XVI LEGISLATURA


Resoconto stenografico dell'Assemblea

Seduta n. 380 di giovedì 7 ottobre 2010

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PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE MAURIZIO LUPI

La seduta comincia alle 9,35.

LORENA MILANATO, Segretario, legge il processo verbale della seduta di ieri.
(È approvato).

Missioni.

PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del Regolamento, i deputati D'Amico e Mecacci sono in missione a decorrere dalla seduta odierna.
Pertanto i deputati in missione sono complessivamente settantacinque, come risulta dall'elenco depositato presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell'allegato A al resoconto della seduta odierna.

Ulteriori comunicazioni all'Assemblea saranno pubblicate nell'allegato A al resoconto della seduta odierna.

Sull'ordine dei lavori (ore 9,40).

EMILIA GRAZIA DE BIASI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

EMILIA GRAZIA DE BIASI. Signor Presidente, sarò molto breve, anche se il tema meriterebbe una trattazione ben più lunga. Ieri, nel pomeriggio, è arrivata alla Consigliera nazionale di parità, Alessandra Servidori, una lettera minatoria contenente escrementi.
Naturalmente, in primo luogo, condanno questo atto e sono solidale con Alessandra Servidori e con il suo ufficio e spero - ma sono certa - di poter parlare a nome di tutta l'Aula e non soltanto del Partito Democratico e delle donne del Partito Democratico. È un atto grave, intimidatorio, che si commenta da sé ma che, purtroppo, richiede ancora un commento perché non è solo un'offesa personale: è un'offesa alle istituzioni.
Ciascuno di noi può pensarla come vuole, ma la correttezza e il rispetto umano, oltre che politico, nei rapporti fra le persone, credo che stia diventando un valore che noi dobbiamo cominciare a difendere di più.
Signor Presidente, sono qui per chiederle di farsi carico di una richiesta: che quanto prima si possa inaugurare in questo Parlamento, alla Camera, una sessione dedicata ai problemi delle donne, al rapporto fra le donne ed il lavoro, così provato in questa fase, come ci dicono i dati. Una sessione che metta in evidenza come si possa pensarla in modo diverso senza mai trascendere nella violenza verbale o fisica, e senza mai arrivare a un clima di tensione che, credo, non giovi a nessuno e soprattutto non giova alla nostra democrazia.

PRESIDENTE. La ringrazio, onorevole De Biasi. La Presidenza, ovviamente, si associa in maniera non formale alle sue parole, esprime altrettanta solidarietà e richiama la massima attenzione per episodi di questo genere. Per quanto riguarda Pag. 2la sua richiesta, la Presidenza coinvolgerà, ovviamente, il luogo adatto a prendere decisioni in merito, che è la Conferenza dei presidenti di gruppo.

Svolgimento di interpellanze urgenti (ore 9,43).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca lo svolgimento di interpellanze urgenti.

(Iniziative del Governo a tutela dei magistrati e delle forze dell'ordine in Calabria, anche alla luce dei recenti episodi che hanno coinvolto il procuratore generale presso la Corte d'appello di Reggio Calabria - n. 2-00839)

PRESIDENTE. L'onorevole Laratta ha facoltà di illustrare la sua interpellanza n. 2-00839 concernente iniziative del Governo a tutela dei magistrati e delle forze dell'ordine in Calabria, anche alla luce dei recenti episodi che hanno coinvolto il procuratore generale presso la Corte d'appello di Reggio Calabria (Vedi l'allegato A - Interpellanze urgenti).

