XVI LEGISLATURA


Resoconto stenografico dell'Assemblea

Seduta n. 716 di giovedì 8 novembre 2012

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PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE ROSY BINDI

La seduta comincia alle 9,30.

DONATO LAMORTE, Segretario, legge il processo verbale della seduta di ieri.
(È approvato).

Missioni.

PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del Regolamento, i deputati Brugger, Buttiglione, Corsini e Lucà sono in missione a decorrere dalla seduta odierna.
Pertanto i deputati in missione sono complessivamente cinquantadue, come risulta dall'elenco depositato presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell'allegato A al resoconto della seduta odierna.

Ulteriori comunicazioni all'Assemblea saranno pubblicate nell'allegato A al resoconto della seduta odierna.

Seguito della discussione del disegno di legge: Conversione in legge del decreto-legge 10 ottobre 2012, n. 174, recante disposizioni urgenti in materia di finanza e funzionamento degli enti territoriali, nonché ulteriori disposizioni in favore delle zone terremotate nel maggio 2012 (A.C. 5520-A/R) (ore 9,35).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca il seguito della discussione del disegno di legge: Conversione in legge del decreto-legge 10 ottobre 2012, n. 174, recante disposizioni urgenti in materia di finanza e funzionamento degli enti territoriali, nonché ulteriori disposizioni in favore delle zone terremotate nel maggio 2012.
Ricordo che nella seduta di ieri il Governo ha posto la questione di fiducia sull'approvazione, senza emendamenti e articoli aggiuntivi dell'articolo unico del disegno di legge di conversione del decreto-legge in esame, nel nuovo testo approvato dalle Commissioni a seguito del rinvio deliberato dall'Assemblea (vedi allegato A della seduta del 7 novembre 2012 - A.C. 5520-A/R).

(Dichiarazioni di voto sulla questione di fiducia - Articolo unico - A.C. 5520-A/R)

PRESIDENTE. Passiamo alle dichiarazioni di voto dei rappresentanti dei gruppi e delle componenti politiche del gruppo Misto.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Iannaccone. Ne ha facoltà.

ARTURO IANNACCONE. Signor Presidente, i deputati del gruppo Misto - Noi per il Partito del Sud Lega Sud Ausonia non voteranno la fiducia al Governo e non la votano non per una pregiudiziale di carattere politico: è un Governo di tecnici, quindi né di centro, né di destra, né di sinistra, anche se poi, come sappiamo, molti dei tecnici al Governo hanno manifestato chiaramente le loro simpatie politiche. Non votiamo la fiducia al Governo per i risultati di un'azione che noi riteniamo Pag. 2dannosa per il popolo italiano: l'economia è in recessione, aumenta la disoccupazione, il sud è stato completamente abbandonato da un Presidente del Consiglio e da un Governo che pure avevano fatto credere, attraverso l'indicazione di un Ministro per la coesione territoriale, che maggiore attenzione sarebbe stata dedicata al sud. Quindi, noi non votiamo la fiducia a tecnici che hanno fallito e mi auguro che tecnici che hanno fallito da Ministri poi non pensino di ritornare a fare i tecnici dopo aver fallito da tecnici e anche da Ministri. È per queste ragioni che noi, onorevole Presidente, annunciamo il nostro voto contrario alla questione di fiducia posta dal Governo.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Ossorio. Ne ha facoltà.

GIUSEPPE OSSORIO. Signor Presidente, signor Ministro, i repubblicani, a nome dei quali parlo, hanno per decenni, fin dagli anni Settanta, chiesto al Governo di porre sotto controllo la spesa pubblica di parte corrente. Sono stati inascoltati e le conseguenze oramai sono sotto gli occhi di tutti. Gli italiani soprattutto ritengono che la stretta osservazione sotto la quale sono sottoposti la spesa e il debito pubblico italiano da parte dei mercati internazionali ponga un problema molto serio. I repubblicani questo lo hanno detto da anni. È un livello oramai insopportabile: gli interessi passivi sul debito pubblico sono insopportabili ed i repubblicani perciò rivendicano un ruolo, quello di aver visto lontano e giusto. Diamo atto al Presidente del Consiglio, Mario Monti, di aver proceduto tra i tanti vincoli e i molti bisogni degli italiani ad individuare le poche possibilità di procedere a riforme che potrebbero avere e determinare una costante riqualificazione della spesa pubblica di parte corrente. Ci auguriamo che ciò avvenga. Ciò nonostante noi dobbiamo dire che le prerogative del Parlamento in questo momento ci preoccupano tanto quanto ci preoccupava negli anni Settanta e negli anni Ottanta la lievitazione della spesa pubblica.
È un appello che rivolgiamo al Presidente della Camera, è un appello che rivolgiamo al Presidente della Repubblica perché le prerogative di indirizzo e controllo del Parlamento non siano sottovalutate. Ieri, su un articolo di fondo de La Voce Repubblicana - che io inviterei il Governo e i colleghi presenti in Aula a leggere - l'onorevole Nucara, segretario del partito, ha posto in evidenza i rischi che la democrazia può attraversare, quando il Parlamento, la funzione propria del Parlamento viene svilita. Ieri abbiamo visto il Ministro Giarda difendere, giustamente - e siamo d'accordo con il Ministro Giarda -, una parte importante, egli ha detto, del Governo: la Ragioneria dello Stato. I repubblicani difendono la Ragioneria dello Stato, ma i repubblicani, come avvertivano ieri la necessità di porre attenzione alla lievitazione della spesa pubblica, oggi dicono alle forze politiche, al Governo, al Presidente della Repubblica e al Presidente della Camera di stare attenti che le prerogative del Parlamento di indirizzo e controllo non vengano meno. Ecco perché accordano la fiducia a questo Governo, accordano la fiducia soprattutto al Presidente Monti, però richiamano l'attenzione delle alte cariche dello Stato, affinché si costituisca, anche presso la Commissione bilancio della Camera, un nucleo che possa interloquire forte con la Ragioneria dello Stato (Applausi dei deputati del gruppo Misto-Repubblicani-Azionisti).
Signor Presidente, chiedo che la Presidenza autorizzi la pubblicazione in calce al resoconto della seduta odierna del testo integrale della mia dichiarazione di voto.

PRESIDENTE. Onorevole Ossorio, la Presidenza lo consente, sulla base dei criteri costantemente seguiti.
Constato l'assenza dell'onorevole Pisicchio, che aveva chiesto di parlare per dichiarazione di voto. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Iapicca. Ne ha facoltà.

MAURIZIO IAPICCA. Signor Presidente, noi di Grande Sud, come abbiamo Pag. 3sempre fatto da quando si è insediato questo Governo, non faremo mancare il nostro sostegno con il voto di fiducia a questo disegno di legge, che reca disposizioni in materia di finanza e funzionamento degli enti territoriali e disposizioni in favore delle zone terremotate.
È, comunque, un provvedimento estremamente complesso e delicato per le materie che affronta. I recenti fatti hanno dimostrato che vi era sicuramente bisogno di un provvedimento che riguardasse, da un lato, i controlli della Corte dei conti sulle regioni e sui bilanci delle stesse e, dall'altro lato, un serio intervento sui tagli ai costi della politica per mettere a disposizione strumenti nuovi volti a rafforzare il coordinamento della finanza pubblica nel rispetto dei vincoli finanziari derivanti dall'appartenenza dell'Italia all'Unione europea.
Grande Sud ha partecipato attivamente al dibattito sul testo, presentando significativi emendamenti volti ad incentrare il controllo preventivo della Corte dei conti sui principali atti amministrativi generali e a restringere la verifica di legittimità ai soli profili finanziari, onde evitare un ingolfamento delle attività delle sezioni regionali della Corte. Inoltre, ha proposto l'introduzione nella procedura, ai fini del riequilibrio finanziario delle regioni, ove sia stato accertato uno squilibrio economico-finanziario, di uno specifico fondo finalizzato a concedere anticipazioni di cassa per il graduale ammortamento dei disavanzi e dei debiti fuori bilancio accertati, nonché per l'attuazione delle altre misure di riequilibrio finanziario.
Le altre proposte di Grande Sud non accolte in Commissione affari costituzionali erano tese ad introdurre la limitazione dei vitalizi e dei trattamenti pensionistici degli amministratori regionali e a rimodulare gli emolumenti complessivi percepiti dai consiglieri regionali stessi, riportandoli al trattamento spettante ai membri del Parlamento in misura tale che non avessero superato il 60 per cento degli emolumenti dei parlamentari. Inoltre, abbiamo proposto l'introduzione, al pari di quanto previsto per i membri del Parlamento, di un trattamento pensionistico basato sul sistema di calcolo contributivo analogo a quello attualmente vigente per i dipendenti pubblici.
Nel disegno di legge sono previsti, inoltre, controlli della Corte dei conti nei confronti delle regioni. In particolare, è stato soppresso il controllo preventivo di legittimità sugli atti delle regioni, che avrebbe bloccato qualsiasi attività e iniziativa di investimento, ma viene confermato quello sul rendiconto regionale. Viene mantenuta la previsione dell'intervento semestrale della Corte dei conti sulla tipologia delle coperture finanziarie adottate dalla legge regionale e sulle tecniche di quantificazione degli oneri. È introdotto anche l'esame della Corte sui bilanci preventivi e sui rendiconti consuntivi, con i relativi allegati delle regioni e degli enti che compongono il Servizio sanitario nazionale, al fine di verificare il rispetto degli obiettivi annuali posti dal Patto di stabilità interno, l'osservanza del vincolo previsto in materia di indebitamento, l'assenza di irregolarità suscettibili di pregiudicare gli equilibri economico-finanziari degli enti.
La verifica della Corte si estende anche alla partecipazione nelle società controllate. Grande Sud apprezza il contenimento dei costi della politica delle regioni: con esso viene confermata la riduzione dei contributi ai gruppi consiliari. Vi sono anche riduzioni che riguardano il numero dei consiglieri e degli assessori regionali e delle indennità a loro spettanti. Si conferma l'introduzione di limiti severi ai vitalizi dei consiglieri. Grande Sud ritiene giusto che nel calcolo dei vitalizi si preveda il passaggio al sistema contributivo, apportando un'importante integrazione; i requisiti di sessantasei anni di età e di dieci anni di consiliatura si applicano ai trattamenti maturati dopo l'entrata in vigore del decreto-legge. Vi sono poi le disposizioni per i territori colpiti da eventi sismici nel maggio 2011, allo scopo di favorire la concessione di finanziamenti agevolati e di un credito di imposta destinato alla ricostruzione degli immobili Pag. 4ubicati nei territori colpiti dagli eventi sismici, nonché per l'assistenza alle popolazioni e alla ripresa economica.
In definitiva, con il presente disegno di legge si è voluto sottolineare la legittimità di alcune specifiche categorie di atti regionali, ai fini della verifica del rispetto dei vincoli finanziari.

PRESIDENTE. Onorevole Iapicca, la invito a concludere.

MAURIZIO IAPICCA. Concludo, signor Presidente, con il poco tempo a disposizione.
In conclusione, Grande Sud ritiene che il Governo abbia dato prova della volontà di essere concretamente vicino ai problemi del Paese. Pensiamo che il disegno di legge in questione possa contribuire a razionalizzare le disposizioni in materia di finanza e funzionamento degli enti territoriali e a dare maggiore concretezza alla sua applicazione nelle zone territoriali colpite dal sisma del maggio 2012. Per tali ragioni, Grande Sud conferma la propria fiducia al Governo votando favorevolmente (Applausi dei deputati del gruppo Misto-Grande Sud-PPA).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Borghesi. Ne ha facoltà.

ANTONIO BORGHESI. Signor Presidente, signori Ministri, sottosegretari, colleghi. Presidente Monti, ma lei ci è o ci fa? Lei ha detto, all'inizio dell'anno: l'anno prossimo saremo ancora in recessione, ma con un profilo di crescita. Bollettino n. 1 (6 novembre 2012): è un quadro con molte ombre e poche luci quello fornito ieri dall'ISTAT, che ha fatto girare il proprio modello econometrico per visualizzare le prospettive dell'economia italiana. Infatti, in primo luogo, l'attività produttiva complessivamente farà ancora registrare un decremento nel 2013. La stima dell'ISTAT non è particolarmente pessimistica. È da ricordare, infatti, che mentre le stime governative prevedono un PIL a -0,2 per cento, il Fondo monetario internazionale e le altre stime di consensus valutano la variazione del prodotto a -7 per cento, ma c'è anche chi parla già di -1, come il centro studi REF.
Ciò che è davvero buio nello scenario tracciato dall'istituto di statistica sono le prospettive sul fronte del lavoro. L'ISTAT parla di un mercato del lavoro in deterioramento. La crescita delle persone in cerca di lavoro, iniziata alla fine del 2011, è alla base del rilevante incremento del tasso di disoccupazione previsto per quest'anno (10,6 per cento). Per il 2013 il tasso di disoccupazione continuerebbe ad aumentare (11,4 per cento), sia a causa del contrarsi dell'occupazione, sia per l'aumento dell'incidenza della disoccupazione di lunga durata.
E ancora, le previsioni indicano un nuovo calo per redditi e consumi nel biennio 2012-2013. Le famiglie continuerebbero a sperimentare significative riduzioni del reddito, con conseguenze negative sul tasso di risparmio, ma anche la spesa privata per consumi registrerebbe nell'anno in corso una contrazione del 3,2 per cento e nel 2013 la spesa registrerebbe una flessione non meno dello 0,7 per cento.
Presidente Monti, ma lei ci fa o ci è? L'anno prossimo saremo ancora in recessione, ha detto, ma con un profilo di crescita. Bollettino n. 2 (7 novembre 2012): il Cresme usa un linguaggio pugilistico per descrivere quello che sta accadendo al mercato delle costruzioni: andato a tappeto nel 2009 per il crollo verticale della domanda (-9,3 per cento), il settore ha fatto due riprese in cui sembrava essere avviato alla crescita, ma nel 2012 è andata come peggio non poteva andare.
È il secondo colpo da ko che lascia sul tappeto un altro 7,4 per cento di investimenti in meno; dal 2006 la caduta è del 28,4 per cento mentre, per le nuove costruzioni, il crollo degli ultimi sei anni è del 43,7 per cento. Da molti punti di vista, scrive il CRESME, il 2012 si può considerare un anno addirittura più pesante del 2009 perché la dimensione della caduta, dagli investimenti alle compravendite, dalla domanda alla concessione di credito, Pag. 5dalla progettazione alla produzione e alla distribuzione, si rivela sempre più pesante. Le previsioni del CRESME per il 2012 parlano di un meno 11,1 per cento per le nuove costruzioni e meno 4,5 per cento per il rinnovo. Dal 2013 è prevista un'altra caduta del 2,2 per cento e solo nel 2014 si vedrebbe la luce in fondo al tunnel ma con una mini ripresa.
Presidente Monti, ma lei ci fa o ci è? Ha detto che l'anno prossimo saremo ancora in recessione ma con un profilo di crescita. Bollettino n. 3, (7 novembre 2012), crolla il reddito delle famiglie; una perdita di 90 miliardi di euro in sette anni, il reddito disponibile ha subito e subirà fino al 2014 un vero e proprio crollo da quando è esplosa la crisi economica; la contrazione si protrarrà fino al 2014 per una perdita totale di quasi 90 miliardi di euro. Questo è il dato che emerge da una ricerca condotta dal Centro Europa Ricerche CER. Nell'analisi, lo studio mette in luce che la contrazione che si registrerà quest'anno sarà la massima di sempre, pari a meno 4,3 per cento, un dato che va ben oltre il precedente picco registrato nel 2009. Non solo siamo in crisi, ma gli indicatori continuano a scendere, continuano a scendere persino rispetto ai tempi dei Governi Berlusconi, e vanno ben oltre il precedente picco registrato nel 2009 quando la diminuzione era stata del 2,5 per cento. Una contrazione monstre, si legge nello studio, nella quale si stanno volatilizzando tutti i guadagni realizzati a partire dal 1996. Questa flessione del reddito disponibile non ha paragoni nelle serie storiche del dopoguerra; i dati descrivono la violenta emergenza dei redditi che incide radicalmente sulla crescita e sull'occupazione e il tutto si registra in un Paese in cui, com'è noto, l'80 per cento del PIL è determinato dalla domanda interna. Di fronte a questi numeri veramente le dichiarazioni del Ministro Fornero sono sciagurate quanto incredibili, vista la drammatica situazione dei salari, come alcuni osservatori dicono, in merito al fatto che bisognerebbe rinunciare anche all'indicizzazione degli aumenti salariali rispetto all'inflazione. Ma quand'è che andiamo a colpire chi ha di più, in questo Paese? Quanto aspettiamo, quanto aspetta questo Governo a dimostrare che vuole colpire anche chi possiede di più, sia in termini di redditi, sia in termini di patrimonio?
Presidente Monti, ma le ci è o ci fa? L'anno prossimo saremo ancora in recessione ma con profili di crescita? Bollettino n. 4, (ottobre 2012), secondo il rapporto annuale OCSE l'Italia è ai primi posti per le entrate fiscali; mentre la media si attesta intorno al 34 per cento del PIL, in Italia è di circa 9 punti in più: al 42,9 per cento, davanti all'Italia ci sono solo il Belgio, la Francia e la Danimarca. Dopo l'aumento atteso per l'anno in corso al 44,7 per cento, pari a oltre due punti percentuali, è previsto nel 2013 ancora un aumento al 45,3 per cento; una delle più alte del mondo.
Ma Presidente Monti, lei ci è o ci fa? Dov'è la crescita? Bollettino n. 5, (12 settembre 2012), ISTAT e EUROSTAT: l'industria italiana è in caduta libera, in un anno la produzione industriale è calata del 7,3 per cento, trascinata al ribasso dai record negativi di macchine e apparecchiature, meno 15 per cento, e apparecchiature elettriche. La Germania invece ha perso l'1,7 per cento in un anno, la Francia il 3,3 per cento, persino Spagna e Grecia fanno meglio dell'Italia, hanno perso il 5,4 e il 5,3 per cento.
Allora, Presidente Monti, ma lei ci è o ci fa? Ma dove sta la crescita? Bollettino n. 6, (5 novembre 2012), ISTAT: la spesa privata per consumi si contrarrà del 3,2 per cento, la caduta del reddito disponibile, il clima di incertezza percepito dai consumatori e l'attuazione di misure di politica economica volte al rigore penalizzano la spesa per consumi.
La crescente situazione di disagio finanziario dichiarata dalla famiglia - dice l'ISTAT - porterebbe a un'ulteriore riduzione del risparmio. Secondo l'osservatorio nazionale Federconsumatori, la caduta sarebbe addirittura più alta (meno 5 per cento), con una minore spesa complessiva delle famiglie di 35 miliardi di euro. Una Pag. 6contrazione che ha effetti disastrosi non solo sulle condizioni di vita delle famiglie, ma anche sull'intera economia. E allora, Presidente Monti, ma lei ci è o ci fa? Dove sta la crescita? E questo è l'ultimo dei bollettini, quello n. 7 dell'8 novembre 2012. Signor Presidente, dopo tutti i bollettini, che sono veri e propri bollettini di guerra, e la divaricazione fra le sue affermazioni ed i dati e gli indicatori che quotidianamente gli istituti di statistica e gli altri istituti di ricerca ci segnalano, come è possibile dare ancora fiducia al suo Governo (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori)?

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Taddei. Ne ha facoltà.

VINCENZO TADDEI. Signor Presidente, rappresentanti del Governo, con questo provvedimento si dà una risposta concreta all'esigenza diffusa nell'opinione pubblica del nostro Paese di una maggiore sobrietà e di una maggiore trasparenza nella gestione della cosa pubblica, logicamente con particolare riferimento alle regioni. Inoltre, anche i fatti tragici legati al terremoto vengono presi in considerazione. Per quanto riguarda la vicenda delle regioni, credo innanzitutto che questo provvedimento nasca non con questa normativa, in quanto già in passato il Governo Berlusconi aveva affrontato tale questione, in particolare con riferimento alla riduzione del numero dei consiglieri regionali. Oggi si introducono altri elementi, relativi non soltanto alla riduzione del numero dei componenti delle assemblee legislative regionali, ma anche del numero degli assessori e delle indennità dei consiglieri regionali, in modo tale che vi sia un'uniformità nello scenario del nostro Paese, perché drammaticamente, dopo l'approvazione da parte del Parlamento - per la verità noi eravamo contrari - del Titolo V, di fatto ogni regione del nostro Paese è diventata una Repubblica a sé.

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE GIANFRANCO FINI (ore 9,55)

VINCENZO TADDEI. Quindi, questo provvedimento deve viaggiare insieme ad altri, perché il tema vero è che nel nostro Paese vi è la necessità di una riforma complessiva dell'assetto istituzionale e del funzionamento dei suoi organi. Quindi, questo è un pezzettino di un ragionamento un po' più ampio, più articolato. Mi auguro si riesca, in questo scorcio di legislatura - ma se non ci si riuscirà mi auguro lo faccia il prossimo Parlamento -, ad addivenire ad una riforma più complessiva, tenendo conto che ormai il quadro istituzionale non è soltanto di carattere nazionale, ma anche europeo. Quindi, credo vi sia la necessità di una riforma più complessiva delle istituzioni nel nostro Paese. Tornando al provvedimento, credo esso sia un segnale positivo che si dà all'opinione pubblica, perché si va verso una maggiore razionalizzazione, ad un contenimento della spesa, e si dà anche un messaggio ad un'opinione pubblica che, giustamente, vivendo una situazione di difficoltà economica estremamente particolare e diffusa nel nostro Paese, chiede che anche i costi all'interno dei palazzi regionali siano contenuti, sia per quanto riguarda le indennità sia per quanto riguarda la gestione dei fondi relativi alle attività dei gruppi. Quindi, credo che l'avere introdotto dei criteri, che sostanzialmente riprendono i criteri che già questo Parlamento si è dato, sia un fatto estremamente positivo. Per quanto riguarda il terremoto, già in altre occasioni, come gruppo di Popolo e Territorio, abbiamo evidenziato la necessità che nel nostro Paese si passi in maniera definitiva da una cultura dell'emergenza a quella della prevenzione. Non ha senso che rispetto ad ogni evento sismico si faccia poi la lotta in Parlamento a introdurre un elemento in più o in meno di sostegno alle comunità colpite dal terremoto.
Credo che abbiamo l'esigenza, invece, di approdare ad una normativa quadro Pag. 7perché ormai la vicenda terremoto, la vicenda sismica nel nostro Paese è una vicenda immanente. Tutto il territorio nazionale è interessato ed è di questi giorni, di queste ore, ancora la vicenda relativa al terremoto sul Pollino. Quindi abbiamo l'esigenza di mettere ordine su questa materia, decidendo una volta per tutte che dove c'è un evento sismico immediatamente, automaticamente, nel momento in cui si riconosce un'emergenza, scattino alcuni meccanismi, anche di carattere finanziario: sospensione del pagamento delle imposte e quant'altro. Non ha senso che ogni volta si rincorra questa problematica.
Quindi credo che bene abbia fatto il Governo comunque a «dare contezza» a queste popolazioni. Tuttavia credo che il tema sia di più ampio respiro e riguardi non soltanto la questione fiscale, ma deve riguardare evidentemente anche la messa in sicurezza non solo del patrimonio scolastico edilizio del nostro Paese, ma del patrimonio edilizio in sé. Noi abbiamo un patrimonio edilizio eccezionale, importante nei nostri centri storici, ma tutto antecedente al 1964, quando le norme antisismiche sostanzialmente non erano vigenti nel nostro Paese.
Abbiamo pertanto l'esigenza di un piano decennale che vada nella direzione che nei prossimi dieci anni, nei prossimi vent'anni, venga messo in sicurezza il patrimonio edilizio del nostro Paese per ridurre i costi, perché poi ogni volta intervenire in maniera successiva diventa ancora più oneroso per le casse del nostro Paese. Riteniamo quindi che questo provvedimento, nel suo complesso, sia un provvedimento estremamente positivo e risponda ad alcune filosofie già - lo ripeto - portate avanti dal precedente Governo. Ci auguriamo che complessivamente venga affrontata anche la vicenda relativa alla modifica del Titolo V, perché il problema delle regioni - lo ripeto - è che in questi ultimi dieci anni ogni regione ha fatto da sé, ogni regione si è costituita una nuova normativa, ogni regione ha pensato di aumentare o diminuire il numero dei consiglieri regionali, di aumentare o diminuire l'indennità ai propri consiglieri regionali, per non parlare dei costi poi dei gruppi consiliari.
Quindi, prevedere una certa uniformità è un segnale positivo che si dà all'opinione pubblica, ma contestualmente mi auguro che si proceda anche alla modifica del Titolo V, in modo tale che si definiscano in maniera chiara, netta, competenze e funzioni delle regioni e competenze e funzioni dello Stato e non solo dello Stato, anche perché lo Stato stesso adesso dovrà devolvere, ed è inevitabile, alcune competenze e alcune funzioni, si parla di sovranità, all'Europa. Se vogliamo rispondere al momento storico che stiamo vivendo, se in questo momento storico vogliamo essere competitivi come Europa, abbiamo l'esigenza di avere un'Europa più coesa, con istituzioni più forti. Quindi contestualmente non possiamo avere una rappresentanza regionale, delle regioni che poi siano svincolate rispetto a quello che deve essere il grande progetto di rilancio dell'Europa e quindi dei singoli Stati.
Per queste argomentazioni, per queste valutazioni, riteniamo di dare il nostro voto di fiducia convinti, ritenendo che questo provvedimento dia una risposta, seppur parziale, ad uno degli argomenti estremamente importanti e sensibili che l'opinione pubblica in questo momento ritiene debbano essere affrontati in maniera immediata per dare una risposta, seppur parziale, alle esigenze del nostro Paese.

PRESIDENTE. Saluto gli studenti e gli insegnanti dell'Istituto Mater Carmeli di Roma, che stanno assistendo ai nostri lavori dalle tribune (Applausi).
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Giorgio Conte. Ne ha facoltà.

GIORGIO CONTE. Signor Presidente, onorevoli colleghi, rappresentanti del Governo, il provvedimento sul taglio dei costi della politica, così detto, approdato lunedì scorso in Aula, trova finalmente un testo sul quale l'Esecutivo, a nostro parere, bene ha fatto a chiedere il voto di fiducia per Pag. 8porre fine a un iter che ha impegnato fin troppo Governo e maggioranza, nei lavori in Commissione in particolare.
Sia chiaro che non si tratta di una critica, tenuto conto dell'effettiva necessità di ricercare le migliori soluzioni, ma è bene sottolineare che, oltre a far bene, era necessario fare in fretta.
Questo provvedimento è un impegno del Governo e della maggioranza, ma è anche molto atteso - come noto - dall'opinione pubblica. Il testo, infatti, alla luce di più o meno recenti fatti di cronaca proprio sui costi della politica, recepisce innanzitutto la necessità di inasprire i controlli della Corte dei conti e dà una notevole sforbiciata alle spese degli apparati regionali. Oltre a ciò, il provvedimento assume il compito, delicato ed incisivo, di rivedere il funzionamento degli enti territoriali con particolare attenzione a quella parte del nostro Paese fortemente provata dal sisma del maggio scorso.
Proprio sul tema del terremoto, purtroppo, si sono registrate le difficoltà più serie per il raggiungimento di un accordo complessivo, costringendo il Governo a richiedere il rinvio del testo in Commissione anche per gli effetti conseguenti sulla legge di stabilità. I problemi restavano evidentemente le coperture finanziarie ed opportuna è stata la richiesta da parte della maggioranza e del Parlamento di poter vedere la relazione tecnica della Ragioneria generale dello Stato che ha richiesto inopinatamente tempi mai prima visti.
È noto, inoltre, che sono molti gli enti locali in notevoli difficoltà economiche e, a questo proposito, pare altrettanto puntuale la norma che prevede per queste amministrazioni in dissesto una deroga alle leggi vigenti con la conseguente possibilità di rateizzare i debiti, nonché di aumentare le imposte fino al massimo previsto. Non vi è dubbio che caricare sulle spalle di tutti cittadini italiani indifferentemente il peso dei dissesti finanziari di qualche sciagurato amministratore appare norma iniqua, ma altrettanto non sarebbe giusto che servizi più scadenti siano pagati più cari dai cittadini che sono quelli che hanno meno responsabilità.
In attesa, quindi, di altri tipi di provvedimenti, che mettano al primo posto l'etica, le capacità e il merito di chi riveste ruoli di rilevanza amministrativa, il provvedimento di oggi cerca di porre rimedio a qualche situazione che altrimenti diverrebbe irrecuperabile. Nel tempo massimo previsto di un quinquennio si dovrà pertanto favorire il rientro del disavanzo e mettere in condizione gli amministratori locali di riprendere le attività di pianificazione territoriale con la massima attenzione rivolta alle esigenze dei cittadini e delle attività produttive.
Quindi, se sulle tasse dei terremotati, sulle abrogazioni delle penali per i comuni che estinguono i mutui in anticipo e sull'esenzione dell'IMU per gli enti no profit c'è stato molto da discutere e non sono nemmeno mancati momenti di tensione, la maggioranza e il Governo hanno trovato convergenza sul salvataggio dei comuni in dissesto finanziario. Il valore politico di questo provvedimento è notevole, perché rappresenta un primo e incisivo segnale rispetto ad alcuni eventi di cronaca poco edificanti per la politica ancora oggi oggetto di attenzioni e indagini della magistratura.
La gestione disinvolta, per usare un eufemismo, delle risorse pubbliche emersa in questi mesi ha generato un tale turbamento nell'opinione pubblica da richiedere proprio un intervento incisivo di cui il Governo, con la politica e i partiti che lo sostengono, ha saputo farsi carico. Solo così si può rimediare in parte al discredito gettato sull'intera classe politica con rammarico di chi - e non sono pochi - onora quotidianamente e con onestà i propri doveri politici e amministrativi.
È assolutamente opportuno, quindi, rafforzare le capacità di controllo della Corte dei conti sui bilanci delle regioni e, in particolare, dei gruppi consiliari. Si contribuisce, quindi, ad abbattere i cosiddetti costi della politica nelle regioni, vincolandole a rivedere le indennità di consiglieri e assessori in una logica di adeguamento agli standard ottimali della regione Pag. 9più virtuosa. L'innesco di una competizione tra diversi enti può generare un circuito virtuoso sia sul piano del recupero di credibilità delle istituzioni che sul fronte dei risparmi e della spesa pubblica.
Non di meno, non possiamo esimerci in questa sede dall'evidenziare alcune criticità che, invece, sono emerse nel corso di questo iter parlamentare. Come ha fatto rilevare anche il Presidente della Camera, è necessario ricercare e trovare un maggiore raccordo tra Governo e Parlamento, anche nell'esame dei provvedimenti urgenti, nel solco di una collaborazione leale e positiva.
Il Governo deve avere presente che i parlamentari sentono il peso delle responsabilità loro affidate in relazione a scelte che possono avere notevoli ricadute sociali sui singoli e sulle comunità territoriali.
Il Parlamento, in particolare la maggioranza, è consapevole che il tempo a disposizione di questo Governo per proseguire l'azione di risanamento, che non si esaurisce di certo in questa legislatura, è poco ed è necessario quindi imprimere un'accelerazione. Nel breve arco di un anno è stato fatto molto, ma ancora di più rimane da fare; i pochi mesi che ci separano dalla scadenza naturale di questa legislatura impongono a tutti un supplemento di impegno e di responsabilità per accompagnare il nostro Paese fuori dalla palude nella quale si è cacciato per effetto di antiche e recenti politiche dissennate.
Approfittando quindi del significato politico di questo provvedimento, rivolgo anche un invito, in particolare, alle forze politiche di maggioranza: non dobbiamo abbandonare, semplicemente perché non possiamo permetterlo all'Italia, quel senso di responsabilità che ci ha permesso sino a questo momento di sostenere il Governo Monti.
Si è avuta la sensazione, piuttosto, in questi giorni, che normali fibrillazioni casuali si siano trasformate in fibrillazioni strategiche di natura pre-elettorale, ma è del tutto evidente che la fase critica per l'Italia non è ancora terminata e non ci possiamo permettere un periodo di instabilità per l'azione di chi ha interesse ad indebolire la forza e appannare l'immagine del Governo per mere ragioni elettorali.
Credo che queste siano più che valide ragioni per continuare a sostenere coerentemente l'azione riformatrice di un Governo che anche oggi otterrà il voto di fiducia del gruppo Futuro e Libertà per il Terzo Polo (Applausi dei deputati del gruppo Futuro e Libertà per il Terzo Polo).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Occhiuto. Ne ha facoltà.

ROBERTO OCCHIUTO. Signor Presidente, onorevoli colleghi, intervengo per dichiarare il voto favorevole del mio gruppo sulla questione di fiducia posta dal Governo; vorrei farlo però approfittando dell'occasione per ricordare, alla Presidenza e ai colleghi che mi ascoltano, quanto sia cambiato il clima e il sentiment del Paese e anche di questa Assemblea, sui temi oggetto di questo decreto-legge nel corso dell'attuale legislatura.
Abbiamo cominciato questa legislatura, qualche anno fa, discutendo soprattutto, quasi ogni settimana, di federalismo e di devoluzione di poteri dal centro alle regioni; in questi anni quasi tutti in questa Assemblea - non solo la Lega Nord Padania - hanno sostenuto che il federalismo, e quindi la crescente autonomia delle regioni, avrebbe costituito la madre di tutte le riforme. Sui giornali nazionali si celebrava questo tema quasi quotidianamente con articoli di autorevoli opinionisti che esaltavano la modernità del federalismo, magari contrapponendolo all'impulso, secondo loro reazionario, di chi avvertiva - come noi dell'Unione di Centro - che quel tipo di devoluzione di poteri dal centro verso la periferia non avrebbe risolto alcun problema.
Intanto la legislatura proseguiva cercando soluzioni ai ritardi del Paese attraverso la strada dei decreti legislativi sul federalismo fiscale. Tremonti ci ricordava che i nostri problemi erano dovuti all'albero storto della finanza pubblica e che Pag. 10raddrizzando quell'albero, attraverso il federalismo fiscale, avremmo risolto ogni cosa. Tutto sarebbe migliorato solo per effetto della crescente devoluzione di poteri e di livelli di autonomia verso le regioni. Noi dell'Unione di Centro, vorrei ricordarlo, venivamo quasi derisi mentre in solitudine sostenevamo che occorresse prima di ogni cosa costruire un'equilibrata architettura dello Stato e che quel tipo di federalismo, quel tipo di devoluzione dei poteri, era più una moda o uno spot che una soluzione.
Oggi il clima è completamente diverso, sembrano passati decenni, invece è trascorso soltanto qualche anno e il clima è diverso nel Paese, sui giornali - dove gli stessi che prima celebravano le accelerazioni federaliste oggi sembrano pentirsi - e anche in quest'Aula. È così diverso, cari colleghi, che il Governo è stato costretto ad intervenire sull'insieme delle regioni e degli enti locali per disporre, attraverso un decreto-legge, un sistema di controlli e per prevenire le degenerazioni sotto il profilo degli sprechi e delle ruberie che, in presenza di un appropriato ed efficace sistema dei controlli, non sarebbero potuti essere tanto gravi e diffusi.
Proprio il fatto che su questa materia, quella cioè dei controlli sulle regioni, sugli enti locali e sui costi della politica, si sia dovuto intervenire con decreto-legge, quindi con il carattere dell'urgenza e della necessità, dovrebbe essere già sufficiente ad indicare che, quando negli anni passati ci occupavamo delle regioni e del sistema degli enti locali, non lo facevamo, evidentemente, per la strada giusta.
Nel corso degli anni, infatti, è stato completamente smantellato il sistema dei controlli, senza che le regioni abbiano provveduto a sostituirlo con un nuovo sistema adeguato ed efficace. Se l'avessero fatto sarebbe stato sufficiente ad impedire episodi di malcostume, che sono appartenuti alla cronaca non politica, ma alla cronaca nera delle ultime settimane e degli ultimi mesi. Credo che probabilmente la risposta sia «no»: le leggi e le norme non possono da sole sostituire l'etica. Certo, l'antipolitica si alimenta della mala politica e la cattiva politica prospera quando i controlli normativi e amministrativi sono insufficienti, o quando si rende protagonista di cattive leggi, ma l'antipolitica si alimenta soprattutto degli esempi negativi che la politica offre, degli sprechi, delle ruberie e dello sfregio che alcuni fanno delle istituzioni e della funzione della rappresentanza. Tutte cose odiose in assoluto, ma che oggi risultano giustamente intollerabili, mentre si chiede agli italiani di stringere la cinghia.
Quindi, l'antipolitica si combatte soprattutto con il rigore dei comportamenti, con la sobrietà e con il rispetto per le istituzioni. Si combatte però anche difendendo con orgoglio le istituzioni, senza cedere alla tentazione di aggiungere la propria voce - a volte si fa anche nei luoghi della politica - al coro di quelli che gridano che tutto fa schifo, magari nel tentativo ipocrita di cercare indulgenza per se stessi. Il voto di questo provvedimento, conosciuto anche come «decreto sui costi della politica», deve servire pure ad affermare che c'è una cattiva politica che va combattuta, ma c'è ancora, per fortuna, una buona politica che andrebbe incoraggiata e riconosciuta. In politica, d'altra parte, così come nella vita, ci sono i ladri e ci sono le persone perbene.
Noi votiamo in maniera convinta la fiducia su questo provvedimento per queste ragioni, ma anche perché contiene alcune altre norme che, nel dibattito in Commissione, svolto attraverso gli interventi dei colleghi Libè, Tassone, Mantini e Ciccanti, abbiamo condiviso.
Vorrei citarne soltanto due: quella sul fondo per i prestiti ai comuni in pre-dissesto, che consentirà di fare emergere per tempo in molte nostre città situazioni che altrimenti potrebbero condurre al default della finanza locale in quelle città nel futuro prossimo. Con il fondo di oltre 500 milioni che si istituisce, si impegnano i comuni a bonificare i propri bilanci ed a porre in essere comportamenti più virtuosi. Nello stesso tempo, si fa in modo che questi 500 milioni possano servire a pagare i debiti dei comuni verso le imprese. Pag. 11
Abbiamo condiviso, inoltre, la norma sul differimento dei pagamenti dei tributi e dei contributi per le popolazioni colpite dal terremoto. Anche su questo tema c'era una nostra proposta emendativa, a firma del collega Libè, e siamo contenti che, anche su questo argomento, come su quello dei controlli, infine il confronto tra Governo e Parlamento abbia prodotto un testo migliore.
Per queste ragioni, signor Presidente, noi esprimiamo un voto convinto e favorevole sulla questione di fiducia posta dal Governo. Lo abbiamo fatto in altre occasioni, riconoscendo al Governo di avere svolto una funzione di supplenza rispetto alla politica e alle inadempienze della politica negli ultimi vent'anni. Oggi lo facciamo in maniera ancora più convinta - se possibile - perché su questo tema, sul tema che riguarda il corretto funzionamento delle autonomie locali, dei livelli di governo regionali e degli enti locali, la nostra posizione, che prima era una posizione assolutamente minoritaria in quest'Aula, oggi sembra diventare la posizione prevalente, tanto da indurre il Governo ad intervenire proprio su questa materia con i criteri dell'urgenza e della necessità (Applausi dei deputati del gruppo Unione di Centro per il Terzo Polo).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Bragantini. Ne ha facoltà.

