XVII LEGISLATURA


Resoconto stenografico dell'Assemblea

Seduta n. 52 di venerdì 12 luglio 2013

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PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE MARINA SERENI

  La seduta comincia alle 9.

  CLAUDIA MANNINO, Segretario, legge il processo verbale della seduta di ieri.
  (È approvato).

Missioni.

  PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del Regolamento, i deputati Alfreider, De Girolamo, Dellai, Epifani, Fico, Fraccaro, Lombardi, Migliore, Pisicchio, Realacci, Simoni e Valeria Valente sono in missione a decorrere dalla seduta odierna.
  Pertanto i deputati in missione sono complessivamente cinquantacinque, come risulta dall'elenco depositato presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell’allegato A al resoconto della seduta odierna.

  Ulteriori comunicazioni all'Assemblea saranno pubblicate nell’allegato A al resoconto della seduta odierna.

Svolgimento di interpellanze urgenti (ore 9,05).

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca lo svolgimento di interpellanze urgenti.

(Elementi in merito allo stato di attuazione delle zone franche urbane in Sicilia, con particolare riferimento alle risorse spettanti al comune di Bagheria – n. 2-00121)

  PRESIDENTE. Passiamo alla prima interpellanza urgente all'ordine del giorno Giammanco n. 2-00121, concernente elementi in merito allo stato di attuazione delle zone franche urbane in Sicilia, con particolare riferimento alle risorse spettanti al comune di Bagheria (Vedi l'allegato A – Interpellanze urgenti).
  Chiedo alla deputata Giammanco se intenda illustrare la sua interpellanza o se si riservi di intervenire in sede di replica.

  GABRIELLA GIAMMANCO. Sì Presidente, intendo illustrarla. Signor Presidente e signor sottosegretario De Vincenti, è innegabile che la profonda crisi economica che ha investito il nostro Paese abbia colpito in modo ancora più aggressivo le regioni del meridione. Per questo, signor sottosegretario, le voglio dire subito con estrema chiarezza che, se non riparte il Mezzogiorno, non riparte nemmeno il resto d'Italia. Se non si dà, quindi, al meridione la possibilità di recuperare la distanza che lo divide dal resto del Paese, difficilmente credo si potrà parlare dell'Italia come di un Paese autenticamente civile, autenticamente moderno, in grado di competere con le più sviluppate economie dell'Europa e del mondo.
  La questione meridionale non si è mai risolta, ma nel 2013, da siciliana, vivere in un'Italia a due velocità è davvero insopportabile. Sicuramente ci vorrà ancora del Pag. 2tempo per superare questo gap storico, ma io credo che le istituzioni debbano fare il massimo per agevolare e mettere in moto un meccanismo virtuoso, tale da poter far uscire il sud dall'isolamento in cui si trova praticamente da sempre.
  In Sicilia, in particolare, il quadro è desolante. Secondo il rapporto della Banca d'Italia sull'economia siciliana, solo nel 2012 si sono persi 38.000 posti di lavoro, con un calo dell'occupazione del 2,7 per cento, dato in continua flessione da sei anni. I soggetti più in difficoltà sono i giovani tra i 15 e i 24 anni: uno su due è senza lavoro. Il tasso di disoccupazione di questa fascia d'età, infatti, ha raggiunto il 51,3 per cento, un dato nettamente superiore alla seppur grave media nazionale, che si attesta al 35,3 per cento. Anche le retribuzioni dei lavoratori dipendenti risultano tra le più basse d'Italia: si aggirano intorno ai 1.100 euro, rispetto ai 1.300 euro della media del Paese.
  Dal rapporto della fondazione RES, istituto di ricerca su economia e società, emerge anche il nostro triste primato nazionale per chiusura delle imprese: sono più di 1.500 le piccole aziende siciliane che hanno cessato la loro attività nell'ultimo anno, mentre sono aumentate a dismisura le ore di cassa integrazione che arrivano al livello record di 16 milioni.
  Il crollo dell'occupazione e la diffusa incertezza sul futuro dell'economia sono le principali cause della riduzione della spesa delle famiglie, che quest'anno si è notevolmente contratta anche nel settore dei generi alimentari (e questo dato credo debba indurre ad una profonda riflessione).
  Si tratta di un quadro catastrofico, che esige strumenti innovativi di defiscalizzazione per gli imprenditori che vivono nelle aree svantaggiate, che sono gli unici a poter dare nuovo impulso all'economia. Una fiscalità di vantaggio a favore delle zone poco o per nulla sviluppate dal punto di vista economico, occupazionale e sociale può essere senza dubbio un modo per dare a queste aree la possibilità di mettersi al passo con il resto del Paese, valorizzando le potenzialità di sviluppo inespresse.
  Oggi sono perciò qui a chiederle, signor sottosegretario, quale sia lo stato di attuazione delle zone franche urbane in Sicilia e quali siano i tempi necessari per la loro definitiva attuazione.
  Le zone franche urbane sono aree industriali infracomunali individuate sulla base di parametri socioeconomici specifici: il numero di abitanti per quartiere, il numero di disoccupati e quello delle persone uscite anticipatamente dal percorso scolastico.
  L'iniziativa, partita nel 2006 sulla scia dell'esperienza francese lanciata nel 1996, è oggi attiva più che mai. Lo spirito della legge è quello di accordare un regime di esonero contributivo e fiscale alle piccole e medie imprese costituite nella zona franca. Le agevolazioni previste per rafforzare la crescita imprenditoriale e occupazionale nelle zone franche consistono nell'esonero dal versamento dei contributi previdenziali per i lavoratori dipendenti con contratti sia a tempo determinato che indeterminato, nell'esenzione dalle imposte sui redditi, nell'esenzione dall'IRAP e dall'IMU.
  Signor sottosegretario, so che il Ministero dello sviluppo economico che lei rappresenta ha recentemente stabilito con un decreto le modalità di accesso alle agevolazioni fiscali e contributive previste dal decreto legge n. 179 del 2012 per le piccole e medie imprese delle zone urbane ricadenti nell'obiettivo «Convergenza». Ho letto anche che il Ministero dello sviluppo economico, con il Ministro Zanonato, ha destinato circa 303 milioni di euro per trentatré zone franche urbane tra Sicilia, Calabria e Campania, ma adesso vorrei capire come intendete portare la pratica a compimento affinché, per chi fa impresa, si possano veramente concretizzare al più presto le opportunità offerte da questo intervento.
  So, inoltre, che nell'incontro tenutosi a Roma lo scorso dicembre tra il presidente della regione Sicilia Crocetta e l'allora Ministro per la coesione territoriale Fabrizio Pag. 3Barca, la regione credo sia riuscita ad ottenere lo sblocco di circa 150 milioni di euro per i venti comuni siciliani da due anni nella speciale graduatoria stilata dalla regione.
  Bagheria, la mia città, dove il tasso di disoccupazione è il settimo più alto a livello nazionale, è subito dopo Palermo e Brancaccio all'interno di questa speciale graduatoria. Per questa ragione, l'istituzione di una zona franca urbana nel territorio di Bagheria risulterebbe strategica per lo sviluppo del nostro territorio, funestato da una crisi economica sempre più grave e pervasiva.
  Oltre, quindi, a chiedere quale sia lo stato dell'arte per quanto riguarda l'attuazione delle zone franche urbane in Sicilia, vorrei sapere, signor sottosegretario, se il Ministero conferma che Bagheria sia, appunto, nella speciale graduatoria delle zone franche urbane e se è a conoscenza delle risorse spettanti a questo comune che – lo voglio ricordare – è il più popoloso della provincia di Palermo.

  PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per lo sviluppo economico, Claudio De Vincenti, ha facoltà di rispondere.

  CLAUDIO DE VINCENTI, Sottosegretario di Stato per lo sviluppo economico. Signor Presidente, prima di tutto ci tengo a sottolineare che il Governo condivide l'ispirazione dell'interpellanza presentata dall'onorevole Giammanco, in particolare l'affermazione dell'importanza della ripresa economica e sociale del Mezzogiorno per la stessa ripresa economica italiana.
  Come diceva l'onorevole Giammanco, se non riparte il Mezzogiorno non riparte l'Italia. Siamo del tutto d'accordo e, proprio per questo, il Governo ha attivato una serie di politiche di interventi nei confronti del Mezzogiorno, in particolare delle quattro regioni «Convergenza». All'interno di queste politiche vi è la questione delle zone franche urbane, lo strumento delle zone franche urbane che si rivolge alla micro e piccola imprenditorialità.
  L'articolo 37 del decreto-legge n. 179 del 2012, come riferisce l'onorevole Giammanco, ha previsto che, attraverso la riprogrammazione dei programmi cofinanziati dai fondi strutturali 2007-2013 oggetto del Piano d'azione per la coesione, nonché la destinazione di risorse proprie regionali, si possano finanziare le tipologie di agevolazioni di cui alle lettere da a) a d) del comma 341 dell'articolo 1 della legge n. 296 del 2006, cioè le agevolazioni in favore delle imprese di micro e piccola dimensione che si localizzano nelle zone urbane individuate dalla delibera CIPE n. 14 del 2009, nonché in quelle ricadenti nelle regioni «Convergenza». Il Piano d'azione per la coesione (terzo aggiornamento) ha previsto una specifica misura agevolativa per le micro e piccole imprese ubicate nelle zone franche urbane delle regioni dell'obiettivo «Convergenza».
  In particolare, per le zone franche della regione siciliana nell'ambito del Piano di azione per la coesione sono state originariamente stanziate risorse per 147 milioni di euro.
  In data 10 aprile 2013, il Ministro dello sviluppo economico, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, ha firmato il decreto, attuativo del citato articolo 37, con il quale, ai sensi di quanto previsto al comma 4 della predetta norma, sono fissate le condizioni, i limiti, le modalità e i termini di decorrenza delle agevolazioni.
  Nelle more della pubblicazione del decreto, recentemente registrato dalla Corte dei conti – quindi siamo ormai alla possibilità di attuare il decreto stesso – il Ministero dello sviluppo economico ha avviato rapporti interlocutori con le regioni interessate, al fine di vagliare ogni possibile ipotesi per l'attivazione di ulteriori risorse finanziarie regionali, con l'obiettivo di incrementare l'efficacia dell'intervento nelle zone franche.
  Per quanto riguarda, in particolare, le zone franche urbane siciliane, a seguito di intesa tra Ministero dello sviluppo economico e regione, sono state convogliate ulteriori risorse per circa 40 milioni di euro, rappresentate dalla quota di risorse (relativamente alle annualità 2011 e 2012) di competenza della regione, annualmente Pag. 4assegnate al Ministero dello sviluppo economico per il finanziamento delle agevolazioni all'industria, la cui gestione, ai sensi del decreto legislativo n. 112 del 1998, non è stata ancora assunta dalla regione.
  Pertanto, le risorse complessivamente disponibili per il finanziamento delle agevolazioni nelle zone franche urbane della Sicilia ammontano a circa 187 milioni di euro.
  Il Ministero dello sviluppo economico dovrà comunicare alle regioni interessate il relativo riparto delle risorse finanziarie destinate alle singole zone franche, effettuato sulla base dei medesimi criteri della delibera CIPE n. 14/2009.
  In attesa di ricevere dalla regione siciliana puntuali informazioni circa le zone censuarie interessate dall'estensione della zona franca di Termini Imerese, che comprende anche la zona industriale di Bagheria, il Ministero dello sviluppo economico ha predisposto una prima bozza di riparto delle risorse finanziarie disponibili. È una bozza di riparto che, naturalmente, dev'essere concordata poi con la regione. In particolare, per la zona franca urbana del comune di Bagheria, la dotazione finanziaria stimata nella bozza ammonta a circa 12,9 milioni di euro.
  Al fine di calibrare l'intervento sulle peculiari esigenze e necessità dei territori interessati, alle regioni è riconosciuta la facoltà di fornire al Ministero dello sviluppo economico, entro il termine di 90 giorni dalla data della comunicazione del prospetto di riparto delle risorse, specifiche indicazioni sui contenuti da trasferire nel bando attuativo, in particolare in merito: alla destinazione di eventuali ulteriori risorse regionali per il finanziamento delle agevolazioni nella singola zona franca urbana; alla individuazione, nell'ambito delle risorse disponibili per ciascuna zona franca urbana, di eventuali riserve finanziarie di scopo (scegliendo tra un set di possibili opzioni, che riguardano nuove imprese, imprese femminili, imprese sociali, imprese ubicate in sub-porzioni del territorio della zona franca urbana, imprese operanti in determinati settori di attività economica).
  Trascorso il termine dei 90 giorni, il Ministero dello sviluppo economico potrà emanare il bando di cui sopra, con il quale saranno fissati i termini e le modalità di presentazione delle istanze di agevolazione da parte delle imprese interessate.
  Inoltre, come prescritto all'articolo del citato decreto interministeriale del 10 aprile 2013, tali bandi, emanati dal Ministero dello sviluppo economico potranno riguardare una o più zone franche urbane, sulla base di una programmazione che – anche alla luce dell'elevato numero di zone franche previste, pari a trentatré – tenga conto dell'esigenza di un'ordinata gestione complessiva dell'intervento.
  In sintesi, abbiamo una nostra bozza di riparto, all'interno di questa c’è il comune di Bagheria per circa 12,9 milioni di euro. Quando avremo dalla regione siciliana il ritorno, entro i 90 giorni, circa la destinazione di eventuali altre risorse, l'individuazione di alcuni criteri e così via, emetteremo il bando e le imprese potranno fare istanza per l'agevolazione.

  PRESIDENTE. La deputata Giammanco ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatta per la risposta alla sua interpellanza.

  GABRIELLA GIAMMANCO. Signor Presidente, io mi ritengo molto soddisfatta dalla risposta del sottosegretario De Vincenti, è stata una risposta molto esaustiva e, quindi, lo ringrazio. Naturalmente, capisco che in questo contesto la regione siciliana giochi un ruolo fondamentale, quindi, mi auguro che il presidente Crocetta sia il più possibile collaborativo ed efficiente, anche per sbloccare il più presto possibile queste risorse a favore della Sicilia, a favore di tanti comuni siciliani a favore, appunto, della mia Bagheria.
  Vede, signor sottosegretario, ritengo che la vera sfida per l'attuale classe politica sia proprio quella di creare le condizioni per un nuovo modello di sviluppo nelle regioni Pag. 5meridionali, in particolare in Sicilia, che superi la pratica dell'assistenzialismo e del clientelismo. I successi raggiunti dalle zone franche urbane francesi devono indurci a ritenere che questa sia la strada giusta da percorrere. Recenti studi realizzati dal Ministero francese per la coesione sociale rilevano, infatti, dati molto incoraggianti. Mi permetta se ne dico qualcuno. Nelle 44 zone franche urbane di prima generazione in Francia, infatti, il numero delle imprese è più che raddoppiato nel periodo che va dal 1999 al 2004.
  Si tratta di una vitalità imprenditoriale ancora più marcata nelle 42 zone franche urbane di seconda generazione create nel 2003, sempre appunto in Francia, dove, nel 2005, la crescita economica è stata cinque volte superiore a quella di altri territori. Anche l'impatto sull'occupazione è stato nettamente positivo, tanto che in alcune aree la domanda di lavoro è diminuita persino del 20 per cento. Più in generale, nelle zone franche urbane, il numero degli occupati è quasi triplicato e l'84 per cento dei nuovi assunti ha avuto contratti a tempo indeterminato.
  Quindi, credo che, tracciato questo quadro, diminuire la pressione fiscale sulle imprese sia la ricetta giusta per uscire dalla crisi: solo con una fiscalità di vantaggio il sud d'Italia potrà avvicinarsi al resto del Paese.
  Nel caso della Sicilia e di Bagheria in particolare, mi auguro fortemente che il progetto delle zone franche urbane possa realizzarsi al più presto per rinnovare completamente quartieri molto degradati, piegati dalla miseria e della disoccupazione. Vede, signor sottosegretario, io penso, come ha detto anche Squinzi qualche settimana fa, che la disoccupazione o la mancanza di lavoro sia la madre di ogni male sociale: lo voglio ripetere anche in quest'Aula, perché credo fortemente nelle parole di Squinzi. Non possiamo, quindi, più permetterci di lasciare indietro il Mezzogiorno d'Italia perché, da troppo tempo ormai, aspetta di conquistare la dignità che merita.

