredata da una traduzione italiana non giurata, se il contribuente residente nella regione Friuli Venezia Giulia appartiene alla minoranza slovena».
  Per gli interpellanti, quindi, le discriminazioni contenute in queste precisazioni dell'Agenzia delle entrate sono molteplici. La prima riguarda la possibilità per il contribuente di effettuare la traduzione dei documenti solo in 4 lingue, quando l'Unione europea di cui facciamo parte conta almeno 24 lingue ufficiali; tra l'altro, i documenti dell'Unione europea vengono normalmente redatti in francese e tedesco, e non in spagnolo.
  La seconda discriminazione, tra i contribuenti dell'area di confine, consiste nel fatto che in Valle d'Aosta e in provincia di Bolzano non è necessaria la traduzione dei documenti redatti in francese e in tedesco, in Friuli Venezia Giulia tutte le ricevute di spesa sanitaria effettuate in Slovenia devono essere oggetto di traduzione giurata.
  La terza discriminazione riguarda il diverso trattamento tra contribuenti italiani, quelli della minoranza slovena e quelli che non vi fanno parte, selezione che non ha criteri oggettivi sulla base dei quali essere effettuata. Queste sono le indicazioni discriminatorie che sono state indicate.
  Con riferimento alla prima presunta discriminazione, si rappresenta che le istruzioni per le dichiarazioni dei redditi delle persone fisiche ribadiscono quanto contenuto nella circolare del Ministero delle finanze n. 9 del 9 maggio addirittura 1987, che, dopo aver premesso che «ove la documentazione sanitaria sia rilasciata dall'operatore straniero in lingua originale o in altra lingua, è necessaria l'allegazione di una traduzione della stessa in lingua italiana, in base al principio generale del diritto pubblico secondo cui negli atti Pag. 23destinati alla pubblica amministrazione deve essere impiegata la lingua nazionale», precisa che «tenuto conto delle particolari gravosità ed onerosità di questo adempimento, nonché del fatto che l'ordinamento scolastico italiano sia nel corso di istruzione media inferiore sia nella quasi totalità dei corsi di istruzione secondaria superiore prevede l'insegnamento di una o più lingue straniere, e che in base ai programmi approvati dall'autorità scolastica costituiscono oggetto di insegnamento generalizzato, o potenzialmente tale, le lingue inglese, francese, tedesco e spagnolo, si ritiene che, per quanto riguarda la documentazione redatta nelle quattro lingue testé menzionate, si possa prescindere dalla richiesta di allegazione della traduzione giurata, che può essere validamente sostituita da una traduzione integrale della documentazione stessa, redatta a cura del contribuente interessato e da lui sottoscritta per garantire la veridicità».
  Con riferimento alla seconda presunta discriminazione tra i contribuenti residenti in Valle d'Aosta e in provincia di Bolzano e quelli residenti in Friuli Venezia Giulia, si rappresenta che la stessa circolare, sempre quella del 1987, statuisce che «considerato infine che, in base ai relativi statuti di autonomia, la lingua francese nella regione Valle d'Aosta e la lingua tedesca nella provincia autonoma di Bolzano sono parificate all'italiano e ne è consentito l'uso disgiunto, salvo espresse deroghe, la documentazione sanitaria straniera, redatta nelle menzionate lingue ed allegata alle dichiarazioni dei redditi dei rispettivi residenti, non potrà essere corredata da alcuna traduzione in italiano che risulterebbe superflua».
  Premesso quanto sopra, si rileva come la legge costituzionale n. 4 del 1948 e il decreto del Presidente della Repubblica n. 670 del 1972 non facciano alcun riferimento all'appartenenza alla minoranza linguistica per l'utilizzo del francese e del tedesco nel territorio della regione Valle d'Aosta e della provincia autonoma di Bolzano; pertanto, chiunque risieda in tali territori può utilizzare le lingue francese e tedesco.
  La legge 23 febbraio 2001, n. 38, articolo 8, comma 1, invece dispone che «solo alla minoranza slovena presente nelle province di Trieste, Gorizia e Udine è riconosciuto il diritto all'uso della lingua slovena nei rapporti con le autorità amministrative e giudiziarie locali, nonché con i concessionari di servizio pubblico di interesse aventi sede nel territorio delle province di Trieste, Gorizia e Udine e competenza nei comuni di cui all'articolo 4» (legge n. 38 del 2001).
  Per gli stessi motivi appena esposti, conclude il Ministero dell'economia e delle finanze, i contribuenti italiani residenti nelle province di Trieste, Gorizia e Udine non appartenenti alla minoranza slovena sembrerebbero non avere il diritto all'uso di tale lingua e alle relative guarentigie costituzionali proprio a tutela delle minoranze linguistiche.

  PRESIDENTE. La deputata Pellegrino ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatta per la risposta alla sua interpellanza.

  SERENA PELLEGRINO. Grazie, Presidente. Sì, mi ritengo soddisfatta perché ha assolutamente confermato tutto quello che noi temevamo: c’è un discrimine dei cittadini italiani in Friuli Venezia Giulia rispetto ad altri cittadini italiani di Bolzano e della Valle d'Aosta ai quali viene data la possibilità di non fare la perizia giurata della traduzione, mentre i cittadini del Friuli Venezia Giulia, non della minoranza slovena, sono obbligati a fare la traduzione giurata.
  Sono veramente soddisfatta, sì, perché mi ha dato ragione. È assurdo veramente, trovo questa risposta lapalissiana da parte del Ministero dell'economia e delle finanze, ma mi permetta davvero una chiosa, Presidente, perché tutti sappiamo quanto in Italia sia particolare e, ci si permetta, quanto sia atteso il rapporto tra Stato e cittadino o contribuente quando si mette mano alla dichiarazione dei redditi.
  Da uno Stato civile ci si aspetterebbero norme chiare e coerenti che evitino sia le Pag. 24furbizie degli evasori sia inutili vessazioni ai cittadini onesti.
  In particolare, ci piacerebbe che le opportunità offerte dalle deduzioni e dalle detrazioni Irpef siano vissute come vantaggi e non come una selva oscura irta di tranelli e sotterfugi.
  Anziché procedere nel senso della giusta semplificazione, questa vicenda testimonia che, come sistema Paese, siamo ancora costretti a subire un sistema burocratico obsoleto e una legislazione complessa e incoerente e non è certo con la semplificazione del disegno di legge Madia che andiamo a risolvere i problemi della pubblica amministrazione.
  Non è certamente questa la strada giusta da percorrere per innescare un nuovo ciclo di rapporti tra cittadino e pubblica amministrazione. Pagare le tasse, sottosegretario, riteniamo che sia un dovere civico per tutti, come per lo Stato tuttavia è un dovere garantire a tutti equità e coerenza, ma soprattutto uguaglianza, in base all'articolo 3 della Costituzione, ed è proprio per questo, sottosegretario, che non posso considerarmi soddisfatta della risposta che il Ministero dell'economia e delle finanze ha dato.
  Rivendichiamo l'uguaglianza di tutti i cittadini e ci auguriamo che in tempi brevissimi, che portano adesso alla dichiarazione dei redditi, tutti i cittadini siano uguali per la legge italiana.

(Iniziative volte a verificare il contenuto e gli obiettivi del piano industriale del gruppo Cementir, al fine di salvaguardarne i livelli occupazionali e produttivi – n. 2-01396)

  PRESIDENTE. Passiamo alla interpellanza urgente Manzi n. 2-01396, concernente iniziative volte a verificare il contenuto e gli obiettivi del piano industriale del gruppo Cementir, al fine di salvaguardarne i livelli occupazionali e produttivi (Vedi l'allegato A – Interpellanze urgenti).
  Chiedo alla deputata Manzi se intenda illustrare la sua interpellanza o se si riservi di intervenire in sede di replica.

  IRENE MANZI. Grazie Presidente, signor sottosegretario, torna di nuovo in quest'Aula una vicenda che era già stata trattata nell'aprile 2015 relativa alla crisi del gruppo del cemento Sacci che svolge un ruolo importante dal punto di vista produttivo a livello nazionale con numerosi stabilimenti presenti nel Paese.
  La crisi del gruppo Sacci era stata già segnalata in questa sede in occasione della proposta di acquisto effettuata dal gruppo Buzzi Unvicem e della richiesta rivolta proprio al Ministero dello sviluppo economico di convocare, di fronte a quella originaria proposta di acquisto, un tavolo con il gruppo imprenditoriale, le forze sindacali e il Governo stesso per verificare che i livelli occupazionali del piano industriale dell'allora gruppo Buzzi tutelassero adeguatamente i lavoratori presenti negli stabilimenti diffusi nel Paese. Il Ministero dello sviluppo economico si era dichiarato disponibile anche in modo rapido e repentino ad affrontare la situazione. Purtroppo, poi, la mancata accettazione della proposta d'acquisto del gruppo Buzzi aveva interrotto le trattative e la risoluzione positiva di quella vicenda. Tale vicenda torna oggi in quest'Aula proprio a seguito dell'acquisto da parte del gruppo Cementir, in questo caso accettato anche da parte dei creditori e autorizzato anche dal parere favorevole dell'Antitrust, del gruppo aziendale Sacci.
  Le motivazioni che allora avevano condotto all'interpellanza urgente sono le stesse che sorreggono l'atto che è stato presentato oggi e ruotano innanzitutto intorno alla verifica concreta del piano industriale del gruppo Cementir, che, a seguito tra l'altro dell'acquisizione di Sacci Spa, acquisirà sinergie per circa 10 milioni di euro a partire dal 2018 e quindi verrà a svolgere un ruolo forte e dominante all'interno del settore su scala nazionale e non solo su scala nazionale. Si interpella il Governo, anche in questo caso a fronte della proposta di acquisto che è stata espressa ed è stata accettata favorevolmente, sulla volontà di voler convocare un tavolo urgente per la verifica non solo del piano industriale, ma ancor più della tutela Pag. 25dei livelli occupazionali dei vari stabilimenti. Cito soltanto i più importanti: quelli di Tavernola Bergamasca, Castelraimondo, Cagnano Amiterno, Greve in Chianti e Livorno, stabilimenti, tra l'altro, che hanno risentito anche in questi anni della crisi del gruppo originario, del gruppo Sacci, proprio perché hanno lavorato in questi anni molto spesso a singhiozzo e rispetto ad alcuni dei quali, in particolare proprio quello aperto in provincia di Macerata, quello di Castelraimondo, la cassa integrazione straordinaria cesserà già dal prossimo mese di settembre, con conseguenze ovviamente ancor più gravi per i lavoratori che sono occupati in quegli stabilimenti. E quindi, insieme agli altri colleghi che hanno sottoscritto questo atto, interpelliamo il Governo e intendiamo verificare quali siano proprio le iniziative del Governo riguardo al piano industriale del gruppo Cementir, proprio al fine di tutelare la piena occupazione dei siti produttivi, scongiurando in particolar modo la chiusura di alcuni di essi.

  PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per lo sviluppo economico, Ivan Scalfarotto, ha facoltà di rispondere.