MATTEO BRAGANTINI. Signor Presidente, signori componenti del Governo, onorevoli colleghi, vorrei iniziare immediatamente collegandomi al discorso appena fatto da un esponente dell'Unione di Centro di una regione come la Calabria, erede di un partito centralista che ha distrutto quest'Italia (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania), perché dobbiamo ricordarci che il debito pubblico non è stato creato dal federalismo, ma è stato creato da un sistema centrale asfissiante, che ha creato tantissimi danni a questo Stato, un sistema rispetto al quale, dal punto di vista della morale, abbiamo visto cosa è successo e abbiamo assistito a tutti gli scandali. Vi erano Ministri della sanità che in casa avevano i lingotti d'oro, perché avevano rubato così tanto che non sapevano dove mettere i soldi e non mi sembra che appartenessero a partiti federalisti. Abbiamo visto la situazione di una regione dove vi è un'evasione gigantesca, dall'IVA all'abusivismo. Dunque, una cosa incredibile e indecente!
La cosa che bisognava fare - e siamo già in ritardo e lo diciamo ormai da vent'anni - era un federalismo più spinto: dare alle regioni e ai comuni le competenze e i soldi. Ma, i soldi devono andarseli a prendere loro, così se una regione spende male i soldi dei propri cittadini i cittadini possono vedere e possono mandare a casa tutti i politicanti che hanno distrutto questo Stato. Questo è quello che ogni tanto bisogna ricordarsi. Adesso è inutile parlare contro il federalismo, quando non vi è ancora un federalismo vero, un federalismo come quello che esiste in Germania o negli Stati Uniti, dove funziona. Questa è veramente una cosa indegna e ingiusta: dimenticare tutti gli scandali, perpetrati da molti esponenti della DC o di altri partiti che erano presenti nella prima repubblica, vuol dire avere la memoria corta.
Dunque, noi ci ribelliamo veramente a questa falsa immagine delle autonomie e del federalismo, perché finora non l'abbiamo ancora veramente provato. Non ci piace vedere che questo Governo vuole ritornare a uno Stato centrale, che possa comandare, che possa di nuovo imporre a tutti i popoli di questo Stato le proprie regole, magari aiutando sempre i soliti popoli. Anche di questo provvedimento si è parlato e si è discusso tantissimo in Commissione e, addirittura, il Governo aveva avanzato una minaccia, dicendo che se non si cambiava il testo del provvedimento forse si poteva porre la fiducia su un provvedimento che non era rispondente alla volontà della Commissione (sto parlando dei terremotati dell'Emilia). Questo Governo addirittura non voleva e non concepiva che si potessero semplicemente sospendere le imposte per queste popolazioni, che sono state colpite da un gravissimo Pag. 12cataclisma, quando negli anni passati - non tantissimo tempo fa, rispetto a popolazioni colpite da un cataclisma, mi riferisco soprattutto a popolazioni del Sud, magari da un terremoto, da un'alluvione, da una nevicata di tre centimetri - questo Governo o Governi precedenti, non della Lega, volevano addirittura - e l'hanno fatto - cancellare le tasse. Dunque, dei popoli del Nord vi dimenticate sempre!
Voi siete un Governo arrogante, un Governo che continua a porre la questione di fiducia, anche se avete una maggioranza gigantesca. Un Governo che ha dimostrato, proprio ieri, di voler imporre la propria linea senza ascoltare il Parlamento. Venerdì, tutti insieme avevamo approvato tre emendamenti, ma voi, ieri, avete presentato degli altri emendamenti per ritornare al testo originario. Questa è una vicenda veramente irrituale e significa andare davvero contro la volontà del Parlamento. Vi ricordo che in questo Stato il Governo non ha il potere legislativo. Il potere legislativo lo ha il Parlamento, formato dagli eletti dai cittadini. Voi siete stati semplicemente nominati (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania)! Dunque, non siete i padreterni! Diventate un po' più umili e ascoltate. Qui, non ci sono persone che non capiscono niente di politica o di questioni tecniche. Penso, invece, che vi siano tantissimi professionisti, tantissime persone che si impegnano e studiano.
Poi magari in tutto questo gruppo c'è qualcuno che non si impegna e magari qualcuno dei politici ha rovinato la faccia della politica nei confronti dei cittadini, ma non siamo tutti così. Qui ci sono persone che ci credono, che si impegnano e vogliono fare il bene del proprio popolo, dei nostri popoli. Siamo stufi di vedere che, ad esempio, si parla di sanare e di andare a tagliare una falsa politica, una politica degli sprechi, e nello stesso tempo in questo provvedimento date una mano a quei comuni che sono andati in dissesto finanziario, date una mano ai comuni più grandi, magari, come al solito, a comuni come quello di Napoli. Questa è una cosa indegna. Chi ha sbagliato deve pagare e cominciare veramente a farlo (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania). Noi avevamo già previsto nel provvedimento sul federalismo fiscale che un amministratore che manda in dissesto il proprio comune va a casa e non viene più eletto. Questo è quello che bisogna fare (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania). Dico di più: bisogna chiedergli anche i danni, perché la cosa è indegna.
Poi quando si parla di coperture, si trovano sempre nuove tasse per i nostri cittadini, però non si ricorda mai di andare a colpire veramente chi ha i soldi. Nel 2010 avevamo previsto un piccolo contributo per tutti quei dirigenti dello Stato che prendono più di 90 mila o 150 mila euro. La Corte costituzionale ha detto che è illegittimo, e voi non vi siete preoccupati di fare una norma uguale o simile che fosse legittima. Un dipendente pubblico che prende 300 mila o 400 mila euro può benissimo rinunciare in un periodo di crisi a 2000, 3000 o 4000 euro, invece di chiedere sempre ai pensionati, sempre ai nostri cittadini e sempre ai nostri artigiani.
Oppure: perché questo Governo non sta, non dico accelerando, ma almeno rispettando i tempi per quanto riguarda il tetto per gli stipendi dei manager della pubblica amministrazione o delle società partecipate dallo Stato? Questa è una norma che è passata a dicembre dell'anno scorso. Per quanto riguarda le partecipate, avete chiesto una proroga, ma dobbiamo ancora vedere quando verrà messo un tetto per tutti quei dirigenti delle partecipate dello Stato. Non se ne parla più. Per quanto riguarda la pubblica amministrazione, neanche un mese fa, dunque solo dopo nove mesi, il Ministro, vostro collega, Patroni Griffi, è venuto a dirci in Commissione che si stanno ancora aspettando i dati, perché non sappiamo ancora quali sono i dipendenti dello Stato che prendono più di 300 mila euro. Ma ci prendete in giro (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania)? Si va all'Agenzia delle entrate, si guarda la dichiarazione dei redditi e si capisce immediatamente. Se non sappiamo neanche quanto lo Stato paga i propri dipendenti, siamo alla frutta. Pag. 13O forse semplicemente voi, che venite da quel mondo, perché voi venite dal mondo dei boiardi di Stato e dei banchieri, non volete toccare i vostri stipendi (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania), che ricomincerete a prendere tra qualche mese. Allora, intanto vi tutelate voi e nel frattempo pagano i cittadini. Dopo forse vedremo cosa fare, se riusciamo a sfangarla anche questa volta. Questa è una cosa gravissima.
Oppure, per quanto riguarda le banche, perché non andiamo veramente a incidere e a cambiare il sistema? Si parlava di aumentare l'uso della carta di credito e delle carte bancomat. Va benissimo, siamo tutti d'accordo, ma perché non facciamo una norma che prevede che le carte di credito e i bancomat debbano avere commissioni zero, sia per i cittadini consumatori, sia per gli artigiani e i commercianti, come succede in moltissimi Stati (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania)? No, questo non lo dite mai. In fondo non volete fare arrabbiare i vostri padroni, quelli che vi hanno messo lì per controllare e per dare una mano a quelli - il che mi dà ancora più fastidio - che hanno creato questa crisi, perché le banche hanno creato questa crisi che stiamo subendo, che sta distruggendo la nostra economia. Invece di andarle a colpire, continuate a difenderle. Questa è una cosa gravissima ed è per questo motivo che noi voteremo anche questa volta contro la fiducia a questo Governo di boiardi e di arroganti (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Amici. Ne ha facoltà.

SESA AMICI. Signor Presidente, quando il decreto-legge è arrivato all'esame delle Commissioni I (Affari costituzionali) e V (Bilancio), pochi di noi credevano di poter apportare modifiche così sostanziali da essere esse stesse oggetto della posizione da parte del Governo della questione di fiducia.
Fiducia che il gruppo del Partito Democratico, da qui a pochi minuti, accorderà. L'incredulità non era dettata dalla sfiducia circa la capacità di agire concretamente nel modificare dei testi normativi, quanto, piuttosto, dal fatto che era di fronte a noi un complesso di un decreto-legge che riguardava ben tre questioni: la natura del decreto-legge, la sua ampiezza, la sua complessità; il clima e il contesto in cui il decreto-legge era stato pensato; inoltre, le implicazioni e i riflessi che le eventuali modifiche apportate avrebbero avuto nell'opinione pubblica, soprattutto, nella determinazione di un'opinione pubblica molto infastidita e indignata, giustamente, dal ridicolo con cui alcuni comportamenti individuali, ma non solo, hanno reso così deboli le istituzioni. Mi riferisco, in particolare, alle questioni che hanno riguardato una delle regioni d'Italia, vale a dire la regione Lazio.
Ebbene, noi, di fronte a queste tre grandi questioni, abbiamo agito assumendoci una responsabilità. Lo abbiamo fatto grazie ai relatori, ai quali va riconosciuta l'autorevolezza di non avere chinato la testa dentro una riarticolazione nuova e rinnovata nel rapporto tra Governo e Parlamento, rivendicando l'autonomia non come esempio di giaculatoria inesistente o come il rinfacciarci a vicenda elementi di difficoltà. Piuttosto, quella autorevolezza si è esercitata nel riscrivere fondamentalmente un articolo, l'articolo 1, che era quello legato a un aumento, secondo noi sbagliato - cercherò di motivarlo - dei poteri della Corte dei conti sugli atti intermedi dell'attività degli enti locali.
Inoltre, si è riscritto in maniera più forte e più cogente, con elementi sanzionatori che non erano previsti nella prima stesura del decreto-legge, l'articolo 2, quello relativo ai costi della politica per quanto riguarda le regioni. La natura di questo decreto-legge, quindi, partiva da questo clima, un clima emergenziale. Colleghi, quando si producono norme in un clima emergenziale, vi è sempre un filo molto labile, che in genere tiene conto dell'emergenza e della capacità concreta di risposta all'emergenza. Siamo su un crinale Pag. 14fra emergenza, sospensione della democrazia e forme di vero e proprio autoritarismo.
Che cos'era questo, se non l'articolo 1, così com'era stato presentato? Era di fronte a noi un attacco alla cultura dell'organizzazione costituzionale delle autonomie, che ci avrebbe consegnato uno Stato burocratico e che avrebbe determinato in questo Paese non l'esercizio concreto dei controlli sulle attività, ma la paralisi del sistema delle nostre autonomie.
La storia di questa Repubblica è una storia lunga e fatta anche di grandi e straordinarie battaglie civili, politiche, giuridiche e sociali, affinché lo Stato centrale desse conto della ricchezza e della pluralità delle autonomie di cui questa Repubblica si è nutrita. In un colpo solo, solo sulla base di una logica emergenziale di risposta, ma che non diviene una risposta, perché rimane solo emergenziale, si correva il rischio di dare un colpo di spugna a tutto questo.
Noi abbiamo riscritto l'articolo 1, completamente; non era mai successo e lo abbiamo fatto per affermare non l'idea dell'assenza dei controlli sugli enti locali - guai se passasse questo messaggio - ma esattamente quel controllo che deve essere svolto in una misura efficace sull'insieme delle attività. La Corte dei conti questo compito lo aveva già ed è legato all'articolo 100 della Costituzione e al fatto di poter controllare i bilanci di previsione e consuntivi, di intervenire non in forma ordinatoria rispetto agli enti locali, ma dentro quel concetto giuridico molto importante della leale collaborazione, e di intervenire per rimuovere le cause che impediscono una buona amministrazione, sancita, anche questa, dalla nostra Costituzione.
Abbiamo, quindi, tolto da questo decreto-legge questo elemento, che ci pareva smisurato, al punto tale - lo vorrei ricordare, lo hanno ricordato i colleghi nella discussione sulle linee generali - che vi era una norma veramente eccentrica, che prevedeva che, in caso di volontà di revoca di un dirigente finanziario di un singolo comune o di una provincia, fosse necessario il parere conforme del Ministero dell'interno e del Ministero dell'economia e delle finanze, o, per meglio dire, della Ragioneria generale dello Stato.
Eravamo di fronte ad uno degli elementi più fastidiosi nell'esercizio della responsabilità di chi amministra comunità locali. Credo che questo sia stato il punto sul quale abbiamo non solo insistito, ma che ha determinato la vera e propria riscrittura. Si potrebbe continuare molto su quell'articolo, su quegli elementi che facevano venire avanti un'idea di Stato burocratico, centralizzato, che ha al proprio interno una cultura non di uno Stato forte, ma di uno Stato debole che diventa forte con i soggetti più deboli; quindi, messa in discussione dell'architettura costituzionale.
Non ci siamo limitati solo a riscriverlo, abbiamo dato conto, invece, che è possibile ancora intervenire ridisegnando nell'efficacia dei controlli non solo quelli di legittimità sull'attività complessiva dell'ente, ma anche quelli interni, ridisegnando la figura del segretario comunale che, in qualche modo, non risponda più semplicemente all'idea fiduciaria che oggi contiene nell'esercizio della sua funzione dipendendo direttamente dal sindaco, ma che, nella legittimità degli atti, sia il garante dell'istituzione, quindi non solo della maggioranza che lo ha scelto, ma dell'intera comunità di quell'ente locale.
Ebbene, sapevamo che questa risposta andava data su questo aspetto. Non vi era dietro un'idea sbagliata dell'esercizio dei controlli da parte della Corte dei conti. Abbiamo mostrato, come dire, stupore - voglio dirlo anche in questa dichiarazione di voto di fiducia - nei confronti del fatto che il Presidente della Corte dei conti si fosse mostrato così sensibile, e che avesse ritenuto che tutto questo aumento dei poteri fosse tale da rendere la Corte efficace. È stata necessaria una lettera dei magistrati della Corte dei conti, inviata a tutti i parlamentari, per dire che a quell'aumento dei poteri corrispondeva un'assoluta incapacità degli stessi magistrati di Pag. 15svolgere effettivamente i controlli, se questi devono essere intermedi e non sui singoli atti o sull'insieme dell'attività.
Peggio, il retropensiero di questa cultura, che ha fatto da sfondo nella riscrittura dell'articolo, era dato da un terzo elemento. Vorrei ricordarlo ai colleghi perché oggi votiamo la questione di fiducia in maniera convinta, ma quella fiducia è più convinta proprio perché abbiamo «sminato» gli elementi che, in qualche modo, ledevano gli elementi di costituzionalità di questo profilo. I giudici della Corte potevano avvalersi anche del giudice giurisdizionale. La nostra Costituzione, in punta di diritto, guarda ai giudici giurisdizionali come ad un elemento di terzietà e se la Corte dei conti, nel momento in cui esercita il controllo, si avvale di un giudice giurisdizionale che dovrebbe poi giudicare ciò che ha controllato, capite bene che il paradosso suscitava non solo qualche elemento di perplessità, ma entrava nel merito di quale idea di Stato e di quale rapporto di leale collaborazione debbano esserci tra i livelli istituzionali in questo Paese. L'articolo è stato anche completamente riscritto con modifiche sostanziali riguardo al punto più delicato. Poc'anzi ho sentito le dichiarazioni di voto dei colleghi Occhiuto e Bragantini.

PRESIDENTE. La prego di concludere, onorevole Amici.

SESA AMICI. Mi avvio alla conclusione, signor Presidente. In ordine agli elementi che avevano degenerato nell'utilizzo delle risorse pubbliche affidate ai gruppi consiliari, alle indennità dei consiglieri regionali, andava data una risposta che non doveva essere quella di abbassare la testa, ma andava data una risposta vera e concreta a quella indignazione che tutto ciò aveva suscitato.
Abbiamo reso più espliciti anche gli elementi sanzionatori che nel decreto-legge non erano presenti perché il modo per la politica di trovare di nuovo una risorsa è che la sua risposta sia forte e non debole perché nella debolezza, anche della risposta della politica, vi è solo l'elemento di una degenerazione più completa.
Per questi motivi, insieme a molti altri, il Partito Democratico voterà favore della questione di fiducia sul decreto-legge in oggetto (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Ceroni. Ne ha facoltà.

REMIGIO CERONI. Signor Presidente, il decreto-legge che stiamo per approvare, il decreto-legge n. 174 del 10 ottobre 2012, è stato adottato dal Governo per dare una risposta immediata ai noti fatti di malcostume politico, che hanno interessato ultimamente più di una regione italiana e non solo.
Il provvedimento non è certamente la migliore risposta al problema di rendere più limpida e trasparente l'attività delle regioni e degli enti locali maggiori. Tuttavia è la risposta che è stata possibile approntare in tempi necessariamente brevi per far fronte all'ondata di proteste e di sdegno nel Paese dopo i fatti di cronaca più volte ricordati, che hanno determinato un'ulteriore perdita di credibilità della politica nei confronti dei cittadini alle prese con la più grave crisi economica che si ricordi a memoria d'uomo.
Il provvedimento è estremamente delicato e complesso per l'ampiezza della materia affrontata e per le conseguenze che può determinare. Grazie al lavoro della I Commissione (Affari costituzionali), della V Commissione (Bilancio), dei relatori e della disponibilità del Governo che, questa volta, ha dimostrato la massima collaborazione nonostante la richiesta di fiducia - siamo forse alla quarantaquattresima fiducia, abbiamo perso anche il conto, in meno di un anno - il testo è stato notevolmente migliorato rispetto alla stesura iniziale, che avrebbe creato non pochi problemi nella sua applicazione pratica e un conflitto aspro con gli enti locali e le regioni.
Restano comunque aperti i dubbi di costituzionalità del provvedimento che va a ledere pesantemente le prerogative e le garanzie di autonomia stabilite dalla Carta Pag. 16costituzionale in favore di regioni ed enti locali. Ma questo non ci deve meravigliare perché in questo Paese oramai la Costituzione è diventata un optional. Ci sono difensori della Costituzione ad intermittenza e forse in questo momento storico sono in letargo.
È stato detto che siamo in una situazione di emergenza. Allora tutto è possibile e tutto è consentito. Ritengo che questo provvedimento prima di venire alla luce necessitava di una modifica del Titolo V della Costituzione, come per sopprimere le province, ma ancor prima era necessaria una riflessione sulla scellerata modifica del Titolo V della Costituzione, operata con la legge costituzionale n. 3 del 2001.
Non vi è dubbio che la scelta di trasferire competenze e risorse alle regioni ed agli enti locali senza predisporre adeguati strumenti di controllo e verifica è stato un errore clamoroso, che ha creato una serie di problematiche in termini di efficienza, efficacia ed economicità dei servizi ed un incontrollato sperpero di denaro pubblico; inoltre, ha determinato sacche ancora inesplorate di debito pubblico. Quanto debito pubblico è ancora nascosto nelle pieghe dei bilanci regionali? Solo Dio lo sa.
La decisione di affidare alla Corte dei conti maggiori controlli e poteri è stata una scelta giusta perché la Corte dei conti in questi anni, grazie al suo presidente, Luigi Giampaolino, alla sua struttura centrale ed alle sue articolazioni periferiche, si è dimostrata un organo di assoluta indipendenza, neutralità e competenza, al servizio del Paese, garante degli equilibri economico-finanziari dei conti pubblici e della corretta gestione delle risorse, capace di offrire analisi, spunti, e riflessioni su ogni provvedimento economico-finanziario con coraggio, chiarezza e senza peli sulla lingua.
Le correzioni apportate in sede di discussione del provvedimento hanno ridotto e razionalizzato il regime dei controlli che, come previsti nella stesura originaria, avrebbero di fatto - anche per l'esiguità dei mezzi e del personale in dotazione alla Corte dei conti - procurato la paralisi dell'attività delle regioni e degli enti locali. Alla fine la soluzione trovata è accettabile.
Il controllo della Corte dei conti dei bilanci preventivi e dei rendiconti consuntivi delle regioni e degli enti che compongono il Servizio sanitario nazionale, per verificare il rispetto degli obiettivi annuali posti dal Patto di stabilità interno e l'osservanza dei vincoli previsti in materia di indebitamento, è una cosa buona e sacrosanta, che avrebbe dovuto già essere adottata, perché è nella gestione del Servizio sanitario che le regioni hanno sperperato denaro pubblico a piene mani.
Il resto delle risorse a disposizione delle regioni è poca cosa: oramai i bilanci regionali impegnano nella sanità l'85-90 per cento delle risorse disponibili. Il Servizio sanitario è stato spesso utilizzato come ufficio di collocamento per sistemare gli «amici degli amici», per finanziare i mezzi di informazione attraverso inutili campagne pubblicitarie di servizi e attività, come se fossero merce da vendere. Il Servizio sanitario è stato un pozzo senza fondo, dove attingere risorse per ogni necessità, senza controlli, neanche quelli che sarebbero stati più naturali all'interno del consiglio regionale, perché la gestione è stata completamente in mano alle giunte locali. Sarebbe bello vedere quanti debiti si nascondono nelle pieghe dei bilanci della sanità delle regioni, oltre a quelli già noti e coperti a piè di lista dallo Stato attraverso mutui appositamente contratti.
Per ragioni di tempo mi limiterò ad elencare alcune delle altre norme buone contenute nel provvedimento. Buona è la riduzione dei costi della politica nelle regioni con razionalizzazione del numero di consiglieri regionali, assessori e relative indennità. Anche qui va detto che le regioni hanno utilizzato molto male la possibilità di stabilire il numero di consiglieri, assessori e relative indennità, perché esistono sperequazioni davvero incredibili da regione a regione.
Parimenti è condivisibile il controllo di spesa dei gruppi consiliari. Bene anche l'introduzione delle relazioni di inizio e fine mandato provinciali e comunali. Molto importante - ci tengo a sottolinearlo - Pag. 17mi pare anche l'introduzione della sanzione di incandidabilità per sindaci e presidenti di provincia che sono stati riconosciuti dalla Corte dei conti responsabili del dissesto del rispettivo ente. Certo, se questa norma fosse stata presente nell'ordinamento giuridico in vigore, molti autorevoli rappresentanti in questo Parlamento sarebbero stati costretti a svolgere anzitempo altro compito, altra mansione perché si sono resi protagonisti di dissesti incredibili.
Non vi è dubbio che a portare in dissesto gli enti locali sia stata una scuola di pensiero che si è molto affermata e divulgata in certe realtà. Per questo ritengo molto discutibile la previsione di cui agli articoli 4 e 5 di un Fondo di rotazione per assicurare la stabilità finanziaria degli enti locali - 30 milioni per il 2012 e 200 milioni per il 2013 - e anticipazioni per gli enti per i quali sussistano eccezionali squilibri strutturali di bilancio.
Dovrebbero essere chiamati i responsabili del disastro a rispondere delle loro azioni. Non dovrebbero poterla fare franca. Buone anche le norme per le zone terremotate dell'Emilia Romagna, anche se avremmo voluto fare di più, ma la mancanza di risorse non ha consentito il pieno accoglimento delle proposte che sono state in discussione e avanzate da più parti. Nel complesso quindi il provvedimento dà una prima risposta alla necessità di far fronte alla questione morale dell'uso corretto del denaro pubblico, problema che riguarda non solo regioni ed enti locali ma l'intera pubblica amministrazione, se è vero che, come dice la Corte dei conti, la corruzione pesa nel nostro Paese per circa 60 miliardi di euro l'anno; problema che riguarda non solo la politica ma anche la burocrazia del nostro Paese. Bisogna tuttavia ammettere che per affrontare in maniera risolutiva la questione non bastano le norme repressive come la legge contro la corruzione che abbiamo approvato la settimana scorsa, non basta rafforzare i meccanismi di prevenzione, controllo e verifica, come previsto in questo decreto-legge. Credo che serva anche uno sforzo collettivo generale, una svolta culturale per restituire efficienza e credibilità alla pubblica amministrazione. Per concludere vorrei richiamare...

PRESIDENTE. La prego di concludere.

REMIGIO CERONI. ...sto per concludere, Presidente, l'attenzione di tutti per evitare di fare di ogni erba un fascio, perché bisogna riconoscere che ci sono tanti rappresentanti politici e funzionari pubblici che operano in assoluta correttezza e in spirito di servizio, che svolgono il loro compito in maniera esemplare. Quindi per fare bene dobbiamo isolare i malfattori e restituire dignità a coloro che operano in assoluta trasparenza e con rispetto delle regole. È per questa ragione che il gruppo del Popolo della Libertà esprimerà la sua fiducia al decreto-legge in esame (Applausi dei deputati del gruppo Popolo della Libertà).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Vassallo. Ne ha facoltà.

SALVATORE VASSALLO. Signor Presidente, intervengo solo per dire, nel minuto che ho a disposizione, che voterò la fiducia con meno convinzione di quanto non abbia detto, a nome del gruppo, la collega Amici, perché penso che su questioni cruciali che riguardano i costi della politica e i controlli, questo decreto non corrisponda del tutto a ciò che sarebbe stato necessario; per tre ragioni, sostanzialmente.
Per quanto riguarda le indennità, esso continua a reiterare l'idea che non ci sia una chiara distinzione tra le indennità in senso stretto, che sono le risorse che legittimamente possono diventare reddito personale, e le altre risorse che vengono messe a disposizione per l'esercizio del mandato, che devono essere chiaramente distinte. Il parametro che abbiamo stabilito mette tutto insieme.
In secondo luogo, per quanto riguarda i gruppi, stabilisce parametri molto rigorosi, ma solo per una piccola fetta delle risorse che sono messe a disposizione dei Pag. 18gruppi, perché non tocca in alcun modo gli oneri relativi al personale, lasciando molte sperequazioni tra le regioni e non affronta una questione che, invece, riguarda una parte consistente delle risorse messe a disposizione dei gruppi.
Per quanto riguarda i controlli, è vero che sono meno pesanti di quanto era stato inizialmente previsto, ma sono ugualmente insostenibili sulla base dell'attuale organico della Corte dei conti, che poteva essere integrato, senza oneri aggiuntivi sugli equilibri di bilancio, usando i consistenti avanzi che i conti consuntivi della Corte registrano da alcuni anni a questa parte. Per queste ragioni, credo che su questa materia, purtroppo, bisognerà tornare.

PRESIDENTE. Sono così esaurite le dichiarazioni di voto sulla questione di fiducia.
Avendo la Conferenza dei presidenti di gruppo stabilito che la votazione per appello nominale avrebbe avuto inizio alle ore 11, sospendo la seduta fino a tale ora.

La seduta, sospesa alle 10,50, è ripresa alle 11,05.

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE ROSY BINDI

Sull'ordine dei lavori.

ROBERTO GIACHETTI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ROBERTO GIACHETTI. Signor Presidente, le rubo veramente solo trenta secondi. L'ho fatto mille volte in via riservata attraverso gli uffici, lo faccio ora in Aula perché ritengo che il problema non sia più un problema puramente tecnico-amministrativo, ma diventi un problema politico. Dico politico e non partitico, cioè un problema che, a mio avviso, riguarda la politica e anche la difesa della politica.
Lo dico in particolare perché, in talune occasioni, qualcuno di noi si è trovato a cercare di spiegare che, piuttosto che questione di soldi, di stipendi e via dicendo, la politica ha bisogno di servizi e che questi servizi siano possibilmente migliorati. Al di là di quello che succede qui dentro, noi siamo 630 persone, signor Presidente, penso che ciascuno di noi abbia alcuni collaboratori che lavorano in questo palazzo. Le assicuro che ormai è diventato, se non impossibile, davvero difficile poter utilizzare il servizio Internet della rete della Camera, perché è una situazione ingestibile.
Poiché noi lavoriamo qui dentro, abbiamo anche il dovere e il diritto di rispondere, per mille ragioni. Siccome non è mai servito a nulla, lo so, c'è il bilancio interno, abbiamo fatto ordini del giorno, abbiamo fatto qualunque cosa. Allora, io le dico: si faccia quello che si vuole, ma il problema non è più amministrativo o di bilancio, è un problema politico: un servizio per un deputato che possa svolgere il proprio lavoro qui dentro, dopo di che, siccome siamo saggi, abbiamo eliminato gli uffici e abbiamo eliminato tutto, va tutto bene, sono disposto a rinunciare a un pezzo del mio stipendio, ma datemi la possibilità di poter utilizzare i servizi che sono necessari per svolgere il mio lavoro di deputato (Applausi).

PRESIDENTE. La ringrazio, onorevole Giachetti, mi farò carico di riferire questa sua richiesta che, peraltro, mi sembra condivisa e anche apprezzabile, al Collegio dei Questori, affinché naturalmente si intervenga sul funzionamento del servizio.

GIANCARLO LEHNER. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà, però poi dobbiamo procedere con la chiama.

GIANCARLO LEHNER. Signor Presidente, vorrei aggiungere a nome dell'inefficienza assoluta, che siamo all'8 di novembre e gli addetti al sito www.camera.it, Pag. 19non hanno ancora aggiornato al mese di ottobre la partecipazione al voto. Mi pare che sia una cosa scandalosa e...

PRESIDENTE. Grazie, onorevole Lehner.

Si riprende la discussione.

(Votazione della questione di fiducia - Articolo unico - A.C. 5520-A/R)

PRESIDENTE. Passiamo, quindi, alla votazione. Indico la votazione per appello nominale sull'articolo unico del disegno di legge n. 5520-A/R, di conversione del decreto-legge in esame, nel nuovo testo approvato dalle Commissioni, sulla cui approvazione, senza emendamenti e articoli aggiuntivi, il Governo ha posto la questione di fiducia.
Per agevolare le operazioni di voto, invito i deputati ad avvicinarsi al banco della Presidenza secondo il proprio turno di votazione, che è evidenziato sul tabellone elettronico, evitando quindi di stazionare nell'emiciclo e di rendere così difficoltosa l'espressione del voto: esattamente quello che sta accadendo in questo momento.
Avverto che la Presidenza ha accolto alcune richieste di anticipazione del turno di voto dei deputati appartenenti a vari gruppi, che ne hanno fatta motivata richiesta per gravi ragioni personali o per impegni legati alla loro carica.
Estraggo a sorte il nome del deputato dal quale comincerà la chiama.

(Segue il sorteggio).

La chiama avrà inizio dall'onorevole Simonetti.
Invito i deputati segretari a procedere alla chiama.

(Segue la chiama).

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE ANTONIO LEONE (ore 11,35)

(Segue la chiama).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione:

Presenti 518
Votanti 502
Astenuti 16
Maggioranza 252
Hanno risposto 424
Hanno risposto no 78
(La Camera approva - Vedi votazioni).

Si intendono pertanto respinte tutte le proposte emendative presentate.