(Elementi ed iniziative volte ad assicurare la corretta gestione del centro di identificazione ed espulsione di Modena – n. 2-00139)

  PRESIDENTE. Passiamo all'interpellanza urgente Baruffi n. 2-00139, concernente elementi ed iniziative volte ad assicurare la corretta gestione del centro di identificazione ed espulsione di Modena (Vedi l'allegato A – Interpellanze urgenti).
  Chiedo al deputato Baruffi se intenda illustrare la sua interpellanza o se si riservi di intervenire in sede di replica.

  DAVIDE BARUFFI. Signor Presidente, signor sottosegretario, non è la prima volta che alla Camera ed anche al Senato vengono presentate interpellanze o interrogazioni su questa materia. Il fatto scatenante in questo caso è stata la proclamazione di sei giorni di sciopero da parte di una delle organizzazioni sindacali che rappresentano i lavoratori all'interno della struttura nella giornata di sabato scorso, sciopero poi rientrato anche attraverso un'iniziativa abbastanza energica assunta, finalmente, dalla prefettura di Modena per provare a ricomporre un quadro di regole che era decisamente saltato. I fatti, molto brevemente, sono i seguenti.
  Il centro di identificazione ed espulsione (CIE) di Modena è gestito ormai da un anno dal consorzio «l'Oasi». Noi abbiamo messo al centro anche nelle funzioni di sindacato ispettivo delle precedenti volte come la modalità di affidamento di questo servizio sia stata piuttosto opinabile. Tutte le parti sociali e le istituzioni avevano, in qualche modo, evidenziato la contraddizione di aggiudicare attraverso una gara al prezzo più basso, con una base d'asta di 30 euro – 30 euro per detenuto –, un servizio così delicato.
  Ad oggi il consorzio Oasi gestisce il servizio per poco più di 29 euro per trattenuto; siamo a 45 trattenuti, circa, in questo momento, nella struttura. La faccio breve, in quest'ultimo anno credo che il consorzio Oasi non abbia mai pagato una sola mensilità direttamente ai lavoratori.
Pag. 6Si è arrivati a cinque giornate di sciopero nel corso dei mesi precedenti e solo l'intervento sostitutivo della prefettura, ai sensi dell'articolo 1676 del codice civile ha fatto sì che la situazione non diventasse esplosiva. Noi analoghi problemi li abbiamo già segnalati anche per quanto riguarda altri centri significativi come la struttura di Bologna, prima che si arrivasse alla chiusura momentanea per ristrutturazione della struttura stessa, o quella di Milo a Trapani. A questo noi abbiamo aggiunto anche disfunzioni di organizzazione dello stesso servizio: si sono avvicendati quattro direttori, credo che ora siamo al quinto, della struttura che sistematicamente si dimettono dalle loro funzioni anche perché loro stessi, a loro volta, non sono pagati dal consorzio.
  In questa situazione abbiamo ritenuto, insieme ad alcuni colleghi, di svolgere un sopralluogo nella giornata di sabato per renderci conto, personalmente, di quello che era lo stato dei problemi. Debbo dire che abbiamo trovato una situazione davvero molto critica, ai limiti dell'insostenibilità. Abbiamo avuto modo di parlare anche con gli operatori di sicurezza che si stanno facendo carico di problemi aggiuntivi in questo momento perché i disservizi per quanto attiene alla mensa, ai servizi infermieristici e così via, si stanno scaricando su situazioni di tensione crescenti nel rapporto con i trattenuti e quindi le lascio immaginare come, anche in vista del Ramadan che è iniziato, e della stagione estiva che rende quei locali decisamente molto più inadeguati di quanto non lo siano pur già durante tutto l'anno, la situazione possa davvero deflagare. Anche per quanto riguarda i locali, io non vengo dai NAS, però, a occhio nudo, mi è parso di poter verificare molto tranquillamente l'inadeguatezza, ormai, di quelle strutture; molti degli impianti sono non funzionanti. Mi chiedo, davvero, come sia possibile che non siano state condotte ispezioni dentro quella struttura. Quella struttura non è compatibile con la normativa italiana e non è compatibile con il resto delle strutture pubbliche che ci sono sul territorio modenese, senz'altro, e che io ho avuto modo di visitare. Allora, in forza di tutto questo e alla luce anche del fatto che abbiamo appreso che nella giornata di ieri c’è stato un blitz della Guardia di finanza dentro la struttura, sono qui per chiedere al Ministero innanzitutto se conosca, naturalmente, tutti questi fatti, e la risposta la do per assunta; sono qui anche per capire quali iniziative intenda assumere una volta per tutte per uscire da una condizione di emergenza in questa gestione che sta diventando francamente insostenibile e difficilmente comprensibile anche per la sua permanenza. Mi pare che ci siano tutte le condizioni per andare al superamento di questa gestione, ma più in generale le vorrei chiedere se non ritenga di dover rivedere le modalità di affidamento con cui si è proceduto un anno fa e anche i costi che sono messi a funzionamento di questa struttura, per noi davvero difficilmente sostenibili. Ne approfitto, e mi avvio a concludere su questo, per rivolgerle anche una domanda circa la questione più generale della funzione che svolgono, ormai, questi centri di identificazione e di espulsione. Vede, la mia non è una domanda ideologica perché a Modena furono i cittadini in capo all'amministrazione comunale a chiedere, a suo tempo, l'istituzione di un centro di permanenza temporanea; ciò per dire come si riconosceva la necessità di un istituto di questa natura che concorresse al contrasto dell'illegalità. Queste strutture sono decisamente cambiate, hanno cambiato di qualità nel corso del tempo, anche per il mutare della norma nazionale di riferimento rispetto al tema della gestione delle espulsioni con l'introduzione del reato di clandestinità, e hanno cambiato di qualità anche nel loro funzionamento. Credo, anche, che in tempi di spending review una riflessione la dovremmo fare anche sull'utilità, sulla funzionalità che queste strutture hanno. Dentro ci sono 45 detenuti, più o meno altrettanti ce ne sono negli altri centri, quindi stiamo parlando di un granello di sabbia dentro un grande mare, come dire, invece, che è il problema della permanenza irregolare nel nostro Paese che non concorre né a mettere Pag. 7sicurezza, né a mettere chiarezza, né a rispettare, ovviamente, i diritti delle persone che sono lì trattenute. Credo che il tempo per una riflessione più generale e anche sul funzionamento di queste strutture sia giunto perché, lo ripeto, se oggi noi parlassimo anche con i cittadini di Modena, con le stesse forze di polizia con cui a suo tempo ci fu un rapporto proficuo nella costruzione della gestione di quella struttura, davvero, non troveremmo più nessuno capace di conoscere e di saper dire che funzioni stiano davvero svolgendo al servizio della comunità.

  PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per l'interno, Domenico Manzione, ha facoltà di rispondere.

  DOMENICO MANZIONE, Sottosegretario di Stato per l'interno. Signor Presidente, onorevole Baruffi, fermo restando il pieno accordo sulla parte finale del suo intervento – sicuramente c’è da rimeditare, tenuto conto dell'evoluzione della situazione dei CIE, sull'intera struttura nelle sua completezza – va fatta una piccola premessa, anche se mi rendo conto che dalla sua stessa interpellanza risulta già che i dati che abbiamo a disposizione sono sostanzialmente comuni, nel senso che il quadro generale in cui opera la problematica del CIE di Modena è quello che vede compresse le possibilità operative di queste strutture, come altre dislocate all'intero del territorio nazionale, con riferimento alle procedure contrattuali che vanno seguite per poter stipulare accordi di gestione con riferimento alle singole strutture.
  A tal fine va sottolineato – ma mi pare che risultasse anche a lei sostanzialmente negli stessi termini in cui risulta al Ministero – che le procedure standard sono state definite con un decreto del Ministro dell'interno del 21 novembre 2008. In base alle procedure standard definite dal Ministero dell'interno con quel decreto e a seguito della riduzione degli stanziamenti determinata da difficoltà economiche sulle quali è inutile che mi soffermi perché sono note a tutti (difficoltà economiche derivanti dalla situazione attuale della finanza pubblica), le convenzioni in scadenza nel 2012 e da rinnovare per il triennio 2012-2015 hanno indotto il Ministero dell'interno a indicare alle prefetture come criterio quello che già lei sottolineava nella sua interpellanza, vale a dire quello del maggior ribasso con una base d'asta di 30 euro al giorno a persona che, sono ben consapevole esattamente come lei, sia cifra assolutamente modesta per assicurare i servizi che dovrebbe rendere il CIE.
  Fatta questa premessa di carattere generale sulla quale, quindi, non c’è differenza di dati fra quelli che abbiamo noi e quelli che lei ha illustrato e venendo al caso specifico del CIE di Modena, posso segnalare che, sulla base di quelle indicazioni, è stata infruttuosamente tentata la via dell'asta ed è stata infruttuosamente esperita la procedura negoziata, nel senso che delle società invitate l'unica che ha partecipato e l'unica che ha fatto un'offerta con riferimento alla gestione del CIE di Modena è giustappunto «L'Oasi» di Siracusa. Come lei già rilevava nell'interpellanza, si sono manifestate diverse anomalie nella gestione di quel CIE e diverse criticità che hanno inciso innanzitutto sulla regolarità dei pagamenti, e sono state superate solo grazie all'intervento della prefettura, che ha garantito il diritto dei lavoratori con l'erogazione in via sostitutiva, rispetto a quanto avrebbe dovuto fare «L'Oasi» di Siracusa, gli emolumenti che non sono stati corrisposti dall'ente che avrebbe dovuto gestire il CIE.
  Il clima di instabilità che caratterizza l'attuale gestione del centro è testimoniato da ripetuti avvicendamenti di alcune figure professionali di rilievo che dovrebbero operare all'interno del centro ed è stato acuito – anche questa è una notizia che a noi risulta esattamente negli stessi termini in cui risulta a lei – da un'operazione di polizia giudiziaria che è stata eseguita ieri e a seguito della quale è stata sequestrata copiosissima documentazione contabile negli uffici utilizzati dall'ente gestore. Ciò è avvenuto nell'ambito di un'inchiesta della locale procura per frode in pubbliche forniture. Ovviamente siamo in attesa anche Pag. 8noi di sapere gli esiti della vicenda giudiziaria. È dunque del tutto evidente che di fronte a una situazione di questo genere l'amministrazione trarrà ogni conseguenza, anche valutando l'opportunità di rescindere il rapporto con l'attuale gestore, come già è accaduto a Bologna – cosa che anche lei rammentava prima –, dove operava, peraltro, lo stesso consorzio. Riguardo alla possibilità di riconsiderare i criteri di aggiudicazione dell'appalto, che come ho ricordato sono stati rivisti per esigenze di contenimento della spesa, è evidente che eventuali variazioni nella linea contrattuale assunta dall'amministrazione rimangano imprescindibilmente legati all'evoluzione delle condizioni della finanza pubblica.
  Preciso tuttavia che corrisponde ad un impegno del Governo, pur nelle attuali ristrettezze di bilancio, promuovere un significativo miglioramento delle condizioni dei CIE, strutture da considerare funzionali in una strategia integrata che coniughi i doveri di accoglienza con quelli di sicurezza della frontiera comune europea.

  PRESIDENTE. Il deputato Baruffi ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatto per la risposta alla sua interpellanza.

  DAVIDE BARUFFI. Signor Presidente, sottosegretario, voglio essere sincero: sono formalmente soddisfatto; mi permetto, a fronte di questo che è a verbale, di sottolineare come a mio modo di vedere la prefettura di Modena, il Ministero dispongano già di tutte le informazioni necessarie per poter compiere delle scelte senza attendere le risultanze di indagini che si sono aperte ieri. Credo ci sia un'inadempienza in questo caso da parte del committente. Ho fatto il pubblico amministratore, il sindaco: se io avessi svolto la mia funzione rispetto a servizi gestiti in appalto come il Ministero e la prefettura stanno gestendo i loro in questi momenti, sarei stato chiamato a risponderne; non in un'Aula del Parlamento, ma direttamente nelle sedi competenti, per quanto attiene ovviamente alla buona e corretta gestione delle risorse pubbliche.
  Non posso quindi che dirmi soddisfatto formalmente di quello che lei mi dice, ma non posso anche non rimarcare come occorrerebbe un di più di iniziativa, che fino ad ora è stata molto poco tonica e molto poco visibile. Se fossimo arrivati a 6 giorni di sciopero in tempo di Ramadan quella struttura sarebbe esplosa; e alla fine abbiamo fatto tutti pressione – mi dispiace doverlo dire a microfono aperto – anche con le organizzazioni sindacali per fare rientrare quello sciopero, perché gli operatori non erano nelle condizioni di garantire la sicurezza del centro. Visto che sono lavoratori anche quelli, poliziotti, si fa a darsi una mano in una comunità. Però la situazione così non può andare avanti.
  Mi permetto di aggiungere anche un'altra considerazione: so benissimo che si è addivenuti a quella modalità di gara per indicazione del Ministero e per indicazioni contenute in un decreto, quindi come scelta opinabile dei singoli. Rimetto al Governo il fatto che di decreti se ne possono fare anche degli altri, per riorientare un'attività che dimostra di non funzionare. In tutte queste strutture, in tutti questi CIE, oltre ai problemi di cui sopra, si sta sistematicamente riproponendo questo problema; e quando un servizio non funziona, e tende mediamente a saltare, il vostro compito è quello di metterci le mani e provare a fare in modo che il servizio stesso funzioni. Mi permetto di suggerire che, anche in questo caso (appalto di servizi), piuttosto che il prezzo più basso, occorrerebbe provare a costruire una gara che valorizzi l'offerta economicamente più vantaggiosa. Non invento niente: credo che ci si possa lavorare; anche per mettere a valore, non solo l'aspetto economico, ma la qualità del servizio stesso.
  Mi conforta quello che lei dice, lo dico davvero, rispetto all'intenzione di provare ad aprire una riflessione sulla funzione e il ruolo di queste strutture; fuori da ogni considerazione ideologica, perché noi un problema lo abbiamo, non c’è dubbio, che va gestito. Ci stiamo rendendo conto che questo servizio non ci sta dando una mano Pag. 9a gestire il problema; e quindi stiamo spendendo molte risorse, non stiamo garantendo i diritti delle persone che sono trattenute in quelle strutture, le stesse forze di polizia ci dicono come si sentono male utilizzate dentro servizi di questo genere. Abbiamo lì anche personale dell'Esercito: lo ringrazio sempre tutte le volte, ma capisco anche che si tratta di personale non qualificato, che non può svolgere una funzione essenziale presso quelle strutture. Insomma, ce n’è abbastanza per provare ad aprire un ragionamento più maturo, che ci consenta di affrontare seriamente il problema, che è quello del contrasto della permanenza illegale nel nostro Paese, ma al tempo stesso di provare a farlo con strumenti più adeguati e più confacenti al nostro diritto.

(Iniziative volte ad evitare la soppressione delle sedi giudiziarie di Ischia e di Capri – n. 2-00140)

  PRESIDENTE. Passiamo all'interpellanza urgente Tartaglione n. 2-00140, concernente iniziative volte ad evitare la soppressione delle sedi giudiziarie di Ischia e di Capri (Vedi l'allegato A – Interpellanze urgenti).
  Chiedo alla deputata Tartaglione se intenda illustrare la sua interpellanza o se si riservi di intervenire in sede di replica.