  IVAN SCALFAROTTO, Sottosegretario di Stato per lo sviluppo economico. Grazie, Presidente. Com’è noto agli onorevoli interpellanti, la Cementir Holding produce e distribuisce cemento grigio e bianco, inerti, calcestruzzi e manufatti in cemento in Italia e nel mondo, con stabilimenti situati in 13 Paesi e la collaborazione di circa 3800 dipendenti, ed è società che dal 2001 viene quotata a Piazza Affari. Risulta che, dopo mesi di trattativa, la stessa Cementir Holding ha annunciato che il tribunale di Roma, il 7 giugno, ha pubblicato il decreto di omologa del concordato preventivo della società Sacci Spa, di cui costituisce parte integrante l'offerta di acquisto del ramo di azienda presentato dalla controllata Cementir Italia. Peraltro la citata offerta di acquisto è stata votata positivamente anche a creditori della Sacci Spa. Il closing dell'operazione è previsto entro il mese di luglio 2016. Ciò premesso, tuttavia, per quanto riguarda gli eventuali aspetti sociali conseguenti all'ipotizzata acquisizione richiamata dagli interpellanti, il Ministero dello sviluppo economico, in accordo con il Ministero del lavoro e delle politiche sociali, si attiverà per favorire un confronto con le parti sociali che escluda perdite occupazionali presso i siti in cui vengono svolte le attività produttive. A tal riguardo sarà prontamente attivato un tavolo di confronto per consentire la ricerca di ogni soluzione che scongiuri nei siti non solo della Sacci Spa e, in particolar modo, in quello citato nell'atto in parola, quello di Castelraimondo, ma anche dell'acquirente stesso, crisi produttive ed occupazionali che non siano meramente congiunturali. Sarà cura del Governo aggiornare sugli sviluppi della vicenda rappresentata.

  PRESIDENTE. La deputata Manzi ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatta per la risposta alla sua interpellanza.

  IRENE MANZI. Ringrazio il sottosegretario per la sua risposta e per la disponibilità, soprattutto, che è stata prontamente dimostrata da parte del Governo, come già avvenuto l'anno scorso in una situazione quasi analoga riguardo al gruppo Sacci, proprio ad attivare il tavolo di confronto e a tutelare anche tutti i livelli occupazionali negli stabilimenti che sono coinvolti.
  Come giustamente evidenziato, il Gruppo Cementir svolgerà, ovviamente, un ruolo importante a seguito dell'acquisizione della Sacci e, quindi, pur sapendo le gravi difficoltà da cui forse discendono anche le traversie del gruppo Sacci, relative al settore del cemento e prodotte dalla crisi economica originatasi in questi anni, pensiamo che sia molto importante questo atteggiamento, che del resto trova conferma anche nell'impegno analogo che il Governo ha manifestato per situazioni come quelle di Italcementi, per esempio, in altre parti del Paese.
  Quindi sono – a nome anche degli altri colleghi interpellanti – fiduciosa in questo Pag. 26caso e soddisfatta rispetto all'impegno preso, ferma restando, chiaramente, questa interlocuzione costante con le forze sindacali, il Governo, il Parlamento e, ovviamente, il gruppo Cementir, rispetto agli esiti futuri e rispetto, poi, alla ripresa dell'attività.

(Intendimenti del Governo circa la possibilità di sottoporre alla ratifica dei Parlamenti nazionali l'accordo di libero scambio e investimento fra il Canada e l'Unione europea (CETA) – n. 2-01398)

  PRESIDENTE. Passiamo all'interpellanza urgente Kronbichler ed altri n. 2-01398, concernente intendimenti del Governo circa la possibilità di sottoporre alla ratifica dei Parlamenti nazionali l'accordo di libero scambio e investimento fra il Canada e l'Unione europea (CETA) (Vedi l'allegato A – Interpellanze urgenti).
  Chiedo al deputato Kronbichler se intenda illustrare la sua interpellanza o se si riservi di intervenire in sede di replica.

  FLORIAN KRONBICHLER. Grazie Presidente, buongiorno signor sottosegretario, mi metto qua, non perché mi ritengo importante, ma per interloquire in modo più naturale...

  PRESIDENTE. Così ci si vede !

  FLORIAN KRONBICHLER. ...se no, sembra di essere in chiesa, dove stanno tutti dietro. La fortuna e il destino delle interpellanze urgenti, chiamate così, com’è chiamata la mia, solitamente contraddicono il loro titolo, anzi lo tradiscono, essendo normalmente le risposte tutt'altro che rispettose dell'urgenza. In questi tempi bizantini, spesso le risposte arrivano fuori tempo e non sono più attuali. In questo caso, l'interpellanza mia, nostra, dei miei colleghi e non soltanto del mio gruppo, c'era anche un collega del MoVimento 5 Stelle che l'ha firmata, è stata calendarizzata quindici giorni fa, però era quel venerdì di campagna elettorale e mi hanno fatto pressione perché avrebbero dovuto tenere aperta la Camera, quel venerdì, solo per me e per la mia interpellanza, e così ho fatto antecedere buonsenso a diritto. Però, in questo caso, l'attualità non è venuta meno, anzi, sono stato fortunato perché, nel frattempo, abbiamo avuto la Brexit e tutta la faccenda di CETA e TTIP si presenta in modo nuovo e penso, diciamo così, ancora più urgente.
  Ho preso lo spunto da una dichiarazione del neo Ministro Calenda, adesso ormai di tre settimane fa, che ci ha spaventati, perché non è che fossimo stati distratti sul CETA e tutti incentrati soltanto sul TTIP, perché dopo poco si sa che tutte e due le cose sono tenute assieme, sono la stessa cosa: la CETA, ossia quell'accordo dell'Europa con il Canada è l'antiporta, l'anticamera del TTIP, poi spiegherò meglio.
  Ecco, la notizia era che il Governo italiano, rappresentato dal Ministro Calenda in sede dell'Unione europea, ha sottolineato la sua posizione, la sua nuova sorprendentemente nuova posizione sulla ratifica del CETA. Cioè, in sede europea ha sottolineato la sua posizione di ratifica e lo ha chiamato accordo non misto, che non necessita quindi di alcuna verifica da parte dei Parlamenti nazionali. Tale presa di posizione contraddice la posizione tenuta dal Governo fino adesso. Io mi rifaccio, per esempio, alla risposta ad una interrogazione del nostro collega Plangger, del Südtiroler Volkspartei, presentata nel settembre del 2014, alla quale il Sottosegretario di Stato per gli affari esteri e la cooperazione internazionale, Benedetto Della Vedova, ha affermato che il Governo considera il CETA un contratto di natura mista, e non di esclusiva competenza dell'Unione Europea, in quanto tratta in misura rilevante – cito – questioni di competenza mista o esclusiva degli Stati membri, quali la proprietà intellettuale, i trasporti, la sicurezza del lavoro, gli investimenti e sosterrà la linea nelle sedi competenti.
  Quindi, ad oggi, abbiamo una nuova situazione, una posizione per cui il neo Pag. 27Ministro Calenda contraddice quello che il suo predecessore, relativamente alla questione, aveva assunto, alla quale ci eravamo attenuti e che ci aveva anche tranquillizzati. Adesso, la posizione del Governo italiano, se è la nuova, è molto distante da quella di altri Paesi amici e non sono vecchie quelle posizioni; c’è la Germania sempre critica su questo, soprattutto il Parlamento tedesco, dove, appena ieri, al nostro gruppo, un alto funzionario del Ministero dello sviluppo economico ha spiegato e ha confermato la posizione del Presidente – del suo collega, signora Presidente – del Bundestag tedesco, il quale ha detto: prima che ci mettano sotto tutte le informazioni, a tutti quanti, a tutti i parlamentari, non c’è neanche da sognarsi che firmiamo. E che debba venire nel Parlamento, questo è anche stato espresso proprio questa settimana, quindi dopo Brexit, dal nuovo Cancelliere austriaco, dello Spö, e dal Vicecancelliere tedesco Gabriel, che rivendicano la natura di accordo misto della CETA. E quindi adesso sono, per esempio, questi due che si sono espressi questa settimana, il Cancelliere austriaco e il Vicecancelliere tedesco, signor sottosegretario, che sono almeno lontani parenti del suo Governo, politicamente intendo.
  E questi ci vogliono far capire che i vantaggi commerciali, anche col CETA, promessi ma non dimostrabili, ammonterebbero a circa 5,8 miliardi di euro all'anno; un risparmio per gli esportatori europei di 500 milioni di euro annui, dovuto alla eliminazione di quasi tutti questi dazi alle importazioni. Sul mercato del lavoro, poi, ci sono delle cifre, diciamo così, che ipotizzano aumenterebbero 80 mila nuovi posti di lavoro. I dazi a livello europeo sarebbero aboliti rapidamente e la maggior parte di essi sarebbero soppressi: con l'entrata in vigore dell'Accordo, dopo sette anni, non ci sarebbe più alcun dazio doganale tra l'Unione europea e il Canada sui prodotti industriali.
  Adesso non elenco la natura e il contenuto di questi accordi, però voglio sottolineare il fatto che, con tanta faciloneria, ci si vuole spiegare che in fondo il CETA è un accordo con il Canada e per questo ci fa meno impressione e anche meno paura degli Stati Uniti, però CETA è la stessa cosa del TTIP: quello che il TTIP rappresenta tra l'Unione europea e gli Stati Uniti d'America è il CETA tra l'Unione europea e il Canada.
  Però, difatti, il CETA è il cavallo di troia del TTIP, perché anche tutte le multinazionali americane – e sono 42 mila – che trattano, che hanno rapporti commerciali con l'Europa (sono molte di più), però 42 mila hanno già sede in Canada. Quindi bypassano, casomai, il TTIP e vengono qui.
  Io vorrei chiedere al sottosegretario quale sia l'attuale posizione del Governo – perché quello che abbiamo ottenuto dal Ministro Calenda l'abbiamo avuto dai giornali – in merito al necessario passaggio parlamentare, viste le differenti posizioni assunte nel tempo su di esso. Vorrei chiedere, poi, se il Governo non intenda rivendicare, in sede di Unione europea, il ruolo dei Parlamenti nazionali – e non la consideri una posizione nazionalista – a discutere e a votare il CETA; se il Governo, poi, non ritenga lesivo degli interessi italiani l'adozione di un contratto commerciale che metta in serio pericolo molte aziende italiane impegnate nella produzione del made in Italy. Io conosco la sua posizione in proposito, però, lei mi dirà se la posizione del Governo coincide con questa.
  Vorrei chiedere, poi, se non ritenga necessario rivedere ciò più approfonditamente, anche all'indomani di quanto successo in Europa, cioè, all'indomani della «Brexit», perché tutte le cose, tutti i contratti, tutte le stime, tutte le statistiche già sono approssimative. Infatti, noi siamo andati per primi – il collega Giulio Marcon ed io –, il 30 maggio, a vedere quella sala di lettura, a vedere questi documenti. Non è che io mi sia meravigliato, perché tanto si sapeva: in Germania l'hanno fatto già prima, mezzo anno prima hanno aperto questa sala. Qui ci voleva, forse non c’è stato uno che si è occupato di più di TTIP ed è stato chiesto in tre interrogazioni, mozioni questa apertura. Noi siamo Pag. 28stati fra gli ultimi dei Paesi che l'hanno allestita e, poi, ovviamente, si è manifestata quella caricatura di trasparenza.
  È fondamentalmente una presa in giro: non si legge niente, si riceve un malloppo di carte, migliaia di carte, senza un indice. Sono otto tomi con delle carte, non attuali, non c’è una numerazione delle pagine. Immaginate voi: viene dato il tempo di un'ora, scortati, ovviamente, non bisogna fotografare, non bisogna copiare niente, poi è tutto in inglese. Io fortunatamente un po’ conosco quella lingua, però ci sono parlamentari che non la conoscono. Alla mia domanda su che cosa possa fare uno che non sa l'inglese, mi hanno indicato un dizionario, quello che hanno nelle scuole medie. Un vocabolario «Garzanti» a disposizione. Senza un indice, senza numerazione: può capitare che si arrivi a qualcosa di nuovo e viene custodito lì ?
  Il Ministro Calenda, due settimane fa, ha ironizzato sul fatto che dopo tre settimane, dopo l'apertura di questa sala lettura, ci sarebbero andati appena diciotto parlamentari: quindi – ha detto –, l'offerta è lungamente maggiore alla domanda. Ma questa è una presa in giro, perché, in fondo, anche i parlamentari hanno creduto a ciò che noi abbiamo raccontato e non ci vanno.
  Quale è la posizione su queste cose, sulla trasparenza del TTIP ? Visto che non era colpa mia che non lo abbiamo trattato quindici giorni fa, forse, il sottosegretario ci può anche dire quanto la «Brexit» abbia inciso sulla posizione del Governo sul TTIP e sul CETA.

  PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per lo sviluppo economico, Ivan Scalfarotto, ha facoltà di rispondere.

  IVAN SCALFAROTTO, Sottosegretario di Stato per lo sviluppo economico. Grazie, Presidente. L'interpellanza in oggetto espone una serie di preoccupazioni avanzate dai sottoscrittori con riferimento all'Accordo di libero scambio tra l'Unione europea e il Canada, il cosiddetto CETA, con specifico riferimento al coinvolgimento del Parlamento nazionale nella fase negoziale, nonché sul TTIP.
  Per quanto concerne l'accordo CETA, la questione attiene alla natura mista o meno dell'Accordo, con implicazioni in merito alla competenza, se sia esclusiva dell'Unione europea o anche degli Stati membri. Il tema riguarda, più in generale, l'interpretazione del Trattato di Lisbona relativamente alla competenza europea sul capitolo investimenti, sul quale si è in attesa di una sentenza della Corte di giustizia europea. Approfondendo detta tematica, è infatti possibile rilevare che, qualora l'accordo venisse considerato di natura mista, le decisioni sul CETA dovrebbero essere prese all'unanimità dagli Stati membri e l'Accordo dovrebbe essere ratificato secondo i meccanismi identificati dai rispettivi sistemi costituzionali.
  Le conseguenze pratiche di una tale opzione sono evidenti: in attesa delle ratifiche nazionali, verrebbe decisa un'applicazione provvisoria che, per l'effetto cumulativo delle sensibilità nazionali, finirebbe per essere molto circoscritta. Inoltre, ciascun Parlamento nazionale potrebbe negare la ratifica e il CETA non entrerebbe dunque mai in vigore e questo determinerebbe il venir meno di una qualsiasi credibilità della politica commerciale europea, cioè noi trattiamo, negoziamo, firmiamo e gli accordi non arrivano mai in porto, quindi le nostre controparti sanno che sedersi con l'Unione europea, che è titolare della politica commerciale, di fatto significa negoziare con una controparte con la quale non si arriva mai a un accordo. Lascio naturalmente agli onorevoli interpellanti la valutazione di quale possa poi essere lo standing della nostra Unione sul piano internazionale, quando il procedimento diventa di questo tipo.
   Per queste ragioni ed in ragione dell'importanza strategica di questo Accordo, che abbiamo firmato e che quindi l'Unione europea ha deciso con i suoi rappresentanti di firmare, il 28 maggio ultimo scorso il commissario al commercio Cecilia Malmstrom e il Presidente Juncker sono stati informati della disponibilità di principio, in pendenza del giudizio della Corte europea, a trattare l'accordo CETA come accordo «EU only», quindi soltanto di Pag. 29competenza dell'Unione europea, e non come un accordo misto e pertanto considerare il processo di approvazione di pertinenza del Consiglio dell'Unione europea e del Parlamento europeo, che – come tutti naturalmente ricordiamo – è eletto a suffragio universale dai popoli e dalle Nazioni che sono parte dell'Unione europea. Questa posizione risulta supportata e giustificata dalla constatazione che, secondo il Trattato di Lisbona, la politica commerciale è di competenza esclusiva dell'Unione europea.
  Sul piano degli interessi dell'Italia non può poi essere trascurato che il CETA è il primo accordo commerciale raggiunto dall'Unione europea con un partner del G7, quindi un partner con il quale l'interazione è molto ampia e interessa un Paese, il Canada, che è caratterizzato da innegabili similitudini dal punto di vista culturale, sociale ed economico, che si riflettono sul piano degli scambi commerciali. Si tratta di un trattato che porterà vantaggi fondamentali in termini di accesso al mercato e di accesso agli appalti pubblici, che oggi, per i nostri imprenditori, sono naturalmente molto più difficoltosi. Soprattutto, per la prima volta, un Paese anglosassone all'esterno dell'Unione europea riconosce il nostro sistema delle indicazioni geografiche, che – come gli onorevoli interroganti sanno – non è sostanzialmente riconosciuto nei Paesi anglosassoni fuori dall'Unione europea, ma vige il principio del «marchio registrato», per cui anche prodotti che sono tipici delle nostre economie, come il prosciutto di San Daniele, non è necessario che vengano da San Daniele del Friuli, ma se qualcuno registra il marchio «prosciutto di San Daniele» può commercializzarlo nel suo Paese e i nostri produttori di San Daniele devono esportarlo all'estero con la denominazione magari di «original prosciutto», o qualcosa del genere.
  Quindi, c’è un riconoscimento per la prima volta da parte del Canada della importanza, dell'essenza delle nostre indicazioni geografiche, che non indicano soltanto la provenienza geografica da un certo territorio, ma riguardano protocolli di qualità, che richiedono investimenti. Le indicazioni geografiche non vengono gratis, ma sono un'indicazione anche a tutela del consumatore di quello che è un prodotto, delle sue caratteristiche, della qualità e della disciplina imprenditoriale che sono richieste per legge ai produttori di quei determinati prodotti. Oggi, questo non è riconosciuto in questi Paesi. Con il Canada, per la prima volta, abbiamo un'indicazione di questo genere. Tant’è che, appunto, l'eccellenza dei prodotti italiani viene protetta attraverso il riconoscimento delle denominazioni di origine DOP e, infatti, nel Trattato abbiamo 41 indicazioni geografiche italiane che saranno protette e che sono in una lista allegata all'accordo.
  Al contempo, una volta in vigore, quindi, l'accordo avrà positive ricadute in termini di crescita e di occupazione, soprattutto di sbocco per il nostro made in Italy che, come sappiamo, è stata la carta vincente di quelle imprese che meglio hanno resistito alla crisi economica, quelle che sono riuscite a internazionalizzarsi.
  Non dimentichiamo, anche, incidentalmente, che questo tipo di accordi va efficacemente a contrastare anche il fenomeno dell’italian sounding che, proprio per le cose che dicevo prima, oggi, si calcola valere il doppio delle nostre esportazioni nell'agroalimentare, quindi, per ogni tre prodotti che suonano italiano nel mondo, due sono fatti, in realtà, in posti all'estero. Questo, soltanto per dare un'indicazione di quale possa essere l'impatto di un accordo di questo genere.
  Proprio in virtù dei numerosi positivi risultati negoziali e dei vantaggi che porterà, la procedura per la firma e l'entrata in vigore dell'accordo CETA dovrebbe concludersi nel più breve tempo possibile. Vale solo la pena di precisare che la prospettata linea interpretativa non implica alcuna pretermissione della funzione riservata ai Parlamenti nazionali, che potranno, nel pieno delle relative competenze, intervenire nell'ambito della fase attuativa dell'accordo. Diversa, invece, è la situazione che riguarda il TTIP, l'accordo di libero scambio con gli Stati Uniti, il Pag. 30quale coinvolge tematiche che riguardano, tra l'altro, lo sviluppo sostenibile, l'ambiente, l'energia, le materie prime, le piccole e medie imprese, la protezione dei lavoratori, l'anticorruzione, eccetera. Quindi, l'inclusione di questi temi nel perimetro del TTIP rende l'accordo incontrovertibilmente misto; questa posizione è stata chiarita alla Commissione europea con la stessa lettera in cui abbiamo dato l'apertura verso la considerazione «EU only» dell'accordo CETA.
  Per quanto riguarda il TTIP, non vi sono, dunque, dubbi sul fatto che il processo di approvazione dovrà essere il seguente: in primis, dovrà essere adottata dalla Commissione una bozza di decisione sulla base della quale il Consiglio autorizzerà la conclusione e la firma dell'accordo; per questo primo atto è necessaria l'unanimità, con una decisione in nome dell'Unione europea e dei 28, anzi, vedremo poi a che punto saremo, se 28 o 27, Stati membri, comunque, di tutti gli Stati membri. A seguire, l'accordo sarà sottoposto all'esame del Parlamento europeo, che, lo ricordiamo, è sempre eletto a suffragio universale per acquisirne il consenso. Quindi, gli Stati membri procederanno alle ratifiche nazionali, sulla base dei rispettivi ordinamenti costituzionali, con l'esame da parte di tutte le Assemblee elettive.

  PRESIDENTE. Il deputato Kronbichler ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatto per la risposta alla sua interpellanza.

  FLORIAN KRONBICHLER. Grazie, Presidente, grazie, signor sottosegretario. Mi conferma tutti i dubbi e tutte le preoccupazioni che avevo e che mi hanno spinto a fare questa interpellanza. In pratica, ha confermato quello che, scelleratamente, ha detto il Ministro Calenda e cioè che CETA è un accordo misto; questa è una posizione che, non so se è sola, perché adesso ancora ci sono ventisette Paesi in Europa, però, veramente, insomma, si distingue dalle posizione dei nostri Paesi vicini. Ho detto che i suoi colleghi, quello austriaco e il Vice Cancelliere tedesco, questa settimana, hanno sostenuto il bisogno e il dovere che queste questioni vengano trattate nei propri Parlamenti.
  Io ho la sensazione – e ciò mi conferma – che qui in Italia non si tragga nessuna conseguenza da quanto è successo la settimana scorsa, cioè dalla Brexit. Credete veramente di fare l'interesse dei cittadini italiani se cogliete il momento, adesso, opportuno, della distrazione – perché pensiamo ad altro – per mettere al sicuro subito queste cose, al di fuori dei Parlamenti, cioè dei rappresentanti democratici del Paese italiano e di dire «adesso non è più misto» ?
  Anche il sottosegretario Della Vedova, un anno e mezzo fa, ha spiegato tutto quanto, ha spiegato perché è misto; quindi, è il contrario di quello che sostenete adesso, cioè gli accordi di Lisbona dicono che c’è, sì, competenza esclusiva dell'UE in materia di investimenti diretti all'estero, però, a condizione che l'accordo non riguardi competenze nazionali e le competenze nazionali sono esplicitamente elencate; c'entra, per esempio, il patrimonio intellettuale, per dirne solo una.
  Poi, se lei mi dà delle speranze sul TTIP, ecco, lì, sì, poi, magari non ci sarà neanche più bisogno, se entra in vigore il CETA; lo ha detto l'America, tutto il diritto, le merci americane prendono la via per il Canada dove hanno 42 mila multinazionali, tutte le multinazionali – per quelle che non ce l'hanno, ci sarà il TTIP – allora entreranno sul mercato europeo. E pure, poi, c’è la faccenda del diritto, l'ISDS, i tribunali privati in pratica, pure quello si fa col Canada. Ciò col Canada non ha suscitato questo putiferio, perché è il Canada, tutti si sono concentrati sul TTIP, però, come ho detto, è il cavallo di Troia, non ci sarà bisogno del TTIP se entra in vigore il CETA. Questo lei lo sa, noi lo ripetiamo. Non è cattiva intenzione, lo abbiamo capito, è che non accettiamo questa furbizia.
  Poi, soprattutto, vorrei chiarire una cosa; lei parla come se non ci fosse stato, fino adesso, commercio con l'America, ma invece, si tratta, eccome; è il secondo partner commerciale dell'Italia. Solo verso l'Unione europea esportiamo di più che Pag. 31verso l'America, per far così che non ci sia più possibilità di esportare... Insomma, chiedere questo è chiedere un po’ troppo. Ecco, io posso solo dire che qui ci troviamo, come Italia, veramente non in Europa. In tutta l'Europa i Governi non si possono permettere di dire quello che si permette il nostro Governo. Il nostro Governo sta ancora su questa posizione. Testualmente, Renzi ha detto, e il sottosegretario Gozi l'ha ripetuto un paio di volte: l'appoggio dell'Italia, totale ed incondizionato, al TTIP. Dicesse questo la Cancelliera Merkel, non sarebbe più Cancelliera, perché lì ci sono le più grandi manifestazioni dal dopoguerra, 300.000 a Berlino, ci sono stato pure io, 3 milioni di firme raccolte, diciamo così, per rendere più democratico, per aprire, per rendere più trasparenti TTIP e CETA. Qui, insomma, si dice: appoggio totale e incondizionato. Quindi, una capitolazione su tutta la linea che non ha eguali.