Hanno risposto si:

Abelli Gian Carlo
Abrignani Ignazio
Adinolfi Mario
Adornato Ferdinando
Agostini Luciano
Albini Tea
Albonetti Gabriele
Alfano Angelino
Alfano Gioacchino
Amici Sesa
Angelucci Antonio
Antonione Roberto
Aracu Sabatino
Argentin Ileana
Ascierto Filippo
Baccini Mario
Bachelet Giovanni Battista
Baldelli Simone
Barani Lucio
Barbaro Claudio
Barbi Mario
Barbieri Emerenzio
Baretta Pier Paolo
Bellanova Teresa
Beltrandi Marco
Benamati Gianluca
Berardi Amato Pag. 20
Bernardini Rita
Bernardo Maurizio
Bernini Anna Maria
Berretta Giuseppe
Bindi Rosy
Binetti Paola
Bobba Luigi
Bocchino Italo
Bocci Gianpiero
Bocciardo Mariella
Boccuzzi Antonio
Bonaiuti Paolo
Bonavitacola Fulvio
Bonciani Alessio
Bongiorno Giulia
Boniver Margherita
Bordo Michele
Bosi Francesco
Bossa Luisa
Braga Chiara
Brancher Aldo
Brandolini Sandro
Bratti Alessandro
Bressa Gianclaudio
Briguglio Carmelo
Brunetta Renato
Bruno Donato
Bucchino Gino
Buonfiglio Antonio
Burtone Giovanni Mario Salvino
Buttiglione Rocco
Calabria Annagrazia
Calderisi Giuseppe
Calgaro Marco
Calvisi Giulio
Cambursano Renato
Cannella Pietro
Capano Cinzia
Capodicasa Angelo
Cardinale Daniela
Carella Renzo
Carfagna Maria Rosaria
Carlucci Gabriella
Carra Enzo
Carra Marco
Casero Luigi
Casini Pier Ferdinando
Cassinelli Roberto
Castagnetti Pierluigi
Castellani Carla
Catone Giampiero
Causi Marco
Cavallaro Mario
Cazzola Giuliano
Ceccacci Rubino Fiorella
Cenni Susanna
Cera Angelo
Ceroni Remigio
Cesa Lorenzo
Cesario Bruno
Ciccanti Amedeo
Cicchitto Fabrizio
Ciccioli Carlo
Cicu Salvatore
Ciriello Pasquale
Codurelli Lucia
Colombo Furio
Colucci Francesco
Commercio Roberto Mario Sergio
Compagnon Angelo
Concia Anna Paola
Consolo Giuseppe
Conte Gianfranco
Conte Giorgio
Contento Manlio
Coscia Maria
Cosentino Nicola
Cosenza Giulia
Cossiga Giuseppe
Costa Enrico
Craxi Stefania Gabriella Anastasia
Crimi Rocco
Crolla Simone Andrea
Cuomo Antonio
Cuperlo Giovanni
D'Alema Massimo
D'Alessandro Luca
Dal Moro Gian Pietro
Damiano Cesare
D'Anna Vincenzo
D'Antona Olga
D'Antoni Sergio Antonio
De Biasi Emilia Grazia
De Corato Riccardo
Delfino Teresio
Della Vedova Benedetto
Dell'Elce Giovanni
De Luca Francesco
De Micheli Paola
De Nichilo Rizzoli Melania
De Pasquale Rosa
De Poli Antonio
De Torre Maria Letizia
Di Biagio Aldo Pag. 21
Di Cagno Abbrescia Simeone
Di Caterina Marcello
Di Centa Manuela
D'Incecco Vittoria
Dionisi Armando
D'Ippolito Vitale Ida
Di Virgilio Domenico
Duilio Lino
Fabbri Luigi
Fadda Paolo
Faenzi Monica
Fallica Giuseppe
Farina Gianni
Farina Renato
Farina Coscioni Maria Antonietta
Farinone Enrico
Ferranti Donatella
Ferrari Pierangelo
Fiano Emanuele
Fiorio Massimo
Fioroni Giuseppe
Fitto Raffaele
Fluvi Alberto
Fogliardi Giampaolo
Fontana Vincenzo Antonio
Fontanelli Paolo
Formichella Nicola
Formisano Anna Teresa
Foti Tommaso
Franceschini Dario
Frassinetti Paola
Froner Laura
Fucci Benedetto Francesco
Galati Giuseppe
Galletti Gian Luca
Galli Daniele
Garagnani Fabio
Garavini Laura
Garofalo Vincenzo
Garofani Francesco Saverio
Gasbarra Enrico
Gatti Maria Grazia
Gava Fabio
Gelmini Mariastella
Gentiloni Silveri Paolo
Germanà Antonino Salvatore
Ghiglia Agostino
Giachetti Roberto
Giacomelli Antonello
Giammanco Gabriella
Gibiino Vincenzo
Ginefra Dario
Ginoble Tommaso
Giorgetti Alberto
Giovanelli Oriano
Giro Francesco Maria
Gnecchi Marialuisa
Golfo Lella
Gottardo Isidoro
Gozi Sandro
Granata Benedetto Fabio
Grassi Gero
Graziano Stefano
Guzzanti Paolo
Iannuzzi Tino
Iapicca Maurizio
Laboccetta Amedeo
La Forgia Antonio
Laganà Fortugno Maria Grazia
Lainati Giorgio
La Loggia Enrico
La Malfa Giorgio
Lamorte Donato
Landolfi Mario
Lanzillotta Linda
Laratta Francesco
Lenzi Donata
Letta Enrico
Levi Ricardo Franco
Libè Mauro
Lisi Ugo
Lo Moro Doris
Lo Presti Antonino
Lorenzin Beatrice
Losacco Alberto
Lovelli Mario
Lucà Mimmo
Lulli Andrea
Lunardi Pietro
Lupi Maurizio
Lusetti Renzo
Madia Maria Anna
Malgieri Gennaro
Mantini Pierluigi
Mantovano Alfredo
Maran Alessandro
Marantelli Daniele
Marcazzan Pietro
Marchi Maino
Marchignoli Massimo
Marchioni Elisa
Margiotta Salvatore
Mariani Raffaella
Marinello Giuseppe Francesco Maria Pag. 22
Marini Cesare
Marrocu Siro
Martella Andrea
Martino Pierdomenico
Mastromauro Margherita Angela
Mattesini Donella
Mazzarella Eugenio
Mazzocchi Antonio
Mazzuca Giancarlo
Melandri Giovanna
Melchiorre Daniela
Melis Guido
Meloni Giorgia
Menia Roberto
Mereu Antonio
Merlo Giorgio
Merlo Ricardo Antonio
Merloni Maria Paola
Meta Michele Pompeo
Migliavacca Maurizio
Miglioli Ivano
Migliori Riccardo
Milanato Lorena
Milanese Marco Mario
Milo Antonio
Minardo Antonino
Minniti Marco
Miotto Anna Margherita
Misiti Aurelio Salvatore
Misuraca Dore
Moffa Silvano
Mogherini Rebesani Federica
Mondello Gabriella
Morassut Roberto
Moroni Chiara
Mosca Alessia Maria
Mosella Donato Renato
Motta Carmen
Mottola Giovanni Carlo Francesco
Murer Delia
Murgia Bruno
Muro Luigi
Naccarato Alessandro
Nannicini Rolando
Napoli Angela
Napoli Osvaldo
Narducci Franco
Naro Giuseppe
Nicolucci Massimo
Nucara Francesco
Occhiuto Roberto
Oliveri Sandro
Oliverio Nicodemo Nazzareno
Orsini Andrea
Ossorio Giuseppe
Pagano Alessandro
Paglia Gianfranco
Palmieri Antonio
Palumbo Giuseppe
Papa Alfonso
Parisi Arturo Mario Luigi
Parisi Massimo
Patarino Carmine Santo
Pedoto Luciana
Pelino Paola
Peluffo Vinicio Giuseppe Guido
Pepe Antonio
Pepe Mario (Misto-R-A)
Pepe Mario (PD)
Pescante Mario
Petrenga Giovanna
Pezzotta Savino
Pianetta Enrico
Piccolo Salvatore
Picierno Pina
Pionati Francesco
Pisicchio Pino
Piso Vincenzo
Pizzetti Luciano
Pizzolante Sergio
Poli Nedo Lorenzo
Pollastrini Barbara
Pompili Massimo
Porcu Carmelo
Porta Fabio
Portas Giacomo Antonio
Prestigiacomo Stefania
Proietti Cosimi Francesco
Pugliese Marco
Quartiani Erminio Angelo
Raisi Enzo
Rampelli Fabio
Rao Roberto
Ravetto Laura
Razzi Antonio
Realacci Ermete
Recchia Pier Fausto
Repetti Manuela
Ria Lorenzo
Rigoni Andrea
Roccella Eugenia
Romani Paolo
Romele Giuseppe
Ronchi Andrea Pag. 23
Rosato Ettore
Rossa Sabina
Rossi Luciano
Rosso Roberto
Rossomando Anna
Rotondi Gianfranco
Ruben Alessandro
Rubinato Simonetta
Ruggeri Salvatore
Rugghia Antonio
Russo Antonino
Russo Paolo
Saglia Stefano
Saltamartini Barbara
Sammarco Gianfranco
Samperi Marilena
Sanga Giovanni
Sani Luca
Santagata Giulio
Santori Angelo
Sardelli Luciano Mario
Sarubbi Andrea
Savino Elvira
Sbai Souad
Sbrollini Daniela
Scajola Claudio
Scalia Giuseppe
Scanderebech Deodato
Scapagnini Umberto
Scarpetti Lido
Scelli Maurizio
Schirru Amalia
Sereni Marina
Servodio Giuseppina
Simeoni Giorgio
Siragusa Alessandra
Speciale Roberto
Sposetti Ugo
Stagno d'Alcontres Francesco
Stanca Lucio
Stracquadanio Giorgio Clelio
Strizzolo Ivano
Tabacci Bruno
Taddei Vincenzo
Tanoni Italo
Tassone Mario
Tempestini Francesco
Tenaglia Lanfranco
Terranova Giacomo
Testa Federico
Testoni Piero
Toccafondi Gabriele
Tocci Walter
Tortoli Roberto
Toto Daniele
Touadi Jean Leonard
Trappolino Carlo Emanuele
Tullo Mario
Turco Livia
Turco Maurizio
Urso Adolfo
Vaccaro Guglielmo
Valducci Mario
Valentini Valentino
Vassallo Salvatore
Vella Paolo
Velo Silvia
Veltroni Walter
Ventucci Cosimo
Ventura Michele
Verducci Francesco
Verini Walter
Vico Ludovico
Vignali Raffaello
Viola Rodolfo Giuliano
Vitali Luigi
Vito Elio
Volontè Luca
Zaccaria Roberto
Zampa Sandra
Zamparutti Elisabetta
Zani Ezio
Zinzi Domenico
Zucchi Angelo
Zunino Massimo

Hanno risposto no:

Alessandri Angelo
Allasia Stefano
Aracri Francesco
Armosino Maria Teresa
Barbato Francesco
Beccalossi Viviana
Belcastro Elio Vittorio
Bertolini Isabella
Bianconi Maurizio
Biasotti Sandro
Bitonci Massimo
Bonino Guido
Borghesi Antonio
Bossi Umberto
Bragantini Matteo
Buonanno Gianluca Pag. 24
Callegari Corrado
Chiappori Giacomo
Cimadoro Gabriele
Comaroli Silvana Andreina
Consiglio Nunziante
Crosetto Guido
Crosio Jonny
Desiderati Marco
Di Giuseppe Anita
Dima Giovanni
Di Pietro Antonio
Di Stanislao Augusto
Di Vizia Gian Carlo
Donadi Massimo
Dozzo Gianpaolo
Dussin Guido
Evangelisti Fabio
Fabi Sabina
Fava Giovanni
Favia David
Fedriga Massimiliano
Fogliato Sebastiano
Follegot Fulvio
Forcolin Gianluca
Formisano Aniello
Fugatti Maurizio
Gidoni Franco
Giorgetti Giancarlo
Goisis Paola
Grimoldi Paolo
Iannaccone Arturo
Isidori Eraldo
Lanzarin Manuela
Lo Monte Carmelo
Lussana Carolina
Maggioni Marco
Meroni Fabio
Molteni Laura
Molteni Nicola
Montagnoli Alessandro
Munerato Emanuela
Mussolini Alessandra
Negro Giovanna
Nicco Roberto Rolando
Nizzi Settimo
Palagiano Antonio
Palomba Federico
Paolini Luca Rodolfo
Pastore Maria Piera
Piffari Sergio Michele
Pili Mauro
Pini Gianluca
Porcino Gaetano
Porfidia Americo
Rivolta Erica
Rondini Marco
Simonetti Roberto
Stucchi Giacomo
Togni Renato Walter
Torazzi Alberto
Vanalli Pierguido
Zazzera Pierfelice

Si sono astenuti:

Bellotti Luca
Bergamini Deborah
Castiello Giuseppina
De Camillis Sabrina
Gianni Giuseppe
Giulietti Giuseppe
Iannarilli Antonello
Lehner Giancarlo
Martino Antonio
Minasso Eugenio
Moles Giuseppe
Nola Carlo
Pisacane Michele
Romano Francesco Saverio
Ruvolo Giuseppe
Santelli Jole

Sono in missione:

Brugger Siegfried
Caparini Davide
Cirielli Edmondo
Corsini Paolo
Dal Lago Manuela
D'Amico Claudio
Fontana Gregorio
Jannone Giorgio
Leo Maurizio
Leone Antonio
Lombardo Angelo Salvatore
Mecacci Matteo
Mura Silvana
Pecorella Gaetano
Picchi Guglielmo
Stefani Stefano

Pag. 25

(Esame degli ordini del giorno - A.C. 5520-A/R)

PRESIDENTE. Passiamo all'esame degli ordini del giorno presentati (Vedi l'allegato A - A.C. 5520-A/R).
Ricordo che, come stabilito dalla Conferenza dei presidenti di gruppo, nella seduta odierna avranno luogo esclusivamente l'illustrazione degli ordini del giorno e l'espressione del parere da parte del rappresentante del Governo.
Avverto che la Presidenza non ritiene ammissibili, ai sensi dell'articolo 89, comma 1, del Regolamento, in quanto recanti un contenuto estraneo a quello del provvedimento in esame, i seguenti ordini del giorno: Mereu n. 9/5520-A-R/17, concernente il distacco di due comuni dal Veneto per l'aggregazione al Friuli Venezia Giulia; Galli n. 9/5520-A-R/20, in materia di regolamentazione delle attività di lobby; Miotto n. 9/5520-A-R/22, relativo all'inserimento degli Istituti pubblici di assistenza e beneficenza tra i soggetti pubblici esclusi dall'applicazione dei limiti in materia di turn over; Catanoso n. 9/5520-A-R/29, che riguarda la stabilizzazione dei lavoratori socialmente utili della regione siciliana; Meroni n. 9/5520-A-R/40, concernente il rafforzamento del soccorso tecnico urgente e del Corpo nazionale dei Vigili del fuoco e Gidoni n. 9/5520-A-R/48, recante iniziative in favore della polizia locale al fine di favorire il riconoscimento delle prestazioni per incidenti o infortuni.
L'onorevole Mazzocchi ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno n. 9/5520-A-R/5.

ANTONIO MAZZOCCHI. Signor Presidente, onorevole rappresentante del Governo, con l'ordine del giorno che insieme alla collega Bernini abbiamo presentato, desideriamo sottoporre alla vostra attenzione la problematica che scaturisce dalla difficoltà di interpretare l'articolo 2 del decreto-legge 10 ottobre 2012, n. 174, con il quale il Governo ha invitato, pena la mancata erogazione di una quota pari all'80 per cento dei trasferimenti erariali a favore delle regioni nonché al 5 per cento dei trasferimenti erariali destinati al finanziamento del Servizio sanitario nazionale, le regioni a dare attuazione con le modalità previste dai propri ordinamenti ed entro il termine del 30 novembre 2012 ovvero entro 6 mesi dalla data di entrata in vigore del presente decreto-legge, ad una serie di misure volte a garantire la riduzione dei costi della politica tra le quali rientra la riduzione del numero dei consiglieri ai sensi dell'articolo 14, comma 1, lettera a), del decreto-legge 13 agosto 2011, n. 138.
Al comma 3 dello stesso articolo 2 il legislatore ha previsto che anche le regioni nelle quali alla data di entrata in vigore del presente decreto-legge il presidente della regione abbia presentato le dimissioni, ovvero si debbano svolgere le consultazioni elettorali entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto-legge, debbano adeguare i loro ordinamenti per dare attuazione alle misure di contenimento dei costi ma, giustamente, entro termini diversi ovvero sei mesi dalla data della prima riunione del nuovo consiglio regionale.
Con l'ultimo capoverso dell'articolo 2 comma 3 invece il legislatore ha sancito che se all'atto dell'indizione delle elezioni per il rinnovo del consiglio regionale la regione non ha provveduto all'adeguamento statutario nei termini di cui all'articolo 14, comma 1, lettera a), del decreto-legge 13 agosto 2011, n. 138, le elezioni sono indette per il numero massimo dei consiglieri regionali previsto in rapporto alla popolazione del medesimo articolo.
Tale ultima disposizione, qualora dovesse intendersi applicabile a tutte le regioni, comprese quelle in cui il presidente risulti dimissionario ovvero si debbano svolgere le consultazioni elettorali entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto-legge, risulterebbe in forte contraddizione con le disposizioni precedenti, attraverso le quali si sono voluti stabilire appositamente termini di adeguamento statutario più lunghi ovvero sei mesi dalla data della prima riunione del nuovo consiglio regionale, tenuto Pag. 26conto del fatto che tali regioni sono competenti a deliberare solo atti di ordinaria amministrazione.
Se così non fosse - come auspico - tale ultima disposizione non deve intendersi applicabile a quelle regioni per le quali il legislatore ha rinviato la decisione di ogni modifica statutaria in materia al nuovo consiglio regionale. L'interpretazione di tale disposizione sta generando grande confusione, basta leggere i giornali di oggi.
Si pensi al caso Lazio, in cui il presidente risulta dimissionario ed il cui statuto prevede 70 consiglieri anziché 50. Qualunque modifica statutaria volta all'adeguamento ai nuovi parametri, non può che essere rinviata a dopo le elezioni e, nello specifico, a quando si formerà un nuovo consiglio regionale. D'altronde, non potrebbe che essere così, altrimenti non solo non si troverebbe giustificazione alla volontà del Governo di stabilire termini diversi di adeguamento ai nuovi parametri, ma, ancor peggio, tale disposizione rischierebbe molto probabilmente di divenire oggetto di censura di incostituzionalità sulla base del rilievo che la stessa si configura nei termini di un obbligo di indire elezioni secondo un numero di consiglieri (cinquanta anziché settanta) stabiliti da un decreto e non da un'apposita modifica statutaria, nonostante i termini di adeguamento ai nuovi parametri non siano ancora scaduti.
I tagli imposti dal decreto non possono, ma soprattutto non debbono, potersi sostituire all'autonomia regionale in materia, garantita ai sensi dell'articolo 123 della nostra Costituzione.
La norma statutaria, come ribadito da recenti sentenze del TAR del Lazio e del Consiglio di Stato, ha forza prevalentemente sulla normativa statale. Non si contesta, dunque, lo diciamo con molta chiarezza, la bontà delle misure volte alla riduzione dei costi, ma piuttosto le modalità e l'interferenza sull'autonomia regionale.
Invitiamo, dunque, con questo nostro ordine del giorno, i rappresentati del Governo a fornire un chiarimento in materia onde evitare di ingenerare confusione e, conseguentemente, probabili ricorsi in tale materia. A tal proposito, voglio dire che già ci sono diversi partiti e diverse persone che sono pronte a presentare ricorso al TAR ed eventualmente anche ricorso alla Corte costituzionale per l'incostituzionalità di tali decisioni.

PRESIDENTE. L'onorevole Lanzarin ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno n. 9/5520-A-R/66.

MANUELA LANZARIN. Signor Presidente, non entro nel merito del provvedimento e delle modalità con le quali esso è arrivato in Aula: ennesima fiducia, ennesimo bavaglio per chi vuole cercare di porre delle migliorie, ma soprattutto per chi vuole cercare di lavorare per i territori. Sappiamo benissimo cosa è successo negli ultimi giorni rispetto a degli emendamenti che effettivamente mettevano in luce la necessità di salvaguardare gli enti locali e di dare la possibilità agli enti locali in questo momento, che sono sicuramente quelli che stanno subendo maggiormente i tagli da parte del Governo, di poter continuare a mettere in atto i servizi per i propri cittadini.
Nello specifico del mio ordine del giorno, invece, affronto un'altra questione, cioè quella della burocrazia. Questa è una questione che abbiamo ormai ribadito più volte in vari provvedimenti, ed è sicuramente uno dei mali principali del nostro Paese, uno dei mali che non permette ai cittadini, alle attività produttive, alle aziende di operare in tempi celeri. La troppa burocrazia che ingessa le procedure e che, alla fine, allontana anche chi ha la buona volontà di investire e di operare nel nostro Paese.
Nel caso specifico, in maniera ancora più dettagliata, ci riferiamo alla burocrazia rispetto a quei territori che sono oggetto di questo provvedimento e che sono stati colpiti dal terremoto del maggio scorso, e quindi all'Emilia al Veneto ed alla Lombardia.
Con questo ordine del giorno mettiamo in evidenza il fatto che, per questi territori, si deve cercare di fare tutto il possibile Pag. 27per accelerare le procedure autorizzative e quindi tutte quelle procedure che sono in capo agli enti locali o agli altri enti che hanno competenza in materia affinché chi vuole ricostruire e ripartire, sia messo nelle effettive possibilità di accelerare le procedure per il rilascio delle autorizzazioni edilizie.
Credo che sia un diritto sacrosanto e un dovere nostro, del legislatore e di chi fa politica, permettere - a chi ha subito dei grossi danni e a chi effettivamente si è visto in difficoltà per una calamità di questo tipo ed ha visto la propria casa, il proprio capannone ed il proprio negozio danneggiati e, con molto spirito di sacrificio vuole ripartire, ricostruire e cercare di rimettere in piedi i baluardi o i fondamenti di questa società, del lavoro e di tutto il resto - di farlo in tempi brevi, senza troppa burocrazia e senza troppi lacci e lacciuoli. Questo sicuramente rispettando le leggi e permettendo di rilasciare le autorizzazioni in tempi brevi.
Come abbiamo detto, ci sono stati tanti provvedimenti e questo Governo ha più volte cercato di ribadire il concetto di semplificazione e di sburocratizzazione, però, agli atti concretamente non l'abbiamo mai visto. Vi sono tanti provvedimenti che richiamano e paventano un'accelerazione delle procedure, uno snellimento della macchina organizzativa, ma poi, nel concreto, questo non si verifica.
Credo, come ho già avuto modo di dire, che sia doveroso da parte nostra, invece, proprio in questa situazione specifica - e, quindi, tenendo conto della situazione delle famiglie, delle attività produttive, dei commercianti che stanno cercando in tutto i modi, rimboccandosi le maniche, di far ripartire le proprie aziende, le proprie attività o solamente anche la propria abitazione - poterlo fare in tempi celeri. Quindi, sono per l'accelerazione di tutte queste procedure anche tramite strumenti come quelli dello sportello unico, che sono degli strumenti che in alcune zone hanno funzionato e hanno permesso di far ripartire, appunto, tutte quelle che sono le condizioni necessarie per dare anche, se vogliamo così, un contributo positivo a quello che è il rilancio dell'economia e a quello che è, soprattutto, il rilancio di un Paese che è stato fortemente danneggiato in questo frangente e con questo avvenimento.
Quindi, l'ordine del giorno va in questa direzione, chiedendo al Governo di permettere che siano messe in atto tutte quelle procedure che permettono, appunto, un'accelerazione o una minore burocrazia per questi territori.

PRESIDENTE. L'onorevole Mario Pepe (PD) ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno n. 9/5520-A-R/1.

MARIO PEPE (PD). Signor Presidente, la ringrazio e mando un saluto ai sottosegretari presenti. Il provvedimento di cui stiamo discutendo, sia pure in maniera così marginale, è un argomento molto delicato, perché evidenzia degli aspetti che vanno rimessi all'attenzione del Parlamento e anche delle forze politiche e delle forze sociali presenti nel nostro Paese.
In verità, si tratta dei provvedimenti sui quali il Governo pone la questione di fiducia, cosa che è comprensibile per quanto riguarda le questioni di ordine generale, ma d'altro canto, essa non è comprensibile perché si è di fronte ad un progressivo impoverimento della parte, in un certo senso, parlamentare sovrana, se è vero, come si afferma nella pubblicistica classica, che il Parlamento è sovrano perché rappresentativo degli interessi del Paese. Però, se leggiamo attentamente il provvedimento - e l'ordine del giorno è una chiave di lettura, al di là delle questioni contingenti, della filosofia generale del provvedimento - ci chiediamo che cosa stia accadendo, signor Presidente e signori sottosegretari. Sta accadendo che si sta affermando nel nostro Paese, pur non alimentato da una cultura dottrinaria presente, un centralismo autarchico per cui bisogna depauperare il sistema delle autonomie territoriali, pure così fortemente osannato e decantato nella storia di questo Parlamento a partire dalle riforme per Pag. 28attuare l'articolo 117 della Costituzione; oggi improvvisamente rinneghiamo tutta la cultura autonomistica, che ha trovato sintesi nei provvedimenti vigenti, e sposiamo la tesi di un centralismo che deve essere presente e deve sostituirsi, in maniera draconiana, ai doveri e agli obblighi degli enti territoriali sul territorio.
Mi rendo conto che le necessità oggettive, finanziarie ed economiche, pongono questa esigenza. Però, dobbiamo dire, anche con molta franchezza, che rischiamo di impoverire la democrazia nel sistema delle autonomie territoriali. Quando esse vengono meno e gridano fortemente a difficoltà strutturali per risolvere i problemi delle comunità locali, vi è il rischio allora che lì possa scatenarsi la ribellione delle comunità e dei cittadini, con un dissesto e con una discrasia sociale che non sempre sono componibili.
Allora dobbiamo essere molto cauti - lo dico ai sottosegretari - nel portare avanti queste logiche asseverative di un centralismo e penalizzare le autonomie territoriali, a partire dalle regioni, creando ed alimentando un clima di antipolitica, così spaventosamente progrediente nel nostro Paese. Presidente, il provvedimento di cui stiamo parlando - e l'ordine del giorno è un richiamo al Governo per l'approvazione del medesimo - nel guardare attentamente quello che accade nelle comunità locali, è un abbandono totale del testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali, il decreto legislativo n. 267 del 2000. In quel provvedimento abbiamo fatto grandi passi avanti, perché storicamente abbiamo riformato, dal 1914 e dal 1934, il concetto di autonomia e l'articolazione istituzionale delle autonomie; oggi lo si impoverisce, eliminando molti articoli del suddetto decreto legislativo n. 267. Mi auguro che il Governo possa accogliere quest'ordine del giorno, non per dare soddisfazione ad una particolare istanza di un parlamentare, ma per riflettere attentamente su quello che sta accadendo nel nostro Paese (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Constato l'assenza dell'onorevole Rivolta: s'intende che abbia rinunziato a illustrare il suo ordine del giorno.
L'onorevole Toccafondi ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno n. 5520-A-R/9.

GABRIELE TOCCAFONDI. Signor Presidente, ringrazio anche i rappresentanti del Governo, che penso possano intuire il tema dell'ordine del giorno, viste le lunghe discussioni in questi giorni in Commissione, riferito al pagamento dell'imposta municipale unica da parte degli enti non profit. Signor Presidente, il Governo bene ha fatto con l'articolo 9, comma 6, a inserire una modifica normativa per quanto riguarda le esenzioni dal pagamento dell'IMU, perché in questi anni, tra le varie interpretazioni dell'articolo sulle esenzioni, si era creato un problema del tutto evidente, emerso da articoli di stampa o servizi televisivi, ovvero qualcuno, con questa interpretazione, svolgendo un'attività imprenditoriale a tutti gli effetti, finiva per non pagare questa imposta, mettendo in pericolo chi invece giustamente non la paga perché svolge un'attività rivolta a tutti, cioè pubblica. Quindi, bene ha fatto Governo con la modifica dell'interpretazione della norma; ma attenzione perché, se lo spartiacque per pagare o meno questa imposta non è scritto bene, non è chiaro e non è netto, tutto ciò può portare a problemi veramente gravi al mondo del no profit, delle ONLUS e del volontariato. Se lo spartiacque rimane, come è rimasto poi alla fine dopo il lavoro fatto con gli emendamenti, quello scritto dal Governo, ovvero le «modalità non commerciali» - questo è il discrimine che da oggi sussiste per pagare o meno l'imposta municipale sugli immobili - ciò genera - lo ripeto ancora una volta - solo ambiguità e interpretazioni molto difficili, su cui poi dovranno operare per forza di cose i singoli comuni. Mi chiedo e vi ho chiesto anche più volte, cosa voglia dire «modalità commerciali».
Infatti, un'associazione che svolge riabilitazione, che svolge assistenza, che fa Pag. 29attività di recupero, svolge attività commerciale, perché, magari, rispettando la legge, deve avere del personale, degli strumenti e delle qualifiche interne, nel rispetto della normativa vigente; magari hanno rette, convenzioni, utenze, affitti, cioè svolgono attività commerciali. Ma, ancora di più, una mensa per poveri che compra il cibo, paga con un contratto regolare un cuoco, ha un affitto, svolge attività commerciale.
Chi svolge attività, attraverso le misericordie o le pubbliche assistenze, di primo soccorso, svolge attività commerciale, perché, magari, ha una convenzione con una ASL o con una regione. E che facciamo, gli chiediamo l'imposta sulla rimessa dove sono parcheggiate le autoambulanze?
Infatti, questo alla fine rischiamo di fare, se non si cambia e non si chiarisce qual è lo spartiacque. Il Popolo della Libertà, il sottoscritto, aveva proposto un emendamento, come voi sapete: invece che il riferimento ad attività commerciale o non commerciale, il discrimine, lo spartiacque tra pagare l'IMU o non pagarla, poteva essere quello tra attività lucrative o non lucrative, perché questo è un concetto chiaro.
È un concetto talmente chiaro che venerdì sera il Governo e la Commissione, all'unanimità, lo hanno accettato. Lunedì mattina il testo doveva venire in Aula, ma il Governo ha chiesto un'urgente modifica, e quindi si è ritornati al testo base. Con l'ordine del giorno in questione noi chiediamo quello che siamo certi il Governo farà, ovvero ben comprendere quanto ho detto...

PRESIDENTE. La prego di concludere, onorevole Toccafondi.

GABRIELE TOCCAFONDI. ...scrivendo bene il regolamento che la Presidenza del Consiglio sta per scrivere e scrivendo le circolari interpretative nel miglior modo possibile, ovvero salvaguardando il non profit e il mondo delle ONLUS.

PRESIDENTE. L'onorevole Maggioni ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno n. 9/5520-A-R/32.

MARCO MAGGIONI. Signor Presidente, signor rappresentante del Governo, onorevoli colleghi, l'ordine del giorno che porta la mia firma tocca il tema dei BIM, acronimo che sta per bacini imbriferi montani. Nel 1953, con la legge n. 959, furono istituiti 61 consorzi bacini imbriferi montani con l'obiettivo di creare sviluppo, progresso e benessere per i territori, tutelando, al tempo stesso, i diritti delle popolazioni montane in relazione al fatto che in loco venivano sfruttate le acque per produrre forza motrice o, comunque, per produrre energia elettrica.
All'interno di questa legge si prevede che i concessionari di derivazioni d'acqua versino un sovracanone, che viene determinato per legge sulla base di determinati parametri. Questi bacini imbriferi montani, questi consorzi, evidentemente, non hanno raggiunto gli obiettivi che ci si era posti nel lontano 1953, e quindi noi auspichiamo che, in una fase di riorganizzazione e di revisione dell'assetto, anche a livello locale, delle istituzioni, si proceda ad una riforma profonda, che noi ribadiamo essere necessaria, di questi consorzi, sopprimendoli e trasferendo le competenze dei bacini imbriferi montani alle province e, in via residuale, ai comuni.
Nel trasferire le competenze chiediamo e proponiamo con questo ordine del giorno anche che le risorse derivanti dal sovracanone vengano lasciate sul territorio; vadano, quindi, alle province le quali, in questo modo, avranno anche le necessarie risorse per poter mettere in pratica le competenze loro attribuite.
Questo è ciò che chiediamo con l'ordine del giorno in oggetto che, ribadiamo, ha l'obiettivo di tutelare il territorio e renderlo, in materia di bacini montani, più efficiente andando incontro sia alle popolazioni che abitano in montagna, sia ai produttori di energia elettrica, quindi facendo un'operazione di sistema che riteniamo assolutamente utile, necessaria e non più prorogabile.

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PRESIDENTE. L'onorevole Marco Carra ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno n. 9/5520-A-R/19.

MARCO CARRA. Signor Presidente, con questo ordine del giorno vogliamo affrontare una questione piuttosto delicata, poiché questo atto riguarda una comunità della provincia mantovana della quale si è parlato poco, ma che è stata duramente colpita dagli eventi sismici del maggio scorso. Sto parlando di Sabbioneta, straordinaria località della mia provincia, detentrice di un patrimonio storico, artistico e culturale inestimabile.
Sabbioneta, riconosciuta qualche anno fa sito Unesco e quindi patrimonio dell'umanità, è stata profondamente ferita nel suo patrimonio storico, artistico e culturale. Vorrei ricordare i danni patiti dalla Galleria degli Antichi, dal Palazzo Giardino, dal Teatro all'Antica, dal Palazzo Ducale, dal Ponte di Porta Imperiale, dal Palazzo Forti, per un danno complessivo di oltre 3 milioni di euro.
Nelle settimane scorse mi sono messo in contatto con l'amministrazione comunale di Sabbioneta per valutare insieme quale percorso intraprendere. Nei giorni scorsi ho presentato un emendamento al decreto-legge in esame per tentare di far fronte a questi danni. L'emendamento non è stato approvato, ma tuttavia questo non ci impedisce di insistere in questa che considero una battaglia di civiltà. Peraltro, penso che potrebbe essere opportuno - da questo punto di vista, formulerò richiesta formale - che la Commissione cultura possa recarsi in quella località, visitare quella comunità e rendersi conto direttamente di quanto il terremoto ha «prodotto».
Ribadisco che con questo ordine del giorno chiediamo al Governo di verificare la possibilità di stanziare nel primo provvedimento utile una somma adeguata in favore del comune di Sabbioneta allo scopo di consentire il ripristino del patrimonio danneggiato.
Auspico che l'ordine del giorno in esame venga accettato. Non ho la pretesa che, parlando di Sabbioneta, sia l'umanità intera a farsene carico visto che è patrimonio dell'umanità, ma auspico che, attraverso l'accoglimento di questo ordine del giorno - cosa che reputo estremamente importante, al di là di quello che si dice relativamente agli ordini del giorno -, si avvii un percorso congiunto che veda protagonisti Governo, Parlamento ed enti locali con lo scopo di ripristinare il patrimonio artistico, storico e culturale di Sabbioneta (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. L'onorevole Negro ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno n. 9/5520-A-R/47.

GIOVANNA NEGRO. Signor Presidente, con questo ordine del giorno a mia firma vorrei porre l'attenzione sul problema della nuova tassazione sugli immobili rurali disposta dal decreto-legge n. 201 del 2011, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 214 del 2011. La suddetta nuova tassazione si traduce in un ulteriore incremento del peso fiscale a carico degli agricoltori, già penalizzati dalla crisi economica che colpisce questo settore in maniera significativa e mette a rischio chiusura molte aziende.
Se pensiamo poi al problema che stiamo affrontando in questi giorni, il problema delle aflatossine, nonché il problema di cui all'articolo 12 e, quindi, del pagamento in trenta giorni, risulta che abbiamo un grosso problema di liquidità che va a compromettere la situazione di questi ultimi mesi dell'anno.
Chiediamo, pertanto, al Governo di valutare l'opportunità di disporre la riduzione dell'imposta municipale sui terreni posseduti e condotti da coltivatori diretti ed imprenditori agricoli professionali tenendo conto del valore del terreno e del reddito imponibile lordo annuo del contribuente.
Questa richiesta la facciamo alla luce di alcune considerazioni, di alcune stime fatte in questi giorni, che dimostrano come l'IMU vada ad incidere pesantemente sugli agricoltori e quindi sui pagamenti. Vi chiediamo veramente di porre l'attenzione alla luce anche di proiezioni già fatte.

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PRESIDENTE. L'onorevole Montagnoli ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno n. 9/5520-A-R/70.

ALESSANDRO MONTAGNOLI. Signor Presidente, signor sottosegretario, il decreto-legge che stiamo esaminando tratta di disposizioni in materia di finanza e funzionamento degli enti territoriali, nonché delle zone terremotate.
L'obiettivo del Governo che si intende perseguire è quello del contenimento dei costi della politica delle regioni ed una migliore razionalizzazione della spesa pubblica. Ben venga, però siamo tutti consci dove sono gli esuberi di spesa e dove ci sono gli alti costi. Riteniamo che in questi anni gli enti locali abbiano fatto molte scelte importanti, a dir la verità non tutti gli enti locali di questo Paese, ma soprattutto una parte.
Noi riteniamo che sia fondamentale e sia arrivato il momento di fare delle scelte. Con questo ordine del giorno si impegna il Governo a fare una scelta del taglio maggiore nelle strutture centrali dello Stato. Riteniamo che nei Ministeri e nei vari enti vi siano notevolissimi spazi per tagliare la spesa pubblica e questo è l'invito che rivolgiamo con il mio ordine del giorno: si facciano delle scelte ben precise!
Basta a tagli lineari! Ci sono enti locali che hanno gli stessi dipendenti di 10, 15 e 20 anni fa con molte più competenze e che stanno rispondendo ai cittadini ed alle esigenze delle aziende, mentre c'è uno Stato centrale e carrozzone che non ha fatto le scelte opportune, cosa che si sarebbe ben fatta se fosse stato applicato il federalismo in maniera chiara e corretta in tutto il Paese.
Sappiamo che questo non è avvenuto, sappiamo che la spesa pubblica è sempre cresciuta in questi ultimi anni - ahimè, non ascoltando quello che chiedeva la Lega - e oggi abbiamo delle occasioni.
Siamo consci che siamo gli unici come movimento politico che chiede con forza questa scelta. Siamo gli unici che dicono, qui a Roma come al Nord, che non è accettabile che la regione Veneto abbia 3 mila dipendenti, con 5 milioni di abitanti, e che la regione Sicilia, con 5 milioni di abitanti, ne abbia 30 mila: 3 mila una, 30 mila l'altra!
Non è accettabile che un comune nel veronese - ne cito uno: Concamarise - ha mille abitanti e 4 dipendenti e un comune in Sicilia con gli stessi mille abitanti ne abbia 61. Non è più accettabile. Non è accettabile che il mio comune, Oppeano, che ha 10 mila abitanti, abbia 27 dipendenti e un comune con lo stesso numero di abitanti, al sud, ne abbia 200 o 300.
Non è accettabile neanche all'interno delle stesse amministrazioni dello Stato. Mi riferisco all'INPS, all'INAIL, alla Motorizzazione civile e ad altri enti statali che al Nord hanno molti meno dipendenti del Sud. Ma questo - c'è un appunto - sarebbe anche accettato se i servizi fossero fatti bene e di qualità. Ma basta andare a vedere la gestione della sanità, ovvero la differenza, non di chi gestisce la sanità, di colore politico di centrodestra o di centrosinistra, ma la differenza tra il nord e sud del Paese.
E allora abbiamo la possibilità, anzi, c'è una legge votata da questo Parlamento e in vigore che è quella sul federalismo, che prevede l'applicazione dei costi standard e questo significa che i servizi devono costare tanto al nord quanto al sud e per questo il personale deve essere tanto al nord quanto al sud e l'esempio per primo lo deve dare lo Stato.
Ho visto le statistiche pubblicate anche sul Il Sole 24 Ore dove, rispetto agli 11 mila esuberi che inizialmente si citavano, si sta ragionando intorno ai 6 mila tagli. Ebbene, noi pensiamo che siano molto di più. Se riteniamo di essere corretti e coerenti, così come chiediamo tagli agli enti locali, allora, allo stesso modo, tali deve farli per primo anche lo Stato centrale. Pertanto l'ordine del giorno, che mi auguro vedrà non solo l'approvazione del Governo ma anche l'applicazione operativa, chiede di cominciare a tagliare nello Stato centrale e meno negli enti locali e che se si taglia, come si deve fare, all'interno degli enti territoriali, lo si faccia non in maniera lineare ma cominciando a mandare a casa le centinaia di migliaia di Pag. 32persone che ci sono in certe realtà del sud e consentire a quelle realtà del nord, che sono virtuose e che rispettano le regole, di poter avere qualche persona in più. È una questione di dignità per chi amministra ed anche per il personale dipendente.