  ASSUNTA TARTAGLIONE. Signor Presidente, sottosegretario, onorevoli colleghi, premesso che le strutture giudiziarie presenti sulle isole minori rispondono all'esigenza di garantire adeguato accesso al sistema giudiziario anche a chi, in quanto isolano, vedrebbe limitato il suo diritto proprio a causa di tale condizione; che con decreto del presidente del tribunale di Napoli, dottor Alemi, adottato il 18 marzo 2013, è stato disposto che la sezione distaccata di Ischia, a decorrere dal 15 settembre 2013, sia accorpata alla sede centrale del tribunale di Napoli, presso il centro direzionale; che il presidio di giustizia è presente sul territorio ischitano da oltre seicento anni e svolge una funzione indispensabile per i cittadini in considerazione della specialità di isola minore, terza d'Italia per densità demografica, dopo Sicilia e Sardegna; che i sindaci dei comuni ischitani hanno più volte chiesto, tra gli altri al Ministero della giustizia e al Parlamento, che nel decreto legislativo n. 155 del 2012 fosse tenuta nella dovuta considerazione la specificità territoriale e le conseguenti criticità che sarebbero scaturite dalla soppressione della sezione distaccata di Ischia; che il bacino d'utenza è molto vasto, si tratta di circa 65 mila abitanti stabili, cui devono aggiungersi gli oltre 3 milioni di turisti che soggiornano sull'isola ogni anno; che vi è un nutrito contenzioso, ad esempio solo nell'anno 2012, per quanto riguarda la giustizia civile – esecuzione, lavoro, previdenza e volontaria giurisdizione – si sono registrate 4.706 pendenze, 2.367 sopravvenienze e 2.958 definizioni, per quanto riguarda il penale, si sono avuti 647 procedimenti iscritti e 769 definiti; che il presidio di legalità territoriale ischitano non comporta oneri economici per lo Stato, poiché ubicato in edificio di proprietà comunale in comodato gratuito, mentre la sua abolizione comporterebbe ingenti spese per il trasferimento dei fascicoli, degli arredi, delle attrezzature e dell'archivio, per la dismissione dei relativi rifiuti speciali nonché soprattutto per la quotidiana trasferta a Napoli di migliaia di persone tra cui anche dipendenti ministeriali e comunali; che la sezione distaccata di Ischia ha sede nel medesimo immobile che ospita a titolo gratuito anche l'ufficio del giudice di pace, sopravvissuto ex lege; che similari problemi comporterà la soppressione della sezione distaccata di Capri, isola che è stata da sempre sede di pretura mandamentale e che a seguito della riforma del 1989 è divenuta sede di sezione distaccata della pretura circondariale di Napoli e che a seguito della riforma del giudice unico di primo grado del 1999 è divenuta sede di sezione distaccata del tribunale di Napoli; che la sezione distaccata di Capri ha sede nel medesimo immobile di via Roma, che ospita al piano interrato anche l'ufficio del giudice di Pag. 10pace, sopravvissuto ex lege; che presso la sezione di Capri lavorano unità impiegatizie ed addetti all'ufficio esecuzioni in buona parte residenti sull'isola di Capri; che la soppressione delle sedi giudiziarie di Ischia e di Capri, in considerazione del bacino d'utenza, del contenzioso, della mancanza di continuità territoriale e delle difficoltà di raggiungimento della terraferma, di recente aggravate dalla riduzione drastica del numero dei collegamenti marittimi, comporterebbe seri disagi ai cittadini ed agli operatori del diritto; che a tutto ciò si deve aggiungere il fortissimo disagio per tutti i cittadini diversamente abili e per le loro famiglie che, in sede di volontaria giurisdizione, chiedono abitualmente al tribunale amministrazioni di sostegno, interdizioni, curatele, autorizzazioni correlate e che con il trasferimento dell'ufficio vedrebbero complicarsi i propri adempimenti; che il palazzo di giustizia di Napoli, già allo stato notoriamente sovraffollato, non dispone di spazi sufficienti ad accogliere tutte le otto sezioni distaccate soppresse nelle solo quattro sezioni dell'area meridionale, cioè Pozzuoli, Portici, Ercolano, Capri ed Ischia.
  Tanto premesso, con l'interpellanza si intende sapere se il Governo sia intenzionato ad adottare, nei tempi e modi di cui all'articolo 1, comma 5, della legge n. 148 del 2011, idonee disposizioni integrative e correttive del decreto legislativo n. 155 del 2012, che tengano conto della specificità territoriale e delle esigenze civili delle comunità isolane preservando i presidi giudiziari esistenti nelle isole minori, in particolare delle sedi ubicate sulle isole di Ischia e Capri.
  Se, in subordine, il Governo, considerate le problematiche di natura logistica di tale rilevanza ed eccezionalità da non consentire in alcun modo il trasferimento delle risorse materiali, umane e dei servizi dei presidi giudiziari di Ischia e Capri, intenda avviare la procedura di cui all'articolo 8 del decreto legislativo n. 155 del 2012, per l'utilizzo dei rispettivi palazzi di giustizia quali sedi distaccate del tribunale di Napoli; se, in subordine, il Governo abbia intenzione di assicurare con modalità diverse da quelle indicate l'effettivo e regolare esercizio del diritto di accesso alla giustizia per i cittadini delle isole minori.

  PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per la giustizia, Giuseppe Berretta, ha facoltà di rispondere.

  GIUSEPPE BERRETTA, Sottosegretario di Stato per la giustizia. Rispondo all'interpellanza urgente dell'onorevole Tartaglione, ricordando che, sulla questione, oggetto, peraltro, di ampio dibattito, sono, di recente, intervenuti: da un lato, il Capo dello Stato che ha evidenziato che sarebbe inammissibile voler rimettere in discussione, per ciechi particolarismi anche politici, la compiuta attuazione della revisione della geografia giudiziaria; dall'altro, la Corte Costituzionale che, in data 3 luglio ultimo scorso, ha ritenuto infondate, nella quasi totalità, le prime questioni di legittimità costituzionale sollevate in proposito.
  Ciò premesso, passo a chiarire la situazione specifica dedotta nell'interpellanza, riguardante la soppressione delle sezioni distaccate di Ischia e Capri del tribunale di Napoli.
  Nell'emanazione del decreto legislativo 7 settembre 2012, n. 155, tutte le esigenze delle collettività locali e le peculiarità, anche di carattere territoriale, sono state oggetto di attenta ponderazione e valutazione, tanto è vero che gli uffici del giudice di pace non circondariali presenti sulle isole – tra i quali rientrano, per l'appunto, anche Ischia e Capri – saranno mantenuti. Tale decisione costituisce un presidio per tutte le esigenze, eventualmente urgenti, delle comunità isolane.
  Allo stato, non è, quindi, previsto alcun correttivo che possa riattivare le sezioni distaccate di Ischia e Capri, segnalate dagli interpellanti; ciò anche in quanto, con l'esercizio della delega, il legislatore delegato ha inteso eliminare, su tutto il territorio nazionale, lo stesso modulo organizzativo costituito dalle sezioni distaccate di tribunale.
  Quanto, poi, al quesito specifico riguardante la procedura prevista dall'articolo 8 Pag. 11del decreto legislativo n. 155 del 2012, segnalo che presso il Dipartimento dell'organizzazione giudiziaria operano, da tempo, due gruppi di lavoro che sono stati appositamente istituiti per occuparsi, in aggiunta alle direzioni generali competenti, dell'attuazione della nuova geografia giudiziaria.
  Il primo gruppo si occupa degli uffici del giudice di pace ed il secondo della più complessa gestione e del monitoraggio continuo delle problematiche interpretative e logistiche relative alla concreta realizzazione degli accorpamenti, con una costante assistenza in favore degli uffici giudiziari interessati. L'assistenza si è concretizzata nella predisposizione di linee guida, di circolari e note di chiarimenti, tutte inviate agli uffici e pubblicate sul sito Internet istituzionale; di un servizio di assistenza telefonica; di numerose visite in situ presso le corti di appello e gli uffici di maggior rilievo.
  Si è poi dato vita ad un tavolo tecnico con l'Agenzia del demanio, integrato dalla partecipazione dell'ANCI. Tale gruppo si occupa anche della fondamentale istruttoria finalizzata all'adozione, da parte del Ministro della giustizia, dei decreti di cui all'articolo 8 del decreto legislativo n. 155 del 2012, tramite i quali è possibile utilizzare, in presenza di rilevanti criticità, gli immobili delle strutture soppresse a servizio degli uffici accorpanti per un periodo massimo di cinque anni. La norma in questione è stata varata proprio per affrontare al meglio le criticità più rilevanti che legittimamente preoccupano gli interpellanti.
  Si tratta, in pratica, di una norma «cuscinetto» che, per un periodo medio-lungo, consente di rendere operativa la riforma senza stressare le strutture giudiziarie non in grado di procedere ai previsti accorpamenti, concedendo il tempo necessario per una progressiva e serena integrazione tra gli uffici. Al riguardo, posso segnalare che, allo stato, risulta già trasmessa al Ministero della giustizia, con parere favorevole del Consiglio giudiziario presso la Corte d'appello di Napoli, l'istanza del presidente del tribunale di Napoli volta ad ottenere il mantenimento dell'immobile ove ha attualmente sede la soppressa sezione distaccata di Ischia a servizio del menzionato ufficio accorpante.
  Non risulta, invece, trasmessa alcuna analoga istanza relativamente all'immobile che ha sino ad ora ospitato gli uffici della soppressa sezione distaccata di Capri, pure menzionata nell'interpellanza in esame.
  Assicuro, in ogni caso, che le problematiche e le criticità connesse alla concreta attuazione della riforma saranno oggetto di costante monitoraggio da parte del competente Dipartimento dell'organizzazione giudiziaria, al fine di superare tutte le difficoltà che dovessero eventualmente insorgere, anche in vista dell'adozione degli idonei correttivi.

  PRESIDENTE. La deputata Tartaglione ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatta per la risposta alla sua interpellanza.

  ASSUNTA TARTAGLIONE. Signor Presidente, signor sottosegretario, non posso ritenermi pienamente soddisfatta dalla risposta del Governo, ma invito quest'ultimo ad un supplemento di riflessione, sulla base del presupposto che la necessità di riorganizzare gli uffici giudiziari non può andare a discapito dei diritti dei cittadini isolani. Sopprimere le sezioni sulle isole non potrebbe, pertanto, che compromettere, come ho già ribadito più volte, il definitivo accesso al sistema giudiziario per tutti i cittadini.
  In tutte le isole minori, di recente, le difficoltà di raggiungimento della terraferma sono peggiorate, come abbiamo già più volte ribadito, a causa della riduzione del numero dei collegamenti marittimi e del conseguente aumento dei costi di trasporto. A ciò va aggiunto il fortissimo disagio per tutti i cittadini, già ampiamente rappresentato.
  Come ho già sottolineato nell'interpellanza, mi permetto di ribadire che per alcuni presidi giudiziari, come nel caso di Ischia e Capri, il mantenimento non comporterebbe particolari oneri per lo Stato, poiché ubicati nella stessa sede del locale giudice di pace, che, come già ribadito più Pag. 12volte, non viene soppressa a seguito della riforma.
  Non modificare il provvedimento che riorganizza gli uffici, e pertanto non preservare i presidi giudiziari esistenti nelle isole, comprometterà, senza alcun dubbio, l'effettivo regolare esercizio del diritto di accesso alla giustizia per i cittadini delle isole minori.

(Iniziative di competenza per monitorare lo stato delle bonifiche dei siti contaminati da amianto, con particolare riferimento ai fabbricati del comune di Montevago in provincia di Agrigento – n. 2-00124)

  PRESIDENTE. Passiamo all'interpellanza urgente Schirò Planeta n. 2-00124, concernente iniziative di competenza per monitorare lo stato delle bonifiche dei siti contaminati da amianto, con particolare riferimento ai fabbricati del comune di Montevago in provincia di Agrigento (Vedi l'allegato A – Interpellanze urgenti).
  Chiedo alla deputata Schirò Planeta se intenda illustrare la sua interpellanza o se si riservi di intervenire in sede di replica.

  GEA SCHIRÒ PLANETA. Signor Presidente, desidero illustrarla. Attualmente sono molti gli argomenti legati al problema amianto per i quali si chiede da più parti una soluzione, o almeno un accelerazione. È noto che l'amianto è un minerale naturale a struttura fibrosa che, per le sue ottime proprietà fonoassorbenti e termoisolanti, oltre che per l'economicità, è stato largamente utilizzato in passato in innumerevoli applicazioni industriali ed edilizie. In tali prodotti le fibre si possono presentare sia libere, sia debolmente legate o fortemente legate.
  Con il tempo, però, tale materiale si è rivelato nocivo per la salute dell'uomo per la sua proprietà di rilasciare fibre che, se inalate, possono provocare patologie gravi ed irreversibili a carico dell'apparato respiratorio (asbestosi, carcinoma polmonare) e delle membrane sierose, principalmente la pleura (i famosi mesoteliomi).
  Queste patologie si manifestano dopo molti anni dall'esposizione: da 10 a 15 anni per l'asbestosi ad anche 20-40 anni per il carcinoma polmonare ed il mesotelioma. L'amianto è quindi pericoloso quando può disperdere le sue fibre nell'ambiente circostante. Riconosciuta la pericolosità di questo minerale e in attuazione di specifiche direttive CE, lo Stato italiano, con la legge n. 257 del 27 marzo 1992, ha dettato norme per la cessazione dell'impiego e per il suo smaltimento controllato.
  Questa legge prevede, tra l'altro, il censimento degli edifici nei quali sono presenti materiali o prodotti contenenti amianto libero o in matrice friabile, con priorità per gli edifici pubblici, per i locali aperti al pubblico o di utilizzazione collettiva e per i blocchi di appartamenti. Nell'interpellanza da me presentata si denuncia uno dei tanti casi che il nostro Paese ha il dovere di risolvere, quello del comune di Montevago.
  Mi permetto di aggiungere, ad esempio, anche il comune di Contessa Entellina, anch'esso con ancora più di 20 mila metri cubi di amianto friabile nel centro del Paese – accluderò ulteriore documentazione, se è possibile. Il terremoto del Belice, avvenuto nel 1968, ha tragicamente colpito le popolazioni del luogo. In quell'occasione nel comune di Montevago, che ha pagato il più alto numero di vittime al terremoto, moltissime case distrutte dal sisma sono state ricostruite o sostituite grazie alla solidarietà dei giornali Il Tempo, Il Piccolo di Trieste e L'Eco di Bergamo con edifici prefabbricati forniti di coperture in amianto, tuttora sussistente. Il terremoto del 1968 mise drammaticamente a nudo lo stato di arretratezza in cui vivevano quelle zone della Sicilia occidentale – vivevamo, io sono siciliana –, in primo luogo nella stessa irregolarità costruttiva delle abitazioni in tufo, crollate senza scampo sotto i colpi sussultori del sisma. Questo dato rappresentava il disagio sociale che lo Stato conosceva e trascurava, così come trascurò le conseguenze del sisma che hanno rappresentato, in fatto di calamità naturali, uno dei primi Pag. 13e tristemente celebri casi italiani nella storia del dopoguerra: l'impreparazione logistica, l'iniziale inerzia dello Stato, i ritardi nella ricostruzione, le popolazioni costrette all'emigrazione, lo squallore delle baracche per coloro che restavano.
  Dopo più di vent'anni dall'entrata in vigore della legge 27 marzo 1992, n. 257, che mise al bando l'amianto nel nostro Paese, le bonifiche sono troppo lente e i dati relativi ai siti da bonificare non ancora definitivi. La legge prevedeva che, entro 180 giorni, ogni regione dovesse predisporre uno specifico piano per il censimento e la rimozione dell'amianto, ma questo non è avvenuto e in molti casi la legge è totalmente disattesa. È pertanto urgente la riqualificazione...

  PRESIDENTE. Scusate, colleghi, non disturbate il rappresentante del Governo...

  GEA SCHIRÒ PLANETA. ...di tali fabbricati tramite un'opera di bonifica da compiere al più presto per tutelare gli abitanti e l'ambiente.

  PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per la giustizia, Giuseppe Berretta, ha facoltà di rispondere.