(Elementi in merito al sistema dei controlli e alle conseguenti risultanze in ordine alle emissioni inquinanti dei veicoli Volkswagen – n. 2-01407)

  PRESIDENTE. Passiamo all'interpellanza urgente Crippa ed altri n. 2-01407, concernente elementi in merito al sistema dei controlli e alle conseguenti risultanze in ordine alle emissioni inquinanti dei veicoli Volkswagen (Vedi l'allegato A – Interpellanze urgenti).
  Chiedo al deputato Crippa se intenda illustrare la sua interpellanza o se si riservi di intervenire in sede di replica.

  DAVIDE CRIPPA. Grazie, Presidente. Questa interpellanza pone l'accento su una questione molto di attualità, soprattutto per il fatto che oltreoceano si sta muovendo un'importantissima campagna di risarcimento da parte della Volkswagen verso i possessori di veicoli analoghi a quelli circolanti all'interno del nostro Paese.
  Secondo quanto riportato dal Governo, in Italia, il numero dei soli veicoli Volkswagen interessati dal cosiddetto Dieselgate – in un'audizione, ce lo disse il Ministro Delrio – era pari a circa 710.000 veicoli. Per questo la procura di Torino ha già aperto un'indagine sulla questione per truffa e ad oggi il fascicolo è stato poi inviato per competenza a Verona, insieme anche a un'ipotesi e a un approfondimento di indagine sulla questione della frode in commercio.
  Il Governo, in risposta a un atto di sindacato ispettivo avanzato dal MoVimento 5 Stelle, ha informato gli interroganti della stipula, nel dicembre 2015, di una convenzione con un non meglio specificato organismo indipendente teoricamente, virgolettato, secondo quanto ci rispose il Governo, «per regolare le attività congiunte di misurazione delle emissioni inquinanti dei motori diesel euro 5B da condursi mediante prove in laboratorio e prove su strada». La campagna dei test, di cui a oggi non si ha alcuna informazione in merito, tutto molto sottotraccia, secondo quanto sostenuto dal Governo in sede di risposta sempre alla citata interrogazione, costituirà, virgolettato, «un elemento imprescindibile per calibrare al meglio la più ampia e capillare azione di controllo e verifica da condursi, al termine della quale, a fronte di eventuali irregolarità, saranno irrogate le consuete sanzioni amministrative ed eventuali sanzioni penali connesse ai reati emersi a seguito di inchiesta giudiziaria».
  Gli importi delle sanzioni, alla luce delle dichiarazioni del rappresentante del Governo, non sarebbero considerati da reimpiegare per tutelare gli interessi e i diritti dei consumatori o per risarcire gli stessi. Nella medesima risposta, il Ministro ha segnalato l'emanazione del decreto dirigenziale 26 febbraio 2016, recante modalità e procedure per la campagna di test, che, però, secondo quanto sostenuto dallo stesso Ministro, sarebbe partita precedentemente, a gennaio 2016.
  Secondo quanto, invece, riportato dalla stampa nazionale, l'Unione europea avrebbe richiamato il Governo italiano a causa della mancata comunicazione dei risultati delle indagini che avrebbe dovuto Pag. 32svolgere sui veicoli manomessi in circolazione, però sul nostro suolo nazionale. Dalle stesse fonti, è possibile rilevare che il programma di richiami dei veicoli da parte della casa automobilistica sarebbe già stato avviato in Europa e verosimilmente anche in Italia, ma con un andamento estremamente lento: circa 50 mila auto riparate a fronte di un numero molto, molto più grande.
  La tutela del consumatore è uno dei principali compiti attribuiti al Ministero che, tra l'altro, dovrebbe assicurare una corretta informazione e formazione al cittadino e il rispetto dei principi di trasparenza da parte delle imprese. Ricordo che un Ministro o un suo delegato di fatto presiede il Consiglio nazionale dei consumatori e degli utenti, cosiddetto CNCU, organo rappresentativo delle associazioni dei consumatori e degli utenti a livello nazionale, che è stato istituito con una legge nel 1998, il cui lavoro è finalizzato a contribuire al miglioramento e al rafforzamento della posizione del consumatore nel mercato. Gli strumenti sembrano esserci quindi.
  Per assicurare la massima conoscenza sulle emissioni di CO2 delle autovetture già la direttiva n. 1999/94/CE, recepita in Italia con il decreto del Presidente della Repubblica 17 febbraio 2003, chiedeva agli Stati membri di pubblicare annualmente una guida sul risparmio di carburante e delle emissioni di CO2, al fine di fornire ai consumatori informazioni utili per un acquisto consapevole di autovetture nuove, con lo scopo di contribuire alla riduzione delle emissioni di gas serra e al risparmio energetico. Pubblicazione scaricabile dal sito Internet del Ministero dello sviluppo economico.
  Secondo fonti di stampa, con una notizia del 26 settembre 2015, Volkswagen ha vinto una gara anche pubblica per la commessa di oltre 900 veicoli SEAT Leon in dotazione a polizia e carabinieri. Le vetture sarebbero del modello interessato dalla manipolazione sulle emissioni, per cui la casa automobilistica avrebbe previsto il richiamo per le necessarie riparazioni. Quindi, da un lato lo Stato italiano è anche consumatore.
  Negli Stati Uniti, a seguito dell'azione legale promossa dal Dipartimento di giustizia nel gennaio 2016, la Volkswagen sarebbe giunta a stanziare miliardi di dollari per un insieme di misure per riparare o togliere dalla strada mezzo milione di auto.
  Nella proposta ancora in corso di valutazione – secondo una notizia di ieri è stato annunciato un patteggiamento da parte del Dipartimento della giustizia statunitense e della Volkswagen – sembrerebbe che Volkswagen di fatto sia proprio interessata a risarcire i consumatori, da un lato, e soprattutto a risarcire anche il Governo americano. In Italia, la stessa casa produttrice avrebbe invece rifiutato un confronto con le associazioni dei consumatori richiesto al fine di giungere a un accordo in favore degli automobilisti coinvolti, nonostante risulta che abbia avviato una campagna di richiamo delle auto interessate dallo scandalo. In altre parole, abbiamo lo stesso problema statunitense: di là la società Volkswagen si dichiara pronta a liquidare e a risarcire, sia lo Stato, che i consumatori, mentre in Italia nicchia e non ha alcuna intenzione, se non avviando una campagna di richiami che teoricamente è la stessa campagna avviata negli Stati Uniti per lo stesso tipo di problema. Al momento non c’è una tabella di marcia su come potrebbe avvenire questo richiamo anche delle autovetture e quali siano le garanzie, le riparazioni e se poi le riparazioni siano a questo punto state autorizzate dagli enti preposti. Infatti, se era stata manomessa e aveva una certificazione, successivamente qualcuno mi fa un controllo e mi fa una modifica, teoricamente ci dovrebbe essere anche un'azione successiva di riverifica da parte di qualche ente.
  Con riferimento alla convenzione stipulata il 14 dicembre 2015 dal Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, ce lo può dire qual è l'organismo indipendente incaricato di effettuare le suddette verifiche e quali siano i criteri di individuazione Pag. 33del medesimo organismo, i costi dell'operazione finora sostenuti, le scadenze temporali entro cui l'organismo individuato dovrà dare riscontro dell'attività svolta e l'eventuale pubblicità che verrà data ai risultati delle prove ? Tutto questo è stato in qualche modo gestito senza un'evidenza pubblica della gara, dell'affidamento dell'incarico. Quindi, che ci spieghi il Ministro quali siano le condizioni che hanno portato a una scelta di questo organismo indipendente e quali siano i risultati finora riscontrati nello svolgimento della predetta campagna e quali siano gli eventuali casi sanzionabili ai sensi della normativa vigente con riferimento al decreto dirigenziale del 26 febbraio 2016. Chiediamo anche se, con riferimento alla campagna di richiamo svolta da Volkswagen, il Governo non intenda verificare gli effetti delle riparazioni effettuate dalla casa automobilistica al fine di validarne i dati. Quello che dicevamo prima: sembra abbastanza paradossale che un Governo non sia interessato a comprendere come un'azienda che ha messo in circolazione 710 mila veicoli oggi fa una campagna di richiamo e il Governo non abbia valutato gli effetti e le ricadute ambientali di quella campagna di richiamo. Chiediamo inoltre quali iniziative il Governo intenda adottare al fine di tutelare il diritto dei consumatori interessati dalle attività illecite che le case automobilistiche avrebbero condotto manipolando i risultati sulle emissioni inquinanti dei veicoli commerciati, ivi compresi i diritti dello Stato che, con riferimento alla gara per le auto in dotazione a polizia e carabinieri, è esso stesso consumatore.
  Noi queste domande le avremmo volute porre al Ministro Delrio. Abbiamo più volte chiesto come forza di minoranza all'interno della Commissione attività produttive e di quella trasporti che il Ministro Delrio venisse conseguentemente a quello che è stato un accordo che lui aveva lanciato durante la prima audizione sul Dieselgate all'interno di questa istituzione. Gli abbiamo chiesto di venire a riferire su come stava andando avanti la situazione. Sono passati più di sei mesi e non c’è nessuna informazione chiara su queste modalità. Noi pretendiamo delle risposte dal Governo sui temi che abbiamo posto. Grazie Presidente.

  PRESIDENTE. Grazie, onorevole Crippa. Il sottosegretario di Stato per lo sviluppo economico, Ivan Scalfarotto, ha facoltà di rispondere.