FRANCESCO LARATTA. Signor Presidente, in premessa alla mia interpellanza - sottoscritta da altri 32 colleghi - vorrei dire che quanto è accaduto a Reggio Calabria in questi giorni - e quanto accade tuttora - ha provocato una fortissima reazione dell'opinione pubblica che, per la prima volta, per iniziativa di un quotidiano - il Quotidiano della Calabria - è scesa in piazza. Eravamo circa in 40 mila a gridare no alla 'ndrangheta, alla mafia, alla violenza, alla sopraffazione, alla prepotenza delle cosche, alla corruzione e all'intreccio mafia-politica che in Calabria c'è ed è molto forte. In 40 mila per dire che la Calabria vuole crescere, vuole riscattarsi - come ha scritto lo stesso direttore del quotidiano, Matteo Cosenza - vuole conquistare serenità, tranquillità, fiducia nel lavoro, nel futuro, chiede lavoro, chiede un futuro. Una Calabria che ha bisogno di coraggio, di forza, di solidarietà, di risposte da parte dello Stato, di presenza delle istituzioni, di certezze e di sicurezza.
Erano tantissimi giovani, e questa è la novità e la speranza di quella manifestazione di Reggio Calabria; tantissimi giovani a gridare e a pretendere la libertà di vivere, di muoversi, di scegliere, di combattere, di avere maggiore sviluppo, di avere crescita e di avere la possibilità di rimanere in questa terra.
Ma in Calabria ci sono pezzi dello Stato che si muovono tranquillamente a stretto contatto con i personaggi della malavita, con sospettati e indagati. Pezzi delle istituzioni che si muovono in quel contesto e che ricevono appoggi e consensi elettorali, e in cambio garantiscono favori e interessi.
In Calabria si vive sotto una pressione fortissima. Ne sono vittime i magistrati e i giornalisti. Ricordiamo che ben 30 cronisti sono stati minacciati e avvertiti dalle cosche solo perché fanno il loro dovere di scrivere e di raccontare. Sono sotto pressione gli imprenditori, i politici in prima linea che ci sono e sono anche tanti, i liberi professionisti, i medici e gli uomini della Chiesa. Per ognuno di loro, che fa il proprio dovere e che lotta per la legalità, vi è una minaccia concreta, un attentato alle loro famiglie, un avvertimento. In questo contesto la decisione di inviare l'esercito a Reggio Calabria appare del tutto insoddisfacente e, direi, superficiale. Si tratta di una risposta che fa notizia ma non è sufficiente. A Reggio, come in una buona parte della Calabria, occorrono uomini, mezzi, risorse per le procure, per le questure, per le altre forze di polizia. Occorrono nuove e moderne tecnologie a supporto del lavoro degli inquirenti. Occorre sicurezza e una forte presenza delle forze dell'ordine sul territorio, più magistrati e più poliziotti. Questo significa combattere e fronteggiare con determinazione la forza della 'ndrangheta.
Nel contempo, per tornare alle bombe e alle minacce di Reggio Calabria, una domanda sorge spontanea, vista anche Pag. 3l'anomalia di quello che accade: chi trae beneficio da questo clima e da questi attentati contro i magistrati? Si tratta di fatti che creano una forte reazione nazionale, ma che provocano anche una reazione delle istituzioni colpite che poi porta a un più duro contrasto della criminalità. Il clima che si respira a Reggio è simile a quello del periodo delle strategie stragiste negli anni scorsi in Italia. Anche gli attentati alla procura generale, per le funzioni che questa svolge e che non toccano i processi che poi portano a sentenze di condanna, a chi sono utili? A chi sono utili queste bombe e questi attentati? A chi giova intimidire il procuratore generale? Forse si intende spostare l'attenzione, distogliere le forze di investigazione e i magistrati dal loro impegno quotidiano? Vi sono obiettivi che puntano ad aggravare il clima e il quadro generale?
Al comune di Reggio Calabria vi sono numerosi amministratori e consiglieri comunali e circoscrizionali che, a vario titolo, sono stati individuati come interlocutori di personaggi di rilievo della criminalità organizzata. I giornali hanno pubblicato intercettazioni inquietanti, che svelano il loro impegno a favore dei citati personaggi. Anche lo stesso ex sindaco, Scopelliti, è stato più volte citato dai pentiti. Le inchieste giudiziarie contro la criminalità organizzata evidenziano la sua capacità di infiltrarsi nelle amministrazioni locali reggine e calabresi. Ma a che punto è una valutazione su queste vicende e sul comune di Reggio Calabria? Lo chiedo al Governo. In altri comuni, come Cardeto, sono stati arrestati o indagati amministratori in operazioni di criminalità organizzata. Si è cambiata strategia o si procederà allo scioglimento di detti comuni? Così come anche per il caso di Corigliano Calabro, situato un po' più a nord, in provincia di Cosenza. Cosa intende fare il Governo contro la gravissima situazione in cui si trova quel comune?
Tuttavia, vorrei approfondire per un attimo la situazione del comune di Reggio Calabria, perché è da questo comune che iniziano e si diffondono in Calabria i misteri di quel comune stesso e di quelle realtà. Il comune si trova in una situazione finanziaria disastrosa, che ha portato a una paralisi dei pagamenti, all'esplosione dei decreti di pignoramento contro le casse comunali persino da parte delle società miste con azionista di maggioranza il comune stesso, alla paventata interruzione delle forniture idriche, di energia elettrica e di altro ancora. Inoltre, puntualmente vi è un ritardo nei pagamenti degli stipendi ai dipendenti, tanto che le organizzazioni datoriali, Confindustria, Confartigianato e Confesercenti, hanno più volte evidenziato distrazioni dei fondi vincolati e ritardi nei pagamenti degli stati di avanzamento dei lavori superiori all'anno, con conseguenti ingenti danni erariali. Considerato che i consiglieri di opposizione e lo stesso sindaco facente funzioni hanno dichiarato alla stampa di non avere ricevuto il bilancio analitico e un quadro chiaro della situazione economica e finanziaria del comune di Reggio, ci chiediamo cosa aspetta il Ministero ad effettuare un'ispezione, una verifica o un accertamento delle reali condizioni del comune? O forse si attende che si crei un nuovo caso Taranto, Catania o Roma, con centinaia di milioni di euro ripianati dal Governo con i fondi FAS? Questo è un fatto che ancora adesso grida vendetta, tanto è profondamente ingiusto e illegittimo.
Il rapporto tra politica e criminalità è un grande problema irrisolto per il sud e la Calabria in particolare che, anzi, si va sempre più aggravando. Una risposta è venuta in questi giorni dal Parlamento - qui c'è la collega Napoli - con l'approvazione di una legge che stabilisce il divieto di propaganda elettorale da parte dei boss mafiosi. Da questo punto di vista vi era una lacuna nell'ordinamento. Tuttavia, questa legge va applicata perché con essa riusciamo a spezzare l'intreccio tra mafia e politica. Sono disposizioni, appunto, concernenti il divieto di svolgimento di propaganda elettorale per le persone sottoposte a misure di prevenzione, appena approvata Pag. 4dal Senato in via definitiva e anche noi alla Camera ci abbiamo lavorato tanto.
È una legge che può rappresentare un effettivo colpo alla mafia e alle sue possibilità di influire sulle elezioni, che dobbiamo anche all'ispirazione di Romano De Grazia, magistrato calabrese della Cassazione. La legge è uno strumento importantissimo per la lotta contro le mafie che aggrediscono e condizionano le nostre istituzioni. Detto tutto questo, mi rivolgo al Governo, e mi sarei aspettato la presenza del Ministro dell'interno per la sua specifica competenza rispetto ad un tema così drammatico.
L'attentato al procuratore generale presso la corte d'appello di Reggio Calabria è sconcertante e mette in luce il tipo di impegno che il Governo garantisce nell'offerta di beni pubblici essenziali come la giustizia nel Mezzogiorno. Il Governo, ad avviso degli interpellanti, si è dimostrato non in grado di proteggere adeguatamente il procuratore generale dopo ben due attentati, mentre la magistratura calabrese è privata dei mezzi più elementari per poter funzionare: manca perfino la benzina ai mezzi di servizio, non sono utilizzabili gli strumenti di lavoro quotidiano, l'organico delle procure risulta scoperto, le forze dell'ordine non sono messe nelle condizioni di agire, tutte le promesse fatte e gli impegni presi in tal senso dal Governo risultano al momento inevasi. La regione Calabria nella precedente legislatura si era dovuta perfino fare carico di un intervento finanziario di 5 milioni di euro per fare fronte a delle urgenti necessità delle forze dell'ordine e della sicurezza.
A Reggio Calabria non è chiaro il ruolo dei servizi segreti che, a sentire autorevoli magistrati - si leggano le dichiarazioni di Cisterna - e importanti giornalisti (come Galullo de Il Sole 24 Ore), sono sempre presenti, a vario titolo, nelle vicende di snodo della città: dal ruolo avuto nelle elezioni comunali del 2002 e riportato nelle inchieste giudiziarie, alla vicenda del tritolo a palazzo San Giorgio, una vicenda inquietante e irrisolta, fino ad arrivare alle vicende di questi giorni.
La vicenda del presunto attentato all'allora sindaco Scopelliti non è mai stata chiarita, mentre le cronache giudiziarie, nonché espliciti reportage giornalistici mai contestati, evidenzierebbero rapporti e legami di amicizia tra lo stesso ed alcuni esponenti della criminalità organizzata. Il clima torbido venutosi a creare in questi anni cerca di mettere sullo stesso piano lettere anonime, che puntualmente arrivano quando serve per distogliere l'attenzione da altro, e le bombe e le minacce vere.
Tutto ciò premesso, si intende sapere dal Governo cosa intenda fare, per quanto di competenza, per far luce sugli inquietanti fatti che accadono a Reggio Calabria - dal ritrovamento su segnalazione dei servizi del tritolo a palazzo San Giorgio, alle bombe presso la corte d'appello di Reggio Calabria fino agli avvenimenti di queste ultime ore - e quali misure intenda adottare per proteggere adeguatamente i magistrati esposti nella lotta alla criminalità; cosa intenda fare per coprire l'organico delle procure e dei tribunali calabresi e per dotare la magistratura, le forze dell'ordine e le istituzioni impegnate nella quotidiana lotta alla criminalità organizzata in Calabria dei mezzi finanziari e strumentali necessari all'affermazione dello Stato di diritto.

PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per l'interno, Michelino Davico, ha facoltà di rispondere.