PRESIDENTE. Constato l'assenza dell'onorevole Goisis che aveva chiesto di illustrare il suo ordine del giorno n. 9/5520-A-R/37: s'intende che vi abbia rinunziato.
L'onorevole Buonanno ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno n. 9/5520-A-R/49.

GIANLUCA BUONANNO. Signor Presidente, c'era un collega che pensava di essere iscritto, ma vado avanti io. L'ordine del giorno n. 9/5520-A-R/49 parla di quella che è la reintroduzione di una tassa che noi ripudiamo, cioè l'IMU, per quanto riguarda la questione della prima casa.
Ricordo che nel precedente Governo questa tassa fu eliminata così come era stato promesso e, invece, tra le tantissime tasse che questo Governo ha reintrodotto o ha partorito di nuovo c'è anche quella dell'IMU.
Nell'ordine del giorno in esame diciamo che sostanzialmente i comuni, quando esisteva l'ICI, avevano la possibilità, per i figli e i parenti di persone che avevano una propria abitazione a disposizione, di assimilarla come fosse prima casa e non come seconda casa. Invece, con le normative attuate da questo Governo, se i figli o i parenti vivono in una casa di proprietà dei genitori, occorre pagare l'IMU come se fosse seconda casa.
L'unica cosa che si può fare come comuni - parlo anche da amministratore - è il fatto che si può, inserendolo nel regolamento, applicare l'aliquota minima sulla seconda casa, che è pari allo 0,76. Certamente si poteva fare meglio perché assimilando tali immobili alla prima casa la percentuale sarebbe stata molto più bassa. Allora noi chiediamo al Governo di rivedere questa norma e colgo anche l'occasione, visto che proprio questa mattina mi è arrivata... mi scuso, volevo chiedere al collega se può parlare più piano, perché sennò andiamo tutti al call center che stiamo meglio.
Dicevo che ho ricevuto questa mattina la censura da parte del Presidente della Camera perché avrei detto delle parolacce in merito all'IMU e siccome adesso sto parlando di IMU vorrei ribadire il mio concetto. Come amministratore oltre che da deputato vorrei sapere chi è quella mente volpina che è riuscita a far calcolare da Roma, quindi tramite il Governo, ai comuni, come se nella riscossione dell'IMU possano essere anche conteggiate, così come avete fatto voi, membri del Governo Monti, anche le scuole, ad esempio, o i municipi e facendo in modo che si possa vedere, da un punto di vista vostro, cioè strabico, che i comuni possano incassare «x» quando in realtà incasseranno «y». Se io devo tassare le «mie» scuole o il municipio, facendo vedere che ho un'entrata «x» ed invece non ce l'ho, voi state truffando i comuni.
Io allora vorrei sapere chi è? E l'altra volta - qui c'è la censura - mi sono permesso di dire «cretino» per dire chi è quella persona, e non lo dico più, l'ho detto solo adesso.

PRESIDENTE. Vuole essere censurato nuovamente?

GIANLUCA BUONANNO. No. Altrimenti uno dice, chissà cosa avrà detto? Non ho detto chissà quale parolaccia, ma siccome l'altra volta chi mi ha sgridato era la Bindi voglio sapere chi è quel bischero che ha introdotto una cosa del genere.
Alla fine vorrei capire: tutti i comuni d'Italia, che sono circa 8.103-104 (a seconda dei calcoli), sono presi in giro perché avete calcolato anche quello che noi non potremo mai andare a riscuotere.
Dico questo perché noi oggi siamo esattori per conto dello Stato, siamo esattori per conto vostro perché dobbiamo colpire la gente, soprattutto le fasce più deboli, perché la gran parte di quei soldi tornano qua. Quindi, noi facciamo gli esattori per conto dello Stato e il Governo Monti fa la bella figura di dire che sono Pag. 33bravi, buoni e belli. Intanto, incassate quasi 22 miliardi di euro e non è giusto. Allora dovreste lasciare in mano ai comuni la possibilità (come chiediamo in questo ordine del giorno) di poter decidere perlomeno, riguardo ai figli e se c'è una casa di proprietà e se i figli non pagano l'affitto, di far pagare l'imposta al proprietario come se quella fosse prima casa e non come se fosse seconda casa.
Non è che ci vuole chissà quale ingegno per trovare delle soluzioni del genere. Ci vuole anche qualcuno e capire chi è il bischero che fa calcolare - faccio l'esempio del mio comune, Varallo in Valsesia - dove questo giochino delle scuole, dei municipi e di altri artifici del comune ai quali io ovviamente non faccio pagare l'IMU, fa mancare decine di migliaia di euro di incasso che non c'è ma che lo Stato mi trattiene, perché comunque voi avete fatto dei conti che neanche mio figlio che ha nove anni avrebbe sbagliato come avete sbagliato voi. Questa è la sostanza.

PRESIDENTE. L'onorevole Paolini ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno n. 9/5520-A-R/75.

LUCA RODOLFO PAOLINI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, nel provvedimento che oggi esaminiamo, il disegno di legge di conversione in legge del decreto-legge 10 ottobre 2012, n. 174, in materia di finanza e funzionamento degli enti territoriali, l'articolo 1 prevede in particolare dei controlli della Corte dei conti, di tipo successivo, sugli atti contabili e di gestione delle regioni. I controlli riguardano la legittimità di alcune specifiche categorie ai fini della verifica del rispetto dei vincoli finanziari, parificazione del rendiconto ed altro. Risulta quindi notevolmente ampliato l'ambito dei controlli affidati alla Corte dei conti e l'articolo 7 del decreto-legge reca disposizioni specifiche proprio sulle modalità operative di intervento della medesima.
Noi vorremmo impegnare il Governo a considerare gli effetti delle disposizioni contenute nell'articolo 7 e a valutare l'opportunità di assumere ulteriori iniziative normative volte a precisare il sistema di controlli da parte della Corte dei conti introdotto in riferimento a una vasta tipologia di atti di gestione contabile ed amministrativa di Regioni ed enti locali, affinché non debbano innanzitutto comportare nuovi oneri a carico della finanza pubblica ma avvengano nell'ambito delle dotazioni umane, strumentali e finanziarie disponibili, senza costi aggiuntivi. Cosa significa questo? Significa che ancora una volta il Governo, nell'ambito di una finalità certamente positiva e doverosa, quella cioè di controllare, ha perso l'ennesima occasione per affrontare in nuce il problema, cioè che i controlli in questo Paese - come avviene nei Paesi civili - non dovrebbero essere solo successivi, ex post (che diciamo che equivalgono al vecchio proverbio: chiudere la stalla quando i buoi eventualmente sono fuggiti), bensì introdurre meccanismi che evitino a prescindere il problema.
E il meccanismo sul quale ancora si potrebbe lavorare è quello, appunto, di introdurre il federalismo, quindi il sistema dei costi standard, quindi aumentare la trasparenza, e quindi premiare quegli amministratori e quelle amministrazioni che sono più efficienti in modo da evitare che qualcuno possa - come è successo addirittura in intere regioni - neppure presentare per due anni il bilancio regionale. Sicché - mi metto nei panni dei poveri magistrati e dei loro consulenti della Corte dei conti - fare una verifica contabile su un bilancio che non c'è e con risorse date cosa comporterà? Innanzitutto comporterà una presumibile impossibilità di effettuare un controllo veritiero e tempestivo, ma soprattutto metterà sullo stesso piano chi ha ben lavorato e chi magari non avendo neppure presentato il bilancio la farà franca per qualche meccanismo di prescrizione, oppure ancora di impossibilità materiale di accertare quanto eventualmente vi sia di strano in quelle gestioni.
Basterebbe semplicemente fare quello che noi da sempre, che la Lega Nord da sempre chiede, cioè lasciare una grande percentuale di risorse sul territorio che le Pag. 34produce: eviteremmo, innanzitutto, di rendere troppo pescoso lo stagno in cui navigano pesci caimano, pesci affamati di ruberia, per cui quando c'è poca acqua anche i pesci predatori fanno più fatica a nuotare e muoversi liberamente.
Quindi, eviteremmo il problema e non dovremmo, quindi, ancora una volta, ricorrere alla Corte dei conti, che sappiamo tutti, già oggi, avere risorse assolutamente insufficienti, anche perché quello non è il suo ruolo. Il suo ruolo non è quello di un controllo generale su tutte le operazioni amministrative che si svolgono in quel Paese: il ruolo della Corte dei conti, come previsto dalla Costituzione, era un ruolo - tra virgolette - successivo, ma parziale, marginale, se vogliamo dire, su quella percentuale di situazioni ambigue che si venivano a creare.
Qui, invece, da un lato, si amplia in modo indiscriminato - vorremmo anche capire come, poi, sarà possibile fare questa cosa a parità di risorse -, questo potere di controllo generalizzato, dall'altro lato, non si interviene sul problema. Riduciamo le aree di oscurità che permeano certe amministrazioni e, in particolare, di certe zone. Grazie, signor Presidente, confido, quindi, nell'accoglimento di questo ordine del giorno.

PRESIDENTE. Qual è il parere del Governo sugli ordini del giorno presentati?

SAVERIO RUPERTO, Sottosegretario di Stato per l'interno. Il Governo accetta l'ordine del giorno Mario Pepe (PD) n. 9/5520-A-R/1, a condizione che la parte dispositiva sia riformulata nei termini seguenti: «Impegna il Governo a considerare con ogni opportuna attenzione lo stato dei bilanci comunali e della finanza locale in ordine alle previste erogazioni che provengono dal Ministero dell'interno secondo parametri e criteri definiti da norme vigenti al fine di valutare l'opportunità di assicurare le risorse per i servizi essenziali che rientrano nei compiti e nei doveri istituzionali ai sensi del testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali, di cui al decreto legislativo n. 267 del 2000 e della legge n. 42 del 2009».

GIAMPAOLO D'ANDREA, Sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei ministri. Il Governo accetta l'ordine del giorno Scilipoti n. 9/5520-A-R/2, mentre accetta i successivi ordini del giorno Albini n. 9/5520-A-R/3 e Marchignoli n. 9/5520-A-R/4, a condizione che i rispettivi dispositivi siano riformulati, inserendo dopo le parole: «impegna il Governo», le parole: «a valutare l'opportunità di».
Il Governo invita il presentatore al ritiro dell'ordine del giorno Mazzocchi n. 9/5520-A-R/5. Per noi è complicato intervenire in una materia sulla quale il decreto ha già disposto, le Commissioni hanno deliberato e l'Assemblea ha approvato il testo. È evidente che, quando il provvedimento sarà definitivamente approvato, se ci fosse qualche problema...

PRESIDENTE. Provvederanno i ricorsi!

GIAMPAOLO D'ANDREA, Sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei ministri. ...o ricorsi o chiarificazioni, ma non possiamo intervenire in anticipo su una materia che, ormai, è stata oggetto del voto delle Camere. Ci dispiace.
Il Governo accetta l'ordine del giorno Garagnani n. 9/5520-A-R/6.

SAVERIO RUPERTO, Sottosegretario di Stato per l'interno. Il Governo accetta l'ordine del giorno Laffranco n. 9/5520-A-R/7, a condizione che la parte dispositiva sia riformulata nel modo seguente: «Impegna il Governo a valutare, nella redazione del decreto ministeriale citato in premessa, il parametro delle dimensioni dell'ente locale».
Il Governo formula un invito al ritiro, altrimenti il parere è contrario, sull'ordine del giorno Santelli n. 9/5520-A-R/8, in quanto il termine entro il quale si deve emanare il decreto è contenuto in una norma di legge già efficace, quindi, costituirebbe una violazione non rispettarlo.

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GIAMPAOLO D'ANDREA, Sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei ministri. Il Governo accetta l'ordine del giorno Toccafondi n. 9/5520-A-R/9.

SAVERIO RUPERTO, Sottosegretario di Stato per l'interno. Il Governo accetta l'ordine del giorno Contento n. 9/5520-A-R/10.

GIAMPAOLO D'ANDREA, Sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei ministri. Il Governo accetta l'ordine del giorno Lupi n. 9/5520-A-R/11, a condizione che il dispositivo sia riformulato nel modo seguente: sostituire le parole «ad assumere» con le parole «a valutare l'opportunità di assumere».
Desidero specificare, signor Presidente, che, poiché vertono sulla stessa materia, il Governo propone la stessa riformulazione anche per il precedente ordine del giorno Toccafondi n. 9/5520-A-R/9, che viene quindi accettato se riformulato nel senso di sostituire, nel dispositivo, le parole «ad assumere» con le parole «a valutare l'opportunità di assumere».
Il Governo accetta, inoltre, l'ordine del giorno Cirielli n. 9/5520-A-R/12, a condizione che il dispositivo sia riformulato nel modo seguente: dopo le parole «a valutare la possibilità,» inserire le parole «per quanto di competenza, affinché».

SAVERIO RUPERTO, Sottosegretario di Stato per l'interno. Il Governo accetta l'ordine del giorno Zamparutti n. 9/5520-A-R/13, a condizione che sia riformulato nel senso di inserire, prima di ogni capoverso del dispositivo, le parole «a valutare l'opportunità di».

GIAMPAOLO D'ANDREA, Sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei ministri. Il Governo accetta l'ordine del giorno Mantovano n. 9/5520-A-R/14, a condizione che il dispositivo sia riformulato nel modo seguente: espungere le parole «in deroga alle disposizione della spending review e», nonché, prima delle parole «indire concorsi», inserire le parole «valutare l'opportunità di».
Il Governo accetta, quindi, l'ordine del giorno Marinello n. 9/5520-A-R/15 ed accetta l'ordine del giorno Mario Pepe (Misto-R-A) n. 9/5520-A-R/16, a condizione che il dispositivo sia riformulato nel modo seguente: dopo le parole «a valutare la possibilità», inserire le parole «, nei limiti delle esigenze di finanza pubblica,» in quanto si chiede di intervenire sulla consistenza del Patto di stabilità. Pertanto è accettato, ma con l'aggiunta di tale formula.

PRESIDENTE. Ricordo che l'ordine del giorno Mereu n. 9/5520-A-R/17 è stato dichiarato inammissibile.

GIAMPAOLO D'ANDREA, Sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei ministri. Il Governo accetta l'ordine del giorno Compagnon n. 9/5520-A-R/18, a condizione che sia riformulato nel senso di espungere le ultime tre righe del dispositivo, che dovrebbe, quindi, concludersi con la parola «risorse».
Il Governo accetta, quindi, l'ordine del giorno Marco Carra n. 9/5520-A-R/19.

PRESIDENTE. Ricordo che l'ordine del giorno Galli n. 9/5520-A-R/20 è stato dichiarato inammissibile.

GIAMPAOLO D'ANDREA, Sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei ministri. Il Governo accetta l'ordine del giorno Lenzi n. 9/5520-A-R/21.

PRESIDENTE. Ricordo che l'ordine del giorno Miotto n. 9/5520-A-R/22 è stato dichiarato inammissibile.

GIAMPAOLO D'ANDREA, Sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei ministri. Il Governo accetta l'ordine del giorno Mura n. 9/5520-A-R/23, non accetta l'ordine del giorno Piffari n. 9/5520-A-R/24, mentre accetta gli ordini del giorno Cimadoro n. 9/5520-A-R/25 e Favia n. 9/5520-A-R/26.

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SAVERIO RUPERTO, Sottosegretario di Stato per l'interno. Il Governo non accetta l'ordine del giorno Borghesi n. 9/5520-A-R/27, in quanto comporta impegni di spesa specifici relativi ai pagamenti dei premi assicurativi.

GIAMPAOLO D'ANDREA, Sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei ministri. Il Governo accetta l'ordine del giorno Ghizzoni n. 9/5520-A-R/28.

PRESIDENTE. Ricordo che l'ordine del giorno Catanoso n. 9/5520-A-R/29 è stato dichiarato inammissibile.

GIAMPAOLO D'ANDREA, Sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei ministri. Il Governo accetta l'ordine del giorno Caparini n. 9/5520-A-R/30, a condizione che sia riformulato nel modo seguente: «a valutare l'opportunità di adottare ulteriori iniziative normative volte a ridurre il numero dei consiglieri regionali».

SAVERIO RUPERTO, Sottosegretario di Stato per l'interno. Il Governo non accetta l'ordine del giorno Consiglio n. 9/5520-A-R/31, accetta l'ordine del giorno Maggioni n. 9/5520-A-R/32 ed invita al ritiro dell'ordine del giorno Pini n. 9/5520-A-R/33, in quanto la materia è competenza delle regioni.
Il Governo, inoltre, accetta l'ordine del giorno Stucchi n. 9/5520-A-R/34, mentre non accetta l'ordine del giorno Rivolta n. 9/5520-A-R/35.

GIAMPAOLO D'ANDREA, Sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei ministri. Il Governo accetta l'ordine del giorno Cavallotto n. 9/5520-A-R/36, a condizione che il dispositivo sia riformulato nel modo seguente: dopo le parole «a valutare l'opportunità di prevedere» espungere le parole «, nell'ambito della sessione di bilancio in corso,».

SAVERIO RUPERTO, Sottosegretario di Stato per l'interno. Il Governo non accetta l'ordine del giorno Goisis n. 9/5520-A-R/37.

GIAMPAOLO D'ANDREA, Sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei ministri. Il Governo accetta gli ordini del giorno D'Amico n. 9/5520-A-R/38 e Fugatti n. 9/5520-A-R/39.

PRESIDENTE. Ricordo che l'ordine del giorno Meroni n. 9/5520-A-R/40 è stato dichiarato inammissibile.

GIAMPAOLO D'ANDREA, Sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei ministri. Il Governo accetta l'ordine del giorno Torazzi n. 9/5520-A-R/41 se riformulato nel senso di inserire, verso la metà del dispositivo, dopo le parole: « (...) di cui al decreto ministeriale 1o giugno 2012, si applica anche alle ritenute (...)» vanno inserite le parole: «erariali» o «di imposta», come preferite, prima di proseguire con le seguenti: «(...) effettuate dalle aziende (...)».
Il Governo accetta gli ordini del giorno Dal Lago n. 9/5520-A-R/42 e Polledri n. 9/5520-A-R/43, mentre accetta l'ordine del giorno Comaroli n. 9/5520-A-R/44 se riformulato con l'inserimento nel dispositivo della formula: «tenendo conto delle esigenze di finanza pubblica».
Il Governo accetta gli ordini del giorno Rainieri n. 9/5520-A-R/45 e Callegari n. 9/5520-A-R/46; il Governo accetta, inoltre, l'ordine del giorno Negro n. 9/5520-A-R/47 se riformulato, anche in questo caso, inserendo la formula: «nel rispetto dei limiti delle esigenze di finanza pubblica».

PRESIDENTE. Ricordo che l'ordine del giorno Gidoni n. 9/5520-A-R/48 è stato dichiarato inammissibile.

GIAMPAOLO D'ANDREA, Sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei ministri. Il Governo accetta l'ordine del giorno Buonanno n. 9/5520-A-R/49 a condizione che venga riformulato nel senso di inserire dopo le parole: «impegna il Governo» le seguenti: «a valutare l'opportunità di». Il Governo accetta l'ordine del giorno Bonino n. 9/5520-A-R/50 se riformulato inserendo dopo le parole: «a prevedere Pag. 37un riordino della disciplina dell'imposta municipale propria, in modo che, dal 2013, » le seguenti: « il gettito venga destinato prioritariamente ai comuni».

SAVERIO RUPERTO, Sottosegretario di Stato per l'interno. Il Governo non accetta gli ordini del giorno Bragantini n. 9/5520-A-R/51 e Chiappori n. 9/5520-A-R/52.

GIAMPAOLO D'ANDREA, Sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei ministri. Il Governo accetta l'ordine del giorno Di Vizia n. 9/5520-A-R/53.

SAVERIO RUPERTO, Sottosegretario di Stato per l'interno. Il Governo accetta l'ordine del giorno Vanalli n. 9/5520-A-R/54, a condizione che sia riformulato nel senso che alla parte dispositiva sia premessa la formula: «a valutare l'opportunità di». Il Governo, invece, non accetta gli ordini del giorno Pastore n. 9/5520-A-R/55 e Grimoldi n. 9/5520-A-R/56.

GIAMPAOLO D'ANDREA, Sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei ministri. Il Governo accetta l'ordine del giorno Bitonci n. 9/5520-A-R/57.

SAVERIO RUPERTO, Sottosegretario di Stato per l'interno. Il Governo accetta l'ordine del giorno Fedriga n. 9/5520-A-R/58 e non accetta l'ordine del giorno Forcolin n. 9/5520-A-R/59.

GIAMPAOLO D'ANDREA, Sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei ministri. Il Governo accetta l'ordine del giorno Alessandri n. 9/5520-A-R/60 se riformulato inserendo la formula: «a valutarne l'opportunità nei limiti della finanza pubblica». Qui si parla del complesso degli edifici, quindi è una materia costosa.

SAVERIO RUPERTO, Sottosegretario di Stato per l'interno. Il Governo non accetta l'ordine del giorno Molgora n. 9/5520-A-R/61.

GIAMPAOLO D'ANDREA, Sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei ministri. Il Governo accetta l'ordine del giorno Simonetti n. 9/5520-A-R/62 se riformulato inserendo la formula: « nel rispetto dei vincoli della finanza pubblica».
Il Governo accetta l'ordine del giorno Togni n. 9/5520-A-R/63 e accetta gli ordini del giorno Fava n. 9/5520-A-R/64, Dussin n. 9/5520-A-R/65 e Lanzarin n. 9/5520-A-R/66 a condizione che siano riformulati inserendo dopo le parole: «impegna il Governo» le seguenti: «a valutare l'opportunità di».
Il Governo accetta l'ordine del giorno Volpi n. 9/5520-A-R/67 a condizione che sia riformulato nel senso di aggiungere dopo le parole: «(...) ciascuna regione definisca autonomamente», le seguenti: «nell'ambito degli indirizzi generali fissati dalla Conferenza Stato-regioni (...)» e poi fermare l'affermazione dopo le parole: « oltre che del presidente della medesima regione»; quindi, con l'espunzione dello specifico parametro indicato nelle ultime tre righe.
Il Governo accetta gli ordini del giorno Allasia n. 9/5520-A-R/68, Isidori n. 9/5520-A-R/69, Montagnoli n. 9/5520-A-R/70, Munerato n. 9/5520-A-R/71 e Nicola Molteni n. 9/5520-A-R/72.

SAVERIO RUPERTO, Sottosegretario di Stato per l'interno. Il Governo non accetta l'ordine del giorno Rondini n. 9/5520-A-R/73.

GIAMPAOLO D'ANDREA, Sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei ministri. Il Governo accetta l'ordine del giorno Fabi n. 9/5520-A-R/74 se riformulato inserendo verso la metà del dispositivo, dopo le parole: «nell'ambito degli stanziamenti individuati» le parole: «in coerenza con le disposizioni del decreto-legge n. 74 del 2012».
Il Governo accetta l'ordine del giorno Paolini n. 9/5520-A-R/75 e non accetta l'ordine del giorno Laura Molteni n. 9/5520-A-R/76; ne spiegherò successivamente le ragioni.
Il Governo non accetta l'ordine del giorno Desiderati n. 9/5520-A-R/77. Pag. 38
Il Governo accetta l'ordine del giorno Lussana n. 9/5520-A-R/78, purché riformulato inserendo nel dispositivo il riferimento: «fatti salvi gli indirizzi degli organi di autogoverno delle magistrature».
Il Governo non accetta l'ordine del giorno Follegot n. 9/5520-A-R/79.

SAVERIO RUPERTO, Sottosegretario di Stato per l'interno. Il Governo non accetta l'ordine del giorno Fogliato n. 9/5520-A-R/80, perché si risolverebbe in una penalizzazione dei cittadini.

GIAMPAOLO D'ANDREA, Sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei ministri. Il Governo accetta l'ordine del giorno Crosio n. 9/5220-A-R/81 e accetta l'ordine del giorno Dozzo n. 9/5220-A-R/82, purché riformulato nel seguente modo: alla metà del dispositivo, invece delle parole «nell'ambito della riforma del Titolo V della Costituzione», inserire le seguenti: «in coerenza con la riforma del Titolo V della Costituzione», e poi, al terzo rigo del dispositivo, sostituire le parole «affinché le riforme» con le seguenti: «affinché le ulteriori riforme».
Infine, il Governo accetta gli ordini del giorno Martini n. 9/5520-A-R/83 e Reguzzoni n. 9/5520-A-R/84.

PRESIDENTE. Il seguito dell'esame è rinviato ad altra seduta.

Sull'ordine dei lavori (ore 13,20).

FRANCESCO LARATTA. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà, per due minuti.

FRANCESCO LARATTA. Signor Presidente, intervengo solo per ricordare la tragedia di quel ragazzo del vibonese morto a 19 anni, ucciso per errore. Migliaia di ragazzi hanno partecipato a Soriano Calabro, sabato scorso, ad una splendida fiaccolata, ad una manifestazione di solidarietà in memoria del ragazzo. Sappiamo che il vero obiettivo dei killer era il giovane rimasto ferito, che si trovava in auto assieme a Filippo. La mamma parla di questo ragazzo meraviglioso che ha perso la vita per un passaggio in auto, di un errore che gli è costata la vita.
Il papà gridava e grida tuttora: «noi non cerchiamo vendetta, vogliamo che venga fatta giustizia». Davanti ad una tragedia così grande, signor Presidente, infinita, noi chiediamo che il dramma di Filippo non si sia consumato invano, che questa tragica morte non finisca rapidamente nel dimenticatoio. Lo chiedono, oltre alla famiglia, anche quelle migliaia di giovani e di studenti che hanno preso parte alla marcia per Filippo sabato scorso. Lo chiedono tutti, chiedono più presenza dello Stato, più istituzioni, più controllo del territorio, maggiori risorse in uomini e mezzi per le procure e per le forze di polizia, sempre più ridotte e ridimensionate in territori così difficili come quelli calabresi.
Sappiamo benissimo che non basta rafforzate la presenza delle forze dell'ordine in una terra tanto martoriata, soprattutto nel vibonese, dove da anni si consumano vendette spietate mentre i clan invadono il territorio, lo violentano, dettano le loro leggi. Vi è quindi bisogno sì di maggiori risorse in uomini e mezzi, ma c'è bisogno di una rivolta civile in Calabria, perché non basta reagire solo davanti alle tragedie, non bastano le marce e le belle iniziative di solidarietà, vi è anche bisogno della denuncia del crimine e degli autori. Vi è bisogno del sostegno del lavoro degli inquirenti, spesso lasciati da soli. Ma lo Stato, in questi casi, in queste terre, non può rinunciare alla propria presenza, soprattutto in termini di uffici, di province, di tribunali, di istituzioni, che non possono essere cancellate in una terra così difficile.
Signor Presidente, anche la soppressione delle province, quella di Crotone e della stessa Vibo Valentia, noi la riteniamo inopportuna: non è possibile che, ad esempio, vengano soppresse la prefetture, il comando dei carabinieri, la questura. Queste cose vanno scongiurate in una terra Pag. 39difficile. Non è la solita lamentela di un meridionale, ma è un grido di dolore che noi lanciamo al Governo. Ogni pezzo di Stato che lascia la Calabria in questo momento è come un regalo alle cosche e alla criminalità. Purtroppo assisteremo, poi, a tante altre tragedie.
Per cui, Presidente, le chiedo di intervenire nei confronti del Governo, perché riveda la sua posizione in Calabria, riveda la presenza dello Stato e dei suoi uffici, riveda e rafforzi la necessità di dare al territorio maggiore serenità e tranquillità, proprio nel nome di questo ragazzo, di questo Filippo.

GIUSEPPE GIULIETTI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

GIUSEPPE GIULIETTI. Signor Presidente, mi rivolgo al sottosegretario D'Andrea, che conosce bene la materia, e non solo a lui. Non intendo rassegnarmi, Presidente, ad una sorta di «sospensione tecnica», del ruolo del Parlamento e del congelamento dell'attenzione su alcune questioni. Mi riferisco al tema dell'assetto dei media, del conflitto di interesse e dell'asta delle frequenze, sottosegretario.
Noi votammo, Presidente, un ordine del giorno a stragrande maggioranza per l'indizione di un'asta per l'assegnazione a pagamento delle frequenze digitali televisive e per l'utilizzo di una parte di quei fondi per compensare le gravissime asimmetrie del sistema della comunicazione. Stanno morendo nell'indifferenza decine di testate di giornali, nel silenzio. Il Ministro aveva annunziato entro il mese di dicembre un'asta, secondo criteri definiti anche con l'autorità di garanzia. Sottosegretario D'Andrea, in queste ore, alcuni giornali, oggi Il Sole 24 Ore, ci mandano a dire che l'Autorità europea per la concorrenza avrebbe inviato, anzi ha inviato, se posso dirla francamente, una lettera di contestazione alle modalità dell'asta, con la minaccia di procedura di infrazione nuovamente all'Italia su un tema delicatissimo, quale l'antitrust e i mercati della comunicazione.
Allora le chiedo, Presidente, che venga acquisita, sottosegretario, questa lettera formalmente dalla Presidenza della Camera, che ne venga data notizia pubblica di questa lettera dell'autorità europea. Non si può essere per l'Europa a giorni alterni e tecnici a seconda della data del calendario. Sia resa nota questa lettera, la si discuta nelle Aule del Parlamento e ci faccia sapere il Governo come intende replicare all'autorità europea sul tema della concorrenza.
Lo segnalo non come banalità della fine dei lavori, perché questa questione fu posta dal Presidente Monti come punto di orgoglio all'inizio di questo Governo. Non si può derubricare questa materia a «faccenduola» di varie ed eventuali. Quindi, chiedo, al di là dell'interrogazione che depositerò, che ne sia investita l'Aula e le Commissioni competenti, ma che la risposta possibilmente arrivi chiara, forte e comprensibile nella giornata di oggi da parte del Ministro Passera. Purtroppo esiste ancora il Parlamento, qualcuno deve prendersi il disturbo di replicare anche sulle materie più spinose (Applausi del deputato Strizzolo).

PRESIDENTE. Onorevole Giulietti, comunque le consiglio - lo ha già preannunziato - di presentare uno strumento di sindacato ispettivo.

RENATO FARINA. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

RENATO FARINA. Signor Presidente, avevo già richiamato nelle settimane scorse una data, il 14 novembre 2002. Tra qualche giorno sono dieci anni dalla visita del Papa a questa Camera, ma in realtà al Parlamento intero. Sappiamo che ci sarà una celebrazione solenne il 14 novembre, alle ore 11, con la Presidenza della Camera e con il presidente della Conferenza episcopale italiana, Cardinal Bagnasco. Quello che ho chiesto e richiedo tuttora e che ci sia anche ciò che ancora non mi risulta, ossia uno spazio dentro l'Aula, non Pag. 40solo dentro il Palazzo ma dentro l'Aula, per una discussione reale dei contenuti di quella visita.
Ho guardato sul provvidenziale archivio della Camera dei deputati della rassegna stampa quali erano i titoli del 15 novembre. Cito quello del Corriere della Sera: «Il Papa: clemenza per i detenuti»; La Provincia Pavese: «Il Papa: clemenza per i detenuti. Tutti applaudono». Ecco, vorrei che, invece di agitare il turibolo intorno a un maestro deceduto, si rendessero vive le sue parole con un dibattito su un tema che è più che mai attuale, ossia quello della clemenza per i detenuti, prendendo sul serio il messaggio del Papa invece che appuntare una medaglia alla sua memoria e magari a noi stessi che siamo così bravi da ricordarlo. Lo chiedo con pressante urgenza, chiedendo una risposta, fosse pure il «no», e che sia spiegata.

PRESIDENTE. Onorevole Renato Farina, la sua richiesta, la sua riflessione sarà riportata al Presidente della Camera.

IVANO STRIZZOLO. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

IVANO STRIZZOLO. Signor Presidente, intervengo solo per segnalare purtroppo l'ennesima situazione di crisi di un'azienda, in questo caso si tratta della Cartiera Romanello, ubicata nel comune di Campoformido, in provincia di Udine, nel Friuli Venezia Giulia. Si tratta di un'azienda che dal punto di vista delle potenzialità produttive è ancora sana e competitiva, con una tecnica di avanguardia anche nel riciclo della carta. Purtroppo i suoi circa 250 dipendenti in questi giorni rischiano di essere messi in mobilità perché anche i provvedimenti di cassa integrazione speciale si stanno esaurendo. C'è un intervento, un interesse delle istituzioni locali, delle rappresentanze sindacali e delle associazioni del mondo imprenditoriale per trovare una soluzione.
Io desidero segnalare di aver presentato al Governo (ai Ministri dello sviluppo economico, dell'ambiente e del lavoro) un'interrogazione, perché sarebbe auspicabile anche un intervento, un sostegno, un aiuto anche da parte del Governo a trovare una soluzione che consenta di salvaguardare questa importante fonte di lavoro e di attività economica e produttiva che ha un impatto sociale molto importante in tutta l'area udinese.

GIANLUCA BUONANNO. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

GIANLUCA BUONANNO. Signor Presidente, sarò proprio velocissimo. Vorrei solo esplicitare questo mio dubbio: ma il presidente dell'INPS Mastrapasqua (che, quando lo guardo in fotografia come questa mattina sul giornale, mi ricorda Kriminal così com'è), è possibile che abbia 30, 40 o 50 incarichi come dicono e, visto che siamo in un Paese dove la disoccupazione galoppa, che cosa ci fa il presidente dell'INPS nei consigli di amministrazione di 30, 40 o 50 enti? Non è il caso forse che faccia un passo indietro e lasci altri a farlo, oppure come essere umano mi chiedo come uno che ha già un incarico così importante possa riuscire ad andare in decine di consigli d'amministrazione e non dormire mai. Vista anche la fotografia di oggi, mi rendo conto che comunque probabilmente dormirà qualche minuto al giorno.

PRESIDENTE. La seduta è sospesa.

La seduta, sospesa alle 13,35, è ripresa alle 14.

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE ROSY BINDI

Missioni.

PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del Regolamento, i deputati Albonetti, Alessandri, Bratti, Buonfiglio, Cicchitto, Colucci, Commercio, Pag. 41Gianfranco Conte, D'Alema, Della Vedova, Dozzo, Dussin, Fava, Tommaso Foti, Franceschini, Giancarlo Giorgetti, Guzzanti, Iannaccone, Lucà, Mazzocchi, Melchiorre, Migliavacca, Migliori, Milanato, Misiti, Moffa, Mussolini, Nucara, Pisacane, Pisicchio, Paolo Russo, Stucchi e Valducci sono in missione a decorrere dalla ripresa pomeridiana della seduta.
Pertanto i deputati in missione sono complessivamente cinquantadue, come risulta dall'elenco depositato presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell'allegato A al resoconto della seduta odierna.

Svolgimento di interpellanze urgenti (ore 14).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca lo svolgimento di interpellanze urgenti.

(Iniziative volte a sostenere la ripresa produttiva dell'intero comparto industriale del Sulcis - n. 2-01729)

PRESIDENTE. L'onorevole Pili ha facoltà di illustrare la sua interpellanza n. 2-01729, concernente iniziative volte a sostenere la ripresa produttiva dell'intero comparto industriale del Sulcis (Vedi l'allegato A - Interpellanze urgenti).