  IVAN SCALFAROTTO, Sottosegretario di Stato per lo sviluppo economico. Grazie, Presidente. Con l'interpellanza urgente di cui abbiamo ascoltato testé l'illustrazione gli onorevoli interpellanti richiedono informazioni ed aggiornamenti in merito agli esiti delle iniziative intraprese tra la fine del 2015 e l'inizio del 2016, ovvero ancora da intraprendere a tutela dei consumatori coinvolti nel caso dei veicoli Volkswagen interessati dal cosiddetto Dieselgate. Il tema, già trattato in un precedente atto di sindacato ispettivo, come pure evidenziato dagli interpellanti, riguarda la regolarità del controllo e della misurazione delle emissioni inquinanti dei motori diesel dei citati veicoli, nonché la possibilità di applicare sanzioni e condanne nei confronti delle case produttrici coinvolte, con conseguenti iniziative di maggior tutela e di informazione a garanzia dei consumatori.
  In primo luogo va segnalato che l'accostamento dei casi aziendali e degli ordinamenti, nazionale e statunitense, risente di una diversità strutturale di fondo, laddove l'ordinamento di sistema statunitense sul punto risulta maggiormente limitativo e di portata più rigida rispetto ai condizionamenti imposti alle imprese, sia nella vendita che nella omologazione dei veicoli sul proprio territorio. In particolare, nel nostro sistema ordinamentale le tematiche rilevate si risolvono nella maggior parte dei casi in una problematica connessa ai temi dell'informativa data ai consumatori ed alla necessità di intervenire sui veicoli attraverso campagne di richiamo, finalizzate ad apportare modifiche di minor rilievo ed effetto.
  Ciò detto, si segnala altresì che, pur riconoscendo la rilevanza dei comportamenti illegittimi dell'azienda coinvolta, Pag. 34stigmatizzati ed accertati nei diversi contesti, le valutazioni in ordine alle iniziative di competenza delle istituzioni e delle autorità nazionali possono differire da quanto accaduto negli Stati Uniti d'America. A tal proposito, si precisa che la competenza in tema di omologazione dei veicoli interessati è attribuita alla preposta autorità di controllo tedesca e che, quanto agli aspetti di diretta rilevanza nazionale, la competenza in tema di eventuali controlli a valle delle procedure è di spettanza del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti. Si fa presente, altresì, la competenza dell'Autorità garante della concorrenza e del mercato in ordine alla potestà sanzionatoria in materia di informazioni ingannevoli eventualmente fornite ai consumatori.
  Per quanto riguarda infine il coinvolgimento del CNCU e dei consumatori nelle procedure di controllo e verifica dei comportamenti dell'impresa interessata, si segnala l'intervenuto incontro in sede di Consiglio nazionale dei consumatori e degli utenti a cui ha partecipato la Volkswagen Italia, oltre al Ministero delle infrastrutture e dei trasporti. Sebbene sia stata apprezzata da parte delle associazioni dei consumatori la disponibilità dell'azienda a tale confronto, tuttavia, sono state ritenute non pienamente soddisfacenti le motivazioni e le iniziative proposte da detta impresa, in quanto gli impegni formulati sono stati ritenuti di massima e generici, volti solo ad implementare condizioni di maggior trasparenza di informativa dopo le valutazioni delle autorità tedesche, senza però che vi fosse alcun riferimento esplicito al tema dei risarcimenti richiesti dai danneggiati.
  Il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, per quanto di sua più specifica competenza, ha informato di aver avviato sin dal mese di gennaio scorso una campagna di verifica sulle emissioni dei veicoli, ed in particolari quelli rispondenti ai requisiti Euro 5B previsti dal regolamento 715/2007/CE. Al riguardo, per l'effettuazione delle verifiche e prove, è stata stipulata una specifica convenzione con l'Istituto Motori del Consiglio nazionale delle ricerche di Napoli, ente pubblico nazionale di ricerca con competenza scientifica generale che fornisce attività di consulenza, certificazione e supporto tecnico-scientifico alle amministrazioni pubbliche. Tale Istituto, in particolare, possiede tutta la competenza specifica e la strumentazione per le necessarie verifiche di natura quantitativa sulle emissioni inquinanti dei motori diesel, mediante prove su strada oltre che in laboratorio, effettuate congiuntamente alle strutture tecniche del Ministero. Tale convenzione, dell'importo di 305.000 euro, IVA compresa, e della durata di un anno, è stata stipulata ai sensi dell'articolo 15 della legge 7 agosto 1990, n. 241, ed approvata con decreto dirigenziale n. 423 RD del 17 dicembre 2015, registrato in data 22 dicembre 2015 dal competente Ufficio centrale di bilancio. La campagna di prove prevede un tempo massimo di esecuzione pari alla durata della convenzione, cioè un anno. I risultati saranno diffusi allorquando le verifiche saranno completate ed i risultati parziali pienamente compresi nella loro articolazione e complessità; tuttavia, un primo rilascio dei risultati verrà reso noto entro la fine del mese di luglio del corrente anno.
  Al momento, è possibile affermare che sui veicoli esaminati, fatta eccezione per quelli del gruppo Volkswagen, non è stata riscontrata la presenza di dispositivi di manipolazione non consentiti dal regolamento 715/2007/CE. In merito alle campagne di richiamo dei veicoli del gruppo Volkswagen, le competenti autorità di omologazione – KBA per la Germania, VCA per il Regno Unito – stanno provvedendo ad informare le omologhe autorità degli altri Stati membri in merito all'autorizzazione degli interventi tecnici di richiamo per ciascun modello di veicolo, certificando il rispetto delle relative normative di omologazione a valle della rimozione del dispositivo di manipolazione delle emissioni.
  È tuttavia intenzione del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, compatibilmente con le tempistiche richieste dalla campagna di richiamo in corso e Pag. 35nell'ambito della convenzione stipulata con il CNR, procedere all'effettuazione di prove comparative su alcuni veicoli del gruppo Volkswagen prima e dopo l'effettuazione del richiamo stesso, al fine di verificare la bontà dell'intervento a maggior tutela del consumatore.
  Di altra natura, anche se con elementi di similitudine con l'attività sopra descritta, è l'attività in corso di attuazione a cura del medesimo Ministero e che prende origine dal comma 655 dell'articolo 1 della legge di stabilità 2016 (legge 28 dicembre 2015, n. 208).
  Il suddetto comma 655 ha disposto che il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti emani con proprio decreto le disposizioni straordinarie per avviare una specifica campagna di verifica sulla effettività dei livelli di emissioni inquinanti dei veicoli, nonché per incrementare le verifiche di conformità su veicoli dei dispositivi a tutela della sicurezza stradale e della salute pubblica.
  In attuazione della disposizione di cui sopra, il capo del Dipartimento per i trasporti, la navigazione, gli affari generali ed il personale ha emanato in data 26 febbraio del corrente anno il decreto n. 34, definendo il campo di applicazione dell'attività, le modalità attuative ed i soggetti incaricati per lo svolgimento delle verifiche e delle prove. Le verifiche e prove verranno effettuate dalla Direzione generale per la motorizzazione attraverso i propri uffici centrali e periferici; tuttavia, stante la complessità delle apparecchiature necessarie per produrre i test così come definiti dalla normativa nazionale ed internazionale vigente, e la circostanza che dette apparecchiature solo in rari casi sono in dotazione agli uffici periferici dell'amministrazione competente, sarà necessario avvalersi di istituti specializzati ed idonei laboratori.
  È in corso la redazione del bando di gara per l'individuazione di suddetti soggetti, che, come indicato dal decreto di cui sopra, dovrà avvenire con procedure ad evidenza pubblica. Al riguardo, si ritiene utile sottolineare l'attenzione posta dal Ministero delle infrastrutture e dei trasporti alla questione, la quale per complessità, criticità e sensibilità deve essere gestita direttamente dagli organi dello Stato. È in tale contesto che il medesimo ribadisce il principio fondamentale, in base al quale tutti i test verranno effettuati sotto il diretto controllo di servizi tecnici di tale amministrazione, seguendo peraltro le procedure da sempre utilizzate nel settore delle verifiche tecniche volte all'omologazione dei veicoli a motore, dei loro componenti e dispositivi.
  Infine, per quanto attiene l'aspetto sanzionatorio, come previsto dall'articolo 77 del decreto legislativo n. 285 del 1992 (cioè il codice della strada), valga osservare che la fattispecie oggetto dell'interpellanza è regolamentata dal comma 3 della citata norma, che subordina in maniera non eludibile l'applicazione di sanzioni amministrative all'accertamento che il fatto non costituisca reato. Tale accertamento è nell'evidente esclusiva competenza dell'autorità giudiziaria, che provvederà con la sentenza di condanna anche all'applicazione della sanzione amministrativa, o, in ipotesi di fattispecie che si valuterà non censurabile penalmente, trasmetterà gli atti all'autorità amministrativa per le valutazioni e le iniziative di competenza. Ad oggi non risultano casi sanzionati o sanzionabili ai sensi di legge.

  PRESIDENTE. Il deputato Crippa ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatto per la risposta alla sua interpellanza.