MICHELINO DAVICO, Sottosegretario di Stato per l'interno. Signor Presidente, onorevoli deputati, come è stato più volte sottolineato in quest'Aula - da ultimo, lo scorso 23 settembre dal sottosegretario di Stato per la Giustizia in risposta ad una interpellanza urgente di analogo contenuto - i risultati importanti ottenuti nella lotta alla criminalità organizzata sono stati raggiunti, anche in Calabria, grazie alla completa sinergia di azione fra magistratura, forze di polizia e tutte le istituzioni interessate.
La risposta dello Stato ai meccanismi perversi della violenza e dell'illegalità è Pag. 5stata ferma ed immediata - negli ultimi tempi più che mai! - e i risultati di questa infaticabile attività sono oggi ancora più evidenti, non soltanto nei mutati equilibri territoriali delle organizzazioni criminali e nelle recenti rivalità fra cosche antagoniste, ma anche nell'aggressività che manifestano le organizzazioni criminali proprio in reazione all'incessante azione di contrasto.
Vorrei ricordare, infatti, che nell'ultimo biennio lo sforzo congiunto delle istituzioni ha consentito la cattura di pericolosi latitanti e ha portato, inoltre, all'arresto di centinaia di appartenenti alle cosiddette 'ndrine, permettendo l'aggressione dell'impero patrimoniale di molte famiglie mafiose.
Questo risultato - di cui in prosieguo riferirò i numeri più significativi - è stato raggiunto attraverso il costante controllo statale del territorio. Il dispositivo delle forze di polizia territoriali nella regione Calabria, infatti, è costituito da 4.152 appartenenti ai ruoli operativi della polizia di Stato e da 4.662 carabinieri.
A questi ultimi vanno aggiunti 2.250 militari della guardia di finanza che, anche se con prevalenti compiti di polizia economica e finanziaria, concorrono all'esecuzione dei piani coordinati di controllo del territorio. Nei casi di emergenza, il presidio sul territorio viene supportato da unità provenienti sia dai reparti prevenzione crimine della polizia di Stato sia dalle compagnie di intervento operativo dell'Arma dei carabinieri.
In sede di coordinamento tecnico interforze, inoltre, vengono periodicamente rivisitate le strategie per l'ottimale impiego degli operatori di pubblica sicurezza nei servizi di prevenzione generale. Queste misure, infatti, permettono di privilegiare una più efficace presenza dinamica sul territorio e hanno consentito, nel primo semestre del corrente anno, non soltanto di ridurre di circa l'8,7 per cento il totale dei delitti - pari a 30.224 - rispetto a quello rilevato nell'analogo periodo di riferimento del 2009 (pari a 33.086), ma hanno anche permesso, nel primo semestre del 2009, di denunciare e arrestare 18.829 persone - di cui 3.126 arrestate e 15.703 denunciate in stato di libertà - e, nel primo semestre dell'anno in corso, di denunciare ed arrestare 18.301 persone (di cui 3.887 arrestate e 14.414 denunciate in stato di libertà).
Sempre con particolare riguardo alla regione Calabria, l'azione di contrasto delle forze dell'ordine alle diverse attività criminali radicate sul territorio si è tradotta, per l'anno 2008, nell'arresto di 34 latitanti (dei quali quattro appartenenti al «programma speciale dei 30», 5 all'elenco dei «100 latitanti più pericolosi» e 25 alla categoria di altri pericolosi latitanti), nel sequestro di 598 beni, per un valore di oltre 220 milioni di euro, e nella confisca di 50 beni, per un valore di quasi 9 milioni di euro.
Nell'anno 2009, invece, sono state arrestati 29 latitanti (dei quali 6 appartenenti al «programma speciale dei 30», 5 all'elenco dei «100 latitanti più pericolosi» e 18 alla categoria «altri pericolosi latitanti»), nonché sequestrati 1.777 beni, per un valore di oltre 665 milioni di euro, e confiscati 434 beni, per un valore di oltre 170 milioni di euro. Quanto al recente periodo, ricompreso tra il 1o gennaio ed il 14 settembre del corrente anno, sono stati arrestati ben 15 latitanti (dei quali uno appartenente al «programma speciale del 30», tre all'elenco dei «100 latitanti più pericolosi» e undici alla categoria «altri pericolosi latitanti»), nonché sequestrati 1.280 beni, per un valore di circa 750 milioni di euro, e confiscati 205 beni, per un valore di circa 71 miliardi di euro.
Questo enorme sforzo operativo è stato accompagnato da una significativa azione sul piano legislativo, alla quale si è voluto conferire anche aspetti di valore simbolico: infatti, con il decreto-legge 4 febbraio 2010, n. 4, coordinato con la legge di conversione 31 marzo 2010, n. 5, è stata istituita l'Agenzia nazionale per l'amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata, che ha la sua sede centrale proprio a Reggio Calabria. Pag. 6
Ricordo, inoltre, la recente approvazione all'unanimità - con legge n. 136 del 13 agosto scorso - del disegno di legge di iniziativa governativa concernente il Piano straordinario contro le mafie e la delega conferita al Governo in materia di normativa antimafia. Voglio a tal proposito evidenziare che il disegno di legge in argomento fu approvato dal Governo in occasione del Consiglio dei ministri straordinario tenutosi proprio a Reggio Calabria il 28 gennaio scorso.
Venendo ora agli altri punti toccati dall'interpellanza, che si riferiscono più specificamente all'attività degli organi giudiziari, riferisco di seguito quanto comunicato dal Ministero della giustizia. Con specifico riferimento ai fatti accaduti a Reggio Calabria nella notte del 26 agosto 2010, sulla soglia di ingresso dell'ingresso del condominio in cui abita, tra gli altri, il procuratore generale Di Landro, l'ufficio della procura catanzarese ha iscritto procedimento penale a carico di ignoti per i reati di cui agli articoli 10 e 12 della legge n. 497 del 1974, 635 e 612 del codice penale, in relazione all'articolo 339 del codice penale. Le indagini relative al procedimento penale sono svolte in coordinamento con le indagini riguardanti gli altri gravi episodi accaduti a Reggio Calabria dall'inizio dell'anno, sussistendo, a parere degli inquirenti, elementi di connessione probatoria tra i diversi fatti oggetto di indagine.
Per quanto riguarda la situazione specifica della tutela personale del procuratore generale, dottor Di Landro, segnalo che la prefettura di Reggio Calabria, nella stessa giornata del 3 gennaio 2010, e cioè immediatamente dopo l'esplosione di un ordigno dinanzi agli uffici della procura generale, aveva provveduto a rafforzare il dispositivo di protezione già proposto in favore del magistrato in data 11 dicembre 2009.
In seguito, poi, all'esplosione del 26 agosto 2010, la stessa prefettura ha prontamente deciso un rafforzamento del dispositivo di tutela approntato per il dottor Di Landro, disponendo un innalzamento ulteriore del livello di protezione già esistente.