  GIUSEPPE BERRETTA, Sottosegretario di Stato per la giustizia. Con riferimento all'interpellanza urgente n. 2-00124, presentata dagli onorevoli Schirò Planeta ed altri, concernente le problematiche connesse alla presenza di amianto nel territorio nazionale e in particolare nei fabbricati del comune di Montevago, in provincia di Agrigento, si rappresenta quanto segue.
  Il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare è attualmente impegnato, quale amministrazione procedente, nelle attività di messa in sicurezza di emergenza, caratterizzazione e bonifica dei cosiddetti SIN, siti da bonificare di interesse nazionale. In particolare, ai sensi delle disposizioni contenute nella legge 9 dicembre 1998, n. 426, recante nuovi interventi in campo ambientale, in particolare l'articolo 1 che contempla l'adozione del Programma nazionale di bonifica e il ripristino ambientale dei siti inquinati, per il quale è stato adottato il decreto ministeriale n. 468 del 2001 avente ad oggetto il regolamento recante il Piano nazionale di bonifica e ripristino ambientale, sono stati individuati numerosi siti da bonificare di interesse nazionale in cui, tra l'altro, è presente amianto, sia come fonte di contaminazione principale che come fonte secondaria.
  Detta normativa ha permesso di assicurare una prima copertura finanziaria pari a circa 10 milioni di euro per gli interventi di messa in sicurezza d'emergenza, caratterizzazione e bonifica necessari per le situazioni di inquinamento ritenute più pericolose ed acute, tra cui Broni, Casale Monferrato, Balangero, Bari, Cave Monte Calvario e Cave di Pietra.
  In tali siti le attività di risanamento sono regolarmente in corso sulla base delle determinazioni adottate ai sensi dell'articolo 252 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152 in merito ai progetti di messa in sicurezza e bonifica sia pubblici che privati. In base all'articolo 20 della legge 23 marzo 2001, n. 93 sono stati stanziati complessivi 8.934.967 di euro, finalizzati alla realizzazione di una mappatura completa della presenza di amianto nel territorio nazionale, nonché per la realizzazione degli interventi di bonifica urgente.
  Il 50 per cento della suddetta somma è stata assegnata e già trasferita alle regioni per la realizzazione della citata mappatura, il restante 50 per cento è stato trasferito ai rispettivi soggetti beneficiari per gli interventi di bonifica di particolare urgenza. Alla data del 30 giugno 2013 sono stati censiti circa 34.000 siti interessati dalla presenza di amianto in 19 regioni. Le regioni Calabria e Sicilia non hanno ancora trasmesso alcun dato. Da tale mappatura è emersa la presenza di numerose situazioni di interesse pubblico, quali presenza di amianto in scuole, ospedali e case di cura, caserme, biblioteche e, in generale, uffici aperti al pubblico.
  In ordine al censimento degli edifici nei quali siano presenti materiali o prodotti Pag. 14contenenti amianto libero o in matrice friabile, si precisa che esso ha carattere vincolante e obbligatorio per gli edifici pubblici, per i locali aperti al pubblico e di utilizzazione collettiva, mentre ha carattere facoltativo per le unità abitative private.
  Relativamente agli interventi di bonifica di particolare urgenza, il già citato decreto ministeriale n. 101 del 2003 ha individuato e finanziato, nell'ambito del territorio nazionale e sulla scorta dei risultati forniti dalla predetta mappatura, 11 aree che presentano le maggiori criticità e necessitano, pertanto, di urgente bonifica.
  Tra le iniziative prioritarie sono state comprese anche quelle relative allo «smantellamento baraccopoli, nei comuni colpiti dal sisma del 1968, costruita post terremoto con materiali contenenti amianto e rimozione di rifiuti contenenti amianto, abbandonati nell'area limitrofa ed in evidente stato di disgregazione», ricadenti in agro del comune di Montevago per un importo complessivo di 166.666,67 euro. Tale spesa corrisponde al quadro economico riportato nella disposizione n. 688, in data 12 giugno 2007, del commissario delegato per l'emergenza bonifica e tutela delle acque in Sicilia, ove si attesta che il progetto per i lavori di bonifica e ripristino ambientale nelle aree dell'ex baraccopoli sopra citate, nel territorio del comune di Montevago, è coerente con le disposizioni della struttura commissariale.
  Relativamente agli aggregati denominati Tempo, Piccolo di Trieste, Eco di Bergamo ricadenti nel territorio di Montevago, realizzati con impiego di coperture di cemento-amianto, risulta a questo Governo che il dipartimento regionale della Protezione civile abbia accertato che gli stessi siano di proprietà privata e pertanto non sussiste obbligo di rimozione delle coperture, perché lo stato in cui si trovano non rappresenta una fonte di rischio. Potrebbe invece essere obbligatorio procedere a uno degli interventi previsti dalla legge, nel caso in cui questo risultasse friabile a causa di accentuato stato di degrado. Tali condizioni dovranno essere valutate da un organo tecnico competente (il dipartimento regionale della Protezione civile, l'ASL e così via).
  Dalle informazioni fornite, risulta che il dipartimento regionale della Protezione civile nel marzo 2004 ha provveduto al censimento delle coperture e ha fatto presente che per l'esecuzione dell'intervento è necessario acquisire, da parte dei proprietari, il relativo parere dell'ufficio del Genio civile e che i proprietari stessi si adoperino per il rifacimento delle coperture dopo la rimozione e la bonifica. L'intervento di bonifica e rimozione necessiterebbe un impegno di circa 500.000 euro.
  Inoltre, sempre a seguito di sollecitazioni del dipartimento, l'amministrazione comunale di Montevago ha richiesto, in data 18 giugno 2013, la bonifica da amianto della Chiesa Bergamo e del Poliambulatorio che risulterebbero nella disponibilità comunale. A seguito di ciò, il dipartimento ha già avviato le verifiche per redigere idoneo progetto esecutivo che, secondo le stime del comune, necessita di un impegno economico di circa 600.000 euro ulteriori.
  Da ultimo, sempre il predetto dipartimento ha fatto presente che valuterà, dopo i necessari accertamenti e le opportune valutazioni, sulla base delle risorse disponibili, se avviare direttamente un intervento di bonifica dell'amianto che interessa, in ordine all'edificato realizzato per l'assistenza della popolazione a seguito del sisma del 1968, esclusivamente per gli edifici pubblici e per il conferimento a discarica delle lastre costituenti le coperture degli edifici insistenti sul territorio di Montevago. Ha aggiunto che provvederà ad aggiornare il censimento dei fabbricati già redatto nel marzo 2004, valutando eventuali ulteriori necessità.

  PRESIDENTE. La deputata Gea Schirò Planeta ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatta per la risposta alla sua interpellanza.

  GEA SCHIRÒ PLANETA. Signor Presidente, signor sottosegretario, mi scusi ma Pag. 15non posso ritenermi soddisfatta per due motivi. Dividiamo in due parti la sua relazione. La prima: nell'affrancarsi da ulteriori responsabilità, la legge n. 257 del 1992 prevede anche l'intervento in caso di appartamenti, nel senso di agglomerati abitativi, e su questo si potrebbe discutere nel senso di case private singole individuali dove quindi non c’è pericolo, c’è solo per chi abita dentro e non per le zone limitrofe. Queste sono case vicine ma, insomma, questi sono dettagli su cui si può discutere. Saranno adesso diventate abitazioni private ma nascono per beneficenza, quindi con una sovvenzione pubblica. Quindi, secondo me, qui ci sono i margini per ridiscutere l'uso e la situazione di queste abitazioni. Detto questo, i casi di successo degli interventi fatti: per uno degli interventi, Casale Monferrato – io ne sono ben lieta – è un po’ distante da Montevago. Ci sono tutte le inadempienze della politica, però non posso ritenermi pienamente soddisfatta da questa risposta. Poi tengo a sottolineare la gravità della situazione e di pericolosità per la salute pubblica a causa della presenza rilevante di manufatti e fabbricati in cemento di amianto nei centri abitati in queste zone costituiti in prevalenza da coperture, serbatoi, anche comignoli che possono essere quantificati in migliaia di chilogrammi di materiale da recuperare e smaltire attraverso provvedimenti appositi e tempestivi.
  Occorre ancora aggiungere che, al fine di eliminare tale materiale nocivo, occorre stanziare risorse sufficienti per un'opera di bonifica che si dimostra tanto più urgente e necessaria per queste popolazioni dopo aver subito un grave trauma per la perdita di affetti personali e materiali e ora si vede in costante pericolo. Nel comune di Montevago ma anche negli altri comuni del Belice c’è questa situazione. La inadeguatezza di un'intera classe politica, che ha mortificato la qualità della vita pubblica in Sicilia e nel meridione d'Italia e del diritto di accesso alla normale agilità democratica, non giustifica il perseguimento di tale prassi iniziata, anzi ci obbliga al principio di responsabilità verso le municipalità e i cittadini. La prego di farsi portatore della soluzione di questo problema.

(Iniziative volte a garantire la bonifica del sito di interesse nazionale di Brindisi – n. 2-00128)

  PRESIDENTE. Passiamo all'interpellanza urgente Mariano n. 2-00128, concernente iniziative volte a garantire la bonifica del sito di interesse nazionale di Brindisi (Vedi l'allegato A – Interpellanze urgenti).
  Chiedo alla deputata Mariano se intenda illustrare la sua interpellanza o se si riservi di intervenire in sede di replica.

  ELISA MARIANO. Signor Presidente, l'interpellanza urgente di cui sono prima firmataria ha ad oggetto l'importante ed annosa questione ambientale e sanitaria brindisina. Già dal 1990, infatti, il Governo ha dichiarato parte del territorio delle province di Brindisi e Taranto area ad elevato rischio di crisi ambientale e Brindisi e Taranto restano ad oggi le due uniche due aree pugliesi dichiarate a rischio. La storia dell'area di Taranto è a tutti tristemente nota e proprio in questi giorni il Parlamento l'ha approfondita e ne ha ampiamente dibattuto a proposito del caso Ilva. Meno conosciuta e, forse, colpevolmente ignorata è la storia ad elevato rischio di crisi del territorio brindisino. Renderla nota, per quanto possibile, è lo scopo di fondo di questa interpellanza urgente, anche in ragione degli intendimenti e degli impegni conseguenti che abbiamo chiesto al Governo. L'area a rischio di crisi di Brindisi comprende, oltre alla città, anche i comuni di San Pietro Vernotico, Torchiarolo e Carovigno e, dal 2002, anche il comune di Cellino San Marco. In totale si estende su una superficie di 550 chilometri quadrati e interessa una popolazione di circa 130 mila abitanti. Oltre ad essere dichiarata area a rischio, signor sottosegretario, Brindisi è anche stata classificata sin dal 1998 sito di interesse nazionale per le bonifiche. Pag. 16Perché secondo i criteri definiti dal decreto, la contaminazione di quel sito costituisce un rischio sanitario, oltre che ambientale e vale la pena sottolineare che il recente decreto del Ministero dell'ambiente del gennaio 2013 ha ritenuto che il sito di Brindisi non fosse declassificabile a sito di interesse regionale come avvenuto per molti altri siti. La perimetrazione dell'area del SIN riguarda essenzialmente il territorio di Brindisi città e si estende dall'imponente zona industriale a nord fino alla centrale ENEL Federico II di Cerano posta a sud, al confine con il nord Salento.
  Questa centrale è percorsa da un nastro trasportatore di carbone non coperto e lungo 12 chilometri. Sottolineiamo peraltro che in tutti questi decenni il carbone è stato stoccato in carbonite all'aperto, senza alcuna copertura. La perimetrazione ministeriale comprende poi l'intero porto di Brindisi e un'area marina di circa 3 miglia che si estende a sud fino al mare prospiciente la stessa centrale e comprende poi anche le zone agricole limitrofe alla stessa, alcune delle quali, quelle costeggianti il nastro trasportatore, interdette da ordinanza sindacale alla coltivazione per grave inquinamento.
  Nel SIN di Brindisi, come è noto, operano numerose aziende, diverse delle quali dichiarate a rischio di incidente rilevante. Sono presenti aziende chimiche, farmaceutiche, elettriche, per un totale di potenza installata di circa 5.200 megawatt, con una produzione di elettricità tramite energie fossili e di una potente centrale termoelettrica a ciclo combinato di 1.170 MW dell'ENI, in sostituzione del vecchio ed inquinantissimo petrolchimico, la vecchia Enichem, esplosa nel 1997 con gravissima fuoriuscita di arsenico.
  Vi è poi un deposito di stoccaggio di GPL di 20.000 tonnellate, uno zuccherificio alimentato da una centrale elettrica a biomassa, una discarica di rifiuti pericolosi e nocivi, un inceneritore di rifiuti industriali ed ospedalieri ed un'immensa discarica di rifiuti industriali pericolosi e di sostanze altamente nocive di 50 ettari chiamata Micorosa, la quale costituisce un vero e proprio inferno dantesco di clorurati organici (cloruro di vinile, benzene, arsenico), il cui volume supera i quattro milioni dei limiti di legge e la cui profondità di sedimentazione è di ben 5 metri. L'area intorno alla discarica è ovviamente totalmente interdetta.
  Non stiamo qui ad elencare l'impressionante quantità di inquinanti, molti dei quali cancerogeni, presenti nei suoli e nelle falde freatiche interessati da tutte queste industrie. Rileviamo soltanto che, a fronte di questo cumulo di gravissime criticità, la rete di rilevamento della qualità di area, suolo e sottosuolo, nonostante gli sforzi lodevoli e pregevoli del management di ARPA Puglia, non è stata ancora in grado di dare vita a quel sistema di monitoraggio integrato globale per aria, acqua e appunto suolo e sottosuolo capace di tenere sotto controllo quotidiano e in continuo i limiti massici globali delle emissioni e delle immissioni in tutta l'area a rischio di crisi di Brindisi. Eppure già dal 30 novembre 1998, con decreto del Presidente della Repubblica, fu approvato il piano di disinquinamento per il risanamento di quel territorio, che era chiaramente finalizzato – cito testualmente – «alla riduzione delle emissioni in atmosfera, alla riduzione del rischio di incidente rilevante ed alla mitigazione delle conseguenze incidentali, nonché al risanamento delle aree contaminate e degradate». Lo riprendiamo perché l'impostazione di quel piano era particolarmente significativa a nostro parere, perché mirava a progettare soluzioni delle problematiche ambientali, non limitando l'analisi agli impatti diretti dei singoli insediamenti industriali, ma considerando anche impatti cumulativi ed indiretti, determinati da una pressione sull'ambiente e sul territorio costante e combinata da parte del polo industriale nel suo complesso.
  Peraltro, la corretta logica del piano aveva ispirato qualche anno prima gli enti locali, che erano riusciti nell'intento di siglare, nel 1996 e dopo una lunghissima fase di elaborazione di ampio coinvolgimento, con Enel, allora ente di Stato, e con il Governo, una storica convenzione, Pag. 17fatta propria poi dal decreto del Presidente della Repubblica del 1998. La convenzione del 1996, difatti, prevedeva un sistema di monitoraggio ambientale globale dell'area riguardante tutte le industrie e le attività fonti di inquinamento e questo oltre il monitoraggio ambientale proprio del polo energetico, che era costituito da una rete di rilevamento in continuo e che doveva essere costantemente e quotidianamente monitorato da videoterminali collocati presso le strutture apposite dei comuni dell'area a rischio. Inoltre, per l'intero polo energetico brindisino, la convenzione prevedeva limiti di emissioni massiche annue e soprattutto una quantità annua di carbone da movimentare ed utilizzare pari a sole due milioni di tonnellate. I limiti delle emissioni massiche consentiti, peraltro, dovevano essere raggiunti, nel regime definitivo, grazie anche alla chiusura graduale e programmata della centrale di Brindisi nord per il 31 dicembre del 2004, ritenuta già allora un vero e proprio rudere industriale, peraltro non dotato di filtri ed ancora oggi senza desolforatori, situata nel cuore della città.
  Tralasciamo la storia e tutti i tentativi da più parti perpetrati affinché quella convenzione non decollasse. Ci limitiamo a dire che con l'avvio, nel 1999, del processo di liberalizzazione del mercato elettrico e il conseguente spezzettamento in tante società private dello stesso, la questione del polo energetico brindisino, che assieme al suo polo chimico costituivano le criticità acute in grado di giustificare la dichiarazione di area a rischio, ha ad un sol colpo perduto la sua unitarietà e quella visione globale che aveva ispirato la ratio della convenzione del 1996 e l'impostazione del decreto del Presidente della Repubblica del 1998. La convenzione del 1996 si frantumò – passateci questa metafora – per effetto della liberalizzazione, ma i problemi ambientali cui quella convenzione voleva porre rimedio sono, signor sottosegretario, tutti interi davanti a noi, anzi abbiamo motivo di credere che essi si siano notevolmente acuiti a scapito dei cittadini e ciò a causa del fatto che nulla o ancora molto poco di quanto convenuto allora con lo Stato è stato realizzato.
  Questa interpellanza origina, perciò, dall'esistenza di un debito che lo Stato ha contratto nei confronti di quel territorio, un territorio che troppe volte si è fatto carico di esigenze nazionali e che, proprio per questo, è estraneo ad ogni forma di sindrome Nimby. Siamo consapevoli della supremazia dell'interesse generale del Paese e della necessità di ridurre, ad esempio, la sua dipendenza energetica, ma siamo anche tenacemente convinti che l'interesse generale non può né deve ledere i diritti non negoziabili come la tutela e la salvaguardia dell'ambiente nel quale i cittadini vivono.
  Ad oggi, signor sottosegretario, nel 2013, la centrale di Brindisi nord che doveva essere chiusa o convertita nel 2004, nonostante appunto questa convenzione non sia mai avvenuta, continua a funzionare e la Federico II movimenta e brucia carbone per circa sei milioni di tonnellate a fronte dei due previsti da quella convenzione. Nel frattempo, si sono moltiplicati gli studi ambientali e sanitari, sempre significativi e alcuni davvero illuminanti, che hanno riguardato quest'area. Studi che le istituzioni tardano a prendere in considerazione e che sono stati oggetto di riflessione più da parte del mondo dell'associazionismo e della cittadinanza attiva che da quello istituzionale. Non li cito per brevità, ma alcuni di questi vale la pena ricordarli, come quello di Gianicolo, Mangia, Cervino e Bigotti, che confermano la presenza di un rischio sanitario nel SIN di Brindisi associato a esposizioni di inquinanti atmosferici e questo nonostante gli inquinanti considerati nell'analisi (PM10 e NO2) siano in concentrazione inferiore ai limiti di legge nel periodo considerato. Altri studi hanno messo in evidenza questa correlazione. Cito l'ultimo studio, il più recente, condotto da undici ricercatori dell'Istituto di fisiologia clinica del CNR di Lecce e di Pisa, dalla Asl e dal reparto di neonatologia del «Perrino» di Brindisi guidato dal dottor Giuseppe Latini coautore dell'indagine. L'importanza dello stesso sta nel suo titolo: «Anomalie Pag. 18congenite totali e cardiologiche a Brindisi. Un legame con l'inquinamento ambientale ?».
  Si badi bene, qui si sta parlando di un nuovo, ma severo indicatore dello stato di salute di una popolazione in quanto, come afferma il direttore dell'unità di radioterapia dell'ospedale, le malformazioni congenite sono una spia molto precoce e sensibile della presenza di sostanze nocive ed inquinanti nell'ambiente e nell'organismo umano e, potremmo aggiungere, nella stessa catena alimentare. I risultati di questa indagine hanno evidenziato anomalie congenite di 1,18 volte in più rispetto al dato Eurocat sulle stesse, pari al 18 per cento in più di anomalie totali. E se passiamo alle anomalie congenite cardiache, si registra un eccesso rispetto allo stesso di circa il 67 per cento. Crediamo sia soprattutto da questa riflessione che i medici per l'ambiente pugliesi, sulla base dei dati di Brindisi, ma anche di Taranto, hanno rivolto al presidente della regione la richiesta dell'istituzione di un registro regionale delle malformazioni congenite. E anche lo stesso studio «Sentieri» per il SIN di Brindisi, portato avanti dall'Istituto superiore di sanità, suggerisce per quell'area indagini molto più approfondite. Non entro nel merito, le ho citate nel testo dell'interpellanza, ma in particolare si suggerisce di condurre studi geografici a livello subcomunale, studi di coorte e studi di biomonitoraggio.
  Dico tutto questo perché non dobbiamo dimenticare che, alla base dei provvedimenti giudiziari nei confronti dell'Ilva di Taranto, vi è una rigorosa indagine epidemiologica che conferma il nesso tra esposizione prolungata nel tempo e vicinanza alle fonti di rischio con eccesso di eventi sanitari patologici, cronici e neonatali. Sulla base della lezione che ci viene da Taranto, non possiamo più compiere alcun tipo di sottovalutazione o omissione né permettere che per siti come quelli di Brindisi non ci si doti per tempo di corpose e rigorose indagini.
  Se non lo facessimo, i costi sanitari e produttivi da affrontare poi nell'emergenza, come il caso Ilva insegna, sarebbero di gran lunga maggiori e non paragonabili a quelli infinitamente più contenuti, che comporta il rispetto e l'ottemperanza dei principi europei di precauzione e di prevenzione.
  Segnalo, infine, soltanto che l'amministrazione provinciale di Lecce sta valutando, qualora se ne intravedano i presupposti, possibili iniziative legali di tutela ambientale e sanitaria verso la centrale Enel di Cerano e la stessa Ilva, e che infine a Brindisi si sta celebrando un processo contro Enel e ditte appaltatrici per la dispersione di polveri da carbone nei campi coltivati attorno alla centrale.
  Noi non vogliamo che sia ancora una volta la magistratura a colmare inammissibili vuoti lasciati dalla politica nazionale. Brindisi ha dato e dà un grande contributo alla produzione di energia del Paese, ma questo non può rappresentare un costo per la salute dei cittadini.
  Per questo chiediamo ai Ministeri competenti: in primo luogo, come intendano intervenire per migliorare le condizioni ambientali e sanitarie di quest'area; se non ritengano opportuno che questa importante questione, per la sua complessità e multidimensionalità, meriti di essere affrontata in un tavolo ad hoc, magari interistituzionale, con il coinvolgimento costante di Arpa, ISPRA e istituto superiore di sanità; più nello specifico, se non sia opportuno prevedere una drastica riduzione della quantità di carbone movimentato e bruciato in quell'area, anche attraverso una parziale metanizzazione della stessa centrale policombustibile di Enel; quali siano gli intendimenti circa il futuro della centrale a carbone Brindisi nord, Edipower A2A...