  DAVIDE CRIPPA. Presidente, assolutamente non siamo soddisfatti, perché, al di là della diversità ordinamentale, ricordo che – proprio notizia di ieri – il Dipartimento di giustizia americano ha annunciato un patteggiamento da parte della Volkswagen per lo scandalo Dieselgate. Ai consumatori USA viene permesso di essere risarciti e di riacquistare i beni, per un valore complessivo di 14,7 miliardi di dollari: 10 miliardi per i consumatori, con un valore per veicolo dai 5 ai 10.000 dollari, 2,7 miliardi per progetti ambientali, 2 miliardi per lo studio di tecnologie zero emission.
  Di fronte a tutto ciò, ovviamente uno crede che il Governo americano si sia Pag. 36mosso cinque anni prima rispetto all'impianto normativo vigente nel Paese, perché, se ad oggi il sottosegretario Scalfarotto mi viene a raccontare che ci saranno delle analisi, che poi i primi risultati forse li avremo a fine luglio, e che poi dovrebbe partire una gara d'appalto in cui dopo andranno a vedere se le misure messe in atto dalla Volkswagen saranno quelle e che cosa hanno comportato in termini di aumento delle emissioni, aumento dei consumi del veicolo, quanto tempo deve passare perché il consumatore italiano abbia dalla sua parte una forza chiara e netta da parte di un Ministero dei trasporti e delle infrastrutture ? Il Ministro Delrio ha latitato per mesi su questa questione. Non possiamo accettare che ci si perda in mesi e mesi tra una procedura e l'altra. Siamo ormai in ritardo e, peraltro, premetto che lasciamo sempre all'iniziativa del singolo l'idea di avviare un percorso di chiarificazione da parte della magistratura.
  Mi chiedo: il Governo italiano ha presentato un esposto alla magistratura sul tema ? È consumatore – ha acquistato 900 vetture Seat Léon per la polizia e i Carabinieri – si è messo almeno dalla parte della richiesta della verità e della giustizia ? Un esposto segnala dei fatti, una procura poi indaga. Non è una presa di posizione contro, ma è una presa di posizione di chiarezza, tenuto conto che, dall'altra parte dell'oceano, c’è un'azienda che ha dichiarato di aver installato un dispositivo che andava ad alterare una centralina di misurazione. Credo che un Governo debba pretendere chiarezza, chiedendo alla magistratura di avviare l'indagine necessaria almeno in quanto consumatore rispetto alle autovetture acquistate.
  Non posso pensare che noi oggi siamo in attesa che sia avviato un procedimento interno e di valutazione – mi va benissimo – ma quanti mesi ormai sono passati da quando abbiamo scoperto lo scandalo e perché il Ministero non ha avviato una chiara linea verso questa problematica in termini di richiesta affinché la magistratura facesse chiarimenti sulla vicenda ? Gli organismi indipendenti faranno le verifiche del caso e va bene: avremmo preferito magari che ci fosse una certa rapidità. Visto che fate un decreto dietro l'altro, mi sarei aspettato un decreto a dicembre che prevedesse queste richieste, un decreto in emergenza che mettesse in chiaro che 710.000 persone in Italia, che hanno acquistato autovetture Volkswagen, hanno almeno il diritto di avere una certezza chiara da parte del Ministero dei trasporti, se quel modo di agire costituiva un'infrazione alle regole e all'omologazione di quei veicoli. E invece no ! E invece no ! I decreti si fanno su altre questioni che non interessano direttamente il cittadino e il consumatore.
  Oggi stiamo ancora dicendo che prima o poi qualcuno chiarirà se ci saranno incongruenze rispetto alle verifiche. Lei ha appena annunciato che tutte le altre vetture sono controllate, a parte la Volkswagen: lo sapevamo già anche prima che almeno lì c'era una certezza e che dall'altra parte dell'oceano qualcuno ha registrato questo tipo di problematica. Allora ci saremmo aspettati che da questa parte, invece, ci fosse qualcuno che portava tutto quello che aveva in procura chiedendo l'apertura di un fascicolo per far chiarezza e invece non l'ha fatto.
  Vorrei anche comprendere – farei anche questo se mi consente – perché, in materia di controllo delle emissioni al fine della riduzione dell'impatto ambientale nel settore dei trasporti, il Documento di economia e finanze richiama il finanziamento di 5 milioni di euro per il programma straordinario dei test su veicoli per la verifica delle emissioni inquinanti. Avete stanziato 5 milioni di euro: oggi ci viene a dire che forse avete impegnati 304.000 euro ? C’è qualcosa che non va in termini di tempi, sottosegretario Scalfarotto: non può venirmi a dire che farete una gara ad evidenza pubblica ma di quanto sarà quell'importo ? Peccato che dentro quei 5 milioni di euro siamo andati poi a scoprire che c’è anche un sistema di revisione dei carrelli-rimorchio: ma cosa c'entra con il sistema delle emissioni inquinanti me lo può spiegare ? O, altrimenti, stiamo sempre cercando di giocare con le parole, con i tweet: 5 milioni di euro sulle emissioni Pag. 37inquinanti e poi vai a scoprire che c’è l'omologazione dei carrelli-rimorchio. La problematica deve essere presa in carico in maniera netta e seria.
  Non posso pensare che il CNCU e il Ministero dello sviluppo economico, che gestisce da un punto di vista organizzativo il CNCU, si mettano tranquillamente in disparte a lasciare che i consumatori se la risolvano con la Volkswagen. Non è un atteggiamento serio e responsabile di un Governo !
  Deve essere fatta chiarezza su questo tema in maniera netta e chiara perché c’è un problema di giustizia e di tutela della salute.
  Sottosegretario Scalfarotto, dobbiamo rivedere qualcosa nel nostro sistema di giustizia e di tutela della salute, perché forse negli Stati Uniti sono un po’ più in gamba di noi su questo aspetto ? È questo che ci voleva dire prima quando ci ha parlato di diversità ordinamentali ? Noi ci mettiamo dieci anni a fare quello che gli altri fanno in un anno, anzi nove mesi. Forse perché anche la tutela del consumatore passerebbe, glielo ricordo, per quella questione che dovrebbe essere l'approvazione della class action, approvata alla Camera e arenata al Senato dal Ministero dello sviluppo economico, prima Guidi, e poi dal dipartimento dei rapporti con il Parlamento. Mi spiegate, allora, qual è la modalità con cui noi vogliamo far sì che sia tutelata la salute ed evidenziare che un'azienda che abbia frodato il mercato mettendo in circolazione un dispositivo farlocco, non debba quanto meno essere indagata o si debba avere una certezza di valutazione della pena o certezza del diritto del consumatore di poter ottenere risarcimenti e rimborsi ?
  Mi sto chiedendo soltanto perché questo accade, quando poi promuoviamo politiche di tutela dell'ambiente e sottoscriviamo accordi extranazionali ed europei in cui ci impegniamo a ridurre le emissioni e, nello stesso tempo, permettiamo a una casa di mettere in circolazione più di 710.000 veicoli che, in realtà, consumano e consumeranno perché, da articoli di giornale, pare che le migliorie che oggi vengono messe in campo per cercare di sanare quell'artefazione del sistema di controllo, andranno a consumare di più e, quindi, ad emettere più CO2. Me lo spiega come andiamo a sottoscrivere gli accordi extranazionali Coop21 di riduzione delle emissioni quando non abbiamo un sistema e non abbiamo la capacità politica, credo ?
  Qui oggi abbiamo davanti una responsabilità oggettiva politica e il Ministro Delrio non si può sottrarre a queste responsabilità. Io non voglio nemmeno provare a pensare che ci sia un giochino di bilancio e di responsabilità perché casualmente, dopo che la Volkswagen è stata incriminata su questa questione, dalla Germania sono emersi problemi inerenti la validazione della 500X della FIAT. Spererei vivamente che il Governo italiano non stia giocando sulle spalle dei consumatori e dei cittadini italiani una partita su chi nicchia di più tra Italia e Germania per non disturbare la casa costruttrice italiana, a patto che ancora qualcuno creda che la FIAT sia una casa costruttrice italiana.
  Credo veramente che su questo tema si debba fare chiarezza. Insisteremo, porteremo avanti anche la richiesta di chiarimenti all'Autorità per la concorrenza e il mercato, all'Antitrust, e chiederemo ancora una volta tempi certi.
  Il cronoprogramma che lei oggi ci ha dato è veramente assurdo. I primi dati a luglio non corrispondono ad una reale presa in carico del problema. Voglio sapere qual è il cronoprogramma definitivo di chiusura di questi lavori, quando prevedete la scadenza. Mettete più soldi – avete stanziato 5 milioni di euro – ma perché ne avete impegnati 304.000 ? Perché volete allungare i tempi di valutazione della questione. Mettete i soldi che avete stanziato per il meccanismo dei controlli facendolo in maniera rapida e puntuale: quella magari inizierebbe ad essere una risposta ai cittadini. Inoltre, presentate l'esposto alla procura: le carte ce le avete, siete consumatori diretti, non prendete in giro il Paese.

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(Intendimenti del Governo circa la partecipazione dei Parlamenti nazionali al processo di adesione e ratifica dell'accordo di libero scambio e investimento fra il Canada e l'Unione europea (CETA) – n. 2-01411)

  PRESIDENTE. Passiamo alla interpellanza urgente Cimbro ed altri n. 2-01411, concernente intendimenti del Governo circa la partecipazione dei Parlamenti nazionali al processo di adesione e ratifica dell'accordo di libero scambio e investimento fra il Canada e l'Unione europea (CETA) (Vedi l'allegato A – Interpellanze urgenti).
  Chiedo alla deputata Cimbro se intenda illustrare la sua interpellanza o se si riservi di intervenire in sede di replica.

  ELEONORA CIMBRO. Grazie, Presidente. Intendo illustrare l'interpellanza urgente. Peraltro, anche il collega Kronbichler di Sinistra Italiana mi ha preceduto oggi, ponendo una questione che è assolutamente all'ordine del giorno e che riteniamo debba essere presa seriamente in considerazione da questo Governo.
  Ringrazio il sottosegretario per la presenza oggi, qui, in Aula, e cercherò, anche sulla base della risposta che ho ascoltato prima, di riprendere i punti salienti del tema, così come l'abbiamo descritto nella nostra interpellanza, cercando di comprendere meglio anche il senso della risposta che è stata data, soprattutto su alcuni punti specifici.
  Allora, in una recente lettera indirizzata alla Commissione europea e nell'intervento tenuto alla Camera dei deputati il 15 giugno 2016, aventi entrambi come tema l'Accordo di libero scambio e investimento, recentemente negoziato tra Unione europea e Canada, il così detto CETA, il Ministro dello sviluppo economico, Carlo Calenda, ha dichiarato che tale Trattato, ancora in attesa di ratifica, rientrerebbe nel regno della competenza esclusiva dell'Unione europea, dicendosi quindi pronto a sostenere l'analoga posizione, che verrà ufficializzata proprio la prossima settimana, il 5 luglio, della stessa Commissione europea.
  Secondo questa tesi, il Trattato non sarebbe considerato un accordo internazionale misto, configurazione che comporterebbe la necessità di sottoporre al processo di successiva ratifica anche i Parlamenti di tutti gli Stati membri, e, in assenza di tale configurazione, la sua adozione passerebbe, quindi, attraverso la procedura legislativa ordinaria, vale a dire con un voto a maggioranza qualificata in seno al Consiglio e con successiva ratifica soltanto del Parlamento europeo.
  Il Trattato di Lisbona ha stabilito che la politica commerciale comune sia competenza esclusiva dell'Unione europea, come ricordava prima il sottosegretario, in materia di investimenti diretti e esteri, a condizione che l'accordo non riguardi competenze nazionali. Molti Stati membri hanno, tuttavia, contestato la competenza esclusiva dell'Unione europea, particolarmente per ciò che attiene al profilo delle risoluzioni, extra ordinamento giudiziario, delle controversie tra investitore e Stato. Secondo alcuni esperti, inoltre, di diritto europeo, tale Trattato contiene, peraltro, alcuni passaggi non chiari.
Di fatto, gli accordi di libero scambio, pur rientrando nella competenza esclusiva dell'Unione europea in quanto espressione della politica commerciale comune, per contro, nel corso dei negoziati, finiscono per affrontare materie diverse, che investono competenze concorrenti tra Unione Europea e Stati membri, come appunto servizi, trasporti, tutela degli investitori, sistemi giudiziari arbitrali, ambiente e altro, divenendo pertanto accordi di natura mista.
  In virtù di tale circostanza, i Presidenti di 21 Commissioni parlamentari e di Parlamenti nazionali si sono fatti portavoce dell'opportunità di considerare tali accordi, quindi non solo il CETA, ma anche il TTIP, una volta conclusi, di natura mista, e quindi da sottoporre alla ratifica dei Parlamenti nazionali, tesi argomentata con lettera del 25 giugno del 2011 indirizzata al commissario europeo allora competente.Pag. 39
  Anche le conclusioni della Conferenza dei Presidenti dei Parlamenti dell'Unione europea, tenutasi a Roma il 20 e il 21 aprile 2015, hanno sottolineato il ruolo dei Parlamenti nazionali, in particolar modo nell'ambito dei negoziati sui trattati internazionali, in considerazione del loro impatto sulla vita dei cittadini, dei consumatori, dei lavoratori, delle imprese e del particolare interesse dimostrato dalla società civile per i negoziati in corso, in favore di un maggiore accesso alle informazioni per meglio esprimere i propri orientamenti.
  In tale direzione, rileva anche l'intervento della stessa Commissaria Malmström, il 1o giugno 2015, alla COSAC di Riga, là dove ha affermato che il ruolo dei Parlamenti nazionali diventa ancora più cruciale nella definizione della politica commerciale nell'Unione europea.
  Inoltre, alcuni Parlamenti nazionali facenti parte dell'Unione europea – lo ricordava prima il collega Kronbichler –, ossia Francia, Lussemburgo, Belgio, Vallonia, Paesi Bassi, la stessa Germania, hanno recentemente approvato risoluzioni in cui chiedono che il CETA sia ratificato anche a livello nazionale, posizione ribadita dal presidente il Partito Socialdemocratico tedesco, Sigmar Gabriel.
  In base a quanto previsto dall'articolo 218 del Trattato di Lisbona, la questione può essere portata davanti alla Corte di giustizia europea da parte del Consiglio, Commissione e Parlamento europeo, o da Stati membri, ed è verosimile che ciò possa avvenire da parte degli Stati membri.
  A questo proposito, signor sottosegretario, giova ricordare che, in occasione del Trattato siglato con Singapore nel 2014 di analoga fattispecie, la Commissione ha sollevato la questione presso la Corte di Lussemburgo, il cui responso è atteso per la fine del 2016-inizio 2017. Questo punto, signor Sottosegretario, è fondamentale, perché si pone la questione di comprendere – se la Corte si esprimerà a favore di un accordo misto, e quindi della natura mista dell'Accordo con Singapore – che cosa accadrà del CETA se, invece, la ratifica avverrà con una procedura European only, come caldeggiato dal nostro Ministro. Quindi, questo è un tema assolutamente fondamentale: sta a dimostrare il fatto che, per accordi commerciali di questa natura, il dibattito che si è aperto in Europa non è un dibattito che pone una questione di lana caprina, ma è un dibattito che si inserisce all'interno di una procedura che va conosciuta e che va nella direzione, anche, di tenere conto di tutte le implicazioni e gli impatti che ci sono per agli Stati nazionali.
  Per tutte queste premesse, gli interpellanti chiedono: intanto se non si ritenga utile tener conto delle diverse tesi che stanno animando il dibattito nell'ambito di numerosi Stati dell'Unione, in ragione delle implicazioni politiche ed economiche connesse agli accordi commerciali di libero scambio sui medesimi Paesi, e se non si ritenga di dover chiarire le motivazioni, circostanziate anche sotto il profilo giuridico, che stanno spingendo ad escludere la partecipazione delle Camere al processo di adesione e ratifica di un accordo commerciale europeo dalla portata non irrilevante per gli interessi e le esigenze dei cittadini, dei consumatori e delle imprese. Inoltre, se il Governo non ritenga importante, circa le politiche europee relative al commercio internazionale, sostenere la necessità di una procedura trasparente, partecipata e democratica anche per il CETA, analogamente a quanto previsto e appoggiato dallo stesso Esecutivo nel caso appunto del TTIP, in favore dell'inclusione e del coinvolgimento attivo dei 28 Stati membri.
  In sostanza, signor Sottosegretario, noi abbiamo, con questa posizione del Ministro Calenda, buttato il cuore oltre l'ostacolo. Il Governo ha deciso di esprimersi a favore della procedura European only, se la Commissione dovesse sostenere questa posizione ed esprimersi in questo senso nella riunione del Consiglio europeo che ci sarà la prossima settimana, il 5 luglio; ma questa posizione politica – è questa la domanda di fondo – tiene conto in primis delle regole procedurali e, quindi, stiamo tenendo in conto la possibilità che potrebbe Pag. 40esserci un ricorso alla Corte di giustizia per capire, appunto, se anche per il CETA valgono le regole per il TTIP, oppure no ?
  Il tema posto degli altri Stati membri, quindi, non è una questione che non ha impatti importanti sulle decisioni dei singoli Stati nazionali. Esiste, poi, anche una questione più generale e politica, che attiene alla cessione di sovranità dei singoli Stati rispetto all'Unione europea su materie specifiche come quella di accordi commerciali in un mondo globalizzato, che davvero, a prescindere, sia sul CETA che sul TTIP, meriterebbe ulteriori approfondimenti.
  E quindi io credo che qualsiasi decisione verrà presa la prossima settimana, un passaggio parlamentare che prenda in considerazione, nello specifico e nel merito, quanto previsto dall'accordo del CETA, sia assolutamente fondamentale anche per salvaguardare i principi democratici che hanno e che devono ispirare il nostro stare in Europa.

  PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per lo sviluppo economico, Ivan Scalfarotto, ha facoltà di rispondere.

  IVAN SCALFAROTTO, Sottosegretario di Stato per lo sviluppo economico. Grazie, Presidente. L'interpellanza in oggetto espone una serie di preoccupazioni avanzate dai sottoscrittori con riferimento all'Accordo di libero scambio tra Unione europea e Canada, il cosiddetto CETA, con specifico riferimento al coinvolgimento del Parlamento nazionale nella fase negoziale. La questione attiene alla natura mista o meno dell'accordo, con implicazioni in merito alla competenza: se sia esclusiva dell'Unione europea o anche degli Stati membri.
  Il tema riguarda, più in generale, l'interpretazione del Trattato di Lisbona relativamente alla competenza europea sul capitolo Investimenti, sul quale si è in attesa di una sentenza della Corte di giustizia europea, che, come l'onorevole Cimbro ricordava, verrà resa nel mese di luglio. Approfondendo detta tematica, è infatti possibile rilevare che, qualora l'Accordo venisse considerato di natura mista, le decisioni sul CETA dovrebbero essere prese all'unanimità dagli Stati membri e l'Accordo dovrebbe essere ratificato secondo i meccanismi identificati dai rispettivi sistemi costituzionali.
  Le conseguenze pratiche di una tale opzione sono evidenti: in attesa delle ratifiche nazionali, verrebbe decisa un'applicazione provvisoria, che, per l'effetto cumulativo delle sensibilità nazionali, finirebbe con l'essere molto circoscritta. Inoltre, ciascun Parlamento nazionale potrebbe negare da solo la ratifica e il CETA non entrerebbe mai in vigore.
   Proprio per queste ragioni ed in ragione dell'importanza strategica dell'Accordo, il 28 maggio ultimo scorso, il commissario al commercio, Cecilia Malmström, e il Presidente Juncker sono stati informati della disponibilità di principio, in pendenza del giudizio della Corte europea, a trattare l'accordo CETA come un Accordo «EU-only», quindi di sola competenza dell'Unione europea e non come un accordo misto, e pertanto considerare il processo di approvazione di pertinenza del Consiglio dell'Unione europea e del Parlamento europeo eletto a suffragio universale. Tale posizione risulta supportata e giustificata dalla constatazione che, secondo il Trattato di Lisbona, la politica commerciale è una competenza esclusiva dell'Unione europea. Sul piano degli interessi dell'Italia, non può essere trascurato che il CETA è il primo accordo commerciale raggiunto dall'Unione europea con un partner del G7 e interessa un Paese, il Canada, caratterizzato da innegabili similitudini dal punto di vista culturale, sociale ed economico, che si riflettono sul piano degli scambi commerciali. Si tratta di un Trattato che apporterà vantaggi fondamentali in termini di accesso al mercato e anche di accesso agli appalti pubblici per i nostri imprenditori in quel Paese. Soprattutto, poi, per la prima volta, un Paese anglosassone al di fuori dell'Unione europea riconosce il nostro sistema di indicazioni geografiche. Si tratta di un Accordo dove l'eccellenza dei prodotti italiani, Pag. 41quelli in particolare a denominazione di origine DOP, sarà meglio protetta, infatti in uno degli allegati al Trattato ci sono elencate 41 indicazioni geografiche italiane che saranno protette. Al contempo, una volta in vigore, l'Accordo avrà positive ricadute in termini di crescita e di occupazione.
  Proprio in virtù dei numerosi, positivi risultati negoziali e dei vantaggi che apporterà, le procedure per la firma e l'entrata in vigore dell'Accordo CETA dovrebbero concludersi nel più breve tempo possibile. Vale solo la pena di ricordare che la prospettata linea interpretativa non implica alcuna pretermissione della funzione riservata ai Parlamenti nazionali, che potranno, nel pieno delle relative competenze, intervenire nell'ambito della fase attuativa dell'accordo.

  PRESIDENTE. La deputata Cimbro ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatta per la risposta alla sua interpellanza.

  ELEONORA CIMBRO. Grazie, signora Presidente, e grazie, sottosegretario, per la risposta che è stata data a questa interpellanza, che sostanzialmente ha teso a descrivere nel metodo e nel merito quanto si sta facendo a proposito appunto di questo importante Accordo commerciale con il Canada. Mi preme peraltro tentare di fare alcuni ragionamenti. Noi abbiamo, prima di tutto, posto una questione di metodo, e cioè, a prescindere da quello che è il contenuto dell'Accordo commerciale con il Canada, che peraltro questo Parlamento non conosce perché non se n’è discusso, noi rivendichiamo che sia importante, da un punto di vista metodologico, che questa ratifica passi dal Parlamento italiano, come da tutti gli altri Parlamenti, perché è solo in quel contesto che si può conoscere nello specifico il contenuto del Trattato che noi andremo a ratificare.
   È vero che esiste un passaggio al Parlamento europeo ed è vero che anche quello è un organismo democratico che ha piena facoltà di decidere nel merito, ma noi riteniamo – così come ritengono tanti altri Parlamenti europei – che quanto contenuto in questo Accordo commerciale abbia delle implicazioni anche sui singoli Stati nazionali. Quindi, sul metodo, noi chiediamo che ci sia la possibilità di intervenire prima che ci sia la ratifica. Io ho compreso dall'intervento del sottosegretario che ci sarà la possibilità in un momento successivo di entrare nel merito di questo Trattato – e siamo contenti di poterlo fare e ci mancherebbe appunto che anche questo passaggio venisse negato –; però mi preme sottolineare un aspetto: è vero che noi diciamo che questo Accordo è importante, ma l'importanza dell'Accordo, di per sé, non determina che non ci debba essere un passaggio nei Parlamenti. E il fatto che anche un solo singolo Stato possa bloccare la procedura non può farci dire che allora bisogna andare avanti con la procedura senza il coinvolgimento dei Parlamenti nazionali, perché allora lo stesso ragionamento dovrebbe valere anche per la ratifica del TTIP.
  A quel proposito, invece, abbiamo già chiarito che la procedura è mista, quindi ci sarà il passaggio nei singoli Parlamenti e ci sarà la possibilità in quel caso di bloccare o invece di ratificare il processo. È un rischio che bisogna correre, se vogliamo che questi processi siano realmente democratici. Non so se ho espresso chiaramente il pensiero, ma siamo tutti d'accordo che questo è un accordo importante per l'Unione europea, ma la trasparenza, il coinvolgimento dei singoli Parlamenti, la possibilità di informare i cittadini su quanto stiamo ratificando, la possibilità di un confronto anche con le associazioni di categoria e di tutto un mondo che opera nei settori che avranno anche un impatto importante rispetto a questo accordo è assolutamente fondamentale anche da un punto di vista politico, se noi vogliamo che davvero ci si innamori dell'Unione europea e non si veda l'Unione europea invece come un grande contenitore nel quale si prendono appunto delle decisioni che passano sopra la testa dei cittadini. Quindi io ho voluto anche esprimere una forte preoccupazione, di cui dobbiamo assolutamente tener conto. Guai, come dire, a essere protagonisti, perché l'Italia con il Pag. 42nostro Ministro avrebbe potuto assumere anche una posizione di medietà o comunque avrebbe potuto attendere che qualche altro Stato prendesse l'iniziativa di buttare appunto il cuore oltre l'ostacolo, quindi questa è stata una decisione politica. Io anche rispetto alla decisione politica mi permetto di dire che forse una maggiore cautela avrebbe aiutato il processo democratico decisionale in Italia. Quindi, l'Italia si è resa protagonista di una fuga in avanti rispetto a una decisione che verrà presa la prossima settimana, speriamo davvero che questa posizione non comprometta poi anche tutta una serie di altri processi importanti, che hanno impatti importanti sul nostro territorio nazionale e che riguardano il nostro rapporto con l'Unione europea.

  PRESIDENTE. È così esaurito lo svolgimento delle interpellanze urgenti all'ordine del giorno.

Trasmissione dal Senato di un disegno di legge di conversione e sua assegnazione a Commissioni in sede referente.

  PRESIDENTE. Il Presidente del Senato, con lettera in data 30 giugno 2016, ha trasmesso alla Presidenza il seguente disegno di legge, che è stato assegnato, ai sensi dell'articolo 96-bis, comma 1, del Regolamento, in sede referente alle Commissioni riunite III (Affari esteri) e IV (Difesa):
  S. 2389. – «Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 16 maggio 2016, n. 67, recante proroga delle missioni internazionali delle Forze armate e di polizia, iniziative di cooperazione allo sviluppo e sostegno ai processi di ricostruzione e partecipazione alle iniziative delle organizzazioni internazionali per il consolidamento dei processi di pace e di stabilizzazione, nonché misure urgenti per la sicurezza. Proroga del termine per l'esercizio di delega legislativa» (3953). Parere delle Commissioni I, II (ex articolo 73, comma 1-bis, del Regolamento, per le disposizioni in materia di sanzioni), V, VI (ex articolo 73, comma 1-bis, del Regolamento, per gli aspetti attinenti alla materia tributaria), VIII, XI (ex articolo 73 comma 1-bis, del Regolamento, relativamente alle disposizioni in materia previdenziale), XII e XIV.
  Il suddetto disegno di legge, ai fini dell'espressione del parere previsto dal comma 1 del predetto articolo 96-bis, è stato altresì assegnato al Comitato per la legislazione.