MAURO PILI. Signor Presidente, tra meno di una settimana il Governo, con due autorevoli Ministri, si recherà in Sardegna per affrontare - così è detto nelle comunicazioni formali - le questioni rilevanti che attanagliano sia il Sulcis che l'intera Sardegna. Questa interpellanza, che abbiamo presentato con i motivi di urgenza comprensibili, tenta di riportare in quest'Aula la questione fondamentale dello sviluppo di quell'area industriale e, conseguentemente, di mettere davanti agli occhi di tutti le possibili soluzioni, che devono essere perseguite per dare delle risposte compiute e non più - come sta avvenendo ormai da oltre un anno - con affermazioni, dichiarazioni ed incontri dilatori, che non stanno in alcun modo affrontando la questione che riguarda appunto il nostro territorio ed, in particolar modo, quello del Sulcis.
È evidente che la richiesta di interpellanza urgente parta dall'esigenza di avere degli elementi concreti che preventivamente possano, anzi debbano, essere esaminati dal Parlamento e conosciuti, considerato che, sino ad oggi, non vi è stato alcun passaggio concreto, sostanziale che abbia visto questo Parlamento coinvolto sulla vertenza più importante e cioè quella dell'Alcoa e, più complessivamente, quella del sistema energetico della Sardegna. Questa ha visto il Governo per ormai quasi un anno latitante, incapace di dare qualsiasi concreta risposta e, anzi, con un atteggiamento dilatorio, che si concretizzerà la settimana prossima se non ci sarà - come tutti gli atti parlamentari e di Governo fanno evincere - nessuna soluzione concreta alle questioni in campo.
Voglio essere, signor Presidente, chiaro sin da subito, per domandare a me, e al Governo soprattutto, cosa viene a fare in Sardegna se in un anno non ha predisposto alcun provvedimento legislativo o di governo che sapesse in qualche modo attingere alle soluzioni indicate anche dal Parlamento e da questo contesto per dare delle soluzioni che potessero evitare quello che è successo in questi mesi in Sardegna. Quali atti concreti viene ad annunciare il Governo in Sardegna, se non vi è nell'iter parlamentare e nell'iter anche deliberativo - cito per tutti il CIPE e poi cercherò di entrare nel merito delle sue deliberazioni - nessun atto in itinere che possa sostanzialmente individuare la soluzione e percorrerla come sarebbe necessario e indispensabile?
Quindi, questa visita in Sardegna appare il prosieguo di quella linea messa in campo dal Governo di non affrontare la questione energetica con la determinazione necessaria e, anzi, risulta, questa visita, ulteriormente dilatoria, perché non vi è un barlume di tentativo di convergere su quella che appare a tutti l'unica soluzione possibile, quella energetica, lasciata appunto all'unica possibilità che l'Unione europea ha aperto, e cioè quella del contratto Pag. 42bilaterale, quello che consente a quell'area territoriale, a quelle industrie energivore e strategiche - cito per tutte quella dell'alluminio - di avere un futuro e di poter essere messe nel mercato a pari condizioni rispetto a quello che capita in qualsiasi altro contesto europeo.
Cito per tutte l'Alcoa spagnola, che ha avuto e che ha dall'Endesa, che, come sappiamo tutti, è di proprietà dell'ENEL, un contratto bilaterale che le consente di restare sul mercato e, anzi, di fronte anche alla crisi internazionale viene confermata la produzione di alluminio in quell'area geografica.
In realtà, il Governo non ha utilizzato gli strumenti di persuasione, che potevano e dovevano essere utilizzati per costringere l'ENEL a più miti consigli nella gestione di un rapporto monopolistico nei confronti della Sardegna, che ha messo sotto schiaffo non soltanto l'industria di Portovesme, ma il sistema industriale della Sardegna che, passando da Ottana per arrivare alla E.On di Porto Torres, sta rischiando di mettere in ginocchio l'intera attività industriale della Sardegna stessa. Tutto questo non può essere sottaciuto e non può essere tenuto nascosto.
È evidente che tutto l'excursus delle dichiarazioni rese in quest'Aula dal Governo è davanti agli occhi di tutti, e mi permetterò di riprenderne soltanto alcune. È evidente che nel momento in cui non si affronta il tema nevralgico dell'energia non si affronta neanche il tema più vasto dello sviluppo di quel territorio. La preoccupazione, che abbiamo messo nell'interpellanza e che voglio qui riprendere, è quella che il Governo stia perseguendo, insieme anche a settori politici regionali, l'ipotesi di un piano pseudoalternativo alla partita industriale. Per essere più chiari, nel piano di sviluppo che viene tracciato in quella pseudodelibera del CIPE che niente stanzia e che niente decide - e poi, se sarà il caso e se vi sarà il tempo, ripercorrerò quella frase richiamata in quella delibera programmatica del CIPE, per dimostrare quanto sia inconsistente quel proposito -, non vi è - in quello pseudopiano Sulcis - nessuna linea che possa sostituire i 3 mila posti di lavoro che andrebbero persi con la reazione a catena della chiusura dell'Alcoa e, conseguentemente, con la mancata realizzazione delle nuove centrali elettriche e, soprattutto, con il rischio a cui si metterebbe il sistema integrato miniera - centrale - cattura e stoccaggio CO2.
Va detto, con estrema chiarezza, che se non vi è quel rapporto che il Governo instaura da qui al 13 con l'ENEL per consentire a quei territori di avere energia a basso costo - ma direi a costo riequilibrato rispetto a quello che capita nel resto d'Europa -, è inutile che i Ministri vengano. È inutile fare una passeggiata in Sardegna se non si ha un atto concreto e se si vuole discutere di un piano Sulcis che, ad oggi, non ha stanziamenti e che riguarda tutto fuorché le attività industriali. Cito soltanto il caso della portualità. Si è fatto un gran discutere dell'esigenza di un bacino portuale più ampio, con un pescaggio più elevato. In realtà, vi è a fianco il bacino che riguarda l'Eurallumina che, con poche risorse, potrebbe essere attivato con l'utilizzo di navi che possono arrivare da qualsiasi parte del mondo, con una capienza assolutamente sufficiente per governare quello. In realtà, si pensa di fare un appalto, di gestire un'opera che non si realizzerà nei prossimi 3 o 4 anni di fronte a una realtà che, invece, consente di avere, anche sul piano portuale, quelle risposte che sono a portata di mano. Ed è evidente che se non si pone l'accento sulla questione energetica non vi è futuro per l'Alcoa, che avete fatto chiudere impunemente, nel senso che avete creato le condizioni perché l'Alcoa andasse via, perseguendo - l'abbiamo detto in maniera molto aperta in questo consesso - la logica del cambio dell'insegna. Avete inseguito, in maniera ridicola, soggetti internazionali o meno, da quelli che producevano energia con gli aquiloni sino a quelli che paventavano soluzioni texane, per realizzare un pacchetto energetico che, invece, si è rivelato assolutamente inesistente. Avete perseguito la sostituzione del soggetto proprietario, ma non vi siete occupati di quello che era il cuore del problema, cioè fornire a basso Pag. 43costo o a costo di riequilibrio l'energia elettrica a quella fabbrica. Conseguentemente, è il sistema industriale della Sardegna che crolla perché è evidente che, se non riprende la produzione dell'Alcoa, non potrà avere futuro sostanziale l'Eurallumina, che risulta ancora essere chiusa, anche in questo caso per l'atteggiamento arrogante dell'ENEL, che trascina dove vuole il Governo e la regione senza dare quella risposta in termini di vapore che sarebbe stato necessario per riprendere la produzione a basso costo o, comunque, a costo riequilibrato, dell'Eurallumina, che produce l'elemento essenziale per la produzione dell'alluminio.
Quindi, conseguentemente, per quanto riguarda la filiera dell'alluminio, se si spezza la produzione a valle, è evidente che non ci potrà essere quella a monte. Ma soprattutto si mette a rischio il progetto relativo alla miniera Carbosulcis, con la sua centrale, che è prevista - lo voglio ricordare - da un decreto del Presidente della Repubblica del 23 marzo 1994, che dice che bisogna realizzare nel Sulcis una centrale di 450 megawatt, che consenta la produzione elettrica funzionale al sistema industriale energivoro del Sulcis; 450 megawatt - lo ha scritto il Presidente della Repubblica di allora, del 1994. In quel decreto del Presidente della Repubblica, che ha sancito che per il carbone, essendo materia primaria in Italia, l'unico bacino carbonifero a nostra disposizione e l'unica vera risorsa energetica di cui il Paese dispone, quello fosse il range cui far arrivare la produzione. E lo ha messo il Presidente della Repubblica, in quel decreto presidenziale, alla pari delle energie alternative. «E affini» scrive il Presidente della Repubblica in quel decreto.
E oggi il Ministro Passera e il sottosegretario De Vincenti, con dichiarazioni uscite fuor di senno, hanno dichiarato che quella cifra di 450 megawatt era troppo e che non si può caricare sul CIP 6. Strano che si possano caricare sul CIP 6 tutti gli affaracci dell'ENEL, tutti gli affaracci di chi produce l'energia eolica, tutti gli affaracci di chi invece sulle energie alternative fa il business, questo vale per tutto, tranne che per il carbone Sulcis.
La realtà è che dovete confermare quel progetto così come il decreto del Presidente della Repubblica stabilisce, perché voi sapete che non vi è né il tempo per modificarlo né la possibilità tecnica di far passare su un sistema così delicato come quello del CIP 6 altre iniziative. In realtà, non includendo in quel quantitativo di CIP 6 il costo della realizzazione del carbone Sulcis, della centrale al servizio del sistema integrato, proteggete ancora quelli che con quell'ammontare di risorse, cioè del CIP 6 - parliamo di decine di miliardi, di 10-11 miliardi che vengono stanziati ogni anno per le energie alternative - non guardano certo allo sviluppo economico del Sulcis, ma anzi lo utilizzano per speculare e per continuare in un rapporto di monopolio. Questo noi non possiamo e non lo vogliamo assolutamente consentire, anzi abbiamo l'esigenza di arrivare concretamente alla risposta.
Voi sapete benissimo - non lo voglio dire al sottosegretario che è qui presente, perché la conosce meglio di me - la risposta che è arrivata dalla Commissione europea, che ha avuto più di un mese di ritardo, anzi forse due mesi, che era stata richiesta alla Commissione europea rispetto al progetto Carbosulcis. Se dovessi esaminare punto per punto, dall'ipotesi della carbon tax che avete inserito in quella risposta a perseguire soluzioni che appaiono assolutamente prive di consistenza - e ad oggi ancora non esiste la risposta della Commissione europea sulle questioni che le avete sottoposto -, credo che questo atteggiamento di dilazione corrisponda a quelle parole che il Governo ha detto, cioè che non c'è futuro per quella realtà mineraria. Vanno smentite, non a parole, quelle dichiarazioni, ma vanno smentite con atti concreti, cioè con l'approvazione di quel progetto, così come il decreto presidenziale prevede, perché è il sistema integrato che deve generare.
Lo stesso vale anche per la partita E.On Porto Torres. Tre mesi fa in Commissione Pag. 44il Governo disse che non vi era nessun problema per la realtà E.On, anzi disse che l'occupazione non risultava in pericolo e che, comunque, il sistema economico impediva di realizzare i nuovi gruppi a carbone di Porto Torres per la centrale E.On. Il sistema in Sardegna si sta reggendo con un duopolio tra ENEL ed E.On, da una parte, e Terna che copre i misfatti di questi due soggetti. Terna infatti ha dichiarato centrali essenziali quella del Sulcis e quella di Porto Torres, escludendo quella di Ottana, perché non funzionale ai giochetti di palazzo, ai giochetti elettrici di questo Paese, e ha sostanzialmente detto: seppur non produrrete energia elettrica, sia ENEL sia E.On, Terna vi pagherà come centrali essenziali, anche se non produrrete niente. Questo sistema sta mettendo sotto scacco il sistema industriale della Sardegna e sta mettendo in ginocchio decine e decine di migliaia di lavoratori, che rischiano davvero, in un sistema integrato che invece era indispensabile realizzare, di perdere la possibilità di lavorare.
Ed è evidente che le domande e i quesiti che noi poniamo sono assolutamente chiari nella loro indicazione, a partire dal piano Sulcis. Ma come è possibile che sia stato scritto nel deliberato del CIPE - lo cito - che: «Per quanto concerne il Piano per il Sulcis, l'assegnazione di 127,7 milioni di euro riveste carattere programmatico, tenuto conto che la complessità e la trasversalità dello stesso Piano comportano, ai fini della definitiva assegnazione delle risorse, l'esigenza di una valutazione condivisa, da parte del Ministero dello sviluppo economico e del Ministero per la coesione territoriale, degli interventi individuati dalla Regione Sardegna»?
Dove sta la complessità? Nel recupero di quattro edifici minerari o nella realizzazione di un porto o di qualche stradina? In realtà, avete, anche lì, dilazionato per gli interessi che avete nel coprire le risorse verso altri settori, e non certo per la Sardegna.

PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per lo sviluppo economico, Claudio De Vincenti, ha facoltà di rispondere.

CLAUDIO DE VINCENTI, Sottosegretario di Stato per lo sviluppo economico. Signor Presidente, come è noto, l'area territoriale del Sulcis è stata ed è ancora caratterizzata dalla presenza importante di aziende del settore dei metalli non ferrosi (alluminio, zinco, rame e così via) e da una residua attività mineraria. In questi settori operano oltre 4 mila persone, delle quali circa 2.500 sono dipendenti diretti nelle principali aziende, mentre oltre 1.500 fanno parte del cosiddetto indotto. Tra le principali conseguenze della pesantissima crisi economica del Sulcis vi è certamente la disoccupazione, generata sia dalla chiusura di attività industriali sia dal mancato insediamento di nuove attività.
Per questa ragione il Governo, d'intesa con la regione Sardegna e la provincia di Carbonia-Iglesias, nonché in accordo con le organizzazioni sindacali, ha già operato per garantire ai lavoratori di Alcoa, di Eurallumina e di tutte le piccole e medie aziende coinvolte gli strumenti di sostegno al reddito previsti dalla legislazione vigente. In altri termini, la prima azione che abbiamo attivato immediatamente è quella della messa in sicurezza dei redditi dei lavoratori. Inoltre, data la rilevante problematica sociale, stiamo avviando, in accordo con il Ministero del lavoro e delle politiche sociali e in coerenza con i piani di sviluppo in corso di definizione, impegnative azioni di politica attiva del lavoro per la riqualificazione professionale dei lavoratori coinvolti.
In occasione dell'incontro del Governo con gli operatori economici-sociali e con le istituzioni del Sulcis, programmato per il prossimo 13 novembre, le problematiche occupazionali richiamate saranno collocate all'interno di un impegnativo progetto per la riqualificazione e il rilancio economico della Sardegna sud-occidentale. È un progetto che configura un impegno straordinario e che dimostra che è possibile, Pag. 45anche in Italia, come lo è stato per altre aree di crisi nel resto d'Europa, mettere in atto piani straordinari di intervento che, partendo dai fabbisogni infrastrutturali, valorizzino le competenze e le caratteristiche territoriali, attraendo, contemporaneamente, iniziative orientate a nuovi settori economici e di servizi. Lo strumento attuativo di tutto questo è quello già previsto dalla «legge sviluppo» varata nel luglio scorso da questo Parlamento per le cosiddette aree di crisi industriale complessa, che prevede, tra l'altro, la definizione di accordi di programma nel cui ambito Invitalia svolge, in accordo con le strutture operative presenti nell'isola, un'azione di coordinamento e di attrazione degli investimenti sia nazionali sia internazionali.
Naturalmente, per rilanciare questo impegno straordinario per lo sviluppo del Sulcis sono necessarie importanti risorse finanziarie e a questo fine saranno attivate risorse che già ora sono nella disponibilità del Governo e della regione autonoma della Sardegna, alle quali si dovranno sommare altre disponibilità pubbliche in corso di definizione e, soprattutto, quelle di natura privata che i progetti sapranno attrarre.
Ricordo, a questo riguardo, che la regione Sardegna con propria delibera ha già varato un impegno finanziario che complessivamente, comprensivo dei quasi 128 milioni di euro di stanziamento effettuati dal CIPE con delibera del 3 agosto scorso, assomma a quasi 350 milioni di euro che saranno finalizzati su alcuni assi prioritari di intervento, in particolare in materia di bonifiche e di infrastrutture, e poi sullo sviluppo di nuove attività produttive, in particolare attraverso la diversificazione industriale a partire dalle soluzioni riguardanti il sistema della sicurezza e generazione energetica, lo sviluppo del turismo e del sistema agroindustriale di qualità, l'obiettivo di specializzare il territorio su competenze di eccellenza, specie nel campo dell'energia verde, la necessità di provvedere alla riqualificazione delle forze di lavoro espulse o in via di espulsione dal comparto estrattivo metallurgico nell'ambito di quella politica attiva del lavoro di cui dicevo poc'anzi. Contemporaneamente sono in corso di attivazione risorse per consentire la ripresa delle attività industriali già localizzate nell'area. Su questo aspetto dirò meglio tra poco.
Di tutto questo assicuro all'onorevole Pili e gli altri onorevoli presentatori dell'interpellanza urgente in oggetto che discuteremo con molta concretezza con le istituzioni locali e con le forze imprenditoriali e sindacali dell'area del Sulcis in occasione dell'incontro che avremo il 13 novembre, presentando un piano Sulcis che avrà caratteristiche operative in termini sia di fondi stanziati, sia di obiettivi da perseguire.
Per quanto riguarda alcuni specifici temi richiamati dagli interpellanti, in particolare quelli di natura industriale ed energetica, farò alcune brevi precisazioni. Per quanto concerne le specificità industriali richiamate, in particolare le crisi che riguardano Eurallumina, Alcoa e le piccole e medie aziende dell'indotto, naturalmente gli interpellanti sanno che il Governo da tempo è impegnato per dare soluzione non solo ai problemi occupazionali, ma soprattutto alle prospettive produttive.
In merito alla questione Eurallumina - che è tutt'altro che definitivamente chiusa, per fortuna, per l'azione che stiamo svolgendo - sta giungendo a conclusione un difficile e complesso confronto con la multinazionale russa Rusal, proprietaria di Eurallumina, che vede impegnati congiuntamente Governo, regione e provincia e che è volta a dare soluzione ai problemi ambientali ed impiantistici che ancora si frappongono alla ripartenza dell'impianto che, nel frattempo, è tenuto in efficienza con un costante impegno - questo va riconosciuto - dell'azienda e dei lavoratori.
Voglio solo ricordare che tutto questo si muove all'interno di un protocollo di intesa sottoscritto presso il Governo nell'ormai lontano marzo 2009. In quel documento erano richiamati molti problemi da risolvere, alcuni dei quali solo negli ultimi Pag. 46mesi sono stati risolti. Mi riferisco, ad esempio, al problema del rimborso IVA e al complesso problema della fornitura di energia termica.
Anche per Alcoa l'impegno istituzionale è da tempo all'attenzione di tutti. La multinazionale americana ha deciso la chiusura dell'impianto di Portovesme all'inizio di quest'anno quando ha improvvisamente avviato la procedura di licenziamento dei circa 600 dipendenti dopo aver chiuso dal 2010 il più piccolo impianto primario di Fusina in Veneto. L'impegno del Governo e di tutte le istituzioni interessate, a partire dalla regione e dalla provincia, è stato costante e determinato. È stato ottenuto prima di tutto il ritiro dei licenziamenti ed il mantenimento in forza di tutto il personale fino al 31 dicembre 2012, l'ottenimento della cassa integrazione straordinaria fino a tutto il 2014 e, soprattutto, l'impegno di Alcoa a favorire la cessione dell'impianto a nuovi imprenditori, garantendo la concreta possibilità del suo riavviamento in tempi rapidi e a condizioni economiche competitive.
In questo quadro si è collocata l'azione del Governo tuttora in corso per ricercare nuovi investitori. Posso assicurare agli onorevoli interpellanti che anche in queste ore sono attivi i contatti con alcune importanti strutture industriali e finanziarie internazionali che hanno manifestato interesse ed avviato i necessari confronti con la proprietà dell'impianto di Portovesme. L'auspicio del Governo è che si possa giungere ad una conclusione positiva in tempi rapidi, superando gli ostacoli che si potranno ancora frapporre ad una rapida conclusione della vicenda. È evidente che le questioni industriali, tra le quali non vanno dimenticate quelle che interessano le numerose piccole aziende non solo dell'indotto che gravitano nella zona di Portovesme, si intrecciano strettamente con le problematiche connesse al rilancio del Sulcis. Ogni progetto, ogni idea, ogni proposta non potrà dimenticare la storia industriale di questo territorio, le competenze che nel tempo si sono accumulate, le vocazioni specifiche di un territorio che è cresciuto anche e soprattutto con l'industria pesante chimica e meccanica. Passando all'esame delle problematiche di carattere energetico ed in particolare all'affermazione degli onorevoli interpellanti secondo cui la gestione della vertenza Alcoa si sarebbe dovuta concentrare sull'individuazione di soluzioni tese a garantire per un periodo minimo di dieci anni la fornitura di energia elettrica alle industrie energivore in linea con la media dei costi europei, si evidenzia che nel nostro sistema esistono già molte agevolazioni per le produzioni energivore (esoneri dal pagamento di molti oneri di rete e di sistema, interrompibilità, interconnector, eccetera) che consentono a queste industrie di avere prezzi sostanzialmente in linea con il resto d'Europa. Relativamente però alla Sardegna si ricorda anche che il Governo ha ottenuto il via libera dalla Commissione europea al rinnovo per ulteriori tre anni (2013-2015), della misura di interrompibilità speciale per le isole maggiori che prevede una remunerazione raddoppiata per i clienti che prestano tale servizio rispetto a quanto corrisposto nel resto del Paese. Nel recente decreto-legge presentato dal Governo e in questo momento all'esame del Senato, abbiamo rinnovato per ulteriori tre anni la cosiddetta «super interrompibilità» per le isole maggiori. Grazie al complesso delle agevolazioni citate al servizio di super interrompibilità, nonché in prospettiva dopo il 2015 alla combinazione di interconnector più interrompibilità semplice, è possibile garantire allo stabilimento di Portovesme, oggi ancora Alcoa, una prospettiva di prezzo dell'energia a lungo termine intorno ai 35 euro a megawattora. Sottolineo che questo prezzo dell'energia a megawattora è inferiore alla media dei prezzi che pagano gli smelter in Europa e notevolmente inferiore al prezzo che gli smelter pagano in Germania e in Olanda, quindi in Paesi con i quali il confronto competitivo è particolarmente spinto, ed inferiore anche, contrariamente a ciò che ha sostenuto l'onorevole Pili nel suo precedente intervento, al prezzo che gli smelter di alluminio pagano in Spagna e che oggi si aggira intorno ai 38-39 euro a megawattora. Il Pag. 47valore di circa 35 euro a megawattora sopracitato è il limite che possiamo raggiungere attraverso strumenti lineari e coerenti con i principi di concorrenzialità e con le norme del mercato interno dell'energia e che, lo ripeto, è inferiore alla media europea ed inferiore al prezzo che gli smelter pagano nei principali Paesi nostri concorrenti. Tant'è che sulla base di questo prezzo il Governo sta continuando ad esaminare proposte di possibili acquirenti che già hanno formalizzato le loro proposte all'Alcoa, a riprova dell'adeguatezza del prezzo dell'energia rispetto alle condizioni riscontrabili su altri mercati europei. In merito all'attivazione di intese al fine di consentire la predisposizione di un accordo bilaterale decennale tra i fornitori di energia elettrica e lo stabilimento oggi Alcoa, si evidenzia che la promozione da parte del Governo di eventuali accordi di fornitura di lungo termine tra produttori ed imprese, con l'obiettivo di assicurare a queste ultime prezzi più favorevoli, è in generale contemplata tra le strade percorribili per abbassare il costo dell'energia dei grandi consumatori industriali, fermo restando naturalmente il carattere privatistico dell'accordo e il vincolo che le condizioni della fornitura non vadano al di sotto dei costi di produzione e non siano quindi distorsive sul mercato.
Entro questi limiti il Governo naturalmente svolgerà azione di sostegno, di supporto, di moral suasion affinché un accordo analogo si abbia per lo stabilimento oggi Alcoa e quindi con il nuovo imprenditore che - stiamo lavorando - possa rilevarla. In merito alla richiesta di realizzazione di un vapordotto per Eurallumina, quest'ultima è ormai superata da altra soluzione tecnica di autoproduzione di vapore da parte della stessa società interessata. Per quanto riguarda la centrale di Fiume Santo (Porto Torres) si chiarisce che la società E.ON Produzione Spa è stata autorizzata alla realizzazione di una nuova sezione a carbone in sostituzione delle esistenti unità 1 e 2 alimentate ad olio. Successivamente la società ha chiesto una proroga di 36 mesi dei termini di avvio dei lavori per motivazioni connesse alla necessità di tempi più ampi per la bonifica ambientale. Il Ministero dello sviluppo economico, valutate le motivazioni della società, in osservanza della vigente normativa in materia, ha concesso una proroga dei termini più limitata di quanto chiesto dalla società, pari cioè a 18 mesi dalla data inizialmente prevista (che è il 4 marzo scorso).
Non è tra l'altro ignoto che l'attuale situazione di sovracapacità produttiva e di riduzione della domanda elettrica sta determinando, non solo in Sardegna ma in tutta Italia, una netta stasi di nuovi investimenti ancorché autorizzati. In ogni caso E.ON non ha rinunciato all'investimento, motivo che rende difficile assumere iniziative di revoca delle autorizzazioni e di affidamento ad altro soggetto, tralasciando altri temi pur rilevanti come la permanenza in capo a E.ON della proprietà del sito su cui realizzare l'impianto e la condizione del mercato elettrico nazionale non particolarmente propizia per le prospettive di remunerazione e di nuova capacità di generazione. In ogni caso è chiaro che stiamo seguendo con attenzione e in cooperazione con la regione Sardegna questa situazione, e stiamo sollecitando E.ON alla realizzazione dell'investimento in questione.
Per quanto riguarda il progetto integrato CCS Sulcis si evidenzia che lo stesso è ancora in fase di valutazione da parte della Commissione europea sotto il profilo della compatibilità con la disciplina sugli aiuti di Stato. Il Ministero dello sviluppo economico in ottemperanza a tale disciplina ha notificato alla Commissione europea il progetto integrato sostenendo l'ammissibilità degli aiuti dato il contenuto innovativo del progetto e la sua inidoneità a produrre restrizioni della concorrenza nel mercato comunitario.
È previsto che il progetto si realizzi previa indizione di una gara internazionale e conseguente affidamento della concessione per la costruzione e la gestione del sistema integrato miniera centrale - impianto CCS. A far data dalla notifica si è avviata una intensa e complessa interlocuzione con i servizi della Commissione Pag. 48europea. Tale interlocuzione è tuttora in corso. La Commissione ha avanzato più di una richiesta di chiarimenti e di integrazioni relativamente ai profili tecnici specifici del progetto e del suo finanziamento. A questo riguardo segnalo che nel corso delle interlocuzioni con la Commissione il Governo italiano ha contestato la presunta idoneità della misura di aiuto ad operare una effettiva distorsione del mercato fornendo numerose argomentazioni a supporto del progetto. Tuttavia le reazioni della Commissione indicano che il buon esito dell'istruttoria si potrebbe raggiungere solo previa individuazione di un nuovo meccanismo di finanziamento che richiederebbe l'approvazione di una nuova norma che individui un diverso canale per la raccolta di risorse necessarie e l'impegno del Governo a non concedere i finanziamenti al progetto in questione prima della realizzazione della modifica normativa, modifica su cui stiamo lavorando in modo da poter sbloccare l'aspetto del finanziamento.
Mi sia consentita solo una annotazione. Oggi l'ammontare dell'onere che grava sulle bollette per quanto riguarda il CIP6 non è di una decina di miliardi - come prima mi sembra abbia detto l'onorevole Pili - ma è di 900 milioni su base annua. In aggiunta si precisa che l'istruttoria della Commissione europea non si è limitata all'elemento del finanziamento, concentrandosi anche sulla verifica della necessità e proporzionalità dell'aiuto da erogare alla centrale elettrica, nonché all'accertamento della inesistenza di alcun tipo di aiuto all'attività mineraria, come prescritto dalla disciplina comunitaria più recente in materia.
In particolare, gli ultimi rilievi sollevati dalla Commissione, vanno nella direzione di accertare l'impossibilità di ricorrere a misure alternative agli aiuti di Stato per conseguire gli obiettivi di interesse comune perseguiti con la realizzazione del progetto integrato miniera-centrale, ovvero la sperimentazione di tecnologie per la produzione di energia a basso impatto ambientale e miglioramento dell'approvvigionamento energetico della regione Sardegna. Anche da questo punto di vista stiamo procedendo, nel confronto con la Commissione, per dimostrare l'importanza del progetto miniera-centrale di cui stiamo parlando. Infine, poiché il termine previsto dalla legge per l'indizione della gara internazionale volta all'individuazione del concessionario cui affidare il progetto integrato sarebbe venuto a scadere il 31 dicembre 2012, il Governo ha provveduto ad inserire la proroga di un anno a tale termine - che, quindi, verrà a scadere il 31 dicembre 2013 - nel decreto-legge 18 ottobre 2012 n. 179, recante ulteriori misure urgenti per la crescita del Paese, attualmente all'esame del Senato.
Si segnala, infine, che l'interlocuzione avviata in modo trasparente nell'incontro tenutosi presso il nostro Ministero il 30 agosto 2012 con il Ministro Passera e i rappresentanti delle istituzioni regionali e locali, volto all'individuazione di una taglia economicamente sostenibile del progetto, non è in alcun modo connessa ad avvantaggiare competitor ed energie alternative, come sostenuto dagli onorevoli interpellanti, ma è volta a minimizzare l'impatto sulle tariffe elettriche e a raggiungere la compatibilità dell'iniziativa con le norme comunitarie sugli aiuti di Stato.

PRESIDENTE. L'onorevole Pili ha facoltà di replicare.

MAURO PILI. Signor Presidente, non solo non posso ritenermi, e non mi ritengo soddisfatto, ma per alcuni passaggi direi che il rappresentante del Governo conferma tutto quello che in premessa ho detto: si tratta di un atteggiamento dilatorio. Rispetto ad alcune questioni, non ultima questa richiamata poc'anzi, si tratta della dilazione di un ulteriore anno per il progetto integrato della miniera di carbone Sulcis centrale. Era l'obiettivo che si era posto l'ENEL, e il Governo, questo Governo in particolar modo, ha perseguito lo slittamento di un anno, la terza dilazione che viene concessa, per evitare di uscire dal fulcro del tema che l'Unione europea poneva. In altre parole, entrare in quelle quindici centrali previste per la Pag. 49cattura e lo stoccaggio della CO2 per consentire appunto di far rientrare nell'economicità della ricerca applicata la cattura e lo stoccaggio della CO2 legata al sistema integrato della miniera e della centrale.
Ma ciò che sorprende e che più lascia allibiti è il richiamo che il sottosegretario ha fatto a due questioni che vorrei focalizzare: riqualificazione professionale e riqualificazione produttiva. Da una parte ha detto che nel territorio ci sono delle grandi competenze e, dall'altra, parla di un intervento che il Governo, che non ha nessuna competenza su questo, vuole perseguire per riqualificare professionalmente quelle figure professionali che hanno da sempre caratterizzato appunto quel polo industriale del Sulcis. Significa che state venendo a seppellire l'attività industriale per perseguire un progetto, un piano Sulcis, che è inesistente, sia sul piano finanziario, economico e della fattibilità, sia sul piano della realizzabilità. Infatti, chiunque conosce le procedure urbanistiche di quel territorio, sa che non ci può essere nessuna riconversione agricola e non può esserci nessuna riconversione turistica perché non è possibile irrigare altre aree, dato che l'Unione europea vieta di irrigare nuovi territori, e perché il piano paesaggistico regionale, blindato dalla precedente giunta regionale e confermato da questa, ma con l'avallo del Governo stesso, impedisce la realizzazione anche del recupero dei siti minerari dismessi. E lo stesso cambio di destinazione d'uso di quelle aree minerarie è vietato dalla legge.
E, quindi, di cosa si sta parlando? Si sta parlando di un piano di sviluppo che voi vorreste per le aree di crisi industriale, di un piano complesso che vorreste portare nel territorio. Parole prive del tutto di qualsiasi contenuto. Per quale motivo? Perché basta vedere le cifre, visto che si parla così senza conoscere o per partito preso: intervento per la portualità industriale di Portovesme di 7 milioni di euro. Stiamo parlando di un intervento di 7 milioni di euro che, secondo voi, dovrebbe far rinascere uno strumento, una precondizione dello sviluppo, quando a fianco, come ribadisco, c'è il pontile dell'Eurallumina pronto e allestito per essere immediatamente utilizzato.
Dite: istituzione di un'area franca nell'area del porto industriale di Portovesme. Lo stanziamento previsto da questo fantomatico piano è di un milione di euro. Siamo al ridicolo: fondare un progetto di sviluppo di aree industriali, di un polo - che è previsto nello statuto regionale - di zona franca in quell'area significa stanziare un milione di euro? Siamo di fronte a parole spese soltanto per aprire la bocca.
Realizzazione di un sistema di borghi di miniere: 4 milioni di euro. Ma come si fa a dire che volete sostituire l'Alcoa, la Carbosulcis, l'Eurallumina con un progetto di realizzazione di un sistema di borghi di miniera stanziando 4 milioni? Forse, per ripristinare un edificio, perché chi conosce gli edifici sa bene qual'è la loro condizione. Oppure, la riqualificazione del sistema portuale e turistico del Sulcis Iglesiente? 19 milioni di euro? E mettete i comuni di Sant'Antioco, di Calasetta, di Carloforte, di Buggerru, di Gonnesa e di Iglesias insieme alla regione, che persegue - come anche la provincia di Carbonia-Iglesias - un progetto privo di qualsiasi ricaduta economica e, soprattutto, privo di qualsiasi ricaduta occupazionale.
Oppure, si pensi a quando il sottosegretario dice che ci sono fondi per venture capital e politiche attive del lavoro: 10 milioni di euro. Ma queste sono cifre che servono per ripristinare. Poi il sottosegretario dice che, in realtà, sono 350 milioni. In realtà, la realtà è molto chiara, basta prendere le delibere del CIPE: tutte le altre risorse che appartengono ai 350 milioni di euro o sono state già spese o riguardano altri progetti di riqualificazione ambientale che concernono la dimensione del settore piombo-zincifero, che niente ha a che fare con quello carbonifero e con quello dell'industria energivora. In altri termini, confondete capre e cavoli, senza avere alcuna contezza di quello che si sta dicendo. Pag. 50
Che questo sia l'obiettivo che avete, lo si evince anche dalle parole che il sottosegretario ha voluto richiamare sull'energia. Sull'energia ha detto che il Governo ha fatto, intanto, il decreto che proroga di tre anni l'interrompibilità, che è di un mese fa. Quindi, avete fatto passare otto, nove, dieci mesi senza che quella soluzione, che io reputo assolutamente inesistente sul piano della sostanza e della risoluzione del problema, sia stata proposta. Quindi, avete perso dieci mesi, perché volevate perdere dieci mesi, per continuare a tenere in piedi il monopolio. Ma sapete cosa ha detto il sottosegretario De Vincenti, in quest'Aula, il 26 gennaio del 2012? Lei lo avrà dimenticato, signor sottosegretario, tuttavia, in quest'Aula ci sono i verbali e io ho avuto la premura di prenderli. Il sottosegretario dice: abbiamo, cerchiamo la possibilità di costruire un regime diverso dal costo dell'energia dell'isola che, in particolare, consenta la competitività della filiera dell'alluminio. In questa chiave, stiamo attivando i nostri rapporti con l'Unione europea per avere la proroga dei tre anni. E il sottosegretario De Vincenti dice ancora: «(...) non escludiamo di chiedere una proroga, come del resto la Camera ci ha sollecitato questa mattina» - stiamo parlando di dieci mesi fa -, «ma naturalmente sappiamo bene che non è lì la soluzione del problema. Non è una soluzione, ma è solo un tamponamento».
Non lo dice un parlamentare, lo dice lei, signor sottosegretario! Lei ha detto che si trattava di un tamponamento e, oggi, ce lo spaccia come la soluzione dei problemi! È vergognoso ed è indecente che un rappresentante del Governo dimentichi quello che ha detto qui dieci mesi fa, perché significa offendere coloro che, dieci mesi fa, hanno creduto che quella fosse una soluzione tampone e che, oggi, si sentono dire dallo stesso rappresentante del Governo che è la soluzione per i problemi.
Non solo non è la soluzione, ma non c'è un gruppo internazionale, non c'è un soggetto serio che possa arrivare nel Sulcis e rilevare l'Alcoa, se non ha almeno una prospettiva industriale di dieci anni. Dieci anni di supporto al costo dell'energia. E per quale motivo l'ENEL non firma l'accordo bilaterale? Perché trova la sponda nel Governo, ha trovato la sponda del Governo che ha detto che i costi di produzione di quella centrale sono di 130 euro a megawattora - l'avete messo nei vostri report -, quando, invece, qualsiasi centrale a carbone in Europa non è sopra i 55 euro a megawattora. Altro che proporre iniziative alternative! E di che natura? Fumoso.
Non si è capito quale dovrebbe essere il rilancio produttivo del Sulcis: stando alle sue parole, signor sottosegretario, io non ho colto nessuna idea, nessuna proposta. Si parla di questo progetto, ma dove sono le risorse? Le risorse che lei ha richiamato - 128 milioni di euro - sono tutte dei fondi FAS, e cioè fondi che hanno una precisa destinazione legata alla regione Sardegna.
Dove sono i fondi aggiuntivi dello Stato? Quali soldi, quale denaro ritenete di dover mettere a disposizione? Inoltre, a proposito del CIP 6, mi sono riferito alle energie alternative e affini e il costo complessivo, quello che poi lei ha ammesso, è di 11 miliardi di euro, non di 900 milioni di euro; il costo complessivo delle energie alternative su cui bisogna far gravare il sistema, cosa che voi non volete fare, è quello dell'energia eolica, che finanzia le mafie, che finanzia gli interessi maldestri di questo Paese e che non volete toccare, così come non lo voleva toccare il precedente Governo, così come tutti i governi che si sono succeduti, perché evidentemente sull'energia eolica e sul sistema delle energie alternative ci sono gli affari che fanno gola a molti. In realtà, si vuole, in qualche modo, far perseguire un progetto di sviluppo alternativo di quel territorio senza nessuna concretezza, abbandonando la strada di perseguire quell'obiettivo di energia a costo riequilibrato che è indispensabile; senza di quello, qualsiasi vostra visita in Sardegna sarà un bluff, sarà un picnic senza alcun tipo di risposta per la Sardegna e per i sardi.