Con specifico riferimento, poi, all'episodio di carattere fortemente intimidatorio verificatosi lo scorso 5 settembre nei confronti del dottor Pignatore, capo della procura della Repubblica presso il tribunale di Reggio Calabria, il Ministero della giustizia riferisce che è ipotizzabile che lo stesso si inserisca nell'ambito dei precedenti eventi delittuosi, anch'essi commessi nel territorio reggino, a danno di magistrati in servizio nel medesimo distretto. Le relative indagini, prontamente avviate dagli inquirenti, sono coperte dal segreto istruttorio.
In relazione a tale ultimo episodio si è proceduto immediatamente al potenziamento delle misure di protezione nei confronti del procuratore capo di Reggio Calabria ed al rafforzamento dei servizi di vigilanza presso le sedi giudiziarie interessate.
Più in generale, la tutela dei magistrati è oggetto, comunque, della massima attenzione da parte delle competenti autorità. In particolare, in Calabria, risultano al momento in atto 36 misure di protezione ravvicinata, ai sensi dell'articolo 1 della legge n. 133 del 2002, di norma integrate da servizi di protezione generica così suddivise: 10 di secondo livello, 22 di terzo livello e 4 di quarto livello. Sono inoltre in atto 6 misure di protezione personale e 88 servizi di vigilanza generica radiocollegata, disposti dalle locali autorità provinciali di pubblica sicurezza.
Venendo, infine, alla dotazione organica degli uffici giudiziari menzionati nell'interpellanza, comunico i dati riferiti dal Ministero della giustizia che ha evidenziato la propria attenzione al problema. Infatti, nell'ambito della distribuzione di complessive 42 unità (recate in aumento dalla legge finanziaria per il 2008 e da ripartire sull'intero territorio) ben 6 unità sono state destinate in aumento alle piante organiche degli uffici reggini. Più specificamente, con decreto del 18 marzo 2010, il Ministro della giustizia ha disposto l'aumento di organico nella misura di due Pag. 7posti di giudice presso il Tribunale di Reggio Calabria; di due posti di sostituto presso la Procura di Reggio Calabria, nonché di due posti di sostituto procuratore generale presso la Procura generale di Reggio Calabria.
Quanto alla situazione attuale, l'organico magistratuale togato del tribunale di Reggio Calabria (composto, oltre al capo dell'ufficio, da sei presidenti di sezione e da quarantatré giudici, quattro dei quali con funzioni di giudice del lavoro) presenta la vacanza di sedici posti di giudice. Dodici delle anzidette vacanze saranno coperte da altrettanti magistrati nominati con decreto ministeriale del 2 ottobre 2009; questi ultimi assumeranno possesso delle funzioni loro attribuite presso il menzionato tribunale nell'aprile del 2011.
Le residue quattro vacanze dovranno essere, invece, nuovamente pubblicate dal Consiglio superiore della magistratura, stanti gli esiti infruttuosi delle procedure attivate da tale organismo il 5 febbraio 2010 ed il 19 aprile 2010, per la copertura delle vacanze tra i posti di giudice.
L'organico magistratuale togato della procura della Repubblica presso il tribunale di Reggio Calabria (composto, oltre al capo dell'ufficio, da tre procuratori aggiunti e da ventisei sostituti procuratori della Repubblica) presenta, infine, la vacanza di otto posti di sostituto. Cinque delle anzidette vacanze saranno coperte da altrettanti magistrati nominati con decreto ministeriale del 2 ottobre 2009; questi ultimi assumeranno possesso delle funzioni loro attribuite presso la procura reggina nell'aprile del 2011.
Segnalo, inoltre, che una delle tre vacanze residue risulta essere stata pubblicata in data 8 giugno 2010, laddove senza esito è risultata la procedura attivata dal Consiglio superiore della magistratura il 19 aprile 2010 per la copertura di due posti vacanti di sostituto procuratore.
Il Ministero della giustizia - nel rappresentare, com'è noto, che le valutazioni inerenti alla copertura dei posti vacanti nell'organico della magistratura sono di stretta pertinenza del CSM - ha assicurato che il competente dipartimento di quel Dicastero, su diretto interessamento del Ministro Guardasigilli, ha già posto particolare attenzione ai tempi di attuazione dei trasferimenti di magistrati togati destinati in Calabria.
Ed infatti, in considerazione della recrudescenza degli episodi criminali nella regione, si è cercato, nei limiti consentiti dalla normativa, di posticipare l'allontanamento dei magistrati trasferiti in altre regioni e, al contrario, di rendere immediatamente esecutivo l'insediamento dei nuovi magistrati assegnati agli uffici giudiziari menzionati.
Per quanto concerne il personale amministrativo, il Ministero della giustizia ha fatto presente che la situazione negli uffici interessati non evidenzia, attualmente, problematiche di rilievo, atteso che nella procura generale di Reggio Calabria sono presenti risorse in numero superiore rispetto alla pianta organica e che negli altri uffici del capoluogo non emergono situazioni di criticità.
Infatti, risultano interamente coperti gli organici delle posizioni apicali dell'area C, così come risultano coperti la posizione dirigenziale, gli organici del cancelliere, dell'operatore giudiziario e dell'ausiliario. Inoltre, sono presenti quattro contabili in soprannumero.
Le uniche vacanze - peraltro compensate dal personale in soprannumero - riguardano due posti di esperto informatico B3, introdotti con il decreto ministeriale 5 novembre 2009, che ha ridefinito le dotazioni organiche degli uffici giudiziari.
Nella corte d'appello le unità presenti sono ottantanove, a fronte di una pianta organica che prevede novantatré posti e nel tribunale sono in servizio centosessantatré dipendenti su centosessantacinque posti.
Va aggiunto, inoltre, che negli uffici giudicanti e requirenti del distretto di Reggio Calabria sono assegnate complessivamente 851 risorse umane, rispetto ad una dotazione prevista di 846 unità, mentre in quelli del distretto di Catanzaro le risorse umane sono 1.259 su 1.272 posti. Pag. 8
In conclusione, voglio ribadire che lo Stato continuerà incessantemente a produrre ogni sforzo nella direzione di sconfiggere definitivamente, anche in Calabria, le organizzazioni criminali.
Chi ha pensato, con gesti come quello dell'altro ieri - relativo al ritrovamento di un bazooka davanti alla procura della Repubblica di Reggio Calabria -, di colpire un ufficio che sta svolgendo un ruolo fondamentale in tale contesto, troverà il Governo e tutte le istituzioni dello Stato assolutamente solidali con la magistratura calabrese e coesi nel proseguire nella strada intrapresa.