  PRESIDENTE. La prego di concludere.

  ELISA MARIANO. ...se non sia fondamentale dotare l'area del sistema di monitoraggio ambientale globale già progettato diciassette anni fa e se non si ritenga di procedere con gli studi suggeriti dal Sentieri.

Pag. 19

  PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per la giustizia, Giuseppe Berretta, ha facoltà di rispondere.

  GIUSEPPE BERRETTA, Sottosegretario di Stato per la giustizia. Signor Presidente, in risposta all'interpellanza urgente presentata dagli onorevoli Mariano ed altri, concernente la criticità ambientale e sanitaria provinciale nel brindisino, anche sulla base delle informazioni acquisite dai soggetti territorialmente competenti, si rappresenta quanto segue.
  Il sito di Brindisi è interessato da vari impianti energetici, tra cui le due centrali termoelettriche citate nell'interpellanza. Si tratta di due impianti originariamente rientranti nel perimetro Enel, che, tuttavia, con la liberalizzazione del settore elettrico sono stati ricondotti a proprietari diversi: ad Enel è rimasta Brindisi Sud, mentre la Brindisi Nord è stata venduta a privati. Per questo motivo, l'assetto di queste due centrali ha avuto un'evoluzione non riconducibile all'accordo del 1996 citato nell'interpellanza, che risale al periodo in cui i due impianti erano entrambi di Enel ed era stata prevista la chiusura di Brindisi Nord.
  La crisi economica che ha investito il Paese ha determinato una decisa riduzione della domanda di energia elettrica, con ripercussioni sulla produzione da centrali termoelettriche e sulle ore di esercizio degli impianti. Questa situazione ha indotto certamente un momento di stasi per investimenti in nuova capacità produttiva, ma certamente non dovrebbe aver determinato alcun impatto sulle modalità di esercizio degli impianti sotto il profilo ambientale e sanitario, sottoposti tra l'altro alla stretta sorveglianza delle autorità nazionali e locali.
  Relativamente alle emissioni in atmosfera dei prodotti della combustione, nella fattispecie derivanti dagli impianti per la produzione di energia elettrica, si fa presente che queste sono disciplinate da specifiche norme, la cui vigilanza spetta alle amministrazioni preposte alla tutela della salute e dell'ambiente.
  Peraltro il rilascio dell'autorizzazione integrata ambientale (A.I.A.) per gli impianti a carbone, senza la quale all'operatore non è consentito di tenere in esercizio il proprio impianto, comporta un'istruttoria da parte degli organi tecnici competenti, mirata a verificare che il livello emissivo della centrale sia contenuto entro limiti tecnici tollerabili dal sistema ambientale-sanitario.
  La predisposizione di un Piano di monitoraggio e controllo, che impone verifiche tecniche sugli impianti e sulle modalità della loro conduzione, costituisce uno strumento affidabile per mantenere sistematicamente sotto osservazione le performances del processo produttivo e delle attività ausiliarie a supporto. Ciò con l'obiettivo principale di tutelare la salute dei cittadini e l'ambiente.
  Questo è anche il caso della centrale di Brindisi Sud – Enel Produzione Spa, citata nell'interpellanza. Tale impianto, nel suo assetto attuale, è costituito da quattro gruppi, del tipo policombustibile, idonei per l'utilizzo di carbone, di olio combustibile e di gasolio, nel rispetto delle prescrizioni e dei valori limite di emissione prescritti nel parere istruttorio allegato al decreto A.I.A., che ne autorizza l'esercizio con provvedimento della Direzione valutazione ambientale dell'8 giugno 2012, aggiornato con decreto dell'11 febbraio 2013.
  In particolare, per quanto attiene agli aspetti riguardanti la metanizzazione di cui alla presente interpellanza ovvero il processo di trasformazione a gas dei gruppi a carbone, si sottolinea che il procedimento di AIA è un procedimento a istanza di parte e, pertanto, spetta al gestore di proporre l'assetto impiantistico adeguato al raggiungimento delle prestazioni ambientali da allineare alle migliori tecnologie disponibili.
  Nel caso in esame, poi, il Ministro avrebbe potuto adottare soluzioni alternative ovvero tecnologie alternative al fine di ridurre la quantità di carbone movimentato e inviato a combustione, soltanto qualora le amministrazioni competenti avessero evidenziato in sede istruttoria specifiche criticità legate agli effetti derivanti Pag. 20dall'utilizzo del carbone o nel caso in cui un ente interessato ne avesse fatto richiesta per diminuire i potenziali rischi connessi. Inoltre, a seguito dell'approvazione di un progetto di ambientalizzazione da parte del Ministero dello sviluppo economico, presso la centrale di Brindisi sud sono stati recentemente avviati anche i lavori di realizzazione della copertura del parco carbone.
  La centrale di Brindisi Nord – Edipower Spa –, originariamente costituita da quattro gruppi da 320 megawatt elettrici ciascuno, è attualmente in esercizio con i soli gruppi n. 3 e n. 4. Nel 2003, la società ha presentato istanza per la realizzazione di un intervento di modifica con ripotenziamento della centrale. Tale progetto consiste principalmente nella realizzazione di una nuova sezione a ciclo combinato alimentata a gas naturale, di potenza pari a circa 430 megawatt, nonché nell'adeguamento ed ambientalizzazione delle esistenti sezioni n. 3 e n. 4 alimentate a carbone, che prevede, tra l'altro, l'installazione di unità per la desolforazione dei fumi e la copertura del parco carbone.
  Nel mese di dicembre 2003, il Ministero dello sviluppo economico ha avviato il procedimento finalizzato al rilascio dell'autorizzazione unica, rimanendo in attesa delle determinazioni del Ministero dell'ambiente. Nel mese di novembre 2009, il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare ha espresso giudizio favorevole di compatibilità ambientale dell'intervento e, conseguentemente, il Ministero dello sviluppo economico ha avviato le attività propedeutiche alla conclusione dell'istruttoria di competenza, convocando una riunione della conferenza di servizi tenutasi nel mese di marzo 2010. In tale occasione, la stessa Edipower Spa ha dichiarato di voler rinunciare alla realizzazione del nuovo ciclo combinato, in considerazione delle sopraggiunte condizioni del mercato elettrico, ferma restando l'intenzione di procedere agli interventi di ambientalizzazione delle sezioni esistenti.
  A seguito di tale rinuncia, è emersa le necessità di aggiornare il giudizio di compatibilità ambientale, sia in considerazione delle modifiche da apportare al quadro prescrittivo in ragione dell'intervento stralciato dal progetto, sia per le modifiche agli stessi interventi di ambientalizzazione, con particolare riguardo allo spostamento della posizione del carbonile. A seguito dell'aggiornamento del decreto di compatibilità ambientale, il Ministero dello sviluppo economico ha riavviato l'istruttoria di propria competenza. Il procedimento è tuttavia non ancora concluso, anche a causa delle problematiche emerse in relazione alle esigenze della navigazione aerea, conseguenti alla posizione del carbonile coperto nei confronti del limitrofo aeroporto.
  In data 07 agosto 2012, è stata rilasciata alla Società Edipower Spa l'autorizzazione integrata ambientale per l'esercizio della centrale termoelettrica sita nel comune di Brindisi, nel suo assetto attuale costituito da due gruppi del tipo policombustibile idonei per l'utilizzo di carbone e di olio combustibile, nel rispetto delle prescrizioni e dei valori di emissione prescritti o proposti nel parere istruttorio allegato al decreto citato, nonché a quanto indicato nel decreto.
  In particolare, il decreto di AIA prevede che entro dodici mesi dal rilascio dell'AIA, il gestore deve presentare un piano di adeguamento della centrale secondo quanto stabilito nel parere di compatibilità ambientale, che prevede specificatamente: installazione di un ciclo combinato alimentato a metano della potenza elettrica di circa 430 megawatt; installazione di un sistema di desolforazione sui gruppi 3 e 4 alimentati a carbone; realizzazione di un carbonile coperto per la movimentazione del carbone e delle altre rinfuse; modifica dell'opera di presa dell'acqua di raffreddamento.
  Conseguentemente, sia il decreto di AIA che il parere di compatibilità ambientale prevedono che le sezioni 3 e 4 siano alimentate con carbone a basso contenuto di zolfo. L'AIA prevede, altresì, l'impiego di olio combustibile denso del tipo STZ, cioè con tenore di zolfo inferiore allo 0,24 per cento, e di gasolio con tenore di zolfo inferiore allo 0,10 per cento. Da quanto Pag. 21sopra esposto non risulta quindi autorizzata la co-combustione di carbone e di un derivato di combustibile da rifiuti, come paventato nell'atto ispettivo in oggetto, né risulta alcuna richiesta di modifica dell'autorizzazione in merito a tale aspetto.
  Riguardo alla bonifica, a partire dalla perimetrazione del SIN di Brindisi, avvenuta con decreto del Ministro dell'ambiente del 10 gennaio 2000, la direzione del Ministero competente per materia ha tenuto, per tale area, 29 conferenze di servizi istruttorie e 34 conferenze di servizi decisorie, nel corso delle quali: sono stati approvati piani di caratterizzazione di aree sia di competenza pubblica, sia privata per una superficie complessiva di circa 4663 ettari pari a circa l'81 per cento dell'intera superficie a terra perimetrata del SIN di Brindisi; è stato preso atto dei risultati delle indagini effettuate sulla totalità delle aree previste dai piani di caratterizzazione medesimi; è stato preso atto dell'attivazione di interventi di messa in sicurezza di emergenza dello stabilimento multisocietario che, con una superficie pari a circa 500 ettari, costituisce il principale polo industriale ricompreso nel SIN di Brindisi; sono stati ritenuti approvabili i progetti di bonifica dei suoli e/o delle acque di falda relativi alle aree di competenza di importanti aziende del comparto elettrico quali Enel, Edipower, Enipower e aeronautico (AVIO).
  Inoltre, sono stati poi approvati mediante decreti ministeriali i seguenti elaborati: progetto di bonifica dei terreni delle aree di proprietà Enipower e relativa variante; progetto definitivo per la bonifica dei terreni ricompresi nell'area Enipower Spa; progetto definitivo di bonifica dei suoli dell'area ex EVC – Italgest Energia Spa; progetto di bonifica del suolo dell'area urbana del Cillarese in Brindisi – comune di Brindisi; Progetto di bonifica dei terreni della centrale Enel di Brindisi Sud; progetto di bonifica dei suoli dell'asse attrezzato della Società Enel; progetto di bonifica dei suoli dell'area SIMER; progetto definitivo di bonifica dei suoli interessati dagli scavi dei rami del metanodotto – Potenziamento derivazione del Polo industriale di Brindisi-SNAM.
  Per i progetti relativi ai punti di cui ai numeri 2, 3 e 8 risulta completata la bonifica e pervenuta la certificazione da parte della provincia di Brindisi, mentre sono in corso di predisposizione i decreti di approvazione dei seguenti elaborati: progetto di bonifica dei suoli e delle acque di falda dell'area di proprietà della Società Edipower; progetto di bonifica dei suoli dell'area di proprietà della Società Basell; progetto di bonifica dei suoli dell'area di proprietà della società AVIO.
  Nello stabilimento multisocietario è attivato dal 2004, un intervento di messa in sicurezza di emergenza delle falde, una barriera perimetrale per l'emungimento delle acque di falda, costituita da 63 pozzi. È previsto il revamping dell'impianto di trattamento acque di falda, per assicurare il trattamento dell'intera portata di acqua emunta dalla barriera ai limiti fissati dalla vigente normativa in materia di bonifiche che porterà la funzionalità dell'impianto TAF dagli attuali 55 metri cubi per ettaro fino a 200 metri cubi per ettaro.
  Entro il prossimo mese di luglio si terrà una conferenza di servizi istruttoria che recherà all'ordine del giorno, tra l'altro, il progetto di messa in sicurezza operativa delle acque sotterranee dello stabilimento multisocietario basato su un barrieramento idraulico, trasmesso dalle società coinsediate.
  In data 18 dicembre 2007 è stato sottoscritto, inoltre, l'accordo di programma per la definizione degli interventi di messa in sicurezza e bonifica delle aree comprese nel sito di interesse nazionale di Brindisi tra i seguenti soggetti pubblici: Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, commissario di Governo per l'emergenza ambientale in Puglia, regione Puglia, provincia di Brindisi, comune di Brindisi e autorità portuale di Brindisi.
  L'accordo di programma ha come oggetto e finalità: la messa in sicurezza e bonifica delle acque di falda dell'intero SIN; la messa in sicurezza e bonifica di tutte le aree pubbliche ricomprese nel Pag. 22SIN; la messa in sicurezza e bonifica delle aree private, in sostituzione dei soggetti obbligati che non abbiano presentato progetti di bonifica o i cui progetti siano stati rigettati, e in danno dei medesimi; la bonifica degli arenili e dei sedimenti delle aree marino-costiere ricomprese nel SIN.
  È stato già elaborato lo studio di fattibilità per la realizzazione degli interventi di messa in sicurezza e bonifica della falda acquifera del SIN di Brindisi e il progetto preliminare degli interventi di messa in sicurezza e bonifica della falda acquifera nel SIN di Brindisi, sui quali le conferenze di servizi istruttorie e decisorie hanno espresso parere favorevole, con alcune osservazioni e prescrizioni. Contestualmente, il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare sta provvedendo alla sottoscrizione di atti finalizzati all'adesione all'Accordo di programma il cui obiettivo è quello di realizzare la messa in sicurezza di emergenza e la bonifica della falda dell'intero SIN di Brindisi.