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(Iniziative di competenza volte a garantire la massima sicurezza nell'utilizzo in Italia di un vaccino del quale numerosi lotti risultano essere stati ritirati in altri Paesi a causa di una contaminazione nell'ambiente di produzione - n. 2-01724)

PRESIDENTE. L'onorevole Savino ha facoltà di illustrare la sua interpellanza n. 2-01724, concernente iniziative di competenza volte a garantire la massima sicurezza nell'utilizzo in Italia di un vaccino del quale numerosi lotti risultano essere stati ritirati in altri Paesi a causa di una contaminazione nell'ambiente di produzione (Vedi l'allegato A - Interpellanze urgenti).

ELVIRA SAVINO. Signor Presidente, signor sottosegretario, recentissime notizie di stampa, in particolare on line, riportano che in data 6 ottobre 2012 l'istituto di Stato per il controllo dei farmaci della Slovacchia ha diffuso un documento urgente con cui ha imposto il ritiro immediato dal commercio del farmaco Infanrix Hexa della ditta belga GlaxoSmithKline Biologicals s.a. che ha data di scadenza gennaio 2014; si tratta di un vaccino esavalente, obbligatorio in Italia. Sulla base di quanto affermato dal documento Slovacco, il ritiro si è reso necessario in quanto, durante il controllo di qualità, è stata riscontrata una contaminazione microbica dell'ambiente di produzione del vaccino stesso, mentre i prodotti finali della lavorazione - cioè il vaccino in oggetto - non sarebbero microbicamente contaminati e l'ente di registrazione avrebbe accettato il ritiro del vaccino stesso dalle farmacie e dai fornitori sanitari, al solo scopo di assicurare il mantenimento, si dice, dello standard di qualità. Il documento ufficiale conterrebbe anche l'affermazione che i pazienti che sono stati vaccinati con Infanrix Hexa non sono a rischio a causa del vaccino stesso che soddisfa, o soddisfarrebbe, tutti i requisiti di qualità.
Secondo quanto affermato, dunque - ed è questo che risulta abbastanza sorprendente - il vaccino va benissimo, soddisfa tutti i requisiti di qualità, eppure viene ritirato con la massima urgenza. Il ritiro infatti, lo ribadisco, è stato disposto con urgenza massima, ovvero urgenza di classe 1 che, in base alle norme europee di classificazione delle urgenze (norme emea), si riferisce a quelle situazioni che minacciano potenzialmente la vita, ovvero possono causare gravi danni alla salute, e prevede che il provvedimento venga attuato immediatamente, in particolare, al massimo, in 48 ore. Le nazioni che sinora hanno ritirato questo vaccino sono diciannove, tra cui, solo per citarne alcune, la Slovacchia, la Spagna, la Germania, l'Australia, il Canada e anche la Francia, che sembra non abbia ritirato solo il vaccino esavalente ma anche il vaccino tetravalente e il pentavalente, sempre della ditta GlaxoSmithKline Biologicals s.a.; con un comunicato stampa del 17 ottobre scorso, la GlaxoSmithKline Biologicals s.a., attraverso il suo capoufficio stampa, Massimo Ascani, afferma che i controlli effettuati hanno rilevato che non c'è stata alcuna contaminazione. Il portavoce ha, altresì, dichiarato che in Italia si è spiegata la situazione e si è detto che non si è proceduto al ritiro in quanto i lotti inviati non erano stati potenzialmente, e vorrei sottolineare la parola «potenzialmente», esposti al batterio. I comunicati ufficiali dicono che nei laboratori di produzione del vaccino è stata trovata una piccola contaminazione da parte del batterio bacillus cereus; questo bacillus cereus è un batterio betaemolitico patogeno a bastoncino gram-positivo che produce tossine responsabili di intossicazioni alimentari. Ne esistono diversi ceppi: alcuni sono innocui e altri responsabili di intossicazioni alimentari potenzialmente fatali. Attualmente non sono disponibili metodi in grado di distinguere tra ceppi virulenti e non virulenti.
Però il suo isolamento nel corso di broncopolmoniti, batteriemie, setticemie, meningiti e infezioni dell'orecchio e vie urinarie, lo fa ritenere un agente patogeno di una certa rilevanza, ed è considerato uno dei microrganismi più pericolosi per Pag. 52l'organo visivo. I Ministeri della salute degli Stati che ho menzionato prima hanno avvisato la popolazione affinché i genitori dei bambini che hanno ricevuto questa vaccinazione negli ultimi mesi, contattino le autorità sanitarie con la massima urgenza. Nel nostro Paese, fino alla scorsa settimana, abbiamo sentito parlare soltanto del ritiro dei vaccini antinfluenzali - che peraltro non sono obbligatori - della Crucell e della Novartis, ma nulla si è detto a proposito della contaminazione dell'esavalente obbligatorio, appunto, della Glaxo.
Quindi, chiediamo a lei sottosegretario se, sull'esempio dei colleghi stranieri, non ritenga di dover dare precisa e dettagliata comunicazione alla popolazione italiana della situazione in oggetto, con particolare riferimento al rischio o meno - se esiste un rischio - che i lotti arrivati in Italia siano contaminati, e quali tempestive iniziative intenda assumere, nell'ambito delle proprie competenze e nel rispetto delle prerogative attribuite alle regioni in materia sanitaria dalla nostra normativa, al fine di garantire la massima sicurezza nella somministrazione ai bambini del vaccino esavalente.

PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per la salute, Adelfio Elio Cardinale, ha facoltà di rispondere.

ADELFIO ELIO CARDINALE, Sottosegretario di Stato per la salute. Signor Presidente, onorevoli parlamentari, lo scorso mese di ottobre il Ministero della salute è stato informato dall'Agenzia italiana del farmaco (AIFA) che l'azienda farmaceutica GlaxoSmithKline Biologicals s.a. aveva effettuato un ritiro volontario di alcuni specifici lotti dei vaccini Infanrix Hexa, Polio Infanrix e Cinquerix per un totale di 30 lotti, nei Paesi dove tali lotti erano stati immessi in commercio.
Infanrix Hexa è un vaccino combinato esavalente utilizzato per proteggere i bambini fino a tre anni di età contro difterite, tetano, pertosse, epatite B, poliomielite e le malattie causate da haemofilus influenzae di tipo «b»; esso è impiegato di routine anche in Italia, nell'ambito dei programmi nazionali di vaccinazione universale dei nuovi nati. Polio Infanrix è un vaccino combinato tetravalente usato per proteggere contro la poliomielite, la difterite, il tetano e la pertosse. Cinquerix, ormai da anni non commercializzato in Italia, è un vaccino combinato pentavalente utilizzato per proteggere contro la poliomielite, la difterite, il tetano, la pertosse e le malattie causate da Hib.
Nessun lotto interessato dal ritiro è stato distribuito in altri Paesi, inclusa l'Italia. Pertanto, non è stato necessario procedere ad alcun ritiro nel territorio nazionale. Il ritiro volontario è stato disposto dalla ditta sopracitata, a scopo cautelativo, dopo che alcuni test di controllo della qualità dell'ambiente circostante il sito di produzione, erano risultati non conformi, per il rilevamento di un microrganismo, il Bacillus cereus, rivelando un potenziale rischio di contaminazione microbiologica dei 30 lotti in questione. I controlli effettuati analizzando i vaccini dei lotti ritirati hanno, comunque, avuto esito favorevole, rivelando l'assenza totale di contaminazione. L'AIFA ha provveduto a fornire chiarimenti in merito a quanto avvenuto, tramite comunicazione del 16 ottobre 2012 nel proprio sito internet.
Il ritiro è avvenuto in classe 1, secondo la classificazione dell'European medicines agency (EMA), in quanto fondato su rischio potenziale di contaminazione microbiologica. Ad oggi, non è stato riscontrato un aumento delle segnalazioni di reazioni avverse in seguito alla somministrazione dei vaccini in parola. Alla ditta GlaxoSmithKline è stato chiesto di fornire ulteriori informazioni, mentre la competente autorità belga ha effettuato un controllo del sito di produzione il 9 ottobre 2012. Al momento non sono state fornite informazioni aggiuntive e sembra che la situazione si sia completamente risolta. Si assicura che il Ministero della salute, in costante collaborazione con l'AIFA, ha seguito e continua a seguire la problematica della sicurezza dei vaccini, proprio allo scopo di Pag. 53garantire che la vaccinazione venga sempre effettuata con prodotti che offrano il miglior profilo di sicurezza.
Al riguardo, è operante una serie di controlli volti a garantire costantemente la qualità, la sicurezza e l'efficacia di tutti i vaccini ed esiste un sistema di sorveglianza dedicato alle reazioni avverse a vaccinazione, che si è dimostrato efficiente già in passato per il rapido riconoscimento dei segnali riguardanti vaccini particolari e per la loro corretta gestione.
Inoltre, il Piano nazionale della prevenzione vaccinale 2012-2014 (intesa Stato-regioni del 22 febbraio ultimo scorso), si sofferma sull'importanza della informazione per gli operatori sanitari e per la popolazione, prevedendo un obiettivo ad hoc: progettare e realizzare azioni per potenziare l'informazione e la comunicazione al fine di promuovere l'aggiornamento dei professionisti sanitari e per diffondere la cultura della prevenzione vaccinale come scelta consapevole e responsabile dei cittadini.
Nel Piano è presente, altresì, un capitolo dedicato alla descrizione dei caratteri da considerare per l'introduzione di nuove vaccinazioni tra le strategie di prevenzione e per la definizione del percorso da seguire. Tra i criteri da prendere in esame è inclusa la sicurezza dei vaccini, anzi è prevista tra i primi elementi. Si specifica che l'accesso alla segnalazione di eventi avversi successivi alla vaccinazione ed i feedback periodici rientrano nel processo di valutazione dei programmi di vaccinazione previsto dal Piano.
Alla luce delle valutazioni sopra rese si può concludere che la vicenda dei lotti di vaccino ritirati non rappresenta un pericolo, neanche potenziale, per il nostro Paese e per la popolazione, e il ritiro precauzionale di lotti di vaccino depone a favore di una grande attenzione alla qualità di tali prodotti anche da parte delle ditte produttrici, oltre che degli organismi istituzionali autorizzativi e di controllo a livello europeo e anche nazionale, che in Italia sono di avanguardia in tutta Europa.

PRESIDENTE. L'onorevole Savino ha facoltà di replicare.

ELVIRA SAVINO. Signor Presidente, signor sottosegretario, la ringrazio per questa risposta, in buona parte la prevedevo, nel senso che mi aspettavo buona parte delle cose che lei mi ha detto. Nonostante questo, mi ritengo parzialmente soddisfatta, nel senso che comunque queste rassicurazioni che lei ci ha dato non fugano e chiariscono tutti i dubbi che hanno assalito non solo noi interpellanti, ma anche tutti i genitori che, a seguito di queste notizie, stanno tempestando di telefonate le ASL per avere chiarimenti su questo vaccino. Si tratta, infatti, di un tema delicato, che riguarda la salute dei nostri figli, e in nessun caso si può essere superficiali o disattenti su questi temi.
Peraltro, mi pare singolare che se non ci fosse stata la mia interpellanza o questa interpellanza quasi alcuna comunicazione ufficiale in merito a questa vicenda ci sarebbe stata. Parliamo di vaccini esavalenti ritirati in mezzo mondo, comunque in un numero significativo di Paesi. Abbiamo ascoltato in questi giorni - l'ho detto nell'illustrazione - la vicenda del vaccino antinfluenzale, ma nulla su questa vicenda. Io ho spulciato, insomma ho trovato online questa notizia perché non ce n'è ufficialmente conoscenza.
Per quanto riguarda invece la comunicazione ufficiale, credo che un fatto vada rilevato. La disposizione EMEA, che riguarda il ritiro di vaccini classe 1, cioè quelli di massima urgenza, ritiro che deve essere effettuato in 48 ore, al punto 3.2 stabilisce questo, cito testualmente: i difetti di classe 1 sono difetti potenzialmente a rischio vita, una rapida notifica di avviso deve essere inviata a tutti i contatti di un elenco proposto alla notifica dell'avviso, a prescindere dal fatto che la partita è stata esportata o meno in quel Paese.
Quindi, quando si tratta di difetti di classe 1 devono essere allertati anche i Paesi che non sono stati interessati oggettivamente o potenzialmente dal commercio di quei lotti. Pag. 54
Questo in realtà in Italia non è avvenuto; mi permetta sottosegretario di chiederle come si possa - su questo faccio un ragionamento - affermare con assoluta sicurezza (invece lei lo fa e io sono lieta di questa sua assunzione di responsabilità) che non c'è rischio che la contaminazione abbia riguardato i lotti che poi sono stati commercializzati in Italia. In che senso? Non mi risulta che la Glaxo abbia reso nota la tracciabilità temporale di questa contaminazione. In altre parole, a mio avviso, la Glaxo avrebbe dovuto dichiarare la correlazione esistente tra tutti i lotti ritirati e il periodo di potenziale contaminazione delle linee di produzione.
Infatti, è difficile che questa contaminazione, che è avvenuta in un determinato periodo, abbia riguardato alcuni lotti e altri no, come se la contaminazione si fosse diffusa a macchia di leopardo e non si capisce bene come. Il passaggio non è chiaro. Tra l'altro, se lei osserva che questi lotti hanno scadenza 2013 e 2014, si presume che siano stati messi in commercio nel 2011 e allora ci si domanda intanto come mai si proceda al ritiro soltanto adesso e come si possa evidenziare una contaminazione microbica di un ambiente di produzione di un vaccino a distanza di 21 mesi. Francamente questa cosa non è chiara.
Quindi, a mio avviso, questa scoperta tardiva lascia presumere o che la contaminazione abbia riguardato anche altri lotti prodotti nel frattempo fino ad ora o che se ne sia dovuta dare comunicazione in seguito al ritrovamento del batterio in oggetto all'interno di un vaccino stesso. Forse per questo è scattato l'allarme. Poi, mi scusi, signor sottosegretario, è quanto meno strano che si ritirino dei lotti con procedura di massima urgenza e si dichiari di farlo soltanto in via precauzionale. Onestamente non è molto chiaro.
Inoltre, segnalo la contraddizione in cui cade l'azienda (e anche lei, signor sottosegretario, registro che ha fatto queste affermazioni), secondo cui non è stata dimostrata alcuna correlazione tra la somministrazione del vaccino e la presenza di potenziali reazioni avverse, perché voglio citare alcuni casi che sono solo alcuni dei quali ho trovato traccia. Per esempio, in Slovacchia abbiamo notizia di un bambino deceduto all'inizio di quest'anno dopo il primo vaccino con l'Infanrix e il vaccino apparteneva al lotto ritirato. Quindi, questo è un caso clamoroso di reazione avversa. La notizie di un altro caso di reazione avversa è stato registrato su una bambina con problemi di insonnia, sangue e proteine nelle urine, test di funzionamento epatico altissimo. In un altro caso, dopo le vaccinazioni, il bambino ha perso conoscenza (si tratta sempre di vaccini appartenenti al lotto) ed è stato ricoverato in terapia intensiva.
Ci sono episodi di neuroblastoma dopo la vaccinazione con Infanrix. Nella capitale della Slovacchia, nel reparto oncologico di pediatria, l'incidenza di neuroblastoma era bassissima (un caso all'anno circa). Recentemente questi bambini sono così tanti che nel reparto non c'è più posto. Quindi, mi chiedo e chiedo anche a lei come si può parlare di ritiro solo cautelativo, come se fosse una cosa di alcuna rilevanza o di assoluta mancanza di conseguenze e, soprattutto, di rischio.
A mio avviso, questa vicenda presenta ancora delle contraddizioni e degli aspetti non chiari e non è stata, a mio avviso, fornita la scientifica certezza che i lotti commercializzati in Italia siano privi di rischio. Infatti, non mi è chiara la descrizione scientifica di come questo possa non essere avvenuto. Le ripeto: come mai le informazioni sono arrivate così in ritardo e questa contaminazione è stata riscontrata a distanza di così tanto tempo? Quindi, spero che monitoreremo questa cosa, sperando poi di poter condividere maggiormente le sue rassicurazioni o che ne arrivino di ulteriori.
Un'ultima cosa e concludo. Approfitto della sua presenza, signor sottosegretario, per sollecitare la risposta ad una mia interrogazione, sempre concernente i vaccini.
Questa si riferisce in particolare all'obbligatorietà in Italia di quattro vaccini. Come lei ci ha ricordato, in Italia sono obbligatori quattro vaccini: difterite, tetano, Pag. 55poliomielite ed epatite B. Invece, c'è l'imposizione di fatto - lei me lo insegna - con il vaccino esavalente, di sei vaccini: non sono disponibili vaccini singoli di queste patologie per le quali la vaccinazione è obbligatoria ed i genitori sono obbligati a somministrare il vaccino esavalente. Io, invece, ritengo che sia un diritto dei genitori scegliere se somministrare ai propri figli ulteriori vaccini rispetto a quelli che sono obbligatoriamente previsti dalla legge.
Per cui, le domando - e a questo si riferisce la mia interpellanza urgente - se non sia un dovere dell'autorità preposta garantire l'esistenza in commercio di vaccini singoli perché questo comporterebbe, oltre al diritto sacrosanto dei genitori di decidere di non sottoporre i figli ad ulteriori vaccinazioni, anche un notevole risparmio, come è stato stimato, in termini di spesa sanitaria.

(Iniziative volte a garantire l'urgente approvazione del Piano nazionale sulla non autosufficienza - n. 2-01718)

PRESIDENTE. L'onorevole Delfino ha facoltà di illustrare la sua interpellanza n. 2-01718, concernente iniziative volte a garantire l'urgente approvazione del Piano nazionale sulla non autosufficienza (Vedi l'allegato A - Interpellanze urgenti).

TERESIO DELFINO. Signora Presidente, noi abbiamo presentato questa interpellanza urgente sulla base anche di una iniziativa molto forte che diversi malati di SLA hanno avviato nelle settimane scorse per richiamare con forza, con determinazione e con un loro grande sacrificio personale, lo stato della situazione relativamente ai finanziamenti per il Fondo per la non autosufficienza e, più in generale, la disponibilità di risorse per le politiche sociali.
Noi riteniamo che un Paese civile non possa assolutamente venire meno e togliere a chi ha di meno per la propria diversa abilità, per le menomazioni e per tutte le situazioni di carattere sanitario e personale che danno una più grande esigenza e necessità di sforzo per realizzare la propria persona nella nostra comunità nazionale.
Proprio su stimolo e su sollecitazione diretta di questa iniziativa, noi abbiamo presentato un'interpellanza urgente, signor rappresentante del Governo, che chiede in modo molto semplice e lineare di conoscere qual è la realtà del Piano nazionale per la non autosufficienza, qual è la realtà delle risorse per il Fondo per la non autosufficienza e qual è l'impegno e la prospettiva che questo Governo, anche con la legge di stabilità, intende realizzare in questo settore.
A me pare, ripercorrendo molto brevemente, signor Presidente, la storia di quel Fondo nazionale per le politiche sociali, nato nel 1998 e poi rafforzato con la legge n. 328 del 2000, che ci sia stato un complessivo orientamento portato a considerare questo settore con una certa superficialità.
Non è pensabile che davanti alle normative che questo Parlamento ha elaborato negli anni, normative che sono riconosciute anche da prestigiosi e autorevoli istituti sociali, nazionali ed europei, come legislazioni particolarmente attente al riconoscimento dei diritti e della specificità delle persone diversamente abili e dei malati non autosufficienti, poi nel concreto, davanti a un'affermazione normativa alta e qualificata, pienamente capace di interpretare quelli che sono i principi fondamentali della nostra Costituzione, ci troviamo, di fatto, nell'esercizio dell'attività del Governo e delle altre istituzioni nei livelli territoriali, nell'impossibilità di dare sostanza e concretezza a queste affermazioni.
Abbiamo visto che gradualmente i finanziamenti per il Fondo nazionale per le politiche sociali sono diminuiti. Nel 2011 - ricordo solo gli ultimi tre anni - erano pari a 218 milioni, in una ripartizione che poi venne affidata, ovviamente, alle regioni e al Ministero del lavoro e delle politiche sociali; nel 2012 sono pari a 69,95 milioni; nel 2013 e nel 2014 siamo a circa 44 milioni per annualità. Mi sembra una Pag. 56dimensione e una graduale diminuzione che rende e che crea sostanzialmente l'impossibilità, per il livello di governo territoriale, di garantire il sistema dei servizi sociali che nel tempo si sono consolidati a favore di questi nostri concittadini in particolare difficoltà.
Tra l'altro, negli anni vi sono stati pronunciamenti, anche di recente, da parte della Conferenza delle regioni e delle province autonome, che sollecitavano un rapporto stringente con il Governo per la definizione degli obiettivi dei servizi e delle priorità per la difesa dell'occupazione nel settore dei servizi alla persona, per il superamento della frammentarietà dei finanziamenti e per l'allocazione di tutte le risorse destinate al sociale in un unico fondo non finalizzato e, poi, per l'istituzione di un tavolo di confronto dei Ministeri del welfare e della salute con le commissioni delle politiche sociali e della salute della Conferenza delle regioni e delle province autonome.
Mi domando, dunque, perché su questo tema delle politiche sociali, sul tema della non autosufficienza, che nell'ambito di quelle sollecitazioni veniva riconosciuto come tema centrale di tutte le politiche sociali, non si sia camminato. Mi auguro che lei possa darmi una risposta diversa e che io possa avere, in questo confronto, una rassicurazione molto più puntuale.
Tra l'altro, lo Stato ha la competenza esclusiva, come lei certamente potrebbe ricordarmi, nella determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali. Invece, abbiamo una situazione, a fronte di un quadro normativo che dalla Costituzione possiamo poi riverificare nei diversi provvedimenti legislativi, in cui assistiamo a un deterioramento di un sistema che si è fatto, nel tempo, più frammentato e poco omogeneo e nel quale il Fondo per le non autosufficienze, istituito con l'articolo 1, comma 1264, della legge n. 296 del 2006 (legge finanziaria 2007), ha visto una dotazione, che venne poi assegnata concretamente nel 2010 come fondi aggiuntivi a quelli che già erano destinati alle prestazioni e ai servizi a favore delle persone non autosufficienti da parte delle regioni, pari a 400 milioni.
Questi 400 milioni ovviamente sono stati assegnati, ma poi abbiamo visto che non c'è stata costanza e coerenza nella disponibilità delle risorse per gli esercizi successivi. Quindi, questo è un altro elemento che ci preoccupa moltissimo. L'articolo 1, al comma 40, della legge di stabilità del 2011 dispone che la dotazione del fondo per le esigenze urgenti ed indifferibili sia incrementata di 924 milioni e che una quota di tali risorse, pari a 874 milioni per il 2011, sia ripartita con decreti del Presidente della Repubblica, ed era prevista anche quella quota di 100 milioni destinati e finalizzati dal Parlamento per gli afflitti da sclerosi laterale amiotrofica, i cittadini colpiti dalla SLA. Ebbene anche questo è un dato che avrebbe dovuto essere attentamente e profondamente meditato per dare continuità. Ho detto poco fa, infatti, che il sistema territoriale delle autonomie e delle regioni, senza una costanza di finanziamenti, non è assolutamente in grado di dare concretezza al riconoscimento, per le persone diversamente abili e non autosufficienti, dei diritti alla salute, all'assistenza, al lavoro, laddove è possibile, e alla scuola. Quindi, si tratta di un dato che effettivamente ci preoccupa tantissimo, rispetto al quale l'interpellanza di oggi del gruppo dell'Unione di Centro vuole ottenere con chiarezza una risposta dal Governo, che sia poi verificabile concretamente nei provvedimenti che il Parlamento stesso dovrà affrontare nei prossimi giorni. Voglio ancora, prima di concludere, rilevare che il nostro è un Paese in cui lo Stato mantiene il diritto e il dovere di definire gli ambiti dei livelli di assistenza sanitaria e di assistenza sociale uniformi per tutto il Paese. Da un'analisi della spesa sociale per tutte le fasce di cittadini in difficoltà e nella necessità di sostegno, ma soprattutto per i non autosufficienti, vediamo che, a fronte di una spesa media pro capite di 116 euro, essa varia da un minimo di 26 euro in Calabria, 30 euro nel 2008 - sono dati che non penso siano Pag. 57migliorati nel corso di questi anni di crisi - ad un massimo di 295 euro nella provincia autonoma di Trento, 208 nel 2008. Quindi vi è un'emergenza poiché vi sono forti differenze territoriali nei diritti che la Costituzione e le nostre leggi assicurano a questi nostri concittadini. Disparità che si fa ancora più evidente nella spesa per le persone disabili e per gli anziani. Allora - e concludo questa mia illustrazione dell'interpellanza - c'è bisogno e mi auguro che da questo Governo - da un Governo che ha messo nella sua indicazione programmatica tre parole: rigore, crescita ed equità - vi sia un forte segnale di cambiamento e di distinzione rispetto al passato, con un forte riconoscimento da parte del Governo stesso delle esigenze rappresentate dalla necessità di garantire ai nostri concittadini - vorrei dire meno fortunati - quelle risorse indispensabili con le quali possano dignitosamente affrontare la loro esistenza.
Non si può sempre obbligare, e concludo, i cittadini non autosufficienti ad azioni clamorose per ottenere il riconoscimento concreto dei loro diritti. Questo è quello che noi vogliamo sottolineare con questa interpellanza urgente.

PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per il lavoro e le politiche sociali, Cecilia Guerra, ha facoltà di rispondere.

CECILIA GUERRA, Sottosegretario di Stato per il lavoro e le politiche sociali. Signor Presidente, nella presentazione dell'interpellanza urgente l'onorevole Delfino ha ampliato molto l'analisi rispetto alla specifica questione che è stata esposta nel testo pervenuto, nel quale si chiedeva al Governo quali siano stati i motivi del ritardo nell'approvazione del Piano nazionale per la non autosufficienza e quali siano le urgenti iniziative previste in ottemperanza alle promesse fatte al fine di colmare questa grave inadempienza.
Quindi, nella risposta mi concentrerò prevalentemente sulla domanda che mi era stata rivolta. In particolare, l'onorevole Delfino ricordava che il Ministro del lavoro e delle politiche sociali ha recentemente ottenuto la sospensione dello sciopero della fame da parte di numerose persone con disabilità solo dopo aver assunto un impegno alla ripresa dei lavori finalizzati al varo del Piano nazionale; faceva riferimento ad un impegno preso dal Governo per approvare in tempi rapidi questo Piano nazionale per la non autosufficienza.
Questo impegno è stato assunto dal Ministero a cui appartengo, a nome del Governo, il 17 aprile scorso. Vorrei riportare testualmente le parole con cui questo impegno è stato preso (sono state rese note in un comunicato stampa). La premessa consisteva nell'impegno a «formulare una proposta articolata per un Piano di intervento nazionale sulla non autosufficienza che tenga conto del bisogno correlato al livello di gravità della condizione di non autosufficienza. È stato chiaramente precisato che tale proposta, resa pubblica da un mese circa, rappresenta una base di lavoro per avviare un intervento di sistema che, alla luce degli ineludibili vincoli di finanza pubblica, non potrà che essere realizzato per gradi».
Questo è, testualmente, l'impegno preso il 17 aprile. Ebbene, in data 11 maggio 2012 è stata presentata la prima tappa di questo Piano: nell'ambito della seconda fase del Piano di azione e coesione, infatti, quello relativo alle regioni della convergenza, i due Ministeri interpellati hanno lavorato, di concerto con il Ministero della coesione territoriale, ad un intervento, il quale dispone uno stanziamento di 330 milioni destinati ai servizi per la non autosufficienza.
Ripeto, è un piano, in questa fase, destinato alle quattro regioni della convergenza. Non si tratta di semplice distribuzione di soldi, ma di distribuzione di fondi il cui impiego sul territorio viene attentamente programmato in accordo con le regioni perché sia realmente funzionale alla costruzione di servizi che restino nel tempo. Giustamente, come l'interpellante sottolineava, noi abbiamo nel nostro Paese un forte gap, una forte differenza tra regioni, proprio anche nell'infrastrutturazione sociale. Quindi, è molto importante cominciare a riempire questa distanza. Pag. 58
Però vorrei sottolineare anche che, nell'ambito di questo piano, è prevista una prima sperimentazione di quello che in futuro dovrà essere il Piano nazionale per la non autosufficienza, il cui perno fondamentale è l'integrazione fra l'intervento sociale e quello sanitario, al fine di evitare ricoveri inappropriati e puntando alla qualità della vita di anziani e disabili.
La sperimentazione, che interesserà alcune zone di ciascuna delle regioni interessate, riguarderà la realizzazione della filiera completa in cui si deve articolare il Piano: valutazione socio-sanitaria del beneficiario e costruzione di un piano personalizzato, che, a seconda della gravità e delle caratteristiche del bisogno, richiede interventi domiciliari, semiresidenziali o residenziali.
In seguito, nell'agosto del 2012, è stata presentata dai due Ministeri, nell'ambito dell'iter di conversione del decreto-legge sulla salute, il n. 158 del 2012, un articolo, l'articolo 6, che prevedeva che, con un'intesa sancita entro il 31 dicembre 2012 dalla Conferenza unificata, su proposta del Ministro della salute e del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, venisse adottato un piano per rispondere in maniera adeguata ai bisogni delle persone non autosufficienti.
Questo piano doveva essere un programma nazionale per la non autosufficienza quale insieme di misure coordinate e di azioni che Stato, regioni ed autonomie locali, per le competenze e funzioni di rispettiva competenza, si impegnano ad erogare in forma integrata e coordinata, uniformemente sul territorio nazionale, in materia di prestazioni assistenziali per la non autosufficienza in ambito sanitario, sociosanitario e sociale al fine di garantire i livelli essenziali di cui all'articolo 117, secondo comma, lettera m), della Costituzione, compresi quelli garantiti dall'indennità di cui alla legge n. 18 dell'11 febbraio 1980, cioè l'indennità di accompagnamento.
L'articolo, che prevedeva un finanziamento fondamentalmente imperniato su una razionalizzazione nell'uso delle risorse già attualmente destinate alla non autosufficienza, è stato però stralciato in quanto si è ritenuto necessario procedere ad un ulteriore approfondimento tecnico sui costi e le coperture e ad un maggiore coinvolgimento, anche nella fase preliminare di individuazione delle linee di fondo del programma, delle regioni.
Alla fine di ottobre è stato raggiunto un accordo fra i due Ministeri e il Presidente della Conferenza delle regioni per l'apertura di un tavolo tecnico per il confronto di cui al punto precedente, la cui prima riunione si svolgerà nella prima quindicina di novembre. Il tavolo tecnico prenderà le mosse dal lavoro istruttorio già compiuto dai due Ministeri ai fini della formulazione della proposta di cui all'articolo che citavo precedentemente. Per la fine di novembre è stata inoltre fissata una prima riunione politica per indirizzare ulteriormente il lavoro.
Quindi occorre sicuramente confermare che ciò che ha impedito sino ad oggi di procedere all'attuazione del piano in questione è stata la difficoltà di reperire adeguata copertura finanziaria, ma che il Ministero da me rappresentato ha operato e continuerà ad operare ogni utile sforzo in tal senso, conformemente agli impegni assunti.
Vorrei però aggiungere qualcosa in relazione a ciò che lei, onorevole Delfino, ha detto nel corso dell'illustrazione della sua interpellanza urgente, limitandomi a correggere alcune informazioni, ad esempio per quanto riguarda la situazione, sicuramente molto preoccupante - come lei giustamente sottolinea -, del rifinanziamento dei fondi sociali. Vorrei in particolare fare il punto per quanto riguarda precisamente l'anno 2012, anno ereditato dal nostro Governo sul quale, quindi, questo non porta responsabilità, per sottolineare che il Fondo nazionale per le politiche sociali nel corso del 2012 non è stato di 69 milioni di euro, ma di 43 milioni che non sono stati ancora distribuiti perché, data l'esiguità della somma in gioco, non si è avuta l'intesa con le regioni. Questo ha richiesto un iter diverso per poter comunque procedere al riparto. Al momento il Pag. 59suddetto Fondo è stato interessato da un ulteriore taglio lineare in relazione alla sentenza della Corte costituzionale relativa al trattamento di fine rapporto dei dipendenti pubblici e, quindi, speriamo di riuscire a distribuirlo in questo scorcio di anno.
Per quanto riguarda il Fondo per la non autosufficienza, nel 2012 questo era ed è rimasto pari a zero. Per quanto riguarda il finanziamento per i malati di SLA questo, disposto con una disposizione di fine 2010, è stato attivo solo per il 2011 e non è stato disposto nell'ambito del Fondo per il finanziamento delle esigenze indifferibili, ma del Fondo per la non autosufficienza che appunto, per il 2011, è stato dotato di soli 100 milioni di euro destinati solamente ai malati di SLA, ma che nel 2012 è pari a zero.
A questo punto la sua domanda è, giustamente, come si presenta la situazione per il 2013. Come lei sa, nel disegno di legge di stabilità è previsto un appostamento di 900 milioni di euro che assorbe in sé un precedente finanziamento che, nel decreto-legge sulla spending review, era stato previsto, questo sì, sul Fondo per le esigenze indifferibili con una destinazione, in questo caso, anche a favore della non autosufficienza, in particolare dei malati di SLA. Questo Fondo è stato assorbito nei suddetti 900 milioni di euro la cui destinazione, che potrebbe essere prioritariamente a favore dei fondi sociali, è attualmente oggetto di un serrato e, penso, positivo confronto tra Governo e Parlamento. Quindi, l'esito di questo confronto, che si vedrà in questi giorni, vede protagonisti sia il Governo, sia il Parlamento e, personalmente, mi auguro che l'attenzione al sociale, che lei reclama come necessaria, abbia la meglio in questo dibattito.

PRESIDENTE. L'onorevole Delfino ha facoltà di replicare.

TERESIO DELFINO. Signor Presidente, ringrazio il sottosegretario, rappresentante del Governo, per la risposta.
Ovviamente lei ha rilevato che nell'illustrazione avevo ampliato un po' il ragionamento, ma ciò era soltanto dovuto alla necessità di un inquadramento più complessivo circa la disponibilità del Paese - perché il Governo rappresenta il Paese nell'attività di gestione dei vari programmi - sul tema, che è centrale per un Paese che si vuole dichiarare civile.
Ho appreso naturalmente la sua conferma dell'impegno del 17 aprile e delle tappe che lei ha ricordato circa l'avvicinamento alla formulazione di un Piano nazionale per le non autosufficienze, essendo considerato a stralcio, da parte mia, ciò che lei ha richiamato per le quattro regioni con particolari necessità di colmare e attivare le risorse che hanno a disposizione in via sperimentale anche come elemento che dovrebbe offrire un dato più significativo di attuazione per quanto riguarda il Piano nazionale.
Naturalmente non posso che dirmi d'accordo con lei circa l'integrazione tra la spesa sociale e la spesa sanitaria, perché questo è un obiettivo che con l'istituzione del Servizio sanitario nazionale perseguiamo da oltre quarant'anni e, quindi, è evidente che c'è la necessità di arrivare ad una migliore sinergia.
Quello che però non mi soddisfa della sua risposta sono i tempi molto lenti. Rispetto ad aprile, ho la conferma che, a fine ottobre, siamo all'apertura del tavolo di confronto tecnico con le regioni e, a fine novembre, dovremmo avere - se non ho inteso male - una prima elaborazione, tenendo conto di quanto già i due Ministeri del welfare e della salute hanno elaborato negli anni e soprattutto in questi mesi. A me pare che questo cronoprogramma sia molto, molto preoccupante, perché noi speravamo ovviamente che con il cambio di Governo ci fosse anche un cambio di passo effettivo rispetto alla necessità di recuperare quell'eredità negativa, che giustamente lei ha sottolineato, di zero risorse per quanto riguarda il Fondo per le non autosufficienze, sia per il 2011 sia per il 2012.
Quindi, effettivamente questo è un dato cui noi guardavamo con grandissima preoccupazione e avremmo immaginato che, seppur nella necessità di compiere Pag. 60tutte le azioni rigorose di bilancio, ci fosse però altresì una forte e rigorosa attenzione verso i cittadini più deboli e in maggiore difficoltà. Quindi, questo ci lascia un grande rammarico.
Lei ha citato i 900 milioni di euro del 2013: noi abbiamo seguito certamente con attenzione e con rispetto le azioni che i Ministri della salute e del lavoro e delle politiche sociali hanno fatto, anche in relazione a quell'azione particolarmente drammatica realizzata con il digiuno da parte dei cittadini affetti da SLA, e siamo convinti che oggi si debba dare comunque una risposta che, al netto delle difficoltà del Paese, non faccia pagare alle persone con maggiore difficoltà una situazione già per loro personalmente molto, molto onerosa.
Voglio quindi sperare nel confronto che lei ha qui richiamato in sede parlamentare tra le diverse persone che hanno in qualche misura coscienza e consapevolezza di quella che è la drammaticità delle persone che si trovano (non solo - lo dico con forza - i cittadini colpiti dalla SLA, ancor più in difficoltà di altri) ad essere colpiti da disabilità. Nei giorni scorsi il medico fossanese Alberto Damiano, nel raccontare alla stampa il suo doloroso digiuno per scuotere le coscienze dei responsabili ai vari livelli, diceva testualmente: certo, cinicamente se ci scappasse il morto tutto cambierebbe; per concludere che quel che non capiscono i responsabili è che, perché facciamo sul serio, il morto ci scapperà. Questo Stato non può non rispondere a queste parole con un atteggiamento più civile, con un atteggiamento più responsabile, con una risposta che sia all'altezza della nostra cultura di Paese fortemente radicato nella tradizione cristiano-giudaica.
E ancor più lo voglio richiamare, perché questo ci lega tutti alla nostra Costituzione. Se si toglie ai più deboli, alle persone più in difficoltà, agli ultimi, la possibilità di una vita dignitosa, già tenuto conto della loro disabilità, io credo che noi facciamo quello che veramente squalifica un Paese e i responsabili del Governo nazionale e del governo locale. Per cui la ringrazio per questa sua risposta; soprattutto so - signor rappresentante del Governo - che lei è particolarmente attenta a tutte quelle che sono le sollecitazioni che arrivano. Ma noi vogliamo confortarla che nel sostegno a questo tipo di azione, a questa necessaria azione di giustizia, ad un provvedimento che vada dal garantire le risorse del fondo delle non autosufficienze all'attuazione e all'elaborazione di un piano per le non autosufficienze, il gruppo dell'Unione di Centro - ma io credo tutto il Parlamento - sarà particolarmente impegnato e disponibile per il varo di un provvedimento all'altezza veramente delle necessità e delle esigenze di questi cittadini.