PRESIDENTE. L'onorevole Angela Napoli, cofirmataria dell'interpellanza, ha facoltà di replicare.

ANGELA NAPOLI. Signor Presidente, onorevole sottosegretario, intanto sento di dover premettere che risulto essere la seconda firmataria dell'interpellanza urgente in esame, pur appartenendo ad un gruppo politico di maggioranza, perché quanto sta accadendo a Reggio Calabria, ormai da mesi, non dovrebbe assolutamente vedere differenziazioni di sorta in termini di interventi e di valutazioni su quanto sta avvenendo, ma anche su quanto si intende attuare.
Signor sottosegretario, devo subito affermare che non posso assolutamente ritenermi soddisfatta per la risposta, intanto perché nella risposta stessa lei ha eluso alcune domande che l'interpellanza propone, che sono puntuali e, a nostro avviso, stanno alla base anche della situazione che sta si sta verificando da mesi a Reggio Calabria.
Credo che la reale situazione di Reggio Calabria non sia stata perfettamente valutata dagli organi preposti. Lei è venuto qui ad elencarci ciò che tutti quanti sappiamo, ma ciò che tutti quanti continuiamo a dire che non è assolutamente sufficiente per intervenire nel merito: abbiamo bisogno di capire cosa sta succedendo a Reggio Calabria e nella provincia di Reggio Calabria. Quanto da mesi - ad iniziare dal 3 gennaio scorso - sta avvenendo non è rintracciabile in alcun'altra parte d'Italia.
Si assiste ad un attacco nei confronti dei magistrati, di quei magistrati che stanno accanto alle forze dell'ordine, ottenendo i risultati che tutti quanti conosciamo e che lei ci ha elencato: nei loro confronti dobbiamo esprimere sincero ringraziamento.
Però, la situazione che viene riversata nei confronti dei magistrati e anche dei giornalisti citati - mi meraviglio che nella risposta non vi sia alcun cenno a ciò - credo sia davvero grave e sottovalutata. A Reggio Calabria non servono più, onorevole sottosegretario, gli attestati di solidarietà, che ad ogni piè sospinto sono costituiti da lunghe liste. All'interno di queste liste ci sono attestati di solidarietà rilasciati da personaggi incriminati, che si vedono coinvolti nelle indagini e nei filoni di indagini che la magistratura reggina sta portando avanti. Dunque, il problema è assolutamente diverso. Peraltro, mi si consenta anche di dire che lei non ha fatto alcun riferimento, onorevole sottosegretario, a quello che da tre giorni siamo costretti a leggere nelle cronache regionali: esercito sì o esercito no.
Nella sua risposta non c'è alcun riferimento alla valutazione e al ruolo che i servizi deviati hanno ormai da anni a Reggio Calabria e nella sua provincia. Nella sua risposta non c'è assolutamente alcun appiglio che possa contribuire a capire le azioni compiute dal 3 gennaio, che sinceramente mi sarei aspettata lei elencasse. Queste sì che andrebbero elencate. Potrei elencarglieli io tutti gli atti intimidatori che sono stati attuati nei confronti della magistratura reggina.
Noi abbiamo bisogno di sapere se, dietro questi atti intimidatori, si nasconda una volontà repressiva da parte della 'ndrangheta o se invece vi sia una volontà che può essere definita preventiva. È grave che in questa risposta non se ne sia fatta alcuna menzione. È grave non parlare di tutte le indagini che questa magistratura, che sta ricevendo questi atti intimidatori, sta ponendo in essere e che vedono accoppiati veramente i rapporti e le collusioni Pag. 9tra 'ndrangheta, mondo politico, mondo imprenditoriale e mondo della massoneria deviata. Non riusciamo a capire il ruolo dei servizi. C'è un certo Zumbo, commercialista, che è venuto fuori anche come responsabile delle armi che sono state trovate nella macchina durante la visita del Capo dello Stato. È assolutamente grave che di questo non si faccia menzione nella sua risposta. Questo signor Zumbo pare andasse a riferire alla 'ndrangheta addirittura notizie che venivano fornite allo stesso Zumbo dai servizi segreti. Noi abbiamo bisogno di sapere cosa sta accadendo a Reggio Calabria da anni e non solo da mesi a questa parte.
Noi dobbiamo anche sapere come mai i servizi abbiano trovato dei pacchetti di esplosivo nei sotterranei del comune di Reggio Calabria quando era sindaco l'attuale governatore della Calabria, l'onorevole Giuseppe Scopelliti. Abbiamo bisogno di sapere qual è stato il ruolo dei servizi segreti nell'omicidio Fortugno e qual è il ruolo che i medesimi servizi continuano a mantenere e naturalmente parlo di quella parte dei servizi deviati.
Non è possibile che non si dia al Parlamento una risposta in questo senso, perché altrimenti qui continuiamo a prenderci in giro. Onorevole sottosegretario, quanto agli elenchi che lei ci ha fornito sappiamo benissimo che in alcuni casi le coperture degli organici ci sono, ma o si vuole comprendere che la situazione di Reggio e della provincia non è ordinaria, ma merita interventi straordinari che esulano dalle coperture normali degli stessi organici, che debbono puntare sulla qualità...

PRESIDENTE. La prego di concludere.

ANGELA NAPOLI. Signor Presidente, le chiedo scusa se oltrepasso di qualche minuto il tempo a mia disposizione ma, mi creda, la situazione è davvero pesante a Reggio Calabria. Noi non abbiamo bisogno di sapere che vengono inviati quaranta agenti in più tra Polizia di Stato e carabinieri. Noi abbiamo bisogno di sapere che c'è una maggiore attività di intelligence con personale qualificato che possa davvero aiutare nelle indagini.
Concludo, onorevole sottosegretario: ho diramato un comunicato all'indomani dell'ultimo episodio evidenziato nei confronti del procuratore Pignatone. È un comunicato estremamente pessimista, me ne rendo conto, e me ne assumo la responsabilità. Ho detto che a Reggio Calabria e nella sua provincia si sta vivendo un clima di terrore e di intimidazione, un clima torbido e non si capisce chi c'è dietro.

PRESIDENTE. Deve concludere, onorevole Angela Napoli.

ANGELA NAPOLI. D'altra parte basta leggere le dichiarazioni che lo stesso prefetto, l'organo massimo di rappresentanza dello Stato in provincia, ha rilasciato ieri: esse fanno trapelare davvero qualcosa di molto preoccupante. In questo comunicato ho detto che il clima che stiamo vivendo a Reggio Calabria e provincia negli ultimi mesi è assimilabile a quello che ha vissuto la città di Palermo prima delle stragi del 1992. Ci si deve rendere conto che servono misure straordinarie...

PRESIDENTE. Onorevole...

ANGELA NAPOLI. ...e non ci si venga qui ad elencare i successi - che tutti quanti conosciamo - che sono attribuibili a questa meravigliosa magistratura reggina o alle forze dell'ordine. Poi non si venga a piangere il morto e a esprimere le solite solidarietà di circostanza: non ne hanno bisogno i magistrati, non ne hanno bisogno le forze dell'ordine e non ne ha bisogno nemmeno la Calabria (Applausi del deputato Lo Presti).

(Chiarimenti in ordine all'assegnazione di beni confiscati alla mafia dal comune di Palermo - n. 2-00844)

PRESIDENTE. L'onorevole Lo Presti ha facoltà di illustrare l'interpellanza Bocchino n. 2-00844 concernente chiarimenti in ordine all'assegnazione di beni confiscati Pag. 10alla mafia dal comune di Palermo (Vedi l'allegato A - Interpellanze urgenti), di cui è cofirmatario.