Annunzio della presentazione di un disegno di legge di conversione e sua assegnazione a Commissione in sede referente.

  PRESIDENTE. Il Presidente del Consiglio dei ministri, con lettera in data 30 giugno 2016, ha presentato alla Presidenza il seguente disegno di legge, che è stato assegnato, ai sensi dell'articolo 96-bis, comma 1, del Regolamento, in sede referente, alla II Commissione (Giustizia):

  «Conversione in legge del decreto-legge 30 giugno 2016, n. 117, recante proroga di termini previsti da disposizioni legislative in materia di processo amministrativo telematico (3954)». Parere delle Commissioni I e V.

  Il suddetto disegno di legge, ai fini dell'espressione del parere previsto dal comma 1, del predetto articolo 96-bis, è stato altresì assegnato al Comitato per la legislazione.

Sull'ordine dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che, in calce al resoconto stenografico della seduta odierna, sarà pubblicato lo schema della ripartizione dei tempi per l'esame del testo unificato delle proposte di legge recante «Disposizioni concernenti la partecipazione dell'Italia alle missioni internazionali» (A.C. 45-933-952-1959).

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Ordine del giorno della prossima seduta.

  PRESIDENTE. Comunico l'ordine del giorno della prossima seduta.

  Martedì 5 luglio 2016, alle 10:

  1. – Discussione sulle linee generali della proposta di legge:
   BOLOGNESI ed altri: Introduzione nel codice penale del reato di frode in processo penale e depistaggio (Approvata dalla Camera e modificata dal Senato) (C. 559-B).
  — Relatore: Verini.

  2. – Discussione sulle linee generali del testo unificato delle proposte di legge:
   CIRIELLI ed altri; DURANTI ed altri; GAROFANI ed altri; ARTINI ed altri: Disposizioni concernenti la partecipazione dell'Italia alle missioni internazionali (Approvate, in un testo unificato, dalla Camera e modificate dal Senato) (C. 45-933-952-1959-C).
  — Relatori: Manciulli (per la III Commissione) e Causin (per la IV Commissione), per la maggioranza; Gianluca Pini, di minoranza.

  3. – Discussione sulle linee generali dei disegni di legge:
   Ratifica ed esecuzione dell'Accordo tra il Governo della Repubblica italiana e il Governo della Repubblica del Tagikistan sulla cooperazione culturale, scientifica e tecnologica, fatto a Dushanbe il 22 maggio 2007 (C. 2800-A).
  — Relatore: Valentini.
   S. 1827 – Ratifica ed esecuzione dei seguenti Accordi: a) Accordo aggiuntivo alla Convenzione di reciproca assistenza giudiziaria, di esecuzione delle sentenze e di estradizione tra il Governo della Repubblica italiana ed il Governo del Regno del Marocco del 12 febbraio 1971, fatto a Rabat il 1o aprile 2014; b) Convenzione tra il Governo della Repubblica italiana ed il Governo del Regno del Marocco sul trasferimento delle persone condannate, fatta a Rabat il 1o aprile 2014 (Approvato dal Senato) (C. 3458).
  — Relatrice: Cimbro.

  Ratifica ed esecuzione dell'Accordo tra il Governo della Repubblica italiana e il Governo del Turkmenistan sullo scambio di informazioni in materia fiscale, fatto a Roma il 4 maggio 2015 (C. 3462).
  — Relatrice: Tidei.
   Ratifica ed esecuzione del Protocollo addizionale alla Convenzione del Consiglio d'Europa sulla criminalità informatica, riguardante la criminalizzazione degli atti di razzismo e xenofobia commessi a mezzo di sistemi informatici, fatto a Strasburgo il 28 gennaio 2003 (C. 3084-A).
  — Relatori: Verini, per la II Commissione; Nicoletti, per la III Commissione.
   Ratifica ed esecuzione della Decisione del Consiglio di sorveglianza recante modifiche all'Allegato IV della Convenzione tra il Governo della Repubblica italiana, il Governo della Repubblica francese, il Governo della Repubblica federale di Germania ed il Governo del Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord sull'istituzione dell'Organizzazione congiunta per la cooperazione in materia di armamenti OCCAR del 9 settembre 1998, fatta a Roma il 10 giugno 2014 (C. 3199).
  — Relatore: Alli.
   Ratifica ed esecuzione dell'Accordo tra il Governo della Repubblica italiana e il Governo di Bermuda per lo scambio di informazioni in materia fiscale, fatto a Londra il 23 aprile 2012 (C. 3529).
  — Relatrice: Tidei.
   Ratifica ed esecuzione dei seguenti Trattati: a) Trattato di estradizione tra la Repubblica italiana e la Repubblica del Cile, fatto a Roma il 27 febbraio 2002, con Protocollo addizionale, fatto a Santiago il Pag. 444 ottobre 2012; b) Accordo di mutua assistenza amministrativa per la prevenzione, l'accertamento e la repressione delle infrazioni doganali tra il Governo della Repubblica italiana ed il Governo della Repubblica del Cile, fatto a Bruxelles il 6 dicembre 2005 (C. 3269-A).
  — Relatore: Porta.

  (ore 15)

  4. – Esame e votazione delle questioni pregiudiziali riferite al disegno di legge:
   Conversione in legge del decreto-legge 24 giugno 2016, n. 113, recante misure finanziarie urgenti per gli enti territoriali e il territorio (C. 3926).

  5. – Seguito della discussione della proposta di legge:
   S. 1259 – GIANLUCA ROSSI ed altri: Delega al Governo per la riforma del sistema dei confidi (Approvata dal Senato) (C. 3209).
  e delle abbinate proposte di legge: PAGANO; GIULIETTI ed altri (C. 1121-1730).
  — Relatore: Pelillo.

  6. – Seguito della discussione della proposta di legge:
   BOLOGNESI ed altri: Introduzione nel codice penale del reato di frode in processo penale e depistaggio (Approvata dalla Camera e modificata dal Senato) (C. 559-B).
  — Relatore: Verini.

  7. – Seguito della discussione dei disegni di legge:
   Ratifica ed esecuzione dell'Accordo tra il Governo della Repubblica italiana e il Governo della Repubblica del Tagikistan sulla cooperazione culturale, scientifica e tecnologica, fatto a Dushanbe il 22 maggio 2007 (C. 2800-A).
  — Relatore: Valentini.
   S. 1827 – Ratifica ed esecuzione dei seguenti Accordi: a) Accordo aggiuntivo alla Convenzione di reciproca assistenza giudiziaria, di esecuzione delle sentenze e di estradizione tra il Governo della Repubblica italiana ed il Governo del Regno del Marocco del 12 febbraio 1971, fatto a Rabat il 1o aprile 2014; b) Convenzione tra il Governo della Repubblica italiana ed il Governo del Regno del Marocco sul trasferimento delle persone condannate, fatta a Rabat il 1o aprile 2014 (Approvato dal Senato) (C. 3458).
  — Relatrice: Cimbro.
   Ratifica ed esecuzione dell'Accordo tra il Governo della Repubblica italiana e il Governo del Turkmenistan sullo scambio di informazioni in materia fiscale, fatto a Roma il 4 maggio 2015 (C. 3462).
  — Relatrice: Tidei.
   Ratifica ed esecuzione del Protocollo addizionale alla Convenzione del Consiglio d'Europa sulla criminalità informatica, riguardante la criminalizzazione degli atti di razzismo e xenofobia commessi a mezzo di sistemi informatici, fatto a Strasburgo il 28 gennaio 2003 (C. 3084-A).
  — Relatori: Verini, per la II Commissione; Nicoletti, per la III Commissione.
   Ratifica ed esecuzione della Decisione del Consiglio di sorveglianza recante modifiche all'Allegato IV della Convenzione tra il Governo della Repubblica italiana, il Governo della Repubblica francese, il Governo della Repubblica federale di Germania ed il Governo del Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord sull'istituzione dell'Organizzazione congiunta per la cooperazione in materia di armamenti OCCAR del 9 settembre 1998, fatta a Roma il 10 giugno 2014 (C. 3199).
  — Relatore: Alli.
   Ratifica ed esecuzione dell'Accordo tra il Governo della Repubblica italiana e il Governo di Bermuda per lo scambio di Pag. 45informazioni in materia fiscale, fatto a Londra il 23 aprile 2012 (C. 3529).
  — Relatrice: Tidei.
   Ratifica ed esecuzione dei seguenti Trattati: a) Trattato di estradizione tra la Repubblica italiana e la Repubblica del Cile, fatto a Roma il 27 febbraio 2002, con Protocollo addizionale, fatto a Santiago il 4 ottobre 2012; b) Accordo di mutua assistenza amministrativa per la prevenzione, l'accertamento e la repressione delle infrazioni doganali tra il Governo della Repubblica italiana ed il Governo della Repubblica del Cile, fatto a Bruxelles il 6 dicembre 2005 (C. 3269-A).
  — Relatore: Porta.

  La seduta termina alle 12,55.

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ORGANIZZAZIONE DEI TEMPI DI ESAME DEL TESTO UNIFICATO DELLE PROPOSTE DI LEGGE N. 45-B ED ABBINATE

Pdl n. 45-B ed abb.– Legge quadro missioni internazionali

Tempo complessivo: 16 ore e 30 minuti, di cui:
• discussione generale: 7 ore e 30 minuti;
• seguito dell'esame: 9 ore.

Discussione generale Seguito dell'esame
Relatori per la maggioranza 20 minuti

(complessivamente)

20 minuti

(complessivamente)

Relatore di minoranza 10 minuti 10 minuti
Governo 15 minuti 20 minuti
Richiami al Regolamento 10 minuti 10 minuti
Tempi tecnici 1 ora
Interventi a titolo personale 1 ora e 13 minuti (con il limite massimo di 15 minuti per ciascun deputato) 1 ora e 16 minuti (con il limite massimo di 10 minuti per il complesso degli interventi di ciascun deputato)
Gruppi 5 ore e 22 minuti 5 ore e 44 minuti
 Partito Democratico 47 minuti 1 ora e 21 minuti
 MoVimento 5 Stelle 30 minuti 51 minuti
 Forza Italia – Il Popolo della
 Libertà – Berlusconi Presidente
30 minuti 36 minuti
 Sinistra Italiana – Sinistra
 Ecologia Libertà
30 minuti 28 minuti
 Area Popolare (NCD-UDC) 32 minuti 25 minuti
 Scelta Civica per l'Italia 31 minuti 23 minuti
 Lega Nord e Autonomie – Lega dei
 Popoli – Noi con Salvini
30 minuti 23 minuti
 Democrazia Solidale – Centro
 Democratico
31 minuti 22 minuti Pag. 47
 Fratelli d'Italia – Alleanza
 Nazionale
30 minuti 20 minuti
 Misto: 31 minuti 35 minuti
  Conservatori e Riformisti 7 minuti 7 minuti
  Alternativa Libera - Possibile 6 minuti 7 minuti
  Alleanza Liberalpopolare Auto nomie ALA – MAIE-Movimento Associativo Italiani all'Estero 6 minuti 7 minuti
  Minoranze Linguistiche 4 minuti 4 minuti
  FARE! - Pri 2 minuti 3 minuti
  USEI-IDEA (Unione Sudameri cana Emigrati Italiani) 2 minuti 3 minuti
  Movimento PPA –Moderati 2 minuti 2 minuti
  Partito Socialista Italiano (PSI)
  – Liberali per l'Italia (PLI)
2 minuti 2 minuti