(Orientamenti del Governo in ordine al controllo della destinazione dei fondi provenienti dai Paesi del Golfo Persico, anche con riferimento alla prospettata costruzione di una moschea a Palermo - n. 2-01704)

PRESIDENTE. L'onorevole Sbai ha facoltà di illustrare la sua interpellanza n. 2-01704 concernente orientamenti del Governo in ordine al controllo della destinazione dei fondi di provenienti dai Paesi del Golfo Persico, anche con riferimento alla prospettata costruzione di una moschea a Palermo (Vedi l'allegato A - Interpellanze urgenti).

SOUAD SBAI. Signor Presidente, signor sottosegretario, il documento di sindacato ispettivo che ho inteso recapitare al Ministro, e del quale oggi stiamo dibattendo, riguarda in sostanza modi e tempi di rintracciabilità di fondi che giungono dai Paesi del Golfo Persico in Italia (e anche dal nord Africa), sia sotto forma di donazione sia sotto forma di investimento. La cronaca di questi mesi, non solo in Italia, ma anche nei Paesi della primavera araba, ci ha insegnato che spesso, pur entrando legalmente in territorio italiano, questi fondi vengono poi successivamente dirottati verso associazioni o pseudo centri culturali (garage ed altro) la cui gestione Pag. 61del culto e della comunità dei fedeli sono spesso distanti da quanto il nostro dettato costituzionale richiede. Mi riferisco in particolare alle realtà di periferia e di provincia, ma anche spesso centrali, che pongono in essere attività di proselitismo di stampo radicalista e jihadista improntato a valori e metodologie nettamente e pericolosamente contrastanti con la tutela della pubblica sicurezza.
Spesso cantine o garage sono adibiti a luoghi di culto e non sono controllati, perché poi scrivono in lingue diverse e ormai si è anche passati dall'arabo al curdo. E molto spesso si tratta di vero e proprio proselitismo jihadista, le cui conseguenze vediamo ogni giorno con episodi di cronaca drammatici. Questi pseudo centri culturali e di culto che denunciamo da anni, in tempi anche non sospetti, sono spesso finanziati indirettamente dai Paesi succitati del Golfo Persico, dal Qatar all'Arabia Saudita, e anche da qualche Paese del nord Africa, come l'Algeria e il Marocco, come testimoniano chiaramente anche le documentazioni, che sono allegate all'interpellanza, del Belgio e di altri Paesi europei.
L'intento del mio interpellare il Governo, dunque, non è solo quello di capire come e da quali canali arrivino fondi in Europa dai suddetti Paesi, ma piuttosto come essi vengano poi reinvestiti in attività più o meno lecite e più o meno palesemente destinate a finanziare centri di proselitismo e reclutamento e capire se sia possibile, in quanto auspicabile, seguire detti fondi fino alla loro destinazione ultima, tracciando concretamente il loro percorso fino all'investimento finale, onde evitare che finiscano in mani sbagliate e vadano a finanziare l'attività estremistica in Italia.
Per ora termino qui il mio intervento, poi eventualmente replicherò.

PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per il lavoro e le politiche sociali, Cecilia Guerra, ha facoltà di rispondere.

CECILIA GUERRA, Sottosegretario di Stato per il lavoro e le politiche sociali. Signor Presidente, rispondo, su incarico della Presidenza del Consiglio dei ministri, che ha elaborato la risposta, in relazione all'atto di sindacato ispettivo presentato dall'onorevole Sbai, concernente fondi rivolti alla realizzazione di moschee e centri culturali. In conformità a quanto comunicato dall'ufficio del segretario generale della Presidenza del Consiglio dei ministri e dai Ministeri degli affari esteri, dell'interno e dell'economia e delle finanze, faccio presente quanto segue.
L'edilizia di culto è disciplinata dal diritto comune in materia di edilizia ed urbanistica, statale (decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380, testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di edilizia) e regionale. Particolare rilievo assumono le competenze degli enti locali territoriali con riguardo alla previsione di aree da destinare ai luoghi di culto nei piani urbanistici locali e per la possibilità di finanziamento pubblico degli edifici di culto. Rientra tra i compiti degli enti territoriali, in quanto soggetti competenti in materia urbanistica, provvedere a che sia consentito a tutte le confessioni religiose di poter liberamente esplicare la loro attività, anche individuando aree idonee ad accogliere i rispettivi fedeli.
Come recentemente riaffermato dal Consiglio di Stato - cito testualmente - «I comuni non possono sottrarsi dal dare ascolto alle eventuali richieste delle confessioni religiose che mirino a dare un contenuto sostanziale effettivo al diritto del libero esercizio garantito a livello costituzionale, non solo nel momento attuativo, ma anche nella precedente fase di pianificazione delle modalità di utilizzo del territorio. Ciò rilevato, tuttavia, il diritto di culto, deve pertanto venire esercitato nel rispetto delle regole predisposte dalla normativa urbanistica che, nel suo contenuto essenziale, mira esplicitamente a contemperare i diversi possibili usi del territorio». Il riferimento è la sentenza n. 8298 del 27 novembre 2010.
La costruzione di edifici di culto è subordinata al rilascio della concessione edilizia; a tal fine, è necessario che l'edificio Pag. 62sia progettato per sorgere in un'area destinata dai piani urbanistici all'edilizia di culto. Il diritto di aprire luoghi di culto spetta a tutte le confessioni religiose.
In origine, il regio decreto 28 febbraio 1930, n. 289, recante «Norme per l'attuazione della legge 24 giugno 1929, n. 1159, sui culti ammessi nello Stato e per coordinamento di essa con le altre leggi dello Stato», subordinava l'apertura di un tempio o oratorio all'autorizzazione con decreto del Capo dello Stato.
La Corte costituzionale, con sentenza n. 59 del 1958, ha dichiarato l'illegittimità costituzionale della disposizione contenuta nell'articolo 1 del regio decreto n. 289 del 1930. A seguito di tale sentenza non esistono più differenze formali di trattamento tra confessioni religiose.
La possibilità per tutte le confessioni religiose (senza alcuna distinzione, quindi, tra culto cattolico, acattolico, con o senza intesa), di vedersi riconosciuta l'assegnazione, da parte dei comuni, di aree destinate al culto, è stata più di una volta riaffermata dalla Corte costituzionale.
La Corte, in particolare, ha dichiarato l'illegittimità costituzionale di norme regionali che limitavano l'esercizio delle attività di culto (e, quindi, anche la costruzione di edifici ad essa destinati) alle sole confessioni che avessero stipulato un'intesa con lo Stato, ai sensi dell'articolo 8 della Costituzione.
La Corte ha affermato uguali principi anche per il caso di interventi finanziari pubblici per agevolare la realizzazione di edifici e di attrezzature destinati al culto: l'esclusione da tali benefici di una confessione religiosa in dipendenza dello status della medesima (con o senza intesa) integra una violazione del principio costituzionale, affermato nel primo comma dell'articolo 8 della Costituzione, che sancisce la pari libertà di tutte le confessioni religiose davanti alla legge.
Una volta sancito ciò, la Corte specifica che l'attribuzione dei contributi previsti dalla legge per gli edifici destinati al culto, rimane condizionata soltanto alla consistenza ed incidenza sociale della confessione richiedente e all'accettazione da parte della medesima delle relative condizioni e vincoli di destinazione (in questo senso, la sentenza n. 195 del 1993).
Le esigenze religiose della popolazione saranno fatte presenti dalla competente autorità religiosa per quanto concerne la costruzione di nuovi edifici di culto. Tale ultima previsione è esplicitata nelle regole pattizie vigenti con la Santa Sede e in alcune intese con altre confessioni religiose, approvate con legge ai sensi del suddetto l'articolo 8 della Costituzione. Si deve ritenere, però, che alla luce degli indirizzi giurisprudenziali predetti, si tratti di una norma di carattere generale, estensibile anche a tutte le altre confessioni religiose.
Resta fermo che per l'ammissione ai benefici descritti non può bastare che il richiedente si auto-qualifichi come confessione religiosa. In mancanza di un'intesa con lo Stato o del riconoscimento della personalità giuridica, la natura di confessione potrà risultare anche da precedenti riconoscimenti pubblici, dallo statuto che ne esprima chiaramente i caratteri o, comunque, dalla comune considerazione. Ferma restando, quindi, la natura di confessione religiosa, l'attribuzione dei contributi previsti dalla legge per gli edifici destinati al culto rimane condizionata, come sopra già ricordato, soltanto dalla consistenza ed incidenza sociale della confessione richiedente e dall'accettazione da parte della medesima delle relative condizioni e dei vincoli di destinazione.
Stabilito questo quadro di diritto comune, disposizioni specifiche sono previste da norme pattizie: Accordo di revisione del Trattato Lateranense, firmato nel 1984, per quanto riguarda la Chiesa cattolica; leggi di approvazione di intese ai sensi dell'articolo 8 della Costituzione, per quanto concerne le confessioni acattoliche che hanno stipulato un'intesa con lo Stato.
Riguardo alla possibilità che investitori del Golfo Persico starebbero finanziando in Italia attività potenzialmente destinate a favorire gruppi del radicalismo islamico e relativamente all'istituzione di una commissione ad hoc per controllare i flussi provenienti dai Paesi del Golfo Persico e Pag. 63per verificare, in particolare, l'offerta da parte dell'emiro del Bahrain per la costruzione di una moschea a Palermo, si fa presente che, su un piano generale, il legislatore italiano, nel conformarsi alle disposizioni della direttiva 2005/60/CE, ha emanato specifiche disposizioni per la lotta al finanziamento del terrorismo (decreto legislativo n. 109 del 2007). Si sottolinea che nella materia trovano applicazioni anche le norme e gli obblighi per la lotta al riciclaggio (decreto legislativo n. 231 del 2007).
Nell'ambito delle proprie attribuzioni di vigilanza, la Banca d'Italia ha costantemente richiamato gli intermediari vigilati ad una scrupolosa osservanza della normativa in questione e, in particolare, a porre attenzione alle liste dei soggetti sottoposti alle sanzioni finanziarie decretate dalle Nazioni Unite e dall'Unione europea.
Inoltre, per ciò che riguarda i movimenti finanziari, non risultano Paesi arabi del Golfo Persico sotto osservazione da parte del Gruppo d'azione finanziaria internazionale (GAFI/FATF), l'organismo che detta le raccomandazioni in materia di antiriciclaggio e di contrasto del finanziamento del terrorismo e ne verifica l'attuazione da parte della Comunità internazionale.
Per quanto attiene agli investimenti stranieri in Italia, il Governo li promuove e li sostiene, ivi compresi quelli provenienti dai fondi sovrani di investimento, purché siano trasparenti ed effettuino investimenti stabili e di lungo periodo. Non rientrano nella attività di promozione ed attrazione degli investimenti esteri in Italia, svolta dal Ministero degli affari esteri, gli eventuali finanziamenti ad associazioni, moschee o centri culturali, fermo restando l'interesse a promuovere il dialogo interreligioso e tra le culture.
In relazione, poi, agli investimenti nella Costa Smeralda Holding da parte di Qatar holding, si tratta di una transazione tra due soggetti privati in una economia di mercato. Il Governo non è intervenuto sull'operazione in quanto non si trattava di un settore economico di particolare sensibilità o sottoposto a norme limitative. Tra l'altro, Qatar Holding era già socio della Costa Smeralda Holding con una quota del 14,3 per cento.
Infine, si fa presente che la notizia sulla volontà di costruire una moschea a Palermo è stata riportata dagli organi di stampa e sarebbe una pura aspirazione dello sceicco del Bahrain che avrebbe riscosso il consenso verbale del sindaco della città. Tale manifestazione di intenti sarebbe avvenuta in occasione di un recente incontro di natura riservata tra il citato sceicco, in veste di responsabile della Camera di commercio italo-araba, e il medesimo sindaco di Palermo.

PRESIDENTE. L'onorevole Sbai ha facoltà di replicare.

SOUAD SBAI. Signor Presidente, non sono assolutamente soddisfatta; mi dispiace, sottosegretario, ma stiamo parlando di tutt'altra cosa. Non stiamo parlando della libertà di culto, e ci mancherebbe altro che in Italia non ci fosse la libertà di culto, ma stiamo parlando di tutt'altra cosa. Stiamo parlando di fondi che arrivano nel nostro Paese, fondi non controllati, fondi che arrivano da vari Paesi, ma si vede che non siete informati su questi fondi.
Non ho parlato della libertà religiosa, in cui crediamo; noi crediamo a quella libertà religiosa, eccome; noi siamo per la libertà religiosa, ma siamo contro il terrorismo integralista che si inserisce nei nostri Paesi con i fondi nascosti tramite alcune banche e poi attraverso alcune associazioni che in seguito diventano moschee e poi da quelle moschee escono dei kamikaze. Mi dispiace, veramente, perché si vede che la mia proposta non è stata tanto letta o è stata letta male. Dobbiamo ritornare al tema perché nella mia proposta ho parlato solo dei finanziamenti che vediamo tutti i giorni arrivare in Italia e potrò poi farle arrivare la lista dei vari finanziamenti arrivati nel nostro Paese; è tutto documentato. Comunque, la ringrazio per la risposta.
Nel 2012 si è perfezionata l'acquisizione di talune strutture, anche in Sardegna, Pag. 64da parte dell'emiro del Qatar, ma la metà dei soldi non si è capito dove sia finita; non lo dico io, lo dicono gli esperti. Esiste una holding bilaterale per gli investimenti di cui sono azioniste le maggiori banche private saudite e le banche italiane, lo ripeto, banche italiane, qualcuna di queste anche in Toscana. Persiste, dunque, come si evince dai seguenti riferimenti, un intenso scambio commerciale e finanziario fra l'Italia e le due nazioni del Golfo.
Yves Bonnet, ex capo della DST francese, i servizi segreti, ha recentemente, qualche giorno fa, rilasciato un'intervista a La dépêche du Midi nella quale afferma esistere legami finanziari fra il binomio Qatar/Arabia saudita e anche Paesi del Nord Africa e le reti radicali islamiche francesi. Tale intervista è stata rilasciata in occasione degli arresti di salafiti appartenenti ad una rete terroristica in Francia e pronti ad un attentato, armati e preparati.
Il signor Bonnet parla di un dossier sul Qatar e sulla necessità di aprirlo - visto che siamo andati a cercare tutt'altra cosa, ma qui bisogna aprire i dossier e andare a vedere la realtà - per capire realmente dove si annidano i legami con le reti radicali e i loro finanziamenti. Nell'intervista si parla, inoltre, della costituzione di una commissione di inchiesta per stabilire modi e destinazioni del finanziamento qatariota in Francia.
La Qatar Foundation ha deciso di investire 50 milioni di euro nella gestione delle banlieue francesi, ma non è per bontà o per la libertà religiosa, è per prendere in gestione e prendere alcune «teste» delle banlieue francesi, i giovani soprattutto, così domani sappiamo che fine fanno. Il Ministro della giustizia belga, Annemie Turtelboom, ha denunciato che in alcuni casi le scuole radicali islamiche sono create alla espressa richiesta del regime grazie ai fondi che provengono dall'Arabia Saudita, e costituiscono associazioni senza nessun controllo.
Delle associazioni italiane sono controllate anche le ricevute, mentre le associazioni islamiche nessuno le controlla, delle volte non sappiamo neanche della loro esistenza. Parlo di Torino, del signor imam Khounati, al quale sono arrivati 1 milione 200 mila euro dal Marocco per costruire una moschea, ma non sappiamo dove sono finiti i soldi e per moschea è stato aperto un piccolo garage.
A Colle di Val d'Elsa sono stati presi i soldi dall'estero, per metà anche dall'Italia, ma la moschea di Colle di Val d'Elsa è a metà, perché stanno aspettando altri finanziamenti. La Federazione marocchina, creata appena qualche mese fa, ha ricevuto nel mese di ramadan quasi 2 milioni di euro, che voi non sapete dove sono finiti, ma noi lo vogliamo sapere, signora sottosegretario, lo vogliamo sapere per le nostre generazioni.
In Italia e in Europa vi sono due Islam: Islam buono e Islam cattivo. Si sta creando un Islam cattivo con i soldi dal Qatar, dall'Arabia Saudita e dall'estremismo jihadista. È una realtà che noi snobbiamo, una realtà della quale tutti ci dicono, persino il mondo arabo moderato ci manda del materiale per avvertirci di questo pericolo, ma l'Italia è miope: o fa finta di non capire o - spero - non capisce per ingenuità.
Però, caro sottosegretario, la situazione è molto più grave di come lei l'ha illustrata. Non sto parlando dell'edilizia delle moschee: devono essere costruite le moschee, non siamo qui per dire «no» alle moschee, magari! Moschee aperte, moschee libere, moschee dove l'imam va a scuola, ma a una scuola vera, non un macellaio che diventa imam, non qualsiasi persona che si presenta e fa l'imam, e poi non fa l'imam, ma fa altro. È questo il problema grave dell'Italia, e la cronaca di questi giorni, di questi anni, non ha insegnato nulla. Lei veramente mi ha deluso, perché il problema non è del luogo dove aprire una moschea, ma di chi gestisce quella moschea: chi sono? Delle volte non sappiamo neanche chi sono, arrivano anche dall'estero, anche dall'Afghanistan, a fare il loro sermone in lingua, senza sapere nulla. Ringrazio veramente i servizi segreti, che tante volte hanno sventato tanti attentati nel nostro Paese. Pag. 65
Però dobbiamo cominciare a guardare a questo tema non in modo ambiguo ma in modo reale e realista, perché ne risente non solo la comunità e la seconda generazione, ma anche il nostro Paese, la sicurezza del nostro Paese.

(Chiarimenti in merito alla realizzazione di un monumento funebre in memoria di Rodolfo Graziani nel comune di Affile (Roma) - n. 2-01713)

PRESIDENTE. L'onorevole Meta ha facoltà di illustrare la sua interpellanza n. 2-01713, concernente chiarimenti in merito alla realizzazione di un monumento funebre in memoria di Rodolfo Graziani nel comune di Affile (Roma) (Vedi l'allegato A - Interpellanze urgenti).

MICHELE POMPEO META. Signor Presidente, mi rivolgo innanzitutto al Governo per ricordare che lo scorso 11 agosto nel comune di Affile, qui, nella provincia di Roma, è stato inaugurato un monumento funebre. Sempre l'11 agosto, ma di un secolo prima, nel 1882, nasceva in quei territori il famigerato Rodolfo Graziani, ufficiale dell'Esercito italiano nella Prima guerra mondiale, conquistatore e viceré di Etiopia dopo la guerra contro quel Paese, guerra voluta dall'Italia fascista, quindi, Graziani governatore della Libia durante la Seconda guerra mondiale, infine Ministro della difesa della Repubblica sociale italiana.
Il sacrario a Graziani, come si può evincere dalle registrazioni dell'intervento di inaugurazione ad opera del sindaco di Affile, viene quindi dedicato, esattamente a 130 anni dalla nascita del generale, con la precisa intenzione di fare giustizia della sua memoria. Sempre nello stesso intervento, il primo cittadino di quel comune, Affile, affermava che lo stanziamento per la riqualificazione del parco, il «Parco Radimonte al Soldato», all'interno del quale il manufatto è collocato, era stato accordato dalla giunta regionale presieduta dall'allora presidente Marrazzo nel 2009.
Le risorse concesse attraverso un bando regionale furono rivolte alla realizzazione di opere pubbliche di riqualificazione degli spazi pubblici e non per erigere un mausoleo ad un criminale fascista. Stando sempre alle notizie riportate dalla stampa e mai smentite, la costruzione sarebbe costata 130 mila euro, di cui 50 mila già erogati dalla giunta regionale presieduta dalla presidente Polverini. La stessa Polverini qualche giorno fa ha dichiarato di prendere assolutamente le distanze da quel fatto, che amministrativamente è stato corretto ma politicamente ha creato - dice sempre la presidente - imbarazzi al nostro Paese.
Ci troviamo dunque di fronte ad una presa di distanza che, a mio avviso, giunge tardiva ed è ipocrita se consideriamo che all'inaugurazione di quel mausoleo erano presenti due suoi assessori regionali, l'onorevole Teodoro Buontempo, già deputato per diverse legislature in questo consesso, e Francesco Lollobrigida, assessore, il quale ha dichiarato in quell'occasione: in questi giorni ci sono state tante polemiche e troppe chiacchiere, per noi della Valle dell'Aniene l'affetto per il generale Graziani è stato sempre un punto di riferimento.
Se davvero la Polverini volesse contribuire a rimuovere un monumento che da molti è considerato un'offesa alla libertà e alla storia d'Italia potrebbe almeno, e potrebbe farlo ancora, chiudere il rubinetto del finanziamenti regionali e bloccare l'ultima tranche del finanziamento. È assai grave che un primo cittadino faccia giustizia della memoria del generale Graziani con i soldi del contribuente.
Patria e onore sono le parole scolpite dall'amministrazione comunale di Affile sul monumento a Graziani, e questo ai lati della bandiera italiana. Sono parole assolutamente fuori luogo per il ricordo di un personaggio che nel giudizio della storia è stato consegnato alle pagine più cruente del fascismo e del colonialismo italiano, perché appunto Rodolfo Graziani è stato uno dei criminali di guerra più sanguinari del fascismo italiano. «Rimuovere il ricordo di un crimine vuol dire commetterlo Pag. 66di nuovo. Il negazionismo è, nel senso stretto, lo stadio supremo del genocidio», questo scriveva Bernard-Henri Lévy.
Graziani ebbe un ruolo strategico nelle operazioni militari in Africa durante il periodo del colonialismo fascista.
Nel 1930 organizzò la deportazione dalla Cirenaica di 100 mila uomini, donne e anziani e anche bambini attraverso il deserto verso i lager ubicati all'interno. Decine di migliaia di persone morirono e altrettante furono costrette a condizioni di vita disumane nei campi di concentramento. Nel 1937, infine, il viceré di Etiopia scatenò una rappresaglia per vendetta ad un attentato: 30.000 persone uccise attraverso i sistemi del più autentico squadrismo fascista. «Girano armati di manganelli e di sbarre di ferro accoppando quanti si trovano per strada: gente ignara ed innocente» scriveva Ciro Poggiali allora inviato del Corriere della Sera nel suo diario. Ma Graziani, il macellaio, non ebbe remore a sterminare circa 1.400 religiosi della chiesa etiope perché considerati vicini ai patrioti anticoloniali.
Giova ricordare, inoltre, che il generale Graziani nelle operazioni belliche finalizzate all'occupazione di Etiopia, obbedendo agli ordini di Mussolini, non esitò ad utilizzare l'iprite, un gas nervino espressamente vietato dalle convenzioni internazionali dopo la Prima guerra mondiale. Questo, signor Presidente, è un fatto incontrovertibile, non oggetto di discussione: una macchia indelebile come tante altre per il carnefice di Affile.
Gian Antonio Stella ha ricordato qualche settimana fa dalle pagine del settimanale del Corriere della Sera che Graziani fu anche protagonista di una delle pagine più vergognose della storia italiana, il responsabile di una deportazione dimenticata. Il 6 ottobre 1943 il generale Graziani, Ministro della difesa della Repubblica di Salò, prepara il terreno per il rastrellamento del ghetto ebraico a Roma che sarebbe avvenuto dieci giorni dopo ad opera delle SS, quel 16 ottobre appunto, che nella storia della nostra Capitale è una data simbolo della tragedia nazifascista della deportazione di 1.024 ebrei, di cui 200 bambini mai tornati dai campi di sterminio.
È una data che coincide con l'inizio della persecuzione delle vite dopo la promulgazione delle leggi razziali del 1938. Graziani dieci giorni prima firmò un dispaccio che in poche ore mandò nei campi di concentramento 2.500 tra carabinieri semplici, sottufficiali e ufficiali dell'Arma di stanza a Roma. Si tratta di un'operazione che fu definita la più grande deportazione di uomini da Roma e che avrebbe consentito ai nazisti di avere mani libere per il rastrellamento del ghetto.
Del resto, come ricordano gli storici, Graziani aveva avuto modo di provare la mancanza di fiducia verso i carabinieri che il 25 luglio 1943, all'indomani della seduta del Gran Consiglio del Fascismo, arrestarono Mussolini per ordine del re. Il Ministro della difesa di Salò, quindi, non ebbe remore ad ordinare la deportazione dei carabinieri di stanza a Roma, che temeva avrebbero potuto ostacolare le operazioni militari delle SS nel ghetto di Roma.
In occasione del sessantanovesimo anniversario della deportazione degli ebrei dal ghetto di Roma, il Premier Monti ha ricordato le parole di Primo Levi: «Chi nega Auschwitz è pronto a rifarla. La memoria non è una condizione accessoria, ma indispensabile affinché ciò non si ripeta». Quella memoria che il sindaco di Affile, decidendo di utilizzare i fondi pubblici per dedicare un mausoleo a Graziani, nega e stravolge, schierando l'amministrazione comunale ed un'intera comunità dalla parte dei carnefici e dei fiancheggiatori della follia nazista.
È gravemente offensivo per la storia della nostra Repubblica italiana nata dall'antifascismo pensare di intitolare un monumento in un luogo pubblico ad un personaggio come Graziani. Iniziative di questo tipo, purtroppo, sono alimentate negli ultimi anni da quella che alcuni commentatori hanno definito come una sorta di inspiegabile franchigia di cui gode Mussolini, un'idea fatta circolare da alcuni ambienti della destra italiana che non è Pag. 67riuscita ancora a fare i conti con la sua storia, secondo la quale il duce sia stato un dittatore blando rispetto ad Hitler.
Ad Ascoli, in un liceo è stato esposto nell'aula magna un ritratto di Mussolini a cavallo. Sono sempre più frequenti le iniziative nostalgiche o negazioniste portate avanti da alcune formazioni di estrema destra che seminano le loro idiozie tra i più giovani.
Sabato prossimo a Roma è prevista una manifestazione nostalgica di rievocazione dell'ascesa di Mussolini e del fascismo in Italia. Non esiste alcun divieto di commemorazione del generale Graziani, come non esiste neppure per Benito Mussolini. Questo però, se avviene, non può che essere un fatto privato organizzato da privati, non può essere promosso da cariche pubbliche e deve avvenire senza oneri per lo Stato democratico.
La dedica ufficiale di un monumento, di una scuola e di una strada ad una determinata figura da parte di un sindaco, ovvero di un pubblico ufficiale, in qualche misura, impegna integralmente lo Stato democratico. Si tratta di simboli importanti che non si esauriscono con un semplice atto amministrativo, ma che lasciano una traccia nella nostra comunità, indicando alle generazioni più giovani dei valori e dei modelli di comportamento. Parliamo di simboli che stabiliscono un legame di continuità ideale tra i valori professati e testimoniati dal personaggio ed i valori in cui si riconosce la Repubblica italiana.
Ebbene, non ci può essere continuità tra l'azione politica, militare e stragista condotta da Rodolfo Graziani e la vita democratica della Repubblica italiana. La mobilitazione dell'ANCI, di decine di personalità, di storici e di studiosi e di alcuni quotidiani italiani che hanno promosso una petizione per rimuovere il sacrario di Affile hanno avuto un'eco eccezionale anche sui media stranieri. È inaccettabile che il primo cittadino di un comune di millecinquecento abitanti abbia compiuto un gesto tanto offensivo nei confronti di uno Stato oggi amico come l'Etiopia e della comunità degli etiopi residenti in Italia, inaccettabile anche perché l'Italia, con un gesto unilaterale, ha restituito al Paese africano l'obelisco di Axum sottratto dall'Italia fascista e collocato a Roma come emblema dell'avvenuta conquista. Poiché la storia di un uomo è fatta dai comportamenti e dai valori lasciati durante la sua esistenza, Rodolfo Graziani non merita la dedica di un monumento in un luogo pubblico da parte di un'amministrazione comunale dell'Italia repubblicana.
Riteniamo inoltre che sarebbe possibile ravvisare nel comportamento del sindaco di Affile e in parte della giunta regionale presieduta dalla Polverini il reato di falso ideologico e che si dovrebbe accertare la congruità tra la spesa effettuata e la realizzazione concreta del manufatto.
Per queste ragioni, chiediamo al Ministro di sapere cosa intenda fare per dissociare completamente la responsabilità delle istituzioni da quanto avvenuto l'11 agosto scorso nel comune di Affile e cosa intenda fare per demolire l'incredibile manufatto e per restituire, soprattutto all'Italia, quel profilo di affidabilità nei valori della libertà e della democrazia sulla cui conservazione in Italia si è espressa con preoccupazione la stampa internazionale, dal New York Times che ha collocato questa notizia in prima pagina, ad altri importantissimi giornali internazionali (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per il lavoro e le politiche sociali Cecilia Guerra, ha facoltà di rispondere.

CECILIA GUERRA, Sottosegretario di Stato per il lavoro e le politiche sociali. Signor Presidente, leggo la risposta a questa interpellanza su incarico della Presidenza del Consiglio dei ministri che l'ha elaborata.
In relazione all'atto di sindacato ispettivo presentato dall'onorevole interpellante, concernente la recente inaugurazione, nel comune di Affile in provincia di Roma, di un monumento dedicato a Rodolfo Graziani e, in conformità a quanto comunicato dai Ministeri dell'interno e per Pag. 68i beni e attività culturali, si fa presente che agli atti della prefettura non risulta essere pervenuto alcun documento o informazione da parte del suddetto comune riguardo alla volontà di intestare un monumento al generale Rodolfo Graziani.
Dalla delibera della giunta - approvata nella seduta del 21 luglio ultimo scorso con oggetto «Intitolazione Parco Radimonte alla memoria di Luigi Ciuffa e il sacrario al soldato (Gen. Rodolfo Graziani)» - è emerso che l'ente ha deliberato di intitolare il Parco Radimonte a Luigi Ciuffa, ai sensi della legge del 23 giugno 1927 n. 1188, e dedicare il piccolo museo al soldato, generale Rodolfo Graziani.
Inoltre, da una nota del sindaco, risulta che il comune di Affile ha acquisito, gratuitamente, un terreno privato di oltre 13.000 metri quadrati, destinato, secondo il vigente piano regolatore generale, a verde pubblico e che la stessa amministrazione comunale ha presentato un progetto alla regione Lazio per la realizzazione di un parco pubblico, con annesso un piccolo museo, per ricordare i caduti di tutte le guerre e i soldati affiliani, tra i quali il maresciallo d'Italia Rodolfo Graziani.
Il progetto è stato finanziato dalla regione Lazio che, con la stessa deliberazione di giunta regionale n. 861 del 21 novembre 2008 riguardante l'approvazione del programma triennale straordinario di opere pubbliche per lo sviluppo locale regionale, ai sensi dell'articolo 37, comma 6, della legge regionale del 28 dicembre 2007 n. 26, ha approvato, tra gli altri, il progetto per la riqualificazione del parco «Rodolfo Graziani», presentato dal comune di Filettino, assegnando un contributo regionale pari a euro 260 mila e il progetto per la realizzazione di un parco pubblico, in località Radimonte, presentato dal comune di Affile, assegnando una contribuzione regionale pari a euro 50 mila.
Si precisa che l'area interessata dall'intervento non è sottoposta a vincoli emanati ai sensi del Codice dei beni culturali e del paesaggio e, pertanto, nessuna richiesta di autorizzazione per la costruzione del sacrario è pervenuta agli uffici stessi.
Si fa, inoltre, presente che l'esame della normativa attualmente vigente, conformemente a quanto riferito dalla prefettura di Roma, evidenzia un'assenza di competenza anche da parte della stessa prefettura, trattandosi di intitolazione di un monumento a persona deceduta da più di dieci anni.
Infine, pur comprendendo le ragioni di opportunità istituzionale sollevate dall'onorevole interrogante in merito alle iniziative assunte dal comune di Affile, si ricorda, come sopra esposto, che le medesime iniziative non possono che ricondursi alle piena titolarità e responsabilità del comune stesso.
Mi sia consentito aggiungere il mio personale sconforto - questa è una mia considerazione e non della Presidenza del Consiglio -, sul piano civile e morale, per il fatto oggetto dell'interpellanza.

PRESIDENTE. L'onorevole Morassut, cofirmatario dell'interpellanza, ha facoltà di replicare.