  In ordine, poi, agli stabilimenti industriali siti nel SIN di Brindisi, la notifica ai sensi dell'articolo 6 del decreto legislativo n. 334 del 1999 sul controllo dei rischi di incidente rilevante, risulta sia stata presentata da nove di questi.
  In particolare, lo stabilimento della Versalis Spa, soggetto agli obblighi di cui all'articolo 8 del decreto legislativo n. 334 del 1999, nell'anno 2010 è stata oggetto di verifica ispettiva disposta dal Ministero ai sensi dell'articolo 25, comma 6, del decreto legislativo n. 334 del 1999. Il procedimento istruttorio a cura del CTR (Comitato tecnico regionale) relativo al rapporto di sicurezza si è concluso nel 2012. La competente prefettura ha redatto il piano di emergenza esterno ai sensi dell'articolo 20 del decreto legislativo n. 334 del 1999.
  Il procedimento istruttorio a cura del CTR relativo al rapporto di sicurezza dello stabilimento della Enipower Spa, soggetto agli obblighi di cui all'articolo 8 del decreto legislativo n. 334 del 1999, si è concluso nel 2012.
  Per quanto riguarda lo stabilimento della Basell Poliolefine Italia Srl, soggetto agli obblighi di cui agli articoli 6 e 7 del decreto legislativo n. 334 del 1999, dagli atti risulta effettuata dalla regione una verifica ispettiva e il procedimento istruttorio a cura del CTR sul rapporto di sicurezza di sito si è concluso nel 2005. La competente prefettura ha redatto il piano di emergenza esterno ai sensi dell'articolo 20 del decreto legislativo n. 334 del 1999.
  Lo stabilimento della Chem Gas Srl, soggetto agli obblighi di cui agli articoli 6 e 7 del decreto legislativo n. 334 del 1999, è stato oggetto di verifica ispettiva disposta dal Ministero ai sensi dell'articolo 25, comma 6, del decreto legislativo n. 334 del 1999. Il procedimento istruttorio a cura del CTR relativo al rapporto di sicurezza di sito si è concluso nel 2005. La competente prefettura ha redatto il piano di emergenza esterno ai sensi dell'articolo 20 del decreto legislativo n. 334 del 1999.
  Lo stabilimento della IPEM Spa, soggetto agli obblighi di cui all'articolo 8 del decreto legislativo n. 334 del 1999, nel 2006 è stato sottoposto a verifica ispettiva disposta dal Ministero ai sensi dell'articolo 25, comma 6 del decreto legislativo n. 334 del 1999. Il procedimento istruttorio a cura del CTR sul rapporto di sicurezza si è concluso nel 2006. Il procedimento per il rinnovo del rapporto di sicurezza è stato avviato nel 2009. La competente prefettura ha redatto il piano di emergenza esterno ai sensi dell'articolo 20 del decreto legislativo n. 334 del 1999.
  Lo stabilimento della Sanofi Aventis Spa, soggetto agli obblighi di cui agli articolo 6 e 7 del decreto legislativo n. 334 del 1999, per quanto risulta dagli atti è stato sottoposto a verifica ispettiva di competenza regionale.
  Per quanto riguarda la centrale Enel Produzione Spa «Federico II» e il deposito dell'Enel Produzione Spa, soggetti entrambi agli obblighi di cui all'articolo 8 del decreto legislativo n. 334 del 1999, i procedimenti istruttori a cura del CTR relativi al rapporto di sicurezza sono stati avviati nel 2011.Pag. 23
  Infine, per quanto riguarda la centrale della Edipower Spa, soggetta agli obblighi di cui all'articolo 8 del decreto legislativo n. 334 del 1999, il procedimento istruttorio a cura del CTR sul rapporto di sicurezza è stato avviato nel 2011.
  Riguardo alle attività svolte per il controllo e la riduzione delle emissioni in atmosfera l'ARPA Puglia, a partire dall'anno 2004, ha avviato, nell'ambito delle proprie attività istituzionali, il monitoraggio della qualità dell'aria nell'intero territorio regionale secondo quanto prescritto dal decreto legislativo n. 351 del 1999, dal decreto ministeriale n. 60 del 2002 e dal decreto legislativo n. 183 del 2004, predisponendo successivamente per la regione Puglia il piano regionale di qualità dell'aria, approvato l'11 marzo 2008 dalla giunta regionale.
  Grazie al lavoro di adeguamento della rete di monitoraggio gestita da ARPA, portato avanti negli ultimi anni e sempre in continuo aggiornamento, è migliorata sia la copertura spaziale del monitoraggio di alcuni inquinanti critici che la significatività del monitoraggio in relazione alla tipologia dei siti (traffico, industriale, ecc.).
  Per ciò che riguarda il monitoraggio della matrice aria in provincia di Brindisi, l'agenzia, gli enti pubblici e le società titolari delle centrali termoelettriche, già detentori di reti fisse e mobili di misura della qualità dell'aria sul territorio, hanno sottoscritto specifiche convenzioni finalizzate all'adeguamento, alla riconfigurazione ed all'integrazione delle reti di rilevamento esistenti, al fine di assicurare una omogenea gestione dei dati rilevati e una ottimizzazione della copertura del territorio; oltre a ciò l'agenzia, viste le peculiari pressioni ambientali del territorio brindisino, è impegnata nello svolgimento di attività di campionamento su impianti produttivi mediante il controllo delle emissioni prodotte dalle centrali termoelettriche e da altri impianti industriali.
  Si richiama, in proposito, l'ultimo controllo, avvenuto in data 7 maggio 2013, sulle emissioni della centrale termoelettrica di Brindisi. Tale controllo, avvenuto nell'ambito dell'attività svolta da ARPA a supporto di ISPRA, senza alcun preavviso, ha riguardato tutti i principali macro e microinquinanti organici e inorganici; le analisi dei campioni prelevati sono attualmente ancora in corso.
  L'ARPA Puglia ha inoltre avviato, a supporto della regione Puglia, l'adeguamento della rete di monitoraggio di qualità dell'aria al documento «Programma di valutazione della qualità dell'aria per la revisione del sistema regionale di rilevamento della qualità dell'aria» previsto dal decreto legislativo n. 155 del 2010 e redatto dalla regione Puglia-Servizio ecologia insieme ad ARPA a seguito di concertazione con enti locali e stakeholder. Obiettivi dell'adeguamento sono il miglioramento della distribuzione territoriale del monitoraggio e l'eliminazione delle situazioni di ridondanza, nel rispetto dei canoni di efficienza, efficacia ed economicità.
  D'altro canto, dal 1o marzo 2013 ARPA Puglia ha acquisito 3 stazioni della rete di monitoraggio della qualità dell'aria a servizio delle centrali di Enel Produzione di Brindisi, e ricadenti nei territori comunali di Surbo e di Torchiarolo. Tale attività è stata effettuata a seguito della sottoscrizione, il 3 novembre 2010, della «Convenzione per l'utilizzazione e la gestione delle centraline per il monitoraggio dell'inquinamento atmosferico di Enipower Brindisi», con la quale Enel concede in comodato d'uso gratuito ad ARPA le centraline per integrarle nella rete di monitoraggio esistente. L'Agenzia provvede alla gestione mediante le attività di acquisizione dei dati orari, analisi, validazione ed elaborazione dei dati, emissione di report mensili, gestione attività di manutenzione. Dal 1o maggio 2013 è stata, inoltre, attivata anche la stazione di monitoraggio collocata in Via Martina, nel comune di Ceglie, sempre facente parte della rete di Enel.
  Tra le attività di monitoraggio delle ricadute in ambiente degli inquinanti, dal mese di dicembre 2012 ARPA ha attivato una rete nei siti di Brindisi-Cerano, Brindisi-Casale, Brindisi-Saline, Punta Contessa e Torchiarolo, per la determinazione Pag. 24mensile del contenuto di inquinanti organici e inorganici nelle deposizioni atmosferiche.
  Pertanto, se il progetto SIMAGE – a cui si fa cenno nell'interrogazione quando si chiede di dotare l'area a rischio della provincia di Brindisi del sistema integrato di monitoraggio globale per tutte le emissioni, già previsto 17 anni fa, pienamente realizzato nell'area di Porto Marghera – non ha avuto seguito nell'area industriale di Brindisi, riguardo alla qualità dell'aria, la buona qualità dei risultati emissivi validati per numerose sorgenti dai sistemi di monitoraggio continuo, la eccellente qualità della modellistica diffusionale, la razionalizzazione ed il potenziamento effettuati dalla rete delle centraline della qualità dell'aria e la rete deposimetrica forniscono, comunque, informazioni adeguate per il controllo delle emissioni. Mancano, rispetto al SIMAGE, la specifica rete di monitoraggio degli inquinanti industriali, che include anche i sistemi di spettroscopia ottica e a laser per il monitoraggio, rispettivamente, degli inquinanti gassosi organici e particellari.
  Dal punto di vista sanitario, si rappresenta che, da circa un anno, è stato attivato il registro tumori provinciale, aggiornato all'anno 2006, e per la prima volta è stato possibile fornire ufficialmente dati preliminari di incidenza per la provincia di Brindisi, presentati a Bolzano in occasione della riunione Airtum del 20-22 Marzo 2013. Dall'analisi di questi dati è stato possibile effettuare un confronto tra i dati di incidenza a livello regionale, evidenziando significative eterogeneità geografiche per alcuni tipi di tumore. Per quanto riguarda gli uomini, per esempio, nel confronto tra province, spicca il dato del mesotelioma pleurico nella provincia di Taranto, del fegato in quella di Lecce, del linfoma di Hodgkin nella provincia di Brindisi.
  Tra le donne ritroviamo un aumento dei tumori del fegato nella provincia BT, un alto tasso di tumori della tiroide in provincia di Taranto, del cervello a Brindisi. Questi primi risultati sono importanti in quanto ci possono fornire un valido supporto per il chiarimento del ruolo dei principali fattori di rischio, in primo luogo di natura ambientale, nel determinare la variabilità geografica osservata, per la predisposizione di strumenti di prevenzione primaria e secondaria e per il monitoraggio della loro efficacia, per il disegno di una rete di offerta assistenziale rispondente effettivamente ai bisogni del territorio.
  Relativamente a quanto emerso dallo studio Sentieri, per l'area SIN di Brindisi, sulla base delle risultanze epidemiologiche di detto studio, si intende aderire a quanto proposto dall'Istituto superiore di sanità relativamente allo svolgimento di ulteriori indagini subcomunali, nelle popolazioni vicine alle attività industriali fonti di rischio come il petrolchimico e le centrali termoelettriche, soprattutto per patologie tumorali come il tumore polmonare e pleurico.
  L'aggiornamento dello studio Sentieri, per quanto attiene Brindisi, è previsto per il 2014, in quanto nel 2013 si stanno producendo i dati aggiornati per i ventiquattro siti di interesse nazionale inclusi nel progetto Sentieri e serviti da registri tumori. Per gli altri venti, fra cui Brindisi, verranno comunque forniti dati aggiornati di mortalità e di morbosità, quest'ultima stimata attraverso i dati relativi ai ricoveri ospedalieri.
  Si condivide l'opportunità, richiamata dagli interpellanti, di dare attuazione alle raccomandazioni proposte nel volume contenente i risultati dello studio Sentieri, in particolare gli studi sulla distribuzione spaziale di diverse patologie, anche in relazione ad una precedente osservazione di questo Istituto relativa a incrementi della mortalità per tumori polmonari, vescicali e del sistema linfatico nella popolazione residente entro 2 chilometri dal centro del petrolchimico di Brindisi.
  Con riferimento, poi, al tema specifico dei tumori in età pediatrica e adolescenziale, si rileva che, nell'ambito del progetto Sentieri kids, recentemente avviato dall'Istituto superiore di sanità, sarà possibile individuare eventuali eccessi localizzati di rischio, anche in aree non servite da Pag. 25registri tumori, attraverso una procedura fondata sull'integrazione dei dati forniti dall'Associazione italiana ematologi e oncologi pediatri e dei dati del servizio informativo ospedaliero.
  La ASL di Brindisi, in ossequio a quanto disposto dall'articolo 2 della legge regionale 24 luglio 2012, n. 21, «Norme a tutela della salute, dell'ambiente e del territorio sulle emissioni industriali inquinanti per le aree pugliesi già dichiarate ad elevato rischio ambientale», che prevede l'obbligo per le aree ad elevato rischio ambientale di redigere con cadenza annuale un rapporto di valutazione del danno sanitario, sta valutando, attraverso il Servizio di igiene pubblica del Dipartimento di prevenzione, l'impatto delle emissioni industriali inquinanti per l'area di Brindisi al fine della redazione dell'annuale rapporto di valutazione del danno sanitario.
  Il comitato etico della predetta ASL, il 28 maggio 2010, ha approvato lo studio di osservazione «Le malformazioni a Brindisi nell'area a rischio di crisi ambientale» in collaborazione con l'Istituto di fisiologia clinica del Consiglio nazionale delle ricerche della sede di Lecce. Pertanto, a partire da quella data, nell'ottica della massima collaborazione e trasparenza, fornisce puntualmente alla stessa struttura tutti i dati dei ricoveri erogati dalle strutture dell'ASL, pubbliche e private, e della mobilità attiva infra ed extra regionale dei residenti della ASL BR. L'elaborazione dei suddetti dati ha portato poi alla pubblicazione di alcuni dei lavori scientifici citati nell'interpellanza, con la collaborazione delle stesse strutture ASL.
  Da ultimo, per quanto attiene il nuovo piano industriale citato nell'interpellanza, presso il Ministero dello sviluppo economico non risulta siano stati presentati progetti innovativi rispetto all'attuale situazione.
  Nel concludere, si condivide con l'onorevole interpellante l'esigenza di garantire con urgenza l'effettuazione degli interventi opportuni al fine di migliorare le condizioni ambientali dell'area di Brindisi, a questo proposito sarà cura del Ministero promuovere iniziative coordinate fra i vari Dicasteri, in primo luogo fra quelli interpellati, ritenendo utile la predisposizione di un tavolo interistituzionale che veda la partecipazione anche degli enti locali, delle agenzie ambientali e delle istituzioni sanitarie coinvolte.