ANTONINO LO PRESTI. Signor Presidente, onorevole sottosegretario, ho ascoltato con molta attenzione la replica dell'onorevole Angela Napoli su quello che sta accadendo in Calabria. L'interpellanza che sto illustrando oggi riguarda un aspetto non meno significativo, importante e qualificante della lotta alla mafia.
In Calabria, come ricordava l'onorevole Napoli, assistiamo ad una improvvisa e violenta recrudescenza di questo fenomeno e a un assalto violento ai presidi della legalità.
In Sicilia, invece, dove per fortuna grandi progressi sono stati compiuti nella lotta alla mafia, pare oggi esservi una piccola regressione nel settore della gestione dei beni confiscati alla mafia. Grandi successi, come ricordava il Ministro Maroni proprio qualche settimana fa in Aula, con una maxioperazione che ha portato al sequestro - e speriamo quanto prima alla confisca - di un grande patrimonio accumulato da un personaggio in combutta con le cosche mafiose e con gruppi affaristici isolani; questi grandi successi sono accompagnati però oggi, in base alle notizie che ci giungono da Palermo, da un grave vulnus che alcuni soggetti, che speriamo saranno identificati, hanno arrecato proprio alla gestione dei beni confiscati alla mafia.
È accaduto a Palermo, purtroppo, che alcuni beni sono stati assegnati ad alcune cooperative ed associazioni ONLUS gestite da un sacerdote che ha ereditato il messaggio spirituale che Padre Puglisi lanciò prima di essere ucciso; tali associazioni annoveravano tra i soci personaggi legati direttamente alla criminalità mafiosa: la figlia di un boss ucciso, il parente di un boss in galera, il prestanome del pericolo pubblico numero uno, di quello che ancora oggi è il latitante più ricercato d'Italia, il boss Matteo Messina Denaro.
Signor Presidente, dico queste cose - mi creda - con la morte nel cuore, perché abbiamo fatto tanto nella lotta alla mafia, abbiamo sacrificato le vite migliori, i magistrati più preziosi, gli ufficiali e gli agenti di polizia più coraggiosi, ed oggi sconsolati dobbiamo apprendere dalla stampa che beni confiscati direttamente a questi personaggi, che hanno costellato di gravi lutti la nostra isola, sono assegnati a cooperative che hanno parenti di questi personaggi nella compagine sociale.
Questo è l'aspetto gravissimo del problema; vi è stato sicuramente un omesso controllo nella fase di verifica dei presupposti per la corretta assegnazione di questi beni e spero che l'onorevole sottosegretario ci renderà conto delle responsabilità nella fase preventiva di valutazione della capacità di tali associazioni di risultare assegnatarie degli stessi.
Vi è poi un aspetto, però, ancora più grave ed eclatante, ed è relativo a come, una volta scoperto l'inganno, cioè che queste associazioni avevano in seno personaggi legati alla criminalità, si è tentato di rimediare a quello che evidentemente era un vulnus gravissimo alla lotta alla mafia. Questo è l'aspetto più inquietante perché, onorevole sottosegretario, signor Presidente, vi è forte il sospetto che al comune di Palermo, che è l'amministrazione che ha in qualche modo la responsabilità di assegnare i beni a queste associazioni, gestite da don Golesano (e sono esattamente l'associazione Solaria, Live Europe ed una Fondazione Padre Puglisi, cioè la fondazione che porta il nome del martire nella lotta alla mafia, celebrato proprio recentemente da Sua Santità nella visita pastorale a Palermo), qualcuno abbia manovrato nell'ombra.
Si tratta di qualcuno che evidentemente aveva interesse a coprire le responsabilità pregresse nell'assegnazione di questi beni ad associazioni che avevano dentro la compagine personaggi legati alla mafia. Qualcuno - dicevo - ha cambiato le carte in tavola e ha consentito che, prima che intervenisse la revoca sollecitata dalla prefettura (con una nota del 16 ottobre), queste associazioni cambiassero la compagine sociale, espellessero i soggetti sospetti e (rivestite e ripulite) Pag. 11avanzassero una resistenza giudiziaria al provvedimento di revoca del comune di Palermo.
Il comune di Palermo, per ben 15 o 20 giorni, ha ignorato il fatto che la prefettura del capoluogo siciliano avesse comunicato con una nota protocollata presso gli uffici comunali che in quelle compagini vi fossero tali soggetti. Per 15-20 giorni nessuno ha fatto niente, e in questo lasso di tempo - guarda caso - le associazioni in questione sono state avvisate di quello che la prefettura aveva scoperto, re melius perpensa, e hanno potuto in questo periodo di vacatio modificare le compagini sociali - lo ripeto per l'ennesima volta - e quindi poi presentarsi come assolutamente legittimate a resistere alla revoca che nel frattempo il comune aveva proposto.
Siamo arrivati al ridicolo, purtroppo, per cui il tribunale amministrativo regionale del capoluogo ha dovuto dare ragione a queste cooperative. Infatti, nel momento in cui le stesse hanno impugnato gli atti di revoca, hanno dimostrato che erano assolutamente pulite, che quelle persone erano state cacciate via e quindi che non vi erano i presupposti perché si arrivasse alla revoca dell'assegnazione.
Onorevole sottosegretario, noi non le chiediamo conto e ragione di come sia potuto accadere tutto questo. Evidentemente, lo verificherete con le vostre indagini interne (speriamo ci dia una risposta per comprendere esattamente la ragione per la quale in via preventiva la prefettura di Palermo e il comune di Palermo non si sono accorti che quelle associazioni avevano nel loro seno personaggi collegati con la criminalità mafiosa). Lo vedremo e attendiamo una risposta, ma quello che più ci interessa è capire se l'Amministrazione dell'interno ha interesse a verificare e a chiarire le ragioni per le quali sospette infiltrazioni mafiose al comune di Palermo hanno consentito, nella fase successiva di revoca di queste assegnazioni, a queste cooperative di poter cambiare le carte in tavola per resistere alla revoca medesima.
Questo è il punto, onorevole sottosegretario, sul quale noi speriamo lei possa darci assicurazioni, rassicurazioni e soprattutto indicare una strada: accertare se al comune di Palermo le infiltrazioni mafiose esistano e se hanno potuto determinare questo grave vulnus nella fase in cui in autotutela il comune avrebbe dovuto ripristinare la legalità. Noi questo le chiediamo, noi pretendiamo una risposta chiara, noi pretendiamo che l'amministrazione si muova tempestivamente, perché non è concepibile che vengano vanificati anni e anni di sacrifici nella lotta alla mafia, per consentire a determinati personaggi di riappropriarsi dei beni che sono stati loro sequestrati.
Vede, onorevole sottosegretario, c'è soltanto una cosa che colpisce e mortifica più di ogni altra il mafioso: l'aggressione alla sua «roba», la sottrazione del frutto (capisco che forse questa non è una materia interessante, però è importante - lei che è del nord - che comprenda qual è la psicologia del mafioso) dei reati che ha commesso.
Nel momento stesso in cui, però, gli si consente, in via indiretta, per interposta persona, in un caso eclatante addirittura un familiare, di tornarne in possesso, anche dietro la figura di un'associazione intonsa e che si richiama ai valori della tradizione di un martire della lotta alla mafia, evidentemente si mortifica la personalità di questi soggetti.
Concludo, signor Presidente, esprimendo il nostro desiderio per una risposta chiara - so che lei non ci potrà dare una risposta, perché l'accertamento di ciò che è successo dopo il 16 ottobre del 2008 lo potrà fare, probabilmente, mediante un'ispezione, che invochiamo -, ma a noi basta che lei, signor sottosegretario, oggi ci dica se è intenzione della nostra Amministrazione dell'interno inviare degli ispettori a Palermo perché accertino se in questa incresciosa vicenda vi siano stati infiltrati che abbiano potuto creare tale grave vulnus nella gestione dei patrimoni confiscati ai mafiosi.