ROBERTO MORASSUT. Signor Presidente, sottosegretaria, prendiamo atto delle sue ultime affermazioni sul piano personale e sottolineiamo il fatto che lei stessa le considera delle affermazioni personali di sconforto. Purtroppo, però, dalla risposta che lei ci ha fornito dobbiamo manifestare tutta la nostra piena insoddisfazione per una risposta del Governo che si manifesta, purtroppo, come una risposta di carattere burocratico e che non risponde al senso dell'interpellanza urgente, che qui è stata rivolta oggi dalle parole dell'onorevole Meta.
In fondo, l'informazione che ci dà da un certo punto di vista è anche importante. Risulta, dalle carte che lei ha citato, che l'edificio non è mai stato realizzato, almeno nelle dichiarazioni del comune di Affile e dei suoi rappresentanti istituzionali, come un edificio intitolato alla memoria del maresciallo e generale Rodolfo Graziani. Vi è qualche cosa che non funziona Pag. 69in questa dichiarazione, in questo passaggio di carte. Esiste un monumento, esiste un edificio realizzato con fondi pubblici che, chiaramente, ha quella funzione, che chiaramente è stato realizzato per quell'obiettivo, che è stato inaugurato da figure istituzionali della regione Lazio come monumento e sacrario al generale Graziani. Tuttavia, dalle carte prodotte dal comune si dice che le risorse che sono state impegnate non servono per quello. Vi è qualche cosa che non funziona che, evidentemente, chiama in causa il dovere di un chiarimento anche da parte del Governo, molto al di là della forma burocratica con la quale oggi è stato risposto all'interpellanza urgente.
Il giudizio sulla figura di Rodolfo Graziani, peraltro, è una delle cose meno controverse e meno dubbiose della storiografia recente, relativa agli anni del regime fascista e del suo dissolvimento. Graziani fu convintamente fascista, durante e dopo la fine del regime. Fu un militare crudele e spregiudicato, sottomesso al potere politico-dittatoriale del suo tempo che per lui venne sempre prima dei valori e dell'onore specifico che deve ispirare l'azione di un soldato, per chiunque egli combatta, e che possono essere considerati valori in sé.
Questa vicenda travalica ampiamente il limite delle competenze istituzionali che sono state richiamate nella risposta che lei ci ha fornito. Travalica il limite delle competenze istituzionali relative agli atti delle amministrazioni e alle decisioni che hanno condotto all'inaugurazione del monumento. Come ha ricordato l'onorevole Meta nel presentare l'interpellanza urgente, con quella decisione si è toccato un punto sensibile dell'identità e dei fondamenti dello Stato repubblicano. In qualche modo, si è messo plasticamente in discussione il principio su cui si fonda la Costituzione italiana, della discontinuità tra la Repubblica democratica e le drammatiche vicende ricomprese nella decomposizione del regime fascista e nella Repubblica di Salò, di cui Graziani in entrambi i casi fu un esponente di spicco e un protagonista assoluto.
Il giuramento che ogni Governo pronuncia davanti al Presidente della Repubblica sul rispetto della Costituzione impegna dunque chi ne fa parte ad operare perché su tutto il territorio nazionale non si deroghi a questo dovere primario. Graziani fu uno dei più convinti sostenitori del regime fascista, dalla sua nascita fino al suo drammatico epilogo. Lo sostenne sul piano più diretto dell'azione militare, senza mai derogare ed usando ogni mezzo disponibile che l'arte militare nel tempo potesse mettere a disposizione, anche contro i Trattati internazionali sottoscritti dall'Italia. Le parole patria e onore, che si sono volute iscrivere a fregio del monumento di Affile, risultano pertanto offensive e false: offensive per la vita e per le vite umane che la scelta di Graziani, ben oltre i suoi doveri di soldato, sacrificarono non per una comunità nazionale, ma per una ideologia; false, perché nessun onore può derivare dal deliberato sacrificio delle popolazioni civili in un'azione militare, dal profanare sentimenti e culti religiosi, di cui Graziani si macchiò in Etiopia verso i cristiani copti e a Roma collaborando con le operazioni di rastrellamento del ghetto ebraico nell'ottobre del 1943. La parola patria, la sola patria riconosciuta dalle istituzioni, è quella sorta dopo la guerra di resistenza contro l'occupazione straniera, quella nazi-fascista. Oggi, ogni cittadino italiano, a prescindere dalla propria fede religiosa o dai propri convincimenti politici, non può non guardare alla storia del Novecento distinguendo tra lo Stato e le sue articolazioni, quindi anche gli enti locali, e le comunità che esso rappresenta localmente, e la propria specifica fedeltà o appartenenza. È finito il tempo dei doppi Stati, delle doppie appartenenze e dei doppi livelli, che per tanto tempo hanno condizionato negativamente anche la nostra storia politica più recente e nel quale troppo spesso, prima dello Stato, hanno preso posto il sentirsi parte o l'uso dello Stato a fini di parte. Per questo è tanto più deprecabile la decisione di un'amministrazione comunale, che con questo atto appare fuori dalla storia e dal senso di una sensibilità comune, che occorre invece incoraggiare Pag. 70e consolidare soprattutto tra le giovani generazioni. E tanto più - come ripeto - appare necessario, anche al di là dei limiti delle competenze specifiche, un intervento, un'azione del Governo per far rispettare i principi della Costituzione e garantire l'unitarietà e la coerenza dell'azione civile di uno Stato, senza distinzioni possibili tra livelli amministrativi ed equivoche autonomie. La storia di quello che fu il regio esercito e delle Forze armate italiane è, d'altro canto, ricca di nobili esempi e di pagine davvero eroiche, di personalità e di atti che hanno contribuito alla dignità della bandiera italiana e dell'onore della nazione e delle armi. Ed è ormai da lungo tempo che si ragiona anche su un processo di revisione storica che tende a considerare le scelte di tanti che pur aderirono alla Repubblica di Salò in modo non del tutto scevro da passioni ideali, seppure spese per fini e obiettivi non equiparabili a quelli di quanti si batterono per la resistenza, la nascita della libertà e della democrazia. Nel vedere questa vicenda, quindi, non ci muoviamo con i paraocchi e in modo ideologico, ma neanche si può consentire che personaggi come il generale Graziani, che pervicacemente, convintamente, crudelmente e agendo consapevolmente nella illegalità delle convenzioni internazionali e senza alcuna successiva riflessione, si prestarono e operarono in modo contrario agli interessi della nazione, scrivendo pagine negative e servendo nemici ed invasori. Non si può consentire che vengano quindi onorati personaggi di questo tipo. Viviamo in tempi nei quali una corretta ricostruzione della memoria storica, di un corredo ideale nazionale degno del giusto contributo che il nostro Paese è chiamato a dare alla costruzione dell'edificio europeo, che trae le sue stesse origini dalla sconfitta dei totalitarismi del Novecento, sono elementi essenziali e irrinunciabili per costruire una cittadinanza nuova, aperta al mondo e in piena sintonia con il mondo più integrato e globalizzato.
Quindi, e concludo, ci rivolgiamo, nella nostra insoddisfazione per questa risposta, al Governo perché possa operare concretamente, e non burocraticamente, per effettuare un'attenta verifica, in primo luogo sulle modalità con cui l'opera è stata realizzata e con cui viene trasmessa, nel passaggio delle carte formali, tra un'amministrazione e l'altra, dal comune di Affile, e perché questa vicenda si concluda evitando l'errore e la vergogna di un atto che genera non solo imbarazzi, come eufemisticamente ha dichiarato la presidente della regione Lazio, Polverini, ma che getta un'ombra negativa sul Paese che ha già suscitato sdegno nella stampa e nell'opinione pubblica internazionale (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

(Iniziative di competenza volte a garantire le risorse necessarie per il restauro delle mura di Castelfranco Veneto (Treviso) - n. 2-01694)

PRESIDENTE. L'onorevole Goisis ha facoltà di illustrare l'interpellanza Dozzo ed altri n. 2-01694, concernente iniziative di competenza volte a garantire le risorse necessarie per il restauro delle mura di Castelfranco Veneto (Treviso) (Vedi l'allegato A - Interpellanze urgenti), di cui è cofirmataria.

PAOLA GOISIS. Signor Presidente, signor sottosegretario, le fortificazioni di Castelfranco Veneto risalgono al XII secolo. Il castello, «franco», appunto, da imposte per i suoi abitanti in quanto difensori, ha subito terremoti, carestie, epidemie, assedi e guerre con potentati e nemici vicini e lontani, e, nonostante tutto, ha sempre resistito. Ancora oggi presenta evidente la sua splendida forma, ma, nonostante la sua fierezza, che è rimasta inalterata nel tempo, non si può dire altrettanto per quanto riguarda la sua stabilità e staticità.
È improrogabile, quindi, la necessità di un intervento radicale, necessità ben nota agli operatori istituzionali locali, tant'è vero che hanno già individuato importanti lavori di ripristino, che sono in corso sulla torre civica. Però, anche le altre torri, in Pag. 71modo particolare quelle di nord-ovest e sud-ovest, necessitano di interventi, perché sono interessate da autentici crolli strutturali; inoltre, la cinta muraria, priva di fondamenta, e quindi pericolante, necessita di lavori urgenti di ripristino. I Ministeri per i beni e le attività culturali e dell'economia e delle finanze sono già venuti in possesso della documentazione necessaria, che dimostra i cedimenti subiti da queste strutture.
Le opere inserite dai singoli comuni nel «piano di priorità» devono essere inserite anche nel relativo piano triennale delle opere pubbliche, e quindi devono essere inserite nel bilancio con l'opportuna copertura annuale e triennale; per cui, appare al momento indefinita qualsiasi programmazione degli interventi.
D'altra parte, come sappiamo tutti, è impossibile derogare al Patto di stabilità, per cui questo impedimento rischia di vanificare qualunque aspettativa dell'amministrazione comunale di Castelfranco Veneto, la quale è talmente attenta alle necessità di queste opere che ha già avviato una campagna di sensibilizzazione, chiamata «Salviamo le mura», nei confronti dei cittadini, che sono chiamati a sottoscrivere l'appello per il reperimento dei fondi necessari a rendere effettiva l'applicazione della normativa vigente in materia di tutela dei beni architettonici.
Questa normativa impone al proprietario di un bene vincolato di garantirne l'integrità. Noi sappiamo che il Governo ha stanziato 330 milioni di euro per la conservazione, la riqualificazione e il rilancio di una ventina di aree archeologiche e poli museali del Mezzogiorno d'Italia, che, peraltro, sono già destinatari di significativi finanziamenti comunitari, che spesso, come sappiamo, restano addirittura inutilizzati o sottoutilizzati.
Per cui, noi evidenziamo, nello specifico caso, anche una grave sperequazione ai danni delle aree del nord del Paese. Quindi, interpelliamo i Ministri interessati per sapere quali strumenti finanziari intendano adottare a sostegno del recupero urgente delle mura di Castelfranco Veneto, nel rispetto delle leggi che obbligano alla salvaguardia dei beni storico-architettonici.
Ancora, chiediamo se i Ministri interpellati non ritengano opportuno assumere le necessarie iniziative, anche di carattere normativo, per consentire all'amministrazione comunale di poter derogare al Patto di stabilità e poter usare quei 20 milioni di proprie risorse che ha in cassa per il recupero e il sostegno del manufatto di cui stiamo parlando, ossia delle fortificazioni della città di Castelfranco Veneto.

PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per il lavoro e le politiche sociali, Cecilia Guerra, ha facoltà di rispondere.

CECILIA GUERRA, Sottosegretario di Stato per il lavoro e le politiche sociali. Signor Presidente, la risposta è stata curata dal Ministero dell'economia e delle finanze, io mi limito a leggerla.
Con l'interpellanza urgente n. 2-01694 gli onorevoli Dozzo ed altri chiedono se non si ritenga opportuno assumere le necessarie iniziative, anche di carattere normativo, per consentire all'amministrazione comunale di usare le proprie risorse per il recupero ed il sostegno della fortificazione di Castelfranco Veneto.
Al riguardo occorre premettere che il bene è in gran parte di proprietà del comune di Castelfranco Veneto, ma la porzione adiacente al Duomo risulta di proprietà della Curia. Conseguentemente è da escludere un eventuale intervento dell'Agenzia del demanio, in quanto la competenza di quest'ultima in materia di manutenzione e ristrutturazione di immobili è riservata esclusivamente a quelli di proprietà statale.
Per quanto concerne le iniziative, anche di carattere normativo, per consentire il recupero del predetto manufatto, nonché per permettere all'amministrazione comunale di Castelfranco Veneto di usare allo scopo le proprie risorse, valutabili in circa 20 milioni di euro, si fa presente che l'eventuale accoglimento della richiesta di concedere al comune di Castelfranco Veneto un contributo per la messa in sicurezza, Pag. 72nonché l'esclusione delle conseguenti spese dal Patto di stabilità, impone la copertura dei conseguenti effetti finanziari negativi sui saldi di finanza pubblica.
D'altronde il Patto di stabilità interno nasce dall'esigenza di convergenza delle economie degli Stati membri dell'Unione europea verso specifici parametri comuni a tutti, e condivisi a livello europeo nell'ambito del Patto di stabilità e crescita, il quale ha fissato i confini in termini di programmazione, risultati e azioni di risanamento, entro il quale i Paesi membri possono muoversi autonomamente. Ai fini del rispetto dei criteri di convergenza, l'indebitamento netto della pubblica amministrazione costituisce il parametro principale da controllare e la causa di formazione dello stock del debito. Quindi, obiettivo primario delle regole che costituiscono il Patto di stabilità interno è proprio il controllo dell'indebitamento netto degli enti territoriali. L'Italia, coerentemente con l'Unione europea, ha formulato il proprio Patto di stabilità interno esprimendo gli obiettivi programmatici per gli enti territoriali ed i corrispondenti risultati sulla base delle previsioni di finanza pubblica. Pertanto ogni decisione in materia di Patto di stabilità interno deve armonizzarsi con gli obiettivi dinanzi delineati.

PRESIDENTE. L'onorevole Goisis ha facoltà di replicare.

PAOLA GOISIS. Signor Presidente, sottosegretario, sono assolutamente insoddisfatta della risposta, perché non si capisce il motivo per cui siano stati erogati 330 milioni di euro per il Mezzogiorno d'Italia, mentre per quanto riguarda, invece, opere di una rilevante importanza che tutti riconoscono, non si pensi assolutamente a prevedere dei contributi.
Non mi interessa per nulla la risposta secondo cui bisogna controllare l'indebitamento e così via. Sappiamo che vi sono regioni intere del sud, del Mezzogiorno d'Italia, indebitate fin sopra i capelli, e ogni volta il Governo deve intervenire. L'ultimo intervento è stato di 900 milioni di euro nei confronti di Palermo, della Sicilia. Non dimentichiamo i 160 milioni di euro per la Campania, trovati adesso nel provvedimento che diventerà la legge di stabilità, ancora 160 milioni di euro per la Sicilia e avanti di questo passo.
Il Governo non si preoccupa se queste zone della penisola italiana vanno in indebitamento. Le uniche regioni che invece devono stare attente a non indebitarsi, ma, soprattutto, a cui viene perfino impedito di usare i soldi che hanno in cassa, chissà perché, sono le regioni del nord. Mi dovete spiegare. Qui vi è una schizofrenia evidente perché questo non è assolutamente capibile, né concepibile, ma, soprattutto, non è spiegabile. Come fate a spiegarlo? Vorrei sapere chi è il funzionario che ha stilato questa risposta, perché vuol dire che veramente non capisce assolutamente la questione. Mi deve prima dire perché metà dell'Italia può andare ogni anno in indebitamento, addirittura può anche non presentare i bilanci, mentre le regioni del nord se hanno i soldi in cassa non li possono usare.
Allora è evidente che c'è volontà di considerare l'Italia divisa in due zone, ma noi ne eravamo già sicuri e ne eravamo già coscienti. Non per nulla avevamo chiesto, avevamo sperato, avevamo pregato, affinché finalmente si facesse questo benedetto federalismo, perché allora, con il federalismo avremmo pensato noi alle nostre città ed alle nostre regioni senza avere bisogno dello Stato centrale. Ma evidentemente, se si fosse realizzato il federalismo, non sarebbe più stato possibile mandare 330 milioni per le zone del sud, come abbiamo appena detto prima, per le zone archeologiche e per i poli museali, mentre invece, per quanto riguarda le zone del nord, non si fa assolutamente nulla.
È evidente che questi saranno anche ottimi motivi ed ottime ragioni - ci date cioè un assist formidabile - perché avremo veramente motivo, occasione e soprattutto argomenti per fare una campagna elettorale veramente forte, che porterà via questo Governo - a parte che non è neanche stato eletto - che quindi dovrà andarsene a casa quanto prima. Ma assolutamente Pag. 73bisognerà veramente insistere perché la politica vada avanti e perché gli italiani - in modo particolare gli italiani del nord - veramente capiscano che si devono interessare prima di tutto del nord e che devono votare per il nord.

(Elementi ed iniziative di competenza in merito ad irregolarità nello svolgimento di procedure concorsuali presso l'Università del Salento - n. 2-01708)

PRESIDENTE. L'onorevole Mantovano ha facoltà di illustrare la sua interpellanza n. 2-01708, elementi ed iniziative di competenza in merito ad irregolarità nello svolgimento di procedure concorsuali presso l'Università del Salento (Vedi l'allegato A - Interpellanze urgenti).

ALFREDO MANTOVANO. Signor Presidente, mi rivolgo alla rappresentante del Governo.
Ci sono articolazioni della nostra vita istituzionale e civile, la cui autonomia va rispettata nella forma e nella sostanza. Essa, infatti, l'autonomia, non vale in sé, ma vale in quanto è diretta a perseguire obiettivi importanti, che vanno oltre le beghe e le polemiche.
L'autonomia di un ateneo universitario è al servizio di obiettivi come la libertà di ricerca, la formazione dei giovani e la loro proiezione verso il mondo del lavoro. Ma autonomia non significa ontonomia e ancora meno significa arbitro o disprezzo delle regole. Una lettura distorta dell'autonomia provoca la compromissione del perseguimento di quei beni e rischia di sostituire parole chiave come «formazione, ricerca, occupazione» con parole chiave come «sperperi, sprechi, illeciti».
Nel corso degli anni l'università del Salento si è distinta, tra l'altro, per l'eccellenza della ricerca in alcuni settori di insegnamento, per numerose docenze di qualità, per la competenza e la dedizione di tanti collaboratori amministrativi e per la presenza di studenti ricchi di speranza e di buona volontà. Ma purtroppo da mesi, se non da qualche anno, le testate giornalistiche del territorio sono costrette, per dovere di cronaca, ad occuparsi dell'ateneo leccese, non per dare conto delle voci positive prima indicate, che pure non sono scomparse, ma solo per fare da cassa di risonanza a scontri interni, a denunce, ad accuse ed ad indagini penali.
Si impone un rasserenamento nell'interesse di tutti, nell'interesse degli studenti, del personale amministrativo e del corpo accademico, e ciò allo scopo, fra l'altro, di superare la condizione di disorientamento e di smarrimento che connota ormai quotidianamente quell'università.
E la serenità può derivare solamente da una operazione trasparenza, che non può limitarsi ad attendere gli sviluppi delle indagini giudiziarie in corso. Certo, deve svolgersi sapendo che l'autorità giudiziaria sta lavorando sulle denunce presentate, ma deve svolgersi al netto delle questioni giudiziarie.
Per questo, unitamente ai firmatari dell'interpellanza urgente, ritengo che sia utile da parte del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, avviare un iter che conduca ad un accertamento ispettivo.
So bene che non vi è un potere diretto in tal senso da parte del Ministero, ma sono altrettanto consapevole che si possono mettere in opera le condizioni perché ciò si verifichi da parte del Ministero per la pubblica amministrazione e la semplificazione, che non a caso è destinatario per la sua quota dell'interpellanza e, se necessario, della Corte dei conti.
Nel testo dell'interpellanza viene fatto riferimento ad un caso esemplare accaduto di recente di un concorso che, con un eufemismo, può qualificarsi opaco. È evidente che il concorso in questione è importante non in sé, ma in quanto emblematico di costumi e di prassi illegali, illegittime, se non proprio illecite. Adopero questi aggettivi, non perché ho lo scudo dell'immunità che, perlomeno per quanto sto dicendo, può essere tranquillamente oggetto di rinuncia, ma perché sono state la giustizia ordinaria e quella amministrativa a permettersi tali qualificazioni quando si sono occupate di questa vicenda, Pag. 74ma francamente non avrei mai immaginato che subito dopo la presentazione dell'interpellanza, sarebbero venute fuori vicende di gravità notevolmente superiore rispetto a quella illustrata nell'atto di sindacato ispettivo.
È così accaduto che i media del territorio abbiano riferito, riprendendo fatti oggetto di antecedenti denunce alla magistratura, che il direttore amministrativo, dottor Miccolis, che è uno dei protagonisti della vicenda alla base dell'interpellanza in esame, poi divenuto direttore generale, un funzionario fortemente voluto a Lecce dall'attuale rettore ingegner Laforgia a partire dall'inizio del 2010, fosse solito convocare taluni dirigenti amministrativi dell'università o taluni rappresentanti del sindacato che si erano distinti per esigere il rispetto delle regole dei concorsi e, invece - come ci si sarebbe atteso - di manifestare apprezzamento per il loro lavoro, era solito proporre rapide progressioni in carriera a condizione che smettessero di contrastare l'illegalità. Qualora poi costoro avessero rifiutato questi «consigli», il che è avvenuto, il seguito consisteva nel trasferimento punitivo da un ufficio all'altro - quello di destinazione di minor rilievo rispetto a quello di provenienza - nell'avvio di procedimenti disciplinari, nella proposizione di querele.
Subito dopo la presentazione di questa interpellanza, il rettore ha difeso senza incertezze il direttore generale salvo poi, quando sono venute alla luce vicende così gravi come quelle appena menzionate, prenderne distanza dapprima sospendendolo e poi esigendone le dimissioni. Eppure il rettore Laforgia non si è limitato a coprire, finché possibile, e per certi aspetti anche oltre il possibile, il direttore Miccolis: ha manifestato in prima persona situazioni di serio conflitto di interesse, essendo per esempio coinvolto in società alle quali l'università di cui è a capo ha affidato consulenze remunerate con svariate di decine di migliaia di euro e le smentite inviate ai media, in particolare ad una emittente televisiva che aveva denunciato tale imbarazzante situazione, sono state palesemente contraddette dall'esibizione da parte degli stessi media di documentazione ricavata da semplici ricerche effettuate su Internet. Ma di questo magari parleremo in un'altra interpellanza. Ciò che - e mi avvio a concludere - tuttavia preoccupa è la situazione di conflittualità attivata dal rettore in un modo che ha assunto tratti difficilmente sanabili, con larga parte dei sindacati, dei docenti, del personale amministrativo, degli studenti ed anche con chi dall'esterno ha provato ad interessarsi delle vicende dell'ateneo. Le reazioni da parte sua alle perplessità manifestate o alle richiesta di trasparenza, sono consistite in querele contro i rappresentanti sindacali, in minacce di querele contro i giornalisti, nell'incredibile offerta pubblica rivolta a chi sta parlando di indicare propri amici nelle commissioni di gara per l'aggiudicazione degli appalti - segno evidente dell'assenza di qualsiasi pudore - nel vantare vicinanza al Ministero e ai suoi vertici millantando imminenti e plurime presenze del Ministro dell'istruzione e dell'università nell'ateneo che, voglio sperare, saranno smentite dalle parole e dai fatti, e per questo attendo con fiducia la risposta del rappresentante del Governo.

PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per l'istruzione, l'università e la ricerca, Marco Rossi Doria, ha facoltà di rispondere.

MARCO ROSSI DORIA, Sottosegretario per l'istruzione, l'università e la ricerca. Signor Presidente, ringrazio l'onorevole Mantovano per questo intervento, per questa interpellanza, e anche per quanto ha voluto aggiungere. L'atto parlamentare in trattazione verte sulla complessa situazione determinatasi presso l'Università del Salento a seguito dell'espletamento di un concorso a tre posti di personale amministrativo le cui modalità di svolgimento sono state contestate con una serie di iniziative giurisdizionali, anche di natura penale. In particolare, gli onorevoli interpellanti si soffermano sugli esiti del ricorso al TAR Puglia - Sezione di Lecce - conclusosi con sentenza n. 136 del 25 Pag. 75luglio 2012, e su quanto esposto dalla procura della Repubblica nel decreto di archiviazione dell'indagine penale avviata a seguito della denuncia del direttore amministrativo dell'ateneo.
I medesimi interpellanti illustrano altresì la situazione conflittuale venutasi a creare tra il direttore amministrativo e il responsabile della procedura concorsuale, e chiedono che venga effettuata un'indagine ispettiva finalizzata a verificare i comportamenti tenuti dai vari soggetti coinvolti. Al riguardo, si dà notizia degli ultimi sviluppi della vicenda in argomento, successivi alla data di presentazione dell'interpellanza, così come comunicati al Ministero dal rettore dell'Università del Salento. In particolare, quest'ultimo ha informato che in data 20 ottobre 2012 è stato pubblicato un articolo di stampa riportante un colloquio privato intercorso tra il direttore amministrativo e il responsabile della procedura concorsuale. Il contenuto della conversazione, così come riportato, ha indotto il vertice dell'ateneo a emettere un provvedimento di sospensione del direttore amministrativo in attesa delle determinazioni del consiglio di amministrazione.
Quest'ultimo organismo, riunitosi il 23 ottobre 2012, ha deliberato di confermare la sospensione invitando il direttore a presentare le dimissioni. Quanto alla questione relativa alle dichiarazioni del responsabile della procedura concorsuale, riportate in un articolo pubblicato nella Gazzetta del Mezzogiorno in data 13 agosto 2012, il consiglio di amministrazione, nella stessa seduta, ha ritenuto non dover presentare querela. In data 24 ottobre 2012 il direttore amministrativo, accogliendo l'invito del consiglio di amministrazione, ha rassegnato le proprie dimissioni dall'incarico con decorrenza 1o novembre 2012. Il Ministro sta seguendo con particolare attenzione, da vicino, l'intera vicenda (per quanto riguarda le sue visite, non sono state in alcun modo confermate, come l'onorevole Mantovano sa perché siamo in continuo contatto come Ministero su questa questione delicata ed importante) e si adopererà nei prossimi giorni ed entro i limiti previsti dalla normativa vigente (così come è stato peraltro riportato dall'interpellante) per attuare le iniziative necessarie al fine di accertare la situazione in esame.

PRESIDENTE. L'onorevole Mantovano ha facoltà di replicare.

ALFREDO MANTOVANO. Signor Presidente, vorrei ringraziare il sottosegretario, professor Rossi Doria, perché nella sinteticità della risposta mi pare che si apra uno squarcio di speranza. La risposta data dal Governo conferma che le preoccupazioni che erano alla base dell'interpellanza non erano campate in aria, ma lo dimostra ancora di più la sequela di vicende che sono venute dopo la presentazione dell'interpellanza medesima. La risposta conferma, altresì, come questo atteggiamento di arroganza non paghi. Millantare un appoggio da parte addirittura del Ministro stampando degli inviti in cui il nome del Ministro compare (addirittura in due eventi a distanza di pochi giorni l'uno dall'altro) è una bugia che poi, come abbiamo ascoltato, ha le gambe molto corte. Ma io vorrei soffermarmi non tanto su questo, quanto, in pochi secondi, su ciò che emerge dalla parte conclusiva della risposta.
È ovvio che la soddisfazione sarà completa nel momento in cui ciò che viene detto troverà piena concretizzazione e, da questo punto di vista, mi permetto di sollecitare una rapidità di intervento. So bene che, quando si tratta di amministrazioni dello Stato importanti, i tempi di intervento non sono i più veloci, ma ci sono casi in cui la fisiologica lentezza va superata per evitare che l'intervento delle istituzioni ci sia quando ormai nella sostanza non serve più. E qui le istituzioni, i Ministeri interessati e lo Stato, è il caso che intervengano prima che lo faccia con i propri atti l'autorità giudiziaria. Dopo sarà qualcosa di scontato, prima ha il senso di affermare, non col tasso di fisiologica traumaticità che hanno in generale i provvedimenti giudiziari, che c'è un limite all'arroganza e alla prepotenza riconoscibile Pag. 76con chiarezza anche al di fuori delle aule di giustizia. E questa affermazione la attendono larga parte dei docenti, del personale amministrativo e degli studenti dell'ateneo del Salento e mi permetto di dire che non soltanto la attendono, ma la meritano.

(Iniziative di competenza volte ad evitare che la diagnosi relativa alla sindrome da alienazione genitoriale possa assumere valenza giuridica in assenza del riconoscimento da parte dell'Organizzazione mondiale della sanità - n. 2-01726)

PRESIDENTE. L'onorevole Borghesi ha facoltà di illustrare la sua interpellanza n. 2-01726, concernente iniziative di competenza volte ad evitare che la diagnosi relativa alla sindrome da alienazione genitoriale possa assumere valenza giuridica in assenza del riconoscimento da parte dell'Organizzazione mondiale della sanità (Vedi l'allegato A - Interpellanze urgenti).

ANTONIO BORGHESI. Signor Presidente, signor sottosegretario, recentemente, in relazione alla vicenda del bambino di Cittadella conteso dai genitori, ho presentato al Ministro della salute un'interpellanza circa l'esistenza di una sindrome definita PAS che veniva presa a base nelle sentenze come elemento che ha portato all'emanazione delle ordinanze, relative anche a comportamenti costrittivi nei confronti del bambino conteso.
In quell'occasione, sia il Ministro della salute che l'Istituto superiore di sanità, che è stato interpellato appunto dal Ministro, hanno ritenuto inesistente, non giustificata, non provata ed arbitraria l'esistenza di una sindrome definita PAS. Ora, però, succede che alcune sentenze emanate in questi anni, in tempi recenti, da organi di giurisdizione italiani hanno invece fatto ricorso a questa sindrome inesistente come elemento giustificativo dei provvedimenti, anche forzosi, nei confronti dei minori. Un caso è quello che citavo prima e vi faccio riferimento perché riguarda una pronuncia della Corte di appello di Venezia sezione civile-minori nella procedura n. 313/201 I del registro generale.
Allora, a fronte di questo, noi chiediamo al Ministro della giustizia se non intenda assumere iniziative di competenza per evitare che questa diagnosi possa avere una qualunque valenza giuridica non essendo riconosciuta, come abbiamo visto e sentito, dall'Organizzazione mondiale della sanità, come, appunto, hanno dichiaratamente asserito il Ministero della salute e l'Istituto superiore di sanità, e se non intenda in particolare assumere iniziative ispettive per l'esercizio dei poteri di competenza in relazione a casi come questo posto che, come ripeto, il tutto viene preso e giustificato con una sindrome che non esiste e che non è riconosciuta dall'OMS.

PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per la giustizia, Antonino Gullo, ha facoltà di rispondere.

ANTONINO GULLO, Sottosegretario di Stato per la giustizia. Signor Presidente, gentile onorevole, rispondo alla sua interpellanza urgente, segnalando che le problematiche da lei evidenziate attengono ad aspetti sostanziali di stretta pertinenza del Ministero della salute.
Ed invero, quanto ai profili di carattere prettamente sanitario, non posso che riportarmi, in questa circostanza, a quanto rappresentato dal sottosegretario per la salute, professor Cardinale, in occasione della risposta resa il 18 ottobre ultimo scorso, a cui anche lei faceva riferimento, all'interpellanza urgente n. 2-01706 da lei presentata, ribadendo, in particolare - quanto al ricorso diagnostico alla sindrome PAS da parte di alcuni medici nel nostro Paese - che tale aspetto rientra nell'ambito delle competenze professionali e della coscienza del medico curante.
Con riferimento, invece, ai quesiti specifici posti con il presente atto di sindacato ispettivo, rilevo che l'interpellante chiede al Ministro della giustizia di assumere iniziative volte ad evitare che la diagnosi relativa alla sindrome PAS - in attesa del suo eventuale riconoscimento da parte Pag. 77dell'Organizzazione mondiale della sanità - possa avere una qualsivoglia valenza giuridica, sollecitando - come ricordava anche nella sua esposizione -, altresì, l'adozione di iniziative ispettive in relazione a casi come quello descritto in premessa.
Ciò detto, intendo rammentare che l'articolo 110 della Costituzione espressamente prevede che «spettano al Ministro della giustizia l'organizzazione ed il funzionamento dei servizi relativi alla giustizia», dovendosi riservare l'eventuale esercizio dell'azione disciplinare ai casi tassativamente previsti dalla legge, tra i quali vanno annoverati quelli relativi all'abnormità della decisione assunta dal magistrato o della sua macroscopica violazione di legge.
Da quanto sin qui rappresentato, deve rilevarsi che le censure mosse con l'interpellanza in esame appaiono piuttosto attenere al diverso profilo del merito del provvedimento giurisdizionale, come tale incensurabile dal Ministro della giustizia, in sede amministrativa; dette censure, infatti, possono essere oggetto di valutazione e trovare adeguata tutela con gli ordinari rimedi endoprocessuali previsti dal legislatore, per il tramite, dunque, dei mezzi di impugnazione delle decisioni giurisdizionali contemplati dall'ordinamento.

PRESIDENTE. L'onorevole Borghesi ha facoltà di replicare.

ANTONIO BORGHESI. Signor Presidente, francamente non mi posso dichiarare soddisfatto. Io non sono un legale, ho soltanto cognizioni di natura giuridica legate ai miei studi, ma credo che ogni cittadino potrebbe definire abnorme - esattamente abnorme - il fatto che venga utilizzata una sindrome che non esiste per giustificare un provvedimento coattivo nei confronti di un minore.
Dunque, io mi chiedo davvero a che cosa serva l'abnormità, se questo non basta per avviare un'ispezione che, poi, evidentemente serva per valutare l'eventuale esercizio dell'azione disciplinare. Io credo che il fatto che un magistrato ricorra ad un qualcosa che non esiste - perché questa è l'esatta situazione del caso prospettato - dovrebbe necessariamente condurre il Ministro della giustizia a valutare se vi siano profili per l'esercizio dell'azione disciplinare.
Che mi si dica che questa non è una situazione abnorme, francamente, non mi può trovare disponibile ad accettarla. Io credo che ci sia una certa incoerenza e per questo ritengo che la risposta sia non soddisfacente.

(Rinvio dell'interpellanza urgente Barani - n. 2-01728)

PRESIDENTE. Avverto che, su richiesta del presentatore e con il consenso del Governo, lo svolgimento dell'interpellanza urgente Barani n. 2-01728 è rinviato ad altra seduta.
È così esaurito lo svolgimento delle interpellanze urgenti all'ordine del giorno.

Proposta di trasferimento a Commissione in sede legislativa di una proposta di legge (ore 17,03).

PRESIDENTE. Comunico che sarà iscritta all'ordine del giorno della seduta di martedì 13 novembre 2012 l'assegnazione, in sede legislativa, della seguente proposta di legge, della quale la sotto indicata Commissione, cui era stata assegnata in sede referente, ha chiesto, con le prescritte condizioni, il trasferimento alla sede legislativa, che proporrò alla Camera, a norma del comma 6 dell'articolo 92 del Regolamento:

alla VII Commissione (Cultura):
S. 3412 - Senatori POSSA ed altri: «Disposizioni per il sostegno e la valorizzazione dei festival musicali ed operistici italiani di assoluto prestigio internazionale» (Approvata dalla 7a Commissione permanente del Senato) (5419).

Pag. 78

Modifica nella denominazione di una componente politica del gruppo parlamentare Misto (ore 17,04).

PRESIDENTE. Comunico che il deputato Arturo Iannaccone, vicepresidente del gruppo parlamentare Misto, in rappresentanza della componente politica Noi per il Partito del Sud Lega Sud Ausonia, con lettera pervenuta in data 2 novembre 2012 ha reso noto che la nuova denominazione della componente è «Autonomia Sud - Lega Sud Ausonia - Popoli Sovrani d'Europa».

Ordine del giorno della prossima seduta.

PRESIDENTE. Comunico l'ordine del giorno della prossima seduta.

Martedì 13 novembre 2012, alle 12:

1. - Svolgimento di interpellanze e di interrogazioni.

(ore 15)

2. - Seguito della discussione del disegno di legge:
Conversione in legge del decreto-legge 10 ottobre 2012, n. 174, recante disposizioni urgenti in materia di finanza e funzionamento degli enti territoriali, nonché ulteriori disposizioni in favore delle zone terremotate nel maggio 2012 (C. 5520-A/R).
- Relatori: Ferrari, per la I Commissione; Moroni, per la V Commissione.

3. - Assegnazione a Commissione in sede legislativa della proposta di legge C. 5419.

4. - Seguito della discussione del testo unificato dei progetti di legge:
AMICI ed altri; MOSCA e VACCARO; LORENZIN ed altri; ANNA TERESA FORMISANO e MONDELLO; D'INIZIATIVA DEL GOVERNO; SBROLLINI: Disposizioni per promuovere il riequilibrio delle rappresentanze di genere nei consigli e nelle giunte degli enti locali e nei consigli regionali. Disposizioni in materia di pari opportunità nella composizione delle commissioni di concorso nelle pubbliche amministrazioni (Approvati, in un testo unificato, dalla Camera e modificato dal Senato) (C. 3466-3528-4254-4271-4415-4697-B).
- Relatore: Lorenzin.

5. - Dimissioni dell'onorevole Melandri.

PROPOSTA DI LEGGE DI CUI SI PROPONE L'ASSEGNAZIONE A COMMISSIONE IN SEDE LEGISLATIVA

alla VII Commissione (Cultura):
S. 3412. - Senatori POSSA ed altri: «Disposizioni per il sostegno e la valorizzazione dei festival musicali ed operistici italiani di assoluto prestigio internazionale» (approvata dalla 7a Commissione permanente del Senato) (5419).

La seduta termina alle 17,05.

TESTO INTEGRALE DELLA DICHIARAZIONE DI VOTO DEL DEPUTATO GIUSEPPE OSSORIO SULLA QUESTIONE DI FIDUCIA - ARTICOLO UNICO DEL DISEGNO DI LEGGE DI CONVERSIONE N. 5520-A/R

GIUSEPPE OSSORIO. Signor Presidente, signor Ministro, i Repubblicani a nome dei quali parlo, hanno per decenni fin dagli anni '70 chiesto al Governo di porre sotto controllo la spesa pubblica di parte corrente. Sono stati inascoltati e le conseguenze ormai sono sotto gli occhi di tutti gli italiani e, soprattutto, sotto la stretta osservazione dei mercati internazionali. Basta pensare al livello ormai Pag. 79insopportabile degli interessi passivi sul debito pubblico. I Repubblicani perciò rivendicano un ruolo: quello di aver visto lontano e giusto. Diamo atto al Presidente del Consiglio Mario Monti di aver proceduto fra i tanti vincoli di politica economica e i molti bisogni degli italiani a individuare le poche possibilità di procedere a riforme che potrebbero procedere a determinare la costante riqualificazione e ci auguriamo anche la diminuzione della spesa pubblica improduttiva. La ragione sociale e politica del Governo del Presidente Monti per i Repubblicani coincide fra altri e bassi con questo obiettivo. Perciò i Repubblicani accordano ancora una volta la fiducia al Presidente Mario Monti e un po' meno ad alcuni suoi ministri. Ma i Repubblicani oggi lanciano un nuovo allarme: è opinabile come si sta raggiungendo l'obiettivo della ragione sociale di questo Governo. Noi siamo convinti e lo diciamo con forza proprio il giorno in cui votiamo a favore della fiducia, che la sovranità del Parlamento è ridotta ormai ai minimi termini. Ieri su La Voce repubblicana l'onorevole Francesco Nucara ha scritto un articolo di fondo a cui richiamiamo l'attenzione del Presidente Monti e delle forze politiche presenti in Parlamento sui rischi della democrazia. Le prerogative del Parlamento devono essere difese a tutti i costi dalle forze democratiche perché oggi è del tutto evidente lo squilibrio in favore del Governo. Ieri il Ministro Giarda ha difeso un pezzo importante del Governo: la Ragioneria dello Stato. Ha fatto bene. Oggi i Repubblicani difendono il rafforzamento del Parlamento di cui pericolosamente si sta perdendo traccia. I Repubblicani in questo senso si rivolgono e chiedono l'intervento del Capo dello Stato e del Presidente della Camera dei deputati.