  PRESIDENTE. La deputata Mariano ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatta per la risposta alla sua interpellanza, per dieci minuti al massimo.

  ELISA MARIANO. Signor Presidente, sarò brevissima. Sono parzialmente soddisfatta per le risposte fornite dal Governo e lo ringrazio nella persona del sottosegretario Berretta anche per la dovizia di dettagli con cui ha accompagnato la risposta alla nostra interpellanza.
  Ci rendiamo conto che questa intrecciava plurime problematicità del territorio e, quindi, richiedeva di sviluppare temi molto complessi.
  La soddisfazione è parziale in quanto le risposte fornite all'interpellanza concorrono a legittimare l'obiettivo primario che noi ci eravamo prefissi nel presentarla, che era quello di togliere la coltre di polvere depositatasi in questi anni su questa questione. Tuttavia, alcuni motivi ci spingono a non ritenere rassicuranti i dati forniti circa la qualità dell'aria, se utilizzati come indicatori dello stato di salute dell'ambiente e della popolazione. Questi motivi risiedono solo in parte nella carenza della rete di rilevamento, pure esistente, relativamente alla quantità e alla qualità degli inquinanti indagati e non indagati, in particolar modo dei microinquinanti, che sono stati oggetto di indagine solo da pochissimo tempo. Lei ci ha detto – e di questo siamo assolutamente felici – che questo limite è in via di superamento da dicembre: ne prendiamo atto con soddisfazione, così come plaudiamo anche al controllo a sorpresa, che ha citato, di ARPA Puglia a supporto di ISPRA per le emissioni di ENEL di maggio di quest'anno, i cui risultati – come ci ha detto – sono in via di analisi e che attendiamo, appunto, di conoscere.Pag. 26
  L'inquietudine nasce dal fatto che, a fronte di livelli di inquinamento comunque mediamente dichiarati nella norma, come è stato sottolineato anche dal Governo, per ogni singolo impianto inquinante, già le primissime indagini dell'OMS, quelle ministeriali successive e la miriade di studi sanitari, una parte dei quali abbiamo citato nell'interpellanza, su quel territorio, continuano a registrare e a segnalare, ancor prima di un danno da accertare, una condizione ambientale più generale di pericolo per la salute dell'area a rischio di Brindisi. Del resto, lo stesso direttore dell'Agenzia regionale ambientale della Puglia ci ha ricordato, in risposta ad alcuni quesiti posti in occasione dell'audizione presso le Commissioni riunite VIII e X, all'esame del decreto-legge sull'Ilva, che i limiti ambientali non sono necessariamente health-based, cioè basati sulla salute, e a volte non sono sufficienti per tutelarla pienamente. Conveniamo con lui e – per citarlo letteralmente – aggiungiamo: «le decisioni autorizzative non possono limitarsi al riscontro di conformità dei livelli emissivi e degli indicatori di qualità dell'aria, dato che soltanto la valutazione del rischio sanitario può definire l'impatto sanitario sulla popolazione delle emissioni previste anche dalle AIA». Abbiamo motivo di credere, quindi, che la chiave per la comprensione della condizione ambientale, cui abbiamo fatto riferimento nell'illustrazione, sia ancora da ricercare nell'impostazione del decreto del Presidente della Repubblica del 1998.
  Proprio in questi giorni, ARPA ha presentato a Brindisi una valutazione epidemiologica di primissima istanza, che, non solo assume tutti i dati delle indagini sulla mortalità di questi anni, ma si conclude evidenziando che, per quell'area a rischio, sono presenti criticità tali da giustificare il passaggio alla seconda fase di valutazione del danno. Ci sentiamo confortati da questa accelerazione e, ancora di più, dall'impegno espresso dal sottosegretario che assume il completamento degli studi previsti dal progetto Sentieri.
  Nello specifico, una puntualizzazione per ciò che riguarda il registro tumori di Brindisi: a differenza di Lecce e Taranto, purtroppo – lo ribadisco – non risulta ancora accreditato presso l'Associazione italiana del registro tumori e questo – lo dico per inciso – non potrà realizzarsi fino a quando – come lamentato dal direttore dell'ASL di Brindisi – quell'azienda non sarà fornita dal personale necessario per la codificazione dei dati: solo una parte di quelli sono stati presentati a Bolzano al convegno AIRTUM, quelli che, appunto, lei, sottosegretario, citava.
  L'area a rischio del territorio brindisino merita la massima attenzione – lo abbiamo già detto – da parte del Governo e dei Ministeri competenti. Per tutti questi motivi, accogliamo davvero con soddisfazione l'impegno da parte del Governo di dare vita al tavolo interistituzionale per Brindisi e per la governance delle criticità portate alla vostra attenzione, molte delle quali peraltro mi è parso voi condividiate.
  Riteniamo questo un segnale estremamente positivo di interesse da parte del Governo perché la questione ambientale e sanitaria brindisina possa trovare presto un'adeguata soluzione e perché quei cittadini possano ottenere, finalmente, le risposte meritate ed attese da tempo.
  Vi ringraziamo nuovamente, ma vigileremo affinché l'impegno preso oggi si traduca presto in un fatto concreto e capace di offrire risultati.

(Chiarimenti ed iniziative in merito a procedure arbitrali relative a contenziosi del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti – n. 2-00137)

  PRESIDENTE. Passiamo all'interpellanza urgente Agostinelli n. 2-00137, concernente chiarimenti ed iniziative in merito a procedure arbitrali relative a contenziosi del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti (Vedi l'allegato A – Interpellanze urgenti).
  Chiedo alla deputata Agostinelli se intenda illustrare la sua interpellanza o se si riservi di intervenire in sede di replica.

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  DONATELLA AGOSTINELLI. Signor Presidente, intendo illustrarla. Signor Presidente, colleghi, signor rappresentante del Governo, come deputati del MoVimento 5 Stelle abbiamo presentato sull'argomento in discussione un'interrogazione al Presidente del Consiglio dei ministri e al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti in data 29 aprile.
  Si tratta degli arbitrati concessi al signor Edoardo Longarini, ex concessionario dei piani di ricostruzione post bellica di Ancona, Ariano Irpino e Macerata. In merito, dal mensile Panorama del 24 maggio 2013 si apprende che la Guardia di finanza, su mandato della procura della Repubblica di Roma, seguente ad un esposto presentato da un consigliere comunale di Ancona, ha effettuato ripetute visite presso gli uffici del Ministero suddetto ed ha acquisito documentazione riferita agli arbitrati oggetto dell'interpellanza.
  Il 5 giugno abbiamo effettuato un sollecito, ma non è pervenuta alcuna risposta. Eppure – e qui sarà chiaro a tutti il carattere dell'urgenza per il quale non possiamo più permetterci di tacere – si tratta di un affare di dimensioni ingentissime e di portata nazionale: oltre 1,5 miliardi di euro, una somma pari al costo degli ammortizzatori sociali di 500 mila lavoratori e lavoratrici, quanto il costo delle misure che il Governo sta annunciando per l'occupazione giovanile.
  Qui si tratta di una somma che va ad una persona, il signor Edoardo Longarini, che, proprio per le vicende relative ai predetti piani di ricostruzione, in particolare quello di Ancona, è stato arrestato e condannato per una serie di reati, compresa la corruzione di importanti funzionari del Ministero dei lavori pubblici e del Consiglio superiore dei lavori pubblici.
  Si tratta di una vicenda che ha avuto un così grande rilievo sui quotidiani che il Parlamento ha approvato la legge n. 317 del 1993, che ha messo fine ai piani di ricostruzione. Il Parlamento, poi, nel 1999, ha approvato una norma di interpretazione autentica della legge n. 317, disponendo che: «per le concessioni di lavori relativi ai lotti di ricostruzione già affidati con atti di concessione annullati con decreto del Ministro dei lavori pubblici del 7 ottobre 1992, resta confermata la perdita di efficacia e che la loro definizione contabile va effettuata con riferimento allo stato di avanzamento alla data di emanazione del decreto di annullamento, data di cessazione dei lavori».
  È una disposizione che, come risulta agli interpellanti, non è, però, mai stata citata né dai Ministri né dai capi di gabinetto né dai funzionari dello Stato e dall'Avvocatura generale, giammai dagli eminenti componenti dei collegi arbitrali; arbitrati che si sono conclusi in modo vergognoso per l'Italia intera, un record mondiale, in cui lo Stato soccombe e i difensori dello Stato si comportano come se lo Stato fosse un soggetto da depredare.
  Non è un caso che, nel periodo giugno-luglio 2008, quando gli arbitrati vengono accettati dai Ministri pro tempore e vengono formati i collegi arbitrali, una misteriosa «manina», come scrive l'editorialista Gian Antonio Stella su Il Corriere della Sera del 9 luglio, abbia addirittura inserito la norma transitoria del 1999 tra le leggi da sopprimere, in quanto ritenute superate ed inutili.
  A seguito dell'articolo si levò una proposta da parte di numerosi parlamentari e il Ministro Calderoli corse ai ripari per rimediare a quella che fu definita una «svista», ma inutilmente, perché nessuno dei responsabili pubblici in questa vicenda l'ha mai citata, come se non esistesse e, in realtà, soltanto per avvantaggiare le pretese miliardarie del signor Longarini; come se le leggi, invece, non dovessero essere osservate e fatte osservare.
  Ma di «piacerini» al signor Longarini, riprendendo il termine usato dal predetto giornalista, ne sono stati fatti a decine, con il coinvolgimento di personalità pubbliche autorevolissime quanto interessate, o almeno cointeressate, al nefasto esito degli arbitrati per le casse dello Stato, cioè per i soldi dei cittadini italiani; ripeto, i soldi dei cittadini italiani.
  Signor rappresentante del Governo, il 25 giugno 2007, il signor Longarini ha chiesto un arbitrato per il piano di ricostruzione Pag. 28di Macerata, designando con il medesimo atto, quale arbitro di parte, l'ingegner Vito Gamberale. Il 2 luglio, sette giorni dopo, l'Avvocatura generale dello Stato, richiamando la sentenza n. 152 del 1996 della Corte costituzionale, ha declinato la competenza arbitrale della controversia. L'arbitrato non si doveva fare. Ma inspiegabilmente, proprio in Italia, dove tanti sostengono che la pubblica amministrazione è lenta e in preda a lungaggini burocratiche, il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti pro tempore, l'onorevole Di Pietro, in meno di 24 ore dalla domanda di Longarini, firmava l'accettazione dell'arbitrato e designava quale arbitro di parte l'avvocato Domenico Condello. In veste di presidente è stato nominato il professor Carlo Malinconico. Ora, all'epoca dei fatti, l'ingegner Gamberale era amministratore delegato di Fondo 2 infrastrutture, costituito dal Ministero dell'economia e delle finanze. L'avvocato Condello, fra gli altri incarichi, era docente presso le Università di Urbino, di Roma «La Sapienza» e «Roma Tre», nonché giudice costituzionale aggregato. Il professor Malinconico, attualmente agli arresti domiciliari, lo ripeto, attualmente agli arresti domiciliari, esercitava le funzioni di Segretario generale della Presidenza del Consiglio dei ministri.
  Allora, signor rappresentante del Governo, dica in Aula, dica agli italiani com’è possibile che amministratori pubblici, giudici costituzionali e il Segretario generale del Presidente del Consiglio vengano designati arbitri e per di più, nei fatti, contro lo Stato. Ora, sulla richiesta di arbitrato per Ariano Irpino, il direttore generale del Ministero invitava l'Avvocatura all'opportunità di chiedere la sospensione della procedura arbitrale in questione. E invece ? Il 23 marzo 2007 il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, Di Pietro, nominava arbitro l'avvocato Messina. Sulla richiesta di arbitrato per il piano di ricostruzione di Macerata, il 2 luglio 2007, l'Avvocatura generale dello Stato declinò la competenza arbitrale ma il Ministro Di Pietro ha firmato l'arbitrato a 24 ore dalla domanda di Longarini. E potrei continuare.
  In sostanza è la scelta politica a piegare tutto e tutti: le leggi, i pareri dei funzionari ministeriali, dell'Avvocatura. Insomma, gli arbitrati si debbono fare. I lodi arbitrali sono giunti a sentenza con pronuncia unanime degli arbitri e questo è scandaloso. E non hanno lesinato lautissimi compensi per se stessi oltre a un regalo di proporzione immensa e non dovuto al signor Longarini. Solo che qualcuno avesse citato quella legge, entrata in vigore molti anni prima delle richieste di arbitrato! Al signor Longarini regaliamo un miliardo e mezzo di euro, un miliardo e mezzo di euro. Si tratta di una partita di 3 mila miliardi di lire, di fronte alla quale non possiamo che gridare: «Vergogna, vergogna, vergogna» !
  Signor rappresentante del Governo, la legge che nessuno degli eminenti arbitri, Ministri e funzionari hanno citato prescrive che la definizione contabile vada effettuata con riferimento allo stato di avanzamento, alla data di emanazione del decreto di annullamento, data di cessazione dei lavori. Allora, diteci cosa c'entrano, solo per citarne alcuni, l'indennizzo per il fallimento delle edizioni locali Srl, 11 testate, per 51 milioni di euro ? Cosa c'entra l'indennizzo per il danno all'immagine per più di 57 milioni di euro ? Inoltre l'illustrissimo collegio ha condannato il Ministero al pagamento, in favore del signor Longarini, di metà delle spese, diritti ed onorari di lite che liquida per l'intero in 4 milioni di euro oltre a spese generali, IVA e CPA.
  Ora, uno sguardo ai compensi. Ci risulta che l'eminentissimo collegio, con separata ordinanza, ha disposto la liquidazione dei compensi per i suoi stessi componenti del collegio per 12 milioni di euro, 1,2 milioni di euro per i tre segretari e 620 mila euro per il CTU, al netto dell'IVA, degli oneri previdenziali e del CPA. Signor rappresentante del Governo, spieghi a quest'Aula, spieghi agli italiani che cosa è successo, quale complicità mostruosa di interessi e di poteri è potuta giungere a Pag. 29tanto di fronte ad un Paese in ginocchio, di fronte ai sacrifici inenarrabili di milioni di lavoratori, di pensionati, di giovani e di imprenditori.
  Come può spiegare tutto questo ? Ci dica se l'indagine della procura di cui prima parlavo ha portato a sviluppi e soprattutto se e quali interventi politici intende assumere per annullare le scelleratezze descritte; se e come intende recuperare i 250 milioni di euro, addirittura già sborsati in conto sospeso; se e quali provvedimenti intende assumere nei confronti dei responsabili della massima razzia compiuta nella storia in Italia, e probabilmente in Europa e nel mondo, ai danni della collettività italiana per favorire le pretese di una persona giudicata responsabile di gravissimi reati contro lo Stato (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

  PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per le infrastrutture e i trasporti, Rocco Girlanda, ha facoltà di rispondere.