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PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per l'interno, Michelino Davico, ha facoltà di rispondere.

MICHELINO DAVICO, Sottosegretario di Stato per l'interno. Signor Presidente, onorevoli deputati, voglio preliminarmente evidenziare che il tema del rafforzamento dei meccanismi di monitoraggio della gestione e della destinazione dei beni confiscati alle mafie, finalizzati alla revoca delle assegnazioni rivelatesi non conformi alle prescrizioni ed agli obiettivi della legge, è stato oggetto di particolare attenzione da parte del Governo che, già con il primo dei provvedimenti approvati nel Consiglio dei ministri tenutosi a Napoli il 21 maggio 2008 - mi riferisco al decreto-legge 23 maggio 2008, n. 92, convertito nella legge 24 luglio 2008, n. 125 - ha previsto la revoca dell'assegnazione e la destinazione dei beni rientrati, anche per interposta persona, nella disponibilità e sotto il controllo del soggetto destinatario del provvedimento di confisca.
Venendo ora alla ricostruzione delle fasi salienti della vicenda segnalatami dagli onorevoli interpellanti, si evidenzia che la prefettura di Palermo ha effettivamente comunicato al comune di Palermo, il 16 ottobre 2008, gli esiti degli accertamenti svolti, dai quali risultavano evidenti elementi ostativi nei confronti dell'associazione Live Europe e della fondazione Don Giuseppe Puglisi ai fini delle assegnazioni di beni confiscati.
In relazione a quanto emerso, veniva altresì rilasciata una informativa antimafia negativa nei confronti della predetta fondazione, anche ai fini dell'acquisizione di un finanziamento. A tale riguardo, va evidenziato che, se è vero che padre Mario Golesano, con una nota del 10 novembre 2008, indirizzata per conoscenza anche al comune di Palermo, comunicava l'avvenuta modifica dei componenti del consiglio di amministrazione della fondazione Don Giuseppe Puglisi, da cui risultava essere decaduto Giuseppe Provenzano, è altrettanto vero che la prefettura riteneva ininfluente, ai fini del proprio orientamento, la fuoriuscita del Provenzano dalla compagine sociale. È questo un aspetto sul quale intendo richiamare l'attenzione degli onorevoli interpellanti.
Nel frattempo, anche per quanto concerne la cooperativa sociale Solaria, gli esiti delle verifiche svolte dagli organi di polizia avevano evidenziato la presenza, nella compagine sociale, di una persona pregiudicata, che risultava intrattenere rapporti di frequentazione con soggetti altamente controindicati, nonché destinataria di accertamenti patrimoniali nel corso di misure di prevenzione.
Pertanto, la prefettura di Palermo, con lettera del 4 marzo 2009, in risposta ad una specifica richiesta dell'8 gennaio 2009 del comune di Palermo, ribadiva integralmente il proprio esaustivo avviso già espresso il 16 ottobre 2008 sulla fondazione Don Giuseppe Puglisi e sull'associazione Live Europe, integrandolo anche con le risultanze ostative frattanto emerse nei confronti della cooperativa Solaria.
Il comune, pertanto, procedeva alla revoca dell'assegnazione nei confronti dell'associazione Live Europe con determina sindacale n. 66 del 23 marzo 2009, nei confronti della fondazione Don Giuseppe Puglisi, con determina sindacale n. 65 del 23 marzo 2009 e, nei confronti della cooperativa Solaria, con determina sindacale n. 113 del 27 maggio 2009.
Il 28 aprile 2009, lo stesso Comune trasmetteva alla prefettura la documentazione concernente la nuova compagine sociale dell'Associazione LIVE EUROPE: non ne risultavano più componenti Roberta Bontade (figlia del boss Giovanni Bontade), Stefano Marcianò (marito della Bontade e già presidente della stessa associazione, nonché figlio di «Stefanuccio» noto pregiudicato e di Francesca Sorci, sorella e figlia di noti indiziati mafiosi) e Francesco Maggiore (indicato quale appartenente alla cosca mafiosa di Bagheria, avendo gestito affari per conto dei capi famiglia Rizzo e Cimò). L'associazione si identificava in effetti in un nuovo soggetto giuridico, con una attività diversa da quella precedente, mantenendo inalterata solo la denominazione. Gli esiti degli accertamenti esperiti non evidenziavano elementi Pag. 13ostativi all'assegnazione del bene e di ciò veniva data comunicazione all'amministrazione comunale il successivo 13 maggio 2009.
Per completezza, si soggiunge che, il 20 ottobre 2009, il comune di Palermo, con determina sindacale n. 198, procedeva all'assegnazione dell'immobile denominato «Fondo Magliocco» - già revocato alla Cooperativa SO.LA.RIA. - all'Associazione Italiana Demenze Alzheimer (ASDA), i cui componenti risultavano essere in gran parte coincidenti con quelli della rinnovata Associazione LIVE EUROPE.
La Prefettura ha perciò ritenuto utile richiedere agli organi di polizia un ulteriore approfondimento sulle compagini delle suddette associazioni. Anche in questo caso l'attività informativa ha confermato l'inesistenza di controindicazioni.
È a questo punto che la Fondazione Don Giuseppe Puglisi e la Cooperativa SO.LA.RIA. depositavano il 23 novembre 2009 due ricorsi innanzi al TAR Sicilia per ottenere l'annullamento, previa sospensione dell'efficacia, delle informative prefettizie del 16 ottobre 2008 e del 4 marzo 2009 - citate in apertura del mio intervento - che avevano determinato la revoca dell'assegnazione dei beni confiscati da parte del comune di Palermo, unitamente alle conseguenti determine sindacali.
Con sentenze, n. 2380 e n. 2381, del 4 marzo 2010 il TAR Sicilia annullava i provvedimenti impugnati e condannava la prefettura ed il comune al pagamento, in solido, delle spese processuali.
Va evidenziato che, da un'attenta lettura delle sentenze - contrariamente a quanto asserito nell'interpellanza - la circostanza relativa all'intervenuto cambiamento dell'assetto societario, al fine della pronunzia del TAR, ha assunto un rilievo marginale. Infatti, il TAR ha affermato che gli elementi di fatto contenuti nelle informative della prefettura - cito testualmente - «non appaiono in grado di fondare il ritenuto pericolo di infiltrazione e/o condizionamento mafiosi».
Più specificamente, il TAR ha sostenuto che - cito ancora testualmente - «è fin troppo evidente che la circostanza che i predetti soggetti - il cui collegamento con la criminalità organizzata non è peraltro, nell'informativa impugnata e nella nota del 6 luglio 2009, fondato su alcun elemento storico concreto - unitamente a Padre Golesano siano stati in passato soci di altri enti, non costituisce di per sé, in alcun modo, indizio, nemmeno labile, di condotte finalizzate ad infiltrazioni e/o condizionamenti dell'operato della fondazione ricorrente». È proprio su questo passaggio della sentenza del TAR che voglio richiamare l'attenzione degli onorevoli interpellanti.
Sulla base di tali presupposti, la prefettura invitava l'Avvocatura dello Stato a promuovere tempestivamente appello, al fine di ottenere la riforma e/o l'annullamento della sentenza, prospettando, nel contempo, di valutare l'opportunità di richiedere anche la sospensione dell'efficacia della decisione. In proposito, l'Avvocatura riferiva di aver proposto appello contro le due decisioni, sottolineandone tuttavia l'immediata esecutività, anche per la parte riguardante la condanna alle spese, non comunicando però alcunché in ordine ad un'eventuale richiesta di sospensione dell'efficacia delle stesse.
Da ultimo, alla prefettura è pervenuta, per conoscenza, dal comune di Palermo una nota, datata 24 giugno 2010, indirizzata alla Fondazione Don Giuseppe Puglisi, nella quale l'amministrazione civica, pur segnalando di aver proposto a sua volta appello, ha comunicato di avere interessato l'avvocatura comunale per dare - cito testualmente - «meglio esecuzione a quanto stabilito con la sentenza de qua».
Nel contempo, in data 30 luglio 2010, in relazione alla decisione concernente il ricorso proposto dalla società cooperativa SO.LA.RIA., il comune di Palermo ha espressamente manifestato il proprio intendimento di procedere, su istanza della stessa società, alla consegna del bene in esecuzione della decisione del TAR.
La prefettura di Palermo, che come è evidente è fortemente impegnata nell'azione di prevenzione antimafia, confida Pag. 14che nel giudizio di appello possano trovare accoglimento le ragioni tenacemente sostenute e continuerà a seguire con la massima attenzione l'evoluzione della vicenda in tutti i suoi risvolti.

PRESIDENTE. L'onorevole Lo Presti ha facoltà di replicare.

ANTONINO LO PRESTI. Signor Presidente, io non so francamente che cosa dire, sono veramente basito, perché le motivazioni addotte dalla sentenza del tribunale amministrativo evidentemente sconvolgono proprio tutto quello che è un impianto che la legislazione ha voluto offrire nel tempo per assicurare che i beni confiscati ai mafiosi non tornino poi nella disponibilità degli stessi.
Francamente leggerò con molta attenzione la risposta del Governo, perché è piena di dati ed è evidentemente molto complessa, però non posso non sottolineare un fatto, cioè che a mio avviso non si è data risposta ad una circostanza precisa che noi abbiamo indicato nella nostra interpellanza urgente in esame: non si capisce come in questo intervallo tra il 16 ottobre - cioè la data in cui la prefettura segnala al comune di Palermo l'esistenza di questo problema all'interno della compagine sociale di queste tre associazioni - e il successivo novembre 2008, mi pare di aver capito, quando don Golesano comunica al comune di Palermo di aver modificato la compagine sociale di questa società, don Golesano sia venuto a conoscenza di questa nota della prefettura. Infatti, se ha cambiato la compagine sociale il 10 novembre 2008, lo ha fatto perché evidentemente sapeva che vi era una nota della prefettura che avvertiva il comune del fatto che nella compagine sociale di queste tre società erano presenti questi soggetti e che quindi, ad avviso della prefettura, vi erano i presupposti per procedere alla revoca.
Era un atto che doveva rimanere riservato, perché da quello che ho capito questa nota era stata inviata esclusivamente al comune di Palermo. Quindi chi ha avvertito don Golesano e gli amministratori di queste tre società che vi era questo problema e che bisognava risolverlo? A prescindere dal merito poi, onorevole sottosegretario, delle valutazioni che ha offerto il tribunale amministrativo, perché poi il tribunale amministrativo ha detto che il fatto che vi siano parenti di mafiosi all'interno di un'associazione che gestisce beni confiscati alla mafia non è un problema. Questo è un fatto che lasceremo alla valutazione della magistratura, io mi astengo dal commentarlo, anche se non lo condivido, però tant'è. La giustizia amministrativa così ha stabilito, vedremo che cosa dirà in appello il consiglio di giustizia amministrativa della regione siciliana. Però il punto è questo, signor sottosegretario, io mi appello alla sua sensibilità affinché su questa vicenda si faccia chiarezza: chi ha avvertito le amministrazioni di queste tre cooperative che vi era un problema nella gestione di questi beni?
Questo aspetto, a mio avviso, va assolutamente chiarito e, pertanto, invoco ufficialmente un'ispezione ministeriale al comune di Palermo per accertare come sia potuto accadere - al di là, lo ripeto, del merito dell'intera questione - che una nota riservata della prefettura di Palermo, concernente una materia così delicata, abbia potuto innescare, tempestivamente, un procedimento di revisione delle compagini sociali delle tre associazioni, presentandole, poi, a distanza di nemmeno un mese, come ripulite e, quindi, pronte a resistere alla battaglia giudiziaria che le ha portate, paradossalmente, ad essere vincenti. Se questa è la fine che devono fare i beni confiscati, signori miei, riflettiamo a fondo su questa vicenda e cerchiamo di trovare i meccanismi legislativi volti ad impedire che ciò possa ripetersi in futuro.
Onorevole sottosegretario, leggerò la sua risposta all'interpellanza urgente in oggetto e riprenderemo la questione. Infatti - lo ripeto - vogliamo capire se l'amministrazione del Ministero dell'interno è decisa ad andare fino in fondo in questa vicenda, oppure se dobbiamo Pag. 15lasciarla sospesa e far sì che il tribunale amministrativo mantenga una decisione, francamente, incomprensibile, andando avanti in questo modo e vanificando, sostanzialmente, lo spirito della legge.
Ci siamo confrontati aspramente in Parlamento sulla necessità o l'opportunità di procedere all'alienazione dei beni confiscati alla mafia, per il timore che tali beni potessero ritornare nella disponibilità dei mafiosi, tuttavia, oggi, ci troviamo a dover affrontare un caso così emblematico. Ciò è veramente offensivo per la memoria dei martiri che hanno costellato la lunga strada della lotta alla criminalità e, soprattutto, per la memoria di un martire come padre Pino Puglisi, nel nome del quale sono stati compiuti questi scempi.

PRESIDENTE. È così esaurito lo svolgimento delle interpellanze urgenti all'ordine del giorno.

Ordine del giorno della prossima seduta.

PRESIDENTE. Comunico l'ordine del giorno della prossima seduta.

Martedì 12 ottobre 2010, alle 14:

Svolgimento di interpellanze e di interrogazioni.

La seduta termina alle 10,45.