  ROCCO GIRLANDA, Sottosegretario di Stato per le infrastrutture e i trasporti. Signor Presidente, gli interpellanti pongono all'attenzione del Governo la vicenda riguardante gli arbitrati relativi ai piani di ricostruzione post bellica di Ancona, Ariano Irpino e Macerata.
  Faccio preliminarmente presente, con riferimento ai contenziosi citati dagli interpellanti, che il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti ha condiviso con l'Avvocatura generale dello Stato la necessità di proporre le occorrenti iniziative giudiziarie a tutela dell'interesse pubblico. In particolare, risultano impugnati dinanzi alla Corte d'appello di Roma i lodi arbitrali parziali e definitivi recanti condanna a carico del Ministero per rilevanti somme. Con riferimento ai lodi arbitrali esecutivi per i piani di ricostruzione di Ariano Irpino e Macerata informo che il signor Longarini ha intimato il pagamento dell'importo dovuto con atto di precetto, notificato il 1o marzo 2011, e successivo atto di pignoramento del 18 marzo 2011.
  In seguito alla rideterminazione dell'importo di cui all'atto di precetto effettuata dall'ufficio centrale di bilancio e sulla base di apposito parere dell'Avvocatura generale dello Stato è stato emesso un decreto di pagamento mediante la speciale procedura in conto sospeso per l'importo di euro 250.097.010,94, relativo alla sola sorte capitale ed interessi; preciso che detto pagamento è stato effettuato con riserva di ripetizione di quanto pagato all'esito dell'impugnativa in corso.
  Per quanto riguarda le ingenti richieste formulate dal collegio arbitrale, che ha statuito sulle controversie riferite ad Ancona, ammontanti a 12 milioni di euro per gli arbitri, a 1.200.000 euro per i segretari e a 620.000 euro per il consulente tecnico d'ufficio (al netto dell'IVA e degli oneri previdenziali), l'Amministrazione, supportata dall'Avvocatura generale dello Stato, ha ritenuto non congrua la relativa parcella, in quanto non corrispondente ai tariffari previsti dalla normativa vigente e, pertanto, alla luce dei parametri fissati dall'articolo 241 del decreto legislativo n. 163 del 2006 (codice dei contratti pubblici), non ha dato corso alle attività solutorie conseguenti. Il MIT ha, inoltre, provveduto a informare la procura regionale per il Lazio della Corte dei conti della questione.
  Allo stato, non risulta che i componenti del collegio arbitrale in questione abbiano messo in atto le iniziative giudiziarie possibili per ottenere il pagamento di tali ingenti somme.
  Informo, altresì, che i giudizi proposti dinnanzi all'autorità giudiziaria ordinaria sui contenziosi di che trattasi sono tuttora pendenti, mentre le relative istanze cautelari formulate dall'Amministrazione sono state respinte, ad eccezione di quella riferita ad Ancona, rispetto alla quale l'Avvocatura generale dello Stato ha comunicato che l'istanza di sospensione dell'esecutività del lodo stesso verrà delibata dalla Corte d'appello di Roma nel prossimo mese di ottobre; al momento il MIT non ha dato corso ai pagamenti di che trattasi, in attesa dell'esito della predetta domanda di sospensione.
  Preciso, inoltre, che nel contenzioso in atto sono state sollevate dall'Avvocatura Pag. 30generale dello Stato, nell'interesse del MIT, plurime censure avverso il suddetto sfavorevole lodo, tra le quali la nullità della convenzione di arbitrato, nonché la violazione della legge 12 agosto 1993, n. 317, recante «Norme generali per il completamento dei piani di ricostruzione post-bellica», che ha disposto la revoca di diritto delle concessioni in corso e ha stabilito come definire contabilmente i lavori già affidati.
  Nel concludere, devo evidenziare che il Governo continuerà a seguire con l'attenzione dovuta la delicata vicenda con l'ausilio dell'Avvocatura generale dello Stato.
  Ritengo, infine, doveroso far presente che in data 27 giugno 2012 il MIT ha emanato una direttiva in materia di procedimenti arbitrali, ai sensi dell'articolo 4 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165.
  Detta direttiva, nell'evidenziare, tra l'altro, che l'Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici di lavori, servizi e forniture, nella Relazione al Parlamento per l'anno 2009 ha rilevato che «i giudizi arbitrali comportano costi elevati per le pubbliche amministrazioni, anche in ragione delle alte percentuali di soccombenza rilevate», ha invitato le amministrazioni interessate «a limitare al massimo la previsione della clausola compromissoria in considerazione della specifica natura e delle caratteristiche dell'appalto e dell'opportunità, rispetto alla singola fattispecie, del ricorso alla giustizia arbitrale».

  PRESIDENTE. La deputata Agostinelli ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatta per la risposta alla sua interpellanza.

  DONATELLA AGOSTINELLI. Signor Presidente, voglio ringraziare per il tentativo del rappresentante del Governo di darci una risposta in merito. È vero che pendono ancora le impugnazioni, però sappiamo benissimo come vanno le cose nella maggior parte dei casi per quanto riguarda gli arbitrati che si risolvono, in più del 90 per cento dei casi, in pronunce contro lo Stato. Noi saremmo qui a vigilare e terremo gli occhi aperti sull'esito della vicenda. Quindi, in sostanza, pur ringraziando il rappresentante del Governo, non possiamo, in realtà, che dirci, assolutamente insoddisfatti della risposta.
  Voglio ricordare sommariamente i motivi di questa interpellanza urgente affinché restino ben chiari a tutti e restino agli atti. Vorrei ricordare le domande senza risposta. Nessuna informazione c’è stata fornita circa le indagini condotte dalla procura della Repubblica di Roma, circostanza che potrebbe ancora oggi essere oggetto di segreto istruttorio. Ma come mai il Presidente del Consiglio e il Ministro non hanno ancora avviato un'indagine interna sull'accaduto ? Si tratta di un affare di dimensioni ingentissime. Voglio ripeterlo, non mi stancherò mai di ripeterlo: 1,5 miliardi di euro. Una somma che è pari a dieci volte il costo della tangente Enimont definita la madre di tutte le tangenti del valore di 150 miliardi di lire. Una somma pari al costo degli ammortizzatori sociali di 500 mila lavoratori e lavoratrici, quanto il costo delle misure ritenute urgenti per favorire l'occupazione giovanile e si tratta – lo ripeto – di una somma che va ad una persona che è stata arrestata e condannata per una serie di reati compresa la corruzione di importanti funzionari pubblici del Ministero dei lavori pubblici, del Consiglio superiore dei lavori pubblici, del Consiglio di Stato, proprio per le vicende dei piani di ricostruzione. Quindi, capite anche la nostra posizione: come facciamo noi a stare tranquilli ? Come facciamo ad accontentarci di queste risposte ?
  Nessuna risposta è stata fornita sul fatto che la legge n. 317 del 1993 e la norma di interpretazione autentica della legge n. 317, approvate dal Parlamento, sono state e sono tuttora disattese, come se la misteriosa manina che l'aveva inserita tra le norme da sopprimere abbia nei fatti raggiunto lo scopo. Quella norma non esiste eppure è semplicissima e preclude ogni contenzioso da parte dell'ex concessionario, disponendo – lo voglio sottolineare per l'ultima volta – che per le concessioni di lavori relativi ai lotti di ricostruzione, già affidati con atti di concessione Pag. 31annullati con decreto del Ministero dei lavori pubblici del 7 ottobre 1992, resta confermata la perdita di efficacia e che la loro definizione contabile va effettuata con riferimento allo stato di avanzamento alla data di emanazione del decreto di annullamento, data di cessazione dei lavori. Tale disposizione non è mai stata citata dai Ministri, dai capi di gabinetto, dai funzionari dello Stato e dall'avvocatura generale dello Stato. Un comportamento, questo, utile solo per avvantaggiare le pretese miliardarie del signor Longarini.
  Nessuna risposta è stata data sul fatto che, pur in presenza di parere contrario dell'Avvocatura generale dello Stato e dei direttori generali del Ministero, i Ministri Di Pietro e Matteoli hanno accettato e agevolato quegli scellerati arbitrati. In un caso, addirittura, in meno di ventiquattro ore. Nessuna risposta è stata fornita circa la compatibilità degli incarichi degli arbitri all'epoca dei fatti. Perché non ha risposto agli interpellanti e ai cittadini su come sia possibile che amministratori pubblici, giudici costituzionali e il segretario generale del presidente del Consiglio vengano designati arbitri, per di più nei fatti dimostratisi in posizioni totalmente contrarie allo Stato ? Né il rappresentante del Governo ha motivato la scelta tutta politica a piegare tutto e tutti, le leggi, i pareri dei funzionari ministeriali e dell'Avvocatura.
  Gli arbitrati si «debbono» fare: ordini inequivocabili provenienti da Ministri che hanno sempre indicato lo strumento arbitrale, dannosissimo per la pubblica amministrazione, come il Ministro Di Pietro, che predica bene e razzola male; come il Ministro Matteoli, che non ha mosso una paglia ed ha assistito perfino al pignoramento dei fondi stanziati per il trasporto pubblico locale per 381 milioni di euro da parte del signor Longarini.
  Non solo sorprende gli interpellanti l'esito dei lodi, ma ciò che provoca indignazione è vedere che sono venuti a sentenza con pronuncia unanime degli arbitri, che hanno sentenziato dei danni di proporzioni enormi per il signor Longarini, quando sarebbe bastato citare la legge per mettere fine all'assurdo contenzioso. Anzi, è stato proprio l'atteggiamento politico a favorire le pretese risarcitorie del Longarini, lievitate fino a più di 4,8 miliardi di euro. 4,8 miliardi di euro: quanto una manovra finanziaria ! Un atteggiamento di copertura politica che ha portato il Longarini ad intimare il pagamento e a pignorare 350 milioni di euro, l'intero finanziamento statale dedicato al trasporto pubblico locale.
  Nessuna risposta è stata fornita sulle vicende relative al piano di ricostruzione di Ancona, benché l'amministrazione sia stata condannata a pagare 1,2 miliardi di euro, oltre agli interessi, e metà delle spese e diritti onorari di lite a favore del signor Longarini, in tutto 3.000 miliardi di lire. 3.000 miliardi di lire ! Perché non si risponde al quesito semplice: come mai, anziché assecondare le pretese dell'ex concessionario, nessuno degli eminenti arbitri, Ministri e funzionari ha citato la legge che più volte ho ricordato ?
  Nulla ci è stato detto sul fatto che l'illustrissimo collegio ha condannato il Ministero al pagamento in favore del signor Longarini di metà delle spese, diritti ed onorari di lite che liquida per l'intero in quattro milioni di euro, oltre a spese generali, IVA e CPA. Quattro milioni di euro !
  Nulla è stato fatto in concreto per quanto riguarda la liquidazione dei compensi relativi agli arbitri. Allora ci spieghi, rappresentante del Governo, spieghi a quest'Aula e spieghi agli italiani che cosa è successo, quale assurda ed ignobile complicità di interessi e poteri è potuta giungere a tanto. Di fronte ad un Paese in ginocchio, ai sacrifici di milioni di lavoratori, di pensionati, di giovani ed imprenditori, come si può spiegare questa razzia ? Come è possibile che tre arbitri possano guadagnare in un colpo solo, per scrivere 16 pagine di sentenza, 4 milioni di euro l'uno ? Quanto un direttore generale di un Ministero per l'intera vita di lavoro !
  Soprattutto non ci ha detto se e quali interventi politici intenda assumere per annullare le scelleratezze descritte, se e Pag. 32come intende recuperare i 250 milioni di euro già sborsati in conto sospeso; se e quali provvedimenti intende assumere nei confronti dei responsabili del massimo scempio compiuto nella storia in Italia e probabilmente in Europa e nel mondo a danno della collettività italiana, per favorire le pretese di una persona giudicata responsabile di gravissimi reati contro lo Stato.
  Ora, per concludere, ripeto che noi vigileremo su questa vicenda. Vorremmo che questa vergogna avesse fine. Vorremmo poter dire a quanti ci ascoltano che noi, come MoVimento 5 Stelle, non solo abbiamo restituito ai cittadini il surplus dello stipendio alla collettività, ma abbiamo fatto risparmiare allo Stato un milione e mezzo di euro per i lavoratori, per le famiglie, per la scuola e per la Stato sociale (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

  PRESIDENTE. È così esaurito lo svolgimento delle interpellanze urgenti all'ordine del giorno.

Sull'ordine dei lavori (ore 11,20).

  SIMONE BALDELLI. Chiedo di parlare.

  PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

  SIMONE BALDELLI. Signor Presidente, mi corre l'obbligo di svolgere in questa sede una precisazione in ordine a quanto letto tra ieri sera e stamani su agenzie e organi di stampa. Le stesse «fonti di Montecitorio» che informano proprio alcuni organi di stampa su quanto accade nel corso della Conferenza dei presidenti di gruppo, avrebbero il dovere di verificare il fatto che nella lettera scritta in data 8 luglio 2013 dal presidente del gruppo del PdL, Renato Brunetta, alla Presidente della Camera, Laura Boldrini, non si chiedeva affatto, come da lei sostenuto impropriamente e, tra l'altro, con toni irritati, in sede di Conferenza dei presidenti di gruppo, l'immediata calendarizzazione della votazione per l'elezione del Vicepresidente della Camera, ma si chiedeva, invece, che la Presidente intervenisse al più presto, non solo nei confronti della maggioranza, ma anche verso i gruppi di opposizione, «con tutti i suoi poteri regolamentari e con tutta la sua capacità persuasiva» affinché venisse posta fine ad una condizione di disparità nei confronti del gruppo del PdL.
  Tale intervento, richiesto per lettera e ribadito ieri dal sottoscritto in maniera assai serena nel corso della Conferenza dei presidenti di gruppo, veniva formulato allo scopo di superare l'atteggiamento di alcuni gruppi di minoranza che, contrariamente ad una prassi consolidata, avevano manifestato l'intenzione o la minaccia, (visto che il termine sembra essere di moda) di presentare candidature contrapposte a quella indicata dal gruppo del PdL per la sostituzione dell'onorevole Maurizio Lupi, divenuto Ministro della Repubblica, al ruolo di Vicepresidente della Camera dei deputati. In ordine a tale richiesta, rispetto alla quale sarebbe gentile attendersi una risposta non formale da parte della Presidente Boldrini, la Presidenza della Camera dovrebbe risponderci, non solo per dirci, come è naturale e come, peraltro, ha già fatto con una sua lettera al presidente Brunetta in data 9 luglio, che è disponibile a stabilire una nuova data per l'elezione del Vicepresidente, ma anche e principalmente se intenda o meno promuovere, in base al principio contenuto nel nostro Regolamento e anche in base ad un meno formale principio di correttezza e di buon senso, le opportune intese tra tutti i gruppi, al fine di consentire che al gruppo del PdL sia garantita l'elezione di un suo Vicepresidente senza che vi siano candidature alternative da parte di altri gruppi poiché – e concludo – questa dinamica non appartiene alla logica della contrapposizione tra maggioranza e opposizione, ma al corretto funzionamento dell'Assemblea e dell'Ufficio di Presidenza della Camera. Questa, Presidente, è la chiave per capire e risolvere tale questione e non altre.

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  PRESIDENTE. Il deputato Baldelli sa che la Presidente Boldrini aveva già risposto a questo tema nella Conferenza dei presidenti di gruppo. Io non ero presente, in ogni caso mi farò carico di riferire quanto lei ha espresso in questo momento.

Ordine del giorno della prossima seduta.

  PRESIDENTE. Comunico l'ordine del giorno della prossima seduta.

  Lunedì 15 luglio 2013, alle 15:

  1. – Discussione del testo unificato delle proposte di legge:
   BURTONE; VENDOLA ed altri; FRANCESCO SANNA ed altri; MICILLO ed altri: Modifica dell'articolo 416-ter del codice penale, in materia di scambio elettorale politico-mafioso (C. 204-251-328-923-A).
  – Relatori: Dambruoso e Mattiello.

  2. – Discussione della mozione Cozzolino ed altri n. 1-00110 concernente iniziative normative per la sospensione del pagamento della rata relativa al 2013 del finanziamento pubblico ai partiti.

  La seduta termina alle 11,25.

ERRATA CORRIGE

  Nel resoconto stenografico della seduta del 10 luglio 2013:

  – a pagina 15, seconda colonna, diciottesima riga, la parola «espulsione» si intende sostituita da «escussione».

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